Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 4 aprile 2016

TESTO AGGIORNATO AL 5 APRILE 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 aprile 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Benamati, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Busto, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Palma, Gianluca Pini, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 1o aprile 2016 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
   CANCELLERI: «Modifica all'articolo 1 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, concernente i requisiti del cedente crediti di impresa» (3711).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  CENTEMERO: «Modifiche al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, e altre disposizioni per la promozione dell'equilibrio di genere nella rappresentanza politica, nei partiti politici e nell'accesso alla comunicazione politica nei mezzi di informazione» (3693) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, IX e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  VI Commissione (Finanze):
  PAGLIA ed altri: «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento bancario mediante la separazione tra banche commerciali e banche d'affari» (3647) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X e XIV.

   XII Commissione (Affari sociali):
  S. 1870. – «Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale (2617)» (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2617-B) Parere delle Commissioni I, II, III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 31 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 373).

  Questi documenti sono trasmessi alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 1o aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Consiglio sulla fornitura di sostegno di emergenza all'interno dell'Unione (COM(2016) 115 final).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 1o aprile 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che deve essere adottata a nome dell'Unione europea in sede di comitato congiunto istituito dalla convenzione relativa ad un regime comune di transito per quanto riguarda le modifiche di tale convenzione (COM(2016) 133 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 133 final – Annex 1);
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione che deve essere adottata a nome dell'Unione in sede di comitato per gli appalti pubblici in relazione al progetto di decisione sulle procedure arbitrali a norma dell'articolo XIX, paragrafo 8, dell'accordo riveduto sugli appalti pubblici (COM(2016) 172 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 172 final – Annex 1).

Trasmissioni dal difensore civico della regione Valle d'Aosta.

  Il difensore civico della regione Valle d'Aosta, con lettera in data 22 marzo 2016, ha trasmesso la relazione sull'attività svolta nell'anno 2015 in qualità di garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

  Il difensore civico della regione Valle d'Aosta, con lettera in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico nell'anno 2015 (Doc. CXXVIII, n. 39).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dal difensore civico della regione Lombardia.

  Il difensore civico della regione Lombardia, con lettera in data 31 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico nell'anno 2015 (Doc. CXXVIII, n. 40).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dal difensore civico della regione Marche.

  Il difensore civico della regione Marche, con lettera in data 1o aprile 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico nell'anno 2015 (Doc. CXXVIII, n. 41).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A ai resoconti della seduta del 29 marzo 2016, a pagina 3, seconda colonna, ottava riga, deve leggersi: «equilibrio di genere» e non: «equilibrio tra i sessi» come stampato.

MOZIONI VARGIU, D'INCECCO, BINETTI ED ALTRI N. 1-01191 E PALESE ED ALTRI N. 1-01207 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL RICONOSCIMENTO DELLA FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA COME MALATTIA RARA E A GARANTIRE UNA PIÙ EFFICACE E OMOGENEA ASSISTENZA SANITARIA IN RELAZIONE A TALE PATOLOGIA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    si stima che in Europa il numero di soggetti affetti da malattie rare sia compreso tra i 25-30 milioni;
    in Italia, si ritiene che il numero delle persone colpite da malattie rare sia intorno ai 2 milioni. Appare dunque evidente come le «malattie rare», che non sono affatto tali quando vengono viste nel loro complesso per le peculiarità che di norma rendono difficoltosa la loro diagnosi e il loro trattamento, costituiscono un tema cruciale nella sostenibilità delle politiche di sanità pubblica;
    assolutamente speciale è poi la condizione dei pazienti affetti da malattie rare residenti nelle aree insulari del Paese, dove l'incidenza è di gran lunga superiore a quella delle altre regioni italiane per via della stretta correlazione tra la condizione di segregazione geografica e la ridotta circolazione del patrimonio genetico. Per quanto attiene in particolare alla regione Sardegna, la componente genetica alla base delle malattie rare conferisce all'Isola un triste primato negativo;
    le malattie rare hanno un elevato costo di gestione e incidono in modo significativo sulla spesa del sistema sanitario regionale, specie nelle aree del Paese particolarmente svantaggiate. Tale condiziona genera il rischio di creare vere e proprie «malattie orfane», prive di adeguata risposta sanitaria, con conseguente «sensazione di abbandono» dei malati e delle famiglie e accentuazione della triste consuetudine dei «viaggi della speranza» verso il sistema sanitario di regioni diverse da quella di residenza, se non verso altri Paesi europei;
    il 29 febbraio 2016 si è celebrata la IX giornata delle malattie rare: il più importante appuntamento nel mondo per i malati rari, i familiari, gli operatori medici e sociali del settore. Questa ricorrenza persegue fondamentalmente tre obbiettivi: superate le disuguaglianze dell'accesso alle cute e ai farmaci nei diversi Paesi Ue (e, talvolta, all'interno di uno stesso Paese); diffondere tra i cittadini e tra gli stessi operatori la più ampia consapevolezza sulle malattie rare e sollecitare nuovi fondi per la ricerca;
    tra le numerosissime malattie rare, è annoverata la fibrosi polmonare idiopatica (Idiopatic Pulmonary Fibrosis – IPF): patologia cronica, progressiva ed irreversibile ad esito infausto, che determina la formazione di tessuto fibrotico-cicatriziale a livello polmonare con conseguente declino della sua funzionalità. Il decorso di questa malattia provoca nel tempo ingravescente insufficienza respiratoria con intolleranza allo sforzo e dispnea intensa, sino all’exitus. Il periodo di sopravvivenza dalla diagnosi, mediamente non supera i 2-5 anni, con una progressiva limitazione della funzionalità respiratoria che costringe al ricorso sistematico all'ossigenoterapia;
    attualmente, in Europa si stima che il numero di soggetti affetti da IPF sia compreso tra 80.000 e 111.000, ma tali cifre sono destinate ad aumentare dal momento che ogni anno la IPF viene diagnosticata a circa 35.000 nuovi pazienti nell'ambito dell'Unione europea. In Italia, la prevalenza di questa patologia è di circa 30-40 casi ogni 100.000 abitanti. Sono colpiti soprattutto gli uomini tra i 50 e 70 anni, ma si registrano anche diversi casi in età precoce;
    l'eziologia di questa patologia è tuttora sconosciuta (per tale ragione viene classificata come «idiopatica») e la stessa diagnosi è spesso ritardata sia a causa della sua origine oscura, che per la particolare complessità di identificazione dei sintomi iniziali da parte del personale sanitario. Per molti anni la fibrosi polmonare idiopatica è rimasta incompresa, proprio poiché la sintomatologia era spesso sovrapponibile a quella di molte altre malattie polmonari, soprattutto dell'anziano. Ancora o l'assenza del corretto «dubbio diagnostico» porta il paziente ad effettuare innumerevoli e defatiganti esami prima di giungere ad una diagnosi certa, per la quale sono talora necessari diversi anni;
    per una persona affetta da fibrosi polmonare idiopatica i più semplici atti quotidiani della vita diventano via via più difficili con il decorso della malattia e le limitazioni alla conduzione di una normale vita lavorativa, familiare e relazionale sempre più pesanti. È pertanto fondamentale una diagnosi precoce finalizzata sia ad un rapido accesso ad un centro specializzato in grado di offrire la presa in carico globale del paziente che all'affiancamento psicologico del malato e dei suoi familiari;
    in tale quadro, un ruolo centrale è attualmente svolto dalle associazioni di pazienti e dalle molteplici azioni di awareness che queste ultime svolgono, spesso sostituendosi alle istituzioni sanitarie, riuscendo a garantire una migliore aderenza alla terapia;
    la scarsità di informazioni e la carenza di consapevolezza del pubblico (e degli stessi operatori sanitari) verso questa malattia rara ha favorito la nascita di network tra i malati ed i principali stake holders del settore (medici, ricercatori, industria farmaceutica). Il risultato tangibile di tale collaborazione è rappresentato dalla nascita della Federazione europea per la fibrosi polmonare idiopatica e i disturbi correlati – European Idiopathic Pulmonary Fibrosis e Related Disorders Federation – EU-IPFF, costituita da 11 associazioni di pazienti (tra le quali l'italiana AMA Fuori dal Buio), afferenti a 9 Paesi europei;
    la EU-IPFF è diventata portavoce e punto di riferimento dei malati, ma anche strumento per il sostegno e l'avanzamento di programmi europei e nazionali volti a potenziare e rendere più efficaci le modalità di accesso ai trattamenti sanitari e a promuovere la ricerca sulle nuove opzioni terapeutiche. Alla EU-IPFF si debbono importanti iniziative, quali la «IPF World Week» e la Carta europea del paziente con FPI (consultabile sul portale www.ipfcharter.org), presentata per la prima volta al Parlamento europeo il 30 settembre 2014;
    la gravità, l'incidenza e la mortalità di questa rara patologia è stata fatta oggetto di specifiche azioni parlamentari a livello europeo e nazionale, attraverso le quali sono state portate all'attenzione delle autorità dell'Unione europea e del Ministero della salute diverse criticità, quali: le modalità stabilite dalla Unione europea per un accesso agevolato ai medicinali orfani; l'individuazione in Italia di criteri omogenei per la produzione e la commercializzazione delle apparecchiature e degli accessori necessari all'ossigenoterapia; la disponibilità in Italia del farmaco Nintedanib quale inibitore di tirosin-chinasi (TKI) avente come bersaglio i recettori del fattore di crescita coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare;
    nonostante ad oggi non esista ancora una cura per l'IPF, la comunità scientifica ha messo a punto procedure di auto-gestione per favorire la respirazione e terapie farmacologiche in grado di rallentare il decorso e alleviarne e ritardarne il progressivo peggioramento. L'estrema opzione disponibile resta il trapianto di polmone, che costituisce tuttavia un trattamento possibile solo per coloro i quali presentino complessive condizioni fisiche ottimali per sottoporsi all'intervento e non abbiano comunque superato i 65 anni (limite imposto in numerosi centri italiani);
    tra le malattie rare del polmone, l'IPF rappresenta in definitiva una delle patologie con il maggior impatto finanziario per frequenza ed elevato carico di bisogni assistenziali: dalla diagnosi, alla gestione delle terapie, al follow up;
    in Italia, la fibrosi polmonare idiopatica non è ancora riconosciuta a livello nazionale come «malattia rara»; solo le autorità sanitarie della regione Piemonte e della regione Toscana hanno inserito l'IPF nell'elenco delle malattie rare e hanno identificato un codice di esenzione che permette l'accesso gratuito a tutte le prestazioni diagnostiche, gli esami di controllo, le terapie ed i supporti socioassistenziali;
    tale situazione rappresenta un'inaccettabile compressione dei livelli essenziali di assistenza per i pazienti non residenti in Piemonte e in Toscana ed una discriminante disparità di trattamento tra cittadini affetti dalla stessa patologia che si vedono costretti a farsi carico degli altissimi costi associati al monitoraggio costante e alle cure dell'evoluzione di questa gravissima patologia,

impegna il Governo:

   ad assumere, per quanto di propria competenza e ferme restando le attribuzioni esclusive delle regioni in materia sanitaria, tutte le iniziative necessarie volte al riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica come malattia rara e a prevedere omogenei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale;
   ad adottare le necessarie determinazioni volte a superare le note disomogeneità regionali e ad assicurare, indipendentemente dall'età del paziente, l'accesso a carico del servizio sanitario nazionale di tutti i trattamenti di diagnosi e cura sia in termini clinici (ivi incluse le cure palliative e di fine vita), che di affiancamento psicologico per i pazienti e per le loro famiglie, altrimenti destinati a sentirsi abbandonati nel dramma;
   a prevedere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire il supporto e la formazione del personale sanitario, garantendo un approccio «olistico» alla cura della fibrosi polmonare idiopatica che coinvolga ogni possibile esigenza del paziente: dalla diagnosi precoce, al trattamento e alla riabilitazione, dall'accesso a team multi-disciplinari per la gestione di tale patologia, ai servizi di fornitura di ossigeno ambulatoriali e domiciliari;
   a promuovere campagne informative volte a diffondere la conoscenza e la consapevolezza in ambito sanitario e presso l'intera popolazione della fibrosi polmonare idiopatica quale malattia rara, cronica e irreversibile, formando le risorse professionali dedicate e fornendo cognizioni esaustive e di alta qualità, comprese le informazioni sulle cure disponibili, il trapianto ed il supporto psicologico disponibile a pazienti e famiglie;
   a promuovere l'integrazione dei centri di riferimento italiani nelle reti europee delle malattie, con l'obiettivo di consentire la crescita delle conoscenze e delle capacità diagnostiche e terapeutiche specifiche e la libera circolazione dei pazienti verso le risposte più adeguate alla propria patologia;
   ad attivarsi, per quanto di propria competenza e ferme restando le attribuzioni esclusive delle regioni in materia sanitaria, per promuovere azioni di monitoraggio sull'effettiva operatività dei centri di riferimento regionale per le malattie rare, nonché a prevedere dei censimenti aggiornati circa l'incidenza e la mortalità di tale patologia.
(1-01191) «Vargiu, D'Incecco, Binetti, Matarrese, Galgano, Capua, Quintarelli, D'Agostino, Bombassei, Catania, Librandi, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    in Europa il numero di soggetti affetti da malattie rare è di circa 30 milioni;
    è evidente che le malattie rare costituiscono una questione di rilevanza sociale ed un grande problema circa la sostenibilità della sanità pubblica;
    le malattie rare rappresentano delle difficoltà obiettive per giungere ad una diagnosi precisa ed ad un corretto trattamento terapeutico;
    oltre due milioni di cittadini in Italia risultano essere affetti da malattie rare;
    a causa della disomogenea presenza dell'offerta sanitaria nelle regioni del nostro Paese dal punto di vista strutturale, professionale e tecnologico spesso in alcune aree sorgono difficoltà enormi per questi pazienti sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico;
    tale situazione di fatto genera la mancanza di una risposta sanitaria adeguata;
    tra le malattie rare più insidiose e spesso letali è annoverata la fibrosi polmonare idiopatica: patologia cronica che gradatamente provoca la fibrosi cicatriziale con conseguente distruzione del parenchima polmonare e dispnea intensa sino a comportare la morte del paziente affetto da questa terribile patologia;
    sono colpiti quasi sempre gli uomini tra i 50 e 70 anni ed attualmente si riscontrano in maniera sempre più frequente anche casi in età precoce. In Italia si registrano circa 30-40 casi ogni 100.000 abitanti che risultano essere affetti da fibrosi cistica polmonare;
    tale malattia provoca una invalidità cronica, permanente che non consente il normale svolgimento degli atti fisiologici e funzionali della vita;
    più volte sono state portate all'attenzione del Ministero della salute diverse criticità: le difficoltà per la produzione e la commercializzazione delle apparecchiature e degli accessori necessari all'ossigenoterapia; la reperibilità in Italia del farmaco Nintedanib quale inibitore di tirosin-chinasi avente come bersaglio i recettori come fattore di crescita coinvolti nella patogenesi della fibrosi cistica;
    tutti i pazienti affetti da fibrosi polmonare provocano grandi disagi ai familiari per la complessa gestione dei suddetti pazienti soprattutto negli ultimi due anni di vita;
    nel nostro Paese, la fibrosi polmonare idiopatica non è ancora riconosciuta a livello nazionale come malattia rara; solo le regioni Piemonte e Toscana hanno inserito la fibrosi polmonare idiopatica nell'elenco delle malattie rare e hanno identificato un codice di esenzione permanente a tutte le prestazioni sanitarie di cui necessitano questi pazienti;
    tale situazione comporta una disparità di trattamento nei confronti di tutti gli altri pazienti del Paese affetti da fibrosi polmonare che non risiedono in Piemonte o in Toscana, determinando fra le altre una violazione del principio costituzionale di dover assicurare uniformi livelli di assistenza a tutti i cittadini,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere con urgenza tutte le iniziative necessarie per il riconoscimento della fibrosi polmonare come malattia rara e ad assicurare uniformi livelli di assistenza per tutto il territorio nazionale ai pazienti affetti da questa terribile patologia;
   a valutare l'opportunità di promuovere un apposito e puntuale monitoraggio dei centri di riferimento delle malattie rare nel nostro Paese, onde verificare l'effettiva operatività degli stessi;
   a valutare l'opportunità di predisporre apposite linee guida, con il coinvolgimento delle regioni, inerenti a diagnosi, cura, omogeneo accesso alle prestazioni sanitarie e informazioni sulle cure disponibili per i pazienti affetti da fibrosi polmonare.
(1-01207) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


MOZIONI RUOCCO ED ALTRI N. 1-01140, BRUNETTA ED ALTRI 1-01206, PELUFFO ED ALTRI N. 1-01208 E PAGLIA ED ALTRI N. 1-01209 CONCERNENTI PRESUPPOSTI E MODALITÀ DI RISCOSSIONE DEL CANONE DI ABBONAMENTO PER LA DETENZIONE DI APPARECCHI ATTI O ADATTABILI ALLA RICEZIONE DI TRASMISSIONI RADIOTELEVISIVE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha apportato modifiche all'articolo 1, comma 2, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, stabilendo che, ai fini della debenza del canone di abbonamento alla televisione per uso privato: «La detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
    tale presunzione può essere superata, a decorrere dall'anno 2016 esclusivamente tramite una dichiarazione rilasciata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la cui mendacia comporta gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del medesimo testo unico;
    l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938 n. 246, dispone che il canone tv dev'essere corrisposto da chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo (sentenza della Corte costituzionale 12 maggio 1988, n. 535. – sentenza della Corte di Cassazione 3 agosto 1993, n. 8549);
    con nota del Ministero dello sviluppo economico del 22 febbraio 2012 è stato chiarito che solo gli apparecchi atti o adattabili a ricevere il segnale audio/video attraverso la piattaforma del digitale terrestre e/o satellitare sono assoggettabili a canone Tv con esclusione, pertanto degli apparecchi che consentono l'ascolto e/o la visione dei programmi radiotelevisivi attraverso la rete Internet (streaming);
    con sentenza della Corte costituzionale n. 284 del 26 giugno 2002 e con sentenza della Corte di Cassazione del 3 agosto 1993 n. 8549 è stato acclarato che il canone tv ha natura di imposta il cui pagamento è dovuto in ragione della mera detenzione dell'apparecchio atto alla ricezione e in misura indipendente dalla quantità e qualità del relativo utilizzo;
    il rapido sviluppo tecnologico dei dispositivi di comunicazione ha reso disponibili sul mercato, a costi largamente accessibili, molteplici device che integrano, nativamente, funzioni di ricezione della radiodiffusione pur essendo concepiti e strutturati per un uso completamente differente, smartphone, tablet, riproduttori multimediali di ultima generazione sono sovente dotati di antenna atta a captare questi segnali ancorché non vengano acquistati dai consumatori con tali finalità e risultino oggettivamente inadatti all'uso in parola;
    la nota del Ministero dello sviluppo economico-dipartimento per le comunicazioni – Prot. n. 12991 del 22 febbraio 2012, include, tra le tipologie di apparecchiature adattabili alla ricezione della radiodiffusione la cui detenzione comporta l'assoggettamento al canone, anche dispositivi come la chiavetta Usb dotata di sintonizzatore radio/Tv, la scheda per computer dotata di sintonizzatore radio/Tv e persino il lettore di musica digitale dotato di sintonizzatore radio/Tv;
    la qualificazione del canone Rai come imposta – operata dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità – ha ingenerato molteplici dubbi e perplessità sul presupposto del tributo che se da un lato risulta avulso da ogni nesso sinallagmatico con l'effettivo godimento del servizio radiotelevisivo, dall'altro viene riconnesso alla mera detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione del segnale, la cui presenza nelle abitazioni dei contribuenti è a sua volta presunto in forza dell'allaccio delle stesse alla rete elettrica;
    il prelievo impropriamente denominato «canone abbonamento RAI» possiede i caratteri dell'imposta senza tuttavia essere improntato al criterio della capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione, che impone la ripartizione delle spese pubbliche secondo criteri di progressività e con la garanzia, per il contribuente, di non essere sottoposto alla tassazione, se non in presenza di fatti che esprimono capacità contributiva;
    è indiscutibile che la mera detenzione di dispositivi informatici o di telefonia mobile atti o adattabili alla ricezione della radiodiffusione non sia di per sé espressione di alcuna particolare capacità contributiva e che tali strumenti, progettati e acquistati per un uso differente dalla ricezione dei programmi radio-televisivi non siano in grado di garantirne un'adeguata fruizione tale da giustificarne la tassazione in ossequio al principio del beneficio;
    la presunzione legale di detenzione degli apparecchi atti o adattabili alla ricezione della radiodiffusione nelle dimore dotate di utenza elettrica, tenuto conto delle incertezze normative e interpretative attualmente imperanti e della rapida evoluzione tecnologica del comparto, espone il cittadino ai rischi involontari di dichiarazioni mendaci e comporta per l'erario verifiche sulla mendacità delle dichiarazioni i cui costi e le cui complessità procedurali non devono essere trascurati,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative di carattere normativo al fine di:
    a) fornire una definizione esaustiva di quali apparecchi sono soggetti al pagamento del tributo, escludendo dall'imposizione quelli il cui uso è destinato a finalità differenti dalla visione dei programmi televisivi e le cui caratteristiche strutturali sono tali da non renderne possibile un apprezzabile godimento;
    b) abrogare la presunzione legale di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, escludendo altresì che la riscossione del tributo avvenga tramite l'inclusione nella bolletta dell'energia elettrica;
    c) introdurre, in sostituzione della vigente presunzione legale, l'obbligatorietà di una dichiarazione, attestante la detenzione o la non detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione del segnale radiotelevisivo, la cui mendacia comporti gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, prevedendo che tale dichiarazione sia nuovamente rilasciata solo in caso di mutamento delle condizioni.
(1-01140) «Ruocco, Fico, Pesco, Cariello, Brescia, Pisano, Vacca, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Luigi Gallo, Simone Valente, Dall'Osso, Corda, Basilio, Paolo Bernini, Rizzo, Alberti, Fantinati, Sorial, Caso, Castelli, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2016, come stabilito dall'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), il canone Rai verrà addebitato sulla bolletta elettrica con l'aggiunta, rispetto al passato, che d'ora in poi sarà presunta la detenzione dell'apparecchio nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica;
    l'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 interviene modificando l'articolo 1, comma 2, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, stabilendo che, ai fini della corresponsione del canone di abbonamento alla televisione per uso privato, «la detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
    tale presunzione contrasta secondo i firmatari del presente atto di indirizzo con la ratio affermata nel citato regio decreto-legge, in base al quale l'imposta si applica solo a chi effettivamente, e non presuntivamente, possieda un apparecchio adibito alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano;
    il citato articolo 1, comma 153, della legge di stabilità 2016, prevede anche che: «Allo scopo di superare le presunzioni di cui ai precedenti periodi, a decorrere dall'anno 2016 è ammessa esclusivamente una dichiarazione rilasciata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la cui mendacia comporta gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del medesimo testo unico. Tale dichiarazione è presentata all'Agenzia delle entrate – Direzione provinciale I di Torino – Ufficio territoriale di Torino I – Sportello S.A.T., con le modalità definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, e ha validità per l'anno in cui è stata presentata»;
    si fa, quindi, riferimento ad un'autocertificazione, una dichiarazione sostitutiva, con la quale il cittadino deve certificare di non possedere alcun apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive;
    la possibilità data agli utenti di poter presentare, con cadenza annuale, un'autocertificazione, in cui si dichiari il non possesso di alcun apparecchio radiotelevisivo inverte indebitamente il principio dell'onere della prova di cui all'articolo 2697 del codice civile, secondo il quale «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento»;
    risulta decisamente spropositata e draconiana secondo i firmatari del presente atto la previsione della sanzione penale, ex articolo 76 del citato decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, a fronte di autocertificazioni mendaci relative al possesso del televisore;
    l'Agenzia delle entrate, con il provvedimento pubblicato il 24 marzo 2016, ha definito, in termini che a loro volta presentano per i firmatari del presente atto di indirizzo numerosi profili di quantomeno dubbia legittimità, le modalità e i termini di presentazione della dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato ai sensi del richiamato articolo 1, comma 153, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e approvazione del relativo modello;
    il legislatore ha espressamente stabilito, all'articolo 1, comma 154, della legge di stabilità 2016, che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti termini e modalità per il riversamento all'Erario, e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica»;
    il 15 febbraio 2016 è scaduto il termine fissato dall'esecutivo, senza che sia stato, ancora oggi, emanato il decreto ministeriale che dovrebbe definire nel dettaglio termini e modalità di riscossione del canone Rai;
    da recenti notizie di stampa, si apprende che il decreto ministeriale in questione sarebbe stato trasmesso dal governo all'attenzione del Consiglio di Stato;
   la nuova normativa sull'esazione del canone Rai, all'articolo 1, comma 156, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al fine di individuare gli intestatari delle bollette e gli esenti, prevede che siano incrociate le banche dati dell'Anagrafe tributaria, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Acquirente unico spa, il Ministero dell'interno, i comuni, nonché non meglio identificati «altri soggetti pubblici o privati» che, peraltro, saranno anche autorizzati allo scambio e all'utilizzo di queste informazioni;
    l'incrocio delle banche dati di innumerevoli soggetti pubblici e privati ed il continuo flusso di informazioni sensibili costituisce un problema di privacy per molte famiglie e singoli cittadini, ed aumenta notevolmente il rischio di commettere errori nell'identificazione dei soggetti intestatari delle bollette del canone radiotelevisivo;
    inoltre, le cosiddette domiciliazioni bancarie sono state spesso oggetto di controversie, causate da problemi tecnici, talvolta piuttosto significativi, relativi a difficoltà di comunicazione e di connessione tra i sistemi informatici della banca di riferimento del consumatore e quella della società energetica, con ritardi o inadempienze nell'aggiornamento dei database di quest'ultima;
    la disposizione in questione ha poi previsto che gli importi del canone Rai e dell'energia elettrica, seppur nella stessa fattura, restino distinti e separati, ma, contrariamente a questo principio, stabilisce anche, di fatto e sin da subito, un pagamento unico di entrambi gli importi, ponendo gli utenti nella condizione di subire, già dalla prima bolletta, un prelievo automatico delle somme relative al canone radiotelevisivo e, in caso di contestazioni, dover tentare di rientrare in possesso di tali importi solo in una fase successiva, con tutte le oggettive difficoltà che questo comporta;
    la sentenza della Corte costituzionale n. 284 del 26 giugno 2002 e la sentenza della Corte di cassazione del 3 agosto 1993 n. 8549 hanno acclarato che il canone tv ha natura di imposta il cui pagamento è dovuto in ragione della mera detenzione dell'apparecchio atto alla ricezione e in misura indipendente dalla quantità e qualità del relativo utilizzo;
    se il canone Rai rappresenta un'imposta e non una tariffa per un servizio, come stabilito dalla Consulta, esso si configura però per i firmatari del presente atto di indirizzo come una sorta di «imposta espropriativa», dal momento che la corresponsione dell'importo annuo stabilito in 100 euro, genererebbe un effetto paradossale: in pochi anni, l'imposta supererebbe il valore stesso del bene tassato;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel parere del 28 ottobre 2015, espresso in tema di inserimento del canone Rai nell'utenza elettrica ha precisato che, se da un lato il servizio pubblico può essere finanziato da una combinazione di risorse pubbliche e proventi commerciali, dall'altro occorre «certamente evitare che le risorse pubbliche siano utilizzate per il finanziamento di attività commerciali, situazione che determinerebbe un'evidente distorsione concorrenziale»;
    tuttavia, la Rai, in quanto «soggetto ibrido» coniuga obiettivi pubblicistici e commerciali a loro volta finanziati sia da risorse pubbliche (il canone) sia da attività commerciali. La Rai, inoltre, a differenza delle altre tv europee si finanzia attraverso risorse pubblicitarie molto consistenti, anche rispetto alle altre televisioni pubbliche europee; circa il 46 per cento delle risorse Rai provengono dagli introiti pubblicitari, contro il 13 per cento di pubblicità della tv pubblica tedesca Zdf-Adr, mentre la tv pubblica inglese Bbc, non manda in onda pubblicità;
    la prima rata del canone Rai, inclusa nella bolletta elettrica sarà emessa a partire dal 1 luglio 2016, ma ancora oggi sono molte le criticità per i cittadini circa i termini e le modalità di riscossione del canone. Il gruppo Forza Italia, attraverso una serie di atti di sindacato ispettivo depositati a prima firma dell'onorevole Simone Baldelli, e sottoscritte dal capogruppo e dai deputati membri delle Commissioni attività produttive e finanze della Camera dei deputati, ha già avuto modo di sollevare le diverse questioni poste dall'introduzione della nuova normativa in materia di riscossione del canone Rai, che non hanno ancora trovato una risposta compiuta da parte del Governo;
    tali criticità, abbinate alla poca chiarezza e all'esasperazione fiscale che già grava sui contribuenti, rischiano di creare un ulteriore cortocircuito nel rapporto tra cittadini e fisco, con conseguenti ripercussioni dannose anche dal punto di vista erariale,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della nuova normativa, anche alla luce della necessaria tutela della privacy che deve essere garantita agli utenti e contribuenti, attraverso la protezione dei dati sensibili;
   a fornire, senza ulteriori ritardi, i chiarimenti necessari, attraverso il decreto del Ministero dello sviluppo economico, tali da definire, in modo esaustivo, quali apparecchi sono soggetti al pagamento del tributo, escludendo dall'imposizione quelli il cui uso è destinato a finalità differenti dalla visione dei programmi televisivi;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad evitare il rischio di eventuali cortocircuiti del sistema di domiciliazione bancaria, e di ogni altro effetto che possa ripercuotersi negativamente su consumatori e contribuenti, con particolare riferimento alle ipotesi di errori o ritardi nel riversamento all'Erario delle somme incassate da parte delle imprese elettriche e alle eventuali indebite conseguenze negative, compreso l'onere della prova o vario genere di aggravi, sugli utenti consumatori;
   ad assumere iniziative normative per definire specifici mezzi a disposizione degli utenti per tutelarsi in caso di errori, abusi o comportamenti contrari al codice del consumo nell'ambito della riscossione del canone Rai in bolletta elettrica;
   a riferire, attraverso una specifica relazione alle Camere, in merito ai dati e all'applicazione della nuova normativa in materia di riscossione del canone Rai, e, alla luce del quadro rilevato, a valutare il superamento della previsione normativa contenuta all'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, attraverso il ripristino dello status quo precedente alle disposizioni contenute nella legge n. 208 del 2015, ovvero attraverso l'individuazione di un nuovo meccanismo di riscossione del canone, che superi le criticità organizzative e fiscali riscontrate, e che non ravvisi profili di rischio per la necessaria tutela degli utenti e contribuenti.
(1-01206) «Brunetta, Baldelli, Occhiuto, Gelmini, Polidori, Giammanco, Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco».


   La Camera,
   premesso che:
    come noto, già prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, l'importo del canone televisivo in Italia, pari a 113,50 euro annui, si attestava sotto la media europea, pari a 127,6 euro. Ben 12 Paesi europei avevano importi decisamente superiori al canone italiano. Ciò nonostante, il tasso di evasione stimato per il 2014, si attestava intorno al 27 per cento – per un importo complessivo non inferiore a 500 milioni di euro – contro una media europea, inclusa l'Italia, che si attesta attorno al 10 per cento;
    le significative innovazioni relative all'introduzione di un'ulteriore ipotesi presuntiva del possesso di un apparecchio televisivo in corrispondenza di un contratto di fornitura di energia elettrica e il conseguente inserimento dell'onere del canone nella bolletta sui consumi di energia elettrica, introdotte dalla citata disposizione della legge di stabilità 2016, consentiranno un decisivo recupero dell'evasione e, per tale via, un sensibile ridimensionamento dell'importo a carico dei contribuenti rispettosi della legge;
    con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, in via di emanazione e, a quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, già inviato al Consiglio di Stato per il necessario parere, verranno definiti termini e modalità per il riversamento all'Erario dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica, le procedure di controllo sulla regolarità dei pagamenti, nonché le eventuali misure tecniche che si dovessero rendere necessarie all'introduzione di tale innovativo sistema di riscossione;
    nell'ambito della nuova disciplina sono regolate le ipotesi di esenzione e le procedure di autocertificazione relative al mancato possesso di apparecchi televisivi (che, secondo i dati Istat, riguarderebbe solo il 3 per cento degli italiani) pur in costanza della titolarità di un contratto di fornitura di energia elettrica, regolate secondo il regime ordinario previsto al riguardo dal decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa);
    per quanto attiene all'individuazione delle tipologie di apparecchiature che fanno scattare l'obbligo del pagamento del canone, già la nota del Ministero dello sviluppo economico n. 12991 del 22 febbraio 2012, aveva chiarito che il pagamento del canone riguarda solo gli apparecchi atti o adattabili a ricevere il segnale audiovisivo attraverso la piattaforma digitale terrestre o satellitare, rimanendo esclusi gli altri dispositivi che utilizzano la rete internet;
    ulteriori chiarimenti e precisazioni riguardo alla questione delle tipologie di apparecchiature assoggettate all'obbligo del pagamento del canone potranno essere fornite con l'emanando decreto interministeriale di attuazione della citata disposizione di cui all'articolo 1, comma 135, della legge di stabilità 2016;
    il nuovo sistema di esazione del canone presuppone il coinvolgimento e la collaborazione di diversi soggetti, pubblici e privati, detentori di banche dati significative ai fini della puntuale applicazione delle nuove disposizioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 156, della legge n. 208 del 2015, profilo che dovrà vedere un ruolo attivo di indirizzo e verifica da parte dell'Autorità garante per la tutela dei dati personali;
    alla luce delle suddette innovazioni normative, una situazione meritevole di specifica attenzione riguarda il caso dei cittadini italiani residenti permanentemente all'estero, e quindi iscritti all'Aire, i quali, non solo non hanno la residenza negli immobili posseduti in Italia, ma non usufruiscono per la maggior parte del periodo di imposta delle trasmissioni radio-televisive italiane nei suddetti immobili,

impegna il Governo:

   ad adottare con la massima sollecitudine il decreto interministeriale attuativo del nuovo regime di pagamento del canone Rai, chiarendo i punti sinora rimasti incerti e sui quali si stanno montando campagne allarmistiche e di disinformazione;
   ad assumere iniziative per chiarire ai cittadini che il canone è dovuto per il possesso di un apparecchio TV in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente o tramite uno strumento esterno;
   a valutare la possibilità per i prossimi anni, tenendo anche conto che è necessaria una modifica legislativa, di assumere iniziative normative volte a considerare a favore dei cittadini italiani residenti permanentemente all'estero ed iscritti all'Aire l'esenzione o la riduzione del canone Rai sugli immobili da essi posseduti in Italia, ove siano presenti le presunzioni fissate dal regio decreto-legge n. 246 del 1938, a condizione che non siano locati o dati in comodato d'uso, così come proposto con apposito ordine del giorno nel corso dell'esame della legge di stabilità 2016;
   ad informare periodicamente il Parlamento sull'andamento del nuovo sistema di applicazione ed esazione del canone radio-televisivo, in particolare con riferimento agli effetti sul contrasto del fenomeno dell'evasione del medesimo e alle procedure di condivisione delle diverse banche dati, nel rispetto del diritto alla privacy degli utenti.
(1-01208) «Peluffo, Bonaccorsi, Anzaldi, Boccadutri, Garofani, Ginoble, Coscia, Tullo, Benamati, Tacconi, Martella».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 1, comma 152, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) chiunque detiene nel luogo in cui ha la sua residenza anagrafica un apparecchio atto od adattabile alla ricezione delle trasmissioni televisive è tenuto a pagare il canone Rai a partire dal 1o luglio 2016 mediante addebito nella fattura relativa alla propria utenza elettrica. Il successivo comma 153 del medesimo articolo, aggiungendo, nel novellare la normativa vigente, una nuova presunzione di detenzione, stabilisce infatti che: «La detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
    pertanto, dal combinato disposto dei due suddetti commi, l'addebito scatterebbe sull'assunto che l'esistenza di un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo di residenza anagrafica del contribuente presuma la detenzione da parte sua di un apparecchio televisivo. Allo scopo di superare tali presunzioni, a decorrere dall'anno 2016, incomberebbe in capo allo stesso contribuente l'onere di dimostrare annualmente il contrario tramite la presentazione di un'autocertificazione all'Agenzia delle entrate - direzione provinciale I di Torino, resa ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con modalità da definirsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate;
    l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246 (disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni), come novellato dalla legge di stabilità 2016, dispone che il canone di abbonamento dev'essere corrisposto da chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo, e che lo stesso è, in ogni caso, dovuto una sola volta in relazione agli apparecchi detenuti, nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora, dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia anagrafica;
    il medesimo articolo inoltre stabilisce che: «la presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radioricevente». A tal proposito è intervenuto il Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per le comunicazioni, che, con una nota del 22 febbraio 2012 ha precisato che l'evoluzione tecnologica non può prescindere dal dettato normativo e che quest'ultimo, riferendosi al servizio di radiodiffusione, non include altre forme di distribuzione del segnale audio/video, come per esempio Web Radio, Web TV, IPTV (streaming), basate su portanti fisici diversi da quello radio. La stessa nota chiarisce che la normativa circoscrive il campo alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre, inclusi i videofonini (standard DVB-H) e su piattaforma satellitare, poiché il requisito fondamentale è che l'apparecchio possieda un sintonizzatore atto alla ricezione di segnale che operi nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione, e che lo stesso apparecchio sia sufficiente ad erogare un servizio di radioaudizione (includendo quindi i videotelefonini ed i lettori mp3 con radio FM integrata);
    a ribadire la natura tributaria ed obbligatoria del canone è stata una recente sentenza della sesta sezione civile della Cassazione, che con l'ordinanza n. 1922 del 2016 ne ha chiarito la natura di «prestazione tributaria fondata sulla legge e non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo», negando perciò uno «specifico rapporto contrattuale di natura sinallagmatica che leghi il contribuente al concessionario del servizio pubblico». Tale pronunciamento si muove nel solco della sentenza n. 284 del 2002 della Corte costituzionale che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento al sopracitato articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, in riferimento agli articoli 2, 3, 9 e 21 della Costituzione nella parte in cui collega, ai fini dell'impostazione del canone, il cosiddetto «dominio dell'etere» da parte dello Stato al semplice possesso dell'apparecchio, indipendentemente dalla effettiva fruizione dei servizi, e a favore del solo concessionario del servizio pubblico (RAI) e nella parte in cui prevede una disparità di trattamento fra chi riceve le trasmissioni televisive attraverso l'apparecchio televisivo e chi le riceve con altri mezzi tecnici, quali il computer con l'apposita scheda, oppure non le riceve affatto. Da ciò ne discende che il canone radiotelevisivo avrebbe natura di vera e propria «imposta» (di scopo), il cui presupposto impositivo è correlato alla mera detenzione di un apparecchio atto a captare le trasmissioni via etere dei programmi radiotelevisivi pubblici, indipendentemente dalla loro effettiva fruizione o dalla concreta possibilità di riceverli, non potendosi configurare tale indice come irragionevole;
    con provvedimento del 24 marzo 2016 (Prot. n. 45059) l'Agenzia delle entrate ha comunicato l'approvazione del modello di dichiarazione sostitutiva al quale sono affidati tutti quei casi in cui ricorrano le condizioni per l'esenzione dal pagamento del canone, da rendere ai sensi dell'articolo 47 del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e mediante il quale, esclusivamente il titolare di utenza per la fornitura di energia elettrica per uso domestico residenziale, consapevole delle conseguenze anche penali per la non veridicità previste dagli articoli 75 e 76 del medesimo decreto, presenta alternativamente:
     a) una dichiarazione sostitutiva di non detenzione di un apparecchio televisivo da parte di alcun componente della famiglia anagrafica in alcuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di utenza di fornitura di energia elettrica;
     b) una dichiarazione sostitutiva di non detenzione, da parte di alcun componente della famiglia anagrafica in alcuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di utenza di fornitura di energia elettrica, di un apparecchio televisivo ulteriore rispetto a quello per cui è stata presentata entro il 31 dicembre 2015 una denunzia di cessazione dell'abbonamento radio-televisivo per suggellamento di cui all'articolo 10, primo comma, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246;
     c) una dichiarazione sostitutiva che il canone di abbonamento alla televisione per uso privato non deve essere addebitato in alcuna delle utenze elettriche intestate al dichiarante in quanto il canone è dovuto in relazione all'utenza elettrica intestata ad altro componente della stessa famiglia anagrafica, di cui il dichiarante comunica il codice fiscale;
     d) una dichiarazione sostitutiva per il venir meno dei presupposti di una dichiarazione sostitutiva di cui alle lettere a), b) e c) precedentemente resa;
    vi sono però ulteriori fattispecie che non sembrano rientrare in alcuna delle suddette previsioni dell'Agenzia delle entrate come ad esempio il caso del mancato possesso dell'apparecchio quando due utenze elettriche servano un'unica abitazione, quando vi è un'utenza elettrica di una pertinenza rispetto ad una dimora, oppure il caso dell'unificazione di due abitazioni servite da due diversi contatori dell'energia elettrica;
    il principio chiarito dall'Agenzia delle entrate è pertanto quello per il quale non sarà più possibile essere esentati dal pagamento del canone attraverso il suggellamento dell'apparecchio;
    soltanto chi non possiede e non detiene apparecchi TV potrà esserne esentato senza incorrere nel rischio di vedersi contestata l'evasione fiscale;
    lo stesso provvedimento stabilisce che a regime, la dichiarazione sostitutiva di cui ai casi sub le lettere a) e b) presentata entro il 31 gennaio dell'anno di riferimento, a partire dal 1o luglio dell'anno precedente, ha effetto per l'intero canone dovuto per l'anno solare di riferimento, senza però chiarire se essa ha effetto anche per gli anni successivi. Quanto alla dichiarazione sostitutiva resa per il caso sub la lettera c) essa ha effetto per l'intero canone dovuto per l'anno di presentazione, mentre per quella relativa alla variazione dei presupposti di una dichiarazione sostitutiva precedentemente resa, di cui alla lettera d) ha effetto per il canone dovuto dal mese in cui è presentata. Ciò significa che ogni dichiarazione di variazione per avere effetto va presentata esclusivamente in un preciso arco temporale, pena la sua inefficacia;
    invero, fino ad oggi la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, resa ai sensi del richiamato articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, non è mai stata obbligatoria, ben potendo il cittadino difendersi dalle periodiche lettere di richiesta del pagamento del canone, rispondendo con una semplice raccomandata. Peraltro, a differenza di una normale comunicazione, una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà mendace espone, come ricordato dalla stessa Agenzia delle entrate, a responsabilità penali, circostanza che la rende poco raccomandabile nel caso fosse spontanea;
    da quanto premesso deriva che la novella introdotta dalla legge di stabilità 2016 in materia di pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo non ha modificato il presupposto impositivo, cioè il «fatto economico» che fa sorgere l'obbligo di corrisponderlo, quanto piuttosto il regime probatorio ed i meccanismi di riscossione dello stesso, accollando al contribuente l'onere di provare ai sensi dell'articolo 2697 del codice civile, la non debenza dello stesso, e quindi spostandolo dallo Stato (Agenzia delle entrate) al contribuente;
    viene inoltre meno il principio di presunzione di innocenza fissato dalla Costituzione e per il quale la prova della contestazione dell'evasione deve restare a carico dell'Agenzia delle entrate;
    la suddetta novità legislativa ha dato luogo, già dall'indomani della sua divulgazione, ad un'infinità di discussioni riguardanti soprattutto le possibili situazioni intricate, per chiarire le quali si dovrà attendere il decreto attuativo o una successiva circolare ministeriale. Inoltre, ad alimentare gli allarmismi erano state alcune dichiarazioni, apparse sui media, rilasciate da ambienti vicini al Governo secondo le quali il corretto pagamento a partire dal 2016 del canone di abbonamento, alla stregua di un'autodenuncia e di ammissione del debito, non equivarrà a sanare le evasioni degli anni precedenti che, senza alcuna opposizione, risulteranno pienamente sanzionabili, facendo in tal modo diffondere il timore che lo stesso pagamento diventi l'occasione per l'Agenzia delle entrate di pretendere la riscossione degli anni arretrati, a meno che non si sia fatta opposizione inviando le suddette comunicazioni relative all'esistenza di un intestatario diverso, o al mancato possesso di apparecchi televisivi;
    come chiarito anche dalla Cassazione la richiesta di arretrati non potrà spingersi oltre i 10 anni anteriori, essendo la prescrizione del canone. Infatti, sebbene il codice civile stabilisca che tutto ciò che deve essere pagato almeno una volta all'anno (o per periodi più brevi) si prescrive in cinque anni, la giurisprudenza ha da sempre riconosciuto al canone Rai la natura di imposta e, come tale, ne segue la disciplina, ivi compreso il prolungamento a dieci anni della prescrizione;
    le nuove modalità di pagamento del canone televisivo hanno comportato anche una completa rivisitazione dell'attuale processo di gestione del tributo, nonché la definizione e la realizzazione di un sistema di interscambio delle informazioni tra i diversi enti coinvolti nel processo di riscossione del canone che vede coinvolti, oltre all'Agenzia delle entrate ed alla Rai, nuovi attori quali l'impresa elettrica, Acquirente unico S.p.A. – società pubblica interamente partecipata dal gestore dei servizi energetici – e l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, tutti soggetti autorizzati allo scambio ed all'utilizzo di tutte le informazioni utili a consentire il corretto addebito del canone nelle fatture elettriche, con tutti i connessi rischi di violazione della privacy;
    una volta individuati, grazie alla collaborazione delle imprese elettriche, i soggetti potenzialmente destinatari dell'addebito del canone in fattura sarà necessaria da parte dell'Agenzia delle entrate, al fine di evitare errori e duplicazioni nell'addebito del canone, verificare la presenza di eventuali dichiarazioni di non possesso dell'apparecchio tv o di pagamenti eseguiti con altre modalità o dei soggetti esentati dal pagamento. A questo punto assume cruciale importanza la corretta individuazione della famiglia anagrafica che, in modo del tutto peculiare rispetto alle diverse imposte del nostro sistema tributario, costituisce di fatto il soggetto passivo del tributo, individuazione che, allo stato attuale, in attesa della costituzione della nuova Anagrafe nazionale della popolazione residente, risulta particolarmente complessa anche se risulta indispensabile per gestire correttamente sia le seconde case, evitando doppi addebiti, sia i casi di esenzione. Infatti, al fine di superare tale criticità, fino al completo avvio dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, i comuni hanno cominciato a trasmettere i dati all'Agenzia delle entrate per i relativi riscontri;
    il coinvolgimento nella gestione del canone anche delle imprese di fornitura elettrica risulta per le stesse estremamente complesso, oneroso, oltreché sostanzialmente impraticabile, tenendo conto anche del fatto che i clienti finali possono cambiare fornitore, anche più volte, nel corso dell'anno. Tale aspetto comporterebbe una serie di problematiche gestionali legate alla corretta applicazione del canone in tutti i casi di cosiddetto switching o anche nei semplici casi di voltura, ovvero di variazione degli intestatari della fornitura. Inoltre, l'implementazione della riforma necessiterebbe in ogni caso di una completa ristrutturazione dei sistemi di fatturazione delle società elettriche, con conseguenti investimenti significativi oltre che di nuove strutture organizzative per la gestione di informazioni, reclami e possibili contenziosi con i clienti. È presumibile che per tale aggravio di impegno i gestori del servizio elettrico pretenderanno dal concessionario pubblico un aggio per ogni pratica trattata che al momento è lecito chiedersi se sera estrapolato dall'importo del canone oppure distribuito con qualche diabolico stratagemma contabile sulla fatturazione agli utenti dell'energia elettrica;
    in un mercato libero le fatture delle forniture energetiche devono corrispondere a prestazioni effettivamente erogate e non possono quindi essere veicolo di imposizioni fiscali completamente estranee per materia e finalità;
    nel corso di un question time svolto presso la commissione finanze, il rappresentante del Governo ha dichiarato che relativamente all'operatività della presunzione di possesso ai fini dell'accertamento di annualità precedenti al 2016, l'Agenzia delle entrate ritiene che la richiamata presunzione di possesso dell'apparecchio opera solo a partire dal 2016 e non può quindi essere utilizzata per eventuali azioni di controllo relative a periodi precedenti, fatte salve le azioni di recupero già intraprese sulla base della normativa in vigore anteriormente alla legge di stabilità per il 2016;
    per eccessiva tutela dell'autodichiarazione la nuova normativa prevede che, in caso di violazione degli obblighi di comunicazione e di versamento dei canoni si applichino, rispettivamente, le sanzioni di cui agli articoli 5, commi 1 e 13, comma 1, dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. La stessa normativa, nel richiamare gli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che a loro volta rimandano all'articolo 482 del codice penale in tema di falsità materiale commessa dal privato, stabilisce una sanzione, peraltro già prevista, aldilà dei casi di autocertificazione falsa, per tutti gli evasori del canone ovvero per tutti coloro che sarebbero tenuti al pagamento ma non versano il tributo corrispondente, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo spropositata rispetto ad altre analoghe previste per ben più gravi reati tributari. Infatti, mentre l'evasione fiscale per omessa dichiarazione è sanzionata penalmente con una soglia minima di 30 mila euro, in caso di dichiarazione infedele resa ad un'autorità, nella fattispecie all'Agenzia delle entrate, pur se senza un impianto fraudolento, ma comunque consapevolmente e volontariamente «falsa», si rischia una pena detentiva con privazione della libertà da un minimo di uno ad un massimo di tre anni;
    il pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo a mezzo di fatturazione dell'energia elettrica, quale misura anti-evasione capace di dare più certezza di risorse alla società concessionaria pubblica Rai, comporterebbe, per i firmatari del presente atto, come si è visto, oltre alle molte criticità sia giuridiche che applicative, anche l'introduzione di ulteriori costi e rischi aggiuntivi per i fornitori di elettricità, che inevitabilmente non potranno non riflettersi sull'importo nelle bollette,

impegna il Governo:

   a superare, in sede di attuazione della normativa di cui all'articolo 1, commi da 152 a 159, della legge n. 208 del 2015, tutte le criticità evidenziate in premessa, assumendo iniziative di carattere normativo atte:
    a) ad escludere espressamente dalla presunzione legale di detenzione ai fini dell'assoggettamento al canone di abbonamento radiotelevisivo di cui all'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, tutti gli apparecchi che, pur essendo corredati da accessori indispensabili per ricevere e decodificare i segnali radiotelevisivi, sono nella realtà destinati ad un uso prevalente che escluda la visione o l'ascolto di programmi radiotelevisivi;
    b) a comprendere nel novero dei reali depenalizzati anche la dichiarazione infedele resa all'Agenzia delle entrate al fine di eludere il pagamento del canone Rai;
    c) ad esentare il contribuente dal presentare annualmente, qualora non dovessero intervenire variazioni di possesso in capo allo stesso, la dichiarazione di non detenzione dell'apparecchio di cui l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246, facendo gravare sull'Agenzia delle entrate il compito di accertare, attraverso l'incrocio dei dati forniti da diversi attori istituzionali, l'effettiva debenza del tributo;
    d) a consentire al contribuente di poter presentare in qualunque momento e con effetto retroattivo l'autodichiarazione con la quale comunicare le variazioni di possesso dell'apparecchio, utili al fine del superamento della presunzione legale di cui all'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246;
    e) a prevedere la presentazione al Parlamento di una relazione semestrale sullo stato di attuazione e sui risultati della normativa sulla nuova modalità di corresponsione del canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo.
(1-01209) «Paglia, Fassina, Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).