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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 17 febbraio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 febbraio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Capelli, Cariello, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Covello, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Guerra, Incerti, La Russa, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pagano, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Capelli, Cariello, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Covello, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Guerra, Incerti, La Russa, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pagano, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 16 febbraio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BRAMBILLA: «Modifica all'articolo 61 del codice penale, in materia di circostanza aggravante comune per i reati commessi in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o ospitate presso comunità» (3612);
   FICO: «Modifiche al testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in materia di divieto di interruzioni pubblicitarie nelle trasmissioni destinate ai bambini e di partecipazione di minori alle trasmissioni pubblicitarie» (3613).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di proposte di inchiesta parlamentare.

  In data 16 febbraio 2016 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:
   BRUNO BOSSIO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato e sulla sicurezza della strada statale n. 106 Jonica» (Doc. XXII, n. 61).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge IACONO ed altri: «Disposizioni per l'istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico» (1178) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Terrosi.

  La proposta di legge ANTEZZA ed altri: «Istituzione di un Fondo per l'indennizzo delle vittime di reati di violenza sessuale» (1283) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Fabbri.

  La proposta di legge VALERIA VALENTE ed altri: «Disposizioni in materia di indennizzo alle vittime di reati intenzionali violenti e istituzione di un fondo di solidarietà» (2306) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Fabbri.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
   MARTELLI ed altri: «Norme per la tutela e le pari opportunità delle minoranze storico-linguistiche dei rom e dei sinti» (3541) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   D'ALIA: «Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione in materia di democrazia interna e trasparenza dei partiti politici, nonché deleghe al Governo per la disciplina delle elezioni primarie e per l'adozione di un testo unico delle disposizioni legislative riguardanti i partiti politici» (3610) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
   FREGOLENT ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernenti misure per sostenere la destinazione del risparmio privato all'investimento nel capitale delle piccole e medie imprese costituite in forma societaria» (3506) Parere delle Commissioni I, V, X e XIV.

   VIII Commissione (Ambiente):
   CARRESCIA ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, concernenti lo smaltimento di pile e accumulatori» (3516) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

  Il Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, con lettera in data 17 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 35, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 124, la relazione annuale, approvata dal Comitato medesimo nella seduta del 4 febbraio 2016 (doc. XXXIV n. 3).

  Tale documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 3 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato, in relazione a un intervento da realizzare tramite contributi assegnati in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per l'anno 2007, l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dal comune di Montecchio Emilia (Reggio Emilia), per il completamento di lavori relativi al cortile della Rocca del medesimo comune.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  Sentenza n. 22 del 13 gennaio - 11 febbraio 2016 (Doc. VII, n. 578),
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 134, 136, 139, 140, 141 e 142, commi 1 e 2, lettera a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), sollevate, in riferimento agli artt. 9 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione ai parametri interposti di cui agli artt. 4 e 5 della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972 e recepita in Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972), dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 142, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004, sollevata, in riferimento all'articolo 9 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania:
   alla VIII Commissione (Ambiente);

  Sentenza n. 23 del 13 gennaio - 11 febbraio 2016 (Doc. VII, n. 579),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), come sostituito dall'articolo 1, comma 24-ter, lettera a), del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione alla decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea del 25 ottobre 2004, n. 2004/757/GAI e all'articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dal tribunale per i minorenni di Reggio Calabria:
   alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);

  Sentenza n. 29 del 13 gennaio - 11 febbraio 2016 (Doc. VII, n. 581),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 28 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, proposta – in riferimento agli artt. 3, 81 e 97 della Costituzione – dalla Regione siciliana;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo articolo 28 del decreto-legge n. 90 del 2014, come convertito, proposta - in riferimento agli artt. 14, lettere d), o), p) e q), e 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) ed all'articolo 119 della Costituzione - dalla Regione siciliana:
   alla X Commissione (Attività produttive).

  La Corte costituzionale, con lettera in data 11 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
  Sentenza n. 20 del 12 gennaio - 11 febbraio 2016 (Doc. VII, n. 576),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 1, della legge della regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della regione Abruzzo), nella parte in cui si applicava al Direttore dell'ente «Abruzzo-Lavoro»;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 2, della legge regionale Abruzzo n. 27 del 2005, sollevata, in riferimento all'articolo 97 della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezione lavoro:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  Sentenza n. 21 del 26 gennaio - 11 febbraio 2016 (Doc. VII, n. 577),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, e successivamente modificato dall'articolo 1, comma 237, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2015), nella parte in cui non prevede che la configurazione delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato come strutture ricettive all'aria aperta debba avvenire nel rispetto dei requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
    dichiara l'illegittimità costituzionale del citato articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014, come modificato dell'articolo 1, comma 365, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2016), nella parte in cui non prevede che la configurazione delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato come strutture ricettive all'aria aperta debba avvenire nel rispetto dei requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano:
   alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive);

  Sentenza n. 28 del 13 gennaio - 11 febbraio 2016 (Doc. VII, n. 580),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 55, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014), nella parte in cui si applica alle Province autonome di Bolzano e di Trento:
   alla X Commissione (Attività produttive);

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 16 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la deliberazione n. 9/2016 del 9-11 febbraio 2016, relativa al programma dell'attività della medesima Sezione per l'anno 2016.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 16 febbraio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari per quanto riguarda talune date (COM(2016) 56 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze). Tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 16 febbraio 2016;
   proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 600/2014 sui mercati degli strumenti finanziari, il regolamento (UE) n. 596/2014 relativo agli abusi di mercato e il regolamento (UE) n. 909/2014 relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli, per quanto riguarda talune date (COM(2016) 57 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze). Tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 16 febbraio 2016;
   proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (domanda EGF/2015/009 SE/Volvo Trucks, presentata dalla Svezia) (COM(2016) 61 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che deve essere adottata a nome dell'Unione europea in seno al sottocomitato doganale istituito dall'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Moldova, dall'altra, con riguardo alla sostituzione del protocollo II del suddetto accordo, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa, con un nuovo protocollo che, per quanto riguarda le norme di origine, faccia riferimento alla convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee (COM(2016) 68 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 68 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  Il Presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con lettera in data 28 gennaio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia dei verbali delle sedute della Commissione relative ai mesi di novembre e dicembre 2015.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dalla regione autonoma della Sardegna.

  La regione autonoma della Sardegna, in qualità di commissario delegato titolare di contabilità speciale, con lettera in data 9 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 5-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il rendiconto n. 4, per l'anno 2015, delle entrate e delle spese concernenti gli interventi di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito la Sardegna nel novembre 2013, corredato da una relazione concernente i medesimi interventi.

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 15 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190, e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (267).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali) e, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), nonché, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, alla Commissione parlamentare per la semplificazione. Le predette Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 17 aprile 2016.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 15 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 19, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di disciplina delle funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di misurazione e valutazione della performance delle pubbliche amministrazioni (268).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 18 marzo 2016. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 3 marzo 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative in ordine al fabbisogno formativo dei medici del lavoro – 3-02013

   FAUTTILLI e GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ben 6500 medici competenti sarebbero stati cancellati nell'aprile del 2015 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per non aver soddisfatto il fabbisogno formativo previsto dal testo unico per la sicurezza sul lavoro decreto-legge n. 81 del 2008 (crediti Ecm adeguati, pari a 105 in medicina del lavoro) entro il 2013, nonostante la confederazione dei medici della dipendenza avesse chiesto al Ministero di posticipare tale decisione a gennaio 2016;
   il giudizio del medico competente è un documento che ha valore legale ed è utilizzato in contenziosi. La validità dei giudizi emessi dai colleghi cancellati potrebbe essere inficiata con aggravamento del contenzioso su malattie occupazionali, infortuni lavorativi ed altro;
   risulterebbe che in alcuni casi i provider non abbiano fatto a tempo a trasmettere i crediti regolarmente conseguiti, o non fossero accreditati a livello nazionale, o l'autocertificazione del medico non fosse pervenuta per un cattivo funzionamento del sistema di posta elettronica. Infine c’è chi non sarebbe arrivato per un soffio in un contesto in cui non ovunque l'offerta formativa è sufficiente;
   molti medici competenti sono anche dipendenti Asl e l'ospedale è il luogo deputato a una pronta diagnostica e terapia nelle procedure dei medici competenti;
   se 6500 medici non ottengono i crediti, vuol dire che le aziende non hanno fatto la loro formazione mentre sarebbe opportuno più tempo sia per i medici da formare, sia per le aziende. Si tratta di professionisti specializzati, di competenze che non possono essere cancellate per il mancato rispetto di una percentuale;
   l'obbligo di totalizzare il 70 per cento dei crediti in medicina del lavoro andava soddisfatto da fine 2013 ma era stato concesso un anno di proroga, mentre ad aprile 2015, è intervenuto il depennamento, e la revoca dell'incarico ai medici da parte di molti datori di lavoro;
   la Fnomceo ha messo in campo due corsi per aiutare un rapido recupero crediti e ha mediato con il Ministero della salute che sarebbe propenso a regolarizzare entro l'anno chi rientra in linea con i crediti, in pratica senza «sospenderlo» per il periodo in cui è stato depennato –:
   se non ritenga opportuno, al fine di non disperdere un patrimonio di professionalità riconosciute in nome di un fabbisogno di crediti solo sfiorato o di un sistema informatico da aggiornare, di adottare in tempi brevi iniziative volte a consentire per chi fa sorveglianza sanitaria di mettersi in linea con i crediti del triennio 2011-2013, aggiungendoli progressivamente a quelli del 2014-2016 in corso.
(3-02013)


Iniziative di competenza per la tutela dei diritti di consumatori nei confronti degli operatori del mercato dell'energia elettrica e del gas in relazione al fenomeno delle «maxi-bollette» – 3-02014

   BALDELLI, POLVERINI, OCCHIUTO e POLIDORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 6 ottobre 2015 la Camera ha approvato all'unanimità la mozione, a prima firma del proponente del presente atto di sindacato ispettivo, recante iniziative per la tutela dei diritti dei consumatori nei confronti degli operatori del mercato dell'energia elettrica e del gas, protagonisti di comportamenti presumibilmente scorretti e attualmente oggetto di indagini, come l'emissione di maxibollette frutto di conguagli pluriennali, fatturazioni incongrue, basate su conteggi di consumi stimati, ma non effettivi, errori di valutazione, e mancate considerazioni delle autoletture;
   il testo del dispositivo approvato con un voto unanime dell'Assemblea e con il parere favorevole del Governo, impegnava il Governo stesso ad «intervenire nell'ambito delle proprie competenze, affinché fosse assicurata dagli operatori del settore una moratoria sulle recenti maxibollette derivanti da conguagli superiori a due anni, finché le autorità non abbiano completato gli accertamenti circa eventuali violazioni del codice del consumo»;
   per analoghe irregolarità, in data 25 gennaio 2016, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha condannato diverse società del settore idrico al pagamento di oltre due milioni di euro;
   nel frattempo, gli utenti interessati da tali «maxibollette e mega-conguagli» continuano a pagare, i più fortunati a rate, questi importi che pesano spesso come macigni sulle economie domestiche dei soggetti interessati;
   già una volta, successivamente all'approvazione della mozione di cui sopra, la mancata applicazione della moratoria è stata fatta oggetto di un'interrogazione a risposta immediata in X Commissione della Camera dei deputati e il Governo, in quella circostanza, rassicurò gli interroganti circa la volontà di mantenere l'impegno in tempi relativamente brevi;
   la senatrice Simona Vicari, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico a cui era stata assegnata la delega sulle materie di competenza della «Direzione generale per mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica», che aveva seguito questo dossier e che il 7 gennaio 2016 aveva auspicato «entro gennaio obblighi stringenti a favore dei consumatori vittime dei maxiconguagli», è passata ad un altro dicastero, nell'ambito del recente «mini-rimpasto» e, attualmente, la delega risulta essere tornata in capo al Ministro interrogato –:
   quanto tempo ancora gli utenti destinatari di «maxibollette e mega-conguaglio» dovranno aspettare, pagando nel frattempo gli importi richiesti, prima che il Governo intervenga in modo finalmente risolutivo per mantenere l'impegno e far sì che gli operatori stessi «assicurino» al più presto la suddetta moratoria. (3-02014)


Intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di una rete digitale a banda larga ultraveloce, con particolare riferimento alle modalità di erogazione dei finanziamenti pubblici e all'ipotesi di una gara unica nazionale – 3-02015

   PICCONE, BOSCO e MINARDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il servizio di collegamento veloce alla rete internet attraverso un'infrastruttura di rete a banda ultralarga è ormai diventato elemento indispensabile di competizione economica, oltre che di modernizzazione della società;
   per chiunque utilizzi strumenti informatici e telematici la possibilità di accedere alla rete con collegamenti veloci e affidabili è di fondamentale importanza (mercato consumer, accesso ai servizi pubblici, formazione, cultura e ricerca), ma una robusta ed efficiente infrastruttura telematica sarà sempre di più – nel prossimo futuro – un fattore competitivo di primaria importanza per lo sviluppo del sistema produttivo italiano e per la collocazione vincente nelle nostre imprese all'interno delle catene di valore;
   il ritardo del nostro Paese nella realizzazione di una rete digitale a banda larga ultraveloce non può quindi essere sottovalutato: esso rappresenta (oggi in modo ancora non evidente) uno dei maggiori fattori frenanti di una concreta prospettiva di crescita economica del Paese nel futuro prossimo e nel medio termine;
   purtroppo questo ritardo perdura e gli esiti dell'ultimo monitoraggio della Commissione europea sullo stato di avanzamento dell'Agenda digitale lo evidenziano in maniera assai eloquente (venticinquesima posizione nella classifica dei 28 Stati membri dell'Unione europea);
   quasi un anno fa il Governo ha lanciato «Piano per la banda ultralarga», insieme alla «Strategia per la crescita digitale 2014-2020». Il Governo ha dimostrato in tal modo una sensibilità ai temi della crescita digitale e una volontà di rimediare al gap infrastrutturale con un'azione pubblica decisa, nella consapevolezza che gli operatori privati delle telecomunicazioni non hanno – da soli – una capacità (e una volontà) di investimento adeguata all'esigenza del sistema-Paese di recuperare in tempi rapidi il ritardo accumulato;
   questa scelta decisa è del tutto condivisibile e lungimirante ma dal marzo 2015 non si è registrata una analoga capacità decisionale nella definizione dei successivi passaggi attuativi del Piano: incertezza sui fondi pubblici disponibili, mancata definizione delle modalità di erogazione dei contributi pubblici, lunghe schermaglie con e fra gli operatori privati coinvolti;
   una volta definite le risorse pubbliche a disposizione – fondi europei FESR e FEASR e Fondo di sviluppo e coesione, per complessivi 6 miliardi di euro, a cui si dovrebbero sommarsi i fondi collegati del piano Juncker – sono rimasti in sospeso gli altri aspetti, il cui chiarimento è stato più volte preannunciato;
   intorno a Natale si sono verificate alcune novità in merito alla partecipazione di Enel all'operazione, oggetto fino ad allora solo di ipotesi di studio: il cambio di oltre trenta milioni di contatori nelle case degli italiani potrebbe diventare un'occasione per portare la fibra fino a dentro le case (FTTH) a costi contenuti;
   parallelamente il Comitato per la banda ultralarga di palazzo Chigi (Cobul) cambiava indirizzo in merito ai finanziamenti pubblici a fondo perduto (originariamente ipotizzati) delineando una modalità di realizzare la rete fissa – nelle aree a fallimento di mercato – con proprietà pubblica. Il Sottosegretario Giacomelli dichiarava in proposito che si realizzerebbe in tal modo un vero e proprio ritorno dello Stato nell'industria delle telecomunicazioni con 4 miliardi di investimenti stanziati per portare la fibra in 7.300 comuni;
   nel frattempo Enel costituiva la newco Enel open fiber, che dovrebbe avere come proprio core business proprio la stesura della fibra «spenta» e la cura della sua manutenzione, mentre Infratel, società in house del Ministero dello sviluppo economico, resterebbe proprietaria della rete –:
   quali saranno le modalità di erogazione dei finanziamenti pubblici verso le quali il Governo è orientato (considerate le dinamiche attualmente in atto nel mercato delle telecomunicazioni, nonché il nuovo ruolo assunto da Enel con la creazione di Enel open fiber) e se non intenda impegnarsi anche, per le aree a fallimento di mercato, a ricorrere ad una gara unica nazionale (cioè per tutte le zone a fallimento di mercato, o regione per regione o per più regioni). (3-02015)


Misure a sostegno del settore della chimica, con particolare riferimento al relativo comparto dell'Eni – 3-02016

   MARTELLA, TARANTO, BENAMATI, ARLOTTI, BARGERO, BASSO, BECATTINI, BINI, CAMANI, CANI, DONATI, GALPERTI, GINEFRA, IMPEGNO, MONTRONI, PELUFFO, SCUVERA, SENALDI, TENTORI, VICO, BURTONE, BRATTI, AMODDIO, CARRA, MARIANO, MOGNATO, GIOVANNA SANNA, ZAPPULLA e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 gennaio 2016 presso il Ministero dello sviluppo economico si è riunito il tavolo alla presenza di organizzazioni sindacali ed Eni circa il futuro di Versalis e della intera filiera chimica presente in Italia;
   in data 14 gennaio 2016 sempre in relazione a suddetta vertenza si è svolto un ulteriore incontro presso il Ministero dello sviluppo economico con la presenza dei Governatori delle regioni interessate;
   gli esiti degli incontri sono stati interlocutori e, comunque, Eni ha confermato la volontà di trovare un partner per Versalis;
   in data 20 gennaio 2016 si è svolto uno sciopero generale di tutti i lavoratori Eni del comparto chimico con una grandissima partecipazione, che in alcune realtà, come ad esempio Gela, hanno coinvolto un'intera comunità;
   il Ministro interrogato nel corso dell'incontro, pur nel rispetto dell'autonomia gestionale dell'Eni, ha affermato che non intende assistere ad alcun ridimensionamento del suddetto settore industriale e continua ad auspicare che si realizzi un progetto valido in grado di assicurare prospettive di crescita e di tutela dei livelli occupazionali;
   ad essere interessati sono ben 8 siti industriali, tra cui Marghera, e 6000 lavoratori diretti;
   da Eni non è venuta che una generica assicurazione di voler rispettare il prosieguo degli investimenti in corso, nonché gli accordi di programma che riguardano prevalentemente il settore della chimica verde, fattore ritenuto insufficiente da parte di sindacati e governi locali;
   le regioni hanno richiesto un ulteriore nuovo incontro per avere certezza sul piano industriale e sugli investimenti nel ramo chimico dell'ente nazionale e avere conferme sugli impegni assunti da Eni-Versalis;
   il 16 dicembre 2015 la Commissione attività produttive della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione che impegna il Governo a vigilare sugli sviluppi aziendali e societari di Versalis in considerazione della assoluta strategicità del comparto della chimica per il Paese ed in particolare per siti come Marghera;
   i media riportano da tempo la notizia di un possibile interessamento del fondo statunitense Sk Capital e, in data 10 febbraio 2016, si è svolto un incontro, presso il Ministero dello sviluppo economico, tra il Ministro interrogato, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti, ed i rappresentanti di Sk Capital, che, nella circostanza, avrebbero confermato – secondo quanto riportato da organi di stampa – l'interesse all'acquisizione di una partecipazione del 70 per cento di Versalis per un valore di 1,2 miliardi di euro con l'obiettivo di assicurare lo sviluppo di una grande compagnia chimica indipendente;
   SK Capital – sempre secondo quanto riportato da organi di stampa – è una società finanziaria che opera secondo il modello del private equity, gestendo risorse di terzi per 1,5 miliardi di dollari e partecipazioni in una decina di società del settore chimico, con un giro d'affari di 8 miliardi di dollari e con circa 9 mila occupati;
   la prospettata cessione del 70 per cento di Versalis a SK Capital registra la determinata risposta delle organizzazioni sindacali con un serrato programma di mobilitazione, che muove dalla denuncia di una strategia Eni volta al ridimensionamento del perimetro delle attività domestiche e in particolare, in riferimento all'ipotesi SK Capital, dalla considerazione che «la chimica – così si osserva in un documento unitario di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil – ha una redditività di medio e lungo periodo e ha bisogno di investimenti e ammodernamenti: un fondo di quelle dimensioni e caratteristiche non può garantire la prosecuzione della chimica italiana»;
   di fronte a tale ipotesi le organizzazioni sindacali hanno indetto ulteriori 8 ore di sciopero per il 19 febbraio 2016, richiedendo, con nota del 10 febbraio 2016, un incontro urgente al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro interrogato e rinnovando la «proposta di intervento del Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti, prima che sia troppo tardi»;
   negli anni ’90 si è già assistito ad un progressivo indebolimento di un asset industriale molto importante per l'economia del Paese e l'Italia non può assolutamente permettersi di vedere ulteriormente ridimensionato un comparto come quello della chimica;
   questa incertezza rischia di pregiudicare molti progetti industriali tra cui appunto quelli di Porto Marghera, di Porto Torres, di Gela nell'ambito di una prospettiva di rilancio nel segmento della chimica verde con significativi investimenti –:
   quali nuove ulteriori iniziative il Governo intenda intraprendere nell'ambito di tale vertenza, anche alla luce dell'incontro con i rappresentanti di SK Capital e delle mobilitazioni che si sono registrate e si continuano a registrare nei vari territori interessati, affinché il settore industriale della chimica rimanga strategico e perché Eni rispetti gli accordi di rilancio industriale già sottoscritti per i vari siti a salvaguardia delle prospettive industriali e dei livelli occupazionali. (3-02016)


Elementi ed iniziative di competenza in ordine ai costi della fornitura di energia elettrica allo Stato della Città del Vaticano e alla Repubblica di San Marino – 3-02017

   BALDASSARRE, ARTINI, SEGONI, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel 2001, il Ministero delle attività produttive ha richiesto all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di riservare una quota della capacità disponibile sulle linee di interconnessione dell'Italia con l'estero, nella misura massima di 50 megawatt, per lo Stato della Città del Vaticano, ai sensi di quanto previsto dal «decreto Bersani» n. 79 del 1999 e dai successivi accordi assunti dallo Stato italiano;
   nel 2000 richiesta analoga era avvenuta per la Repubblica di San Marino, per la quale è stato disposto che, per il periodo 2002-2010, venisse riservata una quota di capacità di trasporto sull'interconnessione pari a 54 megawatt;
   dagli inizi degli anni 2000, gli Stati sopra citati indicano di anno in anno la società di fornitura di energia elettrica. Per la Repubblica di San Marino la società scelta è Enel, mentre per lo Stato del Vaticano è Acea;
   Acea acquista energia elettrica dalla Francia ad un costo inferiore rispetto a quella prodotta in Italia, grazie alla capacità di trasporto internazionale messa a disposizione dall'impianto normativo, e vende poi allo Stato del Vaticano secondo il prezzo di mercato italiano, usufruendo del rimborso per tale capacità di importazione, ossia si tratta del rimborso dei costi di trasporto, stornati da Terna, che vengono – solo in questi due casi – rimborsati e scaricati poi sulle bollette degli italiani;
   dunque, Acea guadagna dalla differenza tra i prezzi di vendita allo Stato del Vaticano, ovvero i prezzi di vendita di un normale cliente italiano e i prezzi di acquisto dal mercato francese (molto più bassi), visto che la componente relativa alla capacità di trasporto viene totalmente stornata da Terna, che poi la spalma sulle bollette elettriche dei cittadini italiani;
   tutto questo potrebbe essere spiegato da un'impalcatura normativa che garantisce a questi soggetti margini elevatissimi a fronte di un rischio di impresa praticamente nullo;
   tuttavia, oltre ai sostanziosi margini guadagnati vendendo allo Stato del Vaticano, la società capitolina ha scelto di crearsi un extra-margine non rispettando i decreti ministeriali che specificano che il rimborso della capacità di importo deve essere effettuato solo per la quota parte di energia consumata dallo Stato del Vaticano. Questo significa che se il Vaticano consumasse solo il 40 per cento della capacità assegnatagli, come effettivamente risulta, il rimborso dovrebbe riguardare solo quel 40 per cento di capacità di trasporto. Invece Acea, con l'aiuto del suo distributore Acea Distribuzione, detentore dei dati di consumo effettivi del Vaticano, non mette a disposizione di Terna i dati di consumo che annualmente servono a rinnovare la fornitura del Vaticano;
   Terna, quindi, non è in grado di effettuare le verifiche dei reali consumi, così come sarebbe imposto dai decreti ministeriali, e in tal modo Acea Distribuzione può falsare i dati di consumo, facendo risultare l'intero slot di capacità come rimborsabile dal sistema italiano, compreso quindi il 60 per cento di energia importata e non consumata. Questo avviene a danno dei consumatori italiani che si ritrovano a dover pagare nelle loro bollette questo extra-profitto «abusivo», pari, ad esempio, a 5.488.000 euro per il solo 2013;
   l'energia non fornita al Vaticano – e rimborsata attraverso le bollette dei cittadini – rimane nella disponibilità di Acea, che la rivende ai clienti finali;
   il Governo Renzi nel 2015 ha ridotto del 10 per cento la capacità assegnata al Vaticano e rimborsabile per Acea, ma non ha voluto indagare ulteriormente e più in dettaglio sulla questione, a discapito dei costi inseriti nelle bollette dei cittadini;
   San Marino ha invece circa 32mila abitanti con un consumo annuo del 60 per cento dell'elettricità (270 mila megawatt su circa 470 mila), alla quale avrebbe diritto grazie alla riserva garantita dallo Stato italiano. Tutto questo vanta un diritto decennale, ribadito da un accordo con l'Italia del 2011, e che in teoria potrebbero andare avanti fino al 2020 –:
   se il Ministro interrogato non reputi urgente assumere iniziative volte a permettere a Terna di effettuare le verifiche dei reali consumi, per l'anno 2015 e per gli anni avvenire, dello Stato del Vaticano e dello Stato di San Marino, come imposto dai decreti ministeriali, affinché non solo possa renderli pubblici, ma anche in modo che sia rimborsata la sola capacità di energia consumata dai due Stati, in modo da non addebitare in bolletta ai consumatori italiani l'extra-profitto non lecito dei distributori di energia Acea ed Enel.
(3-02017)


Elementi ed iniziative in merito ai tempi e alle modalità di pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese – 3-02018

   BOMBASSEI e GALGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli elevati ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni rappresentano una disfunzione grave, su cui sarebbe stato opportuno intervenire ben prima della crisi globale; in numerosi casi la mancata o ritardata riscossione dei crediti ha determinato, infatti, la definitiva chiusure delle aziende coinvolte;
   il nostro Paese è già stato messo in mora dalle istituzioni europee in ragione dei tempi eccessivamente dilatati nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Da ciò si rende necessaria l'adozione di interventi di natura duratura e strutturale;
   il ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali trova la propria disciplina nel decreto legislativo n. 231 del 2002, adottato in attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il sintagma «transazioni commerciali», utilizzato in sede comunitaria, va inteso in senso atecnico e si riferisce ai contratti che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
   la normativa europea si prefigge l'obiettivo di tutelare il creditore nel caso in cui questi non riceva il corrispettivo nei tempi dovuti; si mira ad evitare il ripetersi di abusi da parte del debitore. Le modalità adottate dal legislatore per raggiungere tale risultato si sostanziano nell'aumento dei tassi di mora, nel risarcimento del danno subito dal creditore e nello snellimento del processo esecutivo;
   il problema del ritardo nei pagamenti riguarda segnatamente la contrattazione con la pubblica amministrazione i cui ritardi, spesso, sono stati una concausa del dissesto di molte imprese. La normativa prevede l'applicazione di un tasso di interessi elevato e l'automatica decorrenza degli stessi senza necessità della previa messa in mora;
   l'articolo 7 del decreto legislativo n. 231 del 2002, infatti, prevede una forma di nullità volta a colpire gli accordi tra le parti aventi ad oggetto la data del pagamento e del conseguente ritardo. Al di fuori di questi due aspetti, le parti possono derogare convenzionalmente alla disciplina normativa e la libertà contrattuale dei contraenti rimane inalterata. Il «rafforzamento» consiste, dunque, nella comminatoria della nullità. In particolare, il citato articolo 7 colpisce le clausole contrattuali considerate gravemente inique a danno del creditore ed oltre alla nullità dispone l'integrazione legale delle clausole nel contratto ai sensi dell'articolo 1339 del codice civile;
   in materia, stante la recrudescenza del fenomeno del ritardo nei pagamenti, è intervenuta la direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, la quale ha differenziato la disciplina applicabile a seconda che i contratti riguardino solo le imprese o le imprese e le pubbliche amministrazioni. Il decreto legislativo n. 231 del 2002, così come modificato dal decreto legislativo n. 192 del 2012, include nella definizione di pubblica amministrazione anche l'amministrazione aggiudicatrice: tale espressa menzione dirime i dubbi esegetici sorti nel tempo circa l'applicabilità della normativa anche agli appalti pubblici;
   circa i termini di pagamento, l'articolo 4 del decreto legislativo n. 231 del 2002, come modificato dal decreto legislativo n. 192 del 2012 e dalla legge n. 161 del 2014, dispone che le imprese private devono ricevere il corrispettivo entro trenta giorni dalla consegna del bene o dalla prestazione del servizio. Il dies a quo decorre rispettivamente dalla data di ricevimento della fattura o dalla richiesta di pagamento del creditore, dalla consegna della merce o dalla prestazione del servizio, dalla data di accettazione della merce o del servizio. La suddetta disciplina è dispositiva ma rafforzata. Le parti, infatti, possono derogarvi con dei limiti. Il termine di adempimento può essere portato sino a 60 giorni (ma non oltre) ed è richiesta la forma scritta ad probationem. Naturalmente questa clausola, come le altre, rimane soggetta al limite della grave iniquità di cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 231 del 2002;
   il decreto legislativo n. 192 del 2012 ha aumentato la misura del tasso di mora con un palese intento sanzionatorio: in tal senso deve vedersi anche l'ulteriore aggravio di 40,00 euro disposto per ogni giorno di ritardo a titolo di risarcimento delle spese di recupero (articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2002). Inoltre, l'articolo 7-bis, introdotto dalla legge 30 ottobre 2014, n. 161 (recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»), prevede altresì il risarcimento del danno che va ad aggiungersi alla comminatoria di nullità per le predette clausole. In particolare, la norma prevede un diritto del creditore alla pretesa risarcitoria allorché le clausole relative al tasso di interesse o al risarcimento per i costi di recupero risultino gravemente inique;
   i dati Eurostat evidenziano che, anche dopo gli interventi varati a partire dalla primavera del 2013, nel 2014 l'Italia rimane il Paese europeo con il più alto debito commerciale verso le imprese per beni e servizi – per la sola parte di spesa corrente – e pari al 3,0 per cento del prodotto interno lordo, la più alta dell'Unione europea;
   anche una recente analisi della Banca d'Italia indica che «il fenomeno dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche non è ancora stato ricondotto entro limiti fisiologici»; nel 2014 nel nostro Paese i debiti commerciali della Pubblica amministrazione ammontavano a 71,6 miliardi di euro;
   il fenomeno dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione assume dimensioni che non hanno pari rispetto agli altri Stati europei. Alcune ricerche confermano che per pagare i suoi fornitori lo Stato italiano impiega 41 giorni in più della Spagna, 50 giorni in più del Portogallo, 82 giorni in più della Francia, 115 giorni in più della Germania e 120 giorni in più del Regno Unito;
   la criticità dei tempi di pagamento appare confermata dall'analisi dei dati Istat e del Ministero dello sviluppo economico a novembre 2015 (elaborata dall'Ufficio studi di Confartigianato) sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni relative agli ambiti delle amministrazioni periferiche dello Stato, enti del servizio sanitario nazionale, enti locali e regioni e province autonome, da cui emerge che il tempo medio di pagamento in media nazionale è di 99 giorni, ancora lontano dai termini legali. Infatti, considerando un limite di 60 giorni per acquisti del servizio sanitario nazionale e di 30 giorni per gli altri settori della pubblica amministrazione, il limite massimo dei pagamenti della pubblica amministrazione dovrebbe essere in media di 43 giorni, ben 56 giorni in meno dei 99 giorni rilevati;
   in base a tali dati, l'analisi dei tempi di pagamento per territorio evidenzia ampie differenze nelle varie regioni, con punte più elevate nel Mezzogiorno con 114 giorni e nel Centro Italia con 108 giorni, mentre nel Nord Ovest con 89 giorni e nel Nord Est con 86 giorni i tempi risultano sotto la media. L'effetto negativo del maggiore ritardo nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni nel Mezzogiorno viene amplificato dal maggiore costo del denaro che, secondo i dati diffusi da Confartigianato, a giugno 2015 registra uno spread di 208 punti base rispetto al Centro Nord. Si tratta di 12,9 milioni di fatture complessive, per un importo medio di circa 5.500 euro e un totale di oltre 71 miliardi di euro. Nel dettaglio regionale si osservano i tempi di pagamenti più lunghi in Calabria con 149 giorni medi, seguiti da Campania con 128 giorni, Lazio con 119 giorni, Sicilia con 117 giorni, Puglia, Abruzzo e Piemonte, tutte e tre con 110 giorni. Tempi più contenuti e inferiori ai 90 giorni si registrano in Lombardia con 89 giorni, Veneto con 81 giorni, Umbria con 71 giorni e Trentino-Alto Adige con 62 giorni;
   nonostante l'Italia abbia recepito ormai da tre anni la direttiva comunitaria che fissa a trenta giorni i termini di pagamento e nonostante l'obbligatorietà di strumenti come la fatturazione elettronica, i tempi di pagamento sono piuttosto lunghi;
   secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, gli enti virtuosi «veri», cioè quelli che effettivamente pagano entro i limiti di legge (in media in 20 giorni), rappresentano solo il 13,4 per cento della spesa complessiva. Al contrario, dopo 34 mesi dall'entrata in vigore della normativa, per l'86,6 per cento della spesa totale rimangono ancora disattese le prescrizioni della direttiva europea;
   un ulteriore indicatore significativo è che per gli enti virtuosi «veri» l'importo medio della fattura è di 11.196 euro, mentre quello degli altri enti (che in media pagano dopo 141 giorni) la fattura media scende a 5.111 euro, a dimostrazione che a soffrire di queste tempistiche di pagamento sono proprio le realtà produttive di micro dimensione, che più spesso rimangono invischiate tra le maglie dei ritardi della pubblica amministrazione;
   a fronte del trend negativo sopra descritto riguardante le transazioni commerciali tra imprese e pubblica amministrazione, gli ultimi dati pubblicati dall'osservatorio di Cerved Gruop, aggiornati al terzo trimestre del 2015, che analizzano le abitudini di pagamento su un panel di circa tre milioni di aziende italiane, evidenziano un netto miglioramento nella tempistica di liquidazione delle fatture tra imprese con standard pari a quelli registrati nel 2012; il saldo arriva, infatti, in media a 76 giorni, quasi due giorni in meno del 2014 con un calo del ritardo che è di poco superiore alle due settimane, al minimo da tre anni. In flessione risulta essere anche la casistica dei gravi ritardi (di oltre due mesi) che nel terzo trimestre del 2015 sono stati pari al 6,6 per cento;
   i dati pubblicati evidenziano, altresì, una diminuzione sensibile del numero di società protestate pari a 13.200 nel terzo trimestre del 2015, un quinto in meno rispetto all'anno precedente e al di sotto della quota 15.000 che rappresentava la media nel 2007. I settori maggiormente coinvolti risultano essere il manifatturiero e dei servizi, meno virtuosi il sistema moda (-2,5 per cento), i prodotti intermedi (-4,5 per cento), il largo consumo (-8 per cento). Per quanto attiene, invece, le condizioni concordate tra le aziende, la formula più utilizzata è quella dei 60 giorni. Dall'analisi per classe dimensionale – secondo i dati «payline» di Cerved Gruop – emerge anche un incremento della puntualità delle microimprese e le piccole e medie imprese, tradizionale anello debole della filiera della fornitura. I tempi medi si riducono nell'industria e nel terziario mentre c’è una battuta d'arresto al miglioramento nelle costruzioni. Le imprese della distribuzione hanno limato di 2,6 giorni i ritardi, quelle della logistica di 1,5 giorni e i servizi non finanziari di un giorno. Stabili le costruzioni e in controtendenza i media e l'intrattenimento (+0,6 giorni), i servizi finanziari (+1,5) e l'immobiliare (+5,2 giorni). Nel manifatturiero il saldo arriva dopo 80,3 giorni grazie a un calo dei ritardi che nella meccanica è molto consistente (-6 giorni) e nel largo consumo (-4,8). In alcuni casi l'allungamento dei tempi concordati, come si è visto nel Nord Est, viene letto come il segno di una maggiore flessibilità dei fornitori che concedono scadenze un po’ più lunghe;
   nonostante gli ultimi dati diffusi e nonostante le evoluzioni normative, l'obbligo europeo ed il continuo richiamo a normalizzare nel nostro Paese sul tema dei tempi di pagamento, la situazione in Italia resta ancora grave con migliaia di aziende che rischiano il fallimento a causa di crediti non pagati;
   l'incertezza sulla tempistica di pagamento non solo rende problematici i rapporti commerciali, ma rischia anche di allontanare le imprese più rappresentative del nostro Paese e di favorire comportamenti non corretti, pesando per di più sui costi dei servizi per le Amministrazioni, in quanto le aziende incorporano nei prezzi l'onere atteso dei ritardi;
   la mancata corresponsione di quanto dovuto alle imprese dalla pubblica amministrazione genera, altresì, una spirale che si ripercuote sui fornitori ed i dipendenti, con gravi conseguenze sul nostro tessuto produttivo già profondamente vessato dalla profonda crisi economica che ha colpito il nostro Paese –:
   a quanto ammontino allo stato attuale e quali siano i tempi medi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, quale sia l'ammontare dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione maturati al 31 dicembre 2015 e ad oggi non riscossi, anche se certificati, nonché quali misure il Governo ritenga opportuno adottare al fine di potenziare e rendere più efficaci gli strumenti normativi finora adottati di riduzione dei tempi medi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e di recupero dei crediti vantati dalle imprese, al fine di consentire alle stesse di competere alla pari con i principali partner europei ed internazionali, in questa fase delicata di rilancio del tessuto produttivo italiano, dell'occupazione e, in generale, dell'economia nazionale. (3-02018)


Chiarimenti in merito agli intendimenti del Governo sulle risorse da destinare al ristoro di coloro che hanno investito, in assenza di adeguata informazione, in strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche poste in risoluzione alla fine di novembre 2015 – 3-02019

   PAGLIA, FASSINA, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   al fine di tutelare e ristorare coloro che avevano investito in modo inconsapevole i propri risparmi in strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione alla fine di novembre 2015 (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti), i commi da 855 a 861 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), istituiscono un Fondo di solidarietà alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, con una dotazione di 100 milioni di euro che opererà, in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato, soltanto nel limite di spesa della stessa. Le stesse disposizioni, poi, rimandano a provvedimenti di rango secondario (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali) la definizione delle modalità di gestione del Fondo e delle condizioni di accesso al rimborso, tenendo conto della vulnerabilità socioeconomica dei danneggiati, dei rendimenti ottenuti nel tempo e del tasso dei prodotti sottoscritti;
   la dotazione del Fondo, pur essendo di per sé considerevole, è comunque pari a meno di un terzo del totale delle perdite subite dai sottoscrittori dei bond subordinati; infatti secondo stime presentate in Parlamento il valore azzerato nel settore retail sfiora i 350 milioni di euro così distribuiti: 150 milioni di euro in capo ai 4.700 obbligazionisti di Banca Etruria, per un importo medio pro capite di 31.900 euro; 49 milioni di euro in capo ai 4.150 obbligazionisti di Carife, per un importo medio pro capite di 11.800 euro; 26 milioni di euro in capo ai 718 obbligazionisti di Carichieti, per un importo pro capite di 36.200, infine 105 milioni di euro in capo a 930 obbligazionisti di Banca Marche, per un importo medio pro capite pari a 112.900 euro;
   il 21 gennaio 2016 il Sottosegretario all'economia e alle finanze, Enrico Zanetti, rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata in Commissione finanze della Camera dei deputati, ha dichiarato che: «qualora dovesse emergere che la stima delle perdite sia stata effettuata in termini eccessivamente prudenziali ed emergessero plusvalenze finali ulteriori rispetto all'impegno finanziario sostenuto dal Fondo di risoluzione, il Governo si impegna, nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria, a intraprendere ogni utile iniziativa affinché le eventuali plusvalenze possano essere destinate a coprire in parte le obbligazioni subordinate, ed in caso di ulteriore surplus, a soddisfare anche gli azionisti». Nella medesima occasione il Sottosegretario, interrogato sul motivo per il quale il Governo si fosse rifiutato di inserire in una norma di rango primario, cioè in sede di esame della legge di stabilità per il 2016, una disposizione che avesse stabilito con chiarezza quanto si era appena impegnato a fare attraverso un atto normativo di rango secondario, ha ritenuto sufficiente richiamare il principio generale stabilito dal decreto legislativo n. 180 del 2015, il quale afferma che, nel caso di applicazione di una procedura di risoluzione di banche, agli azionisti e agli obbligazionisti non si può applicare un trattamento peggiorativo rispetto a quello che sarebbe spettato loro nel caso di liquidazione coatta amministrativa della banca interessata;
   non è possibile con norme di rango secondario, quali sono i decreti ministeriali o i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, aumentare i livelli di rimborso già stabiliti da una norma di rango primario, nella fattispecie dalle disposizioni di cui ai citati commi da 855 a 861 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016). Secondo il principio di legalità, infatti, essi devono essere pienamente conformi alla legge dalla quale discendono;
   il Governo aveva manifestato pubblicamente l'intenzione di inserire la definizione più puntuale delle modalità di rimborso e della composizione del collegio arbitrale nel decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio, salvo poi escluderlo in ultima istanza e rimandare tutto ai decreti ministeriali già previsti –:
   se tale scelta sia da intendersi come evidenza della volontà del Governo di limitare il quantum dei rimborsi ai soli 100 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità per il 2016, quale dotazione del Fondo di solidarietà alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi o, diversamente, con quale provvedimento abbia intenzione di stabilire che lo stesso sia alimentato da eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione degli asset e dei crediti delle quattro banche sottoposte a procedura di risoluzione. (3-02019)


Intendimenti del Governo in merito all'ipotesi di una manovra correttiva, anche con riferimento all'eventuale revisione dell'istituto della reversibilità – 3-02020

   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere — premesso che:
   il «giallo» di via XX settembre sulla possibilità – ovvero necessità – di una manovra correttiva, alla luce dei dati Istat sul prodotto interno lordo peggiori rispetto alle stime del Governo, ha riempito le notizie stampa degli ultimi giorni;
   durante il programma «L'Intervista», il Vice Ministro Zanetti ha detto che è «prematuro» parlare di una manovra correttiva, ma «non è escluso che possano essere necessari piccoli aggiustamenti»; immediata la smentita dell'altro Vice Ministro, Morando, per il quale quello degli «aggiustamenti è un problema che non esiste. Non vedo proprio perché in una fase come questa, in cui in Europa dobbiamo chiudere sulle clausole di flessibilità, dobbiamo parlare di aggiustamenti»;
   è chiaro dunque che al momento il Ministero dell'economia e delle finanze è in attesa del giudizio della Commissione europea, ma è anche un dato di fatto che lo 0,6 per cento di incremento del prodotto interno lordo certificato per il 2015 è inferiore alle attese del Governo e quindi rende credibile l'indiscrezione di una «manovra light» sui conti pubblici da 2-4 miliardi di euro;
   una manovra correttiva che agirà interamente sulle spese preoccupa non poco gli interroganti, specie in ragione dell'altro mistero di questi giorni circa la volontà del Governo di tagliare le pensioni di reversibilità, qualificandole come prestazione assistenziale, invece che previdenziale, ed agganciando il trattamento all'Isee della famiglia –:
   quale sia la posizione ufficiale ed univoca del Governo in merito all'ipotesi di una manovra correttiva, come intenda procedere qualora fossero necessari interventi per bilanciare lo scostamento rispetto alle previsioni formulate nel documento di economia e finanza e se l'ipotesi di una revisione in senso penalizzante dell'istituto della reversibilità trovi conferma. (3-02020)


Elementi ed iniziative di competenza in relazione alla decisione della Commissione europea di comminare sanzioni a carico di alcuni istituti finanziari, a causa della costituzione di cartelli volti a manipolare i tassi interbancari Euribor e Libor – 3-02021

   L'ABBATE, PESCO, RUOCCO, ALBERTI, VILLAROSA e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 4 dicembre 2013 la Commissione europea ha comminato sanzioni per un totale di 1,7 miliardi di euro a carico di alcuni istituti finanziari (tra cui Deutsche Bank, Société Générale, Royal Bank of Scotland, JP Morgan e Citigroup), ritenuti colpevoli – al termine di un'indagine condotta dalla stessa Commissione – di aver costituito cartelli illegali allo scopo di manipolare due tassi interbancari, l'Euribor e il Libor, utilizzati nel mercato dei mutui immobiliari e dei derivati. In particolar modo, le azioni irregolari contestate sono due: a) la prima posta in essere dal 2005 al 2008 consistente nella manipolazione del tasso Euribor relativamente ai derivati denominati in euro; b) la seconda posta in essere mediante un cartello attivo tra il 2007 e il 2010 e consistente nella manipolazione del tasso Libor relativamente ai derivati denominati in yen;
   l'Euribor ed il Libor sono due dei tre principali tassi di riferimento per il mercato dei derivati e dei mutui che vale il 53 per cento del prodotto interno lordo europeo, condizionano i prezzi di strumenti finanziari e influenzano diversi miliardi di trattative. Un'intesa tra le banche per orientare il loro valore produce profitti immensi con l'effetto di generare anche pesanti perdite per consumatori e investitori, distorsioni nell'economia reale ed una crescente sfiducia verso le istituzioni, nazionali ed europee, preposte alla vigilanza in materia;
   la manipolazione dei suddetti tassi interbancari costituisce una condotta anticoncorrenziale in violazione dell'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Commissario europeo per la concorrenza Joaquìn Almunia – investito della questione – ha dichiarato: «Quel che è scioccante non è solo la manipolazione degli indici, ma anche la collusione tra banche che si suppone siano concorrenti»;
   da quanto si apprende da fonti stampa e dalle indagini effettuate dalle competenti istituzioni europee gli accordi che conducevano alla definizione di un determinato tasso per una certa quantità di derivati in vendita in una certa data erano stilati direttamente tra i trader degli istituti bancari, mascherati con «nomi d'arte» e pronti a sfruttare anche chatroom delle piattaforme finanziarie (a partire da piattaforma di Bloomberg);
   la condotta degli istituti bancari ha determinato una rilevante distorsione del sistema economico e finanziario e le sanzioni comminate dalla Commissione europea non implicano nessuna forma di risarcimento per lo Stato italiano, gli enti locali ed i cittadini che utilizzano quotidianamente strumenti finanziari parametrati ai tassi Euribor e Libor;
   da fonti stampa si apprende che la sentenza di condanna nei confronti delle banche risulti ancora non pubblica, o meglio segreta. La pubblicazione della sentenza potrebbe determinare una crescita esponenziale dei ricorsi ed il conseguente risarcimento del danno da parte di enti pubblici ed ignari cittadini e ciò determinerebbe un'esposizione per diversi miliardi di euro degli istituti di credito colpevoli. Da una stima la sola manipolazione dell'Euribor riguarderebbe prodotti finanziari per un valore superiore a 400 mila miliardi di euro pari ad oltre 200 volte il debito pubblico italiano. Un eventuale risarcimento – da parte delle banche interessate – del solo 1 per cento del valore stimato sarebbe Bari a 4 mila miliardi di euro. Nel caso dello Stato italiano dal 2005 al 2008 il valore complessivo dei mutui a tasso variabile contratti dai cittadini italiani è pari a circa 230 miliardi di euro e la relativa quota interessi parametrata al tasso Euribor è pari a 30 miliardi di euro. Secondo le stime effettuate da diverse associazioni di categoria almeno 16 dei 30 miliardi di euro dovrebbero essere restituiti ai cittadini. In particolar modo l'Adusbef sostiene che le violazioni commesse potrebbero implicare la nullità dei contratti e qualora questa ipotesi dovesse verificarsi le banche dovrebbero restituire il valore complessivo della quota interessi (30 miliardi di euro);
   alla presentazione della richiesta di accesso agli atti – al fine di prendere visione della suddetta sentenza – il direttore generale della direzione concorrenza, il tedesco Johannes Laitenberger, ha dichiarato che la pubblicazione del documento potrebbe arrecare pregiudizio alle indagini ancora in corso e che la normativa europea tutela la riservatezza delle banche condannate. La stessa direzione aggiunge che tale riservatezza potrebbe venir meno solo in relazione ad una manifestazione di interesse pubblico che non sembrerebbe dimostrata nelle istanze presentate. Quindi si evince che, nonostante la truffa e la violazione della concorrenza riguardi cittadini, istituzioni pubbliche e tutto il sistema economico e finanziario europeo, le competenti istituzioni europee non reputano tali circostante rilevanti per la dichiarazione di pubblico interesse;
   in sede di risposta all'interrogazione n. 5/01728 a prima firma del deputato Daniele Pesco, il Ministero dell'economia e delle finanze ha dichiarato che: «(...) la Commissione vigila perché siano applicati i principi fissati dagli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Istruisce, a richiesta di uno Stato membro o d'ufficio e in collegamento con le autorità competenti degli Stati membri che le prestano assistenza, i casi di presunta infrazione ai principi suddetti. Qualora accertasse l'esistenza di violazioni, propone i mezzi per porvi termine. Inoltre, anche l'articolo 105, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che la Commissione europea vigili affinché siano applicati i principi fissati dallo stesso Trattato con riguardo alla tutela della concorrenza. Spetta quindi alla Commissione europea di constatare l'esistenza di infrazioni. Il ruolo degli Stati membri nella fattispecie viene circoscritto dallo stesso Trattato al solo richiedere che la Commissione agisca, ove essa non ne avesse già preso atto d'ufficio, o al prestare assistenza alla stessa nello svolgimento di tale compito» –:
   se il Governo abbia richiesto ovvero intenda richiedere la pubblicazione della decisione di condanna della Commissione europea relativa alla manipolazione del tasso Euribor al fine di tutelare gli interessi pubblici e di agevolare i cittadini italiani e gli enti locali nel proporre le istanze di risarcimento del danno nelle competenti sedi giudiziarie, quali siano i mezzi proposti dallo Stato italiano e quali mezzi intenda proporre alle competenti istituzioni europee per porre rimedio alle violazione dei principi fissati dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea da parte degli istituti di credito e se intenda proporre, nelle opportuni sedi, un intervento dello Stato italiano al fine di prestare assistenza alla Commissione nello svolgimento dei preposti compiti in materia. (3-02021)


DISEGNO DI LEGGE: S. 1328 – DELEGHE AL GOVERNO E ULTERIORI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE, RAZIONALIZZAZIONE E COMPETITIVITÀ DEI SETTORI AGRICOLO E AGROALIMENTARE, NONCHÉ SANZIONI IN MATERIA DI PESCA ILLEGALE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3119-A)

A.C. 3119-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti 8-quater.300, 9.300, 15.300, 25-sexies.300 della Commissione e sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3119-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:

  All'articolo 5, comma 3, quinto periodo, dopo le parole: competenti per materia aggiungere le seguenti: e per i profili finanziari.

  All'articolo 15, comma 2, quinto periodo, dopo le parole: competenti per materia aggiungere le seguenti: e per i profili finanziari.

  e con le seguenti osservazioni:

  All'articolo 6 si valuti l'opportunità di apportare le seguenti modificazioni:
   al comma 4, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole:, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato;
   aggiungere infine il seguente comma: 4-bis. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro un mese dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, il decreto può essere comunque adottato in via definitiva dal Governo.

  All'articolo 8-septies si valuti l'opportunità di sostituire il comma 1 con il seguente: 1. I consorzi di garanzia collettiva dei fidi, iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, possono costituire in favore dello Stato o di altri enti pubblici garanzie fideiussorie per l'accesso delle imprese agricole e agroalimentari, in qualunque forma costituite, a finanziamenti previsti dalle disposizioni di attuazione della normativa europea.

  All'articolo 25 si valuti l'opportunità di apportare le seguenti modificazioni:
   al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di tre mesi;
   sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro un mese dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, il decreto può essere comunque adottato in via definitiva dal Governo.

  All'articolo 31 si valuti l'opportunità di sostituire la rubrica con la seguente: Disposizioni finanziarie.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.4, 1.12, 1.13, 1.14. 8-bis.1, 9.3, 25-quinquies.3, 25-quinquies.4, 25-quinquies.5, 25-sexies.1, 25-sexies.2, 25-sexies.3, 25-sexies.4, 29-bis.10 e sugli articoli aggiuntivi 1.01 e 1.03 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3119-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Titolo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE E DI SICUREZZA AGROALIMENTARE

Art. 1.
(Semplificazioni in materia di controlli).

  1. All'articolo 16 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
  «3-bis. Non sono tenuti all'obbligo di costituire o aggiornare il fascicolo aziendale i produttori di cui al comma 1 che producono olio destinato esclusivamente all'autoconsumo la cui produzione non supera 350 kg di olio per campagna di commercializzazione».

  2. All'articolo 1-bis, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, dopo le parole: «depositi di prodotti petroliferi» sono inserite le seguenti: «e di olio di oliva».
  2-bis. Al secondo comma dell'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, dopo il numero 2) è aggiunto il seguente:
  «2-bis) all'imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti».

  3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare percorsi per la pastorizia transumante nell'ambito dei ripari, degli argini e delle loro dipendenze, nonché delle sponde, scarpe e banchine dei corsi d'acqua e dei pubblici canali e loro accessori, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 96, lettera i), del testo unico di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, e all'articolo 134, lettera f), del regolamento di cui al regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.
  4. Al fine di assicurare la piena integrazione con la disciplina in materia di indicazioni geografiche dei prodotti agroalimentari e dei vini dettata in ambito nazionale in esecuzione dei regolamenti europei in materia di DOP e IGP, per ciascuna indicazione geografica di cui all'allegato III del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, nonché per ciascuna indicazione geografica di cui all'articolo 26 del regolamento (UE) n. 251/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, può essere costituito e riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un consorzio di tutela. Con regolamento adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono emanate disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela di cui al presente comma.
  5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti ivi previsti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
  6. Gli animali della specie bovina, come definiti dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 ottobre 2000, n. 437, qualora destinati alla sola commercializzazione nazionale, sono esentati dall'obbligo di accompagnamento del passaporto di cui all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, in materia di identificazione e registrazione dei bovini, in seguito al riconoscimento della piena operatività della banca dati informatizzata nazionale da parte della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 5 del medesimo regolamento (CE) n. 1760/2000.
  7. Il detentore di animali di specie bovina è responsabile della tenuta dei passaporti per i soli animali destinati al commercio intracomunitario.
  8. Il comma 5 dell'articolo 4 e il comma 13 dell'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 ottobre 2000, n. 437, sono abrogati.
  9. All'articolo 1-ter, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, dopo le parole: «zootecnica e forestale» sono inserite le seguenti: «, nonché l'innovazione tecnologica ed informatica, l'agricoltura di precisione e il trasferimento di conoscenza dal campo della ricerca al settore primario,».
  9-bis. All'articolo 25 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
  «1-bis. La disposizione di cui al comma 1 si applica previo esperimento della procedura di comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva n. 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015».

  9-ter. A decorrere dall'anno 2017, i costi delle attività di controllo previste dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 2 marzo 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2010, sono sostenuti dai destinatari degli incentivi. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la quota delle tariffe di cui all'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, da riconoscere al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per le attività di cui al primo periodo del presente comma a decorrere dal 1o gennaio 2017. La quota delle tariffe di pertinenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è definita sulla base dei costi, della programmazione e delle previsioni di sviluppo delle medesime attività ed è versata dal gestore dei servizi energetici (GSE) Spa all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Semplificazioni in materia di controlli).

  Al comma 1, capoverso 3-bis, sostituire le parole: 350 kg con le seguenti: 250 kg.
1. 1. Vico.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. All'articolo 4, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, dopo le parole: «Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola», sono aggiunte le seguenti: «o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità,».
1. 2.(ex 1. 67.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Sostituire il comma 2-bis con il seguente:
  2-bis. All'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al secondo comma, dopo il numero 2 è aggiunto il seguente: «3) agli imprenditori agricoli ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile»;
   b) al terzo comma, dopo le parole: «mezzadro o colono» sono aggiunte le seguenti: «e imprenditori agricoli professionali».
1. 3.(ex 1. 89) Russo, Catanoso.

  Dopo il comma 2-bis aggiungere il seguente:
  2-ter La qualifica di imprenditore agricolo professionale esercita efficacia su tutto il territorio nazionale.
1. 4. Russo, Catanoso.
(Inammissibile)

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. All'articolo 25, comma 2, primo periodo, del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, dopo la parola «tramite» sono aggiunte le seguenti: «dei professionisti abilitati all'esercizio della professione e».
1. 5.(ex 1. 32.) L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è abrogato.
*1. 6.(ex 1. 39.) Bosco.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è abrogato.
*1. 7.(ex 1. 39.) Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è abrogato.
*1. 8. (ex 1. 61.) Guidesi, Fedriga.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è abrogato.
*1. 9.(ex 1. 73.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. I contratti tra privati che hanno ad oggetto fondi agricoli con superficie non superiore a 5.000 metri quadri o il cui valore economico sia inferiore a cinquemila euro, possono essere rogati dal segretario comunale del comune di ubicazione dei fondi medesimi ovvero, nel caso di contratti aventi ad oggetto la compravendita di appezzamenti di terreni agricoli che insistono sul territorio di più comuni, dal segretario comunale del comune nel quale insiste la porzione maggiore. Il segretario comunale provvede anche alle autenticazioni delle sottoscrizioni necessarie alla stipula dei contratti per il trasferimento dei suddetti fondi.
1. 10.(ex 1. 42.) Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Il comune dove è ubicata l'azienda agricola, a fronte di una comprovata situazione di necessità dell'impresa, può derogare eccezionalmente al vincolo ambientale, paesaggistico o alle disposizioni concernenti la difesa del suolo, al fine di evitare la compromissione dell'attività agricola con particolare riferimento alle scorte ed alle produzioni aziendali.
1. 11. (ex 1. 71). Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Per le imprese che utilizzano alcool etilico a scopo alimentare ad accisa assolta, come disciplinato dal decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, è abolito l'obbligo di tenuta della contabilità specifica eseguita sia su registri cartacei che informatici.
1. 12.(ex 1. 53.) Bosco.
(Inammissibile)

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Il comma 3, dell'articolo 2, della legge 25 marzo 1997, n. 77, è sostituito dal seguente: «3. Per i produttori agricoli di cui al comma 6, primo periodo, dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'iscrizione al registro delle imprese non è obbligatoria. Detta iscrizione non è obbligatoria anche nel caso di esercizio dell'opzione di cui al quarto periodo del comma 6 dell'articolo 34 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.».
*1. 13.(ex 1. 56.) Guidesi, Fedriga.
(Inammissibile)

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1 Il comma 3, dell'articolo 2, della legge 25 marzo 1997, n. 77, è sostituito dal seguente: «3. Per i produttori agricoli di cui al comma 6, primo periodo, dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'iscrizione al registro delle imprese non è obbligatoria. Detta iscrizione non è obbligatoria anche nel caso di esercizio dell'opzione di cui al quarto periodo del comma 6 dell'articolo 34 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.».
*1. 14.(ex 1. 75.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.
(Inammissibile)

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9.1. Al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito con Legge 11 novembre 2014, n. 164 dopo l'articolo 17 è aggiunto il seguente:
  «Art. 17. 1 – 1. L'installazione di serre a tunnel agricoli per ricovero foraggio, macchinari o attrezzature di volume inferiore ai 2.500 metri cubi, a carattere temporaneo e senza ancoraggio definitivo al suolo, da parte di aziende agricole, è soggetta alla sola Comunicazione di inizio lavori (CIL)».
1. 15.(ex 1. 104.) Russo, Catanoso.

  Sopprimere il comma 9-bis.
1. 16. Bosco.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1. 1.

  1. Al comma 6 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al primo periodo sostituire le parole «7.000» con le seguenti: «10.000»;
   b) al terzo periodo sostituire le parole «7.000» con le seguenti: «10.000».

  2. Agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 83.000.000 euro, si provvede mediante le seguenti modifiche legislative:
   a) Il comma 68, dell'articolo 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è abrogato;
   b) In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, all'articolo 96, comma 5-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al primo periodo, le parole: «nei limiti del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nei limiti del 95,5 per cento»;
   c) In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1) all'articolo 6, comma 8, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 95,5 per cento»;
    2) all'articolo 6, comma 9, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 95,5 per cento»;
    3) all'articolo 7, comma 2, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 95,5 per cento».
1. 01.(ex 1. 03.) Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1. 1.

  1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle aree di origine dei prodotti tutelati da DOP e da IGP che rispettano un disciplinare predisposto ai sensi dell'articolo 7 del regolamento CE n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, e al decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, e alle aree dove sono presenti aziende agricole biologiche certificate, al fine di preservare le caratteristiche qualitative e sanitarie dei prodotti, nonché di salvaguardarne l'immagine da un punto di vista commerciale.
  2. Ai fini di cui al comma 1, nelle aree ivi previste sono predisposti appositi interventi per ridurre gli impatti antropici sul suolo, sull'acqua e sull'atmosfera causati da impianti o da altre installazioni che svolgono le attività previste dalla direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, di cui all'allegato VIII alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, soggette all'autorizzazione integrata ambientale di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni. Nelle stesse aree, sono altresì predisposti appositi interventi preventivi in caso di presenza di impianti o di altre installazioni le cui attività, pur non rientranti tra quelle identificate dal periodo precedente, costituiscono comunque una fonte di rischio elevato per le colture e per le produzioni.
  3. Nelle aree di cui al comma 1, e per un'ulteriore fascia di rispetto perimetrale di 15,5 chilometri, è vietata la realizzazione di nuovi impianti o di altre installazioni che svolgono le attività di cui al comma 2.
  4. Al divieto di cui al comma 3 sono, altresì, sottoposti gli impianti o le altre installazioni: per il trattamento dei rifiuti mediante procedimenti che ne prevedono la combustione, di qualsiasi dimensione e potenza; per la produzione di energia derivante da biogas e da biometano che utilizzano matrici animali, vegetali, rifiuti solidi urbani o speciali, di qualsiasi dimensione e potenza; per le attività di ricerca, di prospezione e di coltivazione, nonché di stoccaggio nel sottosuolo di anidride carbonica e di idrocarburi liquidi e gassosi; impianti geotermici ad eccezione di quelli finalizzati unicamente all'utilizzo diretto del calore.
  5. Nelle aree di cui al comma 1, la realizzazione di impianti o di altre installazioni che utilizzano come combustibile biomasse è ammessa esclusivamente per il teleriscaldamento di complessi di abitazioni private, di edifici pubblici e di edifici ad uso pubblico che rispettino i seguenti requisiti: utilizzino come combustibile, in misura non inferiore al 95 per cento, scarti aziendali realizzati in aziende agricole e zootecniche situate nello stesso comune o in comuni confinanti, ovvero materiale legnoso derivante dalla manutenzione ordinaria e straordinaria di territori boscati situati nello stesso comune o in comuni confinanti; il dimensionamento della potenza dell'impianto sia quantificato, in fase progettuale, in base a uno studio delle biomasse di cui alla lettera a) delle necessità di calore da erogare per mezzo dei sistemi di teleriscaldamento; sia effettuato un monitoraggio precedente e successivo alla realizzazione degli impianti o delle altre installazioni della qualità dell'aria, dei suoli o dei corpi idrici interessati dallo smaltimento dei residui di combustibile.
  6. Negli impianti e nelle altre installazioni di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo, già realizzati alla data di entrata in vigore della presente legge nelle aree di cui al comma 1 è vietata ogni modifica sostanziale, ivi compreso l'ampliamento e il potenziamento dell'impianto, che comporti effetti negativi e significativi.
  7. Le concessioni per gli impianti o per le altre installazioni di cui al comma 4, lettera c), del presente articolo situati nelle aree di cui al comma 1 non possono essere prorogate o rinnovate.
  8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 6 non si applicano agli impianti e alle altre installazioni la cui attività è connessa direttamente alla lavorazione e alla trasformazione dei prodotti agricoli e alimentari tutelati da DOP o da IGP.
1. 02.(ex 1. 07.) Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1. 1.

  1. All'articolo 1, comma 13 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, dopo la lettera c) aggiungere la seguente: d) concessi in affitto o comodato a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, anche se posseduti da soggetti privi di tali qualifiche. L'esenzione di cui al precedente periodo opera a decorrere dall'anno 2016 e limitatamente ai quattro periodi di imposta successivi.
  2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e per i quattro periodi di imposta successivi, è istituita un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro o moneta all'estero attraverso istituti bancari, agenzie di trasferimento money transfer ed altri agenti in attività finanziaria. L'imposta è dovuta in misura pari all'1 per cento dell'importo trasferito con ogni singola operazione. L'intermediario bancario o finanziario che esegue il trasferimento opera una ritenuta a titolo d'imposta, con obbligo di rivalsa sui soggetti che trasferiscono denaro, all'atto della singola operazione di trasferimento.
1. 03.(ex 1. 015.) Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela.
(Inammissibile)

A.C. 3119-A – Articolo 1-bis

ARTICOLO 1-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1-bis.
(Parità tra i sessi nei consorzi di tutela).

  1. All'articolo 53 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e successive modificazioni, dopo il comma 17 è inserito il seguente:
  «17-bis. Lo statuto dei consorzi di tutela prevede che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i sessi, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251».

  2. All'articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
  «1-bis. Lo statuto dei consorzi costituiti ai sensi del comma 1 deve prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i sessi, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251».

  3. I consorzi di tutela provvedono ad adeguare i propri statuti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, assicurando il rispetto delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2. I consorzi di tutela assicurano il rispetto della composizione degli organi sociali in attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, anche in caso di sostituzione, per tre mandati consecutivi a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. Per il primo mandato successivo alla data di entrata in vigore della presente legge la quota riservata al sesso meno rappresentato è pari ad almeno un quinto del numero dei componenti dell'organo.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1-bis.
(Parità tra i sessi nei consorzi di tutela).

  Al comma 1, capoverso 17-bis, aggiungere, in fine, le parole: qualora tra i soci ci sia una quota di minoranza di genere pari o superiore al 20 per cento.

  Conseguentemente, al comma 2, capoverso 1-bis, aggiungere, in fine, le parole: qualora tra i soci del consorzio ci sia una quota di minoranza di genere pari o superiore al 20 per cento.
1-bis. 1. Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  Dopo l'articolo 1-bis, aggiungere il seguente:

«Art. 2.
(Disposizioni penali per garantire la sicurezza agroalimentare).

  1. All'articolo 517-quater del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il primo comma è sostituito dal seguente:
  “Chiunque contraffà, imita, usurpa, evoca o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 20.000 a euro 100.000”;
   b) al secondo comma, dopo le parole: “denominazioni contraffatte” sono aggiunte le seguenti: “, imitate, usurpate o evocate”.

  2. L'articolo 518 del codice penale è sostituito dal seguente:
  “Art. 518. – (Pubblicazione della sentenza). – La condanna per uno dei delitti previsti dagli articoli 501, 514, 515, 516, 517 e 517-quater comporta la pubblicazione della sentenza”.

  3. Al comma 3-bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale, dopo la parola: “474,” è inserita la seguente: “517-quater,”.
  4. Al comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale, dopo le parole: “articolo 51, commi 3-bis” sono inserite le seguenti: “, con l'eccezione di quello di cui all'articolo 416 del codice penale, finalizzato a commettere il delitto previsto dall'articolo 517-quater del codice penale,”».
1-bis. 01. Rondini, Guidesi, Fedriga, Palese.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 18 E 19 FEBBRAIO 2016

Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016 si svolge in un momento in cui le istituzioni europee devono fronteggiare gravi difficoltà: una crescita economica che ancora stenta a ripartire, il tema dell'insicurezza dei cittadini europei e della coesione delle nostre società, la messa in discussione dei valori fondanti dell'Unione, come quello della solidarietà, dei suoi principi fondamentali, quale è quello della libera circolazione delle persone, e addirittura della sua integrità, a causa del referendum britannico sulla appartenenza all'Unione europea;
    di fronte a tale scenario l'Italia intende riproporsi come cardine di un progetto europeo rinnovato e rafforzato nel suo spirito originario, quello di un’«unione sempre più stretta»tra i popoli, e che per ritrovare slancio e prospettiva deve mettere in discussione le incertezze, l'incompletezza, le timidezze dell'Unione come la conosciamo;
    si deve dare atto dell'impegno del Governo e del Parlamento italiano nel sostenere una politica fiscale più espansiva, una coerente implementazione del versante «crescita» di quel «Patto per la stabilità e la crescita» interpretato in senso eccessivamente rigorista negli ultimi anni e nel chiedere una adeguata considerazione degli sforzi finanziari sostenuti per l'accoglienza dei migranti, il tutto restando nel sentiero della disciplina di bilancio;
    tali posizioni non devono essere lette come un braccio di ferro negoziale volto ad ottenere sconti e deroghe rispetto alle norme vigenti piuttosto come contributo a costruire un'Europa più forte, comprensibile ai cittadini e che imbocchi la strada giusta per opporsi e vincere i pericolosi venti populisti che la spazzano;
    nello stesso spirito è preziosa per la salvaguardia stessa dell'anima e dell'identità culturale e politica del progetto europeo la pervicace difesa del principio di libera circolazione delle persone, dell’acquis di Schengen, dell'idea di un'Europa senza frontiere che può sopportare al più un temporaneo, parziale ed eccezionale irrigidimento dei controlli interni ma certo non il germe del ritorno alle vecchie barriere, ai confini tra gli Stati nazionali e a rinnegare la comune cittadinanza comunitaria ed europea;
    è da sostenere, pertanto, l'impegno del Governo italiano nel proporre soluzioni e percorsi coraggiosi e innovativi sulla nuova architettura europea e della zona Euro, come fatto con l'apprezzato contributo italiano («Completare e rafforzare l'Unione monetaria europea») alla cosiddetta «Relazione dei 5 Presidenti» e ancora con l'iniziativa politica della riunione dei Ministri degli esteri dei paesi fondatori, tenutasi a Roma lo scorso 9 febbraio;
    considerato che, sullo stato di implementazione delle decisioni relative alla risposta alla crisi migratoria, occorre censurare il grave ritardo, l'incompletezza e l'inefficacia dell'Agenda europea sulla migrazione approvata dagli Stati membri ma rimasta sostanzialmente lettera morta quanto al rispetto delle quote di riallocazione dei richiedenti asilo (meno di 300 sui 160.000 previsti), alla solidarietà comunitaria sulla gestione dei rimpatri, al potenziamento di Frontex, alla definizione di una politica comune di asilo e al superamento del sistema Dublino, come testimoniato dalla recentissima comunicazione della Commissione sul tema che pure dà atto che l'unico miglioramento è stato nella percentuale di registrazione delle impronte digitali dei migranti, passata in Italia dal 36 per cento all'87 per cento, oltre all'ancora lento ma costante istituzione di nuovi hotspot;
    occorre altresì, richiamando integralmente le risoluzioni già approvate da questa Camera in data 14 ottobre 2015 (6-00166) e in data 16 dicembre 2015 (6-00183), esprimere fortissima preoccupazione verso una inclinazione a regredire verso risposte nazionali ed egoiste dei singoli Stati, pronti ad alzare muri e a rimettere frontiere che mettono in pericolo le libertà fondamentali sancite dai trattati di Roma oltre a causare potenzialmente un danno economico di centinaia di miliardi ad economie europee già provate;
    va sottolineato che le Conclusioni dell'Ecofin del 12 febbraio evidenziano l'importanza di conseguire rapidi progressi nella lotta contro il finanziamento del terrorismo, mediante azioni da attuare nel pieno rispetto dei trattati;
    va valutato che, per rilanciare la competitività, occorre favorire una riduzione della sovraregolamentazione dell'Unione europea, come nel caso del piano per l'acciaio, e il completamento del mercato unico, con particolare riferimento al mercato dell'energia e al mercato digitale;
    in merito al referendum britannico, vanno giudicati positivamente sia la disponibilità di tutti a trovare un accordo utile a scongiurare l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, sia il ruolo svolto dal Governo italiano per facilitare questa soluzione; occorre tuttavia sforzarsi maggiormente per trovare un equilibrio più solido tra la necessità di contenere tensioni centrifughe e quella di mantenere un'identità dell'Unione europea forte, definita e significativa sul piano politico, culturale e ideale, evitando accomodamenti che si rivelerebbero inefficaci nel lungo periodo,

impegna il Governo:

   a continuare nell'azione di stimolo per una maggiore e più rapida traduzione in realtà degli impegni assunti con l'Agenda europea sulla migrazione, in particolare relativi alla concreta solidarietà con i Paesi più esposti, anche alleviando il peso finanziario della gestione emergenziale secondo le regole vigenti, a insistere per un nuovo sistema comune di gestione dei flussi, per una implementazione delle procedure di riallocazione dei migranti, adoperandosi con forza per preservare lo acquis di Schengen, una delle conquiste più significative del processo di integrazione, e contrastare ogni tentativo di ridurne la portata sul piano dei principi e della estensione geografica;
   a promuovere l'adozione a livello europeo di misure per il contrasto del finanziamento del terrorismo, in particolare per quanto riguarda il settore delle valute virtuali, l'accesso alle informazioni sui conti bancari e sui conti di pagamento, gli strumenti prepagati, i movimenti illeciti di denaro;
   a favorire, nell'ambito del negoziato con il Regno Unito, soluzioni di compromesso che mantengano la coerenza complessiva e le ambizioni di fondo del progetto europeo, valorizzando opportunamente i margini di flessibilità presenti nei Trattati e in particolare:
    a) per gli aspetti relativi all'Unione economica e monetaria (UEM), ad assicurare soluzioni che salvaguardino gli interessi degli Stati non membri dell'Eurozona senza precludere la possibilità di procedere sulla strada di una maggiore integrazione all'interno della UEM, nell'ottica di pervenire ad un rapido completamento dell'Unione bancaria e a significativi progressi sul fronte di un'autentica Unione fiscale;
    b) sul capitolo negoziale relativo al rispetto della sovranità, ad assicurarsi che l'espressione «Unione sempre stretta fra i popoli europei» mantenga il suo valore politico per consentire di promuovere forme di integrazione più stretta, con vocazione federale, tra gli Stati membri dell'Unione che lo desiderano, assecondando richieste di un maggiore coinvolgimento dei Parlamenti nazionali solo a condizione di non introdurre nuove forme di veto o di freno inopportuno ai processi decisionali europei;
    c) sul tema della libera circolazione e dell'accesso ai benefici sociali, ad insistere perché meccanismi di salvaguardia in caso di afflusso di un numero eccessivo di lavoratori comunitari siano non replicabili in altri Stati membri, effettivamente eccezionali, temporanei e non rechino pregiudizio alle quattro libertà fondamentali dei Trattati;
   a rilanciare il dibattito più generale sul futuro dell'Europa, valorizzando appieno le potenziali convergenze con i Paesi di analoga sensibilità, anche sulla scorta della riunione dei Paesi fondatori dello scorso 9 febbraio a Roma e adottando, in coordinamento con gli Stati membri che fanno parte dell'attuale trio di Presidenze (olandese, slovacca e maltese), le necessarie iniziative, sia sul piano politico che su quello della informazione, affinché il sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma venga adeguatamente valorizzato, assicurando altresì uno stretto coordinamento fra le amministrazioni più direttamente interessate e una puntuale informazione del Parlamento secondo le modalità stabilite dalla legge n. 234 del 2012.
(6-00201) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Locatelli».


   La Camera,
   prendendo atto delle comunicazioni rese dal Governo in vista dell'imminente Consiglio europeo convocato per il 18-19 febbraio 2016;
   evidenziando come l'agenda dei lavori, così com’è stata comunicata dal Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, contempli al primo punto l'esame della situazione determinata dal progetto britannico di indire un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea e delle condizioni alle quali il locale Governo potrebbe rinunciarvi; al secondo, la valutazione dei progressi fatti nell'affrontare la crisi provocata dagli eccezionali afflussi di migranti e profughi che raggiungono il nostro Continente; al terzo, la condivisione delle raccomandazioni rivolte ai Paesi dell'Eurozona;
   sottolineando l'ampiezza delle concessioni che si prospetta di fare al Regno Unito, in particolare sotto l'aspetto che prevede di non vincolare Londra ad alcun progresso ulteriore dell'integrazione politica europea, garantendole invece il potenziamento della lotta all'abuso della libera circolazione, di cui la Gran Bretagna lamenta gli effetti pur non essendo parte degli accordi di Schengen;
   attribuendo tuttavia, grande valore politico all'accertamento ed al rispetto della volontà popolare, specialmente quando in questione sia il futuro di intere nazioni, a prescindere dalla congruità dei relativi pronunciamenti ai nostri interessi immediati, che debbono cedere rispetto all'esercizio del diritto democratico di esprimersi con il voto;
   ricordando il contenuto delle decisioni precedentemente assunte in ambito europeo per fronteggiare gli intensi flussi migratori che stanno raggiungendo i Paesi dell'Unione europea sottoponendoli a tensioni significative, che la pratica dell'austerità fiscale rende ancora più acute;
   ritenendo preoccupanti i dati sugli afflussi dei migranti all'inizio del 2016, che non mostrano alcuna tendenza ad affievolirsi, ma al contrario ad ingrandirsi, incoraggiando alcuni Paesi dell'Unione, come la Danimarca, ad assumere misure legislative di carattere eccezionale per finanziare l'accoglienza e scoraggiare gli arrivi;
   rilevando come non abbiano ottenuto gli scopi prefissati né l'attivazione nel Mediterraneo dell'agenzia europea Frontex né il successivo varo della più ambiziosa EUNAVFOR MED;
   osservando come l'incapacità dell'Unione europea a proteggere i confini esterni dell'area Schengen abbia portato Germania, Grecia e Turchia a proporre l'intervento nell'Egeo di una forza navale della NATO;
   sottolineando altresì il fallimento specifico della politica governativa di gestione dei flussi migratori diretti verso l'Italia, che non ha scoraggiato gli arrivi, non ha ottenuto una redistribuzione dei richiedenti tutela internazionale se non in misura simbolica e adesso fronteggia il serio rischio di vedersi chiudere le frontiere austriache, francesi e svizzere;
   evidenziando conseguentemente, come si stia prospettando la possibilità che il nostro territorio nazionale diventi per volontà dei nostri partner europei un grande cuscinetto di assorbimento e stazionamento dei migranti in arrivo dall'Africa e dal Medio Oriente;
   rilevando inoltre, la debolezza delle misure assunte finora per la protezione specifica delle nostre frontiere orientali, già interessate dai flussi che risalgono i Balcani, di fatto demandata alle decisioni di Slovenia e Croazia;
   esprimendo altresì perplessità circa i risultati ottenuti prospettando alla Turchia l'offerta di significativi quantitativi di denaro per ottenere la collaborazione nella prevenzione del deflusso di profughi e migranti di varia natura provenienti dalla Siria, dall'Iraq, dall'Afghanistan e dal Pakistan,

impegna il Governo:

   ad agire in sede di Consiglio europeo affinché il popolo britannico possa liberamente pronunciarsi sulla propria futura appartenenza all'Unione europea;
   a pretendere che il metodo negoziale adottato nei confronti del Regno Unito venga in ogni caso considerato come un precedente applicabile in futuro a qualsiasi altro Stato dell'Unione europea;
   a porre apertamente in sede di Consiglio europeo il problema di come scoraggiare gli afflussi dei migranti nel nostro Continente, considerando anche il ricorso a forme innovative di deterrenza, come l'estensione su scala europea della recente normativa varata dalla Danimarca in merito al sequestro dei beni di valore e dei contanti dei migranti e dei richiedenti asilo che superino un valore minimo di riferimento definito di comune accordo;
   a proporre nell'ambito del Consiglio europeo una strategia di ricollocazione dei migranti richiedenti presso Stati esterni all'Unione europea considerati sicuri dal punto di vista della protezione dei diritti umani;
   ad aprire un nuovo dibattito sulle modalità di effettuazione dei rimpatri di tutti i migranti che saranno risultati clandestini al termine dell'istruttoria per accertare l'eventuale sussistenza del loro diritto alla tutela internazionale per ragioni politiche.
(6-00202) «Fedriga, Gianluca Pini, Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 18-19 febbraio 2016,
   premesso che:
    la Gran Bretagna ha intenzione di indire un referendum sulla sua permanenza o uscita dall'Unione europea;
    il Primo Ministro del Regno Unito David Cameron ha elaborato quattro punti principali propedeutici al referendum sulla permanenza britannica nell'Unione europea sui quali il Consiglio europeo deve pronunciarsi nella prossima riunione attraverso un piano di mediazione che dia reciproca soddisfazione;
    all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo ci sono temi relativi alla maggiore competitività, la governance economica, la sovranità, le prestazioni di sicurezza sociale e la libera circolazione;
    a causa delle fallimentari politiche migratorie, il Trattato di Schengen, pilastro fondamentale dell'Unione europea, è stato sospeso da alcuni Stati che hanno reintrodotto i controlli alle frontiere interne tra i quali la Danimarca, la Francia, la Germania, l'Austria, la Norvegia e la Svezia;
    la possibile sospensione delle regole di Schengen rappresenterebbe un grave fallimento dell'Europa;
    resta tuttavia la pesante inadempienza da parte dell'Unione europea relativa a un'equa distribuzione degli arrivi e a tutelare i Paesi più esposti e che hanno molti tratti di costa, come l'Italia o la Grecia;
    la fiducia dei cittadini italiani nei confronti delle istituzioni europee è in continua e grave diminuzione a causa di molteplici fattori quali: il peso eccessivo della burocrazia europea, la supremazia del principio della stabilità rispetto allo sviluppo che ha costretto i governi italiani a pesanti tagli sullo stato sociale e sui comuni non adeguatamente compensate da altrettanti tagli sul fabbisogno statale, la pesante penalizzazione dell'economia italiana e dei suoi settori produttivi, la mancata valorizzazione e tutela del made in Italy; un processo legislativo sovranazionale in contrasto con l'interesse nazionale italiano; mancanza di adeguate politiche migratorie ispirate al principio di equità e sostenibilità,

impegna il Governo:

   a sostenere nel prossimo Consiglio europeo in ogni sede di confronto dell'Unione, la richiesta di revisione dei «sistema di Dublino», al fine di garantire nelle politiche dell'Unione relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione una equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario, come previsto dall'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   a promuovere, nell'ambito della prossima riunione del Consiglio europeo, una riforma del diritto d'asilo che consenta di accedere al welfare solo agli stranieri che risiedono nel Paese da almeno 5 anni;
   ad assumere iniziative per tenere conto, nella distribuzione dei migranti e dei richiedenti asilo, dei parametri economici del Paese ospitante per evitare l'esplosione di conflitti sociali; a intervenire sulle politiche di ricongiungimenti familiari;
   sul fronte dell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina e al terrorismo in ambito nazionale ed internazionale, a garantire alle nostre forze dell'ordine e di sicurezza tutti gli equipaggiamenti e le strumentazioni a tal fine necessari;
   a promuovere e sostenere ogni iniziativa volta al potenziamento delle frontiere esterne dell'Unione, nonché all'adozione di misure rispetto all'immigrazione che siano condivise dalla totalità degli Stati membri, nel quadro di una strategia unitaria;
   a sollecitare la rapida conclusione degli accordi di riammissione con i Paesi di provenienza dei migranti al fine di rendere più agevoli le procedure di rimpatrio di coloro che non hanno diritto a misure di protezione, e ad applicare le stesse in ambito nazionale, a tal fine, ove necessario, anche rifinanziando l'apposito capitolo di spesa;
   sul fronte della strategia economica a sollecitare l'introduzione di strumenti normativi che valorizzino e promuovano la tutela e la supremazia dell'interesse nazionale permettendo ai singoli Paesi di bloccare norme decise dal Parlamento europeo;
   a introdurre in ambito europeo politiche di contrasto alla contraffazione del made in Italy, allo scopo di tutelare la filiera produttiva nazionale in tutti i settori a partire dall'agricoltura, all'enogastronomia, alla pesca, al tessile, al manifatturiero, alla chimica, alla siderurgia;
   a rafforzare il principio di sussidiarietà promuovendo la democrazia partecipativa orizzontale per fare in modo che le decisioni strategiche economiche e di sicurezza intraprese dalle istituzioni europee siano avvalorate dalle decisioni dei singoli cittadini dei Paesi dell'Eurozona;
   sul fronte della politica bancaria e al fine di garantire la tutela dei consumatori, ad assumere iniziative per sospendere l'introduzione in Italia del bail in;
   a rivendicare la sovranità economica nazionale rispetto alle decisioni della Banca centrale europea;
   a promuovere un processo di trasparenza della Banca centrale europea e di condivisione democratica attraverso cui i cittadini europei possano partecipare in forma associata alle decisioni prese unilateralmente dalla Banca centrale europea;
   sul fronte della politica economica a promuovere in ambito europeo la revisione del fiscal compact;
   con riferimento agli obiettivi posti per il completamento dell'Unione economica e monetaria a promuovere l'inserimento di misure di flessibilità in ambito economico volte a consentire ai Paesi che attraversino deficit economici di rilievo di garantire la ripartenza delle proprie economie.
(6-00203) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Petrenga, Taglialatela, Maietta, Totaro, Giorgia Meloni, Nastri».


   La Camera,
   in vista del Consiglio europeo del 18-19 febbraio 2016,
   premesso che:
    uno dei temi fondamentali sul tappeto sarà l'annunciata proposta inglese di rinegoziazione con l'Unione europea;
    il Governo di Londra, nella prima fase di dialogo con le autorità europee, ha messo in campo proposte orientate alla competizione fiscale, alla valorizzazione della concorrenza, a un bilanciamento intelligente tra esigenze comunitarie e rispetto delle sovranità nazionali, al riconoscimento e alla tutela delle diversità esistenti nell'Unione;
    com’è naturale, il Governo inglese persegue l'interesse nazionale britannico, ma quel processo di rinegoziazione, se condotto da tutte le parti con spirito positivo, può in realtà rivelarsi una grande occasione per l'Europa e in particolare per l'Italia;
    oggi, rispetto al tema europeo, si contrappongono due orientamenti opposti, entrambi perniciosi. Da un lato un approccio distruttivo, volto a liquidare tutto, spesso senza neppure lo sforzo di delineare gli scenari successivi all'eventuale «salto nel buio». Dall'altro, e si tratta dell'errore uguale e contrario, una difesa pedissequa dello status quo europeo, ignorando il cattivo funzionamento dell'attuale Unione europea e l'ormai manifesta incapacità di governare qualunque fenomeno;
    quindi risulta inefficace e controproducente sia l'approccio demolitorio di chi si limita a denigrare l'Unione europea, sia quello di chi nega i problemi e finge di non vedere gli immensi problemi di governance e soprattutto di mancanza di visione strategica di questa Europa;
    rispetto a tutto ciò, il regno Unito, con il suo processo di rinegoziazione, offre una grande opportunità. È la prima occasione per mettere sul tavolo questioni di fondo: la riscrittura dei Trattati, l'esigenza di rispettare la democrazia e la volontà degli elettori, il rispetto dei contribuenti, la necessità di evitare «omogeneizzazioni» peggiorative su standard fiscali e burocratici, insostenibili per le classi medie europee,

impegna il Governo:

   a farsi parte attiva rispetto alla proposta britannica;
   a non sottovalutare il fatto che, in mancanza di un accordo soddisfacente, inevitabilmente gli elettori britannici, nel referendum popolare previsto per i prossimi mesi, potrebbero scegliere la via dell'uscita, innescando un processo di disgregazione europea;
   a fare della rinegoziazione britannica la piattaforma per una più generale revisione dell'architettura istituzionale europea, rendendola adeguata ai tempi, meno bloccata su vincoli anti-crescita, più orientata al rispetto delle diversità nazionali, meno «super-Stato» e più «alleanza di democrazie».
(6-00204) «Palese, Fucci, Capezzone, Ciracì, Bianconi, Corsaro, Chiarelli, Altieri, Latronico, Distaso, Marti».


   La Camera,
   in vista del Consiglio europeo del 18-19 febbraio 2016,

impegna il Governo:

   a continuare a farsi parte attiva rispetto alla proposta britannica;
   a non sottovalutare il fatto che, in mancanza di un accordo soddisfacente, inevitabilmente gli elettori britannici, nel referendum popolare previsto per i prossimi mesi, potrebbero scegliere la via dell'uscita, innescando un processo di disgregazione europea;
   a proseguire nell'impegno per una più generale revisione dell'architettura istituzionale europea, rendendola adeguata ai tempi, meno bloccata su vincoli anti-crescita, più orientata al rispetto delle diversità nazionali.
(6-00204)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate)  «Palese, Fucci, Capezzone, Ciracì, Bianconi, Corsaro, Chiarelli, Altieri, Latronico, Distaso, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    il prossimo Consiglio europeo del 18 e del 19 febbraio si preannuncia essere un appuntamento di grande importanza, che sfugge dalla routine delle precedenti assise, sia per le caratteristiche della relativa agenda, che per i dati di contorno che lo connotano. Difficile dire, come pure è stato detto, ch'esso «potrebbe essere uno dei più importanti della storia recente dell'Unione» (Corriere della sera del 7 febbraio 2016). Ma certo è che rappresenterà un momento cruciale;
    troppi sono i problemi che affliggono la situazione internazionale: a partire dal conflitto medio-orientale e le sue conseguenze in termini di vite umane e di distruzioni, che colpiscono soprattutto civili inermi, costringendoli a quell'esodo biblico, che ha scarsi precedenti con la storia più recente. Nel ’900 le grandi guerre mondiali colpirono duramente la popolazione civile, ma non produssero mai quelle grandi migrazioni di massa che rappresentano, oggi, il tratto saliente di una situazione sempre meno sostenibile da un punto di vista umano e politico. Mettere fine a «quell'inutile strage», per riprendere le parole della lettera aperta di Benedetto XV ai capi dei popoli belligeranti di cento anni fa, rappresenta un dovere morale, che deve prevalere su ogni altro considerazione di carattere politico;
    ma non è solo la guerra a preoccupare. L'economia mondiale è colpita da un male oscuro – la deflazione – rispetto al quale non esistono ricette. Finora le Banche centrali hanno maturato la loro esperienza nella lotta contro l'inflazione, ma contro una stagnazione, quale quella che rischia di perdurare, si trovano impotenti, nonostante gli sforzi compiuti in questi ultimi anni. Sforzi che hanno attenuato la possibile stretta, ma si sono dimostrati inadeguati, nel combatterne l'origine. Si rischia pertanto di tornare alla situazione degli anni ’30 ed alla grande illusione del «beggar my neighbor» (a danno del mio vicino), come si intravede nella dinamica delle politiche monetarie seguite, protese come sono ad utilizzare la riduzione dei tassi d'interesse per favorire la svalutazione del cambio e quindi recuperare, attraverso questa via, maggiori spazi di mercato;
    dal 2007 ad oggi, secondo i dati del Fondo monetario internazionale, l'Eurozona è stata al centro di questa grande depressione. Il suo tasso medio annuo di crescita è stato pari allo 0,42 per cento. Il più basso in assoluto. Poco più della metà di quello dell'Unione europea. Un terzo della media delle restanti economie avanzate. Per non parlare dei nuovi protagonisti dell'economia mondiale (l'ASEAN – l'associazione dei Paesi del Sud-est asiatico, la Cina, l'India o Sud America, presi isolatamente e considerati in quell'aggregazione statistica nota con l'acronimo di BRICS). Per avere un dato sintetico si consideri che, nello stesso periodo, la crescita media dell'economia mondiale è stata del 3,5 per cento. Gli Stati Uniti sono cresciuti ad un ritmo medio dell'1,3 per cento;
    è quindi difficile dar torto al Presidente del Consiglio, quando andando all'essenziale, osserva «negli otto anni di presidenza democratica, gli Stati Uniti hanno puntato su crescita, investimenti e innovazione. L'Europa su austerity, moneta e rigore. A livello economico gli Stati Uniti stanno meglio di otto anni fa, l'Europa sta peggio di otto anni fa. Sintesi da titolo di giornale o se si preferisce da tweet: Obama ha fatto bene, Barroso no» (Repubblica dell'11 febbraio 2016);
    che non sia un modo fin troppo semplicistico nell'affrontare i problemi è dimostrato dall'analisi dei dati che sono forniti da Eurostat. Nel periodo che va dal 1995 al 2000, con un livello di deficit di bilancio pari al 2,8 per cento, il debito complessivo dei 19 Paesi dell'Eurozona era diminuito di 3,13 punti di Pil. Nel settennio successivo si era assistito ad un forte contenimento del deficit annuale, diminuito in media dell'1,99 per cento all'anno. Il debito si era quindi ridotto del 3,1 per cento. Dal 2007 (inizio della grave crisi finanziaria) il deficit è aumentato in media del 3,6 per cento. Ma per il debito si è verificato un vero e proprio salto. Con un aumento del 27,2 per cento;
   i dati appena riportati sono la dimostrazione empirica che le politiche di austerity non funzionano. Non funzionano – il che è ovvio – dal punto di vista dell'economia reale, come dimostrano i dati sulla crescita del prodotto interno lordo e la preoccupante differenza dell'Eurozona con il resto del mondo. Ma non funzionano neppure da un punto di vista strettamente finanziario. Nonostante i sacrifici imposti, infatti, il debito tende a crescere in misura ben maggiore rispetto ai risparmi che si possono ottenere da una compressione del deficit d'esercizio. L'analisi scientifica ha già fornito risposte adeguate. Se il denominatore si riduce il rapporto debito/Pil non può che aumentare. Se la deflazione fa crollare i prezzi di mercato, il suo peso diventa sempre meno sostenibile. I debitori, infatti, rovesciando la logica che ha caratterizzato la fase inflazionistica, sono costretti a rimborsare, in termini reali, un debito maggiore;
    occorre prendere atto dei mutamenti che sono intervenuti nelle dinamiche di mercato e sperimentare terapie adeguate alla bisogna. Insistere su vecchie ricette rischia solo di radicare la malattia fino alla consunzione dell'organismo;
    di fronte a questi pericoli, così evidenti nell'andamento degli squilibri macroeconomici, è necessario interrogarsi sulle cause che ne sono a fondamento. Il minor dinamismo europeo ha ragioni complesse. Alcune delle quali legate alla storia di ciascun Paese ed al diverso tasso di modernità, altre dovute ad un contesto generale, che risente dei malfunzionamento della stessa costruzione europea;
    su questi ultimi aspetti ha cercato di far luce il documento dei cinque Presidenti: «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa» del 22 giugno 2015 (a firma di Jean Claude Juncker, Donald Tusk, Jeroen Dijssebloem, Mario Draghi e Martin Schulz) che lo stesso Tusk ha richiamato nella lettera ai membri del Consiglio europeo e che sarà discusso in occasione del prossimo vertice;
    prima di affrontare il tema delle proposte colà avanzate, sulle quali si è già sviluppato un dibattito caratterizzato da una forte impronta ideologica, è bene cercare di coglierne il significato più profondo. Vale a dire la preoccupazione espressa per una realtà come quella europea che invece di integrarsi e convergere, mostra crescenti asimmetrie. «Vi sono divergenze significative – scrivono i cinque Presidenti – nella zona dell'euro. In alcuni Paesi la disoccupazione è ai minimi storici, mentre in altri è a livello record; in alcuni, la politica di bilancio può essere utilizzata in senso anticiclico, mentre in altri ci vorranno anni di risanamento per recuperare margini di bilancio. Le divergenze di oggi creano fragilità di tutta l'Unione. Dobbiamo correggerle e avviare un nuovo processo di convergenza» (pagina 4);
    ma affinché questa «parola d'ordine» si traduca in una concreta prospettiva politica è necessario interrogarsi sul perché di quelle grandi asimmetrie che dividono l'Europa. Esse richiamano alla mente quanto Gunnar Myrdall, premio Nobel per l'economia, scrisse a proposito dei rapporto tra «centro» e «periferia». La descrizione di quel «circolo vizioso» in base al quale, in assenza di una politica rivolta a ripristinare la logica della convergenza, i Paesi più forti diventano sempre più forti e quelli più deboli regrediscono ulteriormente;
    basti paragonare la Germania con la Grecia per avere l'immagine plastica di questo pericolo;
    le asimmetrie, quindi. Nel 2015 l'Eurozona ha marciato a passo ridotto. Il potenziale produttivo non utilizzato, il cosiddetto output gap, secondo i calcoli della Commissione europea è stato pari all'1,8 per cento. Agli estremi della classifica sono rispettivamente l'Irlanda, che cresce oltre il suo potenziale, e la Grecia, con una perdita pari all'8,1 per cento. Tra le economie maggiori la Germania è al primo posto, con una contrazione fisiologica (0,4 per cento) sette volte meno di quella italiana (2,9 per cento), la conseguenza immediata di questo stato di cose è l'andamento del tasso di disoccupazione. In Germania esso è pari al 4,8: leggermente meno di quello fisiologico, per convenzione pari al 5 per cento. All'estremo opposto si colloca la Grecia, con un tasso di disoccupazione pari al 25,1 per cento, seguita dalla Spagna con il 22,3. L'Italia si colloca al quindicesimo posto, con un valore pari all'11,9 per cento;
    la forza dell'economia tedesca è data, essenzialmente, dalle esportazioni. Come un attivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, si colloca al secondo posto (8,8 per cento del prodotto interno lordo) preceduta solo dai Paesi Bassi, con una percentuale pari al 10,1 per cento del prodotto interno lordo. All'estremo opposto è Cipro, con un deficit pari al 4,4 per cento del prodotto interno lordo. Tra le principali economie, soffre la Francia con un deficit dell'1,4 e la Grecia (–1,8 per cento del prodotto interno lordo). L'Italia, invece, presenta un surplus pari al 2,2 per cento del Pil. In valore assoluto, tuttavia, il surplus tedesco è debordante: pari a 266,8 miliardi di euro. Circa il 70 per cento del surplus complessivo dell'Eurozona. A sua volta pari al 3,7 per cento del suo prodotto complessivo;
    questi dati spiegano come mai l'euro tenda sempre a rivalutarsi nei confronti del dollaro e delle altre valute. Dall'inizio dello scorso dicembre l'euro si è rivalutato del 5 per cento nei confronti del dollaro. Non sono, quindi, bastate le dichiarazioni di Janet Yellen, circa la necessità di una politica monetaria più restrittiva, per attirare capitali al di là dell'Atlantico che avrebbero dovuto comportare una rivalutazione del corso della moneta verde. Quei movimenti si sono manifestati solo nel mesi precedenti. Aumentata l'incertezza circa il proseguimento di quella politica si è tornati al punto di partenza. A dimostrazione che nel contrasto tra l'economia finanziaria e quella reale, alla lunga, vince quest'ultima negli effettivi andamenti di mercato. Finché il surplus delle partite correnti dell'Eurozona rimarrà quello indicato, sarà difficile per l'euro deprezzarsi con conseguenti effetti negativi per i Paesi più deboli dell'Eurozona, le cui esportazioni verso i mercati extra UE incontreranno ostacoli valutari non facilmente superabili;
    il mancato coordinamento delle politiche monetarie tra le grandi aree del pianeta alimenta, quindi, le incertezze. Lascia intravedere una volontà rivolta a comprimere ulteriormente i tassi di interesse ottenendo l'effetto di una svalutazione competitiva delle diverse monete. A sua volta l'eccesso di risparmio – altro tema sollevato nel documento dei cinque Presidenti – non può che dirigersi verso beni rifugio: dall'oro all'argento o a quel titoli di Stato che offrono le maggiori garanzie. In passato i Treosury band americani offrivano una possibile alternativa. Ma con un dollaro che tende a deprezzarsi, l'eventualità di un rendimento finanziario maggiore deve fare i conti con il valore cedente della moneta in cui esso si esprime. Questa complessa situazione spiega perché in Europa il bene rifugio per eccellenza sia tornato ad essere il Bund tedesco. E perché per molti altri titoli del debito sovrano (soprattutto Italia e Spagna) sia tornato l'incubo degli spread. Negli ultimi sei mesi le quotazioni dei Bund (tasso interesse 0,5 per cento, scadenza 2025) sono aumentati del 5 per cento, determinando un rendimento negativo. I BTP italiani (tasso 1,5 per cento, stessa scadenza) hanno registrato invece quotazioni sotto la pari;
    i dati dimostrano quindi che dal mantenimento dello status quo deriva il sommarsi di due asimmetrie: quelle inerenti l'economia reale, così evidenti nel rapporto tra la Germania ed i Paesi più deboli dell'Eurozona, e quella della finanza che garantisce a Berlino flussi costanti di capitale a tasso negativo. L'effetto combinato di questi due distinti fenomeni genera un «circolo vizioso» che, se non arginato, rischia alla fine di portare alla distruzione stessa dell'euro. Come mostrano le preoccupazioni espresse da autorevoli commentatori. Di fronte alle più recenti turbolenze finanziarie, con il seguito di otto volante borsistico, c’è il rischio che «gli investitori» guardino «già oltre: tornano a prendere posizione sulla possibilità, per quanto vaga, che l'area dell'euro si spezzi e solo un nucleo duro al Nord (Francia inclusa) rimanga unito» (Corriere della sera del 10 febbraio);
    il prossimo Consiglio europeo dovrà mettere al centro della discussione questi problemi. Individuando le possibili strategie politiche per fare uscire l'Eurozona dall'impasse che le cifre, impietosamente, evidenziano. Se si vogliono scongiurare pericoli maggiori è necessario che ciascun partner rinunci a qualcosa, facendo prevalere l'esigenza di ritrovare la necessaria convergenza in una politica condivisa. Lungimiranza vorrebbe che fosse la stessa Germania a mostrare la necessaria consapevolezza. Il suo modello, come mostrano i dati forniti dalla stessa Commissione europea, non è esportabile. Non può costituire pertanto un benchmark di riferimento. Deve nascere da questa consapevolezza il suo aprirsi a possibili cambiamenti;
    la via maestra sarebbe quella di una reflazione della sua economia. Il trasformarsi, grazie ad una ripresa della sua domanda interna, in una «locomotiva» per il resto dell'Europa: compito finora svolto in prevalenza dagli Stati Uniti prima e dalle economie dei Paesi emergenti poi. Questa spinta favorirebbe il commercio intereuropeo, dando ossigeno ai Paesi che soffrono di più. Riducendosi il surplus delle partite correnti dell'Eurozona, l'euro tenderebbe a svalutarsi nei confronti delle altre monete, favorendo, anche attraverso questa via una maggiore diffusione dello sviluppo economico. Approfittando tra l'altro della caduta del prezzo del petrolio che riduce enormemente il peso della bolletta energetica. Di cui l'intera Europa è tributaria;
    ma se questa prospettiva, specie nel breve periodo, risulta di difficile realizzazione, allora, non si frappongano ostacoli allo sviluppo della mutualità tra i diversi Paesi. Che si proceda rapidamente al completamente dell'unione finanziaria, che implica: l'istituzione di un meccanismo di finanziamento ponte per il Fondo di risoluzione unico, nel caso di liquidazione di una banca; misure concrete ai fini del meccanismo comune di backstop (protezione) dello stesso Fondo, mediante apertura di una linea di credito da parte del Meccanismo europeo di stabilità; l'avvio del sistema di garanzia dei depositi (EDIS). Elementi questi rivolti a completare l'Unione bancaria. Misure nei confronti delle quali, la stessa Germania mostra resistenze che, alla luce delle precedenti considerazioni, appaiono ingiustificate. Esiste poi il grande tema degli Eurobond, ossia della messa in comune di una parte del debito sovrano, evocato in passato e poi, a causa delle stesse riserve, accantonato;
    grande enfasi è stata riposta, recentemente, sul tema dell’«unione dei mercati dei capitali», in un documento elaborato da Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, e François Villeroy de Galhau, Governatore della Banca di Francia. Documento che, per le relative implicazioni politiche ha avuto grande eco nella stampa italiana. Sulle differenze, colà evidenziate, tra il modo di funzionare e la relativa grandezza del mercato finanziario europeo rispetto a quello americano non si può che concordare. Auspicando che, anche in questo campo, possa realizzarsi una modernizzazione, attesa da tempo. L'analisi dei due autorevoli personaggi prende le mosse da alcune proposte già presenti nel «Documento dei cinque Presidenti» ampliandone la portata. Si parla, infatti, del «piano Juncker per gli investimenti» e del completamento dell'unione bancaria. Alla fine, tuttavia, ne risulta una formula ambigua. Specie nel punto in cui si accenna a non meglio specificate «condizioni preliminari» da soddisfare, prima di procedere al completamento dell'unione bancaria. Posizione che, ancora una volta, risente delle resistenze della Bundesbank alle sollecitazioni più volte avanzate dal Presidente della BCE;
    quell'intervento ha, tuttavia, innescato un dibattito politico intenso. Al punto da far sospettare che fosse altra la finalità del documento stesso, la cui proposta finale si articola nei seguenti punti: «sarebbe necessario che gli Stati membri della zona dell'euro acconsentissero a una condivisione della sovranità e dei poteri a livello europeo». Si dovrebbe pertanto giungere a «un'amministrazione europea efficace e meno frammentata per costruire un Tesoro unico per la zona dell'euro, con un consiglio di bilancio indipendente; un organo politico più forte per prendere decisioni politiche, sotto il controllo del Parlamento... Tuttavia, se i Governi e i Parlamenti della zona dell'euro dovessero tirarsi indietro sulle implicazioni politiche di un'Unione vera e propria, l'unica opzione rimarrebbe un approccio decentralizzato fondato sulla responsabilità individuale e su regole più stringenti»;
    quest'impostazione è stata ripresa, seppure in estrema sintesi, dalla lettera inviata dal Presidente Donald Tusk ai membri del Consiglio europeo. «Per quanto concerne la governance economica – è scritto – il progetto di decisione dei Capi di Stato o di Governo definisce i principi volti a garantire il rispetto reciproco tra gli Stati membri che partecipano all'ulteriore approfondimento dell'Unione economica e monetaria e quelli che non vi partecipano». Dove il discrimine sarebbe, appunto, una cesura tra coloro che accettano o rifiutano l'ipotesi di una «Tesoreria unica». Tema, per la verità, adombrato nel documento dei cinque Presidenti, ma con prospettive ben diverse rispetto al drastico «aut-aut» proposto dai due responsabili della banca centrale tedesca e francese. «Via via che la zona euro evolve – questo l'inciso – verso un'UEM autentica, sarà sempre più acuta la necessità di adottare alcune decisioni collettivamente, assicurando nel contempo il controllo democratico e la legittimità del processo. Una futura tesoreria della zona euro potrebbe essere la sede adatta per questo processo decisionale collettivo»;
    le diversità di posizioni sono quindi sensibili. E non è solo questione di stile, la differenza che passa tra queste due diverse impostazioni è tutta politica. Da parte francese e tedesca l'idea è quella di rendere ancora più stringente il controllo sulle politiche di bilancio; da parte dei cinque Presidenti, dove si avverte l'influenza di Mario Draghi, la prospettiva è più complessa. Non basta l’austerity, seppure accompagnata dalle tecniche del «quantitative easing» per rimettere in moto il motore dell'economia e della società europea. Elementi che trovano conferma nei dati riportati in precedenza. Occorre soprattutto un cambiamento delle politiche economiche per ritrovare la via di una convergenza, che le asimmetrie presenti nel modo di funzionare della politica europea hanno finora impedito;
    nel dibattito che è seguito ha partecipato lo stesso Presidente del Consiglio, le cui posizioni non possono che essere condivise. L'istituzione di un Ministro del tesoro europeo non può che essere il completamento di un processo che abbia eliminato i semi della divergenza e disinnescato gli elementi più pericolosi di quel «circolo vizioso» che porta alla crescente divaricazione. In questa posizione non è presente alcun sentimento antitedesco ma è proprio in nome dell'amicizia con quel popolo che non si può fare a meno di auspicare il superamento di una visione, che non corrisponde alla realtà dei fatti. E che rischia, se non corretta in tempo, di determinare contraccolpi anche gravi rispetto ai destini di una Nazione che già tanto ha sofferto nella sua storia travagliata;
    visto in questa chiave, il prossimo Consiglio europeo rischia, veramente, di avere una valenza straordinaria, al punto da mettere in ombra gli altri temi posti all'ordine del giorno: a partire dalle richieste inglesi di una maggiore libertà d'azione. Anche in questo caso è necessario evitare due contrapposti pericoli: il rischio che decisioni troppo rigide favoriscano i fautori del referendum per l'uscita dell'Inghilterra dall'Unione europea; l'eccesso di compromesso, che potrebbe tradursi nella violazione dei principi costitutivi che reggono le istituzioni europee. Occorrerà pertanto il massimo equilibrio nella trattativa, tenendo conto del fatto che ogni possibile decisione può determinare un «effetto domino», spingendo altri Paesi a seguire le sollecitazioni britanniche. È necessario pertanto che lo spirito di questa reciproca consapevolezza aleggi su entrambe le parti in causa. Che si riconoscono alcune specificità, come nel caso delle prestazioni sociali e la libera circolazione. Ma che non si vada oltre, rompendo il nesso che deve continuare ad esiste tra «diritti» e «doveri». Non è pensabile, ad esempio, che l'Inghilterra possa interferire con le future scelte europee, in tema di finanza pubblica, senza assumersi le relative responsabilità,

impegna il Governo:

   ad operare lungo le linee indicate in premessa, mentre per quanto riguarda i punti più specifici a sostenere il programma delineato dal «Documento dei cinque Presidenti» e la relativa tempistica, che non deve essere stravolta da accelerazioni interessate, destinate a stravolgerne la relativa architettura;
   in particolare, ad adoperarsi affinché, nella fase 1 (1o luglio 2015-30 giugno 2017) l'Italia faccia «il migliore uso possibile dei vigenti trattati», impegnandosi, soprattutto, nel «rilanciare la competitività» anche grazie «all'istituzione di un organismo nazionale incaricato di monitorare i risultati e le politiche in materia di competitività» per poi partecipare alla Commissione europea, chiamata a mettere in rete i risultati conseguiti, in un proficuo scambio di idee e di esperienze, indispensabili per definire le best practices, dalla cui attuazione può derivare quel salto di qualità che è indispensabile per lo sviluppo del modello europeo;
   ad assumere iniziative per giungere il più rapidamente possibile al completamento dell'Unione finanziaria, impegnandosi nel superamento delle divergenze che finora ne hanno impedito la realizzazione, considerato che forte deve essere la consapevolezza che l'introduzione dei bail-in, senza adeguata copertura europea sia rispetto al sistema bancario che ai depositanti, sta determinando, in Italia, un forte turbamento del mercato, spingendo molti risparmiatori a forme di tesaurizzazione che contribuiscono ad aggravare tutti i problemi esistenti;
   a compiere ogni sforzo in sede comunitaria affinché la Gran Bretagna non abbandoni l'Unione europea nel solco delle proposte formulate in merito dal Presidente Tusk;
   per quanto riguarda, infine, l'immigrazione, ad assumere iniziative per giungere quanto prima ad una completa responsabilità europea nella gestione del problema dei rifugiati, i cui costi devono essere ripartiti in modo equo e non gravare sui soli Paesi di frontiera, considerato che occorre evitare il rischio del definitivo fallimento delle regole di Schengen, ma al tempo stesso occorre un maggior rigore nel selezionare i diversi flussi migratori che di fronte alla dimensione del fenomeno dei rifugiati è necessario, purtroppo, rimpatriare coloro che non hanno titolo ed il cui trasferimento in Europa è motivato solo da ragioni di carattere economico e che solo in questo modo, e nella speranza che la situazione in Medio Oriente ed in Africa possa migliorare, sarà possibile evitare che quegli orrendi avvenimenti possano finire per distruggere ogni solidarietà all'interno della stessa Europa.
(6-00205) «Francesco Saverio Romano, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Mottola, Parisi».


   La Camera,

impegna il Governo:

   ad operare lungo le linee indicate in premessa, mentre per quanto riguarda i punti più specifici a sostenere il programma delineato dal «Documento dei cinque Presidenti» e la relativa tempistica, che non deve essere stravolta da accelerazioni interessate, destinate a stravolgerne la relativa architettura;
   in particolare, ad adoperarsi affinché, nella fase 1 (1o luglio 2015-30 giugno 2017) l'Italia faccia «il migliore uso possibile dei vigenti trattati», impegnandosi, soprattutto, nel «rilanciare la competitività» per poi partecipare alla Commissione europea, chiamata a mettere in rete i risultati conseguiti, in un proficuo scambio di idee e di esperienze, indispensabili per definire le best practices, dalla cui attuazione può derivare quel salto di qualità che è indispensabile per lo sviluppo del modello europeo;
   ad assumere iniziative per giungere il più rapidamente possibile al completamento dell'Unione bancaria e finanziaria, impegnandosi nel superamento delle divergenze che finora ne hanno impedito la realizzazione;
   a proseguire gli sforzi in sede comunitaria affinché la Gran Bretagna non abbandoni l'Unione europea nel solco delle proposte formulate in merito dal Presidente Tusk;
   per quanto riguarda, infine, l'immigrazione, ad assumere iniziative per giungere quanto prima ad una completa responsabilità europea nella gestione del problema dei rifugiati, i cui costi devono essere ripartiti in modo equo e non gravare sui soli Paesi di frontiera, considerato che occorre evitare il rischio del definitivo fallimento delle regole di Schengen, ma al tempo stesso occorre un maggior rigore nel selezionare i diversi flussi migratori che di fronte alla dimensione del fenomeno dei rifugiati è necessario, purtroppo, rimpatriare coloro che non hanno titolo ed il cui trasferimento in Europa è motivato solo da ragioni di carattere economico e che solo in questo modo, e nella speranza che la situazione in Medio Oriente ed in Africa possa migliorare, sarà possibile evitare che quegli orrendi avvenimenti possano finire per distruggere ogni solidarietà all'interno della stessa Europa.
(6-00205)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Francesco Saverio Romano, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Mottola, Parisi».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione del Consiglio Europeo del 18 e 19 febbraio 2016;
   premesso che:
    il Consiglio europeo sarà incentrato su due questioni principali e segnatamente Regno Unito e Migrazione;
    a seguito della discussione del Consiglio europeo del dicembre 2015 sui piani del Regno Unito per un referendum sulla permanenza o l'uscita dall'Unione europea, il Consiglio europeo 18 e 19 febbraio 2016 dovrebbe convenire soluzioni di reciproca soddisfazione in quattro ambiti di interesse: competitività; governarne economica; sovranità; sicurezza sociale;
    inoltre, il Consiglio europeo farà il punto sull'attuazione delle decisioni che ha adottato in risposta alla crisi migratoria e dei rifugiati;

impegna il Governo:

  in riferimento al Regno Unito:
   ad adoperarsi affinché venga respinta qualsiasi apertura nei confronti delle pretese avanzate dal Regno Unito in materia di prestazioni di sicurezza sociale e libera circolazione dei lavoratori che metterebbe in discussione la sopravvivenza stessa del principio fondante dell'Unione europea, ovvero quello relativo alla «centralità della persona» soprattutto sotto il profilo della protezione sociale specie per quanto riguarda la possibilità di escludere per un certo numero di anni i nuovi residenti del Regno Unito dai benefici del welfare, in particolare di quello familiare, con il rischio inevitabile di spalancare le porte alle richieste avanzate da alcuni Paesi membri in relazione alla sospensione degli accordi di Schengen e il conseguente mancato allineamento agli standard europei per quanto concerne il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, come nel caso del recente atteggiamento dell'Ungheria nei confronti di flussi migratori;
   ad adoperarsi affinché prevalgano le ragioni per un rafforzamento complessivo dell'Unione che ne porti ad un livello superiore l'unità sociale, politica ed economica attraverso una profonda ridefinizione delle sue regole e dei trattati che consentano all'Europa di dare risposte unitarie e condivise sui temi dello sviluppo, anche tramite l'individuazione di nuovi e più ampi spazi di flessibilità a sostegno degli investimenti produttivi finalizzati all'occupazione, del fenomeno immigratorio, della sicurezza cancellando le nefaste politiche basate sull'austerità e sugli interessi primari della finanza a scapito del benessere dei popoli ed evitando risposte frammentarie e unilaterali dei vari Stati membri, scongiurando nel contempo l'avvio di un pericoloso processo di disgregazione;
   ad adoperarsi affinché il processo unitario che ha caratterizzato, fino ad oggi, l'Unione europea rimanga un elemento fondamentale nel raggiungere ulteriori e più avanzati momenti di integrazione evitando e respingendo fermamente tentativi, pur legittimi alla luce degli attuali trattati, di indicare una cooperazione rafforzata solo tra un nucleo di Paesi più forti del Nord Europa senza puntare invece ad una più auspicabile proposta rivolta all'insieme dei Paesi dell'area euro. Tali proposte rivolte all'insieme dei Paesi dell'area euro possono costituire l'avvio per il raggiungimento dell'obiettivo di una maggiore integrazione politica attraverso una interpretazione estensiva delle competenze dell'Unione o dei poteri delle sue istituzioni compatibilmente con i diversi percorsi di integrazione di tutti gli Stati membri senza l'obbligo immediato di una destinazione comune;
  in riferimento alle politiche delle migrazioni:
   a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso legali e controllati» attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti per mettere fine alle stragi in mare e in terra, e quindi debellare il traffico di esseri umani;
   a proporre un reale «diritto di asilo europeo», capace di superare il «regolamento di Dublino» che obbliga i migranti a richiedere asilo nel primo Paese comunitario che incontrano nel loro cammino. Un migrante dovrebbe avere il diritto di avere riconosciuto l'asilo in qualsiasi Paese, per poi essere libero di circolare all'interno dell'Europa;
   ad assumere iniziative per concedere con effetto immediato permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi avviare l'iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale tra gli Stati membri e a chiedere, in sede di Consiglio europeo, la regolarizzazione di tutti i migranti ancora senza documenti presenti in Europa;
   a regolamentare il funzionamento degli hots spots nel rispetto della normativa vigente in materia di asilo assicurandosi che non diventino centri di detenzione amministrativa e monitorando che siano sempre garantiti al migrante i propri diritti e la corretta informazione;
   a vigilare sul rispetto del divieto di espulsioni collettive previsto dai protocolli addizionali alla CEDU, attraverso l'adozione di opportuni atti regolamentari e l'introduzione di procedure di monitoraggio indipendenti;
   a promuovere il principio di un'accoglienza dignitosa, dunque la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti sparsi in Europa;
   ad assumere iniziative per implementare rapidamente il programma di ricollocamento, ad oggi dimostratosi un fallimento, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza e l'assistenza delle persone in arrivo;
   a proporre la revisione della missione EUNAVFOR MED, fatto che l'unico modo per contrastare il traffico di esseri umani e allo stesso tempo permettere ai rifugiati di essere protetti è quello di intervenire offrendo soluzioni possibili, attraverso programmi di reinsediamento, l'attivazione di procedure di ingresso protetto, visti e canali umanitari;
   a proporre in sede di Consiglio europeo la revisione dell'accordo tra Unione europea e Turchia sulla gestione dei rifugiati, a partire dal ritiro dello stanziamento di 3 miliardi a favore della Turchia nonché a proporre l'immediata sospensione degli accordi – come i processi di Rabat e di Khartoum — con i Governi che non rispettano i diritti umani e le libertà;
   a programmare interventi di cooperazione allo sviluppo locale sostenibile nelle zone più povere, a partire dal continente africano, dove lo spopolamento e la migrazione sono endemici, e ad assumere iniziative per non consentire alle multinazionali di usare per interessi privati i programmi europei di aiuto allo sviluppo;
   a sostenere un grande piano di investimenti pubblici diretti dell'Unione europea per l'economia di pace, per il lavoro dignitoso e per la riconversione ecologica del continente africano;
  in riferimento all'Unione economica, monetaria e bancaria:
   a sostenere ambiti robusti di flessibilità direttamente connessi al rilancio dello sviluppo locale diffuso, all'equilibrio economico-sociale territoriale interno all'Europa e ai singoli Stati membri, evitando di incorrere in spese per interventi propagandistici incapaci di adeguati effetti sull'occupazione e a porre, quindi con convinzione, il problema generale di rivedere il fiscal compact e la politica dell'austerità, in modo tale che la crisi che si sta addensando sull'Europa possa rappresentare un'occasione per rivedere le norme europee di bilancio e varare su scala continentale un vero e proprio Green New Deal;
   ad affrontare, in ambito europeo il problema della insularità per le isole maggiori, eventualmente articolando gli interventi sulla flessibilità in materia di aiuti in considerazione dei flussi migratori, dei processi di spopolamento, della piena inclusione all'interno dei sistema delle reti europee, materiali e immateriali;
   a rifiutare il piano Schauble di una stretta sui titoli di Stato e per estendere gli stessi principi dalle banche (il bail-in) agli Stati e al rapporto fra le prime e i secondi: in caso di crisi, prima di consentire qualunque salvataggio, paghino i creditori. Non dovrebbero – secondo questo Piano – più potersi aprire reti di sicurezza per i titoli di Stato senza il sacrificio dei risparmiatori e degli investitori;
   a respingere la proposta di un Ministro unico del tesoro per la zona euro così come viene oggi avanzata. Il Ministro del Tesoro unico dovrebbe avere infatti due requisiti fondamentali;
    a) non deve avere solo funzioni di controllo ma anche di pianificazione e deve disporre di un cospicuo budget di risorse per programmi di investimenti europei ed anche per istituire un'indennità di disoccupazione europea (intorno al 5 per cento del prodotto interno lordo europeo – oggi è pari a circa l'1 per cento e in diminuzione). In sostanza, deve essere abbandonata la politica dell'austerità e avviato una vera politica europea di investimenti per rilanciare l'occupazione. Il bilancio pubblico europeo deve inoltre essere non più finanziato dai trasferimenti degli Stati ma alimentato da una tassazione autonoma. Questo per assicurarne l'indipendenza e per una sua politica realmente europea. Come per tutti i bilanci pubblici quello europeo dovrebbe potersi finanziare con titoli di debito (europei) e la Bce dovrebbe poter, alla pari della Fed, intervenire per sostenere l'occupazione e comprare dagli Stati europei i titoli di Stato invenduti sul mercato;
    b) deve avere una vera legittimazione democratica;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a chiedere la revisione del bail-in che destabilizza non solo le banche italiane ma anche quelle tedesche sospendendolo fino a quando non vi sia una piena garanzia europea sui depositi, o comunque prevedendo una fase di transizione e la sua non retroattività;
   a sostenere nelle sedi comunitarie l'applicazione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie, la separazione tra le banche commerciali e di investimento e un reale programma di investimenti europei che prevede anche l'emissione di eurobond;
   ad adoperarsi per l'adozione di misure concrete per ampliare il processo decisionale europeo in senso democratico attraverso un ruolo più incisivo del Parlamento europeo ed un migliore e più attivo coinvolgimento dei Parlamenti nazionali;
   a sostenere come priorità del sistema di governance economica europea, il raggiungimento reale degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020;
   a promuovere il potenziamento della strumentazione e della dotazione finanziaria dell'Unione europea, finalizzato al sostegno dell'economia, attraverso l'adozione di misure e la sperimentazione di strumenti che svolgano una funzione anticiclica;
   a creare un fronte comune con i Governi disponibili a porre con forza negli organismi della governance europea, il tema della revisione dei trattati europei, a partire dal fiscal compact, del tutto arbitrari ed assurdi, ottenendo la convocazione di una Conferenza europea per definire le necessarie modifiche;
   a promuovere una discussione in sede europea per ridurre la soglia di saldo commerciale eccessivo e per introdurre penalizzazioni analoghe a quelle previste per lo sforamento dei saldi obiettivo di finanza pubblica;
   a promuovere iniziative volte a contrastare l'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, e a garantire un maggior coordinamento dei sistemi fiscali nell'Unione europea, al fine di ridurne la dannosa concorrenza fiscale;
   a sostenere l'utilizzo di eurobond per far ripartire gli investimenti pubblici europei in infrastrutture e sulla green economy nonché a sostenere la domanda aggregata in modo da rilanciare uno sviluppo sostenibile e l'occupazione; a sostenere, inoltre:
    a) l'attuazione di una dimensione sociale dell'Unione europea, incluso un meccanismo di reddito minimo garantito e un regime di indennità minima di disoccupazione per l'area deliquio;
    b) l'inclusione del meccanismo europeo di stabilità (MES) nel diritto dell'Unione e un nuovo approccio nei confronti degli eurobond;
    c) una capacità di bilancio dell'area dell'euro in particolare per finanziare azioni anticicliche, riforme strutturali o parte della riduzione del debito sovrano.
(6-00206) «Scotto, Palazzotto, D'Attorre, Paglia, Fassina, Pannarale, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Pellegrino, Sannicandro, Franco Bordo, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    le prossime comunicazioni del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio verteranno in particolare sul Regno Unito e la sua permanenza nell'Unione europea sulla crisi migratoria;
   per quanto riguarda il primo punto:
    il progetto di decisione dei capi di Stato o di governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell'Unione europea, presentato il 2 febbraio 2016 (EUCO 4/16), con l'obiettivo di rispondere alle questioni sollevate dal Regno Unito nella sua lettera del 10 novembre 2015, accoglie gran parte delle richieste britanniche e, in particolare:
     in merito alla governance economica, definisce principi volti a garantire il rispetto reciproco tra gli Stati membri che partecipano all'ulteriore approfondimento dell'Unione economica e monetaria e quelli che non vi partecipano, e prevede l'istituzione di un meccanismo, le cui condizioni esatte di attivazione devono ancora formare oggetto di ulteriore discussione, che garantisce ampie tutele agli Stati membri non appartenenti alla zona euro, tra le quali la totale esenzione da responsabilità di bilancio per gli Stati membri la cui moneta non è l'euro o, se del caso, per quelli che non partecipano all'unione bancaria, riguardo alle misure di emergenza e di crisi volte a salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro, prevedendo persino l'istituzione di meccanismi volti a garantire il rimborso integrale laddove il bilancio generale dell'Unione copra costi non amministrativi derivanti dalle suddette misure di emergenza e di crisi;
    per quanto attiene alla competitività, prevede un maggiore impegno a intensificare gli sforzi volti a rafforzarla e periodiche valutazioni dei progressi compiuti nella semplificazione della legislazione e nella riduzione degli oneri per le imprese affinché si riduca la burocrazia;
    per quanto concerne la sovranità, riconosce che il Regno Unito, alla luce della sua situazione particolare ai sensi dei trattati, non è vincolato ad un'ulteriore integrazione politica; rafforza il rispetto della sussidiarietà e propone che gli Stati membri possano interrompere la presa in esame di una proposta legislativa europea se un certo numero di Parlamenti nazionali vi si oppongano; ribadisce, inoltre, che, una misura adottata ai sensi della parte terza, titolo V, del TFUE, riguardante lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, non è vincolante per gli Stati membri, tra cui il Regno Unito, a cui si applicano i protocolli n. 21 e n. 22 (regime di non partecipazione), a meno che lo Stato membro interessato non abbia notificato di voler essere vincolato dalla misura, qualora il pertinente protocollo lo consenta;
    per quanto riguarda le prestazioni di sicurezza sociale e la libera circolazione introduce, per rispondere alle preoccupazioni del Regno Unito, un'interpretazione restrittiva delle norme attuali e, in particolare dell'articolo 45 TFUE (che sancisce il diritto alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione europea e l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica) prevedendo che la libera circolazione dei lavoratori possa essere limitata anche per motivi imperativi d'interesse generale, quali promuovere le assunzioni, ridurre la disoccupazione, tutelare i lavoratori vulnerabili, scongiurare il rischio di un grave pregiudizio per la sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale;
    propone, un progetto di dichiarazione della Commissione su una serie di questioni connesse al miglioramento della lotta all'abuso della libera circolazione;
    avanza una proposta di modifica del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, al fine di offrire agli Stati membri, riguardo all'esportazione delle prestazioni per figli a carico verso uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore soggiorna, la possibilità di indicizzare tali prestazioni sulla base del tenore di vita nello Stato membro in cui risiedono i figli, nonché, tenendo conto del fattore di attrazione costituito dal regime del Regno Unito in materia di prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa;
    presenta una proposta di modifica del regolamento (CE) n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione che prevedrà un meccanismo di allerta e salvaguardia per consentire a uno Stato membro di rispondere a situazioni di afflusso di portata eccezionale di lavoratori provenienti da altri Stati membri limitando nella misura necessaria l'accesso alle prestazioni di sicurezza sociale collegate all'esercizio di un'attività lavorativa;
    la suddetta decisione, se approvata, prenderà effetto alla stessa data in cui il governo del Regno Unito informa il segretario generale del Consiglio che il Regno Unito ha deciso di restare membro dell'Unione europea;
    nonostante le notevoli concessioni offerte, il premier britannico David Cameron ha accolto il progetto di decisione, dichiarando che «il documento sulla rinegoziazione UE mostra un reale progresso in tutte le quattro aree in cui il Regno Unito ha proposto modifiche, ma c’è ancora lavoro da fare»;
    il sindaco di Londra, Boris Johnson, rappresentante dell'ala euroscettica dello stesso Partito Conservatore del premier David Cameron, ha dichiarato il Regno Unito deve puntare a ottenere «molto, molto di più»;
    come rammentato nel progetto di decisione dei capi di Stato o di governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell'Unione europea, presentato il 2 febbraio 2016, in base ai trattati dell'Unione europea, il Regno Unito ha già il diritto di:
     non adottare l'euro e pertanto mantenere la lira sterlina come moneta (protocollo n. 15),
     non partecipare all'acquis di Schengen (protocollo n. 19),
     continuare a esercitare controlli sulle persone alle frontiere e pertanto non partecipare allo spazio Schengen per quanto concerne le frontiere interne ed esterne (protocollo n. 20),
     scegliere se partecipare o meno a misure relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (protocollo n. 21),
     cessare l'applicazione, a partire dal 1o dicembre 2014, della grande maggioranza di atti e disposizioni dell'Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, pur scegliendo di continuare a partecipare a 35 di essi (articolo 10, paragrafi 4 e 5, del protocollo n. 36), la Carta dei diritti fondamentali non ha esteso la competenza della Corte di giustizia dell'Unione europea o di qualunque organo giurisdizionale del Regno Unito a pronunciarsi sulla conformità del diritto e delle pratiche del Regno Unito ai diritti fondamentali che essa riafferma (protocollo n. 30), determinati a sfruttare appieno il potenziale del mercato unico in tutte le sue dimensioni, a rafforzare l'attrattiva globale dell'Unione in quanto luogo di produzione e investimenti e a promuovere gli scambi internazionali e l'accesso ai mercati mediante, tra l'altro, la negoziazione e la conclusione di accordi commerciali in uno spirito di reciproco vantaggio e trasparenza;
    l'adesione all'Unione europea, avvenuta nel 1973, ha dato al Regno Unito accesso al mercato unico, con la libera circolazione di beni, persone e servizi dopo l'abbattimento delle frontiere doganali e, secondo il Center for European Reform, questo ha permesso al Regno Unito di aumentare del 55 per cento le sue esportazioni verso gli altri Paesi dell'Unione europea;
    Londra è oggi il principale centro finanziario d'Europa, e per molte banche internazionali è la base da cui operare in Europa; tale condizione è agevolata dai principi europei di libertà di circolazione, che vietano la discriminazione nei confronti di imprese con sede presso la propria residenza, purché si trovi nell'Unione Europea;
    sulla base di questo principio nel 2015 il Regno Unito ha vinto una causa dinanzi al Tribunale dell'Unione Europea contro la BCE, che aveva proposto una politica che imponeva ai sistemi di compensazione che trattano in euro di avere sede all'interno dell'eurozona;
    l'Unione europea sta gradualmente introducendo disposizioni che richiedono maggiormente la compensazione a operazioni sui titoli mediante società con sede nell'Unione europa, o la cui conformità a standard equivalenti sia certificata;
    i sostenitori dell'uscita dall'Unione europea ritengono che il Regno Unito prospererebbe al di fuori del blocco dei 28, poiché risparmierebbe miliardi di sterline all'anno diretti alle casse dell'Unione europea e sarebbe libero di siglare i propri accordi commerciali con il resto del mondo;
    molti economisti sostengono invece che l'eventuale uscita dall'Unione europea comporterebbe per il Regno Unito una prolungata debolezza economica, tanto che, secondo le stime del Crédit Suisse, potrebbe arrivare a perdere fino al 2 per cento del Pil;
    in ambito finanziario ad essere maggiormente colpite dalla cosiddetta Brexit sarebbero le banche britanniche e le banche non europee che gestiscono considerevoli attività a Londra;
    il Regno Unito ha costantemente ricoperto un ruolo di freno al l'integrazione europea, opponendosi ai processi che richiedono la cessione della sovranità nazionale, soprattutto nell'ambito della sicurezza e difesa, rendendo di fatto impossibile portare a compimento processi quali la difesa comune, pur prevista dall'articolo 42 della Costituzione dell'Unione europea;
    le modifiche alle normative dell'Unione europea, proposte dal progetto di decisione del 2 febbraio, costituiscono concessioni molto estese e, se approvate, rappresenterebbero un ulteriore freno alla auspicata maggiore integrazione dell'Unione Europea che gli Stati Membri accetterebbero al solo scopo di venire incontro alle richieste del Regno Unito;
    le concessioni offerte e gli stessi negoziati volti a disinnescare rischio di un'uscita del Regno Unito dell'Unione europea rappresentano un pericoloso precedente, poiché se la minaccia concreta di un'uscita dall'Unione Europea si sarà rivelata un'efficace leva contrattuale per piegare l'Unione europea alle proprie richieste, diversi altri Stati membri potrebbero decidere di impiegare la medesima strategia per ottenere vantaggi esclusivi;
    eccessive concessioni al Regno Unito per scongiurarne la cosiddetta Brexit potrebbero, dunque, provocare all'Unione stessa un danno maggiore delle conseguenze che comporterebbe l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea;
   per quanto concerne il secondo punto relativo alla crisi migratoria:
    l'attuale crisi migratoria e dei rifugiati ha determinato difficoltà in vari Stati membri nell'assicurare adeguati controlli alle frontiere esterne e l'accoglienza e il trattamento dei migranti in arrivo;
    il 2 febbraio 2016 la Commissione ha adottato la relazione di valutazione dell'applicazione da parte della Grecia dell'acquis di Schengen nel settore della gestione delle frontiere esterne. La Commissione ha presentato al Consiglio un progetto di raccomandazione per correggere una serie di carenze individuate;
    il 12 febbraio 2016 il Consiglio ha adottato la raccomandazione, che riguarda settori quali la sorveglianza delle frontiere, le procedure di verifica di frontiera, la procedura di registrazione, le risorse umane, le infrastrutture e la cooperazione internazionale. La raccomandazione rileva inoltre che la Grecia ha adottato varie misure per affrontare la situazione, ma che nella particolare situazione di crisi senza precedenti sono necessari ulteriori sforzi;
    i recenti attacchi terroristici e la crisi migratoria hanno sottoposto lo spazio Schengen a una pressione senza precedenti e se persistono gravi carenze che mettono a rischio il funzionamento dell'intero spazio Schengen o di parte di esso e se ciò costituisce una minaccia grave per l'ordine pubblico o la sicurezza interna, la Commissione può attivare l'applicazione della procedura di cui all'articolo 26 del codice frontiere Schengen. La procedura consentirebbe alla Commissione di proporre una raccomandazione, che deve essere adottata dal Consiglio, per ripristinare i controlli ad una o più frontiere interne. Tali controlli possono essere introdotti per un massimo di sei mesi e potrebbero essere prorogati per ulteriori periodi di sei mesi fino a un massimo di due anni;
    nel giugno 2015 il Consiglio europeo si è impegnato a intensificare la cooperazione con la Turchia e altri paesi interessati del Medio Oriente, compresi Iraq, Giordania e Libano. In settembre i capi di Stato o di governo hanno ribadito tale impegno concordando di:
     assistere il Libano, la Giordania e la Turchia e altri paesi nell'affrontare la crisi dei rifugiati siriani;
     mobilitare almeno 1 miliardo di euro in finanziamenti aggiuntivi per l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e il Programma alimentare mondiale;
    in occasione di una conferenza internazionale nel febbraio 2016 l'Unione europea ha promesso per il 2016 oltre 3 miliardi di euro in assistenza al popolo siriano. Gli aiuti saranno destinati sia alla popolazione in Siria sia ai rifugiati e alle comunità di accoglienza nei paesi vicini;
    nell'ottobre 2015 il Consiglio europeo ha accolto con favore l'iniziativa di un piano d'azione comune con la Turchia. Il piano è stato adottato formalmente al vertice Unione europea-Turchia del 29 novembre 2015. L'Unione europea e gli Stati membri si sono impegnati ad intensificare il proprio impegno politico e finanziario. Forniranno un importo iniziale di 3 miliardi di euro per aiutare la Turchia a migliorare la situazione dei rifugiati siriani nel paese. Il 3 febbraio 2016 gli Stati membri dell'Unione europea hanno raggiunto un accordo sulle modalità di finanziamento dei 3 miliardi di euro allo strumento dell'Unione europea a favore dei rifugiati;
    tenuto conto dell'approssimarsi dell'inverno, il 9 novembre 2015, i ministri degli interni hanno altresì evidenziato la necessità di sviluppare la pianificazione di emergenza dell'assistenza umanitaria per migranti e rifugiati nei Balcani occidentali;
    la Germania e la Turchia hanno chiesto il 9 febbraio scorso l'aiuto dell'Alleanza atlantica per meglio affrontare la crisi provocata dall'arrivo di migliaia di rifugiati dal Vicino Oriente, richiesta insolita, tenuto conto che la Nato è una organizzazione prettamente militare;
    l'annuncio è giunto mentre gli ultimi attacchi delle forze siriane contro i ribelli al regime del presidente Bashar el-Assad nella regione di Aleppo ha provocato la fuga di migliaia di persone dalla Siria verso la Turchia, Il governo turco ha bloccato l'ingresso sul territorio nazionale al punto di confine di Oncupinar. La scelta ha provocato disappunto e critiche. I Ventotto, e oggi anche le Nazioni Unite, hanno esortato il governo turco ad accogliere i profughi;
    in visita nuovamente in Turchia, la cancelliera tedesca Angela Merkel aveva spiegato che la riunione qui a Bruxelles domani e dopodomani dei ministri della Difesa della Nato sarebbe stata l'occasione per «discutere delle possibilità per l'alleanza di aiutare nel campo della sorveglianza in mare e di sostenere il lavoro di Frontex», l'agenzia europea che coordina l'attività delle autorità nazionali nel controllo delle frontiere esterne dell'Unione;
    diplomatici dei Paesi membri della Nato hanno messo in evidenza che neppure la delegazione tedesca presso l'Alleanza militare sembrava essere stata messa a conoscenza preventivamente dell'iniziativa turco-tedesca;
    per il governo federale, meglio controllare i flussi migratori provenienti dal Vicino Oriente è un obiettivo cruciale in un contesto politico molto delicato, che vede la popolarità della cancelliera in netto calo dopo che la Germania ha accolto oltre un milione di rifugiati nel 2015;
    la decisione dell'alleanza Atlantica di rispondere alla richiesta di intervento formulata da Turchia e Germania per gestire i flussi di immigrati che dalle coste turche si riversano in Grecia rischia di avere un peso più politico che operativo e sull'emergenza migratoria la risposta della Nato è stata piuttosto blanda;
    il segretario generale Jens Stoltenberg ha annunciato che «l'Alleanza fornirà supporto sotto forma di sorveglianza, monitoraggio, riconoscimento e raccolta informazioni per aiutare a contrastare il traffico di esseri umani e smantellare le reti criminali, mentre saranno le guardie costiere turca e greche a salvare, recuperare o respingere i migranti»; un contributo la cui entità suscita qualche perplessità considerato che i traffici di esseri umani si sviluppano sul territorio turco e in gran parte alla luce del sole al punto che nelle località turistiche molti negozi hanno affiancato ai souvenir i giubbotti gonfiabili, venduti a peso d'oro ai migranti in procinto di imbarcarsi su gommoni e barconi;
    se la raccolta d'informazioni d’intelligence e l'intercettazione delle comunicazioni dei trafficanti rappresenta un passo necessario in Libia, uno «Stato fallito» in balia delle milizie dove questo monitoraggio viene effettuato dalla flotta europea Eunavfor Med, lo stesso non si può certo dire della Turchia dove le autorità di polizia detengono il controllo del territorio e sarebbero perfettamente in grado di contrastare i trafficanti;
    lo stretto braccio di mare che separa la costa turca delle isole greche è uno dei più militarizzati al mondo, presidiato dalle due forze navali proprio a causa delle rivendicazioni territoriali e dei frequenti reciproci sconfinamenti;
    Marina e Guardia costiera turche dispongono in questa regione di oltre cento unità navali: se avessero gli ordini appropriati potrebbero pattugliare meticolosamente le coste e bloccare i barconi. Difficile quindi comprendere quale valore aggiunto potranno offrire in termini di sorveglianza e intelligence le fregate (turca, tedesca e canadese) che compongono lo Standing Nato Maritime Group 2 mobilitato per questa nuova operazione;
    quello che manca però non sono certo le navi militari, ma una strategia comune su come impiegarle e a fronteggiare i flussi migratori nel Mediterraneo ci sono oggi molte forze navali ognuna con la sua catena di comando e le sue unità dipendenti. Nell'Egeo ci sono la guardia costiera greca e quella turca, la missione Poseidon dell'agenzia europea Frontex e ora anche la flotta della Nato. Tra le coste siciliane e quelle libiche vi sono le forze costiere italiane (Guardia costiera e Guardia di finanza), l'operazione Mare Sicuro della marina italiana, l'operazione Triton di Frontex ed Eunavfor Med, un'altra flotta europea che sulla carta dovrebbe contrastare i trafficanti libici;
    tra l'Egeo e il Canale di Sicilia operano le forze costiere di tre Nazioni e sono attive 5 operazioni militari: una italiana, 3 europee e una della Nato. Insieme mobilitano decine di navi che finora non hanno fermato i flussi migratori illegali né sono riuscite a reprimere o a esprimere una deterrenza nei confronti dei trafficanti di esseri umani;
    il conflitto in corso in Siria ha provocato un enorme numero di sfollati che, secondo stime delle Nazioni Unite, ammonterebbe nel complesso a circa 7,6 milioni di persone;
    nelle ultime settimane è salito a 20.000 il numero dei siriani in fuga ammassati al posto di frontiera con la Turchia di Bab al-Salama; a questi se ne potrebbero aggiungere presto altri 10,000 che attualmente si trovano nei pressi della città di Azaz, a circa 10 km dal confine con la Turchia, teatro di violenti combattimenti e dei bombardamenti condotti dall'artiglieria dell'esercito turco contro le truppe curde dell'YPG;
    altri 10.000 siriani si trovano nella città curda di Afrin, a nord di Aleppo, nella regione autonoma curda di Rojava, dove si trova un campo profughi protetto dalle forze dell'YPG;
    il Comando generale dell'Ypg, ala militare del Partito dell'Unione Democratica curdo, ha stabilito un piano di accoglienza per i rifugiati provenienti da Aleppo, mentre le autorità curde, stanno fornendo mezzi di trasporto, coperte e medicine; ma nonostante gli sforzi, gli aiuti non sono sufficienti e molti civili dormono a terra e bevono acqua non potabile;
    le razioni alimentari messe a disposizione dal governo del Rojava non riescono a coprire le necessità di base delle migliaia di rifugiati che continuano a giungere ad Afrin, mentre secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, almeno altre 15.000 persone stanno fuggendo dall'area a nord della città di Aleppo;
    sarebbero almeno 40.000 le persone che dopo aver lasciato le loro case si stanno muovendo in direzione del confine turco;
    i valichi tra Siria e Turchia sono chiusi da oltre dieci mesi e l'accesso in Turchia è permesso solo a rifugiati con lesioni gravi, mentre a tutti gli altri è stato rifiutato l'ingresso;
    la Turchia ospita già 2,5 milioni di rifugiati siriani e circa il 75 per cento dei migranti che hanno raggiunto l'Europa nel 2015 ha transitato dalla Turchia;
    i 28 leader dell'Unione europea hanno, inoltre, espresso il loro assenso per un'accelerazione sulla liberalizzazione dei Visti ai cittadini turchi a partire dalla primavera del 2016;
    il Consiglio europeo ha dato parere positivo all'avvio dell’iter per includere la Turchia nella lista dei Paesi sicuri (nei quali è possibile rimpatriare i richiedenti asilo che non dovessero avere i requisiti per ottenerlo) e per aprire cinque nuovi capitoli del pluridecennale negoziato di adesione della Turchia all'Unione europea,

impegna il Governo:

   per quanto riguarda la situazione del Regno Unito:
    a opporsi a qualsiasi ulteriore concessione rispetto a quanto già previsto dal progetto di decisione dei Capi di Stato o di Governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell'Unione europea, presentato il 2 febbraio 2016;
   per quanto riguarda la crisi migratoria:
    a presentare con forza al Consiglio europeo l'esigenza di vincolare l'attuazione delle disposizioni previste in favore della Turchia alla disponibilità del Governo turco a consentire l'ingresso in Turchia dei profughi siriani in fuga dal conflitto e ad accoglierli in appositi campi dove possano ricevere adeguati aiuti umanitari;
    ad utilizzare, potenziare ed estendere il mandato, le risorse e le capacità dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, al fine di ottenere miglior coordinamento ed efficacia dell'azione di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne stesse realizzabile dai Paesi membri dell'Unione europea;
    a proporre di apprestare un più efficace contrasto ai foreign fighters, anche perseguendo un maggiore coordinamento e scambio di informazioni con i partner europei.
(6-00207) «Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Matarrelli, Andrea Maestri, Pastorino».


   La Camera,

impegna il Governo:

   per quanto riguarda la situazione del Regno Unito:
    a mantenere un equilibrio rispetto al progetto di decisione dei Capi di Stato o di Governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell'Unione europea, presentato il 2 febbraio 2016, evitando ulteriori concessioni che potrebbero recare pregiudizio all'equilibrio del processo di integrazione europea;
   per quanto riguarda la crisi migratoria:
    a tener conto, nell'attuazione delle disposizioni previste in favore della Turchia, della disponibilità del Governo turco a consentire l'ingresso in Turchia dei profughi siriani in fuga dal conflitto e ad accoglierli in appositi campi dove possano ricevere adeguati aiuti umanitari;
    a promuovere il potenziamento dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, al fine di ottenere miglior coordinamento ed efficacia dell'azione di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne stesse realizzabile dai Paesi membri dell'Unione europea;
    a continuare a perseguire un più efficace contrasto ai foreign fighters, anche perseguendo un maggiore coordinamento e scambio di informazioni con i partner europei.
(6-00207)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Matarrelli, Andrea Maestri, Pastorino».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri,
   premesso che:
    il 18 e 19 febbraio 2016, nella riunione del Consiglio europeo si affronteranno alcuni punti fondamentali riguardanti lo stato di attuazione delle decisioni adottate in risposta alla crisi migratoria e dei rifugiati, nonché la situazione relativa ai piani del Regno Unito per un referendum sulla permanenza o l'uscita dall'Unione europea;
    per quanto riguarda la crisi migratoria e dei rifugiati, le discussioni si concentreranno sugli aiuti umanitari, la gestione delle frontiere esterne, l'attuazione del piano d'azione Unione europea-Turchia e il funzionamento dei punti di crisi;
    la questione migratoria rappresenta un annoso problema che l'Unione europea non ha mai affrontato in maniera seria, approfondita e risolutiva. L'Italia, per la sua posizione geografica, è da anni meta di un forte e continuo flusso migratorio: influisce indubbiamente sulla scelta del nostro Paese, quale porta d'ingresso in Europa, una politica di accoglienza che non dissuade l'immigrazione illegale; inoltre, l'Italia è stata spesso abbandonata a se stessa nella gestione di operazioni assai onerose (rivelatesi comunque controproducenti) quali «Mare Nostrum» e «Triton»;
    di fronte a tutto quello che è avvenuto in particolare negli ultimi due anni, ovvero una situazione da più parti definita «senza precedenti», gli Stati membri dell'Unione europea, ancora una volta, hanno preferito reagire in ordine sparso e non coordinato, scegliendo strade diverse. Chi ha chiuso, anche fisicamente, le frontiere; chi ha preferito dichiarazioni (e atti) di grande apertura verso solo alcune delle persone «in transito» (specialmente i siriani). Chi ha invocato «più Europa», chi «meno ingerenza dell'Unione europea». Chi ha accusato e messo in forte discussione Schengen. Chi semplicemente è rimasto a guardare;
    ma, al di là di tutto questo, tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto esiti positivi; al contrario, si può constatare come gli eventi abbiano determinato un continuo peggioramento della situazione, registrando l'ennesimo fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
    la stessa operazione Triton, esaltata come grande risultato del nostro Semestre europeo, è stata un inganno. L'Unione europea ha colpevolmente dato priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese;
    il cosiddetto «mercato della disperazione», frutta un ingente giro d'affari (circa 30 miliardi di dollari/USD). Tale questione impone di rivalutare una «politica comune di immigrazione» che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di ricevere assistenza in Africa e accoglienza in Europa;
    in questi mesi persino lo spirito di Schengen è stato messo fortemente in discussione soprattutto da quei Paesi, come quelli del Nord Europa, che hanno proposto la sospensione di 2 anni delle disposizioni del Trattato, se non addirittura lo smantellamento dell'intero impianto per la libera circolazione;
    la libera circolazione delle persone all'interno dello Spazio Schengen è una conquista e un valore fondamentale dell'Occidente ed una sua contrazione, se non addirittura eliminazione, comprometterebbe il concetto stesso di Unione europea. Rimane tuttavia sconcertante, da questo punto di vista, la mancanza di una strategia comune dei Paesi dell'area Schengen volta a fronteggiare l'emergenza immigrazione e la conseguente reazione a livello dei singoli Stati: il caso dell'Italia (vedasi ad esempio i casi del ripristino dei controlli a Ventimiglia o al Brennero) in questo senso è emblematico;
    non si ritiene strategicamente corretto limitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione dei cittadini europei solo perché non si è in grado di fronteggiare il grande problema dei flussi migratori. La chiave, quindi, non è mettere in discussione Schengen ma, piuttosto, valutare il potenziamento dei controlli delle frontiere esterne a Schengen;
    tra l'altro l'ipotetica chiusura dello Spazio Schengen da parte dei singoli Stati europei non farebbe altro che esporre ulteriormente l'Italia ai flussi migratori e alla gestione in assoluta solitudine degli stessi; è evidente infatti che, non potendosi ergere muri, sulle nostre coste, l'Italia, di fatto, si troverebbe da sola a fronteggiare il regolamento Dublino III (principio dello Stato di primo approdo);
    senza dimenticare che il danno in termini economici sarebbe ingente per ogni singolo Paese: una recente ricerca di France Strategie ha dimostrato, ad esempio, che la chiusura dello spazio di libera circolazione europeo per la Francia, avrebbe un costo diretto di 1 o 2 miliardi di euro a breve termine, per arrivare fino a 10 miliardi (pari a mezzo punto di prodotto interno lordo lungo termine. Per il resto dell'Unione europea, in cui alcuni Paesi anche strutturalmente propensi al commercio estero, l'impatto potrebbe raggiungere cifre astronomiche (oltre i 100 miliardi di euro) pari a circa 0,8 punti percentuali di prodotto interno lordo da qui al 2025. Il calo si registrerebbe in settori nevralgici, che hanno da sempre giovato dello Spazio Schengen: la frequentazione turistica, l'impatto sui lavoratori frontalieri e il settore del trasporto merci. Il calcolo, oltretutto, non comprende i costi per il bilancio pubblico di una reintroduzione dei controlli doganali. Sul lungo termine, sempre secondo la ricerca, «la generalizzazione dei controlli permanenti sarebbe equivalente a una tassa del 3 per cento sul commercio tra Paesi della zona (Schengen), che diminuirebbe quindi strutturalmente del 10 o 20 per cento. A questo si aggiungerebbero eventuali effetti sull'investimento estero e la mobilità dei lavoratori»;
    piuttosto che mettere in discussione Schengen si ritiene necessario non solo potenziare i controlli alle frontiere esterne auspicabilmente anche mediante la creazione di una guardia frontiera comune Schengen, ma anche potenziare il sistema dei rimpatri e, in questa direzione, far si che l'Europa diventi protagonista degli accordi di rimpatrio con i Paesi africani, non limitandosi a demandarne la negoziazione ai singoli Stati europei;
    alla luce di ciò è urgente ed improcrastinabile l'implementazione di una politica migratoria europea comune e coerente, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito. Tali questioni devono necessariamente entrare a far parte dell'agenda europea per la migrazione dell'anno 2016;
    occorre una maggiore condivisione delle responsabilità con gli altri Paesi europei per scongiurare il rischio di nuovi attacchi terroristici nel vecchio continente nonché, pertanto concerne la spartizione delle responsabilità, la necessità di modificare il sistema di Dublino poiché superato, inefficace e ingiusto per i paesi di sbarco e per i richiedenti asilo;
    il Governo italiano non ha ancora sostenuto l'ipotesi di un intervento militare in Libia e di un conseguente blocco navale, ma ha più volte sostenuto un piano di contrasto internazionale al traffico di esseri umani, ed un raccordo internazionale di polizia e di intelligence, in grado di colpire e smantellare il network dei trafficanti, con operazioni mirate, anche in loco, per distruggere il racket criminale, che però non ha prodotto i risultati desiderati;
    il Governo italiano si è mostrato debole in Europa non solo nell'avanzare proposte in termini di politica migratoria, ma anche in relazione alla grave crisi economica che sta attraversando il continente europeo, con particolare riferimento al crollo dei mercati borsistici e alla crisi del sistema bancario. Nell'introdurre i delicati cambiamenti a livello europeo in tema di risoluzione delle crisi bancarie, non si è prestata sufficiente attenzione alla fase di transizione; un'applicazione immediata e, soprattutto, retroattiva dei meccanismi di burden sharing fino al 2015 e, successivamente, del bail-in, ha nei fatti comportato – oltre che un aumento del costo e una rarefazione del credito all'economia – rischi per la stabilità finanziaria, connessi anche col trattamento dei creditori in possesso di passività bancarie sottoscritte anni addietro, in tempi in cui le possibilità di perdita del capitale investito erano molto remote. Sarebbe stato quindi preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base al mutato scenario;
    in particolare, Il quadro normativo nazionale, nel dare applicazione alle disposizioni europee in materia di «salvataggi bancari», anche anticipandone di fatto l'entrata in vigore, si è rivelato confuso e particolarmente oneroso per i risparmiatori; un approccio mirato, con l'applicazione del bail in solo a strumenti provvisti di un'espressa clausola contrattuale, e un adeguato periodo transitorio avrebbero consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni;
    la BRRD contiene una clausola che ne prevede la revisione, da avviare entro giugno 2018. È auspicabile che questa occasione sia ora sfruttata, facendo tesoro dell'esperienza, per meglio allineare la disciplina europea con gli standard internazionali;
    una soluzione di livello europeo a questo problema è tra i pilastri dell'unione bancaria che si vorrebbe introdurre: è la garanzia comune sui depositi, una sorta di «prestatore di ultima istanza» per cui i depositi bancari sono garantiti «dalla piena fede e dal credito dell'Unione europea» su cui però pesa il veto del Governo tedesco;
    sulle modalità di creazione e funzionamento della Bad bank italiana si è aperto un confronto con la Commissione europea, molto serio, sul quale però il governo ha già ceduto senza se e senza ma, evidentemente troppo timoroso di un'eventuale «bocciatura» della Legge di stabilità tutta in deficit;
    sarebbe invece necessario superare qualsiasi atteggiamento di debolezza, e cercare alleanze tra i partner europei per far cadere il veto tedesco sulla garanzia europea comune sui depositi bancari. In un colpo solo si risolverebbe il problema delle banche e si riuscirebbe a evitare la vendita in blocco di titoli di Stato italiani, con le conseguenze drammatiche che abbiamo già avuto modo di conoscere sull'economia e la democrazia italiana;
    abbiamo avuto modo di verificare, attraverso l'esempio della Gran Bretagna, che una trattativa portata avanti con abilità, e con la forza adeguata, è in grado di determinare condizioni estremamente favorevoli non solo per il Paese che porta avanti le richieste, ma anche per tutti gli altri Stati che indirettamente ne beneficiano;
    la scelta della Gran Bretagna si è rivelata vincente dal punto di vista strategico nelle modalità con cui è stata condotta la trattativa, nonché nei contenuti, che hanno trovato la condivisione anche di altri Stati dell'Unione europea: del resto, si tratta in ogni caso dello specchio di un'Europa che è ancora lontana dall'essere una federazione tra Stati, e che, in questo caso, mette ancora di più in evidenza l'inconsistenza del nostro Paese in Europa,

impegna il Governo:

   1) nell'ambito della questione delle migrazioni e della lotta al terrorismo, ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, distinguendo i profughi che scappano dalle guerre dai clandestini, che devono essere immediatamente espulsi attraverso operazioni in grado di controllare i flussi dei profughi in fuga dalla guerra e dalla repressione politica, e di contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, sollecitando con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea volto a:
    a) sollecitare un intervento decisivo dell'Unione europea volto a potenziare i controlli alle frontiere esterne, fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica»;
    b) potenziare il sistema dei rimpatri, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;
    c) stipulare accordi economici bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
    d) fornire aiuti economici ai Paesi di origine e di transito legati ad un'efficace lotta alla migrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la sostengono;
    e) contribuire a migliorare le condizioni nei campi profughi, al fine di ridurre l'elevato numero di rifugiati che tentano di sbarcare in Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori;
    f) aumentare la ricezione da parte degli Stati membri delle minoranze religiose perseguitate, in particolare i cristiani e yazidi, e creare zone cuscinetto protette militarmente per difendere queste popolazioni nei paesi colpiti da conflitti;
    g) predisporre un piano di accoglienza dei profughi in tutti i Paesi europei in modo proporzionato in base alle loro dimensioni, popolazione e prodotto interno lordo;
    h) rivedere le clausole del regolamento di «Dublino III» per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l'attuale principio del «Paese di primo approdo»;
    i) garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    j) valutare l'opportunità di un intervento militare nel Mediterraneo, attraverso l'impiego di azioni mirate, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra gli Stati Uniti, l'Europa, la Russia e i Paesi arabi, per bloccare le rotte migratorie; in tal senso, essendo fondamentale l'apporto già prospettato sul campo dalla Russia, è necessario portare avanti la proposta quantomeno di una moratoria delle sanzioni nei confronti della Federazione russa;
    k) neutralizzare i mezzi degli «scafisti», implementando le azioni volte alla distruzione e al sequestro di tutte le infrastrutture logistiche di trafficanti di esseri umani;
    l) offrire una cornice legale più solida alle attività negli hotspot, in particolare per permettere forme di coercizione per la raccolta delle impronte, prevedendo di trattenere più a lungo i migranti che rifiutano di farsi registrare;
    m) avviare, nei tempi più brevi possibili, la fase 3 dell'operazione EUNAVFOR Med, che autorizza l'ispezione e il sequestro e la distruzione delle imbarcazioni, anche sul territorio libico, sospettate di essere utilizzate per il traffico illecito dei migranti o per la tratta di esseri umani, valutando attentamente, se ciò non fosse possibile, l'utilità del proseguimento a tempo indeterminato della attuale Fase 2;
    n) favorire un maggiore impegno della Turchia, per una più efficace lotta al terrorismo, alla chiusura del confine turco-siriano per evitare il contrabbando di petrolio e gli spostamenti dei terroristi (foreign fighters) da/e verso l'Europa;
   2) nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, ad assumere in sede europea ogni iniziativa volta a:
    a) modificare la direttiva sul bail-in, e identificare con precisione le passività bancarie chiamate a sopportare le perdite, escludendo quelle emesse prima dell'entrata in vigore delle nuove norme, per evitare la retroattività di queste ultime, e a predisporre strumenti eccezionali di intervento nel caso in cui si ha percezione che il sacrificio di azionisti e creditori derivante dall'applicazione del bail-in metta a repentaglio la stabilità dell'intero sistema;
    b) rivedere la disciplina europea sugli aiuti di Stato, superando l'attuale restrittiva interpretazione della Commissione europea del concetto di «aiuti», in particolare distinguendo tra interventi pubblici a favore di banche non in crisi, per le quali l'intervento dello Stato sarebbe ingiustificato e distorsivo del principio di libera concorrenza, e interventi pubblici conseguenti a «fallimenti del mercato» per cui lo Stato interviene solo in casi di reale emergenza, quando la stabilità del sistema viene seriamente minata;
    c) disporre una garanzia europea comune sui depositi bancari, in quanto è necessaria, in una unione monetaria, quale è l'Eurozona, la condivisione dei rischi, e tutto quanto ne consegue in termini di sacrifici richiesti ai governi e ai cittadini, non può che procedere di pari passo con la condivisione delle garanzie che quei rischi stessi servono a coprire, anche per far fronte a episodi di «panico finanziario»;
    d) sollecitare l'avvio di specifiche attività, come ad esempio campagne di informazione, volte a spiegare ai consumatori i contenuti e gli effetti della nuova normativa sul bail-in;
    e) richiedere un intervento della Commissione europea per vigilare sulla corretta e uniforme applicazione della direttiva sul bail-in nei vari Stati membri, e garantire certezza giuridica e condizioni di parità tra banche, che spesso operano in diversi Paesi dell'Unione europea.
(6-00208) «Brunetta, Carfagna, Occhiuto, Elvira Savino».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016, visto l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo di febbraio che prevede che i capi di Stato e di Governo discutano sui temi posti dal referendum indetto sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea ed in particolare sulla competitività, governance economica, sovranità e prestazioni di sicurezza sociale e libera circolazione nonché sulle questioni poste dalle migrazioni;
   premesso che:
    a seguito del referendum indetto in Gran Bretagna mirante a chiarire la volontà dei cittadini britannici sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea il 10 novembre, David Cameron ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk in merito alle preoccupazioni del popolo britannico riguardo all'appartenenza del Regno Unito all'Unione europea. Nella lettera vengono individuati i quattro principali ambiti (governance economica, competitività, sovranità, prestazioni sociali e libera circolazione delle persone) sui quali il Regno Unito richiede modifiche alle regole dell'Unione. In risposta il Presidente Tusk ha predisposto una bozza di decisione del Consiglio volta a apportare modifiche atte ad accogliere parzialmente le richieste del Presidente Cameron;
    nel luglio 2015 è stato presentato il report «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa» che mira a creare un coordinamento più stretto delle politiche economiche, sviluppare meccanismi concreti per coordinare e far convergere le politiche economiche e infine modificare la governance economica nella zona euro. Si prevede un percorso in tre fasi: la prima, senza modificare i trattati, intende promuovere la convergenza delle politiche fiscali completando l'Unione finanziaria e rafforzando la responsabilità democratica. Nella seconda fase, di completamento dell'Unione monetaria, si prevede l'istituzione di benchmark comuni e l'istituzione di un Tesoro per l'area euro. Infine la fase finale (entro il 2025) che prevede profonde modifiche di governance attraverso la revisione dei Trattati;
    l'unione fiscale non risolverebbe le asimmetrie macroeconomiche e gli squilibri generati dall'introduzione della moneta unica in Paesi con caratteristiche e dinamiche economiche molto diverse tra loro. Inoltre una unione fiscale non appare una ipotesi credibile nemmeno nel lungo periodo, per la resistenza dimostrata dagli Stati membri a condividere i rischi o ad adottare misure efficaci contro elusione fiscale delle multinazionali;
    la creazione del Ministro delle finanze «europeo» causerebbe un'ulteriore cessione di sovranità nazionale all'Europa e perdita del controllo democratico sulle decisioni economiche;
    urge la necessità di politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà che ormai è a livelli record, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. Questi ultimi però richiedono ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con le politiche di austerità imposte nel rispetto del fiscal compact, quali ad esempio il pareggio di bilancio, contraddistinto da sciagurate politiche di austerità o riforme strutturali deleterie, nonché da privatizzazioni e dalla svendita del patrimonio pubblico, come ad esempio il fondo privatizzazioni in Grecia e la riforma delle banche popolari in Italia. A tutto ciò si aggiunge la volontà di attrarre investimenti privati – ad esempio attraverso il FEIS (cosiddetto Piano Juncker) – e l'ulteriore sviluppo dei mercati finanziari – come l'iniziativa CMU – che avranno quale unica conseguenza quella di ritardare la ripresa economica e, aumentando le ineguaglianze socio-economiche, non risolveranno i problemi di disoccupazione e di povertà;
    nel 2016 più della metà della ricchezza globale sarà in mano all'1 per cento della popolazione del mondo. A dirlo è il rapporto «Grandi disuguaglianze crescono di Oxfam». Secondo il report stilato dalla confederazione di ong, entro due anni la ricchezza detenuta dall'1 per cento della popolazione mondiale supererà quella del restante 99 per cento. Una disuguaglianza spaventosa e in continua crescita, visto che la quota di ricchezza nelle mani dell'1 per cento della popolazione del pianeta è aumentata in maniera costante dal 2009 (quando una élite deteneva una quota di ricchezza pari al 44 per cento) al 2014, anno in cui la percentuale è arrivata al 48 per cento. Ritmi di crescita che portano Oxfam a credere che nel 2016 si supererà il 50 per cento;
    tale situazione impone la necessità di promuovere iniziative che portino a salari dignitosi;
    quanto alla flessibilità in entrata e in uscita dal mondo del lavoro, le recenti riforme occorse in Italia, hanno posto il nostro Paese nella condizione di divenire uno tra i paesi col mercato del lavoro più flessibile, attraverso un vero e proprio capovolgimento dei capisaldi socio economici del medesimo mercato. Tuttavia, ad oggi, non vi è alcuna evidenza empirica dell'innalzamento di benessere dato alla collettività, viceversa sono emerse vistose criticità, in relazione ai primi dati forniti dall'esecutivo. È dunque particolarmente importante analizzare in modo serio la performance del mercato del lavoro, considerando la transizione dei lavoratori dalle forme di lavoro flessibile alle forme di lavoro permanente, al fine di verificare se la flessibilità conduce ad una successiva stabilizzazione o, come ritenuto dai sottoscrittori di questo atto, verso una maggiore segmentazione del mercato del lavoro stesso, ponendovi immediato rimedio;
    i flussi migratori pongono storicamente problemi sostanziali e di difficile gestione. I dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) quantificano in oltre un milione i migranti giunti nell'Unione europea nel 2015, superando di quattro volte il numero registrato nel 2014. Risulta pertanto ovvio come la gestione dei flussi migratori si imponga come questione indifferibile, anche in considerazione del collegamento con il terrorismo internazionale;
    negli ultimi 15 anni oltre 31.000 persone hanno perso la vita cercando di raggiungere l'Europa. Di questi, 24.000 nel Mar Mediterraneo. Nello stesso periodo l'Unione europea ha speso 11,3 miliardi di euro per procedere a espulsione di migranti irregolari, a fronte dei 16 miliardi di euro spesi dai migranti per raggiungerla;
    il crescere dei flussi dei rifugiati e richiedenti asilo è dovuto in larga parte all'incapacità della comunità internazionale di dare una soluzione alle guerre in Siria e di Libia. A queste deve aggiungersi l'inopinata destabilizzazione dello Yemen e solo le particolari condizioni geografiche hanno per il momento impedito che altre decine di migliaia di profughi si riversassero anch'essi sulle coste del Mediterraneo. Lo stato di allerta in cui sono state messe le basi militari di diversi Paesi dell'Unione europea (Italia compresa) nella Repubblica del Gibuti induce a pensare come imminente – se non dovessero cessare immediatamente i bombardamenti sullo Yemen – il riversarsi anche in Europa di queste persone in fuga;
    attraverso due successive decisioni del Consiglio giustizia e affari interni e del Consiglio europeo, nel corso del 2015 si è stabilito di ricollocare 160.000 richiedenti asilo dai Paesi maggiormente sottoposti alla pressione migratoria verso quelli con maggiori disponibilità o meno coinvolti dai flussi. In particolare, il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri partecipassero al reinsediamento di 20.000 persone bisognose di protezione internazionale. Il successivo 20 luglio 2015 il Consiglio ha adottato delle conclusioni nelle quali si stabiliscono i dettagli di tale reinsediamento e la divisione delle quote per paese, sulla base di criteri oggettivi e numerici, che poco tengono in considerazione la componente umana delle migrazioni stesse;
    ad alcuni mesi dalle decisioni sulle ricollocazioni prese nei suddetti consessi europei i numeri dei richiedenti asilo effettivamente ricollocati sono del tutto irrisori. Le relazioni sui progressi compiuti in Grecia, Italia e nei Balcani occidentali, pubblicata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2015 certifica che «La prima ricollocazione ha avuto luogo il 9 ottobre con 19 eritrei trasferiti in Svezia. Da allora sono state effettuate altre 125 ricollocazioni. L'Italia ha individuato altri 186 candidati alla ricollocazione e ha presentato 171 richieste di ricollocazione ad altri Stati membri. Fino ad oggi, soltanto dodici Stati membri hanno messo a disposizione dei posti per la ricollocazione, impegnandosi ad accogliere 1.041 persone. Diciannove Stati membri hanno nominato funzionari di collegamento per coadiuvare il processo sul campo. Gli Stati membri devono aumentare in modo sostanziale il loro impegno e abbreviare i tempi di risposta per accelerare il funzionamento del meccanismo»;
    l’aquis di Schengen, i Trattati e le successive modifiche e convenzioni collegate, definiscono norme attraverso cui sono abolite le frontiere interne sostituendole con un'unica frontiera esterna e al contempo si individua un territorio dove viene garantita la libera circolazione delle persone. Entro tale spazio si applicano regole e procedure comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d'asilo e controlli alle frontiere. Queste norme, ma soprattutto la libertà di circolazione da esse garantita, rappresentano una delle maggiori conquiste dell'Unione europea. Negli ultimi mesi, a causa della pressione migratoria e di scontri di natura politica che vedono contrapporsi alcuni Stati membri, si assiste ad un moltiplicarsi della sospensione dei menzionati accordi, che si traducono in unilaterali chiusure delle frontiere nazionali. Sei dei ventisei paesi membri dello spazio Schengen (la Germania, l'Austria, la Slovenia, la Francia, e dopo gli attentati di Parigi e dall'inizio del 2016 anche Svezia e Danimarca) hanno reintrodotto controlli temporanei alle frontiere;
    il 15 ottobre 2015 la Commissione europea ha presentato un piano d'azione congiunto tra l'Unione europea e la Turchia mirante da un lato a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione contrastando l'arrivo di migranti e dall'altro ad aiutare la Turchia nella gestione dell'emergenza rifugiati. Il Piano, che si articola in due parti e che individua azioni specifiche, è corredato di un aiuto straordinario di 3 miliardi. Al contempo si è stabilito di rilanciare il processo di adesione della Turchia all'Unione europea e di promuovere il dialogo di alto livello attraverso incontri più frequenti e strutturati, compresa l'organizzazione di due vertici all'anno;
    con la legge n. 118 del 2013 l'Italia ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi dell'ONU, entrato in vigore a dicembre 2014, vincolandosi in tal modo agli impegni ivi contenuti. Tra le altre obbligazioni, il Trattato (Arms Trade Treaty – ATT) all'articolo 6, comma 3, prevede il divieto di autorizzare il trasferimento di armi convenzionali nel caso in cui, in fase di valutazione della richiesta, vi sia conoscenza che i materiali potrebbero essere utilizzati per commettere crimini contro l'umanità, violazioni delle convenzioni di Ginevra del 1949 o attacchi diretti a obiettivi o soggetti civili. L'Unione europea ha supportato e coadiuvato l'ONU nel processo negoziale che ha portato alla firma del predetto trattato e, attraverso la decisione del consiglio 2013/768/PESC finanzia il supporto tecnico necessario ad implementare l'accordo stesso per gli Stati che lo richiedano;
    l'Unione europea da lungo tempo promuove il controllo sulle esportazione di armi. Nel 1998 è stato sottoscritto da tutti gli Stati dell'Unione un protocollo mirante a stabilire i principi da rispettarsi nell'esportazione di armi, incluso la produzione di un report annuale che ciascuno Stato membro deve stilare sui proventi e sulle destinazioni della vendita di armi. Il protocollo è stato poi rafforzato ed esteso nel suo campo di applicazione attraverso la posizione comune 2008/944/PESC e due decisioni del Consiglio 2009/1012/PESC e 2012/711/PESC;
    gli Stati membri dell'Unione europea che continuano a trasferire armamenti verso l'Arabia Saudita, usati dalla coalizione sunnita per bombardare lo Yemen, stanno chiaramente violando la posizione comune dell'Unione europea 2008/944/CFSP sul controllo dell’export di armamenti e si configurano anche come una violazione del Trattato internazionale sugli armamenti (ATT) ed infine, per quanto riguarda l'Italia, anche della legge n. 185 del 1990 che regolamenta l’export di armi (così come denunciato da Rete italiana per il disarmo in diversi esposti presentati alle procure della Repubblica di numerose città);
    il Consiglio dell'Unione europea, già nell'agosto del 2013, ha condannato con la massima fermezza tutti gli atti di violenza e ha deciso di sospendere le licenze di esportazione verso l'Egitto per qualsiasi attrezzatura che potesse essere usata a fini di repressione interna. Tuttavia, malgrado l'adozione di questa disposizione e nonostante le pesanti violazioni dei diritti umani operati dalle autorità egiziane, l'Italia ha continuato a inviare armi in Egitto. In questo contesto l'omicidio del connazionale Giulio Regeni conferma ulteriormente tale violazione, compresa quella del diritto alla verità su cosa sia accaduto al giovane ricercatore e chi ne siano i responsabili,

impegna il Governo:

   a supportare la scelta della Gran Bretagna di sottoporre la permanenza nell'Unione a referendum popolare, finalizzato a legittimare democraticamente la partecipazione dello Stato all'Unione europea e a permettere alla popolazione di prendere una decisione informata, attivandosi affinché simili consultazioni della volontà popolare si tengano in altri Stati membri dell'Unione;
   a promuovere azioni miranti ad accrescere la legittimazione democratica dell'Unione europea ed in questo contesto favorire un coinvolgimento attivo e sostanziale dei Parlamenti nazionali sia nella definizione delle politiche poste a fondamento dell'Unione, che nella formazione della normativa europea, inclusa la revisione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In questo contesto è necessario favorire un generale e sostanziale miglioramento in chiave democratica dell'Unione europea e delle sue istituzioni, sostenendo in questo contesto anche la necessità di sviluppare strumenti di democrazia diretta adeguati all'Unione, e pertanto impegnandosi in primo luogo per promuovere la sostanziale revisione del regolamento (UE) n. 211/2011 riguardante l'Iniziativa dei cittadini europei;
   a favorire la costituzione di un'Unione europea che riconosca formalmente la possibilità di far coesistere una pluralità di monete e che introduca definitivamente la facoltà per gli Stati membri di decidere liberamente se intendano aderire all'euro o se intendano uscirne, senza subire alcun tipo di discriminazione di qualsivoglia natura, in particolare per ciò che riguarda il tessuto produttiva l'accesso al mercato interno e alla quattro libertà fondamentali dell'Unione europea sia nel caso di non adesione che di successiva uscita dalla moneta unica;
   ad attivarsi per definire una strategia europea volta a favorire una crescita inclusiva, atta a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei attraverso politiche occupazionali inclusive, politiche di welfare, servizi universali di assistenza, politiche di sostegno al reddito quali l'istituzione del reddito di cittadinanza, nonché salari dignitosi attraverso la previsione di un salario minimo, nonché ogni misura idonea a sconfiggere l'oramai insostenibile livello di disuguaglianza sociale che, ben rappresentato da tutti i focus statistici delle principali organizzazioni di ricerca, pone la ricchezza globale in mano all'1 per cento della popolazione mondiale;
   a intraprendere ogni iniziativa volta a ridiscutere il Patto di stabilità e crescita e gli stringenti vincoli posti dal Fiscal Compact, in primo luogo l'anacronistico e deleterio vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil e a sostituire i target numerici con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori qualitativi che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi dei fattori ambientali e sociali, quali il Genuine Progress Indicator (GPI) o il benessere equo e sostenibile (BES), così come già approvato nella mozione n. 1/00951 a prima firma Busto, che mirino a rilanciare l'economia del Paese, all'aumento dell'occupazione e in generale ad un miglioramento del benessere diffuso dei cittadini europei e del welfare;
   a porre in essere ogni iniziativa affinché l'UEM (Unione economica e monetaria) non si limiti ad essere uno sterile sistema di regole ma sostenga, nel quadro del bilancio dell'Unione, lo sviluppo e la coesione sociale in coerenza con i principi di uguaglianza e solidarietà tra gli Stati membri affrontando gli squilibri, le divergenze strutturali e le emergenze finanziarie direttamente connesse all'Unione monetaria, in un'ottica di cooperazione e solidarietà, senza compromettere le sue funzioni tradizionali di finanziamento delle politiche comuni;
   ad attuare ogni iniziativa volta a arrestare le attuali fallimentari politiche neoliberiste e di austerità, che si basano sulla svendita di asset strategici e di rilevante utilità sociale, ovvero le politiche di privatizzazione, e sull'assurdo assunto che politiche di austerità possano rilanciare l'economia di un Paese;
   a intraprendere ogni iniziativa atta al superamento di una moneta comune che non sia permeabile alle differenti specificità economiche dei Paesi facenti parte dell'Eurozona attraverso l'avvio di negoziati tra i Paesi dell'Eurozona per lo smantellamento concordato e controllato della moneta unica o in alternativa, qualora non si trovi un accordo in tal senso, a prevedere nei trattati una procedura mirante a introdurre il diritto di recedere unilateralmente dalla partecipazione alla moneta unica e pertanto a riacquisire la piena sovranità monetaria, l'autonomia fiscale e monetaria degli Stati membri;
   ad assumere le opportune iniziative volte ad arginare la precarietà del mercato del lavoro determinatasi a seguito delle recenti riforme, anche attraverso l'ausilio di meccanismi normativi finalizzati a favorire le stabilizzazioni contrattuali dei lavoratori, innescando in modo concreto sistemi crescenti di tutele posti nell'esclusivo interesse del lavoratore medesimo;
   a richiedere immediata attuazione delle decisioni del Consiglio che hanno stabilito il ricollocamento di un totale di 160.000 migranti al fine di ottenere una più equa ripartizione del peso della crisi migratoria su tutti gli Stati membri dell'Unione europea e a sistematizzare e istituzionalizzare il sistema delle ricollocazioni, rivedendo al contempo i criteri di selezione dei migranti da ricollocare e i presupposti in base ai quali viene scelto il Paese di destinazione. L'Unione si faccia inoltre da garante e promotrice dei diritti posti a fondamento dell'Unione stessa nella predisposizione e gestione dei centri, o approcci, hotspot, e dei relativi funzionari di supporto, in particolare coadiuvando gli Stati membri più esposti al fine di rendere questi centri operativi, anche attraverso i funzionari delle agenzie dedicate, con lo specifico obiettivo di favorire i ricollocamenti;
   ad adoperarsi affinché in sede europea si provveda rapidamente ad attuare quanto previsto dall'accoglimento della mozione 1-00605 del 18 dicembre 2014, ovvero l'impegno a revisionare l'accordo «Dublino III» (regolamento n. 604/2013), tra l'altro istituendo punti adibiti alla richiesta d'asilo direttamente sui territori di partenza dei migranti, nonché corridoi umanitari per questi ultimi. Si promuovano azioni coordinate volte ad estirpare le ragioni delle migrazioni, combattendo l'instabilità politica ed economica, le violazioni dei diritti umani e la povertà. Al contempo si definiscano strumenti concreti per promuovere il miglioramento della gestione dei flussi migratori legali;
   a proteggere gli accordi e più in generale l’aquis di Schengen e le libertà ad esso connesse, impegnandosi affinché la chiusura delle frontiere torni ad essere una misura puramente residuale legata a situazioni gravi e contingenti e non un mezzo per ricatti reciproci tra Stati membri dell'Unione europea, che ricadono sulle spalle di persone che, in quanto deboli, hanno assoluta necessità di protezione. In questo contesto si promuova un dialogo con tutti gli Stati membri affinché l’aquis di Schengen venga sviluppato e la libertà di circolazione e quella di stabilimento vengano garantite senza alcuna eccezione e senza limitazione dei diritti ad esse connessi;
   a stabilire in sede di Consiglio europeo le modalità per dare piena attuazione all'articolo 6, comma 3, del Trattato sul commercio delle armi dell'ONU (Arms Trade Treaty – ATT), prescrivendo in tal modo il divieto di autorizzare il commercio, il transito e il trasferimento di armi convenzionali come bombe o missili verso gli Stati coinvolti in conflitti, sul quale prolifera il terrorismo internazionale o a rischio di guerra civile, promuovendo al contempo una normativa più puntuale, stringente ed efficace che renda effettivo per tutti gli Stati membri lo stop totale alla vendita di armi ai paesi in conflitto o a quelli direttamente o indirettamente legati al terrorismo internazionale e a tale scopo a stilare una lista condivisa tra gli Stati membri dei paesi riconosciuti in conflitto;
   a promuovere la sospensione da parte degli Stati membri dell'Unione europea della vendita di armamenti nei confronti dell'Arabia Saudita e della cosiddetta coalizione sunnita, fino a quando non saranno sospesi i bombardamenti sullo Yemen e pertanto non sia consentita la piena agibilità delle organizzazioni umanitarie internazionali per soccorrere la popolazione civile ormai allo stremo;
   a chiedere al Consiglio europeo disposizioni cogenti in ordine alla decisione adottata nell'agosto 2013 richiamata in premessa, in merito al trasferimento di qualsiasi attrezzatura che può essere usata a fini di repressione interna in Egitto e a chiedere un impegno europeo corale per l'individuazione dei responsabili e dei mandanti dell'assassinio del connazionale Giulio Regeni;
   a farsi promotore in sede europea della proposta di condizionare i tre miliardi di euro di aiuti alla Turchia a: 1) l'avvio di una missione dell'Unione europea in ambito PSDC tesa al monitoraggio della frontiera turco/siriana al fine di assicurare che effettivamente non vi sia passaggio dei foreign fighters e l'esecuzione dell'embargo sulle armi e della compravendita di petrolio con Daesh; 2) l'immediato cessate il fuoco nei confronti dei curdi e delle loro organizzazioni, nonché la fine della repressione poliziesca nelle città del Kurdistan turco; 3) la riapertura del negoziato e del dialogo di pace con il PKK; 4) l'avvio di una inchiesta indipendente sulle stragi di Soruc (21 luglio 2015), Ankara (10 ottobre 2015) e dell'assassinio del Presidente dell'Ordine degli avvocati di Diyarbakir Tahir Elci (28 novembre 2015) assicurando alla giustizia mandanti, complici ed esecutori; 5) la riapertura dei valichi tra la Turchia e la regione siriana del Rojava al fine di far affluire, sotto controllo internazionale, il necessario aiuto umanitario alla popolazione siriana; 6) la cessazione immediata dei bombardamenti e altra attività ostile da parte della Turchia nei confronti dei combattenti curdo/siriani della YPG e segnatamente intorno alla città di Azaz.
(6-00209) «Battelli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Nesci, Petraroli, Vignaroli, Crippa».


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio europeo sarà incentrato su due questioni principali: Regno Unito e Immigrazione;
    a seguito della discussione del Consiglio europeo del dicembre 2015 sui piani del Regno Unito per un referendum sulla permanenza o l'uscita dall'UE, il Consiglio europeo aveva deciso di trovare nella riunione di febbraio soluzioni di reciproca soddisfazione in quattro temi di interesse:
     competitività;
     governance economica;
     sovranità;
     prestazioni di sicurezza sociale e libera circolazione;
    il 2 febbraio 2016 il presidente Donald Tusk ha presentato una proposta concernente una nuova intesa che risponda a tutte queste tematiche;
    per quanto riguarda la crisi migratoria e dei rifugiati, il Consiglio europeo esaminerà l'attuazione delle decisioni già adottate e preparerà il terreno per le future decisioni da adottare nella prossima riunione di marzo;
    le discussioni si concentreranno sugli aiuti umanitari, la gestione delle frontiere esterne, l'attuazione del piano d'azione UE-Turchia e il funzionamento dei punti di crisi;
    il progetto di decisione dei Capi di Stato o di governo, riuniti in sede di consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito;
    nell'Unione europea con l'instaurazione di un mercato interno nel quale sia assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali è un obiettivo fondamentale dell'Unione;
    al fine di garantire tale obiettivo e creare crescita e posti di lavoro, l'Unione europea deve intensificare gli sforzi volti ad accrescere la competitività, in linea con quanto indicato nella dichiarazione del Consiglio europeo;
    il capitolo competitività nel quadro del progetto prevede che a tal fine le competenti istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri faranno tutto il possibile per rafforzare il mercato interno e adattarlo per stare al passo con il contesto in evoluzione;
    allo stesso tempo, le competenti istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri adotteranno misure concrete per legiferare meglio, un fattore essenziale per realizzare i summenzionati obiettivi;
    ciò significa ridurre gli oneri amministrativi e i costi di conformità per gli operatori economici, soprattutto le piccole e medie imprese, e abrogare la legislazione superflua, come previsto dalla dichiarazione della Commissione relativa a un meccanismo di attuazione della sussidiarietà e a un meccanismo di attuazione della riduzione degli oneri, continuando nel contempo a garantire elevati standard normativi;
    nel progetto di accordo con il Regno Unito è richiamato «l'obiettivo del principio di sussidiarietà teso a garantire che le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini. La scelta del giusto livello di azione dipende pertanto, tra l'altro, dalla possibilità che il problema in esame presenti aspetti transnazionali che non possono essere disciplinati in maniera soddisfacente mediante l'azione degli Stati membri e dalla possibilità che l'azione a livello dell'Unione produca evidenti vantaggi per la sua dimensione o i suoi effetti rispetto all'azione a livello di Stati membri»;
    in tal senso è indispensabile rafforzare ed estendere tale obiettivo anche a tutti gli Stati aderenti, prendendo atto che il Regno Unito ha saputo porre in essere tale principio di vicinanza alle scelte dei cittadini a partire dall'autodeterminazione dei popoli,

impegna il Governo:

   a sostenere l'estensione dell'obiettivo del principio di sussidiarietà teso a garantire che le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini anche a tutti gli Stati membri;
   a rivedere gli accordi internazionali in ambito europeo che ledano gli interessi nazionali e modifichino le normative internazionali relativamente alle acque territoriali marittime;
   a proporre nell'agenda europea un piano per misurare e compensare i divari insulari.
(6-00210) «Pili».


   La Camera,

impegna il Governo:

   a sostenere l'estensione dell'obiettivo del principio di sussidiarietà teso a garantire che le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini anche a tutti gli stati membri;
   a valutare la possibilità di proporre revisioni degli accordi internazionali in ambito europeo che ledano gli interessi nazionali e modifichino le normative internazionali relativamente alle acque territoriali marittime;
   a valutare le possibilità offerte dall'agenda europea per un piano volto a misurare e compensare i divari insulari.
(6-00210)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Pili».