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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 19 aprile 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 19 aprile 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Blazina, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kronbichler, La Marca, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Morassut, Naccarato, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Blazina, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fava, Fedi, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kronbichler, La Marca, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Morassut, Naccarato, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Vignaroli, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 18 aprile 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MINARDO: «Disposizioni per il recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio pubblico e privato nonché artistico del centro storico di Scicli» (3751);
   ZARATTI ed altri: «Ordinamento della città di Roma, capitale della Repubblica» (3752);
   CATANOSO GENOESE: «Introduzione del divieto di dedicare strade, luoghi ed edifici pubblici a persone condannate per reati contro la pubblica amministrazione» (3753);
   ZARATTI ed altri: «Istituzione del Parco archeologico nazionale dell'Appia Antica» (3754);
   ZACCAGNINI: «Disposizioni concernenti la limitazione dell'impiego di pesticidi e diserbanti nelle aree agricole adiacenti ad aree frequentate dalla popolazione» (3755);
   GIORGIA MELONI ed altri: «Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano» (3756);
   VILLAROSA ed altri: «Modifiche alla legge 28 dicembre 2005, n. 262, al decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, e altre disposizioni in materia di organizzazione della Banca d'Italia, di vigilanza sulla medesima e di prevenzione dei conflitti di interessi nell'attività bancaria» (3757);
   BERNARDO: «Disciplina dell'attività di rappresentanza degli interessi particolari e istituzione del registro pubblico dei rappresentanti di interessi» (3758).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  GIGLI: «Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione» (3708) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII e IX;
  VARGIU ed altri: «Modifiche al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, in materia di personalità giuridica e statuto dei partiti politici, e deleghe al Governo per la disciplina dello svolgimento delle elezioni primarie e per la redazione di un testo unico delle disposizioni riguardanti i partiti politici» (3740) Parere delle Commissioni II, V, VI, VII, IX, X, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di proposte di inchiesta parlamentare a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, le seguenti proposte di inchiesta parlamentare sono assegnate, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  LUPI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» (Doc XXII, n. 65) – Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   IX Commissione (Trasporti):
  LOSACCO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'attività della Società Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici» (Doc XXII, n. 64) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 14 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Scuola archeologica italiana di Atene (SAIA), per gli esercizi 2012, 2013 e 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 380).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, di pertinenza del centro di responsabilità «Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale», autorizzate, nel periodo febbraio – dicembre 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX (Trasporti).

Trasmissioni dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettere del 4 aprile 2016, ha trasmesso le note relative all'attuazione data agli ordini del giorno: FRATOIANNI ed altri n. 9/3444-A/82, concernente l'incremento delle risorse stanziate a favore delle politiche di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, DELL'ARINGA ed altri n. 9/3444-A/102, sulla possibilità di istituire una piattaforma finalizzata all'armonizzazione dei dati amministrativi e statistici sui livelli occupazionali, MARAZZITI ed altri n. 9/3444-A/114, riguardante l'erogazione del bonus famiglia nell'anno 2016, BECHIS ed altri n. 9/3444-A/132 sulla valutazione delle risultanze del Fondo per l'infanzia e l'adolescenza, SORIAL n. 9/3444-A/193 concernente la predisposizione di una proposta di legge condivisa e adeguata al contesto nazionale italiano in materia di reddito minimo garantito, RONDINI n. 9/3444-A/32, riguardante l'opportunità di predisporre un piano straordinario di interventi per consentire ai senza dimora un diritto di assistenza sul modello adottato per l'accoglienza agli immigrati, tutti accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 dicembre 2015.
  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alle Commissioni XI (Lavoro) e XII Commissione (Affari sociali) competenti per materia.

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 13 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 1-ter, del decreto-legge 20 settembre 1995, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1995, n. 490, la relazione concernente la gestione finanziaria dell'Associazione italiana della Croce Rossa (CRI) per l'anno 2013.

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 14 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 20, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, la relazione sull'attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti, riferita all'anno 2015 (Doc. CXVIII, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 15 aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, la relazione – per la parte di propria competenza – sullo stato di attuazione della medesima legge n. 374 del 1997, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona, riferita al secondo semestre del 2015 (Doc. CLXXXII, n. 8).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri), alla IV Commissione (Difesa) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 18 aprile 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di sottocomitato per le questioni sanitarie e fitosanitarie istituito dall'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Moldova, dall'altra (COM(2016) 211 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 211 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma della direttiva 2011/65/UE sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM(2016) 215 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dall'Autorità nazionale anticorruzione.

  Il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, con lettera in data 14 aprile 2016, ha trasmesso una segnalazione, adottata con delibera n. 376 del 2016, ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettere e) e f), del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, concernente le disposizioni normative che prevedono l'affidamento dei servizi di pulizia, servizi ausiliari e gli interventi di mantenimento del decoro e delle funzionalità degli immobili adibiti a sede delle istituzioni scolastiche e educative, mediante il ricorso all'istituto giuridico della proroga e, più in generale, sul ricorso sistematico alle proroghe normative per garantire la continuità dell'approvvigionamento dei servizi alle amministrazioni pubbliche.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) alla VII Commissione (Cultura) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 15 aprile 2016, ha trasmesso la comunicazione concernente la revoca dell'incarico, conferito al dottor Lorenzo Quinzi ai sensi dell'articolo 19, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di direttore generale dell'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero della giustizia, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 18 aprile 2016, a pagina 8, prima colonna, decima riga, le parole: «COM(2016) 277 final» si intendono sostituite dalle seguenti: «COM(2016) 227 final».

INTERPELLANZE E INTERROGAZIONI

Iniziative volte a contrastare il fenomeno del bullismo, alla luce di un grave episodio occorso nel mese di dicembre 2015 presso l'istituto scolastico «Armando Perotti» di Bari – 3-01906

A) Interrogazione

   LOSACCO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   dalle cronache dei media apprendiamo di un nuovo pestaggio presso l'Istituto Perotti di Bari;
   un episodio che risale alla scorsa settimana e di cui si è appresa la notizia solo in questi giorni;
   stando alla ricostruzione dei fatti, due bulli avrebbero immobilizzato e massacrato di botte un terzo ragazzo con calci e pugni, tutti di età compresa tra i 14 e i 17 anni;
   la vittima sarebbe riuscita a rialzarsi e a chiedere aiuto;
   portato al pronto soccorso, al ragazzo sono stati riconosciuti alcuni giorni di prognosi come da referto dei medici che l'hanno curato;
   si tratta di un episodio grave ed inquietante su cui riflettere e prendere provvedimenti –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per verificare la dimensione del fenomeno in suddetto istituto e nelle scuole della Puglia al fine di assumere iniziative, per quanto di competenza, per porre in essere misure di maggiore contrasto al fenomeno assicurando maggiore sicurezza all'interno delle scuole.
(3-01906)


Misure a favore delle aziende agricole piemontesi in relazione al periodo di siccità registratosi tra novembre 2015 e gennaio 2016 – 3-02186

B) Interrogazione

   SIMONETTI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   negli ultimi tre mesi la regione Piemonte subisce un periodo di siccità a causa di scarse precipitazioni sia nevose che piovose;
   sono, infatti, passati quasi 100 giorni senza che si registrino precipitazioni di rilievo – i fiumi e i laghi sono quasi in secca – e questo ha destato allarme soprattutto negli agricoltori piemontesi;
   il mese di dicembre 2015 è stato il meno piovoso degli ultimi 215 anni ed il mese di gennaio 2016 ha registrato il record negativo della media delle precipitazioni (-65 per cento);
   le alte temperature di questo periodo sono un fenomeno anomalo, che sta causando danni alle coltivazioni, soprattutto di quelle foraggere, che non stanno beneficiando dell'apporto idrico necessario per il loro sviluppo, derivante soprattutto dalle precipitazioni nevose;
   a preoccupare non è solo la situazione attuale, ma, soprattutto, le ricadute per il futuro. Se le condizioni meteo migliorassero, con un febbraio e un marzo nella norma, in particolare per quanto riguarda le precipitazioni nevose, queste determinerebbero accumuli di neve destinati a sciogliersi rapidamente in primavera con conseguenti deficit idrici per l'inizio dell'estate. Verrebbe, così, impedito lo stoccaggio di acqua, portando gli invasi ad essere semivuoti e quindi rendere impossibile il rilascio dei flussi, importanti sia per l'agricoltura che per l'uso di acqua potabile da parte della popolazione. Se persisterà lo stato delle cose, in alcune zone della regione Piemonte potrebbe essere addirittura ridotta la fornitura idrica;
   questo inverno «anomalo» ha portato ad una fioritura anticipata delle piante, quali il nocciolo, soprattutto nelle zone del basso Albese e dell'Alta Langa. Il problema è che se le condizioni meteorologiche dovessero cambiare, con l'arrivo di improvvise gelate, le gemme e i raccolti che hanno già iniziato il loro ciclo vegetale, potrebbero andare distrutti con ingenti danni alle coltivazioni;
   le colture che da questa situazione sicuramente soffriranno sono quella del riso, la quale dovrà essere irrigata già a partire dal prossimo mese di marzo, e quella del mais. Colture queste che hanno bisogno di un importante apporto idrico. In Piemonte le province di Vercelli, Biella e Novara, con Pavia, da sole, producono il 92 per cento del riso nazionale e la superficie coltivata è di 70 mila ettari con oltre mille le aziende sul territorio. La produzione complessiva è di oltre 5 milioni di quintali e quella lorda vendibile ammonta a 200 milioni di euro;
   esistono anche altri problemi a seguito di questo sconvolgimento climatico, che potrebbero portare ad un aggravio della situazione già molto critica. Infatti, la processionaria, un bruco che si nutre di aghi di pino, sta invadendo le conifere; la diffusione della varroa, un acaro parassita che attacca gli alveari delle api, con conseguente danneggiamento, se non addirittura distruzione degli stessi, che si va ad aggiungere, però indipendente dal caldo anomalo di questo periodo, a quello già presente della vespa velutina, un calabrone asiatico, che si nutre di api in prossimità degli alveari, che crea danno al danno. Nella zona della provincia di Cuneo sono presenti circa 30 mila alveari con una produzione annuale di circa 1.500 tonnellate di miele –:
   quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, anche di tipo economico-finanziario, al fine di sostenere le aziende agricole piemontesi che sono state colpite, negli ultimi mesi, dal fenomeno della siccità, dando, così, impulso ad un settore già fortemente in crisi;
   se non ritengano di dover attivare con urgenza un tavolo tecnico di coordinamento con quelli attivati a livello regionale, per condividere le scelte concernenti la risoluzione delle criticità e monitorare la situazione delle riserve idriche delle regioni. (3-02186)


Iniziative volte a tutelare la produzione vinicola del Pinot grigio in Friuli Venezia Giulia, in relazione al progetto diretto a definire una nuova denominazione di origine controllata di carattere interregionale – 3-02187

C) Interrogazione

   RIZZETTO, BARBANTI, ROSTELLATO, BALDASSARRE, ARTINI, PRODANI, SEGONI, TURCO, BECHIS e MUCCI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   si è appreso della protesta delle aziende del comparto della viticoltura del Friuli Venezia Giulia rispetto al progetto di organizzare – nei territori del Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino – una doc interregionale Pinot grigio che dovrebbe essere chiamata «Delle Venezie»;
   la proposta di realizzare un doc unica tra le più importanti aree di produzione del Pinot grigio (300 milioni di bottiglie l'anno vendute principalmente negli Stati Uniti, in Germania e Inghilterra) è stata avanzata dal Veneto, sembra con l'intento di tutelare il Pinot grigio, evitando imitazioni e un calo del prezzo;
   il Comitato promotore per la difesa del vino friulano ha espresso la propria contrarietà all'iniziativa veneta, precisando per l'appunto che non c’è assolutamente la volontà di costituire una doc con il Veneto e che contro l'eventuale attuazione di questo progetto saranno proposti ricorsi giudiziari per tutelare la produzione di Pinot grigio del Friuli Venezia Giulia;
   il progetto prevede la cancellazione di tutte le storiche igt friulane utilizzate e valorizzate da decenni e, inevitabilmente, metterebbe a rischio anche l'esistenza delle storiche denominazioni a origine controllata del Friuli Venezia Giulia;
   a quanto è dato sapere, i dirigenti dell'assessorato all'agricoltura del Friuli Venezia Giulia hanno espresso parere favorevole all'iniziativa. Tuttavia, al riguardo, non sono stati interpellati i produttori friulani, i quali si oppongono al progetto che danneggerebbe il Pinot grigio friulano;
   il Veneto e le sue istituzioni sono i principali sponsor del progetto Pinot grigio doc delle Venezie e per oggettive motivazioni legate alla dimensioni di questa regione ne diverrebbero anche il motore dirigenziale; dunque, la produzione del Friuli Venezia Giulia – con la propria storia, cultura e identità – sarebbe inevitabilmente danneggiata;
   è assurdo a giudizio degli interroganti che i responsabili regionali del Friuli Venezia Giulia abbiano espresso la volontà di aderire al progetto senza consultare gli imprenditori del comparto in questione. Altre regioni come il Trentino-Alto Adige, che, come il Friuli Venezia Giulia ha una forte identità produttiva, hanno immediatamente espresso il loro dissenso all'iniziativa;
   l'iniziativa porterebbe ad una doc di nuova costituzione, per cui la sua presentazione dovrebbe essere accompagnata anche dall'adesione di un consistente numero di produttori regionali, come è avvenuto per la doc Friuli Venezia Giulia. Sicché, in mancanza dell'adesione dei produttori, l'iniziativa non può essere realizzata;
   è bene evidenziare che un prodotto come il vino è indissolubilmente legato al territorio e, pertanto, per il buon andamento del comparto è necessario tutelare il prodotto regionale. Inoltre, proprio per il legame al territorio, si esclude che una doc, dalle caratteristiche assolutamente non omogenee per terreno e clima, potrebbe superare l'approvazione del comitato nazionale delle doc –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito ai fatti premessi;
   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per tutelare il prodotto Pinot Grigio del Friuli Venezia Giulia, posto che le aziende produttrici sarebbero irrimediabilmente pregiudicate con danno all'economia della regione, qualora sia costituita la doc interregionale come esposto in premessa. (3-02187)


Iniziative finalizzate a fronteggiare l'inquinamento elettromagnetico e a limitarne gli effetti nocivi, con particolare riguardo all'esposizione nelle scuole e negli ospedali – 2-00972; 3-02189; 3-02190

D) Interpellanza e interrogazioni

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   da alcuni anni si parla molto, soprattutto in seguito allo sviluppo delle radiofrequenze e onde libere per connessioni wi-fi, nella comunità internazionale dei danni derivanti dal meglio conosciuto inquinamento elettromagnetico. Problema sorto con lo svilupparsi delle apparecchiature wi-fi, computer, tablet, cellulari (telefonia mobile), microonde;
   questo abnorme e veloce sviluppo elettronico ha portato alla osservazione, alla conoscenza e alla presa di atto del fatto che detto sviluppo tecnologico è tutt'altro che innocuo e inoffensivo per il genere umano;
   studi e ricerche (ancora da approfondire) lamentano i gravi danni per la salute umana, soprattutto per bambini, adolescenti e donne in stato di gravidanza. Danni che hanno rilevanza importante e a volte mortale, come l'esponenziale aumento del tumori (+400 per cento), dei danni alle cellule cerebrali, l'abbassamento del tasso di fertilità. Aumento notevole delle proteine da stress, danni all'apparato visivo, sfaldamento delle cellule dell'occhio, diminuzione del sonno, eccitabilità ed afasia dati dall'eccessivo uso del computer o del tablet;
   con ogni evidenza questi sono danni importanti dovuti non solo alle alte frequenze con lo sviluppo del calore (anche corporeo), ma portati anche dalle basse frequenze, che si scopre essere – anch'esse – tutt'altro che innocue. La comunità scientifica è fortemente preoccupata ed ha, recentemente, lanciato un appello/petizione, per correre ai ripari al più presto;
   l'evidenza della difficoltà che il problema rappresenta è evidenziata dal fatto che la nostra società è oramai tutta, e a tutti i livelli, fortemente improntata dall'uso dei supporti elettronici senza fili, come quelli in questione;
   la legislazione, sebbene allarmata e articolata da tempo, risulta insufficiente alla sicurezza e alla salvaguardia della specie umana in prima persona e anche alla salvaguardia delle risorse naturali stesse. Tutto ciò sebbene alcuni accorgimenti potrebbero, ad oggi, essere utilizzati. Come l'uso del legno più che dei metalli (il legno non è conduttore di onde elettromagnetiche) ed anche l'utilizzo di alcune piante che pare abbiano la capacità di assorbire le radiazioni, così come, anche, alcuni minerali come la tormalina, il quarzo ed altri;
   la disinformazione generalizzata è il pericolo più importante ed imminente, l'uso indiscriminato delle tecnologie senza fili, utilizzate anche nelle scuole (asili nido, materne, elementari, medie) e negli ospedali è un dato di forte apprensione, essendo questi luoghi a forte rischio e con minore salvaguardia proprio perché legati alla minore possibilità di difesa del corpo stesso, sia per l'età dei soggetti che per i disagi fisici dei soggetti malati –:
   come intendano adoperarsi in merito e se non ritengano opportuno aumentare il livello di guardia, sensibilizzando la popolazione sugli evidenti danni provocati dalle apparecchiature elettroniche, radio e di comunicazione eccessivamente usate al giorno di oggi, ponendo, per esempio, un limite di età all'uso delle apparecchiature come i computer e i cellulari, vietando l'uso degli stessi (se non per quelli a fibra ottica e via cavo) negli ambienti più a rischio;
   se non ritengano di assumere iniziative per vietare l'uso di tali apparecchiature nelle scuole e negli ospedali, privilegiando l'uso di quelle a collegamento via cavo;
   se non sia opportuno riportare, assumendo iniziative per abrogare l'articolo 14, comma 8, del decreto-legge n. 179 del 2012, la misurazione dei campi elettromagnetici a 6 ore e non a 24 come il suddetto decreto-legge prevede, accogliendo in toto l'appello per la difesa della salute dalle radiazioni a radiofrequenza e microonde, come da lettera della task force sui campi elettromagnetici del 26 febbraio 2015.
(2-00972) «Melilla».


   INCERTI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   nel maggio 2011 è partito espressamente il progetto «scuole in WIFI» con l'obiettivo – tramite dotazione di un «kit wifi» – di consentire ad un numero crescente di istituzioni scolastiche di realizzare reti di connettività senza fili interne agli edifici per offrire servizi innovativi;
   il successivo 27 maggio 2011 una risoluzione del Consiglio d'Europa, la n. 1815, invita i Paesi membri a limitare l'esposizione ai campi elettromagnetici in particolare per «i bambini e i giovani che sembrano essere i più suscettibili ai tumori alla testa»;
   con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, in particolare all'articolo 14, «interventi per la diffusione delle tecnologie», vengono fissati i valori e i limiti intesi a minimizzare il grado di esposizione, tenuto conto dell'utilità di reti di connessione per lo sviluppo tecnologico degli istituti scolastici, ma nello stesso tempo della necessità di applicare il principio di precauzione;
   l'articolo 11 della legge 12 settembre 2013, n. 128, ha inoltre autorizzato la spesa per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente di 5 milioni di euro e di 10 milioni di euro, per assicurare alle istituzioni scolastiche la realizzazione e la fruizione della connettività wireless, in modo da consentire agli studenti l'accesso ai materiali didattici ed ai contenuti digitali –:
   se i Ministri interrogati non intendano avviare un monitoraggio sulle condizioni e sul rispetto dei suddetti limiti;
   se si intendano assumere iniziative per rivedere la normativa vigente e, in particolare, l'articolo 14 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, che, prevedendo il calcolo dei valori della media di esposizione sulle 24 ore, di fatto, non tiene conto dell'utilizzo effettivo limitato ad un massimo di 12 ore;
   se, altresì, non ritengano opportuno avviare l'utilizzo di diverse modalità, oltre al wifi. (3-02189)


   DIENI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   «L'Assemblea parlamentare (del Consiglio d'Europa) ha ripetutamente sottolineato l'importanza dell'impegno degli Stati membri a preservare l'ambiente e la salute umana dai rischi ambientali» (risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa n. 1815 del 27 maggio 2011);
   «La telefonia mobile è diventata comune nel mondo. Questa tecnologia wireless (senza fili) che si basa su una rete estesa di antenne fisse, o stazioni base, trasmette l'informazione mediante segnali a radiofrequenza. Nel mondo esistono più di 1.400.000 stazioni base ed il numero sta crescendo significativamente con l'introduzione della tecnologia di terza generazione. Altre reti wireless che consentono accesso e servizi con internet ad alta velocità, come reti wireless locali, sono comunemente in crescita nelle abitazioni, uffici e in molte aree pubbliche (aeroporti, scuole, aree residenziali ed urbane). Man mano che il numero delle stazioni base e delle reti wireless locali aumenta, aumenta anche l'esposizione della popolazione alla radiofrequenza»;
   «[...] determinate onde ad alta frequenza usate nel campo dei radar, telecomunicazioni o telefonia mobile, sembrano avere [...] effetti biologici su piante, insetti e animali come sul corpo umano [...]»;
   con provvedimento del 31 maggio 2011, n. 208, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito i campi di radiofrequenza elettromagnetica nel «gruppo 2B», classificandoli come «agenti possibilmente cancerogeni per l'uomo»;
   «Alla luce delle considerazioni di cui sopra, l'Assemblea raccomanda che gli Stati membri del Consiglio d'Europa»: «intraprendano tutte le ragionevoli misure per ridurre l'esposizione ai [campi elettromagnetici]»; «riconsiderino le basi scientifiche per gli attuali standard di esposizione ai [campi elettromagnetici] fissati dalla [Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti]»; «fissino soglie preventive per l'esposizione a lungo termine alle microonde e in tutte le zone all'interno (indoor), in accordo con il principio di precauzione, che non superino gli 0,6 volt/metro e nel medio termine ridurre questo valore a 0,2 v/metro»;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, i valori massimi di esposizione ai campi elettromagnetici sono di 6 volt/metro;
   quindi, i limiti di esposizione in Italia sono ben 30 volte superiori ai limiti che l'Europa ci chiede di rispettare; in effetti, questa normativa e la presenza di ponti radio di telefonia mobile in luoghi urbani fanno sì che il valore di sicurezza sia abbondantemente superato nelle case dei cittadini che disgraziatamente si trovano vicine a queste antenne, con danni sulla salute come espresso dall'Organizzazione mondiale della sanità;
   secondo il report sulle misure dei campi elettromagnetici in località Ravagnese nel comune di Reggio Calabria, i risultati delle misure effettuate nel corso degli anni 2008 e 2011 presso gli impianti a radiofrequenza nell'area di Ravagnese-Saracinello sono inferiori ai limiti di esposizione italiani, ma di 10 volte superiori a quelli europei –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, in concorso con gli enti territoriali locali e con le forze sociali, per recepire le raccomandazioni di cui alla risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa n. 1815 del 27 maggio 2011 e adottare ogni altra misura necessaria a prevenire e ridurre il rischio dei possibili effetti nocivi dei campi elettromagnetici sull'ambiente e sulla salute umana, a cominciare dall'abbassamento dei limiti di esposizione a tali campi e dallo spostamento delle antenne fisse dai centri urbani. (3-02190)


Orientamenti in relazione alla realizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, con particolare riferimento ai profili riguardanti gli impianti di incenerimento – 2-01232; 3-02188; 3-02191; 3-02194; 3-02195; 3-02196;

E) Interpellanza e interrogazioni

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «sblocca Italia», ha previsto all'articolo 35, comma 1, l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione a livello nazionale della capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati, degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati, e l'individuazione di ulteriori impianti di incenerimento da realizzare per coprire il fabbisogno residuo del territorio nazionale;
   tali impianti vengono dichiarati infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale;
   il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'esame della conferenza Stato-regioni del 20 gennaio 2016, pur riducendo gli inceneritori strategici da 12 a 8, rispetto alla sua prima stesura, conferma gli assunti secondo gli interpellanti sbagliati, ossia favorevoli a nuovi inceneritori, della versione precedente del decreto;
   gli impianti di incenerimento da realizzare, individuati dal suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono tutti situati nelle regioni del Centro-Sud: Marche, Umbria, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna, Sicilia (2 impianti). A questi si aggiunge la previsione per la Puglia, di un potenziamento dell'impianto di incenerimento esistente;
   una decisione per nuovi inceneritori decisa dal Governo che, scavalcando gli enti territoriali, rischia di affossare gli sforzi che le regioni stanno facendo, e che dovranno fare, per una programmazione virtuosa della gestione dei rifiuti e per la crescita della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti stessi;
   come hanno scritto le principali associazioni ambientaliste in una lettera aperta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Galletti, «si continua a puntare sull'incenerimento quando l'andamento della produzione di rifiuti solidi urbani è da anni in calo. (...) Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ribadisce il «pretrattamento=incenerimento», secondo un principio che non trova fondamento in alcuna direttiva europea e che non tiene conto dei problemi che tale approccio porrebbe in prospettiva, visti gli scenari di massimizzazione progressiva del recupero di materia resi imprescindibili dalla crisi globale di scarsità delle risorse e dalla strategia dell'Unione europea sull'economia circolare che vuole darvi soluzione»;
   si ricorda che la normativa comunitaria relativa alla questione dei rifiuti, e principalmente la direttiva 2008/98/CE, prevede alcuni criteri di priorità nella gestione degli stessi, attraverso la fissazione di una gerarchia che parte dalla prevenzione, seguita da: preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo (ad esempio a fini energetici) e, infine, smaltimento;
   una seria e virtuosa politica di gestione dei rifiuti dovrebbe andare in tutt'altra direzione rispetto a quella di fatto intrapresa dal Governo: ossia dovrebbe avere l'obiettivo di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente e puntare a promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti sancita a livello europeo, anche attraverso una graduale dismissione degli impianti di incenerimento esistenti –:
   se non si intendano assumere iniziative per subordinare la nuova realizzazione degli impianti di incenerimento, previsti al Centro e al Sud del Paese, alla predisposizione da parte delle regioni interessate di una efficace programmazione che punti, anche attraverso un'implementazione della necessaria impiantistica, a incentivare la raccolta differenziata e il recupero non energetico dei rifiuti;
   se non si ritenga indispensabile avviare una seria ed efficace politica di gestione del ciclo dei rifiuti, rispettosa e coerente con le indicazioni e gli obiettivi europei per un'economia circolare e per l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti, ossia prevenzione, preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo (anche a fini energetici) e, in ultimo, smaltimento;
   quali iniziative si intendano adottare che siano alternative alla realizzazione e al potenziamento degli impianti di incenerimento e se non si intenda investire in piani e programmi che rendano sempre più residuale il recupero energetico dei rifiuti.
(2-01232) «Scotto, Zaratti, Pellegrino, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Palazzotto, Pannarale, Piras, Sannicandro, Zaccagnini».


   CARRESCIA, PREZIOSI, MANZI, GIOVANNA SANNA, ZARDINI, COMINELLI, CAROCCI, TULLO, BRATTI, CARELLA, STELLA BIANCHI e CAPONE. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   l'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, stabilisce che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto «il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferito di rifiuti in discarica»;
   il testo dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 35 è stato trasmesso il 27 aprile 2015 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Presidenza del Consiglio dei ministri che ha provveduto (nota protocollo CSR 000423 P-4 23.2.14 del 29 luglio 2015) ad avviare l’iter per l'acquisizione del previsto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   lo schema reca anche l'individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilabili;
   molte sono le criticità che però la proposta presenta, sia dal punto di vista tecnico sia di coerenza, con la ratio legis dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014;
   le informazioni acquisite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, poste alla base dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, relativamente alla disponibilità di impianti attivi o autorizzati come impianti di incenerimento riguardano infatti il periodo antecedente agli obblighi di adeguamento derivanti dalla attuazione dell'articolo 35 stesso, in particolare i commi 3 e 5, nonché, in taluni casi, piani regionali di gestione rifiuti da adeguare e non adeguati nei termini previsti dall'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (12 dicembre 2013) ovvero, per quelli adeguati, una loro non congrua valutazione;
   le conclusioni relative al fabbisogno impiantistico partono da informazioni e dati che non essendo sempre aggiornati risultano ancora «al netto» dell'intervento normativo dei commi 3 e 5 dell'articolo 35 dello «sblocca Italia» e della capacità effettivamente trattabile dai singoli impianti;
   lo schema finisce così, ad avviso degli interroganti, per essere in contrasto con la logica degli avvenimenti intercorsi e con la consistente diminuzione del fabbisogno residuo di incenerimento che deriva dall'attuazione dei piani e da una loro più corretta interpretazione;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha utilizzato una modalità di calcolo del fabbisogno di smaltimento (rectius di recupero) finale che talora non ha tenuto conto in modo corretto dello scenario dei piani regionali di gestione dei rifiuti; tipico è il caso della regione Marche, il cui piano regionale di gestione dei rifiuti pone l'obiettivo di riduzione della produzione dei rifiuti del 6,2 per cento al 2020 a fronte di una raccolta differenziata almeno del 70 per cento; gli scenari del piano ipotizzano inoltre un 20 per cento circa di materiali di recupero dal flusso dei rifiuti urbani avviati al trattamento e che vanno perciò sottratti dalla quota dell'incenerimento, così come il 30 per cento di css-combustibile e altro; sono insomma situazioni che modificano (da 200.000 a circa 85.000 tonnellate l'anno il dato finale ipotizzato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri); analoghe situazioni si rinvengono anche con riferimento ad altri piani regionali;
   lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di individuare il fabbisogno residuo, ha assunto come riferimento la produzione di rifiuti urbani indifferenziati e lo ha calcolato sulla base di una raccolta differenziata del 65 per cento che però, ai sensi dell'articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle gerarchie comunitarie di gestione, è solo un «obiettivo minimo» e non «un vincolo da non superare...», tant’è che alcune regioni (per esempio anche il Veneto) hanno programmato soglie più elevate;
   è doveroso ricordare che la Corte costituzionale, pur quando ha riconosciuto la prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso la residua potestà delle regioni di assicurare livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato (sentenza n. 58 del 2013);
   lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri computa una necessità di incenerimento del 10 per cento dei rifiuti raccolta differenziata; le percentuali di scarti, nei modelli domiciliari (quelli di riferimento per il conseguimento degli obiettivi nazionali di raccolta differenziata e soprattutto per quelli ora in discussione nell'ambito del dibattito sulla economia circolare a livello di Unione europea) sono però inferiori, a volte marcatamente inferiori; non tutti gli scarti da attività di riciclaggio sono inceneribili (ad esempio gli scarti da vetrerie) e gran parte degli scarti inceneribili sono invece anche riciclabili (ad esempio le plastiche eterogenee), in modo più coerente con le gerarchie dell'Unione europea di gestione dei rifiuti ed anche traendone un migliore profitto economico;
   gli scenari europei porteranno ad un aumento degli obiettivi di recupero di materia che non potranno coesistere con una situazione di infrastrutturazione «pesante» basata esclusivamente sugli inceneritori, impianti finanziariamente sostenibili solo con un'alimentazione con flussi «certi» di rifiuti urbani per 20-30 anni;
   viene poi assunta una produzione del 65 per cento di css dagli impianti di pretrattamento; è un dato che appare decisamente eccessivo rispetto alla realtà degli stessi impianti di produzione e che non tiene neppure conto dei quantitativi di css che rispondendo alle condizioni di cui all'articolo 184-ter del codice dell'ambiente sono utilizzabili in cementifici o centrali termoelettriche (14 dicembre 2013) e che vanno dunque sottratti al computo delle necessità complessive di incenerimento come rifiuti;
   lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sembra aver tenuto in debito conto nemmeno delle politiche regionali che hanno previsto la «riduzione» dei rifiuti urbani prodotti attraverso azioni incisive di prevenzione e riciclo. È assunta solo un’«invarianza del quantitativo di rifiuti urbani», ma non viene valutato l'effetto dei programmi di prevenzione/riduzione del rifiuto resi obbligatori dall'articolo 29 della direttiva 2008/98, del decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare del 7 ottobre 2013 recante «Adozione e approvazione del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti»;
   il profilo più rilevante che richiede un atto parlamentare sull'argomento sta nel fatto che la ratio dell'articolo 35 non è quella di voler soddisfare il fabbisogno residuo solo con l'incenerimento. Il richiamo esplicito alle pianificazioni regionali sovente incentrate su soluzioni organizzative (ad esempio massimizzazione del «porta a porta», del riciclo e del recupero) significa che non si sono voluti precludere comunque scenari diversi dalla soluzione «unica» della termodistruzione invece ipotizzata nello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   in altri termini l'obiettivo non era (e non può divenire ora con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «attuativo») quello di ottenere l'autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani mediante la costruzione esclusivamente di inceneritori in ogni «macro Area» e, all'interno di ciascuna di esse, in quasi tutte le regioni;
   il fatto che ogni regione non necessariamente debba essere autosufficiente solo mediante inceneritori è dimostrato dalla possibilità di conferire i rifiuti urbani alla termodistruzione anche fuori quella di produzione (articolo 35, comma 7, del decreto-legge n. 133 del 2014);
   la criticità dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sta nell'avere invece assunto lo scenario dell'incenerimento con recupero di energia come unica soluzione finale, mentre la stessa direttiva comunitaria e quella nazionale la pongono solo come «un'opzione» seppur gerarchicamente da preferire allo smaltimento in discarica, ma non certo nei termini ultimativi e alternativi ad ogni altra soluzione;
   l'ordine di priorità nella gerarchia delle soluzioni non significa che una esclude tassativamente l'altra, perché se così fosse sarebbe lecito chiedersi perché non si concentrino le risorse e le azioni solo sulla prevenzione, riciclo e recupero;
   ma vi sono anche altre criticità di carattere tecnico-normativo;
   le tabelle allegate allo schema di decreto riportano i quantitativi trattabili in termini di tonnellate per anno;
   l'introduzione dello scenario dell’«incenerimento dei rifiuti urbani» come unico e vincolante scardinerebbe in molte regioni le politiche virtuose finora realizzate e quelle programmate di prevenzione della produzione di rifiuti, di riciclo e recupero e sarebbe antieconomica e in contraddizione con gli indirizzi di programmazione locale;
   essa comporta anche significative ripercussioni sulla programmazione regionale; vedasi, ad esempio, quella della Lombardia, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento mediante recupero energetico dei rifiuti indifferenziati e in relazione ad obiettivi strategici come la decommissioning di alcuni impianti per la quale quella regione ha attivato tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali per la gestione delle istruttorie di rispettiva competenza;
   inoltre, ai sensi dell'articolo 3 paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE, i piani e i programmi che sono elaborati per il settore della gestione dei rifiuti sono soggetti ad una valutazione ambientale strategica, la quale deve precedere «tutti i piani e i programmi che sono elaborati (...) per la valutazione della gestione dei rifiuti» (negli stessi termini dispone l'articolo 6, comma 2, lettera a), dell'attuativo decreto legislativo n. 152 del 2006);
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione rientra appieno in questa casistica e non può esimersi dalla valutazione ambientale strategica, né il singolo inceneritore potrebbe sottrarsi ai criteri localizzativi dei piani regionali e soprattutto all'idoneità/non idoneità delle aree, al rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici che il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha demandato a regioni e province (si pensi alle aree Pai, Zps, Doc, Dop, Z.T.B., Rete Natura 2000 – direttiva Habitat 92/43/CEE, direttiva «uccelli» 79/409/CEE, aree boscate e altro);
   in altri termini, l'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 contempla un vero e proprio programma integrato nazionale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali mediante impianti di recupero energetico. La norma stabilisce, infatti, che gli impianti di recupero inseriti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 sono qualificati come infrastrutture di preminente interesse nazionale, che i medesimi devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico termico, che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1 e che, non sussistendo vincoli di bacino, all'interno degli stessi dovrà essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani provenienti dall'intero territorio nazionale;
   l'articolo 4 della direttiva 2001/42/CE (cosiddetta direttiva vas), rubricato «obblighi generali», stabilisce inoltre che «la valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa»;
   ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva, poi, la procedura di valutazione ambientale strategica deve comprendere lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione e il monitoraggio;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri appare dunque in contrasto con i suddetti obblighi della direttiva valutazione ambientale strategica, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale in materia di gestione integrata dei rifiuti, senza aver dato luogo alla necessaria procedura di valutazione strategica ambientale, con ciò ponendosi in contrasto con gli scopi perseguiti dal legislatore europeo;
   il mancato assoggettamento alla valutazione ambientale strategica, anche alla luce della necessità di definire criteri univoci per la distribuzione territoriale degli impianti e per la valutazione degli impatti discendenti dalle scelte localizzative da assumere, comporta l'elusione delle finalità perseguite dalla direttiva comunitaria, quali quella di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione delle considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e dell'approvazione dei piani e programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile;
   la previsione in una «rete nazionale» impiantistica strategica non può però prescindere dal tener conto, in un rapporto di leale collaborazione istituzionale, del potere programmatorio e regolamentare delle regioni, anche in relazione al progressivo passaggio da impianti di smaltimento di rifiuti tramite combustione a veri e propri impianti di recupero energetico ed al fatto che dalla lettura congiunta dell'articolo 182, comma 3, dell'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, così come convertito dalla legge n. 164 del 2014, che gli impianti non sono vincolati al trattamento dei soli rifiuti prodotti nel territorio (ato, regione, macroarea) qualora si tratti di rifiuti speciali, fossero pure derivanti dai rifiuti urbani;
   la ripartizione in macro-aree basata su meri criteri teorici e che non tiene conto della viabilità e della contiguità dei territori, delle relazioni e accordi interregionali intercorsi negli anni e di assetti organizzativi consolidati non sembra poi rispondere ad una logica di razionalizzazione del settore;
   un inceneritore in regioni in cui allo stato attuale della produzione di rifiuti urbani la raccolta differenziata, ha superato (ad esempio Trentino-Alto Adige) o è già prossima (ad esempio Marche) all'obiettivo del 65 per cento e nelle quali vi è ancora disponibilità di discariche autorizzate (quindi «conformi alla legge») e previste dai piani regionali di gestione dei rifiuti adeguati al decreto legislativo n. 152 del 2006 determinerebbe la necessità di rivedere tutti i piani di ammortamento finanziaria delle discariche, di quelli per la gestione post-mortem e di ripristino ambientale con oneri che andrebbero a cumularsi a quelli, oltremodo ingenti, per realizzare un impianto di incenerimento, costi che si tradurrebbero in un aumento della tassazione per i cittadini –:
   se il Governo non ritenga opportuno, assumere iniziative per:
    a) riesaminare lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri inoltrato alle regioni e province autonome con nota protocollo CSR 000423 P-4 23.2.14 del 29 luglio 2015 e riproporne uno che sia più coerente con la ratio legis dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 e che sia basato su un'altra e più aggiornata fase di raccolta delle informazioni per verificare gli effetti, in termini di aumento della capacità operativa degli impianti di incenerimento derivanti dagli adeguamenti e delle verifiche previsti dai commi 3 e 5 del medesimo articolo, nonché elaborare una programmazione che tenga conto delle variazioni nel frattempo intervenute o già previste sui territori in attuazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti;
    b) non prevedere la realizzazione di inceneritori in quelle regioni che hanno già fissato obiettivi di raccolta differenziata superiori al 65 per cento almeno fino al raggiungimento della percentuale prevista e comunque solo se il quantitativo residuale dovesse infine essere superiore alla «taglia minima» di 100.000 tonnellate all'anno. (3-02188)


   TERZONI, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e VIGNAROLI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   al Governo, con l'articolo 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, detto «sblocca Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, è stata attribuita la facoltà di predisporre un piano nazionale per l'incenerimento da approvare attraverso un successivo decreto;
   l'articolo 35 del decreto-legge è stato successivamente impugnato davanti alla Corte costituzionale dalla regione Lombardia; l'udienza è prevista per l'autunno inoltrato;
   lo schema di decreto è stato presentato alla Conferenza Stato-regioni a settembre 2015, ricevendo un parere favorevole il 5 febbraio 2016, con il voto sfavorevole di Campania e Lombardia e la richiesta di alcuni emendamenti da parte di altre regioni, in particolare sui contenuti dei piani regionali sui rifiuti;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha attivato il 15 marzo 2016 la procedura di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica del programma nazionale da approvare con il decreto, pubblicando il rapporto preliminare ambientale relativo al programma nazionale di impianti di incenerimento per rifiuti urbani ed assimilati;
   nel rapporto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i redattori interpretano la normativa ritenendo che il piano nazionale sarà sovraordinato ai piani regionali esistenti e a quelli in fase di redazione, che dovranno adeguarsi al quadro tracciato dal Governo. Resterà alle regioni, secondo i funzionari ministeriali, la localizzazione e l’iter amministrativo per la costruzione degli impianti che sulla base del decreto assumeranno la classificazione di «infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale»;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel rapporto preliminare rivolto alle sole autorità con competenze ambientali, sostiene che il piano debba essere escluso dalla fase pubblica di valutazione ambientale strategica. I redattori del rapporto sostengono, infatti, che non è possibile procedere a valutare gli effetti ambientali del piano essendo questa una fase programmatica;
   se il piano non verrà sottoposto a valutazione ambientale strategica completa verrà meno il confronto con cittadini, associazioni ed enti locali, obbligatorio per la fase completa;
   il piano prevede la costruzione di oltre dieci nuovi impianti per incenerire 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti in più all'anno nel Paese;
   da un punto di vista tecnico basterebbe prendere in considerazione le emissioni (di polveri, diossine, metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e altro) per tonnellata di rifiuti incenerita in un impianto italiano e moltiplicarlo per le quantità di rifiuti che il Ministero vorrebbe far incenerire, per avere un dato certo di inquinamento da cui partire per valutare gli effetti sull'ambiente di questo programma;
   nello scorso inverno l'intero Paese per settimane si è bloccato a causa dell'inquinamento da polveri sottili con gravi conseguenze sanitarie ed economiche;
   l'Italia è altresì sotto procedura d'infrazione proprio perché già ora non rispetta gli standard ambientali per la qualità dell'aria, con conseguenze catastrofiche dal punto di vista della salute dei cittadini e morti a decine di migliaia secondo le massime autorità comunitarie in campo ambientale;
   le ceneri derivanti dall'incenerimento di una così ampia quantità di rifiuti dovranno comunque essere oggetto di smaltimento e di tutto ciò non vi è traccia nel documento ministeriale;
   sul tema è stata presentata l'interrogazione n. 4-12675, a firma dell'onorevole Zolezzi, ancora in attesa di risposta –:
   se il rapporto preliminare ambientale abbia recepito le richieste espresse da diverse regioni in Conferenza Stato-regioni circa la validità dei propri piani, già approvati o in via di aggiornamento, qualora escludano il ricorso all'incenerimento;
   se non ritenga che un piano di così vasta portata debba essere assoggettato ad una valutazione ambientale strategica completa, includendo quindi la fase di confronto con i cittadini e le organizzazioni sociali, nonché con gli enti locali come i comuni, tenendo conto che l'impatto sulla qualità dell'aria e sulle altre matrici ambientali nonché sulla salute umana è facilmente desumibile. (3-02191)


   PIRAS, PELLEGRINO, DURANTI, QUARANTA, RICCIATTI, FOLINO, MELILLA e NICCHI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il 29 luglio 2015 il Governo ha inviato una bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri alle regioni – attuativa del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca Italia») – sulla realizzazione di nuovi impianti di incenerimento. Nello specifico la bozza prevedeva l'autorizzazione di 12 nuovi inceneritori in dieci diverse regioni: due in Toscana e Sicilia, uno in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo e Puglia;
   anche in seguito alla ferma opposizione da parte dei presidenti di regione interessati dal provvedimento, la bozza di decreto non ha avuto seguito;
   a quanto si apprende da diversi organi di stampa (fra cui anche Il Fatto quotidiano del 27 dicembre 2015) circolerebbe ad oggi una seconda bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con la previsione della costruzione di nove (anziché dodici) nuovi inceneritori, questa volta distribuiti in Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna e due in Sicilia;
   diversi studi, fra cui quello epidemiologico Arpa sull'inceneritore di Vercelli, hanno dimostrato come fra la popolazione esposta agli impianti di incenerimento la mortalità aumenti del 20 per cento e la comparsa di tumori maligni del 60 per cento;
   per essere economicamente sostenibile, come espresso più volte da diversi esperti del settore, un inceneritore deve avere una durata ventennale, rischiando quindi seriamente di ingessare gli scenari incrementali di raccolta differenziata;
   la direttiva 2008/98/CE introduce, per quanto concerne il ciclo dei rifiuti, il cosiddetto «principio gerarchico delle 4R» (riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero energetico);
   attualmente le principali tipologie di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali esistenti in Sardegna sono le seguenti: impianti di incenerimento/coincenerimento; discariche; impianti di stoccaggio; impianti di recupero;
   la regione Sardegna è dotata di un piano di gestione dei rifiuti che ha assunto, come linea-guida cardine della propria articolazione, la necessità di strutturare le raccolte dei rifiuti urbani in maniera tale da programmare e gestire con efficienza ed efficacia le successive operazioni di recupero, trattamento e smaltimento;
   suddetto piano, in coerenza con i principi e i vincoli delle norme comunitarie, ha scelto di privilegiare sistemi di raccolta che responsabilizzino i cittadini e li rendano pienamente partecipi di una gestione dei rifiuti ambientalmente corretta. Viene sostituito definitivamente il concetto di raccolta indifferenziata con quello di una raccolta differenziata che garantisca la massima quantità e la migliore qualità dei materiali recuperabili dai rifiuti. Come elemento base, pertanto, va data priorità all'attivazione delle raccolte domiciliari, le uniche intrinsecamente in grado di indurre comportamenti virtuosi;
   nel corso degli anni la regione Sardegna ha avuto un netto incremento nei risultati ottenuti dalla raccolta differenziata: nel 2013 una percentuale del 50,9 per cento, nel 2008 ha raggiunto il 34,7 per cento confermando il trend positivo che dal 19,8 per cento del 2006 era già passato al 27,9 per cento nel 2007;
   tra gli obiettivi ambientali del piano regionale dei rifiuti, si ha la riduzione della produzione di rifiuti e della loro pericolosità, l'implementazione delle raccolte differenziate, l'implementazione del recupero di materia, la valorizzazione energetica del non riciclabile, la riduzione del flusso di rifiuti indifferenziati allo smaltimento in discarica e soprattutto la minimizzazione della presenza sul territorio regionale di impianti di termovalorizzazione e di discarica;
   il decreto legislativo n. 152 del 2006 incentra i suoi dettati sul rispetto della gerarchia comunitaria della gestione dei rifiuti, che impone di conseguire, nell'ordine: a) la prevenzione della produzione dei rifiuti; b) la preparazione per il riutilizzo; c) il riciclaggio; d) il recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) lo smaltimento;
   in Sardegna, oltre alcune discariche, sono presenti due impianti di incenerimento: quello di Macchiareddu, saturato dalla produzione dei rifiuti urbani delle province di Cagliari, di Carbonia-Iglesias e di Villacidro-Sanluri, e quello di Tossilo, a servizio delle province di Nuoro, dell'Ogliastra e in parte di Oristano. I rifiuti urbani non riciclabili prodotti nelle province di Olbia-Tempio e di Sassari, benché trattati, vengono invece smaltiti in discarica;
   attualmente l'inceneritore di Tossilo, a servizio dei territori del centro nord Sardegna, gestito dalla «Tossilo spa» ed in cui conferiscono 52 comuni, presenta uno stato di crisi economica particolarmente acuta: il bilancio consuntivo al 30 settembre 2015 presentava infatti una perdita di circa 655 mila euro, con un'ovvia previsione di perdita di esercizio ancora maggiore in chiusura di bilancio al 31 dicembre 2015, stimabile intorno a 800 mila euro;
   il disavanzo è dovuto in particolare alle condizioni dell'impianto di termovalorizzazione, ormai vecchio ed obsoleto, oltre che alla situazione della discarica di Monte Muradu, oramai prossima alla saturazione e fonte di un preoccupante impatto ambientale per l'intera area circostante. La «Tossilo spa», per mantenere l'equilibrio economico finanziario – come unica soluzione possibile al fallimento e quindi alla perdita sia del servizio che di 38 posti di lavoro – dovrà innalzare le tariffe da 199 a 270 euro a tonnellata più iva, con evidente ulteriore aggravio per i contribuenti;
   per mantenere l'attuale standard di sicurezza sulle emissioni risulta inoltre necessario fare investimenti che porterebbero la tariffa fino a una cifra stimata di circa 300 euro a tonnellata;
   il cosiddetto revamping dell'impianto costerebbe circa 49 milioni di euro ai bilanci pubblici, somma considerevole a fronte degli 11-20 milioni stimati per un investimento che potrebbe riguardare tecnologie ed impianti di lavorazione dei rifiuti differenziati (plastiche e altro), tecnologie che implementerebbero il ciclo di lavorazione (riuso, riciclo) dei rifiuti, riconvertendolo rispetto alla pratica predominante dell'incenerimento;
   la legge della regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6, all'articolo 6, comma 19 prevede che: «È fatto divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire nel territorio della Sardegna rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intendano render note le intenzioni del Governo;
   se i Ministri interrogati, dato anche quanto esposto in premessa, non ritengano di dover escludere la Sardegna dalle previsioni dello schema di decreto di cui sopra;
   se i Ministri interrogati non ritengano sia di maggiore utilità destinare le medesime risorse economiche alla realizzazione nell'isola di impianti per il potenziamento del servizio della raccolta differenziata, del riuso e del riciclo dei rifiuti. (3-02194)


   ZOLEZZI, VIGNAROLI, TERZONI, DAGA, BUSTO, MICILLO, DE ROSA e MANNINO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 della direttiva 2008/98/CE stabilisce la priorità della prevenzione dei rifiuti rispetto a qualsivoglia operazione di trattamento dei medesimi, da ciò ne consegue per gli Stati membri dell'Unione europea la redazione dei piani nazionali di prevenzione nei quali essi debbono, fra l'altro, stabilire degli obiettivi di riduzione;
   l'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2003/35/CE sulla partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientale stabilisce che il pubblico debba poter esprimere osservazioni quando tutte le opzioni sono aperte;
   la risoluzione doc. XVIII, n. 80, approvata al Senato della Repubblica, a prima firma della senatrice Laura Puppato, afferma fra l'altro la necessità di dirottare gli incentivi economici dalla produzione di energia a quella di materiali;
   la risoluzione n. 9 della regione Lombardia, approvata nella seduta del 28 novembre 2013, afferma testualmente che «La stima di sovracapacità impiantistica al 2020 risulta pari a ben 1298003 tonnellate»;
   la risoluzione n. 4886 del 17 dicembre 2013 proposta in regione Emilia-Romagna dalla consigliera Barbati e altri afferma testualmente che «dal documento preliminare del prgr risulta che, con riferimento al 2011, il quantitativo complessivo di rifiuti inviato all'incenerimento negli impianti presenti in Emilia-Romagna è pari a 1.104.500 tonnellate annue e constatato che in base agli scenari di piano tracciati nel documento preliminare del prgr tale quantitativo si ridurrà del 43 per cento al 2020, per un ammontare complessivo stimato in 626.930 tonnellate di rifiuti indifferenziati»; da ciò si evince un surplus di circa 500.000 tonnellate all'anno anche per l'Emilia-Romagna;
   nell'interrogazione presentata dal primo firmatario del presente atto, la n. 5-06513, si rileva come un inceneritore ha una resa energetica reale dell'1,5 per cento (dati Arpav su inceneritore di Padova) analizzando anche l'energia spesa per la filiera di preparazione all'incenerimento. È inaccettabile che il 46 per cento dell'energia lorda, prodotta da quell'inceneritore, sia incentivata contro l'1,5 per cento messo nettamente in rete. Il denaro speso per incentivare l'incenerimento (585 milioni di euro nel 2014, dati del Gestore dei servizi energetici) e il percolato da discarica (165 milioni) potrebbe contribuire a gestire meglio la filiera dei rifiuti solidi urbani in un'ottica di recupero di materia. Nella medesima interrogazione si era già rilevato come l'Unione europea in primis tende a marginalizzare il ruolo degli inceneritori nel processo di gestione dei rifiuti; in tal senso la normativa italiana riconosce anche a questi impianti gli incentivi (cip6 e certificati verdi), riferiti alla produzione di energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili; la perseveranza nelle scelte a favore dell'incenerimento dei rifiuti è data, in primo luogo, proprio dall'incentivazione tariffaria dell'energia prodotta da tale tipo di impianti, che include i termovalorizzatori tra beneficiari di incentivi, senza alcuna distinzione tra fonti organiche e fonti non biodegradabili; l'incenerimento dei rifiuti è la pratica con minima sostenibilità nell'ambito della gerarchia europea dei rifiuti, che privilegia invece il recupero di materia;
   l'articolo 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, dispone che «entro novanta, giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico, fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziati e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica»;
   il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, in merito all'articolo 35 sta subendo un iter attuativo difficoltoso anche per l'opinabilità tecnica dei contenuti. Fra l'altro, si segnala che nella mappatura della capacità di incenerimento non è stata valutata la presenza di inceneritori dedicati ai soli rifiuti speciali, né è stata eseguita alcuna mappatura delle discariche esistenti che sono ovviamente parte della attuale filiera di settore;
   il 16 marzo 2016 è stata avviata la procedura di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi ai sensi dell'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, inerente al «Programma recante l'individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento rifiuti urbani e assimilati in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché l'individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati»;
   al momento, con il documento protocollo 0004267/RIN del 21 marzo 2016, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta trasmettendo la comunicazione per l'avvio della consultazione ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni e integrazioni, concernente la procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica relativa al programma recante «individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché l'individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilabili» di cui allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi ai sensi dell'articolo 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014: in pratica la Conferenza Stato-regioni avrebbe «imposto» al Ministro interrogato la procedura di valutazione ambientale strategica, che il Ministro interrogato ha dovuto accettare per incassare il «sì» a maggioranza allo schema di decreto. Una valutazione ambientale strategica veramente pubblica e genuinamente strutturata dovrà includere anche una analisi delle alternative e questo metterebbe in crisi l'assunto principale ed irricevibile dell'articolo 35, ovvero che il pretrattamento è uguale a incenerimento, mentre il razionale obiettivo dell'articolo 35 era superare le procedure d'infrazione per mancanza di sistemi di pretrattamento nonostante l'obbligo della direttiva 99/31 sulle discariche;
   il Ministro interrogato, nell'articolo su Repubblica.it riferisce: «sono stato assessore al comune di Bologna e mi vanto di aver contribuito a una grande operazione ambientale: la creazione della multiutility Hera e la sua quotazione in borsa. È la seconda azienda ambientale del Nord». Il bacino di utenza Hera è di circa 3,3 milioni di persone, il record per quanto concerne la gestione dei rifiuti solidi urbani;
   l'Emilia-Romagna, secondo i dati dell'Ispra, è la regione con il più elevato costo per la gestione dei rifiuti (227 euro pro capite), nonché la regione con la più elevata produzione pro capite di rifiuti (oltre 600 chilogrammi a persona), ha la più elevata concentrazione regionale di inceneritori (1 ogni 555.822 abitanti);
   il combinato disposto di questi dati da solo costituisce un giudizio impietoso in merito alla politica governativa in tema di rifiuti solidi urbani ed economia circolare, oltretutto sanzionata dall'Unione europea nell'ambito delle 18 procedure d'infrazione pendenti in materia ambientale, fra cui si segnalano 5 procedure d'infrazione per le quali la Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso una sentenza di condanna nei confronti dell'Italia. La sentenza del 2 dicembre 2014 ha condannato l'Italia a pagare 40 milioni di euro come misura forfettaria, in riferimento alla violazione della direttiva rifiuti 75/442/CE (modificata dalla direttiva 91/156/CEE), della direttiva 91/689/CEE e della direttiva 1999/13/CE che riguardano fra l'altro 200 discariche abusive presenti nel territorio italiano, e ad una penalità semestrale di 42,8 milioni di euro per la mancata messa a norma delle medesime discariche; altre procedure d'infrazione (procedura n. 2011/4021) riguardano proprio il mancato pretrattamento dei rifiuti;
   lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non considera la possibilità che non esista alcun fabbisogno residuo di incenerimento a livello nazionale, venendo meno agli obblighi di considerare e mettere a disposizione del pubblico tutte le opzioni possibili di cui alla citata direttiva 2003/35/CE. Parimenti lo stesso schema di decreto pianifica gli impianti partendo dal presupposto, a giudizio degli interroganti illegittimo in base alla citata direttiva 2008/98/CE, che la produzione di rifiuti rimanga costante nel tempo, anziché considerare che la quantità di rifiuti prodotti attesa nel 2020 dovrà essere necessariamente inferiore –:
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per inserire nella mappatura impiantistica per la gestione dei rifiuti un'analisi di tutti gli impianti di pretrattamento, degli impianti di incenerimento e coincenerimento di rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali, nonché di tutte le discariche;
   di quali dati oggettivi e verificabili disponga il Governo per escludere a priori la possibilità che a livello nazionale non esista alcun fabbisogno residuo di incenerimento dei rifiuti;
   se, nell'ambito della procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica relativa al programma recante «individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilabili» di cui allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi ai sensi dell'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, non si intendano prendere in considerazione prioritariamente alternative allo stesso programma relative all'implementazione del pretrattamento dei rifiuti;
   se nello stesso ambito si intendano prendere in considerazione modalità gestionali dei rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali orientati all'economia e, in particolare, all'economia circolare. (3-02195)


   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, VIGNAROLI, DAGA, MICILLO e MANNINO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16, comma 1, della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di adottare le misure appropriate per creare una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti. Le pratiche di smaltimento comunemente diffuse in Italia sono l'incenerimento con o senza recupero energetico e il sotterramento in discarica controllata;
   in Italia, secondo l'ultimo rapporto Ispra, circa 9,3 milioni di tonnellate, pari al 30 per cento dei rifiuti solidi urbani, sono state smaltite in discarica nel 2014, facendo registrare, rispetto alla rilevazione del 2013, una riduzione di circa il 14 per cento, ovvero quasi 1,6 milioni di tonnellate di rifiuti. Analizzando il dato per macroarea geografica, si osserva una riduzione del 6 per cento dello smaltimento al Nord, del 27 per cento al Centro ed un incremento del 12 per cento al Sud;
   secondo il rapporto Ispra 2015 sui rifiuti speciali si sta assistendo a una progressiva riduzione della produzione di rifiuti speciali, da 136 milioni di tonnellate nel 2011 a 131 nel 2013;
   lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «decreto sblocca Italia») non contempla la definizione dell'effettivo fabbisogno di discariche, né la realizzazione di alcun piano nazionale finalizzato alla creazione di una rete di cui al citato articolo 6 della direttiva rifiuti;
   da un articolo della Gazzetta di Mantova del 20 ottobre 2015 si apprende dell'ampliamento della discarica di Mariana Mantovana finalizzato all'accoglimento di ulteriori 1.800.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, ottenuto con l'obiettivo dichiarato di ripianare le perdite finanziarie della società Tea spa, dovute al minor conferimento di rifiuti urbani da parte dei comuni della provincia. Già nel 2014 la stessa discarica era stata oggetto di una variazione nella pianificazione del bacino territoriale e sempre esclusivamente per obiettivi finanziari; l'8 marzo 2016 è stata confermata la notizia dell'assegnazione alla cooperativa Ccc di Bologna dell'appalto per l'ampliamento di tale discarica in un'area pesantemente impattata dal punto di vista ambientale e sanitario (tasso di malformazioni congenite fra 750 e 1.000 ogni 10 mila nati, il più elevato della provincia di Mantova);
   da un articolo apparso su Bologna today si apprende della volontà della società Hera di ampliare la discarica «Tre monti» di Imola, costruendo un ulteriore lotto fra i comuni di Imola e Riolo, nonostante la pianificazione regionale vada in senso opposto e nonostante l'83 per cento dei rifiuti ivi conferiti provenga da fuori regione;
   nel gennaio 2016 si è appreso della richiesta da parte della Belvedere spa di accogliere ulteriori codici cer relativi a rifiuti speciali non pericolosi nella discarica d'interesse regionale di Peccioli (Pisa). Tale richiesta è stata anch'essa giustificata con argomentazioni di equilibrio economico e finanziario, tenuto conto del fatto che l'ampliamento di tale discarica era stato ottenuto per un flusso previsto di 300.000 tonnellate all'anno, mentre a seguito dell'applicazione della precedente circolare Orlando, che impone il divieto di conferimento per i rifiuti indifferenziati tal quali, la discarica di Peccioli riusciva a recuperarne non più di 100.000, dovendo pertanto ricorrere al mercato dei rifiuti speciali per colmare la differenza;
   da fonti di stampa si apprende ancora che è stato richiesto nel gennaio 2016, da parte del gestore «Sogliano ambiente spa», l'ampliamento della discarica di Sogliano al Rubicone (Forlì-Cesena). La richiesta riguarda la realizzazione dell'ampliamento della discarica per il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi, con un volume pari a 1.600.000 metri cubi (Ginestreto G4), in località Ginestreto di Sogliano al Rubicone, con opere accessorie nel comune di Poggio Torriana;
   per quanto concerne la discarica di Torretta di Legnago (Verona) è stato proposto il conferimento di rifiuti speciali (oltre 50 codici cer) per 14 anni, quando da pianificazione si prevedeva la chiusura nel 2016;
   per la messa in sicurezza della discarica di Cà Filissine di Pescantina (Verona) è stato proposto il conferimento di rifiuti speciali per ovviare al lago di percolato profondo 36 metri formatosi, verosimilmente, per il mancato trattamento del percolato stesso che veniva reiniettato nel corpo della discarica secondo quanto appreso dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, durante la missione in Veneto;
   prassi questa oramai diffusa in tutte le realtà regionali, in particolare dove si è ridotto il conferimento di rifiuti solidi urbani in discarica;
   risulta da notizie di stampa che, dopo la Campania, anche la Basilicata voglia conferire i rifiuti organici (la frazione organica della raccolta differenziata – forsu) in impianti di trattamento nel Nord Italia, contribuendo a un turismo inaccettabile della materia; il compost ottenibile dal rifiuto organico è infatti prezioso per i territori dove è prodotto e secondo l'Ersaf potrebbe contribuire a garantire il 90 per cento della fertilizzazione azotata, lasciando una quota residuale alla fertilizzazione chimica, ma è sufficiente un trasporto a lunga distanza per alterare le caratteristiche chimiche della Forsu che, secondo i dati Ispra, viene trattata adeguatamente solo in piccoli impianti di compostaggio aerobico di prossimità, riducendo anche i costi di gestione (trasporto, conferimento e smaltimento) e ottenendo un ammendante compostato verde, che può avere anche un valore di mercato;
   nel rapporto Ispra 2015 sulla gestione dei rifiuti urbani, a pagina 122, si legge che riguardo allo smaltimento in discarica «non può non evidenziarsi che, nonostante l'articolo 182-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisca il principio dell'autosufficienza per lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e per i rifiuti del loro trattamento a livello di ambito territoriale ottimale, in realtà questi rifiuti, in uscita dagli impianti di trattamento meccanico biologico, vengono di frequente avviati in regioni diverse da quelle in cui sono stati prodotti. Tale pratica è diffusa in tutto il Paese come risulta evidente dall'esame dei dati riguardanti lo smaltimento a livello regionale. Tale assunto è confermato dagli esempi sopra evidenziati, dai quali si evince come, ad oggi, l'obiettivo prevalente dei gestori di discariche non sia tanto la difesa dell'ambiente, quanto il raggiungimento e il mantenimento della sostenibilità economica e del ritorno finanziario del singolo impianto»;
   privi di una pianificazione nazionale, gli scenari normativi comunitari aprono in direzione di ulteriori procedure d'infrazione europee, a causa dell'eccessivo conferimento in discarica di rifiuti da parte di alcune regioni;
   il trasporto dei rifiuti contribuisce in maniera sostanziale alle emissioni nel settore dei trasporti, in particolar modo per quanto concerne il trasporto interregionale, sia per le emissioni dei mezzi pesanti, che per la cessione di inquinanti dai rifiuti trasportati dai mezzi;
   la situazione ambientale nazionale è caratterizzata da un eccesso di captazione idrica (studio di Steffen pubblicato su Science nel 2015), da una progressiva compromissione della qualità delle falde acquifere, sia in aree di captazione, che in aree comunque a vocazione agricola, lo stato chimico delle acque superficiali (Scas) è compromesso in particolare nelle aree di pianura, il ciclo dell'azoto è compromesso in maniera importante, con un eccesso di azoto nelle falde e nei sedimenti fluviali, lacustri e marini in particolare in pianura padana dove si stanno moltiplicando le richieste di ampliamento delle discariche esistenti o costruzione di nuove, senza alcuna necessità territoriale;
   i metodi di gestione ambientale nazionale non prevedono per gli interroganti valutazioni adeguate degli impatti cumulativi, né un adeguato piano di riduzione delle emissioni e del recupero di materia –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere che la gestione dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali sia fondata su metodi sostenibili, basati sul recupero di materia, la valutazione di tutte le matrici ambientali nelle aree di conferimento, anche in relazione al rilascio di nuove autorizzazioni;
   se per lo smaltimento dei rifiuti non si ritenga necessario monitorare e pubblicare il flusso dei rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali esistente e programmato, in modo da evitare speculazioni e possibili disastri ambientali, pubblicando la mappa dei rifiuti urbani e speciali, prodotti nelle diverse realtà territoriali, e della filiera di smaltimento, comprensiva di dati economici, per individuare eventuali storture in particolare nell'ambito dei rifiuti speciali a «libero mercato»;
   se il Governo, in relazione allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, non intenda assumere iniziative per la previsione di una pianificazione atta a determinare anche l'effettivo fabbisogno di conferimento in discarica, nonché per la previsione della rete nazionale di tali impianti, finalizzata alla progressiva riduzione e dismissione del «parco discariche» nazionale;
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere la realizzazione di un piano nazionale delle discariche nel quale siano comprese non solo la definizione dell'effettivo fabbisogno per gli anni a venire, ma anche la pianificazione dei flussi interregionali di rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti soldi urbani, nonché dei rifiuti speciali. (3-02196)


PROPOSTA DI LEGGE: MARIANI ED ALTRI: PRINCÌPI PER LA TUTELA, IL GOVERNO E LA GESTIONE PUBBLICA DELLE ACQUE (A.C. 2212-A)

A.C. 2212-A – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

  La Camera,
   premesso che:
    il testo del provvedimento in esame, anteriormente alle modifiche apportate in sede referente durante l’iter in Commissione, era del tutto conseguente all'espressione della volontà popolare sancita a seguito del referendum del 12-13 giugno 2011, dal quale è emersa la volontà dei cittadini di tornare a una gestione pubblica dell'acqua, per considerarla veramente un bene comune e un diritto umano universale;
    con il citato referendum sono stati abrogati: a) l'obbligo di messa a gara dei servizi pubblici locali compresa l'acqua, e i molti paletti introdotti alla gestione pubblica; b) la voce della tariffa che prevedeva adeguata remunerazione del capitale investito dai gestori. Si rammenta, infatti, che prima dell'abrogazione la norma stabiliva che la tariffa per l'erogazione dell'acqua fosse calcolata prevedendo la remunerazione per il capitale investito dal gestore e che il tasso di remunerazione era fissato nella misura del 7 per cento;
    il combinato disposto di quei due «Sì» al referendum risulta chiaro, e consegna un quadro normativo che rende necessaria la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, sottraendolo conseguentemente alle regole del mercato, e garantisca una gestione pubblica, intesa anche come gestione svolta tramite enti di diritto pubblico;
    in linea con la volontà popolare emersa dal risultato referendario, il testo iniziale della proposta di legge in esame prevedeva espressamente, tra le altre cose, che la gestione e l'erogazione del servizio idrico integrato dovessero essere affidate esclusivamente a enti di diritto pubblico; che il servizio idrico venisse classificato come servizio pubblico locale di interesse generale privo di rilevanza economica e quindi sottratto ai principi del mercato e della concorrenza; che il finanziamento del servizio idrico integrato avvenisse attraverso la fiscalità generale e specifica (per la copertura in particolare dei costi di investimento), nonché attraverso la tariffa;
    il provvedimento come approvato dalla Commissione in sede referente, ha modificato notevolmente il testo iniziale, negando di fatto lo spirito stesso del provvedimento originario nato per dare un seguito normativo al risultato del referendum del 2011;
    il testo all'esame dell'Aula ora non prevede una specifica forma di gestione del servizio idrico, in contrasto con lo spirito referendario che chiedeva l'esclusione dei privati dalla gestione del servizio idrico, e quindi la gestione interamente pubblica dell'acqua;
    inoltre nel nuovo testo sono state soppresse le norme sulla gestione del servizio idrico integrato considerato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, e sottratta quindi al principio della libera concorrenza e realizzata senza finalità lucrative;
    è inoltre stata espunta dal testo la disciplina del regime transitorio per l'attuazione della ripubblicizzazione della gestione del servizio, nonché la previsione di un apposito Fondo nazionale per la sua ripubblicizzazione;
    è evidente che il testo scaturito dall'esame della VIII Commissione ambiente, non solo non è più coerente con i principi ispiratori dell'originaria proposta di legge, ma principalmente si pone in contrasto con quanto scaturito dal referendum del 12-13 giugno 2011, come normato dall'articolo 75 della Costituzione, laddove è emersa evidente la volontà dei cittadini di tornare a una gestione pubblica del servizio idrico e la sua esclusione dalle regole di mercato;
    alla luce di quanto suesposto, risulta evidente come il testo all'esame dell'Aula si ponga in contrasto con quanto già ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale in materia di referendum, laddove la normativa in esame costituisce, se non ripristino, comunque inosservanza della normativa abrogata con il referendum, considerato che essa introduce una nuova disciplina della materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, in palese contrasto quindi, con l'intento perseguito mediante il referendum abrogativo;
    sotto questo aspetto è intervenuta anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 2012, tesa a garantire l'esito dei referendum abrogativi, laddove si è affermato che il «vincolo derivante dall'abrogazione referendaria, si giustifica (...) al solo fine di impedire che l'esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall'articolo 75 della Costituzione, venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l'effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all'abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto»;
    si rammenta inoltre come la Corte costituzionale, con la sentenza n. 68 del 1978, ha precisato che, pur identificato l'oggetto del referendum abrogativo nelle leggi, negli atti legislativi e nelle loro disposizioni, «gli atti e i disposti legislativi indicati in ciascuna richiesta non sono altro che il mezzo per individuare una data normativa, sulle sorti della quale gli elettori vengono in effetti chiamati a pronunciarsi». La sostanza del quesito referendario – e quindi l'oggetto del referendum – è rappresentato, dunque, dal significato complessivo, dal «senso» della normativa, più che dai singoli atti e disposizioni enunciati: «Il tema del quesito sottoposto agli elettori non è tanto formato (...) dalla serie delle singole disposizioni da abrogare, quanto dal comune principio che se ne ricava»,

delibera

di non procedere all'esame della proposta di legge n. 2212-A.
N. 1. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

A.C. 2212-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2.

A.C. 2212-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  All'articolo 4, comma 3, lettera a), sostituire le parole: In via prioritaria è disposto l'affidamento diretto in favore con le seguenti: L'affidamento può avvenire anche in via diretta a favore.

  All'articolo 6 sopprimere il comma 3.

  All'articolo 6, comma 4, sostituire le parole da: alle società interamente pubbliche fino a: per gli con la seguente: agli.

  Aggiungere, in fine, il seguente articolo: Art. 13-bis. (Clausola di invarianza finanziaria). 1. Fermo quanto previsto dall'articolo 12, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.50, 2.50, 2.51, 2.54, 2.55, 2.58, 3.50, 3.51, 3.80, 4.50, 4.51, 4.52, 5.50, 5.51, 5.52, 5.53, 5.54, 5.55, 5.56, 6.50, 6.51, 6.53, 6.54, 6.55, 7.50, 7.51, 7.52, 7.54, 7.56, 9.50, 11.50, 11.53 e 11.55 e sugli articoli aggiuntivi 5.050 e 7.050, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 2212-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI

Art. 1.
(Finalità).

  1. La presente legge, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere m) e s), della Costituzione, detta i princìpi con cui deve essere utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico nazionale.
  2. La presente legge si prefigge l'obiettivo di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale, nel quadro delle politiche complessive di tutela e di gestione del territorio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

  Al comma 2, sostituire le parole da: si prefigge fino a: definizione di un con le seguenti: favorisce il.
1. 51. Sarro.

  Al comma 2, dopo le parole: ciclo integrato dell'acqua aggiungere le seguenti: attraverso la gestione e l'erogazione del servizio idrico integrato affidato esclusivamente a enti di diritto pubblico, e.

  Conseguentemente:
   all'articolo 4, comma 1, sostituire le parole da:
e tenuto conto dell'articolo 12, fino alla fine dell'articolo, con le seguenti: il servizio idrico integrato è considerato servizio pubblico locale privo di rilevanza economica.

  2. La gestione del servizio idrico integrato è sottratta al principio della libera concorrenza, è realizzata senza finalità lucrative, persegue finalità di carattere sociale e ambientale, ed è finanziata attraverso meccanismi di fiscalità generale e specifica nonché meccanismi tariffari.
  3. Il Governo provvede a conformarsi a quanto disposto dal presente articolo anche in sede di sottoscrizione di trattati o accordi internazionali.
   all'articolo 6, comma 4, sostituire le parole da: in via prioritaria fino a: per gli interventi con le seguenti: agli interventi.
1. 50. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

A.C. 2212-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Princìpi generali)

  1. L'acqua è un bene naturale e un diritto umano universale. Il diritto all'acqua potabile di qualità nonché ai servizi igienico-sanitari è un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani, come sancito dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/64/L.63/Rev. 1 del 26 luglio 2010.
  2. L'acqua è un bene comune, una risorsa rinnovabile, indispensabile per la vita dell'ecosistema e di tutti gli esseri viventi. Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo criteri di efficienza, di solidarietà, responsabilità e sostenibilità. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. Elemento fondativo indispensabile deve pertanto essere la conoscenza della risorsa idrica, della sua qualità e della sua effettiva disponibilità. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici.
  3. L'erogazione giornaliera per l'alimentazione e l'igiene umana è considerata diritto umano universale e si basa sul quantitativo minimo vitale di cui all'articolo 7.
  4. All'articolo 144 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1, dopo le parole: «dal sottosuolo,» sono inserite le seguenti: «sono pubbliche e»;
   b) il comma 4 è sostituito dai seguenti:
  «4. L'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Esso, pertanto, è sempre garantito, anche attraverso politiche di pianificazione che consentano un uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa. Gli altri usi sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità per il consumo umano.
  4.1. L'uso dell'acqua per l'agricoltura e per l'alimentazione animale è prioritario rispetto agli altri usi, ad eccezione di quello di cui al comma 4, e il suo utilizzo deve essere reso efficiente tramite l'adozione di tutte le migliori tecniche e dei metodi disponibili al fine di limitare il più possibile gli sprechi a parità di risultato atteso.
  4.2. Per gli usi diversi da quelli di cui ai commi 4 e 4.1 è favorito l'impiego dell'acqua di recupero, in particolare di quella derivante da processi di depurazione, delle acque piovane e di trattamento delle acque di prima pioggia».
  5. Dopo la lettera e) del comma 3 dell'articolo 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserita la seguente:
   «e-bis) le eventuali misure per garantire un uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTE DI LEGGE

ART. 2.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: È responsabilità dello Stato garantire il diritto all'acqua potabile, quale diritto umano essenziale, anche in caso di delega della fornitura di acqua potabile o di servizi igienico-sanitari a soggetti terzi, responsabili della fornitura del servizio e in generale garanti della gestione del sistema idrico.
2. 50. Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La responsabilità primaria dello Stato di garantire la piena realizzazione di tutti i diritti umani resta ferma anche in caso di affidamento in favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house.
2. 51. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 2, sopprimere il quarto periodo.
2. 59. Sarro.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. A tutela del diritto umano all'acqua e dei principi di precauzione, sostenibilità e tutela dell'acqua come bene comune, è vietato sottoscrivere accordi di liberalizzazione nel settore dei servizi idrici che non garantiscano la piena realizzazione del diritto umano all'acqua e la tutela della risorsa ed approvare provvedimenti ambientali che possano avere impatto sulle risorse idriche, come fracking, costruzione di dighe, water grabbing.
2. 4. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. A tutela dei principi del diritto umano all'acqua e dei principi di precauzione e sostenibilità a tutela dell'acqua come bene comune pubblico, non è possibile sottoscrivere accordi di liberalizzazione nel settore dei servizi idrici che inibiscano la piena realizzazione di tale diritto e della sua tutela.
2. 53. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Al comma 3, sostituire le parole: e si basa sul quantitativo minimo vitale di cui all'articolo 7 con le seguenti: ed è gratuita.
2. 54. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 4, lettera b), capoverso 4, secondo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, in tal caso garantendo comunque agevolazioni tariffarie per le utenze ricadenti nei comuni con abbondante disponibilità della risorsa idrica.
2. 55. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 4, lettera b), capoverso 4, sopprimere il terzo periodo.
2. 60. Sarro.

  Al comma 4, lettera b) capoverso 4.1, dopo le parole: reso efficiente aggiungere le seguenti: ed efficace.
2. 56. Rondini, Grimoldi.
(Approvato)

  Al comma 4, lettera b) capoverso 4.1, sopprimere le parole: tramite l'adozione di tutte le migliori tecniche e dei metodi disponibili
2. 61. Sarro.

  Al comma 4, lettera b), capoverso 4.2, aggiungere, in fine, le parole: compatibilmente con le caratteristiche dell'acqua stessa.
2. 57. Rondini, Grimoldi.
(Approvato)

  Al comma 5, capoverso e-bis), aggiungere, in fine, le parole:, in tal caso garantendo comunque agevolazioni tariffarie per le utenze ricadenti nei comuni con abbondante disponibilità della risorsa idrica.
2. 58. Rondini, Grimoldi.

A.C. 2212-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione)

  1. I distretti idrografici, quali risultano ai sensi degli articoli 54, comma 1, lettera t), e 64 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, costituiscono la dimensione ottimale di governo, di tutela e di pianificazione delle acque. Per ogni distretto idrografico si provvede secondo quanto stabilito dall'articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  2. L'organizzazione del servizio idrico integrato è affidata agli enti di governo di ambiti territoriali ottimali, i quali sono individuati dalle regioni tenendo conto dei princìpi dell'unità del bacino o del sub-bacino idrografico ai sensi dall'articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come da ultimo modificato dal comma 3 del presente articolo.
  3. All'articolo 147, comma 2-bis, alinea, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane» sono sostituite dalle seguenti: «comunque definiti sulla base dei criteri di cui al comma 2».

  4. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 31 dicembre 2016, un decreto legislativo contenente disposizioni per il rilascio e il rinnovo delle concessioni di prelievo di acque, ivi incluse le fattispecie riguardanti il trasferimento del ramo d'azienda, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera hhh), della legge 28 gennaio 2016, n. 11. Il citato decreto legislativo, anche di natura correttiva e integrativa dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega contenuta nel citato articolo 1 della legge n. 11 del 2016, prevede, tra l'altro, l'obbligo per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di provvedere, entro un termine congruo prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, nonché in ogni caso di cessazione anticipata della medesima, previa valutazione dell'eventuale sussistenza di un prevalente interesse pubblico a un diverso uso delle acque, a indire una gara a evidenza pubblica, nel rispetto dei princìpi fondamentali di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento, di trasparenza, di non discriminazione e di assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo congruo, fissato dalla regione o dalla provincia autonoma nell'ambito di un minimo e di un massimo stabiliti dal medesimo decreto. Il decreto legislativo definisce altresì i criteri cui devono attenersi le regioni e le province autonome nell'attribuzione della concessione di cui al periodo precedente, nonché nella determinazione della sua durata, includendo comunque tra i medesimi l'obbligo di valutare gli interventi ritenuti necessari avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, nonché alla compensazione ambientale per gli enti locali interessati.
  5. L'autorità di distretto realizza e aggiorna almeno semestralmente un database geografico, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che censisce, caratterizza e localizza:
   a) i punti di prelievo dell'acqua;
   b) gli scarichi;
   c) gli impianti di depurazione pubblici e privati.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 3.

  Sostituire il comma 2 con il seguente:
  2. Per ogni distretto idrografico, composto da uno o più bacini e sottobacini idrografici, è istituita un'autorità di distretto, con compiti di coordinamento fra i vari enti territoriali, regioni, province e comuni, che fanno parte del distretto. L'autorità definisce il piano di gestione sulla base del bilancio idrico e gli strumenti di pianificazione concernenti la gestione dell'acqua e del territorio. Il piano di gestione deve essere aggiornato periodicamente e costituisce uno stralcio del piano di bacino distrettuale. Contestualmente, è istituito un consiglio di bacino di cui fanno parte tutti gli enti locali, provincia, comuni e comunità montane, che appartengono al bacino di riferimento, che provvede alla definizione e all'approvazione del piano di ambito o di bacino e alla modulazione della tariffa per gli usi idropotabili e per gli usi produttivi e delle concessioni di prelievo, in funzione del bilancio idrico. Il consiglio di bacino provvede, inoltre, in raccordo con l'autorità di distretto, a elaborare il bilancio idrico di bacino sulla base della conoscenza effettiva della risorsa idrica disponibile. Al consiglio di bacino sono trasferite le competenze in materia di servizio idrico integrato assegnate agli ambiti territoriali ottimali di cui agli articoli 147 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e quelli relativi ai consorzi di bonifica e irrigazione.
3. 51. Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco.

  Sostituire il comma 2 con il seguente:
  2. Per ogni bacino o sub-bacino idrografico definito ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettere r) e s), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, individuato dalle regioni tenendo conto dei princìpi dell'unità del bacino o del sub-bacino idrografico ovvero dei bacini idrografici contigui e dell'unitarietà della gestione del servizio idrico integrato, è istituito un consiglio di bacino, ente di governo dell'ambito, di cui fanno parte tutti gli enti locali, provincia, comuni e comunità montane, che appartengono al bacino di riferimento, che provvede alla definizione e all'approvazione del piano di ambito o di bacino e alla modulazione della tariffa per gli usi idropotabili e per gli usi produttivi e delle concessioni di prelievo, in funzione del bilancio idrico. Il consiglio di bacino provvede, inoltre, in raccordo con l'autorità di distretto, a elaborare il bilancio idrico di bacino sulla base della conoscenza effettiva della risorsa idrica disponibile. Al consiglio di bacino sono trasferite le competenze in materia di servizio idrico integrato assegnate agli ambiti territoriali ottimali di cui agli articoli 147 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e quelli relativi ai consorzi di bonifica e irrigazione.
3. 50. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, dopo le parole: dalle regioni tenendo conto, aggiungere le seguenti: dell'unitarietà della gestione del medesimo servizio, nonché.
3. 52. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Al comma 2, sostituire le parole: dal comma 3 con le seguenti: dai commi 2-bis e 3.

  Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. All'articolo 147, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) unitarietà della gestione»;
3. 54. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole:, nonché dell'uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini con disparità di disponibilità della risorsa.
3. 53. Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre, Marguerettaz.
(Approvato)

  Sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. All'articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 2, la lettera b), è sostituita dalla seguente; «b) unitarietà della gestione»;
   b) al comma 2-bis, alinea, primo periodo, le parole: «comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane» sono sostituite dalle seguenti: «comunque definiti sulla base dei criteri di cui al comma 2».
3. 56. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 3, sostituire le parole da: le parole fino alla fine del comma, con le seguenti: il primo periodo è sostituito dal seguente: «È consentito l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali corrispondenti con il bacino o con il sub-bacino idrografico definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettere r) e s)».

  Conseguentemente, dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
  3-bis. All'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, al comma 1, la lettera b), numeri 1, 2 e 3, e le lettere c), d), f) e i) sono soppresse.
  3-ter. All'articolo 3-bis, comma 1, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 16 settembre 2011, n. 148, le parole: «La dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale» sono soppresse.
3. 70. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Al comma 3, sostituire le parole da: le parole fino alla fine del comma, con le seguenti: il primo periodo è sostituito dal seguente: «È consentito l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali corrispondenti con il bacino o con il sub-bacino idrografico definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettere r) e s)».
3. 13. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 3, dopo le parole: le parole, aggiungere le seguenti: «Qualora l'ambito territoriale ottimale coincida con l'intero territorio regionale», sono soppresse e le parole: .
3. 57. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 3, sostituire le parole da: «comunque definiti» fino alla fine del comma, con le seguenti: «corrispondenti con il bacino o con il sub-bacino idrografico definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettere r) e s)».

  Conseguentemente, dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
  3-bis. All'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, al comma 1, lettera b), il numero 3) è soppresso.
  3-ter. All'articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, al comma 1, il secondo periodo è soppresso.
3. 55. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 3, sostituire le parole da: comunque definiti fino alla fine del comma, con le seguenti: corrispondenti con il bacino o con il sub-bacino idrografico definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettere r) e s).

  Conseguentemente, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  3-bis. All'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, al comma 1, la lettera b), numeri 1, 2 e 3, e le lettere c), d), f) e i) sono soppresse.
3. 12. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: Al medesimo comma 2-bis dell'articolo 147 la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e nei comuni inclusi nella delimitazione territoriale delle comunità montane con popolazione fino a 3.000 abitanti». I comuni di cui alla lettera a) del comma 2-bis del citato articolo 147 possono ritirare la propria adesione al servizio idrico integrato previo preavviso di sei mesi all'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale, il quale comunque esercita su tali gestioni autonome funzioni di programmazione generale e di controllo.
3. 58. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al medesimo comma 2-bis dell'articolo 147 la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e nei comuni inclusi nella delimitazione territoriale delle comunità montane con popolazione fino a 3.000 abitanti».
3. 59. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al medesimo comma 2-bis dell'articolo 147, alla lettera a), le parole: «1.000 abitanti già istituite sensi del comma 5 dell'articolo 148» sono sostituite dalle seguenti: «3.000 abitanti».
3. 60. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al medesimo comma 2-bis dell'articolo 147, alla lettera a), le parole: «già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148» sono soppresse.
3. 61. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al medesimo comma 2-bis dell'articolo 147, alla lettera b), sono aggiunte, in fine, le parole: La presente lettera si applica anche ai comuni che abbiano le medesime caratteristiche e che richiedano di provvedere alla gestione in forma autonoma a fronte di inadempienze gravi da parte del soggetto affidatario del servizio idrico integrato, ovvero in caso di sussistenza di contenziosi tra il comune e il soggetto affidatario circa l'efficienza nella gestione del servizio e/o il mancato adempimento di obbligazioni e di impegni di tipo economico.
3. 81. Piccone.

  Sopprimere il comma 4.
3. 62. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Sostituire il comma 4, con i seguenti:
  4. Il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque è disposto, dall'Autorità di distretto ed è vincolato al rispetto delle priorità stabilite dall'articolo 2, comma 4, e alla definizione ed elaborazione del bilancio idrico di distretto, corredato di una pianificazione delle destinazioni d'uso delle risorse idriche. Detto rilascio o rinnovo, avviene previa gara ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi.
  4-bis. Fatti salvi i prelievi destinati al consumo umano per il soddisfacimento del diritto all'acqua, il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque deve considerare il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, soddisfacendo in particolare il principio «chi inquina paga» previsto dall'articolo 9 della direttiva 60/2000/CE. Per esigenze ambientali o sociali gli enti preposti alla pianificazione della gestione dell'acqua possono comunque disporre limiti al rilascio o al rinnovo delle concessioni di prelievo dell'acqua anche in presenza di remunerazione dell'intero costo.
  4-ter. Le acque che, per le loro caratteristiche qualitative, sono definite destinabili all'uso umano non devono di norma essere utilizzate per usi diversi. Possono essere destinate ad usi diversi solo se non siano presenti altre risorse idriche, nel qual caso l'ammontare del relativo canone di concessione è decuplicato.
  4-quater. Per tutti i corpi idrici deve essere garantita la conservazione o il raggiungimento di uno stato di qualità vicino a quello naturale entro l'anno 2017, attraverso:
   a) il controllo e la regolazione degli scarichi idrici;
   b) l'uso corretto e razionale delle acque;
   c) l'uso corretto e razionale del territorio.

  4-quinquies. Le concessioni al prelievo e le autorizzazioni allo scarico per gli usi differenti da quello potabile possono essere revocate dall'autorità competente, anche prima della loro scadenza amministrativa, se è verificata l'esistenza di gravi problemi qualitativi o quantitativi al corpo idrico interessato. In tali casi non sono dovuti risarcimenti di alcun genere, salvo il rimborso degli oneri per il canone di concessione delle acque non prelevate.
  4-sexies. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, nessuna nuova concessione per sfruttamento, imbottigliamento o utilizzazione di sorgenti, fonti, acque minerali o corpi idrici idonei all'uso potabile può essere rilasciata, se in contrasto con quanto previsto dal presente articolo.
3. 63. Zaratti, Pellegrino, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

Subemendamento all'emendamento Segoni 3.64.

  All'emendamento 3. 64, parte consequenziale, sostituire le parole: compensazione ambientale con le seguenti: compensazione territoriale.
0. 3. 64. 1. Caparini.

  Al comma 4, primo periodo dopo la parola: Governo aggiungere le seguenti: rispettando le priorità stabilite dall'articolo 2.

  Conseguentemente, al medesimo comma, terzo periodo, sostituire le parole da: comunque tra i medesimi fino alla fine del comma con le seguenti: prioritariamente l'obbligo di valutare gli interventi che offrono un miglioramento e un risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, nonché una compensazione ambientale per gli enti locali interessati.
3. 64. Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco.
(Approvato)

  Al comma 4, sostituire il secondo e terzo periodo con i seguenti: Nel caso delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico, le regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, allo scadere delle concessioni, acquisiscono le opere e gli impianti di cui all'articolo 25 del regio decreto n. 1775 del 1933, afferenti l'utilizzazione delle acque pubbliche demaniali delle grandi derivazioni idroelettriche e li conferiscono, entro sei mesi dall'acquisizione, in proprietà a società patrimoniali di scopo, con partecipazione totalitaria di capitale pubblico incedibile, cui partecipano senza oneri gli enti locali o anche loro forme di aggregazione sovracomunale interessati per territorio. Le società patrimoniali mettono a disposizione del soggetto affidatario, individuato secondo i criteri individuati dal decreto legislativo di cui al presente comma, le infrastrutture e gli impianti afferenti alla derivazione. Il soggetto affidatario esercita le infrastrutture e gli impianti afferenti alla derivazione nel rispetto di condizioni e a fronte di un corrispettivo, da versarsi alle società patrimoniali, stabiliti dalla Giunta regionale. Il corrispettivo è in parte fisso e determinato sulla base della potenza nominale media annua e soggetto all'adeguamento legato al tasso annuo d'inflazione programmato, e in parte variabile e commisurato all'effettiva produzione realizzata e valorizzata in base alla collocazione dell'energia sul mercato elettrico e nel rispetto del normale rendimento di mercato dei cespiti affidati; il corrispettivo deve essere in parte destinato ad interventi di tutela ambientale nei territori interessati. Su richiesta delle province interessate deve essere costituita una società patrimoniale di scopo per ciascuna provincia, a condizione che sul territorio della stessa, a far data dall'entrata in vigore della presente norma, siano ricompresi impianti di grande derivazione idroelettrica che complessivamente raggiungano almeno 100 MW di potenza attiva nominale installata.

  Conseguentemente, dopo il comma 4, aggiungere i seguenti:
  4-bis. Le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, allo scadere delle concessioni in essere, garantendo la neutralità rispetto al mercato, affidano, anche per il tramite delle società patrimoniali di scopo di cui al comma precedente, l'esercizio industriale delle infrastrutture e degli impianti afferenti alle grandi derivazioni idroelettriche mediante procedure competitive ad evidenza pubblica ovvero direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che siano soddisfatti i requisiti prescritti dalle vigenti direttive comunitarie e dalle norme nazionali e secondo i criteri stabiliti dal decreto legislativo di cui al comma 4.
  4-ter. In deroga ai commi 4 e 4-bis, in attuazione dell'articolo 44, comma secondo, della Costituzione, al fine di garantire misure di compensazione territoriale, le concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, ricadenti in tutto o in parte nei territori delle province montane, previa apposita richiesta alla Regione competente, sono affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata partecipate dalle province interessate, a condizione che siano soddisfatti i seguenti requisiti:
   a) la selezione del socio privato venga effettuata mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, contenute nel decreto legislativo emanato ai sensi del comma 4;
   b) la gara per la selezione del socio privato, svolta dalla provincia competente, abbia per oggetto la qualità del socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione industriale;
   c) la partecipazione del socio privato alla società mista, sia compresa tra il 40 per cento e il 60 per cento del capitale sociale.
3. 80. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 4, sostituire il secondo e il terzo periodo con i seguenti: Nel caso delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un termine congruo prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, nonché in ogni caso di cessazione anticipata della medesima, provvedono, sulla base dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega contenuta nell'articolo 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11 e previa valutazione dell'eventuale sussistenza di un prevalente interesse pubblico a un diverso uso delle acque, a indire una gara ad evidenza pubblica, anche nelle forme del partenariato pubblico privato, nel rispetto dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento, di trasparenza, di non discriminazione e di assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo congruo, fissato dalla regione o dalla provincia autonoma tra un minimo di venti anni e un massimo di trenta anni, e includendo comunque tra i criteri di valutazione dell'offerta il miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, la compensazione territoriale per gli enti locali interessati e l'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e degli altri beni oggetto di concessione, da riconoscere alle medesime regioni e province autonome.
3. 65. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 4, secondo periodo, sostituire le parole da: anche di natura correttiva fino a: conflitto di interessi con le seguenti: prevede, tra l'altro, l'obbligo per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di provvedere, entro un termine congruo antecedente alla scadenza di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, nonché in ogni caso laddove si verifichi la cessazione anticipata della medesima concessione, ad indire, previa valutazione dell'eventuale sussistenza di un prevalente interesse pubblico a un diverso uso delle acque, una gara a evidenza pubblica,.
3. 82. Sarro.

  Al comma 4, secondo periodo, dopo le parole: indire una gara ad evidenza pubblica aggiungere le seguenti:, anche nelle forme del partenariato pubblico privato.
3. 66. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 4, terzo periodo, sostituire le parole: compensazione ambientale con le seguenti: compensazione territoriale.
3. 67. Caparini, Rondini, Grimoldi.

  Al comma 4 aggiungere, in fine, le parole: che preveda come obbligatoria la preventiva partecipazione dei cittadini e delle comunità locali interessate. Fatti salvi i prelievi destinati al consumo umano per il soddisfacimento del diritto all'acqua, il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque deve considerare il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, soddisfacendo in particolare il principio «chi inquina paga» previsto dall'articolo 9 della direttiva 60/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000. Per esigenze ambientali o sociali gli enti preposti alla pianificazione della gestione dell'acqua possono comunque disporre limiti al rilascio o al rinnovo delle concessioni di prelievo dell'acqua anche in presenza di remunerazione dell'intero costo. Le concessioni al prelievo e le autorizzazioni allo scarico per gli usi differenti da quello potabile possono essere revocate dall'autorità competente, anche prima della loro scadenza amministrativa, se è verificata l'esistenza di gravi problemi qualitativi o quantitativi al corpo idrico interessato. In tali casi non sono dovuti risarcimenti di alcun genere, salvo il rimborso degli oneri per il canone di concessione delle acque non prelevate.
3. 68. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, le parole:, considerando il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, soddisfacendo in particolare il principio «chi inquina paga» previsto dall'articolo 9 della direttiva 60/2000/CE.
3. 69. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.
(Approvato)

  Al comma 4, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: Le concessioni al prelievo e le autorizzazioni allo scarico per gli usi differenti da quello potabile possono essere revocate dall'autorità competente, anche prima della loro scadenza amministrativa, se è verificata l'esistenza di gravi problemi qualitativi o quantitativi al corpo idrico interessato. In tali casi non sono dovuti risarcimenti di alcun genere, salvo il rimborso degli oneri per il canone di concessione delle acque non prelevate.
3. 74. Zaratti, Pellegrino, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La concessione dovrà porre a carico del concessionario tutti i costi per il riciclo o lo smaltimento dei contenitori utilizzati per l'imbottigliamento.
3. 72. Luigi Gallo, Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Parentela.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Valutata l'insussistenza di un prevalente interesse pubblico a un diverso uso delle acque, è fatto obbligo di prescrivere, sin dal bando della gara ad evidenza pubblica per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione, criteri di individuazione del concessionario che tendano al conseguimento del principio «rifiuti zero» anche per il tramite di sistemi di vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi delle acque emunte.
3. 71. Luigi Gallo, Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Valutata l'insussistenza di un prevalente interesse pubblico a un diverso uso delle acque, è fatto obbligo di prescrivere, sin dal bando della gara ad evidenza pubblica per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione, criteri di determinazione dei canoni concessori direttamente proporzionali ai volumi d'acqua effettivamente emunti.
3. 73. Luigi Gallo, Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 2212-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Governo pubblico del ciclo naturale e integrato dell'acqua).

  1. Tenuto conto del riparto delle funzioni come definito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 3 ottobre 2012, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita il controllo sul rispetto della disciplina vigente in materia di tutela delle risorse idriche e della salvaguardia ambientale.
  2. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, di cui all'articolo 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, esercita le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici a essa trasferite, nonché assicura la costituzione di una banca di dati sul servizio idrico integrato, che elabora congiuntamente i dati dei sistemi informativi delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle autorità di bacino distrettuali.
  3. I dati contenuti nella banca di dati sul servizio idrico integrato dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, di cui al comma 2, sono resi pubblici e fruibili alla collettività, secondo le modalità e le garanzie previste dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, in linea con la strategia nazionale di open government e open data.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 5.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.
(Governo pubblico del ciclo naturale e integrato dell'acqua).

  1. Al fine di garantire il diritto all'acqua agli esseri umani, il diritto della natura e il diritto all'esistenza delle altre specie viventi, la funzione regolatoria del governo del ciclo naturale dell'acqua e della sua salvaguardia come bene ambientale è affidata all'esclusiva competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita anche le competenze in materia di regolamentazione di tutti gli usi, produttivi o non produttivi, e del servizio idrico, nonché di determinazione delle componenti delle tariffe differenziate per uso umano e per tutti gli usi produttivi, comprese le concessioni, in conformità con i princìpi previsti dall'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e ai fini del raggiungimento e del mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali stabiliti dalla direttiva. Le competenze relative alla programmazione delle grandi opere infrastrutturali a livello di reti idrauliche di rilievo nazionale nonché all'acqua per uso umano, comprese le bevande, e per usi produttivi ed energetici sono attribuite a un Comitato interministeriale presieduto da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e composto da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero delle politiche agricole e forestali e del Ministero dell'economia e delle finanze.
  2. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e della determinazione del metodo tariffario al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli usi del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, definite dalla parte terza, sezione III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
  3. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze, costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali e, in particolare, provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio. Redigono, inoltre, il piano di tutela delle acque, strumento di pianificazione e per la tutela qualitativa e quantitativa dei sistemi idrici, su scala regionale e di bacino idrografico.
  In funzione della non rilevanza economica del servizio idrico integrato è conferita alle regioni ordinarie, oltre alla definizione dei bacini di cui all'articolo 3, comma 3, la facoltà di stabilire il modello gestionale del servizio idrico integrato, fermo restando l'obbligo di scegliere tra i modelli previsti per gli enti di diritto pubblico.
  4. Gli enti locali, attraverso il consiglio di bacino, da istituirsi per ogni bacino o sub-bacino idrografico, svolgono le funzioni di programmazione del piano di bacino, di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di modulazione delle tariffe all'utenza sulla base del metodo definito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché di affidamento della gestione e del relativo controllo.
  5. Le funzioni di controllo sull'attuazione delle disposizioni vigenti sono affidate a un Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che vigila sulle risorse idriche e controlla il rispetto della disciplina vigente in materia di tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.
  6. L'Ufficio di cui al comma 5, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi costituendo una banca dati connessa con i sistemi informativi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle autorità di bacino e dei soggetti di cui all'articolo 161, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
  7. I dati della banca dati sul servizio idrico integrato sono resi pubblici e fruibili alla collettività, secondo le modalità e le garanzie previste dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, in linea con la strategia nazionale di open government e open data.
  8. Dalla data di entra in vigore della presente legge le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici attribuite all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico dall'articolo 21, comma 19, del decreto-legge del 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con legge del 22 dicembre 2011 n. 214, sono trasferite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  9. L'articolo 61 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 è soppresso.
5. 50. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

  Sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

  1. Al fine di garantire il diritto all'acqua agli esseri umani, il diritto della natura e il diritto all'esistenza delle altre specie viventi, la funzione regolatoria del governo del ciclo naturale dell'acqua e della sua salvaguardia come bene ambientale è affidata all'esclusiva competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita anche le competenze in materia di regolamentazione di tutti gli usi, produttivi o non produttivi, e del servizio idrico, nonché di determinazione delle componenti delle tariffe differenziate per uso umano e per tutti gli usi produttivi, comprese le concessioni, in conformità con i princìpi previsti dall'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e ai fini del raggiungimento e del mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali stabiliti dalla direttiva. Le competenze relative alla programmazione delle grandi opere infrastrutturali a livello di reti idrauliche di rilievo nazionale nonché all'acqua per uso umano, comprese le bevande, e per usi produttivi ed energetici sono attribuite a un Comitato interministeriale presieduto da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e composto da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero delle politiche agricole e forestali e del Ministero dell'economia e delle finanze.
  2. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e della determinazione del metodo tariffario al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli usi del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, definite dalla parte terza, sezione III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
  2-bis. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze, costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali e, in particolare, provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio. Redigono, inoltre, il piano di tutela delle acque, strumento di pianificazione e per la tutela qualitativa e quantitativa dei sistemi idrici, su scala regionale e di bacino idrografico. In funzione della non rilevanza economica del servizio idrico integrato è conferita alle regioni ordinarie, la facoltà di stabilire il modello gestionale del servizio idrico integrato, fermo restando l'obbligo di scegliere tra i modelli previsti per gli enti di diritto pubblico.
  2-ter. Gli enti locali, attraverso il consiglio di bacino, da istituirsi per ogni bacino o sub-bacino idrografico, svolgono le funzioni di programmazione del piano di bacino, di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di modulazione delle tariffe all'utenza sulla base del metodo definito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché di affidamento della gestione e del relativo controllo.
  2-quater. Le funzioni di controllo sull'attuazione delle disposizioni vigenti sono affidate a un apposito Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'Ufficio vigila sulle risorse idriche e controlla il rispetto della disciplina vigente in materia di tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.
  2-quinquies. L'Ufficio di cui al comma 2-quater, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi costituendo una banca dati connessa con i sistemi informativi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle autorità di bacino e dei soggetti di cui all'articolo 161, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
  2-sexies. Dalla data di entrata in vigore della presente legge le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici attribuite all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico dall'articolo 21, comma 19, del decreto-legge del 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni dalla legge del 22 dicembre 2011 n. 214, sono trasferite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  2-septies. L'articolo 61 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 è soppresso.

  Conseguentemente, al comma 3, sostituire le parole da: sul servizio idrico fino a: comma 2 con le seguenti: di cui al comma 2-quinquies.
5. 53. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Sostituire il comma 1, con i seguenti:
  1. Al fine di garantire il diritto all'acqua agli esseri umani, il diritto della natura e il diritto all'esistenza delle altre specie viventi, la funzione regolatoria del governo del ciclo naturale dell'acqua e della sua salvaguardia come bene ambientale è affidata all'esclusiva competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita anche le competenze in materia di regolamentazione di tutti gli usi, produttivi o non produttivi, e del servizio idrico, nonché di determinazione delle componenti delle tariffe differenziate per uso umano e per tutti gli usi produttivi, comprese le concessioni, in conformità con i princìpi previsti dall'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e ai fini del raggiungimento e del mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali stabiliti dalla direttiva. Le competenze relative alla programmazione delle grandi opere infrastrutturali a livello di reti idrauliche di rilievo nazionale nonché all'acqua per uso umano, comprese le bevande, e per usi produttivi ed energetici sono attribuite a un Comitato interministeriale presieduto da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e composto da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero delle politiche agricole e forestali e del Ministero dell'economia e delle finanze.
  1-bis. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e della determinazione del metodo tariffario al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli usi del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, definite dalla parte terza, sezione III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
5. 52. Zaratti, Pellegrino, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
  1-bis. Le funzioni attribuite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico di cui all'articolo 21, comma 19 del decreto-legge del 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge del 22 dicembre 2011 n. 214, in materia di risorse idriche, sono trasferite a un Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  1-ter. L'articolo 61 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 è soppresso.

  Conseguentemente:
    al medesimo articolo:
     al comma 2, sostituire le parole:
Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
     al comma 3, sostituire le parole: Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
    all'articolo 7:
     al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole:
sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico.
     al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole: Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
     al comma 2, sostituire le parole: Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
     al comma 3, primo periodo, sopprimere le parole: all’ Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico e.
    all'articolo 8, comma 1, capoverso 3-bis, sostituire le parole: Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
    all'articolo 10:
     al comma 2, sostituire le parole:
Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
    al comma 3, sostituire le parole: Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
    all'articolo 12, comma 1, lettera c), capoverso 1284-quater sostituire le parole: dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico con le seguenti: dell'Ufficio di vigilanza sulle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
5. 56. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Le competenze relative alla programmazione delle grandi opere infrastrutturali a livello di reti idrauliche di rilievo nazionale nonché all'acqua per uso umano, comprese le bevande, e per usi produttivi ed energetici sono attribuite a un Comitato interministeriale presieduto da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e composto da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero delle politiche agricole e forestali e del Ministero dell'economia e delle finanze.
5. 54. Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e della determinazione del metodo tariffario al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli usi del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, definite dalla parte terza, sezione III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
5. 55. Zaratti, Pellegrino, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Al comma 2, sostituire le parole: a essa trasferite, nonché con la seguente: e.
5. 60. Sarro.

  Al comma 2, dopo le parole: banca di dati sul servizio idrico integrato aggiungere le seguenti: aggiornata semestralmente.
5. 51. Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere i seguenti:

Art. 5-bis.
(Ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato. Decadenza delle forme di gestione. Fase transitoria).

  1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali, che non possono cederla. Tali beni sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico ai sensi degli articoli 822 e 824 del codice civile. Essi sono inalienabili e gravati dal vincolo perpetuo di destinazione ad uso pubblico.
  2. La gestione e l'erogazione del servizio idrico integrato non possono essere separate e possono essere affidate esclusivamente a enti di diritto pubblico.
  3. Gli enti di diritto pubblico che gestiscono il servizio idrico integrato non sono assoggettati né al patto di stabilità interno relativo agli enti locali né alle limitazioni di carattere contrattuale od occupazionale stabilite per i lavoratori delle amministrazioni pubbliche.
  4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge non sono possibili acquisizioni di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato.
  5. Tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate in concessione a terzi in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, se non decadute per contratto, decadono alla medesima data.
  6. Tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate a società a capitale misto pubblico e privato in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, se non decadute per contratto, sono trasformate, previo recesso del settore dell'acqua e scorporo del ramo d'azienda relativo in caso di gestione di una pluralità di servizi, in società a capitale interamente pubblico. Il processo deve completarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  7. Le società risultanti dal processo di trasformazione di cui al comma 6 operano in conformità alle seguenti condizioni vincolanti:
   a) divieto di cessione di quote di capitale a qualsiasi titolo;
   b) esercizio della propria attività in via esclusiva nel servizio affidato;
   c) obbligo di sottostare a controllo da parte degli enti affidanti analogo a quello dagli stessi esercitato sui servizi a gestione diretta;
   d) obbligo di trasformazione in enti di diritto pubblico entro sei mesi dalla data di costituzione.

  8. Tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate a società a capitale interamente pubblico in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, se non decadute per contratto, sono trasformate in enti di diritto pubblico entro un anno dalla medesima data di entrata in vigore.
  9. In caso di mancata osservanza di quanto stabilito dal presente articolo, il Governo esercita i poteri sostitutivi stabiliti dalla legge.
  10. Con decreto dei Ministri competenti, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, di seguito denominata «Conferenza unificata», sono definiti i criteri e le modalità alle quali le regioni e gli enti locali devono attenersi per garantire la continuità del servizio idrico integrato e la qualità dello stesso durante la fase transitoria di cui al presente articolo, assicurando la trasparenza e la partecipazione dei lavoratori e dei cittadini ai relativi controlli.

Art. 5-ter.
(Istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato).

  1. Al fine di attuare i processi di trasformazione societaria e aziendale di cui all'articolo 5-bis, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. La dotazione del Fondo è pari a 1 miliardo di euro annui.
  2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1 si provvede mediante i commi 3, 4 e 5 del presente articolo.
  3. Il comma 68, dell'articolo 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è abrogato.
  4. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, all'articolo 96, comma 5-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al primo periodo, le parole: «nei limiti del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nei limiti del 89,3 per cento».
  5. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:
   1) all'articolo 6, comma 9, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 89,3 per cento»;
   2) all'articolo 7, comma 2, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti; «nella misura del 89,3 per cento».

  6. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emana un decreto con il quale disciplina le modalità e i criteri di accesso al Fondo di cui al comma 1.

  Conseguentemente, sostituire il titolo della proposta di legge con il seguente: «Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento.»
5. 050. Daga, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 2212-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 7.
(Diritto all'acqua, morosità incolpevole e risparmio idrico).

  1. È assicurata, quale diritto fondamentale di ciascun individuo, l'erogazione gratuita di un quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali, che deve essere garantita anche in caso di morosità; tale quantitativo è individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel limite massimo di 50 litri giornalieri per persona, tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazioni pro capite. Tale decreto è adottato, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, nella predisposizione del metodo tariffario ai sensi dell'articolo 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dell'articolo 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, assicura che la tariffa garantisca un adeguato recupero dei costi del servizio per mezzo dell'applicazione del criterio di progressività e dell'incentivazione al risparmio della risorsa idrica, a partire dal consumo eccedente il quantitativo minimo vitale giornaliero, nella determinazione del corrispettivo del medesimo.
  2. Ferma restando l'erogazione gratuita del quantitativo minimo vitale ai sensi del comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, nella definizione delle procedure per la morosità di cui al comma 2 dell'articolo 61 della legge 28
dicembre 2015, n. 221, stabilisce i criteri e le modalità di individuazione dei soggetti a cui i gestori non possono sospendere l'erogazione dell'acqua per morosità, sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
  3. Le regioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, inviano all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sullo stato di attuazione dell'articolo 146, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di attribuzione dell'obbligo di provvedere all'installazione di contatori per il consumo di acqua in ciascuna unità abitativa, nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano. Entro il 31 dicembre di ciascun anno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alle Camere una relazione complessiva suddivisa per regioni sullo stato di attuazione del citato articolo 146, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 152 del 2006.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 7.

  Al comma 1, sostituire il primo periodo con il seguente: È assicurata, quale diritto fondamentale di ciascun individuo, l'erogazione gratuita di acqua per l'alimentazione e per i servizi igienico-sanitari, che deve essere comunque garantita come quantitativo minimo vitale per il soddisfacimento dei bisogni essenziali di ciascun individuo; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono definiti i criteri per la predisposizione del metodo tariffario per l'erogazione di acqua per usi diversi.
7. 50. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: nel limite massimo con le seguenti: nel limite minimo.
7. 51. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: di 50 litri con le seguenti: di 230 litri.
7. 52. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazioni pro capite.
7. 53. Rondini, Grimoldi.

  Al comma 1, terzo periodo, sostituire le parole da: per mezzo dell'applicazione fino alla fine del comma, con le seguenti: nel rispetto del criterio di progressività impositiva e dell'incentivazione al risparmio della risorsa idrica. A tal fine, il metodo tariffario fissa criteri di determinazione della tariffa che prevedano una maggiore imposizione del consumo eccedente il quantitativo minimo vitale giornaliero.
7. 60. Sarro.

  Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
  1-bis. Secondo il principio «Chi meno spreca meno paga», al fine di limitare lo spreco della risorsa idrica e avviare un uso consapevole di essa, ricorrendo ai dati forniti dalla banca di dati sul servizio idrico integrato, di cui all'articolo 5, comma 2, della presente legge, sono introdotte agevolazioni fiscali per i gestori del servizio, come definiti dall'articolo 4, comma 3, virtuosi nel consumo e nella depurazione purché venga garantita una adeguata riduzione della tariffazione del servizio, per gli utenti.
7. 54. Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: ed al ricorrere di situazioni eccezionali, prevedendo la copertura dei corrispondenti oneri attraverso la tariffa praticata alla generalità degli utenti.
7. 61. Sarro.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: nonché per tutti gli altri casi di morosità incolpevole.
7. 56. Zaratti, Pellegrino, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le necessarie modifiche all'articolazione tariffaria, determinando i criteri e le modalità per garantire agevolazioni tariffarie per le utenze domestiche che ricadono nei comuni compresi nella delimitazione territoriale delle comunità montane.
7. 55. Rondini, Grimoldi.

  Dopo l'articolo 7 aggiungere il seguente:

Art. 7-bis.
(Determinazione delle tariffe nei comuni montani)

  1. Nell'ambito della modulazione della tariffa dell'ambito territoriale ottimale, sono previste specifiche agevolazioni per i comuni inclusi nella delimitazione territoriale delle comunità montane, mediante l'applicazione di riduzioni tariffarie nelle misure di seguito indicate:
   a) comunità fino a 1.500 abitanti, 60 per cento;
   b) comunità da 1.501 a 5.000 abitanti, 50 per cento;
   c) comunità con oltre 5.000 abitanti, 40 per cento.

  2. I comuni di cui all'articolo 147, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, applicano le riduzioni previste dal comma 1, lettere a) e b), del presente articolo qualora aderiscano al servizio idrico integrato.
7. 050. Caparini, Grimoldi, Rondini.