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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 18 settembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 18 settembre 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Dieni, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zampa, Zanetti.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BASSO ed altri: «Disposizioni per il contrasto del gioco d'azzardo patologico e per la tutela dei minori e dei soggetti deboli» (1759) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Fabbri.

  La proposta di legge costituzionale PELLEGRINO ed altri: «Modifica all'articolo 1 della Costituzione, in materia di riconoscimento della bellezza quale elemento costitutivo dell'identità nazionale» (2401) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Sberna.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  CAPARINI: «Modifica all'articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, in materia di eliminazione delle iscrizioni nel casellario giudiziale» (3227) Parere delle Commissioni I e V.

   III Commissione (Affari esteri):
  S. 1659. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'Azerbaijan sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 6 novembre 2012» (Approvato dal Senato) (3299) Parere delle Commissioni I, II, IV, V e X;
  S. 1660. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino il 4 luglio 2005» (Approvato dal Senato) (3300) Parere delle Commissioni I, V e VII;
  S. 1750. – «Ratifica ed esecuzione dell'accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Mongolia, dall'altra, fatto a Ulan-Bator il 30 aprile 2013» (Approvato dal Senato) (3301) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  S. 1829. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica orientale dell'Uruguay riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo, fatto a Roma il 26 agosto 2014» (Approvato dal Senato) (3302) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XI.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  CENNI ed altri: «Norme per la tutela della terra, il recupero e la valorizzazione dei terreni agricoli abbandonati e il sostegno delle attività agricole contadine» (2935) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dal Ministero dell'economia e delle finanze.

  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 1o luglio 2015, ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, di pertinenza del centro di responsabilità «Dipartimento delle finanze», autorizzata, in data 23 luglio 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione dell'Istituto agronomico per l'oltremare, autorizzata, in data 9 settembre 2015, ai sensi dell'articolo 6, comma 7, della legge 23 dicembre 2014, n. 191.

  Questo decreto è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dal Ministero dello sviluppo economico.

  Il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, concernente le missioni «Fondi da ripartire» e «Comunicazioni», autorizzata, in data 3 luglio 2015, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, concernente le missioni «Fondi da ripartire» e «Servizi istituzionali e generali delle pubbliche amministrazioni», autorizzata, in data 6 agosto 2015, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 29 luglio 2015, ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questo decreto è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 30 luglio e 9 settembre 2015, ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 17 settembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'introduzione di misure commerciali autonome di emergenza a favore della Repubblica tunisina (COM(2015) 460 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e XIII (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti e iniziative in merito alle procedure di mobilità che interessano il personale delle province e delle città metropolitane – 2-01054

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge n. 56 del 2014 «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» ha ridisegnato ruolo, confini e competenze dell'amministrazione locale, trasformando sostanzialmente le province e le città metropolitane in enti di secondo grado;
   complessivamente, ancor prima di giungere ad un riordino delle competenze, ed in attesa di una riforma organica in grado di garantire continuità dei servizi a cittadini ed imprese, salvaguardia delle professionalità impiegate negli enti, stabilità dei livelli occupazionali, tra il 2011 ed il 2014 i bilanci delle province sono stati decurtati con legge di oltre 3,7 miliardi di euro;
   la legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) è poi intervenuta con un'ulteriore riduzione «della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017»;
   sempre nella legge n. 190 del 2014, all'articolo 1, comma 421, è stato previsto per le province un taglio delle dotazioni organiche «in misura pari al 50 per cento del personale di ruolo al 9 aprile 2014 e del 30 per cento per le città metropolitane»;
   alla luce di tale previsione circa 20.000 unità di personale dovrebbero essere dichiarati «in soprannumero» e ricollocati in altri uffici pubblici di comuni e regioni entro due anni, in caso contrario dal 2017 saranno messi in mobilità;
   il procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedente verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione, è sancito dai commi dal 421 al 428 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014. Nello specifico:
    a) il comma 422 nell'ambito della riforma degli enti locali sancita dalla legge n. 56 del 2014 dispone che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore (e quindi entro il 31 marzo 2015) venga individuato il personale che rimane assegnato agli enti e quello da destinare alle procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente;
    b) il comma 423 stabilisce che entro il 1o marzo 2015 venga emanato un decreto ministeriale con le procedure di mobilità del personale interessato;
    c) il comma 424 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso regioni ed enti locali. In particolare, la norma dispone che le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, debbano destinare le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti e delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità;
    d) il comma 425 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, le università e gli enti pubblici non economici (con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e Corpo nazionale dei vigile del fuoco, del comparto scuola, dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli enti di ricerca), sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del dipartimento della funzione pubblica;
   il 16 marzo 2015 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la circolare 29 gennaio 2015, n. 1, «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190», emanata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie;
   in base a tale circolare viene disposto che in sede di osservatori regionali, sulla base del riordino delle funzioni, gli enti debbano determinare i criteri di definizione dell'elenco del personale che rimane a carico della dotazione organica degli enti medesimi di ciascuna regione a statuto ordinario e quello da destinare, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente, alle procedure di mobilità. Vengono esclusi da tali elenchi i dipendenti che svolgono compiti di polizia provinciale, impiegati presso i centri per l'impiego e che saranno collocati a riposo entro il 31 dicembre 2016;
   la circolare presenta anche un «cronoprogramma» dettagliato di adempimento delle scadenze da rispettare;
   il cronoprogramma sopracitato presenta però gravi ritardi:
    a) non è stato ancora emanato il decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ed altri soggetti coinvolti (autonomie, osservatori, parti sociali) che fissa i criteri per le procedure di mobilità. Questo atto (previsto dell'articolo 1, comma 423, della legge n. 190 del 2014 entro il 1o marzo 2014) dovrà infatti fissare i criteri e le procedure di mobilità che si dovranno seguire con riferimento all'ambito territoriale, al domicilio e alle caratteristiche professionali e di anzianità anagrafica e contributiva, per favorire il più possibile la ricollocazione del personale interessato valorizzando la professionalità acquisita;
    b) alcune regioni non hanno ancora approvato le leggi regionali di riordino delle funzioni amministrative previste dalla legge n. 56 del 2014, conseguentemente i lavori degli osservatori regionali competenti stanno subendo forti rallentamenti;
   d'altro canto anche le procedure di ricollocamento delle citate categorie di lavoratori esclusi dalla circolare 29 gennaio 2015, n. 1, sono state suddivise in provvedimenti differenti, e sembrano quindi mancare di omogeneità e soprattutto di una coerenza temporale di esecuzione che apparirebbe indispensabile per una sua efficace e sinergica attuazione;
   il disegno di legge di conversione del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria attualmente in discussione al Senato della Repubblica, prevede, all'articolo 21, l'ingresso nel ruolo dell'amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale proveniente da province e aree metropolitane;
   il disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, attualmente in discussione alla Camera dei deputati, all'articolo 5, comma 1, dispone il transito del personale appartenente al Corpo ed ai «servizi» di polizia provinciale, nei ruoli degli enti locali per funzioni di polizia municipale, mentre all'articolo 15 disciplina la riorganizzazione dei centri per l'impiego e conseguentemente una ridistribuzione dei livelli occupazionali presenti;
   il Governo si è espresso in questi mesi, in numerose occasioni, a sostegno della salvaguardia dei dipendenti delle amministrazioni provinciali. In particolare il 14 maggio 2015 il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha dichiarato che «il processo di mobilità dei circa 20 mila dipendenti delle province previsto dalla legge di riordino delle amministrazioni locali, dovrà completarsi entro il 2016. Il blocco delle assunzioni, previsto dalla legge di stabilità per finanziare l'operazione di ricollocamento del personale, dura due anni, questo è l'orizzonte temporale che ci siamo dati in ultima istanza per completare il percorso». Lo stesso Ministro ha inoltre aggiunto: «stiamo dicendo alle regioni di sbrigarsi a fare le leggi regionali, così da definire le funzioni e i dipendenti che vengono loro trasferiti. Tuttavia se ciò non dovesse accadere ci siamo tutelati, abbiamo le risorse e anche gli strumenti per garantire tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori delle province italiane, assicurando stipendio e lavoro»;
   rispetto ai contenuti del decreto ministeriale previsto dall'articolo 1, comma 423, della legge n. 190 del 2014, il Sottosegretario di Stato Angelo Rughetti, ha dichiarato il 14 luglio 2015, dopo un incontro tematico con le associazioni sindacali, che il Governo si pone «l'obiettivo di dare certezze ai lavoratori e continuità nei servizi. Il decreto è uno strumento per dare attuazione alla legge Delrio; un disegno ampio di ristrutturazione delle istituzioni territoriali che si inserisce nella più ampia riorganizzazione del sistema pubblico che il Governo sta portando avanti con determinazione»;
   il Parlamento ha discusso numerosi atti di indirizzo per la salvaguardia dei dipendenti delle amministrazioni provinciali. Il 22 dicembre 2014 il Governo ha accolto un ordine del giorno (n. 9/02679-bis-B/002) che impegna il Governo a «porre in essere ogni atto necessario per la tutela dei dipendenti attualmente in ruolo nelle province» ed «ad assicurare condizioni certe volte a garantire il totale assorbimento delle posizioni soprannumerarie»;
   i dipendenti in oggetto svolgono mansioni legate a servizi essenziali di grande delicatezza e ne assicurano la continuità –:
   se esista ad oggi una ricognizione puntuale sul numero certo dei dipendenti delle amministrazioni provinciali che verranno messi in mobilità ai sensi dell'articolo 1, comma 421, della legge n. 190 del 2014, anche rispetto agli enti di destinazione;
   se il cronoprogramma previsto dalla circolare 29 gennaio 2015, n. 1, citata in premessa, verrà realisticamente rispettato dal momento che sussistono gravi ritardi che stanno interessando, ad esempio, sia l'emanazione del decreto ministeriale previsto dell'articolo 1, comma 423, della legge n. 190 del 2014, sia gli adempimenti delle regioni rispetto all'attuazione delle norme previste dalla legge n. 56 del 2014;
   se conseguentemente verranno assicurati tutti i livelli occupazionali attuali appartenenti a tutte le categorie contrattuali;
   se il Governo non ritenga di rivedere i termini previsti per l'espletamento totale della mobilità.
(2-01054) «Cenni, Albini, Antezza, Arlotti, Bargero, Bruno Bossio, Capozzolo, Carocci, Carra, Carrescia, Casellato, Castricone, Censore, Cova, Crivellari, D'Ottavio, Fossati, Gandolfi, Gasparini, Ginato, Ginoble, Giulietti, Grassi, Iacono, La Marca, Lodolini, Patrizia Maestri, Manzi, Mariani, Mariano, Narduolo, Oliverio, Pes, Salvatore Piccolo, Ribaudo, Romanini, Rubinato, Giovanna Sanna, Simoni, Taricco, Tentori, Terrosi, Valeria Valente, Verini».


Iniziative per la predisposizione dello schema-tipo delle convenzioni tra università e regioni finalizzate alla regolamentazione delle attività svolte dal personale medico universitario per conto del Servizio sanitario nazionale – 2-01048

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 dispone che «Il personale docente universitario, e i ricercatori che esplicano attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura anche se gestiti direttamente dalle università, convenzionati ai sensi dell'articolo 39, legge 23 dicembre 1978, n. 833, assumono per quanto concerne l'assistenza i diritti e i doveri previsti per il personale di corrispondente qualifica del ruolo regionale in conformità ai criteri fissati nei successivi commi e secondo le modalità stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui al citato articolo 39. Dell'adempimento di tali doveri detto personale risponde alle autorità accademiche competenti in relazione al loro stato giuridico»;
   i rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università sono disciplinati dal decreto legislativo n. 517 del 1999 ed era previsto un periodo sperimentale di quattro anni;
   l'ultimo periodo del comma 16 dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230, prevede che «Per il personale medico universitario, in caso di svolgimento delle attività assistenziali per conto del Servizio sanitario nazionale, resta fermo lo speciale trattamento aggiuntivo previsto dalle vigenti disposizioni»; mentre il successivo comma 18 recita: «I professori di materie cliniche in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge mantengono le proprie funzioni assistenziali e primarie, inscindibili da quelle di insegnamento e ricerca e ad esse complementari (...)»;
   il comma 13 dell'articolo 6 della legge n. 240 del 2010 prevede la possibilità di predisporre lo schema-tipo delle convenzioni con imprese o fondazioni, o con altri soggetti pubblici o privati, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, schema al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale;
   il combinato disposto del periodo sperimentale, mai iniziato, e della mancata attuazione della citata disposizione, ha creato disparità tra le regioni sulla modalità di stipula delle convenzioni tra università-facoltà di medicina e Servizio sanitario nazionale per quanto attiene alla attribuzione dell'attività assistenziale per il personale universitario medico operante nelle aziende ospedaliere universitarie, determinando evidenti disparità nell'attribuzione degli incarichi assistenziali, nella retribuzione economica e nel monte orario, nonché della possibilità di espletamento delle funzioni previste dallo stato giuridico universitario, didattica, ricerca ed attività assistenziale ad esse contigua –:
   se non ritengano di procedere rapidamente, d'intesa con le regioni, alla predisposizione dello schema-tipo delle convenzioni cui devono attenersi università e regioni come previsto dall'articolo 6, comma 13, della legge n. 240 del 2010;
   se non ritengano di adottare, altresì, iniziative, anche di rango normativo se occorre, in cui venga ribadita la centralità delle università nella formazione pre e post laurea dei laureati in medicina e nelle professioni sanitarie.
(2-01048) «Gigli, Dellai».


Elementi in ordine all'attuazione del piano straordinario di assunzioni nel comparto della scuola di cui alla legge 13 luglio 2015, n. 107 – 2-01077

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con gli uffici scolastici regionali di tutto il territorio nazionale, sta portando a compimento le procedure utili alla realizzazione del piano di stabilizzazione di personale docente per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto rimasti vacanti e disponibili all'esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per l'anno scolastico 2015/2016 stabilite dalla legge 13 luglio 2015, n. 107;
   tale piano ha già concluso le prime tre fasi, delle quattro previste, cosiddette fasi 0, A e B;
   da quanto si evince dal sito internet http://www.istruzione.it/assunzioni buona scuola/index.shtml, la prima fase, fase 0, che com’è noto è del tutto indipendente rispetto al piano assunzionale previsto dalla legge n. 107 del 2015, perché disciplinata dalla legislazione previgente, avrebbe dovuto immettere in ruolo 36.627 di cui 21.880 pensionamenti su posti comuni e 14.747 posti di sostegno;
   nelle fasi A e B si sarebbe dovuto procedere all'assunzione su 10.849 posti aggiuntivi;
   non sono stati forniti dati circa la suddivisione delle immissioni avvenute nelle fasi, 0 e A, ma dalla conferenza stampa del Ministro interpellato si è appreso che complessivamente se ne sono avute circa 29.000. Ciò significa che non sono stati assegnati più di 7.000 posti rientranti nella sola fase 0;
   all'apertura della fase B vi erano più di 16.000 posti ancora da assegnare mentre nell'intenzione del Governo tra le fasi A e B ce ne sarebbero dovuti essere 10.849. Con il ricorso alla procedura nazionale (fase B) pare che siano state inoltrate circa 8.700 proposte d'assunzione di cui circa 8.450 dovrebbero essere state accettate; pertanto, il totale delle assunzioni nelle prime 3 fasi risulta di circa 37.400, circa solo 1000 assunzioni in più rispetto ai posti già autorizzati dalla legislazione previgente;
   stando a quanto riportano gli organi di stampa circa l'80 per cento degli assunti secondo la procedura nazionale nella fase B ha già accettato una supplenza annuale e prenderà pertanto servizio nella provincia definitiva nell'anno scolastico 2016/2017, per questa ragione le supplenze annuali dell'anno scolastico in corso dovranno essere attivate anche sui posti assegnati nella fase B a soggetti già destinatari di supplenze annuali;
   ope legis nella notte tra il 1o e il 2 settembre 2015, come dichiarato dallo stesso Ministro interpellato nella conferenza stampa tenuta il 2 settembre 2015, si è proceduto alle convocazioni relative ai docenti aventi diritto per ciò che concerne la fase B del piano in questione;
   tuttavia, risulta estremamente semplice rilevare che, sui siti internet degli uffici scolastici regionali di tutto il territorio nazionale, non sono disponibili pubblicamente gli elenchi, relativi alle 100 province, dei docenti aventi diritto a ricoprire il posto assegnato dalle procedure relative alla fase B del piano sopra descritto, contrariamente a quanto accaduto per le precedenti fasi 0 e A;
   non risulta oltremodo possibile, per gli insegnanti, prendere visione del punteggio dei nominati; risulta inoltre, in conseguenza e aggiunta a quanto detto nel precedente capoverso, impossibile, per gli aventi diritto, confrontare gli elenchi e i punteggi dei docenti iscritti alla fase B della procedura, impedendo, in questo modo, ai candidati di controllare la correttezza del procedimento adottato oltreché di prendere visione della ratio alla base delle graduatorie ed, eventualmente, rivolgersi alle autorità competenti, qualora lo ritenessero opportuno, per eventuali ricorsi –:
   se non ritenga necessario adoperarsi affinché gli uffici scolastici regionali procedano alla pubblicazione di tutti gli elenchi provinciali relativi ai docenti convocati a seguito delle valutazioni espresse nella fase B del piano straordinario di assunzioni previsto dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, e alla pubblicazione delle future graduatorie per la fase C, prima delle prossime stabilizzazioni previste, al fine di garantire la trasparenza delle procedure di una selezione pubblica che è un principio fondamentale della pubblica amministrazione che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non può violare;
   quando sia previsto che si concluda la fase C e pertanto quante risorse previste dalla legge n. 107 del 2015, a copertura dei posti, siano già state impegnate e quali risparmi, considerate le immissioni con sola decorrenza giuridica, siano previsti;
   secondo le stime più recenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quante saranno le supplenze annuali affidate nell'anno scolastico 2015/2016.
(2-01077) «Luigi Gallo, Alberti, Pesco, Toninelli, Di Battista, Tofalo, Brescia, Frusone, Baroni, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Brugnerotto, Busto, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colonnese, Cominardi, Daga, Dall'Osso, De Lorenzis, De Rosa, Dell'Orco, Di Benedetto, Fico, Ruocco, Villarosa, Luigi Di Maio, Di Vita».


Iniziative a favore degli agricoltori delle regioni Toscana ed Emilia-Romagna danneggiati dagli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nei mesi di settembre 2014 e febbraio 2015 – 2-01075

D)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il 19 settembre 2014, nel giro di pochi minuti, si è verificato un fenomeno che i meteorologi chiamano «downburst»;
   si è trattato di un vortice che ha colpito importanti aree agricole di alcuni comuni delle province di Firenze, Prato, Pistoia, Lucca e Pisa;
   analogamente, il 5 e 6 febbraio 2015 eccezionali piogge alluvionali causate da una straordinaria depressione tirrenica hanno causato rapide piene fluviali su tutti i bacini romagnoli, con allagamenti diffusi sul reticolo idraulico secondario, determinando consistenti allagamenti dei campi coltivati ed anche movimenti franosi;
   la regione ha fatto richiesta al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per la declaratoria di «eccezionalità» dell'evento, necessaria ad attivare le provvidenze in favore degli agricoltori toscani colpiti;
   all'accoglimento della richiesta da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, faranno seguito il riconoscimento dei danni patiti dagli agricoltori e la conseguente attivazione del fondo nazionale di solidarietà, l'integrazione salariale per i lavoratori agricoli e la possibilità di accedere al credito agevolato per le imprese;
   in base al decreto legislativo n. 102 del 2004 lo stesso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dovrà decidere quanti fondi e con quale percentuale potrà intervenire –:
   quali iniziative si ritenga opportuno porre in essere a favore degli agricoltori danneggiati per consentire di uscire dalla situazione di crisi generata da questo fenomeno del tutto eccezionale.
(2-01075) «Molea».


Iniziative per assicurare lo sviluppo economico e infrastrutturale della regione Sardegna e per fronteggiare le criticità connesse alla sua condizione insulare – 2-01080

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la continuità politica e programmatica dei Governi Monti, Letta e Renzi impone l'esigenza di valutare realisticamente gli atti concreti relativi alla cosiddetta vertenza Sardegna;
   è fin troppo evidente che sulla già complessa questione sarda si registrano ulteriori gravi e colpevoli ritardi legati a mancate decisioni del Governo e, in alcuni casi, a decisioni che appaiono contrarie alla risoluzione dei problemi stessi;
   l'esigenza di affrontare con urgenza tali problemi riveste priorità assoluta al fine di non pregiudicare in modo irreversibile le questioni oggetto della vertenza Sardegna;
   in particolar modo appaiono sin troppo evidenti le questioni relative:
    a) alla questione trasporti, con l'esigenza ad avviso degli interpellanti improcrastinabile di revocare la convenzione con la Tirrenia per palese contrasto con l'interesse pubblico e contributo di Stato di dubbia legittimità, non commisurato e non giustificato rispetto ad un servizio inadeguato e con costi proibitivi per i residenti e i non residenti;
    b) alla questione relativa alla continuità territoriale aerea con un'inaccettabile limitazione a soli nove mesi della tariffa unica e con continue limitazioni alla disponibilità di posti sulle tratte da e per la Sardegna, che hanno duramente penalizzato la stagione estiva, oltre alla limitazione delle tratte di collegamento tra l'isola e il resto del Paese;
    c) alla questione energetica con la pesantissima ricaduta sul sistema economico industriale della Sardegna, dalla mancata realizzazione del metanodotto Algeria – Sardegna – Europa a favore di quelle che gli interpellanti ritengono lobby protese a realizzare rigassificatori con un gravissimo impatto sia sul fronte costiero che nell'entroterra, con la distribuzione su gommato del gas, per arrivare alla mancata definizione di un regime tariffario, attraverso contratti bilaterali e regimi di riequilibrio, a partire dalla interrompibilità e super interrompibilità, al fine di consentire la competitività, ora negata, delle attività industriali della Sardegna;
    d) alla questione insularità e all'esigenza di dare attuazione all'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, considerato che, sino ad oggi, il divario insulare non solo non è stato limitato ma risulta gravemente ampliato da scelte che hanno anche sul piano infrastrutturale totalmente escluso la Sardegna, come per esempio l'ultimo documento di economia e finanza;
    e) alle questioni industriali della Sardegna: dalla chiusura dell'Alcoa, alla mancata realizzazione del sistema integrato miniera Carbosulcis centrale, alla definizione della ripresa produttiva della società Eurallumina, alla ripresa produttiva della Vinilys di Porto Torres, alla definizione dell'assetto energetico per gli stabilimenti energivori del Sulcis e quelli della Ottana Energia, ex Enichem di Ottana;
    f) alla questione infrastrutturale sarda con la definizione degli interventi nell'ambito della piastra logistica euromediterranea e degli interventi in grado di eliminare il grave gap infrastrutturale sul fronte ferroviario, stradale e connettivo strategico;
    g) alla definizione di un nuovo regime di entrate per la Sardegna, in considerazione della sua condizione insulare con l'attuazione della zona franca integrale come strumento di riequilibrio del divario insulare, come già contemplato in disposizioni di legge a partire dal decreto legislativo n. 75 del 1998;
    h) alla definizione concreta della «partita» delle entrate oggetto di ricorsi alla Corte costituzionale in relazione ai quali, ad avviso degli interpellanti, è risultato inaccettabile il comportamento dello stesso Governo in carica;
    i) alla dismissione del patrimonio militare relativo a immobili ubicati in aree strategiche per lo sviluppo delle comunità locali e occupate da servitù militari inutilizzate o sottoutilizzate, compresa la riconversione delle aree oggetto di servitù militari di cui la Sardegna continua ad essere gravata;
   in particolar modo si ritiene indispensabile interpellare il Governo su tutti gli impegni assunti e non mantenuti;
   ad oggi, su questi temi si registra un gravissimo arretramento non solo sostanziale ma anche procedurale considerato che nessun serio e concreto atto è stato messo in campo dal Governo e anzi tutte le vertenze languono senza alcuna prospettiva di soluzione –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri, che aveva annunciato per settembre 2015 iniziative concrete dopo quasi due anni di promesse non mantenute e di ritardi, non intenda predisporre con somma urgenza iniziative normative, operative e concrete che affrontino in modo efficace e immediato le vertenze che costituiscono la più ampia questione sarda;
   se il Governo non intenda assumere iniziative, in base all'articolo 15 della convenzione con la Tirrenia, anche alla luce del nuovo gravissimo monopolio generato dall'acquisizione dell'intero pacchetto azionario da parte dello stesso socio che detiene la compagnia Moby Lines, per la revoca della stessa per manifesta inadempienza rispetto all'interesse pubblico con gravissime limitazioni al servizio di continuità marittima e l'utilizzo di un contributo di 73 milioni di euro che appare sotto ogni punto di vista ingiustificabile e di dubbia legittimità, avviando procedure corrette di evidenza pubblica per la gestione della continuità territoriale marittima da e per la Sardegna;
   se non si intendano assumere iniziative con somma urgenza per revocare la limitazione a soli 9 mesi all'anno della tariffa unica per la continuità territoriale e disporre l'immediata attivazione di procedure al fine di estendere il regime di continuità territoriale anche su altre rotte da e per la Sardegna, ripristinando un servizio pubblico indispensabile a rompere l'isolamento del quale la Sardegna è sempre più vittima;
   se il Governo non intenda, attraverso iniziative normative urgenti, arrivare alla definizione di un regime tariffario, promuovendo contratti bilaterali e norme funzionali all'attuazione di regimi di riequilibrio tariffario elettrico, come interrompibilità e super interrompibilità, al fine di consentire la competitività, ora negata, delle attività industriali della Sardegna;
   se il Governo non intenda giustificare il fatto che dopo tre anni dalla chiusura dello stabilimento Alcoa non solo non ha proposto nessuna concreta iniziativa o provvedimento teso a soddisfare le esigenze energetiche, ma ha presentato una proposta di procedura europea solo a maggio 2015 con un ritardo inaudito;
   se non intenda dare notizie concrete sullo stato di tale procedura, considerato che il vertice con il commissario europeo per la concorrenza dei giorni scorsi a Roma si è tradotto in un nulla di fatto;
   se non intenda assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, volta a evitare che i lavoratori, come nel caso dell'Alcoa, siano, ingiustamente perseguiti per manifestazioni di protesta;
   se il Governo non ritenga di dover attivare per Alcoa procedure analoghe a quelle adottate per l'Ilva, considerate le analogie anche sul piano ambientale, attraverso apposite iniziative normative, a partire dal riconoscimento strategico dell'alluminio primario e il conseguente riavvio commissariale degli impianti, qualora non ci fosse la disponibilità concreta di soggetti terzi;
   se non si intenda dare continuità a quanto sostenuto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativamente alla realizzazione del metanodotto Sardegna-Algeria, anche in considerazione dell'approvvigionamento sempre più problematico sia con la Libia che con la Russia, anche al fine di non favorire lobby diverse protese a realizzare rigassificatori con un gravissimo impatto sia sul fronte costiero che nell'entroterra, con la distribuzione su gommato del gas;
   se il Governo non intenda, valutata la gravissima situazione, con il rischio di fallimento per decine di migliaia di imprese sarde e con il pignoramento di migliaia di aziende agricole, predisporre un'iniziativa normativa urgente che preveda un periodo di moratoria di almeno un anno al fine di definire procedure in grado di attivare percorsi economico-finanziari in grado di salvaguardare la ripresa produttiva e occupazionale;
   se non ritenga il Governo di affrontare con una concreta iniziativa normativa la questione dell'insularità e l'esigenza di dare attuazione all'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, considerato che sino ad oggi il divario insulare non solo non è stato ridotto, ma risulta gravemente ampliato da scelte che hanno, anche sul piano infrastrutturale, totalmente escluso la Sardegna, come per esempio è accaduto con l'ultimo Documento di economia e finanza, dove la Sardegna, a giudizio degli interpellanti, è completamente omessa;
   se il Governo non intenda agire concretamente sulle questioni industriali della Sardegna, considerato che ad oggi queste non solo non sono state risolte ma risultano gravemente compromesse a partire dalla questione aperta di Ottana Energia e dal riconoscimento del regime di essenzialità che scadrà il 31 dicembre 2015 e dalla ripresa produttiva dell'ex Enichem di Ottana, assumendo iniziative affinché Eni ceda la linea produttiva indispensabile a ricostituire la filiera chimica essenziale per lo stabilimento di Ottana Polimeri;
   se non intendano provvedere a fornire le necessarie garanzie per la proroga della cassa integrazione straordinaria dei lavoratori di Ottana che scade a novembre 2015 e, nel contempo, garantire la ripresa produttiva degli impianti di xileni dello stabilimento Versalis di Sarroch che forniva a Ottana il paraxilene e verificare la possibilità tecnica ed economica che questi impianti possano essere rimessi in marcia anche senza la gestione diretta dell'Eni, proprietaria dello stabilimento;
   se il Governo non ritenga di dover rimodulare le risorse dei vari piani infrastrutturali a favore del riequilibrio verso la Sardegna con la definizione degli interventi nell'ambito della piastra logistica euro-mediterranea e interventi in grado di eliminare il grave gap infrastrutturale sul fronte ferroviario, stradale e connettivo strategico, considerate la totale inconsistenza degli annunci sinora fatti a partire dalle dichiarazioni del presidente di Anas di un miliardo di euro per le strade sarde, la bocciatura europea dei fondi per la velocizzazione delle reti ferroviarie e l'assoluta esiguità e assenza di proporzionalità delle risorse stanziate per il rischio idrogeologico, 16 milioni di euro a fronte di 81 milioni di euro, per Olbia, e zero, per Cagliari, a fronte di 30 milioni di euro;
   se il Governo non ritenga urgente predisporre un'apposita iniziativa normativa per la definizione di un nuovo regime di entrate per la Sardegna in considerazione della sua condizione insulare con l'attuazione della zona franca integrale come strumento di riequilibrio del divario industriale;
   se non ritenga di dover predisporre iniziative concrete tese all'attuazione dell'articolo 14 dello statuto speciale della Sardegna con l'immediata dismissione del patrimonio militare relativo a immobili ubicati in aree strategiche per lo sviluppo delle comunità locali, a partire dalla città di Cagliari, e occupate da servitù militari inutilizzate o sottoutilizzate;
   se il Governo non ritenga di dover far cessare, per quanto di competenza, la distruzione ambientale e naturalistica nelle aree militari della Sardegna (oggetto di procedura di infrazione) e di dover predisporre un piano di riconversione delle aree oggetto di servitù militari di cui la Sardegna continua ad essere gravata garantendo la piena occupazione sia in termini di sicurezza che protezione civile.
(2-01080) «Pili, Pisicchio».


Iniziative, in ambito europeo e internazionale, per l'apertura di canali umanitari in relazione all'emergenza connessa ai flussi migratori e misure per contrastare il traffico di esseri umani – 2-01081

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   a pochi giorni dalla morte di Aylan – 3 anni, siriano, in fuga dalla guerra – un altro battello è affondato davanti alla Grecia causando altre decine di vittime, per la metà bambini e tra loro dei neonati, a conferma che questa strage infinita non pare destinata a fermarsi;
   solo quest'anno – e si è a settembre 2015 – più di 430 mila migranti hanno sfidato il Mediterraneo per il loro viaggio della speranza. Vuol dire il doppio di quanti lo avevano fatto nell'intero 2014. A migliaia non hanno toccato la riva e di molti non si potrà mai recuperare il corpo. La maggior parte fugge dalla Siria. Molti da Pakistan, Iraq o dall'Afghanistan e dall'Africa. Il numero più alto percorre la via che conduce dalla Turchia alla Grecia. Altri sbarcano sulle coste italiane dopo una via crucis in territorio libico;
   l'Europa – anche grazie alle pressioni del nostro Governo – sta correggendo un'assenza prolungata e un egoismo colpevole, ma, senza risolvere il tema di fondo di quali vie legali si possono utilizzare per chiedere asilo in Europa, migliaia di donne, uomini, bambini non troveranno alternativa al ricatto di criminali e scafisti;
   l'Italia ha il merito enorme di avere soccorso in mare migliaia di naufraghi. È un'opera di cui andare orgogliosi e che va proseguita fintanto che l'emergenza continuerà. Ma se si vogliono evitare nuove tragedie la sola soluzione – umanamente e politicamente saggia – è andare a prendere quanti hanno il diritto di mettersi in salvo prima che la loro vita sia comperata e mercificata da trafficanti senza principi –:
   se il Governo ravvisi a oggi la necessità di farsi promotore presso l'Unione europea di un'intensa pressione politica e diplomatica finalizzata, in una collaborazione stretta con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ad attivare dei canali umanitari sicuri e dei presidi nei Paesi di partenza ovunque ciò sia possibile – dalla Turchia al Libano, dalla Giordania alla Tunisia – così da procedere, in un contesto di protezione, a una prima selezione dei migranti in possesso del requisito di rifugiato e ai quali garantire visti umanitari per chi scappa dalla guerra e la certezza di non essere respinti dai Paesi di transito;
   se in tale contesto non ritengano necessario individuare dei criteri umanitari partendo dalla salvezza di donne e bambini in modo da evitare che altre creature o neonati debbano salire su una di quelle sciagurate imbarcazioni, e comunque con l'obiettivo di trasferire i profughi con diritto di asilo nei Paesi di sbarco in condizioni di sicurezza, stroncando un traffico odioso di esseri umani che solo nel 2015 ha già fruttato alle organizzazioni criminali centinaia di milioni di dollari.
(2-01081) «Cuperlo, Rosato, Luciano Agostini, Albini, Argentin, Baruffi, Bargero, Basso, Bazoli, Beni, Blazina, Brandolin, Bruno Bossio, Carra, Carloni, Carnevali, Castricone, Casellato, Franco Cassano, Cenni, De Maria, Fabbri, Fontanelli, Gianni Farina, Fossati, Carlo Galli, Gandolfi, Gnecchi, Giorgis, Giuseppe Guerini, Guerra, Iacono, Laforgia, La Marca, Lattuca, Marazziti, Martella, Marzano, Malisani, Miotto, Murer, Pastorino, Pollastrini, Prina, Romanini, Rubinato, Scuvera, Speranza, Stumpo, Terrosi, Tullo, Zampa, Bossa, Giacobbe, Patrizia Maestri, Mariano, Vico, Schirò, Capone, Carrozza, Fiano, Mognato, Bergonzi, Rostellato, Albanella, Roberta Agostini, Lenzi, Verini».


Iniziative volte a evitare l'introduzione nei trattati e negli accordi internazionali del meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitori privati, noto come ISDS, a tutela dei cittadini e dei consumatori – 2-01043

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l’«Investor-State Dispute Settlement» – Isds è un meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore privato; questo strumento consente alle aziende di accedere ad un processo arbitrale se ritengono di aver ricevuto un trattamento ingiusto dalle pubbliche autorità, se pensano di essere state discriminate a favore di imprese nazionali oppure se considerano una legislazione, adottata dallo Stato nel quale operano discriminatoria e, quindi, d'ostacolo per le loro attività. Le disposizioni che prevedono l'istituto dell'ISDS sono contenute in un gran numero di trattati bilaterali per gli investimenti, in alcuni accordi commerciali internazionali (ad esempio nell'Accordo nordamericano per il libero scambio – Nafta) e in accordi internazionali di investimento come il «Trattato sulla Carta dell'energia». Tali clausole sono basate su quelle analoghe presenti nell'accordo economico e commerciale globale (CETA) in negoziazione tra Unione europea e Canada. A livello globale, il ricorso allo strumento dell'Isds è in continuo aumento: nel 2012 erano aperti 154 contenziosi di questo tipo, di cui 58 aperti nel solo 2012, con una crescita del 250 per cento rispetto al 2000. La clausola Isds, è contenuta anche nel trattato commerciale Usa-Unione europea, noto con sigla TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, in via di negoziazione;
   nonostante la Commissione europea si sia affannata nel presentare nel modo più positivo possibile queste clausole, pubblicando una serie di risposte alle critiche più pressanti, l'idea dell'opinione pubblica è decisamente negativa, per il timore che un arbitrato possa stravolgere decisioni politiche democraticamente prese. I sindacalisti europei sono contro il TTIP e gli Isds, come molte organizzazioni per la salute, gruppi di rappresentanza della società civile e membri del Parlamento europeo. Lo stesso Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha espresso vivaci preoccupazioni concernenti le clausole Isds, sottolineando come la competenza dei giudici degli Stati membri dell'Unione europea possa essere limitata dalle controversie investitore-Stato. Infine, anche il Governo tedesco ha denunciato forti dubbi sulla necessità di introdurre le clausole Isds, in considerazione del fatto che gli investitori americani sono sufficientemente tutelati dai tribunali europei;
   le clausole Isds consentono il cosiddetto «forum shopping»: un'azienda può citare uno Stato dinanzi ad un arbitro anche se non esistono accordi specifici tra lo Stato dell'azienda e lo Stato citato. Infatti, è sufficiente che esistano accordi con lo Stato nel quale l'azienda ha una sede secondaria. Un esempio è l'azione proposta dalla società americana Philip Morris (Usa) contro l'Australia sulla base degli accordi tra Australia e Hong Kong, dove la Philip Morris ha una sede secondaria, anche se non esistono specifici accordi tra Usa e Australia. La proposta della Commissione europea è di escludere i casi di aziende «mailbox», pretendendo che l'azienda straniera debba stabilire un'effettiva sede con attività economiche sostanziali prima di poter portare in giudizio lo Stato. Ovviamente le multinazionali, che sono quelle che possono creare maggiori problemi ad uno Stato, non hanno nessuna difficoltà a superare questo ostacolo;
   trattamento giusto ed equo: il principio del trattamento «fair and equitable» (FET) è previsto dalle clausole Isds, in modo da assicurare un trattamento giusto ed equo agli investitori esteri. Il principio in questione, come del resto tutti i principi generici, può portare facilmente ad abusi. Le applicazioni dei tribunali arbitrali variano notevolmente. La proposta della Commissione europea è di prevedere una lista di specifici diritti in relazione ai quali si applica la clausola del trattamento «fair and equitable». Purtroppo tale lista non è «chiusa» e, quindi, può teoricamente portare comunque ad applicazioni estensive;
   le procedure Isds sono molto dispendiose, le cause costano cifre enormi, gli onorari degli arbitri, pagati fino a 3.000 dollari al giorno, sono elevatissimi e a carico delle parti. Sono gli arbitri a decidere chi paga ed è accaduto che anche se uno Stato ha vinto la causa ha dovuto comunque provvedere per le spese del giudizio. Anche solo questo aspetto può far sì che uno Stato sia restio a introdurre normative che potrebbero provocare azioni legali da parte degli investitori esteri;
   la Commissione europea intende introdurre un «right to regulate» al fine di promuovere l'interesse pubblico rispetto ad altri interessi. In realtà in questo modo il «diritto alla regolamentazione» del Governo diventa un'eccezione rispetto alla protezione degli investimenti aziendali, che assumono il ruolo primario; inoltre, tale diritto è tutelato solo in relazione ad «obiettivi legittimi», che però non sono specificati. Alla fine saranno gli arbitri a decidere quali sono. I tribunali nazionali sono disegnati per essere indipendenti, imparziali e rispettosi del principio della separazione dei poteri. Non accade lo stesso con i tribunali arbitrali: ognuna delle parti in causa sceglie uno dei tre arbitri, mentre il terzo è scelto di comune accordo oppure dal segretario generale del Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti (Icsid), il quale è scelto a sua volta dal presidente della Banca mondiale. In caso di appello tutti e tre gli arbitri sono nominati dal presidente della Banca mondiale. Il presidente della Banca mondiale è nominato dagli Usa. È evidente lo squilibrio a favore degli Stati Uniti. Un collegio arbitrale non ha il potere di abrogare una norma legislativa nazionale, però può statuire che quella norma compromette i profitti presenti e futuri dell'investitore estero, per cui lo Stato verrà condannato a risarcire tali mancati guadagni. Ad esempio, la canadese Gabriel Resources Ltd cita la Romania perché il legislatore, per motivi di sicurezza dei cittadini, ha impedito la realizzazione di una miniera a cielo aperto, per la quale erano stati spesi dall'azienda 1,4 miliardi di euro. Alla fine la norma rimarrà in vigore, ma lo Stato potrebbe essere costretto a pagare fino a 4 miliardi alla GBU, cioè circa il 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Un disincentivo così forte influisce sicuramente sulle procedure di formazione delle nuove leggi. Secondo uno studio Unctad (Conferenza dell'ONU sul commercio e lo sviluppo) il 70 per cento delle richieste degli investitori viene accolta almeno in parte;
   come ipotizzato alcuni mesi fa dalla campagna «Stop TTIP Italia», l'Italia deve rispondere per la prima volta nella sua storia ad una denuncia causata da un Isds. A confermarlo è il Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti (Icsid) (legato alla Banca mondiale) dove chiarisce come tre investitori di energie rinnovabili, il belga Blusun S.A., il francese Jean-Pierre Lecorcier e il tedesco Michael Stein, abbiano denunciato la Repubblica italiana per la revisione del sistema incentivante sull'energia fotovoltaica. La possibilità di adire all'arbitrato privato del Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti la offre l'Energy Charter Treaty, il trattato di liberalizzazione dell'energia che prevede l'istituzione di un organismo per la risoluzione delle controversie tra investitori privati e Stati. Il caso che riguarda l'Italia è stato anche inserito in un dossier della commissione giuridica (Juri) del Parlamento europeo del 2014 (pagina 13). Il tribunale si è costituito il 12 giugno 2014 con la francese Dentons Europe come consulente di parte per gli investitori. Per l'8 maggio 2015 era attesa la memoria difensiva dell'Avvocatura dello Stato, ma il silenzio imposto sull'Isds, per evitare problemi sul negoziato TTIP non permette di capire come stia procedendo la causa –:
   se il Governo intenda accettare che nella conclusione di atti pattizi, commerciali o di altra natura, bilaterali o multilaterali, venga inclusa la previsione per la composizione delle controversie internazionali investitore-Stato (Isds) col modello «Isds light» contenuto nella risoluzione Lange approvata l'8 luglio 2015 al Parlamento europeo sul trattato di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti e le modalità secondo le quali, nello specifico, verranno formati i tribunali degli arbitrati già indicati nella risoluzione stessa;
   quali adeguamenti normativi l'Italia dovrà adottare per uniformarsi alle prescrizioni contenute nella risoluzione Lange inerenti all’«Isds light» e se sia in grado di descrivere nel suo insieme il meccanismo di funzionamento dello stesso;
   se il Governo non reputi opportuno approfondire le conseguenze dell'adesione al trattato TTIP, anche alla luce del fatto che il nostro Paese sia impegnato a rispondere per la prima volta nella sua storia ad una denuncia per la quale si dovrebbe attivare un Isds;
   se il Governo non reputi di agire, nelle opportune sedi a livello nazionale, sovranazionale e internazionale, per promuovere ogni possibile iniziativa volta ad eliminare dalla versione finale dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) e dalla versione finale del trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti le previsioni per la composizione delle controversie Isds;
   se il Governo non reputi opportuno ostacolare la matrice ideologica delle clausole Isds che consentiranno di contestare possibili riforme e leggi innovative a tutela dei cittadini, non solo politiche ambientali, ma anche riforme in materia di diritto d'autore o di tutela dei dati personali, considerato che l'introduzione della riforma della privacy dell'Unione europea, limitando il trattamento dei dati personali dei cittadini europei da parte delle aziende americane, potrebbe avviare una miriade di cause Isds, perché, appunto, riduce i guadagni attesi da queste aziende;
   se il Governo non reputi opportuno impegnarsi affinché vi sia pieno rispetto del Trattato di Lisbona, sul quale la politica commerciale dell'Unione europea ha assunto una caratura fortemente sociale (principio di precauzione, articolo n. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), in quanto deve essere condotta nel rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo, mentre al contrario, le clausole Isds prevedono un pericoloso ribaltamento mettendo le aziende prima degli Stati e i profitti prima dei cittadini.
(2-01043) «Zaccagnini, Kronbichler, Fratoianni, Scotto».


Iniziative per semplificare le procedure relative alla tutela delle aree incluse nei parchi nazionali e per garantire un'accurata selezione degli organi apicali degli Enti parco – 2-01074

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   con la legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, dando attuazione agli articoli 9 e 32 della Costituzione, si sono dettati i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita le regioni si istituiscono e delimitano i parchi nazionali in via definitiva. La norma sopracitata, in particolare, all'articolo 9, attribuendo all'Ente parco personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco e subordinandolo alla vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prevede quali sono gli organi necessari dello stesso: un presidente, un consiglio direttivo, una giunta esecutiva, un collegio dei revisori dei conti e la comunità del parco. Lo stesso articolo 9, inoltre, prevede che il consiglio direttivo debba essere composto da «esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità». All'articolo 24, si prevede che: «in relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale preveda, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione ed i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione della comunità del parco». La regione Campania, ad esempio, con la legge regionale n. 33 del 1993, istitutiva di parchi e riserve naturali, dettava i requisiti necessari per i soggetti che ambiscono a ricoprire la carica di presidente di parco; e, infatti, all'articolo 8 si prevede che il presidente dell'Ente parco: «venga nominato dalla Giunta Regionale su proposta degli Assessori alle Foreste, alla Urbanistica e all'Ecologia, sentito il parere delle Commissioni Consiliari competenti ai sensi della legge n. 26 del 24 aprile 1980 e prescelto tra persone che si siano distinte per i loro studi e/o per la loro attività nel campo della protezione dell'ambiente e non ricoprano cariche elettive e/o amministrative negli Enti Locali, negli organi di gestione di Enti Regionali nonché cariche elettive regionali, parlamentari ed europee». La giunta regionale, dunque, deve nominare il presidente in seguito ad una selezione accurata curriculare, basata sulle reali esperienze, assicurandosi che tali soggetti siano «persone distinte per i loro studi e/o per la loro attività nel campo della protezione dell'ambiente». In tali casi, che se anche riguardano i parchi regionali, sono indicativi di un criterio e un indirizzo chiaro nella valutazione dei curricula e nelle procedure di nomina, è evidente ci si assicuri la scelta al vertice degli enti di soggetti preparati e portatori di una spiccata sensibilità alle tematiche della tutela dell'ambiente e del territorio. È condizione necessaria ma non sufficiente aver condotto studi in materie ambientali o l'aver soltanto intrapreso attività genericamente connesse all'ambiente. La giurisprudenza amministrativa, infatti, ha affermato che il dato rilevante è l'aver svolto un impegno di durata e rilevanza tale da assurgere ad «elevato elemento di distinzione e specifica qualificazione del soggetto interessato». L'organo di giustizia amministrativa pone l'accento sulla concretezza e sul rilievo dell'attività svolta. Ed in tal senso anche il Consiglio di Stato ha ribadito la ratio sottolineando la differenza che passa tra attività che possono considerarsi rilevanti e foriere di impegno effettivo da quelle che, al contrario, si configurano solo apparentemente come tali (Consiglio di Stato, sentenza n. 4468 del 2007). Ne deriva che non il titolo di studio né una generica attività inerente alla tutela dell'ambiente sono elementi sufficienti a consentire ad un soggetto di ricoprire il vertice dell'organizzazione Ente parco. Colui che intenda accedere alla carica deve aver svolto un impegno in materia non solo concreto ma anche di qualità superiore alla media. Esemplificativo appare il precedente costituito dalla sentenza n. 2803 del 2006 del Tar Campania in cui il giudice amministrativo non ha ritenuto sufficiente considerare come elemento distintivo il solo avere ricoperto la carica di assessore comunale all'ambiente, per essere la stessa «un'esperienza professionale di politica amministrativa e non quindi indicativa di un “particolare impegno nella salvaguardia, conservazione e valorizzazione del patrimonio pubblico”». L'amministrazione, dunque, nello scegliere la personalità più indicata a ricoprire il ruolo di presidente dell'Ente parco deve, anche nel rispetto delle norme e di una consolidata giurisprudenza, vagliare accuratamente gli studi e le esperienze di ciascun candidato considerandone la quantità e la qualità privilegiando colui il quale si è realmente distinto per un impegno attivo nella salvaguardia e nella tutela del territorio. Il recente decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, disciplina il futuro degli organi collegiali di tutti gli Enti parco nazionali, compresi quelli ricadenti nelle regioni a statuto speciale, stabilendo che i componenti del consiglio direttivo dei parchi saranno in futuro costituiti da otto componenti individuati tra esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità: quattro designati dalla comunità del parco (dai comuni e altri enti locali), uno nominato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, uno scelto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, uno indicato dalle associazioni ambientaliste riconosciute e infine un membro scelto dall'Istituto superiore per la protezione della ricerca ambientale (Ispra), chiarendo alcuni passaggi gestionali utili e snellendo procedure e incertezze del passato. Con la proposta di legge n. 1490 del 2013 di iniziativa del primo firmatario del presente atto, dell'onorevole Rughetti e dell'onorevole Rostan di riforma della legge n. 394 del 1991 precedentemente richiamata, si intende rafforzare l'intento del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, prevedendo sfere di competenza chiare ed esplicite, soprattutto nel governo partecipativo e attivo del territorio, e rileggere in chiave moderna la politica delle aree protette alla luce dell'attuazione della strategia nazionale della biodiversità. Si intende perseguire, infatti, una riduzione drastica di comitati nazionali e consulte, utilizzando le strutture ministeriali quali strumenti di raccordo interistituzionali (Servizio civile nazionale e Ispra del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), e una concreta sburocratizzazione semplificazione amministrativa eliminando l'attuale duplicazione di controllo da parte dell'Ente parco e della soprintendenza, con la conseguente eliminazione della competenza della soprintendenza nelle aree del Parco ad emettere parere preliminare vincolante sugli interventi e l'esclusiva competenza dei parchi a rilasciare lo stesso nelle aree di loro pertinenza. L'articolo 142 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, infatti, indica tra le aree tutelate per legge con vincolo paesaggistico i parchi e le riserve regionali; chi intende intervenire su tali beni necessita attualmente di tre autorizzazioni: autorizzazione paesaggistica (ex articolo 146 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), permesso di costruire (ex articolo 13 Testo unico degli enti locali) e nullaosta del parco (ex articolo della legge n. 394 del 1991). La prima è emessa dallo sportello unico edilizia del comune, previo parere della soprintendenza, il secondo dal detto sportello e il terzo dall'Ente parco. Eliminare il parere preliminare vincolante sugli interventi emesso dalla soprintendenza, attualmente necessario per il rilascio di autorizzazione paesaggistica, non è da intendersi come diminuzione di tutela e garanzia per l'integrità dei territori e delle aree esponendole a rischi di varia natura, è da intendersi invece come tentativo volto alla responsabilizzazione dell'Ente parco nella gestione del suo territorio di pertinenza, di per sé già vincolato, e alla velocizzazione e miglioramento della procedura amministrativa stessa, con un notevole risparmio di tempo e costi per i cittadini richiedenti –:
   quale contributo concreto intenda dare il Ministro interpellato alla riforma richiamata, in particolar modo se sia favorevole o meno all'eliminazione della richiesta del parere preventivo conforme della soprintendenza nelle aree protette, ritenendo sufficiente ed efficace quello rilasciato dall'autorità dell'Ente parco e se, su eventuali procedure di nomina in atto di organi direttivi e presidenziali di parchi nazionali, intenda adottare criteri che ottemperino a quanto disposto dall'attuale articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991, ai principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'amministrazione previsti all'articolo 97 della Carta costituzionale, oltre che ai consolidati orientamenti giurisprudenziali delle magistrature amministrative.
(2-01074) «Valiante, Borghi, Bossa, Ciracì, Giulietti, Minnucci, Romanini, Fioroni, Grassi, Luciano Agostini, Lodolini, Fanucci, Famiglietti, Zoggia, Ferro, Ferrari, Folino, Giorgio Piccolo, Giancarlo Giordano, Ragosta, Ginefra, D'Incecco, Zardini, Ribaudo, Cuomo, Morassut, Mazzoli, Marotta, Monchiero, Lenzi».


Intendimenti del Governo in relazione al progetto di bonifica del sito industriale di Porto Torres, denominato «Nuraghe»
– 2-01078

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   mercoledì 16 settembre 2015 si svolgerà presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la conferenza di servizi decisoria sul progetto di bonifica del sito industriale di Porto Torres denominato Nuraghe;
   la conferenza deciderà se tale elaborato da Astaldi potrà essere messo in opera oppure se farà la fine di tutti gli altri progetti presentati nei decenni scorsi che sono stati «bocciati» dal Ministero;
   notizie di stampa riferiscono che questa potrebbe essere la volta buona, visto che gli enti locali interessati (regione, provincia, comune, Arpas e asl) sarebbero orientati ad approvare il progetto Nuraghe;
   dalle informazioni raccolte pare che il progetto preveda:
    a) un intervento preliminare nell'area di Minciaredda attraverso la tecnologia multi phase extraction (mpe) per garantire l'allontanamento delle acque presenti nel sottosuolo, separandole dal surnatante, ed estraendo le frazioni organiche volatili presenti nel sottosuolo;
    b) rimozione delle matrici contaminate solo in corrispondenza di specifiche aree individuate e trattamento delle stesse in una piattaforma polifunzionale da costruire nell'area di Minciaredda;
    c) realizzazione di due siti di raccolta (sdr), che non sono altro che discariche per rifiuti speciali, come evidenziano gli elaborati di progetto e la normativa di riferimento (decreto legislativo n. 36 del 2003): una per depositare i residui derivanti dalle palte fosfatiche di 55.000 metri cubi e un'altra per il resto di 171.000 metri cubi, sempre nell'area di Minciaredda;
   quindi, il risultato sarebbe che i veleni, sebbene trattati, continuerebbero a rimanere a Porto Torres in due nuove discariche e quei terreni sarebbero compromessi e inutilizzabili per nuove attività per sempre;
   nel 2013 il consiglio comunale di Porto Torres approvò all'unanimità una mozione che aveva come obiettivo quello di respingere categoricamente il cosiddetto «tombamento» dell'area ma anche qualsiasi tipo di progetto di bonifica che non prevedesse la completa rimozione dei rifiuti e dei terreni contaminanti e il relativo trasporto degli stessi in impianti esterni oggi già presenti e operativi;
   tale mozione fu importante in quanto recepì in pieno ciò che la popolazione chiedeva a gran voce e rafforzò la posizione dell'amministrazione comunale rispetto alle proposte di Syndial che già nel 2009 ipotizzò in via preliminare e informale, presso gli uffici dell'assessorato regionale della tutela dell'ambiente, un progetto di bonifica consistente nella rimozione dei veleni della discarica di Minciaredda, realizzando una nuova discarica da ubicare a sud di Minciaredda stessa;
   il progetto denominato Nuraghe, che prevede la bonifica di tutto il sito di interesse nazionale (Minciaredda, peci fenoliche, palte fosfatiche e altre zone) così come da computo metrico presentato, costa in totale 68.584.000 euro, una cifra di poco superiore al costo risalente al 2010 (con prezzi del 2010 quindi) pari a 62.880.000 euro previsto nel computo metrico presentato da Syndial per la messa in sicurezza permanente della soia area di Minciaredda;
   esiste perciò il dubbio legittimo che si tratti del medesimo progetto;
   l'area industriale di Porto Torres versa in una condizione di contaminazione particolarmente preoccupante e perciò risulta essere sito da bonificare di interesse nazionale;
   il tema delle bonifiche del sito industriale di Porto Torres oggi più che mai è molto sentito dalla cittadinanza in quanto centrale rispetto alle prospettive di sviluppo sociale, turistico ed economico del territorio, oltre che fondamentale da un punto di vista ambientale e occupazionale;
   è legittima e di assoluto buon senso la posizione espressa unitariamente dalla popolazione locale e dalle rappresentanze istituzionali della medesima circa la necessità di una bonifica integrale del territorio –:
   quali siano le caratteristiche del progetto;
   quale sia l'orientamento in merito del Ministro interpellato;
   come si intenda rendere partecipe del processo decisionale la comunità locale.
(2-01078) «Scotto, Piras, Pellegrino, Zaratti, Duranti, Ricciatti, Quaranta».