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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 20 gennaio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 20 gennaio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Censore, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tofalo, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Censore, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, Crippa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Palma, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tofalo, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 19 gennaio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MARTELLI: «Norme per la tutela e le pari opportunità delle minoranze storico-linguistiche dei rom e dei sinti» (3541);
   NASTRI: «Istituzione delle Agenzie territoriali per l'abitare sociale» (3542);
   NASTRI: «Delega al Governo per la promozione della partecipazione dei lavoratori alla proprietà e alla gestione delle imprese» (3543);
   ARTINI: «Istituzione del sistema nazionale di sicurezza cibernetica e delega al Governo per la disciplina sanzionatoria» (3544);
   IORI: «Introduzione dell'articolo 706-bis del codice di procedura civile e altre disposizioni in materia di mediazione familiare» (3545);
   MISIANI: «Istituzione dell'addizionale provinciale e metropolitana sul traffico di passeggeri nei porti e negli aeroporti nonché modifica all'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in materia di ripartizione dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco aeroportuali» (3546).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge FIANO ed altri: «Introduzione dell'articolo 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista» (3343) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Ferrari, Ferro, Fiorio e Tullo.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sotto indicata Commissione permanente:

   VI Commissione (Finanze):
  ARTINI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul dissesto finanziario delle banche Monte dei Paschi di Siena Spa, Cassa di risparmio di Ferrara Spa, Banca delle Marche Spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa» (3509) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 13 gennaio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 15/2015 del 25 novembre-29 dicembre 2015, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Ammodernamento della strada statale 131 Carlo Felice (Sardegna), tra il km 23,885 e il km 47,500».

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

  Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 14 gennaio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 16/2015 del 21-29 dicembre 2015, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «La gestione amministrativa dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) - Esercizi 2011-2014».

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 19 gennaio 2016, ha trasmesso un nuovo testo del documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna le proposte di direttive del Parlamento europeo e del Consiglio (1) relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e (2) relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita online e di altri tipi di vendita a distanza di beni (SWD(2015) 275 final/2), che sostituisce il documento SWD(2015) 275 final, già assegnato, in data 12 gennaio 2016, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 19 gennaio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Una strategia per l'aviazione in Europa (COM(2015) 598 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima (COM(2015) 667 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 per quanto riguarda il rafforzamento delle verifiche nelle banche dati pertinenti alle frontiere esterne (COM(2015) 670 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio (COM(2015) 671 final).

Trasmissione dal Consiglio regionale dell'Abruzzo.

  Il Presidente del Consiglio regionale dell'Abruzzo, con lettera in data 14 gennaio 2016, ha trasmesso una risoluzione concernente la proposta di raccomandazione del Consiglio sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (COM(2015) 462 final).

  Questo documento è trasmesso alla XI Commissione (Lavoro).

Comunicazione di nomina ministeriale.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 18 gennaio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento all'ingegner Vittorio Rapisarda Federico, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale ad interim di provveditore alle opere pubbliche del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Calabria e la Sicilia, nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

PROPOSTA DI LEGGE: BUSINAROLO ED ALTRI: DISPOSIZIONI PER LA TUTELA DEGLI AUTORI DI SEGNALAZIONI DI REATI O IRREGOLARITÀ DI CUI SIANO VENUTI A CONOSCENZA NELL'AMBITO DI UN RAPPORTO DI LAVORO PUBBLICO O PRIVATO (A.C. 3365-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: BUSINAROLO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 1751-3433)

A.C. 3365-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 3.

A.C. 3365-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.1, 1.2, 1.176, 2.16, 2.160 e sull'articolo aggiuntivo 2.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3365-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 1.

(Modifica dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti).

  1. L'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:
  «Art. 54-bis – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti).1. Il pubblico dipendente che in buona fede denuncia al responsabile della prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite o di abuso di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
  2. È in buona fede il dipendente pubblico che effettua una segnalazione circostanziata ritenendo altamente probabile che la condotta illecita o di abuso si sia verificata. La buona fede è comunque esclusa qualora il segnalante abbia agito con colpa grave. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o di incarico, nonché ai lavoratori e ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.
  3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
  4. La segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
  5. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni in modo da garantire, in particolare, la riservatezza dell'identità del segnalante. Le linee guida prevedono l'utilizzo di modalità anche informatiche e, ove possibile, promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
  6. Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte dell'Ente, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza ovvero la adozione di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni non conformi a quelle di cui al comma 5 l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro.
  7. Le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.
  8. Qualora al termine del procedimento penale, civile o contabile ovvero all'esito dell'attività di accertamento dell'ANAC risulti l'infondatezza della segnalazione e che la stessa non è stata effettuata in buona fede, il segnalante è sottoposto a procedimento disciplinare dall'Ente di appartenenza, al termine del quale, sulla base di quanto stabilito dai contratti collettivi, può essere irrogata la misura sanzionatoria anche del licenziamento senza preavviso.
  9. Qualora si riveli fondata la segnalazione da parte del dipendente allo stesso sono riconosciute forme di premialità, anche in relazione alla valutazione della professionalità secondo i rispettivi ordinamenti, da definirsi in sede contrattuale».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Modifica dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti).

  Sostituirlo con i seguenti:
  Art. 1. (Oggetto e finalità). – 1. La presente legge tutela coloro che nell'interesse pubblico denunciano reati o illeciti di cui all'articolo 2 dei quali siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.
  2. A tale fine la presente legge:
   a) individua le segnalazioni e i segnalanti cui l'ordinamento riconosce tutela;
   b) definisce le modalità e i destinatari delle segnalazioni;
   c) appresta forme di tutela del segnalante.

  Art. 2. (Segnalazioni) – 1. Per segnalazione si intende la comunicazione di possibili reati o illeciti, tali da provocare un danno all'interesse pubblico, alla concorrenza, alla tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, nonché al buon andamento della pubblica amministrazione, di cui il segnalante sia venuto a conoscenza nell'ambito o in occasione del rapporto di lavoro pubblico o privato, anche se la segnalazione non riguarda il datore di lavoro o il committente.
  2. La segnalazione può riguardare azioni od omissioni, commesse o tentate, che appartengono ad almeno una delle seguenti categorie:
   a) fatti o condotte penalmente rilevanti;
   b) fatti o condotte posti in essere in violazione dei Codici di comportamento o di altre disposizioni aziendali sanzionabili in via disciplinare;
   c) fatti o condotte posti in essere in violazione di leggi e regolamenti;
   d) fatti o condotte suscettibili di arrecare un pregiudizio patrimoniale all'amministrazione o all'ente pubblico o privato presso cui il segnalante svolge la sua attività;
   e) fatti o condotte suscettibili di arrecare un danno alla salute o alla sicurezza dei dipendenti, utenti e cittadini o di arrecare un danno all'ambiente;
   f) fatti o condotte suscettibili di arrecare un pregiudizio agli utenti o ai dipendenti o ad altri soggetti che svolgano la propria attività presso l'azienda.

  3. Non costituiscono segnalazione, ai fini della presente legge, le doglianze di carattere personale del segnalante né le rivendicazioni o istanze che rientrano nella disciplina del rapporto di lavoro o i rapporti con il superiore gerarchico, la cui competenza spetta agli organismi appositi.

  Art. 3. (Segnalanti) – 1. Per segnalante si intende il lavoratore che, essendo venuto a conoscenza di possibili reati o illeciti nell'ambito o in occasione di un rapporto di lavoro posti in essere o dal superiore gerarchico, o dal lavoratore di pari livello, effettua la segnalazione ai sensi dell'articolo 2.
  2. Sono considerati segnalanti tutti i lavoratori, compresi, a titolo esemplificativo, i dipendenti e gli ex dipendenti pubblici o privati, i collaboratori, i consulenti e i soggetti che svolgono attività di apprendistato o tirocinio o sono assunti con contratto di formazione e lavoro.

  Art. 4. (Destinatari della segnalazione) – 1. Il segnalante può effettuare la segnalazione al destinatario specificamente individuato all'interno dell'ente o dell'amministrazione di cui è dipendente, secondo i seguenti criteri:
   a) in ambito pubblico tale soggetto è individuato nel responsabile per la prevenzione della corruzione nominato dall'amministrazione o dall'ente a cui la segnalazione si riferisce;
   b) in ambito privato la segnalazione può essere fatta, ove ricorra, all'ufficio designato alla ricezione delle segnalazioni, o al soggetto atto alla ricezione delle segnalazioni, che può essere designato o individuato dall'ente di appartenenza o, in mancanza, secondo autonome procedure interne individuabili dall'ente stesso, secondo le proprie esigenze;
   c) fuori dei casi di cui agli articoli 361 e 362 del codice penale, il segnalante può sempre effettuare una segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), alla Corte dei conti, all'autorità giudiziaria o agli organi di polizia.

  2. La disciplina prevista per gli enti di diritto pubblico si applica anche agli enti di diritto privato controllati o partecipati, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici non economici, ai sensi della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190.
  3. Il segnalante può effettuare la segnalazione del reato o illecito all'autorità di regolamentazione del settore interessato, qualora ricorra una delle seguenti ipotesi:
   a) il destinatario di cui al comma 1 non è stato specificamente identificato dall'amministrazione o ente;
   b) la segnalazione effettuata al destinatario di cui al comma 1 è stata oggetto di valutazione negativa senza motivato parere;
   c) il destinatario di cui al comma 1 non offre, a parere del segnalante, adeguate garanzie di neutralità e indipendenza nel giudizio.

  4. Ferme restando le tutele previste dagli articoli da 10 a 13, le segnalazioni di reati o illeciti effettuate al pubblico, anche attraverso i mezzi di comunicazione o di informazione, godono delle tutele di cui agli articoli 8 e 9 della presente legge solo nel caso in cui esse siano state già effettuate ai sensi dei commi 1 e 3 del presente articolo o siano state oggetto di valutazione negativa senza motivato parere.

  Art. 5. (Segnalazioni anonime) – 1. La segnalazione di cui all'articolo 1 può essere effettuata anche in forma anonima.
  2. Nel caso di cui al comma 1 i destinatari della segnalazione hanno l'obbligo di esaminarla soltanto ove questa sia adeguatamente circostanziata e resa in maniera dettagliata, ovvero sia in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati.

  Art. 6. (Ufficio per la ricezione delle segnalazioni) – 1. Presso gli enti privati e le pubbliche amministrazioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, è individuato, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, l'ufficio competente a ricevere le segnalazioni.
  2. All'ufficio di cui al comma 1, composto di personale in numero non inferiore a due e non superiore a quattro unità, scelte tra dipendenti aventi adeguate competenze e formazione, spetta il compito di ricevere le segnalazioni di reati o illeciti di cui all'articolo 2, comma 1, e di accertarne la fondatezza.
  3. Qualora da parte dell'ufficio di cui al comma 1 non sia dato riscontro della ricezione della segnalazione entro trenta giorni dalla stessa, al responsabile dell'omissione si applicano le pertinenti sanzioni disciplinari.

  Art. 7. (Attività dell'ANAC per la gestione delle segnalazioni) – 1. L'ANAC istituisce più forme per la trasmissione delle segnalazioni ad essa dirette, tra cui almeno una che permetta la presentazione di segnalazioni in forma anonima. L'ANAC coordina e controlla l'adempimento degli obblighi relativi alle procedure di segnalazione da parte dei responsabili per la prevenzione della corruzione.
  2. L'ANAC raccoglie dati e statistiche sulle segnalazioni ricevute da parte dei responsabili per la prevenzione della corruzione.

  Art. 8. (Tutela della riservatezza del segnalante) – 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, e delle ipotesi in cui l'anonimato non sia opponibile per legge, l'identità del segnalante è tutelata in ogni tempo successivamente alla segnalazione e, in caso di processo penale, fino all'udienza preliminare.
  2. L'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso; i destinatari della segnalazione sono tenuti a tutelare la riservatezza di tale informazione.
  3. La violazione dell'obbligo di riservatezza è fonte di responsabilità disciplinare, fatte salve ulteriori forme di responsabilità previste dall'ordinamento.
  4. Si presume la buona fede del segnalante. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle segnalazioni di possibili reati o illeciti anche nel caso in cui essi risultino successivamente inesistenti, salvo quanto previsto dal medesimo comma 1.

  Art. 9. (Limitazioni al diritto di accesso) – 1. Ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, alla segnalazione di reati o illeciti non si applica il diritto di accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della medesima legge.
  2. Il documento contenente la segnalazione non può essere oggetto di visione né di estrazione di copia, salvo che il dolo del segnalante sia stato accertato con sentenza passata in giudicato.

  Art. 10. (Divieto di discriminazione nei confronti del segnalante) – 1. Il segnalante è protetto e non può essere sanzionato, licenziato, adibito a mansioni inferiori, trasferito o sottoposto ad altre misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione.
  2. Per misure discriminatorie si intendono le azioni disciplinari ingiustificate, le molestie e minacce sul luogo di lavoro o esercitate al di fuori dell'ambito lavorativo e ogni altra forma di ritorsione, che determini condizioni di lavoro intollerabili.
  3. Ogni eventuale atto di ritorsione esercitato al di fuori dell'ambito lavorativo e direttamente riconducibile, attraverso elementi certi e fondati, allo stesso, è considerato tra le misure discriminatorie di cui al comma 2 ed è punibile attraverso l'applicazione di sanzioni disciplinari.
  4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applicano ai casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, accertate con sentenza passata in giudicato.

  Art. 11. (Inversione dell'onere della prova) – 1. Spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto di ritorsione, effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.

  Art. 12. (Premio) – 1. Ai segnalanti che denuncino reati o irregolarità che comportano un danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione è attribuita, in parti eguali, una somma di denaro, a titolo di premio, di importo compreso tra il 15 ed il 30 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva della Corte dei Conti.
  2. La segnalazione deve essere ricompensata soltanto se l'informazione:
   a) deriva da una conoscenza o analisi indipendente;
   b) non è conosciuta dalle autorità competenti tramite altra fonte, a meno che il segnalante sia la fonte originaria di tale informazione;
   c) non deriva esclusivamente da una segnalazione effettuata nel corso di un procedimento civile, penale o amministrativo o dalle notizie diffuse attraverso i media, a meno che il segnalante sia la fonte dell'informazione stessa.

  3. Il premio di cui al presente articolo è escluso:
   a) per i dipendenti pubblici a cui è attribuito il compito di controllare le eventuali segnalazioni relative a condotte illecite oggetto della ricompensa;
   b) agli avvocati che detengono informazioni sensibili in virtù del rapporto di fiducia con il cliente;
   c) per coloro che consapevolmente forniscano informazione false;
   d) per i soggetti che risultino condannati quali complici nell'attuazione degli illeciti;
   e) per coloro che vengano a conoscenza di un illecito attraverso la realizzazione di controlli e verifiche previsti dalla legge;
   f) per coloro che vengano a conoscenza di un illecito attraverso altri soggetti o sistemi interni di compliance, come previsto dal decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231.

  4. Nei casi di cui alle lettere e) e f) del comma 3 i segnalanti hanno diritto al premio di cui al presente articolo qualora dimostrino che la segnalazione alle autorità sia stata necessaria per prevenire un significativo danno alla collettività o qualora la società abbia realizzato condotte idonee ad impedire la scoperta dell'illecito.
  5. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro della semplificazione e pubblica amministrazione e il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari per la fatturazione di quanto disposto dal presente articolo.

  Art. 13. (Sanzioni disciplinari) – 1. Ogni procedimento disciplinare avviato nei confronti di un soggetto indicato nella segnalazione di reati o illeciti deve essere fondato su elementi certi e documentati.
  2. Fatte salve le azioni civili e penali consentite dalla legislazione vigente in caso di violazione delle disposizioni della presente legge, possono essere applicate le previsioni sanzionatorie contenute nel contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al settore o comparto di appartenenza ovvero nei codici disciplinari applicabili.

  Art. 14. (Divieto di clausole limitative) – 1. Il potere di effettuare segnalazioni ai sensi della presente legge non può essere limitato con accordi contrattuali.
  2. Sono nulle le clausole contrattuali che violano, anche indirettamente, la disposizione del comma 1.

  Art. 15. (Abrogazioni e disciplina transitoria) – 1. Sono abrogati o soppressi:
   a) l'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165;
   b) la lettera a) del comma 5 dell'articolo 19 del decreto legislativo 24 giugno 2014, n. 90;
   c) al comma 4 dell'articolo 52-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.le parole: «o quando la conoscenza sia indispensabile per la difesa del segnalato».

  2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge:
   a) è abrogata ogni norma di legge o regolamento, la quale preveda l'obbligo o il potere di rivelare l'identità del segnalante senza il suo consenso, ad eccezione delle disposizioni attuative di obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea o di obblighi internazionali;
   b) è nulla di diritto ogni previsione di contratti, anche collettivi, la quale disponga taluna delle limitazioni vietate all'articolo 14 della presente legge o stabilisca obblighi o poteri di cui alla lettera a) del presente comma.

  3. In sede di prima applicazione, la presente legge si applica anche alle segnalazioni in corso alla data della sua entrata in vigore.

  Art. 16 (Disposizioni finanziarie) – 1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  2. All'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge le amministrazioni interessate provvedono nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

  Conseguentemente sopprimere l'articolo 2.
1. 1. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, sostituire il primo periodo con il seguente: Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla denuncia.
1. 3. Monchiero, Galgano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: Il pubblico dipendente aggiungere le seguenti:, nell'interesse dell'integrità della Pubblica Amministrazione.
1. 182. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: Il pubblico dipendente che aggiungere le seguenti:, nell'interesse dell'integrità della Pubblica Amministrazione.
1. 182.(Testo modificato nel corso della seduta) Agostinelli, Colletti.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: che in buona fede fino alla fine del comma, con le seguenti:, fuori dei casi di cui agli articoli 361 e 362 del codice penale, che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, illeciti o altri fatti o atti pregiudizievoli l'interesse pubblico di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato, adibito a mansioni inferiori, trasferito o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione. Per misure discriminatorie si intendono le azioni disciplinari ingiustificate, le molestie o minacce sul luogo di lavoro o esercitate al di fuori dell'ambito lavorativo e ogni altra forma di ritorsione, che determinino condizioni di lavoro intollerabili. Ogni eventuale atto di ritorsione esercitato al di fuori dell'ambito lavorativo e direttamente riconducibile, attraverso elementi certi e fondati, allo stesso, è considerato tra le misure discriminatorie ed è punibile attraverso l'applicazione di sanzioni disciplinari. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti del segnalante è comunicata all'ANAC dall'interessato o da chi ne abbia interesse. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sostituire i commi da 2 a 9 con i seguenti:
  2. La segnalazione di cui al comma 1 può essere effettuata anche in forma anonima. In tali casi i destinatari della segnalazione hanno l'obbligo di esaminarla soltanto ove questa sia adeguatamente circostanziata e resa in maniera dettagliata, ovvero sia in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati.
  3. Si presume la buona fede del dipendente pubblico quando effettua una segnalazione circostanziata ritenendo possibile che i fatti di cui al comma 1 si siano verificati. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, comma 2, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai collaboratori, o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o di incarico, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.
  4. Spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
  5. L'identità del segnalante non può essere rivelata ed è tutelata in ogni tempo successivamente alla segnalazione e, nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla conclusione delle indagini preliminari di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso. La violazione dell'obbligo di riservatezza è fonte di responsabilità disciplinare, fatte salve ulteriori forme di responsabilità previste dall'ordinamento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano alle segnalazioni di possibili reati o illeciti anche nel caso in cui questi risultino successivamente inesistenti, fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.
  6. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni in modo da garantire, in particolare, la riservatezza dell'identità del segnalante. Le linee guida prevedono l'utilizzo di modalità anche informatiche e, ove possibile, promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
  7. Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte dell'Ente, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria, da 10.000 a 60.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza ovvero la adozione di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni non conformi a quelle di cui al comma 4 l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 40.000 euro.
  8. La tutela di cui al presente articolo non è garantita nel caso di responsabilità penale del segnalante, accertata anche con sentenza di primo grado, per i reati di calunnia o diffamazione ovvero di responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo e colpa grave.
  9. Qualora al termine del procedimento penale, civile o contabile ovvero all'esito dell'attività di accertamento dell'ANAC risulti l'infondatezza della segnalazione e che la stessa non è stata effettuata in buona fede, il segnalante è sottoposto a procedimento disciplinare dall'ente di appartenenza, al termine del quale possono essere irrogate misure sanzionatorie.
  10. Qualora si riveli fondata la segnalazione da parte del dipendente allo stesso sono riconosciute forme di premialità, anche in relazione alla valutazione della professionalità secondo i rispettivi ordinamenti, da definirsi in sede contrattuale. In ogni caso, ai segnalanti che denuncino reati o irregolarità che comportano un danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione è attribuita, in parti eguali, una somma di denaro, a titolo di premio, di importo compreso tra il 5 ed il 15 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva della Corte dei conti. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari per la fatturazione di quanto disposto dal presente comma.
  11. Ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla segnalazione di reati o illeciti non si applica il diritto di accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della medesima legge.
  12. Il documento contenente la segnalazione non può essere oggetto di visione né di estrazione di copia, salvo che il dolo del segnalante sia stato accertato con sentenza passata in giudicato.
1. 2. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: che in buona fede fino alla fine del comma, con le seguenti:, fuori dei casi di cui agli articoli 361 e 362 del codice penale, che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, illeciti o altri fatti o atti pregiudizievoli l'interesse pubblico di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato, adibito a mansioni inferiori, trasferito o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione. Per misure discriminatorie si intendono le azioni disciplinari ingiustificate, le molestie o minacce sul luogo di lavoro o esercitate al di fuori dell'ambito lavorativo e ogni altra forma di ritorsione, che determinino condizioni di lavoro intollerabili. Ogni eventuale atto di ritorsione esercitato al di fuori dell'ambito lavorativo e direttamente riconducibile, attraverso elementi certi e fondati, allo stesso, è considerato tra le misure discriminatorie ed è punibile attraverso l'applicazione di sanzioni disciplinari. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti del segnalante è comunicata all'ANAC dall'interessato o da chi ne abbia interesse. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
1. 150. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: in buona fede.
*1. 4. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: in buona fede.
*1. 151. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: in buona fede aggiungere le seguenti: e nell'interesse pubblico.
1. 5. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: in buona fede aggiungere le seguenti: presenta documentata.
1. 6. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire la parola: denuncia con la seguente: segnala.
*1. 152. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire la parola: denuncia con la seguente: segnala.
*1. 186. Ferranti, Incerti, Giovanna Sanna.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire la parola: denuncia con la seguente: segnala.

  Conseguentemente al medesimo periodo dopo la parola: (ANAC) inserire le seguenti: o denuncia.
*1. 186.(Testo modificato nel corso della seduta) Ferranti, Incerti, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: quella contabile, aggiungere la seguente: gravi.
1. 7. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: quella contabile, aggiungere la seguente: inequivocabili.
1. 8. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole: condotte illecite o di abuso con le seguenti: fatti di reato.
1. 9. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole: condotte illecite o di abuso con le seguenti: illeciti o altri fatti o atti pregiudizievoli l'interesse pubblico.
1. 153. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: condotte illecite aggiungere le seguenti: evidenziate in maniera circostanziata e riscontrata.
1. 10. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.
*1. 11. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.
*1. 12. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.
*1. 13. Monchiero, Galgano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.
1. 187. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: o di abuso.
1. 187.(Testo modificato nel corso della seduta) Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: è venuto aggiungere la seguente: direttamente.
1. 14. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo la parola: conoscenza aggiungere le seguenti: direttamente e non riportate o riferite da altri soggetti
1. 15. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: licenziato fino a: effetti con le seguenti: demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire la parola: discriminatorie con le seguenti: ritorsive di cui al periodo precedente.
1. 188. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo la parola: licenziato, aggiungere le seguenti: adibito a mansioni inferiori, trasferito
1. 154. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: licenziato fino a: effetti con le seguenti: demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire la parola: discriminatorie con le seguenti: ritorsive di cui al periodo precedente.
1. 154.(Testo modificato nel corso della seduta) Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, dopo le parole: licenziato o sottoposto aggiungere la seguente: a forme di mobbing ovvero.
1. 16. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione.
1. 17. Galgano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, primo periodo, sostituire le parole: per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla con le seguenti: determinata dalla.
1. 18. Marotta.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere i seguenti:
  Per misure discriminatorie si intendono le azioni disciplinari ingiustificate, le molestie e minacce sul luogo di lavoro o esercitate al di fuori dell'ambito lavorativo e ogni altra forma di ritorsione, che determini condizioni di lavoro intollerabili. Ogni eventuale atto di ritorsione esercitato al di fuori dell'ambito lavorativo e direttamente riconducibile, attraverso elementi certi e fondati, allo stesso, è considerato tra le misure discriminatorie ed è punibile attraverso l'applicazione di sanzioni disciplinari.
1. 155. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Le eventuali segnalazioni anonime, anche se presentate, non verranno prese in considerazione.
1. 20. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: La denuncia deve contenere i seguenti elementi: a) la descrizione del fatto; b) le circostanze di tempo e luogo in cui si è verificato il fatto oggetto della segnalazione; c) le generalità e i recapiti del segnalante; d) le generalità o gli altri elementi che consentano di identificare il soggetto o i soggetti che hanno posto in essere il fatto segnalato; e) gli eventuali altri soggetti che possono riferire sul fatto oggetto di segnalazione; f) l'indicazione di eventuali documenti che possono confermare la fondatezza del fatto segnalato ed ogni altra informazione che possa essere di utilità per il riscontro del fatto segnalato.
1. 21. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Il responsabile della prevenzione della corruzione, deve provvedere alla gestione ed alla verifica delle condotte illecite o di abuso nel rispetto dei principi di imparzialità e di riservatezza.
1. 22. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Il segnalante deve fornire tutti gli elementi utili alla ricostruzione del fatto e ad accertare la fondatezza di quanto segnalato.
1. 23. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, secondo periodo, dopo le parole: L'adozione di misure aggiungere la seguente: ritenute.
1. 24. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, secondo periodo, dopo le parole: all'ANAC aggiungere le seguenti: e al proprio superiore gerarchico.
1. 26. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, secondo periodo, sopprimere le parole da: o dalle organizzazioni sindacali fino alla fine del periodo.
1. 177. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, secondo periodo, sostituire le parole da: o dalle organizzazioni sindacali fino alla fine del periodo, con le seguenti: o da chi ne abbia interesse.
1. 156. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il responsabile della prevenzione della corruzione può effettuare ogni attività opportuna inclusa l'audizione personale del segnalante e di eventuali altri soggetti, che possono riferire sui fatti segnalati.
1. 27. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La denuncia di condotte illecite o di abuso non devono riguardare richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro.
1. 28. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Il pubblico dipendente può effettuare la segnalazione anche tramite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative da lui indicate, ovvero tramite le associazioni anticorruzione che abbiano fatto esplicita richiesta di riconoscimento e che l'ANAC l'abbia accettata.
1. 104. Mattiello.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Il pubblico dipendente di cui al comma 1, non deve utilizzare la denuncia di cui al comma 1, per scopi meramente personali o per effettuare rivendicazioni di lavoro contro superiori gerarchici.
1. 29. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Risulta comunque indispensabile che la denuncia presentata dal pubblico dipendente sia circostanziata, riguardi fatti riscontrabili e conosciuti direttamente dal medesimo pubblico dipendente e non riportati, o riferiti, da altri soggetti nonché contenga tutte le informazioni ed i dati per individuare inequivocabilmente gli autori della condotta illecita.
1. 30. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. La segnalazione di cui al comma 1 può essere effettuata anche in forma anonima. In tali casi i destinatari della segnalazione hanno l'obbligo di esaminarla soltanto ove questa sia adeguatamente circostanziata e resa in maniera dettagliata, ovvero sia in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati.
1. 157. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sopprimere il primo e il secondo periodo.
1. 31. Monchiero, Galgano, Matarrese.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sopprimere il primo periodo.
1. 32. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sostituire il primo periodo con il seguente: Il dipendente pubblico è tenuto a denunciare fatti circostanziati e riscontrati, che abbiano l'alta probabilità di essere veritieri.
1. 33. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sostituire il primo periodo con il seguente:
  Si presume la buona fede del dipendente pubblico quando effettua una segnalazione circostanziata ritenendo possibile che i fatti di cui al comma 1 si siano verificati.
1. 158. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, dopo la parola: circostanziata aggiungere le seguenti: ed adeguatamente documentata.
1. 34. Becattini.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, dopo la parola: circostanziata aggiungere le seguenti: e riscontrata.
1. 35. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: ritenendo fino a o di abuso con le seguenti: nella ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita segnalata.
1. 190. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Marotta, Dambruoso, Colletti, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire le parole: ritenendo altamente probabile con le seguenti: dimostrando almeno con indizi chiari, precisi e concordanti o con prove documentali.
1. 36. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire le parole: ritenendo altamente probabile con le seguenti: potendo dimostrare.
1. 37. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: altamente probabile.
1. 38. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sopprimere la parola: altamente
1. 178. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire le parole: altamente probabile con la seguente: possibile.
1. 159. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire le parole: altamente probabile con la seguente: fondato.
1. 39. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire la parola: probabile con la seguente: fondato.
1. 25. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, primo periodo, sostituire le parole: la condotta illecita o di abuso si sia verificata con le seguenti: illeciti o altri fatti o atti pregiudizievoli l'interesse pubblico si siano verificati.
1. 160. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sopprimere il secondo periodo.
*1. 40. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sopprimere il secondo periodo.
*1. 161. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, secondo periodo, sostituire le parole: colpa grave con la seguente: dolo.
1. 41. Galgano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, secondo periodo, sopprimere la parola: grave.
1. 42. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, terzo periodo, sopprimere le parole: il dipendente di un ente pubblico economico.
1. 43. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, terzo periodo, sopprimere le parole da: ovvero il dipendente fino alla fine del periodo.
1. 44. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sopprimere il quarto periodo.
*1. 45. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, sopprimere il quarto periodo.
*1. 46. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, quarto periodo, sostituire le parole da: ai collaboratori o consulenti fino alla fine del comma, con le seguenti: ai consulenti con qualsiasi tipologia di contratto o di incarico.
1. 47. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, quarto periodo, sopprimere le parole: collaboratori o
1. 48. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, quarto periodo, sopprimere le parole: di contratto
1. 49. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, quarto periodo, sostituire le parole da: nonché ai lavoratori fino alla fine del comma.
1. 50. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 2, quarto periodo, dopo le parole: imprese fornitrici di beni o servizi aggiungere le seguenti: e in via sperimentale agli associati e lavoratori degli enti del terzo settore e di cooperative e imprese sociali.
1. 180. Di Vita, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
1. 162. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. La segnalazione di cui al comma 1 non può essere effettuata in forma anonima. Tuttavia, di essa l'ente deve tener conto laddove questa sia adeguatamente circostanziata e resa in maniera dettagliata, ovvero sia in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati.
1. 179. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: del segnalante aggiungere le seguenti:, salvo diversa previsione di legge.
1. 59. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, primo periodo, sostituire le parole: non può essere rivelata con le seguenti: può non essere rivelata.
1. 60. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: ed è tutelata in ogni tempo successivamente alla segnalazione e, nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla conclusione delle indagini preliminari di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale.

  Conseguentemente,
   al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole da:
penale fino alla fine del comma, con le seguenti: dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso. La violazione dell'obbligo di riservatezza è fonte di responsabilità disciplinare, fatte salve ulteriori forme di responsabilità previste dall'ordinamento. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle segnalazioni di possibili reati o illeciti anche nel caso in cui questi risultino successivamente inesistenti, fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.
   sopprimere i commi 7 e 8.
1. 163. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: ed è tutelata in ogni tempo successivamente alla segnalazione e, nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla conclusione delle indagini preliminari di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale.
1. 164. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, secondo periodo, sostituire le parole da: è coperta fino alla fine del periodo, con le seguenti: non può essere rivelata fino alla conclusione delle indagini preliminari di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale.
1. 165. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, terzo periodo, sostituire le parole: non può essere rivelata con le seguenti: può non essere rivelata.
1. 61. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, terzo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, salvo che in sede di contestazione, su richiesta espressa e ai fini di una utile difesa, sia necessario portare a conoscenza dell'incolpato l'identità del segnalante.
1. 62. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, sostituire le parole da: senza il suo consenso fino alla fine del comma con le seguenti: ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà valutabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
1. 191. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Marotta, Sannicandro, Dambruoso, Rossomando, Giovanna Sanna.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, sostituire le parole da: senza il suo consenso fino alla fine del comma con le seguenti: ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
1. 191.(Testo modificato nel corso della seduta) Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Marotta, Sannicandro, Dambruoso, Rossomando, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, sostituire le parole da: senza il suo consenso fino alla fine del comma con le seguenti: salvo che in sede di contestazione, su richiesta espressa ed ai fini di una utile difesa, sia necessario portare a conoscenza dell'incolpato l'identità del segnalante.
1. 63. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, sostituire le parole da: sempre che fino alla fine del comma, con le seguenti:. La violazione dell'obbligo di riservatezza è fonte di responsabilità disciplinare, fatte salve ulteriori forme di responsabilità previste dall'ordinamento.
1. 166. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, sostituire le parole da: sempre che fino alla fine del periodo con le seguenti:. La violazione dell'obbligo di riservatezza è fonte di responsabilità disciplinare, fatte salve ulteriori forme di responsabilità previste dall'ordinamento.

  Conseguentemente, all'ultimo periodo, sostituire le parole:, in tutto o in parte, con la seguente: esclusivamente.
1. 183. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, dopo le parole: sia fondata aggiungere le seguenti: su elementi probatori nonché.
1. 64. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, quarto periodo, sostituire le parole: e ulteriori rispetto alla con le seguenti: e non derivanti dalla.
1. 65. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, sopprimere l'ultimo periodo.
1. 167. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, ultimo periodo, sostituire le parole da:, in tutto o in parte fino alla fine del comma con le seguenti: sulla sola segnalazione circostanziata e non sia supportata da prove documentali, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia necessaria per la difesa dell'incolpato.
1. 66. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, ultimo periodo, sostituire le parole da: ove la sua conoscenza fino alla fine del comma con le seguenti: anche a richiesta di parte.
1. 67. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, ultimo periodo, sostituire le parole: assolutamente indispensabile con la seguente: necessaria.
1. 68. Molteni, Simonetti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il documento contenente la segnalazione non può essere oggetto di visione né di estrazione di copia, salvo che il dolo del segnalante sia stato accertato con sentenza passata in giudicato.
1. 168. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  3-bis. Fermo restando quanto stabilito ai precedenti commi, è fatta salva la possibilità per i dipendenti pubblici, previa acquisizione del consenso di coloro che intendano farvi ricorso, di presentare la segnalazione in forma collettiva con un unico atto.
1. 181. Di Vita, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 4, premettere le parole: Fermo quanto stabilito dai commi precedenti,
1. 69. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 5, primo periodo, sopprimere le parole: in modo da garantire, in particolare, la riservatezza dell'identità del segnalante.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo:
   sopprimere le parole:
, ove possibile;
   dopo le parole: di crittografia aggiungere le seguenti: per garantire la riservatezza dell'identità del segnalante e.
1. 500. Le Commissioni.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, primo periodo, sostituire la parola: applica con le seguenti: può applicare.
1. 70. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, primo periodo, sostituire le parole: 5.000 a 30.000 con le seguenti: 10.000 a 60.000.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: 5.000 a 20.000 con le seguenti: 10.000 a 40.000.
1. 169. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, primo periodo, sostituire la parola: 5.000 con la seguente: 3.000.
1. 71. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, primo periodo, sostituire la parola: 5.000 con la seguente: 4.500.
1. 72. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, primo periodo, sostituire la parola: 30.000 con la seguente: 20.000.
1. 73. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, primo periodo, sostituire la parola: 30.000 con la seguente: 25.000.
1. 74. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, secondo periodo, sostituire le parole da: ovvero la adozione fino a: delle segnalazioni con le seguenti: di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero la adozione di procedure.
1. 192. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, secondo periodo, sostituire la parola: 5.000 con la seguente: 3.000.
1. 75. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, secondo periodo, sostituire la parola: 5.000 con la seguente: 4.500.
1. 76. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, secondo periodo, sostituire la parola: 20.000 con la seguente: 15.000.
1. 77. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 6, secondo periodo, sostituire la parola: 20.000 con la seguente: 18.000.
1. 78. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sostituire le parole: non sono garantite con le seguenti: vanno valutate con la massima attenzione ed eventualmente non garantite nel caso di responsabilità.
1. 79. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sostituire le parole da: in cui sia accertata fino alla fine del comma con le seguenti: di accertata infondatezza della segnalazione, anche con riferimento alla mancanza di riscontri, nonché nei casi in cui sia esercitata l'azione penale nei confronti del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque connessi alla denuncia di cui al comma 1, nonché in caso di responsabilità civile per gli stessi titoli.
1. 80. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sopprimere le parole: anche con sentenza di primo grado.
1. 171. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sopprimere le parole: o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1.
1. 170. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sostituire le parole da: ovvero la sua responsabilità fino alla fine del comma con le seguenti: salvo il diritto del segnalante a ogni misura risarcitoria in caso di assoluzione in via definitiva perché il fatto non sussiste, perché l'imputato non lo ha commesso, o perché il fatto non costituisce reato.
1. 193. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sopprimere le parole: o colpa grave.
*1. 81. Galgano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sopprimere le parole: o colpa grave.
*1. 172. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 7, sopprimere la parola: grave.
1. 82. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», sopprimere il comma 8.
1. 174. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, dopo la parola: contabile aggiungere le seguenti: definito con sentenza passata in giudicato.
1. 175. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, dopo le parole: accertamento dell'ANAC aggiungere le seguenti:, che deve concludersi in ogni caso entro sei mesi dalla segnalazione,
1. 83. Molteni, Simonetti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, dopo le parole: accertamento dell'ANAC aggiungere le seguenti:, nonché in qualsiasi grado e stato del giudizio,
1. 84. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sopprimere le parole: e che la stessa non è stata effettuata in buona fede.
1. 85. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sostituire le parole: non è stata effettuata in buona fede con le seguenti: è stata effettuata in mala fede o con colpa grave.
1. 86. Mazziotti Di Celso.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, dopo le parole: effettuata in buona fede aggiungere le seguenti: o che si sia rivelata infondata.
1. 87. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sostituire le parole da: a procedimento disciplinare fino alla fine del comma con le seguenti: a licenziamento disciplinare dall'Ente di appartenenza ai sensi dell'articolo 55-quater.
1. 88. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sostituire le parole da: a procedimento disciplinare fino alla fine del comma con le seguenti: dall'Ente di appartenenza alla sanzione disciplinare della risoluzione del rapporto di lavoro senza preavviso.
1. 89. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sopprimere le parole:, sulla base di quanto stabilito dai contratti collettivi,
1. 90. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sostituire le parole da:, sulla base di quanto stabilito fino alla fine del comma con le seguenti: possono essere irrogate misure sanzionatorie.
1. 173. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sostituire le parole da:, sulla base di quanto stabilito fino a: anche con le seguenti: è irrogata la misura sanzionatoria.
1. 91. Molteni, Simonetti.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, sostituire le parole: senza preavviso con le seguenti: per giusta causa, secondo le norme del diritto del lavoro.
1. 92. Galgano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 8, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La segnalazione che risulta infondata è punita con la reclusione da uno a cinque anni.
1. 94. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», dopo il comma 8, aggiungere il seguente:
  8-bis. Qualora la segnalazione risulti manifestamente infondata ed effettuata al solo scopo di danneggiare il denunciato o altri soggetti, può essere irrogata la misura sanzionatoria anche del licenziamento senza preavviso.
1. 93. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», sopprimere il comma 9.
*1. 95. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», sopprimere il comma 9.
*1. 96. Mazziotti Di Celso, Monchiero, Galgano, Matarrese.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», sopprimere il comma 9.
*1. 97. Simonetti, Molteni.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», sopprimere il comma 9.
*1. 184. Agostinelli, Colletti.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», sopprimere il comma 9.
*1. 185. Verini, Cinzia Maria Fontana.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, dopo le parole: da parte del dipendente aggiungere le seguenti:, con esclusivo riferimento ai principi dell'articolo 97 della Costituzione,
1. 98. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, sostituire la parola: sono con le seguenti: possono essere.
1. 99. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, dopo la parola: premialità aggiungere le seguenti: commisurate all'illecito rivelato.
1. 100. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, dopo la parola: premialità aggiungere le seguenti: di natura non economica.
1. 101. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, sopprimere le parole:, anche in relazione alla valutazione della professionalità secondo i rispettivi ordinamenti,
1. 102. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, sopprimere la parola: anche.
1. 103. Marotta.

  Al comma 1, capoverso «Art. 54-bis», comma 9, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: In ogni caso, ai segnalanti che denuncino reati o irregolarità che comportano un danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione è attribuita, in parti eguali, una somma di denaro, a titolo di premio, di importo compreso tra il 5 ed il 15 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva della Corte dei conti. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono emanate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari per l'attuazione di quanto disposto dal presente comma.
1. 176. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
  
Art. 1-bis. – 1. All'articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, comma 1, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
   «f-bis) responsabilità penale del soggetto segnalante illeciti di cui all'articolo 54-bis, per reati di calunnia o diffamazione ovvero responsabilità civile nei casi di dolo o colpa grave.».
1. 01. Simonetti, Molteni.

A.C. 3365-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 2.
(Tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti nel settore privato).

  1. All'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
  «2-bis. I modelli di cui alla lettera a), del comma 1, prevedono:
   a) a carico delle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), nonché di coloro che, a qualsiasi titolo, collaborano con l'ente, l'obbligo di presentare segnalazioni circostanziate di illeciti che in buona fede ritengano altamente probabile si siano verificati, rilevanti ai sensi del presente decreto o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte;
   b) canali alternativi di segnalazione, di cui almeno uno idoneo a garantire, anche con modalità informatiche la riservatezza dell'identità del segnalante;
   c) misure idonee a tutelare l'identità del segnalante e a mantenere la riservatezza dell'informazione in ogni contesto successivo alla segnalazione, nei limiti in cui l'anonimato e la riservatezza siano opponibili per legge;
   d) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati direttamente o indirettamente, alla segnalazione, fatto salvo il diritto degli aventi causa di tutelarsi qualora siano accertate in capo al segnalante, anche con sentenza di primo grado, responsabilità di natura penale per i reati di calunnia o diffamazione, o comunque per altri reati connessi con la segnalazione di cui alla lettera a), ovvero di natura civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, derivanti dalla falsità della segnalazione;
   e) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola gli obblighi di riservatezza o compie atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante.

  2-ter. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all'ispettorato Nazionale del Lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dalla organizzazione sindacale indicata dal medesimo.
  2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. In tali casi quando risultano elementi di prova della natura ritorsiva e discriminatoria delle misure adottate, spetta al datore di lavoro l'onere della prova della sussistenza di legittime ragioni a fondamento della stessa».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.
(Tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti nel settore privato).

  Sopprimerlo.
*2. 1. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Sopprimerlo.
*2. 2. Brunetta, Sisto, Chiarelli.

  Sopprimerlo.
*2. 3. Galgano.

  Al comma 1, premettere il seguente:
  01. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle piccole e medie imprese con meno di 50 dipendenti.
2. 4. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sostituire le lettere da a) a e) con le seguenti:
   a) misure di tutela in favore delle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b) che segnalano violazioni del modello di organizzazione e gestione, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali misure garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
   b) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei
confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
   c) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

  Conseguentemente,
   sopprimere il capoverso comma 2-
ter;
   sostituire il capoverso comma 2-quater con il seguente:
    2-quater. Ogni misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante è nulla. In tali casi, quando il segnalante allega elementi di fatto precisi e concordanti idonei a fondare la presunzione della natura ritorsiva o discriminatoria delle misure adottate nei suoi confronti, l'onere della prova in ordine alla legittimità delle misure adottate spetta al datore di lavoro.;
   dopo il capoverso comma 2-quater, aggiungere il seguente:
    2-quinquies. Al giurista d'impresa o comunque al soggetto incaricato dall'ente di valutare le segnalazioni di cui al comma 2-bis del presente articolo si applicano le garanzie previste dall'articolo 103 del codice di procedura penale.
*2. 5. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sostituire le lettere da a) a e) con le seguenti:
   a) misure di tutela in favore delle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b) che segnalano violazioni del modello di organizzazione e gestione, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali misure garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
   b) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
   c) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

  Conseguentemente,
   sopprimere il capoverso comma 2-
ter;
   sostituire il capoverso comma 2-quater con il seguente:
    2-quater. Ogni misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante è nulla. In tali casi, quando il segnalante allega elementi di fatto precisi e concordanti idonei a fondare la presunzione della natura ritorsiva o discriminatoria delle misure adottate nei suoi confronti, l'onere della prova in ordine alla legittimità delle misure adottate spetta al datore di lavoro.;
   dopo il capoverso comma 2-quater, aggiungere il seguente:
    2-quinquies. Al giurista d'impresa o comunque al soggetto incaricato dall'ente di valutare le segnalazioni di cui al comma 2-bis del presente articolo si applicano le garanzie previste dall'articolo 103 del codice di procedura penale.
*2. 6. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) misure di tutela in favore delle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b) che segnalano violazioni del modello di organizzazione e gestione, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali misure garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;.
**2. 7. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) misure di tutela in favore delle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b) che segnalano violazioni del modello di organizzazione e gestione, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali misure garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;.
**2. 8. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sopprimere le parole da: nonché di coloro che a qualsiasi titolo collaborano con l'ente.
2. 9. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: l'obbligo di presentare segnalazioni con le seguenti: la segnalazione circostanziata.
2. 10. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: l'obbligo con le seguenti: la possibilità.
2. 11. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: l'obbligo con le seguenti: la facoltà.
2. 150. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), dopo le parole: di presentare aggiungere le seguenti:, dopo aver esperito, se del caso, la via gerarchica.
2. 12. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), dopo le parole: di presentare aggiungere le seguenti:, a tutela dell'integrità dell'ente.
2. 161. Agostinelli, Colletti.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), dopo la parola: circostanziate aggiungere le seguenti: e riscontrate.
2. 13. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: illeciti che in buona fede ritengano altamente probabile si siano verificati con le seguenti: condotte illecite che in buona fede, sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, ritengano si siano verificate.
2. 166. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire la parola: illeciti con le seguenti: gravi reati.
2. 14. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire la parola: illeciti con la seguente: reati.
2. 15. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole da: che in buona fede fino alla fine della lettera, con le seguenti: o altri fatti o atti pregiudizievoli l'interesse pubblico che ritengano possibile si siano verificati, rilevanti ai sensi del presente decreto o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui siano venuti a conoscenza a causa o nell'esercizio delle funzioni.

  Conseguentemente:
   al medesimo capoverso:
    dopo la lettera c) aggiungere la seguente:

     c-bis) modalità per l'effettuazione di segnalazioni anche in forma anonima;
    alla lettera d), sostituire le parole da:, o comunque per altri reati fino alla fine della lettera con le seguenti: ovvero, per lo stesso titolo, di responsabilità civile, nei casi di dolo, derivanti dalla falsità della segnalazione;
   al capoverso comma 2-ter, sopprimere le parole da:, per i provvedimenti di propria competenza fino alla fine del capoverso.
   sostituire il capoverso comma 2-quater con i seguenti.

    2-quater: Il licenziamento del soggetto segnalante, ove avvenuto sulla base delle misure discriminatorie di cui ai commi 2-bis e 2-ter, è nullo ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108. Sono, altresì, nulli il mutamento di mansioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nonché qualsiasi altra misura discriminatoria adottata nei confronti del segnalante.
    2-quinquies: Spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
    2-sexies: In nessun caso il diritto di effettuare segnalazioni di reati o illeciti può essere limitato mediante l'applicazione di clausole contrattuali. Nel caso di violazione le suddette clausole sono da ritenersi nulle.
    2-septies: Qualora si riveli fondata la segnalazione da parte del dipendente allo stesso sono riconosciute forme di premialità, anche in relazione alla valutazione della professionalità secondo i rispettivi ordinamenti, da definirsi in sede contrattuale. In ogni caso, ai segnalanti che denuncino reati o irregolarità che comportano un danno erariale ovvero comportino il recupero da parte dello Stato di somme conseguenti agli accertamenti o alla condanna definitiva, è attribuita, in parti eguali, una somma di denaro, a titolo di premio, di importo compreso tra il 5 ed il 15 per cento della somma in questione. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari per la fatturazione di quanto disposto dal presente comma.
2. 16. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole da: che in buona fede fino alla fine della lettera, con le seguenti: o altri fatti o atti pregiudizievoli l'interesse pubblico che ritengano possibile si siano verificati, rilevanti ai sensi del presente decreto o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui siano venuti a conoscenza a causa o nell'esercizio delle funzioni.
2. 151. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: che in buona fede ritengano altamente probabile si siano verificati con le seguenti: che siano dimostrabili almeno con indizi chiari, precisi e concordanti o con prove documentali.
2. 18. Molteni, Simonetti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: che in buona fede ritengano altamente probabile si siano verificati con la seguente: penali.
2. 19. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: ritengano altamente probabile si siano verificati con le seguenti: siano conosciuti direttamente e non riportati o riferiti da altri soggetti.
2. 20. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sopprimere la parola: altamente.
2. 162. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: altamente probabile si siano verificati con le seguenti: altamente fondati.
2. 22. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: altamente probabile si siano verificati con le seguenti: fondati.
2. 17. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: altamente probabile con le seguenti: con certezza.
2. 21. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire la parola: altamente con la seguente: assolutamente.
2. 23. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire la parola: probabile con la seguente: possibile.
2. 24. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sopprimere le parole: o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente.
2. 25. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), sostituire le parole: o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente con le seguenti: o le violazioni di gestione dell'ente.
2. 26. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), dopo le parole: venuti a conoscenza aggiungere la seguente: esclusivamente.
2. 27. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), aggiungere, in fine, le parole:; eventuali segnalazioni anonime anche se presentate, non verranno prese in considerazione.
2. 28. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera a), aggiungere, in fine, le parole:; il segnalante deve fornire tutti gli elementi utili alla ricostruzione del fatto e ad accertare la fondatezza di quanto segnalato.
2. 29. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis)
risulta comunque indispensabile che la denuncia presentata dai soggetti di cui alla lettera a) sia circostanziata, riguardi fatti riscontrabili e conosciuti direttamente dai soggetti di cui alla lettera a) e non riportati, o riferiti, da altri soggetti nonché contenga tutte le informazioni ed i dati per individuare inequivocabilmente gli autori della condotta illecita;
2. 30. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis)
i soggetti di cui alla lettera a), non devono utilizzare le segnalazioni circostanziate di illeciti per scopi meramente personali o per effettuare rivendicazioni di lavoro contro superiori gerarchici;
2. 31. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis)
una struttura interna preposta a ricevere le segnalazioni;
2. 32. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere la lettera b).
*2. 33. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere la lettera b).
*2. 34. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sostituire la lettera b) con la seguente: un canale riservato di segnalazione, idoneo a garantire la riservatezza dell'identità del segnalante;.
2. 35. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere la lettera c).
*2. 36. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere la lettera c).
*2. 37. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera c) sostituire la parola: idonee con la seguente: volte.
2. 38. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera c), sostituire le parole: l'identità con le seguenti: la prosecuzione dell'attività di lavoro.
2. 39. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera c), sopprimere le parole: dell'informazione.
2. 40. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera c), sopprimere le parole: in ogni contesto successivo alla segnalazione.
2. 41. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: e non compromettano l'attività dell'ente.
2. 42. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   c-bis)
modalità per l'effettuazione di segnalazioni anche in forma anonima, fermo restando l'obbligo, da parte dell'ente di esaminarle soltanto ove queste siano adeguatamente circostanziate e rese in maniera dettagliata, ovvero siano in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati.
2. 163. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   c-bis)
modalità per l'effettuazione di segnalazioni anche in forma anonima.
2. 153. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere la lettera d).
2. 43. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), dopo le parole: il divieto di aggiungere le seguenti: forme di mobbing.
2. 44. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole: o indiretti.

  Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere le parole: o indirettamente
2. 45. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole: , direttamente o indirettamente,.
2. 46. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole: o indirettamente.
2. 47. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole da:, fatto salvo il diritto fino alla fine della lettera.
*2. 48. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole da:, fatto salvo il diritto fino alla fine della lettera.
*2. 49. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sostituire le parole: accertate in capo al segnalante, anche con sentenza di primo grado con le seguenti: ipotizzabili in capo al segnalante, anche con rinvio a giudizio.
2. 50. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole: anche con sentenza di primo grado.
2. 154. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sostituire le parole da: anche con sentenza di primo grado fino alla fine della lettera, con le seguenti: responsabilità di natura penale o civile legate alla falsità della dichiarazione.
2. 167. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Agostinelli, Colletti, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sostituire le parole da: o comunque per altri reati fino alla fine della lettera, con le seguenti: ovvero, per lo stesso titolo, responsabilità di natura civile, nei casi di dolo, derivanti dalla falsità della segnalazione.
2. 155. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), dopo le parole: di cui alla lettera a) aggiungere le seguenti: o commessi per ottenere le informazioni oggetto di segnalazione.
2. 51. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole:, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave,
2. 52. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sopprimere le parole: nei casi di dolo o colpa grave, derivanti dalla falsità della segnalazione.
2. 53. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera d), sostituire le parole: nei casi di dolo o colpa grave, derivanti dalla falsità della segnalazione con le seguenti: ivi compresa la chiara volontà di recare danno all'ente in violazione dei principi di affidamento nei rapporti contrattuali.
2. 54. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera e), sostituire la parola: sanzioni con le seguenti provvedimenti disciplinari commisurati alla violazione.
2. 55. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera e), sopprimere le parole: viola gli obblighi di riservatezza o.
2. 56. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera e), sostituire le parole da: gli obblighi di riservatezza fino alla fine della lettera, con le seguenti: le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
*2. 57. Marotta.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera e), sostituire le parole da: gli obblighi di riservatezza fino alla fine della lettera, con le seguenti: le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
*2. 58. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso comma 2-bis, lettera e), aggiungere, in fine, le parole: nonché la sanzione disciplinare della risoluzione del rapporto di lavoro senza preavviso nei confronti del segnalante qualora siano accertate in capo allo stesso, anche con sentenza di primo grado, responsabilità di natura penale per i reati di calunnia o diffamazione, o comunque reati connessi con la segnalazione di cui alla lettera a), ovvero di natura civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, derivanti dalla falsità della segnalazione.
2. 59. Molteni, Simonetti.

  Al comma 1, dopo il capoverso comma 2-bis, aggiungere il seguente:
  2-bis. 1. La denuncia di condotte illecite o di abuso non deve riguardare richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro.
2. 60. Marotta.

  Al comma 1, sopprimere il capoverso 2-ter.
*2. 100. Marotta.

  Al comma 1, sopprimere il capoverso 2-ter.
*2. 104. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso 2-ter, sostituire la parola: discriminatorie con la seguente: vessatorie.
2. 102. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-ter, dopo le parole: comma 2-bis aggiungere le seguenti: se adeguatamente provate.
2. 103. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-ter, sopprimere le parole da:, per i provvedimenti di propria competenza fino alla fine del capoverso.
2. 156. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso 2-ter sostituire le parole: dalla organizzazione sindacale indicata dal medesimo con le seguenti: dalle organizzazioni sindacali.
2. 101. Marotta.

  Al comma 1 sopprimere il capoverso 2-quater.
2. 108. Marotta.

  Al comma 1, sostituire il capoverso 2-quater con il seguente:
  2-quater. Ogni misura distorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante è nulla. In tali casi, quando il segnalante allega elementi di fatto precisi e concordanti idonei a fondare la presunzione della natura distorsiva o discriminatoria delle misure adottate nei suoi confronti, l'onere della prova in ordine alla legittimità delle misure adottate spetta al datore di lavoro.
*2. 107. Marotta.

  Al comma 1, sostituire il capoverso 2-quater con il seguente:
  2-quater. Ogni misura distorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante è nulla. In tali casi, quando il segnalante allega elementi di fatto precisi e concordanti idonei a fondare la presunzione della natura distorsiva o discriminatoria delle misure adottate nei suoi confronti, l'onere della prova in ordine alla legittimità delle misure adottate spetta al datore di lavoro.
*2. 122. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, primo periodo, premettere le seguenti parole: Fatto salvo quanto previsto dagli accordi di riservatezza sottoscritti dal segnalante,
2. 109. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, primo periodo, sostituire le parole da: ritorsivo fino alla fine del capoverso, con le seguenti: del soggetto segnalante, ove avvenuto sulla base delle misure discriminatorie di cui ai commi 2-bis e 2-ter, è nullo ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108. Sono, altresì, nulli il mutamento di mansioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nonché qualsiasi altra misura discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. Spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
2. 157. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, primo periodo, sostituire la parola: nullo con la seguente: annullabile.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, secondo periodo, sostituire la parola: nulli con la seguente: annullabili
2. 117. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, primo periodo, aggiungere in fine le seguenti parole:, fatti salvi i casi in cui il rapporto fiduciario sia essenziale per la prosecuzione del rapporto di lavoro.
2. 110. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, sopprimere il secondo ed il terzo periodo.
2. 114. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, secondo periodo, sostituire le parole da: il mutamento di mansioni fino a: codice civile con le seguenti: atti di mobbing, di demansionamento ovvero atti ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, ad eccezione dell'attribuzione a mansioni superiori.
2. 120. Simonetti, Molteni.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, secondo periodo, sopprimere le parole: ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile.
2. 113. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, secondo periodo, sostituire le parole: ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile con le seguenti: al di fuori delle specifiche competenze del segnalante.
2. 118. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, secondo periodo, sopprimere le parole da: nonché fino alla fine del periodo.
2. 111. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, secondo periodo, dopo la parola: discriminatoria aggiungere le seguenti: diretta o indiretta.
2. 164. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, dopo il secondo periodo aggiungere il seguente: È ammesso, a parità di mansioni, lo spostamento ad altra sede dell'organizzazione del segnalante o ad altro reparto dell'impresa.
2. 115. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, sopprimere il terzo periodo.
2. 105. Marotta, Causin, Sammarco, Pizzolante, Adornato, Pagano, Tancredi.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, sostituire il terzo periodo con il seguente: È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.
2. 168. Ferranti, Incerti, Moretto, Gadda, Giovanna Sanna.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso 2-quater, terzo periodo, sopprimere le parole da: In tali casi fino a: misure adottate.
2. 112. Marotta.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, terzo periodo, sostituire le parole da: quando risultano fino alla fine del periodo, con le seguenti: spetta al segnalante l'onere di allegazione della segnalazione, mentre spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto o fatto di natura ritorsiva o discriminatoria, diretta o indiretta, effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
2. 165. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, sostituire il terzo periodo con il seguente: È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.
2. 165.(Testo modificato nel corso della seduta) Agostinelli, Colletti.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso 2-quater, terzo periodo, sopprimere le parole: quando risultano elementi di prova della natura ritorsiva e discriminatoria delle misure adottate.
2. 158. Agostinelli, Colletti.

  Al comma 1, capoverso 2-quater, terzo periodo, sostituire le parole da: spetta al datore di lavoro fino alla fine del periodo con le seguenti: spetta al segnalante l'onere della prova della sussistenza dei motivi ritorsivi o discriminatori del licenziamento.
2. 116. Marotta.

  Al comma 1, dopo il capoverso 2-quater aggiungere il seguente:
  2-quinquies. Le segnalazioni non possono compromettere il buon andamento e le attività in corso dei soggetti di cui all'articolo 1 del presente decreto legislativo, sino all'avvio dell'eventuale procedimento giudiziario o amministrativo.
2. 119. Marotta.

  Al comma 1, dopo il capoverso 2-quater aggiungere il seguente:
  2-quinquies. Al giurista d'impresa o comunque al soggetto incaricato dall'ente di valutare le segnalazioni di cui al comma 2-bis del presente articolo si applicano le garanzie previste dall'articolo 103 del codice di procedura penale.
*2. 106. Marotta.

  Al comma 1, dopo il capoverso 2-quater aggiungere il seguente:
  2-quinquies. Al giurista d'impresa o comunque al soggetto incaricato dall'ente di valutare le segnalazioni di cui al comma 2-bis del presente articolo si applicano le garanzie previste dall'articolo 103 del codice di procedura penale.
*2. 121. Matarrese, D'Agostino, Galgano, Vargiu, Vecchio.

  Al comma 1, dopo il capoverso 2-quater aggiungere il seguente:
  2-quinquies. In nessun caso il diritto di effettuare segnalazioni di reati o illeciti può essere limitato mediante l'applicazione di clausole contrattuali. Nel caso di violazione le suddette clausole sono nulle.
2. 159. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, dopo il capoverso 2-quater aggiungere il seguente:
  2-quinquies. Qualora si riveli fondata la segnalazione da parte del dipendente, allo stesso sono riconosciute forme di premialità, anche in relazione alla valutazione della professionalità secondo i rispettivi ordinamenti, da definirsi in sede contrattuale. In ogni caso, ai segnalanti che denuncino reati o irregolarità che comportino un danno erariale ovvero comportino il recupero da parte dello Stato di somme conseguenti agli accertamenti o alla condanna definitiva, è attribuita, in parti eguali, una somma di denaro, a titolo di premio, di importo compreso tra il 5 ed il 15 per cento della somma in questione. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari per l'attuazione di quanto disposto dal presente comma.
2. 160. Agostinelli, Bonafede, Colletti, Ferraresi, Sarti.

  Al comma 1, dopo il capoverso 2-quater aggiungere il seguente:
  2-quinquies. Il dipendente può effettuare la segnalazione anche tramite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative da lui indicate, ovvero tramite le associazioni anticorruzione che abbiano fatto esplicita richiesta di riconoscimento e che l'ANAC l'abbia accettata.
2. 127. Mattiello.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applica esclusivamente alle società che fanno ricorso al capitale di rischio e alle loro società controllanti.
2. 125. Mazziotti Di Celso, Matarrese, Galgano.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Nel settore privato, le disposizioni di cui al comma 1 si applicano esclusivamente alle aziende con più di quindici dipendenti.
2. 126. Antimo Cesaro, Palladino, Monchiero.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Le disposizioni di cui ai commi 2-ter e 2-quater dell'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, introdotti dal comma 1 del presente articolo, non si applicano alle piccole e medie imprese con meno di 50 dipendenti.
2. 124. Marotta.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Le disposizioni di cui ai commi 2-ter e 2-quater dell'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, introdotti dal comma 1 del presente articolo, non si applicano ai prestatori d'opera delle imprese individuali.
2. 123. Marotta.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 3. – (Istituzione del Fondo di solidarietà per i segnalanti vittime di discriminazioni o ritorsioni) – 1. Il segnalante di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e di cui all'articolo 6, comma 2-bis, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che subisce ovvero ha subito un atto o fatto di natura ritorsiva o discriminatoria, diretta o indiretta, in conseguenza di una segnalazione che si riveli fondata, ha diritto alla refusione di qualsiasi conseguente spesa sostenuta, ivi incluse quelle per la tutela legale, nonché al risarcimento dei derivanti danni patrimoniali e non patrimoniali.
  2. Ai fini di quanto disposto dal comma 1, è istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica il «Fondo di solidarietà per i segnalanti vittime di discriminazione o ritorsioni». Tale Fondo è alimentato da un contributo determinato sulla base di una percentuale non inferiore al 10 e non superiore al 30 per cento calcolato sulle somme recuperate dall'erario a seguito di condanna definitiva della Corte dei Conti, per condotte illecite che cagionino danno erariale o all'immagine della pubblica amministrazione successiva alla segnalazione. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono emanate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari per l'attuazione di quanto disposto dal presente comma.
2. 01. Agostinelli, Colletti.

  Sostituire il titolo con il seguente: Disposizioni per il contrasto della illegalità nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.
Tit. 1. Antimo Cesaro, Palladino.

A.C. 3365-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il segnalante oggetto di tutela del presente provvedimento, che ha effettuato una segnalazione rivelatasi fondata e che per essa è stato fatto oggetto di atti di natura ritorsiva, è sovente tenuto a sostenere costi, anche di carattere non economico, al fine di poter far valere il proprio diritto – tutelato dalla legge – di non vedersi discriminato;
    in ragione di quanto premesso si ravvisa la necessità, in favore dei predetti soggetti, di ideare apposite forme di sostegno economico tali da rifondere il segnalante di qualsiasi spesa sostenuta, ivi incluse quelle per la tutela legale, nonché al risarcimento dei derivanti danni patrimoniali e non patrimoniali,

impegna il Governo

a istituire un Fondo di solidarietà per i segnalanti vittime di discriminazioni o ritorsioni in favore di coloro che subiscono ovvero hanno subito un atto o fatto di natura ritorsiva o discriminatoria, diretta o indiretta, in conseguenza di una segnalazione che si riveli fondata.
9/3365-A/1Agostinelli, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento appena votato prevede che il lavoratore che denuncia in buona fede al responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente oppure all'Autorità nazionale anticorruzione, all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro non può essere, per motivi collegati alla segnalazione, soggetto a sanzioni, licenziato o sottoposto a misura comunque discriminatoria che abbia effetto sulle condizioni di lavoro;
    la normativa approvata però, non tiene conto di un ulteriore concetto giuridico considerato nei Paesi che hanno adottato provvedimenti simili. Si tratta dei cosiddetti «ragionevoli motivi». Una segnalazione, infatti, dovrebbe essere fatta non solo in buona fede ma anche per ragionevoli motivi. Questo significa che, oltre l'elemento soggettivo, rappresentato dalla buona fede cioè la predisposizione d'animo con cui si segnala che non deve essere fatta per motivi di diffamazione, calunnia o interessi concomitanti e confliggenti, rileva anche l'elemento oggettivo, cioè le ragioni che inducono il lavoratore a fare la segnalazione, ovvero i motivi;
    il segnalante deve poter essere garantito anche quando la sua segnalazione si basi su elementi di ragionevolezza. Ovvero, se ci fosse stata un'altra persona al suo posto, si presume che avrebbe rilevato, a seguito dell'acquisizione delle informazioni, la stessa sensazione di «pericolo» o di «illiceità» del comportamento. Sta in questo l'elemento oggettivo che non è stato previsto nel provvedimento approvato,

impegna il Governo

a considerare l'ipotesi di inserire, con i prossimi provvedimenti legislativi utili, delle tutele analoghe a quelle approvate anche per il lavoratore che segnali fatti non solo in base al principio di buona fede ma anche in base all'ulteriore principio giuridico rappresentato da ragionevoli motivi che lo inducano a segnalare condotte che suppone siano illecite in base al principio di ragionevolezza perché potenziali cause di frode, pericolo o altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell'impresa o ente pubblico e per questo decida di segnalarla, senza subire sanzioni, licenziamenti o essere sottoposto a misura comunque discriminatoria che abbia effetto sulle condizioni di lavoro.
9/3365-A/2Matarrelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame «disposizioni per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità, affida all'Anac, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, la predisposizione di linee guida per la presentazione e gestione delle segnalazioni che garantiscano la riservatezza del dipendente segnalante;
   in questo contesto con il provvedimento vengono affidati all'Anac una serie di delicati e importanti nuovi compiti e prerogative in merito all'attività istruttoria, di accertamento e sanzionatoria in ordine ai procedimenti di competenza;
   che la certezza dei tempi di svolgimento degli accertamenti di competenza dell'Anac rappresenta anche una garanzia a tutela degli eventuali abusi che vedano una proliferazione di segnalazioni strumentali ed infondate,

invita il Governo

a valutare la possibilità di fornire all'Anac tutti i mezzi necessari, ivi compreso l'eventuale potenziamento delle strutture necessarie, utili per svolgere al meglio i nuovi e delicati compiti affidati dal provvedimento in esame.
9/3365-A/3Gregorio Fontana.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi in merito al possibile affidamento dei sistemi informativi di sicurezza ad aziende private e all'eventuale nomina di Marco Carrai a capo di un'agenzia per la cybersecurity – 3-01935

   SCOTTO, FERRARA, FRANCO BORDO, FASSINA, AIRAUDO, FAVA, PLACIDO, GREGORI, RICCIATTI, D'ATTORRE, MARCON, CARLO GALLI, DURANTI, PIRAS, FOLINO, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, ZACCAGNINI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del Ministero dell'interno è stato pubblicato un link ove si legge che nel corso di una giornata di studio organizzata presso la sede romana del Cnr, che ha visto la partecipazione della Polizia di Stato, sono stati affrontati i temi del controllo delle reti di comunicazione a fini della sicurezza senza violare la privacy, la natura libera del web, il legame fra antispionaggio industriale e strategie antiterrorismo e, infine l'impatto su cloud e big data. La cybersecurity, infatti, sta assumendo sempre maggiore rilievo e anche dagli interventi degli esperti che hanno preso parte alla giornata sarebbe emersa l'importanza di rafforzare il rapporto tra l'industria, le istituzioni ed il mondo della ricerca;
   per Cristiano Radaelli – presidente dell'associazione confindustriale del settore ict ed elettronica di consumo – le informazioni, assieme al capitale umano, sono il patrimonio principale di imprese ed organizzazioni. Per questo la loro gestione e la loro sicurezza rappresentano una priorità che, nell'era dell’internet of everything, si traduce nell'esigenza di valorizzare sempre più figure professionali come data scientist, chief technology officer, sviluppatori mobili, big data architect. A livello europeo, le professioni ict sono date in crescita del 27 per cento. Il mercato della sicurezza informatica, in particolare, è fiorente ed è destinato a crescere da 75 miliardi di dollari di valore generato nel 2015 a 170 nel 2020. Più di 209.000 posti di lavoro nel campo della sicurezza informatica negli Stati Uniti sono attualmente vacanti e si prevede che la domanda mondiale sarà di 6 milioni entro il 2019, con un deficit previsto di 1,5 milioni. Per questo, l'emergere dirompente del tema della cybersecurity rende ancora più evidente questo scenario;
   il capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa, intervenuto all'evento, ha evidenziato come la complessità della tematica della cybersecurity impone oggi un inevitabile sforzo sinergico per soddisfare la quotidiana esigenza di sicurezza informatica. Per questo motivo la Polizia di Stato ha avviato una serie di collaborazioni per creare una rete di partnership, mettendo a disposizione la propria competenza esclusiva del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (C.n.a.i.p.c.), quale organo di eccellenza per la fornitura dei servizi di sicurezza per le infrastrutture critiche;
   in questi ultimi giorni è poi apparsa sulla stampa nazionale la notizia dell'intenzione da parte del Governo di affidare di fatto ad aziende private settori delicatissimi per la sicurezza del Paese, come quello della lotta contro gli hacker e il phishing, avviando un preoccupante processo di privatizzazione degli apparati di sicurezza, che culminerebbe addirittura con l'istituzione di una vera e propria agenzia per la sicurezza informatica creata ad hoc, con a capo uno degli esponenti di spicco del panorama imprenditoriale italiano, amico del Presidente del Consiglio dei ministri e finanziatore del Partito democratico, Marco Carrai;
   Marco Carrai è anche fondatore della Cys4, un'azienda che si occupa proprio di sicurezza informatica e, in particolare, come riportato nello statuto della stessa azienda, di «prestazione in Italia e all'estero di servizi di progettazione, assistenza, consulenza, nonché della vendita di prodotti inerenti agli ambiti della sicurezza fisica e della sicurezza logistica», oltre alla «consulenza di information technology». Questa circostanza, a parere degli interroganti, farebbe emergere un chiaro conflitto di interessi tra la figura di Carrai imprenditore nel mondo della sicurezza cibernetica e quella di responsabile della sicurezza informatica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   infine, non si comprende se il futuro ruolo di responsabile della cybersicurezza sia un incarico tecnico o politico, se la nuova struttura sarà incardinata all'interno del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, se sarà alle dipendenze del Sottosegretario con delega alla sicurezza nazionale o se dipenderà direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri. Non è chiaro se sarà una struttura autonoma che dovrà coordinare e controllare il lavoro delle pubbliche amministrazioni e quello dei gestori delle reti telematiche e se vi è il rischio che tale struttura si sovrapponga o raddoppi le competenze dei servizi di sicurezza;
   quanto precede appare di eccezionale gravità se si considera che tutte le attività connesse ai sistemi di informazione per la sicurezza sono sottoposte da sempre a una serie di verifiche da parte di organismi di controllo di natura pubblica per garantire che tutto avvenga nel rispetto della Costituzione e delle leggi, nell'esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni –:
   se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e quali elementi di chiarificazione intenda fornire al Parlamento, per quanto di competenza, in merito al possibile affidamento dei sistemi informativi di sicurezza in capo ad aziende private e la nomina di Marco Carrai a capo di un'agenzia per la cybersecurity, nonostante i profili di palese conflitti di interesse che potrebbero caratterizzare nel caso l'esercizio di tale attività. (3-01935)


Iniziative a favore degli idonei iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per la scuola dell'infanzia, ai fini dell'esaurimento delle graduatorie concorsuali e dell'assunzione a tempo indeterminato – 3-01936

   CENTEMERO e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella legge 13 luglio 2015, n. 107, è stabilito che coloro che risultano inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di merito, di cui al comma 96 sono «assunti a tempo indeterminato, nel limite dei posti di cui al comma 95: a) i soggetti iscritti a pieno titolo, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012, per il reclutamento di personale docente per le scuole statali di ogni ordine e grado; b) i soggetti iscritti a pieno titolo, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, esclusivamente con il punteggio e con i titoli di preferenza e precedenza posseduti alla data dell'ultimo aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, avvenuto per il triennio 2014-2017», risultando destinatari del piano straordinario di assunzioni di cui al comma 95;
   nel corso dell'esame del provvedimento in prima lettura alla Camera dei deputati il testo del Governo è stato modificato, prevedendo che fossero oggetto di contratto di assunzione a tempo indeterminato non solo vincitori del concorso, bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012, ma anche tutti gli idonei, ossia coloro che risultavano inseriti nelle graduatorie di merito del sopraddetto concorso in base al testo unico. Non esistevano «vincitori», per il testo unico, ma una graduatoria di merito di durata almeno triennale dalla quale attingere la metà dei posti autorizzati per le assunzioni. Pertanto, gli idonei delle graduatorie di merito del concorso 2012 di tutti gli altri gradi ed ordini di scuola sono, invece, stati inseriti nel piano straordinario di assunzioni, come previsto dalla lettera a) del comma 96 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015;
   la legge n. 107 del 2015 non prevede per i docenti della scuola dell'infanzia il potenziamento dell'organico, in grado di assorbire i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e i soggetti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso, bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012. I docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, sono di fatto stati esclusi da esso;
   il Governo, nell'imminente concorso a cattedra, che doveva essere bandito entro il 1o dicembre 2015, ritiene che il fabbisogno dell'organico della scuola dell'infanzia nei prossimi tre anni sarà composto da 6.800 docenti. Ad oggi, è emerso che i circa 15.000 docenti di scuola dell'infanzia che hanno prodotto domanda di partecipazione al piano straordinario di assunzioni sono stati letteralmente posti in stand-by in attesa della delega che servirà a riformare il segmento scolastico da 0 a sei anni;
   le graduatorie di merito per il 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia; inoltre, va sottolineato che in Sicilia e in Lazio dette graduatorie sono state pubblicate nel 2014 e nel complesso sono presenti soltanto 2.129 candidati. In base al testo unico le graduatorie di merito hanno decorrenza triennale e, alle immissioni 2016/2017, tali graduatorie di merito entreranno nel terzo anno di validità;
   i docenti hanno superato un concorso ritenuto tra i più difficili, sottoponendosi ad una prova preselettiva, una prova scritta e, infine, una prova orale resa pubblica appena 24 ore prima di sostenerla. Infatti, su 321.000 candidati soltanto il 7 per cento ha superato tutte e tre le prove, dimostrando competenze linguistiche, informatiche, pedagogiche, didattiche;
   ci si trova di fronte ad una disparità di trattamento che potrebbe dar vita ad un contenzioso per l'amministrazione;
   il bando del concorso scuola 2016 avrebbe dovuto essere emanato entro il 1o dicembre 2015, secondo quanto stabilito dalla legge n. 107 del 2015. A tutt'oggi tale bando non è ancora stato emanato ed il ritardo del bando potrebbe determinare uno slittamento dello svolgimento del concorso e dunque delle relative nelle assunzioni che sono previste per l'anno scolastico 2016/2017 e potrebbero effettuate solo nel successivo anno scolastico 2017/2018, il che comporterebbe un eventuale risparmio di spesa –:
   quali iniziative intenda mettere in atto in Ministro interrogato per i soggetti idonei, iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per la scuola dell'infanzia, ai fini dell'esaurimento delle graduatorie concorsuali e dell'assunzione a tempo indeterminato, in considerazione anche del fatto che il probabile slittamento di un anno delle assunzioni per il concorso 2016 determinerà risparmi di spesa, derivanti dalla parziale attuazione del piano assunzionale di cui al comma 201 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, risparmi che potrebbero essere utilizzati per l'immissione in ruolo, a decorrere dall'anno scolastico 2016-2017, anche dei soggetti iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per l'infanzia.
(3-01936)


Iniziative di competenza in ordine alle sanzioni applicate dal Corpo forestale dello Stato con riferimento ad errori formali presenti nei documenti di accompagnamento per il conferimento in discarica degli scarti di lavorazione del legno – 3-01941

   MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i giornali di giovedì 3 dicembre 2015 hanno riportato una notizia allarmante su un caso che mette in crisi l'industria del legno e dei mobili della provincia di Como, tradizionalmente all'avanguardia in questo settore;
   alle imprese che hanno conferito i propri rifiuti nella discarica di Cantù, gestita da Econord, sono state applicate dal Corpo forestale dello Stato multe pesantissime per errori formali nei documenti e nei formulari di accompagnamento degli scarti di lavorazione;
   inoltre, da quanto riportato dai giornali, il gestore della discarica sembra che non abbia segnalato errori;
   da quanto si apprende dalle aziende multate e dalle categorie del settore, per aver messo una crocetta fuori posto e per aver indicato l'orario di partenza sbagliati sul modulo è stata comminata una multa di 6.400 euro, ossia di 3.200 euro per ciascun errore formale;
   gli artigiani riferiscono che le sanzioni arrivano anche a 12 mila euro per errori formali nella compilazione dei formulari di conferimento in discarica degli scarti della lavorazione del legno; si tratta di sanzioni superiori a quanto previsto per l'abbandono di rifiuti;
   infatti, proprio per l'abbandono di rifiuti o per l'immissione di rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee, l'articolo 255 del codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro e, se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, il raddoppio della sanzione;
   i cittadini e le imprese sanzionate sono indignati dal comportamento degli agenti del Corpo forestale dello Stato che scoraggia implicitamente i cittadini dall'applicazione della legge; infatti, secondo gli interroganti si è verificata una situazione in cui le imprese oneste, che pagano per conferire i propri scarti di legno nelle discariche, vengono multate con cifre inique per sbagli formali compilando i formulari, mentre quelle disoneste che buttano i rifiuti per strada o nei boschi, commettendo gravi illeciti ambientali, non vengono nemmeno ricercate;
   secondo gli interroganti, un simile comportamento da parte delle autorità di controllo danneggia l'ambiente invece che tutelarlo;
   in questo caso, inoltre, ad essere colpito è un settore artigianale importantissimo per l'economia del Paese, essendo il distretto del mobile della Brianza un'eccellenza in specializzazione e produzione di qualità, con un alto potenziale creativo del sistema produttivo e indiscusse competenze tecniche e professionali;
   nella seduta n. 542 dell'Assemblea della Camera dei deputati, martedì 22 dicembre 2015, il Governo, rappresentato dal Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Silvia Velo, ha accolto l'ordine del giorno n. 9/2093-B/35 sul medesimo argomento, che impegna il Governo «a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche avviando un'apposita indagine per accertare i motivi di quanto esposto nella premessa, adottando azioni precise per esonerare le imprese malcapitate da inique sanzioni, e, nel caso, correggere le norme che per inesattezze formali mettono in crisi le imprese oneste che conferiscono i propri rifiuti di lavorazione in discarica» –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda avviare un'apposita indagine ministeriale per accertare i motivi di quanto esposto nella premessa e per accertare la regolarità dei procedimenti amministrativi eseguiti dal Corpo forestale dello Stato, anche allo scopo di evitare che in futuro si verifichino casi come quello descritto in premessa in cui, per un'errata compilazione dei formulari, siano applicate inique sanzioni che mettono in crisi le imprese oneste che conferiscono i propri rifiuti di lavorazione in discarica, verificando, inoltre, la possibilità di prevedere una moratoria sulle sanzioni comminate fino al chiarimento del caso e/o alla modifica delle norme. (3-01941)


Iniziative per risolvere le problematiche gestionali dell'Istituto mediterraneo di ematologia e garantire il proseguimento delle attività di tale Istituto – 3-01937

   GALGANO e MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la talassemia è una malattia mortale del sangue di natura genetica: nel mondo sono 500 mila i malati, 100 mila i nuovi nati all'anno e 50 mila i morti. L'1,5 per cento della popolazione mondiale (100 milioni di persone) è portatore sano. Con l'aumento della popolazione, la talassemia nei prossimi decenni è considerata dall'Organizzazione mondiale della sanità una bomba a orologeria;
   la malattia consiste nella mancanza di emoglobina nel sangue, che serve per portare l'ossigeno nel corpo. Si diagnostica nel primo anno di vita e l'unico modo di rimanere vivi sono trasfusioni di sangue ogni mese (dopo qualche anno spesso si passa a 2 volte al mese); purtroppo, ogni trasfusione rimette a posto l'emoglobina, ma fornisce il ferro di cui il corpo ha bisogno per un anno, quindi vanno poi presi ogni giorno dei farmaci che rimuovono il ferro in eccesso (iron chelation therapy), ma non tutto il ferro in eccesso si riesce a rimuovere;
   l'unica cura definitiva che esiste è il trapianto di midollo osseo (che con varianti al protocollo si usa anche per altre 50 malattie, fra cui, fra le più conosciute, la leucemia), che in inglese si chiama bone marrow tramplantation (bmt);
   l'Istituto mediterraneo di ematologia (Ime) fu istituito nel 2003 su iniziativa del Ministero della salute, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero dell'economia e delle finanze e della regione Lazio. La sua mission, come si legge sul sito web della fondazione, è quella di «realizzare una rete sanitaria internazionale a favore di Paesi dove le malattie ematologiche rappresentano un diffuso problema sanitario e sociale, portando avanti un progetto internazionale di cura, formazione, ricerca e trasferimento di know-how nel campo delle malattie ematologiche e della talassemia in particolare». L'area di intervento primaria dell'Istituto mediterraneo di ematologia è sempre stato il bacino del Mediterraneo verso il quale si è posto come un centro di eccellenza e di alta specializzazione;
   l'Istituto mediterraneo di ematologia è stato già sotto il mirino della spending review nel 2012, quando rischiò di essere soppresso perché classificato tra gli enti inutili, anche in considerazione dei rilevanti costi di governance non coerenti con le dimensioni dell'istituzione;
   a partire dal 2004 l'Istituto mediterraneo di ematologia svolge la sua attività terapeutica presso il Policlinico di Tor Vergata, ma in locali ottenuti in affitto, la cui conduzione verrà a cessare il 31 dicembre 2015, a seguito dello sfratto disposto dal locatore a causa della morosità dell'ente che si è concretizzata in un debito di 6 milioni di euro;
   le difficoltà economiche rischiano di travolgere un'istituzione che, dal punto di vista medico-professionale, ha ottenuto risultati straordinari. Alla guida dell'Istituto mediterraneo di ematologia ci sono il professor Guido Lucarelli e Pietro Sodani. Il primo è considerato il più grande esperto al mondo di trapianto di midollo osseo per la talassemia: ha pubblicato oltre 300 articoli scientifici su questo tema e ha fatto (con il suo staff) oltre 1.500 trapianti (circa la metà del totale eseguito a livello mondiale per la talassemia). Pietro Sodani ha messo a punto le modifiche al protocollo di trapianto inventato da Lucarelli per usare la madre come donatore non compatibile. Protocollo che, se venisse ulteriormente migliorato, potrebbe salvare ancora più vite a moltissimi bambini nel mondo. In 15 anni Sodani ha fatto oltre 400 trapianti (fra donatore compatibile e non compatibile) e ha pubblicato oltre 40 articoli scientifici sulle più prestigiose riviste scientifiche del mondo;
   tutto ciò a dimostrazione del fatto che ci sono professionalità importanti che operano all'interno dell'istituto che vanno tutelate indipendentemente dal destino dell'ente e della fondazione, preservando l'attività clinica e di ricerca dei medici e dei loro collaboratori, dal momento che danno lustro e prestigio all'Italia;
   inoltre, per motivi burocratici, ad oggi l'Istituto mediterraneo di ematologia non può sottoporre a trapianto i bambini italiani e ogni mese ci sono genitori che si rivolgono alla struttura e che devono sentirsi dire che i loro figli non possono essere ammessi al protocollo che, ad oggi, rappresenta la sola cura esistente al mondo;
   a parere degli interroganti sarebbe auspicabile la soppressione dell'ente e l'assegnazione delle attività, con il conseguente trasferimento del personale ad esse dedicato, ad una azienda ospedaliera o ad un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico operanti nell'ambito del servizio sanitario nazionale che abbia caratteristiche organizzative e know-how scientifico adeguati e coerenti –:
   quali urgenti iniziative intenda intraprendere per risolvere in via definitiva le problematiche gestionali dell'Istituto mediterraneo di ematologia e garantire, nel contempo, il proseguimento delle attività diagnostico-terapeutiche a favore dell'utenza italiana e straniera e la valorizzazione del rilevante know-how scientifico ad essa collegato. (3-01937)


Misure a favore delle farmacie rurali, con particolare riferimento all'aggiornamento dei parametri per il calcolo delle quote trattenute dal Servizio sanitario nazionale a titolo di sconto – 3-01938

   PLANGGER, ALFREIDER, GEBHARD, SCHULLIAN, OTTOBRE e MARGUERETTAZ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le farmacie rurali e nelle isole minori, che oggi sono oltre 6.000, oggi sono a rischio di sopravvivenza a fronte della crisi e di una normativa relativa ai fatturati non aggiornata all'andamento della vita secondo gli indici Istat;
   queste farmacie, per la loro ubicazione in piccoli agglomerati, hanno un'importante funzione sociale, in quanto rappresentano spesso l'unico presidio sanitario esistente sul territorio, dove solitamente opera un professionista laureato, a disposizione degli utenti 24 ore al giorno per 365 giorni l'anno;
   la farmacia rurale, infatti, è presente anche nelle zone prive di molti servizi pubblici, quali l'ufficio postale, le scuole, una caserma dei carabinieri, ed è proprio in queste realtà che il cittadino trova nel farmacista il sanitario in grado di assicurargli senza ritardo non solo tutti i medicinali di cui ha necessità, ma anche gli eventuali interventi di primo soccorso;
   il farmacista rurale, per di più, vive una situazione imprenditoriale caratterizzata da un forte impegno sotto il profilo finanziario, in quanto le difficoltà di rifornimento impongono la necessità di dotare la farmacia di ingenti scorte di medicinali per far fronte, immediatamente, alle richieste dei malati;
   nella provincia autonoma di Bolzano, l'azienda sanitaria qualche mese fa ha individuato, con un decreto (decreto del direttore ospedali di ripartizione n. 6964 del 27 maggio 2015), le farmacie con diritto allo sconto previsto dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, e della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
   l'azienda sanitaria, così facendo, ha cambiato i parametri di riferimento e messo in difficoltà, in particolare, le piccole farmacie rurali che sono di massima utilità proprio nelle zone disagiate, lontane dai centri urbani e delle strutture sanitarie pubbliche;
   il nuovo calcolo del fatturato, in base ai nuovi parametri, ha avuto come risultato che circa 10 farmacie rurali, di cui 4 con presidi farmaceutici, devono ora applicare sconti all'azienda sanitaria dal 6 per cento al 21,25 per cento, anziché dell'1,5 per cento, con una differenza annuale di fatturato per farmacia di circa – 20.000 euro;
   tale ribasso, insieme al mancato aggiornamento degli importi relativi al fatturato sulla base degli indici Istat dal 1996 ad oggi, com’è immaginabile, non è indifferente per le ditte coinvolte e, proprio nel caso dei presidi farmaceutici, potrebbe comportare la loro chiusura –:
   se ritenga possibile aggiornare gli importi relativi al fatturato delle farmacie rurali sulla base dell'adeguamento degli indici Istat dal 1996 ad oggi e, contestualmente, introdurre un criterio in base al quale non si faccia concorrere il fatturato del dispensario con il fatturato della farmacia principale ad esso connessa con riferimento agli sconti da applicare, al fine di salvaguardare la sopravvivenza delle farmacie rurali stesse. (3-01938)


Elementi ed iniziative di competenza in merito all'assistenza pediatrica ospedaliera in Campania – 3-01939

   TAGLIALATELA e RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in questo periodo negli ospedali napoletani si registrano forti criticità legate al picco di persone che hanno contratto forme influenzali, che interessano un numero elevato di bambini;
   l'ospedale pediatrico Santobono di Napoli è interessato da un notevole incremento di richieste di intervento per assistenza sanitaria e ogni giorno vi sono centinaia di persone che si rivolgono al pronto soccorso della predetta struttura;
   proprio in ragione della grande richiesta l'ospedale Santobono non riesce a garantire un'assistenza adeguata e puntuale;
   nel corso degli anni è stato attuato un continuo depotenziamento dell'assistenza pediatrica nella città di Napoli, prima con la chiusura del padiglione di pediatria all'ospedale Cardarelli e, successivamente, con la chiusura del servizio di accettazione H24 dell'ospedale pediatrico Annunziata, quest'ultimo facente parte della medesima azienda sanitaria dell'ospedale Santobono;
   in particolare, l'ospedale Annunziata era stato accorpato all'azienda ospedaliera Santobono-Pausilipon per costituire il polo pediatrico della città di Napoli e, invece, proprio a seguito di questo accorpamento e per decisione dell'attuale direttore generale, si è visto sottrarre una serie di servizi e professionalità trasferite al nosocomio Santobono;
   il precedente commissario per la sanità della regione Campania, con proprio decreto, aveva disposto il trasferimento dell'ospedale Annunziata all'azienda sanitaria locale Napoli 1 con l'intento di rafforzare l'assistenza sanitaria pediatrica nel centro storico di Napoli attraverso l'incremento dei servizi territoriali di base;
   a tutt'oggi il predetto decreto non ha trovato attuazione, mentre continua il depotenziamento dell'ospedale Annunziata a favore della struttura ospedaliera del Santobono;
   per effetto delle criticità emerse durante il decennio 2000-2010, per la gestione della sanità in Campania è stato disposto un regime commissariale ancora in essere, anche per quanto attiene al piano ospedaliero;
   ogni decisione circa la riduzione dell'offerta di assistenza pediatrica in Campania deve essere valutata anche dall'attuale commissario;
   sarebbe opportuno ampliare l'offerta di assistenza pediatrica in Campania, restituendo all'ospedale Annunziata lo storico ruolo di presidio ed istituendo, data la sua particolare posizione all'interno della città di Napoli, presso di esso un punto di pronto soccorso –:
   se il Governo, tramite il commissario recentemente nominato, abbia autorizzato tali interventi, che, con la riduzione dell'assistenza pediatrica ospedaliera, mettono a rischio la salute dei bambini campani. (3-01939)


Iniziative volte a garantire l'accesso al farmaco Avastin per il trattamento del carcinoma ovarico platino-resistente – 3-01940

   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il carcinoma ovarico platino-resistente è una condizione patologica a prognosi infausta che in Italia interessa ogni anno circa 500 donne;
   tutti i trattamenti valutati fino ad oggi hanno mostrato scarsissima efficacia nei confronti di questa patologia, per la quale non ci sono standard of care di documentata oggettività. La sopravvivenza per le donne affette da carcinoma ovarico platino-resistente è attualmente di circa 12 mesi e le terapie disponibili sono riconducibili alla classe delle terapie palliative, anche perché si limitano al controllo dei sintomi e al miglioramento della qualità di vita;
   per il trattamento del carcinoma ovarico platino-resistente la Commissione europea ha approvato il 31 luglio 2014, circa un anno fa, il bevacizumab, conosciuto con il nome di Avastin, e già rimborsato per il trattamento di altre forme di tumore;
   la Commissione europea ha basato le sue decisioni sui risultati dello studio di fase III Aurelia, in cui l'associazione di carcinoma ovarico platino-resistente alla chemioterapia ha dimostrato tre effetti di rilevante interesse: il raddoppio dell'età di sopravvivenza, lo «stop» alla progressione della malattia e un deciso miglioramento dei tassi di risposta rispetto alla sola somministrazione del chemioterapico;
   a questi tre effetti va aggiunto anche un deciso miglioramento della qualità di vita delle pazienti per un'effettiva e documentata riduzione della sintomatologia gastro-intestinale, che rappresenta una problematica estremamente invalidante per le donne affette da carcinoma ovarico platino-resistente;
   le principali linee guida internazionali in Europa e negli Usa, considerati gli effetti positivi del bevacizumab, ne raccomandano l'uso, dopo una procedura di valutazione accelerata dell'Fda (priority review);
   in Italia, dopo un anno dall'approvazione della Commissione europea non è ancora stata approvata la rimborsabilità del bevacizumab nel carcinoma ovarico platino-resistente, pur trattandosi di un farmaco che il servizio sanitario nazionale rimborsa in altre patologie specifiche; ovviamente a questo punto il costo del farmaco ricade direttamente sulle donne affette da carcinoma ovarico platino-resistente, con un effetto discriminante tra chi può permettersi di acquistarlo e chi no, tra le italiane e le altre donne europee;
   essendo stato l’Avastin, nome commerciale del bevacizumab, al centro di polemiche che nulla hanno a che vedere con il carcinoma ovarico platino-resistente, sarebbe davvero drammatico se l'onda lunga di quella questione ritardasse o impedisse ad almeno 500 donne ogni anno di potersi curare, migliorando in modo significativo la durata e la qualità della loro vita –:
   alla luce di quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato non intenda garantire l'accesso al farmaco anche in Italia, accelerando le procedure di rimborsabilità presso l'Agenzia italiana del farmaco, in modo da renderlo disponibile nel più breve tempo possibile a persone la cui aspettativa di vita è strettamente legata all'assunzione del farmaco. (3-01940)


Intendimenti del Governo in merito all'insediamento di una commissione di accesso presso il comune di Catania, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – 3-01942

   NUTI e GRILLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi elettivi e di governo del comune di Catania sono al centro delle cronache locali e nazionali per alcune vicende che hanno interessato la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, nonché la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presso l'Assemblea regionale siciliana;
   risulterebbe, dalla stampa, che «Cosa nostra» sarebbe riuscita ad infiltrarsi nell'appalto per la realizzazione del piano urbanistico attuativo a Playa, zona meridionale di Catania, per un investimento totale di circa 300 milioni di euro;
   la società che dovrebbe realizzare questo progetto, Stella polare s.r.l., sarebbe collegata alla criminalità organizzata, tramite i tre soci fondatori, l'imprenditore veronese Renzo Bissoli e i catanesi Salvatore Modica e Francesco Strano: l'imprenditore Bissoli, già condannato in primo grado a sette anni per bancarotta fraudolenta, vanta frequentazioni con Mariano Incarbone, imprenditore autonomista condannato in appello a cinque anni per associazione mafiosa, così come ricostruito nella sentenza che ha portato alla condanna in primo grado per concorso esterno alla mafia dell'ex presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo, accusato di essere stato il referente politico di una serie di appalti di interesse della criminalità organizzata, tra cui appunto il piano urbanistico attuativo; il catanese Modica è cognato di Giovanni Parisi, considerato un esponente del clan mafioso dei Laudani, che in passato avrebbe favorito la latitanza di Francesco Pistone, pregiudicato affiliato allo stesso clan; il catanese Strano avrebbe ricoperto ruoli all'interno della società Futuria costruzioni s.r.l., costituita dalla moglie di Francesco Guardo e madre di Michele Guardo, entrambi affiliati a Cosa nostra catanese e arrestati nel 2014 nel blitz antimafia «Caronte»;
   infine, ancora non si sa tramite quali fondi la società Stella polare s.r.l. finanzierà il progetto, in quanto le risorse sono generalmente indicate come «fondi esteri», senza specificazione alcuna;
   nel dicembre 2014 il consiglio comunale di Catania ha approvato con una forte maggioranza, nonostante i fatti di cui sopra, il piano urbanistico attuativo di Playa, disattendendo, tra l'altro, il parere fornito dal consiglio regionale dell'urbanistica della Regione siciliana, il quale chiedeva, tra l'altro, un alleggerimento della cementificazione all'interno del progetto;
   nell'aprile del 2013, il sindaco di Catania Bianco veniva intercettato telefonicamente in conversazione con l'imprenditore-editore Ciancio, il quale esprimeva la propria soddisfazione per una prima approvazione del piano urbanistico attuativo nell'aprile del 2013 da parte del consiglio comunale di Catania: all'epoca, Ciancio era sottoposto ad intercettazioni e vanta tutt'oggi forti interessi sulle aree investite dal piano urbanistico attuativo di Playa;
   a seguito di segnalazioni, la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presso l'Assemblea regionale siciliana aveva avviato un'indagine al fine di verificare eventuali infiltrazioni mafiose all'interno del consiglio comunale di Catania: le risultanze, secondo quanto emerge anche da fonti di stampa, descrivono legami, verificati o supposti, tra alcuni consiglieri e la criminalità organizzata, in particolare:
    a) il consigliere Riccardo Pellegrino (Popolo della libertà – opposizione) è fratello di Gaetano Pellegrino, arrestato ed indagato per indagato per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, uomo di fiducia di Nuccio Mazzei, capo dei Carcagnusi e figlio del boss Santo Mazzei; la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presso l'Assemblea regionale siciliana paventa il rischio di scambio elettorale politico-mafioso, visto il gran numero di voti ottenuti da Riccardo Pellegrino nel quartiere di San Cristoforo, noto per l'altissima densità criminale;
   b) Lorenzo Leone (Articolo 4 – maggioranza), presidente della sesta municipalità, è fratello di Gaetano Leone, coinvolto nell'operazione antimafia «Arcipelago» del 2001, con numerosissimi precedenti penali, tra cui anche estorsione e associazione criminale mafiosa, condannato in quanto esattore del pizzo del clan Santapaola proprio nel quartiere di Librino, all'interno della VI circoscrizione;
   c) Erika Marco (Il Megafono – maggioranza) è legata a Rosario Pantellaro, fratello di Giovanni Pantellaro, condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale ed oggi collaboratore di giustizia; inoltre, il padre, Fabio Marco, è stato imputato nel processo per le tangenti e le infiltrazioni mafiose nell'appalto per l'ospedale Garibaldi e poi prescritto e sarebbe stato indicato da pentiti e accusa come uomo-cerniera tra mafia e burocrati, mentre lo zio della consigliera, Francesco Marco, è a capo della società Icomit srl, di cui è socia Anna Gulisano, moglie di Saro Pantellaro, dipendente Multiservizi e fratello di Giovanni Pantellaro, pentito del clan Cappello detto «Giocattolo»;
   d) Salvatore Giuffrida (Tutti per Catania – opposizione), consigliere più votato, sarebbe stato vicino ad ambienti appartenenti alla criminalità del quartiere di Monte Po, ove il consigliere ha raccolto circa mille preferenze;
   e) Salvatore Spataro (Primavera per Catania – maggioranza) ha raccolto il maggior numero di preferenze nel quartiere di Librino, dove ha ottenuto la maggior parte dei voti;
   f) Alessandro Porto (Patto per Catania – maggioranza), al momento della candidatura, risultava indagato per l'accusa di voto di scambio nelle elezioni nazionali del 2006, dovuta alle dichiarazioni del pentito ed ex reggente del clan Cappello Gaetano D'Aquino, secondo il quale il consigliere si sarebbe mosso per l'elezione al Senato della Repubblica di Giovanni Pistorio (Mpa); tuttavia, le dichiarazioni di D'Aquino sono state comunque ritenute inattendibili e la posizione di Porto archiviata;
   g) Maurizio Mirenda (Grande Catania – opposizione), a maggio del 2013, qualche settimana prima delle elezioni comunali, viene monitorato dalla polizia etnea durante un incontro a casa di Nino Balsamo, allora agli arresti domiciliari e già sorvegliato speciale con precedenti per riciclaggio, furto aggravato e associazione a delinquere, nonché cognato di Orazio Privitera, boss del clan Cappello-Bonaccorsi;
   h) Francesco Petrina (Primavera per Catania – maggioranza), titolare dell’Etnabar, è stato indicato dall'ex governatore siciliano Raffaele Lombardo come il «Retina, Etnabar» a cui faceva riferimento il collaboratore di giustizia Vincenzo Pettinati, il quale, a questo proposito, parlava di metodi di scambio denaro-voti legati alle elezioni del 2008 –:
   se non ritenga che i fatti esposti in premessa, nel loro complesso, siano tali da gettare ombre pesanti sulla legalità e sulla trasparenza nell'amministrazione del comune di Catania, nonché sufficienti per avviare le procedure di insediamento di una commissione di accesso, ai sensi dell'articolo 143 testo unico degli enti locali, affinché possa esserne verificata ed accertata l'estraneità rispetto a condizionamenti da parte della criminalità organizzata.
(3-01942)


Iniziative di competenza volte a verificare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del comune di Quarto (Napoli), ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – 3-01943

   FIANO, FRANCESCO SANNA, FABBRI, PICCIONE, MARCO DI MAIO, GASPARINI, MIGLIORE, NACCARATO, TARTAGLIONE, MANFREDI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dai principali organi di informazione nazionali e locali, l'inchiesta condotta dalla procura di Napoli, avviata a seguito di un'autonoma indagine della locale direzione distrettuale antimafia, avrebbe fatto emergere preoccupanti evidenze del tentativo di condizionamento del voto nel corso delle elezioni del maggio 2015 per il rinnovo dell'amministrazione comunale del comune di Quarto (Napoli) da parte di ambienti e imprese legate alla camorra;
   il comune di Quarto è, ormai da settimane, al centro delle polemiche per l'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Napoli, che vede indagato l'ex consigliere del MoVimento 5 Stelle Giovanni De Robbio per tentata estorsione ai danni del sindaco e voto di scambio;
   in particolare, infatti, come emerso da intercettazioni telefoniche, tale azione di condizionamento del voto sarebbe intervenuta con più intensità in occasione del turno di ballottaggio che portò alla vittoria della candidata del MoVimento 5 Stelle, Rosa Capuozzo;
   l'imprenditore del settore delle pompe funebri Alfonso Cesarano, sospettato di essere legato al clan camorristico dei Polverino e recentemente citato dalle cronache quale organizzatore, nell'estate 2015, dei funerali di Vittorio Casamonica a Roma, nel corso delle citate intercettazioni telefoniche avrebbe dichiarato: «Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie di ottant'anni. Si devono portare la sopra, e devono mettere la X sul MoVimento 5 Stelle», e ancora: «L'assessore glielo diamo noi praticamente. E lui ci deve dare quello che noi abbiamo detto che ci deve dare. Ha preso accordi con noi. Dopo, così come lo abbiamo fatto salire, così lo facciamo cadere»;
   terminale degli interessi camorristici nel comune di Quarto sarebbe stato, dunque, Giovanni De Robbio, eletto consigliere nelle liste del MoVimento 5 Stelle, risultando il consigliere più votato, ed espulso dal Movimento il 14 dicembre 2015;
   il De Robbio, in più occasioni, avrebbe fatto pressione sul sindaco Rosa Capuozzo, facendo riferimento a fotografie aeree che evidenziavano un abuso edilizio nell'abitazione di proprietà del sindaco, senza che, stando alle cronache giornalistiche, quest'ultima ritenesse necessario denunciare l'accaduto alla magistratura;
   come si evince dall'indagine della procura di Napoli, uno dei settori di interesse degli ambienti camorristici di Quarto riguardava la gestione degli impianti sportivi della città: a tal fine rileva ricordare come la medesima procura avesse sequestrato la società sportiva di Castrese Parigliola, attualmente detenuto in «regime di 41-bis», affidando la squadra di calcio alla Sos Impresa; tuttavia, successivamente, il sindaco Capuozzo avrebbe deciso di affidare la gestione dell'impianto sportivo ad un'associazione locale, la Quartograd;
   da fonti giornalistiche si apprende che si è ufficialmente aperta l'indagine sugli abusi edilizi realizzati nella casa in cui il sindaco di Quarto, Rosa Capuozzo, vive con il marito;
   la procura ipotizza i reati di falso e abuso edilizio ed è proprio facendo leva sull'abuso edilizio che il consigliere comunale ex MoVimento 5 Stelle Giovanni De Robbio avrebbe tentato di ricattare la Capuozzo, mostrandole in tre circostanze la foto dell'area in cui si trova l'abitazione e una relazione tecnica risalente al settembre 2015;
   nell'indagine che vede De Robbio indagato per tentata estorsione aggravata, la sindaca Capuozzo è stata sentita nuovamente come teste;
   da quanto pubblicato da Il Corriere della Sera si apprende, inoltre, che nei verbali depositati dai pubblici ministeri titolari dell'inchiesta, il procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia di Napoli Giuseppe Borrelli e il sostituto Henry John Woodcock, Capuozzo, il sindaco, avrebbe affermato, in riferimento alle dinamiche politiche procurate dalla suddetta vicenda all'interno del proprio movimento di appartenenza, che «a Fico ho sempre detto che ritenevo il De Robbio operasse contro gli ideali del MoVimento 5 Stelle e ostacolasse la mia linea di non nominare in nessun ambito persone legate al territorio»; aggiungendo, inoltre, di avergli anche chiesto ripetutamente l'espulsione del consigliere (dimessosi successivamente, dopo aver saputo di essere sotto inchiesta) perché riteneva che De Robbio avesse «preso una posizione sicuramente contraria a quelle che erano le linee del movimento»: tale richiesta fu ribadita in un incontro tra Capuozzo e Fico avvenuto il 30 novembre 2014 e, dice il sindaco ai pubblici ministeri, «l'espulsione fu decretata il 14 o il 15 dicembre»; «Appena si concluse l'interrogatorio del 24 novembre informai l'onorevole Fico»;
   il primo cittadino avrebbe, sempre secondo quanto riportato dalla stampa, anche riferito che, quando De Robbio la avvicinó per la terza volta, spaventata, si rivolse a un tenente dei carabinieri chiedendogli se potesse essere utile registrare i colloqui con l'allora consigliere comunale, ricevendo una risposta affermativa, chiedendo ad un parente di regalarle una penna in grado di registrare;
   pur nel pieno rispetto del lavoro della magistratura e degli sviluppi che ne emergeranno, i suddetti fatti evidenziano un quadro preoccupante e gettano un'ombra molto pesante sui profili di legalità e trasparenza, nonché sulla serenità nell'esercizio della funzione amministrativa nell'ambito del comune di Quarto, attività che sembra essere pesantemente condizionata dalla presenza attiva e invasiva della criminalità organizzata –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, nel pieno rispetto del ruolo e del lavoro degli organi inquirenti, al fine di monitorare la gestione dell'amministrazione del comune di Quarto, nonché il relativo contesto socio-economico, eventualmente verificando se non sussistano le condizioni per attivare la procedura di cui all'articolo 143 del testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di procedere, ove ne ricorrano i presupposti, al suo commissariamento. (3-01943)


Iniziative di competenza per l'istituzione negli aeroporti di aree riservate per l'accoglienza delle salme dei cittadini deceduti all'estero – 3-01944

   SBERNA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel tempo in cui si vive, le persone viaggiano di più e spesso si trasferiscono a vivere in altri Paesi per lavoro o per altre esigenze; tra esse si annoverano coloro che, laici o religiosi, vanno in missione all'estero dedicando tutta la vita a beneficio di chi ha più bisogno di aiuto;
   in un mondo ormai quasi senza confini, il rischio che la morte sopravvenga in un Paese straniero è maggiore e le probabilità che questo accada aumentano laddove si vive come volontari e missionari nei cosiddetti Paesi a rischio. In questi casi la famiglia o la comunità religiosa si trovano ad affrontare una pesante situazione, non solo dal punto di vista emotivo, ma anche dal punto di vista economico e burocratico a causa delle complesse procedure da seguire per riportare il proprio caro defunto a casa;
   il trasporto transfrontaliero delle salme è regolato attualmente da due strumenti di diritto internazionale, l'accordo di Berlino del 10 febbraio 1937 e l'accordo di Strasburgo, concluso il 26 ottobre 1973 sotto gli auspici del Consiglio d'Europa, a cui solo una parte degli Stati membri ha aderito (l'Italia non è fra questi), che rivestono un carattere obsoleto sotto molteplici aspetti;
   per quanto riguarda la disciplina nazionale in materia essa è rintracciabile nel testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nel decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, recante approvazione del regolamento di polizia mortuaria, ma solo per quanto riguarda gli aspetti igienico-sanitari ed amministrativi, nonché nelle relative circolari interpretative del Ministero della sanità, la n. 24 del 24 giugno 1993 e la n. 10 del 31 luglio 1998;
   la quasi totalità degli scali aeroportuali italiani disciplina attraverso i singoli regolamenti di scalo unicamente l'imbarco e lo sbarco delle salme, ma non l'accoglienza delle stesse;
   la morte di un congiunto in un Paese lontano sottopone, dunque, i parenti a dolore aggiuntivo: accade, infatti, che, quando non si tratta di persone alle quali lo Stato offre una decorosa accoglienza, i congiunti sono sottoposti allo strazio di ritirare il feretro contenente le spoglie del proprio caro alla stregua di un pacco qualsiasi, con le relative operazioni di stivaggio, di carico e scarico su di un carrello e collocamento delle bare nei locali di smistamento delle merci. Solo nel caso di sbarco di salme maleodoranti o che presentano perdite di liquidi organici è prevista giustamente la collocazione in locali idonei per attuare gli eventuali interventi della cosiddetta sanità aerea. In tutti gli altri casi non sono previsti locali adeguati;
   il recupero della salma, simbolica ricongiunzione con il caro estinto, dovrebbe avvenire in un ambiente protetto, nel quale dovrebbe essere tutelata e rispettata la dignità di tutti. La vita di un uomo e la tutela della dignità anche nella morte, nonché il rispetto verso i congiunti, non possono e non devono essere riconosciute solo in casi particolari;
   la situazione sopra descritta ha assunto anche una rilevanza mediatica in seguito ad un articolo pubblicato il 17 marzo 2012 sulle pagine del Corriere.it, versione on line de Il Corriere della Sera, che denunciava nello scalo di Fiumicino la gestione delle salme poco rispettosa sia di chi è morto sia di chi attende il rientro delle salme;
   nell'articolo citato si denunciava, altresì, come quanto succedeva a Fiumicino riguardo all'accoglienza delle salme fosse una pratica comune in tutti gli scali aeroportuali italiani, ad eccezione di quelli di Venezia, Treviso e Trieste, che già all'epoca avevano a disposizione zone riservate per questo delicato compito;
   in un successivo articolo del 26 novembre 2012, il Corriere.it annunciava l'intervento dell'Enac (Ente nazionale aviazione civile) che in una circolare «invitava le direzioni aeroportuali ad organizzare zone riservate esclusivamente alle bare all'interno degli aeroporti»;
   a distanza di tre anni non risulta all'interrogante, che di recente ha potuto accertare di persona quanto avviene negli scali aeroportuali relativamente all'accoglienza delle salme, che sia stato dato seguito a quanto disposto dalla circolare dell'Enac sopra citata, della quale per la verità non è risultato possibile all'interrogante nemmeno rinvenire il testo –:
   quali tempestive iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, affinché le famiglie possano avere a disposizioni aree riservate negli aeroporti per l'accoglienza dei propri congiunti deceduti all'estero. (3-01944)


COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 86 DEL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, COME MODIFICATO DALL'ARTICOLO 2, COMMA 29, DELLA LEGGE 25 LUGLIO 2005, N. 150

Risoluzioni

   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   le approva.
(6-00190) «Verini, Marotta, Dambruoso, Piepoli, Di Lello, Locatelli, Alfreider».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   premesso che:
    l'attività normativa di questo Governo e di quello immediatamente precedente è stata, e sembra essere in futuro, incentrata esclusivamente su un sistema giuridico sempre più permissivo, composto da un lato, da un nutrito elenco di depenalizzazioni e, dall'altro, dall'aumento esponenziale delle misure premiali per i soggetti già condannati;
    negli ultimi quattro anni sono stati approvati ben cinque provvedimenti svuota carceri che di fatto hanno segnato la resa dello Stato di fronte alla necessità di riformare in modo organico il sistema della giustizia, concentrando il proprio interesse esclusivamente sull'individuazione di misure atte a far uscire dal carcere soggetti già condannati e in parte anche recidivi;
    l'obiettivo di carceri che garantiscano il rispetto della dignità delle persone recluse e la funzione rieducativa della pena come sancita dalla Costituzione, deve costituire uno degli sforzi primari che il nostro sistema giudiziario deve perseguire, ma non può essere ottenuta attraverso misure che facilitino l'uscita dal carcere dei condannati;
    occorre piuttosto intervenire attraverso il potenziamento delle strutture carcerarie, una riforma dell'istituto della carcerazione preventiva e accordi internazionali che permettano il trasferimento dei detenuti stranieri nei propri Paesi di origine ai fini dell'espiazione della pena;
    per quanto attiene al potenziamento delle strutture carcerarie, appare imprescindibile, nelle more dell'edificazione di nuovi edifici, la presa in utilizzo di tutti quelli già edificato con tale finalità ma inattivi a causa delle carenze di organico tra gli agenti di polizia penitenziaria, che già ora si trovano costretti a lavorare in condizioni difficilissime, sottoposti a turni massacranti e costretti ad operare in assenza dei requisiti minimi di sicurezza;
    per quanto attiene alla carcerazione preventiva, che fa sì che oltre il quaranta per cento dei reclusi – una percentuale quasi doppia rispetto a quella della media europea – sia in attesa di giudizio, le modifiche approvate sin qui si sono rivelate del tutto insufficienti, posto che le esigenze cautelari dovrebbero basarsi sull'evidenza delle prove e su acclarate condotte e, quindi, ancorate alla flagranza di reato;
    non ultima, la questione del trasferimento dei condannati nei propri Paesi di origine deve rappresentare un obiettivo da perseguire in ambito internazionale, che permetterebbe se compiutamente attuata la riduzione di almeno un terzo della popolazione carceraria;
    il Piano straordinario per le carceri, varato ben cinque anni fa e che prevedeva, a partire dal 2011, la realizzazione di diciotto nuove carceri «flessibili», vale a dire di prima accoglienza e a custodia attenuata, destinate a detenuti con pene lievi, otto delle quali sarebbero dovute sorgere in aree strategiche, portando complessivamente alla creazione di oltre ventimila nuovi posti negli istituti penitenziari e al raggiungimento di una capienza totale di ottantamila detenuti, continua ad essere largamente inattuato;
    le misure deflattive delle carceri così come realizzate sinora incidono in maniera profondamente negativa sulla certezza della pena e, con ciò, sulla percezione di sicurezza da parte dell'opinione pubblica;
    tra i fattori di allarme sociale, inoltre, si vanno ora ad aggiungere i timori legati al terrorismo internazionale di matrice islamica;
    il contrasto a questa nuova emergenza deve costituire un elemento fondamentale dell'attività del nostro sistema giudiziario nazionale e una priorità in ambito europeo e internazionale, dove solo la collaborazione tra procure e un continuo scambio di informazioni possono permettere un efficace coordinamento nella lotta al terrorismo;
    l'immigrazione clandestina mascherata dalle richieste di asilo sta determinando un'impennata nella quantità dei reati che non colpisce solo i cittadini comuni ma anche gli appartenenti alle Forze dell'ordine, oltre a rappresentare un ulteriore aggravio per la giustizia civile chiamata ad esaminare i ricorsi in materia di protezione internazionale;
    i decreti legislativi in materia di depenalizzazioni appena approvati hanno incluso due reati particolarmente pericolosi come la guida senza patente, che è la prima premessa delle morti in incidenti stradali e la prevenzione è il primo compito dello Stato, e gli atti osceni, una scelta del Governo che dopo i tragici avvenimenti di Colonia appare incredibile;
    in Italia la certezza del diritto e, di conseguenza, la consapevolezza del cittadino di poter ottenere ristoro laddove offeso o, viceversa, di essere punito laddove abbia commesso un reato, è minata alle fondamenta dalla lunghezza dei tempi dei processi, secondo il principio «giustizia ritardata è giustizia negata»;
    in egual misura la lunghezza dei tempi per risolvere contenziosi giudiziari comporta ricadute negative sull'economia, in particolar modo sotto il profilo della scarsa attrazione degli investimenti esteri;
    in base ad un censimento effettuato dallo stesso Ministero della giustizia meno di un anno fa nel settore penale sono oltre tre milioni e mezzo i fascicoli pendenti, di cui oltre il quaranta per cento è concentrato in primo grado, mentre l'arretrato civile conta oltre cinque milioni di affari pendenti, distribuiti tra tribunali ordinari, giudici di pace e Corti d'appello;
    come rilevato dal dipartimento dell'organizzazione della giustizia, la cronicizzazione delle disfunzioni dell'organizzazione e dell'amministrazione della giustizia trova le sue ragioni in numerosi fattori: piante organiche carenti, risorse materiali insufficienti, tasso di scopertura del personale amministrativo, e, non ultima, la diversa tipologia della criminalità nelle varie parti del Paese;
    inoltre, la Commissione per l'elaborazione di proposte e di interventi in materia di processo civile istituita presso il Ministero della giustizia nel maggio 2014 ha evidenziato come «negli ultimi quarant'anni gli interventi del legislatore sono stati numerosissimi e hanno inciso sul tessuto connettivo originario del codice di procedura civile, compromettendone l'organicità e la sistematicità»;
    il disegno di legge, di iniziativa governativa, scaturito dal lavoro di tale Commissione e che, stando alla sua relazione introduttiva si prefigge i due importanti obiettivi della comprensibilità e della speditezza del processo civile, giace da un anno presso la competente Commissione parlamentare della Camera;
    un ulteriore aspetto sul quale appare opportuno soffermarsi è quello della insufficiente tutela accordata dal nostro ordinamento alle vittime dei reati, in completa controtendenza all'evoluzione normativa internazionale ed europea;
    basti ricordare, in proposito, che l'Italia risulta attualmente messa in mora a seguito del procedimento di infrazione promosso a suo carico da parte della Commissione europea (2011–4147) per la «cattiva applicazione» della direttiva 2004/80/CE, che prevede che «tutti gli Stati membri provvedano a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime», nel caso in cui il condannato non abbia i mezzi per farlo;
    l'Italia non ha ancora firmato la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, firmata a Strasburgo il 24 novembre 1983 ed entrata in vigore il 1 febbraio 1998, che obbliga gli Stati contraenti a prevedere, nell'ambito delle legislazioni nazionali, un meccanismo di risarcimento per le vittime di infrazioni violente che hanno causato gravi lesioni corporali o il decesso,

impegna il Governo:

   a promuovere riforme normative organiche e a stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia;
   a dare completa attuazione al piano carceri, dando immediato avvio all'implementazione delle strutture esistenti e all'edificazione dei nuovi istituti, nonché provvedendo alla copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza;
   ad adottare le iniziative necessarie a ridurre il carico dei procedimenti pendenti, sia in ambito penale che in quello della giustizia civile;
   a conformarsi quanto prima alla normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, se del caso prevedendo anche una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza o alternativi alla detenzione, nonché ad assumere iniziative per modificare la disciplina inerente il pagamento delle spese giudiziarie nel senso che esse non possano più gravare sulle vittime o sulle loro famiglie;
   ad attivarsi in sede internazionale al fine di stipulare gli accordi necessari e far rispettare quelli già raggiunti, affinché la popolazione carceraria straniera attualmente detenuta in Italia possa essere rimpatriata per scontare la pena nel proprio Paese d'origine;
   ad operare affinché nel settore della giustizia penale siano preservati tutti i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini, sia dal lato della vittima sia dal lato dell'autore del reato, ed affinché nel settore della giustizia civile si possa garantire ai cittadini il tempestivo soddisfacimento dei propri diritti e alle imprese la capacità di affrontare una causa senza doverne subire danno in termini di competitività;
   ad elaborare misure efficaci ed incisive di contrasto al terrorismo internazionale, sia mediante l'adozione di opportune disposizioni di legge, sia mediante la creazione di strutture specializzate che dovranno operare in stretta connessione con le analoghe istituzioni europee ed internazionali.
(6-00191) «Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Taglialatela, Rampelli, Maietta, Nastri, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia i Tribunali per i minorenni sono stati istituiti nel 1934. Questi Tribunali si occupano specificamente di minori in ambito civile e penale. Tale impostazione è a oggi obsoleta e inaccettabile poiché allo stato attuale vi è una disgregazione e frammentazione della tutela proposta per la risoluzione delle molteplici questioni che attengono al delicato contesto familiare;
    in sostanza non esiste, come invece sarebbe opportuno e doveroso, una sede deputata alla risoluzione di qualsiasi problematica coinvolga la famiglia – che è il nucleo principale su cui si fonda la società – e a tale lacuna consegue un'inadeguata tutela dei soggetti coinvolti che sono, non solo gli adulti, ma anche e soprattutto i minori;
    le criticità dell'attuale sistema si possono riassumere come segue:
     1) troppi tribunali competenti per questioni diverse ma comunque tutte riconducibili al microcosmo famiglia;
     2) procedure, tempi, costi, strumenti d'indagine e valutazioni differenti in ciascun Tribunale per situazioni di crisi familiare;
     3) magistrati costretti a occuparsi, soprattutto nei piccoli tribunali, di cause di ogni tipo;
     4) avvocati che curano pratiche di diritto di famiglia senza avere alcuna formazione ed esperienza specifica;
     5) servizi sociali cui sono affidate indagini dal Tribunale per i Minorenni completamente latitanti;
     6) l'eccessiva frammentazione attuale fa si che non esista un buon coordinamento tra i vari operatori volto a offrire una tutela ai minori in situazioni di crisi familiare;
    attualmente, anche a seguito della recente unificazione dei figli naturali a quelli legittimi, il Tribunale per i Minorenni è stato spogliato della competenza a decidere sugli affidamenti di figli minori nati da coppie conviventi more uxorio ed è rimasto quindi competente in materia di decadenza della responsabilità genitoriale, sempre che però non sia in corso tra le stesse parti un procedimento di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 c.c., poiché in tal caso il giudice ordinario per la durata del processo assume la competenza anche per tali questioni;
    accade quindi che vi sia una confusione su quale Tribunale sia di volta in volta competente – occorrendo preliminarmente verificare ad esempio, prima di interpellare il Tribunale per I Minorenni ai sensi dell'articolo 333 e ss. c.c., se penda già procedimento innanzi al Tribunale ordinario su questioni riguardanti l'affidamento dei figli minori – e aspetto ancor più inquietante, la procedura, i tempi, le competenze e persino le indagini istruttorie sono differenti da sede a sede nonostante la questione da dirimere riguardi sempre e comunque l'interesse della prole minorenne a vedersi garantita una crescita serena possibilmente nel proprio contesto familiare di origine, seppur con genitori separati;
    mentre il Tribunale Ordinario si avvale di consulenti specifici, molto spesso, il Tribunale per i Minorenni si avvale prevalentemente dei Servizi sociali per analizzare i contesti familiari, ma si tratta di soggetti che molto spesso lavorano esiguamente e male, sia per mancanza di fondi, sia perché non hanno le competenze adeguate;
    la visuale dei due Tribunali è differente perché il Tribunale Ordinario è chiamato a occuparsi della crisi familiare sotto ogni aspetto – anche economico – mentre il Tribunale per i Minorenni si occupa solo ed esclusivamente della prole minore tralasciando tuttavia aspetti comunque importanti a tutela della stessa come ad esempio, gli aspetti economici;
    inoltre succede che se una coppia che intende separarsi consensualmente e che tra gli accordi vuole prevedere il trasferimento della casa familiare ai figli minori, è costretta a rivolgersi prima al Giudice Tutelare per la necessaria autorizzazione o ancora una volta definita la separazione presso il Tribunale Ordinario – se insorgono questioni sulla frequentazione dei figli o sul rinnovo dei documenti – deve sempre e comunque rivolgersi nuovamente al Giudice tutelare. In sostanza sono davvero troppe e scollegate le sedi chiamate a occuparsi delle diverse questioni relative il nucleo familiare in senso ampio. Questione che, se pur complicata non è prevista per i figli minori nati da coppie conviventi, poiché con l'attuale normativa in materia di famiglia, ad essi non è garantito il diritto di conferimento della casa familiare poiché la legge lo prevede solo per la prole nata nel matrimonio;
    mentre poi il Tribunale Ordinario, anche a seguito della soppressione delle diversi sezioni distaccate, ha diverse sedi nel singolo Circondario, il Tribunale per i Minorenni raggruppa tutti i contenziosi del Circondario e quindi viene meno la maggiore celerità che dovrebbe garantire per l'urgenza delle questioni rientranti nella sua competenza, cosicché per una causa di affidamento dei minori possono passare in media anche sette anni;
    si consideri poi che anche laddove esista la sezione famiglia, il Giudice nel ruolo del giorno tratta più materie, dalle richieste di asilo politico alle cause risarcitorie per diffamazione a mezzo stampa, per cui non è garantita una specificità della materia che proprio in ragione della delicatezza delle questioni che coinvolge necessita invece di una sede preposta, dei magistrati e degli avvocati preventivamente formati sull'argomento;
    a ciò si aggiunga che non tutti i Tribunali dispongono della Sezione famiglia e ciò comporta che nelle sedi più piccole i Magistrati sono chiamati a trattare ogni sorta di contenzioso e le stesse udienze si presentano intasate perché nel ruolo del giorno il Giudice tratta ogni sorta di questione in aule super affollate e senza alcuna attenzione per questioni più delicate – quali appunto quelle familiari – che richiederebbero invece una maggiore tutela della privacy;
    il paradosso è che sul ruolo affisso fuori dall'aula le cause, a tutela della privacy delle parti, sono indicate solo con il numero di ruolo, ma poi le udienze pubbliche si tengono in aule ove sono presenti gli avvocati, le parti, i testimoni da escutere per ogni singola causa e questo, specie per soggetti che si presentano per discutere del proprio contesto familiare, della crisi matrimoniale o del miglior regime di affidamento per i propri figli, è a dir poco traumatizzante e imbarazzante in violazione della doverosa tutela della privacy;
    occorre pertanto che i Magistrati che si occupano della materia del Diritto di famiglia in senso ampio siano specificatamente formati sul tema e che fossero tutti togati e non anche onorari come avviene presso il Tribunale per i Minorenni;
    accade che un giudice che si è occupato sino il giorno prima o che tratti contestualmente di sfratti, cause di lavoro o altre questioni, si debba occupare di tutela dei minori. Per quanto accorti, non potrà mai avere la sensibilità, l'esperienza e la competenza a trattare di questioni familiari: occorre quindi che si formi una categoria di magistrati specificamente deputati, previa formazione, a trattare della materia familiare;
    i soggetti coinvolti sono sentiti dal Giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni, per poi confrontarsi invece in altre udienze con quello di ruolo, spesso ciò causa disorientamento;
    allo stesso modo occorre prevedere che gli stessi avvocati abbiano una specifica formazione e competenza perché troppo spesso avviene che ci si improvvisi a fare una causa di separazione o affidamento, ritenendole materie facili, ma i danni che si possono fare e che riguardano minori sono inaccettabili;
    si consideri poi che un avvocato che si occupa solo di diritto di famiglia – e che quindi frequenti esclusivamente la sezione famiglia laddove esistente – ha interesse a mantenere una propria buona reputazione con il contesto che lo vede quotidianamente coinvolto con magistrati, cancellieri, periti e tutto l'apparato giudiziario, e dunque sarà più scrupoloso nel curare la pratica, sia perché ne va della propria stima, sia perché tiene a farsi apprezzare e riconoscere per la propria professionalità;
    una maggiore competenza di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, quali magistrati, cancellieri, periti e avvocati garantisce una tutela rafforzata e concreta del contesto familiare, oltre che un consistente sgravio e alleggerimento dei Tribunali e una semplificazione notevole per i cittadini che sapranno in maniera chiara e inequivocabile a chi rivolgersi per le molteplici questioni riguardanti la materia familiare che saranno di volta in volta chiamati ad affrontare e risolvere;
    sarà quindi un professionista che non si farà gestire dal cliente per mero interesse economico bensì potrà assicurare una competenza e quell'attenzione doverosa in tale delicatissima materia;
    la legge sulle specializzazioni però non soddisfa per diversi motivi, in primis, la difficoltà dei professionisti competenti in materia che se ne sono sempre occupati anche in maniera esclusiva, e che svolgono la propria professione in nome e per conto di professionisti titolari degli studi. Tali difficoltà fanno venire meno loro la possibilità economica e lavorativa di sostenere i costosissimi corsi che servono per farsi riconoscere professionalità e competenza specifica;
    sarebbe peraltro opportuno che gli avvocati specialisti della materia chiamati a patrocinare le (cause familiari siano tutti obbligatoriamente iscritti nelle liste del Gratuito Patrocinio come anche i Consulenti Tecnici di ufficio perché la materia familiare – che ha tempi lunghi e quindi costi notevoli – non può rimanere appannaggio di alcuni, ma deve essere garantita anche ai meno abbienti e quindi a tutti;
    una nota molto dolorosa riguarda il lavoro svolto dai Servizi sociali su incarico del Giudice per Verificare i contesti familiari. Accade che passino mesi prima che il singolo Assistente sociale prenda l'incarico e inizi a eseguirlo e spesso ciò avviene a termine ormai ampiamente scaduto per depositare la propria relazione con ulteriori ritardi in situazioni in cui risulta fondamentale la tempestività del singolo intervento,
    gli approcci degli operatori sono spesso intimidatori e comunque privi di sensibilità quando addirittura non arrivano a esplicitare giudizi che esulano dalle loro competenze e poteri con una sorta d'ingerenza da parte di chi invece dovrebbe eseguire la propria professione sempre con ragione di causa e professionalità che oggi purtroppo manca in modo quasi indistinto. Ciò nel tempo ha portato all'opinione assai diffusa che è meglio evitare di imbattersi nei Servizi sociali minorili. Occorre quindi una valutazione da parte del Ministero competente sul lavoro dei Servizi sociali che si occupano di minori e un'adeguata preparazione per trattare la materia;
    le strutture neutre ove far svolgere incontri protetti con minori sottoposti a tale tutela come le case famiglia che ospitano madri con minori costrette a fuggire da situazioni di violenze familiari, i Centri antiviolenza che si offrono di supportare le donne e i loro figli in situazioni critiche, gli organismi di mediazione, sono tutte disgregate e anche poco note se non agli operatori che ci lavorano e gli stessi magistrati non dispongono d'indicazioni specifiche sul punto, per cui sarebbe opportuno invece che nel Tribunale della Famiglia fosse istituito un Ufficio o sportello specificamente preposto a indirizzare le parti;
    c’è poi tutto il tema amplissimo e grave relativo ai tempi eccessivi che trascorrono dal momento in cui si inizia un processo e il momento in cui il giudizio si conclude;
    spesso si tende ad addebitare il ritardo della giustizia ad una presunta scarsa produttività della Magistratura, nonostante la produttività dei Magistrati italiani si collochi a livelli massimi in Europa;
    i ritardi della giustizia non dipendono quindi solo dalla inefficienza di alcuni Magistrati. Al contrario, la maggior parte di essi è fortemente impegnata per ridurre le pendenze, sia nel settore penale sia nel settore civile. La carenza di personale si può emblematicamente riassumere in una prassi: il verbale di udienza dovrebbe essere sottoscritto in base alla normativa vigente, dal cancelliere. Nonostante ciò da decenni, in quasi tutti gli uffici giudiziari italiani, quasi nessun cancelliere può presenziare alle udienze civili a causa della carenza del personale;
    il fenomeno della c.d. scopertura della pianta organica dei magistrati e diffusa su tutto il territorio nazionale con il rischio, non solo potenziale, che il corretto funzionamento della giurisdizione sia pregiudicato;
    ad emblema di quanto sopra descritto può essere preso il Tribunale di Arezzo: si consideri che le tante persone, azionisti e obbligazionisti privilegiati che non potranno ottenere ristoro dal fondo ad hoc istituito dal Governo, per ottenere giustizia dovranno rivolgersi alla magistratura civile;
    i magistrati dell'ufficio giudiziario di Arezzo sono, a nostro avviso, insufficienti per svolgere la missione che li attende. Ciò è dimostrabile dal fatto che dispone di soli 19 magistrati togati a cui si aggiunge il Presidente del Tribunale. Si consideri che il rapporto tra il numero di magistrati e quello dei cittadini che devono rivolgersi ad essi è pari a 1 ogni 17.184 abitanti contro una media nazionale di 1 ogni 11.624;
    la pianta organica minima per poter far fronte alla mole di richieste risarcitorie dovrebbe prevedere almeno l'incremento di un posto di Presidente di sezione civile, tre giudici civili per il settore fallimentare e le procedure concorsuali, due per il contenzioso civile ordinario, uno per le esecuzioni mobiliari e immobiliari, un giudice specializzato nella materia del lavoro, due giudici addetti all'area penale a cui affiancare il personale amministrativo di supporto alle attività dei magistrati le cui carenze in organico sono ancor più gravi;
    se non si realizzasse l'aumento dell'organico descritto, la responsabilità della denegata giustizia non potrà non ricadere anche sul Governo, il quale lesina le risorse economiche necessarie per rendere efficiente il lavoro svolto dai lavoratori del tribunale aretino, siano essi magistrati o personale avente funzione amministrativa,

impegna il Governo:

   a riformare la materia di tutela dei minori e della famiglia istituendo il tribunale della famiglia in ogni città ove già vi sia il tribunale ordinario, facendo si che:
    a) il tribunale della famiglia racchiuda la necessaria e specifica competenza a trattare di ogni questione attinente la famiglia, quali, separazioni, divorzi, affidamento minori, responsabilità genitoriale, adozioni, affidi, ora suddivisi tra la competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare, del tribunale per i minorenni;
    b) presso il tribunale della famiglia possano esercitare la propria professione, i magistrati, i giudici, i cancellieri, periti e i professionisti specificamente formati sulla materia al fine di garantire l'interesse della famiglia e dei minori coinvolti rimuovendo l'attuale frammentazione;
   a potenziare il personale in organico del tribunale di Arezzo, già prima della vicenda di Banca Etruria sottodimensionato rispetto alla reale necessità di rendere giustizia in tempi celeri, a indire concorsi per nuove assunzioni che possano consentire subentri di personale destinato a sostituire coloro i quali cessano la propria attività lavorativa perché collocati obbligatoriamente a riposo per il raggiungimento dei requisiti previdenziali, ed in generale impegnarsi per rendere i tribunali italiani più efficienti ed operativi grazie allo sblocco del turn over e all'emanazione di nuovi bandi per assunzioni, provvedimenti considerati particolarmente urgenti ovunque ma soprattutto ad Arezzo a causa dell'enorme mole di lavoro aggiuntivo che attende i magistrati aretini a causa delle richieste di risarcimento da parte di azionisti e obbligazionisti privilegiati non ammessi dalla normativa emanata dal Governo alla richiesta di rimborso presso il Fondo nazionale di risoluzione.
(6-00192) «Brignone, Artini, Baldassarre, Bechis, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Segoni, Turco, Matarrelli».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile; l'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituisce tra l'altro un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese;
    il sistema giudiziario dell'Italia ha bisogno di interventi idonei a ridurre la durata dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, e per garantire la effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese;
    l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha anche gravissime ripercussioni di natura economica, soprattutto in un momento di grave crisi come quella in cui versa ancora il nostro Paese; i dati della nostra giustizia determinano nelle aziende straniere la decisione di non delocalizzare nel nostro Paese le proprie attività economiche;
    un efficiente sistema giudiziario e la garanzia della legalità costituiscono questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali e non emergenziali come quelli adottati nel corso della legislatura corrente;
    nel corso della presente legislatura, la questione giustizia è stata infatti molto spesso relegata ad una serie di interventi frastagliati privi di una visione d'insieme: gli annunci roboanti del Governo si sono concretizzati in misure di scarso impatto sul sistema giudiziario nel suo complesso, o comunque si sono rivelate non incisive e non in grado di realizzare una piena riforma dell'assetto della giustizia; in questi mesi si è infatti assistito ad interventi occasionali, a misure tampone, che non hanno neanche l'ambizione di incidere in profondità sui problemi e che rappresentano, a voler essere ottimisti, dei puri e semplici palliativi;
    partendo dall'annosa questione del sovraffollamento carcerario, va rilevato che non è stato ancora dato pieno seguito all'importante messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato alle Camere nel mese di ottobre 2013: tra le misure necessarie citate per risolvere la questione carceraria, spiccavano la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, e l'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari;
    emerge, dunque, una stretta connessione tra il sovraffollamento degli istituti di detenzione e un ricorso con ogni probabilità smodato allo strumento della custodia cautelare in carcere, la cui funzione, purtroppo, ha subito negli anni una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata troppo spesso una vera e propria misura anticipatrice della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza;
    nella legislatura corrente, sono stati diversi gli interventi in materia di custodia cautelare, anche sostenuti dal gruppo Forza Italia, in quanto misure oggetto di una delle priorità del nostro sistema giudiziario. La legge 16 aprile 2015, n. 47, ha effettivamente delimitato l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione. Nell'approvazione delle modifiche normative, si sarebbe però potuto sicuramente essere più incisivi, e, soprattutto, pensare ad introdurre elementi volti a configurare un illecito disciplinare a carico dei magistrati responsabili di evidenti distorsioni del sistema di carcerazione preventiva, a cui troppo spesso si ricorre in mancanza di reali esigenze cautelari e senza rispettare il criterio dell'assoluta indispensabilità; l'utilizzo della custodia cautelare in carcere, e, quindi, della limitazione preventiva della libertà personale, deve infatti essere circoscritto alle sole ipotesi in cui questa esigenza è davvero indispensabile per garantire la sicurezza della collettività, per salvaguardare il valore delle indagini e soprattutto per assicurare quel contemperamento, che più volte è stato evocato, ma non sempre con misura e con fondatezza, tra tutela della libertà personale ed esigenze di protezione della sicurezza collettiva delle nostre comunità e dei nostri territori;
    rispetto a tanta evidenza, purtroppo, ancora una volta, va sottolineato come una misura così importante, sia per la salvaguardia dei diritti costituzionali dei cittadini sia per la sostenibilità dei nostri istituti di pena, sia comunque frutto di una norma tampone; nessuna traccia, inoltre, dei rimedi straordinari a cui aveva fatto riferimento il Capo dello Stato nel suo messaggio;
    nella presente legislatura sono stati approvati una serie di provvedimenti che hanno perseguito, non sempre, con la stessa efficacia e con la stessa coerenza, intenti garantisti e di miglioramento delle condizioni effettive per l'espletamento della pena, ma con risultati comunque nel complesso carenti;
    in tema di responsabilità civile dei magistrati, l'approvazione di una legge ad hoc avrebbe potuto rappresentare una svolta: un intervento necessario, e non solo per porre rimedio alla condanna della Corte di Giustizia europea. Un corretto funzionamento della responsabilità civile dei magistrati costituisce infatti un fondamentale strumento per la tutela dei cittadini, troppo spesso danneggiati da errori imputabili esclusivamente alla responsabilità dei magistrati, ed è altresì necessario corollario all'indipendenza e all'autonomia della stessa magistratura. Per questo, avremmo voluto un provvedimento più incisivo, più lineare, più solido; una presa di posizione chiaramente orientata, e non l'ennesimo atteggiamento ambiguo tipico di un Governo troppo timoroso di creare uno scontro tra politica e magistratura;
    dopo aver alzato la voce (si fa per dire) in senso puramente demagogico sulle ferie dei magistrati, il Governo ha messo in atto quella che appare ai firmatari del presente atto una piccola riforma che non ha niente di coraggioso, se non l'unico merito di aver finalmente eliminato l'odioso «filtro di ammissibilità» della domanda di risarcimento, che sostanzialmente dava vita all'assurdo paradosso per cui gli stessi magistrati giudicavano in merito all'ammissibilità di un ricorso contro i colleghi magistrati; la maggioranza ha infatti eseguito un'operazione poco incisiva e contraddittoria, che elimina il filtro di accesso del cittadino alla giustizia, ma che contemporaneamente poi abilmente restringe il campo della responsabilità;
    sugli interventi in materia di processo penale esaminati dal Parlamento e approvati in prima lettura, è evidente poi secondo i firmatari del presente atto come le disposizioni introdotte si traducano in interventi di modesta portata, che non possono certo dirsi propri di una vera riforma. Il testo inizialmente presentato dal Governo si proponeva di modificare il codice penale e di procedura penale, rafforzare le garanzie difensive, contrastare i fenomeni corruttivi, mettere mano all'ordinamento penitenziario: alcuni pezzi li abbiamo persi per strada, anche perché approvati, nell'assurda opera di taglia e cuci di questo Governo in tema di giustizia, in altri provvedimenti che a macchia di leopardo vengono esaminati dai due rami del Parlamento in maniera confusa. Altri pezzi non li abbiamo proprio visti, come le disposizioni a garanzia e tutela dei cittadini: anzi, da questo punto di vista, le disposizioni approvate rappresentano, in moltissimi punti, un forte arretramento. Molte norme sembrano piuttosto scritte a favore di una magistratura che tende sempre di più ad aumentare il proprio peso e ad essere ingerente nei processi, a totale discapito delle tutele per i cittadini. Un provvedimento che contiene diversi colpi al diritto di difesa, e nessun effetto preventivo e dissuasivo alla commissione dei reati. Un esempio su tutti: le modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale in materia di giudizio abbreviato, che, così come costruite, non produrranno alcun effetto deflattivo, ma scoraggeranno le richieste di procedere con rito abbreviato. Il progetto di riforma del centrodestra aveva in questo senso cercato di introdurre l'unica norma in grado di garantire deflazione vera e di incoraggiare le richieste di giudizio abbreviato, ovvero la fissazione di un limite massimo di pena. E infatti inutile prevedere diminuzioni di pena senza correlarle ad un certo limite di massimo edittale. Il nuovo giudizio abbreviato formulato dalla maggioranza diventa invece una rinuncia ad una serie di diritti di difesa. Il giudizio abbreviato deve far risparmiare tempo, deve mettere l'imputato nelle condizioni di evitare il dibattimento e in qualche maniera demandare al giudice dell'udienza preliminare la soluzione anche nel merito, ma non può essere, in virtù di un principio di economia e di sconto di pena, così incisivo sul diritto di difendersi. Certamente sì deve tendere alla deflazione, e, quindi, all'economia nell'ambito dei tempi, ma se ciò deve poi incidere in maniera così profonda sul diritto di difesa, lo scambio non è più conveniente per la tutela dei diritti costituzionalmente protetti;
    per non parlare degli interventi in tema di prescrizione; le disposizioni già approvate dalla Camera determinano un aumento del termine di prescrizione per i reati di corruzione, e introducono nuove ipotesi di sospensione dei termini di prescrizione, tra cui quelle conseguenti a condanna non definitiva, costituendo una chiara violazione delle norme costituzionali sulla ragionevole durata del processo, nonché una lesione grave dei diritti di difesa dei cittadini;
    ad ogni modo, in tema di prescrizione, la discussione sembra essere ancora troppo legata a questioni più che altro ideologiche, dimenticando che la stessa è una delle caratteristiche dello Stato liberale, è una delle garanzie del cittadino. Ciò che manca è la responsabilità, l'organizzazione giudiziaria: il giudice e chiunque ha responsabilità organizzative dovrebbe essere in grado di garantire la celebrazione dei processi, che si fa anche seguendo un ordine cronologico, tenendo conto dei termini di prescrizione;
    gli stessi magistrati dovrebbero evitare di apparire continuamente sui media, garantendo invece l'anonimato, e comunicati impersonali in merito allo svolgimento di inchieste, ai risultati delle indagini e ai processi in corso;
    sempre in tema di lotta alla corruzione, la legge n. 69 del 2015, approvata dalla maggioranza di Governo, è volta a contrastare i fenomeni corruttivi attraverso una serie di misure che prevedono un incremento generalizzato delle sanzioni per i reati contro la pubblica amministrazione: come si può immaginare di ragionare in termini di lotta alla corruzione soltanto in termini di pena ? L'unica logica che rende la pena efficace è quella di essere percepita come giusta ed equa da chi delinque: se la pena non è corretta, non è equa, è squilibrata rispetto al sistema non ha più deterrenza perché non viene percepita come giusta;
    ci si è concentrati sull'aumento delle pene per i reati contro la P.A., e nulla è stato fatto per le esigenze quotidiane dei cittadini, minacciati nelle loro case, per assicurare tutela e difesa alla persona ed ai suoi beni nei casi di aggressioni occorse nella propria abitazione o in un altro luogo di privata dimora. Sempre più spesso la cronaca riporta notizie di aggressioni e violazioni perpetrate in danno di persone e famiglie inermi all'interno della propria abitazione o presso locali adibiti ad attività commerciali. Tali aggressioni, oltre al danno in sé, recano un significativo stato di disagio in coloro che le subiscono e, conseguentemente, alimentano uno strisciante allarme sociale. A tale stato si aggiunge l'alea di incertezza che gravita intorno alla qualificazione della condotta delle vittime che, nella concitazione dei momenti in cui è perpetrata la violenza ai loro danni, pongono in essere condotte che, nonostante la violenza subìta, sono sanzionate anche penalmente. Sul punto, sarebbe necessario rivedere e superare i limiti della normativa in materia di legittima difesa: se è sicuramente vero che la legittima difesa non può mai costituire una giustificazione per violare con leggerezza il principio della sacralità della vita, bisogna, tuttavia, riconoscere che l'attuale disciplina del diritto alla legittima difesa appare a dir poco punitiva nei confronti del cittadino che cerchi di mettere al riparo la vita propria e dei propri cari nonché i propri beni da attacchi criminali;
    più in generale, bisognerebbe effettuare le opportune valutazioni in merito al modello di ordinamento giudiziario attualmente operante nel nostro Paese; nello specifico, bisognerebbe avviare una definitiva riflessione in merito al riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e la conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero. La legislazione repubblicana ha valorizzato al massimo l'indipendenza della magistratura e l'obbligatorietà dell'azione penale per favorire una progressiva assimilazione delle figure del giudice e del pubblico ministero, che rappresenta la più marcata differenza tra il sistema giudiziario italiano e quello degli altri Paesi;
    tuttavia, con il codice di procedura penale del 1989, il modello di pubblico ministero scelto dai costituenti è entrato in conflitto con il nuovo ruolo assegnatogli nel processo accusatorio. Per questo motivo, nel corso dei lavori della Commissione bicamerale si affermò, tra rappresentanti di forze politiche diverse, l'idea di separare le funzioni dei giudici e dei pubblici ministeri e, in alcuni casi, di separare anche le loro carriere. Infine, la legge costituzionale n. 2 del 1999 ha introdotto il giusto processo, anche in attuazione delle convenzioni internazionali, rendendo così indifferibile la separazione tra l'ordine dei giudici e l'ufficio del pubblico ministero. Soltanto tale separazione consente, infatti, di realizzare un'effettiva terzietà dell'organo giudicante – vale a dire, la sua equidistanza dalle parti e la parità sul piano processuale dell'accusa e della difesa – offrendo al cittadino un processo effettivamente giusto. Il tema è stato riproposto anche nella scorsa legislatura, all'interno del disegno di legge costituzionale A.C. 4275, presentato dal Governo Berlusconi, che proponeva una complessiva riforma del titolo IV della parte II della Costituzione, relativo alla magistratura, e il cui esame è stato avviato nella scorsa legislatura;
    sempre nella passata legislatura, le Camere avevano avviato l'esame (ed effettuato ben quattro passaggi parlamentari) di un disegno di legge di riforma in materia di intercettazioni; il Governo in carica ha invece optato per la via più sbagliata, affidando una delega vaga e confusa direttamente nelle mani dell'Esecutivo; il nostro giudizio è negativo ovviamente non per il principio: sono anni che combattiamo per riformare il sistema che ha portato un utilizzo assolutamente distorto di questo mezzo di ricerca della prova; anzi, siamo contenti della presa di coscienza di questo Governo sulla necessità di modificare le norme sulle intercettazioni. È lo strumento ad essere sbagliato. Non è accettabile privare il Parlamento della definizione della normativa di dettaglio su questo tema; un tema, come detto, particolarmente delicato, che necessita di soluzioni assolutamente equilibrate, in grado di contemperare diritti costituzionalmente garantiti. La deroga al principio di segretezza delle comunicazioni deve essere fortemente motivata, deve riguardare indagini di matrice penale, e mai indagini esplorative, per ricercare le responsabilità. Non dobbiamo cercare di limitare l'uso, ma di evitare l'abuso delle intercettazioni. Abbiamo assistito in questi anni al paradosso del processo mediatico. Sono state pubblicate quasi esclusivamente le intercettazioni irrilevanti per il processo penale, e siamo giunti al paradosso che il processo penale sembra essere soltanto un pretesto per pubblicare le intercettazioni irrilevanti nello stesso processo penale. Questo è del tutto inaccettabile. Anche in questo caso, il legislatore ha l'obbligo di muoversi con ragionevolezza nel bilanciamento degli interessi; il legislatore «per eccellenza», appunto, ovvero il Parlamento. Non il Governo, a cui la delega, così come approvata in prima lettura, offre una eccessiva libertà di azione;
    lo strumento della delega è stato altresì utilizzato per procedere a diverse depenalizzazioni: la legge n. 67 del 2014 contiene, all'articolo 2, una delega al Governo, che lo stesso esecutivo ha di recente impiegato per riformare la disciplina sanzionatoria dei reati e contestualmente introdurre sanzioni amministrative e civili. Il dibattito si è comunque concentrato sulla trasformazione in illecito amministrativo del reato di immigrazione clandestina, su cui poi lo stesso Esecutivo è tornato indietro, annunciando comunque un intervento futuro in tal senso. Depenalizzare il reato di ingresso illegale in Italia sarebbe in ogni caso un segnale di estrema debolezza, nei confronti del Paese e dell'Europa. Si tratterebbe di una decisione inopportuna ed irresponsabile del Governo, già in palese affanno per una pessima gestione delle problematiche e dei reati connessi al fenomeno dell'immigrazione illegale. È una questione che oramai affligge l'Italia (e i Paesi rivieraschi) in maniera strutturale, e che oggi è aggravata dal riproporsi prepotente del fenomeno del terrorismo di matrice islamica. Gli italiani hanno bisogno di sicurezza e di certezza, non di politiche goffe e controproducenti, né tantomeno di annunci e spot in funzione di un ritorno elettorale,

impegna il Governo:

   a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:
    a) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione in quanto: nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema e deve essere oltremodo assicurata – ferme restando le esigenze di tutela della collettività – l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile, per il quale va implementato il ricorso all'informatica, deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati;
    b) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di personale amministrativo, anche attraverso l'esaurimento di graduatorie rimaste finora parzialmente inutilizzate, e all'effettiva riqualificazione del personale;
    c) l'implementazione di un monitoraggio efficace ed incisivo in merito dell'applicazione delle nuove norme in materia di custodia cautelare, degli effetti in merito alla riduzione del sovraffollamento carcerario, e alla piena realizzazione del principio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio;
    d) la normalizzazione dell'emergenza carceraria, anche attraverso una valutazione dell'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari;
    e) la predisposizione di riforme costituzionali che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale, alla riforma del CSM che favorisca un'azione della magistratura svolta nell'esclusivo rispetto della legge;
    f) la tutela del precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e immuni da influenze di carattere correntizio e politico, garantita anche da comunicati impersonali della stessa magistratura, e l'implementazione di ogni iniziativa volta a bloccare la degenerazione della giustizia italiana a causa della proliferazione, nel corpo del sistema giudiziario nazionale, del germe del pregiudizio politico; così come la politica, sia del Governo che del Parlamento, non può ingerirsi nell'attività dei giudici, altrettanto deve fare la politica oggettivamente presente nella magistratura attraverso le sue correnti;
    g) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai frequenti protagonismi dei singoli nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale e non già della loro appartenenza ad una corrente predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;
    h) l'introduzione di un meccanismo per cui l'ordinanza che accoglie l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione sia comunicata, ai fini dell'avvio del procedimento di responsabilità, ai titolari dell'azione disciplinare; si tratta di un meccanismo necessario, in particolare alla luce del costante aumento dei rimborsi dovuti dallo Stato per errori giudiziari;
    i) la realizzazione di una riforma delle disposizioni che riguardano le intercettazioni telefoniche e ambientali per porre fine a quello che rappresenta una grave violazione del diritto alla riservatezza, attuata non per delega ma attraverso disposizioni puntuali approvate dalle Camere. In particolare, le intercettazioni telefoniche devono limitarsi ai casi di reale e comprovata presenza di gravi indizi e riguardare esclusivamente gli indagati o soggetti effettivamente a questi collegati e deve essere severamente punita la diffusione, prima ancora del rinvio a giudizio, delle intercettazioni telefoniche, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro estrapolate dal contesto generale, occorre, infine, inasprire le pene per chi divulga, ma individuate le responsabilità di chi rilascia le informazioni dall'interno delle procure;
    l) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
    m) il contrasto – sulla scia delle iniziative già adottate dai Governi Berlusconi – ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali, senza abbandonare la strada già intrapresa in particolare nella scorsa legislatura sul versante dell'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, allo scopo di privare le associazioni mafiose di ogni possibile risorsa finanziaria; sia attraverso la revisione della disciplina della legittima difesa, che si è rivelata inidonea a garantire una piena ed efficace copertura all'esercizio di tale diritto, come dimostra il perdurare degli episodi di criminalizzazione dei cittadini costretti a difendere se stessi, i propri cari e i propri beni;
    n) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati.
(6-00193) «Santelli, Sarro, De Girolamo, Longo».


   La Camera,
   udite le comunicazioni e preso atto della relazione presentata dal Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 3 gennaio 1941 n. 12 come modificato dall'articolo 2, comma 29, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   premesso che:
    relativamente alla materia dell'ordinamento giudiziario, soggetta ad una riserva di legge, sancita dalla Costituzione, posta a salvaguardia del principio di separazione dei poteri ed in particolare dell'indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo, il reiterato ricorso da parte del Governo all'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza desta notevoli perplessità, in quanto i limitatissimi tempi del procedimento parlamentare di conversione di un decreto-legge non sono idonei a garantire un'adeguata discussione e ponderazione dei delicati interessi in conflitto;
    a tal proposito, pur ravvisando la necessità inderogabile di poter affrontare i nodi legislativi, procedurali e finanziari che attengono ad una sostanziale rivisitazione complessiva delle norme legate al funzionamento della funzione giurisdizionale nel nostro Paese, è necessario che le misure d'iniziativa governativa relative alla giustizia debbano sempre essere sottoposte all'esame del Parlamento nelle forme ordinarie, rispettose della funzione legislativa che la Costituzione riconosce al Parlamento;
    la rapidità dell'accertamento delle responsabilità penali e la predisposizione di norme e riforme anche strutturali tali da garantire la certezza del diritto e la certezza della pena, idonee tra l'altro a garantire la conclusione dei processi prima del decorso del termine prescrizionale, e quindi l'efficentamento dell'intero sistema giudiziario e lo snellimento delle regole procedurali dei processi, sia penali sia civili, debbono necessariamente rappresentare una priorità dell'azione governativa;
    il settore della giustizia – al contrario – nel corso degli ultimi anni, non è stato oggetto di alcuna incisiva riforma strutturale, relativamente ad un disegno strategico e organico di rilancio della sua funzionalità, ma anzi è stato sottoposto a disomogenei interventi che, lungi dall'apportare reali benefici, ne hanno, invece, concretamente limitato la funzionalità e la efficacia;
    dall'insediamento dell'attuale Governo, la cosiddetta riforma della giustizia, varata in termini secondo i firmatari del presente atto di indirizzo del tutto generici, si è tradotta in un intervento legislativo frastagliato e parcellizzato, incapace sia nel metodo – mal coordinato con il lavoro delle competenti Commissioni parlamentari – sia nel merito – fissando una pluralità di obiettivi le cui rispettive priorità risultano scarsamente omogenee tra di esse sotto il profilo politico e funzionale – di generare apprezzabili effetti di sistema;
    il sistema giustizia ha subìto progressivamente modifiche legislative del quadro normativo sul piano delle politiche finanziarie, delle politiche delle risorse umane delle dotazioni infrastrutturali, tali da generare un sistema del tutto asfittico cui l'attuale Governo ha inteso far fronte, anche per il 2016, con un taglio complessivo di circa 36 milioni di euro al Ministero della Giustizia, assieme ad una serie di riduzioni delle indennità dei magistrati onorari, nonché di risorse per l'implementazione del processo civile telematico;
    considerando come un unicum, sotto il profilo politico e di indirizzo, il rapporto tra Esecutivo e Parlamento nel corso di questa legislatura sul tema della giustizia, il precedente Governo ha sottoposto all'esame del Parlamento numerosi atti, prevalentemente attraverso lo strumento del decreto-legge, i quali, oltre che di dubbia costituzionalità sotto il profilo del metodo, hanno avuto un impatto assolutamente negativo sul duplice fronte della garanzia del diritto all'accesso per il cittadino alla giustizia e dell'effettività della certezza della pena per i condannati;
    a tale proposito si debbono ricordare, quali esempi di normazione disorganica ed inefficace: il decreto-legge n. 69 del 2013 «Decreto del fare», che ha recato modifiche al diritto processuale – segnatamente con riferimento alle modalità di accesso al processo civile e alla reintroduzione dell'obbligatorietà della mediazione – che incidono sulla tutela del diritto costituzionale alla difesa in giudizio;
    il decreto-legge n. 78 del 2013 «Decreto carceri», che non ha previsto, a fronte di un aumento dei flussi in uscita, adeguati stanziamenti volti alle attività per il reinserimento sociale e professionale per gli ex detenuti;
    il decreto-legge n. 93 del 2013 «Decreto sul femminicidio», che con l'introduzione di meccanismi – peraltro secondo i firmatari del presente atto di indirizzo inapplicabili – orientati al solo versante della repressione e non alla prevenzione, ha rappresentato una preziosa opportunità sprecata dal Governo per contrastare con successo il fenomeno della violenza sulle donne, preferendo colpevolmente un approccio al problema di tipo esclusivamente comunicativo, mascherando inoltre, nelle pieghe di un decreto dedicato ad un grave ed attualissimo problema, alcune materie che ne erano del tutto avulse;
    gli interventi sul riordino della geografia giudiziaria, scevri da criteri oggettivi di revisione e non funzionali all'attuale assetto demografico ed economico del Paese, oggetto di impugnazione ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione da parte di nove consigli regionali che ne hanno richiesto un referendum abrogativo;
    con gli ultimi provvedimenti economici varati dal Governo, in assenza di appositi stanziamenti per il settore giustizia si è peraltro mortificato l'istituto del gratuito patrocinio sottraendo ad esso risorse fondamentali, effettuando altresì un aumento indiscriminato del contributo forfettario per l'iscrizione al ruolo delle cause. Aumento che ha frapposto un emblematico ulteriore filtro fra la giustizia ed il cittadino, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo assolutamente in contrasto con l'articolo 111 (comma 6) della Costituzione;
    il disegno di legge delega al Governo collegato alla legge di stabilità 2015 sulla giustizia civile, col quale si intende negare il diritto all'appello prevedendo il rilascio delle motivazioni della sentenza di primo grado previo pagamento di un ulteriore contributo unificato. Pregiudizio del diritto alla difesa che si concretizza altresì mediante la preoccupante previsione della condanna solidale dell'avvocato in caso di pronuncia ex articolo 96 del codice di procedura civile, nella quale il magistrato può anche decidere se una causa è «temeraria», o meno, a scapito di un avvocato che si vedrebbe costretto a pagarne economicamente le conseguenze;
    cui si aggiungono, inserendosi nel medesimo solco, i seguenti provvedimenti licenziati dall'attuale Governo:
    il decreto-legge n. 90 del 2014, «decreto PA.», con il quale sono state introdotte sensibili restrizioni all'accesso alla giustizia amministrativa, limitando in concreto la possibilità di ricorso mediante l'inasprimento delle sanzioni a carico della parte soccombente proponente ricorso (cosiddette «misure per il contrasto all'abuso del processo»), nonché introducendo restringimenti – oltre che al numero delle pagine ammissibili del ricorso – ai tempi ed alla portata dei provvedimenti cautelari, sottomettendoli al deposito di una cauzione, accelerando i tempi della definizione – in forma semplificata – della decisione, configurando una giustizia amministrativa, di fatto, non alla portata di ciascun cittadino e difficilmente in grado di esercitare il suo precipuo ruolo di controllo di legalità negli atti della pubblica amministrazione;
    il decreto-legge n. 92 del 2014 sui rimedi risarcitori in favore dei detenuti che, proseguendo in linea con i più recenti provvedimenti «Svuota carceri» ed «indulti mascherati», ha inteso addirittura conferire 8 euro al giorno ai carcerati sofferenti del sovraffollamento carcerario;
    il decreto-legge n. 132 del 2014 sulla giustizia civile, che ha delineato, l'introduzione di un separato sistema giudiziale (civile) sempre più privatizzato – nel quale le liti potranno essere risolte rivolgendosi a pagamento ad arbitri, mediatori e avvocati in maniera privata – a discapito dell'imparzialità della decisione e, di conseguenza, accessibile solo a chi potrà permettersi di pagarlo, nonché introducendo una nuova procedura «leggera» per separazioni e divorzi del tutto insensata se non accompagnata dalla riduzione dei termini temporali, così come peraltro indicato dalla Camera con l'approvazione della proposta di legge sul «divorzio breve»;
    il decreto legislativo ai sensi della legge delega n. 64 del 2014, con il quale si consente la non punibilità, a discrezione del giudice, per i reati fino a cinque anni, che determina una grave lesione alla capacità dello Stato, anche sotto il profilo della percezione, di tutelare a sicurezza dei cittadini;
    la legge di stabilità 2015, per le quali, oltre a comportare una riduzione delle dotazioni del Ministero della giustizia, derivanti da riduzioni sul programma amministrazione penitenziaria (-36,2 milioni di euro) e del programma giustizia civile e penale (-64,2 milioni), hanno disposto, l'aumento delle spese di notificazione richieste agli ufficiali giudiziari nelle cause e attività conciliative in sede non contenziosa davanti al giudice di pace, di valore inferiore a 1.033 euro;
    la legge di Stabilità del 2016 con il ricordato taglio complessivo di circa 36 milioni di euro al Ministero della Giustizia, assieme ad una serie di riduzioni delle indennità dei magistrati onorari, nonché di risorse per l'implementazione del processo civile telematico; la quale ha altresì comportato una riforma, di tipo ordinamentale, della cosiddetta «legge Pinto» mediante modifiche che, da un lato, irrigidiscono la procedura per il cittadino per accedere ad un'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo e, dall'altro lato, ne riducono sensibilmente il «quantum» risarcitorio, con l'esclusivo intento di ridurre l'esborso dovuto dallo Stato al cittadino per il diritto alla giustizia così come configurato e prescritto da numerose indicazioni, in tal senso, da parte della CEDU;
    la produzione dei ricordati interventi legislativi, di scarso respiro, è stata costantemente dettata dall'esigenza di sfruttare politicamente il clamore suscitato dalla stampa di fronte a casi eclatanti che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica, dando luogo ad esili e lacunose riforme rappresentate come intervento urgente, e necessario ad arginare ciò che di volta in volta occupava il dibattito sui media, quanto più, parallelamente gli interventi in tema di giustizia penale sono apparsi dominati da un «logica esterna» apparentemente riconducibile ad accordi extraparlamentari che, sul fronte del contrasto al malaffare hanno creato dilazioni dannose per l'affermazione e la difesa del principio della certezza della pena;
   tra questi, si iscrivono:
    la legge sulla corruzione approvata dopo un iter di ben 797 giorni in più letture parlamentari con esiti affatto soddisfacenti quanto alla dissuasione del malaffare;
    la modifica del reato di scambio elettorale politico mafioso previsto dall'articolo 416-ter: il Governo, per la solita regola dell'apparire e dell'apparenza, si è limitato all'innalzamento delle pene senza effettivamente incidere sulla condotta da provare. Per provare il voto di scambio, bisogna provare che il voto, o la promessa del voto, siano stati acquisiti mediante l'utilizzo del metodo mafioso. Ma come sappiamo, i mafiosi i voti lì portano con il sorriso sulle labbra, senza bisogno di intimidire nessuno. Anche la Cassazione ha dato un messaggio al legislatore, chiarendo che la legge può funzionare solo se il legislatore ricorrerà all'eliminazione dalla norma dell'inciso: «mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis»;
    il provvedimento approvato alla Camera su modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, non contiene di fatto solo provvedimenti che imbavagliano la stampa, ma ha l'ambizione di volere risolvere i problemi del processo penale nella sua interezza: semplificare il processo, le procedure, e anche ridurre il carico, quindi deflazionare il carico dei procedimenti pendenti in sede penale, senza tenere nel debito conto che tali interventi normativi sarebbero da fare solo quando i giudici e il personale amministrativo dei tribunali in un successivo futuro fossero messi in grado di far funzionare effettivamente il tribunale stesso. Con le scoperture di organico vigenti ad oggi – oltre il 50 per cento in alcuni uffici del tribunale – sia per quanto riguarda i dipendenti amministrativi sia per quanto riguarda i giudici, la riforma di fatto è impossibile;
    altresì ai numerosi interventi nel settore della giustizia civile, non ha corrisposto, nelle intenzioni del Governo e della maggioranza, altrettanta attenzione e spirito riformatore nei confronti della giustizia penale, laddove, in tale settore, e più specificamente in tema di lotta alla corruzione, reato di falso in bilancio, certezza della pena, allungamento della prescrizione, reati fiscali, è da individuarsi la vera urgenza ed emergenza in tema di efficacia del sistema giustizia;
    sono da intendersi come indicativi di un metodo discontinuo, ondivago e, nei fatti, controproducente, in tema di lotta al malaffare da parte del Governo, i recenti esempi di interventi su singoli temi nell'ambito di più ampli contenitori legislativi in discussione presso il Parlamento quali, ad esempio, l'inserimento del reato dell'autoriciclaggio – del tutto inefficace se inapplicabile ai beni per godimento personale acquistati con capitali illeciti – nell'ambito della legge sul rientro dei capitali o la reintroduzione di ampie soglie nel reato di falso in bilancio attraverso un emendamento, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, in contraddizione a quanto dichiarato pubblicamente dallo stesso Ministro in materia;
    è in tale contesto che si è volutamente rinunciato ad attuare ben più ampi e ponderati progetti, se non di facciata, che avrebbero potuto incidere positivamente su vari aspetti sistematici, preferendo invece interventi di carattere disorganico, fra i quali si iscrive il rinnovato e discutibile impulso alla riforma della responsabilità civile dei magistrati, accantonando in tal modo l'opportunità di intervenire con lungimiranza sull'ordinamento, restituendo efficacia ed efficienza ad un servizio fondamentale per la democrazia e per la legalità;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    il perdurare di tale situazione ed anzi l'aggravarsi continuo delle condizioni di svolgimento dell'attività giudiziaria si riverbera inevitabilmente sulla funzionalità ed efficacia del servizio reso al cittadino, a cominciare dalla ragionevole durata del processo;
    un altro aspetto negativo del cattivo funzionamento della giustizia penale e dei problemi più impellenti che affliggono la giustizia italiana concerne la ragionevole durata del processo, in applicazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo concernente il diritto ad un processo equo, in presenza di oltre 5 milioni di processi civili e 3 milioni di processi penali e di tempi medi di definizione che nel civile sono pari ad oltre 7 anni e nel penale a circa 5 anni;
    l'aumento dei costi per l'accesso alla giustizia associato all'introduzione di filtri obbligatori preventivi prima del radicamento del procedimento civile stesso, rappresenta un approccio fortemente inidoneo a coniugare l'intento deflattivo del carico civile con la certezza del diritto quanto più laddove connesso ad un aggravio degli adempimenti per accedere alla procedura per il risarcimento all'eccessiva durata del processo stesso;
    con riferimento agli strumenti deflattivi, il combinato disposto della scelta dell'introduzione della mediazione obbligatoria con decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 dichiarata incostituzionale, dalla sentenza 6 dicembre 2012, n. 272 della Corte costituzionale con sua conseguente disapplicazione, ma nuovamente reintrodotta, ad avviso dei firmatari della presente risoluzione con insignificanti modifiche, con l'introduzione nel decreto-legge n. 32 del 2014 dell'arbitrato per la conclusione extragiudiziale delle controversie civili, dà luogo a gravi carenze sotto il profilo dell'accesso alla giustizia per il cittadino nonché dell'imparzialità delle soluzioni adottate;
    nell'ambito degli interventi volti alla razionalizzazione del processo ed alla necessaria riduzione dei termini di celebrazione, non possono certamente essere considerati interventi strutturali e risolutivi la proroga dell'arruolamento, al fine di contribuire a smaltire l'arretrato civile, di stagisti, giovani neolaureati che reclutati dal Ministero della giustizia, con un ridottissimo contributo spese né alcuna copertura assicurativa sugli infortuni, e l'inserimento in via straordinaria e provvisoria di giudici ausiliari retribuiti a cottimo, nonché la proroga, senza precisi intendimenti della questione dei cosiddetti precari della giustizia;
    occorrerebbe portare a termine l'annoso processo di riforma della magistratura onoraria, riconsiderare positivamente il ruolo del giudice di pace in quanto, organo giudicante di primo grado in materia civile e penale, definisce annualmente oltre due milioni di procedimenti i quali hanno una durata che si attesta in tempi inferiori ad un anno, ovvero un terzo del tempo necessario per la definizione dei giudizi innanzi ai tribunali, rispettando il principio costituzionale della ragionevole durata del processo;
    sul tema del sovraffollamento carcerario le soluzioni sin qui proposte dal Ministro, confermando l'impostazione del precedente Governo, non hanno presentato interventi di tipo qualitativo, né qualitativo per il miglioramento delle condizioni detentive, laddove, in assenza di un «piano carceri» capace di fornire risultati tangibili è stata rafforzata ogni misura rivolta a conseguire scarcerazioni e misure alternative al carcere, mantenendo ugualmente un livello di popolazione carceraria pari a 52.164 reclusi, 3000 in più dei posti a disposizione;
    l'annoso problema del sovraffollamento carcerario rappresenta una questione di legalità perché nulla è più disastroso che far vivere chi non ha recepito il senso di legalità e, quindi, ha commesso reati, in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    con riferimento alle problematiche della situazione carceraria, non si può non rilevare il permanere di condizioni assolutamente paradossali, come quella di strutture terminate da molti anni e non ancora entrate in funzione, talune delle quali si presentano già obsolete;
    le strategie di lungo termine per affrontare il decongestionamento degli istituti carcerari, che risiedono nella costruzione di nuove strutture, vedono, ad oggi un «piano carceri» che, dalla sua attivazione nel 2010 non ha prodotto, al di fuori di questioni giudiziarie che ne hanno coinvolto il vertice e l'impiego di oltre quattrocento milioni di euro, ancora alcun risultato apprezzabile nella creazione di nuovi posti a disposizione per accogliere i detenuti, nonostante l'impostazione emergenziale degli strumenti a disposizione dei commissari;
    fra le questioni si ritengono prioritarie in materia di contrasto all'illegalità ed alla criminalità organizzata appare indispensabile valutare una più attenta gestione del 41-bis, relativamente ai circuiti informativi paralleli che nascono dentro gli istituti penitenziari, effettuare un puntuale monitoraggio degli enormi patrimoni confiscati ai mafiosi, nonché ulteriormente alzare il livello di guardia nei confronti delle rilevate infiltrazioni mafiose nell'ambito degli appalti anche attraverso maggiori stanziamenti da destinare all'Autorità nazionale anti corruzione;
    ricordato che, secondo il Corruption Perception index 2014 di Transparency International, l'Italia si classifica nuovamente al 69o posto nel mondo, conservando stessa posizione e punteggio dell'anno precedente. Sullo stesso gradino dell'Italia, con un voto di 43 su 100, troviamo di nuovo la Romania e altri due Paesi europei in risalita rispetto allo scorso anno: Grecia e Bulgaria;
    la corruzione costa allo Stato italiano 60 miliardi di euro, oggi l'Italia è il Paese più corrotto d'Europa, 69esimo posto nel mondo, sorpassata dalle migliori performance di Sud Africa e Kuwait (in 67esima posizione) e seguita da Montenegro, collocandosi nel G20 in una posizione inferiore a tutte le nazioni europee, sorpassata non solo da Usa e Canada, ma anche da Arabia Saudita e Turchia, tale che una delle questioni cruciali per il nostro Paese, anche dal punto di vista economico, è rappresentata dalla risposta che il sistema giustizia è in grado di offrire al fenomeno della corruzione, che, oltre a determinare sacche di illegalità in ambiti pubblici e privati, costituisce una vera e propria «zavorra» per il sistema economico con effetti devastanti sulle medie e piccole imprese in termini di mancata concorrenza;
    è evidente che una risposta al problema della corruzione non può essere circoscritta al piano giudiziario; tuttavia occorre rilevare che il Consiglio d'Europa ha più volte sottolineato criticamente come la prescrizione dei reati incida pesantemente, nel nostro Paese, sui processi per corruzione, invocando riforme che consentano di addivenire alle sentenze;
    la corruzione ha sin qui trovato terreno fertile a causa del fatto che molteplici strumenti normativi siano stati depressi o distrutti o non ancora introdotti, come la sostanziale depenalizzazione del falso in bilancio che consente a vile prezzo le uscite «in nero» dalle casse di imprese pubbliche e private;
    nessun procedimento di riorganizzazione può sperare di funzionare omettendo un corretto riconoscimento delle professionalità del personale dell'amministrazione giudiziaria, il cui sviluppo di carriera è rimasto da lungo tempo bloccato, nonché un adeguato accesso di personale qualificato dall'esterno;
    ogni ipotesi di amnistia o di indulto rappresenta una sconfitta per il principio di legalità per il principio di effettività della pena e per le tante vittime che hanno aspettato e sperato nel funzionamento della giustizia;
    il ricorso a surrettizi provvedimenti indulgenziati, slegati dall'apposito percorso previsto dall'articolo 79 della Costituzione e privi di un impatto generalizzato, rischiano di dar luogo a meccanismi in base ai quali lo sconto di pena cresce con il crescere della pena consentendo proprio ai soggetti più pericolosi sul piano criminale di poter uscire dal carcere;
    va considerato infine essenziale il perseguimento del principio di legalità e va valutata l'ineludibilità dell'efficienza del sistema giudiziario per il contrasto prioritario alla criminalità organizzata, alla corruzione ed all'evasione fiscale e, quindi, per il progresso socio-economico del Paese;
    ciò premesso, preso atto delle comunicazioni del Ministro della giustizia,

impegna il Governo:

   in materia di amministrazione della giustizia:
    a considerare il servizio giustizia che lo Stato rende al cittadino, basilare per il recupero di competitività del Paese, al centro della propria azione politica e progettuale, individuando adeguate e perduranti risorse economiche tese a conseguire efficienza ed efficacia per il funzionamento dell'amministrazione della giustizia sia mediante un significativo incremento di personale per l'intero comparto, sia giudicante che amministrativo, che attraverso la predisposizione di risolutive strategie di informatizzazione e digitalizzazione degli uffici, mediante banda larga e computer di ultima generazione inclusi portatili per il telelavoro con adeguati sistemi di sicurezza, e dei procedimenti con particolare riferimento al sistema delle comunicazioni e delle notificazioni per via telematica;
    a evitare ulteriori tagli al comparto giustizia e a garantire, al contempo, risorse per l'assunzione del necessario personale amministrativo, indispensabile ai giudici per celebrare i processi e garantire il diritto costituzionale del cittadino a tutelare i propri diritti nelle aule di giustizia, anche attraverso il ripristino dei fondi, ridotti con la Legge di Stabilità 2016, a giudici onorari ed al processo telematico, tagli che incidono sull'operatività contingente del sistema giustizia e sulla prospettiva di riuscire a completare l'implementazione del processo digitale, indispensabile alla riduzione dei tempi e dei costi per i procedimenti giudiziari;
    a garantire un livello adeguato di personale a supporto dell'intero settore mediante mirate politiche assunzionali con una previsione di almeno: 500 unità aggiuntive di personale socio-pedagogico e 500 di personale amministrativo-contabile per il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; di 350 cancellieri e di 150 ufficiali giudiziari per i Tribunali – al fine, peraltro, di accompagnare da subito il processo di implementazione del processo telematico – di 1000 assunzioni per la Polizia penitenziaria ed una completa riqualificazione, mediante progressione professionale, del personale del Ministero della giustizia ed Unep;
    a procedere alle opportune e necessarie riqualificazioni professionali per l'intero comparto dei dipendenti del Ministero della giustizia;
    a intraprendere la strada di una riforma coerente e positiva di sistema, proposta mediante l'esclusivo strumento di un unico disegno di legge, che intervenga sulla struttura del procedimento penale per eliminare gli ostacoli alla sua celere celebrazione, tale da risolvere definitivamente i problemi della giustizia legati alla ragionevole durata del processo;
   a rimuovere ostacoli economici e procedurali che si frappongono tra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia a partire da:
    una valorizzazione dell'istituto del gratuito patrocinio e della riduzione generalizzata delle spese di giustizia a carico dei cittadini (contributo unificato, marche da bollo, anticipazioni e altro), a partire dalla soppressione delle misure di innalzamento dell'anticipazione forfettaria per le notificazioni nei procedimenti giurisdizionali e di riduzione di un terzo degli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato nei casi di patrocinio a spese dello Stato;
    l'abolizione di qualsiasi carattere di obbligatorietà, onerosità e consequenzialità sulle decisioni giudiziali dell'istituto della mediazione;
    la previsione, nell'ambito della degiurisdizionalizzazione del processo civile, di rendere interamente gratuito il ricorso all'arbitrato per la definizione extra processuale delle controversie;
   la rimozione di ogni previsione di introdurre una motivazione a pagamento tale da limitare la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto;
   la modifica dell'attuale assetto della «legge Pinto» facilitando l'accesso per il cittadino ad un'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo sia attraverso la previsione della facoltatività dell'esperimento dei rimedi preventivi ai fini dell'accesso alla procedura, sia mediante il ripristino delle modalità di ricorso antecedenti le riforme degli ultimi anni, più congruenti con il dettato e con la giurisprudenza della CEDU, nonché riconoscendo un adeguato quantum risarcitorio per ciascun anno di ritardo;
   l'introduzione, di condotte riparatorie che estinguono il reato, che devono essere sempre frutto di una libera scelta della vittima e non dello Stato in accordo con il colpevole;
   la facoltà per il giudice, nell'esclusivo interesse della vittima del reato, a fronte di indagini lacunose, di poter in ogni caso richiedere un'integrazione delle indagini;
   il rafforzamento dell'integrità della tutela giudiziale, riducendo a mera facoltà delle parti – e non a una condizione di procedibilità della domanda giudiziale – il ricorso agli strumenti di composizione stragiudiziale delle controversie, nella radicata e ferma convinzione che non si debba alleggerire il carico di lavoro dei giudici e fare fronte all'enorme arretrato dei tribunali comprimendo i diritti dei cittadini;
   nonché, al fine della riduzione del contenzioso civile ed alla funzionalità degli uffici giudiziari, l'indizione, nel primo provvedimento utile, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di concorsi fino alla completa copertura dei posti vacanti delle piante organiche dei magistrati nonché del personale amministrativo non dirigenziale delle singole strutture, centrali e periferiche, dell'Amministrazione giudiziaria;
   in tema di giustizia amministrativa, a rimuovere i limiti al diritto all'accesso alla giustizia per i ricorrenti quali, in particolare: la limitazione nella dimensione degli atti del ricorso, l'inasprimento delle penalità per la parte soccombente (misura di carattere dissuasoria piuttosto che sanzionatoria), il pagamento di una cauzione potenzialmente subordinante l'efficacia della misura cautelare, nonché la previsione della sentenza in forma semplificata, in quanto deleteri ai fini di un adeguato ed efficace controllo giurisdizionale sugli atti della pubblica amministrazione;
   in materia di diritto fallimentare, ad adoperarsi per apportare una riforma organica ed univoca delle procedure concorsuali, attraverso lo strumento del disegno di legge piuttosto che della legge-delega, tale da garantire un approccio unitario ad un settore provato da una frequente stratificazione di norme che hanno visto, solo nell'ultimo semestre, la produzione da parte dell'esecutivo di due provvedimenti tra di essi confliggenti;
   in tema di esecuzione, ad assumere iniziative per estendere le facoltà previste dalla legge 21 gennaio 1994 n. 53 anche all'esecuzione dei pignoramenti che si eseguono mediante notificazione di un atto, con i seguenti accorgimenti: gli oneri di autorizzazione del Consiglio dell'ordine circondariale forense e di annotazione nel registro cronologico siano estesi anche ai pignoramenti notificati a mezzo posta elettronica certificata; la qualità di Pubblico ufficiale, all'avvocato notificante, sia estesa anche all'attestazione che l'Avvocato deve fare a pena di nullità del pignoramento, di essere munito di titolo esecutivo e di aver notificato lo stesso e il precetto; prevedere che la competenza esclusiva dell'ufficiale giudiziario sia circoscritta nelle esecuzione di quei pignoramenti o attività esecutive che implicano l'ingerenza nel domicilio o in altre appartenenze del debitore, che coinvolgono le sue libertà personali; prevedere che l'avvocato pignorante, in aggiunta al suo compenso pattuito col proprio assistito e/o rifuso dal debitore ex articolo 95 codice di procedura penale, abbia solo il diritto di ottenere il rimborso delle spese vive da lui sostenute;
   a sostenere una più ampia e maggiormente incisiva legislazione anticorruzione e più in generale contro il malaffare, nell'esclusivo interesse del cittadino contribuente onesto che sia dunque orientata:
     a) a realizzare un «DASPO» per i corrotti e corruttori, cioè l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per coloro che hanno danneggiato la pubblica amministrazione con comportamenti accertati con una sentenza passata in giudicato;
     b) ad un aumento delle pene per tutti i reati contro la pubblica amministrazione: riallineando le fattispecie e recuperando la logica delle sanzioni nel codice;
     c) a sancire l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni o enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica a seguito di una condanna per un tempo non inferiore ad un anno per una serie di delitti contro la pubblica amministrazione;
     d) ad inserire l'aumento di pena per il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, di cui all'articolo 316-ter del codice penale;
     e) a una revisione della prescrizione che la interrompa dal momento del rinvio a giudizio dell'imputato nonché a prevedere il raddoppio dei termini di prescrizione per i reati di corruzione;
     f) alla tutela del segnalatore di reati, il wisteblower, tale da proteggere chi denuncia, anche in forma anonima, la corruzione, nel pubblico e nel privato, contro ogni discriminazione diretta o indiretta con la previsione di premialità sulla base delle cifre recuperate all'erario conseguenti alle segnalazioni effettuate;
     g) a reintrodurre il reato di falso in bilancio senza alcuna soglia di non punibilità;
     h) al fine di scoraggiare qualsiasi alleanza tra politica e criminalità organizzata, a rivedere la tipizzazione dell'articolo 416-ter del codice penale procedendo alla soppressione nell'articolo dell'inciso ”mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis.»;
     i) a ponderare attentamente la scelta della procedibilità a querela di parte prevedendo i reati determinati a cui riferirsi se l'offesa arrecata è di modesta entità;
     l) ad aumentare le pene per i reati di natura amministrativa e rendere severa la punizione per chi attacca il pubblico interesse;
     m) ad un aggiornamento del reato di autoriciclaggio così da colpire il riutilizzo dei capitali indebitamente percepiti o frutto di corruzione anche se impiegati per l'acquisto di beni per godimento personale del reo;
   a ricondurre ad un principio di proporzionalità nella determinazione della sanzione penate la legislazione in materia di reati tributari, mediante una riduzione generalizzata delle soglie di non punibilità di cui al secondo Titolo del decreto legislativo n. 74 del 2000 previste per le singole fattispecie di reato, tenuto presente che l'efficacia deterrente della sanzione amministrativa pecuniaria, infatti, non è idonea da sola a disincentivare le condotte di evasione dal momento che spesso le frodi fiscali vengono perpetrate ed attuate attraverso l'impiego delle cd. «teste di legno» ovverosia soggetti privi di garanzie patrimoniali, segnatamente intervenendo sui reati di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazioni infedeli, sottrazione di attivi all'imposizione, omessa dichiarazione, omesso versamento di ritenute certificate, l'omesso versamento dell'IVA;
   a riconsiderare le norme in materia di «non punibilità dei reati lievi», operando un'ulteriore esclusione dal novero degli effetti della delega per i reati che destano maggiore allarme sociale, escludendo correlazioni tra il principio della particolare tenuità ed i reati tributari;
   ad assumere iniziative per rivedere la recente riforma della responsabilità civile dei magistrati, tale da realizzare una procedura di responsabilità scevra da qualsiasi intento intimidatorio e tesa unicamente ad accertare l'effettività della colpa grave nella condotta del giudice, al fine di non compromettere l'indipendenza e l'autonomia della magistratura da qualsiasi condizionamento esterno;
   a non esercitare la delega in materia di disciplina di intercettazioni, riconducendone eventualmente la revisione nell'ambito proprio di un'apposita riforma del reato di diffamazione, mediante lo strumento di un disegno di legge ordinario;
   a istituire, un «Fondo per le vittime dei reati intenzionali violenti», in modo da adempiere al dettato della direttiva del 2004/80, laddove questa impone che ciascun Stato membro realizzi «un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti» che vede il nostro Paese da tempo inadempiente;
   a favorire altresì, per quanto di competenza, il completamento dell’iter delle proposte di legge di iniziativa parlamentare in tema di: revisione dell'impianto normativo e depenalizzazione dei reati connessi alla coltivazione, cessione e consumo della cannabis; revisione della prescrizione nel processo penale; determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale: riforma dello strumento dell'azione di classe; reformatio in peius nel processo d'appello in caso di proposizione dell'impugnazione da parte del solo imputato; protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico: l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli allontanamenti dei minori dalle famiglie e sulle situazioni di incompatibilità e di conflitto di interessi di componenti privati presso i tribunali e le Corti di appello per i minorenni; una modifica dell'articolo 145 del codice di procedura civile, concernente la notificazione degli atti alle persone giuridiche; la revisione della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di ordinamento della professione forense; la revisione dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile in materia di consulenza tecnica preventiva;
   con riferimento al sistema carcerario impegna, altresì, il Governo:
    a reperire le necessarie risorse finanziarie per l'edilizia penitenziaria prevedendo, nel rispetto della normativa vigente, la realizzazione di nuove strutture solo ove necessario e, con priorità, l'ampliamento e l'ammodernamento di quelle esistenti che siano adattabili, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti, evitando in ogni caso il ricorso a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici;
    ad assumere le opportune iniziative volte ad incentivare – nel pieno rispetto dei diritti riconosciuti alle persone detenute e delle norme nazionali ed internazionali di carattere pattizio – il trasferimento delle persone straniere detenute che abbiano subito condanna definitiva, assicurando a tal fine una più ampia ed efficace applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo, il 21 marzo 1983 e favorendo altresì la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri Paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel Paese d'origine;
   a garantire, per quanto di competenza, il principio della certezza della pena, ponendo fine alla definizione di norme emergenziali recenti sconti di pena generalizzati a scapito della sicurezza dei cittadini;
   a mettere in atto adeguate misure normative tali che il garante nazionale per i diritti dei detenuti sia concretamente slegato ed indipendente, sia sul piano formale che sostanziale, dall'Esecutivo;
   ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l'organico degli operatori, compresi psicologi ed educatori, previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
   ad intervenire sugli organici di tutte le figure che operano negli istituti di pena e nel circuito penale esterno, in particolare prevedendo nuove assunzioni, congrue ed adeguate ai nuovi compiti che la legislazione va loro gradualmente affidando;
   a intervenire con maggiore efficacia per la tutela dei diritti umani e della dignità delle persone recluse, mediante la previsione di forme di controllo indipendente degli istituti (accertandone la vivibilità anche dal punto di vista igienico-sanitario), promuovendo la dotazione di strutture e personale idonei ad assicurare un'adeguata assistenza psicologica ai reclusi, progetti mirati di sostegno educativo e sociale (attraverso la creazione di centri di ascolto, la predisposizione di misure di particolare attenzione nelle prime fasi della detenzione, la limitazione e il controllo dell'isolamento disciplinare), nonché percorsi di formazione e lavoro necessari per assicurare una nuova vita dopo il carcere: ciò, al fine di contrastare i suicidi, la violenza, la soggezione tra gli stessi e agire in maniera efficace per il reinserimento sociale e la drastica riduzione della recidività a causa della creazione di adeguate reti di accoglienza e supporto sociale al di fuori del carcere;
   al fine di ridurre la recidiva e favorire la riabilitazione, il recupero ed il reinserimento del detenuto nella società, a destinare adeguate risorse al lavoro all'interno delle carceri;
   ad operare una revisione delle misure di sicurezza solo mediante una riforma globale della disciplina delle stesse inserendola nel contesto della riforma complessiva del sistema sanzionatorio, chiarendo altresì criteri e principi ordinativi, in luogo di una mera razionalizzazione della disciplina esistente;
   alla tutela e al miglioramento delle condizioni di accesso e di possibilità di relazione dei figli dei detenuti con i propri genitori, anche mediante la creazione negli istituti di pena degli spazi child friendly per permettere ai bambini, figli di detenuti, di visitare in condizioni accettabili i loro genitori nel rispetto della loro condizione infantile.
(6-00194) «Ferraresi, Bonafede, Colletti, Agostinelli, Businarolo, Sarti».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150;
   tali comunicazioni rappresentano un atto di estrema rilevanza ai fini della definizione programmatica della politica «in fieri» rispetto alla giustizia, che non possono che essere esaminate attentamente da parte del Parlamento;
   la crisi della giustizia, civile e penale, nonché delle carceri, a causa dei numerosi e complessi problemi, cui non si è data in tanti anni adeguata risposta da parte del legislatore e del Governo, rappresenta una delle più gravi questioni del nostro Paese. Le vittime sono milioni di persone, sia per la lentezza dei processi, sia per le condizioni di detenzione inaccettabili che, peraltro, non possono che tradursi nell'aumento della recidiva, come effettivamente avvenuto in questi anni;
   lo stato della giustizia italiana ha raggiunto un livello di drammaticità sconosciuto in altri Paesi democratici, rispetto al quale l'Italia versa – ancora, purtroppo – in una situazione di illegalità sostanziale, e tale da aver aperto la strada alle condanne intervenute nel tempo da parte della Corte europea dei diritti umani nei confronti del nostro Paese, solo in parte attenuate dai provvedimenti intervenuti in corso di legislatura;
   è evidente, inoltre, il graduale aumento delle difficoltà di accesso del cittadino al servizio giustizia, realizzato direttamente anche attraverso il vorticoso aumento dell'importo del contributo unificato o indirettamente tramite, ad esempio, la compressione delle tutele introdotte dalla cosiddetta «legge Pinto» o di quelle garantite dall'istituto del patrocinio a spese dello Stato;
   quanto ai dati, i procedimenti in sospeso ammontano a circa otto milioni e ottocentomila; cinque milioni e duecentomila, i civili; tre milioni e cinquecentomila, i penali; sono circa 1.189 le sentenze di condanna dell'Italia per violazione della Convenzione Europea. Durata media di un procedimento civile: sette anni e tre mesi; durata media di un procedimento penale: quattro anni e nove mesi; i detenuti in attesa di giudizio: 42 per cento; duemila i processi ogni anno per ingiusta detenzione, o errore giudiziario; il debito maturato dallo Stato per la lentezza dei processi: 750 milioni, già pagati, 313 milioni ancora da saldare; la durata media delle cause civili supera i sette anni, a volte durano più del doppio con costi spaventosi per i cittadini;
   quanto all'intervento governativo, poi, su leggi inefficaci e criminogene, quali la cosiddetta legge «Fini-Giovanardi», nonché la cosiddetta «Bossi-Fini», in tema di stupefacenti e immigrazione, questo è stato correttivo solo in parte; a fenomeni che evidentemente richiedono approcci diversi dal penale, sono state offerte solo timide risposte;
   la legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati sarebbe misura necessaria non solo per deflazionare ulteriormente il sovraffollamento carcerario, ma anche per impostare una diversa politica relativa al consumo di stupefacenti, con interventi repressivi, ma principalmente preventivi, rispetto alle condotte nelle quali effettivamente è riscontrabile la pericolosità sociale e il potenziale danno individuale;
   al di là della trasformazione in illecito amministrativo, il reato cosiddetto di «immigrazione clandestina» avrebbe dovuto essere del tutto espunto dal nostro ordinamento, in quanto in contrasto con la Costituzione, punendo di fatto la persona non in conseguenza di un suo comportamento contrario alle norme, bensì per il mero trovarsi in una condizione personale di difetto di permesso di soggiorno;
   le modifiche apportate recentemente alla legge «ex Cirielli» – non nella direzione auspicata – concernente prescrizione dei reati e recidiva, la mancata revisione di insufficienti piante organiche degli operatori in carcere, hanno contribuito a far discostare ben poco le nostre carceri dallo stato di emergenza. Al riguardo, a prescindere da risposte «tampone», sono necessarie serie riforme strutturali che, ovviamente, non possono essere a costo zero – consuetudine ormai affermata, ma altrettanto palesemente inadeguata;
   la riforma dell'istituto della prescrizione consta di una mera dilatazione dei suoi tempi destinata a «sanare» l'insostenibile lentezza della giustizia con l'effetto di allungare sensibilmente la durata dei processi; non, invece, di un intervento mirato ed efficace sulle tipologie di reati che maggiormente hanno mostrato criticità rispetto all'interesse dello Stato alla relativa punibilità, quali, ad esempio, quelli contro la Pubblica Amministrazione, nonché contro l'ambiente;
   sul reato di tortura intollerabile è quanto accaduto in Parlamento, con il provvedimento che – come già accaduto in altre legislature – giace ormai inerte, a segno della mancanza di una reale volontà politica di introdurlo;
   come pure si registra grande lentezza nell'iter di provvedimenti anche incardinati su temi rilevanti quali la riforma della magistratura onoraria, le modifiche all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, le misure per il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti;
   evidentemente l'iniziativa legislativa del Governo, anche in tema di giustizia, si continua a caratterizzare per gli innumerevoli provvedimenti di urgenza, dunque non strutturali, quali i decreti-legge, e per le numerose deleghe legislative su ampie materie, come anche da ultimo nel caso del disegno di legge delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile, peraltro spesso di una genericità eccezionale e sorprendente, ovvero talmente indefiniti da non poter costituire, secondo i dettati costituzionali, presupposto normativo per legittimare il Governo all'emanazione di decreti legislativi;
   un sistema giudiziario efficace non può infine prescindere dallo stanziamento in via prioritaria di risorse adeguate e idonee per garantire l'effettività dei diritti, nonché il concreto miglioramento della qualità dell'organizzazione del sistema-giustizia,

impegna il Governo:

   ad intervenire con misure realmente efficaci nella lotta alla corruzione ed alle mafie;
   ad adottare iniziative per intervenire sul Testo unico in materia di stupefacenti, in linea con la sentenza 32/14 della Corte costituzionale, anche in relazione all'introduzione di un meccanismo di ricalcolo automatico delle pene comminate;
   ad intervenire con urgenza sugli organici di tutte le figure che operano negli istituti di pena e nel circuito penale esterno, in particolare prevedendo nuove assunzioni, congrue ed adeguate ai nuovi compiti che la legislazione va loro gradualmente affidando;
   a dare impulso rispetto all'approvazione di misure per valorizzare la magistratura onoraria, di modifiche all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, nonché per il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti;
   ad assumere iniziative per introdurre finalmente nel nostro ordinamento il reato di tortura in armonia con la definizione che ne dà la Convenzione di New York;
   a rinforzare gli strumenti di prevenzione dei reati e controllo, assumendo iniziative per introdurre, altresì, misure per incentivare la celerità dei processi;
   a promuovere concrete ed urgenti misure a tutela e sostegno delle vittime dei reati.
(6-00195) «Daniele Farina, Scotto, Sannicandro, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Zaccagnini, Zaratti».


   La Camera,
    udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia e premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita sempre di più dai cittadini come inadeguata e incapace di assicurare la tutela delle persone offese dei reati e la conseguente tutela dei diritti, nonché inidonea nel contribuire al progresso civile del Paese;
    il numero dei processi pendenti sia nel settore civile che in quello penale, l'impossibilità che questi siano definiti in tempi ragionevoli, nonché l'adozione sistematica di provvedimenti cosiddetti «svuota carceri» o «indulti mascherati», tra cui, da ultimo, la legge 28 aprile 2014, n. 67 sulla depenalizzazione e la messa alla prova, determinano ormai una sfiducia generalizzata dei cittadini nel sistema giustizia;
    occorre, invece, affrontare con decisione il tema della giustizia e porre mano a riforme che costituiscano reale attuazione dei principi della ragionevole durata e del giusto processo;
    il sistema giustizia ha, infatti, un notevole impatto sul tessuto economico e in particolare sulle imprese, come dimostra il rapporto « Doing Business», stilato ogni anno dalla Banca Mondiale per individuare in quali Paesi sia più vantaggioso investire, che prende tra i diversi parametri (avvio di impresa, accesso al credito, sistema fiscale, eccetera) la durata media di un procedimento civile, ad esempio per il recupero di un credito, dato sicuramente importante per una azienda. Nel nostro Paese per ottenere un'azione esecutiva in caso di inadempimento contrattuale servono in media 1.210 giorni contro i 510 della media Ocse e si spende il 30 per cento del valore della causa (contro il 20 per cento degli altri paesi), è più facile ottenere giustizia in Sudan o Madagascar, insomma l'Italia risulta peggio del terzo mondo;
    inoltre sempre secondo il rapporto Doing Business 2015 tra i 34 paesi Ocse, i più industrializzati, siamo sempre in fondo alla classifica; risultano più attraenti di noi anche paesi come la Lettonia, Romania e Montenegro, africani come il Rwanda;
    sempre secondo il rapporto Doing Business, tale inefficienza comporta almeno la perdita dell'1 per cento di Pil all'anno, mentre, secondo uno studio della Confartigianato Lombardia, l'eccessiva durata dei processi costa alle imprese 2,3 miliardi di euro l'anno e oltre 450 milioni solo alla Lombardia;
    in merito all'irragionevole durata dei processi, in un incontro svolto presso il Tribunale di Milano, sono emerse alcune cifre sulla durata media dei processi in Italia: un processo in Italia giunge a sentenza dopo 3 mila giorni. Una sentenza di primo grado giunge, secondo la media OCSE, dopo 296 giorni, mentre in Italia arriva dopo 586 giorni. Inoltre, di recente, con la legge di stabilità 2016, la richiesta dell'indennizzo non è più legata soltanto all'eccessiva durata del procedimento, e quindi ad un procedimento troppo lungo che ha pregiudicato i diritti delle parti, ma all'aver esperito, previa inammissibilità della domanda, i provvedimenti preventivi, così gravando ulteriormente le parti di adempimenti infraprocessuali che limitano un diritto riconosciuto sia dalla Costituzione che dalle sentenze della Corte dei Diritti dell'Uomo (CEDU), e ciò, al sol fine, di ostacolare l'esercizio legittimo di un diritto;
    l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha, dunque, anche gravissime ripercussioni di natura economica, soprattutto in un momento di grave crisi come quella che sta ora attraversando il nostro Paese secondo Cribis D&S, la società del gruppo bolognese Crif specializzata nella business Information; il 2014 si è chiuso con la cifra record di 15.605 fallimenti, dal 2009 a oggi invece si contano circa 82.500 mila imprese che hanno portato i libri in Tribunale;
    i dati della nostra giustizia suonano talmente allarmanti all'estero, da determinare, nelle aziende straniere la decisione di non delocalizzare nel nostro Paese le proprie attività economiche;
    un efficiente sistema giudiziario e la garanzia della legalità costituiscono questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali e non emergenziali come quelli adottati nell'ultimo periodo;
    è necessario bloccare «ogni manovra» che consenta l'utilizzo degli istituti dell'amnistia e dell'indulto, nonché il ricorso a strumenti «spuri» che permettano nel concreto, una depenalizzazione di una «categoria» o «gruppi» di reato;
    è pur vero, invece, che in tal senso già due provvedimenti, che di fatto costituiscono dei veri e propri indulti, ossia il decreto-legge cosiddetto, «Severino», convertito in legge n. 9 del 2012 e il decreto-legge cosiddetto «Cancellieri», convertito in legge n. 94 del 2013 sono stati approvati, nonché, da ultimo, la legge 28 aprile 2014, n. 67 in tema di depenalizzazione e di messa alla prova;
    in tema di depenalizzazione, si ricorda che il Parlamento, ad eccezione della Lega Nord, con la legge 28 aprile 2014, n. 67, ha approvato l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina trasformandolo in sanzione amministrativa. Sul punto infatti occorre fare chiarezza: nel testo originario dello schema di decreto legislativo comunicato alle Camere per il relativo parere non vi era traccia della depenalizzazione di tale reato; è stata la Commissione Giustizia della Camera dei deputati, competente per materia ad esprimere il relativo parere, che invece ha posto come condizione l'introduzione, nel testo di legge, della depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. A fronte di questo, tenuto conto delle polemiche emerse e della contrarietà dell'opinione pubblica alla soppressione del reato in parola, il Governo, ed una parte della magistratura, hanno cercato di far emergere delle discrasie proprie del reato in punto di applicazione sostanziale. Ma tali inconvenienti non sono corrispondenti alla realtà, come peraltro dichiarato da coloro che applicano il reato, ossia i magistrati onorari e nello specifico i giudici di pace. Quindi il Governo, modificando la propria opinione, ha ritenuto di non procedere alla depenalizzazione, non già per convinzione, bensì solo per opportunismo ! È di tutta evidenza che il reato di immigrazione clandestina ha un deterrente anche psicologico che attraverso la depenalizzazione verrebbe meno. Ma di più. Se fossero applicate le espulsioni che vengono decise, quali conversione della sanzione penale, i clandestini presenti sul territorio dello Stato sarebbero numericamente scarsi. Invece la politica di questo Governo è quella di chiudere i centri di identificazione ed espulsione (CIE), eliminando le risorse finanziarie necessarie, al fine di non consentire l'esecuzione delle espulsioni decise dalla magistratura. Inoltre, l'ulteriore danno causato dall'abrogazione del reato di immigrazione clandestina, sarà quello di convincere l'immigrato irregolare che vi è una generalizzata impunità e possibilità di legittimata occupazione del territorio da parte dei clandestini, non potendo escludere che alcuni di essi siano affiliati all'ISIS;
    con la legge 28 aprile 2014, n. 67, il Governo ha approvato la depenalizzazione attraverso l'introduzione della non punibilità per particolare tenuità di ben 157 reati tra cui: furto, truffa, violazione di domicilio, minaccia, rissa, reati tributari, finanziari, corruzione, danneggiamenti, frodi, autoriciclaggio, omissione di soccorso, omicidio colposo;
    questi provvedimenti, unitamente ai dati ufficiali sull'aumento dei reati predatori ed in particolare dei furti in appartamento, sono passati dal 2009 al 2014 da 149 mila a 255 mila, con un'impennata annua eccezionale più 13,9 per cento, dimostrano che qualsiasi provvedimento sostanzialmente di clemenza non ha alcun effetto deflattivo sul sovraffollamento carcerario ma bensì un effettivo accrescitivo dei fenomeni criminosi, con aggravio dei costi a carico dei cittadini e del sistema giustizia, salvo quello di «svuotare» momentaneamente le carceri, ma per converso provocano la diminuzione della sicurezza dei cittadini ed ingenerano la convinzione comune dell'impunibilità de facto di determinati reati. Al fine di reprimere efficacemente i reati predatori occorre procedere, con speditezza e in tempi brevi, all'adozione della proposta di legge, Atto Camera 3419, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, concernenti i reati di furto in abitazione e furto con strappo» ovvero al corrispondente Atto Senato 2147 «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario al fine di contrastare i furti in abitazione»;
    la riforma del processo penale e delle sanzioni penali in discussione, con il giusto aumento delle pene sui furti o meglio sui reati predatori, non consente di modificare l'opinione negativa sull'amministrazione della giustizia, poiché un aumento di pena che poi viene posto nel nulla da riti alternativi o messa alla prova, è solo un sistema per far credere qualcosa che non esiste e per radicare nel cittadino la convinzione che lo Stato non combatte alcun crimine salvo quello contro la persona offesa;
    in questo quadro si muove la richiesta di non colpevolizzare sempre e comunque la persona offesa e quindi si chiede di procedere alla riforma della legittima difesa, adottando in tempi brevi come testo quello proposto alla Camera dei deputati, in discussione in Commissione Giustizia, Atto Camera 2892 «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima», ovvero il medesimo testo presentato al Senato della Repubblica Atto Senato 1784;
    al fine di aumentare la sicurezza è indispensabile modificare l'attuale sistema introdotto da questo Governo, attraverso il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con modificazioni, con la legge 11 agosto 2014, n. 117, che ha stabilito, tra le altre norme, che qualora il giudice (giudizio prognostico) procedente ritenga che la pena detentiva irrorata possa essere contenuta in un massimo di tre anni, non possono essere disposte le misure della custodia cautelare o degli arresti domiciliari;
    inoltre è necessario modificare la legge 16 aprile 2015, n. 47 approvata sempre da questo Governo, in materia di custodia cautelare in carcere, poiché la necessaria attualità del pericolo per disporre da parte del giudice la misura della custodia cautelare in carcere, prevista con la novella legislativa in parola, sta producendo distorsioni gravi, si pensi ad esempio al caso dei quattro cittadini marocchini residenti nel bolognese sospettati di fare proselitismo jihadista che non finirono in carcere e rimasero in libertà in base alla nuova legge citata sulla custodia cautelare;
    è altresì fondamentale, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, reintrodurre nel testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (decreto del Presidente della Repubblica 309/1990) la possibilità, oggi negata stante le modifiche legislative introdotte di recente, di prevedere per lo spaccio lieve entità la possibilità della custodia cautelare preventiva in carcere;
    è necessario, al fine di prevedere la certezza della pena, sopprimere nel codice di procedura penale la possibilità per gli imputati di reati di gravissimo allarme sociale (tra cui l'omicidio volontario aggravato, la strage, ecc.) di accedere al rito abbreviato che, come risaputo, consente un forte sgravio di pena, attraverso l'adozione, in tempi rapidi, della proposta di legge, approvata da un ramo del Parlamento, e pendente al Senato, atto Senato n. 2032 «Modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato»;
    considerato che circa un terzo dei detenuti in carcere oggi è in attesa di giudizio, una riforma della giustizia che assicuri un processo equo e celere avrebbe sicuramente un miglior effetto deflattivo sull'emergenza carceraria, nel rispetto del principio della certezza anche della pena e del processo;
    occorre altresì predisporre un piano di riforme organiche e strutturali con provvedimenti in grado di garantire un più equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato, uscendo da logiche emergenziali o d'occasione, che minano l'obbligatorietà dell'azione penale che risulta oggi di fatto non applicata, ed indi, disattesa;
    dette riforme non devono peraltro procedere nel senso di determinare, nel processo penale, una diminuzione delle garanzie difensive dell'imputato, né dette garanzie, debbono essere abbandonate a causa della irragionevole durata del processo, posto che quest'ultima è essa stessa un diritto dell'imputato;
    le riforme devono invero procedere nel senso di garantire un'effettiva parità tra accusa e difesa, contemplando un giudice che sia effettivamente terzo tra le due parti, una reale responsabilizzazione, anche disciplinare, dei magistrati inquirenti e giudicanti, una separazione delle carriere, una riforma profonda del Consiglio Superiore della Magistratura;
    il recupero di efficienza del sistema giustizia passa necessariamente attraverso una valorizzazione della magistratura onoraria, tenuto conto dell'importante ruolo che oggi svolge nell'amministrare la giustizia, e attraverso una stabilizzazione delle professionalità;
    i dati forniti con riguardo alle cause pendenti, circa 5 milioni e mezzo per il processo civile e 3 milioni per quello penale, rimangono allarmanti e non rassicura il lieve calo registrato per i processi penali, che invece attesta la sempre più sfiducia dei cittadini a rivolgersi all'autorità giudiziaria per la sostanziale impunità garantita ai colpevoli dei reati e la difficoltà ad avere accesso alle strutture giudiziarie per i tagli operati da questo Governo alle sedi di tribunale e procure;
    la riforma del processo civile che questo Governo vuole attuare, seppur condivisibile per alcune finalità, nella realtà è una riforma composta da deleghe legislative attuate in un anno e mezzo dall'approvazione definitiva della legge delega, senza lo stanziamento di risorse finanziarie sufficienti che facciano pensare ad una riforma seria ed articolata; si racconta al cittadino qualcosa che non è realtà, o meglio è solo finzione;
    l'aumento indiscriminato negli ultimi tre anni del contributo unificato, nonché l'introduzione di costi di notifica nei casi di procedimenti esenti (tra cui ad esempio il procedimento avverso le sanzioni amministrative ai sensi della legge n. 689 del 1981), hanno per certo gravemente scoraggiato i cittadini onesti ad accedere all'amministrazione della giustizia, oltre a palesare, altresì, anche una violazione dell'articolo 3 della carta costituzionale che sancisce sia l'eguaglianza formale ma anche, e soprattutto, l'eguaglianza sostanziale tra le persone,

impegna il Governo e, in particolare, il Ministro della giustizia ad intraprendere tutte le iniziative necessarie a realizzare:

   a) la revisione della composizione e del sistema elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura e la fissazione dei suoi compiti in via tassativa, in modo che venga impedito all'organo di autonomia della magistratura ogni travalicamento di funzioni;
   b) la separazione netta delle carriere dei magistrati, con modalità tali da garantire l'assoluta indipendenza del giudice;
   c) la modifica efficace della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, con modalità tali da garantire ai cittadini ingiustamente danneggiati da provvedimenti del giudice o del pubblico ministero, di ottenere, altresì in tempi ragionevoli, il risarcimento dei danni dallo Stato e dal magistrato e comunque nel pieno rispetto dei principi di cui all'articolo 25 della Costituzione;
   d) l'incompatibilità assoluta tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, ciò anche al fine di rendere credibile l'indipendenza e l'imparzialità di chi esercita le funzioni giudiziarie;
   e) la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui ai decreti legislativi del 7 settembre 2012 n. 155 e n. 156, che di fatto, sopprimendo circa 1000 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, sezioni distaccate e sedi del giudice di pace, ha reso più difficile l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini, rallentato i tempi delle cause, diminuito i presidi di legalità sul territorio, «punti di riferimento» per l'erogazione dei servizi di giustizia e penalizzato quelle sedi che invece assicuravano una giustizia in tempi ragionevoli; urge pertanto intervenire attraverso una immediata correzione della riforma salvaguardando e preservando le sedi giudiziarie efficienti che garantiscono funzionalità al sistema giustizia in ottemperanza alle esigenze territoriali, in modo particolare al Nord;
   f) la compiuta modernizzazione tecnologica di tutti gli uffici giudiziari, nonché la completa implementazione del processo telematico;
   g) la riforma organica della magistratura onoraria, tenuto conto del ruolo importante che già oggi svolge nell'amministrare la giustizia, e quello ancor più rilevante che potrebbe assumere, al fine di darle una piena ed esaustiva collocazione ordinamentale, facendo proprie le proposte di legge già depositate alla Camera, Atto Camera n. 1654 concernente «Disposizioni concernenti l'ufficio del giudice di pace e modifiche alla disciplina relativa alla sua competenza», e al Senato, Atto Senato n. 1202 «Disposizioni concernenti riforma organica del giudice di pace». Ai giudici di pace occorre garantire la professionalità, la stabilizzazione dell'incarico e l'inserimento a pieno titolo nel sistema di governo autonomo della magistratura; ai giudici onorari di tribunale ed ai vice procuratori onorari occorre garantire, anche con provvedimenti urgenti – considerata l'attuale insostituibilità – la stabilizzazione e la definizione, chiara ed univoca, con norme di rango primario, delle funzioni non di mera supplenza, inserendo anche queste figure nel sistema di governo autonomo della magistratura;
   h) il varo definitivo della proposta di legge, approvata da un ramo del Parlamento, e pendente al Senato, atto Senato n. 2032 "Modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato", al fine di non consentire l'applicabilità del giudizio abbreviato ai soggetti imputati di reati di gravissimo allarme sociale (tra cui l'omicidio volontario aggravato, la strage, etc.), di accedere al rito abbreviato;
   i) il varo definitivo della proposta di legge per procedere alla riforma della legittima difesa, promuovendo l'adozione in tempi brevi del testo proposto alla Camera dei deputati, in discussione in Commissione Giustizia, Atto Camera 2892 «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima», ovvero il medesimo testo presentato al Senato della Repubblica Atto Senato 1784;
   j) la reintroduzione nel testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (decreto del Presidente della Repubblica 309/1990) della possibilità, di prevedere per lo spaccio lieve entità la possibilità della custodia cautelare preventiva in carcere;
   k) la modifica dell'articolo 275 del codice di procedura penale al fine di consentire, qualora il giudice procedente ritenga che la pena detentiva irrogata possa essere contenuta in un massimo di tre anni la possibilità di disporre le misure della custodia cautelare o degli arresti domiciliari;
   I) la modifica della legge 16 aprile 2015, n. 47 per espungere ai fini dell'applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere l'attualità del pericolo;
   m) la reiezione di tutte le iniziative atte a consentire l'applicazione degli istituti dell'amnistia e dell'indulto, nonché norme che di fatto, attraverso un «mascheramento», non consentono l'effettività della pena ed applicano una depenalizzazione o comunque consentano l'improcedibilità di numerosi reati di grave allarme sociale per fatti ritenuti di lieve entità, come previsto dallo schema di decreto legislativo emesso ai sensi della legge 28 aprile 2014, n. 67;
   n) la completa e piena attuazione del piano straordinario penitenziario e la messa in sicurezza o in funzione delle 38 strutture esistenti che potrebbero essere utilizzate come istituti di pena;
   o) con riguardo all'azione penale a condividere e fare proprie le proposte di legge già depositate alla Camera, atto Camera n. 1593 «Modifiche al codice di procedura penale in materia di funzioni del pubblico ministero e della polizia giudiziaria nonché di svolgimento delle indagini preliminari» e atto Camera n. 1594 «Delega al Governo in materia di determinazione dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale»;
   p) con riguardo alla repressione dei reati predatori (furto in abitazione, furto con strappo, etc.) condividere e fare propria la proposta di legge già depositata alla Camera, Atto Camera 3419, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, concernenti i reati di furto in abitazione e furto con strappo» ovvero al corrispondente Atto Senato 2147 «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario al fine di contrastare i furti in abitazione»;
   q) l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 40 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, nelle case di reclusione del Nord anche oltre il 60 per cento.
(6-00196) «Molteni, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».