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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 29 marzo 2016

TESTO AGGIORNATO AL 4 APRILE 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 29 marzo 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Capelli, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Di Gioia, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 23 marzo 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BUTTIGLIONE: «Modifiche all'articolo 2 del decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63, in materia di riconoscimento di titoli di istituzioni universitarie di rilevanza internazionale» (3691);
   MALISANI: «Dichiarazione di monumento nazionale del Monumento alla Resistenza nella città di Udine» (3692);
   CENTEMERO: «Modifiche al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, e altre disposizioni per la promozione dell'equilibrio di genere nella rappresentanza politica, nei partiti politici e nell'accesso alla comunicazione politica nei mezzi di informazione» (3693);
   CARLONI: «Norme sulla democrazia interna dei partiti, sulla selezione delle candidature e sul finanziamento» (3694);
   PISICCHIO: «Modifiche agli articoli 545 e 546 del codice di procedura civile in materia di estensione ai lavoratori autonomi delle garanzie riconosciute ai lavoratori dipendenti riguardo al pignoramento di somme dovute a titolo di stipendio o di indennità» (3695).

  In data 24 marzo 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ROSSOMANDO ed altri: «Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto relativa ai beni usati e altre disposizioni per la promozione delle attività volte al loro recupero e reimpiego» (3696);
   GIACOBBE: «Modifiche alla legge 2 febbraio 1990, n. 17, concernenti l'ordinamento professionale dei periti industriali» (3697);
   PREZIOSI: «Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di protezione del risparmio» (3698).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di proposte di legge d'iniziativa regionale.

  In data 24 marzo 2016 sono state presentate alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, le seguenti proposte di legge:
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE: «Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di promozione e valorizzazione dello sport» (3699);
   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE: «Modifiche agli articoli 7 e 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno» (3700).

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge FOSSATI ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento e la promozione della funzione sociale dello sport nonché delega al Governo per la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di attività sportiva» (1680) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Malisani.

  La proposta di legge IORI ed altri: «Disciplina delle professioni di educatore e di pedagogista» (2656) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Malisani.

  La proposta di legge MARCO DI MAIO ed altri: «Modifica all'articolo 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645, al fine di vietare la produzione, la distribuzione, la diffusione e la vendita di beni mobili raffiguranti immagini o simboli del disciolto partito fascista» (3295) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Schullian.

  La proposta di legge NIZZI ed altri: «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento» (3584) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Gullo.

Ritiro di sottoscrizioni a proposte di legge.

  Il deputato Sberna ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
   MARIANI ed altri: «Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento» (2212).

  Il deputato Marchetti ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
   RICCIATTI ed altri: «Istituzione del Parco nazionale Catria, Nerone e Alpe della Luna» (3044).

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   VII Commissione (Cultura):
  PASTORELLI: «Introduzione dell'articolo 71.1 della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di esenzione dal pagamento dei diritti d'autore per la riproduzione o l'esecuzione di opere musicali, nelle manifestazioni promosse da associazioni di promozione sociale e organizzazioni non lucrative di utilità sociale» (3646) Parere delle Commissioni I, V, VI e XII.

   XI Commissione (Lavoro):
  BINETTI ed altri: «Disposizioni per promuovere l'inserimento lavorativo delle persone affette da malattie rare» (3602) Parere delle Commissioni I, V, X, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive):
  TENTORI ed altri: «Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell'economia della condivisione» (3564) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dall'Ufficio parlamentare di bilancio.

  Il Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, con lettera in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 18, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, il programma annuale delle attività del medesimo Ufficio relativo all'anno 2016.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), per gli esercizi 2013 e 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 369).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 370).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 23 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2014, n. 146, la prima relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all'eccezionale afflusso di stranieri nel territorio nazionale, riferita al periodo novembre 2013 – dicembre 2014 (Doc. CCXXXVI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 24 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), della legge 15 dicembre 1998, n. 484, la relazione sullo stato di esecuzione del Trattato per il bando totale degli esperimenti nucleari, riferita all'anno 2015 (Doc. CXXXIX, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 23 marzo 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla qualità dei dati finanziari notificati dagli Stati membri nel 2015 (COM(2016) 164 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 24 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio – Trasferimenti transatlantici di dati – Ripristinare la fiducia attraverso solide garanzie (COM(2016) 117 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE DELL'OLIO DI OLIVA, APPROVATA DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE, DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE E DEL COMMERCIO ABUSIVO (DOC. XXII-BIS, N. 4)

Doc. XXII-bis, n. 4 – Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'olivicoltura italiana rappresenta un settore produttivo strategico per il Made in Italy agroalimentare e per l'economia locale, essendo presente in quasi tutte le Regioni, caratterizzandone il paesaggio ed assicurando la produzione di oli di oliva vergini di elevata qualità;
    l'identità dei prodotti nazionali e la lotta alle frodi alimentari risultano strategici per garantire la solidità, la competitività e la distintività del Made in Italy e delle imprese agricole italiane;
    la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo ha scelto di approfondire il tema della contraffazione nel settore dell'olio d'oliva ritenendo che nel settore dell'agroalimentare tale comparto costituisce un caso di notevole rilevanza, sia per l'importanza della produzione dell'olio nel panorama delle produzioni agroalimentari italiane di qualità, sia

per la gravità dei fenomeni di contraffazione e frode in essere;
    il settore è stato oggetto di un importante intervento normativo – la legge 14 gennaio 2013, n. 9 – che ha dettato norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, al fine di adeguare gli strumenti di contrasto dei fenomeni della contraffazione e delle frodi alimentari, con numerose soluzioni innovative finalizzate a garantire il controllo della filiera dell'olio sia in sede produttiva sia in sede di commercializzazione, a tutela della qualità del prodotto italiano e a salvaguardia dei consumatori;
    il comparto dell'olio di oliva extra vergine è una ricchezza strategica per il nostro Paese; l'intero sistema olivicolo oleario italiano deve essere curato, gestito, controllato e promosso in maniera specifica, così come avviene per altri settore di eccellenza italiana del comparto agricolo, quale il vino e la viticoltura;
    le frodi e le contraffazioni più frequenti nel settore dell'olio riguardano la trasformazione di oli non extra vergine in oli extravergine, attraverso tecniche chimiche di laboratorio che consentono l'acquisizione delle caratteristiche organolettiche di tale prodotto d'eccellenza, ovvero miscelando materie prime scadenti e non commercializzabili come olio extra vergine;
    in particolare, attraverso la tecnica della deodorazione un olio di oliva avente inizialmente caratteristiche qualitative e compositive non conformi a quelle previste dalla legge per l'olio extravergine viene reso tale tramite operazioni che consistono nell'arricchimento e nella manipolazione di oli vergini d'oliva o oli lampanti raffinati o sottoposti a distillazione blanda e poi commercializzato come olio extravergine di oliva;
    la violazione delle denominazioni d'origine concreta un tipico reato di contraffazione sanzionato dal codice penale ai sensi dell'articolo 517-quater relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni d'origine dei prodotti agroalimentari;
    altro fenomeno frequente di contraffazione in senso lato, nel settore dell'olio d'oliva e in generale dei prodotti del settore agroalimentare, è rappresentato dal cosiddetto italian sounding, ossia delle pratiche di produzione e commercializzazione, essenzialmente all'estero, di oli aventi una falsa evocazione dell'italianità del prodotto, utilizzando nomi, simboli, colori, o attraverso l'imitazione di denominazioni geografiche o l'utilizzo di immagini ed etichette che ingannano i consumatori circa l'italianità dei luoghi di origine della materia prima, senza tuttavia realizzare una fraudolenta utilizzazione o falsificazione di segni distintivi di prodotti di aziende italiane o dei marchi collettivi DOP e IGP;
    da quanto emerso in sede di audizione, sia da parte delle associazioni dei produttori che dalle risultanze delle inchieste giudiziarie, occorre pertanto incrementare i controlli sulle produzioni dell'olio di oliva extravergine, al fine di tutelare la specificità delle produzioni italiane ed impedire la realizzazione di produzioni illecite che realizzino fattispecie contraffattive o di frode alimentare;
    i controlli «a valle», a campione sul prodotto finito e imbottigliato risultano oggi sostanzialmente inefficaci, in quanto le frodi realizzate con sofisticate tecniche di laboratorio e violazione dei disciplinari di produzione dell'olio extravergine d'oliva raramente, salvo il caso di falsi o contraffazione grossolana, determinano la messa in commercio di prodotti privi dei requisiti di acidità propri dell'olio extravergine, rendendo difficile svolgere analisi in grado di evidenziare le frodi o le contraffazioni; l'esperienza di inchieste giudiziarie come l’«Arbequino» condotta in Toscana, ad esempio, mostra che i controlli condotti «a monte» della fase finale dell'imbottigliamento, volti ad acclarare la sussistenza di irregolarità relative alla fase di acquisizione della materia prima o per quanto concerne i processi produttivi, con l'uso di materiali o di tecniche illecite per il confezionamento dell'olio extravergine, risultano molto più efficaci;
    in sede di ricerca scientifica occorre individuare metodi di analisi ufficiali, in grado di rilevare eventuali trattamenti termici, di deodorazione e di raffinazione degli oli non extravergine effettuati da aziende che operino illecitamente per trasformare tali oli in olio extravergine; è opportuno altresì realizzare banche dati integrate tra loro e rappresentative delle produzioni di oli extravergini di oliva delle diverse aree geografiche del Paese;
    circa l'acquisizione delle partite di oli dall'estero, l'esperienza maturata mostra come la prassi diffusa di acquisizione di partite di olio a basso costo da Paesi comunitari (Spagna e Grecia) o extraeuropei (Tunisia), che possono essere destinate, attraverso tecniche chimiche di laboratorio, quale la deodorazione, alla trasformazione fraudolenta in partite di olio extravergine italiano, costituisce non un'eventualità ma un approccio sistematico e organizzato su vasta scala per le aziende che operano illecitamente; in tale ottica le recenti decisioni assunte dall'Unione europea di eliminazione dei dazi doganali all'importazione dell'olio d'oliva tunisino rischiano di aggravare la situazione;
    altro tema importante in sede di controlli è quello di garantire un'adeguata tracciabilità dei trasporti dell'olio e della relativa documentazione, a partire dalla fase dell'ingresso doganale e per tutte le fasi di trasporto interno;
    appare necessario, inoltre, introdurre forme di controllo delle rese degli oliveti, il cui valore teorico massimo in termini di capacità produttiva di olive, è predeterminabile, per contrastare il fenomeno delle false produzioni olivicole ed olearie italiane, cui si collega la prassi illecita delle false fatturazioni; è il fenomeno del cosiddetto «olio di carta», allorquando da zone agricole che hanno perso capacità produttiva ovvero manifestano un eccesso di produzione non compatibile con la capacità fisica di produzione degli oliveti pervengono documentazioni contabili eccessive rispetto al volume di produzione realmente possibile;
    la realizzazione di una sorta di libro genealogico dell'olivo consentirebbe di evidenziare immediatamente una sovrapproduzione, che non sarebbe giustificabile, se non con il ricorso ad approvvigionamenti di materia prima di provenienza straniera o comunque non legata al territorio di produzione;
    oltre al tema dei controlli occorre lavorare per la valorizzazione delle diverse categorie degli oli d'oliva, contemperando l'obiettivo di salvaguardare il livello di eccellenza delle produzioni extravergine e vergine, ostacolando l'impiego di oli minori per il confezionamento illegale di tali prodotti, con quello di valorizzare e rendere pienamente commercializzabili anche le produzioni olearie minori, favorendo sbocchi di mercato, atteso che nel 2014, per tale motivo, presso i frantoi sono rimaste senza classificazione circa 120.000 tonnellate di prodotto;
    è necessario assicurare il riconoscimento del valore probatorio, in sede processuale, dell'analisi organolettica (panel test) sull'olio d'oliva, che ha un'importanza rilevante nel giudizio della qualità finale del prodotto, per rilevare eventuali comportamenti fraudolenti e per verificare se un olio che ha qualità chimiche opportune per essere considerato extra-vergine le ha anche da un punto di vista organolettico;
    fa propria la Relazione sulla contraffazione nel settore dell'olio d'oliva approvata il 17 settembre 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo e impegna il Governo, per quanto di competenza, a intraprendere ogni iniziativa utile, al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione, con particolare riferimento alle seguenti azioni:
     a) operare per il miglioramento dei controlli sulla produzione dell'olio extravergine, al fine di garantire il rispetto dei disciplinari di produzione e la salvaguardia delle caratteristiche organolettiche di tale olio d'eccellenza, con controlli adeguati alla sofisticazione delle tecniche di laboratorio adoperate per lavorazioni contraffattive o fraudolente, che richiedono una pari capacità di controllo in sede chimica e di riscontro dei procedimenti di lavoro;
     b) promuovere iniziative per la definizione in sede pubblica di metodi per la certificazione su basi scientifiche delle caratteristiche organolettiche del prodotto e l'origine geografica dello stesso, come misura idonea a garantire la provenienza del prodotto italiano;
     c) introdurre anche per l'olio il sistema di certificazione della merce e del trasporto oggi adottato per il vino (sistema MVV);
     d) implementare, per consentire una completa ed esaustiva tracciabilità delle partite di olio oggetto di trasformazione, il funzionamento del sistema del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), con una completa integrazione tra i portali del SIAN e degli enti territoriali competenti nel settore agricolo, come già previsto dall'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, e favorire la completa telematizzazione delle informazioni nel sistema agricolo attraverso il Registro Unico dei Controlli e della Vigilanza sulle produzioni agroalimentari vigilate (RUCI);
     e) introdurre un registro ufficiale delle rese produttive dell'olivo e le corrispondenti rese olearie delle diverse varietà presenti in Italia;
     f) monitorare il profilo del deposito delle partite di olio nel corso dell'anno, rendendo obbligatoria la classificazione e registrazione del prodotto in un determinato periodo dell'anno, se del caso estendendo tale obbligo di classificazione e di registrazione nel SIAN;
     g) assicurare il riconoscimento del valore probatorio, in sede processuale, dell'analisi organolettica (panel test) sull'olio d'oliva.
(6-00228) «Mongiello, Catania, Cenni».


   La Camera,
   premesso che:
    da un'approfondita lettura della Relazione sulla contraffazione nel settore dell'olio d'oliva redatta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui Fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, istituita con deliberazione della Camera dei deputati del 25 settembre 2013 ed approvata dalla Commissione nella seduta del 17 settembre 2015, si evince chiaramente che le produzioni dell'olio di oliva italiane di qualità – extravergine e vergine – sono costantemente sotto attacco dell'agropirateria e quindi della contraffazione, con gravi danni non solo dell'immagine del Made in Italy, ma soprattutto economici a discapito degli olivicoltori nazionali;
    infatti, l'Italia ha una posizione importantissima sullo scenario mondiale del commercio di olio di oliva grazie all'attività delle oltre 900 mila aziende agricole a vocazione olivicola impegnate su circa 1 milioni di ettari di coltivazioni di 350 tipi differenti di cultivar che rendono, senza termini di smentita, il nostro Paese primatista assoluto per ricchezza del patrimonio genetico olivicolo a livello planetario;
    in ambito comunitario, l'Italia detiene altri record, come quello riguardante gli oli di oliva extravergine designati da Denominazioni di Origine ed Indicazioni Geografiche Protette e soprattutto la rilevante estensione di ettari (170 mila), coltivati in regime di biologico, cioè il 14 per cento dell'intera Superficie agricola utilizzata (SAU) olivicola nazionale;
    le elevate qualità, salubrità e biodiversità delle produzioni di olio nazionale, le oramai accertate specifiche prerogative salutari che gli oli extravergini hanno sulla salute umana, rendono l'olio italiano particolarmente appetibile, apprezzato e desiderato dai consumatori mondiali, ma anche il più «contraffatto» ed imitato, causando danni irreparabili e compromettenti sull'economia dell'intero comparto nazionale,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa formale capace di contrastare le contraffazioni nel settore olivicolo attraverso l'introduzione obbligatoria per gli oli d'importazione della classificazione merceologica e delle analisi chimico-fisiche ed organolettiche da redigere unicamente in fase di partenza sul documento di trasporto, che dovrà essere non solo cartaceo, ma anche in formato telematico, così da permettere in anticipo di conoscere la provenienza e modalità di trasporto e destinatario del prodotto. L'invio telematico deve essere recapitato presso l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) territorialmente competente sul porto di approdo ed anche a quello competente sul territorio del destinatario della merce, se diverso dall'ICQRF di approdo portuale;
   ad attivarsi affinché i controlli fra le diverse istituzioni, quali Capitaneria di porto, autorità doganali ed ICQRF in ambito portuale, avvengano in modo combinato e simultaneo, ognuno per le proprie competenze d'istituto, al fine di verificare l'autenticità e veridicità dei documenti di trasporto e delle certificazioni analitiche chimico-fisiche ed organolettiche nonché della classificazione merceologica del prodotto giunto in porto. A tale proposito, si rende indispensabile la creazione o comunque l'integrazione al Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), della certificazione sul «trasporto» del prodotto olio, sulla falsa riga di quanto già adottato per il comparto del vino così da tracciare e memorizzare adeguatamente in banca dati tutte le fasi di trasporto dall'ingresso doganale sino alla destinazione finale;
   a provvedere nell'immediato all'entrata in funzione del Registro Unico dei Controlli e della Vigilanza sulle produzioni agroalimentari vigilate (RUCI), la cui adozione era stata già annunciata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, lo scorso 7 maggio 2015 e/o in subordine, l'istituzione o l'integrazione al RUCI di un Registro Nazionale delle rese produttive degli oliveti il cui ruolo sarà quello di riportare il valore «teorico massimo» o «le stime» relativamente alle capacità produttive di olive e delle rese olearie nell'annualità di campagna, in funzione anche delle differenti varietà e cultivar presenti sul territorio nazionale. Tale valutazione di stima produttiva dovrà essere effettuata da esperti di un tavolo tecnico agronomico permanente fra ispettorati agricoli provinciali e regionali, consorzi di difesa e da rappresentanti delle organizzazioni produttive di settore ed associazione di categoria. Ciò avrebbe il vantaggio di stabilire la capacità produttiva olivicola nazionale e valutare l'eventuale autorizzazione all'approvvigionamento di contingenti di materia prima o prodotto lavorato proveniente dall'estero evitando così situazioni di sovrapproduzioni ingiustificabili che possono destabilizzare il mercato economico del comparto;
   a sostenere ed intensificare ogni attività rivolta alla ricerca scientifica ed allo studio di soluzioni innovative e tecnologiche anche attraverso le attuali conoscenze genomiche sull'olio extravergine di oliva che possono essere realmente utilizzate per tutelare il Made in Italy, non soltanto in sede penale, ma anche con analisi di routine per superare la dannosa piaga «dell'olio di carta». Infatti, si rammenta, che nel 2014 in Italia si è chiuso il progetto Certolio (Certificazione della composizione varietale, dell'origine geografica e dell'assenza di prodotti di sintesi negli oli extravergini di oliva), finanziato dal Ministero dello sviluppo economico e che ha permesso di ottenere un database, disponibile per tutti gli interessati contenente i profili molecolari dell'85 per cento delle varietà di olivo italiane. Da ciò si evince che oggi è possibile rintracciare e discriminare cultivar presenti fino all'1 per cento nell'olio esaminato e anche gli impollinatori putativi. Si tratta di un patrimonio di dati frutto di investimenti pubblici che rischia di rimanere lettera morta e di trasformarsi in uno spreco. Codificare attraverso uno strumento legislativo efficace l'utilizzo dell'analisi del DNA quale prassi routinaria per accertare l'identità degli oli diventa indispensabile se davvero si vuole tutelare la tracciabilità varietale dell'olivo extravergine d'oliva e tutelare e valorizzare il Made in Italy contrastando le contraffazioni.
(6-00229) «Ciracì, Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    il Gruppo MoVimento 5 Stelle ha espresso parere favorevole alla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo nella seduta del 17 settembre 2015, ha collaborato in maniera propositiva allo svolgimento dell'indagine e ne ha condiviso il contenuto finale, ritiene pertanto necessario puntare l'attenzione sugli aspetti ritenuti determinanti per il contrasto al fenomeno rilevato;
    l'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari di qualità a denominazione di origine e a indicazione geografica, a testimonianza del legame tra territorio ed eccellenza. La tracciabilità dell'origine geografica dei prodotti agroalimentari rappresenta un aspetto importante per la loro tutela, sono perciò necessari strumenti operativi che ne consentano la distintività rispetto alle imitazioni ed ai prodotti che si riferiscono in modo improprio o fraudolento alle produzioni nazionali ed ai prodotti tipici;
    in tale contesto, il tema della contraffazione assume una particolare rilevanza nel settore dell'olio d'oliva a causa del suo impatto dal punto di vista economico e della complessità dei fenomeni di contraffazione e frode in essere;
    l'olio italiano, infatti, derivando da cultivar pregiati che si attestano su una fascia di mercato alta (nella quale il livello più elevato del prezzo è coerente con la maggiore qualità intrinseca, anche organolettica, del prodotto base) è particolarmente attenzionato dalla criminalità in quanto consente di lucrare ampi margini di guadagno attraverso l'attribuzione illecita della qualità di extravergine o vergine di un'origine nazionale ad un olio meno pregiato e con caratteristiche organolettiche di qualità inferiori;
    si tratta, inoltre, di varietà di olio che si differenziano dal resto delle produzioni mondiali, non solo per la ricchezza degli attributi qualitativi, ma anche e soprattutto per le loro caratteristiche salutari. Va ricordato al riguardo che sugli oli extravergine può essere apposta, ai sensi del Regolamento (CE) 1924/2006, un health claim, ossia l'indicazione salutistica autorizzata dalla Commissione europea (Regolamento UE 432/2012) «I polifenoli dell'olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo» accompagnata dalla seguente frase: «L'effetto benefico si ottiene con l'assunzione giornaliera di 20 g di olio d'oliva». Questa indicazione può essere impiegata solo per l'olio d'oliva che contiene almeno 5 mg di idrossitirosolo e suoi derivati (ad esempio, complesso oleuropeina e tirosolo) per 20 g di olio d'oliva (250mg/1000 g);
    la relazione ha evidenziato come le frodi e le contraffazioni più frequenti nel settore dell'olio riguardino la trasformazione di oli non extravergine in oli extravergine, attraverso tecniche chimiche di laboratorio che consentono l'acquisizione delle caratteristiche organolettiche di tale prodotto d'eccellenza, ovvero miscelando materie prime scadenti e non commercializzabili come olio extravergine;
    attraverso la tecnica della deodorazione un olio di oliva viene reso tale tramite operazioni che consistono nell'arricchimento e nella manipolazione di oli vergini d'oliva o oli lampanti raffinati o sottoposti a distillazione blanda e poi commercializzato come olio extravergine di oliva;
    rispetto a tali tecniche, la relazione, a seguito dell'audizione della procura di Bari, fornisce precise indicazioni di indagini in corso riferite a casi di miscelazione tra oli di diversa provenienza geografica ai fini dell'ottenimento della denominazione made in Italy o a casi di miscele tra oli di diverse categorie merceologiche in seguito venduti come extravergini secondo cui la vendita come «olio extravergine di oliva» di un olio frutto di miscelazione «configura un comportamento di tipo ingannevole da parte del produttore ai danni del consumatore il quale, nella convinzione di acquistare un extravergine “puro”, acquista viceversa un prodotto non rientrante in tale categoria commerciale, in quanto originato dalla combinazione di oli di categorie e qualità diverse, artificiosamente miscelati in modo da ottenere un prodotto rientrante solo nei meri parametri chimici dell'extravergine. Trattasi, in pratica, di un olio che dell'extravergine possiede il solo parametro chimico, peraltro non originario, cioè non ottenuto direttamente, bensì da un processo di miscelazione, quindi, sostanzialmente creato in laboratorio»;
    tutto ciò implica l'adeguamento degli standard di certificazione su basi scientifiche, superando di fatto un approccio prevalentemente documentale per la tracciabilità e rintracciabilità dell'origine ed integrandolo con strumenti di tracciabilità scientifica. A riguardo sono state sviluppate recenti metodologie per l'analisi delle caratteristiche degli oli extravergini d'oliva monovarietali e multivarietali, quali la spettroscopia della risonanza magnetica nucleare, tali da consentire una appropriata classificazione del prodotto atta a garantirne l'autenticità su scala molecolare, definendone le peculiarità legate al territorio d'origine e alle caratteristiche proprie della cultivar;
    tali risultanze, qualora si addivenga alla definizione ufficiale di un metodo di analisi, potrebbero essere acquisite da banche dati di confronto rappresentative delle produzioni di oli extra vergini di oliva e delle relative rese ottenute nelle varie aree geografiche del Paese utilizzando le metodologie fornite dalla comunità scientifica per la caratterizzazione e tipizzazione degli oli extravergini di oliva;
    il settore dell'olio d'oliva, al pari dei prodotti di eccellenza del settore agroalimentare, è oggetto di un altro fenomeno di contraffazione rappresentato dal cosiddetto Italian sounding che consiste nella falsa evocazione dell'italianità del prodotto, utilizzando nomi, simboli, colori, o attraverso l'imitazione di denominazioni geografiche o l'utilizzo di immagini ed etichette che ingannano i consumatori circa l'italianità dei luoghi di origine della materia prima, senza tuttavia realizzare una fraudolenta utilizzazione o falsificazione di segni distintivi di prodotti di aziende italiane o dei marchi collettivi DOP e IGP;
    per contrastare tali fenomeni, la relazione ha rimarcato come i controlli «a valle» siano stati sostanzialmente inefficaci a causa dell'elevato livello di tecniche di sofisticazione adottate citando al contrario la efficace esperienza dei controlli a monte. Tutto questo senza mai citare la evidente responsabilità del Ministero che non ha sviluppato a riguardo una chiara strategia di intervento e solo da poche settimane è stato finalizzato un Piano olivicolo nazionale;
    l'articolo 9 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, interviene in materia di perfezionamento attivo per gli oli di oliva vergini al fine di incoraggiare e agevolare l'attività delle industrie di esportazione comunitarie, consentendo di importare senza pagare dazi o prelievi agricoli, merci destinate ad essere perfezionate nella Comunità e quindi riesportate al di fuori di essa, sotto forma di prodotti compensatori, allo stato non risulta che tale disposizione sia stata applicata da parte dell'Amministrazione, come rimarcato nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 dal Presidente del comitato scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli;
    l'articolo 8 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, concernente «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini» emanata con la finalità di tutelare e valorizzare la produzione nazionale dell'olio extra-vergine, tutelare il consumatore e per garantire il corretto funzionamento del mercato e della concorrenza, attribuendo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il potere di vigilare sull'andamento dei prezzi ed adottare atti idonei a impedire le intese o le pratiche concordate tra imprese finalizzate ad ostacolare, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza all'interno del mercato nazionale degli oli di oliva vergini, attraverso pratiche di determinazione del prezzo di acquisto o di vendita del prodotto, si deve purtroppo rilevare la presenza di forti concentrazioni di potere commerciale sovranazionale nei confronti delle quali non risulta che l'AGCM abbia sviluppato sinora un'attività specifica di controllo delle condizioni contrattuali e di organizzazione della filiera come rilevato nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 dal Presidente del comitato scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli, per cui si rileva la necessita di intervenire con una specifica attività di controllo del settore;
    a riguardo, maggior considerazione e attenzione dovrebbero essere rivolte alle informazioni sulla presenza di cartelli sovranazionali fornite dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, anche da parte del Ministero stesso,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa, anche di tipo normativo volta a contrastare la presenza di forti «concentrazioni sovranazionali» di potere commerciale, peraltro rilevate dalla stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli nel corso delle audizioni, che alterano la concorrenza ed il mercato nel settore oleario attraverso specifiche attività di controllo del settore;
   ad adottare misure volte a sensibilizzare, sul medesimo tema, gli operatori del settore sulla necessità di sviluppare una più incisiva attività di controllo delle condizioni contrattuali e di organizzazione della filiera;
   ad adoperarsi per una puntuale applicazione di quanto disposto dall'articolo 9 legge 14 gennaio 2013, n. 9, in materia di perfezionamento attivo per gli oli di oliva vergini, soprattutto attraverso una verifica delle autorizzazioni preventive da parte dei Ministeri competenti, per l'ammissione al regime di perfezionamento attivo avente per oggetto oli di oliva vergini;
   ad adottare iniziative volte al miglioramento non solo dei controlli sulla produzione dell'olio extravergine, ma anche quelli in fase di commercializzazione ed importazione al fine di garantire il rispetto dei disciplinari di produzione e la salvaguardia delle caratteristiche organolettiche di tale olio d'eccellenza;
   a promuovere la creazione di database di riferimento su base regionale e nazionale utili a certificare l'origine geografica dell'olio extravergine mediante l'utilizzo di tecniche chemiometriche basate su metodologie analitiche avanzate quale la risonanza magnetica nucleare, riconoscendo, nelle more della loro costituzione, quelle eventualmente prodotte, su base volontaria, da singoli produttori o loro organizzazioni. Una volta costituite favorirne il riconoscimento a livello europeo in accordo con quanto previsto dagli obiettivi della specifica call del programma quadro Horizon 2020 SFS-14a-2014 «Authentication of olive oil». Favorire, altresì la sinergia delle istituzioni di ricerca facenti capo al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali con gli altri enti di ricerca, in particolare Università e CNR, presenti sul territorio per la creazione delle banche dati citate ed in generale per la tutela e valorizzazione dell'olio extravergine di oliva;
   a prevedere, qualora venga garantito il riconoscimento del valore probatorio, in sede processuale, dell'analisi organolettica sull'olio d'oliva, che il panel test sia associato alle tecniche di tutela dell'autenticità sviluppate dalla ricerca scientifica;
   ad adottare provvedimenti, anche di natura normativa, volti a prevedere ed evidenziare nell'etichettatura degli oli extravergine di oliva la apposizione della health claim, ossia l'indicazione salutistica autorizzata dalla Commissione europea (Regolamento (UE) 432/2012).
(6-00230) «Cariello, Gallinella, Fantinati, Dell'Orco, Castelli».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Unione europea da diversi anni ha concesso alla Tunisia un contingente a dazio zero per l'importazione di olio di oliva pari a 56.700 tonnellate per anno;
    nel 2015 si sono registrate due importanti novità nella normativa europea per la gestione di tale contingente: a settembre la Commissione europea ha proposto di aggiungere al contingente esistente un quantitativo supplementare di 35 mila tonnellate di olio, sempre a dazio zero e sempre dei medesimi codici. Il contingente è stato recentemente approvato per due anni: 2016 e 2017 e precisando che si deve trattare di olio interamente ottenuto in Tunisia e trasportato direttamente dalla Tunisia all'Unione; a novembre il contingente preesistente di 56.700 tonnellate, che era ripartito in quantità mensili tra gennaio ed ottobre, è stato considerato come un contingente annuale unico, senza più ripartizione dei quantitativi per mese. Consentendo così, a partire dal 1o gennaio 2016, di poter ottenere da subito tutti i quantitativi autorizzati all'importazione;
    queste novità, unite al particolare andamento delle campagne produttive e dei fabbisogni delle imprese hanno molto probabilmente influito sull'andamento delle importazioni e del mercato;
    nel 2015, per la prima volta, si è registrata la piena utilizzazione del quantitativo a dazio zero concesso alla Tunisia. Il quantitativo per il 2016 è stato esaurito completamente già nei primi giorni di gennaio, complice anche la novità normativa che ha consentito l'utilizzo non più ripartito in quantitativi mensili;
    in passato, solo in due anni (2012 e 2013) si era avuto un forte utilizzo, ma mai completo, del contingente;
    in realtà l'utilizzo completo del quantitativo nel 2015 si è registrato già ai primi di agosto. Quindi, evidentemente, più che le novità normative sui limiti mensili è stata la congiuntura di mercato ad avere influito sulla maggiore domanda di importazione agevolata, come mai era accaduto prima;
    in ogni caso, a partire da febbraio dello scorso anno il trend dei prezzi medi all'origine degli oli di oliva vergini ed extra vergini è in netto calo come dimostrano i dati;
    il calo è stato particolarmente più incisivo nell'ultimo trimestre dell'anno quando si sono concretizzate le misure legislative comunitarie ed in particolare: a settembre è stata ufficializzata la proposta di aumentare il contingente alla Tunisia; a metà novembre è stato pubblicato il regolamento che consentiva dal primo gennaio 2016 una gestione meno diluita nel tempo dei contingenti agevolati, come conseguenza di un possibile «effetto annuncio»;
    in termini di quotazioni, dati ISMEA, in Italia il prezzo degli oli extra vergini e vergini, da febbraio 2015 a febbraio 2016, ha subito cali intorno al 23 per cento per gli oli vergini ed al 39 per cento per gli extravergini;
    sicuramente c’è da leggere una correlazione tra le evoluzioni dei prezzi ed il maggiore flusso di prodotto importato dalla Tunisia che è aumentato considerevolmente nel 2015;
    in Italia, nel 2015, si è importato un quantitativo inferiore di olio (-13 per cento) in quanto la nostra produzione pur non raggiungendo la media degli ultimi anni è cresciuta rispetto il 2014, anno in cui la nostra produzione ha toccato i minimi storici a causa di condizioni fitosanitarie avverse che hanno pregiudicato in molte zone l'intera produzione;
    nel 2015 l'importazione dalla Tunisia è cresciuta notevolmente rispetto il 2014 (+279 per cento, praticamente è quasi triplicata) ma se confrontate con il 2013 la crescita risulta più contenuta (+37 per cento);
    probabilmente il calo di produzione che ha interessato l'Italia nel 2014 è stato registrato anche in Tunisia;
    di un certo interesse l’«effetto sostituzione» che si è verificato nelle importazioni italiane di olio di oliva nel 2015;
    in pratica, il forte calo di olio importato dalla Spagna (-233 mila tonnellate rispetto al 2014) è stato compensato quasi completamente da maggiori quantità di olio importate da Grecia (+92 mila tonnellate) e Tunisia (+63 mila tonnellate);
    questo dato è a sua volta correlato alla situazione produttiva che ha visto nel 2014 un forte ridimensionamento delle produzioni spagnole, come in Italia, ed un notevole aumento della produzione di olio in Tunisia ed in Grecia, in poche parole questi due Paesi avevano quantitativi tali da poter sopperire alla mancanza di produzione nei due Paesi leader nella produzione oleicola;
    anche la Spagna ha segnato un notevole aumento delle importazioni di olio dalla Tunisia nel 2015 rispetto al 2014 (+86 mila tonnellate); ma se confrontato con il 2013 la crescita, pur importante, risulta più contenuta;
    questa circostanza dimostra come i Paesi più interessati all’import dalla Tunisia sono proprio Spagna ed Italia;
    non a caso, anche se sono disponibili solo dati ufficiosi, risulterebbe che i quantitativi del contingente agevolato a disposizione per il 2016 – che, come sopra riferito, sono stati già tutti assegnati nei primissimi giorni di gennaio – sarebbero ripartiti in maniera più o meno equa proprio tra operatori spagnoli ed italiani;
    è ragionevole presumere che anche per il futuro i quantitativi di contingente agevolato si ripartirà tra i due Paesi che sono anche i top consumer di olio di oliva al mondo;
    di un certo interesse è, infine, l'analisi sul prezzo medio dell'olio di oliva importato in Italia negli ultimi anni. Il prezzo medio totale d'importazione nel 2015 è stato di circa 3,3 euro/kg, contro i 2,3 registrati lo scorso anno;
    l'aumento medio del prezzo negli ultimi tre anni ha riguardato comunque tutti paesi fornitori dell'Italia presi in esame. Il prezzo medio dell'olio importato dalla Tunisia in Italia è aumentato nel 2015 da 2,5 a 3 euro/Kg con un aumento del 24 per cento circa, comunque inferiore all'aumento del prezzo medio registrato per i prodotti di altre origini;
    in sintesi, nel 2015 in Italia è stato importato dalla Tunisia olio di oliva (tutto, non solo quello classificabile nei codici doganali oggetto di agevolazione) per oltre 85.000 tonnellate, con un aumento di quasi quattro volte rispetto ai quantitativi importati nel 2014. In valore il prodotto importato assommava a circa 260 milioni di euro, con un aumento del 370 per cento circa rispetto all'anno precedente;
    il prezzo medio all'importazione calcolato nel 2015 è di circa 3 euro/kg, contro i 2,46 registrati nel 2014. Con un aumento di circa il 23-24 per cento;
    se si restringe l'analisi ai soli oli di oliva con codice oggetto di agevolazione nell'ambito del contingente tariffario, la situazione non si discosta di tanto. In pratica è molto poco l'olio non vergine (NC 1509 90 – olio trattato) che viene importato dalla Tunisia. La gran parte dell'olio importato da questo Paese in Italia, infatti, 78 mila tonnellate circa su 85 mila nel 2015, rientrano nel codice doganale oggetto di contingente (gli oli vergini, lampanti e non, del codice 1509 10). Tanto che gli incrementi dei quantitativi registrati nel 2015 rispetto al 2014 sono paragonabili all'andamento dell’import di olio complessivo dalla Tunisia;
    tra le voci oggetto del contingente poi, le statistiche evidenziano chiaramente che l'olio vergine importato dalla Tunisia è sempre di più quello «non lampante», con una quantità importata nel 2015 pari a 65 mila tonnellate circa. Un quantitativo pari grosso modo ai tre quarti di tutto l'olio importato dalla Tunisia e con un prezzo medio (3,13 euro/kg) che si aggira già sulle quotazioni nazionali,

la fa propria e impegna il Governo per quanto di propria competenza,

   ad assumere tutte quelle iniziative e provvedimenti, condivisi da tutti i produttori europei presenti nel Copa Cogepa – Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell'Unione europea e Confederazione generale delle cooperative agricole dell'Unione europea –, al fine di ripartire mensilmente i contingenti agevolati concessi dalla Unione europea alla Tunisia distribuendo i quantitativi in esenzione tariffaria almeno su tutti i primi dieci mesi dell'anno;
   a modificare la nomenclatura combinata che consenta di distinguere all'interno del codice NC 1509 10 10, gli oli extravergini da quelli vergini, ciò al fine di migliorare la trasparenza di mercato e tracciare in modo più efficace i flussi di prodotti commercializzati;
   a prevedere che l'indicazione di origine sull'etichetta degli oli riporti in chiaro la lista dei paesi (UE non UE) dai quali provengono gli oli utilizzati per le miscele non solo la dizione generica «miscela di oli di oliva originari dell'Unione europea» e «non originari dell'Unione Europea», proposta già avanzata dalla Commissione europea nel documento di lavoro relativo ai «marketing standard» in corso di definizione e quindi da trasporre poi nella legislazione comunitaria sull'etichettatura di origine, pure in via di rivisitazione.
(6-00231) «Catanoso, Russo».


MOZIONI DI VITA ED ALTRI N. 1-01196, NICCHI ED ALTRI N. 1-01197, SANDRA SAVINO ED ALTRI N. 1-01198, BINETTI ED ALTRI N. 1-01199 E RIZZETTO ED ALTRI N. 1-01200 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA REVISIONE DEL SISTEMA DI CALCOLO DELL'INDICATORE DELLA SITUAZIONE ECONOMICA EQUIVALENTE (ISEE)

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2011 il Parlamento ha approvato il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (cosiddetto Salva Italia). L'articolo 5 del decreto-legge contiene le indicazioni per la definizione del nuovo ISEE. È in quell'articolo che viene previsto di considerare come reddito anche le provvidenze assistenziali di qualsiasi natura (pensioni sociali, indennità di accompagnamento, assegni di cura ed altro);
    in attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge «salva Italia» il Governo ha poi adottato il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, in vigore dall'8 febbraio 2014;
    si tratta di un provvedimento che interessa milioni di cittadini italiani poiché la dichiarazione ISEE (DSU) viene richiesta per l'accesso a prestazioni sociali agevolate cioè servizi o aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (solo a titolo di esempio: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni su tributi locali);
    lo Stato, pertanto, si trova nell'imbarazzante posizione di dover riconoscere come voce di reddito e, quindi, di ricchezza le indennità che esso stesso corrisponde ai beneficiari sulla base di un'effettiva condizione di svantaggio e che mirano al superamento di tale condizione, così come recita l'articolo 3 della Costituzione; un paradosso a cui si è successivamente cercato di porre rimedio attraverso la previsione di apposite franchigie;
    contro il provvedimento le associazioni e le federazioni di categoria hanno alzato subito la voce ma senza trovare piena sponda in Parlamento;
    tali disposizioni, invero, hanno introdotto il principio secondo cui un soggetto destinatario delle provvidenze assistenziali vedrà innalzarsi la propria fascia reddituale. In questo modo non si è proceduto ad una razionalizzazione nel determinare i redditi ma si è di fatto prodotta l'esclusione da servizi sociali di famiglie a basso reddito, anziani e persone disabili che si sono ritrovati ad essere riconosciuti come ricchi e quindi non aventi diritto a servizi;
    il Tar del Lazio è fortunatamente intervenuto per affermare che tale normativa fosse da rivedere procedendo alla esclusione delle provvidenze assistenziali nella determinazione del reddito, rimediando ad un'evidente stortura: il giorno 11 febbraio 2015, infatti, il tribunale amministrativo ha accolto, pur parzialmente, tre ricorsi presentati delle associazioni di categoria e delle famiglie di persone con disabilità contro il citato decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    le tre sentenze modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'Indicatore della situazione reddituale, cioè di una delle due componenti dell'ISEE;
    ebbene, l'adito Tar con tre sentenze (Tar Lazio, Sezione I, n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2015) ha:
     a) accolto il secondo motivo di ricorso, per l'effetto annullando l'articolo 4, comma 2, lettera f) del decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, nella parte in cui ha incluso, tra i dati da considerare ai fini ISEE per la situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti dai soggetti portatori di disabilità;
     b) accolto pure il terzo motivo di ricorso, annullando così l'articolo 4, comma 4, lettera d) del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, soltanto nella parte in cui, nel fissare le franchigie da detrarre dai redditi, aveva introdotto «... un'indistinta differenziazione tra persone disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest'ultimi, senza considerare l'effettiva situazione familiare della persona disabile maggiorenne...»;
    le pronunce, data la loro immediata esecutività, avrebbero avuto il pregio di favorire gran parte dell'utenza, con l'effetto di diminuire il valore finale dell'ISEE per l'accesso alle prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria;
    il Governo ha tuttavia deciso di andare contro tali sentenze, presentando ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo contestualmente il congelamento degli effetti nelle more della pronuncia definitiva;
    il Consiglio di Stato si è conseguentemente pronunciato non concedendo la sospensiva agli effetti delle sentenze del Tar, di cui veniva ribadita l'immediata esecutività, sancendo l'illegittimità dell'operato del Governo per non aver dato applicazione a quanto stabilito dal Tar;
    con sentenza del 29 febbraio 2016 (n. 00842/2016) il Consiglio di Stato ha infine respinto il ricorso dell'esecutivo contro le sentenze del Tar del Lazio dell'11 febbraio 2015, confermando in toto le statuizioni del giudice amministrativo di prime cure;
    secondo il Consiglio di Stato, «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva e ontologica situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica della persona disabile rispetto alla persona non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
    si legge ancora nella pronuncia del Consiglio di Stato: «Deve il Collegio condividere l'affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dalle persone disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno alla persona disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione»;
    il Consiglio di Stato ha quindi sostanzialmente confermato quanto già sentenziato dal Tar del Lazio, il quale aveva respinto «una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale»: in sintesi, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito;
    fintantoché il Governo non deciderà di adeguarsi alle pronunce del Tar e del Consiglio di Stato, modificando finalmente l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, il nuovo ISEE 2015, così come formulato, deve pertanto ritenersi illegittimo;
    a tal proposito il collegio si è espresso chiaramente: «Non convince infine il temuto vuoto normativo conseguente all'annullamento in parte qua di detto DPCM, in quanto, in disparte il regime transitorio cui il nuovo ISEE è sottoposto, a ben vedere non occorre certo una novella all'articolo 5 del DL 201/2011 per tornare ad una definizione più realistica ed al contempo più precisa di “reddito disponibile”. All'uopo basta correggere l'articolo 4 del DPCM e fare opera di coordinamento testuale, giacché non il predetto articolo 5, c. 1 del DL 201/2011 (dunque, sotto tal profilo immune da ogni dubbio di costituzionalità), ma solo quest'ultimo ha scelto di trattare le citate indennità come redditi»;
    il MoVimento 5 Stelle, prestando ascolto alle numerose, più che giustificate, critiche in merito provenienti da tutto il mondo della disabilità, ha sempre tenuto alta l'attenzione sul tema della necessaria riforma dell'ISEE, presentando alla Camera dei deputati e al Senato della repubblica numerosi atti parlamentari in merito, sia di sindacato ispettivo che di indirizzo, da ultimo una mozione in Senato (atto n. 1-00532), che non è stata calendarizzata, nonché un emendamento (1-01124/11. Di Vita e altri) alla mozione n. 1-01124 presentata dal deputato Maurizio Lupi sulle politiche a sostegno della famiglia, che ha ricevuto però il voto contrario della maggioranza dell'aula il 2 marzo 2016. Relativamente alle circostanze appena citate risulta difficile comprendere le ragioni per cui il Governo abbia propeso verso una valutazione in senso negativo, dal momento che ogni opzione relativamente al tema di cui si discute appare ormai obbligata, vista la precisa direzione tracciata dalla pronuncia del Consiglio di Stato;
    il 17 marzo 2016 è stata altresì approvata in Commissione VII (Cultura) la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00175 (Ghizzoni e altri) sul diritto allo studio universitario connesso al nuovo metodo di calcolo dell'ISEE, con cui, in particolare, il Governo tenuto conto della sentenza del TAR Lazio sopra richiamata, si è impegnato ad esplicitare normativamente lo scorporo dell'ISEE dell'assegno di disabilità percepito dal nucleo familiare, nel caso di studenti disabili o appartenenti ad un nucleo familiare in cui uno o più membri percepiscano tale assegno, nonché a prevedere interventi compensativi per gli studenti che siano rimasti esclusi dai benefici nell'anno accademico 2015/2016 sebbene non avessero modificato le condizioni economiche delle famiglie;
    da più recenti fonti stampa si apprende che, secondo le cifre fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze, sarebbero un milione e duecentomila le dichiarazioni ISEE delle famiglie con persone disabili falsate dalla impropria inclusione dei sussidi ai fini del calcolo del reddito familiare, e che hanno creato ulteriori difficoltà a queste famiglie che, in molti casi, non hanno potuto accedere ad altre agevolazioni in virtù di un reddito ISEE ingiustamente superiore alla soglia di accesso;
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti ha assicurato che dopo la decisione del Consiglio di Stato sarà modificato il regolamento sull'ISEE per allinearsi a ciò che la sentenza richiede, manifestando tuttavia contrarietà alla previsione di eventuali forme risarcitorie o di ristoro nei confronti delle famiglie medio tempore danneggiate dal provvedimento in questione;
    secondo le famiglie promotrici del ricorso, invece, nella vicenda vi sarebbe stato un accanimento da parte del Governo, che ben avrebbe potuto applicare la sentenza del Tar in attesa di quella del Consiglio di Stato, ma scegliendo invece deliberatamente di non farlo, ritengono, abbia conseguentemente procurato danni in alcuni casi molto consistenti;
    il ricalcolo dell'ISEE rischia di trasformarsi in un vero e proprio caos e, proprio per questo motivo, le associazioni delle famiglie con persone disabili sollecitano il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti a convocare un tavolo di discussione per la modifica della normativa di calcolo dell'ISEE. Un tavolo al quale le associazioni chiedono di partecipare per evitare il rischio che, per compensare il costo derivante dalla sentenza del Consiglio di Stato, vengano inasprite le soglie di accesso ai servizi;
    alla luce di tale sentenza appare totalmente condivisibile l'affermazione delle associazioni ricorrenti, le quali hanno affermato con forza che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dalle persone disabili significa considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito, come se fosse un lavoro o un patrimonio, ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno alla persona disabile, ma una «remunerazione» del suo stato di invalidità: un dato oltremodo irragionevole oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione;
    la decisione del Consiglio di Stato ripristina un principio di giustizia, ma pone altresì una serie di questioni assai rilevanti, prima tra tutte il risarcimento dei cittadini che a causa del meccanismo previsto dalla normativa ISEE non hanno potuto usufruire dei servizi sociali che sarebbero loro spettati,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le opportune e improcrastinabili iniziative, affinché il calcolo dell'ISEE sia effettuato tutelando i soggetti più deboli della nostra società, quali sono gli anziani malati e i disabili in condizione di gravità, conformemente alla citata sentenza del Consiglio di Stato;
   ad assumere iniziative per porre in essere entro il 30 giugno 2016 una complessiva riforma del vigente sistema di calcolo dell'ISEE al fine di pervenire alla totale esclusione delle provvidenze assistenziali di qualsiasi natura;
   nelle more di un intervento di riforma della normativa vigente in conformità alla sentenza citata del Consiglio di Stato, ad adottare urgentemente iniziative per definire linee guida applicabili su tutto il territorio nazionale dirette agli enti locali e agli organi preposti alla ricezione del modello ISEE e alla definizione del suo valore, indicanti le modalità transitorie di calcolo da effettuarsi in base alle disposizioni normative antecedenti alla riforma intervenuta con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 3 dicembre 2013;
   a procedere ad una ricognizione e ad una quantificazione del valore delle prestazioni non erogate a causa delle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurate dal Consiglio di Stato e a fornirne puntuale comunicazione al Parlamento;
   a predisporre celeri interventi compensativi o procedure per il risarcimento immediato dei cittadini che, a causa dalle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurate dal Consiglio di Stato, non hanno potuto usufruire di prestazioni che sarebbero loro spettate o hanno dovuto contribuire con una compartecipazione più alta di quella dovuta;
   a convocare un tavolo di discussione con le associazioni delle famiglie con disabili per la modifica della normativa di calcolo dell'ISEE;
   a disporre una specifica informativa pubblica tramite i propri canali di comunicazione istituzionale, allo scopo di rendere a tutti soggetti interessati, ovvero coloro i quali hanno presentato delle dichiarazioni ISEE non conformi alla citata sentenza del Consiglio di Stato, tutte le informazioni e i chiarimenti del caso, compresa l'indicazione della procedura da seguire per la corretta compilazione del modello ISEE.
(1-01196) «Di Vita, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Lorefice, Grillo, Baroni, Agostinelli, Alberti, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, De Rosa, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, D'Incà, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'11 febbraio 2015 il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto, in parte, tre ricorsi presentati contro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 recante il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) entrato in vigore dal 1o gennaio 2015;
    le tre sentenze della sezione prima del Tar del Lazio, n. 2454 del 2015, n. 2458 del 2015 e n. 2459 del 2015, di fatto, modificavano parzialmente l'impianto per il calcolo dell'Indicatore della situazione reddituale (ISR);
    il Tar, nello specifico, accolse soltanto il ricorso sull'illegittimità del regolamento dell'ISEE nella parte in cui considera come reddito disponibile anche i proventi legati alla disabilità (pensione e accompagnamento), con la sentenza n. 2458 del 2015; mentre nella sentenza n. 2459 del 2015 ha ritenuto illegittima la franchigia prevista per i maggiorenni con disabilità e quella più alta per i minorenni con disabilità;
    riguardo al ricorso conclusosi con la sentenza n. 2458 del 2015, la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio accolse solo il sesto dei nove motivi formulati dai ricorrenti, infatti il Tar, richiamando i fondamentali principi della Costituzione enunciati negli articoli 3, 32 e 38, dichiarò che la pensione di invalidità e le indennità di accompagnamento non dovevano essere inserite tra i redditi disponibili, in quanto il loro inserimento, costituirebbe una penalizzazione nei confronti delle fasce sociali più deboli;
    in data 29 febbraio 2016 il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso presentato dal Governo a seguito delle sentenze del Tar del Lazio che aveva accolto i ricorsi presentati dalle associazioni delle persone disabili contro il sistema di calcolo dell'ISEE che sommava al reddito le pensioni e l'assegno di accompagnamento;
    il Consiglio di Stato, nella sentenza depositata in data 29 febbraio 2016, afferma che il collegio deve condividere l'affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito, come se fosse un lavoro o un patrimonio, e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una «remunerazione» del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione;
    in pratica, il Consiglio di Stato ha affermato che le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito;
    il Gruppo di Sinistra Italiana – Sinistra, Ecologia e Libertà giudicò grave il fatto che il Governo e, in particolare, la Presidenza del Consiglio e i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, non avessero proceduto alle necessarie modifiche adeguando la normativa ai rilievi del tribunale amministrativo;
    il Governo, come risulta da una dichiarazione resa in aula dal Sottosegretario per l'economia e le finanze, Enrico Zanetti, invece di modificare il decreto, decise di presentare ricorso al Consiglio di Stato, affermando che: «Sentiti gli uffici competenti dell'amministrazione finanziaria in merito alla richiesta di rafforzare le misure agevolative in favore dei soggetti disabili e delle loro famiglie giova ribadire che qualsivoglia iniziativa normativa dovrà necessariamente tener conto degli effetti negativi sui saldi di finanza pubblica per i quali è opportuno reperire idonei mezzi di copertura finanziaria». Per questo motivo «la Presidenza del Consiglio dei ministri (...) ha manifestato di condividere la posizione espressa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in ordine all'opportunità di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato, previa sospensione dell'esecutività delle sentenze impugnate»;
    il Consiglio di Stato, in relazione alle affermazioni del Governo, ha affermato che era necessario ricordare che le indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano, infatti, una «migliore» situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa. Pertanto, la «capacità selettiva» dell'Isee, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l'artificio di definire reddito un'indennità o un risarcimento, ma deve considerarli per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile;
    in merito al sistema delle franchigie, i giudici del Consiglio di Stato hanno sottolineato come esso non può compensare in modo soddisfacente l'inclusione nell'ISEE di siffatte indennità compensative, per l'evidente ragione che tale sistema consta sì di un articolato insieme di benefici, ma con detrazioni a favore di beneficiari e di categorie di spese i più svariati, onde in pratica i beneficiari ed i presupposti delle franchigie stesse sono diversi dai destinatari e dai presupposti delle indennità;
    il Consiglio di Stato, con la sentenza emessa, indica al Governo come procedere; non convince il temuto vuoto normativo conseguente all'annullamento in parte del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in quanto non occorre una novella all'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011 per tornare ad una definizione più realistica ed al contempo più precisa di «reddito disponibile», basta correggere l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e fare opera di coordinamento testuale, giacché non il predetto articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, ma solo quest'ultimo ha scelto di trattare le citate indennità come reddito;
    il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto n. 486 del 14 luglio 2015, ha aggiornato per l'anno accademico 2015/2016 i limiti dell'ISEE e dell'Indicatore della situazioni patrimoniale equivalente (ISPE) entro cui ciascuna regione deve fissare la soglia massima di ISEE e di ISPE per l'accesso alle prestazioni del diritto allo studio universitario, ma l'aggiornamento è stato operato esclusivamente sulla base della variazione annuale dell'indice generale Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per recepire immediatamente, attraverso apposita modifica all'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, n. 159, le indicazioni contenute nell'ambito della sentenza del Consiglio di Stato depositata il 29 febbraio 2016, procedendo all'esclusione degli importi delle pensioni di invalidità e delle indennità di accompagnamento, dal reddito ai fini ISEE, in quanto queste non determinano una «migliore» situazione economica del disabile rispetto al non disabile, ma al più mirano a colmare una situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale;
   in tale contesto, ad assumere iniziative per prevedere lo scorporo dall'ISEE dell'assegno di disabilità percepito dal nucleo familiare, nel caso di studenti disabili o appartenenti ad un nucleo familiare in cui uno o più membri percepiscano tale assegno e, in tale contesto, a promuovere interventi compensativi per gli studenti rimasti esclusi dai benefici nell'anno accademico 2015/2016;
   a convocare in tempi brevi una sessione della Conferenza unificata al fine di determinare, nelle more della modifica all'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, n. 159, indicazioni coerenti con la sentenza del Consiglio di Stato, al fine del calcolo dei redditi con particolare riferimento alle persone disabili;
   ad inviare, nel più breve termine, una relazione dettagliata alle competenti Commissioni parlamentari, che quantifichi il numero delle persone disabili che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, n. 159, non hanno potuto accedere a servizi e prestazioni sociali ovvero hanno dovuto compartecipare alla spesa, a causa dell'inserimento nel reddito ai fini ISEE, delle pensioni di invalidità e delle indennità di accompagnamento, in qualità di redditi disponibili, indicando nella relazione le iniziative e le modalità con le quali il Governo intenda prevedere forme di risarcimento alle persone disabili.
(1-01197) «Nicchi, Gregori, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaccagnini, Zaratti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio di Stato, con sentenza del 29 febbraio 2016, ha respinto il ricorso presentato dal Governo contro le sentenze del Tar del Lazio del febbraio 2015, che avevano, a loro volta, respinto «una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale», disponendo che le provvidenze economiche previste per la disabilità non dovessero essere conteggiate come reddito, al contrario di quanto previsto dal nuovo sistema di calcolo ISEE, adottato con il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159;
    nella citata sentenza del Consiglio di Stato si legge: «Deve il Collegio condividere l'affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione»; e ancora: «Non è allora chi non veda che l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva ed ontologica (cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva) situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
    a proposito di eventuali danni provocati nel frattempo ai cittadini disabili, ai quali non siano state concesse le prestazioni richieste, in forza del nuovo calcolo ISEE, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, dopo la citata sentenza del Consiglio di Stato, ha dichiarato che: «Non sono previsti risarcimenti, nel senso che la sentenza richiede di modificare il regolamento e noi lo faremo»;
    alcuni rappresentanti dell'Associazione mutilati e invalidi civili hanno dichiarato che il concetto di reddito, come fissato dal Consiglio di Stato, potrebbe avere un rilievo al di là del semplice indicatore ISEE, portando conseguenze anche in merito ad altre situazioni previste dall'ordinamento in termini di agevolazioni diverse per i disabili;
    in risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 5-07992, presentata dalla prima firmataria della presente mozione in Commissione finanze il 10 marzo 2016, il Governo ha premesso che il Tar del Lazio, con sentenze n. 2454/15, n. 2458/15 e n. 2459/15, in accoglimento parziale dei ricorsi, proposti dalle varie associazioni che tutelano gli interessi delle persone disabili, nonché da alcuni disabili e dai loro familiari, ha annullato l'articolo 4, comma 2, lettera f) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 (regolamento che ha introdotto la nuova riforma ISEE), che ricomprende, nella nozione di reddito ai fini ISEE «i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche»;
    a giudizio del Tar, nella nozione di reddito di cui al predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 sono stati illegittimamente ricompresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo, indennitario e/o risarcitorio a favore delle situazioni di disabilità, quali le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico ed altro;
    inoltre, la sentenza n. 2459/15 ha annullato anche l'articolo 4, comma 4, lettera d) nn. 1, 2, 3, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nella parte in cui si prevedono franchigie più alte per i soli minorenni disabili, discriminando, pertanto, i disabili maggiorenni;
    il Governo ha proposto appello al Consiglio di Stato, nella convinzione della legittimità complessiva dell'impianto del nuovo regolamento ISEE, sostenendo che i dati dei monitoraggi trimestrali, predisposti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e relativi all'applicazione della descritta disciplina, risultano senz'altro più favorevoli alle persone con disabilità se paragonati a quelli registrati in applicazione della previgente normativa;
    il Consiglio di Stato ha tuttavia ritenuto di confermare le statuizioni dei giudici di prime cure, in relazione, in particolare, all'annullamento dell'articolo 4, comma 2, lettera t), del prefato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, respingendo il predetto appello;
    a seguito della sentenza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha evidenziato come le prestazioni sociali agevolate, a cui si accede tramite ISEE siano molteplici, e tipicamente di competenza di enti erogatori diffusi su tutto il territorio nazionale, ciascuno con una propria potestà regolatoria rispetto alle prestazioni da essi concesse;
    il Governo ha inoltre segnalato che l'ISEE è un mero misuratore della situazione economica e che gli effetti finanziari che produce dipendono prioritariamente dalle determinazioni di ciascun ente erogatore con riferimento alle soglie di accesso alla prestazione ovvero per la graduazione dei costi di compartecipazione e per altro verso, ha confermato che, al fine di dare attuazione alla sentenza, è in corso il processo di modifica dell'articolo 4 predetto, che si snoderà, in particolare attraverso l'individuazione degli specifici trattamenti indennitari/risarcitori, percepiti dai disabili, da escludere dal computo del reddito rilevante ai fini ISEE, come prescritto dal giudice amministrativo, nonché attraverso l'idonea rimodulazione delle franchigie, previste dalla stessa norma, così da consentire di ristabilire l'equilibrio complessivo del sistema;
    il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato anche che, in riferimento alle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU), il cui reddito disponibile è stato computato tenendo conto dell'indennità di accompagnamento o di altre indennità, su circa 4,8 milioni di DSU attestate, poco meno di 1,2 milioni presentano trattamenti su cui è intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato: ciò significa che per il 25 per cento circa delle DSU si registrerebbe una riduzione del valore dell'indicatore ISEE, la cui entità è comunque dipendente da una serie di ulteriori variabili quali la composizione del nucleo familiare e la presenza di componenti reddituali e patrimoniali più o meno significative,

impegna il Governo:

   a fornire una previsione puntuale delle ricadute economiche, conseguenti alla citata sentenza del Consiglio di Stato, per il bilancio dello Stato e degli enti locali;
   ad intraprendere le urgenti iniziative compensative e le relative procedure per il risarcimento immediato dei cittadini che, a causa delle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurato dal Consiglio di Stato, non hanno potuto usufruire di prestazioni a loro spettanti o hanno dovuto contribuire con una compartecipazione più alta del dovuto;
   ad assumere iniziative per rafforzare gli strumenti di carattere tributario in favore dei soggetti portatori di disabilità e delle loro famiglie, segnatamente le deduzioni dal reddito imponibile e le detrazioni dall'imposta lorda a fini Irpef.
(1-01198) «Sandra Savino, Baldelli, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    l'indicatore della situazione economica equivalente, in acronimo ISEE, è uno strumento che in Italia permette di misurare la condizione economica delle famiglie e tiene conto delle condizioni di reddito, patrimonio (mobiliare e immobiliare) e delle caratteristiche di un nucleo familiare, per numerosità e tipologia;
    è uno strumento di welfare, che si calcola effettuando il rapporto tra indicatore della situazione economica (I.S.E., dato dalla somma dei redditi e dal 20 per cento dei patrimoni mobiliari e immobiliari dei componenti il nucleo familiare) e parametro nella scala di equivalenza; la dichiarazione sostitutiva avviene per auto-certificazione, è valida un anno per tutti i componenti il nucleo familiare e si può presentare all'ente che fornisce la prestazione sociale agevolata, al comune, al Caf e all'Inps per via telematica;
    da gennaio 2015 il calcolo dell'indice è stato revisionato in base all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE)»;
    il riferimento precedente era il decreto legislativo n. 109 del 31 marzo 1998, in cui si affermava che l'indicatore della situazione economica equivalente era definito dal rapporto tra l'indicatore ricavato dalla somma dei redditi, indicatore della situazione economica, combinato con l'indicatore della situazione economica patrimoniale ed il riferimento al numero dei componenti del nucleo familiare;
    comunque gli elementi che concorrono alla definizione di questo indicatore sono: il reddito, il patrimonio mobiliare, il patrimonio immobiliare, il nucleo familiare, e le caratteristiche del nucleo familiare. L'ISEE serve quindi a evidenziare i criteri necessari per la valutazione della situazione economica del soggetto che richiede prestazioni o servizi sociali o assistenziali collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche. Il provvedimento interessa milioni di cittadini italiani poiché la dichiarazione ISEE (DSU) viene richiesta per l'accesso a prestazioni sociali agevolate, sia sotto forma di servizi che di aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni sui tributi locali;
    l'indicatore ISEE entra in gioco anche in altre questioni come ad esempio le pensioni di reversibilità o le separazioni coniugali. In questo senso, basta consultare sul sito dell'INPS la sezione delle FAQ e ci si rende conto di quanto siano interessate a questo indicatore le famiglie separate e divorziate, di cui è noto l'impoverimento a cui vanno incontro dopo la rottura del nucleo familiare;
    la recente revisione del calcolo dell'ISEE, effettuata in base all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, ha posto lo Stato nella paradossale posizione di riconoscere come voce di reddito e, quindi, di ricchezza le indennità che lo stesso corrisponde ai beneficiari sulla base di un'effettiva condizione di svantaggio e che mirano al superamento di tale condizione, così come prevede l'articolo 3 della Costituzione;
    contro il provvedimento le associazioni e le federazioni di categoria, a cominciare dal Forum delle famiglie, hanno subito segnalato l'aspetto paradossale, per cui un soggetto destinatario delle provvidenze assistenziali vede innalzarsi la propria fascia reddituale e in alcuni casi si trova escluso proprio da quei servizi sociali di cui avrebbe maggiore bisogno, con grave disagio soprattutto per le famiglie a più basso reddito, anziani e persone disabili, che a questo punto non sono più riconosciuti come aventi diritto a una serie di servizi;
    il Tar del Lazio, sollecitato da varie associazioni di categoria e delle famiglie di persone con disabilità è intervenuto con tre sentenze per affermare la necessità di rivedere la normativa in questione, per ridurre il valore finale dell'ISEE e rendere possibile l'accesso alle prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria per molte persone che con l'ultima norma risultavano escluse;
    il Governo a questo punto ha presentato un ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo di bloccare gli effetti della sentenza del TAR, in attesa della pronuncia definitiva; il Consiglio di Stato, con le sentenze 838, 841 e 842 del 29 febbraio 2016, si è pronunciato su più ricorsi, tra i quali quello della Presidenza del Consiglio, non concedendo la sospensiva delle sentenze del Tar, di cui veniva ribadita l'immediata esecutività; secondo il Consiglio di Stato, «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva e ontologica situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica della persona disabile rispetto alla persona non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
    l'aspetto fondamentale delle pronunce del Consiglio di Stato è che non si debba considerare la disabilità come fonte di reddito, cosa che accadrebbe se si includessero tra i redditi della persona i trattamenti indennitari percepiti e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, dal momento che si tratta di una forma di sostegno alla persona disabile, non di una remunerazione del suo stato di invalidità, in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione; in sintesi, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito;
    secondo le cifre fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze sarebbero un milione e duecentomila le dichiarazioni ISEE delle famiglie con persone disabili che in virtù della impropria inclusione dei sussidi ai fini del calcolo del reddito familiare, sono andate incontro ad ulteriori difficoltà e, in molti casi, non hanno potuto accedere ad alcune agevolazioni perché il loro reddito è risultato erroneamente superiore alla soglia di accesso;
    numerose ulteriori osservazioni sono state avanzate in relazione al nuovo ISEE, con riferimento al criterio di calcolo del valore patrimoniale della prima casa e all'applicazione del reddito ISEE alle tasse universitarie, sia pure recentemente modificato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: per numerose famiglie l'aggravio è stato tale da comportare una forte riduzione dell'accesso alle prestazioni e una lesione del diritto allo studio;
    inoltre, poiché oltre l'80 per cento delle famiglie italiane è proprietaria della casa di abitazione, le attuali modalità di calcolo ISEE, che prevedono il calcolo del reddito degli immobili hanno colpito un'ampia fascia di popolazione; in tale ambito sarebbe opportuno introdurre delle soglie o una più elevata franchigia;
    nel disegno di legge recante delega al Governo in materia di contrasto alla povertà, la reversibilità pensionistica viene trasformata da prestazione previdenziale (cioè legata a dei versamenti) a prestazione assistenziale legata all'ISEE; peraltro, il Governo ha fatto presente che intende modificare questa norma, considerata impopolare da tutti gli schieramenti politici;
    al fine di poter usufruire, tramite l'ISEE, dei servizi pubblici in regime privilegiato, si assiste a fenomeni di «spacchettamento» delle famiglie con false separazioni coniugali e attribuzione di residenze e quote di reddito fittizi;
    in sede di discussione nell'aula della Camera dei deputati della legge di stabilità per il 2016, il 19 dicembre 2015, sono stati respinti emendamenti che anticipavano quanto stabilito dalle citate sentenze del Consiglio di Stato. In quella sede è stato chiarito quanto segue:
     a) il Governo ha indicato il provvedimento collegato sulle politiche sociali, quale sede naturale per la complessiva rivisitazione dei criteri di calcolo dell'ISEE;
     b) il modello ISEE che riguarda la disabilità e la non autosufficienza, prevede un complesso di sgravi e franchigie, che, con la mera applicazione delle sentenze del Consiglio di Stato, dovrebbero essere soppressi, sbilanciando il sistema;
     c) il nuovo modello aveva comunque il pregio di fornire un casellario, un quadro della situazione completo per ogni singola persona, essendo diverse le fonti da cui provengono i sostegni alla disabilità (comune, regione, INPS), ciò anche al fine di evitare possibili abusi;
    Area popolare nella mozione n. 1124 sulle politiche a sostegno della famiglia approvata dalla Camera il 2 marzo 2016, ha preso chiaramente posizione a favore di tutte le famiglie, dalle più indigenti a tutto l'universo delle famiglie che costituiscono il ceto medio il quale negli ultimi anni si è impoverito in modo significativo, senza poter contare su indicatori adeguati della sua effettiva condizione; nella mozione in questione si impegnava il Governo a promuovere una politica trasversale di sostegno della famiglia, quale nucleo fondamentale della società, rispondendo, al tempo stesso, ad una grave emergenza economica e sociale e ad un'esigenza di attuazione della Costituzione; si impegnava altresì il Governo ad attuare interventi in materia di servizi socio-educativi per l'infanzia e soprattutto ad assumere iniziative per la revisione del regime fiscale della famiglia, in modo da farne un efficace stimolo alla genitorialità e un reale sostegno ai nuclei familiari con più figli. Tutte misure che richiedono una revisione dell'ISEE e un suo ricalcolo più appropriato;
    da quanto sopra esposto appare evidente che la revisione complessiva dei criteri di calcolo dell'ISEE, non può essere considerato un mero problema tecnico o contabile, quanto invece un problema politico, da riportare nella sua sede naturale, cioè il Parlamento,

impegna il Governo:

   nelle more di un intervento di riforma della normativa vigente, in conformità alla sentenza citata del Consiglio di Stato, ad emanare linee guida applicabili su tutto il territorio nazionale, indicanti le modalità transitorie di calcolo da effettuarsi in base alle disposizioni normative antecedenti alla riforma intervenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, n. 159;
   a convocare un tavolo di discussione con le associazioni familiari per la revisione del calcolo dell'ISEE, tenendo sempre presente che il calcolo dell'ISEE va effettuato tutelando i soggetti più deboli della società e che al centro di tutte le politiche di welfare deve esserci la famiglia con le sue problematiche ordinarie, compresi gli aspetti demografici di sostegno alla genitorialità;
   a promuovere una corretta campagna di informazione, tramite i propri canali istituzionali, per rendere noti a tutti soggetti interessati, a cominciare da coloro che hanno presentato dichiarazioni ai fini ISEE non conformi alle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, tutte le informazioni e i chiarimenti necessari per la corretta compilazione del modello;
   ad assumere iniziative normative per una riforma dell'ISEE, tenendo conto delle problematiche esposte in premessa e prevedendo in particolare l'introduzione di un quoziente familiare, una sorta di moltiplicatore dei carichi di famiglia, volto a tutelare la famiglia naturale così come individuata dall'articolo 29 della Costituzione.
(1-01199) «Binetti, Tancredi, Vignali, Buttiglione, Bosco, Pagano».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    l'indicatore di situazione economica equivalente (ISEE) è in vigore dal 1998, anno in cui fu ideato per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari, al fine di regolarne l'accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie erogate dai diversi livelli territoriali di Governo;
    la situazione economica è determinata tenendo conto del reddito di tutti i componenti il nucleo familiare, del loro patrimonio e, attraverso una scala di equivalenza, della composizione dello stesso nucleo;
    la revisione dell'ISEE è stata adottata con l'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici; tali disposizioni hanno ricevuto applicazione con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 5 dicembre 2013, n. 159 – Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) – e il nuovo modello è entrato in vigore dal 1o gennaio 2015;
    il nuovo calcolo ha previsto l'inclusione nell'indicatore di tutti i redditi percepiti dai componenti del nucleo familiare del richiedente, compresi quelli soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo di imposta e quelli esenti da Irpef, tra i quali le pensioni di invalidità, le indennità di accompagnamento e le borse di studio percepite dagli studenti universitari;
    alle nuove modalità di calcolo dei parametri per l'ISEE non ha fatto seguito il necessario adeguamento delle soglie di reddito, che danno diritto ad accedere alle prestazioni da parte degli enti locali. Pertanto, l'applicazione dei nuovi parametri ha determinato l'esclusione di migliaia di famiglie dall'accesso alle prestazioni sociali agevolate, costringendole a sostenere spese anche ingenti per ottenere servizi indispensabili;
    i soggetti maggiormente penalizzati sono stati quelli affetti da disabilità, che si sono trovati esclusi dall'accesso ai presidi sanitari e a numerose prestazioni assistenziali, e gli studenti universitari, il dieci per cento dei quali è decaduto dal diritto a percepire una borsa di studio;
    sicché, sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale del sistema di calcolo Isee così come riformato, ritenendo che lo stesso fosse evidentemente in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. In particolare, è stato contestato il conteggio nel reddito dei contributi ricevuti a fine assistenziale, poiché, come predetto, il modello approvato comprende le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento;
    già con precedenti atti di sindacato ispettivo, tra i quali l'interrogazione del 27 gennaio 2015 n. 4-07683, è stato denunciato che l'ISEE, come modificato, sfavorisce i disabili più gravi. Pertanto, è stato richiesto specificamente al Ministro dell'economia e delle finanze di «adottare immediati provvedimenti per escludere dal calcolo dell'ISEE le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento, nonché innalzare le soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate». Inoltre, sono molteplici i provvedimenti rispetto ai quali sono state presentate proposte emendative, poi non approvate, affinché «le indennità di accompagnamento e le pensioni di invalidità siano escluse dal calcolo dell'Isee»;
    è inammissibile, anche da un punto di vista giuridico, che tali entrate siano state equiparate al reddito da lavoro, posto che disabilità e lavoro non sono di certo equiparabili. L'ingiustizia di tali disposizioni ha, dunque, costretto alcune associazioni per la difesa dei diritti dei disabili ad intervenire con la presentazione di ben tre ricorsi al Tar Lazio, per eccepire l'illegittimità del nuovo ISEE, impugnando il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    il Tar del Lazio con le sentenze n. 2454, n. 2458 e n. 2459 del 21 febbraio 2015 ha in parte accolto i ricorsi e ha dichiarato l'illegittimità del regolamento dell'ISEE nella parte in cui considera come reddito disponibile anche i proventi legati alla disabilità; inoltre, ha ritenuto illegittima la franchigia prevista per i maggiorenni con disabilità e quella più alta per i minorenni con disabilità;
    il tribunale amministrativo ha così fatto valere i fondamentali principi della Carta Costituzionale stabiliti negli articoli 3, 32 e 38, affermando che la pensione di invalidità e le indennità di accompagnamento non devono essere inseriti tra i redditi disponibili, poiché la loro previsione penalizza gravemente le fasce sociali più deboli;
    il Governo, nonostante l'immediata esecutività delle sentenze, avverso le stesse, ha proposto ricorso. La formulazione del nuovo ISEE ha quindi dato luogo ad una battaglia giudiziaria che, il 29 febbraio 2016, ha visto la pronuncia del Consiglio di Stato con le sentenze n. 838, 841 e 842 del 2016, che hanno confermato l'illegittimità dell'ISEE, sancendo che le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito. Il Collegio ha infatti respinto il ricorso del Governo argomentando che «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva e ontologica situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa». Inoltre, i giudici amministrativi hanno evidenziato che: «... ricomprendere tra i redditi i trattamenti... indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità... (dato) ... oltremodo irragionevole ... (oltre che) ... in contrasto con l'articolo 3 Cost. ...»;
    è, dunque, assurdo che per stabilire un principio di semplice buon senso a tutela delle fasce sociali più deboli le associazioni dei disabili siano state costrette a rivolgersi al giudice amministrativo. È chiaro che il Governo deve adesso adottare urgenti iniziative per conformare il regolamento dell'ISEE alle sentenze del Consiglio di Stato, prevedendo, quindi, l'esclusione dal calcolo delle provvidenze assistenziali. Inoltre, vanno adottati i dovuti provvedimenti a tutela di coloro che hanno ricevuto un danno conseguente all'applicazione delle norme dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato sul calcolo ISEE;
    resta, invece, ancora insoluta la situazione in cui versano centinaia di studenti universitari, i quali, in base ad un meccanismo perverso, dovendo includere nel reddito le borse di studio percepite nel precedente anno e in considerazione del fatto che solo tre regioni hanno sinora provveduto ad aumentare le soglie di reddito per l'accesso alle prestazioni, si sono visti negare la borsa di studio per il successivo anno accademico;
    in un momento storico nel quale gli indici di povertà hanno registrato continui aumenti non possono essere in alcun modo sacrificate le prestazioni sociali di sostegno al reddito in nome di una solo «sbandierata» e distorta spending review,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per adeguare le disposizioni relative al calcolo delle ISEE alle recenti sentenze del Consiglio di Stato, n. 838, n. 841 e n. 842 del 29 febbraio 2016, prevedendo un sistema che non ricomprenda gli emolumenti assistenziali nel reddito al fine di tutelare i disabili e le persone non autosufficienti;
   ad adottare tutte le iniziative riparatorie nei confronti di coloro che hanno ricevuto un danno dall'applicazione delle disposizioni dichiarate illegittime sul calcolo ISEE, procedendo: alla rideterminazione della quota di compartecipazione a carico dell'utente per l'anno 2015 e l'anno 2016; alla conseguente restituzione degli importi che non erano dovuti; al risarcimento del danno per coloro che hanno ricevuto un pregiudizio, poiché non hanno potuto usufruire di prestazioni sociali che, di contro, andavano garantite;
   a porre in essere idonee iniziative al fine di escludere dal calcolo del reddito le borse di studio percepite dagli studenti universitari, ovvero al fine di adeguare i parametri di reddito che regolano l'accesso alle prestazioni.
(1-01200) «Rizzetto, Giorgia Meloni, Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).