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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 10 settembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 10 settembre 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Centemero, Cicchitto, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Centemero, Cicchitto, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Miotto, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 9 settembre 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CAPOZZOLO: «Riconoscimento della patente europea pizzaioli (PEP)» (3294);
   MARCO DI MAIO: «Modifica all'articolo 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645, al fine di vietare la produzione, la distribuzione, la diffusione e la vendita di beni mobili raffiguranti immagini o simboli del disciolto partito fascista» (3295);
   ZOGGIA: «Modifica all'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, per la semplificazione dell'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano» (3296).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 9 settembre 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 1556. – Senatori MATURANI ed altri: «Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire l'equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali» (approvata dal Senato) (3297).

  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

  In data 9 settembre 2015 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa della deputata:
   CAPOZZOLO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori in agricoltura» (Doc. XXII, n. 55).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE COPPOLA: «Modifica all'articolo 136 della Costituzione, concernente gli effetti delle sentenze della Corte costituzionale dalle quali derivino nuove o maggiori spese a carico del bilancio dello Stato in conseguenza della dichiarazione dell'illegittimità costituzionale di norme di legge o di atto avente forza di legge» (3122) Parere della V Commissione.

   II Commissione (Giustizia):
  MURA ed altri: «Modifica al codice penale per l'introduzione del delitto di violenza o minaccia ad amministratori locali» (3188) Parere della I Commissione.

   VII Commissione (Cultura):
  RAMPELLI: «Disposizioni per la salvaguardia e la valorizzazione dell'architettura tradizionale e per la promozione di un nuovo rinascimento urbano» (3160) Parere delle Commissioni I, V, VI, VIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  BINETTI ed altri: «Ordinamento della professione di pedagogista e istituzione del relativo albo professionale» (3247) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  SCHULLIAN ed altri: «Modifica all'articolo 45 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di verifica di funzionalità dei dispositivi di controllo della velocità dei veicoli» (3218) Parere delle Commissioni I, II e V.

   XII Commissione (Affari sociali):
  BERGONZI: «Modifica all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di sanzioni per il medico che certifica falsamente lo stato di malattia di un pubblico dipendente» (3130) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  FANTINATI ed altri: «Disposizioni concernenti la fissazione di limiti al contenuto di sostanze tossiche nei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri nonché modifica dell'articolo 112 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di sanzioni relative all'immissione sul mercato di prodotti pericolosi» (3195) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e X (Attività produttive):
  VARGIU: «Disposizioni per il riconoscimento e la valorizzazione dell'identità della nazione sarda e istituzione del brand “Sardegna NUR.AT.”» (3222) Parere delle Commissioni V, VII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite V (Bilancio) e XI (Lavoro):
  LIBRANDI: «Destinazione facoltativa dell'importo della rivalutazione dei trattamenti pensionistici, restituito in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 10 marzo 2015, a fini di equità intergenerazionale» (3111) Parere delle Commissioni I, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 4 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), riferita all'anno 2014, corredata dal bilancio d'esercizio per il medesimo anno e dal budget per l'anno 2015.

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 4 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1, comma 5, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, 1, comma 13-bis, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e 2, comma 4-bis, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, la relazione sull'ottemperanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, concernente lo stabilimento ILVA di Taranto, nonché sullo stato e sull'adeguatezza dei controlli ambientali concernenti il medesimo stabilimento, aggiornata al 31 luglio 2015 (Doc. CCIV, n. 5).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 4 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sui bilanci consuntivi e sulla consistenza degli organici degli Enti parco nazionali, aggiornata al 31 luglio 2015, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 6 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 5-bis, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, la prima relazione sul documento di valutazione del danno sanitario, sullo stato di salute della popolazione coinvolta e sulle misure di cura e prevenzione messe in atto e i loro benefìci, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, concernente lo stabilimento ILVA di Taranto, aggiornata al 31 luglio 2015 (Doc. CCIV-bis, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 9 settembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici in relazione all'attuale crisi nel settore dell'asilo (COM(2015) 454 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VIII (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 8 settembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relative alla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (domanda presentata dall'Italia EGF/2015/004 IT/Alitalia) (COM(2015) 397 final);
   Comunicazione della Commissione al Consiglio – Partecipazione dell'Unione europea alla settima conferenza ministeriale FOREST EUROPE (Madrid, 20-21 ottobre 2015) (COM(2015) 414 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Verso il vertice umanitario mondiale: un partenariato globale per un'azione umanitaria efficace e basata sui princìpi (COM(2015) 419 final).

Comunicazione di proposte di nomina di membri italiani di istituzioni dell'Unione europea.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche e gli affari europei, con lettera in data 8 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, l'elenco dei nominativi dei candidati italiani al Comitato economico e sociale europeo, per il periodo 2015-2020.

  Questo documento è trasmesso alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomina governativa.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 7 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la comunicazione relativa alla nomina del dottor Santi Giuffrè a Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla II Commissione (Giustizia).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 4 agosto 2015, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del dottor Ugo Leone a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale del Vesuvio.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 7 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4, 6 e 10 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio):
   al dottor Riccardo Barbieri Hermitte, l'incarico di direttore della Direzione I analisi economico-finanziaria, nell'ambito del Dipartimento del tesoro;
   al dottor Fabrizio Corbo, l'incarico di consulenza, studio e ricerca presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
   al dottor Alessandro Fiore, l'incarico di direttore dell'Ufficio centrale di bilancio presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
   al dottor Giampiero Riccardi, l'incarico di consulenza, studio e ricerca presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

  Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 13 agosto 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, il decreto ministeriale di nomina della professoressa Roberta Ascarelli a presidente dell'Istituto italiano di studi germanici.

  Questo decreto è trasmesso alla VII Commissione (Cultura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE DELLA XIV COMMISSIONE SULLA RELAZIONE PROGRAMMATICA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA PER L'ANNO 2015 E SUL PROGRAMMA DI LAVORO DELLA COMMISSIONE PER IL 2015 E SUL PROGRAMMA DI DICIOTTO MESI DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA (DOC. LXXXVII-BIS, N. 3-A)

Risoluzioni

   La Camera,
   esaminati congiuntamente il Programma di lavoro della Commissione per il 2015 – Un nuovo inizio (COM(2014)910 final), la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2015. (Doc. LXXXVII-bis, n. 3) e il Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1o luglio 2014-31 dicembre 2015);
   preso atto degli elementi acquisiti nel corso dell'approfondita istruttoria svolta presso la XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva; rilevato che:
   rilevato che:
    l'esame congiunto dei documenti, offrendo l'opportunità di svolgere una vera e propria sessione parlamentare europea di fase ascendente, costituisce uno strumento particolarmente utile ai fini della qualificazione del contributo del Parlamento per la definizione di un quadro organico e coerente della politica europea del nostro Paese, articolata intorno a grandi obiettivi e linee d'intervento prioritarie;
    i documenti programmatici relativi all'anno in corso presentano un particolare rilievo in considerazione del fatto che si tratta del primo Programma di lavoro della nuova Commissione Juncker, con rilevanti novità sul piano del metodo e dei contenuti;
    l'utilità di una sessione di questo tipo è strettamente correlata alla sua tempestività, alla luce del fatto che i processi decisionali europei sono organizzati in maniera strutturata e rispondono ad una sequenza ordinata, per cui appare necessario che la Relazione programmatica sia trasmessa dal Governo nei termini previsti e che il Parlamento si pronunci entro il primo semestre dell'anno di riferimento;
    l'esame congiunto dei documenti programmatici coincide con una fase critica della vita dell'Unione europea, investita da una serie di problemi che hanno messo a dura prova la sua capacità di fornire risposte adeguate e condivise, e pregiudicato la fiducia dei cittadini nella costruzione europea;
    negli ultimi mesi si sono, infatti, presentati in rapida successione problemi che hanno assunto le caratteristiche di vere e proprie emergenze per la difficoltà dell'Unione europea di farvi fronte con le necessarie fermezza e tempestività: dalla gestione dei flussi migratori, alla recrudescenza delle situazioni di crisi e dei conflitti in molti paesi ai confini dell'Europa, dalla crescita delle minacce del terrorismo e della criminalità transfrontaliera alle difficoltà emerse alla ricerca di individuare una strategia efficace per rispondere alla concorrenza delle economie più aggressive e dinamiche: dalle incertezze che hanno segnato la ricerca di soluzioni innovative per uscire dalla lunga crisi economico-finanziaria ritrovando la via della crescita ai faticosi negoziati per superare la crisi greca;
    per la prima volta è stata evocata, con riferimento alla Grecia e alla Gran Bretagna, la prospettiva di una fuoriuscita di paesi membri dall'eurozona o dall'Unione europea in aperta controtendenza con l'evoluzione del processo di integrazione europea che ha sempre proceduto nella logica inclusiva dei progressivi allargamenti;
    le recenti vicende che hanno accompagnato i faticosi negoziati per una soluzione alla crisi greca hanno inoltre evidenziato chiaramente i limiti dell'attuale governance dell'area euro e posto l'esigenza di addivenire a più estese condivisioni di sovranità in materia economica e finanziaria così come in altri ambiti di competenza;
    la gravità di questa fase critica ha tuttavia avuto il merito di porre l'Europa stabilmente al centro del dibattito pubblico e del confronto politico. Ciò pone con urgenza la necessità di riavviare la discussione sulle prospettive del processo di integrazione politica e sulle iniziative da assumere per consentire all'Unione europea di attrezzarsi in maniera più efficace di fronte alle questioni che di volta in volta si pongono;
    più volte il Parlamento italiano, in occasione della presentazione di atti di indirizzo politico o dell'approvazione dei vari Programmi di lavoro della Commissione, si è pronunciato in favore di un salto in avanti politico dell'Unione – riducendo il peso delle procedure tecnocratiche, aumentando la trasparenza e l’accountability delle istituzioni, rafforzando il ruolo del Parlamento europeo e le competenze sussidiarie dei parlamenti nazionali, ritornando a dare centralità a una Commissione politica e al metodo comunitario in luogo di quello intergovernativo – per giungere, come punto di arrivo, alla costruzione degli Stati uniti d'Europa, improntando tale realizzazione su principi di democrazia, solidarietà e federalismo;
    la Commissione Juncker ha dimostrato dall'inizio del suo mandato un'apprezzabile capacità di segnare una discontinuità individuando alcune importanti priorità proprio nell'ambito del suo Programma di lavoro;
    merita in particolare apprezzamento l'obiettivo dichiarato dalla Commissione di voler dare risposta concreta alle aspettative dei cittadini europei che chiedono all'Unione una soluzione ai grandi problemi legati all'attuale congiuntura socioeconomica: il tasso di disoccupazione molto alto e addirittura insostenibile in alcuni dei paesi membri; il peso costituito dall'elevato indebitamento, sia pubblico che privato; la scarsa crescita e la carenza di investimenti e di competitività a livello mondiale, cui tuttavia dovrà far seguito l'adozione di concrete misure;
    in particolare, relativamente al primo degli obiettivi indicati dalla Commissione europea (un nuovo impulso all'occupazione, alla crescita e agli investimenti), assume particolare rilievo la prossima revisione della Strategia Europa 2020 che non si è rivelata in grado di conseguire gli obiettivi fissati, in particolare relativamente al tasso di occupazione e alla lotta alla povertà con la crisi sono infatti cresciuti significativamente i divari di sviluppo e le diseguaglianze all'interno dell'Unione europea e degli Stati membri e si è allargata l'area della precarietà e del disagio economico;
    un contributo apprezzabile al confronto sulle prospettive dell'integrazione europea è costituito dalla relazione «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa», elaborata dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con i Presidenti del Consiglio europeo, dell'Eurogruppo, della Banca centrale europea e del Parlamento europeo che delinea le prospettive di sviluppo dell'UEM su quattro fronti: un'Unione economica autentica, che assicuri che ciascuna economia abbia le caratteristiche strutturali per prosperare nell'Unione monetaria. In secondo luogo, verso un'Unione finanziaria che garantisca l'integrità della moneta unica e accresca la condivisione dei rischi con il settore privato, completando l'Unione bancaria e accelerando l'Unione dei mercati dei capitali. In terzo luogo, verso un'Unione di bilancio che garantisca sia la sostenibilità sociale sia la stabilizzazione dei bilanci. In quarto luogo, verso una effettiva Unione politica – che sola può porre le basi per l'attuazione dei tre obiettivi precedenti – da realizzare attraverso una accresciuta legittimazione democratica e un rafforzamento delle Istituzioni europee;
    l'obiettivo dell'avanzamento e dell'integrazione in senso federale costituisce la sfida più complessa e ambiziosa che vede impegnati, allo stesso tempo, le istituzioni europee e gli Stati membri: le dimensioni dei problemi che si pongono su scala globale superano, infatti, largamente la capacità di intervento dei singoli Stati membri. L'avanzamento del processo d'integrazione costituisce, dunque, una necessità ineludibile se si vuole preservare il valore della esperienza europea, la funzione che l'Europa può legittimamente continuare a svolgere a livello internazionale per quanto concerne la salvaguardia della dignità della persona, la tutela dei diritti fondamentali e il modello dell'economia sociale di mercato. Gli assetti istituzionali che l'Unione europea è andata progressivamente acquisendo sono il risultato di successivi e continui affinamenti ma hanno mostrato evidenti limiti. Occorre una strategia realista e allo stesso tempo ambiziosa per superare egoismi e veti nazionali e procedere lungo la strada della piena condivisione delle responsabilità e delle scelte politiche, in vista della realizzazione di una piena unificazione politica, che non svilirebbe le specificità di ciascun partner ma contribuirebbe invece a valorizzarle a rafforzare l'Europa nel suo complesso;
    nell'ambito della priorità relativa alla realizzazione di un mercato unico digitale, viene individuato come prioritario l'obiettivo di garantire ai consumatori l'accesso transfrontaliero ai servizi digitali e porre le basi di un'economia digitale quale nuova fonte di occupazione, crescita e innovazione, anche rafforzando la cibersicurezza e la protezione dei dati degli utenti internet, specie più vulnerabili;
    relativamente alla priorità relativa alle politiche energetiche e alla lotta ai cambiamenti climatici, merita pieno apprezzamento il salto di qualità delle politiche europee segnato dalla presentazione dell'Unione per l'energia, un progetto di estrema importanza strategica volto a ridurre la dipendenza dell'Unione europea da fornitori esterni, spesso non sufficientemente affidabili, attraverso il risparmio e l'efficienza energetica, lo sfruttamento delle risorse proprie e il potenziamento delle reti infrastrutturali per garantire le necessarie interconnessioni. Viene inoltre prospettato un riordino degli incentivi per le fonti rinnovabili che razionalizzi i sistemi attualmente vigenti in diversi paesi europei e la revisione della disciplina relativa al sistema ETS per lo scambio di quote di emissioni che non si è rilevato adeguato agli obiettivi che gli erano stati assegnati. I progressi che l'Europa potrà realizzare su questa materia risulteranno decisivi per rafforzarne il ruolo e le prospettive di crescita su scala internazionale;
    quanto al tema dei rapporti commerciali, la Commissione sta procedendo al riesame globale della strategia commerciale dell'Unione europea e del suo contributo all'occupazione, alla crescita e agli investimenti. Il riesame riguarderà i negoziati multilaterali, bilaterali e le misure autonome; in particolare, la rapida conclusione dei negoziati per il TTIP dovrà produrre ricadute positive per le economie europee in termini di crescita, occupazione e salvaguardia delle produzioni di qualità;
    con riguardo alle migrazioni, occorre prendere atto che non si tratta di una mera emergenza ma di un fenomeno che ha già assunto carattere strutturale in considerazione dell'aggravamento delle condizioni di sicurezza, politiche ed economico-sociali dei paesi di provenienza, spesso ai confini dell'Europa, dilaniati da violenti conflitti interni o soggetti a regimi dittatoriali. L'intensificarsi dei flussi di migranti via mare e via terra, con reazioni fortemente differenziate dei singoli Stati membri, rendono pertanto urgente la definizione di unica politica europea d'asilo, incardinata sul rispetto dei diritti fondamentali, quali previsti dall'ordinamento interno, internazionale ed europeo, nonché dei principi di solidarietà e di equa ripartizione degli oneri tra gli stati membri;
    quanto allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia e alla politica sulle migrazioni, merita apprezzamento la presentazione, da parte della Commissione europea, dell'Agenda europea in materia di sicurezza per il periodo 2015-2020, volta a rafforzare gli strumenti per il contrasto alla criminalità transfrontaliera, il terrorismo, il fenomeno dei combattenti stranieri e la cibercriminalità, così come la presentazione dell'Agenda della migrazione diretta a gestire in termini organici e coerenti il crescente flusso migratorio in direzione delle frontiere europee;
    relativamente al ruolo dell'Unione europea a livello mondiale, risulta pienamente condivisibile l'obiettivo della Commissione di dotarsi di una vera politica estera comune per promuovere la stabilità lungo i confini dell'Unione;
    relativamente alle iniziative sul terreno della qualità della legislazione europea (better regulation), appare meritorio l'obiettivo di rafforzare il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione sia attraverso lo scambio di opinioni con il Parlamento europeo e il Consiglio, sia attraverso lo scambio di opinioni tra le tre istituzioni sulle priorità pluriennali nonché attraverso l'aggiornamento periodico sulla pianificazione del programma di lavoro nel corso dell'anno: è comunque necessario valorizzare il contributo che può essere fornito dai Parlamenti nazionali;
    appare altresì pienamente condivisibile l'esigenza di procedere ad una sistematica valutazione dell'impatto della normativa adottata dall'UE con l'analisi dei vantaggi e degli oneri che possono derivarne per i destinatari oltre che della sostenibilità sul piano amministrativo, sociale ed economico finanziario;
    rilevata l'esigenza che la presente risoluzione sia trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico,

impegna il Governo:

   a) a concorrere attivamente al confronto avviato sull'avanzamento delle prospettive dell'integrazione europea, unico rimedio ai problemi che il nostro continente è chiamato a fronteggiare, le cui dimensioni globali superano largamente le capacità di intervento dei singoli Stati membri. Il confronto dovrà essere il più ampio possibile e coinvolgere i cittadini, in primo luogo attraverso le istituzioni parlamentari;
   b) ad adoperarsi affinché il percorso di rilancio del processo di integrazione sia articolato in tre ambiti:
    la definizione, a trattati vigenti, di politiche comuni in grado di fornire risposte adeguate alle aspettative dei cittadini, in modo da fronteggiare con azioni concrete le crescenti tendenze all'euroscetticismo che altrimenti rischiano di minare la stessa legittimazione dell'integrazione europea;
    l'attuazione di un'autentica Unione economica e monetaria, a partire dalla Relazione «Completare l'Unione monetaria ed Economica dell'Europa» dello scorso giugno, assicurando che la creazione di nuovi meccanismi e figure istituzionali nella zona euro risponda primariamente all'obiettivo di condurre politiche economiche e di bilancio orientate alla crescita, all'occupazione e alla coesione economica e sociale;
    la progressiva realizzazione di Istituzioni e politiche di tipo federale, con l'obiettivo ultimo di addivenire alla creazione degli Stati Uniti d'Europa;
   c) a dare priorità alla realizzazione di politiche europee in grado di conseguire tassi di crescita più consistenti, in modo da assorbire la disoccupazione che, negli ultimi anni, è aumentata e di sostenere la domanda complessiva. A questo scopo il Governo dovrebbe tenere ferma la proposta, avanzata già nel corso del semestre di Presidenza, di accorpare le composizioni del Consiglio che si occupano di economia reale (competitività, agricoltura, energia e trasporti, occupazione e affari sociali) che consenta di dare peso adeguato ai temi dell'economia reale e della crescita, riequilibrando il peso preponderante dato fino ad oggi al tema della stabilità finanziaria;
   d) ad adoperarsi affinché l'Unione promuova ulteriormente la ripresa della domanda aggregata e, in particolare, degli investimenti soprattutto nelle aree dell'Unione più colpite dal crollo degli investimenti stessi. A questo riguardo occorre anzitutto assicurare che il Piano Juncker sostenga investimenti realmente addizionali e selezionati non soltanto in base alle prospettive di redditività ma anche al contributo che essi possono offrire allo sviluppo economico e sociale dei territori interessati;
   e) a lavorare affinché siano perseguite e realizzate compiutamente le politiche per la stabilizzazione non soltanto della finanza pubblica, ma anche dei mercati finanziari attraverso una vera e propria Unione del mercato dei capitali e aggiornata la governance dell'area euro e valutando l'adozione a livello di UE di disposizioni volte a monitorare e contrastare, quando necessaria, l'attività dei fondi che, speculando sulle crisi debitorie degli Stati nazionali, arrecano danno alla stabilità dei mercati e delle economie nazionali;
   f) a rafforzare ulteriormente le strategie messe in campo per sostenere le politiche per la ricerca, l'innovazione e la crescita oltre che per la formazione e la qualificazione del capitale umano. La percentuale della spesa in ricerca e innovazione nei paesi europei, pur registrando situazioni assai differenziate, resta comunque più bassa di quella delle aree economiche più dinamiche: è evidente che la competitività dei sistemi produttivi europei non potrà essere preservata e migliorata senza un intervento più coraggioso in questo campo;
   g) sempre con riferimento all'individuazione di spazi adeguati per politiche orientate alla crescita, oltre che per interventi anticiclici, che consentano di invertire le tendenze recessive ancora molto forti all'interno dell'Unione monetaria, a lavorare per proseguire sulla strada intrapresa dalla Commissione europea con gli orientamenti recentemente adottati per quanto concerne i margini di flessibilità delle regole del Patto di stabilità, anche sulla base del positivo lavoro svolto proprio dal Governo italiano;
   h) quanto alla fiscalità, a proseguire il lavoro avviato nel corso del semestre di Presidenza italiana, in particolare in materia di lotta alla frode e all'evasione fiscale e, più in generale, affinché si riprenda la discussione sulle risorse proprie, superando un'attuale situazione per cui il bilancio dell'Unione europea è alimentato essenzialmente da entrate derivanti da trasferimenti degli Stati membri: l'obiettivo deve essere quello di individuare tributi propri dell'Unione europea che siano strettamente correlati con le politiche europee. Al riguardo merita segnalare la proposta da più parti caldeggiata per introdurre una carbon tax che risulterebbe coerente con le politiche per la lotta ai cambiamenti climatici condotta dall'Unione europea e individuare misure adeguate a superare la concorrenza fiscale dannosa, il cosiddetto dumping fiscale, fenomeno gravissimo che produce sperequazioni ed aumenta il divario all'interno dell'Unione. La concorrenza fiscale penalizza in particolare i redditi da lavoro e da impresa, stante la volatilità dei mercati finanziari e la libertà di movimento di capitali;
   i) ad assicurare una effettiva e tempestiva attuazione della programmazione nazionale 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento dell'UE, vigilando sul rispetto da parte delle amministrazioni centrali e delle regioni degli obiettivi e delle scadenze previste dalla normativa dell'Ue e nell'accordo di partenariato approvato dalla Commissione europea. Pertanto, è prioritario che il Governo assicuri la piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale, rafforzandone ulteriormente le funzioni di monitoraggio e di controllo sull'impiego dei fondi da parte delle autorità di gestione, centrali o regionali, e soprattutto di supporto, accompagnamento e assistenza alle medesime autorità. L'Agenzia dovrà inoltre svolgere, ove necessario, anche compiti diretti di gestione e potrà assumere poteri sostitutivi in situazioni di gravi inadempienze o ritardi da parte delle autorità di gestione;
   j) è necessario altresì assicurare l'integrale utilizzo entro il 31 dicembre 2015 delle risorse del precedente periodo di programmazione 2007-2013, al fine di evitare la perdita di risorse già assegnate all'Italia per effetto della regola del disimpegno automatico (n+2);
   k) relativamente alla prossima revisione della Strategia Europa 2020, ad intervenire affinché si colga l'occasione per assumere sistematicamente tra i parametri rilevanti, accanto ai dati macroeconomici e di finanza pubblica, la dimensione sociale e l'impatto che le singole misure poste in essere determinano sul piano sociale;
   I) relativamente al mercato digitale, a procedere tempestivamente per dare piena attuazione agli obiettivi dell'Agenda digitale in primo luogo attraverso la realizzazione di un'efficiente rete di banda ultra larga nel nostro Paese e a contribuire alla realizzazione delle azioni chiave previste dalla Strategia per il mercato unico digitale;
   m) quanto alle politiche energetiche e alla lotta ai cambiamenti climatici, a seguire attivamente la attuazione del progetto dell'Unione dell'energia facendo valere le esigenze prioritarie del nostro Paese con particolare riferimento alla sicurezza degli approvvigionamenti, al potenziamento delle reti e delle interconnessioni, allo sviluppo delle fonti rinnovabili, all'efficienze e al risparmio energetico e alla revisione del sistema ETS. Occorre inoltre lavorare affinché l'UE riesca ad esprimere pienamente le potenzialità di leadership a livello internazionale anche per la definizione di obiettivi condivisi e vincolanti in occasione del prossimo appuntamento costituito dalla Conferenza COP21 che si terrà a Parigi;
   n) a lavorare per dare seguito, attraverso iniziative concrete, all'obiettivo europeo di promuovere una rinascita industriale che riporti la quota di PIL assicurato dal settore manifatturiero al 20 per cento, sostenendo l'industria europea, e in particolare le PMI, specie ad elevato valore aggiunto, che soffrono la competizione spesso sleale delle economie emergenti particolarmente agguerrite;
   o) per quanto concerne la politica commerciale, con particolare riguardo al TTIP, a tenere costantemente aggiornato il Parlamento sull'andamento dei negoziati e a individuare soluzioni adeguate a garantire ai membri del parlamento l'accesso ai documenti negoziali consolidati;
   p) relativamente allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, a proseguire l'importante lavoro svolto durante la Presidenza italiana per individuare strumenti e procedure idonei ad un costante monitoraggio sull'effettivo rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali all'interno dell'UE;
   q) relativamente alla gestione dei flussi migratori:
    ad adoperarsi per realizzare una politica unica dell'asilo, che preveda criteri e standard di protezione e di assistenza comuni e una gestione europea delle domande di asilo. In attesa della piena attuazione di tale sistema centralizzato, andrebbe introdotto un meccanismo di riconoscimento reciproco delle decisioni in materia di asilo, revisionando le attuali regole della Convenzione di Dublino;
    ad introdurre a titolo sperimentale la possibilità per i potenziali titolari di asilo di rivolgersi alle organizzazioni internazionali o alle Delegazioni UE in loco al fine di ottenere protezione ed aiuto e di essere inseriti, secondo la scala di ripartizione comunitaria, in programmi di reinsediamento, evitando così di cadere nella rete dei trafficanti di uomini;
    ad assicurare, come previsto dall'Agenda sulla migrazione, una effettiva solidarietà tra gli Stati membri, come previsto dai Trattati, stabilendo un sistema obbligatorio di quote per la ricollocazione dei rifugiati e prevedendo sanzioni efficaci e dissuasive per gli Stati inadempienti;
    ad assicurare che le operazioni Frontex assumano sistematicamente l'obiettivo del salvataggio in mare ed assumano in prospettiva un ruolo di primo piano in materia di rimpatrio di migranti non aventi diritto al riconoscimento della protezione internazionale;
    ad inserire clausole relative al rispetto dei diritti umani dei rifugiati quali previsti dall'ordinamento internazionale in tutti gli accordi di Partenariato sulla mobilità conclusi tra l'UE ed i Paesi di origine e di transito dei migranti;
   r) per quanto riguarda la politica estera e di difesa comune, a promuovere e sostenere l'intervento dell'UE nei processi di stabilizzazione e di sviluppo democratico ed economico dei Paesi del vicinato, con particolare riguardo a quelli, come la Libia, che vivono situazioni particolarmente difficili pericolose di conflitti che provocano inevitabili conseguenze, in termini di instabilità e rischi per la sicurezza, agli stessi Paesi europei; occorre inoltre sostenere l'azione dell'Alto rappresentante per un cessate il fuoco duraturo a Gaza e a favorire la ripresa del processo di pace in Medio oriente basato sul principio dei due Stati nonché sostenere gli sforzi della UE per porre fine alle violenze in Siria, facilitando una transizione politica conforme alle aspirazioni democratiche del popolo siriano. Particolare attenzione sarà dedicata al contributo che l'Unione potrà dare al contrasto delle minacce legate al terrorismo e all'estremismo violento. Più in generale, occorre correggere la tendenza che ha prevalso negli ultimi anni in Europa di guardare più ad est che al sud, riorientando parzialmente l'asse delle priorità tenendo conto che dalle sponde meridionali del Mediterraneo e dall'Africa arrivano le più grandi minacce ma anche notevoli opportunità che richiedono di adottare un nuovo approccio anche per la politica di cooperazione. Per quanto riguarda la crisi ucraina, occorre mantenere una linea equilibrata che si basi sul rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale e sul fermo invito alle parti a rispettare pienamente il cessate il fuoco e gli accordi di Minsk, nonché sulla promozione di ogni utile occasione di dialogo diretto fra Ucraina e Russia, anche al più alto livello politico, tenendo aperti i canali di dialogo con la Russia; quanto alla strategia di allargamento dell'Ue verso i Balcani, occorre sostenere l'attuazione della Strategia adriatico-ionica.
(6-00155) «Rosato, Lupi, Mazziotti Di Celso, Dellai, Pisicchio».


   La Camera,
   esaminata la relazione della XIV Commissione sulla relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2015, sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2015 e sul programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea;
   premesso che:
    l'esame congiunto dei documenti si colloca alla Camera come una vera e propria «sessione europea di Fase ascendente» dedicata alla valutazione e al confronto delle priorità delle Istituzioni europee e quelle del Governo, nonché quelle individuate dalle Presidenze del Consiglio:
   negli ultimi 4 anni l'esame della Camera sui documenti in oggetto non si è però mai conclusa. L'ultimo approdo in Aula della relazione programmatica e del programma di lavoro della Commissione, con relativa presentazione di risoluzioni, si è avuto con riferimento all'anno 2011;
    la relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea è stata presentata al Parlamento solo a marzo del 2015, anziché entro il 31 dicembre dell'anno precedente come la legge n. 234 del 2012 dispone, il programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea termina il 31 dicembre 2015, mentre le iniziative della Commissione sono, nelle aree individuate come priorità, talvolta già iniziate;
    quindi più che fase programmatica è diventata una fase di esclusiva «ratifica» quella della Camera. Una fase che lascia poco spazio al Parlamento nella definizione della politica dell'Unione europea, poiché la procedura ha senso se arriva a conclusione entro i primi mesi dell'anno, quando le linee programmatiche di Commissione e Governo non hanno trovato attuazione in maniera significativa:
   ulteriormente si segnala che nella relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2015, manca totalmente la fase di attività del Parlamento nella formazione delle politiche e delle norme europee che con i suoi indirizzi e pareri, ha prodotto degli impegni nei confronti del Governo: La legge 234 del 2015 prescrive che si debba dar conto, nella relazione, delle iniziative assunte in conseguenza di essi;
    affrontare ed esaminare il programma di lavoro della Commissione, impostato in 10 priorità strategiche, appare quindi preminente, in questa fase in cui l'Unione europea è stabilmente al centro del dibattito pubblico e del confronto politico e anche considerato che sugli orientamenti del Governo e sulle relative partecipazioni al Consiglio europeo, questa Camera si è già espressa in questi mesi;
    la crisi greca e la sua gestione ha mostrato con evidenza tutti i limiti dell'Unione europea e ha sollevato con forza il tema della revisione in profondità delle politiche economiche cosiddette «dell'austerità» portate avanti dagli organismi dirigenti dell'eurozona e da molti governi dei Paesi che ne fanno parte e di una revisione in senso democratico del funzionamento degli organismi stessi della governance europea:
    con riferimento alla priorità relative all'occupazione, alla crescita e agli investimenti, la strategia economica della Commissione agisce fondamentalmente su tre fonti: promozione degli investimenti; riforme strutturali; rigidità di bilancio;
    sostanzialmente le iniziative per rilanciare la crescita e l'occupazione in Europa si concentrano con lo sviluppo del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), nella strategia Europa 2020 e nella relazione «Completare l'unione economica e monetaria dell'Europa» cosiddetto, «documento dei 5 presidenti»;
    il FEIS costituirebbe il fulcro dell'offensiva sugli investimenti predisposta dal Presidente Juncker cosiddetto «Piano Juncker», che così come disegnato e presentato appare profondamente sbagliato, non solo per molti versi inutile ma probabilmente nocivo rispetto a quelle che sono le necessità europee;
    tale iniziativa è sottodimensionata e tardiva e sarà del tutto insufficiente per spingere l'Europa su un percorso di ripresa economica sostenuta;
    l'Europa avrebbe bisogno di un programma significativo di investimenti pubblici di 600 miliardi di euro (2 per cento del PIL dell'UE) ogni anno e per un periodo di dieci anni. In un clima di tassi di interesse storicamente bassi, è quasi criminale non utilizzare la capacità di finanziamento pubblico dello Stato per finanziare direttamente ulteriori investimenti. Anche se finanziato a debito, un programma di investimenti pubblici si potrebbe ammortizzare in gran parte da solo come conseguenza della maggiore attività economica indotta, dell'incremento dell'occupazione e delle entrate pubbliche. Ciò è particolarmente importante per i Paesi con un avanzo delle partite correnti come la Germania. Essi dovrebbero incoraggiare asimmetricamente gli investimenti e il consumo per rilanciare la domanda interna, correggere gli squilibri commerciali ed aumentare le economie dei loro partner commerciali europei attraverso le importazioni. Una parte del finanziamento di questo programma potrebbe derivare dalla tassazione della ricchezza, nonché dalla lotta contro i paradisi fiscali;
    con riferimento al «documento dei 5 presidenti», esso ha il proposito di accelerare la convergenza delle economie europee realizzando una convergenza delle politiche economiche. Nel documento l'enfasi è posta sulle politiche nazionali in materia di bilancio e di fiscalità, nonché sulle riforme, tutte liberalizzanti (mercato del lavoro, privatizzazioni, pensioni). Il documento contiene anche indicazioni, per il momento assai vaghe, in materia di bilancio europeo e di solidarietà. Al Parlamento europeo sarebbe riconosciuto un non meglio specificato ampliamento di potere. In questo quadro non si capisce perché occorra dilazionare le misure riguardanti il bilancio europeo, la solidarietà e le politiche sociali e quindi le misure per la crescita e l'occupazione;
    anziché quanto proposto dalla Commissione, occorrerebbe un «Piano europeo per l'Occupazione» il quale stanzi almeno 1.000 miliardi di euro con risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle già stanziate, per dare occupazione a 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (di cui un milione in Italia): tanti quanti sono quelli che hanno perso il lavoro dall'inizio della crisi, definendo una politica industriale a livello europeo, dando priorità a interventi che rispettano il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione agevolando la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili, la creazione di un'agricoltura biologica e molti funzionale, il riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro);
    in riferimento alla priorità relativa al rafforzamento dell'unione economica e monetaria e la necessità, individuata anche dalla Commissione europea, di renderla più profonda e più equa, permane la questione della revisione in profondità delle politiche economiche cosiddette «dell'austerità» portate avanti dagli organismi dirigenti dell'eurozona e da molti governi dei paesi che fanno parte:
    l'attuale quadro di governance dell'Unione economica e monetaria non consente di avviare un dibattito adeguato sulle prospettive economiche dell'area euro o di adottare una posizione di bilancio coerente, oltre a non affrontare le diverse situazioni economiche e fiscali su un piano di piena parità;
    importanti iniziative strategiche, che includevano raccomandazioni politiche, erano basate su previsioni economiche che non avevano previsto la bassa crescita e inflazione registrate e che non hanno tenuto pienamente conto della sottovalutazione delle dimensioni del moltiplicatore fiscale, dell'importanza degli effetti di ricaduta nei vari Paesi in un periodo di consolidamento sincronizzato e dell'effetto deflazionistico di riforme strutturali cumulative;
    la situazione attuale richiede un coordinamento economico più stretto ed inclusivo (aumentare la domanda aggregata, migliorare la sostenibilità di bilancio e consentire riforme strutturali sostenibili e i relativi investimenti) nonché reazioni rapide al fine di correggere le carenze più evidenti nel quadro della governance economica;
    l'accumulo di procedure rende il quadro della governance economica complesso e non sufficientemente trasparente, il che va a scapito dell'appropriazione e dell'accettazione da parte dei parlamenti, delle parti sociali e dei cittadini, delle linee guida, delle raccomandazioni e delle riforme che derivano da tale quadro;
    è necessario che il quadro della governance economica sia corretto e completato a medio e lungo termine al fine di consentire all'Unione europea ed all'area dell'euro di conseguire le sfide in materia di convergenza, investimenti di lungo periodo e la fiducia degli operatori socio-economici:
    la legislazione è stata attuata durante la crisi sulla base di accordi intergovernativi ed è mancata la responsabilità democratica a livello dell'Unione europea. È dunque necessario porre fine agli accordi puramente intergovernativi e promuovere un maggiore coinvolgimento dei Parlamenti. Ciò costituirebbe, a livello europeo, una condizione indispensabile per aumentare la legittimità democratica. La responsabilità democratica risolta indebolita anche dall'estrema complessità del quadro;
    il Governo italiano ha inviato, in data 25 maggio 2015, il proprio contributo sulla riforma della Unione economica e monetaria europea, senza che vi sia stato un formale passaggio parlamentare, condizione questa che avrebbe contribuito a rafforzare il peso politico-istituzionale del nostro Paese;
    la creazione del meccanismo europeo di stabilità (MES) al di fuori della struttura delle istituzioni dell'Unione, rappresenta un passo indietro per l'integrazione politica dell'Unione stessa. Sarebbe, pertanto, opportuno che il MES fosse pienamente integrato nel quadro comunitario e reso formalmente responsabile nei confronti del Parlamento europeo;
    non ci sono dubbi che occorra una maggiore convergenza delle economie europee ma l'attuale assetto mercantilistico europeo si muove in direzione opposta rispetto alle esigenze di armonizzazione creando squilibri strutturali sistemici irrecuperabili se si permane in questo quadro. Eppure le regole europee prevedono di intervenire rispetto agli eccessi esportativi. Ma su questo aspetto, oltre a blandi richiami non si è andato oltre, ad esempio nei confronti della Germania che da otto anni consecutivi ha un surplus della bilancia commerciale che viola le regole europee che prevedono che non si possa generare un saldo positivo superiore al 6 per cento del PIL nella media di tre anni;
    con riferimento al cambiamento democratico la Commissione ha preannunciato un pacchetto denominato better regulation;
    la crisi greca è stato lo specchio del deficit democratico dell'Unione europea. Tale deficit è chiaramente dovuto ai meccanismi dell'unione monetaria, che, come ammesso implicitamente dalle stesse istituzioni europee, rendono l'austerity una necessità alla quale i paesi più deboli devono adeguarsi senza se e senza ma;
    esiste un problema di accountability e di trasparenza, non tanto e non solo per ciò che concerne i fondi creati ad hoc attraverso strumenti di diritto internazionale e quindi fuori dal contesto giuridico dell'Unione europea (tra l'altro tutti concentrati su una politica di consolidamento del bilancio) quanto più in generale per la governance economica dell'Unione;
    il sistema istituzionale dell'Unione andrebbe totalmente rivisto così come i trattati fondativi in senso democratico, dando un chiaro bilanciamento tra i poteri e togliendo potere al sistema intergovernativo;
    l'impalcatura dell'Unione europea costruita sulla svalutazione del lavoro è insostenibile, fattore di deflazione e di disoccupazione strutturale, in particolare giovanile, e di conseguenza alimento di nazionalismi e chiusure xenofobiche. Senza una significativa correzione dei Trattati e della rotta di politica economica, la moneta unica rischia di implodere e di trascinare con se la stessa Unione. La drammatica vicenda greca ha avuto il merito storico di rendere chiaro il conflitto tra Stati e interessi in campo. Per piegare le resistenze del governo Tsipras, la Germania ha messo sul tavolo un «Piano B finalizzato alla Grexit». Per ridurre gli squilibri di potere negoziale anche parte della sinistra europea lavora insieme per definire un piano per un eventuale superamento cooperativo e assistito dalla BCE della moneta unica;
    sulle priorità in tema di mercato delle energie e cambiamenti climatici è bene ribadire che siamo nel pieno del percorso verso il nuovo accordo globale sul clima che dovrà essere approvato dalla 21a Conferenza delle Parti a Parigi nel dicembre 2015, un appuntamento decisivo per tentare di «invertire la rotta», e con essa il destino del nostro pianeta;
    diversi obiettivi del documento sull'Unione dell'energia sono condivisibili. Bisognerà vedere se l’«Energy Union» sarà un ennesimo elenco di buoni propositi, o riuscirà a produrre una nuova e più efficace legislazione su clima ed energia. Il rinnovamento del settore elettrico basato sulla piena sostenibilità deve rappresentare un'opportunità per l'economia europea in termini di sviluppo economico, di occupazione, di sicurezza energetica, di sicurezza degli approvvigionamenti;
    è senz'altro positivo l'obiettivo, indicato nella proposta per un'Unione energetica, di ridurre l'utilizzo dei combustibili fossili, e puntare sulla sostenibilità delle fonti energetiche, attraverso le energie rinnovabili e l'efficienza energetica. Nonostante ciò sarebbe opportuno:
    a) individuare nuove forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità e la decarbonizzazione;
    b) mettere un riferimento alla necessità di uscire definitivamente dal carbone, il combustibile più nocivo per l'ambiente e la salute pubblica;
    c) prevedere una tariffazione elettrica equa e in grado effettivamente di garantire le fasce più deboli;
    d) immaginare una drastica riduzione dei consumi di energia anche attraverso una crescita dell'efficienza energetica;
    con riferimento al TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) tra Ue e Usa a luglio si è tenuto il decimo round negoziale;
    anche se definito positivo dai negoziatori, il decimo round non ha affrontato i nodi più intricati del negoziato: dallo scambio di servizi finanziari alla tutela della proprietà intellettuale, passando per la protezione dei dati online e il commercio energetico;
    a settembre i negoziatori dovrebbero entrare nel merito dei temi relativi alla sostenibilità, capitolo che riguarda i diritti sindacali, l'ambiente e la tutela della salute. Del tutto fermo il dossier più spinoso di tutti, la presenza di una norma che tuteli gli investimenti: nel corso dell'ultima plenaria il Parlamento europeo, 15 giugno, ha chiesto di rigettare la tradizionale formula dell'Isds – il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, uno strumento di diritto pubblico internazionale che garantisce ad un investitore straniero il diritto di avviare un procedimento nei confronti dello Stato che lo ospita – e di propendere per un nuovo sistema giudiziario, basato sull'arbitrato privato e comune negli accordi commerciali esistenti;
    i costi sociali ed economici derivanti dall'eliminazione delle cosiddette «barriere non tariffarie» sarebbero imprevedibili e pericolosi per la tenuta sociale. Tant’è vero che per stessa ammissione dei funzionari europei e statunitensi; lo scopo primario dell'accordo non è di stimolare gli scambi attraverso l'eliminazione delle tariffe tra UE e USA, che sono già a livelli minimi, ma piuttosto attraverso l'eliminazione di tutte quelle barriere normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali come, ad esempio, gli standard che l'Europa nel corso della sua formazione s’è data in materia ambientale (come il principio di precauzione), i diritti dei lavoratori, la sicurezza alimentare, la discrezionalità degli Stati nel perseguire o no le politiche a favore degli organismi geneticamente modificati, eccetera);
    con riferimento alle questioni delle migrazioni, la Commissione europea ha presentato l'Agenda europea della migrazione definendo in particolare, un approccio alla questione dei flussi migratori basato sui principi di responsabilità e solidarietà. Nel dettaglio la Commissione ha proposto la ricollocazione e il reinsediamento di richiedenti asilo in evidente bisogno di protezione internazionale, un piano contro il traffico di migranti e il potenziamento delle operazioni coordinate da Frontex nel Mediterraneo;
    si stima che siano diverse decine di migliaia i migranti morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo dal 1998;
    non solo immagini terribili quelle dei nostri giorni ma sono anche numeri di una guerra che giorno dopo giorno si sta svolgendo nel Mediterraneo sotto i nostri occhi e questo avviene sia per una situazione di forte instabilità in Libia e come conseguenza dei diversi conflitti che si registrano in Medio Oriente e nel continente africano – come in Iraq, Siria, Afghanistan, Yemen, Nigeria, Somalia, Eritrea, Sudan solo per citarne alcuni – e sia per le migliaia di migranti che sfuggono da carestie, fame e povertà o dagli effetti dei cambiamenti climatici antropici globali;
    l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) assiste oltre 50 milioni tra rifugiati e sfollati in tutto il mondo. Complessivamente il numero risulta essere ancora più ampio se si conteggiano ad esempio anche i cosiddetti «climates refugees», ossia coloro che sono vittime di migrazioni forzate determinate dagli effetti negativi dei disastri ambientali e dei cambiamenti climatici e che attualmente non sono riportati in nessuna statistica ufficiale e spesso non assistiti da alcuna organizzazione umanitaria;
    i dati forniti da Eurostat sulle richieste di asilo presentate in Europa fotografano un fenomeno, quello dei rifugiati e richiedenti asilo, di imponenti dimensioni e che necessita di una forte politica comune dell'Unione europea;
    dall'inizio dell'anno, nell'Unione europea sono state oltre 400 mila le richieste di asilo, di questi 106 mila riguardano bambini. La Germania ha dichiarato che si aspetta circa 800 mila richieste di asilo entro la fine dell'anno;
    le richieste di asilo nei Paesi dell'Unione europea sono disciplinate dal regolamento n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cosiddetto regolamento «Dublino III»), che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide;
    in particolare, il regolamento Dublino III obbliga i migranti a richiedere asilo nel Paese di arrivo, generando squilibri e prolungando il calvario dei richiedenti asilo anche dentro le frontiere europee:
    l'Europa tutta è negligente, nulla è stato fatto nonostante i proclami. La gestione dell'accoglienza, la «presa in carico» e l'assistenza da parte di molti Paesi dell'Unione europea continua a presentare numerose criticità, e i costi sociali ed economici di tale negligenza e mala gestione si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    occorre un'azione concordata dell'Europa e misure urgenti da assumere urgentemente con il superamento degli accordi di Dublino e la creazione di un «diritto d'asilo europeo». A questo va aggiunto un intervento delle organizzazioni internazionali come l'Onu per stabilizzare la situazione in Libia e Siria, nella risoluzione dei conflitti che imperversano in Medio Oriente e in Africa;
    il nostro Paese è chiamato ad un'assunzione di responsabilità ed allo stesso tempo ad uno sforzo di elaborazione e proposta che siano ispirati a criteri fondati sul diritto internazionale e sui diritti umani:
    la crisi mette in discussione sia gli assetti politici e geopolitici precedenti che categorie di lettura ed interpretative – ormai superate – di fenomeni globali oggi ingovernabili con gli strumenti tradizionali della politica internazionale. Per questa ragione ogni proposta politica sul tema dei migranti dovrà anzitutto tentare di fare un salto in avanti rispetto ad una prassi ormai consolidata che vede le politiche dei governi europei subordinate a visioni del mondo fondate sull'interesse nazionale, l'accettazione del principio dell'ingerenza umanitaria, del securitarismo, e dell'autonomia dello strumento militare rispetto al ruolo della politica e della diplomazia;
    politica migratoria e politica estera devono andare di pari passo e quindi occorre rafforzare la capacità di salvataggio delle persone in mare e garantire accesso sicuro a chi fugge da conflitti. Il riconoscimento del diritto alla mobilità come diritto umano fondamentale va accompagnato dall'irriducibile logica della mediazione politica dei conflitti e la loro prevenzione diplomatica e dal rifiuto netto di soluzioni militari e dal ripudio di soluzioni militari come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Oggi come mai occorre un piano per la stabilizzazione dei conflitti,

impegna il Governo:

   in riferimento alle questioni dell'occupazione, della crescita, degli investimenti e alla governance economica europea ed ai relativi aspetti economici e finanziari ed al cambiamento democratico;
   a impegnarsi nelle sedi istituzionali dell'Unione Europea a subordinare la restituzione dei prestiti internazionali della Grecia e dei paesi più esposti al mantenimento di tutte le iniziative pubbliche volte a fronteggiare la crisi umanitaria e gli aspetti più drammatici della crisi sociale e della povertà estrema;
   a sostenere nelle sedi europee che gli orientamenti annuali per la crescita sostenibile debbano essere sottoposti ad una procedura di co-decisione con il Parlamento europeo;
   ad adoperarsi per l'adozione di misure concrete per ampliare il processo decisionale europeo in senso democratico attraverso un ruolo più incisivo del Parlamento europeo ed un migliore e più attivo coinvolgimento dei Parlamenti nazionali:
    a) il PE deve avere poteri legislativi diretti e di indirizzo della politica economica;
    b) la Commissione deve diventare un governo eletto con politica fiscale, economica e sociale proprie;
    c) della BCE devono essere riviste in profondità statuto e finalità anche al fine di includere la disoccupazione come obiettivo da perseguire (come nello statuto della Federal Reserve);
   a sostenere come priorità del sistema di governance economica europea, il raggiungimento reale degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020;
   a promuovere il potenziamento della strumentazione e della dotazione finanziaria dell'Unione europea, finalizzato al sostegno dell'economia, attraverso l'adozione di misure e la sperimentazione di strumenti che svolgano una funzione anticiclica:
   a farsi promotore di una Conferenza europea sul debito sovrano prevedendo, tra le strade possibili, il coinvolgimento della Bce per la riduzione del costo del debito che eccede il 60 per cento del PIL;
   a creare un fronte comune con i governi disponibili a porre con forza negli organismi della governance europea, il tema della revisione dei trattati europei a partire dal fiscal compact, del tutto arbitrari ed assurdi, ottenendo la convocazione di una Conferenza europea per definire le necessarie modifiche;
   a promuovere una discussione in sede europea per ridurre la soglia di saldo commerciale eccessivo e per introdurre penalizzazioni analoghe a quelle previste per lo sforamento dei saldi obiettivo di finanza pubblica;
   ad adoperarsi negli organismi europei per sterilizzare le spese connesse all'accoglienza dei migranti e dei rifugiati dal calcolo dei saldi di finanza pubblica rilevanti ai fini delle regole europee, per consentire, per un triennio, spese per investimenti produttivi e co-finanziamento dei Fondi Strutturali anche oltre la soglia del 3 per cento nel rapporto deficit Pil e per ottenere una moratoria, per almeno un triennio sull'applicazione delle misure obbligatorie di abbassamento del debito prevista dal fiscal compact, nonché la modifica delle modalità di calcolo dei saldi corretti per il ciclo che penalizzano soprattutto Paesi come il nostro che si trova in una situazione di prolungata recessione;
   a promuovere iniziative volte a contrastare l'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, ed a un maggior coordinamento dei sistemi fiscali nell'Unione europea, al fine di ridurne la dannosa concorrenza fiscale;
   a sostenere l'utilizzo di eurobond per far ripartire gli investimenti pubblici europei in infrastrutture e sulla green economy, nonché a sostenere la domanda aggregata in modo da rilanciare uno sviluppo sostenibile e l'occupazione;
   a proporre un Green New Deal continentale (un Piano europeo per l'Occupazione) il quale stanzi almeno 1.000 miliardi di euro con risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle già è stanziate (diversamente da quanto previsto dal cosiddetto «Piano Juncker»), per dare occupazione a 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (di cui un milione in Italia): tanti quanti sono quelli che hanno perso il lavoro dall'inizio della crisi; definendo una politica industriale a livello europeo; dando priorità a interventi che rispettano il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione; agevolare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili; creare un quadro normativo europeo armonico adatto a favorire un'agricoltura biologica e multifunzionale, investire risorse nel riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro);
   a sostenere, inoltre:
    a) l'attuazione di una dimensione sociale dell'Unione europea, incluso un meccanismo di reddito minimo garantito e un regime di indennità minima di disoccupazione per l'area dell'euro;
    b) l'inclusione del meccanismo europeo di stabilità (MES) nel diritto dell'Unione e un nuovo approccio nei confronti degli eurobond:
    c) una capacità di bilancio dell'area dell'euro in particolare per finanziare azioni anticicliche, riforme strutturali o parte della riduzione del debito sovrano;
   in relazione all'Unione dell'energia e alle politiche sui cambiamenti climatici:
    a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda i target UE 2030 «Clima-Energia» in vista della 21a Conferenza delle Parti a Parigi nel dicembre 2015, prevedendo tre obiettivi vincolanti per tutti gli Stati membri: il taglio del 55 per cento delle emissioni di CO2, il raggiungimento di una quota pari ad almeno il 45 per cento di energia da fonti rinnovabili ed ad almeno il 40 per cento di efficienza energetica;
    ad attivarsi in sede UE affinché l'accordo globale sul clima, che dovrebbe siglarsi nell'appuntamento di dicembre 2015 a Parigi, preveda un protocollo ambizioso e soprattutto vincolante per permettere di raggiungere l'obiettivo di due gradi di riduzione del clima globale;
    ad attivarsi in ambito UE, anche implementando in tal senso la strategia per l'Unione europea dell'energia, affinché:
    1) gli Stati membri adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili;
    2) vengano rapidamente ridotti e quindi azzerati, i sussidi e i finanziamenti pubblici alle fonti fossili climalteranti che vengono elargiti annualmente, in particolare a partire da industrie del carbone, petrolio e gas;
    3) a garantire, nell'ambito degli interventi comunitari per sostenere la povertà energetica e la vulnerabilità dei consumatori, una tariffazione elettrica equa e in grado di garantire le fasce più deboli dei consumatori;
   in relazione al negoziato TTIP:
    a non dare seguito come Italia, in sede di Consiglio Europeo, ai successivi round del «Transatlantic Trade and Investment Partnership», in virtù del fatto che i futuri accordi commerciali non potranno garantire gli standard europei in materia ambientale, agroalimentare, sociale e di tutela della salute oltre che, in relazione alle disposizioni relative alla protezione degli investitori esteri della cosiddetta clausola Investor-state dispute settlement – ISDS –, che garantirà, così com’è concepita, maggiori diritti ad investitori esteri a scapito di quelli nazionali, non producendo alcun moltiplicatore economico che nel «periodo di transizione», quantificato in 10-20 anni, genererebbe un misero rapporto in termini di prodotto interno lordo tra lo 0,3 per cento e l'1.3 per cento, e, da ultimo, le piccole e medie imprese non avrebbero alcun vantaggio in ragione della struttura socioproduttiva del Paese che consentirebbe un favore commerciale e competitivo solo per quelle 10 multinazionali che detengono il 72 per cento delle esportazioni nazionali;
    ed, in ogni caso, qualora prevalesse la scelta di proseguire il negoziato:
    a impedire, in sede di Consiglio Europeo, che nel nome delle regole a protezione degli investimenti, che si tradurrebbero giuridicamente nel meccanismo di composizione delle controversie investitore-Stato, Investor-state dispute settlement ISDS, nel contesto del TTIP, si produca un grave e irrimediabile pregiudizio costituzionale del diritto degli Stati a legiferare su materie inserite all'interno dell'accordo;
    a far prevedere, in sede di Consiglio Europeo, un sistema di riconoscimento reciproco degli standard equivalenti e maggiormente tutelativi per la salute pubblica, per i prodotti agroalimentari (certificazioni di qualità) e per le piante (passaporto delle piante) e, in ogni caso:
    a) a mantenere inalterato il «principio di precauzione» in vigore nell'Unione europea;
    b) che l’acquis comunitario in materia di protezione dei dati personali non sia compromesso dalla liberalizzazione dei flussi di dati, in particolare nel settore del commercio elettronico e dei servizi finanziari;
    c) ad evitare che le cosiddette «barriere non tariffarie» siano sacrificate: per stessa ammissione dei funzionari europei e statunitensi i quali affermano che lo scopo primario dell'accordo non è di stimolare gli scambi attraverso l'eliminazione delle tariffe tra UE e USA, che sono già a livelli minimi, ma piuttosto attraverso l'eliminazione di tutte quelle barriere normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali come, ad esempio, gli standard che l'Europa nel corso della sua formazione s’è data in materia ambientale, dei diritti dei lavoratori, di sicurezza alimentare, di discrezionalità degli Stati nel perseguire o no le politiche a favore degli organismi geneticamente modificati;
    d) a far eseguire alla Commissione Europea studi di impatto per ciascuno Stato membro come pure una valutazione della competitività dei settori dell'Unione rispetto ai settori analoghi degli Stati Uniti;
    e) assicurare una reale trasparenza dei negoziati, rendendo pubblico un numero superiore di testi via via discussi nei round, affinché ci sia un vero regime di pubblicità per i testi negoziali dell'Unione europea creando, ad esempio, delle «reading room» per i singoli Stati che consentano, ai componenti dei rispettivi parlamenti, di potervi accedere ed essere costantemente aggiornati sui negoziati in corso:
    f) a impedire le violazioni che il TTIP produrrebbe nei confronti degli impegni internazionali dell'Unione europea nel promuovere, nello scacchiere internazionale, la coerenza delle politiche di sviluppo nei confronti dei Paesi meno sviluppati;
    g) a far esercitare ai parlamenti nazionali, così come previsto dai Trattati, la specifica competenza nei casi di accordi di tipo misto, aventi ad oggetto materie di competenza concorrente dell'Unione e degli Stati membri, per i quali è richiesta la ratifica, oltre che da parte dell'Unione europea, anche da parte degli Stati membri;
   in relazione alle politiche migratorie:
    a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso protetto» attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti ed evitare le traversate in mare e quindi debellare il traffico di essere umani e le prevedibili e evitabili tragedie in mare;
   a predisporre un piano di reinsediamento in Europa per alleggerire in maniera significativa le zone ad alta concentrazione di sfollati provenienti da zone di guerra, fuggiti e oggi ospitati in Paesi molto più fragili degli Stati europei, come il Libano e la Giordania, la cui eventuale implosione sociale potrebbe produrre altri e ancor più gravi conflitti e costringerebbe alla fuga un numero molto più elevato di persone;
   a chiedere l'immediata sospensione del regolamento cosiddetto «Dublino III» causa delle ultimissime tensioni alle frontiere degli Stati europei e quindi dare effettiva attuazione ai divieti di respingimento delle persone che, alle frontiere aeree, terrestri e marittime, comprese le aree di transito, manifestano la volontà di presentare una domanda di asilo, nonché vigilare sul rispetto del divieto di espulsioni collettive previsto dai protocolli addizionali alla CEDU, attraverso l'adozione di opportuni atti regolamentari e l'introduzione di procedure di monitoraggio indipendenti;
   a concedere con effetto immediato permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi avviare l'iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale tra gli Stati membri;
   a promuovere in sede europea il superamento del regolamento «Dublino III» a favore del «diritto d'asilo europeo» e quindi di un sistema che ponga necessariamente al centro:
    a) il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un ambiente più favorevole a una loro accoglienza, fornendo loro un'adeguata assistenza fisica, psicologica e legale, nonché un adeguato percorso di integrazione;
    b) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, che estenda ai richiedenti asilo ed ai rifugiati i diritti previsti per i cittadini europei dal Trattato di Schengen, permettendo così un'allocazione libera e, dunque, più razionale dei flussi migratori;
    c) la predisposizione di provvedimenti necessaria affinché il tempo richiesto per l'esame delle richieste di asilo in Italia si allinei alla media europea;
    d) l'identificazione del migrante non come un limite alla propria libertà di circolazione e al pieno godimento dei diritti connessi al proprio status, ma una garanzia del rispetto degli stessi diritti;
   a promuovere misure per la ricollocazione dei richiedenti asilo da uno Stato dell'Unione europea ad altri Stati UE, definendo le circostanze per cui si può ritenere che uno o più paesi dell'Unione siano investiti da flussi migratori di entità superiore alla loro effettiva capacità di fornire effettiva accoglienza e prevedendo quote adeguate a fornire una risposta efficace alla situazione di difficoltà in cui versano gli Stati verso i quali sono diretti i flussi migratori significativi dei richiedenti asilo. Allo stesso tempo si deve tenere conto della volontà individuale degli interessati e della presenza di familiari in altri Stati UE, garantendo il diritto a presentare ricorsi giurisdizionali effettivi contro ogni provvedimento di ricollocazione, quindi non ricollocare i richiedenti asilo negli Stati membri dell'Unione europea in cui risulta non sia assicurata in alcun modo una effettiva accoglienza e protezione;
   ad adottare una nuova disciplina che faciliti gli ingressi regolari prevenendo così quelli irregolari e che preveda maggiori misure di coesione sociale e di contrasto allo sviluppo di fenomeni di xenofobia;
   a superare, per quanto concerne l'Italia, definitivamente il sistema dei CIE, CARA e CDA e adottare il sistema SPRAR come modello unico di accoglienza, per cui i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione dovrebbero essere ospitati in appartamenti e strutture d'accoglienza di piccole dimensioni, «secondo quote di distribuzione regionale»;
   ad aggiornare il sistema SPRAR, per cui i suoi progetti sul territorio nazionale non si attivino più solo ed esclusivamente se gli enti locali li promuovono su base volontaria, ma per obbligo di legge come dovrebbe essere in un vero sistema d'asilo nazionale.
(6-00156) «Scotto, Brignone, Civati, Fassina, Pastorino, Andrea Maestri, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti».


   La Camera,
   considerato che:
    la relazione programmatica dell'Italia all'Unione Europea è prevista e definita dal dettato dell'articolo 13, comma 1, della legge n. 234 del 2012. La norma prevede che il Governo presenti alle Camere una relazione che comprenda: gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire in tema di integrazione europea, in relazione ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'Unione europea, con particolare e specifico rilievo per le prospettive e le iniziative relative alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne dell'Unione europea; gli orientamenti che il Governo ha assunto o intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi o a documenti di consultazione dell'Unione europea; infine le strategie di comunicazione e di formazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea;
    l'articolo 13, comma 1, della legge n. 234 del 2012 prevede che la relazione programmatica sia trasmessa alle Camere entro il 31 dicembre dell'anno precedente, al fine di renderlo uno strumento efficace di indirizzo strategico. Tale scadenza posta dal legislatore è funzionale alla natura stessa e agli obiettivi del documento;
    si prevede peraltro, secondo una prassi parlamentare volta a instituire quella che è stata definita la «sessione europea di fase ascendente» che la Relazione programmatica venga esaminata congiuntamente al Programma di lavoro della Commissione europea e al programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea. In questo contesto l'analisi e la discussione in merito ai predetti documenti devono intendersi come uno degli elementi principali dell'intervento del Parlamento nella definizione della politica europea dell'Italia;
    in particolare l'obiettivo ultimo della relazione programmatica dell'Italia all'Unione europea, corredata degli indirizzi parlamentari derivanti dalla discussione condivisa all'interno delle istituzioni, è di definire una cornice strategica coerente per la politica europea del nostro Paese. La relazione programmatica vorrebbe quindi essere lo strumento fornito alle Camere per esercitare l'azione di indirizzo ex ante del Parlamento sugli obiettivi del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea. In questa ottica risulta perciò imprescindibile il coinvolgimento attivo e tempestivo del Parlamento sui temi oggetto della relazione programmatica, al fine di definire un piano comune e condiviso dell'azione italiana nel contesto UE;
    nell'accogliere favorevolmente l'istaurarsi di una «sessione europea di fase ascendente» che coinvolga tutte le istituzioni italiane al fine di poter rappresentare in sede unionale i reali bisogni del popolo italiano è però necessario sottolineare come la relazione programmatica in esame sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2015 (Doc. LXXXVII-bis, n. 3) sia stata presentata con ritardo solo il 14 marzo 2015, a cui si è sommata una lenta calendarizzazione della discussione dei predetti documenti, che ha causato un cospicuo ritardo nell'analisi finale della relazione. È evidente come la discussione dilazionata e la ritardata approvazione degli indirizzi del Parlamento al Governo sottraggono fin quasi ad annullare la portata innovativa dell'analisi dei documenti in esame, rendendola nella sostanza inutile perché fuori tempo e pertanto esautorando di fatto il Parlamento dei poteri di indirizzo definiti nella legge n. 234 del 2012;
    perché il Parlamento ampli il suo ruolo nella definizione delle politiche europee, come sembrerebbe imprescindibile al fine di iniziare un percorso di risanamento del deficit democratico dell'Unione europea, è necessario che il Governo adempia sistematicamente e con le tempistiche adeguate agli obblighi informativi e di coinvolgimento del Parlamento previsti dalla legge n. 234 del 2012. Il coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini, eletti dal popolo, nella definizione delle politiche da promuoversi in sede di Unione europea è funzionale ad uno sviluppo equilibrato dell'Unione affinché essa sia il luogo ove si sviluppino i diritti sociali e trovi così completa esplicazione l'Europa sociale dei cittadini. La maggiore condivisione e il consolidamento del coordinamento tra Parlamento e Governo e il coinvolgimento attivo di tutte le componenti del primo nella formazione delle politiche europee dovrebbe in primo luogo esplicarsi in una maggiore informazione e condivisione da parte del Governo delle linee decisionali che si definiscono in forma preventiva, ovvero durante i negoziati che si svolgono a livello europeo, ancor più in ragione del fatto che questi negoziati avvengono in ampia misura in sedi informali o prive di pubblicità;
    sarebbe inoltre opportuno che gli organi parlamentari competenti esaminino con maggiore tempestività e includano con regolarità nel proprio calendario dei lavori i progetti di atti e documenti di volta in volta in discussione in sede europea e di rispettiva competenza, tenendo in considerazione, nella calendarizzazione di questi atti, l’iter in sede europea degli stessi, al fine di predisporre pareri tempestivi e pertanto realmente utili;
    al contempo sarebbe essenziale rafforzare il raccordo e la cooperazione tra il parlamento nazionale, il Governo e gli europarlamentari italiani, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'Unione europea e avvalendosi degli strumenti di collegamento previsti dai Regolamenti di ciascuna Camera;
    l'analisi della relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea e le politiche che si intendono promuovere devono essere contestualizzati nel particolare periodo che l'Unione europea sta attraversando. L'Unione europea si trova a fronteggiare, tra le altre sfide, due rilevantissime crisi sistemiche che mettono in discussione i capisaldi della sua esistenza e pongono imprescindibili questioni sui valori e sulla tipologia di unione che l'Unione europea intende rappresentare. In primo luogo ancora pressante si pone la questione economica. Il prolungato periodo di difficoltà economiche ha innescato tendenze recessive di lungo termine in alcuni paesi particolarmente colpiti dalla crisi economica. La via dell'austerità e le politiche restrittive e punitive imposte sino ad oggi dall'Unione europea hanno solo contribuito ad aggravare le pesanti ripercussioni socio-economiche della crisi, tra cui i picchi negli indici di disoccupazione e un peggioramento nel livello dei servizi offerti ai cittadini quali indicatori più evidenti e preoccupanti;
    al contempo la complessa situazione internazionale, che vede da una parte moltiplicarsi i conflitti in atto e dall'altra complicarsi, travalicando i confini nazionali, gli atti di violenza giustificati da motivazioni di culto, destabilizzando gli Stati coinvolti e rendendo ancora più complesse situazioni di instabilità nazionale, provocano una emergenza migratoria senza precedenti. Anche in questo caso l'Unione europea è chiamata a ridiscutere la propria natura, rispondendo con principi solidaristici ed unitari ad un'emergenza che non riguarda unicamente alcuni Stati membri, ma che coinvolge e investe l'Unione stessa;
    in questo contesto appare necessario un profondo ripensamento delle politiche europee e degli obiettivi che l'Unione europea intende perseguire, discostandosi da stringenti e miopi vincoli di bilancio per ripensare politiche economiche ma soprattutto sociali solidaristiche, che includano il complesso ambito delle politiche migratorie e dei richiedenti asilo, rimodulando la solidarietà sia verso l'esterno di coloro che intendono travalicare i confini esterni dell'Unione, sia all'interno tra Stati membri;
    per fronteggiare sfide di questa portata e perché esse siano occasione di crescita e di miglioramento dell'Unione, rafforzando la sua spinta sociale e solidaristica, fatta di valori comuni e condivisi prima che di obiettivi economici, risulta imprescindibile il rafforzamento degli assetti istituzionali dell'Unione europea, in particolare al fine di prendere decisioni realmente condivise nel reale interesse dei cittadini europei ed in tal modo creare una vera unione dei popoli, che condivide i benefici e i problemi che l'essere uniti creano,

impegna il Governo:

   ad assicurare che, come previsto dall'articolo 13, comma 1, della legge n. 234 del 2012 le prossime Relazioni programmatiche annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea siano presentate entro il termine del 31 dicembre e più in generale ad adempiere sistematicamente e tempestivamente agli obblighi informativi e di coinvolgimento previsti della legge n. 234 del 2012 nei confronti delle Camere; ivi inclusa la trasmissione alle Camere di tutti gli atti elencati al comma 3 dell'articolo 4 in forma dettagliata e precisa, al fine di assicurare che il Parlamento sia messo nella reale capacità di esprimere i propri pareri nei tempi consoni e disponendo di tutte le informazioni necessarie per contribuire alla definizione delle politiche dell'Italia nelle sedi decisionali dell'Unione europea e migliorare il processo di partecipazione democratica all'Unione europea;
   a contribuire al processo volto ad apportare modifiche all'assetto istituzionale europeo al fine di accrescere la partecipazione dei cittadini europei, attraverso i rispettivi centri di rappresentanza, alle decisioni da prendersi a livello di UE;
   a trasmettere contestualmente alla loro ricezione le informazioni ricevute in merito all'avvio o agli sviluppi delle procedure di infrazione e le procedure di pre-infrazione EU-Pilot agli organi parlamentari competenti in coerenza con il dettato dell'articolo 15 della legge n. 234 ed al fine di assicurare una sostanziale riduzione delle procedure di infrazione anche attraverso le opportune procedure di indirizzo e controllo da attivarsi nei confronti delle amministrazioni responsabili;
   a ripensare e rimodulare i principi del regime dell’austerity, ridiscutendo i vincoli posti dal Fiscal Compact, come richiesto attualmente dalla maggioranza degli Stati membri, al fine di rilanciare l'economia del Paese, aumentare gli investimenti utili al benessere dei cittadini finalizzati anche ad aumentare l'occupazione, nonché sospendere la partecipazione dell'Italia al Meccanismo Europeo di Stabilità finanziaria (EMS);
   a rendere obbligatoria per tutti i paesi membri l'adozione di politiche di sostegno economico delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, mediante l'istituzione di strumenti come il reddito di cittadinanza, convogliandovi risorse attualmente destinate al fallimentare Programma per l'inclusione attiva, che dovrebbe invece essere abbandonato;
   ad impegnarsi perché le risorse investite dal nostro paese nel piano Juncker, e più in generale in ogni tipo di programma europeo, siano forieri di reale sviluppo e apportino benefici di lungo periodo ai cittadini attraverso il finanziamento di progetti con un reale ritorno per la popolazione e non unicamente per le grandi aziende e le grandi opere, peraltro di dubbio valore aggiunto e alto impatto ambientale;
   a ridiscutere e modificare l'accordo di Dublino III dando attuazione alla mozione 1-00605 approvata il 18 dicembre 2014 ed in particolare permettendo di istituire punti di richiesta d'asilo direttamente sui territori di partenza dei migranti, nonché corridoi umanitari e definendo un testo europeo unico in materia di asilo che preveda una equa e proporzionale ripartizione di quote di migranti da accogliere sui territori degli Stati membri dell'Unione europea e che definisca politiche coordinate;
   proporre la revoca delle sanzioni economiche dell'Unione europea alla Russia in quanto inefficaci e controproducenti e continuare a sostenere la richiesta di un effettivo cessate il fuoco in Ucraina;
   ad adoperarsi, nelle opportune sedi, perché la Repubblica di Turchia collabori con l'Unione europea al fine di cessare le ostilità nei confronti delle organizzazioni curde che partecipano alla campagna di contrasto all'ISIS nonché di bloccare l'afflusso di armi alle organizzazioni terroristiche e impedire il transito verso Siria e Iraq dei foreign fighters, ponendo fine alle ambiguità nei confronti del sedicente Stato Islamico;
   ad accelerare l'abbandono dell'uso di carbone inquinante nella produzione di energia, eliminando l'installazione di nuove centrali a carbone immediatamente nelle economie ad alto reddito ed entro il 2025 nelle economie a medio reddito;
   a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del «Quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche», prevedendo: una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 45 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 40 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 35 per cento;
   ad attivarsi per giungere al progressivo divieto di combustione anche con recupero energetico, nonché al divieto di conferimento in discarica di tutti i rifiuti post consumo riciclabili e di altri rifiuti post consumo recuperabili entro il 2025;
   ad attivarsi, in linea con quanto già previsto dalle direttive 99/44CE sul periodo minimo di garanzia, direttiva 2005/29/CE sulla durata minima dei prodotti, nonché dalle due direttive sull'ecodesign (Dir. 2005/32/CE) e sull'etichetta energetica (Dir. 2010/30/UE) affinché sia contrastato in ogni sede il fenomeno della obsolescenza programmata di ogni prodotto immesso sul mercato comunitario, promuovendo la progettazione di prodotti di cui sia garantita una durata minima, che siano facilmente riparabili, efficacemente riusabili ed integralmente riciclabili;
   ad attivarsi affinché si proceda nel percorso comunitario già intrapreso in tema di edifici sostenibili, attraverso lo sviluppo della bioedilizia e l'utilizzo del sistema dell'ecobonus;
   a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché si giunga ad una rapida ed effettiva attuazione, sul territorio nazionale di tutti gli Stati membri dell'Unione europea, del numero unico delle emergenze 112 NUE e al miglioramento di questo servizio per la gestione delle chiamate di emergenza, anche attraverso la creazione di centrali uniche integrate dove siano riunite tutte le componenti istituzionali del soccorso (sanitaria, tecnica e di sicurezza) e attraverso una più efficace localizzazione delle persone che chiedono aiuto tramite il NUE 112, con l'implementazione della rapidità di interconnessione ottenuta dalle nuove tecnologie e in particolar modo dallo standard GSM, al fine di migliorare il tempo di risposta dei servizi d'emergenza;
   a promuovere, nelle opportune sedi, politiche volte a garantire a tutti i cittadini una mobilità urbana adeguata, con infrastrutture pedonali, privilegiando il car sharing, il car pooling, la ciclabilità, il trasporto intermodale, veicoli elettrici che utilizzino sistemi «smart grids» e a potenziare l'efficienza e la sicurezza dei mezzi pubblici;
   ad intervenire con decisione affinché la legislazione unionale in materia di tutela delle produzioni nazionali si evolva verso una chiara definizione dell'obbligo dell'indicazione dell'origine ed in particolare ad attivarsi urgentemente, anche in considerazione della grave crisi del settore cunicolo nazionale, al fine di ricomprendere la carne cunicola tra i tipi di carne per le quali è obbligatorio indicare il paese di origine o il luogo di provenienza di cui all'allegato XI del Regolamento UE 1169/2011;
   a sostenere, in occasione del prossimo Health Check della programmazione PAC 2014-2020, la revisione dei criteri di assegnazione del premio unico per superficie al fine di legare il contributo comunitario anche all'occupazione generata dalle aziende beneficiarie e la rimodulazione del meccanismo di convergenza, posto che il parziale e graduale avvicinamento del livello medio dei pagamenti diretti nei diversi Stati membri rischia di penalizzare le coltivazioni ad alta densità occupazionale, prevalentemente mediterranee, a vantaggio di quelle estensive dell'est Europa;
   ad intervenire con urgenza, in materia di politica comune della pesca, affinché si adotti una nuova normativa per la gestione della pesca d'altura ed in particolare, anche alla luce dei risultati di recenti studi scientifici, si introduca il divieto di pesca a strascico in acque profonde al di sotto dei 600 metri;
   ad attivarsi in sede di Unione europea affinché l'agenzia europea dei Medicinali (EMA) pubblichi periodicamente e sistematicamente i dati in suo possesso inerenti le decisioni prese per l'approvazione dei farmaci indicando se il nuovo farmaco sia sovrapponibile o migliore, e di quanto, rispetto ad altri già presenti sul mercato;
   in merito all'accordo di libero scambio con gli Stati uniti (TTIP) a non ratificare l'accordo. In ogni caso a garantire il massimo livello di trasparenza in tutte le fasi delle trattative e a provvedere immediatamente ad eliminare la previsione della clausola Isds, perché non vi sia un ribasso sugli standard del comparto agroalimentare europeo ed in particolare quello nazionale, a sostenere uno studio sull'impatto nei 28 Stati membri, finanziato dall'Unione europea, per valutare gli effetti sull'economia nazionale e sulla tutela del «Made in Italy»;
   a prevedere di concerto con i Paesi aderenti all'Unione europea forme di maggiore ed efficace trasparenza riguardo il TTIP soprattutto in ambito farmaceutico in quanto potrebbe influenzare il costo dei farmaci. In particolare proponendo di includere un capitolo sulla proprietà intellettuale, aumentando e proteggendo la durata dei brevetti, e scoraggiando così investimenti nel mercato dei farmaci generici senza questo intervento le compagnie farmaceutiche europee sarebbero portate a registrare nuovi farmaci presso le autorità USA, dove i criteri sono meno rigidi e le lobbies sono più potenti;
   a sostenere in sede di Unione europea la necessità di avviare e concludere l’iter per l'approvazione della Carta sui diritti alla salute e alle cure accessibili a tutte e tutti.
(6-00157) «Battelli, Nesci, Petraroli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Vignaroli».


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione internazionale sembra volgere al peggio: sia nello scorcio di questo fine anno, che per il 2016. Come è dimostrato dalle ultime previsioni della Bce, costretta a rivedere al ribasso le ipotesi di crescita originariamente formulate. Diversi sono, infatti, i fattori di crisi;
    pesano innanzitutto le incertezze dell'evoluzione economica della Cina. Il suo tasso di sviluppo rallenta notevolmente, al punto che la previsione di un possibile incremento del Pil del 7 per cento è accolta con crescente scetticismo. Si pensa, al contrario, ad una forchetta compresa tra il 3 ed il 5 per cento. Se quest'ultima ipotesi trovasse conferma lo scenario sarebbe quello dell’hard landing, con effetti gravi sull'evoluzione complessiva del ciclo economico a livello internazionale;
    la crisi cinese opera su due fronti distinti. Riduce lo spazio per le esportazioni da parte europea in campi specifici, quali ad esempio la produzione del lusso. Con riflessi immediati sull'Italia. E colpisce quei Paesi, come la Germania, in cui il commercio con la Cina rappresenta una componente importante delle relative esportazioni. Anche se la specializzazione produttiva di quel Paese – la produzione di beni d'investimenti – ed il suo forte primato internazionale ne attenuano gli effetti. Sta comunque di fatto che l'eventuale rallentamento dell'export tedesco verso la Cina avrà un effetto amplificato sui suoi partner commerciali. Dato che questi ultimi sono «terzisti» nei suoi confronti;
    ancora più drammatico è l'impatto di quella crisi su altre aree del globo, in particolare sui Paesi produttori di materie prime che negli anni trascorsi hanno potuto usufruire di quel grande mercato di sbocco. Petrolio, rame, ferro, prodotti agricoli ed altre materie prime di cui la Cina è grande consumatore, al punto da concentrare su di se oltre il 40 per cento del relativo commercio. La crisi del Brasile o del Venezuela, nonché di alcuni Paesi africani, come il Sud Africa, ne sono testimonianza eloquente. La svalutazione delle relative monete, un sintomo preoccupante;
    in controluce emerge un fenomeno che sembrava essere superato dallo sviluppo della globalizzazione: il peggioramento delle ragioni di scambio tra prodotti industriali, materie prime e derrate alimentari. La caduta dei prezzi di queste ultime, cui si contrappone la sostanziale stabilità di prezzo dei prodotti industriali, limita le capacità di importazione di molte economie emergenti ed amplifica il ciclo negativo, a livello internazionale. Per cui i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), con la sola eccezione dell'India, che negli anni passati hanno fatto da traino all'economia mondiale, non riescono più a svolgere un identico ruolo, contribuendo a determinare una caduta del tasso di sviluppo del commercio internazionale che, attraverso questa via, innesca fenomeni deflattivi a livello mondiale;
    il riemergere del fenomeno del peggioramento delle ragioni di scambio rischia di produrre, nelle mutate condizioni dell'economia mondiale, effetti ben più perversi del passato. La maggior parte dei Brics sono indebitati in dollari. La caduta del valore del cambio delle rispettive monete determina pertanto problemi di solvibilità dei debiti sovrani. Con il rischio di accentuare gli elementi di instabilità complessiva nel sommarsi della crisi della loro economia reale a quella finanziaria;
    sono fenomeni che possono peggiorare rapidamente, specie se la Fed decidesse di dare avvio al «tapering» vale a dire al drenaggio di liquidità alimentata, negli anni passati, dal quantitative easing. L'eventuale aumento dei tassi di interessi, seppur contenuto ad uno 0,25 per cento, sarebbe interpretato dai mercati finanziari come l'inizio di una svolta che accentuerebbe l'instabilità complessiva. Comunque a prescindere da questa seconda eventualità, sta il fatto che gli Stati Uniti non sono, comunque, in grado più di adempiere a quel ruolo di «locomotiva» svolto, con successo, negli anni passati. Visto che, in epoca più recente, il concorso dei Brics è stato determinante;
    dati questi presupposti, il rischio maggiore per l'economia mondiale è dato dal venir meno di un volano, capace di trascinare, con sé, le economie più deboli. Si pone, pertanto, il tema di quale deve essere il ruolo dell'Europa in generale e dell'Eurozona in particolare, per contribuire ad alimentare un tasso di crescita che consenta di far fronte ad una difficile congiuntura che non è solo economica, ma politica. È, infatti, evidente che l'eventuale ristagno rende più difficile l'assorbimento dei flussi di immigrazione. Che rappresentano, con il loro dramma umano, il pericolo maggiore. Il venir meno di risorse aggiuntive, dovute ad un maggiore tasso di crescita, rischia di rendere ingovernabili i fenomeni sociali che si accompagnano, inevitabilmente, al fenomeno dell'assorbimento dei migranti. Determinando conflitti sociali specie tra gli strati più poveri della popolazione, con il loro inevitabile corollario di xenofobia e di chiusure nazionaliste. I sintomi di questo malessere profondo esistono e sarebbe da irresponsabili non coglierli;
    è ormai noto che l'ondata migratoria che ha caratterizzato il continente europeo in particolare nell'ultimo anno, denota una nuova dimensione del fenomeno migratorio manifestatasi a seguito dei conflitti e della crisi economica che caratterizzano molti degli stati africani e mediorientali; siamo di fronte a fatti che nulla hanno a che vedere con la normale fisiologia del fenomeno migratorio, ma con una patologia, che non può essere affrontata solo dall'Italia, peraltro alle prese con una crisi economica che non ha ancora trovato le necessarie soluzioni;
    l'Europa confina a oriente e a sud con una vastissima area dove i conflitti armati sono di casa, oramai da anni, dall'Ucraina all'Iraq, dalla Siria alla Libia. Un'area che a sua volta è contigua con vaste regioni altrettanto lacerate e instabili: Afghanistan, Yemen, Sudan, Corno d'Africa, e altri Paesi della fascia sub-sahariana. I milioni di rifugiati o dislocati, e le masse impoverite dai conflitti cercano disperatamente vie di uscita alla loro situazione. Giordania e Libano, con una popolazione uguale a quella della Lombardia, ospitano più di 2 milioni di rifugiati, e il loro numero è in aumento. Nonostante i recenti e pochi sforzi effettuati, l'Europa deve ancora acquisire la piena consapevolezza di un fenomeno che non è un’«emergenza» destinata a riassorbirsi in poco tempo, ma una situazione quasi strutturale che è destinata a protrarsi – magari con modalità e numeri diversi – per parecchi anni. È necessaria dunque una forte azione politico-diplomatica, ma anche organizzativa;
    tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto esiti positivi; al contrario, si può constatare come gli eventi degli ultimi mesi abbiano determinato un peggioramento della situazione, registrando l'ennesimo fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
    la stessa operazione Triton, esaltata come grande risultato del nostro Semestre europeo, è stata un inganno. L'Unione Europea ha colpevolmente dato priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese;
    l'Unione europea deve pertanto avviare una riflessione ben più ampia del passato. Non limitarsi a considerare i soli interessi nazionali in gioco, ma cercare di ragionare come un'entità statuale complessiva. Con una sua politica economica che non sia solo la somma delle politiche economiche dei singoli Stati membri. E regole generali – come quelle del fiscal compact – che rappresentano solo vincoli e non opzioni di sviluppo. Essa rappresenta una grande «area monetaria» che si confronta a livello globale con protagonisti della stessa dimensione. Deve pertanto porsi il problema di come contribuire alla soluzione di problemi di carattere globale, qual è appunto il contributo che può fornire al maggior sviluppo internazionale;
    purtroppo questa consapevolezza sembra essere maturata solo a livello dei singoli Stati, con l'abbandono delle politiche di austerity degli anni passati. Manca, invece, una visione comune che consideri almeno l'Eurozona come un unico centro di imputazione della politica economica. Le proposte, pure avanzate in proposito, ad esempio dal Ministro Schàuble, mantengono margini di ambiguità notevoli. Richiedono, soprattutto, tempi di discussione che mal si conciliano con l'urgenza del momento;
    l'esame dei programmi annunciati dai singoli Paesi si muovono lungo linee che hanno un comune denominatore, ma solo all'interno di una visione nazionale. La Spagna sembrerebbe orientata ad aumentare dell'1 per cento la spesa per il salario dei dipendenti pubblici, mentre le dotazioni finanziarie per i singoli Ministeri dovrebbero aumentare del 2,6 per cento e quelle per le politiche attive del 3,8 per cento. Maggiori dovrebbero essere le spese per R&S (più 2,2 per cento) e gli investimenti per le ferrovie (più 5 per cento). Ipotizzata anche una limitata riduzione dell'Irpef e delle imposte che gravano sulle società: dall'attuale 28 al 25 per cento. Mentre gli stanziamenti per far fronte al fenomeno dell'immigrazione dovrebbero crescere di 49 milioni di euro;
    la Francia ha in programma una forte riduzione della spesa pubblica per il triennio 2015-2017 per un totale di circa 50 miliardi di euro. Con una riduzione di 14,5 miliardi già a partire dal prossimo anno. Prevede tuttavia nuove assunzioni (scuole, difesa ed Interni) di circa 8.000 persone cui sommare altri nuovi posti (1.000 unità) nei settori della ricerca. Mentre sul fronte della sicurezza contro il terrorismo sono previste spese aggiuntive pari a 1,1 miliardi. Si cercherà anche di ridurre il peso del carico fiscale per le famiglie, la cui dimensione dipenderà dai successi conseguiti con la spending review;
    la Germania a sua volta prevede un aumento della spesa federale del 3,4 per cento. Maggiori risorse (9,2 miliardi) per il welfare. Maggiori opere pubbliche: 10 miliardi per il piano di ammodernamento 2014-2018. Aumento delle dotazioni (1,1 miliardi) per le spese di R&S, la cui dotazione attuale è pari a 16,4 miliardi. Una riduzione del carico fiscale di circa 5 miliardi a favore delle famiglie, privilegiando quelle numerose o i single con prole. È previsto, infine, uno stanziamento aggiuntivo di 1 miliardo per affrontare il problema dei rifugiati;
    se queste sono le scelte concrete dei maggiori Paesi e si paragonano ai suggerimenti forniti dalla Commissione europea si assiste ad un loro continuo disallineamento. Determinato dall'attenzione, quasi ossessiva, riposta sui, soli vincoli di bilancio. Segno evidente di uno scarto, che ormai investe il cuore dell'Europa e che dimostra come nella Commissione europea prevalga sempre più un'astrattezza che sconfina nella pura ideologia. Come si è potuto constatare anche a proposito delle polemiche che hanno accompagnato l'annuncio del Governo italiano di voler procedere ad un taglio delle tasse sugli immobili, nel quadro di una maggiore flessibilità;
    lo sforzo collettivo da compiere va quindi in una direzione opposta. Si tratta di conciliare il mondo reale con ricette di politica economica che non possono rispondere allo spirito della semplice contrapposizione, ma devono trovare un loro nesso unitario, tenendo conto del ruolo che l'Europa è ormai costretta a svolgere in una realtà internazionale sempre più complessa e contraddittoria. Dopo che, per anni, si è fatto solo affidamento al possibile volano, per lo sviluppo, di Paesi terzi che, ormai, non sono più in grado di poter continuare a svolgere i compiti loro assegnati,

impegna il Governo:

   ad aderire alla proposta annunciata dal Presidente francese Hollande domenica 19 luglio, in occasione delle celebrazioni per i 90 anni di Jacques Delors, che punta a ridare una dimensione politica all'eurozona, con un governo e un Parlamento comuni. Una proposta che ha il pregio di cambiare le carte in tavola nell'Unione europea: non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti; cessioni progressive di sovranità; «compiti a casa»; asfissia dei paesi con alto debito pubblico e difficoltà di governance; ricatti politici e dei mercati finanziari, ma una nuova unione in cui davanti a tutto c’è la politica e la responsabilità;
   ad integrare la proposta di Hollande con un grande piano di investimenti, un New deal europeo, da almeno mille miliardi (tre volte l'attuale piano Juncker), approfittando dei bassi tassi di interesse, che rimarranno tali almeno nel medio periodo, e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei);
   a determinare l'implementazione simultanea, in tutti i paesi dell'eurozona, dei cosiddetti «Contractual agreements», vale a dire accordi bilaterali tra i singoli Stati e la Commissione europea, per cui le risorse necessarie per l'avvio di riforme volte a favorire la competitività del «sistema paese» non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/Pil ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento, bensì rientrano nell'alveo dei cosiddetti «fattori rilevanti» per quanto riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/Pil;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa per indurre la Germania, attraverso lo strumento dei citati «Contractual agreements», a ridurre il suo surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, generato da un eccesso delle esportazioni sulle importazioni, nei confronti dei propri partner europei. La Germania giungerebbe così a reflazionare, vale a dire a spendere in tutto o in parte il proprio surplus, come, tra l'altro, le chiede da anni la Commissione europea, attraverso la riduzione della pressione fiscale, e stimolando la domanda interna, quindi i consumi, gli investimenti, i salari, con un conseguente aumento delle importazioni e, quindi, più crescita, per sé e per gli altri;
   a riconsiderare la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, e ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di paesi, riconoscendo alle parti implicate nel conflitto il diritto alla propria identità nazionale e all'autodeterminazione, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa;
   a sollecitare con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea per prevenire l'infiltrazione di cellule terroristiche nei confini dei singoli Stati potenziando nella misura necessaria le operazioni di intelligence per sorvegliare con la massima attenzione e continuità tutti i possibili luoghi di aggregazione dei terroristi;
   a farsi promotore di un intervento militare internazionale volto a contrastare l'ISIS, attraverso l'impiego di azioni mirate, sotto l'egida delle Nazioni Unite, coinvolgendo gli Stati Uniti, l'Europa, la Russia e i Paesi arabi;
   a rafforzare la posizione negoziale dell'Italia, in particolare attraverso iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euro mediterranea dell'Unione, ad oggi soccombenti rispetto alle politiche europee a trazione dei Paesi del Nord Europa;
   a proseguire con i lavori del tavolo di coesione nazionale per l'emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, con il coinvolgimento dei rappresentanti dei governi che hanno maturato un'esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
   ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, distinguendo coloro che scappano dai conflitti, dall'Isis, e vogliono rifugiarsi in Europa, da chi invece in Europa tenta di entrare clandestinamente in cerca di fortuna, attraverso operazioni in grado di controllare i flussi dei profughi in fuga dalla guerra e dalla repressione politica, e di contrastare, il fenomeno dell'immigrazione clandestina, sollecitando con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea volto a:
    a) contribuire a migliorare le condizioni nei campi profughi, al fine di ridurre l'elevato numero di rifugiati che tentano di sbarcare in Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori;
    b) aumentare la ricezione da parte degli Stati membri delle minoranze religiose perseguitate, in particolare i cristiani e yazidi, e creare zone cuscinetto protette militarmente per difendere queste popolazioni nei paesi colpiti da conflitti;
    c) predisporre un piano di accoglienza dei profughi in tutti i paesi europei in modo proporzionato in base alle loro dimensioni, popolazione e PIL;
    d) rivedere le clausole del Regolamento di Dublino III per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l'attuale principio del «Paese di primo approdo»;
    e) garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    f) valutare l'opportunità di un intervento militare nel Mediterraneo, attraverso l'impiego di azioni mirate, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra gli Stati Uniti, l'Europa, la Russia e i Paesi arabi, per bloccare le rotte migratorie;
    g) neutralizzare i mezzi degli «scafisti», implementando le azioni volte alla distruzione e al sequestro di tutte le infrastrutture logistiche di trafficanti di esseri umani;
    h) stipulare accordi economici bilaterali con i paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
    i) fornire aiuti economici ai paesi di origine e di transito legati ad un'efficace lotta alla migrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la sostengono.
(6-00158) «Brunetta, Occhiuto, Elvira Savino».


   La Camera,
   premesso che:
    la relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2015) e sul programma di lavoro della Commissione per il 2015 – un nuovo inizio (Com(2014)910 final) e sul programma di diciotto mesi del consiglio dell'Unione europea (1o luglio 2014-31 dicembre 2015) individua in modo puntuale le priorità di intervento per la programmazione europea;
    tra le priorità individuate alcune appaiono di rilevante importanza al fine di intervenire in maniera puntuale e decisiva su alcuni dei più rilevanti divari geografici, economici e sociali legati ai fattori conseguenti alla condizione insulare di alcune regioni, tra e quali la Sardegna che risulta la più ultraperiferica tra le Regioni europee;
    in tal senso è indispensabile porre in essere nell'ambito delle singole priorità azioni puntuali tese ad abbattere tale divario che costituisce elemento di discriminazione e squilibrio nelle politiche economiche e sociali;
    i trattati europei di Amsterdam e Nizza hanno riconosciuto la specificità insulare come elemento imprescindibile da valutare e compensare nella predisposizione delle politiche europee;
    l'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFE), che costituisce la base giuridica per la politica di coesione economica e sociale dell'Unione, fa specifica menzione all'obiettivo di ridurre il ritardo delle regioni insulari. L'articolo 174 recita: «Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, trasfrontaliere e di montagna»;
    al Trattato di Amsterdam è seguita la contestuale Dichiarazione n. 30 sulle regioni insulari che definisce gli obblighi della Comunità nei confronti delle regioni insulari, come sancito dall'articolo 174 del TFE. La Dichiarazione n. 30 prevede: «La Conferenza riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale. La Conferenza riconosce pertanto che la legislazione comunitaria deve tener conto di tali svantaggi e che possono essere adottate misure specifiche, se giustificate, a favore di queste regioni per integrarle maggiormente nel mercato interno a condizioni eque»;
    analogo richiamo è contenuto all'articolo 349 del TFE, dove si prescrive di adottare misure specifiche per le regioni interessate, tenendo conto delle loro caratteristiche e dei vincoli, compresa la loro «insularità»;
   l'articolo 170 del TFE si occupa delle reti trans-europee. Esso prevede che nello sviluppo di reti trans-europee l'Unione «tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni intercluse e periferiche alle regioni centrali dell'Unione;
    al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nei trattati europei la Commissione europea ha fatto predisporre, dal Consorzio Planistat Europe & Bradley Dunbar un rapporto finale riguardante l'analisi delle regioni insulari dell'Unione, dal quale emergono informazioni importanti circa l'esigenza di dotarsi di alcune precondizioni di base per aiutare le regioni insulari ad uscire dal loro isolamento;
    l'Eurostat ha classificato 286 territori insulari popolati da circa 10 milioni di abitanti, con una superficie di 100 mila chilometri quadrati (3 per cento della popolazione dell'Unione e 3,2 per cento della superficie totale);
    l'86 per cento di questa popolazione risiede nel Mediterraneo (53 per cento in Sicilia, la stessa che in Danimarca e Finlandia), 17 per cento in Sardegna, 8 per cento nelle Baleari, 5 per cento a Creta e 3 per cento in Corsica;
    la sola Italia conta il 78 per cento della popolazione totale con 31 isole (praticamente le più grandi) su 286, che aumenta al 95 per cento (con 123 isole) se si considera l'intero Mediterraneo;
    le analisi sulle strutture economiche delle regioni insulari fanno rilevare che le stesse sono basate su un unico o su un numero esiguo di settori di attività. I problemi principali collegati con l'insularità riguardano indicativamente:
     il costo elevato dei trasporti e delle comunicazioni, nonché la forte dipendenza da infrastrutture e sistemi di prestazione di servizi spesso insufficienti;
     il costo elevato per le imprese obbligate a immagazzinare le materie prime e altre merci in quantità maggiori (in media 2-3 mesi) per difendersi dai rischi di trasporto del clima e altro, che rende i loro fattori di produzione più cari del 20 per cento in media in rapporto alla concorrenza del Centro;
     lo scarso approvvigionamento e il costo elevato delle risorse idriche ed energetiche;
     la difficoltà di accesso a servizi come ad esempio l'istruzione, la sanità, l'aggiornamento, la comunicazione informazione, le attività ricreative, l'amministrazione;
     l'emergere di problemi ambientali come l'inquinamento marino e costiero, l'inquinamento dovuto allo smaltimento di rifiuti solidi e liquidi, l'erosione e la desertificazione delle coste e del territorio in generale, l'esaurimento, la salinizzazione o l'inquinamento delle falde acquifere;
     la difficoltà di trattenere la popolazione, che impone di affrontare i problemi di diversificazione dell'economia locale, del carattere stagionale delle attività, della promozione di nuove attività produttive;
    tali problemi, dovuti alle piccole dimensioni delle isole, al loro isolamento naturale e alla lontananza rispetto ai centri europei e nazionali, determinano una ridotta competitività nelle imprese insulari e, in generale, una scarsa capacità di attrazione per l'insediamento permanente di individui, imprese e capitali,

impegna il Governo:

   a promuovere e sostenere nell'ambito della priorità n. 1, al fine di creare un nuovo impulso all'occupazione, alla crescita e agli investimenti, un intervento puntuale e concreto per l'inserimento nel Piano di investimenti per l'Europa di misure che consentano di perseguire e attuare un riequilibrio sostanziale delle precondizioni di sviluppo e crescita economica e sociale delle regioni insulari europee, sia sul diritto universale alla mobilità interna che esterna, aerea, marittima, viaria e ferroviaria;
    nell'ambito della priorità n. 3 (un'Unione dell'energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici) azioni tese a inserire nel pacchetto relativo alla creazione dell'Unione per l'energia, interventi volti a garantire un riequilibrio sostanziale e urgente del costo dell'energia per le regioni insulari, prevedendo un intervento diretto per quanto riguarda politiche di riequilibrio dei costi attraverso procedure di interrompibilità e superinterrompibilità energetica così come chieste dal Governo italiano. In tale ambito, come sostenuto dallo stesso Ministro degli esteri, occorre perseguire l'attuazione degli accordi energetici con paesi come l'Algeria al fine di realizzare progetti strategici come il Galsi (Gasdotto Algeria-Sardegna-Italia) che garantirebbero non solo un importante approvvigionamento per l'Europa ma costituirebbe un'importante e decisiva connessione con la regione insulare della Sardegna;
    nell'ambito della priorità n. 4 (un mercato interno più profondo e più equo con una base industriale più solida) azioni tese all'equità economica e al riequilibrio delle condizioni di sviluppo delle regioni insulari a partire da politiche di riequilibrio fiscale, attraverso la istituzione di zone franche insulari tese proprio al riequilibrio dei fattori dell'insularità;
    nell'ambito della priorità n. 6 (Un accordo realistico ed equilibrato di libero scambio con gli Stati Uniti), azioni di tutela dei prodotti specifici e tutelati con appositi marchi riconosciuti anche a livello europeo dell'agroalimentare delle regioni insulari a partire da importanti produzioni come il Pecorino Romano già sottoposto ad azioni di contraffazione e sottrazione di mercati attraverso plagi internazionali del marchio stesso.
(6-00159) «Pili».


DISEGNO DI LEGGE: S. 1729 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI COLLABORAZIONE IN MATERIA RADIOTELEVISIVA FRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO, CON ALLEGATO, FATTO A ROMA IL 5 MARZO 2008 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3157)

A.C. 3157 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3157 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 3.1, 3.2, 3.3 e 3.4, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3157 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, fatto a Roma il 5 marzo 2008.

A.C. 3157 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 8 dell'Accordo stesso.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2.
(Ordine di esecuzione).

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. – (Informazione al Parlamento). – 1. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza almeno biennale, il Governo informa, con un proprio documento riepilogativo, le competenti Commissioni parlamentari in merito ai frutti della collaborazione bilaterale disciplinata dall'Accordo di cui all'articolo 1.
2. 01. Gianluca Pini.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. – (Informazione al Parlamento). – 1. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza almeno biennale, il Governo informa le competenti Commissioni parlamentari in merito ai frutti della collaborazione bilaterale disciplinata dall'Accordo di cui all'articolo 1.
2. 02. Gianluca Pini.

A.C. 3157 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

  1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a euro 3.098.000 a decorrere dall'anno 2014, si provvede, per l'anno 2014, quanto a euro 2.902.000, mediante utilizzo delle risorse già trasferite, per le medesime finalità, al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per l'informazione e l'editoria, ai sensi dell'elenco 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, relativamente alla finalità «Collaborazione in campo radiotelevisivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino», e, quanto a euro 196.000 per l'anno 2014 ed a euro 3.098.000 a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Copertura finanziaria).

  Al comma 1, sostituire le parole: dall'anno 2014, si provvede, per l'anno 2014 con le seguenti: dall'anno 2015, si provvede, per l'anno 2015.

  Conseguentemente:
   sostituire le parole: per l'anno 2014 con le seguenti: per l'anno 2015;
   sostituire le parole: dall'anno 2015 con le seguenti: dall'anno 2016.
3. 1. Gianluca Pini.

  Al comma 1, sostituire le parole: l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri con le seguenti: gli accantonamenti relativi ai Ministeri degli affari esteri e dello sviluppo economico, in parti eguali.
3. 2. Gianluca Pini.

  Al comma 1, sostituire le parole: l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri con le seguenti: gli accantonamenti relativi ai Ministeri degli affari esteri, per un terzo degli importi, e dello sviluppo economico, per la parte residua.
3. 3. Gianluca Pini.

  Al comma 1, sostituire le parole: degli affari esteri con le seguenti: dello sviluppo economico.
3. 4. Gianluca Pini.

A.C. 3157 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.