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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 23 febbraio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 febbraio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grassi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mattiello, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grassi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mattiello, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

Ritiro di proposte di legge.

  In data 22 febbraio 2016 la deputata Castiello ha comunicato, anche a nome del cofirmatario, di ritirare la seguente proposta di legge:
   CASTIELLO e RICCARDO GALLO: «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per la disciplina del prelievo venatorio» (3577).

  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 5 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la relazione – predisposta dal Ministero della giustizia – sulla consistenza, destinazione e utilizzo dei beni sequestrati o confiscati e sullo stato dei procedimenti di sequestro o confisca, aggiornata al mese di settembre 2015 (Doc. CLIV, n. 6).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 22 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19 della legge 30 marzo 2001, n. 152, la relazione sulla costituzione e sul riconoscimento degli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché sulle strutture, sulle attività e sull'andamento economico degli istituti stessi, riferita agli anni 2012 e 2013 (Doc. CXCIII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 23 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135, la relazione sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV, riferita all'anno 2014 (Doc. XCVII, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissioni dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 23 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 per quanto riguarda il rafforzamento delle verifiche nelle banche dati pertinenti alle frontiere esterne (COM(2015) 670 final).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 23 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio (COM(2015) 671 final).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 febbraio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio del 26 febbraio 2009 relativa all'organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (COM(2016) 6 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (EGF/2016/000 TA 2016 – Assistenza tecnica su iniziativa della Commissione) (COM(2016) 78 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);
   Relazione della Commissione al Consiglio sull'attuazione dell'assistenza finanziaria fornita ai paesi e territori d'oltremare attraverso l'11o Fondo europeo di sviluppo (COM(2016) 79 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 79 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di documenti dell'Assemblea parlamentare della NATO.

  L'Assemblea parlamentare della NATO ha trasmesso, in data 26 ottobre 2015, una raccomandazione e otto risoluzioni, approvate nel corso delle Sessioni plenarie svoltesi a Budapest il 18 maggio 2015 e Stavanger il 12 ottobre 2015, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Dichiarazione n. 419 - Allargamento della NATO (Doc. XII-quater, n. 19) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 420 - Contrastare la minaccia in evoluzione del terrorismo (Doc. XII-quater, n. 20) — alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri);
   Risoluzione n. 421 - Contrastare le campagne di propaganda e disinformazione della Russia (Doc. XII-quater, n. 21) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 422 - Solidarietà con l'Ucraina (Doc. XII-quater, n. 22) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 423 - Mantenere il sostegno alle iniziative del Vertice del Galles (Doc. XII-quater, n. 23) – alla IV Commissione (Difesa);
   Risoluzione n. 424 - Le sanzioni economiche contro la Russia (Doc. XII-quater, n. 24) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 425 - Una risposta urgente, esaustiva e unitaria alle crisi in Medio Oriente e Nord Africa (regione Mena) (Doc. XII-quater, n. 25) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 426 - Rafforzamento della sicurezza e della stabilità mediante le politiche della porta aperta e di partenariato della NATO (Doc. XII-quater, n. 26) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 427 - Cambiamento climatico e sicurezza internazionale (Doc. XII-quater, n. 27) – alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e VIII (Ambiente).

Trasmissione dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.

  Il Presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso il testo di una risoluzione sui seguenti progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi: comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - L'anello mancante - Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare (COM(2015) 614 final); proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM(2015) 594 final); proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti (COM(2015) 595 final); proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (COM(2015) 596 final).

  Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per la Calabria.

  Il Garante del contribuente per la Calabria, con lettera in data 17 febbraio 2016, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Calabria, riferita agli anni 2014 e 2015, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di nomina ministeriale.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Marco Ugo Filisetti, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per le Marche, nell'ambito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VII Commissione (Cultura).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 17 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dell'articolo 1, comma 334, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente la revisione dei criteri e dei parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016 (276).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 14 marzo 2016. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 4 marzo 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI

Iniziative in materia di ordine pubblico volte a garantire un adeguato controllo del territorio in Basilicata – 3-01521; 3-02031; 3-01655; 3-01831; 3-02024; 3-02037

A)

   BURTONE. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo periodo nel territorio del comune di Ferrandina si sono registrati una serie di furti nelle abitazioni e nelle campagne;
   addirittura in alcuni casi i ladri si sono introdotti nelle abitazioni di notte in presenza dei proprietari;
   è evidente che si è ingenerato un clima di preoccupazione nella comunità e la richiesta di una maggiore sicurezza;
   in considerazione della rilevanza del centro abitato trattandosi di uno dei centri più importanti della provincia di Matera sarebbe importante verificare la possibilità di poter accedere ai programmi per la sicurezza finanziati con fondi dell'Unione europea;
   al contempo occorrerebbe anche potenziare gli organici della stazione dei carabinieri nonché del commissariato di polizia competente territorialmente, quello di Pisticci, al fine di poter disporre di un maggior numero di uomini e mezzi per il controllo del territorio nonché per l'attività investigativa –:
   in considerazione di quanto espresso in premessa se e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di potenziare gli organici delle forze dell'ordine nonché di verificare la possibilità per il comune di Ferrandina di accedere ai fondi comunitari per rafforzare anche con dispositivi di videosorveglianza la sicurezza del proprio territorio, dei cittadini e del tessuto economico. (3-01521)


   BURTONE. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra venerdì e sabato 10-11 luglio 2015 presso il comune di Irsina si è verificata una rapina ai danni del bancomat della Banca popolare di Puglia e Basilicata;
   nel compierla è stato usato dell'esplosivo e i ladri si sono mossi con velocità e scaltrezza armati anche di mitra;
   una volta racimolato il bottino, circa 40 mila euro sono fuggiti a bordo di due Audi di grossa cilindrata di colore nero in direzione della Puglia disseminando chiodi a zampa di gallina per scoraggiare ogni tentativo di inseguimento;
   da tempo nel nord della Basilicata, nel comprensorio dell'alto Bradano ai confini con la Puglia si registrano incursioni criminali dedite a furti e rapine;
   la posizione geografica, la vastità del territorio in questione e la prossimità di importanti arterie stradali rendono più complicato il compito delle forze dell'ordine;
   il sindaco di Irsina ha chiesto al prefetto di Matera di convocare un comitato per l'ordine e la sicurezza a seguito di questo episodio;
   è evidente la necessità di rafforzare in termini di uomini e mezzi la presenza delle forze dell'ordine –:
   se e quali iniziative il Ministro, dopo questo nuovo ed inquietante episodio, intenda assumere al fine di rafforzare il controllo del territorio in questione potenziando la presenza delle forze dell'ordine. (3-02031)


   VICO e BURTONE. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella zona nord della Basilicata, quella più prossima al confine con la Puglia, da tempo è oggetto di incursioni da parte di malviventi che puntano bancomat e postamat per rapine;
   prima a Palazzo San Gervasio, poi Irsina il 12 luglio 2015, episodio sul quale gli interroganti hanno depositato un altro atto di sindacato ispettivo;
   nella notte tra venerdì e sabato 31 luglio-1o agosto 2015 a Grottole intorno alle 3 di mattina si è verificato un tentativo di rapina presso l'ufficio postale;
   i carabinieri notano un'auto di grossa cilindrata di colore scuro, presumibilmente la ormai famosa Audi A6 correre via gran velocità nei pressi dell'ufficio postale;
   purtroppo l'auto è riuscita a fuggire e al ritorno gli uomini dell'arma hanno notato un ordigno rudimentale pronto ad esplodere;
   la carica era di potenza non irrilevante e, poiché l'ufficio postale si trova nei pressi di abitazioni, l'eventuale esplosione per rapina avrebbe potuto determinare conseguenze anche per i residenti;
   il ripetersi di questi episodi deve far innalzare il livello di guardia –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per rafforzare del territorio e contrastare il ripetersi di questi episodi che stanno ingenerando preoccupazione nella comunità locale. (3-01655)


   CUOMO e BURTONE. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 9 e il 10 novembre 2015 è stato fatto esplodere dell'esplosivo per rapinare l'ufficio postale di Grottole;
   sono stati prelevati circa 10 mila euro però inutilizzabili a causa dell'inchiostro antirapina, ma risultano ingenti i danni alla struttura ricordando che l'ufficio postale è ubicato lungo Via Nazionale ed è nei pressi di altre abitazioni private;
   già nella notte tra venerdì e sabato 31 luglio-1o agosto 2015 a Grottole intorno alle 3 di mattina si è verificato un tentativo di rapina presso lo stesso ufficio postale;
   anche allora la carica era di potenza non irrilevante;
   in merito al citato caso gli interroganti avevano già presentato un atto di sindacato ispettivo (n. 3-01655) in attesa di risposta;
   il ripetersi di questi episodi non può essere sottovalutato soprattutto perché non hanno desistito dal tentativo di rapina mettendo a rischio anche l'incolumità dei residenti –:
   di fronte a tale nuovo preoccupante episodio, quali iniziative si intendano adottare in sede di comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico del territorio in questione al fine di rafforzare il controllo per uffici postali ed istituti di credito, contrastare simili atti criminali e realizzare una più efficace azione di prevenzione e deterrenza. (3-01831)


   CUOMO e BURTONE. – Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2016 si è registrato un tentativo di furto presso lo sportello bancomat della filiale del Banco di Napoli in via Manzoni a Ferrandina;
   nel tentativo di furto è stato utilizzato dell'esplosivo;
   a seguito dello scoppio sono giunti sul posto vigili del fuoco e carabinieri;
   in provincia di Matera si registrano da tempo tentativi di rapina a danno di sportelli bancomat e postamat, ma hanno riguardato in particolare comuni più prossimi al confine con la vicina Puglia;
   Ferrandina è un importante centro della Valle del Basento e tale episodio desta preoccupazione anche perché recentemente si sono registrati furti in appartamenti e nelle campagne –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rafforzare i dispositivi di sicurezza presso il comune di Ferrandina potenziando la dotazione organica della locale stazione dei carabinieri e promuovendo l'installazione di sistemi di videosorveglianza per un migliore e più efficace controllo del territorio. (3-02024)


   BATTAGLIA e BURTONE. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 20 e il 21 dicembre 2015 ad Irsina (Matera) presso un immobile di Corso Musacchio è stato fatto esplodere il postamat;
   i malviventi tuttavia non sono riusciti a portarlo via e a rubare il denaro contenuto;
   sul luogo sono intervenuti i anche i vigili del fuoco, allertati da numerosi cittadini che, pure a distanza di diverse centinaia di metri, hanno sentito il boato dell'esplosione;
   sull'episodio sono in corso le indagini da parte degli inquirenti;
   già nelle scorse settimane, gli interroganti hanno depositato degli atti di sindacato ispettivo al Governo, poiché si stanno verificando una serie di inquietanti episodi con rapine e tentativi di rapine a danno di banche e uffici postali;
   il 10 novembre 2015 è accaduto all'ufficio postale di Grottole, fatto saltare in aria per portare via denaro, un ufficio che aveva fatto registrare già ad agosto un tentativo fallito che ha messo a repentaglio la sicurezza di cittadini che abitano ai piani superiori dell'immobile dove è ubicato lo sportello;
   altri episodi si sono verificati a Palazzo San Gervasio, Banzi ed anche ad Irisina stessa, nel luglio 2015, con un assalto al bancomat della Banca popolare di Puglia e Basilicata;
   è del tutto evidente che questo comprensorio della Basilicata è oggetto di una escalation di rapine da parte di bande specializzate;
   si tratta di una situazione che desta molta preoccupazione tra cittadini e istituzioni da non sottovalutare –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere con la massima urgenza per un più attento e capillare controllo del territorio al fine di prevenire simili episodi e garantire la massima sicurezza.
(3-02037)


Iniziative per il potenziamento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio nella regione Marche – 3-01828

B)

   TERZONI, AGOSTINELLI e CECCONI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   da un comunicato diffuso dal Sindacato autonomo di Polizia in data 6 ottobre 2015 si apprende che nella giornata di lunedì 5 ottobre 2015 al casello autostradale di Ancona Nord sarebbero rimasti n. 4 pattuglianti con una sola autovettura, alcuni dei quali, quando è arrivata la pioggia avrebbero trovato riparo sotto la pensilina del casello, perché nell'unica macchina disponibile il sedile posteriore sarebbe stato occupato dal cospicuo materiale di servizio;
   il posto di blocco inizialmente era formato da cinque pattuglianti più il comandante del distaccamento Polstrada di Senigallia con due autovetture e un furgone della Polizia di Stato;
   il comandante avrebbe dichiarato di essere stato convocato dal dirigente di selezione verso le ore 15, per riunione periodica con tutti i comandanti di distaccamento, quindi si sarebbe allontanato alla guida di una delle due autovetture di servizio unitamente a un collega alla guida del furgone;
   nel comunicato il sindacato denuncia la grave lesione del prestigio e del decoro della Polizia di Stato, per aver lasciato volontariamente appiedati dei pattuglianti diminuendo la capacità di intervento in caso di necessità;
   l'episodio se confermato sarebbe ancora più grave alla luce di quanto avvenuto nelle ultime settimane nel territorio regionale: il 29 settembre 2015 in A14, sulla corsia sud tra Loreto e Porto Recanati, nelle Marche dove furgoni portavalori che stavano percorrendo l'A14 in direzione Macerata si sono visti sbarrare la strada da un commando armato, e a seguito di una sparatoria a colpi di kalashnikov i malviventi sono fuggiti con un bottino di 5 milioni di euro e si sono lasciati alle spalle un ferito tra le guardie giurate della Fitist; il 4 ottobre 2015 a Monsano, alle porte di Jesi, è avvenuta un'irruzione in un megastore pieno di gente a colpi di martelli, mazze e bombe molotov durante l'orario di apertura e quindi alla presenza di molti cittadini;
   l'assalto al portavalori in A14, anche secondo il questore di Ancona Oreste Capocasa, è da collocare tra gli attacchi malavitosi compiuti dalle «tre, quattro bande altamente specializzate che operano sul territorio nazionale. La rapina non ha a che fare con la criminalità locale, ma con banditi di un livello superiore. Il sistema adottato è perfetto – spiega Capocasa –. La banda sapeva di poter agire in una zona d'ombra delle comunicazioni telefoniche, ha studiato luoghi, vie di fuga, percorsi, tempi d'intervento, modalità di esecuzione. Sapeva che sarebbe entrata in funzione la schiuma autobloccante e aveva già la soluzione. Questa banda è la stessa che ha operato in Sardegna, Toscana, Lombardia. In raccordo con altre forze di altre zone d'Italia e con le procure stiamo facendo un grande lavoro per dare una risposta efficace e in tempi rapidi» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   come intenda procedere, per quanto di competenza, una volta verificato che quanto denunciato dal Sindacato autonomo di Polizia trovi conferma, per stabilire se ci siano state delle negligenze nella gestione delle pattuglie e del personale;
   quali iniziative intenda intraprendere per garantire il potenziamento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e, nello specifico, se ci siano già in agenda delle misure mirate per la regione Marche.
(3-01828)


Iniziative volte a rivedere le modalità di assegnazione degli incentivi Inail di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di premiare maggiormente la qualità e l'efficacia delle proposte – 3-02032

C)

   PATRIZIA MAESTRI, BOCCUZZI, BARUFFI, GIACOBBE, GRIBAUDO, MICCOLI, ROSTELLATO e ROMANINI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   il 19 dicembre 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, da parte dell'Inail, l'avviso pubblico per l'assegnazione di incentivi alle imprese, anche individuali, per la realizzazione di progetti di investimento per migliorare le condizioni di salute e sicurezza sul lavoro o per l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale in attuazione all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 81 del 2008, e successive modificazioni e integrazioni;
   il bando ha stanziato 267 milioni di euro. Il contributo, pari al 65 per cento delle spese sostenute dall'impresa per la realizzazione del progetto, va da un importo minimo di 5.000 euro e ad uno massimo di 130.000 euro. Per le imprese fino a 50 dipendenti che hanno presentato progetti per l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale non è fissato il limite minimo di contributo;
   dal 3 marzo al 7 maggio 2015 le imprese registrate al sito Inail hanno avuto a disposizione un'applicazione informatica per la compilazione della domanda che ha consentito loro di effettuare simulazioni relative al progetto da presentare, verificando il raggiungimento del punteggio «soglia» di ammissibilità. Dal 12 maggio 2015 le imprese che hanno raggiunto la soglia minima di ammissibilità hanno potuto effettuare il download del proprio codice identificativo che le individua in maniera univoca;
   il 25 giugno 2015 (cosiddetto «click day»), dalle ore 16 alle ore 16,30 le imprese hanno potuto inviare attraverso lo sportello informatico la domanda di ammissione al contributo, utilizzando il codice identificativo attribuito alla propria domanda;
   i finanziamenti vengono assegnati fino a esaurimento, secondo l'ordine cronologico di arrivo delle domande;
   diverse imprese e associazioni d'impresa hanno lamentato che dopo soli 5/6 secondi il sistema di ricezione delle istanze non accettava più domande di finanziamento per l'esaurimento dei fondi a disposizione;
   quello dell'assegnazione dei fondi secondo l'ordine cronologico di arrivo delle domande parrebbe quindi non essere il più appropriato a fronte del grande interesse che questo bando suscita ogni anno nelle imprese che desiderano investire nella sicurezza sul lavoro. Esso infatti prescinde dalla qualità delle proposte di investimento e premia con contributi pubblici soprattutto la rapidità nell'invio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematicità connesse all'erogazione degli incentivi Inail di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 81 del 2008, più volte denunciate dalle imprese e dalle associazioni d'impresa, e se non ritenga di assumere iniziative affinché l'Inail riveda tale modalità di assegnazione dei fondi stanziati al fine di premiare maggiormente la qualità e l'efficacia delle proposte di intervento e non solamente la rapidità nell'invio delle istanze nel «click day». (3-02032)


Iniziative per assicurare adeguati mezzi, personale e risorse per garantire lo svolgimento del cosiddetto processo Aemilia nel territorio dell'Emilia-Romagna – 3-01628; 3-02028; 3-02035; 3-02036

D)

   GIUDITTA PINI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   l'operazione Aemilia coordinata dalla direzione distrettuale antimafia con l'Arma dei carabinieri ha portato alla scoperta di una cellula pienamente autonoma della ’ndrangheta operante nel territorio dell'Emilia-Romagna specie occidentale;
   l'operazione ha prodotto «risultati storici, senza precedenti» come risulta dalle dichiarazioni del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, realizzando 160 arresti, oltre 220 indagati e il sequestro di beni per un valore di oltre 100 milioni di euro, facendo venire a galla un preoccupante fenomeno di connessione tra il tessuto locale e la criminalità organizzata;
   le cronache giornalistiche, anche attraverso dichiarazioni degli addetti ai lavori, ripetono con sempre maggiore frequenza che risulterebbe difficile o addirittura impossibile poter svolgere il processo connesso all'indagine all'interno del territorio regionale emiliano-romagnolo, a causa dell'assenza di locali adeguati a sostenere un processo di questa grandezza;
   sarebbe davvero importante riuscire a svolgere il procedimento nel territorio regionale al fine di tenere alta l'attenzione mediatica sul tema delle infiltrazioni nei tessuti sociali già provati dalla crisi economica e dai disastri ambientali di questi anni –:
   se il Ministro interrogato abbia già preso provvedimenti, attraverso la competente direzione generale del dicastero e interloquendo con le autorità giudiziarie e amministrative emiliano-romagnole, per consentire la realizzazione del processo nel territorio regionale ed in particolare su quello della provincia di Modena;
   quale sia lo stato di avanzamento di questi provvedimenti e delle interlocuzioni al fine di raggiungere l'obiettivo indicato nelle premesse. (3-01628)


   FABBRI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   il regolare svolgimento dei processi, in tutte i suoi aspetti, è principale responsabilità del Ministero della giustizia;
   la legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha previsto l'istituzione di un fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico (articolo 10) e il trasferimento allo Stato, dal 1o settembre 2015, dell'obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei comuni (articolo 38, commi 6-10);
   è iniziata da pochi giorni l'udienza preliminare dell'inchiesta Aemilia sulla ’ndrangheta in Emilia-Romagna;
   si tratta di un evento di portata eccezionale per la regione Emilia-Romagna, sia per il numero di persone coinvolte che per la necessità di imponenti misure di sicurezza;
   la regione Emilia-Romagna, impegnata con una forte azione di contrasto alla criminalità organizzata anche costituendosi parte civile nel processo, ha speso quasi 800.000 euro per garantire che la suddetta l'udienza preliminare si tenesse a Bologna e non venisse spostata altrove come più volte paventato a causa della mancanza di locali idonei a contenere il cospicuo numero di imputati;
   dopo l'udienza preliminare, il dibattimento si dovrebbe spostare a Reggio Emilia, visti i probabili patteggiamenti e giudizi abbreviati, e anche in questo caso, se il numero degli imputati dovesse restare elevato, servirà nuovamente un'aula attrezzata;
   il cambio di sede processuale inevitabilmente comporterà un aggravio di risorse non solo per lo spostamento della sede processuale, ma anche di imputati e testimoni nonché della documentazione necessaria –:
   se sia in grado di garantire il regolare svolgimento di processi di questo genere, dal punto di vista economico ma anche della pubblica sicurezza, evitando ulteriori esborsi alla regione Emilia-Romagna.
(3-02028)


   SARTI, SPADONI, FERRARESI, AGOSTINELLI, COLLETTI, BONAFEDE e DELL'ORCO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   a fine gennaio 2015 è stata condotta la più grande operazione contro la ’ndrangheta in Emilia-Romagna, denominata appunto Aemilia, operazione che ha coinvolto ovviamente anche altre regioni, tra cui Veneto, Piemonte, Calabria e Sicilia. Ad oggi gli imputati sono 219, nove dei quali attualmente sottoposti al regime di 41-bis, e 189 i capi di imputazione;
   si tratta di un avvenimento senza precedenti per la regione Emilia-Romagna, per i numeri e per le dimensioni dell'inchiesta. Un'inchiesta, condotta dalle forze dell'ordine e dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, segnata da due momenti fondamentali: il primo, alla fine di gennaio 2015, ha portato a 117 arresti. Il secondo, a metà luglio 2015, ha colpito la cosiddetta «’ndrangheta imprenditrice». Al centro delle indagini, coordinate dall'ex procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, c’è il clan Grande Aracri, originario di Cutro;
   nell'avviso di conclusione delle indagini notificato nel mese di giugno 2015, gli inquirenti spiegano che l'associazione a delinquere fa capo a Nicolino Sarcone, Michele Bolognino, Alfonso Diletto, Francesco Lamanna, Antonio Gualtieri e Romolo Villirillo. Tra i partecipanti al sodalizio si ritrovano i nomi degli imprenditori Giuseppe Giglio, Gaetano Blasco e Antonio Valerio (questi ultimi intercettati mentre ridevano dopo le scosse di terremoto del 2012), Giuseppe Iaquinta (padre del calciatore Vincenzo). Tanti i reati contestati, si va dall'associazione a delinquere di stampo mafioso contestata a circa 54 imputati, alle estorsioni, dalle minacce all'usura, dall'intestazione fittizia dei beni al falso in bilancio, dalla turbativa d'asta alla corruzione elettorale;
   la prima udienza preliminare si è svolta il 28 ottobre 2015 davanti al giudice per l'udienza preliminare Francesca Zavaglia. Durante la terza udienza del 6 novembre 2015, il giudice per l'udienza preliminare ha rigettato le eccezioni di competenza territoriale presentate dagli avvocati di alcuni imputati al fine di spostare la sede a Catanzaro. Dunque, con la decisione del giudice per l'udienza preliminare, il processo in questa prima fase continuerà all'interno dello stand numero 19 della Fiera di Bologna, appositamente adibito ad aula bunker;
   come sostenuto dai pubblici ministeri dell'accusa è importante che lo svolgimento di tutto il processo sia in Emilia-Romagna, per varie motivazioni. In primis la maggior parte dei reati contestati sono stati commessi in questa regione, inoltre attraverso le indagini e le intercettazioni è risultato chiaro il fatto che l'organizzazione criminale di stampo mafioso individuata in questi anni di inchieste sia radicata sul territorio emiliano e indipendente dalla «casa madre» di Cutro. Lo scenario che emerge dalle indagini e dall'intera inchiesta, non è quello di una «semplice infiltrazione» di un clan ’ndranghetista al Nord ma di un vero e proprio radicamento con sede principale nella provincia di Reggio Emilia;
   in data 1o luglio 2015, il MoVimento Cinque Stelle ha presentato un question time al Ministro della giustizia affinché si adoperasse per trovare uno spazio idoneo e attrezzato allo svolgimento dell'udienza preliminare del processo a Bologna. Alla richiesta veniva data la seguente risposta: «Sulla questione posta dagli onorevoli interroganti in merito alle specifiche esigenze rappresentate dal procuratore della Repubblica e dal presidente del Tribunale di Bologna per la celebrazione dell'udienza preliminare nel procedimento del cosiddetto processo Aemilia, rappresento che alle note trasmesse dai predetti è seguita nell'immediato un'intensa attività dei competenti uffici di questo dicastero, finalizzata alla pronta risoluzione delle criticità prospettate. In particolare la direzione generale delle risorse materiali ha non solo inviato una tempestiva nota di risposta alle richieste scritte degli uffici bolognesi, ma ha altresì avviato un'immediata e diretta interlocuzione con gli stessi in ordine all'individuazione dei locali più adeguati alla celebrazione del processo e alle connesse esigenze di sicurezza. Ancor più la predetta direzione generale ha svolto, recependo sul punto la specifica richiesta del presidente del tribunale, diversi sopralluoghi finalizzati proprio alla concreta verifica delle soluzioni possibili. Ai fini delle valutazioni competenti è stato richiesto poi l'ausilio di personale tecnico specializzato in carico tanto al DAP che al provveditorato regionale dell'Emilia Romagna, comunicando tali iniziative ai capi degli uffici interessati. Saranno pertanto oggetto di tempestiva adozione tutti i provvedimenti necessari alla migliore celebrazione di un processo che per gravità delle imputazioni e numero delle parti processuali richiede senz'altro la predisposizione di adeguate misure organizzative. La pronta attivazione da parte del Ministero credo fughi ogni preoccupazione formulata dagli onorevoli interroganti e assicuro che la situazione continuerà ad essere costantemente monitorata sino al raggiungimento di un'adeguata soluzione»;
   contrariamente a quanto dichiarato, il Ministero non ha ottemperato e per risolvere la situazione la regione Emilia-Romagna ha stanziato ben 748.000 euro per affittare il padiglione 19 presso la Fiera di Bologna, ai fini dello svolgimento dell'udienza preliminare;
   la fase dibattimentale del procedimento si dovrebbe spostare a Reggio Emilia per le ragioni sopra esposte, ed è fondamentale che si svolga nella sua sede naturale. Ricorrono tutti i presupposti giuridici. È stabilito infatti che il dibattimento avvenga davanti al giudice competente del luogo in cui si è costituita l'associazione e realizzata la programmazione, l'ideazione e la direzione delle attività illecite dell'organizzazione criminosa;
   sono circa un'ottantina gli imputati che hanno fatto richiesta di rito abbreviato ex articolo 438 del codice di procedura penale e patteggiamenti; tra loro si trovano anche Nicolino Grande Aracri, capo della Cosca. Presumibilmente dunque le aule del tribunale di Reggio Emilia potranno essere utilizzate per il dibattimento, ma non si ha nessuna notizia su dove si svolgeranno, invece, i suddetti giudizi abbreviati –:
   se ritenga opportuno mettere in atto ogni iniziativa di competenza affinché sia trovato al più presto uno spazio idoneo per lo svolgimento del dibattimento del processo Aemilia, la cui entità necessita di ambienti e di attrezzature che rispettino i criteri di massima sicurezza;
   se, in vista delle numerose richieste di rito abbreviato ex articolo 438 del codice di procedura penale, sia già a conoscenza della sede in cui verranno svolti tali riti alternativi;
   se, nel caso in cui si dovesse decidere di continuare lo svolgimento dei riti abbreviati presso il padiglione 19 della Fiera di Bologna, il Ministero provvederà alle relative spese d'affitto. (3-02035)


   SPADONI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   la recente operazione Aemilia diretta dalla direzione distrettuale antimafia nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 2015 ha portato al sequestro di più di 100 milioni di euro di beni e all'arresto di 117 persone, di cui 62 nella sola provincia di Reggio Emilia che viene considerata dagli inquirenti l'epicentro del radicamento della ’ndrangheta in Emilia-Romagna;
   nell'ultima relazione annuale la direzione investigativa antimafia mette in luce un sistema di criminalità organizzata radicato sul territorio e conferma il consolidarsi degli affari di camorra, ’ndrangheta e mafia in Emilia-Romagna. Nelle relazione della direzione investigativa antimafia si legge: «Numerose indagini hanno accertato il sempre maggior coinvolgimento di professionisti compiacenti nell'attuazione delle strategie economiche dei sodalizi e la diffusa tendenza a creare schermi societari per dissimulare la reale titolarità delle aziende». In questa relazione si parla inoltre degli interventi di ricostruzione post-sisma in Emilia e delle attività che vanno «dal riciclo di denaro, a investimenti in attività imprenditoriali, dal controllo dei principali traffici illeciti e di contraffazioni, ai finanziamenti usurai»;
   nel dossier 2014/2015 di Libera si dà un quadro generale dell'Emilia-Romagna attraverso alcuni numeri significativi. Tra l'agosto 2013 e il luglio 2014 sono stati sequestrati alle mafie 448 beni, per un valore di 21 milioni di euro: dati che fanno dell'Emilia-Romagna la prima del nord Italia. Per quanto riguarda il narcotraffico la media è di cinque operazioni al giorno, con il sequestro di 817 chili di sostanze stupefacenti e la denuncia di 2.718 persone. Secondo Santo Della Volpe, presidente di Libera informazione e presidente della Federazione nazionale stampa, «in Emilia-Romagna c’è un giro importante di droga, legato a gruppi mafiosi pericolosi»; nel dossier si denunciano inoltre i «reati spia», dietro cui si celano le attività dei clan: nel 2013 in Emilia-Romagna sono state 312 le denunce per estorsione, in aumento negli ultimi due anni, 399 i danneggiamenti (spesso per incendio) e almeno una cinquantina le segnalazioni di usura. Tra i reati spia rientrano anche gli illeciti nello smaltimento dei rifiuti (837) e nel ciclo del cemento (142);
   nel «Primo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali» per la Presidenza della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso a cura dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'università degli studi di Milano si legge che «la provincia di Reggio Emilia costituisce l'epicentro della ’ndrangheta nella regione, in particolare nel capoluogo, ove l'organizzazione criminale calabrese ha creato negli anni una vera e propria enclave». La ’ndrangheta cutrese rappresenta la principale presenza criminale sul territorio, a cui si affiancano i Dragone, i Nicoscia e gli Arena originari di Isola di Capo Rizzuto. In questo report si afferma come negli anni si è assistito ad un vero e proprio processo di spopolamento della cittadina del crotonese a dispetto di una crescita di cutresi trasferitisi nel reggiano. Alla presenza della ’ndrangheta dei Grande Aracri si affiancano numerose ’ndrine provenienti da diverse aree della Calabria e attive sul territorio provinciale: i Farao-Marincola di Cirò Marina (Crotone), i Martino e i Mattace originari di Cutro (Crotone), i Barbaro di Platì (Reggio Calabria), i Nirta-Strangio di San Luca (Reggio Calabria), i Mancuso di Vibo Valentia (Vibo Valentia), i Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria), i Gallo di Gioia Tauro (Reggio Calabria), i Muto di Cetraro (Cosenza);
   secondo l'Osservatorio sulla criminalità organizzata Reggio Emilia rappresenta una realtà davvero peculiare, dato anche che le vicissitudini della cosca Grande Aracri in Calabria vi hanno comportato violenti effetti, producendo fatti di sangue in sé estranei al tipico modus operandi della criminalità calabrese nella regione. Infine, si riscontra sul territorio la presenza di clan riconducibili alla camorra: in particolare i Casalesi e il clan Belforte originario di Marcianise (Caserta);
   il tribunale di Reggio Emilia, guidato negli ultimi quattro anni dal presidente Francesco Maria Caruso, è notevolmente sottodimensionato rispetto alle stesse previsioni del Ministero della giustizia, secondo cui l'organico dei magistrati dovrebbe essere aumentato dalle tre alle sei unità; in proporzione, anche il relativo personale amministrativo, le cui relative carenze organiche possono portare a inevitabili rallentamenti nella predisposizione degli atti afferenti i procedimenti, necessita di essere incrementato;
   dai dati statistici trasmessi dal dottor Barbuto, attuale direttore dell'organizzazione giudiziaria, emerge che il tribunale di Reggio Emilia è tra i sei più gravati d'Italia per il rapporto tra giudici e cittadini residenti;
   un numero molto elevato di persone coinvolte nell'inchiesta Aemilia, anche se ancora non quantificabile, sarà processato a Reggio Emilia, in quanto i reati attribuiti sarebbero stati commessi in tale provincia;
   a dicembre 2014, ancora prima dell'operazione Aemilia, il presidente Caruso già lamentava la mancanza in organico di tre giudici, un sostituto procuratore e di personale di cancelleria. Secondo il presidente Caruso per avere un'idea della situazione del tribunale di Reggio Emilia è sufficiente pensare che per ogni magistrato la media è di 22 mila e 500 residenti quando il rapporto dovrebbe essere di uno a undicimila;
   il presidente Caruso sottolinea l'immediata urgenza di incrementare l'organico dei tribunale di Reggio Emilia sia in previsione del maxi processo per ’ndrangheta, sia in vista della gestione delle numerose attività imprenditoriali sequestrate. Secondo Caruso «bisognerà organizzare il tribunale in modo da garantire un processo in tempi rapidi, con la massima velocità ma anche con la massima attenzione e scrupolo, un processo che si prospetta di notevoli dimensioni anche per la qualità dei temi affrontati, il reato di associazione mafiosa con tutte le sue sfumature e modi di manifestazione, il concorso esterno in associazione mafiosa, certamente è un processo complesso» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, saranno intraprese dal Governo per l'attuazione di quegli aumenti di organico di magistratura e di cancelleria che lo stesso Ministero della giustizia considera necessari;
   quali iniziative intraprenderà il Ministro interrogato e quale sarà la tempistica necessaria, vista l'estrema urgenza di intervento, per far fronte a questa problematica affinché con l'aumento di organico minimo previsto sia assicurata una modalità efficace di amministrazione della giustizia nel territorio di Reggio Emilia e provincia. (3-02036)


Misure a favore dei territori del modenese e del ferrarese colpiti da una violenta grandinata il 5 settembre 2015 – 3-02033

E)

   FERRARESI, DELL'ORCO e PAOLO BERNINI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il 5 settembre 2015 un ulteriore evento calamitoso ha colpito i territori già interessati dal terremoto del 2012, in particolare del modenese e del ferrarese;
   una violenta grandinata, accompagnata da forti raffiche di vento, ha distrutto le produzioni agricole ancora in campo: in particolare, la produzione di pere, mele, uva e le colture estensive quali il granoturco e la soia;
   nel modenese, sotto l'avversità atmosferica sono finiti i comuni di Concordia, San Possidonio, Mirandola, Finale Emilia, San Felice, Camposanto, Novi e Sorbara di Bomporto, alcuni dei quali, oltre il terremoto, avevano già subito anche l'alluvione del gennaio 2014: i comuni di Finale Emilia, Bomporto, Camposanto, San Felice;
   sono territori in ginocchio, imprese e cittadini stanno usando tutti i loro risparmi e le loro risorse; le hanno già usate, per far fronte a continue emergenze naturali;
   gli indennizzi previsti dalle leggi promosse dal Governo, in particolare quelli per i danni da terremoto, tardano ad arrivare; la burocrazia messa in piedi dal commissario, presidente della regione, non favorisce l'erogazione delle risorse nei tempi e nei modi che richiederebbe l'urgenza;
   in Emilia-Romagna si coltiva il 65 per cento delle pere italiane; in particolare, le aree riconosciute dall'indicazione geografica protetta sono proprio e principalmente le province di Modena e Ferrara; la pera di varietà Abate è considerata la regina delle pere ed è proprio questa varietà, che garantisce il reddito degli agricoltori, che è andata distrutta;
   il lambrusco di Sorbara di Bomporto è uno dei vini dell'eccellenza nazionale ed è un vino Doc; molte imprese che lo producono non faranno il raccolto delle uve;
   le associazioni di rappresentanza del mondo agricolo stanno chiedendo a gran voce lo stato di calamità naturale;
   civili abitazioni ed edifici produttivi hanno subito ancora una volta danni: infiltrazione di acqua, tetti scoperchiati, antenne, tapparelle, grondaie da buttare, pali della luce e segnaletica divelti, automobili con la carrozzeria da rifare, sono le prime evidenze –:
   quali concrete iniziative di competenza intenda assumere il Governo al fine di sostenere la popolazione colpita dall'evento, considerando l'eccezionalità delle avversità atmosferiche verificatesi su un territorio già duramente colpito nel recente passato. (3-02033)


Iniziative per favorire l'immissione sul mercato di fitofarmaci non dannosi per la salute e l'ambiente – 3-02034

F)

   LAVAGNO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   i fitofarmaci, denominati anche prodotti fitosanitari o agrofarmaci, sono tutti quei prodotti, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere le principali avversità delle piante quali malattie infettive, fisiopatie, parassiti e fitofagi animali, piante infestanti. Sono delle sostanze di diversa origine che possono avere diversi effetti. Il loro target è distruggere, prevenire o ridurre l'invasione di patogeni nelle varie colture agricole;
   i possibili patogeni delle colture agricole sono principalmente gli insetti, gli artropodi, le erbe infestanti o malerbe e infine i funghi. In base al patogeno considerato, si utilizzano diversi prodotti fitosanitari, come gli insetticidi, gli erbicidi o diserbanti, i fungicidi, i battericidi, i nematodicidi, gli acaricidi, i rodenticidi;
   secondo uno studio condotto dai ricercatori del dipartimento di medicina traslazionale dell'università Piemonte orientale, l'uso pregresso e attuale di fitofarmaci per la coltivazione del riso, può verosimilmente spiegare l'eccesso di neoplasie rilevate nel settore agricolo del vercellese. Sono infatti numerose le ricerche che mostrano come le zone del vercellese, del novarese e del cuneese siano tra i territori regionali e nazionali a più elevato inquinamento da fitofarmaci, come confermato di recente dalla pubblicazione dell'Ispra sulle contaminazioni nelle acque superficiali e profonde;
   il campione di controllo ha riguardato 12.378 abitanti residenti nei 18 comuni della bassa vercellese di età compresa tra i 25 e 79 anni. I casi di malattia, osservati nel periodo 2002-2009 sono desunti dalle schede di dimissione ospedaliera e referti cito-istologici. L'analisi dei dati ha evidenziato rischi in eccesso per il comparto agricolo per il totale dei tumori, colon-retto, mammella e cute non melanomi;
   è necessario aprire un'indagine sui fatti predetti, considerando che tale fenomeno reca un grave danno all'ambiente, al settore agricolo nonché alla salute dei cittadini, considerato che sembra che vengano utilizzati dei fitofarmaci potenzialmente pericolosi –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e se intenda procedere, in tempi rapidi, affinché sul mercato siano ammessi fitofarmaci sicuri, quindi non dannosi per la salute e l'ambiente. (3-02034)


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 14 FEBBRAIO 2016, N. 18, RECANTE MISURE URGENTI CONCERNENTI LA RIFORMA DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO, LA GARANZIA SULLA CARTOLARIZZAZIONE DELLE SOFFERENZE, IL REGIME FISCALE RELATIVO ALLE PROCEDURE DI CRISI E LA GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO (A.C. 3606)

A.C. 3606 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante la riforma delle banche di credito cooperativo e disposizioni relative alla garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, al regime fiscale relativo alle procedure di crisi e alla gestione collettiva del risparmio, ha conosciuto, prima del suo approdo in Parlamento, una gestazione lunga e sofferta che ha coinvolto organismi istituzionali, tecnici ed esperti del settore, che mal giustifica la scelta del governo di ricorrere allo strumento del decreto-legge;
    secondo il disegno costituzionale, i decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare sopravvenute ed urgenti necessità. Per questo motivo, il legislatore ordinario, con una norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere «misure di immediata applicazione» (articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri). Da ciò discende l'inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema, che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge;
    di più, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 220 del 2013 ha statuito che è esclusa la possibilità di ricorrere al decreto-legge quando si tratta di realizzare una riforma organica e di sistema, quale è quella contemplata dal provvedimento in esame, destinata ad improntare per decenni il sistema del credito cooperativo che richiederebbe, piuttosto, un'approfondita elaborazione e programmazione, che non possono essere interamente condizionate dalla contingenza, sino al punto da costringere il dibattito parlamentare sulle stesse nei ristretti limiti temporali tracciati dall'articolo 77 della Costituzione, concepiti dai padri costituenti per interventi specifici e puntuali, resi necessari e improcrastinabili dall'insorgere di «casi straordinari di necessità e d'urgenza». Nel merito, infatti, il provvedimento, con le disposizioni di cui al Capo I, detta una nuova disciplina per un universo di 364 banche (tra quelle di Credito Cooperativo e le Casse Rurali), che costituiscono, con i loro 4.403 sportelli (pari al 14,6 per cento degli sportelli bancari italiani), 1.233.803 soci (+2,9 per cento) e 37.000 dipendenti, una realtà importante, soprattutto a livello di piccoli comuni, e che fino ad oggi hanno dimostrato, in un'ottica di salvaguardia dello spirito mutualistico e cooperativo che le ha sempre contraddistinte, di sostenere l'economia reale, l'occupazione e la crescita, ma anche di avere gli anticorpi per fronteggiare gli effetti della globalizzazione e di superare eventuali crisi in maniera autonoma all'interno del sistema;
    né le suddette realtà avevano espresso la necessità di dover confermare presso le comunità e nei territori in cui operano, in alcuni casi da oltre un secolo, il loro ruolo, attraverso una riforma della governance, o un differente sistema interno di allocazione delle risorse o di tempestivo reperimento di capitale in caso di tensioni patrimoniali;
    d'altra parte è parimenti difficile dimostrare l'urgenza di un provvedimento di cui si discute da almeno tre anni e che prevede, per la sua attuazione, un processo di perfezionamento lungo almeno 18 mesi;
    il secondo profilo di incostituzionalità è ugualmente rilevante. L'articolo 45, primo comma, della Costituzione, infatti, recita testualmente: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità», principio con il quale striderebbe quanto previsto dall'articolo 1, comma 5, del provvedimento, che applica anche alla cooperazione di credito, l'obbligo di partecipare con un rigido patto di coesione ad un gruppo bancario unico con poteri di indirizzo e controllo sulle partecipate, quale precondizione per vedersi confermata l'autorizzazione da parte della Banca d'Italia ad esercitare il credito come banca di credito cooperativo (a meno che non si dimostri di avere riserve patrimoniali superiori a 200 milioni di euro e di poter versare un'imposta straordinaria del 20 per cento sulle stesse), pena la liquidazione, obbligo che pertanto si configurerebbe, specie in assenza di una norma specifica che consenta la trasformazione in altro tipo di banca senza dover devolvere le riserve patrimoniali ai fondi mutualistici, oltre che una palese violazione del dettato costituzionale anche un pericoloso attentato ai tratti distintivi del settore quali la cooperazione, la mutualità, il radicamento nel territorio e nella sua economia, ed una forma di democrazia economica alternativa alla società per azioni;
    fino ad oggi l'ordinamento cooperativo ha previsto che, in caso di trasformazione di una cooperativa in società per azioni o altra forma societaria, le riserve indivisibili e intangibili – anche in ragione della specifica disciplina fiscale che ne regola l'accumulazione – fossero devolute a finalità di interesse pubblico grazie al rispetto della suddetta tutela costituzionale delle funzione sociale della cooperazione;
    altro presidio costituzionale che risulterebbe affievolito dal decreto-legge è quello rappresentato dal successivo articolo 47 che, nell'incoraggiare e tutelare il risparmio popolare, ha fino ad oggi impedito forme di ulteriori concentrazioni di potere finanziario, nel nome di un'economia ed una finanza partecipativa dove possono operare piccoli e grandi istituti di credito;
    anche il principio di sussidiarietà nel settore del credito ne esce fortemente compromesso, posto che, nelle previsioni del decreto-legge, il trattamento di quelle banche di credito cooperativo che non volessero aderire alla capogruppo (c.d. opting out) è decisamente sbilanciato, lasciando la scelta solo a quelle che vantano riserve patrimoniali pari ad almeno 200 milioni di euro, un importo considerevole solo se si pensi che a fino a prima dell'emanazione del provvedimento bastavano 2 milioni per costituirne una nuova. Inoltre per quelle stesse Bcc che dovessero decidere di esercitare l’opting out è prevista la trasformazione forzata in società per azioni ed il versamento di una quota, a titolo d'imposta, pari al 20 per cento delle riserve patrimoniali, in barba al principio – come si è visto di rilevanza costituzionale – dell'indivisibilità totale delle riserve, e con il serio rischio di esporre un intero sistema ed un patrimonio costruiti da generazioni di soci, a tentazioni opportuniste da parte di chi ne potrebbe disporre senza quegli stessi vincoli che ne hanno determinato nel tempo 1'accantonamento;
    un siffatto meccanismo, discutibile, come si è visto, anche sul piano etico, può costituire un pericoloso precedente ed aprire un vulnus capace di intaccare, un giorno, anche altre realtà cooperative;
    altra violazione al dettato costituzionale si intravede laddove viene previsto che il quadro normativo, come avvenuto nel caso della riforma delle banche popolari, sarà integrato da alcune disposizioni attuative chiamate a fissare, tra l'altro, anche la soglia minima di attivi richiesta per la società capogruppo (holding), elemento decisivo per determinare se ci sarà lo spazio per un solo o per più soggetti societari;
    il paradigma di qualsivoglia riforma delle banche di credito cooperativo, anche in una prospettiva resa più complessa dall'evoluzione di una normativa prudenziale e dalla nascita dei meccanismi europei di vigilanza e di risoluzione delle crisi bancarie che hanno accresciuto l'importanza del capitale come primo presidio di stabilità delle banche, non dovrebbe, anzitutto, prescindere dal mantenimento delle peculiarità storiche del segmento poste fino ad oggi a garanzia della funzione di sano sostegno delle economie locali,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3606.
N. 1. Paglia, Fassina, Scotto, Sannicandro.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione all'esame non è altro che l'ennesimo esempio di abuso dello strumento del decreto-legge da parte di un Governo legislatore che interviene con riforme strutturali su questioni tra loro eterogenee con provvedimenti presentati come emergenziali;
    il decreto-legge 12 gennaio 2016, n. 18, infatti:
   a) riforma, nella sua totalità, il sistema bancario cooperativo disciplinando in particolar modo la governance ed i requisiti patrimoniali delle singole banche cooperative e del gruppo bancario di riferimento del credito cooperativo;
   b) dispone nuove misure in materia di cartolarizzazione delle sofferenze, di banche e imprese, assistite da una garanzia «pubblica»;
   c) dispone nuove norme in materia fiscale relative alle procedure di crisi;
   d) introduce una modifica alla disciplina del Testo unico della finanza relativa ad attività di concessione di crediti svolta in Italia da fondi di investimento alternativi (FIA), istituiti in Italia (FIA italiani) o presso Stati membri dell'Unione Europea (FIA UE);
    in merito giova ricordare che la sentenza n. 171 del 2007 della Corte costituzionale ha chiarito che: «l'articolo 77 della Costituzione, al primo comma, stabilisce che il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Tenuto conto del tenore dell'articolo 70 della Costituzione, la norma suddetta potrebbe apparire superflua se non le si attribuisse il fine di sottolineare che le disposizioni dei commi successivi – nel prevedere e regolare l'ipotesi che il Governo, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, sotto la sua responsabilità, adotti provvedimenti provvisori con forza di legge, che perdono efficacia se non convertiti in legge entro sessanta giorni – hanno carattere derogatorio rispetto all'essenziale attribuzione al Parlamento della funzione di porre le norme primarie nell'ambito delle competenze dello Stato centrale»;
    l'esistenza dei requisiti della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza, secondo costante giurisprudenza, può essere oggetto di scrutinio di costituzionalità, in quanto la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale per l'adozione dell'atto di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validità in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione;
    com’è noto la Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 171 del 2007, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale di una legge di conversione per evidente mancanza dei presupposti del decreto convertito, ha configurato l'eterogeneità dei contenuti del decreto-legge come elemento sintomatico della mancanza dei presupposti costituzionali di adozione del provvedimento d'urgenza;
    nella richiamata sentenza, prima di una giurisprudenza ormai costante, la Corte ha affermato di effettuare il proprio scrutinio verificando indici «intrinseci ed estrinseci alla disposizione impugnata» quali l'epigrafe del decreto-legge, la premessa e la relazione al decreto-legge di conversione, dalle quali, nel caso in esame, emerge con tutta evidenza l'eterogeneità dei contenuti;
    a ciò si aggiunga, ancora con riferimento alla natura dello strumento normativo prescelto, che deve ritenersi che una riforma complessiva e complessa delle procedure concorsuali contrasta con la ratio dell'articolo 77 della Costituzione quale esplicitato dal giudice delle leggi, ex plurimis, nella sentenza n. 220 del 2013 che ha sancito «la palese inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema»;
    in merito alla riforma del sistema bancario cooperativo la banca che intende assumere il ruolo di società capogruppo dovrà sottoporre alla Banca d'Italia la documentazione prevista dalla legge in vista della costituzione del gruppo per la verifica preventiva entro 18 mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni attuative emanate ai sensi del comma 7 del nuovo articolo 37-bis del Testo unico bancario di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385. Altresì la stipula del contratto tra capogruppo e ogni singola banca di credito cooperativo dovrà intervenire entro 90 giorni dall'accertamento preventivo della Banca d'Italia introdotto dalla nuova disciplina. Il decreto-legge, così come delineato ut supra, è un atto di necessità e urgenza ma, in questo caso, i termini di entrata in vigore della riforma ed i termini concessi alle banche per aderire al nuovo sistema bancario cooperativo esulano totalmente dai presupposti di necessità ed urgenza tipici del decreto-legge e lasciano intuire una maggiore opportunità di procedere alla riforma in esame mediante disegno di legge, lasciando ampio margine al Parlamento di individuare adeguate soluzioni in termini di governance e rafforzamento patrimoniale delle banche cooperative e di ogni altra misura al fine di garantire in modo efficace la stabilità sistemica e consentire alle parti interessate di partecipare attivamente al processo di riforma con termini più ragionevoli rispetto a quelli tipici della decretazione di urgenza;
    si osserva che le modifiche apportate dal decreto al Testo unico bancario in materia di banche cooperative sono di dubbia legittimità costituzionale in quanto contrastano con gli articoli 41, 45 e 47 della Costituzione. La riforma del sistema bancario cooperativo, piuttosto che tutelare la libertà economica dei cittadini, la tutela del risparmio diffuso e la cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata, irrigidisce la modalità di costituzione di banche cooperative e ne accentra le funzioni di governance qualificando tali interventi come la soluzione ottimale alla stabilità del sistema bancario. Al contrario, a giudizio dei proponenti, la stabilità del sistema bancario e finanziario si realizza mediante norme poste al contrasto del conflitto di interesse, in particolar modo in sede di collocamento degli strumenti finanziari, evitando ogni genere di collocamento di strumenti finanziari eccessivamente rischiosi a famiglie ed imprese prive di adeguati elementi di valutazione del grado di rischio degli stessi, circostanza quest'ultima adeguatamente soddisfatta dalla reintroduzione degli «scenari probabilistici» nei prospetti informativi dei prodotti finanziari e soprattutto mediante la separazione delle banche d'investimento dalle banche commerciali, consentendo ai cittadini di affidare i propri risparmi alle banche commerciali che investono prevalentemente in economia reale e sulla base di criteri che riducono al minimo il rischio e gli effetti sistemici nelle ipotesi di crisi di un istituto di credito. Si rileva che i mercati finanziari e le autorità di vigilanza del sistema bancario e finanziario dell'Unione europea e dei relativi Stati membri temono che Deutsche Bank possa avere seri problemi di solvibilità a causa della sua esposizione in strumenti derivati – la più grande al mondo – stimata in circa 55 mila miliardi di euro. Per comprendere l'ordine di grandezza, in confronto, il PIL della Germania è pari a 3 mila miliardi di euro. Gli indici azionari dell'istituto tedesco sono caratterizzati da un elevato indice di volatilità ed in particolar modo il titolo ha perso, in pochi mesi, più del 50 per cento del suo valore. La preoccupazione maggiore si riscontra nella solvibilità dell'istituto poiché i depositi ammontano a circa 532 miliardi di euro, ovverosia circa 100 volte in meno l'esposizione complessiva in derivati. Il caso di specie ci fa desumere che il modello di banca universale costituita in forma di società per azioni, connotata da specifici criteri di governance e requisiti patrimoniali a cui si è ispirata ogni genere di riforma del sistema bancario e finanziario italiano negli ultimi anni, non certo rappresentano un esemplare archetipo di efficienza di sistema e di tutela del risparmio dei cittadini; per tal motivo si ritiene che questa tipologia di riforma del sistema bancario, non solo necessiti di un adeguato ed approfondito confronto parlamentare, ma soprattutto di maggiori tempi al fine di individuare correttamente le migliori soluzioni preposte alla stabilità sistemica e soprattutto alla tutela del risparmio dei cittadini, tutelato dall'articolo 47 della Costituzione;
    in particolar modo la riforma del sistema bancario cooperativo proposta viola l'articolo 45 della Costituzione il quale dispone che: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità». Infatti, piuttosto che introdurre disposizioni che migliorino i criteri di operatività in termini di erogazione del credito o vietino la sottoscrizione di strumenti finanziari speculativi ed altamente rischiosi – in relazione al suddetto caso di Deutsche Bank – irrigidiscono la modalità di costituzione delle banche cooperative che di per sé non rappresentano istituti speculativi con finalità di lucro, ma organismi cooperativi a carattere di mutualità con i quali si condividono capitali da investire nel sistema economico e produttivo. La riforma in oggetto non è adeguata alle banche cooperative che svolgono una funzione sociale e, si ribadisce, risulta in netto contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione;
    altresì si contesta la legittimità costituzionale – in riferimento all'articolo 81 della Costituzione – degli articoli che dispongono garanzie dello Stato, seppur a fronte di un corrispettivo, per agevolare l'acquisizione dei crediti deteriorati mediante lo strumento della cartolarizzazione. In particolar modo si rilevano le seguenti criticità:
   a) come in casi già verificatisi, lo Stato può intervenire a prestare garanzie nell'ambito di rapporti fra pubblico e privato, ma è importante l'obiettivo per cui le presta, ossia sostenere il sistema produttivo e favorire il rilancio economico, incrementando la nascita di nuove aziende, come nel caso della prestazione di garanzie statali alle PMI e a nuove imprese innovative (start-up), concesse grazie allo strumento di cui alla legge n. 662 del 1996, che ha istituito il Fondo centrale di garanzia per le PMI. In tale circostanza, lo Stato investe risorse pubbliche per lo sviluppo del Paese a vantaggio della collettività. Al contrario, rispetto al decreto-legge in esame, lo Stato presta garanzie per indurre risparmiatori ed investitori ad acquistare titoli correlati a crediti fortemente deteriorati, peraltro «senior», il cui grado di inesigibilità porterà quasi sicuramente all'escussione della garanzia, che, dunque, si configura già da ora come «un vero e proprio risarcimento danni» pagato con le risorse dei contribuenti;
   b) per quanto sopra considerato, si contesta l'articolo 12 del decreto-legge in esame in quanto stabilisce che la copertura del Fondo di garanzia, nella misura di 100 milioni, sia a carico delle risorse già stanziate per il Fondo istituito per favorire la cessione dei crediti certificati delle imprese vantati nei confronti delle PA, di cui all'articolo 37 del decreto-legge n. 66 del 2014. Dunque, ci si chiede se la distrazione delle suddette risorse possa limitare l'agevolazione della cessione dei crediti, che consente alle imprese interessate di reperire liquidità. Inoltre, in caso di escussione della garanzia, nel decreto-legge n. 66 del 2014 è previsto che lo Stato possa rivalersi sulle somme a qualsiasi titolo dovute dall'ente debitore a valere sulle risorse del bilancio dello Stato. Invece, l'articolo 11 del decreto-legge in esame non garantisce allo Stato il recupero delle somme per le garanzie escusse, in quanto lo Stato, subentrando nel diritto dei detentori dei titoli senior, potrà ricorrere all'iscrizione a ruolo delle somme anticipate che, è evidente, sarà quasi concretamente impossibile incassare, in quanto una parte delle sofferenze sono costituite da debiti di imprese non più in attività, ovvero fallite, ovvero debiti di persone fisiche non più in grado di onorare i mutui ipotecari. Pertanto, non è credibile quanto affermato nella Relazione Tecnica, relativamente all'articolo 12 del decreto-legge, in quanto la cessione delle garanzie da parte dello Stato di sicuro comporterà un impatto sul debito pubblico e sul deficit;
    l'articolo 1, comma 6, lettera b), sostituisce il comma 5 dell'articolo 150-bis del testo unico bancario. La disposizione prevede che nei casi di fusione e trasformazione previsti dall'articolo 36 del TUB (si tratta dei casi di fusioni tra banche di credito cooperativo e banche di diversa natura da cui risultino banche popolari o banche costituite in forma di società per azioni, nonché di cessione di rapporti giuridici in blocco e scissione da cui risulti una banca costituita in forma di società per azioni, restano fermi gli effetti di devoluzione del patrimonio stabiliti dall'articolo 17 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
    l'articolo 17 richiamato dalla norma in commento è stato introdotto come norma di interpretazione autentica sull'inderogabilità delle clausole mutualistiche da parte delle società cooperative e loro consorzi. In particolare, la norma ha chiarito l'applicazione delle seguenti disposizioni:
    l'articolo 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni dalla legge 2 aprile 1951, n. 302; la disposizione individua i requisiti mutualisti per beneficiare delle agevolazioni fiscali, tra cui: a) il divieto di distribuzione utili ai soci; b) il divieto di distribuzione delle riserve; c) la devoluzione del patrimonio a scopi mutualistici in caso di scioglimento);
    l'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601; la disposizione prevede che i requisiti della mutualità si ritengono sussistenti quando negli statuti sono espressamente e inderogabilmente previste le condizioni indicate nel citato articolo 26;
    l'articolo 11, comma 5, della legge 31 gennaio 1992, n. 59: prevede l'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo delle cooperative in liquidazione ai fondi mutualisti;
    in particolare, ha chiarito che le dette disposizioni si interpretano nel senso che la soppressione da parte di società cooperative o loro consorzi delle clausole di cui al predetto articolo 26 comporta comunque per le stesse l'obbligo di devolvere il patrimonio effettivo in essere alla data della soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione;
    allo stesso obbligo si intendono soggette le stesse società cooperative e loro consorzi nei casi di fusione e di trasformazione, ove non vietati dalla normativa vigente, in enti diversi dalle cooperative per le quali vigono le clausole di cui al citato articolo 26, nonché in caso di decadenza dai benefici fiscali;
    in pratica, ogni qualvolta la società cooperativa si trasforma in una società che non prevede i requisiti statutari della mutualità di cui al citato articolo 26 (si ripete, divieto di distribuzione utili ai soci, divieto di distribuzione delle riserve e obbligo di devoluzione del patrimonio a scopi mutualistici in caso di scioglimento), sussiste l'obbligo di devoluzione del patrimonio ad appositi fondi mutualistici;
    le norme sono di diretta attuazione dell'articolo 45 della Costituzione (che tutela la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata attribuendo alla legge il compito di promuoverne e favorirne l'incremento con i mezzi più idonei ed assicurandone il carattere e le finalità), nonché degli articoli 3 e 53 della Costituzione in quanto, avendo le cooperative caratteristiche strutturale che ne determinano uno svantaggio competitivo rispetto alle società lucrative, il regime fiscale più favorevole ha una funzione riequilibratrice dello svantaggio;
    più propriamente, l'articolo 17 della legge n. 388 del 2000 (in armonia con l'articolo 45 della Costituzione) tutela il carattere della mutualità prevedendo, in caso di trasformazione o scioglimento della cooperativa in società lucrativa, l'obbligo di devoluzione del patrimonio sociale a fondi per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, evitando pertanto che i vantaggi conseguiti dal regime fiscale di favore vengano attribuiti a soggetti diversi dai beneficiari;
    orbene, il nuovo comma 5 dell'articolo 150-bis del TUB, introdotto dal decreto-legge in esame, mentre nella prima parte tutela tale effetto devolutivo, prosegue prevedendo che tale effetto non si produce se la banca di credito cooperativo che effettua le operazioni di fusione o trasformazione ha un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro. In tal caso, le riserve sono affrancate corrispondendo all'erario un'imposta straordinaria pari al venti per cento della loro consistenza;
    in pratica la norma consentirebbe alle banche di credito cooperative più grandi (quelle appunto con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualisti con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve;
    con la previsione in commento, quindi, le banche più grandi, con più di 200 milioni di riserve, potranno uscire dal mondo cooperativo lasciandone il 20 per cento all'erario e trasformandosi in soggetti cooperativi a mutualità non prevalente (banche popolari) ovvero in società per azioni;
    sotto tale profilo, la norma lede senza alcun dubbio il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»;
    inoltre, le previsioni di cui al nuovo comma 5 in commento, si pongono altresì in contrasto con le norme a tutela della concorrenza, desumibili come principio nell'articolo 41 della Costituzione;
    l'affrancamento delle riserve, infatti, renderebbe il socio, ora titolare di diritti sul solo capitale, proprietario dell'intero patrimonio (capitale più riserve) della banca. Si realizzerebbe quindi un aumento di valore delle quote partecipative, oltre alla possibilità di distribuire utili;
    in altre parole, oltre a violare i principi cardine della cooperazione e della mutualità, la norma si traduce anche nell'attribuzione di un vantaggio patrimoniale alle banche di credito cooperativo che potrebbero oggi beneficiare dell'affrancamento, integrando peraltro anche un'illegittima ipotesi di aiuto di Stato;
    a parte i suesposti profili di incostituzionalità, la norma integra inoltre un caso di violazione dell'articolo 3 della Costituzione in quanto l'arbitrario limite di 200 milioni di euro genera evidenti effetti discriminatori per gli istituti sotto soglia;
    non può condividersi, inoltre, la disposizione di cui all'articolo 16 del decreto-legge in esame, nella parte in cui prevede l'applicazione della sanzione amministrativa del 30 per cento in caso di mancata vendita dell'immobile entro il biennio dall'acquisto. La norma, infatti, prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa tributaria indipendentemente dalla colpevolezza del soggetto. In pratica, la sanzione scatterebbe sol perché non si procede alla vendita nel biennio, senza tener conto delle ragioni, indipendenti dalla volontà del contribuente, che potrebbero aver contribuito all'inottemperanza della disposizione. Sotto tale profilo, dunque, la norma si pone in contrasto con il principio di colpevolezza in materia di sanzioni, che trova il suo fondamento nell'articolo 27 della Costituzione, applicabile all'ambito amministrativo come previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 472 del 1997,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3606.
N. 2. Pesco, Alberti, Villarosa, Ruocco, Pisano, D'Incà.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca la conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio;
    la recente prassi legislativa del ricorso continuo e reiterato all'uso del decreto-legge utilizzato dall'attuale Governo e più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e dalle numerose sentenze della Corte Costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, oltre a svilire i presupposti di adozione della stessa decretazione di urgenza, comporta anche un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, nonché uno svuotamento ed una mortificazione del ruolo del Parlamento, privando in particolare l'opposizione della facoltà di esercitare la sua funzione di indirizzo e di controllo politico;
    il provvedimento in oggetto presenta diversi profili di criticità in ordine al rispetto dei profili di costituzionalità;
    l'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica: il Governo infatti utilizza il ricorso allo strumento del decreto-legge solo perché un disegno di legge, avrebbe tempi per l'approvazione definitiva troppo lunghi;
    è palese quindi che il Governo operi nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali solo ed esclusivamente perché, ad avviso dei presentatori, incapace di trovare una maggioranza parlamentare coesa;
    il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere;
    in particolare il Governo in carica ha fatto uso larghissimo della decretazione d'urgenza: come dimostra anche un noto dossier recentemente pubblicato, dal 2014 al 2016 sono stati emanati ben 48 decreti-legge, con una media di uno ogni due settimane, spesso in assenza di una valida motivazione d'urgenza, tanto più che in questa legislatura i disegni di legge dell'esecutivo godono di una posizione di favore rispetto a quelle di iniziativa parlamentare, sia in termini di numero (soltanto l'1 per cento di quest'ultime arriva all'approvazione contro il 29 per cento di quelle governative), che in termini di tempo (è necessario più di un anno per le prime, mentre per proposte governative si arriva al licenziamento anche prima dei due mesi dall'inizio dell’iter);
    anche in questo caso, le argomentazioni illustrate dal Governo non possono in alcun modo giustificare dal punto di vista costituzionale il presente provvedimento composto da disposizioni prive dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;
    la relazione illustrativa, infatti, recita che «l'intervento in esame risulta necessario e urgente, al fine di sostenere con immediatezza il sistema del credito cooperativo» a causa di «talune debolezze strutturali» e a causa degli «assetti organizzativi» e della «dimensione ridotta» delle banche cooperative che richiederebbero la conseguente necessità di superare l'ostacolo di alcuni «tratti costitutivi della forma giuridica cooperativa in quanto tale»;
    da una stessa recente pubblicazione del Ministero dell'economia e delle finanze, seppur è vero che la maggior parte delle situazioni di rischiosità risiedono nelle banche di credito cooperativo, è anche vero che soltanto tra le 15 e le 17 le banche con questa forma giuridica presentano elementi patrimoniali critici che potrebbero rivelarsi fatali nei prossimi 18 mesi, su un totale di ben 363 banche di credito cooperativo oggi presenti in Italia;
    sembrerebbe quindi, più opportuno, procedere attraverso il normale iter legislativo, al fine di ponderare nella maniera più approfondita possibile l'eventuale riforma di questi istituti e al fine di preservarne nel migliore dei modi il loro carattere di mutualità, localismo e solidarietà, tutelato dalla Costituzione all'articolo 45 nella parte in cui riconosce «la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»;
    a questo proposito, lo stesso articolo, nella parte in cui recita che «la legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità» impone una riserva di legge assoluta che non può essere che assolta dal Parlamento che, naturalmente, detiene ed esercita la funzione legislativa e non certo dall'esecutivo che, soltanto in virtù di una disposizione costituzionale derogatoria sottoposta a condizioni di eccezionalità, può emanare «decreti che abbiano valore di legge ordinaria», come specificato dallo stesso articolo 77 della Costituzione;
    le Banche di Credito Cooperativo-Casse Rurali (BCC-CR) sono società cooperative senza finalità di lucro, nate più di un secolo fa per affrancare le fasce più umili e deboli della popolazione, soprattutto agricoltori ed artigiani, categorie particolarmente fragili allora come oggi, dalla miseria e dall'usura, la cui principale funzione è quella di favorire la partecipazione alla vita economica e sociale della società civile in maniera etica e responsabile;
    queste, infatti, impiegando la redditività come strumento e non come fine dell'attività, perseguono quegli scopi di utilità sociale costituzionalmente garantita oltre che dal citato articolo 45, anche dall'articolo 47 della Costituzione, che incoraggia e tutela il risparmio, soprattutto delle fasce più svantaggiate della popolazione;
    un ulteriore intervento d'urgenza sull'articolo 47, minandone le fondamenta poiché interviene senza un adeguato studio dell'impatto della disciplina che si vuole introdurre, non sembra più accettabile: è stato infatti già ampiamente dimostrato dalle recenti decretazioni dell'esecutivo in tema bancario e finanziario come, fra i portatori di interessi, i soggetti maggiormente penalizzati siano stati proprio i risparmiatori, appartenenti soprattutto alle fasce della popolazione meno agiata; sembrerebbe quindi ora opportuno evitare il perpetuarsi dei disastrosi effetti appena conosciuti con gli altri decreti d'urgenza sulla materia;
    il decreto, infatti, prevedendo la creazione di una «superholding» in cui far confluire tutti gli istituti di credito cooperativo, seppur non alterando formalmente «la qualificazione delle BCC come cooperative a mutualità prevalente», come affermato nella stessa relazione illustrativa, presenta caratteri tali da poter alterare sostanzialmente il carattere solidale delle stesse nella loro funzione di accesso al credito delle fasce più deboli e di aiuto reciproco dei soci, rischiando quindi di pregiudicare anche il compito affidato alla Repubblica dall'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, dove si riconosce quale compito fondamentale dello Stato quello di rimuovere «di fatto» gli ostacoli di «ordine economico e sociale» che limitano l'uguaglianza dei cittadini e ne impediscono il pieno sviluppo della persona umana;
    in questo nuovo quadro normativo non sembra infatti tenersi abbastanza in conto dell'effettivo ruolo svolto dalle banche cooperative come enti di partecipazione e di aggregazione delle realtà economiche e sociali presenti sul territorio;
    l'aleatorietà dei contenuti del decreto-legge, già a partire dal titolo, determina inoltre la compresenza di norme riguardanti materie che, se pur interdipendenti, nella sostanza richiederebbero di essere trattate in distinti provvedimenti, al fine di soddisfare i requisiti di omogeneità richiesti dalla Costituzione;
    a fianco della riforma del credito cooperativo, il presente decreto-legge in conversione prevede infatti anche altri tre Capi, rispettivamente: il Capo II recante norme in materia di garanzia sulle operazioni di cartolarizzazione dei crediti in sofferenza, il Capo III che reca disposizioni in materia di esclusione dalla tassazione dei contributi percepiti dai soggetti per cui risultino attivate le procedure concorsuali e il Capo IV recante modifiche al testo unico in materia di intermediazione finanziaria relativamente alla gestione collettiva del risparmio;
    la Corte Costituzionale ha più volte censurato la carenza di omogeneità dei decreti-legge ed ha considerato quel requisito rilevante tanto quanto i requisiti espressamente prescritti dall'articolo 77 della Costituzione nonché di quelli indicati all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988. Il problema dell'omogeneità è intrinsecamente connesso con quello della sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, del quale costituisce una sorta di corollario;
    inoltre, tutte le disposizioni contenute nel presente decreto oggetto di conversione presentano carattere ordinamentale che, secondo quanto stabilito dalla stessa Corte Costituzionale, non dovrebbero trovare spazio nella decretazione d'urgenza;
    l'articolo 2 del decreto-legge reca inoltre disposizioni transitorie in merito all'applicazione della disciplina sulla formazione del gruppo bancario cooperativo che arrivano fino alla previsione di 18 mesi, prevedendo, sostanzialmente, un'applicazione non immediata e specifica delle disposizioni ivi contenute: una simile disposizione, oltre ad essere ancora una volta contraria all'articolo 15, comma 3, della legge 3 agosto 1988, n. 400, è anche manifestamente incostituzionale perché introduce, attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, norme la cui applicabilità effettiva è differita nel tempo, contrastando direttamente con il dettame dell'articolo 77 della Costituzione che prevede la conversione in legge tassativamente entro 60 giorni;
    il decreto introduce poi un'alterazione delle regole della libera concorrenza nell'articolo 1, comma 4, in cui prevede che la BCC che viene esclusa dal gruppo bancario cooperativo possa continuare la propria attività bancaria solo mediante trasformazione in società per azioni;
    inoltre, la costituzione in società per azioni della capogruppo, come stabilito dall'articolo 1, comma 5, potrebbe produrre effetti diametralmente opposti a quelli indicati dal Governo dirottando le risorse disponibili verso investimenti ad alto rischio e sottraendo le stesse dal finanziamento delle famiglie e delle imprese, oltre che alterare visibilmente il carattere mutualistico e localistico che le banche di credito cooperativo hanno svolto fin d'ora;
    molte delle norme contenute nel decreto-legge in esame, oltre ad oltrepassare i profili di incostituzionalità, non possono essere condivise neanche nel merito, soprattutto nella parte della riforma del credito cooperativo e delle cartolarizzazioni dei crediti in sofferenza, attraverso cui, unitamente alla riforma delle banche popolari attuata un anno fa e alla recente attivazione del processo di risoluzione delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, sembra che il Governo si occupi maggiormente dei poteri forti lasciando indietro non soltanto la parte più debole della popolazione, ma anche quella fascia di risparmiatori che, attraverso le specifiche realtà territoriali, costituiscono il tessuto connettivo sociale e produttivo del Paese,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3606.
N. 3. Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, reca misure concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio;
    si tratta di disposizioni annunciate da tempo, e su cui si dibatte da anni, ma che, ancora una volta, si inseriscono nell'ambito della decretazione d'urgenza, anziché all'interno di un disegno di legge destinato a seguire il normale iter parlamentare, alimentando ancora una volta forti perplessità, sia riguardo alla natura delle norme stesse, sia per l'assenza dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza;
    tale prassi legislativa, censurata numerose volte dalla Corte costituzionale, continua a mortificare, depauperandolo, il ruolo del Parlamento, in aperto contrasto con il dettato dell'articolo 70 della Costituzione che attribuisce alle Camere l'esercizio della funzione legislativa;
    la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 220 del 2013 ha esplicitamente affermato «la palese inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema, che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale»;
    la riforma delle banche di credito cooperativo, oggetto del decreto-legge n. 18 del 2016, è chiaramente una riforma organica e di sistema: si tratta infatti di norme che toccano una realtà legata al territorio, con una funzione fondamentale per l'economia reale. Dalle Banche Cooperative e dalle Casse Rurali deriva quasi il 20 per cento dei prestiti ad artigiani e piccole imprese italiane, incidendo quindi fortemente sull'economia, l'occupazione e la crescita del nostro Paese;
    alla luce di quanto sopra evidenziato, appare evidente come l'impianto normativo del decreto-legge in esame sia nettamente privo dei rilievi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale: non si ravvisano quei requisiti di straordinarietà, necessità e urgenza (diventati purtroppo da tempo una mera clausola di stile) che legittimano, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, l'esercizio del potere del Governo di adottare atti aventi forza di legge, e contravviene pertanto ancora una volta alle esternazioni presidenziali;
    l'assenza del requisito dell'urgenza è evidente anche per i tempi lunghi di attuazione e di perfezionamento della riforma, stabiliti dalle procedure determinate dal medesimo decreto;
    nel corso del suo mandato, il governo Renzi è stato molto attivo sul fronte bancario. Risale al gennaio 2015 il decreto-legge (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3) che ha riformato la governance delle banche popolari, imponendo la trasformazione in società per azioni a quelle con attivo superiore agli otto miliardi: un provvedimento a cui ha fatto seguito un'intensa attività anomala di compravendita di titoli azionari di banche popolari italiane;
    il secondo intervento, messo in campo sempre attraverso l'utilizzo della decretazione d'urgenza (decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183 – poi confluito all'interno della legge di stabilità 2016), era strettamente connesso con le procedure di risoluzione avviate dalla Banca d'Italia nei confronti di alcune banche in amministrazione straordinaria (Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., Banca delle Marche S.p.A., Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio-Società cooperativa, Cassa di risparmio della Provincia di Chieti S.p.A.), e ha determinato la costituzione ex lege degli enti-ponte previsti dai provvedimenti di avvio della risoluzione dei suddetti istituti bancari. Le operazioni disposte dal decreto-legge n. 183 del 2015, non prevedendo adeguate tutele del capitale investito dai risparmiatori, hanno generato perdite per azionisti e obbligazionisti subordinati, prefigurando una chiara violazione del disposto di cui all'articolo 47 della Costituzione, che tutela il risparmio in tutte le sue forme;
    il governo Renzi ripropone quindi l'ennesimo intervento in tema bancario, utilizzando ancora una volta lo strumento della decretazione d'urgenza, definendo una riforma del sistema bancario cooperativo in chiara violazione dei principi sanciti dall'articolo 77 della Costituzione, nonché in contrasto con quanto disposto dall'articolo 45 della nostra Carta fondamentale, che disciplina che «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
    la violazione dell'articolo 45 della Costituzione si ravvisa non solo nell'irrigidimento delle modalità di costituzione delle banche cooperative, ma, in particolare, nella necessaria garanzia di piena tutela dell'ordinamento cooperativo;
    con l'obiettivo di agevolare l'accesso delle banche costituite in forma cooperativa al mercato dei capitali, il testo (articolo 1, comma 5) modifica l'articolo 150-bis del TUB, ampliando l'obbligo di devoluzione del patrimonio anche alle trasformazioni, alle scissioni e alle cessioni di ramo d'azienda, e stabilendo che l'effetto devolutivo non si ha ove la banca interessata abbia un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro e versi all'erario il venti per cento delle proprie riserve (meccanismo della way-out). Fino ad oggi, a piena tutela della funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità, in attuazione del disposto di cui all'articolo 45 della Costituzione, l'ordinamento cooperativo ha previsto, per un principio di indivisibilità totale delle riserve, che, in caso di trasformazione di una cooperativa in altra forma di società, le riserve fossero devolute a finalità di interesse pubblico;
    consentire di toccare le riserve indivisibili solleva pertanto più di una perplessità rispetto alla scelta in merito alla via d'uscita dell'affrancamento, che sembra contraddire l'esistenza, sul patrimonio indivisibile delle cooperative, di un vincolo civilistico: un vincolo per la cui rimozione è necessario che il legislatore ravvisi opportunità e interessi superiori, di rango costituzionale considerato il disposto di cui all'articolo 45;
    l'ostinazione da parte del Governo nel riproporre all'esame del Parlamento provvedimenti d'urgenza al cui interno si rinvengono innumerevoli profili di illegittimità, riconducibili al mancato rispetto dei requisiti costituzionali richiesti, rappresenta il proseguimento di un metodo procedurale non più accettabile, che non risponde alle continue sollecitazioni in merito al ripristino di un corretto percorso costituzionale dei provvedimenti, e che determina una produzione normativa fuori controllo e illegittima,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3606.
N. 4. Laffranco, Sandra Savino, Giacomoni, Occhiuto.

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: BRESSA; FRACCARO ED ALTRI; CIVATI ED ALTRI; TINAGLI ED ALTRI; DADONE ED ALTRI; RIZZETTO ED ALTRI; SCOTTO E ALTRI; RUBINATO E CASELLATO: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI DI INTERESSI (A.C. 275-1059-1832-1969-2339-2634-2652-3426-A/R)

A.C. 275-A/R – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  All'articolo 5, comma 10, lettera a), dopo le parole: Corpo della guardia di finanza aggiungere le seguenti:, sulla base di apposito protocollo d'intesa con cui stabilire le modalità dell'avvalimento e il rimborso degli oneri anticipati dal Corpo medesimo.

  All'articolo 14, sopprimere il comma 3.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:

Art. 15-bis.
(Disposizioni finanziarie).

  1. Al fine di far fronte alle funzioni e ai compiti attribuiti dalla presente legge all'Autorità, il ruolo organico di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è aumentato fino ad un massimo di 10 unità. A tale incremento del ruolo organico nonché all'incremento del numero dei componenti dell'Autorità stessa, di cui all'articolo 14, si provvede nell'ambito delle disponibilità finanziarie della predetta Autorità e senza incremento del contributo a carico dei soggetti vigilati dovuto ai sensi dell'articolo 10, comma 7-ter, della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
  2. Alle assunzioni del personale di cui al comma 1 si provvede mediante una o più procedure concorsuali, per titoli ed esami.
  3. Alla compensazione degli effetti finanziari, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dall'attuazione dell'articolo 14 nonché del presente articolo, pari a 1,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189;

  e con le seguenti condizioni:

  All'articolo 5, comma 7, sostituire le parole: sulla base di specifica convenzione conclusa con l'Agenzia delle entrate con le seguenti: sulla base di specifiche convenzioni concluse con le competenti Agenzie fiscali.

  All'articolo 10, comma 1, sostituire le parole: si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche con le seguenti: si applica in ogni caso l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.5, 1.6, 1.7, 2.1, 2.7, 3.1, 4.5, 4.102, 4.103, 4.104, 5.31, 6.20 e 6.126, 7.6, 8.1, 11.100, 12.1, 12.19 e 14.102, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 275-A/R – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Esclusiva cura degli interessi pubblici).

  1. I titolari di cariche politiche, nell'esercizio delle loro funzioni, operano esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.
(Esclusiva cura degli interessi pubblici).

  Sostituire il comma 1 con il seguente:

  1. I titolari di cariche politiche, nonché il presidente e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, ivi inclusa la Banca d'Italia, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno l'obbligo di agire esclusivamente perseguendo la cura degli interessi pubblici loro affidati. A tale fine, sono tenuti ad adottare le misure previste dalla presente legge, volte a prevenire le situazioni di incompatibilità con la carica ricoperta, nonché ad evitare l'insorgenza di conflitti di interessi tra l'incarico pubblico svolto e qualsiasi interesse privato di cui gli stessi siano titolari.

  Conseguentemente:
   all'articolo 2, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
    2. Ai fini della presente legge, sono equiparati ai titolari di cariche politiche il presidente e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione ivi inclusa la Banca d'Italia.
   all'articolo 6:
    comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
     f) la carica di presidente o componente di organi con funzione di amministrazione o controllo, ricoperta dal titolare della carica di cui all'articolo 2 o dal coniuge non legalmente separato, dai parenti o affini entro il secondo grado o dalla persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico, in un'impresa che sia titolare di diritti esclusivi o che operi in regime di monopolio, in un'impresa che operi nei settori della radiotelevisione e dell'editoria o della diffusione tramite internet, in un'impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato ivi incluso l'esercizio dell'attività bancaria in qualunque forma esercitata, nonché in altre imprese di interesse nazionale;
   sostituire il comma 10 con il seguente:
    10. Fermo restando quanto previsto dai commi 7 e 8, l'Autorità accerta, anche tramite proprie verifiche, entro trenta giorni dal ricevimento delle dichiarazioni di cui all'articolo 5, le situazioni di incompatibilità di cui ai commi 1 e 2 e ne dà comunicazione all'interessato, invitando il titolare della carica di cui all'articolo 2 a comunicare, entro i trenta giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica e il mantenimento della posizione incompatibile, anche ove quest'ultima riguardi il coniuge non legalmente separato, i parenti o affini entro il secondo grado o la persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico. A decorrere dalla data della comunicazione, il titolare della carica di governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai commi 1 e 2 è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 7.
1. 6. Fraccaro, Nuti, Toninelli, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni.

  Sostituire il comma 1 con il seguente:
  1. I titolari di cariche politiche, nonché il presidente e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, ivi inclusa la Banca d'Italia, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno l'obbligo di agire esclusivamente perseguendo la cura degli interessi pubblici loro affidati. A tale fine, sono tenuti ad adottare le misure previste dalla presente legge, volte a prevenire le situazioni di incompatibilità con la carica ricoperta, nonché ad evitare l'insorgenza di conflitti di interessi tra l'incarico pubblico svolto e qualsiasi interesse privato di cui gli stessi siano titolari.

  Conseguentemente:
   all'articolo 2, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
    2. Ai fini della presente legge, sono equiparati ai titolari di cariche politiche il presidente e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione ivi inclusa la Banca d'Italia.«;
   all'articolo 6:
    comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
     f) la carica di presidente o componente di organi con funzione di amministrazione ricoperta dal titolare della carica di cui all'articolo 2 o dal coniuge non legalmente separato, dai parenti o affini entro il secondo grado o dalla persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico, in un'impresa che sia titolare di diritti esclusivi o che operi in regime di monopolio, in un'impresa che operi nei settori della radiotelevisione e dell'editoria o della diffusione tramite internet, in un'impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato ivi incluso l'esercizio dell'attività bancaria in qualunque forma esercitata, nonché in altre imprese di interesse nazionale.»;
   sostituire il comma 10 con il seguente:
    10. Fermo restando quanto previsto dai commi 7 e 8, l'Autorità accerta, anche tramite proprie verifiche, entro trenta giorni dal ricevimento delle dichiarazioni di cui all'articolo 5, le situazioni di incompatibilità di cui ai commi 1 e 2 e ne dà comunicazione all'interessato, invitando il titolare della carica di cui all'articolo 2 a comunicare, entro i trenta giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica e il mantenimento della posizione incompatibile, anche ove quest'ultima riguardi il coniuge non legalmente separato, i parenti o affini entro il secondo grado o la persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico. A decorrere dalla data della comunicazione, il titolare della carica di governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai commi 1 e 2 è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 7.
1. 7. Fraccaro, Nuti, Toninelli, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni.

  Sostituire il comma 1 con il seguente:
  1. I titolari di cariche politiche, nonché il presidente e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, ivi inclusa la Banca d'Italia, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno l'obbligo di agire esclusivamente perseguendo la cura degli interessi pubblici loro affidati. A tale fine, sono tenuti ad adottare le misure previste dalla presente legge, volte a prevenire le situazioni di incompatibilità con la carica ricoperta, nonché ad evitare l'insorgenza di conflitti di interessi tra l'incarico pubblico svolto e qualsiasi interesse privato di cui gli stessi siano titolari.

  Conseguentemente, all'articolo 2, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  2. Ai fini della presente legge, sono equiparati ai titolari di cariche politiche il presidente e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione ivi inclusa la Banca d'Italia.
1. 5. Fraccaro, Nuti, Toninelli, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni.

  Al comma 1, sostituire la parola: politiche con la seguente: pubbliche.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, alinea, sostituire la parola: politiche con la seguente: pubbliche.
*1. 4. Dadone, Cecconi, Nuti, Cozzolino, Dieni, Toninelli, D'Ambrosio.

  Al comma 1, sostituire la parola: politiche con la seguente: pubbliche.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, alinea, sostituire la parola: politiche con la seguente: pubbliche.
*1. 100. Quaranta, D'Attorre, Scotto, Costantino, Airaudo, Franco Bordo, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la parola: politiche aggiungere le seguenti: nonché i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

  Conseguentemente:
   all'articolo 4, comma 1, sostituire le parole: sia titolare con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione siano titolari;
   all'articolo 7:
    al comma 1, sostituire le parole:, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite, può con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite, possono;
    al comma 2, sostituire le parole:, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite, può con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite, possono;
    al comma 3, sostituire la parola: soggiace con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione soggiacciono;
    al comma 4, sostituire le parole da: dubiti sino a: è tenuto con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione dubitino della sussistenza dell'obbligo di astensione nel caso specifico ovvero ritengano comunque di poter essere in conflitto di interessi nell'adozione di una decisione o nella partecipazione a una deliberazione, sono tenuti;
    al comma 6, sostituire le parole: è tenuto con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione sono tenuti;
    al comma 9, sostituire le parole da: prende una decisione sino a: il medesimo fa parte con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione prendono una decisione, adottano un atto, partecipano a una deliberazione o omettono di adottare un atto dovuto, conseguendo per sé o per uno dei soggetti di cui al comma 5 dell'articolo 5 un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto a quello conseguito dalla generalità dei destinatari, ovvero un vantaggio economicamente rilevante e incidente su una categoria ristretta di destinatari della quale i medesimi fanno parte;
    al comma 10, dopo le parole: carica di governo nazionale aggiungere le seguenti: ed i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione;

   all'articolo 8:
    al comma 1, lettera a), sostituire la parola: possieda con le seguenti: e i componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione possiedano;
    al comma 1, lettera b):
     dopo le parole: carica di governo nazionale aggiungere le seguenti: e dei componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione;
     sostituire le parole: ad esso con le seguenti: ad essi;
    al comma 3, dopo le parole: carica di governo nazionale aggiungere le seguenti: e ai componenti delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.
1. 1. Costantino, Civati, Quaranta, D'Attorre, Scotto, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Airaudo, Franco Bordo, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la parola: funzioni aggiungere le seguenti: e scelte.
1. 2. Costantino, Civati, Quaranta, D'Attorre, Scotto, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Airaudo, Franco Bordo, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: e per l'interesse generale della Repubblica.
1. 101. Librandi.
(Approvato)

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: A tale fine, sono tenuti ad adottare le misure previste dalla presente legge, volte a prevenire le situazioni di incompatibilità con la carica ricoperta, nonché ad evitare l'insorgenza di conflitti di interessi tra l'incarico pubblico svolto e qualsiasi interesse privato di cui gli stessi siano titolari.
1. 3. Dadone, Cozzolino, Fraccaro, Dieni, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  2. Il principio di cui al comma 1 si intende rispettato anche nell'ipotesi di coincidenza tra interessi pubblici e interessi privati.
1. 8. Sisto, Centemero.