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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 9 maggio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 9 maggio 2016.

  Abrignani, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Basso, Bellanova, Benamati, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Causi, Causin, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Giampaolo Galli, Garavini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giammanco, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scopelliti, Scotto, Scuvera, Senaldi, Tabacci, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 4 maggio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   DONATI ed altri: «Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica» (3804);
   GIGLI e SBERNA: «Disposizioni concernenti il diritto all'obiezione di coscienza per i farmacisti» (3805);
   BASSO ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, in materia di vigilanza sugli enti cooperativi» (3806);
   RICCIATTI ed altri: «Disciplina dell'attività di ristorazione in abitazione privata» (3807).
  In data 5 maggio 2016 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
   CASTIELLO: «Norme per la tutela e la valorizzazione delle botteghe storiche di interesse artistico e degli antichi mestieri» (3808).
  In data 6 maggio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   DI SALVO: «Disposizioni in materia di accertamento dei requisiti di idoneità psico-attitudinale dei soggetti che detengono armi da fuoco per ragioni di servizio» (3809);
   BRIGNONE ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante» (3810).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

  In data 4 maggio 2016 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 54-B. – Senatori AMATI ed altri: «Modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale» (approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato) (2874-B).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte
di inchiesta parlamentare.

  La proposta di inchiesta parlamentare BOLOGNESI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini» (Doc. XXII, n. 57) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Scuvera.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  PARRINI ed altri: «Disciplina delle elezioni primarie per la selezione dei candidati per l'elezione a cariche monocratiche» (3709) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CRISTIAN IANNUZZI: «Disciplina dei partiti e movimenti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione» (3788) Parere della II Commissione.

   II Commissione (Giustizia):
  S. 54-B. – Senatori AMATI ed altri: «Modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale» (approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato) (2874-B) Parere delle Commissioni I e III;
  ROCCELLA ed altri: «Modifiche alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di reati di surrogazione di maternità e di commercio di cellule e tessuti di origine umana nonché in materia di accesso alle informazioni sulle proprie origini» (3770) Parere delle Commissioni I, V, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CAPELLI ed altri: «Modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici» (3772) Parere delle Commissioni I, V, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XII;
  ERMINI: «Modifica all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa» (3785) Parere della I Commissione.

   III Commissione (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Cile per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, con Protocollo, fatta a Santiago il 23 ottobre 2015» (3759) Parere delle Commissioni I, V e VI;
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica dell'Iran per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Teheran il 19 gennaio 2005» (3760) Parere delle Commissioni I, V e VI.

   VI Commissione (Finanze):
  MINARDO: «Modifica all'articolo 26 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente l'esclusione dei redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo non percepiti dalla base imponibile del locatore» (2725) Parere delle Commissioni I, II, V e VIII;
  MINARDO: «Abrogazione del comma 21 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, concernente l'addizionale erariale sulla tassa automobilistica» (2763) Parere delle Commissioni I, V, IX e X;
  CAON ed altri: «Abrogazione del testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39» (3746) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, IX, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  RIGONI: «Modifica all'articolo 26 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di imputazione dei redditi fondiari» (3779) Parere delle Commissioni I, II, V e VIII.

   XII Commissione (Affari sociali):
  ARTINI ed altri: «Disposizioni per garantire la prestazione dei servizi sanitari nei comuni siti in territori montani, in aree rurali o insulari o in zone svantaggiate» (3750) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IV (Difesa):
  ARTINI: «Norme in materia di difesa dello spazio cibernetico e istituzione del sistema nazionale di sicurezza cibernetica» (3677) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VII, IX, X e XIV.

Modifica dell'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede consultiva.

  La X Commissione (Attività produttive) ha richiesto di riconsiderare l'assegnazione della seguente proposta di legge, attualmente assegnata alla VII Commissione (Cultura), in sede referente:
   ASCANI ed altri: «Agevolazioni in favore delle start-up culturali nonché modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di raccolta di capitali tra il pubblico per la valorizzazione e la tutela dei beni culturali» (2950).

  Tenuto conto della materia oggetto della proposta di legge, la Presidenza, nel confermare l'assegnazione alla VII Commissione (Cultura), in sede referente, ha disposto che il parere della X Commissione (Attività produttive) sia acquisito ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento.

Trasmissione dall'Ufficio parlamentare di bilancio.

  Il Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, con lettera in data 3 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, il rendiconto della gestione finanziaria del medesimo Ufficio per il 2015 (Doc. VIII-bis, n. 5), che sarà pubblicato quale allegato al conto consuntivo della Camera dei deputati per il medesimo anno.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettere in data 5 maggio 2016, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
   risoluzione della 8a Commissione (Lavori pubblici) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali nel settore della navigazione interna e che abroga la direttiva 96/50/CE del Consiglio e la direttiva 91/672/CEE del Consiglio (COM(2016) 82 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 124), che è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione della 11a Commissione (Lavoro) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (COM(2016) 128 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 125), che è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Agenzia spaziale italiana (ASI), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 384).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 4 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della società EXPO 2015 Spa, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 385).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 5 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria degli Istituti fisioterapici ospitalieri (IFO), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 386).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

  Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettere in data 8 e 27 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, la prima relazione concernente gli interventi realizzati e avviati nell'ambito del Piano strategico «Grandi progetti beni culturali», riferita all'anno 2014 (Doc. CCXXXVII, n. 1), nonché la medesima relazione riferita all'anno 2015 (Doc. CCXXXVII, n. 2).

  Queste relazioni sono trasmesse alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Vice Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Vice Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 2 maggio 2016, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, l'intenzione di concedere un contributo al Politecnico di Milano per l'organizzazione del «Second Stakeholders Forum AEEP (Africa Europe Energy Partnership)» dal titolo «Business and Science: leading way to sustainable Energy)».

  Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 3 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera c), numero 12), della legge 31 luglio 1997, n. 249, la relazione sull'attività svolta e sui programmi di lavoro dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, aggiornata al 30 aprile 2015, predisposta dalla medesima Autorità (Doc. CLVII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 4 maggio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Vivere in dignità: dalla dipendenza dagli aiuti all'autonomia – Sfollamenti forzati e sviluppo (COM(2016) 234 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (CE) n. 1921/2006 relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri (COM(2016) 239 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/72 per quanto riguarda le possibilità di pesca del cicerello in determinate acque dell'Unione (COM(2016) 241 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (domanda EGF/2015/012 BE/Hainaut Machinery, presentata dal Belgio) (COM(2016) 242 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);
   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio recante raccomandazione per un controllo temporaneo alla frontiera interna in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen (COM(2016) 275 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (Turchia) (COM(2016) 279 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (revisione del meccanismo di sospensione) (COM(2016) 290 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali). La predetta proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 4 maggio 2016.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 5 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea e che determina le condizioni di accesso al sistema di ingressi/uscite a fini di contrasto e che modifica il regolamento (CE) n. 767/2008 e il regolamento (UE) n. 1077/2011 (COM(2016) 194 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/399 per quanto riguarda l'uso del sistema di ingressi/uscite (COM(2016) 196 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Sistemi d'informazione più solidi e intelligenti per le frontiere e la sicurezza (COM(2016) 205 final);
   Proposta di direttiva del Consiglio recante attuazione dell'accordo concluso dalla Confederazione generale delle cooperative agricole nell'Unione europea (COGECA), dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) e dall'Associazione delle organizzazioni nazionali delle imprese di pesca dell'Unione europea (Europêche) del 21 maggio 2012, modificato l'8 maggio 2013, relativo all'attuazione della Convenzione sul lavoro nel settore della pesca del 2007 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (COM(2016) 235 final).

Trasmissione dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione.

  Il Presidente dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con lettera in data 6 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13 della legge 25 maggio 1970, n. 352, un esemplare dell'ordinanza, emessa dall'Ufficio nella medesima data, con la quale ammette quattro richieste di referendum ai sensi dell'articolo 138, secondo comma, della Costituzione e dichiara legittimo il referendum sul quesito: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016 ?».

  Questo documento è depositato presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.

  L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, con lettera in data 26 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012, n. 168, il conto finanziario della medesima Autorità per l'anno 2015, corredato dalla relazione illustrativa, approvato in data 26 aprile 2016.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 31 marzo 2016, a pagina 6, prima colonna, ventisettesima riga, deve leggersi: «CARRESCIA ed altri n. 9/3513-A/93» e non: «TERZONI n. 9/3513-A/8» come stampato.

MOZIONI SALTAMARTINI ED ALTRI N. 1-01111, VEZZALI ED ALTRI N. 1-01250 E BINETTI ED ALTRI N. 1-01254 CONCERNENTI INIZIATIVE, ANCHE IN AMBITO INTERNAZIONALE, FINALIZZATE AL CONTRASTO DEI FENOMENI DI VIOLENZA CONTRO LE DONNE, ALLA LUCE DELLE AGGRESSIONI OCCORSE A COLONIA E IN ALTRE CITTÀ EUROPEE NELLA NOTTE DEL 31 DICEMBRE 2015

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la notte del 31 dicembre 2015 a Colonia ed in alcune altre città europee, tra le quali Amburgo, Bielefeld, Dortmund, Düsseldorf, Stoccarda, Helsinki e Zurigo si sono verificati episodi ripugnanti e intollerabili di violenza di branco, contro la dignità e la libertà delle donne. Centinaia di giovani uomini immigrati, per lo più arabi e nordafricani, hanno circondato centinaia di donne molestandole pesantemente, alcune violentandole, altre derubandole di quello che avevano;
    dalle ricostruzioni ufficiali, il tratto comune a tutte le aggressioni è il fatto di essere state perpetrate da gruppi organizzati di stranieri provenienti da Paesi extraeuropei, tra i quali non di rado figuravano anche sedicenti profughi, che hanno operato con modalità assai simili a quelle osservate nel 2011-2012 a Piazza Tahir. La polizia tedesca sta operando arresti anche dentro i centri di prima accoglienza destinati ai rifugiati;
    un'operazione di molestie così vasta, continuata e determinata, non può essere vista solo come un gesto contro le donne, ma si configura come un atto di scontro, umiliazione e dominio esercitato nei confronti delle donne sì, ma mirato ad inviare un segnale di disprezzo e di sfida ai Paesi che hanno accolto quegli uomini e quindi l'Europa tutta;
    non si può continuare a minimizzare, come hanno cercato di fare molti intellettuali o esponenti politici, essendo evidente, per i presentatori del presente atto di indirizzo, il fatto che chi proviene da quei Paesi si porta dietro un'idea della donna priva di libertà, ritenuta inferiore e da mortificare nella mente e nel corpo;
    quanto è accaduto è infatti di enorme gravità sociale, dal momento che il rapporto tra i generi è quotidiano e intimidazioni del genere, come quella vista nella notte del 31 dicembre 2015, mirano chiaramente a minare alcune libertà costitutive dell'Occidente;
    non si può più sottacere la natura del rapporto dell'Islam con le donne, che ben conosciamo e che è stato al centro di grandi riflessioni ed anche battaglie a favore delle donne di quei Paesi. Un rapporto intriso di violenza metamorfizzato in una agenda culturale e politica di dominio, usata come arma, come espressione di potere in una vastissima area sociale la cui linea di rottura passa dentro lo stesso mondo musulmano;
    sono ancora sotto i nostri occhi gli stupri e le violenze verificatesi in Iraq e Siria durante la conquista da parte dell'Isis, i rapimenti di Boko Haram, la schiavitù sessuale imposta alle donne cristiane e yazide, il trattamento subito da centinaia di donne egiziane al Cairo, durante la «primavera araba» per punirle della loro partecipazione attiva alla politica. Tutti esempi, secondo i presentatori del presente atto di indirizzo, del modo di rapportarsi dell'Islam con le donne, che non si ferma alle frontiere, essendo un tratto essenziale della politicizzazione in senso radicale di quella religione;
    è irrinunciabile e urgente la difesa della libertà femminile da ogni forma di molestia, abuso e violenza sessuale;
    basi indispensabili di qualsiasi processo di integrazione sono: il rispetto nei confronti del Paese ospitante, della sua cultura e delle sue tradizioni da parte di chi lo raggiunge e, soprattutto, lo sforzo di rispettarne le leggi, gli usi e i costumi;
    inaccettabili risultano i tentativi di giustificare le violenze sulle donne come quello fatto dall'Imam della stessa città di Colonia, Sami Abu-Yusuf, secondo cui le aggressioni sarebbero state determinate dal fatto che le vittime si fossero profumate o comunque vestite in modo provocante;
    si rimarca la circostanza, straordinaria per Paesi liberi, che la stampa degli Stati coinvolti abbia celato volontariamente per giorni i fatti, per ragioni che rimangono tuttora oggetto di congetture, ma tra le quali potrebbe esserci anche l'intenzione di non creare problemi alle politiche di accoglienza abbracciate dai rispettivi Governi di riferimento;
    i fatti occorsi a Colonia e nelle altre città coinvolte pongono seri interrogativi sulla gestione dell'immigrazione, sull'accoglienza e l'integrazione, sul rapporto dell'Islam con le donne, cui occorre rispondere per comprendere esattamente quali rischi concreti stia portando l'immigrazione nei nostri Paesi. Domande a cui nessuno può sottrarsi alla luce di quanto accaduto in Germania, Svizzera, Finlandia la notte del 31 dicembre 2015 ma anche di fronte al disagio e alle minacce alla nostra incolumità fisica che si avvertono ogni giorno per le strade, sui bus o nelle metropolitane, in centro, come nella periferie delle città italiane;
    si rileva come le dimensioni assunte dal fenomeno migratorio siano ormai incompatibili con le misure messe in campo ed impongano un ripensamento, che riduca ampiezza e velocità dei flussi, prevedendo espulsioni più facili, controlli più serrati, campi di raccolta nei Paesi sorgenti o situati lungo i percorsi di approccio all'Europa;
    la forte prevalenza degli uomini in giovane età, tra coloro che sono giunti in Europa in tempi più recenti, ad avviso dei firmatari del presente atto è di per sé un fattore di rischio aggiuntivo per le donne del nostro continente;
    l'ideologia di chi ritiene che il multiculturalismo possa diventare una forma facile e innocua di convivenza secondo i firmatari del presente atto ha fallito, così come quella di chi pensa che l'uguaglianza si possa raggiungere cancellando le differenze, le proprie radici culturali, i propri valori; fallimentari sono state soprattutto le politiche «aperturiste» dell'accoglienza a tutti i costi, guidate dalla convinzione che tutto potesse risolversi con un progressivo assorbimento delle centinaia di migliaia di immigrati giunti nel nostro continente negli ultimi anni;
    i diritti delle donne sono un terreno particolarmente sensibile di scontro, avendo la questione femminile subito un processo di radicalizzazione nel mondo musulmano, che è parte fondamentale della più generale affermazione dell'Islam politico fondamentalista, in cui la donna è ridotta, nel migliore dei casi, a «complemento dell'uomo», anziché esser vista come una persona eguale in dignità e diritti;
    si rileva la circostanza che, a Colonia, la reazione delle forze dell'ordine sia stata debole e tardiva, anche perché parte dei locali effettivi era dispiegata sulle frontiere della Germania per controllare l'afflusso dei migranti extracomunitari e mancavano quindi agenti da schierare nelle strade cittadine,

impegna il Governo:

   ad intensificare la collaborazione con le autorità di pubblica sicurezza dei Paesi colpiti dalle violenze collettive contro le donne la notte di San Silvestro, allo scopo di acquisire elementi utili alla prevenzione di atti simili sul suolo nazionale;
   ad assicurare un'elevata priorità alla lotta contro gli eventuali sodalizi criminali, anche temporanei, allestiti da immigrati per delinquere contro le donne;
   ad assumere iniziative per privilegiare, nelle procedure per l'accesso al nostro Paese, le famiglie, le donne, i bambini e gli anziani, come già accade in alcuni Stati occidentali, in primo luogo il Canada, prevedendo invece per gli uomini giovani percorsi più lunghi;
   a rafforzare i presidi di polizia ovunque la sicurezza delle donne paia più a rischio, incrementando le assunzioni nelle forze dell'ordine qualora con gli organici disponibili non si riesca a fronteggiare anche questa emergenza;
   a non tollerare, nell'ambito delle proprie competenze, alcuna forma di apologia o giustificazione delle violenze compiute sulle donne dalle gang dei migranti extracomunitari, assumendo iniziative, anche a carattere di urgenza, per adeguare la normativa penale;
   ad assicurare una tempestiva informazione dell'opinione pubblica italiana qualora, malgrado tutto, si verificassero anche in Italia episodi assimilabili a quelli occorsi a Colonia, sfruttando a questo scopo, se necessario, ogni canale di comunicazione disponibile.
(1-01111) «Saltamartini, Molteni, Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati ISTAT nel 2015 il 35 per cento delle donne nel mondo ha subito una violenza. La matrice della violenza contro le donne può essere rintracciata ancor oggi nella disuguaglianza dei rapporti tra uomini e donne;
    la stessa Dichiarazione adottata dall'Assemblea generale dell'Onu parla di violenza contro le donne come di «uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in a posizione subordinata rispetto agli uomini»;
    sempre secondo l'Istat, in Italia sono quasi 7 milioni le donne che hanno subito nel corso della propria vita una forma di violenza fisica o sessuale: abusi troppe volte non denunciati per evitare pregiudizi o perché consumati in ambiente domestico;
    una ricerca di Enveff (l'Enquête nationale les violences envers les femmes en France) ha dimostrato che nei 12 mesi successivi alla violenza aumenta per le donne del 26 per cento il rischio di suicidio;
    l'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) afferma che una percentuale variabile (tra il 44 e il 59 per cento) di donne vittime di violenza sviluppa disturbi depressivi o manifesta dipendenza da alcolici e disturbi alimentari;
    a una vittima di violenza sessuale viene diagnosticato nei primi giorni dal trauma un «Disturbo Acuto da Stress» (ASD) che si manifesta, nella maggior parte dei casi, come un pensiero fisso; nei sei mesi successivi diventa «Disturbo Post Traumatico da Stress» (PTSD) nei quali riaffiorano brutti ricordi e questo disagio può trasformarsi, quando i sintomi persistono, in «Disturbo da Disadattamento»: condizioni queste che vanno trattate farmacologicamente e necessitano, non di rado, di sostegno psicologico e psichiatrico;
    in Italia ci sono i centri antiviolenza per le donne riuniti nel coordinamento D.i.RE., che hanno redatto delle linee comuni di intervento sulla presa in carico di vittime: un lavoro ancora inadeguato rispetto alla realtà, anche perché sono ancora pochi i centri specializzati per la cura di questi tra (mentre sono presenti e attive sul territorio associazioni che forniscono assistenza telefonica, medica, psicologica e legale alle donne abusate);
    il fenomeno della violenza sulle donne, come ogni altra forma di violenza, va analizzato nel contesto nel quale si manifesta; ha risvolti psicologici se muove da un disagio, può avvenire dopo assunzione di sostanze stupefacenti o alcolici, può scaturire dall'esaltazione di gruppo. Non di rado risponde a un bisogno fisico dell'aggressore o nasce dalla consapevolezza acquisita da un vissuto maschilista, da un convincimento religioso, che identifica la donna in una proprietà, o peggio, la considera un oggetto;
    in ogni caso, una donna che subisce violenza è minata nella sua libertà: per questo nessun caso può essere giustificato, anzi va denunciato e perseguito con ogni mezzo;
    ci sono realtà, soprattutto nei Paesi di religione musulmana, dove le donne non hanno il diritto di studiare, non possono guidare un'auto, vengono date in sposa dalle famiglie anche in giovanissima età, vengono scambiate o ripudiate contro la loro volontà: in questi contesti, le donne (che pure lavorano quanto se non addirittura di più e più duramente degli uomini) sono considerate prive di libertà, sono ritenute inferiori e spesso mortificate fisicamente e psicologicamente;
    di fronte a questa percezione del genere femminile, alla necessità di governare il fenomeno migratorio (che sta assumendo dimensioni bibliche), nonché all'urgenza di accreditare la convivenza civile come modello di comportamento che garantisca il reciproco rispetto di culture, usi e costumi diversi, se si vuole realizzare l'integrazione, si impone a riflessione su quanto è accaduto nei mesi scorsi in Europa;
    diverse città sono state interessate da intollerabili violenze di gruppo ad opera di immigrati extracomunitari e nordafricani che hanno compiuto abusi, maltrattamenti e rapine: questi fatti inducono a ragionare su quale sia effettivamente il rapporto fra l'islam e le donne;
    nello specifico, la notte del 31 dicembre 2015, a Colonia ed in alcune altre città europee, tra le quali Amburgo, Bielefeld, Dortmund, Düsseldorf, Stoccarda, Helsinki e Zurigo si sono verificati episodi ripugnanti di violenza di branco, contro la dignità e la libertà delle donne: centinaia di giovani uomini immigrati hanno circondato centinaia di donne molestandole pesantemente, alcune violentandole, altre derubandole di quello che avevano;
    questi accadimenti, per l'alto numero delle vittime coinvolte, fanno pensare più a una sfida verso l'occidente che non a gesto di dispregio verso le stesse;
    per questo, occorre capire fino a che punto siamo pronti alle sfide e come dobbiamo affrontare fenomeni come globalizzazione e multiculturalismo che presentano modelli di società diversi e attribuiscono a uomini e donne funzioni differenti e nessuna parità di dignità e di diritti;
    la tolleranza cui si deve far necessariamente ricorso per gestire situazioni difficili, affinché ogni piccola divergenza non degeneri in scontro, non deve essere scambiata per debolezza, non deve autorizzare chi cerca un approdo e una opportunità per sé e per la propria famiglia, a pensare che qui è tutto consentito o dovuto; non possiamo neppure ritenere che tutto ciò che è nuovo o da integrare costituisca una minaccia;
    considerato che il fenomeno della violenza sulle donne è e problema anche italiano e che va combattuto soprattutto a livello culturale, non dobbiamo permettere che gli episodi di cronaca possano essere utilizzati in modo strumentale per considerare gli immigrati tutti colpevoli o ridurli a un problema;
    da anni, visto che siamo un continente in difetto di crescita, i demografi ritengono questi flussi una opportunità da valorizzare per contrastare l'invecchiamento della popolazione;
    uno dei principi sui quasi si basa l'Unione europea è quello di considerare i 500 milioni di cittadini «uniti nelle diversità»; differenze costruttive da cui partire per un collettivo arricchimento culturale e sociale, ma anche come forma di apertura verso tutto ciò che è altro rispetto a quanto già coinvolto nel processo di integrazione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative che impediscano il verificarsi (come già accaduto in altri Paesi europei) di episodi diffusi di violenze collettive contro le donne attraverso un potenziamento dello scambio di informazioni con le autorità di pubblica sicurezza di altri Paesi europei;
   ad assumere iniziative per realizzare controlli accurati, al fine di impedire l'accesso in Italia a quei soggetti segnalati o coinvolti in episodi di violenza contro le donne denunciati in Europa;
   ad assumere le iniziative di competenza necessarie per aiutare le donne vittime di violenza a superare il trauma, assicurando loro la tutela legale gratuita, nonché per garantire la certezza della pena per i colpevoli di abusi;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per aumentare la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità;
   a rafforzare i presidi di polizia ovunque la sicurezza delle donne paia più a rischio, incrementando le assunzioni nelle forze dell'ordine qualora con gli organici disponibili non si riesca a fronteggiare anche questa emergenza;
   ad assumere iniziative volte a contrastare il diffondersi di messaggi subliminali e pubblicitari, che propongano stereotipi superati, allo scopo di affermare la supremazia degli uomini sulle donne.
(1-01250) «Vezzali, Monchiero, D'Agostino, Galgano, Librandi, Matarrese, Molea, Vargiu, Rabino».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    «Contrastare la violenza sulle donne è un compito essenziale di ogni società che si proponga la piena tutela dei diritti fondamentali della persona». Lo ha affermato il Capo dello Stato Sergio Mattarella in occasione della giornata contro la violenza alle donne, auspicando un'azione di «educazione dei giovani al rifiuto della violenza nei rapporti affettivi», ha aggiunto però: «Resta ancora molta strada da fare»;
    per far fronte a un fenomeno sociale e culturale di così vasta portata, come è quello della violenza sulle donne nelle sue molteplici manifestazioni, sono necessarie risorse culturali prima ancora che economiche e finanziarie, dal momento che il fenomeno della violenza sulle donne ha una sua specifica connotazione a seconda dei Paesi e della loro cultura, della loro organizzazione familiare, lavorativa e sociale. Fatti recenti hanno mostrato e confermato come la violenza sulle donne costituisca anche un nodo concettuale di particolare interesse, in cui si intrecciano atteggiamenti che vanno oltre le specifiche culture nazionali. Tra le donne che subiscono violenza e gli attori della violenza stessa ci può essere una radicale diversità di provenienza oltre che di cultura e di stili di vita. Per questo servono informazioni complete e continuamente aggiornate, sul piano quantitativo e qualitativo, capaci di far emergere le costanti e mutevoli aggressioni che le donne subiscono;
    in questa legislatura, il 5 giugno 2013 tra i primi atti compiuti da questo Parlamento, si ricorda che la Camera ha approvato all'unanimità una mozione contro la violenza sulle donne con un atto parlamentare finalizzato a sensibilizzare il Parlamento sugli episodi di violenza sulle donne la cui frequenza stava assumendo connotati preoccupanti anche nel nostro Paese. La mozione, nelle intenzioni di tutti, doveva rappresentare il punto di partenza per nuove iniziative politiche, necessarie per arginare il fenomeno e per consentire azioni di sostegno, formazione e protezione. Le diverse mozioni raccoglievano un dato inquietante per quanto riguarda specificatamente il femminicidio in quegli anni; nel rapporto pubblicato dall'Eures si registrava in Italia un aumento delle uccisioni di donne del 14 per cento dalle 157 nel 2012 alle 179 del 2013;
    la mozione di allora si uniformava alle direttive impartite in un campo così delicato dall'Unione europea, dalle Nazioni Unite e da vari consessi internazionali. Si voleva monitorare nel modo più efficace possibile il fenomeno, sostenendo le vittime dal punto di vista sociale ed economico, proteggendole e garantendo loro condizioni di sicurezza che andassero oltre l'intervento delle forze dell'ordine. L'obiettivo era quello di creare i presupposti giuridici per contrastare e reprimere con determinazione questo tipo di reato. Tra i principali impegni proposti al Governo e dallo stesso accettati si sottolineava la necessità di considerare la violenza contro le donne come un'azione contro i diritti umani; si insisteva sulla necessità di sostenere l'inserimento professionale delle donne e la loro autonomia economica, in modo che potessero interrompere prontamente i rapporti caratterizzati da aggressività e da violenza anche a livello domestico. Si chiedeva di ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa (Istanbul 2011) sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica. Si chiedevano maggiori risorse per il raggiungimento di questo obiettivo in modo da rafforzare le reti di contrasto al fenomeno, potenziando capacità di ascolto e di pronto intervento. Ma l'accento era soprattutto sulla urgente necessità di promuovere una forte campagna di prevenzione e di sensibilizzazione culturale, coinvolgendo in particolare gli operatori sanitari, sociali, del diritto e dell'informazione, perché imparassero a gestire i primi contatti con la vittima e aiutarla. Si voleva in definitiva aiutare le donne a superare la paura e a divenire consapevoli che è possibile sconfiggere la violenza e sopravvivere alla violenza stessa;
    risale al 1993 La «Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne» che all'articolo 1, descrive la violenza contro le donne come: «Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata». Ma la violenza alle donne è diventato tema e dibattito pubblico solo da pochi anni e oggettivamente sia in Italia che in Europa mancano politiche serie di contrasto alla violenza alle donne, così come mancano ricerche con respiro internazionale e progetti di sensibilizzazione e di formazione che coinvolgano a pieno titolo l'opinione pubblica. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è presente, sia pure in modi diversi nei Paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. E il rischio maggiore più che i mariti e i padri sono soprattutto quei conviventi, che abusano di figlie non loro o di compagne occasionali. Ma tra gli abusanti ci sono anche i cosiddetti amici: vicini di casa, conoscenti e colleghi di lavoro o di studio;
    accanto alla violenza domestica che colpisce in modo speciale l'opinione pubblica per la sacralità del luogo in cui si consuma, bisogna ricordare che le donne sono esposte nei luoghi pubblici e sul posto di lavoro a molestie ed abusi sessuali, a stupri e a ricatti sessuali. In molti Paesi le ragazze giovani sono vittime di matrimoni coatti, matrimoni cosiddetti riparatori e sono costrette alla schiavitù sessuale, mentre altre vengono indotte alla prostituzione forzata e/o sono vittime di tratta. Se ne è a lungo parlato nell'ambito del World report on violence and health; l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) ha segnalato tra le altre forme di violenza le mutilazioni genitali femminili o altri tipi di mutilazioni, come in un recente passato lo stupro di guerra ed etnico. Sono ancora forme di violenza subite dalle donne quelle forme di femminicidio che in alcun Paesi, come in India e in Cina, si concretizzano nell'aborto selettivo, per cui le donne vengono indotte a partorire solo figli maschi, perché più e meglio accettati socialmente. Anche se il disastro demografico che questa politica ha causato sta obbligando il Governo di questi Paesi a fare rapidamente marcia indietro. Esistono infine violenze relative alla riproduzione, come l'aborto forzato e la sterilizzazione forzata, e più recentemente perfino la gravidanza forzata;
    Irina Bokova, direttrice Generale dell'UNESCO, il 25 novembre 2015 in occasione della giornata contro la violenza alle donne ha affermato che «La violenza contro le donne è una violazione dei diritti e delle libertà fondamentali delle donne ed è inaccettabile in qualsiasi delle sue molteplici forme. L'UNESCO s'impegna a proteggere e promuovere i diritti e le libertà delle donne. Per farlo, è necessario garantire la piena ed equa partecipazione delle donne allo sviluppo e ai processi di costruzione della pace, a tutti i livelli». Le donne e le ragazze che vivono in Paesi colpiti da conflitti armati, sono particolarmente a rischio di violenze sessuali, specie durante l'approvvigionamento d'acqua, secondo il rapporto presentato dall'ONG Earthscan per il progetto ONU del Millennio. Il timore di violenze sessuali provoca conseguenze anche nelle iscrizioni scolastiche, dovute al fatto che le famiglie temono per le proprie figlie;
    in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, promossa dall'ONU a New York, tutti i partecipanti hanno evidenziato il ruolo fondamentale della società civile nell'impegno a creare spazi sicuri in cui possano vivere serenamente le ragazze, stabilire una cultura del rispetto delle donne e porre fine alla violenza perpetrata nei confronti di donne e ragazze. Michelle Bachelet, vice segretario generale e direttore esecutivo di UN Women, l'agenzia che l'ONU ha istituito di recente, ha affermato che, sebbene ci siano stati notevoli progressi nelle politiche nazionali volte a ridurre la violenza sulle donne, molto rimane ancora da fare. Più di cento Paesi sono privi di una legislazione specifica contro la violenza domestica e più del 70 per cento delle donne nel mondo sono state vittime nel corso della loro vita di violenza fisica o sessuale da parte di uomini. La violenza, ha aggiunto la Bachelet, influendo negativamente sui risultati scolastici delle donne, sulle loro capacità di successo lavorativo e sulla loro vita pubblica, allontana progressivamente le società dal conseguimento dell'obiettivo dell'uguaglianza tra gli uomini e le donne. In quella occasione il segretario generale delle Nazioni Unite si è impegnato a cercare un finanziamento di cento milioni di dollari l'anno, da destinare al fondo fiduciario per porre fine alla violenza contro le donne;
    per questo anche le Nazioni Unite hanno più che mai bisogno di collaborazione con il settore privato che potrebbe offrire sia canali di finanziamento sia conoscenza in settori chiave. Accanto al semplice finanziamento, i partner aziendali potrebbero apportare la propria competenza per l'elaborazione di strategie, oltre un grado di sostenibilità per la tolleranza al rischio finanziario. In Africa, ad esempio, ci sono importanti progetti a carattere plurisettoriale per l'emancipazione femminile e la creazione di spazi sicuri per queste ultime, compresa la formazione di avvocati, assistenti legali e operatori del settore sanitario necessari per rispondere alle esigenze delle ragazze che affrontano la violenza. Nel mondo occorrono cambiamenti culturali forti per smettere di guardare alle donne come cittadine di seconda classe: bisogna creare una autentica cultura del rispetto;
    la riflessione sulla violenza alle donne ha acquisito una ulteriore dimensione dopo i recenti fatti di Colonia nella notte di capodanno, a cavallo tra il 2015 e il 2016, allorché un gruppo di giovani immigrati ha circondato alcune donne e ne ha fatto oggetto di avance, che in alcuni casi hanno dato origine a veri e propri fatti di violenza. Nel complesso si è trattato di un tipo di intervento analogo a quello osservato nel 2011-2012 a Piazza Tahir e questo fatto non va certamente sottovalutato. La dimensione di gruppo, la diversa provenienza geografica degli «attaccanti», in un momento in cui la tensione è alta in tutti Paesi, soprattutto rispetto alla complessa convivenza con gli immigrati, hanno dato all'episodio una rilevanza mediatica enorme. E hanno obbligato non solo le autorità, ma tutta l'opinione pubblica a livello internazionale, ad interrogarsi su questa relazione percepita come tendenzialmente destabilizzante tra donne occidentali e maschi provenienti da Paesi in cui l'immagine della donna può essere davvero diversa;
    è opportuno rilevare che solo quando il caso di Colonia è divenuto di rilievo internazionale la polizia tedesca ha avviato una serie di indagini procedendo ad alcuni arresti, con deprecabile ritardo; ciò è bastato agli xenofobi, animati da un desiderio di vendetta sommaria, per aggredire i richiedenti asilo o semplicemente, coloro che avevano un aspetto o abiti islamici. Secondo la polizia tedesca alla base della seconda aggressione c'era stato un tam tam, sui social network per scendere in strada a Colonia e prendersela con persone «visibilmente non-tedesche»;
    non c’è dubbio che entrambe le forme di aggressione confermano come in Germania ci sia la crescita di un sentimento di ostilità verso gli immigrati e un sondaggio condotto dall'istituto Forsa ha confermato questa tendenza: il 37 per cento ha risposto che considerava negativamente la presenza degli immigrati soprattutto dopo i fatti di Colonia, mentre il 57 per cento che ha dichiarato di temere che l'aumento dei profughi possa segnare una crescita della criminalità in Germania. D'altra parte è difficile non porsi degli interrogativi seri: le denunce alla polizia di Colonia per violenze subite durante la notte di Capodanno in Germania sono salite a 516, il cui 40 per cento ha a che fare con molestie a sfondo sessuale. Ad Amburgo i casi sono stati 133, e in misura minore a Düsseldorf, Francoforte, Berlino; mentre 500 uomini che hanno forzato l'ingresso di una discoteca di Bielefeld, in Westfalia, dove molte donne hanno poi subito attacchi e molestie;
    la stessa Angela Merkel davanti alle molestie sessuali denunciate da tantissime donne a Colonia nella notte di San Silvestro ha affermato che si tratta di «atti ripugnanti e criminali assolutamente inaccettabili per la Germania. L'accaduto è insopportabile per me anche sul piano personale», non ha escluso la via delle espulsioni rapide, operando successivamente in questo senso;
    da allora sono emersi numerosi casi precedenti e sono stati segnalati anche parecchi ulteriori casi di violenza in Europa, dalla Svezia alla Slovenia, dalla Francia all'Olanda, Italia compresa, in cui la violenza alle donne è stata perpetrata da cittadini di origine mussulmana. Sono evidenti l'atteggiamento di disprezzo nei confronti della donna e una sorta di azione di rivalsa per quella che ritengono una profonda umiliazione per la loro identità di maschi, frustrati dalla disoccupazione, dalla perdita di prestigio familiare, dalla mancanza di ruolo politico, e altro. In Italia si conoscono azioni di violenza commesse contro le proprie figlie o contro le proprie mogli, colpevoli di una sorta di contaminazione con la cultura occidentale che le vorrebbe più libere ed emancipate. A volta basta anche una semplice assimilazione di stili di abbigliamento o di comportamento più occidentalizzati con i propri coetanei per scatenare l'ira familiare;
    il fatto più preoccupante è che chi proviene da quei Paesi porta con sé un'idea della donna culturalmente diversa da quella occidentale, in cui comunque si riaffermano tutte le libertà costitutive dell'Occidente. Occorre non solo approfondire e rendere esplicita quale sia la natura del rapporto con le donne dell'Islam, caratterizzato spesso da una politica di dominio, che non si ferma davanti a forme di violenza strutturata come è accaduto con gli stupri e le violenze verificatesi in Iraq e Siria durante la conquista da parte dell'Isis, con i rapimenti di Boko Haram, e con la schiavitù sessuale e con i fatti gravissimi per cui centinaia di donne egiziane al Cairo sono state punite per la loro partecipazione attiva alla politica durante la cosiddetta primavera araba. Nel processo di accoglienza che riguarda i tanti rifugiati di cultura mussulmana deve esserci una chiara consapevolezza di come per noi sia irrinunciabile e urgente la difesa della libertà femminile da ogni forma di molestia, abuso e violenza sessuale;
    il processo di integrazione dei nuovi arrivati in Europa parte dal rispetto nei confronti del Paese ospitante, della sua cultura e delle sue tradizioni con un oggettivo impegno a rispettarne le leggi, gli usi e i costumi. Non c’è dubbio che aver ricevuto una formazione dalle chiare radici giudeo-cristiane consente loro una più rapida assimilazione della identità occidentale, con la piena valorizzazione del concetto di libertà personale e di pari dignità uomo-donna; mentre una formazione di marca islamica implica un itinerario più complesso per poter conservare la fedeltà a certi aspetti della propria tradizione, sottoponendone altri a quel processo di aggiornamento e di modernizzazione richiesto dalla evoluzione dei tempi e ben rappresentato nella Dichiarazione dei diritti universali dell'uomo e della donna;
    questa parte politica evidenzia che dai documenti, dai rapporti e dalle procedure relative alle attività di contrasto delle polizie europee nei riguardi delle violenze contro le donne poste in essere da stranieri, in particolare musulmani, e persino da prese di posizione di esponenti della sinistra italiana e di femministe, emergono: una sorta di sottovalutazione del fenomeno, distorte applicazioni di teorie giustificazioniste, la tendenza a «nascondere» l'entità del fenomeno per non apparire «islamofobi» o per non turbare i già complessi processi di integrazione;
    tali sconcertanti metodologie comportamentali dell'autorità di polizia, amministrative e politiche ha finito invece per portare acqua al mulino della destra estrema anti-immigrazione ed anti Unione europea (che difatti sta dilagando in tutti i Paesi dell'Unione europea), consentendole di affermare, purtroppo sulla base di numerosi elementi di evidenza pubblica;
    l'Unione europea e i Governi a guida di sinistra o centro sinistra in Europa «preferiscono» lavorare più per l'integrazione dei musulmani, che per tutelare la libertà delle donne europee;
    il processo di integrazione con l'Islam in realtà nasconde, anche per il crescente peso demografico dei musulmani, un progressivo piegarsi, sino all'assoggettamento, della cultura di libertà occidentale, dove la libertà delle donne sarà progressivamente ridotta, nel livello e negli spazi di agibilità (come peraltro già avvenuto al blindatissimo Carnevale di Colonia), e poi perduta;
    è fondamentale dimostrare che non è così, anche per evitare possibili derive autoritarie e xenofobe, nonché i rischi di un ritorno ad un triste passato. È fondamentale porre in essere le decisioni politiche, di legge e di contrasto, necessarie a tutelare le donne e la loro libertà, che è un valore assoluto, dalla violenza e dai tentativi di oppressione. È fondamentale dare veste legale all'assunto che chi non riconosce la parità e la libertà delle donne non può essere integrato,

impegna il Governo:

   in linea con gli impegni formulati nella mozione contro la violenza alle donne approvata nel giugno 2013, ad adoperarsi per fare dell'Italia un punto di riferimento per quanto attiene alle piena applicazione delle pari opportunità in tutti gli ambienti sociali e professionali;
   a rafforzare e dare veste legale ai contenuti della Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione emanata dal Ministro dell'interno Amato 2006 assumendo iniziative per:
    a) attivare programmi di formazione-informazione nei confronti delle persone che giungono nel nostro Paese, uomini e donne, e che hanno alle spalle culture e consuetudini diverse dalle nostre, soprattutto in tema di diritti civili e in particolare di diritti delle donne;
    b) garantire alle donne immigrate spazi e tempi adeguati per una formazione umana e professionale che consenta loro di inserirsi positivamente nel contesto sociale in modo da raggiungere una propria autonomia anche sul piano economico;
    c) assicurare alle donne immigrate luoghi concreti a cui poter accedere per conoscere i loro diritti, per comprendere meglio le loro responsabilità e per denunciare i torti di cui sono vittime;
    d) introdurre la sottoscrizione da parte di coloro che vengono da Paesi extraeuropei, di una carta dei diritti e dei doveri quale atto necessario per avviare il processo di integrazione, di riconoscimento della condizione di profugo, di richiesta di cittadinanza, di stabilimento nel Paese;
    e) prendere gli opportuni contatti con i rappresentati delle comunità straniere in Italia, al fine di ottenere la sottoscrizione della Carta;
   a valutare la possibilità di promuovere in sede comunitaria l'emanazione di norme che consentano l'allontanamento immediato dall'Unione degli stranieri che commettono violenza contro le donne o la perdita della qualifica di profugo o del titolo di soggiorno;
   ad assicurare un'elevata priorità alla lotta contro tutte le forme di violenza e di discriminazione nei riguardi delle donne: dallo sfruttamento della prostituzione, alla tratta delle donne, dai matrimoni con le spose bambine alle mutilazioni genitali;
   ad assumere iniziative per privilegiare, nelle procedure per l'accesso al nostro Paese, come già accade in alcuni Stati occidentali, le famiglie, le donne, i bambini e gli anziani che sfuggono non solo alle guerre, ma anche alla persecuzione religiosa;
   a rafforzare tutte le misure, compresi i presidi di polizia, che garantiscano alle donne la loro sicurezza, con particolare attenzione ad alcuni luoghi e ad alcune fasce orarie;
   ad assicurare una tempestiva informazione all'opinione pubblica italiana sulle condizioni e sui modi in cui si può favorire una sana integrazione, rispettosa dei diritti di tutti, aperta all'accoglienza e al confronto.
(1-01254) «Binetti, Bosco, Buttiglione, Calabrò».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


MOZIONI DE GIROLAMO ED ALTRI N. 1-01205, VEZZALI E MONCHIERO N. 1-001252, BINETTI ED ALTRI N. 1-01255, COSTANTINO ED ALTRI N. 1-01256, RONDINI ED ALTRI N. 1-01257 E BECHIS ED ALTRI N. 1-01258 CONCERNENTI INIZIATIVE PER PREVENIRE E CONTRASTARE IL FENOMENO DEL BULLISMO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la cronaca recente è contraddistinta da ripetuti episodi di bullismo nel nostro Paese, che spesso connotano le relazioni tra ragazzi più e meno giovani. Casi in cui, nelle scuole o in ambienti frequentati da giovani, si verificano vessazioni e violenze (fisiche, verbali e psicologiche) ai danni dei più deboli o semplicemente di «categorie» percepite come «diverse», sono all'ordine del giorno;
    l'ultimo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla salute e il benessere dei ragazzini di 11, 13 e 15 anni certifica che il 2 per cento delle ragazze e il 3 per cento dei ragazzi riferisce di aver subito atti di bullismo nella sua vita;
    molto più diffuso il fenomeno del cyber-bullismo. Secondo una ricerca del Censis e della polizia postale in metà delle scuole italiane prese in esame sono avvenuti atti di bullismo attraverso la rete, nonché tentativi di adescamento da parte degli adulti, vessazioni, minacce, invio di foto o video a contenuto sessuale;
    sia l'Organizzazione mondiale della sanità che il Censis certificano l'impotenza dei genitori, incapaci di difendere i loro figli dalle minacce e dai rischi reali e della rete;
    anche in Italia si registrano costantemente gravi episodi di bullismo, come testimoniano le cronache degli ultimi mesi. Qualche esempio:
     a) a Torino un quindicenne del Canavese ha vissuto un incubo lungo 3 mesi, finendo in depressione. Perseguitato da un gruppo di bulletti, il ragazzo era costretto a pagarli di volta in volta e, se non lo avesse fatto, sarebbe stato sistematicamente picchiato, 500 euro a settimana la richiesta folle, denaro che il ragazzino doveva sfilare ai genitori. «Se non puoi pagare la rata dovrai spacciare hashish per noi», 2 settimane fa; dopo 3 mesi, il ragazzo si è rivolto ai genitori e con loro ai carabinieri, che hanno arrestato due studenti minorenni, tutti della scuola superiore di Caluso;
     b) in Brianza, in un tremendo video, visibile su tutti i social dal febbraio 2016, si vede una banda di ragazzini, molto probabilmente di origine straniera, nel comune di Mezzago (Monza e Brianza), mentre pesta con violenza inaudita un coetaneo. Nessuno degli altri adolescenti interviene. Ci prova un residente di mezza età, ma viene, a sua volta, insultato e minacciato;
     c) a Lecce, in un paesino (Galatone) del Salento, l'11 febbraio 2016, un dodicenne è stato costretto dai suoi compagni a stendersi sui binari ferroviari e ad essere colpito da piombini di gomma sparati da un fucile ad aria compressa;
     d) a Pordenone nel mese di gennaio 2016 una ragazzina di 12 anni si è gettata dal balcone per colpa degli scherzi dei compagni di classe, lasciando una lettera: «Adesso sarete contenti». Il gesto è il risultato di mesi di bullismo perpetrato nei suoi confronti dai suoi compagni di classe;
    a questi episodi si devono aggiungere i dati allarmanti sui fenomeni crescenti legati a condotte vessatorie nei confronti di giovani, come il cyber-bullismo ed altri usi impropri di strumenti di comunicazione;
    si tratta di una situazione che rende evidente l'inadeguatezza degli attuali strumenti di monitoraggio e di contrasto ad un fenomeno devastante che produce danni irreversibili nei confronti delle giovani vittime,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa volta a prevenire, ridurre e reprimere con fermezza episodi di bullismo anche attraverso azioni tese a:
    a) sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema del bullismo;
    b) realizzare progetti formativi, in collaborazione con enti ed associazioni, che facilitino la prevenzione di atti di bullismo e l'individuazione dei colpevoli;
    c) introdurre, nel sistema nazionale educativo di istruzione, attività didattiche volte alla prevenzione e alla conoscenza del fenomeno del bullismo, anche nelle sue manifestazioni più recenti;
    d) promuovere attività di aggiornamento e formazione dei docenti e l'attivazione presso le scuole di punti di ascolto deputati ad intercettare ed offrire assistenza personale a studenti vittime di episodi di violenza e bullismo, attraverso misure di prevenzione, consulenza e tutela;
    e) introdurre un sistema sanzionatorio nei confronti di quanti, istituzionalmente deputati alla vigilanza e tutela dei minori, omettano di denunciare o comunque consentano fenomeni di bullismo;
    f) introdurre percorsi rieducativi obbligatori nei confronti di quanti si rendano responsabili di atti di bullismo.
(1-01205) «De Girolamo, Occhiuto, Gullo, Palmieri».


   La Camera,
   premesso che:
    con il termine «Bullismo» si definiscono quei comportamenti offensivi e/o aggressivi che un singolo individuo o più persone mettono in atto, ripetutamente nel corso del tempo, ai danni di una o più persone con lo scopo di esercitare un potere o un dominio sulla vittima;
    il bullo è a persona che usa violenza psicologica o fisica, ma anche se a livello comportamentale esprime una forza, mostra, in realtà, tutta la debolezza di soggetto che cerca di attirare l'attenzione su di sé perché vive un disagio o lo subisce, magari in famiglia;
    essere vittima di bullismo crea problemi nei soggetti più deboli, che si sentono inadeguati, esclusi dal gruppo e perfino in colpa;
    da qualche anno, la diffusione dei supporti informatici ha fatto riscontrare anche casi di cyber-bullismo o bullismo elettronico;
    il bullismo è, in sintesi, comportamento che nuoce alla società, rappresenta una minaccia per il suo naturale sviluppo, alimenta l'aggressività e la criminalità, comportamenti, questi, che un Paese civile e, soprattutto moderno non può e non deve tollerare;
    il bullismo non può essere circoscritto a nessuna categoria né sociale, né anagrafica;
   esso è una prevaricazione spesso legata all'affermazione di una superiorità dovuta all'età, alla forza fisica o al sesso e può nascondere disagio conseguente a una discriminazione religiosa o a diversità etnica o di genere;
    alcune indagini condotte nelle scuole superiori italiane hanno evidenziato che un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica e terzo è vittima ricorrente di abusi; le prepotenze sono perlopiù verbali e psicologiche rispetto a quelle fisiche; il 42 per cento dei ragazzi ammette di essere stato preso in giro, il 30 per cento ha subito offese, circa il 24 per cento è stato vittima di calunnie, l'11 per cento dichiara di essere stato minacciato;
   la risposta migliore al bullismo è la cultura del rispetto; ricerche sul fenomeno, infatti, hanno dimostrato che se la scuola riesce a far sentire integrato e rispettato ogni studente, i fenomeni di prevaricazione violenta e della sottomissione alla violenza diminuiscono in modo evidente;
    in questi anni lo sport si è rivelato un interessante mezzo di contrasto al fenomeno del bullismo e della violenza in generale, con i suoi valori positivi, tanto che più volte si sono schierati per combattere questo fenomeno, Coni, Figc e campioni di diverse discipline;
    come lo sport, la scuola è un luogo di competizione dove si impara anche a perdere, perché la sconfitta non è un fallimento, ma è sempre e comunque un momento per crescere, per migliorare ripensando se stessi;
    il bullismo è un problema serio e diffuso che coinvolge scuola, famiglia, organizzazioni giovanili e contesto sociale; un atto di bullismo non va confuso con un banale «scherzo fra ragazzi», ma va punito perché è un atto di inciviltà ma, soprattutto, non va taciuto perché il silenzio non aiuta né vittima, né persecutore, entrambi, comunque, bisognosi di aiuto;
    sono molti i siti internet, i numeri attivi, le iniziative di comuni che puntano a combattere il fenomeno del bullismo e sono altrettante le segnalazioni di disservizi da parte di famiglie che chiedono informazioni e aiuto senza riuscire a contattare personale qualificato; anche la polizia di Stato e i Carabinieri hanno sui loro siti internet pagine dedicate al bullismo con descrizioni, consigli e numeri a cui rivolgersi;
    un grande ruolo possono assumere i media nel contrasto al bullismo se solo si provasse a fare una maggiore e più corretta informazione sul problema, se si promuovesse l'utilizzo di un linguaggio appropriato e rispettoso di gerarchie, ruoli, regole, se si attivassero controlli per evitare il turpiloquio che spesso ricorre in alcuni programmi televisivi e che è diseducativo, se si contrastasse l'esasperata violenza che caratterizza alcuni giochi elettronici che dovrebbe essere denunciata e vietata soprattutto in alcune fasce di età;
    alcuni episodi recenti ai quali ha dato risalto la cronaca portano a pensare che il bullismo è più diffuso di quanto non si sia immaginato finora e necessita di azioni di repressione che nascano da sinergie fra famiglie, scuola, istituzioni, media, affinché si possa evitare di annoverare anche questo disagio fra le malattie sociali da affrontare,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni iniziativa di competenza volta a contrastare il fenomeno del bullismo, a favorire una crescita equilibrata di bambini e adolescenti e ad ostacolare ogni forma di prevaricazione che deve essere punita e stigmatizzata;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative rivolte alle famiglie e alle scuole per contrastare, in particolare, il fenomeno del cyber-bullismo, considerato che le stesse da sole non riescono a fronteggiare i rischi che presenta il web in materia e che rendono vulnerabili i ragazzi che vi accedono;
   ad attivare percorsi per formare adeguatamente gli insegnanti, affinché possano cogliere tempestivamente i disagi delle vittime e bloccare tutte le forme di bullismo, e a promuovere campagne di informazione sui rischi derivanti da un uso poco consapevole di internet e dai giochi elettronici cruenti, che possono contribuire a determinare violenze gratuite verso i soggetti deboli.
(1-01252) «Vezzali, Monchiero».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno del bullismo – ovvero quei comportamenti e quegli atti offensivi o aggressivi che una o più persone mettono in atto ai danni di una o più persone per umiliarle, marginalizzarle, o ridicolizzarle – è in continua evoluzione; tanto più che, attraverso le nuove tecnologie che permettono agli aggressori di insinuarsi continuamente nella vita altrui e con pervasività sempre maggiore, si sono moltiplicati i mezzi mediante i quali vengono perpetrate prepotenze o soprusi. Il termine «bullismo» è stato utilizzato per la prima volta in una norma di rango legislativo nel 2012: in particolare nell'articolo 50 del decreto-legge n. 5/2012 convertito dalla legge n. 35 del 2012, laddove si parla di integrazione degli alunni diversamente abili, di prevenzione dell'abbandono e di contrasto dell'insuccesso scolastico e formativo, specie per le aree di massima corrispondenza tra povertà e dispersione scolastica. Il nostro ordinamento però non prevede allo stato attuale disposizioni specifiche per prevenire e contrastare lo specifico fenomeno del bullismo, specie nella sua forma informatica. Pertanto si pone come improcrastinabile un intervento normativo finalizzato a delineare una cornice normativa ben definita per la tutela e la salvaguardia dei minori;
    negli ultimi anni infatti è cresciuta in modo costante l'attenzione dei media e della società nei confronti del fenomeno del bullismo a scuola. In Italia, lo studio di questa tematica risale agli anni ’90, quando un gruppo di ricercatori dell'università di Firenze ha effettuato un'indagine nazionale sul fenomeno del bullismo a scuola rilevando una situazione di una certa gravità;
    il ripetersi di atti di bullismo, sulla base di quell'indagine, risultò maggiore rispetto ad altri Paesi europei. Il fenomeno si presentava con alcune caratteristiche peculiari, soprattutto come aggressività verbale: era diffuso tra i più piccoli e tendeva a decrescere man mano che si proseguiva nelle classi superiori;
    a rendere ancora più allarmante il fenomeno è che gli atti sono compiuti, nella maggior parte dei casi negli ambienti di prossimità in cui vivono i ragazzi e gli stessi bambini: la scuola, gli ambienti sportivi e i luoghi in cui abitualmente i bambini giocano. Perché si possa parlare di bullismo è necessario che gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni siano intenzionali, messi in atto dal bullo (o dai bulli) per provocare un danno alla vittima; le azioni dei bulli debbono durare nel tempo, per settimane, mesi o anni e ci deve essere una evidente asimmetria nella relazione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l'azione e chi la subisce, per ragioni di età, di forza, di genere e per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei; ciò che conta è che la vittima non è in grado di difendersi, è isolata e ha paura di denunciare gli episodi di bullismo perché teme vendette. Per questo nella prevenzione occorre coinvolgere i minorenni, le loro famiglie, le scuole e le diverse realtà educative (sportive, parrocchiali, associazioni);
    il bullismo informatico negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale tra i ragazzi in quanto messo facilmente in atto attraverso mezzi elettronici di cui la maggior parte dei minori dispone fin da un'età molto precoce, ossia telefoni cellulari, blog, social network e posta elettronica. Come nel bullismo tradizionale, il prevaricatore prende di mira chi è ritenuto «diverso», che diviene vittima per un qualsiasi tipo di discriminazione che va dall'aspetto fisico, al modo in cui si presenta, per esempio con un abbigliamento non convenzionale, e altro;
    oggi come oggi si va allargando la percezione della responsabilità che coinvolge non solo chi commette il fatto, ma anche la rete dei fiancheggiatori e perfino quella dei semplici spettatori che assistono senza intervenire positivamente a porre un freno e se possibile uno stop alla violenza che si sta perpetrando;
    una ricerca di Save the Children, svolta in collaborazione con l'Ipsos, ha messo in evidenza proprio che 4 minori su 10 sono testimoni di atti di bullismo verso coetanei, percepiti «diversi» per aspetto fisico (67 per cento), per orientamento sessuale (56 per cento) o perché stranieri (43 per cento). Sebbene i dati forniti siano basati su racconti ricevuti e pareri personali degli intervistati, il 33 per cento degli adolescenti ritiene che sia diffuso, fra gli amici, fornire il proprio numero di cellulare a un soggetto conosciuto su internet, o avere con questo un incontro di persona (28 per cento). Il 22 per cento dei ragazzi intervistati ritiene frequente l'invio di immagini o video di conoscenti nudi o seminudi, ovvero l'attivazione della webcam, per mostrarsi seminudi o nudi al fine di ricevere regali, il 19 per cento, con conseguenze tristemente note. Le conseguenze che, spesso, configurano veri e propri atti persecutori, sono l'immediato isolamento della vittima con conseguenti danni psicologici che nei casi più gravi spingono a gesti estremi, come il suicidio;
    sono stati infatti soprattutto alcuni gravi episodi di cronaca, in particolare alcuni suicidi avvenuti nell'ambito studentesco, a far emergere questo fenomeno. Recentemente, il bullismo si è manifestato e continua a manifestarsi anche attraverso l'uso della rete internet; spesso i molestatori, soprattutto se giovanissimi, non hanno piena coscienza delle conseguenze dei loro atti persecutori e di quanto ciò possa nuocere al coetaneo, in troppi casi irreparabilmente;
   sulla definizione e le forme del fenomeno nel nostro Paese è necessario sottolineare come la Fondazione Censis, su incarico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha svolto nel 2008 la «Prima indagine nazionale sul bullismo». Ricerche più recenti sono state condotte da singoli studiosi e sono state presentate nel 2010, nel 2012 e, per gli Stati Uniti, nel 2014; secondo il Censis, il 22,3 per cento delle famiglie denuncia frequenti atti di bullismo nelle classi frequentate dai figli; il 27,6 per cento episodi isolati, mentre il 50,1 per cento non rileva il problema. Nella maggioranza dei casi i genitori segnalano offese ripetute ai danni del proprio figlio;
    recentemente, sul fronte del contrasto alla lotta al bullismo ed al cyber-bullismo, il Governo, rispondendo all'interrogazione n. 5-02483 presentata dalle prime firmatarie del presente atto, ha ricordato che sono stati messi a disposizione delle istituzioni scolastiche, delle famiglie e delle vittime del fenomeno una serie di strumenti, ad iniziare dalla direttiva n. 16 del 5 febbraio 2007;
    tra le iniziative già intraprese per contrastare il bullismo è necessario ricordare: l'istituzione di un numero verde riservato a genitori e studenti per la segnalazione dei casi, richieste di informazioni e consigli; una nuova versione aggiornata del sito internet «smontailbullo.it», che si occupa di inquadrare il fenomeno da un punto di vista psico-sociologico e culturale fornendo suggerimenti per fronteggiarlo e infine gli osservatori regionali permanenti sul bullismo, attivi presso gli uffici scolastici regionali;
    rispetto al tema del cyber-bullismo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha promosso e sostenuto azioni volte al contrasto di tale fenomeno nel Piano nazionale denominato «Più scuola meno mafia» realizzando, a partire dal 2010, una serie di iniziative e progetti volti a contrastare tale fenomeno attraverso il sostegno psicologico alle vittime e l'informazione e la formazione degli studenti e delle famiglie sull'uso ed abuso della rete informatica;
    recentemente, il suddetto Ministero ha promosso il progetto «Safer Internet-Generazioni Connesse» per un uso consapevole di internet e dei new media. Il Ministero, inoltre, ha realizzato il già citato portale «smontailbullo.it» e il portale «Urp Social» tematico, nel quale vengono offerte alle scuole opportunità di approfondimento e di orientamento rispetto a questo fenomeno sociale, sempre più diffuso;
    nell'ottica del processo di innovazione della didattica educativa e della formazione, lo stesso Ministero ha realizzato due social network rivolti ai ragazzi under 13 e 14, che possono così comunicare e socializzare le proprie esperienze ed emozioni nel quadro delle regole sulla sicurezza informatica e delle norme sulla privacy;
    è altresì necessario sottolineare come presso la commissione giustizia della Camera dei deputati si stanno discutendo progetti di legge d'iniziativa parlamentare diretti a: a) definire gli atti di bullismo e di bullismo informatico; b) prevedere specifiche sanzioni penali (reclusione da sei mesi a quattro anni) per coloro che compiono atti di bullismo; c) disciplinare il risarcimento dei danni causati alle strutture scolastiche; d) regolare le attività del dirigente scolastico che venga a conoscenza delle attività di bullismo;
    l'Unione europea ha sviluppato strumenti di contrasto al fenomeno del cyber-bullismo con particolare riguardo alle politiche di protezione dei minori in attuazione dell'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali. Va ricordato anche il Programma per i diritti dei minori del febbraio 2011, che include, tra le sue azioni, il sostegno agli Stati membri e alle altre parti interessate al potenziamento della prevenzione, della responsabilizzazione e della partecipazione dei minori al fine del contrasto del cyber-bullismo. Questa azione si realizza con il programma Safer Internet e mediante la cooperazione con l'industria attraverso iniziative di autoregolamentazione;
    un obiettivo on line sicuro per i minori rientra tra gli obiettivi dell'Agenda digitale per l'Europa. Si segnala in particolare la comunicazione del maggio 2012 «Strategia europea per un'internet migliore per i ragazzi» che prevede, tra l'altro, raccomandazioni agli Stati membri ed agli operatori del settore volte ad instaurare meccanismi affidabili di segnalazione dei contenuti e dei contatti dannosi per i ragazzi. In tale quadro, deve ricordarsi l'autoregolamentazione europea nell'ambito della CEO Coalition che prevede, tra l'altro, meccanismi di segnalazione degli abusi, strumenti di classificazione dei contenuti e misure per la rimozione degli stessi;
    è, quindi, fondamentale contrastare ed intensificare ulteriormente la lotta contro il fenomeno del bullismo e del bullismo informatico attraverso misure dirette a prevenire e reprimere tale fenomeno che sta drammaticamente sviluppandosi nel nostro Paese,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, oltre a quelle già attivate, volte a contrastare il fenomeno del bullismo e soprattutto del cyber-bullismo mediante l'adozione di campagne informative dirette a rendere consapevole e, quindi, a sensibilizzare l'opinione pubblica ed in particolare le famiglie circa la gravità di tale fenomeno;
   ad avviare corsi di formazione dei docenti nelle scuole sul tema del bullismo al fine di prevenire tale fenomeno e comunque di intervenire tempestivamente per porvi un limite; favorire, per quanto di competenza, un rapido iter dei progetti di legge sul contrasto al bullismo e al cyber-bullismo;
   ad assumere iniziative per informare, sensibilizzare e responsabilizzare i minori in merito alle forme di violenza e di prevaricazione di cui possono essere oggetto in modo da aiutarli a parlarne in famiglia o a scuola, per ridurre i rischi e le conseguenze di tali comportamenti;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre nelle scuole la figura dello psicologo, o per lo meno di uno sportello psicologico, che sia di sostegno ai docenti, alle famiglie ed ai minori nella soluzione dei loro problemi e delle loro difficoltà in modo da prevenire eventuali fenomeni di bullismo, anche attraverso interventi efficaci e tempestivi;
   ad adottare iniziative dirette a sensibilizzare i minori circa i rischi ed i rilevanti pericoli della rete internet al fine di un corretto utilizzo degli strumenti informatici.
(1-01255) «Binetti, Calabrò, Bosco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dagli anni ‘70, nell'ambito delle scienze psico-sociali sono stati studiati comportamenti aggressivi intenzionali, spesso ripetuti nel corso del tempo, ad opera di uno o più pari, contro un individuo o un gruppo. Tali comportamenti realizzati da bambini o da adolescenti sono raggruppati sotto il termine di «bullismo» e includono atteggiamenti antisociali come colpire, dare calci e pugni, prendere in giro o insultare, ma anche atti intimidatori indiretti, come il pettegolezzo, l'isolamento sociale e la distruzione, il furto o la perdita di oggetti delle vittime;
    la lotta bullismo è al centro dell'attività di tante istituzioni anche a livello internazionale. L'Unesco in un manuale per insegnanti del 2009, scrive che «chi è vittima di bullismo è più probabile che, rispetto ai compagni, sia depresso, si senta solo o ansioso e abbia una bassa stima di sé. I bulli di solito, mettono in atto comportamenti aggressivi per gestire situazioni in cui si sentono ansiosi, frustrati, umiliati o derisi dagli altri». Il bullismo può portare, in alcuni casi, anche a scelte estreme;
    la vittimizzazione, fisica o psicologica, può essere dovuta all'ignoranza, alla paura, all'odio o ai pregiudizi e può essere rafforzata dalle norme culturali, dalla pressione dei pari e in alcuni casi dal desiderio di vendetta nei confronti di una specifica persona. Le vittime possono essere persone incapaci di difendersi o considerate differenti a causa della loro provenienza etnica o culturale, del colore della pelle, della disabilità o perché non mostrano quelle caratteristiche che la cultura attribuisce in modo stereotipato alla mascolinità o alla femminilità, colpendo persone omosessuali, trans o ritenute tali pur non essendolo;
    il bullismo è visto come una modalità di relazione che si svolge tra due persone, una nel ruolo del bullo e l'altra in quello della vittima, anche se molte ricerche mostrano come il bullismo spesso coinvolga non tanto singoli individui quanto gruppi interi di ragazzi o studenti, ma in realtà affonda le sue radici nel contesto sociale dei bambini e degli adolescenti e nelle aspettative sociali che spingono questi giovani a conformarsi a certi atteggiamenti attesi e condivisi;
    un altro fattore importante menzionato da molte ricerche è l'importanza del ruolo di chi assiste agli atti di bullismo, anche se solo alcuni hanno osservato a fondo questa dinamica. Ad esempio, alcune ricerche hanno messo in evidenza che nei contesti scolastici gli studenti che si dichiaravano spettatori di fenomeni di bullismo, erano di volta in volta assistenti che aiutavano attivamente i bulli; sostenitori che li incoraggiavano; esterni che si chiamavano fuori e osservavano a distanza; difensori che intervenivano per proteggere le vittime;
    il bullismo è un processo sociale complesso essendo un comportamento aggressivo riconosciuto come diverso da ogni altra forma di violenza. La frequenza e la gravità di questo comportamento può variare a seconda delle situazioni ed è stato evidenziato dalle ricerche che studenti che mostrano lo stesso livello di aggressività tendono a coalizzarsi tra di loro, con conseguente aumento dell'intensità del loro comportamento nel corso del tempo, anche grazie al rinforzo ricevuto dai pari;
    i risultati delle ricerche condotte in Italia e all'estero dimostrano che il bullismo è parte integrante della quotidianità della maggioranza degli studenti presi in considerazione, i quali possono essere bulli o vittime, ma è stata osservata in percentuali non indifferenti anche la condizione di chi ricopre entrambi i ruoli a seconda delle circostanze;
    la diffusione di computer, internet, cellulari e altri strumenti di comunicazione elettronica ha portato con sé anche la diffusione del cyberbullismo e la tecnologia è diventata la nuova alleata di quei bulli che utilizzano telefono, e-mail, messaggi, siti web, bacheche elettroniche e newsgroup come strumenti per aggredire le loro vittime;
    secondo la recente ricerca Istat «Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi» (diffusa a dicembre 2015 su dati relativi al 2014) più del 50 per cento degli intervistati 11-17enni ha dichiarato di essere rimasto vittima, nei 12 mesi precedenti l'intervista, di un qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento. Una percentuale significativa, pari al 19,8 per cento, dichiara di aver subìto azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese. Per quasi la metà di questi (9,1 per cento), si tratta di una ripetizione degli atti decisamente asfissiante, una o più volte a settimana. Speso due diversi tipi di prepotenze riguardano una stessa persona: circa il 72 per cento di quanti hanno lamentato azioni diffamatore e/o di esclusione sono stati vittima anche di offese e/o minacce. Le ragazze presentano una percentuale di vittimizzazione superiore rispetto ai ragazzi;
    tra le molteplici azioni attraverso cui il bullismo si manifesta, la ricerca ha rilevato che quella più comune è l'uso di espressioni offensive: il 12,1 per cento delle vittime dichiara di essere stato ripetutamente offeso con soprannomi offensivi, parolacce o insulti; il 6,3 per cento lamenta offese legate all'aspetto fisico e/o al modo di parlare. Più contenuta la quota di quanti dichiarano di aver subìto azioni diffamatorie (5,1 per cento) e di esclusione dovuta alle proprie opinioni (4,7 per cento). Non mancano le violenze fisiche: il 3,8 per cento degli 11-17enni è stato colpito con spintoni, botte, calci e pugni da parte di altri ragazzi/adolescenti;
    secondo una indagine condotta nel 2016 da Sos Il Telefono Azzurro e DoxaKids, in Italia un adolescente su cinque subisce episodi di bullismo, da parte dei suoi coetanei, in quasi l'80 per cento dei casi a scuola, mentre il 10 per cento lo subisce online e sui social network;
    varie ricerche hanno osservato il legame esistente tra bullismo e disturbi alimentari, che colpisce non solo la vittima, ma anche il bullo. Uno studio dell'università della North Carolina, condotto su 1420 bambini e pubblicato sull’International Journal of Eating Disorders a novembre 2015, ha rilevato che i bulli hanno un rischio doppio di comportamenti bulimici, come l'abbuffarsi o sottoporsi a purghe rispetto agli altri bambini non vittime di bullismo. I ricercatori nella loro indagine hanno analizzato le interviste raccolte nel database del Great Smoky Mountains Study, con oltre 20 anni di informazioni su partecipanti seguiti dai 9 ai 16 anni. In questo modo hanno visto che le vittime di abusi da parte di coetanei hanno un rischio doppio di disturbi alimentari, in particolare di anoressia (11,2 per cento rispetto al 5,6 per cento dei coetanei non bullizzati) e bulimia (27,9 per cento contro il 17,6 per cento) rispetto a chi non ha subito episodi di bullismo. Valori che crescono nei bambini che sono stati sia bulli che vittime (22,8 per cento di anoressia contro il 5,6 per cento degli altri, 4,8 per cento di abbuffate contro l'1 per cento), e ancora di più nei bulli, dove il 30,8 per cento mostra sintomi di bulimia contro il 17,6 per cento dei bambini non coinvolti nel bullismo;
    i risultati di 11 studi pubblicati dal 1989 al 2003 dimostrano che gli alunni con disabilità, sia visibili che invisibili, sono vittime di bullismo più frequentemente dei coetanei non disabili, e i ragazzi disabili sono oggetto di prepotenze più spesso rispetto alle ragazze disabili (Carter e Spencer, 2006). La ricerca, peraltro limitata, sulla relazione tra bullismo e necessità educative speciali si è inserita maggiormente nell'ambito delle disabilità visibili, mentre poche ricerche sono state effettuate sull'associazione tra bullismo e disabilità invisibili, tra i quali i disturbi dell'apprendimento. Ma i pochi studi effettuati sono concordi nell'affermare che avere una disabilità, come un disturbo dell'apprendimento, rende gli studenti maggiormente a rischio di subire forme di bullismo;
    a tal proposito, va segnalato che, nonostante l'Italia abbia ratificato e dato esecuzione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità fin dal 2009, ad essa non è stata data piena e completa attuazione e ciò produce effetti negativi anche sulle persone con disabilità vittime di bullismo. Dell'inadeguatezza della legislazione italiana, si dà dato atto nel primo rapporto dettagliato sulle misure prese per rendere efficaci gli obblighi assunti dall'Italia in virtù della Convenzione e sui progressi conseguiti al riguardo, che l'Italia ha presentato all'ONU a novembre 2012. Ad oggi, la principale fonte normativa italiana che si occupa di persone con disabilità (legge 5 febbraio 1992, n. 104) rimane centrata sulla nozione di persona handicappata, superata anche dal punto di vista linguistico, che come scritto nel rapporto: «pone l'accento sulle limitazioni delle facoltà (minorazioni) e lo svantaggio sociale che ne deriva (handicap), dunque sugli elementi che condizionano in negativo la vita della persona con disabilità. Nella legge manca, quindi, un riferimento all'ambiente in cui la “persona con disabilità” vive ed interagisce, in rapporto al quale le “menomazioni” devono essere valutate. L'automatismo secondo cui l'handicap è conseguenza della minorazione è un aspetto potenzialmente critico e superato dalle visioni più recenti della condizione di disabilità»;
    anche se dalle ricerche a livello internazionale emerge che tra gli atti di bullismo gli insulti razzisti sono più diffusi, in ambito scolastico è stato osservato che gli studenti riferiscono di sentirsi feriti piuttosto da offese che chiamano in causa la loro «sessualità» che da insulti legati alla loro razza o etnia, alle credenze religiose o al diverso bagaglio culturale;
    la maggiore sensibilità mostrata dai giovani verso gli insulti con una connotazione sessuale dipende dal fatto che questi epiteti costituiscono un attacco diretto all'identità dell'individuo, invece che al suo background razziale, culturale o religioso. Ricerche condotte in scuole inglesi, ma la realtà non è differente in Italia, hanno mostrato che epiteti a sfondo sessuale, in particolare quelli che mettono in dubbio la virilità, continuano a essere frequenti nei contesti scolastici e sono scambiati soprattutto tra i maschi;
    sul piano socio-politico, numerosi studi qualitativi e quantitativi condotti sempre in diversi Paesi hanno messo in evidenza che il ruolo della scuola continua ad essere quello di un «fattore di mascolinizzazione», cioè un veicolo di promozione di una serie di valori e ideali (maschili) che devono prevalere sugli altri e tutto ciò che non è maschile ed eterosessuale è automaticamente considerato come debole;
    esiste ancora un problema di poca considerazione della popolazione studentesca femminile. Questo non indica, come spiegano ad esempio alcuni autori inglesi (Mac e Ghaill), una scelta intenzionale del corpo docente, ma un problema endemico di un sistema educativo mirato a promuovere una visione tradizionalista dei ruoli di genere. Tali atteggiamenti e convinzioni di stampo conservatore sono rafforzati non solo tra generi, ma anche all'interno dello stesso genere. I ragazzi che non corrispondono agli stereotipi, ad esempio, si espongono al rischio di essere aggrediti dai coetanei in quanto non soddisfano le aspettative legate al loro ruolo di genere;
    il tema della decostruzione critica dei modelli sociali dominanti tuttora alla base delle relazioni tra i sessi è centrale nella lotta al bullismo. Esso di recente è entrato anche nella Convenzione di Istanbul, ratificata da parte dell'Italia, che ha riaperto nelle sedi istituzionali il dibattito sul fenomeno della violenza sulle donne. Come prevede esplicitamente il III capitolo della Convenzione i Paesi aderenti devono adottare politiche di prevenzione tra le quali un ruolo fondamentale è affidato ad interventi che accompagnino i percorsi scolastici delle ragazze e dei ragazzi, per promuovere cambiamenti nei modelli di comportamento socio-culturali per sradicare i pregiudizi, i costumi, le tradizioni e le altre pratiche basate sull'idea dell'inferiorità della donna o su ruoli stereotipati per donne e uomini. In particolare, si invitano «le Parti [ad intraprendere] le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi». L'invito è a promuovere tali azioni anche nelle strutture di istruzione non formale, nonché nei centri sportivi, culturali e di svago e nei mass media;
    programmare e sostenere interventi strutturali, soprattutto a scuola, che contrastino e prevengano il bullismo è fondamentale, ma nessun intervento può raggiungere l'obiettivo se ci si limita al momento repressivo, ignorando la conoscenza dei fenomeni sottostanti e i documenti internazionali che chiedono un impegno nella direzione di decostruire stereotipi e pregiudizi;
    tra gli interventi che – soprattutto nella scuola – occorre mettere in campo per contrastare il bullismo, deve esserci quello dell'ascolto da parte degli insegnanti. Su questo è necessario investire per offrire al personale docente gli strumenti e l'aggiornamento necessario a sviluppare o rafforzare le capacità di ascolto dei bisogni degli studenti e delle studentesse;
    la recente indagine ISTAT, già citata, contiene dati che non possono essere ignorati relativamente ai diversi contesti socio-educativi in cui i ragazzi si muovono. L'ambito familiare di appartenenza, il rapporto con il gruppo dei pari e il percorso scolastico intrapreso rappresentano elementi rilevanti del vivere quotidiano che incidono sui comportamenti e il modo di relazionarsi dei giovanissimi;
    guardando al tipo e al livello di formazione scolastica, è possibile distinguere particolari ambiti dove le azioni di bullismo sono più ricorrenti. Le quote di vittime sono più alte tra i ragazzi 11-13enni che frequentano la scuola secondaria di primo grado. Quelle che in passato si chiamavano «scuole medie» si presentano come l'anello debole del sistema dell'istruzione;
    la percentuale di vittimizzazione varia a seconda delle caratteristiche delle famiglie in cui vivono gli 11-17enni. Il 12,2 per cento di quanti vivono in famiglie poco numerose (meno di quattro persone) dichiara di aver ricevuto prepotenze, con cadenza più che settimanale, mentre nelle famiglie in cui sono presenti più fratelli/sorelle risulta relativamente meno consistente la percentuale di ragazzi/adolescenti rimasti vittima di azioni di bullismo;
    il 23,6 per cento degli 11-17enni che si vedono raramente con gli amici è rimasto vittima di prepotenze una o più volte al mese, contro il 18 per cento riscontrato tra chi incontra gli amici quotidianamente,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per avviare la modifica e l'integrazione dei piani di studio delle scuole e dei programmi degli insegnamenti del primo e del secondo ciclo, in coerenza con gli obiettivi generali del processo formativo di ciascun ciclo e nel rispetto dell'autonomia scolastica, al fine di garantire — come richiesto dall'articolo 14 della Convenzione di Istanbul – l'inclusione di materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi;
   ad assumere iniziative per finanziare, mediante lo stanziamento di adeguate risorse, un piano di formazione per insegnanti di ogni ordine e grado, ma in particolare nella scuola secondaria di primo grado, per lo sviluppo di capacità di ascolto degli studenti, mediante l'adozione di tecniche di « empowerment» delle relazioni, della valorizzazione degli studenti, della pedagogia e della didattica;
   a contrastare il bullismo nei confronti delle persone con disabilità dando piena e completa attuazione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, partendo dall'assunzione di iniziative per eliminazione dell'espressione «persona handicappata» dovunque ricorra leggi e regolamenti e finanziando interventi nelle scuole per diffondere tra i giovani i principi e i contenuti del nuovo «paradigma» introdotto dalla Convenzione;
   a partecipare, nella persona della Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, all'incontro internazionale dei ministri dell'istruzione organizzato a Parigi dall'UNESCO il 17 maggio 2016 dal titolo « Education Sector Responses to Violence based on Sexual Orientation and Gender Identity/Expression» e a riferirne gli esiti al Parlamento con l'indicazione puntuale delle misure e degli interventi ai quali il Governo intende dare seguito.
(1-01256) «Costantino, Nicchi, Gregori, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zaccagnini».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi tempi si nota un incremento generale di atti violenti e intimidatori, denominati dal termine inglese « bulling», atti di bullismo, nelle scuole di tutto il Paese, che sono sfociati anche in tentati omicidi, suicidi e problemi psicologici semi irreversibili da parte di chi li subisce. Un fenomeno che non può essere considerato come semplice bolla mediatica. Pari al 49,9 per cento del totale, difatti, risulta la quota di famiglie che segnala il verificarsi di prepotenze di diverso tipo (verbale, fisico, psicologico) all'interno delle classi frequentate dai propri figli, con una diffusione che risulta elevata in tutti gli ordini di scuola, e particolarmente nella scuola secondaria inferiore dove raggiunge il 59,0 per cento delle classi. La frequenza delle segnalazioni è invece la stessa nelle quattro aree geografiche maggiori (si va da un massimo del 50,8 per cento al Nord ovest, ad un minimo del 48,3 per cento al Nord est) e nei diversi centri abitati, con una leggera flessione nelle aree urbane di dimensione mediogrande (nella città che hanno tra i 100 ed i 250.000 abitanti le famiglie che segnalano sono il 43,7 per cento del totale);
    questo fenomeno, inoltre, non può essere più slegato da quello denominato cyberbullismo o bullismo informatico;
    il progresso tecnologico degli ultimi anni in relazione al fenomeno del mercantilismo radicale ha imposto nella società del consumo un utilizzo fuorviante delle nuove tecnologie, senza, in nessun modo e allo stesso tempo, essere accompagnato da un progresso culturale mirato a far maturare un giusto e responsabile utilizzo delle stesse;
    il mondo virtuale ha trovato sempre più spazio in un contesto dove gli uomini sono sempre più soli e difficilmente riescono a sviluppare relazioni interpersonali;
    la pericolosità del bullismo è data soprattutto dalla pervasività e dalla sua forza trainante in quanto fa leva su alcuni aspetti che caratterizzano sia l'età adolescenziale sia la nostra epoca: un generalizzato disagio epocale causato dalla perdita di solidi punti di riferimento, la debolezza etica del tessuto sociale, un futuro poco promettente. Questa minaccia pesa sulla scuola mettendo a rischio l'ambiente educativo, ma pesa anche sull'intera società che ne è corresponsabile e che, quindi, ha il dovere di sostenerla in questo difficile impegno;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, le cause di ciò che è accaduto devono essere individuate al fine di comprendere meglio il fenomeno: una sistematica rinuncia ai riferimenti valoriali nell'istituzione scuola, una continua aggressione verso l'istituito della famiglia, la diffusione ideologica di una visione della vita volta a rinnegare le radici culturali e tradizionali del nostro popolo, la continua propaganda del pensiero relativista che ha creato nelle giovani generazioni uno stato di confusione permanente dove diventa dote personale la capacità di distinguere ciò che è bene da ciò che è male;
    il progresso della società moderna è stato viziato dalla rinuncia a quei riferimenti valoriali che rappresentavano le fondamenta di una comunità capace di comprendere l'importanza della tutela dei propri figli quale bene primario;
    il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo va contrastato con energia e con provvedimenti mirati e specifici, volti a sviluppare una giusta modalità di intervento partendo in primo luogo dalla conoscenza del problema e dalla formazione degli educatori;
    la famiglia e la scuola sono certamente i primi ambiti dove i bambini e i giovani possono conoscere il valore e il senso della partecipazione e il rispetto degli altri;
    è doveroso ribadire che al fine di realizzare un sistema che funzioni è necessario che vi sia la tutela dei diritti dei minori ma anche la tutela delle famiglie in cui i minori sono inseriti;
    la frantumazione dell'istituto familiare, in una comunità sempre meno capace di farsi carico della crescita sana dei bambini, è il primo fattore che pone i giovani adolescenti in una condizione di precario equilibrio ed estrema fragilità, rendendoli soggetti a rischio;
    la capacità dei genitori di investire sul futuro dei figli dipende da molti fattori, tra questi il loro stato occupazionale, di salute, il livello di istruzione raggiunto. La possibilità di disporre di competenze e risorse, non solo economiche, è essenziale, soprattutto nei primi anni di vita del bambino, quando l'offerta educativa e di relazione è decisiva per farne emergere le potenzialità;
    una società incapace di garantire i diritti dei minori è una società destinata ad implodere. Come insegna Aristotele, una buona politica non afferma principi, ma propone risposte fattibili a problemi concreti;
    è importante promuovere ed incoraggiare la partecipazione dei giovani e valorizzare l'informazione a studenti e famiglie quali strumenti indispensabili allo sviluppo della cittadinanza attiva di tutti e di ciascuno attraverso progetti volti all'elaborazione condivisa del regolamento d'istituto, all'organizzazione delle assemblee di classe e d'istituto, alla partecipazione alla consulta degli studenti e all'educazione al volontariato;
    è necessario riconoscere il ruolo fondamentale della componente studentesca nella vita della scuola e della comunità;
    lo sport rappresenta un fenomeno sociale che ha svolto, ed ancora oggi svolge, un ruolo fondamentale per la formazione individuale e la promozione del benessere fisico e mentale del singolo, con effetti positivi sulle capacità di apprendimento. Lo sport è una delle attività che da sempre ha contribuito a promuovere uno stile di vita positivo, consentendo ai giovani di esprimere le loro inclinazioni e la loro personalità, di sviluppare un'attitudine alla cura del corpo, di promuovere uno spirito partecipativo ed incline alla sana competizione destinato ad agevolare la vita ed il lavoro in gruppo. I valori di onestà e solidarietà impliciti nell'attività sportiva offrono, infatti, uno stimolo fondamentale per prevenire le tendenze disgreganti comuni nella società contemporanea, particolarmente evidenti nel fenomeno del bullismo, favorendo il consolidamento di uno spirito di comunione e fraternità sempre più indispensabile per l'integrazione sociale e culturale e contrastando le devianze della discriminazione e dell'intolleranza;
    tali rilievi trovano specifici riscontri anche a livello internazionale e comunitario, come confermato dalla Dichiarazione sullo sport, adottata dalla Conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell'Unione europea ad Amsterdam, nel 1997, ove si sottolinea la rilevanza sociale dello sport, evidenziando il ruolo che esso assume nel forgiare l'identità e nel ravvicinare le persone. L'Unione europea ha da tempo mostrato una particolare attenzione al tema della funzione educativa e sociale dello sport, con particolare riguardo alle scuole, occupandosi di rendere l'attività sportiva accessibile a tutti, nel rispetto delle aspirazioni e delle capacità di ciascuno e nella diversità delle pratiche agonistiche o amatoriali, organizzate o individuali. È quanto viene previsto dalla relazione sul ruolo dello sport nell'educazione, presentata dalla Commissione per la cultura e l'istruzione al Parlamento europeo il 30 ottobre 2007. Nella relazione, in particolare, si incoraggiano gli Stati membri ad ammodernare e migliorare le loro politiche in materia di educazione fisica, anche attraverso un ampliamento dell'orario scolastico, assicurando un equilibrio tra le attività fisiche ed intellettuali nelle scuole, investendo nelle strutture sportive di qualità, prendendo misure adeguate per rendere accessibili a tutti gli studenti i centri sportivi e i corsi di sport nelle scuole e prestando particolare attenzione ai bisogni degli studenti disabili. Tale impegno deve coinvolgere un'ampia gamma di attività sportive, affinché ogni studente possa avere una vera e propria opportunità di partecipare a varie discipline. Rispetto agli obiettivi indicati come prioritari dall'Unione europea, il nostro Paese vanta una tradizione di primario rilievo nel settore dell'attività sportiva agonistica studentesca, che tuttavia, nell'ultimo decennio, ha subito una radicale interruzione. Il riferimento è agli originari Giochi della gioventù, istituiti 3 settembre 1968 dall'allora Presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) Giulio Onesti, con lo scopo di arginare il diffuso disagio sociale giovanile, creando un momento di interazione all'interno delle scuole attraverso la disciplina sportiva. Uno dei meriti fondamentali ed indiscutibili dei Giochi della Gioventù è stato quello di aver introdotto nell'ambito della scuola una forte sensibilizzazione nei confronti dell'attività sportiva, intesa come mezzo insostituibile nella formazione dei giovani, fin dalla scuola primaria,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa volta a prevenire, ridurre e reprimere con fermezza episodi di bullismo e cyberbullismo, che contempli azioni mirate per ogni ordine e grado di scuola;
   ad attuare una capillare campagna informativa sul fenomeno del bullismo e cyberbullismo e sulla «dipendenza dai social network», mettendo in evidenza i pericoli ad essi connessi;
   a promuovere attività di aggiornamento e formazione dei docenti e di tutto il personale scolastico tecnico-ausiliario nell'azione di educazione alla cittadinanza, di prevenzione del disagio e di contrasto a fenomeni di bullismo e di violenza fisica e psicologica;
   ad attivare una rilevazione ed un monitoraggio permanente del fenomeno e delle attività promosse dalle istituzioni scolastiche, sia singolarmente che in raccordo con altre strutture territoriali, e a relazionare annualmente al Parlamento;
   a sostenere il ruolo fondamentale della componente studentesca nella vita della scuola e della comunità;
   a promuovere, d'intesa con le forze dell'ordine e le associazioni a tutela dell'infanzia, protocolli di modelli comportamentali;
   ad assumere iniziative per introdurre un sistema sanzionatorio nei confronti di quanti, istituzionalmente deputati alla presa in carico dei minori, omettano di denunciare fenomeni di bullismo o comunque assumano comportamenti conniventi;
   a migliorare e ampliare le politiche in materia di educazione fisica, assicurando un equilibrio tra le attività fisiche ed intellettuali nelle scuole, investendo nelle strutture sportive di qualità, prendendo misure adeguate per rendere accessibili a tutti gli studenti i centri sportivi e i corsi di sport nelle scuole e prestando particolare attenzione ai bisogni degli studenti disabili.
(1-01257) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il bullismo non è un fenomeno recente, ma esiste da generazioni e in varie forme e consiste nell'esporre ripetutamente e continuamente, ad azioni negative da parte di una o più persone consistente nell'infliggere intenzionalmente danni o sofferenze ad un'altra, attraverso contatto fisico, parole o in altri modi (Olweus, 1993). Questo include bullismo fisico (esempio spingere, colpire, calciare), bullismo psicologico (esempio diffondere pettegolezzi falsi), bullismo verbale (esempio ingiurie e molestie verbali), bullismo cibernetico, bullismo razziale e bullismo sessuale;
    sebbene nella maggior parte dei casi il bullismo avvenga durante gli anni scolastici, implica reali conseguenze a lungo termine, sia per la vittima che per chi compie l'atto di bullismo procurando una ferita permanente sia emotiva che psicologica che fisica sia sulle vittime che sui bulli a volte per il resto delle loro vite;
    sono stati attuati vari e importanti progetti riguardo il bullismo a livello europeo e l'unica iniziativa che ha coinvolto 17 partner provenienti da 12 stati membri dell'Unione europea con un'importante esperienza nel campo è il progetto EAN che fornisce un approccio unificato europeo e, finanziato dal Programma DAPHNE III della Commissione europea, si pone come obiettivo la creazione di strumenti di intervento e una politica comune europea contro il bullismo;
    in Italia, la direttiva ministeriale n. 16/2007 sulle linee guida generali e le misure a livello nazionale per la prevenzione e la lotta contro il bullismo («Linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo») ha introdotto la Campagna nazionale contro il bullismo (2007) includendo tra i suoi obiettivi: a) registrare e studiare la violenza scolastica e il bullismo, b) sviluppare strategie generali a livello nazionale per la prevenzione e la lotta contro il bullismo, c) fornire informazioni utili per la prevenzione alla lotta al bullismo, d) coordinare e facilitare gli interventi mirati a livello locale;
    ogni regione ha il suo osservatorio, composto da personale accademico, membri scolastici, autorità locali e società civile (ad esempio associazioni per la promozione sociale, genitori) e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca finanzia e supervisiona la campagna ed è, in cooperazione con i consigli scolastici regionali, responsabile della sua attuazione;
    in generale, la campagna comprende diverse misure e azioni, che includono un numero verde e un indirizzo email per poter dare informazioni e consigli per ricevere resoconti sui casi di bullismo; inoltre il sito web www.smontailbullo.it fornisce strumenti e suggerimenti per gestire il bullismo, nonché un'estesa bibliografia e filmografia sull'argomento al quale si aggiungono gli osservatori regionali permanenti sul bullismo inseriti nel sistema dei Consigli regionali scolastici;
    esistono altri progetti regionali, nazionali e europei e iniziative per la prevenzione e la lotta al bullismo (ad esempio, la conferenza nazionale «Irretiti-impigliati nella rete» sul cyberbullismo; il progetto nazionale « Safer internet-connected generations»; il progetto europeo TabbyThreat Assessment of Bullying Behavior) le cui attività sono supervisionate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dagli osservatori regionali e finanziate dal dipartimento nazionale dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dai consigli scolastici regionali e dalle comunità scolastiche e dagli esperti sparsi sul territorio nazionale;
    alcuni dei resoconti regionali sul bullismo sono stati pubblicati dagli osservatori regionali permanenti, sulla base di dati statistici e di altri resoconti sull'evoluzione del fenomeno non riscontrando analisi ufficiali sui problemi e su eventuali ostacoli; i programmi hanno avuto come esito la soddisfazione dei partecipanti oltre che l'efficacia del metodo, la competenza del trainer, la conoscenza acquisita, il cambiamento di comportamento nei confronti dei trainer/insegnanti e bambini/studenti, e la prontezza ad affrontare possibili episodi di bullismo. Inoltre, diversi sforzi di divulgazione sono stati fatti, come la circolare ministeriale mandata a tutti i consigli regionali scolastici, al Ministro dell'interno, alle autorità locali e regionali; il sito web; manifesti, volantini e libretti; realizzazione di specifici programmi tv e video con il supporto di Rai Educational (sezione del canale televisivo pubblico nazionale dedicato alla scuola e all'istruzione); la campagna nazionale contro il bullismo a prima politica generale e sistematica sulla prevenzione e la lotta contro il bullismo e la violenza tra gli studenti in Italia;
    le misure adottate vengono coordinate a livello nazionale con una mappatura e una coordinazione dei progetti regionali e delle iniziative effettuata attraverso gli Osservatori regionali permanenti, mentre i servizi forniti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le scuole, gli insegnanti, gli studenti e le famiglie sono tutte attivamente coinvolti in uno sforzo di cooperazione concertato. La campagna ha ricevuto molta pubblicità sul sito web e grazie al coinvolgimento dei media e, a livello di ricerca, sono stati raccolti tre studi nazionali sull'Italia: il primo (Arcigay, 2010) è stato il primo caso di indagine sul bullismo omofobico in Italia, effettuato su un campione di scuole divise per tipologia e territorio mentre sono stati eseguiti altri due tipi di ricerca, una qualitativa, che ha investigato le forme del bullismo omofobico vissuto dalle vittime, EAN Strategy Position ricavandone una serie di episodi, e una quantitativa, che ha identificato la diffusione dell'omofobia nelle scuole italiane usando un questionario. La ricerca qualitativa ha messo in luce la severità e la specificità agli episodi di aggressione omofobica. Nella stragrande maggioranza dei casi riportati gli incidenti subiscono un calo quando inseriti in una continua serie di attacchi. La ricerca quantitativa mostra che la maggior parte degli studenti sono esposti ad atti di bullismo omofobico verbale;
    un altro studio (Ipsos e Save the Children, 013) si è concentrato sul cyberbullismo, un report originale, basato sui risultati di 810 colloqui (CAWI Computer Assisted Web Interviewing) effettuati su adolescenti e pre-adolescenti (12-17 anni) che è stato distribuito in base a varianti socio demografiche;
    nella delicata età tra i 12 e i 17 anni, ragazzi e ragazze sono particolarmente sensibili alle pressioni esterne, che comprendono la centralità dell'apparenza fisica proposta dai media e la volontà dei genitori nello spingerli sin da subito verso un'identità di genere. Nella schiacciante maggioranza dei casi, i giovani esprimono «solidarietà» verso le persone perseguitate e negano ogni possibile responsabilità dell'individuo perseguitato per la condizione in cui si trova (88 per cento, l'individuo non lo merita). I social network sono il modo preferito di attaccare da parte dei cyber bulli (61 per cento), i quali in genere perseguitano la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59 per cento) o creando gruppi «contro di lui/lei» (57 per cento) Il terzo studio (Università degli Studi di Sassari, 2012) ha esaminato la giustizia rafforzativa come strumento per l'inclusione sociale e il modello per occuparsi del bullismo;
    i membri dello staff che hanno partecipato alla ricerca hanno riferito che gli incidenti di bullismo posso principalmente verificarsi quando, in un gruppo di studenti, qualcuno è percepito come più debole (fisicamente, verbalmente e psicologicamente) agli atti di bullismo sono intenzionali e ripetuti o anche nel caso in cui i dispetti, le battute, gli insulti o gli attacchi siano particolarmente pesanti. In più, in linea con i problemi che gli studenti esprimono secondo i loro insegnanti, gli obiettivi degli interventi sono stati principalmente la promozione del rispetto per le regole, la coesistenza democratica e l'ascolto. Infine, per quanto riguarda la valutazione sull'efficacia delle azioni proposte, i soggetti coinvolti nella ricerca hanno dichiarato di non sentirsi in grado di gestire efficacemente il fenomeno utilizzando i mezzi ordinari e hanno quindi proposto come soluzione utile il miglioramento della cooperazione non solo tra le parti interne delle scuole ma anche con altri soggetti, in una logica di collaborazione fra diversi enti;
    è stata fortemente enfatizzata la necessità di condurre una formazione sull'argomento, specialmente in relazione alla promozione di misure per prevenire e combattere bullismo, ponendo particolare attenzione nell'approfondire le tecniche di risoluzione estendendo tale formazione non solo allo staff di insegnamento ma anche alle famiglie, finora considerate marginali tra i beneficiari delle azioni intraprese,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative finalizzate a contrastare efficacemente il fenomeno del bullismo promuovendo:
    a) l'accrescimento della conoscenza del problema e la partecipazione dei bambini creando una rete europea anti bullismo;
    b) l'assistenza alle organizzazioni non governative e alle altre organizzazioni attive in questo campo;
    c) lo sviluppo e la realizzazione delle azioni di sensibilizzazione mirate;
    d) la diffusione dei risultati ottenuti;
    e) l'identificazione e lo sviluppo azioni che contribuiscano ad un trattamento positivo delle persone a rischio di violenza;
    f) l'impostazione e il sostegno di reti multidisciplinari;
    g) ideazione dei materiali educativi e di sensibilizzazione, integrando e adattando quelli già disponibili;
    h) lo studio di fenomeni legati alla violenza e al suo impatto;
    i) programmi di sostegno per le vittime e per chi compie violenza, con l'introduzione di percorsi di rieducazione nei confronti di questi ultimi, anche mediante attività didattiche volte alla prevenzione e alla conoscenza del fenomeno del bullismo;
    j) percorsi di aggiornamento e di formazione dei docenti presso le scuole.
(1-01258) «Bechis, Artini, Baldassarre, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).