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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 21 giugno 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 giugno 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Brunetta, Bueno, Businarolo, Calabria, Cancelleri, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, Culotta, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Paris, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scopelliti, Scotto, Sereni, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Zampa, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Calabria, Cancelleri, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, Culotta, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzo Guerini, Guerra, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Paris, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scopelliti, Scotto, Sereni, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari, Zampa, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 15 giugno 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   DELLAI ed altri: «Misure per il sostegno della famiglia e delega al Governo per la revisione del trattamento tributario delle famiglie numerose» (3905);
   BRIGNONE ed altri: «Disposizioni per garantire la dispensazione dei farmaci contraccettivi di emergenza e dei farmaci per la sedazione palliativa o terminale» (3906);
   PAOLO NICOLÒ ROMANO ed altri: «Modifica dell'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in materia di voli di Stato» (3907);
   MINARDO: «Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili» (3908).

  In data 16 giugno 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ZANIN: «Istituzione del Museo nazionale della guerra fredda» (3909);
   CARRESCIA e ROSSOMANDO: «Misure per la prevenzione della produzione di rifiuti e istituzione del Registro nazionale delle reti del riuso» (3910).

  In data 17 giugno 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   RAMPELLI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla violenza politica negli anni tra il 1970 e il 1989» (3911);
   MARTI ed altri: «Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio» (3912);
   NASTRI: «Disposizioni per la diffusione dell'educazione finanziaria presso gli investitori e i piccoli risparmiatori mediante l'istituzione di una pagina telematica nel sito internet della Commissione nazionale per le società e la borsa» (3913);
   NASTRI: «Delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo dell'agricoltura multifunzionale» (3914).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge POLIDORI e VIGNALI: «Disposizioni per la razionalizzazione della gestione delle acque e istituzione di un comitato per il riordino delle norme in materia di distribuzione delle risorse idriche per usi potabili e di raccolta delle acque reflue» (999) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Secco.

  La proposta di legge CAPELLI ed altri: «Modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici» (3772) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Capua, Catania, Gebhard, Mura, Pinna, Piras e Sereni.

  La proposta di legge BERNARDO ed altri: «Introduzione dell'articolo 16-ter del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione delle spese per interventi straordinari di “sistemazione a verde” di aree scoperte di pertinenza delle unità immobiliari private» (3800) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Schullian.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE MELILLA ed altri: «Modifiche alla disciplina concernente la destinazione dell'importo corrispondente alle scelte non espresse da parte dei contribuenti nella ripartizione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche attribuita alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni religiose» (3869) Parere delle Commissioni III, V, VII, VIII e XII.

   II Commissione (Giustizia):
  FABBRI ed altri: «Introduzione dell'articolo 3-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in materia di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori di delitti di violenza domestica» (3775) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CHIARELLI ed altri: «Modifica all'articolo 2233 del codice civile in materia di compensi degli avvocati» (3854) Parere delle Commissioni I, V, X e XIV;
  MATARRESE ed altri: «Modifiche all'articolo 727 del codice penale in materia di abbandono di animali» (3863) Parere delle Commissioni I, XII e XIII.

   III Commissione (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Romania per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Riga il 25 aprile 2015» (3880) Parere delle Commissioni I, V e VI.

   VI Commissione (Finanze):
  ARTINI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul dissesto finanziario delle banche Monte dei Paschi di Siena Spa, Cassa di risparmio di Ferrara Spa, Banca delle Marche Spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa, Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca» (3882) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

   VII Commissione (Cultura):
  LUIGI GALLO ed altri: «Istituzione dei nuclei per la didattica avanzata e introduzione di progetti di scuola aperta e di scuola diffusa negli istituti scolastici di ogni ordine e grado» (3820) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XI, XII, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  MELILLA ed altri: «Istituzione dell'insegnamento di storia e civiltà del vino e disposizioni per l'educazione al suo consumo» (3850) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  MINNUCCI ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime della strada» (3837) Parere delle Commissioni I, V, VII, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   X Commissione (Attività produttive):
  RICCIATTI ed altri: «Concessione di un contributo per l'esercizio delle funzioni delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura» (3861) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  COSTANTINO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di disagio sociale e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» (Doc XXII, n. 69) – Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

  Il Presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, con lettera in data odierna, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera, il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, approvato all'unanimità il 21 giugno 2016 dalla Commissione medesima (Doc. XVII – bis n. 6).

  Tale documento sarà stampato e distribuito.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  Sentenza n. 140 del 20 aprile-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 645),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9 della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dal tribunale ordinario de La Spezia, in funzione di giudice dell'esecuzione:
  alla II Commissione (Giustizia);

  Sentenza n. 141 del 3 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 646),
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 398, lettera c), 414 e 556, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promosse, in riferimento agli articoli 32 e 97 della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 398, lettere a), b) e c), 414 e 556, della legge n. 190 del 2014, promosse, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 118 della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 398, lettere a) e b), della legge n. 190 del 2014, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 398, lettere a), b) e c), 414 e 556, della legge n. 190 del 2014, promosse, in riferimento agli articoli 3, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120 della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 398, lettera c), 414 e 556, della legge n. 190 del 2014, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 398, 555, 556 e 557, della legge n. 190 del 2014, promosse, in riferimento agli articoli 3, 117, sesto comma, e 119 della Costituzione, dalla regione Lombardia:
  alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XII (Affari sociali);

  Sentenza n. 142 del 4 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 647),
   con la quale:
    dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 552, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), limitatamente al rinvio all'articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), promossa dalle regioni Abruzzo, Campania, Marche e Puglia, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione e, quanto alle regioni Abruzzo e Campania, anche al principio di leale collaborazione;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 552, lettera a), della legge n. 190 del 2014, promossa dalla regione Abruzzo, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché ai principi di leale collaborazione, ragionevolezza e proporzionalità;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 552, lettera b), della legge n. 190 del 2014, limitatamente al rinvio all'articolo 14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), promossa dalle regioni Marche e Puglia, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione:
  alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);

  Sentenza n. 143 del 4 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 648),
   con la quale:
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promosse – in riferimento agli articoli 3, primo comma, 81, ultimo comma, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo, quarto e sesto comma, 118, primo comma, e 119, primo, secondo e ultimo comma, della Costituzione, oltre all'articolo 5, comma 1, lettera e), e comma 2, lettera b), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), e agli articoli 9, comma 5, e 10, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione) – dalla regione Puglia:
  alla V Commissione (Bilancio);

  Sentenza n. 144 del 17 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 649),
   con la quale:
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 611 e 612, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promosse, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, nonché con il principio di leale collaborazione, di cui all'articolo 120 della Costituzione, dalla regione Veneto:
  alla V Commissione (Bilancio);

  Sentenza n. 145 del 17 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 650),
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 629, lettera b), 632 e 633, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», promosse dalla regione Veneto:
  alla VI Commissione (Finanze);

  Sentenza n. 146 del 18 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 651),
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 15, comma terzo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), come sostituito dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Catanzaro:
  alla II Commissione (Giustizia);

  Sentenza n. 147 del 31 maggio-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 652),
   con la quale:
    dichiara cessata la materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4-bis del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto), inserito in sede di conversione dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, promossa, in riferimento agli articoli 97, 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119, 120, 121 e 123 della Costituzione, dalla regione Campania;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4-bis del decreto-legge n. 1 del 2015, introdotto in sede di conversione dalla legge n. 20 del 2015, promossa, in riferimento all'articolo 77 della Costituzione, dalla regione Campania:
  alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);

  Sentenza n. 148 del 1o giugno-16 giugno 2016 (Doc. VII, n. 653),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), come risultante a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4-bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, dal tribunale ordinario di Perugia:
  alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 9 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 7/2016 del 7 giugno 2016, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)».

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 14 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della CONSAP – Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 401).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 14 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa), per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 402).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 16 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle fondazioni lirico-sinfoniche, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 403).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 16 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società gestione impianti nucleari (SOGIN Spa), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 404).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 17 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rete autostrade mediterranee Spa, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 405).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissioni dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

  Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettera in data 6 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 15 dicembre 1998, n. 444, la relazione in ordine agli immobili adibiti a teatro ammessi ai contributi di cui alla medesima legge n. 444 del 1998, agli obiettivi perseguiti e ai risultati raggiunti, riferita all'anno 2013.

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 16 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero della salute, riferita all'anno 2015 (Doc. CLXIV, n. 39).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera del 17 giugno 2016, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno Paolo BERNINI n. 9/2598-AR/22, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 settembre 2014, concernente la base militare italiana nella Repubblica di Gibuti.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Trasmissione dalla Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale, con lettera in data 16 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia conforme della decisione n. 150 del 1o giugno 2016, con la quale la Corte stessa ha disposto la correzione di un errore materiale contenuto nella sentenza n. 63 del 23 febbraio-24 marzo 2016 (Doc. VII, n. 600), già inviata, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, in data 1o aprile 2016, alla I Commissione (Affari costituzionali).

  Questa decisione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 15, 16, 17 e 20 giugno 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sulla convergenza 2016 (a norma dell'articolo 140, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) (COM(2016) 374 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Sostenere la prevenzione della radicalizzazione che porta all'estremismo violento (COM(2016) 379 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Comunicazione della Commissione al Consiglio – Informazioni finanziarie sul Fondo europeo di sviluppo (COM(2016) 386 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle attività di assunzione e concessione di prestiti dell'Unione europea nel 2015 (COM(2016) 387 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma dell'Unione a sostegno di attività specifiche volte a rafforzare il coinvolgimento dei consumatori e degli altri utenti finali dei servizi finanziari nella definizione delle politiche dell'Unione nel campo dei servizi finanziari per il periodo 2017-2020 (COM(2016) 388 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 16 giugno 2016;
   Proposta di decisione del Consiglio relativa ai contributi finanziari che gli Stati membri devono versare per finanziare il Fondo europeo di sviluppo, compresa la seconda quota per il 2016 (COM(2016) 389 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 389 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – 13a relazione – Riepilogo delle azioni di difesa commerciale da parte dei paesi terzi nei confronti dell'Unione europea per l'anno 2015 (COM(2016) 392 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Relazione sulla politica di concorrenza 2015 (COM(2016) 393 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COM(2016) 395 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 395 final – Annex 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e VIII (Ambiente);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Consultazione sulle possibilità di pesca per il 2017 nell'ambito della politica comune della pesca (COM(2016) 396 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della decisione n. 445/2014/UE che istituisce un'azione dell'Unione «Capitali europee della cultura» per gli anni dal 2020 al 2033 (COM(2016) 400 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 400 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 20 giugno 2016;
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le misure di gestione, di conservazione e di controllo applicabili nella zona della convenzione della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (ICCAT) e che modifica i regolamenti del Consiglio (CE) n. 1936/2001, (CE) n. 1984/2003 e (CE) n. 520/2007 (COM(2016) 401 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 401 final – Annex 1 to 8), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sugli alimenti destinati agli sportivi (COM(2016) 402 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, in seno al consiglio di associazione costituito dall'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hascemita di Giordania, dall'altra, in merito alla modifica del protocollo n. 3 del suddetto accordo, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa (COM(2016) 403 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 403 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione dei lavori previsti nell'ambito del programma di assistenza alla disattivazione nucleare per la Bulgaria, la Lituania e la Slovacchia nel 2015 e negli anni precedenti (COM(2016) 405 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 405 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
   Relazione della Commissione al Consiglio dell'Unione europea e al Parlamento europeo – Ostacoli al commercio e agli investimenti e tendenze protezionistiche – 1o luglio 2014-31 dicembre 2015 (COM(2016) 406 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 17 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna, che modifica la direttiva 2009/100/CE e che abroga la direttiva 2006/87/CE (7532/2/16 REV 2), corredata dalla relativa motivazione (7532/2/16 REV 2 ADD 1), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 471/2009 relativo alle statistiche comunitarie del commercio estero con i paesi terzi per quanto riguarda il conferimento alla Commissione del potere di adottare atti delegati e di competenze di esecuzione per l'adozione di alcune misure (8536/1/16 REV 1), corredata dalla relativa motivazione (8536/1/16 REV 1 ADD 1), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 14 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Con le predette comunicazioni, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Pacchetto sulla normazione – Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo – Programma di lavoro annuale dell'Unione per la normazione europea (COM(2016) 357 final);
   Pacchetto sulla normazione – Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Norme europee per il XXI secolo (COM(2016) 358 final);
   Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1370/2013, recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, per quanto riguarda la limitazione quantitativa applicabile all'acquisto all'intervento di latte scremato in polvere (COM(2016) 384 final);
  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Banca europea per gli investimenti sulla creazione di un nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi nell'ambito dell'agenda europea sulla migrazione (COM(2016) 385 final);
  Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio – Elementi per una strategia dell'Unione europea nei confronti del Myanmar/Birmania – Un partenariato speciale per la democrazia, la pace e la prosperità (JOIN(2016) 24 final).

Annunzio di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso, in data 9 maggio 2016, le seguenti decisioni della Corte di giustizia dell'Unione europea o del Tribunale, relative a cause in cui la Repubblica italiana è parte o adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del Regolamento, alle sotto indicate Commissioni, nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Causa C-495/14: Ordinanza della Corte (Nona sezione) del 7 aprile 2016. Antonio Tita e altri contro Ministero della giustizia, Ministero dell'economia e delle finanze, Presidenza del Consiglio dei ministri, e segretario generale del tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento. Domanda di pronuncia pregiudiziale: tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento. Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Direttiva 89/665/CEE – Appalti pubblici – Normativa nazionale – Tassazione per l'accesso alla giustizia amministrativa nell'ambito degli appalti pubblici – Diritto a un ricorso effettivo – Tassazione dissuasiva – Controllo giurisdizionale degli atti amministrativi – Princìpi di effettività e di equivalenza (Doc. LXXXIX, n. 108) – alla II Commissione (Giustizia);
   Causa C-131/14: Sentenza della Corte (Seconda sezione) del 14 aprile 2016. Malvino Cervati e Società Malvi Sas di Cervati Malvino contro Agenzia delle dogane e Agenzia delle dogane – Ufficio delle dogane di Livorno. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Corte suprema di cassazione. Rinvio pregiudiziale – Agricoltura – Organizzazione comune dei mercati – Regolamento (CE) n. 565/2002 – Articolo 3, paragrafo 3 – Contingente tariffario – Aglio di origine argentina – Titoli d'importazione – Intrasferibilità dei diritti derivanti dai titoli d'importazione – Elusione – Abuso di diritto – Presupposti – Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 – Articolo 4, paragrafo 3 (Doc. LXXXIX, n. 109) – alla VI Commissione (Finanze);
   Cause riunite T-60/06 RENV II e T-62/06 RENV II: Sentenza del Tribunale (Prima sezione ampliata) del 22 aprile 2016. Repubblica italiana e Eurallumina contro Commissione europea. Aiuti di Stato – Direttiva 92/81/CEE – Accise sugli oli minerali – Oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina – Esenzione dall'accisa – Carattere selettivo del provvedimento – Aiuti che possono essere considerati compatibili con il mercato comune – Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente – Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale del 1998 – Legittimo affidamento – Certezza del diritto – Principio lex specialis derogat legi generali – Principio della presunzione di legittimità e dell'effetto utile degli atti delle istituzioni – Principio di buon andamento dell'amministrazione – Obbligo di motivazione (Doc. LXXXIX, n. 110) – alla VI Commissione (Finanze);
   Cause riunite C-191/14, C-192/14, C-295/14, C-389/14 e da C-391/14 a C-393/14: Sentenza della Corte (Seconda sezione) del 28 aprile 2016. Borealis Polyolefine GmbH e altri contro Bundesminister für Land-, Forst-, Umwelt und Wasserwirtschaft e altri. Domande di pronuncia pregiudiziale: Landesverwaltungsgericht Niederösterreich, Raad van State e tribunale amministrativo regionale per il Lazio. Rinvio pregiudiziale – Sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nell'Unione europea – Direttiva 2003/87/CE – Articolo 10-bis, paragrafo 5 – Metodo di assegnazione delle quote – Assegnazione delle quote a titolo gratuito – Modalità di calcolo del fattore di correzione transettoriale uniforme – Decisione 2011/278/UE – Articolo 15, paragrafo 3 – Decisione 2013/448/UE – Articolo 4 – Allegato II – Validità (Doc. LXXXIX, n. 111) – alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.

  Il Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, con lettera in data 14 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 89, della legge 23 agosto 2004, n. 239, la relazione sul monitoraggio dello sviluppo degli impianti di generazione distribuita, riferita all'anno 2014 (Doc. XCVIII, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 14 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Carona (Bergamo), Castel San Giorgio (Salerno), Filandari (Vibo Valentia), Magliano Vetere (Salerno), Marano di Napoli (Napoli), Molfetta (Bari), Roburent (Cuneo), Sabaudia (Latina), Sant'Agostino (Ferrara), Tortoreto (Teramo) e Valgioie (Torino).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 8 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente definizione dei criteri di ripartizione della quota del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca per l'anno 2015 destinata al finanziamento premiale di specifici programmi e progetti (310).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 21 luglio 2016.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 16 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, commi 11 e 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151 (311).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro) nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 21 luglio 2016.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 novembre 1995, n. 481, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione di una ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa (312).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), che dovrà esprimere il prescritto parere entro l'11 luglio 2016. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 1o luglio 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 7 giugno 2016, a pagina 12, prima colonna, sedicesima riga, le parole: «COM(2015) 359 final» si intendono sostituite dalle seguenti: «COM(2016) 359 final».

INTERROGAZIONI

Chiarimenti in merito al trasferimento al patrimonio indisponibile della Regione siciliana dell'ex Palazzo delle finanze, con particolare riferimento alla nomina della commissione paritetica Stato-regione – 3-02324

A)

   DI BENEDETTO, NUTI, MANNINO, LUPO, DI VITA, VILLAROSA, CANCELLERI, BRESCIA, LUIGI GALLO, VACCA, D'UVA, BATTELLI, MARZANA e SIMONE VALENTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ex Palazzo delle finanze di Palermo, edificio di carattere storico nonché di notevole pregio architettonico e culturale, così come dichiarato ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, è una grandissima struttura ottocentesca costruita sui resti delle antiche carceri della Vicaria;
   l'edificio, di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze ed appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, è chiuso da quando gli uffici dell'intendenza furono trasferiti in altra sede e versa oggi in uno stato di abbandono pressoché totale;
   l'immobile risulta attualmente inagibile per le gravi condizioni di degrado che hanno determinato effetti anche sulla stabilità del palazzo; intanto, la custodia è stata affidata al dirigente dell'Agenzia del demanio;
   con nota protocollo n. 49461 del 23 settembre 2010, il segretario generale della Corte dei conti di Palermo ha rappresentato l'esigenza di trasferire i propri uffici, attualmente dislocati in immobili condotti in locazione, negli edifici dell'ex Palazzo delle finanze, di proprietà dello Stato;
   la direzione dell'Agenzia del demanio ha manifestato la propria disponibilità a trasferire l'immobile in questione alla Regione siciliana, previo impegno finanziario, per i lavori di ripristino, consolidamento e messa in sicurezza dell'ex Palazzo delle finanze per gli usi governativi;
   con delibera n. 83 del 23 marzo 2011, la giunta regionale ha disposto di procedere all'acquisizione al patrimonio indisponibile della Regione siciliana del suddetto edificio quale sito unico della magistratura contabile, dando mandato alla ragioneria generale della regione per l'individuazione delle risorse finanziarie necessarie, pari ad euro 20.000.000,00, per la riqualificazione dell'immobile;
   la Cassa depositi e prestiti, società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze che detiene l'80,1 per cento del suo patrimonio azionario, ha manifestato la disponibilità ad erogare il finanziamento attraverso l'accensione di un mutuo per l'importo corrispondente;
   l’iter si trova in una situazione di stallo dovuto alla circostanza che la gestione dell'operazione di trasferimento spetta ad una commissione paritetica Stato-regione che deve essere nominata, o almeno riconfermata nei suoi componenti, ad ogni cambio di compagine governativa;
   tuttavia, a seguito dell'ultimo avvicendamento alla guida dell'Esecutivo, il nuovo Ministro per gli affari regionali e le autonomie, a quanto consta agli interroganti, non ha provveduto ad emanare il decreto di nomina o riconferma dei componenti della commissione;
   a fronte di tale mancato adempimento, si sottolinea che il Ministro ha già provveduto ad emanare i decreti relativi alle commissioni paritetiche per il Trentino-Alto Adige e per il Friuli Venezia Giulia;
   in mancanza di tale decreto, il trasferimento dell'immobile in questione è al momento bloccato;
   la commissione paritetica Stato-regione precedente ha esitato un elenco dal quale si evince che sono ben 96 gli immobili che lo Stato dovrebbe trasferire alla Regione siciliana, tra i quali l'ex Palazzo delle finanze;
   il 5 giugno 2012 la stessa ha espresso parere favorevole al trasferimento dallo Stato alla Regione siciliana dell'immobile denominato ex Palazzo delle finanze destinato a sede di tutti gli uffici della Corte dei conti;
   con decreto dell'assessorato generale dell'economia del 25 luglio 2012 è stato istituito un tavolo operativo per l'avvio delle procedure finalizzate alla progettazione, finanziamento e affidamento dei lavori di ristrutturazione dello stesso;
   l’iter di trasferimento al patrimonio della Regione siciliana risulta ad oggi fermo, atteso che a seguito del sopra indicato parere favorevole della precedente commissione paritetica Stato-regione al trasferimento nessun altro atto è stato compiuto, a causa della mancata emanazione del decreto di nomina sopra ricordato –:
   quali siano le ragioni del ritardo nell'emanazione del decreto relativo alla commissione paritetica Stato-regione per la Sicilia, considerata anche la circostanza che le commissioni per il Trentino-Alto Adige e per il Friuli Venezia Giulia sono già state nominate;
   quali siano i tempi previsti per l'emanazione del decreto;
   se la preventiva disponibilità manifestata dalla Cassa depositi e prestiti all'erogazione del mutuo di 20.000.000 euro persista e, nel caso affermativo, quali siano i tempi per l'avvio e la conclusione dell’iter di concessione dello stesso.
(3-02324)


Misure di sostegno a favore del settore agricolo pugliese duramente colpito dalle precipitazioni atmosferiche, con particolare riferimento al comparto cerasicolo – 3-02249, 3-02325, 3-02326, 3-02327, 3-02286

B)

   LOSACCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le precipitazioni atmosferiche degli ultimi giorni hanno arrecato notevoli danni alle piantagioni di ciliegie;
   la Coldiretti di Puglia ha denunciato la criticità in cui versano le aziende della provincia di Bari che sono state particolarmente colpite;
   nella sola provincia di Bari, il 60 per cento della produzione di ciliegia Bigarreaux e il 40 per cento della produzione di ciliegie Georgia risultano essere andati persi;
   la provincia di Bari, con il suo distretto del sud est, è la prima provincia in Italia per produzione di ciliegie con 47 mila tonnellate pari al 34 per cento della produzione nazionale;
   l'andamento anomalo del tempo rischia di vanificare gli investimenti delle imprese e di mettere a serio rischio anche l'occupazione –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, con la massima urgenza, al fine di convocare un tavolo ministeriale di confronto per affrontare le problematiche esposte in premessa e per assicurare un fattivo impegno a sostegno di un settore di qualità dell'agricoltura pugliese e nazionale. (3-02249)


   LOSACCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le ultime violente precipitazioni atmosferiche cadute sulla Puglia hanno inferto un durissimo colpo al settore agricolo;
   ortaggi e verdure sono state flagellate e l'improvviso calo delle temperature rischia di compromettere definitivamente colture importanti come carciofi, fave, patate, insalate che si trovano in uno stato avanzato di crescita;
   inoltre, le ultime perturbazioni atmosferiche hanno creato serissimi problemi alle ciliegie, le qualità Bigarreau moreau, Burlat e Francia hanno subito il cracking, il cosiddetto spacco;
   anche la qualità Ferrovia ha subito ingenti danni fino al 30 per cento delle piante, anche se maturando più tardi hanno tempo di recuperare;
   nella zona di Conversano, una delle più importanti in Italia per la produzione di ciliegie, i danni raggiungono anche il 40 per cento delle piante;
   un colpo mortale per un settore che vive sulla «primizia»;
   le rese più basse si tradurranno in un prezzo più basso, con conseguenze negative per tutto il comparto che in Puglia riveste una rilevanza molto incidente per l'agricoltura –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per sostenere il comparto in difficoltà e per incentivare la copertura dei ciliegeti al fine di proteggerli da eventi calamitosi, come appunto quelli accaduti negli ultimi giorni a cavallo di aprile e maggio 2014. (3-02325)


   MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU, PIEPOLI e MONCHIERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 maggio 2014, la Puglia è stata colpita da intense precipitazioni, forti venti e grandine che hanno causato ingenti danni alle colture cerasicole, che nelle graduatorie relative al settore ortofrutticolo pugliese sono al primo posto con il 39,8 per cento del totale della produzione nazionale di ciliegie;
   in particolare, la graduatoria dei prodotti agricoli pugliesi nel contesto nazionale vede al primo posto proprio le ciliegie con una media di 529.802 quintali per una superficie di oltre 16.600 ettari, di cui 16.188 della sola provincia di Bari, la quale copre il 97,7 per cento della superficie investita ed il 96,6 per cento dei quantitativi prodotti rispetto al totale regionale;
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, pare che le anomale temperature registratesi nel mese di maggio 2014 rischino di far precipitare l'andamento del settore ortofrutticolo pugliese, già in seria difficoltà per le temperature anomale che hanno caratterizzato la stagione primaverile. La produzione delle ciliegie sta pagando lo scotto più alto causato da un anomalo andamento climatico;
   la stampa riporta notizie relative al maltempo che ha interessato le aree a più intensa produzione cerasicola della provincia di Bari; in particolare, il maltempo sembrerebbe aver colpito «interi campi di ciliegie della tipologia Bigarreau, Moreau, Burlat e Giorgia. Anche per le coltivazioni di ciliegie del tipo Ferrovia, che hanno rispetto alle altre specie un fisiologico ritardo di maturazione e che si trovano più a monte e nell'agro di Turi e Casamassima, hanno subito danni che ne pregiudicano la qualità finale sul mercato. Al centro provinciale di cerasicoltura (il campo sperimentale, gestito dalla provincia di Bari, che ospita 100 diverse coltivazioni di ciliegio) di via Mola, a Conversano, i dati relativi ai danni confermano la difficile situazione determinatasi. Sono stati constatati danni certi alle produzioni di Burlat e Moreau, le cui drupe hanno sofferto soprattutto per l'eccessiva umidità, causa principale del cracking. Anche le produzioni di Forlì, ciliegie destinate all'industria ma apprezzate anche per il consumo da tavola, hanno subito notevoli danni (...)»;
   a rendere la situazione ancor più grave e complessa vi è l'importazione di ciliegie dalla Spagna e dalla Turchia che mette a serio rischio il lavoro dei produttori pugliesi. Infatti, sono prodotti, questi, caratterizzati da qualità e da prezzi concorrenziali dovuti al minor costo della mano d'opera;
   sul fronte opposto, invece, i prezzi delle ciliegie prodotte in Puglia sono già in forte calo e produrranno un minor guadagno per i produttori che sono già costretti, in queste ore, a dover sostenere i danni causati dal maltempo;
   secondo quanto affermato dal presidente della Confederazione italiana agricoltori di Bari sugli organi di stampa, pare sussista anche il rischio «di un'invasione di prodotto estero (...) commercializzato come italiano (...)», situazione, questa, che gli organi competenti sarebbero tenuti a monitorare;
   uno dei problemi che rende ancor più difficile la situazione è il mancato riconoscimento dei danni per quei produttori che non hanno attivato le polizze assicurative e ai quali andrebbero riconosciuti i danni attraverso contributi a valere sulle provvidenze previste dal decreto legislativo n.  102 del 2004, in materia di «Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 7 marzo 2003, n. 38»;
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, pare che nella zona del sud-est barese sia andato distrutto il 50 per cento delle colture cerasicole e che le prime stime sui danni economici dovrebbero aggirarsi intorno ai 5 milioni di euro;
   da quanto riportato dalla stampa, sembrerebbe che l'allarme sia «scattato soprattutto per le ciliegie di Casamassima, Turi, Castellana, Sammichele, Acquaviva, Gioia, Putignano e Conversano, dove è già tempo di raccolta e le ciliegie non sono state risparmiate dal cracking. Tra i comuni interessati (quelli in cui si produce il 70 per cento delle ciliegie pugliesi) Conversano e Turi hanno patito le conseguenze peggiori del maltempo (...)»;
   di grande importanza per i produttori di ciliegie baresi è l'aspetto occupazionale: secondo le prime stime, sembrerebbero migliaia i nuclei familiari cui la produzione delle ciliegie offre una consistente fonte di reddito. Il fabbisogno di lavoro per ettaro di ciliegeto specializzato, infatti, è pari a circa 600 ore, di cui l'85 per cento riguarda le operazioni di raccolta. Pertanto, in poche ore, pare sia stato distrutto il lavoro di tante persone –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il Governo non intenda assumere iniziative per attivare misure specifiche dirette ad indennizzare gli agricoltori che hanno subito la distruzione delle colture;
   se non si intenda dichiarare lo stato di calamità naturale per i terreni agricoli pugliesi colpiti dai violenti nubifragi di questi giorni;
   se non si intendano assumere iniziative per concedere, ai sensi della normativa vigente, a favore delle aziende agricole danneggiate i seguenti aiuti: contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile ordinaria; prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo; proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento atmosferico calamitoso. (3-02326)


   GINEFRA, MONGIELLO, MICHELE BORDO, BOCCIA, VENTRICELLI, GRASSI, LOSACCO, CAPONE, MARIANO, PELILLO, VICO e DI GIOIA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della seconda decade del mese di maggio 2016 si sono avuti in Puglia, in maniera particolare sul territorio della provincia di Bari, eventi meteorici particolarmente intensi con presenza di avversità atmosferiche eccezionali;
   gli effetti della pioggia insistente degli ultimi giorni, dei continui sbalzi termici e delle violente raffiche di vento, che la Puglia ha subito nel predetto periodo di tempo, hanno avuto impatti nefasti soprattutto sul settore cerasicolo regionale;
   tali problematiche si vanno ad aggiungere ad un inverno particolarmente mite e quindi con il mancato freddo si è avuta anche una scarsa produzione di frutti;
   l'organizzazione professionale agricola della Coldiretti pugliese ha stimato che a causa delle piogge torrenziali e delle ulteriori calamità ambientali si sono avuti danni su circa il 60 per cento della produzione di ciliegia Bigarreaux (varietà più precoce e già quantitativamente scarsa nel 2016 a causa degli sbalzi termici che hanno preceduto la raccolta) e sul 40 per cento della produzione di ciliegie Georgia;
   la stessa Coldiretti ha stimato un danno per il mancato raccolto di ciliegie per circa 90 milioni di euro;
   in provincia di Bari trovano occupazione nel settore cerasicolo migliaia di nuclei familiari, cui la produzione di ciliegie offre una consistente fonte di reddito. Il fabbisogno di lavoro per ettaro di ciliegeto specializzato è pari a circa 600 ore, l'85 per cento delle quali assorbite nelle operazioni di raccolta;
   la crisi che si sta aprendo per il mancato raccolto di ciliegie negherà agli imprenditori agricoli baresi la possibilità di recuperare gli investimenti effettuati per questa coltura e di garantirsi gran parte del reddito agricolo della presente annata agraria;
   è anche da fare presente che la scomparsa dal mercato pugliese delle polizze assicurative multirischio, divenute troppo care, ma che coprono simultaneamente dal danno di pioggia, gelo e grandine, ha indotto la stragrande maggioranza dei frutticoltori pugliesi a non assicurarsi, determinandosi così una perdita certa di reddito senza ristoro;
   resta ad ogni modo il fatto che i premi assicurativi per le piccole e le piccolissime aziende sono eccessivamente onerosi;
   vale la pena ricordare che con oltre 47 mila tonnellate di prodotto cerasicolo la provincia di Bari è la prima provincia italiana per produzione di ciliegie raccogliendo il 34 per cento della produzione nazionale, mentre la produzione di ciliegie in Puglia è pari a quasi il 40 per cento del totale nazionale;
   in Puglia sono investiti a cerasicoltura quasi ventimila ettari di superficie agricola (prima regione italiana), di cui oltre diciassettemila ettari fanno capo alla sola provincia di Bari, che in tal senso copre più dell'85 per cento della superficie investita;
   i danni al comparto cerasicolo barese, grande risorsa economica e occupazionale, incideranno pesantemente sull'economia delle comunità interessate e, in particolare, sui settori della commercializzazione e della trasformazione del prodotto –:
   quali iniziative intenda adottare, in raccordo con la regione Puglia, in favore del comparto cerasicolo barese colpito dalle avversità climatiche di cui in premessa e, in particolare, se non intenda attivare le procedure per il riconoscimento della calamità naturale per il predetto settore e far superare al comparto l'attuale grave emergenza;
   se non ritenga necessario valutare l'opportunità di adottare iniziative straordinarie con la consequenziale concessione di benefici di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, anche per rendere convenienti e fattibili le polizze assicurative, concedendo specifici contributi sui premi assicurativi atti a coprire i danni da calamità naturali sulle colture cerasicole;
   se, in accordo con la regione Puglia, non intenda definire un percorso comune e unitario di interventi urgenti e strutturali accompagnati da misure a sostegno degli agricoltori cerasicoli danneggiati ed in grado di evitare che si arrechino pregiudizi al proseguimento della coltivazione locale delle ciliegie, coltura fondamentale per l'economia e l'occupazione dei territori interessati della provincia di Bari.
(3-02327)


   ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Puglia nei giorni scorsi, in particolare in data 20 maggio 2016, è stata colpita da una violenta grandinata accompagnata da una copiosa pioggia che ha arrecato notevoli danni alle campagne del territorio del sud est barese;
   in particolare, i comuni maggiormente colpiti da questa ondata improvvisa di maltempo sono stati quelli di Putignano, Conversano, Castellana e Turi dove si è stimato un danno complessivo di circa 90 milioni di euro;
   si tratta di un duro colpo per gli imprenditori agricoli che hanno investito migliaia di euro nella raccolta di ciliegie, uva e ortaggi ormai finiti sotto valanghe d'acqua;
   il violento nubifragio ha duramente colpito soprattutto le ciliegie che sono state letteralmente falcidiate e spaccate in quattro: gli effetti di questi danni avranno conseguenze anche il prossimo anno;
   allo stato, si può affermare che per quanto concerne la varietà delle ciliegia Bigarreau si è registrato il 70 per cento di prodotto in meno, il 60 per cento in meno per la varietà Ferrovia ed il 30 per cento in meno per la Giorgia;
   non c’è tregua per questi imprenditori agricoli che anche l'anno scorso si sono dovuti scontrare con il problema della Xylella prima e poi con quello della campagna cerasicola risultata assolutamente insoddisfacente dal punto di vista degli introiti;
   sono pesanti le ripercussioni anche dal punto di vista occupazionale, visto che migliaia di famiglie del territorio del sud est barese traggono guadagno per l'intero anno soprattutto dalla coltivazione di ciliegie;
   quello che si prospetta in caso di mancato e celere intervento economico-finanziario è un vero è proprio default di un settore che rappresenta il fiore all'occhiello del settore ortofrutticolo pugliese;
   si tratta, pertanto, di una situazione di assoluta emergenza per le imprese colpite –:
   se e quando il Governo intenda dichiarare lo stato di calamità naturale per i territori colpiti dagli eventi del 20 maggio 2016 in Puglia;
   se il Governo preveda di assumere iniziative per indennizzare anche i piccoli imprenditori o le aziende cerasicole familiari che non hanno potuto far fronte agli elevati premi assicurativi. (3-02286)


Misure a favore del comparto agricolo italiano in relazione agli accordi sottoscritti dall'Unione europea con il Marocco e la Tunisia – 3-02023

C)

   BURTONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni si è realizzato un processo di continua liberalizzazione degli scambi commerciali con una progressiva riduzione delle protezioni di molti Paesi, che interessa anche i prodotti agricoli ed agroalimentari italiani;
   detto processo consente ai prodotti italiani di poter accedere ai mercati internazionali, ma determina impatti negativi importanti quando si producono condizioni di distorsione della concorrenza, anche per mancanza di piena reciprocità;
   il recente caso dell'accordo Unione europea-Marocco ha comportato, come ha sottolineato Confagricoltura, conseguenze negative per gli operatori italiani del comparto agrumicolo, mentre la discussione del possibile aumento del contingente di olio di oliva importato dalla Tunisia, senza applicazione di tariffa doganale, dimostra come non siano stati valutati appieno i possibili effetti sul mercato comunitario e nazionale dell'olio di oliva;
   sotto l'aspetto fitosanitario, l'apertura del mercato europeo a patogeni non presenti nel territorio mina la tenuta di interi comparti, come nel caso della malattia degli agrumi greening, settore che sta attraversando, oltretutto, una crisi di mercato e che vede, a quanto risulta all'interrogante, la sospensione, in Sicilia di tutte le attività di ritiro di arance da parte dell'industria di trasformazione;
   risulta necessario evitare che alcuni comparti produttivi soffrano a causa degli accordi internazionali anziché trarne beneficio, come sarebbe auspicabile in una logica di mutuo vantaggio –:
   se sia stato valutato il reale impatto della liberalizzazione degli scambi sul sistema agricolo italiano e sulle produzioni dell'olio di oliva e degli agrumi;
   se siano comparabili le regole di produzione e gli standard dei prodotti importati rispetto ai requisiti dei prodotti europei;
   se non si ritenga che alcune modalità applicative degli accordi sugli scambi commerciali rischino di alterare gli effetti delle concessioni di libero scambio;
   se si ritenga di sostenere, nelle sedi comunitarie, la necessità di valutare l'impatto degli accordi bilaterali delle concessioni in corso di definizione, anche in vista di una loro rimodulazione;
   se non si ritenga di assumere iniziative per rafforzare il sistema dei controlli alle frontiere;
   se si stiano predisponendo iniziative di intervento per la crisi di mercato degli agrumi in Italia e se si intendano prevedere misure di compensazione. (3-02023)


Iniziative volte a prevenire i rischi connessi all'uso di armi da caccia e misure per il contrasto del fenomeno del bracconaggio – 3-02328

D)

   GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la stagione venatoria 2015/2016 si è chiusa il 31 gennaio 2016 con un bilancio di 17 morti e 67 feriti per armi da caccia in ambito venatorio;
   proprio di pochi giorni fa l'ennesima tragedia in provincia di Padova, dove un ragazzo di 15 anni ha perso la vita al termine di una battuta di caccia;
   questi episodi riaprono la riflessione sull'esercizio dell'attività venatoria, distanze e accorgimenti obbligatori che non sembrano essere rispettati; inoltre, è oramai noto che chi esercita oggi in Italia l'attività venatoria ha spesso un'età compresa tra i 65 e i 75 anni, ma la normativa attuale non prevede alcun obbligo di accertamenti per l'idoneità psicofisica all'utilizzo delle armi che sarebbe invece necessario almeno dopo aver oltrepassato una determinata soglia di età;
   l'articolo 842 del codice civile consente ai cacciatori, e soltanto a loro, di entrare nella proprietà privata altrui. Una peculiarità giuridica pressoché unica in Europa, una sorta di abdicazione del diritto di proprietà privata costituzionalmente protetto. Il comma 1 dell'articolo suddetto recita: «Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno»;
   altro aspetto importante da segnalare è sul fronte del bracconaggio, dove per Cabs (Committee against bird slaughter) il 78 per cento reati venatori sono commessi da persone munite di licenza di caccia o che l'hanno posseduta in passato;
   in Italia fino a 8 milioni di uccelli selvatici protetti cadono ogni anno vittime illegali di trappole e fucili, è quanto emerso dalla Lipu nel corso della conferenza internazionale sull'antibracconaggio nell'Europa mediterranea, svoltasi a maggio 2015 a Roma. Dallo studio si evince che le 5 specie più «bracconate» in Italia risultano il fringuello, la pispola, il pettirosso, il frosone e lo storno;
   è preoccupante inoltre il dato sul bracconaggio ai danni di specie fortemente minacciate: sono abbattuti ogni anno 50-150 individui di nibbio reale, che equivalgono al 30 per cento della popolazione nidificante in Italia, tra 1 e 5 individui di capovaccaio (20 per cento della popolazione nidificante), tra 1 e 5 individui di anatra marmorizzata, che corrispondono addirittura al 50 per cento circa della popolazione nidificante;
   in questo scenario preoccupa la scelta di sopprimere il Corpo forestale dello Stato come forza di polizia autonoma e la soppressione delle province, che di fatto ha cancellato la polizia provinciale, hanno generato una situazione di quasi totale impossibilità di effettuare controlli in campo venatorio, ormai limitati alle guardie volontarie e a poco altro –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei gravi incidenti che ogni anno colpiscono il nostro Paese durante la stagione venatoria, non ritenga opportuno adottare tutte le iniziative volte a prevenire i rischi connessi all'uso di armi da caccia, al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini;
   se non intenda assumere iniziative per prevedere l'introduzione di accertamenti di idoneità psicofisica all'utilizzo delle armi nel caso in cui si sia oltrepassata una determinata soglia di età;
   se non si ritenga, altresì, di prendere in seria considerazione l'opportunità di assumere iniziative per l'abrogazione dell'articolo 842 del codice civile al fine di tutelare, al contempo, il diritto alla proprietà privata e la sicurezza dei cittadini;
   se, visto l'evidente incremento dei reati contro gli animali, non ritenga opportuno, per quanto di competenza, intervenire in maniera più stringente sul fenomeno del bracconaggio in Italia. (3-02328)


Iniziative per garantire un capillare controllo del territorio in provincia di Matera, con particolare riferimento alla cittadina di Miglionico – 3-02100

E)

   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni si sono registrati una serie di furti in provincia di Matera, in particolare nella cittadina di Miglionico;
   per sei giorni consecutivi, ignoti malviventi si sono introdotti in abitazioni familiari, molte volte anche con i proprietari all'interno;
   in data 7 marzo 2016, a seguito di una segnalazione, i carabinieri della locale stazione dei carabinieri hanno inseguito un'autovettura in direzione Matera-Bari;
   i malviventi hanno abbandonato l'auto e si sono dileguati nelle campagne sfuggendo alla cattura;
   i carabinieri hanno recuperato e riconsegnato la refurtiva al proprietario;
   rimane la preoccupazione da parte della comunità circa l’escalation di furti registrati in maniera così intensiva, quasi a tappeto da parte di criminali;
   anche in altre realtà del territorio della provincia si sono registrati furti in abitazioni nei centri storici e nelle campagne –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di suddetti episodi e se non intenda intervenire potenziando l'organico della stazione dei carabinieri di Miglionico e se non si intenda promuovere, per quanto riguarda l'intera provincia, un patto per la sicurezza rafforzando organici e mezzi a disposizione delle forze dell'ordine, nonché installare impianti di videosorveglianza finalizzati a un maggiore e più capillare controllo del territorio. (3-02100)


Chiarimenti in merito alla applicazione dei criteri per l'erogazione dei fondi pubblici a favore degli enti lirici, con particolare riferimento all'ammontare delle risorse destinate al Maggio musicale fiorentino – 3-02065

F)

   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 16 febbraio 2016, in Commissione istruzione pubblica, beni culturali del Senato della Repubblica, ha avuto luogo l'audizione informale del commissario governativo uscente, ex legge n. 112 del 2013, Pier Francesco Pinelli, sulla situazione degli otto teatri lirici interessati dalla citata legge e sulle quote di fondi pubblici erogati ai medesimi dalla direzione spettacolo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a sostegno delle fondazioni lirico-sinfoniche sottoposte ad un percorso di risanamento;
   la citata normativa, infatti, condiziona l'erogazione dei contributi ad un piano di risanamento pluriennale che consenta di diminuire i costi operativi dei teatri lirici e aumentare le loro entrate da biglietteria e sponsorizzazioni in modo da riportare in equilibrio i loro conti;
   dal documento si apprende – con poca sorpresa per l'interrogante, ma tanta ripugnanza – che sui 146,2 milioni di euro assegnati fino ad ora per gli enti lirici sottoposti a un percorso di risanamento, la maggior quota è stata devoluta al Maggio musicale fiorentino, pari a 33,4 milioni di euro, contro i 29,3 del San Carlo di Napoli, i 25 dell'Opera di Roma, i 16,9 del comunale di Bologna, i 16,1 del Carlo Felice di Genova, i 12,9 del Verdi di Trieste, gli 8 del Massimo di Palermo e i 4,5 del Petruzzelli di Bari;
   non solo l'ente di Firenze risulta in testa per aiuti di Stato, ma addirittura permane ultimo nella classifica per i risultati del proprio piano di risanamento;
   stante al documento del commissario, relativo all'anno 2015, mentre l'Opera di Roma «eccelle nell'ampliamento dell'offerta, nell'incremento dei ricavi da botteghino e nell'attrazione di sponsorizzazioni e contributi privati», e altrettanto il Giuseppe Verdi di Trieste che «prosegue il percorso di risanamento previsto specie in relazione al controllo dei costi, aspetto in cui la Fondazione eccelle», come pure il Massimo di Palermo che consegue «risultati in linea con il piano» ed il Petruzzelli di Bari che «ha nei bassi costi strutturali di gestione il proprio punto di forza», non può dirsi altrettanto del Maggio musicale fiorentino che «ha costi elevati (spettacoli, teatro, marketing, management), ricavi da sponsor inferiori alle attese, non ha impostato una gestione ordinaria efficace e conseguirà nel 2015 una perdita operativa e di cassa importante nonostante un risultato netto positivo per partite contabili»;
   il documento del commissario spiega poi nel dettaglio quanto è accaduto nel 2015, fornendo molte cifre: con riguardo al margine operativo lordo dei vari teatri lirici, in cinque casi è positivo (Napoli, Roma, Trieste, Bari e Palermo), in tre negativo (Genova, Firenze e Bologna) ed in un solo caso – quello di Napoli – il risultato nel 2015 (di 450 mila euro) è meglio delle promesse del piano di risanamento. In due casi – Bari e Genova – il risultato reale è identico alle promesse fatte l'anno precedente, mentre gli altri cinque teatri lirici hanno avuto risultati inferiori alle promesse, qualcuno di pochissimo (Trieste, Palermo e Roma), altre di molto (Bologna e Firenze), con il Maggio musicale fiorentino risultante il peggiore in assoluto per distanza fra risultato atteso e risultato conseguito (doveva andare in attivo di 2,76 milioni di euro, chiude in passivo per 1,54 milioni con una differenza di 4,30 milioni di euro);
   la questione è stata riportata anche a mezzo stampa il 21 febbraio 2016 dal quotidiano Libero, in un articolo a firma Bechis, che denuncia «Questo mare che a Firenze c’è fra il dire e il fare appare in ogni voce: i costi totali secondo promesse sarebbero dovuto ammontare a 30 milioni di euro, e invece sono stati 34 milioni. I costi del personale dovevano essere di 18 milioni di euro, sono stati di 20 milioni, e così via per tutte le voci. Il Maggio musicale fiorentino insomma ricorda molto da vicino i conti dello Stato nell'era Renzi: grandissime promesse, risultati scarsini»;
   tutta la vicenda denota, a giudizio dell'interrogante, un evidente conflitto di interessi nell'operato del Governo –:
   come spieghi il Governo i fatti di cui in premessa, con specifico riguardo alla maggiore erogazione all'ente musicale fiorentino, posto che ad avviso dell'interrogante nei riguardi del predetto ente c’è stato un trattamento di favore, e di contro un trattamento discriminatorio nei confronti degli altri sette teatri lirici, in contrasto con il dettame di legge che prevede il rapporto «contributi-virtuosità di comportamento-risanamento». (3-02065)


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 9 GIUGNO 2016, N. 98, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL COMPLETAMENTO DELLA PROCEDURA DI CESSIONE DEI COMPLESSI AZIENDALI DEL GRUPPO ILVA (A.C. 3886)

A.C. 3886 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è l'ennesimo, e segnatamente, il decimo decreto-legge riguardante l'ILVA di Taranto: una perdurante gravissima emergenza industriale sanitaria e ambientale, che continua ad essere affrontata con provvedimenti d'urgenza che sino ad oggi hanno dimostrato tutti i loro limiti e soprattutto oltremodo profondamente lesivo dei principi costituzionali sanciti dagli articoli 3, 9, 32, 41, 81, 97 e 112 della nostra Carta Costituzionale, presentando altresì gravi e preoccupanti profili di incompatibilità con la normativa europea in materia ambientale;
    con riferimento all'impianto normativo descritto dal provvedimento in relazione all'articolo 1, comma 4, lettera b) si evidenzia come tale disposizione modifichi in modo grave e palesemente incostituzionale l'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20 al fine di estendere l'immunità penale e amministrativa ivi prevista in riferimento alle condotte poste in essere dal commissario straordinario e dai soggetti da lui delegati connesse all'attuazione dell'AIA e delle misure previste nel Piano ambientale relativo allo stabilimento ILVA anche a quelle dell'affittuario o acquirente, ampliando e rafforzando in maniera inaccettabile disposizioni già evidentemente incostituzionali e avulse da qualsiasi rispetto del principio dello Stato di diritto, con conseguente violazione diretta del principio fondamentale di uguaglianza cui all'articolo 3 della Costituzione legittimando a pieno titolo, con conseguente estensione dal pubblico al privato, la configurazione nel nostro ordinamento giuridico di un «diritto di disastro» in capo ad alcuni soggetti i cui comportamenti risultano tutelati da una presunzione di liceità;
    presunzione che, con tutta evidenza, appare tanto più grave e preoccupante per chiunque abbia a mente il coacervo di problemi complessi, gravi e ancora preoccupanti che, soprattutto sotto il profilo sanitario e ambientale, continuano oggi a tormentare il territorio del sito industriale più importante del Paese, nonostante le molteplici procedure di commissariamento avviate da tempo;
    tale disposizione, poi, viola i principi di riserva di giurisdizione e di obbligatorietà dell'azione penale di cui all'articolo 112 della Costituzione, in quanto suscettibile di vincolare il giudice a compiere una valutazione di merito con esclusione della responsabilità penale o amministrativa di alcuni soggetti rispetto ad altri che potrebbero essere coinvolti, eventualmente nell'attuazione del Piano ambientale, con evidente disparità di trattamento illogico sul piano penale e amministrativo;
    il provvedimento in esame, inoltre, in relazione all'articolo 1, comma 4, lettera a) apporta modifiche all'articolo 2 del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20 precisandosi che il termine del 30 giugno 2017, ivi fissato per l'attuazione del piano ambientale, termine a suo tempo già prorogato, possa essere inaccettabilmente ulteriormente prorogato su istanza dell'aggiudicatario fino addirittura a 18 mesi e in sostanza al 2019;
    tale disposizione integra un'evidente violazione della tutela costituzionale prevista dagli articoli 9, 32 e 41 ove si consideri l'obbligo gravante sulla Repubblica di tutelare il paesaggio nella sua eccezione più ampia di ambiente naturale (articolo 9, secondo comma), l'obbligo di tutelare la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività, posto che il diritto alla salute intesa come diritto alla salubrità dell'ambiente costituisce un diritto inviolabile per la stessa autorità pubblica (articolo 32, primo comma) e, infine, l'obbligo di impedire lo svolgimento di iniziative economiche con modalità tali da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (articolo 41, secondo comma). Inoltre, tale disposizione viola palesemente la normativa comunitaria in materia ambientale e, in particolare, con l'articolo 191 del Trattato istitutivo dell'Unione Europea ove si tenga a mente che la politica comunitaria sull'ambiente mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni ed è fondata sui principi di precauzione, azione preventiva, correzione, nonché sul principio di «chi inquina paga»;
    il provvedimento in esame, inoltre, all'articolo 1, comma 1, lettera b) istituisce un comitato di esperti, composto da non meglio definiti «tre componenti scelti tra soggetti di comprovata esperienza in tutela dell'ambiente e degli impianti siderurgici» che entro quattro mesi avrà il compito, in buona sostanza, di valutare i piani ambientali presentati dai privati, prefigurando addirittura una privatizzazione di una funzione tipica svolta dal Ministero dell'ambiente in violazione del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione;
    il provvedimento, inoltre, presenta evidenti profili di illegittimità costituzionale anche in relazione alla copertura finanziaria in violazione dell'articolo 81 della Costituzione in quanto non affronta in modo specifico e credibile il nodo delle risorse necessarie per il risanamento e il rilancio dello stabilimento. Inoltre, nel precedente decreto legge 4 dicembre 2015, n. 191, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 febbraio 2016, n. 13 venivano stanziati ben 300 milioni di euro per far fronte alle indifferibili esigenze finanziarie del Gruppo ILVA e quindi permettere la produzione fino al 30 giugno 2016 ed ora ne serviranno altri per coprire i 4 mesi successivi;
    infine, con la modifica introdotta dal provvedimento in esame al comma 3 dell'articolo 1 della legge 2016, n. 13 si prevede che sia l'amministrazione straordinaria e non già l'aggiudicatario a restituire allo Stato l'importo erogato maggiorato degli interessi al tasso Euribor a sei mesi: una regalia nei confronti del privato di circa 400 milioni di euro con oneri a carico della finanza pubblica,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3886.
N. 1. Duranti, Pellegrino, Ricciatti, Zaratti, Ferrara, Scotto.

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 9 giugno 2016 n. 98 è il decimo provvedimento d'urgenza adottato per fronteggiare l'emergenza ILVA di Taranto. Il presente decreto interviene nuovamente sulla procedura di amministrazione straordinaria del gruppo relativa al trasferimento dei complessi aziendali delle imprese a distanza di otto mesi dal decreto-legge 4 dicembre 2015 n. 191 che è intervenuto sulla medesima materia;
    il Governo continua ad abusare della decretazione d'urgenza e si continua ad assistere al radicale esproprio della produzione legislativa parlamentare da parte del Governo;
    con l'uso smisurato della decretazione d'urgenza viene snaturato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinarietà dei casi di necessità ed urgenza, requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi, da tanto e troppo tempo, di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
    il susseguirsi continuo dei decreti-legge, con nome derogatorie, generiche oppure oscuramente formulate, appare sempre lo strumento inidoneo a garantire soluzioni efficaci, equilibrate e soprattutto durevoli per la grave situazione di Taranto;
    il decreto-legge in esame contiene disposizioni di procedura ed integrative rispetto alla disciplina della gara prevista per il trasferimento a terzi dei complessi aziendali del gruppo Ilva, ancora una volta giustificate, in modo inappropriato, dal fatto di salvaguardare il tessuto socio-economico del territorio, contemperandole con le esigenze della salute e tutela ambientale;
    infatti il provvedimento modifica alcune norme del recente decreto-legge 4 dicembre 2015 n. 191, innanzitutto il comma 3 dell'articolo 1, stabilendo che il prestito dei 300 milioni di euro, indispensabili per fare fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria, non sia più restituito dall'aggiudicatario del complesso aziendale, ma dall'amministrazione straordinaria, con gli interessi di mercato (Euribor a 6 mesi maggiorato di uno spread pari al 3 per cento) e dispone che il debito sia anteposto «agli altri della procedura» rendendo ancora più precaria la posizione dei creditori non assistiti da privilegio;
    al riguardo si ricorda che la Commissione europea sarebbe orientata a considerare le misure dell'Italia in favore del rilancio dell'Ilva come aiuti di Stato su ricorso presentato dall'associazione delle imprese siderurgiche; come noto, è in corso dal 20 gennaio 2016, a carico dell'Italia un'investigazione formale da parte della Commissione europea per accertare che le misure sinora adottate dallo Stato italiano nei confronti di Ilva s.p.a. in amministrazione straordinaria costituiscano aiuti di Stato. Tale circostanza desta una comprensibile grave preoccupazione, anche in relazione alla più recente contestazione supplementare del 13 maggio 2016 che invita l'Italia a presentare le proprie osservazioni e a fornire ogni elemento utile per dimostrare la fondatezza dei motivi per cui le misure poste in essere in favore dell'Ilva possano essere considerate compatibili con il mercato interno, con particolare riferimento al prestito statale di 300 milioni di euro. Nella nota richiamata, la Commissione ha stigmatizzato altresì la disposizione che autorizza gli amministratori straordinari a contrarre finanziamenti statali per un ammontare fino a 800 milioni di euro, di cui fino a 600 milioni di euro nel 2016 e fino a 200 milioni di euro nel 2017, rilevando come, se fosse attuata, tale intervento configurerebbe aiuto di Stato. A questo proposito, nonostante la Commissione europea abbia ricordato che l'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE abbia effetto sospensivo nel senso che l'Italia è tenuta a rispettare l'obbligo di non adottarla senza averne ottenuto preventiva autorizzazione dalla Commissione, il decreto – come noto – interviene anche su questo aspetto, posticipando al 2018, il termine previsto per il rimborso degli importi finanziati da parte dello Stato in favore del gruppo Ilva, che dovevano essere rimborsati nel medesimo esercizio finanziario in cui gli stessi sono stati erogati con conseguente previsione della relativa copertura finanziaria degli oneri derivanti dal mancato rimborso degli importi finanziati nel 2016. La scarsa propensione dello Stato italiano a dare corso alle censure sollevate a livello europeo, a partire dal rispetto della sospensiva, non può che destare ulteriore allarme nei confronti di una vicenda già resa grave dalla concomitante procedura di infrazione n. 2013/2177, giunta alla stadio del parere motivato contro il nostro Paese;
    a ciò si aggiunge che il Piano ambientale di risanamento dell'Ilva può essere modificato e integrato dai nuovi acquirenti secondo criteri di sostenibilità economica; per la predisposizione dello stesso si concedono altri 18 mesi di tempo portando il termine ultimo al 31 dicembre 2019;
    anche su questo aspetto il sedicente contemperamento delle esigenze di tutela dell'ambiente con l'interesse alla produzione di cui all'articolo 41 della Costituzione è stato reiteratamente utilizzato quale strumento per derogare alla disciplina ordinaria in tema di autorizzazioni ambientali così come previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto in oggetto, peraltro in violazione dell'articolo 97 della Costituzione, laddove si prevede lo sdoppiamento di procedure autorizzative in materia ambientale, anche su questo aspetto, come anche nei precedenti decreti, non si salvaguarda la salute dei cittadini ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione e nemmeno si garantisce la tutela dell'ambiente ai sensi dell'articolo 9;
    suscita perplessità anche la disposizione tesa ad evitare l'applicazione dell'onere reale e del connesso privilegio immobiliare speciale di cui all'articolo 253 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. testo unico ambientale) laddove di fatto si comprimono gli obblighi dell'acquirente in tema di bonifica che vengono ora circoscritti al valore delle prescrizioni di bonifica effettivamente non ottemperate da parte dell'acquirente;
    ma tutto ciò non basta: al nuovo acquirente viene ora concessa la stessa immunità penale, civile e amministrativa riconosciuta ai commissari straordinari per le condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale;
    tale previsione risulta gravemente censurabile laddove esclude ogni tipo di risarcimento in deroga a principi costituzionalmente tutelati quali l'azionabilità dei diritti di ciascuno ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione nel caso in cui le attività, non solo del commissario straordinario oppure dei soggetti da esso funzionalmente delegati, ma anche del nuovo acquirente ed affittuario, possano produrre a terzi un danno ingiusto;
    manca, ancora una volta, in modo manifestamente irragionevole, l'esclusione di ogni scriminante per condotte che provochino eventi contro l'incolumità pubblica o l'integrità fisica delle persone, fatto assai grave ove si consideri la peculiare storia e la drammatica situazione ambientale e sanitaria dell'area di Taranto. Questo provvedimento stride fortemente con la tutela costituzionale di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione;
    a tali disposizioni che violano la nostra Costituzione si aggiunge che Cassa depositi e prestiti ha annunciato di voler intervenire nella nuova società che gestirà Ilva che registra, secondo il «Corriere della Sera» una media 2,5 milioni di euro al giorno di perdite;
    l'intervento della Cassa viola l'articolo 3 del suo Statuto, che le dovrebbe impedire di investire in società decotte, senza prospettive, come del resto è l'intero mercato dell'acciaio europeo, ma il Governo, nel caso in cui permettesse tale operazione, violerebbe l'articolo 47 della Costituzione, in quanto Cassa depositi e prestiti gestisce ingenti risparmi degli italiani;
    pertanto questo provvedimento continua a stridere fortemente con la tutela costituzionale di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3886.
N. 2. Vallascas, Terzoni, Cancelleri, Crippa, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli, Castelli.

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento di conversione in legge del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, presenta profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali e con la giurisprudenza costituzionale che è intervenuta ripetutamente in merito alle circostanze che rendono ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge;
    il decreto-legge in esame, che riconferma l'intervento dello Stato nella gestione delle imprese del gruppo ILVA attraverso il commissario della procedura di amministrazione straordinaria, è contrario a quanto disposto dall'articolo 41 della Costituzione che sancisce la libertà dell'iniziativa economica privata; continua pertanto a profilarsi una sorta di statalizzazione della società che vede lo Stato invadere la sfera del privato; infatti, la procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasce per la ristrutturazione e/o vendita delle imprese a partecipazione pubblica o operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali e forzatamente è stata estesa anche all'ILVA, quale impresa di interesse strategico nazionale, creando un precedente di esproprio nella gestione della proprietà attraverso l'intervento generale dello Stato nel settore privato;
    la dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe inoltre servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese;
    per quanto attiene i profili della necessità e dell'urgenza si fa presente che sull'emergenza dell'area di Taranto e la crisi dell'ILVA sono già intervenuti ben nove decreti-legge:
    7 agosto 2012, n. 129, recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto;
    3 dicembre 2012, n. 207, recante disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale;
    4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale;
    31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (articolo 12);
    10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate;
    24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea, nel testo risultante dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 116;
    16 luglio 2014, n. 100, recante misure urgenti per la realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria per le imprese sottoposte a commissariamento straordinario (non convertito in legge);
    5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto;
    4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA;
    tale proliferare di decreti-legge che perdura dal 2012 snatura le caratteristiche di urgenza dell'intervento governativo e non si presenta risolutivo delle problematiche legate all'ILVA e alla crisi dell'industria siderurgica italiana;
    la prassi legislativa del ricorso continuo e reiterato all'uso della decretazione d'urgenza che è stata più volte censurata dalla Corte Costituzionale svuota e mortifica il ruolo del Parlamento, in contrasto ai dettami dell'articolo 70 della Costituzione che affida alle due Camere l'esercizio della funzione legislativa;
    il mancato rispetto dei requisiti di necessità e di urgenza è evidente all'articolo 1, comma 4, lettera a), del decreto-legge che permette l'ulteriore proroga del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, approvato nel 2014 e già più volte prorogato;
    tale disposizione, inoltre, permette all'aggiudicatario della gara di presentare domanda di autorizzazione di nuovi interventi e di modifica del piano, mettendo in discussione, con un intervento da parte del privato, non solo quanto già attuato, ma anche e soprattutto il ruolo delle istituzioni che hanno già approvato il Piano a garanzia della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;
    nel caso specifico è palese, inoltre, il conflitto tra l'interesse privato dell'aggiudicatario e l'interesse pubblico per la corretta attuazione delle prescrizioni ambientali;
    ai sensi della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, le proposte di modifica del Piano sono valutate da un comitato di tre esperti, nominati da Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i cui compensi sono posti a carico dell'amministrazione straordinaria dell'ILVA, ossia del soggetto che è il principale interessato al proseguimento dell'attività e successiva cessione del gruppo aziendale; anche in questo caso si profila un conflitto di interesse che si potrebbe evitare interessando direttamente le commissioni già istituite in materia ambientale nell'ambito del Ministero o l'Ispra;
    l'articolo 1, comma 1, lettera a) pone a carico dell'amministrazione straordinaria, e non più a carico dell'aggiudicatario della procedura di gara, l'obbligo della restituzione del finanziamento statale, anteponendolo agli altri debiti della procedura; in questo modo si rende ancora più incerto il diritto dei creditori del gruppo ILVA al pagamento dei servizi svolti;
    l'articolo 1, comma 4, lettera b), modificando l'articolo 2, comma 6 del decreto-legge n. 1 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 20 del 2015, estende l'immunità penale e amministrativa previste per i Commissari straordinari e loro delegati nell'esecuzione del Piano ambientale, anche all'affittuario o acquirente; in tal modo, applicando al privato le stesse norme previste per la gestione straordinaria da parte dell'amministrazione pubblica, l'acquirente viene alleviato dalle proprie responsabilità nell'attuazione delle prescrizioni del Piano ambientale e sanitario,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3886.
N. 3. Allasia, Grimoldi, Castiello, Attaguile, Borghesi, Busin, Bossi, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti.

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, rappresenta il decimo provvedimento d'urgenza con cui il Governo, dal 2012 ad oggi, affronta la questione;
    questo ennesimo intervento (il quinto del Governo Renzi) si mostra ai nostri occhi in tutta la sua drammaticità: la drammaticità di una situazione aziendale, lavorativa, ambientale e territoriale non più sostenibile; ma anche la drammaticità di un Governo che ancora, decreto dopo decreto, continua a brancolare nel buio, senza riuscire a mettere a fuoco una sola soluzione compiuta;
    il testo al nostro esame è contrario alla tutela del paesaggio e dell'ambiente naturale disposto dall'articolo 9 della Costituzione, nonché del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione, nella misura in cui differisce fino a 18 mesi il termine per l'attuazione del piano ambientale di risanamento dell'ILVA rispetto alla precedente scadenza. Il termine fissato al 30 giugno 2017 (termine a suo tempo già prorogato) per l'attuazione del piano ambientale e sanitario, infatti, «può essere prorogato, su istanza dell'aggiudicatario della procedura», «per un periodo non superiore a 18 mesi», quindi fino a fine 2019. Tale termine, come stabilisce l'articolo 1, comma 4, lettera a), del testo, «si applica altresì ad ogni altro adempimento, prescrizione, attività o intervento di gestione ambientale e di smaltimento e gestione dei rifiuti inerente ILVA S.p.A. in amministrazione straordinaria e le altre società da essa partecipate anch'esse in amministrazione straordinaria e sostituisce ogni altro diverso termine intermedio o finale che non sia ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto, previsto da norme di legge o da provvedimenti amministrativi comunque denominati»;
    è evidente poi come le disposizioni richiamate presentino diversi profili di contrasto con la normativa comunitaria in materia ambientale;
    la disposizione di cui all'articolo 1, comma 4, lettera b), che estende l'immunità penale e amministrativa già prevista per il commissario straordinario e i soggetti da lui delegati nell'esecuzione del piano ambientale anche all'affittuario o acquirente, si pone in evidente violazione dell'articolo 3 della Costituzione, nonché dei principi di riserva di giurisdizione e dell'obbligatorietà dell'azione penale, in quanto suscettibile di vincolare il giudice a compiere una valutazione di merito con esclusione della responsabilità penale o amministrativa di alcuni soggetti che potrebbero essere coinvolti, con evidente disparità di trattamento sul piano penale e amministrativo;
    l'articolo 1, comma 1, lettera a), definisce inoltre che non sarà la società vincitrice della gara per l'ILVA a restituire il prestito ponte da 300 milioni di euro, ma l'amministrazione straordinaria del gruppo ILVA che «provvede, anteponendolo agli altri debiti della procedura», rendendo ancora più incerto il diritto dei creditori dell'ILVA al pagamento dei servizi effettuati;
    inserire il provvedimento in esame, il decimo sullo stesso tema, nell'ambito dell'articolo 77 della Costituzione, svilisce il principio stesso di «necessità ed urgenza», anche perché è facile immaginare che a questo faranno seguito interventi successivi integrativi, non soddisfacendo dunque le esigenze di chiarezza e semplificazione della legislazione: le continue proroghe dei termini determinano anche una evidente confusione anche nei potenziali acquirenti, ben coscienti dei rischi di incostituzionalità a cui sono sottoposte le disposizioni in discussione, nonché di tutte quelle intervenute in precedenza;
    è più che mai evidente come il decreto-legge sia diventato uno strumento ad incastro variabile con una utilizzazione dell'articolo 77 della Costituzione assolutamente arbitraria e intollerabile,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3886.
N. 4. Sisto, Occhiuto, Polidori.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2362 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 3 MAGGIO 2016, N. 59, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI PROCEDURE ESECUTIVE E CONCORSUALI, NONCHÉ A FAVORE DEGLI INVESTITORI IN BANCHE IN LIQUIDAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3892)

A.C. 3892 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame costituisce l'ennesimo intervento normativo di riforma del settore bancario messo in atto con il ricorso alla decretazione d'urgenza;
    secondo il disegno costituzionale i decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono, per questo, destinati ad operare immediatamente allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare sopravvenute ed urgenti necessità, ai sensi dell'articolo 77, secondo comma della Costituzione. Da ciò discende l'inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma di sistema quale è quella contemplata in questo provvedimento, che incide profondamente su materie complesse e rilevanti che investono il diritto sostanziale e processuale, con rilevanti ricadute sul sistema socio-economico;
    infatti le modifiche al testo unico bancario, al codice di procedura civile ed alle relative norme di attuazione nonché alla legge fallimentare, introdotte dal provvedimento avrebbero dovuto richiedere processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, stante anche i dubbi interpretativi emersi, e tali da consentire sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, come quelle ad esempio destinate ad entrare in vigore solo dopo l'adozione di regolamenti di attuazione o quelle che non introducono alcunché di innovativo, ma solo adempimenti stringenti in capo ai soggetti che operano in ambito esecutivo individuale e concorsuale;
    di più. Il ricorso al decreto-legge, in assenza della ricorrenza dei requisiti costituzionalmente previsti per il suo utilizzo, non dovrebbe mai trovare impiego nei casi in cui si intenda incidere significativamente su materie che, per complessità e rilevanza nell'ambito del diritto sostanziale e processuale e per le ricadute sul sistema socio-economico, necessiterebbero della condivisione da parte di tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento;
    parimenti non si ritiene condivisibile la scelta effettuata dal governo di intervenire a distanza di pochi mesi sull'impianto del codice di procedura civile e, più specificatamente, sul libro III dedicato al processo di esecuzione, già sensibilmente modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015, recante: «Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria». La stratificazione di provvedimenti normativi che vengono elaborati a breve distanza gli uni dagli altri, senza opportune riflessioni e, più che altro, senza la necessaria attività di coordinamento tra le nuove previsioni e quelle preesistenti, così come tutte quelle differenze di prassi registrate in ambito locale e, nei Tribunali più grandi, anche nell'ambito delle stesse sezioni, possono generare disorientamento tra gli interpreti e rappresentare sia motivo di aggravamento per il lavoro di magistrati e professionisti, sia motivo di grande incertezza per i creditori e gli stakeholder, oltre che per i possibili investitori stranieri, che dovrebbero poter fare affidamento sull'applicazione di regole certe ed uniformi su tutto il nostro territorio;
    entrando strettamente nel merito delle disposizioni, emerge in maniera evidente che, diversamente da quanto viene enunciato dal Governo nella relazione illustrativa di accompagnamento al provvedimento, le misure contenute negli articoli relativi al sistema delle garanzie, all'accelerazione del recupero crediti ed alla riduzione dei tempi delle procedure esecutive, non sembrano finalizzati a sostenere le imprese, quanto piuttosto, grazie all'introduzione di nuovi istituti e strumenti, ad avvantaggiare, rafforzandolo, l'intero sistema bancario nel recupero dei crediti, non ravvisandosi né con riferimento all'articolo 1, né, tantomeno all'articolo 2, una qualche forma di tutela del debitore in considerazione della sua posizione di contraente debole rispetto agli istituti di credito;
    il decreto-legge, all'articolo 1, introduce nell'ordinamento giuridico un nuovo strumento di garanzia dei crediti delle banche, attraverso la costituzione del pegno non possessorio sui beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, che se da una parte consente un impiego produttivo del bene e quindi favorisce la continuità produttiva, dall'altra potrebbe indurre la banca ad ingiustificate richieste di adeguamento delle garanzie sui finanziamenti già in essere e per linee di credito anche a breve termine per il finanziamento del capitale circolante, mettendo così a rischio il ragionevole affidamento e la garanzia della certezza di diritti anche acquisiti ed innescando un circolo vizioso che finirebbe col rendere inefficace lo stesso nuovo istituto, quale acceleratore di sviluppo economico in tutti i casi in cui lo stesso non fosse finalizzato al finanziamento degli investimenti produttivi;
    quanto previsto dall'articolo 1 rappresenta anche una violazione del principio di uguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione, determinando una disparità di trattamento tra creditori, poiché a determinate condizioni consentirebbe alle banche creditrici di acquisire i beni oggetto del pegno senza un preventivo pronunciamento del giudice, con ciò sfavorendo i creditori privilegiati nell'ambito della procedura esecutiva;
    è risaputo quanto l'attuale sistema delle garanzie risulti disperso in una serie di norme contenute oltre che nel codice civile anche in leggi di settore e quanto, per l'appunto, si renda necessario procedere ad una revisione sistematica della materia, coniando nuove disposizioni che possano adeguarsi alle esigenze dei mercati e al mutato contesto storico ed economico, esigenza che però, non dovrebbe mai sacrificare, prevaricandola, la necessità di garantire la certezza dei diritti (anche acquisiti), così come, al contempo non dovrebbe essere appannaggio solo di coloro che, per posizione assunta nell'economia, possono influire sulla capacità negoziale di altri soggetti;
    né tantomeno si dovrebbe incoraggiare il diffondersi di prassi in danno agli imprenditori (e, per altri versi, ai consumatori) che, per tramite il riconoscimento legislativo del c.d. patto marciano stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, mascherino veri e propri abusi di posizione dominante. Appare, in questo senso, alquanto penalizzante la norma di cui all'articolo 2 del provvedimento, che, al fine di assicurare alle banche e agli altri soggetti autorizzati a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico, strumenti particolarmente incisivi a tutela delle loro posizioni creditorie, consente, in caso di inadempimento, ovvero quando il mancato rimborso del finanziamento si protrae per oltre nove mesi dalla scadenza di almeno tre rate, in caso di rimborso mensile, (elevati a dodici nel caso in cui il debitore abbia già rimborsato almeno 1'85 per cento del finanziamento), il trasferimento alla banca della proprietà di un bene immobile dell'imprenditore o di un terzo, per effetto del cd. patto marciano, uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente più debole. È infatti facile immaginare quali possano essere le relative conseguenze per le imprese, in particolare quelle piccole e medie, che avranno ancor più difficoltà a rinegoziare i propri mutui ed a far fronte alla fasi di insufficiente liquidità così diffuse in presenza della perdurante crisi economica;
    diversamente dall'attivazione di procedure, come quelle introdotte dal decreto-legge, che possono mettere in pericolo il patrimonio e la continuità aziendale e quindi l'esistenza stessa dell'impresa, con conseguente perdita di posti di lavoro, per ricostruire un tessuto produttivo indebolito e sfiancato occorrerebbe aiutare quegli imprenditori che quotidianamente, pur nella difficoltà, continuano a svolgere la propria attività nel rispetto delle regole, coinvolgendo il sistema bancario in una forte azione di supporto all'economia reale;
    altra criticità è quella all'articolo 4 che, incidendo in modo rilevante sulle procedure delle aste giudiziarie, impone una vera e propria svendita del patrimonio privato italiano, violando l'articolo 42, secondo comma, a tutela della proprietà privata. Nello specifico, viene previsto che il tribunale possa disporre massimo tre esperimenti di vendita, ognuno con un ribasso di un quarto rispetto al precedente prezzo. Qualora tutti gli esperimenti dovessero andare deserti, il magistrato potrà disporre una quarta asta, riducendo addirittura il prezzo dell'immobile fino al 50 per cento. Ad aggravare l'impatto negativo contribuisce l'efficacia retroattiva della norma, che si applica anche a tutti i pignoramenti immobiliari anteriori alla riforma ed ancora in corso e a quelli per cui si sono già svolti tre esperimenti d'asta, che quindi possono essere chiusi anticipatamente al ribasso dal giudice;
    inoltre quanto disposto in materia di espropriazione forzata dal comma 1, lettera d) del medesimo articolo 4, che prevede la liberazione dell'immobile pignorato senza l'intervento dell'ufficiale giudiziario, unito al trasferimento dell'immobile tramite l'attivazione automatica del patto marciano, che può svolgersi, senza la presenza del giudice, unicamente su impulso del creditore, non offrono sufficienti garanzie al debitore, con il reale rischio che, in mancanza di contrappesi, il sistema bancario d'ora in avanti imponga, per concedere finanziamenti, le suddette nuove forme di garanzia aumentando così il proprio patrimonio;
    un'altra misura che potrebbe favorire in direzione univoca il solo interesse del sistema bancario, è l'introduzione nel codice di procedura civile di una norma, l'articolo 590-bis, che ammette la partecipazione all'asta giudiziaria per conto di terzi, così che qualsiasi offerente, compreso un istituto di credito, può partecipare all'asta riservandosi successivamente di indicare il nome di un terzo soggetto, effettivo acquirente. Grazie a tale possibilità un istituto di credito può attuare un circuito virtuoso finanziando, in primis, la vendita di un immobile, poi acquistandolo all'asta ad un valore dimezzato, direttamente o attraverso una propria società immobiliare, e infine procedere a rivenderlo. Se poi quest'ultimo viene ceduto entro un anno, lo stesso istituto sarà soggetto, non più ad un'imposta di registro pari al 9 per cento, ma ad un'imposta fissa di 200 euro;
    ultimo, ma non privo di criticità, è il capitolo dei risarcimenti delle migliaia di risparmiatori che hanno investito in modo inconsapevole i propri risparmi in strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione alla fine di novembre 2015 (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti), a cui il Governo, con il Capo II del provvedimento, dà una risposta assolutamente inadeguata ed insufficiente, come è emerso chiaramente dalle relazioni delle molte associazioni di consumatori e risparmiatori audite in sede referente;
    i requisiti restrittivi per l'accesso al Fondo di solidarietà previsti dall'articolo 9 del provvedimento, che escludono dal rimborso automatico intere categorie di risparmiatori, sono un altro esempio di rilevante lesione del principio di eguaglianza sostanziale, enunciato dal secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione. Lo stesso articolo, infatti: 1) circoscrive il beneficio solo a coloro in possesso di un patrimonio mobiliare di proprietà inferiore a 100.000 euro o con un reddito lordo inferiore a 35.000 euro nell'anno 2015, e limita l'importo del risarcimento all'ottanta per cento del corrispettivo pagato; 2) non permette anche a chi abbia acquistato gli stessi titoli presso altri istituti bancari di beneficiare del rimborso forfetario, introducendo, in tal modo, un'odiosa distinzione giuridica tra i clienti privati delle quattro banche, che hanno acquistato sul mercato secondario, e quegli investitori privati che hanno acquistato i titoli bancari presso altri istituti; 3) consente di includere nel conteggio del patrimonio mobiliare dell'investitore gli strumenti finanziari subordinati azzerati, al fine di evitare ovviamente gravi distorsioni a danno di chi detiene quote importanti di tali strumenti finanziari;
    di più. La norma relativa alla procedura arbitrale, alternativa alla richiesta di rimborso forfetario, non chiarendo le modalità in cui si svolgerà l'arbitrato, non consente ai risparmiatori di decidere quale procedura intraprendere e non consente al risparmiatore di accedere alla procedura di arbitrato, qualora la procedura per ottenere l'indennizzo forfetario non si concluda per mancanza dei requisiti o per l'impossibilità di reperire la documentazione richiesta. Essa soprattutto non prevede esplicitamente che l'accesso alle due procedure, di rimborso forfetario e di arbitrato, non precluda l'avvio o la prosecuzione di azioni risarcitorie, in sede civile o penale, nei confronti delle nuove banche o di altri soggetti, attentando quindi a quella che la nostra Costituzione, all'articolo 47, commi primo e secondo, ritiene una risorsa fondamentale per lo sviluppo della collettività, cioè il risparmio stesso;
    anche la tempistica prevista per la presentazione delle domande di risarcimento risulta alquanto penalizzante per il risparmiatore, e cioè sei mesi di tempo, che decorrono dalla data di conversione in legge del decreto e non, come sarebbe corretto, dall'emanazione dei decreti attuativi: un arco temporale che può in molti casi risultare insufficiente per produrre tutta la documentazione richiesta, soprattutto quando tutto questo richiede un adempimento non dipendente dall'istante ma dall'istituto di credito coinvolto,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3892.
N. 1. Paglia, Scotto, Fassina, Daniele Farina, Sannicandro.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca la «Conversione in legge del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione»;
    la recente prassi legislativa del ricorso continuo e reiterato all'uso del decreto-legge utilizzato dall'attuale Governo e più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e dalle numerose sentenze della Corte Costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, oltre a svilire i presupposti di adozione della stessa decretazione di urgenza, comporta anche un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, nonché uno svuotamento ed una mortificazione del ruolo del Parlamento, privando in particolare l'opposizione della facoltà di esercitare la sua funzione di indirizzo e di controllo politico;
    basti qui ricordare, ex multis, la sentenza n. 171 del 2007 nella quale la Corte stabilisce la illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 80 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140 del 2004, per mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza, e la sentenza n. 128 del 2008, attraverso la quale la Corte puntualizza l’«evidente mancanza» dei presupposti fattuali e la disomogeneità dei decreti-legge. Inoltre l'illegittimità costituzionale del procedimento legislativo non viene sanata dalla legge di conversione che secondo la richiamata giurisprudenza è a sua volta incostituzionale per un vizio del procedimento;
    l'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica: il Governo, infatti, utilizza il ricorso allo strumento del decreto-legge solo perché un disegno di legge avrebbe tempi per l'approvazione definitiva troppo lunghi;
    è palese quindi che il Governo operi nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali solo ed esclusivamente perché incapace di trovare una maggioranza parlamentare coesa;
    il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato Costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere;
    in particolare, il Governo in carica ha fatto uso larghissimo della decretazione d'urgenza, con una media, come ha specificato lo stesso Ministro per le riforme costituzionali, di 2,23 decreti al mese che, benché inferiore rispetto alla media di 2,55 del Governo Letta e 2,66 del Governo Monti, resta comunque alta, tanto da richiamare l'attenzione del Presidente della Camera che, già nell'ottobre 2014, ammoniva il Presidente del Consiglio dichiarando come l'uso eccessivo dei decreti-legge rischiasse di alterare il fisiologico funzionamento della Camera dei deputati;
    tale strumento, infatti, è spesso utilizzato in assenza di una valida motivazione d'urgenza, e il suo abuso appare ancora più inappropriato tenuto conto del fatto che in questa legislatura i disegni di legge dell'esecutivo godono di una posizione di favore rispetto alle proposte di legge di iniziativa parlamentare, sia in termini di numero (soltanto l'1 per cento di queste ultime arriva all'approvazione contro il 29 per cento di quelle governative), che in termini di tempo (è necessario più di un anno per le prime, mentre per proposte governative si arriva al licenziamento anche prima dei due mesi dall'inizio dell’iter);
    il Governo continua però ad utilizzare lo strumento della normativa d'urgenza in modo improprio, perseverando nello svuotare il Parlamento delle proprie prerogative: anche in questo caso, le argomentazioni illustrate dal Governo non possono in alcun modo giustificare dal punto di vista costituzionale il presente provvedimento, composto da disposizioni palesemente prive dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;
    il provvedimento in oggetto, inoltre, presenta diversi profili di criticità in ordine al rispetto dei profili di costituzionalità anche da un punto di vista sostanziale e gli interventi previsti dal decreto-legge riguardano un complesso di materie assolutamente eterogeneo;
    innanzitutto, la quasi esclusiva presenza, in questo provvedimento, di norme di natura ordinamentale, divenuta ormai prassi di questo esecutivo, acuisce in maniera esponenziale l'inappropriatezza e l'incostituzionalità del decreto-legge in esame, tanto che nella relazione illustrativa non si fa che un debolissimo accenno alle insufficienti e giuridicamente inconsistenti motivazioni di necessità e urgenza, le sole che possono costituire il fondamento giuridico di un decreto-legge, a norma dell'articolo 77 della Carta, e che legittimerebbero il Governo ad adottare atti aventi forza di legge. Allo stesso modo, il Preambolo non fa riferimento a circostanze oggettive a supporto della necessità e urgenza degli interventi che è solo formalmente enunciata;
    secondariamente, l'eterogeneità delle materie trattate appare in aperto contrasto con l'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, secondo cui i decreti-legge devono contenere disposizioni omogenee e corrispondenti al titolo. La legge n. 400 del 1988, pur essendo una legge ordinaria, ha valore ordinamentale in quanto è preposta all'ordinato impiego della decretazione d'urgenza;
    l'aleatorietà dei contenuti del decreto-legge, già a partire dal titolo, determina infatti la compresenza di norme riguardanti materie che seppur interdipendenti, nella sostanza richiederebbero di essere trattate in distinti provvedimenti, al fine di soddisfare i requisiti di omogeneità richiesti dalla Costituzione, della legge 400 del 1988 e delle sentenze della Corte costituzionale;
    l'elevata disomogeneità del contenuto del decreto-legge, inoltre, comporta una valutazione differenziata sulla sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza per ciascuna delle disposizioni legislative in esame;
    nel merito, con gli articoli da 1 a 4, sono stati introdotti, per un lato, con l'articolo 1, il pegno mobiliare non possessorio, e per altro lato, con l'articolo 4, disposizioni in materia di espropriazione forzata, tutte norme chiaramente e palesemente di natura ordinamentale. Dette statuizioni, in primo luogo, non appaiono riconducibili all'ambito materiale oggetto del provvedimento, alle sue finalità ovvero alla partizione del testo nella quale sono inseriti: in tema, si ricorda, come peraltro già accennato, quanto enunciato dalla Corte Costituzionale, che nella sentenza n. 22 del 2012, richiamando al riguardo quanto già statuito nelle sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, ha individuato, «tra gli indizi alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita»;
    allo stesso modo, nella seconda parte, riguardante più specificatamente il settore bancario, si prevedono norme di natura ordinamentale, quali quelle contenute nell'articolo 11, che introduce una nuova disciplina in merito alle imposte differite attive o nell'articolo 7, che dispone l'acquisizione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.a.;
    in questa parte, l'unica disposizione che sembra presentare presupposti di urgenza è contenuta nell'articolo 10, il quale prevede un allungamento dei termini, dallo scorso 31 marzo al prossimo 30 giugno, per l'emanazione dei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della giustizia, previsti dal comma 857 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) e che il Governo non ha ancora provveduto ad emanare;
    la disciplina degli articoli 8 e 9, che ugualmente potrebbero essere giustificati da motivazioni di necessità, dato l'obbligo politico e morale di risarcimento degli investitori non professionisti delle banche poste in risoluzione che hanno perso i propri risparmi proprio a seguito di un atto del Governo (con il decreto-legge denominato ad hoc «Salva-Banche», decreto-legge n. 183 del 2015 del 22 novembre 2015 poi confluito nella legge di stabilità 2016) presentano comunque, nel merito, notevoli profili di criticità rispetto all'osservanza del dettato costituzionale;
    la consistenza dell'indennizzo, pari soltanto all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto e il complicato procedimento per accedervi, nonché le limitazioni reddituali poste per usufruirne, presentano una palese violazione degli articoli costituzionali che proteggono il risparmio, in particolare dell'articolo 47 che incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;
    a questo proposito, è utile qui ricordare la parte della relazione del Presidente Meuccio Ruini che accompagnò il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana relativa all'articolo 47:
    «Tre brevi disposizioni chiudono la parte dei diritti economici. Affermato il diritto dei lavoratori di partecipare alla gestione delle imprese, si rinvia pei modi e pei limiti ad una legge regolatrice. Nel breve cenno alla cooperazione, che deve essere uno dei maggiori capisaldi di una democrazia economica, vi è già l'avviamento alla disciplina legislativa che è necessaria per stabilire la figura e le caratteristiche della società cooperativa e la sorveglianza che gli stessi cooperatori invocano per colpire gli abusi della falsa cooperazione. L'altro accenno alla tutela del risparmio ed alla vigilanza sul credito contiene – né più si poteva fare nella Costituzione – un'indicazione al coordinamento di norme ed istituti, che manca oggi in Italia.»;
    le considerazioni del Presidente dell'Assemblea costituente, seppur risalenti, risultano oggi ancora molto attuali, tanto più se si considera, in maniera globale, il disegno governativo di riforma dell'intero settore bancario: questo decreto, infatti, si somma ai due precedenti decreti-legge che hanno già profondamente minato la ratio legis dell'articolo 47 della nostra Carta costituzionale: il decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, che, riformando le banche di credito cooperativo, ha profondamente intaccato la tutela del risparmio, soprattutto delle fasce più svantaggiate della popolazione, inficiando, al contempo, i principi di utilità sociale e carattere mutualistico, costituzionalmente garantiti dall'articolo 45, delle banche cooperative;
    l'altro decreto-legge, il decreto n. 3 del 24 gennaio 2015, è invece intervenuto a riformare un'altra – e consistente – parte del sistema bancario nazionale, quello della banche popolari, violando palesemente il coordinato disposto degli articoli 41, 45 e 47 della Costituzione poiché non ha tenuto in nessun conto l'effettivo ruolo svolto dalle banche popolari come enti di partecipazione e di aggregazione delle realtà economiche e sociali presenti sul territorio;
    questo modus operandi sembrerebbe addirittura profilare, per analogia, la violazione della sentenza n. 360 del 1996 in cui la Corte costituzionale, condannando la reiterazione dei decreti-legge non convertiti, afferma che «la prassi della reiterazione, tanto più se diffusa e prolungata nel tempo – come è accaduto nella esperienza più recente – viene, di conseguenza, a incidere negli equilibri istituzionali (v. sentenza n. 302 del 1988), alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento (articolo 70 della Costituzione)»;
    seppur non si tratti di decreti-legge non convertiti, il continuo intervento parziale nei diversi comparti del settore bancario si presenta ugualmente suscettibile di creare la stessa non certezza del diritto sanzionata nella citata sentenza n. 360, mentre sembrerebbe più opportuna, oltre che costituzionalmente legittima, una riforma attuata mediante il normale iter legislativo, al fine di ponderare nella maniera più approfondita possibile, e in una unica soluzione, un intervento globale su questa materia;
    il Governo, emanando norme che chiaramente costituiscono un favor alle banche e sostengono i poteri economici del Paese, mostra continuamente una palese noncuranza dello spirito costituzionale di solidarietà, mutualismo e utilità sociale, ma soprattutto dell'articolo 3 che sancisce la promozione e la tutela del principio di libertà sostanziale tra i cittadini, che, declinato al settore bancario, si traduce in una maggiore protezione dei risparmiatori non professionisti e non certo in quella degli istituti bancari e dei suoi vertici;
    al posto di normare in favore degli istituti di credito e finanziari, proponendo, come contropartita, dei parziali ed incerti rimborsi dei risparmiatori – che sono invece i veri soggetti tutelati dalla Costituzione – sarebbe invece opportuno prevedere una riorganizzazione del sistema bancario al fine di introdurre un principio attraverso il quale venga valorizzato il modello di banca tradizionale che raccoglie depositi ed eroga credito alle famiglie e al sistema produttivo rispetto alle banche d'affari che attuano operazioni finanziarie ad alto rischio;
    il presente decreto-legge è infine manifestamente incostituzionale in quanto viola il principio di cui all'articolo 101, primo comma della Costituzione, su cui si fonda la giurisdizione, che è «La giustizia è amministrata in nome del popolo». Infatti, l'utilizzo della normativa d'urgenza da parte dell'esecutivo esautora, come peraltro già accennato, in sostanza, la funzione legislativa del Parlamento e quindi dell'organo che per Costituzione è chiamato ad esercitare la rappresentanza e il volere popolare,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3892.
N. 2. Busin, Molteni, Guidesi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti.

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione»;
    con il presente decreto-legge sale a quattro il numero dei provvedimenti d'urgenza varati da questo esecutivo per intervenire sul comparto bancario, e continua a ripetersi il fenomeno dell'abuso della decretazione d'urgenza che paralizza la normale attività parlamentare, in spregio a tutte le previsioni della nostra Carta costituzionale volte a garantire l'attività legislativa del Parlamento e la sua autonomia;
    ad aggravare ulteriormente tale stato di cose basta considerare che tali decreti-legge sono nella quasi totalità dei casi provvedimenti omnibus, attraverso i quali si adottano misure eterogenee e spesso prive di qualunque carattere di urgenza;
    l'articolo 70 della nostra Costituzione, almeno fino a quando non entrerà in vigore la sua più recente riforma, afferma che «la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere», ma questo non sembra trovare riscontro da parte di questo Governo quando si affronta il tema delle banche;
    quella del sistematico ricorso alla decretazione d'urgenza sta diventando una prassi consolidata che esprime a chiare lettere la volontà politica di limitare il dibattito parlamentare, e tende a trovare sempre più spesso la sua «degna» conclusione nella posizione della questione di fiducia;
    l'articolo 77 della Costituzione condiziona l'adozione di norme di rango primario da parte del Governo attraverso i decreti legge ai requisiti della straordinaria necessità ed urgenza, e la Corte costituzionale si è da sempre pronunciata nel senso di una limitazione dell'arbitrarietà politica del Governo nell'individuare tali requisiti;
    il mancato rispetto di tali requisiti ha formato oggetto di numerosi richiami da parte del Presidente della Repubblica, e la giurisprudenza della Corte costituzionale si è sempre espressa nel senso di ritenere che il difetto dei predetti requisiti, una volta intervenuta la conversione, si traduca in un vizio in procedendo della relativa legge e, quindi, non sia suscettibile di sanarne l'incostituzionalità;
    il contenuto normativo del testo in esame appare altresì in palese contrasto con la legge n. 400 del 1988 che disciplina l'attività di Governo, e che con riferimento alla sua potestà normativa e, in particolare, ai decreti-legge recita: «I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»;
    la sentenza n. 22 del 2012, la Corte costituzionale ritiene tout court illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità, vincolo che la Corte ritiene implicitamente previsto dall'articolo 77 della Costituzione ed esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevede che il contenuto dei decreti-legge debba essere «specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»;
    il presente decreto-legge, invece, interviene a disciplinare una pluralità di ambiti materiali che né possono essere considerati un unicum, né possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo o funzionale richiesto dalla Corte Costituzionale affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario;
    nel merito, infatti, il provvedimento spazia dalle disposizioni in materia di finanziamenti alle imprese a quelle in materia di espropriazione forzata, dalle modifiche alla legge fallimentare alle disposizioni per recuperare il «tesoretto» del fallito Banco di Napoli, dalla creazione di registri e banche dati in materia di procedure fallimentari all'istituzione di un Fondo di solidarietà per il personale operante nel settore del credito, rivelando la completa assenza del requisito dell'omogeneità del contenuto;
    da questa breve elencazione risulta in modo evidente anche come nel provvedimento siano proposte per la stragrande maggioranza norme di natura ordinamentale che non dovrebbero formare il contenuto di un provvedimento d'urgenza, e che non solo necessiterebbero di essere recepite in un provvedimento ordinario ma in più provvedimenti, proprio a causa della diversità delle materie trattate;
    basti considerare che il testo del decreto-legge modifica e novella in più ambiti il Codice civile e quello di procedura civile, addirittura intervenendo sulle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e sulle disposizioni transitorie, la legge fallimentare e, per l'ennesima volta, il Testo unico bancario;
    l'articolo 5-bis, in particolare, detta una nuova normativa in materia di elenco dei professionisti che provvedono alla vendita dei beni pignorati, affidando la individuazione degli stessi al requisito che abbiano assolto una prima formazione che deve ancora essere stabilita da parte di un decreto del Ministero della Giustizia da adottarsi entro due mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge;
    tale previsione non solo contrasta palesemente con il requisito della immediata applicazione, ma introduce una norma destinata ad esplicare i suoi effetti sul lunghissimo periodo, e, pertanto, del tutto incompatibile con la decretazione d'urgenza;
    il provvedimento in esame, inoltre, all'articolo 7, con il pretesto della sua possibile destinazione al sostegno degli istituti bancari in difficoltà costituisce l'utile veicolo per permettere al Ministero dell'economia l'acquisizione del tesoretto della SGA, bad bank del Banco di Napoli creata al momento del fallimento dello storica banca;
    i successivi articoli 8 e 9, invece, contengono le uniche norme che rispondono a requisiti di urgenza, posta l'importanza di riconoscere finalmente ai risparmiatori coinvolti nel fallimento di Cariferrara, Carichieti, Banca delle Marche Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, ma si rivelano, purtroppo, di dubbia efficacia, istituendo un percorso eccessivamente complicato per accedere al Fondo di solidarietà, e soprattutto contravvengono alle disposizioni dettate a protezione del risparmio dalla nostra Costituzione a causa dei limiti imposti agli indennizzi;
    i continui interventi in materia bancaria stanno determinando incertezza nel quadro normativo di un settore, quale quello della tutela del risparmio, fondamentale per la collettività, e rispetto al quale l'Italia è oggetto di grande interesse da parte dell'Unione europea;
    in conclusione, i contenuti normativi del disegno di legge in esame confliggono sotto numerosi aspetti con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3892.
N. 3. Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro.

  La Camera,
   premesso che:
     con il presente atto si denuncia l'utilizzo del tutto abnorme ed inappropriato della decretazione d'urgenza da parte del Governo, attraverso la quale, in via di prassi, si assiste al radicale ed inaccettabile confluire della funzione legislativa dal Parlamento al Governo, in modo del tutto estraneo e non conforme ai principi costituzionali di cui agli articoli 70 e 77 della Costituzione;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 171 del 2007 statuisce che: «È opinione largamente condivisa che l'assetto delle fonti normative sia uno dei principali elementi che caratterizzano la forma di governo nel sistema costituzionale. Esso è correlato alla tutela dei valori e diritti fondamentali. Negli Stati che s'ispirano al principio della separazione dei poteri e della soggezione della giurisdizione e dell'amministrazione alla legge, l'adozione delle norme primarie spetta agli organi o all'organo il cui potere deriva direttamente dal popolo (...)». È significativo che l'articolo 77 Cost., al primo comma, stabilisca che «il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Tenuto conto del tenore dell'articolo 70 Cost., la norma suddetta potrebbe apparire superflua se non le si attribuisse il fine di sottolineare che le disposizioni dei commi successivi – nel prevedere e regolare l'ipotesi che il Governo, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, sotto la sua responsabilità, adotti provvedimenti provvisori con forza di legge, che perdono efficacia se non convertiti in legge entro sessanta giorni – hanno carattere derogatorio rispetto all'essenziale attribuzione al Parlamento della funzione di porre le norme primarie nell'ambito delle competenze dello Stato centrale»;
    con la continua e reiterata decretazione d'urgenza viene alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento, non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge, quanto il trovarsi, da tanto e troppo tempo, di fronte ad una sorta di ordinaria attività «legislativa» svolta dal «Governo-amministrazione», con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
    il decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, in particolar modo:
     a) istituisce e disciplina l'istituto del pegno mobiliare non possessorio;
     b) modifica il Testo unico bancario di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 introducendo una particolare forma di garanzia dei finanziamenti alle imprese mediante il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia;
     c) istituisce presso il Ministero della giustizia un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi;
     d) modifica il Codice di Procedura Civile introducendo una nuova disciplina in materia di espropriazione forzata;
     e) modifica le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile introducendo la facoltà degli organi delle procedure concorsuali di accedere alle informazioni contenute nelle banche dati;
     f) modifica la legge fallimentare di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
     g) trasferisce al Ministero dell'economia e delle finanze le azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della «Società per la Gestione di Attività» SpA per le quali, ai sensi dell'articolo 3, comma 6-bis, del decreto-legge 24 settembre 1996, n. 497 convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge 19 novembre 1996, n. 588, è attribuito un diritto di pegno al Ministero dell'economia e delle finanze;
     h) modifica le modalità di indennizzo degli investitori di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio e Cassa di risparmio di Chieti, poste in liquidazione mediante la previsione di un indennizzo forfettario dall'ammontare determinato ai sensi dei criteri fissati dall'articolo 9 del decreto-legge in conversione alternativo alla procedura arbitrale di cui all'articolo 1, commi da 857 a 860 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
    lo strumento del decreto-legge è stato utilizzato per istituire l'istituto del pegno mobiliare non possessorio, disciplinare una particolare forma di garanzia di finanziamenti alle imprese mediante il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia, modificare il Codice di Procedura Civile introducendo una nuova disciplina in materia di espropriazione forzata, modificare la leggere fallimentare, trasferire le azioni della Società per la Gestione di Attività al Ministero dell'economia e delle finanze e, infine, modificare le modalità di indennizzo degli investitori di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio e Cassa di risparmio di Chieti poste in liquidazione, violando il principio di omogeneità ai sensi dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, secondo cui i decreti-legge «devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». A tal proposito, la disciplina posta dalla legge n. 400 del 1988, ancorché di livello ordinario, è stata ritenuta dalla Presidenza della Repubblica avente carattere «ordinamentale». Altresì la stessa disciplina è richiamata anche dai regolamenti parlamentari nella parte in cui prevedono si debba verificare, in sede di conversione, la sussistenza dei requisiti posti dalla «legislazione vigente» (articolo 78 del Regolamento del Senato). La Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 220 del 2013, ha sottolineato che le disposizioni della legge n. 400 del 1988 pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprimono ed esplicitano ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge. In altri termini la Corte ha rilevato che «ai sensi del secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione, i presupposti per l'esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo» (sentenza n. 22 del 2012). L'assenza di detta omogeneità conduce alla possibile constatazione – da parte della Corte Costituzionale – della mancanza dei presupposti del decreto-legge di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione;
    sotto il profilo generale va inoltre valutato negativamente il continuo susseguirsi, con una cadenza quasi annuale, di modifiche normative al codice di procedura civile e, più specificatamente, al libro III dedicato al processo di esecuzione, già sensibilmente e recentemente modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015. Settori giuridici che sono altresì in predicato di subire ulteriori modifiche dall'approvazione non solo della delega sulla riforma della magistratura onoraria ma, soprattutto, dal disegno di legge delega per la riforma del processo civile che toccherà tutti i comparti della giustizia civile, dal processo dichiarativo nei suoi vari gradi, ai procedimenti speciali, all'esecuzione forzata e all'arbitrato. La reiterata stratificazione normativa sui medesimi ambiti, spesso priva di coordinamento, mina le basi della certezza del diritto e, dunque, della ragionevolezza quale canone guida del settore: caratteristica, questa, fondamentale tra gli operatori giuridici ed economici con riferimento al diritto sostanziale, a quello processuale e, più in generale, al sistema socio-economico-produttivo nazionale, che nel sistema processuale civile deve poter fare affidamento per regolare i rapporti tra parti in una cornice di equilibrata tutela, con particolare riferimento alle parti più deboli;
    tra le numerose modifiche al codice di procedura civile, immancabilmente improntate a conseguire maggior successo dei percorsi espropriativi, l'articolo 4 reca misure volte a semplificare ed accelerare la procedura di espropriazione forzata. In particolare si prevede che, nel caso in cui la banca abbia pignorato l'immobile del debitore, la liberazione del bene attraverso lo sfratto venga attuata dal custode giudiziario, secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità degli articoli 605 e seguenti e non avvalendosi dell'ufficiale giudiziario (posto dalle norme a garanzia delle parti), cioè disapplicando quegli articoli del Codice che oggi disciplinano l'esecuzione dei pignoramenti e che stabiliscono che al proprietario vada prima inviata una notifica dell'ordinanza e un preavviso con cui si fissa la data dello sfratto non prima di dieci giorni dalla notifica. Pignoramento che, attraverso tale novellazione, subisce una sensibile accelerazione con caratteri di immediatezza, in virtù della quale si palesa uno sbilanciamento dei diritti costituzionali, laddove si fa prevalere il diritto di azione in giudizio di cui al primo comma dell'articolo 24, sul diritto alla difesa di cui al secondo comma nonché sul diritto all'imparzialità della giurisdizione sancito all'articolo 111, secondo comma;
    sempre con riferimento all'articolo 4, sono evidenti i profili di incostituzionalità per violazione dell'articolo 24 della Costituzione della norma ove questa preclude la facoltà di presentare opposizione all'esecuzione dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene, salvo il caso di motivi sopravvenuti o di causa non imputabile al debitore, sul quale, tuttavia, incombe l'onere della prova circa i motivi della tardività;
    l'articolo 1 introduce il pegno non possessorio, ossia la possibilità che si possa accedere al credito, ponendo a garanzia un bene strumentale dell'azienda, potendo però continuare ad utilizzarlo. Tuttavia, in caso di manifestarsi dell'inadempimento, che è comunque stabilito dal creditore, questi, in assenza di un preventivo pronunciamento del giudice salvo successiva opposizione del debitore, può provvedere direttamente alla vendita, all'escussione alla locazione o all'appropriazione del bene. Parimenti, l'articolo 2, disciplina il finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento diretto di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari, introducendo nell'ordinamento il cosiddetto «patto marciano». In entrambi i casi, stante l'insufficiente sistema di contrappesi procedurali e giurisdizionali all'iniziativa del creditore, l'impresa – specialmente se piccola o media – in considerazione della propria posizione di contraente debole rispetto agli istituti di credito, per vedersi concedere il finanziamento o rinegoziare i propri mutui, sarà di fatto costretta a sottoscrivere nuovi e più svantaggiosi accordi, potenzialmente lesivi dell'integrità del patrimonio strumentale, mobiliare ed immobiliare dell'impresa stessa, ponendosi in contrasto con l'articolo 24, comma 2 a tutela della proprietà privata nonché con il principio di parità sancito all'articolo 3 della Costituzione;
    ancora, nell'ambito del patto marciano di cui all'articolo 2, con riferimento ai casi di inadempimento al pagamento, si sottolinea che è troppo stringente e vessatorio per il debitore il limite delle tre rate, alla luce anche della previsione di cui all'articolo 40 del decreto legislativo n. 385 del 1993 che, disciplinando i casi di inadempimento al pagamento da parte del debitore, assume come inadempimento rilevante quello relativo a sette rate, introducendo così una potenziale violazione del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
    l'articolo 6 del decreto-legge apporta modifiche alla legge fallimentare; con l'asserita finalità di velocizzare le procedure, consente che, in considerazione del numero dei creditori e dell'entità del passivo, la costituzione del comitato dei creditori – oggi effettuata davanti al curatore –, lo svolgimento della discussione sulla proposta di concordato e delle proposte concorrenti, possano essere svolte per via telematica. In tal caso queste dovranno essere svolte con non meglio specificate modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei creditori. Per quanto, in assenza di espliciti rimandi a peculiari modalità attuative idonee a garantire concretamente la delicatezza dei diritti costituzionali che si intendono tutelare in capo alle attività del comitato dei creditori, gli stessi diritti di cui all'articolo 111, secondo comma, non appaiono adeguatamente salvaguardati;
    l'articolo 9 del decreto-legge in corso di conversione prevede la possibilità per gli investitori di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio e Cassa di risparmio di Chieti poste in liquidazione di chiedere al Fondo di solidarietà un indennizzo forfettario pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri indicati dalle disposizioni del medesimo articolo. Altresì, il ricorso al Fondo di solidarietà preclude la possibilità di procedura arbitrale di cui all'articolo 1, commi da 857 a 860, della legge di stabilità 2016. In particolar modo il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, in attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Le disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III, del medesimo decreto legislativo sono dedicate all'istituto del bail-in ovverosia alla procedura di compensazione tra le perdite della banca ed azioni e altri strumenti finanziari posseduti da investitori e risparmiatori della stessa banca. La disciplina sul bail-in – ai sensi dell'articolo 106, comma 2, del medesimo decreto legislativo – è entrata in vigore «solo» a decorrere dal 1o gennaio 2016. Il decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, le cui disposizioni sono state successivamente inserite nella legge di stabilità 2016, ha disposto la risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara spa, di Banca delle Marche spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti spa, già oggetto di commissariamento da parte della Banca d'Italia. La procedura di risoluzione, che ha determinato la riduzione del valore di azioni ed «obbligazioni subordinate», è stata avviata nel 2015 sulla base delle disposizioni contenute nel Titolo IV, Capo IV, Sezione III del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, che ai sensi del richiamato articolo 106 del medesimo decreto legislativo sono entrate in vigore solo a decorrere dal 1o gennaio 2016, per tal motivo – a giudizio dei firmatari del presente atto – sembrerebbe che la procedura di risoluzione delle menzionate banche sia stata adottata in carenza di legittimazione normativa e, se così fosse, tutti gli atti adottati dal Governo, dal Ministero dell'economia e delle finanze e da Banca d'Italia risulterebbero viziati. Altresì, l'illegittimità della costituzione della procedura di risoluzione – e la riduzione del valore degli strumenti finanziari – è ulteriormente aggravata dalla previsione dell'indennizzo forfettario disposto ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge in corso di conversione in quanto dispone un indennizzo pari al «solo» 80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari. Si ricorda che il Direttore generale della Banca d'Italia, in seguito all'avvio della procedura di risoluzione delle suddette banche, ha postulato la necessità di un intervento normativo al fine di vietare la sottoscrizione di strumenti finanziari rischiosi – tra cui le obbligazioni subordinate – presso gli sportelli bancari. Tali dichiarazioni lasciano intendere che le obbligazioni subordinate sottoscritte dai risparmiatori non siano coerenti con il profilo di rischio personale degli stessi e per tal motivo sarebbe opportuno riservarne la sottoscrizione agli investitori istituzionali ovvero ai professionisti del settore. Sulla base di tali osservazioni, la proposta di sottoscrizione a famiglie e pensionati di strumenti finanziari altamente rischiosi, la procedura di risoluzione e la conseguente riduzione del valore degli strumenti finanziari delle Banche poste in liquidazione, la previsione di un indennizzo forfettario pari al solo 80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari violano, nel loro complesso, l'articolo 47 della Costituzione il quale prevede che: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito». In particolar modo si osserva che la Commissione europea ha assunto, in data 23 dicembre 2015, la propria decisione sull'intervento di sostegno effettuato nel 2014 dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) in favore della Banca Tercas, in relazione all'acquisizione della stessa da parte della Banca popolare di Bari. La Commissione ha sostenuto che tale intervento costituisca un aiuto di Stato non compatibile con la disciplina europea. La medesima Commissione, modificando il proprio orientamento, ha parificato l'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi a una misura di supporto pubblico perché, nonostante il Fondo interbancario di tutela dei depositi sia costituito da risorse private, i suoi interventi sono imputabili allo Stato italiano in ragione dell'approvazione ex post da parte della Banca d'Italia delle decisioni che li dispongono e dell'obbligatorietà dell'adesione al Fondo. Per evitare che l'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi sia qualificato come aiuto di Stato, la Commissione ha postulato la necessità di prevedere misure di contenimento della distorsione della concorrenza, tra cui in particolar modo, la condivisione degli oneri da parte dei detentori di obbligazioni subordinate (cosiddetto burden-sharing). Così come dichiarato dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 23 dicembre 2015 il Fondo interbancario di tutela dei depositi, su suggerimento ed impulso del medesimo Ministero, ha provveduto ad istituire un meccanismo complementare volontario con una gestione separata e finanziato con risorse diverse dalle contribuzioni obbligatorie. Inoltre, dal comunicato stampa del Ministero si apprende: «Il meccanismo volontario, per definizione non assoggettabile ai vincoli previsti per gli aiuti di Stato, provvederà a replicare il precedente intervento, restituendo alla Banca Tercas l'intero ammontare delle risorse che questa dovrà retrocedere al Fondo interbancario di tutela dei depositi in esecuzione della decisione della Commissione. L'intervento del meccanismo garantirà la piena continuità finanziaria e operativa di Banca Tercas, neutralizzando le conseguenze negative della decisione della Commissione europea». Si desume che un intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi con finanziamenti volontari risulti pienamente compatibile con la disciplina europea in materia di aiuti di stato. Per tal motivo nel mese di dicembre 2015 si è assistito a due tipologie di risoluzione di crisi bancarie, la prima relativa a Banca Tercas conclusasi con esito favorevole nei confronti dei risparmiatori che hanno sottoscritto obbligazioni subordinate e la seconda relativa a Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A conclusasi con la riduzione totale del valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate detenute da investitori e risparmiatori. Il diverso modus operandi assunto dal Governo, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dalla Banca d'Italia e le relative conseguenze giuridiche sono agli antipodi e, in considerazione del fatto che nella seconda ipotesi i risparmiatori hanno perso i propri risparmi, si palesa secondo i firmatari del presente atto una chiara ed irragionevole disparità di trattamento sindacabile ai sensi del principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione, soprattutto in considerazione della limitazione all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari nell'ipotesi dell'indennizzo disciplinato dall'articolo 9 del decreto in corso di conversione. Per l'accesso al Fondo per l'erogazione dell'indennizzo forfettario sono previsti due requisiti:
     a) un patrimonio mobiliare di proprietà dell'investitore di valore inferiore a 100 mila euro;
     b) un reddito complessivo dell'investitore – relativo al 2014 – inferiore a 35 mila euro.
   La previsione dei suddetti limiti risulta del tutto irragionevole in quanto nel primo caso escluderebbe un investitore con un patrimonio mobiliare superiore, seppur di poco, a 100 mila euro ed includerebbe un investitore con un patrimonio inferiore a 100 mila euro ma con un patrimonio immobiliare di notevole valore, mentre, nel secondo caso la sola previsione del reddito pari a 35 mila euro complessivi non tiene conto della tipologia di reddito – e di un eventuale termine del contratto di lavoro –, dell'esistenza di ulteriori redditi nel nucleo familiare e di eventuali ulteriori familiari a carico, soprattutto se invalidi. Le disposizioni in commento violano l'articolo 3 della Costituzione che promuove e tutela il principio di eguaglianza sostanziale tra i cittadini;
    le disposizioni di cui all'articolo 9 relative all'accesso alla procedura arbitrale alternativa alla richiesta di rimborso forfettario non chiariscono le modalità con le quali si svolgerà l'arbitrato non consentendo compiutamente ai risparmiatori di decidere quale procedura intraprendere e soprattutto non chiariscono se la procedura arbitrale e la richiesta di rimborso forfettario precludano l'avvio o la prosecuzione di azioni giudiziarie, civili o penali, preposte al risarcimento dei danni subiti. L'eventuale preclusione violerebbe l'articolo 47 della Costituzione preposto alla tutela del risparmio ed il principio della inviolabilità del diritto alla difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione;
    i risparmiatori delle banche poste in liquidazione hanno perso il proprio risparmio non solo a causa della sottoscrizione di strumenti finanziari subordinati ma anche a causa della sottoscrizione di titoli azionari. Si precisa che molti ignari pensionati, privi di un adeguato profilo di rischio, hanno investito tutto il proprio risparmio in azioni delle banche poste in liquidazione. La limitazione dell'indennizzo forfettario e della procedura arbitrale ai soli strumenti finanziari subordinati rappresenta una irragionevole ed illegittima violazione del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
    la previsione dell'indennizzo di cui all'articolo 9 del decreto in corso di conversione, senza alcuna valutazione di merito sulle modalità di sottoscrizione e relativamente alla scelta dello strumento finanziario sottoscritto rappresenta, a giudizio dei firmatari del presente atto, una tacita ammissione di colpevolezza del Governo e delle competenti Istituzioni – Banca d'Italia e Consob – nel mancato e corretto esercizio delle funzioni di vigilanza sul sistema finanziario ed in particolar modo sull'emissione di strumenti finanziari particolarmente rischiosi sottoscritti da famiglie e pensionati privi di un adeguato profilo di rischio, nonché sui pregiudizievoli – ed evitabili – effetti derivanti dal c.d. decreto «Salva banche». Altresì, una limitazione dell'indennizzo all'80 per cento del valore dei soli strumenti finanziari subordinati rappresenta una irragionevole violazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione e della proprietà privata tutelata dall'articolo 42 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3892.
N. 4. Pesco, Villarosa, Alberti, Ruocco, Pisano, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, Cecconi.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante «Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione» si somma alla lunga serie di provvedimenti di urgenza emanati dal Governo Renzi in assenza dei criteri stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione;
    il provvedimento in esame reca disposizioni che incidono non solamente sul sistema bancario: siamo infatti davanti ad un testo che cambia il codice civile, il codice di procedura civile e la legge fallimentare. Rilevanti sono alcune delle disposizioni contenute nel Capo I, «Misure a sostegno delle imprese e di accelerazione del recupero crediti», che intervengono, tra l'altro, anche in materia di espropriazione forzata, introducendo importanti modifiche al Libro III del codice di procedura civile. Il Capo I comprende persino l'acquisizione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della Società per la gestione di attività S.G.A. s.p.a., la società costituita in occasione del salvataggio del Banco di Napoli nel 1997 allo scopo di recuperare i crediti in sofferenza: una disposizione assolutamente priva dei requisiti di necessità ed urgenza richiesti dalla Costituzione per procedere attraverso la decretazione d'urgenza;
    il Capo III reca disposizioni finanziarie relative, tra l'altro, alle imposte differite attive e al personale del comparto del credito; il Capo IV contiene alcune disposizioni finanziarie: norme che definiscono, anche in questo ennesimo provvedimento d'urgenza, un testo omnibus che si pone in evidente contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza. Il rilievo del criterio di omogeneità nel contenuto costituisce infatti uno dei perni fondamentali sui quali la Corte costituzionale ha da ultimo fondato i percorsi argomentativi legati alla verifica del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per la legittima adozione dei decreti-legge;
    il provvedimento disciplina, quindi, ambiti non omogenei dove i requisiti di necessità ed urgenza sono ravvisabili unicamente nelle disposizioni di cui al Capo II, che disciplina gli interventi in favore degli investitori danneggiati delle banche poste in liquidazione che soddisfano determinati requisiti previsti dal decreto-legge, che risultano essere, tra l'altro, discriminatori;
    per esplicare i loro effetti positivi, alcune disposizioni del decreto-legge necessitano di interventi normativi non ancora emanati previsti dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016). Conseguentemente, disattendendo quello che prevede la decretazione d'urgenza, non tutte le disposizioni di «immediata applicazione» saranno in grado di produrre effetti altrettanto immediati;
    la citata legge all'articolo 1, comma 857, ha previsto la definizione, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia: a) delle modalità di gestione del Fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore dei detentori di strumenti finanziari subordinati emessi da Banca delle Marche s.p.a., Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop., Cassa di risparmio di Ferrara s.p.a. e Cassa di risparmio della provincia di Chieti s.p.a., alimentato e gestito dal Fondo interbancario di tutela dei depositi; b) delle modalità e le condizioni di accesso al Fondo di solidarietà, ivi inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni; c) dei criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo; d) delle procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale; e) delle ulteriori disposizioni per l'attuazione dei commi da 855 a 858, quest'ultimo relativo al ricorso a procedura arbitrale e alla corresponsione delle prestazioni subordinata all'accertamento della responsabilità per violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria;
    l'articolo 10 del provvedimento prevede una proroga del termine per l'emanazione dei decreti previsti dall'articolo 1, comma 857, della legge di stabilità 2016: il termine, inizialmente stabilito in 90 giorni dalla entrata in vigore della legge di stabilità 2016, viene ora portato a 180 giorni. La mancata pubblicazione di tali decreti ha già reso il suddetto comma privo degli effetti positivi previsti, comma al quale l'articolo 9 del decreto-legge in commento fa riferimento;
    la previsione contenuta nell'articolo 1, comma 859, della legge di stabilità 2016 – che stabilisce, per quanto concerne il ricorso alla procedura arbitrale, materia del decreto-legge in esame, l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le competenti Commissioni parlamentari, per disciplinare i criteri e le modalità di nomina degli arbitri, le modalità di funzionamento del collegio arbitrale e quelle per il supporto organizzativo alle procedure arbitrali – è svuotata di efficacia: ad oggi il decreto non è ancora stato emanato;
    procedere con singoli provvedimenti giustificati dalla straordinaria necessità ed urgenza, ex articolo 77 della Costituzione, appesantisce il nostro sistema processuale rendendolo, contrariamente ai principi di semplificazione e snellezza cui si tende, gravoso ed inorganico;
    emanare decreti-legge con un contenuto ampio ed articolato costituisce una modalità di produzione legislativa non conforme alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione. In taluni casi le disposizioni del decreto intervengono su discipline che risultano già stratificate nel corso del tempo, e si rivelano ancora una volta eterogenee e prive delle caratteristiche cui il decreto-legge in quanto tale dovrebbe ispirarsi;
    nell'attuale legislatura, i lavori parlamentari sono caratterizzati da un sovraccarico di decreti-legge da convertire, ciò rappresentando una evidente lesione delle prerogative del Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa e delle norme costituzionali che lo disciplinano, e quindi un'alterazione degli equilibri istituzionali riconducibili al rapporto tra Governo e Parlamento, che si accompagna spesso all'eccessivo ricorso all'apposizione della questione di fiducia, come nel caso del provvedimento in esame;
    le misure sino ad ora introdotte a favore dei risparmiatori non ristoreranno completamente i soggetti danneggiati dalle banche in liquidazione, tranne che nel caso di ipotesi di ricorso all'arbitrato, con tutte le evidenti difficoltà burocratiche e formali connesse, rivelandosi pertanto di scarsa e assai dubbia efficacia. Ci si chiede, inoltre, come mai il Governo abbia deciso di intervenire solo nei casi delle quattro banche coinvolte, ben sapendo che, come purtroppo si evidenzia quotidianamente dalle vicissitudini di altri istituti bancari, la platea dei cittadini truffati dalle proprie banche è in realtà molto più vasta;
    la possibilità del risarcimento non solo riguarda una minima parte dei risparmiatori danneggiati (in totale spregio del principio di tutela del risparmio sancito dall'articolo 47 della Costituzione), ma è evidente che rimane un canale ancora chiuso, perché mancano i decreti attuativi. Ancora una volta siamo quindi davanti ad un provvedimento ad efficacia differita, totalmente in controtendenza rispetto allo spirito e alla ratio del decreto-legge;
    ad avviso dei firmatari del presente atto le Camere, inoltre, sono chiamate a votare sul provvedimento in esame senza che:
     a) vi sia contezza, a fronte di quanto occorso, se la Banca d'Italia e la CONSOB esercitino efficacemente i loro poteri di vigilanza, analisi e prevenzione sulle banche e sull'eventuale loro vendita di strumenti finanziari volutamente dannosi per chi investe, cioè se le loro competenze e poteri sono sufficienti a permettere loro di conoscere in maniera continuativa e tempestiva l'affidabilità e la solidità degli istituti bancari italiani e anticipare possibili default;
     b) vi sia contezza se la Banca d'Italia e la Consob abbiano disposto azioni nei confronti degli istituti bancari oggetto del presente decreto-legge, prima che si arrivasse alla loro liquidazione, a tutela del sistema bancario e degli investitori,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3892.
N. 5. Sandra Savino, Giacomoni, Occhiuto.

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: IORI ED ALTRI; BINETTI ED ALTRI: DISCIPLINA DELLE PROFESSIONI DI EDUCATORE PROFESSIONALE SOCIO-PEDAGOGICO, EDUCATORE PROFESSIONALE SOCIO-SANITARIO E PEDAGOGISTA (A.C. 2656-3247-A)

A.C. 2656-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2.

A.C. 2656-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 4.22 e 13.23 e sull'articolo aggiuntivo 13.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 2656-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Oggetto).

  1. La presente legge disciplina le professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista, nonché la professione di educatore professionale socio-sanitario. A quest'ultima, per quanto non espressamente previsto nella presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 8 ottobre 1998, n. 520.
  2. L'educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano in ambito educativo, formativo e pedagogico, in rapporto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, in una prospettiva di crescita personale e sociale, come indicato dall'articolo 2 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, attraverso la regolamentazione e l'integrazione della formazione universitaria, delle competenze, del titolo, della qualificazione, dell'accesso al lavoro e della formazione continua, per valorizzare il patrimonio professionale e per garantirne il riconoscimento, la trasparenza e la spendibilità.
  3. La disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista, prevista dalla presente legge, persegue gli obiettivi della Strategia europea deliberata dal Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, in materia di sviluppo dell'educazione formale, non formale e informale lungo il corso della vita dei cittadini europei per la realizzazione dello spazio europeo della società della conoscenza avanzata e competitiva, democratica e inclusiva, conformemente alle conclusioni 2009/C 119/02 del Consiglio europeo, del 12 maggio 2009, su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione («ET 2020»).

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.
(Oggetto).

  Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: socio-pedagogico.

  Conseguentemente:
   al medesimo articolo:
    al comma 1, sopprimere il secondo periodo;
    al comma 2, sopprimere le parole: socio-pedagogico;
    al comma 3, sopprimere le parole: socio-pedagogico;
   all'articolo 2:
    sopprimere, ovunque ricorrano, le parole: socio-pedagogico;
    comma 4, sopprimere il secondo periodo;
   all'articolo 3:

    sopprimere, ovunque ricorrano, le parole: socio-pedagogico;
    sopprimere il comma 2;
     comma 3, lettera c), sopprimere le parole:
, limitatamente agli aspetti socio-educativi;
   all'articolo 4:
    sopprimere, ovunque ricorrano, le parole:
socio-pedagogico;
    sopprimere il comma 2;
   all'articolo 5, sopprimere le parole:
socio-pedagogico;
   all'articolo 6, sopprimere, ovunque ricorrano, le parole: socio-pedagogico;
   all'articolo 7
    al comma 1, premettere il seguente:
01. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito, al fine di unificare i corsi di laurea delle classi L-19 e L/SNT/2, un corso di laurea abilitante e interfacoltà tra la facoltà di Scienze della formazione e la facoltà di Farmacia e Medicina.
    comma 1, sopprimere le parole: socio-pedagogico;
    comma 1, sostituire le parole da: di un corso fino alla fine del comma, con le seguenti: di laurea abilitante di cui al comma precedente.
     comma 2, sopprimere le parole: socio-pedagogico;
    sopprimere i commi 3, 4 e 5;
    alla rubrica, sopprimere le parole:
socio-pedagogico;
   all'articolo 12, sopprimere, ovunque ricorrano, le parole: socio-pedagogico;
   all'articolo 13, sopprimere, ovunque ricorrano, le parole: socio-pedagogico;
   al Titolo del Testo unificato, sopprimere le parole: socio-pedagogico.
1. 20. Brescia, Marzana, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Di Benedetto.

  Al comma 2, sopprimere le parole da: attraverso la regolamentazione fino alla fine del comma.
1. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 2656-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Definizione delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista).

  1. L'educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista sono professionisti che operano nel campo dell'educazione formale e dell'educazione non formale, nel rispetto delle norme dei rispettivi ordinamenti e profili professionali nonché dello specifico codice deontologico, con l'utilizzo di metodologie proprie della professione, in regime di lavoro autonomo, subordinato o, laddove possibile, mediante forme di collaborazione.
  2. L'educatore professionale socio-pedagogico è un professionista che svolge funzioni intellettuali con proprie autonomia scientifica e responsabilità deontologica, con l'uso di strumenti conoscitivi specifici di tipo teorico e metodologico, per la progettazione, programmazione, intervento e valutazione degli esiti degli interventi educativi e supervisione, indirizzati alla persona e ai gruppi, in vari contesti educativi e formativi, per tutto il corso della vita, nonché con attività didattica di ricerca e di sperimentazione.
  3. Il pedagogista è un professionista di livello apicale, specialista dei processi educativi e formativi, con proprie autonomia scientifica e responsabilità deontologica, che svolge funzioni di progettazione, coordinamento, intervento e valutazione pedagogica, in vari contesti educativi e formativi, sia nei comparti socio-assistenziale e socio-educativo, sia nel comparto socio-sanitario con riguardo agli aspetti socio-educativi, nonché attività didattica, di ricerca e di sperimentazione.
  4. L'esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico è subordinato al conseguimento della qualifica di cui all'articolo 7, comma 1. L'esercizio delle professioni di educatore professionale socio-sanitario e di pedagogista è subordinato al conseguimento dello specifico titolo abilitante.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 2.
(Definizione delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista).

  Al comma 2, dopo le parole: tutto il corso della aggiungere la seguente: loro.
2. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 2656-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Ambiti dell'attività professionale).

  1. L'educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano nei servizi e nei presìdi socio-educativi e socio-assistenziali, nonché nei servizi e nei presìdi socio-sanitari limitatamente agli aspetti socio-educativi.
  2. L'educatore professionale socio-sanitario opera nei servizi e nei presìdi sanitari nonché nei servizi e nei presìdi socio-sanitari.
  3. L'educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano nei confronti di persone di ogni età, prioritariamente nei seguenti ambiti:
   a) educativo e formativo;
   b) scolastico;
   c) socio-sanitario e della salute, limitatamente agli aspetti socio-educativi;
   d) socio-assistenziale;
   e) della genitorialità e della famiglia;
   f) culturale;
   g) giudiziario;
   h) ambientale;
   i) sportivo e motorio;
   l) dell'integrazione e della cooperazione internazionale.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 3.
(Ambiti dell'attività professionale).

  Al comma 3, sopprimere la lettera l).
3. 20. Borghesi, Rondini.

A.C. 2656-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Servizi, organizzazioni e istituti nei quali è esercitata l'attività professionale dell'educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista).

  1. L'educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista, ciascuno nella sfera delle proprie competenze, operano prioritariamente negli ambiti di cui all'articolo 3, in particolare all'interno dei seguenti servizi e presìdi pubblici e privati:
   a) servizi educativi per lo sviluppo della persona e della comunità territoriale;
   b) servizi educativi per bambini da 0 a 3 anni;
   c) servizi extrascolastici per l'infanzia;
   d) servizi educativi nelle istituzioni scolastiche; servizi extrascolastici per l'inclusione e la prevenzione del disagio e della dispersione scolastica;
   e) servizi per la genitorialità e la famiglia; servizi educativi per le pari opportunità; servizi di consulenza tecnica d'ufficio in particolare nell'ambito familiare;
   f) servizi educativi di promozione del benessere e della salute, con riguardo agli aspetti educativi; servizi per il recupero e l'integrazione;
   g) servizi di educazione formale e non formale per gli adulti;
   h) servizi per anziani e servizi geriatrici;
   i) servizi educativi, ludici, artistico-espressivi, sportivi, dell'animazione e del tempo libero dalla prima infanzia all'età adulta;
   l) servizi per l'integrazione degli immigrati e dei rifugiati e per la formazione interculturale; servizi per lo sviluppo della cooperazione internazionale;
   m) servizi educativi nel sistema penitenziario e di risocializzazione dei detenuti; servizi di assistenza ai minori coinvolti nel circuito giudiziario e penitenziario;
   n) servizi di educazione ambientale; servizi per la conoscenza, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio dei beni culturali;
   o) servizi educativi nel campo dell'informazione, della comunicazione, della multimedialità, della promozione culturale e della lettura;
   p) servizi educativi nei contesti lavorativi, nei servizi di formazione, collocamento, consulenza, orientamento e bilancio delle competenze; servizi per l'aggiornamento e per la formazione di educatori e di pedagogisti.

  2. Per le amministrazioni pubbliche interessate, le disposizioni del comma 1 non comportano l'obbligo di erogare servizi socio-educativi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dalla legislazione vigente né costituiscono autorizzazione a derogare ai vincoli assunzionali ivi previsti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 4.
(Servizi, organizzazioni e istituti nei quali è esercitata l'attività professionale dell'educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista).

  Al comma 1, lettera b), sostituire la parola: 3 con la seguente: 6.
4. 20. Marzana, Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Di Benedetto.

  Al comma 1, lettera e), sostituire le parole: in particolare nell'ambito familiare con le seguenti: nei procedimenti giudiziari di diritto di famiglia.
4. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera i), sopprimere la parola: sportivi.
4. 21. Borghesi, Rondini.

  Sopprimere il comma 2.
4. 22. Marzana, Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Di Benedetto.

A.C. 2656-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Qualifica europea dell'educatore).

  1. L'educatore professionale socio-pedagogico rientra nel livello di conoscenze, competenze e abilità e opera nelle aree di professionalità del 6o livello del Quadro europeo delle qualifiche (QEQ), secondo la referenziazione nazionale delle qualifiche all’European qualifications framework da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), ai sensi della raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del QEQ per l'apprendimento permanente, di seguito denominata “raccomandazione europea 23 aprile 2008”.

A.C. 2656-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Attività professionali e competenze dell'educatore professionale socio-pedagogico).

  1. Negli ambiti di cui all'articolo 3, l'educatore professionale socio-pedagogico svolge mansioni relative alla programmazione, alla progettazione, all'attuazione, alla gestione e alla valutazione delle azioni educative e formative dei servizi e dei sistemi di educazione e formazione pubblici o privati e del terzo settore. Concorre, inoltre, alla progettazione dei suddetti servizi e sistemi e di azioni educative rivolte ai singoli soggetti.
  2. L'educatore professionale socio-pedagogico è in possesso delle conoscenze e delle competenze relative alla qualifica di cui all'articolo 7 e svolge le seguenti attività educative e formative:
   a) progetta, programma, realizza e valuta interventi e trattamenti educativi e formativi diretti alla persona negli ambiti e nei servizi individuati dalla presente legge;
   b) accompagna e facilita i processi di apprendimento in contesti di educazione permanente;
   c) accompagna e facilita i processi di apprendimento in contesti di formazione professionale;
   d) accompagna e facilita interventi di inserimento lavorativo;
   e) coopera alla definizione delle politiche formative;
   f) coopera alla pianificazione e alla gestione di servizi di rete nel territorio;
   g) collabora all'attuazione dei sistemi integrati per la gestione e la valorizzazione delle risorse umane e per lo sviluppo di competenze.

A.C. 2656-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 7.
(Formazione universitaria dell'educatore professionale socio-pedagogico e dell'educatore professionale socio-sanitario).

  1. La qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita a seguito del rilascio del diploma di un corso di laurea della classe di laurea L-19 Scienze dell'educazione e della formazione.
  2. La formazione universitaria dell'educatore professionale socio-pedagogico, di cui al comma 1, è funzionale al raggiungimento di idonee conoscenze, abilità e competenze educative e disciplinari connesse, per lo svolgimento delle attività professionali di cui all'articolo 6, in coerenza con i livelli del QEQ e con i requisiti di qualità previsti dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) secondo la normativa universitaria vigente.
  3. La qualifica di educatore professionale socio-sanitario è attribuita a seguito del rilascio del diploma di laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 delle professioni sanitarie della riabilitazione.
  4. Le università favoriscono in via prioritaria l'attivazione di corsi di laurea interdipartimentali o interfacoltà tra strutture afferenti all'area medica e all'area delle scienze dell'educazione e della formazione per il conseguimento dei diplomi di laurea nella classe L-19 ovvero nella classe L/SNT2.
  5. Le università favoriscono il riconoscimento del maggior numero di crediti allo studente che, in possesso di uno dei due titoli di cui al comma 4, intenda conseguire anche l'altro.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 7.
(Formazione universitaria dell'educatore professionale socio-pedagogico e dell'educatore professionale socio-sanitario).

  Al comma 1, dopo le parole: corso di laurea aggiungere la seguente: abilitante.
7. 3. Brescia, Marzana, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Di Benedetto.

  Sopprimere i commi 3, 4 e 5.
7. 20. Borghesi, Rondini.

A.C. 2656-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.
(Qualifica europea del pedagogista).

  1. Il pedagogista rientra nel livello di conoscenze, competenze e abilità e opera nelle aree di professionalità del 7o livello del QEQ, secondo la referenziazione nazionale delle qualifiche dell’European qualifications framework da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'ISFOL, ai sensi della raccomandazione europea 23 aprile 2008.

A.C. 2656-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 9.
(Attività professionali e competenze del pedagogista).

  1. Negli ambiti di cui all'articolo 3, il pedagogista svolge attività di progettazione, programmazione, organizzazione, coordinamento, gestione, monitoraggio, valutazione, consulenza e supervisione della qualità pedagogica dei servizi e dei sistemi pubblici o privati di educazione e formazione. Compie inoltre azioni pedagogiche rivolte a singoli soggetti.
  2. Il pedagogista è in possesso delle conoscenze e delle competenze relative alla qualifica di cui all'articolo 10 e svolge le seguenti attività educative e formative:
   a) progetta, coordina, realizza e valuta interventi e trattamenti educativi e formativi diretti alla persona, negli ambiti e nei servizi individuati dalla presente legge;
   b) effettua la ricognizione, il coordinamento, la rilevazione, l'analisi, l'interpretazione e la valutazione funzionale di tipo pedagogico e collabora al lavoro delle équipes plurispecialistiche;
   c) programma, progetta, coordina, gestisce e valuta piani di formazione permanente;
   d) progetta, gestisce, coordina e valuta servizi e sistemi di formazione professionale manageriale;
   e) realizza e coordina interventi di orientamento pedagogico e di orientamento permanente nonché di consulenza, bilancio di competenze e inserimento lavorativo;
   f) coopera alla definizione delle politiche formative;
   g) offre consulenza per la pianificazione e la gestione di servizi di rete nel territorio;
   h) offre consulenza per l'attuazione dei sistemi integrati per la gestione e la valorizzazione delle risorse umane e per lo sviluppo di competenze;
   i) coordina servizi educativi e formativi territoriali.

A.C. 2656-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.
(Formazione universitaria del pedagogista).

  1. La qualifica di pedagogista è attribuita a seguito del rilascio di un diploma di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50 Programmazione e gestione dei servizi educativi, LM-57 Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LM-85 Scienze pedagogiche o LM-93 Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education. Le spese derivanti dallo svolgimento dell'esame previsto ai fini del rilascio del diploma di laurea abilitante sono poste integralmente a carico dei partecipanti con le modalità stabilite dalle università interessate.
  2. La qualifica di pedagogista è attribuita altresì ai professori ordinari, straordinari, associati, fuori ruolo e in quiescenza, ai dottori di ricerca in pedagogia, anche in possesso di titoli accademici diversi da quelli previsti dal comma 1, che abbiano insegnato discipline pedagogiche, per almeno tre anni accademici anche non consecutivi, nelle università italiane o in strutture di particolare rilevanza scientifica anche sul piano internazionale, nonché ai ricercatori universitari di ruolo in discipline pedagogiche, anche in possesso di titoli accademici diversi da quelli previsti dal comma 1.
  3. La formazione universitaria del pedagogista è funzionale al raggiungimento di idonee conoscenze, abilità e competenze pedagogiche e nelle aree disciplinari connesse, per lo svolgimento delle attività professionali individuate nell'articolo 9, in coerenza con i livelli del QEQ e con i requisiti di qualità previsti dall'ANVUR secondo la normativa universitaria vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 10 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 10.
(Formazione universitaria del pedagogista).

  Al comma 2, sopprimere le parole:, anche in possesso di titoli accademici diversi da quelli previsti dal comma 1.
10. 20. Borghesi, Rondini.

A.C. 2656-A – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.
(Adeguamento dei percorsi formativi).

  1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede, con propri decreti, ad apportare le necessarie modificazioni ai decreti del Ministro dell'università e della ricerca 16 marzo 2007, concernenti la determinazione delle classi delle lauree universitarie triennali e delle classi di laurea magistrale, pubblicati rispettivamente nei supplementi ordinari n. 153 alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007 e n. 155 alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007.
  2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro della salute provvedono, con proprio decreto, ad apportare le necessarie modificazioni al decreto interministeriale 19 febbraio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 119 del 25 maggio 2009, concernente la determinazione delle classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie.

A.C. 2656-A – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 12.
(Collocazione professionale).

  1. Ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, le professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista rientrano nelle professioni non organizzate in ordini o collegi.
  2. Le professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista sono inserite, secondo la presente legge e in rapporto alla classificazione del QEQ, negli elenchi e nelle banche di dati degli enti e organismi nazionali e regionali deputati alla classificazione, alla declaratoria e all'accreditamento delle professioni, nonché nel repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.
  3. Ai fini di cui al comma 2, sono attivati e aggiornati gli specifici codici professionali di educatore professionale socio-pedagogico, di educatore professionale socio-sanitario e di pedagogista, unificando la nomenclatura e la classificazione delle professioni del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, dell'ISFOL, dell'Istituto nazionale di statistica, dei Ministeri, delle regioni e degli altri organismi autorizzati, cui devono attenersi anche gli organismi di accreditamento e certificazione della qualità nonché le associazioni professionali e i singoli professionisti che esercitano in qualsiasi forma la professione secondo la legge 14 gennaio 2013, n. 4.

A.C. 2656-A – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 13.
(Norme finali e transitorie).

  1. La qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita a coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso di un diploma o di un attestato riconosciuto equipollente al diploma di laurea della classe L-19 con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. In via transitoria, possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, previo superamento di un corso intensivo di formazione per complessivi 60 crediti, da svolgersi presso le università, anche tramite la formazione a distanza, coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso di uno dei seguenti requisiti e intraprendono i predetti corsi intensivi entro tre anni dalla medesima data:
   a) inquadramento nei ruoli delle amministrazioni pubbliche a seguito del superamento di un pubblico concorso relativo al profilo di educatore;
   b) svolgimento dell'attività di educatore per non meno di tre anni, anche non continuativi. L'attività svolta è dimostrata mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero autocertificazione dell'interessato ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
   c) diploma abilitante rilasciato entro l'anno scolastico 2001/2002 da un istituto magistrale o da una scuola magistrale.

  3. Il corso di cui al comma 2 è organizzato dai dipartimenti e dalle facoltà di scienze dell'educazione e della formazione delle università. Le relative spese sono poste integralmente a carico dei frequentanti con le modalità stabilite dalle medesime università.
  4. Acquisiscono direttamente la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, essendo titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato negli ambiti professionali di cui alla presente legge, siano in possesso anche di uno solo dei seguenti requisiti:
   a) almeno cinquanta anni di età e almeno dieci anni di servizio;
   b) almeno venti anni di servizio.

  5. Le modalità di accesso e di svolgimento del corso intensivo di formazione di cui al comma 2 e della relativa prova scritta finale sono definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  6. Fermo restando quanto previsto dai commi precedenti, i soggetti che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano svolto legittimamente l'attività di educatore per un periodo minimo di dodici mesi, anche non continuativi, documentata nei modi di cui al comma 2, lettera b), possono continuare ad esercitare l'attività di educatore. I soggetti di cui al periodo precedente non possono avvalersi della qualifica di «educatore professionale socio-pedagogico». Negli ambiti professionali di cui all'articolo 3 e nei servizi, nelle organizzazioni e negli istituti di cui all'articolo 4, il mancato possesso della qualifica di «educatore professionale socio-pedagogico» o di «educatore professionale socio-sanitario» non può costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, né per la loro modifica, anche di ambito, in senso sfavorevole al prestatore.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 13.
(Norme finali e transitorie).

  Al comma 2, alinea, dopo le parole: presso le università aggiungere la seguente: italiane.
13. 20. Borghesi, Rondini.

  Al comma 2, lettera b), dopo le parole: attività di educatore aggiungere le seguenti: e/o delle mansioni educative di cui all'articolo 6, negli ambiti professionali di cui all'articolo 3.
13. 21. Pannarale, Giancarlo Giordano.

  Al comma 2, lettera b), sostituire la parola: tre con la seguente: cinque.
13. 22. Borghesi, Rondini.

  Al comma 3, secondo periodo, sostituire le parole da: sono poste fino alla fine del comma, con le seguenti: di frequenza non sono a carico del partecipante. I fondi per l'erogazione del contributo di partecipazione sono da reperire nei relativi canali ed enti, pubblici e privati, preposti alla formazione.
13. 23. Pannarale, Giancarlo Giordano.

  Al comma 4, lettera b), sostituire le parole: venti anni di servizio con le seguenti: dieci anni di servizio e almeno duecento ore di formazione continua certificata o certificabile.
13. 24. Pannarale, Giancarlo Giordano.

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

Art. 13-bis.
(Piano straordinario di assunzioni di educatori e pedagogisti).

  1. A partire dall'anno scolastico 2016/17 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avvia un piano straordinario di immissioni in ruolo al fine di garantire la presenza, in tutti gli ambiti territoriali, di educatori professionali da assegnare alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, prioritariamente per i progetti di contrasto della dispersione scolastica nonché per i progetti relativi all'integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali (BES) e disturbi specifici dell'apprendimento (DSA).
  2. A partire dall'anno scolastico 2016/17 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avvia un piano straordinario di immissioni in ruolo al fine di garantire la presenza, in tutti gli ambiti territoriali, di pedagogisti da assegnare alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, prioritariamente per i progetti di contrasto della dispersione scolastica nonché per i progetti relativi all'integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali (BES) e disturbi specifici dell'apprendimento (DSA).
  3. A decorrere dall'anno scolastico 2016/2017, la dotazione organica complessiva di personale docente delle istituzioni scolastiche statali è incrementata nel limite di euro 240 milioni nell'anno 2016 e di euro 720 milioni a decorrere dall'anno 2017.
  4. Ferma restando l'autonomia scolastica, al fine di garantire il principio della continuità didattica, le istituzioni scolastiche programmano cicli educativi in conformità con il piano triennale dell'offerta formativa di cui al comma 12 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, che prevedano la presenza dell'educatore professionale per l'intero ciclo.
  5. Il comma 68, dell'articolo 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è abrogato.
  6. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, all'articolo 96, comma 5-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al primo periodo, le parole: «nei limiti del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nei limiti del 93,5 per cento».
  7. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:
   1) all'articolo 6, comma 8, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 93,5 per cento»;
   2) all'articolo 6, comma 9, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 93,5 per cento»;
   3) all'articolo 7, comma 2, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 93,5 per cento».

  Conseguentemente, all'articolo 14, comma 1, dopo le parole: alla presente legge aggiungere le seguenti:, ad eccezione dell'articolo 13-bis.
13. 01. Marzana, Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Di Benedetto.

A.C. 2656-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Clausola di invarianza finanziaria).

  1. All'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 2656-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle professioni sanitarie si sta procedendo verso una sempre più radicata iper specializzazione delle figure, sia in ambito nazionale che regionale, per questo appaiono poco attente alla salute dei cittadini le possibilità di sanatorie degli operatori;
    nell'ambito degli operatori massofisioterapici vi è una larga fetta di professionisti che hanno conseguito il titolo prima del 1999 che, pur avendo maturato esperienza, e professionalità, non possono utilizzare il titolo di dottore in Fisioterapia, perché dopo due anni di osservazioni tra le associazioni di categoria ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non è ancora stata definita la riqualificazione del percorso professionale;
    la libera circolazione delle persone in ambito comunitario sta consentendo a cittadini di vedere riconosciuti titoli propri in Italia, che nel nostro paese non darebbero diritto all'esercizio della professione,

impegna il Governo

a provvedere al più presto a un più generale riordino della definizione delle professioni sanitarie e delle equipollenze, affiancando a quanto previsto dal provvedimento in esame atti normativi che disciplinino i diversi ambiti di esercizio delle professioni, attivando il percorso per arrivare al conseguimento del diploma di laurea per gli operatori con titolo conseguito prima del 1999.

9/2656-A/1Rondini, Borghesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle professioni sanitarie si sta procedendo verso una sempre più radicata iper specializzazione delle figure, sia in ambito nazionale che regionale, per questo appaiono poco attente alla salute dei cittadini le possibilità di sanatorie degli operatori;
    nell'ambito degli operatori massofisioterapici vi è una larga fetta di professionisti che hanno conseguito il titolo prima del 1999 che, pur avendo maturato esperienza, e professionalità, non possono utilizzare il titolo di dottore in Fisioterapia, perché dopo due anni di osservazioni tra le associazioni di categoria ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non è ancora stata definita la riqualificazione del percorso professionale;
    la libera circolazione delle persone in ambito comunitario sta consentendo a cittadini di vedere riconosciuti titoli propri in Italia, che nel nostro paese non darebbero diritto all'esercizio della professione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità o l'opportunità di un più generale riordino della definizione delle professioni sanitarie e delle equipollenze, affiancando a quanto previsto dal provvedimento in esame atti normativi che disciplinino i diversi ambiti di esercizio delle professioni, attivando il percorso per arrivare al conseguimento del diploma di laurea per gli operatori con titolo conseguito prima del 1999.

9/2656-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rondini, Borghesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    tutelare le categorie professionali e l'utenza di riferimento sia un dovere per le istituzioni universitarie e i relativi corsi di laurea;
    l'università offre corsi accademici 3+2 per fare formazione di qualità a cui dovrebbe seguire il lavoro, ovvero l'esperienza sul campo;
    bisogna segnalare la preoccupante situazione, che interessa da tempo il settore della formazione, ovvero la dilagante promozione e attuazione di corsi e master che, grazie alle autorizzazioni del MIUR, propongono il conseguimento di titoli «professionalizzanti» come quello di «operatore psicopedagogico» (figura professionale inesistente) o altri profili professionali non ben definiti, a cui vengono «riconosciuti» ambiti, compiti e funzioni corrispondenti ai profili professionali di educatore e pedagogista, il tutto con pochi mesi di corso/master a pagamento, in alcuni casi con notevole spreco di denaro, anche pubblico, generando per di più notevole confusione tra scienze pedagogiche e altri ambiti disciplinari,

impegna il Governo

a riesaminare con maggiore attenzione il sistema delle autorizzazioni ai corsi di formazione promossi da enti regionali, fondazioni e istituti di formazione, promotori di corsi e relativi profili professionali inesistenti (psicopedagogisti, operatori che si dichiarano educatori senza avere conseguito la laurea e altro) e che pretendono di formare, dare lezioni e supervisionare insegnanti, famiglie e gli stessi professionisti di formazione accademica.

9/2656-A/2Borghesi, Rondini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del presente TU, reca norme finali e transitorie, disponendo numerose deroghe al sistema adottato con le norme di nuova introduzione, volte a privilegiare la formazione universitaria per gli addetti del settore;
    nello specifico: la qualifica di educatore professionale sociopedagogico è attribuita (direttamente) a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono in possesso di un diploma o di un attestato riconosciuto equipollente a un diploma di laurea della classe L-19 con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
    la qualifica stessa è attribuita (direttamente) a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono assunti con contratto a tempo indeterminato negli ambiti professionali indicati nel testo, e che abbiano o almeno 50 anni di età e 10 anni di servizio ovvero 20 anni di servizio; la medesima qualifica è acquisita, previo superamento di un corso intensivo di formazione, da chi, alla data di entrata in vigore della legge:
     sia inquadrato nei ruoli della pubbliche amministrazioni, con il profilo di educatore, a seguito di un pubblico concorso;
     abbia svolto l'attività di educatore per almeno 3 anni, anche non continuativi, dimostrata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero con autocertificazione;
     sia in possesso di un diploma abilitante rilasciato da un istituto magistrale o da una scuola magistrale entro l'anno scolastico 2001-2002. Infine, si prevede che coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano svolto l'attività di educatore per almeno 12 mesi, anche non continuativi, documentata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero con autocertificazione, possono continuare ad esercitarla, senza potersi in nessun caso avvalere della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico;
    addirittura, negli ambiti professionali e nei servizi indicati dagli articoli 3 e 4 del provvedimento in esame, il mancato possesso della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico o di educatore professionale socio-sanitario non può costituire motivo per la risoluzione unilaterale, o per la modifica (anche di ambito), in senso sfavorevole al prestatore, dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della legge,

impegna il Governo

a prevedere un sistema di controlli molto approfondito per evitare abusi nell'esercizio delle professioni disciplinate dalle presenti norme, volte a garanzia dell'utenza finale.

9/2656-A/3Molteni, Borghesi, Rondini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento sottoposto al nostro esame disciplina l'esercizio delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, che subentra all'attuale educatore, e di pedagogista, nonché, per alcuni aspetti, la professione di educatore professionale socio-sanitario, nuova denominazione dell'attuale educatore professionale. A tal fine, stabilisce, in particolare, che l'esercizio delle rispettive attività è consentito, salve alcune previsioni transitorie rivolte a consentire, a determinate condizioni, l'esercizio della attuale professione di educatore, solo a chi è in possesso delle relative qualifiche, attribuite all'esito del percorso di studi universitario specificamente indicato, abilitante per le sole figure di pedagogista e di educatore professionale sociosanitario;
    il provvedimento ha il merito di regolamentare le figure operanti in campo pedagogico, disciplinandone i percorsi formativi, al fine di garantire l'erogazione con omogeneità di servizi e interventi educativi di qualità e adeguati ai fabbisogni della popolazione, ma ciò si ottiene mediante una scelta normativa che prevede percorsi formativi distinti per ogni singola figura di operatore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative volte a disciplinare un'unica figura di educatore professionale, prevedendo all'uopo un Corso di laurea triennale in Scienze dell'educazione e della formazione e, quindi, Corsi biennali di specializzazione differenziati, con indirizzo sanitario o pedagogico.
9/2656-A/4Matarrelli, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Segoni, Turco, Palese.


   La Camera,
   esaminato il Testo della proposta di legge C. 2656-3247-A, recante «Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista»;
   visto che l'articolo 10, comma 1, della citata proposta di legge, definendo la formazione universitaria del pedagogista, ne attribuisce il conseguimento del titolo a seguito del rilascio di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50, LM-57, LM-85, LM-93;
   considerato che a tali lauree magistrali possono accedere anche studenti che hanno conseguito titoli di lauree triennali differenti da quelle della classe L-19, previo riconoscimento dei CFU da parte delle apposite commissioni,

impegna il Governo

a sollecitare le Facoltà universitarie affinché nell'ammissione alle sopra citate Lauree Magistrali, ove si debbano riconoscere CFU di studenti provenienti da lauree triennali diverse della classe L-19 che forma gli educatori socio-pedagogici, si consideri prioritariamente rilevante la presenza di un congruo numero di CFU in discipline di area socio-pedagogica.
9/2656-A/5D'Ottavio, Iori, Palese.


   La Camera,
   esaminato il Testo della proposta di legge C. 2656-3247-A, recante «Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista»;
   visto che l'articolo 10, comma 1, della citata proposta di legge, definendo la formazione universitaria del pedagogista, ne attribuisce il conseguimento del titolo a seguito del rilascio di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50, LM-57, LM-85, LM-93;
   considerato che a tali lauree magistrali possono accedere anche studenti che hanno conseguito titoli di lauree triennali differenti da quelle della classe L-19, previo riconoscimento dei CFU da parte delle apposite commissioni,

impegna il Governo

a sollecitare le Facoltà universitarie affinché nell'ammissione alle sopra citate Lauree Magistrali, ove si debbano riconoscere CFU di studenti provenienti da lauree triennali diverse della classe L-19 che forma gli educatori socio-pedagogici, valutino la possibilità, nell'ambito della loro autonomia, di considerare rilevante la presenza di un congruo numero di CFU in discipline di area socio-pedagogica.
9/2656-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Ottavio, Iori, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 13 comma 2 della proposta di legge in epigrafe si prevede che «In via transitoria, possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, previo superamento di un corso intensivo di formazione per complessivi 60 crediti, da svolgersi presso le università, anche tramite la formazione a distanza, coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso di uno dei seguenti requisiti e intraprendono i predetti corsi intensivi entro tre anni dalla medesima data:
     a) inquadramento nei ruoli delle amministrazioni pubbliche a seguito del superamento di un pubblico concorso relativo al profilo di educatore;
     b) svolgimento dell'attività di educatore per non meno di tre anni, anche non continuativi. L'attività svolta è dimostrata mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero autocertificazione dell'interessato ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
     c)  diploma abilitante rilasciato entro l'anno scolastico 2001/2002 da un istituto magistrale o da una scuola magistrale»;
    all'articolo 13 comma 3 della proposta di legge in epigrafe si prevede, altresì, che il «corso intensivo» di cui al punto precedente sia «organizzato dai dipartimenti e dalle facoltà di scienze dell'educazione e della formazione delle università»;
    le modalità di accesso e di svolgimento del «corso intensivo di formazione», di cui ai punti precedenti, «e della relativa prova scritta», secondo quanto disposto dalla proposta in epigrafe, all'articolo 13, comma 5, «sono definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge»;
    secondo quanto disposto dall'articolo 5 del decreto 3 novembre 1999, n. 509, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2000 n. 2, «1. Al credito formativo universitario, di seguito denominato credito, corrispondono 25 ore di lavoro per studente; con decreto ministeriale si possono motivatamente determinare variazioni in aumento o in diminuzione delle predette ore per singole classi, entro il limite del 20 per cento. 2. La quantità media di lavoro di apprendimento svolto in un anno da uno studente impegnato a tempo pieno negli studi universitari è convenzionalmente fissata in 60 crediti»;
    per quanto intensivo, un corso di formazione di 60 CFU deve svolgersi in un arco di tempo adeguato, in modo da favorire un'efficace distribuzione del lavoro;
    di norma, un corso di 60 CFU si svolge nell'arco di un anno accademico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito della definizione delle modalità di accesso e di svolgimento del corso intensivo di cui al comma 2 dell'articolo 13 del provvedimento in epigrafe, che il suddetto «corso intensivo» abbia una durata non inferiore ai sei mesi, o, comunque, adeguata al fine che si persegue con la proposta.
9/2656-A/6Gregorio Fontana, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge, Atto Camera n. 2656, attiene alla disciplina delle professioni di educatore e di pedagogista;
    l'articolo 4 della proposta di legge definisce i servizi di cui può farsi carico l'educatore professionale socio-pedagogico, tutti attinenti alla sfera dei servizi educativi per lo sviluppo della persona e della comunità territoriale. Servizi spesso erogati, in ambito ai percorsi di formazione della scuola dell'obbligo, attraverso le attività di sostegno;
    al sostegno vengono assegnati gli abilitati inseriti in apposita graduatoria. Esaurita la graduatoria, si ricorre, per ricoprire i posti ancora scoperti, alle graduatorie generali in cui, ovviamente, non è necessaria l'abilitazione al sostegno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel caso siano esaurite le graduatorie degli abilitati al sostegno, modalità di chiamata di educatori professionali socio-educativi, attraverso specifiche graduatorie di istituto o altre modalità di selezione che accertino la presenza delle competenze necessarie (e la relativa abilitazione) per poter svolgere al meglio servizi e attività educative di tale rilevanza e impatto sui soggetti che ne fruiscono.
9/2656-A/7Mura.


MOZIONI MAZZIOTTI DI CELSO ED ALTRI N. 1-01234, SIMONE VALENTE ED ALTRI N. 1-01267, PANNARALE ED ALTRI 1-01282, PALESE E PISICCHIO N. 1-01300, BORGHESI ED ALTRI N. 1-01302, BARADELLO ED ALTRI N. 1-01304, BUTTIGLIONE E BOSCO N. 1-01305, MANZI ED ALTRI N. 1-01306, SECCO ED OCCHIUTO N. 1-01307 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01308 CONCERNENTI L'AFFIDAMENTO DI SERVIZI NEL SETTORE DEI BENI CULTURALI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLO SVOLGIMENTO DI PROCEDURE DI GARA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali in Italia vive da più di quindici anni una situazione di stallo, e molti dei principali monumenti e musei del nostro Paese sono gestiti in regime di proroga, in contrasto con la vigente disciplina sia nazionale che comunitaria; in taluni casi, come per il complesso del Colosseo, la proroga è addirittura scaduta e i servizi sono gestiti sulla base di circolari e altri documenti interni secondo una prassi censurata anche dalla Corte dei Conti;
    tale situazione riguarda sia i servizi di biglietteria che i cosiddetti servizi aggiuntivi, quali ad esempio i servizi editoriali, le audioguide, le visite guidate, spazi per eventi e mostre, e altro;
    la mancata effettuazione di gare nei principali monumenti e musei ha determinato un'ingente perdita di potenziali introiti per il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (di seguito definito per brevità il Ministero); basti pensare, a titolo di esempio che in relazione ai servizi aggiuntivi erogati presso il complesso del Colosseo, il fatturato da servizi aggiuntivi negli anni 2011-2015 (anni nei quali la concessione era scaduta) è stato di euro 35,1 milioni, dei quali solo euro 3,9 milioni, corrispondenti all'11,2 per cento sono andati all'amministrazione;
    nel febbraio del 2015, il Ministero ha annunciato, con un documento intitolato «La cultura delle gare nelle gare per la cultura» l'avvio insieme a Consip di una collaborazione mirata ad assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi da svolgere nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali;
    il programma avviato dal Ministero con Consip prevede tre linee di intervento: la prima per i servizi gestionali, che includono i «servizi operativi» (manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, e altro) e i «servizi di Governo» (sistema informativo, call center, anagrafica tecnica, e altro), la seconda per la realizzazione di un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita, che sarà usato da tutti i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e facoltativamente dagli Enti locali; la terza per i «progetti culturali», finalizzati alla migliore fruizione dei siti dal punto di vista culturale (a titolo di esempio: noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre e altro);
    la finalità dichiarata del programma di gare avviato dal Ministero è quella di porre fine al fenomeno delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura e di garantire che il Ministero possa contare sulla cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale della nazione;
    nel mese di luglio del 2015 è stata lanciata da Consip la prima fase del programma, con la pubblicazione del bando per l'affidamento di servizi gestionali e operativi (Facility management), per gli istituti e i luoghi della cultura pubblici. La gara appena bandita, del valore complessivo di 640 milioni di euro, suddivisi in nove lotti territoriali, renderà disponibili al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e agli enti locali i servizi gestionali e operativi attraverso una convenzione quadro della durata di 24 mesi (più eventuali 12 di proroga);
    il Ministro Franceschini ha annunciato che le prime gare Consip per la fornitura dei servizi aggiuntivi saranno avviate entro il mese di giugno del 2016;
    nel marzo del 2016, il Ministero ha promosso la fusione delle proprie società in house Ales e Arcus s.p.a., con l'obiettivo di «assicurare al meglio l'erogazione di servizi culturali, le attività di valorizzazione del patrimonio e le attività di fund raising»;
    il Ministro Franceschini ha dichiarato alla stampa che Ales dovrà dar vita a una divisione che si occuperà servizi aggiuntivi, in modo tale «il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero»;
    è fondamentale che l'assegnazione dei servizi aggiuntivi avvenga nel rispetto delle linee guida annunciate dal Ministero e cioè dell'introduzione della cultura delle gare nel settore dei beni culturali; per questo motivo, è evidente che il ricorso ad Ales per l'erogazione di servizi aggiuntivi dovrà essere limitato esclusivamente ai casi nei quali l'affidamento del servizio attraverso una gara Consip non sia possibile per mancanza di soggetti privati interessati o risulti chiaramente antieconomico;
    in proposito, va ricordato che la fusione delle società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stata prevista dalla legge di stabilità con l'obiettivo di assicurare risparmi della spesa pubblica; pertanto, in nessun caso l'affidamento di servizi aggiuntivi ad Ales dovrà essere effettuato quando ciò comporti oneri aggiuntivi a carico dello Stato, sotto forma di assunzione di personale aggiuntivo da parte di Ales o sotto qualsiasi altra forma;
    occorre assicurare che le procedure di gara Consip per i servizi aggiuntivi avvengano con modalità tali da assicurare la massima partecipazione competitiva, e il miglior risultato possibile in termini sia qualitativi che economici;
    il Ministero ha più volte affermato che i bandi di gara Consip saranno basati su progetti scientifico-culturali predisposti dai singoli musei o dai poli regionali;
    per il perseguimento degli obiettivi di qualità ed economicità sopra richiamati, appare opportuno, soprattutto presso i complessi archeologici museali più importanti e redditizi, avviare gare distinte per i diversi servizi, che oggi sono svolti, nella maggior parte dei casi, tutti dallo stesso soggetto; è evidente, infatti, come sia più vantaggioso per l'amministrazione pubblica affidare ciascun servizio al soggetto specializzato più qualificato ed economicamente più conveniente;
    l'accorpamento dei diversi servizi, e soprattutto l'affidamento a chi eroga servizi aggiuntivi anche del servizio di biglietteria deve essere limitato ai casi in cui ciò sia strettamente necessario per consentire la fattibilità economica del servizio; in ogni altro caso, il servizio di biglietteria dovrà essere oggetto di gara separata;
    ai fini di assicurare la qualità, innovatività e originalità dei progetti scientifici definitivi dei musei e poli regionali che costituiranno la base per ciascuna gara Consip, è importante che la pubblicazione del bando di gara sia preceduta da manifestazioni di interesse attraverso le quali i soggetti interessati a partecipare possano proporre soluzioni anche diverse e aggiuntive rispetto a quelle descritte nella manifestazione di interesse, o che sia comunque prevista una fase di consultazione degli operatori privati che consenta all'amministrazione pubblica di raccogliere le idee migliori e più originali per includerle nell'oggetto di gara;
    è essenziale che con riguardo ai procedimenti per l'affidamento di servizi aggiuntivi il Ministero assicuri la più totale trasparenza, attraverso la pubblicazione sul proprio sito istituzionale di ogni necessaria informazione, con particolare riferimento alla sussistenza delle ragioni economiche e scientifiche che hanno giustificato l'eventuale ricorso ad eventuali affidamenti in house;
    nella gestione dei musei e dei siti archeologici è frequente il ricorso, da parte dell'amministrazione, alla cosiddetta pratica dei servizi «conto terzi», consistente nello svolgimento da parte di personale delle sovrintendenze di lavoro straordinario che viene posto a carico del soggetto affidatario delle mostre e delle altre manifestazioni culturali o di altri eventi autorizzati nei siti culturali, che richiedono appunto lo svolgimento di prestazioni lavorative al di fuori dei normali orari;
    il conto terzi è attualmente regolato da un accordo sindacale del 3 marzo 2010 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e le organizzazioni sindacali (di seguito per brevità definito «accordo sindacale») in base al quale le prestazioni «in conto terzi» si considerano analoghe alle prestazioni extraistituzionali, e devono avere carattere occasionale e temporaneo, senza pregiudizio per le attività istituzionali e senza oneri aggiuntivi per l'amministrazione;
    il conto terzi è divenuto nel tempo uno strumento utilizzato con grande frequenza, tanto da sollevare polemiche e contestazioni, anche per i criteri non sempre trasparenti di scelta del personale coinvolto e per la mancanza di informazioni precise sulla dimensione effettiva del fenomeno;
    rispondendo a un'interrogazione del gruppo parlamentare Scelta Civica sul tema del conto terzi, il Ministro Franceschini ha indicato di disporre di dati parziali sulla diffusione del fenomeno, visto che solo poco più del 50 per cento degli enti interessati ha fornito i dati richiesti dal Ministero; da tali dati emerge un numero complessivo di ore lavorate, pari a 66.000, per un ammontare di compensi annuo a carico di terzi pari a oltre 2 milioni di euro; nella stessa occasione, il Ministro ha affermato di voler «adottare tutte le iniziative necessarie per garantire la massima trasparenza del fenomeno e il suo massimo contenimento», ritenendo che il «conto terzi» debba essere un'eccezione e non, mai, una regola»,

impegna il Governo:

   ad avviare e a concludere quanto prima, come preannunciato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e, in particolare, dei servizi culturali presso i principali complessi museali italiani, a partire dal complesso del colosseo, palatino e foro romano;
   ad assicurare che le gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi rispettino i seguenti principi fondamentali:
    a) previsione di gare distinte per i diversi servizi aggiuntivi, in modo da assicurare quanto più possibile la specializzazione, la qualità e l'economicità del soggetto privato prescelto per ciascun servizio;
    b) limitazione dell'accorpamento dei diversi servizi, e, in particolare, dei servizi di biglietteria ai servizi aggiuntivi, ai soli casi in cui ciò sia necessario per la sostenibilità economica dell'appalto;
    c) limitazione del ricorso ad affidamenti in house ad Ales o a qualsiasi altro soggetto pubblico ai casi nei quali il ricorso a una procedura competitiva non risulti economicamente conveniente o comunque fattibile per l'amministrazione, e in ogni caso senza aumenti della spesa pubblica;
    d) revisione della disciplina vigente delle prestazioni in conto terzi in modo da assicurarne l'effettiva limitazione a ipotesi occasionali e temporanee, la totale trasparenza e comunque il massimo contenimento, in conformità alla normativa vigente e in coerenza con quanto annunciato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   ad assicurare la massima trasparenza possibile, anche attraverso pubblicazione sui siti istituzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle soprintendenze, delle procedure di gara sopra descritte e degli eventuali affidamenti in house ad Ales o ad altri soggetti controllati dall'amministrazione, facendo sì che, con riguardo agli affidamenti in house, siano pubblicate le motivazioni alla base della scelta di non procedere mediante gara e tutti i dati relativi all'affidamento, inclusi i costi sostenuti dalla società in house per la fornitura del servizio e gli introiti destinati all'amministrazione.
(1-01234) «Mazziotti Di Celso, Monchiero, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali in Italia vive da più di quindici anni una situazione di stallo, e molti dei principali monumenti e musei del nostro Paese sono gestiti in regime di proroga, in contrasto con la vigente disciplina sia nazionale che comunitaria; in taluni casi, come per il complesso del Colosseo, la proroga è addirittura scaduta e i servizi sono gestiti sulla base di circolari e altri documenti interni secondo una prassi censurata anche dalla Corte dei Conti;
    tale situazione riguarda sia i servizi di biglietteria che i cosiddetti servizi aggiuntivi, quali ad esempio i servizi editoriali, le audioguide, le visite guidate, spazi per eventi e mostre, e altro;
    la mancata effettuazione di gare nei principali monumenti e musei ha determinato un'ingente perdita di potenziali introiti per il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (di seguito definito per brevità il Ministero); basti pensare, a titolo di esempio che in relazione ai servizi aggiuntivi erogati presso il complesso del Colosseo, il fatturato da servizi aggiuntivi negli anni 2011-2015 (anni nei quali la concessione era scaduta) è stato di euro 35,1 milioni, dei quali solo euro 3,9 milioni, corrispondenti all'11,2 per cento sono andati all'amministrazione;
    nel febbraio del 2015, il Ministero ha annunciato, con un documento intitolato «La cultura delle gare nelle gare per la cultura» l'avvio insieme a Consip di una collaborazione mirata ad assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi da svolgere nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali;
    il programma avviato dal Ministero con Consip prevede tre linee di intervento: la prima per i servizi gestionali, che includono i «servizi operativi» (manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, e altro) e i «servizi di Governo» (sistema informativo, call center, anagrafica tecnica, e altro), la seconda per la realizzazione di un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita, che sarà usato da tutti i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e facoltativamente dagli Enti locali; la terza per i «progetti culturali», finalizzati alla migliore fruizione dei siti dal punto di vista culturale (a titolo di esempio: noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre e altro);
    la finalità dichiarata del programma di gare avviato dal Ministero è quella di porre fine al fenomeno delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura e di garantire che il Ministero possa contare sulla cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale della nazione;
    nel mese di luglio del 2015 è stata lanciata da Consip la prima fase del programma, con la pubblicazione del bando per l'affidamento di servizi gestionali e operativi (Facility management), per gli istituti e i luoghi della cultura pubblici. La gara appena bandita, del valore complessivo di 640 milioni di euro, suddivisi in nove lotti territoriali, renderà disponibili al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e agli enti locali i servizi gestionali e operativi attraverso una convenzione quadro della durata di 24 mesi (più eventuali 12 di proroga);
    il Ministro Franceschini ha annunciato che le prime gare Consip per la fornitura dei servizi aggiuntivi saranno avviate entro il mese di giugno del 2016;
    nel marzo del 2016, il Ministero ha promosso la fusione delle proprie società in house Ales e Arcus s.p.a., con l'obiettivo di «assicurare al meglio l'erogazione di servizi culturali, le attività di valorizzazione del patrimonio e le attività di fund raising»;
    il Ministro Franceschini ha dichiarato alla stampa che Ales dovrà dar vita a una divisione che si occuperà servizi aggiuntivi, in modo tale «il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero»;
    è fondamentale che l'assegnazione dei servizi aggiuntivi avvenga nel rispetto delle linee guida annunciate dal Ministero e cioè dell'introduzione della cultura delle gare nel settore dei beni culturali; per questo motivo, è evidente che il ricorso ad Ales per l'erogazione di servizi aggiuntivi dovrà essere limitato esclusivamente ai casi nei quali l'affidamento del servizio attraverso una gara Consip non sia possibile per mancanza di soggetti privati interessati o risulti chiaramente antieconomico;
    in proposito, va ricordato che la fusione delle società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stata prevista dalla legge di stabilità con l'obiettivo di assicurare risparmi della spesa pubblica; pertanto, in nessun caso l'affidamento di servizi aggiuntivi ad Ales dovrà essere effettuato quando ciò comporti oneri aggiuntivi a carico dello Stato, sotto forma di assunzione di personale aggiuntivo da parte di Ales o sotto qualsiasi altra forma;
    occorre assicurare che le procedure di gara Consip per i servizi aggiuntivi avvengano con modalità tali da assicurare la massima partecipazione competitiva, e il miglior risultato possibile in termini sia qualitativi che economici;
    il Ministero ha più volte affermato che i bandi di gara Consip saranno basati su progetti scientifico-culturali predisposti dai singoli musei o dai poli regionali;
    per il perseguimento degli obiettivi di qualità ed economicità sopra richiamati, appare opportuno, soprattutto presso i complessi archeologici museali più importanti e redditizi, avviare gare distinte per i diversi servizi, che oggi sono svolti, nella maggior parte dei casi, tutti dallo stesso soggetto; è evidente, infatti, come sia più vantaggioso per l'amministrazione pubblica affidare ciascun servizio al soggetto specializzato più qualificato ed economicamente più conveniente;
    l'accorpamento dei diversi servizi, e soprattutto l'affidamento a chi eroga servizi aggiuntivi anche del servizio di biglietteria deve essere limitato ai casi in cui ciò sia strettamente necessario per consentire la fattibilità economica del servizio; in ogni altro caso, il servizio di biglietteria dovrà essere oggetto di gara separata;
    ai fini di assicurare la qualità, innovatività e originalità dei progetti scientifici definitivi dei musei e poli regionali che costituiranno la base per ciascuna gara Consip, è importante che la pubblicazione del bando di gara sia preceduta da manifestazioni di interesse attraverso le quali i soggetti interessati a partecipare possano proporre soluzioni anche diverse e aggiuntive rispetto a quelle descritte nella manifestazione di interesse, o che sia comunque prevista una fase di consultazione degli operatori privati che consenta all'amministrazione pubblica di raccogliere le idee migliori e più originali per includerle nell'oggetto di gara;
    è essenziale che con riguardo ai procedimenti per l'affidamento di servizi aggiuntivi il Ministero assicuri la più totale trasparenza, attraverso la pubblicazione sul proprio sito istituzionale di ogni necessaria informazione, con particolare riferimento alla sussistenza delle ragioni economiche e scientifiche che hanno giustificato l'eventuale ricorso ad eventuali affidamenti in house;
    nella gestione dei musei e dei siti archeologici è frequente il ricorso, da parte dell'amministrazione, alla cosiddetta pratica dei servizi «conto terzi», consistente nello svolgimento da parte di personale delle sovrintendenze di lavoro straordinario che viene posto a carico del soggetto affidatario delle mostre e delle altre manifestazioni culturali o di altri eventi autorizzati nei siti culturali, che richiedono appunto lo svolgimento di prestazioni lavorative al di fuori dei normali orari;
    il conto terzi è attualmente regolato da un accordo sindacale del 3 marzo 2010 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e le organizzazioni sindacali (di seguito per brevità definito «accordo sindacale») in base al quale le prestazioni «in conto terzi» si considerano analoghe alle prestazioni extraistituzionali, e devono avere carattere occasionale e temporaneo, senza pregiudizio per le attività istituzionali e senza oneri aggiuntivi per l'amministrazione;
    il conto terzi è divenuto nel tempo uno strumento utilizzato con grande frequenza, tanto da sollevare polemiche e contestazioni, anche per i criteri non sempre trasparenti di scelta del personale coinvolto e per la mancanza di informazioni precise sulla dimensione effettiva del fenomeno;
    rispondendo a un'interrogazione del gruppo parlamentare Scelta Civica sul tema del conto terzi, il Ministro Franceschini ha indicato di disporre di dati parziali sulla diffusione del fenomeno, visto che solo poco più del 50 per cento degli enti interessati ha fornito i dati richiesti dal Ministero; da tali dati emerge un numero complessivo di ore lavorate, pari a 66.000, per un ammontare di compensi annuo a carico di terzi pari a oltre 2 milioni di euro; nella stessa occasione, il Ministro ha affermato di voler «adottare tutte le iniziative necessarie per garantire la massima trasparenza del fenomeno e il suo massimo contenimento», ritenendo che il «conto terzi» debba essere un'eccezione e non, mai, una regola»,

impegna il Governo:

   ad avviare e a concludere quanto prima, come preannunciato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e, in particolare, dei servizi culturali presso i principali complessi museali italiani, a partire dal complesso del colosseo, palatino e foro romano;
   ad assicurare che le gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi rispettino i seguenti principi fondamentali:
    revisione della disciplina vigente delle prestazioni in conto terzi in modo da assicurarne l'effettiva limitazione a ipotesi occasionali e temporanee, la totale trasparenza e comunque il massimo contenimento, in conformità alla normativa vigente e in coerenza con quanto annunciato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   ad assicurare la massima trasparenza possibile, anche attraverso pubblicazione sui siti istituzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle soprintendenze, delle procedure di gara sopra descritte e degli eventuali affidamenti in house ad Ales o ad altri soggetti controllati dall'amministrazione, facendo sì che, con riguardo agli affidamenti in house, siano pubblicate le motivazioni alla base della scelta di non procedere mediante gara e tutti i dati relativi all'affidamento, inclusi i costi sostenuti dalla società in house per la fornitura del servizio e gli introiti destinati all'amministrazione.
(1-01234)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Mazziotti Di Celso, Monchiero, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    i servizi aggiuntivi museali rivestono un ruolo fondamentale per la valorizzazione del patrimonio e per la promozione della conoscenza culturale ed includono un'ampia gamma di servizi di ospitalità e assistenza culturale;
    com’è noto, infatti, la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare, nella sentenza 9 del 2004, che la funzione di valorizzazione sia diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale;
    intendendo, pertanto, la valorizzazione del patrimonio storico-artistico come sviluppo e condivisione della conoscenza e del suo valore culturale e sociale, nonché occasione per il pieno sviluppo della personalità di ciascuno, ne consegue che tra i servizi aggiuntivi istituiti dalla legge «Rochey» (1997), primo passo verso la privatizzazione del patrimonio artistico, non possono rientrare quelli necessari a svolgere un'effettiva azione di valorizzazione. Tra questi i servizi educativi (o didattici) prima di tutti perché fondamentali ai fini della costruzione e condivisione del sapere con i cittadini ma anche l'editoria e la produzione di mostre perché rappresentano strumenti di traduzione e diffusione della conoscenza prodotta sul e dal patrimonio culturale;
    è necessario, pertanto, ricondurre, all'interno della missione pubblica e quindi dell'organizzazione e dell'organico dei musei e in generale dei luoghi della cultura, tutte quelle azioni che sotto forma di servizi ormai da 20 anni sono oggetto di concessione a privati che le svolgono a scopo di lucro senza alcuna possibilità per il soggetto pubblico di verifica della qualità né di intervento migliorativo o concorrenziale (concessioni in monopolio);
    l'educazione al patrimonio, dalla semplice visita guidata al progetto complesso, e la produzione scientifica di cataloghi e mostre non si possono ritenere in alcun modo «aggiuntivi», perché consustanziali all'uso pubblico, culturale e sociale del patrimonio e vanno quindi reinternalizzati e affidati a specifiche professionalità inquadrate nell'organico stabile degli istituti di cultura;
    pertanto, secondo l'attuale disciplina contenuta nel codice dei beni culturali (decreto legislativo n.  42 del 2007), i servizi da ricondurre alla fondamentale funzione di valorizzazione risulterebbero: i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l'infanzia; i servizi di informazione, di guida, ivi compreso il servizio di audio guida, e assistenza didattica, i centri di incontro l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali;
    diverso, invece, è il caso per servizi quali ristorazione, caffetteria, biglietteria, assistenza di sala, guardiania, bookshop e altro ovvero servizi il cui espletamento non richiede personale formato sulle discipline del patrimonio. Questi servizi sono strategici al fine di fare degli istituti di cultura, i musei soprattutto, luoghi dove fare esperienze piacevoli e trascorrere il tempo libero, non solo dove formarsi. Quindi, lo sviluppo e la massima qualità di questi servizi vanno garantiti; la concessione a soggetti privati non è solo possibile ma auspicabile. Ciò che si rende necessario, però è rivedere le condizioni dei bandi di affidamento che generalmente prevedono royalty troppo basse per il soggetto appaltante (la pubblica amministrazione a cui appartiene il bene) e la massima libertà di azione da parte del concessionario che massimizza i profitti a scapito di qualunque investimento e molto spesso rifacendosi sul costo del personale, precario e ancora in formazione;
    sui servizi aggiuntivi è quindi possibile ragionare in termini di profitto, ma il primo beneficiario deve essere il proprietario del bene e non il gestore a cui va garantito un equo guadagno invertendo, anzi scardinando, una logica di profitto ormai consolidata;
    si è assistito nel tempo, ad una progressiva estensione delle competenze assegnate ai concessionari, che, dalla mera esecuzione dei servizi «accessori» e relativamente standardizzabili (ristorazione e librerie), hanno assunto compiti di natura assai più significativa sul piano culturale e strategico (visite guidate, supporti didattici, mostre temporanee, allestimenti e altro) trasformando gli assetti gestionali delle istituzioni;
    numerosi, inoltre, sono i problemi che caratterizzano l'attuale sistema di gestione dei servizi aggiuntivi; le cause di tale situazione sono numerose e i fattori di criticità più rilevanti sono riconducibili a dubbie dinamiche relazionali tra pubblico e privato che si sono affermate nella prassi, quali affidamento di concessioni andate deserte, frequenti inadempimenti contrattuali, bassa qualità delle prestazioni erogate, indiscriminati prolungamenti della durata delle concessioni,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per procedere all'internalizzazione di tutti i servizi museali aggiuntivi riconducibili alla fondamentale funzione di valorizzazione;
   ad individuare un modello organizzativo gestionale, efficiente ed efficace, che racchiuda in sé un adeguato sistema di promozione e comunicazione che renda fruibili al meglio i luoghi di cultura.
(1-01267) «Simone Valente, Vacca, Brescia, Luigi Gallo, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, D'Incà».


   La Camera,
   premesso che:
    i servizi aggiuntivi museali rivestono un ruolo fondamentale per la valorizzazione del patrimonio e per la promozione della conoscenza culturale ed includono un'ampia gamma di servizi di ospitalità e assistenza culturale;
    com’è noto, infatti, la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare, nella sentenza 9 del 2004, che la funzione di valorizzazione sia diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale;
    intendendo, pertanto, la valorizzazione del patrimonio storico-artistico come sviluppo e condivisione della conoscenza e del suo valore culturale e sociale, nonché occasione per il pieno sviluppo della personalità di ciascuno, ne consegue che tra i servizi aggiuntivi istituiti dalla legge «Rochey» (1997), primo passo verso la privatizzazione del patrimonio artistico, non possono rientrare quelli necessari a svolgere un'effettiva azione di valorizzazione. Tra questi i servizi educativi (o didattici) prima di tutti perché fondamentali ai fini della costruzione e condivisione del sapere con i cittadini ma anche l'editoria e la produzione di mostre perché rappresentano strumenti di traduzione e diffusione della conoscenza prodotta sul e dal patrimonio culturale;
    è necessario, pertanto, ricondurre, all'interno della missione pubblica e quindi dell'organizzazione e dell'organico dei musei e in generale dei luoghi della cultura, tutte quelle azioni che sotto forma di servizi ormai da 20 anni sono oggetto di concessione a privati che le svolgono a scopo di lucro senza alcuna possibilità per il soggetto pubblico di verifica della qualità né di intervento migliorativo o concorrenziale (concessioni in monopolio);
    l'educazione al patrimonio, dalla semplice visita guidata al progetto complesso, e la produzione scientifica di cataloghi e mostre non si possono ritenere in alcun modo «aggiuntivi», perché consustanziali all'uso pubblico, culturale e sociale del patrimonio e vanno quindi reinternalizzati e affidati a specifiche professionalità inquadrate nell'organico stabile degli istituti di cultura;
    pertanto, secondo l'attuale disciplina contenuta nel codice dei beni culturali (decreto legislativo n.  42 del 2007), i servizi da ricondurre alla fondamentale funzione di valorizzazione risulterebbero: i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l'infanzia; i servizi di informazione, di guida, ivi compreso il servizio di audio guida, e assistenza didattica, i centri di incontro l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali;
    diverso, invece, è il caso per servizi quali ristorazione, caffetteria, biglietteria, assistenza di sala, guardiania, bookshop e altro ovvero servizi il cui espletamento non richiede personale formato sulle discipline del patrimonio. Questi servizi sono strategici al fine di fare degli istituti di cultura, i musei soprattutto, luoghi dove fare esperienze piacevoli e trascorrere il tempo libero, non solo dove formarsi. Quindi, lo sviluppo e la massima qualità di questi servizi vanno garantiti; la concessione a soggetti privati non è solo possibile ma auspicabile. Ciò che si rende necessario, però è rivedere le condizioni dei bandi di affidamento che generalmente prevedono royalty troppo basse per il soggetto appaltante (la pubblica amministrazione a cui appartiene il bene) e la massima libertà di azione da parte del concessionario che massimizza i profitti a scapito di qualunque investimento e molto spesso rifacendosi sul costo del personale, precario e ancora in formazione;
    sui servizi aggiuntivi è quindi possibile ragionare in termini di profitto, ma il primo beneficiario deve essere il proprietario del bene e non il gestore a cui va garantito un equo guadagno invertendo, anzi scardinando, una logica di profitto ormai consolidata;
    si è assistito nel tempo, ad una progressiva estensione delle competenze assegnate ai concessionari, che, dalla mera esecuzione dei servizi «accessori» e relativamente standardizzabili (ristorazione e librerie), hanno assunto compiti di natura assai più significativa sul piano culturale e strategico (visite guidate, supporti didattici, mostre temporanee, allestimenti e altro) trasformando gli assetti gestionali delle istituzioni;
    numerosi, inoltre, sono i problemi che caratterizzano l'attuale sistema di gestione dei servizi aggiuntivi; le cause di tale situazione sono numerose e i fattori di criticità più rilevanti sono riconducibili a dubbie dinamiche relazionali tra pubblico e privato che si sono affermate nella prassi, quali affidamento di concessioni andate deserte, frequenti inadempimenti contrattuali, bassa qualità delle prestazioni erogate, indiscriminati prolungamenti della durata delle concessioni,

impegna il Governo

ad individuare un modello organizzativo gestionale, efficiente ed efficace, che racchiuda in sé un adeguato sistema di promozione e comunicazione che renda fruibili al meglio i luoghi di cultura.
(1-01267)
(Testo risultante dalla preclusione del primo capoverso del dispositivo) «Simone Valente, Vacca, Brescia, Luigi Gallo, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, D'Incà».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi decenni si è andato consolidando nelle amministrazioni pubbliche e in particolare nelle istituzioni culturali un maggior riconoscimento della centralità dell'utente che ha condotto a significativi cambiamenti di prospettiva nella progettazione e nella gestione delle attività e dei servizi. Con la legge n.  4 del 1993 («Misure urgenti per il funzionamento dei musei statali») il Ministro Alberto Ronchey istituisce servizi aggiuntivi offerti al pubblico a pagamento sia presso i siti museali che in quelli archeologici;
    successivamente, con l'articolo 117 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si è previsto che si potessero istituire anche servizi di assistenza culturale ed ospitalità per il pubblico, quali i servizi di biglietteria, le visite guidate, la gestione di spazi destinati ad eventi o mostre, caffetterie, bookshop e altro. Con l'articolo 14 della legge 29 novembre 2007, n.  222 si è poi disposto che il Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto non regolamentare, disciplinasse l'organizzazione degli stessi;
    in diverse realtà, sono stati creati siti internet dedicati all'informazione, alla prenotazione, alla prevendita e alla vendita di titoli d'accesso ed istituite card cittadine o territoriali integrate (musei trasporti-servizi turistici), in tal modo promuovendo la fruizione di reti museali e circuiti integrati di visite. Sul piano della comunicazione didattica, sono stati progettati e realizzati strumenti diversificati per varie tipologie di pubblico, quali audioguide, video guide, podcast scaricabili da internet. Per le scuole, inoltre, sono stati prodotti percorsi specifici per insegnanti e studenti, laboratori, visite ad hoc. Tutto questo si è però rivelato un affare per i soli gestori privati, piuttosto che per lo Stato;
    attualmente, la gestione dei servizi aggiuntivi nei siti culturali opera in regime di proroga, un meccanismo che, oltre a non garantire adeguati introiti all'amministrazione pubblica, né tutele per i lavoratori, si pone in aperto contrasto con la normativa nazionale ed europea, oltre che con il buon senso;
    si è sempre affermato da parte del Governo che l'implementazione dei servizi aggiuntivi negli istituti culturali avrebbe consentito all'Erario di introitare ingenti risorse cosa che, a conti fatti, però non è accaduta;
    al nostro Paese è universalmente riconosciuta l'incomparabile bellezza del paesaggio e l'inestimabile valore dei suoi beni culturali che conta circa 8.500 siti tra monumenti, musei ed aree archeologiche, 46.025 beni architettonici vincolati, 34.000 luoghi di spettacolo, 49 siti Unesco e centinaia di festival e feste tradizionali che ogni anno animano i territori, rappresentando un capitale economico ed un'eredità storica unica nel panorama internazionale;
    la conservazione, la tutela e la valorizzazione di tale patrimonio, oltre ad essere attività doverose nei riguardi delle generazioni future, possono, rafforzando la capacità attrattiva dei nostri territori, contribuire fortemente a condurre verso nuovo percorso di crescita sostenibile e duratura;
    troppo spesso invece si continua a perseverare nella logica del «grande evento», costoso e scarsamente remunerativo per le casse dello Stato, a vantaggio in larga misura delle società che da anni gestiscono biglietterie on-line e servizi aggiuntivi: un triste oligopolio sancito da vecchi bandi ormai scaduti da tempo che consente, ad esempio, ai gestori del Colosseo di incamerare, secondo la Corte dei Conti, il 70 per cento del costo del biglietto d'ingresso, di cui solo il 30 per cento va allo Stato;
    per il rinnovo dei servizi strumentali e dei servizi per il pubblico, ed anche al fine di definire procedure appropriate per l'aggiudicazione delle relative concessioni, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha deciso di avvalersi di Consip spa nell'intento di assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi offerti nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali;
    tale modello di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, che dovrebbe, a parere del Ministro Franceschini, porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura, potendo contare sulla cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale della Nazione, è stato presentato nel febbraio del 2015 e si sviluppa lungo tre linee d'intervento: 1) una gara per i «servizi gestionali» (nella fattispecie manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, call center, anagrafica tecnica, e altro); 2) una gara per il «servizi di biglietteria nazionale» (servizi di prenotazione e prevendita); 3) una gara per i «servizi culturali» (noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre; e altro);
    malgrado sia trascorso oltre un anno dal giorno (19 febbraio 2015) in cui il Governo ha avviato la suddetta collaborazione con Consip spa, annunciando che i relativi bandi sarebbero stati pubblicati entro il primo semestre dello stesso anno, il Ministro Franceschini ha recentemente annunciato che le prime gare saranno avviate non prima del mese di giugno 2016;
    già a luglio del 2015 erano stati pubblicati sul sito della Consip i nuovi bandi per i servizi di manutenzione, pulizia, sistema informativo e call center, per un valore complessivo, suddiviso in nove lotti territoriali, di 640 milioni di euro. I contratti che deriveranno dalla convenzione aggiudicata, che rimarrà in vigore per 24 mesi (più eventuali 12 di proroga), avranno durata di quattro o sei anni, periodo durante il quale il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e le altre amministrazioni pubbliche potranno emettere i loro ordini sulla base della convenzione;
    la gestione del patrimonio artistico e culturale è nelle mani di pochi soggetti. Tra questi figurano «Civita Cultura» del Gruppo Mondadori, «Coop Culture», «Zetema» controllata dal comune di Roma, «Ales» società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, soggetti, in particolare quelli privati, che hanno fruito delle proroghe di concessioni introitando significativi guadagni, impedendo, al contempo, allo Stato di effettuare simili guadagni;
    Ales – Arte Lavoro e Servizi S.p.A. è la società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) – che ne detiene il 100 per cento del pacchetto azionario, impegnata da oltre quindici anni in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e in attività di supporto agli uffici tecnico-amministrativi del socio unico;
    al fine di assicurare risparmi della spesa pubblica e di razionalizzare le società strumentali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, l'articolo 1, comma 322, della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), ha disposto, ope legis, la fusione per incorporazione della società ARCUS SpA – Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo – in ALES SpA, esplicitamente prevedendo che una delle divisioni organizzative di quest'ultima prosegue le attività proprie di ARCUS;
    nei termini stabiliti dalla suddetta legge di stabilità 2016, la nuova società ALES Spa ha provveduto ad approvare il proprio statuto, attribuendosi tutte quelle attività storicamente svolte dal momento della sua fondazione ad oggi, ed orientate a supportare il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in numerosi progetti di miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio archeologico, artistico, architettonico, paesaggistico e archivistico e bibliotecario italiano, nonché di svolgimento di attività strumentali alla gestione tecnico-amministrativa dei procedi enti di tutela;
    la nuova società in house si occuperà anche di gestire i servizi dei musei, dai ristoranti, alle caffetterie, dai bookshop alle strutture di accoglienza e alle biglietterie, finora, come si è visto, a prevalente appannaggio dei privati, per un giro d'affari che sfiora i 200 milioni di euro, dei quali oltre 40 derivanti dai servizi veri e propri e circa 140 dai biglietti;
    la società contribuisce inoltre – tramite progetti specifici e di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – a promuovere i beni culturali italiani ed il made in Italy in ambito nazionale ed internazionale;
    per l'erogazione dei propri servizi su gran parte del territorio nazionale, Ales Spa si avvale di uno staff di esperti per la pianificazione e la programmazione di dettaglio e di circa 700 operatori, adeguatamente formati, per l'esecuzione delle attività operative presso i siti culturali e le direzioni generali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
    il 21 marzo 2016 il quotidiano «Il Sole 24 Ore» riportava la seguente dichiarazione del Ministro Franceschini: «Sia ben chiaro, non ho niente contro i privati, che continueranno a essere della partita. Semplicemente, in campo ci sarà un nuovo soggetto. Il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero»;
    appare pertanto necessario che Ales proceda in tempi brevi alla costituzione della divisione organizzativa destinata eventualmente a gestire servizi aggiuntivi, in modo da poter rappresentare effettivamente una alternativa all'affidamento a privati di tali tipi di servizi da parte dei direttori di museo,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi affinché, in tempi brevi, la società in house Ales spa costituisca la divisione per la gestione dei servizi aggiuntivi presso i musei e gli istituti culturali pubblici, al fine di consentire la migliore scelta di affidamento per i direttori dei musei;
   ad emanare, con l'ausilio di Consip Spa, la gara per la bigliettazione unica on-line, prevedendo che gli introiti confluiscano interamente nel bilancio del Ministero per i beni e delle attività culturali e del turismo;
   a prevedere l'inserimento nei bandi di gara per l'affidamento dei servizi aggiuntivi nei musei e negli istituti culturali, della «clausola sociale», a garanzia di tutti i lavoratori impiegati nei servizi aggiuntivi;
   ad assumere iniziative affinché dalle concessioni per servizi aggiuntivi nei musei ed istituti culturali gestiti da privati derivino introiti effettivamente coincidenti con quanto previsto in sede di bando di gara;
   a pubblicare, sul sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e sui siti dei musei e istituti culturali oggetto del bando, il testo integrale di tutti i bandi relativi a concessione di servizi aggiuntivi, del loro esito e degli introiti previsti che derivino dall'aggiudicazione del bando;
   a mettere in atto le iniziative necessarie affinché dall'aggiudicazione delle concessioni non derivino monopoli per soggetti privati, anche attraverso la possibilità di emanare bandi di gara per singoli servizi aggiuntivi;
   a favorire e a sostenere per quanto di competenza la scelta di affidamento di servizi aggiuntivi alla società in house Ales del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a prevedere che la durata delle concessioni di servizi aggiuntivi non eccedano la durata di sei anni.
(1-01282) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi decenni si è andato consolidando nelle amministrazioni pubbliche e in particolare nelle istituzioni culturali un maggior riconoscimento della centralità dell'utente che ha condotto a significativi cambiamenti di prospettiva nella progettazione e nella gestione delle attività e dei servizi. Con la legge n.  4 del 1993 («Misure urgenti per il funzionamento dei musei statali») il Ministro Alberto Ronchey istituisce servizi aggiuntivi offerti al pubblico a pagamento sia presso i siti museali che in quelli archeologici;
    successivamente, con l'articolo 117 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si è previsto che si potessero istituire anche servizi di assistenza culturale ed ospitalità per il pubblico, quali i servizi di biglietteria, le visite guidate, la gestione di spazi destinati ad eventi o mostre, caffetterie, bookshop e altro. Con l'articolo 14 della legge 29 novembre 2007, n.  222 si è poi disposto che il Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto non regolamentare, disciplinasse l'organizzazione degli stessi;
    in diverse realtà, sono stati creati siti internet dedicati all'informazione, alla prenotazione, alla prevendita e alla vendita di titoli d'accesso ed istituite card cittadine o territoriali integrate (musei trasporti-servizi turistici), in tal modo promuovendo la fruizione di reti museali e circuiti integrati di visite. Sul piano della comunicazione didattica, sono stati progettati e realizzati strumenti diversificati per varie tipologie di pubblico, quali audioguide, video guide, podcast scaricabili da internet. Per le scuole, inoltre, sono stati prodotti percorsi specifici per insegnanti e studenti, laboratori, visite ad hoc. Tutto questo si è però rivelato un affare per i soli gestori privati, piuttosto che per lo Stato;
    attualmente, la gestione dei servizi aggiuntivi nei siti culturali opera in regime di proroga, un meccanismo che, oltre a non garantire adeguati introiti all'amministrazione pubblica, né tutele per i lavoratori, si pone in aperto contrasto con la normativa nazionale ed europea, oltre che con il buon senso;
    si è sempre affermato da parte del Governo che l'implementazione dei servizi aggiuntivi negli istituti culturali avrebbe consentito all'Erario di introitare ingenti risorse cosa che, a conti fatti, però non è accaduta;
    al nostro Paese è universalmente riconosciuta l'incomparabile bellezza del paesaggio e l'inestimabile valore dei suoi beni culturali che conta circa 8.500 siti tra monumenti, musei ed aree archeologiche, 46.025 beni architettonici vincolati, 34.000 luoghi di spettacolo, 49 siti Unesco e centinaia di festival e feste tradizionali che ogni anno animano i territori, rappresentando un capitale economico ed un'eredità storica unica nel panorama internazionale;
    la conservazione, la tutela e la valorizzazione di tale patrimonio, oltre ad essere attività doverose nei riguardi delle generazioni future, possono, rafforzando la capacità attrattiva dei nostri territori, contribuire fortemente a condurre verso nuovo percorso di crescita sostenibile e duratura;
    troppo spesso invece si continua a perseverare nella logica del «grande evento», costoso e scarsamente remunerativo per le casse dello Stato, a vantaggio in larga misura delle società che da anni gestiscono biglietterie on-line e servizi aggiuntivi: un triste oligopolio sancito da vecchi bandi ormai scaduti da tempo che consente, ad esempio, ai gestori del Colosseo di incamerare, secondo la Corte dei Conti, il 70 per cento del costo del biglietto d'ingresso, di cui solo il 30 per cento va allo Stato;
    per il rinnovo dei servizi strumentali e dei servizi per il pubblico, ed anche al fine di definire procedure appropriate per l'aggiudicazione delle relative concessioni, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha deciso di avvalersi di Consip spa nell'intento di assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi offerti nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali;
    tale modello di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, che dovrebbe, a parere del Ministro Franceschini, porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura, potendo contare sulla cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale della Nazione, è stato presentato nel febbraio del 2015 e si sviluppa lungo tre linee d'intervento: 1) una gara per i «servizi gestionali» (nella fattispecie manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, call center, anagrafica tecnica, e altro); 2) una gara per il «servizi di biglietteria nazionale» (servizi di prenotazione e prevendita); 3) una gara per i «servizi culturali» (noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre; e altro);
    malgrado sia trascorso oltre un anno dal giorno (19 febbraio 2015) in cui il Governo ha avviato la suddetta collaborazione con Consip spa, annunciando che i relativi bandi sarebbero stati pubblicati entro il primo semestre dello stesso anno, il Ministro Franceschini ha recentemente annunciato che le prime gare saranno avviate non prima del mese di giugno 2016;
    già a luglio del 2015 erano stati pubblicati sul sito della Consip i nuovi bandi per i servizi di manutenzione, pulizia, sistema informativo e call center, per un valore complessivo, suddiviso in nove lotti territoriali, di 640 milioni di euro. I contratti che deriveranno dalla convenzione aggiudicata, che rimarrà in vigore per 24 mesi (più eventuali 12 di proroga), avranno durata di quattro o sei anni, periodo durante il quale il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e le altre amministrazioni pubbliche potranno emettere i loro ordini sulla base della convenzione;
    la gestione del patrimonio artistico e culturale è nelle mani di pochi soggetti. Tra questi figurano «Civita Cultura» del Gruppo Mondadori, «Coop Culture», «Zetema» controllata dal comune di Roma, «Ales» società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, soggetti, in particolare quelli privati, che hanno fruito delle proroghe di concessioni introitando significativi guadagni, impedendo, al contempo, allo Stato di effettuare simili guadagni;
    Ales – Arte Lavoro e Servizi S.p.A. è la società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) – che ne detiene il 100 per cento del pacchetto azionario, impegnata da oltre quindici anni in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e in attività di supporto agli uffici tecnico-amministrativi del socio unico;
    al fine di assicurare risparmi della spesa pubblica e di razionalizzare le società strumentali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, l'articolo 1, comma 322, della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), ha disposto, ope legis, la fusione per incorporazione della società ARCUS SpA – Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo – in ALES SpA, esplicitamente prevedendo che una delle divisioni organizzative di quest'ultima prosegue le attività proprie di ARCUS;
    nei termini stabiliti dalla suddetta legge di stabilità 2016, la nuova società ALES Spa ha provveduto ad approvare il proprio statuto, attribuendosi tutte quelle attività storicamente svolte dal momento della sua fondazione ad oggi, ed orientate a supportare il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in numerosi progetti di miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio archeologico, artistico, architettonico, paesaggistico e archivistico e bibliotecario italiano, nonché di svolgimento di attività strumentali alla gestione tecnico-amministrativa dei procedi enti di tutela;
    la nuova società in house si occuperà anche di gestire i servizi dei musei, dai ristoranti, alle caffetterie, dai bookshop alle strutture di accoglienza e alle biglietterie, finora, come si è visto, a prevalente appannaggio dei privati, per un giro d'affari che sfiora i 200 milioni di euro, dei quali oltre 40 derivanti dai servizi veri e propri e circa 140 dai biglietti;
    la società contribuisce inoltre – tramite progetti specifici e di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – a promuovere i beni culturali italiani ed il made in Italy in ambito nazionale ed internazionale;
    per l'erogazione dei propri servizi su gran parte del territorio nazionale, Ales Spa si avvale di uno staff di esperti per la pianificazione e la programmazione di dettaglio e di circa 700 operatori, adeguatamente formati, per l'esecuzione delle attività operative presso i siti culturali e le direzioni ”generali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
    il 21 marzo 2016 il quotidiano «Il Sole 24 Ore» riportava la seguente dichiarazione del Ministro Franceschini: «Sia ben chiaro, non ho niente contro i privati, che continueranno a essere della partita. Semplicemente, in campo ci sarà un nuovo soggetto. Il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero»;
    appare pertanto necessario che Ales proceda in tempi brevi alla costituzione della divisione organizzativa destinata eventualmente a gestire servizi aggiuntivi, in modo da poter rappresentare effettivamente una alternativa all'affidamento a privati di tali tipi di servizi da parte dei direttori di museo,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi affinché, in tempi brevi, la società in house Ales spa costituisca la divisione per la gestione dei servizi aggiuntivi presso i musei e gli istituti culturali pubblici, al fine di consentire la migliore scelta di affidamento per i direttori dei musei;
   ad emanare, con l'ausilio di Consip Spa, la gara per la bigliettazione unica on-line;
   a prevedere l'inserimento nei bandi di gara per l'affidamento dei servizi aggiuntivi nei musei e negli istituti culturali, della «clausola sociale», a garanzia di tutti i lavoratori impiegati nei servizi aggiuntivi;
   ad assumere iniziative affinché dalle concessioni per servizi aggiuntivi nei musei ed istituti culturali gestiti da privati derivino introiti effettivamente coincidenti con quanto previsto in sede di bando di gara;
   a pubblicare, sul sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e sui siti dei musei e istituti culturali oggetto del bando, il testo integrale di tutti i bandi relativi a concessione di servizi aggiuntivi, del loro esito e degli introiti previsti che derivino dall'aggiudicazione del bando;
   a mettere in atto le iniziative necessarie affinché dall'aggiudicazione delle concessioni non derivino monopoli per soggetti privati.
(1-01282)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei servizi gestionali culturali e museali in particolare, da anni versa in una situazione di stallo e quasi tutti i principali musei del nostro Paese sono gestiti in regime di proroga tanto da essere censurati a più riprese da parte della Corte dei conti;
    la mancanza dell'effettuazione di regolari gare ha determinato spesso e volentieri una situazione al limite della legalità e comunque di violazione del principio della concorrenza;
    la situazione riguarda tutti i servizi nel loro complesso, sia quelli inerenti alla biglietteria, che i servizi aggiuntivi come quelli editoriali, visite guidate, le audioguide, spazi per eventi e mostre e altri di minore importanza;
    tutto ciò determina una riduzione degli introiti spesso di partita significativa tale da configurare un vero e proprio danno erariale;
    il Ministero, con apposito documento dal titolo «La cultura delle gare nelle gare per la cultura», nel febbraio 2005 ha dato avvio ad una collaborazione con Consip mirata ad assicurare meccanismi trasparenti e legali per la gestione dei musei e più in generale dei beni culturali del nostro Paese;
    l'obiettivo dichiarato del Governo è stato quello di mettere fine alle proroghe avviando un programma di gare per avere servizi efficienti, efficaci ed a basso costo;
    nel luglio del 2015 Consip ha bandito una gara per un importo complessivo di 640 milioni di euro, suddivisi in nove lotti territoriali per diversi servizi con la possibilità di rendere disponibili al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e agli enti locali i necessari servizi operativi e gestionali attraverso una convenzione quadro dalla durata di 24 mesi (più eventuali 12 di proroga);
    molto probabilmente le prime gare Consip per la fornitura dei servizi aggiuntivi partiranno non prima del giugno 2016;
    la legge di stabilità del 2016, con l'obiettivo di assicurare risparmi alla spesa pubblica, ha previsto la fusione delle società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (ALES e ARCUS S.p.a.);
    occorre assicurare che le procedure di gara Consip per i servizi aggiuntivi siano espletate assicurando la massima partecipazione competitiva in maniera da poter raggiungere il miglior risultato possibile in termini economici e quantitativi;
    per poter raggiungere gli obiettivi prefissati da Consip occorre predisporre gare distinte per diversi servizi al fine di ottenere prestazioni sempre più specializzate;
    è quanto mai necessario assicurarsi la massima trasparenza e la massima pubblicità dei bandi di gara anche attraverso i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,

impegna il Governo:

   ad accelerare e concludere nel più breve tempo possibile le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e, in particolare, dei servizi culturali presso i principali musei italiani;
   a valutare l'opportunità di prevedere bandi di gara distinti per i diversi servizi aggiuntivi;
   a prevedere il ricorso ad affidamenti in house ad ALES o a qualsiasi altro soggetto pubblico, solo ed esclusivamente in casi eccezionali e motivati;
   a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina delle prestazioni in conto terzi per evitare la proliferazione di ipotesi occasionali e temporanee;
   ad assicurare la massima trasparenza e pubblicità dei bandi di gara, anche attraverso i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché degli esiti delle gare stesse.
(1-01300) «Palese, Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei servizi gestionali culturali e museali in particolare, da anni versa in una situazione di stallo e quasi tutti i principali musei del nostro Paese sono gestiti in regime di proroga tanto da essere censurati a più riprese da parte della Corte dei conti;
    la mancanza dell'effettuazione di regolari gare ha determinato spesso e volentieri una situazione al limite della legalità e comunque di violazione del principio della concorrenza;
    la situazione riguarda tutti i servizi nel loro complesso, sia quelli inerenti alla biglietteria, che i servizi aggiuntivi come quelli editoriali, visite guidate, le audioguide, spazi per eventi e mostre e altri di minore importanza;
    tutto ciò determina una riduzione degli introiti spesso di partita significativa tale da configurare un vero e proprio danno erariale;
    il Ministero, con apposito documento dal titolo «La cultura delle gare nelle gare per la cultura», nel febbraio 2005 ha dato avvio ad una collaborazione con Consip mirata ad assicurare meccanismi trasparenti e legali per la gestione dei musei e più in generale dei beni culturali del nostro Paese;
    l'obiettivo dichiarato del Governo è stato quello di mettere fine alle proroghe avviando un programma di gare per avere servizi efficienti, efficaci ed a basso costo;
    nel luglio del 2015 Consip ha bandito una gara per un importo complessivo di 640 milioni di euro, suddivisi in nove lotti territoriali per diversi servizi con la possibilità di rendere disponibili al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e agli enti locali i necessari servizi operativi e gestionali attraverso una convenzione quadro dalla durata di 24 mesi (più eventuali 12 di proroga);
    molto probabilmente le prime gare Consip per la fornitura dei servizi aggiuntivi partiranno non prima del giugno 2016;
    la legge di stabilità del 2016, con l'obiettivo di assicurare risparmi alla spesa pubblica, ha previsto la fusione delle società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (ALES e ARCUS S.p.a.);
    occorre assicurare che le procedure di gara Consip per i servizi aggiuntivi siano espletate assicurando la massima partecipazione competitiva in maniera da poter raggiungere il miglior risultato possibile in termini economici e quantitativi;
    per poter raggiungere gli obiettivi prefissati da Consip occorre predisporre gare distinte per diversi servizi al fine di ottenere prestazioni sempre più specializzate;
    è quanto mai necessario assicurarsi la massima trasparenza e la massima pubblicità dei bandi di gara anche attraverso i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,

impegna il Governo:

   ad accelerare e concludere nel più breve tempo possibile le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e, in particolare, dei servizi culturali presso i principali musei italiani;
   a valutare l'opportunità di prevedere bandi di gara distinti per i diversi servizi aggiuntivi;
   a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina delle prestazioni in conto terzi per evitare la proliferazione di ipotesi occasionali e temporanee;
   ad assicurare la massima trasparenza e pubblicità dei bandi di gara, anche attraverso i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché degli esiti delle gare stesse.
(1-01300)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Palese, Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    la mancata valorizzazione e manutenzione e il conseguente progressivo degrado del nostro patrimonio artistico sono i sintomi di un problema assai più generale del nostro Paese, che attiene all'assenza di salvaguardia dei beni culturali italiani all'incapacità di promuovere le necessarie competenze manageriali per un'adeguata gestione degli stessi beni;
    l'arte e la cultura rappresentano oggi asset distintivi e competitivi fondamentali per il made in Italy. La rete dei beni culturali – costituita in Italia da 3.800 musei e 1.800 aree archeologiche – è in grado di creare un «indotto» (turismo, enogastronomia, produzioni artigiane, edilizia di riqualificazione) che produce un valore aggiunto di 167 miliardi di euro e assorbe 3,8 milioni di occupati, senza contare che, negli ultimi anni, il settore ha registrato una percentuale di crescita mediamente superiore a quella del totale dell'economia, anche in termini di occupazione;
    anche questo settore è interessato oggi dai profondi mutamenti strutturali del mercato del lavoro, che portano sempre più ad esternalizzare i servizi presenti nei siti museali ed archeologici;
    il Ministro Franceschini, già dallo scorso anno, ha annunciato un programma per il completamento dell'organizzazione del Ministero da lui guidato, che dovrebbe prevedere misure trasparenti e accessibili al pubblico per lo svolgimento delle gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi dei musei;
    tale programma, denominato «La cultura delle gare nelle gare: per la cultura», è stato sviluppato insieme alla CONSIP e prevede tre linee di intervento per il rilancio dell'offerta culturale e della qualità dei servizi nei musei italiani: gare di appalto per l'affidamento dei «servizi operativi» (manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba facchinaggio e altro) e dei «servizi di governo» (sistema informativo, call center, anagrafica tecnica e altro); gare di appalto per l'affidamento del «servizio di biglietteria nazionale» (che include la previsione di creare un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita che venga utilizzato da tutti i musei statali e, volendo, disponibile anche per gli Enti locali); e, infine, gare d'appalto per i «servizi culturali» e la migliore fruizione dei siti (noleggio audioguide, visite guidate, laboratori e didattica, spazi, eventi e mostre e altro);
    tuttavia, a distanza di un anno, non risultano ancora espletate le gare per l'affidamento di tali servizi;
    i contratti di gestione dei servizi aggiuntivi dei beni culturali risultano quasi tutti scaduti dal 2009 e prorogati contro ogni norma nazionale ed europea sulla concorrenza. Tale situazione è stata severamente criticata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Unione europea; anche l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha già in passato sollecitato interventi per sanare una serie di irregolarità;
    il mancato svolgimento delle gare e la gestione dei servizi in oligopolio e in regime di proroga delle concessioni creano enormi danni economici alle casse dello Stato e quindi alla collettività; una serie di musei e monumenti sono perennemente in deficit per l'amministrazione pubblica, nonostante creino guadagni per le società private concessionarie di servizi aggiuntivi; si tratta infatti di società che operano in base a concessioni affidate in passato, spesso discutibili e lesive del principio della libera concorrenza;
    in particolare, sui servizi di biglietteria, la Corte dei Conti ha ritenuto sproporzionate le percentuali attribuite alle società private sul prezzo dei biglietti; in generale, non si potrebbe superare il tetto del 30 per cento, ma in taluni casi, su un prezzo del biglietto al pubblico di 10 euro, 7,75 euro vanno alle società di servizi e solo 2,25 euro al polo museale;
    inoltre, non sono previste royalty per lo Stato sulle prenotazioni dei biglietti, sulle audio-guide e sulle visite guidate; si tratta di prassi che restano incomprensibili alla collettività, viste, da una parte, le ingenti risorse pubbliche che annualmente richiede il restauro e manutenzione dei beni culturali e, dall'altra, i vantaggi che ricevono le società di gestione grazie allo sfruttamento a fini economici dei monumenti;
    è ormai imprescindibile porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura, adottando un nuovo modello gestionale che preveda la cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private, per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese;
    è improrogabile un punto di svolta nella gestione degli appalti, per non dover più assistere agli scandali e alle indagini della magistratura che hanno riempito le pagine dei giornali negli ultimi tempi;
    il Governo, anziché procedere con estrema urgenza alla pubblicazione dei bandi di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi dei musei, ha invece preferito ricorrere alla creazione di una società in house, istituita dall'ultima legge di abilità, la legge n. 208 del 2015, che prevede la fusione per incorporazione di Arcus con Ales; la nuova società in house del Ministero continuerà a svolgere le attività precedentemente svolte dalle due società; Arcus continuerà a gestire i progetti in cantiere, per i quali risultano già impegnati 130 milioni di euro, e inoltre si dedicherà alle sponsorizzazioni e alla gestione dell’art-bonus, ossia della detrazione per chi investe nella salvaguardia del patrimonio; dal canto suo, Ales continuerà a occuparsi, su incarico del Ministero, della gestione del personale da impegnare in progetti culturali e, inoltre, si occuperà della gestione dei servizi dei musei – dai ristoranti, alle caffetterie, dai bookshop alle strutture di accoglienza e alle biglietterie – finora appannaggio esclusivo dei privati;
    il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha dichiarato a riguardo che: «non ho niente contro i privati, che continueranno ad essere della partita. Semplicemente, in campo ci sarà un nuovo soggetto. Il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla Ales S.p.A. attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del Ministero»;
    già in passato, attraverso il piano dello «spending review» del Governo Monti, di cui al decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, si era tentato di sopprimere Arcus, che veniva posta in liquidazione dal 1o gennaio 2014; tuttavia, con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, cosiddetto «decreto del fare» del Governo Letta, Arcus è stata risuscitata e gli 11 dipendenti di tale società sono stati inglobati in Ales, che conta così oltre 600 addetti. Il comma 322 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 reca la finalità dell'operazione che è quella, di «assicurare risparmi della spesa pubblica» e di «razionalizzare» le società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Lo scopo evidente del Governo è tuttavia quello di poter entrare direttamente con una società in house nell'affidamento degli appalti dei servizi aggiuntivi;
    ultimamente, il Parlamento con la legge n. 11 del 2016, recante delega al Governo in materia di appalti ha inteso fissare criteri e princìpi direttivi chiari da far rispettare per rafforzare gli obiettivi della lotta ai conflitti di interesse, alla corruzione e ai favoritismi;
    il Governo, in più occasioni, ha esaltato l'emanazione del successivo nuovo codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 che è entrato in vigore il 19 aprile scorso, per l'introduzione di misure di coordinamento e monitoraggio delle gare, nonché di sostegno alla legalità attraverso il rafforzamento dell'ANAC,

impegna il Governo:

   a procedere con la massima urgenza ad indire le gare d'appalto per la gestione dei servizi museali, assicurando bandi ad evidenza pubblica e conduzione delle procedure di gara in piena trasparenza e regolarità, al fine di garantire l'informazione dei cittadini, il controllo dell'attività dell'amministrazione pubblica e l'utilizzo corretto delle risorse della collettività;
   ad abbandonare definitivamente la prassi delle continue proroghe delle concessioni alla scadenza dei contratti di gestione degli appalti dei servizi nei poli museali, allo scopo di porre fine alle gestioni oligopoliste di oggi e garantire la valorizzazione dei beni culturali, evitando danni economici per le casse dello Stato e quindi per i cittadini;
   ad inserire on line nel sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo le convenzioni con i privati per la gestione dei servizi aggiuntivi museali, allo scopo di garantire il diritto dei cittadini di essere pienamente informati sulla gestione dei beni dello Stato;
   ad inserire on line nel sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la rendicontazione annua delle spese dei servizi aggiuntivi eventualmente affidati direttamente ad Ales, con la dimostrazione della convenienza economica rispetto ai prezzi concorrenziali di mercato richiesti per lo svolgimento degli stessi servizi, le eventuali entrate destinate all'amministrazione e la mancanza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
   a riferire annualmente al Parlamento sulle convenzioni in essere per la gestione dei servizi aggiuntivi museali e i servizi di biglietteria, le gare espletate, i servizi eventualmente affidati direttamente ad Ales e il modello organizzativo adottato per rendere efficienti i servizi ed efficace la comunicazione e promozione dei beni culturali.
(1-01302) «Borghesi, Grimoldi, Castiello, Fedriga, Allasia, Attaguile, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei beni culturali, analogamente ad altri settori pubblici dell'economia, ha ampliato notevolmente i processi di esternalizzazione dei servizi, uno sviluppo che accelera ogni giorno di più in risposta ad una serie di fenomeni complessi;
    l'Unione europea da tempo favorisce il ricorso all'esternalizzazione, anche là dove il servizio era tradizionalmente prodotto dal settore pubblico direttamente o per tramite di agenzie ad hoc;
    il faticoso processo di rientro del debito pubblico ha a sua volta prodotto spinte verso l'esternalizzazione, perché; il blocco del turn-over del personale ha ostacolato la produzione di servizi un tempo offerti direttamente dal settore pubblico sollecitando un processo autonomo di esternalizzazione, la riduzione della spesa pubblica ha spinto i responsabili a cercare la messa in valore di quelle componenti dei servizi che potessero garantire un rendimento economico, favorendo il ricorso alle concessioni in luogo degli appalti, o di una combinazione di entrambi, l'estensione delle norme per l'affidamento di servizi a tutte le stazioni appaltanti, anche sotto soglia, ha prodotto un effetto calmiere sulla spesa pubblica, riducendone temporaneamente il peso sul deficit e dunque sul debito;
    le attività economiche evolvono costantemente nel tempo, come del resto anche la struttura e l'organizzazione del settore pubblico. Se i servizi di mercato si modificano nel tempo è ovvio che anche i servizi esternalizzabili dal pubblico potrebbero differenziarsi ed ampliarsi sia nell'oggetto sia nella dimensione. Ne emerge un'esigenza continua di adeguare, integrare e puntualizzare sempre meglio nel tempo le normative sulle procedure di evidenza pubblica che includono un elenco di «categorie» di servizi specifici, per sua natura molto generale, costruita secondo una logica basata sull'analogia o sull'attinenza, rispetto alle quali le stazioni appaltanti – quando maturano la decisione di richiedere all'esterno un certo tipo di servizio – si ispirano per determinarne di volta in volta le caratteristiche specifiche, adattate alla loro esigenza;
    in questa ottica il Parlamento ha approvato alcuni provvedimenti, anche recentemente, aventi l'obiettivo della riduzione al ricorso alla fornitura di servizi, in house, servizi prodotti da società di diritto privato controllate da amministrazioni pubbliche (spesso locali);
    il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il nuovo codice degli appalti introdotto rilevanti novità in materia: il possesso di requisiti specifici per la partecipazione a bandi di gara. Si tratta degli articoli 145 e 147: per l'esecuzione di lavori nel settore sono richieste le qualifiche di cui agli articoli 9-bis e 29 del codice dei beni culturali e del paesaggio ed è imposto al partecipante l'obbligo di non avvalersi di altri;
    le peculiarità che il settore dei beni culturali presenta, in materia di appalti, gli sono state riconosciute da tempo: già con l'emanazione del decreto legislativo n. 42 del 2004 – infatti – si rispondeva all'esigenza, opportunamente manifestata dalla dottrina della predisposizione di un autonomo testo normativo, che disciplinasse unicamente gli appalti nei settore dei beni culturali. In secondo luogo, il decreto legislativo richiamato si proponeva di soddisfare la domanda di specialità che caratterizza il settore dei beni culturali in ragione dei caratteri di originalità e unicità che ne sono propri;
    è vero, altresì, che se in passato l'inserimento di una disciplina speciale degli appalti relativi a beni culturali tra le disposizioni contenute nella normativa in materia di lavori pubblici poteva risultare comprensibile per l'esigenza di arginare e regolamentare le eccezioni alla disciplina generale più rigida e garantista, oggi tale giustificazione non appare rispettosa dello spirito del Codice;
    la realizzazione di un complesso normativo unitario in materia di appalti pubblici, imposta dall'adeguamento della normativa all'ordinamento comunitario, implica, infatti, anche il recepimento di una rinnovata concezione dell'interesse pubblico, secondo la quale la materia degli appalti diventa strumento funzionale al mercato inteso quale valore da promuovere e tutelare;
    i ripetuti richiami al valore della concorrenza effettiva, quale principio fondamentale cui dovrebbe ispirarsi il diritto europeo degli appalti pubblici, sembra dunque lasciare in ombra l'affannosa ricerca della trasparenza e dell'imparzialità, che aveva giustificato la sottoposizione degli appalti relativi a beni culturali al complesso normativo della Merloni;
    d'altra parte, il codice, con la contestuale rivisitazione della disciplina in materia di contratti relativi a beni culturali, avrebbe potuto forse rappresentare l'occasione per la soluzione di alcune delle questioni più problematiche legate all'applicazione della normativa in questione;
    tale specialità deve essere difesa così come dimostrato con il citato nuovo codice degli appalti e proprio per queste ragioni in tema di appalti di servizi il settore dei beni culturali deve essere sottoposto ad una disciplina normativa ben definita;
    la creazione di ALES spa costituisce un elemento di concorrenzialità importante per i privati che operano nel settore culturale, condizione che può generare dinamiche positive soprattutto in campo occupazionale e garantisce la scelta alle strutture museali fra più opzioni efficaci;
    va sottolineato, altresì, che il campo dei servizi in ambito culturale può rappresentare un volano significativo per nuove iniziative che si avvalgono anche di tecnologie innovative decisive per lo sviluppo economico dei territori,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di dar corso alle procedure di gara per la gestione dei servizi presso i complessi museali italiani, basati su progetti scientifici-culturali predisposti dai singoli musei o dai poli regionali come preannunciato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a valutare l'opportunità di avviare procedure di gara per l'affidamento dei servizi che:
    a) assicurino il coinvolgimento di più realtà, ciascuna con specifiche e distinte esperienze, limitando l'accorpamento dei vari servizi ai soli casi in cui non vi siano le condizioni economiche convenienti;
    b) prevedano una fase di innovazione nei servizi medesimi e nella modernizzazione delle tecnologie;
    c) prevedano il coinvolgimento di giovani che propongono iniziative di nuove start-up e di lavoratori maturi disoccupati;
    d) garantiscano la massima trasparenza in conformità alla normativa vigente, anche con la pubblicazione dell'andamento delle gare su siti istituzionali degli enti territoriali;
    e) prevedano che il profitto sia destinato al reinvestimento innanzitutto nella struttura museale e nello sviluppo occupazionale legato alla struttura museale stessa;
   a valutare l'opportunità di dare ad ALES spa direttive per definire le varie tipologie di servizi da mettere a disposizione delle strutture museali garantendo così il confronto fra le soluzioni attuabili facendo ricorso a CONSIP o ad ALES spa.
(1-01304) «Baradello, Sberna, Tabacci, Dellai».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei beni culturali, analogamente ad altri settori pubblici dell'economia, ha ampliato notevolmente i processi di esternalizzazione dei servizi, uno sviluppo che accelera ogni giorno di più in risposta ad una serie di fenomeni complessi;
    l'Unione europea da tempo favorisce il ricorso all'esternalizzazione, anche là dove il servizio era tradizionalmente prodotto dal settore pubblico direttamente o per tramite di agenzie ad hoc;
    il faticoso processo di rientro del debito pubblico ha a sua volta prodotto spinte verso l'esternalizzazione, perché; il blocco del turn-over del personale ha ostacolato la produzione di servizi un tempo offerti direttamente dal settore pubblico sollecitando un processo autonomo di esternalizzazione, la riduzione della spesa pubblica ha spinto i responsabili a cercare la messa in valore di quelle componenti dei servizi che potessero garantire un rendimento economico, favorendo il ricorso alle concessioni in luogo degli appalti, o di una combinazione di entrambi, l'estensione delle norme per l'affidamento di servizi a tutte le stazioni appaltanti, anche sotto soglia, ha prodotto un effetto calmiere sulla spesa pubblica, riducendone temporaneamente il peso sul deficit e dunque sul debito;
    le attività economiche evolvono costantemente nel tempo, come del resto anche la struttura e l'organizzazione del settore pubblico. Se i servizi di mercato si modificano nel tempo è ovvio che anche i servizi esternalizzabili dal pubblico potrebbero differenziarsi ed ampliarsi sia nell'oggetto sia nella dimensione. Ne emerge un'esigenza continua di adeguare, integrare e puntualizzare sempre meglio nel tempo le normative sulle procedure di evidenza pubblica che includono un elenco di «categorie» di servizi specifici, per sua natura molto generale, costruita secondo una logica basata sull'analogia o sull'attinenza, rispetto alle quali le stazioni appaltanti – quando maturano la decisione di richiedere all'esterno un certo tipo di servizio – si ispirano per determinarne di volta in volta le caratteristiche specifiche, adattate alla loro esigenza;
    in questa ottica il Parlamento ha approvato alcuni provvedimenti, anche recentemente, aventi l'obiettivo della riduzione al ricorso alla fornitura di servizi, in house, servizi prodotti da società di diritto privato controllate da amministrazioni pubbliche (spesso locali);
    il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il nuovo codice degli appalti introdotto rilevanti novità in materia: il possesso di requisiti specifici per la partecipazione a bandi di gara. Si tratta degli articoli 145 e 147: per l'esecuzione di lavori nel settore sono richieste le qualifiche di cui agli articoli 9-bis e 29 del codice dei beni culturali e del paesaggio ed è imposto al partecipante l'obbligo di non avvalersi di altri;
    le peculiarità che il settore dei beni culturali presenta, in materia di appalti, gli sono state riconosciute da tempo: già con l'emanazione del decreto legislativo n. 42 del 2004 – infatti – si rispondeva all'esigenza, opportunamente manifestata dalla dottrina della predisposizione di un autonomo testo normativo, che disciplinasse unicamente gli appalti nei settore dei beni culturali. In secondo luogo, il decreto legislativo richiamato si proponeva di soddisfare la domanda di specialità che caratterizza il settore dei beni culturali in ragione dei caratteri di originalità e unicità che ne sono propri;
    è vero, altresì, che se in passato l'inserimento di una disciplina speciale degli appalti relativi a beni culturali tra le disposizioni contenute nella normativa in materia di lavori pubblici poteva risultare comprensibile per l'esigenza di arginare e regolamentare le eccezioni alla disciplina generale più rigida e garantista, oggi tale giustificazione non appare rispettosa dello spirito del Codice;
    la realizzazione di un complesso normativo unitario in materia di appalti pubblici, imposta dall'adeguamento della normativa all'ordinamento comunitario, implica, infatti, anche il recepimento di una rinnovata concezione dell'interesse pubblico, secondo la quale la materia degli appalti diventa strumento funzionale al mercato inteso quale valore da promuovere e tutelare;
    i ripetuti richiami al valore della concorrenza effettiva, quale principio fondamentale cui dovrebbe ispirarsi il diritto europeo degli appalti pubblici, sembra dunque lasciare in ombra l'affannosa ricerca della trasparenza e dell'imparzialità, che aveva giustificato la sottoposizione degli appalti relativi a beni culturali al complesso normativo della Merloni;
    d'altra parte, il codice, con la contestuale rivisitazione della disciplina in materia di contratti relativi a beni culturali, avrebbe potuto forse rappresentare l'occasione per la soluzione di alcune delle questioni più problematiche legate all'applicazione della normativa in questione;
    tale specialità deve essere difesa così come dimostrato con il citato nuovo codice degli appalti e proprio per queste ragioni in tema di appalti di servizi il settore dei beni culturali deve essere sottoposto ad una disciplina normativa ben definita;
    la creazione di ALES spa costituisce un elemento di concorrenzialità importante per i privati che operano nel settore culturale, condizione che può generare dinamiche positive soprattutto in campo occupazionale e garantisce la scelta alle strutture museali fra più opzioni efficaci;
    va sottolineato, altresì, che il campo dei servizi in ambito culturale può rappresentare un volano significativo per nuove iniziative che si avvalgono anche di tecnologie innovative decisive per lo sviluppo economico dei territori,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di dar corso alle procedure di gara per la gestione dei servizi presso i complessi museali italiani, basati su progetti scientifici-culturali predisposti dai singoli musei o dai poli regionali come preannunciato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a valutare l'opportunità di avviare procedure di gara per l'affidamento dei servizi che:
    a) prevedano una fase di innovazione nei servizi medesimi e nella modernizzazione delle tecnologie;
    b) prevedano il coinvolgimento di giovani che propongono iniziative di nuove start-up e di lavoratori maturi disoccupati;
    c) garantiscano la massima trasparenza in conformità alla normativa vigente, anche con la pubblicazione dell'andamento delle gare su siti istituzionali degli enti territoriali;
    d) prevedano che il profitto sia destinato al reinvestimento innanzitutto nella struttura museale e nello sviluppo occupazionale legato alla struttura museale stessa;
   a valutare l'opportunità di dare ad ALES spa direttive per definire le varie tipologie di servizi da mettere a disposizione delle strutture museali garantendo così il confronto fra le soluzioni attuabili facendo ricorso a CONSIP o ad ALES spa.
(1-01304)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Baradello, Sberna, Tabacci, Dellai».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    la promozione del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese rappresenta un importante obiettivo per la sua crescita economica. Pertanto è necessario valorizzarlo per creare opportunità imprenditoriali ed occupazionali soprattutto a favore dei giovani. La rete dei beni culturali italiani è costituita da numerosi musei e da molte aree archeologiche che, se valorizzate, sono in grado di creare, anche con l'indotto, un valore aggiunto in termini di reperimento di risorse economiche fondamentali per la crescita economico-sociale del Paese;
    è opportuno, quindi, attivare tutte le misure necessarie per incrementare i cosiddetti servizi aggiuntivi dei molti complessi museali presenti in Italia secondo idonee procedure;
    la nozione «servizi aggiuntivi» è stata introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 4 del decreto-legge n. 433 del 1992 convertito dalla legge n. 4 del 1993. Essi sono attualmente elencati dall'articolo 117 del codice dei beni culturali e del paesaggio il quale stabilisce che, negli istituti e nei luoghi di cultura, possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico;
    l'articolo 115 dello stesso codice prevede che tali servizi possano essere amministrati sia in gestione diretta che indiretta. La scelta tra le due forme di gestione citate è effettuata a seguito di una valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi definiti;
    in tale contesto, la gestione diretta è svolta tramite strutture organizzative interne alle amministrazioni dotate di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e provviste di idoneo personale tecnico;
    in base all'articolo 110 del codice citato, in caso di gestione diretta, i proventi derivanti dalla vendita di biglietti di ingresso agli istituti ed ai luoghi di cultura, nonché dei canoni di concessione e dai corrispettivi per la riproduzione dei beni culturali, sono versati ai soggetti pubblici cui gli istituti, i luoghi o i singoli beni appartengono o sono in consegna;
    la gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti;
    in caso di gestione indiretta, le amministrazioni a cui i beni pertengono regolano i rapporti con i concessionari delle attività di valorizzazione mediante contratto di servizio;
    in materia è intervenuto l'articolo 16 del decreto-legge n. 78 del 2015 il quale ha previsto che, per accelerare l'avvio e lo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, nonché allo scopo di razionalizzare la pubblica spesa, le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip spa, anche quale centrale di committenza per lo svolgimento delle relative procedure;
    l'obiettivo del Ministero è quello della riduzione e della razionalizzazione dei costi e dell'ottimizzazione dei servizi, ma anche quello di garantire meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi;
    il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha assunto una serie di iniziative per migliorare la gestione dei servizi aggiuntivi nel sistema museale, in quanto alcuni servizi erano attivati mediante proroga degli stessi ovvero con gare risalenti a molto tempo fa;
    lo stesso Ministero ha affidato alla Consip la gestione di tutte le gare dei servizi aggiuntivi dei musei. Il disciplinare per lo svolgimento delle attività di supporto in tema di acquisizione di beni e servizi ed affidamento di concessioni è stato, quindi, stipulato tra il Ministero e la Consip prevedendo che i musei presentino un progetto scientifico alla Consip stessa;
    in data 16 marzo 2016, è stata inoltre effettuata la fusione tra la Ales spa, la società partecipata al 100 per cento dal Ministero ed ARCUS spa. Questa operazione è la premessa con la quale il Governo si appresta a fare impresa nel settore dei servizi dei beni culturali per ottimizzare i risultati di gestione ed ottenere risorse economiche importanti. Infatti, il Ministero, supportato da Ales ed Arcus avrà modo di entrare in gestione diretta dei servizi aggiuntivi, nel momento in cui i contratti con i concessionari scadranno,

impegna il Governo:

   a procedere sollecitamente alla indizione delle gare per l'affidamento dei servizi di cui in premessa rinunciando alla prassi abusata della proroga delle convenzioni esistenti che è in contrasto sia con le regole europee che con la legislazione nazionale;
   ad avvalersi a tale fine della collaborazione di Consip in modo da facilitare un'applicazione uniforme della normativa ed il massimo di vantaggio per la finanza pubblica;
   a limitare la gestione diretta ai casi nei quali essa risulti di evidente vantaggio per la finanza pubblica;
   a limitare e rendere trasparente l'uso di prestazioni «in conto terzi».
(1-01305) «Buttiglione, Bosco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    la promozione del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese rappresenta un importante obiettivo per la sua crescita economica. Pertanto è necessario valorizzarlo per creare opportunità imprenditoriali ed occupazionali soprattutto a favore dei giovani. La rete dei beni culturali italiani è costituita da numerosi musei e da molte aree archeologiche che, se valorizzate, sono in grado di creare, anche con l'indotto, un valore aggiunto in termini di reperimento di risorse economiche fondamentali per la crescita economico-sociale del Paese;
    è opportuno, quindi, attivare tutte le misure necessarie per incrementare i cosiddetti servizi aggiuntivi dei molti complessi museali presenti in Italia secondo idonee procedure;
    la nozione «servizi aggiuntivi» è stata introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 4 del decreto-legge n. 433 del 1992 convertito dalla legge n. 4 del 1993. Essi sono attualmente elencati dall'articolo 117 del codice dei beni culturali e del paesaggio il quale stabilisce che, negli istituti e nei luoghi di cultura, possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico;
    l'articolo 115 dello stesso codice prevede che tali servizi possano essere amministrati sia in gestione diretta che indiretta. La scelta tra le due forme di gestione citate è effettuata a seguito di una valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi definiti;
    in tale contesto, la gestione diretta è svolta tramite strutture organizzative interne alle amministrazioni dotate di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e provviste di idoneo personale tecnico;
    in base all'articolo 110 del codice citato, in caso di gestione diretta, i proventi derivanti dalla vendita di biglietti di ingresso agli istituti ed ai luoghi di cultura, nonché dei canoni di concessione e dai corrispettivi per la riproduzione dei beni culturali, sono versati ai soggetti pubblici cui gli istituti, i luoghi o i singoli beni appartengono o sono in consegna;
    la gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti;
    in caso di gestione indiretta, le amministrazioni a cui i beni pertengono regolano i rapporti con i concessionari delle attività di valorizzazione mediante contratto di servizio;
    in materia è intervenuto l'articolo 16 del decreto-legge n. 78 del 2015 il quale ha previsto che, per accelerare l'avvio e lo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, nonché allo scopo di razionalizzare la pubblica spesa, le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip spa, anche quale centrale di committenza per lo svolgimento delle relative procedure;
    l'obiettivo del Ministero è quello della riduzione e della razionalizzazione dei costi e dell'ottimizzazione dei servizi, ma anche quello di garantire meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi;
    il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha assunto una serie di iniziative per migliorare la gestione dei servizi aggiuntivi nel sistema museale, in quanto alcuni servizi erano attivati mediante proroga degli stessi ovvero con gare risalenti a molto tempo fa;
    lo stesso Ministero ha affidato alla Consip la gestione di tutte le gare dei servizi aggiuntivi dei musei. Il disciplinare per lo svolgimento delle attività di supporto in tema di acquisizione di beni e servizi ed affidamento di concessioni è stato, quindi, stipulato tra il Ministero e la Consip prevedendo che i musei presentino un progetto scientifico alla Consip stessa;
    in data 16 marzo 2016, è stata inoltre effettuata la fusione tra la Ales spa, la società partecipata al 100 per cento dal Ministero ed ARCUS spa. Questa operazione è la premessa con la quale il Governo si appresta a fare impresa nel settore dei servizi dei beni culturali per ottimizzare i risultati di gestione ed ottenere risorse economiche importanti. Infatti, il Ministero, supportato da Ales ed Arcus avrà modo di entrare in gestione diretta dei servizi aggiuntivi, nel momento in cui i contratti con i concessionari scadranno,

impegna il Governo:

   a procedere sollecitamente alla indizione delle gare per l'affidamento dei servizi di cui in premessa rinunciando alla prassi abusata della proroga delle convenzioni esistenti che è in contrasto sia con le regole europee che con la legislazione nazionale;
   ad avvalersi a tale fine della collaborazione di Consip in modo da facilitare un'applicazione uniforme della normativa ed il massimo di vantaggio per la finanza pubblica;
   a limitare e rendere trasparente l'uso di prestazioni «in conto terzi».
(1-01305)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Buttiglione, Bosco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dei servizi di accoglienza per il pubblico presso gli istituti e i luoghi della cultura statali è da sempre considerato tra gli strumenti strategici per aumentare la conoscenza e la fruizione del patrimonio culturale, generando, nel contempo, un flusso di risorse da destinare alla cura, alla tutela e alla conservazione dei beni;
    la disciplina normativa in materia – dopo le innovazioni contenute nella legge Ronchey n. 4 del 1993, che ha istituito per la prima volta i servizi aggiuntivi offerti al pubblico a pagamento – fa riferimento alle disposizioni contenute dagli articoli 117 e 115 del codice dei beni e delle attività culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, con il quale sono stati disposti ulteriori servizi quali assistenza culturale, servizi di biglietteria, visite guidate, la gestione degli spazi, le mostre e il servizio di caffetteria e il bookshop;
    nonostante le positive intuizioni contenute nella normativa soprarichiamata, solo il 29 per cento dei musei statali e il 24 per cento di quelli non statali hanno servizi aggiuntivi e su poco più di cento musei che hanno affidato all'esterno i loro servizi per i visitatori, ben 69 agiscono in proroga, con contratti scaduti anche da diversi anni, limitandosi così all'ordinaria amministrazione senza investire sul bene e con una significativa perdita di introiti – soprattutto per i siti museali più rilevanti da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali;
    l'Esecutivo, già con l'approvazione del decreto-legge n. 83 del 2014, cosiddetto Art-bonus, e la successiva riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha avuto tra gli obiettivi strategici quello di consentire allo Stato e ai privati di investire sui servizi museali, garantendo al contempo un servizio pubblico essenziale pienamente fruibile, promuovendo, tra l'altro, l'avvio di un programma operativo con la Consip denominato «La cultura delle gare nelle gare per la cultura», mirato ad assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi aggiuntivi da svolgere nei musei e nei poli museali regionali, ponendo fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi di cultura e provando a garantire, nell'ottica di una positiva cooperazione tra risorse pubbliche e private, una più ampia ed omogenea azione di fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale;
    il programma citato si articola secondo tra linee di intervento: la prima per i servizi gestionali, che includono i «servizi operativi» (manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, e altro) e i «servizi di governo» (sistema informativo, call center, anagrafica tecnica e altro), la seconda per la realizzazione di un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita, che sarà, usato da tutti i siti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e facoltativamente dagli enti locali; la terza per i «progetti culturali finalizzati alla migliore fruizione dei siti dal punto di vista culturale (a titolo di esempio: noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostra e altro). Tali procedure di affidamento si basano sui progetti di valorizzazione e gestione dei siti, predisposti dagli istituti autonomi e dai poli museali regionali, provando in tal modo a garantire l'efficienza della gestione e servizi calibrati sulle progettualità e sulle peculiarità specifiche degli istituti museali coinvolti;
    in attuazione delle linee guida condivise tra Ministero e Consip, nel mese di luglio del 2015 è stata lanciata da Consip la prima fase del programma, con la pubblicazione del bando per l'affidamento di servizi gestionali e operativi (facility management), per gli istituti e i luoghi della cultura pubblici. La gara, del valore complessivo di 640 milioni di euro, suddivisi in nove lotti territoriali, tenderà disponibili al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e agli enti locali i servizi gestionali e operativi attraverso una convenzione quadro della dorata di 24 mesi (più eventuali 12 di proroga);
    la scelta relativa al numero di procedure di gara da svolgere per ciascun sito sarà demandata alla scelta dei singoli direttori dei musei e dei poli museali in relazione alla specificità dei siti, secondo criteri di efficienza e di efficacia della gestione, garantendo in tal modo, con procedure trasparenti, il coinvolgimento dei principali operatori nazionali ed internazionali al fine di ottenere una elevata qualità dei servizi e condizioni ottimali, anche in termini di profitto, per l'amministrazione;
    nell'ambito di tali procedure sarà necessario ed importante che il Ministero favorisca un'adeguata pubblicità, sui propri siti istituzionali, di tutte le procedure di gara promosse e si attivi al fine di assicurare un'adeguata tutela del personale attualmente impiegato nei servizi aggiuntivi garantiti in regime di proroga, prevedendo l'inserimento nei bandi di gara della «clausola sociale» per i lavoratori attualmente impegnati;
    risulta necessario procedere quanto prima all'emanazione dei bandi di gara relativi alla bigliettazione unica on line e alle ulteriori gare Consip per la fornitura dei servizi aggiuntivi, così da sanare situazioni di proroga non più giustificabili;
    contemporaneamente all'avvio delle procedure richiamate, il Ministero ha promosso la fusione delle proprie società in house Ales e Arcus spa, in attuazione delle disposizioni contenute nella legge di stabilità 2016, con l'obiettivo di «assicurare al meglio l'erogazione di servizi culturali, le attività di valorizzazione del patrimonio e l'attività di fundraising», fino ad ora gestite in forma separata dalle due società partecipate, con l'obiettivo di dare vita all'interno di Ales, ad una divisione che si occuperà di servizi aggiuntivi così da consentire al direttore del museo di scegliere – come dichiarato nel marzo 2016 al quotidiano « Il Sole 24 ore» dallo stesso Ministro Franceschini – , in base alle peculiarità ed alle esigenze della propria struttura museale, se affidare parte o la totalità dei servizi ai privati mediante gara o di riservarli alla nuova Ales attraverso affidamento diretto quale società in house del Ministero;
    risulta necessario che le scelte compiute tra l'una e l'altra soluzione affidamento diretto o assegnazione dei servizi mediante gara pubblica) siano adeguatamente e dettagliatamente giustificate, dando adeguata pubblicità alle motivazioni, fondate su costi, tipologia e specificità del servizio richiesto, che hanno condotto la struttura museale a privilegiare una soluzione rispetto all'altra,

impegna il Governo:

   ad avviare o concludere quanto prima le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi presso i principali complessi museali italiani;
   a coinvolgere, con procedure trasparenti, i principali operatori nazionali e internazionali e a ottenere un'elevata qualità dei servizi e contestualmente condizioni ottimali, anche in termine di profitto, per l'amministrazione;
   a garantire che le scelte relative al numero di procedure di gara da svolgere per ciascun sito, demandate ai singoli direttori dei musei e dei poli museali in relazione alle esigenze e alle peculiarità della struttura e del relativo piano di valorizzazione, siano operate secondo criteri di efficienza e di efficacia della gestione, dando adeguata motivazione delle scelte tecnico discrezionali operate in relazione ai costi, alla tipologia e alla specificità del servizio richiesto;
   ad adoperarsi affinché, in tempi brevi, la società in house Ales spa costituisca la divisione specializzata per la gestione dei servizi aggiuntivi presso i musei e gli istituti culturali pubblici così da consentire ai direttori dei musei di poter operare la scelta migliore e più funzionale, in termini di valorizzazione dal sito e di efficienza ed efficacia della gestione, per l'affidamento del servizio;
    a pubblicare, sul sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e sui siti dei musei e degli istituti culturali oggetto dei bandi il testo integrale di tutti i bandi relativi alla concessione dei servizi aggiuntivi, il loro esito e gli introiti previsti che derivino dall'aggiudicazione del bando;
    a garantire adeguata tutela dei lavoratori attualmente impegnati nei servizi aggiuntivi, assicurando che l'affidamento dei servizi aggiuntivi nei musei e negli istituti culturali avvenga nel rispetto della «clausola sociale».
(1-01306) «Manzi, Coscia, Ascani, Blazina, Bonaccorsi, Carocci, Coccia, Crimì, Dallai, D'Ottavio, Ghizzoni, Iori, Malisani, Malpezzi, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Rampi, Rocchi, Sgambato, Ventricelli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    sono noti i problemi connessi all'organizzazione dell'amministrazione della cultura in Italia: in particolare il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali vive da troppi anni una situazione di blocco;
    la gestione di molti monumenti e musei del nostro Paese opera infatti in regime di proroga, in evidente contrasto con quanto stabilito in materia, sia con riferimento alla normativa comunitaria, sia a quella nazionale;
    la stessa Autorità anticorruzione ha avuto modo, recentemente, di interpretare le «proroghe tecniche» dei contratti di appalto come un «ammortizzatore pluriennale di inefficienze» dovuto alla mancanza di una corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi, affermando che l'uso improprio delle proroghe può assumere profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi-amministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato;
    per quanto riguarda gli istituti culturali operanti sul territorio, è necessario implementare gli strumenti amministrativi e normativi atti a favorire il coinvolgimento di attività e capitali privati nella gestione del patrimonio culturale, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Si tratta di un obiettivo fondamentale a fronte della riduzione degli investimenti pubblici nel settore della cultura determinata dalla crisi economico-finanziaria;
    a tal proposito, bisogna rilevare che è ancora troppo poco quanto previsto dal nuovo codice degli appalti approvato nel mese di aprile 2016, che semplifica le procedure per le sponsorizzazioni in favore del patrimonio culturale, che ora avverranno a seguito di una nuova e trasparente procedura di segnalazione sui siti web. Sebbene si tratti di un passo verso incentivazione di un sostegno privato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio italiano; la partecipazione dei privati appare infatti ancora ostacolata, innanzi tutto, dalla scarsa chiarezza della disciplina degli appalti di lavori sui beni culturali, che risulta frammentata tra il codice dei contratti pubblici, il codice dei beni culturali e del paesaggio e il testo unico degli enti locali;
    oltre ad un'esigenza di semplificazione e coordinamento, in questo ambito si avverte la necessità di una normativa che dia effettivo rilievo alle peculiarità del settore della cultura, consentendo una maggiore flessibilità all'amministrazione. Appare inoltre auspicabile un chiarimento in ordine alle norme applicabili alle concessioni di servizi utilizzate per la gestione indiretta dei beni culturali, specialmente in relazione ai casi di gestione integrata di servizi per il pubblico e strumentali e alle modalità di scelta del concessionario;
    la percezione di una diffusa aspettativa di miglioramento della qualità dei bandi pubblici di acquisto/concessione di servizi culturali è degna di attenzione in particolare per due motivi; la consistenza e continuità del flusso dei bandi di servizi per i beni culturali; la platea numerosa e articolata, dei soggetti pubblici committenti che animano questo mercato. In altri termini, la domanda aggregata di valorizzazione dei beni culturali è di tutta importanza sia per lo sviluppo del territorio, sia per l'innovazione tecnologica e organizzativa del sistema, sia per la promozione e diffusione della cultura;
    il tema della gestione dei beni culturali si incrocia poi necessariamente con quello, più generale, del turismo, a maggior ragione in relazione alle competenze attribuite allo stesso Ministero dei beni culturali e delle attività culturali e del turismo nel medesimo settore; i beni culturali – un elemento di estremo rilievo per la crescita della cultura e della qualità della vita dei cittadini – possono favorire lo sviluppo di alcune iniziative economiche sul territorio; un'adeguata valorizzazione dei beni culturali potrebbe infatti rappresentare un volano per lo sviluppo dell'industria turistica, della ristorazione, dell'intrattenimento e dell'informatica oltre che della industria culturale in senso stretto,

impegna il Governo:

   ad accelerare e concludere quanto prima le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e dei servizi culturali che attualmente operano in regime di proroga;
   a promuovere ogni opportuna iniziativa volta ad un maggiore livello di integrazione tra la gestione dei servizi legati ai beni culturali e le società/enti di promozione turistica sul territorio, al fine di rendere maggiormente fruibile l'offerta culturale, in un'ottica di implementazione e sviluppo del turismo nel Paese, incidendo a tal proposito anche sulle procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi, e, in particolare, dei servizi culturali presso monumenti e musei italiani, garantendo così una più stretta connessione tra appalti di servizi ed enti che hanno una specializzazione più turistica;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a rafforzare la connessione del turismo con le attività culturali, avviando in particolare un coordinamento interistituzionale sia con le regioni, sia con le amministrazioni interessate, per consentire la programmazione e l'implementazione di un piano di sviluppo del turismo, facendo leva sull'efficacia e la qualità dei servizi legati alla gestione dei beni culturali;
   ad assicurare che le procedure di gara per l'affidamento dei servizi aggiuntivi per la gestione dei beni culturali siano effettuate garantendo la massima trasparenza, nonché tempi certi e prestabiliti per tutto ciò che riguarda lo svolgimento e la chiusura delle stesse;
   a provvedere, nell'ambito dell'affidamento dei servizi aggiuntivi dei beni culturali, ad una limitazione del ricorso ad affidamenti in house a soggetti pubblici, salvaguardando i principi di specializzazione, qualità ed economicità delle prestazioni rese;
   a favorire ogni iniziativa volta ad implementare gli strumenti amministrativi e normativi atti a favorire il coinvolgimento di attività e capitali privati nella gestione del patrimonio culturale;
   a rispondere, attraverso specifiche iniziative, all'esigenza di semplificazione e coordinamento della normativa, in particolare in ordine alle norme applicabili alle concessioni di servizi utilizzate per la gestione indiretta dei beni culturali, offrendo effettivo rilievo alle peculiarità del settore della cultura.
(1-01307) «Secco, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    sono noti i problemi connessi all'organizzazione dell'amministrazione della cultura in Italia: in particolare il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali vive da troppi anni una situazione di blocco;
    la gestione di molti monumenti e musei del nostro Paese opera infatti in regime di proroga, in evidente contrasto con quanto stabilito in materia, sia con riferimento alla normativa comunitaria, sia a quella nazionale;
    la stessa Autorità anticorruzione ha avuto modo, recentemente, di interpretare le «proroghe tecniche» dei contratti di appalto come un «ammortizzatore pluriennale di inefficienze» dovuto alla mancanza di una corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi, affermando che l'uso improprio delle proroghe può assumere profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi-amministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato;
    per quanto riguarda gli istituti culturali operanti sul territorio, è necessario implementare gli strumenti amministrativi e normativi atti a favorire il coinvolgimento di attività e capitali privati nella gestione del patrimonio culturale, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Si tratta di un obiettivo fondamentale a fronte della riduzione degli investimenti pubblici nel settore della cultura determinata dalla crisi economico-finanziaria;
    a tal proposito, bisogna rilevare che è ancora troppo poco quanto previsto dal nuovo codice degli appalti approvato nel mese di aprile 2016, che semplifica le procedure per le sponsorizzazioni in favore del patrimonio culturale, che ora avverranno a seguito di una nuova e trasparente procedura di segnalazione sui siti web. Sebbene si tratti di un passo verso incentivazione di un sostegno privato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio italiano; la partecipazione dei privati appare infatti ancora ostacolata, innanzi tutto, dalla scarsa chiarezza della disciplina degli appalti di lavori sui beni culturali, che risulta frammentata tra il codice dei contratti pubblici, il codice dei beni culturali e del paesaggio e il testo unico degli enti locali;
    oltre ad un'esigenza di semplificazione e coordinamento, in questo ambito si avverte la necessità di una normativa che dia effettivo rilievo alle peculiarità del settore della cultura, consentendo una maggiore flessibilità all'amministrazione. Appare inoltre auspicabile un chiarimento in ordine alle norme applicabili alle concessioni di servizi utilizzate per la gestione indiretta dei beni culturali, specialmente in relazione ai casi di gestione integrata di servizi per il pubblico e strumentali e alle modalità di scelta del concessionario;
    la percezione di una diffusa aspettativa di miglioramento della qualità dei bandi pubblici di acquisto/concessione di servizi culturali è degna di attenzione in particolare per due motivi; la consistenza e continuità del flusso dei bandi di servizi per i beni culturali; la platea numerosa e articolata, dei soggetti pubblici committenti che animano questo mercato. In altri termini, la domanda aggregata di valorizzazione dei beni culturali è di tutta importanza sia per lo sviluppo del territorio, sia per l'innovazione tecnologica e organizzativa del sistema, sia per la promozione e diffusione della cultura;
    il tema della gestione dei beni culturali si incrocia poi necessariamente con quello, più generale, del turismo, a maggior ragione in relazione alle competenze attribuite allo stesso Ministero dei beni culturali e delle attività culturali e del turismo nel medesimo settore; i beni culturali – un elemento di estremo rilievo per la crescita della cultura e della qualità della vita dei cittadini – possono favorire lo sviluppo di alcune iniziative economiche sul territorio; un'adeguata valorizzazione dei beni culturali potrebbe infatti rappresentare un volano per lo sviluppo dell'industria turistica, della ristorazione, dell'intrattenimento e dell'informatica oltre che della industria culturale in senso stretto,

impegna il Governo:

   ad accelerare e concludere quanto prima le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e dei servizi culturali che attualmente operano in regime di proroga;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a rafforzare la connessione del turismo con le attività culturali, avviando in particolare un coordinamento interistituzionale sia con le regioni, sia con le amministrazioni interessate, per consentire la programmazione e l'implementazione di un piano di sviluppo del turismo, facendo leva sull'efficacia e la qualità dei servizi legati alla gestione dei beni culturali;
   ad assicurare che le procedure di gara per l'affidamento dei servizi aggiuntivi per la gestione dei beni culturali siano effettuate garantendo la massima trasparenza, nonché tempi certi e prestabiliti per tutto ciò che riguarda lo svolgimento e la chiusura delle stesse;
   a favorire ogni iniziativa volta ad implementare gli strumenti amministrativi e normativi atti a favorire il coinvolgimento di attività e capitali privati nella gestione del patrimonio culturale;
   a rispondere, attraverso specifiche iniziative, all'esigenza di semplificazione e coordinamento della normativa, in particolare in ordine alle norme applicabili alle concessioni di servizi utilizzate per la gestione indiretta dei beni culturali, offrendo effettivo rilievo alle peculiarità del settore della cultura.
(1-01307)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Secco, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 14 novembre 1992, n. 433, è stata introdotta nel nostro ordinamento la nozione di servizi aggiuntivi nell'ambito dalla fruizione dei beni culturali e monumentali, successivamente recepita dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
    il codice, all'articolo 117, elenca dettagliatamente le tipologia di servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico che possono essere istituiti nei siti culturali, e prevede che gli stessi possano essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria;
    in base a quanto disciplinato dal codice la gestione dei servizi può avvenire in via diretta o indiretta, vale a dire attraverso strutture organizzative interne alle amministrazioni, «dotate di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico», oppure attraverso la concessione a terzi delle attività di valorizzazione da parte delle amministrazioni cui i beni appartengono mediante procedure di evidenza pubblica;
    in particolare, in base all'articolo 113 del codice «lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali ricorrono alla gestione indiretta al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali. La scelta tra fa due forme di gestione (...) è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti», e la gestione in forma indiretta dovrà essere attuata nel rispetto dei livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica;
    il ricorso alla gestione indiretta avviene attraverso la stipula di un contratto di servizio tra le amministrazioni e i concessionari delle attività di valorizzazione, nel quale sono determinati i contenuti del progetto di gestione e i relativi tempi di attuazione, i livelli qualitativi delle attività da assicurare e dei servizi da erogare, le professionalità degli addetti, nonché i servizi essenziali che devono essere comunque garantiti per la pubblica fruizione del bene;
    contrariamente a quanto previsto dalla vigente normativa in Italia sono decine i luoghi della cultura per i quali non sono state effettuate la gara per l'affidamento dei servizi alla scadenza dei bandi precedenti, soprattutto nelle regioni della Campania, dell'Emilia-Romagna e del Lazio;
    in merito è recentemente intervenuto l'articolo 18 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 73, in materia di enti territoriali, che ha previsto che, per accelerare l'avvio e lo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica le amministrazioni possano avvalersi della Consip;
    il 19 febbraio 2015 il Ministero dei beni e della attività culturali e del turismo e la Consip hanno presentato un progetto per i servizi aggiuntivi nei musei autonomi e nei poli museali regionali, volto a «porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura»;
    nel progetto sono previsti tre tipi di gara: quella per i servizi gestionali, necessari all'efficace ed efficiente funzionamento degli istituti e dei luoghi della cultura pubblici e che comprendono sia i «servizi operativi» che quelli cosiddetti di governo, quella per la creazione di un servizio di biglietteria nazionale e quella per i «servizi culturali» che include iniziative volte all'acquisizione dei servizi finalizzati allo sviluppo di specifici «progetti culturali» ed alla migliore fruizione dei siti;
    per tutte e tre le gare era prevista la pubblicazione dei relativi bandi di gara nel primo semestre dell'anno in corso, ma ad oggi risulta essere stato pubblicato unicamente quello della gara per l'affidamento del servizi gestionali ed operativi;
    nel gennaio 2015, rispondendo ad un'interrogazione in Commissione sulla questione della reiterazione delle proroghe dei servizi aggiuntivi, il rappresentante del Governo ha depositato una nota che indica i siti culturali gestiti in regime di proroga dalla quale risulta che la durata media del regime di proroga è di otto/dieci anni;
    nel marzo 2016 il Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo ha avviato la fusione delle società Ales e Arcus spa al fine di creare un'unica società in house con la finalità di potenziare le attività di valorizzazione e ricerca fondi e di gestire anche i servizi aggiuntivi;
    questo indirizzo, se da un lato razionalizza le strutture afferenti al Ministero, andando a limitare la spesa pubblica, dall'altro, crea un fenomeno di concorrenza sleale nei confronti del privato;
    è quindi necessario adottare una rigida regolamentazione interna atta a definire i casi in cui i direttori dei musei potranno assegnare i servizi aggiuntivi al soggetto in house, invece di ricorrere all'esternalizzazione mediante gara, al fine di garantire la migliore valorizzazione e offerta di servizio del Museo o del sito;
    il ricorso ai privati per la gestione dei servizi aggiuntivi non è messo in discussione ma, anzi, auspicato in un'ottica di sana sussidiarietà e di proprietà pubblica del bene ma affidata alla gestione e valorizzazione da parte dei privati, fatto che, purtroppo, non si è realizzato negli ultimi anni nella gestione dei principali monumenti e siti statali, tra i quali anche il Colosseo, a tutto svantaggio dello Stato;
    in base ai dati dell'ufficio statistico dei beni culturali italiani nel 2015 il circuito di Colosseo, Foro romano e Palatino è stato visitato da 8.551.046 persone, confermandosi il sito più visitato in Italia, e l'afflusso di turisti, negli ultimi anni, è in continuo aumento;
    proprio il caso del Colosseo è uno dei più clamorosi per quanto riguarda la mancata indizione delle nuove gare per l'affidamento dei servizi, posto che il concessionario opera in regime di proroga da ben tredici anni;
    inoltre, nel caso del Colosseo l'incasso dei privati da servizi aggiuntivi nel 2013 è stato di euro 9.221.247 di cui solo euro 1.210.260, equivalente al 13 per cento, è andato allo Stato;
    in generale come risulta dai dati del MIBACT pubblicati sull'Espresso nel settembre del 2015, dal 2000 al 2013 sul totale degli incassi realizzati per i servizi aggiuntivi, l'85,7 per cento è andato ai privati assegnatari per lo più in regime di proroga e solo euro 74.724.099 allo Stato;
    la ricaduta dell'enorme attrattiva turistica del Colosseo e dell'area centrale dei Fori è interamente a carico del Comune di Roma ed è, pertanto, necessario avviare da subito la stipula di un protocollo tra Mibact e l'amministrazione comunale affinché una percentuale del ricavato della bigliettazione del Colosseo e dei Fori sia trasferita al bilancio comunale per la gestione e la valorizzazione dei servizi turistici e la sicurezza, al fine di migliorare l'accoglienza dei turisti e l'immagine stessa dell'Italia nel mondo;
    rispondendo ad un question time in Aula presentato dal primo firmatario del presente atto e da altri deputati del Gruppo di Fratelli d'Italia del 25 maggio 2016 con riferimento specificatamente al caso del Colosseo il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha affermato che «Nelle indicazioni di priorità che noi abbiamo dato, per una serie di ragioni, non ultima che è il luogo che fa più visitatori in Italia e quindi quello che richiede più efficienza e trasparenza, abbiamo dato indicazioni alla Consip di cominciare le gare dal Colosseo e questo credo che potrà avvenire fra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno del 2016»;
    per ottenere servizi migliori e una vera concorrenza a beneficio del pubblico è necessario che i servizi aggiuntivi siano gestiti da soggetti differenti per evitare situazioni di oligopolio come quelle denunciate da FDI AN proprio rispetto alla gestione del Colosseo;
    la tutela e la valorizzazione dei beni culturali dovrebbero costituire un obiettivo prioritario dello Stato italiano,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per procedere speditamente con il piano di gare per il rinnovo dei servizi gestionali, aggiuntivi e di biglietteria in tutti i musei e siti culturali, dando priorità nell'esecuzione a quei luoghi che sono gestiti da più tempo in regime di proroga, tra i quali il Colosseo e l'area centrale dei Fori imperiali;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie alla stipula di protocolli d'intesa tra il Ministero dei beni culturali e gli enti locali nei cui territori insistono i siti culturali maggiormente visitati, affinché una percentuale del ricavato dalla bigliettazione di tali siti sia trasferito annualmente sui rispettivi bilanci comunali per impiegarli nel potenziamento dei servizi turistici dell'area;
   a promuovere l'adozione di una severa regolamentazione che disciplini i casi e le modalità del ricorso alla struttura in house frutto della fusione tra le società Ales e Arcus spa, affinché la stessa non divenga un soggetto monopolista che opera in concorrenza sleale con il settore privato dei servizi culturali;
   a favorire il ricorso a gare pubbliche rispetto all'assegnazione in house dei servizi aggiuntivi per promuovere un modello sussidiario virtuoso che preveda la gestione e la tutela pubblica dei beni culturali, ma la gestione privata dei servizi, dei contenuti e della valorizzazione nel rispetto della trasparenza e della libera concorrenza con percentuali di introito maggiori per lo Stato rispetto al passato.
(1-01308) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 14 novembre 1992, n. 433, è stata introdotta nel nostro ordinamento la nozione di servizi aggiuntivi nell'ambito dalla fruizione dei beni culturali e monumentali, successivamente recepita dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
    il codice, all'articolo 117, elenca dettagliatamente le tipologia di servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico che possono essere istituiti nei siti culturali, e prevede che gli stessi possano essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria;
    in base a quanto disciplinato dal codice la gestione dei servizi può avvenire in via diretta o indiretta, vale a dire attraverso strutture organizzative interne alle amministrazioni, «dotate di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico», oppure attraverso la concessione a terzi delle attività di valorizzazione da parte delle amministrazioni cui i beni appartengono mediante procedure di evidenza pubblica;
    in particolare, in base all'articolo 113 del codice «lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali ricorrono alla gestione indiretta al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali. La scelta tra fa due forme di gestione (...) è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti», e la gestione in forma indiretta dovrà essere attuata nel rispetto dei livelli minimi uniformi di qualità della attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica;
    il ricorso alla gestione indiretta avviene attraverso la stipula di un contratto di servizio tra le amministrazioni e i concessionari delle attività di valorizzazione, nel quale sono determinati i contenuti del progetto di gestione e i relativi tempi di attuazione, i livelli qualitativi delle attività da assicurare e dei servizi da erogare, le professionalità degli addetti, nonché i servizi essenziali che devono essere comunque garantiti per la pubblica fruizione del bene;
    contrariamente a quanto previsto dalla vigente normativa in Italia sono decine i luoghi della cultura per i quali non sono state effettuate la gara per l'affidamento dei servizi alla scadenza dei bandi precedenti, soprattutto nelle regioni della Campania, dell'Emilia-Romagna e del Lazio;
    in merito è recentemente intervenuto l'articolo 18 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 73, in materia di enti territoriali, che ha previsto che, per accelerare l'avvio e lo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento in concessione dei servizi negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica le amministrazioni possano avvalersi della Consip;
    il 19 febbraio 2015 il Ministero dei beni e della attività culturali e del turismo e la Consip hanno presentato un progetto per i servizi aggiuntivi nei musei autonomi e nei poli museali regionali, volto a «porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura»;
    nel progetto sono previsti tre tipi di gara: quella per i servizi gestionali, necessari all'efficace ed efficiente funzionamento degli istituti e dei luoghi della cultura pubblici e che comprendono sia i «servizi operativi» che quelli cosiddetti di governo, quella per la creazione di un servizio di biglietteria nazionale e quella per i «servizi culturali» che include iniziative volte all'acquisizione dei servizi finalizzati allo sviluppo di specifici «progetti culturali» ed alla migliore fruizione dei siti;
    per tutte e tre le gare era prevista la pubblicazione dei relativi bandi di gara nel primo semestre dell'anno in corso, ma ad oggi risulta essere stato pubblicato unicamente quello della gara per l'affidamento del servizi gestionali ed operativi;
    nel gennaio 2015, rispondendo ad un'interrogazione in Commissione sulla questione della reiterazione delle proroghe dei servizi aggiuntivi, il rappresentante del Governo ha depositato una nota che indica i siti culturali gestiti in regime di proroga dalla quale risulta che la durata media del regime di proroga è di otto/dieci anni;
    nel marzo 2016 il Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo ha avviato la fusione delle società Ales e Arcus spa al fine di creare un'unica società in house con la finalità di potenziare le attività di valorizzazione e ricerca fondi e di gestire anche i servizi aggiuntivi;
    questo indirizzo, se da un lato razionalizza le strutture afferenti al Ministero, andando a limitare la spesa pubblica, dall'altro, crea un fenomeno di concorrenza sleale nei confronti del privato;
    è quindi necessario adottare una rigida regolamentazione interna atta a definire i casi in cui i direttori dei musei potranno assegnare i servizi aggiuntivi al soggetto in house, invece di ricorrere all'esternalizzazione mediante gara, al fine di garantire la migliore valorizzazione e offerta di servizio del Museo o del sito;
    il ricorso ai privati per la gestione dei servizi aggiuntivi non è messo in discussione ma, anzi, auspicato in un'ottica di sana sussidiarietà e di proprietà pubblica del bene ma affidata alla gestione e valorizzazione da parte dei privati, fatto che, purtroppo, non si è realizzato negli ultimi anni nella gestione dei principali monumenti e siti statali, tra i quali anche il Colosseo, a tutto svantaggio dello Stato;
    in base ai dati dell'ufficio statistico dei beni culturali italiani nel 2015 il circuito di Colosseo, Foro romano e Palatino è stato visitato da 8.551.046 persone, confermandosi il sito più visitato in Italia, e l'afflusso di turisti, negli ultimi anni, è in continuo aumento;
    proprio il caso del Colosseo è uno dei più clamorosi per quanto riguarda la mancata indizione delle nuove gare per l'affidamento dei servizi, posto che il concessionario opera in regime di proroga da ben tredici anni;
    inoltre, nel caso del Colosseo l'incasso dei privati da servizi aggiuntivi nel 2013 è stato di euro 9.221.247 di cui solo euro 1.210.260, equivalente al 13 per cento, è andato allo Stato;
    in generale come risulta dai dati del MIBACT pubblicati sull'Espresso nel settembre del 2015, dal 2000 al 2013 sul totale degli incassi realizzati per i servizi aggiuntivi, l'85,7 per cento è andato ai privati assegnatari per lo più in regime di proroga e solo euro 74.724.099 allo Stato;
    la ricaduta dell'enorme attrattiva turistica del Colosseo e dell'area centrale dei Fori è interamente a carico del Comune di Roma ed è, pertanto, necessario avviare da subito la stipula di un protocollo tra Mibact e l'amministrazione comunale affinché una percentuale del ricavato della bigliettazione del Colosseo e dei Fori sia trasferita al bilancio comunale per la gestione e la valorizzazione dei servizi turistici e la sicurezza, al fine di migliorare l'accoglienza dei turisti e l'immagine stessa dell'Italia nel mondo;
    rispondendo ad un question time in Aula presentato dal primo firmatario del presente atto e da altri deputati del Gruppo di Fratelli d'Italia del 25 maggio 2016 con riferimento specificatamente al caso del Colosseo il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha affermato che «Nelle indicazioni di priorità che noi abbiamo dato, per una serie di ragioni, non ultima che è il luogo che fa più visitatori in Italia e quindi quello che richiede più efficienza e trasparenza, abbiamo dato indicazioni alla Consip di cominciare le gare dal Colosseo e questo credo che potrà avvenire fra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno del 2016»;
    per ottenere servizi migliori e una vera concorrenza a beneficio del pubblico è necessario che i servizi aggiuntivi siano gestiti da soggetti differenti per evitare situazioni di oligopolio come quelle denunciate da FDI AN proprio rispetto alla gestione del Colosseo;
    la tutela e la valorizzazione dei beni culturali dovrebbero costituire un obiettivo prioritario dello Stato italiano,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per procedere speditamente con il piano di gare per il rinnovo dei servizi gestionali, aggiuntivi e di biglietteria in tutti i musei e siti culturali, dando priorità nell'esecuzione a quei luoghi che sono gestiti da più tempo in regime di proroga, tra i quali il Colosseo e l'area centrale dei Fori imperiali.
(1-01308) (Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).