Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 2 maggio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 2 maggio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero,Castiglione, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scopelliti, Scotto, Tabacci, Velo, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 29 aprile 2016 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   BALDELLI: «Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di fatturazione a conguaglio per l'erogazione di energia elettrica, gas e servizi idrici» (3792).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
  Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
   FOSSATI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti, di misure alternative alla detenzione e di programmi di riduzione del danno» (3413) Parere delle Commissioni I, V, VI, IX, X, XI, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dall'Ufficio parlamentare di bilancio.

  Il Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, con lettera in data 27 aprile 2016, ha trasmesso copia del Rapporto sulla programmazione di bilancio 2016.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero dell'interno.

  Il Ministero dell'interno ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 22 marzo 2016, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

  Questo decreto è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, la relazione sull'attività svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'anno 2015, predisposta dalla medesima Autorità (Doc. XLV, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Nel mese di aprile 2016 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.

  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 29 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti recanti la marcatura CE e che modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 (COM(2016) 157 final).

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 29 aprile 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome dell'Unione europea in seno al Consiglio generale dell'Organizzazione mondiale del commercio in merito alla richiesta dell'Unione europea di una proroga della deroga dell'OMC relativa al regime preferenziale autonomo per i Balcani occidentali (COM(2016) 233 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per l'Emilia-Romagna.

  Il Garante del contribuente per l'Emilia-Romagna, con lettera in data 14 aprile 2016, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Emilia-Romagna, riferita all'anno 2015, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 30 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 16 della legge 9 luglio 2015, n. 114, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) e che abroga la direttiva 2004/40/CE (298).

  Questa richiesta, in data 30 aprile 2016, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 9 giugno 2016. È stata altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 20 maggio 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI LOREFICE ED ALTRI N. 1-00698, D'INCECCO ED ALTRI N. 1-01229, BINETTI ED ALTRI N. 1-01235, RONDINI ED ALTRI N. 1-01237, PALESE ED ALTRI N. 1-01238, NICCHI ED ALTRI N. 1-01239, VARGIU ED ALTRI N. 1-01240 E MILANATO ED ALTRI N. 1-01243 CONCERNENTI INIZIATIVE FINALIZZATE AL RICONOSCIMENTO DELL'ENDOMETRIOSI COME MALATTIA INVALIDANTE E AL POTENZIAMENTO DELLE PRESTAZIONI SANITARIE E DELLE MISURE DI SOSTEGNO ECONOMICO E SOCIALE PER LE DONNE AFFETTE DA TALE PATOLOGIA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia della quale sono affette circa 3 milioni di donne in Italia, 14 milioni in Europa e 150 milioni nel mondo. È una malattia cronica e invalidante, che consiste nella presenza di tessuto endometriale, che normalmente riveste la cavità uterina, in siti ectopici, cioè al di fuori dell'utero dove forma noduli, lesioni, impianti o escrescenze. Esse si localizzano più frequentemente nell'addome interessando ovaie, tube, peritoneo, intestino, ma anche altri organi. Viene classificata in quattro gradi diversi (I stadio minima, II stadio lieve, III stadio moderata e IV stadio severa o grave), dal più lieve al più serio, in base all'estensione e alla localizzazione della lesione;
    tale malattia è molto difficile da diagnosticare. Molte donne ricevono una corretta diagnosi mediamente dopo circa dieci anni di visite mediche, pubbliche e private, queste ultime molto costose. A causa dei pochissimi fondi stanziati per la ricerca esistono pochissime équipe specializzate nella diagnosi e nella cura della patologia e spesso operanti nel privato. Esiste, infatti, ancora molta disinformazione in materia, tanto che nella maggior parte dei casi i forti dolori avvertiti dalle donne, soprattutto nei primi giorni del ciclo mestruale, sono ricondotti ad una causa di tipo psicologico;
    sono sempre più numerosi gli studi e le ricerche che evidenziano l'incidenza della diffusione della malattia in quei territori esposti a fattori inquinanti, fra questi alcuni in particolare hanno l'azione di interferenti endocrini (diossine e ipa in particolare); tali sostanze sono correlate allo sviluppo di gravi patologie del sistema endocrino (oltre che a incremento della mortalità oncologica) ed è stato riscontrato l'incremento proprio dell'endometriosi;
    l'endometriosi è sicuramente una malattia invalidante, in quanto costringe le donne che ne sono affette a modificare il proprio stile di vita, rimodulando le proprie abitudini sia nei rapporti sociali che nella vita lavorativa e privata;
    il 22 luglio 2009 il Ministro per le pari opportunità, il presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione infortuni sul lavoro, il presidente dell'Istituto affari sociali e il presidente della Fondazione italiana endometriosi hanno stipulato un protocollo d'intesa sul tema dell'endometriosi;
    con tale convenzione le parti si sono impegnate nella promozione di campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi; si sono impegnate a costituire un tavolo tecnico presso il Ministero per le pari opportunità per la verifica e la valutazione di strumenti normativo-istituzionali tesi a «promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia» (articolo 1);
    con l'articolo 4 della suddetta convenzione le parti hanno concordato di dare priorità alle seguenti tematiche e aree di intervento:
     a) aumentare la consapevolezza che la corretta informazione e la prevenzione sull'endometriosi rappresentano lo strumento per combattere la patologia;
     b) favorire una sinergia con tutte le realtà locali interessate al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
     c) porre particolare attenzione ai luoghi di lavoro e ai fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia;
     d) stimolare un maggiore interesse per la ricerca scientifica al fine di stimare il reale impatto della malattia sulla vita delle donne;
    tale protocollo d'intesa aveva validità 5 anni a decorrere dalla data di stipula, termine scaduto il 22 luglio 2014;
    sono già state approvate in Italia quattro leggi regionali, la n. 18 del 2012 del Friuli Venezia Giulia, la n. 40 del 2014 della Puglia, la n. 26 del 2014 della Sardegna e la n.1 del 2015 del Molise, che, oltre a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi al fine di migliorare la qualità delle cure, istituiscono un osservatorio e un registro regionale e promuovono campagne di sensibilizzazione e formazione. E varie proposte di legge sono state depositate in altre regioni;
    da diversi ambiti della società si sente da tempo l'esigenza di dare una spinta alle istituzioni, a tutti i livelli, per ottenere il riconoscimento della patologia ai fini dell'invalidità civile e il relativo inserimento nelle tabelle di cui al decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, «Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», come modificato dal decreto ministeriale 21 maggio 2001, n. 296, «Regolamento di aggiornamento del decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329», che individua le condizioni di malattia croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche normative, affinché siano aggiornate le tabelle di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999, ai fini dell'inserimento dell'endometriosi tra le malattie invalidanti, riconoscendo alle donne affette dalla patologia il diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate;
   ad avviare iniziative di sostegno sociale ed economico per le donne affette da endometriosi, finalizzate alla riduzione degli enormi costi che le pazienti si trovano ad affrontare prima e dopo la diagnosi certa della malattia, prevedendo l'esenzione dal ticket sanitario per esami specialistici, quali ecografie pelviche e transvaginali, risonanze magnetiche con contrasto e altro, e prevedendo, altresì, l'esenzione per l'acquisto di farmaci destinati a lenire il dolore e a bloccare i sintomi della patologia, intervenendo anche con azioni volte alla riduzione dei tempi d'attesa per le prestazioni offerte dal servizio sanitario nazionale;
   ad adottare iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dalla promozione della conoscenza della malattia per arrivare al sostegno della ricerca scientifica affinché si arrivi, per la maggior parte dei casi, ad una diagnosi precoce certa;
   ad assumere iniziative per istituire il fondo nazionale per l'endometriosi e un registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali della malattia, ponendo a carico delle regioni l'onere di trasmettere al registro nazionale periodicamente i dati relativi alla diffusione della malattia nel rispettivo territorio;
   ad attuare campagne di sensibilizzazione e di informazione sulla malattia e a sostenere iniziative di formazione e aggiornamento del personale medico, di assistenza e dei consultori familiari;
   ad attuare una politica di tutela della lavoratrice affetta da endometriosi, al fine della salvaguardia del posto di lavoro;
   ad istituire presso il Ministero della salute una commissione nazionale per l'endometriosi, composta da un rappresentante del Ministero della salute, da un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità, da tre rappresentanti delle regioni e da sette rappresentanti degli enti di ricerca pubblici esperti della materia, che abbia il compito di emanare le linee guida sulla malattia e di redigere le graduatorie per l'assegnazione di risorse del fondo nazionale, nel rispetto della trasparenza e dell'assenza di conflitti d'interessi, secondo requisiti e criteri predefiniti;
   a fornire elementi sulle tempistiche esatte relative all'emanazione del decreto di revisione dei livelli essenziali di assistenza, considerato che da circa due anni, e anche in occasione della giornata mondiale dell'endometriosi, il Ministro della salute ha annunciato a mezzo stampa e attraverso i social network l'inserimento dell'endometriosi nei livelli essenziali di assistenza.
(1-00698)
(Nuova formulazione)  «Lorefice, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Gagnarli, Rizzo, Corda, Frusone, Spadoni, Di Battista, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Lombardi, Cozzolino, Silvia Giordano, Mantero, Grillo, Colonnese, Di Vita, Baroni, Cecconi, Ruocco, Cancelleri, Tofalo, Basilio, Alberti, Cominardi, Tripiedi, Terzoni, Agostinelli, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colletti, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Rosa, Della Valle, Dell'Orco, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Paolo Nicolò Romano, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spessotto, Toninelli, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una delle malattie ginecologiche a più alta prevalenza ed una condizione clinica tra le più studiate negli anni recenti. Si tratta di una patologia infiammatoria estrogeno dipendente che interessa nei Paesi occidentali il 5-10 per cento della popolazione femminile in età riproduttiva;
    il picco di incidenza si colloca in età fertile, soprattutto tra i 25 e i 35 anni, mentre è rara in epoca pre-puberale e post-menopausale, anche se la necessità di riporre un'attenzione crescente all'endometriosi anche durante l'età adolescenziale è un tema ampiamente emergente dalla letteratura internazionale;
    secondo i primi dati dell’American endometriosis association nei due terzi dei soggetti l'esordio della sintomatologia avviene prima dei 20 anni, mentre, nella sua revisione più recente (1998), il registro dell’American endometriosis association riporta che quasi il 40 per cento delle donne con endometriosi riferiva una comparsa dei primi sintomi ad un'età inferiore a 15 anni e oltre il 25 per cento ad un'età compresa tra 15 e 19 anni;
    la caratteristica patologica specifica dell'endometriosi consiste nella presenza di tessuto endometrio-simile (cioè del tessuto che riveste l'interno dell'utero) al di fuori della cavità uterina e principalmente sulle ovaie, sul peritoneo pelvico, vescica o anche intestino;
    le problematiche cliniche più frequenti sono rappresentate da dolore pelvico cronico, dolore durante i rapporti sessuali ed infertilità;
    l'endometriosi non è una malattia mortale, ma la capacità di metastatizzare, la possibilità di recidiva a livello locale e a distanza, l'insorgenza di dolore neuropatico resistente alla terapia medica sono alcune delle tante caratteristiche che l'endometriosi condivide con le neoplasie, come i carcinomi ovarici e, anche se nella maggior parte dei casi l'endometriosi presenta un decorso benigno, ci sono dati crescenti a favore di una correlazione tra endometriosi e cancro ovario;
    l'endometriosi costituisce attualmente un problema di salute pubblica, dal momento che colpisce dal 5 per cento al 10 per cento delle donne in età riproduttiva, una proporzione che aumenta addirittura al 30 per cento nell'ambito di donne subfertili e in Italia sono almeno 3 milioni le donne che soffrono di endometriosi;
    questi dati rappresentano, peraltro, una sottostima della reale prevalenza della malattia nella popolazione generale, dal momento che i sintomi non sono sempre presenti: molte donne scoprono di avere l'endometriosi quando hanno difficoltà ad avere figli e, quando la malattia può essere sospettata in donne con dolore pelvico cronico, il gold standard per la diagnosi di endometriosi è ancora la valutazione laparoscopica, confermata dall'esame istologico;
    la scarsa conoscenza della malattia fa sì che prima della diagnosi passino in media nove anni. Tutto questo costringe le donne ad un vero e proprio calvario fatto di ecografie, visite specialistiche e accertamenti, a volte invasivi e costosi, per scoprire l'origine di quei forti dolori pelvici, soprattutto durante il ciclo mestruale. Una volta diagnosticata la malattia, occorre assumere farmaci per lunghi periodi o sottoporsi a più interventi chirurgici;
    il fenomeno, i cui numeri sono significativi sia a livello nazionale che internazionale, ha indotto già nel 2005 ben 266 membri del Parlamento europeo a firmare la Written declaration on endometriosis, stimando in 39 miliardi di euro l'onere annuale dei congedi di malattia causati da questa patologia all'interno dell'Unione europea;
    nonostante la diffusione di questa malattia, la sua conoscenza risultava essere ancora scarsa, sia da parte della popolazione dell'Unione europea che da parte dei medici;
    il documento invitava pertanto i Governi degli Stati membri e la Commissione europea a lavorare per favorire la ricerca sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento dell'endometriosi, dando anche indicazione per l'istituzione di una giornata nazionale dedicata alla sensibilizzazione su questo tema;
    anche la Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica ha svolto un'indagine conoscitiva sul fenomeno dell'endometriosi come malattia sociale;
    l'endometriosi è spesso invalidante, creando una condizione cronica che destabilizza profondamente la qualità di vita della paziente, con un impatto negativo sulla vita sociale/personale e con alti costi di assistenza sanitaria, e causando, tra l'altro, frequenti assenze del lavoro o assenteismo scolastico in caso di adolescenti, impedendo lo svolgimento di attività ordinarie;
    l'impatto dell'endometriosi non riguarda solo la sfera fisica, emotiva e relazionale delle donne, ma ha anche significative ripercussioni nella sfera lavorativa, provocando l'arresto delle progressioni di carriera, la perdita o l'abbandono del lavoro;
    in occasione della giornata mondiale dell'endometriosi, il Ministro della salute Beatrice Lorenzin ha annunciato che l'endometriosi sarà nei nuovi livelli essenziali di assistenza e rientrerà, quindi, nell'elenco delle malattie croniche invalidanti che danno diritto all'esenzione;
    alcune regioni italiane (Friuli Venezia Giulia, Puglia, Sardegna e Molise) hanno approvato una legge regionale a tutela delle donne affette da endometriosi, che, oltre a prevedere numerosi interventi sul fronte delle terapie, della diagnosi, della formazione e della prevenzione, istituisce il registro e l'osservatorio regionale dell'endometriosi,

impegna il Governo:

   a mettere in campo tutte le iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dall'inserimento di tale patologia nell'elenco di quelle soggette all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria a mezzo dell'attribuzione dello specifico codice identificativo, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;
   ad adottare iniziative finalizzate all'esenzione dalla partecipazione al costo per prestazioni di diagnostica, ambulatoriali e specialistiche correlate all'endometriosi e per l'acquisto di farmaci, promuovendo, altresì, iniziative utili alla riduzione dei tempi d'attesa per le prestazioni effettuate dal servizio sanitario nazionale;
   a favorire lo sviluppo di reti di servizi e centri di eccellenza che assicurino la presenza di team multidisciplinari in grado di lavorare per preservare la fertilità della donna, migliorare la qualità della sua vita e ridurre i costi socio-economici;
   a promuovere la conoscenza della malattia fra i medici e nella popolazione per agevolare la prevenzione, per ridurre l'intervallo di tempo significativo tra l'insorgenza dei sintomi e la diagnosi e per migliorare la qualità delle cure, sostenendo la ricerca scientifica e le attività delle associazioni e del volontariato dedicate ad aiutare le donne affette da tale malattia;
   a mettere in campo forme di tutela delle lavoratrici affette da endometriosi per garantire il diritto alla salute e salvaguardare il posto di lavoro;
   a sostenere l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali riferiti all'endometriosi, al fine di favorire lo scambio dei dati e di stabilire strategie condivise di intervento sulla malattia, derivanti dall'analisi dei dati specifici per ambito geografico, di monitorare l'andamento del fenomeno e di rilevare le problematiche ad esso connesse, nonché le eventuali complicanze;
   a creare presso il Ministero della salute una commissione di esperti sull'endometriosi, composta da un numero massimo di dieci membri, alla quale sia attribuito il compito di predisporre le linee guida per la programmazione della ricerca scientifica relativa alla diagnosi e alla cura dell'endometriosi e per l'individuazione di adeguati strumenti di informazione dei pazienti;
   ad assumere iniziative per istituire la Giornata nazionale per la lotta contro l'endometriosi da celebrare il 9 marzo di ogni anno.
(1-01229) «D'Incecco, Lenzi, Amato, Burtone, Carnevali, Miotto, Patriarca, Sbrollini, Murer, Mariano, Giuditta Pini, Piazzoni, Antezza, Amoddio».


   La Camera,
   premesso che:
    solo pochi giorni fa, il 22 aprile 2016 per la precisione, per iniziativa del Ministro della salute, l'onorevole Beatrice Lorenzin, è stata celebrata la «Giornata nazionale dedicata alla salute della donna», come previsto dalla direttiva del 1o giugno 2015 del Presidente del Consiglio dei ministri. In quella occasione è stato pubblicato un manifesto con 10 punti chiave, di cui si possono ricordare almeno i primi tre:
     a) approccio alla salute femminile secondo la medicina di «genere», per il contrasto alle malattie croniche non trasmissibili, e attenzione alla ricerca scientifica mirata specificamente alle esigenze e peculiarità delle donne;
     b) strategie di comunicazione per accrescere la consapevolezza delle donne sulle tematiche di salute, per sé e per la sua famiglia;
     c) tutela e promozione della salute sessuale e riproduttiva, anche attraverso la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmesse e la tutela della fertilità, favorendo una procreazione responsabile e consapevole e sostenendo la salute materna e neonatale;
    per dare concretezza al manifesto appena pubblicato è necessario parlare di endometriosi, per imparare a riconoscere prima questa patologia esclusivamente femminile, vero e proprio paradigma della medicina di genere, per tutelare la fertilità femminile e per ridurre i rischi della sterilità;
    l'endometriosi è una malattia poco conosciuta ma più frequente di quel che si creda: colpisce il 10-20 per cento delle donne in età riproduttiva e può provocare disturbi invalidanti e infertilità. Non è facile da riconoscere, perché i sintomi possono essere poco specifici e quindi comuni ad altre patologie. Oggi, però, ci sono gli strumenti a disposizione per affrontarla e curarla. Ed è giunto il momento perché il Parlamento faccia qualcosa di più per le donne che ne soffrono, per ridurre le conseguenze che una maternità intensamente desiderata ma non realizzata può avere sul vissuto della donna e dell'intera famiglia;
    con endometriosi si indica la presenza di endometrio, che ricopre la cavità interna dell'utero o al di fuori della cavità uterina in altre zone del corpo femminile, normalmente nella pelvi, dove interessa ovaie, tube, peritoneo, intestino, ma anche altri organi. È una malattia cronica e invalidante, che viene classificata in quattro gradi diversi (I stadio minima, II stadio lieve, III stadio moderata e IV stadio severa o grave), dal più lieve al più serio, in base all'estensione e alla localizzazione della lesione;
    l'endometriosi può colpire le donne dal momento dello sviluppo fino alla menopausa, anche se dopo i 40 anni la crescita del tessuto endometriale presente fuori dalla cavità uterina sembra più lenta. A volte può persistere anche dopo la menopausa in presenza di terapie ormonali. La malattia si sviluppa indipendentemente dal fatto di aver avuto gravidanze, ma dopo ogni gravidanza sembra avere una crescita più accelerata. Le cause dell'endometriosi sono ancora ben lungi dall'essere chiarite;
    dal punto di vista epidemiologico il numero di donne con endometriosi è vicino al 10 per cento delle donne in età riproduttiva. Si parla di una patologia che colpisce circa 3 milioni di donne in Italia, 14 milioni in Europa e 150 milioni nel mondo. Le sue cause sono ancora ignote e si parla di fattori genetici, immunitari, infiammatori e vascolari. Ma anche di sostanze inquinanti ambientali, che aumenterebbero la predisposizione all'endometriosi. Di certo si sa che è una malattia i cui numeri stanno crescendo rapidamente;
    i due sintomi più importanti sono il dolore e la sterilità; la donna sperimenta il primo sintomo fin dai primi anni del suo sviluppo e del secondo si rende conto quando desidera avere un figlio. Ma il sintomo del dolore pelvico può apparire aspecifico e quindi rendere difficile una diagnosi differenziale, soprattutto perché può essere causato da disturbi di diversa origine, ginecologici, riproduttivi, gastrointestinali, urinari, muscolo-scheletrici. È spesso un dolore profondo e diffuso, accompagnato da nausea, vomito, ansia e depressione;
    l'endometriosi interferisce in diversi modi sulla fertilità spontanea della donna. La causa che la provoca può essere localizzata nelle ovaie, nelle tube o nel peritoneo circostante. Approssimativamente dal 30 per cento al 40 per cento delle donne con endometriosi è sterile; la malattia è infatti una delle prime tre cause di sterilità femminile. Alcune donne scoprono la loro endometriosi, nel momento in cui si rendono conto di avere difficoltà a restare incinta. Si tratta, infatti, di una malattia difficile da diagnosticare e molte donne ricevono una corretta diagnosi solo dopo molti anni di visite mediche e dopo numerosi accertamenti diagnostici;
    oggi si inizia a pensare che anche nella sindrome mestruale caratteristica delle adolescenti, accompagnata da forti dolori e da disagio generale, ci possa essere una componente di tipo endometriosico, che, se opportunamente riconosciuta e trattata, potrebbe ridurre il rischio sterilità. Si tratta di un problema sociale di grande rilevanza, proprio per le conseguenze che la sterilità ha nella vita di una donna e di una famiglia; per tali motivi la ricerca in materia costituisce un'area di particolare rilevanza scientifico e sociale;
    il trattamento dell'endometriosi può essere effettuato per via chirurgica e/o per via medica. La rimozione dei focolai endometriosici, con contemporanea conservazione e ripristino dell'integrità degli organi colpiti, esige tecniche chirurgiche particolarmente delicate. Gli interventi per sanare le tube e le ovaie, eseguiti con precisione, portano all'eliminazione dell'endometriosi e, inoltre, rendono spesso possibile la comparsa spontanea di una gravidanza. L'endometriosi non può essere definitivamente curata, tuttavia è possibile raggiungere un soddisfacente controllo dei sintomi con il ricorso all'utilizzo della pillola contraccettiva che, prevenendo l'ovulazione, riduce l'ingrossamento dell'endometrio e il dolore associato al ciclo. Un problema da non sottovalutare è il fatto che l'endometriosi ha spesso un decorso cronico e può rinfiammarsi. Ciò significa che, anche dopo un successo iniziale del trattamento, le recidive sono possibili;
    nel luglio del 2009 il Ministro per le pari opportunità, l'Inps, l'Inail, l'Istituto affari sociali e la Fondazione italiana endometriosi hanno stipulato un protocollo d'intesa della durata di 5 anni sul tema dell'endometriosi. Quel protocollo, scaduto nel 2014, impegnava le diverse parti:
     a) a promuovere campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi;
     b) a promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia;
     c) a favorire una sinergia con tutte le realtà locali interessate al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
     d) a porre particolare attenzione ai luoghi di lavoro e ai fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia;
     e) a stimolare un maggiore interesse per la ricerca scientifica al fine di stimare il reale impatto della malattia sulla vita delle donne;
    in mancanza di una normativa nazionale su un tema così delicato, rivestono un certo interesse alcune leggi regionali: la n. 18 del 2012 del Friuli Venezia Giulia e la n. 40 del 2014 della Puglia, che, oltre a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi, istituiscono un osservatorio e un registro regionale e promuovono campagne di sensibilizzazione e formazione;
    è necessario valutare la possibilità che l'endometriosi possa costituire una patologia invalidante ai fini dell'inserimento nelle tabelle a cui fa riferimento il decreto ministeriale 21 maggio 2001, n. 296, «Regolamento di aggiornamento del decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329», che individua le condizioni di malattia croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione alla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per aggiornare le tabelle di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999, ai fini dell'inserimento dell'endometriosi tra le malattie invalidanti, riconoscendo alle donne affette dalla patologia il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per esami diagnostici specialistici e l'esenzione dal ticket per l'acquisto di farmaci necessari alla cura e al controllo dei sintomi;
   ad adottare iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dalla promozione della conoscenza della malattia per arrivare al sostegno della ricerca scientifica che faciliti nella maggior parte dei casi una diagnosi precoce certa;
   ad assumere iniziative per istituire un registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali della malattia, ad attuare campagne di sensibilizzazione e di informazione sulla malattia, a sostenere iniziative di formazione e aggiornamento del personale medico, di assistenza e dei consultori familiari;
   ad attuare una politica di tutela della lavoratrice affetta da endometriosi, al fine della salvaguardia del posto di lavoro;
   ad assumere iniziative per istituire presso il Ministero della salute una commissione nazionale per l'endometriosi, composta da un rappresentante del Ministero della salute, da un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità, da tre rappresentanti delle regioni e da sette rappresentanti degli enti di ricerca pubblici o privati esperti della materia, che abbia il compito di emanare le linee guida sulla malattia e di redigere le graduatorie per l'assegnazione di risorse del fondo nazionale.
(1-01235) «Binetti, Calabrò, Bosco».


   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia cronica in cui tessuto simile a quello endometriale, che fisiologicamente riveste la parete interna dell'utero, viene a trovarsi in sedi anomale, principalmente a livello di ovaie, tube, utero (se tessuto endometriosico si addentra nello spessore della parete muscolare dell'utero si parla più propriamente di adenomiosi), legamenti utero-sacrali, cavo del Douglas, vescica, retto, ureteri, reni, setto retto-vaginale, genitali esterni; può trovarsi anche a livello di ombelico, arti, polmoni e in qualunque organo del corpo; è possibile una localizzazione a livello di cicatrici di interventi chirurgici precedenti;
    il tessuto cosiddetto ectopico (fuori posto) subisce gli stessi influssi ormonali del tessuto eutopico (il tessuto endometriale che correttamente riveste la cavità dell'utero), perciò ciclicamente prolifera, si sfalda e sanguina, mimando la mestruazione. Questo sangue però non ha una naturale via d'uscita e perciò diventa fortemente irritativo causando reazioni infiammatorie, mentre le lesioni, proliferando, producono aderenze che irrigidiscono gli organi su cui si formano ostacolandone la funzionalità;
    nonostante sia stata diagnosticata per la prima volta già nel 1690, la causa dell'endometriosi non è ancora nota. L'endometriosi è una malattia multifattoriale, cioè è determinata da fattori sia genetici sia ambientali. Si nota una certa familiarità. Alcuni studi la correlano alla presenza di sostanze presenti nell'ambiente come conseguenza delle lavorazioni industriali o come residui di prodotti usati in agricoltura tipo pesticidi (esempio: diossina);
    l'eziologia, cioè le cause precise che provocano lo sviluppo dell'endometriosi, rimangono ancora sconosciute. Certamente però si può parlare al plurale. Infatti, si è compreso che si tratta di una malattia multifattoriale, nel determinare la quale intervengono sia fattori di tipo genetico sia fattori di tipo ambientale;
    i fattori genetici che sottostanno all'endometriosi sembrano legati ad una fragilità del sistema immunitario che non funzionerebbe in modo adeguatamente efficace. Si è osservato infatti che le donne che abbiano familiari di primo grado (madre e/o sorelle) affette da endometriosi avrebbero più probabilità di contrarre la malattia; studi effettuati su gemelle omozigoti (che condividono cioè interamente il loro patrimonio genetico) confermerebbero questo dato. In ogni caso, si tratta di fattori predisponenti e non determinanti la malattia in modo necessario;
    si stima ne sia colpito il 10-17 per cento delle donne in età fertile. L'incidenza è spesso sottovalutata e ciò determina un ritardo di diagnosi che si calcola in una media di 7 anni dalla comparsa dei primi sintomi (secondo dati americani, per la metà delle donne occorre incontrare una media di 5 ginecologi prima di ottenere una diagnosi di endometriosi);
    il periodo di insorgenza va dall'adolescenza alla menopausa; una volta instaurata, la malattia può continuare a manifestarsi anche dopo la menopausa; sono testimoniati anche casi di insorgenza prepubere;
    recenti ricerche hanno evidenziato che le donne sofferenti di endometriosi possono avere un rischio più alto di patologie cardiache rispetto alle altre donne. A dichiararlo sono i medici del Brigham and Women's Hospital di Boston, Usa, che hanno pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Circulation. L'endometriosi prevede la crescita di tessuti tipici dell'utero al di fuori dell'utero che può provocare dolore, sanguinamenti, infiammazioni croniche e infertilità. Lo studio, spiegano gli stessi esperti, «potrebbe essere il primo a tracciare un collegamento tra le patologie coronariche e l'endometriosi»;
    i ricercatori hanno studiato i dati relativi ad oltre 116 mila donne con o senza endometriosi, scoprendo che le pazienti avevano «il 35 per cento di probabilità in più di aver bisogno di un intervento chirurgico o di inserire uno stent per liberare delle arterie bloccate; il 52 per cento di probabilità in più di avere un attacco di cuore; e il 91 per cento di sviluppare dolore toracico e angina». Le donne con meno di 40 anni e con endometriosi «avevano una probabilità tre volte più alta di avere un attacco di cuore, dolore toracico o di aver bisogno di uno stent rispetto a donne della stessa età ma senza endometriosi». I ricercatori dichiarano che questa patologia «potrebbe essere in parte responsabile di questo aumento di rischio cardiovascolare», dato che verrebbero a mancare gli effetti protettivi degli ormoni femminili sul cuore. Le donne con endometriosi devono «adottare stili di vita che favoriscano la salute del cuore – concludono gli esperti – fare controlli periodici ed essere consapevoli di quali siano i sintomi, dato che le patologie cardiache sono causa primaria di morte per il sesso femminile»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte all'immediato inserimento dell'endometriosi nell'elenco delle patologie con esenzione per i test diagnostici e per la terapia;
   a predisporre misure di tutela efficaci per le donne affette da tale patologia nel mondo del lavoro;
   ad attivarsi per l'istituzione di un registro nazionale per la valutazione della reale incidenza della patologia, mancando dati certi sia in Italia che in Europa, essendo stati predisposti esclusivamente studi su piccole porzione di popolazione in Paesi del nord Europa;
   ad assumere iniziative per la costituzione di un tavolo tecnico composto da esperti, presso il Ministero della salute, con la finalità di fornire alle donne affette da tale patologia la maggior quantità di informazioni basate su linee guida internazionali e sistematiche revisioni della letteratura medica, anche alla luce delle nuove scoperte, per un approccio rispettoso, non aggressivo ed economicamente sostenibile basato sul valore dell'evidenza medica.
(1-01237) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia caratterizzata dalla presenza e dall'accrescimento progressivo di isole di mucosa uterina in sede abnorme, cioè nella parete muscolare dell'utero (endometriosi interna), oppure in altri organi (endometriosi esterna, ovaio, tube, vulva, intestino, pleura, polmone);
    le lesioni più caratteristiche sono le cosiddette cisti endometrioidi;
    l'endometriosi è anche nota sotto altri nomi, endometrioma, adenosi benigna e coriblastoma dell'utero;
    trattasi di una malattia di cui sono affette circa tre milioni di donne in Italia, quattordici milioni in Europa ed oltre centocinquanta milioni nel mondo;
    è una malattia cronica ed invalidante e viene classificata dall'Organizzazione mondiale della sanità in quattro stadi (I stadio con gradazione minima, II stadio con gradazione lieve, III stadio con gradazione moderata e IV stadio con gradazione grave) determinati in base all'estensione e localizzazione della lesione;
    essendo malattia fortemente invalidante, costringe le donne a modificare le loro abitudini, lo stile di vita e la vita lavorativa;
    tale malattia presenta notevoli difficoltà diagnostiche anche a causa delle poche équipe specializzate nella diagnosi e nella cura dell'endometriosi, sull'intero territorio nazionale;
    mediamente si arriva ad una corretta e precisa diagnosi dopo non meno di dieci anni con le pazienti costrette a girovagare da un ospedale all'altro, da uno specialista all'altro, spesso costrette ad avvalersi di professionisti e strutture privati;
    il Ministro pro tempore per le pari opportunità, il Presidente della Fondazione italiana endometriosi, il presidente dell'Inps, il presidente dell'Inail, il presidente dell'Istituto affari sociali, hanno stipulato, nel luglio del 2009, un protocollo di intesa con validità quinquennale;
    a causa della disinformazione in materia con il suddetto protocollo di intesa le parti si sono impegnate a promuovere apposite campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi; si sono impegnati inoltre a costituire un tavolo tecnico presso il Dipartimento delle pari opportunità per verificare la possibilità di intervento attraverso strumenti normativo-istituzionali tesi a «promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia»;
    in particolare, l'articolo 4 della suddetta convenzione prevede le seguenti iniziative:
     a) aumentare la consapevolezza che la corretta informazione e la prevenzione sull'endometriosi rappresentano lo strumento per combattere detta patologia;
     b) favorire una sinergia con tutte le realtà locali interessate al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
     c) porre particolarmente attenzione ai luoghi di lavoro e ai fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia;
     d) stimolare un maggior interesse per la ricerca scientifica al fine di stimare il reale impatto della malattia sulla vita delle donne;
    ad oggi solo due regioni (Puglia e Friuli Venezia Giulia) hanno legiferato sulla materia promuovendo la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi e istituendo un osservatorio ed un registro regionale;
    da diversi anni si attende il riconoscimento della patologia ai fini dell'invalidità civile e l'inserimento dell'endometriosi tra le malattie croniche ed invalidanti per avere il diritto all'esenzione dai ticket per le prestazioni di assistenza sanitaria,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per l'istituzione, fermo restando il rispetto dei parametri e dei vincoli di finanza pubblica concordati con l'Unione europea, di un fondo nazionale per l'endometriosi e di un registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali della malattia;
   a concordare con le regioni le modalità di trasmissione periodica al registro nazionale dei dati relativi alla diffusione della malattia nel rispettivo territorio e ad attivare campagne di sensibilizzazione e di informazione sulla malattia;
   a valutare l'opportunità, fermo restando il rispetto dei parametri e dei vincoli di finanza pubblica, di assumere iniziative per aggiornare le tabelle di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni inserendo l'endometriosi tra le malattie invalidanti, nonché per prevedere il diritto all'esenzione da tutti ticket per le prestazioni di assistenza sanitaria;
   a tutelare le lavoratrici affette da endometriosi, per la salvaguardia del posto di lavoro.
(1-01238) «Palese, Fucci, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Latronico, Marti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia ancora poco conosciuta, cronica e spesso invalidante, che colpisce le donne, e tipica dell'età fertile, ad insorgenza spesso precoce persino in età preadolescenziale. Non si conoscono ancora le cause di questa malattia. Si stanno conducendo ricerche, ci sono orientamenti, ma non è ancora conosciuta la causa scientifica della sua genesi;
    si tratta di una patologia complessa, di difficile approccio diagnostico e terapeutico, e che deve essere affrontata in modo multidisciplinare con il coinvolgimento di più figure specialistiche. Il trattamento deve essere individualizzato, prendendo in considerazione il problema clinico nella sua interezza;
    il principale sintomo dell'endometriosi è il dolore, che in alcuni casi può divenire cronico e invalidante, tanto da non permettere di svolgere le normali attività quotidiane. Spesso la dismenorrea (dolore durante la mestruazione) si associa a dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali) e a dischezia (dolore nell'evacuazione), rendendo la vita di relazione estremamente difficile, con importanti ricadute sociali per la minore produttività sul lavoro e per le frequenti assenze dovute alla malattia. Inoltre l'endometriosi è responsabile di almeno il 30 per cento dei casi di infertilità;
    nella valutazione della gravità della malattia si fa riferimento a varie classificazioni, che prendono in considerazione l'estensione e la profondità delle lesioni, il coinvolgimento ovarico, le aderenze eventualmente presenti, la presenza di lesioni «profonde», l'eventuale ripercussione sulla fertilità;
    secondo stime internazionali, questa patologia colpisce 150 milioni di donne nel mondo, e circa il 10 per cento della popolazione femminile in Europa. In Italia, nel 2004, una rilevazione del Census bureau (un'indagine statunitense) ha evidenziato che sono circa 3 milioni le donne affette da tale malattia;
    l'endometriosi viene considerata una malattia sociale dalla Written Declaration on Endometriosis (WDE), adottata con delibera n. 30/2004 e sottoscritta da 266 membri del Parlamento europeo il 19 aprile 2004. In questo documento è stato evidenziato il grandissimo impatto economico e sociale, con costi diretti e indiretti annui valutati attorno ai 30 miliardi di euro. La conoscenza della malattia è scarsissima, non solo tra le pazienti, ma anche tra i medici, con gravi ritardi nella diagnosi e nella scelta di una terapia appropriata;
    la WDE ha invitato dunque i Governi nazionali degli Stati membri dell'Unione europea ad affrontare i problemi legati a questa patologia, sollecitando, altresì, l'inserimento dell'endometriosi nei programmi di prevenzione per la salute pubblica, nonché l'istituzione di giornate annuali dell'endometriosi, al fine di migliorarne la conoscenza;
    chi soffre di endometriosi può non riuscire, a causa dei sintomi, a svolgere le normali attività quotidiane e a coltivare le proprie relazioni sociali;
    è inoltre una patologia che ha fortissime ripercussioni sulla vita personale e familiare della donna che ne soffre;
    lo studio europeo EAPPG (Endometriosis All Party Parlamentary Group) ha evidenziato come molte donne hanno dovuto adattare la propria vita lavorativa a questa malattia: almeno 5 giorni lavorativi al mese sono persi a causa dei vari sintomi dolorosi; il 14 per cento delle donne affette da endometriosi ha ridotto l'orario di lavoro; il 14 per cento ha abbandonato/perso l'attività lavorativa o richiesto il prepensionamento; il 40 per cento teme di parlare della propria malattia al datore di lavoro per paura delle conseguenze;
    i costi economici sostenuti da chi ne è affetto, e per il servizio sanitario nazionale per accertamenti diagnostici, terapie farmacologiche croniche (alcune non rimborsate dal servizio sanitario nazionale), ricoveri ospedalieri, trattamenti chirurgici, eccetera, sono alti;
    a carico di molte donne affette da questa patologia rimangono gli alti costi dei medicinali – molti non mutuabili – e delle visite mediche private, a cui sono troppo spesso «costrette» per superare le lunghe liste d'attesa;
    dal punto di vista strettamente sanitario, il dolore associato all'endometriosi è spesso sconosciuto, non compreso, non accettato nella sua durezza e, di conseguenza, la donna viene spesso lasciata troppo sola;
    come evidenziato dall'Indagine conoscitiva sul «fenomeno dell'endometriosi come malattia sociale», svoltasi nella XIV legislatura al Senato, «il 58 per cento delle suddette pazienti ha ritenuto che fossero sintomi normali e la maggior parte non immaginava affatto potesse trattarsi di endometriosi; il 21 per cento dei medici consultati ha affermato che queste pazienti non erano affette da endometriosi: in questi casi è evidente che vi è stato un mancato riconoscimento. Inoltre, il 35 per cento delle pazienti non si è sentita presa seriamente in considerazione dal proprio medico ed il 38 per cento non ha trovato aiuto da parte del medico stesso»;
    il tempo medio per la diagnosi arriva anche a nove, dieci anni, in quanto occorrono circa quattro anni prima che la paziente consulti il medico e altri quattro anni per l'identificazione e la conferma della diagnosi, dopo una media di circa cinque medici consultati. La diagnosi certa arriva, pertanto, tardiva, a seguito di una ricerca diagnostica lunga e dispendiosa, subita dal corpo della donna spesso in modo invasivo;
    a sostegno del percorso diagnostico-assistenziale, è quindi indispensabile puntare sulla formazione e l'aggiornamento dei professionisti che sono a vario titolo coinvolti;
    nulla si sa delle nuove tabelle dell'invalidità civile che erano state predisposte da una commissione ministeriale nel novembre 2011, e che includevano l'endometriosi, e il cui iter si è interrotto per un parere negativo delle regioni a causa della loro inadeguatezza;
    attualmente per i casi più gravi di questa patologia l'invalidità riconosciuta non supera il 30 per cento, e non si possono chiedere i permessi retribuiti riconosciuti dalla legge n. 104 del 1992. Alcune aziende sanitarie riconoscono – a discrezione del medico – una percentuale di invalidità registrandola come altra patologia,

impegna il Governo:

   a non ritardare ulteriormente l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, prevedendo, come più volte promesso, anche l'aggiornamento delle malattie croniche, ivi compresa l'endometriosi medio/grave;
   ad assumere iniziative per esentare conseguentemente l'endometriosi dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria ai sensi del decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;
   ad assumere iniziative per includere l'endometriosi, nei suoi quattro stadi clinici, nelle nuove tabelle dell'invalidità civile da predisporre in accordo con le regioni modificando quelle predisposte dalla commissione ministeriale nel novembre 2011, al fine di aumentare l'invalidità riconosciuta per questa malattia e poter chiedere i permessi retribuiti riconosciuti dalla legge n. 104 del 1992;
   ad assumere opportune iniziative volte a garantire maggior tutela alle donne lavoratrici affette da detta patologia per la salvaguardia e la garanzia del posto di lavoro;
   ad assumere le iniziative di competenza per istituire il registro nazionale dell'endometriosi e opportuni registri regionali, per la raccolta, l'analisi e la condivisione dei dati clinici e sociali riferiti alla malattia, al fine di favorire e di stabilire strategie di intervento condivise sulla base dell'analisi dei dati specifici per ambito geografico, di verificarne l'efficacia, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della malattia, nonché di rilevare le problematiche e le eventuali complicanze connesse;
   a garantire la massima condivisione, nel pieno rispetto della privacy, dei suddetti dati, anche attraverso la loro pubblicazione e la messa in rete sul web, che permetta di conoscere i dati epidemiologici, clinici e sociali;
   a includere l'endometriosi tra gli obiettivi prioritari della ricerca sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la genesi della malattia, la terapia specifica, il trattamento delle recidive, la prevenzione dell'infertilità, anche al fine di porre la donna al centro di un percorso il più veloce possibile per la diagnosi e la successiva cura;
   ad assumere iniziative per avviare efficaci campagne di formazione e informazione per i medici ginecologi, i medici e gli operatori dei presìdi consultoriali, e per i medici di medicina generale;
   ad assumere iniziative per attivare opportune reti di eccellenza impegnate nella formazione degli operatori sanitari e nella massima trasmissione del know how clinico-diagnostico e terapeutico;
   ad avviare quanto prima un processo che promuova la realizzazione di centri di riferimento e di eccellenza, per il primo approccio e quindi le prime diagnosi, per la cura in ambito nazionale della patologia;
   ad assumere iniziative per istituire la giornata nazionale per la lotta contro l'endometriosi, affinché le amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con le associazioni senza fini di lucro e con gli organismi operanti nel settore, possano predisporre iniziative volte a promuovere campagne di sensibilizzazione sulle caratteristiche, sulla sintomatologia e sulle pratiche di prevenzione dell'endometriosi.
(1-01239) «Nicchi, Gregori, Costantino, Duranti, Martelli, Pannarale, Pellegrino, Ricciatti, Scotto, Giancarlo Giordano, Melilla».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia cronica originata dalla presenza del tessuto che fisiologicamente riveste la parete interna dell'utero (endometrio) in altre sedi anomale, quali principalmente: ovaie, tube, utero, legamenti utero-sacrali, cavo del Douglas, vescica, retto, ureteri, reni, setto retto-vaginale, genitali esterni. Eccezionalmente, tale presenza anomala può trovarsi anche a livello di: ombelico, arti, polmoni e in qualunque organo del corpo;
    il tessuto cosiddetto ectopico (cioè «fuori posto») subisce le stesse sollecitazioni ormonali del tessuto eutopico (cioè del tessuto endometriale che normalmente riveste la cavità dell'utero) perciò ciclicamente prolifera, si sfalda e sanguina, mimando la mestruazione e provocando spesso in sede ovarica o comunque atipica lo sviluppo di cisti endometriosiche. Il tessuto di sfaldamento e la componente ematica relativa alle localizzazioni endometriosiche ectopiche non trova la fisiologica via d'uscita utero-vaginale all'esterno e perciò rischia di raggiungere sedi inappropriate, organizzandosi o causando reazioni infiammatorie e producendo aderenze tessutali cicatriziali che alterano la struttura e la dinamica degli organi su cui si formano, ostacolandone la funzionalità;
    si stima che nel mondo l'endometriosi colpisca una donna su dieci in età fertile, senza distinzione di paese o classe sociale e che coinvolga in assoluto almeno 150 milioni di donne (dati ONU), di cui circa 5,5 milioni nel Nord America e circa 14 nell'Unione europea (quasi il 10 per cento). (European Society of Human Reproduction and Embryology; Reproductive Science and the Journal of Endometriosis, 2014);
    nel nostro Paese, l'esatta incidenza e prevalenza dell'endometriosi non sono conosciute. Pertanto, in assenza di dati epidemiologici precisi e aggiornati che consentano di avere la dimensione nazionale del fenomeno, è possibile esclusivamente far riferimento ai dati numerici internazionali, che stimano intorno ai 3 milioni le donne italiane affette da endometriosi;
    l'età di insorgenza dell'endometriosi va dall'adolescenza alla menopausa (una volta instaurata, la malattia può continuare a manifestarsi anche dopo la menopausa e sono testimoniati anche casi di insorgenza prepubere), ma il picco di incidenza si colloca in età fertile, soprattutto tra i 25 e i 35 anni;
    la frequente sottovalutazione di questa patologia provoca spesso un ritardo della sua diagnosi, quantificato mediamente in 7 anni dalla comparsa dei primi sintomi (secondo dati americani, la metà delle donne debbono essere visitate in media da 5 ginecologi prima di ottenere una diagnosi di endometriosi);
    nel 20-25 per cento dei casi l'endometriosi è asintomatica. Per il restante 75-80 per cento i sintomi prevalenti sono: dolore pelvico cronico, dismenorrea, dispareunìa, dolore alla defecazione e alla minzione in corrispondenza del ciclo, dolore nella regione lombare e/o lungo l'arto inferiore, cefalea, proctorragia, ematuria, diarrea e/o stitichezza, gonfiore addominale, affaticamento cronico, febbricola e spotting intermestruali;
    il percorso diagnostico si basa su svariati e numerosi accertamenti: la visita ginecologica (inclusa l'esplorazione rettale), l'ecografia pelvica transvaginale, la Tac, l'urografia, la cistoscopia, la rettocolonscopia e la ricerca di marcatori ematici. Tuttavia, la diagnosi certa si ottiene con l'analisi del tessuto prelevato in fase di intervento chirurgico, in genere effettuato con tecnica laparoscopica;
    l'eziopatogenesi dell'endometriosi non è ancora nota, dal momento che si tratta di una malattia multifattoriale, determinata sia da fattori genetici (soprattutto correlati al sistema immunitario) che ambientali. Le teorie patogenetiche sono comunque le più accreditate, in particolare la cosiddetta mestruazione retrograda (ad ogni ciclo mestruale, una parte del sangue e delle cellule in esso contenute raggiunge, attraverso le tube, la cavità peritoneale dove può proliferare, dando origine alle lesioni endometriosiche). In altre parole, è probabile che un ruolo importante lo giochi proprio il numero medio di cicli mestruali nella vita. Il numero di cicli è aumentato in maniera considerevole nelle donne occidentali e in particolar modo nelle italiane perché, procreano sempre di meno;
    il 30 per cento delle cause di infertilità in Italia è riconducibile all'endometriosi: una situazione che aggrava un dato già allarmante. Nel nostro Paese si registrano ogni anno 150 mila nascite in meno di quelle necessarie per mantenere la curva della previdenza sociale. Pertanto, il continuo aumento di questa complessa patologia, combinato con uno dei più bassi tassi di fecondità del mondo (1,39 figli per donna) e con un'età media al primo parto decisamente elevata (31,4 anni), può trasformarsi in un vero e proprio disastro demografico per il nostro Paese;
    attualmente, non esiste una cura definitiva per l'endometriosi che raramente diventa patologia talmente grave da comportare rischi per la vita della paziente. Le conseguenze più frequenti dell'endometriosi restano infatti il dolore ed eventualmente la sterilità. Per gli spasmi (che possono variare da lievi a estremamente intensi fino a diventare insopportabili), si prescrivono usualmente i FANS, ovvero i più comuni analgesici, ma molto spesso il dolore tende a diventare farmaco-resistente, nel qual caso la paziente deve ricorrere a terapie più impattanti. L'eventuale insorgenza del dolore neuropatico resistente, insieme alla capacità dell'endometriosi di localizzarsi a distanza (cioè di «metastatizzare») e alla possibilità di ripresentarsi dopo il trattamento terapeutico con recidive a livello locale e a distanza di tempo rappresentano alcune delle caratteristiche che l'endometriosi condivide con le neoplasie;
    le terapie per il trattamento dell'endometriosi sono in prima battuta di tipo ormonale. Si ricorse a composti estroprogestinici (pillola anticoncezionale) somministrati per lunghi periodi, ovvero a farmaci a contenuto solo progestinico che inducono uno stato di pseudogravidanza. Per terapie a più breve termine sono in uso analoghi degli ormoni ipotalamici che inducono uno stato di pseudo menopausa. Ciascuno dei suddetti trattamenti farmacologici ha significativi effetti collaterali e si rivela molto faticoso da sopportare e accettare per una giovane donna;
    le terapie chirurgiche sono soprattutto costituite dall'intervento laparoscopico che permette di asportare le formazioni endometriosiche. Questa tecnica è mediamente invasiva e permette, grazie a strumenti a fibre ottiche, di esplorare il quadro addominale e pelvico della paziente. Talvolta, la laparoscopia non è possibile e si opta per una laparotamia, assai più impattante chirurgicamente e psicologicamente;
    nonostante si cerchi di effettuare interventi conservativi degli organi genitali interni, nei casi più gravi si rischia di arrivare all'isterectomia e/o alla annessiectomia, molto spesso difficilmente accettabili per la giovane età delle pazienti. La disseminazione peritoneale delle localizzazioni ectopiche, talora comporta interventi di resezione intestinale o di asportazione di organi interni. Ciò avviene quando l'endometriosi ha già intaccato quegli organi, compromettendo in modo pesante la loro funzionalità e la qualità di vita della donne. Sfortunatamente, la malattia essendo cronica, tende facilmente a ripresentarsi dopo le terapie, rendendo necessari nuovi trattamenti;
    l'endometriosi è spesso invalidante e crea una condizione cronica che destabilizza profondamente la qualità di vita della donna che ne è colpita, con elevati costi sociali ed economici di sistema (il solo costo del ricorso alle cure è quantizzato in circa 500 euro al mese). Questo impatto non riguarda tuttavia solo la sfera fisica, emotiva e relazionale, ma ha anche significative ripercussioni indirette nell'ambito lavorativo, provocando frequenti assenze dal lavoro, l'arresto delle progressioni di carriera, la perdita o l'abbandono dell'impiego, ovvero assenteismo scolastico nel caso di adolescenti;
    alcune regioni italiane (Friuli Venezia Giulia e Puglia) hanno provveduto ad approvare proprie normative che, oltre a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi, hanno portato all'istituzione dell'osservatorio e del registro regionale;
    anche a livello nazionale, appare ormai inderogabile l'istituzione di tali due organismi (un Osservatorio nazionale sulla malattia e un registro nazionale dell'endometriosi) aventi il compito di diffondere la conoscenza di questa patologia, creare un sistema stabile e aggiornato di monitoraggio epidemiologico della stessa, promuoverne la diagnosi precoce, organizzare strategie appropriate di gestione dei costi sanitari e sociali e minimizzare gli sprechi. Soltanto la diagnosi precoce della malattia nelle prime fasi di insorgenza significherebbe infatti ridurre di 25 volte la spesa sanitaria e previdenziale;
    le ricadute sociali ed economiche dell'endometriosi sul servizio sanitario nazionale e la moral suasion delle società scientifiche e delle associazioni di pazienti spiegano l'attenzione che il Parlamento ha sempre dimostrato verso le problematiche connesse a questo tipo di affezione. Solo negli ultimi due anni sono state presentate in merito otto iniziative legislative e tredici atti di sindacato ispettivo. Durante la XIV legislatura, la commissione igiene e sanità del Senato ha svolto un'indagine conoscitiva (il «fenomeno dell'endometriosi come malattia sociale», documento conclusivo del 24 gennaio 2006 di cui al doc. XVII, n. 24) mirata a fotografare la situazione italiana con l'obiettivo di quantificarne l'impatto economico, di individuare i percorsi di diagnosi e di cura che ruotino intorno alla donna (e non solo alla patologia), fornendo elementi di conoscenza e di orientamento per l'adozione di politiche pubbliche alla luce delle linee guida europee e mondiali;
    l'interesse del Senato ad affrontare un'indagine conoscitiva è in parte conseguente all'iniziativa del Parlamento europeo (delibera, 30/2004), denominata «Written Declaration on Endometriosis» e sottoscritta da 266 parlamentari europei. Tale documento richiamava l'attenzione sull'incidenza di questa affezione in Europa (una donna su dieci), sull'onere annuale dei congedi malattia ad essa connessi (circa 39 miliardi di euro) ed invitava la Commissione europea ad inserire la prevenzione dell'endometriosi nei futuri programmi comunitari per la salute pubblica con lo scopo di favorirne la ricerca delle cause, la prevenzione e il trattamento, nonché di promuovere una maggiore consapevolezza sulla gravità del problema, anche attraverso l'istituzione di giornate annuali dedicate;
    nell'ambito dell'alleanza terapeutica, il ruolo delle associazioni delle pazienti riveste un ruolo centrale. A livello mondiale, il punto di riferimento è l'American Endometriosis Association – EA, un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1980 che raccoglie 60 paesi; a livello europeo, il punto di riferimento è l’European Endometriosis Alliance – EEA una coalizione fondata nel 2004 che raccoglie le associazioni nazionali di donne affette da endometriosi di 11 paesi, tra cui l'Italia: Nell'ambito di questi circuiti internazionali, agiscono l'Associazione italiana endometriosi onlus – AIE e l'Associazione progetto endometriosi onlus – APE (www.endoassoc.it e www.apeonlus.it), le cui mission sono: dare sostegno alle donne, costruire networking, sensibilizzare gli stake holder coinvolti e promuovere la ricerca scientifica;
    grazie alla EEA e al Written Declaration on Endometriosis, dal 2005 si celebra ogni anno la «awareness week», la settimana europea della consapevolezza dell'endometriosi (l'11o edizione si è tenuta dal 7 al 13 marzo 2016) che prevede incontri aperti, convegni e feste di sostegno al lavoro volontario delle associazioni. La awarness week coincide con la giornata mondiale della endometriosi che cade ogni anno il 16 marzo, in occasione della quale in 50 città, da San Francisco a Londra, si organizza la Worldwide Endomarch. (www.endomarch.org);
    in concomitanza dell'ultima giornata mondiale della endometriosi, il Ministro della salute Lorenzin ha dichiarato che, a seguito della conclusione dell’iter di aggiornamento dei nuovi lea, l'endometriosi sarebbe rientrata nell'elenco delle malattie croniche invalidanti che danno diritto all'esenzione e che una specifica attenzione particolare alla patologia sarebbe stata dedicata anche nell'ambito del Piano nazionale per la fertilità,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per inserire l'endometriosi nell'elenco delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria (ambulatoriali e specialistiche, per l'acquisto di farmaci e di diagnostica) a mezzo dell'attribuzione dello specifico codice identificativo, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 25 settembre 1999;
   ad assumere iniziative per apportare le necessarie modifiche al decreto del Ministro della salute 12 settembre 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2006 per l'introduzione di tariffe differenziate relative alle prestazioni sanitarie per il trattamento e la cura dell'endometriosi, nell'ambito del sistema di classificazione Diagnosis related group (DRG), tenendo conto della tipologia e dell'intervento effettuato;
   ad assumere iniziative per istituire presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale dell'endometriosi e i relativi registri regionali, con le seguenti finalità:
    a) permettere la raccolta e lo scambio di dati specifici e aggiornati in materia di endometriosi che, conseguentemente, siano alla base delle strategie condivise di intervento sulla patologia, per ambito geografico;
    b) monitorare l'andamento del fenomeno, rilevare le problematiche ad esso connesse e le eventuali complicanze, allo scopo di conoscerne l'esatta incidenza e prevalenza, anche su base regionale;
    c) sviluppare le necessarie analisi epidemiologiche, cliniche e sociali in grado di migliorare la conoscenza della malattia, gli standard assistenziali e gli aspetti chirurgici, nonché i risvolti psicologici e sociali che essa inevitabilmente comporta;
    d) consentire una migliore razionalizzazione delle risorse umane ed economiche con effetti positivi sulla diagnosi precoce, sul trattamento più adeguato e sulla qualità di vita delle pazienti affette;
   ad adottare iniziative per potenziare la risposta alla patologia, favorendo lo sviluppo e il radicamento di strutture aziendali e regionali di riferimento, correlate tra loro, che contribuiscano alla crescita dell'appropriatezza dei percorsi diagnostici e terapeutici, in particolare abbreviando i tempi di diagnosi;
   a promuovere adeguate campagne di sensibilizzazione del personale sanitario che consentano di migliorare la capacità di rapida individuazione delle pazienti a rischio in modo che vengano indirizzate ai centri regionali di riferimento e – nei casi più complessi – alle strutture hub della rete nazionale di riferimento, che devono garantire una presa in carico raffinata, capace di limitare al minimo le sequele invalidanti per le pazienti, riducendo il rischio di complicanze gravi e di recidive;
   a verificare la possibilità di costruire un'adeguata azione di supporto psicologico per le donne affette dalle forme più gravi di endometriosi che aiuti nella gestione delle possibili complicanze e, in particolare, supporti le pazienti per tutte le problematiche connesse alla riduzione della fertilità;
   ad affiancare le associazioni delle pazienti, valorizzandone la capacità di intermediazione e le attività di supporto alla conoscenza e alla diffusione delle informazioni e sostenendole in tutte le azioni di sostegno psicologico e materiale diretto e indiretto nei confronti delle donne e delle loro famiglie;
   ad istituire presso il Ministero della salute una commissione di esperti nel settore dell'endometriosi, ai cui lavori partecipino anche le associazioni delle pazienti, alla quale sia attribuito il compito di predisporre apposite linee guida per la buona pratica della cura e per l'individuazione di adeguati strumenti di informazione dei pazienti e dei medici, nonché il compito di individuate azioni e iniziative per la prevenzione;
   a presentare ogni anno alle Commissioni parlamentari competenti una relazione di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di endometriosi, con particolare riferimento al registro nazionale di monitoraggio e alla spesa sanitaria e farmacologica.
(1-01240) «Vargiu, Monchiero, Vezzali, Capua, Molea, Matarrese, Vecchio, Librandi, Galgano, Dambruoso».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia cronica uterina che colpisce circa tre milioni di donne italiane: le colpisce nel fisico – si impianta al di fuori dell'utero, viene stimolata dal ciclo mestruale ed è associata a forti dolori invalidanti, causa spesso l'infertilità e può compromettere una normale vita sessuale – e le emargina sul lavoro, determinando spesso spietate espulsioni dal ciclo produttivo;
    in mancanza di registri nazionali, i dati epidemiologici più attendibili sono quelli che sono stati utilizzati dal Senato della Repubblica Italiana per la predisposizione dell'indagine conoscitiva approvata dalla 12a Commissione permanente igiene e sanità nella seduta del 18 gennaio 2006: in quel documento si riportano dati Onu che stimano che le donne colpite da endometriosi in Europa siano 14 milioni, 5,5 milioni nel Nord America e 150 milioni nel mondo;
    l'esatta prevalenza (stima della popolazione di donne sottoposte a management per endometriosi in un dato tempo) e l'incidenza (numero di nuovi casi diagnosticati in un anno) dell'endometriosi non sono conosciute. Pertanto, in assenza di precisi dati numerici nazionali sull'entità del fenomeno, è possibile far riferimento a quelli internazionali, che mostrano una prevalenza della malattia pari a circa il 10 per cento nella popolazione generale femminile in Europa. In Italia, nel 2004, una rilevazione del Census Bureau ha evidenziato una prevalenza di 2.902.873 su una popolazione stimata di 58.057.477;
    sin dal 19 aprile 2004, duecentosessantasei membri del Parlamento europeo (con delibera 30/2004) avevano firmato la Written Declaration on Endometriosis nella quale veniva segnalata la scarsa conoscenza della malattia, sia tra i medici sia nella popolazione. Nel documento, inoltre (che stimava in 39 miliardi di euro l'onere annuale dei congedi in malattia causati da questa patologia all'interno dell'Unione europea) si invitavano i Governi nazionali degli Stati membri e la Commissione europea ad adoperarsi per l'istituzione di giornate annuali sull'endometriosi nell'intento di accrescere l'informazione sulla malattia. La Commissione europea veniva sollecitata, infine, a inserire la prevenzione del endometriosi nei futuri programmi europei per la salute pubblica ed a favorire la ricerca sulle cause, la prevenzione e il trattamento della patologia;
    pur essendo tendenzialmente benigna, l'endometriosi agisce in modo progressivo ed è di difficile individuazione, motivo per il quale si calcola che sia diagnosticata in media nove anni dopo il suo emergere, quando circa il 75-80 per cento delle donne da essa colpite sono ormai soggette ai numerosi sintomi citati: forte dolore, infertilità, stanchezza;
    il fatto che l'endometriosi emerga con tanta lentezza e con sintomi non immediatamente percepibili da parte delle donne colpite fa sì che molte malate non si sottopongono alle visite mediche presso le strutture pubbliche, per le quali – non essendo la malattia (che oltretutto è cronica e quindi necessita di continua assistenza medica senza soluzione di continuità) esentata dal ticket in base al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 329 del 1999 – risulta necessario partecipare al costo della prestazione effettuata dal Servizio sanitario nazionale;
    alla luce di tale contesto, è necessario non solo accendere i riflettori sulla malattia e sul disagio vissuto dalle donne, per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni, ma è fondamentale promuovere altresì una vera cultura della prevenzione, anche sostenendo la ricerca con finanziamenti ad hoc. In questo modo, si potrà mettere in atto un'adeguata prevenzione e si potranno individuare nuovi test di diagnostica precoce;
    nel 2009, l'allora Ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, si fece promotrice di un protocollo d'intesa sottoscritto assieme ad Inps, Inail, Istituto per gli affari sociali e Fondazione italiana endometriosi: il protocollo intendeva mettere in campo una sinergia istituzionale di alto profilo per sostenere tutte le azioni necessarie ad aiutare le donne che soffrono di endometriosi, con pesanti risvolti sulla vita privata, lavorativa e sociale; tra gli obiettivi del protocollo vi erano quelli di implementare il sistema di informazione e prevenzione della malattia, stimolare l'interesse per la ricerca scientifica e porre particolare attenzione ai luoghi di lavoro;
    la validità del suddetto protocollo (siglato il 22 luglio 2009) è scaduta nel luglio 2014; sul mancato rinnovo dello stesso, pesa anche l'assenza, nella compagine di Governo, di un Ministro per le pari opportunità, particolarmente attento a questo tipo di tematiche;
    nel 2012 il Friuli Venezia Giulia ha adottato una legge specifica che tutela le donne affette da endometriosi (legge regionale n. 18 del 2012); nel 2014, le misure sono state approvate dalla regione Puglia e dalla Sardegna (legge regionale Sardegna n. 26 del 2014, legge regionale Puglia n. 40 del 2014); nel 2015, anche la regione Molise ha stabilito norme specifiche sul tema, con la legge regionale n. 1 del 2015;
    è necessario sostenere la straordinaria rilevanza nazionale della questione, e misure per affrontare l'endometriosi quale patologia invalidante, che tocca da vicino, e con conseguenze importanti, le donne,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta alla tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dall'inserimento della malattia nell'elenco delle patologie per le quali si ha diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria tramite l'attribuzione dello specifico codice identificativo, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;
   ad adottare specifiche iniziative per sostenere le donne affette da endometriosi, anche finalizzate alla riduzione dei costi che le pazienti affrontano, con misure volte all'esenzione dalla partecipazione al costo per prestazioni di diagnostica, ambulatoriali e specialistiche correlate all'endometriosi, nonché per l'acquisto di farmaci;
   a favorire opportune campagne di sensibilizzazione, che puntano a diffondere una presa di coscienza dei problemi che l'endometriosi comporta nella vita delle donne, anche attraverso specifiche campagne di informazione indirizzate alla classe medica e alla popolazione potenzialmente a rischio;
   a promuovere, con ogni iniziativa di competenza, la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi, con specifiche iniziative di supporto alla ricerca scientifica, con l'obiettivo di individuare nuovi test diagnostici e cure farmacologiche efficaci, che permettano di ridurre la sofferenza delle pazienti e i costi della malattia, anche coordinando ricerche e statistiche sulla fenomenologia e ricerche epidemiologiche sulle cause dell'endometriosi;
   ad assumere iniziative per favorire un percorso di assistenza alle donne affette da endometriosi, stimolando con opportune azioni una migliore gestione del problema soprattutto nei luoghi di lavoro, a piena garanzia del diritto alla salute delle donne e a tutela del posto di lavoro;
   a monitorare quantitativamente e qualitativamente i casi di endometriosi tramite l'istituzione di un apposito registro nazionale per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali riferiti all'endometriosi.
(1-01243) «Milanato, Occhiuto, Prestigiacomo, Bergamini, Calabria, Centemero, De Girolamo, Giammanco, Nizzi, Polidori, Polverini, Elvira Savino, Sandra Savino».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


MOZIONI BARADELLO ED ALTRI N. 1-01188, POLVERINI E OCCHIUTO N. 1-01236, TRIPIEDI ED ALTRI N. 1-01241, SIMONETTI ED ALTRI N. 1-01242, PIZZOLANTE E BOSCO N. 1-01244 E MICCOLI ED ALTRI N. 1-01245 CONCERNENTI INIZIATIVE PER VALORIZZARE I COSIDDETTI LAVORATORI MATURI NEL QUADRO DEL PROLUNGAMENTO DELLA VITA LAVORATIVA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dell'espulsione dei lavoratori cosiddetti maturi dal ciclo produttivo ha inizio nel nostro Paese attorno alla metà degli anni ’90 del secolo scorso;
    già negli anni precedenti in vari Paesi industrializzati europei si era diffusa la teoria «young in, old out», che prevedeva una costante discesa dell'età dei lavoratori;
    in Italia, le multinazionali furono le prime ad applicare la teoria sopra ricordata, il cui retroterra va ricercato nel processo di globalizzazione che si andava imponendo e che riteneva necessario un rapido «svecchiamento» degli organici, per far posto a giovani sicuramente più capaci dei «vecchi» di cogliere le implicazioni dei nuovi processi produttivi e tecnologici, ma anche più disposti ad accettare, almeno in linea teoria, le nuove regole del mercato globalizzato;
    sempre in quell'epoca prevaleva l'idea che liberandosi dei lavoratori maturi, costosi, professionalizzati e spesso critici verso le scelte aziendali, si sarebbero agevolati l'introduzione e lo sviluppo di nuove strategie aziendali, con l'evidente messa in secondo piano dei valori dovuti all'esperienza ed alla competenza acquisita con il tempo;
    non si può dire, però, che in Italia questa scelta abbia davvero favorito i giovani, che sono a loro volta diventati vittime di un precariato costante e che tocca tutti gli aspetti della loro vita;
    non si intende, quindi, sostenere una qualche forma di guerra generazionale quando si osserva che il lavoratore maturo è stato fortemente penalizzato dalle scelte politiche e aziendali degli ultimi anni;
    è però evidente che se, giustamente, l'attenzione della politica e dei media si concentra sui preoccupanti dati relativi alla disoccupazione giovanile, non lo stesso avviene per quelli che riguardano i lavoratori over 40 e, soprattutto, over 50;
    le cifre non sono concordi ma si parla di circa 2 milioni di lavoratori maturi (over 40/50/60 anni), che non riescono, o non cercano più, un lavoro dopo averlo perduto;
    si tratta di un numero non trascurabile e che assume particolare gravità a fronte dell'allungamento della vita in un contesto in cui, spesso, molti di questi lavoratori maturi non solo contribuiscono a mantenere la propria famiglia, ma collaborano al sostegno dei genitori anziani;
    la perdita di lavoro e l'impossibilità di trovarne un altro, quindi, non solo rischiano di gettare oltre la soglia di povertà le famiglie dei lavoratori maturi, ma anche di colpire persone anziane che non sono più in grado di provvedere a loro stesse, con un effetto a cascata tragico;
    inoltre, e non si tratta di un dato trascurabile, il lavoro non è solo essenziale fonte di reddito, ma anche di senso di appartenenza alla comunità e di riconoscimento del proprio ruolo sociale;
    lavorare è produrre, è essere attivi, è avere un ruolo nella società. Non riuscire, dopo una vita, a continuare la propria attività, per motivi non dipendenti dalla propria volontà, crea inevitabilmente un senso di vuoto che può anche sfociare in atti tragici;
    inoltre, i lavoratori maturi si sentono spesso «vuoti a perdere», abbandonati ad un silenzioso oblio che fa apparire trascurabile, residuale il loro problema relativo all'occupazione rispetto a quello dei più giovani;
    sono certamente importanti le iniziative come quelle relative alla «Garanzia giovani» o le agevolazioni previste per l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori «precari», di solito giovani, previste dalle nuove leggi;
    manca, invece, una «Garanzia maturi», ma non è possibile trascurare i lavoratori più anziani, che non godono di queste iniziative. Si tratta non solo di un dovere verso persone che lavorano da molti anni, ma anche di una convenienza per tutto il sistema Paese;
    i lavoratori maturi, infatti, sono una risorsa inestimabile per qualità e professionalità e certamente non può essere «sprecato» un capitale tanto prezioso e irripetibile;
    naturalmente, il lavoratore maturo deve essere disponibile ad aggiornarsi continuamente, non pensando di essere arrivato ad un punto dove la formazione non serva più;
    al contrario, il cosiddetto «life-long learning», ossia l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, è essenziale, perché solo aggiornandosi costantemente è possibile assicurare a tutti i lavoratori, ed in particolare a quelli maturi, la possibilità di adattarsi ai cambiamenti di prodotto o dei processi innovativi, rendendolo, quindi, spendibile su un mercato del lavoro in costante mutamento;
    ogni anno vengono stanziati fondi pubblici – decine di milioni di euro finanziati dal Governo e dalle regioni – per «programmi di sostegno alla ricollocazione», che mettono a disposizioni agenzie di ricollocamento che si prendono in carico i disoccupati;
    queste agenzie dovrebbero curare la ricollocazione del lavoratore, in particolare di quello maturo, che abbia perso il lavoro, attraverso la formazione, il rifacimento del curriculum, la motivazione e altro;
    purtroppo, però, manca l'anello finale della catena, non essendovi alcun legame con aziende interessate ai lavoratori coinvolti in questi processi;
    manca, di fatto, un «marketing» territoriale da parte degli uffici per l'impiego nei confronti delle imprese, un collegamento tra pubblico ed imprese, volto a comprendere le esigenze delle imprese stesse e la disponibilità dei lavoratori;
    questi ultimi, con uno slogan sin troppo noto ormai, sono considerati in genere «troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione». Si tratta di una frase fatta, ma che sottolinea assai bene la gravità della situazione per i lavoratori maturi;
    esperienze recenti evidenziano come sia possibile contrastare il fenomeno della disoccupazione dei lavoratori maturi, anche attraverso iniziative del mondo della cooperazione, finalizzate alla formazione degli stessi lavoratori, ai quali viene anche insegnato a costituirsi a loro volta in cooperative analoghe,

impegna il Governo:

   a diffondere, per quanto di competenza, una cultura del prolungamento della vita lavorativa, non inteso solo come necessità, viste le modifiche alle norme pensionistiche, ma come strumento di valorizzazione di risorse esperte e come riconoscimento sociale della loro utilità personale e professionale;
   ad assumere iniziative per rendere più agevole, per questo scopo, l'uso di strumenti di flessibilità quali il part-time, il job sharing (contratto di lavoro ripartito), l’home working per i lavoratori maturi;
   ad assumere iniziative per contribuire all'attribuzione ai lavoratori over 50 del ruolo di «tutor per l'ingresso di nuova forza lavoro» e per un graduale «passaggio di consegne» tra lavoratori maturi e giovani;
   a monitorare l'uso dei fondi pubblici stanziati per i cosiddetti «programmi di sostegno alla ricollocazione», in modo da favorire un concreto reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori maturi;
   a favorire, seguendo esempi già concretamente realizzati, per quanto di competenza, organizzazioni, anche di natura cooperativa, volte a dare nuove forme di professionalità ai lavoratori maturi che abbiano perso il lavoro;
   a valutare in via transitoria, di assumere iniziative per la definizione di una norma analoga a quella già introdotta da questo Governo relativamente agli sgravi fiscali per le assunzioni, individuando una forma specifica di agevolazione contributiva per i datori di lavoro che assumano lavoratori maturi.
(1-01188) «Baradello, Sberna, Fauttilli, Gigli, Santerini, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma delle pensioni del 2011 prevede l'innalzamento dell'età pensionabile, con la conseguente necessità di una maggiore permanenza attiva nel mondo del lavoro;
    la vicenda dei cosiddetti salvaguardati evidenza l'assoluta mancanza di strumenti di politica attiva, finalizzati alla riqualificazione e alla rioccupazione dei lavoratori coinvolti in processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale;
    la stessa vicenda denota una difficoltà di comprensione del fenomeno a causa della carenza di dati statistici adeguati;
    l'introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti ha ricadute sulla gestione dei licenziamenti collettivi, con particolare riferimento alla possibilità di non tener conto dei criteri di scelta previsti dalla normativa vigente, vale a dire anzianità anagrafica e di servizio, carichi familiari, rispetto delle percentuali di genere;
    l'Osservatorio sulle politiche occupazionali e del lavoro dell'Inps del novembre del 2015, su dati 2014, gli ultimi disponibili, certifica il forte impatto della disoccupazione nella fascia di età compresa fra i 45 anni ed oltre:
    il numero dei beneficiari dell'Aspi è pari a 385.281 unità, vale a dire il 36,7 per cento;
    il numero dei beneficiari della mini Aspi è di 131.706 unità, pari al 25,6 per cento;
    il numero dei beneficiari dell'indennità di disoccupazione agricola è di 243.770 unità, pari al 46,4 per cento;
    nel complesso, i beneficiari di un'indennità di disoccupazione, nella fascia di età fra 45 anni ed oltre, sono 760.757 su un totale di 2.088.675 (36,4 per cento);
    i beneficiari dell'indennità di mobilità, nel periodo considerato, sono 117.960 su un totale di 218.664 (53,9 per cento);
    sempre lo stesso Osservatorio evidenzia la ridotta propensione delle aziende ad assumere personale rientrante nella cosiddetta categoria dei lavoratori maturi:
     su un totale di 296.810 assunzioni agevolate di disoccupati o beneficiari di cassa integrazione guadagni straordinaria da almeno 24 mesi, quelle che riguardano la fascia di età interessata sono appena il 14,3 per cento, mentre, su un totale di 18.184 assunzioni agevolate di ultracinquantenni e di donne, quelle che interessano la fascia di età considerata sono soltanto il 20,3 per cento;
    la formazione continua nel nostro Paese coinvolge una percentuale di lavoratori molto inferiore rispetto alla media europea; con il 7,1 per cento degli uomini e il 7,8 per cento delle donne l'Italia sopravanza soltanto la Grecia, il Belgio, la Polonia e l'Irlanda;
    il Governo, per favorire la sottoscrizione di contratti di lavoro a tempo indeterminato, ha previsto una decontribuzione nelle leggi di stabilità per gli anni 2015 e 2016, senza alcun riferimento al regolamento (CE) 800/2008 sui lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati;
    il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, ha istituito l'Agenzia nazionale per le politiche attive,

impegna il Governo:

   a rafforzare le politiche di sostegno al reddito dei lavoratori cosiddetti maturi, anche attraverso un percorso di accompagnamento per la fascia più immediatamente vicina al pensionamento;
   ad assumere iniziative per prevedere un esplicito richiamo al regolamento (CE) 800/2008 nelle misure di decontribuzione per favorire l'assunzione di personale a tempo indeterminato;
   a rafforzare le politiche attive attraverso un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza sindacale e datoriale, nonché dei fondi interprofessionali per la formazione continua nella definizione delle linee programmatiche dell'Agenzia nazionale per le politiche attive;
   ad assumere iniziative per destinare una quota del cosiddetto inoptato dello 0,30 per cento della retribuzione ad attività formative rivolte nello specifico ai lavoratori maturi;
   a favorire, sull'esempio del programma «Garanzia giovani», un'attività di profilazione dei lavoratori disoccupati con più di 45 anni, al fine di avere un quadro, anche statistico, più chiaro delle professionalità disponibili.
(1-01236) «Polverini, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    la disoccupazione in età matura colpisce moltissimi nuclei familiari producendo devastanti effetti personali, in quanto essa sovente interessa persone coniugate con prole (almeno l'80 per cento). Pertanto le conseguenze di disoccupazione, si riflettono negativamente su tutto il nucleo familiare e quindi su almeno il triplo delle persone disoccupate;
    il fenomeno della disoccupazione e della diffusa precarietà dei lavoratori, anche in età matura, affonda le radici nel radicale mutamento delle politiche occupazionali intervenuto in Italia negli ultimi anni; prima con l'approvazione del «pacchetto Treu», poi con la legge n. 30, sono state precostituite le condizioni per lo sviluppo di un mercato del lavoro caratterizzato da precarietà diffusa. È questo uno dei primi fattori di responsabilità che vanno oggi richiamati; la possibilità di «reclutare» lavoratori, diplomati o laureati, di ingaggiarli con forme contrattuali capestro unita all'opportunità di liberarsene in qualsiasi momento, tutti fattori che hanno contribuito tra gli altri, ad acuire le difficoltà di mantenimento e/o inserimento lavorativo per i lavoratori cosiddetti «maturi», i quali spesso provenivano da situazioni più garantite che si è cercato di soppiantare per far spazio alla diffusa precarietà;
    la condizione di precarietà si è dunque estesa in modo non marginale anche ai lavoratori «maturi» che si sono trovati ad accettare essi stessi condizioni di lavoro diverse dal passato o talora si sono visti addirittura espellere dal mondo del lavoro;
    è peraltro sufficiente analizzare la miriade di interventi autorizzati dai vari Governi su richiesta di medie e grandi imprese che invocano un sostegno per le proprie esigenze di ristrutturazione pena il licenziamento di consistenti gruppi di lavoratori. Questa semplice analisi permette di scoprire che nella stragrande maggioranza dei casi molti lavoratori inseriti nelle liste di mobilità, nei provvedimenti di cassa integrazione e, per ovvi motivi, di prepensionamento, appartengono a fasce di età medio-alta con evidenti difficoltà di ricollocamento e con situazioni personali individuali appesantite dalle responsabilità familiari proprie di quella stesse fasce di età;
    allo scenario fin qui descritto manca il tassello della miriade di «riforme» previdenziali che, a partire dalla metà degli anni ’90 sono state varate, tutte nel segno del peggioramento dei requisiti temporali per l'accesso alla pensione nonché del valore finale della rendita delle pensioni stesse. Riforme che proprio nella fase di crescita del fenomeno dell'espulsione dal ciclo produttivo dei lavoratori «over» hanno totalmente e consapevolmente ignorato le conseguenze devastanti per quei lavoratori che, a pochi anni dal traguardo, perdevano il lavoro e contestualmente, si vedevano prorogare nel tempo il requisito anagrafico e/o contributivo per accedere a quella pensione che avrebbe potuto rappresentare l'unica possibile fonte di reddito;
    come altresì sostenuto da più parti, non va altresì trascurato il disagio psicologico provocato dalla disoccupazione in età adulta. Essa crea una ferita all'identità della persona e appunto disagio sociale. La perdita del lavoro, anche se conseguenza di una crisi aziendale e non dovuta a incapacità della persona, provoca un crollo fortissimo di autostima che porta le persone a nascondere anche a lungo la condizione di disoccupato;
    dal punto di vista delle possibilità di ricollocazione nessuno può ignorare il fatto che è sufficiente scorrere gli annunci di lavoro o visitare una agenzia per il lavoro per rendersi conto delle enormi difficoltà di reinserimento nel ciclo produttivo dopo una certa età;
    tuttavia, porre l'accento sulla questione dei lavoratori cosiddetti «over» non significa disconoscere l'esistenza di specificità proprie di questa o quella categoria sociale, ma, richiama la necessità di affrontare il tema dei diritti, della riforma del sistema del welfare, della previdenza, e altro, con una attenzione rivolta a tutto il mondo del lavoro, perché introducendo nuove forme di tutela esclusive per questa o quella categoria l'unico risultato possibile è quello di accentuare discriminazioni che già dilagano nel nostro Paese;
    occorre riproporre obiettivi comuni a tutto il mondo del lavoro subordinato, come a quello oggi da considerarsi, in molti casi, fittiziamente, «autonomo»;
    occorre una decisa inversione di tendenza, una riforma del welfare che punti sull'introduzione di una forma universale di sostegno al reddito, che si ponga in discontinuità con i tradizionali ammortizzatori sociali oramai sempre più inadatti a turare le falle di un sistema che non tutela;
    oggi una grande massa di disoccupati appartiene anche alla fascia dei ceti medi, del lavoro intellettuale impiegatizio, dei professionisti, dei quadri e dei dirigenti. Il rapporto con queste nuove categorie che sono andate ad ingrossare la fascia dell'esclusione sociale richiede la presenza di operatori pubblici con elevata qualifica professionale, azioni sul territorio al fine di intercettare le reali esigenze in un Paese che deve fare i conti con un sistema basato fondamentalmente sulla piccola impresa e, infine, di investimenti mirati allo sviluppo di un forte rapporto di collaborazione con le imprese stesse;
    intorno al blocco decrescente dei lavoratori stabili e garantiti che in Italia sono rappresentati da un nucleo sempre più basso di unità rispetto all'intera forza lavoro, vi è una massa crescente di lavoratori, appunto anche adulti, capaci di produrre ricchezza e tuttavia esclusi dal mondo produttivo. È necessario porre in essere ogni iniziativa utile a favorire la valorizzazione di queste risorse ai fini del loro reinserimento oltre che intervenire in modo incisivo per sostenerne il reddito;
    infine, in un'ottica di medio-lungo periodo, è evidente che ampie schiere di lavoratori oggi attivi, che oggi non contribuiscono al finanziamento del sistema pensionistico perché non occupati, si avvicineranno all'età di pensionamento, peraltro con ampi «vuoti» contributivi. Ciò impone di affrontare il problema anche nell'ottica della salvaguardia dei lavoratori o disoccupati in età matura che potrebbero moltiplicarsi nei prossimi anni adottando misure volta a prevenire l'aggravarsi del fenomeno,

impegna il Governo:

    a incentivare l'occupazione di questa categoria di lavoratori e comunque, in un più ampio quadro di tutela, ad assumere iniziative per introdurre una forma universale di sostegno che ne garantisca il reddito;
    ad assumere iniziative al fine di promuovere l'uso di strumenti quali il part-time, lo «smart working», il «job sharing», l’«home working» e, comunque, a promuovere l'evoluzione di modelli organizzativi del lavoro funzionali al miglioramento delle condizioni sociali, di vita, occupazionali e previdenziali dei lavoratori con conseguente relativo beneficio anche per i lavoratori in età matura;
    a promuovere, anche attraverso misure di favore fiscale e di più agevole accesso al microcredito, iniziative dei lavoratori in età matura volte ad avviare l'impresa o a salvaguardare la sopravvivenza dell'impresa, ove i medesimi siano stati in precedenza occupati;
    a porre in essere ogni iniziativa utile a favorire le realtà organizzative che, in un contesto sociale ed economico in piena difficoltà, pongano come proprio scopo sociale la salvaguardia dei diritti e la tutela del reddito di lavoratori in età matura espulsi dai processi produttivi;
    a porre in essere concrete iniziative – posto che in un'ottica di medio-lungo periodo ampie schiere di lavoratori oggi attivi non contribuiscono al finanziamento del sistema pensionistico, perché non continuativamente occupati – finalizzate ad arginare il moltiplicarsi del numero di persone che potrebbero trovarsi senza lavoro e senza pensione;
    a porre in essere iniziative volte a rinsaldare il patto tra le generazioni attraverso l'adozione di misure che tengano conto degli orizzonti futuri della previdenza nel nostro Paese.
(1-01241) «Tripiedi, Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi, Chimienti, D'Incà».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma delle pensioni Monti-Fornero, che ha innalzato repentinamente l'età pensionabile senza alcuna previsione di gradualità, ha creato diverse nuove emergenze sociali, tra le quali quella dei cosiddetti «lavoratori maturi»;
    in tale ambito si ricomprendono i lavoratori troppo giovani per andare in pensione e troppo anziani per trovare facile ricollocazione lavorativa una volta espulsi dal ciclo produttivo, finendo con il diventare soggetti a rischio di esclusione sociale;
    la perdita di occupazione e la difficoltà ovvero impossibilità di trovarne un altro rischiano, appunto, di gettare in condizioni di povertà i lavoratori maturi e le relative famiglie, accrescendo il fenomeno della marginalità sociale;
    l'occupazione, infatti, non rappresenta solo una fonte di reddito, ma conferisce anche uno status ed un ruolo nella società, una partecipazione attiva alla comunità; la sua perdita, specie se d'improvviso e per motivi non imputabili al lavoratore, crea nel medesimo un senso di vuoto ed inutilità che talvolta porta a patologie silenziose ma drammatiche o addirittura a gesti estremi;
    tutte le misure messe in campo negli ultimi Governi a maggioranza di Centro-sinistra, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, hanno acuito il conflitto generazionale: dalla «riforma Fornero» che ha bloccato il ricambio nel mercato del lavoro, impedendone l'ingresso ai giovani e non salvaguardando i disoccupati maturi, al recente jobs act, proiettato quasi esclusivamente verso la riduzione del tasso di disoccupazione giovanile;
    giovani e anziani, invero, sono portatori di capitale umano qualitativamente diverso – approccio innovativo dei primi, esperienza e pratica dei secondi – la cui combinazione per un datore di lavoro non può che essere proficua;
    quali recenti misure di sostegno alla ricollocazione lavorativa degli ultracinquantenni, si ricordano la riduzione del costo dei contributi pari alla metà del dovuto sulle assunzioni con contratto a tempo determinato di lavoratori disoccupati con più di 50 anni e la deroga al requisito anagrafico per il ricorso al contratto di apprendistato: due interventi estemporanei e limitati nel tempo e, come tali, non risolutivi del problema, ma destinati a riproporlo in maniera più accentuata al termine degli sgravi,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rimuovere i fattori di ostacolo alla ripresa della domanda interna, come gli elevati livelli di tassazione sui redditi e sui consumi, al fine di garantire maggiore inclusione nel mercato del lavoro del lavoratori maturi;
   a definire celermente programmi di old guarantee e/o old employment, volti ad accrescere l'occupabilità dei lavoratori maturi espulsi dal ciclo produttivo;
   ad assumere iniziative volte a reperire le occorrenti risorse finanziarie per rendere strutturali le misure di decontribuzione in favore dei lavoratori disoccupati ultra 50enni nonché per introdurre forme flessibili di accesso alla pensione, al fine di garantire loro una copertura reddituale e contenere il rischio di creare una nuova categoria di poveri ed emarginati.
(1-01242) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi due decenni, le modifiche della struttura demografica della popolazione e la dinamica di crescita della spesa previdenziale hanno posto in primo piano la problematica del riequilibrio del sistema pensionistico e dell'innalzamento dell'età pensionabile. Infatti, si è assistito in Europa ad una divaricazione crescente tra l'evoluzione demografica, (caratterizzata dall'aumento delle speranze di vita) e la riduzione effettiva del pensionamento. Questa divaricazione ha costituito, anche nel nostro Paese, una delle cause principali alla base dei problemi del sistema pensionistico. Pertanto, anche l'Italia, in materia, ha adottato una legislazione considerata a livello europeo come una buona riforma;
    la grave crisi economica-sociale, che ha interessato il nostro Paese a partire dal 2008, ha colpito pesantemente la base produttiva ed occupazionale delle imprese, imponendo onerose ristrutturazioni aziendali ed aprendo nuovi e più immediati fronti di emergenza sociale;
    interessati a questi cambiamenti sono stati soprattutto i lavoratori anziani, cioè i lavoratori che, affrontando già le maggiori difficoltà di ricollocazione, hanno visto negli ultimi anni allontanarsi l'età della pensione, per effetto delle modifiche alla disciplina del settore;
    ciò ha anche aumentato la spesa per gli ammortizzatori sociali non consentendo, al contempo, la tutela del reddito per i lavoratori anziani;
    occorre altresì evidenziare che, per quanto concerne le politiche di invecchiamento attivo nel nostro Paese a partire dagli anni ’90, il rapporto tra invecchiamento e lavoro ha iniziato a configurarsi come uno specifico e significativo problema, bisognoso di interventi che andassero oltre la rimodulazione dell'età pensionabile;
    i cambiamenti dovuti all'affermarsi del processo di globalizzazione hanno comportato un rapido «svecchiamento» degli organici per fare posto a lavoratori più giovani che meglio si adattano all'evoluzione del mondo del lavoro e che sono più disposti ad accettare le nuove regole del mercato globalizzato;
    la disoccupazione dei lavoratori anziani è un fenomeno preoccupante non solo riconducibile a motivazioni legate al costo del lavoro o alla flessibilità. Uno dei fattori preponderanti di questa situazione deve essere ricercato anche nella diversa organizzazione delle attività produttive, indotta da un crescente livello di automazione che porta a sminuire il valore delle esperienze lavorative;
    secondo il rapporto Osce del maggio 2015, dal 2007 al 2013, la quota di disoccupati di lunga durata è salita nel nostro Paese dal 45 per cento al 60 per cento: fenomeno che ha investito soprattutto i lavoratori anziani;
    lavoratori che, peraltro, costituiscono una parte fondamentale della forza lavoro nelle società moderne, possedendo notevoli capacità e competenze diverse rispetto alle altre generazioni. Senza la loro partecipazione al mondo del lavoro si rischiano carenze in materia di capacità professionali e di know how e il trasferimento delle conoscenze alle nuove generazioni, che risulta essere fondamentale per tutti i settori produttivi;
    occorre, quindi, affrontare la particolare situazione dei lavoratori anziani (ovvero di quelli rimasti privi di occupazione prima della maturazione dei requisiti di accesso al pensionamento) che non dispongono di alcun tipo di tutela sia dal punto di vista previdenziale, che sotto forma di specifico ammortizzatore sociale riservato a questa particolare tipologia di soggetti. In tale caso, potrebbe risultare utile intervenire attraverso gli incentivi alla loro ricollocazione, riqualificazione e formazione professionale permanente;
    il Governo, con la legge di stabilità per il 2016, ha previsto una misura, quella del part-time agevolato, che rappresenta il primo tentativo di dare una risposta a quel fenomeno sociale definito come «invecchiamento attivo». La norma riguarda i lavoratori del settore privato a cui mancano tre anni al pensionamento di vecchiaia: all'azienda ed al lavoratore viene offerta un'opportunità, quella della riduzione del 50 per cento del tempo di lavoro;
    con questa misura il lavoratore avrà un orario dimezzato, un salario pari al 65 per cento di quello precedente e, dopo tre anni, una pensione pari al 100 per cento di quella che avrebbe dovuto percepire;
    lo Stato garantisce i contributi figurativi e l'azienda versa la sua quota di contributi nella busta paga del lavoratore;
    la soluzione del problema richiede comunque equilibrio e razionalità (specie alla luce delle difficoltà economiche con le quali il Paese si sta confrontando); sicché, non è immaginabile affrontare il problema attraverso un generico ed insostenibile pensionamento anticipato per tutti. Si ribadisce che, al contrario, risulta necessario attivare politiche di sostegno anche fiscali, innanzitutto per le imprese che desiderino assumere gli stessi lavoratori «maturi», attraverso la concessione di benefici economici alle imprese ed aiuti finalizzati a promuovere una continua formazione professionale per assicurare una maggiore facilità di ricollocazione nel mondo del lavoro,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per ampliare la sfera dei soggetti interessati al part-time agevolato, estendendolo anche al settore del pubblico impiego;
   ad approntare soluzioni adeguate che tengano conto della necessità di non creare nuovi squilibri del nostro sistema previdenziale, evitando di ricorrere ad insostenibili misure come quella del pensionamento anticipato per tutti ma adottando iniziative per introdurre, ad esempio, misure fiscali a favore dei datori di lavoro dirette ad incentivare l'assunzione dei lavoratori «maturi»;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per attivare misure di sostegno alla promozione del lavoro autonomo per i cosiddetti lavoratori «maturi», attraverso un programma che preveda benefici economici e riduzione degli oneri burocratici per l'avvio di imprese da parte degli stessi, nonché aiuti per promuovere una continua formazione professionale.
(1-01244) «Pizzolante, Bosco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    come è noto, gli Stati europei stanno attraversando un periodo di transizione demografica che pone al centro il rapido e progressivo invecchiamento della popolazione e, di conseguenza, la necessità di promuovere iniziative a favore della qualità della vita e del benessere delle persone più mature per garantire un invecchiamento attivo della forza lavoro. In Italia, se nel 2013 si contavano 17 milioni di individui over 50, si prevede che nel 2033 saranno 22,5 milioni;
    da diversi anni, il tema dell'occupazione dei cosiddetti older workers (lavoratori maturi) è all'attenzione delle politiche di programmazione europee e nazionali, ed è sempre più attuale il dibattito in merito ai criteri da utilizzare per poter definire un lavoratore «maturo»;
    le ricerche inerenti la partecipazione al mondo del lavoro specificano come il range più utilizzato sia quello di un'età compresa tra i 50 e 55 anni in quanto si tende a identificare il lavoratore maturo come colui per il quale la percentuale di partecipazione al mercato del lavoro diventa sempre più bassa; un lavoratore destinato a fuoriuscire, nel breve termine, dal mondo del lavoro e sul quale non vengono effettuati investimenti a lungo termine;
    se infatti, per oltre un secolo il sistema di tutele sociali ritagliate sui rischi prevedibili delle singole fasi del corso di vita (gioventù, maturità, vecchiaia) aveva svolto efficacemente il suo ruolo protettivo, nella situazione attuale, caratterizzata da condizioni di minore stabilità e da ingressi più tardivi nell'occupazione regolare, la questione è divenuta quella di trovare nuove combinazioni fra flessibilità e sicurezza che consentano alle imprese di valorizzare le risorse possedute, coniugando le proprie esigenze di sviluppo con le esigenze individuali di protezione e di promozione sociale dei lavoratori che in esse operano;
    la crescita della disoccupazione nelle fasce più adulte della popolazione è un fenomeno che si è diffuso anche a livello nazionale negli ultimi anni, esito di una crisi che, in assenza di processi di riconversione, all'interno dei settori in difficoltà, ha generato l'espulsione dal mercato del lavoro di un'ampia fascia di lavoratori cosiddetti «maturi», i quali trovano oggi grande difficoltà di reinserimento;
    si tratta generalmente di lavoratori che, in possesso di esperienze di lavoro polivalenti, maturate nel contesto di imprese medio-piccole o artigiane, sono arrivati alla soglia dei 50 anni di età senza contratti di lavoro regolarizzati, oppure non sono mai entrati nel mercato del lavoro, oppure di persone la cui domanda di servizio si attiva in rapporto ad eventi di perdita del lavoro connessi a crisi aziendali o di settore che interessano anche fasce di professionalità con responsabilità gestionali o dirigenziali, ed il cui sviluppo è strettamente connesso con le caratteristiche del mercato del lavoro locale, nonché alla capacità di gestione del sistema degli ammortizzatori sociali; lavoratori inattivi per i quali l'ingresso nel mercato del lavoro si è spostato in avanti, e anche la data d'uscita lo ha fatto. Effetti che risultano dilatati dall'innalzamento dell'età pensionabile previsto dagli interventi legislativi degli ultimi anni;
    l'allungamento della vita media ed i continui cambiamenti legislativi inerenti l'età pensionabile hanno reso sempre più centrale il tema dell'invecchiamento della popolazione al lavoro: un aspetto dei tempi moderni da affrontare inevitabilmente; i prossimi decenni saranno caratterizzati dall'invecchiamento della popolazione, che porrà una delle sfide globali più complesse dal punto di vista sociale, economico e culturale;
    i dati Istat dimostrano che dal 2005 al 2015 il tasso di disoccupazione delle persone fra i 55 e i 64 anni (pari a 5,5 per cento a livello nazionale nel 2015) è aumentato in tutte le ripartizioni: nel 2015 ha raggiunto il 7,7 per cento nel Mezzogiorno, il 4,8 per cento al centro e il 4,5 per cento al nord, con un gap di genere sfavorevole agli uomini, che soffrono più delle donne la difficoltà di permanenza o di reinserimento nel mercato del lavoro. Fra gli uomini, il tasso di disoccupazione raggiunge infatti l'8,9 per cento nel Mezzogiorno (5,4 per cento fra le donne), il 5,7 per cento al centro (3,7 per cento fra le donne) e il 4,9 per cento al nord (3,9 per cento fra le donne);
    il tasso di inattività nella classe di età 55-64 anni, seppure in costante calo nell'ultimo decennio, conferma la bassa partecipazione al mercato del lavoro di questa fascia di popolazione, presentando un accentuato gap di genere a sfavore delle donne in tutte ripartizioni geografiche. A livello Italia, nel 2015, il tasso di inattività registrato è del 48,9 per cento, a sintesi del 36,7 per cento degli uomini e del 60,4 per cento delle donne. A livello territoriale, il centro è l'area con i tassi più contenuti, sia per le donne (52,4 per cento) che per gli uomini (31,8 per cento), il nord si attesta su un valore intermedio (il 37,0 per cento per gli uomini e il 57,4 per cento per le donne), mentre il Mezzogiorno è quella con i valori più elevati (il 39,1 per cento per gli uomini e il 69,0 per cento fra le donne) e il divario più esteso;
    un ripensamento complessivo della logica e delle modalità di inclusione delle persone anziane nel mercato del lavoro è necessario per rendere lavoratrici e lavoratori giovani e meno giovani complementari e non antagonisti;
    la valorizzazione del lavoro delle classi di età mature e anziane è il focus di riferimento principale, da sviluppare con attenzione sia al livello delle politiche pubbliche o di sistema, sia a quello delle linee di azione nell'ambito delle organizzazioni private e pubbliche;
    la capacità di non appiattire, ma anzi di valorizzare il contributo delle donne e degli uomini, dei giovani e degli anziani, di chi possiede competenze, abilità e culture diverse può consentire, nel contesto attuale, e sempre di più in futuro, all'impresa di fare un reale balzo in avanti. In particolare, di guadagnare un vantaggio competitivo sul mercato, di adattarsi ed anticipare i cambiamenti demografici in atto, di garantire la creazione di un clima di reciproco scambio e di collaborazione che incoraggia le persone a rimanere nell'azienda e a crescere;
    una prima risposta è stata offerta dall'articolo 4, comma 8, della legge 28 giugno 2012, n. 92, con il quale si è introdotto, a decorrere dal 2013, una specifica tipologia di incentivi all'occupazione consistenti nella riduzione, nella misura del 50 per cento, per 18 mesi, dei contributi di previdenza ed assistenza sociale a carico del datore di lavoro, in caso di assunzione a tempo indeterminato di lavoratori ultracinquantenni;
    successivamente, il decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, a previsto il cosiddetto contratto di ricollocazione, prevedendo il diritto del lavoratore ad un'assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore da parte dell'agenzia per il lavoro; è stato inoltre riconosciuto il diritto del lavoratore alla realizzazione, da parte dell'agenzia stessa, di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione professionale, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti ed appropriati, in relazione alle capacità del lavoratore ed alle condizioni del mercato del lavoro nella zona in cui il soggetto sia stato preso in carico;
    in tale prospettiva, un ruolo strategico viene riconosciuto ai servizi per il lavoro, quali strutture deputate alla gestione di azioni ed interventi di politica attiva e passiva orientati a rispondere alle nuove domande sociali connesse al prolungamento della vita lavorativa;
    a tale fine, la riforma delle politiche attive del lavoro portata avanti dal Governo in carica, attraverso la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione, grazie al ruolo dell'Agenzia nazionale per le politiche del lavoro, istituita con il decreto legislativo n. 150 del 14 settembre 2015, dovrà trovare il più sollecito perfezionamento operativo;
    parimenti, un ruolo centrale potrà essere svolto dai fondi di solidarietà, come disciplinati dal decreto legislativo n. 148 del 2015, con la finalità di assicurare a tutti i lavoratori e le lavoratrici una tutela in costanza del rapporto di nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria e cassa integrazione guadagni straordinaria; nonché, in particolare, di prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a coloro che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni; contribuire al finanziamento di programmi formativi di fondi europei;
    da ultimo, la legge 28 dicembre 2015, n. 208, all'articolo 1, comma 284, ha introdotto per il settore privato, una specifica disciplina transitoria, relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato per i lavoratori a cui mancano tre anni alla pensione, i quali potranno scegliere di passare al part-time, mantenendo uno stipendio pari a circa il 65 per cento rispetto a quello percepito fino a quel momento e senza nessuna penalizzazione sulle pensioni;
    il fenomeno dell'alta presenza dei lavoratori maturi diverrà un tema centrale di cui le aziende, insieme alle istituzioni e alle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, dovranno occuparsi nel quotidiano. A fronte di una popolazione sempre più ageé, dunque, diviene indispensabile interrogarsi sulle strategie per sfruttare in chiave competitiva tali mutamenti e avviare azioni di valorizzazione della fascia « over», tal fine di garantirsi lavoratori «attivi» fino al momento dell'uscita dal mercato del lavoro;
    un percorso sull'invecchiamento attivo permette all'azienda di valorizzare meglio le sue risorse in termini di capitale umano, ma anche di ripensare le sue politiche di risorse umane, nell'ottica della gestione delle carriere dei lavoratori in azienda lungo tutto l'arco della vita, contribuendo in questo modo ad una migliore pianificazione delle politiche di risorse umane e all'ideazione di diversi percorsi di crescita professionale,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'azione di sperimentazione di iniziative di sostegno di modalità di impiego flessibile dei lavoratori ultracinquantenni, anche prevedendo forme di scambio generazionale delle competenze, senza penalizzazioni sia per i giovani, sia per i lavoratori più anziani;
   a favorire, per quanto di competenza, anche attraverso, specifiche misure di sostegno fiscale o contributivo, l'adozione di formule organizzative delle imprese e di gestione del personale, d'intesa con le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, volte a riconoscere e valorizzare le professionalità dei lavoratori ultracinquantenni;
   a monitorare gli effetti dei diversi strumenti legislativi adottati finora, per il sostegno dell'occupazione dei lavoratori ultracinquantenni, anche al fine di un più efficace coordinamento e di una ridefinizione degli interventi esistenti;
   a procedere con la massima sollecitudine al perfezionamento del processo di costituzione dell'Agenzia nazionale per le politiche attive, delineando specifiche linee di azione rivolte all'orientamento e al sostegno nella ricerca di nuova occupazione per i lavoratori ultracinquantenni, anche attraverso la definizione di appositi percorsi formativi, volti a moltiplicare le occasioni di apprendimento e di riqualificazione in età adulta.
(1-01245) «Miccoli, Damiano, Gnecchi, Albanella, Arlotti, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)