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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 22 dicembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 22 dicembre 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 dicembre 2015 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BIANCOFIORE ed altri: «Modifica all'articolo 7 della Costituzione, concernente l'inserimento del riconoscimento delle radici culturali giudaico-cristiane» (3505).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge ARGENTIN ed altri: «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare» (1352) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Patrizia Maestri.

  La proposta di legge PATRIARCA ed altri: «Disciplina dei trust istituiti in favore di persone in situazioni di svantaggio» (2671) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Patrizia Maestri.

  La proposta di legge VERINI ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente l'estensione dei benefìci previsti per le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice in favore delle vittime della violenza politica» (2672) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Mazziotti di Celso.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  SCAGLIUSI: «Modifica all'articolo 36 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di riconoscimento delle adozioni internazionali» (3318) Parere delle Commissioni I e III.
   III Commissione (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Turkmenistan sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Roma il 4 maggio 2015» (3462) Parere delle Commissioni I, II, V e VI.
   VII Commissione (Cultura):
  CASTIELLO: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione emotivo-sentimentale nei programmi scolastici» (3423) Parere delle Commissioni I, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   XII Commissione (Affari sociali):
  GALATI: «Disposizioni per il contrasto dello spreco di generi alimentari mediante l'introduzione dell'obbligo di donazione delle eccedenze da parte degli esercizi di grande distribuzione commerciale» (3163) Parere delle Commissioni I, V, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  S. 998. – Senatori TAVERNA ed altri: «Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie» (approvata dalla 12a Commissione permanente del Senato) (3504) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera del 18 dicembre 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla risoluzione conclusiva CIMBRO ed altri n. 8/00061, accolta dal Governo ed approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta del 4 giugno 2014, concernente la stesura di un «Protocollo Milano» sull'efficienza della catena agroalimentare, in seno all'Expo 2015.
  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 21 dicembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al prospetto da pubblicare per l'offerta al pubblico o l'ammissione alla negoziazione di titoli (COM(2015) 583 final), corredata dai relativi allegati (COM(2015) 583 final – Annexes 1 to 4) e documento di accompagnamento – Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2015) 256 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi (COM(2015) 586 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso il completamento dell'Unione bancaria» (COM(2015) 587 final);
   Relazione della Commissione al Consiglio relativa alla valutazione REFIT della direttiva 2011/64/UE e alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato (COM(2015) 621 final).

Comunicazione di nomina ministeriale.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 18 dicembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Raffaele Tangorra, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore ad interim della Direzione generale per l'immigrazione e delle politiche di integrazione, nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 14 dicembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante regolamento disciplinante lo schema tipo di bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche con le proprie aziende, società o altri organismi controllati (252).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 21 gennaio 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI IN MATERIA AMBIENTALE PER PROMUOVERE MISURE DI GREEN ECONOMY E PER IL CONTENIMENTO DELL'USO ECCESSIVO DI RISORSE NATURALI (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (A.C. 2093-B)

A.C. 2093-B – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2.

A.C. 2093-B – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

A.C. 2093-B – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo I
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA PROTEZIONE DELLA NATURA E PER LA STRATEGIA DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Art. 1.
(Misure per la sensibilizzazione dei proprietari dei carichi inquinanti trasportati via mare).

  1. All'articolo 12, quarto comma, della legge 31 dicembre 1982, n. 979, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche con riferimento all'utilizzazione di una nave inadeguata alla qualità e alla quantità del carico trasportato. Ai predetti fini il proprietario del carico si munisce di idonea polizza assicurativa a copertura integrale dei rischi anche potenziali, rilasciandone copia al comandante della nave che è tenuto ad esibirla tra i documenti di bordo necessari in occasione dei controlli disposti dall'autorità marittima».

A.C. 2093-B – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e disposizioni in materia di operazioni in mare nel settore degli idrocarburi).

  1. All'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, all'ultimo periodo, le parole da: «del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «, rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l'impiego dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l'ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell'inquinamento marino».

A.C. 2093-B – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Modifica all'articolo 34 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile).

  1. All'articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le parole: «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Governo,» sono sostituite dalle seguenti: «Il Governo,» e dopo la parola: «provvede» sono inserite le seguenti: «, con cadenza almeno triennale,».
  2. In sede di prima attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, l'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, integrata con un apposito capitolo che considera gli aspetti inerenti alla «crescita blu» del contesto marino, è effettuato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

A.C. 2093-B – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Modifica dell'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99).

  1. L'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, è sostituito dal seguente:
  «Art. 37. – (Istituzione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA). – 1. È istituita, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).
  2. L'ENEA è un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca e all'innovazione tecnologica, nonché alla prestazione di servizi avanzati alle imprese, alla pubblica amministrazione e ai cittadini nei settori dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico sostenibile. Assolve alle specifiche funzioni di agenzia per l'efficienza energetica previste dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e ad ogni altra funzione ad essa attribuita dalla legislazione vigente o delegata dal Ministero vigilante, al quale fornisce supporto per gli ambiti di competenza e altresì nella partecipazione a specifici gruppi di lavoro o ad organismi nazionali, europei ed internazionali.
  3. L'ENEA opera in piena autonomia per lo svolgimento delle funzioni istituzionali assegnate dal presente articolo e dagli atti indicati al comma 7, nel limite delle risorse finanziarie, strumentali e di personale del soppresso Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente di cui al decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257.
  4. Sono organi dell'ENEA:
   a) il presidente;
   b) il consiglio di amministrazione;
   c) il collegio dei revisori dei conti.

  5. Il presidente è il legale rappresentante dell'ENEA, la dirige e ne è responsabile.
  6. Il consiglio di amministrazione, formato da tre componenti, incluso il presidente, è nominato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quattro anni, rinnovabili una sola volta, ed i componenti sono scelti tra persone con elevata e documentata qualificazione tecnica, scientifica o gestionale nei settori di competenza dell'ENEA.
  7. Entro sei mesi dalla nomina il consiglio di amministrazione propone al Ministro dello sviluppo economico, in coerenza con obiettivi di funzionalità, efficienza ed economicità, lo schema di statuto e i regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità e del personale, che sono adottati dal Ministro dello sviluppo economico sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con lo statuto sono altresì disciplinate le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del collegio dei revisori dei conti, formato da tre componenti, di cui uno nominato dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e uno dal Ministro dell'economia e delle finanze.
  8. Entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti di cui al comma 7 il Ministro dello sviluppo economico esercita il controllo di legittimità e di merito sui predetti atti in conformità ai princìpi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in quanto compatibili con la presente legge, sentiti, per le parti di competenza, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
  9. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro quarantacinque giorni dalla nomina del presidente dell'ENEA, è determinata la dotazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'ENEA, attenendosi al principio dell'ottimizzazione e razionalizzazione della spesa.
  10. Alle risorse umane dell'ENEA si applica il contratto di lavoro dei dipendenti degli enti di ricerca.
  11. Nel quadro del complessivo riordino del sistema nazionale della ricerca, sono individuate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'ENEA, le risorse umane e strumentali funzionali allo svolgimento delle previste attività.
  12. A decorrere dalla scadenza del termine di approvazione degli atti previsti al comma 7, è abrogato il decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257.
  13. All'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

A.C. 2093-B – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile).

  1. Nell'ambito dei progetti finanziati ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, la quota di risorse di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è destinata prioritariamente, nel limite di 35 milioni di euro, al programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro, di cui al comma 2 del presente articolo, per il finanziamento di progetti, predisposti da uno o più enti locali e riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diretti a incentivare iniziative di mobilità sostenibile, incluse iniziative di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing, la realizzazione di percorsi protetti per gli spostamenti, anche collettivi e guidati, tra casa e scuola, a piedi o in bicicletta, di laboratori e uscite didattiche con mezzi sostenibili, di programmi di educazione e sicurezza stradale, di riduzione del traffico, dell'inquinamento e della sosta degli autoveicoli in prossimità degli istituti scolastici o delle sedi di lavoro, anche al fine di contrastare problemi derivanti dalla vita sedentaria. Tali programmi possono comprendere la cessione a titolo gratuito di «buoni mobilità» ai lavoratori che usano mezzi di trasporto sostenibili. Nel sito web del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è predisposta una sezione denominata «Mobilità sostenibile», nella quale sono inseriti e tracciati i finanziamenti erogati per il programma di mobilità sostenibile, ai fini della trasparenza e della maggiore fruibilità dei progetti.
  2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, per i profili di competenza, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definiti il programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro nonché le modalità e i criteri per la presentazione dei progetti di cui al comma 1 mediante procedure di evidenza pubblica. Entro sessanta giorni dalla presentazione dei progetti, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, per i profili di competenza, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si provvede alla ripartizione delle risorse e all'individuazione degli enti beneficiari. Gli schemi dei decreti di cui al primo e al secondo periodo, da predisporre sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono trasmessi alle Camere, ai fini dell'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. I pareri di cui al presente comma sono espressi entro trenta giorni dall'assegnazione, decorsi i quali i decreti sono comunque adottati.
  3. Al fine di incentivare la mobilità sostenibile tra i centri abitati dislocati lungo l'asse ferroviario Bologna-Verona, promuovere i trasferimenti casa-lavoro nonché favorire il ciclo-turismo verso le città d'arte della Pianura padana attraverso il completamento del corridoio europeo EUROVELO 7, è assegnato alla regione Emilia-Romagna, promotrice a tal fine di un apposito accordo di programma con gli enti interessati, un contributo pari a euro 5 milioni per l'anno 2016 per il recupero e la riqualificazione ad uso ciclo-pedonale del vecchio tracciato ferroviario dismesso, la cui area di sedime è già nella disponibilità dei suddetti enti. All'onere derivante dal presente comma si provvede, quanto a 4 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e, quanto ad 1 milione di euro, mediante corrispondente riduzione delle risorse dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, iscritte nel capitolo 3070 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  4. All'articolo 2, terzo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «L'uso del velocipede, come definito ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
  5. All'articolo 210, quinto comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «L'uso del velocipede, come definito ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
  6. Al fine di assicurare l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la riduzione al minimo dell'uso individuale dell'automobile privata e il contenimento del traffico, nel rispetto della normativa vigente e fatte salve l'autonomia didattica e la libertà di scelta dei docenti, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti per i profili di competenza i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, specifiche linee guida per favorire l'istituzione in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia amministrativa ed organizzativa, della figura del mobility manager scolastico, scelto su base volontaria e senza riduzione del carico didattico, in coerenza con il piano dell'offerta formativa, con l'ordinamento scolastico e tenuto conto dell'organizzazione didattica esistente. Il mobility manager scolastico ha il compito di organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni; mantenere i collegamenti con le strutture comunali e le aziende di trasporto; coordinarsi con gli altri istituti scolastici presenti nel medesimo comune; verificare soluzioni, con il supporto delle aziende che gestiscono i servizi di trasporto locale, su gomma e su ferro, per il miglioramento dei servizi e l'integrazione degli stessi; garantire l'intermodalità e l'interscambio; favorire l'utilizzo della bicicletta e di servizi di noleggio di veicoli elettrici o a basso impatto ambientale; segnalare all'ufficio scolastico regionale eventuali problemi legati al trasporto dei disabili. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 5.
(Disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile).

  Al comma 6, secondo periodo, dopo le parole: favorire l'utilizzo aggiungere le seguenti: dei piedibus,.
5. 1. (ex 5. 3.) Grimoldi, Castiello.

A.C. 2093-B – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Disposizioni in materia di aree marine protette).

  1. Per la più rapida istituzione delle aree marine protette, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 32 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, è incrementata di 800.000 euro per l'anno 2015. Per il potenziamento della gestione e del funzionamento delle aree marine protette istituite, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 8, comma 10, della legge 23 marzo 2001, n. 93, è incrementata di 1 milione di euro a decorrere dal 2016.
  2. Agli oneri di cui al comma 1, pari a 800.000 euro per l'anno 2015 e a 1 milione di euro annui a decorrere dall'anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennnale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  3. Al fine di valorizzare la peculiare specificità naturalistica di straordinari ecosistemi marini sommersi, all'articolo 36, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, dopo la lettera ee-sexies) è aggiunta la seguente:
   «ee-septies) Banchi Graham, Terribile, Pantelleria e Avventura nel Canale di Sicilia, limitatamente alle parti rientranti nella giurisdizione nazionale, da istituire anche separatamente».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Disposizioni in materia di aree marine protette).

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: aree marine protette aggiungere le seguenti: da assegnare in gestione ai comuni interessati.
6. 1. (ex 6. 1.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili e modifiche alla legge n. 157 del 1992).

  1. È vietata l'immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate. Alla violazione di tale divieto si applica la sanzione prevista dall'articolo 30, comma 1, lettera l), della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
  2. È vietato il foraggiamento di cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attività di controllo. Alla violazione di tale divieto si applica la sanzione prevista dall'articolo 30, comma 1, lettera l), della citata legge n. 157 del 1992.
  3. Fermi restando i divieti di cui ai commi 1 e 2, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i piani faunistico-venatori di cui all'articolo 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, provvedendo alla individuazione, nel territorio di propria competenza, delle aree nelle quali, in relazione alla presenza o alla contiguità con aree naturali protette o con zone caratterizzate dalla localizzazione di produzioni agricole particolarmente vulnerabili, è fatto divieto di allevare e immettere la specie cinghiale (Sus scrofa).
  4. All'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «6-bis. Ai fini dell'esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE, le regioni, in sede di rilascio delle autorizzazioni per il prelievo dello storno (Sturnus vulgaris) ai sensi del presente articolo, con riferimento alla individuazione delle condizioni di rischio e delle circostanze di luogo, consentono l'esercizio dell'attività di prelievo qualora esso sia praticato in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi e sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali».

  5. Alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 2, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle nutrie, alle arvicole. In ogni caso, per le specie alloctone, comprese quelle di cui al periodo precedente, con esclusione delle specie individuate dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2015, la gestione è finalizzata all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni; gli interventi di controllo o eradicazione sono realizzati come disposto dall'articolo 19»;
   b) all'articolo 2, il comma 2-bis è abrogato;
   c) all'articolo 5, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
  «3-bis. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 3 costituisce titolo abilitativo e condizione per la sistemazione del sito e l'installazione degli appostamenti strettamente funzionali all'attività, che possono permanere fino a scadenza dell'autorizzazione stessa e che, fatte salve le preesistenze a norma delle leggi vigenti, non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi, abbiano natura precaria, siano realizzati in legno o con altri materiali leggeri o tradizionali della zona, o con strutture in ferro anche tubolari, o in prefabbricato quando interrati o immersi, siano privi di opere di fondazione e siano facilmente ed immediatamente rimovibili alla scadenza dell'autorizzazione.
  3-ter. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con proprie norme le caratteristiche degli appostamenti nel rispetto del comma 3-bis».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili e modifiche alla legge n. 157 del 1992).

  Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole da: ad eccezione fino alla fine del periodo.
*7. 1. (ex *7. 11.) Pellegrino, Zaratti, Kronbichler.

  Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole da: ad eccezione fino alla fine del periodo.
*7. 2. (ex *7. 2.) Gagnarli, Busto, Zolezzi, Terzoni, Daga, Massimiliano Bernini, Mannino, Busto, De Rosa, Micillo, Vignaroli.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. In via sperimentale, anche in deroga alle previsione degli articoli 1, 2 e 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e per un periodo non superiore a 3 anni, è consentito l'abbattimento non selettivo della specie cinghiale (Sus scrofa) secondo modalità, limiti e condizioni stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Qualora la Conferenza Stato-regioni non adotti il predetto accordo entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le modalità, i limiti e le condizioni dell'abbattimento della specie cinghiale sono stabiliti mediante deliberazione della Giunta regionale.
7. 3. (ex 7. 25.) Grimoldi, Borghesi.

  Sopprimere il comma 3.
7. 4. (ex 7. 24.) Grimoldi, Borghesi.

  Al comma 4, sostituire il capoverso comma 6-bis con il seguente:
  6-bis. Ai fini dell'esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE, le regioni, in sede di rilascio delle autorizzazioni per il prelievo ai sensi del presente articolo, con riferimento alla individuazione delle condizioni di rischio e delle circostanze di luogo, consentono l'esercizio dell'attività di prelievo qualora esso sia praticato e sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali.
7. 6. (ex 7. 23.) Grimoldi, Borghesi.

  Al comma 4, capoverso comma 6-bis, dopo le parole: nuclei vegetazionali produttivi aggiungere la seguente: anche.
7. 7. (ex 7. 20.) Grimoldi, Borghesi.

  Al comma 4, capoverso comma 6-bis, sopprimere le parole: della specificità.
7. 8. (ex 7. 21.) Grimoldi, Borghesi.

  Al comma 5, sopprimere la lettera c).
7. 13. (ex 7. 4.) Terzoni, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Zolezzi, Vignaroli, Massimiliano Bernini, Gagnarli.

A.C. 2093-B – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo II
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE PROCEDURE DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE E SANITARIO

Art. 8.
(Norme di semplificazione in materia di valutazioni di impatto ambientale incidenti su attività di scarico a mare di acque e di materiale di escavo di fondali marini e di loro movimentazione).

  1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, al medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 104, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
  «8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale»;
   b) all'articolo 109:
  1) il secondo periodo del comma 5 è soppresso;
  2) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
   «5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. Nel caso di condotte o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica o di connessione con reti energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti».

  2. Al punto 4-bis) dell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale» sono soppresse. La disciplina risultante dall'applicazione della disposizione di cui al presente comma si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

A.C. 2093-B – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Valutazione di impatto sanitario per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, nonché impianti di raffinazione, gassificazione e liquefazione).

  1. All'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
  «5-bis. Nei provvedimenti concernenti i progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla presente parte e i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato II, è prevista la predisposizione da parte del proponente di una valutazione di impatto sanitario (VIS), in conformità alle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità, da svolgere nell'ambito del procedimento di VIA. Per le attività di controllo e di monitoraggio relative alla valutazione di cui al presente comma l'autorità competente si avvale dell'Istituto superiore di sanità, che opera con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

  2. Le disposizioni del comma 5-bis dell'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano ai procedimenti iniziati dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

A.C. 2093-B – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI EMISSIONI DI GAS A EFFETTO SERRA E DI IMPIANTI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA

Art. 10.
(Modifiche al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30).

  1. Al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 19, comma 6, dopo la lettera i) è aggiunta la seguente:
   «i-bis) compensare i costi come definiti dal paragrafo 26 delle linee guida di cui alla comunicazione della Commissione europea (C(2012) 3230 final), con priorità di assegnazione alle imprese accreditate della certificazione ISO 50001»;
   b) all'articolo 41, comma 2, dopo le parole: «all'articolo 23, comma 1,» sono inserite le seguenti: «all'articolo 28, comma 1,».

A.C. 2093-B – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115).

  1. Al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 2, comma 1, lettera t), le parole: «, con potenza nominale non superiore a 20 MWe e complessivamente installata sullo stesso sito,» sono soppresse;
   b) all'articolo 10, comma 2, lettera b), le parole: «nella titolarità del medesimo soggetto giuridico» sono sostituite dalle seguenti: «nella titolarità di società riconducibili al medesimo gruppo societario ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile».
   c) all'articolo 10, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
  «2-bis. Ai sistemi di autoproduzione di energia elettrica con ciclo ORC (Organic Rankine Cycle) alimentati dal recupero di calore prodotto dai cicli industriali e da processi di combustione spettano i titoli di efficienza energetica di cui ai decreti attuativi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, alle condizioni, con le modalità e nella misura definite in una specifica scheda adottata dal Ministro dello sviluppo economico entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione».

A.C. 2093-B – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 13.
(Sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas).

  1. Fermo restando il rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di ridurre l'impatto ambientale dell'economia italiana in termini di produzione di anidride carbonica e di realizzare processi di produzione in un'ottica di implementazione di un'economia circolare, i sottoprodotti della trasformazione degli zuccheri tramite fermentazione, nonché i sottoprodotti della produzione e della trasformazione degli zuccheri da biomasse non alimentari, e i sottoprodotti della lavorazione o raffinazione di oli vegetali sono inseriti nell'elenco dei sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas ai fini dell'accesso ai meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili, di cui alla Tabella 1-A dell'allegato 1 annesso al decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n.159 del 10 luglio 2012.
  2. Entro novanta giorni dalla data di comunicazione da parte dei gestori degli impianti esistenti della volontà di impiego anche dei sottoprodotti di cui al comma 1, la regione competente adegua l'autorizzazione unica ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, ed il Gestore dei servizi energetici (GSE) Spa adegua la qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (IAFR) in essere.

A.C. 2093-B – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 14.
(Attraversamento di beni demaniali da parte di opere della rete elettrica di trasmissione nazionale).

  1. All'articolo 1-sexies del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, dopo il comma 4-bis è inserito il seguente:
  «4-bis.1. I soggetti titolari ovvero gestori di beni demaniali, aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche e gasdotti, che siano interessati dal passaggio di opere della rete elettrica di trasmissione nazionale, sono tenuti ad indicare le modalità di attraversamento degli impianti autorizzati. A tal fine il soggetto richiedente l'autorizzazione alla costruzione delle opere della rete di trasmissione nazionale, successivamente al decreto di autorizzazione, propone le modalità di attraversamento ai soggetti sopra indicati, che assumono le proprie determinazioni entro i successivi sessanta giorni. Decorso tale termine, in assenza di diversa determinazione, le modalità proposte dal soggetto richiedente si intendono assentite definitivamente. Alle linee elettriche e agli impianti facenti parte della rete elettrica nazionale, anche in materia di distanze, si applicano esclusivamente le disposizioni previste dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 21 marzo 1988, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 79 del 5 aprile 1988, recante approvazione delle norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e l'esercizio delle linee aeree esterne, e successive modificazioni».

  2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.
(Attraversamento di beni demaniali da parte di opere della rete elettrica di trasmissione nazionale).

  Sopprimerlo.
14. 1. (ex 14. 1.) Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 2093-B – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 15.
(Disposizione di interpretazione autentica).

  1. La disposizione di cui all'articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, per gli impianti di cui all'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, si interpreta nel senso che, ai fini della verifica circa il possesso del requisito temporale ivi indicato, ovvero l'entrata in esercizio entro il 31 dicembre 2012, non soltanto deve essere avvenuta l'entrata in esercizio commerciale dell'energia elettrica ma anche l'entrata in esercizio commerciale dell'energia termica. A tal fine, per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione ricadente nella tipologia di cui all'articolo 24, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in modo da garantire la redditività degli investimenti effettuati, il conseguente residuo periodo di diritto si calcola sottraendo ai quindici anni di durata degli incentivi il tempo già trascorso dalla data di entrata in esercizio commerciale dell'energia sia elettrica che termica.

A.C. 2093-B – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 17.
(Disposizioni per promuovere l'adozione dei sistemi EMAS ed Ecolabel UE).

  1. Per l'assegnazione di contributi, agevolazioni e finanziamenti in materia ambientale, nella formulazione delle graduatorie costituiscono elemento di preferenza il possesso di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, da parte delle organizzazioni pubbliche e private interessate; il possesso di certificazione UNI EN ISO 14001 emessa da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008; il possesso per un proprio prodotto o servizio del marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) ai sensi del regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009; il possesso della certificazione ISO 50001, relativa ad un sistema di gestione razionale dell'energia, emessa da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del citato regolamento (CE) n. 765/2008.

A.C. 2093-B – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 18.
(Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi).

  1. Dopo l'articolo 68 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è inserito il seguente:
  «Art. 68-bis. – (Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi). – 1. Nell'ambito delle categorie per le quali il Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, predisposto in attuazione dei commi 1126 e 1127 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevede l'adozione dei criteri ambientali minimi di cui all'articolo 2 del citato decreto 11 aprile 2008, è fatto obbligo, per le pubbliche amministrazioni, ivi incluse le centrali di committenza, di contribuire al conseguimento dei relativi obiettivi ambientali, coerenti con gli obiettivi di riduzione dei gas che alterano il clima e relativi all'uso efficiente delle risorse indicati nella comunicazione della Commissione europea “Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse” [COM(2011) 571 definitivo], attraverso l'inserimento, nella documentazione di gara pertinente, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei sottoindicati decreti, relativi alle seguenti categorie di forniture e affidamenti:
   a) acquisto di lampade a scarica ad alta intensità, di alimentatori elettronici e di moduli a LED per illuminazione pubblica, acquisto di apparecchi di illuminazione per illuminazione pubblica e affidamento del servizio di progettazione di impianti di illuminazione pubblica: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 23 dicembre 2013, pubblicato nel supplemento ordinario n. 8 alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2014, e successivi aggiornamenti;
   b) attrezzature elettriche ed elettroniche d'ufficio, quali personal computer, stampanti, apparecchi multifunzione e fotocopiatrici: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2014, e successivi aggiornamenti;
   c) servizi energetici per gli edifici – servizio di illuminazione e forza motrice, servizio di riscaldamento/raffrescamento di edifici: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 marzo 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 57 alla Gazzetta Ufficiale n. 74 del 28 marzo 2012, e successivi aggiornamenti.

  2. L'obbligo di cui al comma 1 si applica per almeno il 50 per cento del valore delle gare d'appalto sia sopra che sotto la soglia di rilievo comunitario previste per le seguenti categorie di forniture e affidamenti oggetto dei decreti recanti criteri ambientali minimi sottoindicati:
    a) affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani: allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2014, e successivi aggiornamenti;
   b) forniture di cartucce toner e cartucce a getto di inchiostro, affidamento del servizio integrato di ritiro e fornitura di cartucce toner e a getto di inchiostro: allegato 2 al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2014, e successivi aggiornamenti;
   c) affidamento del servizio di gestione del verde pubblico, per acquisto di ammendanti, di piante ornamentali, di impianti di irrigazione: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2014, e successivi aggiornamenti;
   d) carta per copia e carta grafica: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013, e successivi aggiornamenti;
   e) ristorazione collettiva e derrate alimentari: allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011, e successivi aggiornamenti;
   f) affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l'igiene: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 maggio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 20 giugno 2012, e successivi aggiornamenti;
   g) prodotti tessili: allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nel supplemento ordinario n. 74 alla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti;
   h) arredi per ufficio: allegato 2 al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 22 febbraio 2011, pubblicato nel supplemento ordinario n. 74 alla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 19 marzo 2011, e successivi aggiornamenti.

  3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, prevede un incremento progressivo della percentuale di cui al comma 2, relativamente ai prodotti e servizi di cui all'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011, nell'arco di cinque anni, e aggiorna l'allegato medesimo, con la possibilità di prevedere ulteriori forme di certificazione ambientale, opportunamente regolamentate.
  4. L'obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle forniture di beni e servizi e agli affidamenti di lavori oggetto di ulteriori decreti ministeriali di adozione dei relativi criteri ambientali minimi.
  5. Ciascun soggetto obbligato all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo è tenuto a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale i bandi e i documenti di gara con le relative clausole contrattuali recanti i relativi criteri ambientali minimi, nonché l'indicazione dei soggetti aggiudicatari dell'appalto e i relativi capitolati contenenti il recepimento dei suddetti criteri ambientali minimi».

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le attività ivi previste sono svolte nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già previste a legislazione vigente.

A.C. 2093-B – Articolo 20

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 20.
(Consumo energetico delle lanterne semaforiche).

  1. All'articolo 41 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il comma 8 è inserito il seguente:
  «8-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, nelle lanterne semaforiche, le lampade ad incandescenza, quando necessitino di sostituzione, devono essere sostituite con lampade a basso consumo energetico, ivi comprese le lampade realizzate con tecnologia a LED. Le lampade da utilizzare nelle lanterne semaforiche devono avere marcatura CE e attacco normalizzato E27 e assicurare l'accensione istantanea. La loro sostituzione deve essere eseguita utilizzando la struttura ottica della lanterna semaforica già esistente, ove ciò sia tecnicamente possibile senza apportarvi modifiche. Le lampade realizzate con tecnologia a LED, in caso di rottura anche di un solo componente, devono spegnersi automaticamente in modo da garantire l'uniformità del segnale luminoso durante il loro funzionamento».

A.C. 2093-B – Articolo 21

ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 21.
(Schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell'impronta ambientale).

  1. Al fine di promuovere la competitività del sistema produttivo italiano nel contesto della crescente domanda di prodotti ad elevata qualificazione ambientale sui mercati nazionali ed internazionali, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, lo schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell'impronta ambientale dei prodotti, denominato «Made Green in Italy». Tale schema adotta la metodologia per la determinazione dell'impronta ambientale dei prodotti (PEF), come definita nella raccomandazione 2013/179/UE della Commissione, del 9 aprile 2013. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabilite le modalità di funzionamento dello schema.
  2. Nella definizione delle azioni di cui al comma 1 si tiene conto delle indicazioni contenute nella comunicazione della Commissione europea «Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» (COM(2011) 571 definitivo), e in particolare di quelle concernenti la strategia in materia di consumo e produzione sostenibili.
  3. Lo schema nazionale volontario ed il relativo regolamento di cui al comma 1 sono finalizzati a:
   a) promuovere, con la collaborazione dei soggetti interessati, l'adozione di tecnologie e disciplinari di produzione innovativi, in grado di garantire il miglioramento delle prestazioni dei prodotti e, in particolare, la riduzione degli impatti ambientali che i prodotti hanno durante il loro ciclo di vita, anche in relazione alle prestazioni ambientali previste dai criteri ambientali minimi di cui all'articolo 68-bis del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dall'articolo 18 della presente legge;
   b) rafforzare l'immagine, il richiamo e l'impatto comunicativo che distingue le produzioni italiane, associandovi aspetti di qualità ambientale, anche nel rispetto di requisiti di sostenibilità sociale;
   c) rafforzare la qualificazione ambientale dei prodotti agricoli, attraverso l'attenzione prioritaria alla definizione di parametri di produzione sostenibili dal punto di vista ambientale e della qualità del paesaggio;
   d) garantire l'informazione, in tutto il territorio nazionale, riguardo alle esperienze positive sviluppate in progetti precedenti, e in particolare nel progetto relativo allo schema di qualificazione ambientale dei prodotti che caratterizzano i cluster (sistemi produttivi locali, distretti industriali e filiere) sviluppato con il protocollo d'intesa firmato il 14 luglio 2011 tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico e le regioni Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Sardegna, Marche e Molise.

  4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, è emanato, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il Piano d'azione nazionale in materia di consumo e produzione sostenibili, che integra le azioni previste al comma 1, avendo riguardo agli interventi e alle azioni nei settori del consumo, della grande distribuzione e del turismo.
  5. La disposizione di cui al comma 3 trova applicazione prioritaria nella programmazione dei fondi europei 2014-2020.

A.C. 2093-B – Articolo 22

ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 22.
(Modifica all'articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui libri fondiari allegato al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, in materia di diritti edificatori).

  1. All'articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui libri fondiari, allegato al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, e successive modificazioni, dopo le parole: «le servitù,» sono inserite le seguenti: «i diritti edificatori di cui all'articolo 2643, numero 2-bis), del codice civile,».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 22.
(Modifica all'articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui libri fondiari allegato al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, in materia di diritti edificatori).

  Sopprimerlo.
22. 1. (ex 22. 1.) De Rosa, Mannino, Busto, Daga, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 2093-B – Articolo 23

ARTICOLO 23 E ANNESSO ALLEGATO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo V
DISPOSIZIONI INCENTIVANTI PER I PRODOTTI DERIVANTI DA MATERIALI POST CONSUMO O DAL RECUPERO DEGLI SCARTI E DEI MATERIALI RIVENIENTI DAL DISASSEMBLAGGIO DEI PRODOTTI COMPLESSI

Art. 23.
(Accordi di programma e incentivi per l'acquisto dei prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi).

  1. Dopo l'articolo 206-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono inseriti i seguenti:
  «Art. 206-ter. – (Accordi e contratti di programma per incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). – 1. Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all'acquisto di prodotti derivanti da materiali riciclati post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, può stipulare appositi accordi e contratti di programma:
   a) con le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti;
   b) con enti pubblici;
   c) con soggetti pubblici o privati;
   d) con le associazioni di categoria, ivi comprese le associazioni di aziende che si occupano di riuso, preparazione al riutilizzo e riciclaggio;
   e) con associazioni senza fini di lucro, di promozione sociale nonché con imprese artigiane e imprese individuali;
   f) con i soggetti incaricati di svolgere le attività connesse all'applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore.

  2. Gli accordi e i contratti di programma di cui al comma 1 hanno ad oggetto:
   a) l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti per i quali devono essere perseguiti obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto del presente decreto e della normativa dell'Unione europea, e l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione e di preparazione dei materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi per il loro riutilizzo e di attività imprenditoriali di produzione e di commercializzazione di prodotti e componenti di prodotti reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
   b) l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione di aggregati riciclati marcati CE e definiti secondo le norme UNI EN 13242:2013 e UNI EN 12620:2013, nonché di prodotti derivanti da rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e da pneumatici fuori uso ovvero realizzati con i materiali plastici provenienti dal trattamento dei prodotti giunti a fine vita, così come definiti dalla norma UNI 10667-13:2013, dal post consumo o dal recupero degli scarti di produzione;
   c) l'erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alle lettere a) e b).

  3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e fissa le modalità di stipulazione dei medesimi accordi e contratti secondo criteri che privilegino prioritariamente le attività per il riutilizzo, la produzione o l'acquisto di beni riciclati utilizzati per la stessa finalità originaria e sistemi produttivi con il minor impatto ambientale rispetto ai metodi tradizionali.

  Art. 206-quater. – (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). – 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di materiale post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi di cui all'articolo 206-ter, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riciclando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti. La presenza delle percentuali di materiale riciclato e riciclato post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi può essere dimostrata tramite certificazioni di enti riconosciuti. Il medesimo decreto stabilisce gli strumenti e le misure di incentivazione per il commercio e per l'acquisto di prodotti e componenti di prodotti usati per favorire l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti.
  2. Per l'acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in materiali polimerici misti riciclati, l'incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in base ai criteri e alle percentuali stabiliti dall'allegato L-bis alla presente parte.
  3. Gli incentivi di cui al comma 2 si applicano ai soli manufatti che impiegano materiali polimerici eterogenei da riciclo post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi in misura almeno pari alle percentuali indicate dall'allegato L-bis alla presente parte. Il contenuto di materiali polimerici eterogenei da riciclo nei manufatti di cui al presente comma deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente.
  4. Gli incentivi di cui al presente articolo possono essere fruiti nel rispetto delle regole in materia di aiuti di importanza minore concessi dagli Stati membri dell'Unione europea in favore di talune imprese o produzioni, di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013.

  Art. 206-quinquies. – (Incentivi per l'acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). – 1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento che stabilisce i criteri e il livello di incentivo, anche di natura fiscale, per l'acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo riciclati o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, ivi inclusi quelli provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti diversi dal materiale polimerico.

  Art. 206-sexies. – (Azioni premianti l'utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi negli interventi concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le barriere acustiche). – 1. Le amministrazioni pubbliche, nelle more dell'adozione da parte delle regioni di specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi negli edifici scolastici, al fine di consentirne la piena fruibilità dal punto di vista acustico, prevedono, nelle gare d'appalto per l'incremento dell'efficienza energetica delle scuole e comunque per la loro ristrutturazione o costruzione, l'impiego di materiali e soluzioni progettuali idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici dalla norma UNI 11367:2010 e dalla norma UNI 11532:2014. Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con il decreto di cui al comma 3 del presente articolo.
  2. Nelle gare d'appalto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e barriere acustiche, anche ai fini dell'esecuzione degli interventi di risanamento acustico realizzati ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, le amministrazioni pubbliche e gli enti gestori delle infrastrutture prevedono criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con i decreti di cui al comma 3 del presente articolo.
  3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con uno o più decreti, anche attraverso i decreti di attuazione del Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, definisce:
   a) l'entità dei punteggi premianti e le caratteristiche dei materiali che ne beneficeranno, quali quelli indicati all'articolo 206-ter, comma 2, lettera a), e quelli derivanti dall'utilizzo di polverino da pneumatici fuori uso;
   b) i descrittori acustici da tenere in considerazione nei bandi di gara e i relativi valori di riferimento;
   c) le percentuali minime di residui di produzione e di materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere assegnati i punteggi premianti, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riutilizzando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti;
   d) i materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che non possono essere utilizzati senza operazioni di pre-trattamento finalizzate a escludere effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana».

  2. Negli allegati alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo l'allegato L è aggiunto l'allegato L-bis di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge.
  3. In sede di prima applicazione di quanto previsto dagli articoli 206-quater e 206-quinquies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotti dal comma 1 del presente articolo, le regioni utilizzano le risorse rivenienti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della presente legge. Il decreto di cui al comma 1 del predetto articolo 206-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006 individua le modalità di finanziamento degli incentivi da esso disciplinati.

ALLEGATO 1
(articolo 23, comma 2)

«Allegato L-bis
(articolo 206-quater, comma 2)

Categorie di prodotti che sono oggetto di incentivi economici all'acquisto, ai sensi dell'articolo 206-quater, comma 2

Categoria di prodotto Percentuale minima in peso di materiale polimerico riciclato sul peso complessivo del componente sostituito Incentivo in percentuale sul prezzo di vendita del prodotto al consumatore
Cicli e veicoli a motore >10% 10%
Elettrodomestici >20% 10%
Contenitori
per uso di igiene
ambientale
>50% 5%
Arredo
per interni
>50% 5%
Arredo urbano >70% 15%
Computer >10% 10%
Prodotti
per la casa
e per l'ufficio
>10% 10%
Pannelli
fonoassorbenti,
barriere e
segnaletica
stradale
>30% 10%

                            ».

A.C. 2093-B – Articolo 25

ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 25.
(Modifica all'allegato 2 al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, in materia di fertilizzanti).

  1. All'allegato 2, punto 2, numero 5, terza colonna, al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni, dopo le parole: «proveniente da raccolta differenziata» sono inserite le seguenti: «, ivi inclusi i rifiuti in plastica compostabile certificata secondo la norma UNI EN 13432:2002, compresi i prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali e assimilati, previo idoneo processo di sanificazione, qualora necessario».

A.C. 2093-B – Articolo 26

ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 26.
(Fertilizzanti correttivi).

  1. L'utilizzazione agronomica dei correttivi di cui al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, ed in particolare dei gessi di defecazione e dei carbonati di calcio di defecazione, come definiti all'allegato 3 del medesimo decreto legislativo n. 75 del 2010, qualora ottenuti da processi che prevedono l'utilizzo di materiali biologici classificati come rifiuti, deve garantire il rispetto dei limiti di apporto di azoto nel terreno di cui al codice di buona pratica agricola, adottato con decreto del Ministro per le politiche agricole 19 aprile 1999, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999, in attuazione dell'articolo 4 della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, e dell'articolo 37, comma 2, lettera c), della legge 22 febbraio 1994, n. 146. I correttivi di cui al primo periodo devono riportare in etichetta il titolo di azoto.

A.C. 2093-B – Articolo 27

ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 27.
(Pulizia dei fondali marini).

  1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, avvalendosi del Reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto, di cui all'articolo 20 della legge 31 luglio 2002, n. 179, può individuare i porti marittimi dotati di siti idonei nei quali avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di gestione delle aree marine protette, le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo svolte da associazioni sportive, ambientaliste e culturali, tramite appositi accordi di programma stipulati, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, con le associazioni citate, con gli enti gestori delle aree marine protette, con le imprese ittiche e con la capitaneria di porto, l'autorità portuale, se costituita, e il comune territorialmente competenti.
  2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base dei risultati dell'attività di cui al comma 1, sono disciplinate le procedure, le modalità e le condizioni per l'estensione delle medesime attività ad altri porti.
  3. All'articolo 5, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, e successive modificazioni, le parole: «A tale fine, la regione cura altresì» sono sostituite dalle seguenti: «Il comune cura».

A.C. 2093-B – Articolo 29

ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 29.
(Attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti).

  1. All'articolo 206-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti»;
   b) al comma 1:
  1) all'alinea, le parole: «è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»;
  2) dopo la lettera g) sono aggiunte le seguenti:
   «g-bis) elabora i parametri per l'individuazione dei costi standard, comunque nel rispetto del procedimento di determinazione di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, e la definizione di un sistema tariffario equo e trasparente basato sul principio dell'ordinamento dell'Unione europea “chi inquina paga” e sulla copertura integrale dei costi efficienti di esercizio e di investimento;
   g-ter) elabora uno o più schemi tipo di contratto di servizio di cui all'articolo 203;
   g-quater) verifica il rispetto dei termini di cui all'articolo 204, segnalando le inadempienze al Presidente del Consiglio dei ministri;
   g-quinquies) verifica il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall'Unione europea in materia di rifiuti e accerta il rispetto della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori e degli importatori di beni»;
   c) i commi 2, 3 e 5 sono abrogati;
   d) il comma 4 è sostituito dal seguente:
  «4. Per l'espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale dell'ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al comma 6»;
   e) al comma 6, al primo periodo, le parole: «dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e della Segreteria tecnica» sono sostituite dalle seguenti: «dall'esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo di cui al presente articolo».

  2. Tutti i richiami all'Osservatorio nazionale sui rifiuti e all'Autorità di cui all'articolo 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, effettuati dall'articolo 221, commi 5, 7, 8 e 9, dall'articolo 222, comma 2, dall'articolo 223, commi 4, 5 e 6, dall'articolo 224, commi 3, lettera m), e 6, dall'articolo 225, commi 3, 4 e 5, dall'articolo 233, comma 9, e dall'articolo 234, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altre disposizioni di legge si intendono riferiti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  3. Al fine di accelerare lo svolgimento delle procedure e la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo, il personale assunto a tempo indeterminato, sulla base di procedure concorsuali, presso le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in posizione di distacco o di comando presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla data di entrata in vigore della presente legge, in deroga all'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, può richiedere, entro il 31 dicembre 2016, di essere inquadrato nei ruoli del medesimo Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito dei posti vacanti nella dotazione organica, fino a un massimo di quindici unità e a condizione che il transito non comporti un aumento del trattamento economico, previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici in cui il predetto personale opera. L'inquadramento è disposto nell'area funzionale del personale individuata dall'amministrazione di destinazione sulla base di apposita tabella di equiparazione approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Limitatamente all'attuazione del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 luglio 2014, n. 142, e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2017, i limiti percentuali per il conferimento degli incarichi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, fissati nel 15 e nel 10 per cento della dotazione organica di dirigenti appartenenti alla prima e alla seconda fascia dal comma 5-bis del medesimo articolo 19, sono elevati rispettivamente al 30 e al 20 per cento.
  4. Il comma 12 dell'articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:
  «12. Le regioni e le province autonome assicurano, attraverso propria deliberazione, la pubblicazione annuale nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei programmi di cui al presente articolo.
  12-bis. L'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti è garantita almeno dalla fruibilità delle seguenti informazioni:
   a) produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune;
   b) percentuale di raccolta differenziata totale e percentuale di rifiuti effettivamente riciclati;
   c) ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata e capacità tecnica delle piattaforme per il conferimento dei materiali raccolti in maniera differenziata, degli impianti di selezione del multimateriale, degli impianti di trattamento meccanico-biologico, degli impianti di compostaggio, di ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati e degli inceneritori e coinceneritori;
   d) per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico e per ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso e quantità di prodotti in uscita, suddivisi per codice CER;
   e) per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso, suddivisi per codice CER;
   f) per le discariche, ubicazione, proprietà, autorizzazioni, capacità volumetrica autorizzata, capacità volumetrica residua disponibile e quantità di materiale ricevuto suddiviso per codice CER, nonché quantità di percolato prodotto».

  5. Al comma 3 dell'articolo 188-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono premesse le seguenti parole: «Oltre a quanto previsto dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2014,».
  6. All'articolo 193, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile possono delegare alla tenuta ed alla compilazione del formulario di identificazione la cooperativa agricola di cui sono soci che abbia messo a loro disposizione un sito per il deposito temporaneo ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera bb); con apposito decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le organizzazioni di categoria più rappresentative, possono essere previste ulteriori modalità semplificate per la tenuta e compilazione del formulario di identificazione, nel caso in cui l'imprenditore agricolo disponga di un deposito temporaneo presso la cooperativa agricola di cui è socio».

A.C. 2093-B – Articolo 30

ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 30.
(Raccolta e trattamento dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi).

  1. All'articolo 188 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
  «1-bis. Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all'articolo 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all'articolo 266, comma 5».

A.C. 2093-B – Articolo 31

ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 31.
(Introduzione dell'articolo 306-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di risarcimento del danno e ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale).

  1. Dopo l'articolo 306 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:
  «Art. 306-bis. – (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale). – 1. Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all'allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva.
  2. La proposta di transazione di cui al comma 1:
   a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
   b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire l'obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
   c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
   d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all'impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l'ambiente;
   e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
   f) in caso di concorso di più soggetti nell'aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all'intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
   g) contiene l'indicazione di idonee garanzie finanziarie.

  3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.
  4. Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell'Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall'evento lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.
  5. La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l'accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all'esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.
  6. Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall'interessato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.
  7. Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
  8. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest'ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1».

  2. L'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, è abrogato. Tale disciplina continua ad applicarsi ai procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già avvenuta la comunicazione dello schema di contratto a regioni, province e comuni ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 208 del 2008.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 31.
(Introduzione dell'articolo 306-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di risarcimento del danno e ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale).

  Al comma 1, capoverso Art. 306-bis, comma 2, lettera g) aggiungere, in fine, le parole: a copertura delle obbligazioni connesse alle operazioni di bonifica, ripristino ambientale, realizzazione di misure riparatorie e risarcitorie.
31. 2. (ex 31. 4.) Pellegrino, Zaratti, Kronbichler.

  Al comma 1, capoverso Art. 306-bis, comma 4, primo periodo, dopo le parole: enti locali territorialmente coinvolti, aggiungere le seguenti: nonché, su richiesta, rappresentanti delle comunità locali e di associazioni territorialmente interessate.
31. 3. (ex 31. 5.) Zaratti, Pellegrino, Kronbichler.

A.C. 2093-B – Articolo 32

ARTICOLO 32 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 32.
(Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio).

  1. All'articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1, alinea, dopo le parole: «ambito territoriale ottimale» sono inserite le seguenti: «, se costituito, ovvero in ogni comune»;
   b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
  «3. Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del 20 per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni»;
   c) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
  «3-bis. Al fine di favorire la raccolta differenziata di rifiuti urbani e assimilati, la misura del tributo di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è modulata in base alla quota percentuale di superamento del livello di raccolta differenziata (RD), fatto salvo l'ammontare minimo fissato dal comma 29 dell'articolo 3 della medesima legge n. 549 del 1995, secondo la tabella seguente:

Superamento del livello di RD rispetto alla normativa statale Riduzione del tributo
da 0,01 per cento
fino alla percen-
tuale inferiore al
10 per cento
30 per cento
10 per cento
15 per cento
20 per cento
25 per cento
40 per cento 50 per cento 60 per cento 70 per cento

  3-ter. Per la determinazione del tributo si assume come riferimento il valore di RD raggiunto nell'anno precedente. Il grado di efficienza della RD è calcolato annualmente sulla base dei dati relativi a ciascun comune.
  3-quater. La regione, avvalendosi del supporto tecnico-scientifico del gestore del catasto regionale dei rifiuti o di altro organismo pubblico che già svolge tale attività, definisce, con apposita deliberazione, il metodo standard per calcolare e verificare le percentuali di RD dei rifiuti solidi urbani e assimilati raggiunte in ogni comune, sulla base di linee guida definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La regione individua i formati, i termini e le modalità di rilevamento e trasmissione dei dati che i comuni sono tenuti a comunicare ai fini della certificazione della percentuale di RD raggiunta, nonché le modalità di eventuale compensazione o di conguaglio dei versamenti effettuati in rapporto alle percentuali da applicare.
  3-quinquies. La trasmissione dei dati di cui al comma 3-quater è effettuata annualmente dai comuni attraverso l'adesione al sistema informatizzato adottato per la tenuta del catasto regionale dei rifiuti. L'omessa, incompleta o inesatta trasmissione dei dati determina l'esclusione del comune dall'applicazione della modulazione del tributo di cui al comma 3-bis.
  3-sexies. L'ARPA o l'organismo di cui al comma 3-quater provvede alla validazione dei dati raccolti e alla loro trasmissione alla regione, che stabilisce annualmente il livello di RD relativo a ciascun comune e a ciascun ambito territoriale ottimale, ai fini dell'applicazione del tributo.
  3-septies. L'addizionale di cui al comma 3 non si applica ai comuni che hanno ottenuto la deroga di cui al comma 1-bis oppure che hanno conseguito nell'anno di riferimento una produzione pro capite di rifiuti, come risultante dai dati forniti dal catasto regionale dei rifiuti, inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quella media dell'ambito territoriale ottimale di appartenenza, anche a seguito dell'attivazione di interventi di prevenzione della produzione di rifiuti.
  3-octies. L'addizionale di cui al comma 3 è dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui all'articolo 199, gli incentivi per l'acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e 206-quinquies, il cofinanziamento degli impianti e attività di informazione ai cittadini in materia di prevenzione e di raccolta differenziata».
   d) al comma 6, le parole: «Le regioni» sono sostituite dalle seguenti: «Fatti salvi gli obiettivi indicati all'articolo 181, comma 1, lettera a), la cui realizzazione è valutata secondo la metodologia scelta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi della decisione 2011/753/UE della Commissione, del 18 novembre 2011, le regioni».

  2. L'adeguamento delle situazioni pregresse, per il raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata come previste dalla vigente normativa, avviene nel termine massimo di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 32 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 32.
(Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio).

  Al comma 2, sostituire la parola: ventiquattro con le seguenti: trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge per comuni al di sopra dei 200.000 abitanti, fra cui rientrano anche le Città Metropolitane, e, per i comuni al disotto dei 200.000 abitanti, di trenta.
%
32. 1. (ex 32. 1.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 33

ARTICOLO 33 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 33.
(Contributo di sbarco nelle isole minori a sostegno degli interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti).

  1. Al fine di sostenere e finanziare gli interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti nonché gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nelle isole minori, il comma 3-bis dell'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è sostituito dal seguente:
  «3-bis. I comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori possono istituire, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, in alternativa all'imposta di soggiorno di cui al comma 1 del presente articolo, un contributo di sbarco, da applicare fino ad un massimo di euro 2,50, ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola minore, utilizzando vettori che forniscono collegamenti di linea o vettori aeronavali che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l'isola. Il comune che ha sede giuridica in un'isola minore, e nel cui territorio insistono altre isole minori con centri abitati, destina il gettito del contributo per interventi nelle singole isole minori dell'arcipelago in proporzione agli sbarchi effettuati nelle medesime. Il contributo di sbarco è riscosso, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, che sono responsabili del pagamento del contributo, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, ovvero con le diverse modalità stabilite dal medesimo regolamento comunale, in relazione alle particolari modalità di accesso alle isole. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto. Per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo si applica l'articolo 1, commi da 158 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il contributo di sbarco non è dovuto dai soggetti residenti nel comune, dai lavoratori, dagli studenti
pendolari, nonché dai componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultino aver pagato l'imposta municipale propria nel medesimo comune e che sono parificati ai residenti. I comuni possono prevedere nel regolamento modalità applicative del contributo nonché eventuali esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo; possono altresì prevedere un aumento del contributo fino ad un massimo di euro 5 in relazione a determinati periodi di tempo. I comuni possono altresì prevedere un contributo fino ad un massimo di euro 5 in relazione all'accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica; in tal caso il contributo può essere riscosso dalle locali guide vulcanologiche regolarmente autorizzate o da altri soggetti individuati dall'amministrazione comunale con apposito avviso pubblico. Il gettito del contributo è destinato a finanziare interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nonché interventi in materia di turismo, cultura, polizia locale e mobilità nelle isole minori».

A.C. 2093-B – Articolo 34

ARTICOLO 34 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 34.
(Modifiche all'articolo 3, commi 24, 25 e 27, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in materia di destinazione del tributo speciale per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento dei rifiuti).

  1. All'articolo 3, commi 24 e 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dopo le parole: «il deposito in discarica» sono inserite le seguenti: «e in impianti di incenerimento senza recupero energetico».
  2. All'articolo 3, comma 27, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le parole: «; una quota del 10 per cento di esso spetta alle province» sono soppresse e le parole: «Il 20 per cento del gettito derivante dall'applicazione del tributo, al netto della quota spettante alle province,» sono sostituite dalle seguenti: «Il gettito derivante dall'applicazione del tributo».

A.C. 2093-B – Articolo 35

ARTICOLO 35 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 35.
(Modifica dell'articolo 3, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in materia di incenerimento dei rifiuti).

  1. All'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, il comma 40 è sostituito dal seguente:
  «40. Per i rifiuti smaltiti in impianti di incenerimento senza recupero di energia o comunque classificati esclusivamente come impianti di smaltimento mediante l'operazione “D10 Incenerimento a terra”, ai sensi dell'allegato B alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per gli scarti ed i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, nonché per i fanghi anche palabili si applicano le disposizioni dei commi da 24 a 39. Il tributo è dovuto nella misura del 20 per cento dell'ammontare determinato ai sensi del comma 29».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 35 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 35.
(Modifica dell'articolo 3, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in materia di incenerimento dei rifiuti).

  Al comma 1, capoverso Art. 40, dopo le parole: e successive modificazioni aggiungere le seguenti: o in cementifici.
35. 1. (ex 35. 1.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 36

ARTICOLO 36 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 36.
(Disposizioni per favorire le politiche di prevenzione nella produzione di rifiuti).

  1. All'articolo 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:
   «e-bis) attività di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti non prodotti».

A.C. 2093-B – Articolo 37

ARTICOLO 37 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 37.
(Trattamento del rifiuto tramite compostaggio aerobico).

  1. Dopo il comma 19 dell'articolo 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente:
  «19-bis. Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell'ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani».

  2. Dopo il comma 7 dell'articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
  «7-bis. In deroga a quanto stabilito dal comma 7, ferme restando le disposizioni delle direttive e dei regolamenti dell'Unione europea, gli impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili derivanti da attività agricole e vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi, che hanno una capacità di trattamento non eccedente 80 tonnellate annue e sono destinati esclusivamente al trattamento di rifiuti raccolti nel comune dove i suddetti rifiuti sono prodotti e nei comuni confinanti che stipulano una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio, acquisito il parere dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) previa predisposizione di un regolamento di gestione dell'impianto che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in ambito comunale, possono essere realizzati e posti in esercizio con denuncia di inizio di attività ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche in aree agricole, nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 2093-B – Articolo 38

ARTICOLO 38 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 38.
(Disposizioni per favorire la diffusione del compostaggio dei rifiuti organici).

  1. All'articolo 180 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 1-sexies sono aggiunti i seguenti:
  «1-septies. Al fine di ridurre la produzione di rifiuti organici e gli impatti sull'ambiente derivanti dalla gestione degli stessi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni ed i comuni, nell'ambito delle rispettive competenze, incentivano le pratiche di compostaggio di rifiuti organici effettuate sul luogo stesso di produzione, come l'autocompostaggio e il compostaggio di comunità, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all'articolo 199 del presente decreto. I comuni possono applicare una riduzione sulla tassa di cui all'articolo 1, comma 641, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, alle utenze che effettuano pratiche di riduzione dei rifiuti di cui al presente comma.
  1-octies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, sono stabiliti i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per il compostaggio di comunità di rifiuti organici. Le attività di compostaggio di comunità che, alla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma, risultano già autorizzate ai sensi degli articoli 208 o 214 del presente decreto, possono continuare ad operare sulla base dell'autorizzazione vigente sino alla scadenza della stessa».
  2. All'articolo 183, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) alla lettera e), dopo la parola: «domestiche» sono inserite le seguenti: «e non domestiche»;
   b) dopo la lettera qq) è aggiunta la seguente:
  «qq-bis) “compostaggio di comunità”: compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 38 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 38.
(Disposizioni per favorire la diffusione del compostaggio dei rifiuti organici).

  Al comma 1, capoverso comma 1-septies, secondo periodo, sostituire le parole: I comuni possono applicare con le seguenti: I comuni applicano.
38. 1. (ex 38. 1.) Zaratti, Pellegrino, Kronbichler.

A.C. 2093-B – Articolo 39

ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 39.
(Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare).

  1. Dopo l'articolo 219 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:
  «Art. 219-bis. – (Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinatiall'uso alimentare). – 1. Al fine di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e di favorire il riutilizzo degli imballaggi usati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione è introdotto in via sperimentale e su base volontaria del singolo esercente il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi contenenti birra o acqua minerale serviti al pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punti di consumo.
  2. La sperimentazione di cui al comma 1 ha una durata di dodici mesi.
  3. Ai fini del comma 1, al momento dell'acquisto dell'imballaggio pieno l'utente versa una cauzione con diritto di ripetizione della stessa al momento della restituzione dell'imballaggio usato.
  4. Con regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono disciplinate le modalità della sperimentazione di cui al presente articolo. Con il medesimo regolamento sono determinate le forme di incentivazione e le loro modalità di applicazione nonché i valori cauzionali per ogni singola tipologia di imballaggi di cui al presente articolo. Al termine della fase sperimentale si valuterà, sulla base degli esiti della sperimentazione stessa e sentite le categorie interessate, se confermare e se estendere il sistema del vuoto a rendere ad altri tipi di prodotto nonché ad altre tipologie di consumo».
  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 39.
(Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare).

  Al comma 1, capoverso Art. 219-bis, comma 4, ultimo periodo, dopo le parole: e sentite le categorie interessate aggiungere le seguenti: e le Commissioni parlamentari competenti per materia.
39. 2. (ex 39. 2.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 40

ARTICOLO 40 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 40.
(Rifiuti di prodotti da fumo e rifiuti di piccolissime dimensioni).

  1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo l'articolo 232 sono inseriti i seguenti:
  «Art. 232-bis. – (Rifiuti di prodotti da fumo). – 1. I comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo.
  2. Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione.
  3. È vietato l'abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi.

  Art. 232-ter. – (Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni). – 1. Al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell'ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, è vietato l'abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi»;
   b) all'articolo 255, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
  «1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all'articolo 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio»;
   c) all'articolo 263, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
  «2-bis. Il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi dell'articolo 255, comma 1-bis, è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinato alle attività di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 232-bis. Il restante 50 per cento dei suddetti proventi è destinato ai comuni nel cui territorio sono state accertate le relative violazioni ed è destinato alle attività di cui al comma 1 dell'articolo 232-bis, ad apposite campagne di informazione da parte degli stessi comuni, volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo e dei rifiuti di piccolissime dimensioni di cui all'articolo 232-ter, nonché alla pulizia del sistema fognario urbano. Con provvedimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità attuative del presente comma».

A.C. 2093-B – Articolo 43

ARTICOLO 43 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 43.
(Disposizioni per la piena attuazione delle direttive dell'Unione europea in materia di rifiuti elettrici ed elettronici e di rifiuti di pile e accumulatori).

  1. All'articolo 227 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) alla rubrica, dopo le parole: « rifiuti elettrici ed elettronici,» sono inserite le seguenti: «rifiuti di pile e accumulatori,»;
   b) al comma 1, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
   «d-bis) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva 2006/66/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 20 novembre 2008, n. 188».

  2. I proventi derivanti dalle tariffe di cui all'articolo 41, comma 5, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con propri decreti, a trasferire ai soggetti competenti la quota dei proventi relativa alla copertura degli oneri derivanti dalle rispettive attività di cui al comma 4 del medesimo articolo 41.
  3. I proventi derivanti dalle tariffe di cui all'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con propri decreti, a trasferire ai soggetti competenti la quota parte dei proventi relativi alla copertura degli oneri derivanti dalle rispettive attività di cui al comma 4 del medesimo articolo 27.
  4. Al decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 9, comma 3, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «I sistemi devono dimostrare, ai fini del riconoscimento, di essere in possesso delle certificazioni ISO 9001 e 14001, oppure EMAS, o altro sistema equivalente di gestione della qualità sottoposto ad audit e che comprenda anche i processi di trattamento ed il monitoraggio interno all'azienda»;
   b) all'articolo 10, comma 10, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «I sistemi devono dimostrare di essere in possesso delle certificazioni ISO 9001 e 14001, oppure EMAS, o altro sistema equivalente di gestione della qualità sottoposto ad audit e che comprenda anche i processi di trattamento ed il monitoraggio interno all'azienda»;
   c) all'articolo 18, comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nelle more dell'emanazione del decreto, continuano ad applicarsi gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 33, comma 5, lettera g), nei confronti dei soggetti che hanno aderito agli stessi»;
   d) all'articolo 20, comma 1, dopo le parole: «essere autorizzate ai sensi dell'articolo 208» sono inserite le seguenti: «o dell'articolo 213»;
   e) all'articolo 33, comma 5, lettera f), le parole: «di cui alla lettera d)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alla lettera e)»;
   f) all'articolo 38, comma 1, le parole: «un'AEE» sono sostituite dalle seguenti: «un RAEE» e le parole: «per ciascuna apparecchiatura non ritirata o ritirata a titolo oneroso» sono sostituite dalle seguenti: «per ciascun RAEE non ritirato o ritirato a titolo oneroso»;
   g) all'articolo 38, comma 3, dopo le parole: «In caso di mancata registrazione» sono inserite le seguenti: «ovvero qualora il Centro di coordinamento accerti il venir meno dei requisiti per l'iscrizione»;
   h) all'allegato VIII, al punto 1.5.1, primo periodo, le parole: «nel rispetto dei requisiti indicati al» sono sostituite dalle seguenti: «fatti salvi i requisiti di cui al».

A.C. 2093-B – Articolo 44

ARTICOLO 44 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 44.
(Semplificazione in materia di emanazione di ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi nel settore dei rifiuti).

  1. All'articolo 191, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo le parole: «anche in deroga alle disposizioni vigenti» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto, comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive dell'Unione europea».
  2. All'articolo 191, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «un congruo termine» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni».

A.C. 2093-B – Articolo 45

ARTICOLO 45 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 45.
(Misure per incrementare la raccolta differenziata e ridurre la quantità dei rifiuti non riciclati).

  1. Le regioni possono promuovere misure economiche di incentivo, da corrispondere con modalità automatiche e progressive, per i comuni che attuano misure di prevenzione della produzione dei rifiuti in applicazione dei princìpi e delle misure previsti dal programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, adottato ai sensi dell'articolo 180, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e dai rispettivi programmi regionali ovvero riducono i rifiuti residuali e gli scarti del trattamento di selezione delle raccolte differenziate da avviare a smaltimento. Gli incentivi di cui al presente comma si applicano tramite modulazione della tariffa del servizio di igiene urbana.
  2. Le regioni, sulla base delle misure previste dal programma nazionale di cui al comma 1, adottano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, propri programmi regionali di prevenzione della produzione dei rifiuti o verificano la coerenza dei programmi già approvati.
  3. Le regioni, anche in collaborazione con gli enti locali, le associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, quelle di volontariato, i comitati e le scuole locali attivi nell'educazione ambientale nonché nella riduzione e riciclo dei rifiuti, possono promuovere campagne di sensibilizzazione finalizzate alla riduzione, al riutilizzo e al massimo riciclo dei rifiuti. Per favorire la riduzione della produzione, il riutilizzo ed il recupero dei rifiuti urbani, la regione può affidare ad università e ad istituti scientifici, mediante apposite convenzioni, studi e ricerche di supporto all'attività degli enti locali.

A.C. 2093-B – Articolo 47

ARTICOLO 47 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 47.
(Aggiornamento degli obiettivi di riduzione dei rifiuti in discarica).

  1. L'articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, è sostituito dal seguente:
  «Art. 5. – (Obiettivi di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica). – 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ciascuna regione elabora ed approva un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica ad integrazione del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, allo scopo di raggiungere a livello di ambito territoriale ottimale, oppure, ove questo non sia stato istituito, a livello provinciale, i seguenti obiettivi:
   a) entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;
   b) entro otto anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;
   c) entro quindici anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.

  2. Il programma di cui al comma 1 prevede in via prioritaria la prevenzione dei rifiuti e, in subordine, il trattamento dei medesimi conformemente alla gerarchia fissata dalla normativa europea.
  3. Le regioni soggette a fluttuazioni stagionali del numero degli abitanti superiori al 10 per cento devono calcolare la popolazione cui riferire gli obiettivi del programma di cui al comma 1 sulla base delle effettive presenze all'interno del territorio al momento del maggiore afflusso.
  4. I programmi e i relativi stati annuali di attuazione sono trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che provvede a darne comunicazione alla Commissione europea».

A.C. 2093-B – Articolo 49

ARTICOLO 49 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 49.
(Miscelazione dei rifiuti).

  1. All'articolo 187 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge».

A.C. 2093-B – Articolo 50

ARTICOLO 50 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 50.
(Utilizzo dei solfati di calcio nell'attività di recupero ambientale).

  1. All'articolo 298-bis di cui alla parte quinta-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 6 sono aggiunti i seguenti:
  «6-bis. Fatto salvo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l'autorità competente, in sede di valutazione di compatibilità ambientale, può non applicare i valori di concentrazione soglia di contaminazione, indicati nella tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, agli analiti presenti nei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, utilizzati nell'attività di recupero ambientale, qualora sia dimostrata, secondo le metodiche previste dal citato decreto ministeriale, l'assenza di cedibilità dei suddetti analiti.
  6-ter. Fatto salvo l'obbligo di sottoporre i solfati di calcio destinati all'attività di recupero ambientale a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all'allegato 3 del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l'autorità competente, nell'autorizzare l'utilizzo dei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, nell'attività di recupero ambientale, può derogare, sulla base delle caratteristiche del sito, alle concentrazioni limite di cloruri di cui al citato allegato 3, qualora tale deroga non costituisca un pericolo per la salute dell'uomo e non rechi pregiudizio all'ambiente».

  2. Alla rubrica dell'articolo 298-bis di cui alla parte quinta-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo, nonché alla rubrica del titolo I della citata parte quinta-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e solfati di calcio».

A.C. 2093-B – Articolo 51

ARTICOLO 51 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo VII
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO

Art. 51.
(Norme in materia di Autorità di bacino).

  1. All'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la lettera z) sono aggiunte le seguenti:
   «z-bis) Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;
   z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto».

  2. L'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
  «Art. 63. – (Autorità di bacino distrettuale).1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito denominata “Autorità di bacino”, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione e uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.
  2. Nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonché di efficienza e riduzione della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di adeguare il proprio ordinamento ai princìpi del presente decreto, istituiscono l'Autorità di bacino distrettuale, che esercita i compiti e le funzioni previsti nel presente articolo; alla medesima Autorità di bacino distrettuale sono altresì attribuite le competenze delle regioni di cui alla presente parte. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell'ISPRA, assume le funzioni di indirizzo dell'Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali.
  3. Sono organi dell'Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti, quest'ultimo in conformità alle previsioni della normativa vigente. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell'Autorità di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle stesse e di sussidiarietà. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l'attribuzione e il trasferimento alle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l'attuale organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell'ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fine di garantire un più efficiente esercizio delle funzioni delle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo, il decreto di cui al periodo precedente può prevederne un'articolazione territoriale a livello regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorità di bacino regionali e interregionali.
  4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite alle Autorità di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorità. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'ente incorporante, è attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  5. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino di cui al comma 1 sono adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti o del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente partecipano i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonché il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei casi in cui siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza istituzionale permanente è validamente costituita con la presenza di almeno tre membri, tra i quali necessariamente il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere della conferenza istituzionale permanente sono approvate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione e approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
  6. La conferenza istituzionale permanente:
   a) adotta criteri e metodi per l'elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
   b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che può articolarsi in piani riferiti a sotto-bacini o sub-distretti;
   c) determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;
   d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;
   e) adotta il Piano di bacino e i suoi stralci;
   f) controlla l'attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui progressi realizzati nell'attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   g) delibera, nel rispetto dei princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle funzioni stesse e di sussidiarietà, lo statuto dell'Autorità di bacino in relazione alle specifiche condizioni ed esigenze rappresentate dalle amministrazioni interessate, nonché i bilanci preventivi, i conti consuntivi e le variazioni di bilancio, il regolamento di amministrazione e contabilità, la pianta organica, il piano del fabbisogno del personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell'economia e delle finanze. Lo statuto è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

  7. Il segretario generale è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  8. Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:
   a) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell'Autorità di bacino;
   b) cura l'istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui formula proposte;
   c) promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del coordinamento delle rispettive attività;
   d) cura l'attuazione delle direttive della conferenza operativa;
   e) riferisce semestralmente alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione del Piano di bacino;
   f) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonché alle risorse stanziate per le finalità del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali e comunque agli interventi da attuare nell'ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con le finalità del Piano medesimo, rendendoli accessibili alla libera consultazione nel sito internet dell'Autorità.

  9. La conferenza operativa è composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente; è convocata dal segretario generale che la presiede. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e può essere integrata, per le attività istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e società pubbliche, designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui al comma 10, lettera a), ed emana direttive, anche tecniche qualora pertinenti, per lo svolgimento delle attività di cui al comma 10, lettera b).
  10. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:
   a) a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del bacino idrografico, previsto dall'articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del rischio di alluvioni, previsto dall'articolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonché i programmi di intervento;
   b) a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell'Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche.

  11. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62 del presente decreto, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonché del Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago Maggiore, del Consorzio dell'Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago d'Iseo e del Consorzio dell'Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e alla fitodepurazione».

  3. Per assicurare continuità alla sperimentazione, di cui all'articolo 30 della legge 18 maggio 1989, n. 183, avviata con decreto del Ministro dei lavori pubblici 1o luglio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 1989, considerate le particolari condizioni di dissesto idrogeologico caratterizzanti il bacino idrografico del fiume Serchio, è mantenuta la sede operativa esistente al fine di garantire il necessario presidio e la pianificazione del territorio.
  4. Il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, è adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge; da tale data sono soppresse le Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183. In fase di prima attuazione, dalla data di entrata in vigore della presente legge le funzioni di Autorità di bacino distrettuale sono esercitate dalle Autorità di bacino di rilievo nazionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, che a tal fine si avvalgono delle strutture, del personale, dei beni e delle risorse strumentali delle Autorità di bacino regionali e interregionali comprese nel proprio distretto. Dopo l'emanazione del decreto di cui al comma 3 dell'articolo 63 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, i segretari generali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 10 dicembre 2010, n. 219, sono incaricati anche dell'attuazione dello stesso e svolgono le funzioni loro attribuite comunque non oltre la nomina dei segretari generali di cui al comma 7 dell'articolo 63 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
  5. L'articolo 64 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
  «Art. 64. – (Distretti idrografici). – 1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:
   a) distretto idrografico delle Alpi orientali, comprendente i seguenti bacini idrografici:
    1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    3) bacini del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    4) Lemene, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
   b) distretto idrografico del Fiume Po, comprendente i seguenti bacini idrografici:
    1) Po, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    2) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    3) Fissero Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    5) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    6) Fiumi Uniti (Montone, Ronco), Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    7) bacini minori afferenti alla costa romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
   c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
    1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    2) Serchio, già bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    3) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    4) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    5) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
   d) distretto idrografico dell'Appennino centrale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
    1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    7) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    8) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
   e) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
    1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
    14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
   f) distretto idrografico della Sardegna, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
   g) distretto idrografico della Sicilia, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183».
  6. Il comma 1 dell'articolo 118 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
  «1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di gestione di cui all'articolo 117, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze delle attività di cui al primo periodo sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle competenti Autorità di bacino e al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale».
  7. All'articolo 119 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
  «3-bis. Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l'ammontare, la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni del demanio idrico nonché le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del principio “chi inquina paga” di cui al comma 1 del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall'articolo 116 del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino ai sensi dell'articolo 71 del presente decreto».

  8. All'articolo 121, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2016».
  9. All'articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le parole: «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 2,» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 3» e all'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: «decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
  10. All'articolo 117 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 2-ter è inserito il seguente:
  «2-quater. Al fine di coniugare la prevenzione del rischio di alluvioni con la tutela degli ecosistemi fluviali, nell'ambito del Piano di gestione, le Autorità di bacino, in concorso con gli altri enti competenti, predispongono il programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo, gestionale e di programmazione di interventi relativo all'assetto morfologico dei corridoi fluviali. I programmi di cui al presente comma sono redatti in ottemperanza agli obiettivi individuati dalle direttive 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e concorrono all'attuazione dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che individua come prioritari, tra le misure da finanziare per la mitigazione del dissesto idrogeologico, gli interventi integrati che mirino contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità. Il programma di gestione dei sedimenti ha l'obiettivo di migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d'acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite interventi sul trasporto solido, sull'assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e sull'assetto e sulle modalità di gestione delle opere idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche morfologiche del reticolo idrografico. Il programma di gestione dei sedimenti è costituito dalle tre componenti seguenti:
   a) definizione di un quadro conoscitivo a scala spaziale e temporale adeguata, in relazione allo stato morfologico attuale dei corsi d'acqua, alla traiettoria evolutiva degli alvei, alle dinamiche e quantità di trasporto solido in atto, all'interferenza delle opere presenti con i processi morfologici e a ogni elemento utile alla definizione degli obiettivi di cui alla lettera b);
   b) definizione, sulla base del quadro conoscitivo di cui alla lettera a), di obiettivi espliciti in termini di assetto dei corridoi fluviali, al fine di un loro miglioramento morfologico ed ecologico e di ridurre il rischio idraulico; in questo ambito è prioritario, ovunque possibile, ridurre l'alterazione dell'equilibrio geomorfologico e la disconnessione degli alvei con le pianure inondabili, evitando un'ulteriore artificializzazione dei corridoi fluviali;
   c) identificazione degli eventuali interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti alla lettera b), al loro monitoraggio e all'adeguamento nel tempo del quadro conoscitivo; la scelta delle misure più appropriate tra le diverse alternative possibili, incluso il non intervento, deve avvenire sulla base di un'adeguata valutazione e di un confronto degli effetti attesi in relazione ai diversi obiettivi, tenendo conto di un orizzonte temporale e spaziale sufficientemente esteso; tra gli interventi da valutare deve essere data priorità alle misure, anche gestionali, per il ripristino della continuità idromorfologica longitudinale, laterale e verticale, in particolare al ripristino del trasporto solido laddove vi siano significative interruzioni a monte di tratti incisi, alla riconnessione degli alvei con le pianure inondabili e al ripristino di più ampi spazi di mobilità laterale, nonché alle misure di rinaturazione e riqualificazione morfologica; l'eventuale asportazione locale di materiale litoide o vegetale o altri interventi di artificializzazione del corso d'acqua devono essere giustificati da adeguate valutazioni rispetto alla traiettoria evolutiva del corso d'acqua, agli effetti attesi, sia positivi che negativi nel lungo periodo, rispetto ad altre alternative di intervento; all'asportazione dal corso d'acqua è da preferire comunque, ovunque sia possibile, la reintroduzione del materiale litoide eventualmente rimosso in tratti dello stesso adeguatamente individuati sulla base del quadro conoscitivo, in coerenza con gli obiettivi in termini di assetto del corridoio fluviale».

A.C. 2093-B – Articolo 52

ARTICOLO 52 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 52.
(Disposizioni in materia di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico).

  1. Nella parte terza, sezione I, titolo II, capo III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo l'articolo 72 è aggiunto il seguente:
  «Art. 72-bis. – (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico). – 1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzati, in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, ovvero di opere e immobili dei quali viene comprovata l'esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire.
  2. Ai fini del comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno finanziario 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l'anno 2016, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  3. Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell'area di sedime ai sensi dell'articolo 31, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché le stesse siano integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo.
  4. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorità per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e adottato ogni dodici mesi dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
  5. Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, corredata di una relazione contenente il progetto delle attività di rimozione o di demolizione, l'elenco dettagliato dei relativi costi, l'elenco delle opere e degli immobili ubicati nel proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l'inottemperanza a tali provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione.
  6. I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite ai sensi dell'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle modalità di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e immobili abusivi contenuta in altre disposizioni.
  7. Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel termine di centoventi giorni dall'erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere restituiti, con le modalità di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione sull'attuazione del presente articolo, in cui sono indicati i finanziamenti utilizzati e gli interventi realizzati».

  2. All'articolo 3, comma 1, lettera e.5), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le parole da: «e che non siano diretti a» fino alla fine della lettera sono sostituite dalle seguenti: «ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore».
  3. Al comma 7 dell'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, dopo le parole: «I commissari esercitano comunque i poteri di cui ai commi» è inserita la seguente: «2-ter,».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 52 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 52.
(Disposizioni in materia di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico).

  Al comma 2, sostituire le parole: previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore, con le seguenti: autorizzate secondo le normative regionali di settore.
52. 1. (ex 52. 2.) Caparini, Grimoldi.

  Al comma 2 sostituire le parole: previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore, con le seguenti: in conformità con la normativa regionale di settore.
52. 2. (ex 52. 3.) Caparini, Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 53

ARTICOLO 53 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 53.
(Materiali litoidi).

  1. I materiali litoidi prodotti come obiettivo primario e come sottoprodotto dell'attività di estrazione effettuata in base a concessioni e pagamento di canoni sono assoggettati alla normativa sulle attività estrattive.

A.C. 2093-B – Articolo 54

ARTICOLO 54 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 54.
(Modifiche alla normativa in materia edilizia e di silenzio assenso, a fini di tutela dell'assetto idrogeologico).

  1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 1, comma 2, dopo le parole: «Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490,» sono inserite le seguenti: «la normativa di tutela dell'assetto idrogeologico»;
   b) all'articolo 5:
    1) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:
  «1-bis. (L) Lo sportello unico per l'edilizia costituisce l'unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l'intervento edilizio oggetto dello stesso, che fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte. Acquisisce altresì presso le amministrazioni competenti, anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, dell'assetto idrogeologico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Resta comunque ferma la competenza dello sportello unico per le attività produttive definita dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160»;
    2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. (L) Tale ufficio provvede in particolare:
   a) alla ricezione delle denunce di inizio attività e delle domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia, ivi compreso il certificato di agibilità, nonché dei progetti approvati dalla Soprintendenza ai sensi e per gli effetti degli articoli 36, 38 e 46 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
   b) a fornire informazioni sulle materie di cui alla lettera a), anche mediante predisposizione di un archivio informatico contenente i necessari elementi normativi, che consenta a chi vi abbia interesse l'accesso gratuito, anche in via telematica, alle informazioni sugli adempimenti necessari per lo svolgimento delle procedure previste dal presente testo unico, all'elenco delle domande presentate, allo stato del loro iter procedurale, nonché a tutte le possibili informazioni utili disponibili;
   c) all'adozione, nelle medesime materie, dei provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi in favore di chiunque vi abbia interesse ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme comunali di attuazione;
   d) al rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità, nonché delle certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio, idrogeologico e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio;
   e) alla cura dei rapporti tra l'amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni chiamate a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto dell'istanza o denuncia, con particolare riferimento agli adempimenti connessi all'applicazione della parte II del presente testo unico»;
   c) all'articolo 6, comma 1, alinea, dopo le parole: «di quelle relative all'efficienza energetica» sono inserite le seguenti: «, di tutela dal rischio idrogeologico,»;
   d) all'articolo 17, comma 3, lettera e), dopo le parole: «di tutela» sono inserite le seguenti: «dell'assetto idrogeologico,»;
   e) all'articolo 20, i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:
  «8. (L) Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9.
  9. (L) Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto a vincoli di assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso, il procedimento è concluso con l'adozione di un provvedimento espresso e si applica quanto previsto dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. In caso di diniego dell'atto di assenso, eventualmente acquisito in conferenza di servizi, decorso il termine per l'adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende respinta. Il responsabile del procedimento trasmette al richiedente il provvedimento di diniego dell'atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui è acquisito agli atti, con le indicazioni di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, resta fermo quanto previsto dall'articolo 146, comma 9, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni»;
   f) all'articolo 22, comma 6, le parole: «tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale» sono sostituite dalle seguenti: «tutela storico-artistica, paesaggistico-ambientale o dell'assetto idrogeologico»;
   g) all'articolo 23, comma 1-bis, dopo le parole: «con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli» sono inserite le seguenti: «relativi all'assetto idrogeologico,»;
   h) all'articolo 31, comma 5, le parole: «urbanistici o ambientali» sono sostituite dalle seguenti: «urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico»;
   i) all'articolo 32, comma 3, le parole: «ed ambientale» sono sostituite dalle seguenti: «, ambientale e idrogeologico»;
   l) all'articolo 123, comma 1, le parole: «e ambientale» sono sostituite dalle seguenti: «, ambientale e dell'assetto idrogeologico».

  2. All'articolo 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dopo le parole: «non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente,» sono inserite le seguenti: «la tutela dal rischio idrogeologico,».

A.C. 2093-B – Articolo 55

ARTICOLO 55 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 55.
(Fondo per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico).

  1. Al fine di consentire la celere predisposizione del Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico, favorendo le necessarie attività progettuali, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico cui affluiscono le risorse assegnate per le medesime finalità dal CIPE con delibera n. 32/2015 del 20 febbraio 2015, nonché le risorse imputate agli oneri di progettazioni nei quadri economici dei progetti definitivi approvati, ove la progettazione sia stata finanziata a valere sulle risorse affluite al Fondo. Il funzionamento del Fondo è disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 55 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 55.
(Fondo per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico).

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: il Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico aggiungere le seguenti: da ripartire prioritariamente tra le regioni che negli ultimi anni hanno avuto i maggiori problemi di dissesto idrogeologico.
55. 1. (ex 55. 1.) Grimoldi.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le risorse affluite al Fondo sono ripartite, in via prioritaria, agli interventi già pianificati da parte delle Regioni.
55. 2. (ex 55. 2.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 56

ARTICOLO 56 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 56.
(Disposizioni in materia di interventi di bonifica da amianto).

  1. Al fine di attuare la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 e di concorrere alla tutela e alla salvaguardia della salute e dell'ambiente anche attraverso l'adozione di misure straordinarie tese a promuovere e a sostenere la bonifica dei beni e delle aree contenenti amianto, ai soggetti titolari di reddito d'impresa che effettuano nell'anno 2016 interventi di bonifica dall'amianto su beni e strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato è attribuito, nel limite di spesa complessivo di 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per i predetti interventi nel periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Il credito d'imposta non spetta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 20.000 euro.
  3. Il credito d'imposta è ripartito nonché utilizzato in tre quote annuali di pari importo e indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riconoscimento del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi nei quali il credito è utilizzato. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, e non è soggetto al limite di cui al comma 53 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La prima quota annuale è utilizzabile a decorrere dal 1o gennaio del periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli interventi di bonifica. Ai fini della fruizione del credito d'imposta, il modello F24 è presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento. I fondi occorrenti per la regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi del presente comma sono stanziati su apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento sulla contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate-Fondi di bilancio».
  4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni per l'attuazione del presente articolo, al fine di individuare tra l'altro modalità e termini per la concessione del credito d'imposta a seguito di istanza delle imprese da presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del limite di spesa complessivo di cui al comma 1, nonché i casi di revoca e decadenza dal beneficio e le modalità per il recupero di quanto indebitamente percepito. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel rispetto del limite di spesa rappresentato dalle risorse stanziate, determina l'ammontare dell'agevolazione spettante a ciascun beneficiario e trasmette all'Agenzia delle entrate, in via telematica, l'elenco dei soggetti beneficiari e l'importo del credito spettante a ciascuno di essi, nonché le eventuali revoche, anche parziali.
  5. Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente articolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Agenzia delle entrate effettuano controlli nei rispettivi ambiti di competenza secondo le modalità individuate dal decreto di cui al comma 4.
  6. Le agevolazioni di cui ai commi precedenti sono concesse nei limiti e alle condizioni del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».
  7. Al fine di promuovere la realizzazione di interventi di bonifica di edifici pubblici contaminati da amianto, a tutela della salute e dell'ambiente, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto, con una dotazione finanziaria di 5,536 milioni di euro per l'anno 2016 e di 6,018 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Il funzionamento del Fondo è disciplinato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, che individua anche i criteri di priorità per la selezione dei progetti ammessi a finanziamento.
  8. Agli oneri derivanti dai commi da 1 a 6, pari a 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Agli oneri derivanti dal comma 7, pari a 5,536 milioni di euro per l'anno 2016 e a 6,018 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 56 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 56.
(Disposizioni in materia di interventi di bonifica da amianto).

  Al comma 2, sostituire le parole: 20.000 euro con le seguenti: 5.000 euro, nonché, per la parte eccedente i 200.000 euro, per ciascun intervento unitario.
56. 1. (ex 56. 2.) Grimoldi.

  Al comma 2, sostituire le parole: 20.000 euro, con le seguenti: 10.000 euro, nonché, per la parte eccedente i 150.000 euro, per ciascun intervento unitario.
56. 2. (ex 56. 3.) Grimoldi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: nonché per la parte eccedente oltre i 200.000 euro per ciascun intervento unitario.
56. 3. (ex 56. 5.) Grimoldi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: nonché per la parte eccedente oltre i 150.000 euro per ciascun intervento unitario.
56. 4. (ex 56. 4.) Grimoldi.

  Al comma 7, secondo periodo, dopo le parole: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aggiungere le seguenti:, sentita la Conferenza unificata,.
56. 5. (ex 56. 6.) Grimoldi.

  Al comma 7, secondo periodo, aggiungere, in fine, le parole: ferma restando, comunque, la priorità per gli edifici scolastici e per gli asili nido.
56. 6. (ex 56. 8.) Grimoldi.

  Al comma 7, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Possono accedere al Fondo di cui al presente comma gli enti pubblici che contribuiscono con risorse proprie per almeno il 10 per cento della spesa totale dell'intervento.
56. 7. (ex 56. 9.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 58

ARTICOLO 58 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo VIII

DISPOSIZIONI PER GARANTIRE L'ACCESSO UNIVERSALE ALL'ACQUA

Art. 58.
(Fondo di garanzia delle opere idriche).

  1. A decorrere dall'anno 2016 è istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale, e a garantire un'adeguata tutela della risorsa idrica e dell'ambiente secondo le prescrizioni dell'Unione europea e contenendo gli oneri gravanti sulle tariffe. Il Fondo è alimentato tramite una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, da indicare separatamente in bolletta, volta anche alla copertura dei costi di gestione del Fondo medesimo, determinata dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico nel rispetto della normativa vigente.
  2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sono definiti gli interventi prioritari, i criteri e le modalità di utilizzazione del Fondo di cui al comma 1 del presente articolo, con priorità di utilizzo delle relative risorse per interventi già pianificati e immediatamente cantierabili, nonché gli
idonei strumenti di monitoraggio e verifica del rispetto dei princìpi e dei criteri contenuti nel decreto. I criteri di cui al primo periodo sono definiti tenendo conto dei fabbisogni del settore individuati sulla base dei piani d'ambito di cui all'articolo 149 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e delle necessità di tutela dell'ambiente e dei corpi idrici e sono finalizzati a promuovere la coesione sociale e territoriale e a incentivare le regioni, gli enti locali e gli enti d'ambito a una programmazione efficiente e razionale delle opere idriche necessarie.
  3. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico disciplina, con proprio provvedimento, le modalità di gestione del Fondo di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e dei criteri definiti dal decreto di cui al comma 2.
  4. Al fine di assicurare la trasparenza e l'accessibilità alle informazioni concernenti le modalità di gestione del Fondo, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico pubblica nel proprio sito istituzionale il provvedimento di cui al comma 3, nonché lo stato di avanzamento degli interventi realizzati.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 58 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 58.
(Fondo di garanzia delle opere idriche).

  Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: da indicare separatamente in bolletta aggiungere le seguenti: e senza oneri aggiuntivi per gli utenti a carico della tariffa complessiva.
58. 1. (ex 58. 5.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 59

ARTICOLO 59 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 59.
(Contratti di fiume).

  1. Al capo II del titolo II della parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo l'articolo 68 è aggiunto il seguente:

  «Art. 68-bis. – (Contratti di fiume). – 1. I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree».

A.C. 2093-B – Articolo 60

ARTICOLO 60 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 60.
(Tariffa sociale del servizio idrico integrato).

  1. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sentiti gli enti di ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Al fine di assicurare la copertura degli oneri derivanti dal comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le necessarie modifiche all'articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni di cui al medesimo comma 1.
  3. All'articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
  «3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle reti relative al servizio idrico integrato e degli impianti a queste connessi possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'autorità di controllo e vigilanza».

A.C. 2093-B – Articolo 61

ARTICOLO 61 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 61.
(Disposizioni in materia di morosità nel servizio idrico integrato).

  1. Nell'esercizio dei poteri previsti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta direttive per il contenimento della morosità degli utenti del servizio idrico integrato, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, assicurando che sia salvaguardata, tenuto conto dell'equilibrio economico e finanziario dei gestori, la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento e garantendo il quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi.
  2. Ai fini del comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le procedure per la gestione della morosità e per la sospensione della fornitura, assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 61 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 61.
(Disposizioni in materia di morosità nel servizio idrico integrato).

  Sopprimerlo.
61. 1. (ex 61. 1.) Grimoldi.

  Al comma 1, sopprimere le parole: e garantendo il quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi.
61. 2. (ex 61. 2.) Grimoldi.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: e l'assenza di incrementi della tariffa causati dalla morosità a carico dei restanti utenti.
61. 3. (ex 61. 3.) Grimoldi.

  Al comma 2, sostituire le parole da: gestione della morosità fino alla fine del comma, con le seguenti: riduzione del fenomeno della morosità anche sulla base dei seguenti principi direttivi:

   a) la necessità di tutela degli interessi degli utenti del servizio idrico, per qualsivoglia tipologia di fornitura, in relazione alla sussistenza di condizioni di deficit informativo è di subalternità rispetto al gestore;

   b) il divieto di procedere alla risoluzione contrattuale, alla sospensione e alla limitazione della fornitura idrica, anche nelle forme della riduzione del flusso, se non previo accertamento giudiziale dell'inadempimento dell'utente, anche nelle forme di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile;

   c) nel caso di inadempimento dell'utente, il soggetto gestore del servizio idrico integrato può procedere alla limitazione della fornitura idrica a condizione che:

    1) abbia preavvertito l'utente mediante comunicazione avente valore legale recante l'indicazione del giorno a partire dal quale procederà alla limitazione della fornitura;

    2) la limitazione della fornitura avvenga almeno trenta giorni dopo il ricevimento della comunicazione di cui al precedente punto 1).
61. 4. (ex 61. 12.) Pellegrino, Zaratti, Kronbichler.

  Al comma 2, sopprimere le parole: assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi.
61. 5. (ex 61. 9.) Grimoldi.

  Al comma 2, sostituire le parole: assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi con le seguenti: senza gravare sulle utenze domestiche e su quelle delle piccole e medie imprese.
61. 6. (ex 61. 10.) Grimoldi.

  Al comma 2, sostituire le parole: assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi con le seguenti: senza gravare sulle utenze domestiche.
61. 7. (ex 61. 11.) Grimoldi.

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
  3. Ai fini del comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le procedure per la riduzione del fenomeno della morosità anche mediante limitazione della fornitura, garantendo comunque l'erogazione del quantitativo minimo vitale di 50 litri al giorno di acqua, che non può essere sospesa, per ciascun residente nell'immobile relativo all'utenza idrica. In caso di morosità nel pagamento, il gestore provvede ad istallare apposito meccanismo limitatore dell'erogazione, idoneo a garantire alla pressione prevista dalle condizioni tecniche di contratto esclusivamente la fornitura giornaliera essenziale di 50 litri al giorno per persona residente.
  4. Ai fini del comma 1, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le procedure per la riduzione del fenomeno della morosità anche sulla base dei seguenti principi:
   a) la necessità di tutela degli interessi degli utenti del servizio idrico, per qualsivoglia tipologia di fornitura, che di fatto, rispetto al gestore, risultano in una condizione reale di deficit informativo e di subalternità;
   b) la risoluzione del contratto, nonché la sospensione o limitazione del flusso idrico, non possono essere utilizzate quale leva vessatoria per ottenere il pagamento di un presunto debito dell'utente da parte del gestore per la fornitura d'acqua potabile;
   c) il soggetto gestore non può procedere alla risoluzione contrattuale e/o alla sospensione e/o alla limitazione della fornitura idrica, anche nelle forme della riduzione del flusso, se non previo accertamento giudiziale dell'inadempimento dell'utente, anche nelle forme di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile;
   d) nel caso di inadempimento dell'utente, fermo restando quanto previsto dal comma 3, il soggetto gestore del servizio idrico integrato può procedere alla limitazione della fornitura idrica a condizione che:
    1) abbia preavvisato l'utente mediante comunicazione avente valore legale recante modificazione del giorno a partire dal quale procederà alla limitazione della fornitura;
    2) la limitazione della fornitura avvenga almeno trenta giorni dopo il ricevimento della comunicazione di cui al numero 1.

  5. In caso di mancato rispetto delle condizioni previste dal presente articolo, l'autorità giudiziaria, indipendentemente dall'accertamento dell'inadempimento dell'utente, ordina al soggetto gestore, anche nelle forme di cui all'articolo 700 del codice di procedura civile, l'allaccio immediato della fornitura idrica.
61. 8. (ex 61. 13.) Daga, Mannino, Busto, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 2093-B – Articolo 62

ARTICOLO 62 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 62.
(Disposizioni in materia di sovracanone di bacino imbrifero montano).

  1. Il sovracanone di cui alla legge 27 dicembre 1953, n. 959, e alla legge 22 dicembre 1980, n. 925, si intende dovuto per gli impianti con potenza nominale media superiore a 220 kW, nella misura prevista per le concessioni di grande derivazione idroelettrica.
  2. Per le concessioni di derivazione idroelettrica assegnate a decorrere dal 1o gennaio 2015, l'obbligo di pagamento dei sovracanoni decorre dalla data di entrata in esercizio dell'impianto e non oltre il termine di ventiquattro mesi dalla data della concessione stessa.
  3. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dopo il comma 137 è inserito il seguente:
  «137-bis. Per gli impianti realizzati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, i sovracanoni idroelettrici, previsti ai sensi dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, di cui al comma 137 del presente articolo sono comunque dovuti, anche se non funzionali alla prosecuzione degli interventi infrastrutturali».

  4. All'articolo 147, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, l'ultimo periodo è sostituito dai seguenti: «Sono fatte salve: a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l'ente di governo d'ambito territorialmente competente provvede all'accertamento dell'esistenza dei predetti requisiti».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 62 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 62.
(Disposizioni in materia di sovracanone di bacino imbrifero montano).

  Al comma 4, sostituire le parole: inferiore a 1.000 abitanti già istituite con le seguenti: fino a 1.000 abitanti istituite.
62. 1. (ex 62. 1.) Caparini, Grimoldi.

  Al comma 4, sostituire le parole: 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148, con le seguenti: 5.000 abitanti.
62. 2. (ex 62. 2.). Caparini, Grimoldi.

  Al comma 4, sostituire le parole: 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148 con le seguenti: 3.000 abitanti.
62. 3. (ex 62. 3.) Caparini, Grimoldi.

  Al comma 4, sopprimere le parole: già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148.
62. 4. (ex 62. 4.) Caparini, Grimoldi.

  Al comma 4, sopprimere la parola: già.
62. 5. (ex 62. 5.) Caparini, Grimoldi.

  Al comma 4, sopprimere la parola: esistenti.
62. 6. (ex 62. 6.) Caparini, Grimoldi.

A.C. 2093-B – Articolo 64

ARTICOLO 64 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo IX

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROCEDIMENTI AUTORIZZATORI RELATIVI ALLE INFRASTRUTTURE DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA PER IMPIANTI RADIOELETTRICI E IN MATERIA DI SCAMBIO DI BENI USATI

Art. 64.
(Modifiche all'articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259).

  1. All'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
  «1-bis. Il soggetto che presenta l'istanza di autorizzazione per l'installazione di nuove infrastrutture per impianti radioelettrici ai sensi dell'articolo 87 del presente decreto è tenuto al versamento di un contributo alle spese relative al rilascio del parere ambientale da parte dell'organismo competente a effettuare i controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, purché questo sia reso nei termini previsti dal citato articolo 87, comma 4.
  1-ter. Il soggetto che presenta la segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 87-bis del presente decreto è tenuto, all'atto del rilascio del motivato parere positivo o negativo da parte dell'organismo competente a effettuare i controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, purché questo sia reso nei termini previsti dal citato articolo 87-bis, al versamento di un contributo per le spese.
  1-quater. Il contributo previsto dal comma 1-bis, per le attività che comprendono la stima del fondo ambientale come previsto dal modello A di cui all'allegato n. 13, e il contributo previsto al comma 1-ter sono calcolati in base a un tariffario nazionale di riferimento adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, anche sulla base del principio del miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione tramite l'analisi degli altri oneri applicati dalle agenzie ambientali delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. In via transitoria, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo, i contributi previsti ai commi 1-bis e 1-ter sono pari a 250 euro.
  1-quinquies. Le disposizioni dei commi da 1-bis a 1-quater non si applicano ai soggetti di cui all'articolo 14, comma 3, della legge 22 febbraio 2001, n. 36».

A.C. 2093-B – Articolo 65

ARTICOLO 65 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo X

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI SCARICHI E DEL RIUTILIZZO DI RESIDUI VEGETALI

Art. 65.
(Acque reflue dei frantoi oleari)

  1. All'articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 7 è inserito il seguente:
  «7-bis. Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura è ammesso, ove l'ente di governo dell'ambito e il gestore d'ambito non ravvisino criticità nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all'effettiva capacità di trattamento dell'impianto di depurazione».

A.C. 2093-B – Articolo 66

ARTICOLO 66 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 66.
(Modifica all'articolo 180-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di scambio di beni usati).

  1. Dopo il comma 1 dell'articolo 180-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:
  «1-bis. Ai fini di cui al comma 1, i comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), per l'esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l'obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell'usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana».

A.C. 2093-B – Articolo 67

ARTICOLO 67 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo XI

DISPOSIZIONI VARIE IN MATERIA AMBIENTALE

Art. 67.
(Comitato per il capitale naturale).

  1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il Comitato per il capitale naturale. Il Comitato è presieduto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ne fanno parte i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, per gli affari regionali e le autonomie, per la coesione territoriale, per la semplificazione e la pubblica amministrazione, dei beni e delle attività culturali e del turismo, o loro rappresentanti delegati, un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, un rappresentante dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, il Governatore della Banca d'Italia, il Presidente dell'Istituto nazionale di statistica, il Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e il Presidente dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, o loro rappresentanti delegati. Il Comitato è integrato con esperti della materia provenienti da università ed enti di ricerca, ovvero con altri dipendenti pubblici in possesso di specifica qualificazione, nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  2. Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi sociali, economici e ambientali coerenti con l'annuale programmazione finanziaria e di bilancio di cui agli articoli 7, 10 e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il Comitato di cui al comma 1 del presente articolo trasmette, entro il 28 febbraio di ogni anno, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato di informazioni e dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie, seguendo le metodologie definite dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e dall'Unione europea, nonché di valutazioni ex ante ed ex post degli effetti delle politiche pubbliche sul capitale naturale e sui servizi ecosistemici.
  3. La partecipazione al Comitato di cui al comma 1 è svolta a titolo gratuito, rimanendo escluso qualsiasi compenso o rimborso di spese a qualsiasi titolo richiesti.
  4. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, il Comitato di cui al comma 1 del presente articolo promuove anche l'adozione, da parte degli enti locali, di sistemi di contabilità ambientale e la predisposizione, da parte dei medesimi enti, di appositi bilanci ambientali, finalizzati al monitoraggio e alla rendicontazione dell'attuazione, dell'efficacia e dell'efficienza delle politiche e delle azioni svolte dall'ente per la tutela dell'ambiente, nonché dello stato dell'ambiente e del capitale naturale. In particolare il Comitato definisce uno schema di riferimento sulla base delle sperimentazioni già effettuate dagli enti locali in tale ambito, anche avvalendosi di cofinanziamenti europei.
  5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede al funzionamento del Comitato di cui al comma 1, anche ai fini del supporto logistico e amministrativo, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 2093-B – Articolo 69

ARTICOLO 69 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 69.
(Disposizioni in materia di gestione di rifiuti speciali per talune attività economiche).

  1. Il comma 8 dell'articolo 40 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è sostituito dal seguente:
  «8. In materia di semplificazione del trattamento dei rifiuti speciali per talune attività economiche a ridotto impatto ambientale, le imprese agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, nonché i soggetti esercenti attività ricadenti nell'ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice CER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati, possono trasportarli, in conto proprio, per una quantità massima fino a 30 chilogrammi al giorno, a un impianto che effettua operazioni autorizzate di smaltimento. L'obbligo di registrazione nel registro di carico e scarico dei rifiuti e l'obbligo di comunicazione al Catasto dei rifiuti tramite il modello unico di dichiarazione ambientale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si intendono assolti, anche ai fini del trasporto in conto proprio, attraverso la compilazione e conservazione, in ordine cronologico, dei formulari di trasporto di cui all'articolo 193 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni. I formulari sono gestiti e conservati con le modalità previste dal medesimo articolo 193. La conservazione deve avvenire presso la sede dei soggetti esercenti le attività di cui al presente comma o tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi. L'adesione, da parte dei soggetti esercenti attività ricadenti nei suddetti codici ATECO, alle modalità semplificate di gestione dei rifiuti speciali assolve agli obblighi in materia di controllo della tracciabilità dei rifiuti».

A.C. 2093-B – Articolo 70

ARTICOLO 70 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 70.
(Delega al Governo per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi per l'introduzione di un sistema di pagamento dei servizi ecosistemici e ambientali (PSEA).
  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che il sistema di PSEA sia definito quale remunerazione di una quota di valore aggiunto derivante, secondo meccanismi di carattere negoziale, dalla trasformazione dei servizi ecosistemici e ambientali in prodotti di mercato, nella logica della transazione diretta tra consumatore e produttore, ferma restando la salvaguardia nel tempo della funzione collettiva del bene;
   b) prevedere che il sistema di PSEA sia attivato, in particolare, in presenza di un intervento pubblico di assegnazione in concessione di un bene naturalistico di interesse comune, che deve mantenere intatte o incrementare le sue funzioni;
   c) prevedere che nella definizione del sistema di PSEA siano specificamente individuati i servizi oggetto di remunerazione, il loro valore, nonché i relativi obblighi contrattuali e le modalità di pagamento;
   d) prevedere che siano in ogni caso remunerati i seguenti servizi: fissazione del carbonio delle foreste e dell'arboricoltura da legno di proprietà demaniale, collettiva e privata; regimazione delle acque nei bacini montani; salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche; utilizzazione di proprietà demaniali e collettive per produzioni energetiche;
   e) prevedere che nel sistema di PSEA siano considerati interventi di pulizia e manutenzione dell'alveo dei fiumi e dei torrenti;
   f) prevedere che sia riconosciuto il ruolo svolto dall'agricoltura e dal territorio agroforestale nei confronti dei servizi ecosistemici, prevedendo meccanismi di incentivazione attraverso cui il pubblico operatore possa creare programmi con l'obiettivo di remunerare gli imprenditori agricoli che proteggono, tutelano o forniscono i servizi medesimi;
   g) coordinare e razionalizzare ogni altro analogo strumento e istituto già esistente in materia;
   h) prevedere che beneficiari finali del sistema di PSEA siano i comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni, comunque denominate;
   i) introdurre forme di premialità a beneficio dei comuni che utilizzano, in modo sistematico, sistemi di contabilità ambientale e urbanistica e forme innovative di rendicontazione dell'azione amministrativa.
   l) ritenere precluse le attività di stoccaggio di gas naturale in acquiferi profondi.

  3. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di assegnazione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza del termine previsto al comma 1, quest'ultimo è prorogato di tre mesi.

A.C. 2093-B – Articolo 71

ARTICOLO 71 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 71.
(Oil free zone).

  1. Al fine di promuovere su base sperimentale e sussidiaria la progressiva fuoriuscita dall'economia basata sul ciclo del carbonio e di raggiungere gli standard europei in materia di sostenibilità ambientale, sono istituite e promosse le «Oil free zone».
  2. Si intende per «Oil free zone» un'area territoriale nella quale, entro un determinato arco temporale e sulla base di specifico atto di indirizzo adottato dai comuni del territorio di riferimento, si prevede la progressiva sostituzione del petrolio e dei suoi derivati con energie prodotte da fonti rinnovabili.
  3. La costituzione di Oil free zone è promossa dai comuni interessati, anche tramite le unioni o le convenzioni fra comuni di riferimento, ove costituite ai sensi degli articoli 30 e 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per le aree naturali protette di cui all'articolo 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, la costituzione di Oil free zone è promossa dagli enti locali d'intesa con gli enti parco.
  4. Nelle Oil free zone sono avviate sperimentazioni, concernenti la realizzazione di prototipi e l'applicazione sul piano industriale di nuove ipotesi di utilizzo dei beni comuni, con particolare riguardo a quelli provenienti dalle zone montane, attraverso prospetti di valutazione del valore delle risorse presenti sul territorio.
  5. Nell'ambito delle proprie legislazioni di settore, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità di organizzazione delle Oil free zone, con particolare riguardo agli aspetti connessi con l'innovazione tecnologica applicata alla produzione di energie rinnovabili a basso impatto ambientale, alla ricerca di soluzioni eco-compatibili e alla costruzione di sistemi sostenibili di produzione energetica e di uso dell'energia, quali la produzione di biometano per usi termici e per autotrazione.
  6. Ai fini di cui al comma 5, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono assicurare specifiche linee di sostegno finanziario alle attività di ricerca, sperimentazione e applicazione delle attività produttive connesse con l'indipendenza dai cicli produttivi del petrolio e dei suoi derivati, con particolare attenzione all'impiego equilibrato dei beni comuni e collettivi del territorio di riferimento.

A.C. 2093-B – Articolo 72

ARTICOLO 72 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 72.
(Strategia nazionale
delle Green community).

  1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, promuove la predisposizione della strategia nazionale delle Green community.
  2. La strategia nazionale di cui al comma 1 individua il valore dei territori rurali e di montagna che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono, tra cui in primo luogo acqua, boschi e paesaggio, e aprire un nuovo rapporto sussidiario e di scambio con le comunità urbane e metropolitane, in modo da poter impostare, nella fase della green economy, un piano di sviluppo sostenibile non solo dal punto di vista energetico, ambientale ed economico nei seguenti campi:
   a) gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale, anche tramite lo scambio dei crediti derivanti dalla cattura dell'anidride carbonica, la gestione della biodiversità e la certificazione della filiera del legno;
   b) gestione integrata e certificata delle risorse idriche;
   c) produzione di energia da fonti rinnovabili locali, quali i microimpianti idroelettrici, le biomasse, il biogas, l'eolico, la cogenerazione e il biometano;
   d) sviluppo di un turismo sostenibile, capace di valorizzare le produzioni locali;
   e) costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture di una montagna moderna;
   f) efficienza energetica e integrazione intelligente degli impianti e delle reti;
   g) sviluppo sostenibile delle attività produttive (zero waste production);
   h) integrazione dei servizi di mobilità.
   i) sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile che sia anche energeticamente indipendente attraverso la produzione e l'uso di energia da fonti rinnovabili nei settori elettrico, termico e dei trasporti.

  3. Con proprie leggi, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare le modalità, i tempi e le risorse finanziarie sulla base dei quali le unioni di comuni e le unioni di comuni montani promuovono l'attuazione della strategia nazionale di cui al presente articolo.
  4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 2093-B – Articolo 73

ARTICOLO 73 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 73.
(Disposizioni in materia di impianti termici civili alimentati da gas combustibili).

  1. Le disposizioni in materia di requisiti tecnici e costruttivi degli impianti termici civili, di cui alla parte II dell'allegato IX alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non si applicano agli impianti alimentati da gas combustibili rientranti nel campo di applicazione della norma UNI 11528, fatta eccezione per quelle di cui al numero 5, «Apparecchi indicatori».

A.C. 2093-B – Articolo 74

ARTICOLO 74 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 74.
(Gestione e sviluppo sostenibile del territorio e delle opere di pubblica utilità e tutela degli usi civici).

  1. Ai fini della gestione e dello sviluppo sostenibile del territorio e delle opere pubbliche o di pubblica utilità nonché della corretta gestione e tutela degli usi civici, all'articolo 4 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
  «1-bis. I beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, fatte salve le ipotesi in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico».

A.C. 2093-B – Articolo 75

ARTICOLO 75 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 75.
(Disposizioni relative all'attuazione della Convenzione sul commercio internazionale di specie minacciate di estinzione – CITES).

  1. La misura dei diritti speciali di prelievo istituiti in attuazione della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES), di cui all'articolo 8-quinquies della legge 7 febbraio 1992, n. 150, è rivalutata con cadenza triennale, entro il 31 dicembre, per il miglioramento dell'efficienza ed efficacia delle attività di cui al medesimo articolo 8-quinquies, commi 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, svolte in attuazione del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, in materia di protezione delle specie di flora e fauna mediante il controllo del loro commercio.

A.C. 2093-B – Articolo 76

ARTICOLO 76 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 76.
(Proroga del termine per l'esercizio della delega in materia di inquinamento acustico).

  1. All'articolo 19, comma 1, della legge 30 ottobre 2014, n. 161, le parole: «entro diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti: «entro ventiquattro mesi».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 76 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 76.
(Proroga del termine per l'esercizio della delega in materia di inquinamento acustico).

  Sopprimerlo.
76. 1. (ex 76. 1.) Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 2093-B – Articolo 77

ARTICOLO 77 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 77.
(Modifica all'articolo 514 del codice di procedura civile).

  1. All'articolo 514 del codice di procedura civile, in materia di cose mobili assolutamente impignorabili, dopo il numero 6) sono aggiunti i seguenti:
  «6-bis) gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali;
  6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli».

A.C. 2093-B – Articolo 78

ARTICOLO 78 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 78.
(Modifica all'articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di dragaggio).

  1. All'articolo 5-bis, comma 2, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, le lettere c) e d) sono sostituite dalle seguenti:
   «c) qualora risultino non pericolosi all'origine o a seguito di trattamenti finalizzati esclusivamente alla rimozione degli inquinanti, ad esclusione quindi dei processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti stessi quali solidificazione e stabilizzazione, possono essere destinati a refluimento all'interno di casse di colmata, di vasche di raccolta, o comunque in strutture di contenimento o di conterminazione realizzate con l'applicazione delle migliori tecniche disponibili in linea con i criteri di progettazione formulati da accreditati standard tecnici internazionali adottati negli Stati membri dell'Unione europea e con caratteristiche tali da garantire, tenuto conto degli obiettivi e dei limiti fissati dalle direttive europee, l'assenza di rischi per la salute e per l'ambiente con particolare riferimento al vincolo di non peggiorare lo stato di qualità delle matrici ambientali, suolo, sottosuolo, acque sotterranee, acque superficiali, acque marine e di transizione, né pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di qualità delle stesse;
   d) qualora risultino caratterizzati da concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei valori di riferimento specifici definiti in conformità ai criteri approvati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'area o le aree interessate vengono escluse dal perimetro del sito di interesse nazionale previo parere favorevole della conferenza di servizi di cui all'articolo 242, comma 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 78 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 78.
(Modifica all'articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di dragaggio).

  Al comma 1, capoverso lettera c), aggiungere, in fine, le parole: Tali requisiti si intendono comunque garantiti qualora le strutture di contenimento o di conterminazione presentino un sistema di impermeabilizzazione naturale o artificiale o completato artificialmente al perimetro e sul fondo in grado di assicurare requisiti di permeabilità equivalenti a quelli di uno strato di materiale naturale dello spessore di 1 metro con K minore o uguale a 1,0 x 10 – 9 m/s.
78. 1. (ex 78. 1.) Grimoldi.

A.C. 2093-B – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'ENEA, con i suoi 2700 dipendenti, in massima parte ricercatori e tecnologi, è il maggiore presidio pubblico su temi, quali l'energia e l'ambiente, di rilevanza cruciale per il rispetto degli impegni recentemente assunti a Parigi nell'ambito della COP 21;
    il finanziamento dell'ENEA è ormai da alcuni anni solo in parte a carico del contributo ordinario dello Stato (COS) che nel 2014 ha coperto solo il 54 per cento circa delle spese complessive dell'ente e che nel 2015 è stato ulteriormente ridotto di circa 7 milioni;
    per fronteggiare tale situazione l'attuale gestione commissariale ha avviato efficaci iniziative sia lato domanda, al fine di reperire ulteriori risorse a valere su programmi di ricerca e servizi avanzati finanziati dall'Unione europea, da Amministrazioni centrali e locali e da soggetti privati nazionali ed internazionali, sia lato offerta ovvero della effettiva capacità della struttura dell'ENEA di svolgere con adeguata qualità e tempestività l'ulteriore carico di lavoro;
    in particolare, per superare le difficoltà di coordinamento della «vecchia» struttura tecnica dell'ENEA, articolata in 27 Unità tecniche direttamente dipendenti dal vertice, e la scarsa efficienza delle procedure di acquisizione e gestione di nuove commesse connessa all'insufficienza delle deleghe in materia di entrate (nessuno dei responsabili delle Unità tecniche aveva un incarico dirigenziale), si è provveduto, con decorrenza 1o di luglio 2015, a istituire tre dipartimenti («Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare», «Tecnologie energetiche» e «Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali») che accorpano le 27 Unità tecniche e sono guidati da 3 direttori con incarico dirigenziale, selezionati tramite apposito concorso, cui sono state attribuite le adeguate deleghe;
    questo percorso, già operativo, trova indispensabile completamento nell'uscita dell'ENEA dalla attuale, precaria e non più a lungo sopportabile, situazione di commissariamento, così come previsto nel disegno di legge in discussione, addivenendo ad una struttura organizzativa che consenta di completare e consolidare il cambiamento organizzativo al fine di rafforzare le capacità dell'ente di acquisire, gestire ed eseguire attività incrementali, così da garantire l'equilibrio di bilancio dell'Agenzia senza aumento del contributo ordinario dello Stato,

impegna il Governo:

   a promuovere e supportare il completamento del percorso di riorganizzazione avviato per definire una organizzazione dell'Agenzia più efficiente ed efficace, in grado di accrescere la capacità di assicurare il grande sostegno necessario (anche per la particolare distribuzione dimensionale) al trasferimento tecnologico alle PMI, all'innovazione tecnologica, alla disponibilità di prestazioni e servizi avanzati, attraverso un circuito virtuoso che possa contribuire ad accrescere la competitività e la «sostenibilità» delle imprese italiane;
   a sostenere le iniziative recentemente assunte dall'ENEA in materia di efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico, con particolare riferimento alle scuole, e di economia circolare;
   a favorire lo sviluppo delle attività di ricerca congiunte tra imprese ed enti pubblici di ricerca in particolare nei settori di intervento previsti dal recente accordo sui cambiamenti climatici concluso a Parigi.
9/2093-B/1Vico, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del Provvedimento in discussione, con una modifica all'articolo 25, è stato disposto che tra gli «ammendanti», in particolare gli ammendati compostati misti, ossia tra i materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche o chimiche o l'attività biologica, disgiuntamente o unitamente tra loro, possono essere ricompresi anche i rifiuti di prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali e assimilati (previo idoneo processo di sanificazione, qualora necessario), purché compostabili certificati secondo la norma UNI EN 13432:2002;
    ad oggi, come ammendanti, a norma dell'allegato 2, punto 2, numero 5, terza colonna, al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni, è presente l'Ammendante compostato misto, ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti dalla frazione organica dei rifiuti urbani proveniente da raccolta differenziata, dal digestato da trattamento anaerobico (con esclusione di quello proveniente dal trattamento di rifiuto indifferenziato), da rifiuti di origine animale compresi liquami zootecnici, da rifiuti di attività agroindustriali e da lavorazione del legno e del tessile naturale non trattati, nonché dalle matrici previste per l'ammendante compostato verde;
    non è da sottovalutare che i prodotti assorbenti per la persona, una volta divenuti rifiuto, potrebbero contenere sostanze organiche anche pericolose per l'ambiente o potenzialmente nocivi (urine, feci, sangue mestruale...), per cui tale configurazione definisce una peculiarità del rifiuto che va attentamente considerata;
    i rifiuti di prodotti assorbenti certificati UNI EN 13432:2002 potenzialmente pericolosi, se utilizzati negli ammendanti potrebbero incidere nel ciclo delle coltivazioni agricole o ad ogni modo nella qualità dei suoli, con i rischi che a ciò sarebbero da associare anche per la salute umana e l'integrità ecologica dei territori rurali. Si rammenta, che la norma tecnica UNI EN 13432:2002, «Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione», come tutte le certificazioni UNI EN, è una mera norma di certificazione di standard tecnici su base volontaria ed ha lo scopo di definire esclusivamente i requisiti degli imballaggi che possono essere recuperati tramite il flusso del rifiuto organico. A tal proposito, si evidenzia che l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, con decisione 24438 del 3.7.2013 ha giudicato non veritiera ed ingannevole l'attribuzione della caratteristica di compostabilità ad alcuni pannolini certificati UNI EN 13432:2002;
    lo stesso ufficio legislativo del Ministero della salute, in un recente parere sugli emendamenti presentati al Senato, pur avendo accolto l'eventuale ipotesi di una tale inclusione tra i prodotti destinati ad ammendanti, ha tuttavia richiesto di subordinarla alla preventiva emanazione di uno specifico decreto che individuasse i prodotti e ne certificasse la biodegradabilità, oltre a definire criteri e modalità per la loro sottoposizione ad un preventivo processo di sanificazione;
    in merito al rispetto delle normative europee, già la Commissione Politiche dell'Unione europea, nel parere espresso alla Commissione ambiente il 2 dicembre, ha posto la condizione di provvedere ad inserire un nuovo articolo 25-bis volto a disporre che le disposizioni di cui all'articolo 25 siano applicabili previa sottoposizione della disposizione alla procedura di comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione,

impegna il Governo:

   a notificare alla Commissione europea le disposizioni di cui all'articolo 25 del provvedimento, secondo la procedura di comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, che prevede l'esito positivo della procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione;
   ad intraprendere le necessarie iniziative normative volte a far si che l'articolo 25 del provvedimento, segnatamente nella parte modificata dal Senato della Repubblica e che prevede che tra gli ammendanti possano essere ricompresi anche i rifiuti di prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali e assimilati, sia attuato solo previa adozione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero della salute ed il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di un regolamento volto a disciplinare i criteri per la certificazione della biodegradabilità dei rifiuti dei prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali e assimilati, nonché i processi e le modalità di sanificazione di tali rifiuti.
9/2093-B/2Mongiello, Sani, Michele Bordo, Prina, Antezza.


   La Camera,
   considerato che:
    il disegno di legge (collegato alla Legge di stabilità per il 2014) contiene, tra le varie misure, disposizioni in materia di gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici che mirano alla semplificazione delle procedure e all'eliminazione delle inefficienze che danneggiano l'ambiente e gli operatori stessi;
    consentire ai produttori di adempiere in forma individuale per l'organizzazione di un sistema autosufficiente per la gestione dei RAAE, purché l'impianto segua i criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, è già previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, di diretta derivazione comunitaria;
    l'intenzione è quella di agevolare il funzionamento del sistema di marchiatura dei prodotti, senza pesare sulle catene distributive che non hanno margine di intervento sulle procedure industriali, e in linea con l'obiettivo del legislatore di consentire di catalogare gli AEE in maniera chiara ed inequivocabile, ai fini della tracciabilità di tutte le fasi oggetto di informazione e monitoraggio,

impegna il Governo

a interpretare la ratio dell'articolo 28 del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, in linea con la direttiva comunitaria, per cui solo gli operatori della distribuzione i quali abbiano scelto di gestire individualmente il recupero a fine vita degli apparecchi elettrici ed elettronici immessi sul mercato nazionale, non aderendo quindi ai sistemi collettivi nazionali, sono tenuti ad apporre una propria marcatura a fianco della marcatura già apposta dal produttore industriale dei prodotti, al fine di evitare ostacoli alla circolazione delle merci in ambito intracomunitario e alle imprese della distribuzione presenti sul territorio nazionale.
9/2093-B/3Valiante.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia ambientale finalizzate a garantire l'aggiornamento della strategia nazionale in materia di salvaguardia delle aree marine e di sviluppo sostenibile;
    nella spiaggia del Poetto di Cagliari insiste uno stabile di oltre cinquemila metri di cubatura, progettato come Colonia Marina Dux dall'architetto Ubaldo Badas nel periodo compreso tra le due guerre mondiali e successivamente adattato ad ospedale;
    nel 1982, il Sistema sanitario sardo ha dismesso la struttura dell'Ospedale Marino di Cagliari, trasferendo le relative attività sanitarie nel vicino stabile dell'ex Albergo ESIT;
    dopo ben 24 anni di abbandono, la giunta regionale sarda, in data 28 marzo 2006, ha finalmente bandito una gara per l'affidamento del bene ai privati, con destinazione turistica, non residenziale;
    successivamente al bando di gara, nel 2007, è intervenuta la Sovrintendenza ai Beni culturali e paesaggistici, che ha imposto il vincolo sull'immobile;
    l'aggiudicazione finale della gara, ha individuato il vincitore della procedura che propone una destinazione d'uso legata alla riabilitazione sanitaria, anche residenziale;
    nel dicembre 2015, sia l'assessore regionale competente, che il sindaco di Cagliari hanno dichiarato l'incoerenza tra la destinazione finale prevista per il bene e gli interessi generali di sviluppo economico e turistico della città, proponendo una nuova destinazione turistico ricettiva dell'immobile;
    a tutt'oggi, tale orientamento all'uso turistico recettivo è stato più volte ribadito dalle istituzioni locali e regionali, ma nessun atto ufficiale è stato mai assunto in tal senso;
    lo stabile abbandonato e diroccato in riva al mare, sommerso dai rifiuti, è pericoloso ricettacolo di agenti patogeni, rappresenta una minaccia per la sicurezza della balneazione ed è uno sfregio del litorale del Poetto di Cagliari, che ostacola ogni progetto di valorizzazione turistica sostenibile del sito e rappresenta una clamorosa opportunità sprecata per lo sviluppo economico della città;
    l'intreccio di competenze sul rudere rappresenta un freno per qualsiasi attività di pianificazione territoriale che possa destinare questo bene ad attività coerenti con la vocazione ambientale, paesaggistica ed economica del sito;
    analoghe difficoltà di risanamento di cubature abbandonate in condizioni di degrado nei litorali italiani rappresentano un grave vulnus per qualsiasi attività legata alla valorizzazione economica di tali contesti ambientali di pregio,

impegna il Governo:

   a) sostenere la regione autonoma della Sardegna in tutte le azioni eventualmente messe in atto per uscire dalla attuale situazione di impasse giuridico che, di fatto, impedisce qualsiasi azione di riqualificazione della struttura demaniale dismessa dell'ex Ospedale Marino della spiaggia del Poetto di Cagliari;
   b) riconoscere l'importanza delle politiche e delle strategie di pianificazione territoriale nelle attività di riconversione e riqualificazione delle strutture fatiscenti che insistono sulle coste ed i litorali del nostro Paese, in coerenza con gli obiettivi di un modello di sviluppo turistico sostenibile e con gli interessi generali del territorio e delle comunità locali;
   c) valutare l'opportunità di adottare iniziative legislative e amministrative che consentano azioni sostitutive nei confronti dei demani regionali, in presenza di ruderi abbandonati e fatiscenti, di cubatura superiore ai 5000 metri, che insistano da oltre cinque anni sui litorali nazionali, deturpandone il paesaggio e attentando all'incolumità dei frequentatori del sito, senza che le amministrazioni competenti siano state in grado di avviare soluzioni progettuali definitive, coerenti con i modelli di sviluppo turistico sostenibile e con gli interessi generali del territorio e delle comunità locali di riferimento.
9/2093-B/4Vargiu, Matarrese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 27 affida al Ministro dell'ambiente, sentito il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il compito di individuare i porti marittimi dotati di siti idonei in cui avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo svolte da associazioni sportive, ambientaliste e culturali, attraverso accordi di programma stipulati con le predette associazioni, la capitaneria di porto, l'autorità portuale, se costituita, le imprese ittiche e il comune territorialmente competenti;
    segnatamente nel campo dell'attività di pesca sopra riferita non è infrequente per i motopescherecci e altre imbarcazioni la raccolta accidentale di rifiuti, con particolare riferimento a specifiche rifiuti da frazioni merceologiche quali plastiche, acciaio, alluminio e cartone;
    il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 recante «Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico» solo residualmente tratta dei rifiuti accidentalmente raccolti durante l'attività di pesca laddove dispone l'esonero dalla corresponsione ai porti degli oneri relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi (v. articolo 8, comma 5);
    è avvertita la necessità di migliorare la disponibilità e l'utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i suddetti rifiuti marini e altri residui con particolare riferimento ai rifiuti accidentalmente raccolti durante l'attività di pesca così come indicato nell'obiettivo della Strategia per l'ambiente marino finalizzato alla riduzione dei rifiuti in mare entro il 2020;
    sarebbe opportuno introdurre forme di incentivazione o misure premianti per i titolari di licenze di pesca al fine di rafforzare l'impegno di essi nell'ottica del rafforzamento della tutela del mare e dell'ecosistema;
    si potrebbero registrare risparmi di spesa per gli enti preposti in caso di diminuzione dei rifiuti urbani spiaggiati qualora essi fossero intercettati preventivamente,

impegna il Governo:

   a far sì che nella prima tranche di porti individuati ai sensi del comma 1 dell'articolo 27 del disegno di legge i siti idonei per i rifiuti pescati accidentalmente, localizzati in aree di facile accesso, assicurino la raccolta separata delle più diffuse frazioni merceologiche rinvenute in mare, a partire dai manufatti in plastica, acciaio alluminio e carta, al fine di poter avviare a riciclo le componenti ancora utilizzabili e ridurre il conferimento in discarica;
   a predisporre le ulteriori risorse finanziare per le predette aree per le operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti anche attraverso sistemi di implementazione del principio della responsabilità estesa del produttore di rifiuti derivanti da reti, attrezzi da pesca dismessi, cavi d'acciaio, calze per la mitilicoltura così come avviene per specifiche tipologie di rifiuti di cui al titolo III della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   a promuovere progetti sperimentali volti a favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti speciali provenienti dai pescherecci, o da essi raccolti accidentalmente che prevedano meccanismi incentivanti per i titolari di licenze di pesca che si impegnino al conferimento sistematico dei suddetti rifiuti, quali il recupero delle penalizzazioni per infrazioni gravi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4;
   a disporre, al fine di facilitare la raccolta dei rifiuti marini, nell'ambito del decreto del Ministero dell'ambiente di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 la definizione di criteri quali-quantitativi uniformi per la corretta assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali prodotti dall'attività della pesca quali reti, corde, cavi d'acciaio, retini per mitili e altro.
9/2093-B/5Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 27 affida al Ministro dell'ambiente, sentito il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il compito di individuare i porti marittimi dotati di siti idonei in cui avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo svolte da associazioni sportive, ambientaliste e culturali, attraverso accordi di programma stipulati con le predette associazioni, la capitaneria di porto, l'autorità portuale, se costituita, le imprese ittiche e il comune territorialmente competenti;
    segnatamente nel campo dell'attività di pesca sopra riferita non è infrequente per i motopescherecci e altre imbarcazioni la raccolta accidentale di rifiuti, con particolare riferimento a specifiche rifiuti da frazioni merceologiche quali plastiche, acciaio, alluminio e cartone;
    il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 recante «Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico» solo residualmente tratta dei rifiuti accidentalmente raccolti durante l'attività di pesca laddove dispone l'esonero dalla corresponsione ai porti degli oneri relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi (v. articolo 8, comma 5);
    è avvertita la necessità di migliorare la disponibilità e l'utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i suddetti rifiuti marini e altri residui con particolare riferimento ai rifiuti accidentalmente raccolti durante l'attività di pesca così come indicato nell'obiettivo della Strategia per l'ambiente marino finalizzato alla riduzione dei rifiuti in mare entro il 2020;
    sarebbe opportuno introdurre forme di incentivazione o misure premianti per i titolari di licenze di pesca al fine di rafforzare l'impegno di essi nell'ottica del rafforzamento della tutela del mare e dell'ecosistema;
    si potrebbero registrare risparmi di spesa per gli enti preposti in caso di diminuzione dei rifiuti urbani spiaggiati qualora essi fossero intercettati preventivamente,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di:
    far sì che nella prima tranche di porti individuati ai sensi del comma 1 dell'articolo 27 del disegno di legge i siti idonei per i rifiuti pescati accidentalmente, localizzati in aree di facile accesso, assicurino la raccolta separata delle più diffuse frazioni merceologiche rinvenute in mare, a partire dai manufatti in plastica, acciaio alluminio e carta, al fine di poter avviare a riciclo le componenti ancora utilizzabili e ridurre il conferimento in discarica;
    predisporre le ulteriori risorse finanziare per le predette aree per le operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti anche attraverso sistemi di implementazione del principio della responsabilità estesa del produttore di rifiuti derivanti da reti, attrezzi da pesca dismessi, cavi d'acciaio, calze per la mitilicoltura così come avviene per specifiche tipologie di rifiuti di cui al titolo III della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    promuovere progetti sperimentali volti a favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti speciali provenienti dai pescherecci, o da essi raccolti accidentalmente che prevedano meccanismi incentivanti per i titolari di licenze di pesca che si impegnino al conferimento sistematico dei suddetti rifiuti, quali il recupero delle penalizzazioni per infrazioni gravi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4;
    disporre, al fine di facilitare la raccolta dei rifiuti marini, nell'ambito del decreto del Ministero dell'ambiente di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 la definizione di criteri quali-quantitativi uniformi per la corretta assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali prodotti dall'attività della pesca quali reti, corde, cavi d'acciaio, retini per mitili e altro.
9/2093-B/5. (Testo modificato nel corso della seduta)  Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 prevedeva nel testo approvato in prima lettura dalla Camera l'introduzione di un nuovo articolo 232-bis nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. Codice dell'Ambiente) contenente disposizioni volte al contrasto del fenomeno dell'abbandono nell'ambiente dei rifiuti di prodotti da fumo e delle gomme da masticare;
    in sede di esame presso il Senato della Repubblica si è stabilito di stralciare il riferimento espresso alle gomme da masticare riconducendo tale tipologia di rifiuti come anche gli scontrini, i fazzoletti di carta e altri residui entro la categoria dei rifiuti di piccolissime dimensioni;
    l'articolo 40 dispone per quel che riguarda i mozziconi di sigarette l'obbligo in capo ai comuni di provvedere ad installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta di tale tipologia di rifiuti, contestualmente sanzionandone l'abbandono sul suolo, nelle acque e negli scarichi;
    secondo i dati del 2012 dell'Istituto superiore di sanità (ISS), ogni giorno in Italia si fumano 140 milioni di sigarette, pari a 51 miliardi di sigarette all'anno. Nella maggior parte dei casi i mozziconi sono abbandonati in strada, nei campi o nelle spiagge, o gettati nei tombini;
    i residui dei prodotti da fumo rappresentano la porzione residuale della combustione delle sigarette e, a causa delle proprietà filtranti, contengono numerosi composti chimici anche pericolosi;
    a livello urbano i mozziconi sono di difficile gestione, in quanto rimangono incastrati in tutti gli interstizi, ove scope e i mezzi meccanici di spazzamento non riescono ad arrivare;
   premesso inoltre che:
    durante l'esame al Senato, è stato inoltre modificato il comma 2-bis aggiunto all'articolo 263 del decreto legislativo n. 152, in cui si prevede l'istituzione di un apposito Fondo presso il Ministero dell'ambiente, al quale viene assegnato il 50 per cento delle risorse provenienti dalle suddette sanzioni amministrative, e si destina il restante 50 per cento delle citate risorse ai comuni in cui sono accertate le violazioni. Nello specifico, l'utilizzo delle risorse del Fondo viene limitato alle attività, per contrastare l'abbandono dei rifiuti di prodotti da fumo, previste dall'articolo 232-bis, commi 1 e 2 (installazione di raccoglitori e attuazione di campagne di sensibilizzazione), mentre l'utilizzo del restante 50 per cento delle risorse assegnate ai comuni viene destinato anche alle campagne di informazione volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei rifiuti di piccolissime dimensioni;
    la novella al testo unico ambientale si sarebbe resa più opportuna per chiarire la natura di rifiuto urbano in relazione alla classificazione dei rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2 del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al nuovo articolo 263, comma 2-bis appaiono insufficienti per l'adozione di un sistema comunque articolato e capillare in ciascuna realtà comunale per l'installazione nelle strade, nei parchi e in altri luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo;
    si prefigura pertanto in capo ai comuni dei compiti che difficilmente potranno essere realizzati in considerazione dei fondi insufficienti in capo alle amministrazioni comunali per disporre controlli capillari sugli abbandoni incontrollati di tale tipologia di rifiuto, determinandosi, dunque, un prevedibile insufficiente gettito per provvedere alla raccolta separata nonché alla campagna di sensibilizzazione sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo;
    è prevedibile che tali oneri rimarranno in capo alla tassa/tariffa rifiuti piuttosto che essere pro quota soddisfatti dagli stessi produttori, distributori ed esercenti,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa anche ai fini dell'adozione di ulteriori iniziative normative volte a:
    1) dotare il Fondo di cui al nuovo 2-bis dell'articolo 263 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 di ulteriori risorse oltre a quelle provenienti dagli introiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, eventualmente anche attraverso un aumento delle aliquote di base dell'accisa sul consumo dei tabacchi lavorati previste dall'allegato I annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni;
    2) assumere provvedimenti per dar vita, in analogia a quanto previsto per altre tipologie di rifiuti (plastica pile..), ad una filiera appositamente dedicata al recupero e allo smaltimento dei rifiuti dei prodotti da fumo in cui tutti i soggetti coinvolti partecipino prò quota nel rispetto del principio comunitario della responsabilità estesa del produttore.
9/2093-B/6Businarolo, Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 prevedeva nel testo approvato in prima lettura dalla Camera l'introduzione di un nuovo articolo 232-bis nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. Codice dell'Ambiente) contenente disposizioni volte al contrasto del fenomeno dellabbandono nellambiente dei rifiuti di prodotti da fumo e delle gomme da masticare;
    in sede di esame presso il Senato della Repubblica si è stabilito di stralciare il riferimento espresso alle gomme da masticare riconducendo tale tipologia di rifiuti come anche gli scontrini, i fazzoletti di carta e altri residui entro la categoria dei rifiuti di piccolissime dimensioni;
    l'articolo 40 dispone per quel che riguarda i mozziconi di sigarette l'obbligo in capo ai comuni di provvedere ad installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta di tale tipologia di rifiuti, contestualmente sanzionandone l'abbandono sul suolo, nelle acque e negli scarichi;
    secondo i dati del 2012 dell'Istituto superiore di sanità (ISS), ogni giorno in Italia si fumano 140 milioni di sigarette, pari a 51 miliardi di sigarette all'anno. Nella maggior parte dei casi i mozziconi sono abbandonati in strada, nei campi o nelle spiagge, o gettati nei tombini;
    i residui dei prodotti da fumo rappresentano la porzione residuale della combustione delle sigarette e, a causa delle proprietà filtranti, contengono numerosi composti chimici anche pericolosi;
    a livello urbano i mozziconi sono di difficile gestione, in quanto rimangono incastrati in tutti gli interstizi, ove scope e i mezzi meccanici di spazzamento non riescono ad arrivare;
   premesso inoltre che:
    durante l'esame al Senato, è stato inoltre modificato il comma 2-bis aggiunto all'articolo 263 del decreto legislativo n. 152, in cui si prevede l'istituzione di un apposito Fondo presso il Ministero dell'ambiente, al quale viene assegnato il 50 per cento delle risorse provenienti dalle suddette sanzioni amministrative, e si destina il restante 50 per cento delle citate risorse ai comuni in cui sono accertate le violazioni. Nello specifico, l'utilizzo delle risorse del Fondo viene limitato alle attività, per contrastare l'abbandono dei rifiuti di prodotti da fumo, previste dall'articolo 232-bis, commi 1 e 2 (installazione di raccoglitori e attuazione di campagne di sensibilizzazione), mentre l'utilizzo del restante 50 per cento delle risorse assegnate ai comuni viene destinato anche alle campagne di informazione volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei rifiuti di piccolissime dimensioni;
    la novella al testo unico ambientale si sarebbe resa più opportuna per chiarire la natura di rifiuto urbano in relazione alla classificazione dei rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2 del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al nuovo articolo 263, comma 2-bis appaiono insufficienti per l'adozione di un sistema comunque articolato e capillare in ciascuna realtà comunale per l'installazione nelle strade, nei parchi e in altri luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo;
    si prefigura pertanto in capo ai comuni dei compiti che difficilmente potranno essere realizzati in considerazione dei fondi insufficienti in capo alle amministrazioni comunali per disporre controlli capillari sugli abbandoni incontrollati di tale tipologia di rifiuto, determinandosi, dunque, un prevedibile insufficiente gettito per provvedere alla raccolta separata nonché alla campagna di sensibilizzazione sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo;
    è prevedibile che tali oneri rimarranno in capo alla tassa/tariffa rifiuti piuttosto che essere pro quota soddisfatti dagli stessi produttori, distributori ed esercenti,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa anche ai fini dell'adozione di ulteriori iniziative normative volte a:
    1) dotare il Fondo di cui al nuovo 2-bis dell'articolo 263 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 di ulteriori risorse oltre a quelle provenienti dagli introiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, eventualmente anche attraverso un aumento delle aliquote di base dell'accisa sul consumo dei tabacchi lavorati previste dall'allegato I annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni;
    2) assumere provvedimenti per dar vita, in analogia a quanto previsto per altre tipologie di rifiuti (plastica pile..), ad una filiera appositamente dedicata al recupero e allo smaltimento dei rifiuti dei prodotti da fumo in cui tutti i soggetti coinvolti partecipino prò quota nel rispetto del principio comunitario della responsabilità estesa del produttore.
9/2093-B/6. (Testo modificato nel corso della seduta)  Businarolo, Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39, comma 1 introduce, in via sperimentale, nel nostro ordinamento il sistema del cosiddetto «vuoto a rendere» per gli imballaggi contenenti birra e acqua minerale;
    la disposizione in oggetto aggiunge il nuovo articolo 219-bis n. 152 del 2006, c.d. testo unico ambientale predisponendo misure per l'applicazione di un sistema cauzionale finalizzato alla restituzione di talune tipologie di imballaggio usate al fine di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e favorire il riutilizzo degli imballaggi usati;
    la norma, inserita nel corso dell'esame presso la competente Commissione VIII Ambiente della Camera è stata oggetto di ripetute modifiche nel corso del seguente esame presso le Camere;
    il testo iniziale della disposizione introdotta in Commissione prevedeva che il sistema di restituzione dal punto di consumo al distributore e da questi al produttore fosse circoscritto agli imballaggi contenti acqua e birra ma esclusivamente realizzati in vetro e contestualmente prevedendo agevolazioni in Tari per le utenze commerciali obbligate o che avessero deciso di utilizzare imballaggi in vetro;
    durante l'esame in Aula la disposizione è stata modificata nel senso di allargare a qualunque tipologia di imballaggio contenente birra o acqua minerale e, al contempo, all'esito favorevole della sperimentazione, progressivamente allargare la sperimentazione del sistema anche ad ogni altra tipologia di imballaggio contenente liquidi;
    in occasione di seconda lettura al Senato presso la competente 13a Commissione Ambiente, la disposizione è stata oggetto di una duplice rivisitazione; nel primo caso si è provveduto a puntualizzare il profilo volontaristico della norma (e con essa ogni previsione di incentivi e penalizzazioni) nonché a ridurre il perimetro di applicazione della norma ai soli imballaggi contenenti birra o acqua minerale realizzati in vetro oppure ai contenitori in plastica, acciaio, alluminio con capacità superiore ai cinque litri; a tale riguardo la nuova formulazione prevedeva che fosse il Governo a modulare l'entità della cauzione per ogni singola tipologia di imballaggi e contenitori; si è provveduto inoltre a restringere anche la platea dei soggetti interessati dal sistema di restituzione riferendo la norma ai punti di consumo invece che ai locali pubblici tout court, collocando in maniera inequivoca l'applicazione del sistema nell'ambito del circuito commerciale dei «consumi fuori casa» cosiddetto HORECA (Hotel, Restaurant e cafè). Si è, inoltre, stabilita una durata per la sperimentazione del sistema nonché per l'emanazione del regolamento che ne disciplina le modalità di applicazione. È stato, infine previsto che al termine della sperimentazione si stabilisca se estendere l'applicazione del sistema e se del caso di estenderlo ad altri tipi di imballaggio, di prodotto, nonché ad altre tipologie di consumo;
    nella seconda riformulazione avvenuta in 13a Commissione si è provveduto, infine, a ritornare alla previsione licenziata dell'Aula della Camera in prima lettura laddove si prevedeva l'applicazione del sistema del «vuoto a rendere» ad ogni imballaggio contenente birra o acqua minerale serviti al pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punto di consumo. Si è altresì prevista una riformulazione della disposizione che espressamente prevede che all'esito della sperimentazione si stabilisca se confermare o meno l'applicazione del sistema e, se del caso, estenderlo ad altri tipi di prodotto, nonché ad altre tipologie di consumo;
    in attuazione dei principi dell'economia circolare, occorre altresì, proseguire con maggiore efficacia con le politiche che favoriscano, oltre al riutilizzo degli imballaggi usati, anche il loro riciclo a fine vita, con particolare riferimento alla plastica, rispetto alla quale la stessa Commissione osserva, nel predetto pacchetto sull'economia circolare, che «è necessario aumentare il riciclaggio della plastica per passare all'economia circolare. Attualmente l'uso della plastica è in crescita ma il riciclaggio non sta al passo: meno del 25 per cento dei rifiuti di plastica raccolto è riciclato, mentre circa il 50 per cento è collocato in discarica»,

impegna il Governo

   a predisporre ogni intervento, anche normativo necessario per attivare una filiera del riutilizzo degli imballaggi utilizzati anche attraverso l'individuazione dei siti e delle metodologie adeguate affinché a tali imballaggi sia preservata la loro natura di prodotti e non di rifiuti;
   a confrontare ed approfondire, in sede di valutazione degli esiti del sistema del vuoto a rendere la positiva esperienza del vuoto a rendere sviluppata in altri Paesi della comunità europea, con particolare riferimento alla Germania;
   a predisporre un documento con gli esiti della sperimentazione di cui alla disposizione in premessa che possa essere trasmesso ed esaminato dalle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato che consideri anche il numero di nuovi imballaggi di cui è stata evitata l'immissione in commercio, i risparmi realizzati dai comuni esonerati dalla raccolta dei rifiuti di imballaggio, il numero di posti di lavoro green creati, il numero di operatori commerciali coinvolti dalla sperimentazione;
   a valutare, in caso di esito favorevole della sperimentazione, l'opportunità di rendere prescrittiva la norma, informando i soggetti tenuti all'osservanza del sistema di restituzione di talune tipologie di imballaggi;
   a disporre altresì, in caso di esito favorevole della sperimentazione, l'estensione del sistema del vuoto a rendere anche ad altre tipologie di consumo che comportino il coinvolgimento e la partecipazione del consumatore anche attraverso forme premiali nell'ottica della prevenzione e del riutilizzo degli imballaggi;
   a predisporre infine, sempre nell'ottica di favorire la transizione da un'economia lineare ad un'economia circolare, ogni intervento, anche normativo, necessario per promuovere e agevolare l'attivazione, anche attraverso cauzione o altro incentivo, presso i diversi esercizi commerciali o altri luoghi idonei, di sistemi di restituzione da parte dei consumatori e successivo avvio a riciclo degli imballaggi a fine vita, anche attraverso l'individuazione dei siti e delle metodologie adeguate per il deposito temporaneo di tali imballaggi post consumo (o post prodotti).
9/2093-B/7Vignaroli, Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 57 del provvedimento in esame, nel quadro della semplificazione delle procedure relative alla valutazione di incidenza (VINCA), modifica l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, di recepimento della Direttiva Comunitaria «Habitat»;
    in particolare, il comma 1 attribuisce ai comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti la competenza ad effettuare le valutazioni di incidenza (decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997) di taluni interventi definiti minori sui siti di importanza comunitaria. Il comma successivo prevede che l'obbligo di acquisizione preventiva della valutazione di incidenza si applichi solamente ai piani;
    l'articolo 6 della Direttiva «Habitat» 92/43/CEE dispone che la Valutazione di Incidenza, si applichi a «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti» e prevede che solo all'esito della valutazione d'incidenza le autorità nazionali competenti accordino il piano o progetto e «soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica»;
   considerato che:
    è in corso la «Procedura EU – Pilot 6730/14/ENVI – Attuazione in Italia della Direttiva «Habitat» 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche», avviata nel luglio del 2014;
    nell'ambito della predetta procedura, con nota trasmessa nel marzo 2015, la DG Ambiente indicava al Governo italiano numerose azioni necessarie per garantire la strategia nazionale per la biodiversità 2011-2020, tra le quali, quella di assicurare «che non siano ammesse deroghe alla VINCA per determinati progetti/piani» quali, ad esempio, procedure semplificate previste da alcune norme regionali per interventi minori; che «gli Enti competenti per la VINCA siano soggetti in grado di garantire il pieno rispetto degli obblighi derivanti dalla Direttiva [...] (ad esempio i comuni generalmente non possiedono le competenze necessarie, pertanto non dovrebbero essere competenti per la VINCA)»; che sia resa obbligatoria la VINCA del progetto definitivo qualora si discosti significativamente dal progetto preliminare già sottoposto a VINCA e anche delle varianti sostanziali;
    la Commissione conclude nella predetta nota che qualora le autorità italiane non intendessero adottare e attuare tali misure, i servizi della Commissione continueranno a ritenere che in Italia vi sia un problema di natura sistematica nell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, commi 2, 3 e 4 della Direttiva «Habitat»;
    la disposizione di cui all'articolo 57 introduce profili di ambiguità e contraddittorietà nell'applicazione della disciplina della valutazione di incidenza di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, in quanto viene in termini generali mantenuta l'obbligatorietà della VINCA salvo sottrarre dall'applicazione della stessa tutti i progetti e le attività, riconducibili al concetto di «gli interventi»;
    inoltre, si discosta sensibilmente dalle misure indicate dalla Commissione e dai contenuti dell'articolo 6 della Direttiva, in quanto introduce una deroga e una sostanziale disapplicazione della normativa comunitaria, con il rischio di aggravare ulteriormente la procedura di infrazione in corso,

impegna il Governo

attraverso un intervento normativo a riportare a coerenza la disciplina della valutazione di incidenza ambientale di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 nel rispetto della Direttiva «Habitat» 92/43/CEE e delle indicazioni della Commissione europea nell'ambito della «Procedura EU – Pilot 6730/14/ENVI.
9/2093-B/8Terzoni.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla Legge di stabilità 2014)»;
   preso atto all'articolo 65 viene affrontato il problema dello smaltimento delle acque reflue dei frantoi oleari inserendo il comma 7-bis al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e disponendo l'assimilazione alla acque reflue domestiche delle acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari al fine di consentire lo scarico di esse in pubblica fognatura;
   considerato che tale scarico può essere ammesso, a condizione che non si ravvisino criticità nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisce il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato;
   tale disposizione, con una modifica introdotta in fase di discussione al Senato, affida all'ente di governo dell'ambito e al gestore d'ambito la facoltà di ravvisare se ricorrono eventuali criticità, non più ai sindaci dei comuni dei comprensori, come previsto nella versione originaria dell'articolo in oggetto;
   ritenuto che in ogni caso equiparare le acque di vegetazione come acque da scaricare nelle fogne appare azzardato vista l'altissima concentrazione di fenoli e BOD che dovrebbe far pensare almeno a impianti di pre-trattamento e considerato che abbattere gli inquinanti delle acque di vegetazione sotto le soglie consentite per lo scarico sarebbe impossibile, in quanto sottoprodotti di processi industriali;
   valutato che, oltre alla fertirrigazione delle acque reflue dei frantoi oleari, prevista dalla legge n. 574 del 1996, recentemente si stanno sperimentando progetti di fertirrigazione confinata e controllata delle acque di vegetazione, nei quali il refluo oleario immesso nell'impianto non viene trattato o depurato e poi «reimmesso» nell'ambiente o in fognatura ma viene utilizzato, all'interno dell'impianto stesso, per irrigare al livello sub superficiale gli apparati radicali della vegetazione sovrastante, in particolare pioppi, con conseguente assorbimento del refluo e produzione di biomassa che, a sua volta, potrà essere avviata alla cippatura e quindi utilizzata come combustibile da fonte rinnovabile,

impegna il Governo

a valutare la promozione e l'utilizzo dei nuovi sistemi di fertirrigazione confinata delle acque reflue dei frantoi oleari, così come descritti in premessa.
9/2093-B/9Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, commi 1 e 2, in materia di divieto di immissione e foraggiamento dei cinghiali sul territorio nazionale prevede un'eccezione per le aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie, che potranno così allevare nonché foraggiare i cinghiali, senza che possa essere efficacemente assicurata una precisa delimitazione con le altre aree non recintate, con pericolo di invasione e danneggiamento dei terreni coltivati;
    tale eccezione potrebbe di fatto favorire il ripopolamento della specie anche fuori dai confini delle aziende suddette, anche se adeguatamente recintate, inficiando la bontà dell'obiettivo perseguito dall'articolo 7,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a revocare la facoltà concessa alle aziende faunistico-venatorie ed alle aziende agrituristico-venatorie di poter allevare e foraggiare i cinghiali.
9/2093-B/10Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 dispone norme per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili e modifiche alla legge n. 157 del 1992;
    in particolare il comma 3 dispone che «fermi restando i divieti di cui ai commi 1 e 2, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i piani faunisticovenatori di cui all'articolo 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, provvedendo alla individuazione, nel territorio di propria competenza, delle aree nelle quali, in relazione alla presenza o alla contiguità con aree naturali protette o con zone caratterizzate dalla localizzazione di produzioni agricole particolarmente vulnerabili, è fatto divieto di allevare e immettere la specie cinghiale (Sus scrofa)»;
    considerato che il taxon Sus scrofa raggruppa numerose sottospecie tra queste molti cinghiali come il Sus scrofa scrofa (cinghiale centro-europeo), Sus scrofa majori (cinghiale dell'Italia centrale), Sus scrofa meridionalis (cinghiale sardo) e il maiale o suino domestico (Sus scrofa domesticus) e che quindi, qualora dovesse essere approvato il provvedimento in esame, la norma vieterebbe di fatto anche l'allevamento e l'immissione dei comuni maiali domestici;
    posto che le sottospecie alloctone di cinghiale di origine centroeuropee, introdotte per fini venatori, hanno determinato negli anni le maggiori problematiche dovute alla loro proliferazione, causando ingenti danni alle attività umane in modo particolare all'agricoltura;
    considerato che il 29 ottobre 2014 è stata accolta all'unanimità la risoluzione congiunta della XIII Commissione Agricoltura della Camera, n. 7-00249 a prima firma Cenni e concernente le misure per il contenimento dei danni dei suidi, di cui gran parte degli impegni risultano ancora non corrisposti da parte del Governo;
    ritenuto, infine che, una corretta politica a tutela dell'ambiente e della fauna selvatica deve necessariamente puntare al contenimento dei danni ingenerati dalle popolazioni di selvatici alloctoni e non, piuttosto che alla loro eradicazione attraverso azioni cruente, come ribadito tra l'altro dalla comunità scientifica nonché dal mondo associazionistico ambientalista ed animalista,

impegna il Governo

ad individuare, con apposito atto normativo, l'elenco delle specie di cinghiale alloctone di cui è fatto espressamente divieto di allevamento e immissione per fini venatori su tutto il territorio nazionale, in accordo con gli enti di ricerca pubblici in primis l'ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
9/2093-B/11Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame si prevedono alcune norme a carattere eterogeneo in materia di vigilanza sulla gestione dei rifiuti;
    oltre alle modifiche relative ai commi oggetto di modifica relative all'inquadramento nei ruoli del Ministero dell'ambiente del personale in posizione di comando/distacco presso lo stesso Ministero, nonché la disciplina della pubblicazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti e le informazioni la cui fruibilità deve essere garantita ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, è prevista una semplificazione per gli imprenditori agricoli delle procedure relative alla tenuta e compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti;
    esiste infatti un elenco delle informazioni la cui fruibilità deve essere garantita ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti che riguardano: la produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani (RSU); la percentuale di raccolta differenziata totale e una serie di informazioni relative agli impianti;
    nel corso dell'esame al Senato è stata soppressa la proroga riguardante l'applicazione delle sanzioni relative al SISTRI, in quanto sul punto è intervenuto l'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto milleproroghe) e sono state semplificate, per gli imprenditori agricoli, le procedure relative alla tenuta e compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti;
    l'articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che, per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti e che non sono obbligati o non aderiscono volontariamente al SISTRI, i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione. Nonostante tale nuova normativa nulla permette di tracciare il percorso dei rifiuti in maniera trasparente dal momento che le attuali black box (le scatole di registrazione dei viaggi degli autotrasportatori) sono installate sulle motrici dei veicoli che trasportano rifiuti e non sul rimorchio, impedendo di identificare il percorso dei rifiuti stessi;
    il sistema SISTRI di tracciabilità dei rifiuti non è mai entrato in funzione perché presenta una serie di falle che consentono un agevole aggiramento dei controlli nonostante il cospicuo impiego di risorse;
    anche se il sistema funzionasse e fosse installato presenterebbe comunque una serie di anomalie anche a detta del pubblico ministero Catello Maresca secondo il quale la scatola viene installata sulle motrici e non sui rimorchi per cui «i rifiuti tossici viaggiano sui rimorchi e eventualmente è facile effettuare uno scambio perché motrice e cassone possono prendere strade diverse»;
    le società straniere non sono soggette a obbligo di registrazione e quindi è sufficiente operare attraverso una società straniera o con sede in uno Stato straniero per aggirare il sistema di controllo: per far funzionare il sistema deve partire dall'inizio e arrivare alla fine,

impegna il Governo

a prevedere che il sistema di tracciabilità di rifiuti venga reso più efficace predisponendo l'installazione delle black-box di tutti i mezzi che trasportano rifiuti oltre che nella motrice del veicolo, anche nel rimorchio.
9/2093-B/12Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame si prevedono alcune norme a carattere eterogeneo in materia di vigilanza sulla gestione dei rifiuti;
    oltre alle modifiche relative ai commi oggetto di modifica relative all'inquadramento nei ruoli del Ministero dell'ambiente del personale in posizione di comando/distacco presso lo stesso Ministero, nonché la disciplina della pubblicazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti e le informazioni la cui fruibilità deve essere garantita ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, è prevista una semplificazione per gli imprenditori agricoli delle procedure relative alla tenuta e compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti;
    esiste infatti un elenco delle informazioni la cui fruibilità deve essere garantita ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti che riguardano: la produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani (RSU); la percentuale di raccolta differenziata totale e una serie di informazioni relative agli impianti;
    nel corso dell'esame al Senato è stata soppressa la proroga riguardante l'applicazione delle sanzioni relative al SISTRI, in quanto sul punto è intervenuto l'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto milleproroghe) e sono state semplificate, per gli imprenditori agricoli, le procedure relative alla tenuta e compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti;
    l'articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che, per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti e che non sono obbligati o non aderiscono volontariamente al SISTRI, i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione. Nonostante tale nuova normativa nulla permette di tracciare il percorso dei rifiuti in maniera trasparente dal momento che le attuali black box (le scatole di registrazione dei viaggi degli autotrasportatori) sono installate sulle motrici dei veicoli che trasportano rifiuti e non sul rimorchio, impedendo di identificare il percorso dei rifiuti stessi;
    il sistema SISTRI di tracciabilità dei rifiuti non è mai entrato in funzione perché presenta una serie di falle che consentono un agevole aggiramento dei controlli nonostante il cospicuo impiego di risorse;
    anche se il sistema funzionasse e fosse installato presenterebbe comunque una serie di anomalie anche a detta del pubblico ministero Catello Maresca secondo il quale la scatola viene installata sulle motrici e non sui rimorchi per cui «i rifiuti tossici viaggiano sui rimorchi e eventualmente è facile effettuare uno scambio perché motrice e cassone possono prendere strade diverse»;
    le società straniere non sono soggette a obbligo di registrazione e quindi è sufficiente operare attraverso una società straniera o con sede in uno Stato straniero per aggirare il sistema di controllo: per far funzionare il sistema deve partire dall'inizio e arrivare alla fine,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che il sistema di tracciabilità di rifiuti venga reso più efficace predisponendo l'installazione delle black-box di tutti i mezzi che trasportano rifiuti oltre che nella motrice del veicolo, anche nel rimorchio.
9/2093-B/12. (Testo modificato nel corso della seduta)  Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento modificato nel corso dell'esame al Senato, ci sono alcune disposizioni finalizzate ad incentivare il compostaggio, sia individuale che di comunità, che prevedono l'applicazione di una riduzione della tassa sui rifiuti (ovvero della tariffa in base alla quale — ai sensi del comma 650 della Legge di stabilità 2014 — è corrisposta la tassa) per le utenze che effettuano il compostaggio aerobico individuale;
    in particolare si prevede l'aggiunta di un comma 19-bis all'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice ambientale), che si applica alle: utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell'ambito delle attività agricole e vivaistiche; per le utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobica individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino;
    la disposizione prevista nel testo approvato dalla Camera, riguardava le sole utenze domestiche e aveva non solo la finalità di agevolare il compostaggio domestico tramite riduzioni tariffarie, ma anche di autorizzare tout court il compostaggio domestico individuale dei propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino, mediante l'utilizzazione di una compostiera avente capacità massima non superiore a 900 litri. Tale ultima disposizione autorizzatoria è stata soppressa nel corso dell'esame al Senato;
    si rammenta che la Legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) ha disciplinato l'applicazione della nuova tassa sui rifiuti — TARI e ne ha individuato il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni, riprendendo, in larga parte, quanto previsto dalla normativa vigente in materia di Tares (contestualmente abrogata). I previgenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (Tarsu, Tia 1 e Tia 2) sono stati soppressi dall'articolo 14, comma 46, del decreto-legge n. 201 del 2011, istitutivo della Tares;
    nel provvedimento in esame non è prevista tuttavia la possibilità di ottenere una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani per le utenze domestiche che, anche su superfici pavimentate, effettuano il compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani,

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle disposizioni citate in premessa anche al fine di prevedere iniziative normative volte a prevedere una riduzione della tariffa di cui in premessa anche per le utenze domestiche che effettuano compostaggio anche su superfici pavimentate.
9/2093-B/13Pastorino, Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento modificato nel corso dell'esame al Senato, ci sono alcune disposizioni finalizzate ad incentivare il compostaggio, sia individuale che di comunità, che prevedono l'applicazione di una riduzione della tassa sui rifiuti (ovvero della tariffa in base alla quale — ai sensi del comma 650 della Legge di stabilità 2014 — è corrisposta la tassa) per le utenze che effettuano il compostaggio aerobico individuale;
    in particolare si prevede l'aggiunta di un comma 19-bis all'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice ambientale), che si applica alle: utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell'ambito delle attività agricole e vivaistiche; per le utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobica individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino;
    la disposizione prevista nel testo approvato dalla Camera, riguardava le sole utenze domestiche e aveva non solo la finalità di agevolare il compostaggio domestico tramite riduzioni tariffarie, ma anche di autorizzare tout court il compostaggio domestico individuale dei propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino, mediante l'utilizzazione di una compostiera avente capacità massima non superiore a 900 litri. Tale ultima disposizione autorizzatoria è stata soppressa nel corso dell'esame al Senato;
    si rammenta che la Legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) ha disciplinato l'applicazione della nuova tassa sui rifiuti — TARI e ne ha individuato il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni, riprendendo, in larga parte, quanto previsto dalla normativa vigente in materia di Tares (contestualmente abrogata). I previgenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (Tarsu, Tia 1 e Tia 2) sono stati soppressi dall'articolo 14, comma 46, del decreto-legge n. 201 del 2011, istitutivo della Tares;
    nel provvedimento in esame non è prevista tuttavia la possibilità di ottenere una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani per le utenze domestiche che, anche su superfici pavimentate, effettuano il compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di monitorare l'applicazione delle disposizioni citate in premessa anche al fine di prevedere iniziative normative volte a prevedere una riduzione della tariffa di cui in premessa anche per le utenze domestiche che effettuano compostaggio anche su superfici pavimentate.
9/2093-B/13. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pastorino, Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74, riguarda il «Regolamento recante definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari, a norma dell'articolo 4. comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192»;
    in base all'articolo 4 del suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 74 del 2013, gli impianti termici destinati alla climatizzazione degli ambienti invernali sono condotti in modo che, durante il loro funzionamento, non siano superati i valori massimi di temperatura indicati all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 74 del 2013;
    l'esercizio degli impianti termici per la climatizzazione invernale è consentito con i seguenti limiti relativi al periodo annuale e alla durata giornaliera di attivazione, articolata in zone e precisamente: a) Zona A: ore 6 giornaliere dal 1o dicembre al 15 marzo; b) Zona B: ore 8 giornaliere dal 1o dicembre al 31 marzo; c) Zona C: ore 10 giornaliere dal 15 novembre al 31 marzo; d) Zona D: ore 12 giornaliere dal 1o novembre al 15 aprile; e) Zona E: ore 14 giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile, f) Zona F: nessuna limitazione;
    al di fuori di tali periodi, gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l'esercizio e, comunque, con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita in via ordinaria; la declinazione di tale deroga non sempre è di facile interpretazione in particolare per quanto concerne la responsabilità di autorizzare il suddetto principio derogatorio,

impegna il Governo

a verificare ed eventualmente a precisare con apposita misura normativa se le citate condizioni climatiche che giustificano l'attivazione degli impianti termici al di fuori dei periodi stabiliti ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 74 del 2013 debbano comunque essere accertate esclusivamente con ordinanza del sindaco o attraverso altra modalità aprendo un confronto con regioni, enti locali, associazioni dei consumatori.
9/2093-B/14Lattuca.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni si assiste a un progressivo impoverimento delle risorse ittiche dei nostri mari, anche a causa di un notevole livello di inquinamento degli stessi;
    rispetto a questa drammatica tendenza, le imprese ittiche e più in generale i pescatori devono ricoprire un ruolo centrale nella salvaguardia ambientale del mare e, nonostante il durissimo periodo di crisi del settore, alcune piccole realtà ittiche italiane già si stanno muovendo in questa direzione;
    l'articolo 27 del DDL 2093-C detta disposizioni in materia di pulizia dei fondali marini, prevedendo che il Ministro competente individui i porti marittimi dotati di siti idonei in cui avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di pesca, turismo subacqueo o di gestione delle aree marine protette, attraverso accordi di programma con le imprese ittiche;
    il Senato ha poi modificato il testo inserendo anche gli enti gestori delle aree marine protette tra i soggetti coinvolti nella stipula degli accordi di programma finalizzati all'individuazione dei porti dove le operazioni previste dall'articolo saranno effettuate;
    in questo contesto la Fondazione Vassallo, che da anni opera affinché il nostro mare sia tutelato sotto il profilo ecologico, chiede da tempo un coinvolgimento effettivo dei pescatori in quest'opera sinergica di pulizia del mare;
    in tal senso appare necessario trovare forme di incentivo, anche di natura fiscale, a sostegno delle imprese ittiche che decidano di attivarsi nella pulizia dei fondali marini durante le operazioni di pesca;
    la mera possibilità di stipulare accordi di programma deve, infatti, accompagnarsi a idonee misure di supporto e incentivo, atteso che solo così la disposizione in parola potrà produrre il massimo degli effetti in termini di riduzione dell'inquinamento in mare,

impegna il Governo

ad adottare idonee iniziative normative, per quanto di propria competenza, volte a prevedere forme di incentivo fiscale o di detassazione per quelle piccole e medie imprese ittiche che stipulano accordi di programma volti alla pulizia dei fondali marini.
9/2093-B/15Pastorelli, Locatelli, Martelli, Venittelli, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni si assiste a un progressivo impoverimento delle risorse ittiche dei nostri mari, anche a causa di un notevole livello di inquinamento degli stessi;
    rispetto a questa drammatica tendenza, le imprese ittiche e più in generale i pescatori devono ricoprire un ruolo centrale nella salvaguardia ambientale del mare e, nonostante il durissimo periodo di crisi del settore, alcune piccole realtà ittiche italiane già si stanno muovendo in questa direzione;
    l'articolo 27 del DDL 2093-C detta disposizioni in materia di pulizia dei fondali marini, prevedendo che il Ministro competente individui i porti marittimi dotati di siti idonei in cui avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di pesca, turismo subacqueo o di gestione delle aree marine protette, attraverso accordi di programma con le imprese ittiche;
    il Senato ha poi modificato il testo inserendo anche gli enti gestori delle aree marine protette tra i soggetti coinvolti nella stipula degli accordi di programma finalizzati all'individuazione dei porti dove le operazioni previste dall'articolo saranno effettuate;
    in questo contesto la Fondazione Vassallo, che da anni opera affinché il nostro mare sia tutelato sotto il profilo ecologico, chiede da tempo un coinvolgimento effettivo dei pescatori in quest'opera sinergica di pulizia del mare;
    in tal senso appare necessario trovare forme di incentivo, anche di natura fiscale, a sostegno delle imprese ittiche che decidano di attivarsi nella pulizia dei fondali marini durante le operazioni di pesca;
    la mera possibilità di stipulare accordi di programma deve, infatti, accompagnarsi a idonee misure di supporto e incentivo, atteso che solo così la disposizione in parola potrà produrre il massimo degli effetti in termini di riduzione dell'inquinamento in mare,

impegna il Governo

ad adottare idonee iniziative normative, per quanto di propria competenza, e compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, volte a prevedere forme di incentivo fiscale o di detassazione per quelle piccole e medie imprese ittiche che stipulano accordi di programma volti alla pulizia dei fondali marini.
9/2093-B/15. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pastorelli, Locatelli, Martelli, Venittelli, Minnucci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 dell'Atto camera 2093-B recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, già presente nel testo approvato in prima lettura dalla Camera, prevede misure per incentivare la mobilità sostenibile;
    tali disposizioni sono state integrate in più punti dal Senato, che ha precisato che lo stanziamento di 35 milioni di euro per finanziamenti di progetti degli enti locali rivolti alla promozione della mobilità sostenibile possa essere destinato anche a iniziative di piedibus e di car-sharing;
    è stato inoltre previsto che nel sito web del Ministero dell'ambiente sia predisposta una sezione denominata «mobilità sostenibile», nella quale siano inseriti e tracciati i finanziamenti in questione,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a favorire che lo stanziamento di 35 milioni di euro per finanziamenti di progetti degli enti locali rivolti alla promozione della mobilità sostenibile venga utilizzato prioritariamente per investimenti destinati allo sviluppo della mobilità ciclistica, all'estensione delle piste ciclabili, all'integrazione modale bici-trasporto pubblico e collettivo, alla realizzazione di aree di sosta e di parcheggio per biciclette negli edifici scolastici e in quelli adibiti a pubbliche funzioni.
9/2093-B/16Cristian Iannuzzi, Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2012/33 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo, recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 112 del 16 luglio 2014, sulla base della delega contenuta nella legge 6 agosto 2013, n. 96 (legge di delegazione europea 2013) precisa che l'inquinamento atmosferico provocato dalle navi all'ormeggio rappresenta uno dei maggiori problemi di molte città portuali relativamente ai loro sforzi per rispettare i valori limite dell'Unione sulla qualità dell'aria e ritiene opportuno che gli Stati membri sostengano l'utilizzo di un sistema elettrico lungo la costa, poiché attualmente l'alimentazione elettrica delle navi è di solito assicurata da motori ausiliari;
    l'elettrificazione delle banchine portuali rappresenta una significativa soluzione alternativa alla riduzione delle emissioni inquinanti, specie di diossido di zolfo considerato una delle principali sostanze chimiche responsabili della formazione delle piogge acide e dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili, rappresentando, queste ultime, il principale fattore di rischio, delle malattie cardiovascolari e respiratorie. A livello europeo, secondo quanto si apprende dal rapporto Mal'Aria 2015 di Legambiente, nel 2010 il settore navale ha contribuito all'emissione in atmosfera di 2,3 milioni di tonnellate di ossido di Zolfo (SO2) e 3,3 milioni di tonnellate di ossido di azoto (NOx) e 250 mila tonnellate di particolato (PM10), numeri che, secondo uno studio dell'organizzazione mondiale della sanità (OMS), si traducono in 50 mila decessi annui e in 58 miliardi di euro di costi sanitari, che vanno ad incidere principalmente nelle aree costiere e portuali, dove le navi transitano ed ormeggiano;
    allo stato attuale in molte realtà è stata adottata la tecnologia dell'elettrificazione delle banchine portuali al fine di abbattere le emissioni inquinanti e climalteranti, con risultati positivi in termini di riduzione dell'inquinamento, dei costi del carburante e di immagine, costituendo un fattore di stimolo per le autorità portuali e le compagnie impegnate in sforzi sempre maggiori in tale direzione. Città come Los Angeles, Seattle, Vancouver, Goteborg, Lubecca e moltissime altre rappresentano straordinari esempi di come l'utilizzo di tale tecnologia contribuisca in modo notevole alla riduzione delle emissioni inquinanti e quindi alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;
    in Italia ci sono state concrete manifestazioni di interesse verso questa tecnologia. Molte regioni hanno sottoscritto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accordi di programma finalizzati alla realizzazione di interventi di elettrificazione delle banchine portuali. Ciò è avvenuto tra la regione Toscana e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativamente al porto di Livorno, così come tra la regione Liguria e il Ministero, relativamente al porto di Genova. Molte altre regioni e città portuali hanno inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informazioni su progetti per l'elettrificazione delle banchine e l'efficientamento energetico;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dispone di un apposito fondo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, «Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica», convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, modificato dall'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, utilizzato per il finanziamento dei citati interventi nelle regioni Liguria e Toscana e che potrebbe essere utilizzato per l'esecuzione di ulteriori interventi in materia, che nel corso degli anni è stato progressivamente svuotato e da oramai 3 anni non dispone di alcuna risorsa;
    conformemente all'articolo 193 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) le direttive in materia ambientale non impediscono agli Stati membri di mantenere o introdurre, in sede di recepimento, norme più rigide di quelle dell'Unione europea per una protezione dell'ambiente e della salute ancora maggiore. Invero, il Governo, accogliendo la condizione prevista nel parere espresso dalla VIII Commissione ambiente della Camera in sede di esame parlamentare dello schema di decreto legislativo, ha previsto limiti più stringenti sia sotto il profilo temporale che sotto il profilo del tenore di zolfo dei combustibili marittimi usati in determinate aree. La direttiva 2012/33 prevede un limite generale al tenore di zolfo contenuto nei combustibili marittimi usati nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica. Tale limite fissato nella misura del 3,50 per cento si riduce a partire dal 1o gennaio 2020 allo 0,50 per cento. La norma di recepimento di tale direttiva ha invece previsto che per i mari Adriatico e Ionio si applica il limite dello 0,10 per cento al tenore di zolfo a partire dal 2018, mentre invece per gli altri mari pur confermando il limite temporale al 2020 si prevede una riduzione del tenore di zolfo allo 0,10 per cento, a condizione che gli Stati membri dell'Unione europea, prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l'applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori,

impegna il Governo:

   al fine di ridurre le emissioni atmosferiche delle navi ormeggiate attraverso l'erogazione di elettricità da terra, e di valorizzare la produzione di energia da fonti rinnovabili, ad adottare un piano nazionale di elettrificazione delle banchine portuali destinate al traffico commerciale e di passeggeri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare finalizzato alla realizzazione di interventi di elettrificazione delle banchine portuali;
   a promuovere la stipulazione di appositi accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le autorità portuali e le regioni per la realizzazione degli interventi contenuti nel piano nazionale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per provvedere al progressivo ripristino delle risorse del fondo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16 «Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica» convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, modificato dall'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
   a valutare l'opportunità di utilizzare per il finanziamento degli interventi di elettrificazione delle banchine portuali le risorse del fondo di sviluppo e coesione per il ciclo di programmazione 2014- 2020;
   a promuovere in sede europea forme di collaborazione in seno all'organizzazione marittima internazionale (IMO), al fine di incoraggiare la formulazione di norme internazionali armonizzate volte a favorire tali interventi.
9/2093-B/17Tidei.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2012/33 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo, recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 112 del 16 luglio 2014, sulla base della delega contenuta nella legge 6 agosto 2013, n. 96 (legge di delegazione europea 2013) precisa che l'inquinamento atmosferico provocato dalle navi all'ormeggio rappresenta uno dei maggiori problemi di molte città portuali relativamente ai loro sforzi per rispettare i valori limite dell'Unione sulla qualità dell'aria e ritiene opportuno che gli Stati membri sostengano l'utilizzo di un sistema elettrico lungo la costa, poiché attualmente l'alimentazione elettrica delle navi è di solito assicurata da motori ausiliari;
    l'elettrificazione delle banchine portuali rappresenta una significativa soluzione alternativa alla riduzione delle emissioni inquinanti, specie di diossido di zolfo considerato una delle principali sostanze chimiche responsabili della formazione delle piogge acide e dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili, rappresentando, queste ultime, il principale fattore di rischio, delle malattie cardiovascolari e respiratorie. A livello europeo, secondo quanto si apprende dal rapporto Mal'Aria 2015 di Legambiente, nel 2010 il settore navale ha contribuito all'emissione in atmosfera di 2,3 milioni di tonnellate di ossido di Zolfo (SO2) e 3,3 milioni di tonnellate di ossido di azoto (NOx) e 250 mila tonnellate di particolato (PM10), numeri che, secondo uno studio dell'organizzazione mondiale della sanità (OMS), si traducono in 50 mila decessi annui e in 58 miliardi di euro di costi sanitari, che vanno ad incidere principalmente nelle aree costiere e portuali, dove le navi transitano ed ormeggiano;
    allo stato attuale in molte realtà è stata adottata la tecnologia dell'elettrificazione delle banchine portuali al fine di abbattere le emissioni inquinanti e climalteranti, con risultati positivi in termini di riduzione dell'inquinamento, dei costi del carburante e di immagine, costituendo un fattore di stimolo per le autorità portuali e le compagnie impegnate in sforzi sempre maggiori in tale direzione. Città come Los Angeles, Seattle, Vancouver, Goteborg, Lubecca e moltissime altre rappresentano straordinari esempi di come l'utilizzo di tale tecnologia contribuisca in modo notevole alla riduzione delle emissioni inquinanti e quindi alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;
    in Italia ci sono state concrete manifestazioni di interesse verso questa tecnologia. Molte regioni hanno sottoscritto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accordi di programma finalizzati alla realizzazione di interventi di elettrificazione delle banchine portuali. Ciò è avvenuto tra la regione Toscana e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativamente al porto di Livorno, così come tra la regione Liguria e il Ministero, relativamente al porto di Genova. Molte altre regioni e città portuali hanno inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informazioni su progetti per l'elettrificazione delle banchine e l'efficientamento energetico;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dispone di un apposito fondo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, «Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica», convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, modificato dall'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, utilizzato per il finanziamento dei citati interventi nelle regioni Liguria e Toscana e che potrebbe essere utilizzato per l'esecuzione di ulteriori interventi in materia, che nel corso degli anni è stato progressivamente svuotato e da oramai 3 anni non dispone di alcuna risorsa;
    conformemente all'articolo 193 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) le direttive in materia ambientale non impediscono agli Stati membri di mantenere o introdurre, in sede di recepimento, norme più rigide di quelle dell'Unione europea per una protezione dell'ambiente e della salute ancora maggiore. Invero, il Governo, accogliendo la condizione prevista nel parere espresso dalla VIII Commissione ambiente della Camera in sede di esame parlamentare dello schema di decreto legislativo, ha previsto limiti più stringenti sia sotto il profilo temporale che sotto il profilo del tenore di zolfo dei combustibili marittimi usati in determinate aree. La direttiva 2012/33 prevede un limite generale al tenore di zolfo contenuto nei combustibili marittimi usati nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica. Tale limite fissato nella misura del 3,50 per cento si riduce a partire dal 1o gennaio 2020 allo 0,50 per cento. La norma di recepimento di tale direttiva ha invece previsto che per i mari Adriatico e Ionio si applica il limite dello 0,10 per cento al tenore di zolfo a partire dal 2018, mentre invece per gli altri mari pur confermando il limite temporale al 2020 si prevede una riduzione del tenore di zolfo allo 0,10 per cento, a condizione che gli Stati membri dell'Unione europea, prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l'applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di:
    al fine di ridurre le emissioni atmosferiche delle navi ormeggiate attraverso l'erogazione di elettricità da terra, e di valorizzare la produzione di energia da fonti rinnovabili, adottare un piano nazionale di elettrificazione delle banchine portuali destinate al traffico commerciale e di passeggeri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare finalizzato alla realizzazione di interventi di elettrificazione delle banchine portuali;
    promuovere la stipulazione di appositi accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le autorità portuali e le regioni per la realizzazione degli interventi contenuti nel piano nazionale;
    valutare l'opportunità di assumere iniziative per provvedere al progressivo ripristino delle risorse del fondo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16 «Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica» convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, modificato dall'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
    utilizzare per il finanziamento degli interventi di elettrificazione delle banchine portuali le risorse del fondo di sviluppo e coesione per il ciclo di programmazione 2014- 2020;
    promuovere in sede europea forme di collaborazione in seno all'organizzazione marittima internazionale (IMO), al fine di incoraggiare la formulazione di norme internazionali armonizzate volte a favorire tali interventi.
9/2093-B/17. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tidei.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione della Commissione parlamentare bicamerale sul ciclo dei rifiuti viene riportato che fino ad oggi sono stati spesi per il processo ancora incompleto di bonifica dell'area di Marghera circa 781 milioni di euro e che «il mancato completamento di tali opere sta provocando il progressivo indebolimento anche dei tratti terminali delle strutture già realizzate e sta mettendo in serio dubbio la bontà complessiva degli interventi finora realizzati, che sono stati eseguiti non a regola d'arte;
    se non verranno reperiti nuovi fondi per completare sia i marginamenti delle macroisole, sia il sistema di depurazione delle acque di falda, rischiano di essere dispersi tutti gli oneri fino ad ora sostenuti dallo Stato;
    mancano circa 3,5 chilometri di marginamenti e di rifacimento sponde, pari al 6 per cento, ma di un tratto determinante per l'intero processo di bonifica il cui mancato completamento porterebbe conseguenze davvero paradossali;
    la riqualificazione industriale, che riguarda 2.000 ettari di insediamenti produttivi, commerciali e terziari, canali navigabili e bacini, porto commerciale e infrastrutture, che fanno, di Porto Marghera, una delle più grandi zone industriali costiere d'Europa e per la quale lo Stato ha reso disponibili 153 milioni, rischia di non poter avviarsi a causa del mancato completamento della bonifica;
    emerge infatti il problema della destinazione delle somme vincolate dall'accordo di programma, sottoscritto l'8 gennaio 2015, nonché delle altre somme messe a disposizione dallo Stato, finalizzate alla reindustrializzazione del sito di Porto Marghera;
    per quanto concerne il completamento delle opere riportate in premessa occorrerebbero ancora circa 256 milioni di euro;
    vi è inoltre il rischio di ulteriori conseguenze sul piano giudiziario per il presentarsi di contenziosi, in quanto il mancato completamento delle opere di bonifica espone lo Stato per il mancato ottemperamento degli impegni assunti rispetto agli atti transattivi finora conclusi,

impegna il Governo

a convocare, in tempi rapidi, un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati al processo di bonifica dell'area di Marghera per procedere alla individuazione delle iniziative finalizzate al completamento delle opere di messa in sicurezza con l'obiettivo di non compromettere quanto realizzato in termini di investimenti per la sicurezza ambientale del sito e conseguentemente scongiurare i potenziali contenziosi, nonché per proseguire sui programmi di rilancio dell'area come da accordo di programma siglato lo scorso gennaio 2015.
9/2093-B/18Martella, Bratti, Mognato, Murer, Zoggia, Cominelli, Carrescia, Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, prevede l'applicazione dei «Criteri Ambientali Minimi» (CAM) negli appalti pubblici di forniture e negli affidamenti di servizi nell'ambito delle categorie previste dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della P.A. (PAN-GPP);
    si dispone l'obbligo per le P.A., di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali attraverso l'inserimento, nei documenti di gara relativi ai predetti appalti e affidamenti, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei decreti ministeriali adottati in attuazione del PAN-GPP relativamente ad una serie di beni e servizi;
    con riguardo al settore della ristorazione collettiva e derrate alimentari, si prevede l'obbligo per almeno il 50 per cento del valore delle gare d'appalto relative al relativo servizio di fornitura, di inserire nella documentazione di gara, le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 25 luglio 2011;
    detto decreto del Ministro dell'ambiente 25 luglio 2011 però dispone solo che le P.A. «possono prevedere» criteri premianti per chi effettua la redistribuzione delle eccedenze all'interno dei bandi di gara per la ristorazione collettiva;
    sarebbe invece indispensabile che si introducesse nella formulazione delle gare di appalto per il servizio di ristorazione, un obbligo e non solo la facoltà, di prevedere meccanismi premiali per i soggetti che garantiscano la redistribuzione delle eccedenze alimentari;
    ricordiamo sotto questo aspetto che nel nostro Paese, secondo i dati dell'indagine realizzata nel 2012 dalla Fondazione per la sussidiarietà e dal Politecnico di Milano, lo spreco alimentare ammonta a 6 milioni di tonnellate, pari a un valore di 12,3 miliardi di euro. Il cibo sprecato in Italia è di 108 chilogrammi pro capite;
    fortunatamente, se non sempre i prodotti ritirati dagli scaffali finiscono nella pattumiera il merito è anche da attribuire alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) come il Banco alimentare, rete antispreco con oltre 1.400 volontari,

impegna il Governo

a modificare – con riguardo agli appalti della P.A. per servizi di ristorazione collettiva e di fornitura di derrate alimentari – il decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, di cui in premessa, al fine di inserire clausole contrattuali che prevedano l'obbligo, e non più la facoltà, come ora previsto, di assegnare un punteggio premiante all'offerente che si impegna a recuperare il cibo non somministrato per la sua successiva distribuzione gratuita agli indigenti.
9/2093-B/19Zaratti, Pellegrino, Kronbichler, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, prevede l'applicazione dei «Criteri Ambientali Minimi» (CAM) negli appalti pubblici di forniture e negli affidamenti di servizi nell'ambito delle categorie previste dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della P.A. (PAN-GPP);
    si dispone l'obbligo per le P.A., di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali attraverso l'inserimento, nei documenti di gara relativi ai predetti appalti e affidamenti, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei decreti ministeriali adottati in attuazione del PAN-GPP relativamente ad una serie di beni e servizi;
    con riguardo al settore della ristorazione collettiva e derrate alimentari, si prevede l'obbligo per almeno il 50 per cento del valore delle gare d'appalto relative al relativo servizio di fornitura, di inserire nella documentazione di gara, le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 25 luglio 2011;
    detto decreto del Ministro dell'ambiente 25 luglio 2011 però dispone solo che le P.A. «possono prevedere» criteri premianti per chi effettua la redistribuzione delle eccedenze all'interno dei bandi di gara per la ristorazione collettiva;
    sarebbe invece indispensabile che si introducesse nella formulazione delle gare di appalto per il servizio di ristorazione, un obbligo e non solo la facoltà, di prevedere meccanismi premiali per i soggetti che garantiscano la redistribuzione delle eccedenze alimentari;
    ricordiamo sotto questo aspetto che nel nostro Paese, secondo i dati dell'indagine realizzata nel 2012 dalla Fondazione per la sussidiarietà e dal Politecnico di Milano, lo spreco alimentare ammonta a 6 milioni di tonnellate, pari a un valore di 12,3 miliardi di euro. Il cibo sprecato in Italia è di 108 chilogrammi pro capite;
    fortunatamente, se non sempre i prodotti ritirati dagli scaffali finiscono nella pattumiera il merito è anche da attribuire alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) come il Banco alimentare, rete antispreco con oltre 1.400 volontari,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di modificare – con riguardo agli appalti della P.A. per servizi di ristorazione collettiva e di fornitura di derrate alimentari – il decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, di cui in premessa, al fine di inserire clausole contrattuali che prevedano l'obbligo, e non più la facoltà, come ora previsto, di assegnare un punteggio premiante all'offerente che si impegna a recuperare il cibo non somministrato per la sua successiva distribuzione gratuita agli indigenti.
9/2093-B/19. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zaratti, Pellegrino, Kronbichler, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 57 del provvedimento in esame, assegna ai soli comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti, e nel cui territorio ricada interamente un Sito di importanza comunitaria (SIC), la competenza ad effettuare le valutazioni di incidenza di diversi interventi minori: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, anche con incrementi volumetrici o di superfici coperte inferiori al 20 per cento delle volumetrie o delle superfici coperte esistenti, opere di sistemazione esterne, realizzazione di pertinenze e volumi tecnici;
    il medesimo articolo, modificando il decreto del Presidente della Repubblica 357/97 relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, riduce inoltre solamente ai piani l'obbligo per chi approva piani o progetti o singoli interventi, di fare prima la valutazione d'incidenza ambientale (VINCA). In pratica l'obbligo di VINCA preventiva viene ristretto ai soli piani;
    con quest'ultima previsione si rischia peraltro l'avvio di una procedura d'infrazione europea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che la previsione di valutazione d'incidenza ambientale (VINCA), venga prevista non solamente per i piani e sia ripristinata anche per i progetti e le singole iniziative con ciò evitando una probabile procedura di infrazione comunitaria.
9/2093-B/20Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento prevede all'articolo 7 disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale e modifiche alla legge n. 157 del 1992;
    nel mantovano siamo in vera e propria emergenza per quanto concerne la diffusione della nutria;
    per il contenimento della nutria occorrono sulla base delle stime prodotte dalle autorità competenti almeno 400mila euro, ma, ad oggi, la regione Lombardia ne ha stanziati solo 35 mila;
    tale cifra è del tutto insufficiente a fronteggiare la diffusione di un animale che mette a repentaglio colture, argini e crea danni per centinaia di migliaia di euro;
    solo per smaltire le carcasse occorrerebbero circa 100mila euro;
    lo smaltimento delle carcasse nei centri specializzati costa, infatti, circa 27 centesimi al chilogrammo e questi animali mediamente pesano 4-5 chili facendo lievitare costi a cifre considerevoli;
    le difficoltà legate alla pianificazione e la mancanza di risorse finanziarie complessive ha determinato un drastico crollo degli abbattimenti e siamo in presenza di un vero boom demografico delle nutrie con una popolazione stimata di oltre 300 mila esemplari quasi uno per abitante della provincia di Mantova;
    in considerazione della criticità evidenziata da cittadini, imprenditori agricoli e amministrazioni locali è indispensabile un intervento finalizzato a restituire chiarezza normativa e certezza di risorse per quanto concerne il contenimento della diffusione di suddetto animale,

impegna il Governo

ad attivare entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del presente provvedimento un tavolo istituzionale permanente relativamente a tale problematica finalizzato ad individuare correttivi legislativi e finanziamenti statali per assicurare certezze nel contrasto della diffusione delle nutrie considerata la rilevanza sociale del problema sul territorio mantovano.
9/2093-B/21Carra, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento prevede all'articolo 7 disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale e modifiche alla legge n. 157 del 1992;
    nel mantovano siamo in vera e propria emergenza per quanto concerne la diffusione della nutria;
    per il contenimento della nutria occorrono sulla base delle stime prodotte dalle autorità competenti almeno 400mila euro, ma, ad oggi, la regione Lombardia ne ha stanziati solo 35 mila;
    tale cifra è del tutto insufficiente a fronteggiare la diffusione di un animale che mette a repentaglio colture, argini e crea danni per centinaia di migliaia di euro;
    solo per smaltire le carcasse occorrerebbero circa 100mila euro;
    lo smaltimento delle carcasse nei centri specializzati costa, infatti, circa 27 centesimi al chilogrammo e questi animali mediamente pesano 4-5 chili facendo lievitare costi a cifre considerevoli;
    le difficoltà legate alla pianificazione e la mancanza di risorse finanziarie complessive ha determinato un drastico crollo degli abbattimenti e siamo in presenza di un vero boom demografico delle nutrie con una popolazione stimata di oltre 300 mila esemplari quasi uno per abitante della provincia di Mantova;
    in considerazione della criticità evidenziata da cittadini, imprenditori agricoli e amministrazioni locali è indispensabile un intervento finalizzato a restituire chiarezza normativa e certezza di risorse per quanto concerne il contenimento della diffusione di suddetto animale,

impegna il Governo

ad attivare un tavolo istituzionale di confronto relativamente a tale problematica finalizzato ad individuare correttivi legislativi e finanziamenti statali per assicurare certezze nel contrasto della diffusione delle nutrie considerata la rilevanza sociale del problema sul territorio mantovano.
9/2093-B/21. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carra, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel compendio naturalistico ambientale denominato «Isola Rossa – Capo Teulada», circoscritto nell'ambito del Sito di interesse comunitario (codice ITB040024), protetto da convenzioni internazionali, da leggi dello Stato italiano e della regione Sardegna, caratterizzato da rilevanti emergenze archeologiche, nuragiche e puniche, si svolgono attività vietate e in contrasto totale con le norme e disposizioni nazionali e comunitarie;
    si tratta di attività che hanno generato e generano «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», con la «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
    tali attività sono svolte, in concorso tra loro, dalla Nato e dall'Esercito italiano, su disposizioni del Ministero della difesa e con l'omissione di tutela e controllo in capo ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Commissione europea. La gravità della distruzione in atto costituisce, secondo l'interrogante, presupposto per richiedere il sequestro preventivo dell'area oggetto del disastro, l'accertamento del danno, l'individuazione dei responsabili e il risarcimento del danno materiale, economico e morale compreso il ripristino dei luoghi;
    risultano manifesti i seguenti reati: articolo 733-bis codice penale (Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto);
    chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3.000 euro;
    articolo 733 codice penale (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);
    chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda non inferiore a euro 2.065. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata;
    articolo 734 codice penale (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali);
    chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità, è punito con l'ammenda da euro 1.032 a euro 6.197;
    relativamente ai reati di cui: articolo 733-bis codice penale (Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto) e articolo 734 codice penale (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali) si richiama l'attenzione sul fatto che tale compendio è a tutti gli effetti «habitat all'interno di un sito protetto», ovvero pienamente coincidente nella fattispecie definita dall'articolo 733-bis codice penale;
    il Sito di importanza comunitaria denominato «ISOLA ROSSA – CAPO TEULADA» oggetto della «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione o deturpamento di bellezze naturali», «danneggiamento al patrimonio archeologico», storico o artistico nazionale costituisce parte integrante del decreto 3 luglio 2008 – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – Primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea in Italia, ai sensi della direttiva 92/43/CEE (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 184 del 7 agosto 2008);
    tale decreto dispone l'attuazione e il recepimento della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2, terzo comma;
    il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ha disposto il regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;
    la Commissione europea ha ritenuto necessario l'aggiornamento dell'elenco iniziale di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea sia per includervi i siti proposti dagli Stati membri a partire dal marzo 2006 come siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 92/43/CEE sia per tener conto di eventuali modifiche nelle informazioni relative ai siti trasmesse dagli Stati membri a seguito dell'adozione dell'elenco comunitario;
    in tal senso il primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea costituisce una versione consolidata dell'elenco iniziale dei siti per la regione biogeografica mediterranea;
    ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43/CEE, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna e Regno Unito hanno trasmesso alla Commissione gli elenchi di siti proposti quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea tra gennaio 2003 e settembre 2006;
    gli elenchi dei siti proposti sono stati corredati di informazioni su ciascun sito, fornite nel formato fissato dalla decisione 97/266/CE della Commissione, del 18 dicembre 1996, concernente un formulario informativo sui siti proposti per l'inserimento nella rete Natura 2000;
    sulla base dell'elenco proposto, redatto dalla Commissione con l'accordo di ciascuno degli Stati membri interessati, che identifica anche i siti che ospitano tipi di habitat naturale prioritari o specie prioritarie, è stato adottato un primo elenco aggiornato di siti selezionati quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea;
    la decisione della Commissione europea n. C(2008) 1148 def. del 28 marzo 2008 stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea e abroga la decisione 2006/613/CE;
    il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto ha stabilito che i siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea in Italia, sono individuati ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE, e sono elencati nell'allegato A che costituisce parte integrante del decreto stesso;
    con il codice di riferimento ITB040024 è parte integrante di tale elenco il compendio denominato Sito importanza comunitaria «Isola Rossa e Capo Teulada» di superficie complessiva di ha 3713 e individuato dalle coordinate E 839 N 3854;
    il Sito importanza comunitaria – SIC «Isola Rossa e Capo Teulada» è un compendio naturalistico di primaria importanza, considerato che tutte le prescrizioni ambientali regionali, nazionali ed europee hanno circoscritto quel territorio con la massima tutela ambientale e naturalistica;
    il responsabile del sito risulta il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione conservazione della Natura, Via Capitan Bavastro 174, 00147 Roma;
    il sito ha inoltre importanza per la presenza in esso di 22 habitat di interesse comunitario, di cui 5 prioritari (cod. 1120, 2250, 6220, 2270, 3170); di 3 specie di uccelli prioritari, due dei quali in esso riproducentesi (cod.: A181, A392) e 35 specie floristiche di importanza conservazionistica; nel capitolo dell'atto di individuazione del sito relativo alla vulnerabilità è scritto: danni da esercitazioni ambientali;
    in tal senso è evidente la persistente azione di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto» e «distruzione o deturpamento di bellezze naturali» compiuta dalle persistenti esercitazioni militari che si svolgono all'interno del sito protetto con danni gravissimi sia sul piano ambientale, paesaggistico e naturalistico;
    nella stessa area a causa delle numerose esercitazioni militari e della presenza di rifiuti combustibili nell'area gli incendi sono persistenti e reiterati;
    il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare affidato all'Esercito e messo a disposizione della Nato rappresenta nella sua attività il più evidente e persistente disastro ambientale e naturalistico dell'intero articolato normativo di tutela ambientale europeo, nazionale e regionale;
    si tratta del secondo poligono d'Italia per estensione, 7.200 ettari di terreno, cui si sommano i 75.000 ettari delle «zone di restrizione dello spazio aereo e le zone interdette alla navigazione» normalmente impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra-mare;
    una parte del poligono e dell'area a mare è permanentemente interdetta anche agli stessi militari per motivi di sicurezza;
    relativamente ai reati di cui all'articolo 733 codice penale (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale): la fondazione di Teulada si perde nella notte dei tempi, probabilmente agli inizi dell'epoca nuragica, come sembrano testimoniare i molti nuraghi sparsi un po’ in tutto il territorio comunale, ed i resti di una fortificazione sull'isola Rossa;
    dall'utilizzo di strumenti satellitari, visto il divieto di accesso, emerge che lo Stato italiano, con la complicità della Nato e delle Forze armate di eserciti stranieri bombardano, sparano e devastano un'area nuragica di straordinaria rilevanza, sia per il numero dei nuraghi individuati sia per la dislocazione degli stessi nello scenario costiero;
    da notizie assunte risulterebbe che alcuni di questi compendi sarebbero stati addirittura cancellati con l'utilizzo di mezzi pesanti e altri coperti;
    in quest'area, dunque, si assiste senza alcun tipo di controllo e di tutela alla distruzione di un compendio archeologico paesaggistico esclusivo in totale dispregio e violazione delle norme richiamate;
    nella sola delimitazione del poligono di Teulada, secondo gli atti e i documenti che si allegano e riscontrabili nel sito Nurnet si è dinanzi ad un vero e proprio attentato alla civiltà nuragica con la distruzione di luoghi e compendi archeologici che avrebbero necessitato di protezione e recupero;
    appare evidente che si tratta di una violazione grave di tutte le norme internazionali, nazionali e regionali di tutela non solo ambientali e naturalistiche ma anche e soprattutto di quelle riguardanti beni archeologici di una civiltà di oltre 3.500 anni fa;
    l'urgenza dell'intervento che si richiede si inquadra nella fattispecie penale di nuova introduzione, relativa alla «distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
    per «habitat all'interno di un sito protetto» si deve intendere qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CE, o qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE»;
    è stato recentemente introdotto un reato contravvenzionale per reprimere penalmente, qualora sia illecita e posta in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, «qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto» (articolo 3, lettera h)), direttiva 2008/99/CE). L'illecito penale frutto dell'operazione di trasposizione della direttiva ricalca, pressoché integralmente, la previsione contenuta nell'atto comunitario. Il legislatore delegato ha inteso, in particolare, tradurre la formula «provocare il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto» nelle due condotte descritte dall'illecito penale: a) la distruzione dell'habitat; b) il deterioramento dell'habitat, che ne comprometta lo stato di conservazione;
    la collocazione sistematica della nuova fattispecie fra «le contravvenzioni concernenti l'attività sociale della P.A.», tutela l'interesse dello Stato al mantenimento dello stato di conservazione di un habitat, ossia quello, di rilevanza costituzionale, relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche sul territorio italiano, che trova il parametro costituzionale di riferimento sia nell'articolo 9 della Costituzione, che nell'articolo 117 della Costituzione, il quale obbliga l'Italia ad esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario...» ed, in particolare, dalle direttive comunitarie che contribuiscono a definire l'habitat oggetto di protezione penale;
    il termine habitat è inteso nell'accezione di condizioni ambientali ideali per la vita di una determinata pianta o animale. In ecologia, la definizione di habitat può avere un'accezione più ampia nel biotopo, un habitat condiviso cioè da più specie. Un bioma è, invece, l'insieme della flora e fauna che vivono in un habitat ed occupano una certa geografia;
    sotto il profilo giuridico, il legislatore delegato, al comma 3 della norma citata, rinvia alle definizioni contenute nelle direttive richiamate, viene anzitutto in ausilio dell'interprete la direttiva «habitat» (direttiva 92/43/CE) che, all'articolo 1, dopo aver definito come «conservazione» il complesso delle misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato soddisfacente (lettera a)), definisce come «stato di conservazione di un habitat naturale» (articolo 1, lettera e)), l'effetto della somma dei fattori che influiscono sull'habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie tipiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato;
    il legislatore delegato, rendendo ancora più chiaro l'ambito di applicazione, richiama (comma 3) una definizione ampia di «habitat», precisando che per habitat all'interno di un sito protetto si intende, da un lato, «qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CE» e, dall'altro, «qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/437/CE»;
    la normativa che si richiama alla direttiva «Habitat» individua tre concetti di habitat: a) habitat naturali; b) habitat naturali di interesse comunitario; c) tipi di habitat naturali prioritari;
    quanto alla definizione sub a), sono da considerarsi «habitat naturali» le zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali; sono, invece, da considerarsi come «habitat naturali di interesse comunitario» gli habitat che, nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato: 1) rischiano di scomparire nella loro area di ripartizione naturale; 2) hanno un'area di ripartizione naturale ridotta a seguito della loro regressione o per il fatto che la loro area è intrinsecamente ristretta; 3) costituiscono esempi notevoli di caratteristiche tipiche di una o più delle nove regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, del Mar Nero, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea, pannonica e steppica; c) infine, sono definiti «tipi di habitat naturali prioritari», i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato e per la cui conservazione la Comunità ha una responsabilità particolare a causa dell'importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa nel territorio di cui sopra; l'individuazione di tali tipologie di habitat è contenuta nell'allegato I alla direttiva 92/43/CE. Richiamando l'articolo 733-bis, oltre l'habitat naturale, anche l'habitat di specie, è dunque necessario riferirsi alla definizione di «habitat di una specie», contenuta all'articolo 1, lettera f) della citata direttiva «habitat» che definisce come tale l'ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico;
    la relativa definizione è contenuta all'articolo 1, lettera I), della direttiva 92/43/CE, che individua come tale «un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato». Ciò impone, a sua volta, di individuare cosa debba intendersi per «stato di conservazione "soddisfacente"» di un habitat naturale;
    la direttiva 92/43/CEE, che definisce come «soddisfacente» (articolo 1, lettera e), quando: 1) la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione; 2) la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile; 3) lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente ai sensi della lettera i), lettera il cui contenuto è già stato analizzato a proposito della determinazione dell'oggetto materiale dell'altra fattispecie di cui all'articolo 727-bis codice penale;
    l'ambito applicativo della fattispecie di reato che si intende denunciare richiama la disciplina in tema di danno ambientale (articolo 299 ss. T.U.A.), in particolare ove si prevede (articolo 300, comma 2) che «ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato: a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione»; ai fini della configurabilità del reato in esame, dunque, può essere utile parametro normativo di riferimento, oltre il citato articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche la previsione contenuta nell'articolo 301 T.U.A., secondo cui «Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando: a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento; b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1», che, come già visto in precedenza, riproduce pedissequamente l'articolo 1, lettera i) della direttiva 92/43/CE;
    ove, infatti, la condotta abbia determinato l'alterazione dello «stato di conservazione dell'habitat naturale», potrà ritenersi che vi sia stato un deterioramento che ne abbia compromesso lo stato di conservazione, tale da integrare la fattispecie penale dell'articolo 733-bis del codice penale. Ne consegue, quindi, che ove sia provata la «distruzione» o il «deterioramento che si denuncia e abbia compromesso lo stato di conservazione» dell'habitat così inteso, si avrà: a) l'applicazione della sanzione penale (congiunta) a carico del contravventore persona fisica; b) l'eventuale applicazione della sanzione pecuniaria a carico dell'Ente cui è imputabile la responsabilità ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001; qualora le attività descritte in premessa possono essere responsabili a ipotesi di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico» sarebbe indispensabile che le autorità competenti dispongano l'obbligo dell'effettivo ripristino, a spese del contravventore, della precedente situazione e, in mancanza, quello di adottare le misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE (articolo 311, comma 2, T.U.A.);
    il predetto articolo 311 prevede che l'obbligazione risarcitoria è posta a carico di «chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte». I presupposti della responsabilità risarcitoria sono dunque assai simili a quelli che determinano la responsabilità penale per la violazione dell'articolo 733-bis,

impegna il Governo

   a predisporre norme attuative, nel quadro del contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, che mirino alla tutela totale di siti protetti vietando la sovrapposizione con attività invasive e lesive del patrimonio naturalistico, a partire da attività che prevedano l'uso di ordigni e materiali esplosivi e inquinanti;
   a predisporre un piano attuativo con relative dotazioni finanziarie per la bonifica dei siti terrestri e marini devastati e inquinati dalle attività militari in attuazione delle norme vigenti e quelle in fase di adozione;
   a chiedere il risarcimento economico ai responsabili di tali inquinamenti nei siti di importanza comunitaria.
9/2093-B/22Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    le esternalità sanitarie ambientali ammontano a oltre 48 miliardi di euro all'anno secondo lo studio ECBA project, il provvedimento in oggetto introduce la valutazione d'impatto sanitario nella normativa nazionale in ambito autorizzativo di nuovi impianti, ma solo su base di autocertificazione e per impianti di elevata potenza,

impegna il Governo

  a introdurre la valutazione d'impatto sanitario per tutte le autorizzazioni ricadenti negli allegati 2 e 3 del decreto-legge n. 152 del 2006 e mediante una istruttoria eseguita da un ente terzo.
9/2093-B/23Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    le esternalità sanitarie ambientali ammontano a oltre 48 miliardi di euro all'anno secondo lo studio ECBA project, il provvedimento in oggetto introduce la valutazione d'impatto sanitario nella normativa nazionale in ambito autorizzativo di nuovi impianti, ma solo su base di autocertificazione e per impianti di elevata potenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre la valutazione d'impatto sanitario per tutte le autorizzazioni ricadenti negli allegati 2 e 3 del decreto-legge n. 152 del 2006 e mediante una istruttoria eseguita da un ente terzo.
9/2093-B/23. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame prevede la realizzazione di un programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro, nell'ambito dei progetti a cui è possibile destinare il 50 per cento dei proventi delle aste del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra;
    in particolare poi, al comma 3 del medesimo articolo – si dispone lo stanziamento di 5 milioni di euro per il recupero della ex ferrovia Bologna-Verona per il completamento del corridoio europeo ciclo turistico EUR0VEL07;
    Eurovelo nasce alla fine degli anni ’90 come progetto di una rete di percorsi ciclistici a lunga percorrenza che abbraccia l'intero continente europeo, grazie all'intuizione della European Cyclists’ Federation (ECF) e di alcune associazioni di ciclisti britanniche e tedesche; in Italia, la FIAB aderisce alla federazione e collabora al progetto tramite la realizzazione della rete BicItalia;
    la rete Eurovelo oggi consiste di 14 percorsi ciclistici a lunga percorrenza, che passano per ben 42 Paesi: una volta completata, l'estensione totale di percorsi Eurovelo ammonterà a più di 70.000 chilometri;
    per avere il bollino Eurovelo, le strade non devono avere pendenze superiori all'8 per cento e avere un traffico inferiore alle 1000 auto al giorno; purtroppo non tutti i percorsi sono completi, o ben segnati. In genere quelli che passano per nazioni con buone tradizioni cicloturistiche sono facili da seguire, o addirittura si dipanano lungo piste ciclabili separate dal traffico, mentre l'Europa meridionale e orientale non dispone ancora di strutture sufficienti;
    il nostro Paese è attraversato da 3 itinerari della rete europea:
    Eurovelo n. 7/Ciclopista del Sole (KM 3000) è l'itinerario principe che collega l'Alto Adige con Trento, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Sicilia e Sardegna;
    Eurovelo n. 8/via del Po e delle Lagune (KM 1300) connette la costa francese con la costa istriana;
    Eurovelo n. 5/la via Francigena (KM 1800);
    i percorsi Eurovelo sono ancora in gran parte solo sulla carta. Spesso non ci sono piste ciclabili separate, e neanche cartelli indicatori; inoltre, servirebbe una governance politica che dia impulso alla realizzazione degli itinerari Eurovelo,

impegna il Governo

ad attivarsi per l'attuazione degli itinerari Eurovelo su tutto il territorio nazionale con l'obiettivo di realizzare un sistema integrato ed efficiente di mobilità ciclistica
9/2093-B/24Zardini, Mariani, Braga, Cominelli, Gadda, Mazzoli, Bergonzi, Manfredi, Giovanna Sanna, Dallai, Morassut, Carrescia, Mazzoli, Stella Bianchi, Covello, De Menech, Marroni, Gandolfi.


   La Camera,
   premesso che:
    le imprese possono attualmente adempiere, come stabilito dall'articolo 190, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., agli obblighi in materia di compilazione e tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti, pericolosi e non pericolosi, tramite le proprie Associazioni di categoria e loro Società di servizi;
    tale possibilità consente, ormai da diversi anni, un'agevole, semplice quanto efficace adempimento degli obblighi di legge in materia di contabilità ambientale, in particolar modo per le micro e piccole imprese;
    la normativa sulla tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) che, tra l'altro, prevede che le imprese sino a 10 dipendenti che producono rifiuti pericolosi sono escluse dalla tracciabilità elettronica dei rifiuti, non consente però più, dal 1o gennaio 2016, la possibilità di compilazione e tenuta dei registri presso le suddette Organizzazioni di categoria e loro Società di servizi, ad eccezione che per i rifiuti non pericolosi, addossando così direttamente in capo alle imprese tale oneroso adempimento per quelli pericolosi;
    l'articolo 60 del provvedimento in discussione ha inserito all'articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 3 la disposizione che consente che i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti (pericolosi e non pericolosi) prodotti dalle attività di manutenzione delle reti relative al servizio idrico integrato e degli impianti a queste connessi possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'autorità di controllo e vigilanza;
    il successivo articolo 69 ha disposto che le imprese agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, nonché i soggetti esercenti attività ricadenti nell'ambito di alcuni codici ATECO possono effettuare la gestione dei propri rifiuti speciali pericolosi con modalità semplificate, quali la tenuta dei formulari di identificazione rifiuti e implicitamente dei connessi registri di cui all'articolo 190 T.U.A. presso le Associazioni di categoria, assolvendo nel contempo agli obblighi in materia di controllo della tracciabilità dei rifiuti;
    tutte le altre le micro, piccole e medie imprese obbligate, tranne quelle di cui sopra, si troveranno perciò dal 1o gennaio prossimo da un lato a dover tenere presso la propria sede i registri per i rifiuti pericolosi e dall'altro, per i non pericolosi, a poter adempiere all'obbligo mediante la più agevole e semplice tenuta presso le Associazioni di categoria;
    ciò crea un inutile appesantimento amministrativo che potrebbe essere invece superato adottando la soluzione unica, per entrambe le tipologie di rifiuti, sia non pericolosi sia pericolosi, anche alla luce delle positive esperienze maturate di questi anni, consistente nella possibilità di continuare a tenere i registri di carico e scarico di tutti rifiuti, presso le Associazioni di categoria o loro Società di servizi;
    che qualora dovesse essere prorogato l'attuale normativa sul SISTRI, sarebbe superata la criticità sopra evidenziata;
    che, in ogni caso, è comunque opportuno ridurre il contributo annuale di iscrizione al SISTRI di cui al decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52 così come motivato e previsto nella Risoluzione n. 8-00119 approvata il 17 giugno 2015 dalla VIII Commissione della Camera dei deputati,

impegna il Governo

  a valutare l'opportunità di:
   1) introdurre con urgenza una disposizione che consenta, dal 1o gennaio 2016, la possibilità per le imprese artigiane di poter continuare ad adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico per tutte le tipologie di rifiuti presso le Associazioni di categoria o loro Società di servizi, assolvendo nel contempo agli obblighi in materia di controllo della tracciabilità dei rifiuti;
   2) prorogare, non essendo ancora completata la gara indetta da CONSIP per l'individuazione del nuovo concessionario, le vigenti disposizioni normative sulla tracciabilità dei rifiuti riducendo però nel contempo il contributo annuale di iscrizione di cui al decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52 così come previsto nella Risoluzione n. 8-00119 approvata il 17 giugno 2015 dalla VIII Commissione della Camera dei deputati.
9/2093-B/25Carrescia, Braga, Mariani, Cominelli, Zardini, Gadda, Morassut, Manfredi, Stella Bianchi, Dallai, Giovanna Sanna, Mazzoli, Covello, Bergonzi, De Menech, Marroni, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 187 del Testo Unico ambientale vieta di miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi fatta salva la deroga dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, che può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a specifiche condizioni;
    il divieto di miscelazione si configura sotto il duplice profilo del divieto di miscelazione di rifiuti aventi diverse caratteristiche di pericolosità e quello del divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi;
    la miscelazione è operazione di trattamento propedeutica ad altre di recupero o di smaltimento che, soprattutto per i rifiuti liquidi, è anche irreversibile e che perciò comporta un impatto ambientale da valutare;
    l'articolo 49 del disegno di legge prevede che le miscelazioni non vietate in base all'articolo 187 del decreto legislativo n. 152 del 2006 non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge;
    per evitare interpretazioni ed applicazioni non rigorose e non rispondenti alla ratio legis è opportuno che il Ministero dell'ambiente renda una inequivoca e chiara indicazione a tutti gli organi di controllo ed agli operatori del settore della gestione dei rifiuti,

impegna il Governo

ad adottare tutti gli atti necessari per evitare interpretazioni ed applicazioni non rigorose e non rispondenti alla ratio legis, dando una chiara indicazione a tutti gli organi di controllo ed agli operatori del settore della gestione dei rifiuti in merito alla novella introdotta all'articolo 187 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/2093-B/26Bergonzi, Carrescia, Cominelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 18 è stato introdotto nel Codice degli appalti (decreto legislativo n. 163 del 2006) l'articolo 68-bis, che prevede l'applicazione dei «criteri minimi ambientali» negli appalti pubblici di forniture e negli affidamenti di servizi, nell'ambito del Piano di azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (PAN-GPP);
    tale disposizione prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, comprese le centrali di committenza, di inserire nei documenti di gara degli appalti e degli affidamenti di servizi almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali di quanto previsto dai decreti ministeriali adottati in attuazione del PAN-GPP, in particolare per l'acquisto di lampade e per il servizio di illuminazione pubblica, per la fornitura di attrezzature elettriche ed elettroniche per ufficio, per i servizi energetici per gli edifici nonché per l'acquisto di alimentatori elettronici;
    il disegno di legge che delega il Governo all'attuazione delle direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni e al riordino della normativa (AC 3194) approvato alla Camera e attualmente in lettura al Senato, ha ampiamente trattato la materia attribuendo criteri di premialità nell'aggiudicazione degli appalti ai requisiti minimi ambientali, alle certificazioni ambientali e ai «costi del ciclo di vita» come prevedono le direttive europee,

impegna il Governo

a predisporre un adeguato coordinamento tra le disposizioni normative previste, anche tramite apposite linee guida e di indirizzo, con il disegno di legge di delega in materia di appalti pubblici al fine di garantire la massima efficacia delle norme volte al rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale nell'affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione e per l'acquisto di beni e servizi nelle pubbliche amministrazioni.
9/2093-B/27Mariani, Mazzoli, Bergonzi, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 70, comma 2, del DDL in oggetto, nell'ambito della delega al Governo per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali (PSEA), fissa i principi e i criteri direttivi di detta delega, prevedendo alla lettera h) che «beneficiari finali del sistema di PSEA siano i comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni, comunque denominate»;
    la dizione «fondazioni di bacino montano integrato» potrebbe dare luogo ad equivoci in sede di applicazione della norma perché il termine «fondazioni» potrebbe indicare le fondazioni di cui al I Libro del codice civile;
    i Consorzi di bacino imbrifero montano sono previsti dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959 e successive modificazioni e sono destinatari dal pagamento, effettuato dai concessionari di grandi derivazioni di acqua per la produzione di energia elettrica, del cosiddetto sovracanone,

impegna il Governo

nell'adozione dei decreti legislativi e nell'interpretazione della norma in sede di applicazione, a specificare che per «fondazioni di bacino montano integrato» si intendono i Consorzi di bacino imbrifero montano di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, per i quali viene conservata la disciplina vigente, senza alcuna modificazione, rimanendo dunque detti Consorzi destinatari del cosiddetto sovracanone.
9/2093-B/28Borghi, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 70, comma 2, del DDL in oggetto, nell'ambito della delega al Governo per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali (PSEA), fissa i principi e i criteri direttivi di detta delega, prevedendo alla lettera h) che «beneficiari finali del sistema di PSEA siano i comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni, comunque denominate»;
    la dizione «fondazioni di bacino montano integrato» potrebbe dare luogo ad equivoci in sede di applicazione della norma perché il termine «fondazioni» potrebbe indicare le fondazioni di cui al I Libro del codice civile;
    i Consorzi di bacino imbrifero montano sono previsti dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959 e successive modificazioni e sono destinatari dal pagamento, effettuato dai concessionari di grandi derivazioni di acqua per la produzione di energia elettrica, del cosiddetto sovracanone,

impegna il Governo

nell'adozione dei decreti legislativi e nell'interpretazione della norma in sede di applicazione, a valutare la possibilità di specificare che per «fondazioni di bacino montano integrato» si intendono i Consorzi di bacino imbrifero montano di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, per i quali viene conservata la disciplina vigente, senza alcuna modificazione, rimanendo dunque detti Consorzi destinatari del cosiddetto sovracanone.
9/2093-B/28. (Testo modificato nel corso della seduta)  Borghi, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati contiene disposizioni che consentono alle autorità pubbliche di adottare delle decisioni che possono avere effetti significativi sull'ambiente oltre che sulla salute e sul benessere delle persone;
   che nelle situazioni di crisi ambientale, di elevato rischio antropico e di impatto ambientale di opere lineari e di impianti assume particolare rilevanza la valutazione degli impatti sulla salute umana e conseguentemente, quella inerente i danni sanitari sulle popolazioni che sono insediate nelle aree circostanti tali insediamenti;
    appare assolutamente necessario introdurre per determinate tipologie di opere che possono generare gravi impatti sulla salute umana nella fase di realizzazione nonché di esercizio, la valutazione di impatto sanitario (VIS) al fine di poter valutare con adeguatezza e la necessaria consapevolezza le conseguenze sanitarie e epidemiologiche derivanti dall'attività antropica proposta e di poter conseguentemente informare i cittadini sugli effetti delle stesse realizzazioni;
    che all'articolo 9 del decreto in argomento, è stata introdotta una importante modifica alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, come disposta nel decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, relativamente alla valutazione di impatto sanitario (VIS) in conformità alle linee guida predisposte dall'Istituto Superiore di Sanità, per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, nonché per gli impianti di raffinazione, gassificazione e liquefazione;
    tale importante valutazione di impatto sanitario viene prevista nell'ambito dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale statale (VIA) iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge e sono a carico del proponente del progetto;
    per predisporre una Valutazione di impatto sanitario è necessario disporre di un adeguato quadro conoscitivo delle conseguenze sanitarie, degli effetti e delle patologie derivanti da esposizione a inquinamenti, a prodotti e materie di varia natura, delle situazioni epidemiologiche che interessano il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre un protocollo interistituzionale tra gli enti e gli organi tecnici statali competenti, per rendere disponibile ai proponenti dei progetti individuati all'articolo 9 e assoggettabili alla procedura di valutazione impatto ambientale statale, tutte le informazioni e le banche dati necessarie per elaborare gli studi di impatto sanitario consentendo in tal modo alle amministrazioni di poter effettuare le valutazioni richieste e rilasciare i pareri di competenza sulla base di quadri conoscitivi e di dati condivisi.

9/2093-B/29Cominelli, Braga, Mariani, Carrescia, Covello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 66 del provvedimento in esame aggiunge all'articolo 180-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 il comma 1-bis, che consente ai comuni di individuare appositi spazi presso i centri di raccolta dei rifiuti, per l'esposizione temporanea finalizzata allo scambio tra privati cittadini di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo;
    si tratta di un positivo esempio di quella economia circolare che tende al superamento di un modello di sviluppo lineare (dalla materia al prodotto al suo smaltimento) che opera con il fine di creare un'economia in grado di rigenerarsi da sola, all'interno della quale l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti che divengono oggetto di scambio e di riciclo ricopre un ruolo fondamentale,

impegna il Governo

nell'applicazione della norma di cui in premessa, a interpretarne il testo nel senso che negli appositi spazi individuati dai comuni possano essere esposti anche beni sottoposti a piccoli interventi di riparazione che ne consentono un riutilizzo sicuro ed effettivo.
9/2093-B/30Gadda, Dallai, Cominelli, Carrescia, Mariani, Braga, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 27 del provvedimento in esame prevede l'individuazione dei porti marittimi dotati di siti idonei in cui avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di gestione delle aree marine protette, le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo;
    le foreste occupano il 40 per cento della superficie dell'Unione europea e rappresentano una risorsa essenziale per una migliore qualità di vita e per la crescita dell'occupazione; nel nostro Paese il terzo inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (Infc 2015) mostra che il patrimonio forestale italiano è aumentato di circa 1,7 milioni di ettari negli ultimi venti anni, raggiungendo quasi 11 milioni di ettari di superficie, con 12 miliardi di alberi che ricoprono il 34,6 per cento dell'intero territorio nazionale;
    nel settembre 2013 la Commissione europea ha adottato «Una nuova strategia forestale dell'Unione europea: per le foreste e il settore forestale» (COM(2013)0659. La strategia evidenzia l'importanza delle foreste per l'ambiente, la biodiversità, per le industrie forestali, la bioenergia e la lotta contro i cambiamenti climatici. La gestione sostenibile delle foreste rappresenta uno dei principali pilastri dello sviluppo rurale nonché uno dei principi fondatori della nuova strategia forestale europea;
    in Italia il «Programma quadro per il settore forestale» (PQSF), (approvato nel dicembre 2008) costituisce un quadro di riferimento strategico, di indirizzo e coordinamento per il settore forestale nazionale. Il Programma sottolinea il ruolo delle foreste quale fattore di sviluppo ed elemento di tutela del territorio, individuando nella gestione attiva e sostenibile del patrimonio forestale lo strumento principale per valorizzare le potenzialità del bosco come «risorsa» economica, socio-culturale e ambientale di tutela del territorio e di sviluppo locale;
    la gestione sostenibile del patrimonio forestale dovrebbe includere necessariamente un'opera capillare di recupero e raggruppamento dei rifiuti presenti nei boschi, raccolti, analogamente a quanto previsto per i fondali marini, durante le attività di caccia, di transumanza del bestiame, di osservazione e protezione della fauna e della flora, di escursioni turistiche, di taglio selettivo degli alberi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere il modello di raccolta e raggruppamento dei rifiuti marini ad altri ambiti e segnatamente di individuare i siti idonei alla raccolta e al raggruppamento di rifiuti abbandonati nelle foreste e nei terreni agricoli, raccolti durante le attività di caccia, di transumanza del bestiame, di osservazione e protezione della fauna e della flora, di escursioni turistiche, di taglio selettivo degli alberi svolte da allevatori, cacciatori, boscaioli, associazioni ambientaliste ed escursionisti.
9/2093-B/31Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 37 reca disposizioni per il trattamento del rifiuto tramite compostaggio aerobico attraverso opportune modifiche al Codice dell'ambiente;
    in particolare, si prevede l'applicazione di una riduzione della tassa sui rifiuti per le utenze che effettuano il compostaggio aerobico individuale in relazione: alle utenze non domestiche per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotte nell'ambito delle attività agricole e vivaistiche ed alle utenze domestiche per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino;
    l'articolo 38, introdotto nel corso dell'esame al Senato, persegue finalità analoghe all'articolo 37 ma con modalità in parte differenti; appare pertanto necessario un coordinamento laddove il comma 1 dell'articolo 38, nell'ambito di misure di incentivazione delle pratiche di compostaggio, dispone la possibilità per i comuni di applicare una riduzione sulla tassa sui rifiuti mentre il comma 1 dell'articolo 37 le prevede espressamente, non solo come possibilità,

impegna il Governo

a coordinare le disposizioni di cui agli articoli 37 e 38 chiarendo la natura dell'applicazione di una riduzione della tassa sui rifiuti per le utenze che effettuano il compostaggio aerobico.
9/2093-B/32Mazzoli, Braga, Cominelli, Marroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 51 è volto ad accelerare il processo di riorganizzazione distrettuale della governance in materia di difesa del suolo;
    in particolare con il comma 2 si modifica l'articolo 63 del Codice dell'ambiente in materia di disciplina delle autorità di bacino distrettuale con l'obiettivo di ridisegnare l'assetto delle autorità medesime;
    in tale contesto si attribuisce al Ministero dell'ambiente le funzioni di indirizzo dell'Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali; tale disposizione è stata integrata nel corso dell'esame in Senato precisando che, il Ministero dell'ambiente assume le funzioni di indirizzo dell'Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali anche avvalendosi dell'ISPRA; appare opportuno precisare come tale rapporto si svilupperà nel solco della legislazione vigente che configura l'ISPRA come soggetto tecnico di supporto alle attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,

impegna il Governo

a specificare l'esclusivo ruolo tecnico di ISPRA nell'ambito dello svolgimento delle funzioni di indirizzo e coordinamento delle Autorità di bacino distrettuali attribuite al Ministero dell'ambiente, confermando che la governance della riorganizzazione distrettuale delle Autorità di bacino sia esclusiva prerogativa del Ministero dell'Ambiente.
9/2093-B/33Braga, Mariani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame, interviene sulla disciplina dei procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, contenuta nell'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003;
    l'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003 – che l'articolo 14 si propone di integrare – prevede che la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, siano soggetti ad un'autorizzazione unica rilasciata dal MISE di concerto con il Ministero dell'ambiente e previa intesa con la regione o le regioni interessate;
    tra le varie difficoltà che si presentano per la realizzazione degli elettrodotti (sensibilità ambientale; problematicità della individuazione di tracciati idonei; limitazioni allo sviluppo urbanistico; mancata integrazione tra la pianificazione elettrica e quella territoriale/ambientale) si aggiungono la necessità di concertazione con gli enti locali, i protocolli d'intesa con le regioni e gli accordi di programma,

impegna il Governo

a definire tempi certi per la definizione degli accordi citati in premessa, al fine di accelerare le attività di messa in opera dei cavi.
9/2093-B/34Manfredi, Bergonzi, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    i giornali di giovedì 3 dicembre 2015 hanno riportato una notizia allarmante su un caso che mette in crisi l'industria del legno e dei mobili della provincia di Como, tradizionalmente all'avanguardia in questo settore;
   alle imprese che hanno conferito i propri rifiuti nella discarica di Cantù, gestita da Ecomond, sono state applicate dal Corpo Forestale dello Stato multe pesantissime per errori formali nei documenti e nei formulari di accompagnamento degli scarti di lavorazione;
   inoltre, da quanto riportato dai giornali, il gestore della discarica sembra che non abbia segnalato errori;
   da quanto si apprende dalle aziende multate e dalle categorie del settore, per una crocetta fuori posto e per l'orario di partenza sbagliati sul modulo è stata comminata una multa di 6.400 euro, ossia di 3.200 euro per ciascun errore formale;
   gli artigiani riferiscono che le sanzioni arrivano anche a 12 mila euro per errori formali nei formulari di conferimento in discarica degli scarti della lavorazione del legno; si tratta di sanzioni superiori a quanto previsto per l'abbandono di rifiuti;
   infatti, proprio per l'abbandono di rifiuti o per l'immissione di rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee, l'articolo 255 del Codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 152 del 2006, prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro e, se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, il raddoppio della sanzione;
   i cittadini e le imprese sanzionate sono indignati dal comportamento degli agenti del Corpo Forestale dello Stato che scoraggia implicitamente i cittadini dall'applicazione della legge; infatti, le imprese oneste, che pagano per conferire i propri scarti di legno nelle discariche, vengono multate con cifre inique per sbagli formali nei formulari, mentre, quelle disoneste che buttano i rifiuti per strada o nei boschi, commettendo gravi illeciti ambientali, non vengono nemmeno ricercate;
   secondo il sottoscritto, un simile comportamento da parte delle autorità di controllo danneggia l'ambiente invece che tutelarlo;
   in questo caso, inoltre, ad essere colpito è un settore artigianale importantissimo per l'economia del Paese, essendo il distretto del mobile della Brianza un'eccellenza del settore in specializzazione e produzione di qualità, con un alto potenziale creativo del sistema produttivo e indiscusse competenze tecniche e professionali,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche avviando un'apposita indagine per accertare i motivi di quanto esposto nella premessa, adottando azioni precise per esonerare le imprese malcapitate da inique sanzioni, e, nel caso, correggere le norme che per inesattezze formali mettono in crisi le imprese oneste che conferiscono i propri rifiuti di lavorazione in discarica.
9/2093-B/35Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    i giornali di giovedì 3 dicembre 2015 hanno riportato una notizia allarmante su un caso che mette in crisi l'industria del legno e dei mobili della provincia di Como, tradizionalmente all'avanguardia in questo settore;
   alle imprese che hanno conferito i propri rifiuti nella discarica di Cantù, gestita da Ecomond, sono state applicate dal Corpo Forestale dello Stato multe pesantissime per errori formali nei documenti e nei formulari di accompagnamento degli scarti di lavorazione;
   inoltre, da quanto riportato dai giornali, il gestore della discarica sembra che non abbia segnalato errori;
   da quanto si apprende dalle aziende multate e dalle categorie del settore, per una crocetta fuori posto e per l'orario di partenza sbagliati sul modulo è stata comminata una multa di 6.400 euro, ossia di 3.200 euro per ciascun errore formale;
   gli artigiani riferiscono che le sanzioni arrivano anche a 12 mila euro per errori formali nei formulari di conferimento in discarica degli scarti della lavorazione del legno; si tratta di sanzioni superiori a quanto previsto per l'abbandono di rifiuti;
   infatti, proprio per l'abbandono di rifiuti o per l'immissione di rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee, l'articolo 255 del Codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 152 del 2006, prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro e, se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, il raddoppio della sanzione;
   i cittadini e le imprese sanzionate sono indignati dal comportamento degli agenti del Corpo Forestale dello Stato che scoraggia implicitamente i cittadini dall'applicazione della legge; infatti, le imprese oneste, che pagano per conferire i propri scarti di legno nelle discariche, vengono multate con cifre inique per sbagli formali nei formulari, mentre, quelle disoneste che buttano i rifiuti per strada o nei boschi, commettendo gravi illeciti ambientali, non vengono nemmeno ricercate;
   secondo il sottoscritto, un simile comportamento da parte delle autorità di controllo danneggia l'ambiente invece che tutelarlo;
   in questo caso, inoltre, ad essere colpito è un settore artigianale importantissimo per l'economia del Paese, essendo il distretto del mobile della Brianza un'eccellenza del settore in specializzazione e produzione di qualità, con un alto potenziale creativo del sistema produttivo e indiscusse competenze tecniche e professionali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche avviando un'apposita indagine per accertare i motivi di quanto esposto nella premessa, adottando azioni precise per esonerare le imprese malcapitate da inique sanzioni, e, nel caso, correggere le norme che per inesattezze formali mettono in crisi le imprese oneste che conferiscono i propri rifiuti di lavorazione in discarica.
9/2093-B/35. (Testo modificato nel corso della seduta)  Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    lo Statuto speciale per la Sardegna – legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 Statuto speciale per la Sardegna – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948, n. 58 dispone al TITOLO II articolo 3 – Funzioni della regione – e recita: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali sociali della Repubblica, la regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: (...) m) esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della regione relativi alle miniere, cave e saline»;
    in attuazione delle precise competenze esclusive della regione Sardegna in materia di «miniere» di cui al citato articolo 3 dello Statuto speciale è stata promulgata la legge regionale 19 dicembre 1959, n. 20 che dispone «Disciplina dell'indagine, ricerca e coltivazione degli idrocarburi»;
    nel disposto della legge si prevede: «L'indagine, la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio della regione sarda sono regolate dalla presente legge e per quanto non previsto si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e nella legge regionale 7 maggio 1957, n. 15, e relative modificazioni ed integrazioni»;
    nel testo della citata legge si prevede: «l'autorizzazione di indagine, il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione sono accordate con decreto dell'Assessore regionale all'industria e commercio, previa determinazione ed approvazione del programma di lavoro, a cittadini italiani o a società legalmente costituite, aventi sede sociale in Italia, che ne facciano richiesta ed abbiano capacità tecnica ed economica adeguate»;
    non appare dubbia nemmeno la competenza disciplinata in relazione alle disposizioni procedimentali e autorizzative. Nel testo di legge è detto: «L'autorizzazione di indagine per idrocarburi liquidi e gassosi è accordata per un periodo non superiore ad un anno e può essere prorogata una sola volta per non più di sei mesi. La proroga deve essere accordata solo per comprovate necessità, previa constatazione dei lavori compiuti, e può essere concessa a condizioni diverse da quelle indicate nel provvedimento anteriore. Per le limitazioni di numero e di superficie delle autorizzazioni di indagine, nonché per la presentazione delle domande si applicano le norme contenute nel regolamento della legge regionale 7 maggio 1957, n. 15»;
    all'articolo 4 è disciplinato: «Il permesso di ricerca è accordato per un periodo non superiore a tre anni e può essere prorogato per due sole volte e per non più di tre anni ciascuna volta, previo accertamento dell'avvenuta esecuzione del programma di lavoro»;
    all'articolo 5 è disciplinato: «Il permesso di ricerca deve comprendere un'area continua non superiore a 100.000 ettari. Nel caso di più permessi intestati ad una stessa persona, ente o società, l'area complessiva non può superare il limite di 150.000 ettari»;
    secondo l'articolo 10: «Il permissionario che abbia assolto alle prescrizioni di legge e del decreto di permesso di ricerca ha diritto di ottenere in concessione i giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi rinvenuti nell'area del permesso stesso. Il permissionario deve presentare regolare e documentata domanda di concessione, a pena di decadenza, entro il termine di quattro mesi dal ritrovamento in quantità commerciale e deve astenersi da ogni attività di sfruttamento commerciale degli idrocarburi»;
    all'articolo 13 si disciplina che: «La concessione di coltivazione non può eccedere i 5.000 ettari e l'area relativa deve corrispondere alle caratteristiche fissate nell'articolo 5, comma IV, e conservare l'orientamento dell'area del permesso di ricerca. Nel caso di più ritrovamenti il titolare del permesso può ottenere con le modalità e condizioni previste nella presente legge più concessioni di coltivazione»;
    l'articolo 14 dispone che: «La durata della concessione è di 20 anni. Il concessionario ha diritto a tre proroghe di 10 anni ciascuna, se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione»;
    all'articolo 15 si dispone: «con il decreto di concessione possono essere imposti obblighi particolari per la coltivazione di idrocarburi gassosi al fine di non pregiudicare la coltivazione anche futura di idrocarburi liquidi»;
    all'articolo 16 si disciplina che: «Il concessionario deve pagare all'Amministrazione regionale un diritto annuo anticipato di lire 1.000 per ogni ettaro di superficie compresa nell'area della concessione ed altresì corrispondere, in sostituzione della partecipazione ai profitti di cui all'articolo 18, lettera g), del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, una aliquota, secondo quanto stabilito nell'articolo seguente, del prodotto estratto, calcolata sulla produzione mensile per pozzo, riferito alla media dell'anno solare. Per gli idrocarburi gassosi si assume l'equivalenza di una tonnellata di olio per 1.200 metri cubi di gas. L'aliquota stessa può essere, su richiesta della Amministrazione regionale e per periodi prefissati, pagata in natura o in moneta. Il valore è determinato in base al prezzo medio effettivo realizzato dal concessionario nel corso dell'anno»;
    all'articolo 17 viene disciplinata: «L'aliquota da corrispondere all'Amministrazione regionale ai sensi dell'articolo precedente è fissata per una produzione pozzo-mese:
     fino a tonnellate 100: 1 per cento;
     maggiore di tonnellate 100 e fino a 200: 1 per cento sulle prime 100 tonnellate e 2 per cento sull'eccedenza;
     maggiore di tonnellate 200 e fino a 500: come sopra sulle prime 200 tonnellate e 5 per cento sull'eccedenza;
     maggiore di tonnellate 500 e fino a 1000: come sopra sulle prime 500 tonnellate ed 8 per cento sull'eccedenza;
     maggiore di tonnellate 1000 e fino a 2000: come sopra sulle prime 1000 tonnellate e 12 per cento sull'eccedenza;
     maggiore di tonnellate 2000 e fino a 4000: come sopra sulle prime 2000 tonnellate e 20 per cento sull'eccedenza;
     oltre tonnellate 4000: come sopra sulle prime 4000 tonnellate e 25 per cento sull'eccedenza»;
    il consiglio regionale della Sardegna il 26 ottobre 1961 approvò – riapprovata, in sede di rinvio, il 13 luglio 1962 – una legge concernente l'utilizzazione locale degli idrocarburi provenienti dalle coltivazioni in Sardegna;
    tale legge venne impugnata dal Governo nazionale che presentò ricorso alla Corte costituzionale per il giudizio di legittimità costituzionale promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 31 luglio 1962, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 9 agosto successivo ed iscritto al n. 8 del Registro ricorsi 1962;
    il 7 febbraio 1963 la Corte costituzionale respinge il ricorso prodotto dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso la legge della regione Sardegna 26 ottobre 1961 concernente «utilizzazione locale degli idrocarburi provenienti dalle coltivazioni in Sardegna»;
    è esemplare la posizione dell'Alta Corte sulla valenza costituzionale della competenza della regione Sardegna in materia di ricerca, concessione e estrazione di idrocarburi liquidi o gassosi;
    nel dispositivo di rigetto del ricorso dello Stato la Corte costituzionale affronta in modo chiaro ed esaustivo la questione della competenza sulla materia e non lascia adito a dubbi sul fatto che tale competenza sia di rango costituzionale e statutario e quindi non modificabile con legge ordinaria;
    così come appare evidente che eventuali proposte di modifiche di rango costituzionale e statutario in materia possono essere introdotte solo ed esclusivamente in termini pattizi, d'intesa e negoziali tra Stato e regione;
    appare, però, significativo riportare in questo atto di indirizzo la posizione della Corte costituzionale sulla questione delle competenze di rango costituzionale inerente la funzione della regione Sardegna in materia di Miniere e di demanio;
    sostiene l'Alta Corte in merito al ricorso dello Stato contro la legge approvata dal Consiglio regionale della Sardegna: «Bisogna, a riprova di ciò, muovere dalla considerazione che i giacimenti di idrocarburi, oggetto della legge regionale, i quali formano parte, a tenore dell'articolo 826 del Codice civile, del patrimonio indisponibile dello Stato, sono passati, serbando lo stesso carattere, alla regione sarda, in virtù dell'articolo 14 della legge costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 3, di approvazione dello Statuto. Tale riserva costituzionale di proprietà offre la possibilità all'ente che ne è titolare, o di procedere direttamente alle ricerche (ed all'eventuale coltivazione della miniera), secondo è previsto dall'articolo 13 della legge statale 29 luglio 1927, n. 1443 (non esclusa, ma anzi espressamente considerata dall'articolo 43 della Costituzione, e implicitamente dall'articolo 41, che fa riferimento in genere all'attività economica pubblica), o invece di affidarla a privati concessionari. In relazione al predetto articolo 14, l'articolo 3, lettera m), dello stesso statuto ha attribuito alla regione la competenza primaria di legiferare nella materia delle miniere, sicché a svolgimento della medesima, si è potuto emanare prima una legge regionale integrativa delle norme statali in materia, in data 7 maggio 1952, n. 15 e poi la legge organica 19 dicembre 1959, n. 20, che disciplina, in modo autonomo rispetto alla legge statale 11 gennaio 1957, n. 6, la ricerca e coltivazione degli idrocarburi, adottando il sistema dell'utilizzazione mediante concessioni traslative»;
    per la Corte costituzionale poi: «La legge impugnata, inquadrata come deve essere nello schema dei rapporti ora delineati, ha quali suoi destinatari gli organi amministrativi della regione stessa, obbligandoli a condizionare le concessioni di coltivazione dei giacimenti di oli minerali all'accettazione da parte degli aspiranti alle medesime di una clausola (in aggiunta alle altre previste dalla legge regionale n. 20 del 1959) secondo cui – ove si verifichino le evenienze previste dalla legge stessa – rimangono vincolati a procedere alla raffinazione del prodotto in loco prima di poterne disporre la vendita. Ciò allo scopo, di evidente pubblica utilità, di incrementare il processo di industrializzazione della regione, al quale è affidato, in via principale, il superamento dell'attuale stato di depressione economica in cui essa versa»;
    è la stessa Corte costituzionale ad escludere qualsiasi tipo di possibile interferenza statale in materia sino a sostenere con non celata ironia l'impraticabilità delle rivendicazioni statali: «Non viene neanche in considerazione la questione sollevata nel ricorso stesso circa l'asserita esistenza di una generale riserva di legge statale per l'imposizione di una qualsiasi delle limitazioni consentite dall'articolo 41, che si ritiene preclusiva della competenza della Regione, dato che, secondo si è messo in rilievo, non ricorrono nel caso in esame ipotesi di interventi limitativi di tal genere. Deve poi, sulla base dell'interpretazione data alla legge in esame, escludersi che essa sia rivolta alla formulazione di programmi economici. È da ritenere che la legislazione avente ad oggetto tale specie di programmi sia riservata allo Stato (secondo un principio che del resto risulta riaffermato, per la regione sarda, dall'articolo 13 dello Statuto), ed essa è suscettibile di venire svolta dalla regione solo nei limiti e secondo le direttive dalla medesima fissate»;
    per questi motivi la Corte costituzionale respinse il ricorso prodotto dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso la legge della regione sarda 26 ottobre 1961 concernente «utilizzazione locale degli idrocarburi provenienti dalle coltivazioni in Sardegna»;
    alle esplicite competenze in materia di demanio e di miniere si aggiungono quelle relative all'urbanistica, pianificazione del territorio e del paesaggio che rendono per quanto riguarda la regione Sardegna impraticabili e illegittime, in modo inequivocabile, le linee d'azione e i relativi provvedimenti del Governo nazionale in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi liquidi o gassosi;
    è sempre la Corte costituzionale a chiarirlo nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3, 4, commi 1 e 2, 7 e 8, comma 3, della legge della regione Sardegna 25 novembre 2004, n. 8 promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 24 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 2 febbraio 2005 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2005;
    la Corte costituzionale in fase di esame del ricorso sostiene: «Prima di passare all'esame delle residue censure prospettate nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, tutte fondate sul presupposto della incompetenza della regione ad emanare le norme impugnate o sulla violazione della disciplina statale in materia, occorre chiarire la natura e la portata delle attribuzioni spettanti alla regione Sardegna in relazione agli oggetti disciplinati, rilevando peraltro fin da ora come il ricorrente non abbia in alcun modo dato conto né della presenza, in tema di tutela paesaggistica, di apposite norme di attuazione dello statuto speciale della regione Sardegna, né della stessa esistenza di una risalente legislazione della medesima regione in questo specifico ambito (legge della regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, recante «Norme per l'uso e la tutela del territorio) e di cui le disposizioni impugnate nel presente giudizio rappresentano una parziale modificazione ed integrazione»;
    è la Corte costituzionale a sconfessare senza mezze misure il tentativo del Governo di venir meno a norme di rango costituzionale e concatenate attraverso norme attuative: «Le ripetute affermazioni contenute nel ricorso, secondo le quali le disposizioni impugnate sarebbero illegittime» perché “eccedono dalla competenza statutaria di cui agli articoli 3 e 4 dello Statuto d'autonomia, ponendosi in contrasto con l'articolo 117, comma 2, lettera a) della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dei beni culturali”, anzitutto non prendono in considerazione che il Capo III del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma), intitolato “Edilizia ed urbanistica”, concerne non solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche le funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti, l'articolo 6 dispone espressamente, al comma 1, che “sono trasferite alla regione autonoma della Sardegna le attribuzioni già esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed attribuite al Ministero dei beni culturali ed ambientali con decreto legge 14 dicembre 1974, n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonché da organi centrali e periferici di altri ministeri”. Al tempo stesso, il comma 2 del medesimo articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975 prevede puntualmente che il trasferimento di cui primo comma “riguarda altresì la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all'articolo 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497”»;
    aggiunge la Corte costituzionale: «Tenendo presente che le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari (secondo quanto ha più volte affermato questa Corte: si vedano, fra le molte, le sentenze n. 341 del 2001, n. 213 e n. 137 del 1998), è evidente che la regione Sardegna dispone, nell'esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico ambientale»;
    la Corte costituzionale riafferma con ancora più chiara disposizione che: «come questa Corte ha più volte affermato, il riparto delle competenze legislative individuato nell'articolo 117 della Costituzione deve essere riferito ai soli rapporti tra lo Stato e le regioni ad autonomia ordinaria, salva l'applicazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, peraltro possibile solo per le parti in cui le regioni ad autonomia ordinaria disponessero, sulla base del nuovo Titolo V, di maggiori poteri rispetto alle regioni ad autonomia speciale»;
    è la Corte a sancire in modo netto la specificità della regione Sardegna in materia: «Quanto specificamente alla regione Sardegna, va aggiunto, infine, che proprio sulla base dell'esplicito trasferimento di funzioni di cui alle norme di attuazione dello statuto speciale contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, la regione – già con la citata legge n. 45 del 1989 – aveva appositamente previsto e disciplinato i piani territoriali paesistici nell'esercizio della propria potestà legislativa in tema di “edilizia ed urbanistica”. Questa legge, che all'articolo 12 prevedeva anche apposite “norme di salvaguardia” ad efficacia temporanea in attesa della approvazione dei piani territoriali paesistici (analogamente a quanto attualmente previsto con le norme impugnate), viene solo in parte modificata dalla legge regionale n. 8 del 2004, oggetto del ricorso governativo, particolarmente per ciò che concerne il recepimento nella regione Sardegna del modello di pianificazione paesaggistica fondato sul piano urbanistico-territoriale, appunto attualmente contemplato nel richiamato articolo 135, comma 1, del codice dei beni culturali»;
    la conclusione della Corte costituzionale è netta: «Sulla base delle considerazioni appena svolte, anche le questioni concernenti l'asserita violazione del riparto delle competenze legislative e della disciplina statale in materia di tutela del paesaggio devono essere dichiarate inammissibili. Il ricorrente, infatti, muove dall'erroneo presupposto secondo il quale la regione Sardegna risulterebbe priva di potestà legislativa in tema di tutela paesaggistica, omettendo conseguentemente di argomentare in base a quale titolo la legislazione dello Stato in materia dovrebbe imporsi come limite per il legislatore regionale e di individuare le specifiche norme legislative statali che dovrebbero considerarsi violate»;
    per questi motivi il 6 febbraio 2006 la Corte costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    la regione Sardegna, attraverso rappresentanti della stessa giunta regionale ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, non avendo approfondito la materia, e con non poca superficialità sulla gerarchia delle fonti, ha dichiarato di non voler accedere a tali possibili modifiche legislative;
    tali affermazioni appaiono in contrasto con tre elementari considerazioni: la regione Sardegna ha la competenza esclusiva in materia di idrocarburi;
    nessuna legge ordinaria può modificare un dettato costituzionale e statutario e tantomeno quello della regione Sardegna;
    le modifiche costituzionali e statutarie possono essere perseguite solo in regime pattizio e con le obbligatorie intese,

impegna il Governo:

   a prendere atto dell'evidentissima improponibilità di norme in materia di prospezione terrestre di idrocarburi, con eventuali concessioni, con efficacia nella regione Sardegna;
   ad esplicitare anche nelle iniziative normative tale richiamo costituzionale e statutario al fine di evitare inutili polemiche considerata la netta e chiara posizione della Corte costituzionale;
   ad assumere comunque un'iniziativa normativa che stabilisca l'obbligo di una procedura d'intesa con le regioni, e in particolare quelle a statuto speciale, anche per le prospezioni a mare;
   ad assumere un'iniziativa urgente al fine di vietare l'utilizzo di air gun nei mari della Sardegna, sia per la gravità degli effetti che per l'impraticabilità ambientale, naturale e paesaggistica di tale procedura di prospezione energetica.
9/2093-B/36Vella, Pili, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    la cenere vulcanica derivante dalle periodiche eruzioni dell'Etna determina seri problemi per lo smaltimento e la pulizia delle aree urbane dei comuni dell'area etnea sino ad un vasto tratto del litorale jonico da Giarre a Taormina e per le spiagge dove si deposita, che le strade e le piazze vengono ricoperte da oltre 30 cm. di cenere, provocando danni ingenti all'agricoltura dei territori delle zone colpite;
    tale massa di cenere che deve essere smaltita, determinando un costo di spazzamento e conferimento che costringe i comuni ad interventi straordinari, costituendo un notevole appesantimento per i bilanci comunali già deficitari;
    la cenere vulcanica può essere recuperata e usata nell'edilizia, in quanto l'azolo (pietra lavica macinata) trova il suo utilizzo come malta sin dal ‘700 in edilizia nell'area catanese, pertanto il suo riutilizzo nel settore edilizio rappresenterebbe un importante recupero di tradizioni e modalità costruttive originarie del luogo;
    tale riutilizzo potrebbe essere consentito derubricando la cenere vulcanica dallo status di rifiuto da smaltire avvalendosi del regolamento che disciplina i criteri per stabilire quando un rifiuto cessa di essere qualificato tale: End of Waste;
    la misura concretamente consentirebbe alla cenere di entrare nel ciclo virtuoso del recupero infatti la matrice della cenere vulcanica è un comune materiale che sotto forma di inerte lavico viene normalmente estratto dalle cave e commercializzato in varie forme;
    tale materiale, attualmente qualificato quale rifiuto, potrebbe rientrare tra i criteri specifici previsti dall'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 introdotto dal decreto legislativo n. 205 del 2010, di cessazione della qualifica di rifiuto se: la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; esiste un mercato o una domanda per tale sostanza o oggetto; la sostanza e/o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; l'utilizzo della sostanza e/o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana,

impegna il Governo

ad avviare ogni opportuna verifica presso le strutture ministeriali competenti circa la possibilità di cessare lo status giuridico di rifiuto per la cenere vulcanica proveniente dalle eruzioni dell'Etna per essere utilmente avviata nel ciclo di recupero e riutilizzo per la produzione di materiali nel settore edilizio.
9/2093-B/37Albanella.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento eccessivo di risorse naturali, collegato alla manovra di finanza pubblica, arriva in Aula dopo un approfondito esame in entrambi i rami del Parlamento con numerose modifiche ed integrazioni al testo iniziale;
    appare pertanto necessario, in considerazione dell'approvazione definitiva del testo, rendere pienamente coordinate alcune norme in esso contenute relative alle modifiche introdotte alla disciplina dell'ENEA, alle disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette, alla portata normativa delle disposizioni sui materiali litoidi ed alle misure di semplificazione delle procedure in materia di siti di importanza comunitaria tenendo conto di quanto previsto dalla Legge di stabilità 2016,

impegna il Governo

   ad adottare le opportune iniziative volte a:
    coordinare il comma 9 dell'articolo 4, che dispone che con decreto ministeriale si determini la dotazione delle risorse umane nonché delle risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), attenendosi al principio dell'ottimizzazione e razionalizzazione della spesa, e il comma 11 del medesimo articolo che stabilisce che – nel quadro del complessivo riordino del sistema nazionale della ricerca – sono individuate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'ENEA le risorse umane e strumentali funzionali allo svolgimento delle «previste attività»;
    coordinare il comma 3 dell'articolo 7, che rinvia alle regioni l'individuazione delle aree di propria competenza nelle quali è fatto divieto di allevare i cinghiali, con il divieto, previsto dai commi 1 e 2 e del medesimo articolo 7, di immissione e foraggiamento dei cinghiali su tutto il territorio nazionale, escluse le Aziende faunistiche venatorie e le Aziende AgriTuristico Venatorie;
    chiarire la portata dell'articolo 53, anche tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 28 del disegno di legge, che esclude i residui di lavorazione di materiali lapidei dalla definizione di materiali da scavo e che non è stato modificato dal Senato, e del fatto che la disciplina sui sottoprodotti è di derivazione europea;
    coordinare l'articolo 57 del disegno di legge, non modificato dal Senato, con il comma 363 del disegno di Legge di stabilità 2016, inserito al Senato, poiché intervengono su ambiti identici in quanto entrambi prevedono che i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, purché ricadenti in siti di importanza comunitaria (S.I.C.), effettuano le valutazioni di incidenza su taluni interventi edilizi.
9/2093-B/38Bratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge A.C. 2093-B in materia di disposizioni ambientali per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, contempla all'articolo 5 il Finanziamento di un Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile;
    la disposizione prevede fra le modalità di mobilita sostenibile: il piedibus, il car-pooling, il car-sharing, il bike-pooling e il bike-sharing;
    in diversi territori sono presenti tratte ferroviarie storiche e non che attraversano contesti di grande valenza naturalistica-ambientale e storico-culturale che, in diversi casi, rappresentano l'unica modalità di accesso e di fruizione dei territori medesimi;
    nella maggior parte dei casi si tratta di treni che procedono a una velocità oraria compresa fra i 30 e i 70 km/h. Treni che, pertanto, seguono un'andatura lenta e, particolarmente, funzionale alla visita, durante il viaggio medesimo, dei territori che attraversano;
    alcune fra le suddette tratte sono, non a caso, destinate, in via esclusiva, al trasporto turistico. Altre sono state temporaneamente sospese all'uso commerciale, altre ancora sono ancora in uso e attraversano territori di grande pregio ambientale e storico-culturale;
    si tratta di un patrimonio di grande valore: binari, manufatti, stazioni e tracciati alcuni dei quali risalgono alla fine dell'800 e ai primi del ’900;
    adeguatamente valorizzato e gestito, il suddetto patrimonio, potrebbe rappresentare, un importante modalità di integrazione della mobilita sostenibile, nonché di valorizzazione turistica di diverse aree del Paese, come dimostrano diverse esperienze già attive,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di considerare gli stessi quali strumenti e modalità di mobilita sostenibile, con particolare utilizzo per finalità turistiche;
   di definire, d'intesa con le regioni e i comuni interessati, piani e programmi, anche sperimentali, di valorizzazione del suddetto patrimonio ferroviario, al fine di utilizzarlo come mobilità sostenibile.
9/2039-B/39Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 5 del disegno di legge per disposizioni in materie ambientale collegato alla Legge di stabilità 2014 si prevede nell'ambito del Programma di Mobilità Sostenibile un innovativo «Programma sperimentale nazionale di mobilità casa-scuola e casa-lavoro» la cui finalità è quella incentivare scelte di mobilità urbana alternative all'automobile privata;
    dato il carattere particolarmente innovativo delle proposte contenute nel presente disegno di legge relative all'incentivazione della mobilità sostenibile;
    data la rilevanza del tema in ragione anche dell'attuale contesto di emergenza ambientale dovuto al perdurare di concentrazioni nell'aria di inquinanti quali Pm10, Pm2,5 e NOx che interessa il bacino padano e tutte le principali città del Paese;
    dato che una parte significativa di tale inquinamento deriva da fonti mobili e quindi dal traffico automobilistico, concentrato nelle aree urbane;
    considerata la necessità di orientare i provvedimenti previsti nel disegno di legge ad una generale efficacia in termini di riduzione dell'inquinamento atmosferico;
    considerato che il disegno di legge prevede di essere attuato tramite un «programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro»,

impegna il Governo:

   a promuovere tramite il programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile i progetti relativi a comuni in cui sia verificato: il superamento nell'anno 2015 dei limiti di legge previsti dalla legge per gli inquinanti atmosferici PM10 e NOX, la vigenza del Piano Urbano della Mobilità, così come previsti dalla legge 24 novembre 2000, n. 340, almeno nei comuni con più di 50.000 abitanti inclusi nell'ambito territoriale interessato, dell'esistenza nei comuni inclusi nell'ambito territoriale interessato di azioni volontarie di contenimento dell'inquinamento atmosferico da fonti mobili;
   prevedere obiettivi di miglioramento nel programma sperimentale nazionale riferibili ad indicatori misurabili di riduzione dei fattori emissivi delle fonti inquinanti mobili, di riduzione dell'uso dell'automobile privata nelle singole aree urbane che partecipano al programma e di modificazione delle modalità di trasporto utilizzate negli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro dai singoli cittadini coinvolti dai programma;
   monitorare annualmente i risultati nei provvedimenti adottati nell'intero periodo di loro efficacia nell'anno successivo;
   concentrare le azioni del programma su strumenti efficaci e misurabili che si abbinino ad altre azioni adottate in seda locale e che abbiano come finalità la riduzione del numero di veicoli privati in circolazione favorendone la sostituzione con mobilità ciclistica o pedonale, trasporto pubblico locale e uso condiviso e multiplo dell'automobile;
   mantenere un equilibrato rapporto tra le risorse destinate alle azioni per la mobilita casa-lavoro e casa-scuola:
   considerare nella valutazione dei progetti che parteciperanno al «programma sperimentale nazionale» fattori premiati per le proposte presentate da amministrazioni locali già impegnate nel contenimento dell'inquinamento atmosferico, per esempio con piani urbani della mobilità, accordi di programma per il miglioramento della qualità dell'aria, ordinanze restrittive della circolazione e progetti di sviluppo dell'attività di mobilità management:
   promuovere accordi territoriali a scala dei singoli bacini in cui annualmente si manifestano i fenomeni più intensi di inquinamento atmosferico, che prevedano azioni aggiuntive e complementari rispetto a quelle promosse dal «programma sperimentale nazionale»;
   promuovere ai fini del «programma sperimentale nazionale» un accordo territoriale sovraregionale per coordinare e rendere omogenee le azioni nel bacino padano e che prevedano azioni complementari finalizzate al contenimento dell'inquinamento atmosferico;
   concentrare prevalentemente le risorse e le azioni dedicate alla mobilità casa-scuola a progetti di pedibus, bicibus e di allontanamento del traffico automobilistico dalle aree scolastiche, promuovendo l'istituzione della figura del mobility manager scolastico, così come indicato nei commi 1 e 6 dell'articolo 3 del disegno di legge, includendo anche obiettivi di miglioramento della sicurezza stradale a favore degli scolari/studenti;
   concentrare prevalentemente le risorse e le azioni dedicate alla mobilità casa-lavoro alla creazione e diffusione del «buono mobilità», così come citato nel comma 1 dell'articolo 5 del disegno di legge, anche sulla base di sperimentazioni in corso in Italia e in altri Paesi europei, dedicato ai lavoratori di aziende comprese in aree urbane in cui si manifestano annualmente sforamento dei limiti di legge degli inquinanti atmosferici e che abbiano istituito figura del Mobility Manager e approvato un piano degli spostamenti casa lavoro, così come previsti dal decreto interministeriale Mobilità Sostenibile nelle Aree Urbane del 27 marzo 1998;
   il «programma sperimentale nazionale» dovrà inoltre definire preventivamente quali siano, oltre al trasporto pubblico e alla mobilità ciclo-pedonale, le forme di mobilità ambientalmente sostenibile ammesse ai finanziamenti, con particolare riferimento a tutte quelle, quali il car-pooling che non dovessero ancora essere state definite da specifiche leggi alla data di approvazione del decreto.
9/2093-B/40Gandolfi, Mariani, Bratti, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 disciplina le modalità in base alle quali le regioni possono disporre le deroghe ai divieti di prelievo venatorio, ai sensi dell'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE;
    attualmente l'articolo 19 prevede che le deroghe al divieto di prelievo sono possibili solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati, e devono, inoltre, essere giustificate da un'analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni, valutando anche l'assenza di altre soluzioni soddisfacenti;
    le deroghe sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione;
    ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE cosiddetta «habitat» gli Stati membri possono derogare ai divieti di prelievo venatorio previsti dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b), a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale;
     nella prassi, però, l'applicazione dell'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 risulta in gran parte inattuabile, perché è quasi impossibile provare dinnanzi al Giudice amministrativo di aver preventivamente ad un eventuale prelievo faunistico praticato tutti i possibili metodi ecologici (recinzione, cattura e trasferimento in altra zona eccetera), per prevenire danni a boschi, culture, allevamenti ed insediamenti agricoli;
    il comma 6-bis dell'articolo 4 di questo disegno di legge prevede che, per il prelievo dello storno (sturnus vulgaris), le regioni consentono l'esercizio dell'attività di prelievo qualora esso sia praticato in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali, ai fini dell'esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CEE, con riferimento all'individuazione delle condizioni di rischio e delle circostanze di luogo;
    in sostanza si sta introducendo un regime speciale per lo storno, richiamando esclusivamente la direttiva 92/43/CEE e non richiedendo più preventivamente l'utilizzo di metodi ecologici e la prova del pieno insuccesso di questo metodo,

impegna il Governo

ad autorizzare con una futura misura legislativa le province autonome di Trento e di Bolzano a consentire, in attuazione diretta della normativa comunitaria derogatoria e nel rispetto dei livelli essenziali della prescrizioni tecniche ambientali (LEPTA), il prelievo di mammiferi selvatici non appartenenti alle specie particolarmente protette, qualora esso sia praticato in prossimità di nuclei agroforestali produttivi anche sparsi e sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali.
9/2093-B/41Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 disciplina le modalità in base alle quali le regioni possono disporre le deroghe ai divieti di prelievo venatorio, ai sensi dell'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE;
    attualmente l'articolo 19 prevede che le deroghe al divieto di prelievo sono possibili solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati, e devono, inoltre, essere giustificate da un'analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni, valutando anche l'assenza di altre soluzioni soddisfacenti;
    le deroghe sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione;
    ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE cosiddetta «habitat» gli Stati membri possono derogare ai divieti di prelievo venatorio previsti dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b), a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale;
    nella prassi, però, l'applicazione dell'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 risulta in gran parte inattuabile, perché è quasi impossibile provare dinnanzi al Giudice amministrativo di aver preventivamente ad un eventuale prelievo faunistico praticato tutti i possibili metodi ecologici (recinzione, cattura e trasferimento in altra zona eccetera), per prevenire danni a boschi, culture, allevamenti ed insediamenti agricoli;
    il comma 6-bis dell'articolo 4 di questo disegno di legge prevede che, per il prelievo dello storno (sturnus vulgaris), le regioni consentono l'esercizio dell'attività di prelievo qualora esso sia praticato in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali, ai fini dell'esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CEE, con riferimento all'individuazione delle condizioni di rischio e delle circostanze di luogo;
    in sostanza si sta introducendo un regime speciale per lo storno, richiamando esclusivamente la direttiva 92/43/CEE e non richiedendo più preventivamente l'utilizzo di metodi ecologici e la prova del pieno insuccesso di questo metodo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di autorizzare con una futura misura legislativa le province autonome di Trento e di Bolzano a consentire, in attuazione diretta della normativa comunitaria derogatoria e nel rispetto dei livelli essenziali della prescrizioni tecniche ambientali (LEPTA), il prelievo di mammiferi selvatici non appartenenti alle specie particolarmente protette, qualora esso sia praticato in prossimità di nuclei agroforestali produttivi anche sparsi e sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali.
9/2093-B/41. (Testo modificato nel corso della seduta)  Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (A.C. 2093-B) recante «disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla Legge di stabilità 2013)» contiene, all'articolo 7, «Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette vulnerabili e modifiche alle norme per la protezione della fauna selvatica»;
    nello specifico il comma 1 prevede il divieto di immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle Aziende Faunistico Venatorie e delle Aziende Agri Turistico Venatorie adeguatamente recintate, mentre al comma 2 si prevede il divieto del foraggiamento di cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attività di controllo;
    la tematica relativa ai danni causati dalla fauna selvatica e inselvatichita è una problematica che ha acquistato negli ultimi anni una dimensione insostenibile ed i suoi risvolti hanno raggiunto un impatto catastrofico, in particolar modo, sulle imprese agricole, zootecniche e sulla sicurezza delle persone e della viabilità stradale;
    le specie responsabili sono in particolare cinghiali, cervidi, nutrie, lupi e canidi oltre ad alcune varietà di uccelli. I danni sono registrabili in tutte le regioni anche se sono differenziati in ragione del territorio, delle culture presenti e delle specie che li causano;
    secondo le associazioni di categoria i danni complessivi causati dai cinghiali (il cui numero è attualmente superiore a milione di unità nel nostro Paese) ai raccolti agricoli ed in seguito agli incidenti stradali provocati ammontano a circa 100 milioni di euro di danni ogni anno;
    nonostante la necessità di misure urgenti atte a contrastare ogni ulteriore sviluppo di tale tipologia di fauna selvatica appare comunque evidente che le norme presenti al comma 1 ed al comma 2 dell'articolo 7 del disegno di legge in esame siano in contraddizione: se da un lato si prevede infatti, alle Aziende Faunistico Venatorie delle Aziende Agrituristico Venatorie adeguatamente recintate, di immettere cinghiali (e quindi se ne consente l'allevamento), dall'altro si nega loro il foraggiamento,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità per le Aziende Faunistico Venatorie e delle Aziende Agri Turistico Venatorie, adeguatamente recintate, che possono immettere cinghiali di poter provvedere conseguentemente al loro foraggiamento.
9/2093-B/42Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (A.C. 2093-B) recante «disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla Legge di stabilità 2013)» contiene, all'articolo 7, «Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette vulnerabili e modifiche alle norme per la protezione della fauna selvatica»;
    nello specifico il comma 1 prevede il divieto di immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle Aziende Faunistico Venatorie e delle Aziende Agri Turistico Venatorie adeguatamente recintate, mentre al comma 2 si prevede il divieto del foraggiamento di cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attività di controllo;
    la tematica relativa ai danni causati dalla fauna selvatica e inselvatichita è una problematica che ha acquistato negli ultimi anni una dimensione insostenibile ed i suoi risvolti hanno raggiunto un impatto catastrofico, in particolar modo, sulle imprese agricole, zootecniche e sulla sicurezza delle persone e della viabilità stradale;
    le specie responsabili sono in particolare cinghiali, cervidi, nutrie, lupi e canidi oltre ad alcune varietà di uccelli. I danni sono registrabili in tutte le regioni anche se sono differenziati in ragione del territorio, delle culture presenti e delle specie che li causano;
    secondo le associazioni di categoria i danni complessivi causati dai cinghiali (il cui numero è attualmente superiore a milione di unità nel nostro Paese) ai raccolti agricoli ed in seguito agli incidenti stradali provocati ammontano a circa 100 milioni di euro di danni ogni anno;
    nonostante la necessità di misure urgenti atte a contrastare ogni ulteriore sviluppo di tale tipologia di fauna selvatica appare comunque evidente che le norme presenti al comma 1 ed al comma 2 dell'articolo 7 del disegno di legge in esame siano in contraddizione: se da un lato si prevede infatti, alle Aziende Faunistico Venatorie delle Aziende Agrituristico Venatorie adeguatamente recintate, di immettere cinghiali (e quindi se ne consente l'allevamento), dall'altro si nega loro il foraggiamento,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che le Aziende Faunistico Venatorie e le Aziende Agri- turistico Venatorie, adeguatamente recintate, che possono immettere cinghiali, siano abilitate altresì a provvedere al loro foraggiamento.
9/2093-B/42. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    alla data odierna non è stata spesa la somma di dieci milioni di euro stanziati per la bonifica dall'amianto dei comuni della Valle del Belice stanziati tre anni fa,

impegna il Governo:

   a valutare l'ipotesi di dare seguito all'impegno preso e ad usare allo scopo preposto la somma accantonata;
   nonché a valutare attraverso gli organi di verifica preposti la necessità di attuare interventi aggiuntivi.
9/2093-B/43Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto si evince dai dati estratti dal documento «Il libro rosso della ciclabilità e della mobilità nuova» redatto nel corso degli «Stati Generali della bicicletta e della mobilità nuova» su iniziativa di FIAB, Legambiente e ANCI, l'Italia è il Paese europeo con la più alta densità di automobili e con la minore propensione all'uso di mezzi alternativi e rispettosi dell'ambiente come ad esempio la bicicletta;
    secondo i predetti dati, infatti, ci sono circa 36 milioni di auto, il 17 per cento dell'intero parco circolante in Europa, a fronte di una popolazione pari al 7 per cento di quella dell'intero continente. Ciò significa che per ogni 100 abitanti in media in Italia ci sono 65 automobili. La differenza tra Italia ed Europa si nota anche nelle grandi città: ad Amsterdam e Parigi il rapporto è di 25 auto su 100 abitanti, mentre a Roma è 70 e a Torino 62 su 100;
    secondo i dati Euromobility l'Italia è il Paese con il maggior indice di motorizzazione privata in Europa mentre la media europea si attesta al 46 per cento. Ogni auto, che molto spesso viaggia con il solo conducente a bordo, circola solo per due ore al giorno, e nelle altre 22 ore resta parcheggiata;
    un dato importante è quello che evidenzia quanto sia possibile, ma non praticato, compiere brevi e molteplici spostamenti quotidiani utilizzando mezzi sostenibili dal punto di vista ambientale come la bicicletta. Secondo l'ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti), infatti, l'automobile è utilizzata dall'83 per cento degli italiani, nonostante che il 60 per cento degli spostamenti abituali non superi i 5 Km, il 40 per cento i 2 Km ed il 15 per cento un solo km, e che la distanza di 1 Km è di fatto percorsa agevolmente a piedi, mentre una distanza compresa tra 2 e 5 Km è facilmente percorribile in bicicletta;
    ai dati appena citati è opportuno aggiungere che gli accordi raggiunti nel corso della COP-21 di Parigi nonché le direttive europee richiedono ai Paesi membri una forte riduzione dei livelli di emissioni atmosferiche per mitigare il rischio del riscaldamento globale e limitare l'aumento di temperatura nei prossimi decenni a 1,5o centigradi, cosa che è possibile raggiungere soltanto attuando politiche finalizzate a spostare quote significative di traffico motorizzato verso altre modalità di trasporto sostenibile, tra le quali la bicicletta;
    secondo l’European Cyclists’ Federation (ECF), un contributo utile alla lotta ai cambiamenti climatici si avrebbe se, a seguito di adeguate politiche locali a favore della mobilità ciclistica, entro il 2020 la media europea di spostamenti in bici passasse dall'attuale 4 per cento al 15 per cento e se gli incidenti mortali ai danni dei ciclisti si riducessero del 50 per cento. Per questo motivo l'ECF ha sollecitato i sindaci delle città europee a sottoscrivere un documento di impegni in tal senso denominato «Carta di Bruxelles»;
    secondo il rapporto ISTAT del 12/11/2008, sono molte le Nazioni, in particolare europee, che hanno da tempo puntato sulla ciclabilità come componente fondamentale di un modello di mobilità sostenibile, complementare ai mezzi pubblici su gomma e su ferro, sia nei contesti cittadini sia per il pendolarismo. Ormai l'opinione pubblica ha compreso l'importanza della bici e dei mezzi pubblici per contrastare uno dei problemi considerati prioritari: il traffico e la sicurezza stradale sono priorità al pari della criminalità;
    a livello europeo esiste già una grande infrastruttura ciclabile denominata Euro Velo che attraversa anche il nostro Paese e che potrebbe essere considerata un valido punto di inizio per una rete ciclabile nazionale. È un progetto dell’European Cyclists’ Federation, finalizzato a realizzare entro il 2020 una rete transeuropea di ciclovie di alta qualità che consenta di andare in bicicletta da nord a sud e da est ad ovest dell'Europa. A progetto completato la rete EuroVelo sarà lunga 70.000 Km. Attualmente sono previste 14 ciclovie già fruibili per oltre 40.000 Km di strade ciclabili sicure, confortevoli, riconoscibili, segnalate e collegate ai principali nodi di interscambio modale (stazioni, porti, aeroporti);
    la bicicletta, dunque, è una delle chiavi di volta per una mobilità urbana diversa, innovativa e si rivela, con efficacia, complementare all'uso dei mezzi pubblici e sempre alternativa alle altre modalità di spostamento motorizzate. È facile dedurre, dunque, che le linee politiche del Governo dovrebbero tendere sempre di più a promuovere azioni di valorizzazione della mobilità sostenibile anche disincentivando l'uso delle auto, potenziando le infrastrutture ciclabili nazionali e quindi incentivando l'uso delle biciclette soprattutto per i molteplici, brevi e quotidiani spostamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure tendenti all'incentivazione della mobilità sostenibile tra i centri abitati ed in particolar modo volte alla istituzione di una rete nazionale ciclistica, al completamento e al potenziamento delle infrastrutture ciclabili esistenti.

9/2093-B/44Matarrese, Dambruoso, D'Agostino, Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 4 del collegato ambientale si modifica la normativa per il riordino dell'ENEA già previsto nella Legge n. 99 del 2009;
    sarebbe opportuno, come anche in origine previsto da un atto di indirizzo del Parlamento con la risoluzione n. 8-00027 del 28/11/2013, che prima della fase attuativa del suddetto articolo 4, il Governo approfondisca alcune questioni di merito e il ruolo dell'ENEA, il quale nei settori strategici dell'energia e dell'ambiente svolge un ruolo determinante nella ricerca, nell'innovazione e nel fornire servizi specialistici alla collettività;
    un ruolo scientifico che, insieme ai compiti di agenzia tecnologica, è reso ancora più rilevante dopo il processo messo in moto dalla COP21 di Parigi per contrastare i mutamenti climatici; tale processo richiederà un impegno ancora più forte in particolare nei settori dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili;
    nei primi mesi del 2016, partirà la fase attuativa della legge delega, cosiddetta legge Maida, sulla ricerca nel più generale riordino della PA, con l'obiettivo di salvaguardare e valorizzare le specificità del settore, per garantire una governance unitaria degli enti pubblici di ricerca, il coordinamento e assicurare le migliori sinergie possibili, a prescindere dalle differenze conseguenti dall'essere vigilati da diversi Ministeri;
    in questo contesto l'ENEA non può rimanere estraneo a questo processo di riordino, né può prescindere da una collaborazione programmatica e stretta con il MIUR, all'interno del più generale Piano Nazionale per la Ricerca;
    l'ENEA allo stato attuale, impiega in modo particolare 1.800 ricercatori e tecnici nei tre dipartimenti Energia, Sviluppo Sostenibile, Fusione, con strategia di breve, medio e lungo termine, in gran parte all'interno di obiettivi europei; a queste attività si aggiungono i compiti di Agenzia Nazionale per l'Efficienza Energetica;
    la futura governance dell'Ente dovrebbe tenere conto di questa specificità tecnico-scientifica;
    in questo senso appare logico auspicare una distinzione netta fra i compiti di gestione e quelli di indirizzo politico amministrativo; l'istituzione di un Comitato Tecnico Scientifico, come previsto dalla Carta europea dei ricercatori; per consentire una migliore trasparenza, partecipazione e qualità nella definizione dei programmi strategici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che il processo riorganizzativo dell'ENEA, così come definito nel testo rivisto dal Senato, sia subordinato ad una completa rifocalizzazione tematica dell'ente da realizzarsi in tempi rapidi e che si preveda opportunamente, nelle condizioni attuali, anche il coinvolgimento del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca.

9/2093-B/45Realacci, Epifani, Borghi, Benamati, Zaratti, Ricciatti, De Rosa, Vallascas, Abrignani, Vignali, Pellegrino.