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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 7 ottobre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 7 ottobre 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiello, Castiglione, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Leva, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Palazzotto, Palma, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Polverini, Portas, Quartapelle Procopio, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Vignali, Vignaroli, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiello, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Leva, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Palazzotto, Palma, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Polverini, Portas, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Vignali, Vignaroli, Zanetti.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge OLIVERIO ed altri: «Attribuzione dell'indennità di accompagnamento ai malati oncologici durante il periodo delle cure chemioterapiche e radioterapiche» (471) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Marguerettaz.

  La proposta di legge COSCIA ed altri: «Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all'editoria» (3317) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Falcone.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  CAPELLI ed altri: «Modifiche alla legge 8 marzo 1989, n. 95, in materia di istituzione degli albi nazionali dei presidenti di seggio elettorale e degli scrutatori di seggio elettorale, e dell'articolo 1 della legge 13 marzo 1980, n. 70, concernente i compensi dei medesimi soggetti» (3171) Parere delle Commissioni II, IV, V, VII, IX e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
  NASTRI: «Disposizioni per la compensazione delle eventuali eccedenze derivanti dal versamento dell'addizionale all'imposta sul reddito delle società di cui all'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» (3253) Parere delle Commissioni I, V e X.

   VIII Commissione (Ambiente):
  VIGNAROLI ed altri: «Modifiche alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti la gestione dei prodotti e dei rifiuti da essi originati secondo criteri di sostenibilità ambientale e di coesione sociale» (2863) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  MONGIELLO ed altri: «Norme per la trasparenza e la sicurezza nel mercato del lavoro in agricoltura e per il contrasto del fenomeno del caporalato» (3298) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  CAUSIN ed altri: «Disposizioni per favorire la cessione di beni alimentari alle persone indigenti nonché per l'avvio di una campagna di informazione sulla necessita di ridurre gli sprechi alimentari» (3191) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 6 ottobre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione che l'Unione europea deve adottare in seno alla conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio per quanto riguarda la proroga della moratoria sui dazi doganali applicati alle trasmissioni elettroniche e della moratoria sui reclami relativi a casi di non violazione e ad altre situazioni (COM(2015) 483 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 5 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dei contributi in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del medesimo Ministero per l'anno 2015, nel capitolo 2309 – piano gestionale 1 (210).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 27 ottobre 2015.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: LEGGE ANNUALE PER IL MERCATO E LA CONCORRENZA (A.C. 3012-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: CAUSI E BENAMATI; MARCO DI STEFANO ED ALTRI; MORETTO ED ALTRI; COLLETTI ED ALTRI; VIGNALI; RUSSO ED ALTRI; SIMONETTI ED ALTRI (A.C. 2437-2469-2684-2708-2733-3025-3060)

A.C. 3012-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    la figura dell'amministratore di condominio sin dal 1942 è prevista dal codice civile, che ne definisce l'obbligatorietà al superamento di un determinato numero di condòmini (articolo 1129 c.c. norma inderogabile). Oggi l'80 per cento degli italiani è proprietario di casa prevalentemente in condominio e gli amministratori sono più di trecentocinquantamila;
    tale figura professionale prima della cosiddetta «Riforma del Condominio» (legge n. 220 del 2012), non doveva possedere alcun requisito specifico, pur avendo responsabilità dal punto di vista civile e penale di notevole rilevanza. Con l'entrata in vigore della legge succitata, 18 giugno 2013, la situazione è notevolmente cambiata. Infatti, l'articolo 71-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice civile recita testualmente:
  «Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro:
   a) che hanno il godimento dei diritti civili;
   b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
   c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
   d) che non sono interdetti o inabilitati;
   e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari;
   f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
   g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

  I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.
  Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi.
  La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall'incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
  A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell'attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l'obbligo di formazione periodica»;
    ad oggi, solo la parte relativa alla formazione e all'aggiornamento periodico è stata disciplinata con apposito Regolamento del Ministero della giustizia (Decreto ministeriale n. 140 del 2014 in attuazione dell'articolo 1, comma 9, lettera a), del decreto-legge n. 145 del 2013);
    in sostanza, il decreto ministeriale pone nuove regole per i corsi di formazione, definendone la durata, le materie oggetto d'insegnamento e, non meno, chi può essere il docente di questo tipo di corsi;
    allo stato attuale chi svolge attività in modo professionale è quasi sempre iscritto ad una associazione di categoria del settore, le quali sono in parte regolamentate dalla legge n. 4 del 2013 (Gazzetta Ufficiale n. 22 del 26 gennaio 2013) e, pertanto, volendo tali associazioni possono chiedere di essere iscritte nell'apposito elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico;
    nonostante, quindi, vi siano numerosi decreti e nei fatti ben due leggi a regolamentare la figura professionale dell'amministratore, le più rappresentative associazioni di categoria di riferimento lamentano una concorrenza ancora eccessivamente scorretta per due motivi principali: la mancanza di un tariffario e l'improvvisazione con la quale viene svolta l'attività eludendo i requisiti professionali richiesti dall'articolo 71-bis, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile. Questo anche a causa della scarsa conoscenza da parte dei condomini di tale norma;
    infatti, dall'entrata in vigore della «Riforma del Condominio» (legge n. 220 del 2012) non vi è alcun meccanismo di controllo per verificare se l'amministratore possiede i requisiti obbligatori su elencati (articolo 71-bis, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile),

impegna il Governo

al fine di garantire una corretta concorrenza nello svolgimento della professione e per fornire ulteriori garanzie all'utenza condominiale, a valutare l'opportunità di intraprendere ogni iniziativa utile all'individuazione dei requisiti di professionalità che deve avere l'amministratore e a darne adeguata pubblicità, obbligandolo ad allegare al verbale di nomina, già in sede assembleare, la documentazione che attesti di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 71-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e del decreto ministeriale n. 140 del 2014.
9/3012-A/1Giacomoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la professione di podologo è stata identificata per la prima volta con il decreto del Ministero della sanità 26 gennaio 1988 n. 30, poi abrogato, nell'ambito della regolamentazione dello stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali, che all'articolo 1, punto 2, stabilisce che il podologo dovesse essere in possesso di un diploma conseguito a seguito della frequenza di un corso triennale autorizzato dalla regione;
    fino a quel momento la formazione di tale figura professionale, esercitata prevalentemente in forma di impresa artigiana di callista o callista pedicure, veniva gestita a livello regionale attraverso le accademie, enti privati e le organizzazioni di categoria. In concreto, l'attività veniva esercitata come impresa artigiana o libero professionale con partita IVA in virtù dell'ottenimento di attestati rilasciati a fine corso, che non avevano un vero e proprio valore giuridico abilitante, non essendo riconosciuta con specifico profilo professionale e neppure in forma di qualifica professionale a livello nazionale, l'attività di callista o callista pedicure;
    vi era una estrema variabilità delle discipline formative sul territorio nazionale, del monte ore da raggiungere per terminare i corsi e delle modalità di aggiornamento;
    solo con il decreto del Ministro della sanità del 14 settembre 1994, n. 666 è stata regolamentata a livello nazionale la professione di podologo, definito come colui che deve essere in possesso di un titolo abilitativo alla professione acquisito attraverso la laurea di primo livello in Podologia;
    contestualmente alla nuova normativa nazionale, è stata emanata la Legge 26 febbraio 1999 n. 42 «Disciplina delle professioni sanitarie» che, tra le altre disposizioni introduceva, a sanatoria dello status degli operatori di prestazioni podologiche già attivi prima dell'istituzione del percorso universitario, una procedura di equipollenza dei diplomi e degli attestati conseguiti prima del 1994 e una di equivalenza, per il riconoscimento di ulteriori titoli e del possesso di un'esperienza pluriennale nell'esercizio professionale;
    il procedimento per l'equivalenza è stato posto all'attenzione dell'Accordo Stato regioni nel 10 febbraio 2011 ed avviato concretamente solo nel 2013;
    al momento, numerose Regioni hanno dichiarato inammissibili alcuni titoli conseguiti anteriormente al 17 marzo 1999 che consentivano lo svolgimento di gran parte degli atti professionali oggi ricompresi nell'attività di podologia, nella forma di callista/pedicure, in quanto ritenuti afferenti all'area dell'artigianato e non a quella sanitaria;
    sebbene risultino pendenti alcuni ricorsi straordinari al Capo dello Stato per l'annullamento dei provvedimenti di inammissibilità presentati dagli interessati, tali soggetti non potranno esercitare l'attività, svolta legittimamente anche per 20 e più anni, in quanto privi dell'equivalenza richiesta e saranno costretti a chiudere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire a coloro i quali hanno conseguito un titolo o attestato precedentemente al 17 marzo 1999, di proseguire l'attività di pedicurista curativo/callista fino ad esaurimento.
9/3012-A/2Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, comma 3 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, il legislatore ha stabilito che ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della disciplina di cui alla legge 15 gennaio 1992, n.21, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata adotti urgenti disposizioni attuative in materia del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente e la definizione degli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle Regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi;
    durante la seduta della IX Commissione trasporti dello scorso 23 luglio 2015 il Sottosegretario di Stato delle Infrastrutture e Trasporti, onorevole Umberto Del Basso De Caro, ha sottolineato le «pesanti criticità, rese ancora più evidenti dall'emergere dei nuovi fenomeni dei cosiddetti servizi tecnologici della mobilità» di cui è caratterizzato il servizio di trasporto pubblico non di linea;
    nel corso della stessa seduta, il Sottosegretario aveva inoltre informato che il Governo stava lavorando «insieme all'Autorità di regolazione dei trasporti e all'Antitrust, per individuare possibili soluzioni che, innanzitutto, tutelino i servizi per i cittadini e la loro sicurezza»;
    per la definizione del decreto interministeriale di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 40 del 2010, l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole Maurizio Lupi, aveva istituito un tavolo di confronto con le parti ed avviato una serie di incontri individuali con aziende del settore oltre che alle piattaforme tecnologiche che offrono servizi di mobilità;
    la legge n. 21 del 15 gennaio 1992 sul trasporto persone mediante autoservizi pubblici non di linea (taxi e Noleggio con Conducente), come novellata dall'articolo 29 comma 1-quater del decreto-legge n. 207 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, contiene diverse criticità sotto il profilo della tutela della concorrenza evidenziate più volte dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
    l'Autorità per la concorrenza, da ultimo nella sua Segnalazione a Parlamento e Governo del luglio 2014, ha espressamente auspicato di «Eliminare le distorsioni concorrenziali nel settore degli autoservizi di trasporto pubblico non di linea causate dall'esclusione della disciplina dei taxi e del servizio di Noleggio auto con conducente» e di «modificare la legge 15 gennaio 1992, n. 21, nel senso di abrogare le limitazioni territoriali previste per l'esercizio del noleggio con conducente ed in particolare l'articolo 3, comma 3, l'articolo 8, comma 3 e l'articolo 11, comma 4.»;
    l'Autorità di Regolamentazione dei Trasporti ha pubblicato l’«Atto di segnalazione al Governo e al Parlamento sull'autotrasporto di persone non di linea: taxi, noleggio con conducente e servizi tecnologici per la mobilità» nel quale l'Autorità sottolinea la necessità «di ridurre le differenze tra i diversi ambiti del trasporto non di linea per aumentare la concorrenza tra il servizio di taxi e quello di NCC e ridurre alcuni costi anche di natura ambientale» oltre che di «eliminare l'obbligo che il titolare della autorizzazione NCC faccia rientro in rimessa dopo ogni singolo servizio ritenendo tale vincolo limitativo della possibilità di svolgere l'attività secondo criteri di economicità ed efficienza.»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di: avviare un tavolo di lavoro per l'adozione di utili iniziative volte a ridefinire la normativa in materia di autoservizio pubblico non di linea, nel rispetto dei principi comunitari sul libero mercato, recependo le istanze dei rappresentati delle categorie interessate, in modo da superare eventuali criticità e adeguare le normative all'innovazione tecnologica.
9/3012-A/3Boccadutri, Carbone.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia, in particolare nelle regioni di confine Friuli Venezia Giulia e Veneto, ma il fenomeno si sta progressivamente estendendo anche ad altre Regioni, si sta assistendo ad un progressivo e preoccupante aumento di mezzi stranieri adibiti irregolarmente a trasporto persone;
    i mezzi con targa straniera (in prevalenza slovena e croata) che operano sul territorio italiano, non essendo identificati ai fini Iva dall'Agenzia delle entrate, non versando l'Iva sul fatturato prodotto in Italia e non dovendo sottostare alle procedure autorizzative italiane, hanno la possibilità di applicare tariffe nettamente inferiori a quelle proposte dai vettori italiani; il fenomeno è stato ripetutamente segnalato, già dal 2012, sia dalla Fita-CNA che da Confcommercio alle regioni, all'Autorità di regolazione trasporti ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    gli imprenditori regolari italiani operanti nel settore risultano essere fortemente penalizzati in termini economici, con relativa perdita di fatturato e di posti di lavoro, proprio a causa della concorrenza sleale da parte degli operatori stranieri;
    durante la discussione del provvedimento in esame nelle Commissioni riunite X e VI, è emerso un altro aspetto della concorrenza sleale praticata a danno degli operatori Italiani relativo a tour operator cinesi che utilizzano veicoli a noleggio senza alcun rispetto della normativa vigente;
    per evitare che i fenomeni descritti crescano ulteriormente a danno di coloro che operano regolarmente e nello spirito del provvedimento in esame di rinnovare e rafforzare l'economia del settore e per migliorare l'efficienza del mercato e garantire maggiore reddito e maggiore occupazione,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con la partecipazione dei rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dei trasporti, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del Ministero degli affari esteri, del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Autorità di regolazione dei trasporti, con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di un gruppo di lavoro finalizzato ad individuare i fenomeni distorsivi ed irregolari presenti nel settore del trasporto persone ed elaborare delle proposte operative a tutela degli operatori nazionali.
9/3012-A/4Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia, in particolare nelle regioni di confine Friuli Venezia Giulia e Veneto, ma il fenomeno si sta progressivamente estendendo anche ad altre Regioni, si sta assistendo ad un progressivo e preoccupante aumento di mezzi stranieri adibiti irregolarmente a trasporto persone;
    i mezzi con targa straniera (in prevalenza slovena e croata) che operano sul territorio italiano, non essendo identificati ai fini Iva dall'Agenzia delle entrate, non versando l'Iva sul fatturato prodotto in Italia e non dovendo sottostare alle procedure autorizzative italiane, hanno la possibilità di applicare tariffe nettamente inferiori a quelle proposte dai vettori italiani; il fenomeno è stato ripetutamente segnalato, già dal 2012, sia dalla Fita-CNA che da Confcommercio alle regioni, all'Autorità di regolazione trasporti ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    gli imprenditori regolari italiani operanti nel settore risultano essere fortemente penalizzati in termini economici, con relativa perdita di fatturato e di posti di lavoro, proprio a causa della concorrenza sleale da parte degli operatori stranieri;
    durante la discussione del provvedimento in esame nelle Commissioni riunite X e VI, è emerso un altro aspetto della concorrenza sleale praticata a danno degli operatori Italiani relativo a tour operator cinesi che utilizzano veicoli a noleggio senza alcun rispetto della normativa vigente;
    per evitare che i fenomeni descritti crescano ulteriormente a danno di coloro che operano regolarmente e nello spirito del provvedimento in esame di rinnovare e rafforzare l'economia del settore e per migliorare l'efficienza del mercato e garantire maggiore reddito e maggiore occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con la partecipazione dei rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dei trasporti, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del Ministero degli affari esteri, del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Autorità di regolazione dei trasporti, con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di un gruppo di lavoro finalizzato ad individuare i fenomeni distorsivi ed irregolari presenti nel settore del trasporto persone ed elaborare delle proposte operative a tutela degli operatori nazionali.
9/3012-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 32 viene rimosso il vincolo che finora ha impedito l'accesso alle società di capitali di poter gestire le farmacie;
    tale innovazione deve salvaguardare le caratteristiche del servizio farmaceutico che rappresenta uno dei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini;
    il servizio farmaceutico sul territorio è contraddistinto dalla capillarità dell'offerta, programmata dalle regioni, su proposta dei comuni;
    il ruolo del farmacista è caratterizzato da autonomia e indipendenza nelle scelte professionali, rispetto alle esigenze del mercato, nel superiore interesse della tutela della salute, come sancito anche dalle recenti sentenze della Corte costituzionale,

impegna il Governo:

   nell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 32, ad assicurare che siano salvaguardate autonomia e responsabilità del farmacista in particolare in coincidenza con l'ingresso delle società di capitali, al fine di contemperare la ricerca di ritorno economico connaturata all'esercizio dell'impresa, con la superiore finalità della tutela della salute;
   ad attuare tutte le opportune iniziative al fine di vigilare che non si formino posizioni dominanti e soprattutto siano resi disponibili in ogni farmacia, comprese quelle gestite da società di capitali, tutti i medicinali basati sullo stesso principio attivo e non soltanto alcuni.
9/3012-A/5Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 32 viene rimosso il vincolo che finora ha impedito l'accesso alle società di capitali di poter gestire le farmacie;
    tale innovazione deve salvaguardare le caratteristiche del servizio farmaceutico che rappresenta uno dei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini;
    il servizio farmaceutico sul territorio è contraddistinto dalla capillarità dell'offerta, programmata dalle regioni, su proposta dei comuni;
    il ruolo del farmacista è caratterizzato da autonomia e indipendenza nelle scelte professionali, rispetto alle esigenze del mercato, nel superiore interesse della tutela della salute, come sancito anche dalle recenti sentenze della Corte costituzionale,

impegna il Governo:

   nell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 32, a valutare l'opportunità di assicurare che siano salvaguardate autonomia e responsabilità del farmacista in particolare in coincidenza con l'ingresso delle società di capitali, al fine di contemperare la ricerca di ritorno economico connaturata all'esercizio dell'impresa, con la superiore finalità della tutela della salute;
   a valutare l'opportunità di attuare tutte le opportune iniziative al fine di vigilare che non si formino posizioni dominanti e soprattutto siano resi disponibili in ogni farmacia, comprese quelle gestite da società di capitali, tutti i medicinali basati sullo stesso principio attivo e non soltanto alcuni.
9/3012-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012 (convertito dalla legge 24 marzo 2012 n. 27) prevede all'articolo 132 del Codice delle Assicurazioni un nuovo comma 1-bis così formulato: «Con regolamento emanato dall'Isvap (ora Ivass), di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Garante per la protezione dei dati personali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di raccolta, gestione e utilizzo, in particolare ai fini tariffari e della determinazione delle responsabilità in occasione dei sinistri dei dati raccolti dai meccanismi elettronici di cui al comma 1 nonché le modalità per assicurare l'interoperabilità dei meccanismi elettronici di cui al comma 1 in caso di sottoscrizione da parte dell'assicurato di un contratto di assicurazione con impresa diversa da quella che ha provveduto ad installare tale meccanismo»;
    il comma 1-ter del predetto articolo 132 recita: «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro la data di novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, è definito uno standard comune di hardware e software, per la raccolta, gestione e utilizzo dei dati raccolti dai meccanismi elettronici di cui al comma 1, al quale tutte le imprese di assicurazione dovranno adeguarsi entro due anni dalla sue emanazione»;
    il disegno di legge in materia di concorrenza (atto Camera 3012) rimanda ai predetti provvedimenti stabilendo peraltro che i dati vengano trattati dalle imprese di assicurazione nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, ed il divieto di utilizzare i dispositivi per fini ulteriori a quelli destinati alla determinazione delle responsabilità in caso di sinistri, o di rilevare la posizione e condizioni del veicolo in maniera continuativa o comunque sproporzionata rispetto alle finalità;
    con riferimento specifico al regolamento dell'IVASS, attuativo dell'articolo 32, comma 1-bis, la predetta Autorità ne ha a suo tempo predisposto lo schema di concerto con il Garante per la protezione dei dati personali;
    nonostante l'IVASS abbia poi sottoposto il predetto schema in consultazione pubblica in data 19 marzo 2013, il procedimento non risulta ancora concluso ed il regolamento non è ad oggi stato emanato;
    la mancata puntuale applicazione della normativa relativa alle modalità di utilizzo delle scatole nere installate sugli autoveicoli presenta, anche sotto il profilo della protezione dei dati personali, rilevanti criticità, stante la delicatezza dei dati acquisibili dai dispositivi elettronici di bordo (cosiddetta geolocalizzazione);
    ad oggi, in ragione della mancata emanazione da parte dell'IVASS del predetto provvedimento, non è garantita in maniera adeguata la trasparenza nella tipologia di dati raccolti, nelle modalità di conservazione, nelle finalità dei trattamenti,

impegna il Governo

a vigilare, nell'ambito delle proprie competenze, sull'emanazione da parte dell'IVASS del regolamento e, nell'attesa, ad esercitare una più stringente vigilanza in questo settore al fine di tutelare, in particolare, gli interessi degli assicurati.
9/3012-A/6Losacco, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 221, comma 5, sesto periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come ora novellato dall'articolo 22-ter, l'ISPRA deve rendere all'Osservatorio nazionale sui rifiuti i necessari elementi per valutare la richiesta di riconoscimento dei sistemi di gestione autonoma degli imballaggi secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità che siano effettivamente ed autonomamente funzionanti ed in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo 220 del medesimo T.U.A.;
    sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il CONAI deve elaborare annualmente il «Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio» il quale individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 225 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    alla luce del ruolo dell'ISPRA nella valutazione degli elementi per il riconoscimento dei sistemi autonomi di gestione degli imballaggi è utile il coinvolgimento tecnico dell'Istituto stesso anche nell'elaborazione del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di definire modalità operative per favorire la collaborazione fra ISPRA, sistema della Agenzie Ambientali e CONAI al fine dell'elaborazione del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi.
9/3012-A/7Carrescia.


   La Camera,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di:
   a) prevedere che le chiamate degli operatori delle società di vendita o distribuzione di beni e servizi debbano essere integralmente registrate con obbligo di preavviso all'utente;
   b) introdurre, nel caso di violazione del suddetto obbligo di registrazione, una sanzione non inferiore a 10.000 euro applicata dall'Autorità per le garanzie delle comunicazioni ed un indennizzo non inferiore a 100 euro a favore degli utenti.
9/3012-A/8Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo V del disegno di legge in materia di concorrenza all'esame dell'Assemblea contiene disposizioni in materia di energia elettrica e gas, volte a garantire la comparabilità delle offerte, la verifica delle condizioni della piena liberalizzazione e le comunicazioni obbligatorie che debbono esser attuate prima della fase del passaggio definitivo alla piena liberalizzazione del mercato;
    la Direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, all'articolo 15, comma 2, aveva stabilito che la separazione funzionale per le imprese di distribuzione di energia elettrica non è obbligatoria al di sotto dei 100.000 clienti e così è, per esempio, per la legge tedesca;
    il decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, che ha recepito la direttiva 2009/72/CE, all'articolo 38, comma 1, ha invece previsto la separazione funzionale per tutte le imprese di distribuzione dell'energia elettrica, indipendentemente dalla loro dimensione e l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha confermato per questo motivo tale previsione nella delibera 22 giugno 2015 296/2015/R/com;
    su tutto l'arco alpino – specialmente nelle valli periferiche – esistono da sempre cooperative e comuni che da decenni provvedono alla produzione e distribuzione dell'energia elettrica (per esempio nelle province autonome di Trento e di Bolzano esistono circa 96 piccoli distributori con una clientela tra i 2.000 e i 25.000 utenti);
    la separazione funzionale rappresenta un onere finanziario e amministrativo sproporzionato sia per i comuni, che per le piccole imprese di distribuzione dell'energia elettrica, le quali sono normalmente organizzate anche in cooperative che svolgono le attività di produzione, autoconsumo e distribuzione di energia elettrica in zone montuose e scarsamente popolate, proprio per l'assenza ed il disinteresse dei grandi distributori e del «mercato»;
    basterebbe pertanto la separazione contabile che già protegge sufficientemente i clienti non soci delle cooperative che possono liberamente scegliere un fornitore diverso di energia elettrica e non privilegia le cooperative in maniera tale da falsare la concorrenza nel mercato dell'energia a svantaggio dei clienti finali non soci;
    le piccole imprese, infatti, sono prive di rilevanza ai fini concorrenziali per l'assetto del mercato energetico nazionale e per i comuni esistono stringenti limiti alla possibilità di creare dipartimenti distinti per la gestione separata della distribuzione e della vendita di energia elettrica, a causa delle norme vigenti in materia di contenimento della spesa pubblica, inoltre non è possibile prevedere la creazione di un gestore indipendente cui delegare la gestione della distribuzione in quanto, in base alla normativa degli enti locali, il sindaco e gli altri organi elettivi di vertice del comune rimangono, comunque, responsabili di tutte le decisioni prese sia con riferimento all'attività istituzionale che alle altre attività svolte dal Comune, quali il servizio elettrico;
    per salvaguardare il contributo storico molto positivo dei comuni e delle cooperative distributrici di energia elettrica nelle zone periferiche e disagiate, sarebbe necessaria quindi una deroga all'articolo 38 del decreto-legge n. 93 del 2011;
    le imprese elettriche che riforniscono meno di 25.000 clienti allacciati o che riforniscono piccole reti di distribuzione isolate dovrebbero solamente adottare sistemi di tenuta della contabilità, atti a rilevare la destinazione dei fatti amministrativi relativi alle attività di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica sulla base di dati analitici, verificabili e documentabili (separazione contabile),

impegna il Governo

a rivedere la normativa vigente in materia di separazione funzionale per le imprese di distribuzione dell'energia elettrica con meno di 100.000 clienti, nel senso di consentire la sola separazione contabile alle piccole imprese integrate degli enti locali e delle cooperative quando riforniscono meno di 25.000 clienti allacciati o piccole reti di distribuzione isolate, al fine di preservare, in tal modo, le specificità delle cooperative auto-produttrici con una propria rete di collegamento tra l'impianto di produzione e gli impianti di utilizzazione finale dell'energia.
9/3012-A/9Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo V del disegno di legge in materia di concorrenza all'esame dell'Assemblea contiene disposizioni in materia di energia elettrica e gas, volte a garantire la comparabilità delle offerte, la verifica delle condizioni della piena liberalizzazione e le comunicazioni obbligatorie che debbono esser attuate prima della fase del passaggio definitivo alla piena liberalizzazione del mercato;
    la Direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, all'articolo 15, comma 2, aveva stabilito che la separazione funzionale per le imprese di distribuzione di energia elettrica non è obbligatoria al di sotto dei 100.000 clienti e così è, per esempio, per la legge tedesca;
    il decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, che ha recepito la direttiva 2009/72/CE, all'articolo 38, comma 1, ha invece previsto la separazione funzionale per tutte le imprese di distribuzione dell'energia elettrica, indipendentemente dalla loro dimensione e l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha confermato per questo motivo tale previsione nella delibera 22 giugno 2015 296/2015/R/com;
    su tutto l'arco alpino – specialmente nelle valli periferiche – esistono da sempre cooperative e comuni che da decenni provvedono alla produzione e distribuzione dell'energia elettrica (per esempio nelle province autonome di Trento e di Bolzano esistono circa 96 piccoli distributori con una clientela tra i 2.000 e i 25.000 utenti);
    la separazione funzionale rappresenta un onere finanziario e amministrativo sproporzionato sia per i comuni, che per le piccole imprese di distribuzione dell'energia elettrica, le quali sono normalmente organizzate anche in cooperative che svolgono le attività di produzione, autoconsumo e distribuzione di energia elettrica in zone montuose e scarsamente popolate, proprio per l'assenza ed il disinteresse dei grandi distributori e del «mercato»;
    basterebbe pertanto la separazione contabile che già protegge sufficientemente i clienti non soci delle cooperative che possono liberamente scegliere un fornitore diverso di energia elettrica e non privilegia le cooperative in maniera tale da falsare la concorrenza nel mercato dell'energia a svantaggio dei clienti finali non soci;
    le piccole imprese, infatti, sono prive di rilevanza ai fini concorrenziali per l'assetto del mercato energetico nazionale e per i comuni esistono stringenti limiti alla possibilità di creare dipartimenti distinti per la gestione separata della distribuzione e della vendita di energia elettrica, a causa delle norme vigenti in materia di contenimento della spesa pubblica, inoltre non è possibile prevedere la creazione di un gestore indipendente cui delegare la gestione della distribuzione in quanto, in base alla normativa degli enti locali, il sindaco e gli altri organi elettivi di vertice del comune rimangono, comunque, responsabili di tutte le decisioni prese sia con riferimento all'attività istituzionale che alle altre attività svolte dal Comune, quali il servizio elettrico;
    per salvaguardare il contributo storico molto positivo dei comuni e delle cooperative distributrici di energia elettrica nelle zone periferiche e disagiate, sarebbe necessaria quindi una deroga all'articolo 38 del decreto-legge n. 93 del 2011;
    le imprese elettriche che riforniscono meno di 25.000 clienti allacciati o che riforniscono piccole reti di distribuzione isolate dovrebbero solamente adottare sistemi di tenuta della contabilità, atti a rilevare la destinazione dei fatti amministrativi relativi alle attività di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica sulla base di dati analitici, verificabili e documentabili (separazione contabile),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere la normativa vigente in materia di separazione funzionale per le imprese di distribuzione dell'energia elettrica con meno di 100.000 clienti, nel senso di consentire la sola separazione contabile alle piccole imprese integrate degli enti locali e delle cooperative quando riforniscono meno di 25.000 clienti allacciati o piccole reti di distribuzione isolate, al fine di preservare, in tal modo, le specificità delle cooperative auto-produttrici con una propria rete di collegamento tra l'impianto di produzione e gli impianti di utilizzazione finale dell'energia.
9/3012-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula contiene una serie di misure volte alla rimozione degli ostacoli che impediscono la libera concorrenza in diversi settori dell'economia, anche in applicazione dei principi del diritto comunitario e delle politiche europee in materia di concorrenza, in parte anche recependo le indicazioni dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato;
    nella legge tedesca sulla concorrenza, al § 3, si prevede che non costituisce un'illegittima intesa restrittiva della concorrenza quella che ha come obiettivo la razionalizzazione delle attività economiche attraverso la cooperazione tra le imprese concorrenti, a condizione che tale intesa non elimini in modo significativo la concorrenza sul mercato e serva a migliorare la competitività delle piccole e medie imprese coinvolte nell'impresa;
    un'analoga disposizione è contenuta nella legge austriaca sulla concorrenza che, al § 2, comma 2, n. 3, prevede che sono esenti dal divieto di intese restrittive della concorrenza le intese tra i soci delle cooperative e tra questi e la cooperativa, nella misura in cui queste intese sono necessarie al fine di perseguire lo scopo promozionale – equivalente allo scopo mutualistico nel diritto italiano – della cooperativa;
    si ritiene giusto e necessario introdurre una norma similare anche nell'ordinamento italiano che consenta la cooperazione tra le imprese concorrenti di piccole o medie dimensioni (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE), a condizione che queste costituiscano tra loro un'organizzazione (qualificabile per la disciplina sulla concorrenza come un'impresa comune cooperativa) rispettosa della disciplina delle cooperative a mutualità prevalente, la quale garantisce sia l'esistenza di una funzione sociale a tale forma di cooperazione ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, sia la presenza di una vera cooperativa in conformità con l'importante sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea dell'8 settembre 2011 (causa C-78-80/08, Paint Graphos e a.);
    la cooperazione appena auspicata non dovrebbe pregiudicare il mercato tra gli Stati membri dell'Unione europea, dovrebbe migliorare la competitività tra le imprese cooperanti e dovrebbe consentire ai consumatori dei beni o servizi offerti da queste imprese di partecipare ai vantaggi e agli utili derivanti da tale cooperazione;
    in tal modo si introdurrebbe nel diritto italiano una norma speculare all'articolo 101, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevedendosi così un'esenzione legale senza termine (fino a quando siano rispettate le condizioni indicate nella predetta esenzione) e automatica (cioè senza che le imprese interessate debbano richiedere una specifica autorizzazione all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato),

impegna il Governo

a riformare la normativa italiana in linea con il diritto tedesco e austriaco, prevedendo esenzioni al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza in caso di collaborazioni tra piccole e medie imprese mediante la costituzione di organizzazioni aventi funzione sociale ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, migliorando così la competitività tra le imprese cooperanti.
9/3012-A/10Gebhard, Alfreider, Schullian, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula contiene una serie di misure volte alla rimozione degli ostacoli che impediscono la libera concorrenza in diversi settori dell'economia, anche in applicazione dei principi del diritto comunitario e delle politiche europee in materia di concorrenza, in parte anche recependo le indicazioni dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato;
    nella legge tedesca sulla concorrenza, al § 3, si prevede che non costituisce un'illegittima intesa restrittiva della concorrenza quella che ha come obiettivo la razionalizzazione delle attività economiche attraverso la cooperazione tra le imprese concorrenti, a condizione che tale intesa non elimini in modo significativo la concorrenza sul mercato e serva a migliorare la competitività delle piccole e medie imprese coinvolte nell'impresa;
    un'analoga disposizione è contenuta nella legge austriaca sulla concorrenza che, al § 2, comma 2, n. 3, prevede che sono esenti dal divieto di intese restrittive della concorrenza le intese tra i soci delle cooperative e tra questi e la cooperativa, nella misura in cui queste intese sono necessarie al fine di perseguire lo scopo promozionale – equivalente allo scopo mutualistico nel diritto italiano – della cooperativa;
    si ritiene giusto e necessario introdurre una norma similare anche nell'ordinamento italiano che consenta la cooperazione tra le imprese concorrenti di piccole o medie dimensioni (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE), a condizione che queste costituiscano tra loro un'organizzazione (qualificabile per la disciplina sulla concorrenza come un'impresa comune cooperativa) rispettosa della disciplina delle cooperative a mutualità prevalente, la quale garantisce sia l'esistenza di una funzione sociale a tale forma di cooperazione ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, sia la presenza di una vera cooperativa in conformità con l'importante sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea dell'8 settembre 2011 (causa C-78-80/08, Paint Graphos e a.);
    la cooperazione appena auspicata non dovrebbe pregiudicare il mercato tra gli Stati membri dell'Unione europea, dovrebbe migliorare la competitività tra le imprese cooperanti e dovrebbe consentire ai consumatori dei beni o servizi offerti da queste imprese di partecipare ai vantaggi e agli utili derivanti da tale cooperazione;
    in tal modo si introdurrebbe nel diritto italiano una norma speculare all'articolo 101, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevedendosi così un'esenzione legale senza termine (fino a quando siano rispettate le condizioni indicate nella predetta esenzione) e automatica (cioè senza che le imprese interessate debbano richiedere una specifica autorizzazione all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato),

impegna il Governo

a valutare la possibilità di promuovere le opportune iniziative per l'armonizzazione delle normative.
9/3012-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Gebhard, Alfreider, Schullian, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia coesistono due sistemi di pubblicità immobiliare: da una parte le trascrizioni nelle vecchie province improntata alla legge francese del 23 marzo 1855, dall'altra il sistema tavolare o Libro fondiario, in vigore nelle province di Trento, Bolzano, Trieste, Gorizia ed in alcuni comuni delle province di Udine, Brescia, Belluno e Vicenza;
    in particolare in Trentino Alto Adige vige il sistema tavolare nel quale, ai sensi del Regio decreto 28 marzo 1929 n. 499 è prevista l'emissione da parte del tribunale, dopo specifica verifica giurisdizionale, del certificato di eredità quale titolo che attesta la qualità di erede e che è inserito a cura del cancelliere nel registro di successione tenuto presso il tribunale;
    nei territori in cui vige il sistema tavolare, quindi, la materia successoria rientra nella competenza giurisdizionale sia per la formazione del titolo che accerta la qualità di erede e i suoi diritti ereditari rilasciato dal giudice, sia per la conservazione del titolo stesso da parte della cancelleria, sia per la sua pubblicità nei registri immobiliari da parte del giudice tavolare;
    il certificato di eredità è presupposto per l'iscrizione nel Libro fondiario della proprietà a nome dell'erede, con effetti evidenti di pubblica fede connessi alle iscrizioni tavolari;
    la procedura successoria che denota il sistema tavolare ha forti effetti semplificatori delle procedure;
    le cancellerie sono addette anche alla conservazione del certificato successorio europeo, dato che per quest'ultimo, il terzo comma dell'articolo 32 della legge n. 161 del 2014 mantiene in vigore nei territori in cui vige il sistema del libro fondiario le disposizioni di cui al titolo II del regio decreto 28 marzo 1929, n. 499 sopra citato,

impegna il Governo

ad approfondire le conseguenze delle norme introdotte dal provvedimento in esame sul sistema vigente nei sopra citati territori.
9/3012-A/11Dellai.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'articolo 6-bis reca disposizioni in materia di sconti sul premio assicurativo RC Auto nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale per gli assicurati che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno 5 anni precedenti al calcolo del premio;
    la disposizione richiamata consente ai cittadini con un basso tasso di sinistrosità, seppur residenti in regioni con un costo medio del premio assicurativo superiore alla media nazionale, di ricevere uno sconto che consente di commisurare la tariffa loro applicata a quella della media nazionale;
    tuttavia – nonostante i buoni propositi della norma e vista la necessità non solo di preservare tale sistema, ma di migliorarlo ulteriormente – simulando una concreta applicazione della disposizione è emersa una distorsione che sembrerebbe opportuno correggere mediante la sostituzione del parametro regionale con quello provinciale (in particolar modo sostituendo all'articolo 6-bis del provvedimento in esame, al relativo comma 2, la parola «regioni» ovunque ricorra con la parola «province»);
    infatti, prendendo come esempio la regione Liguria – sulla base dei dati statistici del 2014 pubblicati dall'ACI (Automobile Club d'Italia) – si riscontra un numero totale di autovetture per provincia così distribuito:
     Genova: 419.455;
     Imperia: 123.053;
     La Spezia: 122.180;
     Savona: 164.604;
    per quanto riguarda il valore del costo dei premi assicurativi rispetto alla media nazionale si riscontrano i seguenti valori:
     Genova: + 7,2;
     Imperia: – 23,3;
     La Spezia: + 11,6;
     Savona: – 23,1;
    qualora il parametro di riferimento per il calcolo dello sconto fosse la provincia (e non la regione) sia i residenti della provincia di Genova che della provincia di La Spezia avrebbero diritto allo sconto previsto dal richiamato articolo 6-bis. Al contrario, applicando pedissequamente il dettato della normativa in oggetto bisogna verificare se il costo medio del premio assicurativo di una regione risulti superiore o inferiore alla media nazionale. Sulla base dei calcoli matematici attraverso i quali è possibile desumere la media del costo del premio della regione Liguria si evince che il valore sia negativo, quindi inferiore alla media nazionale, e per tal motivo i residenti della provincia di Genova e della provincia di La Spezia non avranno diritto allo sconto previsto dall'articolo 6-bis in oggetto;
    per le motivazioni su esposte, perfettamente dimostrate, sarebbe opportuno correggere il parametro di riferimento regionale con quello provinciale, eliminando – in tal modo – ogni effetto distorsivo che risulta essere presente in ogni regione d'Italia;
    al fine di eliminare gli effetti distorsivi richiamati in premessa ed in base alle valutazioni presenti nel presente ordine del giorno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di assumere ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a sostituire il parametro regionale indicato dall'articolo 6-bis del provvedimento in esame con il parametro provinciale.
9/3012-A/12Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'articolo 6-bis reca disposizioni in materia di sconti sul premio assicurativo RC Auto nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale per gli assicurati che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno 5 anni precedenti al calcolo del premio;
    la disposizione richiamata consente ai cittadini con un basso tasso di sinistrosità, seppur residenti in regioni con un costo medio del premio assicurativo superiore alla media nazionale, di ricevere uno sconto che consente di commisurare la tariffa loro applicata a quella della media nazionale;
    tuttavia – nonostante i buoni propositi della norma e vista la necessità non solo di preservare tale sistema, ma di migliorarlo ulteriormente – simulando una concreta applicazione della disposizione è emersa una distorsione che sembrerebbe opportuno correggere mediante la sostituzione del parametro regionale con quello provinciale (in particolar modo sostituendo all'articolo 6-bis del provvedimento in esame, al relativo comma 2, la parola «regioni» ovunque ricorra con la parola «province»);
    infatti, prendendo come esempio la regione Liguria – sulla base dei dati statistici del 2014 pubblicati dall'ACI (Automobile Club d'Italia) – si riscontra un numero totale di autovetture per provincia così distribuito:
     Genova: 419.455;
     Imperia: 123.053;
     La Spezia: 122.180;
     Savona: 164.604;
    per quanto riguarda il valore del costo dei premi assicurativi rispetto alla media nazionale si riscontrano i seguenti valori:
     Genova: + 7,2;
     Imperia: – 23,3;
     La Spezia: + 11,6;
     Savona: – 23,1;
    qualora il parametro di riferimento per il calcolo dello sconto fosse la provincia (e non la regione) sia i residenti della provincia di Genova che della provincia di La Spezia avrebbero diritto allo sconto previsto dal richiamato articolo 6-bis. Al contrario, applicando pedissequamente il dettato della normativa in oggetto bisogna verificare se il costo medio del premio assicurativo di una regione risulti superiore o inferiore alla media nazionale. Sulla base dei calcoli matematici attraverso i quali è possibile desumere la media del costo del premio della regione Liguria si evince che il valore sia negativo, quindi inferiore alla media nazionale, e per tal motivo i residenti della provincia di Genova e della provincia di La Spezia non avranno diritto allo sconto previsto dall'articolo 6-bis in oggetto;
    per le motivazioni su esposte, perfettamente dimostrate, sarebbe opportuno correggere il parametro di riferimento regionale con quello provinciale, eliminando – in tal modo – ogni effetto distorsivo che risulta essere presente in ogni regione d'Italia;
    al fine di eliminare gli effetti distorsivi richiamati in premessa ed in base alle valutazioni presenti nel presente ordine del giorno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di assumere ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a sostituire il parametro regionale indicato dall'articolo 6-bis del provvedimento in esame con il parametro delle aree di tariffazione.
9/3012-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Luigi Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 gennaio 2013 è stata data attuazione all'articolo 19, commi 2 e 3 del decreto-legge del 24 gennaio 2012, n.1;
    il suddetto decreto ministeriale, dettando le disposizioni per l'esposizione obbligatoria dei prezzi dei prodotti petroliferi visibili dalla carreggiata stradale, praticati negli impianti di distribuzione carburanti, ha previsto, all'articolo 2, che il prezzo dei prodotti gpl (gas petrolio liquefatto) e metano siano esposti su cartelloni separati, distinti da quelli che riportano il prezzo di benzina e gasolio;
    la ragione di questa determinazione è quella di fornire una corretta informazione al consumatore in modo che lo stesso sia messo nella condizione di effettuare la scelta appropriata avendo evidenziato, in maniera chiara, il prodotto erogato, il costo e il fornitore dello stesso: da ciò, la necessità di indicarli su cartelli separati;
    l'articolo 51, comma 7, del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992 n. 495, prevede invece una sola insegna di esercizio per ogni stazione di rifornimento di carburanti al di fuori dei centri abitati, in evidente contrasto con le disposizioni sopra richiamate;
    si rende quindi necessaria l'introduzione di una modifica, anche al fine di evitare inutili contenziosi, attraverso la quale si armonizzino le due norme approvate in tempi diversi senza che siano state apportate le relative modifiche di coordinamento, e dare applicazione al disposto normativo di cui al succitato decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 gennaio 2013,

impegna il Governo

ad effettuare il necessario coordinamento tra le norme citate in premessa modificando l'articolo 51, comma 7, del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo codice della strada, prevedendo l'obbligo di pubblicizzare, con insegne separate, i prezzi dei prodotti petroliferi liquidi dai prezzi dei prodotti petroliferi gassosi.
9/3012-A/13Bini.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 gennaio 2013 è stata data attuazione all'articolo 19, commi 2 e 3 del decreto-legge del 24 gennaio 2012, n.1;
    il suddetto decreto ministeriale, dettando le disposizioni per l'esposizione obbligatoria dei prezzi dei prodotti petroliferi visibili dalla carreggiata stradale, praticati negli impianti di distribuzione carburanti, ha previsto, all'articolo 2, che il prezzo dei prodotti gpl (gas petrolio liquefatto) e metano siano esposti su cartelloni separati, distinti da quelli che riportano il prezzo di benzina e gasolio;
    la ragione di questa determinazione è quella di fornire una corretta informazione al consumatore in modo che lo stesso sia messo nella condizione di effettuare la scelta appropriata avendo evidenziato, in maniera chiara, il prodotto erogato, il costo e il fornitore dello stesso: da ciò, la necessità di indicarli su cartelli separati;
    l'articolo 51, comma 7, del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992 n. 495, prevede invece una sola insegna di esercizio per ogni stazione di rifornimento di carburanti al di fuori dei centri abitati, in evidente contrasto con le disposizioni sopra richiamate;
    si rende quindi necessaria l'introduzione di una modifica, anche al fine di evitare inutili contenziosi, attraverso la quale si armonizzino le due norme approvate in tempi diversi senza che siano state apportate le relative modifiche di coordinamento, e dare applicazione al disposto normativo di cui al succitato decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 gennaio 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di effettuare il necessario coordinamento tra le norme citate in premessa modificando l'articolo 51, comma 7, del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo codice della strada, prevedendo l'obbligo di pubblicizzare, con insegne separate, i prezzi dei prodotti petroliferi liquidi dai prezzi dei prodotti petroliferi gassosi.
9/3012-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Bini.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'articolo 6-bis reca disposizioni in materia di sconti sul premio assicurativo RC Auto nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale per gli assicurati che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno 5 anni precedenti al calcolo del premio;
    la disposizione richiamata consente ai cittadini con un basso tasso di sinistrosità, seppur residenti in regioni con un costo medio del premio assicurativo superiore alla media nazionale, di ricevere uno sconto che consente di commisurare la tariffa loro applicata a quella della media nazionale;
    tuttavia, nello specifico, le disposizioni dell'articolo 6-bis subordinano l'applicazione dello sconto solo ai contraenti che abbiano installato il dispositivo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b) del provvedimento in esame. Tale vincolo trattasi di una disparità di trattamento che viola il principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione in quanto il contraente che non abbia effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno 5 anni precedenti al calcolo del premio ha già dimostrato di non aver effettuato sinistri e non si comprendono le ragioni della necessità di aver installato il dispositivo in oggetto. In particolar modo si segnala che un contraente di una provincia con costo medio del premio assicurativo ampiamente inferiore alla media nazionale beneficia di una tariffa particolarmente bassa anche senza installazione del dispositivo richiamato e questa circostanza aggrava la discriminazione in termini di uguaglianza rispetto al contraente che non abbia effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno 5 anni precedenti al calcolo del premio ma a cui è richiesta l'installazione del dispositivo per beneficiare dello sconto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del comma 2 dell'articolo 6-bis al fine di assumere ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a non subordinare l'applicazione dello sconto previsto dalla norma richiamata all'installazione del dispositivo in premessa.
9/3012-A/14Pisano, Villarosa, Ruocco, Pesco, Alberti, Da Villa, Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16-ter aggiunto in Commissione prevede che l'Autorità antitrust possa intervenire in presenza di fenomeni distorsivi nella distribuzione cinematografica;
    tra gli effetti distorsioni deve essere considerata l'alterazione della concorrenza derivante dal fatto che i grandi blockbuster, in genere americani, sono preferiti dagli esercenti cinematografici, in quanto sono in grado di generare maggiori incassi, in forza della maggiore attrazione dei titoli cinematografici da essi detenuti; tale impostazione si risolve a danno dei piccoli distributori, in particolare nazionali;
    nell'attuale regime di distribuzione cinematografica sussiste un paradosso in base al quale molti film, in particolare nazionali, non riescono a trovare uno spazio per mancanza cronica di investimenti proprio in distribuzione. Molte opere prime o di elevato valore culturale oggi ottengono il finanziamento, ma non l'appropriata distribuzione, a causa della debolezza finanziaria di molti piccoli distributori;
    il 9 febbraio 2000 è stato sottoscritto un Protocollo d'intesa tra SIAE e distributori, volto a risolvere il problema sopra evidenziato. L'Accordo prevede che la SIAE si faccia carico di raccogliere, presso gli esercenti delle sale cinematografiche, la quota di incassi spettante ai distributori, con particolare riferimento ai piccoli distributori, che non riescono a farsi erogare le suddette somme dagli esercenti per cifre anche modeste. Tuttavia tale Accordo non ha mai avuto effettiva attuazione,

impegna il Governo

al fine di evitare fenomeni distorsivi della concorrenza tra grandi e piccoli distributori cinematografici, ad attivarsi presso l'Autorità antitrust o ad emanare disposizioni specifiche, per dare piena attuazione all'accordo d'intesa sottoscritto tra SIAE e distributori il 9 febbraio 2000.
9/3012-A/15Sammarco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 1-bis, del disegno di legge, nella sua attuale formulazione, stabilisce che l'IVASS determini la misura percentuale minima dello sconto di premio da riconoscere in favore di assicurati che abbiano accettato l'offerta di una polizza R.C. auto che preveda l'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati «scatola nera» o equivalenti, ovvero che preveda l'installazione di meccanismi elettronici che impediscono l'avvio del motore qualora sia riscontrato nel guidatore un tasso alcolemico superiore ai limiti stabiliti dalla legge per la conduzione di veicoli a motore;
    il medesimo comma 1-bis stabilisce che la misura dello sconto minimo è maggiorata per le aree territoriali nelle quali il rapporto tra il numero degli assicurati delle classi di merito più virtuose rispetto al numero degli assicurati è inferiore alla media nazionale;
    l'articolo 6-bis, comma 2, del disegno di legge, nella sua attuale formulazione, stabilisce che per i contraenti residenti nelle regioni con costo medio del premio, calcolato sulla base dell'anno precedente, superiore alla media nazionale, che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno 5 anni e che abbiano installato il dispositivo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), l'IVASS stabilisce una percentuale di sconto minima tale da commisurare la tariffa loro applicata a quella media applicabile a un assicurato, con le medesime caratteristiche soggettive e collocato nella medesima classe di merito, residente nelle regioni con un costo medio del premio inferiore alla media nazionale, riferito allo stesso periodo;
    le due disposizioni sopra indicate intervengono entrambe sulla problematica delle rilevanti differenze di prezzo delle polizze R.C. auto tra le varie aree territoriali italiane, rinvenendo soluzioni analoghe che necessitano di attuazione attraverso l'organizzazione di raccolta di informazioni e di successivi determinazione di misure di sconto sui premi relativi ai contratti di assicurazione obbligatoria della R.C. auto caratterizzati dall'abbinamento di dispositivi evoluti di controllo del veicolo;
    l'IVASS è investito di tali funzioni di raccolta di informazioni, di determinazioni delle misure degli sconti e di controllo sugli adempimenti cui sono tenute le imprese di assicurazione,

impegna il Governo

a verificare preventivamente presso l'IVASS le modalità tecniche per l'implementazione delle norme richiamate e la definizione di una normativa d'attuazione chiara nei suoi profili interpretativi, garantendone l'efficacia rispetto alle finalità perseguite dal legislatore.
9/3012-A/16Giampaolo Galli, Fusilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 6-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, ha previsto la definizione da parte dell'IVASS di una percentuale di sconto minima, in favore di contraenti che risiedono nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale e che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per almeno cinque anni, a condizione che abbiano installato meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo (cosiddetta «scatola nera»). La percentuale di sconto minima deve essere tale da commisurare la tariffa loro applicata a quella media dei soggetti, aventi le medesime caratteristiche, residenti in regioni con tassi di sinistrosità inferiori rispetto alla media nazionale;
    è stato comunque rilevato che la norma, così com’è stata scritta, produrrebbe qualche dubbio interpretativo: ai fini dell'ottenimento dello sconto, la disposizione, sin dalla sua entrata in vigore, potrebbe richiedere non solo i cinque anni di «virtuosità» da parte dell'assicurato, ma anche l'aver installato già in precedenza la scatola nera;
    a prescindere dalla presenza di eventuali elementi discriminatori che potrebbe comportare comunque l'introduzione dell'obbligo della scatola nera nei confronti degli assicurati «virtuosi» di alcune zone del Paese, andrebbe chiarito che la norma introdotta non comporti alcun elemento di retroattività, precisando che, ai fini dello sconto, la scatola nera vada installata successivamente, ovvero dopo i cinque anni in cui non sono stati effettuati sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente,

impegna il Governo

a chiarire l'ambito applicativo della disposizione di cui all'articolo 6-bis, comma 2, richiamata in premessa, precisando che, ai fini dell'ottenimento dello sconto, la scatola nera vada installata successivamente, ovvero dopo i cinque anni in cui non sono stati effettuati sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente.
9/3012-A/17Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 6-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, ha previsto la definizione da parte dell'IVASS di una percentuale di sconto minima, in favore di contraenti che risiedono nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale e che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per almeno cinque anni, a condizione che abbiano installato meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo (cosiddetta «scatola nera»). La percentuale di sconto minima deve essere tale da commisurare la tariffa loro applicata a quella media dei soggetti, aventi le medesime caratteristiche, residenti in regioni con tassi di sinistrosità inferiori rispetto alla media nazionale;
    è stato comunque rilevato che la norma, così com’è stata scritta, produrrebbe qualche dubbio interpretativo: ai fini dell'ottenimento dello sconto, la disposizione, sin dalla sua entrata in vigore, potrebbe richiedere non solo i cinque anni di «virtuosità» da parte dell'assicurato, ma anche l'aver installato già in precedenza la scatola nera;
    a prescindere dalla presenza di eventuali elementi discriminatori che potrebbe comportare comunque l'introduzione dell'obbligo della scatola nera nei confronti degli assicurati «virtuosi» di alcune zone del Paese, andrebbe chiarito che la norma introdotta non comporti alcun elemento di retroattività, precisando che, ai fini dello sconto, la scatola nera vada installata successivamente, ovvero dopo i cinque anni in cui non sono stati effettuati sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire l'ambito applicativo della disposizione di cui all'articolo 6-bis, comma 2, richiamata in premessa, precisando che, ai fini dell'ottenimento dello sconto, la scatola nera vada installata successivamente, ovvero dopo i cinque anni in cui non sono stati effettuati sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente.
9/3012-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, agli articoli 19, 19-ter, 19-quater, 19-quinquies, prevede l'abolizione della tariffa unica nazionale di maggior tutela per il settore del gas metano distribuito a mezzo rete, prevedendo che la concorrenza tra una pluralità di venditori possa ormai essere uno strumento sufficiente di tutela del piccolo consumatore;
    tale valutazione discende da 15 anni di applicazione del decreto legislativo n. 164 del 2000 (cosiddetto «Decreto Letta») di liberalizzazione graduale del mercato del gas naturale;
    nella regione Sardegna il citato decreto legislativo non si è mai applicato perché nella regione non c’è disponibilità di gas naturale distribuito a mezzo rete e che quindi non si è potuto sviluppare un contesto industriale e di mercato all'ingrosso adeguato allo sviluppo di forniture alternative all'operatore storico;
    le Linee guida del nuovo Piano energetico della regione Sardegna prevedono una graduale prossima metanizzazione con l'impiego di piccoli rigassificatori e depositi costieri di metano liquido (GNL) da distribuire poi direttamente o in forma compressa alle reti locali di distribuzione cittadina attualmente alimentate a gas di petrolio liquefatto (GPL) oltre che alle attività industriali compresi i trasporti terrestri, marittimi e ferroviari;
    tale strategia non esclude in futuro la realizzazione di grandi gasdotti di approvvigionamento quando i consumi locali ne giustificheranno l'investimento;
    numerosi progetti di depositi costieri di metano liquido annunciati e presentati per gli iter autorizzativi nelle aree portuali fanno prevedere un significativo prossimo approvvigionamento di GNL nella regione;
    l'approvvigionamento di GNL per analoghe attività di distribuzione e vendita è già diffuso da molti anni nell'Italia continentale, in Europa in Cina e in altre aree del Mondo;
    nella stessa Sardegna una primaria industria agroalimentare già utilizza il GNL importato via traghetto dalla Spagna e poi trasportato con autobotti – in analogia a quanto già si fa per il GPL e gli altri combustibili liquidi – per la produzione di elettricità e calore nel proprio impianto;
    l'attuale mercato del GPL distribuito a mezzo rete, con alimentazione tramite carri bombolai e autobotti, è costituito da monopoli in cui il distributore coincide con il venditore e in cui nessun venditore nuovo entrante può offrire il proprio gas in alternativa al distributore locale;
    tale situazione di monopoli locali si riproporrà automaticamente anche con la sostituzione del gas naturale al gas di petrolio liquefatto, senza più la garanzia fornita al consumatore dalla tariffa di maggior tutela e che nessuno potrà intervenire per contenere aumenti ingiustificati di prezzo in un contesto completamente liberalizzato in assenza però di una struttura di mercato concorrenziale a monte e a valle delle reti,

impegna il Governo

a prevedere con successivi provvedimenti regole di tutela dei consumatori a fronte di uno sviluppo graduale del mercato all'ingrosso e al dettaglio (famiglie, piccolo commercio e artigianato) del gas naturale nella Sardegna in analogia a quanto fatto con l'applicazione del cosiddetto «decreto Letta» negli scorsi anni nelle altre regioni del Paese.
9/3012-A/18Giovanna Sanna, Francesco Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, agli articoli 19, 19-ter, 19-quater, 19-quinquies, prevede l'abolizione della tariffa unica nazionale di maggior tutela per il settore del gas metano distribuito a mezzo rete, prevedendo che la concorrenza tra una pluralità di venditori possa ormai essere uno strumento sufficiente di tutela del piccolo consumatore;
    tale valutazione discende da 15 anni di applicazione del decreto legislativo n. 164 del 2000 (cosiddetto «Decreto Letta») di liberalizzazione graduale del mercato del gas naturale;
    nella regione Sardegna il citato decreto legislativo non si è mai applicato perché nella regione non c’è disponibilità di gas naturale distribuito a mezzo rete e che quindi non si è potuto sviluppare un contesto industriale e di mercato all'ingrosso adeguato allo sviluppo di forniture alternative all'operatore storico;
    le Linee guida del nuovo Piano energetico della regione Sardegna prevedono una graduale prossima metanizzazione con l'impiego di piccoli rigassificatori e depositi costieri di metano liquido (GNL) da distribuire poi direttamente o in forma compressa alle reti locali di distribuzione cittadina attualmente alimentate a gas di petrolio liquefatto (GPL) oltre che alle attività industriali compresi i trasporti terrestri, marittimi e ferroviari;
    tale strategia non esclude in futuro la realizzazione di grandi gasdotti di approvvigionamento quando i consumi locali ne giustificheranno l'investimento;
    numerosi progetti di depositi costieri di metano liquido annunciati e presentati per gli iter autorizzativi nelle aree portuali fanno prevedere un significativo prossimo approvvigionamento di GNL nella regione;
    l'approvvigionamento di GNL per analoghe attività di distribuzione e vendita è già diffuso da molti anni nell'Italia continentale, in Europa in Cina e in altre aree del Mondo;
    nella stessa Sardegna una primaria industria agroalimentare già utilizza il GNL importato via traghetto dalla Spagna e poi trasportato con autobotti – in analogia a quanto già si fa per il GPL e gli altri combustibili liquidi – per la produzione di elettricità e calore nel proprio impianto;
    l'attuale mercato del GPL distribuito a mezzo rete, con alimentazione tramite carri bombolai e autobotti, è costituito da monopoli in cui il distributore coincide con il venditore e in cui nessun venditore nuovo entrante può offrire il proprio gas in alternativa al distributore locale;
    tale situazione di monopoli locali si riproporrà automaticamente anche con la sostituzione del gas naturale al gas di petrolio liquefatto, senza più la garanzia fornita al consumatore dalla tariffa di maggior tutela e che nessuno potrà intervenire per contenere aumenti ingiustificati di prezzo in un contesto completamente liberalizzato in assenza però di una struttura di mercato concorrenziale a monte e a valle delle reti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con successivi provvedimenti regole di tutela dei consumatori a fronte di uno sviluppo graduale del mercato all'ingrosso e al dettaglio (famiglie, piccolo commercio e artigianato) del gas naturale nella Sardegna in analogia a quanto fatto con l'applicazione del cosiddetto «decreto Letta» negli scorsi anni nelle altre regioni del Paese.
9/3012-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Giovanna Sanna, Francesco Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge AC 3012 recante «Legge annuale per il mercato e la concorrenza» presso le Commissioni referenti sono state introdotte all'articolo 27 delle modifiche alla nostra legge notarile (legge 16 febbraio 1913, n. 89) che prevedono, tra l'altro, che «Il notaio può, altresì, recarsi nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari della Repubblica italiana»;
    l'esercizio di funzioni pubbliche all'estero è regolato, oltre che da norme nazionali, anche da norme internazionali pattizie e consuetudinarie, nonché da norme dello Stato territoriale presso il quale è stabilita la rappresentanza diplomatico-consolare;
    all'estero il servizio notarile è assicurato dal personale consolare non solo per disposizione di legge interna (articolo 28, del decreto legislativo n. 71 del 2011, cosiddetta «legge consolare»), ma soprattutto in attuazione di una regola di diritto internazionale sia consuetudinario che pattizio (la Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, che autorizza i consoli ad esercitare in territorio estero le funzioni notarili;
    le funzioni da essi svolte sul territorio estero e che l'esercizio di funzioni pubbliche al loro interno da parte di personale non dipendente appare in contrasto col diritto internazionale;
    anche al fine di evitare controversie con le autorità statali estere presso le quali sono accreditati i nostri uffici diplomatico-consolari,

impegna il Governo

a valutare, sul piano dei rapporti internazionali e del diritto internazionale, gli effetti applicativi della norma in questione nel proseguo dell'esame parlamentare del provvedimento, anche al fine di una sua eventuale modifica.
9/3012-A/19Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6-bis affida all'IVASS il compito di procedere a una verifica trimestrale sui sinistri inseriti nell'apposita banca dati dalle imprese di assicurazione, per assicurare omogeneità e oggettiva definizione dei criteri di trattamento dei medesimi dati;
    il comma 2 dispone che l'IVASS ha il compito di definire una percentuale di sconto minima, in favore di contraenti che risiedano nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale e che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per almeno cinque anni, a condizione che abbiano installato meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo (cosiddetta «scatola nera»);
    tale ultimo aspetto, per la formulazione del comma, potrebbe suscitare il rischio che le Compagnie assicurative interpretino la norma nel senso di dover applicare lo sconto solo qualora la scatola nera sia stata installata da almeno cinque anni, mentre la continuità temporale è richiesta esclusivamente per la condizione di non essere stati responsabili di sinistri per almeno cinque anni,

impegna il Governo

a adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di evitare che le Compagnie assicurative limitino l'applicazione dello sconto previsto dal comma 2 dell'articolo 6-bis imponendo indebitamente ai contraenti la condizione che anche la scatola nera sia stata installata per non meno dei cinque anni precedenti.
9/3012-A/20Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6-bis affida all'IVASS il compito di procedere a una verifica trimestrale sui sinistri inseriti nell'apposita banca dati dalle imprese di assicurazione, per assicurare omogeneità e oggettiva definizione dei criteri di trattamento dei medesimi dati;
    il comma 2 dispone che l'IVASS ha il compito di definire una percentuale di sconto minima, in favore di contraenti che risiedano nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale e che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per almeno cinque anni, a condizione che abbiano installato meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo (cosiddetta «scatola nera»);
    tale ultimo aspetto, per la formulazione del comma, potrebbe suscitare il rischio che le Compagnie assicurative interpretino la norma nel senso di dover applicare lo sconto solo qualora la scatola nera sia stata installata da almeno cinque anni, mentre la continuità temporale è richiesta esclusivamente per la condizione di non essere stati responsabili di sinistri per almeno cinque anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di evitare che le Compagnie assicurative limitino l'applicazione dello sconto previsto dal comma 2 dell'articolo 6-bis imponendo indebitamente ai contraenti la condizione che anche la scatola nera sia stata installata per non meno dei cinque anni precedenti.
9/3012-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento, che introduce norme sulla trasparenza e sui risparmi delle polizze dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore, prevede che, se all'atto della stipulazione del contratto o in occasione delle scadenze successive l'assicurato accetta, su proposta della compagnia assicuratrice, l'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del suo veicolo, denominati «scatola nera» o equivalenti, o qualora questi fossero già presenti, la stessa è tenuta a praticare uno sconto significativo rispetto al prezzo della polizza altrimenti applicato, la cui percentuale minima verrà stabilita dall'IVASS;
    la cosiddetta «scatola nera» è un dispositivo elettronico in grado di fornire alle imprese di assicurazioni ed agli utenti un gran numero di indicazioni perché da un lato, rilevando il comportamento alla guida dell'automobilista, permette di delinearne il profilo, mentre dall'altro, localizzando la vettura facilita la ricostruzione degli incidenti o dei furti, risolvendone le relative controversie;
    lo stesso articolo 3 del provvedimento stabilisce che i costi di installazione, disinstallazione, sostituzione, funzionamento e portabilità delle scatole nere sono a carico delle compagnie di assicurazione, senza però prevedere da parte di queste ultime il richiamo periodico della vettura per testare l'integrità e la perfetta efficienza del meccanismo elettronico che registra l'attività del veicolo;
    infatti, come tutti i dispositivi elettronici, anche la scatola nera è soggetta ad usura o a malfunzionamento, condizioni che potrebbero alterare i dati rilevati e quindi pregiudicare, per l'automobilista contraente, il diritto al relativo sconto,

impegna il Governo

a prevedere in capo alle compagnie di assicurazione anche l'obbligo di richiamare periodicamente la vettura sulla quale è stata installata la scatola nera al fine di testarne l'integrità e la perfetta efficienza di rilevazione.
9/3012-A/21Paglia, Ricciatti, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede l'abrogazione, fatti salvi una serie di adempimenti che dovrebbe tutelare maggiormente gli utenti, a partire dal 2018, della disciplina transitoria relativa alle forniture di gas e di energia elettrica per i clienti finali domestici, al fine di superare il regime di maggior tutela per la vendita finale di gas naturale;
    la tutela esistente è costituita dalle condizioni economiche stabilite trimestralmente dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi), che tutti i venditori hanno l'obbligo di offrire a coloro che non scelgono il mercato libero, mantenendo i contratti in essere;
    oltre all'energia e al gas, un altro ambito nel quale è necessario intervenire al fine di una maggiore tutela dei consumatori, e in particolare quelli meno abbienti che in questi anni stanno patendo maggiormente la crisi economica, è quello del servizio idrico;
    riguardo al servizio idrico, è indispensabile garantire maggiormente la vulnerabilità dei consumatori, anche attraverso una tariffazione in grado di aiutare realmente le fasce più deboli dei consumatori;
    negli ultimi 10 anni, le tariffe sull'acqua potabile sono mediamente aumentate di oltre l'85,2 per cento;
    va ricordato che dal 2007 ad oggi, il numero dei poveri in senso assoluto è più che raddoppiato, salendo da 1,8 milioni a 4,1 milioni, e nel Mezzogiorno la situazione è ancora più drammatica. Se consideriamo invece la povertà relativa, questa nel 2014 ha interessato oltre 7,8 milioni di persone (2,7 milioni di famiglie);
    il disegno di legge cosiddetto «Collegato ambientale», all'esame del Senato, prevede alcune misure volte a garantire il quantitativo di acqua minimo vitale necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per gli utenti morosi, ma dopo due anni dalla sua presentazione, il provvedimento è ancora all'esame del Parlamento;
    l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile e, pertanto, la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile e all'acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo, un diritto universale,

impegna il Governo

ad accelerare, con riferimento anche al settore idrico, l'approvazione di efficaci misure volte a garantire condizioni di maggior favore per gli utenti domestici in condizioni economiche-sociali più disagiate, nonché a garantire il quantitativo di acqua minimo vitale, individuabile in 50 litri giornalieri per persona, necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per gli utenti incolpevolmente morosi.
9/3012-A/22Pellegrino, Zaratti, Ricciatti, Paglia, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede l'abrogazione, fatti salvi una serie di adempimenti che dovrebbe tutelare maggiormente gli utenti, a partire dal 2018, della disciplina transitoria relativa alle forniture di gas e di energia elettrica per i clienti finali domestici, al fine di superare il regime di maggior tutela per la vendita finale di gas naturale;
    la tutela esistente è costituita dalle condizioni economiche stabilite trimestralmente dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi), che tutti i venditori hanno l'obbligo di offrire a coloro che non scelgono il mercato libero, mantenendo i contratti in essere;
    oltre all'energia e al gas, un altro ambito nel quale è necessario intervenire al fine di una maggiore tutela dei consumatori, e in particolare quelli meno abbienti che in questi anni stanno patendo maggiormente la crisi economica, è quello del servizio idrico;
    riguardo al servizio idrico, è indispensabile garantire maggiormente la vulnerabilità dei consumatori, anche attraverso una tariffazione in grado di aiutare realmente le fasce più deboli dei consumatori;
    negli ultimi 10 anni, le tariffe sull'acqua potabile sono mediamente aumentate di oltre l'85,2 per cento;
    va ricordato che dal 2007 ad oggi, il numero dei poveri in senso assoluto è più che raddoppiato, salendo da 1,8 milioni a 4,1 milioni, e nel Mezzogiorno la situazione è ancora più drammatica. Se consideriamo invece la povertà relativa, questa nel 2014 ha interessato oltre 7,8 milioni di persone (2,7 milioni di famiglie);
    il disegno di legge cosiddetto «Collegato ambientale», all'esame del Senato, prevede alcune misure volte a garantire il quantitativo di acqua minimo vitale necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per gli utenti morosi, ma dopo due anni dalla sua presentazione, il provvedimento è ancora all'esame del Parlamento;
    l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile e, pertanto, la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile e all'acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo, un diritto universale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accelerare, con riferimento anche al settore idrico, l'approvazione di efficaci misure volte a garantire condizioni di maggior favore per gli utenti domestici in condizioni economiche-sociali più disagiate, nonché a garantire il quantitativo di acqua minimo vitale, individuabile in 50 litri giornalieri per persona, necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per gli utenti incolpevolmente morosi.
9/3012-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Pellegrino, Zaratti, Ricciatti, Paglia, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, introduce una serie di disposizioni volte, nelle intenzioni del Governo, a incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica;
    a tal fine si consente l'ingresso di società di capitale nella titolarità dell'esercizio della farmacia detenuta da un privato, favorendo in tal modo la creazione di catene farmaceutiche;
    e le catene – secondo «Altroconsumo» – possono agevolare forti promozioni su alcuni prodotti «civetta» più usati (e magari anche meno utili/efficaci/essenziali), senza costituire un reale possibilità di risparmio (ci saranno alcune catene che decidono alcuni prezzi) che può essere garantita solo in un regime di reale concorrenza;
    inoltre si rimuove il limite delle quattro licenze in capo a un identico soggetto, finora previsto nel settore delle farmacie;
    attualmente la farmacia è una società di persone. L'ingresso di società di capitale potrà consentire a multinazionali farmaceutiche o dell'agroalimentare di acquisire quote di farmacie. Sarà da verificare l'impatto finale di queste norme, soprattutto riguardo alle sorti delle piccole farmacie e delle stesse parafarmacie;
    nonostante che in una prima bozza circolata del disegno di legge sulla concorrenza, fosse previsto, nel testo ora all'esame dell'Aula, non è più prevista la possibilità della vendita dei farmaci C con ricetta anche al di fuori delle farmacie;
    solo dando la possibilità alle parafarmacie e ai corner salute, di vendere anche i farmaci di fascia C con ricetta, si produrrà linfa vitale alla concorrenza a tutto vantaggio dei cittadini;
    l'Istituto Bruno Leoni ha sottolineato come consentire anche a parafarmacie e corner GDO (quelli che si trovano in alcuni supermercati) di vendere questo tipo di medicinali non sarebbe stata una rivoluzione, ma solo una iniziativa di ragionevolezza e di buon senso. «Il cittadino (...) non avrebbe nulla da temere acquistando un farmaco in una parafarmacia: quest'ultimo sarebbe ugualmente prescritto con ricetta medica e venduto da un farmacista abilitato, esattamente come accadrebbe se acquistasse lo stesso medicinale in farmacia»;
    ricordiamo che dal 2006, con l'apertura delle parafarmacie, c’è stata la liberalizzazione del prezzo del farmaco cosiddetto Otc, che può essere comprato senza ricetta: su questi farmaci, in pratica, ogni punto vendita può fare quello che vuole in materia di prezzo. Dal 2007, cioè l'anno successivo, le statistiche registravano diminuzioni di prezzo dei farmaci Otc del 20 per cento secco in tutt'Italia;
    sempre in ambito sanitario, un ulteriore aspetto che potrebbe favorire una sana concorrenza e un meccanismo virtuoso in capo alle strutture sanitarie accreditate, è quello finalizzato ad aumentare la trasparenza e la pubblicità dei servizi erogati da dette strutture sanitarie, al fine di consentire ai cittadini una loro comparabilità, anche in termini di qualità dei servizi offerti,

impegna il Governo:

   a monitorare gli effetti conseguenti all'apertura anche alle società di capitale nella titolarità della farmacia;
   a tutelare e implementare l'importante ruolo svolto dalle farmacie rurali e dalle parafarmacie e di individuare tutte le iniziative volte a garantire la continuità e i livelli occupazionali delle medesime, anche alla luce del previsto ingresso delle società di capitale nella distribuzione farmaceutica;
   a valutare l'opportunità di abbassare la soglia di popolazione richiesta per l'apertura delle farmacie, attualmente fissata in una farmacia ogni 3.300 abitanti;
   al fine di favorire una sana concorrenza in capo alle strutture sanitarie accreditate, a prendere le opportune iniziative volte a garantire, in accordo con gli enti territoriali, la massima trasparenza dei bilanci e delle attività delle medesime strutture sanitarie accreditate, anche mediante la pubblicazione sul proprio sito internet di rapporti periodici circa le attività svolte e la qualità del servizio erogato, con particolare riferimento ai volumi di attività clinica e ai tempi di attesa per l'erogazione delle prestazioni.
9/3012-A/23Nicchi, Ricciatti, Ferrara, Paglia, Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, introduce una serie di disposizioni volte, nelle intenzioni del Governo, a incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica;
    a tal fine si consente l'ingresso di società di capitale nella titolarità dell'esercizio della farmacia detenuta da un privato, favorendo in tal modo la creazione di catene farmaceutiche;
    e le catene – secondo «Altroconsumo» – possono agevolare forti promozioni su alcuni prodotti «civetta» più usati (e magari anche meno utili/efficaci/essenziali), senza costituire un reale possibilità di risparmio (ci saranno alcune catene che decidono alcuni prezzi) che può essere garantita solo in un regime di reale concorrenza;
    inoltre si rimuove il limite delle quattro licenze in capo a un identico soggetto, finora previsto nel settore delle farmacie;
    attualmente la farmacia è una società di persone. L'ingresso di società di capitale potrà consentire a multinazionali farmaceutiche o dell'agroalimentare di acquisire quote di farmacie. Sarà da verificare l'impatto finale di queste norme, soprattutto riguardo alle sorti delle piccole farmacie e delle stesse parafarmacie;
    nonostante che in una prima bozza circolata del disegno di legge sulla concorrenza, fosse previsto, nel testo ora all'esame dell'Aula, non è più prevista la possibilità della vendita dei farmaci C con ricetta anche al di fuori delle farmacie;
    solo dando la possibilità alle parafarmacie e ai corner salute, di vendere anche i farmaci di fascia C con ricetta, si produrrà linfa vitale alla concorrenza a tutto vantaggio dei cittadini;
    l'Istituto Bruno Leoni ha sottolineato come consentire anche a parafarmacie e corner GDO (quelli che si trovano in alcuni supermercati) di vendere questo tipo di medicinali non sarebbe stata una rivoluzione, ma solo una iniziativa di ragionevolezza e di buon senso. «Il cittadino (...) non avrebbe nulla da temere acquistando un farmaco in una parafarmacia: quest'ultimo sarebbe ugualmente prescritto con ricetta medica e venduto da un farmacista abilitato, esattamente come accadrebbe se acquistasse lo stesso medicinale in farmacia»;
    ricordiamo che dal 2006, con l'apertura delle parafarmacie, c’è stata la liberalizzazione del prezzo del farmaco cosiddetto Otc, che può essere comprato senza ricetta: su questi farmaci, in pratica, ogni punto vendita può fare quello che vuole in materia di prezzo. Dal 2007, cioè l'anno successivo, le statistiche registravano diminuzioni di prezzo dei farmaci Otc del 20 per cento secco in tutt'Italia;
    sempre in ambito sanitario, un ulteriore aspetto che potrebbe favorire una sana concorrenza e un meccanismo virtuoso in capo alle strutture sanitarie accreditate, è quello finalizzato ad aumentare la trasparenza e la pubblicità dei servizi erogati da dette strutture sanitarie, al fine di consentire ai cittadini una loro comparabilità, anche in termini di qualità dei servizi offerti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti conseguenti all'apertura anche alle società di capitale nella titolarità della farmacia;
   a valutare l'opportunità di tutelare e implementare l'importante ruolo svolto dalle farmacie rurali e dalle parafarmacie e di individuare tutte le iniziative volte a garantire la continuità e i livelli occupazionali delle medesime, anche alla luce del previsto ingresso delle società di capitale nella distribuzione farmaceutica;
   a valutare l'opportunità di abbassare la soglia di popolazione richiesta per l'apertura delle farmacie, attualmente fissata in una farmacia ogni 3.300 abitanti;
   al fine di favorire una sana concorrenza in capo alle strutture sanitarie accreditate, a valutare l'opportunità di prendere le opportune iniziative volte a garantire, in accordo con gli enti territoriali, la massima trasparenza dei bilanci e delle attività delle medesime strutture sanitarie accreditate, anche mediante la pubblicazione sul proprio sito internet di rapporti periodici circa le attività svolte e la qualità del servizio erogato, con particolare riferimento ai volumi di attività clinica e ai tempi di attesa per l'erogazione delle prestazioni.
9/3012-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicchi, Ricciatti, Ferrara, Paglia, Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede misure volte a favorire la concorrenza nella distribuzione dei carburanti per autotrazione;
    al fine di un'efficace politica di sviluppo sostenibile e di miglioramento della qualità dell'aria, è indispensabile incentivare in maniera efficace la diffusione e commercializzazione dei motori elettrici e a metano e questo dipenderà sempre di più dallo sviluppo delle rispettive reti di distribuzione (colonnine di ricarica e stazioni di rifornimento) presenti sul nostro territorio;
    le vetture elettriche, così come quelle a metano infatti, si vendono bene là dove c’è una sufficiente rete distributiva. Ci sono regioni dove detta rete di distribuzione è praticamente assente,

impegna il Governo

a dare un forte impulso, anche attraverso appositi accordi di programma con gli enti locali coinvolti e le associazioni e le categorie interessate, allo sviluppo della rete di distribuzione sul territorio nazionale di carburanti per autotrazione a minor impatto ambientale, con particolare riferimento al metano, e all'alimentazione elettrica.
9/3012-A/24Zaratti, Franco Bordo, Ferrara, Ricciatti, Paglia, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede misure volte a favorire la concorrenza nella distribuzione dei carburanti per autotrazione;
    al fine di un'efficace politica di sviluppo sostenibile e di miglioramento della qualità dell'aria, è indispensabile incentivare in maniera efficace la diffusione e commercializzazione dei motori elettrici e a metano e questo dipenderà sempre di più dallo sviluppo delle rispettive reti di distribuzione (colonnine di ricarica e stazioni di rifornimento) presenti sul nostro territorio;
    le vetture elettriche, così come quelle a metano infatti, si vendono bene là dove c’è una sufficiente rete distributiva. Ci sono regioni dove detta rete di distribuzione è praticamente assente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare un forte impulso, anche attraverso appositi accordi di programma con gli enti locali coinvolti e le associazioni e le categorie interessate, allo sviluppo della rete di distribuzione sul territorio nazionale di carburanti per autotrazione a minor impatto ambientale, con particolare riferimento al metano, e all'alimentazione elettrica.
9/3012-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Zaratti, Franco Bordo, Ferrara, Ricciatti, Paglia, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni riconducibili alla materia relativa alla tutela della concorrenza;
    in particolare, all'articolo 26, al fine di garantire una maggiore concorrenzialità nell'ambito della professione forense, con una modifica alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, si disciplina l'esercizio della professione forense in forma societaria;
    al fine di rispondere alle necessità degli utenti/clienti, soprattutto se richiedono prestazioni multidisciplinari, sarebbe auspicabile che le società fra avvocati fossero un'esperienza aperta anche ad altri soci professionisti, seppure non avvocati, a tal fine prevedendo, dunque, anche la possibilità di costituire società multidisciplinari,

impegna il Governo

ad intervenire normativamente prevedendo che l'esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo, o avvocati iscritti all'albo, nonché altri professionisti iscritti in albi professionali, favorendo la costituzione di società multidisciplinari.
9/3012-A/25Ricciatti, Paglia, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni riconducibili alla materia relativa alla tutela della concorrenza;
    in particolare, all'articolo 26, al fine di garantire una maggiore concorrenzialità nell'ambito della professione forense, con una modifica alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, si disciplina l'esercizio della professione forense in forma societaria;
    al fine di rispondere alle necessità degli utenti/clienti, soprattutto se richiedono prestazioni multidisciplinari, sarebbe auspicabile che le società fra avvocati fossero un'esperienza aperta anche ad altri soci professionisti, seppure non avvocati, a tal fine prevedendo, dunque, anche la possibilità di costituire società multidisciplinari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire normativamente prevedendo che l'esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo, o avvocati iscritti all'albo, nonché altri professionisti iscritti in albi professionali, favorendo la costituzione di società multidisciplinari.
9/3012-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Ricciatti, Paglia, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    nella sua versione iniziale l'articolo 7 del provvedimento in esame prevedeva la necessità che il Governo emanasse due tabelle nazionali che fungessero da parametro per il risarcimento del danno biologico, rispettivamente, per le macrolesioni (menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti) e per le microlesioni (menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità). Inoltre, prevedeva l'unificazione nel danno non patrimoniale delle varie tipologie di danno: biologico, morale ed esistenziale. L'ammontare complessivo riconosciuto è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche. Con riferimento alla tabella delle macrolesioni, veniva altresì aumentato dal 30 al 40 per cento, il valore percentuale attribuito alla discrezionalità del giudice per aumentare l'importo del risarcimento, rispetto ai valori base delle tabella, in relazione sia al cosiddetto danno esistenziale, sia al danno morale;
    a seguito delle modifiche introdotte in Commissione viene sostituito, in particolare, l'articolo 138 del codice delle assicurazioni private in tema di risarcimento del danno non patrimoniale per macrolesioni al fine di prevedere che il decreto del Presidente della Repubblica con il quale dovrà essere approvata la tabella unica per il risarcimento delle macrolesioni dovrà garantire il diritto delle vittime dei sinistri ad un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito e razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori. Il decreto del Presidente della Repubblica dovrà essere adottato entro 120 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame;
    viene, poi, specificato che la tabella unica nazionale è redatta tenendo conto dei criteri valutativi del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità;
    la Corte di cassazione, con sentenza del 7 giugno 2011 n. 12408, ha definito le tabelle elaborate dal tribunale di Milano come le più congrue, sia per il metodo di calcolo sia per quanto riguarda i valori risarcitori, individuando in esse il parametro di riferimento per il risarcimento alla persona da applicarsi uniformemente sull'intero territorio nazionale;
    inoltre, con sentenza n. 19211 del 2015, la Corte di cassazione ha stabilito che è necessario che il giudice conceda un giusto risarcimento per il danno relazionale che ricompensi il cambio di vita post-sinistro, oltre alla sofferenza psichica. La stessa sentenza afferma che in casi del genere il giudice di merito deve applicare le tabelle elaborate dal tribunale di Milano. Qualora invece il giudice ritenesse di disattendere a questo principio è tenuto a motivare la decisione,

impegna il Governo

al fine di garantire il diritto delle vittime dei sinistri ad un pieno risarcimento del danno subito e di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori, alla predisposizione di una specifica tabella unica per tutto il territorio della Repubblica aggiornata ai valori proposti dalle tabelle del Tribunale di Milano ritenuti congrui dalla sentenza della Corte di cassazione n.12408 del 2011 ed alla sentenza della Cassazione n. 19211 del 2015.
9/3012-A/26Ferrara, Franco Bordo, Nicchi, Ricciatti, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento in esame, relativo alla portabilità dei fondi pensione, è stato modificato durante l'esame del provvedimento in Commissione;
    la stesura iniziale del testo prevedeva la facoltà, per le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari aventi soggettività giuridica e operanti secondo il principio della contribuzione definita, di raccogliere sottoscrizioni anche tra i lavoratori appartenenti a categorie professionali diverse da quella di riferimento. Inoltre, dispone l'abbreviazione dei termini per l'anticipo dell'erogazione delle prestazioni pensionistiche, consentito in caso di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 24 mesi (in luogo degli attuali 48) e con un anticipo massimo di 10 anni (in luogo degli attuali 5) rispetto ai requisiti per l'accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza;
    in merito al regime fiscale dei riscatti si chiarisce che, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione al fondo per cause diverse dalla cessazione dell'attività lavorativa, dall'invalidità permanente o dalla morte dell'iscritto, è previsto il riscatto della posizione sia nelle forme collettive che in quelle individuali; su tali somme si applica la ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento;
    infine, si stabilisce che il diritto del lavoratore al versamento alla forma pensionistica da lui prescelta del TFR maturando e dell'eventuale contributo a carico del datore di lavoro non è più sottoposto ai limiti e alle modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi, anche aziendali;
    a seguito delle modifiche apportate in Commissione viene introdotto un comma aggiuntivo, con il quale, al fine di aumentare l'efficienza delle forme pensionistiche complementari (collettive e quelle istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421), si prevede che entro 30 giorni dall'approvazione della legge sia convocato un tavolo di confronto con sindacati, associazioni datoriali ed esperti della materia per riformare i fondi pensione spingendo ad aggregazioni finalizzate ad aumentare il livello medio delle consistenze e così ridurre costi e rischio; revisione dei requisiti per l'esercizio dei fondi pensione secondo le migliori pratiche internazionali, fissazione di soglie patrimoniali di rilevanza minima in funzione dei patrimoni gestiti;
   in questo articolo si riduce, inoltre, da dieci a cinque anni l'anticipo rispetto ai requisiti per l'accesso alla prestazione pensionistica, in caso di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a ventiquattro mesi, su richiesta dell'aderente. I regolamenti delle forme pensionistiche complementari possono innalzare l'anticipo fino a un massimo di dieci anni,

impegna il Governo

ad estendere tale facoltà anche agli iscritti alle forme previdenziali pubbliche obbligatorie per rendere possibile la flessibilità dell'età pensionabile da parte delle lavoratrici e dei lavoratori.
9/3012-A/27Placido, Airaudo, Ricciatti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del provvedimento, al fine di aumentare l'efficienza e la redditività delle forme pensionistiche complementari collettive, contiene disposizioni concernenti la portabilità dei fondi pensione;
    l'articolo 12, comma 1, del decreto-legge n. 145 del 2013 (cosiddetta Destinazione Italia), al fine di facilitare l'attrazione di capitali italiani ed esteri verso il tessuto imprenditoriale delle piccole e medie imprese ed aumentare la capacità di diffusione dei cosiddetti «mini-bond», detta misure per la semplificazione dei processi di strutturazione e gestione dei portafogli degli investitori istituzionali che sottoscrivono titoli derivanti dalla cartolarizzazione di crediti delle stesse;
    più precisamente il suddetto comma 1, dell'articolo 12, alla lettera e), incentiva l'investimento in titoli di cartolarizzazione con obbligazioni e titoli similari come sottostante, da parte delle assicurazioni e dei fondi pensione anche quando questi strumenti non siano negoziati su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di rating;
    i «mini-bond» si sono rivelati uno strumento finanziario volto capace di assicurare alle piccole e medie imprese un'ulteriore opportunità di accesso al credito, così da ridurre la loro dipendenza dal sistema bancario creando, anche per quelle italiane, un «mercato del debito», analogamente a quanto già avviene nei sistemi finanziari ed industriali europei più avanzati;
    pertanto, nonostante sia stata favorita la costituzione di fondi specializzati o di società di cartolarizzazione per sostenere l'aggregazione e la selezione professionale di portafogli di «mini-bond» su cui sollecitare il mercato dei capitali e sono state create le condizioni per incrementare strutturalmente la quota di investimenti in questa nuova asset class da parte di soggetti istituzionali come le compagnie di assicurazione, i fondi pensione e le casse di previdenza dei professionisti, a tutt'oggi non sembra che gli stessi abbiano approfittato dell'opportunità;
    con decreto Ministero dell'economia e delle finanze del 2 settembre 2014, n. 166, sono state dettate norme sui criteri e sui limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione, con le quali si invitano gli stessi fondi a realizzare un'adeguata diversificazione del loro portafoglio perseguendo sempre l'ottimizzazione della combinazione redditività-rischio. Inoltre lo stesso decreto prevede che le disponibilità del fondo pensione debbano essere investite in misura prevalente in strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati, mentre l'investimento in strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati e in OICR alternativi dovrà essere mantenuto a livelli prudenziali, e complessivamente contenuto entro il limite del 30 per cento delle disponibilità complessive del fondo;
    lo stesso decreto n. 166, nel rivedere i limiti di concentrazione, stabilisce che i fondi pensione, tenuto conto anche dell'esposizione derivante da investimenti in strumenti derivati, non dovranno investire più del 5 per cento delle loro disponibilità complessive in strumenti finanziari emessi da uno stesso soggetto e non più del 10 per cento in strumenti finanziari emessi da soggetti appartenenti a un unico gruppo;
    sempre con riferimento agli investimenti in OICR, è opportuno sottolineare, infine, come il citato decreto ministeriale n. 166 del 2014 abbia previsto una deroga espressa ai limiti di concentrazione, stabilendo, all'articolo 5, comma 3, che i limiti di concentrazione per singolo emittente e per gruppo non trovano applicazione nel caso di investimenti in quote o azioni di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM);
    l'imposizione di tali limitazioni sembra aver tradito lo spirito dell'articolo 12 del decreto «Destinazione Italia», scoraggiando da parte dei fondi pensione l'investimento di una parte del proprio portafoglio in titoli di debito, anche non negoziati, emessi da piccole o medie imprese, anche attraverso operazioni di cartolarizzazioni delle medesime, o da organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) che gestiscano titoli emessi dalle stesse,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative in materia di regime di investimento dei fondi pensione, obbligando questi ultimi a sottoscrivere o ad acquisire, per un valore pari ad almeno il 2 per cento del valore del proprio patrimonio, titoli di debito, anche non negoziati, emessi da piccole o medie imprese, anche attraverso operazioni di cartolarizzazioni delle medesime, o da organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) che gestiscano titoli emessi dalle stesse.
9/3012-A/28Airaudo, Paglia, Ricciatti, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    lo sfruttamento indebito, in ambito internazionale, delle denominazioni riconosciute alle produzioni agroalimentari italiane di qualità è sempre più ricorrente e la falsificazione dei nostri prodotti DOP e IGP fa registrare un giro d'affari di oltre cinque volte il fatturato realizzato dal mercato autentico;
    il fenomeno della contraffazione on-line è particolarmente allarmante posto che la rete offre anonimato, costi bassi e possibilità di una veloce e facile scomparsa dal mercato; dati aggiornati evidenziano che il commercio on-line nel settore alimentare risulta quello in maggior crescita, tanto che si stima, per il 2013, un balzo del 18 per cento;
    tale situazione genera ancor più preoccupazione alla luce delle iniziative intraprese dalla società americana ICANN, ovvero l'Autorità che genera il rilascio dei suffissi internet, ed evidenzia la necessità di rivedere la governance della rete posto che il modello «multistakeholder», particolarmente rilevante nel tema dei domini di primo livello, fa sì che il ruolo dei governi, come dimostrano le difficoltà negoziali nell'ambito del GAC, non sia determinante;
    come ormai noto, la citata ICANN, organizzazione privata di diritto californiano, ha attivato le procedure per assegnare, dietro pagamento, a soggetti privati e indipendentemente se siano – ad esempio viticoltori – o utilizzatori riconosciuti delle denominazioni, domini di primo livello generico, tra i quali «wine» e «vin», oltre a «food» e «organic»;
    i titolari dei suddetti domini potrebbero infatti, attraverso l'abbinamento a domini di secondo livello, registrare indirizzi come «baroloclassico.wine» o anche «prosciuttodiparma.food» e sovrapporli agli indirizzi dei prodotti originali generando totale confusione nelle piattaforme di commercio elettronico con danni incalcolabili per il sistema di qualità agroalimentare italiano;
    è indispensabile assicurare che l'assegnazione di nomi generici, accordati in via esclusiva a privati e senza particolari garanzie, quali domini di primo livello, sia improntata al rispetto delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio, posto che il loro utilizzo, peraltro esclusivo, ha implicazioni commerciali, di relazioni tra Paesi e di immagine con effetti devastanti in ambito commerciale internazionale e in grado di attivare infiniti e costosi contenziosi; richieste di assegnazione di domini provengono da società stabilite in Paesi dichiarati «paradisi fiscali», coperte da anonimato societario e potenzialmente in grado di riciclare denaro di dubbia provenienza;
    l'iniziativa in parola contrasta con i principi della proprietà intellettuale che vietano la concessione di un diritto di privativa industriale che abbia ad oggetto un termine di uso comune,

impegna il Governo

ad intervenire con determinazione nelle competenti sedi internazionali, anche in collaborazione con gli altri Stati membri interessati e con la Commissione europea, per bloccare l'introduzione di nomi generici a dominio internet e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle denominazioni, a garanzia di tutela del sistema agroalimentare di qualità italiano e a promuovere, a livello di Unione europea, un'azione comune a difesa della posizione della «non concedibilità» dei nomi generici e della necessità di rivedere la governance di internet con la definizione di regole condivise a livello internazionale.
9/3012-A/29Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    lo sfruttamento indebito, in ambito internazionale, delle denominazioni riconosciute alle produzioni agroalimentari italiane di qualità è sempre più ricorrente e la falsificazione dei nostri prodotti DOP e IGP fa registrare un giro d'affari di oltre cinque volte il fatturato realizzato dal mercato autentico;
    il fenomeno della contraffazione on-line è particolarmente allarmante posto che la rete offre anonimato, costi bassi e possibilità di una veloce e facile scomparsa dal mercato; dati aggiornati evidenziano che il commercio on-line nel settore alimentare risulta quello in maggior crescita, tanto che si stima, per il 2013, un balzo del 18 per cento;
    tale situazione genera ancor più preoccupazione alla luce delle iniziative intraprese dalla società americana ICANN, ovvero l'Autorità che genera il rilascio dei suffissi internet, ed evidenzia la necessità di rivedere la governance della rete posto che il modello «multistakeholder», particolarmente rilevante nel tema dei domini di primo livello, fa sì che il ruolo dei governi, come dimostrano le difficoltà negoziali nell'ambito del GAC, non sia determinante;
    come ormai noto, la citata ICANN, organizzazione privata di diritto californiano, ha attivato le procedure per assegnare, dietro pagamento, a soggetti privati e indipendentemente se siano – ad esempio viticoltori – o utilizzatori riconosciuti delle denominazioni, domini di primo livello generico, tra i quali «wine» e «vin», oltre a «food» e «organic»;
    i titolari dei suddetti domini potrebbero infatti, attraverso l'abbinamento a domini di secondo livello, registrare indirizzi come «baroloclassico.wine» o anche «prosciuttodiparma.food» e sovrapporli agli indirizzi dei prodotti originali generando totale confusione nelle piattaforme di commercio elettronico con danni incalcolabili per il sistema di qualità agroalimentare italiano;
    è indispensabile assicurare che l'assegnazione di nomi generici, accordati in via esclusiva a privati e senza particolari garanzie, quali domini di primo livello, sia improntata al rispetto delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio, posto che il loro utilizzo, peraltro esclusivo, ha implicazioni commerciali, di relazioni tra Paesi e di immagine con effetti devastanti in ambito commerciale internazionale e in grado di attivare infiniti e costosi contenziosi; richieste di assegnazione di domini provengono da società stabilite in Paesi dichiarati «paradisi fiscali», coperte da anonimato societario e potenzialmente in grado di riciclare denaro di dubbia provenienza;
    l'iniziativa in parola contrasta con i principi della proprietà intellettuale che vietano la concessione di un diritto di privativa industriale che abbia ad oggetto un termine di uso comune,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con determinazione nelle competenti sedi internazionali, anche in collaborazione con gli altri Stati membri interessati e con la Commissione europea, per bloccare l'introduzione di nomi generici a dominio internet e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle denominazioni, a garanzia di tutela del sistema agroalimentare di qualità italiano e a promuovere, a livello di Unione europea, un'azione comune a difesa della posizione della «non concedibilità» dei nomi generici e della necessità di rivedere la governance di internet con la definizione di regole condivise a livello internazionale.
9/3012-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    sono diversi e significativi i provvedimenti che il Governo sta mettendo in campo per valorizzare il sistema museale italiano ed è emersa ormai con forza la necessità di arrivare alla percezione dell'Italia come «museo diffuso che attiri visitatori consapevoli» per migliorare le potenzialità di attrazione turistica soprattutto internazionale;
    per arrivare al museo diffuso si rende evidente la necessità di molteplici azioni e di mettere mano al sistema tariffario per renderlo competitivo con quanto avviene negli altri Paesi Ue: quando un turista arriva in una città gli interessa molto poco di chi sia il museo, è interessato invece che ci sia un'offerta moderna, comune e con biglietti integrati. Ancora più chiaramente, la percezione turistica è sempre nazionale, non particolaristica o regionale. Infatti i grandi flussi si diramano dalle città principali e con una buona gestione raggiungono alcune regioni o alcuni siti. Ultimo ma non secondario: così come la Cooperazione italiana esprime vette altissime negli interventi di protezione e restauro artistico, si veda il lavoro che stiamo svolgendo in Nepal, così gli interventi che il MIBACT ha pianificato in Italia sono una forma di presidio del territorio. Quindi, lavorando per il potenziamento del turismo in Italia la conseguenza che ne scaturisce è un miglioramento dei servizi per i cittadini;
    il decreto del 3 dicembre scorso del Ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, ha previsto istituzione di poli museali regionali dello Stato da coordinare obbligatoriamente con la rete di livello regionale: nasce così il sistema museale italiano fatto di 20 musei autonomi e di una rete di 17 poli regionali per favorire il dialogo continuo fra le diverse realtà museali pubbliche e private del territorio per dar vita ad un'offerta integrata al pubblico;
    i poli museali regionali assicurano sul territorio l'espletamento del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura in consegna allo Stato o allo Stato comunque affidati in gestione, provvedendo a definire strategie e obiettivi comuni di valorizzazione, in rapporto all'ambito territoriale di competenza, e promuovono l'integrazione dei percorsi culturali di fruizione, nonché dei conseguenti itinerari turistico-culturali.
    MIBACT e ANCI hanno messo in essere un progetto pilota nel quale sono state individuate alcune città che stanno lavorando in via sperimentale per introdurre un ticket unico per tutti i loro musei comunali e statali, tra questi ad esempio Firenze, dove esiste già una card con cui si entra nei musei sia dello Stato che del comune oppure i musei di Pesaro, Fano e Urbino che offrono un percorso culturale integrato;
    sono inoltre attivi, a livello regionale, altri progetti di integrazione tra Stato, regioni e comuni per una offerta unica e integrata del patrimonio culturale, museale, archeologico;
    il decreto ArtBonus ha introdotto l'autonomia finanziaria e la figura del manager nei grandi musei e le nuove modalità di trasferimento delle risorse ai musei,

impegna il Governo

   a favorire l'istituzione di un tavolo di concertazione al quale partecipino i Ministeri interessati, le regioni, l'ANCI, gli enti portuali e aeroportuali, gli editori e i rappresentanti delle categorie di settore per arrivare alla definizione e razionalizzazione dei servizi e degli standard regionali da mantenere definendo altresì le modalità che consentano l'istituzione di un biglietto unico nazionale che consenta l'accesso a musei e beni culturali maggiori e minori cioè posti in quelle zone limitrofe ai grandi attrattori turistici poco considerati dagli operatori e dai flussi turistici permettendo così una programmazione e una diffusione del «prodotto Italia» in tempi certi e senza investimenti pubblicitari onerosi localmente ma con pochi ritorni certi;
   in tale contesto, prendendo a riferimento l'efficacia e la remuneratività del modello francese, prevedere specifiche misure per la valorizzazione e operatività turistica delle dimore storiche, nonché, avendo l'Italia il più vasto patrimonio UNESCO al mondo, introdurre uno specifico «ticket UNESCO» che movimenti e cambi le rotte abituali dei flussi turistici.
9/3012-A/30Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    come riporta il settimanale Panorama, in un articolo a firma di Mikol Belluzzi, fare conceria in Italia è diventato un vero lusso;
    un lusso, innanzitutto, perché sul mercato sono rimasti solo i grandi operatori, quelli che possono investire in ricerca, innovazione e sostenibilità e, poi, perché chi è «sopravvissuto» crea ed esporta pelli per le grandi aziende del lusso internazionale;
    una così dura analisi del settore è stata fatta dal Direttore dell'Unic, Unione nazionale industria conciaria, Salvatore Mercogliano, il quale ha aggiunto che, a dispetto dell'importanza del settore, di esso non si cura nessun esponente del Governo nazionale e comunitario;
    a giudizio di Mercogliano e dell'odierno firmatario, il peso politico dell'Italia nei riguardi del settore della lavorazione delle pelli rispetto alle istituzioni europee è quasi pari a zero;
    uno dei primi problemi posti da Mercogliano nella sua intervista è stato quello della materia prima che, a causa di protezioni e divieti, non è esportabile da Asia e Sudamerica mentre l'Europa non ha posto alcuna limitazione allo scambio internazionale delle pelli, facendone lievitare i prezzi a tutto beneficio di Pakistan, Brasile, India ed Argentina;
    anche sulla nazionalità del prodotto, l'Unione europea è poco sensibile ai richiami del settore quando, invece, rappresenta un valore aggiunto nel mercato mondiale;
    l'industria conciaria italiana pratica la vera sostenibilità ambientale, decisione che comporta un costo pari al 10 per cento di tutto il fatturato del comparto. L'industria conciaria italiana, per esempio, compra pellami provenienti da allevamenti civili e rispettosi delle leggi nazionali e comunitarie;
    possiamo affermare in tutta serenità che, quello italiano, è il primo settore conciario al mondo ed anche solo per questo motivo dovrebbe essere tutelato dall'Unione europea;
    il settore conciario nazionale continuerà ad esistere fintanto che esisterà il lusso ed un'attrazione per la pelle da parte dei consumatori ma ciò non significa che le istituzioni non debbano impegnarsi ad una maggiore tutela in ambito comunitario ed internazionale,

impegna il Governo

ad attivarsi concretamente affinché il settore dell'industria conciaria nazionale sia tutelato in sede comunitaria secondo le indicazioni dell'Unic.
9/3012-A/31Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    come riporta il settimanale Panorama, in un articolo a firma di Mikol Belluzzi, fare conceria in Italia è diventato un vero lusso;
    un lusso, innanzitutto, perché sul mercato sono rimasti solo i grandi operatori, quelli che possono investire in ricerca, innovazione e sostenibilità e, poi, perché chi è «sopravvissuto» crea ed esporta pelli per le grandi aziende del lusso internazionale;
    una così dura analisi del settore è stata fatta dal Direttore dell'Unic, Unione nazionale industria conciaria, Salvatore Mercogliano, il quale ha aggiunto che, a dispetto dell'importanza del settore, di esso non si cura nessun esponente del Governo nazionale e comunitario;
    a giudizio di Mercogliano e dell'odierno firmatario, il peso politico dell'Italia nei riguardi del settore della lavorazione delle pelli rispetto alle istituzioni europee è quasi pari a zero;
    uno dei primi problemi posti da Mercogliano nella sua intervista è stato quello della materia prima che, a causa di protezioni e divieti, non è esportabile da Asia e Sudamerica mentre l'Europa non ha posto alcuna limitazione allo scambio internazionale delle pelli, facendone lievitare i prezzi a tutto beneficio di Pakistan, Brasile, India ed Argentina;
    anche sulla nazionalità del prodotto, l'Unione europea è poco sensibile ai richiami del settore quando, invece, rappresenta un valore aggiunto nel mercato mondiale;
    l'industria conciaria italiana pratica la vera sostenibilità ambientale, decisione che comporta un costo pari al 10 per cento di tutto il fatturato del comparto. L'industria conciaria italiana, per esempio, compra pellami provenienti da allevamenti civili e rispettosi delle leggi nazionali e comunitarie;
    possiamo affermare in tutta serenità che, quello italiano, è il primo settore conciario al mondo ed anche solo per questo motivo dovrebbe essere tutelato dall'Unione europea;
    il settore conciario nazionale continuerà ad esistere fintanto che esisterà il lusso ed un'attrazione per la pelle da parte dei consumatori ma ciò non significa che le istituzioni non debbano impegnarsi ad una maggiore tutela in ambito comunitario ed internazionale,

impegna il Governo

ad attivarsi concretamente affinché il settore dell'industria conciaria nazionale sia tutelato in sede comunitaria.
9/3012-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    ancora oggi è possibile rilevare come operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche sottopongano e propongano ai consumatori e utenti la stipula di contratti di adesione contenente nessuno o poco adeguati riferimenti relativi a spese, oneri e voci tariffarie quali la tassa di concessione governativa;
    attraverso la tassa di concessione governativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1972, n. 641, i dispositivi di telefonia mobile vengono normati, e ivi parimenti considerati sul piano della tassazione, alle apparecchiature terminali radiomobili, ovvero alle stazioni radioelettriche;
    la trasparenza dei contratti e delle tariffe telefoniche è promossa e garantita dal primo comma articolo 1 decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, provvedimento cui il disegno di legge all'esame prevede integrazioni finalizzate ad accrescere la tutela dei consumatori, così come richiamato nella stessa Relazione illustrativa del provvedimento,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, per escludere i dispositivi di telefonia mobile dall'imposizione della tassa di gestione governativa.
9/3012-A/32Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    ancora oggi è possibile rilevare come operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche sottopongano e propongano ai consumatori e utenti la stipula di contratti di adesione contenente nessuno o poco adeguati riferimenti relativi a spese, oneri e voci tariffarie quali la tassa di concessione governativa;
    attraverso la tassa di concessione governativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1972, n. 641, i dispositivi di telefonia mobile vengono normati, e ivi parimenti considerati sul piano della tassazione, alle apparecchiature terminali radiomobili, ovvero alle stazioni radioelettriche;
    la trasparenza dei contratti e delle tariffe telefoniche è promossa e garantita dal primo comma articolo 1 decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, provvedimento cui il disegno di legge all'esame prevede integrazioni finalizzate ad accrescere la tutela dei consumatori, così come richiamato nella stessa Relazione illustrativa del provvedimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, per escludere i dispositivi di telefonia mobile dall'imposizione della tassa di gestione governativa.
9/3012-A/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    la tutela dei consumatori e degli utenti rappresenta un principio alla base del disegno di legge all'esame;
    tramite la modalità tethering/hotspot Wi-Fi è possibile collegare uno o più dispositivi elettronici ad un altro dispositivo al fine di connettersi utilizzando in condivisione il medesimo traffico dati,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, per evitare che ai consumatori e utenti vengano imposte tariffe differenziate per l'utilizzo di apparecchiature, terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione in modalità particolari rispetto a quelle applicate ai servizi offerti per l'accesso alla rete internet.
9/3012-A/33Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la tutela dei consumatori e degli utenti rappresenta un principio alla base del disegno di legge all'esame;
    tramite la modalità tethering/hotspot Wi-Fi è possibile collegare uno o più dispositivi elettronici ad un altro dispositivo al fine di connettersi utilizzando in condivisione il medesimo traffico dati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, per evitare che ai consumatori e utenti vengano imposte tariffe differenziate per l'utilizzo di apparecchiature, terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione in modalità particolari rispetto a quelle applicate ai servizi offerti per l'accesso alla rete internet.
9/3012-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, con riguardo al settore delle comunicazioni, prevede che, nei contratti per servizi di telefoni, televisivi e di comunicazioni elettroniche, le modalità di recesso e trasferimento dell'utenza siano semplici e analoghe a quelle di attivazione e che i gestori debbano ricevere il previo consenso espresso dai clienti per l'eventuale addebito del costo di servizi in abbonamento offerti da terzi;
    al momento della conclusione del contratto da parte dell'utente, non vi sono però a carico dei gestori telefonici obblighi di informativa sulla possibilità da parte dell'utente di attivare il servizio di blocco selettivo delle chiamate, nonché della predisposizione eventuale della sim card a ricevere servizi a pagamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative – anche normative – affinché ai gestori dei servizi di telefonia e di comunicazioni elettroniche sia fatto obbligo di rendere espressamente noto al consumatore, al momento della sottoscrizione del contratto, la eventuale pre-abilitazione della sim card alla ricezione di servizi a pagamento, nonché la possibilità per l'utente di attivare il servizio gratuito di blocco selettivo delle chiamate verso determinate numerazioni per servizi a sovrapprezzo.
9/3012-A/34Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    nel parere espresso il 29 luglio 2015 dalla IX Commissione sul disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza alla lettera h) invitava le Commissioni competenti a valutare «l'opportunità di introdurre nel disegno di legge in esame disposizioni volte a rendere più adeguata, anche sotto il profilo della promozione della concorrenza, la disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea»;
    nel successivo parere della medesima Commissione, espresso il 16 settembre 2015 a seguito delle modifiche intervenute nella sede referente, richiamando il parere del 29 luglio 2015 si rimarcava l'esigenza che le disposizioni introdotte rispondano alle specifiche finalità proprie della legge annuale per il mercato e la concorrenza, con particolare riferimento, tra le altre, alla legge 15 gennaio 1992, n. 21 «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»;
    sussiste a fronte delle attuali tecnologie l'opportunità di introdurre disposizioni orientate alla promozione della concorrenza, capaci di tutelare il diritto degli esercenti dei servizi pubblici non di linea e al tempo stesso dei consumatori e utenti dei medesimi servizi,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, al fine di disciplinare il divieto agli autoservizi pubblici non di linea di cui all'articolo 1 della legge 15 gennaio 1992, n. 21 di vincolare gli esercenti il servizio di taxi soci, associati, consorziati o comunque contrattualmente vincolati ai soggetti di cui al citato articolo 1, all'utilizzo in via esclusiva dei servizi di ricerca convogliamento e smistamento delle richieste di servizio taxi dagli stessi forniti.
9/3012-A/35Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel parere espresso il 29 luglio 2015 dalla IX Commissione sul disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza alla lettera h) invitava le Commissioni competenti a valutare «l'opportunità di introdurre nel disegno di legge in esame disposizioni volte a rendere più adeguata, anche sotto il profilo della promozione della concorrenza, la disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea»;
    nel successivo parere della medesima Commissione, espresso il 16 settembre 2015 a seguito delle modifiche intervenute nella sede referente, richiamando il parere del 29 luglio 2015 si rimarcava l'esigenza che le disposizioni introdotte rispondano alle specifiche finalità proprie della legge annuale per il mercato e la concorrenza, con particolare riferimento, tra le altre, alla legge 15 gennaio 1992, n. 21 «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»;
    sussiste a fronte delle attuali tecnologie l'opportunità di introdurre disposizioni orientate alla promozione della concorrenza, capaci di tutelare il diritto degli esercenti dei servizi pubblici non di linea e al tempo stesso dei consumatori e utenti dei medesimi servizi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, al fine di disciplinare il divieto agli autoservizi pubblici non di linea di cui all'articolo 1 della legge 15 gennaio 1992, n. 21 di vincolare gli esercenti il servizio di taxi soci, associati, consorziati o comunque contrattualmente vincolati ai soggetti di cui al citato articolo 1, all'utilizzo in via esclusiva dei servizi di ricerca convogliamento e smistamento delle richieste di servizio taxi dagli stessi forniti.
9/3012-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame prevede all'articolo 18 l'esclusione della attribuzione, in via esclusiva, alla società Poste Italiane Spa dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari e quelle relative le violazioni del codice della strada,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure di sua competenza, anche legislative, per garantire l'effettiva omogeneità del servizio su tutto il territorio nazionale individuando in tal senso requisiti e obblighi adeguati per il rilascio delle licenze individuali relative ai servizi di cui all'articolo 5, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1999, n. 261.
9/3012-A/36Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 comma 1 del decreto legge 13 settembre 2012 n. 158 convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 n. 189 all'ultimo periodo prevede che i medicinali equivalenti non possano essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale prima della scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare;
    l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inviato le proprie proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la Concorrenza per l'anno 2014. Tra queste, nell'ambito dei divieti di vincoli alle procedure di registrazione dei medicinali equivalenti alla scadenza del brevetto («patent linkage»), viene indicata la proposta di abrogazione dell'ultimo periodo del comma 1 del decreto-legge 13 settembre 2012 n. 158 convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 n. 189;
    l'obiettivo della proposta dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è quello di accelerare l'accesso al mercato dei farmaci equivalenti, evitando di subordinare l'inserimento di quest'ultimi nella cosiddetta «lista di trasparenza» alle date scadenze brevettuali indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico. In tal modo, infatti, si subordina la procedura di concessione delle autorizzazioni per l'immissione in commercio dei farmaci equivalenti alla risoluzione di eventuali dispute inerenti presunte violazioni della proprietà industriale e commerciale, ritardando così l'ingresso nel mercato dei farmaci;
    il rapporto Nomisma (Società di studi economici) «Il sistema dei farmaci generici in Italia – Scenari per una crescita sostenibile», concluso nel mese di dicembre 2014, stima in 700 milioni di euro i mancati risparmi, nel periodo compreso tra il 2015 ed il 2020, nel caso in cui la normativa in atto rallentasse l'ingresso sul mercato dei farmaci equivalenti relativi ai principi attivi di prossima scadenza;
    da più parti si sostiene l'esigenza di favorire l'ingresso dei farmaci equivalenti tra quelli a carico del SSN anche attraverso una modifica dei tempi di svolgimento delle procedure di registrazione dei medicinali e del cosiddetto patent linkge;
    sarebbe quindi necessario procedere all'introduzione in tempi certi e per quanto possibile immediati i farmaci equivalenti sul mercato alla scadenza o in prossimità di scadenza dei farmaci definiti in maniera forse inappropriata «originali» solo per il fatto di essere stati brevettati;
    vi è una ampia discussione in corso anche relativamente ai tempi di remunerazione dei medicinali brevettati che vedono in Europa una diversificazione dei tempi tra i singoli Paesi dell'Unione Europea,

impegna il Governo

ad applicare entro e non oltre 60 giorni dall'approvazione del presente provvedimento, la raccomandazione indicata in premessa da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in merito al cosiddetto patent linkage.
9/3012-A/37Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 comma 1 del decreto legge 13 settembre 2012 n. 158 convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 n. 189 all'ultimo periodo prevede che i medicinali equivalenti non possano essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale prima della scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare;
    l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inviato le proprie proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la Concorrenza per l'anno 2014. Tra queste, nell'ambito dei divieti di vincoli alle procedure di registrazione dei medicinali equivalenti alla scadenza del brevetto («patent linkage»), viene indicata la proposta di abrogazione dell'ultimo periodo del comma 1 del decreto-legge 13 settembre 2012 n. 158 convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 n. 189;
    l'obiettivo della proposta dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è quello di accelerare l'accesso al mercato dei farmaci equivalenti, evitando di subordinare l'inserimento di quest'ultimi nella cosiddetta «lista di trasparenza» alle date scadenze brevettuali indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico. In tal modo, infatti, si subordina la procedura di concessione delle autorizzazioni per l'immissione in commercio dei farmaci equivalenti alla risoluzione di eventuali dispute inerenti presunte violazioni della proprietà industriale e commerciale, ritardando così l'ingresso nel mercato dei farmaci;
    il rapporto Nomisma (Società di studi economici) «Il sistema dei farmaci generici in Italia – Scenari per una crescita sostenibile», concluso nel mese di dicembre 2014, stima in 700 milioni di euro i mancati risparmi, nel periodo compreso tra il 2015 ed il 2020, nel caso in cui la normativa in atto rallentasse l'ingresso sul mercato dei farmaci equivalenti relativi ai principi attivi di prossima scadenza;
    da più parti si sostiene l'esigenza di favorire l'ingresso dei farmaci equivalenti tra quelli a carico del SSN anche attraverso una modifica dei tempi di svolgimento delle procedure di registrazione dei medicinali e del cosiddetto patent linkge;
    sarebbe quindi necessario procedere all'introduzione in tempi certi e per quanto possibile immediati i farmaci equivalenti sul mercato alla scadenza o in prossimità di scadenza dei farmaci definiti in maniera forse inappropriata «originali» solo per il fatto di essere stati brevettati;
    vi è una ampia discussione in corso anche relativamente ai tempi di remunerazione dei medicinali brevettati che vedono in Europa una diversificazione dei tempi tra i singoli Paesi dell'Unione Europea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare entro e non oltre 60 giorni dall'approvazione del presente provvedimento, la raccomandazione indicata in premessa da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in merito al cosiddetto patent linkage.
9/3012-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 32 dell'AC 3012 apporta una modifica all'articolo 7, comma 1 della legge 9 novembre 1991, n. 363 prevedendo che possano essere titolari di farmacie anche le società di capitali; con la modifica apportata non vi è solo il rischio di ledere un rapporto di fiducia consolidato tra farmacista e il cittadino ma la farmacia di proprietà di società di capitali avrebbe come fine unico il profitto orientandosi verso il massimo profitto;
    nel testo modificato dell'articolo 7, comma 1 della legge 9 novembre 1991, n. 363 non vi è alcuna preclusione alla partecipazione alle società di capitali da parte di assicurazioni, fondazioni bancarie, enti creditizi o intermediari finanziari;
    anche tenendo conto della possibilità da parte di società di capitali di essere titolari di farmacie si devono porre in essere atti che prevedano una limitazione alla partecipazione alle stesse da parte di soggetti quali ad esempio gli enti creditizi o le assicurazioni, nonché adeguate forme di controllo,

impegna il Governo

a verificare la possibilità, anche in un successivo provvedimento, di procedere alla emanazione di norme più severe che limitino la possibilità ad esempio per enti creditizi e assicurazioni di partecipare a società di capitali titolari di farmacie e a procedere alla definizione di ulteriori ed efficaci forme di controllo delle società di capitali citate.
9/3012-A/38Mantero, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Grillo, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    L'atto Camera 3012 reca la legge annuale per il mercato e la concorrenza, l'articolo 32 in particolare prevede misure per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica;
    sostanzialmente l'articolo 32 nel disporre l'entrata di società di capitali nella titolarità delle farmacie rappresenta di fatto una occasione persa per intervenire con un provvedimento che davvero affrontasse la modernizzazione della distribuzione dei farmaci fornendo finalmente maggiori opportunità ai laureati in Farmacia e una più ampia libertà di scelta e di risparmio ai cittadini e al Servizio sanitario nazionale soggetto a pesanti tagli di risorse che eufemisticamente il Governo chiama razionalizzazioni;
    seppur la legge annuale per il mercato e la concorrenza con l'articolo 32 rappresenta una opportunità non colta la questione della vendita presso le parafarmacie dei medicinali in fascia C resta una questione aperta sulla quale è bene mantenere alta l'attenzione e serrato il confronto tra il Parlamento e il Governo;
    il Movimento 5 Stelle da sempre sostiene un consumo razionale e consapevole dei farmaci che non abbia come priorità la commercializzazione degli stessi ma l'efficacia e la riduzione dei costi a vantaggio dei cittadini;
    sono del tutti evidenti vantaggi derivanti dalla liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C sia per i cittadini ma anche come occasione di volano occupazionale,

impegna il Governo

a prevedere anche in un successivo provvedimento legislativo, previa relazione analitica sui costi e benefici da inviare alle competenti Commissioni parlamentari, la possibilità per le parafarmacie di procedere alla vendita di farmaci di cui all'articolo 8 comma 10 lettera c) della legge 24 dicembre 1993 n. 537.
9/3012-A/39Lorefice, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Grillo, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un insieme di norme eterogenee riconducibili, in particolare, alla materia «tutela della concorrenza»;
    l'articolo 3 introduce la possibilità, per le imprese di assicurazione, di proporre l'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, la cosiddetta scatola nera, o di dispositivi elettronici equivalenti;
    con un successivo decreto dei Ministri delle infrastrutture e trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, dovranno essere definiti i requisiti funzionali minimi necessari a garantire l'utilizzo dei dati raccolti ai fini tariffari e della determinazione delle responsabilità in occasione;
    l'articolo 3 del provvedimento in esame si intitola «Trasparenza e risparmi in materia di assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore»;
    dal 2007 è in vigore in Italia la Direttiva 2004/22/CE del 31/03/2004 sugli Strumenti di Misura, cosiddetta MID, la quale, pur limitando il suo campo di applicazione a specifici strumenti elencati in allegato, prevede comunque una sua applicazione ai dispositivi e ai sistemi con funzioni di misura «per le funzioni di misura giustificate da motivi di interesse pubblico, sanità pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico, protezione dell'ambiente, tutela dei consumatori, imposizione di tasse e di diritti e lealtà delle transazioni commerciali» (articolo 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22 di attuazione),

impegna il Governo

a prevedere, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, che la definizione dei requisiti funzionali dei dispositivi elettronici comunque denominati e in grado di raccogliere e registrare i dati sull'attività del veicolo siano rispondenti alle specifiche previste dalla direttiva MID2004/22/CE del 31/03/2004 sugli Strumenti di Misura.
9/3012-A/40Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un insieme di norme eterogenee riconducibili, in particolare, alla materia «tutela della concorrenza»;
    all'articolo 19 si prevede la cessazione della disciplina transitoria dei prezzi del gas per i clienti domestici dal 1o gennaio 2018;
    a tal proposito nel successivo articolo 19-quater comma 1 lettera c) si indica «il rispetto delle tempistiche di fatturazione e conguaglio» quale una delle condizioni essenziali per la piena liberalizzazione dei mercati di vendita al dettaglio;
    secondo quanto emerso dall'indagine conoscitiva sulla «Fatturazione del mercato retail 2013» condotta dall'Autorità per l'energia, nel settore elettrico sono l'11 per cento le fatture stimate e il 9 per cento quelle miste, basate cioè su consumi effettivi e stime. La percentuale di fatture stimate o miste è del 15,4 per cento nella maggior tutela e del 31,4 per cento nel mercato libero;
    per quanto riguarda il gas, oltre la metà delle fatture presenta consumi stimati, mentre il 27,2 per cento contiene conguagli;
    la maggior parte delle letture stimate e/o non corrette, secondo la suddetta indagine, sarebbero dovute alla ritardata o mancata messa a disposizione dei dati di misura da parte del distributore al venditore, che procede all'emissione della fattura in acconto al fine di rispettare i tempi della fatturazione al cliente finale;
    se si ha un contratto in maggior tutela, a condizioni regolate dall'Autorità, la bolletta deve indicare la data d'emissione e quella di scadenza per il pagamento, che deve essere fissata dopo almeno 20 giorni dalla data d'emissione;
    nel mercato libero, al contrario, i tempi di fatturazione sono demandati alla contrattazione tra cliente e venditore,

impegna il Governo

ad assicurare a tutti i consumatori di energia elettrica e gas dei termini congrui per garantire il rispetto delle scadenze delle bollette ed evitare l'utilizzo degli interessi di mora per finalità speculative sui prezzi finali dell'energia.

9/3012-A/41Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge 3012-A, recante legge annuale per il mercato e la concorrenza prevede, tra l'altro, la liberalizzazione dei prezzi del gas e dell'energia elettrica per gli utenti domestici a partire dal primo gennaio 2018, il che rappresenta senza dubbio una scelta di mercato, ma che potrebbe comportare problemi rilevanti per i consumatori in quanto fino ad oggi il passaggio al mercato libero di una parte significativa, ma comunque minoritaria, degli utenti, determinato peraltro da una propaganda molto invasiva da parte dei gestori, ha comportato in molti casi amare sorprese per i cittadini consumatori che hanno visto una lievitazione considerevole delle bollette a parità di consumi, il che è assurdo in presenza del forte calo delle quotazioni del petrolio e del gas naturale sui mercati internazionali, combustibili che il nostro Paese utilizza largamente per la produzione di energia elettrica;
    l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico ha recentemente autorizzato un incremento rispettivamente del 2,4 per cento per il gas e del 3,4 per cento per l'energia elettrica il che non trova giustificazioni accettabili dato il citato crollo dei prezzi di petrolio e gas naturale e che sarebbero addebitabili a non meglio definiti «oneri di sistema» il che denota una pericolosa inclinazione di Governo ed Autorità per l'energia ad utilizzare la bolletta elettrica come una sorta di bancomat addebitando agli utenti, tra le altre cose, il costo degli incentivi troppo generosi a favore delle energie rinnovabili che tanto pesano su cittadini ed imprese e che ha suscitato gli appetiti della malavita organizzata come dimostrano numerose inchieste giudiziarie;
    il precedente, sia pure lontano nel tempo, della liberalizzazione dei premi R.C. Auto non lascia ben sperare in quanto tale operazione ha consentito un aumento dei premi molto superiore al tasso d'inflazione il che ha fatto sì che il livello dei premi R.C. Auto sia attualmente superiore di oltre il 30 per cento ai livelli medi europei e dapprima l'ISVAP e poi l'IVASS non hanno fatto nulla di veramente efficace per tutelare i consumatori,

impegna il Governo

a liberalizzare i prezzi di gas ed energia elettrica solo quando sarà assicurata pienamente la tutela dei consumatori nei confronti di eventuali comportamenti speculativi e oligopolistici da parte dei gestori in danno degli utenti.
9/3012-A/42Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge 3012-A, recante legge annuale per il mercato e la concorrenza prevede, tra l'altro, la liberalizzazione dei prezzi del gas e dell'energia elettrica per gli utenti domestici a partire dal primo gennaio 2018, il che rappresenta senza dubbio una scelta di mercato, ma che potrebbe comportare problemi rilevanti per i consumatori in quanto fino ad oggi il passaggio al mercato libero di una parte significativa, ma comunque minoritaria, degli utenti, determinato peraltro da una propaganda molto invasiva da parte dei gestori, ha comportato in molti casi amare sorprese per i cittadini consumatori che hanno visto una lievitazione considerevole delle bollette a parità di consumi, il che è assurdo in presenza del forte calo delle quotazioni del petrolio e del gas naturale sui mercati internazionali, combustibili che il nostro Paese utilizza largamente per la produzione di energia elettrica;
    l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico ha recentemente autorizzato un incremento rispettivamente del 2,4 per cento per il gas e del 3,4 per cento per l'energia elettrica il che non trova giustificazioni accettabili dato il citato crollo dei prezzi di petrolio e gas naturale e che sarebbero addebitabili a non meglio definiti «oneri di sistema» il che denota una pericolosa inclinazione di Governo ed Autorità per l'energia ad utilizzare la bolletta elettrica come una sorta di bancomat addebitando agli utenti, tra le altre cose, il costo degli incentivi troppo generosi a favore delle energie rinnovabili che tanto pesano su cittadini ed imprese e che ha suscitato gli appetiti della malavita organizzata come dimostrano numerose inchieste giudiziarie;
    il precedente, sia pure lontano nel tempo, della liberalizzazione dei premi R.C. Auto non lascia ben sperare in quanto tale operazione ha consentito un aumento dei premi molto superiore al tasso d'inflazione il che ha fatto sì che il livello dei premi R.C. Auto sia attualmente superiore di oltre il 30 per cento ai livelli medi europei e dapprima l'ISVAP e poi l'IVASS non hanno fatto nulla di veramente efficace per tutelare i consumatori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di liberalizzare i prezzi di gas ed energia elettrica solo quando sarà assicurata pienamente la tutela dei consumatori nei confronti di eventuali comportamenti speculativi e oligopolistici da parte dei gestori in danno degli utenti.
9/3012-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 32 «Misure per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica» prevede, tra l'altro, la possibilità che la titolarità e la gestione delle farmacie sia esercitata anche da società di capitali, sempre che al loro interno non vi siano persone che svolgano qualsiasi altra attività nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica;
    tale innovazione se pur condivisa anche dal Presidente dell'autorità Garante della concorrenza e del mercato, non deve comunque far venir meno le caratteristiche del servizio farmaceutico che rappresenta uno dei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini, così come non deve far venir meno il ruolo autonomo ed indipendente del farmacista rispetto alle esigenze di un mercato particolare come quello dei farmaci il cui interesse ultimo non può che essere la tutela della salute;
    il settore ha già visto negli ultimi anni importanti innovazioni, con un ruolo sempre più significativo svolto dal comparto delle parafarmacie,

impegna il Governo

a monitorare l'attuazione delle disposizioni previste nell'articolo 32, con particolare riguardo alla possibile incidenza che i nuovi assetti proprietari delle farmacie potranno avere sull'intero settore della distribuzione farmaceutica, prevenendo e gestendo eventuali ricadute negative sul piano occupazionale che si dovessero determinare, in particolare sulle realtà distributive più recenti, quali le parafarmacie.
9/3012-A/43Boccuzzi, Gelli, Anzaldi, Baruffi, Bergonzi, Berretta, Capone, Carra, Chaouki, Coccia, Culotta, Damiano, Di Salvo, D'Ottavio, Giacobbe, Gnecchi, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Marantelli, Miccoli, Minnucci, Paris, Giorgio Piccolo, Giuditta Pini, Porta, Ribaudo, Rossomando, Rotta, Giovanna Sanna, Simoni, Tacconi, Ventricelli, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 32 «Misure per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica» prevede, tra l'altro, la possibilità che la titolarità e la gestione delle farmacie sia esercitata anche da società di capitali, sempre che al loro interno non vi siano persone che svolgano qualsiasi altra attività nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica;
    tale innovazione se pur condivisa anche dal Presidente dell'autorità Garante della concorrenza e del mercato, non deve comunque far venir meno le caratteristiche del servizio farmaceutico che rappresenta uno dei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini, così come non deve far venir meno il ruolo autonomo ed indipendente del farmacista rispetto alle esigenze di un mercato particolare come quello dei farmaci il cui interesse ultimo non può che essere la tutela della salute;
    il settore ha già visto negli ultimi anni importanti innovazioni, con un ruolo sempre più significativo svolto dal comparto delle parafarmacie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare l'attuazione delle disposizioni previste nell'articolo 32, con particolare riguardo alla possibile incidenza che i nuovi assetti proprietari delle farmacie potranno avere sull'intero settore della distribuzione farmaceutica, prevenendo e gestendo eventuali ricadute negative sul piano occupazionale che si dovessero determinare, in particolare sulle realtà distributive più recenti, quali le parafarmacie.
9/3012-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccuzzi, Gelli, Anzaldi, Baruffi, Bergonzi, Berretta, Capone, Carra, Chaouki, Coccia, Culotta, Damiano, Di Salvo, D'Ottavio, Giacobbe, Gnecchi, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Marantelli, Miccoli, Minnucci, Paris, Giorgio Piccolo, Giuditta Pini, Porta, Ribaudo, Rossomando, Rotta, Giovanna Sanna, Simoni, Tacconi, Ventricelli, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scrivente in sede di discussione del provvedimento in Commissione attività produttive e finanze ha proposto un emendamento volto a rafforzare la lotta alla contraffazione;
    tale proposta emendativa nasce da un'indicazione delle Agenzie delle Dogane in sede di audizione presso la Commissione attività produttive della Camera nella quale ha chiesto la necessità di una riscrittura della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella quale è stata trasformata, in alcuni importanti casi, la fallace indicazione da illecito penale ad amministrativo e, inoltre, è stato disposto, quale solo obbligo in carico al titolare di marchio registrato che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, quello di fornire una dichiarazione con cui si impegna ad assicurare idonea informazione sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione in un'ottica strategica di lungo periodo, spostando l'eventuale controllo ad una fase successiva, quella dell'effettiva commercializzazione, è di fatto all'intero territorio nazionale (con tutto ciò che ne consegue in termini di concreta possibilità di intervento da parte delle autorità preposte);
    tale modifica, in assoluto, ha fortemente indebolito la norma in termini di deterrenza, ma ha inoltre, e soprattutto, consentito di eludere, rendendolo inefficace, il «momento doganale» quale focus dell'azione di controllo nei punti di entrata italiani nell'Unione europea (azione, per sua natura, strutturata e azionabile rispetto ad una «griglia» di poteri, procedure e luoghi entro la quale poter effettivamente intercettare i fenomeni, nonché analizzarli», in intervento normativo);
    ha evidenziato l'impatto profondamente negativo delle norme 49-bis e ter sul sistema dei controlli ha comportato che, dagli oltre 10 milioni di pezzi sequestrati nel 2008 (prima quindi dell'entrata in vigore dei commi 49-bis e ter), si è passati ai 3,5 milioni del 2010 (in vigenza dei commi citati), per finire ai poco più di 1.500.000 pezzi nel 2013; cifre che da sole dimostrano l'impatto che tale normativa ha determinato sulla tutela del made in operata dall'Agenzia negli spazi doganali;
    a tal proposito è stata presentata una mozione n. 1-00526 approvata all'unanimità in Aula che impegnava il Governo «a promuovere modifiche alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), secondo le indicazioni dell'Agenzia delle dogane»;
    non c’è dubbio che la norma dell'articolo 4 – comma 49 – ha subito dal momento della sua emanazione ad oggi una serie di interventi manipolativi e di modifiche, spesso dettate da ragioni varie e diverse, che hanno snaturato il testo stesso, rendendolo incomprensibile e privo di una sua coerenza logica, quindi di difficile applicazione per gli organismi di controllo e, al tempo stesso, di difficile lettura per gli operatori economici. Infatti la proposta emendativa era per incominciare metter ordine alla norma partendo proprio dalla sua operatività ed efficacia,

impegna il Governo

a promuovere una riflessione sull'efficacia della novella normativa introdotta alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) promuovendo una fase di confronto sull'efficacia dei commi 49-bis e 49-ter dell'articolo 4, comma 49 della legge n. 350 del 2003, valutando le diverse opzioni disponibili (modifica, integrazione o abrogazione, quale quest'ultima proposta dell'Agenzia delle Dogane medesima), anche in collaborazione con le parti private interessate.
9/3012-A/44Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    da tempo la rete di distribuzione del carburante penalizza eccessivamente le aree interne ed in particolare i piccoli centri;
    negli ultimi anni si è registrata la cessazione di numerosi impianti e anche la rete concernente la distribuzione del gpl presenta gravi lacune in queste aree;
    la sopravvivenza di questi impianti è messa a rischio anche e soprattutto a causa degli eccessivi oneri di gestione che si ripercuotono sul costo del carburante mediamente pari a 20 centesimi al litro rispetto ai prezzi praticati presso le stazioni di servizio autostradali o situate nelle città capoluogo di provincia;
    la tenaglia dei prezzi imposti dalle compagnie petrolifere e quelli praticati all'utenza determina l'irrilevanza del margine di guadagno che sta inducendo i rimanenti gestori di distributori presenti nei piccoli comuni a valutare la chiusura degli impianti;
    l'utilità pubblica dei distributori di carburanti nei piccoli comuni è del tutto evidente e rappresentano un servizio fondamentale per le comunità;
    lo stesso turismo che pure nelle aree interne ha fatto registrare un segno positivo nel corso dell'ultima estate 2015 viene ad essere penalizzato per l'assenza di distributori di carburanti o gpl;
    la loro desertificazione impoverirebbe ulteriormente il già gracile tessuto economico e sociale delle piccole realtà depauperandole di un servizio importante per i cittadini, in maniera particolare per i soggetti più svantaggiati,

impegna il Governo

a far sì che nell'ambito del processo di riorganizzazione della rete di distribuzione del carburante anche in riferimento al gpl nonché ad altre tipologie innovative di rifornimento vengano tutelati i piccoli comuni e le realtà delle aree interne per non penalizzare comprensori con molte fragilità in termini di servizi.
9/3012-A/45Burtone, Magorno, Cuomo, Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività di «Home restaurant», che si caratterizza per la preparazione di pranzi e cene presso il proprio domicilio in giorni dedicati e per un numero limitato di persone trattati come ospiti personali, però paganti, si sta rapidamente diffondendo anche nel nostro Paese grazie alle piattaforme web;
    secondo il recente studio CST per Fiepet Confesercenti, l'universo degli «Home restaurant», solo nel 2014, ha fatturato 7,2 milioni di euro in Italia, con ben 7 mila cuochi social attivi in Italia nel 2014 ed una tendenza prevista di ulteriore crescita per il 2015;
    si stima che lo scorso anno siano stati organizzati ben 37 mila eventi social eating andati a buon fine, con una partecipazione di circa 300 mila persone ed un incasso medio stimato, per singola serata, pari a 194,00 euro;
    con la risoluzione n. 5-00481 del 10 aprile 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha chiarito che questo tipo di attività è classificabile come «un'attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande» e che pertanto «si applicano le disposizioni di cui all'articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e successive modificazioni e integrazioni»,

impegna il Governo

a confermare il citato orientamento interpretativo e a diffondere alla Camere di commercio e agli enti locali un provvedimento amministrativo che assicuri uniformità interpretativa su tutto il territorio nazionale, nonché, in considerazione di quanto riportato in premessa, a valutare l'opportunità di un intervento normativo per regolare una nuova tipologia di attività che rischia altrimenti di configurarsi anomala sul piano della concorrenza, della fiscalità e della tutela della salute pubblica.
9/3012-A/46Senaldi, Lattuca.


   La Camera,
    le liberalizzazioni, intese come razionalizzazione e regolamentazione dei mercati, costituiscono una delle misure di promozione della concorrenza capaci di produrre effetti virtuosi per il contesto economico in cui operano le imprese italiane e riduzione dei costi dei servizi per i cittadini;
    uno dei più importanti strumenti, presenti nel nostro ordinamento, per dare impulso all'attuazione delle norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche, è quello della legge annuale sulla concorrenza, che serve a porre in atto un'attività periodica di rimozione dei tanti ostacoli e freni, normativi e non, che restano nei mercati dei prodotti e dei servizi;
    l'adozione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza è stata prevista dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) con le specifiche finalità di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l'esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;
    la procedura prevede che il Governo, entro sessanta giorni dalla trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (a sua volta presentata entro il 31 marzo), è tenuto a presentare alle Camere un disegno di legge annuale che dovrà contenere, in distinte sezioni, norme di immediata applicazione per l'attuazione dei pareri e delle segnalazioni dell'Autorità, ovvero per le medesime finalità, una o più deleghe al Governo da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge e l'autorizzazione all'adozione di eventuali regolamenti, decreti ministeriali e altri atti; disposizioni indicanti i principi che le regioni sono tenute a rispettare per l'esercizio delle relative competenze in materia di concorrenza; norme integrative o correttive di disposizioni in leggi precedenti;
    in base a quanto stabilito dal citato articolo 47 della legge n. 99 del 2009, al disegno di legge annuale sulla concorrenza il Governo è tenuto ad allegare una relazione di accompagnamento che evidenzi: a) lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza; b) lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione; c) l'elenco delle segnalazioni e dei pareri dell'Autorità garante della concorrenza e mercato indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito;
    dall'entrata in vigore della legge n. 99 del 2009, la legge annuale per la concorrenza non è mai stata adottata e con il disegno di legge in esame il Governo adempie per la prima volta a tale obbligo;
    nella relazione al presente provvedimento, il Governo pur elencando le segnalazioni dell'Autorità volte alla predisposizione delle leggi annuali per la concorrenza a partire dal 2010, specifica di prendere in considerazione solo la segnalazione del luglio 2014, che, proprio ai fini della predisposizione del disegno di legge annuale per la concorrenza, evidenzia gli ambiti di mercato ove sono presenti tuttora barriere alla competizione, in cui la trasparenza è insufficiente o la domanda è ingessata, anche alla luce delle raccomandazioni della Commissione europea e delle altre istituzioni internazionali in tema di concorrenza e apertura dei mercati;
    il disegno di legge in esame interviene solo in alcuni dei settori indicati dall'Autorità, quali quello delle assicurazioni, con particolare riguardo al campo della RC Auto, i fondi pensione, le comunicazioni, i servizi postali, l'energia, la distribuzione in rete di carburanti per autotrazione, le banche, le professioni, la distribuzione farmaceutica, mentre nella segnalazione del luglio 2014 sono stati sollecitati ulteriori interventi in materia di editoria, rifiuti, servizi pubblici locali, società pubbliche partecipate dagli enti locali, trasporto pubblico locale e trasporto pubblico non di linea, trasporto ferroviario, settore aeroportuale, settore portuale,

impegna il Governo

considerata l'importanza delle misure di liberalizzazione per il miglioramento del contesto economico in cui operano le imprese italiane e per la riduzione dei costi per i cittadini, ad adottare, in ottemperanza a quanto stabilito dall'articolo 47 della legge n. 99 del 2009, ogni anno una legge per il mercato e la concorrenza, presentandola tempestivamente dopo la trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e tenendo conto di tutte le indicazioni e gli interventi sollecitati dal Garante.
9/3012-A/47Galgano, Sottanelli, Catalano, Pinna.


   La Camera,
    le liberalizzazioni, intese come razionalizzazione e regolamentazione dei mercati, costituiscono una delle misure di promozione della concorrenza capaci di produrre effetti virtuosi per il contesto economico in cui operano le imprese italiane e riduzione dei costi dei servizi per i cittadini;
    uno dei più importanti strumenti, presenti nel nostro ordinamento, per dare impulso all'attuazione delle norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche, è quello della legge annuale sulla concorrenza, che serve a porre in atto un'attività periodica di rimozione dei tanti ostacoli e freni, normativi e non, che restano nei mercati dei prodotti e dei servizi;
    l'adozione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza è stata prevista dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) con le specifiche finalità di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l'esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;
    la procedura prevede che il Governo, entro sessanta giorni dalla trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (a sua volta presentata entro il 31 marzo), è tenuto a presentare alle Camere un disegno di legge annuale che dovrà contenere, in distinte sezioni, norme di immediata applicazione per l'attuazione dei pareri e delle segnalazioni dell'Autorità, ovvero per le medesime finalità, una o più deleghe al Governo da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge e l'autorizzazione all'adozione di eventuali regolamenti, decreti ministeriali e altri atti; disposizioni indicanti i principi che le regioni sono tenute a rispettare per l'esercizio delle relative competenze in materia di concorrenza; norme integrative o correttive di disposizioni in leggi precedenti;
    in base a quanto stabilito dal citato articolo 47 della legge n. 99 del 2009, al disegno di legge annuale sulla concorrenza il Governo è tenuto ad allegare una relazione di accompagnamento che evidenzi: a) lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza; b) lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione; c) l'elenco delle segnalazioni e dei pareri dell'Autorità garante della concorrenza e mercato indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito;
    dall'entrata in vigore della legge n. 99 del 2009, la legge annuale per la concorrenza non è mai stata adottata e con il disegno di legge in esame il Governo adempie per la prima volta a tale obbligo;
    nella relazione al presente provvedimento, il Governo pur elencando le segnalazioni dell'Autorità volte alla predisposizione delle leggi annuali per la concorrenza a partire dal 2010, specifica di prendere in considerazione solo la segnalazione del luglio 2014, che, proprio ai fini della predisposizione del disegno di legge annuale per la concorrenza, evidenzia gli ambiti di mercato ove sono presenti tuttora barriere alla competizione, in cui la trasparenza è insufficiente o la domanda è ingessata, anche alla luce delle raccomandazioni della Commissione europea e delle altre istituzioni internazionali in tema di concorrenza e apertura dei mercati;
    il disegno di legge in esame interviene solo in alcuni dei settori indicati dall'Autorità, quali quello delle assicurazioni, con particolare riguardo al campo della RC Auto, i fondi pensione, le comunicazioni, i servizi postali, l'energia, la distribuzione in rete di carburanti per autotrazione, le banche, le professioni, la distribuzione farmaceutica, mentre nella segnalazione del luglio 2014 sono stati sollecitati ulteriori interventi in materia di editoria, rifiuti, servizi pubblici locali, società pubbliche partecipate dagli enti locali, trasporto pubblico locale e trasporto pubblico non di linea, trasporto ferroviario, settore aeroportuale, settore portuale,

impegna il Governo

considerata l'importanza delle misure di liberalizzazione per il miglioramento del contesto economico in cui operano le imprese italiane e per la riduzione dei costi per i cittadini, ad adottare, in ottemperanza a quanto stabilito dall'articolo 47 della legge n. 99 del 2009, ogni anno una legge per il mercato e la concorrenza, presentandola tempestivamente dopo la trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
9/3012-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Galgano, Sottanelli, Catalano, Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-ter del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, ha attribuito in capo all'Agenzia Italiana del Farmaco (AlFA) la rinegoziazione, entro il 30 settembre 2015, con le aziende farmaceutiche volte alla riduzione del prezzo di rimborso dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, nell'ambito di raggruppamenti di medicinali terapeuticamente assimilabili, individuati sulla base dei dati relativi al 2014 dell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali OSMED-AIFA, separando i medicinali a brevetto scaduto da quelli ancora soggetti a tutela brevettuale, autorizzati con indicazioni comprese nella medesima area terapeutica, aventi il medesimo regime di rimborsabilità nonché il medesimo regime di fornitura;
    l'articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011, ha esplicitamente individuato nell'Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) e non in AIFA, il soggetto pubblico deputato a fornire all'Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), l'elenco dei farmaci a uso ospedaliero per i quali l'Autorità deve elaborare i prezzi di riferimento;
    tale disposizione permette dunque ad AIFA di intervenire nel processo di determinazione del prezzo di riferimento del farmaco soltanto in fase di consultazione preventiva telematica (nel corso del procedimento di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011), così determinando una sovrapposizione di funzioni tra AGENAS e AIFA e una difformità di calcolo tra i due enti che provoca distorsioni nel mercato;
    l'orientamento scelto da AGENAS nella determinazione dei prezzi di riferimento implica automaticamente un ribasso, incorporando impropriamente nel prezzo pubblicato gli sconti selettivi praticati dalla singola azienda farmaceutica al sistema sanitario pubblico, relativi a negoziazione privata e ad hoc, e comporta una indebita pubblicità nazionale e internazionale delle strategie di prezzo delle aziende farmaceutiche;
    molti produttori di farmaci, specialmente i produttori dei farmaci altamente innovativi, potrebbero essere disincentivati a immettere sul mercato italiano i propri prodotti, mettendo così a rischio la disponibilità di tali farmaci per i pazienti;
    una situazione simile mette a rischio la garanzia della continuità terapeutica, interesse fondamentale del paziente-consumatore, titolare di quel diritto alla cura e alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
    la farmaceutica rappresenta un settore d'eccellenza dell'industria italiana, in testa alle classifiche mondiali per crescita dell'export e leader in Europa nella produzione farmaceutica, seconda solo alla Germania. Lo sviluppo di tale settore va incoraggiato con un regime regolatorio semplice e razionale per permettere investimenti nella ricerca e nell'innovazione,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure volte al controllo della spesa pubblica e della lotta alla corruzione, ad adottare ogni iniziativa utile per potenziare le funzioni riservate ad AIfa nel processo di determinazione del prezzo di riferimento dei farmaci ospedalieri, e più in generale dei farmaci in fornitura regolamentati da gare e appalti regionali.

9/3012-A/48Vargiu, Librandi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-ter del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, ha attribuito in capo all'Agenzia Italiana del Farmaco (AlFA) la rinegoziazione, entro il 30 settembre 2015, con le aziende farmaceutiche volte alla riduzione del prezzo di rimborso dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, nell'ambito di raggruppamenti di medicinali terapeuticamente assimilabili, individuati sulla base dei dati relativi al 2014 dell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali OSMED-AIFA, separando i medicinali a brevetto scaduto da quelli ancora soggetti a tutela brevettuale, autorizzati con indicazioni comprese nella medesima area terapeutica, aventi il medesimo regime di rimborsabilità nonché il medesimo regime di fornitura;
    l'articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011, ha esplicitamente individuato nell'Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) e non in AIFA, il soggetto pubblico deputato a fornire all'Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), l'elenco dei farmaci a uso ospedaliero per i quali l'Autorità deve elaborare i prezzi di riferimento;
    tale disposizione permette dunque ad AIFA di intervenire nel processo di determinazione del prezzo di riferimento del farmaco soltanto in fase di consultazione preventiva telematica (nel corso del procedimento di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011), così determinando una sovrapposizione di funzioni tra AGENAS e AIFA e una difformità di calcolo tra i due enti che provoca distorsioni nel mercato;
    l'orientamento scelto da AGENAS nella determinazione dei prezzi di riferimento implica automaticamente un ribasso, incorporando impropriamente nel prezzo pubblicato gli sconti selettivi praticati dalla singola azienda farmaceutica al sistema sanitario pubblico, relativi a negoziazione privata e ad hoc, e comporta una indebita pubblicità nazionale e internazionale delle strategie di prezzo delle aziende farmaceutiche;
    molti produttori di farmaci, specialmente i produttori dei farmaci altamente innovativi, potrebbero essere disincentivati a immettere sul mercato italiano i propri prodotti, mettendo così a rischio la disponibilità di tali farmaci per i pazienti;
    una situazione simile mette a rischio la garanzia della continuità terapeutica, interesse fondamentale del paziente-consumatore, titolare di quel diritto alla cura e alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
    la farmaceutica rappresenta un settore d'eccellenza dell'industria italiana, in testa alle classifiche mondiali per crescita dell'export e leader in Europa nella produzione farmaceutica, seconda solo alla Germania. Lo sviluppo di tale settore va incoraggiato con un regime regolatorio semplice e razionale per permettere investimenti nella ricerca e nell'innovazione,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure volte al controllo della spesa pubblica e della lotta alla corruzione, a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile per potenziare le funzioni riservate ad AIfa nel processo di determinazione del prezzo di riferimento dei farmaci ospedalieri, e più in generale dei farmaci in fornitura regolamentati da gare e appalti regionali.

9/3012-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Vargiu, Librandi.


   La Camera,
   premesso che:
    è in corso di discussione l'atto Camera 3012, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza»;
    all'interno di tale disegno di legge, malgrado le ipotesi formulate prima della sua presentazione, non si è ritenuto di prevedere l'abrogazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, in materia di noleggio con conducente di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21;
    le citate disposizioni, asseritamente anti-abusivismo, sono state censurate fin dal principio dall’antitrust per la loro natura anticoncorrenziale, risultano inadeguate a regolamentare il servizio pubblico di noleggio con conducente – alla luce dei princìpi ribaditi dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e da quelli ricavabili dalle pronunce della Corte costituzionale – e potrebbero addirittura esporre l'Italia a procedure in sede europea;
    per queste ragioni si è disposta la sospensione dell'efficacia di tali disposizioni, ancor prima della loro entrata in vigore, sospensione via via ribadita con successive proroghe, l'ultima delle quali contenuta all'articolo 2 del decreto-legge n. 192 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 2015;
    tuttavia, l'intreccio normativo creato dai numerosi rimandi e proroghe ha determinato un'incertezza normativa rispetto alla effettiva vigenza delle norme di cui al decreto-legge n. 207 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2009, malgrado l'autorevole opinione espressa dal MIT e l'evidente volontà del legislatore nel senso della sospensione di efficacia;
    in particolare, con sentenza n. 8359/2015, il Tribunale di Milano ha sostenuto la vigenza delle norme in discussione, argomentando, tra l'altro, che «non si ritiene vincolante, né convincente, il parere (di segno opposto, ndr) dato dal Direttore Generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 7 settembre 2012 alla Camera di commercio di Frosinone (depositato da parte appellata) secondo il quale l'articolo 29 più volte citato non sarebbe allo stato in vigore. Trattasi di un mero parere di un funzionario amministrativo e non di un atto normativo, non idoneo pertanto a fornire interpretazioni autentiche della legge»;
    sia le norme introdotte dal decreto-legge n. 207 del 2008, sia l'incertezza normativa rispetto alla loro vigenza, determinano gravissimi danni al settore Ncc italiano, e rischiano di consegnare l'intero settore alla concorrenza straniera e a forme di abusivismo totale;
    inoltre, si palesa l'opportunità di un intervento riformatore su altre disposizioni in materia di noleggio con conducente contenute nella legge n. 21 del 1992 e, in particolare, quella che prevede che la richiesta di servizio venga avanzata «presso la rimessa», disposizione ormai obsoleta e fonte di incertezze interpretative, alla luce della diffusione dei cellulari e degli applicativi telematici per dispositivi mobili,

impegna il Governo

   a intervenire, al più tardi in occasione della prossima legge concorrenza, al fine di abrogare le disposizioni introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, in materia di noleggio con conducente di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21;
   a valutare l'opportunità di prevedere la possibilità, per i titolari di licenza taxi, di svolgere servizi integrativi quali il taxi ad uso collettivo o altre forme di organizzazione del servizio, senza la necessità di norme secondarie comunali che autorizzino tali servizi e anche tramite piattaforme telematiche;
   a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 3 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, rendendolo coerente con gli sviluppi tecnologici, eliminando il riferimento alla rimessa ivi contenuto e prevedendo, in sua sostituzione, che la richiesta di servizio NCC non possa essere accettata se avanzata dall'utente direttamente al veicolo su strada.
9/3012-A/49Catalano, Galgano.


   La Camera,
   premesso che:
    è in corso di discussione l'atto Camera 3012, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza»;
    all'interno di tale disegno di legge, malgrado le ipotesi formulate prima della sua presentazione, non si è ritenuto di prevedere l'abrogazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, in materia di noleggio con conducente di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21;
    le citate disposizioni, asseritamente anti-abusivismo, sono state censurate fin dal principio dall’antitrust per la loro natura anticoncorrenziale, risultano inadeguate a regolamentare il servizio pubblico di noleggio con conducente – alla luce dei princìpi ribaditi dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e da quelli ricavabili dalle pronunce della Corte costituzionale – e potrebbero addirittura esporre l'Italia a procedure in sede europea;
    per queste ragioni si è disposta la sospensione dell'efficacia di tali disposizioni, ancor prima della loro entrata in vigore, sospensione via via ribadita con successive proroghe, l'ultima delle quali contenuta all'articolo 2 del decreto-legge n. 192 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 2015;
    tuttavia, l'intreccio normativo creato dai numerosi rimandi e proroghe ha determinato un'incertezza normativa rispetto alla effettiva vigenza delle norme di cui al decreto-legge n. 207 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2009, malgrado l'autorevole opinione espressa dal MIT e l'evidente volontà del legislatore nel senso della sospensione di efficacia;
    in particolare, con sentenza n. 8359/2015, il Tribunale di Milano ha sostenuto la vigenza delle norme in discussione, argomentando, tra l'altro, che «non si ritiene vincolante, né convincente, il parere (di segno opposto, ndr) dato dal Direttore Generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 7 settembre 2012 alla Camera di commercio di Frosinone (depositato da parte appellata) secondo il quale l'articolo 29 più volte citato non sarebbe allo stato in vigore. Trattasi di un mero parere di un funzionario amministrativo e non di un atto normativo, non idoneo pertanto a fornire interpretazioni autentiche della legge»;
    sia le norme introdotte dal decreto-legge n. 207 del 2008, sia l'incertezza normativa rispetto alla loro vigenza, determinano gravissimi danni al settore Ncc italiano, e rischiano di consegnare l'intero settore alla concorrenza straniera e a forme di abusivismo totale;
    inoltre, si palesa l'opportunità di un intervento riformatore su altre disposizioni in materia di noleggio con conducente contenute nella legge n. 21 del 1992 e, in particolare, quella che prevede che la richiesta di servizio venga avanzata «presso la rimessa», disposizione ormai obsoleta e fonte di incertezze interpretative, alla luce della diffusione dei cellulari e degli applicativi telematici per dispositivi mobili,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di intervenire, al più tardi in occasione della prossima legge concorrenza, al fine di abrogare le disposizioni introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, in materia di noleggio con conducente di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21;
   a valutare l'opportunità di prevedere la possibilità, per i titolari di licenza taxi, di svolgere servizi integrativi quali il taxi ad uso collettivo o altre forme di organizzazione del servizio, senza la necessità di norme secondarie comunali che autorizzino tali servizi e anche tramite piattaforme telematiche;
   a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 3 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, rendendolo coerente con gli sviluppi tecnologici, eliminando il riferimento alla rimessa ivi contenuto e prevedendo, in sua sostituzione, che la richiesta di servizio NCC non possa essere accettata se avanzata dall'utente direttamente al veicolo su strada.
9/3012-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Catalano, Galgano.


   La Camera,
   premesso che:
    visto che la ratio dell'articolo 7, chiaramente espressa fin nella rubrica, è quella di determinare una volta per tutte l'esatto perimetro del danno non patrimoniale, in coerenza con quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008;
    tenuto conto che occorre eliminare le possibili ambiguità della formulazione attualmente in discussione del comma 3-bis recuperando l'espressione ogni danno non patrimoniale, già presente nell'ultimo periodo dell'originario comma 3, perché chiarisce che in essa sono comprese tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza, ivi inclusa la discussa e discutibile nozione di danno esistenziale;
    considerato che appare opportuno eliminare il potenzialmente ambiguo riferimento al danno «conseguente a lesioni fisiche», che potrebbe essere anche inteso in senso restrittivo, affermando invece che la liquidazione tabellare del danno è esaustiva ogni qualvolta sussista un danno biologico. Tale ultima nozione è già definita nella legge e da tempo sedimentata in giurisprudenza;
    ritenuto che a maggior chiarimento e per evitare ogni possibile fraintendimento, appare opportuno chiarire, a scopo meramente esemplificativo, che il danno tabellato include la lesione di diritti costituzionalmente protetti e di diritti primari della persona, in coerenza con la sopra ricordata nozione unitaria di danno non patrimoniale elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008,

impegna il Governo

a mettere in atto tutti gli interventi necessari nel prosieguo dell'iter di approvazione del disegno di legge in parola al fine di evitare che la formulazione attuale del testo dell'articolo 7 possa lasciare margini per l'aumento di contenziosi e affinché venga chiarita la definizione di danno non patrimoniale comprensiva di tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza.
9/3012-A/50Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    visto che la ratio dell'articolo 7, chiaramente espressa fin nella rubrica, è quella di determinare una volta per tutte l'esatto perimetro del danno non patrimoniale, in coerenza con quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008;
    tenuto conto che occorre eliminare le possibili ambiguità della formulazione attualmente in discussione del comma 3-bis recuperando l'espressione ogni danno non patrimoniale, già presente nell'ultimo periodo dell'originario comma 3, perché chiarisce che in essa sono comprese tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza, ivi inclusa la discussa e discutibile nozione di danno esistenziale;
    considerato che appare opportuno eliminare il potenzialmente ambiguo riferimento al danno «conseguente a lesioni fisiche», che potrebbe essere anche inteso in senso restrittivo, affermando invece che la liquidazione tabellare del danno è esaustiva ogni qualvolta sussista un danno biologico. Tale ultima nozione è già definita nella legge e da tempo sedimentata in giurisprudenza;
    ritenuto che a maggior chiarimento e per evitare ogni possibile fraintendimento, appare opportuno chiarire, a scopo meramente esemplificativo, che il danno tabellato include la lesione di diritti costituzionalmente protetti e di diritti primari della persona, in coerenza con la sopra ricordata nozione unitaria di danno non patrimoniale elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto tutti gli interventi necessari nel prosieguo dell'iter di approvazione del disegno di legge in parola al fine di evitare che la formulazione attuale del testo dell'articolo 7 possa lasciare margini per l'aumento di contenziosi e affinché venga chiarita la definizione di danno non patrimoniale comprensiva di tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza.
9/3012-A/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni riconducibili alla materia relativa alla tutela della concorrenza;
    nel settore farmaceutico, all'articolo 32 viene rimosso il vincolo che finora ha impedito l'accesso alle società di capitali di poter gestire le farmacie;
    per stimolare ulteriormente la concorrenza e incrementare l'occupazione si dovrebbe dare la possibilità alle parafarmacie e ai corner salute, di vendere anche i farmaci di fascia C con ricetta;
    dal 2006, con l'apertura delle parafarmacie, c’è stata la liberalizzazione del prezzo del farmaco cosiddetto Otc, che può essere comprato senza ricetta: tale apertura del mercato ha fatto registrare, dall'anno successivo, un calo del prezzo dei farmaci 20 per cento secco in tutt'Italia, garantendo al contempo aumento occupazionale e maggiore accessibilità all'acquisto degli stessi;
    il settore è stato successivamente interessato da una serie di provvedimenti, che hanno consentito l'aumento del numero delle farmacie e l'aumento dei farmaci vendibili nelle parafarmacie,

impegna il Governo

a valutare i criteri per ridefinire organicamente, entro sei mesi, l'attuale sistema di distribuzione e vendita dei farmaci, nell'ottica di abbassare i prezzi favorendo la concorrenza e garantire la presenza capillare sul territorio e l'accessibilità dei farmaci per tutti i cittadini.
9/3012-A/51Zoggia, Galgano, Iacono.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni riconducibili alla materia relativa alla tutela della concorrenza;
    nel settore farmaceutico, all'articolo 32 viene rimosso il vincolo che finora ha impedito l'accesso alle società di capitali di poter gestire le farmacie;
    per stimolare ulteriormente la concorrenza e incrementare l'occupazione si dovrebbe dare la possibilità alle parafarmacie e ai corner salute, di vendere anche i farmaci di fascia C con ricetta;
    dal 2006, con l'apertura delle parafarmacie, c’è stata la liberalizzazione del prezzo del farmaco cosiddetto Otc, che può essere comprato senza ricetta: tale apertura del mercato ha fatto registrare, dall'anno successivo, un calo del prezzo dei farmaci 20 per cento secco in tutt'Italia, garantendo al contempo aumento occupazionale e maggiore accessibilità all'acquisto degli stessi;
    il settore è stato successivamente interessato da una serie di provvedimenti, che hanno consentito l'aumento del numero delle farmacie e l'aumento dei farmaci vendibili nelle parafarmacie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare i criteri per ridefinire organicamente, entro sei mesi, l'attuale sistema di distribuzione e vendita dei farmaci, nell'ottica di abbassare i prezzi favorendo la concorrenza e garantire la presenza capillare sul territorio e l'accessibilità dei farmaci per tutti i cittadini.
9/3012-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta) Zoggia, Galgano, Iacono.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 132-bis del codice delle assicurazioni private, inserito dall'articolo 3 del disegno di legge in esame, prescrive l'obbligo per gli intermediari, prima della sottoscrizione di un contratto RC Auto, di informare il consumatore in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi offerti da tutte le imprese di cui sono mandatari relativamente al contratto di base. Il contratto stipulato in assenza della dichiarazione di avvenuta ricezione di tali informazioni è affetto da nullità rilevabile solo in favore dell'assicurato;
    il citato articolo 132-bis dispone che gli intermediari forniscono l'indicazione dei premi offerti dalle imprese mediante collegamento internet al preventivatore consultabile sul sito internet dell'IVASS e del Ministero dello sviluppo economico, senza obbligo di rilascio di supporti cartacei;
    tali disposizioni che sono a tutela dei consumatori potrebbero dar luogo ad incongruenze ed erronee interpretazioni, dal momento che col termine intermediari si intende non solo gli agenti di assicurazione che sono mandatari delle compagnie assicurative, ma anche i brokers che invece non hanno il mandato dallo imprese di assicurazione ma dai propri clienti,

impegna il Governo

al fine di tutelare ampiamente i consumatori, a precisare che le disposizioni contenute nel citato articolo 132-bis del codice delle assicurazioni private, relative all'obbligo da parte degli intermediari di informazione corretta e trasparente sui premi offerti dalle imprese di assicurazioni, si applicano non solo agli agenti assicurativi ma anche ai brokers di assicurazione.
9/3012-A/52Rabino, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del disegno di legge in esame modifica l'articolo 135 del codice delle assicurazioni private, cambiando procedura di identificazione dei testimoni in caso di sinistri con soli danni a cose, al fine di contenere la prassi di far valere testimonianze prodotte in un momento successivo a quello della denuncia del sinistro (cosiddetti testimoni di comodo);
    in particolare, si prescrive che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare: dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione, o dall'invito alla stipula della negoziazione, ovvero può essere richiesta da parte dell'assicurazione entro sessanta giorni dalla denuncia di sinistro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L'impresa di assicurazione deve procedere a sua volta all'individuazione ed alla comunicazione di eventuali ed ulteriori testimoni entro il termine di sessanta giorni;
    il citato articolo 135 prevede altresì l'inammissibilità in giudizio delle testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità indicate dal comma precedente, salva la possibilità per il giudice di disporre l'audizione di testimoni nei casi in cui sia comprovata l'impossibilità della loro tempestiva identificazione;
    il fenomeno delle false testimonianze è molto diffuso anche e soprattutto nel caso di sinistri con danni alla persona,

impegna il Governo

al fine di contrastare il fenomeno delle frodi anche nel caso di danni alla persona, ambito nel quale le speculazioni ai danni degli assicuratori, che si ripercuotono sui cittadini con l'innalzamento delle tariffe, sono economicamente più significative e più frequenti, ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere le nuove procedure in materia di identificazione dei testimoni di sinistri con soli danni a cose anche a quelli di sinistri con danni alle persone.

9/3012-A/53Antimo Cesaro, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del disegno di legge in esame modifica l'articolo 135 del codice delle assicurazioni private, cambiando procedura di identificazione dei testimoni in caso di sinistri con soli danni a cose, al fine di contenere la prassi di far valere testimonianze prodotte in un momento successivo a quello della denuncia del sinistro (cosiddetti testimoni di comodo);
    in particolare, si prescrive che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare: dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione, o dall'invito alla stipula della negoziazione, ovvero può essere richiesta da parte dell'assicurazione entro sessanta giorni dalla denuncia di sinistro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L'impresa di assicurazione deve procedere a sua volta all'individuazione ed alla comunicazione di eventuali ed ulteriori testimoni entro il termine di sessanta giorni;
    il citato articolo 135 prevede altresì l'inammissibilità in giudizio delle testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità indicate dal comma precedente, salva la possibilità per il giudice di disporre l'audizione di testimoni nei casi in cui sia comprovata l'impossibilità della loro tempestiva identificazione;
    il fenomeno delle false testimonianze è molto diffuso anche e soprattutto nel caso di sinistri con danni alla persona,

impegna il Governo

al fine di contrastare il fenomeno delle frodi anche nel caso di danni alla persona, ambito nel quale le speculazioni ai danni degli assicuratori, che si ripercuotono sui cittadini con l'innalzamento delle tariffe, sono economicamente più significative e più frequenti, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere le nuove procedure in materia di identificazione dei testimoni di sinistri con soli danni a cose anche a quelli di sinistri con danni alle persone.

9/3012-A/53. (Testo modificato nel corso della seduta) Antimo Cesaro, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del disegno di legge in esame modifica l'articolo 135 del codice delle assicurazioni private, cambiando procedura di identificazione dei testimoni in caso di sinistri con soli danni a cose, al fine di contenere la prassi di far valere testimonianze prodotte in un momento successivo a quello della denuncia del sinistro (cosiddetti testimoni di comodo);
    in particolare, si prescrive che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare: dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione, o dall'invito alla stipula della negoziazione, ovvero può essere richiesta da parte dell'assicurazione entro sessanta giorni dalla denuncia di sinistro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L'impresa di assicurazione deve procedere a sua volta all'individuazione ed alla comunicazione di eventuali ed ulteriori testimoni entro il termine di sessanta giorni;
    il citato articolo 135 prevede altresì l'inammissibilità in giudizio delle testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità indicate dal comma precedente, salva la possibilità per il giudice di disporre l'audizione di testimoni nei casi in cui sia comprovata l'impossibilità della loro tempestiva identificazione;
    il comma 3-quater dell'articolo 135 dispone che, nei processi attivati per l'accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice verifichi l'eventuale ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati in altre cause nel settore dell'infortunistica stradale e, ove riscontri, anche avvalendosi della banca dati integrata costituita presso l'IVASS, la ricorrenza degli stessi nominativi in più di tre cause negli ultimi cinque anni, trasmetta l'informativa alla Procura della Repubblica competente per gli ulteriori accertamenti. La disposizione non si applica alle testimonianze rese dagli ufficiali e dagli agenti di polizia;
    il fenomeno delle testimonianze false è molto diffuso e danneggia non solo le imprese di assicurazione, ma anche i singoli assicurati onesti che subiscono la falsa testimonianza della controparte in un incidente;
    occorre contrastare il fenomeno dei testimoni seriali, ricorrente soprattutto in alcune aree del Paese, che concorrono in maniera fondamentale alla costruzione di falsi incidenti ovvero alla non corretta attribuzione della responsabilità degli stessi, e conseguentemente determinano il pagamento di risarcimenti non dovuti ovvero «gonfiati», con evidenti ricadute negative sui prezzi dell'assicurazione RC auto pagati da tutti gli assicurati;
    a tal fine va tenuto conto che nella stragrande maggioranza dei casi tali sinistri sono risolti in maniera extragiudiziale e pertanto i soggetti coinvolti come testimoni non vengono evidenziati dagli atti giudiziari;
    la norma contenuta nel comma 3-quater dell'articolo 135 è eccessivamente blanda e ristretta nell'ambito di applicazione: blanda in quanto è inverosimile che una persona negli ultimi cinque anni sia chiamata a testimoniare più di tre volte in un incidente stradale; limitata nei profili applicativi in quanto le testimonianze sono rese soprattutto nella fase stragiudiziale, per cui prevedere esclusivamente quelle risultanti da giudizi escluderebbe la maggior parte delle fattispecie penalmente rilevanti;
    pertanto un criterio certo per l'individuazione di una possibile falsa testimonianza sarebbe il ricorso al database della banca dati sinistri IVASS, che registra tutti i dati forniti relativamente al complesso dei sinistri verificatisi, abbiano o non abbiano avuto seguito giudiziario,

impegna il Governo

preso atto che il 70 per cento del contenzioso assicurativo si definisce in fase stragiudiziale, a valutare gli effetti della disposizione in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il richiamo alle tre testimonianze con riferimento non all'atto della causa in fase di giudizio, ma in una fase precedente, ossia nel momento della denuncia e quindi facendo riferimento ai testimoni registrati nella banca dati IVASS in almeno tre sinistri.
9/3012-A/54Pinna, Sottanelli, Galgano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del disegno di legge in esame modifica l'articolo 135 del codice delle assicurazioni private, cambiando procedura di identificazione dei testimoni in caso di sinistri con soli danni a cose, al fine di contenere la prassi di far valere testimonianze prodotte in un momento successivo a quello della denuncia del sinistro (cosiddetti testimoni di comodo);
    in particolare, si prescrive che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare: dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione, o dall'invito alla stipula della negoziazione, ovvero può essere richiesta da parte dell'assicurazione entro sessanta giorni dalla denuncia di sinistro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L'impresa di assicurazione deve procedere a sua volta all'individuazione ed alla comunicazione di eventuali ed ulteriori testimoni entro il termine di sessanta giorni;
    il citato articolo 135 prevede altresì l'inammissibilità in giudizio delle testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità indicate dal comma precedente, salva la possibilità per il giudice di disporre l'audizione di testimoni nei casi in cui sia comprovata l'impossibilità della loro tempestiva identificazione;
    il comma 3-quater dell'articolo 135 dispone che, nei processi attivati per l'accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice verifichi l'eventuale ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati in altre cause nel settore dell'infortunistica stradale e, ove riscontri, anche avvalendosi della banca dati integrata costituita presso l'IVASS, la ricorrenza degli stessi nominativi in più di tre cause negli ultimi cinque anni, trasmetta l'informativa alla Procura della Repubblica competente per gli ulteriori accertamenti. La disposizione non si applica alle testimonianze rese dagli ufficiali e dagli agenti di polizia;
    il fenomeno delle testimonianze false è molto diffuso e danneggia non solo le imprese di assicurazione, ma anche i singoli assicurati onesti che subiscono la falsa testimonianza della controparte in un incidente;
    occorre contrastare il fenomeno dei testimoni seriali, ricorrente soprattutto in alcune aree del Paese, che concorrono in maniera fondamentale alla costruzione di falsi incidenti ovvero alla non corretta attribuzione della responsabilità degli stessi, e conseguentemente determinano il pagamento di risarcimenti non dovuti ovvero «gonfiati», con evidenti ricadute negative sui prezzi dell'assicurazione RC auto pagati da tutti gli assicurati;
    a tal fine va tenuto conto che nella stragrande maggioranza dei casi tali sinistri sono risolti in maniera extragiudiziale e pertanto i soggetti coinvolti come testimoni non vengono evidenziati dagli atti giudiziari;
    la norma contenuta nel comma 3-quater dell'articolo 135 è eccessivamente blanda e ristretta nell'ambito di applicazione: blanda in quanto è inverosimile che una persona negli ultimi cinque anni sia chiamata a testimoniare più di tre volte in un incidente stradale; limitata nei profili applicativi in quanto le testimonianze sono rese soprattutto nella fase stragiudiziale, per cui prevedere esclusivamente quelle risultanti da giudizi escluderebbe la maggior parte delle fattispecie penalmente rilevanti;
    pertanto un criterio certo per l'individuazione di una possibile falsa testimonianza sarebbe il ricorso al database della banca dati sinistri IVASS, che registra tutti i dati forniti relativamente al complesso dei sinistri verificatisi, abbiano o non abbiano avuto seguito giudiziario,

impegna il Governo

preso atto che il 70 per cento del contenzioso assicurativo si definisce in fase stragiudiziale, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti della disposizione in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il richiamo alle tre testimonianze con riferimento non all'atto della causa in fase di giudizio, ma in una fase precedente, ossia nel momento della denuncia e quindi facendo riferimento ai testimoni registrati nella banca dati IVASS in almeno tre sinistri.
9/3012-A/54. (Testo modificato nel corso della seduta) Pinna, Sottanelli, Galgano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame integra l'articolo 148 del CAP estendendo i casi nei quali, sussistendo elementi che siano sintomo di frode, si applica una specifica procedura che consente all'impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento;
    per contrastare con maggiore efficacia il fenomeno delle frodi, sarebbe opportuno anche modificare i termini vigenti per la richiesta di risarcimento che sono troppo ampi, in quanto pari a due anni, e vengono spesso sfruttati per alterare i mezzi di prova e impedire gli accertamenti dei danni,

impegna il Governo

al fine di diminuire le frodi nel settore assicurativo e abbassare le tariffe, a ridurre i termini (dagli attuali due anni a tre mesi, salvo i casi di forza maggiore) entro cui è possibile proporre validamente la richiesta di risarcimento danni, stabilendo che il danneggiato, qualora non la presenti entro tale lasso di tempo, decade dal diritto al risarcimento.
9/3012-A/55Catania, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame integra l'articolo 148 del CAP estendendo i casi nei quali, sussistendo elementi che siano sintomo di frode, si applica una specifica procedura che consente all'impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento;
    per contrastare con maggiore efficacia il fenomeno delle frodi, sarebbe opportuno anche modificare i termini vigenti per la richiesta di risarcimento che sono troppo ampi, in quanto pari a due anni, e vengono spesso sfruttati per alterare i mezzi di prova e impedire gli accertamenti dei danni,

impegna il Governo

al fine di diminuire le frodi nel settore assicurativo e abbassare le tariffe, a valutare l'opportunità di ridurre i termini (dagli attuali due anni a tre mesi, salvo i casi di forza maggiore) entro cui è possibile proporre validamente la richiesta di risarcimento danni, stabilendo che il danneggiato, qualora non la presenti entro tale lasso di tempo, decade dal diritto al risarcimento.
9/3012-A/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Catania, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, quarto comma, del provvedimento in esame prevede un obbligo di sconto al ricorrere di determinate situazioni (la sottoposizione del veicolo ad ispezione preventiva e l'installazione della cosiddetta «scatola nera» o di dispositivi elettronici che impediscano l'avvio del motore in presenza di tassi alcolemici superiori ai limiti di legge nel guidatore). Tale sconto è fissato nel minimo dall'IVASS;
    l'articolo 6-bis, secondo comma, introduce inoltre uno sconto obbligatorio in favore degli assicurati che non abbiano avuto responsabilità di sinistri negli ultimi cinque anni, purché residenti in regioni caratterizzate da un costo medio superiore alla media nazionale e abbiano installato la cosiddetta «scatola nera», pari alla differenza con il premio medio nazionale;
    i due articoli introducono entrambi un meccanismo di sconto obbligatorio, legato in ambedue i casi al controllo preventivo dell'IVASS e all'installazione dei dispositivi «scatola nera»;
    l'attività di assicurazione soggiace non solo alla normativa nazionale, ma anche alla normativa di diritto comunitario;
    la Terza Direttiva sull'assicurazione non vita (88/357/CEE), le cui disposizioni sono state ora assorbite da Solvency II, si pone come obiettivo di garantire il più ampio accesso ai prodotti assicurativi da parte del consumatore, affidando allo Stato membro in cui è situato il rischio il compito di vigilare affinché non sussista alcun ostacolo alla possibilità di commercializzare sul suo territorio tutti i prodotti assicurativi offerti nel territorio dell'Unione;
    agli articoli 6, 29 e 39, tale Direttiva introduce un principio di libertà tariffaria, declinato nel senso che non è ammessa l'approvazione preventiva/preliminare o comunicazione sistematica delle condizioni delle polizze nonché delle tariffe e dei formulari che l'impresa utilizza con il contraente, che la comunicazione delle condizioni delle polizze, delle tariffe o di documenti collegati può essere ammessa solo su base non sistematica in modo da controllare l'osservanza delle disposizioni, legislative, amministrative o regolamentari dei contratti di assicurazione; che uno Stato membro può mantenere in vigore o introdurre notifiche preventive e approvazioni di maggiorazioni tariffarie solo come elementi di un sistema generale di controllo dei prezzi;
    la Corte di giustizia ha dichiarato più volte, in passate sentenze su casi analoghi, in contrasto con il principio di libertà tariffaria sia un sistema di blocco dei prezzi sia la prescrizione di vincoli alla fissazione dei premi sulla base di criteri prefissati, chiarendo che qualsiasi deroga ai principi in materia di libertà tariffaria deve essere interpretata in maniera restrittiva,

impegna il Governo

a valutare, anche sotto il profilo della compatibilità con l'ordinamento comunitario, gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a rimuovere gli aspetti contrastanti con il diritto comunitario, evitando così il rischio di apertura di una procedura d'infrazione a carico del nostro Paese con conseguente imposizione di sanzioni, nonché al fine di infliggere vincoli anticoncorrenziali ad un mercato interno, che soffrirebbe in questo modo di ostacoli anticompetitivi nel confronto con i concorrenti europei.
9/3012-A/56Monchiero, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, quarto comma, del provvedimento in esame prevede un obbligo di sconto al ricorrere di determinate situazioni (la sottoposizione del veicolo ad ispezione preventiva e l'installazione della cosiddetta «scatola nera» o di dispositivi elettronici che impediscano l'avvio del motore in presenza di tassi alcolemici superiori ai limiti di legge nel guidatore). Tale sconto è fissato nel minimo dall'IVASS;
    l'articolo 6-bis, secondo comma, introduce inoltre uno sconto obbligatorio in favore degli assicurati che non abbiano avuto responsabilità di sinistri negli ultimi cinque anni, purché residenti in regioni caratterizzate da un costo medio superiore alla media nazionale e abbiano installato la cosiddetta «scatola nera», pari alla differenza con il premio medio nazionale;
    i due articoli introducono entrambi un meccanismo di sconto obbligatorio, legato in ambedue i casi al controllo preventivo dell'IVASS e all'installazione dei dispositivi «scatola nera»;
    l'attività di assicurazione soggiace non solo alla normativa nazionale, ma anche alla normativa di diritto comunitario;
    la Terza Direttiva sull'assicurazione non vita (88/357/CEE), le cui disposizioni sono state ora assorbite da Solvency II, si pone come obiettivo di garantire il più ampio accesso ai prodotti assicurativi da parte del consumatore, affidando allo Stato membro in cui è situato il rischio il compito di vigilare affinché non sussista alcun ostacolo alla possibilità di commercializzare sul suo territorio tutti i prodotti assicurativi offerti nel territorio dell'Unione;
    agli articoli 6, 29 e 39, tale Direttiva introduce un principio di libertà tariffaria, declinato nel senso che non è ammessa l'approvazione preventiva/preliminare o comunicazione sistematica delle condizioni delle polizze nonché delle tariffe e dei formulari che l'impresa utilizza con il contraente, che la comunicazione delle condizioni delle polizze, delle tariffe o di documenti collegati può essere ammessa solo su base non sistematica in modo da controllare l'osservanza delle disposizioni, legislative, amministrative o regolamentari dei contratti di assicurazione; che uno Stato membro può mantenere in vigore o introdurre notifiche preventive e approvazioni di maggiorazioni tariffarie solo come elementi di un sistema generale di controllo dei prezzi;
    la Corte di giustizia ha dichiarato più volte, in passate sentenze su casi analoghi, in contrasto con il principio di libertà tariffaria sia un sistema di blocco dei prezzi sia la prescrizione di vincoli alla fissazione dei premi sulla base di criteri prefissati, chiarendo che qualsiasi deroga ai principi in materia di libertà tariffaria deve essere interpretata in maniera restrittiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare, anche sotto il profilo della compatibilità con l'ordinamento comunitario, gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a rimuovere gli aspetti contrastanti con il diritto comunitario, evitando così il rischio di apertura di una procedura d'infrazione a carico del nostro Paese con conseguente imposizione di sanzioni, nonché al fine di infliggere vincoli anticoncorrenziali ad un mercato interno, che soffrirebbe in questo modo di ostacoli anticompetitivi nel confronto con i concorrenti europei.
9/3012-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta) Monchiero, Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la ratio dell'articolo 7 del provvedimento in esame, chiaramente espressa fin nella rubrica, è quella di determinare una volta per tutte l'esatto perimetro del danno non patrimoniale, in coerenza con quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008;
    occorre eliminare le possibili ambiguità della formulazione attualmente in discussione del comma 3-bis recuperando l'espressione «ogni danno non patrimoniale», già presente nell'ultimo periodo dell'originario comma 3, perché chiarisce che in essa sono comprese tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza, ivi inclusa la discussa e discutibile nozione di danno esistenziale;
    appare opportuno eliminare il potenzialmente ambiguo riferimento al danno «conseguente a lesioni fisiche», che potrebbe essere anche inteso in senso restrittivo, affermando invece che la liquidazione tabellare del danno è esaustiva ogni qualvolta sussista un danno biologico. Tale ultima nozione è già definita nella legge e da tempo sedimentata in giurisprudenza;
    a maggior chiarimento e per evitare ogni possibile fraintendimento, appare opportuno chiarire, a scopo meramente esemplificativo, che il danno tabellato include la lesione di diritti costituzionalmente protetti e di diritti primari della persona, in coerenza con la sopra ricordata nozione unitaria di danno non patrimoniale elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008,

impegna il Governo

a mettere in atto tutti gli interventi necessari al fine di evitare che la formulazione attuale del testo dell'articolo 7 possa lasciare margini per l'aumento di contenziosi e affinché venga chiarita la definizione di danno non patrimoniale comprensiva di tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza.
9/3012-A/57Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la ratio dell'articolo 7 del provvedimento in esame, chiaramente espressa fin nella rubrica, è quella di determinare una volta per tutte l'esatto perimetro del danno non patrimoniale, in coerenza con quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008;
    occorre eliminare le possibili ambiguità della formulazione attualmente in discussione del comma 3-bis recuperando l'espressione «ogni danno non patrimoniale», già presente nell'ultimo periodo dell'originario comma 3, perché chiarisce che in essa sono comprese tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza, ivi inclusa la discussa e discutibile nozione di danno esistenziale;
    appare opportuno eliminare il potenzialmente ambiguo riferimento al danno «conseguente a lesioni fisiche», che potrebbe essere anche inteso in senso restrittivo, affermando invece che la liquidazione tabellare del danno è esaustiva ogni qualvolta sussista un danno biologico. Tale ultima nozione è già definita nella legge e da tempo sedimentata in giurisprudenza;
    a maggior chiarimento e per evitare ogni possibile fraintendimento, appare opportuno chiarire, a scopo meramente esemplificativo, che il danno tabellato include la lesione di diritti costituzionalmente protetti e di diritti primari della persona, in coerenza con la sopra ricordata nozione unitaria di danno non patrimoniale elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sin dalla Sentenza n. 26972 del 2008,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto tutti gli interventi necessari al fine di evitare che la formulazione attuale del testo dell'articolo 7 possa lasciare margini per l'aumento di contenziosi e affinché venga chiarita la definizione di danno non patrimoniale comprensiva di tutte le possibili voci di danno non patrimoniale elaborate da dottrina e giurisprudenza.
9/3012-A/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 3 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, prevede l'adozione di disposizioni attuative urgenti al fine di rideterminare i principi della disciplina in materia di taxi e NCC;
    ad oggi il termine per l'adozione di tali disposizioni è stato più volte prorogato, in ultimo al 31 dicembre 2015;
    numerose istituzioni, nazionali e locali hanno stabilito la non vigenza delle modifiche apportate all'articolo 29 comma 1-quater della legge del 15 gennaio 1992, n. 21;
   considerato che:
    l'Autorità per la concorrenza, da ultimo nella sua segnalazione a Parlamento e Governo del luglio 2014, ha auspicato l'eliminazione delle distorsioni concorrenziali nel settore del trasporto pubblico non di linea invitando a modificare la legge 15 gennaio 1992, n. 21, nel senso di abrogare le limitazioni territoriali previste per l'esercizio del noleggio con conducente ed in particolare l'articolo 3, comma 3, l'articolo 8, comma 3 e l'articolo 11 comma 4;
    l'Autorità di regolamentazione dei trasporti con proprio atto di segnalazione a Governo e Parlamento ha anch'essa sottolineato la necessità di ridurre le differenze tra i diversi ambiti del trasporto non di linee per aumentare la concorrenza e di eliminare l'obbligo di rientro in rimessa dopo ogni singolo servizio per gli NCC,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare un tavolo di lavoro per l'adozione delle opportune iniziative volte a ridefinire la normativa in materia di autoservizio pubblico non di linea, nel solco delle raccomandazioni delle Autorità indipendenti citate in premessa al fine di eliminare le distorsioni competitive nel mercato del noleggio con conducente.
9/3012-A/58Bargero, Misiani.


   La Camera,
   premesso che:
    le competenti Commissioni VI Finanze e X Attività produttive della Camera dei deputati nell'ambito dell'esame in sede referente dell'AC 3012-A hanno provveduto ad inserire ex novo il Capo V-bis «Ambiente» nel predetto disegno di legge sulla concorrenza;
    il provvedimento era ab origine sprovvisto di ogni intervento in campo ambientale, nonostante i rilievi sulla medesima materia denunciati dal Garante della Concorrenza nella propria segnalazione del 4 luglio 2014;
   premesso, inoltre, che:
   l'articolo 22-ter prevede due interventi in tema di consorzi per la gestione dei rifiuti di imballaggi per facilitare i produttori nel procedimento di costituzione di consorzi autonomi, in potenziale concorrenza con il sistema Coenai/consorzi di filera;
    tale procedimento amministrativo per la costituzione di sistemi autonomi alternativi è finora risultato eccessivamente difficoltoso in ragione della eccessiva rigorosità dei requisiti per la costituzione di essi dal vigente articolo 221 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    la prima disposizione (comma 1, lettere a) e b)) esonera i produttori dal versamento del contributo ambientale fino al definitivo riconoscimento da parte dell'Osservatorio Nazionale/Ministero dell'ambiente in ordine al funzionamento di essi. La seconda (comma 2) sostituisce l'Ispra al Conai al fine di evitare ogni eventuale conflitto di interessi nella procedura per la definitiva approvazione del sistema autonomo così come sollecitato dal Garante per la concorrenza;
    il Governo ha specificato di prendere in considerazione la segnalazione del 4 luglio 2014, per redigere la legge annuale per il mercato e la concorrenza così come previsto dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, al fine di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati e di promuovere lo sviluppo della concorrenza;
    il Garante della concorrenza aveva, inoltre, sottolineato l'esigenza di intervenire anche sull'articolo 221, comma 3, lettera a), eliminando per i sistemi autonomi l'obbligo di gestire i rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale così come aveva denunciato la necessità di rimuovere l'obbligo di raccogliere solo i rifiuti «propri», impedendo ad essi – diversamente da quel che è consentito al Conai stesso – di raccogliere imballaggi della medesima natura/tipologia;
    non appare chiaro il criterio discretivo in base al quale sia stato dato seguito ad una delle due indicazioni previste dal Garante, in tema di concorrenza tra Conai e soggetti/consorzi e non ad entrambe le segnalazioni;
    in sede di dibattito in Aula sul provvedimento, è stata espressa l'intenzione da parte dei rappresentanti della maggioranza di voler inserire ulteriori interventi normativi in tema di consorzi nel collegato ambientale alla legge di stabilità 2014;
    tale indicazione sembrerebbe confliggere con quanto già espresso dal Governo e dalla maggioranza nella seduta della 13a Commissione ambiente del Senato dell'11 marzo 2015 ove il Governo ha richiesto e ottenuto dalla Commissione lo stralcio di interventi sul sistema consortile nel Collegato stesso, rinviando una riforma organica del sistema consortile ad ulteriore – peraltro non specificato – provvedimento,

impegna il Governo

ad assumere le ulteriori iniziative normative al fine di garantire la effettiva concorrenza tra sistemi autonomi ed il sistema Conai così come denunciato dal Garante per la concorrenza.
9/3012-A/59Zolezzi, Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    le competenti Commissioni VI Finanze e X Attività produttive della Camera dei deputati nell'ambito dell'esame in sede referente dell'AC 3012-A hanno provveduto ad inserire ex novo il Capo V-bis «Ambiente» nel predetto disegno di legge sulla concorrenza;
    il provvedimento era ab origine sprovvisto di ogni intervento in campo ambientale, nonostante i rilievi sulla medesima materia denunciati dal Garante della Concorrenza nella propria segnalazione del 4 luglio 2014;
   premesso, inoltre, che:
   l'articolo 22-ter prevede due interventi in tema di consorzi per la gestione dei rifiuti di imballaggi per facilitare i produttori nel procedimento di costituzione di consorzi autonomi, in potenziale concorrenza con il sistema Coenai/consorzi di filera;
    tale procedimento amministrativo per la costituzione di sistemi autonomi alternativi è finora risultato eccessivamente difficoltoso in ragione della eccessiva rigorosità dei requisiti per la costituzione di essi dal vigente articolo 221 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    la prima disposizione (comma 1, lettere a) e b)) esonera i produttori dal versamento del contributo ambientale fino al definitivo riconoscimento da parte dell'Osservatorio Nazionale/Ministero dell'ambiente in ordine al funzionamento di essi. La seconda (comma 2) sostituisce l'Ispra al Conai al fine di evitare ogni eventuale conflitto di interessi nella procedura per la definitiva approvazione del sistema autonomo così come sollecitato dal Garante per la concorrenza;
    il Governo ha specificato di prendere in considerazione la segnalazione del 4 luglio 2014, per redigere la legge annuale per il mercato e la concorrenza così come previsto dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, al fine di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati e di promuovere lo sviluppo della concorrenza;
    il Garante della concorrenza aveva, inoltre, sottolineato l'esigenza di intervenire anche sull'articolo 221, comma 3, lettera a), eliminando per i sistemi autonomi l'obbligo di gestire i rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale così come aveva denunciato la necessità di rimuovere l'obbligo di raccogliere solo i rifiuti «propri», impedendo ad essi – diversamente da quel che è consentito al Conai stesso – di raccogliere imballaggi della medesima natura/tipologia;
    non appare chiaro il criterio discretivo in base al quale sia stato dato seguito ad una delle due indicazioni previste dal Garante, in tema di concorrenza tra Conai e soggetti/consorzi e non ad entrambe le segnalazioni;
    in sede di dibattito in Aula sul provvedimento, è stata espressa l'intenzione da parte dei rappresentanti della maggioranza di voler inserire ulteriori interventi normativi in tema di consorzi nel collegato ambientale alla legge di stabilità 2014;
    tale indicazione sembrerebbe confliggere con quanto già espresso dal Governo e dalla maggioranza nella seduta della 13a Commissione ambiente del Senato dell'11 marzo 2015 ove il Governo ha richiesto e ottenuto dalla Commissione lo stralcio di interventi sul sistema consortile nel Collegato stesso, rinviando una riforma organica del sistema consortile ad ulteriore – peraltro non specificato – provvedimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le ulteriori iniziative normative al fine di garantire la effettiva concorrenza tra sistemi autonomi ed il sistema Conai così come denunciato dal Garante per la concorrenza.
9/3012-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Zolezzi, Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca al Capo VII reca alcune disposizioni relative ai servizi professionali e alle relative forme di aggregazione;
    importante è da considerarsi l'intervento in merito alle società tra avvocati e multidisciplinari;
    le norme contenute nel disegno di legge non affrontano il tema del regime fiscale applicabile a tali soggetti e, più in generale, alle STP;
    infatti ad oggi il principale ostacolo alla diffusione delle STP consiste proprio nella mancanza di certezza sul trattamento fiscale dei redditi conseguiti sia in capo alle medesime che in capo ai propri soci professionisti;
    secondo l'Agenzia delle Entrate sulla base delle disposizioni tributarie attualmente vigenti, il reddito prodotto dalle STP va assoggettato alla disciplina del reddito di impresa: la motivazione che regola tale indicazione è che le società professionali non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dai titoli V e VI del libro V del Codice civile, e pertanto sono soggette alla disciplina legale del modello societario prescelto, salve le sole deroghe e integrazioni previste dalla disciplina generale contenuta nell'articolo 10 della legge n. 183 del 2011 e nel regolamento attuativo, il Dm Giustizia 34 dell'8 febbraio 2013: quindi il reddito complessivo delle STP è tassato come reddito d'impresa in base agli articoli 6, ultimo comma, e 81 del Tuir, comportando che l'esercizio dell'attività professionale non ha alcuna rilevanza, ma è determinante il fatto che la società opera con una veste giuridica societaria;
    sarebbe, dunque, necessario un intervento chiarificatore del legislatore che conferisca certezza al regime tributario delle STP in modo da incentivare soprattutto i giovani professionisti all'aggregazione e alla specializzazione professionale, così da potere concorrere e competere sul mercato (a livello europeo studi e ricerche hanno evidenziato la eccessiva frammentazione del mercato dei servizi professionali italiani);
    si condivide il sopra riportato orientamento dell'Agenzia delle Entrate e si ritiene opportuna una soluzione normativa che, nell'ambito dei principi generali del diritto tributario, consenta effettivamente ai professionisti di optare per la forma societaria, al momento poco conveniente sotto vari profili – come, ad esempio, per obbligo di doppia fatturazione, impossibilità di vedere remunerata la propria prestazione professionale prima della chiusura del bilancio di esercizio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel primo provvedimento utile, di prevedere: un regime fiscale per le STP e per tutte le forme societarie in cui venga esercitata l'attività professionale che contempli neutralità fiscale tra la forma individuale, associativa e societaria; l'applicazione delle norme del reddito d'impresa in capo alla società e del reddito di lavoro autonomo in capo ai soci professionisti della stessa; semplificazione degli adempimenti prevedendo che i compensi percepiti dai soci professionisti della STP siano posti fuori dal campo di applicazione dell'IVA, evitando una «doppia fatturazione» sulle medesime prestazioni.
9/3012-A/60Scuvera.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, è stata modificata negli ultimi anni, prima dal comma 483 dell'articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, successivamente modificato dall'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine ulteriormente modificata dall'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134;
    il comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 stabilisce i criteri sulla base dei quali deve essere scelto il nuovo concessionario, nell'ambito della gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi;
    il testo vigente del comma 1 dell'articolo 12 recita: « 1. Le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entità degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata. Per le concessioni già scadute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non è tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui al primo periodo del presente comma, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Nel bando di gara sono specificate altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata»;
    l'attribuzione a titolo oneroso della concessione, quindi, deve avvenire avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    pertanto, l'attuale formulazione della legge attribuisce una diversa importanza agli elementi di valutazione delle offerte, con prevalenza all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica, e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    tale prevalenza è frutto dell'ultima modifica del testo di cui al comma 4 dell'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato il testo dell'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione che, invece, recitava: «avendo particolare riguardo ad un'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata, nonché di idonee misure di compensazione territoriale»; il diverso peso reciproco degli elementi di valutazione delle offerte dovrà essere specificato dal provvedimento ministeriale previsto dal comma 2 del citato articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 che, infatti, prevede: «Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio provvedimento ed entro il 30 aprile 2012 i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo»;
    nonostante le ultime modifiche del testo, occorre dare adeguata importanza ai fattori di offerta volti a beneficiare le comunità locali e il territorio, poiché sono le comunità locali che subiscono i disagi dallo sfruttamento della risorsa idrica;
    il decreto ministeriale, invece, in caso di attuazione letterale della norma in vigore, rischia di penalizzare le comunità locali, non attribuendo la dovuta importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche e privilegiando fattori come l'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e l'aumento dell'energia prodotta;
    il Presidente del Consiglio dei ministri il 3 marzo 2015 ha ricorso per questione di legittimità costituzionale contro la legge della regione Lombardia del 30 dicembre 2014, n. 35, avverso la previsione che la Giunta regionale possa consentire al concessionario delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche la prosecuzione temporanea delle concessioni in scadenza al 2017 e la previsione per i concessionari di grandi derivazioni idroelettriche, le cui concessioni siano scadute o in scadenza, di un canone aggiuntivo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché il decreto ministeriale, che dovrà stabilire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, attribuisca una particolare importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche, per non penalizzare le comunità locali e i territori disagiati dallo sfruttamento della risorsa idrica.
9/3012-A/61Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, è stata modificata negli ultimi anni, prima dal comma 483 dell'articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, successivamente modificato dall'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine ulteriormente modificata dall'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134;
    il comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 stabilisce i criteri sulla base dei quali deve essere scelto il nuovo concessionario, nell'ambito della gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi;
    il testo vigente del comma 1 dell'articolo 12 recita: « 1. Le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entità degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata. Per le concessioni già scadute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non è tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui al primo periodo del presente comma, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Nel bando di gara sono specificate altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata»;
    l'attribuzione a titolo oneroso della concessione, quindi, deve avvenire avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    pertanto, l'attuale formulazione della legge attribuisce una diversa importanza agli elementi di valutazione delle offerte, con prevalenza all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica, e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    tale prevalenza è frutto dell'ultima modifica del testo di cui al comma 4 dell'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato il testo dell'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione che, invece, recitava: «avendo particolare riguardo ad un'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata, nonché di idonee misure di compensazione territoriale»; il diverso peso reciproco degli elementi di valutazione delle offerte dovrà essere specificato dal provvedimento ministeriale previsto dal comma 2 del citato articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 che, infatti, prevede: «Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio provvedimento ed entro il 30 aprile 2012 i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo»;
    nonostante le ultime modifiche del testo, occorre dare adeguata importanza ai fattori di offerta volti a beneficiare le comunità locali e il territorio, poiché sono le comunità locali che subiscono i disagi dallo sfruttamento della risorsa idrica;
    il decreto ministeriale, invece, in caso di attuazione letterale della norma in vigore, rischia di penalizzare le comunità locali, non attribuendo la dovuta importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche e privilegiando fattori come l'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e l'aumento dell'energia prodotta;
    il Presidente del Consiglio dei ministri il 3 marzo 2015 ha ricorso per questione di legittimità costituzionale contro la legge della regione Lombardia del 30 dicembre 2014, n. 35, avverso la previsione che la Giunta regionale possa consentire al concessionario delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche la prosecuzione temporanea delle concessioni in scadenza al 2017 e la previsione per i concessionari di grandi derivazioni idroelettriche, le cui concessioni siano scadute o in scadenza, di un canone aggiuntivo,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché il decreto ministeriale, che dovrà stabilire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, attribuisca una particolare importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche, per non penalizzare le comunità locali e i territori disagiati dallo sfruttamento della risorsa idrica.
9/3012-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta) Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame ha, tra gli obiettivi, la rimozione degli ostacoli regolatori all'apertura dei mercati, la promozione della concorrenza e la garanzia della tutela dei consumatori;
    l'ingresso di alcune banche nel settore dell'intermediazione immobiliare di cui alla legge n. 39 del 1989 pone seri problemi di natura concorrenziale, con particolare riferimento alle informazioni di natura patrimoniale, reddituale e finanziaria di cui le stesse possono disporre in relazione ai propri clienti/correntisti. Lo scambio di questi dati tra le banche e le agenzie immobiliari di loro proprietà possono causare infatti una grave ingerenza sulle scelte di carattere patrimoniale ed un indebito condizionamento del cliente/correntista secondo la definizione riportata all'articolo 18, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 206 del 2005;
    il prevedibile scambio, incrociato di informazioni e dati riservati relativi alla posizione finanziaria e all'eventuale esposizione debitoria del cliente nei confronti della banca che inevitabilmente intercorre tra le due imprese, si potrebbe tradurre, quindi, in un'azione concordata e diretta a condizionare le scelte dei propri clienti a proprio esclusivo vantaggio;
    l'impresa quindi potrebbe fare fulcro su una situazione necessitante, come una «presumibile situazione di bisogno» per indurre il cliente/correntista ad assumere una decisione di carattere patrimoniale che non avrebbe altrimenti preso (così Tar Lazio, Roma, sez. I n. 00449/2011);
    sotto il profilo etico e giurisprudenziale è quindi evidente che il rapporto che vige tra gli istituti di credito e il consumatore, rende quest'ultimo parte debole;
    inoltre, l'ingresso nelle imprese di cui alla legge n. 39 del 1989 da parte delle banche produce commistione ed interferenza tra il settore del credito e quello dell'intermediazione immobiliare con conseguente possibile violazione dei principi di terzietà del mediatore, così come dettati dall'articolo 1754 c.c. e seguenti, e del divieto di segnalazione dei mutui da parte degli agenti immobiliari di cui al decreto legislativo n. 141 del 2010;
    inoltre, se con il decreto legislativo n. 141 del 2010 è stato introdotto il limite per le banche di possedere non più del 10 per cento del capitale nelle società di mediazione creditizia (articolo 17, comma 4) proprio per salvaguardare la terzietà ed indipendenza della società partecipata, non si comprende come alle banche, diversamente, potrebbe essere invece consentito detenere il 100 per cento di imprese nelle quali devono essere altrettanto garantiti i medesimi princìpi di indipendenza, terzietà ed imparzialità;
    allo stesso modo, il legislatore ha voluto, sempre con l'approvazione del decreto legislativo n. 141 del 2010, annullare l'interdipendenza tra settore del credito e settore dell'intermediazione immobiliare, introducendo il divieto, in capo agli agenti immobiliari, di segnalare mutui strumentalmente alla propria attività (articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 287 del 2000 ad opera del decreto legislativo n. 141 del 2010) mantenendo, contestualmente, il divieto per gli agenti immobiliari di esercitare qualunque altra attività imprenditoriale e professionale diversa da quella di mediazione;
    non si comprende, quindi, come questi principi di rigida e netta separazione possano valere per gli agenti immobiliari e non per le banche;
    l'esclusione della partecipazione delle banche all'attività di intermediazione immobiliare potrebbe salvaguardare l'attività di migliaia di agenzie immobiliari in Italia, e rappresenta senza alcun dubbio una misura a difesa dei consumatori per una concorrenza regolamentata,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad evitare l'insorgere di forme di concentrazione nel settore delle compravendite immobiliari, coerentemente con le finalità di tutela della concorrenza perseguite dal disegno di legge in esame, valutando la possibilità di escludere le banche dalla partecipazione nelle imprese o società che svolgono l'attività di intermediazione immobiliare ai sensi della legge n. 39 del 1989.
9/3012-A/62Polidori.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249, ha fissato i livelli minimi di scorte di petrolio greggio e di prodotti petroliferi da mantenere per far fronte a un'eventuale situazione di crisi degli approvvigionamenti;
    tali scorte devono essere detenute dai soggetti che hanno immesso in consumo prodotti petroliferi nell'anno precedente, tra i quali i depositi fiscali e gli operatori registrati come cooperative di pescatori che gestiscono piccoli distributori;
    le indicazioni impartite dalla direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo economico stabiliscono la quantità di scorte da detenere, ammontanti a TEP 520 per le scorte libere e a 195 tonnellate per le scorte specifiche per il prodotto 8-gasolio;
    la quantità di scorte assegnate ai piccoli impianti di distribuzione supera abbondantemente la capacità di stoccaggio, rendendone materialmente impossibile la detenzione in proprio e comportando l'esigenza di conservare le scorte presso le grandi società petrolifere, con costi insopportabili se rapportati alle piccole dimensioni commerciali della gran parte degli operatori registrati e con pesanti conseguenze economiche causate dalla lievitazione incontrollata dei prezzi al consumo;
    il costo del mantenimento delle scorte non è individuabile mediante criteri trasparenti e molte compagnie petrolifere richiedono un deposito cauzionale proibitivo per i piccoli operatori – variabile dai 18 mila ai 30 mila euro annui – per la loro detenzione;
    la capacità organizzativa e finanziaria dei depositi dei piccoli impianti non è, ovviamente, paragonabile a quella delle grandi società petrolifere e dei depositi fiscali;
    a titolo esemplificativo si citi il caso della «Società cooperativa di mutua assistenza fra i pescatori di Sciacca», proprietaria di due impianti di distribuzione al minuto e non legata ad alcuna grande compagnia petrolifera, soggetta a un periodo di gravi difficoltà economiche – dovuto agli esigui margini di guadagno e ai pesanti oneri da sostenere – che potrebbe causarne la chiusura e il relativo licenziamento del personale;
    un ulteriore motivo di preoccupazione è rappresentato dalle pesanti sanzioni amministrative previste dal citato decreto legislativo 249 del 2012, per ogni giorno di constatata violazione dell'obbligo di scorte;
    si rende necessario un intervento volto a preservare l'attività dei piccoli impianti di distribuzione,

impegna il Governo

ad adottare misure volte a consentire ai piccoli impianti di distribuzione di essere esentati dall'obbligo di detenzione del livello minimo di scorte stabilito dal decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249, al fine di garantirne la sussistenza economica e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
9/3012-A/63Capodicasa, Iacono.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione del disegno di legge sulla concorrenza si rileva che nell'ambito del provvedimento sono previste norme in materia di modifiche del Codice delle assicurazioni private, che incidono in modo consistente nella sfera dei diritti dei consumatori, con un sensibile pregiudizio del mercato dell'autoriparazione;
    per certi aspetti, il provvedimento sembra mettere a rischio la sopravvivenza stessa di migliaia di officine che si troveranno costrette ad operare in un mercato fortemente condizionato dal potere delle Compagnie assicurative che, di fatto, finiscono per assumere il controllo pieno della filiera;
    nell'articolato, infatti, si configura una sensibile limitazione delle libertà dei cittadini e delle imprese. Nel merito, i principali punti problematici per le aziende dell'autoriparazione, attengono a due elementi: a) la sostanziale limitazione della libertà di cessione del credito derivante dal risarcimento di un sinistro, attraverso la proposta – da parte della compagnia – di usufruire di uno sconto sul premio di polizza, a fronte della sottoscrizione di una clausola di rinuncia della cessione del credito stessa; b) la forte limitazione della facoltà di scelta del proprio riparatore di fiducia, attraverso la proposta – da parte della compagnia – di usufruire di uno sconto sul premio assicurativo laddove si opti per il risarcimento in forma specifica attraverso il ricorso alle carrozzerie cosiddette «convenzionate». È previsto inoltre che, laddove, comunque, il consumatore mantenga viva l'opzione di rivolgersi ad un carrozziere di libera scelta, il risarcimento per equivalente offerto dalla compagnia non potrà essere superiore a quanto previsto nell'ambito delle convenzioni con le carrozzerie fiduciarie, avendo altresì l'obbligo di fornire informazioni relative al soggetto che procederà alla riparazione e stabilendo un termine massimo per consentire all'impresa di assicurazione di verificare la stima dell'ammontare del danno prima che la riparazione sia effettuata;
    da sempre il settore dell'autoriparazione è ritenuto un importante punto di riferimento in termini di ricchezza e di occupazione;
    da un'analisi dei dati disponibili, nel settore della riparazione degli autoveicoli in Italia operano 119.070 imprese di cui il 63,5 per cento nel settore della manutenzione e riparazione degli autoveicoli (pari ad oltre 75.000 imprese). Il fatturato dell'autoriparazione vale 14.498 milioni di euro e nelle imprese del settore sono occupati 204.755 di cui 101.407 dipendenti (dimensione media per azienda di 2,7 addetti). Se consideriamo il solo settore della riparazione di carrozzerie di autoveicoli si registrano 21.138 imprese che impiegano 68.509 addetti, pari al 33,5 per cento degli addetti del settore dell'autoriparazione, con una dimensione media aziendale di 3,2 addetti. Tra il 2011 e il 2013 il fatturato della manutenzione e riparazione si è ridotto del 6,9 per cento, con un calo in valore assoluto pari a 1.002 milioni di euro. Nel frattempo i prezzi delle polizze assicurative hanno subìto diversi rincari, facendo raggiungere all'Italia il primato, in Europa, dei Paesi con i più alti costi di assicurazione;
    le disposizioni contenute nel presente disegno di legge potrebbero non solo mettere a rischio molti posti di lavoro ma anche produrre l'effetto contrario cioè annullare in pratica la concorrenza e, di conseguenza incidere in peius sulla qualità stessa delle riparazioni, a danno degli stessi utenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere espressamente, la facoltà dell'utente di servirsi di imprese di autoriparazione di propria fiducia; stabilendo, altresì, che le clausole dirette a limitare o condizionare la libertà di scelta dell'assicurato si presumono vessatorie e sono pertanto nulle in quanto dirette a determinare un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a carico degli utenti.
9/3012-A/64Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'emanazione del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, si è data attuazione alla direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. Il decreto legislativo ha riformato i meccanismi incentivanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili per gli impianti entrati in esercizio dal 1o gennaio 2013, prevedendo un periodo di transizione dal sistema dei certificati verdi a un nuovo sistema consistente in tariffe fisse per i piccoli impianti (fino a 5 MW) e in aste al ribasso per gli impianti di taglia maggiore. Dall'entrata in vigore del decreto legislativo e fino al 31 dicembre 2015, il GSE ritira annualmente i certificati verdi rilasciati per gli anni dal 2011 al 2015, in eccesso di offerta, ad un prezzo di ritiro pari al 78 per cento del prezzo definito secondo i criteri vigenti al 2012. A partire dal 2013 la quota d'obbligo di energia rinnovabile da immettere nel sistema elettrico si riduce linearmente negli anni successivi fino ad annullarsi per l'anno 2015;
    per opportuna conoscenza del regime di incentivazione della produzione di energia ottenuta da fonti rinnovabili si ricorda che fino al 31 dicembre 2012, il principale meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili era costituito dai certificati verdi;
    i certificati verdi erano titoli emessi dal Gestore dei servizi energetici (GSE) e attestanti la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sono stati introdotti nell'ordinamento nazionale dall'articolo 11 del decreto legislativo 79/1999 per superare il vecchio criterio di incentivazione noto come CIP 6;
    la legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008) ha delineato, peraltro, una ulteriore disciplina di incentivazione per gli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007: il sistema dei certificati verdi era mantenuto per gli impianti di potenza superiore a 1MW, mentre per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW si attribuiva il diritto, in alternativa ai certificati verdi, ad una tariffa fissa onnicomprensiva variabile a seconda della fonte utilizzata;
    i certificati verdi potevano essere utilizzati per assolvere all'obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima – crescente negli anni – di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1o aprile 1999;
    con i commi da 382 a 382-septies dell'articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 come modificata dall'articolo 26, comma 4-bis, del decreto legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, è stata introdotta una disciplina specifica per l'incentivazione delle fonti energetiche rinnovabili di origine agricola. In particolare, la produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, oppure di filiere corte, cioè ottenuti entro un raggio di 70 chilometri dall'impianto che li utilizza per produrre energia elettrica, autorizzata in data successiva al 31 dicembre 2007, è stata incentivata secondi differenti criteri;
    per gli impianti di potenza elettrica superiore ad 1 megawatt (MW), è stata incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni, facendo salvi i più favorevoli diritti acquisiti in precedenza;
    in tale ambito, a partire dall'anno 2008, i certificati verdi, ai fini del soddisfacimento della quota dell'obbligo di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, hanno avuto un valore unitario pari ad 1 MWh e sono stati emessi dal Gestore del sistema elettrico (GSE) per ciascun impianto a produzione incentivata, in numero pari al prodotto della produzione di energia elettrica dalle fonti rinnovabili agroenergetiche dell'anno precedente, moltiplicata per il coefficiente di 1,8;
    tale coefficiente poteva essere aggiornato, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle suddette fonti;
    per i medesimi impianti alimentati da fonti rinnovabili agroenergetiche, l'accesso agli incentivi era cumulabile con altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto capitale o conto interessi con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40 per cento del costo dell'investimento;
    come sopra accennato, con il predetto decreto legislativo n. 28 del 2011, sono state ridefinite tutte le norme in materia di incentivi e di autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili;
    l'articolo 24 del Titolo V del decreto legislativo, ridefinisce la disciplina dei regimi di sostegno applicati all'energia prodotta da fonti rinnovabili, e precisa che tale riforma mira all'efficacia, efficienza, semplificazione e stabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo al contempo la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori;
    ulteriori principi generali di tale intervento di riordino sono la gradualità di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalità agli obiettivi, la flessibilità della struttura dei regimi di sostegno, nonché specifiche restrizioni volte ad impedire speculazioni e frodi e cioè che non hanno titolo a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per i quali le autorità e gli enti competenti abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno reso dichiarazioni false o mendaci. Fermo restando il recupero delle somme indebitamente percepite, la condizione ostativa alla percezione degli incentivi ha durata di dieci anni dalla data dell'accertamento e si applica alla persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta, nonché ad altri soggetti di equivalente responsabilità giuridica;
    in tale Titolo V, si prevede la revisione dei meccanismi di incentivazione della produzione di elettricità da fonti rinnovabili attraverso l'introduzione di un meccanismo di aste e di una tariffa fissa;
    il nuovo sistema si applica agli impianti entrati in esercizio a decorrere dal 1o gennaio 2013, prevedendo un periodo di transizione dall'attuale sistema (certificati verdi);
    nelle disposizioni transitorie, si dispone che la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, è incentivata con i previgenti meccanismi, ferma l'applicazione di alcuni correttivi. In tale ambito il GSE ritira annualmente i certificati verdi rilasciati per le produzioni di elettricità da fonti rinnovabili degli anni dal 2011 al 2015, eventualmente eccedenti quelli necessari per il rispetto della quota d'obbligo, ad un prezzo di ritiro pari al 78 per cento del prezzo definito secondo i criteri previgenti. Si dispone altresì che le tariffe fisse omnicomprensive restino costanti per l'intero periodo di diritto e restino fissate ai valori stabiliti per tutti gli impianti che siano entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012. Analoga disposizione è prevista per i fattori moltiplicativi e per i valori di riferimento per i certificati verdi;
    l'articolo 24 del decreto legislativo n. 28 del 2011 ha fissato i nuovi criteri di incentivazione delle energie prodotte attraverso l'utilizzo di fonti rinnovabili ed ha inoltre previsto che attraverso specifici decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le modalità per l'attuazione dei sistemi di incentivazione, disciplinando, in particolare le modalità per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione, le modalità con le quali il diritto a fruire dei certificati verdi per gli anni successivi al 2015, è commutato nel diritto ad accedere, per il residuo periodo di diritto ai certificati verdi, a un incentivo ricadente nella nuova tipologia incentivante ed in modo da garantire la redditività degli investimenti effettuati;
    per tali finalità, il Decreto interministeriale 6 luglio 2012, all'articolo 19, relativo alla «Conversione del diritto ai certificati verdi in incentivo», ha stabilito che alla produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, che ha maturato il diritto a fruire dei certificati verdi, è riconosciuto, per il residuo periodo di diritto, successivo al 2015, un incentivo I sulla produzione netta incentivata ai sensi della previgente normativa di riferimento, aggiuntivo ai ricavi conseguenti alla valorizzazione dell'energia, pari a:
     1 = k x (180 – Re) x 0,78, ove:
   k = 1 per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2007 e, per gli impianti entrati in esercizio successivamente alla medesima data, è pari al coefficiente applicabile alla medesima produzione in attuazione dell'articolo 2, comma 148, della legge n. 244 del 2007 e successive modificazioni;
   Re è il prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell'anno precedente e comunicato dalla stessa Autorità;
    tale articolo 19, al fine di garantire la redditività degli impianti alimentati a biomasse, ha stabilito, in particolare che per la sola produzione di energia elettrica dagli stessi impianti a biomasse, esclusi gli impianti alimentati a biogas, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, il prezzo di cessione dell'energia elettrica Re per il calcolo dell'incentivo è fisso e pari a quello registrato nell'anno 2012;
    tale criterio di fissazione rigida del parametro Re era stato determinato in quanto si riteneva che il prezzo dell'energia, segnatamente dalla fonte petrolifera, continuasse a crescere negli anni. Al contrario, a decorrere dal 2015, il prezzo dell'energia ha iniziato a decrescere;
    tale anomalia sulla variazione in decrescita dei prezzi dell'energia, ove fosse mantenuta la disposizione che rende fisso il parametro Re e pari al valore registrato nell'anno 2012, metterebbe fuori mercato ed a rischio di chiusura tutti gli attuali impianti alimentati a biomasse,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative volte a fare si che dal 1o gennaio 2016 sia effettivamente garantita la redditività degli investimenti effettuati per la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da biomassa entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, in particolare adottando provvedimenti che prevedano l'abrogazione della disposizione di cui all'articolo 19 del decreto interministeriale 6 luglio 2012, nella parte in cui esso dispone che a decorrere dal 1o gennaio 2016 il prezzo di cessione dell'energia elettrica «Re» per il calcolo dell'incentivo è fisso e pari a quello registrato nell'anno 2012.
9/3012-A/65Mongiello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Autorità ha poi fornito alcune indicazioni per disciplinare le future gare per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione idroelettrica (già oggetto della procedura d'infrazione n. 2011/2026 avviata dalla Commissione europea), al fine di evitare un ingiustificato vantaggio competitivo in capo al gestore uscente. Tali proposte, tuttavia, non sono state recepite nel disegno di legge in esame,

impegna il Governo

ad adottare un opportuno provvedimento al fine di prevedere che nelle future gare per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione idroelettrica (già oggetto della procedura d'infrazione n. 2011/2026 avviata dalla Commissione europea) sia in particolare modificata la previsione secondo cui il gestore uscente trasferisce a titolo oneroso al nuovo entrante tutto il relativo ramo d'azienda, comprensivo sia delle «opere asciutte» (beni materiali), sia delle «opere bagnate» (dighe, condotte, eccetera). Ciò al fine di evitare un ingiustificato vantaggio competitivo in capo al gestore uscente, idoneo a vanificare l'effetto proconcorrenziale della gara.
9/3012-A/66Fraccaro, Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in oggetto, il Governo non ha ritenuto di dare parere favorevole a una serie di emendamenti a firma dello scrivente finalizzati a favorire la concorrenza e la modernizzazione nel settore forense, e una maggiore partecipazione soprattutto delle nuove generazioni;
    con tali emendamenti si intendeva nello specifico aprire alla pubblicità nella professione forense, consentendo l'indicazione dei clienti e delle specifiche esperienze professionali dei professionisti previo consenso dei clienti interessati;
    oggetto degli interventi auspicati sarebbe stato anche il canale di diffusione dei messaggi pubblicitari utilizzato nella professione forense, rendendo nulle le restrizioni previste dai codici deontologici sull'utilizzo di strumenti telematici, domini o social network;
    sono attualmente eleggibili al Consiglio Nazionale Forense gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori;
    tale disposizione, prevista all'articolo 38 della legge n. 247 del 2012, non favorisce la partecipazione delle nuove generazioni agli organi di governo e per questo si è proposto in sede di discussione del provvedimento l'eleggibilità al CNF degli avvocati iscritti all'albo ad almeno otto anni;
    il Governo e i relatori si sono dichiarati non contrari agli interventi in linea di principio, e hanno motivato il parere contrario con l'opportunità di rinviarli a un provvedimento ad hoc,

impegna il Governo

a intervenire, anche con adeguati atti normativi, per favorire una maggiore concorrenza nel settore forense, con particolare attenzione alle esigenze dei giovani avvocati, eliminando ogni incertezza sulla libertà nell'esercizio dei mezzi di comunicazione inclusi i social network, e favorendo la partecipazione dei giovani avvocati agli organi di governo dell'avvocatura, ivi compreso il CNF.
9/3012-A/67Mazziotti Di Celso.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in oggetto, il Governo non ha ritenuto di dare parere favorevole a una serie di emendamenti a firma dello scrivente finalizzati a favorire la concorrenza e la modernizzazione nel settore forense, e una maggiore partecipazione soprattutto delle nuove generazioni;
    con tali emendamenti si intendeva nello specifico aprire alla pubblicità nella professione forense, consentendo l'indicazione dei clienti e delle specifiche esperienze professionali dei professionisti previo consenso dei clienti interessati;
    oggetto degli interventi auspicati sarebbe stato anche il canale di diffusione dei messaggi pubblicitari utilizzato nella professione forense, rendendo nulle le restrizioni previste dai codici deontologici sull'utilizzo di strumenti telematici, domini o social network;
    sono attualmente eleggibili al Consiglio Nazionale Forense gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori;
    tale disposizione, prevista all'articolo 38 della legge n. 247 del 2012, non favorisce la partecipazione delle nuove generazioni agli organi di governo e per questo si è proposto in sede di discussione del provvedimento l'eleggibilità al CNF degli avvocati iscritti all'albo ad almeno otto anni;
    il Governo e i relatori si sono dichiarati non contrari agli interventi in linea di principio, e hanno motivato il parere contrario con l'opportunità di rinviarli a un provvedimento ad hoc,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, anche con adeguati atti normativi, per favorire una maggiore concorrenza nel settore forense, con particolare attenzione alle esigenze dei giovani avvocati, eliminando ogni incertezza sulla libertà nell'esercizio dei mezzi di comunicazione inclusi i social network, e favorendo la partecipazione dei giovani avvocati agli organi di governo dell'avvocatura, ivi compreso il CNF.
9/3012-A/67. (Testo modificato nel corso della seduta) Mazziotti Di Celso.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, si è venuta a creare una situazione paradossale per cui quasi la metà degli ATEM (80 su 177) si trovano nell'obbligo di pubblicare le rispettive gare nel secondo semestre 2015. Questa simultaneità comporterà, con ogni probabilità una significativa riduzione della concorrenza, in quanto risulterà molto difficile per i gestori del servizio di distribuzione gas naturale partecipare a più gare contemporaneamente, pertanto verrà meno la finalità principe del decreto legislativo n. 164 del 2000, volto alla liberalizzazione del mercato del gas naturale e ad un effettivo confronto tra gli operatori;
    l'articolo 4 comma 5 del decreto-legge n. 69 del 2013 ha disapplicato per gli ATEM del 1o e 2o raggruppamento le sanzioni fino al 31 dicembre 2015 lasciandole però inalterate per il 3o e 4o gruppo. Questi ultimi due ambiti si trovano quindi a pubblicare le gare prima del 1o e 2o raggruppamento snaturando di fatto la programmazione temporale operata dal decreto ministeriale n. 226 del 2011 e creando pertanto una ulteriore incongruenza;
    il decreto ministeriale n. 226 del 2011 è stato impugnato e la relativa sentenza tarda ad essere emessa;
    il cosiddetto decreto ministeriale «226-bis», n. 106 del 20 maggio 2015 contiene numerose modifiche (interventi di efficientamento energetico, calcolo del VIR, innalzamento della remunerazione alla Stazione appaltante calcolata sul capitale di località e altro) che obbligano gli ATEM ad una revisione complessiva dei documenti di gara fino a ora predisposti;
    anche le linee Guida del MISE per la determinazione dei VIR degli «asset» di distribuzione del gas sono state impugnate per difformità rispetto al decreto ministeriale n. 226 del 2011;
    viene segnalata un'estrema difficoltà nel sottoscrivere gli accordi con i gestori uscenti sul valore degli impianti, in quanto detti valori non sono certi a causa delle modifiche normative in corso ed, in particolare, qualora il pronunciamento del TAR Lazio obblighi a ridisegnare le modalità di determinazione del VIR, sarà necessario riformulare tutte le stime;
    non essendo possibile ritenere responsabili gli ATEM del mancato rispetto delle scadenze imposte,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di disporre immediatamente le proroghe per tutti i gruppi nel rispetto degli scaglioni di gara originali e in particolare la proroga di almeno 4 mesi degli ATEM che vanno a scadenza nel 2015 al fine di garantire una possibile partecipazione di un congruo numero di gestori ad ogni gara, nel massimo rispetto del principio della liberalizzazione del mercato del gas naturale e al fine di poter operare un quadro normativo definitivo;
   a valutare l'opportunità di modificare le sanzioni e le loro modalità di applicazione alla luce, soprattutto, del principio di leale collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni. Si segnala infatti l'esorbitanza e la non gradualità delle stesse, così come previste dall'articolo 4 comma 5 del decreto legislativo n. 69 del 2013, con riferimento alle tempistiche di gara per l'affidamento del servizio di distribuzione dei gas naturale e al fatto che, con il decreto ministeriale n. 106 del 2015, tali sanzioni potenzialmente raddoppiano.
9/3012-A/68Coppola.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 7 del provvedimento in esame è ribadita la necessità che il Governo emani tabelle nazionali che fungano da parametro per il risarcimento del danno biologico, per le macrolesioni e le microlesioni. Le Commissioni hanno approvato un emendamento volto a garantire il diritto delle vittime dei sinistri ad un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto e a razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori. L'ammontare complessivo riconosciuto è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche;
    in sede referente è stato previsto che, con riferimento alla tabella delle macrolesioni, al fine di considerare la componente del danno morale da lesione dell'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è incrementata in via percentuale e progressiva per punto;
    considerando tale valorizzazione del risarcimento del danno morale, la personalizzazione del risarcimento attribuita alla discrezionalità del giudice è diminuita dal quaranta al trenta per cento ed è limitata al solo danno biologico;
    la tabella unica nazionale è redatta tenendo conto dei criteri valutativi del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. È chiarito che il danno alla persona per lesioni di lieve entità può essere risarcito solo a seguito di accertamento clinico strumentale obiettivo, rimanendo escluse le diagnosi di tipo visivo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di provvedere con esplicito provvedimento normativo alla predisposizione di una specifica tabella unica per tutto il territorio della Repubblica redatta prendendo come riferimento esclusivo le Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psicofisica e dalla perdita grave lesione parentale nonché le medesime note esplicative predisposte dall'Osservatorio di giustizia civile di Milano del tribunale di Milano, ritenuti congrui dalla sentenza della Corte di cassazione n. 12408 del 2011.
9/3012-A/69Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL concorrenza Legge annuale per il mercato e la concorrenza, Atto Camera n. 3012-2437-2469-2684-2708-2733-3025-3060-A presente legge interviene a rimuovere ostacoli regolatori all'apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei principi del diritto dell'Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza:
   in particolare, l'articolo 32, che integra l'articolo 2 della legge n. 475 del 1968, al comma 2-bis prevede, per le farmacie ubicate nei Comuni con popolazione fino a 6.600 abitanti, che risultino essere soprannumerarie per decremento della popolazione, la possibilità di trasferimento in ambito regionale, previo pagamento di una tassa è concessione governativa una tantum pari a 5 mila euro;
   nello specifico le farmacie rurali, ubicate in Comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, ancor di più quelle ubicate nei Comuni con popolazione fino a 3 mila abitanti interessati da fenomeni di forte e costante decremento demografico nonché da processi di riduzione dei servizi essenziali, rappresentano uno fra i pochi, se non l'unico, presidi sanitari disponibili sul territorio;
   le farmacie rurali oggi sono oltre 6.000 sparse nel territorio nazionale e svolgono un'importante funzione sociale, essendo presenti anche nelle zone prive di molti servizi pubblici quali l'ufficio postale, le scuole, una caserma dei carabinieri;
   proprio nelle realtà rurali, in carenza delle strutture pubbliche, il cittadino trova nel farmacista il sanitario in grado di assicurargli senza ritardo non solo tutti i medicinali di cui ha necessità ma anche gli eventuali interventi di prima assistenza;
   la legge n. 27 del 2012 affida ai Comuni la prerogativa di individuare le zone nelle quali collocare le farmacie al fino di assicurare una equa distribuzione sul territorio al fine di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico, in modo eguale a tutti i cittadini compresi quelli residenti in aree scarsamente abitate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in fase di attuazione della legge, di definire procedure, luoghi e strumenti in cui, relativamente a eventuali trasferimenti di farmacie soprannumerarie, i Comuni possano valutare l'impatto del trasferimento medesimo e avanzare proposte alternative al fine di garantire una equa accessibilità di tutti i cittadini al servizio farmaceutico.
9/3012-A/70Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame mira a promuovere la concorrenza, a garanzia e a tutela dei consumatori;
    coerentemente con tali finalità di tutela della concorrenza, bisognerebbe ampliare il novero dei professionisti abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie;
    è necessario infatti prestare particolare attenzione ad evitare forme di discriminazione nell'individuazione dei soggetti che possono rappresentare i contribuenti nei confronti dell'Agenzia della Entrate e delle commissioni tributarie; inoltre, proprio al fine di ridurre drasticamente gli oneri amministrativi fiscali alle imprese, ed intervenire direttamente su alcuni adempimenti, occorre allargare al più presto l'offerta dei servizi fiscali. Per fare questo è indispensabile estendere a tutta la categoria professionale dei tributaristi, in possesso dei requisiti indicati dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4, i poteri di rappresentanza davanti all'Amministrazione finanziaria nonché nella difesa del contribuente al cospetto del giudice tributario;
    la proposta, in coerenza con le finalità del provvedimento e dell'indirizzo normativo comunitario, è inoltre volta a superare i limiti connessi al conferimento di diritti esclusivi nell'esercizio di attività economiche, laddove questi non siano motivati da esigenze d'interesse generale;
   il Ministero dello sviluppo economico ha già provveduto ad approvare le procedure di certificazione: pertanto, estendere l'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie anche ai professionisti di cui alla norma UNI 11511, certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013 n. 4, non comporterebbe alcun costo, e garantirebbe la tutela del consumatore attraverso la valorizzazione dei percorsi di qualificazione e di certificazione volontari dei professionisti ex legge n. 4 del 2013,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima, anche nel prosieguo dell’iter di approvazione del provvedimento, ogni opportuna iniziativa volta a superare i limiti connessi al conferimento di diritti esclusivi nell'esercizio di attività economiche, in particolare allargando il novero dei professionisti abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie anche alla categoria di tributaristi, certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
9/3012-A/71Abrignani, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    la tutela del made in Italy, dei marchi Dop in particolar modo e i prodotti agroalimentari del paese costituisce un obiettivo strategico al fine di scongiurare gravi e reiterate contraffazioni che alterano la concorrenza su settori strategici come l'agroalimentare;
    la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2014) ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, presentata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche e gli affari europei recita: Senza pretesa alcuna di esaustività, si possono segnalare, sulla scorta della Relazione consuntiva 2014, anche i risultati conseguiti in alcuni altri settori strategici per gli interessi dell'Unione e del nostro Paese, a partire dall'agricoltura. Su iniziativa della Presidenza italiana, il Consiglio ha innanzitutto risposto alle «contro-sanzioni» russe in campo agricolo individuando alcune misure volte ad arginare il loro impatto sulle produzioni europee, con particolare riguardo ai settori dell'ortofrutta e lattiero-caseario. Sono stati inoltre portati avanti i lavori sul regolamento per la produzione biologica e l'etichettatura dei prodotti biologici nonché sull'accesso alla terra e al credito dei giovani,
    tale richiamo teso alla valorizzazione e tutela delle produzioni agricole, con particolare riferimento a quelle lattiero casearie, costituisce un elemento imprescindibile per lo sviluppo economico di un settore trainante e decisivo per l'economia della regione Sardegna;
    la Commissione europea con una diffida allo Stato italiano chiede all'Italia di abrogare una legge che vieta l'utilizzo di latte in polvere nella produzione di formaggi;
    il 28 maggio la Commissione europea ha inviato una diffida all'Italia invitandola a modificare le disposizioni della legge n. 138 dell'11 aprile 1974 recante «nuove norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana» che sancisce il divieto di utilizzo e di detenzione di latte in polvere e latte ricostituito al fine della produzione di prodotti caseari;
    secondo tale norma è vietato detenere, vendere, porre in vendita o mettere altrimenti in commercio o cedere a qualsiasi titolo o utilizzare:
     a) latte fresco destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari al quale sia stato aggiunto latte in polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati;
     b) latte liquido destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari ottenuto, anche parzialmente, con latte in polvere o con altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati;
     c) prodotti caseari preparati con i prodotti di cui alle lettere a) e b) o derivati comunque da latte in polvere;
     d) bevande ottenute con miscelazione dei prodotti di cui alle lettere a) e b) con altre sostanze, in qualsiasi proporzione;
    tale norma prevede sostanzialmente che in Italia i formaggi si possano produrre solo con il latte;
    si tratta una norma di tutela e nel contempo tesa alla valorizzazione della unicità del prodotto lattiero caseario;
    la diffida della Commissione è l'ennesima imposizione di una Europa incapace di affrontare emergenze come l'emigrazione, ma che si rivela pronta ad assecondare le grandi lobby che puntano ad abbassare gli standard qualitativi dei prodotti alimentari solo al fine di elevare i profitti a scapito della qualità;
    a rischio non ci sarebbero le Dop ma tale modifica potrebbe alla fine intaccare anche tale tutela e finirebbe comunque per intaccare e minare la stessa immagine dei formaggi tutelati con forme particolari di riconoscimento,

impegna il Governo:

   a tutelare e valorizzare la tipicità dei prodotti lattiero caseari prodotti sul territorio italiano, con particolare riferimento a quelle aree, come la Sardegna, che hanno una specificità riconosciuta anche attraverso le Dop;
   a proporre norme che prevedano in modo chiaro, inequivocabile ed evidente l'utilizzo o meno di latte in polvere per la commercializzazione in Italia di prodotti lattiero caseari;
   a tutelare tali produzioni attraverso la legge n. 138 dell'11 aprile 1974 e garantirne la piena applicazione;
   a difendere, nelle forme che riterrà utili, tale norma in ambito europeo e invitando la commissione europea a ritirare la diffida in materia proprio per tutelare i prodotti dalla contraffazione.
9/3012-A/72Pili, Palese, Fucci.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'approvazione del provvedimento in esame si è disciplinato, in materia di assicurazioni sugli autoveicoli, una serie di agevolazioni in caso di installazione della cosiddetta scatola nera;
    se ciò è apprezzabile, poiché è vero che i dati personali verranno analizzati solo in caso di sinistro e aggregati in maniera anonima unicamente a fini statistici, per fornire informazioni utili al fine di determinare la tipologia di utilizzo del veicolo, lo stile di guida e la ricostruzione dinamica dell'incidente, appare scarsa, anche se prevista, la tutela della privacy in merito al tipo di dati detenuti, alla quantità dei dati detenuti, per quanto tempo saranno detenuti dalle compagnie assicurativo e come potranno essere fatte le richieste di accesso da parte dei titolari oltre a stabilire con precisione i diritti alla cancellazione degli stessi,

impegna il Governo

a regolamentare con maggior dettaglio, in un eventuale provvedimento successivo, gli aspetti specifici relativi alla tutela della privacy degli automobilisti nel confronti delle compagnie di assicurazioni.
9/3012-A/73Mucci, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'approvazione del provvedimento in esame si è disciplinato, in materia di assicurazioni sugli autoveicoli, una serie di agevolazioni in caso di installazione della cosiddetta scatola nera;
    se ciò è apprezzabile, poiché è vero che i dati personali verranno analizzati solo in caso di sinistro e aggregati in maniera anonima unicamente a fini statistici, per fornire informazioni utili al fine di determinare la tipologia di utilizzo del veicolo, lo stile di guida e la ricostruzione dinamica dell'incidente, appare scarsa, anche se prevista, la tutela della privacy in merito al tipo di dati detenuti, alla quantità dei dati detenuti, per quanto tempo saranno detenuti dalle compagnie assicurativo e come potranno essere fatte le richieste di accesso da parte dei titolari oltre a stabilire con precisione i diritti alla cancellazione degli stessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di regolamentare con maggior dettaglio, in un eventuale provvedimento successivo, gli aspetti specifici relativi alla tutela della privacy degli automobilisti nel confronti delle compagnie di assicurazioni.
9/3012-A/73. (Testo modificato nel corso della seduta)Mucci, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


PROPOSTA DI LEGGE – BRESCIA ED ALTRI: ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO ALL'EDITORIA (A.C. 1990-A)

A.C. 1990-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 1990-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
  all'articolo 1, comma 3, primo periodo, sopprimere le parole: in deroga al Patto di stabilità interno degli enti locali.

  Conseguentemente, all'articolo 1, comma 3 terzo periodo, sostituire le parole: per la ripartizione delle risorse, con le seguenti: per l'individuazione e la ripartizione delle risorse, anche al fine di assicurare l'invarianza dei saldi di finanza pubblica.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA.

A.C. 1990-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DEI PROPONENTI

Art. 1.

  1. La presente legge reca disposizioni volte all'abolizione del finanziamento pubblico all'editoria, ai fini della promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori nel settore dell'informazione, nonché per assicurare il conseguimento di rilevanti economie di spesa per la finanza pubblica.
  2. Ai fini di cui al comma 1 sono abrogate le seguenti disposizioni:
   a) gli articoli 22, 23, 24, 25, 27, 28, 32, 34, 37, 39, 40 e 41 della legge 5 agosto 1981, n. 416;
   b) l'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67;
   c) il comma 3 dell'articolo 23 della legge 6 agosto 1990, n. 223;
   d) i commi 2, 2-bis, 2-ter, ultimo periodo, 2-quater, 2-quinquies, 3, 3-bis, 4, 5 e 6 dell'articolo 3 e gli articoli 4 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250;
   e) l'articolo 153 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
   f) gli articoli 3, 4, 5 e 15 della legge 7 marzo 2001, n. 62;
   g) l'articolo 138 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;
   h) il comma 462 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
   i) il comma 3-ter dell'articolo 20 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
   l) l'articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
   m) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 2010, n. 223;
   n) il comma 3 dell'articolo 29 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
   o) gli articoli 1, 1-bis, 2, 3 e 4 del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 2012, n. 103.

  3. Le maggiori risorse disponibili derivanti dall'attuazione del presente articolo sono destinate, in deroga al patto di stabilità interno degli enti locali, alla realizzazione di progetti finalizzati alla realizzazione o all'istituzione, da parte dei comuni o di reti di comuni limitrofi, di nuovi sistemi di informazione. Tali progetti sono diretti a incentivare, in conformità con il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis), gli investimenti delle imprese editoriali, di nuova costituzione, diretti unicamente all'innovazione tecnologica e digitale e all'ingresso di giovani professionisti, di età inferiore a trentacinque anni e freelance, qualificati nel campo dei mezzi di comunicazione. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per l'informazione, la comunicazione e l'editoria, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

  Sopprimerlo.
1. 1. Giancarlo Giordano, Pannarale.
(Approvato)

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.
(Abolizione dei finanziamenti a imprese editrici di quotidiani e periodici).

  1. Al fine di garantire la piena concorrenza e la tutela dei consumatori nel settore dell'informazione, all'articolo 29, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Parimenti il sistema di contribuzione destinata alle imprese editrici di quotidiani e periodici di cui al decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, cessa alla data del 31 dicembre 2016, con riferimento alla gestione 2015.»;
   b) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «sono fatti salvi i contributi erogati e la relativa autorizzazione di spesa, nella misura massima di 2 milioni di euro annui, in favore dei quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca, nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli Venezia-Giulia e Trentino Alto-Adige previsti dall'articolo 3, comma 2-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e dall'articolo 3 della legge 14 agosto 1991, n. 278.»;
   c) il terzo periodo è soppresso.

  2. Il Fondo straordinario di sostegno all'editoria di cui all'articolo 1, comma 261, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è soppresso.
1. 2. Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, Marzana, D'Uva, Di Benedetto.

  Sostituire il comma 3 con i seguenti:
  3. Le risorse derivanti dalla soppressione delle norme di cui ai precedenti commi 1 e 2 confluiscono nell'istituito Fondo per il pluralismo dell'informazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, cui possono accedere i seguenti soggetti:
   a) cooperative giornalistiche editrici di giornali e periodici, costituite da almeno un anno, o agenzie d'informazione radiofonica costituite nella forma di cooperative di giornalisti, che abbiano acquisito, nell'anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie non superiori al 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;
   b) piccole e medie imprese editrici di giornali quotidiani e periodici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro e che abbiano i requisiti di cui alla lettera a). Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per potere accedere alle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 2, tali imprese devono costituirsi in cooperative ai sensi della lettera a) del presente comma;
   c) imprese editrici di quotidiani espressioni di minoranze linguistiche;
   d) imprese editoriali di nuova costituzione che presentino progetti editoriali innovativi, utilizzando prioritariamente le nuove tecnologie;
   e) imprese editoriali di nuova costituzione che presentino progetti editoriali multiculturali, in grado di favorire e incentivare l'integrazione tra diverse culture;
   f) imprese editrici di quotidiani o periodici organi di forze politiche, costituiti in società cooperative il cui oggetto sociale sia costituito esclusivamente dalla edizione di quotidiani o periodici, che risultino rappresentati in almeno un ramo del Parlamento italiano o nel Parlamento europeo nella legislatura in corso, o nelle due legislature precedenti;
   g) iniziative editoriali on-line attive o in fase progettuale, che siano state sottoposte alla valutazione della Commissione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 aprile 2015;
   h) imprese radiofoniche che abbiano svolto e svolgano attività di informazione di interesse generale che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi concernenti avvenimenti e questioni di carattere politico, economico, sociale, sindacale o religioso per non meno del trenta per cento delle ore di trasmissioni comprese tra le ore 7 e le ore 20;
   i) imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento o del Parlamento europeo nella legislatura in corso o nelle due legislature precedenti, e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi concernenti avvenimenti e questioni di carattere politico, economico, sociale, sindacale o religioso per non meno del 40 per cento delle ore di trasmissioni comprese tra le ore 7 e le ore 20;
   l) imprese, associazioni ed enti che editano periodici per non vedenti, prodotti con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico, braille e supporti informatici, in misura proporzionale alla diffusione e al numero delle uscite delle relative testate;
   m) le associazioni dei consumatori, a condizione che risultino iscritte nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

  4. Tutti i soggetti di cui al comma 3 devono essere registrati presso i competenti tribunali e devono garantire una attività informativa indipendente, in grado di assicurare il pluralismo dell'informazione.
  5. Oltre ai requisiti di cui ai commi 3 e 4, i soggetti beneficiari delle risorse devono:
   a) essere composti, esclusivamente, da giornalisti, poligrafici, grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti e devono avere la maggioranza dei soci dipendenti della cooperativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato, mantenendo il requisito della prevalenza dei giornalisti. Devono inoltre essere in possesso del requisito della mutualità prevalente per l'esercizio di riferimento dei contributi;
   b) aver adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;
   c) applicare il CCNL di riferimento;
   d) aver impiegato, nell'intero anno di riferimento del contributo, almeno 5 dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
   e) per le lettere da a), b), c) e f) del comma 3, che la testata sia venduta, per le testate nazionali nella misura di almeno il 30 per cento delle copie distribuite e, per le testate locali, nella misura di almeno il 35 per cento delle copie distribuite, intendendo per copie distribuite quelle poste in vendita in edicola o presso punti di vendita non esclusivi, tramite contratti con società di distribuzione esterne, non controllate né collegate all'impresa editrice richiedente il contributo e quelle distribuite in abbonamento a titolo oneroso. Sono escluse le copie diffuse e vendute tramite strillonaggio, quelle oggetto di vendita in blocco, da intendersi quale vendita di una pluralità di copie ad un unico soggetto, nonché quelle per le quali non sia individuabile il prezzo di vendita. Sono ammesse al calcolo le copie vendute mediante abbonamento sottoscritto da un unico soggetto per una pluralità di copie, qualora tale abbonamento individui specificamente i singoli beneficiari e qualora il prezzo di vendita della singola copia venduta in abbonamento non sia inferiore al 20 per cento del prezzo di copertina. Sono altresì ammesse le copie cedute in connessione con il versamento di quote associative destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante espressa doppia opzione.

  6. Le modalità di certificazione dei dati di distribuzione e vendita vengono individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 1, comma 8.
  7. Nel Fondo di cui al comma 3 confluisce anche, fino a un massimo di 600 milioni di euro, quota parte delle risorse derivanti dall'articolo 1-bis.
  8. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e con il Ministro dello Sviluppo Economico, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse.
  Costituiscono criteri preferenziale nell'attribuzione dei contributi:
   a) le assunzioni a tempo indeterminato di giovani professionisti nel settore della comunicazione e dell'informazione con età inferiore a 35 anni, che determinino un incremento rispetto alla media dei dipendenti dell'anno precedente;
   b) i processi in corso di ristrutturazione o riorganizzazione per comprovata crisi aziendale, al fine di sostenere gli oneri derivanti dagli ammortizzatori sociali;
   c) i progetti formativi nel settore dell'innovazione e digitale tecnologica rivolti ai dipendenti dell'azienda, che siano finalizzati all'elaborazione di prodotti editoriali innovativi che concilino tecnologie e trasmissione dei saperi;
   d) multimedialità e fruibilità su dispositivi digitali del progetto editoriale;
   e) capacità del progetto editoriale di favorire l'integrazione tra diverse culture e lingue.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
  Art. 1-bis. – (Acquisto di pubblicità online). – 1. I soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati online, anche attraverso centri media e operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana.
  2. Gli spazi pubblicitari online e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (servizi di search advertising), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito internet o la funzione di un servizio online attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti, quali editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario, titolari di partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana. La presente disposizione si applica anche nel caso in cui l'operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti.
1. 3. Pannarale, Giancarlo Giordano.

  Al comma 3, primo periodo, sopprimere le parole:, in deroga al Patto di stabilità interno degli enti locali,

  Conseguentemente, al medesimo comma, terzo periodo, sostituire le parole: per la ripartizione delle risorse con le seguenti: per l'individuazione e la ripartizione delle risorse anche al fine di assicurare l'invarianza dei saldi di finanza pubblica.
1. 100. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).

A.C. 1990-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DEI PROPONENTI

Art. 2.

  1. Al comma 7 dell'articolo 66 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e suc
cessive modificazioni, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Gli avvisi e i bandi sono altresì pubblicati, dopo dodici giorni dalla trasmissione alla Commissione, ovvero dopo cinque giorni da tale trasmissione in caso di procedure urgenti di cui all'articolo 70, comma 11, nell'albo pretorio del comune ove si eseguono i lavori, nell'albo della stazione appaltante e sui relativi siti informatici alla sezione “bandi e avvisi di gara”».
  2. Al comma 5 dell'articolo 122 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il secondo periodo è soppresso.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.

  Sostituirlo con il seguente:

«Art. 2.
(Pubblicazione di bandi e avvisi).

  1. All'articolo 26, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, il comma 1-bis è abrogato.».
2. 1. Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Vacca, Marzana, D'Uva, Di Benedetto.
(Approvato)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito a notizie di stampa relative al pagamento di un riscatto per la liberazione delle cooperanti italiane, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, sequestrate in Siria – 3-01745

   FEDRIGA, GIANLUCA PINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 5 ottobre 2015 si è appreso da organi di stampa stranieri, in particolare dal sito Aleppo news, che tre giorni prima un tribunale islamico denominato Qasimiya, insediatosi nella medesima città di Aleppo e facente capo al movimento Nureddin Zenkin, avrebbe riconosciuto l'imputato Hassam Atrash, descritto come un locale signore della guerra, colpevole di essersi appropriato di una parte cospicua della somma che lo Stato italiano avrebbe pagato per ottenere la liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli;
   in particolare, Atrash avrebbe intascato 5 milioni di dollari, mentre altri 7,5 milioni di dollari sarebbero andati ad altri comandanti di altrettanti gruppi coinvolti nel sequestro;
   dell'elevata cifra corrisposta dalle autorità italiane aveva parlato in precedenza anche il quotidiano pan-arabo al-Quds al-Arabì;
   i beneficiari dell'elargizione sembrano appartenere a quei cosiddetti ribelli moderati che l'Occidente appoggerebbe e contro i quali si stanno dirigendo i bombardamenti russi;
   in base a queste notizie, ad avviso degli interroganti risulterebbero ben più consistenti di «semplici illazioni» le notizie relative al pagamento di un riscatto da parte del Governo italiano per pervenire alla liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, cooperanti volontariamente recatesi in Siria al di fuori di qualsiasi programma gestito o finanziato dalla Repubblica italiana, a loro rischio e pericolo;
   il Ministro interrogato aveva escluso categoricamente il pagamento di riscatti in occasione di sue comunicazioni rese al riguardo in Parlamento;
   l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha rifiutato di commentare la notizia, pur confermando di non avere informazioni coincidenti con quelle trapelate dall'estero;
   il pagamento di riscatti per ottenere la liberazione di concittadini sequestrati è facoltà preclusa dalla legge ai familiari ed amici dei rapiti in territorio nazionale –:
   quali elementi di fatto il Governo possa addurre per dimostrare l'infondatezza di quanto asserito dalla corte islamica di Aleppo e riportato dai media locali, secondo cui per la liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli lo Stato italiano avrebbe pagato un ingente riscatto, pari a 12,5 milioni di dollari.
(3-01745)


Iniziative volte a verificare la regolarità degli affidamenti degli appalti presso gli scavi archeologici di Pompei, anche attraverso la costituzione di un apposito nucleo ispettivo – 3-01746

   LUIGI GALLO, PESCO, TONINELLI, TOFALO, FRUSONE e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 20 luglio 2015, nel secondo filone dell'inchiesta «Medea» della direzione distrettuale antimafia partenopea, è stata coinvolta la Lande srl di Napoli attiva negli scavi di Pompei, nel parco di Capodimonte e a Villa Adriana a Tivoli. Marco Cascella, amministratore della Lande srl, risulta indagato per corruzione e turbativa d'asta aggravata dal metodo camorristico, come riportato in un'inchiesta de Le cronache del salernitano pubblicata in data 21 luglio 2015;
   le stesse fonti ricordano che già nel 2011 la società Lande srl si era resa protagonista delle cronache giudiziarie «per i lavori nell'oasi Ferrarelle di Riardo: violazione delle norme sulla sicurezza, reati ambientali, autorizzazioni mancanti, distruzione e deturpamento di bellezze naturali le accuse della procura»;
   inoltre, nel 2010 in un'interrogazione al Senato della Repubblica del gruppo Italia dei Valori circa gli appalti post terremoto a L'Aquila fu resa nota un'informativa dei carabinieri sui rapporti d'affari (per il G8) tra Giardini e paesaggi e il consorzio stabile Novus: amministratore Mario Buffardi, «regista occulto è Antonio Di Nardo al quale fanno capo la Soa e la Promocert. Di Nardo ha avuto rapporti di affari con Carmine Diana, legato a Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi». Nonostante i precedenti, la società a responsabilità limitata vince diversi appalti a Villa Adriana a Tivoli, durante il mandato da sindaco di Giuseppe Proietti, amministratore delegato dell'Ales, società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, già soprintendente alle antichità di Roma e soprintendente alle antichità di Pompei, nonché direttore generale alle antichità d'Italia e segretario generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   come rinvenuto sul sito appalti-italia.it e appalti.dgmarket.com, la stessa società, in data 10 febbraio 2015, è risultata vincitrice di appalto ammontante a euro 546.769,80 che, ai sensi dell'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e dell'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, ha per oggetto la progettazione e l'esecuzione dei lavori relativi all'intervento denominato «Grande progetto Pompei – Italia per Pompei: regiones I, II, III valorizzazione, decoro e messa in sicurezza dei punti di accesso alle domus, sostituzione dei cancelli, delle transenne e degli allestimenti didattici dell'area archeologica di Pompei» – CIG: 5996117846; CUP: F62C14000280006;
   ad avviso degli interroganti, se l'annosa «questione Pompei», per la quale il primo firmatario del presente atto ha già posto quesiti all'attenzione del Ministro interrogato (si richiamano le interrogazioni a risposta in commissione nn. 5/03622, 5/05285 e 5/04911), fosse stata gestita in maniera attenta ed efficiente, se fosse stata data efficace attuazione alla previsione di cui al comma 5-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 83 del 2014, relativa all'adozione di un piano di gestione dei rischi e di prevenzione della corruzione da parte del generale Nistri, avremmo visto tutelato il patrimonio artistico della nazione;
   altro caso di rilievo balzato alle cronache locali e nazionali è quello dell'arresto con accusa di corruzione, avvenuto nel 2013, di Annamaria Caccavo, rappresentante legale della società Caccavo s.r.l., che, in seguito all'inchiesta della procura di Torre Annunziata sull'appalto dei lavori di restauro del Teatro grande di Pompei, è stata interdetta a contrarre con la pubblica amministrazione;
   la Caccavo s.r.l. detiene il 98 per cento della quota societaria di Samoa restauri s.r.l., società che nel 2014 è risultata vincitrice di ben tre appalti per lavori di restauro agli scavi di Pompei (Regio VII per un ammontare di euro 5.457.867, Regio VIII per un ammontare di euro 6.212.000 e Casa della fontana piccola per un ammontare di euro 188.394) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e non ritenga necessario, al fine di tutelare e valorizzare il nostro patrimonio artistico, porre in essere iniziative volte a verificare la regolarità degli affidamenti, anche attraverso la costituzione di un apposito nucleo ispettivo. (3-01746)


Iniziative volte all'utilizzo da parte di Agea di codici di pascolamento adatti alle peculiarità dell'agricoltura della Sardegna e dei territori caratterizzati da un'estesa macchia mediterannea – 3-01747

   CAPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) ha incaricato la struttura Sin Sofiter di realizzare il secondo ciclo di refresh2 per l'aggiornamento della banca dati grafica, come richiesto dai servizi della Commissione europea al fine di riscontrare modifiche sull'utilizzo del suolo rispetto all'anno 2010;
   il progetto è volto alla certificazione preventiva delle superfici territoriali delle aziende agricole italiane, con l'obiettivo di intercettare preventivamente errori o anomalie nell'ambito delle dichiarazioni degli agricoltori per l'accesso agli aiuti comunitari;
   in sostanza s'intende così sfruttare pienamente i fondi comunitari assegnati all'Italia, evitando sanzioni da parte della Commissione europea;
   su queste basi Agea, organismo pagatore, ha avviato una procedura rivolta ad ogni singolo agricoltore che presenti domanda per l'accesso ad aiuti e premi comunitari;
   la procedura sopra citata consiste nel raffronto su quanto dichiarato dallo stesso agricoltore, sia per quel che riguarda la consistenza totale dell'azienda, sia per quel che concerne l'utilizzo del territorio su tutte le particelle presenti nel fascicolo aziendale del produttore;
   Agea, senza aver tenuto nel giusto conto le peculiarità dell'agricoltura della Sardegna e in generale quelle di tutti i territori dove sia presente un'estesa macchia mediterranea, ha disposto che i suoi tecnici rilevatori per la classificazione dei suoli tengano presente più le percentuali di copertura vegetale che le caratteristiche reali del territorio;
   sono stati, quindi, applicati codici di pascolamento non adatti alla specificità del territorio sardo;
   i codici di pascolamento sono codici di utilizzo del suolo dichiarati dall'allevatore nel momento in cui presenta la domanda. Si devono quindi dichiarare le singole particelle condotte e il titolo di conduzione per ciascuna di esse. Per ogni singola particella viene indicata sia la superficie catastale complessiva che la superficie agricola utilizzata;
   in Sardegna, ma anche nelle altre regioni dove prevale la macchia mediterranea, i nuovi codici hanno portato ad una significativa riduzione della superficie agricola utilizzata, che ha comportato la perdita per l'agricoltura sarda di svariati milioni di euro, mentre è anche concreto il rischio che gli agricoltori sardi si trovino costretti a restituire quanto sinora ricevuto o sottoposti a sanzioni del tutto ingiustificate;
   la decisione di Agea rischia, inoltre, di avere ripercussioni sulla nuova politica agricola comune, dato che le assegnazioni dei nuovi titoli avverranno sulla base degli importi che gli agricoltori percepiranno nel 2014 e sulla superficie agricola utilizzata dichiarata nel 2015;
   l'aggiornamento dei codici sta, quindi, provocando danni economici agli agricoltori ed ai contadini sardi, dato che tali decisioni ignorano e privano di valore l'ambiente endemico della Sardegna, come il pascolo arborato/macchia mediterranea che è peculiarità del paesaggio e anche ciò che determina l'unicità della qualità e del gusto dei prodotti sardi;
   e questo nonostante l'articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1037/2013 del 17 dicembre 2013 che consente agli Stati membri di «considerare prato permanente i territori pascolabili che rientrano nell'ambito delle pratiche locali tradizionali, qualora nelle superfici di pascolo non siano tradizionalmente predominanti l'erba e le altre piante erbacee da foraggio», che è esattamente la situazione della Sardegna –:
   quali iniziative di sua competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per evitare che per un errato calcolo dell'organismo pagatore Agea vengano pesantemente danneggiati gli agricoltori della Sardegna e quelli delle altre regioni con situazioni analoghe, evitando anche che al danno si aggiunga la beffa della restituzione forzosa di quanto percepito e salvaguardando le tradizioni dell'agricoltura e le radici storiche del pascolamento, attività che si è sviluppata nei secoli in accordo con le peculiarità del territorio, dominato dalla macchia mediterranea e da superfici boschive. (3-01747)


Iniziative in ordine al prospettato avvio della procedura d'infrazione comunitaria nei riguardi dell'Italia, in relazione ai ritardi nell'attuazione del piano per contrastare la Xylella fastidiosa nel Salento – 3-01748

   PALESE, CIRACÌ, DISTASO e MARTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 ore, il 3 ottobre 2015, con una lettera del Commissario europeo alla salute Aindriukakis, inviata al Ministro interrogato, è stata notificata l'apertura della procedura d'infrazione dell'Unione europea, nei riguardi del nostro Paese, a causa delle misure adottate dall'Italia per contrastare l'epidemia della Xylella fastidiosa, che sta devastando da diverso tempo gli ulivi del Salento, giudicate insoddisfacenti;
   il quotidiano economico, al riguardo, evidenzia come nella medesima lettera il Commissario europeo riporti in maniera esplicita la visita effettuata nel Salento a luglio 2015, per verificare personalmente lo stato di applicazione delle misure di salvaguardia richieste dalla Commissione europea volte a frenare la diffusione del batterio, definite senza mezzi termini deludenti;
   l'avvio della procedura d'infrazione sulla gestione dell'emergenza Xylella, che da più di anno dall'epidemia del batterio sta infettando gli areali di coltivazione di uliveti, in tutto il territorio salentino e anche in altre parti della regione Puglia, distruggendo senza mezzi termini un'intera economia locale, rappresenta, ad avviso degli interroganti, l'ennesimo e deprecabile comportamento del Governo italiano, in ambito europeo, le cui misure, a partire dal varo del primo «piano Silletti» per affrontare l'emergenza, si sono rivelate inefficaci e deludenti –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare l'avvio della procedura d'infrazione comunitaria nei riguardi dell'Italia, causata dai ritardi nell'attuazione del piano per contrastare la Xylella nel Salento, e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie intenda conseguentemente adottare al fine di accelerare il contrasto al fenomeno, su cui gli interventi sino ad oggi intrapresi hanno dimostrato una scarsa efficacia, oltre che generato una notevole confusione tra gli agricoltori, in merito ai provvedimenti normativi sin qui adottati. (3-01748)


Misure a favore della provincia di Avellino, duramente colpita da eventi atmosferici avversi nel mese di settembre 2015 – 3-01749

   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 settembre 2015 la Campania è stata interessata da eventi atmosferici che hanno duramente colpito, in particolare, la provincia di Avellino;
   la violenta grandinata, le piogge copiose e il vento impetuoso hanno causato danni ingenti alle produzioni agricole, in particolare ai vigneti dei quali l'Irpinia è particolarmente ricca;
   tale circostanza si è verificata, purtroppo, in un periodo cruciale della coltivazione che è quello che precede la raccolta;
   vigneti, uliveti, noccioleti, alberi da frutto: intere coltivazioni di stagione sono andate distrutte dopo la grandinata di sabato 5 settembre 2015. Gli imprenditori raccontano di danni ingenti, che si aggiungono a quelli determinati dal caldo torrido nel mese di luglio 2015;
   significativi sono i danni subiti anche in ragione della violenza del vento e della pioggia caduta copiosa, in particolare sui comuni dell’hinterland irpino, dove si sono registrati allagamenti di fiumi di acqua misti a fango e fogliame che hanno invaso le strade e le abitazioni;
   conseguenze si sono verificate anche nel Vallo di Lauro dove la grandine ha arrecato danni alla produzione agricola locale, in particolare ai noccioleti e ai castagneti;
   a giudizio dell'interrogante esistono i presupposti per valutare se sussistano i requisiti necessari alla dichiarazione dello stato di calamità ai sensi della legge in vigore;
   è palese che, ormai, le tempeste, le grandinate fuori stagione e le trombe d'aria sono diventate una costante. Serve una programmazione oculata e strutturata, con risorse da mettere a disposizione dei coltivatori sempre più in difficoltà;
   l'interrogante ha chiesto al presidente della giunta regionale, Vincenzo De Luca, di attivare le procedure necessarie ad operare una ricognizione dei danni subiti dai comuni irpini, così duramente colpiti dal maltempo;
   a giudizio dell'interrogante, mai come in questa fase occorre che le istituzioni siano vicine alle aziende agricole che non solo patiscono gli effetti della crisi economica, ma subiscono ora anche i danni derivanti dalle intemperie –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover procedere alla dichiarazione dello stato di eccezionali avversità atmosferiche per i comuni della provincia di Avellino così duramente colpiti dal maltempo, nonché di dover adottare le iniziative necessarie a garantire un ristoro dei danni patiti dagli agricoltori e dalle aziende vitivinicole e da quelle operanti nel settore della castanicoltura e della produzione di nocciole. (3-01749)


Tempi e modalità di realizzazione degli annunciati interventi per il contrasto della criminalità e per la tutela dell'ordine pubblico a Napoli – 3-01750

   VALERIA VALENTE, ROBERTA AGOSTINI, AMENDOLA, BOSSA, CAPOZZOLO, CARLONI, CHAOUKI, COCCIA, EPIFANI, FAMIGLIETTI, TINO IANNUZZI, IMPEGNO, MANFREDI, MIGLIORE, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SALVATORE PICCOLO, SGAMBATO, TARTAGLIONE, VALIANTE, MARTELLA, BINI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la recrudescenza di quotidiani atti di criminalità, registrati sin dall'inizio del 2015 nella città di Napoli, coinvolgono sia onesti cittadini fuori dalle logiche malavitose, sia i giovanissimi (troppo spesso minorenni) componenti delle bande responsabili dei sempre più frequenti scontri armati nelle strade del centro storico, area intensamente popolata che ospita scuole, università e presidi sanitari, ai quali deve essere garantita la regolare attività in condizioni di piena sicurezza, così come al flusso di turisti e studiosi per i quali il centro storico napoletano è meta privilegiata;
   ha destato grave sconcerto il ferimento, nel quartiere Fuorigrotta, del sovrintendente Nicola Barbato, della squadra antiracket della squadra mobile di Napoli, nel corso di un'operazione per sventare un'estorsione;
   solamente pochi giorni prima erano stati commessi due ulteriori omicidi in strada e una delle vittime era un minorenne, ucciso da un proiettile esploso nella centrale Piazza Sanità, durante uno dei sempre più frequenti raid ad opera di bande criminali giovanili che agiscono nel centro storico cittadino, dove è in atto una faida tra contrapposti clan camorristici per il controllo del territorio;
   il rapporto annuale steso dalla procura nazionale antimafia sulla situazione napoletana conferma la drammatica presenza di «killer giovanissimi che si caratterizzano per la particolare ferocia»;
   il presidio costante del territorio e l'effettuazione di operazioni ad alto impatto sono stati individuati come elementi determinanti per porre fine alla guerriglia in atto tra bande, in particolare di minorenni animati da progetti di supremazia criminale e di comando sui ragazzi impiegati nello spaccio di stupefacenti e in altre attività illecite;
   è stato richiesto un intervento dello Stato anche da un gruppo di madri residenti nel rione Sanità, che invocano aiuto perché i loro figli siano sottratti a un destino delinquenziale;
   per fronteggiare l'insostenibile condizione di insicurezza in cui vivono i cittadini napoletani, il Ministro interrogato ha già incrementato la dotazione organica delle forze dell'ordine attualmente in servizio nella città di Napoli e, dopo la riunione del Comitato nazionale per la sicurezza e l'ordine pubblico del 29 settembre 2015, ha annunciato la riattivazione di 300 telecamere di videosorveglianza, delle 700 installate sul territorio cittadino, ipotizzando anche l'uso di droni per il controllo aereo dei quartieri Sanità, Rione Traiano e Scampia e del sottosuolo napoletano, spesso utilizzato a fini criminali;
   la prima risposta dello Stato è necessariamente la messa in sicurezza di queste aree da parte delle forze dell'ordine, esistendo sul territorio realtà sane che rappresentano presidi di legalità, che da sole non sono sufficienti se non si mobilitano forze e interventi in grado di modificare il contesto sociale in cui vivono questi giovanissimi malviventi –:
   quali siano i tempi e le modalità di realizzazione degli interventi già annunciati dal Ministro interrogato (ovvero riattivazione degli impianti di videosorveglianza, utilizzo dei droni, rafforzamento della pianta organica, attività di intelligence) e insieme se non ritenga il Ministro interrogato di attivare un coordinamento tra queste azioni, raccordando gli interventi con finalità sociale sulla scorta delle informazioni acquisite grazie alle operazioni di polizia. (3-01750)


Iniziative volte a scongiurare la chiusura di prefetture e questure prevista nello schema di regolamento di riorganizzazione del Ministero dell'interno – 3-01751

   CIRIELLI, RAMPELLI, GIORGIA MELONI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nello schema di decreto del Presidente della Repubblica che contiene il regolamento di riorganizzazione del Ministero dell'interno sarebbero state cancellate 23 prefetture e altrettante questure;
   tale scelta, lungi dal rappresentare un'operazione di «razionalizzazione», pur condivisibile, si tradurrebbe in un'ulteriore e inaccettabile sforbiciata al dispositivo della sicurezza;
   ancora una volta si intende tagliare sui presidi territoriali, gli unici che garantiscono la presenza dello Stato nelle periferie della nazione;
   in particolare, alcune regioni subiranno riduzioni pesanti con zone lontane dal centro che rischiano di essere quasi abbandonate dallo Stato;
   la tagliola scatterà in tutta Italia: Teramo (accorpata a L'Aquila), Chieti (accorpata a Pescara), Vibo Valentia (accorpata a Catanzaro), Benevento (Avellino), Piacenza (Parma), Pordenone (Udine), Rieti (Viterbo), Savona (Imperia), Sondrio (Bergamo), Lecco (Como), Cremona (Mantova), Lodi (Pavia), Fermo (Ascoli Piceno), Isernia (Campobasso), Asti (Alessandria), Verbano-Cusio-Ossola (Novara), Biella (Vercelli), Oristano (Nuoro), Enna (Caltanissetta), Massa-Carrara (Lucca), Prato (Pistoia), Rovigo (Padova), Belluno (Treviso);
   la chiusura di prefetture e questure andrebbe ad aggiungersi alla soppressione di moltissimi presidi di polizia sul territorio, che già da tempo desta la preoccupazione della cittadinanza e degli agenti in merito alla possibilità di mantenere un adeguato livello di sicurezza nelle zone urbane e suburbane, anche alla luce della cronica mancanza di uomini e mezzi;
   invece di colmare i buchi che si creano nella sicurezza del nostro Paese, particolarmente evidenti di fronte all'emergenza sbarchi, si pensa solo a tagliare e il risultato è già sotto gli occhi di tutti: oggi non si è in grado di garantire la sicurezza dei cittadini –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e quali urgenti iniziative intenda adottare per scongiurare il rischio della chiusura delle citate sedi, che va nella direzione opposta a quella di garantire la sicurezza dei cittadini. (3-01751)


Chiarimenti in merito alla deliberazione del 10 marzo 2008 del commissario straordinario, prefetto Mario Morcone, relativa all'acquisto da parte del comune di Roma di alcuni terreni di Castel Romano ai fini della costruzione di un campo rom – 3-01752

   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE e BARBANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'acquisto da parte del comune di Roma dei terreni su cui far sorgere il campo rom di Castel Romano è un'operazione durata due anni e mezzo, da quando il comune guidato da Walter Veltroni si fece concedere in uso gratuito (il 12 settembre 2005) i suoli fino alla data in cui il comune di Roma, amministrato dal prefetto Mario Morcone, in qualità di commissario straordinario, decise di comprarli (il 10 marzo 2008);
   la procedura d'acquisto fu molto farraginosa a causa della dura opposizione del capogruppo di Rifondazione comunista nel consiglio comunale, Adriana Spera, con l'appoggio del Wwf, e dell'esito di un'inchiesta, resa pubblica dalla trasmissione televisiva Report e dal giornale Il Manifesto, in cui si evidenziò che i romani avevano sostenuto una spesa pari a un milione e cinquecentomila euro per dei terreni valutati circa seicentocinquantamila euro;
   il 12 settembre 2005 il comune di Roma venne gratuitamente immesso nel possesso dell'area dove avrebbe fatto sorgere il campo nomadi di Castel Romano e dopo tre giorni, il 15 settembre 2005, iniziò lo sgombero del campo nomadi di Vicolo Savini, trasferendo i suoi abitanti nella nuova area di Castel Romano;
   nel novembre 2006, dopo circa un anno, il comune di Roma diede vita ad un accordo con Gianfranco Bartoli, Vincenzo Grossi, Sergio Galletti e la Ediltrigoria, proprietari dei terreni, che gli erano stati concessi in uso per costruire il campo nomadi di Castel Romano e per acquistare i suddetti 23 ettari di terreno al prezzo di 1,515 milioni di euro;
   nel febbraio 2007 il direttore del dipartimento del patrimonio del comune di Roma diede parere favorevole all'acquisto dei terreni e a marzo 2007 arrivò il nulla osta del ragioniere del comune;
   tuttavia, mentre il via libera all'acquisto dei terreni da parte delle commissioni capitoline VI e VII fu emanato nel giugno del 2007, le dimissioni del sindaco Walter Veltroni del 13 febbraio 2008 e la conseguente decadenza del consiglio capitolino, di cui Adriana Spera faceva parte, diedero nuovo slancio all'operazione;
   il Ministro dell'interno in carica in quel periodo, il 26 febbraio 2008, nominò commissario straordinario del comune di Roma il prefetto Mario Morcone, al quale spettava il compito di guidare la città fino alle successive elezioni;
   in meno di due settimane dal suo insediamento, il 10 marzo 2008, il prefetto Morcone, che attualmente ricopre il ruolo di capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, firmò la deliberazione che autorizzava il comune all'acquisto dei terreni che gli erano stati dati in uso gratuito per sistemare i rom;
   il prezzo era stato concordato nel 2006 e le commissioni capitoline competenti avevano approvato l'operazione portando il commissario a firmare la delibera per l'acquisto, anche se la cifra pattuita con i proprietari era onerosa. Infatti, in quel periodo l'Agenzia del territorio stabiliva valori decisamente più bassi per terreni simili nella stessa zona;
   il prezzo concordato dal comune di Roma con i venditori era di 5 euro al metro quadrato per il bosco (per una superficie complessiva di circa 11 ettari) e di 8 euro per il prato (con una superficie di altri 11 ettari), a fronte di valori agricoli medi riportati nelle tabelle dell'Agenzia del territorio compresi tra gli 1,9 e i 2,2 euro per il bosco e di 3,4 euro al metro per il prato, pagando quindi una cifra pari a 1,5 milioni di euro per dei terreni che, secondo l'Agenzia del territorio, ne valevano circa 645 mila;
   la decisione di acquistare un terreno boscoso, che sorge in una riserva naturale, per costruire un campo nomadi avrebbe comportato l'abbattimento degli alberi a fronte di una decisione dell'ente regionale Roma natura, che vigilava sulla riserva, che prevedeva che per realizzare il campo rom non si poteva recare danno alla flora esistente, né doveva essere modificato in modo permanente l'assetto del territorio –:
   se risultino agli atti le ragioni della condotta del commissario prefettizio Morcone e, nell'eventualità positiva, se il Ministro interrogato intenda tener conto di tale vicenda in relazione all'attuale incarico conferito al prefetto Morcone. (3-01752)


Elementi ed iniziative in relazione al recente sgombero del presidio cosiddetto No borders a Ventimiglia – 3-01753

   QUARANTA, COSTANTINO, RICCIATTI, PIRAS e DURANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il presidio No borders è attivo da più di 100 giorni, accoglie un centinaio di migranti ed è gestito da attivisti italiani e francesi che assistono gratuitamente e volontariamente i profughi;
   la Francia continua con le riammissioni: tra i 50 e 100 profughi riammessi ogni giorno dalla gendarmeria francese verso l'Italia;
   all'alba del 30 settembre 2015 poliziotti e carabinieri con decine di blindati – mezzi vari, tra cui anche alcune ruspe – hanno iniziato lo sgombero del presidio No borders a Ventimiglia, a pochi metri dalla frontiera con la Francia;
   nella stessa giornata era previsto un incontro serale promosso dal vescovo Suetta, anche al fine di cercare soluzioni alternative di accoglienza al presidio No borders;
   durante lo sgombero 20 profughi sono stati condotti coattivamente a Genova e da qui in aereo al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari. Si tratta di sudanesi, eritrei, afghani e pachistani appena riammessi dalla Francia;
   a seguito dell'azione un centinaio di persone, migranti e attivisti italiani e francesi, si sono ritirati sugli scogli, proprio come era accaduto mesi fa quando la Francia aveva chiuso la frontiera, generando una situazione potenzialmente molto pericolosa;
   un cordone di poliziotti di fatto impediva lo spostamento dagli scogli, salvo l'identificazione dei profughi e la denuncia dei no border;
   sugli scogli c'erano diversi minori e questa situazione di pericolo è durata circa dodici ore, fin dalle 5 del mattino e in tutto questo tempo non hanno potuto mangiare né bere, se non l'acqua portata alle 12 dalla Caritas e dal vescovo Suetta;
   la situazione è rimasta in stallo fino al tardissimo pomeriggio, quando migranti e attivisti hanno accettato di lasciare gli scogli in cambio del libero passaggio senza identificazioni e arresti;
   la situazione si è sbloccata solo, a quanto si apprende da fonti giornalistiche, grazie all'intervento e alla mediazione di monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo e Ventimiglia, che si è impegnato per risolvere la situazione fin dal mattino;
   il centro della Croce rossa allestito vicino alla stazione di Ventimiglia era già pieno ben al di sopra della capienza regolamentare e adesso dovrà farsi carico anche del centinaio di profughi che erano ospitati dal presidio No borders;
   a quanto si apprende da organi di stampa, diversi attivisti del campo No borders sono stati raggiunti nelle ultime settimane da 20 denunce per manifestazione non autorizzata e occupazione abusiva di suolo pubblico, oltre che da 8 fogli di via che vietano di permanere in città per tre anni;
   fra le motivazioni alla base dell'atto amministrativo sopra citato (e che in caso di violazione si riconfigurerebbe in reato penale) vi è la considerazione degli attivisti come soggetti «socialmente pericolosi». Si legge, inoltre, che la decisione viene presa «ritenuto che in quel comune non vi ha residenza né alcuna regolare occupazione lavorativa, e che si reca allo scopo di reiterare quei reati che creano allarme sociale, nonché valutata l'urgente necessità di allontanare (il soggetto) dal comune di Ventimiglia, in quanto si ha fondato motivo di reputarlo elemento pericoloso per l'ordine e la sicurezza pubblica»;
   in una situazione straordinaria come quella che sta vivendo il Paese, dato il flusso migratorio che interessa tutto il Mediterraneo, ogni forma di solidarietà e di aiuto diretto ed indiretto è necessaria ed indispensabile –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuna l'operazione alla luce dei risultati ottenuti, visto che ha impegnato un numero ingente di uomini e mezzi per l'intera giornata senza aver trovato soluzioni alternative, tali a garantire più sicurezza per tutti, sia per le forze dell'ordine che per i migranti e gli attivisti, oltre che meno onerose per la collettività, avviando un'indagine, nell'ambito delle proprie competenze, volta ad acclarare la fondatezza delle motivazioni alla base dei provvedimenti in oggetto. (3-01753)


Iniziative, anche di carattere normativo, relative alla governance delle politiche migratorie, con particolare riguardo al raccordo tra Governo, regioni ed autonomie locali – 3-01754

   MISURACA e DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i più recenti sviluppi della questione migratoria vedono una crescente tensione in alcune comunità locali interessate dai trasferimenti dei migranti richiedenti asilo, anche alimentata da dichiarazioni strumentali di esponenti politici che hanno avuto l'effetto di fomentare manifestazioni di piazza e disordini fortunatamente contenuti dalle forze di polizia;
   uno dei punti che viene sollevato dalle autorità locali è il mancato coinvolgimento nelle attività di distribuzione dei migranti richiedenti asilo, che si riverbera dunque in un difetto di collegamento tra «centro» e «periferia», con una tendenziale emarginazione di quest'ultima rispetto a scelte che verrebbero «calate dall'alto»;
   questo stato di cose rischia di rendere ancora più critico il quadro nel prossimo futuro, esacerbando le varie forme di protesta e indirizzandole verso una deriva xenofoba assolutamente da scongiurare –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per incidere positivamente sul nodo della «governance» delle politiche migratorie per ciò che attiene specificatamente ai rapporti tra il Governo, le regioni e le autonomie locali, scongiurando che la questione migratoria divenga un tema divisivo sul piano sociale e istituzionale. (3-01754)


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: D'INIZIATIVA POPOLARE; DI LELLO ED ALTRI; VENDOLA ED ALTRI; BRESSA; BRESSA; PES ED ALTRI; ZAMPA; CAPARINI ED ALTRI; BERSANI ED ALTRI; VACCARO; MARAZZITI ED ALTRI; FEDI ED ALTRI; LA MARCA ED ALTRI; CARUSO ED ALTRI; GOZI; BUENO ED ALTRI; CARUSO ED ALTRI; PORTA ED ALTRI; POLVERINI; SORIAL ED ALTRI; MERLO E BORGHESE; CENTEMERO; BIANCONI; DORINA BIANCHI; FITZGERALD NISSOLI ED ALTRI; FABBRI ED ALTRI: MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 91, E ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CITTADINANZA (A.C. 9-200-250-273-274-349-369-404-463-494-525-604-606-647-707-794-836-886-945-1204-1269-1443-2376-2495-2794-3264-A)

A.C. 9-A – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

  La Camera,
   premesso che:
    la cittadinanza è uno status cui la Costituzione riconnette una serie di diritti e doveri. Essa è condizione per l'esercizio di diritti connessi alla titolarità della sovranità da parte del popolo, tra cui in particolare i diritti politici come l'elettorato attivo e passivo, nonché il diritto a concorrere per l'accesso alle maggiori istituzioni pubbliche dello Stato (magistratura, Parlamento, organismi di intelligence), diritti che postulano un forte senso di attaccamento dell'individuo al Paese di appartenenza, ma anche fondamento di alcuni doveri costituzionali, espressione della solidarietà che esiste tra i componenti di un unico popolo (dovere di difendere la Patria, concorrere alle spese pubbliche in ragione delle proprie capacità contributive, fedeltà della Repubblica e osservanza della Costituzione e delle leggi;
    la cittadinanza è il vincolo di appartenenza ad uno Stato, che comporta un insieme di diritti e doveri. Nell'ordinamento la cittadinanza trova il primo significativo riconoscimento nelle fonti greche e romane: il cittadino è tale secondo il principio dello «jus sanguinis» e può godere dei diritti politici e civili. L'acquisto della cittadinanza secondo il principio dello «ius soli», in base al quale si attribuisce la cittadinanza italiana a coloro che sono nati nel territorio dello Stato qualora i genitori siano apolidi e nei casi in cui il figlio non acquisti la cittadinanza dai genitori in base alla legge dello Stato d'appartenenza, è una modalità residuale nella legislazione italiana;
    l'articolo 1 della Costituzione ci ricorda che la sovranità popolare ha un senso se viene «esercitata»: la cittadinanza non si può soltanto «avere» deve anche essere «usata». La democrazia voluta dai Costituenti è una democrazia reale, sostanziale, non nominalistica: nella quale i diritti convivono con la dimensione dei doveri;
    pretendere la sua osservanza, sentire la responsabilità positiva dei valori e degli obiettivi che in essa sono posti; accedere ad una funzione pubblica o ad una carica elettiva non è soltanto un diritto, ma un servizio da espletare «con onore», come afferma l'articolo 54 della Costituzione;
    la cittadinanza è, nello stesso tempo, espressione dell'identità nazionale e uno strumento di definizione di tale identità perché essa determina la collettività di persone che costituisce il popolo di uno Stato, il suo elemento personale. Sono infatti le regole di acquisto e di perdita della cittadinanza, basate su vincoli di sangue, su specifici rapporti con il territorio, su atti volontari di adesione, su particolari rapporti con soggetti che siano già cittadini, a determinare l'appartenenza di un individuo al popolo di uno Stato. La cittadinanza esercita così, simultaneamente, una funzione di inclusione e di esclusione, distingue i cittadini dagli stranieri. È questo un elemento connaturato ed essenziale all'istituto giuridico cittadinanza, in mancanza del quale esso perderebbe ogni significato. La funzione di esclusione della cittadinanza contribuisce a determinare l'identità nazionale. Come giustamente stigmatizzato dal Professore Sartori: «l'alterità è il necessario complemento dell'identità, siamo chi siamo, e come siamo, in funzione di chi o come non siamo». Le politiche della cittadinanza rispondono a diversi interessi che possono modificarsi o variare nel tempo, ma al fondo sono sempre il riflesso dell'idea di identità nazionale che è propria di ciascuno Stato;
    ampliare le ipotesi di acquisto della cittadinanza per nascita sul territorio italiano, facendo di questa modalità il canale principale di acquisto della cittadinanza è manifestamente incostituzionale ai sensi del disposto di cui all'articolo 52 della Costituzione. È inoltre una posizione antistorica, proprio a fronte degli ingenti flussi migratori che interessano Paesi come l'Italia e, più in generale, i Paesi dell'Europa. Tali flussi richiedono, infatti, di essere governati e non già assecondati promettendo a chiunque l'acquisto della cittadinanza a prescindere da un'effettiva integrazione nel nostro tessuto sociale, culturale ed economico. Un tale atteggiamento, ad avviso dei presentatori, può essere declinato come alto tradimento e attentato alla Costituzione;
    il problema della cittadinanza non è connesso al problema del riconoscimento dei diritti civili in favore degli stranieri extracomunitari che si trovino sul territorio italiano. Il riconoscimento dei diritti civili, infatti, discende dalla qualità di essere umano del soggetto che li invoca, non dalla sua appartenenza ad una comunità politica piuttosto che ad un'altra. Così, per esempio, il diritto alla libertà di pensiero o di fede religiosa è riconosciuta dalla Costituzione italiana a qualsiasi uomo, senza distinzione di etnia. Il problema della cittadinanza non è un problema di riconoscimento di diritti civili; esso pone più propriamente un problema di definizione del senso di appartenenza ad una comunità sociale e politica;
    l'acquisto della cittadinanza non può essere declassato da coronamento di un'integrazione già avvenuta, di una identità già acquisita a strumento di una integrazione ancora da compiere. Le politiche della cittadinanza incidono sull'identità nazionale e devono e non possono essere modificate senza tenere presente la necessità di salvaguardare questo principio fondamentale su cui si fonda la nostra Costituzione senza una novella della stessa Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del testo unificato delle proposte di legge n. 9-200-250-273-274-349-369-404-463-494-525-604-606-647-707-794-836-886-945-1204-1269-1443-2376-2495-2794-A.
n. 1. Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti, La Russa.

A.C. 9-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  All'articolo 1, comma 1, lettera f), sopprimere le parole: o finalizzate all'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 1, comma 2-ter, e dell'articolo 4, commi 2 e 2-ter.

  All'articolo 1, comma 1, lettera h), capoverso «Art. 23-ter», sostituire le parole: senza oneri aggiuntivi con le seguenti: senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.7, 1.9, 1.11, 1.19, 1.20, 1.24, 1.25, 1.26, 1.27 e 1.225 e sugli articoli aggiuntivi 1.04 e 1.09, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.