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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 2 luglio 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 2 luglio 2015.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Orlando, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 1o luglio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ALBANELLA: «Modifiche al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, concernenti l'accesso anticipato al pensionamento per i lavoratori che svolgono attività in altezza» (3204);
   ARGENTIN ed altri: «Disposizioni per il finanziamento di progetti di assistenza personale autogestita in favore delle persone affette da disabilità grave» (3205);
   SCOTTO ed altri: «Modifiche all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detraibilità delle spese sostenute per l'abbonamento ai servizi di trasporto pubblico» (3206).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge QUINTARELLI ed altri: «Disposizioni in materia di fornitura dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti» (2520) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Cristian Iannuzzi.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

   A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   VI Commissione (Finanze):
  TACCONI ed altri: «Modifica all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di applicazione dell'imposta municipale propria all'unità immobiliare posseduta in Italia dai cittadini italiani in età pensionabile residenti all'estero» (2949) Parere delle Commissioni I, III, V, VIII e XI.

   X Commissione (Attività produttive):
  GIULIETTI ed altri: «Disposizioni per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo dell'artigianato artistico italiano» (3152) Parere delle Commissioni I, V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  COLONNESE ed altri: «Disposizioni per la promozione del parto naturale e la riduzione del ricorso al parto cesareo mediante iniziative di informazione e la formazione del personale medico e sanitario» (3121) Parere delle Commissioni I, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  CAPEZZONE: «Soppressione dei consorzi di bonifica» (3030) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

   A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sotto indicata Commissione permanente:

   IV Commissione (Difesa):

  ZAPPULLA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri nonché sulle pratiche di nonnismo» (Doc. XXII, n. 51) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Nel mese di giugno 2015 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.

  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 25 giugno 2014, ha trasmesso la decisione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2014, approvata dalle Sezioni riunite della Corte dei conti ai sensi degli articoli 40 e 41 del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, corredata dai volumi I, II e III dell'annessa relazione, nonché dal testo delle considerazioni svolte in sede di giudizio di parificazione (Doc. XIV, n. 3).

  Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 15 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3-bis, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, la relazione concernente gli sviluppi della situazione e le misure adottate per il potenziamento del dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza nel Mediterraneo centrale.

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IV Commissione (Difesa).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 30 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge n. 40 del 2004, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita, riferita all'attività dei centri di procreazione medicalmente assistita nell'anno 2013 e all'utilizzo dei finanziamenti nell'anno 2014 (Doc. CXLII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 1o luglio 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio che definisce la posizione che l'Unione europea deve adottare in sede di Consiglio generale dell'Organizzazione mondiale del commercio in merito all'adesione della Repubblica del Kazakhstan all'OMC (COM(2015) 322 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Comunicazione della Commissione – Valutazione del seguito dato dalla Francia alla raccomandazione del Consiglio del 10 marzo 2015 intesa a porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo (COM(2015) 326 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 30 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Relazione sull'attuazione del Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom – 2015 (COM(2015) 299 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1683/1995 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (COM(2015) 303 final).

Trasmissione dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.

  Il Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, con lettera in data 24 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 12, lettera i), della legge 14 novembre 1995, n. 481, e dell'articolo 1, comma 12, primo e secondo periodo, della legge 23 agosto 2004, n. 239, la relazione sullo stato dei servizi e sull'attività svolta dall'Autorità, aggiornata al 31 marzo 2015 (Doc. CXLI, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dall'Ente nazionale per il microcredito.

  Il Presidente dell'Ente nazionale per il microcredito, con lettera in data 18 giugno 2015, ha trasmesso un documento concernente i principali risultati del monitoraggio delle iniziative di microcredito in corso in Italia, riferito all'anno 2014.

  Questo documento è trasmesso alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1758 – DELEGA AL GOVERNO PER IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE EUROPEE E L'ATTUAZIONE DI ALTRI ATTI DELL'UNIONE EUROPEA – LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2014 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3123)

A.C. 3123 – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 14.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale;
   b) rafforzamento della qualità della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai princìpi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali;
   c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni;
   d) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per finalità connesse al potenziamento delle attività di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alla verifica del rispetto delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale, nonché alla protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamità naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati).

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale sistematicamente integrate con la Valutazione di Impatto Sanitario, armonizzazione con la Valutazione Ambientale Strategica e coordinamento con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale.
14. 9. Zolezzi, Battelli.

  Al comma 1, lettera b) sostituire le parole: rafforzamento della qualità della procedura di valutazione di impatto ambientale con le seguenti: potenziamento della Valutazioni d'impatto ambientale, rafforzamento della qualità della procedura di valutazione di impatto ambientale attraverso il ricorso sistematico della consultazione pubblica.
14. 10. Zolezzi, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere le seguenti:
   b-bis) introduzione di meccanismi di trasparenza e di pubblicità sulle modalità di scelta dei membri della Commissione V.I.A., anche attraverso la diffusione di avvisi pubblici per la raccolta dei curricula e la previsione di criteri specifici ed oggettivi per la valutazione dei curricula; esclusione della possibilità di nomina di soggetti rinviati a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione ed immediata decadenza dei membri per i quali il rinvio a giudizio sia intervenuto dopo la nomina; esclusione di ogni forma di conflitto di interessi e previsione di forme periodiche di controllo per verificare i requisiti di onorabilità dei candidati e dei membri nominati e prevenire rischi di infiltrazione della criminalità organizzata;
   b-ter) introduzione di meccanismi di monitoraggio sulle decisioni della Commissione V.I.A.; introduzione di misure di trasparenza sul normale funzionamento della commissione VIA-VAS, tra cui l'obbligo di pubblicizzazione delle sedute della commissione e dell'ordine del giorno, la possibilità di fare audizioni pubbliche;
14. 8. De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) prevedere la consultazione pubblica e trasparente dei cittadini residenti nell'area ove dovrebbero essere realizzati lavori di costruzione o altri impianti od opere private o pubbliche e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo.
14. 7. Colonnese, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) utilizzo sostenibile del suolo, al fine di ricomprenderne tra gli impatti dei progetti pubblici e privati l'eventuale sottrazione, i fenomeni di erosione, degrado della componente organica, compattazione e impermeabilizzazione, nonché i possibili danni agli strati superficiali e sotterranei del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento e, se del caso, di demolizione.
14. 1. Kronbichler, Pellegrino, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) semplificazione dei meccanismi di accesso alle informazioni e rafforzamento delle procedure di partecipazione del pubblico ai processi decisionali, sin dalle prime fasi di elaborazione dei progetti, in modo da garantire la migliore alternativa possibile, compresa la possibilità di non procedere con la realizzazione degli stessi, prevedendo, in tal senso, obbligo di documentazione e motivazione delle decisioni, in modo da comprovare l'avvenuta valutazione dei risultati dei meccanismi di partecipazione attivati e delle pertinenti informazioni raccolte.
14. 2. Kronbichler, Pellegrino, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) garanzia di una valutazione completa e consapevole, attraverso l'analisi di tutti gli elementi e delle alternative esistenti maggiormente ragionevoli, compresa la possibilità di non realizzare il progetto sulla base del possibile impatto sull'ambiente e sul territorio.
14. 3. Kronbichler, Pellegrino, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) piena considerazione dell'impatto visivo dei progetti, del cambiamento, ossia, di aspetto o di visuale nel paesaggio edificato o naturale e delle zone urbane.
14. 4. Kronbichler, Pellegrino, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) previsione di misure di mitigazione e compensazione ambientali adeguate e proporzionate all'impatto sull'ambiente e sul territorio derivante dalla realizzazione di progetti pubblici o privati.
14. 5. Kronbichler, Pellegrino, Zaratti.

  Al comma 1, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) precisazione dei contenuti e dei dati analizzati nella determinazione successiva alle procedure di screening, in particolar modo qualora non sia obbligatoriamente prevista una valutazione dell'impatto ambientale, tenendo conto delle osservazioni non richieste eventualmente ricevute da altre fonti, quali il pubblico o le autorità pubbliche, anche nel caso in cui non venga attivata una consultazione formale.
14. 6. Kronbichler, Pellegrino, Zaratti.

A.C. 3123 – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 15.
(Criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti criteri direttivi specifici:
   a) introduzione, ove necessario e in linea con i presupposti della direttiva 2013/51/Euratom, di misure di protezione della popolazione più rigorose rispetto alle norme minime previste dalla direttiva medesima, fatto salvo il rispetto della libera circolazione delle merci;
   b) previsione, nel caso di esenzione dai controlli di alcune tipologie di acque, ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2013/51/Euratom, oltre all'obbligo di informazione alle popolazioni interessate sulla presenza di acque esentate da controlli, anche dell'obbligo di informazione sul diritto ad ottenere dalle autorità competenti lo svolgimento di verifiche atte a escludere, in concreto, rischi per la salute connessi all'eventuale presenza di sostanze radioattive.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 15.
(Criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano).

  Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: ove necessario e.
15. 3. Di Vita, Baroni, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: di misure aggiungere le seguenti: di prevenzione e.
15. 1. Mantero, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Battelli.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: previste dalla direttiva medesima aggiungere le seguenti: sulla base di evidenze scientifiche di effettiva efficacia delle citate misure.
15. 7. Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: fatto salvo il rispetto della libera circolazione delle merci.
15. 2. Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 1, lettera a), aggiungere, in fine, le parole: ivi compresi gli obblighi di interruzione della fornitura, i termini per il ripristino della corretta fornitura di acque a norma di valori, le scadenze per l'adeguamento di impianti per la potabilizzazione, le sanzioni per il mancato rispetto e le pene relative agli evasori delle norme.
15. 8. Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Battelli.

  Al comma 1, lettera b), dopo le parole: di verifiche aggiungere la seguente: periodiche.
15. 5. Lorefice, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Battelli.

  Al comma 1, lettera b), dopo le parole: di verifiche aggiungere le seguenti:, i cui esiti sono pubblicati sui siti delle autorità competenti,
15. 4. Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
   c) adeguamento del decreto legislativo n. 31 del 2001, ai sensi della direttiva 2013/51/Euratom Allegati II e III, relativamente alla frequenza e alla tipologia dei parametri analitici ricercati, così come descritto nell'allegato III, per la ricerca di uno spettro di valori sui radionuclidi naturali e artificiali, tali da rispettare le prescrizioni sulla ricerca analitica più accurata possibile, sia per la tipologia di radionuclidi da analizzare per le dosi minime (DI), che per le frequenze di analisi, secondo l'articolo 3, commi 6 e 12.
15. 9. Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Battelli.

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
   c) prevedere che gli enti deputati alla gestione degli impianti di scarico, delle acque reflue, degli impianti di depurazione e delle infrastrutture idriche siano obbligati ad adottare tutte le misure che salvaguardino la salute della popolazione dai rischi di inquinamento da sostanze radioattive delle acque destinate al consumo umano, prevedendo altresì le sanzioni in caso di inottemperanza.
15. 6. Mantero, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Battelli.

A.C. 3123 – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 16.
(Criterio direttivo per l'attuazione della direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici), il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche il seguente criterio direttivo specifico: introduzione, ove necessario e in linea con i presupposti della direttiva 2013/35/UE, di misure di protezione dei lavoratori per i livelli d'azione (LA) e per i valori limiti di esposizione (VLE) più rigorose rispetto alle norme minime previste dalla direttiva medesima.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 16.
(Criterio direttivo per l'attuazione della direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)).

  Al comma 1, sostituire le parole: il seguente criterio direttivo specifico con le seguenti: i seguenti criteri direttivi specifici.

  Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole:; introduzione, nei luoghi chiusi, del limite di 0.2 Volt/metro di campo elettrico.
16. 2. Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Battelli.

  Al comma 1, sopprimere le parole: ove necessario e,
16. 1. Lorefice, Baroni, Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Battelli.

A.C. 3123 – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 17.
(Criterio direttivo per l'attuazione della direttiva 2014/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche il seguente criterio direttivo specifico: prevedere norme di salvaguardia sulla completezza delle informazioni relative alla provenienza del miele e dei prodotti apistici destinati al consumo umano a vantaggio del consumatore.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 17.
(Criterio direttivo per l'attuazione della direttiva 2014/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele).

  Sopprimerlo.
17. 50. Gianluca Pini.

  Al comma 1 sostituire le parole da: prevedere norme fino alla fine del comma, con le seguenti: al fine di assicurare la completezza delle informazioni relative alla provenienza del miele e dei prodotti apistici destinati al consumo umano, prevedere norme a tutela delle caratteristiche geografiche del miele e dei prodotti da esso derivati tramite l'indicazione in etichetta del Paese di origine.
17. 1. Massimiliano Bernini, Battelli.

  Al comma 1 sostituire le parole da: norme fino alla fine del comma, con le seguenti: che, nel caso in cui il miele è originario di più Stati membri o Paesi terzi, l'indicazione dei Paesi di origine venga sostituita da una delle indicazioni, a seconda dei casi, previste dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/63/UE.
17. 51. Gianluca Pini.

  Dopo l'articolo 17 aggiungere il seguente:

Art. 17-bis.
(Principi e criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato).

  1. Il Governo adotta, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 2, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
   a) introdurre nei libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale la fattispecie criminosa specifica di corruzione in affari privati che punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative non meramente esecutive per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali;
   b) prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a);
   c) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale e fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche la fattispecie criminosa di istigazione alla corruzione in affari privati, con la previsione di una riduzione di pena qualora l'offerta, la promessa o la sollecitazione alla promessa non siano state accettate;
   d) introdurre fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato.
17. 01. Gianluca Pini, Bossi, Caparini.

  Dopo l'articolo 17 aggiungere il seguente:

Art. 17-bis.
(Criterio direttivo per l'attuazione della direttiva 2015/412/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio).

  1. Il Governo è delegato ad adottare entro il 31 dicembre 2015 uno o più decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2015/412/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio.
  2. Nell'esercizio della delega il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche il seguente principio e criterio direttivo specifico: prevedere una disciplina al fine di vietare la coltivazione in campo aperto degli organismi geneticamente modificati (OGM) e prevedere misure tali da prevenire contaminazioni sulle altre colture da coltivazioni geneticamente modificate.
17. 02. Gianluca Pini, Bossi.

A.C. 3123 – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 18.
(Delega al Governo per l'attuazione delle decisioni quadro).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo le procedure di cui all'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l'attuazione delle seguenti decisioni quadro:
   a) decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni;
   b) decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio;
   c) decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie;
   d) decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive;
   e) decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo;
   f) decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare;
   g) decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto delle disposizioni previste dalle singole decisioni quadro, nonché dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  3. Sugli schemi dei decreti legislativi di recepimento delle decisioni quadro di cui al comma 1 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con le modalità ed i tempi di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ad eccezione del comma 1, lettera a), ai cui oneri, pari a 310.000 euro a decorrere dall'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 3123 – Articolo 19

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 19.
(Delega al Governo per l'attuazione della decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all'organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all'organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario, nel rispetto delle procedure e dei princìpi e criteri direttivi generali rispettivamente stabiliti dall'articolo 31, commi 2, 5 e 9, e dall'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
   a) prevedere che le definizioni siano quelle di cui all'articolo 2 della decisione quadro;
   b) prevedere che l'autorità centrale da designare ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della decisione quadro sia individuata presso il Ministero della giustizia;
   c) prevedere che qualsiasi condanna penale pronunciata nel territorio italiano e iscritta nel casellario giudiziale venga comunicata senza indugio all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza della persona condannata o a più autorità centrali in caso di cittadinanza plurima, ivi compreso il caso in cui la persona condannata abbia anche la cittadinanza italiana;
   d) prevedere che le successive modifiche o soppressioni delle informazioni contenute nel casellario giudiziale, già inviate allo Stato o agli Stati membri di cittadinanza, siano immediatamente trasmesse all'autorità centrale di detti Stati;
   e) prevedere che, se richiesto, sia fornita copia della sentenza e dei conseguenti provvedimenti nonché qualsiasi altra informazione pertinente al riguardo, per consentirne l'esame ai fini dell'adozione di eventuali provvedimenti a livello nazionale;
   f) prevedere che le informazioni trasmesse ai sensi dell'articolo 4, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro siano conservate integralmente dall'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia nel caso di cittadinanza italiana della persona condannata, conformemente all'articolo 11, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro, ai fini della loro ritrasmissione a norma dell'articolo 7 della medesima decisione quadro;
   g) introdurre la richiesta di informazioni sulle condanne, conformemente al modulo allegato alla decisione quadro, secondo le seguenti modalità:
    1) quando si richiedono informazioni al casellario giudiziale italiano ai fini di un procedimento penale contro una persona o a fini diversi da un procedimento penale, prevedere che l'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia possa, conformemente al diritto nazionale, rivolgere all'autorità centrale di un altro Stato membro un'istanza di estrazione di informazioni e dati a esse attinenti dal casellario giudiziale;
    2) qualora sia una persona a richiedere informazioni sul proprio casellario giudiziale, prevedere che l'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia a cui la richiesta è stata presentata possa, conformemente al diritto nazionale, rivolgere all'autorità centrale di un altro Stato membro una richiesta di estrazione di informazioni e dati a esse attinenti dal casellario giudiziale, purché l'interessato sia o sia stato residente o cittadino dello Stato italiano o dello Stato membro richiesto;
    3) nel caso in cui una persona, cittadina di uno Stato membro, scaduto il termine di cui all'articolo 11, paragrafo 7, della decisione quadro, richieda informazioni sul proprio casellario giudiziale all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia senza essere cittadina italiana, prevedere che la stessa autorità possa rivolgere all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza una richiesta di estrazione di informazioni e dati a esse attinenti dal casellario giudiziale per poter includere tali informazioni e dati a esse attinenti nell'estratto da fornire all'interessato;
    4) prevedere che gli organi della giurisdizione penale italiana possano rivolgere richiesta di informazioni all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia sia in relazione alle condanne dei cittadini italiani ricevute ai sensi dell'articolo 4 della decisione quadro, sia perché venga rivolta all'autorità centrale di un altro Stato membro una richiesta di estrazione di informazioni e dati sulle condanne in relazione a un cittadino di quello Stato membro, sia perché venga rivolta alle autorità centrali di più Stati membri una richiesta di estrazione di informazioni e dati sulle condanne in relazione a un cittadino di un Paese terzo o a un soggetto apolide;
   h) introdurre la risposta a una richiesta di informazioni sulle condanne, rivolta ai sensi dell'articolo 6 della decisione quadro, conformemente al modulo ivi allegato, secondo le seguenti modalità:
    1) prevedere che, quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziale sia rivolta all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia in relazione a un cittadino italiano ai fini di un procedimento penale, tale autorità centrale trasmetta all'autorità centrale dello Stato membro richiedente le informazioni relative:
     1.1) alle condanne pronunciate nello Stato italiano e iscritte nel casellario giudiziale;
     1.2) alle condanne pronunciate da altri Stati membri che le siano state trasmesse, in applicazione dell'articolo 4, dopo il 27 aprile 2012 e conservate, ai sensi dell'articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro;
     1.3) alle condanne pronunciate in altri Stati membri che le siano state trasmesse entro il 27 aprile 2012 e che siano state iscritte nel casellario giudiziale;
     1.4) alle condanne pronunciate in Paesi terzi di cui abbia ricevuto notifica e che siano state iscritte nel casellario giudiziale;
    2) prevedere che, quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziale sia rivolta all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia in relazione a un cittadino italiano a fini diversi da un procedimento penale, tale autorità centrale risponda, in conformità al diritto nazionale e per il fine e nei limiti in cui le informazioni sono state richieste, indicando le condanne pronunciate nello Stato italiano e quelle pronunciate in Paesi terzi che le siano state notificate e che siano state iscritte nel suo casellario giudiziale nonché che, per le informazioni sulle condanne pronunciate in un altro Stato membro trasmesse allo Stato italiano, trasmetta quelle conservate a norma dell'articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro e quelle trasmesse entro il 27 aprile 2012 e iscritte nel proprio casellario giudiziale;
    3) prevedere che, nel caso di una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziale rivolta all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia in relazione a un cittadino italiano a fini diversi da un procedimento penale, la suddetta autorità centrale, nel trasmettere le informazioni a norma dell'articolo 4 della decisione quadro, possa comunicare alle autorità centrali degli Stati membri di cittadinanza che le informazioni relative alle condanne pronunciate nel proprio territorio e ad esse trasmesse non possano essere ritrasmesse per fini diversi da un procedimento penale;
    4) prevedere, nel caso in cui una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziale sia rivolta da un Paese terzo all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia in relazione a un cittadino italiano, che quest'ultima possa rispondere riguardo alle condanne trasmesse da un altro Stato membro solo nei limiti applicabili alla trasmissione di informazioni ad altri Stati membri, conformemente al caso di una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziale rivolta all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia in relazione a un cittadino italiano a fini diversi da un procedimento penale;
    5) prevedere che, quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziale sia rivolta all'autorità centrale individuata presso il Ministero della giustizia non in relazione a un cittadino italiano, quest'ultima trasmetta le informazioni sulle condanne pronunciate al suo interno e sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di Paesi terzi e di apolidi iscritte nel suo casellario giudiziale nella misura prevista dall'articolo 13 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, di cui alla legge 23 febbraio 1961, n. 215;
   i) prevedere che il termine di risposta alla richiesta di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, mediante il modulo ivi allegato, sia immediato e comunque non superiore a dieci giorni lavorativi dalla data di ricevimento della richiesta o di ricevimento delle informazioni complementari necessarie per identificare la persona a cui la richiesta si riferisce nonché di venti giorni nel caso di risposta alla richiesta di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della decisione quadro;
   l) prevedere, ad eccezione del caso in cui si tratti di dati personali ottenuti da uno Stato membro ai sensi della decisione quadro e provenienti dallo stesso Stato membro, che i dati personali trasmessi quale risposta a una richiesta di informazioni sulle condanne, ai sensi dell'articolo 7, paragrafi 1 e 4, della decisione quadro, ai fini di un procedimento penale o, ai sensi dell'articolo 7, paragrafi 2 e 4, della decisione quadro, per fini diversi da un procedimento penale, possano essere usati dallo Stato membro richiedente rispettivamente solo ai fini del procedimento penale per il quale sono stati richiesti ovvero per il fine e nei limiti in cui sono stati richiesti, come specificato nel modulo allegato alla decisione quadro, salvo che siano usati per prevenire un pericolo grave e immediato per la pubblica sicurezza nonché che siano soggetti agli stessi limiti di utilizzo i dati personali ricevuti da uno Stato membro e trasmessi a un Paese terzo, a norma dell'articolo 7, paragrafo 3, della decisione quadro;
   m) prevedere che nel presentare le richieste di informazioni sulle condanne nonché nel rispondere a suddette richieste si adoperi la lingua ufficiale o una delle lingue ufficiali dello Stato richiedente o richiesto ovvero la lingua accettata da entrambi gli Stati;
   n) prevedere che costituiscano informazioni obbligatorie che devono sempre essere trasmesse, a meno che siano ignote all'autorità centrale:
    1) le informazioni relative alla persona condannata: nome completo, data e luogo di nascita, composto di città e Stato, sesso, cittadinanza ed eventuali nomi precedenti;
    2) le informazioni relative alla natura della condanna: data della condanna, nome dell'organo giurisdizionale, data in cui la decisione è diventata definitiva;
    3) le informazioni relative al reato che ha determinato la condanna: data del reato che ha determinato la condanna e denominazione o qualificazione giuridica del reato nonché riferimento alle disposizioni giuridiche applicabili;
    4) le informazioni relative al contenuto della condanna: pena, eventuali misure accessorie, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l'esecuzione della pena;
   o) prevedere che costituiscano informazioni facoltative che devono essere trasmesse se iscritte nel casellario giudiziale:
    1) il nome dei genitori della persona condannata;
    2) il numero di riferimento della condanna;
    3) il luogo del reato;
    4) le interdizioni derivanti dalla condanna;
   p) prevedere che costituiscano informazioni supplementari che devono essere trasmesse se sono a disposizione dell'autorità centrale:
    1) il tipo e il numero del documento d'identificazione della persona condannata;
    2) le impronte digitali della persona condannata;
    3) eventuali pseudonimi della persona condannata;
   q) prevedere che possano essere trasmesse eventuali ulteriori informazioni relative a condanne iscritte nel casellario giudiziale;
   r) prevedere che tutte le informazioni in conformità dell'articolo 4, le richieste in conformità dell'articolo 6, le risposte in conformità dell'articolo 7 della decisione quadro e le altre informazioni pertinenti siano trasmesse per via elettronica, in formato standardizzato o con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta in modo tale da consentire all'autorità centrale dello Stato membro ricevente di accertarne l'autenticità, qualora con detto Stato membro non sia ancora completa l'operatività del sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne, di cui all'articolo 1, lettera c), della decisione quadro.

  2. Sullo schema di decreto legislativo di recepimento della decisione quadro di cui al comma 1 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con le modalità e i tempi di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Articolo 20

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 20.
(Delega al Governo per l'attuazione della decisione quadro 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell'articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell'articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI, nel rispetto delle procedure e dei princìpi e criteri direttivi generali rispettivamente stabiliti dall'articolo 31, commi 2, 5 e 9, e dall'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
   a) introdurre un sistema informatizzato che si interfacci con il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali, conformemente all'articolo 3, paragrafi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, della decisione quadro;
   b) prevedere che la responsabilità della gestione del sistema informatizzato di cui alla lettera a) sia assegnata all'autorità centrale istituita presso il Ministero della giustizia;
   c) prevedere i seguenti formati di trasmissione delle informazioni, ai sensi dell'articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell'articolo 7 della decisione quadro 2009/315/GAI:
    1) nel trasmettere le informazioni relative alla denominazione o qualificazione giuridica del reato e alle disposizioni giuridiche applicabili, introdurre la menzione del codice corrispondente a ciascuno dei reati indicati nella trasmissione in base alla tavola dei reati di cui all'allegato A della decisione quadro o, in via eccezionale, qualora il reato non corrisponda ad alcuna sottocategoria, usare il codice «categoria aperta» della pertinente o più vicina categoria di reati o, in mancanza, un codice «altri reati»;
    2) nel trasmettere le informazioni relative al contenuto della condanna, segnatamente la pena, eventuali misure accessorie, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l'esecuzione della pena, introdurre la menzione del codice corrispondente a ciascuna delle pene e misure richiamate nella trasmissione in base alla tavola delle pene e misure di cui all'allegato B della decisione quadro o, in via eccezionale, qualora la pena o misura non corrisponda ad alcuna sottocategoria, usare il codice «categoria aperta» della pertinente o più vicina categoria di pene e misure o, in mancanza, il codice «altre pene e misure»;
    3) realizzare una comparazione tra i reati e le pene previsti dall'ordinamento italiano e quelli individuati rispettivamente nelle tavole di cui agli allegati A e B della decisione quadro e un aggiornamento periodico della medesima;
    4) introdurre la possibilità di fornire, altresì, le informazioni disponibili riguardanti il livello di realizzazione del reato e il grado di partecipazione alla sua consumazione e, se pertinente, la sussistenza di cause di esonero totale o parziale dalla responsabilità penale o della recidiva nonché le informazioni disponibili riguardanti la natura e le condizioni di esecuzione della pena o della misura inflitta;
    5) prevedere, inoltre, che il parametro «decisioni non penali» sia indicato soltanto nei casi in cui lo Stato membro di cui la persona interessata abbia la cittadinanza fornisca, su base volontaria, informazioni su dette decisioni in risposta a una richiesta di informazioni sulle condanne.

  2. Sullo schema di decreto legislativo di recepimento della decisione quadro di cui al comma 1 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con le modalità e i tempi di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Articolo 21

ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 21.
(Delega al Governo per l'attuazione della decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell'Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell'Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, nel rispetto delle procedure e dei princìpi e criteri direttivi generali rispettivamente stabiliti dall'articolo 31, commi 2, 5 e 9, e dall'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
   a) prevedere che le definizioni siano quelle di cui all'articolo 2 della decisione quadro;
   b) prevedere che, nel corso di un procedimento penale, siano prese in considerazione le precedenti decisioni definitive di condanna pronunciate da autorità giurisdizionali di altri Stati membri nei confronti della stessa persona per fatti diversi da quelli per i quali si procede, riguardo alle quali siano state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all'assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziali, nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che siano attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale;
   c) escludere, ai sensi dell'articolo 3, paragrafi 3, 4 e 5, della decisione quadro, che la presa in considerazione delle decisioni di condanna di cui alla lettera b) possa interferire con tali decisioni, comportandone la revoca o il riesame, o possa interferire con le decisioni relative alla loro esecuzione adottate in Italia.

  2. Sullo schema di decreto legislativo di recepimento della decisione quadro di cui al comma 1 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con le modalità e i tempi di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 3123 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   permesso che:
    l'articolo 13 del disegno di legge reca i princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di progetti pubblici e privati;
    nei consideranda 15 e 36 della direttiva 2014/52/UE, vigente dal 16 maggio 2014, da recepire entro il 16 maggio 2017, è affermato che:
     per garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente, è necessario adottare misure precauzionali in relazione a determinati progetti che, data la loro vulnerabilità a gravi incidenti e/o calamità naturali (quali inondazioni, innalzamento del livello del mare o terremoti), potrebbero verosimilmente avere effetti negativi significativi sull'ambiente;
     al fine di stimolare un processo decisionale più efficiente e aumentare la certezza del diritto, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché le diverse tappe della valutazione dell'impatto ambientale dei progetti si svolgano entro un lasso di tempo ragionevole, in funzione della natura, complessità e ubicazione del progetto nonché delle sue dimensioni. Tali scadenze non dovrebbero in alcun caso compromettere il raggiungimento di elevati standard per la protezione dell'ambiente, in particolare quelli risultanti da normative dell'Unione in materia ambientale diverse dalla presente direttiva, nonché l'effettiva partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia;
    conformemente ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità, e per garantire che la transizione dal regime attuale, definito dalla direttiva 2011/92/UE, al nuovo regime discendente dagli emendamenti contenuti nella presente direttiva sia quanto più agevole possibile, è opportuno stabilire misure transitorie. Tali misure dovrebbero assicurare che il contesto normativo inerente ad una valutazione dell'impatto ambientale non sia modificato, in relazione a un determinato committente, qualora l’iter procedurale sia già stato avviato in base al regime attuale e il progetto non abbia ancora ricevuto un'autorizzazione o qualora non sia stata ancora adottata un'altra decisione vincolante necessaria per rispettare gli obiettivi della presente direttiva. Di conseguenza, le pertinenti disposizioni della direttiva 2011/92/UE anteriori alla modifica della direttiva stessa ad opera della presente direttiva si dovrebbero applicare ai progetti per i quali la procedura di screening o la procedura di scoping qualora lo scoping, ovvero la definizione dell'ambito di applicazione, sia stata richiesta dal committente ovvero dall'Autorità competente è stata avviata prima della scadenza del termine per il recepimento ovvero per i quali, prima di tale data, è stato presentato il rapporto di valutazione dell'impatto ambientale;
    l'articolo 3 della Direttiva prevede che i progetti per i quali l’iter decisionale è stato avviato prima del 16 maggio 2017 sono soggetti agli obblighi di cui all'articolo 4 della direttiva 2011/92/UE anteriormente alla sua modifica, che i progetti sono soggetti agli obblighi di cui all'articolo 3 e agli articoli da 5 a 11 della direttiva 2011/92/UE anteriormente alla modifica apportata dalla direttiva 2014/52/UE qualora, prima del 16 maggio 2017, la procedura relativa al parere di cui all'articolo 5, paragrafo 2 della direttiva 2011/92/UE sia stata avviata o le informazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1 della direttiva 2011/92/UE siano state fornite;
    è opportuno prevedere, nel decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/52/UE, i tempi minimi ammessi per ogni fase della procedura di valutazione di impatto ambientale in relazione alla tipologia dei progetti e l'esclusione dei procedimenti in itinere dall'assoggettamento alle procedure di valutazione di impatto ambientale conseguenti al recepimento della direttiva medesima,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nel decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/52/UE, i tempi minimi ammessi per ogni fase della procedura di valutazione di impatto ambientale in relazione alla tipologia dei progetti e l'esclusione dei procedimenti in itinere dall'assoggettamento alle procedure di valutazione di impatto ambientale conseguenti al recepimento della direttiva medesima.
9/3123/1Carrescia.


   La Camera,
   permesso che:
    la crisi economica e finanziaria che ha colpito i mercati nel 2008 e ha investito in pochissimo tempo l'economia reale ha aperto il dibattito sul potenziamento della vigilanza bancaria da parte delle autorità internazionali e delle autorità amministrative nazionali sul rafforzamento del patrimonio degli istituti di credito al fine di controbilanciare i rischi che questi ultimi assumono;
    il problema della ricapitalizzazione delle banche e della prevenzione/gestione della crisi delle imprese bancarie sono stati temi prioritari affrontati in sede europea, in cui da una parte si è proposta l'introduzione del principio del bail-in, in modo da trasferire il rischio di default sui privati alleggerendo il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici, dall'altra sono state modificate una serie di direttive e regolamenti per cercare di dettare una disciplina comune a tutti i 28 Stati membri dell'Unione europea;
    negli ultimi anni la stratificazione della regolamentazione europea e di quella nazionale è stata sempre più intensa tanto da determinare una forte sovrapposizione di regole che a volte hanno creato e continuano a creare difficoltà ai diversi operatori economici;
    il Financial Stability Board ha proposto nuovi standard minimi di Total Loss Absorbing Capacity (Capacità di assorbimento delle perdite) attraverso i quali le banche di importanza sistemica dovranno detenere una quantità di capitale e debito doppia rispetto a quanto richiesta da Basilea 3;
    tali standard, per come sono elaborati, impatteranno maggiormente sulle banche europee, e significativamente su quelle italiane, piuttosto che su quelle statunitensi o cinesi, comportando effetti distorsivi della concorrenza a livello globale e creando distorsioni tra i differenti modelli bancari presenti nei vari Paesi;
    è necessario evitare che si creino svantaggi competitivi nei confronti degli operatori economici italiani, tradizionalmente incentrati sull'intermediazione bancaria, rispetto ai competitors europei e che le banche si trovino costrette a dover ridurre significativamente il volume dei prestiti con effetti penalizzanti per l'economia reale la cui fonte di finanziamento principale resta tutt'ora il finanziamento bancario;
    la procedura di gestione delle crisi delle imprese bancarie e finanziarie, disciplinata dall'articolo 7 del provvedimento in esame, si inserisce nel più ampio e articolato quadro delle procedure concorsuali, disciplinato dal regio decreto n. 267 del 1942, in cui il legislatore dovrà recepire le nuove regole europee con l'obiettivo di garantire maggiore efficacia ed efficienza al sistema regolatorio italiano,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le azioni e le iniziative necessarie per garantire l'armonizzazione della disciplina nazionale di recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 (Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD)), di cui all'articolo 8 del provvedimento in esame, con i nuovi standard internazionali, al fine di limitare l'impatto negativo e gli eventuali svantaggi competitivi derivanti dalla nuova disciplina del Total Loss Absorbing Capacity.
9/3123/2Pagano.


   La Camera,
   nel corso dell'esame del disegno di legge C. 3123, approvato dal Senato, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014;
   considerata l'esigenza fondamentale che i risparmiatori e i depositanti acquisiscano la più ampia conoscenza circa lo strumento del bail-in contemplato dalla direttiva 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione del settore creditizio e degli intermediari finanziari, oggetto della delega di cui all'articolo 8 del disegno di legge, e circa gli effetti che l'applicazione di tale strumento potrebbe avere sui loro depositi bancari e investimenti,

impegna il Governo

a prevedere adeguate e specifiche campagne di informazione finanziaria, da realizzare anche attraverso i mezzi di comunicazione radiotelevisivi, a partire dal servizio pubblico radiotelevisivo, per informare i risparmiatori rispetto alle novità e ai rischi insiti nel nuovo strumento del bail-in, anche al fine di aumentare la consapevolezza circa l'esigenza di diversificare i loro investimenti e depositi finanziari.
9/3123/3Capezzone.


   La Camera,
   permesso che:
    la crisi economica e finanziaria che ha colpito i mercati nel 2008 e ha investito in pochissimo tempo l'economia reale ha aperto il dibattito sul potenziamento della vigilanza bancaria da parte delle autorità internazionali e delle autorità amministrative nazionali sul rafforzamento del patrimonio degli istituti di credito al fine di controbilanciare i rischi che questi ultimi assumono;
    il problema della ricapitalizzazione delle banche e della prevenzione/gestione della crisi delle imprese bancarie sono stati temi prioritari affrontati in sede europea, in cui da una parte si è proposta l'introduzione del principio del bail-in, in modo da trasferire il rischio di default sui privati alleggerendo il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici, dall'altra sono state modificate una serie di direttive e regolamenti per cercare di dettare una disciplina comune a tutti i 28 Stati membri dell'Unione europea;
    negli ultimi anni la stratificazione della regolamentazione europea e di quella nazionale è stata sempre più intensa tanto da determinare una forte sovrapposizione di regole che a volte hanno creato e continuano a creare difficoltà ai diversi operatori economici;
    il Financial Stability Board ha proposto nuovi standard minimi di Total Loss Absorbing Capacity (Capacità di assorbimento delle perdite) attraverso i quali le banche di importanza sistemica dovranno detenere una quantità di capitale e debito doppia rispetto a quanto richiesta da Basilea 3;
    tali standard, per come sono elaborati, impatteranno maggiormente sulle banche europee, e significativamente su quelle italiane, piuttosto che su quelle statunitensi o cinesi, comportando effetti distorsivi della concorrenza a livello globale e creando distorsioni tra i differenti modelli bancari presenti nei vari Paesi;
    è necessario evitare che si creino svantaggi competitivi nei confronti degli operatori economici italiani, tradizionalmente incentrati sull'intermediazione bancaria, rispetto ai competitors europei e che le banche si trovino costrette a dover ridurre significativamente il volume dei prestiti con effetti penalizzanti per l'economia reale la cui fonte di finanziamento principale resta tutt'ora il finanziamento bancario;
    la procedura di gestione delle crisi delle imprese bancarie e finanziarie, disciplinata dall'articolo 7 del provvedimento in esame, si inserisce nel più ampio e articolato quadro delle procedure concorsuali, disciplinato dal regio decreto n. 267 del 1942, in cui il legislatore dovrà recepire le nuove regole europee con l'obiettivo di garantire maggiore efficacia ed efficienza al sistema regolatorio italiano,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le azioni e le iniziative necessarie per garantire l'armonizzazione della disciplina nazionale di recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 (Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD)), di cui all'articolo 8 del provvedimento in esame, con i nuovi standard internazionali, al fine di limitare l'impatto negativo e gli eventuali svantaggi competitivi derivanti dalla nuova disciplina del Total Loss Absorbing Capacity.
9/3123/4Causi.


   La Camera,
   permesso che:
    l'articolo 1, del presente provvedimento reca la delega al Governo per l'attuazione delle direttive europee elencate negli allegati A e B; in particolare il comma 3 del citato articolo prevede che gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell'allegato B siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari;
    la direttiva sul credito ipotecario 2014/17/UE (cosiddetta Mortgage Credit Directive), adottata il 4 febbraio 2014, di modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010, il cui termine previsto per il recepimento è il 21 marzo 2016, inserita nell'allegato B del disegno di legge in esame, riguardante i contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, è tesa a:
     creare un mercato unico dei crediti ipotecari relativi a beni immobili residenziali più trasparente ed efficiente anche nell'ottica di favorire lo sviluppo delle attività transfrontaliere;
     prevedere norme uniformi, flessibili ed eque volte a promuovere la sostenibilità nell'erogazione e assunzione del credito,

impegna il Governo:

   nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/17/UE, a rispettare i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
    a) prevedere che il diritto del consumatore all'estinzione anticipata sia esercitabile senza applicazione di commissioni, indennità od oneri trascorso un congruo periodo di tempo dalla sottoscrizione del contratto o entro tale periodo, salvo il diritto del soggetto finanziatore ad un indennizzo equo e obiettivo per la perdita subita, non superiore alla perdita economica sofferta;
    b) prevedere che il periodo di riflessione (reflection period) a disposizione del consumatore per confrontare le offerte e valutarne le implicazioni e prendere una decisione informata, avvenga prima della conclusione del contratto di credito, stabilendo un elenco di elementi da includere nel materiale di pubblicità e marketing diretto ai consumatori, che specifichi tassi di interesse o dati relativi al costo del credito;
    c) prevedere disposizioni specifiche per l'esercizio del diritto di recesso dopo la conclusione del contratto di credito qualora non siano state fornite le necessarie informazioni ai consumatori;
    d) consentire al soggetto finanziatore di richiedere la sottoscrizione di una polizza assicurativa e prevedere per il consumatore un congruo periodo di tempo per poterne scegliere sul mercato una più conveniente di quella offerta dal finanziatore stesso che il soggetto finanziatore è obbligato ad accettare a tal fine prevedendo la standardizzazione, in tutto o in parte, della copertura offerta dai contratti assicurativi al fine di agevolare la comparazione tra le varie offerte;
    e) adottare standard affidabili di valutazione del bene immobile residenziale prima della conclusione del contratto di credito, riconosciuti a livello internazionale, al fine di assicurare che tutte le relazioni di valutazione consentano stime realistiche e circostanziate dei beni immobili, impongano ai creditori di adottare e seguire adeguate procedure interne di gestione del rischio e delle garanzie – comprendenti processi rigorosi di valutazione –, siano redatte con la competenza e la diligenza professionali dovute da soggetti valutatori che rispondono a determinati requisiti in materia di qualifiche e sia conservata un'adeguata documentazione sulla valutazione delle garanzie esauriente e plausibile.
9/3123/5Petrini.


   La Camera,
   permesso che:
    l'articolo 1, del presente provvedimento reca la delega al Governo per l'attuazione delle direttive europee elencate negli allegati A e B; in particolare il comma 3 del citato articolo prevede che gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell'allegato B siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari;
    la direttiva sul credito ipotecario 2014/17/UE (cosiddetta Mortgage Credit Directive), adottata il 4 febbraio 2014, di modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010, il cui termine previsto per il recepimento è il 21 marzo 2016, inserita nell'allegato B del disegno di legge in esame, riguardante i contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, è tesa a:
     creare un mercato unico dei crediti ipotecari relativi a beni immobili residenziali più trasparente ed efficiente anche nell'ottica di favorire lo sviluppo delle attività transfrontaliere;
     prevedere norme uniformi, flessibili ed eque volte a promuovere la sostenibilità nell'erogazione e assunzione del credito,

impegna il Governo:

   nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/17/UE, a valutare l'opportunità di rispettare i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
    a) prevedere che il diritto del consumatore all'estinzione anticipata sia esercitabile senza applicazione di commissioni, indennità od oneri trascorso un congruo periodo di tempo dalla sottoscrizione del contratto o entro tale periodo, salvo il diritto del soggetto finanziatore ad un indennizzo equo e obiettivo per la perdita subita, non superiore alla perdita economica sofferta;
    b) prevedere che il periodo di riflessione (reflection period) a disposizione del consumatore per confrontare le offerte e valutarne le implicazioni e prendere una decisione informata, avvenga prima della conclusione del contratto di credito, stabilendo un elenco di elementi da includere nel materiale di pubblicità e marketing diretto ai consumatori, che specifichi tassi di interesse o dati relativi al costo del credito;
    c) prevedere disposizioni specifiche per l'esercizio del diritto di recesso dopo la conclusione del contratto di credito qualora non siano state fornite le necessarie informazioni ai consumatori;
    d) consentire al soggetto finanziatore di richiedere la sottoscrizione di una polizza assicurativa e prevedere per il consumatore un congruo periodo di tempo per poterne scegliere sul mercato una più conveniente di quella offerta dal finanziatore stesso che il soggetto finanziatore è obbligato ad accettare a tal fine prevedendo la standardizzazione, in tutto o in parte, della copertura offerta dai contratti assicurativi al fine di agevolare la comparazione tra le varie offerte;
    e) adottare standard affidabili di valutazione del bene immobile residenziale prima della conclusione del contratto di credito, riconosciuti a livello internazionale, al fine di assicurare che tutte le relazioni di valutazione consentano stime realistiche e circostanziate dei beni immobili, impongano ai creditori di adottare e seguire adeguate procedure interne di gestione del rischio e delle garanzie – comprendenti processi rigorosi di valutazione –, siano redatte con la competenza e la diligenza professionali dovute da soggetti valutatori che rispondono a determinati requisiti in materia di qualifiche e sia conservata un'adeguata documentazione sulla valutazione delle garanzie esauriente e plausibile.
9/3123/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Petrini.


   La Camera,
   permesso che:
    l'articolo 9, comma 1, lettera o) del disegno di legge recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, stabilisce che in sede di recepimento della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, si debbano «apportare le opportune modifiche ed integrazioni alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria, promotori finanziari, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti, e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati; dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica né minori entrate contributive per la CONSOB;»;
    il gettito contributivo che la Consob determinerà sarà correlato alle spese da sostenere in relazione all'attività di vigilanza che l'Organismo per la tenuta dell'albo dei Consulenti finanziari effettuerà, considerato che l'invarianza di gettito sarà comunque assicurata anche dalle minori spese che la Consob eventualmente sosterrà col nuovo assetto di vigilanza,

impegna il Governo

in sede di recepimento della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, ad interpretare la previsione di cui alla citata lettera o) del medesimo articolo 9 come specificato nelle premesse, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria e promotori finanziari, e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati, correlando il gettito contributivo alle spese da sostenere in relazione all'attività di vigilanza che sarà effettuata dal nuovo organismo di vigilanza che sarà istituito dalla Consob.
9/3123/6Marco Di Maio.


   La Camera,
   permesso che:
    l'articolo 9, comma 1, lettera o) del disegno di legge recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, stabilisce che in sede di recepimento della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, si debbano «apportare le opportune modifiche ed integrazioni alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria, promotori finanziari, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti, e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati; dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica né minori entrate contributive per la CONSOB;»;
    il gettito contributivo che la Consob determinerà sarà correlato alle spese da sostenere in relazione all'attività di vigilanza che l'Organismo per la tenuta dell'albo dei Consulenti finanziari effettuerà, considerato che l'invarianza di gettito sarà comunque assicurata anche dalle minori spese che la Consob eventualmente sosterrà col nuovo assetto di vigilanza,

invita il Governo

in sede di recepimento della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, ad interpretare la previsione di cui alla citata lettera o) del medesimo articolo 9 come specificato nelle premesse, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria e promotori finanziari, e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati, correlando il gettito contributivo alle spese da sostenere in relazione all'attività di vigilanza che sarà effettuata dal nuovo organismo di vigilanza che sarà istituito dalla Consob.
9/3123/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Marco Di Maio.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
   considerato che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, al comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), prevede con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dalla direttiva 2014/59/UE, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertati le violazioni e i presupposti che determinano una responsabilità da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nonché dei dipendenti o di coloro che operano sulla base di rapporti che ne determinano l'inserimento nell'organizzazione del soggetto vigilato, anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato;
   rilevato che:
    l'articolo 3 della precedente legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre – approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28 ottobre 2014, con legge 7 ottobre 2014, n. 154, recante i princìpi e criteri direttivi per il recepimento in Italia della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, cosiddetta CRD IV – prevede:
     al comma 1, lettera i) punto 1, comma 1.1), con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alle società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni, tenendo conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi,

impegna il Governo

ad assicurare – anche con riferimento alla disciplina sanzionatoria relativa alla direttiva 2014/59/UE, di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), del presente provvedimento – che l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni tengano conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi.
9/3123/7Bianconi, Laffranco.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
   considerato che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, al comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), prevede con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dalla direttiva 2014/59/UE, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertati le violazioni e i presupposti che determinano una responsabilità da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nonché dei dipendenti o di coloro che operano sulla base di rapporti che ne determinano l'inserimento nell'organizzazione del soggetto vigilato, anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato;
   rilevato che:
    l'articolo 3 della precedente legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre – approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28 ottobre 2014, con legge 7 ottobre 2014, n. 154, recante i princìpi e criteri direttivi per il recepimento in Italia della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, cosiddetta CRD IV – prevede:
     al comma 1, lettera i) punto 1, comma 1.1), con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alle società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni, tenendo conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi,

invita il Governo

ad assicurare – anche con riferimento alla disciplina sanzionatoria relativa alla direttiva 2014/59/UE, di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), del presente provvedimento – che l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni tengano conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi.
9/3123/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Bianconi, Laffranco.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che, nei periodi di ordinaria operatività, sia svolta un'attività preparatoria continua della gestione di una crisi. Le banche devono predisporre – ed aggiornare almeno annualmente – un piano di risanamento contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione finanziaria, basato su assunzioni realistiche e relative a scenari che prevedano situazioni di crisi anche gravi;
   considerato che:
    l'articolo 4 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede tra le altre che:
     1. In considerazione del potenziale impatto che il dissesto dell'ente, per il suo tipo di attività, struttura azionaria, forma giuridica, profilo di rischio, dimensioni, status giuridico, interconnessioni con altri enti o con il sistema finanziario in generale, ambito e complessità della sua attività, sua appartenenza a un IPS o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo ai sensi dell'articolo 113, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 575/2013 ed eventuale esercizio di servizi o attività di investimento quali definiti all'articolo 4, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2014/65/UE, potrebbe avere – e delle serie ripercussioni negative che il dissesto e la successiva liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza potrebbe verosimilmente produrre – sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti e le autorità di risoluzione stabiliscano tra le altre, il contenuto e particolari dei piani di risanamento e di risoluzione previsti agli articoli da 5 a 12 della direttiva;
     8. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti e, se del caso, le autorità di risoluzione possano prevedere esenzioni:
      a) dagli obblighi relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, per gli enti affiliati a un organismo centrale e interamente o parzialmente esentati in virtù del diritto nazionale dai requisiti prudenziali in base al disposto dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) dagli obblighi di cui ai piani di risanamento per le istituzioni aderenti a un IPS.
     9. Qualora sia concessa un'esenzione a norma del paragrafo 8, gli Stati membri:
      a) applicano su base consolidata i requisiti relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, ad un organismo centrale e agli enti ad esso affiliati ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) fanno obbligo all'IPS di soddisfare i requisiti di cui alla sezione 2 in cooperazione con ciascuno degli aderenti esentati;
   considerato inoltre che:
    il considerando 14 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che:
     Nel contesto dei piani di risanamento e di risoluzione e in sede di ricorso ai vari poteri e strumenti a loro disposizione, è opportuno che le autorità tengano conto del tipo di attività, della struttura azionaria, della forma giuridica, del profilo di rischio, delle dimensioni, dello status giuridico e delle interconnessioni dell'ente con altri enti o con il sistema finanziario in generale, nonché dell'ambito e complessità delle sue attività, della sua eventuale appartenenza a un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo, dell'eventuale esercizio da parte dell'ente stesso di attività o servizi di investimento e della probabilità che il suo dissesto e la sua futura liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza possano avere un effetto negativo significativo sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, accertandosi che il regime sia applicato in modo appropriato e proporzionato e garantendo che gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei piani di risanamento e di risoluzione siano ridotti al minimo.
  Il contenuto e le informazioni specificati nella presente direttiva e nel relativo allegato prevedono le norme minime per gli enti aventi rilevanza sistemica; le autorità possono mettere in atto piani di risanamento e di risoluzione diversi o sostanzialmente ridotti e obblighi di informativa specifici per ente, da aggiornare a intervalli inferiori a un anno.
  Per gli enti di piccole dimensioni aventi interconnessioni e complessità ridotte, un piano di risanamento può limitarsi ad alcune informazioni di base sulla loro struttura, sui valori-soglia per l'attivazione di azioni di risanamento e sulle opzioni per lo stesso,

impegna il Governo:

   ad adottate le opportune disposizioni attuative delle previsioni di cui all'articolo 4, paragrafi 8 e 9 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, prevedendo ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia, in modo da garantire che, anche nel contesto dei Piani di risanamento e di risoluzione – in coerenza con quanto auspicato dalla stessa direttiva – si tenga conto del tipo di attività, della forma giuridica, del profilo di rischio e delle dimensioni degli enti, nonché della loro appartenenza ad un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica (gruppi integrati o network consolidati di banche di piccola dimensione), al fine di assicurare che, gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei Piani di risanamento e di risoluzione per tali enti, siano ridotti al minimo;
   ad evitare altresì, di adottare o mantenere disposizioni più rigorose rispetto a quelle contenute nella direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 e negli atti delegati e di esecuzione adottati sulla base della medesima.
9/3123/8Laffranco.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che, nei periodi di ordinaria operatività, sia svolta un'attività preparatoria continua della gestione di una crisi. Le banche devono predisporre – ed aggiornare almeno annualmente – un piano di risanamento contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione finanziaria, basato su assunzioni realistiche e relative a scenari che prevedano situazioni di crisi anche gravi;
   considerato che:
    l'articolo 4 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede tra le altre che:
     1. In considerazione del potenziale impatto che il dissesto dell'ente, per il suo tipo di attività, struttura azionaria, forma giuridica, profilo di rischio, dimensioni, status giuridico, interconnessioni con altri enti o con il sistema finanziario in generale, ambito e complessità della sua attività, sua appartenenza a un IPS o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo ai sensi dell'articolo 113, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 575/2013 ed eventuale esercizio di servizi o attività di investimento quali definiti all'articolo 4, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2014/65/UE, potrebbe avere – e delle serie ripercussioni negative che il dissesto e la successiva liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza potrebbe verosimilmente produrre – sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti e le autorità di risoluzione stabiliscano tra le altre, il contenuto e particolari dei piani di risanamento e di risoluzione previsti agli articoli da 5 a 12 della direttiva;
     8. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti e, se del caso, le autorità di risoluzione possano prevedere esenzioni:
      a) dagli obblighi relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, per gli enti affiliati a un organismo centrale e interamente o parzialmente esentati in virtù del diritto nazionale dai requisiti prudenziali in base al disposto dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) dagli obblighi di cui ai piani di risanamento per le istituzioni aderenti a un IPS.
     9. Qualora sia concessa un'esenzione a norma del paragrafo 8, gli Stati membri:
      a) applicano su base consolidata i requisiti relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, ad un organismo centrale e agli enti ad esso affiliati ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) fanno obbligo all'IPS di soddisfare i requisiti di cui alla sezione 2 in cooperazione con ciascuno degli aderenti esentati;
   considerato inoltre che:
    il considerando 14 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che:
     Nel contesto dei piani di risanamento e di risoluzione e in sede di ricorso ai vari poteri e strumenti a loro disposizione, è opportuno che le autorità tengano conto del tipo di attività, della struttura azionaria, della forma giuridica, del profilo di rischio, delle dimensioni, dello status giuridico e delle interconnessioni dell'ente con altri enti o con il sistema finanziario in generale, nonché dell'ambito e complessità delle sue attività, della sua eventuale appartenenza a un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo, dell'eventuale esercizio da parte dell'ente stesso di attività o servizi di investimento e della probabilità che il suo dissesto e la sua futura liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza possano avere un effetto negativo significativo sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, accertandosi che il regime sia applicato in modo appropriato e proporzionato e garantendo che gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei piani di risanamento e di risoluzione siano ridotti al minimo.
  Il contenuto e le informazioni specificati nella presente direttiva e nel relativo allegato prevedono le norme minime per gli enti aventi rilevanza sistemica; le autorità possono mettere in atto piani di risanamento e di risoluzione diversi o sostanzialmente ridotti e obblighi di informativa specifici per ente, da aggiornare a intervalli inferiori a un anno.
  Per gli enti di piccole dimensioni aventi interconnessioni e complessità ridotte, un piano di risanamento può limitarsi ad alcune informazioni di base sulla loro struttura, sui valori-soglia per l'attivazione di azioni di risanamento e sulle opzioni per lo stesso,

invita il Governo:

   ad adottate le opportune disposizioni attuative delle previsioni di cui all'articolo 4, paragrafi 8 e 9 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, prevedendo ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia, in modo da garantire che, anche nel contesto dei Piani di risanamento e di risoluzione – in coerenza con quanto auspicato dalla stessa direttiva – si tenga conto del tipo di attività, della forma giuridica, del profilo di rischio e delle dimensioni degli enti, nonché della loro appartenenza ad un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica (gruppi integrati o network consolidati di banche di piccola dimensione), al fine di assicurare che, gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei Piani di risanamento e di risoluzione per tali enti, siano ridotti al minimo;
   ad evitare altresì, di adottare o mantenere disposizioni più rigorose rispetto a quelle contenute nella direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 e negli atti delegati e di esecuzione adottati sulla base della medesima.
9/3123/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Laffranco.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE impone agli Stati membri di istituire meccanismi di finanziamento della risoluzione per permettere alle autorità di risoluzione di applicare o esercitare efficacemente gli strumenti e i poteri di risoluzione. Tali meccanismi di finanziamento della risoluzione dovrebbero essere dotati di mezzi finanziari adeguati che permettano un funzionamento efficace del quadro di risoluzione; sono pertanto abilitati a raccogliere contributi ex ante presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio;
   considerato che:
    l'articolo 102, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     1. Gli Stati membri provvedono a che, entro il 31 dicembre 2024, il rispettivo meccanismo di finanziamento disponga di mezzi finanziari pari ad almeno l'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.
  Gli Stati membri possono fissare livelli-obiettivo superiori a tale ammontare.

  2. Nel periodo iniziale di cui al paragrafo 1, i contributi ai meccanismi di finanziamento raccolti in conformità dell'articolo 103 sono spalmati nel tempo nel modo più uniforme possibile, fino al raggiungimento del livello-obiettivo, tenendo tuttavia debito conto della fase del ciclo economico e dell'impatto che possono avere i contributi pro-ciclici sulla situazione finanziaria degli enti contribuenti.
  Gli Stati membri possono prorogare il periodo iniziale di un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE di tutti gli enti creditizi autorizzati nei rispettivi territori;
    l'articolo 103, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, e dei relativi contributi ex ante, dispone che:
     1. Ai fini del raggiungimento del livello-obiettivo fissato nell'articolo 102, gli Stati membri provvedono a che siano raccolti a cadenza almeno annuale contributi presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio, ivi comprese le succursali nell'Unione.

  2. I contributi di ciascun ente sono calcolati in percentuale dell'ammontare delle sue passività (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti in relazione alle passività aggregate (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio dello Stato membro;
    l'articolo 20, comma 5, relativo alle «disposizioni transitorie», del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     «fino al termine del periodo iniziale previsto all'articolo 69, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014, gli Stati membri possono autorizzare gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti. Per le passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, oltre 300.000.000 EUR, l'ente versa il contributo determinato a norma degli articoli da 4 a 9»;
   rilevato che:
    l'approvazione definitiva delle misure che vanno sotto la definizione di Unione Bancaria comporta, oltre a rilevanti cambiamenti sul piano regolamentare, anche nuovi e considerevoli costi diretti per le banche italiane sia in termini contributivi che di compliance i quali, potrebbero sottrarre nei prossimi anni ingenti risorse agli investimenti produttivi e al finanziamento dell'economia reale diffusa nei territori;
    secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, i costi complessivi che il sistema bancario italiano dovrà sostenere per l'adeguamento al nuovo regime contributivo di cui alla direttiva 2014/49/UE BRR (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD), potrebbero superare i 6 miliardi di euro;
    secondo altre stime della stessa Federazione, a tale ammontare si devono poi aggiungere altri 5/6 miliardi di euro ai quali il sistema bancario italiano dovrà far fronte nei prossimi anni per l'adeguamento anche alla direttiva 2014/59 (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
    la discrezionalità concessa agli Stati nelle «Disposizioni transitorie» di cui all'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, consentirebbe – anche prendendo come riferimento le sole banche della propria categoria – di ottenere un risparmio contributivo di circa 5/6 milioni di euro annui, senza alcun costo sul bilancio dello Stato;
    le nuove disposizioni europee, lasciano alla discrezionalità degli Stati membri l'applicazione di norme che consentirebbero – senza oneri per le casse pubbliche – di applicare in modo effettivo e reale il principio di proporzionalità e di ridurre gli svantaggi competitivi che la pressione normativa esercita anche sulle banche di piccola dimensione e su quelle a carattere mutualistico,

impegna il Governo:

   a dare concreta attuazione alla discrezionalità contenuta nell'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014, al fine di autorizzare (per un periodo iniziale), gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR, a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti;
   a mantenere il livello-obiettivo minimo obbligatorio di cui all'articolo 102 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, all'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 1 dello stesso articolo della medesima direttiva;
   a prorogare il periodo iniziale previsto dall'articolo 102, comma 1 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, fino ad un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE, di tutti gli enti creditizi autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 2 dello stesso articolo.
9/3123/9Occhiuto, Laffranco.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE impone agli Stati membri di istituire meccanismi di finanziamento della risoluzione per permettere alle autorità di risoluzione di applicare o esercitare efficacemente gli strumenti e i poteri di risoluzione. Tali meccanismi di finanziamento della risoluzione dovrebbero essere dotati di mezzi finanziari adeguati che permettano un funzionamento efficace del quadro di risoluzione; sono pertanto abilitati a raccogliere contributi ex ante presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio;
   considerato che:
    l'articolo 102, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     1. Gli Stati membri provvedono a che, entro il 31 dicembre 2024, il rispettivo meccanismo di finanziamento disponga di mezzi finanziari pari ad almeno l'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.
  Gli Stati membri possono fissare livelli-obiettivo superiori a tale ammontare.

  2. Nel periodo iniziale di cui al paragrafo 1, i contributi ai meccanismi di finanziamento raccolti in conformità dell'articolo 103 sono spalmati nel tempo nel modo più uniforme possibile, fino al raggiungimento del livello-obiettivo, tenendo tuttavia debito conto della fase del ciclo economico e dell'impatto che possono avere i contributi pro-ciclici sulla situazione finanziaria degli enti contribuenti.
  Gli Stati membri possono prorogare il periodo iniziale di un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE di tutti gli enti creditizi autorizzati nei rispettivi territori;
    l'articolo 103, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, e dei relativi contributi ex ante, dispone che:
     1. Ai fini del raggiungimento del livello-obiettivo fissato nell'articolo 102, gli Stati membri provvedono a che siano raccolti a cadenza almeno annuale contributi presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio, ivi comprese le succursali nell'Unione.

  2. I contributi di ciascun ente sono calcolati in percentuale dell'ammontare delle sue passività (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti in relazione alle passività aggregate (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio dello Stato membro;
    l'articolo 20, comma 5, relativo alle «disposizioni transitorie», del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     «fino al termine del periodo iniziale previsto all'articolo 69, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014, gli Stati membri possono autorizzare gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti. Per le passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, oltre 300.000.000 EUR, l'ente versa il contributo determinato a norma degli articoli da 4 a 9»;
   rilevato che:
    l'approvazione definitiva delle misure che vanno sotto la definizione di Unione Bancaria comporta, oltre a rilevanti cambiamenti sul piano regolamentare, anche nuovi e considerevoli costi diretti per le banche italiane sia in termini contributivi che di compliance i quali, potrebbero sottrarre nei prossimi anni ingenti risorse agli investimenti produttivi e al finanziamento dell'economia reale diffusa nei territori;
    secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, i costi complessivi che il sistema bancario italiano dovrà sostenere per l'adeguamento al nuovo regime contributivo di cui alla direttiva 2014/49/UE BRR (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD), potrebbero superare i 6 miliardi di euro;
    secondo altre stime della stessa Federazione, a tale ammontare si devono poi aggiungere altri 5/6 miliardi di euro ai quali il sistema bancario italiano dovrà far fronte nei prossimi anni per l'adeguamento anche alla direttiva 2014/59 (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
    la discrezionalità concessa agli Stati nelle «Disposizioni transitorie» di cui all'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, consentirebbe – anche prendendo come riferimento le sole banche della propria categoria – di ottenere un risparmio contributivo di circa 5/6 milioni di euro annui, senza alcun costo sul bilancio dello Stato;
    le nuove disposizioni europee, lasciano alla discrezionalità degli Stati membri l'applicazione di norme che consentirebbero – senza oneri per le casse pubbliche – di applicare in modo effettivo e reale il principio di proporzionalità e di ridurre gli svantaggi competitivi che la pressione normativa esercita anche sulle banche di piccola dimensione e su quelle a carattere mutualistico,

invita il Governo:

   a dare concreta attuazione alla discrezionalità contenuta nell'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014, al fine di autorizzare (per un periodo iniziale), gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR, a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti;
   a mantenere il livello-obiettivo minimo obbligatorio di cui all'articolo 102 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, all'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 1 dello stesso articolo della medesima direttiva;
   a prorogare il periodo iniziale previsto dall'articolo 102, comma 1 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, fino ad un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE, di tutti gli enti creditizi autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 2 dello stesso articolo.
9/3123/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Occhiuto, Laffranco.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
   considerato che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, al comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), prevede con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dalla direttiva 2014/59/UE, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertati le violazioni e i presupposti che determinano una responsabilità da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nonché dei dipendenti o di coloro che operano sulla base di rapporti che ne determinano l'inserimento nell'organizzazione del soggetto vigilato, anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato;
   rilevato che:
    l'articolo 3 della precedente legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre – approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28 ottobre 2014, con legge 7 ottobre 2014, n. 154, recante i principi e criteri direttivi per il recepimento in Italia della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, cosiddetta CRD IV – prevede:
     al comma 1, lettera i) punto 1, comma 1.1), con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alle società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni, tenendo conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi,

impegna il Governo

ad assicurare – anche con riferimento alla disciplina sanzionatoria relativa alla direttiva 2014/59/UE, di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), del presente provvedimento – che l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni tengano conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi.
9/3123/10Segoni.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
   considerato che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, al comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), prevede con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dalla direttiva 2014/59/UE, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertati le violazioni e i presupposti che determinano una responsabilità da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nonché dei dipendenti o di coloro che operano sulla base di rapporti che ne determinano l'inserimento nell'organizzazione del soggetto vigilato, anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato;
   rilevato che:
    l'articolo 3 della precedente legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre – approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28 ottobre 2014, con legge 7 ottobre 2014, n. 154, recante i principi e criteri direttivi per il recepimento in Italia della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, cosiddetta CRD IV – prevede:
     al comma 1, lettera i) punto 1, comma 1.1), con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alle società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni, tenendo conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi,

invita il Governo

ad assicurare – anche con riferimento alla disciplina sanzionatoria relativa alla direttiva 2014/59/UE, di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l), punto 1), capoverso 1.1), del presente provvedimento – che l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni tengano conto anche delle dimensioni delle società o enti medesimi.
9/3123/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Segoni.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che, nei periodi di ordinaria operatività, sia svolta un'attività preparatoria continua della gestione di una crisi. Le banche devono predisporre – ed aggiornare almeno annualmente – un piano di risanamento contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione finanziaria, basato su assunzioni realistiche e relative a scenari che prevedano situazioni di crisi anche gravi;
   considerato che:
    l'articolo 4 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede tra le altre che:
     1. In considerazione del potenziale impatto che il dissesto dell'ente, per il suo tipo di attività, struttura azionaria, forma giuridica, profilo di rischio, dimensioni, status giuridico, interconnessioni con altri enti o con il sistema finanziario in generale, ambito e complessità della sua attività, sua appartenenza a un IPS o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo ai sensi dell'articolo 113, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 575/2013 ed eventuale esercizio di servizi o attività di investimento quali definiti all'articolo 4, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2014/65/UE, potrebbe avere – e delle serie ripercussioni negative che il dissesto e la successiva liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza potrebbe verosimilmente produrre – sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti e le autorità di risoluzione stabiliscano tra le altre, il contenuto e particolari dei piani di risanamento e di risoluzione previsti agli articoli da 5 a 12 della direttiva;
     8. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti e, se del caso, le autorità di risoluzione possano prevedere esenzioni:
      a) dagli obblighi relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, per gli enti affiliati a un organismo centrale e interamente o parzialmente esentati in virtù del diritto nazionale dai requisiti prudenziali in base al disposto dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) dagli obblighi di cui ai piani di risanamento per le istituzioni aderenti a un IPS.
     9. Qualora sia concessa un'esenzione a norma del paragrafo 8, gli Stati membri:
      a) applicano su base consolidata i requisiti relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, ad un organismo centrale e agli enti ad esso affiliati ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) fanno obbligo all'IPS di soddisfare i requisiti di cui alla sezione 2 in cooperazione con ciascuno degli aderenti esentati;
   considerato inoltre che:
    il considerando 14 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che:
     Nel contesto dei piani di risanamento e di risoluzione e in sede di ricorso ai vari poteri e strumenti a loro disposizione, è opportuno che le autorità tengano conto del tipo di attività, della struttura azionaria, della forma giuridica, del profilo di rischio, delle dimensioni, dello status giuridico e delle interconnessioni dell'ente con altri enti o con il sistema finanziario in generale, nonché dell'ambito e complessità delle sue attività, della sua eventuale appartenenza a un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo, dell'eventuale esercizio da parte dell'ente stesso di attività o servizi di investimento e della probabilità che il suo dissesto e la sua futura liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza possano avere un effetto negativo significativo sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, accertandosi che il regime sia applicato in modo appropriato e proporzionato e garantendo che gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei piani di risanamento e di risoluzione siano ridotti al minimo.
  Il contenuto e le informazioni specificati nella presente direttiva e nel relativo allegato prevedono le norme minime per gli enti aventi rilevanza sistemica; le autorità possono mettere in atto piani di risanamento e di risoluzione diversi o sostanzialmente ridotti e obblighi di informativa specifici per ente, da aggiornare a intervalli inferiori a un anno.
  Per gli enti di piccole dimensioni aventi interconnessioni e complessità ridotte, un piano di risanamento può limitarsi ad alcune informazioni di base sulla loro struttura, sui valori-soglia per l'attivazione di azioni di risanamento e sulle opzioni per lo stesso,

impegna il Governo:

   ad adottate le opportune disposizioni attuative delle previsioni di cui all'articolo 4, paragrafi 8 e 9 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, prevedendo ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia, in modo da garantire che, anche nel contesto dei Piani di risanamento e di risoluzione – in coerenza con quanto auspicato dalla stessa direttiva – si tenga conto del tipo di attività, della forma giuridica, del profilo di rischio e delle dimensioni degli enti, nonché della loro appartenenza ad un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica (gruppi integrati o network consolidati di banche di piccola dimensione), al fine di assicurare che, gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei Piani di risanamento e di risoluzione per tali enti, siano ridotti al minimo;
   ad evitare altresì, di adottare o mantenere disposizioni più rigorose rispetto a quelle contenute nella direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 e negli atti delegati e di esecuzione adottati sulla base della medesima.
9/3123/11Barbanti.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che, nei periodi di ordinaria operatività, sia svolta un'attività preparatoria continua della gestione di una crisi. Le banche devono predisporre – ed aggiornare almeno annualmente – un piano di risanamento contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione finanziaria, basato su assunzioni realistiche e relative a scenari che prevedano situazioni di crisi anche gravi;
   considerato che:
    l'articolo 4 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede tra le altre che:
     1. In considerazione del potenziale impatto che il dissesto dell'ente, per il suo tipo di attività, struttura azionaria, forma giuridica, profilo di rischio, dimensioni, status giuridico, interconnessioni con altri enti o con il sistema finanziario in generale, ambito e complessità della sua attività, sua appartenenza a un IPS o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo ai sensi dell'articolo 113, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 575/2013 ed eventuale esercizio di servizi o attività di investimento quali definiti all'articolo 4, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2014/65/UE, potrebbe avere – e delle serie ripercussioni negative che il dissesto e la successiva liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza potrebbe verosimilmente produrre – sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti e le autorità di risoluzione stabiliscano tra le altre, il contenuto e particolari dei piani di risanamento e di risoluzione previsti agli articoli da 5 a 12 della direttiva;
     8. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti e, se del caso, le autorità di risoluzione possano prevedere esenzioni:
      a) dagli obblighi relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, per gli enti affiliati a un organismo centrale e interamente o parzialmente esentati in virtù del diritto nazionale dai requisiti prudenziali in base al disposto dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) dagli obblighi di cui ai piani di risanamento per le istituzioni aderenti a un IPS.
     9. Qualora sia concessa un'esenzione a norma del paragrafo 8, gli Stati membri:
      a) applicano su base consolidata i requisiti relativi ai piani di risanamento e di risoluzione, ad un organismo centrale e agli enti ad esso affiliati ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013;
      b) fanno obbligo all'IPS di soddisfare i requisiti di cui alla sezione 2 in cooperazione con ciascuno degli aderenti esentati;
   considerato inoltre che:
    il considerando 14 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, prevede che:
     Nel contesto dei piani di risanamento e di risoluzione e in sede di ricorso ai vari poteri e strumenti a loro disposizione, è opportuno che le autorità tengano conto del tipo di attività, della struttura azionaria, della forma giuridica, del profilo di rischio, delle dimensioni, dello status giuridico e delle interconnessioni dell'ente con altri enti o con il sistema finanziario in generale, nonché dell'ambito e complessità delle sue attività, della sua eventuale appartenenza a un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica per le società di credito cooperativo, dell'eventuale esercizio da parte dell'ente stesso di attività o servizi di investimento e della probabilità che il suo dissesto e la sua futura liquidazione secondo la procedura ordinaria di insolvenza possano avere un effetto negativo significativo sui mercati finanziari, su altri enti, sulle condizioni di finanziamento o sull'economia in generale, accertandosi che il regime sia applicato in modo appropriato e proporzionato e garantendo che gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei piani di risanamento e di risoluzione siano ridotti al minimo.
  Il contenuto e le informazioni specificati nella presente direttiva e nel relativo allegato prevedono le norme minime per gli enti aventi rilevanza sistemica; le autorità possono mettere in atto piani di risanamento e di risoluzione diversi o sostanzialmente ridotti e obblighi di informativa specifici per ente, da aggiornare a intervalli inferiori a un anno.
  Per gli enti di piccole dimensioni aventi interconnessioni e complessità ridotte, un piano di risanamento può limitarsi ad alcune informazioni di base sulla loro struttura, sui valori-soglia per l'attivazione di azioni di risanamento e sulle opzioni per lo stesso,

invita il Governo:

   ad adottate le opportune disposizioni attuative delle previsioni di cui all'articolo 4, paragrafi 8 e 9 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, prevedendo ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia, in modo da garantire che, anche nel contesto dei Piani di risanamento e di risoluzione – in coerenza con quanto auspicato dalla stessa direttiva – si tenga conto del tipo di attività, della forma giuridica, del profilo di rischio e delle dimensioni degli enti, nonché della loro appartenenza ad un sistema di tutela istituzionale o ad altri sistemi di solidarietà mutualistica (gruppi integrati o network consolidati di banche di piccola dimensione), al fine di assicurare che, gli oneri amministrativi sugli obblighi di elaborazione dei Piani di risanamento e di risoluzione per tali enti, siano ridotti al minimo;
   ad evitare altresì, di adottare o mantenere disposizioni più rigorose rispetto a quelle contenute nella direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 e negli atti delegati e di esecuzione adottati sulla base della medesima.
9/3123/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbanti.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE impone agli Stati membri di istituire meccanismi di finanziamento della risoluzione per permettere alle autorità di risoluzione di applicare o esercitare efficacemente gli strumenti e i poteri di risoluzione. Tali meccanismi di finanziamento della risoluzione dovrebbero essere dotati di mezzi finanziari adeguati che permettano un funzionamento efficace del quadro di risoluzione; sono pertanto abilitati a raccogliere contributi ex ante presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio;
   considerato che:
    l'articolo 102, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     1. Gli Stati membri provvedono a che, entro il 31 dicembre 2024, il rispettivo meccanismo di finanziamento disponga di mezzi finanziari pari ad almeno l'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.
  Gli Stati membri possono fissare livelli-obiettivo superiori a tale ammontare.

  2. Nel periodo iniziale di cui al paragrafo 1, i contributi ai meccanismi di finanziamento raccolti in conformità dell'articolo 103 sono spalmati nel tempo nel modo più uniforme possibile, fino al raggiungimento del livello-obiettivo, tenendo tuttavia debito conto della fase del ciclo economico e dell'impatto che possono avere i contributi pro-ciclici sulla situazione finanziaria degli enti contribuenti.
  Gli Stati membri possono prorogare il periodo iniziale di un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE di tutti gli enti creditizi autorizzati nei rispettivi territori;
    l'articolo 103, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, e dei relativi contributi ex ante, dispone che:
     1. Ai fini del raggiungimento del livello-obiettivo fissato nell'articolo 102, gli Stati membri provvedono a che siano raccolti a cadenza almeno annuale contributi presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio, ivi comprese le succursali nell'Unione.

  2. I contributi di ciascun ente sono calcolati in percentuale dell'ammontare delle sue passività (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti in relazione alle passività aggregate (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio dello Stato membro;
    l'articolo 20, comma 5, relativo alle «disposizioni transitorie», del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     «fino al termine del periodo iniziale previsto all'articolo 69, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014, gli Stati membri possono autorizzare gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti. Per le passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, oltre 300.000.000 EUR, l'ente versa il contributo determinato a norma degli articoli da 4 a 9»;
   rilevato che:
    l'approvazione definitiva delle misure che vanno sotto la definizione di Unione Bancaria comporta, oltre a rilevanti cambiamenti sul piano regolamentare, anche nuovi e considerevoli costi diretti per le banche italiane sia in termini contributivi che di compliance i quali, potrebbero sottrarre nei prossimi anni ingenti risorse agli investimenti produttivi e al finanziamento dell'economia reale diffusa nei territori;
    secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, i costi complessivi che il sistema bancario italiano dovrà sostenere per l'adeguamento al nuovo regime contributivo di cui alla direttiva 2014/49/UE BRR (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD), potrebbero superare i 6 miliardi di euro;
    secondo altre stime della stessa Federazione, a tale ammontare si devono poi aggiungere altri 5/6 miliardi di euro ai quali il sistema bancario italiano dovrà far fronte nei prossimi anni per l'adeguamento anche alla direttiva 2014/59 (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
    la discrezionalità concessa agli Stati nelle «Disposizioni transitorie» di cui all'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, consentirebbe – anche prendendo come riferimento le sole banche della propria categoria – di ottenere un risparmio contributivo di circa 5/6 milioni di euro annui, senza alcun costo sul bilancio dello Stato;
    le nuove disposizioni europee, lasciano alla discrezionalità degli Stati membri l'applicazione di norme che consentirebbero – senza oneri per le casse pubbliche – di applicare in modo effettivo e reale il principio di proporzionalità e di ridurre gli svantaggi competitivi che la pressione normativa esercita anche sulle banche di piccola dimensione e su quelle a carattere mutualistico,

impegna il Governo:

   a dare concreta attuazione alla discrezionalità contenuta nell'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014, al fine di autorizzare (per un periodo iniziale), gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR, a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti;
   a mantenere il livello-obiettivo minimo obbligatorio di cui all'articolo 102 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, all'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 1 dello stesso articolo della medesima direttiva;
   a prorogare il periodo iniziale previsto dall'articolo 102, comma 1 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, fino ad un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE, di tutti gli enti creditizi autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 2 dello stesso articolo.
9/3123/12Rizzetto.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge A.C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge, reca i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/ CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio;
    la direttiva 2014/59/UE impone agli Stati membri di istituire meccanismi di finanziamento della risoluzione per permettere alle autorità di risoluzione di applicare o esercitare efficacemente gli strumenti e i poteri di risoluzione. Tali meccanismi di finanziamento della risoluzione dovrebbero essere dotati di mezzi finanziari adeguati che permettano un funzionamento efficace del quadro di risoluzione; sono pertanto abilitati a raccogliere contributi ex ante presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio;
   considerato che:
    l'articolo 102, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     1. Gli Stati membri provvedono a che, entro il 31 dicembre 2024, il rispettivo meccanismo di finanziamento disponga di mezzi finanziari pari ad almeno l'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.
  Gli Stati membri possono fissare livelli-obiettivo superiori a tale ammontare.

  2. Nel periodo iniziale di cui al paragrafo 1, i contributi ai meccanismi di finanziamento raccolti in conformità dell'articolo 103 sono spalmati nel tempo nel modo più uniforme possibile, fino al raggiungimento del livello-obiettivo, tenendo tuttavia debito conto della fase del ciclo economico e dell'impatto che possono avere i contributi pro-ciclici sulla situazione finanziaria degli enti contribuenti.
  Gli Stati membri possono prorogare il periodo iniziale di un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE di tutti gli enti creditizi autorizzati nei rispettivi territori;
    l'articolo 103, della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, con riferimento alla disciplina dei meccanismi di finanziamento della risoluzione, e dei relativi contributi ex ante, dispone che:
     1. Ai fini del raggiungimento del livello-obiettivo fissato nell'articolo 102, gli Stati membri provvedono a che siano raccolti a cadenza almeno annuale contributi presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio, ivi comprese le succursali nell'Unione.

  2. I contributi di ciascun ente sono calcolati in percentuale dell'ammontare delle sue passività (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti in relazione alle passività aggregate (esclusi i fondi propri) meno i depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio dello Stato membro;
    l'articolo 20, comma 5, relativo alle «disposizioni transitorie», del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, dispone che:
     «fino al termine del periodo iniziale previsto all'articolo 69, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014, gli Stati membri possono autorizzare gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti. Per le passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, oltre 300.000.000 EUR, l'ente versa il contributo determinato a norma degli articoli da 4 a 9»;
   rilevato che:
    l'approvazione definitiva delle misure che vanno sotto la definizione di Unione Bancaria comporta, oltre a rilevanti cambiamenti sul piano regolamentare, anche nuovi e considerevoli costi diretti per le banche italiane sia in termini contributivi che di compliance i quali, potrebbero sottrarre nei prossimi anni ingenti risorse agli investimenti produttivi e al finanziamento dell'economia reale diffusa nei territori;
    secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, i costi complessivi che il sistema bancario italiano dovrà sostenere per l'adeguamento al nuovo regime contributivo di cui alla direttiva 2014/49/UE BRR (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD), potrebbero superare i 6 miliardi di euro;
    secondo altre stime della stessa Federazione, a tale ammontare si devono poi aggiungere altri 5/6 miliardi di euro ai quali il sistema bancario italiano dovrà far fronte nei prossimi anni per l'adeguamento anche alla direttiva 2014/59 (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
    la discrezionalità concessa agli Stati nelle «Disposizioni transitorie» di cui all'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014 che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione, secondo stime della Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo, consentirebbe – anche prendendo come riferimento le sole banche della propria categoria – di ottenere un risparmio contributivo di circa 5/6 milioni di euro annui, senza alcun costo sul bilancio dello Stato;
    le nuove disposizioni europee, lasciano alla discrezionalità degli Stati membri l'applicazione di norme che consentirebbero – senza oneri per le casse pubbliche – di applicare in modo effettivo e reale il principio di proporzionalità e di ridurre gli svantaggi competitivi che la pressione normativa esercita anche sulle banche di piccola dimensione e su quelle a carattere mutualistico,

invita il Governo:

   a dare concreta attuazione alla discrezionalità contenuta nell'articolo 20, comma 5 del Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione del 21 ottobre 2014, al fine di autorizzare (per un periodo iniziale), gli enti con passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti, superiori a 300.000.000 EUR e con attività totali pari o inferiori a 3.000.000.000 EUR, a versare una somma forfettaria di 50.000 EUR per i primi 300.000.000 EUR di passività totali, meno i fondi propri e i depositi protetti;
   a mantenere il livello-obiettivo minimo obbligatorio di cui all'articolo 102 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, all'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 1 dello stesso articolo della medesima direttiva;
   a prorogare il periodo iniziale previsto dall'articolo 102, comma 1 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, fino ad un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento hanno effettuato esborsi cumulativi per una percentuale superiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti a norma della direttiva 2014/49/UE, di tutti gli enti creditizi autorizzati nel territorio nazionale, così come consentito dal comma 2 dello stesso articolo.
9/3123/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le direttive europee da attuare tramite il provvedimento in esame vi è la 2014/40/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE;
    lo scorso 4 maggio la Commissione europea ha presentato al Consiglio Ue due proposte di decisione per la conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo (FCTC). Il protocollo rappresenta un importante contributo alle iniziative internazionali volte ad eliminare ogni forma di commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco e combattere in tal modo l'elusione di imposte e dazi doganali, nonché a ridurre l'offerta di prodotti del tabacco conformemente all'articolo 15 della FCTC dell'OMS. Il protocollo contribuisce altresì al buon funzionamento del mercato interno dei prodotti del tabacco, garantendo nel contempo un elevato livello di salute pubblica;
    autorevoli studi hanno calcolato i benefici sociali derivanti da una riduzione dei consumi del tabacco. Tra questi, il documento della Commissione Ue «impact Assessment for a Directive of the european Parliament and of the Council on the approximation of the laws, regulations and administrative provisions of the Member States concerning the manufacture, presentation and sale of tobacco and related products» stima, ad esempio, in 134 milioni di euro annui a livello Ue la riduzione della spesa sanitaria che potrebbe derivare da una efficace lotta al contrabbando, alla quale è correlata una riduzione dei consumi dei prodotti del tabacco derivante dall'elasticità della domanda al prezzo;
   considerato che:
    dalla ratifica del Protocollo conseguirà il superamento del sistema di tracciabilità introdotto dall'articolo 15 della direttiva 2014/40/Ue sul Tabacco il quale si pone, oggi, in contrasto con il principio di indipendenza dall'industria del tabacco di cui al citato articolo 8 del Protocollo. Infatti, in virtù del criterio sulla gerarchia delle fonti comunitarie, le norme di diritto internazionale e pattizio si collocano in una posizione intermedia tra i Trattati dell'Unione europea e la normativa secondaria,

impegna il Governo:

   ad attendere, prima di procedere al recepimento della Direttiva sul Tabacco e salvo comunque il rispetto del termine ultimo di trasposizione della direttiva medesima, l'imminente ratifica del Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo da parte del Consiglio dell'Unione;
   a garantire la piena compatibilità del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/40/Ue in materia di tabacchi con il Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo;
   a prevedere, dunque, il mantenimento dei contrassegni di Stato per la legittimazione della circolazione dei tabacchi lavorati, previsti dal Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo.
9/3123/13Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le direttive europee da attuare tramite il provvedimento in esame vi è la 2014/40/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE;
    lo scorso 4 maggio la Commissione europea ha presentato al Consiglio Ue due proposte di decisione per la conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo (FCTC). Il protocollo rappresenta un importante contributo alle iniziative internazionali volte ad eliminare ogni forma di commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco e combattere in tal modo l'elusione di imposte e dazi doganali, nonché a ridurre l'offerta di prodotti del tabacco conformemente all'articolo 15 della FCTC dell'OMS. Il protocollo contribuisce altresì al buon funzionamento del mercato interno dei prodotti del tabacco, garantendo nel contempo un elevato livello di salute pubblica;
    autorevoli studi hanno calcolato i benefici sociali derivanti da una riduzione dei consumi del tabacco. Tra questi, il documento della Commissione Ue «impact Assessment for a Directive of the european Parliament and of the Council on the approximation of the laws, regulations and administrative provisions of the Member States concerning the manufacture, presentation and sale of tobacco and related products» stima, ad esempio, in 134 milioni di euro annui a livello Ue la riduzione della spesa sanitaria che potrebbe derivare da una efficace lotta al contrabbando, alla quale è correlata una riduzione dei consumi dei prodotti del tabacco derivante dall'elasticità della domanda al prezzo;
   considerato che:
    dalla ratifica del Protocollo conseguirà il superamento del sistema di tracciabilità introdotto dall'articolo 15 della direttiva 2014/40/Ue sul Tabacco il quale si pone, oggi, in contrasto con il principio di indipendenza dall'industria del tabacco di cui al citato articolo 8 del Protocollo. Infatti, in virtù del criterio sulla gerarchia delle fonti comunitarie, le norme di diritto internazionale e pattizio si collocano in una posizione intermedia tra i Trattati dell'Unione europea e la normativa secondaria,

impegna il Governo:

   a valutare, compatibilmente con il termine di delega, l'opportunità di attendere, prima di procedere al recepimento della Direttiva sul Tabacco e salvo comunque il rispetto del termine ultimo di trasposizione della direttiva medesima, l'imminente ratifica del Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo da parte del Consiglio dell'Unione;
   a garantire la piena compatibilità del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/40/Ue in materia di tabacchi con il Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo;
   a prevedere, dunque, il mantenimento dei contrassegni di Stato per la legittimazione della circolazione dei tabacchi lavorati, previsti dal Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo.
9/3123/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede che nell'esercitare la delega per dare attuazione alla direttiva 2014/63/UE, che ha modificato, in parte, la direttiva 2001/110/CE sul miele, il Governo debba tenere in considerazione, oltre ai principi ed ai criteri direttivi generali indicati nell'articolo 1, comma 1, lo specifico criterio finalizzato ad assicurare «norme di salvaguardia sulla completezza delle informazioni relative alla provenienza del miele e dei prodotti apistici destinati al consumo umano a vantaggio del consumatore»;
    la nostra legislazione sul tema risulta disallineata rispetto a quella vigente nel resto dell'Unione europea, in quanto non viene garantito ai produttori e confezionatori italiani di poter utilizzare le indicazioni applicate dai concorrenti europei, lasciando alla volontà degli operatori la decisione di indicare singolarmente tutti i Paesi d'origine;
    l'Italia ha vietato, infatti, con la legge 11 marzo 2006, n. 81, agli operatori di applicare le modalità d'indicazione d'origine – ora riproposte dalla direttiva 2014/63/UE – «Miscela di mieli originari dell'UE»; «Miscela di mieli non originari dell'UE», «Miscela di mieli originari e non originari dell'UE» – imponendo l'obbligo di riportare singolarmente tutti i Paesi di origine;
    la disciplina nazionale vigente ha creato, nel corso degli anni, gravi effetti distorsivi nel mercato delle miscele di miele, che rappresenta un comparto agroalimentare particolarmente importante per il nostro Paese, distorsioni che si esplicano secondo i seguenti profili sostanziali:
     gli operatori italiani, vittime di una «discriminazione alla rovescia», subiscono la concorrenza sleale di coloro che producono e confezionano miele all'estero i quali, potendo non applicare la disciplina italiana, hanno acquisito posizioni di mercato sempre più rilevanti;
     non viene realizzata la protezione del consumatore italiano, in quanto quest'ultimo trova sul mercato italiano miscele di miele con diverse indicazioni d'origine, in riferimento al Paese dove è avvenuto il confezionamento. L'obbligo di indicare i singoli Paesi per le miscele di miele non può infatti essere imposto a coloro che producono e confezionano all'estero miscele di miele da commercializzarsi in Italia;
    la disciplina vigente concorre ad incentivare la delocalizzazione degli impianti di confezionamento del miele, con conseguente perdita di posti di lavoro in Italia;
    le penalizzazioni subite dai confezionatori di miele italiani, che vedono contrarsi significativamente le proprie quote di mercato, si ripercuotono anche sugli apicoltori italiani, in molti casi fornitori delle industrie di confezionamento, che subiscono danni rilevanti;
    inoltre, per quanto riguarda la provenienza dei prodotti apistici diversi dal miele (es. pappa reale, propoli, polline) destinati al consumo umano, il criterio di cui all'articolo 17 risulta non pertinente in quanto trascende il campo di applicazione della direttiva 2014/63/UE, la quale disciplina esclusivamente il miele e non tiene conto della procedura già in atto a livello europeo, in applicazione al Regolamento 1169/2011/CE relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, secondo quanto previsto anche dall'articolo 1, comma 2 della direttiva in oggetto;
    l'articolo 32, comma 1, lettera c) della legge 234 del 2012 recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», contiene un principio normativo generale che vincola l'esecutivo nell'esercizio dei poteri normativi atti a conformare l'ordinamento interno a quello europeo, stabilendo che «gli atti di recepimento di direttive dell'unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse» (divieto di gold plating);
    sulla base di tale disciplina generale è possibile pertanto escludere l'introduzione di oneri aggiuntivi per le imprese italiane e, dunque, la previsione di eventuali ulteriori obblighi di informazione in etichetta relativamente alla provenienza del miele – ultronei rispetto alle previsioni contenute nella direttiva 2014/63/UE – risulterebbe in contrasto con il divieto di gold plating,

impegna il Governo

in sede di attuazione della direttiva 2014/63/UE, con riferimento alle informazioni e alle indicazioni in etichetta relative alla provenienza del miele, di cui al criterio specifico di delega previsto all'articolo 17, a prevedere definizioni normative strettamente conformi all'articolo 1 della direttiva medesima, senza prevedere ulteriori oneri o regolamentazioni non contemplati dalla normativa europea, al fine di tutelare i produttori e confezionatori di miele.
9/3123/14Berlinghieri, Schirò, Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2014) ai sensi (articolo 13, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234) presentata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche e gli affari europei recita: Senza pretesa alcuna di esaustività, si possono segnalare, sulla scorta della Relazione consuntiva 2014, anche i risultati conseguiti in alcuni altri settori strategici per gli interessi dell'Unione e del nostro Paese, a partire dall'agricoltura. Su iniziativa della Presidenza italiana, il Consiglio ha innanzitutto risposto alle «contro-sanzioni» russe in campo agricolo individuando alcune misure volte ad arginare il loro impatto sulle produzioni europee, con particolare riguardo ai settori dell'ortofrutta e lattiero-caseario. Sono stati inoltre portati avanti i lavori sul regolamento per la produzione biologica e l'etichettatura dei prodotti biologici nonché sull'accesso alla terra e al credito dei giovani;
    tale richiamo teso alla valorizzazione e tutela delle produzioni agricole, con particolare riferimento a quelle lattiero casearie, costituisce un elemento imprescindibile per lo sviluppo economico di un settore trainante e decisivo per l'economia della regione Sardegna;
    la Commissione europea con una diffida allo Stato italiano chiede all'Italia di abrogare una legge che vieta l'utilizzo di latte in polvere nella produzione di formaggi;
    il 28 maggio la Commissione europea ha inviato una diffida all'Italia invitandola a modificare le disposizioni della legge n. 138 dell'11 aprile 1974 recante «nuove norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana» che sancisce il divieto di utilizzo e di detenzione di latte in polvere e latte ricostituito al fine della produzione di prodotti caseari;
    secondo tale norma è vietato detenere, vendere, porre in vendita o mettere altrimenti in commercio o cedere a qualsiasi titolo o utilizzare:
     a) latte fresco destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari al quale sia stato aggiunto latte in polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati;
     b) latte liquido destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari ottenuto, anche parzialmente, con latte in polvere o con altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati;
     c) prodotti caseari preparati con i prodotti di cui alle lettere a) e b) o derivati comunque da latte in polvere;
     d) bevande ottenute con miscelazione dei prodotti di cui alle lettere a) e b) con altre sostanze, in qualsiasi proporzione;
    tale norma prevede sostanzialmente che in Italia i formaggi si possano produrre solo con il latte;
    si tratta una norma di tutela e nel contempo tesa alla valorizzazione della unicità del prodotto lattiero caseario;
    la diffida della Commissione è l'ennesima imposizione di una Europa incapace di affrontare emergenze come l'emigrazione, ma che si rivela pronta ad assecondare le grandi lobby che puntano ad abbassare gli standard qualitativi dei prodotti alimentari solo al fine di elevare i profitti a scapito della qualità;
    a rischio non ci sarebbero le Dop ma tale modifica potrebbe alla fine intaccare anche tale tutela e finirebbe comunque per intaccare e minare la stessa immagine dei formaggi tutelati con forme particolari di riconoscimento,

impegna il Governo:

   a tutelare e valorizzare la tipicità dei prodotti lattiero caseari prodotti sul territorio italiano, con particolare riferimento a quelle aree, come la Sardegna, che hanno una specificità riconosciuta anche attraverso le Dop;
   a tutelare tali produzioni attraverso la legge n. 138 dell'11 aprile 1974 e garantirne la piena applicazione;
   a difendere, nelle forme che riterrà utili, tale norma in ambito europeo e invitando la commissione europea a ritirare la diffida in materia.
9/3123/15Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 dispone norme relativamente alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (Rifusione);
    il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali in conformità al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Ai sensi dell'articolo 36 TFUE, le pertinenti disposizioni sulla libera circolazione delle merci lasciano impregiudicati i divieti o le restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale;
    ai sensi e nei limiti dell'articolo 36 TFUE, gli Stati membri mantengono il diritto di definire il proprio patrimonio nazionale e di prendere le misure necessarie per garantirne la protezione. Tuttavia, l'Unione svolge un ruolo prezioso nell'incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di proteggere il patrimonio culturale d'importanza europea di cui fanno parte i patrimoni nazionali;
    la direttiva 93/7/CEE ha istituito un sistema che permette agli Stati membri di ottenere la restituzione nel proprio territorio dei beni culturali che sono classificati come beni del patrimonio nazionale ai sensi dell'articolo 36 TFUE, che appartengono alle categorie comuni di beni culturali di cui all'allegato di tale direttiva, che sono usciti dal loro territorio in violazione delle disposizioni nazionali o del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio. Tale direttiva disciplinava anche i beni culturali classificati come patrimonio nazionale che fanno parte integrante delle collezioni pubbliche o degli inventari delle istituzioni ecclesiastiche ma non rientrano in tali categorie comuni;
    la direttiva 93/7/CEE ha istituito una cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per quanto riguarda i loro patrimoni nazionali, in stretto collegamento con la loro cooperazione con l'Interpol e altri organismi competenti nel settore delle opere d'arte rubate, prevedendo in particolare la registrazione di beni culturali perduti, rubati o usciti illecitamente e facenti parte dei loro patrimoni nazionali e delle loro collezioni pubbliche;
    la procedura prevista dalla direttiva 93/7/CEE ha costituito un primo passo verso la cooperazione tra Stati membri in questo settore nell'ambito del mercato interno, al fine di un ulteriore riconoscimento reciproco delle legislazioni nazionali in materia;
    il regolamento (CE) n. 116/2009, insieme alla direttiva 93/7/CEE, ha introdotto un sistema dell'Unione per la tutela dei beni culturali degli Stati membri;
    l'obiettivo della direttiva 93/7/CEE era di assicurare il rientro materiale dei beni culturali nello Stato membro dal cui territorio tali beni erano usciti illecitamente, a prescindere dai diritti di proprietà applicabili a tali beni. L'applicazione di tale direttiva ha, tuttavia, messo in luce i limiti del sistema destinato a ottenere la restituzione di tali beni culturali. Le relazioni sull'applicazione della direttiva ne hanno rivelato una scarsa applicazione a motivo, in particolare, della ristrettezza del suo ambito di applicazione risultante dalle condizioni stabilite nel suo allegato, dei termini brevi per l'avvio di un'azione di restituzione e dei costi legati alle azioni di restituzione;
    l'ambito di applicazione della presente direttiva dovrebbe estendersi a qualsiasi bene culturale classificato o definito da uno Stato membro, in applicazione della legislazione nazionale o delle procedure amministrative nazionali, come patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale ai sensi dell'articolo 36 TFUE;
    la direttiva emanata dalla Commissione europea contempla pertanto beni aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico o valore scientifico, siano essi parte di collezioni pubbliche o di altro tipo oppure singoli elementi, siano essi provenienti da scavi regolari o clandestini, purché siano classificati o definiti come patrimonio nazionale. Inoltre, i beni culturali classificati o definiti come patrimonio nazionale non dovrebbero più appartenere a categorie o rispettare le soglie di antichità e/o di valore per poter essere restituiti a norma della presente direttiva;
    il rispetto della diversità dei sistemi nazionali di protezione dei patrimoni nazionali è riconosciuto dall'articolo 36 TFUE. Al fine di promuovere la fiducia reciproca, lo spirito di cooperazione e la mutua comprensione tra gli Stati membri, è opportuno determinare la portata del termine «patrimonio nazionale» nel quadro dell'articolo 36 TFUE;
    gli Stati membri dovrebbero inoltre facilitare la restituzione dei beni culturali nello Stato membro dal cui territorio detti beni sono usciti illecitamente a prescindere dalla data di adesione di tale Stato membro e dovrebbero garantire che la restituzione dei beni in questione non generi costi irragionevoli;
    gli Stati membri dovrebbero poter restituire beni culturali diversi da quelli classificati o definiti come patrimonio nazionale a condizione che rispettino le disposizioni pertinenti TFUE, nonché beni culturali usciti illecitamente anteriormente al 1o gennaio 1993;
    è necessario intensificare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per favorire un'applicazione più efficace e uniforme della presente direttiva. A questo fine, è opportuno imporre di cooperare in modo efficiente tra di loro e di scambiarsi informazioni sui beni culturali usciti illecitamente attraverso l'uso del sistema di informazione del mercato interno («IMI») previsto dal regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Per migliorare l'attuazione della presente direttiva, è opportuno creare un modulo del sistema IMI specificamente concepito per i beni culturali. È altresì auspicabile che le altre autorità competenti degli Stati membri utilizzino, ove opportuno, lo stesso sistema;
    è stato ritenuto altrettanto opportuno portare il termine per esercitare l'azione di restituzione a tre anni a decorrere dalla data in cui lo Stato membro dal cui territorio il bene culturale è uscito illecitamente viene a conoscenza del luogo in cui si trova il bene culturale e dell'identità del suo possessore o detentore. L'estensione di tale termine dovrebbe facilitare la restituzione e scoraggiare l'uscita illecita di beni del patrimonio culturale. A fini di chiarezza, è opportuno precisare che il termine per esercitare l'azione comincia a decorrere dalla data in cui viene a conoscenza dei fatti l'autorità centrale dello Stato membro dal cui territorio il bene culturale è uscito illecitamente;
    sulla prevenzione e il contrasto dei reati a danno dei beni culturali, adottate il 13 e 14 dicembre 2011, il Consiglio Europeo ha riconosciuto la necessità di adottare misure volte a rafforzare l'efficacia della prevenzione della criminalità relativa ai beni culturali e della lotta contro tale fenomeno. Ha raccomandato alla Commissione di prestare sostegno agli Stati membri per tutelare in modo efficace i beni culturali al fine di prevenirne e combatterne il traffico illecito e, ove opportuno, di promuovere misure complementari. Inoltre, il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di prendere in considerazione la ratifica della convenzione dell'Unesco concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, firmata a Parigi il 17 novembre 1970, e della convenzione dell'UNIDROIT sui beni culturali rubati o illecitamente esportati, firmata a Roma il 24 giugno 1995;
    le conseguenze dell'acquisizione di un bene culturale di provenienza illecita secondo la direttiva saranno davvero dissuasive solo se il pagamento dell'indennizzo è accompagnato dall'obbligo per il possessore del bene di dimostrare l'esercizio della diligenza richiesta;
    al fine di favorire un'interpretazione uniforme della nozione di diligenza richiesta, la presente direttiva si applica alla restituzione dei beni culturali classificati o definiti da uno Stato membro tra i beni del patrimonio nazionale, che sono usciti illecitamente dal territorio di tale Stato membro;
    la direttiva dispone e disciplina i seguenti significati:
     «bene culturale»: un bene che è classificato o definito da uno Stato membro, prima o dopo essere illecitamente uscito dal territorio di tale Stato membro, tra i beni del «patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale» secondo la legislazione nazionale o delle procedure amministrative nazionali, ai sensi dell'articolo 36 TFUE;
     «bene uscito illecitamente dal territorio di uno Stato membro»: un bene:
      a) uscito dal territorio di uno Stato membro in violazione delle norme di detto Stato membro sulla protezione del patrimonio nazionale oppure in violazione del regolamento (CE) n. 116/2009;
      b) non rientrato dopo la scadenza del termine fissato per una spedizione temporanea lecita o un bene che si trova in situazione di violazione di una delle altre condizioni di tale spedizione temporanea;
     3) «Stato membro richiedente»: lo Stato membro dal cui territorio è uscito illecitamente il bene culturale;
     4) «Stato membro richiesto»: lo Stato membro nel cui territorio si trova il bene culturale che è uscito illecitamente dal territorio di un altro Stato membro;
     5) «restituzione»: il rientro materiale del bene culturale nel territorio dello Stato membro richiedente;
     6) «possessore»: la persona che detiene materialmente il bene culturale per proprio conto;
     7) «detentore»: la persona che detiene materialmente il bene culturale per conto altrui;
     8) «collezioni pubbliche»: le collezioni, classificate come pubbliche conformemente alla legislazione di uno Stato membro, di proprietà di tale Stato membro, di un'autorità locale o regionale situata in tale Stato membro oppure di un ente che sia situato nel territorio di tale Stato membro, a condizione che il suddetto ente sia di proprietà di detto Stato membro o di un'autorità locale o regionale, oppure che sia finanziato in modo significativo dagli stessi;
    i beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro sono restituiti secondo la procedura e le modalità stabilite dalla direttiva;
    l'autorità centrale competente dello Stato membro richiedente informa senza indugio l'autorità centrale competente dello Stato membro richiesto in merito all'azione avviata per assicurare la restituzione del bene in questione,

impegna il Governo:

   alla più rapida adozione di tale direttiva, senza ulteriori indugi;
   all'applicazione delle norme contenute nella stessa direttiva per quanto riguarda i contenziosi, anche nelle more dell'adozione della stessa direttiva;
   ad intervenire ed applicare tale direttiva nel caso dei reperti di archeologia nuragica oggetto di denuncia per la vendita all'asta di Londra perseguendo la totale restituzione di tale patrimonio appartenente alla grande civiltà nuragica della Sardegna;
   a perseguire in tutti i modi gli autori di violazioni della direttiva e compiere un'azione urgente al fine di identificare e classificare in base alla direttiva tutti i beni sottratti al patrimonio culturale e illegittimamente detenuti e messi in vendita;
9/3123/16Centemero, Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento fissa princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento;
    le autorità competenti, nell'ambito della risoluzione, hanno a disposizione una vasta gamma di strumenti per superare la crisi, fra i quali il cosiddetto bail-in, di cui alla sezione 5 del capo IV del titolo IV della direttiva, che consiste nella riduzione forzosa del valore delle azioni e del debito della banca in crisi, e/o nella conversione di quest'ultimo in capitale. Tale strumento è previsto trovi applicazione a partire dal 1o gennaio 2016;
    sono previste specifiche esclusioni dall'applicazione del bail-in di alcune categorie di passività, in particolare, quelle più rilevanti per la stabilità sistemica o quelle protette nell'ambito fallimentare, come i depositi di valore inferiore a 100.000 euro, le obbligazioni garantite da attivi della banca, i debiti a breve sul mercato interbancario. Viene inoltre prevista la possibilità di escludere altre categorie di passività in casi particolari e sulla base di una valutazione specifica degli effetti sulla stabilità sistemica e del possibile contagio;
    pur stabilendo la direttiva, nell'ambito dell'allocazione delle perdite, il rispetto di una ben definita gerarchia, che prevede, tra l'altro, che i depositi superiori a 100.000 euro detenuti dalle persone fisiche e dalle piccole e medie imprese siano colpiti dopo gli altri crediti chirografari, ciò non ha evitato l'insorgere e il diffondersi di una forte preoccupazione da parte della pubblica opinione, in particolare dei risparmiatori,

impegna il Governo

nell'ambito di attuazione della delega, a prevedere in modo stringente ed inequivoco che l'applicazione dello strumento del bail-in avvenga considerando esclusivamente alla stregua di una «ultima ratio» ogni eventuale misura inerente i depositi, ferme restando le esclusioni di cui all'articolo 44, paragrafi 2 e 3, della direttiva, e comunque come una eventualità estrema ipotizzabile soltanto dopo aver proceduto alla svalutazione o conversione delle azioni, degli altri titoli di proprietà, degli strumenti di capitale e di tutte le altre passività ammissibili.
9/3123/17Altieri, Bianconi, Laffranco, Chiarelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento fissa princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento;
    le autorità competenti, nell'ambito della risoluzione, hanno a disposizione una vasta gamma di strumenti per superare la crisi, fra i quali il cosiddetto bail-in, di cui alla sezione 5 del capo IV del titolo IV della direttiva, che consiste nella riduzione forzosa del valore delle azioni e del debito della banca in crisi, e/o nella conversione di quest'ultimo in capitale. Tale strumento è previsto trovi applicazione a partire dal 1o gennaio 2016;
    sono previste specifiche esclusioni dall'applicazione del bail-in di alcune categorie di passività, in particolare, quelle più rilevanti per la stabilità sistemica o quelle protette nell'ambito fallimentare, come i depositi di valore inferiore a 100.000 euro, le obbligazioni garantite da attivi della banca, i debiti a breve sul mercato interbancario. Viene inoltre prevista la possibilità di escludere altre categorie di passività in casi particolari e sulla base di una valutazione specifica degli effetti sulla stabilità sistemica e del possibile contagio;
    pur stabilendo la direttiva, nell'ambito dell'allocazione delle perdite, il rispetto di una ben definita gerarchia, che prevede, tra l'altro, che i depositi superiori a 100.000 euro detenuti dalle persone fisiche e dalle piccole e medie imprese siano colpiti dopo gli altri crediti chirografari, ciò non ha evitato l'insorgere e il diffondersi di una forte preoccupazione da parte della pubblica opinione, in particolare dei risparmiatori,

invita il Governo

nell'ambito di attuazione della delega, a prevedere in modo stringente ed inequivoco che l'applicazione dello strumento del bail-in avvenga considerando esclusivamente alla stregua di una «ultima ratio» ogni eventuale misura inerente i depositi, ferme restando le esclusioni di cui all'articolo 44, paragrafi 2 e 3, della direttiva, e comunque come una eventualità estrema ipotizzabile soltanto dopo aver proceduto alla svalutazione o conversione delle azioni, degli altri titoli di proprietà, degli strumenti di capitale e di tutte le altre passività ammissibili.
9/3123/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Altieri, Bianconi, Laffranco, Chiarelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento fissa princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento;
    le autorità competenti, nell'ambito della risoluzione, hanno a disposizione una vasta gamma di strumenti per superare la crisi, fra i quali il cosiddetto bail-in, di cui alla sezione 5 del capo IV del titolo IV della direttiva, che consiste nella riduzione forzosa del valore delle azioni e del debito della banca in crisi, e/o nella conversione di quest'ultimo in capitale. Tale strumento è previsto trovi applicazione a partire dal 1o gennaio 2016;
    in particolare, le autorità competenti devono predisporre per ciascun ente soggetto a risanamento e risoluzione di un piano in cui vengono illustrate le procedure da porre in atto con rapidità dall'autorità medesima al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'ente sottoposto a tale procedura;
    l'articolo 8, comma, lettera d), del disegno di legge dispone la designazione della Banca d'Italia quale autorità di risoluzione nazionale, attribuendo a quest'ultima tutti i poteri assegnati all'autorità di risoluzione dalla direttiva 2014/59/UE assicurando il tempestivo scambio di informazioni con il Ministero dell'economia e delle finanze e, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, prevedendo l'approvazione di quest'ultimo prima di dare attuazione a decisioni che abbiano un impatto diretto sul bilancio oppure implicazioni sistemiche;
    risulta opportuno che anche il Parlamento sia costantemente informato rispetto ad eventuali casi di risanamento e risoluzione adottati, al fine dell'eventuale adozione di idonei strumenti, anche di tipo normativo, di propria competenza,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito di attuazione della delega, che la Banca d'Italia trasmetta alle Camere con cadenza annuale una relazione circa i provvedimenti da adottare nel quadro delle attività di risanamento e risoluzione, con specifica indicazione degli eventuali impatti sui depositanti e sui piccoli azionisti ed obbligazionisti.
9/3123/18Chiarelli, Altieri, Sarro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento fissa princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento;
    le autorità competenti, nell'ambito della risoluzione, hanno a disposizione una vasta gamma di strumenti per superare la crisi, fra i quali il cosiddetto bail-in, di cui alla sezione 5 del capo IV del titolo IV della direttiva, che consiste nella riduzione forzosa del valore delle azioni e del debito della banca in crisi, e/o nella conversione di quest'ultimo in capitale. Tale strumento è previsto trovi applicazione a partire dal 1o gennaio 2016;
    in particolare, le autorità competenti devono predisporre per ciascun ente soggetto a risanamento e risoluzione di un piano in cui vengono illustrate le procedure da porre in atto con rapidità dall'autorità medesima al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'ente sottoposto a tale procedura;
    l'articolo 8, comma, lettera d), del disegno di legge dispone la designazione della Banca d'Italia quale autorità di risoluzione nazionale, attribuendo a quest'ultima tutti i poteri assegnati all'autorità di risoluzione dalla direttiva 2014/59/UE assicurando il tempestivo scambio di informazioni con il Ministero dell'economia e delle finanze e, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, prevedendo l'approvazione di quest'ultimo prima di dare attuazione a decisioni che abbiano un impatto diretto sul bilancio oppure implicazioni sistemiche;
    risulta opportuno che anche il Parlamento sia costantemente informato rispetto ad eventuali casi di risanamento e risoluzione adottati, al fine dell'eventuale adozione di idonei strumenti, anche di tipo normativo, di propria competenza,

invita il Governo

a prevedere, nell'ambito di attuazione della delega, che la Banca d'Italia trasmetta alle Camere con cadenza annuale una relazione circa i provvedimenti da adottare nel quadro delle attività di risanamento e risoluzione, con specifica indicazione degli eventuali impatti sui depositanti e sui piccoli azionisti ed obbligazionisti.
9/3123/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Chiarelli, Altieri, Sarro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del disegno di legge C. 3123 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2014» introduce un criterio direttivo specifico per l'esercizio della delega per il recepimento della Direttiva 2013/35/UE del 26 giugno 2013, inerente le disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici, con particolare riferimento agli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti, provocati a breve termine;
    il criterio indicato prevede l'obbligo per l'Italia di introdurre, ove necessario e in linea con i presupposti della direttiva, misure di protezione dei lavoratori più rigorose rispetto alle norme minime previste dalla direttiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un tavolo di lavoro al fine di pervenire ad una disciplina organica della materia che consenta un'applicazione rigorosa ed effettiva delle disposizioni più restrittive.
9/3123/19Mucci, Barbanti, Segoni, Prodani, Artini, Bechis, Turco, Rizzetto, Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge di delegazione europea 2014, fornisce, alla lettera l) il seguente criterio di delega: «l) modificare la disciplina della procedura di autorizzazione delle imprese di investimento extracomunitarie per la prestazione in Italia di servizi e attività di investimento con o senza servizi accessori nei confronti dei clienti al dettaglio o dei clienti professionali di cui alla sezione II dell'allegato II della direttiva 2014/65/UE, prevedendo, conformemente all'articolo 39 della direttiva stessa, l'obbligo di stabilimento di una succursale e attribuendo alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia i relativi poteri di autorizzazione»;
    il citato articolo 39 della Mifid II, invero, attribuisce agli Stati Membri la possibilità di prescrivere l'obbligo di stabilimento di una succursale per «le imprese di paesi terzi», concetto che – stante la definizione fornita dall'articolo 4, par. 1, punto n. 57), della Mifid II – comprende, non solo le imprese di investimento extraUE, ma anche gli enti creditizi extraUE (nello specifico, «impresa di paesi terzi» è l’«impresa che, se avesse la propria sede centrale o sede legale nell'Unione, sarebbe un ente creditizio che presta servizi d'investimento o svolge servizi di investimento o un'impresa di investimento»);
    ciò posto, un perfetto allineamento alle disposizioni di Mifid II, nonché la necessità di evitare eventuali ingiustificati trattamenti diversificati tra imprese di investimento extraUE ed enti creditizi extraUE nell'attuazione della disciplina relativa all'obbligo di stabilimento di succursali, inducono a ritenere che il criterio di delega di cui alla succitata lettera l) sia interpretato o venga, comunque, attuato nel decreto legislativo di relativo recepimento nel senso di seguito indicato: l) modificare la disciplina della procedura di autorizzazione delle imprese di paesi terzi per la prestazione in Italia di servizi e attività di investimento con o senza servizi accessori nei confronti dei clienti al dettaglio o dei clienti professionali di cui alla sezione II dell'allegato II della direttiva 2014/65/UE prevedendo, conformemente all'articolo 39 della direttiva stessa, l'obbligo di stabilimento di una succursale e attribuendo alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, i relativi poteri di autorizzazione nei confronti delle imprese di paesi terzi diverse dagli enti creditizi e alla Banca d'Italia, sentita la Consob, i relativi poteri di autorizzazione nei confronti delle imprese di paesi terzi che sono enti creditizi,

impegna il Governo

in sede di predisposizione del decreto legislativo attuativo dell'articolo 9 in esame, a dare attuazione alla previsione di cui alla citata lettera l) del medesimo articolo 9 come specificato nelle premesse.
9/3123/20Causin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, al comma 1, lettera m), con specifico riferimento ai prodotti di investimento assicurativi assegna al Governo il compito di «m) apportare al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento dell'articolo 91 della direttiva 2014/65/UE, che emenda la direttiva 2002/92/CE sull'intermediazione assicurativa, prevedendo anche il ricorso alla disciplina secondaria adottata dall'IVASS e dalla CONSOB, ove opportuno, e l'attribuzione alle autorità anzidette dei relativi poteri di vigilanza, di indagine e sanzionatori, secondo le rispettive competenze, con particolare riguardo, per quanto concerne la Consob, alle competenze sui prodotti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché sugli altri prodotti rientranti nella nozione di prodotto di investimento assicurativo contenuta nel citato articolo 91, comma 1, lettera b), della direttiva n. 2014/65/UE»;
    l'articolo 13 al comma 1 lettera b), assegna al Governo il compito di «b) designare, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (UE) n. 1286/2014, la CONSOB e l'IVASS quali autorità competenti per lo svolgimento delle funzioni previste dal suddetto regolamento, in relazione alle rispettive competenze, perseguendo l'obiettivo di semplificare, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati con particolare riguardo, per quanto concerne la Consob, alle competenze sui prodotti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché sugli altri prodotti di cui all'articolo 4 del Regolamento medesimo, in relazione agli aspetti relativi alla tutela degli investitori e alla salvaguardia dell'integrità e dell'ordinato funzionamento dei mercati finanziari»;
    le citate disposizioni intervengono, quindi, entrambe sulla materia dei prodotti assicurativi e sul riparto di competenze tra la Consob e l'IVASS. Il modello di vigilanza nazionale sui prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione (di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis del TUF) prevede fin dal 2005 che l'IVASS vigila sull'adeguatezza patrimoniale, sulla solvibilità e sulla liquidità delle imprese di assicurazione, mentre la Consob è preposta alla vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti da parte dei soggetti che distribuiscono tali prodotti, al fine di assicurare la tutela degli investitori e l'integrità dei mercati;
    la Direttiva MiFID2 e il Regolamento PRIIPs hanno introdotto per la prima volta in Europa la nozione di Insurance Based Investment Product (IBIP). La nozione europea di prodotti di investimento assicurativi (IBIP) non coincide con la definizione di prodotto finanziario emesso da imprese di assicurazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis del TUF, in quanto include non solo i prodotti ramo vita III e V ma anche alcuni prodotti di ramo I (della tipologia mista rivalutabile, cosiddette withprofit) nonché i prodotti multiramo (o ibridi);
    il disegno di legge di delegazione per fanno 2014 conferma il modello di vigilanza nazionale e indica al Governo il compito di attribuire i poteri di vigilanza, di indagine e sanzionatori all'IVASS e alla Consob secondo le rispettive competenze;
    in particolare, il citato disegno di legge di delegazione per l'anno 2014 prevede che la Consob eserciti le proprie competenze in tema di vigilanza sulla trasparenza e correttezza non solo sui prodotti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis) del TUF, ma anche sugli altri prodotti rientranti nella nozione di IBIP al fine di assicurare la tutela degli investitori e l'integrità dei mercati. L'ampliamento dei poteri della Consob sul nuovo perimetro oggettivo indicato risulta coerente con la natura di prodotti di investimento riconosciuta dal Legislatore comunitario ai prodotti assicurativi vita suddetti, al fine di realizzare il level playing field tra prodotti ritenuti fungibili nella prospettiva dell'investitore, assoggettandoli alle medesime regole;
    il menzionato disegno di legge di delegazione per l'anno 2014, inoltre, conferma l'attuale riparto di competenze tra IVASS e Consob sui soggetti distributori, dal quale discende che l'offerta e la distribuzione dei prodotti di investimento assicurativi dovrà essere presidiata dalla Consob quando effettuata da banche. Sim e in via diretta dalle imprese di assicurazione emittenti e dall'IVASS quando realizzata da agenti e brokers assicurativi;
    in linea con tale assetto, i poteri di product intervention volti a vietare/limitare l'offerta di IBIP sono esercitati: a) dalla Consob nei confronti dei soggetti distributori vigilati (banche, Sim, imprese di assicurazione che effettuano la distribuzione in via diretta) laddove vengano in causa le finalità di protezione dell'investitore e integrità del mercato; b) dall'IVASS nei confronti dei soggetti distributori vigilati (agenti e broker, anche qualora siano rilevanti le finalità di protezione dell'investitore e integrità del mercato), nonché nei confronti delle imprese di assicurazione (in qualità di emittenti e eventualmente anche distributori diretti) in caso di rischi inerenti alla stabilità delle imprese medesime; c) dalla Banca d'Italia nei confronti dei soggetti distributori vigilati (banche, Sim) per le finalità di stabilità del mercato finanziario o di una sua parte;
    infine, l'individuazione della Consob quale autorità responsabile della vigilanza di trasparenza e correttezza in relazione ai prodotti di investimento assicurativi comporta la notifica al medesimo Istituto del KIID che dovrà accompagnare l'offerta di tali prodotti a norma del Regolamento PRIIPs,

impegna il Governo

in sede di predisposizione dei decreti legislativi attuativi dell'articolo 9, comma 1, lettera m) e dell'articolo 13, comma 1, lettera b), ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva volontà, come sopra individuata, delle disposizioni normative in esame, in maniera da eliminare ogni eventuale dubbio interpretativo circa il fatto che l'ambito di applicazione delle citate disposizioni, sia coerente con quanto specificato nelle premesse.
9/3123/21Alli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame viene conferita al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee ed alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei. In particolare l'articolo 6, introdotto durante l'esame al Senato, contiene una disposizione di delega per il recepimento della direttiva n. 2014/40/UE del 3 aprile 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sul riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati;
    in Italia il decreto-legge 28 giugno 2013 n. 76 convertito con modificazioni dalla legge 23 agosto 2013 n. 99, relativo ai «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di imposta sul valore aggiunto (Iva) e altre misure finanziarie urgenti», ha introdotto con l'articolo 11 comma 22 una serie di disposizioni relative alla regolamentazione della sigaretta elettronica (e-cigs) a partire dal 1o gennaio 2014 assoggettando ad imposta di consumo pari al 58,5 per cento i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonee a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo;
    la Corte Costituzionale con sentenza n. 82/15 ha dichiarato illegittima l'imposta di consumo 2014 sulle sigarette elettroniche ed ha evidenziato criticità comuni anche alla normativa attualmente in vigore: l'indiscriminata sottoposizione ad imposta di qualsiasi prodotto contenente «altre sostanze» diverse dalla nicotina e l'irragionevole estensione «del regime amministrativo e tributario proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati i quali non possono essere considerati succedanei del tabacco»,

impegna il Governo

a prevedere un'imposta di consumo parametrata sulla nicotina contenuta nel prodotto (Euro/mg), in quanto l'imposta di consumo su di essa sarebbe di facile applicazione e garantirebbe un maggiore controllo ed essendo una sostanza facilmente tracciabile dalle autorità competenti, abbatterebbe la possibilità di elusione dell'imposta.
9/3123/22Prodani, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame viene conferita al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee ed alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei. In particolare l'articolo 6, introdotto durante l'esame al Senato, contiene una disposizione di delega per il recepimento della direttiva n. 2014/40/UE del 3 aprile 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sul riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati;
    in Italia il decreto-legge 28 giugno 2013 n. 76 convertito con modificazioni dalla legge 23 agosto 2013 n. 99, relativo ai «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di imposta sul valore aggiunto (Iva) e altre misure finanziarie urgenti», ha introdotto con l'articolo 11 comma 22 una serie di disposizioni relative alla regolamentazione della sigaretta elettronica (e-cigs) a partire dal 1o gennaio 2014 assoggettando ad imposta di consumo pari al 58,5 per cento i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonee a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo;
    la Corte Costituzionale con sentenza n. 82/15 ha dichiarato illegittima l'imposta di consumo 2014 sulle sigarette elettroniche ed ha evidenziato criticità comuni anche alla normativa attualmente in vigore: l'indiscriminata sottoposizione ad imposta di qualsiasi prodotto contenente «altre sostanze» diverse dalla nicotina e l'irragionevole estensione «del regime amministrativo e tributario proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati i quali non possono essere considerati succedanei del tabacco»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere un'imposta di consumo parametrata sulla nicotina contenuta nel prodotto (Euro/mg), in quanto l'imposta di consumo su di essa sarebbe di facile applicazione e garantirebbe un maggiore controllo ed essendo una sostanza facilmente tracciabile dalle autorità competenti, abbatterebbe la possibilità di elusione dell'imposta.
9/3123/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Prodani, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   considerato che:
    la direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, recepita dall'articolo 6 del provvedimento in esame, prevede all'articolo 11 la possibilità per gli Stati membri di esentare i prodotti del tabacco da fumo diverso dalle sigarette, dal tabacco da arrotolare e dal tabacco per pipa ad acqua, dall'obbligo di recare il messaggio informativo stabilito all'articolo 9, paragrafo 2, e le avvertenze combinate relative alla salute stabilite all'articolo 10 della suddetta direttiva;
    la direttiva al «considerando 26» specifica le ragioni di tale possibilità concessa agli Stati membri: «Per i prodotti del tabacco da fumo, che non siano sigarette e tabacco da arrotolare, consumati principalmente da consumatori meno giovani e da fasce limitate della popolazione, dovrebbe essere possibile continuare a prevedere un'esenzione da alcune prescrizioni in materia di etichettatura fino al momento in cui non intervenga un mutamento sostanziale della situazione in termini di volume delle vendite o di modelli di consumo tra i giovani»;
    in ragione di quanto esplicitato dalla stessa Unione Europea, alcuni Stati membri, al fine di tutelare le proprie produzioni nazionali, hanno previsto la suddetta esclusione. Portogallo, Lussemburgo e Belgio, infatti, sono giù intervenuti normativamente in tal senso, mentre Spagna e Germania si stanno orientando in questa direzione. Tale possibilità di esenzione è quanto mai opportuna per l'Italia, caratterizzata da una produzione di sigari che rappresenta un'eccellenza in Europa, oltre che un asset industriale di prestigio per il nostro sistema paese che produce prodotti simbolo del made in Italy esportati in tutto il mondo,

impegna il Governo

in sede di recepimento della direttiva citata in premessa, ad applicare, al fine di tutelare la produzione nazionale dei prodotti da tabacco diversi dalle sigarette, dal tabacco da arrotolare e dal tabacco per pipa ad acqua, l'esenzione disciplinata all'articolo 11 della direttiva medesima, relativa obblighi informativi di cui all'articolo 9 paragrafo 2 e le avvertenze combinate relative alla salute, di cui all'articolo 10.
9/3123/23Bargero, Bernardo, Petrini.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le misure più rilevanti in tema di tutela della salute la prevenzione costituisce uno dei fattori più importanti e la proposta, anche sotto il profilo formativo, di stili di vita corretti ne costituisce la migliore attuazione. L'articolo 6A della Smoke-free Environment Act 2000 (legge sul divieto di fumo in ambienti pubblici del 2000) impone il divieto di fumo in vari luoghi pubblici all'aperto. A partire dal 6 luglio 2015, sarà vietato fumare negli spazi all'aperto di bar e ristoranti, ossia:
   negli spazi con posti a sedere riservati al consumo di cibi e bevande;
   nel raggio di 4 metri da uno spazio con posti a sedere nell'ambito di un bar o di un ristorante;
   entro 10 metri da uno spazio nell'ambito di una fiera gastronomica dove cibo viene venduto servito per il consumo;
    a partire dal 7 gennaio 2013, i fumatori non possono fumare nel raggio di 10 metri da qualsiasi attrezzatura per parchi gioco situata nello spazio all'aperto del locale. La legge non vieta la creazione di spazi all'aperto riservati ai fumatori in bar e ristoranti. Tuttavia, tali spazi non possono essere ubicati all'interno del locale o nel raggio di 4 metri dagli spazi con posti a sedere e devono ottemperare a tutte le altre condizioni previste dalle norme della Smoke-free Environment Act 2000. Lo spazio riservato ai fumatori deve essere dotato di idonea segnaletica e i gestori devono adoperarsi perché cibo non venga consumato in tale spazio. Inoltre, a partire dal 6 luglio 2015, i fumatori non potranno fumare nel raggio di 4 metri da un punto di accesso per pedoni, ossia dall'ingresso o dall'uscita di bar, ristoranti e caffè, che possa interessare zone già riservate ai fumatori;
    la causa principale del cancro ai polmoni è il fumo di tabacco. Tuttavia anche i non fumatori sono esposti al rischio. Il cancro ai polmoni allo stadio iniziale raramente provoca disturbi. Spesso i sintomi a questo stadio non sono chiari, per cui difficilmente vengono ricondotti direttamente a un cancro ai polmoni. Il cancro ai polmoni – denominato anche carcinoma bronchiale o polmonare – si sviluppa quando le cellule delle mucose delle vie respiratorie o degli alveoli polmonari mutano e producono tumori di tipo maligno. Il cancro ai polmoni è considerato il più mortale tra tutti i tipi di cancro. E poi la malattia è spesso un tabù: siccome fra le persone colpite vi sono parecchi fumatori, nei pazienti si insinua spesso un senso di colpa. Ciò implica sovente una diagnosi tardiva, con conseguente peggioramento della prognosi. I metodi moderni di trattamento che vanno dalla chirurgia alla radioterapia fino alla terapia farmacologica possono migliorare la qualità di vita delle persone colpite;
    ma il più efficace dei metodi resta la prevenzione: la riduzione del fumo attivo, ma anche passivo, in tutte le forme in cui viene offerto e proposto, anche ai minorenni. E tra le misure di prevenzione l'abolizione della pubblicità diretta ed indiretta resta uno dei mezzi di maggiore efficacia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di procedere al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, in riferimento all'allegato B della Direttiva 2014/40/UE, tornando ad esercitare un controllo più stringente ed efficace.
9/3123/24Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, comma 1, lettera o) del disegno di legge recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, stabilisce che in sede di recepimento della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, si debbano «apportare le opportune modifiche ed integrazioni alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1908, n. 58, in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria, promotori finanziari, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo» nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati; dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica né minori entrate contributive per la CONSOB»;
    il gettito contributivo che la Consob determinerà sarà correlato alle spese da sostenere in relazione all'attività di vigilanza da effettuare nei confronti dell'organismo per la tenuta dell'albo dei Consulenti finanziari, considerato che l'invarianza di gettito sarà comunque assicurata anche dalle minori spese che la Consob eventualmente sosterrà col nuovo assetto di vigilanza,

impegna il Governo

in sede di predisposizione dei decreti legislativi attuativi dell'articolo 9 in esame, ad interpretare la previsione di cui alla citata lettera o) del medesimo articolo 9 come specificato nelle premesse.
9/3123/25Alberto Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, comma 1, lettera o) del disegno di legge recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, stabilisce che in sede di recepimento della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, anche ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, si debbano «apportare le opportune modifiche ed integrazioni alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1908, n. 58, in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria, promotori finanziari, assegnando ad un unico organismo sottoposto alla vigilanza, anche di tipo sanzionatorio, della CONSOB, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo» nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti e ponendo le spese relative all'albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati; dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica né minori entrate contributive per la CONSOB»;
    il gettito contributivo che la Consob determinerà sarà correlato alle spese da sostenere in relazione all'attività di vigilanza da effettuare nei confronti dell'organismo per la tenuta dell'albo dei Consulenti finanziari, considerato che l'invarianza di gettito sarà comunque assicurata anche dalle minori spese che la Consob eventualmente sosterrà col nuovo assetto di vigilanza,

invita il Governo

in sede di predisposizione dei decreti legislativi attuativi dell'articolo 9 in esame, ad interpretare la previsione di cui alla citata lettera o) del medesimo articolo 9 come specificato nelle premesse.
9/3123/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Alberto Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    nell'allegato B del presente disegno di legge è presente la direttiva (UE) 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio;
    la direttiva 2015/412/UE lascia la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul proprio territorio. Quindi Paesi come il nostro che hanno scelto di vietare gli OGM, possono continuare a farlo e lo chiedono anche quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento) che si oppongono al biotech nei campi;
    il modello OGM è del tutto contrario e controproducente per gli interessi del settore agroalimentare del nostro Paese, che si basa sulla tipicità e sulla qualità. Per l'Italia, gli OGM in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy,

impegna il Governo

nell'ambito dell'esercizio della delega di recepimento della direttiva 2015/412/UE a considerare misure volte a prevedere il divieto dell'uso di OGM nelle produzioni agroalimentari e forestali in campo aperto, prevenendo altresì la contaminazione sulle altre colture, poiché il valore aggiunto delle produzioni italiane è dato dalla loro specificità ed una contaminazione OGM porterebbe alla distruzione del sistema agroalimentare italiano così come lo si conosce oggi, con le sue eccellenze, le sue varietà e le sue tipicità.
9/3123/26Guidesi, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    nell'allegato B del presente disegno di legge è presente la direttiva (UE) 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio;
    la direttiva 2015/412/UE lascia la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul proprio territorio. Quindi Paesi come il nostro che hanno scelto di vietare gli OGM, possono continuare a farlo e lo chiedono anche quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento) che si oppongono al biotech nei campi;
    il modello OGM è del tutto contrario e controproducente per gli interessi del settore agroalimentare del nostro Paese, che si basa sulla tipicità e sulla qualità. Per l'Italia, gli OGM in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy,

impegna il Governo

nell'ambito dell'esercizio della delega di recepimento della direttiva 2015/412/UE a considerare misure volte a prevenire l'utilizzo di OGM nelle coltivazioni agricole finalizzate alla produzione agroalimentare in campo aperto.
9/3123/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Guidesi, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    la Direttiva 2006/123/CE Bolkestein ha stabilito che dal 1o gennaio 2016, le concessioni demaniali non potranno più essere rinnovate automaticamente, ma dovranno essere oggetto di un bando con procedura pubblica alla scadenza di ogni concessione;
    la norma investe sia le concessioni uso turistico ricreativo che quelle lacuali, fluviali, la nautica di diporto (compresi i punti di ormeggio), mentre esclude dal beneficio le concessioni inerenti la pesca professionale e la cantieristica navale;
    la legge n. 217 del 2011 (c.d. Legge comunitaria 2011) ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime. L'esercizio della delega è scaduto il 17 aprile 2013;
    il decreto legislativo avrebbe dovuto prevedere come criteri e principi da seguire quelli di stabilire limiti minimi e massimi di durata delle concessioni, entro cui le regioni fissano la durata esatta delle stesse; prevedere criteri e modalità di affidamento nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti; individuare modalità per la riscossione e per la suddivisione dei proventi derivanti dai canoni tra comuni, province e regioni; individuare i casi in cui le concessioni nuove, decadute o revocate sono assegnate nell'ambito dei piani predisposti dalle regioni; prevedere criteri per l'equo indennizzo del concessionario nei casi di revoca della concessione ai sensi dell'articolo 42 del Codice della Navigazione; stabilire criteri per l'eventuale decadenza delle concessioni, nonché criteri e modalità per il subingresso nelle ipotesi di vendita o affitto d'azienda;
    con il decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012 viene prorogato il termine di durata delle concessioni dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020;
    una proroga percepita dagli operatori di settore come un'ulteriore boccata di ossigeno per i propri investimenti, di certo non risolutiva dei molti problemi esistenti, in grado però di ridare vigore alle aspettative sopite e di rimettere in discussione, di nuovo, l'annosa questione, dibattuta a livello nazionale ed europeo, circa l'applicazione della Direttiva Bolkestein alle concessioni demaniali marittime;
    la quarta sezione del Tar della Lombardia con sentenza n. 2401 del 26 settembre 2014 con riferimento alla proroga del termine di durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020 ha rimesso alla Corte di Giustizia europea la questione pregiudiziale in relazione all'interpretazione della normativa comunitaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con appositi strumenti normativi affinché sia prevista una proroga della delega al Governo – prevista dall'articolo 11 della legge 217 del 2011 – di revisione e di riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, prima che la Corte di Giustizia europea si esprima in merito al fine di evitare l'ennesima apertura di una procedura di infrazione e quindi una condanna ai danni del nostro Paese, nonché, nelle more dell'esercizio della delega e per la prima fase di applicazione della stessa, valutare la previsione di una proroga delle concessioni al 31 dicembre 2025.
9/3123/27Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    per la conservazione del pane speciale preconfezionato può essere utilizzato, quale conservate naturale, l'alcool etilico, in una misura non superiore al 2 per cento della massa secca del prodotto. Nella panificazione l'alcol etilico è considerato a tutti gli effetti un ingrediente che svolge una funzione tecnologica antimicotica;
    il Decreto del Ministero della Sanità del 13 luglio 1998, n. 312 disciplina con Regolamento il trattamento con alcool etilico del pane speciale preconfezionato, il quale prevede il divieto dell'utilizzo di alcool quale additivo se in combinazione con i tre conservanti naturali standard che si usano nel settore in funzione antimuffa: E200 – Acido Sorbico; E202 Potassio Sorbato; E282 Propinato di Calcio;
    il regolamento (UE) n. 1129/2011 della Commissione dell'11 novembre 2011 che modifica l'allegato II del Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco dell'Unione di additivi alimentari, non prevede l'alcool etilico come additivo;
    il divieto previsto dal citato decreto ministeriale, invece, lascia presupporre che l'alcool non sia un ingrediente bensì un additivo, in contrasto, quindi, con il succitato Regolamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con appositi strumenti normativi affinché, al fine di procedere all'armonizzazione delle migliori pratiche industriali nella produzione dei pani speciali ed in piena attuazione del REG. UE 1129/2011 della Commissione, venga modificato il succitato decreto ministeriale del 13 luglio 1998 prevedendo, anziché la sostituzione, la combinazione dell'utilizzo dell'alcool etilico con i tre conservanti naturali standard che si usano nel settore in funzione antimuffa.
9/3123/28Rondini, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    tra le direttive europee da attuare tramite il provvedimento in esame vi è la 2014/40/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE;
    lo scorso 4 maggio la Commissione europea ha presentato al Consiglio Ue due proposte di decisione per la conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo (FCTC). Il protocollo rappresenta un importante contributo alle iniziative internazionali volte ad eliminare ogni forma di commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco e combattere in tal modo l'elusione di imposte e dazi doganali, nonché a ridurre l'offerta di prodotti del tabacco conformemente all'articolo 15 della FCTC dell'OMS. Il protocollo contribuisce altresì al buon funzionamento del mercato interno dei prodotti del tabacco, garantendo nel contempo un elevato livello di salute pubblica;
    autorevoli studi hanno calcolato i benefici sociali derivanti da una riduzione dei consumi del tabacco. Tra questi, il documento della Commissione Ue «Impact Assessment for a Directive of the European Parliament and of the Council on the approximation of the laws, regulations and administrative provisions of the Member States concerning the manufacture, presentation and sale of tobacco and related products» stima, ad esempio, in 134 milioni di euro annui a livello Ue la riduzione della spesa sanitaria che potrebbe derivare da una efficace lotta al contrabbando, alla quale è correlata una riduzione dei consumi dei prodotti del tabacco derivante dall'elasticità della domanda al prezzo;
   considerato che:
    dalla ratifica del Protocollo conseguirà il superamento del sistema di tracciabilità introdotto dall'articolo 15 della Direttiva 2014/40/Ue sul Tabacco il quale si pone, oggi, in contrasto con il principio di indipendenza dall'industria del tabacco di cui al citato articolo 8 del Protocollo. Infatti, in virtù del criterio sulla gerarchia delle fonti comunitarie, le norme di diritto internazionale e pattizio si collocano in una posizione intermedia tra i Trattati dell'Unione Europea e la normativa secondaria,

impegna il Governo:

   ad attendere, prima di procedere al recepimento della Direttiva sul Tabacco e salvo comunque il rispetto del termine ultimo di trasposizione della direttiva medesima, l'imminente ratifica del Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo da parte del Consiglio dell'Unione;
   a garantire la piena compatibilità del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/40/Ue in materia di tabacchi con il Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo;
   a prevedere, dunque, il mantenimento dei contrassegni di Stato per la legittimazione della circolazione dei tabacchi lavorati, previsti dal Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo. I contrassegni, nel documento della Commissione Ue «Analysis and Feasibility Assessment Regarding EU systems for Tracking and Tracing of Tobacco Products and for Security Features», attualmente in corso di consultazione, relativo all'implementazione degli articoli 15 (tracciabilità) e 16 (elementi di sicurezza) della direttiva 2014/40/Ue, vengono indicati come gli strumenti che meglio di tutti possono garantire l'integrazione tra sistemi di sicurezza e d'identificazione dei prodotti. Per questo sono adottati in 23 dei 28 Stati Membri.
9/3123/29Fedriga, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    tra le direttive europee da attuare tramite il provvedimento in esame vi è la 2014/40/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE;
    lo scorso 4 maggio la Commissione europea ha presentato al Consiglio Ue due proposte di decisione per la conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo (FCTC). Il protocollo rappresenta un importante contributo alle iniziative internazionali volte ad eliminare ogni forma di commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco e combattere in tal modo l'elusione di imposte e dazi doganali, nonché a ridurre l'offerta di prodotti del tabacco conformemente all'articolo 15 della FCTC dell'OMS. Il protocollo contribuisce altresì al buon funzionamento del mercato interno dei prodotti del tabacco, garantendo nel contempo un elevato livello di salute pubblica;
    autorevoli studi hanno calcolato i benefici sociali derivanti da una riduzione dei consumi del tabacco. Tra questi, il documento della Commissione Ue «Impact Assessment for a Directive of the European Parliament and of the Council on the approximation of the laws, regulations and administrative provisions of the Member States concerning the manufacture, presentation and sale of tobacco and related products» stima, ad esempio, in 134 milioni di euro annui a livello Ue la riduzione della spesa sanitaria che potrebbe derivare da una efficace lotta al contrabbando, alla quale è correlata una riduzione dei consumi dei prodotti del tabacco derivante dall'elasticità della domanda al prezzo;
   considerato che:
    dalla ratifica del Protocollo conseguirà il superamento del sistema di tracciabilità introdotto dall'articolo 15 della Direttiva 2014/40/Ue sul Tabacco il quale si pone, oggi, in contrasto con il principio di indipendenza dall'industria del tabacco di cui al citato articolo 8 del Protocollo. Infatti, in virtù del criterio sulla gerarchia delle fonti comunitarie, le norme di diritto internazionale e pattizio si collocano in una posizione intermedia tra i Trattati dell'Unione Europea e la normativa secondaria,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, compatibilmente con i termini di delega, di attendere, prima di procedere al recepimento della Direttiva sul Tabacco e salvo comunque il rispetto del termine ultimo di trasposizione della direttiva medesima, l'imminente ratifica del Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo da parte del Consiglio dell'Unione;
   a garantire la piena compatibilità del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/40/Ue in materia di tabacchi con il Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo;
   a prevedere, dunque, il mantenimento dei contrassegni di Stato per la legittimazione della circolazione dei tabacchi lavorati, previsti dal Protocollo sull'eliminazione del commercio illegale dei prodotti derivati dal tabacco adottato nel 2013 in attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo. I contrassegni, nel documento della Commissione Ue «Analysis and Feasibility Assessment Regarding EU systems for Tracking and Tracing of Tobacco Products and for Security Features», attualmente in corso di consultazione, relativo all'implementazione degli articoli 15 (tracciabilità) e 16 (elementi di sicurezza) della direttiva 2014/40/Ue, vengono indicati come gli strumenti che meglio di tutti possono garantire l'integrazione tra sistemi di sicurezza e d'identificazione dei prodotti. Per questo sono adottati in 23 dei 28 Stati Membri.
9/3123/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    la pesante crisi economico-finanziaria che ha investito l'economia finanziaria nel 2007 per poi riversarsi gravemente sull'economia reale ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono, facendo emergere il drammatico problema dell'abuso delle leve finanziarie e della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
    il problema della ricapitalizzazione delle banche si è così proposto anche in sede europea in cui, in seguito alla sopravvenuta necessità di interventi statali di salvataggio degli istituti di credito, si è proposta l'introduzione del principio del bail-in, ossia di un principio che regoli il risanamento e la risoluzione degli enti creditizi in un quadro di sorveglianza armonizzato che si in grado di limitare il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici per il salvataggio degli istituti;
    a questo riguardo, proprio nell'articolo 9 del provvedimento in esame, si vuole regolare la delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/59/UE del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento che si ripropone, tra gli altri obiettivi, di far sì che le banche, in misura preventiva, predispongano ed aggiornino annualmente un piano di risanamento, da porre in atto in caso di crisi, che preveda soluzioni realistiche della situazione di crisi finanziaria, senza alcuna forma di accesso a forme di finanziamento pubblico straordinarie;
    in continuità con questa linea, sembrerebbe ugualmente necessario prevedere, a fianco delle disposizioni che daranno attuazione a queste disposizioni, una riorganizzazione del sistema creditizio che stabilisca la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, ossia tra le banche che raccolgono e distribuiscono credito ad imprese e famiglie e le banche che operano nei mercati finanziari con attività speculative ad alto rischio;
    l'effetto di una riorganizzazione del sistema bancario, attraverso precise distinzioni delle partecipazioni azionarie e un diverso trattamento fiscale che avvantaggi le banche commerciali, comporterebbe una consistente immissione di liquidità che potrebbe risollevare l'economia reale e la situazione economica di imprese e famiglie colpite duramente da tutti questi anni di crisi;
   considerato che:
    se il principio della separazione fosse stato introdotto prima, infatti, si sarebbero potute contenere tutte le drammatiche conseguenze che i nostri cittadini hanno scontato: da un lato, le continue ricapitalizzazioni degli istituti di credito e il credit crunch hanno innescato una grave carenza di liquidità delle imprese; dall'altro, la crisi dei debiti sovrani e le conseguenti politiche di austerità hanno portato a manovre economiche procicliche ed aumentato la pressione fiscale diretta ed indiretta, causando l'aumento indiscriminato dei prezzi, anche dei prodotti di prima necessità, con una significativa perdita di potere d'acquisto da parte delle famiglie,

impegna il Governo

a prevedere, in opportuni provvedimenti, una riorganizzazione del sistema bancario al fine di introdurre un principio attraverso il quale venga valorizzato il modello di banca tradizionale che raccoglie depositi ed eroga credito alle famiglie e al sistema produttivo rispetto alle banche d'affari che attuano operazioni finanziarie ad alto rischio, prevedendo altresì delle agevolazioni fiscali a favore delle prime, tenuto conto della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolar modo in favore delle piccole e medie imprese, come specificato in premessa.
9/3123/30Simonetti, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    la pesante crisi economico-finanziaria che ha investito l'economia finanziaria nel 2007 per poi riversarsi gravemente sull'economia reale ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono, facendo emergere il drammatico problema dell'abuso delle leve finanziarie e della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
    il problema della ricapitalizzazione delle banche si è così proposto anche in sede europea in cui, in seguito alla sopravvenuta necessità di interventi statali di salvataggio degli istituti di credito, si è proposta l'introduzione del principio del bail-in, ossia di un principio che regoli il risanamento e la risoluzione degli enti creditizi in un quadro di sorveglianza armonizzato che si in grado di limitare il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici per il salvataggio degli istituti;
    a questo riguardo, proprio nell'articolo 9 del provvedimento in esame, si vuole regolare la delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/59/UE del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento che si ripropone, tra gli altri obiettivi, di far sì che le banche, in misura preventiva, predispongano ed aggiornino annualmente un piano di risanamento, da porre in atto in caso di crisi, che preveda soluzioni realistiche della situazione di crisi finanziaria, senza alcuna forma di accesso a forme di finanziamento pubblico straordinarie;
    in continuità con questa linea, sembrerebbe ugualmente necessario prevedere, a fianco delle disposizioni che daranno attuazione a queste disposizioni, una riorganizzazione del sistema creditizio che stabilisca la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, ossia tra le banche che raccolgono e distribuiscono credito ad imprese e famiglie e le banche che operano nei mercati finanziari con attività speculative ad alto rischio;
    l'effetto di una riorganizzazione del sistema bancario, attraverso precise distinzioni delle partecipazioni azionarie e un diverso trattamento fiscale che avvantaggi le banche commerciali, comporterebbe una consistente immissione di liquidità che potrebbe risollevare l'economia reale e la situazione economica di imprese e famiglie colpite duramente da tutti questi anni di crisi;
   considerato che:
    se il principio della separazione fosse stato introdotto prima, infatti, si sarebbero potute contenere tutte le drammatiche conseguenze che i nostri cittadini hanno scontato: da un lato, le continue ricapitalizzazioni degli istituti di credito e il credit crunch hanno innescato una grave carenza di liquidità delle imprese; dall'altro, la crisi dei debiti sovrani e le conseguenti politiche di austerità hanno portato a manovre economiche procicliche ed aumentato la pressione fiscale diretta ed indiretta, causando l'aumento indiscriminato dei prezzi, anche dei prodotti di prima necessità, con una significativa perdita di potere d'acquisto da parte delle famiglie,

invita il Governo

a prevedere, in opportuni provvedimenti, una riorganizzazione del sistema bancario al fine di introdurre un principio attraverso il quale venga valorizzato il modello di banca tradizionale che raccoglie depositi ed eroga credito alle famiglie e al sistema produttivo rispetto alle banche d'affari che attuano operazioni finanziarie ad alto rischio, prevedendo altresì delle agevolazioni fiscali a favore delle prime, tenuto conto della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolar modo in favore delle piccole e medie imprese, come specificato in premessa.
9/3123/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Simonetti, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2014»;
    è noto come l'attuale la crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers, si sia poi riversata sull'economia reale del mondo intero, e in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese, sopratutto delle piccole e medie, e sullo stato di salute dei bilanci pubblici;
    la bolla finanziaria che ha portato alla conseguente crisi mondiale è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli tossici, al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte di un investimento minimo di capitale;
    tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano i derivati, associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in quelli al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC, creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche, secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta, in maniera slegata rispetto all'andamento delle Borse Mondiali;
    la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti a qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
    in caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario speculativo espone al rischio di default l'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e richiede la necessità di un intervento statale con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto negli Stati Uniti d'America;
    la ricapitalizzazione pubblica delle banche è uno strumento di salvataggio estremamente iniquo nei confronti dei cittadini su cui lo Stato che stanzia i fondi per la ricapitalizzazione scarica il peso di debiti accumulati da un sistema finanziario pensato per far incassare dei profitti elevatissimi a pochi speculatori senza scrupoli, socializzando però il passivo in caso di perdita;
    l'Unione europea, infatti, dopo anni di crisi e ricapitalizzazioni pubbliche gravanti sui cittadini, si è finalmente risolta all'introduzione, nell'ambito dell'opera di armonizzazione dei modelli bancari, del principio del bail-in nella risoluzione delle crisi bancarie, come previsto dall'articolo 8 del provvedimento in esame, al fianco di altre misure che possano intensificare ed integrare il sistema prudenziale di vigilanza sugli istituti bancari;
    a questo proposito, sembrerebbe altresì necessaria la previsione di ulteriori misure che possano perfezionare, ovviamente nel rispetto della legislazione europea, il quadro degli strumenti prudenziali al fine di contenere l'abuso degli strumenti finanziari, la deflagrazione delle conseguenti crisi e le loro inevitabili ripercussioni sull'economia reale, come anche sui debiti sovrani. Il tutto al fine di non far ricadere il peso economico di questi fenomeni sui cittadini e sulle imprese;
   considerato che:
    il compito dello Stato, sopratutto in una fase di congiuntura economica così grave, è quello di porre in essere una politica economica espansiva al fine di creare degli ammortizzatori sociali ed economici in modo da tutelare i propri cittadini e le proprie imprese e non quello di salvaguardare lo status quo di istituti bancari e finanziari che senza alcun riguardo etico praticano attività di speculazione rischiose nella convinzione che le eventuali ripercussioni negative saranno poi pagate dalla società civile;
    in una ottica di necessaria esigenza di eticità che deve informare gli enti della Pubblica Amministrazione si ritiene giusto e adeguato l'intervento della Legge di stabilità 2014 (Legge n. 147 del 2013) nella parte in cui ha profondamente innovato la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge;
    tra il 1998 e il 2008, il nostro Paese ha fatto un ingente uso di strumenti finanziari, in particolare di cross-currency swap e di interest rate swap, ma anche di cessioni di crediti in cartolarizzazioni a cui si è parallelamente accompagnata un'implementazione normativa volta a snellire le procedure e a favorire la crescita dei mercati finanziari. Ma, se fino al 2008 lo Stato ne aveva guadagnato un ricavo di 8 miliardi, con l'arrivo della crisi il trend si è invertito;
    in questa spirale di debiti sono coinvolti i principali Comuni italiani, tra cui Milano, Torino, Genova, Reggio Calabria, Firenze, Teramo, Pisa, Benevento e Pistoia, così come le regioni del Lazio, del Piemonte e della Toscana, per un ammontare debitorio di difficile stima;
    già le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 avevano, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza, anche alla luce dei debiti accumulati dai diversi enti della Pubblica Amministrazione, compresa l'amministrazione sanitaria e pubblica e le agenzie di trasporto, che hanno utilizzato fondi pubblici per acquisire strumenti derivati e simili titoli finanziari,

impegna il Governo, a prevedere gli opportuni provvedimenti al fine di:

   a) di escludere i soggetti bancari e finanziari che esercitano attività di speculazione ad alto rischio, intendendosi per queste utilizzo di alte leve finanziarie ed emissione di titoli tossici, dalla partecipazione alle procedure di gare d'appalto bandite dalla Pubblica Amministrazione per l'affidamento di servizi bancari e finanziari;
   b) di estendere permanentemente a tutti gli enti della Pubblica Amministrazione il divieto di ricorso a strumenti finanziari derivati, come già stabilito dalla Legge di stabilità 2014 che però prevede un tale divieto solo per gli enti territoriali.
9/3123/31Allasia, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2014»;
    è noto come l'attuale la crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers, si sia poi riversata sull'economia reale del mondo intero, e in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese, sopratutto delle piccole e medie, e sullo stato di salute dei bilanci pubblici;
    la bolla finanziaria che ha portato alla conseguente crisi mondiale è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli tossici, al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte di un investimento minimo di capitale;
    tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano i derivati, associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in quelli al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC, creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche, secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta, in maniera slegata rispetto all'andamento delle Borse Mondiali;
    la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti a qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
    in caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario speculativo espone al rischio di default l'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e richiede la necessità di un intervento statale con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto negli Stati Uniti d'America;
    la ricapitalizzazione pubblica delle banche è uno strumento di salvataggio estremamente iniquo nei confronti dei cittadini su cui lo Stato che stanzia i fondi per la ricapitalizzazione scarica il peso di debiti accumulati da un sistema finanziario pensato per far incassare dei profitti elevatissimi a pochi speculatori senza scrupoli, socializzando però il passivo in caso di perdita;
    l'Unione europea, infatti, dopo anni di crisi e ricapitalizzazioni pubbliche gravanti sui cittadini, si è finalmente risolta all'introduzione, nell'ambito dell'opera di armonizzazione dei modelli bancari, del principio del bail-in nella risoluzione delle crisi bancarie, come previsto dall'articolo 8 del provvedimento in esame, al fianco di altre misure che possano intensificare ed integrare il sistema prudenziale di vigilanza sugli istituti bancari;
    a questo proposito, sembrerebbe altresì necessaria la previsione di ulteriori misure che possano perfezionare, ovviamente nel rispetto della legislazione europea, il quadro degli strumenti prudenziali al fine di contenere l'abuso degli strumenti finanziari, la deflagrazione delle conseguenti crisi e le loro inevitabili ripercussioni sull'economia reale, come anche sui debiti sovrani. Il tutto al fine di non far ricadere il peso economico di questi fenomeni sui cittadini e sulle imprese;
   considerato che:
    il compito dello Stato, sopratutto in una fase di congiuntura economica così grave, è quello di porre in essere una politica economica espansiva al fine di creare degli ammortizzatori sociali ed economici in modo da tutelare i propri cittadini e le proprie imprese e non quello di salvaguardare lo status quo di istituti bancari e finanziari che senza alcun riguardo etico praticano attività di speculazione rischiose nella convinzione che le eventuali ripercussioni negative saranno poi pagate dalla società civile;
    in una ottica di necessaria esigenza di eticità che deve informare gli enti della Pubblica Amministrazione si ritiene giusto e adeguato l'intervento della Legge di stabilità 2014 (Legge n. 147 del 2013) nella parte in cui ha profondamente innovato la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge;
    tra il 1998 e il 2008, il nostro Paese ha fatto un ingente uso di strumenti finanziari, in particolare di cross-currency swap e di interest rate swap, ma anche di cessioni di crediti in cartolarizzazioni a cui si è parallelamente accompagnata un'implementazione normativa volta a snellire le procedure e a favorire la crescita dei mercati finanziari. Ma, se fino al 2008 lo Stato ne aveva guadagnato un ricavo di 8 miliardi, con l'arrivo della crisi il trend si è invertito;
    in questa spirale di debiti sono coinvolti i principali Comuni italiani, tra cui Milano, Torino, Genova, Reggio Calabria, Firenze, Teramo, Pisa, Benevento e Pistoia, così come le regioni del Lazio, del Piemonte e della Toscana, per un ammontare debitorio di difficile stima;
    già le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 avevano, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza, anche alla luce dei debiti accumulati dai diversi enti della Pubblica Amministrazione, compresa l'amministrazione sanitaria e pubblica e le agenzie di trasporto, che hanno utilizzato fondi pubblici per acquisire strumenti derivati e simili titoli finanziari,

invita il Governo, a prevedere gli opportuni provvedimenti al fine di:

   a) di escludere i soggetti bancari e finanziari che esercitano attività di speculazione ad alto rischio, intendendosi per queste utilizzo di alte leve finanziarie ed emissione di titoli tossici, dalla partecipazione alle procedure di gare d'appalto bandite dalla Pubblica Amministrazione per l'affidamento di servizi bancari e finanziari;
   b) di estendere permanentemente a tutti gli enti della Pubblica Amministrazione il divieto di ricorso a strumenti finanziari derivati, come già stabilito dalla Legge di stabilità 2014 che però prevede un tale divieto solo per gli enti territoriali.
9/3123/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Allasia, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    con l'emanazione del Decreto Legislativo 188 del 2014, in vigore dal 1o gennaio 2015, ed il successivo provvedimento dell'Agenzia delle Dogane e dei monopoli n. 394/2015, in vigore dal successivo 20 gennaio, si è introdotta, ex articolo 62-quater, comma 1-bis del Decreto legislativo 504/1995 come modificato dal suddetto decreto, un'imposta di consumo pari a euro 0,373 (al netto dell'IVA) per millilitro di liquido da inalazione per le sigarette elettroniche, con e senza nicotina;
    l'applicazione dell'imposta ha avuto effetti negativi molto consistenti sull'intero comparto. A causa di un aumento dei prezzi pari al 150 per cento per la vendita al pubblico e al 300 per cento per la vendita all'ingrosso, si è generata una corrispondente perdita della concorrenzialità delle aziende italiane, stimata in un crollo delle vendite del 70 per cento rispetto al 2014. A ciò si poi aggiunto un preoccupante fenomeno di importazione irregolare, sia intracomunitaria che estera, cresciuta grazie alla possibilità, per le aziende estere che commercializzano su siti web senza obbligo di nominare un rappresentante fiscale in Italia, di importare tali prodotti senza versare l'imposta, con conseguente opportunità di poter abbattere i prezzi fino al 60 per cento in meno. Anafe Confindustria, Assifel e Fiesel Confesercenti hanno infatti stimato che circa l'80 per cento degli acquirenti si sia spostato sul mercato telematico, la maggior parte con acquisti dall'estero, ed hanno altresì rilevato un preoccupante incremento del mercato nero, grazie anche alla totale assenza dei controlli;
    parallelamente, si è notevolmente diffusa la produzione «fai da te» dei liquidi da inalazione, poiché i consumatori riescono a reperire autonomamente le sostanze da comporre acquistando facilmente i diversi ingredienti, che sono in libera vendita, su siti online o presso farmacie;
    una tale situazione, unitamente alla mancanza di controlli fiscali e amministrativi, ha generato, innanzitutto, una sostanziale mancanza del gettito fiscale previsto: lo Stato, infatti, in luogo dei 117 milioni di nuove entrate previste per il 2014 incasserà, in via prudenziale, soltanto 7 milioni di euro e, presumibilmente, non arriverà neanche a raggiungere il gettito previsto per il 2015, pari a 137 milioni di euro;
    sul piano imprenditoriale, poi, le aziende italiane che si sono adeguate alla nuova normativa, molte delle quali rischiano il fallimento, hanno subito una considerevole contrazione del volume di affari, nonostante il mercato in questo settore sia in forte espansione: Anafe Confindustria ha calcolato una sensibile diminuzione del fatturato che è passato da 450 milioni del 2013 a 300 milioni del 2014 fino ad arrivare ai 60 milioni del primo semestre del 2015, con un abbattimento di oltre il 50 per cento rispetto al 2014. Una simile congiuntura ha quindi causato, di rimando, la perdita di migliaia di posti di lavoro: gli addetti del settore sono passati da 8.000 nel 2013 agli odierni 2.500 e il numero di punti vendita al dettaglio è crollato dai 3.000 punti di giugno 2013 ai 1.600 dell'aprile 2014 agli attuali 1.000.
    inoltre, la produzione autonoma dei prodotti da inalazione, oltre a non rispettare gli standard igienico-sanitari minimi, permettere di eludere l'imposta di consumo in quanto questa è applicabile soltanto sui liquidi pronti all'uso;
    la mancanza di controlli sulla distribuzione dei prodotti online, infine, permette a produttori e negozi di commercializzare prodotti non conformi agli standard;
   considerato che:
    la delega contenuta nell'articolo 6 che prevede il recepimento della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, mira a migliorare il funzionamento del mercato interno del tabacco e dei prodotti correlati, tra cui le sigarette elettroniche, per la protezione della salute dei consumatori, ma non prevede sistemi di garanzia e di tracciabilità per i liquidi delle sigarette elettroniche uguali a quelli già previsti per i prodotti del tabacco, che contrasterebbero i fenomeni di elusione ed evasione della recente imposta al consumo stabilita sui liquidi, oltre a garantire una maggiore tutela del consumatore;
    la delega, tantomeno, prevede una rimodulazione dell'iniqua imposta come introdotta dal decreto legislativo n. 188 del 2014, fissata in euro 0,37344 il millilitro dal successivo provvedimento dell'AAMS n. 394/2015, che è stata calcolata con un complesso procedimento di calcolo dell'equivalenza di consumo tra sigaretta tradizionale e sigaretta elettronica, mentre sembrerebbe più idonea un'imposta di consumo parametrata alla quantità di nicotina contenuta nei medesimi liquidi fissandola secondo la relazione euro/chilogrammo di nicotina;
    l'imposta, così strutturata, costituirebbe un'imposta di consumo semivariabile, ossia formata da una componente fissa in base alla quantità di liquido introdotto in commercio (euro/ml) e da una componente variabile in base alla nicotina contenuta nel prodotto (euro/mg). Una tale imposta, oltre ad essere rispettosa dei principi indicati dalla Consulta e dalla direttiva 40/2014, sarebbe di facile applicazione e garantirebbe un maggiore controllo perché i produttori conserverebbero i documenti contabili in merito all'acquisto di nicotina e si potrebbero meglio tracciare eventuali tentativi di elusione dell'imposta;
    la Corte, nella sentenza n. 83 del 2015 – riguardante il vecchio sistema impositivo delineato dal decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 – ha infatti evidenziato le criticità relative all'indiscriminata sottoposizione ad imposta di qualsiasi prodotto contenente «altre sostanze» diverse dalla nicotina, l'irragionevole estensione del «regime amministrativo e tributario proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati i quali non possono essere considerati succedanei al tabacco» e l'eccesso di discrezionalità amministrativa. Il provvedimento dell'AAMS sembra quindi essere uscito dal tracciato della delega del Parlamento esercitata con il decreto legislativo 188/2014,

impegna il Governo, attraverso la predisposizione di opportuni provvedimenti:

   a) prevedere, anche per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, specifiche disposizioni in materia di rintracciabilità di tali prodotti e di legittimazione della loro circolazione nei confronti dei consumatori conformi a quelle della direttiva comunitaria 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, al fine di contrastare più efficacemente i fenomeni di elusione, elevando i livelli di garanzia della tracciabilità;
   b) prevedere, per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, un'imposta di consumo parametrata alla quantità di nicotina contenuta nei medesimi liquidi secondo il rapporto euro/chilogrammo di nicotina, mediante espressa modifica del comma 1-bis dell'articolo 62-quater del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504;
   c) prevedere l'inibizione dell'accesso ai siti web offrenti prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina ex articolo 62-quater, comma 1-bis del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in difetto di autorizzazione di cui al Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 29 dicembre 2014 ex articolo 62-quater, comma 4 del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in violazione delle norme di legge o di regolamento e in violazione dei limiti o delle prescrizioni definiti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
   d) introdurre nell'ordinamento nazionale nuove fattispecie di illecito amministrativo relativi alla fabbricazione clandestina, intendendosi per clandestina quella fabbricazione posta in essere in modo che il prodotto sia sottratto all'accertamento, di sostanze liquide contenenti nicotina di cui all'articolo 62-quater, comma 1-bis del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, da punire tramite sanzione amministrativa pecuniaria;
   e) prevedere, altresì, una nuova fattispecie di illecito amministrativo relativo al contrabbando finalizzato all'introduzione, alla vendita, al trasporto e all'acquisto, da e verso l'estero, di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti nicotina, esclusi quelli all'immissione in commercio ai sensi del Decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219.
9/3123/32Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014»;
    con l'emanazione del Decreto Legislativo 188 del 2014, in vigore dal 1o gennaio 2015, ed il successivo provvedimento dell'Agenzia delle Dogane e dei monopoli n. 394/2015, in vigore dal successivo 20 gennaio, si è introdotta, ex articolo 62-quater, comma 1-bis del Decreto legislativo 504/1995 come modificato dal suddetto decreto, un'imposta di consumo pari a euro 0,373 (al netto dell'IVA) per millilitro di liquido da inalazione per le sigarette elettroniche, con e senza nicotina;
    l'applicazione dell'imposta ha avuto effetti negativi molto consistenti sull'intero comparto. A causa di un aumento dei prezzi pari al 150 per cento per la vendita al pubblico e al 300 per cento per la vendita all'ingrosso, si è generata una corrispondente perdita della concorrenzialità delle aziende italiane, stimata in un crollo delle vendite del 70 per cento rispetto al 2014. A ciò si poi aggiunto un preoccupante fenomeno di importazione irregolare, sia intracomunitaria che estera, cresciuta grazie alla possibilità, per le aziende estere che commercializzano su siti web senza obbligo di nominare un rappresentante fiscale in Italia, di importare tali prodotti senza versare l'imposta, con conseguente opportunità di poter abbattere i prezzi fino al 60 per cento in meno. Anafe Confindustria, Assifel e Fiesel Confesercenti hanno infatti stimato che circa l'80 per cento degli acquirenti si sia spostato sul mercato telematico, la maggior parte con acquisti dall'estero, ed hanno altresì rilevato un preoccupante incremento del mercato nero, grazie anche alla totale assenza dei controlli;
    parallelamente, si è notevolmente diffusa la produzione «fai da te» dei liquidi da inalazione, poiché i consumatori riescono a reperire autonomamente le sostanze da comporre acquistando facilmente i diversi ingredienti, che sono in libera vendita, su siti online o presso farmacie;
    una tale situazione, unitamente alla mancanza di controlli fiscali e amministrativi, ha generato, innanzitutto, una sostanziale mancanza del gettito fiscale previsto: lo Stato, infatti, in luogo dei 117 milioni di nuove entrate previste per il 2014 incasserà, in via prudenziale, soltanto 7 milioni di euro e, presumibilmente, non arriverà neanche a raggiungere il gettito previsto per il 2015, pari a 137 milioni di euro;
    sul piano imprenditoriale, poi, le aziende italiane che si sono adeguate alla nuova normativa, molte delle quali rischiano il fallimento, hanno subito una considerevole contrazione del volume di affari, nonostante il mercato in questo settore sia in forte espansione: Anafe Confindustria ha calcolato una sensibile diminuzione del fatturato che è passato da 450 milioni del 2013 a 300 milioni del 2014 fino ad arrivare ai 60 milioni del primo semestre del 2015, con un abbattimento di oltre il 50 per cento rispetto al 2014. Una simile congiuntura ha quindi causato, di rimando, la perdita di migliaia di posti di lavoro: gli addetti del settore sono passati da 8.000 nel 2013 agli odierni 2.500 e il numero di punti vendita al dettaglio è crollato dai 3.000 punti di giugno 2013 ai 1.600 dell'aprile 2014 agli attuali 1.000.
    inoltre, la produzione autonoma dei prodotti da inalazione, oltre a non rispettare gli standard igienico-sanitari minimi, permettere di eludere l'imposta di consumo in quanto questa è applicabile soltanto sui liquidi pronti all'uso;
    la mancanza di controlli sulla distribuzione dei prodotti online, infine, permette a produttori e negozi di commercializzare prodotti non conformi agli standard;
   considerato che:
    la delega contenuta nell'articolo 6 che prevede il recepimento della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, mira a migliorare il funzionamento del mercato interno del tabacco e dei prodotti correlati, tra cui le sigarette elettroniche, per la protezione della salute dei consumatori, ma non prevede sistemi di garanzia e di tracciabilità per i liquidi delle sigarette elettroniche uguali a quelli già previsti per i prodotti del tabacco, che contrasterebbero i fenomeni di elusione ed evasione della recente imposta al consumo stabilita sui liquidi, oltre a garantire una maggiore tutela del consumatore;
    la delega, tantomeno, prevede una rimodulazione dell'iniqua imposta come introdotta dal decreto legislativo n. 188 del 2014, fissata in euro 0,37344 il millilitro dal successivo provvedimento dell'AAMS n. 394/2015, che è stata calcolata con un complesso procedimento di calcolo dell'equivalenza di consumo tra sigaretta tradizionale e sigaretta elettronica, mentre sembrerebbe più idonea un'imposta di consumo parametrata alla quantità di nicotina contenuta nei medesimi liquidi fissandola secondo la relazione euro/chilogrammo di nicotina;
    l'imposta, così strutturata, costituirebbe un'imposta di consumo semivariabile, ossia formata da una componente fissa in base alla quantità di liquido introdotto in commercio (euro/ml) e da una componente variabile in base alla nicotina contenuta nel prodotto (euro/mg). Una tale imposta, oltre ad essere rispettosa dei principi indicati dalla Consulta e dalla direttiva 40/2014, sarebbe di facile applicazione e garantirebbe un maggiore controllo perché i produttori conserverebbero i documenti contabili in merito all'acquisto di nicotina e si potrebbero meglio tracciare eventuali tentativi di elusione dell'imposta;
    la Corte, nella sentenza n. 83 del 2015 – riguardante il vecchio sistema impositivo delineato dal decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 – ha infatti evidenziato le criticità relative all'indiscriminata sottoposizione ad imposta di qualsiasi prodotto contenente «altre sostanze» diverse dalla nicotina, l'irragionevole estensione del «regime amministrativo e tributario proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati i quali non possono essere considerati succedanei al tabacco» e l'eccesso di discrezionalità amministrativa. Il provvedimento dell'AAMS sembra quindi essere uscito dal tracciato della delega del Parlamento esercitata con il decreto legislativo 188/2014,

impegna il Governo, attraverso la predisposizione di opportuni provvedimenti, a valutare l'opportunità di:

   a) prevedere, anche per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, specifiche disposizioni in materia di rintracciabilità di tali prodotti e di legittimazione della loro circolazione nei confronti dei consumatori conformi a quelle della direttiva comunitaria 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, al fine di contrastare più efficacemente i fenomeni di elusione, elevando i livelli di garanzia della tracciabilità;
   b) prevedere, per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, un'imposta di consumo parametrata alla quantità di nicotina contenuta nei medesimi liquidi secondo il rapporto euro/chilogrammo di nicotina, mediante espressa modifica del comma 1-bis dell'articolo 62-quater del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504;
   c) prevedere l'inibizione dell'accesso ai siti web offrenti prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina ex articolo 62-quater, comma 1-bis del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in difetto di autorizzazione di cui al Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 29 dicembre 2014 ex articolo 62-quater, comma 4 del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in violazione delle norme di legge o di regolamento e in violazione dei limiti o delle prescrizioni definiti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
   d) introdurre nell'ordinamento nazionale nuove fattispecie di illecito amministrativo relativi alla fabbricazione clandestina, intendendosi per clandestina quella fabbricazione posta in essere in modo che il prodotto sia sottratto all'accertamento, di sostanze liquide contenenti nicotina di cui all'articolo 62-quater, comma 1-bis del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, da punire tramite sanzione amministrativa pecuniaria;
   e) prevedere, altresì, una nuova fattispecie di illecito amministrativo relativo al contrabbando finalizzato all'introduzione, alla vendita, al trasporto e all'acquisto, da e verso l'estero, di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti nicotina, esclusi quelli all'immissione in commercio ai sensi del Decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219.
9/3123/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 3123 Delega al Governo per il rendimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, questa norma, come definito dalla legge n. 234 del 24 dicembre 2012 è volta a conferire al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee e alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei. La norma si compone di 21 articoli e di due allegati A e B;
    la legge n. 234 del 24 dicembre 2012 ha modificato in maniera significativa le modalità di partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea; come è noto essa ha previsto, per il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea, non più una singola legge comunitaria annuale, ma due leggi annuali: la legge di delegazione europea, contenente le deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi di attuazione delle direttive ivi elencate, e la legge europea contenente disposizioni necessarie ad adempiere a obblighi europei e finalizzate a porre rimedio a casi di non corretto recepimento di normativa dell'Unione (sempre ovviamente laddove il Governo riconosca la fondatezza delle censure mosse dalla Commissione europea);
    il programma EU-Pilot è stato concepito dalla Commissione europea come un meccanismo informale di risoluzione dei problemi di implementazione del diritto dell'Unione Europea volto a facilitare lo scambio di informazioni e il dialogo tra la Commissione e gli Stati membri al fine di risolvere potenziali infrazioni evitando, ove non indispensabile, l'apertura delle complesse e formali procedure di infrazione previste dall'articolo 258 TFUE;
    l'articolo 14 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 prevede l'obbligo da parte del Governo di informare le Camere dell'apertura di procedure di infrazione. Il medesimo articolo dispone poi che il Governo debba informare le Camere in merito alle procedure di infrazione qualora queste ultime lo richiedano ed in ogni caso quando le procedure siano alla base di un procedimento legislativo di iniziativa governativa. Dalla ratio e dalla succitata rubrica dell'articolo 14 della legge n. 234 si può desumere come il regolatore ritenesse importante informare le Camere anche in merito alle procedure di pre-contenzioso;
    l'articolo 15 della già richiamata legge n. 234 prevede inoltre che il Ministro con competenza prevalente nelle procedure di infrazione trasmetta alle Camere una relazione volta ad illustrare le ragioni che hanno determinato l'inadempimento o la violazione, indicando altresì le attività svolte e le azioni che si intendano assumere ai fini della positiva soluzione della procedura stessa;
    è stata presentata al Parlamento Europeo la mozione per una risoluzione B8-0648/2015 mirante ad evitare che i cittadini degli Stati membri dell'unione europea paghino, in particolare attraverso le sanzioni comminate dalla Corte di Giustizia dell'UE in merito alle procedure di infrazione, siano tenuti a pagare le inadempienze causate dai loro governi,

impegna il Governo:

   a risolvere, nel più breve tempo possibile, i casi EU Pilot al fine di evitare l'apertura formale delle procedure di infrazione e a ridurre le infrazioni pendenti a carico del nostro Paese in particolare includendo, nella prossima legge di delegazione europea, tutte le direttive oggetto di contenzioso ex articolo 260 del TFUE;
    a dare puntuale, sistematico e tempestivo adempimento degli obblighi di informazione nei confronti delle Camere previsti della legge n. 234 del 2012, segnatamente agli articoli 14 e 15, con particolare riferimento alla trasmissione di informazioni dettagliate sull'avvio e sugli sviluppi delle procedure di infrazione e delle procedure di pre-infrazione (EU Pilot), contestualmente favorendo le modalità di consultazione della predetta documentazione;
    ad attivarsi, nelle apposite sedi istituzionali, per sostenere e velocizzare l'iter normativo di una eventuale proposta mirante ad evitare che i cittadini degli Stati membri dell'unione europea paghino le inadempienze dei rispettivi governi.
9/3123/33Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 3123 Delega al Governo per il rendimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, questa norma, come definito dalla legge n. 234 del 24 dicembre 2012 è volta a conferire al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee e alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei. La norma si compone di 21 articoli e di due allegati A e B;
    la legge n. 234 del 24 dicembre 2012 ha modificato in maniera significativa le modalità di partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea; come è noto essa ha previsto, per il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea, non più una singola legge comunitaria annuale, ma due leggi annuali: la legge di delegazione europea, contenente le deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi di attuazione delle direttive ivi elencate, e la legge europea contenente disposizioni necessarie ad adempiere a obblighi europei e finalizzate a porre rimedio a casi di non corretto recepimento di normativa dell'Unione (sempre ovviamente laddove il Governo riconosca la fondatezza delle censure mosse dalla Commissione europea);
    il programma EU-Pilot è stato concepito dalla Commissione europea come un meccanismo informale di risoluzione dei problemi di implementazione del diritto dell'Unione Europea volto a facilitare lo scambio di informazioni e il dialogo tra la Commissione e gli Stati membri al fine di risolvere potenziali infrazioni evitando, ove non indispensabile, l'apertura delle complesse e formali procedure di infrazione previste dall'articolo 258 TFUE;
    l'articolo 14 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 prevede l'obbligo da parte del Governo di informare le Camere dell'apertura di procedure di infrazione. Il medesimo articolo dispone poi che il Governo debba informare le Camere in merito alle procedure di infrazione qualora queste ultime lo richiedano ed in ogni caso quando le procedure siano alla base di un procedimento legislativo di iniziativa governativa. Dalla ratio e dalla succitata rubrica dell'articolo 14 della legge n. 234 si può desumere come il regolatore ritenesse importante informare le Camere anche in merito alle procedure di pre-contenzioso;
    l'articolo 15 della già richiamata legge n. 234 prevede inoltre che il Ministro con competenza prevalente nelle procedure di infrazione trasmetta alle Camere una relazione volta ad illustrare le ragioni che hanno determinato l'inadempimento o la violazione, indicando altresì le attività svolte e le azioni che si intendano assumere ai fini della positiva soluzione della procedura stessa;
    è stata presentata al Parlamento Europeo la mozione per una risoluzione B8-0648/2015 mirante ad evitare che i cittadini degli Stati membri dell'unione europea paghino, in particolare attraverso le sanzioni comminate dalla Corte di Giustizia dell'UE in merito alle procedure di infrazione, siano tenuti a pagare le inadempienze causate dai loro governi,

impegna il Governo:

   a risolvere, nel più breve tempo possibile, i casi EU Pilot al fine di evitare l'apertura formale delle procedure di infrazione e a ridurre le infrazioni pendenti a carico del nostro Paese includendo, nella prossima legge di delegazione europea, le deleghe legislative relative a tutti gli atti comunitari in scadenza;
    a continuare a dare puntuale, sistematico e tempestivo adempimento degli obblighi di informazione nei confronti delle Camere previsti della legge n. 234 del 2012, segnatamente agli articoli 14 e 15, con particolare riferimento alla trasmissione di informazioni dettagliate sull'avvio e sugli sviluppi delle procedure di infrazione e delle procedure di pre-infrazione (EU Pilot);
    a valutare l'opportunità, nelle apposite sedi istituzionali, di sostenere e velocizzare l'iter normativo di una eventuale proposta mirante ad evitare che i cittadini degli Stati membri dell'unione europea paghino le inadempienze dei rispettivi governi.
9/3123/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le direttive europee da attuare tramite il provvedimento in esame è ricompresa la direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e del prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE;
    alla direttiva 2014/40/UE fa diretto riferimento al decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, in materia di rintracciabilità del prodotti da fumo, il cui articolo 1, ai commi 5, 6 e 7, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze emani un regolamento contenente disposizioni in materia di rintracciabilità di tali prodotti e di legittimazione della loro circolazione nei confronti dei consumatori, conformi a quelle della stessa direttiva;
    considerato che il termine ultimo per il recepimento della direttiva 2014/40/UE è fissato al maggio 2016;
    per l'emanazione del regolamento del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 1, commi 5, 6 e 7, del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, non è stabilito alcun termine,

impegna il Governo:

   ad emanare il regolamento in materia di rintracciabilità dei prodotti del tabacco e di legittimazione della loro circolazione, come previsto nell'articolo 1, commi 5, 6, 7, del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, in conformità alla direttiva 2014/40/UE;
   ad adottare le migliori soluzioni tecnologiche per la tracciabilità in grado di garantire il maggior recupero di gettito all'erario e la completa indipendenza dai produttori di prodotti da fumo.
9/3123/34Giulietti, Lodolini.


   La Camera,

impegna il Governo

ad intraprendere azioni in Europa per la cancellazione dello strumento del bail-in mediante la sostituzione di strumenti ex-ante di risoluzione delle crisi.
9/3123/35Villarosa.


RELAZIONI CONSUNTIVE SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA PER L'ANNO 2013 (DOC. LXXXVII, N. 2) E PER L'ANNO 2014 (DOC. LXXXVII, N. 3)

Doc. LXXXVII, nn. 2 e 3 – Risoluzioni

   La Camera,
   considerato che:
    a) la relazione consuntiva annuale, in base all'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, dovrebbe fornire alle Camere gli elementi utili a valutare i principali sviluppi del processo di integrazione europea e delle politiche e della normativa dell'Unione europea nell'anno di riferimento, nonché l'efficacia dell'azione del Governo nelle sedi decisionali europee e la sua coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento;
    b) le relazioni per il 2013 e per il 2014 risultano complessivamente coerenti con il disposto del medesimo articolo 13, comma 2, e costituiscono un forte progresso rispetto alle relazioni consuntive precedenti in quanto non si limitano ad una mera ricostruzione delle attività svolte dall'Unione europea nell'anno di riferimento, ma indicano l'impostazione complessiva della politica europea dell'Italia, illustrano in modo accurato la linea negoziale seguita dal Governo sui principali dossier esaminati nelle sedi decisionali europee, evidenziandone in diversi casi anche l'evoluzione a fronte di profili di criticità del negoziato;
    c) la relazione per il 2013 è stata tuttavia trasmessa alle Camere oltre un anno dopo la scadenza del termine per la sua presentazione. Ciò ha reso priva di utilità una verifica puntuale dei contenuti del documento, peraltro dettagliati e ben articolati, perché divenuti obsoleti, anche alla luce dei numerosi ed importanti sviluppi del quadro istituzionale e normativo europeo e nazionale intervenuti nel corso del 2014;
    d) la relazione consuntiva per il 2014 consente di operare una verifica puntuale dei risultati conseguiti nel corso del semestre italiano di Presidenza del Consiglio Unione, che sono largamente positivi, malgrado le obiettive difficoltà determinate dalle scadenze istituzionali succedutesi a livello europeo nel corso del 2014. L'Italia ha infatti promosso un «cambio di marcia» da parte dell'Unione, avviandone un nuovo ciclo politico oltre che istituzionale orientato su alcune grandi priorità in precedenza trascurate, a partire dalla crescita e dell'occupazione;
    e) di questo approccio sono traduzione concreta la presentazione del Piano Juncker con la connessa proposta di regolamento istitutivo del Fondo europeo per gli Investimenti strategici e la comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità nell'applicazione del Patto di stabilità e crescita, nonché l'impegno sistematico del Governo in tutte le formazioni del Consiglio per reindirizzare l'azione europea verso la crescita dell'economia reale. Meritano particolare apprezzamento a questo riguardo: il contributo predisposto dalla Presidenza italiana per la revisione della Strategia Europa 2020, che ne prevede un più forte coordinamento con la procedura del Semestre europeo e un maggior bilanciamento fra economia reale e finanziaria; il rilancio della riflessione sulla elaborazione di approccio integrato di politica industriale, che privilegi la piccola e media impresa; l'adozione della nuova direttiva in materia di Organismi Geneticamente Modificati (OGM), in base alla quale gli Stati membri saranno liberi di decidere se coltivare o meno organismi geneticamente modificati sul proprio territorio, tutelando così chi sceglie di dare la priorità ai modi di produzione tradizionali; la riforma del sistema di registrazione dei marchi, al fine di rafforzare la lotta alla contraffazione; i progressi ottenuti verso l'introduzione di una certificazione dell'origine dei prodotti (il cosiddetto Made In), che consentirebbe di tutelare le produzioni di qualità con forti ricadute positive sull'industria europea, e in particolare italiana; l'attenzione rivolta alle politiche per il turismo; l'impegno per porre la ricerca, l'istruzione e la formazione al centro delle politiche per la crescita e la creazione di posti di lavoro; il rafforzamento del quadro giuridico dell'Unione in materia di trasparenza e lotta contro la frode e l'evasione fiscale. In sostanza, il rilancio di crescita e occupazione ha costituito la vera cornice per gran parte delle politiche settoriali, garantendo organicità e coerenza oltre che effettività all'azione del nostro Paese;
    f) forte rilievo assume il rafforzamento degli strumenti per il rispetto e la protezione dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto all'interno dell'Unione europea concordato, nello scorso dicembre, dal Consiglio con la decisione di avviare un dialogo annuale tra gli Stati membri in seno al Consiglio per promuovere e salvaguardare il rispetto di tali principi e valori dell'UE. Si tratta di un passo importante verso l'affermazione della dimensione non meramente economica del processo di integrazione europea, al quale hanno concorso ulteriori progressi conseguiti nel corso della nostra Presidenza nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
    g) la nostra Presidenza ha ottenuto progressi significativi anche nella costruzione di una politica comune per la gestione dei flussi migratori, mediante l'adozione di alcune misure che hanno preparato il campo alle più recenti ed incisive decisioni: il lancio dell'operazione Triton; le Conferenze con i partner del Processo di Rabat e di Khartoum, volte a coinvolgere responsabilmente sui temi migratori gli Stati dell'Africa occidentale, centrale, mediterranea e del Corno d'Africa; il rilancio dello strumento dei Partenariati di Mobilità, soprattutto nel Mediterraneo;
    h) molto positivo è il giudizio sull'azione condotta dalla nostra Presidenza per il rafforzamento della dimensione esterna dell'Unione, di cui sono dimostrazione il miglioramento della capacità di risposta e intervento dell'UE su tutti i principali teatri di crisi del Vicinato europeo, il rafforzamento della sinergia tra i diversi gruppi di lavoro del Consiglio che si occupano di dimensione «esterna» ed «interna» delle politiche UE per il contrasto al terrorismo, l'avvio dell'iniziativa AMICI (A Mediterranean Investment Coordination Initiative), finalizzata a fornire un quadro di riferimento per gli investimenti e a razionalizzare gli strumenti che già operano nel Mediterraneo, l'avanzamento del negoziato per il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) tra UE ed USA, promuovendo al tempo stesso un'iniziativa per incrementare la trasparenza, l'adozione di un documento finalizzato a un più efficace coordinamento europeo delle programmazioni strategiche e degli incentivi per la cooperazione industriale nel settore difesa;
    i) le relazioni per il 2013 e il 2014 richiamano, in coerenza con l'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, gli atti di indirizzo adottati dalla Camera e al Senato con riferimento a specifici progetti legislativi o questioni, sebbene solo in taluni casi sia precisato se e in quale misura essi siano stati tenuti in considerazione nella formazione della posizione italiani. La mancata indicazione del seguito dato agli indirizzi delle Camere rende problematica la verifica del puntuale adempimento da parte del Governo dell'obbligo di assicurare – ai sensi dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012 – che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio ovvero nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'UE tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere, dando tempestivamente motivazioni appropriate della diversa posizione eventualmente assunta;
    j) inoltre, le due relazioni non contengono riferimenti alle risoluzioni approvate, da Senato e Camera prima dei Consigli europei, nonostante tali atti di indirizzo contribuiscano a definire le linee generali della politica europea dell'Italia. Sarà pertanto importante darne conto nelle prossime relazioni consuntive per verificare la coerenza complessiva dell'azione europea del Governo con gli orientamenti del Parlamento;
    k) i dati contenuti dalla due relazioni confermano una costante crescita sul piano quantitativo dei flussi di informazioni e documenti che il Governo è tenuto a trasmettere al Parlamento ai sensi della legge n. 234 del 2012. Appare tuttavia necessario migliorare la qualità e la tempestività di alcune delle informazioni trasmesse;
    l) il consolidamento del raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea non risponde soltanto all'esigenza di rispettare i principi costituzionali nazionali e la legislazione in vigore, ma è funzionale ad uno sviluppo equilibrato del processo di integrazione, in cui il nostro Paese possa continuare a giocare un ruolo centrale. In questa prospettiva gli organi parlamentari dovrebbero esaminare con maggiore tempestività e regolarità i progetti di atti e documenti dell'UE ad esse assegnati chiedendo ai rappresentanti del Governo di riferire al riguardo;
    m) è apprezzabile la regolare convocazione, a partire dal secondo semestre del 2014, del Comitato interministeriale per gli affari dell'UE (CIAE) quale sede di coordinamento della posizione nazionale sui principali dossier di portata trasversale, contribuendo ad assicurare una maggiore coerenza dell'azione delle amministrazioni interessate sui singoli dossier e a raccordarla con l'attività della Rappresentanza permanente presso l'UE,

impegna il Governo:

   a) ad assicurare che le prossime Relazioni consuntive annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea:
    siano presentate entro il termine del 28 febbraio di cui all'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012;
    diano adeguatamente e specificamente conto del seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo delle Camere, incluse le risoluzioni approvate in esito alle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista delle riunioni del Consiglio europeo;
    diano altresì conto delle modalità in cui è stato realizzato un coordinamento tra l'azione del Governo e quella delle regioni e degli enti locali, delle parti sociali e delle categorie produttive ai fini della migliore tutela dell'interesse nazionale;
   b) a riferire regolarmente ai competenti organi parlamentari sul seguito dato agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea, come stabilito dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012;
   c) a dare un puntuale e sistematico adempimento agli obblighi di informazione, consultazione e collaborazione nei confronti delle Camere previsti della legge n. 234 del 2012. A questo scopo è, in particolare, necessario:
    migliorare la qualità e assicurare la tempestività delle relazioni predisposte dalle amministrazioni competenti sui progetti legislativi dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, assicurando che esse rechino una valutazione approfondita dell'impatto delle iniziative europee sull'ordinamento e sul sistema produttivo italiano;
    assicurare la tempestiva trasmissione alle Camere, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, dei commenti inviati dal Governo alle istituzioni dell'UE nell'ambito di procedure di consultazione da esse avviate;
    rafforzare l'assistenza documentale e informativa della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'UE agli uffici della Camera e del Senato a Bruxelles, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 della medesima legge;
    assicurare, come previsto dall'articolo 19, comma 6, la partecipazione alle riunioni del Comitato tecnico di valutazione istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche europee partecipano, in qualità di osservatori, di funzionari del Senato e della Camera dei deputati designati dalle rispettive amministrazioni;
   d) ad attivare in modo regolare, in linea di continuità con la prassi avviata nel secondo semestre del 2014, il coordinamento in seno al CIAE dei Ministri e delle amministrazioni interessate su tutti i dossier di rilevanza significativa, in modo da assicurare una maggiore coerenza dell'azione negoziale italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
   e) a rafforzare le strutture incaricate di rappresentare la posizione italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea, alla Rappresentanza permanente presso l'Unione europea, anche accrescendone, ove necessario e previa opportuna valutazione, le competenze e le risorse umane e finanziarie a disposizione.
(6-00151) «Bergonzi, Berlinghieri, Camani, Albini, Bonomo, Michele Bordo, Tancredi, Mazziotti Di Celso».


   La Camera,
   considerato che:
    il documento, previsto e definito dal dettato dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, è stato concepito dal legislatore per fornire alle Camere gli strumenti necessari al fine di valutare l'azione del Governo nelle sedi decisionali europee e la sua coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento. La relazione dovrebbe consentire al Parlamento di verificare se ed in quale misura il Governo si è attenuto all'obbligo, previsto dall'articolo 7 della succitata legge, di rappresentare a livello europeo una posizione coerente con gli indirizzi espressi dalle Camere. Si tratta dunque, secondo l'impianto della legge n. 234 del 2012 dello strumento fornito alle Camere per esercitare il controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
    l'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012 prevede che il documento sia trasmesso alle Camere entro il 28 febbraio di ogni anno. Tale scadenza posta dal legislatore è funzionale alla natura stessa e agli obiettivi del documento. La relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2013 (Doc. LXXXVII, n. 2) è stata presentata il 27 marzo 2015 mentre la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2014 (Doc. LXXXVII, n. 3) è stata presentata il 30 aprile 2015. Il cospicuo ritardo nella trasmissione dei documenti ne vanifica la portata e gli obiettivi;
    le relazioni consuntive sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea analizzano, tra gli altri aspetti, l’iter sulle procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia, fornendo alcune informazioni su queste ultime. Anche in questo contesto appare del tutto inappropriato analizzare lo stato delle cose di più di sei mesi fa, dato che sono nel frattempo intervenuti notevoli cambiamenti. Al fine di assicurare una sostanziale riduzione delle procedure di infrazione sarebbe invece opportuno che il Governo trasmettesse contestualmente alla loro ricezione le informazioni ricevute in merito all'avvio o agli sviluppi delle procedure di infrazione e le procedure di pre-infrazione EU-Pilot agli organi parlamentari competenti per attivare sistematicamente nei confronti delle amministrazioni responsabili le opportune procedure di indirizzo e controllo, in coerenza con il dettato dell'articolo 15 della legge n. 234;
    il consolidamento del coordinamento tra Parlamento e Governo e il coinvolgimento attivo di tutte le componenti del primo nella formazione delle politiche europee risponde in primo luogo alla necessità di colmare il deficit democratico dell'Unione europea, coinvolgendo i cittadini attraverso i loro diretti rappresentanti. Inoltre la necessità di rafforzare il raccordo tra le due istituzioni deriva direttamente dai principi costituzionali nazionali e dalla legislazione vigente. Il coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini, eletti dal popolo, nella definizione delle politiche da promuoversi in sede di Unione europea è imprescindibile per uno sviluppo equilibrato dell'Unione e perché questa diventi il luogo ove si sviluppino i diritti sociali e trovi completa esplicazione l'Europa sociale dei cittadini;
    perché il Parlamento ampli il suo ruolo attivo nella definizione delle politiche europee è necessario che il Governo adempia in modo sistematico agli obblighi informativi nei confronti del Parlamento previsti dalla legge n. 234 del 2012, in forma preventiva, durante i negoziati che si svolgono a livello europeo, in particolare dato che questi avvengono in ampia misura in sedi informali o prive di pubblicità, così come al termine dei negoziati, riportando i risultati ottenuti e le posizioni tenute;
    tenendo in considerazione, nella calendarizzazione di questi atti, l’iter in sede europea degli stessi, al fine di predisporre pareri tempestivi e pertanto realmente utili;
    al contempo, sarebbe essenziale rafforzare anche il raccordo e la cooperazione tra il Parlamento nazionale, il Governo e gli europarlamentari italiani, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'UE e avvalendosi degli strumenti di collegamento previsti dai Regolamenti di ciascuna Camera;
    la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea 2014 si concentra sulla descrizione, sulla valutazione e sulla verifica dei risultati conseguiti nel corso del semestre di Presidenza italiana dell'Unione, la cui preparazione, sul piano politico oltre che organizzativo, si è svolta anche nella prima parte dello scorso anno. Anche in questo ambito sarebbe parso opportuno che gli indirizzi delle opposizioni fossero stati maggiormente ascoltati, concentrando l'impegno del semestre su temi di necessaria rilevanza per i cittadini italiani;
    l'esame delle due relazioni (Doc. LXXXVII, n. 2 e Doc. LXXXVII, n. 3) deve essere inoltre contestualizzato nel prolungato periodo di difficoltà economiche che hanno iniziato ad innescare tendenze recessive di lungo termine in alcuni paesi particolarmente colpiti dalla crisi economica e che dimostrano di avere pesanti ripercussioni socio-economiche tra cui gli alti livelli di disoccupazione e un peggioramento nel livello dei servizi offerti ai cittadini quali indicatori più evidenti e preoccupanti. In questo contesto appare necessario un profondo ripensamento delle politiche europee e degli obiettivi che l'unione europea deve porsi, discostandosi da stringenti e miopi vincoli di bilancio per ripensare politiche economiche ma soprattutto sociali solidaristiche, che includano la difficile situazione riguardati le politiche migratorie e dei richiedenti asilo;
    sino a questo momento l'Europa ha risposto alla crisi economica e alla recessione imboccando la sola strada dell'austerità, sembrerebbe arrivato il momento di ammettere che le politiche portate avanti sino ad oggi non hanno prodotto nessun effetto visibile in termini di ripresa dell'economia ed hanno anzi complicato la situazione per alcuni Stati membri, con ricadute negative anche in termini occupazionali e di servizi;
    l'attuale crisi di sistema comporta la necessità di proporre un nuovo modello socioeconomico, nel quale gli obiettivi da perseguire per la costruzione di un'Europa equa e giusta valichino il confine della pur necessaria promozione della stabilità finanziaria e della crescita economica e si incentrino sulla creazione di un'Unione Europea dei cittadini e al servizio di questi, rimodulando il concetto di solidarietà sia interno che nei confronti di coloro che tentano di entrare sul territorio dell'Unione;
    appare opportuno un globale ripensamento delle politiche europee in chiave solidaristica e di stampo democratico, che prenda cioè le mosse dai bisogni reali e concreti dei cittadini perché si delinei con sempre più chiarezza l'Europa dei cittadini e al servizio di questi. Ciò comporta la necessaria ridefinizione e ridiscussione di quali debbano essere le principali politiche da promuovere in sede di unione e gli elementi principali e fondanti di ciascuna di queste politiche,

impegna il Governo:

   a dare un sistematico e tempestivo adempimento agli obblighi previsti della legge n. 234 del 2012 nei confronti delle Camere, ed in particolare alla trasmissione alle Camere di tutti gli atti elencati al comma 3 dell'articolo 4 in forma dettagliata e precisa, anche garantendo l'assistenza documentale e informativa della Rappresentanza permanente agli uffici della Camera e del Senato, al fine di assicurare che il Parlamento sia messo nella reale capacità di esprimere i propri pareri nei tempi consoni e disponendo di tutte le informazioni necessarie, potendo in tal modo contribuire alla definizione delle politiche dell'Italia nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
   ad adempiere agli obblighi stabiliti dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012 e pertanto a riferire regolarmente e puntualmente sul seguito dato agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea;
   ad assicurare che, come previsto dall'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012 le prossime Relazioni consuntive annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea siano presentate entro il termine del 28 febbraio;
   ad intensificare, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'UE, un coordinamento efficace con gli europarlamentari italiani, soprattutto al fine di indicare in una fase precoce del processo decisionale europeo la posizione negoziale che il Governo intende sostenere in coerenza con gli indirizzi definiti dalle Camere;
   a ripensare e rimodulare i principi del regime dell'austerity, ridiscutendo i vincoli posti dal Fiscal Compact, al fine di rilanciare l'economia del Paese, aumentare gli investimenti utili al benessere dei cittadini finalizzati anche ad aumentare l'occupazione, nonché sospendere la partecipazione dell'Italia al Meccanismo Europeo di Stabilità finanziaria (EMS);
   a rendere obbligatoria per tutti i paesi membri l'adozione di politiche di sostegno economico delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, mediante l'istituzione di strumenti come il reddito di cittadinanza, convogliandovi risorse attualmente destinate al fallimentare Programma per l'inclusione attiva, che dovrebbe invece essere abbandonato;
   a ridiscutere e modificare l'accordo di Dublino III dando attuazione alla mozione 1-00605 approvata il 18 dicembre 2014 ed in particolare permettendo di istituire punti di richiesta d'asilo direttamente sui territori di partenza dei migranti, nonché corridoi umanitari e definendo un testo europeo unico in materia di asilo che preveda un equa e proporzionale ripartizione di quote di migranti da accogliere sui territori dei vari stati membri dell'Unione europea e che definisca politiche coordinate degli stati membri;
   ad adoperarsi, nelle opportune sedi, perché la Repubblica di Turchia collabori con l'Unione europea al fine di bloccare l'afflusso di armi alle organizzazioni terroristiche e impedire il transito verso Siria e Iraq dei foreign fighters, ponendo fine alle ambiguità nei confronti del sedicente Stato Islamico;
   ad accelerare l'abbandono dell'uso di carbone inquinante nella produzione di energia, eliminando l'installazione di nuove centrali a carbone immediatamente nelle economie ad alto reddito ed entro il 2025 nelle economie a medio reddito;
   a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del «Quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche», prevedendo: una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 45 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 40 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 35 per cento;
   a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché si giunga ad una rapida ed effettiva attuazione, sul territorio nazionale di tutti gli Stati membri dell'Ue, del numero unico delle emergenze 112 NUE e al miglioramento di questo servizio per la gestione delle chiamate di emergenza, anche attraverso la creazione di centrali uniche integrate dove siano riunite tutte le componenti istituzionali del soccorso (sanitaria, tecnica e di sicurezza) e attraverso una più efficace localizzazione delle persone che chiedono aiuto tramite il NUE 112, con l'implementazione della rapidità di interconnessione ottenuta dalle nuove tecnologie e in particolar modo dallo standard GSM, al fine di migliorare il tempo di risposta dei servizi d'emergenza;
   a promuovere, nelle opportune sedi, politiche volte a garantire a tutti i cittadini una mobilità urbana adeguata, con infrastrutture pedonali, privilegiando il car sharing, il car pooling, la ciclabilità, il trasporto intermodale, veicoli elettrici che utilizzino sistemi «smart grids» e a potenziare l'efficienza e la sicurezza dei mezzi pubblici;
   ad intervenire con decisione affinché la legislazione unionale in materia di tutela delle produzioni nazionali si evolva verso una chiara definizione dell'obbligo dell'indicazione dell'origine;
   a sostenere, in occasione del prossimo Health Check della programmazione PAC 2014-2020, la revisione dei criteri di assegnazione del premio unico per superficie al fine di legare il contributo comunitario anche all'occupazione generata dalle aziende beneficiarie e la rimodulazione del meccanismo di convergenza, posto che il parziale e graduale avvicinamento del livello medio dei pagamenti diretti nei diversi Stati membri rischia di penalizzare le coltivazioni ad alta densità occupazionale, prevalentemente mediterranee, a vantaggio di quelle estensive dell'est Europa;
   ad attivarsi in sede di Unione Europea affinché l'agenzia europea dei Medicinali (EMA) pubblichi periodicamente e sistematicamente i dati in suo possesso inerenti le decisioni prese per l'approvazione dei farmaci indicando se il nuovo farmaco sia sovrapponibile o migliore, e di quanto, rispetto ad altri già presenti sul mercato;
   a prevedere di concerto con i Paesi aderenti all'Unione europea forme di maggiore ed efficace trasparenza riguardo il TTIP soprattutto in ambito farmaceutico in quanto potrebbe influenzare il costo dei farmaci, in particolare proponendo di includere un capitolo sulla proprietà intellettuale, aumentando e proteggendo la durata dei brevetti, e scoraggiando così investimenti nel mercato dei farmaci generici senza questo intervento le compagnie farmaceutiche europee sarebbero portate a registrare nuovi farmaci presso le autorità USA, dove i criteri sono meno rigidi e le lobbies sono più potenti;
   a sostenere in sede di Unione europea la necessità di avviare e concludere l'iter per l'approvazione della Carta sui diritti alla salute e alle cure accessibili a tutte e tutti.
(6-00152) «Battelli, Nesci, Petraroli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Vignaroli».


   La Camera,
   premesso che:
    le Relazioni consuntive sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n. 3) relative agli anni 2013 e 2014, sono state presentate dal Governo ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012;
    in base a tale disposizione, la relazione è trasmessa alle Camere, entro il 28 febbraio di ogni anno, «al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea» nell'anno precedente;
    la relazione consuntiva per l'anno 2014 è stata presentata alle Camere il 30 aprile 2015, con notevole ritardo, anche se inferiore a quello della presentazione della relazione per l'anno 2013, presentata solo il 27 marzo 2015, oltre un anno dopo il termine stabilito;
   in merito all'esame delle relazioni consuntive per il 2013 e il 2014 il giudizio politico rispetto al risultati conseguiti dal Governo è negativo, con particolare riferimento al semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea;
    la Presidenza italiana dell'Unione europea ha prodotto un risultato nullo, e non ha inciso in alcun modo sulle questioni relative alla crescita e allo sviluppo delle politiche comunitarie, né sulla gestione delle emergenze che l'Unione europea si è trovata ad affrontare;
    il Premier italiano ha continuato a partecipare al Consiglio europeo senza influire concretamente sulle decisioni chiave dell'Unione, e senza capacità di esercitare una proposta o una mediazione sul nodo decisivo della governance dell'UE, dove i singoli paesi continuano a far valere i loro interessi in senso disgregativo, privi della forza e della visione di una vera Europa, quale quella che avevano immaginato i padri fondatori;
    la governance dell'area euro sembra sempre più orientata verso l'unione economica, bancaria e di bilancio, senza una progressione parallela dell'unione politica, per cui aumentano i controlli europei e cresce la forza di una burocrazia comunitaria sempre più invadente, senza il necessario controbilanciamento politico e, quindi, democratico;
    quei Paesi che rivendicano la propria sovranità, contravvenendo ad una prassi che è ormai diventata, paradossalmente, costituzione materiale dell'Ue, corrono il pericolo di essere vittime di quel processo di speculazione finanziaria teso ad imporre governi tecnici, come già avvenuto in Italia nel 2011, e come rischia di succedere oggi con la Grecia;
    sul tema immigrazione, particolarmente delicato negli ultimi anni, l'Italia, anche a causa della scarsa efficacia delle richieste dell'Esecutivo in Europa, è stata lasciata sola a far fronte ad un fenomeno impossibile da gestire; il Governo italiano non è riuscito ad imporre un'azione coordinata dell'UE, con la previsione di una politica condivisa in materia di asilo e di rimpatri, nonché di interventi anche di natura militare contro i trafficanti di persone, in grado di isolare quegli Stati che, per ragioni di potenza regionale, favoriscono, seppure con modalità diverse, i relativi traffici;
    l'Italia non ha saputo offrire all'Europa quell'impulso decisivo in grado mettere in campo le misure necessarie per governare un fenomeno altrimenti destinato a creare una frattura indelebile nel patto sociale tra cittadini e Stato Europeo, nonché negli equilibri tra gli stati membri, con conseguenze drammatiche per la stessa tenuta democratica e la convivenza tra Stati;
    tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto alcun esito positivo; al contrario, si può constatare come gli eventi degli ultimi mesi abbiano determinato un peggioramento della situazione, registrando l'ennesimo fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
    la stessa operazione Triton, esaltata come grande risultato del nostro Semestre europeo, è stata un inganno. L'Unione Europea ha colpevolmente dato esclusiva attenzione al dossier Ucraina, dando la priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese,

impegna il Governo:

   a rafforzare la posizione negoziale dell'Italia, in particolare attraverso iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euro mediterranea dell'Unione, ad oggi soccombenti rispetto alle politiche europee a trazione dei Paesi del Nord Europa;
   ad assumere ogni opportuna iniziativa tesa a progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Ue, e scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;
   ad istituire un tavolo di coesione nazionale per l'emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, che coinvolga i rappresentanti dei governi che hanno maturato un'esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
   ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo, attraverso scelte chiare che implichino: un sistema di intelligence forte e radicato che monitori all'origine il fenomeno migratorio fino alla sua destinazione; azioni umanitarie e di soccorso armato per sostenere un processo di stabilizzazione e debellare le organizzazioni criminali che lucrano sui flussi migratori; attività tese a prevenire l'infiltrazione di cellule terroristiche, e per il contrasto tenace e determinato ai trafficanti di morte; un piano sostenibile di accoglienza dei migranti ed effettiva solidarietà in Europa.
(6-00153) «Brunetta, Occhiuto».