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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 23 settembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 settembre 2015.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Benamati, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Martella, Merlo, Meta, Migliore, Morassut, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Benamati, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Morassut, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 settembre 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   COSCIA ed altri: «Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all'editoria» (3317);
   SCAGLIUSI: «Modifica all'articolo 36 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di riconoscimento delle adozioni internazionali» (3318).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge VITELLI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 1o dicembre 1997, n. 468, in materia di impiego nei lavori socialmente utili dei lavoratori destinatari di un'indennità di mobilità o di altre indennità e sussidi connessi allo stato di disoccupazione o inoccupazione ovvero del trattamento straordinario di integrazione salariale o altrimenti sospesi dall'attività lavorativa e beneficiari di una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, nonché modifiche alla legge 28 giugno 2012, n. 92, in materia di decadenza dalla fruizione dei suddetti trattamenti, indennità e sussidi» (1798) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Galgano.

Adesione di un deputato a una proposta di inchiesta parlamentare.

  La proposta di inchiesta parlamentare SCOTTO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'attuazione in Italia del programma europeo Garanzia per i giovani» (Doc XXII, n. 49) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Duranti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   VII Commissione (Cultura):
  COSCIA ed altri: «Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all'editoria» (3317) Parere delle Commissioni I, II, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e III (Affari esteri):
  «Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione:
   a) della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005;
   b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005;
   c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003;
   d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005» (3303) Parere delle Commissioni I, IV, V, VI, VIII, X, XII e XIV.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e XI (Lavoro):
  DAMBRUOSO: «Norme in materia di trattamento economico accessorio del personale in servizio presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e attribuzione dell'indennità di trasferta ai magistrati in servizio presso la medesima Direzione nazionale» (3277) Parere delle Commissioni I e V.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.

  Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, con lettera in data 23 settembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della deliberazione istitutiva, la «Relazione sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana».

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito (Doc. XXII-bis, n. 5).

Trasmissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 17 settembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2015/0307, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per mancato recepimento della direttiva 2014/77/UE recante modifica degli allegati I e II della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel.

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 settembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a norme dell'Unione europea in sede di Consiglio generale dell'OMC con riguardo alla richiesta degli Stati Uniti di una deroga dell'OMC volta a prorogare il programma AGOA (AGOA) (COM(2015) 464 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia delle delibere adottate dalla Commissione nei mesi di luglio e agosto 2015.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: BRAGA ED ALTRI; SEGONI ED ALTRI; ZARATTI E PELLEGRINO – DELEGA AL GOVERNO PER IL RIORDINO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA DI SISTEMA NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE (A.C. 2607-2972-3099-A)

A.C. 2607-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 3.

A.C. 2607-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
  Al comma 5 dell'articolo 1 sostituire le parole da: dei pareri del Consiglio di Stato fino alla fine del comma con le seguenti: del parere del Consiglio di Stato, che è reso nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso, corredato di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato.

  Conseguentemente, dopo il comma 5 aggiungere il seguente:
  5-bis. 1 Dall'attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.9, 1.58, 1.74, 1.106, 1.107, 1.175, 1.186, 1.187 e 1.210 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 2607-A – Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di ricognizione, riordino, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni legislative vigenti che disciplinano il Servizio nazionale della protezione civile e le relative funzioni, in base al principio di leale collaborazione e nel rispetto dei princìpi e delle norme della Costituzione e dell'ordinamento dell'Unione europea, nei seguenti ambiti:
   a) definizione delle attività di protezione civile come insieme delle attività volte a tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi naturali o di origine antropica, articolate in attività di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi connessi con i medesimi eventi calamitosi, di pianificazione e gestione delle emergenze, nonché inerenti all'attuazione coordinata delle misure per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita, per ripristinare la funzionalità dei servizi essenziali e per ridurre il rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi medesimi;
   b) organizzazione di un sistema policentrico che operi a livello centrale, regionale e locale, prevedendo la possibilità di definire livelli di coordinamento intermedi tra la dimensione comunale e quella regionale e di integrare l'elenco delle strutture operative che concorrono alle finalità di protezione civile, includendovi anche eventuali soggetti organizzati in base a princìpi innovativi;
   c) attribuzione delle funzioni in materia di protezione civile allo Stato, alle regioni, ai comuni, alle unioni dei comuni, alle città metropolitane, agli enti di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, e alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, distinguendo fra funzioni di indirizzo politico e di gestione amministrativa e differenziando le responsabilità, i compiti e i poteri autoritativi, per promuovere l'esercizio coordinato delle attività fra i diversi livelli di governo, secondo il principio di sussidiarietà e garantendo l'unitarietà dell'ordinamento; a tal fine il Presidente del Consiglio dei ministri, in qualità di autorità nazionale e titolare delle politiche di protezione civile, svolge la funzione di indirizzo e coordinamento, avvalendosi del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per assicurare l'unitaria rappresentanza nazionale in materia presso l'Unione europea e presso altri organismi internazionali e per coordinare l'esercizio delle funzioni attribuite ai sindaci, anche metropolitani, ai prefetti e ai presidenti delle regioni, in qualità di autorità territoriali di protezione civile, nonché al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che nell'immediatezza dell'evento calamitoso assume la responsabilità del soccorso tecnico urgente, anche ai fini del loro raccordo con le altre componenti e strutture operative per assicurarne il concorso solidale;
   d) disciplina della partecipazione e delle responsabilità dei cittadini, singoli e associati, anche mediante le formazioni di natura professionale, alle attività di protezione civile, con riferimento alla pianificazione delle iniziative da adottare per fronteggiare l'emergenza, alle esercitazioni, alla diffusione della conoscenza e della cultura della protezione civile allo scopo di promuovere la resilienza delle comunità, anche attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri, e l'adozione di misure di autoprotezione, con particolare attenzione alle persone in condizioni di fragilità sociale e con disabilità, nonché di promuovere e sostenere le organizzazioni di volontariato operanti nello specifico settore, anche attraverso la formazione e l'addestramento dei volontari ad esse appartenenti, favorendone l'integrazione in tutte le attività di protezione civile;
   e) disciplina della partecipazione e della collaborazione delle università e degli enti e istituti di ricerca alle attività di protezione civile, ai fini dell'integrazione in esse di conoscenze e prodotti derivanti da attività di ricerca e innovazione, anche frutto di iniziative promosse dall'Unione europea e dalle istituzioni internazionali anche nel campo della ricerca per la difesa dai disastri naturali;
   f) istituzione di meccanismi e procedure per la revisione e la valutazione periodica dei piani di emergenza comunali, nel quadro dell'esercizio coordinato delle funzioni di protezione civile;
   g) disciplina dello stato di emergenza, garantendo la tempestività e l'omogeneità della valutazione delle condizioni dei territori ai fini della relativa dichiarazione, e previsione del potere di ordinanza in deroga all'ordinamento giuridico vigente, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento e della normativa dell'Unione europea, unitamente alle modalità di attivazione operativa, anche preventiva, del Servizio nazionale della protezione civile, in relazione alla tipologia degli eventi calamitosi, agli ambiti di competenza e responsabilità e all'effettiva operatività, anche per interventi all'estero, assicurando il concorso solidale delle colonne mobili regionali e del volontariato e prevedendo modalità di impiego di personale qualificato proveniente da enti locali a supporto delle amministrazioni locali colpite;
   h) previsione di disposizioni che individuino, a regime, specifiche modalità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile per consentire l'effettività delle misure contenute nella normativa speciale adottata per la durata dello stato di emergenza, che deve essere temporalmente limitata in ragione della gravità dell'evento calamitoso, prevedendo trasparenti procedure di controllo successivo in relazione:
    1) alle procedure di acquisizione di servizi, forniture e lavori, anche mediante strumenti di acquisto aperti ai quali possano accedere, in via preventiva, tutte le componenti e le strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile;
    2) a singole fattispecie connesse a particolari esigenze, ivi comprese quelle riguardanti la gestione dei rifiuti, delle macerie, dei materiali vegetali e delle rocce e terre da scavo prodotti in condizioni di emergenza, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico;
    3) alle modalità di reperimento delle forniture di beni di prima necessità, di servizi e di materiali necessari nelle diverse fasi dell'emergenza, prevedendo meccanismi atti a favorire il coinvolgimento delle attività produttive di beni e servizi presenti sul territorio al fine di sostenere l'economia delle aree interessate dall'evento calamitoso, compatibilmente con la normativa dell'Unione europea e con i princìpi vigenti in materia di disciplina della concorrenza e dei mercati;
   i) disciplina organica degli strumenti nazionali di finanziamento per l'esercizio delle funzioni di protezione civile, articolati nel Fondo nazionale di protezione civile, nel Fondo per le emergenze nazionali e nel Fondo regionale di protezione civile, prevedendo che le loro dotazioni siano rimesse alla legge di stabilità e definendo le procedure da seguire qualora, in ragione del numero e dell'entità degli eventi calamitosi verificatisi, risulti necessario integrarle, garantendo la trasparenza e la tracciabilità dei relativi flussi finanziari;
   l) disciplina delle procedure finanziarie e contabili che devono essere applicate da parte dei commissari delegati titolari di contabilità speciale e disciplina dei relativi obblighi di rendicontazione, delle procedure di controllo successivo e del subentro delle amministrazioni competenti in via ordinaria nei rapporti giuridici attivi e passivi sorti durante la gestione commissariale, nonché nei procedimenti contenziosi e nelle attività pre-contenziose instaurati durante lo stato di emergenza e in relazione ad esso;
   m) disciplina delle misure da adottare per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, consistenti in interventi strutturali e non strutturali di prevenzione e di ripristino dei territori, delle opere e delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico danneggiate, comprese quelle strategiche, di riduzione del rischio residuo e delle altre misure per favorire il superamento dello stato di emergenza, nonché la ripresa economica dei soggetti privati e delle attività economiche o produttive danneggiate, tenendo conto di eventuali indennizzi o risarcimenti di natura assicurativa;
   n) definizione del ruolo e delle responsabilità del sistema di protezione civile e degli operatori del sistema medesimo e delle relative specifiche professionalità, anche con riferimento alle attività di presidio delle sale operative e della rete dei centri funzionali e alla relativa disciplina e regolamentazione;
   o) individuazione di modalità di partecipazione del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri all'elaborazione delle linee di indirizzo per la definizione delle politiche di prevenzione strutturale dei rischi naturali e di origine antropica e per la loro attuazione.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e delle norme dell'Unione europea e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali come definite dalla Costituzione e ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano e dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e prossimità, provvedono ad assicurare il coordinamento delle disposizioni concernenti le materie oggetto della presente legge nonché la coerenza terminologica, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) identificazione delle tipologie dei rischi per i quali si esplica l'azione di protezione civile, fermo restando che non rientrano nell'azione di protezione civile gli interventi per eventi programmati o programmabili in tempo utile che possano determinare criticità organizzative;
   b) individuazione, sistematizzazione e riassetto in forma organica e coordinata degli ambiti di disciplina di cui al comma 1, ai fini della più efficace ed effettiva attribuzione delle connesse responsabilità gestionali e amministrative, nelle diverse attività di protezione civile;
   c) raccordo delle attività di pianificazione in materia di protezione civile svolte ai diversi livelli con quelle di valutazione ambientale e di pianificazione territoriale nei diversi ambiti e di pianificazione strategica;
   d) omogeneizzazione, su base nazionale, delle terminologie e dei codici convenzionali adottati dal Servizio nazionale della protezione civile per classificare e per gestire le diverse attività di protezione civile, anche in relazione alla redazione dei piani di protezione civile, al fine di garantire un quadro coordinato e chiaro in tutto il territorio nazionale e l'integrazione tra i sistemi di protezione civile dei diversi territori, nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
   e) individuazione dei livelli degli effetti determinati dagli eventi calamitosi, commisurati alla loro intensità ed estensione e alla capacità dei territori di farvi fronte, sulla base dei quali parametrare le diverse misure e forme di agevolazioni e di ristoro per i soggetti interessati;
   f) ricognizione delle fonti normative primarie vigenti che regolano le materie oggetto della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e degli ulteriori provvedimenti normativi, anche relativi a specifici eventi calamitosi, contenenti disposizioni che producono effetti a regime nell'ambito delle materie oggetto della presente legge, per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica;
   g) introduzione di appositi strumenti di semplificazione volti alla riduzione degli adempimenti amministrativi durante la fase di emergenza e di superamento dell'emergenza, garantendo la continuità amministrativa e la piena trasparenza e tracciabilità dei flussi finanziari;
   h) integrazione della disciplina del Servizio nazionale della protezione civile con la disciplina in materia di protezione civile dell'Unione europea;
   i) invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.

  3. I decreti legislativi di cui al comma 1 provvedono altresì alla semplificazione normativa delle materie oggetto della presente legge, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) indicazione, dopo la rubrica di ogni articolo, degli estremi della disposizione della fonte normativa originaria oggetto di riassetto, della disposizione dell'Unione europea, della giurisprudenza dell'Unione europea o costituzionale o, in alternativa o in aggiunta, redazione di una tabella di raffronto da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale in allegato al relativo decreto legislativo;
   b) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
   c) verifica del rispetto dei princìpi contenuti nelle direttive dell'Unione europea in materia;
   d) adeguamento alla giurisprudenza costituzionale, dell'Unione europea e delle giurisdizioni superiori;
   e) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

  4. I decreti legislativi di cui al comma 1, nel disciplinare le materie oggetto della presente legge, definiscono altresì i criteri da seguire al fine di adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei medesimi decreti legislativi, le necessarie iniziative per la ricognizione, la modifica e l'integrazione dei provvedimenti di attuazione, con particolare riferimento alle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri adottate ai sensi del comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, individuando altresì gli ambiti nei quali le regioni esercitano la potestà legislativa e regolamentare, fatte salve le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
  5. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri che si avvale, ai fini della predisposizione dei relativi schemi, del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previa acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti, che sono resi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Decorsi inutilmente i termini di cui al presente comma, i decreti legislativi sono comunque adottati.
  6. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo può adottare, ai sensi del comma 5, disposizioni integrative o correttive dei medesimi decreti legislativi, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: uno o più decreti legislativi con le seguenti: un decreto legislativo.
*1. 150. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: uno o più decreti legislativi con le seguenti: un decreto legislativo.
*1. 151. Grimoldi.

  Al comma 1, alinea, dopo le parole: il Servizio nazionale della protezione civile aggiungere le seguenti: , quale servizio di natura pubblica,.
1. 152. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: al principio di leale collaborazione con le seguenti: ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.
1. 154. Braga.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: gli insediamenti aggiungere le seguenti: anche produttivi.
*1. 3. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: gli insediamenti aggiungere le seguenti: anche produttivi.
*1. 155. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: articolate in attività aggiungere le seguenti: di soccorso,.
1. 2. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: articolate in attività di aggiungere le seguenti: preparazione,.
1. 4. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: di pianificazione aggiungere le seguenti: della risposta a detti eventi.
1. 6. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: normali condizioni di vita aggiungere le seguenti: per garantire la continuità economica e produttiva.
1. 156. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole funzionalità dei servizi essenziali aggiungere le seguenti: la continuità economica e produttiva.
1. 7. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) allo svolgimento delle funzioni possono concorrere gli enti pubblici, gli istituti e i gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile, nonché ogni altra istituzione e organizzazione, anche privata. Le strutture operative essenziali del Servizio nazionale della protezione civile sono costituite dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco in quanto componente fondamentale, dalle strutture del Servizio sanitario nazionale, dalle Forze armate, dalle Forze di polizia, dalla Croce Rossa Italiana, dalle Agenzie dalla comunità scientifica ed universitaria e dal Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico. I decreti legislativi di cui al presente comma aggiornano e individuano ulteriori nuove strutture operative che, per natura e competenza, concorrono alle finalità di protezione civile, tra cui il sistema delle Agenzie di Protezione civile.
1. 9. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) definizione del ruolo del volontariato nelle attività di protezione civile escludendo la possibilità che gruppi, associazioni o organizzazioni di volontariato possano essere equiparate a strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile nello svolgimento delle funzioni istituzionali in materia di protezione civile e specificando, nel rispetto delle disposizione di avviamento e tutela del lavoro, i modi, le forme e le finalità di partecipazione alle attività di protezione civile, tra le quali non possono essere comprese attività di ordine pubblico, sicurezza e disciplina stradale, né attività e compiti propri di altri enti che concorrono alle operazioni di intervento e comunque funzioni che non siano strettamente attinenti allo stato di emergenza;.
1. 10. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) indicazione degli interventi che non possono essere considerati propri della finalità e dei compiti di protezione civile.
1. 11. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera b), dopo le parole: che operi aggiungere le seguenti:, secondo il principio di sussidiarietà,.
1. 157. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera b), dopo le parole: definire i livelli aggiungere le seguenti: minimi di servizio su scala di area vasta, metropolitana e regionale e.
1. 158. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera c), dopo le parole: strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, aggiungere le seguenti: escludendo espressamente che le attività dello stesso, comprese quelle di previsione, prevenzione e soccorso, possano essere cedute a soggetti privati e.
1. 159. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera c), dopo le parole: svolge la funzione di indirizzo e coordinamento aggiungere le seguenti: e non di gestione diretta.
1. 15. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: presso altri con le seguenti: gli.
1. 160. Braga.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera c), dopo le parole: e per coordinare aggiungere le seguenti: e migliorare, anche attraverso la possibilità di ridefinizione delle competenze dei propri apparati,.
1. 16. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera c), sostituire le parole da: attribuite fino alla fine della lettera, con le seguenti: di protezione civile.
1. 153. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera c), dopo le parole: in qualità di autorità territoriali di protezione civile aggiungere le seguenti:, alle Agenzie Regionali di Protezione Ambientale, inserite nel sistema dei Centri Funzionali Monitoraggio Rischi.
1. 21. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera c), aggiungere in fine, le parole: tenuto conto che il servizio di protezione civile è un servizio di natura pubblica e nessuna funzione, comprese quelle di previsione, prevenzione e soccorso, può essere ceduta a soggetti privati, se non in caso di assoluta ed adeguatamente motivata necessità e limitatamente a specifici incarichi e servizi preventivamente identificati.
1. 22. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: a tal fine, prevedendo l'istituzione di «unità di crisi» a livello territoriale regionale per la gestione coordinata delle emergenze, con responsabilità giuridica incardinata presso il Presidente della Regione;.
1. 23. Grimoldi.

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   c-bis) individuazione e rimozione di eventuali lacune normative determinatesi e previsione di procedure per la risoluzione degli eventuali conflitti di competenza o di attribuzione tra le componenti del Servizio nazionale, individuando al contempo opportuni meccanismi atti a prevenire casi di inefficienza, inefficacia o intempestività nell'intervento nei casi indicati alla lettera a).
1. 24. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera d), dopo le parole: e con disabilità aggiungere le seguenti: anche attraverso la programmazione di esercitazioni annuali e specifici programmi per l'apprendimento dei comportamenti idonei da tenere in caso di allerta per i rischi eventuali cui la popolazione è esposta e la formazione continua dei dipendenti pubblici in materia di protezione civile e cultura del rischio;.
1. 37. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: di promuovere e sostenere le organizzazioni di volontariato operanti nello specifico settore con le seguenti: disciplina organica della protezione civile volta a promuovere e sostenere le organizzazioni di volontariato.
1. 161. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: è comunque escluso il ricorso a forme di volontariato in sostituzione degli organismi competenti o in deroga alle norme ordinarie di avviamento e di tutela del lavoro;.
1. 35. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: al fine di tutelare il cittadino da rischi, di evitare intralci alla operazioni di soccorso e di sollevare i sindaci dalle responsabilità di eventuali infortuni, non deve essere prevista l'attività dei cittadini, non organizzati in associazioni regolarmente iscritte al sistema, per la gestione delle attività di emergenza;.
1. 162. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: in particolare, disciplina delle forme di partecipazione attiva del volontariato di protezione civile negli interventi di manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti, sotto la supervisione degli organi di controllo, ai fini della mitigazione del rischio idraulico;.
1. 36. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera e), dopo le parole: protezione civile aggiungere le seguenti: nel rispetto dei principi della libera concorrenza e del mercato.
1. 163. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera e), sostituire le parole: frutto di iniziative promosse con le seguenti: nell'ambito di programmi di ricerca e iniziative promossi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

  Conseguentemente, alla medesima lettera, aggiungere, in fine, le parole: assicurando in particolare l'aggiornamento degli strumenti e delle procedure di previsione, prevenzione e mitigazione secondo lo stato dell'arte della ricerca nel settore; la messa a punto di strumenti per la gestione delle emergenze; il costante aggiornamento degli operatori di Protezione civile.
1. 164. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, sostituire la lettera f) con la seguente:
   f) introduzione di strumenti e risorse per una periodica revisione e valutazione dei piani di emergenza comunali e delle relative linee guida regionali, selezionati periodicamente e a campione, anche con il coinvolgimento dei centri di competenza; detti strumenti incentivano altresì la redazione di nuovi piani di emergenza o l'aggiornamento dei piani esistenti, anche con il coinvolgimento degli ordini professionali, e prevedono sanzioni o disincentivi per le amministrazioni inadempienti.
1. 165. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, sostituire la lettera f) con la seguente:
   f) istituzione di un programma nazionale di revisione e di valutazione dei piani comunali di emergenza in cui:
    1) siano incentivati la redazione di nuovi piani di emergenza o l'aggiornamento di piani esistenti, ricorrendo anche a convenzioni con gli ordini professionali o a programmi di collaborazione che prevedano il coinvolgimento di personale specializzato appartenente alle amministrazioni pubbliche;
    2) il dipartimento della protezione civile e le agenzie regionali di protezione civile procedano, anche tramite i propri centri di competenza, a una revisione periodica a campione dei piani di emergenza comunali finalizzata a verificare che tali piani esistano effettivamente, che siano adeguatamente diffusi e conosciuti presso la popolazione e gli amministratori locali e che contengano gli elementi essenziali quali l'indicazione dei possibili scenari di rischio, delle aree interessate, delle aree sicure, dei comportamenti da adottare nelle diverse fasi dell'emergenza e delle modalità con cui il sistema di protezione civile opererà in caso di evento;
    3) si prevedano, per i comuni inadempienti, misure sanzionatorie che arrivino fino alla sospensione dell'erogazione delle risorse dal Fondo di solidarietà comunale di cui al comma 380 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228;.
1. 40. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, dopo la lettera f), aggiungere le seguenti:
   f-bis) incentivazione della redazione di nuovi piani di emergenza o l'aggiornamento di piani esistenti, ricorrendo anche a convenzioni con gli ordini professionali o a programmi di collaborazione che prevedano il coinvolgimento a titolo gratuito di personale specializzato appartenente alle amministrazioni pubbliche; a tal fine il dipartimento della protezione civile e le agenzie regionali di protezione civile possono procedere, anche tramite i propri centri di competenza, a una revisione periodica a campione dei piani di emergenza comunali finalizzata a verificare che tali piani esistano effettivamente, che siano adeguatamente diffusi e conosciuti presso la popolazione e gli amministratori locali e che contengano gli elementi essenziali quali l'indicazione dei possibili scenari di rischio, delle aree interessate, delle aree sicure, dei comportamenti da adottare nelle diverse fasi dell'emergenza e delle modalità con cui il sistema di protezione civile opererà in caso di evento;
   f-ter) previsione, per i comuni inadempienti, di misure sanzionatorie che arrivino fino alla sospensione dell'erogazione delle risorse dal Fondo di solidarietà comunale di cui al comma 380 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228;.
1. 166. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera g), dopo le parole: disciplina dello stato di emergenza, aggiungere le seguenti: ricorrendo anche ad indicatori numerici quali il rapporto tra il PIL locale e danni accertati.

  Conseguentemente, alla medesima lettera:
   dopo la parola: tempestività aggiungere le seguenti: , l'oggettività;
   dopo le parole: della relativa dichiarazione aggiungere le seguenti: e delle misure per il ripristino delle normali condizioni di vita.
1. 167. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera g), sostituire le parole: all'ordinamento giuridico vigente con le seguenti: a norme vigenti.
1. 168. Braga.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera g), dopo le parole: anche preventiva aggiungere le seguenti: dei diversi livelli di governo.
1. 169. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera g), dopo le parole: anche per interventi all'estero aggiungere le seguenti: prevedendo adeguate misure di controllo successivo, garantendo la massima trasparenza, fermo restando il rispetto delle norme penali, delle norme dell'Unione europea e dei princìpi del diritto amministrativo e.
1. 45. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera g), dopo le parole: e del volontariato aggiungere la seguente: organizzato.
1. 170. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: i reati commessi in occasione e in relazione a calamità sono imprescrittibili e i relativi procedimenti penali non sono soggetti a prescrizione;.
*1. 47. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: i reati commessi in occasione e in relazione a calamità sono imprescrittibili e i relativi procedimenti penali non sono soggetti a prescrizione;.
*1. 171. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: , prevedendo adeguate procedure di controllo successivo e garantendo la massima trasparenza; è comunque esclusa la possibilità di derogare alle norme comunitarie, alla norma penale, al codice di procedura penale, alle norme in materia di responsabilità penale e amministrativa, alle norme in materia di avviamento al lavoro e sicurezza del lavoro, alle norme di tutela ambientale, alla normativa antimafia e anticorruzione, alle norme riguardanti il controllo e la vigilanza sull'esecuzione degli appalti pubblici, nonché alle disposizioni in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, fatta eccezione per specifiche disposizioni parzialmente derogabili in casi espressamente predeterminati e definiti in apposita sezione del decreto legislativo n. 163 del 2006, in ragione del grado di emergenza, del livello di rischio per la popolazione e del settore di intervento. I reati commessi in occasione ed in relazione a calamità sono imprescrittibili ed i relativi procedimenti penali non sono soggetti a scadenze di alcun tipo. Lo stato di emergenza viene decretato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio stesso. In casi di estrema urgenza, nell'impossibilità di convocare il Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio può emanare la dichiarazione dello stato di emergenza anche in assenza di parere, salvo ratifica da conseguire nell'immediato.
1. 48. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera h), alinea, sostituire le parole da: specifiche modalità fino a: controllo successivo con le seguenti: anche sulla base di apposite norme speciali, specifiche modalità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile per consentire l'effettività delle relative misure e stabilirne l'efficacia limitata alla durata dello stato di emergenza stesso, in ragione della gravità dell'evento calamitoso, prevedendo trasparenti procedure di verifica successiva.
1. 172. Braga.

  Al comma 1, lettera h), alinea, sostituire le parole da: specifiche modalità fino a: controllo successivo con le seguenti: anche sulla base di apposite norme speciali, specifiche modalità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile per consentire l'effettività delle relative misure e stabilirne l'efficacia limitata alla durata della situazione di emergenza stessa, in ragione della gravità dell'evento calamitoso, prevedendo trasparenti procedure di verifica successiva.
1. 172.(Testo modificato nel corso della seduta) Braga.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera h), alinea, dopo le parole: specifiche modalità di intervento aggiungere le seguenti: dei diversi livelli di governo.
1. 173. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera h), alinea, dopo le parole: calamitoso aggiungere le seguenti: e per consentire alle strutture operative dello Stato, per la sola durata dell'emergenza qualora dichiarata, di poter passare alle dipendenze funzionali del commissario delegato, ove nominato.
1. 49. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera h), numero 1), dopo la parola: preventiva aggiungere le seguenti: e per lotti geografici.
1. 174. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera i), dopo le parole: disciplina organica aggiungere le seguenti: sia dell'aspetto finanziario dei contributi per i danni subiti da cittadini e imprese per la messa in sicurezza del territorio e per i primi interventi di emergenza, sia.
1. 53. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera i), dopo le parole: legge di stabilità e definendo aggiungere le seguenti: le dotazioni minime dei Fondi che la legge di stabilità deve comunque stanziare e.
1. 175. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera i), aggiungere, infine, le parole: nell'ambito di tali Fondi, distinzione delle risorse da destinare alle attività ordinarie di previsione e prevenzione delle calamità naturali.
1. 54. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera l), aggiungere, in fine, le parole: nonché delle modalità per la determinazione e l'impiego da parte dei commissari delegati di integrazioni finanziarie nei casi espressamente previsti dalla legge.
1. 55. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera l), aggiungere, in fine, le parole:, anche prevedendo le conseguenti riduzioni degli obiettivi di patto di stabilità interno per le amministrazioni interessate.
1. 56. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera l), aggiungere, in fine, le parole: nonché disposizioni che regolano la funzione di accertamento della massa attiva e passiva relativa alla gestione di ogni commissario delegato determinatasi fino alla cessazione dello stato di emergenza, con la conseguente istituzione di un'apposita gestione separata nella quale confluiscano crediti e debiti maturati per la loro definitiva riallocazione agli enti ordinariamente competenti, il cui bilancio consuntivo deve essere reso pubblico e consultabile sui siti web degli enti competenti.
1. 57. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera l), aggiungere, in fine, le parole:, con la conseguente istituzione di un'apposita gestione separata nella quale confluiscano crediti e debiti maturati per la loro definitiva riallocazione agli enti ordinariamente competenti. Sono altresì definite le modalità con le quali, al verificarsi di situazioni per le quali sia dichiarato lo stato di emergenza, i finanziamenti disposti e le disponibilità finanziarie derivanti da pubbliche sottoscrizioni o da contributi internazionali devono confluire in un'unica contabilità gestita dal commissario delegato che assume la qualità di funzionario delegato. Il funzionario delegato rende i conti a consuntivo annuale per capitoli di spesa distinti in oneri di gestione della struttura commissariale, in interventi urgenti di soccorso alla popolazione, in oneri per il ricovero della popolazione, in interventi infrastrutturali urgenti, in contributi assistenziali ed in altri capitoli secondo le modalità individuate nel testo unico di cui all'alinea; a decorrere dal secondo esercizio, il funzionario delegato rende i conti anche a preventivo per l'anno finanziario in corso. Alle gestioni contabili sono date le massime diffusione e trasparenza con relazione semestrale trasmessa alle Camere e pubblicata su quotidiani a diffusione nazionale. I fondi derivanti da donazioni private e da raccolta pubblica di denaro sono esenti da qualunque forma di prelievo fiscale e possono essere impiegati esclusivamente per l'attuazione di interventi urgenti di soccorso alle popolazioni. Le somme non utilizzate a tale fine al termine del primo esercizio finanziario e comunque non oltre il sesto mese a decorrere dalla dichiarazione dello stato di emergenza non possono essere computate come residuo e sono versate all'erario. Di tali fondi è reso, secondo modalità individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno specifico rendiconto trimestrale da trasmettere alle Camere e da pubblicare su quotidiani a diffusione nazionale. I decreti legislativi di cui all'alinea individuano le modalità per la determinazione e per l'impiego da parte dei funzionari delegati di eventuali ulteriori risorse, ovvero per l'utilizzo di eventuali residui o economie di appalto, che in nessun caso possono essere disposti se non a mezzo di apposita legge.
1. 58. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera m), dopo le parole: condizioni di vita aggiungere le seguenti: e di lavoro.
1. 180. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera m), dopo le parole: e delle altre misure per favorire il superamento dello stato di emergenza, aggiungere le seguenti: anche prevedendo eventuali forme di microcredito agevolato,.
*1. 60. Zaratti, Pellegrino.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera m), dopo le parole: e delle altre misure per favorire il superamento dello stato di emergenza, aggiungere le seguenti: anche prevedendo eventuali forme di microcredito agevolato,.
*1. 181. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera m), dopo le parole: nonché la ripresa economica dei soggetti privati e delle attività economiche o produttive danneggiate, aggiungere le seguenti: anche attraverso la creazione di zone franche urbane ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
1. 62. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera m), dopo le parole: nonché la ripresa economica dei soggetti privati e delle attività economiche o produttive danneggiate, aggiungere le seguenti:, al fine di garantire livelli occupazionali non inferiori a quelli precedenti l'emergenza,.
1. 182. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera m), sostituire le parole: tenendo conto di eventuali indennizzi o risarcimenti di natura assicurativa con le seguenti:, al netto di eventuali risarcimenti assicurativi ottenuti a seguito della stipulazione di contratti di assicurazione su base volontaria.
1. 63. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, lettera m), sostituire le parole: tenendo conto con le seguenti: al netto.
1. 183. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: definizione dell'ambito assicurativo e delle modalità e dei limiti di risarcimento conseguente ad eventi calamitosi ed in particolare dei criteri di formazione dei premi e dei criteri generali di valutazione del danno.
1. 65. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: le suddette misure sono commisurate ad indicatori numerici oggettivi quali il rapporto tra PIL locale e danni accertati, in modo da garantire l'omogeneità di trattamento dei territori a fronte di eventi emergenziali distinti.
1. 184. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: esclusione dell'applicabilità delle misure di cui alla presente lettera agli edifici abusivi danneggiati o distrutti.
1. 185. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: esclusione dal Patto di stabilità interno per i Comuni colpiti dagli eventi calamitosi, per sostenere la capacità di spesa per il ripristino danni e per la ricostruzione, per la messa in sicurezza di opere e luoghi, per le spese di urgenza e di quelle corrispondenti a risorse provenienti da erogazioni liberali e donazioni da privati ed imprese, nonché per tutti gli interventi di mitigazione del rischio e per le attività di Protezione civile.
1. 186. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: esclusione, per i comuni colpiti dagli eventi calamitosi, dagli obiettivi del patto di stabilità interno delle spese per il ripristino dello stato dei luoghi e per la ricostruzione, per la messa in sicurezza di opere e luoghi, delle spese per interventi di somma urgenza e delle risorse provenienti da erogazioni liberali e donazioni da privati ed imprese, nonché delle spese relative agli interventi di mitigazione del rischio e di quelle relative alle attività di protezione civile.
1. 187. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:
   m-bis) istituzione, nel rispetto dei protocolli d'intesa adottati ai sensi dell'articolo 75-bis, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, di un sistema di coordinamento tecnico-operativo tra le sale operative della protezione civile e le sale operative del Numero Unico Europeo dell'Emergenza (NUE) 112 al fine di garantire lo scambio rapido ed efficace dei dati tra i due sistemi.
1. 74. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli, Spessotto.

  Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:
   m-bis) definizione di una carta dei servizi di protezione civile, che individui le prestazioni minime del servizio di protezione civile e i relativi standard di qualità, al fine di garantire livelli omogenei di servizio sull'intero territorio nazionale, per ciascuna delle fasi di previsione, prevenzione e soccorso; previsione che in caso d'inerzia dell'ente locale competente subentri l'ente locale di livello superiore.
1. 188. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera n), sostituire le parole: del ruolo e delle responsabilità del sistema di protezione civile e con le seguenti: della filiera delle responsabilità dal livello nazionale, regionale a quello locale, evitando sovrapposizioni e nel rispetto del principio di sussidiarietà, in tutte le funzioni della protezione civile; definizione dei ruoli.
1. 189. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, lettera n), sostituire le parole: relative specifiche professionalità, con le seguenti: relativi specifici profili di professionalità di protezione civile.
1. 68. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera n), dopo le parole: specifiche professionalità aggiungere le seguenti:, organizzazione del servizio nazionale, forme di correlazione e cooperazione.
1. 66. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera n), aggiungere, in fine, le parole:, individuando le modalità e gli strumenti per l'eliminazione progressiva, e comunque, entro tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'alinea, di ogni forma di rapporto precario di lavoro del personale operante presso gli organi centrali e regionali della protezione civile instaurato entro la medesima data. Al termine di tale fase transitoria è consentito esclusivamente l'impiego di personale di ruolo o comandato da altre pubbliche amministrazioni, con la sola eccezione del personale avente qualifica di dirigente generale.
1. 69. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, lettera n), aggiungere, in fine, le parole: nonché alle modalità di comunicazione che garantiscano e certifichino un idoneo passaggio delle informazioni tra operatori diversi.
1. 70. Grimoldi.

  Al comma 1, lettera n), aggiungere, in fine, le parole: definizione di un apposito contratto collettivo nazionale di categoria per gli addetti al servizio di Protezione civile, da adottare previo confronto con le rappresentanze sindacali e con le regioni.
1. 71. Grimoldi.

  Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente:
   n-bis) previsione di opportuni strumenti per l'utilizzo di standard, anche internazionali, nella redazione dei piani di protezione civile.
1. 73. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente:
   n-bis) ruolo e responsabilità dei sindaci e del personale degli enti territoriali, anche con riferimento al recepimento delle allerte diramate da altre componenti della Protezione civile e alla pronta attuazione di pani di emergenza prestabiliti.
1. 76. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente:
   n-bis) definizione di un piano nazionale concertato a tutti i livelli istituzionali per l'ottimizzazione dell'impiego delle frequenze radio utilizzate per funzioni di previsione, prevenzione e comunicazione, sia in tempo di ordinaria amministrazione che in situazione di emergenza;.
1. 77. Grimoldi.

  Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente:
   n-bis) in riferimento alla peculiarità del ruolo, responsabilità e specifica professionalità degli operatori di protezione civile richiamati dalla lettera n), adozione di un piano straordinario finalizzato a stabilizzare i lavoratori precari presenti nel Servizio nazionale di Protezione civile, sia nelle strutture dello Stato centrale che presso le sale operative della Protezione civile regionali e nei centri funzionali decentrati della Protezione civile.
1. 190. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 2, alinea, sopprimere le parole da: nel rispetto dei principi fino a: sussidiarietà, adeguatezza e prossimità.
1. 191. Braga.
(Approvato)

  Al comma 2, alinea, sopprimere le parole: e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
*1. 192. Dellai.

  Al comma 2, alinea, sopprimere le parole: e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
*1. 193. Nicoletti.

  Al comma 2, lettera a), aggiungere, in fine, le parole:; chiara delimitazione delle tipologie di evento e dei rischi la cui competenza è attribuita al Servizio nazionale della protezione civile, includendo i soli eventi, naturali o connessi con le attività dell'uomo, i cui impatti nella società non siano programmabili. L'intervento del Servizio nazionale della protezione civile è limitato alla sola fase di assistenza alla popolazione ove necessaria qualora l'evento sia stato programmato o sia programmabile in tempo utile come nel caso di attività istituzionali, incontri, manifestazioni religiose o sportive, esposizioni ed eventi analoghi;.
1. 87. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 2, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
   b-bis) individuazione di modelli standardizzati di comunicazione del rischio anche attraverso i social network;.
1. 194. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   c-bis) diffusione di modelli informativi comuni, al fine di pervenire ad una piattaforma conoscitiva costantemente aggiornata e accessibile agli operatori del sistema;.
1. 90. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   c-bis) individuazione di standard di qualità minimi che devono essere assicurati nello svolgimento delle attività di protezione civile nelle fasi della previsione, della prevenzione e del soccorso;.
1. 94. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, la lettera d) dopo le parole: gestire le diverse attività di protezione civile aggiungere le seguenti:, ivi compresi gli aspetti relativi alla comunicazione del rischio,.
1. 300. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 2, lettera d), dopo le parole:, anche in relazione alla redazione dei piani di protezione civile, aggiungere le seguenti: e ai sistemi di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico.
1. 195. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 2, lettera d), sopprimere le parole: e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
*1. 196. Nicoletti.

  Al comma 2, lettera d), sopprimere le parole: e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
*1. 197. Dellai.

  Al comma 2, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
   d-bis) istituzione dei livelli minimi di servizio di protezione civile, con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con la Conferenza Unificata;.
1. 95. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 2, lettera e), sostituire le parole da: parametrare fino alla fine della lettera, con le seguenti: individuare criteri e metodologie omogenei per l'intero territorio nazionale, per il riconoscimento e l'erogazione di agevolazioni, contributi e forme di ristoro per i soggetti colpiti da eventi per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza.
1. 96. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.
(Approvato)

  Al comma 2, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
   e-bis) definizione di un modello fiscale solidaristico di protezione civile che consenta di porre gli interventi di prevenzione e riparazione dei danni da calamità naturali a carico della fiscalità generale, secondo i principi di progressività delle imposte e di capacità contributiva, ed escludendo forme di assicurazione obbligatoria;.
1. 98. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
   e-bis) introduzione di strumenti per assicurare trasparenza nelle committenze in emergenza.
1. 100. Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 2, dopo la lettera g) aggiungere la seguente:
   g-bis) introduzione di appositi strumenti di semplificazione volti alla riduzione degli adempimenti amministrativi e l'esonero delle pratiche di autorizzazione per l'installazione di stazioni di monitoraggio o stazioni idrometeorologiche ai fini di protezione civile, prevedendo l'eliminazione del canone per la concessione delle radiofrequenze per la trasmissione dei dati di monitoraggio in tempo reale.
1. 198. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 2, dopo la lettera g) aggiungere la seguente:
   g-bis) introduzione dell'esonero dalle pratiche di autorizzazione per l'installazione di stazioni di monitoraggio o stazioni idrometeorologiche ai fini di protezione civile.
1. 198.(Testo modificato nel corso della seduta) Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.
(Approvato)

  Al comma 2, lettera h), aggiungere, in fine, le parole: nel rispetto della Decisione 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e con il coinvolgimento delle regioni e dei i comuni, così come previsto dal trattato di Lisbona in materia di Protezione civile.
1. 103. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, lettera h), aggiungere, in fine, le parole: in particolare per quanto attiene alle funzioni preparatorie indirizzate ad affrontare le emergenze.
1. 104. Grimoldi.

  Al comma 2, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   h-bis) riconoscimento del ruolo delle regioni nella redazione della parte del Piano di gestione alluvioni di propria competenza, in attuazione della Direttiva 2007/60/CE.
1. 105. Grimoldi.

  Al comma 2, sostituire la lettera i) con la seguente:
   i) predisposizione di adeguate coperture finanziarie, anche nel caso di eventuale superamento dei limiti del patto di stabilità interno da parte degli enti territoriali che necessitano di investimenti per adeguarsi al riassetto normativo del sistema di protezione civile previsto dal comma 1.
1. 107. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, lettera i), aggiungere, in fine, le parole:, fermo restando che le somme destinate dagli enti locali a funzioni di protezione civile non sono considerate tra le spese finali di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevanti ai fini del patto di stabilità interno;.
1. 106. Grimoldi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   l) individuazione del Programma di Protezione Civile, dei piani di emergenza comunali e sovracomunali, quale strumento sovraordinato di pianificazione, necessario per l'adozione di qualunque altro strumento urbanistico locale.
1. 108. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   l) esclusione del ricorso a decreti e ordinanze contenenti norme eterogenee nelle materie di protezione civile.
1. 109. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Al fine di garantire il mantenimento di un livello di eccellenza in campo internazionale e di disporre costantemente di strumenti operativi tecnologicamente e scientificamente all'avanguardia, il decreto legislativo di cui al comma 1 promuove attività di ricerca scientifica, sviluppo tecnologico e trasferimento di conoscenze e competenze e stabilisce che il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri:
   a) possa finanziare o partecipare a progetti di ricerca applicata inerenti alla mitigazione dei rischi;
   b) possa stipulare apposite convenzioni con i centri di competenza, come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2013. L'individuazione delle attività oggetto delle convenzioni avviene in seguito alla definizione di una specifica necessità operativa da parte del Dipartimento della protezione civile, inquadrabile come attività di ricerca, e della formulazione di offerte economiche da parte dei soggetti interessati; l'individuazione del soggetto che ha presentato l'offerta qualitativamente ed economicamente migliore avviene a seguito di gara o procedimento di evidenza pubblica. Le attività possono essere inquadrate in programmi quadro pluriennali, rimodulabili annualmente. In ogni caso le convenzioni pluriennali non possono avere durata iniziale superiore a tre anni;
   c) collabora con gli ordini professionali partecipando all'aggiornamento e alla formazione dei professionisti in materia di protezione civile;
   d) collabora con le università, partecipando alla formazione degli studenti in materia di protezione civile mediante la tenuta di corsi e seminari;
   e) promuove la partecipazione degli enti locali come utilizzatori finali nei programmi sviluppati nei centri di competenza, attivando specifici meccanismi premiali nelle procedure di finanziamento delle convenzioni.
1. 199. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 3, lettera a), sostituire le parole da: disposizione della fonte fino alla fine della lettera con le seguenti: vigente disposizione della fonte normativa originaria oggetto di riassetto.
1. 200. Braga.
(Approvato)

  Al comma 3, lettera a), sostituire le parole: o, in alternativa o in aggiunta con le seguenti: e, in aggiunta.
*1. 201. Grimoldi.

  Al comma 3, lettera a), sostituire le parole: o, in alternativa o in aggiunta con le seguenti: e, in aggiunta.
*1. 202. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 3, lettera b), dopo le parole: sistematica della normativa aggiungere le seguenti: con quella nazionale e comunitaria.
1. 203. Grimoldi.

  Al comma 3, lettera d), sostituire le parole:, dell'Unione europea e delle giurisdizioni superiori con le seguenti: e dell'Unione europea.
1. 204. Braga.
(Approvato)

  Al comma 3, lettera e), sopprimere le parole:, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.
1. 205. Braga.
(Approvato)

  Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  3-bis. Relativamente allo stato di emergenza e alla disciplina delle misure da porre in essere per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi, il decreto legislativo di cui al comma 1 definisce in particolare:
   a) le prestazioni che il Servizio nazionale della protezione civile, a tutti i suoi livelli e con tutte le sue componenti, deve garantire alla cittadinanza in caso di emergenza in ambito comunale, regionale o nazionale;
   b) criteri improntati su elementi oggettivi, preferibilmente quantitativi, al fine di stabilire in modo efficiente ed efficace i casi in cui si debba riconoscere lo stato di emergenza nazionale;
   c) al fine di agevolare il ritorno alle condizioni di vita precedenti l'emergenza e di minimizzare gli effetti negativi sul tessuto produttivo e commerciale, una dotazione minima e uniforme per tutti i casi in cui siano necessari aiuti economici da destinare ad attività produttive e a cittadini colpiti direttamente da eventi calamitosi, da erogare automaticamente nei casi in cui è dichiarato lo stato di emergenza nazionale, comprendente:
    1) la sospensione, per un periodo congruo, di tasse, tributi, mutui e finanziamenti;
    2) successivamente al periodo di sospensione, un piano di rateizzazione per il rientro dalla posizione debitoria;
    3) un fondo di compensazione, finanziato e garantito dalla società Cassa depositi e prestiti Spa, per coprire i mancati introiti dell'amministrazione pubblica o di soggetti privati, dovuti alle misure di cui ai numeri 1) e 2);
   d) le norme che disciplinano il recupero, la rimozione e lo smaltimento di materiali di origine naturale danneggiati o trasferiti durante gli eventi calamitosi, con particolare riferimento ai sedimenti fluviali, ai corpi di frana e agli alberi abbattuti o resi pericolanti a causa di eventi atmosferici eccezionali, al fine di consentire il ritorno alla normalità in tempi brevi e una dotazione minima e uniforme per tutti i casi in cui siano necessari aiuti economici;
   e) il regime derogatorio alla normativa vigente in materia di forniture di materiali e di servizi, in modo che, garantendo la massima trasparenza e ricorrendo anche ad appositi albi di fornitori provvisti di tariffari, in caso di dichiarazione dello stato di emergenza in seguito a eventi calamitosi, sia possibile ricorrere in tempi rapidi a una filiera dei soccorsi e dell'emergenza a chilometro zero in cui i generi di prima necessità, i servizi e i materiali acquistati e i soggetti che li forniscono provengano prioritariamente alle stesse aree colpite dalla calamità.
1. 110. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  3-bis. In sede di emanazione dei decreti di cui al comma 1, il Governo dà pieno recepimento alla decisione 91/396/CEE e alla direttiva 2002/22/CE, relative all'introduzione di un numero unico europeo per le chiamate di emergenza, estendendo all'intero territorio nazionale la sperimentazione già avviata in Lombardia dal 2010, introducendo il 112 come numero unico dell'emergenza e quindi anche come primo contatto nella filiera di risposte di protezione civile.
1. 206. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 4, sopprimere le parole: e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
*1. 208. Dellai.

  Al comma 4, sopprimere le parole: e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
*1. 209. Nicoletti.

Subemendamento all'emendamento 1. 400 del Governo

  All'emendamento 1. 400, sostituire le parole: con i con le seguenti: con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con gli altri.
0. 1. 400. 1. Grimoldi.

  Al comma 5, primo periodo, sostituire le parole da: con il Ministro per la semplificazione fino a: con gli altri Ministri con le seguenti: con i Ministri
1. 400. Governo.
(Approvato)

  Al comma 5, primo periodo, sostituire le parole da: dei pareri del Consiglio di Stato fino alla fine del comma con le seguenti: del parere del Consiglio di Stato, che è reso nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso, corredato di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato.

  Conseguentemente dopo il comma 5 aggiungere il seguente: 5-bis. Dall'attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
1. 500. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

  Al comma 5, primo periodo, dopo le parole: dei pareri aggiungere la seguente: vincolanti.

  Conseguentemente, sopprimere il secondo periodo.
1. 112. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi.

  Al comma 5, primo periodo, dopo le parole: dei pareri aggiungere la seguente: vincolanti.
1. 111. Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.

  Al comma 5, primo periodo, sopprimere le parole: che sono resi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Decorsi inutilmente i termini di cui al presente comma, i decreti legislativi sono comunque adottati.

  Conseguentemente:
   dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
  5-bis. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo trasmette alle Camere gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, accompagnati dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Ciascuna Commissione esprime il proprio parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi, indicando specificamente le eventuali disposizioni ritenute non conformi ai principi e ai criteri direttivi di cui alla presente legge. Al fine della verifica dell'attuazione del principio di cui al comma 2, lettera i), i predetti schemi devono altresì essere corredati di relazione tecnica. Il Governo, tenuto conto dei pareri di cui al comma 5 ed al presente comma, entro quarantacinque giorni dalla data di espressione del parere parlamentare, ritrasmette alle Camere, con le sue osservazioni e con le eventuali modificazioni, i testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Il mancato rispetto, da parte del Governo, dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi comporta la decadenza dall'esercizio della delega legislativa.;

   al comma 6, sostituire le parole: del comma 5 con le seguenti: dei commi 5 e 5-bis.
1. 210. Grimoldi.

  Al comma 5, sopprimere il secondo periodo.
1. 211. Grimoldi.

  Al comma 5, secondo periodo, dopo le parole: Decorsi inutilmente i termini di cui al presente comma aggiungere le seguenti: per l'acquisizione dei pareri.
1. 212. Grimoldi.

  Al comma 6, aggiungere, in fine, il seguente periodo: I decreti correttivi di cui al presente comma sono adottati previa acquisizione dei pareri vincolanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti, resi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.
1. 116. Terzoni, Mannino, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Zolezzi, Vignaroli.

  Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
  6-bis. Sono esclusi dall'ambito di applicazione dei decreti legislativi di cui al comma 1 gli interventi per la ricostruzione definitiva nelle aree colpite da calamità e le situazioni connesse all'evoluzione di crisi internazionali e ai flussi migratori di popolazioni, al diffondersi di fenomeni epidemiologici o pandemici, agli atti di terrorismo anche internazionale ad eccezione del soccorso alle popolazioni, all'igiene e alla salubrità dei luoghi, alla organizzazione di eventi comunque connessi con manifestazioni nazionali od internazionali di carattere politico, religioso, artistico, sociale o sportivo, all'ordine pubblico.
1. 117. Zaratti, Pellegrino.

  Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
  6-bis. Le metodologie e le regole tecnico-economiche in materia di protezione civile sono definite con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
1. 118. Zaratti, Pellegrino.

  Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
  6-bis. Sono fatte salve le competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano attribuite dallo Statuto speciale approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e dalle relative norme di attuazione.
*1. 213. Nicoletti.

  Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
  6-bis. Sono fatte salve le competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano attribuite dallo Statuto speciale approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e dalle relative norme di attuazione.
*1. 214. Dellai.

A.C. 2607-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera
   premesso che:
    i sempre più frequenti fenomeni alluvionali e calamitosi che colpiscono il nostro Paese, dimostrano ogni giorno di più l'estrema fragilità del territorio italiano e la necessità di una sua ormai improcrastinabile messa in sicurezza complessiva, contestualmente a una sostenibile pianificazione urbanistica e del territorio;
    gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono ormai tali che gli eventi estremi in Italia hanno subito un aumento esponenziale, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni ’90, a 4-5 all'anno;
    a ciò si aggiunga il fatto che l'Italia è un Paese ad elevata sismicità, e il mancato investimento in prevenzione e in adeguamenti antisismici degli immobili e delle infrastrutture presenti nel nostro territorio, fa sì che l'Italia paghi pesantemente in termini di sicurezza per i cittadini;
    è quindi sempre più evidente il ruolo fondamentale e centrale che in tale contesto può e deve avere il sistema nazionale di Protezione civile, la cui normativa è oggetto di revisione da parte del provvedimento ora all'esame dell'Aula;
    la Protezione civile si trova troppo spesso costretta ad affrontare situazioni di emergenza con vari livelli di gravità, in sostanziale assenza di una efficace azione di contrasto e di prevenzione dei fenomeni calamitosi;
    le risorse assegnate al Fondo per protezione civile, e più in generale gli stanziamenti relativi alle calamità e alla protezione civile, in questi ultimi anni si sono dimostrate del tutto insufficienti;
    gli insufficienti finanziamenti sia al sistema nazionale di protezione civile che per la messa in sicurezza del territorio, mettono fortemente a rischio non solo lo svolgimento delle attività della Protezione civile, ma anche ogni seria attività di prevenzione degli eventi calamitosi;
    lo stesso Fondo Regionale di Protezione Civile, che ha permesso, dal momento della sua artivazione avvenuta con l'articolo 138, comma 16, della legge n. 388/2000, di realizzare un efficace sistema nazionale di protezione civile articolato sul territorio, non è stato più rifinanziato, L'ultima annualità finanziata del Fondo è stata il 2008 (erogata nel corso del 2010);
    ricordiamo che l'impiego delle risorse del suddetto Fondo hanno permesso di fronteggiare con efficacia i numerosi eventi calamitosi di rilievo regionale verificatisi in questi ultimi anni, permettendo alle strutture nazionali della protezione civile italiana di concentrarsi sulle emergenze di grandi proporzioni,

impegna il Governo:

   a stanziare, già dalla prossima legge di stabilità, congrue risorse a favore della protezione civile e del Fondo per le emergenze;
   a prevedere, in particolare, adeguati stanziamenti, anche nelle more della prevista revisione della normativa in materia di Protezione civile, del Fondo regionale di protezione civile al fine di garantire un suo utilizzo sistematico per finanziare gli interventi in caso di eventi calamitosi di livello locale o regionale;
   nell'ambito delle politiche infrastrutturali, a dare effettiva priorità e la necessaria accelerazione, in accordo con le Regioni, agli interventi e alle opere finalizzate alla difesa del suolo e al contrasto al dissesto idrogeologico.
9/2607-A/1Pellegrino, Zaratti.


   La Camera
   premesso che:
    i sempre più frequenti fenomeni alluvionali e calamitosi che colpiscono il nostro Paese, dimostrano ogni giorno di più l'estrema fragilità del territorio italiano e la necessità di una sua ormai improcrastinabile messa in sicurezza complessiva, contestualmente a una sostenibile pianificazione urbanistica e del territorio;
    gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono ormai tali che gli eventi estremi in Italia hanno subito un aumento esponenziale, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni ’90, a 4-5 all'anno;
    a ciò si aggiunga il fatto che l'Italia è un Paese ad elevata sismicità, e il mancato investimento in prevenzione e in adeguamenti antisismici degli immobili e delle infrastrutture presenti nel nostro territorio, fa sì che l'Italia paghi pesantemente in termini di sicurezza per i cittadini;
    è quindi sempre più evidente il ruolo fondamentale e centrale che in tale contesto può e deve avere il sistema nazionale di Protezione civile, la cui normativa è oggetto di revisione da parte del provvedimento ora all'esame dell'Aula;
    la Protezione civile si trova troppo spesso costretta ad affrontare situazioni di emergenza con vari livelli di gravità, in sostanziale assenza di una efficace azione di contrasto e di prevenzione dei fenomeni calamitosi;
    le risorse assegnate al Fondo per protezione civile, e più in generale gli stanziamenti relativi alle calamità e alla protezione civile, in questi ultimi anni si sono dimostrate del tutto insufficienti;
    gli insufficienti finanziamenti sia al sistema nazionale di protezione civile che per la messa in sicurezza del territorio, mettono fortemente a rischio non solo lo svolgimento delle attività della Protezione civile, ma anche ogni seria attività di prevenzione degli eventi calamitosi;
    lo stesso Fondo Regionale di Protezione Civile, che ha permesso, dal momento della sua artivazione avvenuta con l'articolo 138, comma 16, della legge n. 388/2000, di realizzare un efficace sistema nazionale di protezione civile articolato sul territorio, non è stato più rifinanziato, L'ultima annualità finanziata del Fondo è stata il 2008 (erogata nel corso del 2010);
    ricordiamo che l'impiego delle risorse del suddetto Fondo hanno permesso di fronteggiare con efficacia i numerosi eventi calamitosi di rilievo regionale verificatisi in questi ultimi anni, permettendo alle strutture nazionali della protezione civile italiana di concentrarsi sulle emergenze di grandi proporzioni,

impegna il Governo:

   a stanziare, compatibilmente con i vincoli di bilancio già dalla prossima legge di stabilità, congrue risorse a favore della protezione civile e del Fondo per le emergenze;
   a valutare l'opportunità di prevedere, in particolare, adeguati stanziamenti, anche nelle more della prevista revisione della normativa in materia di Protezione civile, del Fondo regionale di protezione civile al fine di garantire un suo utilizzo sistematico per finanziare gli interventi in caso di eventi calamitosi di livello locale o regionale;
   nell'ambito delle politiche infrastrutturali, a dare effettiva priorità e la necessaria accelerazione, in accordo con le Regioni, agli interventi e alle opere finalizzate alla difesa del suolo e al contrasto al dissesto idrogeologico.
9/2607-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    gli organi della Protezione Civile utilizzano costantemente personale precario, sia presso le strutture dello Stato centrale che presso gli organi periferici di diversi enti pubblici;
    tale personale, tuttavia, assolve a compiti di previsione, prevenzione e protezione che comportano notevoli responsabilità, come l'attività costante di presidio del territorio, e la tutela dell'incolumità dei cittadini nel caso in cui si verifichino eventi calamitosi;
    è evidente come, di fronte a tale ruolo, il personale debba essere messo nelle condizioni di operare serenamente e stabilmente, data l'importanza delle funzioni ad esso attribuite;
    sulla scia del terribile sisma che ha colpito il territorio abruzzese il 6 aprile 2009, l'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, aveva disposto «anche in deroga al limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti ed al fine di assicurare la piena operatività del Servizio nazionale di protezione civile per fronteggiare le crescenti richieste d'intervento in tutti i contesti di propria competenza [...] il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad avviare procedure straordinarie di reclutamento», prevedendo dunque la stabilizzazione di parte del personale operante presso gli organi centrali;
    nel corso degli ultimi anni, tuttavia, si sono verificati numerosi casi in cui il mancato rinnovo o la cessazione dei contratti di lavoro di dipendenti precari, soprattutto presso le strutture periferiche, ha provocato grandi disagi sia per chi si trovava a perdere il posto di lavoro sia per l'operatività stessa del Centro Funzionale o della struttura amministrativa e tecnica in questione;
    si ricorda, in particolar modo, quanto verificatosi nel corso di quest'anno nella regione Molise e negli anni precedenti in Sicilia, Abruzzo, Campania;
    è necessario, dunque, estendere le deroghe di cui al decreto-legge 13 dicembre 2009, n. 195, a tutto il personale operante presso le strutture della Protezione Civile, superando il blocco delle assunzioni e i limiti imposti dal patto di stabilità che non consentono di garantire un servizio tanto fondamentale per le popolazioni, attraverso un piano assunzionale che non intervenga, come avvenuto, solo sulla scia di drammatiche situazioni emergenziali;
    appare evidente come, nel contesto di una riforma del Sistema nazionale di Protezione Civile, sia opportuno individuare un modello di welfare e di tutela del lavoratore che assicuri la progressiva stabilizzazione del personale precario,

impegna il Governo

ad individuare modalità e strumenti volti a prevedere l'eliminazione progressiva di ogni forma di rapporto precario del personale operante presso gli organi centrali e le strutture periferiche della protezione civile, prevedendo successivamente l'impiego esclusivo di personale di ruolo o comandato da altre pubbliche amministrazioni, con l'eccezione del personale avente qualifica di dirigente generale.
9/2607-A/2Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato all'esame dell'Assemblea, delega il Governo al riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale e coordinamento della protezione civile, con la finalità di effettuare una revisione complessiva della normativa di riferimento;
    il provvedimento in particolare, prevede che, fra gli ambiti di intervento e delle funzioni attribuite al servizio nazionale della protezione civile la lettera m) del comma 1 dell'articolo 1, disciplini le misure da adottare per rimuovere gli ostacoli per la ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, consistenti negli interventi di prevenzione e di ripristino dei territori, delle opere e delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico danneggiate;
    al riguardo, gli effetti derivanti dagli eventi calamitosi, che hanno compromesso la vita dei cittadini, i loro beni primari e il sistema economico-sociale di importanti regioni, città storiche, territori minori e disagiati, hanno determinato molto spesso, conseguenze estremamente negative e penalizzanti sulle comunità locali colpite da tali avversità naturali, con riferimento ai diversi adempimenti fiscali e finanziari sui soggetti interessati da tali eventi, le cui misure nell'impianto normativo del provvedimento in titolo, non sono tuttavia contemplate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso dei successivi provvedimenti in materia e compatibilmente con i vincoli di bilancio, interventi volti alla sospensione, per il periodo necessario, di tasse, tributi,
mutui e finanziamenti, nei confronti dei soggetti colpiti direttamente da eventi calamitosi, da erogare automaticamente nei casi in cui viene dichiarato lo stato di emergenza nazionale.
9/2607-A/3Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia non ha mai realizzato un Servizio meteorologico nazionale civile ed è assieme alla Grecia, l'unico paese europeo sprovvisto di un così importante organismo;
    al Servizio meteorologico dell'Aeronautica militare, lo Smam, che ha prevalenti e precisi compiti istituzionali di assistenza al volo militare, tutti i governi hanno sempre chiesto di supplire istituzionalmente, di farne le funzioni, dotandolo peraltro sempre di risorse complessive risibili rispetto a quelle dei corrispondenti servizi meteo delle altre nazioni europee di bilancio paragonabile;
    a causa di ciò molte regioni italiane si sono già da alcuni decenni dotate di strutture operative tecnico-scientifiche, i Servizi meteo regionali, talvolta incardinati nelle Arpa, che hanno il compito di rispondere alla domanda di prodotti e servizi locali e specialistici, domanda alla quale Smam non ha mai potuto far fronte;
    l'istituzione di un Servizio meteorologico nazionale distribuito (Smnd) che mettesse a sistema Smam e i servizi regionali è stato già previsto in atti normativi: per la prima volta nella in un decreto attuativo del decreto Bassanini, precisamente all'articolo 111 del decreto legislativo 112 del 1998, ma i successivi provvedimenti attuativi non hanno mai visto la luce e così il decreto è scaduto da decenni, senza realizzare il Smnd;
    più di recente è stata reiterata l'istituzione del Servizio meteorologico nazionale distribuito all'interno della legge di riordino del Sistema di protezione civile previsto nel comma 4, articolo 3-bis, della legge n. 100 del 2012;
    in conseguenza di questo atto, il Dipartimento della protezione civile ha istituito un gruppo di lavoro tecnico che ha prodotto una bozza dell'ulteriore Dpr necessario a dar vita reale al Smnd, come previsto dalla legge 100;
    la bozza è sempre rimasta tale, il Dpr non è mai stato emanato e del Servizio meteorologico nazionale distribuito attendiamo ancora l'istituzione poiché neanche nella legge appena approvata ve n’è traccia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare tutte le opportune iniziative necessarie alla realizzazione del Servizio metereologico nazionale distribuito.
9/2607-A/4Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Rizzetto, Prodani, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 12 agosto 2015 il comprensorio dell'alto jonio cosentino e la zona della sibaritide è stato colpito da un violentissimo evento alluvionale per il quale il Governo a fine agosto ha dichiarato lo stato di emergenza;
    notevoli sono stati i danni al patrimonio pubblico e privato alle infrastrutture, alle attività produttive, alle strutture ricettive e turistiche;
    sono tuttora in corso le procedure per il riconoscimento dello stato di calamita naturale e c’è preoccupazione anche per l'avvicinarsi delle piogge autunnali e invernali;
    tra i comprensori colpiti vi è quello del comune di Mirto Crosia che ha subito anch'esso notevoli danni ma non compreso nel provvedimento di riconoscimento dello stato di emergenza e che ha dovuto affrontare spese per interventi di somma urgenza i quali ora risultano essere debito fuori bilancio;
    il caso di Mirto Crosia pone la questione di prevedere meccanismi automatici per il riconoscimento delle situazioni di emergenza legate ad eventi calamitosi che il presente provvedimento interviene meglio a regolamentare dal punto di vista normativo ma in attesa dell'esercizio della delega si verificano situazioni paradossali come quella citata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative al fine di estendere anche il comune di Mirto Corsia il riconoscimento dello stato di emergenza ed evitare una esclusione che penalizza una comunità duramente provata dall'evento calamitoso.
9/2607-A/5Covello.


   La Camera,
   premesso che:
    nel pomeriggio di lunedì 14 settembre una eccezionale tromba d'aria ha colpito violentemente il territorio dei comuni di Morgano, Istrana, Vedelago, Resana e Quinto di Treviso, nella provincia di Treviso, danneggiando manti di copertura, guaine, lattonerie, camini, recinzioni, cancelli ed alberature di circa 50 edifici con relative pertinenze, pioppeti, serre e colture agricole, autovetture, attrezzature eccetera, nonché linee aeree elettriche, telefoniche e di pubblica illuminazione, segnaletica stradale verticale e alberature;
    l'evento atmosferico ha interessato non solo residenze e relative pertinenze ma anche colture e pioppeti;
    in particolare, nel comune di Morgano, il più colpito dalle avversità atmosferiche, l'evento meteorologico ha interessato circa 30 edifici, di cui 12 hanno subito gravi danni; i danni rilevati agli edifici, alle pertinenze e ai giardini riguardano prevalentemente scoperchiamento di tetti, danneggiamento di grondaie, finestre, persiane e tendaggi, distacchi di balconi, distruzione di tettoie, pertinenze e giardini; i detriti volanti a forte velocità hanno danneggiato intonaci, pitture e coibentazioni di edifici; alcuni impianti fotovoltaici e solari sono stati messi fuori uso; un fabbricato di civile abitazione, fortunatamente non abitato, è stato completamente distrutto; anche le infrastrutture pubbliche hanno subito danni consistenti; in particolare hanno subito danni le linee di illuminazione, la cartellonistica, le linee telefoniche e le alberature;
    da una prima stima, il comune di Morgano ha subito danni per un ammontare di circa un milione di euro mentre i danni complessivi subiti da tutti i cinque comuni colpiti sono stimabili in circa 3 milioni di euro;
    nell'attesa del completamento delle indagini per la quantificazione definitiva dei danni, i sindaci dei comuni colpiti hanno formulato la richiesta per la dichiarazione dello stato di crisi alla regione;
    occorre aiutare economicamente la cittadinanza per ripristinare i danni subiti, tenendo conto che, per poter tornare alle normali condizioni di vita, nella maggior parte dei casi, i cittadini devono dar fondo a piccoli risparmi di una vita di lavoro e di sacrifici,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative per poter dichiarare lo «stato di emergenza» a livello nazionale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, per i territori dei comuni di Morgano, Istrana, Vedelago, Resana e Quinto di Treviso, della provincia di Treviso, colpiti dalla tromba d'aria del 14 settembre 2015, prevedendo, nell'immediato, un adeguato sostegno finanziario per assicurare l'attuazione degli interventi indifferibili e urgenti necessari a garantire la pubblica incolumità e il ripristino dei danni subiti dal patrimonio pubblico e privato e per il ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione.
9/2607-A/6Fedriga, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    nel pomeriggio di lunedì 14 settembre una eccezionale tromba d'aria ha colpito violentemente il territorio dei comuni di Morgano, Istrana, Vedelago, Resana e Quinto di Treviso, nella provincia di Treviso, danneggiando manti di copertura, guaine, lattonerie, camini, recinzioni, cancelli ed alberature di circa 50 edifici con relative pertinenze, pioppeti, serre e colture agricole, autovetture, attrezzature eccetera, nonché linee aeree elettriche, telefoniche e di pubblica illuminazione, segnaletica stradale verticale e alberature;
    l'evento atmosferico ha interessato non solo residenze e relative pertinenze ma anche colture e pioppeti;
    in particolare, nel comune di Morgano, il più colpito dalle avversità atmosferiche, l'evento meteorologico ha interessato circa 30 edifici, di cui 12 hanno subito gravi danni; i danni rilevati agli edifici, alle pertinenze e ai giardini riguardano prevalentemente scoperchiamento di tetti, danneggiamento di grondaie, finestre, persiane e tendaggi, distacchi di balconi, distruzione di tettoie, pertinenze e giardini; i detriti volanti a forte velocità hanno danneggiato intonaci, pitture e coibentazioni di edifici; alcuni impianti fotovoltaici e solari sono stati messi fuori uso; un fabbricato di civile abitazione, fortunatamente non abitato, è stato completamente distrutto; anche le infrastrutture pubbliche hanno subito danni consistenti; in particolare hanno subito danni le linee di illuminazione, la cartellonistica, le linee telefoniche e le alberature;
    da una prima stima, il comune di Morgano ha subito danni per un ammontare di circa un milione di euro mentre i danni complessivi subiti da tutti i cinque comuni colpiti sono stimabili in circa 3 milioni di euro;
    nell'attesa del completamento delle indagini per la quantificazione definitiva dei danni, i sindaci dei comuni colpiti hanno formulato la richiesta per la dichiarazione dello stato di crisi alla regione;
    occorre aiutare economicamente la cittadinanza per ripristinare i danni subiti, tenendo conto che, per poter tornare alle normali condizioni di vita, nella maggior parte dei casi, i cittadini devono dar fondo a piccoli risparmi di una vita di lavoro e di sacrifici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le opportune iniziative per poter dichiarare lo «stato di emergenza» a livello nazionale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, per i territori dei comuni di Morgano, Istrana, Vedelago, Resana e Quinto di Treviso, della provincia di Treviso, colpiti dalla tromba d'aria del 14 settembre 2015, prevedendo, nell'immediato, un adeguato sostegno finanziario per assicurare l'attuazione degli interventi indifferibili e urgenti necessari a garantire la pubblica incolumità e il ripristino dei danni subiti dal patrimonio pubblico e privato e per il ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione.
9/2607-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    nella notte tra il 13 e 14 settembre, un evento atmosferico eccezionale di particolare violenza ha colpito le regioni del Nord del Paese ed in particolare il Piacentino e la Liguria;
    secondo gli esperti, le precipitazioni nel piacentino hanno avuto intensità con tempi di ritorno superiori a 50 anni e con punte in diverse località superiori a 500 anni; tali dati provengono dall'analisi statistica del servizio IdroMeteoClima dell'Arpa Emilia-Romagna che ha prodotto un resoconto di severità delle precipitazioni, effettuato mettendo a confronto le piogge osservate e i riferimenti storici disponibili;
    in particolare in Val Nure e in Valtrebbia frane e allagamenti hanno devastato il paesaggio, inghiottito strade e auto, causato morti e dispersi, interrotto strade provinciali creato danni alle reti gas e elettriche, ai beni pubblici e privati, allagato case, cantine, negozi e aziende. Nella montagna piacentina è crollato il 40 per cento degli argini; gravi danni sono stati registrati a Roncaglia, frazione di Piacenza, ai comuni di Bettola e Farini e ad altre località del territorio piacentino colpito;
    i cittadini lamentano la mancanza di comunicazione in quanto nessuno li aveva avvertiti dell'arrivo della piena, nonostante fosse arrivata due ore dopo rispetto ai disastri provocati nelle due vallate all'alba, e hanno chiesto chiarimenti sulla gestione della diga di Brugneto per capire se ci sia stata un'apertura improvvisa della Diga che abbia influito sull'intensità dell'alluvione;
    in occasione di precedenti eventi calamitosi, come l'alluvione del 17 gennaio 2014 e il terremoto del 20 e 29 maggio 2012, sempre nella regione Emilia Romagna, l'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2015 (disposizioni urgenti in materia di enti territoriali) ha previsto l'istituzione nei comuni colpiti di zone franche urbane, ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296, allo scopo di permettere soprattutto alle piccole imprese danneggiate di risollevarsi, e tale disciplina dovrebbe essere estesa di prassi a tutte le calamità naturali di analoga violenza,

impegna il Governo:

   a dichiarare nell'immediato lo stato di emergenza a livello nazionale per i territori colpiti dall'alluvione, prevedendo la deroga dal patto di stabilità per i comuni colpiti e la sospensione dei versamenti di tributi e contributi per i cittadini danneggiati e, inoltre, ad istituire una commissione ministeriale d'inchiesta per accertare eventuali responsabilità dovute alla gestione e adottare gli opportuni provvedimenti, anche di natura disciplinare, nei confronti dei responsabili;
   a provvedere ad un'immediata semplificazione della normativa al fine di favorire ed agevolare la dovuta pulizia e manutenzione degli alvei dei corsi d'acqua presenti nei vari territori, anche al fine di abbassarne il livello d'acqua rendendone più sicuro ed omogeneo il corso;
    ad adottare gli opportuni provvedimenti di carattere legislativo ai fini dell'istituzione di zone franche urbane, ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei territori colpiti dalle avversità atmosferiche del 13 e 14 settembre scorso, per poter garantire, attraverso agevolazioni fiscali, la ripresa delle attività economiche o produttive danneggiate, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese.
9/2607-A/7Guidesi.


   La Camera,
   esaminato l'AC 2607 recante delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile;
   premesso che:
    il territorio del nostro Paese è estremamente fragile e in crescente pericolo di dissesto;
    l'incremento della temperatura del Mar Mediterraneo e le conseguenti piogge torrenziali che colpiscono ripetutamente il Paese creano frane, allagamenti e straripamenti dei fiumi, da Nord a Sud, e mettono in ginocchio cittadini e aziende;
    l'abbandono dei terreni montani, il disboscamento, la forte espansione edilizia, la costruzione, spesso abusiva, sui versanti a rischio, la mancata pulizia dei corsi d'acqua, la forte antropizzazione e la cementificazione di lunghi tratti dei fiumi e dei torrenti contribuiscono all'aumento dell'esposizione della popolazione al rischio idrogeologico e ad alluvioni;
    ciascun S.O.S. idrogeologico lanciato dalla Protezione Civile riporta alla ribalta i problemi cronici della mancanza di programmi di prevenzione e soprattutto della mancanza di risorse appropriate da destinare a pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del suolo e dei corsi d'acqua, che siano in grado di mantenere in uno stato di concreta sicurezza le aree più sensibili;
    spesso i comuni dispongono di risorse proprie che potrebbero destinare ad opere per la difesa del suolo, alla pulizia dei fiumi e alla prevenzione del dissesto idrogeologico e non le possono spendere per i limiti imposti dal patto di stabilità interno,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per consentire nell'immediato l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno delle spese degli enti locali destinate ad interventi di prevenzione, manutenzione del territorio e contrasto al dissesto idrogeologico.
9/2607-A/8Grimoldi.


   La Camera,
   esaminato l'AC 2607 recante delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile;
   premesso che:
    nei giorni dal 4 al 7 febbraio 2015 eccezionali avversità atmosferiche hanno colpito il territorio della regione Emilia-Romagna, di cui alla deliberazione dello stato di emergenza del 12 marzo 2015, Pubblicato su G.U. n. 70 del 25 marzo 2015;
    le piogge intense e persistenti, con valori cumulati anche superiori a 100 mm, hanno interessato le province centrorientali, la pedecollina e la pianura romagnola, e hanno causato lo straripamento dei corsi d'acqua e ingenti danni al territorio;
    in particolare, sulle coste romagnole, la notte tra il 5 e il 6 febbraio si è abbattuta una violenta mareggiata che per l'intensità del fenomeno e per i danni che ha prodotto, può essere annoverato tra quelli più drammatici degli ultimi 50 anni. La concomitanza di onde estreme (con altezza superiore ai 4 m) e di valori di acqua alta eccezionali (121 m s.l.m.) hanno prodotto prima l'erosione della spiaggia e degli argini invernali, e poi l'allagamento delle infrastrutture turistiche e degli abitati; l'evento si è manifestato con maggiore intensità nel settore centrale afferente alle province di Forlì-Cesena e Ravenna; tra le località più colpite Cervia, Milano Marittima, Lido di Savio, Lido di Classe, Lido Adriano e Punta Marina, che hanno prodotto importanti fenomeni di overwash;, in particolare a Lido di Savio il centro abitato è stato invaso completamente dalle acque del mare, con demolizione delle dune di protezione invernale e scavalco dei muretti posti nell'area retrostante le strutture balneari, raggiungendo altezze di oltre 1 metro d'acqua nelle vie interne;
    le strade, i piani terra delle abitazioni e gli scantinati sono stati completamente invasi da acqua salata e sedimento che hanno gravemente danneggiato automobili, impianti, mobili e suppellettili, provocando l'interruzione dei servizi elettrici, acqua e gas. Sulla base delle ricostruzioni effettuate, l'evento si può paragonare alle mareggiate del 4 novembre 1966, 31 gennaio-2 febbraio 1986 e 26-27 dicembre 1996, ma il fenomeno è stato aggravato dalla concomitanza di precipitazioni eccezionali che hanno prodotto esondazioni di fiumi e canali nelle aree di foce;
    la concomitanza dell'alta marea lunare con la mareggiata ha danneggiato circa 110 stabilimenti balneari per circa 6 milioni di danni; alcuni stabilimenti sono dovuti essere ricostruiti completamente con perdite di attrezzature di bar, ristoranti, alberghi e negozi; i problemi sono stati gravi anche a causa della precarietà dei manufatti, visto il divieto vigente di costruire strutture con fondazione e l'obbligo di utilizzo di materiali autobloccanti;
    contestualmente alla dichiarazione dello Stato di emergenza il Governo ha stanziato 13,8 milioni di euro per il risarcimento dei danni per gli eventi atmosferici che hanno colpito la Regione Emilia-Romagna ma risulta che le risorse non sono ancora arrivate alle imprese balneari che hanno dovuto anticipare risorse proprie per far fronte alla stagione estiva;
    purtroppo la costa romagnola è spesso sottoposta a fenomeni atmosferici calamitosi, che si ripetono periodicamente con maggiore o minore intensità e che mettono in ginocchio le imprese balneari, fisicamente, moralmente ed economicamente, anche in considerazione dell'arretramento della costa negli ultimi anni a causa dell'erosione marina;
    il 25 luglio scorso un'incredibile tromba d'aria, acqua e grandine si è abbattuta su Pinarella di Cervia provocando gravi danni ad almeno una decina di stabilimenti e distruggendo ombrelloni, lettini e vetrine; il fenomeno, nonostante fosse di rilevante intensità, si è dimostrato di localizzazione puntuale e si è valutato come minore e locale, aggiungendosi ai tanti che colpiscono la riviera e che ricadono economicamente per intero sull'impegno dei gestori ai fini della ricostruzione degli impianti,

impegna il Governo:

   nell'ambito dei programmi di finanziamento per la prevenzione del rischio idrogeologico ad adottare provvedimenti urgenti per le opere di prevenzione dei danni e difesa invernale dei territori costieri, con particolare riferimento alle caratteristiche peculiari degli arenili romagnoli, e per il sostegno degli stabilimenti balneari ivi esistenti che sono costretti a ripetuti interventi di ripristino e manutenzione delle proprie strutture sottoposte a fenomeni atmosferici calamitosi di particolare intensità;
   ad individuare i motivi dei ritardi dell'assegnazione dei risarcimenti alle imprese balneari colpite dalla mareggiata del 5 e 6 febbraio scorso e ad adottare le iniziative di propria competenza per l'assegnazione delle risorse;
9/2607-A/9Gianluca Pini.


   La Camera,
   esaminato l'AC 2607 recante delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile;
   premesso che:
    nei giorni dal 4 al 7 febbraio 2015 eccezionali avversità atmosferiche hanno colpito il territorio della regione Emilia-Romagna, di cui alla deliberazione dello stato di emergenza del 12 marzo 2015, Pubblicato su G.U. n. 70 del 25 marzo 2015;
    le piogge intense e persistenti, con valori cumulati anche superiori a 100 mm, hanno interessato le province centrorientali, la pedecollina e la pianura romagnola, e hanno causato lo straripamento dei corsi d'acqua e ingenti danni al territorio;
    in particolare, sulle coste romagnole, la notte tra il 5 e il 6 febbraio si è abbattuta una violenta mareggiata che per l'intensità del fenomeno e per i danni che ha prodotto, può essere annoverato tra quelli più drammatici degli ultimi 50 anni. La concomitanza di onde estreme (con altezza superiore ai 4 m) e di valori di acqua alta eccezionali (121 m s.l.m.) hanno prodotto prima l'erosione della spiaggia e degli argini invernali, e poi l'allagamento delle infrastrutture turistiche e degli abitati; l'evento si è manifestato con maggiore intensità nel settore centrale afferente alle province di Forlì-Cesena e Ravenna; tra le località più colpite Cervia, Milano Marittima, Lido di Savio, Lido di Classe, Lido Adriano e Punta Marina, che hanno prodotto importanti fenomeni di overwash;, in particolare a Lido di Savio il centro abitato è stato invaso completamente dalle acque del mare, con demolizione delle dune di protezione invernale e scavalco dei muretti posti nell'area retrostante le strutture balneari, raggiungendo altezze di oltre 1 metro d'acqua nelle vie interne;
    le strade, i piani terra delle abitazioni e gli scantinati sono stati completamente invasi da acqua salata e sedimento che hanno gravemente danneggiato automobili, impianti, mobili e suppellettili, provocando l'interruzione dei servizi elettrici, acqua e gas. Sulla base delle ricostruzioni effettuate, l'evento si può paragonare alle mareggiate del 4 novembre 1966, 31 gennaio-2 febbraio 1986 e 26-27 dicembre 1996, ma il fenomeno è stato aggravato dalla concomitanza di precipitazioni eccezionali che hanno prodotto esondazioni di fiumi e canali nelle aree di foce;
    la concomitanza dell'alta marea lunare con la mareggiata ha danneggiato circa 110 stabilimenti balneari per circa 6 milioni di danni; alcuni stabilimenti sono dovuti essere ricostruiti completamente con perdite di attrezzature di bar, ristoranti, alberghi e negozi; i problemi sono stati gravi anche a causa della precarietà dei manufatti, visto il divieto vigente di costruire strutture con fondazione e l'obbligo di utilizzo di materiali autobloccanti;
    contestualmente alla dichiarazione dello Stato di emergenza il Governo ha stanziato 13,8 milioni di euro per il risarcimento dei danni per gli eventi atmosferici che hanno colpito la Regione Emilia-Romagna ma risulta che le risorse non sono ancora arrivate alle imprese balneari che hanno dovuto anticipare risorse proprie per far fronte alla stagione estiva;
    purtroppo la costa romagnola è spesso sottoposta a fenomeni atmosferici calamitosi, che si ripetono periodicamente con maggiore o minore intensità e che mettono in ginocchio le imprese balneari, fisicamente, moralmente ed economicamente, anche in considerazione dell'arretramento della costa negli ultimi anni a causa dell'erosione marina;
    il 25 luglio scorso un'incredibile tromba d'aria, acqua e grandine si è abbattuta su Pinarella di Cervia provocando gravi danni ad almeno una decina di stabilimenti e distruggendo ombrelloni, lettini e vetrine; il fenomeno, nonostante fosse di rilevante intensità, si è dimostrato di localizzazione puntuale e si è valutato come minore e locale, aggiungendosi ai tanti che colpiscono la riviera e che ricadono economicamente per intero sull'impegno dei gestori ai fini della ricostruzione degli impianti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, nell'ambito dei programmi di finanziamento per la prevenzione del rischio idrogeologico e compatibilmente con i vincoli di bilancio, di adottare provvedimenti urgenti per le opere di prevenzione dei danni e difesa invernale dei territori costieri, con particolare riferimento alle caratteristiche peculiari degli arenili romagnoli, e per il sostegno degli stabilimenti balneari ivi esistenti che sono costretti a ripetuti interventi di ripristino e manutenzione delle proprie strutture sottoposte a fenomeni atmosferici calamitosi di particolare intensità;
   a valutare l'opportunità di avviare misure volte all'assegnazione dei risarcimenti alle imprese balneari colpite dalla mareggiata del 5 e 6 febbraio scorso e ad adottare le iniziative di propria competenza per l'assegnazione delle risorse;
9/2607-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi di ricognizione, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative vigenti in materia di sistema nazionale e coordinamento della protezione civile, anche nell'ambito della partecipazione dei cittadini, singoli o associati, alle attività di protezione civile e misure volte alla promozione e al sostegno delle organizzazioni di volontariato operanti nello specifico settore;
    l'Italia è un Paese in cui purtroppo, sono ricorrenti fenomeni sismici o altre calamità che richiedono interventi di verifica dell'agibilità di abitazione e dei luoghi di produzione; l'agibilità definisce il confine tra il rientro della propria casa e l'attesa nei ricoveri provvisori; tra la permanenza delle funzioni dell'amministrazione, dei servizi, dell'economia e il rallentamento delle attività di un intero e complesso contesto sociale; è un momento delicato di diagnosi dell'organismo strutturale, cui è affidata la tranquillità delle popolazioni residenti;
    al tema della salvaguardia della vita, nel caso degli edifici industriali si associa anche il tema della salvaguardia del valore esposto – attrezzature, lavorati e semilavorati stoccati nei magazzini – e, soprattutto, della continuità operativa delle aziende;
    a tal fine per migliorare il sistema di gestione delle operazioni tecniche di rilievo del danno e valutazione dell'agibilità nell'emergenza post-sismica, il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile ha definito un sistema strutturato in grado di garantire un'organizzazione efficiente, con particolare riguardo alle modalità ed alle procedure di coinvolgimento di tecnici appositamente formati;
    su questo presupposto e con riferimento al DPCM 5 maggio 2011 è nato il progetto di istituzione del Nucleo Tecnico Nazionale (DPCM 8 luglio 2014) che va appunto nella direzione di razionalizzare, secondo uno schema predefinito la mobilitazione di tecnici esperti per le verifiche di agibilità post-sismica in emergenza;
    il Nucleo Tecnico Nazionale costituisce un Elenco nazionale ricognitivo nel quale potranno afferire gli Elenchi istituiti dalle Regioni più gli Elenchi di tecnici gestiti dal Dipartimento Nazionale e da altri soggetti istituzionali, comunque coinvolti in emergenza in attività di natura tecnica;
    in tale contesto proficua è l'esperienza maturata con il sistema degli Ordini e Consigli Nazionali di tecnici che possono mettere a disposizione la propria professionalità per accelerare le procedure di agibilità degli edifici e va pertanto sostenuta e rafforzata,

impegna il Governo:

   1) ad intensificare il rapporto di collaborazione con i Consigli Nazionali degli Ingegneri, Architetti, Geometri e Geologi per migliorare l'effettivo coinvolgimento dei professionisti-agibilitatori nelle attività di protezione civile disciplinando e sostenendone, nelle forme più opportune, le attività di formazione, anche con il supporto del Corpo dei Vigili del Fuoco, sul tema della gestione tecnica dell'emergenza, del rilievo del danno e dell'agibilità post-sismica;
   2) a valutare l'adozione degli atti necessari a garantire agli agibilitatori le idonee garanzie assicurative non solo per gli infortuni ma anche per la tutela di carattere civile e penale, in ogni fase, per l'attività che svolgono.
9/2607-A/10Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi di ricognizione, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative vigenti in materia di sistema nazionale e coordinamento della protezione civile, anche nell'ambito della partecipazione dei cittadini, singoli o associati, alle attività di protezione civile e misure volte alla promozione e al sostegno delle organizzazioni di volontariato operanti nello specifico settore;
    l'Italia è un Paese in cui purtroppo, sono ricorrenti fenomeni sismici o altre calamità che richiedono interventi di verifica dell'agibilità di abitazione e dei luoghi di produzione; l'agibilità definisce il confine tra il rientro della propria casa e l'attesa nei ricoveri provvisori; tra la permanenza delle funzioni dell'amministrazione, dei servizi, dell'economia e il rallentamento delle attività di un intero e complesso contesto sociale; è un momento delicato di diagnosi dell'organismo strutturale, cui è affidata la tranquillità delle popolazioni residenti;
    al tema della salvaguardia della vita, nel caso degli edifici industriali si associa anche il tema della salvaguardia del valore esposto – attrezzature, lavorati e semilavorati stoccati nei magazzini – e, soprattutto, della continuità operativa delle aziende;
    a tal fine per migliorare il sistema di gestione delle operazioni tecniche di rilievo del danno e valutazione dell'agibilità nell'emergenza post-sismica, il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile ha definito un sistema strutturato in grado di garantire un'organizzazione efficiente, con particolare riguardo alle modalità ed alle procedure di coinvolgimento di tecnici appositamente formati;
    su questo presupposto e con riferimento al DPCM 5 maggio 2011 è nato il progetto di istituzione del Nucleo Tecnico Nazionale (DPCM 8 luglio 2014) che va appunto nella direzione di razionalizzare, secondo uno schema predefinito la mobilitazione di tecnici esperti per le verifiche di agibilità post-sismica in emergenza;
    il Nucleo Tecnico Nazionale costituisce un Elenco nazionale ricognitivo nel quale potranno afferire gli Elenchi istituiti dalle Regioni più gli Elenchi di tecnici gestiti dal Dipartimento Nazionale e da altri soggetti istituzionali, comunque coinvolti in emergenza in attività di natura tecnica;
    in tale contesto proficua è l'esperienza maturata con il sistema degli Ordini e Consigli Nazionali di tecnici che possono mettere a disposizione la propria professionalità per accelerare le procedure di agibilità degli edifici e va pertanto sostenuta e rafforzata,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intensificare il rapporto di collaborazione con i Consigli Nazionali degli Ingegneri, Architetti, Geometri e Geologi per migliorare l'effettivo coinvolgimento dei professionisti-agibilitatori nelle attività di protezione civile disciplinando e sostenendone, nelle forme più opportune, le attività di formazione, anche con il supporto del Corpo dei Vigili del Fuoco, sul tema della gestione tecnica dell'emergenza, del rilievo del danno e dell'agibilità post-sismica;
   a valutare l'opportunità di adottare gli atti necessari a garantire agli agibilitatori le idonee garanzie assicurative non solo per gli infortuni ma anche per la tutela di carattere civile e penale, in ogni fase, per l'attività che svolgono.
9/2607-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, in sede di elaborazione dei decreti delegati o in sede di ulteriore revisione del quadro normativo, di integrate le norme in materia di protezione civile con i seguenti principi:
   prevedere adeguate procedure di controllo successivo e garantendo la massima trasparenza, escludendo comunque la possibilità di derogare alle norme comunitarie, alta norma penale, al codice di procedura penale, alle norme in materia di responsabilità penale e amministrativa, alle norme in materia di avviamento al lavoro e sicurezza del lavoro, alle norme di tutela ambientale, alla normativa antimafia e anticorruzione, alle norme riguardanti il controllo e la vigilanza sull'esecuzione degli appalti pubblici, nonché alle disposizioni in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, fatta eccezione per specifiche disposizioni parzialmente derogabili in casi espressamente predeterminati e definiti in apposita sezione del decreto legislativo n. 163 del 2006, in ragione del grado di emergenza, del livello di rischio per la popolazione e del settore di intervento;
   stabilire che reati commessi in occasione ed in relazione a calamità siano imprescrittibili ed i relativi procedimenti penali non sono soggetti a scadenze di alcun tipo;
   prevedere che Io stato di emergenza venga decretato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio stesso e che, in casi di estrema urgenza, nell'impossibilità di convocare il Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio possa emanare la dichiarazione dello stato di emergenza anche in assenza di parere, salvo ratifica da conseguire nell'immediato.
9/2607-A/11Zolezzi.


   La Camera,
   in sede di esame dell'AC 2607 e abb., recante norme per il riordino della protezione civile,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del Sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di elaborazione del decreti delegati o in sede di ulteriore revisione del quadro normativo, di prevedere l'istituzione, nel rispetto dei protocolli d'intesa adottati ai sensi dell'articolo 75-bis, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 10 agosto 2003, n. 259, di un sistema di coordinamento tecnico-operativo tra le sale operative della protezione civile e le sale operative del Numero Unico Europeo dell'Emergenza (NUE) 112 al fine di garantire lo scambio rapido ed efficace dei dati tra i due sistemi.
9/2607-A/12Terzoni.


   La Camera,
   in sede di esame dell'AC 2607 e abb., recante norme per il riordino della protezione civile,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, in sede di elaborazione dei decreti delegati o in sede di ulteriore revisione del quadro normativo, di integrare le norme in materia di protezione civile con i seguenti principi:
   incentivazione della redazione di nuovi piani di emergenza o l'aggiornamento di piani esistenti, ricorrendo anche a convenzioni con gli ordini professionali o a programmi di collaborazione che prevedano il coinvolgimento a titolo gratuito di personale specializzato appartenente alle amministrazioni pubbliche; a tal fine il dipartimento della protezione civile e le agenzie regionali di protezione civile possono procedere, anche tramite i propri centri di competenza, a una revisione periodica a campione dei piani di emergenza comunali finalizzata a verificare che tali piani esistano effettivamente, che siano adeguatamente diffusi e conosciuti presso la popolazione e gli amministratori locali e che contengano gli elementi essenziali quali l'indicazione dei possibili scenari di rischio, delle aree interessate, delle aree sicure, dei comportamenti da adottare nelle diverse fasi dell'emergenza e delle modalità con cui il sistema di protezione civile opererà in caso di evento;
   previsione, per i comuni inadempienti, di richiami affinché provvedano alla redazione dei piani, e in caso di ulteriore inadempimento, di misure sanzionatorie che arrivino fino alla sospensione dell'erogazione delle risorse dal Fondo di solidarietà comunale di cui al comma 380 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
9/2607-A/13Daga.


   La Camera,
   in sede di esame dell'A.C. 2607 e abb., recante norme per il riordino della protezione civile,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo

a prevedere la programmazione di esercitazioni annuali e specifici programmi per l'apprendimento dei comportamenti idonei da tenere in caso di allerta per i rischi eventuali cui la popolazione è esposta e la formazione continua dei dipendenti pubblici in materia di protezione civile e cultura del rischio.
9/2607-A/14Busto.


   La Camera,
   in sede di esame dell'A.C. 2607 e abb., recante norme per il riordino della protezione civile,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la programmazione di esercitazioni annuali e specifici programmi per l'apprendimento dei comportamenti idonei da tenere in caso di allerta per i rischi eventuali cui la popolazione è esposta e la formazione continua dei dipendenti pubblici in materia di protezione civile e cultura del rischio.
9/2607-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta)  Busto.


   La Camera,
   in sede di esame dell'A.C. 2607 e abb., recante norme per il riordino della protezione civile,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'esclusione, per i comuni colpiti dagli eventi calamitosi, dagli obiettivi del patto di stabilità interno delle spese per il ripristino dello stato dei luoghi e per la ricostruzione, per la messa in sicurezza di opere e luoghi, delle spese per interventi di somma urgenza e delle risorse provenienti da erogazioni liberali e donazioni da privati ed imprese, nonché delle spese relative agli interventi di mitigazione del rischio e di quelle relative alle attività di protezione civile.
9/2607-A/15De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è finalizzato alla modifica ed integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti;
    la scelta dello strumento della legge delega non appare idonea ad un intervento sufficientemente dettagliato, ma consente comunque di individuare ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare il quadro normativo relativo al sistema nazionale della protezione civile;
    da tempo si avvertiva l'esigenza di una revisione legislativa con l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi in caso di eventi calamitosi;
    appare fondamentale che il nuovo quadro normativo garantisca certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, in sede di elaborazione dei decreti delegati o in sede di ulteriore revisione del quadro normativo, di integrare le norme in materia di protezione civile con i seguenti principi:
    a) dettagliata definizione delle prestazioni che il Servizio nazionale della protezione civile, a tutti i suoi livelli e con tutte le sue componenti, deve garantire alla cittadinanza in caso di emergenza in ambito comunale, regionale o nazionale;
    b) individuazione dei criteri improntati su elementi oggettivi, preferibilmente quantitativi, al fine di stabilire in modo efficiente ed efficace i casi in cui si debba riconoscere lo stato di emergenza nazionale;
    c) previsione, al fine di agevolare il ritorno alle condizioni di vita precedenti l'emergenza e di minimizzare gli effetti negativi sul tessuto produttivo e commerciale, di una dotazione minima e uniforme per tutti i casi in cui siano necessari aiuti economici da destinare ad attività produttive e a cittadini colpiti direttamente da eventi calamitosi, da erogare automaticamente nei casi in cui è dichiarato lo stato di emergenza nazionale, comprendente:
     1) la sospensione, per un periodo congruo, di tasse, tributi, mutui e finanziamenti;
     2) successivamente al periodo di sospensione, un piano di rateizzazione per il rientro dalla posizione debitoria;
     3) un fondo di compensazione, finanziato e garantito dalla società Cassa depositi e prestiti Spa, per coprire i mancati introiti dell'amministrazione pubblica o di soggetti privati, dovuti alle misure di cui ai numeri 1) e 2);
    d) individuazione delle norme che disciplinano il recupero, la rimozione e lo smaltimento di materiali di origine naturale danneggiati o trasferiti durante gli eventi calamitosi, con particolare riferimento ai sedimenti fluviali, ai corpi di frana e agli alberi abbattuti o resi pericolanti a causa di eventi atmosferici eccezionali, al fine di consentire il ritorno alla normalità in tempi brevi e una dotazione minima e uniforme per tutti i casi in cui siano necessari aiuti economici;
    e) previsione di uno specifico regime derogatorio alla normativa vigente in materia di forniture di materiali e di servizi, in modo che, garantendo la massima trasparenza e ricorrendo anche ad appositi albi di fornitori provvisti di tariffari, in caso di dichiarazione dello stato di emergenza in seguito a eventi calamitosi, sia possibile ricorrere in tempi rapidi a una filiera dei soccorsi e dell'emergenza a chilometro zero in cui i generi di prima necessità, i servizi e i materiali acquistati e i soggetti che li forniscono provengano prioritariamente alle stesse aree colpite dalla calamita.
9/2607-A/16Micillo.


   La Camera,
   considerato che il provvedimento reca un'ampia delega legislativa per la ricognizione, il coordinamento, la modifica e l'integrazione delle disposizioni legislative in materia di protezione civile, al fine di provvedere al riordino e all'integrazione delle disposizioni normative che disciplinano il Servizio nazionale della protezione civile e la relativa funzione;
   rilevato che nell'ambito della delega rientra, tra l'altro, l'organizzazione di un sistema policentrico, con l'attribuzione delle funzioni in materia di protezione civile allo Stato, alle regioni, ai comuni, alle unioni dei comuni, alle città metropolitane, agli enti di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, e alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale;
   osservato che l'articolo 1, comma 1, lettera n), nell'ambito del riordino, fa esplicito riferimento al ruolo e alla responsabilità del sistema e degli operatori di protezione civile e alle relative, specifiche professionalità, anche con riferimento alle attività di presidio delle sale operative e della rete dei centri funzionali ed alla relativa disciplina e regolamentazione;
   segnalata l'opportunità che siano precisate le eventuali ricadute del processo di riforma sul personale operante nelle attività di protezione civile a livello centrale e territoriale, assicurando la valorizzazione delle professionalità degli operatori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tenere presente nella delega il tema della valorizzazione delle professionalità degli operatori di protezione civile a livello centrale e territoriale anche in relazione alle disposizioni dell'articolo 1, comma 1, lettera n), che richiamano espressamente il ruolo, le responsabilità e le specifiche professionalità degli operatori stessi.
9/2607-A/17Giulietti, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    in molti Comuni soprattutto dei territori rurali, montani e a bassa densità abitativa, esistono Gruppi Volontari di Protezione Civile che svolgono attività di prevenzione e che sono coordinati a livello provinciale nelle strutture di pronto intervento;
    molti di questi gruppi hanno nel corso degli anni, grazie a contributi pubblici, ma anche grazie a donazioni private e ad interventi delle comunità locali, potuto dotarsi di mezzi ed attrezzature finalizzati alle attività di pronto intervento e di prevenzione che in molti casi rappresentano un vero e proprio patrimonio comunitario;
    che molti di questi stessi Gruppi svolgono anche attività di collaborazione con altre associazioni di volontariato e con le Amministrazioni Comunali per la realizzazione di eventi e di manifestazioni e di attività connesse ai bisogni delle comunità locali;
    che in molti casi negli anni passati una insufficiente chiarezza normativa ha creato problemi all'utilizzo dei succitati mezzi ed attrezzature e alle attività dei gruppi di protezione civile volontari finalizzate ad iniziative di servizio alle comunità ed in collaborazione con le Amministrazioni locali in particolare anche per le coperture assicurative dei volontari;
    che dette attività e le connesse autorizzazioni e relative connesse coperture assicurative potrebbero essere più facilmente realizzabili in presenza di un riferimento normativo che ne normasse i criteri e le modalità di attuazione o demandasse alle regioni questa possibilità,

impegna il Governo

ad inserire nei decreti legislativi di attuazione del presente provvedimento, pur nel rispetto dei contenuti della lettera a) comma 2 dell'articolo 1 del presente provvedimento, indicazioni per la soluzione del problema descritti in premessa.
9/2607-A/18Taricco, Borghi, Prina, Ventricelli, Zappulla, Zanin, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    in molti Comuni soprattutto dei territori rurali, montani e a bassa densità abitativa, esistono Gruppi Volontari di Protezione Civile che svolgono attività di prevenzione e che sono coordinati a livello provinciale nelle strutture di pronto intervento;
    molti di questi gruppi hanno nel corso degli anni, grazie a contributi pubblici, ma anche grazie a donazioni private e ad interventi delle comunità locali, potuto dotarsi di mezzi ed attrezzature finalizzati alle attività di pronto intervento e di prevenzione che in molti casi rappresentano un vero e proprio patrimonio comunitario;
    che molti di questi stessi Gruppi svolgono anche attività di collaborazione con altre associazioni di volontariato e con le Amministrazioni Comunali per la realizzazione di eventi e di manifestazioni e di attività connesse ai bisogni delle comunità locali;
    che in molti casi negli anni passati una insufficiente chiarezza normativa ha creato problemi all'utilizzo dei succitati mezzi ed attrezzature e alle attività dei gruppi di protezione civile volontari finalizzate ad iniziative di servizio alle comunità ed in collaborazione con le Amministrazioni locali in particolare anche per le coperture assicurative dei volontari;
    che dette attività e le connesse autorizzazioni e relative connesse coperture assicurative potrebbero essere più facilmente realizzabili in presenza di un riferimento normativo che ne normasse i criteri e le modalità di attuazione o demandasse alle regioni questa possibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nei decreti legislativi di attuazione del presente provvedimento, pur nel rispetto dei contenuti della lettera a) comma 2 dell'articolo 1 del presente provvedimento, indicazioni per la soluzione del problema descritti in premessa.
9/2607-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Taricco, Borghi, Prina, Ventricelli, Zappulla, Zanin, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    le regioni a statuto speciale hanno competenze specifiche in ambito di protezione civile;
    le prerogative speciali coincidono anche con problematiche ambientali le cui competenze ricadono nelle competenze esclusive delle regioni a statuto speciale;
    la regione Sardegna ha competenze specifiche in campo ambientale e protezione civile;
    viste le emergenze idrogeologiche e le piaghe degli incendi che hanno devastato anche recentemente la Sardegna,

impegna il Governo:

   al rispetto delle prerogative costituzionali e statutarie delle regioni autonome e in particolar modo dello Statuto Autonomo della Sardegna;
   allo stanziamento delle risorse necessarie per fronteggiare le emergenze idrogeologiche della Sardegna che nel novembre del 2013 hanno provocato 18 vittime;
   a valutare con attenzione i progetti della città di Olbia al fine di evitare invasive e dannose per la comunità locale.
9/2607-A/19Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, in sede di conversione in legge del disegno di legge di stabilità per l'anno 2015, dopo aver accolto l'ordine del giorno n. 9/2679-bis–B–127, con cui è stata rappresentata l'esigenza di disporre un apposito stanziamento di risorse da destinare al finanziamento dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate e dei danni subiti dalle attività economiche e produttive emersi dalla ricognizione effettuata dai Commissari delegati, ai sensi della lettere d) ed e) del comma 2 dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, così come modificata, dall'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, non ha dato ancora seguito all'impegno assunto;
    è stato avviato, da parte dei Commissari delegati, nominati da maggio 2013 ad oggi, il procedimento di ricognizione dei fabbisogni di danno scaturiti da oltre 40 dichiarazioni dello stato di emergenza deliberate nel medesimo periodo;
    allo stato, i Commissari delegati hanno concluso, per 17 eventi, la ricognizione dei fabbisogni necessari agli ulteriori interventi per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché per i danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio privato per un fabbisogno totale che assomma a circa 4,1 miliardi di euro, di cui circa 1,2 miliardi riferiti ai danni subiti dai privati e dalle attività economiche e produttive;
    occorre dare una risposta alle pressanti richieste dei territori procedendo alla quantificazione di un importo da destinare all'incremento del Fondo per le emergenze nazionali specificatamente dedicato alla «seconda fase»,

impegna il Governo

ad individuare, nell'ambito dei prossimi provvedimenti, e nei limiti dei vincoli di bilancio, le risorse necessarie per fare fronte ai danni occorsi al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive, in attuazione della lettera e) del comma 2 dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni, integrando annualmente la dotazione del Fondo per le emergenze nazionali, determinata ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di un importo espressamente finalizzato allo scopo.
9/2607-A/20Braga, Borghi, Stella Bianchi, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Nardi, Realacci, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    il piano d'emergenza di protezione civile, recependo il programma di previsione e prevenzione, costituisce lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un'area a rischio e si prefigge l'obiettivo di garantire, con ogni mezzo, il mantenimento del livello di vita «civile» messo in crisi da una situazione che viene a determinarsi a seguito di un evento calamitoso;
    il piano di emergenza è uno strumento che, incaricandosi di assegnare le responsabilità ai soggetti istituzionali preposti, di descrivere come vengono coordinate le azioni e le relazioni fra organizzazioni, di indicare le modalità di protezione delle persone e la proprietà in situazioni di emergenza, di identificare il personale, l'equipaggiamento, le competenze, i fondi e altre risorse disponibili da utilizzare durante le operazioni di risposta, di identificare le iniziative da mettere in atto per migliorare le condizioni di vita degli eventuali evacuati dalle loro abitazioni, è un documento in continuo aggiornamento, che deve tener conto dell'evoluzione dell'assetto territoriale e delle variazioni negli scenari attesi;
    l'articolo 15 della legge n. 225 del 1992, come integrata dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, prevede che il Comune con delibera consigliare approvi il piano di emergenza comunale previsto dalla normativa vigente in materia di protezione civile, redatto secondo i criteri e le modalità di cui alle indicazioni operative adottate dal Dipartimento della protezione civile e dalle giunte regionali e provveda alla verifica e all'aggiornamento periodico del proprio piano di emergenza comunale, trasmettendone copia alla regione, alla prefettura, all'ufficio territoriale del Governo e alle province territorialmente competenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito degli istituendi meccanismi e procedure per la revisione e valutazione periodica dei piani comunali di protezione civile, di prevedere anche istituti premiali a supporto delle Amministrazioni comunali.

9/2607-A/21Giovanna Sanna, Borghi, Stella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Nardi, Realacci, Valiante, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    il modello di protezione civile prevalente in Europa si fonda sul volontariato organizzato, quale espressione tra l'altro di una cittadinanza attiva e responsabile e del principio diffuso di autogoverno delle comunità;
    considerato inoltre che questo modello è radicato in alcune realtà del nostro Paese e offre eccellenti prove sia sul piano operativo che su quello del coinvolgimento dei cittadini e delle comunità locali;
    appreso che recenti decisioni assunte dal Dipartimento dei VVFF rischiano di creare non poche preoccupazioni al mondo del volontariato, il quale teme che il divario tra il modello europeo e la situazione italiana si allarghi ancora,

impegna il Governo

a valorizzare il volontariato quale parte integrante del sistema di protezione civile, verificando in particolare la possibilità di mantenere i circa 300 presidi di VVFF Volontari oggi attivi; superare il blocco dei reclutamenti di personale volontario; superare il problema del costo a carico dei volontari delle visite mediche di legge; potenziare e qualificare le attività di formazione, organizzandole in modo compatibile con i tempi di lavoro dei volontari stessi; rivedere i protocolli operativi in maniera da far crescere – compatibilmente con la disponibilità di risorse umane adeguatamente preparate – una effettiva integrazione operativa tra personale permanente e volontariato; favorire – in accordo con Regioni e Comuni – ogni iniziativa idonea a diffondere e rafforzare sul territorio nazionale il modello europeo del volontariato di protezione civile, sostenendo in particolare le attività rivolte ai ragazzi, sulla base delle positive esperienze degli Allievi Vigili del Fuoco.

9/2607-A/22Dellai, Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il modello di protezione civile prevalente in Europa si fonda sul volontariato organizzato, quale espressione tra l'altro di una cittadinanza attiva e responsabile e del principio diffuso di autogoverno delle comunità;
    considerato inoltre che questo modello è radicato in alcune realtà del nostro Paese e offre eccellenti prove sia sul piano operativo che su quello del coinvolgimento dei cittadini e delle comunità locali;
    appreso che recenti decisioni assunte dal Dipartimento dei VVFF rischiano di creare non poche preoccupazioni al mondo del volontariato, il quale teme che il divario tra il modello europeo e la situazione italiana si allarghi ancora,

impegna il Governo

a valorizzare il volontariato quale parte integrante del sistema di protezione civile, verificando anche la possibilità di mantenere i presidi dei vigili del fuoco volontari oggi attivi, e valutare di porre in essere, in accordo con regioni e comuni, ogni iniziativa idonea a diffondere e rafforzare sul territorio nazionale il modello europeo del volontariato di protezione civile, sostenendo in particolare le attività rivolte ai ragazzi, sulla base delle positive esperienze degli allievi vigili del fuoco.

9/2607-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)  Dellai, Capelli.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per far fronte ad un'eventuale emergenza migratoria alla frontiera nord-orientale del Paese, con particolare riferimento al controllo del valico di frontiera del Tarvisio in Friuli Venezia Giulia – 3-01711

   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diversi Paesi balcanici sono interessati da un imponente afflusso di migranti irregolari in uscita dalla Turchia e non sempre di certa origine, posto che ai siriani in fuga dalla guerra civile si mischiano anche afghani, pakistani e gente appartenente ad altre nazionalità ulteriori, ad esempio curdi iraniani, spesso priva di documenti o viaggiante con documenti falsi;
   l'afflusso imponente ed improvviso ha già indotto diversi Stati europei a chiudere le frontiere o comunque assumere misure tese a deflettere almeno in parte la pressione;
   sono di particolare interesse per il nostro Paese le scelte compiute dalla Serbia, dalla Croazia e dall'Ungheria, dal momento che possono canalizzare da un momento all'altro le maggiori correnti migratorie irregolari verso la frontiera del Tarvisio, già da mesi in realtà testimone di un numero significativo di passaggi clandestini;
   con precedenti atti di sindacato ispettivo, si era conseguentemente attirata l'attenzione sull'inopportunità della scelta di sguarnire il presidio frontaliero di Tarvisio, sottolineando come l'apprezzamento dell'emergenza avesse portato a stringere accordi con l'Austria che hanno permesso ad un certo numero di poliziotti di quel Paese di perlustrare i nostri treni nel Friuli Venezia Giulia, ancorché disarmati;
   in considerazione di quanto è accaduto e sta verificandosi in questi giorni, non sarebbe inopportuno prepararsi a fronteggiare l'eventuale emergenza, in particolare reintegrando e possibilmente potenziando il presidio di Tarvisio, in modo tale da poter chiudere il confine, all'occorrenza, per effettuare controlli su chi entra, in particolare sull'autenticità dei relativi documenti, bloccando sul posto coloro che risultino provenire da Paesi sicuri, cioè non interessati da alcun conflitto –:
   se il Governo si stia preparando o meno a fronteggiare un'eventuale, sempre più probabile, emergenza migratoria alla frontiera nord-orientale del nostro Paese, in particolare inviando rinforzi al Tarvisio per chiudere eventualmente la frontiera e bloccare gli accessi a coloro che risultino in possesso di documenti falsi o provenire da Paesi che non versano in stato di guerra. (3-01711)


Stato di aggiornamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria (Sprar) e iniziative di competenza per la piena efficacia di tale sistema – 3-01712

   SANTERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ospitalità per gli immigrati negli alberghi rientra nel Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria (Sprar);
   come è noto, lo Sprar è stato istituito nel 2002 in seguito a un accordo stipulato dal Ministero dell'interno, dall'AnciI e dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che hanno cercato di mettere ordine nei programmi di accoglienza in precedenza gestiti a livello locale;
   il Ministero dell'interno emana periodicamente un bando per l'assegnazione dei posti, gli enti locali interessati – con le organizzazioni del terzo settore selezionate a livello locale – partecipano al bando e i progetti vengono approvati se «idonei» in base a una serie di parametri piuttosto rigidi. In pratica, enti locali e associazioni mettono a disposizione dei posti letto e lo Stato sceglie di quali usufruire attraverso un bando, che tiene conto dei costi e di altri criteri. Secondo i dati del Ministero dell'interno i posti finanziati per gli anni 2014-2016 sono 20.744: tra questi rientrano anche, tra le varie strutture, alcuni alberghi. Nella grandissima parte dei casi, stando alle informazioni disponibili, si tratta di strutture distanti dagli hotel in cui si passano le vacanze ma che vengono considerate, comunque, tra le migliori e più adeguate sistemazioni che lo Stato oggi possa mettere a disposizione di chi richiede asilo e protezione;
   la questione dell'accoglienza degli immigrati ha suscitato da più parti accese discussioni, con particolare riferimento alle forme di ospitalità da offrire a coloro che fuggono da guerre e miseria;
   al di là delle reazioni emotive dell'opinione pubblica, appare ben più grave l'atteggiamento di chiusura e di ostilità palesato da parte di soggetti istituzionali, che non si addicono a chi è chiamato a collaborare alla soluzione delle problematiche correlate al fenomeno migratorio. Ultimo in ordine di tempo il voto favorevole del consiglio regionale della Lombardia ad un emendamento che dispone l'esclusione da una serie di benefici di quegli albergatori che si dichiarino disponibili ad ospitare nelle loro strutture immigrati come disposto dal citato Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria (Sprar) –:
   se il Ministro interrogato possa fornire dettagli sullo stato di aggiornamento del sistema Sprar sopra ricordato e che appare utile strumento non solo per un'accoglienza degna nei confronti di chi giunge in Italia in cerca di asilo e protezione, ma anche risposta concreta alle comprensibili preoccupazioni dei cittadini, oltre che alle estemporanee iniziative come quelle sopra ricordate e che a parere dell'interrogante si collocano in aperta difformità con quanto disposto dalle autorità statali competenti in materia d'immigrazione.
(3-01712)


Iniziative volte ad assicurare politiche migratorie compatibili con il diritto internazionale e con gli impegni assunti a livello europeo in tema di accoglienza di profughi e richiedenti asilo – 3-01713

   LOCATELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Ca’ Matta è una struttura del Parco dei Colli di Bergamo situata nel comune di Ponteranica in località Maresana; è centro educativo che offre percorsi di educazione e sostenibilità ambientale rivolti a gruppi e a scuole di ogni ordine e grado; è ostello della gioventù, destinato al turismo giovanile, scolastico, sociale e di gruppo, in grado di ospitare alcune decine di persone, anche in autogestione;
   dal mese di giugno 2010 Ca’ Matta è gestita da Sol.Co. città aperta, un consorzio di cooperative sociali che opera a Bergamo e nel suo hinterland, nell'ambito territoriale di Dalmine e di Seriate;
   già nell'estate 2014, su richiesta della prefetta di Bergamo, dottoressa Francesca Ferrandino, e con il consenso dell'assemblea dei sindaci, ente preposto alla gestione del Parco dei Colli, nella struttura era stato ospitato un gruppo di rifugiati/richiedenti asilo;
   anche nel mese di agosto 2015 la stessa struttura era stata individuata e utilizzata come tappa provvisoria di circa un mese per 30/40 profughi;
   a seguito di tale iniziativa alcuni sindaci di comuni facenti parte del Consorzio Parco dei Colli hanno dichiarato di aver bloccato il pagamento delle quote del Parco (sindaco di Torre Boldone) o indicato agli uffici di attendere istruzioni prima di effettuare i bonifici (sindaco di Sorisole);
   come riportato da L'Eco di Bergamo il 5 settembre 2015, l'assessora all'ambiente della regione Lombardia è intervenuta nella questione minacciando il taglio del contributo al Parco dei Colli, motivando questa intenzione con l'uso improprio della struttura: «Di fronte al persistere di utilizzi impropri delle strutture dei parchi regionali lombardi, enti di diritto pubblico istituiti con legge regionale – ha detto l'assessora Claudia Terzi – è pertanto mia intenzione procedere, con gli strumenti adeguati, ad una revisione dei trasferimenti regionali che tenga conto, come fattore penalizzante, dell'utilizzo improprio del patrimonio affidato alla gestione dei parchi stessi»;
   sullo stesso argomento l'assessora all'ambiente ha dichiarato: «L'accoglienza non può e non vuole essere favorita in alcun modo dalla regione (...)» (dall'inserto di Bergamo de Il Corriere della Sera dell'8 agosto 2015);
   il 16 settembre 2015 il consiglio regionale lombardo ha approvato una nuova legge quadro sul turismo, stanziando fondi per 25 milioni di euro; all'articolo 72 la nuova legge prevede che i contributi regionali legati a questo provvedimento non siano destinabili a strutture alberghiere e non alberghiere, il cui fatturato negli ultimi tre anni non sia stato integralmente legato ad attività turistica;
   la tragedia che si sta svolgendo nel Mediterraneo, con i barconi carichi di disperati che sono in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni nei loro Paesi di origine, impone una collaborazione tra le istituzioni che permetta di organizzare per queste persone, con gli strumenti e le strutture a disposizione, un'accoglienza organizzata, come previsto dal diritto internazionale;
   in passato i predecessori del Ministro interrogato, anche di orientamento politico diverso (dai Ministri Scajola e Pisanu all'attuale presidente della giunta lombarda Maroni, che da Ministro dell'interno nel 2011 dichiarò l'emergenza per il Nord Africa), chiesero alle regioni di mettere a disposizione strutture e offrire ospitalità;
   rifugiati e richiedenti asilo hanno diritto all'accoglienza e le comunità bergamasca e lombarda si sono sempre contraddistinte per spirito solidale e per generosità anche attraverso numerose attività di volontariato –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di assicurare politiche compatibili con il diritto internazionale, con gli impegni espressi dal nostro Paese in occasione dei Consigli europei, quale quello del 14 settembre 2015 tra Ministri dell'interno dell'Unione europea, e in altri incontri a livello europeo in tema di accoglienza di profughi e richiedenti asilo.
(3-01713)


Iniziative per garantire la libertà di espressione politica degli appartenenti alla polizia di Stato – 3-01714

   POLVERINI, BRUNETTA, VITO, OCCHIUTO e SANTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Carta costituzionale ha previsto, per i cittadini in uniforme, attraverso il combinato disposto degli articoli 49, 52 e 98, il potere/dovere di concorrere democraticamente all'esercizio della sovranità popolare, all'interno di una propria scelta di natura politica;
   proprio per questo, a partire dal 1990, il legislatore non ha più proceduto al rinnovo annuale della disposizione di cui all'articolo 114 della legge n. 121 del 1981 («Nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza»), che aveva posto il divieto per gli appartenenti alle forze di polizia di iscrizione a partiti politici;
   in mancanza di ulteriori proroghe, l'articolo 114 della legge n. 121 del 1981 è, quindi, oggi inoperante, permettendo ope legis a tutti gli appartenenti alla polizia di Stato di iscriversi liberamente a partiti politici senza limitazioni di sorta e di svolgere attività come quella di ricoprire incarichi in seno a movimenti politici;
   nonostante quanto sopra riportato sia noto, risulta agli interroganti l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dell'assistente della polizia di Stato, Giovanni Iacoi, in quanto, nella qualità di appartenente al Corpo di polizia, avrebbe esercitato i suddetti diritti ricoprendo l'incarico di coordinatore del Lazio de «L'Esercito di Silvio» e preso parte a manifestazioni del movimento politico Forza Italia, a quanto risulta agli interroganti documentalmente al di fuori dell'orario di lavoro, al di fuori del luogo di lavoro e senza mai indossare l'uniforme in ossequio alle prescrizioni cui all'articolo 81 della legge n. 121 del 1981;
   per quanto risulta inoltre agli interroganti, vi sarebbe stata la ripetuta insistenza del dirigente generale dell'ispettorato di pubblica sicurezza presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel motivare e pretendere provvedimenti in merito al caso citato, anche in relazione ad affermazioni che sembrano infondate, quali quelle che il signor Giovanni Iacoi avrebbe cancellato dal profilo personale di facebook alcune affermazioni che testimoniavano semplicemente, ed in modo consono al proprio incarico, le proprie posizioni politiche rappresentate in qualità di coordinatore Lazio de «L'Esercito di Silvio»;
   per di più, il suddetto procedimento disciplinare sarebbe stato instaurato oltre i termini di 90 giorni stabiliti dalla normativa (articolo 120 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, in relazione all'articolo 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 e all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981) –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per verificare, per quanto di competenza, la legittimità delle azioni riportate in premessa, più in generale come intenda garantire la libertà di espressione politica degli appartenenti alla polizia di Stato e quali urgenti iniziative intenda adottare nei confronti di chi prova a rimuovere le condizioni tese a tutelare tale libertà. (3-01714)


Elementi ed iniziative in merito ad una presunta truffa relativa alla richiesta di sottoscrizioni di abbonamenti ad una rivista apparentemente riconducibile ad un sindacato di polizia – 3-01715

   MOLEA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a fine luglio 2015, il presidente dell'Aics di Bologna, Serafino D'Onofrio e molti suoi colleghi hanno ricevuto decine di telefonate da uomini che chiamano da un numero «sconosciuto», i quali, affermando di appartenere ad un sindacato di polizia, chiedono, anche al fine di evitare «controlli e ispezioni», un contributo per l'abbonamento alla loro rivista di 140 euro e per ricevere adesivi e altro materiale dell'associazione;
   a una delle persone chiamate che cercava di capire di quale sindacato si stesse parlando, è stato fatto il nome del Coisp: una sigla sindacale che effettivamente esiste e che di recente è balzata agli onori della cronaca per aver querelato la mamma di Federico Aldovrandi;
   Stefano Del Monaco, presidente dell'associazione Fuoridea, nell'intento di smascherare la truffa, è andato oltre, lasciando l'indirizzo per ricevere il pacco di riviste; ma, di fronte al pagamento in contrassegno di 168 euro, non l'ha ritirato e neanche aperto, rinviandolo al mittente chiuso;
   il Coisp, però, nel frattempo, su carta intestata e da un indirizzo mail certificato, gli presenta la pubblicazione del sindacato e lo ringrazia per la «fiducia accordata»;
   si legge nella mail che «l'abbonamento annuale al bimestrale Ps sicurezza e polizia dà diritto al ricevimento di sei numeri con periodicità bimestrale oltre l'annuario di presentazione, un piccolo omaggio da parte della casa editrice dove abbiamo deciso di raccontare le origini della polizia con i suoi percorsi storici e culturali fino ai giorni nostri»;
   a preoccupare D'Onofrio (che, per tutelare i propri associati, ha deciso di denunciare l'accaduto alle forze dell'ordine, portando la mail del Coisp alla polizia postale) è anche il fatto che un elenco di numeri e nominativi pubblicati on line «come elemento di trasparenza» possa venire utilizzato per attività di dubbia legittimità, come sta accadendo;
   a Bologna, ad esempio, l'Aics conta 350 associazioni per un totale di 85.000 tesserati: in molti casi si tratta di associazioni che non hanno un ufficio, per cui i responsabili hanno messo i propri numeri di cellulare direttamente on line;
   è sembrato improbabile che quegli imprecisati «venditori» fossero in qualche modo collegati a un sindacato di polizia: lo stesso questore di Bologna, Ignazio Coccia, di fronte alla già richiamata denuncia fatta dal presidente, aveva escluso il coinvolgimento di qualsiasi sigla di rappresentanza degli agenti;
   il fatto strano è che, come si può facilmente vedere dal sito del Coisp, la quota di adesione per l'abbonamento «ordinario» alla rivista bimestrale di informazione, cultura e attualità sindacato (Ps sicurezza e polizia) è proprio di 140 euro (160 per l'abbonamento «sostenitore» e 180 per il «benemerito»);
   in rete, tra l'altro, si trovano notizie relative a una truffa analoga a questa risalente ad alcuni anni fa: evidentemente si tratta di una modalità già utilizzata dai truffatori –:
   se non intenda in tempi rapidi fare chiarezza sulla vicenda, nonché adottare ogni iniziativa di competenza al riguardo.
(3-01715)


Iniziative volte a contemperare il diritto alla fruizione del patrimonio culturale con i diritti dei lavoratori del settore e il sollecito pagamento delle relative spettanze – 3-01716

   COSCIA, BONACCORSI, RAMPI, MANZI, NARDUOLO, GHIZZONI, MALPEZZI, COCCIA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI e MALISANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 18 settembre 2015 il Colosseo, il Foro Romano e Palatino, le Terme di Diocleziano e Ostia Antica sono rimasti chiusi dalle 8,30 alle 11.30 del mattino per un'assemblea sindacale;
   questo ha creato notevoli disagi a migliaia di turisti in fila, che aspettavano il loro turno per accedere ai siti archeologici;
   Europasia e Cescat-centro studi casa, ambiente e territorio di Assoedilizia rivela che il settore del turismo dopo anni di indicatori negativi segna quasi ovunque dati positivi: più italiani in vacanza (incremento dell'8,6 per cento rispetto al 2014) ed è continuata la crescita dell'afflusso dei turisti stranieri, più 2,5 per cento (nel 2015 hanno visitato il nostro Paese 48 milioni di turisti);
   il tentativo in atto di rilanciare il Paese, anche in questo settore, inizia, dunque, a dare i suoi frutti. Perché a questa azione sia conferita la necessaria continuità ed efficacia è fondamentale il buon funzionamento sia della parte gestionale sia degli aspetti comunicativi e, in questo senso, episodi come quello di venerdì 18 settembre 2015 destano seria preoccupazione, anche perché se n’è avuta una serie;
   a luglio 2015 a duemila turisti, in gran parte stranieri, è stato precluso l'accesso agli Scavi di Pompei; qualche mese prima, il 30 gennaio 2015, un'assemblea in Piazza del Campidoglio ha portato alla chiusura di tutti i musei civici, dai Capitolini all'Ara Pacis, dalle 10 alle 14 oppure, solo per citare un altro episodio, il 29 aprile 2015, uno sciopero ha chiuso la Valle dei Templi ad Agrigento;
   con il decreto-legge n. 146 del 2015, il Governo ha assunto l'iniziativa di ricomprendere sul piano normativo i musei e i siti nell'ambito delle prestazioni pubbliche essenziali, così includendo il concetto di fruizione culturale tra i servizi di eminente rilevanza pubblica e collettiva;
   resta, tuttavia, evidente che in tali settori, pur sensibili, i diritti del lavoro, individuali e collettivi non possono subire restrizioni eccessive;
   l'assemblea di venerdì 18 settembre 2015 era stata indetta per il mancato pagamento del salario accessorio del 2014-2015, la mancata apertura della trattativa per il rinnovo del contratto e la necessità di costituire un consorzio per la gestione dell'area archeologica centrale;
   tuttavia, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con un comunicato del 21 settembre 2015, ha affermato che in data 11 settembre 2015 era stata inviata una lettera alle organizzazioni sindacali che aveva riassunto lo stato dei pagamenti; aveva reso noto di aver sbloccato lo «straordinario 2015», di aver avviato la procedura per il pagamento dei «progetti locali 2015» e aveva informato sullo stato di pagamento del fondo unico di amministrazione del 2015, pari a 49,8 milioni di euro;
   inoltre, il 14 settembre era stata inviata una lettera alle organizzazioni sindacali che aveva comunicato l'esito della citata procedura di pagamento dei «Progetti locali 2015» (pari a 12,8 milioni di euro);
   infine, il 17 settembre 2015, ossia il giorno prima dell'assemblea al Colosseo, era stata inviata una lettera alle organizzazioni sindacali per comunicare l'autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento dei 49,8 milioni di euro del fondo unico di amministrazione del 2015 e che il decreto di ripartizione sarebbe stato emanato il 21 settembre 2015;
   in quella data, coerentemente con quanto annunciato, è stato firmato dal direttore generale bilancio il decreto che chiude la questione degli arretrati 2015 –:
   come intenda, da un lato, tutelare diritti dei cittadini di usufruire del proprio patrimonio culturale e l'interesse nazionale a garantire un servizio di qualità, dall'altro, predisporre efficaci e semplici procedure entro le quali siano garantiti i diritti dei lavoratori del settore e il sollecito pagamento delle loro spettanze.
(3-01716)


Intendimenti in merito all'apertura di un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali in ordine al pagamento delle indennità di turnazione e al rinnovo del contratto dei lavoratori del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – 3-01717

   CHIMIENTI, COMINARDI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, CIPRINI, SIMONE VALENTE, MARZANA, VACCA, LUIGI GALLO, D'UVA, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 18 settembre 2015 è stata indetta un'assemblea sindacale interna dei lavoratori dell'anfiteatro Flavio, del Foro Romano e Palatino, delle Terme di Diocleziano e del sito di Ostia Antica che ha ritardato l'apertura dei cancelli del Colosseo alle ore 11,30;
   l'assemblea era stata convocata, come esplicitato dal comunicato diramato il 16 settembre 2015 dalle rappresentanze sindacali unitarie della Ss-Col, per discutere il mancato pagamento dopo quasi un anno delle indennità di turnazione e delle prestazioni per le aperture straordinarie dei luoghi della cultura, per denunciare la mancata apertura di una trattativa di comparto per il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici, bloccato per la parte economica da molti anni nonostante la recente sentenza della Corte costituzionale, per la costituzione del «Consorzio per la gestione dell'area centrale» e per la mancata apertura di un confronto sull'organizzazione del lavoro all'interno della soprintendenza;
   la vicenda ha provocato la reazione del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, che il 18 settembre 2015 ha annunciato su Twitter «non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l'Italia, oggi decreto-legge» e del Ministro interrogato, secondo cui «la misura è colma: oggi in Consiglio dei ministri proposta musei come servizi pubblici essenziali»;
   in un tweet datato 18 settembre 2015, il Sottosegretario ai beni e alle attività culturali e al turismo Francesca Barracciu ha dichiarato; «l'assemblea sindacale che danneggia centinaia di turisti che dedicano un giorno di ferie al Colosseo e decine di guide turistiche è un reato», prima di aggiungere, in risposta al commento di un utente che le chiedeva di specificare di che tipo di reato si trattasse, «reato in senso lato»;
   simili reazioni provengono anche dal presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Roberto Alesse, che ha dichiarato «in gioco non c’è solo l'interesse dei lavoratori, ma del Paese, a cominciare dalla difesa della sua immagine», e dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, che ha affermato «la chiusura di ieri del Colosseo non fa bene al Paese, alla città e all'immagine della capitale di Italia»;
   il 16 settembre 2015 le rappresentanze sindacali unitarie della Ss-Col hanno proceduto alla regolare convocazione della suddetta assemblea sindacale, diffondendola e trasmettendola lo stesso giorno all'amministrazione, come previsto dalla legge;
   nella comunicazione all'amministrazione viene esplicitata anche l'indicazione della comunicazione avvenuta, a termine di legge, già l'11 settembre 2015, e cioè una settimana prima che l'assemblea si svolgesse;
   il soprintendente di Roma, Francesco Prosperetti, come si legge in un articolo apparso su Il Fatto quotidiano il 18 settembre 2015, precisa che: «tutto si è svolto regolarmente, l'assemblea non aveva come oggetto il Colosseo, il problema è nazionale e riguarda il mancato rinnovo del contratto e il mancato pagamento del salario accessorio: non ci sono rivendicazioni nei confronti della soprintendenza, ma del datore di lavoro generale che è Mibact»;
   la suddetta assemblea sindacale, nonostante l'importanza dei temi trattati, non è stata volutamente convocata nel periodo estivo perché, come spiega il coordinatore nazionale della Uil beni culturali Enzo Feliciani al fattoquotidiano.it in data 18 settembre 2015: «Ci era stato chiesto di non fare assemblee nel periodo di luglio e agosto perché a maggior afflusso di turisti e così abbiamo fatto. Una volta terminato questo periodo e non ricevendo risposte ai problemi che abbiamo rappresentato in ogni sede l'abbiamo convocata, rispettando tutti i termini di legge»;
   l'ordinamento italiano riconosce il diritto di sciopero ad ogni individuo e l'articolo 40 della Costituzione repubblicana stabilisce in senso ampio che «Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano»;
   le norme sul diritto di sciopero vengono ulteriormente trattate dalla legge 12 giugno 1990, n. 146, rubricata «Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge»;
   il diritto di assemblea sindacale è disciplinato dallo Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), il quale, all'articolo 20, prevede il diritto dei lavoratori a riunirsi nell'unità produttiva in cui prestano la loro opera;
   l'assemblea sindacale sancisce il diritto di tutti i lavoratori a riunirsi, nel luogo ove prestano la loro opera, per trattare un ordine del giorno prestabilito e vertente su materie di interesse sindacale e del lavoro. Ogni lavoratore ha diritto a dieci ore annue retribuite per potere partecipare alle assemblee indette nell'unità produttiva alla quale appartiene;
   nella serata del 18 settembre 2015 il Consiglio dei ministri ha varato il cosiddetto «decreto-legge Colosseo», con cui i musei e i luoghi culturali diventerebbero servizi essenziali e come tali vincolati a precise e più rigide regole per quanto concerne la regolamentazione di scioperi e assemblee;
   come sottolineato da Lidia Undiemi sul fattoquotidiano.it in data 21 settembre 2015, «riguardo al caso specifico, l'intenzione è quella di modificare la legge 146 che regolamenta lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, per far rientrare la “fruizione” dei beni culturali fra i servizi pubblici essenziali. In caso di assemblee e mobilitazioni i lavoratori potrebbero anche essere precettati. L'obiettivo pare evidente: ridurre il potere di contrattazione dei lavoratori e dare maggior peso alla voce del “padrone”, equiparando l'ingresso dei turisti in vacanza in un sito archeologico all'assistenza ospedaliera»;
   il presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Roberto Alesse, come si legge in un articolo pubblicato su Il Fatto quotidiano del 19 settembre 2015, dichiara che: «la legge 146 resta una buona legge, che ha dato buoni frutti ma che necessita di essere attualizzata. Penso a tutto il dibattito sulla rappresentatività sindacale, che secondo me è un altro nodo centrale da dover sciogliere e mi chiedo se non sia questa la sede, la conversione del decreto-legge, per ampliare una riflessione» –:
   se e in che tempi intenda costituire un tavolo di confronto per avviare una discussione, di concerto con le rappresentanze sindacali, sul mancato pagamento delle indennità di turnazione e sul mancato rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici di cui in premessa. (3-01717)


Chiarimenti in merito ad asserite violazioni di legge derivanti dall'assemblea sindacale dei lavoratori dell'anfiteatro Flavio, del Foro Romano e Palatino, delle Terme di Diocleziano e del sito di Ostia Antica svoltasi il 18 settembre 2015 – 3-01718

   PANNARALE, SCOTTO, GIANCARLO GIORDANO e ZARATTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la rappresentanza sindacale unitaria della soprintendenza archeologica di Roma ha tenuto il 18 settembre 2015 un'assemblea generale dei lavoratori per discutere delle gravi questioni e dei gravi disagi vissuti dai lavoratori in ordine alle problematiche che sono state poste all'ordine del giorno;
   l'assemblea generale era stata richiesta secondo le norme contrattuali e regolarmente comunicata all'amministrazione in data 11 settembre 2015 e giudicata perfettamente legittima dallo stesso soprintendente Prosperetti nelle sue dichiarazioni riportate da importanti fonti giornalistiche. La rappresentanza sindacale unitaria aveva inoltre diffuso in anticipo un comunicato stampa che segnalava possibili disagi per i visitatori;
   l'assemblea è stata calendarizzata ad inizio turno per ridurre al minimo i disagi dei visitatori, comportando la chiusura al pubblico dei siti archeologici e dei musei per due ore e mezza. Alle ore 11.00 i cancelli sono stati regolarmente riaperti;
   iniziative analoghe avvengono in tutti i Paesi d'Europa, come il caso dei lavoratori della National Gallery di Londra, in mobilitazione da diversi mesi contro la privatizzazione dei servizi, o i lavoratori della Tour Eiffel a Parigi, che nel 2014 hanno chiuso per ben tre giorni il monumento più visitato di Francia senza che a nessuno degli esponenti politici o dei media di questi Paesi sia venuto in mente di mettere in discussione i diritti fondamentali dei lavoratori;
   in Italia, l’«espressione» nel rispetto delle leggi vigenti di un diritto sancito dalla Costituzione è stata messa pesantemente in discussione con le dichiarazioni del Ministro interrogato, che con il Governo ha deciso di varare prontamente un decreto-legge «contenente misure urgenti per il patrimonio storico-artistico della nazione»;
   il testo è composto da un unico articolo (a parte l'entrata in vigore) e chiarisce che l'apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura rientra tra i servizi pubblici essenziali disciplinati dalla legge n. 146 del 1990. Tale legge sostiene che «sono considerati servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione». L'accesso a monumenti e siti archeologici evidentemente non rientra in nessuna di queste fattispecie;
   lo stesso presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali a parere degli interroganti ha approfittato della situazione che si è venuta a creare per intervenire del tutto impropriamente sul diritto di sciopero, a dispetto del ruolo di garanzia che dovrebbe esercitare;
   la tutela del patrimonio culturale italiano rientra già nella normativa sui servizi essenziali, stabilendo il limite tra l'esercizio di un diritto fondamentale dei lavoratori e le esigenze dei cittadini. Nel caso di assemblea dei lavoratori, peraltro, la stessa normativa contrattuale prevede la formazione di presidi a tutela dell'integrità dei siti; andare oltre questo limite significa mettere in discussione i diritti costituzionali: –:
   in che modo il Ministro interrogato ritenga che la convocazione dell'assemblea sindacale abbia violato la disciplina legislativa vigente in materia e quali responsabilità si contestino ai lavoratori e alle loro organizzazioni sindacali. (3-01718)


Problematiche relative al contratto di concessione della bigliettazione e dei servizi di visita presso il Colosseo – 3-01719

   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Colosseo, l'area archeologica Palatino e il Foro Romano sono aree archeologiche tra le più visitate in Italia, che registrano circa cinque milioni di presenze all'anno;
   il 18 settembre 2015 il Colosseo e gli altri siti archeologici più importanti di Roma sono rimasti chiusi a causa di un'assemblea sindacale nell'ambito della quale i lavoratori hanno rivendicato il riconoscimento del salario accessorio e il rinnovo contrattuale;
   i sindacati hanno dichiarato che la loro manifestazione era stata regolarmente convocata e autorizzata e che le polemiche nate a causa del fatto che i turisti hanno dovuto sopportare lunghe attese sarebbero state strumentali e forse finalizzate ad accelerare i tempi per l'emanazione del decreto-legge volto a classificare i servizi turistici tra quelli essenziali;
   il Colosseo ogni anno, per quanto consta agli interroganti, genera incassi superiori a cinquanta milioni di euro, metà dei quali sarebbero incassati dall'associazione temporanea d'impresa Electa Mondadori e Coopculture, che gestisce la bigliettazione e i servizi di visita qualificata nel sito, in regime di concessione;
   la concessione in favore della citata associazione d'impresa opera ininterrottamente da quasi ben diciassette anni sulla base di reiterate proroghe e senza che sia mai più stata svolta alcuna gara per l'affidamento del servizio –:
   in base a quali procedure sia stato selezionato il concessionario e se non ritenga di procedere all'indizione di una gara per il rinnovo della concessione.
(3-01719)


Iniziative volte a superare le criticità emerse a seguito dell'adozione del decreto ministeriale del 1o luglio 2014 in materia di contributi allo spettacolo dal vivo – 3-01720

   BUTTIGLIONE e ADORNATO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 1o luglio 2014 è stato emanato il decreto ministeriale «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul fondo unico per lo spettacolo»;
   il decreto, sin dal momento della sua pubblicazione, ha suscitato critiche da osservatori esperti e preoccupazioni fra gli operatori dello spettacolo dal vivo a causa di alcuni meccanismi relativi al sistema di valutazione delle domande e di determinazione e attribuzione dei contributi – forse non sufficientemente valutati nei loro possibili effetti dagli estensori della nuova disciplina – che sembravano elevare eccessivamente il rischio di una valutazione basata su criteri soggettivi e discrezionali;
   infatti, la valutazione della Commissione sul parametro della «qualità artistica» del progetto fa sì che, se la stessa è inferiore alla soglia di 10 punti, la domanda possa essere comunque respinta, rendendo del tutto inutili tutti gli altri parametri fondati su dati oggettivi («qualità indicizzata» e «dimensione quantitativa») e, per di più, consentendo di non tener in alcun conto neanche la storia del soggetto proponente e della sua capacità imprenditoriale (si vedi, in particolare, l'articolo 5 del decreto ministeriale);
   ora si dà il caso, che la valutazione sulla «qualità artistica» sia totalmente discrezionale e che nessuno dei candidati eventualmente esclusi abbia alcuna possibilità concreta di prevenire il rischio di una valutazione inferiore a 10 (e quindi, per ciò stesso, causa di esclusione);
   pertanto, il decreto ministeriale configura apparentemente un complicato meccanismo di combinazione di diversi elementi volto a garantire un bilanciamento dei vari fattori che dovrebbero concorrere ad una valutazione equilibrata, ma dietro tale apparenza – sostanzialmente – vi è un unico criterio di valutazione, dirimente rispetto a tutto il resto, e tale criterio è del tutto discrezionale;
   dato questo evidente esito pratico, vi è da domandarsi a che serva un così complesso meccanismo e se – anche in un'ottica di semplificazione normativa e burocratica – non fosse stato più rispondente alle esigenze di un'amministrazione moderna, efficiente e trasparente scrivere un decreto ministeriale di un unico articolo (in luogo degli attuali 50), che assegnasse alla Commissione il potere di decidere a propria totale discrezione e in assoluta libertà – cioè in base alle inclinazioni di gusto e alla sensibilità culturale dei suoi componenti – a chi assegnare i contributi e a chi no;
   nel mese di luglio 2015 sono stati emanati i decreti del direttore generale spettacolo con cui sono stati approvati i progetti artistici del settore teatro per il triennio 2015-2017;
   dagli esiti finali di tale procedura emergono numerosi casi difficilmente spiegabili, se non come frutto dell'irrazionalità di una procedura inutilmente macchinosa e sostanzialmente arbitraria; solo per fare un esempio: accade che la stessa Commissione nel 2014 abbia valutato positivamente diversi soggetti che nel 2015, invece, sono stati valutati al di sotto della soglia qualitativa minima richiesta, nonostante sia facilmente dimostrabile come tali soggetti abbiano presentato un progetto addirittura migliorativo rispetto al 2014;
   in altri casi il nuovo calcolo dei punteggi e dei contributi ha aumentato in modo spropositato rispetto al 2014 il contributo ad alcuni soggetti e diminuito fortemente quello di altri, tra i quali alcuni di qualità universalmente riconosciuta (da Glauco Mauri a Luca De Filippo, solo per citare alcuni fra i più noti anche al grande pubblico);
   in altri casi ancora accade che vengano improvvisamente escluse, anche dopo trent'anni, imprese che hanno sempre avuto riconosciuto il contributo ministeriale e che sono, quindi, destinate al fallimento, e questo accade senza un preavviso (di almeno un anno) per permettere loro di adeguarsi al nuovo sistema o attrezzarsi per affrontare una riconversione aziendale;
   la comunicazione dell'esclusione, inoltre, arriva a fine luglio, dopo che l'attività oggetto di contributo è stata già svolta per almeno il 70 per cento e sono già state affrontate le spese che dovevano essere sostenute dal contributo, dovendosi concludere tutta le attività nel corso dell'anno solare in corso –:
   se il Ministro interrogato (tenuto conto degli effetti dirompenti e del contenzioso che tale situazione sta producendo) non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare il fallimento delle imprese che non godranno del contributo per il prossimo triennio e per aiutarle per lo meno ad affrontare la transizione al nuovo regime senza essere costrette alla chiusura immediata delle attività. (3-01720)


MOZIONI DAMBRUOSO, PAGANO, CAPEZZONE, CATANIA, FAUTTILLI ED ALTRI N. 1-00760, CARFAGNA ED ALTRI N. 1-00827, RONDINI ED ALTRI N. 1-00692, BINETTI ED ALTRI N. 1-00483, GRANDE ED ALTRI N. 1-00849, BECHIS ED ALTRI N. 1-00856, PREZIOSI ED ALTRI N. 1-00857, PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-00859 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00862 CONCERNENTI INIZIATIVE IN SEDE EUROPEA E INTERNAZIONALE PER LA PROTEZIONE DEI PERSEGUITATI PER MOTIVI RELIGIOSI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    in ampie aree del mondo, dall'area mediorientale – Iraq, Siria, Libia, Palestina – a quella del Nord e del Centro dell'Africa – Libia, Nigeria, Somalia, Kenya – si sono intensificate le persecuzioni nei confronti dei cristiani. Le continue violazioni della libertà religiosa, ispirate dall'odio ultrafondamentalista causano morte, sofferenze, l'esilio, perdita delle persone care e dei propri beni;
    i cristiani al mondo che in questo momento subiscono persecuzioni sono stimati in non meno di 100 milioni e le uccisioni, secondo le valutazioni più prudenti, sono almeno 7.000 all'anno (ma per qualcuno si dovrebbe aggiungere uno zero);
    le violazioni della libertà religiosa non riguardano solo i cristiani: la follia omicida dell'Isis, per esempio, colpisce con eguale crudeltà gli yazidi, i musulmani sciiti e anche i musulmani sunniti che non accettano le prevaricazioni dei terroristi. Sono rase al suolo non soltanto le chiese, ma anche i templi, le moschee e i minareti. I cristiani, tuttavia, vantano il triste primato di essere circa l'80 per cento del totale dei perseguitati per ragioni religiose;
    il terribile destino riservato ai ventuno coopti decapitati nei giorni scorsi sulle coste libiche, espiando la «colpa» di essere cristiani, a poche centinaia di miglia dalla Sicilia, ha esplicitato nel modo più turpe che si tratta di una tragedia molto prossima a noi;
    il rischio è che la moltiplicazione delle notizie di uccisioni, di massacri, di distruzioni provochi non un incremento della capacità di reagire da parte dell'Occidente, dell'Europa e dell'Italia, ma un incremento dell'assuefazione, come se fossero eventi inevitabili, qualcosa che comunque deve succedere;
    la risposta a un'aggressione ingiusta deve essere intelligente e adeguata al contesto. È, dunque, necessario che un eventuale intervento sia multilaterale, non di sole potenze «occidentali», coinvolgendo possibilmente anche Paesi musulmani;
    ogni azione, compreso l'intervento militare, sarebbe efficace soltanto se coerente con l'atteggiamento culturale. È fondamentale pertanto respingere l'idea che tutto l'Islam è il male assoluto, quasi fosse una guerra finale fra l'Occidente e un miliardo e mezzo di musulmani. L'unico modo di disinnescare l'ultrafondamentalismo islamico e il terrorismo è trovare dei musulmani che aiutino a farlo: fuori e dentro i confini nazionali;
    quel che è certo è che non può proseguire una indifferenza di fatto, che concorre ad aumentare i lutti, le violenze e le distruzioni,

impegna il Governo:

   a rendersi promotore e a sostenere nelle sedi europee e internazionali ogni iniziativa necessaria ad assicurare la concreta protezione dei perseguitati per motivi religiosi, in coerenza con le deliberazioni delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o credo e con gli indirizzi già approvati dal Parlamento italiano;
   ad assumere e partecipare a iniziative in sede europea e internazionale, tese a rafforzare la collaborazione con i principali attori regionali e le autorità locali, a tutela della libertà di religione o credo, onde reagire alle violenze più efferate e a tutelare le popolazioni e comunità oggetto di massacri e di persecuzioni per ragioni di fede religiosa;
   ad aggiornare periodicamente la Camera dei deputati sullo stato dei lavori e sui risultati ottenuti.
(1-00760)
(Nuova formulazione) «Dambruoso, Pagano, Capezzone, Catania, Fauttilli, Bernardo, Binetti, Bueno, Centemero, Antimo Cesaro, Chiarelli, D'Agostino, Fabrizio Di Stefano, Ermini, Galati, Galgano, Riccardo Gallo, Gigli, Laffranco, Latronico, Maietta, Marazziti, Marotta, Matarrese, Molea, Palese, Piepoli, Piso, Rabino, Romele, Santerini, Tancredi, Vargiu».


   La Camera,
   premesso che:
    la libertà religiosa è la madre di tutte le libertà, in quanto investe la libertà di coscienza, di pensiero e di professione pubblica della fede di ciascuno. Come tale fa parte dei diritti fondamentali ed inalienabili dell'uomo, espressi nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Tale diritto, pertanto, include la libertà di cambiare religione o credo e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti;
    la libertà religiosa rappresenta senz'altro lo sfondo dove ricercare un'efficace politica sociale attenta alle differenze, dove incoraggiare scelte segnate da una tolleranza genuina che non camuffi le diversità e da un'azione che sostenga l'integrazione, il dialogo plurale per il bene comune, la tutela dei diritti umani e la partecipazione democratica;
    la storia dimostra che non solo la libertà religiosa è il pilastro portante di tutte le libertà, ma che l'intolleranza religiosa porta inevitabilmente alla violazione di diritti umani fondamentali e, molto spesso, a conflitti cruenti e devastanti;
    purtroppo, come documentano troppi eventi, il diritto alla libertà religiosa è ancora oggi messo in discussione: gli atti di violenza commessi in nome della religione continuano, infatti, a dominare la scena internazionale, generando intolleranza spesso alimentata e strumentalizzata per motivi politici ed economici, che sempre più di frequente producono azioni collettive aberranti a danno delle minoranze;
    in molti Paesi, vi sono ancora discriminazioni di ordine giuridico o costituzionale oppure vere e proprie ostilità religiose, spesso legate a tensioni etniche o tribali. In diversi casi, vi è un gruppo religioso che opprime o, addirittura, cerca di eliminarne un altro, o c’è uno Stato autoritario che tenta di limitare le attività di un particolare gruppo religioso;
    in questo contesto, la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono i cristiani in molti Paesi provoca ancora vittime innocenti, perpetrando una vera e propria persecuzione, che rappresenta un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo. Si tratta di una tragedia umanitaria di proporzioni drammatiche che si consuma ogni giorno: casi di cristiani perseguitati solo a causa della loro fede, trucidati in nome del fanatismo e radicalismo religioso;
    il termine «cristianofobia» è quello che descrive più compiutamente questo fenomeno di portata universale e come tale è stato adottato dall'Onu sin dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007. Con questa espressione si vuole qualificare la peculiarità di una persecuzione che si manifesta in odio cruento in Paesi dove il cristianesimo è minoranza, ma trova fertile terreno anche in Occidente da parte di chi vuole negare la pertinenza pubblica della fede cristiana;
    il Novecento è stato il secolo dell'eccidio dei cristiani: in cento anni ci sono stati più «martiri» che nei duemila anni precedenti. Sono circa cento milioni i cristiani perseguitati in tutto il mondo: nel 2014 si stimano 4.344 vittime e 1.062 chiese attaccate. In media ogni mese 322 cristiani vengono uccisi nel mondo a causa della loro fede, 214 tra chiese ed edifici di proprietà dei cristiani sono distrutti e danneggiati e 722 sono gli atti di violenza perpetrati nei loro confronti. Le statistiche sono di opendoorsusa.org, un'organizzazione no profit evangelica che assiste cristiani perseguitati di tutte le confessioni in più di sessanta Paesi;
    nel 2014 e nel primo trimestre 2015 i cristiani si confermano, dunque, come il gruppo religioso maggiormente perseguitato: dalla Nigeria all'Africa subsahariana, dalla Siria all'Iraq, al Pakistan, è lunga la scia di sangue che li vede sempre più sotto attacco con arresti, deportazioni, torture, stupri e decapitazioni;
    tra i crimini recenti più efferati, si ricorda la barbara uccisione dei 21 cristiani copti, rapiti a Sirte, in Libia, dai miliziani affiliati allo Stato islamico;
    il 10 aprile 2015, in Pakistan un adolescente di 14 anni di religione cristiana è stato arso vivo da alcuni giovani musulmani ed ora lotta tra la vita e la morte, in ospedale a Lahore, con gravi ustioni su tutto il corpo;
    le limitazioni alla libertà religiosa conoscono un triste primato in Darfur, teatro di violenti stupri di massa, ma ancora più agghiaccianti sono i massacri compiuti in Nigeria dai fondamentalisti islamici di Boko Haram; lo stesso gruppo terroristico si è reso protagonista di uno degli episodi più raccapriccianti: il rapimento, nella notte del 14 aprile 2014, di 275 ragazze cristiane, studentesse della scuola secondaria del villaggio di Chibok. Alcune decine di loro riuscirono a scappare, ma in grandissima misura (più di 200) mancano ancora all'appello, molto probabilmente gettate nelle fosse comuni;
    non sono da meno i tormenti inflitti ai cristiani in Medio Oriente: in Iraq, dall'estate del 2014, sono centinaia di migliaia quelli costretti a fuggire dalle loro case sotto l'incalzare dell'avanzata dei jihadisti dell'Isis;
    vi sono poi Paesi come il Kenya, in cui i cristiani rappresentano la maggioranza della popolazione, ma che, a causa delle tensioni religiose, connesse ad una situazione politica complessa, sono vittime di atti di persecuzione. Risale, infatti, a giovedì santo l'episodio di violenza jihadista degli estremisti somali Al Shabaab contro un campus universitario, che ha provocato la morte di almeno 147 persone;
    nel mese di marzo 2015, davanti agli attentati mossi dinnanzi a due chiese in Pakistan, che hanno provocato 15 morti e 80 feriti, Papa Francesco ha parlato di una «persecuzione contro i cristiani che il mondo cerca di nascondere»;
    e ancora recentemente, in occasione della messa per gli armeni, il Papa ha avuto modo di ricordare che «oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall'indifferenza generale e collettiva», «una terza guerra mondiale a pezzi», in cui «sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica» vengono perseguitati;
    non si può rimanere indifferenti davanti a tutto questo, soprattutto in un momento storico in cui il fronte dell'intolleranza sta toccando così tante nazioni nei diversi continenti e, soprattutto, nelle occasioni più incredibili. Basti pensare che solo qualche giorno fa, su un barcone di immigrati diretto verso il nostro Paese, durante la traversata del Canale di Sicilia, è scoppiata una rissa per motivi religiosi, in cui i musulmani avrebbero sopraffatto i cristiani scaraventandoli fuori bordo e provocando la morte di alcuni di loro;
    in questo clima, ciò che più colpisce è il silenzio delle istituzioni, nonché la mancanza di un'iniziativa forte e decisa a carico della diplomazia internazionale;
    l'integrazione europea, per essere autentica, deve fondarsi sul rispetto delle identità dei popoli dell'Europa, che vedono tra le sorgenti della propria civiltà il Cristianesimo, che è all'origine dell'idea di persona e della sua centralità;
    lo stesso principio di laicità dello Stato, che rappresenta una delle conquiste più importanti delle democrazie liberali e pluraliste, non implica indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato stesso per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale;
    la libertà religiosa assume, quindi, un ruolo fondamentale anche a garanzia del principio supremo di laicità dello Stato, sul quale si struttura il concetto di democrazia;
    di fronte a ciò che sta accadendo, anche a tutela dei principi che fondano le democrazie che la compongono, l'Europa, in particolare, ha il dovere di rivendicare con orgoglio i propri valori e la propria identità, senza rinunciare ad affermare le sue radici giudaico-cristiane, con piena consapevolezza delle origini culturali delle proprie idee e istituzioni democratiche,

impegna il Governo:

   a sostenere, nel quadro delle iniziative promosse dall'Unione europea e a livello internazionale, ogni azione volta a riconoscere la persecuzione nei confronti dei cristiani come priorità assoluta, affinché sia condannata e contrastata con ogni mezzo;
   a porre in essere, in coordinamento con i partner dell'Unione europea e internazionali, ogni iniziativa volta a rafforzare la capacità dei Paesi alleati e dei Paesi che sostiene con gli strumenti della cooperazione internazionale, per fornire adeguata protezione alle minoranze religiose e garantire il diritto di tutti ad esercitare e professare la propria fede in sicurezza e libertà;
   ad adottare ogni iniziativa utile a garantire la tutela degli appartenenti alle minoranze cristiane anche attraverso azioni di assistenza umanitaria, o con il coinvolgimento delle rappresentanze diplomatiche italiane e consolari, anche nell'ambito di iniziative europee ed internazionali, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   a favorire, in coordinamento con i partner dell'Unione europea, un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare dei cristiani e delle altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa;
   ad adoperarsi affinché il rispetto dei diritti umani e quindi della libertà di religione o credo siano al centro delle politiche di aiuto allo sviluppo dell'Unione europea e degli altri organismi internazionali, fermo restando il rispettare dei principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   a promuovere nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose, la lotta contro la cristianofobia e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
(1-00827)
(Nuova formulazione) «Carfagna, Brunetta, Centemero, Prestigiacomo, Palmieri, Gelmini, Garnero Santanchè, Giammanco, Ravetto, Milanato, Sandra Savino, Distaso, Polidori, Vella, Elvira Savino, Altieri, Marotta, Bianconi, Bergamini, Biancofiore, Castiello, Abrignani, Nizzi, Calabria, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    «la difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese». Così disse Giovanni Paolo II nell'ottobre del 2003 ai partecipanti all'Assemblea parlamentare dell'Osce. Se in un Paese la libertà religiosa non è rispettata, difficilmente lo saranno gli altri diritti umani;
    in quella, come in molte altre occasioni, Wojtyla sottolineò «la dimensione internazionale del diritto alla libertà di religione e la sua importanza per la sicurezza e la stabilità della comunità delle nazioni», incoraggiandone la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e di altri organismi internazionali;
    oggi circa il 74 per cento della popolazione mondiale – quasi 5,3 miliardi di persone – vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Sono 116 i Paesi nel mondo in cui si registrano violazioni della libertà religiosa;
    recenti studi dimostrano che circa i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    anche il numero di cristiani uccisi ogni anno in ragione della propria fede è tristemente elevato. Le stime variano da 100 mila a poche migliaia. Non è, tuttavia, rilevante sapere se vi è un cristiano ucciso in odio alla fede ogni cinque minuti, oppure ogni giorno. È comunque troppo;
    tra i colpevoli di discriminazioni e persecuzioni ai danni di gruppi religiosi vi sono numerosi Governi. «La libertà religiosa è qualcosa che non tutti i Paesi hanno – ha ricordato Papa Francesco rientrando dal suo viaggio in Terra Santa –. Alcuni esercitano un controllo, altri prendono misure che finiscono in una vera persecuzione. Ci sono martiri oggi, martiri cristiani, cattolici e non cattolici. In alcuni posti non puoi portare un crocifisso, avere una Bibbia, o insegnare il catechismo ai bambini. E io credo che in questo tempo ci siano più martiri che nei primi tempi della Chiesa»;
    in Cina il controllo dello Stato sulle attività religiose è andato tristemente aumentando negli ultimi anni, così come il numero degli arresti di cristiani, buddisti e musulmani e la distruzione di edifici religiosi. Recentemente nella provincia di Zhejang oltre sessanta chiese sono state demolite o danneggiate. La Costituzione riconosce sulla carta la libertà di religione, ma autorizza le sole attività religiose «normali», senza tuttavia fornirne alcuna definizione. Chiunque partecipi a riunioni o manifestazioni religiose non «autorizzate» è arrestato e può subire torture e abusi. Stessa sorte è toccata ai numerosi cattolici che, per fedeltà al Papa, hanno rifiutato di aderire all'Associazione patriottica cattolica cinese;
    lo stretto controllo governativo limita in modo rilevante la libertà religiosa anche in altri Paesi asiatici, quali Laos, Vietnam, Malesia, Kazakhistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam;
    uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan. Qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge antiblasfemia – corrispondente ad alcuni articoli del codice penale pachistano – che punisce con la pena di morte chi insulta il profeta Maometto e con il carcere a vita chi profana il Corano. In Pakistan sono detenute 36 delle 43 persone arrestate con l'accusa di blasfemia in tutto il mondo. 17 di queste sono state condannate alla pena capitale, mentre le altre stanno scontando una pena detentiva a vita. Senza contare le migliaia di omicidi extra-giudiziali compiuti a causa di tale norma. Ne sono un tragico esempio i due coniugi cristiani gettati vivi in una fornace il 4 novembre del 2014, a seguito di un'accusa di blasfemia;
    anche se tra gli accusati non mancano appartenenti alla maggioranza musulmana, i dati dimostrano come la legge – che non prevede l'onere della prova per chi accusa e si presta dunque facilmente a un uso improprio – è soprattutto utilizzata per colpire le minoranze religiose. Nel 2013 su 32 casi registrati, 12 hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40 per cento delle denunce, in un Paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2 per cento della popolazione;
    un'altra piaga che colpisce le minoranze religiose del Pakistan è il rapimento e la conversione forzata all'Islam di adolescenti e bambine. Secondo i dati ufficiali, ogni anno circa 750 giovani cristiane e 250 indù sarebbero rapite e obbligate a convertirsi per contrarre matrimonio islamico. Ma, dal momento che la percentuale dei crimini riportati è minima, si ritiene che i casi siano almeno il doppio;
    nei mesi scorsi il caso di Meriam Yahya Ibrahim Ishaq, la donna sudanese condannata a morte per apostasia, ha portato all'attenzione internazionale il dramma in atto nei Paesi in cui è vietato convertirsi dall'Islam ad altra religione. In 21 Paesi il reato di apostasia è regolato dal codice penale e alcuni di questi, tra cui Iran, Sudan, Arabia Saudita, Egitto, Somalia, Afghanistan, Qatar, Yemen, Pakistan e Mauritania, contemplano la pena di morte per questo tipo di reato;
    gravi sono le violazioni alla libertà religiosa nei Paesi in cui la legge islamica è fonte di diritto, sia che questa venga applicata a tutti i cittadini – come ad esempio in Sudan – sia che sia fatta distinzione tra musulmani e non musulmani. In 17 dei 49 Paesi a maggioranza islamica, l'Islam è riconosciuto come religione di Stato. Un primato sancito dalla Costituzione che implica molteplici conseguenze: dall'esclusione delle minoranze dalla pratica religiosa – è questo il caso dell'Arabia Saudita – fino a forme di tolleranza vincolate a rigidi controlli delle attività religiose;
    in Medio Oriente, in seguito alla cosiddetta primavera araba, si è assistito ad un aumento della pressione di gruppi fondamentalisti ed una crescente ostilità nei confronti della minoranza cristiana. In Egitto nel solo 2013 sono stati distrutti o danneggiati oltre 200 tra chiese, edifici religiosi e attività gestite da cristiani;
    in alcune aree di diversi Paesi del mondo arabo – tra cui Egitto, Iraq e Siria – gli estremisti pretendono dai cristiani il pagamento della jizya, la tassa imposta ai non musulmani durante l'impero ottomano;
    la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento. Tra i fattori che spingono i cristiani ad abbandonare il proprio Paese vi è la concezione, tradizionalmente diffusa nelle società islamiche, che i non musulmani siano cittadini di seconda classe. Tale concezione non di rado porta a gravi discriminazioni in ambito scolastico e lavorativo e perfino a disparità nell'applicazione della giustizia;
    uno dei Paesi simbolo delle difficoltà cristiane nell'area è senza dubbio l'Iraq, che negli ultimi 25 anni ha visto diminuire la propria comunità cristiana da un milione e mezzo di fedeli a poco più di 300 mila. La conquista di vaste aree del Paese da parte dello Stato islamico rischia oggi di porre fine alla millenaria presenza cristiana. Più di 120 mila cristiani sono fuggiti nel Kurdistan iracheno ed ora versano in drammatiche condizioni, stipati nelle scuole, negli edifici abbandonati e condividendo in più famiglie uno stesso appartamento;
    anche in molte aree dell'Africa la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici è andata fortemente aumentando, con gravi conseguenze per la popolazione locale e in particolar modo per i non musulmani. Caso emblematico è quello della Nigeria, dove dal 2009 ad oggi si sono intensificati gli attacchi della setta islamica Boko Haram. Nel Nord a maggioranza islamica i fondamentalisti hanno distrutto o danneggiato centinaia di chiese e ucciso migliaia di persone, oltre 2 mila soltanto negli ultimi 12 mesi. Da una ricerca condotta nell'ottobre del 2012 è risultato che su 1.201 cristiani uccisi in odio alla fede durante l'anno, ben 791 avevano trovato la morte in Nigeria. Dal 2001 all'ottobre 2013 nel Paese sono stati uccisi 32 mila cristiani, di cui 12 mila tra il 2011 e l'ottobre 2013. Il Governo è stato più volte accusato di non aver saputo reagire in maniera adeguata, anche a causa della dilagante corruzione che caratterizza l'apparato statale;
    molti dei Paesi citati sono firmatari della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, la quale esige dai Paesi firmatari il rispetto di diritti civili e politici, incluso quello alla libertà religiosa;
    la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 18, stabilisce che: ”Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti,

impegna il Governo:

   a promuovere l'istituzione di una giornata europea dei martiri cristiani per ricordare i tanti cristiani del nostro tempo uccisi in odio alla fede;
   a rendere il rispetto della libertà religiosa uno dei requisiti necessari alla concessione di aiuti a Paesi terzi e all'instaurazione con questi di relazioni di carattere economico;
   ad organizzare con regolarità incontri tra rappresentanti del Governo ed esponenti delle minoranze religiose di diversi Paesi per acquisire informazioni dirette e poter realizzare interventi più efficaci;
   ad inserire il tema del rispetto della libertà religiosa nell'agenda di incontri tra il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed i loro omologhi di altri Paesi, specie se in questi Paesi tale diritto non è pienamente garantito;
   ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione (esempio: borse di studio per appartenenti alle minoranze religiose);
   ad esercitare una chiara e dichiarata forma di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, dove essa risulti minacciata o compressa, per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di Governo sia attraverso un tacito assenso e che vedano l'impunità degli autori di violenze, arrivando, laddove necessario, all'interruzione delle relazioni diplomatiche e commerciali;
   a stabilire come principio imprescindibile alla negoziazione e conclusione di qualsiasi accordo internazionale la garanzia della controparte che al proprio interno sia assicurata la libertà di professare qualunque religione e la libertà di cambiare religione o credo;
   a farsi promotore, nelle sedi comunitarie ed internazionali, della sospensione di ogni accordo multilaterale verso i Paesi nei quali è applicata, anche parzialmente o su porzioni di territorio, la legge islamica, fino alla reale rimozione da parte di questi Paesi di ogni impedimento alla libera professione religiosa e alla cessazione di episodi di violenza contro comunità o singoli non islamici presenti sul territorio.
(1-00692) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Marguerettaz, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 2 luglio 2014 la Camera dei deputati ha approvato a grandissima maggioranza una mozione unitaria che aveva come oggetto la tutela della libertà religiosa: la mozione impegnava il Governo su vari fronti, che hanno ancora piena attualità, anche perché nel tempo sono andati moltiplicandosi gli episodi di intolleranza, con grave pregiudizio non solo per la libertà, ma anche per la vita delle persone;
    la mozione approvata il 2 luglio 2014 sollecitava il Governo a denunciare ogni forma di persecuzione nei confronti delle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane che vivono in alcuni contesti in cui sono maggiormente vulnerabili; a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, in particolare nei confronti delle diverse esperienze religione; a sostenere iniziative che promuovano il dialogo interreligioso; a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, sono pesantemente discriminate; ad adottare le opportune iniziative, anche in sede Onu, in, materia di libertà religiosa, per monitorare gli episodi di persecuzione religiosa, impegnando i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religioso; ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan per rafforzare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa; infine, ad assumere iniziative a sostegno delle minoranze religiose con particolare attenzione all'educazione;
    all'Onu l'11 marzo 2015 Heiner Bielefeldt, relatore speciale sulla libertà di religione o di credo durante la 28.ma sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra, ha affermato: «Esistono violenze commesse in nome della religione e questo può portare a massicce violazioni dei diritti umani, compresa la libertà di religione o di credo». Il rapporto è in realtà un atto di accusa contro gli Stati che, implicitamente o esplicitamente, appoggiano violenze commesse in nome della religione, le tollerano sul loro territorio o ne hanno istituzionalizzato, anche, il funzionamento. L'analisi delle cause di questo tipo di violenza è l'essenza del rapporto. Si parla, infatti, di gruppi armati terroristici barbari o della strumentalizzazione della religione per fini di potere o politici; altre volte si tratta di politiche di esclusione etnica o religiosa, oppure della mancanza di uno Stato di diritto che garantisca pace e stabilità ed eviti l'emergere di forme di radicalizzazione religiosa. Altre cause, però, risiedono nella mancanza di istruzione, della quale approfitta l'irrazionalità della violenza religiosa, o nei media stessi che si trasformano in vettori di violenza. Infine, le autorità religiose e politiche che non condannano le barbarie commesse in nome della religione, complici nel promuovere e far crescere tali atti violenza;
    le persecuzioni contro i cristiani sono cresciute in modo esponenziale nell'attuale situazione in Iraq e in altri Paesi del Medio Oriente dove il sedicente «califfato» islamico marchia con una «N» come nazareni le case dei cristiani, costretti a fuggire in massa. La lettera «N» da marchio d'infamia è diventata simbolo di una battaglia di libertà religiosa. Un marchio della vergogna non per chi lo subisce ma per gli jihadisti che lo impongono, come è avvenuto sulle case dei cristiani a Mosul: «N» come nazareno, cioè cristiano;
    fino al 1990, anno della prima guerra del Golfo, i cristiani in Iraq erano circa 600.000, il 3,2 per cento della popolazione, stimata in 18 milioni. Con gli anni dell'embargo (1990-2003) inizia il calo: sono circa 554.000 nel 2003, così ripartiti: 370.000 caldei; 100.000 siriaci cattolici e ortodossi; 50.000 assiri; 20.000 armeni; 10.000 protestanti; 4.000 latini. Nel 2003, con l'occupazione dell'Iraq e l'inizio degli attentati contro chiese e clero, si accelerano l'esodo verso nord e l'emigrazione all'estero. Nel 2010 i cristiani sono stimati attorno ai 400.000. Con l'occupazione di Mosul e di parte della piana di Ninive, la presenza cristiana è a rischio estinzione. Oggi i cristiani sono stimati attorno ai 250.000, meno dell'1 per cento della popolazione;
    «La difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese». Così disse Giovanni Paolo II nell'ottobre del 2003 ai partecipanti all'Assemblea parlamentare dell'Osce (Organization for security and co-operation in Europe). «Se in un Paese la libertà religiosa non è rispettata, difficilmente lo saranno gli altri diritti umani». In quella, come in molte altre occasioni, Papa Wojtyla sottolineò «la dimensione internazionale del diritto alla libertà di religione e la sua importanza per la sicurezza e la stabilità della comunità delle nazioni», incoraggiandone la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e di altri organismi internazionali;
    oggi circa il 74 per cento della popolazione mondiale – quasi 5,3 miliardi di persone – vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Recenti studi dimostrano che almeno i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    anche il numero di cristiani uccisi ogni anno in ragione della propria fede è tristemente elevato. Le stime variano da 100 mila a poche migliaia. Non è, tuttavia, rilevante sapere se vi è un cristiano ucciso in odio alla fede ogni cinque minuti, oppure ogni giorno. Anche un solo cristiano che sia reso martire per la propria fede è comunque troppo, soprattutto in una civiltà che si definisce pluralista e che fa della tutela dei diritti umani la vera cifra della modernità;
    tra i colpevoli di discriminazioni e persecuzioni ai danni di gruppi religiosi vi sono numerosi Governi. «La libertà religiosa è qualcosa che non tutti i Paesi hanno – ha ricordato Papa Francesco rientrando dal suo viaggio in Terra santa – Oggi ci sono martiri cristiani, cattolici e non cattolici. In alcuni posti non puoi portare un crocifisso, avere una Bibbia, o insegnare il catechismo ai bambini. E io credo che in questo tempo ci siano più martiri che nei primi tempi della Chiesa»; in Corea del Nord la libertà religiosa è completamente negata. Il Governo controlla le attività religiose e chiunque partecipi ad attività religiose non autorizzate è arrestato e soggetto a torture o perfino esecuzioni. Migliaia di nordcoreani sono internati nei campi di lavoro per motivi religiosi – almeno 15 mila su un totale di 150 mila prigionieri – e se rifiutano di rinunciare alla loro fede, subiscono abusi perfino peggiori di quelli cui sono soggetti gli altri detenuti. Molto simile la situazione dell'Eritrea, nota non a caso come la «Corea del Nord d'Africa», dove si contano dai 2 mila ai 3 mila prigionieri arrestati a causa del loro credo religioso. Prigionieri che subiscono atroci torture e sono costretti a vivere in condizioni disumane;
    in Cina il controllo dello Stato sulle attività religiose è andato tristemente aumentando negli ultimi anni, così come il numero degli arresti di cristiani, buddisti e musulmani e la distruzione di edifici religiosi. Recentemente nella provincia di Zhejang oltre sessanta chiese sono state demolite o danneggiate. La Costituzione riconosce sulla carta la libertà di religione, ma autorizza le sole attività religiose «normali», senza tuttavia fornirne alcuna definizione. Chiunque partecipi a riunioni o manifestazioni religiose non «autorizzate» è arrestato e può subire torture e abusi. Stessa sorte è toccata ai numerosi cattolici che, per fedeltà al Papa, hanno rifiutato di aderire all'Associazione patriottica cattolica cinese;
    lo stretto controllo governativo limita in modo rilevante la libertà religiosa anche in altri Paesi asiatici, quali Laos, Vietnam, Malesia, Kazakhistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam;
    uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan. Qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge anti-blasfemia, corrispondente ad alcuni articoli del codice penale pachistano che punisce con la pena di morte chi insulta il profeta Maometto e con il carcere a vita chi profana il Corano. In Pakistan sono detenute 36 delle 43 persone arrestate con l'accusa di blasfemia in tutto il mondo. 17 di queste sono state condannate alla pena capitale, mentre le altre stanno scontando una pena detentiva a vita. Senza contare le migliaia di omicidi extra-giudiziali compiuti a causa di tale norma;
    anche se tra gli accusati non mancano appartenenti alla maggioranza musulmana, i dati dimostrano come la legge – che non prevede l'onere della prova per chi accusa e si presta, dunque, facilmente ad un uso improprio – è soprattutto utilizzata per colpire le minoranze religiose. Nel 2013, su 32 casi registrati, 12 hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40 per cento delle denunce, in un Paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2 per cento della popolazione;
    un'altra piaga che colpisce le minoranze religiose del Pakistan è il rapimento e la conversione forzata all'Islam di adolescenti e bambine. Secondo i dati ufficiali, ogni anno circa 750 giovani cristiane e 250 indù sarebbero rapite e obbligate a convertirsi per contrarre matrimonio islamico. Ma, dal momento che la percentuale dei crimini riportati è minima, si ritiene che i casi siano almeno il doppio;
    in questi giorni il caso di Meriam Yahya Ibrahim Ishaq, la donna sudanese condannata a morte per apostasia, ha portato all'attenzione internazionale il dramma in atto nei Paesi in cui è vietato convertirsi dall'Islam ad altra religione. In 21 Paesi il reato di apostasia è regolato dal codice penale e alcuni di questi, tra cui Iran, Sudan, Arabia Saudita, Egitto, Somalia, Afghanistan, Qatar, Yemen, Pakistan e Mauritania, contemplano la pena di morte per questo tipo di reato;
    gravi sono le violazioni alla libertà religiosa nei Paesi in cui la legge islamica è fonte di diritto, sia che questa venga applicata a tutti i cittadini – come, ad esempio, in Sudan – sia che sia fatta distinzione tra musulmani e non musulmani. In 17 dei 49 Paesi a maggioranza islamica, l'Islam è riconosciuto come religione di Stato. Un primato sancito dalla Costituzione che implica molteplici conseguenze: dall'esclusione delle minoranze dalla pratica religiosa – è questo il caso dell'Arabia Saudita – fino a forme di tolleranza vincolate a rigidi controlli delle attività religiose; in Medio Oriente, in seguito alla cosiddetta primavera araba, si è assistito ad un aumento della pressione di gruppi fondamentalisti e ad una crescente ostilità nei confronti della minoranza cristiana. In Egitto nel solo 2013 sono stati distrutti o danneggiati oltre 200 tra chiese, edifici religiosi e attività gestite da cristiani; in alcune aree di diversi Paesi del mondo arabo – tra cui Egitto, Iraq e Siria – gli estremisti pretendono dai cristiani il pagamento della jizya, la tassa imposta ai non musulmani durante l'impero ottomano;
    la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento. Tra i fattori che spingono i cristiani ad abbandonare il proprio Paese vi è la concezione, tradizionalmente diffusa nelle società islamiche, che i non musulmani siano cittadini di seconda classe. Tale concezione non di rado porta a gravi discriminazioni in ambito scolastico e lavorativo e perfino a disparità nell'applicazione della giustizia;
    uno dei Paesi simbolo delle difficoltà cristiane nell'area è senza dubbio l'Iraq, che negli ultimi 25 anni ha visto diminuire la propria comunità cristiana da un milione e mezzo di fedeli a poco più di 300 mila; anche in molte aree dell'Africa la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici è andata fortemente aumentando, con gravi conseguenze per la popolazione locale e in particolar modo per i non musulmani. Caso emblematico è quello della Nigeria, dove dal 2009 ad oggi si sono intensificati gli attacchi della setta islamica Boko Haram. Nel Nord a maggioranza islamica i fondamentalisti hanno distrutto o danneggiato centinaia di chiese e ucciso migliaia di persone, oltre 2 mila soltanto negli ultimi 12 mesi. Da una ricerca condotta nell'ottobre del 2012 è risultato che su 1.201 cristiani uccisi in odio alla fede durante l'anno, ben 791 avevano trovato la morte in Nigeria. Il Governo è stato più volte accusato di non aver saputo reagire in maniera adeguata, anche a causa della dilagante corruzione che caratterizza l'apparato statale; nonostante i cristiani subiscano le maggiori persecuzioni in Paesi di religione islamica, non si può dimenticare che nei Paesi islamici ci sono anche molti moderati che desiderano dialogare con la popolazione cristiana per dare vita ad iniziative politiche e sociali condivise; il dialogo con loro è fondamentale per costruire modelli nuovi di convivenza e di pace, a vantaggio di tutti, in Italia e nei diversi Paesi; molti dei Paesi citati sono firmatari della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, la quale esige dai Paesi firmatari il rispetto di diritti civili e politici, incluso quello alla libertà religiosa;
    la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 18, stabilisce che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»,

impegna il Governo:

   a promuovere l'istituzione di una giornata europea per ricordare coloro che sono stati uccisi a causa della propria fede religiosa;
   ad adoperarsi affinché i diritti umani e le libertà fondamentali siano al centro delle politiche di aiuto allo sviluppo fermo restando il rispetto dei principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza ed umanità;
   ad organizzare e a partecipare a incontri con i rappresentanti delle minoranze religiose presenti in Italia per acquisire informazioni dirette sulle loro condizioni e potere, quindi, realizzare interventi umanitari più efficaci;
   ad inserire il tema del rispetto della libertà religiosa nell'agenda degli incontri internazionali tra i membri del Governo italiano e i Governi di altri Paesi, specie se in questi Paesi tale diritto non è pienamente garantito;
   ad assicurare protezione ai perseguitati per motivi religiosi, in coerenza con le deliberazioni delle Nazioni Unite;
   ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   ad assumere e partecipare, in particolare, a iniziative politiche in sede europea e internazionale per rafforzare la collaborazione con i principali attori regionali e le autorità locali a tutela della libertà di religione o credo e atte a reagire alle violenze più efferate e a tutelare popolazioni e comunità oggetto di massacri e di persecuzioni per ragioni di fede religiosa;
   ad aggiornare periodicamente la Camera dei deputati sullo stato dei lavori e sui risultati ottenuti.
(1-00483)
(Ulteriore nuova formulazione) «Binetti, Buttiglione, Gigli, Fauttilli, Calabrò, De Mita, Cera, Preziosi, Pagano, Sberna, Piepoli, Fitzgerald Nissoli, Fucci, Bueno, Adornato, D'Alia».


   La Camera,
   premesso che:
    la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 18, stabilisce che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
    dall'intensificazione delle violazioni subite dai fedeli di ogni credo e non solo dai cristiani si evince chiaramente che il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire, benché sia, per sua stessa natura, un diritto da garantire a chiunque; circa il 74 per cento della popolazione mondiale (quasi 5,3 miliardi di persone) vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose;
    nella XII edizione del rapporto sulla libertà religiosa nel mondo del 2014, redatto dalla fondazione di diritto pontificio, la Acs, è stato fotografato il grado di rispetto della libertà religiosa in 196 Paesi, in 116 dei quali si è registrato «un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa, ovvero quasi il 60 per cento (...) in 14 dei 20 Paesi dove si registra un elevato grado di violazione della libertà religiosa, la persecuzione dei credenti è legata all'estremismo islamico: Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica centrafricana, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Negli altri sei Paesi, l'elevato grado di violazione della libertà religiosa è legato all'azione di regimi autoritari, quali quelli di Azerbaigian, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan»;
    è indubbio che i cristiani si confermano il gruppo religioso maggiormente perseguitato; minoranza oppressa in numerosi Paesi, molte delle terre in cui i cristiani abitano da secoli, se non da millenni, sono oggi sconvolte dal terrorismo; ad oggi risultano almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    gravi sono le violazioni alla libertà religiosa nei Paesi in cui la legge islamica è fonte di diritto, sia che questa venga applicata a tutti i cittadini, come, ad esempio, in Sudan, sia che sia fatta distinzione tra musulmani e non musulmani. In 17 dei 49 Paesi a maggioranza islamica, l'Islam è riconosciuto come religione di Stato. Un primato sancito dalle Costituzioni che implica molteplici conseguenze: dall'esclusione delle minoranze dalla pratica religiosa, è questo il caso dell'Arabia Saudita, fino a forme di tolleranza vincolate a rigidi controlli delle attività religiose;
    uno dei Paesi simbolo delle difficoltà cristiane nell'area è senza dubbio l'Iraq, che negli ultimi 25 anni ha visto diminuire la propria comunità cristiana da un milione e mezzo di fedeli a poco più di 300.000; gli attacchi contro i cristiani e le altre minoranze non rappresentano una dinamica degli ultimi mesi in Iraq. Molto prima della crescita in termini di potere del sedicente Stato islamico (Is) in tutto questo tempo le comunità cristiane e sciite (che, tra l'altro, rimane la comunità di maggioranza in Iraq) sono considerate dagli estremisti sunniti come infedeli e ladri e sono disprezzate in ogni modo;
    in Iraq le minoranze perseguitate non sono solo quelle cristiane, ma anche quelle di yazidi, shabak (una minoranza sciita di origine curda), baha'i, armeni, comunità di colore, circassi, kaka'i, curdi faili, palestinesi, rom, turkmeni, mandei e sabei. Si tratta di un mosaico ricco di tessere etniche e religiose, tenute insieme da secoli di convivenza e tolleranza, ridotto in frantumi dai dettami fondamentalisti dei jihadisti sunniti, un'immensa ricchezza umana, culturale e storica che ha sempre fatto dell'Iraq un Paese plurietnico e multireligioso e che oggi rischia di essere cancellato dal fondamentalismo religioso e settario nemico dell'umanità;
    la conquista di vaste aree del Paese da parte dello Stato islamico rischia oggi di porre fine alla millenaria presenza cristiana. Più di 120.000 cristiani sono fuggiti nel Kurdistan iracheno e ora versano in drammatiche condizioni, stipati nelle scuole e negli edifici abbandonati, condividendo in più famiglie uno stesso appartamento;
    anche in molte aree dell'Africa la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici è andata fortemente aumentando, con gravi conseguenze per la popolazione locale e, in particolar modo, per i non musulmani. Caso emblematico è quello della Nigeria, dove dal 2009 a oggi si sono intensificati gli attacchi della setta islamica Boko Haram, o quello somalo di al-Shabaab,

impegna il Governo:

   ad attivarsi al fine di rendere il rispetto e la tutela della libertà religiosa uno dei requisiti necessari alla concessione di aiuti a Paesi terzi, attraverso gli strumenti della cooperazione internazionale, e all'instaurazione con questi di relazioni di carattere economico, soprattutto in occasione della stipula di trattati o accordi soggetti alla ratifica da parte del Parlamento;
   ad organizzare con regolarità incontri tra rappresentanti del Governo ed esponenti delle minoranze religiose di diversi Paesi per acquisire informazioni dirette e poter realizzare interventi più efficaci per assicurare la concreta protezione dei perseguitati per motivi religiosi;
   ad inserire il tema del rispetto della libertà religiosa tra le tematiche da trattare durante gli incontri tra il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e i loro omologhi di altri Paesi, soprattutto se in questi Paesi tale diritto non è pienamente garantito;
   ad esigere che parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione e la tutela delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione e ai diversi livelli dell'istruzione;
   a prevedere lo sviluppo di ulteriori programmi di integrazione nazionale che riguardino anche l'ambito religioso in funzione di un'educazione alla tolleranza sia per gli italiani che per gli stranieri.
(1-00849) «Grande, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Spadoni, Del Grosso, Sibilia, Di Battista».


   La Camera,
   premesso che:
    la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 18, stabilisce che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
    dall'intensificazione delle violazioni subite dai fedeli di ogni credo e non solo dai cristiani si evince chiaramente che il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire, benché sia, per sua stessa natura, un diritto da garantire a chiunque; circa il 74 per cento della popolazione mondiale (quasi 5,3 miliardi di persone) vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose;
    nella XII edizione del rapporto sulla libertà religiosa nel mondo del 2014, redatto dalla fondazione di diritto pontificio, la Acs, è stato fotografato il grado di rispetto della libertà religiosa in 196 Paesi, in 116 dei quali si è registrato «un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa, ovvero quasi il 60 per cento (...) in 14 dei 20 Paesi dove si registra un elevato grado di violazione della libertà religiosa, la persecuzione dei credenti è legata all'estremismo islamico: Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica centrafricana, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Negli altri sei Paesi, l'elevato grado di violazione della libertà religiosa è legato all'azione di regimi autoritari, quali quelli di Azerbaigian, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan»;
    è indubbio che i cristiani si confermano il gruppo religioso maggiormente perseguitato; minoranza oppressa in numerosi Paesi, molte delle terre in cui i cristiani abitano da secoli, se non da millenni, sono oggi sconvolte dal terrorismo; ad oggi risultano almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    gravi sono le violazioni alla libertà religiosa nei Paesi in cui la legge islamica è fonte di diritto, sia che questa venga applicata a tutti i cittadini, come, ad esempio, in Sudan, sia che sia fatta distinzione tra musulmani e non musulmani. In 17 dei 49 Paesi a maggioranza islamica, l'Islam è riconosciuto come religione di Stato. Un primato sancito dalle Costituzioni che implica molteplici conseguenze: dall'esclusione delle minoranze dalla pratica religiosa, è questo il caso dell'Arabia Saudita, fino a forme di tolleranza vincolate a rigidi controlli delle attività religiose;
    uno dei Paesi simbolo delle difficoltà cristiane nell'area è senza dubbio l'Iraq, che negli ultimi 25 anni ha visto diminuire la propria comunità cristiana da un milione e mezzo di fedeli a poco più di 300.000; gli attacchi contro i cristiani e le altre minoranze non rappresentano una dinamica degli ultimi mesi in Iraq. Molto prima della crescita in termini di potere del sedicente Stato islamico (Is) in tutto questo tempo le comunità cristiane e sciite (che, tra l'altro, rimane la comunità di maggioranza in Iraq) sono considerate dagli estremisti sunniti come infedeli e ladri e sono disprezzate in ogni modo;
    in Iraq le minoranze perseguitate non sono solo quelle cristiane, ma anche quelle di yazidi, shabak (una minoranza sciita di origine curda), baha'i, armeni, comunità di colore, circassi, kaka'i, curdi faili, palestinesi, rom, turkmeni, mandei e sabei. Si tratta di un mosaico ricco di tessere etniche e religiose, tenute insieme da secoli di convivenza e tolleranza, ridotto in frantumi dai dettami fondamentalisti dei jihadisti sunniti, un'immensa ricchezza umana, culturale e storica che ha sempre fatto dell'Iraq un Paese plurietnico e multireligioso e che oggi rischia di essere cancellato dal fondamentalismo religioso e settario nemico dell'umanità;
    la conquista di vaste aree del Paese da parte dello Stato islamico rischia oggi di porre fine alla millenaria presenza cristiana. Più di 120.000 cristiani sono fuggiti nel Kurdistan iracheno e ora versano in drammatiche condizioni, stipati nelle scuole e negli edifici abbandonati, condividendo in più famiglie uno stesso appartamento;
    anche in molte aree dell'Africa la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici è andata fortemente aumentando, con gravi conseguenze per la popolazione locale e, in particolar modo, per i non musulmani. Caso emblematico è quello della Nigeria, dove dal 2009 a oggi si sono intensificati gli attacchi della setta islamica Boko Haram, o quello somalo di al-Shabaab,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi affinché i diritti umani e le libertà fondamentali a partire dalla libertà religiosa siano al centro delle politiche di aiuto allo sviluppo, fermo restando il rispetto dei principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità e affinché nella negoziazione di accordi internazionali le parti coinvolte, ove pertinente, si impegnino a garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, a partire dalla libertà religiosa;
   ad organizzare e partecipare a incontri tra rappresentanti del Governo ed esponenti delle minoranze religiose di diversi Paesi per acquisire informazioni dirette e poter realizzare interventi più efficaci per assicurare la concreta protezione dei perseguitati per motivi religiosi;
   ad inserire il tema del rispetto della libertà religiosa tra le tematiche da trattare durante gli incontri tra il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e i loro omologhi di altri Paesi, soprattutto se in questi Paesi tale diritto non è pienamente garantito;
   ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione e la tutela delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione e ai diversi livelli dell'istruzione, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi giuda dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   a prevedere la possibilità di sviluppare ulteriori programmi di integrazione che riguardino anche l'ambito religioso in funzione di un'educazione alla tolleranza.
(1-00849)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Grande, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Spadoni, Del Grosso, Sibilia, Di Battista».


   La Camera,
   premesso che:
    la libertà di religione è una delle libertà caratteristiche dello Stato di diritto e trova la sua affermazione nei più importanti documenti costituzionali sin dalla fine del Settecento: ad iniziare dal I emendamento della Costituzione degli Usa del 1787, dall'articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, dall'articolo 5 della Costituzione francese del 1814, l'articolo 5 della Costituzione francese del 1830; gli articoli 14 e seguenti della Costituzione del Belgio del 1831, l'articolo 7 della Costituzione francese del 1848, gli articoli 144 e seguenti della Costituzione di Francoforte del 1849. Nel ventesimo secolo è stata prevista agli articoli 135 e seguenti nella Costituzione della Germania 1919, la cosiddetta Costituzione di Weimar, l'articolo 4 della legge fondamentale della Germania del 1949, l'articolo 16 della Costituzione di Spagna del 1978, l'articolo 15 della Costituzione svizzera del 1999, oltre vedere tale libertà riconosciuta nelle dichiarazioni internazionali e sovranazionali dei diritti come nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, l'articolo 9 della Carta europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, l'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, l'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
    si ricorda che storicamente la libertà di religione si sviluppò in corrispondenza dell'affermazione del principio di laicità dello Stato poiché l'esistenza di una religione di Stato impedisce un pieno riconoscimento della libertà di religione dei singoli;
    con riguardo alla nostra Costituzione, le disposizioni di riferimento per la tutela della libertà di religione sono contenute agli articoli 19 e 20: in base ad essi, viene garantito a tutti, cittadini e stranieri, il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, sia in forma associata che in forma individuale, di farne propaganda e di esercitarne il culto, sia in pubblico che in privato. A questo proposito, ci si è chiesti se queste disposizioni tutelino anche gli agnostici e gli atei: di fronte di un'opinione maggioritaria favorevole, fatta propria anche dalla giurisprudenza costituzionale, ve ne è un'altra contraria, che sottolinea come l'ateismo trovi piuttosto la sua tutela nella libertà di coscienza e, in particolare, nell'articolo 21 della Costituzione. Diretta conseguenza del principio della libertà di religione è poi l'articolo 20 della Costituzione, che vieta tutte quelle pratiche vessatorie nei confronti degli enti a sostegno delle confessioni organizzate, in quanto finirebbero per costituire degli ostacoli indiretti alla possibilità di professare la fede, celebrare riti e fare proselitismo;
    per quanto riguarda i limiti che incontra la libertà di religione, l'articolo 19 della Costituzione fa riferimento al buon costume (generalmente inteso come legato al comune senso del pudore) e a questo limite, si aggiunge ovviamente il limite generale dell'ordine pubblico;
    un caso particolare di esercizio della libertà di religione è quello che riguarda la cosiddetta obiezione di coscienza, cioè il rifiuto da parte di un individuo di compiere atti prescritti dall'ordinamento giuridico sulla base delle proprie convinzioni (in primis religiose), tanto che nel nostro ordinamento l'obiezione di coscienza è ammessa anche per quanto riguarda gli obblighi militari;
    ciò è quanto prodotto in termini di norme giuridiche domestiche, nonostante la realtà fattuale sia diversa e specificamente analizzata sotto, ma la libertà religiosa deve essere conquistata non solo nel nostro Paese dando effettiva vigenza alle norme giuridiche poste a tutela della libertà religiosa, siano esse nazionali o sovranazionali, cercando di far aderire norma e fatto. L'Italia deve occuparsi di questa fondamentale libertà con ottica nazionale, globale e sovranazionale;
    solo per fare alcuni esempi che saranno meglio analizzati dappresso, dal Tibet all'Iran, dal Turkmenistan al Vietnam del Nord, dal Laos alla Cina, i diritti umani sono negati in più di un quarto dei Paesi del mondo. L'Occidente non può continuare nel suo silenzio, le istituzioni nazionali, europee e tutti i popoli d'Europa, primo tra tutti il popolo italiano, devono agire perché consapevoli che salvaguardando la libertà di tutti si difende anche la nostra libertà;
    non si può restare indifferenti alla privazione dei diritti fondamentali di centinaia di milioni di persone, non si può esprimere solo generiche solidarietà e pacato buonismo, non basta più. Occorre dimostrare il deciso convincimento nel sostenere il diritto alla libertà religiosa, da cui discendono molte altre libertà e diritti delle genti, convinti che le libertà della persona, a partire da quella religiosa, dovranno diventare una priorità internazionale;
    si devono analizzare le violazioni subite dai fedeli di ogni credo a causa del credo professato e, considerata la situazione di moltissimi gruppi religiosi, si deve guardare con nuovi occhi a questo diritto fondamentale, che è condizione imprescindibile di ogni società libera, perché sia consentita a chiunque un'alternativa libera, una libertà positiva, un diritto effettivo;
    grazie ad un rapporto redatto da giornalisti, esperti e studiosi, nel quale è preso in esame il periodo compreso tra l'ottobre 2012 e il giugno 2014, dei 196 Paesi analizzati, si sa che in ben 116 di essi si registra un preoccupante disvalore per la libertà religiosa, pari a quasi il 60 per cento;
    nel periodo in esame sono stati rilevati cambiamenti in 61 Paesi, purtroppo soltanto in sei di questi – Cuba, Emirati Arabi Uniti, Iran, Qatar, Taiwan e Zimbabwe – tali trasformazioni hanno coinciso con un miglioramento della situazione;
    in 14 dei 20 Paesi dove si registra un elevato grado di violazione della libertà religiosa, la persecuzione dei credenti è legata all'estremismo islamico. Negli altri sei Paesi, l'elevato grado di violazione della libertà religiosa è legato all'azione di regimi dittatoriali. Le violenze a sfondo religioso – che contribuiscono in modo determinante al costante aumento dei flussi migratori – sono legate al regresso della tolleranza e del pluralismo religioso;
    l'Asia si conferma il continente dove la libertà religiosa è maggiormente violata. Nei Paesi in cui vi è una religione di maggioranza si riscontra un incremento del fondamentalismo non soltanto islamico, ma anche indù e buddista. Analizzando la situazione del Medio oriente si nota come i Paesi in cui la libertà religiosa è negata offrono un terreno fertile all'estremismo e al terrorismo;
    in Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è senza dubbio la crescita del fondamentalismo islamico – sotto l'impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram e al Shabaab – e si riscontra un aumento di casi di intolleranza religiosa;
    la situazione mondiale è in continua evoluzione e la tradizione culturale e spirituale del Paese, oltre alla posizione geografica, deve indurre ad essere promotori di un'azione che coinvolga innanzitutto l'Unione europea per estendere il coinvolgimento di tutte le istituzioni internazionali e sovranazionali al fine di operare concretamente perché il flagello della conculcata libertà possa scomparire, come già accaduto per altri atteggiamenti illiberali che nel corso dei secoli hanno afflitto il mondo e dai quali ci si è liberati;
    si riportano i fatti di più grave discriminazione religiosa compiuti in 64 Paesi:
     a) Europa:
      1) l'Albania è uno Stato laico, ma al tempo stesso pone l'accento sul ruolo delle religioni nella storia del Paese, in particolare quelle tradizionali come l'islam sunnita, il bektashi – una confraternita Sufi –, il cattolicesimo e l'ortodossia. Il quadro generalmente positivo è tuttavia segnato da un aumento dell'Islam radicale, che si va affermando per opera di giovani imam formatisi in Paesi quali Arabia Saudita e Turchia. Un radicalismo d'importazione che ha ovviamente ripercussioni sulla società albanese;
      2) in Belgio nel periodo in esame si sono verificati episodi significativi riguardanti la libertà religiosa il più grave dei quali, avvenuto il 24 maggio 2014, ha visto protagonista un uomo armato di kalashnikov che ha aperto il fuoco contro il Museo ebraico di Bruxelles, uccidendo tre persone sul colpo e ferendone una quarta che è deceduta due settimane dopo in ospedale;
      3) formalmente la Bosnia-Erzegovina è uno Stato laico, ma dalla fine della guerra la religione ha cominciato ad assumere un ruolo sempre più importante. La maggiore criticità riguardante la vita religiosa deriva dalla diffusa sovrapposizione dei concetti di etnia e di religione che genera discriminazioni sociali e amministrative ai danni delle minoranze. Molti musulmani conservatori accettano la comunità islamica e l'autorità del Governo bosniaco. Esistono però piccoli gruppi salafiti che non accettano l'autorità della comunità islamica o dello Stato bosniaco e sono invece favorevoli all'introduzione della Sharia;
      4) in Bulgaria la Costituzione definisce «religione tradizionale» la Chiesa ortodossa, che a differenza degli altri gruppi religiosi non è tenuta a registrarsi legalmente e riceve sovvenzioni statali per le sue comunità religiose. Secondo la Costituzione, partiti politici su basi religiose o etniche sono vietati. I Testimoni di Geova e i musulmani lamentano diverse difficoltà nell'ottenimento dei permessi di costruzione per edifici di culto, mentre membri di comunità cristiane non-tradizionali denunciano numerosi casi di arbitrarie limitazioni nella diffusione di documenti e testi religiosi. Negli ultimi anni si è registrata una forte influenza dei predicatori islamici estremisti sulla locale comunità musulmana sunnita di origine turca;
      5) in Croazia la libertà religiosa è tutelata dalla Costituzione e non vi è una religione di Stato. Attualmente nel Paese sono registrate 44 comunità religiose, ma la Chiesa cattolica ha una posizione di rilievo rispetto alle altre confessioni in virtù di quattro concordati firmati dal Governo croato con la Santa Sede che le assicurano un importante sostegno finanziario. La Chiesa ortodossa serba, invece, non è ancora riuscita a ottenere la restituzione di alcuni beni e terreni confiscati;
      6) in Danimarca, la Costituzione riconosce la Chiesa evangelica luterana come la Chiesa nazionale (Folkekirken), alla quale deve appartenere il sovrano, sebbene soltanto il 2 per cento degli aderenti alla Chiesa nazionale si dichiari praticante. Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di intolleranza religiosa, soprattutto in seguito alla pubblicazione da parte degli organi di stampa danesi di alcune vignette che irridevano il profeta Maometto. Sono stati inoltre denunciati alcuni episodi di antisemitismo. Secondo le stime del Centro comunitario ebraico (Mosaisk Trossamfund) sarebbero stati almeno 37 nel solo 2012;
      7) in Francia, nel periodo in esame, fonte di grandi polemiche discriminatorie è stata la legge Taubira, promulgata il 23 maggio 2013 dopo aver ottenuto l'approvazione del Consiglio costituzionale, che legalizza i matrimoni omosessuali e concede alle coppie gay il diritto di adottare bambini. Gli oppositori al disegno di legge hanno attivato numerose proteste discriminatorie, in particolare, da parte dell'associazione La Manif pour tous. All'inizio dell'anno scolastico 2012-2013, su ordine del Ministro dell'istruzione pubblica, è affissa nelle scuole la cosiddetta carta della laicità. La carta si compone di 15 articoli, tra i quali anche il divieto assoluto di indossare simboli religiosi in classe (come il velo per le musulmane o la croce per i cristiani). In tutto il Paese, nel corso del 2012, sono stati compiuti attacchi a luoghi di culto cristiani, come quello che, nella notte tra il 4 e il 5 febbraio 2015, ha distrutto il presbiterio e l'attigua chiesa della città di Épiais. Nel periodo in esame, la violenza antisemita ha fatto registrare un aumento così come il numero di attacchi o insulti verbali ai danni di fedeli e istituzioni islamiche. Grande eco ha poi suscitato l'attacco terroristico fondamentalista alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo in seguito al quale sono stati uccisi 8 giornalisti, 2 agenti, un ospite e il portiere dello stabile mentre cinque sono stati i feriti gravi, tutte vittime di un gruppo di terroristi islamici nati e cresciuti nella Francia stessa;
      8) in Grecia si segnalano sempre più reati contro la libertà religiosa, soprattutto contro le comunità religiose non ortodosse, dovuti principalmente all'identificazione tra nazionalità greca e Chiesa greco-ortodossa. L'articolo 3 della Costituzione definisce il cristianesimo greco-ortodosso come la religione predominante e la Chiesa greco-ortodossa gode di vantaggi istituzionali e finanziari rispetto alle altre religioni. Sebbene l'articolo 13 garantisca la libertà religiosa, in pratica questa è limitata da una serie di altre disposizioni, quali il divieto di «proselitismo» e delle pratiche religiose che «disturbano l'ordine pubblico o offendono i principi morali». L'insegnamento religioso greco-ortodosso è obbligatorio in tutte le scuole pubbliche. La minoranza musulmana è vittima di discriminazione religiosa. I musulmani sono sottorappresentati nel pubblico impiego e negli alti gradi delle forze armate e soltanto il clero islamico di nomina governativa è ufficialmente riconosciuto (e sostenuto) dallo Stato;
      9) la libertà di religione in Irlanda è prevista dall'attuale Costituzione, che risale al 1937, ma è stata modificata nel tempo. La legge consente l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, provvedimento quasi inutile poiché la maggior parte delle scuole elementari e medie sono confessionali. In base alla Costituzione, il Ministero della pubblica istruzione ha l'obbligo di fornire un finanziamento paritario alle scuole confessionali. Le scuole confessionali hanno il diritto di rifiutare l'ammissione a studenti che non appartengono alla loro confessione;
      10) in Italia nonostante la Costituzione affermi il principio della libertà religiosa, di fatto si elude il principio stesso poiché sono tutt'ora vigenti le norme di epoca fascista sui cosiddetti ’culti ammessi’ i quali non garantiscono a pieno i principi costituzionali in materia. In Italia, nonostante la presunzione di laicità dello Stato, la blasfemia contro la religione e le divinità cattoliche è punita ancora oggi. Basta una bestemmia per essere multati, basta esporre un manifesto che contenga il libero convincimento che Dio non esiste per rischiare l'incriminazione. Ad avviso dei firmatari del presente atto, sono poi numerose le aree nelle quali il Vaticano esprime forti interessi materiali al potere politico come nel caso della scuola, dei beni culturali, della cooperazione internazionale, ove molti appartenenti al potere esecutivo sono fortemente influenzati da persone vicine alla gerarchia ecclesiastica. Ciò è causa della sostanziale cancellazione dell'esistenza stessa nella società italiana di una delle due confessioni diverse dal cattolicesimo, quella protestante. Una componente minoritaria ma che, come quella ebraica, è presente nel Paese fin dal Cinquecento. Al risultato si è giunti anche attraverso un sapiente uso politico-religioso dei mezzi televisivi che secondo i firmatari del presente atto di indirizzo ha annullato il pluralismo e la pluralità delle voci. In materia di opinioni e sensibilità religiosa il dato è evidente perché monitorato. La Chiesa cattolica gode di un'autentica e secondo i firmatari del presente atto di indirizzo ingiustificata posizione dominante perché la Rai sostanzialmente trasmette un solo messaggio, quello dei cattolici, mentre lo spazio riservato ad altre concezioni del mondo è estremamente limitato e quello riservato alle opinione atee e agnostiche è, di fatto, addirittura assente. I dati parlano chiaro: la Chiesa cattolica, fra messe in diretta, presenze nei telegiornali, programmi di approfondimento e presenze di vario tipo, occupa più del 95 per cento dello spazio dedicato dalla Rai all'informazione religiosa, come risulta dal dossier sulla presenza delle confessioni religiose in tv realizzato da una nota fondazione liberale con il contributo della Chiesa valdese;
      11) in Lettonia la Costituzione garantisce la libertà religiosa nonostante un concordato siglato nel 1923 tra lo Stato e la Chiesa cattolica riconosca l'autonomia di quest'ultima riguardo alle proprie attività. La Chiesa ortodossa ha chiesto invece senza alcun successo il riconoscimento del Natale ortodosso come festa nazionale; la proposta è stata presentata in Parlamento dal gruppo di opposizione Centro Armonia, ma è stata respinta per pochi voti;
      12) in Moldova non vi è una religione di Stato, quindi non dovrebbero esservi disparità di trattamento tra i gruppi religiosi. Tuttavia, nella prassi, la Chiesa ortodossa moldava riceve un trattamento preferenziale – anche per quanto riguarda la restituzione delle proprietà confiscate durante il periodo comunista – e il suo ruolo particolare nella storia e nella cultura del Paese viene fortemente sottolineato dalle istituzioni politiche;
      13) a Monaco, la costituzione del Principato stabilisce che la religione cattolica è la religione di Stato;
      14) nel Regno Unito un rapporto ufficiale del Governo scozzese ha evidenziato, nel biennio 2011-2012, un incremento del 26 per cento (le denunce sono state 876) dei crimini aggravati a sfondo religioso, diretti per lo più contro cattolici e protestanti. Secondo la BBC i musulmani sembrerebbero subire discriminazioni nell'ambito delle assunzioni. In generale, si registra un aumento delle violenze e delle discriminazioni ai danni di tutti musulmani e specialmente degli imam. Atti di antisemitismo hanno inoltre colpito tutte le varie figure della comunità ebraica, dagli ortodossi ai riformati e perfino persone di origine ebraica, ma non praticanti. Rispetto al 2012, un rapporto della Community Security Trust ha mostrato un aumento dei casi del 5 per cento nel 2012;
      15) nella Repubblica Ceca durante il periodo preso in esame si sono verificati alcuni incidenti di matrice antisemita e antislamica causati da piccoli ma ben organizzati gruppi di estrema destra;
      16) in Romania, i rapporti tra la Chiesa ortodossa rumena e la Chiesa greco-cattolica sono tesi, principalmente a causa della restituzione delle proprietà della Chiesa greco-cattolica, che sono state confiscate nel 1948 dal regime comunista e consegnate alla Chiesa ortodossa rumena; la Chiesa ortodossa rumena, inoltre, detiene una posizione dominante nel campo dell'istruzione. I membri del Baha'i hanno presentato una denuncia contro un libro scolastico religioso ortodosso, perché descrive i testimoni di Geova, i mormoni e i Baha'i come sette pericolose, mentre la Chiesa greco-cattolica viene definita un prodotto del «proselitismo cattolico» del XVIII secolo;
      17) in Russia la costituzione riconosce la libertà religiosa, ma leggi e politiche pubbliche impongono severe restrizioni a questa libertà. Secondo la legge sulla libertà di coscienza e le associazioni religiose del 2007, lo Stato riconosce solo il cristianesimo ortodosso orientale, l'ebraismo, l'islam e il buddismo come «religioni tradizionali» della Russia. È dunque ignorato il ruolo storico svolto dalla Chiesa cattolica e dalle comunità protestanti in Russia già dal XVI secolo;
      18) in Slovenia durante il periodo in esame si sono verificati atteggiamenti discriminatori nei confronti delle forze politiche che hanno proposto norme per adottare un più adeguato diritto di famiglia, poi varato dal governo nel giugno 2011, che ha equiparato le relazioni fra persone dello stesso sesso al matrimonio tradizionale. In reazione a questa scelta, si è formato un movimento discriminatorio fondato su motivi religiosi chiamato «Iniziativa Civile per la Difesa della Famiglia e dei Diritti dei Minori». Fortunatamente il Presidente Danil Türk ha saputo resistere alle indebite pressioni ricevute da parte di esponenti del clero, ribadendo il principio di laicità dello Stato;
      19) in Spagna i rapporti tra Chiesa cattolica e Stato sono retti da accordi con la Santa Sede, risalenti al 1979 che garantiscono l'esenzione alla sola Chiesa cattolica dal pagamento delle imposte su beni ecclesiastici. Per quanto riguarda invece le altre religioni, la commissione islamica di Spagna ha denunciato il fatto che lo Stato non abbia ancora garantito l'insegnamento dell'islam nelle scuole. Analogamente, secondo l'osservatorio della libertà religiosa e di coscienza, nessun imam musulmano può prestare servizio di assistenza spirituale negli ospedali, come invece previsto dall'accordo di cooperazione del 1992 siglato dallo lo Stato e la Cie. Intanto la comunità islamica continua a richiedere alle autorità, senza successo, un maggior numero di luoghi di culto e di sepoltura;
      20) l'Ucraina sta vivendo dei cambiamenti politici e sociali radicali con la possibilità di importanti implicazioni per la libertà religiosa nel Paese. Nel periodo in esame la situazione relativa alla libertà religiosa risulta nettamente peggiorata e diverse centinaia di migliaia di cittadini ucraini rischiano di essere perseguitati a causa dei vari conflitti locali tra denominazioni maggioritarie e minoritarie. Il Paese ha una composizione confessionale frammentata, trovandosi il Paese al confine tra cristianesimo orientale e quello occidentale;
      21) la nuova Costituzione ungherese, entrata in vigore nel 2012, fa esplicito riferimento all'eredità cristiana della nazione di fatto discriminando tutte le altre. Nel periodo in esame, sono stati segnalati 87 casi di vandalismo contro cimiteri ebraici. È da notare inoltre che il partito Jobbik, che ha riscosso un ampio consenso nel Paese, diffondendo concetti antisemiti;
     b) Africa:
      1) l'attuale Costituzione definisce l'Algeria «terra d'islam», indicando tale religione come «religione di Stato». Nella Carta mancano inoltre disposizioni che garantiscano la libertà di religione o consentano la conversione dall'Islam ad altra religione, inoltre l'insegnamento dell'islam obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado;
      2) in Angola, nonostante il fatto che la Costituzione reciti: «Lo Stato riconosce e rispetta le diverse confessioni religiose, che sono libere di organizzare ed esercitare le loro attività, a condizione d'essere conformi alla Costituzione e alle leggi», nel novembre 2013 il Ministro della cultura Rosa Cruz e Silva ha annunciato la decisione governativa di vietare la religione islamica;
      3) nella Repubblica Centroafricana è in corso una crisi iniziata nel dicembre del 2012, quando la coalizione ribelle Seleka lanciò la sua offensiva nel Nord-Est occupando una città dopo l'altra prima di prendere d'assalto la capitale Bangui nel marzo 2013. Da allora si sono susseguiti numerosi attacchi, violenze, saccheggi e omicidi, che hanno colpito le comunità cristiane. A fine 2013 sono state costituite le milizie cristiane anti-Balaka, che hanno compiuto rappresaglie sia contro la coalizione Seleka che contro persone di etnia Peul, ritenute colpevoli di aver aiutato la Seleka in diversi attacchi contro le case di cristiani e di animisti;
      4) in Egitto si sono inoltre registrate numerose uccisioni, violenze e intimidazioni ai danni dei cristiani coopti;
      5) in Eritrea la Costituzione del 1997 garantisce la libertà di religione nonostante essa non sia entrata in vigore. Lo Stato riconosce soltanto quattro comunità religiose: la Chiesa ortodossa eritrea, la Chiesa evangelica luterana di Eritrea, la Chiesa cattolica e l'Islam. Il Governo controlla i vertici della Chiesa ortodossa e della comunità musulmana vigilando sulle loro attività e risorse finanziarie. Molti dei detenuti nei campi di prigionia sono reclusi per motivi di ordine religioso. Secondo l'Alleanza evangelica eritrea, sarebbero 1.200 gli evangelici attualmente in carcere. Tutti i prigionieri sono detenuti in condizioni spaventose, in celle sotterranee o in capanne di metallo esposte al sole del giorno e al freddo della notte. Numerosi ex detenuti raccontano le brutalità e le torture subite, che avevano il principale intento di costringerli ad abbandonare la loro fede evangelica;
      6) in Etiopia varie minoranze religiose – soprattutto musulmani e protestanti – lamentano di aver subito ingiustizie a livello locale e discriminazioni nella concessione di prestiti per la costruzione di edifici per uso religioso. I musulmani, in particolare, affermano che il procedere delle loro richieste per costruire moschee nel nord del Paese, regione prevalentemente cristiano ortodossa, è stato ostacolato;
      7) in Guinea Equatoriale secondo l'istituto di ricerca Freedom House l'esercizio della libertà religiosa è «a volte limitato dalla repressione politica presente nel Paese». In concreto l'esercizio di tale libertà deve essere visto in un contesto caratterizzato da una politica repressiva e dalla mancanza del rispetto dei diritti umani fondamentali;
      8) in Kenia la Costituzione del 2010 garantisce il diritto alla libertà di religione, tuttavia durante il periodo in esame, la situazione è nettamente peggiorata. La regione è scossa da movimenti secessionisti, alcuni dei quali sono motivati dalla religione come il Consiglio Repubblicano di Mombasa. Questo tipo di movimento è legato a gruppi islamici che vogliono recidere i legami con le autorità centrali ritenute colpevoli di discriminare la popolazione musulmana;
      9) dopo la caduta del regime di Muhammar Gheddafi, la Libia si trova ancora in uno stato di transizione istituzionale. Le autorità provvisorie si trovano ad affrontare enormi difficoltà nel mantenere il rispetto della legge e l'ordine pubblico, anche all'interno della capitale, Tripoli. In tutto il Paese, continuano ad essere attive numerose milizie armate, molte delle quali sono state già coinvolte nella guerra civile iniziata nel 2011. Gli attacchi contro le minoranze religiose sono iniziati nell'ottobre 2011 e sono proseguiti per tutto il 2012 e il 2013. Pur essendo garantita dalla «Dichiarazione costituzionale intermedia» promulgata il 3 agosto 2011 dal Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) la libertà religiosa è di fatto estremamente limitata. Il divieto di proselitismo è regolato da severe sanzioni e la libertà di assistere alle funzioni religiose è gravemente compromessa. Durante il periodo preso in esame vi è stato inoltre un aumento degli attacchi contro i luoghi di culto, soprattutto cristiani. Questo perché i vari gruppi jihadisti, molti dei quali sono costituiti da milizie islamiste radicali, esercitano il controllo de facto su gran parte del Paese;
      10) fino a poco tempo fa il Mali era un Paese di pace e di tolleranza religiosa. Tuttavia in seguito al colpo di Stato del 2012 e la conquista da parte di gruppi islamisti di più di due terzi del territorio, la situazione è profondamente peggiorata;
      11) in Mauritania la legge islamica, la Sharia, è osservata in tutto il Paese ed il reato di apostasia, ovvero l'abbandono dell'Islam per un'altra religione, può essere punito con la pena di morte, sebbene finora tale condanna non sia mai stata applicata. Si segnala inoltre che i salafiti, un gruppo islamico ultraconservatore, stanno guadagnando una sempre maggiore influenza nel Paese in virtù dei loro sforzi per imporre rigide regole morali;
      12) nelle Isole Mauritius non vi è persecuzione in senso stretto. Tuttavia, si riscontrano discriminazioni e tensioni, generalmente ai danni dei non induisti;
      13) in Nigeria la situazione della libertà religiosa è palesemente peggiorata nel periodo in esame. La persecuzione dei cristiani varia da regione a regione. Negli Stati del nord (in particolare Kano, Kaduna, Bauchi, Gombe, Yobe, Katsina), quasi tutti i cristiani – specie del gruppo Boko Haram – sono in costante pericolo d'esser uccisi, cacciati dalle loro case, derubati, o vittime di stupro. Più a sud, questa deriva è meno marcata, ad eccezione dello Stato di Nassarawa. La persecuzione anti-cristiana non fa differenze tra le varie denominazioni che assume;
      14) in Ruanda si registrano particolari restrizioni governative ai danni di gruppi religiosi di minoranza, quali i Testimoni di Geova;
      15) in Somalia la libertà religiosa è negata alla minuscola minoranza cristiana del Paese, che continua ad essere perseguitata. Tuttavia anche i molti musulmani non radicali che vivono nelle regioni controllate dai radicali islamisti di al Shabaab, versano in condizioni identiche;
      16) in Tanzania, la Costituzione, approvata nel 1977, riconosce la libertà religiosa come diritto di ognuno ad avere una fede liberamente scelta. Tuttavia nel 2011, alcune chiese protestanti sono state incendiate sulle isole di Zanzibar e Pemba;
      17) in Uganda preoccupano le severe misure antiterrorismo che hanno portato i musulmani a sentirsi perseguitati, molestati e oppressi dalle forze di sicurezza;
     c) Asia:
      1) in Arabia Saudita il wahhabismo è la sola forma di Islam permessa dalla dinastia regnante e non vi è una Costituzione. La Sunna, la tradizione islamica, occupa un posto privilegiato nella formulazione delle leggi del Paese e la Sharia è fonte di diritto. Nessun altro culto religioso islamico al di fuori del wahhabismo è consentito, nemmeno in privato, e dal momento che tutta l'Arabia Saudita è considerata una grande moschea, i luoghi di culto di altre religioni non possono esservi costruiti;
      2) in Bahrain la rivolta della maggioranza sciita contro il governo sunnita esplosa nel 2011 sulla scia delle primavere arabe non sembra ancora appianata e la comunità sciita continua a essere sottoposta a pesanti controlli e misure di sicurezza da parte della polizia;
      3) in Iran il primato dell'Islam pervade ogni settore della società e la Costituzione prescrive che «la religione ufficiale dell'Iran è l'islam e la setta seguita è quella dello sciismo giafarita»;
      4) in Siria l'odio religioso ha giocato un ruolo importante nella guerra civile iniziata nel 2011. A dimostrazione del fatto che il settarismo religioso è alla base del conflitto, vi sono le frequenti profanazioni di chiese e moschee, le uccisioni e i rapimenti di imam, vescovi e altri esponenti religiosi e gli attacchi mirati contro le comunità religiose. Di conseguenza, nel periodo in esame, la libertà religiosa ha sofferto, così come tutti i diritti umani fondamentali, un drastico peggioramento. I sunniti segnalano gravi persecuzioni da parte del presidente Assad e delle forze lealiste, mentre gli alawiti denunciano attacchi ai propri danni. Le comunità cristiane sono vittime di violenze sistematiche. In molti casi il movente è religioso; in altri, la causa è la presunta affiliazione politica delle vittime.
      5) in Cina, la violenta repressione contro le comunità buddiste tibetane continua, come la soppressione dei musulmani uiguri e delle sette evangeliche. L'impegno a rivedere lo statuto degli ebrei e dei cristiani ortodossi, per includerli tra le religioni riconosciute dallo Stato, non è ancora stato mantenuto;
      6) nella Corea del Nord si afferma che la libertà religiosa non esiste e il 75,7 per cento dichiara che le attività religiose sono punite con l'arresto e il carcere. Le conversioni riguardano per lo più coloro che – dopo essere fuggiti in Cina varcando il confine – entrano in contatto con missionari cristiani impegnati nell'accoglienza dei rifugiati; va peraltro segnalato che la Cina attua una politica di rimpatrio forzato, al quale seguono, da parte delle autorità nordcoreane, stringenti interrogatori volti innanzitutto a verificare se i fuggiaschi siano entrati in possesso di materiale religioso. Nucleo del sistema repressivo sono i brutali campi di prigionia, noti come kwan-li-so e talvolta indicati con la parola gulag. Si stima che in essi siano internati oltre 200 mila prigionieri detenuti in condizioni terribili, vittime di sistematiche e terribili torture, alimentati con razioni minime di cibo e sottoposti a un duro regime di lavori forzati;
      7) in India proseguono gli atti di violenza reciproca tra gruppi estremisti induisti e musulmani;
      8) in Indonesia ci sono state numerosi casi di gravi violenze e persecuzioni, in particolare contro le «comunità Ahmadiyya» e degli sciiti musulmani. Anche i buddisti hanno subito attacchi da parte di islamisti radicali che hanno colpito templi buddisti indonesiani in reazione alla violenza anti-musulmana in Birmania;
      9) da quando i comunisti hanno conquistato il potere nel 1975, con la conseguente espulsione di tutti i missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è sottoposta a severi controlli statali e vi sono evidenti limiti alla libertà religiosa. I casi più frequenti di persecuzione religiosa si sono verificati nelle comunità protestanti;
      10) in tutta la Birmania, i cristiani e i musulmani continuano a subire discriminazioni, restrizioni e in alcune zone del Paese una violenta campagna persecutoria. Le persecuzioni più violente si concentrano nelle aree abitate da talune etnie, come quella dei Kachin. Tra i gruppi maggiormente colpiti dalle violenze anche i Rohingya, un'etnia prevalentemente di fede islamica;
      11) in Nepal l'opposizione sociale e politica al diritto di propagare la propria religione permane. Gruppi induisti e monarchici accusano i cristiani di offrire denaro e ad altri benefici materiali per convertire gli induisti al cristianesimo;
      12) in Pakistan, gli attacchi contro luoghi e fedeli cristiani sono numerosi, sebbene il timore di ritorsioni riduca il numero delle denunce presentate dalle vittime. Obiettivo della violenza settaria sono anche altre minoranze religiose, come gli indù e quelle islamiche degli sciiti e degli ahmadi. Particolarmente grave appare la situazione delle donne appartenenti alle minoranze religiose, spesso rapite, violentate e costrette a convertirsi;
      13) a Palau, gli uiguri musulmani lamentano difficoltà nel trovare lavoro a causa dell'ostracismo della popolazione, per il 75 per cento cattolica;
      14) nel Tagikistan, per tentare di consolidare il proprio potere, lo Stato esercita uno stretto controllo su ogni forma di attività religiosa. Le autorità di Governo mantengono uno stretto controllo su tutti i gruppi musulmani del Paese e permangono le politiche di soppressione delle scuole islamiche non autorizzate e delle moschee non ufficiali;
      15) nel Turkmenistan, l'attuale Presidente, Gurbanguly Berdymukhamedov, è salito al potere nel 2007 dopo la morte del suo predecessore, Saparmurat Niyazov – ex-dirigente comunista che ha guidato il Paese in modo assolutista dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica coltivando un forte culto della personalità – e, da quel momento, egli esercita il potere in modo incontrastato, rendendo il Turkmenistan uno dei Paesi più repressivi del mondo, anche in materia di libertà religiosa; il Paese è praticamente chiuso a ogni verifica indipendente. I media e la libertà religiosa sono soggetti a restrizioni draconiane, mentre i difensori dei diritti umani e altri attivisti devono confrontarsi con la costante minaccia di rappresaglie da parte del Governo;
    16) in Uzbekistan, la legge restrittiva sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose, promulgata nel 1998, criminalizza tutte le attività religiose non registrate, bandisce la produzione e distribuzione di pubblicazioni religiose non ufficiali e impedisce ai minori di far parte di organizzazioni religiose;
    17) il 1o gennaio 2013 è stata introdotta in Vietnam una nuova legge sulla libertà di fede e di religione, il cosiddetto decreto 92. Secondo i promotori, il provvedimento serve a tutelare la libertà religiosa. In realtà, secondo esperti e critici, non è altro che la conferma dell'evidente desiderio del governo di Hanoi di controllare tutte le religioni. Il decreto 92, entrato in vigore all'inizio del 2013, è sembrato subito un tentativo di soffocare la libertà religiosa. I primi a denunciare i pericoli del nuovo provvedimento sono stati i membri dell'Ufficio informativo internazionale buddista (Ibib), un'organizzazione che ha sede a Parigi. Il nuovo decreto, hanno segnalato, è stato fonte di «profondo sconcerto» perché limita le attività dei cittadini e consente alle autorità un «maggior margine di manovra» per colpire chiunque non voglia sottomettersi alle direttive dell'unico partito di Stato. Secondo l'Ibib, la nuova decisione «stende una patina di legittimità» a una politica di «repressione religiosa pianificata dalle più alte sfere del Partito Comunista e dello Stato»;
     d) Americhe:
      1) in Argentina all'inizio del 2013, il Presidente Cristina Kirchner ha promesso l'introduzione di una nuova normativa che riconoscerebbe alle comunità protestanti, finora registrate come associazioni, di avere personalità giuridica religiosa. È prevista inoltre una legge atta a modificare l'attuale registro delle associazioni religiose, accordando a tutte un maggior riconoscimento. Finora, la Chiesa cattolica era l'unica a godere di un trattamento preferenziale;
      2) in Brasile la Chiesa cattolica rappresenta il gruppo religioso più numeroso, seguita dalle comunità protestanti (metodisti, episcopaliani, pentecostali, luterani e battisti). Ci sono poi minoranze non cristiane (ebrei, musulmani e buddisti) e gruppi ancor più minoritari di rastafariani e seguaci del Candomblé, dell'Umbanda e dello spiritualismo. Negli ultimi anni si sono registrati diversi casi di attacchi ai membri di movimenti religiosi come l'Umbanda e il Candomblé;
      3) in Costa Rica la Costituzione definisce il cattolicesimo religione di Stato. A differenza delle altre religioni, in virtù del suo speciale status giuridico la Chiesa cattolica non è registrata come associazione;
      4) a Cuba le scuole religiose non sono autorizzate, ad eccezione di due seminari cattolici e di alcuni centri di formazione interreligiosi;
      5) in Ecuador la locale comunità musulmana ha denunciato discriminazioni in ambito lavorativo e scolastico, mentre sono stati registrati episodi di violenza ai danni della comunità cattolica, da imputare probabilmente ad alcuni protestanti evangelici;
      6) nella Guyana il reato di blasfema comporta una possibile pena detentiva di un anno;
      7) ad Haiti esponenti della comunità vudù e della comunità musulmana sostengano di non godere della stessa tutela giuridica dei cristiani. Alcuni gruppi musulmani lamentano inoltre il mancato riconoscimento da parte del Governo dei matrimoni musulmani a differenze delle unioni cristiane,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni azione, a livello internazionale e nei rapporti bilaterali, volta a riconoscere la persecuzione nei confronti dei professanti qualsiasi religione come priorità assoluta, affinché sia condannata e contrastata con ogni mezzo;
   a porre in essere ogni iniziativa affinché i Governi dei Paesi alleati e dei Paesi che sostiene con gli strumenti della cooperazione internazionale forniscano adeguata protezione ai tutti i fedeli di qualsiasi confessione religiosa e garantiscano il loro diritto ad esercitare e a professare la loro fede in sicurezza e libertà;
   ad adottare ogni iniziativa utile a garantire la tutela di tutte le minoranze religiose anche attraverso azioni dirette, da realizzare in collaborazione con le rappresentanze diplomatiche italiane e consolari;
   a far valere, nelle relazioni diplomatiche ed economiche, bilaterali o multilaterali, la necessità di un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare delle minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa per legge o per prassi, direttamente dalle autorità di Governo o attraverso un tacito assenso che implichi l'impunità dei violenti;
   ad adoperarsi affinché analogo principio sia fatto valere a livello di Unione europea e di qualsiasi altro organismo internazionale per l'assegnazione di aiuti agli Stati;
   a promuovere nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose, la lotta contro la discriminazione religiosa e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
(1-00856) «Bechis, Mucci, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    la libertà di religione è una delle libertà caratteristiche dello Stato di diritto e trova la sua affermazione nei più importanti documenti costituzionali sin dalla fine del Settecento: ad iniziare dal I emendamento della Costituzione degli Usa del 1787, dall'articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, dall'articolo 5 della Costituzione francese del 1814, l'articolo 5 della Costituzione francese del 1830; gli articoli 14 e seguenti della Costituzione del Belgio del 1831, l'articolo 7 della Costituzione francese del 1848, gli articoli 144 e seguenti della Costituzione di Francoforte del 1849. Nel ventesimo secolo è stata prevista agli articoli 135 e seguenti nella Costituzione della Germania 1919, la cosiddetta Costituzione di Weimar, l'articolo 4 della legge fondamentale della Germania del 1949, l'articolo 16 della Costituzione di Spagna del 1978, l'articolo 15 della Costituzione svizzera del 1999, oltre vedere tale libertà riconosciuta nelle dichiarazioni internazionali e sovranazionali dei diritti come nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, l'articolo 9 della Carta europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, l'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, l'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
    si ricorda che storicamente la libertà di religione si sviluppò in corrispondenza dell'affermazione del principio di laicità dello Stato poiché l'esistenza di una religione di Stato impedisce un pieno riconoscimento della libertà di religione dei singoli;
    con riguardo alla nostra Costituzione, le disposizioni di riferimento per la tutela della libertà di religione sono contenute agli articoli 19 e 20: in base ad essi, viene garantito a tutti, cittadini e stranieri, il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, sia in forma associata che in forma individuale, di farne propaganda e di esercitarne il culto, sia in pubblico che in privato. A questo proposito, ci si è chiesti se queste disposizioni tutelino anche gli agnostici e gli atei: di fronte di un'opinione maggioritaria favorevole, fatta propria anche dalla giurisprudenza costituzionale, ve ne è un'altra contraria, che sottolinea come l'ateismo trovi piuttosto la sua tutela nella libertà di coscienza e, in particolare, nell'articolo 21 della Costituzione. Diretta conseguenza del principio della libertà di religione è poi l'articolo 20 della Costituzione, che vieta tutte quelle pratiche vessatorie nei confronti degli enti a sostegno delle confessioni organizzate, in quanto finirebbero per costituire degli ostacoli indiretti alla possibilità di professare la fede, celebrare riti e fare proselitismo;
    per quanto riguarda i limiti che incontra la libertà di religione, l'articolo 19 della Costituzione fa riferimento al buon costume (generalmente inteso come legato al comune senso del pudore) e a questo limite, si aggiunge ovviamente il limite generale dell'ordine pubblico;
    un caso particolare di esercizio della libertà di religione è quello che riguarda la cosiddetta obiezione di coscienza, cioè il rifiuto da parte di un individuo di compiere atti prescritti dall'ordinamento giuridico sulla base delle proprie convinzioni (in primis religiose), tanto che nel nostro ordinamento l'obiezione di coscienza è ammessa anche per quanto riguarda gli obblighi militari;
    ciò è quanto prodotto in termini di norme giuridiche domestiche, nonostante la realtà fattuale sia diversa e specificamente analizzata sotto, ma la libertà religiosa deve essere conquistata non solo nel nostro Paese dando effettiva vigenza alle norme giuridiche poste a tutela della libertà religiosa, siano esse nazionali o sovranazionali, cercando di far aderire norma e fatto. L'Italia deve occuparsi di questa fondamentale libertà con ottica nazionale, globale e sovranazionale;
    solo per fare alcuni esempi che saranno meglio analizzati dappresso, dal Tibet all'Iran, dal Turkmenistan al Vietnam del Nord, dal Laos alla Cina, i diritti umani sono negati in più di un quarto dei Paesi del mondo. L'Occidente non può continuare nel suo silenzio, le istituzioni nazionali, europee e tutti i popoli d'Europa, primo tra tutti il popolo italiano, devono agire perché consapevoli che salvaguardando la libertà di tutti si difende anche la nostra libertà;
    non si può restare indifferenti alla privazione dei diritti fondamentali di centinaia di milioni di persone, non si può esprimere solo generiche solidarietà e pacato buonismo, non basta più. Occorre dimostrare il deciso convincimento nel sostenere il diritto alla libertà religiosa, da cui discendono molte altre libertà e diritti delle genti, convinti che le libertà della persona, a partire da quella religiosa, dovranno diventare una priorità internazionale;
    si devono analizzare le violazioni subite dai fedeli di ogni credo a causa del credo professato e, considerata la situazione di moltissimi gruppi religiosi, si deve guardare con nuovi occhi a questo diritto fondamentale, che è condizione imprescindibile di ogni società libera, perché sia consentita a chiunque un'alternativa libera, una libertà positiva, un diritto effettivo;
    grazie ad un rapporto redatto da giornalisti, esperti e studiosi, nel quale è preso in esame il periodo compreso tra l'ottobre 2012 e il giugno 2014, dei 196 Paesi analizzati, si sa che in ben 116 di essi si registra un preoccupante disvalore per la libertà religiosa, pari a quasi il 60 per cento;
    nel periodo in esame sono stati rilevati cambiamenti in 61 Paesi, purtroppo soltanto in sei di questi – Cuba, Emirati Arabi Uniti, Iran, Qatar, Taiwan e Zimbabwe – tali trasformazioni hanno coinciso con un miglioramento della situazione;
    in 14 dei 20 Paesi dove si registra un elevato grado di violazione della libertà religiosa, la persecuzione dei credenti è legata all'estremismo islamico. Negli altri sei Paesi, l'elevato grado di violazione della libertà religiosa è legato all'azione di regimi dittatoriali. Le violenze a sfondo religioso – che contribuiscono in modo determinante al costante aumento dei flussi migratori – sono legate al regresso della tolleranza e del pluralismo religioso;
    l'Asia si conferma il continente dove la libertà religiosa è maggiormente violata. Nei Paesi in cui vi è una religione di maggioranza si riscontra un incremento del fondamentalismo non soltanto islamico, ma anche indù e buddista. Analizzando la situazione del Medio oriente si nota come i Paesi in cui la libertà religiosa è negata offrono un terreno fertile all'estremismo e al terrorismo;
    in Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è senza dubbio la crescita del fondamentalismo islamico – sotto l'impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram e al Shabaab – e si riscontra un aumento di casi di intolleranza religiosa;
    la situazione mondiale è in continua evoluzione e la tradizione culturale e spirituale del Paese, oltre alla posizione geografica, deve indurre ad essere promotori di un'azione che coinvolga innanzitutto l'Unione europea per estendere il coinvolgimento di tutte le istituzioni internazionali e sovranazionali al fine di operare concretamente perché il flagello della conculcata libertà possa scomparire, come già accaduto per altri atteggiamenti illiberali che nel corso dei secoli hanno afflitto il mondo e dai quali ci si è liberati;
    si riportano i fatti di più grave discriminazione religiosa compiuti in 64 Paesi:
     a) Europa:
      1) l'Albania è uno Stato laico, ma al tempo stesso pone l'accento sul ruolo delle religioni nella storia del Paese, in particolare quelle tradizionali come l'islam sunnita, il bektashi – una confraternita Sufi –, il cattolicesimo e l'ortodossia. Il quadro generalmente positivo è tuttavia segnato da un aumento dell'Islam radicale, che si va affermando per opera di giovani imam formatisi in Paesi quali Arabia Saudita e Turchia. Un radicalismo d'importazione che ha ovviamente ripercussioni sulla società albanese;
      2) in Belgio nel periodo in esame si sono verificati episodi significativi riguardanti la libertà religiosa il più grave dei quali, avvenuto il 24 maggio 2014, ha visto protagonista un uomo armato di kalashnikov che ha aperto il fuoco contro il Museo ebraico di Bruxelles, uccidendo tre persone sul colpo e ferendone una quarta che è deceduta due settimane dopo in ospedale;
      3) formalmente la Bosnia-Erzegovina è uno Stato laico, ma dalla fine della guerra la religione ha cominciato ad assumere un ruolo sempre più importante. La maggiore criticità riguardante la vita religiosa deriva dalla diffusa sovrapposizione dei concetti di etnia e di religione che genera discriminazioni sociali e amministrative ai danni delle minoranze. Molti musulmani conservatori accettano la comunità islamica e l'autorità del Governo bosniaco. Esistono però piccoli gruppi salafiti che non accettano l'autorità della comunità islamica o dello Stato bosniaco e sono invece favorevoli all'introduzione della Sharia;
      4) in Bulgaria la Costituzione definisce «religione tradizionale» la Chiesa ortodossa, che a differenza degli altri gruppi religiosi non è tenuta a registrarsi legalmente e riceve sovvenzioni statali per le sue comunità religiose. Secondo la Costituzione, partiti politici su basi religiose o etniche sono vietati. I Testimoni di Geova e i musulmani lamentano diverse difficoltà nell'ottenimento dei permessi di costruzione per edifici di culto, mentre membri di comunità cristiane non-tradizionali denunciano numerosi casi di arbitrarie limitazioni nella diffusione di documenti e testi religiosi. Negli ultimi anni si è registrata una forte influenza dei predicatori islamici estremisti sulla locale comunità musulmana sunnita di origine turca;
      5) in Croazia la libertà religiosa è tutelata dalla Costituzione e non vi è una religione di Stato. Attualmente nel Paese sono registrate 44 comunità religiose, ma la Chiesa cattolica ha una posizione di rilievo rispetto alle altre confessioni in virtù di quattro concordati firmati dal Governo croato con la Santa Sede che le assicurano un importante sostegno finanziario. La Chiesa ortodossa serba, invece, non è ancora riuscita a ottenere la restituzione di alcuni beni e terreni confiscati;
      6) in Danimarca, la Costituzione riconosce la Chiesa evangelica luterana come la Chiesa nazionale (Folkekirken), alla quale deve appartenere il sovrano, sebbene soltanto il 2 per cento degli aderenti alla Chiesa nazionale si dichiari praticante. Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di intolleranza religiosa, soprattutto in seguito alla pubblicazione da parte degli organi di stampa danesi di alcune vignette che irridevano il profeta Maometto. Sono stati inoltre denunciati alcuni episodi di antisemitismo. Secondo le stime del Centro comunitario ebraico (Mosaisk Trossamfund) sarebbero stati almeno 37 nel solo 2012;
      7) in Francia, nel periodo in esame, fonte di grandi polemiche discriminatorie è stata la legge Taubira, promulgata il 23 maggio 2013 dopo aver ottenuto l'approvazione del Consiglio costituzionale, che legalizza i matrimoni omosessuali e concede alle coppie gay il diritto di adottare bambini. Gli oppositori al disegno di legge hanno attivato numerose proteste discriminatorie, in particolare, da parte dell'associazione La Manif pour tous. All'inizio dell'anno scolastico 2012-2013, su ordine del Ministro dell'istruzione pubblica, è affissa nelle scuole la cosiddetta carta della laicità. La carta si compone di 15 articoli, tra i quali anche il divieto assoluto di indossare simboli religiosi in classe (come il velo per le musulmane o la croce per i cristiani). In tutto il Paese, nel corso del 2012, sono stati compiuti attacchi a luoghi di culto cristiani, come quello che, nella notte tra il 4 e il 5 febbraio 2015, ha distrutto il presbiterio e l'attigua chiesa della città di Épiais. Nel periodo in esame, la violenza antisemita ha fatto registrare un aumento così come il numero di attacchi o insulti verbali ai danni di fedeli e istituzioni islamiche. Grande eco ha poi suscitato l'attacco terroristico fondamentalista alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo in seguito al quale sono stati uccisi 8 giornalisti, 2 agenti, un ospite e il portiere dello stabile mentre cinque sono stati i feriti gravi, tutte vittime di un gruppo di terroristi islamici nati e cresciuti nella Francia stessa;
      8) in Grecia si segnalano sempre più reati contro la libertà religiosa, soprattutto contro le comunità religiose non ortodosse, dovuti principalmente all'identificazione tra nazionalità greca e Chiesa greco-ortodossa. L'articolo 3 della Costituzione definisce il cristianesimo greco-ortodosso come la religione predominante e la Chiesa greco-ortodossa gode di vantaggi istituzionali e finanziari rispetto alle altre religioni. Sebbene l'articolo 13 garantisca la libertà religiosa, in pratica questa è limitata da una serie di altre disposizioni, quali il divieto di «proselitismo» e delle pratiche religiose che «disturbano l'ordine pubblico o offendono i principi morali». L'insegnamento religioso greco-ortodosso è obbligatorio in tutte le scuole pubbliche. La minoranza musulmana è vittima di discriminazione religiosa. I musulmani sono sottorappresentati nel pubblico impiego e negli alti gradi delle forze armate e soltanto il clero islamico di nomina governativa è ufficialmente riconosciuto (e sostenuto) dallo Stato;
      9) la libertà di religione in Irlanda è prevista dall'attuale Costituzione, che risale al 1937, ma è stata modificata nel tempo. La legge consente l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, provvedimento quasi inutile poiché la maggior parte delle scuole elementari e medie sono confessionali. In base alla Costituzione, il Ministero della pubblica istruzione ha l'obbligo di fornire un finanziamento paritario alle scuole confessionali. Le scuole confessionali hanno il diritto di rifiutare l'ammissione a studenti che non appartengono alla loro confessione;
      10) in Italia nonostante la Costituzione affermi il principio della libertà religiosa, di fatto si elude il principio stesso poiché sono tutt'ora vigenti le norme di epoca fascista sui cosiddetti ’culti ammessi’ i quali non garantiscono a pieno i principi costituzionali in materia. In Italia, nonostante la presunzione di laicità dello Stato, la blasfemia contro la religione e le divinità cattoliche è punita ancora oggi. Basta una bestemmia per essere multati, basta esporre un manifesto che contenga il libero convincimento che Dio non esiste per rischiare l'incriminazione. Ad avviso dei firmatari del presente atto, sono poi numerose le aree nelle quali il Vaticano esprime forti interessi materiali al potere politico come nel caso della scuola, dei beni culturali, della cooperazione internazionale, ove molti appartenenti al potere esecutivo sono fortemente influenzati da persone vicine alla gerarchia ecclesiastica. Ciò è causa della sostanziale cancellazione dell'esistenza stessa nella società italiana di una delle due confessioni diverse dal cattolicesimo, quella protestante. Una componente minoritaria ma che, come quella ebraica, è presente nel Paese fin dal Cinquecento. Al risultato si è giunti anche attraverso un sapiente uso politico-religioso dei mezzi televisivi che secondo i firmatari del presente atto di indirizzo ha annullato il pluralismo e la pluralità delle voci. In materia di opinioni e sensibilità religiosa il dato è evidente perché monitorato. La Chiesa cattolica gode di un'autentica e secondo i firmatari del presente atto di indirizzo ingiustificata posizione dominante perché la Rai sostanzialmente trasmette un solo messaggio, quello dei cattolici, mentre lo spazio riservato ad altre concezioni del mondo è estremamente limitato e quello riservato alle opinione atee e agnostiche è, di fatto, addirittura assente. I dati parlano chiaro: la Chiesa cattolica, fra messe in diretta, presenze nei telegiornali, programmi di approfondimento e presenze di vario tipo, occupa più del 95 per cento dello spazio dedicato dalla Rai all'informazione religiosa, come risulta dal dossier sulla presenza delle confessioni religiose in tv realizzato da una nota fondazione liberale con il contributo della Chiesa valdese;
      11) in Lettonia la Costituzione garantisce la libertà religiosa nonostante un concordato siglato nel 1923 tra lo Stato e la Chiesa cattolica riconosca l'autonomia di quest'ultima riguardo alle proprie attività. La Chiesa ortodossa ha chiesto invece senza alcun successo il riconoscimento del Natale ortodosso come festa nazionale; la proposta è stata presentata in Parlamento dal gruppo di opposizione Centro Armonia, ma è stata respinta per pochi voti;
      12) in Moldova non vi è una religione di Stato, quindi non dovrebbero esservi disparità di trattamento tra i gruppi religiosi. Tuttavia, nella prassi, la Chiesa ortodossa moldava riceve un trattamento preferenziale – anche per quanto riguarda la restituzione delle proprietà confiscate durante il periodo comunista – e il suo ruolo particolare nella storia e nella cultura del Paese viene fortemente sottolineato dalle istituzioni politiche;
      13) a Monaco, la costituzione del Principato stabilisce che la religione cattolica è la religione di Stato;
      14) nel Regno Unito un rapporto ufficiale del Governo scozzese ha evidenziato, nel biennio 2011-2012, un incremento del 26 per cento (le denunce sono state 876) dei crimini aggravati a sfondo religioso, diretti per lo più contro cattolici e protestanti. Secondo la BBC i musulmani sembrerebbero subire discriminazioni nell'ambito delle assunzioni. In generale, si registra un aumento delle violenze e delle discriminazioni ai danni di tutti musulmani e specialmente degli imam. Atti di antisemitismo hanno inoltre colpito tutte le varie figure della comunità ebraica, dagli ortodossi ai riformati e perfino persone di origine ebraica, ma non praticanti. Rispetto al 2012, un rapporto della Community Security Trust ha mostrato un aumento dei casi del 5 per cento nel 2012;
      15) nella Repubblica Ceca durante il periodo preso in esame si sono verificati alcuni incidenti di matrice antisemita e antislamica causati da piccoli ma ben organizzati gruppi di estrema destra;
      16) in Romania, i rapporti tra la Chiesa ortodossa rumena e la Chiesa greco-cattolica sono tesi, principalmente a causa della restituzione delle proprietà della Chiesa greco-cattolica, che sono state confiscate nel 1948 dal regime comunista e consegnate alla Chiesa ortodossa rumena; la Chiesa ortodossa rumena, inoltre, detiene una posizione dominante nel campo dell'istruzione. I membri del Baha'i hanno presentato una denuncia contro un libro scolastico religioso ortodosso, perché descrive i testimoni di Geova, i mormoni e i Baha'i come sette pericolose, mentre la Chiesa greco-cattolica viene definita un prodotto del «proselitismo cattolico» del XVIII secolo;
      17) in Russia la costituzione riconosce la libertà religiosa, ma leggi e politiche pubbliche impongono severe restrizioni a questa libertà. Secondo la legge sulla libertà di coscienza e le associazioni religiose del 2007, lo Stato riconosce solo il cristianesimo ortodosso orientale, l'ebraismo, l'islam e il buddismo come «religioni tradizionali» della Russia. È dunque ignorato il ruolo storico svolto dalla Chiesa cattolica e dalle comunità protestanti in Russia già dal XVI secolo;
      18) in Slovenia durante il periodo in esame si sono verificati atteggiamenti discriminatori nei confronti delle forze politiche che hanno proposto norme per adottare un più adeguato diritto di famiglia, poi varato dal governo nel giugno 2011, che ha equiparato le relazioni fra persone dello stesso sesso al matrimonio tradizionale. In reazione a questa scelta, si è formato un movimento discriminatorio fondato su motivi religiosi chiamato «Iniziativa Civile per la Difesa della Famiglia e dei Diritti dei Minori». Fortunatamente il Presidente Danil Türk ha saputo resistere alle indebite pressioni ricevute da parte di esponenti del clero, ribadendo il principio di laicità dello Stato;
      19) in Spagna i rapporti tra Chiesa cattolica e Stato sono retti da accordi con la Santa Sede, risalenti al 1979 che garantiscono l'esenzione alla sola Chiesa cattolica dal pagamento delle imposte su beni ecclesiastici. Per quanto riguarda invece le altre religioni, la commissione islamica di Spagna ha denunciato il fatto che lo Stato non abbia ancora garantito l'insegnamento dell'islam nelle scuole. Analogamente, secondo l'osservatorio della libertà religiosa e di coscienza, nessun imam musulmano può prestare servizio di assistenza spirituale negli ospedali, come invece previsto dall'accordo di cooperazione del 1992 siglato dallo lo Stato e la Cie. Intanto la comunità islamica continua a richiedere alle autorità, senza successo, un maggior numero di luoghi di culto e di sepoltura;
      20) l'Ucraina sta vivendo dei cambiamenti politici e sociali radicali con la possibilità di importanti implicazioni per la libertà religiosa nel Paese. Nel periodo in esame la situazione relativa alla libertà religiosa risulta nettamente peggiorata e diverse centinaia di migliaia di cittadini ucraini rischiano di essere perseguitati a causa dei vari conflitti locali tra denominazioni maggioritarie e minoritarie. Il Paese ha una composizione confessionale frammentata, trovandosi il Paese al confine tra cristianesimo orientale e quello occidentale;
      21) la nuova Costituzione ungherese, entrata in vigore nel 2012, fa esplicito riferimento all'eredità cristiana della nazione di fatto discriminando tutte le altre. Nel periodo in esame, sono stati segnalati 87 casi di vandalismo contro cimiteri ebraici. È da notare inoltre che il partito Jobbik, che ha riscosso un ampio consenso nel Paese, diffondendo concetti antisemiti;
     b) Africa:
      1) l'attuale Costituzione definisce l'Algeria «terra d'islam», indicando tale religione come «religione di Stato». Nella Carta mancano inoltre disposizioni che garantiscano la libertà di religione o consentano la conversione dall'Islam ad altra religione, inoltre l'insegnamento dell'islam obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado;
      2) in Angola, nonostante il fatto che la Costituzione reciti: «Lo Stato riconosce e rispetta le diverse confessioni religiose, che sono libere di organizzare ed esercitare le loro attività, a condizione d'essere conformi alla Costituzione e alle leggi», nel novembre 2013 il Ministro della cultura Rosa Cruz e Silva ha annunciato la decisione governativa di vietare la religione islamica;
      3) nella Repubblica Centroafricana è in corso una crisi iniziata nel dicembre del 2012, quando la coalizione ribelle Seleka lanciò la sua offensiva nel Nord-Est occupando una città dopo l'altra prima di prendere d'assalto la capitale Bangui nel marzo 2013. Da allora si sono susseguiti numerosi attacchi, violenze, saccheggi e omicidi, che hanno colpito le comunità cristiane. A fine 2013 sono state costituite le milizie cristiane anti-Balaka, che hanno compiuto rappresaglie sia contro la coalizione Seleka che contro persone di etnia Peul, ritenute colpevoli di aver aiutato la Seleka in diversi attacchi contro le case di cristiani e di animisti;
      4) in Egitto si sono inoltre registrate numerose uccisioni, violenze e intimidazioni ai danni dei cristiani coopti;
      5) in Eritrea la Costituzione del 1997 garantisce la libertà di religione nonostante essa non sia entrata in vigore. Lo Stato riconosce soltanto quattro comunità religiose: la Chiesa ortodossa eritrea, la Chiesa evangelica luterana di Eritrea, la Chiesa cattolica e l'Islam. Il Governo controlla i vertici della Chiesa ortodossa e della comunità musulmana vigilando sulle loro attività e risorse finanziarie. Molti dei detenuti nei campi di prigionia sono reclusi per motivi di ordine religioso. Secondo l'Alleanza evangelica eritrea, sarebbero 1.200 gli evangelici attualmente in carcere. Tutti i prigionieri sono detenuti in condizioni spaventose, in celle sotterranee o in capanne di metallo esposte al sole del giorno e al freddo della notte. Numerosi ex detenuti raccontano le brutalità e le torture subite, che avevano il principale intento di costringerli ad abbandonare la loro fede evangelica;
      6) in Etiopia varie minoranze religiose – soprattutto musulmani e protestanti – lamentano di aver subito ingiustizie a livello locale e discriminazioni nella concessione di prestiti per la costruzione di edifici per uso religioso. I musulmani, in particolare, affermano che il procedere delle loro richieste per costruire moschee nel nord del Paese, regione prevalentemente cristiano ortodossa, è stato ostacolato;
      7) in Guinea Equatoriale secondo l'istituto di ricerca Freedom House l'esercizio della libertà religiosa è «a volte limitato dalla repressione politica presente nel Paese». In concreto l'esercizio di tale libertà deve essere visto in un contesto caratterizzato da una politica repressiva e dalla mancanza del rispetto dei diritti umani fondamentali;
      8) in Kenia la Costituzione del 2010 garantisce il diritto alla libertà di religione, tuttavia durante il periodo in esame, la situazione è nettamente peggiorata. La regione è scossa da movimenti secessionisti, alcuni dei quali sono motivati dalla religione come il Consiglio Repubblicano di Mombasa. Questo tipo di movimento è legato a gruppi islamici che vogliono recidere i legami con le autorità centrali ritenute colpevoli di discriminare la popolazione musulmana;
      9) dopo la caduta del regime di Muhammar Gheddafi, la Libia si trova ancora in uno stato di transizione istituzionale. Le autorità provvisorie si trovano ad affrontare enormi difficoltà nel mantenere il rispetto della legge e l'ordine pubblico, anche all'interno della capitale, Tripoli. In tutto il Paese, continuano ad essere attive numerose milizie armate, molte delle quali sono state già coinvolte nella guerra civile iniziata nel 2011. Gli attacchi contro le minoranze religiose sono iniziati nell'ottobre 2011 e sono proseguiti per tutto il 2012 e il 2013. Pur essendo garantita dalla «Dichiarazione costituzionale intermedia» promulgata il 3 agosto 2011 dal Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) la libertà religiosa è di fatto estremamente limitata. Il divieto di proselitismo è regolato da severe sanzioni e la libertà di assistere alle funzioni religiose è gravemente compromessa. Durante il periodo preso in esame vi è stato inoltre un aumento degli attacchi contro i luoghi di culto, soprattutto cristiani. Questo perché i vari gruppi jihadisti, molti dei quali sono costituiti da milizie islamiste radicali, esercitano il controllo de facto su gran parte del Paese;
      10) fino a poco tempo fa il Mali era un Paese di pace e di tolleranza religiosa. Tuttavia in seguito al colpo di Stato del 2012 e la conquista da parte di gruppi islamisti di più di due terzi del territorio, la situazione è profondamente peggiorata;
      11) in Mauritania la legge islamica, la Sharia, è osservata in tutto il Paese ed il reato di apostasia, ovvero l'abbandono dell'Islam per un'altra religione, può essere punito con la pena di morte, sebbene finora tale condanna non sia mai stata applicata. Si segnala inoltre che i salafiti, un gruppo islamico ultraconservatore, stanno guadagnando una sempre maggiore influenza nel Paese in virtù dei loro sforzi per imporre rigide regole morali;
      12) nelle Isole Mauritius non vi è persecuzione in senso stretto. Tuttavia, si riscontrano discriminazioni e tensioni, generalmente ai danni dei non induisti;
      13) in Nigeria la situazione della libertà religiosa è palesemente peggiorata nel periodo in esame. La persecuzione dei cristiani varia da regione a regione. Negli Stati del nord (in particolare Kano, Kaduna, Bauchi, Gombe, Yobe, Katsina), quasi tutti i cristiani – specie del gruppo Boko Haram – sono in costante pericolo d'esser uccisi, cacciati dalle loro case, derubati, o vittime di stupro. Più a sud, questa deriva è meno marcata, ad eccezione dello Stato di Nassarawa. La persecuzione anti-cristiana non fa differenze tra le varie denominazioni che assume;
      14) in Ruanda si registrano particolari restrizioni governative ai danni di gruppi religiosi di minoranza, quali i Testimoni di Geova;
      15) in Somalia la libertà religiosa è negata alla minuscola minoranza cristiana del Paese, che continua ad essere perseguitata. Tuttavia anche i molti musulmani non radicali che vivono nelle regioni controllate dai radicali islamisti di al Shabaab, versano in condizioni identiche;
      16) in Tanzania, la Costituzione, approvata nel 1977, riconosce la libertà religiosa come diritto di ognuno ad avere una fede liberamente scelta. Tuttavia nel 2011, alcune chiese protestanti sono state incendiate sulle isole di Zanzibar e Pemba;
      17) in Uganda preoccupano le severe misure antiterrorismo che hanno portato i musulmani a sentirsi perseguitati, molestati e oppressi dalle forze di sicurezza;
     c) Asia:
      1) in Arabia Saudita il wahhabismo è la sola forma di Islam permessa dalla dinastia regnante e non vi è una Costituzione. La Sunna, la tradizione islamica, occupa un posto privilegiato nella formulazione delle leggi del Paese e la Sharia è fonte di diritto. Nessun altro culto religioso islamico al di fuori del wahhabismo è consentito, nemmeno in privato, e dal momento che tutta l'Arabia Saudita è considerata una grande moschea, i luoghi di culto di altre religioni non possono esservi costruiti;
      2) in Bahrain la rivolta della maggioranza sciita contro il governo sunnita esplosa nel 2011 sulla scia delle primavere arabe non sembra ancora appianata e la comunità sciita continua a essere sottoposta a pesanti controlli e misure di sicurezza da parte della polizia;
      3) in Iran il primato dell'Islam pervade ogni settore della società e la Costituzione prescrive che «la religione ufficiale dell'Iran è l'islam e la setta seguita è quella dello sciismo giafarita»;
      4) in Siria l'odio religioso ha giocato un ruolo importante nella guerra civile iniziata nel 2011. A dimostrazione del fatto che il settarismo religioso è alla base del conflitto, vi sono le frequenti profanazioni di chiese e moschee, le uccisioni e i rapimenti di imam, vescovi e altri esponenti religiosi e gli attacchi mirati contro le comunità religiose. Di conseguenza, nel periodo in esame, la libertà religiosa ha sofferto, così come tutti i diritti umani fondamentali, un drastico peggioramento. I sunniti segnalano gravi persecuzioni da parte del presidente Assad e delle forze lealiste, mentre gli alawiti denunciano attacchi ai propri danni. Le comunità cristiane sono vittime di violenze sistematiche. In molti casi il movente è religioso; in altri, la causa è la presunta affiliazione politica delle vittime.
      5) in Cina, la violenta repressione contro le comunità buddiste tibetane continua, come la soppressione dei musulmani uiguri e delle sette evangeliche. L'impegno a rivedere lo statuto degli ebrei e dei cristiani ortodossi, per includerli tra le religioni riconosciute dallo Stato, non è ancora stato mantenuto;
      6) nella Corea del Nord si afferma che la libertà religiosa non esiste e il 75,7 per cento dichiara che le attività religiose sono punite con l'arresto e il carcere. Le conversioni riguardano per lo più coloro che – dopo essere fuggiti in Cina varcando il confine – entrano in contatto con missionari cristiani impegnati nell'accoglienza dei rifugiati; va peraltro segnalato che la Cina attua una politica di rimpatrio forzato, al quale seguono, da parte delle autorità nordcoreane, stringenti interrogatori volti innanzitutto a verificare se i fuggiaschi siano entrati in possesso di materiale religioso. Nucleo del sistema repressivo sono i brutali campi di prigionia, noti come kwan-li-so e talvolta indicati con la parola gulag. Si stima che in essi siano internati oltre 200 mila prigionieri detenuti in condizioni terribili, vittime di sistematiche e terribili torture, alimentati con razioni minime di cibo e sottoposti a un duro regime di lavori forzati;
      7) in India proseguono gli atti di violenza reciproca tra gruppi estremisti induisti e musulmani;
      8) in Indonesia ci sono state numerosi casi di gravi violenze e persecuzioni, in particolare contro le «comunità Ahmadiyya» e degli sciiti musulmani. Anche i buddisti hanno subito attacchi da parte di islamisti radicali che hanno colpito templi buddisti indonesiani in reazione alla violenza anti-musulmana in Birmania;
      9) da quando i comunisti hanno conquistato il potere nel 1975, con la conseguente espulsione di tutti i missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è sottoposta a severi controlli statali e vi sono evidenti limiti alla libertà religiosa. I casi più frequenti di persecuzione religiosa si sono verificati nelle comunità protestanti;
      10) in tutta la Birmania, i cristiani e i musulmani continuano a subire discriminazioni, restrizioni e in alcune zone del Paese una violenta campagna persecutoria. Le persecuzioni più violente si concentrano nelle aree abitate da talune etnie, come quella dei Kachin. Tra i gruppi maggiormente colpiti dalle violenze anche i Rohingya, un'etnia prevalentemente di fede islamica;
      11) in Nepal l'opposizione sociale e politica al diritto di propagare la propria religione permane. Gruppi induisti e monarchici accusano i cristiani di offrire denaro e ad altri benefici materiali per convertire gli induisti al cristianesimo;
      12) in Pakistan, gli attacchi contro luoghi e fedeli cristiani sono numerosi, sebbene il timore di ritorsioni riduca il numero delle denunce presentate dalle vittime. Obiettivo della violenza settaria sono anche altre minoranze religiose, come gli indù e quelle islamiche degli sciiti e degli ahmadi. Particolarmente grave appare la situazione delle donne appartenenti alle minoranze religiose, spesso rapite, violentate e costrette a convertirsi;
      13) a Palau, gli uiguri musulmani lamentano difficoltà nel trovare lavoro a causa dell'ostracismo della popolazione, per il 75 per cento cattolica;
      14) nel Tagikistan, per tentare di consolidare il proprio potere, lo Stato esercita uno stretto controllo su ogni forma di attività religiosa. Le autorità di Governo mantengono uno stretto controllo su tutti i gruppi musulmani del Paese e permangono le politiche di soppressione delle scuole islamiche non autorizzate e delle moschee non ufficiali;
      15) nel Turkmenistan, l'attuale Presidente, Gurbanguly Berdymukhamedov, è salito al potere nel 2007 dopo la morte del suo predecessore, Saparmurat Niyazov – ex-dirigente comunista che ha guidato il Paese in modo assolutista dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica coltivando un forte culto della personalità – e, da quel momento, egli esercita il potere in modo incontrastato, rendendo il Turkmenistan uno dei Paesi più repressivi del mondo, anche in materia di libertà religiosa; il Paese è praticamente chiuso a ogni verifica indipendente. I media e la libertà religiosa sono soggetti a restrizioni draconiane, mentre i difensori dei diritti umani e altri attivisti devono confrontarsi con la costante minaccia di rappresaglie da parte del Governo;
    16) in Uzbekistan, la legge restrittiva sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose, promulgata nel 1998, criminalizza tutte le attività religiose non registrate, bandisce la produzione e distribuzione di pubblicazioni religiose non ufficiali e impedisce ai minori di far parte di organizzazioni religiose;
    17) il 1o gennaio 2013 è stata introdotta in Vietnam una nuova legge sulla libertà di fede e di religione, il cosiddetto decreto 92. Secondo i promotori, il provvedimento serve a tutelare la libertà religiosa. In realtà, secondo esperti e critici, non è altro che la conferma dell'evidente desiderio del governo di Hanoi di controllare tutte le religioni. Il decreto 92, entrato in vigore all'inizio del 2013, è sembrato subito un tentativo di soffocare la libertà religiosa. I primi a denunciare i pericoli del nuovo provvedimento sono stati i membri dell'Ufficio informativo internazionale buddista (Ibib), un'organizzazione che ha sede a Parigi. Il nuovo decreto, hanno segnalato, è stato fonte di «profondo sconcerto» perché limita le attività dei cittadini e consente alle autorità un «maggior margine di manovra» per colpire chiunque non voglia sottomettersi alle direttive dell'unico partito di Stato. Secondo l'Ibib, la nuova decisione «stende una patina di legittimità» a una politica di «repressione religiosa pianificata dalle più alte sfere del Partito Comunista e dello Stato»;
     d) Americhe:
      1) in Argentina all'inizio del 2013, il Presidente Cristina Kirchner ha promesso l'introduzione di una nuova normativa che riconoscerebbe alle comunità protestanti, finora registrate come associazioni, di avere personalità giuridica religiosa. È prevista inoltre una legge atta a modificare l'attuale registro delle associazioni religiose, accordando a tutte un maggior riconoscimento. Finora, la Chiesa cattolica era l'unica a godere di un trattamento preferenziale;
      2) in Brasile la Chiesa cattolica rappresenta il gruppo religioso più numeroso, seguita dalle comunità protestanti (metodisti, episcopaliani, pentecostali, luterani e battisti). Ci sono poi minoranze non cristiane (ebrei, musulmani e buddisti) e gruppi ancor più minoritari di rastafariani e seguaci del Candomblé, dell'Umbanda e dello spiritualismo. Negli ultimi anni si sono registrati diversi casi di attacchi ai membri di movimenti religiosi come l'Umbanda e il Candomblé;
      3) in Costa Rica la Costituzione definisce il cattolicesimo religione di Stato. A differenza delle altre religioni, in virtù del suo speciale status giuridico la Chiesa cattolica non è registrata come associazione;
      4) a Cuba le scuole religiose non sono autorizzate, ad eccezione di due seminari cattolici e di alcuni centri di formazione interreligiosi;
      5) in Ecuador la locale comunità musulmana ha denunciato discriminazioni in ambito lavorativo e scolastico, mentre sono stati registrati episodi di violenza ai danni della comunità cattolica, da imputare probabilmente ad alcuni protestanti evangelici;
      6) nella Guyana il reato di blasfema comporta una possibile pena detentiva di un anno;
      7) ad Haiti esponenti della comunità vudù e della comunità musulmana sostengano di non godere della stessa tutela giuridica dei cristiani. Alcuni gruppi musulmani lamentano inoltre il mancato riconoscimento da parte del Governo dei matrimoni musulmani a differenze delle unioni cristiane,

impegna il Governo:

   a sostenere, nel quadro delle iniziative promosse dall'Unione europea e a livello internazionale, ogni azione volta a riconoscere la persecuzione nei confronti dei professanti qualsiasi religione come priorità, affinché sia condannata e contrastata con ogni mezzo;
   a porre in essere, in coordinamento con i partner dell'Unione europea e internazionali, ogni iniziativa volta a rafforzare la capacità dei Paesi alleati e dei Paesi che sostiene con gli strumenti della cooperazione internazionale di fornire adeguata protezione a tutti i fedeli di qualsiasi confessione religiosa, e di garantire il loro diritto ad esercitare e a professare la loro fede in sicurezza e libertà;
   ad adottare ogni iniziativa utile a garantire la tutela degli appartenenti a tutte le minoranze religiose anche attraverso azioni di assistenza umanitaria o con il coinvolgimento delle rappresentanze diplomatiche italiane e consolari anche nell'ambito di iniziative europee ed internazionali, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi giuda dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza ed umanità;
   a favorire, in coordinamento con i partner dell'Unione europea, un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare delle minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa;
   ad adoperarsi affinché il rispetto dei diritti umani e quindi delle libertà di religione o credo siano al centro delle politiche di aiuto allo sviluppo dell'Unione europea e degli altri organismi internazionali, fermo restando il rispetto dei principi giuda dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza ed umanità;
   a promuovere nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose, la lotta contro la discriminazione religiosa e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
(1-00856)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Bechis, Mucci, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    i drammi che i popoli hanno vissuto per poter affermare il culto delle proprie religioni tornano tristemente vivi. Più e più volte nella storia le minoranze religiose sono state oggetto di persecuzioni molto violente, gli anni che si vivono non sono da meno e l'evoluzione delle società e delle culture non è riuscita a tenere sotto controllo questi atroci fenomeni di intolleranze religiose;
    nel Medio Oriente si sta consumando quella che molti definiscono una vera e propria guerra di religione: il nuovo sedicente califfato Isis sta consumando un vero e proprio genocidio ogni giorno in nome di Allah e i venti di questa guerra stanno soffiando sempre più forti sino in Europa, dove ancora una volta gli ebrei vengono colpiti per la sola colpa di essere minoranza religiosa, mentre in Medio Oriente e in Africa i cristiani sono sotto costante attacco;
    il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato le persecuzioni contro i cristiani nel nord dell'Iraq, sottolineando che i provvedimenti adottati dal califfato contro le minoranze religiose potrebbero essere considerati crimini di guerra. Il Consiglio, con una dichiarazione approvata all'unanimità, ha condannato «la sistematica persecuzione di membri di minoranze e di quanti in Iraq rifiutano l'ideologia estremista dell'Isis e dei gruppi armati associati». I membri del Consiglio di sicurezza ribadiscono che i diffusi e sistematici attacchi diretti contro i civili a causa della loro etnia, del loro credo religioso o della loro fede potrebbero costituire un crimine contro l'umanità;
    in questa guerra particolare rilievo assume la persecuzione che stanno subendo i cristiani: decine di migliaia di cristiani, curdi e yazidi sono in cerca di una via di fuga. Donne, bambini, anziani, e con loro sacerdoti e suore, sono in marcia per cercare di trovare rifugio dopo essere stati costretti a lasciare le loro case. La minaccia del califfato dell'Isis è solo l'ultima nei loro confronti; basti pensare che negli ultimi 11 anni sono fuggiti dall'Iraq oltre 2/3 dei 2 milioni e mezzo di cristiani e ora le persone in fuga sono oltre 200.000;
    in queste ore circa 300 mila cristiani soffrono e guardano al proprio futuro con angoscia e preoccupazione senza alcuna via di fuga, come sta accadendo ai cristiani iracheni che vivono a Mosul, ai quali è impedito anche di celebrare la messa, a causa dell'offensiva dell'Isis;
    secondo il Center for the study of global christianity di South Hamilton, nel Massachusetts, su scala internazionale il numero dei cristiani uccisi, in quanto tali, tra il 2000 e il 2010 è stato di circa un milione, 100.000 all'anno;
    la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento;
    i dati riguardo la libertà religiosa nel mondo sono davvero allarmanti: circa il 74 per cento della popolazione mondiale (quasi 5,3 miliardi di persone) vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Recenti studi dimostrano che circa i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    il divieto di cambiare religione è tuttora in vigore in 39 Paesi, la quasi totalità dei quali appartenenti al consesso dell'Onu;
    accade con troppa facilità ormai che i diritti umani siano violati in nome della fede, invece ogni Stato dovrebbe garantire il rispetto e la possibilità di professare la propria fede, qualunque essa sia. La trappola degli estremisti è voler far credere che la religione sia fonte di divisione, invece è e deve essere parte fondante della pace tra i popoli, unica vera garante di uno sviluppo umano ed economico globale;
    in questo crescente clima di odio e di intolleranza le organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, l'Unione europea, gli Stati tutti devono far sentire la loro voce e tenere alta l'attenzione su questa tematica così importante e così foriera di pace o di guerra;
    in data 8 novembre 2014 ad Oslo, presso il Centro dei Nobel per la pace, 30 parlamentari provenienti da ogni parte del mondo hanno sottoscritto la «carta della libertà di religione e credo» come impegno alla promozione della medesima nel proprio ruolo di parlamentari e attraverso la cooperazione globale tra istituzioni rappresentative;
    il Parlamento e il Governo italiani non possono chiamarsi fuori da questa sfida, per la tradizione, la reputazione, l'identità universalmente riconosciute al nostro Paese, come nazione impegnata nella costruzione della pace e del dialogo tra le religioni;
    in Italia sono presenti fedeli di religione ebraica da oltre duemila anni e, seppure nel recente passato si sono avuti episodi di intolleranza, questo rappresenta per tutte le istituzioni un monito a contrastare, senza riserve, gli episodi di antisemitismo riemersi prepotentemente negli ultimi tempi;
    esiste una libertà religiosa cosiddetta «positiva», che consta nella possibilità di professare e manifestare la propria fede;
    esiste una libertà religiosa cosiddetta «negativa», che consta nell'impossibilità di negare, in nome del proprio credo, la libertà religiosa altrui;
    un appello alla comunità internazionale è stato rivolto anche da Papa Francesco per «porre fine al dramma umanitario in atto» e perché la comunità internazionale «si adoperi a proteggere i minacciati di qualunque religione»,

impegna il Governo:

   a rafforzare, in vista dell'entrata in vigore della nuova agenda per lo sviluppo sostenibile, l'applicazione della libertà di religione e della protezione delle minoranze religiose nei Paesi a rischio, nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
   a rendere il tema della reciprocità religiosa e del rispetto delle minoranze un tema di discussione nell'ambito delle negoziazioni diplomatiche e culturali bilaterali con i Paesi dove questi diritti non sono tutelati;
   a destinare parte dei fondi per la cooperazione allo sviluppo per il sostegno di progetti di tutela delle minoranze religiose e per la promozione di una cultura di tolleranza religiosa.
(1-00857)
(Nuova formulazione) «Preziosi, Berlinghieri, Ermini, Giuliani, Quartapelle Procopio, Monaco, Piccoli Nardelli, Tidei, Gianni Farina, Ascani, Amoddio, Cova, Prina, Piccione, Locatelli, Vico, Miotto».


   La Camera,
   premesso che:
    la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare, oltre che riconoscere;
    la Costituzione, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa quale diritto di ogni individuo di professare liberamente la propria fede e farne propaganda, nonché di esercitare in privato e in pubblico il culto e, all'articolo 8, riconosce che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
    nella dichiarazione dell'Onu del 1948 tutti gli Stati che ne fanno parte si impegnano a garantire non tanto e non solo una mera tolleranza religiosa verso le minoranze, bensì una piena libertà religiosa per tutte e per tutti; in particolare, l'articolo 18 stabilisce che: «ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
    negli ultimi anni la libertà religiosa è in netto declino con una crescente ondata di persecuzioni mirate anche a marginalizzare le comunità religiose. Dati recenti testimoniano che il 70 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi caratterizzati da restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata;
    nella lista degli Stati in cui si registrano gravi violazioni della libertà religiosa, i Paesi musulmani ne rappresentano la maggioranza con gravissime violazioni dove la persecuzione è legata all'estremismo islamico;
    fortissime limitazioni alla libertà religiosa si riscontrano anche in numerosi Stati autoritari;
    la libertà religiosa è in declino nei Paesi occidentali a maggioranza cristiana o di tradizione cristiana. In Europa, ad esempio, sono crescenti i fenomeni di antisemitismo e islamofobia, spesso fomentati da chi contrasta l'inevitabile modello pluriconfessionale ed eterogeneo della società;
    occorre per cui contrastare queste tendenze con forti politiche di inclusione sociale e attivarsi in ogni sede, europea ed internazionale, affinché si attuino provvedimenti orientati al massimo rispetto di tutte le fedi e di tutte le opinioni e si prendano misure efficaci a contrastare ogni forma di violenza,

impegna il Governo:

   ad assicurare protezione internazionale ai perseguitati per motivi religiosi;
   a rendersi promotore, nell'ambito dell'Unione europea e presso gli organismi internazionali cui l'Italia partecipa, di iniziative volte a riaffermare i principi di libertà religiosa oltre che di rispetto dei diritti civili e a favorire il dialogo tra i popoli e il dialogo interreligioso, nonché di iniziative da attuare nei confronti dei Governi che impediscono la libertà religiosa per far cessare le persecuzioni religiose;
   ad adoperarsi presso gli Stati europei, nell'ambito dell'Unione europea e nelle sedi internazionali, al fine di ampliare il fronte di solidarietà contro le esortazioni alla violenza di esponenti del radicalismo di qualsiasi natura e delle organizzazioni di qualsiasi natura e tipo che incitano all'odio religioso ed etnico;
   a riferire periodicamente sugli obiettivi raggiunti, a partire dagli impegni presi dal Governo a seguito delle mozioni approvate dalla Camera dei deputati il 2 luglio 2014.
(1-00859)
(Nuova formulazione) «Palazzotto, Scotto, Fratoianni, Kronbichler, Costantino, Quaranta».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce ad ogni individuo «il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
    la violenza a sfondo religioso è legata al declino della tolleranza religiosa, del pluralismo religioso e del diritto all'autodeterminazione religiosa e, soprattutto, nel mondo in via di sviluppo continua ad affermarsi la tendenza ad allontanarsi dal pluralismo religioso, mentre in varie parti del medio e dell'estremo oriente inizia a comparire il fenomeno degli Stati monoconfessionali;
    in base ai dati raccolti dalla Fondazione pontificia ACS nel rapporto sulla libertà religiosa nel mondo nel periodo compreso tra l'ottobre del 2012 e il giugno 2014, il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire;
    dal rapporto emerge che in quasi il sessanta per cento dei 196 Paesi analizzati si registra un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa e che nel trenta per cento dei Paesi la situazione è peggiorata anche in modo significativo rispetto al biennio precedente;
    in totale, il rapporto ha identificato venti Paesi come luoghi di elevato grado di violazione della libertà religiosa, in quanto in essi la libertà religiosa non esiste, suddividendoli tra quelli in cui le persecuzioni a sfondo religioso sono legate all'estremismo islamico e quelli in cui le stesse sono perpetrate da regimi autoritari;
    nel primo gruppo rientrano Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan e Yemen, mentre del secondo fanno parte Azerbaigian, Myanmar, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan;
    ad oggi, i cristiani continuano ad essere il gruppo religioso maggiormente perseguitato, sia a causa della loro presenza in quasi tutti i continenti, dove rappresentano spesso una minoranza all'interno di culture molto diverse dalla loro, sia a causa del fatto che molte delle terre in cui abitano da secoli, se non da millenni, sono oggi sconvolte dall'estremismo e dal terrorismo;
    inoltre, in molti luoghi in cui cristiani e musulmani avevano convissuto insieme per secoli, ora il gruppo religioso dominante cerca, attraverso l'imposizione della Sharia o con atti legislativi ispirati dalla supremazia di una religione sull'altra, di imporre un conformismo universale nelle pratiche religiose;
    secondo i dati contenuti nella World Watch List 2014, pubblicata nel mese di gennaio 2015 dall'associazione Open Doors International, in ben trentaquattro nazioni la persecuzione dei cristiani è aumentata rispetto all'anno precedente, mentre solo in cinque è diminuita;
    anche i musulmani subiscono considerevoli persecuzioni e discriminazioni, da parte di regimi autoritari e, soprattutto, di altri gruppi musulmani, tra le quali si inquadrano in particolar modo quelle che originano dallo storico contrasto tra sunniti e sciiti;
    si registra, inoltre, una drammatica acutizzazione di violenze e persecuzioni per motivi religiosi nei territori in cui si sta affermando lo Stato islamico, che ha cacciato tutti i gruppi religiosi, musulmani non sunniti compresi, concedendo ai cristiani come unica alternativa per rimanere quella della conversione forzata all'islamismo;
    lo Stato islamico ha altresì costretto alla fuga almeno quarantamila yazidi, una minoranza curdofona seguace di una religione pre-islamica, dall'Iraq dopo che nell'agosto del 2014 ha conquistato Sinjar, la città irachena situata a 50 chilometri dalla frontiera con la Siria, e ha dato il via a violenze inaudite nei loro confronti;
    le forme di estremismo e persecuzione contribuiscono in modo significativo al crescente fenomeno delle migrazioni di massa e, a fronte del fatto che le minoranze religiose mediorientali vanno riducendosi già da molti anni, negli ultimi anni la crisi umanitaria è drammaticamente peggiorata, portando, ad esempio, il numero di cristiani in Siria a un calo di oltre il trenta per cento in tre anni, e in Iraq la diminuzione è stata ancora più evidente;
    in Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è rappresentata dalla crescita del fondamentalismo islamico sotto l'impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram in Nigeria e nei Paesi confinanti, e al Shabaab, che ha la sua roccaforte in Somalia;
    anche in Asia si registrano pesanti limitazioni della libertà religiosa ai danni di comunità cristiane, musulmane, indù e sikh, che culminano in aperte violenze contro gruppi quali gli ahmadi e i sufi,

impegna il Governo:

   ad intraprendere e sostenere ogni iniziativa in ambito europeo ed internazionale volta a sostenere il rispetto della libertà religiosa nel mondo e a contrastare le persecuzioni e le violenze;
   ad esercitare forme di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, se del caso non sottoscrivendo accordi con nazioni che non garantiscano il pieno esercizio di tale libertà;
   a condannare in ogni sede le violenze nei confronti delle minoranze religiose e ad adoperarsi affinché queste siano scongiurate attraverso le opportune iniziative internazionali;
   ad impegnarsi nelle competenti sedi internazionali affinché sia riconosciuta la giusta importanza al tema delle persecuzioni per motivi religiosi e affinché l'argomento sia oggetto di un indirizzo condiviso tra i Paesi che possa formare la base per una collaborazione tra gli stessi anche nelle politiche di aiuto ai rifugiati.
(1-00862) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce ad ogni individuo «il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
    la violenza a sfondo religioso è legata al declino della tolleranza religiosa, del pluralismo religioso e del diritto all'autodeterminazione religiosa e, soprattutto, nel mondo in via di sviluppo continua ad affermarsi la tendenza ad allontanarsi dal pluralismo religioso, mentre in varie parti del medio e dell'estremo oriente inizia a comparire il fenomeno degli Stati monoconfessionali;
    in base ai dati raccolti dalla Fondazione pontificia ACS nel rapporto sulla libertà religiosa nel mondo nel periodo compreso tra l'ottobre del 2012 e il giugno 2014, il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire;
    dal rapporto emerge che in quasi il sessanta per cento dei 196 Paesi analizzati si registra un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa e che nel trenta per cento dei Paesi la situazione è peggiorata anche in modo significativo rispetto al biennio precedente;
    in totale, il rapporto ha identificato venti Paesi come luoghi di elevato grado di violazione della libertà religiosa, in quanto in essi la libertà religiosa non esiste, suddividendoli tra quelli in cui le persecuzioni a sfondo religioso sono legate all'estremismo islamico e quelli in cui le stesse sono perpetrate da regimi autoritari;
    nel primo gruppo rientrano Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan e Yemen, mentre del secondo fanno parte Azerbaigian, Myanmar, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan;
    ad oggi, i cristiani continuano ad essere il gruppo religioso maggiormente perseguitato, sia a causa della loro presenza in quasi tutti i continenti, dove rappresentano spesso una minoranza all'interno di culture molto diverse dalla loro, sia a causa del fatto che molte delle terre in cui abitano da secoli, se non da millenni, sono oggi sconvolte dall'estremismo e dal terrorismo;
    inoltre, in molti luoghi in cui cristiani e musulmani avevano convissuto insieme per secoli, ora il gruppo religioso dominante cerca, attraverso l'imposizione della Sharia o con atti legislativi ispirati dalla supremazia di una religione sull'altra, di imporre un conformismo universale nelle pratiche religiose;
    secondo i dati contenuti nella World Watch List 2014, pubblicata nel mese di gennaio 2015 dall'associazione Open Doors International, in ben trentaquattro nazioni la persecuzione dei cristiani è aumentata rispetto all'anno precedente, mentre solo in cinque è diminuita;
    anche i musulmani subiscono considerevoli persecuzioni e discriminazioni, da parte di regimi autoritari e, soprattutto, di altri gruppi musulmani, tra le quali si inquadrano in particolar modo quelle che originano dallo storico contrasto tra sunniti e sciiti;
    si registra, inoltre, una drammatica acutizzazione di violenze e persecuzioni per motivi religiosi nei territori in cui si sta affermando lo Stato islamico, che ha cacciato tutti i gruppi religiosi, musulmani non sunniti compresi, concedendo ai cristiani come unica alternativa per rimanere quella della conversione forzata all'islamismo;
    lo Stato islamico ha altresì costretto alla fuga almeno quarantamila yazidi, una minoranza curdofona seguace di una religione pre-islamica, dall'Iraq dopo che nell'agosto del 2014 ha conquistato Sinjar, la città irachena situata a 50 chilometri dalla frontiera con la Siria, e ha dato il via a violenze inaudite nei loro confronti;
    le forme di estremismo e persecuzione contribuiscono in modo significativo al crescente fenomeno delle migrazioni di massa e, a fronte del fatto che le minoranze religiose mediorientali vanno riducendosi già da molti anni, negli ultimi anni la crisi umanitaria è drammaticamente peggiorata, portando, ad esempio, il numero di cristiani in Siria a un calo di oltre il trenta per cento in tre anni, e in Iraq la diminuzione è stata ancora più evidente;
    in Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è rappresentata dalla crescita del fondamentalismo islamico sotto l'impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram in Nigeria e nei Paesi confinanti, e al Shabaab, che ha la sua roccaforte in Somalia;
    anche in Asia si registrano pesanti limitazioni della libertà religiosa ai danni di comunità cristiane, musulmane, indù e sikh, che culminano in aperte violenze contro gruppi quali gli ahmadi e i sufi,

impegna il Governo:

   ad intraprendere e sostenere ogni iniziativa in ambito europeo ed internazionale volta a sostenere il rispetto della libertà religiosa nel mondo e a contrastare le persecuzioni e le violenze;
   a rendere il tema della reciprocità religiosa e del rispetto delle minoranze un tema centrale nell'ambito del dialogo politico e delle negoziazioni diplomatiche e culturali bilaterali con i Paesi dove questi diritti non siano tutelati;
   a condannare in ogni sede le violenze nei confronti delle minoranze religiose e ad adoperarsi affinché queste siano scongiurate attraverso le opportune iniziative internazionali;
   ad impegnarsi nelle competenti sedi internazionali affinché sia riconosciuta la giusta importanza al tema delle persecuzioni per motivi religiosi e affinché l'argomento sia oggetto di un indirizzo condiviso tra i Paesi che possa formare la base per una collaborazione tra gli stessi anche nelle politiche di aiuto ai rifugiati.
(1-00862)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


MOZIONI BALDELLI, BERNARDO, MATARRESE, ALLASIA, GIGLI, RAMPELLI, RIZZETTO ED ALTRI N. 1-00967, RICCIATTI ED ALTRI N. 1-00984, RUOCCO ED ALTRI N. 1-00985, ALLASIA ED ALTRI N. 1-00986, VARGIU ED ALTRI N. 1-00995 E BENAMATI ED ALTRI N. 1-00996 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA TUTELA DEI DIRITTI DEI CONSUMATORI NEI CONFRONTI DEGLI OPERATORI DEL MERCATO DELL'ENERGIA ELETTRICA E DEL GAS

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    molti cittadini hanno ricevuto «maxi-bollette» di luce e gas per pagare sostanziosi conguagli che, in molti casi, così come riportato anche da alcuni organi di informazione, sono stati il frutto di anni di addebiti dovuti a conteggi di consumi stimati, ma non effettivi, poiché spesso vengono ignorate le letture dei contatori, ad errori di valutazione o, comunque, a fatturazioni incongrue certamente non imputabili agli utenti;
    molti consumatori, non avendo strumenti idonei per difendersi e far valere i propri diritti o, più semplicemente, per non entrare nel complesso ed oneroso meccanismo per l'accertamento della verità per via amministrativa o giudiziaria, rischiano di trovarsi di fatto costretti a pagare cifre importanti di alcune migliaia di euro, per evitare il distacco dell'energia elettrica;
    a fronte di numerosi reclami e segnalazioni ricevuti anche da parte diverse associazioni dei consumatori, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in data 13 luglio 2015 ha dato notizia di aver avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Eni, Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico;
    tale indagine è volta ad accertare eventuali violazioni del codice del consumo in merito a varie condotte degli operatori: la fatturazione basata su consumi presunti, la mancata considerazione delle autoletture, la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali, la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco, nonché il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori;
    la crisi economica ha già colpito duramente tante famiglie italiane e queste «maxi-bollette» di conguaglio non fanno altro che peggiorarne la situazione finanziaria,

impegna il Governo:

   ad intervenire a livello legislativo varando al più presto una moratoria su queste «maxi-bollette» in modo da bloccare quanto prima i pagamenti di questi importi, fino a quando le autorità competenti non abbiano completato le verifiche sulla condotta dei suddetti operatori in merito alle eventuali violazioni del codice del consumo;
   ad intervenire a livello legislativo stabilendo che, nel caso in cui le autorità competenti ravvisassero comportamenti scorretti da parte dei gestori dei servizi, i cittadini interessati non siano tenuti a pagare queste bollette di conguagli per gli anni passati e che gli stessi gestori siano obbligati a rimborsare tempestivamente gli utenti, nel caso in cui questi ultimi avessero già versato, interamente o in parte, gli interi o i parziali importi indebitamente richiesti attraverso questo tipo di fatturazioni illegittime;
   ad assumere iniziative per stabilire a livello legislativo il principio per cui nessun utente-consumatore può essere chiamato a sostenere spese per conguagli concernenti consumi presunti anteriori ai due anni precedenti la data di fatturazione.
(1-00967) «Baldelli, Bernardo, Matarrese, Allasia, Gigli, Rampelli, Rizzetto, Abrignani, Polverini, Alli, Saltamartini».


   La Camera,
   premesso che:
    come ampiamente evidenziato dalla stampa nazionale, sono molto frequenti i casi in cui vengono recapitate bollette di gas e luce di importi esorbitanti per conguagli risalenti a molti anni addietro e spesso il salatissimo conguaglio è dovuto all'inadempimento del fornitore o del distributore, che ha omesso di effettuare le letture periodiche del contatore oppure non ha emesso bollette periodiche. Un disservizio che persiste anche per anni e che comporta pesanti conseguenze per gli utenti, che si ritrovano a dover pagare, in un colpo solo, bollette così elevate da non potervi far fronte;
    al riguardo si evidenzia che, nonostante non possano essere pretese da parte degli utenti somme relative a consumi che il fornitore avrebbe potuto e dovuto pretendere oltre 5 anni prima dell'emissione della fattura in forza di quanto previsto dall'articolo 2948 del codice civile (ove si prevede che si prescrivano in cinque anni gli interessi e in generale tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi), per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo i fornitori spesso sostengono che la prescrizione decorre da quando viene emessa la fattura di conguaglio, con ciò spostando a loro piacimento il termine da cui decorre la prescrizione e consentendo così di richiedere i conguagli anche dopo dieci o quindici anni e potenzialmente per l'eternità;
    quanto precede appare assolutamente inammissibile, perché se il fornitore omette di fatturare consumi per molti anni, perché non tiene conto delle letture del contatore o si è «dimenticato» di emettere bollette periodiche, dovrebbe perdere il diritto ad essere pagato, dato che non vi sono dubbi che tra le somme che devono pagarsi periodicamente, e quindi soggette a prescrizione quinquennale, vi siano anche le bollette relative ai consumi periodici di energia elettrica e gas;
    se così non fosse, l'istituto della prescrizione, che il codice civile prevede come norma imperativa e inderogabile, sarebbe del tutto aggirabile da parte dell'esercente, mentre secondo un ragionamento logico e sulla base dei principi generali dell'ordinamento, la prescrizione decorre da quando può essere fatto valere il diritto, ovvero da quando il fornitore può (e deve) fare la lettura dei contatori (generalmente per il tramite del distributore). È in quell'occasione che, rilevati consumi superiori a quelli addebitati in acconto sulla base di letture stimate, può pretendere il pagamento del conguaglio. Ed è, quindi, da quel momento che decorre la prescrizione quinquennale;
    per capire da quando decorre la prescrizione risulta assolutamente necessario capire quale sia il giorno entro il quale il gestore, per il tramite del distributore, dovrebbe effettuare la lettura del contatore, e di questo dovrebbe essere data massima evidenza nei confronti dell'utente-consumatore che troppo spesso non dispone di strumenti idonei ed efficaci per poter sostenere un contraddittorio;
    in passato sono state irrogate sanzioni per violazione delle norme poste a tutela della trasparenza dei consumi e dei costi relativi alla fornitura del servizio di distribuzione e di vendita dell'energia elettrica ai clienti del mercato regolato;
    nel provvedimento VIS 22/09 dell'Autorità per l'energia ed il gas e il sistema idrico si legge che l'autorità, dopo aver accertato l'inosservanza da parte di Enel dell'obbligo del tentativo di lettura annuale dei contatori presso tutti i clienti allacciati alla propria rete con potenza contrattualmente impegnata fino a 30 kW, ha irrogato alla società Enel una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 2.053.000 euro. Nella delibera VIS 22/09 si legge che «l'illecito in questione è grave sia in ragione dell'interesse tutelato dalla norma violata sia perché ha avuto un'estensione notevole per quanto riguarda i clienti coinvolti e l'ambito territoriale interessato che coincide con l'intero territorio nazionale» e che «la mancata lettura dei contatori per lunghi periodi può danneggiare il cliente finale, dando luogo ad elevati conguagli»;
    l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico, anche a seguito di segnalazioni di altri clienti e associazioni di categoria, ha avviato, con deliberazione VIS 36/101, un procedimento per l'adozione di propri provvedimenti per violazione, tra l'altro, della disciplina in materia di periodicità di fatturazione prevista dalla regolamentazione in vigore (nel caso di contratti di fornitura di gas a condizioni regolate) o dai contratti di fornitura a condizioni di mercato libero;
    con il medesimo provvedimento, l'Autorità ha intimato all'esercente di: provvedere a ripristinare la regolare periodicità di fatturazione nel rispetto delle delibere dell'Autorità (per i clienti che hanno un contratto a condizioni regolate) e delle condizioni contrattuali sottoscritte dai clienti (per coloro che hanno un contratto di mercato libero), emettendo le relative fatture; corrispondere l'indennizzo automatico previsto dal codice di condotta commerciale gas emanato dall'Autorità ai clienti che hanno un contratto gas a condizioni di mercato libero e che ne abbiano il diritto; fornire risposta motivata ai reclami scritti inviati dai clienti aventi ad oggetto la mancata emissione delle fatture, indicando la data prevista per la ripresa;
    più recentemente, in data 13 luglio 2015, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, presieduta dal professor Giovanni Pitruzzella, ha avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico ed Eni;
    a fronte di numerosi reclami e segnalazioni, ricevute anche da diverse associazioni dei consumatori, tale indagine è volta ad accertare eventuali violazioni del codice del consumo in merito a varie condotte degli operatori, tra cui rientrano: la fatturazione basata sui consumi presunti; la mancata considerazione delle auto-letture; la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali; la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco; e, infine, il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori. Nell'ambito di queste istruttorie, i funzionari dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate dal procedimento a Roma, Milano e San Donato Milanese, con l'ausilio del nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza,

impegna il Governo:

   ad adottare con urgenza ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a rafforzare le tutele dei diritti degli utenti del mercato dell'energia elettrica e del gas chiaramente vittime di comportamenti scorretti operati ai loro danni da parte di soggetti distributori che oggi, come pure in passato, hanno reclamato conguagli a distanza di anni;
   ad attivare un'indagine ministeriale nei confronti delle società a partecipazione pubblica italiana citate in premessa parallelamente ai procedimenti istruttori recentemente avviati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti di Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico ed Eni, varando al più presto una moratoria del pagamento bollette di gas e luce di importi esorbitanti in attesa della conclusione degli accertamenti;
   ad attivarsi con le iniziative di competenza affinché il contesto competitivo nel settore della vendita dell'energia elettrica sul mercato libero impedisca il consolidarsi di posizioni di ingiustificata profittabilità per taluni operatori e il conseguente peggioramento delle condizioni economiche di migliaia di persone già colpite dalla crisi.
(1-00984) «Ricciatti, Ferrara, Scotto, Zaratti, Pellegrino, Quaranta, Airaudo, Placido, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Zaccagnini, Sannicandro».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo gli ultimi dati forniti dalle associazioni dei consumatori quasi un reclamo su due (il 46 per cento delle segnalazioni raccolte nell'intero settore energetico) è causato da «problemi con le fatturazioni»: bollette «sballate», fatture recapitate in ritardo e conguagli esorbitanti. Quest'ultimo aspetto, nel settore del gas, sarebbe causato dalla mancata o inesatta verifica dei misuratori da parte delle aziende di fornitura. Da un'indagine condotta dalla Federconsumatori sui reclami raccolti nel 2011 emerge che oltre il 10 per cento dei disservizi denunciati provengono da utenti che non sono in grado di ricostruire i propri consumi del gas perché il fornitore non effettua la periodica lettura del contatore;
    la mancata verifica a domicilio spesso poi ostacola il passaggio verso un altro operatore e innesca altre forme di contenzioso: oltre il 30 per cento delle lamentele raccolte infatti riguarda contestazioni sulla lettura del misuratore fornita dall'azienda;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Acea Energia, Edison Energia, Enel Energia, Enel Servizio Elettrico ed Eni. Sotto la lente le modalità di fatturazione e i mancati rimborsi;
    si fa presente che da settembre 2015 i consumatori elettrici riceveranno una nuova tipologia di bolletta elettrica, in grado di assicurare una maggiore trasparenza e trasferire informazioni utili ai consumatori ma, allo stesso tempo, ancora non è stata fatta chiarezza sull'omologazione dei contatori elettrici installati nelle case degli italiani;
    la nuova bolletta sintetica indicherà il costo unitario del chilowattora riportando anche «la spesa per gli oneri di sistema», una voce che oggi viene pagata all'interno dei servizi di rete ma non ancora evidenziata nelle bollette. Nel settore elettrico sono, ad esempio, le voci relative agli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate e alle imprese manifatturiere energivore, i fondi necessari alla messa in sicurezza delle centrali nucleari o per la ricerca, valori che incidono per oltre il 22 per cento sulla spesa finale del cliente tipo servito in regime di maggior tutela;
    gli apparecchi di misurazione dei consumi installati nelle abitazioni, al contrario, non risulterebbero essere adeguati al compito di assicurare la necessaria trasparenza, certezza e imparzialità nel calcolo dei consumi, con il rischio che eventuali dati errati possano far pagare ai consumatori una bolletta più «salata» del previsto;
    nessuno degli enti preposti ha mai verificato la conformità normativa dei contatori elettrici che misurano il consumo di energia e l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico, fino ad oggi, si è concentrata esclusivamente sul modo di gestire il dato di consumo e di riportarlo in bolletta, tralasciando però la verifica della generazione di quel dato con il misuratore. Sembrerebbe proprio una delle più grandi falle nel sistema elettrico italiano, quasi 40 milioni di misuratori che non sono mai stati certificati da un ente terzo indipendente;
    si ricorda che nel 2004 è entrata in vigore la direttiva europea su «gli usi finali di energia, l'efficienza e i servizi energetici» (Mid – measurement instruments directive) che impone l'omologazione e la certificazione. Nel 2007 la direttiva viene recepita in Italia: ogni strumento che eroga elettricità ai consumatori deve avere una marcatura che ne attesti non tanto il corretto funzionamento, quanto che quel contatore sia identico al modello depositato presso l'ente notificatore europeo prescelto. Nel caso dell'Enel, ma solo dal 2007, per i contatori elettrici sono due, l'olandese Nmi e l'italiana Iqf, entrambi iscritti al Nando, la Gazzetta Ufficiale degli enti notificatori;
    il gruppo Movimento Cinque Stelle ha più volte sottoposto, attraverso atti di sindacato ispettivo, al Ministro dello sviluppo economico la problematica dei controlli metrologici dei contatori elettrici;
    inoltre si rileva che nell'ambito delle procedure d'infrazione avviate nel mese di febbraio 2015 la Commissione europea ha rilevato che «non è stato recepito l'obbligo secondo cui i contatori installati conformemente alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE consentono informazioni sulla fatturazione precise e basate sul consumo effettivo»,

impegna il Governo:

   ad adottare immediate iniziative per adempiere agli obblighi prescritti dall'Unione europea sulla conformità normativa dei contatori elettrici come descritto in premessa evitando ulteriori aggravi sulle bollette degli utenti;
   ad attuare immediatamente i commi 6-ter e 6-quater dell'articolo 1 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, che prevedono rispettivamente:
    a) di rendere più facilmente confrontabili le offerte contrattuali rivolte ai clienti finali per l'acquisto di gas o energia elettrica, identificare le componenti di base di costo da esplicitare obbligatoriamente nelle stesse offerte e determinare le sanzioni a carico dei soggetti venditori in caso di inottemperanza;
    b) che i dati di lettura dei contatori stessi siano resi disponibili ai clienti in forma aggregata e puntuale, secondo modalità tali da consentire la facile lettura da parte del cliente dei propri dati di consumo, garantendo nel massimo grado e tempestivamente la corrispondenza tra i consumi fatturati e quelli effettivi con lettura effettiva dei valori di consumo ogni volta che siano installati sistemi di telelettura e determinando un intervallo di tempo massimo per il conguaglio nei casi di lettura stimata;
   ad assumere iniziative per sospendere ogni attività esecutiva di pretesa di pagamento di bolletta elettrica e gas esosa nei confronti degli utenti fino a quando le autorità competenti non abbiano completato le verifiche per accertare che la condotta degli operatori non abbia violato le norme del codice del consumo e non sia illegittima.
(1-00985) «Ruocco, Crippa, Da Villa, Cancelleri, Della Valle, Fantinati, Vallascas, D'Incà».


   La Camera,
   premesso che:
    sono sempre più numerosi i casi di inefficienze denunciati dai consumatori relativi all'offerta di energia elettrica e del gas;
    addebiti eccessivi, doppia fatturazione, cambio non richiesto del fornitore, sovraccosti legati al cambio del contatore, sono soltanto alcuni dei problemi che quotidianamente affliggono i consumatori, costringendoli a svolgere lunghi adempimenti burocratici per dimostrare l'erroneità dei dati e a sostenere costi aggiuntivi e imprevisti;
    i consumatori, che non possiedono le informazioni necessarie per far valere i propri diritti, preferiscono, in molti casi, pagare le bollette energetiche, anche se con costi spropositati e non rispondenti ai consumi reali di energia, piuttosto che rimanere vittime del complesso sistema di accertamento amministrativo e/o giudiziario. Oltretutto il mancato pagamento delle bollette contestate determina in ogni caso il distacco dell'energia elettrica;
    sono poi frequenti i casi in cui vengono recapitate bollette energetiche di importi esorbitanti per conguagli risalenti ad anni passati. Molto spesso, il conguaglio eccessivo è dovuto a inadempimenti del fornitore o del distributore che, ad esempio, omette di effettuare le letture periodiche del contatore oppure non emette le bollette periodiche;
    una bolletta con costi smisurati, in questo momento di difficile congiura economica, può far saltare il bilancio di una piccola azienda, così come un conguaglio esorbitante può mettere seriamente in difficoltà la maggioranza dei cittadini e delle famiglie italiane;
    per gran parte dei consumatori le bollette energetiche appaiono documenti di non facile lettura e di difficile interpretazione, soprattutto per quanto concerne le voci di costo relative ai consumi e ai conguagli;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha recentemente avviato diversi procedimenti istruttori nei confronti dei principali fornitori di energia al fine di accertare, a fronte di numerosi reclami e segnalazioni, eventuali violazioni del codice del consumo in merito a varie condotte degli operatori, dalla fatturazione basata su consumi presunti alla fatturazione a conguaglio di importi significativi, passando per la mancata considerazione delle autoletture,

impegna il Governo:

   ad adottare specifiche iniziative per la sospensione dei pagamenti delle bollette energetiche con importi spropositati e non rispondenti ai consumi reali di energia elettrica e del gas, fino al completamento delle verifiche avviate dalle autorità competenti sulle condotte adottate dalle società fornitrici in merito alle violazioni del codice del consumo;
   ad assicurare, attraverso idonee iniziative normative, le modalità di rimborso agli utenti degli importi già versati, qualora le fatturazioni, a seguito di accertamenti, risultassero illegittime e non rispondenti ai consumi reali di energia elettrica e del gas;
   ad adottare le iniziative di competenza al fine di un'efficace semplificazione della lettura delle bollette energetiche permettendo ai cittadini di individuare in modo chiaro e trasparente i dettagli dei costi che vengono loro addebitati.
(1-00986) «Allasia, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    numerose e reiterate sono le segnalazioni ed i reclami da parte dei consumatori relativamente ad abusi e scorrettezze praticati dagli operatori del mercato dell'energia elettrica e del gas;
    tali scorrettezze vengono peraltro segnalate anche in altri settori afferenti alla gestione di risorse essenziali, di straordinaria valenza sociale, come l'acqua;
    in particolare, i cittadini lamentano di ricevere addebiti smisurati in bolletta derivanti da consumi pregressi, stimati ma non effettivi, nonostante le loro comunicazioni in autolettura telefonica o telematica, che verrebbero spesso ignorate, ovvero gestite e registrate in modo errato;
    in altre circostanze, i cittadini sono soggetti all'obbligo di costituire vere e proprie «cauzioni» su consumi futuri, presso le casse dell'ente gestore;
    ogni comunicazione tra il singolo cittadino e l'operatore è riservata alla sempre più difficile interlocuzione con i call center, che spesso offrono informazioni estemporanee, contraddittorie e non dimostrabili e che talvolta, con la propria disinformazione o allarmismo, generano nei consumatori il timore di distacchi della linea elettrica o dell'erogazione del gas, inducendo i medesimi al pagamento di cifre rilevanti – talvolta indebite – senza le necessarie verifiche;
    gli stessi reclami formali inviati con fax ai vari servizi di customer care rimangono quasi sempre inevasi e senza esito;
    il malcontento dei consumatori dilaga anche in internet, dove alcuni siti dedicati riportano le loro testimonianze inquietanti, nelle quali talvolta si arriva a paventare l'ipotesi di vere e proprie truffe;
    a fronte di tali numerosi reclami e segnalazioni, il 13 luglio 2015 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico ed Eni;
    l'indagine è volta ad accertare eventuali violazioni per pratiche commerciali scorrette, ai sensi degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, in merito alle condotte degli operatori sopra ricordate e, in particolare per: la fatturazione basata su consumi presunti; la mancata considerazione delle autoletture; la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali; la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco; nonché il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori;
    nell'ambito di queste istruttorie, i funzionari dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate dal procedimento a Roma, Milano e San Donato Milanese, anche con l'ausilio del nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza;
    la peculiarità dei mercati dell'energia elettrica e del gas, ma anche di quello relativo alla gestione della risorsa idrica, sempre più strategici nell'economia complessiva italiana ed europea, rende necessario un monitoraggio attento e costante delle offerte contrattuali, delle relative condizioni generali applicate nel mercato libero e di maggiori sanzioni in caso di violazione del codice del consumo, stante l'asimmetria delle posizioni tra venditore e contraente;
    dall'analisi dell'attuale quadro normativo del mercato libero dell'energia elettrica e del gas, con particolare riferimento al settore domestico e delle piccole e medie imprese, emergono alcune specifiche criticità che richiederebbero interventi mirati dapprima sull'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, volte a rendere più fluido il mercato in concorrenza, e poi sulla vendita, volte a sanzionare i comportamenti lesivi dei diritti dei consumatori, la cui scarsa tutela finisce per generare inevitabili ricadute negative sul livello competitivo del nostro Paese rispetto agli altri Paesi europei;
    il perdurare della crisi economica rende particolarmente gravoso per le famiglie l'onere, spesso perentorio, di far fronte al pagamento di esorbitanti fatture, in alcuni casi assolutamente incoerenti con le più ragionevoli ipotesi di consumo,

impegna il Governo:

   nelle more delle conclusioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Guardia di finanza, a varare tempestivamente un'iniziativa normativa o amministrativa di moratoria delle numerose bollette contestate, al fine di congelarne i pagamenti – per lo meno per gli importi superiori a 500 euro – e per periodi anteriori ad un anno alla data di fatturazione;
   a ribadire la necessità che la prova documentale dell'effettivo consumo addebitato in bolletta ed eventualmente inevaso sia sempre a carico del fatturante e non certo del consumatore;
   ad assumere iniziative normative per definire le necessari linee di indirizzo nei confronti dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di ottenere un maggiore controllo sull'efficienza delle imprese di distribuzione con regole stringenti circa la lettura dei misuratori, sia nel settore gas e dell'energia elettrica, ma anche in quello che gestisce le risorse idriche, al fine di avere una fatturazione dei consumi reali e non stimati (causa dell'80 per cento del contenzioso tra imprese e consumatori);
   ad assumere iniziative normative al fine di potenziare il quadro sanzionatorio nei confronti delle imprese e dei gestori che adottano comportamenti commercialmente scorretti e/o sono responsabili di inadempimenti contrattuali, nonché ad individuare uno schema equo di indennizzi risarcitori del consumatore finale;
   ad intervenire per accertarsi che sia sempre garantito un agevole canale di comunicazione tra gestore e consumatore, che consenta l'immediata verifica delle singole, differenti situazioni, eliminando il clima di pressione psicologica che viene spesso a crearsi nei confronti dell'utente;
   a collaborare con le associazioni dei consumatori per rafforzare la loro capacità di interfacciarsi autorevolmente con le aziende fornitrici per meglio tutelare le esigenze dell'utente e il complessivo corretto funzionamento del mercato.
(1-00995) «Vargiu, Mazziotti Di Celso, Galgano».


   La Camera,
   premesso che:
    sono numerose le segnalazioni degli utenti che lamentano l'invio di bollette incongrue, dagli importi esagerati imputati a sostanziosi conguagli, da parte delle società venditrici di energia;
    secondo le associazioni dei consumatori sarebbero state commesse gravi violazioni del codice del consumo nella fatturazione di tali bollette a causa di conteggi errati, con l'addebito di consumi stimati, ma non effettivi, e di errori di valutazione e verifica, determinati da sistemi di calcolo imprecisi e poco trasparenti;
    a fronte del gran numero di reclami ricevuti, il 13 luglio 2015 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha annunciato di aver avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società Acea Energia, Edison Energia, Enel Energia, Enel Servizio Elettrico ed Eni, con l'obiettivo di accertare eventuali violazioni in merito a specifiche condotte degli operatori: la fatturazione basata su consumi presunti; la mancata considerazione delle autoletture; la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali; la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco; il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori;
    sul tema della fatturazione dei consumi, la normativa comunitaria (direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE, 2012/27/CE) assegna primaria importanza all'accesso ai dati di consumo oggettivi e trasparenti e alla relativa consapevolezza dei clienti finali, i quali hanno il diritto di essere adeguatamente informati sul livello di consumo effettivo di energia elettrica e gas;
    è da tempo in corso in Italia un'ampia riflessione sui meccanismi a tutela dei consumatori finali di energia: con il decreto legislativo n. 102 del 2014 in materia di efficienza energetica sono state emanate disposizioni riguardanti la trasparenza e la fatturazione dei consumi effettivi; l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha introdotto con recenti delibere alcuni strumenti informativi a vantaggio dei consumatori e le proposte emendative finora approvate nel corso dell'esame alla Camera presso le Commissioni in sede referente del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza denotano una prioritaria attenzione al consumatore domestico;
    l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, inoltre, consapevole delle diverse problematiche ancora esistenti in materia di fatturazione e dopo aver condotto un'indagine conoscitiva da cui è emerso che le bollette basate su consumi effettivi rappresentano il 75 per cento nel settore elettrico (pur se il 98 per cento dei clienti è in possesso di un contatore elettronico telegestito), ma soltanto l'8,5 per cento nel gas (per il quale è recente l'utilizzo dei contatori telegestiti), ha presentato diverse proposte attraverso un nuovo documento «Fatturazione nel mercato retail» 405/2015/R/COM, disponibile per la consultazione pubblica sul sito dell'Autorità fino al 30 settembre 2015;
    le proposte dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico riguardano tutti i piccoli clienti, sia in tutela sia nel mercato libero, e sono volte ad incrementare la consapevolezza dei propri consumi e la certezza di tempi e modalità di rilevazione, in particolare attraverso:
     a) l'aumento della periodicità della fatturazione, con una frequenza coerente con il periodo dei consumi, pena il pagamento di un indennizzo automatico a favore del cliente;
     b) un obbligo minimo di rilevazione quadrimestrale dei dati che renderà più veritiere le letture in caso di contatori elettrici non telegestiti;
     c) il divieto di invio di fatture miste (che includono consumi effettivi e stimati) a oltre il 40 per cento dei clienti serviti dal venditore, così come il divieto di emettere questo tipo di fattura per i clienti che hanno scelto la fatturazione mensile;
     d) la garanzia, in mancanza di dati riguardanti i consumi effettivi o in situazioni di cambio fornitore, che il cliente possa effettuare l'autolettura, con uno o più canali e tempi utili per comunicarla;
     e) una migliore regolamentazione delle fatture di chiusura di rapporti contrattuali (cambio fornitore, voltura o disattivazione) delle utenze luce o gas, anche prevedendo indennizzi automatici a favore del cliente in caso di ritardi;
    per garantire la tutela dei consumatori, il sistema sanzionatorio, la cui competenza è in capo all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, è stato recentemente rafforzato con la legge 29 luglio 2015, n. 115 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014», che ha aumentato il livello massimo applicabile fino al 10 per cento del fatturato dell'impresa, eliminando quindi il preesistente tetto al valore assoluto della sanzione stessa;
    è necessario proseguire nell'azione a difesa dei consumatori, nell'ambito delle modifiche che si stanno delineando al quadro normativo e regolatorio di riferimento per i clienti domestici,

impegna il Governo:

   a favorire, per quanto di competenza, nel caso in cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ravvisasse comportamenti illegittimi da parte dei gestori dei servizi, che venga assicurato il diritto degli utenti a non effettuare il pagamento per conguagli considerati errati ovvero a ricevere tempestivamente il rimborso delle somme eventualmente già versate ma non dovute;
   a promuovere l'emanazione di più congrue modalità e tempistiche di fatturazione e conguaglio, anche tenendo conto delle innovazioni tecnologiche (contatori e reti intelligenti, elettrotecnologie, domotica), che siano volte a ridurre, a vantaggio del cliente finale, i casi di fatture con consumi sottostimati cui facciano seguito conguagli di importo elevato, così come i casi di fatture con consumi sovrastimati rispetto ai consumi effettivi e, prospetticamente, l'entità dei conguagli e il numero dei reclami presentati;
   a garantire un capillare monitoraggio dei mercati retail del gas e dell'energia elettrica verso la piena liberalizzazione, da cui discenda una gestione efficiente ed efficace dei processi commerciali che coinvolgono il venditore e il cliente finale e, successivamente, dei flussi informativi inerenti ai dati di misura;
   ad assumere ogni iniziativa utile alla rapida diffusione di parametri finalizzati all'individuazione delle anomalie negli importi delle fatture e le modalità e procedure per la corretta gestione delle stesse, al fine di aumentare il grado di trasparenza dei mercati coinvolti e rafforzare i meccanismi a tutela dei consumatori;
   a prevedere iniziative normative, coordinate con i procedimenti in corso sia in sede governativa, sia in sede parlamentare, al fine di assicurare maggiore certezza dei tempi entro i quali un utente-consumatore può essere chiamato a sostenere spese per conguagli concernenti consumi precedenti la data di fatturazione.
(1-00996) «Benamati, Becattini, Martella, Arlotti, Bargero, Cani, Camani, Donati, Folino, Ginefra, Impegno, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


DISEGNO DI LEGGE: S. 1167 – DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DEL CODICE DELLA NAUTICA DA DIPORTO (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2722)

A.C. 2722 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 2722 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 2722 – Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per gli affari europei, dell'economia e delle finanze, della salute, per la semplificazione e la pubblica amministrazione, della giustizia, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dello sviluppo economico e dei beni e delle attività culturali e del turismo, uno o più decreti legislativi di revisione ed integrazione del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell'articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172, e per la disciplina delle seguenti materie:
   a) regime amministrativo e navigazione delle unità da diporto, ivi comprese le navi di cui all'articolo 3 della legge 8 luglio 2003, n. 172;
   b) attività di controllo in materia di sicurezza della navigazione da diporto e di prevenzione degli incidenti in prossimità della costa con l'obiettivo della salvaguardia della vita umana in mare e nelle acque interne, anche in relazione alle attività che si svolgono nelle medesime acque, con particolare riferimento all'attività subacquea;
   c) revisione della disciplina sanzionatoria in relazione alla gravità e al pregiudizio arrecato alla tutela degli interessi pubblici nonché alla natura del pericolo derivante da condotte illecite al fine di garantire comunque l'effettività degli istituti sanzionatori;
   d) aggiornamento dei requisiti psicofisici necessari per il conseguimento della patente nautica;
   e) procedure per l'approvazione e l'installazione di sistemi di alimentazione con gas di petrolio liquefatto (GPL), metano ed elettrici, su unità da diporto e relativi motori di propulsione, di nuova costruzione o già immessi sul mercato.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati in conformità con i criteri di semplificazione delle procedure, tali da consentire la revisione del codice della nautica da diporto, mantenendone fermi l'assetto e il riparto delle competenze nonché al fine di migliorare le condizioni di effettiva concorrenzialità del settore nell'ambito della Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo (COM(2014)86), nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) coordinamento e armonizzazione della normativa in materia di nautica da diporto e di iscrizione delle unità da diporto, coniugando la semplificazione degli adempimenti formali posti a carico dell'utenza e delle procedure amministrative e di controllo;
   b) semplificazione del regime amministrativo e degli adempimenti relativi alla navigazione da diporto, anche ai fini commerciali;
   c) revisione, secondo criteri di semplificazione, della disciplina in materia di navigazione temporanea di imbarcazioni e navi da diporto non abilitate e non munite dei prescritti documenti ovvero abilitate e provviste di documenti di bordo ma affidate in conto vendita o in riparazione e assistenza ai cantieri navali;
   d) semplificazione della procedura amministrativa per la dismissione di bandiera;
   e) regolamentazione dell'attività di locazione dei natanti, secondo criteri di semplificazione nel rispetto dei requisiti generali di sicurezza anche ai fini della salvaguardia delle persone trasportate;
   f) previsione, nell'ambito delle strutture ricettive della nautica, di un numero congruo di accosti riservati alle unità in transito, con particolare attenzione ai posti di ormeggio per i portatori di handicap;
   g) regolamentazione puntuale, allo scopo di tutelare l'ecosistema e di vietare l'ancoraggio al fondale nelle aree marine protette all'interno del campo boa, dei campi di ormeggio attrezzati, anche con l'impiego di tecnologie informatiche e telematiche, nelle zone di riserva generale (zone B) o di riserva parziale (zone C), per le unità da diporto autorizzate alla navigazione, prevedendo una riserva di ormeggi alle imbarcazioni a vela;
   h) destinazione d'uso per la nautica minore delle strutture demaniali, pontili, arenili e piazzali, che presentino caratteristiche particolarmente idonee per essere utilizzati quali ricovero a secco (dry storage) di piccole imbarcazioni, garantendo comunque la fruizione pubblica delle medesime aree;
   i) revisione della disciplina della mediazione nei contratti di costruzione, di compravendita, di locazione, di noleggio di navi e nei contratti di trasporto marittimo al fine di adattarla alle specifiche esigenze e caratteristiche del settore della nautica da diporto;
   l) rivalutazione e semplificazione dei requisiti psicofisici, con particolare riferimento a quelli visivi e uditivi, per il conseguimento e il rinnovo delle patenti nautiche e revisione delle procedure di accertamento e certificazione degli stessi;
   m) introduzione di una normativa semplificata della mediazione nel diporto;
   n) revisione dei titoli professionali del diporto in relazione all'introduzione di un titolo semplificato per lo svolgimento dei servizi di coperta per unità da diporto;
   o) previsione di criteri di razionalizzazione ed economia delle risorse istituzionali destinate all'attività di controllo in materia di sicurezza della navigazione e previsione, in tale ottica, del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera quale autorità alla quale competono in via esclusiva la pianificazione ed il coordinamento dei controlli, tenuto conto delle vigenti attribuzioni istituzionali in tale settore;
   p) pieno adeguamento del decreto legislativo 24 marzo 2011, n. 53, alla direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, in materia di attività di controllo da parte dello Stato di approdo, con particolare riguardo al corretto recepimento della definizione di «interfaccia nave/porto» e all'ambito di applicazione della normativa riguardante le imbarcazioni da diporto che si dedicano ad operazioni commerciali rispetto agli obiettivi fissati dalla direttiva;
   q) revisione della disciplina in materia di sicurezza delle unità e delle dotazioni anche alla luce dell'adeguamento all'innovazione tecnologica;
   r) equiparazione, a tutti gli effetti, alle strutture ricettive all'aria aperta, delle strutture organizzate per la sosta ed il pernottamento di turisti all'interno delle proprie imbarcazioni ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, secondo i requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   s) eventuale inserimento della cultura del mare e dell'insegnamento dell'educazione marinara nei piani formativi scolastici, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della normativa vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche attraverso l'attivazione di specifici corsi e l'istituzione della giornata del mare nelle scuole;
   t) istituzione della figura professionale dell'istruttore di vela nel rispetto dei princìpi generali della sicurezza nautica e della salvaguardia della vita umana in mare, fatte salve le prerogative costituzionali delle regioni, prevedendo:
    1) l'istituzione di un elenco nazionale, aggiornato, degli istruttori professionali, consultabile nel sito istituzionale della Federazione italiana vela (FIV) e della Lega navale italiana (LNI) e nei siti dei comuni nel cui territorio sono presenti centri velici. Gli oneri derivanti dall'istituzione e dalla tenuta dell'elenco nazionale di cui al precedente periodo sono posti a carico degli iscritti;
    2) che gli istruttori di vela siano in possesso del brevetto della FIV, della Marina militare attraverso le proprie competenti articolazioni o della LNI, rilasciato nel rispetto del Sistema Nazionale di Qualifiche (SNaQ) dei tecnici sportivi del CONI e del Quadro europeo delle qualifiche – European Qualification Framework (EQF) dell'Unione europea;
   u) razionalizzazione delle attività di controllo delle unità da diporto attraverso metodologie di verifiche atte ad evitare forme di accertamenti ripetuti a carico delle stesse unità in ambiti temporali limitati nel rispetto della sicurezza nautica;
   v) revisione della disciplina sanzionatoria, aumentando l'entità delle sanzioni vigenti di un terzo, sia nel minimo che nel massimo edittale, relativamente alle violazioni, commesse mediante l'utilizzo di un'unità da diporto, concernenti l'inosservanza di una disposizione di legge o di regolamento o di un provvedimento legalmente emanato dall'autorità competente in materia di uso del demanio marittimo, del mare territoriale e delle acque interne, ivi compresi i porti, ovvero l'inosservanza di una disposizione di legge o di un regolamento in materia di sicurezza della navigazione e prevedendo altresì l'inasprimento delle sanzioni relative all'inosservanza dei limiti di velocità, anche da parte delle imbarcazioni commerciali, negli specchi d'acqua portuali, nei pressi di campi boa, di spiagge e di lidi, nel passaggio vicino ad imbarcazioni alla fonda e nella navigazione all'interno degli specchi acquei riservati alla balneazione;
   z) nell'ambito della revisione della disciplina sanzionatoria di cui alla lettera v), previsione di sanzioni più severe a carico di coloro che conducono unità da diporto in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, nonché nei confronti di coloro che utilizzando unità da diporto causano danni ambientali, ovvero determinano una situazione di grave rischio per la salvaguardia dell'ambiente e dell'ecosistema marino, attraverso misure che, a seconda della gravità della violazione, vadano dal ritiro della patente al sequestro dell'unità da diporto;
   aa) semplificazione dei procedimenti per l'applicazione e il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie al fine di garantire l'efficacia del sistema sanzionatorio, in particolare prevedendo la graduazione delle sanzioni in funzione della gravità delle fattispecie, della frequenza e dell'effettiva pericolosità del comportamento, con l'introduzione anche di misure riduttive dell'entità delle sanzioni in caso di assolvimento dell'obbligo del pagamento in tempi ristretti, nonché l'ampliamento delle fattispecie incidenti nella materia della sicurezza nautica per le quali è prevista la sospensione e la revoca delle patenti nautiche;
   bb) adeguamento alla direttiva 2013/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013;
   cc) abrogazione espressa delle norme incompatibili.

  3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
  4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. I pareri sono resi entro venti giorni dalla data di trasmissione e indicano specificamente le eventuali disposizioni ritenute non conformi ai princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo. Il Governo, esaminati i pareri, ritrasmette alle Camere, con le sue osservazioni e con le eventuali modificazioni, il testo per il parere definitivo delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro venti giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere emanati.
  5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dal comma 2 e con le modalità di cui al presente articolo, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi medesimi.
  6. Con uno o più decreti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri interessati, modifica la disciplina prevista dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 luglio 2008, n. 146, al fine di assicurare piena compatibilità con le innovazioni introdotte nell'esercizio della delega di cui alla presente legge.
  7. Dai decreti legislativi di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri o diminuzioni di entrate a carico della finanza pubblica ed essi non devono comportare aggravio di spese per i cittadini. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: ventiquattro mesi con le seguenti: dodici mesi.
1. 1. Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara.

  Al comma 1, alinea, dopo le parole: della legge 8 luglio 2003, n. 172 aggiungere le seguenti: nonché di revisione ed integrazione del decreto legislativo 24 marzo 2011, n. 53 recante attuazione della direttiva 2009/16/CE recante le norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri.
1. 2. Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara.

  Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
   e-bis) revisione della disciplina concernente il regime fiscale delle accise utilizzate per la navigazione, al fine di prevedere l'esenzione dall'accisa per le unità di trasporto commerciale di passeggeri impiegate nella navigazione fluviomarittima, lagunare e interna nonché per le imbarcazioni riservate alla pesca nelle acque interne.
1. 6. Caparini, Grimoldi, Busin, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera d), dopo la parola: per aggiungere le seguenti: l'acquisizione e.
1. 4. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera e), dopo la parola: locazione aggiungere le seguenti: e noleggio.
1. 5. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera f), sostituire le parole da: congruo fino alla fine della lettera con le seguenti: di posti riservati al transito, con particolare attenzione ai posti di ormeggio per i portatori di handicap, regolamentati nelle concessioni demaniali che autorizzano la costruzione del porto, nella misura coerente con le esigenze turistiche delle rispettive regioni.
1. 7. Oliaro.

  Al comma 2, lettera f), aggiungere, in fine, le parole: nei porti ad elevata affluenza turistica nei mesi estivi.
1. 9. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera g), aggiungere, in fine, le parole:, nonché regolamentazione della possibilità per i Comuni, previo parere delle locali Capitanerie di porto, di istituire nei tratti di costa sottoposti ad eccessiva pressione turistica ed antropica, che non siano ricompresi nelle aree marine protette, campi di ormeggio sulla base di linee guida predisposte entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
1. 11. Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Spessotto, Mannino.

  Al comma 2 dopo la lettera h), aggiungere le seguenti:
   h-bis) regolamentazione dei natanti a propulsione umana con distinzione tra imbarcazioni da spiaggia (materassini pneumatici, pedalò, pattini o simili) e imbarcazioni a pagaia (kayak, canoe, surfski e natanti analoghi);
   h-ter) regolamentazione delle norme di comportamento e delle caratteristiche richieste alle imbarcazioni a pagaia per la navigazione oltre un miglio dalla costa, con particolare riguardo alla stabilità, sicurezza, galleggiabilità strutturale, ancoraggio e ormeggio, visibilità e segnaletica dei natanti.
1. 14. Oliaro.

  Al comma 2, sopprimere la lettera i).
1. 15. Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Spessotto, Mannino.

  Al comma 2, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:
   l-bis) revisione dei requisiti anagrafici per il comando e la condotta delle unità da diporto senza obbligo di patente, di cui all'articolo 39, comma 3 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, prevedendo il compimento dei diciotto anni per la conduzione dei natanti a propulsione meccanica e il compimento dei sedici anni per la conduzione dei natanti ad esclusiva propulsione a vela, con superficie velica superiore a quattro metri quadrati, ad eccezione per le fattispecie previste dal comma 4 del medesimo articolo, purché la responsabilità ricada sulle scuole o sugli istruttori federali in possesso della patente nautica.
1. 16. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, sopprimere la lettera m).
1. 17. Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Spessotto, Mannino.

  Al comma 2, lettera n), dopo la parola: revisione aggiungere le seguenti: e semplificazione.
1. 18. Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera n), aggiungere in fine, le parole: ed eliminazione della previsione obbligatoria dei due anni di navigazione su imbarcazioni ad uso commerciale per il conseguimento del titolo di ufficiale del diporto.
1. 19. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera n), aggiungere, in fine, le parole: ed equiparazione dei titoli professionali agli standard MCA riconosciuti a livello mondiale.
1. 20. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera o), sopprimere le parole: ed economia.
1. 21. Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Spessotto, Mannino.

  Al comma 2, lettera t), numero 1), sostituire le parole: a carico degli iscritti con le seguenti:, in proporzione al numero degli iscritti, a carico della Federazione italiana vela e della Lega navale italiana o a carico degli iscritti stessi.
1. 22. Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Spessotto, Mannino.

  Al comma 2, dopo la lettera u), aggiungere la seguente:
   u-bis) riassetto della disciplina in materia di utilizzo del demanio marittimo, nel rispetto del riparto di competenze Stato-Regioni di cui all'articolo 117 della Costituzione, alla luce del riordino della relativa legislazione operata secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 11, comma 2, della legge 15 dicembre 2011, n. 217, prevedendo altresì che i canoni demaniali previsti per le strutture portuali dai commi 251 e 252 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, trovino applicazione per quelle strutture nelle quali le opere realizzate dal concessionario siano già divenute di proprietà statale, confermando l'applicabilità di canoni di cui al decreto ministeriale 30 luglio 1998, n. 343, alle fattispecie nelle quali il concessionario abbia realizzato le opere e queste non siano ancora divenute di proprietà statale, salvaguardando la fruibilità dei litorali da parte delle comunità territoriali e la loro valorizzazione ai fini del rilancio dell'offerta turistica.
1. 24. Oliaro.

  Al comma 2, lettera z), dopo le parole: conducono unità da riporto aggiungere le seguenti:, specie se a fini commerciali,.
1. 26. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Al comma 2, lettera z), sostituire le parole: ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti con le seguenti: alterazione psico-fisica causata dall'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
1. 25. Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara.

  Al comma 2, lettera aa), sopprimere le parole: con l'introduzione anche di misure riduttive dell'entità delle sanzioni in caso di assolvimento dell'obbligo del pagamento in tempi ristretti,.
1. 27. Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Spessotto, Mannino.

  Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
  6-bis. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato ad aggiornare, con proprio decreto di natura non regolamentare, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge di concerto con il Ministro della salute, i requisiti visivi necessari per il conseguimento della patente nautica, specificando che in caso di visione binoculare, l'interessato deve possedere un'acutezza visiva pari ad almeno quattordici decimi complessivi con non meno di cinque decimi nell'occhio che vede di meno, raggiungibile con lenti sferiche positive o negative di qualsiasi valore diottrico, purché la differenza tra le due lenti non sia superiore a tre diottrie, e l'acutezza visiva non corretta sia almeno pari ad un decimo per ciascun occhio. I soggetti monocoli, funzionali o anatomici, devono possedere un visus non inferiore a 8/10, raggiungibile con correzione di lenti di qualsiasi valore diottrico o con lenti a contatto, se ben tollerate. In caso di necessità di correzione ottica, gli occhiali utilizzati devono essere dotati di idonei dispositivi utili ad evitarne la perdita accidentale anche in situazioni di emergenza od avere con sé un secondo paio di «rispetto» anche in caso di utilizzo di lenti a contatto.
1. 28. Caparini, Fedriga, Attaguile.

  Dopo il comma 6, aggiungere i seguenti:
  6-bis. Al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 luglio 2008, n. 146, il paragrafo 3, dell'Allegato I, è sostituito dal seguente:

Paragrafo 3.
(Requisiti visivi e uditivi).

  A). Per il conseguimento o la convalida delle patenti nautiche l'interessato deve possedere un campo visivo normale, una sensibilità cromatica sufficiente a distinguere rapidamente e con sicurezza i colori fondamentali (rosso, verde, blu), un'acuità visiva crepuscolare di almeno 1/10. Per i soggetti ultra sessantenni, o diabetici, o affetti da glaucoma o neurootticopatie o cheratopatie o malattie degenerative corio-retiniche, deve essere accertata la sensibilità al contrasto spaziale, che almeno in un occhio deve essere tale da raggiungere una soglia di contrasto del 6 per cento.
  In caso di visione binoculare, l'interessato deve possedere un'acutezza visiva complessiva non inferiore a 10/10, con visus nell'occhio peggiore non inferiore a 4/10, raggiungibile anche con correzione con lenti a contatto di qualsiasi valore diottrico o con correzione di occhiali purché, in caso di visus corretto per vizio miopico da un occhio e ipermetropico dall'altro, la differenza di rifrazione in equivalente sferico tra le due lenti negativa e positiva non sia superiore a tre diottrie.
  B). I soggetti monocoli, funzionali o anatomici, devono possedere un visus non inferiore a 8/10, raggiungibile con correzione di lenti di qualsiasi valore diottrico o con lenti a contatto, se ben tollerate.
  In caso di necessità di correzione ottica, gli occhiali utilizzati devono essere dotati di idonei dispositivi utili ad evitarne la perdita accidentale anche in situazioni di emergenza. In caso di uso di lenti a contatto, devono inoltre essere utilizzati occhiali di protezione con lenti neutre.
  C). Il visus raggiunto dopo l'impianto di lenti artificiali endooculari, fachiche o pseudofachiche, deve essere considerato in sede di visita come visus naturale; la validità della patente non può eccedere i cinque anni.
  D). Le patenti nautiche non sono rilasciate né convalidate se l'interessato possiede un campo visivo ridotto, o se è colpito da diplopia o da scotoma centrale e paracentrale, ad esclusione dello scotoma fisiologico.
  E). In caso di trapianto corneale la validità della patente non può eccedere i 5 anni.
  F). Qualora sia accertata l'esistenza di una malattia sistemica evolutiva od oculare evolutiva, in grado di aggravare o indurre danni funzionali dell'apparato visivo, la commissione medica locale, avvalendosi del parere di un medico specialista in oculistica, può limitare la validità della patente a due anni.
  G). Per il conseguimento o la convalida delle patenti nautiche occorre percepire, anche con l'ausilio di apparecchi correttivi, la voce di conversazione con fonemi combinati a non meno di otto metri di distanza complessivamente, e a non meno di due metri dall'orecchio che sente di meno.
  H). Per il conseguimento o la convalida delle patenti nautiche sono richiesti tempi di reazione a stimoli semplici e complessi, luminosi e acustici, sufficientemente rapidi per poter essere classificati almeno nel IV decile della scala decilica.

  6-ter. Coloro ai quali, dall'entrata in vigore del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 luglio 2008, n. 146, sia stata revocata la patente nautica esclusivamente per difetto del requisiti visivi, possono chiedere entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge agli Uffici competenti la revisione del provvedimento di revoca. Il possesso dei requisiti, di cui agli articoli 35, 36 e 37 del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 luglio 2008, n. 146, dovrà essere nuovamente comprovato secondo le norme vigenti.
1. 29. Caparini, Fedriga, Attaguile.
(Inammissibile)

A.C. 2722 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    è oggettiva la necessità di riformare il codice della nautica da diporto e rinvigorire un settore fortemente debilitato dalla difficile congiuntura economica e dalla mancanza di politiche serie;
    suddetto intervento normativo persegue numerosi obiettivi tra i quali il rafforzamento dell'offerta portuale e dell'attrattività del settore anche attraverso l'adozione di misure volte a favorire una semplificazione delle procedure amministrative e degli adempimenti burocratici relativi alla navigazione da diporto;
    tra le procedure amministrative interessate dalla lettera b) del comma 2, rientrano le procedure di iscrizione delle unità da diporto, nonché le norme in materia di abilitazione alla navigazione e le norme in materia di persone trasportabili e di equipaggio,

impegna il Governo

nelle more della revisione del codice della nautica da diporto, a perseguire il rinnovamento dei processi amministrativi anche attraverso una digitalizzazione dei medesimi servizi.
9/2722/1Liuzzi, Carinelli, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Spessotto, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    è oggettiva la necessità di riformare il codice della nautica da diporto e rinvigorire un settore fortemente debilitato dalla difficile congiuntura economica e dalla mancanza di politiche serie;
    suddetto intervento normativo persegue numerosi obiettivi tra i quali il rafforzamento dell'offerta portuale e dell'attrattività del settore anche attraverso l'implementazione all'interno delle strutture ricettive della nautica del numero di approdi riservati alle unità in transito;
    l'intervento di revisione del codice della nautica da diporto non deve prescindere da una seria politica di tutela dell'ambiente, limitando al massimo gli impatti ambientali derivanti dalle nuove previsioni normative;
    l'implementazione del numero degli accosti potrebbe comportare delle ricadute in termini di impatto ambientale,

impegna il Governo

nelle more dell'implementazione degli accosti riservati alle unità in transito all'interno delle strutture ricettive della nautica a rispettare la vigente normativa statale in materia di tutela di beni ambientali e naturali, i regolamenti di fruizione delle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, nonché le altre vigenti disposizioni in materia di gestione e disciplina delle aree protette.
9/2722/2Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, De Lorenzis, Spessotto, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    è oggettiva la necessità di riformare il codice della nautica da diporto e rinvigorire un settore fortemente debilitato dalla difficile congiuntura economica e dalla mancanza di politiche serie;
    suddetto intervento normativo persegue numerosi obiettivi tra i quali il rafforzamento dell'offerta portuale e dell'attrattività del settore anche attraverso l'implementazione all'interno delle strutture ricettive della nautica del numero di approdi riservati alle unità in transito;
    l'intervento di revisione del codice della nautica da diporto non deve prescindere da una seria politica di tutela dell'ambiente, limitando al massimo gli impatti ambientali derivanti dalle nuove revisioni normative,

impegna il Governo

a rendere obbligatoria nei porti e negli approdi turistici destinati a servire la nautica da diporto la messa in opera e il regolare funzionamento di sistemi di raccolta di acque nere e di acque di sentina.
9/2722/3Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    è oggettiva la necessità di riformare il codice della nautica da diporto e rinvigorire un settore fortemente debilitato dalla difficile congiuntura economica e dalla mancanza di politiche serie;
    l'intervento di revisione di suddetto codice non deve prescindere da una seria politica di tutela dell'ambiente, limitando al massimo gli impatti ambientali derivanti dalle nuove previsioni normative;
    la lettera g), comma 2, del provvedimento in esame delega il Governo a regolamentare puntualmente i campi di ormeggio attrezzati nelle zone di riserva generale, zone B o di riserva parziale, zone C, prevedendo una riserva di ormeggi alle imbarcazioni a vela;
    soprattutto nelle zone di cui al periodo precedente occorre salvaguardare l'ecosistema e quindi ridurre al minimo l'impatto ambientale dovuto al transito e all'ormeggio delle imbarcazioni,

impegna il Governo

nel disciplinare gli approdi nelle aree marine di cui in parola, a prevedere che una parte dei proventi ricavati dagli enti gestori dei medesimi campi venga destinata ad interventi che incrementino la protezione ambientale dell'area marina, con particolare riguardo ai servizi di pulizia e raccolta differenziata dei rifiuti nonché ai servizi di sorveglianza e prevenzione contro gli sversamenti e l'abbandono di rifiuti in mare.
9/2722/4Dell'Orco, Carinelli, Liuzzi, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Spessotto, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    è oggettiva la necessità di riformare il codice della nautica da diporto e rinvigorire un settore fortemente debilitato dalla difficile congiuntura economica e dalla mancanza di politiche serie;
    suddetto intervento normativo persegue numerosi obiettivi tra i quali il rafforzamento dell'offerta portuale e dell'attrattività del settore anche attraverso una razionalizzazione delle attività di controllo delle unità da diporto;
    la razionalizzazione di cui sopra, se da un lato genererà un risparmio di spesa a carico degli enti preposti, dall'altro, rischia di indebolire le attività di controllo e prevenzione finalizzate sia alla tutela del cittadino in mare, sia alla repressione e al sanzionamelo di comportamenti illeciti,

impegna il Governo

nelle more di questa operazione di razionalizzazione, ad adottare misure volte al rafforzamento dell'efficacia delle attività di controllo delle unità da diporto anche attraverso la previsione di strumenti di raccordo e di collegamento tra le autorità alle quali competono tali attività, finalizzati ad un più immediato coordinamento delle verifiche, nel rispetto della sicurezza nautica.
9/2722/5Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Spessotto, Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della nautica da diporto risulta particolarmente rilevante per l'economia italiana. Secondo i dati contenuti nell'ultimo Rapporto sull'economia del mare del Censis, il contributo al PIL del turismo nautico si aggira sui 5 miliardi di euro;
    la crisi del 2011-2012 ha comportato la perdita di 18.000 posti di lavoro nella produzione e 20.000 nell'indotto turistico;
    il compendio statistico «Il diporto nautico in Italia – Anno 2013», redatto dall'ufficio statistico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, evidenzia che al 31 dicembre 2013 risultano iscritte in Italia 103.493 unità, a fronte delle 104.738 unità rilevate al 31 dicembre 2012; quasi il 40,9 per cento delle unità appartiene alla classe fino a 10 metri (quelli che il codice definisce natanti da diporto); il 58,8 per cento appartiene alla classe compresa tra i 10 e i 24 metri (quelli che il codice definisce imbarcazioni da diporto) e solo lo 0,3 per cento è oltre i 24 metri (quelli che il codice definisce nave da diporto);
    sempre al 31 dicembre 2013 i posti barca destinati al diporto nautico risultano essere 147.804 posti barca;
    nella serie storica si nota un aumento graduale e costante tra il 2008 e il 2011 sia delle unità da diporto sia dei posti barca, mentre nel 2012 si è rilevata una diminuzione di entrambi i dati confermata nel 2013;
    la medesima ricerca evidenzia uno squilibrio infrastrutturale tra Nord e Sud: il rapporto tra il numero dei posti barca ed i chilometri di costa registra il suo valore minimo (11,1) nell'Italia meridionale; al Centro è 29 e nel Nord è 68,1;
    l'indice di affollamento (rapporto percentuale tra unità da diporto e posti barca censiti) registra una media nazionale di 70; nell'Italia meridionale ed insulare tale valore è nettamente inferiore (47,1), anche se in questa area la regione Campania risulta in controtendenza con un indice di affollamento di 128 (le regioni con indice di affollamento più alto sono Lazio, Emilia-Romagna e Campania);
    il settore della nautica da diporto è attualmente anche oggetto di interesse da parte dell'Unione europea, nell'ambito della strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo contenuta nella Comunicazione della Commissione europea COM(2014)86, presentata il 20 febbraio 2014;
    il turismo costiero comprende il turismo e le attività ricreative balneari (nuoto, tavola a vela, ecc.) e le altre attività ricreative che caratterizzano la fascia costiera (acquari, ecc.);
    il turismo marittimo comprende le attività in acqua (navigazione da diporto, crociere, sport nautici), con le collegate strutture di terra (noleggio di natanti e imbarcazioni, produzione di attrezzature nautiche, servizi);
    il turismo costiero e marittimo – nelle sue componenti di turismo balneare, nautico e croceristico e di navigazione da diporto – è un motore economico fondamentale per molte regioni costiere e isole europee: occupa quasi 3,2 milioni di persone, genera complessivamente un valore aggiunto lordo di 183 miliardi di euro nell'economia dell'Unione europea e conta per oltre un terzo nel prodotto lordo dell'economia marittima;
    anche nell'ambito della strategia «Crescita blu» dell'Unione europea, il settore del turismo costiero e marittimo è stato identificato come un comparto con particolari potenzialità per promuovere un'Europa intelligente, sostenibile e inclusiva. Nel 2012 il solo turismo croceristico ha generato un fatturato diretto di 15,5 miliardi di euro e ha dato occupazione a 330.000 persone. I passeggeri nei porti europei sono stati 29,3 milioni. Nell'ultimo decennio la domanda di crociere è grossomodo raddoppiata a livello mondiale e in Europa il settore croceristico ha registrato una crescita annua di oltre il 10 per cento. Nel 2012 il settore della nautica (cantieristica, produzione di attrezzature navali e per gli sport acquatici, commerci e servizi quali il noleggio di natanti e imbarcazioni) contava in Europa oltre 32.000 imprese (dati della Commissione per UE, Croazia esclusa, Spazio economico europeo e Svizzera), per un'occupazione diretta di 280.000 persone;
    l'Unione europea ha, inoltre, recentemente approvato la direttiva 2013/53/UE relativa alle imbarcazioni da diporto e alle moto d'acqua,

impegna il Governo

a focalizzare l'attenzione, nell'ambito dell'esercizio di delega previsto dal provvedimento in esame, a rafforzare l'introduzione di disposizioni di carattere preventivo mirate ad un miglioramento della sicurezza della navigazione per contenere e ridurre il numero di incidenti in prossimità della costa, purtroppo sempre molto frequenti, con l'obiettivo della salvaguardia della vita umana in mare e nelle acque interne, nonché a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a prevedere la più ampia diffusione a livello territoriale di corsi di «cultura del mare», anche eventualmente in collaborazione con le associazioni locali impegnate nell'educazione ambientale e nella pesca sportiva.
9/2722/6Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di revisione ed integrazione del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell'articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172;
    tra le materie oggetto di riforma vi sono i requisiti necessari per il rilascio della patente nautica,

impegna il Governo

a verificare, in occasione della predisposizione dei decreti legislativi, la possibilità di prevedere che la patente nautica venga emessa nel formato tessera plastificato, al pari di quanto avviene per la patente di guida per i veicoli.
9/2722/7Nizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento reca una delega al Governo per il riordino del codice della nautica da diporto di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005;
    in particolare, l'articolo 1, comma 1, lettera t) reca un criterio di delega con il quale si prevede l'istituzione della figura professionale dell'istruttore di vela nel rispetto dei principi generali della sicurezza nautica e della salvaguardia della vita umana in mare, prevedendo, tra l'altro, che gli istruttori di vela siano in possesso del brevetto della FIV, della Marina militare attraverso le proprie competenti articolazioni o della LNi, rilasciato nel rispetto del Sistema Nazionale di Qualifiche (SNaQ) dei tecnici sportivi del CONI e del Quadro europeo delle qualifiche – European Qualification Framework (EQF) dell'Unione europea;
    appare opportuno estendere la platea di coloro che possono rilasciare il brevetto per istruttore di vela anche ad altri soggetti, e, in particolare, agli enti di promozione sportiva riconosciuti da CONI, prevedendo in ogni caso il rispetto del sistema nazionale di qualifiche del Coni e del quadro europeo delle qualifiche previsto dall'Unione europea,

impegna il Governo

ad assicurare che, in sede di attuazione del criterio di delega di cui alla lettera t) del comma 2, la facoltà di rilasciare il brevetto per istruttore di vela, disciplinata dal numero 2) della medesima lettera, sia attribuita anche ad altri soggetti oltre a quelli già previsti, e, in particolare, agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, a condizione che, come richiesto dal criterio di delega, tali soggetti garantiscano che il rilascio del brevetto avvenga nel rispetto del Sistema Nazionale di Qualifiche (SNaQ) dei tecnici sportivi del CONI e del Quadro europeo delle qualifiche – European Qualification Framework (EQF) dell'Unione europea.
9/2722/8Fossati, Albini, Molea.


   La Camera,
   premesso che:
    il tema della sicurezza della navigazione e della vita umana in mare rappresenta uno degli elementi prioritari del provvedimento;
    l'evoluzione delle tecnologie nel ramo della tecnologia nella telefonia cellulare e satellitare potrebbe consentire di effettuare i soccorsi in modo efficace, tempestivo e sicuramente meno costoso, evitando ore di ricerca dei natanti e dei naviganti in difficoltà, potendo procedere all'immediata individuazione degli stessi con il GPS e al soccorso in tempi rapidi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre una norma che renda obbligatorio l'uso di transponder, senza costi di esercizio, che trasmettono un codice che ricevuto e decodificato, consente di conoscere: il tipo di mezzo; l'identificativo, il codice dell'eventuale iscrizione ai pubblici registri; la velocità; la direzione e la posizione GPS.
9/2722/9Marco Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della nautica da diporto risulta particolarmente rilevante per l'economia italiana. Secondo i dati contenuti nell'ultimo Rapporto sull'economia del mare del CENSIS, il contributo al PIL del turismo nautico si aggira sui 5 miliardi di euro;
    il compendio statistico del Diporto nautico in Italia – Anno 2013 redatto dall'Ufficio statistico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (settembre 2014) evidenzia che al 31 dicembre 2013 risultano iscritte in Italia 103.493 unità, a fronte delle 104.738 unità rilevate al 31 dicembre 2012, quasi il 41 per cento delle unità appartiene alla classe sino a 10 metri, il 58,8 per cento appartiene alla classe di lunghezza centrale e solo lo 0,3 per cento è oltre i 24 metri. Al 31 dicembre 2013 i posti barca destinati al diporto nautico risultano essere 147.804 unità;
    si evidenzia, inoltre, che i porti consumano decine di milioni di kwh ogni anno e proprio per questo motivo si sono stanziati fondi per attivare interventi mirati a ridurre drasticamente ventimila tonnellate annue di emissioni nocive;
    le Autorità Portuali di Genova, La Spezia e Venezia applicano, già dal 2011, le migliori tecnologie disponibili in campo energetico. In particolare sono stati attivati progetti per ridurre gli sprechi, incrementare la mobilità elettrica utilizzando fonti rinnovabili e predisporre nuove tecniche di illuminazione ad alta efficienza;
    a riguardo sarebbe utile attivare anche iniziative volte a trasferire energia elettrica dalle imbarcazioni alimentate a fonti rinnovabili a favore dei porti,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, per prevedere la possibilità di cessione energia elettrica da parte di imbarcazioni (fonti energetiche rinnovabili) alle strutture Portuali.
9/2722/10Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il rilascio e la registrazione delle patenti nautiche avviene in maniera cartacea;
    i dati sono tenuti, in modo parcellizzato, in volumi presso le varie Capitanerie di Porto e i vari Uffici Provinciali della Motorizzazione;
   considerato che:
    è impensabile, nel 2015, in un contesto di ICT ormai matura, la permanenza di una gestione e archiviazione manuale delle patenti nautiche stesse;
    la procedura manuale e cartacea ha dato luogo anche a malversazioni ai danni dei cittadini e dello Stato anche in termini di sicurezza,

impegna il Governo

a introdurre nelle disposizioni delegate, o nell'ambito del sistema telematico centrale della nautica da diporto di cui all'articolo 1, comma 217, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, l'istituzione – senza oneri a carico dello Stato – dell'anagrafe automatizzata delle patenti nautiche, da rilasciare informaticamente e in un nuovo formato.
9/2722/11Pagani, Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    la delega per la riforma del Codice della nautica da diporto contiene principi e criteri direttivi che consentono di rivedere profondamente la disciplina del settore;
    tra le materie da aggiornare appare necessario il tema della navigazione dei natanti, delle imbarcazioni e delle navi e conseguentemente il comando di dette unità;
    il conseguimento dei titoli di comando (patenti nautiche) richiede anche una formazione dedicata, specializzata, certificata e appropriata, in funzione della miglior sicurezza della navigazione e delle persone e per evitare il ripetersi di gravi incidenti in mare;
    occorre a tal fine riordinare profondamente e professionalizzare al meglio l'insegnamento e l'apprendimento per il conseguimento dei menzionati titoli;
   considerato che:
    l'attività di insegnamento è prevista dall'articolo 42 del decreto interministeriale 146/2008 (Regolamento di attuazione del Codice della nautica da diporto), con rinvio della regolamentazione ad appositi provvedimenti provinciali;
    le disposizioni provinciali si sono stratificate nel tempo con svariate difformità e «variegate» interpretazioni normative;
    quanto precede ha prodotto ovvie disparità, facili abusivismi e una sostanziale anarchia;
    è in avanzato stato il processo di superamento delle Province e quindi sta venendo meno anche il referente istituzionale cui i cittadini devono rivolgersi;
    allo stato non esiste, a livello nazionale, alcun criterio di qualificazione professionale dei docenti, bastando addirittura il solo possesso quinquennale di una patente nautica senza limiti,

impegna il Governo

a introdurre, in sede di attuazione della delega, una specifica disciplina delle scuole nautiche e delle relative figure professionali dell'insegnante e dell'istruttore validi per l'intero territorio nazionale.
9/2722/12Tullo, Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia risulta essere il quarto paese europeo, per numero di unità da diporto ma il numero di posti barca presenti nel nostro paese è molto inferiore rispetto a paesi come Francia. Spagna e Turchia, che hanno a disposizione un posto barca ogni due unità;
    la carenza di infrastrutture si associa a costi di concessione demaniale che si ripercuotono sugli ormeggi che risultano essere meno competitivi di paesi come Croazia e Turchia;
    il Mezzogiorno è un'area dalle enormi potenzialità attrattive per la nautica da diporto e la presenza di alcune eccellenze associate ad una capacità di utilizzare al meglio gli attrattori turistici può innescare un circuito virtuoso anche in questo settore;
    lotta all'abusivismo, convenienze fiscali e alleggerimento dei costi degli ormeggi possono essere in grado di attirare verso il Mezzogiorno un gran numero di diportisti;
    il numero di patenti nautiche ci dice che questo è un settore che ha ampi margini di crescita che può innescare circuiti virtuosi anche per altri comparti;
    troppo spesso si ritiene che la nautica da diporto sia un settore di lusso ed invece può essere alla portata di tutti soprattutto attraverso i «charter» che rappresentano una soluzione per molti che amano il mare senza doversi preoccupare dei costi di gestione di una imbarcazione;
    negli ultimi anni è cresciuta anche la portualità da diporto nelle regioni del sud spesso in luoghi dalla grande bellezza turistica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sperimentare nelle regioni del sud misure di diminuzione dei costi delle concessioni demaniali rendendo gli ormeggi maggiormente competitivi rispetto a quelli di Turchia e Croazia, sostenendo il settore turistico che nel 2015 proprio nel Mezzogiorno ha fatto registrare un incremento di presenze.
9/2722/13Burtone, Cuomo.


   La Camera,
   premesso che:
    la gran parte delle sanzioni comminate dalla Guardia Costiera nella stagione estiva 2014 sono state elevate ad unità nautiche a motore, le quali rappresentano l'85 per cento del parco nautico italiano che è costituito da circa 46.000 imbarcazioni (superiori ai 10 metri di lunghezza), di cui circa 16.000 a vela e 30.000 a motore, e da 350.000 natanti (inferiori ai 10 metri di lunghezza) per lo più a motore;
    l'articolo 39, comma 1, del Codice della nautica da diporto, prevede l'obbligo della patente nautica per unità da diporto di lunghezza non superiore a ventiquattro metri:
     a) per la navigazione oltre le sei miglia dalla costa o, comunque, su moto d'acqua;
     b) per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, se a bordo dell'unità è installato un motore avente determinate cilindrate, carburazione e potenza;
    l'articolo 39, comma 3, del Codice prevede per il comando e la condotta delle unità da diporto di lunghezza pari o inferiore a ventiquattro metri, che navigano entro sei miglia dalla costa e a bordo delle quali è installato un motore di potenza e cilindrata inferiori a quelle indicate alla lettera b) del comma 1, il possesso dei seguenti requisiti, senza obbligo di patente:
     a) aver compiuto diciotto anni di età, per le imbarcazioni;
     b) aver compiuto sedici anni di età, per i natanti;
     c) aver compiuto quattordici anni di età, per i natanti a vela con superficie velica superiore a quattro metri quadrati nonché per le unità a remi che navigano oltre un miglio dalla costa;
    gran parte dei natanti può essere condotta senza obbligo di patente se muniti di un motore di potenza inferiore a 40,8 cv, potenza che consente comunque di raggiungere velocità superiori ai 20 nodi;
    quasi sempre gli incidenti in mare, le infrazioni, le lesioni ai subacquei, le richieste di soccorso e navigazione in prossimità della costa sono causate dalla mancanza di quella cultura nautica necessaria per la conduzione di queste;
    il legislatore delegato deve rispettare tra principi e criteri direttivi quello dell'inserimento della cultura del mare e dell'insegnamento dell'educazione marinara nei piani formativi scolastici, nel rispetto dei principi costituzionali e della normativa vigente;
    è possibile condurre natanti già all'età di 16 anni;
    appare perciò opportuno, sia garantire un'adeguata formazione nautica presso le scuole sia istituire un patentino nautico, sulla falsa riga di quello per i ciclomotori,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre un patentino, sulla falsa riga di quello per la conduzione di ciclomotori e quadricicli leggeri, per coloro i quali, non essendo in possesso di patente nautica, conduce unità da diporto di lunghezza pari o inferiore a ventiquattro metri, che navigano entro sei miglia dalla costa e a bordo delle quali è installato un motore di potenza e cilindrata inferiori a quelle previste all'articolo 39, comma 1, lettera b), del Codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171.
9/2722/14Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento reca una delega al Governo per il riordino del codice della nautica da diporto di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005;
    l'articolo 27 del succitato decreto, al comma 3, lettera c), stabilisce i limiti di navigazione dei mezzi a propulsione umana, prevedendo per quelli cosiddetti «a pagaia» (jole, pattini, sandolini, mosconi, pedalò, tavole a vela e natanti a vela con superficie velica inferiore a 4 metri quadri) un limite massimo di distanza dalla costa pari a un miglio;
    a seguito di ordinanze emesse dalle autorità marittime del Corpo delle capitanerie di porto tali limiti sono stati in alcuni casi ulteriormente ristretti prevedendo una distanza massima dalla costa pari a 300 metri, determinando una situazione disomogenea all'interno del territorio nazionale e difforme rispetto a quanto previsto da Paesi costieri confinanti;
    il limite previsto dalla normativa vigente e ancor più i limiti più rigidi previsti dalle ordinanze delle autorità marittime appaiono eccessivamente restrittivi in relazione a taluni tipi di canoe e kayak che possiedono i requisiti di stabilità, galleggiabilità strutturale, ancoraggio, visibilità e segnaletica che consentono loro di navigare oltre i limiti attualmente previsti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in collaborazione con il Comando del corpo delle capitanerie di porto, limiti di navigazione più ampi per le imbarcazioni a propulsione umana cosiddette «a pagaia».
9/2722/15Mognato, Pierdomenico Martino.


   La Camera,
   premesso che:
    i natanti a propulsione umana possono esseri distinti in due classi: a) «imbarcazioni da spiaggia»: mezzo di svago o da bagno costituiti o da una o più camere d'aria collegate, ovvero costituiti da materiale plastico o in legno con scafi galleggianti privi di supporti e con propulsione a pedali o a remi (materassini pneumatici, pedalò, pattini o simili b) «imbarcazione a pagaia»: natante a propulsione umana mosso da una o più pagaie doppie o semplici (kayak, canoe e natanti analoghi);
    mentre le «imbarcazioni da spiaggia» e ogni altra imbarcazione di lunghezza inferiore a 2,5 metri devono navigare entro un miglio dalla costa, le «imbarcazioni a pagaia» possono navigare oltre un miglio dalla costa, qualora rispondano a determinare caratteristiche relative alla stabilità, sicurezza, galleggiabilità strutturale, ancoraggio e ormeggio, mezzi di salvataggio, visibilità e segnaletica dei natanti:
     la Federazione italiana Canoa-kayak in più occasioni ha evidenziato la sussistenza di limiti di navigazione, in particolare la distanza dalla costa, eccessivamente rigidi per specifici tipi di kayak e canoe e disallineati dalle altre nazioni, anche confinanti, e ha chiesto agli organi competenti di verificare i presupposti di fatto e di diritto onde consentire una maggiore libertà di navigazione;
     i limiti di navigazione per natanti da diporto sono disciplinati dall'articolo 27 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, che al comma 3 definisce le miglia entro le quali possono navigare i natanti senza marcatura CE;
     in particolare, il comma 3, lettera c), stabilisce che i natanti denominati jole, pattini, sandolini, mosconi, pedalò, tavole a vela e natanti a vela con superficie velica non superiore a 4 metri quadrati, nonché gli acquascooter o moto d'acqua e mezzi similari, possono navigare entro un miglio dalla costa. La navigazione e le modalità di utilizzo dei suddetti natanti sono disciplinate, in base al comma 5 del citato articolo 27, dalla competente autorità marittima e della navigazione interna;
     ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 27, i natanti provvisti di marcatura CE possono invece navigare nei limiti stabiliti dalla categoria di progettazione di appartenenza di cui all’allegato II del citato decreto legislativo n. 171 del 2005;
     con riferimento agli ulteriori limiti di navigazione inferiore ad un miglio, stabiliti dalle ordinanze emesse dalle autorità marittime del Corpo delle Capitanerie di Porto, tali uffici marittimi, ove ritenuto necessario, hanno la facoltà di disciplinare le attività che si esercitano nelle zone comprese nelle circoscrizioni di loro competenza (articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328 – Regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazione);
     da varie ordinanze si evince che per le canoe) e gli altri natanti «da spiaggia» è stata stabilita la possibilità di circolare anche entro i limiti delle fasce riservate alla balneazione (200 metri) in quanto ritenuti non pericolosi per i bagnanti. Per quanto concerne invece i limiti massimi di distanza dalla costa si è riscontrato che, per quanto essi possono essere variabili, non esiste un allineamento al limite di 300-500 metri e che vi sono ordinanze che prevedono limiti ben maggiori;
     sarebbe opportuno procedere allo studio di un sistema di coordinamento degli uffici marittimi, in collaborazione con il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, per l'istituzione di limiti di navigazione più ampi, anche tenendo conto della relativa sicurezza dei natanti in questione,

impegna il Governo

in sede di emanazione dei decreti attuativi, ad una regolamentazione dei natanti a propulsione umana, distinguendoli tra imbarcazioni da spiaggia e imbarcazioni a pagaia, nonché ad una puntuale regolamentazione delle norme di comportamento e delle caratteristiche richieste alle imbarcazioni a pagaia (con particolare riguardo alla stabilità, sicurezza, galleggiabilità strutturale, distanza dalla costa, limiti alla circolazione, all'ancoraggio e all'ormeggio, visibilità e segnaletica dei natanti), al fine di consentire alle unità in questione una maggiore libertà di navigazione.
9/2722/16Monchiero, Oliaro.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi dei mercato nautico in Italia è dovuta anche alle continue fermate degli utenti da parte di più svariati organi dello Stato;
    gli eccessivi e lunghi controlli in mare scoraggiano anche l'utente più onesto;
    la Guardia di Finanza dispone di mezzi molto più efficaci che l'irruzione nei porti e sulle barche; in primis, il confronto fra il titolo di proprietà risultante nei registri di iscrizione e la denuncia dei redditi è ben più utile degli assalti a bordo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare il sistema di controlli sul settore nautico da parte degli organi dello Stato, evitando duplicazioni ed eccessive e lunghe verifiche nonché introducendo strumenti di controllo alternativi a quelli effettuati in mare.
9/2722/17Rabino, Oliaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame conferisce al comma 1 una delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto e al comma 2 definisce i principi e i criteri della delega;
    in particolare, tra i principi e i criteri definiti al comma 2, la lettera f) prevede, nell'ambito delle strutture ricettive della nautica, un numero congruo di approdi riservati alle unità in transito, con particolare attenzione ai posti di ormeggio per i portatori di handicap;
    tale previsione rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la rimozione di ostacoli infrastrutturali che impediscono o limitano le attività delle persone disabili,

impegna il Governo

in sede di emanazione dei decreti attuativi, a prevedere che tali prescrizioni siano regolamentate nelle concessioni demaniali che autorizzano la costruzione del porto, nella misura coerente con le esigenze turistiche delle rispettive regioni.
9/2722/18Oliaro.


   La Camera,
   premesso che:
    le navi da diporto usate ai fini commerciali sono iscritte prevalentemente in registri esteri anche europei in quanto la normativa è molto più snella di quella italiana;
    le navi da diporto usate ai fini commerciali iscritte in Italia creerebbero occupazione per equipaggi italiani, oggi quasi assenti sulle flotte commerciali di bandiera estera e determinerebbero valore aggiunto nel nostri Paese, considerato l'alto valore del noleggio e delle capacità di spesa dei clienti imbarcati;
    i precedenti legislatori hanno già individuato in questa attività una grande opportunità per l'economia del mare e hanno introdotto nella legge n. 172 del 2003 il principio che l'iscrizione nel registro commerciale, tanto adeguato per la navigazione commerciale, fosse utilizzabile anche per le navi da diporto;
    a tale enunciato non ha fatto seguito una normativa applicativa che rendesse effettivamente utilizzabile questa iscrizione,

impegna il Governo

a semplificare e razionalizzare la normativa relativa alla navigazione da diporto ai fini commerciali, per non perdere ulteriori pasti di lavoro in questo ricco settore, nonché ad attuare tempestivamente le disposizioni sull'Iscrizione nei registro commerciale.
9/2722/19Galgano, Oliaro, Matarrese, Vargiu, Dambruoso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'industria nautica rappresenta nel nostro Paese un'eccellenza del sistema produttivo, con poli di avanguardia nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, in Toscana, Emilia, Marche e Campania, e rappresenta la quinta voce dell'export italiano con un fatturato di 3,5 miliardi di euro;
    nel 2013 quasi un terzo della domanda mondiale di imbarcazioni da diporto è stato commissionato ai cantieri italiani;
    il comparto nautico mobilita circa 18 mila addetti diretti, che diventano 80 mila se si considera anche l'indotto e il turismo nautico;
    la nautica è un settore economico attorno al quale ruota la costruzione, il commercio, la manutenzione, la locazione ed il noleggio di imbarcazioni, la costruzione e l'ammodernamento di porti e approdi turistici, l'intera attività recettiva nei porti e sulle imbarcazioni, nonché tutte le attività legate agli sport nautici;
    lo stato di crisi in cui negli ultimi anni versa il comparto nautico italiano impone un intervento tempestivo del Governo, in grado di ridare slancio all'intera filiera e all'indotto occupazionale, come invocato da tempo dal mercato e dagli operatori del settore;
    le flessioni registrate dal settore, oltre che alla recessione, sono da ascrivere anche ad una legislazione disorganica e non sufficientemente in linea con gli standard liberali vigenti nei principali Paesi Ue;
    il disegno di legge delega in esame risponde ai criteri di semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione della normativa vigente in materia,

impegna il Governo

tenuto conto dello stato di crisi in cui si trova ancora il comparto nautico italiano e della esigenza di riformare al più presto la disciplina esistente sulla nautica da diporto, al fine di contribuire al rilancio del settore, ad adottare i decreti legislativi attuativi della riforma del codice della nautica entro un termine inferiore ai ventiquattro mesi.
9/2722/20Sottanelli, Oliaro.


   La Camera,
   premesso che:
    è in discussione il disegno di legge C. 2722 del Governo, recante «Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto», già approvato dal Senato;
    l'articolo 1, comma 1, nel conferire la delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto, fa riferimento, alla lettera e), tra le materie oggetto della predetta delega, alle procedure per l'approvazione e l'installazione di sistemi di alimentazione con gas di petrolio liquefatto (GPL), metano ed elettrici, su unità da diporto e relativi motori di propulsione, di nuova costruzione o già immessi sul mercato;
    la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici), esaminato, per le parti di competenza, il testo del disegno di legge ha evidenziato che la sopra citata disposizione dovrebbe essere opportunamente estesa anche alle procedure per l'approvazione e l'installazione di sistemi di alimentazione con gas naturale liquefatto (GNL);
    d'altra parte, il GNL può ritenersi già compreso nella delega, in quanto si tratta, essenzialmente, di metano (ossia un gas già ricompreso nella delega) portato tramite raffreddamento allo stato liquido;
    il GNL è inodore, incolore, atossico e non corrosivo, costituito principalmente da metano raffreddato per essere portato allo stato liquido;
    la tecnologia della liquefazione permette di ridurre il volume specifico del gas di circa 600 volte rispetto alle condizioni standard, consentendo quindi a costi competitivi lo stoccaggio ed il trasporto di notevoli quantità di energia in spazi considerevolmente ridotti;
    a differenza del GPL, che allo stato gassoso ha una densità maggiore di quella dell'aria, il metano, in caso di rilascio in atmosfera (ad esempio in conseguenza di una perdita) tende a salire verso l'alto favorendo la sua dispersione;
    alla luce delle caratteristiche del GNL, anche al fine di garantire una più ampia diversificazione delle fonti energetiche, risulta assolutamente opportuno prevedere le procedure di approvazione e installazione sulle unità da diporto di sistemi di alimentazione a GNL,

impegna il Governo

a interpretare la delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), come comprensiva anche delle procedure per l'approvazione e l'installazione, su unità da diporto e relativi motori di propulsione, di nuova costrizione o già immessi sul mercato, di sistemi di alimentazione con gas naturale liquefatto (GNL).
9/2722/21Catalano.