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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 21 dicembre 2015

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 dicembre 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Miotto, Monchiero, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
   Sentenza n. 247 del 21 ottobre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 550), con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 5, comma 1, 14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico) e dell'articolo 32-bis, comma 3, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), sollevate, in riferimento agli articoli 2, 21, 24, 25, primo comma, e 41 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio:
  alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);

   Sentenza n. 248 del 21 ottobre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 551), con la quale:
    dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli articoli 1, 2 e 4 della Costituzione, dal tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell'esecuzione;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, dal tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell'esecuzione:
  alla II Commissione (Giustizia);

   Sentenza n. 249 del 3 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 552), con la quale:
    dichiara estinti i processi, relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 481, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosse dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 481, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento agli articoli 2, comma 1, lettera a), 3, comma 1, lettere f) ed l), 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), nonché agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ed alla normativa di attuazione statutaria di cui alla legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta) ed ai principi di leale collaborazione e ragionevolezza, dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 481, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento agli articoli 17, lettere b) e c), e 20, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana:
  alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XII (Affari sociali);

   Sentenza n. 250 del 3 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 553), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 496, lettere b) e c), e 497, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale – Legge di stabilità 2014), promossa, in riferimento agli articoli 117, terzo e quarto comma, 118, primo e secondo comma, 119, primo comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, dalla regione Puglia;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 497, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, nonché ai principi di razionalità e ragionevolezza e agli articoli 117, terzo e quarto comma, 118, primo e secondo comma, e 119, primo e quinto comma, della Costituzione, dalla regione Puglia;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 496, lettere b) e c), e 497, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento agli articoli 117, quinto comma, 119, primo comma, e al principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120 della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 496, lettere b) e c), e 497, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 119, primo comma, e all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 496, lettere b) e c), e 497, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo e quarto comma, e all'articolo 119, primo comma, della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 496, lettere b) e c), e 497, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento al principio di ragionevolezza, dalla regione Veneto:
  alla V Commissione (Bilancio);

   Sentenza n. 251 del 4 novembre 2015-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 554), con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», promossa – in riferimento agli articoli 3, 11, 23, 117, primo comma, e 120 della Costituzione – dalla regione Veneto:
  alla VI Commissione (Finanze);

   Sentenza n. 252 del 18 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 555), con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 639 e 703, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosse, in riferimento agli articoli 14, lettera o), 36, 37 – in relazione all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) - e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché in riferimento agli articoli 81, 119, quarto comma, della Costituzione e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 730, della legge n. 147 del 2013, promosse in riferimento agli articoli 37 e 43 dello statuto della Regione siciliana e all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 730, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento agli articoli 119, quarto comma, e 81 della Costituzione e agli articoli 14, lettera o), e 36 dello statuto della Regione siciliana, dalla Regione siciliana:
  alla VI Commissione (Finanze);

   Sentenza n. 253 del 17 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 556), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promossa, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nonché ai principi di chiarezza normativa e di certezza del diritto, dalla regione Puglia:
  alla VI Commissione (Finanze);

   Sentenza n. 254 del 18 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 557), con la quale:
    dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla regione autonoma Trentino-Alto Adige, limitatamente all'articolo 1, comma 487, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014);
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 487, della legge n. 147 del 2013, promossa dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in riferimento agli articoli 48 e 49 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia), e all'articolo 119 della Costituzione;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 487, della legge n. 147 del 2013, promossa dalla Regione siciliana, in riferimento agli articoli 4 e 36 dello statuto regionale (approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), e all'articolo 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria):
  alla V Commissione (Bilancio);

   Sentenza n. 263 del 3 novembre-11 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 561), con la quale:
    dichiara estinti, ai sensi dell'articolo 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, i giudizi promossi dalle regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano;
    dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 429, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosse dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 427 e 429, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento agli articoli 81, sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo e sesto comma, della Costituzione, all'articolo 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), dalla Regione siciliana;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 427 e 429, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento all'articolo 43 del regio decreto legislativo n. 455 del 1946, dalla Regione siciliana:
  alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
   con lettera in data 3 dicembre 2015, Sentenza n. 245 del 4 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 548), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 388, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014), nella parte in cui prevede «non abbia espresso il nulla osta» anziché «espresso il diniego di nulla osta»;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 388, della legge n. 147 del 2013, promossa, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, dalla regione Veneto:
  alla VI Commissione (Finanze;
   con lettera in data 3 dicembre 2015, Sentenza n. 246 del 4 novembre-3 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 549), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 179, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), nella parte in cui si applica alla Regione siciliana;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, commi da 431 a 435, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui riservano allo Stato il maggior gettito tributario derivante dal contrasto all'evasione fiscale di entrate non nominativamente riservate allo Stato, riscosse nell'ambito del territorio della Regione siciliana;
    dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, limitatamente all'articolo 1, commi 157, 179, 431, lettera b), e 435, della legge n. 147 del 2013;
    dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Trento, limitatamente all'articolo 1, commi 157 e 179, della legge n. 147 del 2013:
  alla VI Commissione (Finanze);

   con lettera in data 11 dicembre 2015, Sentenza n. 260 del 1o-11 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 558), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 40, comma 1-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui prevede che l'articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine:
  alla XI Commissione (Lavoro);

   con lettera in data 11 dicembre 2015, Sentenza n. 261 del 17 novembre-11 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 559), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, nella parte in cui non prevede che il piano strategico nazionale della portualità e della logistica sia adottato in sede di Conferenza Stato-regioni:
  alla IX Commissione (Trasporti);

   con lettera in data 11 dicembre 2015, Sentenza n. 262 del 2-11 dicembre 2015 (Doc. VII, n. 560), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2941, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede che la prescrizione sia sospesa tra la società in nome collettivo e i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi:
  alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 17 dicembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza della professione infermieristica (ENPAPI), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 344).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 17 dicembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa di previdenza delle Forze armate, per gli esercizi dal 2013 al 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 345).

  Questi documenti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa), alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettere in data 17 dicembre 2015, ha trasmesso le relazioni, aggiornate rispettivamente al mese di marzo e al mese di giugno 2015, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2015.

  Queste relazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 17 e 18 dicembre 2015, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relative alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga taluni atti nel settore della sanità animale («normativa in materia di sanità animale») (11779/1/15 REV 1), corredata dalla relativa motivazione (11779/1/15 REV 1 ADD 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  La Commissione europea, in data 18 dicembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, in sede di Comitato misto SEE riguardo a una modifica dell'allegato XXI (Statistiche) dell'accordo SEE (statistiche sulla spesa per l'assistenza sanitaria) (COM(2015) 656 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 656 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili e che abroga la direttiva 73/44/CEE del Consiglio e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 96/73/CE e 2008/121/CE (COM(2015) 657 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, nell'ambito del comitato per il controllo da parte dello Stato di approdo del memorandum d'intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato di approdo (COM(2015) 664 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 664 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione che deve essere adottata a nome dell'Unione europea in merito alla raccomandazione del comitato misto per la riammissione istituito ai sensi dell'accordo di riammissione tra la Comunità europea e la Federazione russa, sulle domande di riammissione che richiedono l'organizzazione di interviste (COM(2015) 666 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 666 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla messa in opera, il funzionamento e l'efficacia del dominio di primo livello .eu (COM(2015) 680 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI GIANLUCA PINI ED ALTRI N. 1-01067, GRANDE ED ALTRI N. 1-01086, CICCHITTO, AMENDOLA, MONCHIERO, DELLAI, LOCATELLI ED ALTRI N. 1-01087, BRUNETTA ED ALTRI N. 1-01088 E PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-01089 CONCERNENTI INIZIATIVE PER RILANCIARE LA COLLABORAZIONE CON LA RUSSIA IN RELAZIONE ALLA MINACCIA TERRORISTICA DI MATRICE JIHADISTA, NONCHÉ PER RICONSIDERARE LA QUESTIONE DELLE SANZIONI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    sono state impresse recenti trasformazioni agli equilibri internazionali dal sorgere del sedicente Stato Islamico a cavallo tra Siria ed Iraq ed è stata avviata una campagna terroristica di maggiori proporzioni, che ha comportato nel breve volgere di tre settimane l'abbattimento di un jet di linea russo che volava sul Sinai, l'esplosione di due bombe a Beirut e, da ultimo, i gravi attentati che hanno sconvolto Parigi, con un totale complessivo di quasi 400 vittime accertate;
    al novero dei Paesi che combattono attivamente il sedicente Stato Islamico, che ha rivendicato la paternità di due degli attentati sopra menzionati, si è aggiunta, da fine settembre 2015, la Russia, le cui navi ed i cui aerei collaborano adesso fattivamente con quelli francesi, impegnati nell'effettuazione di una rappresaglia contro la capitale del sedicente Califfato;
    si registra un nuovo clima di distensione tra Mosca e Washington, rilevato dopo gli attentati parigini da tutti gli osservatori presenti al Summit del G20 svoltosi ad Antalya, dove ha avuto luogo anche un incontro bilaterale russo-americano tra il Presidente Vladimir Putin ed il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama;
    esistono ormai delle cooperazioni di fatto, in qualche caso regolate anche da veri e propri memorandum of understanding, fra i quali si segnala proprio quello siglato da americani e russi per evitare sovrapposizioni ed incidenti nei cieli siriani;
    va rimarcato il carattere paradossale di una situazione che vede ormai le forze occidentali cooperare attivamente contro un comune nemico con un Paese, la Federazione Russa, che è da tempo bersaglio delle sanzioni decretate dall'Unione europea;
    si evidenzia la circostanza che tra le personalità oggetto di sanzioni individuali figuri anche il generale che comanda le forze russe operanti nello scacchiere siriano, Andreï Kartopolov;
    va apprezzata la circostanza che si raccomanda una più stretta collaborazione tra Europa, Stati Uniti e Russia nella lotta al terrorismo da parte dello stesso Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker;
    agli inizi del 2016 l'Unione europea sarà chiamata a rivalutare la situazione in Ucraina e a decidere dell'eventuale proroga, rimodulazione o cancellazione delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa,

impegna il Governo:

   a rilanciare la collaborazione politico-strategica con la Russia sulla base dell'esposizione ad una comune minaccia, che è quella del terrorismo a matrice jihadista, sfruttando a questo scopo tanto l'ambito atlantico, cioè coinvolgendo anche gli Stati Uniti nel rilancio degli accordi di Pratica di Mare, quanto quello europeo e bilaterale;
   a promuovere la rimozione o, in subordine, la rimodulazione del regime sanzionatorio imposto contro la Russia a causa dell'annessione della Crimea.
(1-01067) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'aggravarsi della crisi ucraina, l'Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno adottato sanzioni nei confronti della Federazione russa, in risposta alle quali le autorità russe hanno disposto un embargo su diverse tipologie di beni e servizi provenienti da Unione europea, Stati Uniti d'America, Australia, Canada e Norvegia;
    il perdurare della crisi ucraina ha determinato ulteriori e più gravi misure sanzionatorie e restrizioni culminate con la decisione – unanime – dei ventotto Stati membri dell'Unione europea che, il 17 giugno 2015, attraverso i propri ambasciatori permanenti, hanno consentito di prorogare sino al 31 gennaio 2016 le sanzioni economiche contro la Federazione russa, ritenuta colpevole di aver destabilizzato l'Ucraina favorendo, inoltre, la guerra civile attraverso un intervento militare giudicato illegittimo. Tale decisione, poi, formalmente approvata in Lussemburgo il 22 giugno 2015 nel corso della riunione intercorsa fra i Ministri degli esteri dei rispettivi Paesi, ha determinato, inevitabilmente, l'estensione delle contro-sanzioni adottate dalla stessa Federazione russa contro l'Unione europea, Stati Uniti d'America, Canada e Norvegia;
    questo tipo di politica estera segue con fermezza la linea adottata in sede europea, una linea che formalmente vuole mantenere una parvenza di risposta unitaria nei confronti della Federazione russa, ma che, al contempo, dimostra sempre più la fragilità della politica estera europea;
    l'Italia, in modo particolare, sta pagando un prezzo assai caro in termini politico-economici, vedendo giorno dopo giorno sempre più indebolita la propria rilevanza politica in un Paese che ha dimostrato di poter essere, soprattutto negli ultimi anni, per il nostro Paese, un partner fondamentale: l'esempio forse più rilevante è la cancellazione del contratto tra Gazprom e Saipem (gruppo Eni) che prevedeva la costruzione di un gasdotto lungo il Mar Nero con un danno stimato di circa 2,2 miliardi di dollari. Il calo delle esportazioni dell'11,6 per cento rispetto al 2014 è quantificabile, secondo stime della Coldiretti, in 1,25 miliardi di euro;
    la Federazione russa, tra l'altro, ha dovuto anche registrare l'esclusione dall'Assemblea parlamentare dell'Osce. Non può sfuggire, in questo caso, il sorprendente paradosso per cui – pur avendo sanzionato anche singoli esponenti politici russi – secondo l'Unione europea, il regime di sanzioni non si applica in casi inerenti alla partecipazione alle attività delle organizzazioni internazionali;
    di fatto, sono intervenuti importanti mutamenti nello scenario mondiale, anche e soprattutto a seguito dell'intensificarsi degli attentati di matrice terroristica riconducibili allo stato islamico (Daesh); sulla base di questi accadimenti risulta sempre più evidente la necessità di un approccio multilaterale alla minaccia terroristica nell'ottica di una cooperazione internazionale dalla quale una potenza come quella russa non può risultare esclusa;
    proprio la Federazione russa sta svolgendo un ruolo chiave nell'evoluzione dei rapporti tra occidente e Medio Oriente in Siria e in Turchia, portando avanti importanti e incisive iniziative in campo politico-diplomatico unitamente a un massiccio dispiegamento di forze militari proprio nel conflitto siriano. Nella lotta al terrorismo può e deve riaprirsi un dialogo istituzionale di vitale importanza per la cooperazione, la pacificazione e la diplomazia occidentale tanto per la risoluzione dei conflitti geograficamente più vicini al nostro continente quanto per altri e altrettanto gravi, certamente assai più lontani dal sentire comune ma comunque allarmanti in termini umanitari piuttosto che di conseguenze politiche più o meno dirette;
    questo tipo di cooperazione, tuttavia, può essere minata da decisioni interpretabili come provocatorie quali, ad esempio, la scelta di invitare lo Stato del Montenegro ad entrare nell'Alleanza Atlantica. Tutto ciò, da una prospettiva russa, non può non alimentare una già evidenziata «sindrome da accerchiamento» ed essere perciò interpretata come una gravissima e inaccettabile provocazione,

impegna il Governo:

   a promuovere e sostenere in sede europea iniziative finalizzate alla revoca del reiterato regime di sanzioni al fine di evitare che gli interessi nazionali vengano colpiti ancor più duramente di quanto avvenuto fino ad ora;
   ad attivarsi concretamente in sede europea perché venga adottato ogni intervento necessario affinché possano essere garantite maggiori risorse utili al risarcimento delle imprese e dei produttori europei danneggiati dall'embargo russo, prevedendo misure eccezionali per fronteggiare la situazione congiunturale venutasi a creare.
(1-01086) «Grande, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni, Del Grosso, Di Battista, Scagliusi, Crippa».


   La Camera,
   premesso che:
    gli avvenimenti internazionali, legati all'offensiva terroristica del sedicente Stato islamico e alla conseguente formazione di una più ampia coalizione per combatterlo ed eliminare la minaccia che porta alla stabilità dell'area e alla sicurezza, confermano la linea seguita dall'Italia nei consessi internazionali, e in particolare il sostegno pieno ai partner europei, la partecipazione significativa alle azioni della coalizione anti-Daesh, la distinzione tra la necessaria collaborazione con la Federazione russa nella contrapposizione allo Stato islamico, un'auspicata riapertura del dialogo strategico con la stessa e il riconoscimento dell'esistenza di un irrisolto dissenso sulla questione ucraina;
    la stessa Russia non ha mai inteso collegare diplomaticamente e politicamente le diverse questioni, non subordinando in alcun modo la partecipazione allo sforzo anti-Daesh e il miglior coordinamento cui si deve necessariamente arrivare in quell'area a una rimozione delle sanzioni europee per la crisi ucraina;
    già con la mozione n. 1-00920 del 25 giugno 2015, approvata in Assemblea, si ribadiva che «la Russia costituisce un soggetto di fondamentale importanza negli equilibri non solo europei ma globali; le relazioni tra Italia e Russia sono storicamente solide sul piano economico, con forti e strutturati scambi commerciali e collaborazioni tra i rispettivi sistemi produttivi; il Presidente Putin, attraverso interviste, viaggi e partecipazioni ad eventi internazionali come Expo 2015, ha più volte recentemente dichiarato la propria volontà di costituire per l'Occidente un partner affidabile»;
    in questo senso si è sempre mosso il Governo italiano, contribuendo a una corretta e proficua facilitazione dei rapporti tra Europa, Stati Uniti e Federazione russa che ha portato: all'avvio positivo a Vienna del dialogo politico tra i diversi attori della crisi siriana per porvi fine, presupposto per un più efficace contrasto a Daesh; alla recente firma a Skhirat di un accordo per la costituzione di un Governo provvisorio in Libia con la partecipazione delle diverse fazioni che si contrapponevano sul terreno; infine alla probabile consacrazione di questi passi in avanti in seno alle Nazioni Unita con la presentazione di risoluzioni concordate in Consiglio di sicurezza su Libia e Siria al fine di avere anche una ulteriore legittimazione da parte delle Nazioni Unite per la coalizione internazionale che si oppone al sedicente Stato islamico;
    purtroppo, permangono invece le ragioni per le quali l'Unione europea ha deciso di adottare misure sanzionatorie nei confronti della Russia, a seguito della condanna per la violazione della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'indipendenza dell'Ucraina, a causa dell'illegittima annessione della Crimea, sanzioni la cui rimozione è legata alla piena e completa attuazione degli accordi di Minsk e che dovrà essere decisa con l'accordo degli altri partner europei e d'intesa con gli Stati Uniti, non potendosi dare luogo ad alcun atto unilaterale;
    nonostante questa situazione, con grande equilibrio e responsabilità il Governo italiano ha già posto significativamente in seno all'Unione il tema di un attento esame dell'evoluzione della situazione ucraina, auspicando che la Russia contribuisca a creare le condizioni per superare la situazione attuale;
    tale posizione è valsa una discussione approfondita in ambito Coreper (il Comitato dei rappresentanti permanenti) il quale ha comunque stabilito di prorogare le sanzioni di altri sei mesi;
    le sanzioni, quantunque rappresentino uno strumento straordinario e non possano considerarsi la modalità ottimale per la soluzione dei problemi, per i sacrifici che impongono alle popolazioni che le subiscono e ai Paesi che le attuano, rappresentano tuttavia la reazione inevitabile e concordata a livello internazionale a una grave violazione del diritto internazionale e degli accordi sottoscritti dalla stessa Russia a partire dagli accordi Helsinki del 1975,

impegna il Governo:

   a intensificare e rafforzare la propria azione politico-diplomatica verso la Russia e l'Ucraina, al fine di ottenere il rispetto pieno degli accordi di Minsk, il pieno rispetto del diritto internazionale in Ucraina, il superamento dello stato di tensione e di crisi dell'area e un'adeguata tutela dei diritti umani delle persone e delle minoranze, con particolare riguardo alle condizioni dei rifugiati in entrambi i Paesi;
   a sostenere con grande convinzione l'azione dell'Unione europea e qualsiasi ulteriore sforzo della comunità internazionale che vada nella medesima direzione e, in questo quadro, ad aprire in sede di Unione europea un confronto su possibili misure compensative adeguate a sostenere le imprese e i sistemi di filiera più colpiti dagli effetti dell'embargo russo;
   a fare quanto in proprio potere per alleviare le condizioni di difficoltà che il settore agroalimentare italiano sta registrando a causa dell'embargo russo;
   a rispettare le decisioni in sede europea circa le sanzioni nei confronti della Russia, riproponendo ogni necessario e serio approfondimento sull'attualità e sull'efficacia delle stesse alla luce dei passi avanti auspicati nell'implementazione degli accordi di Minsk e del miglioramento del contesto politico e di dialogo, nell'auspicio che si creino – anche con il concorso dell'Italia – tutte le condizioni per il pieno recupero del quadro di cooperazione politica ed economica con la Russia.
(1-01087) «Cicchitto, Amendola, Monchiero, Dellai, Locatelli, Nicoletti, Alli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    la terribile pagina nera scritta lo scorso 13 novembre 2015 ha scosso profondamente gli animi, e richiamato con forza la necessità di un nuovo approccio alla lotta al terrorismo; gli attentati di Parigi, ideati e compiuti da cittadini regolarmente residenti sul territorio europeo, e che all'interno dello stesso circolavano liberamente, mostrano ancora una volta quanto il contrasto al terrorismo non possa che avvenire innanzitutto a livello europeo ed internazionale;
    il terrorismo che attualmente minaccia il mondo occidentale è di matrice islamica e trova il proprio fondamento ideologico, ma anche spesso finanziario e operativo, all'interno dell'autoproclamatosi Stato islamico dell'Iraq e della Siria (Isis). L'Isis ad oggi, a seguito del vuoto di potere che si è creato nel paese dopo l'intervento occidentale contro il regime di Gheddafi, ha conquistato anche alcune città libiche, avvicinandosi sempre di più alle coste italiane e moltiplicando le minacce all'Italia e ad altri Paesi europei;
    il terrorismo rappresenta una minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità di ciascun Paese, ma soprattutto ai diritti e alla libertà dei suoi cittadini. Gli attentatori radicali islamici, che sono spesso kamikaze, sono animati dalla volontà di arrecare distruzione e morte in maniera indiscriminata, coinvolgendo ogni fascia della popolazione, ogni ambiente, ogni simbolo del cosiddetto stile di vita occidentale. Il terrorismo è un atto criminale ingiustificabile in qualsiasi circostanza;
    malgrado le accresciute misure di sicurezza a livello nazionale, europeo e internazionale, nonché la crescente cooperazione tra i Paesi europei ed extra europei, la minaccia terroristica rimane altissima, come gli allarmi e le operazioni di polizia che si susseguono in tutte le principali città europee, a cominciare da Bruxelles, in cui risiedevano molti degli attentatori di Parigi, dimostrano;
    inoltre, la minaccia posta dai cittadini europei, o comunque appartenenti a Stati del mondo occidentale, radicalizzati, molti dei quali sono anche foreign fighters, ovvero si sono recati all'estero per addestrarsi e combattere tra le fila dell'Isis, è destinata a persistere nei prossimi anni. Per rispondere efficacemente a tale problematica occorrono un approccio globale e un impegno a lungo termine;
    per questo, la responsabilità di combattere il terrorismo non può spettare ai soli Stati. L'Unione europea e la comunità internazionale devono svolgere un ruolo di primo piano, data la natura transfrontaliera della minaccia;
    la lotta contro lo Stato islamico, per essere forte e credibile, richiede leadership. E la leadership richiede la capacità e la responsabilità di prendere decisioni, anche quando sono difficili. Una caratteristica che l'Europa, soprattutto sul fronte internazionale, non sembra mostrare;
    a parere dei firmatari del presente atto l'unica decisione di politica estera di un qualche significato presa dall'Europa è stata quella di farsi del male da sola, colpendo la Federazione russa con le sanzioni. Opporsi alle sanzioni non significa acquiescenza nei confronti di quanto avvenuto in Ucraina e in Crimea, ma non era quella la risposta in un tale momento di crisi;
    in questi mesi difficilissimi, l'Unione europea ha colpevolmente dato priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese, mostrandosi «unita» solo su questioni che hanno recato danni all'immagine, all'economia e ai rapporti dell'Europa stessa;
    da ultimo, l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha infatti dichiarato che l'Europa «resta unita» sulle linee guida per l'etichettatura di origine delle merci prodotte nei territori occupati da Israele, con l'unico risultato di ottenere una netta opposizione dello stesso Stato di Israele, che ha dichiarato che l'operazione «potrebbe anche avere implicazioni per le relazioni Israele-Unione europea, e non fa avanzare alcun processo di pace tra Israele e palestinesi»;
    l'Unione europea deve rendersi protagonista, e avviare una riflessione ben più ampia del passato. Non limitarsi a considerare i soli interessi nazionali in gioco, ma cercare di ragionare come un'entità statuale complessiva in termini ambiziosi, e con obiettivi chiari;
    lo scorso 9 dicembre, in seno al Coreper, che riunisce gli ambasciatori dei 28 Paesi dell'Unione europea, l'Italia aveva chiesto un «dibattito politico» sul rinnovo delle sanzioni dell'Unione europea nei confronti della Federazione russa invece di un rinnovo automatico delle stesse per altri sei mesi. Purtroppo, però, nel dibattito che ne è seguito, il nostro Paese non è stato in grado di far prevalere la linea della cancellazione definitiva delle sanzioni, e si è deciso per il rinnovo delle stesse;
    da mesi Forza Italia in Parlamento chiede al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al suo Governo di farsi promotore di una iniziativa nel senso della cancellazione delle sanzioni, come primo fondamentale passo per il disgelo e per costruire l'unità contro il terrorismo, anche alla luce della situazione geopolitica attuale, in cui la minaccia del terrorismo islamico può essere combattuta solo da una grande coalizione internazionale che sotto l'egida dell'Onu metta insieme Europa, Cina, Paesi arabi, Federazione russa e Stati Uniti, coinvolgendo, in particolare, il ruolo di questi ultimi nel favorire processi di pace nel mondo;
    la responsabilità dell'Italia è anzitutto quella di rispettare la sua tradizionale attitudine ad essere un ponte di pace con la Federazione russa, sulla scia di quanto realizzato a seguito degli accordi di Pratica di Mare, nati su impulso del Presidente Silvio Berlusconi, consentendo, nel 2002, una partnership strategica tra Nato e Federazione russa,

impegna il Governo:

   a ridiscutere nell'ambito dell'Unione europea e a riconsiderare la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, e ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di Paesi, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa;
   a rilanciare l'azione del nostro Paese e dell'intera Europa sul fronte della lotta al terrorismo e sul piano internazionale in generale, soprattutto con riguardo allo scenario mediterraneo e mediorientale, attraverso una collaborazione politico-strategica con la Russia, coinvolgendo anche gli Stati Uniti nella ripresa degli accordi di Pratica di Mare.
(1-01088) «Brunetta, Bergamini, Giammanco, Carfagna, Polidori, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    in data 21 dicembre 2015 il Consiglio UE ha prorogato di altri 6 mesi le sanzioni alla Russia in scadenza il 31 gennaio 2016;
    la decisione è stata presa in seguito alla deliberazione del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) dello scorso 18 dicembre in ragione del fatto che «gli accordi di Minsk non verranno pienamente attuati entro il 31 dicembre»;
    nella stessa data, a seguito dell'intenzione dell'Ucraina di dare attuazione alla parte economica dell'Accordo di associazione con l'Unione europea e quindi di unirsi alle sanzioni contro la Federazione Russa, il Primo ministro Russo Dmitry Medvedev ha annunciato l'introduzione dal 1° gennaio di dazi e di un embargo alimentare contro l'Ucraina, quindi per «proteggere il proprio mercato»;
    oggi appare sempre più evidente che la gestione della crisi e le conseguenti sanzioni imposte dall'Unione europea sono state una scelta avventata, subordinata alle politiche espansionistiche dell'Alleanza Nord Atlantica e degli Stati Uniti d'America, il cui costo in realtà è ricaduto esclusivamente sui popoli dei suoi Stati membri che hanno pagato un prezzo elevato in questi mesi;
    la politica di espansione nell'est Europa della Nato che ha portato all'adesione di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia (1999), Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia (2004), Albania e Croazia (2009) è stata indubbiamente un fattore scatenante della crisi;
    tale politica, mentre da un lato ha portato molti vantaggi ai membri dell'Alleanza, indubbiamente dall'altro lato ha contribuito notevolmente a peggiorare le relazioni internazionali con la Russia e ad acuire le tensioni tra la Russia e i Paesi della NATO;
    su tutte, basti citare le tensioni e minacce di intervento militare in risposta allo scudo missilistico della Nato, portando all'installazione di numerosi missili Iskander M russi lungo il confine con la Polonia e i Paesi baltici Estonia, Lettonia e Lituania;
    le stesse tensioni Nato-Russia si sono riprodotte nel conflitto siriano e specificatamente nelle recenti ostilità tra Turchia e Russia;
    appare evidente, con queste premesse, che il succitato accordo di associazione con l'Unione europea venga visto dalla Russia come un passaggio prima o poi finalizzato all'ingresso dell'Ucraina nella Nato;
    è quindi oggi quanto mai necessaria un'azione che tolga la Russia dal «complesso dell'accerchiamento» e che, al tempo stesso, crei le basi per una politica di vicinato dell'Unione Europea più libera dalle logiche espansionistiche della NATO anche alla luce delle nuove positive relazioni che intercorrono tra Stati Uniti d'America e Federazione russa;
    in ultimo non può ignorarsi la presenza della Federazione Russa in Medio oriente e nel conflitto siriano e quindi la necessità di garantire un approccio multilaterale nella lotta agli estremismi jihadisti e al terrorismo di Daesh, in cui la Russia non può essere considerato come uno «Stato ostile»,

impegna il Governo:

   a sostenere in sede europea tutte le iniziative tese alla cancellazione o in subordine, all'alleggerimento significativo delle sanzioni dell'Unione europea nei confronti della Federazione russa;
   ad attivarsi prontamente in sede europea al fine di garantire maggiori risorse per compensare il danno prodotto dalle restrizioni alle importazioni applicate dalla Federazione russa alle imprese, ai produttori e ai cittadini dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per evitare ogni altra precipitazione bellica della crisi ucraina e quindi per garantire che non vi sia alcuna sovrapposizione, ruolo e partecipazione della Nato alla crisi ucraina, rilanciando in sede di Unione europea una soluzione diplomatica che coinvolga Russia e Ucraina e contribuisca a consolidare l'accordo di Minsk del 12 febbraio 2015.
(1-01089) «Palazzotto, Scotto, Ricciatti, Duranti, Piras, Fava, Ferrara».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 4 DICEMBRE 2015, N. 191, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA CESSIONE A TERZI DEI COMPLESSI AZIENDALI DEL GRUPPO ILVA (A.C. 3481)

A.C. 3481 – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 4 dicembre 2015 n. 191 è il nono provvedimento d'urgenza adottato per fronteggiare l'emergenza ILVA di Taranto. Il suddetto decreto interviene sulla procedura di amministrazione straordinaria del gruppo relativo al trasferimento dei complessi aziendali delle imprese;
    continua da parte del Governo un abnorme e inappropriato uso della decretazione d'urgenza, attraverso il quale, in via di prassi, si assiste al radicale e inaccettabile spostamento della produzione legislativa dal Parlamento al Governo stesso;
    con l'uso eccessivo della decretazione d'urgenza viene alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi, da tanto e troppo tempo, di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
    il susseguirsi continuo dei decreti-legge, con norme derogatorie, generiche oppure oscuramente formulate, appare sempre lo strumento meno idoneo a garantire soluzioni efficaci, equilibrate e soprattutto durevoli per la grave situazione di Taranto;
    anche questo provvedimento viene giustificato dal fatto di salvaguardare il tessuto socioeconomico del territorio contemperandolo con le esigenze della salute e tutela ambientale;
    l'asserito contemperamento delle esigenze di tutela dell'ambiente con l'interesse alla produzione di cui all'articolo 41 della Costituzione è stato reiteratamente utilizzato quale strumento per derogare alla disciplina ordinaria in tema di autorizzazioni ambientali così come prevista al comma 9 del decreto in oggetto, peraltro in violazione dell'articolo 97 della Costituzione laddove si prevede lo sdoppiamento di procedure autorizzative in materia ambientale, e anche su questo aspetto come nei precedenti decreti non si salvaguarda la salute dei cittadini ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione e nemmeno la tutela dell'ambiente ai sensi dell'articolo 9;
    il percorso seguito finora per il risanamento dell'Ilva è stato accidentato e non ha mai raggiunto compiutamente le finalità preposte come salvaguardia e tutela dell'ambiente e della salute;
    il calvario dell'Ilva è cominciato con la fase uno sotto la dirigenza del commissario straordinario Enrico Bondi, che ha puntato su un piano industriale messo a punto con i consulenti di McKinsey. Poi, uscito di scena Bondi, è arrivato Piero Gnudi, convinto che la priorità fosse trovare un nuovo assetto dell'azionariato, per ridare solidità al gruppo con l'apporto di soci privati, internazionali e italiani;
    i tentativi non sono riusciti, perché i potenziali azionisti hanno detto con chiarezza che i problemi dell'Ilva erano drammatici, gli investimenti ambientali non sopportabili da privati, le inchieste avviate dalla magistratura, soprattutto di Taranto, determinano un quadro di assoluta incertezza;
    è sorto il dubbio, di conseguenza, che i privati intendessero forzare la mano, ingigantendo i problemi dell'Ilva, per poi acquistarla a basso costo. Insomma, il sospetto è stato che ArcelorMittal guidasse una cordata che, con termine giornalistico, è stata definita «I furbetti dell'acciaio». Così l'operazione Gnudi non ha avuto esito ed è cominciata la fase tre, con la regia dell'ex amministratore delegato di Luxottica, Andrea Guerra, passato nel ruolo di super consulente per Palazzo Chigi;
    l'occasione da non perdere è stata considerata l'inchiesta della procura di Milano contro i Riva, gli ex azionisti di comando dell'Ilva, finiti sulla panchina degli imputati, ritenuti colpevoli di una lunga serie di reati. Erano giorni in cui Guerra spendeva parole di elogio per il lavoro svolto dai magistrati milanesi. Da Palazzo di giustizia filtravano due certezze: l'Ubs, il colosso svizzero in cui sono parcheggiati i trust dei Riva, era pronto a consegnare i quattrini (i famosi 1,2 miliardi) e la magistratura svizzera avrebbe dato via libera che purtroppo non ha dato;
    di conseguenza il Governo ha previsto nel comma 3 dell'articolo 1 del provvedimento in esame di erogare 300 milioni di euro, indispensabili per fare fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria, prestito che va a sommarsi agli 800 milioni messi in campo dalla legge di stabilità. Obiettivo dichiarato: agevolare il percorso di transizione nella cessione di complessi aziendali del gruppo di Taranto la cui data ultima è indicata al 30 giugno 2016;
    si configura, a parere dei presentatori del presente strumento, un aiuto di Stato incompatibile con la normativa dell'Unione europea in quanto non persegue un obiettivo di comune interesse quale la tutela ambientale e della salute e l'incremento delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione. Oltre ad avere un carattere selettivo perché predilige unicamente il gruppo Ilva;
    inoltre con riferimento al comma 1 dell'articolo 1 si prevede che il commissario straordinario individui l'affittuario o l'acquirente a trattativa privata, senza una procedura di evidenza pubblica, proprio al fine di consentire a tutti i soggetti potenzialmente interessati all'acquisto di venire a conoscenza delle procedure avviate;
    occorre notare come il decreto in esame si innesti su una nutrita serie di leggi, quasi tutte nell'ambito della decretazione d'urgenza, che incidono, con riferimento a situazioni di crisi di impresa, sulla responsabilità degli amministratori. Va anzitutto rammentato il primo cosiddetto decreto Alitalia del 2008 (decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134), in cui una clausola di esclusione della responsabilità operava per il pregresso e non si poneva quale salvacondotto futuro per azioni ancora da intraprendere. In quel provvedimento veniva peraltro tenuta ferma la responsabilità penale e quella amministrativo-contabile, venendo trasferita alla persona giuridica la responsabilità civile;
    invece il comma 6 dell'articolo 1 prevede che in relazione alle condotte poste in essere dall'organo commissariale del gruppo ILVA e dai soggetti da esso funzionalmente delegati, trova applicazione, anche con riguardo alla responsabilità civile, l'esonero dalla responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati previsto dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2015;
    tale previsione risulta gravemente censurabile laddove esclude ogni tipo di risarcimento in deroga a principi costituzionalmente tutelati quali l'azionabilità dei diritti di ciascuno ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione nel caso in cui le attività del commissario straordinario oppure dei soggetti da esso funzionalmente delegati possano produrre a terzi un danno ingiusto;
    manca, ancora una volta in modo manifestamente irragionevole, l'esclusione di ogni scriminante per condotte che provochino eventi contro l'incolumità pubblica o l'integrità fisica delle persone, fatto assai grave e gravissimo ove si consideri la peculiare storia e la drammatica situazione ambientale e sanitaria dell'area di Taranto. Questo provvedimento stride fortemente con la tutela costituzionale di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione;
   l'urgenza di affrontare la questione ILVA di Taranto sarebbe invece legata a 3 aspetti, ignorati nel presente procedimento, tutti forieri di gravi sanzioni dalla Commissione europea:
     1) le prescrizioni dell'AIA, i cui adempimenti vengono ulteriormente dilazionati a fine 2016, senza una chiara espressione delle percentuale minima accettabile;
     2) la gestione dei rifiuti: si sta innescando un turismo inaccettabile dei rifiuti dell'ILVA; in questa fase di produzione non a regime si superano le 2 milioni di tonnellate all'anno di scorie dalla fonderia, che vengono trasportate senza pretrattamento per tutta Italia e in Belgio; almeno per il nostro territorio non ci sono piani di utilizzo immediato dei conglomerati, per cui si stanno ingenerando contenziosi sempre più aspri per l'utilizzo di tali materiali, anche a causa, ad avviso dei presentatori, dello scellerato decreto-legge n. 1/2015, che ha ridotto notevolmente gli standard di sicurezza per il controllo dei materiali e rifiuti prima dell'inserimento nei conglomerati cementizi; si aggiungano poi le sempre numerose segnalazioni di gestioni anomale di rifiuti all'interno dello stabilimento di Taranto, dove oltre a 0,5 milioni di tonnellate di materiale contenente amianto sono in corso analisi per possibile presenza di rifiuti radioattivi tombati, anche per la presenza di 18.000 fusti di materiale radioattivo nel deposito ex-Cemerad di Statte, in gran parte provenienti dallo stabilimento stesso, tanto da far supporre un sistematico utilizzo di scorie radioattive anche nei processi di fusione, procedura che getterebbe una luce inquietante sulle scorie di fonderia stesse che stanno viaggiando quotidianamente da Taranto a Milano in treno, senza alcun controllo di radioattività e rilasciando di sicuro metalli pesanti e cancerogeni volatili per tutto lo stivale;
     3) il danno sanitario: l'associazione Medici per l'Ambiente (ISDE) riporta nella memoria come la quantificazione del danno sanitario secondo la EEA (European Environmental Agency), pur escludendo il contributo economico negativo legato alla produzione di gas serra, sia di 283 milioni di euro/anno (costi aggregati di danno sanitario generati dall'ILVA di Taranto considerando il numero di morti in eccesso associato all'esposizione di inquinanti). La stessa fonte stima in 103 milioni di euro/anno i costi aggregati di danno sanitario da contrazione dell'aspettativa di vita (anni di vita persi). Nessuno ha fin qui pensato di stimare gli inevitabili effetti sanitari sulle generazioni future, che in base a quanto emerge dalla letteratura internazionale rappresentano la conseguenza più drammatica di qualsiasi situazione di inquinamento persistente dell'ambiente e delle catene alimentari. Tali dati economici in pratica superano qualsiasi aspettativa di bilancio attivo dello stabilimento, anche in caso di miglioramento dei parametri produttivi e di mercato. L'ultimo aggiornamento pubblicato dall'Istituto superiore di sanità sugli indicatori epidemiologici in età pediatrica nell'area di Taranto afferma che «nel primo anno di vita si registra un eccesso di mortalità generale chiaramente ascrivibile ad un eccesso del 45 per cento rispetto all'atteso regionale nel numero dei decessi per condizioni morbose di origine perinatale». Nello stesso rapporto (fascia di età 0-14 anni) «un eccesso di rischio viene osservato anche per l'incidenza dei tumori nel loro complesso» e si osserva che «permangono gli eccessi osservati in età pediatrica per i bambini ricoverati per malattie respiratorie acute nonché per la mortalità generale e l'incidenza per i tumori nel loro complesso». Per cui si osserva, oltre ai palesi dati di incostituzionalità citati, come questo provvedimento costituisca un caso di «pubblicità ingannevole» se non di truffa per riportare nell’incipit della premessa come tale provvedimento si proponga di tutelare le esigenze produttive del territorio «contemperando tali esigenze con quelle della salute e della tutela ambientale e, dall'altro, di semplificare e rendere più trasparente il processo di cessione», mentre nel provvedimento si deroga semplicemente sine die all'ottemperanza delle prescrizioni ambientali né si citano le ulteriori criticità ambientali emerse;
   non si cita nel provvedimento l'esistenza di un piano industriale né tantomeno si tenta di regolare le esigenze di mercato con una produzione annua massima compatibile con il rispetto delle prescrizioni AIA; questa assenza pluriennale di chiarezza è alla base gli sproloqui presenti nella nota UILM che parla di «8 milioni di tonnellate annue di acciaio” da produrre nel sito di Taranto per garantire la sostenibilità dello stabilimento, quando nessuna acciaieria europea ha mai prodotto più di 5 milioni di tonnellate, anche per non sforare l'impatto cumulativo e per non rendere incompatibile con la sopravvivenza (non solo della specie umana) la presenza dello stabilimento,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3481.
N. 1. Zolezzi, Crippa, Mannino, Da Villa, De Rosa, Vallascas, Micillo, Della Valle, Busto, Cancelleri, Daga, Fantinati, Terzoni.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2145 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 25 NOVEMBRE 2015, N. 185, RECANTE MISURE URGENTI PER INTERVENTI NEL TERRITORIO. PROROGA DEL TERMINE PER L'ESERCIZIO DELLE DELEGHE PER LA REVISIONE DELLA STRUTTURA DEL BILANCIO DELLO STATO, NONCHÉ PER IL RIORDINO DELLA DISCIPLINA PER LA GESTIONE DEL BILANCIO E IL POTENZIAMENTO DELLA FUNZIONE DEL BILANCIO DI CASSA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3495)

A.C. 3495 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione all'esame non è altro che l'ennesimo esempio di abuso dello strumento del decreto-legge da parte di un Governo legislatore che interviene con provvedimenti formalmente emergenziali che, invero, risolvono molteplici questioni tra loro eterogenee;
    l'esistenza dei requisiti della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza, secondo costante giurisprudenza, può essere oggetto di scrutinio di costituzionalità, in quanto la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale per l'adozione dell'atto di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validità in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione;
    com’è altresì noto la Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 171 del 2007, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale di una legge di conversione per evidente mancanza dei presupposti del decreto convertito, ha configurato l'eterogeneità dei contenuti del decreto-legge come elemento sintomatico della mancanza dei presupposti costituzionali di adozione del provvedimento d'urgenza;
    nella richiamata sentenza, prima di una giurisprudenza ormai costante, la Corte ha affermato di effettuare il proprio scrutinio verificando indici «intrinseci ed estrinseci alla disposizione impugnata» quali l'epigrafe del decreto-legge, la premessa e la relazione al decreto-legge di conversione;
    già l'epigrafe e la struttura del decreto-legge, della cui conversione si discute, svelano la manifesta eterogeneità dei contenuti dello stesso, il Governo, infatti, ha dovuto suddividere il provvedimento in quattro distinti capi rispettivamente in materia di:
     1) misure finanziarie urgenti per far fronte ad esigenze in aree territoriali;
     2) disposizioni finanziarie urgenti per manifestazioni ed eventi;
     3) disposizioni finanziarie urgenti in materia di infrastrutture e trasporti;
     4) disposizioni finanziarie urgenti in ambito sociale e culturale;
    nel merito si rileva che alcune disposizioni producono oneri a carico degli anni 2016 e 2017, quali l'articolo 7, il comma 1-bis inserito all'articolo 13 e l'articolo 15, in concomitanza dell'esame del disegno di legge di stabilità 2016 nella sessione di bilancio, riducendo in tal modo la valutazione complessiva dei parlamentari sulle misure economiche onerose e il loro impatto sul bilancio dello Stato per il prossimo triennio, mentre appare evidente che le suddette disposizioni si sarebbero potute presentare ed esaminare in sede di sessione di bilancio;
    come è palese per l'articolo 15, che interviene in materia di realizzazione di impianti sportivi nelle periferie urbane, visto che il Governo ha presentato in Commissione Bilancio sul disegno di legge di stabilità 2016 un emendamento, poi approvato, che stanzia risorse per finanziare interventi per lo sviluppo delle periferie urbane;
    inoltre, si evidenzia il nuovo comma 1-bis all'articolo 13, inserito durante l'esame al Senato, che dispone l'autorizzazione di una spesa di 50 milioni di euro per il 2016 come compartecipazione dello Stato all'onere sostenuto dalla Regione Calabria per i lavoratori socialmente utili a carico delle risorse previste dal fondo di cui alla legge n. 296 del 2006, che stanzia le suddette risorse a regime dal 2008;
    dunque, essendo una spesa a carattere permanente, sarebbe stato corretto un esame in sede di sessione di bilancio, anche in considerazione del fatto che nella medesima sessione è stato esaminato e votato un emendamento che destina risorse ai lavoratori socialmente utili di Palermo;
    anche nelle disposizioni finanziarie, di cui all'articolo 17, una parte della copertura dei provvedimenti contenuti nel decreto-legge n. 185 del 2015, sono a decurtazione degli stanziamenti del fondo speciale di parte corrente iscritti per l'anno 2016 e 2017 nella tabella B sia nello stato di previsione del MEF che dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, alterando e limitando dunque la disponibilità delle risorse sottoposte alla valutazione dei componenti la Commissione Bilancio della Camera in sede di sessione di bilancio,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3495.
n. 1. Crippa, Dell'Orco, Cozzolino, Del Grosso, Cariello.

  La Camera,
   premesso che:
    ad avviso dei firmatari del presente atto, l'A.C. 3495 contiene importanti profili di incostituzionalità, in particolare per quel che riguarda le caratteristiche di necessità e urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione che avallano costituzionalmente l'adozione da parte del Governo di un decreto-legge, nonché sotto il profilo dell'omogeneità di materia previsto dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 e che la Corte Costituzionale ha più volte richiamato come caratteristica indispensabile della decretazione di urgenza;
    il decreto-legge n. 185 del 2015, infatti, si presenta come un provvedimento «omnibus», costruito accostando una serie di interventi eterogenei tra loro e qualificabili spesso come microsettoriali o localistici: si passa dai fondi per il giubileo alla gestione delle aree Expo post esposizione, dal servizio civile, all'edilizia residenziale pubblica, agli impianti sportivi;
    l'elemento più grave dell'intero provvedimento è il vero e proprio scippo operato a danno del cosiddetto Fondo Esodati, le cui rimanenze sono completamente sottratte in parte per coprire le maggiori spese disposte dal decreto stesso (123 milioni) ed in parte (400 milioni) per essere riversate al Fondo Sociale per l'occupazione. Lo spostamento dei fondi equivale a mettere una pietra tombale sul completamento del processo di salvaguardia dei lavoratori rimasti privi di copertura reddituale – da lavoro, da pensione e/o ammortizzatore – in attesa della conclusione della loro vicenda oramai da più di 4 anni;
    sulla carta, le economie derivanti dai precedenti sei provvedimenti di salvaguardia sono trasferiti al Fondo sociale per l'occupazione (su cui si stanziano gli ammortizzatori), ma di fatto si tratta di un meccanismo contabile per togliete i soldi dal Fondo Esodati e dirottarli su un altro fondo dal quale poi attingere – come già fatto in passato – per coperture di ogni genere a seconda della necessità;
    la mancanza del requisito dell'urgenza si rinviene, in particolare, nella norma di cui all'articolo 2 del provvedimento in esame, posto che la questione dei rifiuti della Campania, ancorché non risolta e per quanto emergenziale, risale agli anni 2000-2009;
    forti perplessità si riscontrano nell'articolo 3, che crea una ingiustificabile discriminazione a vantaggio del solo Comune di Reggio Calabria, a ristoro dei rimborsi dell'anno 2015 delle anticipazioni erogate in favore del medesimo Comune a valere sulla «Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali» del Fondo di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64. Con il citato decreto-legge n. 35 del 2013 – si ricorda – sono state dettate disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, che ha permesso anticipazioni di liquidità in favore di numerosi Comuni su tutto il territorio nazionale, anticipazioni che dovevano essere restituite. Il contributo per il solo Comune di Reggio Calabria trasforma un prestito statale per sostenere le aziende creditrici in un pagamento da parte dello Stato dei buchi di bilancio di un solo comune;
    quanto all'articolo 9, che disciplina la revoca di finanziamenti per interventi infrastrutturali e abroga la procedura di approvazione ed esecuzione degli interventi infrastrutturali relativi agli aeroporti di maggiori dimensioni, si connota come norma di carattere esclusivamente ordinamentale e per questa sua stessa natura non inseribile in un decreto-legge;
    l'articolo 12 stanzia 100 milioni per il servizio civile. A prescindere dal merito delle attività finanziate, è necessario tenere presente che il servizio civile è finanziato in via ordinaria con la legge di stabilità attraverso un apposito Fondo, sul quale sono programmati annualmente gli impieghi. Il finanziamento suppletivo disposto dal decreto in esame non, ad avviso dei presentatori, può essere giustificato con alcun motivo di necessità né di urgenza, se non quella di «salvare la faccia» del Presidente del Consiglio, che ha improvvidamente promesso alle associazioni beneficiarie questi 100 milioni annui aggiuntivi alla vigilia della predisposizione della legge di stabilità per il 2016, salvo poi non mantenere l'impegno nel documento di finanza pubblica presentato alle Camere;
    appare inoltre dubbia e anche priva di un contenuto specifico la disposizione che stabilisce lo stanziamento di 10 milioni di euro, da destinare – per il sostegno al made in Italy – all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, dal momento che già con il disegno di legge di stabilità è stato deciso un appostamento di 50 milioni di euro per il 2016 per la medesima finalità;
    in via generale le misure previste – finanziate attraverso tagli a diverse voci di bilancio dei Ministeri – sono adottate in modo estemporaneo, per rispondere a esigenze che sono accomunate da una sola caratteristica, ovvero quella di riguardare in buona parte territori interessati dalle prossime elezioni amministrative;
    l'articolo 15 rappresenta una elargizione impropria al Coni che diventa a tutti gli effetti un giudice monocratico cui compete la scelta dei progetti di riqualificazione e persino della individuazione delle aree svantaggiate e periferiche da includere nella misura, una competenza che evidentemente esula dall'ambito statutario del Comitato. La disposizione, invero, a parere degli scriventi, presenta ampi margini d'incostituzionalità, poiché in netto contrasto con quanto deliberato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 254 del 23 ottobre 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 6 novembre 2013. Il dispositivo, difatti, interviene in materia di impiantistica sportiva, senza prevedere alcun coinvolgimento delle Regioni che hanno invece competenza in materia;
    osservando, in ultimo, come il reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza in assenza dei requisiti costituzionali, nonché l'adozione di provvedimenti dal contenuto disomogeneo, rischi di esasperare ulteriormente la contrapposizione politica tra maggioranza e opposizione, in quanto impedisce il confronto sul merito dei singoli interventi previsti,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3495.
n. 2. Guidesi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti.