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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 24 giugno 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 24 giugno 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Attaguile, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Marca, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marotta, Mattiello, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Piepoli, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Turco, Valeria Valente, Vecchio, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Attaguile, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Marca, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marotta, Mattiello, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Piepoli, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Turco, Valeria Valente, Vecchio, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.

Annunzio della pendenza di un procedimento giudiziario ai fini di una deliberazione in materia di insindacabilità.

  Con lettera pervenuta in data 22 giugno 2015, Silvio Berlusconi, deputato della XVI legislatura, ha rappresentato alla Presidenza – allegando la documentazione al riguardo – che è pendente nei suoi confronti un procedimento penale presso l'autorità giudiziaria di Napoli (n. 10443/2013 RGNR PM – n. 15860/2013 RG DIB) per fatti che, a suo avviso, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

  Tali atti sono stati assegnati alla competente Giunta per le autorizzazioni.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera dell'11 giugno 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno GRIMOLDI n. 9/2496-A/43, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 luglio 2014, concernente la destinazione di ulteriori risorse all'Arma dei carabinieri, al fine di consentire un maggiore e più capillare controllo del territorio.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 23 giugno 2015, ha trasmesso le comunicazioni concernenti l'adozione dell'atto non legislativo (NLE) relative rispettivamente alla proposta di regolamento del Consiglio COM(2014) 377 final, sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codificazione) (10200/15) e alla proposta di regolamento del Consiglio COM(2014) 534 final, recante modalità di applicazione dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (codificazione) (10203/15), già assegnate, rispettivamente in data 26 giugno e 4 settembre 2014, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 23 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Nell'ambito di tali documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sulla raccomandazione della Commissione del 15 giugno 2015 recante modifica della raccomandazione che istituisce un «Manuale pratico per le guardie di frontiera» (Manuale Schengen) comune, ad uso delle autorità competenti degli Stati membri per lo svolgimento del controllo di frontiera sulle persone (C(2015) 3894), che è assegnata, in sede primaria, alla I Commissione (Affari costituzionali).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell'Unione per la raccolta, la gestione e l'uso di dati nel settore della pesca e un sostegno alla consulenza scientifica relativa alla politica comune della pesca (rifusione) (COM(2015) 294 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Trasmissione dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.

  Il Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, con lettera in data 19 giugno 2015, ha trasmesso una segnalazione, adottata ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, in materia di riforma delle tariffe di rete e delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema applicati ai clienti domestici di energia elettrica.

  Questa segnalazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Comunicazione di nomina ministeriale.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 18 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Vincenzo La Via, ai sensi dei commi 3 e 6 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di Direttore generale del tesoro.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 4 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente definizione dei criteri di ripartizione della quota del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca per l'anno 2014 destinata al finanziamento premiale di specifici programmi e progetti (180).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 luglio 2015.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

PROPOSTA DI LEGGE: COSTA: MODIFICHE ALLA LEGGE 8 FEBBRAIO 1948, N. 47, AL CODICE PENALE, AL CODICE DI PROCEDURA PENALE, AL CODICE DI PROCEDURA CIVILE E AL CODICE CIVILE IN MATERIA DI DIFFAMAZIONE, DI DIFFAMAZIONE CON IL MEZZO DELLA STAMPA O CON ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE, DI INGIURIA E DI CONDANNA DEL QUERELANTE NONCHÉ DI SEGRETO PROFESSIONALE. ULTERIORI DISPOSIZIONI A TUTELA DEL SOGGETTO DIFFAMATO (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 925-C)

A.C. 925-C – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Modifica all'articolo 96 del codice di procedura civile).

  1. Dopo il primo comma dell'articolo 96 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
  «Nei casi di diffamazione commessa col mezzo della stampa, delle testate giornalistiche on line o della radiotelevisione in cui risulta la malafede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza che rigetta la domanda, può condannare l'attore, oltre che alle spese di cui al presente articolo e di cui all'articolo 91, al pagamento a favore del richiedente di una somma determinata in via equitativa non superiore alla metà dell'oggetto della domanda risarcitoria».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 5.
(Modifica all'articolo 96 del codice di procedura civile).

  Sopprimerlo.
5. 52. Pagano.

Subemendamenti all'emendamento 5. 100. della Commissione.

  All'emendamento 5. 100. sostituire le parole: Nei casi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche on line o della radiotelevisione con le seguenti: Nei procedimenti civili riguardanti il risarcimento del danno per diffamazione, ingiuria ovvero lesione dell'immagine o dell'onore.
0. 5. 100. 1. Colletti, Liuzzi, Ferraresi.

  All'emendamento 5. 100. sopprimere le parole: commessa con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche on line o della radiotelevisione.
0. 5. 100. 2. Colletti, Liuzzi, Ferraresi.

  All'emendamento 5. 100. sostituire le parole da: tiene conto fino alla fine dell'emendamento, con le seguenti: qualora la parte abbia agito con dolo o colpa grave, può condannare l'attore al pagamento, in favore del convenuto, di una somma determinata in via equitativa, considerando come parametro l'entità della richiesta risarcitoria avanzata.
0. 5. 100. 3. Colletti, Liuzzi, Ferraresi.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.
(Modifica all'articolo 96 del codice di procedura civile).

  1. Dopo il terzo comma dell'articolo 96 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
  «Nei casi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche on line o della radiotelevisione, il giudice, nella determinazione della somma di cui al comma precedente, tiene conto in particolare dell'entità della domanda risarcitoria.».
5. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso, dopo le parole: testate giornalistiche on line aggiungere le seguenti: registrate ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi, o messi in rete dalle stesse redazioni.
5. 8. Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: può condannare con le seguenti: condanna.
*5. 5. Businarolo, Colletti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Sarti, Turco, Liuzzi.

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: può condannare con le seguenti: condanna.
*5. 7. Sannicandro, Daniele Farina.

  Al comma 1, capoverso, sopprimere le parole: non superiore alla metà dell'oggetto della domanda risarcitoria.
5. 50. Vacca, Liuzzi, Businarolo, Colletti, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Agostinelli.

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: non superiore alla metà dell'oggetto della domanda risarcitoria, con le seguenti: proporzionata alla capacità reddituale, nonché alla situazione patrimoniale dell'attore.
5. 6. Sannicandro, Daniele Farina.

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: non superiore alla metà dell'oggetto della domanda risarcitoria, con le seguenti: da un minimo di 1.000 ad un massimo di 10.000 euro.
5. 4. Businarolo, Colletti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Sarti, Liuzzi, Vacca.

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: non superiore con le seguenti: superiore almeno.
5. 51. Vacca, Liuzzi, Businarolo, Colletti, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Agostinelli.

A.C. 925-C – Articolo 6

ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Modifica all'articolo 2751-bis del codice civile).

  1. All'articolo 2751-bis del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente numero:
  «5-quater)
il credito, nei confronti del proprietario della pubblicazione o dell'editore, del direttore responsabile e del giornalista ancorché pubblicista, che, in adempimento di una sentenza di condanna al risarcimento del danno derivante da offesa all'altrui reputazione, hanno provveduto al pagamento in favore del danneggiato, salvo nei casi in cui sia stata accertata la natura dolosa della condotta del direttore responsabile e del giornalista ancorché pubblicista».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 6.
(Modifica all'articolo 2751-bis del codice civile).

  Sopprimerlo.
6. 51. Pagano.

  Al comma 1, capoverso 5-quater), sostituire le parole: il credito, nei confronti del proprietario della pubblicazione o dell'editore, del direttore responsabile e del giornalista ancorché pubblicista, con le seguenti: il credito vantato nei confronti del proprietario della pubblicazione o dell'editore dal direttore responsabile o dall'autore della pubblicazione.
6. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso 5-quater), dopo le parole: e del giornalista ancorché pubblicista, ovunque ricorrano, aggiungere le seguenti: o praticante.
6. 50. Colletti, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Agostinelli, Liuzzi, Vacca.

  Al comma 1, capoverso 5-quater), dopo le parole: natura dolosa della condotta sopprimere le seguenti: del direttore responsabile e del giornalista ancorché pubblicista.
6. 101. La Commissione.
(Approvato)

  Al titolo, sopprimere le parole:. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato.
Tit. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 925-C – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in esame reca una serie di disposizioni in materia di diffamazione, semplice e a mezzo stampa, ingiuria, condanna del querelante, segreto professionale e tutela del soggetto diffamato, che modificano, in particolare, la legge sulla stampa, il codice penale e i codici di procedura penale e civile;
    al Senato è stato esteso l'ambito di applicazione della legge sulla stampa in tema di diffamazione a mezzo stampa anche alle testate giornalistiche on line registrate presso le cancellerie dei tribunali, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi o messi in rete dalle stesse redazioni, e tale previsione sta per essere confermata anche dalla Camera;
    è proprio di pochi giorni fa la notizia del deposito della sentenza Delfi contro Estonia (ricorso n. 64569/09) della Corte europea dei diritti dell'uomo, con la quale per la prima volta viene riconosciuta la responsabilità per diffamazione di una testata giornalistica on line per commenti di terzi pubblicati sul sito, che offendono la reputazione o incitano all'odio, senza che vengano immediatamente rimossi, con ciò non ravvisando una violazione della libertà di espressione sancita dall'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, oltre alla rettifica, anche l'immediata rimozione dalle testate giornalistiche on line che consentono l'aggiunta di commenti di terzi, senza moderazione e senza registrazione obbligatoria, che offendono la reputazione o incitano all'odio, in conformità con l'ultima giurisprudenza emessa dalla Corte di Strasburgo.
9/925-C/1Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in esame reca una serie di disposizioni in materia di diffamazione, semplice e a mezzo stampa, ingiuria, condanna del querelante, segreto professionale e tutela del soggetto diffamato, che modificano, in particolare, la legge sulla stampa, il codice penale e i codici di procedura penale e civile;
    al Senato è stato esteso l'ambito di applicazione della legge sulla stampa in tema di diffamazione a mezzo stampa anche alle testate giornalistiche on line registrate presso le cancellerie dei tribunali, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi o messi in rete dalle stesse redazioni, e tale previsione sta per essere confermata anche dalla Camera;
    è proprio di pochi giorni fa la notizia del deposito della sentenza Delfi contro Estonia (ricorso n. 64569/09) della Corte europea dei diritti dell'uomo, con la quale per la prima volta viene riconosciuta la responsabilità per diffamazione di una testata giornalistica on line per commenti di terzi pubblicati sul sito, che offendono la reputazione o incitano all'odio, senza che vengano immediatamente rimossi, con ciò non ravvisando una violazione della libertà di espressione sancita dall'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, oltre alla rettifica, anche l'immediata rimozione dei commenti dalle testate giornalistiche on line che consentono l'aggiunta di commenti di terzi, senza moderazione e senza registrazione obbligatoria, che offendono la reputazione o incitano all'odio, in conformità con l'ultima giurisprudenza emessa dalla Corte di Strasburgo.
9/925-C/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   considerato che l'articolo 5 prevede una ipotesi specifica di lite temeraria, di cui all'articolo 96 (responsabilità aggravata) del codice di procedura civile, in materia di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, delle testate on line o della radiotelevisione, in considerazione della circostanza che la richiesta di risarcimento può essere stata proposta con finalità intimidatorie nei confronti del giornalista;
   ritenuto che la disciplina della materia della lite temeraria debba essere ulteriormente specificata, tenendo conto dei princìpi ispiratori della nuova disposizione introdotta dall'articolo 5 e della lesione di altri diritti fondamentali che possa derivare dall'abuso del processo mediante l'introduzione di cause connotate dalla malafede o colpa grave,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative anche normative di propria competenza al fine di prevedere una nuova disciplina della lite temeraria di cui all'articolo 96 del codice di procedura civile nel senso descritto in premessa.
9/925-C/2Ferranti, Vazio, D'Alessandro.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito ai tempi per l'assegnazione dei titoli di pagamento della politica agricola comune agli agricoltori, anche al fine di consentire alla regione Lombardia di erogare, in tempo utile, l'anticipazione dei contributi – 3-01562

   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2015, con l'entrata in vigore della nuova politica agricola comune 2014-2020, i regolamenti (UE) nn. 1306/2013 e 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio hanno modificato il quadro normativo, introducendo rilevanti novità sia sulla natura giuridica dei soggetti aventi titolo a beneficiare dei contributi che nella strutturazione dei titoli di pagamento, che è più complessa;
   il 15 giugno 2015 è scaduto il termine per la presentazione delle domande per richiedere i contributi della politica agricola comune 2015;
   la regione Lombardia a partire dal 2010 ha sempre garantito agli agricoltori l'anticipazione dei premi della politica agricola comune. Il finanziamento è stato sinora erogato nel mese di luglio 2014 e recuperato a dicembre 2014/gennaio 2015 con il pagamento degli aiuti comunitari;
   questa misura ha consentito mediamente a circa 31.000 agricoltori di disporre con 5/6 mesi di anticipo rispetto ai tempi dell'Unione europea di una parte degli aiuti spettanti;
   nel 2014 l'anticipazione ha riguardato il 70 per cento del premio (aumentato sino al 90 per cento per le aziende del mantovano colpite dal sisma);
   anche nel 2015 la giunta regionale della Lombardia, pur consapevole delle ristrettezze del bilancio falcidiato dai tagli del Governo, intendeva procedere ad anticipare i contributi della politica agricola comune agli agricoltori, ritenendo che tale misura sia di notevole sostegno e beneficio per un settore economico, quale quello dell'agroalimentare lombardo, che «vale» circa il 15/16 per cento del fatturato a livello nazionale e il 18/20 per cento dell’export dell'agroalimentare nazionale;
   come è noto, i diritti all'aiuto, in numero pari agli ettari ammissibili – come definiti dall'articolo 32, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1307/2013 – sono assegnati agli agricoltori in attività che presentano domanda di assegnazione entro i termini stabiliti;
   compete al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e ad Agea procedere a ricalcolare i nuovi titoli di pagamento da assegnare ai beneficiari in funzione delle superfici dichiarate con la domanda unica da presentare come su ricordato entro il 15 giugno 2015;
   solamente a seguito della notifica dei nuovi titoli di pagamento, così come ricalcolati, si potranno attivare le procedure necessarie per erogare l'anticipazione dei premi della politica agricola comune;
   ora, sottolineato ancora una volta lo sforzo encomiabile di regione Lombardia di volere garantire l'anticipazione della politica agricola comune ai propri agricoltori, risulta essenziale che il Ministero ed Agea provvedano al più presto all'assegnazione dei titoli di pagamento;
   a più riprese, ad esempio in occasione della presentazione di «Agricoltura 2.0», il Ministro interrogato aveva assicurato circa l'assegnazione dei titoli entro il mese di marzo 2015. Tale termine era stato poi posticipato ai mesi di aprile/maggio 2015 senza alcun esito;
   era fondamentale procedere a tale assegnazione entro il termine del 15 giugno 2015 e comunque non oltre il mese di giugno 2015, in caso contrario sarebbe tecnicamente impossibile potere procedere a liquidare l'anticipazione in tempo utile, con gravissimo danno alle aziende agricole lombarde;
   senza l'assegnazione dei titoli in tempi brevissimi, entro il mese di giugno 2015, la regione Lombardia si troverà impossibilitata ad erogare l'anticipo della politica agricola comune agli agricoltori del proprio territorio ed è alquanto sconfortante che gli agricoltori, nonostante l'impegno della regione, siano costretti a soccombere alla burocrazia e alle inefficienze del Ministero e di Agea;
   l'agricoltura e gli agricoltori hanno bisogno di certezze. Le aziende attendono i finanziamenti comunitari 2015 come una boccata di ossigeno indispensabile per la loro sopravvivenza. L'anticipo della politica agricola comune è importate per le imprese agricole che vivono una fase di difficoltà, dovendo fronteggiare, da un lato, un forte calo dei prezzi agricoli e, dall'altro, l'aumento delle imposte. Poter contare in anticipo sui fondi dell'Unione europea consente alle imprese italiane di affrontare meglio la programmazione e gli impegni, continuando a garantire l'alta qualità e la sicurezza alimentare ai consumatori italiani e internazionali –:
   quali siano le motivazioni per cui il Ministro interrogato ha disatteso l'assicurazione fatta più volte sul termine – aprile/maggio 2015 – entro il quale avrebbe provveduto all'assegnazione dei titoli di pagamento della politica agricola comune agli agricoltori, ritardo che comporterà l'impossibilità per la regione Lombardia di erogare, in tempo utile, l'anticipazione dei contributi. (3-01562)


Elementi ed iniziative in ordine a irregolarità riscontrate dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) in alcuni procedimenti attuati dall'Agea – 3-01563

   MASSIMILIANO BERNINI, LUPO, L'ABBATE, PARENTELA, BENEDETTI, GAGNARLI e GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un riesame svolto dall'Olaf su alcune irregolarità emerse a seguito di verifica di conformità, così come disposto dall'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1306/2013 e dall'articolo 34 del regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014, sono risultate carenze nella conformità dell'organismo pagatore Agea con taluni criteri di riconoscimento relativi alla gestione dei debiti;
   dall’audit svolto emerge la mancata comunicazione alla Commissione europea, nei tempi previsti, di oltre 55.000 posizioni debitorie risultanti ad Agea che, pertanto, non hanno costituito oggetto di procedure di recupero;
   tali posizioni, pari ad un importo totale di circa 45 milioni di euro, sono state registrate per la prima volta nel registro dei debitori nell'esercizio finanziario 2013 in violazione di quanto disposto dai richiamati regolamenti;
   con comunicazione recentemente inviata al Governo italiano, la Commissione europea intende proporre una rettifica finanziaria e ne indica il livello provvisorio, che in questa fase della procedura ritiene corrispondere alle proprie risultanze, in un importo massimo pari a 388.743.938,10 euro, salvo controdeduzioni basate su calcoli alternativi da parte dell'amministrazione interessata da inviare entro i termini e le modalità stabiliti dalla normativa comunitaria;
   nel mese di maggio 2015 si è svolto un incontro bilaterale durante il quale le autorità italiane avrebbero dovuto affrontare, tra l'altro, anche le criticità relative a tale procedura che rischia di comportare una consistente decurtazione di fondi, presentando delle proprie controdeduzioni;
   nell'aprile 2014 l'autorità competente ha redatto una serie di misure correttive per Agea volte a migliorare la gestione complessiva dell'organismo pagatore e dei sistemi di sorveglianza; il piano d'azione impostato, se correttamente attuato, dispone del potenziale per affrontare determinate questioni e tuttavia, a giudizio dei revisori, le iniziative adottate al momento della missione non erano sufficienti a risolvere i problemi relativi alla gestione del registro dei debitori;
    le irregolarità più volte denunciate nella gestione dei contributi comunitari da parte di Agea, che ne espongono continuamente l'operato ad un impietoso giudizio, rendono urgente una riorganizzazione della stessa al fine di assicurare agli agricoltori e agli operatori del settore di potersi avvalere di un servizio efficiente –:
   quale sia lo stato dell'arte della procedura conciliatoria, anche a seguito della riunione di maggio 2015, e quali misure intenda adottare al fine di scongiurare il pericolo di una consistente decurtazione di contributi della politica agricola comune destinati agli agricoltori, i quali, peraltro, non sono in alcun modo responsabili delle inefficienze gestionali ed organizzative degli organismi pagatori. (3-01563)


Intendimenti del Governo in merito all'applicazione dell'IMU sui terreni agricoli – 3-01564

   DORINA BIANCHI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda dell'IMU agricola è stata oggetto di diversi interventi normativi nel corso del 2014 e all'inizio del 2015. Dall'originaria previsione, contenuta nell'articolo 22 del decreto-legge n. 66 del 2014 e dal relativo decreto applicativo (decreto ministeriale del 28 novembre 2014), emanato ad appena due settimane dalla prima scadenza di pagamento, si è passati all'adozione del decreto-legge di mera proroga della scadenza di pagamento (decreto-legge 16 dicembre 2014, n. 185) poi confluito nei commi 692 e successivi dell'articolo della legge di stabilità per il 2015, sino al decreto-legge n. 4 del 2015, nel quale sono stati adottati significativi miglioramenti all'originaria previsione (gli oneri per il comparto agricolo sono scesi da 350 a 259 milioni di euro), ma si sono anche gettate le basi per una complessiva rivisitazione dell'imposizione fiscale locale sui terreni agricoli;
   nei mesi di aprile e maggio 2015 si è svolta la discussione di una serie di mozioni in materia, al fine di individuare gli impegni da affidare al Governo, per la rivisitazione della normativa; tra gli impegni approvati sono previste la soppressione dell'IMU agricola, la devoluzione dell'imposta agli enti territoriali (da introdurre facoltativamente anche con criteri premiali), la modifica dei requisiti di montanità dei territori secondo criteri che tengano conto della marginalità e della produttività delle aree, del reddito pro capite, della necessità di applicare la parità di trattamento tra terreni agricoli ubicati in territori contigui –:
   quali intendimenti abbia il Governo sull'applicazione dell'IMU agricola e se non ritenga opportuno accedere alle istanze del mondo agricolo e di vasta parte del Parlamento. (3-01564)


Iniziative volte a dare attuazione agli impegni derivanti dalla strategia nazionale LGBT 2013-2015 e dalla Convenzione di Istanbul – 3-01565

   COSTANTINO, SCOTTO, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO e NICCHI. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2013 l'Italia ha aderito, attraverso il Dipartimento per le pari opportunità e l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni (Unar), al programma del Consiglio d'Europa, che adottava la strategia nazionale lgbt 2013-2015, il cui obiettivo era prevenire e contrastare le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere;
   sempre nel 2013, il Parlamento italiano è stato il quinto in Europa a ratificare – all'unanimità – la Convenzione di Istanbul, convenzione europea in cui è espressamente indicata la necessità di inserire nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado delle forme di educazione all'affettività, ovvero uno spazio in cui è possibile far confrontare i ragazzi sulle relazioni, sulle differenze di genere, sulla risoluzione dei conflitti;
   il 4 giugno 2015, nessun delegato istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è presentato alla conferenza stampa convocata a Roma dall'Asse educazione e istruzione organizzato da Unar e Re.a.dy nell'ambito della strategia nazionale; lo si apprende da un comunicato delle associazioni lgbt Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione radicale certi diritti, Equality Italia, Famiglie arcobaleno, Gay center, Mit, che in quell'occasione confermava anche la pubblicazione on line del portale lgbt, ormai pronto, uno degli obiettivi della strategia nazionale e per cui infatti erano stati stanziati degli appositi fondi pubblici e di cui on line non si ha ancora traccia, a distanza di venti giorni;
   nei giorni precedenti alla manifestazione, svoltasi il 20 giugno 2015 a Roma, denominata «Difendiamo i nostri figli», in vari gruppi Facebook e Whatsapp di molti genitori di studenti sono comparsi dei messaggi allarmistici su fantomatici corsi di «teoria del gender», veicolati in alcuni casi addirittura da una dirigente scolastica, come per una circolare n. 289 diffusa presso l'istituto romano «Via P. A. Micheli» e su cui gli interroganti hanno già presentato un'interrogazione a risposta scritta, in cui si invitavano i genitori ad «informarsi meglio» sul sito del comitato promotore della manifestazione organizzata da gruppi cattolici;
   secondo l'Istat erano più di 3 milioni gli italiani che si dichiaravano omo o bisessuali nel 2012 e secondo una ricerca condotta dall'associazione Arcigay, con il patrocinio dell'Istituto superiore di sanità, già nel 2005, il 17,7 per cento dei gay e il 20,5 per cento delle lesbiche con più di 40 anni ha almeno un figlio. Attualmente, nonostante non esista un registro nazionale ufficiale delle unioni civili, si calcola che i figli di coppie omosessuali siano in Italia circa 100 mila –:
   in questo clima di «caccia alle streghe», di totale confusione e di sostanziale diffamazione nei confronti di associazioni coinvolte in numerosi percorsi scolastici di successo che colmano il vuoto lasciato dai programmi ministeriali su qualsiasi aspetto dell'educazione all'affettività, come intenda il Ministro interrogato attendere agli impegni presi attraverso la strategia nazionale lgbt e attraverso la Convenzione di Istanbul nel contrasto all'omofobia, agli stereotipi e alla violenza di genere.
(3-01565)


Interventi in relazione ad iniziative sulla cosiddetta teoria del gender promosse in ambito scolastico – 3-01566

   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   sabato 20 giugno 2015 ha raccolto migliaia di adesioni la manifestazione svoltasi a Roma con lo slogan «Difendiamo i nostri figli. Stop gender nelle scuole», i cui organizzatori si battono contro la diffusione della teoria del gender nelle scuole e contro il dettame della «cultura del genere» che rifiuta il concetto di fondo di uomo e donna tout court, attribuendo all'individuo la sessualità che ritiene di sentire;
   attraverso linee guida per i mass media, testi nelle scuole, iniziative di formazione per gli insegnanti degli asili e dei diversi gradi d'istruzione scolastica, persino riscritture della modulistica di istituzioni pubbliche, l'ideologia del gender, che pretende di annullare il dato della differenza sessuale per sostituirlo con un'astratta equiparazione di tutti i possibili orientamenti, sta scendendo dal piano del dibattito di idee per entrare nella vita quotidiana di cittadini e famiglie;
   sull'argomento, il 5 maggio 2015 è stata depositata presso la Presidenza della Repubblica la petizione «Per una scuola che insegna e non indottrina», promossa dal Movimento per la vita, dall'Associazione italiana genitori e da un'altra quarantina di associazioni, che in poco più di due mesi ha raccolto oltre centottantamila firme;
   stando alle affermazioni di uno dei promotori della petizione, la stessa sarebbe stata promossa «a causa della diffusa consapevolezza di una vera e propria emergenza educativa in atto, in particolare per quanto riguarda le tematiche dell'affettività e della sessualità» e sarebbe volta a contrastare l'introduzione della cosiddetta teoria del gender nelle scuole di ogni ordine e grado, fin dagli asili nido;
   sia negli sili nido sia nell'ambito di classi scolastiche, infatti, alcuni istituiti, appellandosi alla propria autonomia didattica, hanno promosso lezioni ed iniziative sulla teoria del gender –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali opportune ed urgenti iniziative intenda assumere in merito.
(3-01566)


Iniziative volte a sensibilizzare gli studenti sul tema della cultura della differenza, anche al fine di prevenire nelle scuole il bullismo basato sull'omofobia – 3-01567

   CAROCCI, MALPEZZI, COSCIA, GHIZZONI, ROCCHI, COCCIA, NARDUOLO, MANZI, MALISANI, ASCANI, BLAZINA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI e SGAMBATO. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la cronaca quotidiana dei rapporti conflittuali, e finanche violenti, che spesso connotano le relazioni tra i più giovani, impongono di riconsiderare i percorsi formativi offerti dalla scuola, nell'ottica di promuovere il superamento delle discriminazioni, educando le nuove generazioni, lungo tutte le fasi del loro apprendimento scolastico, al rispetto della differenza, dando puntuale attuazione ai principi di pari dignità e non discriminazione di cui agli articoli 3, 4, 29, 37 e 51 della Costituzione;
   a seguito del programma promosso dal Consiglio d'Europa per l'attuazione e l'implementazione della raccomandazione del Comitato dei ministri CM/REC (2010)5, è stata elaborata la strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere finalizzata alla realizzazione di un piano triennale di azioni pilota (2013-2015), integrate e multidisciplinari, volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni in tale ambito;
   in allegato alla raccomandazione CM/REC (2010)5, al punto VI-istruzione, si specifica che, tenendo nel debito conto l'interesse superiore del fanciullo, gli Stati membri dovrebbero adottare le misure legislative o di altro tipo appropriate, destinate al personale insegnante e agli allievi, al fine di garantire l'effettivo godimento del diritto all'istruzione, senza discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere;
   ciò comprende, in particolare, il rispetto del diritto dei bambini e dei giovani all'educazione in un ambiente scolastico sicuro, al riparo dalla violenza, dalle angherie, dall'esclusione sociale o da altre forme di trattamenti discriminatori e degradanti legati all'orientamento sessuale o all'identità di genere;
   in particolare, dovrebbero a tale scopo essere adottate misure appropriate a ogni livello per promuovere la tolleranza e il mutuo rispetto a scuola: esse dovrebbero comprendere la comunicazione di informazioni oggettive agli alunni e agli studenti su tali temi, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché fornire informazioni, protezione e sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia nel maggio 2012, ha emanato una specifica circolare rivolta a tutti gli istituti scolastici, con la quale si ricorda il ruolo della scuola nella costruzione di una comunità inclusiva che riconosce le differenze e il ruolo di contrasto di ogni forma di discriminazione, compresa l'omofobia, sottolineando, in particolare, come la scuola debba cimentarsi ogni giorno con la costruzione di una comunità inclusiva che riconosce le diversità di ciascuno;
   tuttavia, negli ultimi mesi si registrano una serie di casi molto preoccupanti, di cui hanno dato ampiamente conto anche in questi giorni gli organi di stampa, che segnalano una pericolosa e ingiustificata inversione di tendenza rispetto a tali indicazioni –:
   quali iniziative urgenti stia adottando il Ministro interrogato per garantire l'effettivo godimento del diritto all'istruzione, in linea con la raccomandazione del Comitato dei ministri CM/REC (2010)5, promuovendo e realizzando iniziative volte a sensibilizzare gli studenti sul tema della cultura della differenza, anche al fine di prevenire nelle scuole il bullismo basato sull'omofobia. (3-01567)


Iniziative per garantire il diritto allo studio agli alunni diversamente abili – 3-01568

   MATARRESE, MAZZIOTTI DI CELSO, MOLEA, VEZZALI e CAPUA. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
    da quanto riportato dagli organi di stampa, che riportano ogni anno notizie in merito, sono ormai troppi i casi di alunni diversamente abili che frequentano le scuole italiane e che, nonostante abbiano diritto allo studio al pari degli altri, di fatto non hanno la possibilità di svolgere con regolarità e costanza le lezioni a causa della mancanza di un numero adeguato di insegnanti di sostegno;
   gli alunni diversamente abili godono del diritto allo studio innanzitutto ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione e dell'articolo 38 del dettato costituzionale, il quale precisa che «Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale»;
   secondo quanto si evince dalla normativa vigente, il diritto allo studio degli alunni con disabilità si realizza attraverso l'integrazione scolastica che prevede l'obbligo dello Stato di predisporre adeguate misure di sostegno alle quali concorrono a livello territoriale, con proprie competenze, anche gli enti locali e il servizio sanitario nazionale;
   la legge n. 104 del 1992 riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali: la scuola, durante l'infanzia e l'adolescenza, e il lavoro, nell'età adulta;
   la legge 3 marzo 2009, n. 18, ha ratificato la Convenzione dell'Onu del 13 dicembre 2006 per i diritti delle persone con disabilità;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha il compito di favorire l'integrazione dell'alunno diversamente abile e di garantire il suo diritto allo studio tramite iniziative e provvedimenti di varia natura. Compito fondamentale e centrale è affidato ai docenti di sostegno. Concorrono a coadiuvare ed integrare il compito di questi ultimi iniziative di finanziamento di progetti e di attività per l'integrazione, di formazione del personale docente di sostegno e curriculare, nonché del personale amministrativo, tecnico e ausiliare;
   a livello territoriale altri organismi hanno il compito di proporre iniziative per realizzare e migliorare il processo di integrazione: i glip («gruppi di lavoro interistituzionali provinciali», formati da rappresentanti degli enti locali, delle aziende sanitarie locali e delle associazioni dei disabili) e i glh («gruppi di lavoro per l'integrazione degli handicappati», formati dal dirigente della scuola, dai docenti interessati, dai genitori e dal personale sanitario). Il compito del gruppo di lavoro per l'integrazione degli handicappati è particolarmente significativo, in quanto ha la finalità di mettere a punto, tra l'altro, il piano educativo individualizzato, che determina il percorso formativo dell'alunno con disabilità e garantisce un intervento adeguato allo sviluppo delle sue potenzialità;
   l'alunno con disabilità è assegnato alla classe comune in cui si realizza il processo di integrazione. Pertanto, la presa in carico e la responsabilità educativa dell'alunno con disabilità spettano a tutto il consiglio di classe, di cui fa parte il docente per le attività di sostegno. Non a caso, il decreto del Presidente della Repubblica n. 970 del 1975, con cui è stata istituita giuridicamente tale figura professionale (poi meglio caratterizzata nella legge n. 517 del 1977), lo definisce un insegnante «specialista», dunque fornito di formazione specifica, che, insieme ai docenti curricolari, sulla base del piano educativo individualizzato, definisce le modalità di integrazione dei singoli alunni con disabilità, partecipandovi attivamente. L'insegnante per le attività di sostegno viene richiesto all'ufficio scolastico regionale dal dirigente scolastico sulla base delle iscrizioni degli alunni con disabilità; la quantificazione delle ore per ogni alunno viene individuata tenendo conto della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato, di cui alla legge n. 104 del 1992, e dei vincoli di legge vigenti;
   nonostante il quadro normativo descritto appaia decisamente puntuale e ben strutturato, è evidente che lo Stato, ancora oggi, non sia in grado di garantire il tanto ambito diritto allo studio per gli alunni diversamente abili;
   secondo quanto si evince dal documento redatto dal servizio statistico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca denominato «Focus – sedi, alunni, classi e dotazioni organiche del personale docente della scuola statale a.s. 2013/2014», gli alunni diversamente abili sono pari a 207.244 sul totale di 7.878.661;
   il rapporto tra posti di sostegno della scuola statale e alunni con disabilità è di 101.391 su 207.244 unità; questo vuol dire che ogni allievo è seguito da un insegnante di sostegno per la metà del tempo necessario al corretto svolgimento di una regolare giornata di studio;
   il rapporto annuale Istat 2014 riporta un altro dato allarmante: l'Italia risulta al settimo posto tra i Paesi dell'Unione europea per la spesa in protezione sociale, destinando il 29,7 per cento del prodotto interno lordo a questo servizio contro la media europea del 29 per cento e, in particolare, il 5,9 per cento alla disabilità contro il 7,7 per cento della media europea;
   dal punto di vista architettonico e sotto il profilo dei parametri di accessibilità, le scuole italiane sono ancora ben lontane dall'essere funzionali. Secondo quanto si evince dal rapporto redatto dalla onlus «Cittadinanzattiva», che ha preso in esame un campione di 165 scuole situate in 18 regioni, pare che nelle scuole vi siano ancora molte barriere architettoniche: ci sarebbero, infatti, scalini all'ingresso (27 per cento), ascensori assenti (35 per cento) o non funzionanti (11 per cento), barriere nei laboratori (19 per cento), nelle palestre (18 per cento), nei cortili (15 per cento) e nelle aule (13 per cento). Nel 23 per cento delle scuole non esisterebbero bagni per disabili e il 15 per cento di essi presenterebbe barriere architettoniche. Il 26 per cento delle aule non avrebbe sufficiente spazio per la presenza di una carrozzina e il 44 per cento non avrebbe banchi adatti per una persona in carrozzina; nel 57 per cento dei casi non ci sarebbero attrezzature didattiche o tecnologiche per facilitare la partecipazione alle lezioni degli studenti con disabilità. Non ci sarebbero postazioni adatte ai disabili in carrozzina nel 28 per cento dei laboratori, nel 18 per cento delle biblioteche e nel 17 per cento delle mense;
   a conferma dell'impossibilità di garantire questo basilare diritto, nonostante siano previsti anche i contributi degli enti locali, si riportano di seguito alcuni casi che evidenziano la gravità della situazione;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, F.C., ragazzo autistico di 22 anni, a causa della mancanza di un numero adeguato di ore di servizio di sostegno ai ragazzi con problemi psicofisici nelle scuole pubbliche del suo comune di residenza, non è mai riuscito a svolgere le lezioni con costanza e con regolarità in 15 anni. Il padre sembrerebbe costretto a saltare le ore di lavoro per poter assistere il figlio nelle ore non garantite. Da quanto affermato dagli organi di stampa, l'ambito territoriale sociale n. 3 ausl BR/1 avrebbe assegnato il servizio di sostegno ad una società esterna, che, per questioni economiche, sembrerebbe poter assicurare solo 3 ore al giorno per ogni assistente e, in alcuni momenti, non potrebbe garantire nemmeno il rapporto 1:1 tra assistente e disabile per i bambini con patologie più gravi. Tutto ciò, secondo quanto affermato dalla stampa, sembrerebbe «illegittimo in quanto la commissione di verifica avrebbe stabilito che alcuni minori in questione sono tutti gravi e necessitano di una guida continua ed esclusiva»;
   secondo l'articolo pubblicato sul fattoquotidiano.it, «la provincia di Napoli, con una delibera datata 7 agosto, ha interrotto l'erogazione dei fondi per le attività e l'inserimento dei disabili, con il risultato che seicento studenti delle scuole superiori del napoletano» non potranno frequentare la scuola;
   secondo quanto riportato dalla stampa, a Lodi, presso il liceo linguistico Maffeo Vegio, F., 19 anni, affetto da tetraparesi spastica, malattia che non gli permette di parlare e lo costringe a muoversi sulla sedia a rotelle, avrebbe bisogno di continua assistenza per continuare a svolgere le lezioni a scuola. Pare che, a causa dei tagli lineari inflitti al servizio di sostegno da parte della provincia di Lodi, servizio fino a qualche mese fa finanziato dal comune, la famiglia non riesca più a supportare le spese e a garantire il diritto allo studio del proprio figlio. Le ore del servizio di sostegno, infatti, sarebbero state dimezzate;
   i casi citati in premessa sono solo alcuni esempi del grave e insostenibile stato in cui versa la scuola pubblica sotto il profilo della garanzia del diritto allo studio per gli alunni diversamente abili;
   il Ministro interrogato, nel corso dell'audizione in VII Commissione, nella seduta del 30 settembre 2014, presso la Camera dei deputati, si è detta preoccupata per l’«aumento seppur lieve di alunni disabili, che si concentra nelle regioni del Mezzogiorno. Quello che ho notato – ha rilevato il Ministro interrogato – è il fatto che la disabilità si concentra non solo per aree geografiche, ma anche su tipologia di alunni, soprattutto sugli stranieri. C’è il sospetto fondato che talvolta la disabilità coincida con una difficoltà di integrazione, linguistica ma non solo» –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire il diritto allo studio a tutti gli alunni diversamente abili, sia dal punto di vista qualitativo, per quanto riguarda la didattica, sia dal punto di vista quantitativo, per quanto riguarda la continuità e il numero complessivo delle ore di sostegno, così come disposto dalla normativa vigente. (3-01568)


Iniziative di competenza per facilitare il processo di semplificazione in ambito universitario, con particolare riferimento ai contratti di collaborazione, all'acquisto di beni e servizi e al rimborso delle spese per missioni – 3-01569

   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MATARRELLI, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'impegno immediato del Consiglio universitario nazionale ha posto in primo piano talune delle problematiche legate alla progressiva burocratizzazione del sistema universitario, aggravata dall'ipertrofia normativa dell'ultimo decennio;
   gli atenei sono infatti alle prese non solo con i numerosi decreti applicativi della legge n. 240 del 2010, ma anche con le nuove modalità di accreditamento dei corsi di studio e dei dottorati, con la riforma del reclutamento, con la valutazione della ricerca e della didattica;
   l'attuale fase di riforma è rallentata da un coacervo normativo che vincola gli atenei alla compilazione periodica di schede, note e rapporti e il risultato è un drastico ridimensionamento dell'autonomia universitaria, resa sempre più «controllata» dai vincoli autorizzativi imposti dal Ministero;
   potrebbero essere evitate talune complicazioni burocratiche generate da regole spesso oscure, obsolete, non sempre adeguate alle specificità del settore, la cui applicazione indifferenziata al sistema universitario e della ricerca avvolge le attività dei docenti, dei ricercatori, degli studenti, del personale tecnico-amministrativo in una rete inestricabile di lacci e di vincoli che assorbono le migliori energie, distogliendole dalle attività di didattica e di ricerca;
   a tutto questo si aggiunge la congerie dei passaggi amministrativi e contabili che scandiscono l'ordinaria amministrazione e rimuovere questi ostacoli e realizzare un'effettiva semplificazione normativa e amministrativa non possono che essere l'esito di un processo condiviso ed esteso nel tempo, al quale sia garantita continuità e assicurata la capacità di agire su tutti i centri di regolazione del sistema universitario, i cui interventi si sommano gli uni agli altri, aggravando il carico burocratico;
   le farraginosità più evidenti del sistema universitario sono le complicazioni legate al controllo di legittimità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la lentezza delle procedure di acquisto di beni e servizi tramite il mercato elettronico della pubblica amministrazione e la complessità delle pratiche di rimborso delle spese per missioni del personale universitario, effettuate utilizzando i fondi dedicati alla ricerca;
   il Consiglio universitario nazionale ha segnalato, inoltre, i settori nevralgici del sistema in cui urge un intervento, quali gli ordinamenti didattici, l'accreditamento dei corsi di studio, dei dottorati di ricerca e delle strutture, la valutazione della ricerca e l'abilitazione scientifica nazionale;
   è da mettere in discussione il modello stesso di valutazione rispondente a una logica prevalentemente autorizzativa e di controllo, fondato sul rispetto di condizioni declinate in termini numerici e applicate in maniera generalizzata, la cui evidenza richiede l'adempimento, da parte di tutti gli attori coinvolti, di oneri informativi estremamente estesi e gravosi;
   l'eliminazione dei vincoli burocratici rappresenta un fattore chiave per liberare risorse indispensabili all'incentivazione della qualità e dell'efficienza del sistema universitario e della ricerca, senza aumentare la spesa pubblica;
   è necessario individuare le procedure e gli adempimenti che, per complessità, per oneri regolatori, amministrativi e informativi correlati, ostacolano il funzionamento e il potenziamento del sistema universitario e della ricerca, proponendo, al contempo, misure di semplificazione atte a liberare le risorse necessarie a un'incentivazione della qualità e dell'efficienza affidata alla valorizzazione delle attività di didattica e ricerca;
   è importante intervenire in merito al controllo di legittimità sui contratti di collaborazione, prevedendo magari l'esclusione dei contratti stipulati da università ed enti di ricerca su fondi di ricerca dalla tipologia dei contratti sottoposti a controllo preventivo e in merito all'acquisto di beni e servizi da parte delle università, oltre che riguardo al rimborso delle spese per missioni del personale universitario effettuate su fondi di ricerca, cercando di superare le difficoltà di rimborso per spese non documentabili;
   nell'agenda politica assume un ruolo di primo piano il rafforzamento delle politiche di semplificazione e riduzione degli oneri regolatori e amministrativi, quali condizioni per la competitività e lo sviluppo del Paese, ed appare, dunque, improcrastinabile rimuovere gli ostacoli di natura normativa e amministrativa, che, a causa di una stratificazione nel tempo di norme mai riordinate né coordinate, della complessità delle procedure, della proliferazione degli oneri dovuti anche alle più recenti regolazioni, stanno ponendo il sistema universitario italiano in una posizione di forte svantaggio che ne compromette gravemente la competitività e l'attrattività internazionale –:
   se e in che modo il Governo intenda intervenire nell'ambito delle sue competenze per facilitare il processo di semplificazione nell'ambito universitario, in particolare in merito al controllo di legittimità sui contratti di collaborazione e all'acquisto di beni e servizi da parte delle università e al rimborso delle spese per missioni del personale universitario effettuate su fondi di ricerca, cercando di superare le difficoltà di rimborso per spese non documentabili. (3-01569)


Elementi ed iniziative di competenza in relazione al rispetto della disciplina in materia di incompatibilità tra incarichi pubblici e privati con riferimento alla situazione del rettore dell'Università di Teramo e di altri docenti universitari – 3-01570

   FABRIZIO DI STEFANO e PALESE. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la normativa universitaria, al fine di garantire un efficace ed efficiente assorbimento delle variegate funzioni riconosciute in capo ai professori universitari – anche ai fini del più proficuo perseguimento degli interessi pubblici insiti nel sistema universitario – ha da sempre statuito il principio dell'incompatibilità tra status di professore e talune cariche od incarichi extra universitari;
   in tal contesto, si è inserita pienamente la legge 30 dicembre 2010, n. 240 (la cosiddetta legge Gelmini), che, al comma 9 dell'articolo 6, nel dettare i principi generali in materia ha espressamente richiamato il rigido regime delle incompatibilità e delle conseguenze ad esse connesse, sancito dagli articoli 13, 14 e 15 del precedente decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;
   in particolare, l'articolo 13 detta un'ampia, ma nel contempo precisa, formulazione in merito alla portata delle attività extra universitarie (carica, mandato, ufficio) che il professore vorrebbe ulteriormente svolgere. Prevede, inoltre, specifici casi per i quali la richiamata disposizione non solamente fa sussistere una situazione di incompatibilità, ma ne fa, altresì, derivare l'obbligo per l'ateneo di collocare d'ufficio in aspettativa il professore universitario;
   l'articolo 13, significativamente rubricato «Aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità», al numero 10 del comma 1 prescrive che «il professore ordinario è collocato d'ufficio in aspettativa per la durata della carica, del mandato o dell'ufficio nei seguenti casi: nomina alle cariche di presidente, di amministratore delegato di enti pubblici a carattere nazionale, interregionale o regionale, di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica, anche a fini di lucro». Al successivo comma 3 il legislatore pone l'obbligo per il professore interessato, all'atto della sua nomina, di darne comunicazione al proprio rettore, in quanto il rettore è l'organo istituzionale che è chiamato ad adottare il provvedimento di collocamento in aspettativa per la durata della carica, del mandato o dell'ufficio;
   alla tassatività e alla doverosità del provvedimento di collocamento in aspettativa, del resto, non si oppone la circostanza dell'assenza della corresponsione di un'indennità in favore del professore, poiché tale assenza comporta esclusivamente che gli oneri previsti dall'articolo 3, primo comma, n. 3, della legge n. 1078 del 1966 (le quote di aggiunta di famiglia) siano a carico dell'ente, istituto o società;
   il rettore dell'Università di Teramo, il professor Luciano D'Amico, il 13 agosto 2014 è stato nominato presidente della società Arpa s.p.a.;
   in base all'articolo 13, fin dall'atto della sua nomina versava e tutt'ora versa in una situazione di incompatibilità, in ordine alla quale doveva essere adottato dall'università, nei suoi confronti, quanto meno un provvedimento di collocamento d'ufficio in aspettativa. Conseguentemente, la mera autorizzazione assentita dall'ateneo al professor D'Amico non è sufficiente a sanare l'incompatibilità, anzi l'autorizzazione è contra legem. D'altro lato, il sopra esposto rigido sistema (previsto dal comma 9 dell'articolo 6 della «legge Gelmini», che richiama espressamente e, dunque, recepisce integralmente gli articoli 13, 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382) non può essere superato dal successivo comma 10 dello stesso articolo 6 della «legge Gelmini»;
   il comma 10 prevede la possibilità per il professore di svolgere «compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati», ma nel contempo specifica testualmente che tali enti siano «senza scopo di lucro»;
   il legislatore, quindi, ha posto la specifica condizione dell'assenza di lucro. È di tutta evidenza che l’Arpa s.p.a. (Autolinee regionali pubbliche abruzzesi) non possa essere definita quale ente o società senza scopo di lucro. Correlativamente, manca il presupposto essenziale e condizionante (si ripete «senza scopo di lucro») per l'applicazione della disciplina derogatoria, sancita dal comma 10. Nella fattispecie, dunque, trova esclusiva applicazione il comma 9 dell'articolo 6 della «legge Gelmini»;
   è da sottolineare, inoltre, che anche lo statuto dell'Università degli studi di Teramo, all'articolo 58, disciplina la questione dell'incompatibilità, stabilendo che la nomina ad una carica incompatibile ai sensi della normativa vigente comporta l'obbligo di opzione per una delle cariche, entro cinque giorni dall'avvenuta nomina. Ma, ancor più, sancisce che, nell'ipotesi in cui manchi la richiesta opzione, l'interessato non possa assumere la nuova carica. Il professor D'Amico, pertanto, stante la sua incompatibilità in base al comma 9 dell'articolo 6 della «legge Gelmini» (quindi «ai sensi della normativa vigente»), avrebbe dovuto esercitare, in ossequio allo statuto del proprio ateneo, la facoltà di opzione, nel termine perentorio di cinque giorni. Ciò non è avvenuto;
   ne deriva che il professor D'Amico non avrebbe potuto assumere la carica in Arpa s.p.a. Pertanto, le conseguenze dell'assunzione di tale carica incompatibile sono più gravi, poiché rilevano sotto un ulteriore aspetto: la decadenza dalla carica da rettore;
   lo statuto dell'ateneo di Teramo (articolo 60, primo comma, lettera b), infatti, sancisce che i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione «decadono dall'incarico» nell'ambito dei suddetti organi dell'università, «se accettano di ricoprire una carica incompatibile»;
   attestato che il professor D'Amico, quale rettore, è componente di diritto sia del senato accademico sia del consiglio di amministrazione (li presiede di diritto), ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera a), e dell'articolo 25, comma 1, lettera a), dello statuto, avendo egli accettato una carica incompatibile, deve ritenersi decaduto sia come componente del senato accademico che del consiglio di amministrazione. Di fatto, il professor D'Amico si trova, sotto un profilo giuridico, nelle condizioni di non poter svolgere tutte le funzioni specificatamente attribuite al rettore, così da non poter legittimamente ottemperare a tutti i doveri imposti ad un rettore, che qualificano e, nel contempo, giustificano la presenza della figura del rettore nel sistema universitario (articoli 16 e 17 dello statuto dell'Università degli studi di Teramo, nonché articolo 2 della «legge Gelmini»). Ne deriva, quale logico corollario, la decadenza da rettore del professor D'Amico;
   il professor D'Amico, assunta la carica in Arpa s.p.a., dall'agosto 2014, in totale inosservanza del vigente regime giuridico sulle incompatibilità, più volte richiamato, soggiace alla disposizione di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, integralmente recepito dal comma 9 dell'articolo 6 della legge n. 240 del 2010. In virtù di tale disposizione, il professore che abbia assunto un incarico incompatibile, come il professor D'Amico, cessa di diritto dall'ufficio di professore;
   è pur vero che lo stesso articolo 15 prevede che il professore che violi le norme sulle incompatibilità viene diffidato dal rettore a cessare dalla situazione di incompatibilità, ma nella specie il professore che ha violato le norme coincide con il soggetto che vanta la carica da rettore e che dovrebbe agire. Invero, la coincidenza delle due posizioni imponeva ed impone al professor D'Amico un più rigoroso rispetto delle vigente normativa;
   il professor Nicola Mattoscio viene nominato in data 25 gennaio 2015 presidente della Saga, società abruzzese per la gestione dell'aeroporto d'Abruzzo;
   dalla data della sua nomina a tuttora il professor Mattoscio svolge la sua attività da docente presso l'Università «G. D'Annunzio» di Pescara, con l'incarico di presidente del corso di laurea del dipartimento di scienze filosofiche, pedagogiche ed economico-quantitative;
   per quanto esposto nel caso del professor D'Amico, si trova in uno stato di incompatibilità con quanto previsto dalla norma –:
   di quali elementi disponga sulla situazione esposta in premessa, se condivida il quadro interpretativo sopra illustrato, per quali motivi non abbia adottato ogni iniziativa di competenza per il rispetto della normativa vigente, che prevede, in caso di nomine in enti e società a partecipazione pubblica, il collocamento in aspettativa e comunque l'incompatibilità di incarichi, quali quello di rettore o di presidente di corso di laurea, attualmente ricoperti rispettivamente dai professori D'Amico e Mattoscio, e se intenda, pertanto, in futuro adottare gli opportuni provvedimenti di competenza per riportare gli atenei abruzzesi in una situazione di piena legittimità. (3-01570)


Tempi per la definizione e la presentazione al Cipe del nuovo programma nazionale per la ricerca – 3-01571

   GIGLI. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto legislativo n. 204 del 1998 prevede che, sulla base degli indirizzi dati dal Governo, dei piani e dei programmi di competenza delle amministrazioni dello Stato e tenendo conto delle iniziative, dei contributi e delle realtà di ricerca regionali, sia predisposto, approvato e annualmente aggiornato il programma nazionale per la ricerca, di durata triennale. Il programma nazionale per la ricerca, a norma dell'articolo 2 dello stesso decreto legislativo, deve essere approvato dal Cipe;
   l'ultimo programma nazionale per la ricerca 2011-2013 è stato approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) con deliberazione n. 2/2011 del 23 marzo 2011 ed è scaduto da quattro anni;
   nonostante vari annunci e presentazioni, da ultimo il quotidiano Il Sole 24 ore in un articolo del 4 giugno 2015 preannunciava l'imminente presentazione al Cipa del programma nazionale per la ricerca 2014-2020, a tutt'oggi non risulta formalmente approvato e non si hanno notizie sui tempi per l'esame da parte del Cipe del nuovo programma nazionale per la ricerca, la cui adozione, oltre ad essere obbligatoria per legge, è uno strumento fondamentale del Governo per indirizzare e coordinare la politica nazionale della ricerca, anche con riferimento alla dimensione europea e internazionale, facendo scelte talvolta dolorose per concentrare gli sforzi del sistema-Paese nella sfida globale;
   la mancanza di un programma ufficiale di riferimento e la circostanza che siano pubblicati e modificati in itinere documenti non definitivi e non coerenti per l'arco temporale prescritto dalla legge, mantengono un quadro di incertezza strategico e finanziario degli enti di ricerca e del sistema universitario. Nello specifico, l'articolo citato parla di 5,8 miliardi di euro entro il 2016, un impegno significativo in un periodo di crisi, e descrive un programma di sette anni quando la legge prevede un periodo di tre anni con aggiornamento annuale;
   la mancanza di un coordinamento a livello nazionale, con i ministeri che continuano ad utilizzare in maniera scoordinata le scarse risorse destinate alla missione ricerca e innovazione, si riflette sul mancato coordinamento delle politiche regionali che a questo programma dovrebbero riferirsi;
   il ritardo nell'adozione degli strumenti di programmazione si riflette, altresì, sull'allocazione delle risorse destinate al funzionamento degli enti di ricerca, tanto che non si hanno notizie sui piani annuali di attività degli enti e sulla loro approvazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che al programma nazionale dovrebbero far riferimento. Si segnala a riguardo che, a tutt'oggi, non è stato presentato il decreto per il riparto del fondo di finanziamento ordinario degli enti nazionali di ricerca per l'esercizio, oramai inoltrato, del 2015;
   dagli ultimi dati Eurostat emerge che, sebbene la spesa europea in ricerca e sviluppo sia aumentata negli ultimi dieci anni, l'Unione europea, con il 2,02 per cento rispetto al prodotto interno lordo, non raggiunge i livelli della Corea del Sud (4,04 per cento), del Giappone (3,38 per cento) e degli Stati Uniti (2,81 per cento). Quanto agli Stati membri, i Paesi del Nord Europa superano la media comunitaria in termini di investimenti: la Finlandia spende il 3,32 per cento del proprio prodotto interno lordo in ricerca, seguita da Svezia (3,21 per cento), Danimarca (3,05 per cento), Germania (2,94 per cento) e Austria (2,81 per cento), mentre dal lato opposto si collocano Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia, che spendono meno dell'1 per cento in ricerca e sviluppo. L'Italia, invece, si situa tra i due poli, con l'1,25 per cento del prodotto interno lordo nazionale investito in ricerca e sviluppo –:
   quali siano i tempi stimati dal Ministro interrogato per la definizione e la presentazione al Cipe del nuovo programma nazionale per la ricerca.
(3-01571)


COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 25 E 26 GIUGNO 2015

Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    il prossimo Consiglio europeo del 25 e 26 giugno è destinato a segnare una tappa decisiva, i cui risultati, in combinato con altri vertici che lo precedono o ad esso susseguenti saranno fondamentali per il futuro dell'Europa; il suo esito metterà alla prova la capacità dell'Unione di risolvere temi decisivi che vanno dal salvataggio della Grecia, alla definizione di un nuovo governo della moneta unica, dalla definizione di una politica comune in tema di immigrazione, a un segnale di svolta nella azione esterna della Ue, sia sul fronte est (Ucraina) sia sul fronte sud (Mediterraneo);
    per quanto riguarda le questioni economiche, il Consiglio europeo sancirà la chiusura del Semestre Europeo 2015 fornendo alcune raccomandazioni specifiche sull'attuazione delle riforme strutturali, delle politiche per l'occupazione e di consolidamento dei conti pubblici intraprese dagli stati membri, ed esaminerà il Rapporto dei presidenti dell'Unione sulla riforma del sistema di governo dall'UEM;
    il quantitative easing, la recente interpretazione della flessibilità nel quadro di regole di bilancio e l'implementazione del Piano Juncker – per il quale è prevista la firma dell'accordo fra il Consiglio e il Parlamento europeo entro la fine di giugno, così da garantire l'entrata in vigore del regolamento relativo al FEIS all'inizio di luglio – costituiscono i principali segnali di un cambio di approccio delle politiche europee avviato nel corso del 2015, conseguente anche alla incisiva azione di rinnovamento portata avanti dal Governo nel corso del Semestre Italiano di Presidenza del Consiglio: è stato infatti reso evidente che le misure di consolidamento fiscale non sono da sole sufficienti a garantire la ripresa in assenza di un ampio e coordinato ventaglio di riforme strutturali e di un piano di investimenti pubblici, da portare avanti in un contesto macroeconomico favorevole e di fiducia nelle istituzioni europee;
    a dispetto degli importanti progressi realizzati, l'andamento dell'economia e dell'occupazione nell'intera Eurozona resta, però, deludente a causa della bassa domanda interna, dei persistenti impedimenti strutturali, e delle tensioni finanziarie derivanti dalla crisi greca, che appare tuttavia avviarsi verso una soluzione positiva;
    la disoccupazione elevata e l'erosione del benessere dovute alla crisi hanno, infatti, provocato una vasta disaffezione nei confronti del progetto europeo e dell'euro e reso manifeste le imperfezioni e l'inefficacia dell'architettura dell'unione economico e monetaria;
    per promuovere una strategia capace di affrontare efficacemente la situazione economica e ricostruire una comune identità europea, negli scorsi mesi, al presidente della Commissione JeanClaude Juncker, in collaborazione con gli altri presidenti delle istituzioni europee, Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi e Martin Schulz, è stato attribuito il compito di sviluppare meccanismi concreti per un migliore coordinamento delle politiche economiche, di convergenza e solidarietà fra paesi membri, verso una migliore governance economica dell'area euro, finalizzata a rilanciare il processo di integrazione; il Consiglio europeo dello scorso dicembre aveva altresì fissato a giugno 2015 il momento della discussione finale del Rapporto dei presidenti, sulla scorta di una nota analitica preliminare che è stata esaminata nella riunione informale dei capi di Stato e di governo del febbraio 2015;
    la suddetta Nota mette in luce l'importanza di porre in essere una strategia, fondata su un dialogo efficace con tutti gli Stati membri, per la crescita dell'eurozona, nell'ambito del «triangolo virtuoso» formato da responsabilità di bilancio, riforme strutturali e investimenti, e per un'evoluzione degli equilibri tra le istituzioni dell'Unione: al riguardo il Governo ha provveduto a trasmettere a maggio 2015 un proprio contributo sul completamento e rafforzamento dell'UEM;
    le proposte del Governo italiano, già portate avanti durante la Presidenza del Semestre europeo, sono volte a promuovere una nuova governance economica, anche attraverso il rafforzamento della cooperazione tra i parlamenti nell'implementazione coordinata delle riforme strutturali, lo sviluppo di interventi comuni e ciclici di contrasto alla disoccupazione, anche mediante la creazione di uno schema europeo di assicurazione, un Mercato Unico che possa essere il canale per la diffusione dell'innovazione, la creazione di un bilancio dell'Eurozona, il raggiungimento dell'Unione Bancaria, da completare con la garanzia unica sui depositi, e l'efficace utilizzo delle risorse dei Piano Juncker;
    il Rapporto dei presidenti, che recepisce alcune di queste proposte, si fonda su quattro pilastri – unione economica, fiscale, monetaria e politica – da realizzare in tre fasi nel corso dei prossimi dieci anni, con una progressiva cessione di sovranità da parte degli Stati membri che dovranno accettare una crescente condivisione delle decisioni sui loro bilanci e sulle loro politiche economiche a fronte di una maggiore condivisione dei rischi;
    il Consiglio fornirà altresì ulteriori orientamenti sull'Agenda Digitale, facendo seguito alla comunicazione della Commissione sulla Strategia per il Mercato unico digitale in Europa dello scorso 6 maggio, che si propone, mediante una serie di azioni mirate da attuare entro la fine dell'anno prossimo, di migliorare l'accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese, creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi e massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale che, secondo le stime della Commissione, potrebbe apportare all'economia europea 415 miliardi di euro l'anno e creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro;
    in coerenza con l'Agenda Digitale Europea, il Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2015 ha approvato i piani «Strategia italiana per la banda ultralarga» e «Strategia per la crescita digitale 2014-2020» con l'obiettivo di colmare il ritardo digitale del Paese rispettivamente sul fronte infrastrutturale e nei servizi;
    per quanto attiene alle politiche migratorie, l'attuale emergenza nella gestione dei flussi di migranti costituisce senza dubbio una dei banchi di prova fondamentali per l'intera Unione, chiamata a dimostrare non solo capacità di reazione alla crisi e solidarietà al suo interno ma soprattutto una visione di lungo periodo che ne rafforzi il ruolo e la credibilità sul piano internazionale;
    lo scorso aprile, il Consiglio Europeo straordinario, voluto dall'Italia, ha delineato per la prima volta una risposta che si basava su diverse azioni da implementare a livello europeo: contrasto ai trafficanti di esseri umani, attraverso una rafforzata cooperazione tra le Forze dell'ordine, il contributo di Europol e l'invio di funzionari specializzati nei Paesi terzi, il potenziamento delle azioni esterne di controllo e intervento, con l'aumento delle risorse per la missione Triton e la modifica di Frontex, un miglioramento della protezione europea per rifugiati e richiedenti asilo anche attraverso la previsione di una equa redistribuzione tra gli Stati membri a un programma di rimpatrio rapido per i clandestini;
    in seguito, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure con un approccio meno emergenziale, più equilibrato alle politiche migratorie e che teneva conto delle diversità geografiche dei Paesi Ue, un disegno complessivo che aveva una sua forte coerenza interna, la cui efficacia sarebbe vanificata nel caso di una frammentazione delle misure indicate e di una adesione selettiva delle stesse da parte dai diversi Stati membri;
    di particolare rilievo, tra le misure proposte, vi è la cosiddetta «ricollocazione» o redistribuzione (relocation) dei richiedenti asilo già presenti sul suolo europeo, un meccanismo d'urgenza obbligatorio che prevedrebbe la ripartizione su scala europea di quarantamila richiedenti asilo, ventiquattromila dall'Italia e sedicimila dalla Grecia, di nazionalità eritrea e siriana, nell'arco di due anni;
    le recenti notizie a mezzo stampa, relative tanto alla resistenza da parte di alcuni Stati ad accettare tali misure, quanto alle decisioni di alcuni Governi di costruire nuovi muri in funzione anti-immigrazione nel cuore dell'Europa, non solo riportano alla memoria pagine oscure della nostra storia che si ritenevano superate per sempre ma determinano grande preoccupazione rispetto al negoziato in corso in vista dell'imminente Consiglio europeo;
    occorre evitare il prevalere di interessi nazionali, egoistici e di breve respiro, che potrebbero condurre a un compromesso al ribasso, preservando l'approccio innovativo e gli obiettivi della proposta della Commissione di Agenda europea sulla migrazione COM(2015) 240 final del 13 maggio 2015, con misure immediate attivate mediante un meccanismo di risposta temporaneo e d'emergenza, ai sensi dell'articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), per la distribuzione di persone richiedenti protezione internazionale, in modo da garantire la partecipazione equa ed equilibrata di tutti gli Stati membri allo sforzo comune, necessario al fine di salvaguardare i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e per dare l'avvio ai nuovi orientamenti politici della Commissione Juncker contenuti nel «Un nuovo inizio per l'Europa»;
    occorre pertanto prevedere chiari impegni affinché il piano di «relocation» dei richiedenti asilo già presenti in Italia e Grecia preveda un numero adeguato atto ad alleggerire il peso che grava sul Paesi europei di prima accoglienza e, in prospettiva, prevedere il superamento del principio del regolamento di Dublino – l'accoglimento da parte dello stato di primo approdo – in favore dell'introduzione di quello del mutuo riconoscimento delle decisioni di concessione dell'asilo;
    sotto il profilo dell'azione esterna delle politiche migratorie, nel corso del 2013 e del 2014 il Consiglio europeo e la Commissione europea hanno istituito la «task force Mediterraneo», guidata dalla Commissione europea e hanno definito la migrazione quale priorità strategica per il nuovo ciclo istituzionale dell'UE, relativamente allo sviluppo di uno spazio sicuro di libertà fondamentali;
   l'UE ha da tempo avviato due processi di dialogo regionali, quello di Rabat, che riunisce i paesi e le istituzioni dell'UE e i paesi dell'Africa settentrionale, occidentale e centrale e il processo di Khartoum, che riunisce i paesi e le istituzioni dell'UE, i paesi d'origine e di transito e la Commissione dell'Unione africana, con la finalità di cooperare nella lotta al traffico di esseri umani e sostenere gli sforzi dei Paesi di transito;
    il legame tra immigrazione, lotta alla povertà, sostegno agli Stati fragili e cooperazione allo sviluppo è evidenziato nella comunicazione «Un partenariato globale per l'eliminazione della povertà e lo sviluppo sostenibile dopo il 2015» della Commissione europea che definisce la posizione europea in vista dei negoziati sull'Agenda post 2015;
    è stata appena approvata a Lussemburgo dai Ministri degli esteri dell'Ue la missione navale europea «Eunavfor Med», a guida italiana, con il compito, in una prima fase, di monitorare le rotte e acquisire informazioni sul traffico illegale di esseri umani per poi catturare e neutralizzare le imbarcazioni utilizzate dagli scafisti, anche all'interno delle acque libiche, quando si sarà raggiunto il consenso, nelle sedi multilaterali e bilaterali, necessario ad operare nel rispetto del diritto internazionale;
    tale operazione si svolge comunque all'interno di una strategia più ampia che comprende il salvataggio di vite umane, lo smantellamento delle reti dei trafficanti di esseri umani e la cooperazione con i partner in Africa, in particolare nella regione del Sahel, in collaborazione con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'UNHCR,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa nelle opportune sedi europee ed internazionali, volta a facilitare il raggiungimento di un accordo ampio e complessivo sul pacchetto di misure proposte dalla Commissione europea (Agenda europea sulla migrazione COM(2015) 240 final del 13 maggio 2015), al fine di consentire finalmente l'aprirsi di una nuova stagione in termini di visione e di gestione «comune» delle politiche migratorie nel quadro dell'Unione europea;
   ad adottare ogni iniziativa utile, in particolare, per facilitare il raggiungimento di un accordo sulla questione della redistribuzione dei richiedenti asilo che sia adeguatamente ambizioso sul piano numerico, equo in termini di distribuzione, vincolante per gli Stati membri ed operativo prima dell'estate;
   a promuovere un sistema europeo dell'asilo che preveda una ripartizione dei costi e delle responsabilità adeguata fra gli Stati di primo approdo e gli altri, adottando ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi europee ed internazionali, a condurre ad una revisione dei meccanismi previsti dal cosiddetto Regolamento di Dublino, nonché all'introduzione a livello comunitario del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni di concessione dell'asilo;
   a favorire, in preparazione della conferenza de La Valletta del prossimo novembre e nelle opportune sedi europee ed internazionali, tutte quelle azioni ritenute necessarie ad approfondire il dialogo e la cooperazione con i Paesi terzi di origine e transito dei flussi migratori, valorizzando al contempo l'apporto che un fenomeno migratorio ben regolato può offrire allo sviluppo economico dei Paesi di provenienza dei migranti, e incentivando la negoziazione laddove possibile di un adeguato numero di accordi di riammissione;
   ad aprire una riflessione in sede ONU per un salto di qualità nelle politiche di sviluppo economico nei confronti dei Paesi del Medio Oriente e Nord Africa, più bisognosi di aiuto, considerata anche l'enorme quantità di rifugiati che si stanno concentrando sui loro territori;
   a riconoscere la cooperazione allo sviluppo come priorità italiana ed europea, promuovendo tutte le azioni necessarie affinché l'agenda post 2015 sullo sviluppo sostenibile sia ambiziosa, trasformativa e inclusiva al fine di dare un contributo significativo alla stabilizzazione e allo sviluppo delle regioni di origine dei flussi migratori e, in vista della Conferenza internazionale sulla finanza per lo sviluppo di Addis Abeba, a sostenere un impegno europeo a favore del dimezzamento del costo delle rimesse, del contrasto dell'evasione fiscale internazionale e dell'introduzione di nuove risorse dedicate al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, a partire dall'applicazione di una tassa sulle transazioni finanziarie;
   a proseguire nell'azione tesa a favorire un esito positivo del negoziato in corso tra le istituzioni europee, i creditori internazionali e le autorità elleniche, scongiurando qualunque ipotesi di uscita della Grecia dall'euro;
   a favorire una riflessione approfondita, superando l'ottica emergenziale che ormai da troppi anni domina l'agenda, sul futuro della Governance economica europea, per ristabilire la fiducia tra gli Stati membri, rafforzare il quadro istituzionale e dotarlo di legittimità democratica, anche sviluppando i meccanismi di controllo all'interno dell'Eurozona, e di risorse adeguate;
   a orientare la discussione in merito al Rapporto dei presidenti sul futuro dell'Unione economica e monetaria, tenendone costantemente informate le Camere, nella direzione indicata dalle proposte contenute nel contributo del Governo italiano del maggio scorso e finalizzate a dotare l'UEM di strumenti e meccanismi adeguati promuovendo una cooperazione più stretta, e a vocazione federale, fra gli Stati che ne fanno parte;
   a proseguire la realizzazione delle riforme strutturali, ad attuare, con ancora più vigore, le politiche per la crescita e lo sviluppo, cogliendo appieno le opportunità derivanti dalla mutata impostazione delle politiche economiche europee – allentamento monetario, interpretazione flessibile del patto di stabilità, piano europeo per gli investimenti – avviata dalla Commissione Juncker, per assicurare un aumento della competitività e una ripresa economica sostenibile e duratura, contribuendo al superamento dell'approccio rigorista che ha caratterizzato gli ultimi anni;
   a favorire una maggiore integrazione del mercato interno, in particolare per quello del lavoro, promuovendo la realizzazione di un sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica, complementare alla realizzazione delle riforme e tale da migliorare l'efficacia, l'impatto, e gli spillover positivi delle iniziative dei singoli Stati, attenuando quelli negativi in caso di crisi;
   a rafforzare le misure finalizzate a promuovere la convergenza, nell'immediato con meccanismi di riequilibrio più efficaci e simmetrici e, in prospettiva con l'approvazione di un bilancio comune della zona euro che porti ad un livello crescente di integrazione fiscale, anche attraverso opportune modifiche dei vigenti Trattati;
   a promuovere, anche nel contesto della riflessione ispirata dal Rapporto, ogni opportuna iniziativa mirante ad ampliare i margini di apertura all'unione del mercato dei capitali e a rafforzare l'Unione Bancaria, al fine di influire positivamente sulla propensione delle banche a erogare credito, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese, valutando con cautela le ulteriori richieste di incremento delle dotazioni di capitale;
   a promuovere progressi rapidi e proposte operative da parte della Commissione per l'implementazione del mercato unico digitale europeo e, sul versante interno, nell'ambito dell'Agenda Digitale, a proseguire nell'attuazione del piano nazionale per la Banda Ultratarga, anche sfruttando le risorse che verranno messe a disposizione dal Piano Juncker, ad assumere un ruolo da protagonisti nelle discussioni bilaterali in corso in Europa sull'economia digitale e a sviluppare in modo dinamico la Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020 di cittadini e imprese.
(6-00144) «Rosato, Lupi, Mazziotti Di Celso, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Di Lello, Amoddio».


   La Camera,
   preso atto dell'agenda dell'imminente Consiglio Europeo del prossimo 25-26 giugno, nella quale è prevista la trattazione del dossier immigrazione;
   deplorando la circostanza che la questione della proroga delle sanzioni alla Russia sia stata delegata completamente al Coreper, che ha deciso per la loro conferma sino al prossimo 1o luglio;
   rilevando:
    come l'orientamento che si delinea in materia di immigrazione sia quello di varare un regime di condivisione tra gli Stati membri di un certo numero di profughi giunti recentemente in Grecia ed Italia, al momento complessivamente pari a 40 mila;
    che nel solo 2014, stando ai dati forniti da Frontex, sono invece sbarcati nel nostro Paese oltre 170 mila clandestini, 64 mila dei quali hanno richiesto tutela internazionale, secondo il Consiglio Italiano per i Rifugiati, che rileva come il beneficio sia stato accordato a solo 21 mila di loro;
    a conti fatti, quindi, l'Italia rischia di non beneficiare che in misura irrisoria dell'eventuale redistribuzione dei profughi attraverso l'Europa;
   sottolineando che all'accoglimento dei migranti giudicati meritevoli di tutela internazionale verrà comunque associato in sede europea il rimpatrio dei migranti economici, da considerarsi clandestini a tutti gli effetti;
   evidenziando come risulti quindi di fondamentale importanza separare anche nel nostro Paese rifugiati, cui riservare l'accoglienza, e clandestini da espellere;
   esprimendo il convincimento che in caso di non ottemperanza, si profili concretamente nei confronti del nostro Paese il rischio di una sospensione dall'applicazione degli Accordi di Schengen, già materializzatosi temporaneamente alle frontiere con la Francia, la Svizzera e l'Austria, con sensibili disagi per i nostri lavoratori transfrontalieri;
   ricordando come gli accordi di Schengen contemplino comunque speciali responsabilità per i Paesi che si trovino a gestire una frontiera esterna, come il nostro, non a caso ammesso a farne parte con un ritardo di oltre due anni, nell'ottobre del 1997;
   apprezzando altresì, l'avvio di un'operazione navale europea di monitoraggio dei flussi in uscita dalla sponda sud del Mediterraneo, che tuttavia al momento non rappresenta un elemento di vera novità rispetto a quanto viene già fatto, in quanto non prevede ancora la possibilità di effettuare respingimenti militarmente assistiti verso le coste dello Stato sorgente;
   ritenendo che il flusso migratorio illegale che interessa in particolare l'Italia abbia cause contingenti e ragioni più profonde, di carattere strutturale;
   identificando:
    tra le cause contingenti lo stato di disordine in cui versa la Libia dal rovesciamento dei regime del colonnello Gheddafi ed il probabile tentativo delle autorità di Tripoli, non riconosciute più dalla comunità internazionale, di esercitare pressioni sull'Europa per ottenere una ricomposizione del quadro politico locale che non ne implichi la conquista e sottomissione completa al Governo di Tobruk;
    tra le ragioni strutturali, invece, il grave squilibrio demografico creatosi tra l'Europa comunitaria, in cui risiedono all'incirca 510 milioni di abitanti di età media prossima ai 40 anni, ed un'Africa in cui vive ormai oltre un miliardo di persone, di età media prossima ai 20 anni, che grazie all'innesco di un processo di sviluppo stanno acquisendo anche le risorse necessarie a sostenere i tentativi di emigrare clandestinamente verso Nord;
   concludendo pertanto, che al di là dell'emergenza contingente determinata da fattori politici legati alla situazione libica e più in generale in Nord Africa e Medio Oriente, la pressione a migrare verso l'Europa possa persistere per decenni, cioè per tutto l'arco di tempo occorrente al perfezionamento della transizione alla maturità demografica dell'intero continente africano;
   rimarcando la circostanza che nelle condizioni suesposte qualsiasi segnale permissivo rischia di ingrossare ulteriormente il flusso degli arrivi e sia quindi indispensabile dimostrare maggiore intransigenza, per dissuadere dal tentare la sorte i clandestini che i vigenti accordi sottoscritti dal nostro Paese non ci consentono di ospitare, salvo il caso dei richiedenti asilo;
   sottolineando come costituisca urlo di questi segnali permissivi anche l'azione di soccorso dispiegata successivamente al 23 aprile scorso da navi appartenenti a varie Marine europee, affluite nel Mediterraneo, che sbarcano nei porti italiani di loro scelta, prevalentemente in Sicilia, i boat people raccolti in alto mare, anche contro l'avviso delle autorità del nostro Paese,

impegna il Governo:

   ad accettare ed onorare gli impegni che deriveranno dalle decisioni che il prossimo Consiglio Europeo assumerà in materia migratoria, provvedendo ad organizzare rapidamente il rimpatrio dei clandestini non meritevoli di tutela internazionale in quanto migranti economici, conformemente a quanto impongono gli accordi di Schengen;
   a rappresentare nell'ambito del Consiglio Europeo l'urgenza di trovare un accordo politico per la Libia che non sia inaccettabile per le autorità di Tripoli, della cui collaborazione Europa ed Italia hanno bisogno per arrestare i flussi dei clandestini in uscita dall'Africa;
   a varare gli interventi legislativi ed amministrativi necessari ad accelerare l'esame, l'accoglimento ed il respingimento delle domande di tutela internazionale inoltrate dai richiedenti asilo alle autorità del nostro Paese;
   ad assumere iniziative per cancellare dal nostro ordinamento la «protezione umanitaria», fattispecie diversa dallo status di rifugiato o del richiedente asilo che non si configura come forma di protezione internazionale, e che non ha corrispettivi negli altri ordinamenti europei e non può essere dunque riconosciuta al di fuori del nostro Paese.
(6-00145) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri,
   premesso che:
    nella riunione del 25 e 26 giugno, il Consiglio europeo discuterà di migrazione, e, in particolare, di ricollocazione, reinsediamento e politica di rimpatrio;
    nel 2014 le richieste di asilo rivolte alla Unione europea, secondo i dati Eurostat, sono state pari a 626.100. Quasi il doppio della media relativa agli anni 2004-2012. Il dato inoltre, non contempla ovviamente i migranti non richiedenti asilo ma motivati a spostarsi da motivi di carattere economico;
    secondo fonti britanniche (stando alle notizie pubblicate dal quotidiano Guardian), in Libia ci sarebbero «tra 450.000 e 500.000 migranti» in attesa di partire. Dato, forse, sottostimato;
    durante l'estate è facile prevedere che almeno 100.000 ulteriori migranti raggiungeranno le coste italiane, anche a seguito dell'azione umanitaria di Triton, i cui mezzi di soccorso rendono meno rischioso il viaggio verso i lidi di accoglienza, almeno dal punto di vista logistico, riducendo le distanze tra i porti di partenza e gli incontri in mare aperto, favoriti dalle comunicazioni effettuate con cellulari satellitari;
    la nuova ed inusitata dimensione del fenomeno migratorio dimostra il salto di qualità che si è verificato nella sua dinamica, a seguito dei conflitti e della crisi economica che caratterizzano molti degli stati africani e mediorientali. Siamo, pertanto, di fronte a fatti che nulla hanno a che vedere con la normale fisiologia del fenomeno migratorio, ma con una patologia, che non può essere affrontata solo dall'Italia, peraltro alle prese con una crisi economica che non ha ancora trovato le necessarie soluzioni. Anzi: stando alle previsioni dei principali Organismi internazionali, la nostra economia si muoverà, nel prossimo quinquennio, a scartamento ridotto. Con un'ulteriore crescita delle distanze rispetto al resto dell'Eurozona;
    ad un fenomeno che ha una dimensione internazionale non si può che rispondere con un coinvolgimento di tutta la Comunità internazionale a partire dall'ONU, l'Unione europea e la Nato, con il supporto attivo del G7 e del G20. Con una metodologia che ricalchi quanto fatto in passato per far fronte ai problemi del sottosviluppo o della lotta contro la fame nel mondo;
    un'azione coordinata, quindi, che richiede interventi anche di natura militare contro i trafficanti di persone e che isoli quegli Stati che, per ragioni di potenza regionale, ne favoriscono, seppure con modalità diverse, i relativi traffici;
    solo alzando il livello di guardia è possibile sperare di poter governare un fenomeno altrimenti destinato a creare focolai di infezione all'interno dell'Europa, con conseguenze drammatiche per la stessa tenuta democratica e la convivenza tra Stati diversi;
    temi, questi ultimi, che erano stati trattati nel dibattito parlamentare tenutosi il 22 aprile scorso, in vista della riunione straordinaria del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, a cui il Governo purtroppo non ha dato seguito, ma che l'accelerazione della crisi pongono al centro della necessaria riflessione politica;
    al termine del dibattito, le Assemblee di Camera e Senato avevano approvato due risoluzioni del gruppo FI-PdL;
    in particolare, la risoluzione approvata alla Camera impegnava il Governo:
     a rappresentare con vigore in seno al Consiglio europeo la necessità morale di un umanitarismo efficace, coinvolgendo l'Unione europea in azioni umanitarie e di soccorso armato, intesa come polizia internazionale, per la prevenzione di pericoli mortali mentre sono in atto crimini contro l'umanità;
     ad istituire un tavolo di coesione nazionale per l'emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, che coinvolga i rappresentanti dei governi che hanno maturato un'esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
     ad adottare ogni iniziativa per promuovere un'azione incisiva a livello europeo, attraverso scelte chiare che implichino: un sistema di intelligence forte e radicato che monitori all'origine del problema e fino alla sua destinazione; il contrasto tenace e determinato ai trafficanti di morte, anche attraverso interventi mirati in Libia; un piano sostenibile di accoglienza e solidarietà in Europa e nei Paesi di origine;
     a trovare la strada giuridicamente e politicamente congrua per intervenire in un ruolo di leadership sulla costa libica, nell'ambito di una forza multilaterale sotto l'egida delle organizzazioni internazionali, per contrastare in ogni modo l'azione degli scafisti e reprimere la tratta degli esseri umani, e garantendo la sicurezza dei profughi in campi sotto l'egida dell'Unhcr;
     a valutare l'opportunità di ricorrere anche ad altri strumenti di intervento, quali la sottrazione del costo che l'Italia sostiene per far fronte ad un'emergenza che è di tutta l'Europa dal contributo che ogni anno il nostro Paese versa all'Unione europea;
     nel corso del dibattito, il Presidente del Consiglio dei ministri aveva confermato la necessità di una risposta organica e strategica alle stragi nel Mediterraneo, e la necessità di fornire risposte politiche per affrontare la pressione migratoria;
     dalle stime in corso, riportate anche dalla stampa quotidiana, risulta che, ad oggi, sono 76.486 i migranti presenti nei centri di accoglienza temporanei, nei CARA, nelle diverse strutture messe a disposizione dalle amministrazioni locali, mentre ammonterebbe a 130.000 il numero dei migranti che potrebbero arrivare in Italia entro la fine dell'anno;
     il popolo siciliano, che merita un ringraziamento per lo sforzo eccezionale sopportato senza mai cedere all'intolleranza, sta sostenendo il maggior onere della presenza di migranti, nel numero di 16.010 persone, pari al 22 per cento del totale;
     dai dati del Ministero dell'interno, risulta che le persone sbarcate in Italia dal mese di gennaio 2015 ad oggi sono 52.671;
     nei primi mesi del mandato, il Governo in carica ha completamente disatteso gli impegni di vigilanza strategica assunti nel 2013 con il governo americano;
     occorre ricordare che l'operazione «Mare nostrum», varata dal governo Letta nell'autunno 2013, prevedeva, unitamente alle operazioni di soccorso in mare dei migranti, anche l'opzione militare, peraltro totalmente disattesa dal Governo in carica, e che la stessa si è rivelata totalmente inadeguata sotto il profilo del contrasto all'operato delle organizzazioni criminali;
     da tempo si sollecita la riforma del Regolamento Dublino III – che stabilisce i meccanismi e i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l'esame delle domande di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide –, riconoscendo la profonda inefficacia dello stesso e con l'obiettivo di sollecitare una responsabilizzazione dei singoli Paesi europei;
     in seguito agli sbarchi summenzionati, i Presidenti delle regioni Lombardia, Veneto e Liguria hanno espresso le proprie rimostranze ed hanno paventato l'ipotesi di adottare provvedimenti volti alla non accettazione di nuovi immigrati nei territori delle rispettive regioni;
     in base all'ultima direttiva dei Ministero dell'interno, riguardante la sistemazione di 8.406 profughi giunti sulle coste italiane negli ultimi giorni, la quota spettante alla Lombardia era fissata in 2.116 persone e quella per il Veneto in 1.926;
     tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare e risolvere il fenomeno migratorio non hanno avuto alcun esito positivo; al contrario, si può constatare che gli eventi degli ultimi mesi hanno determinato un peggioramento della situazione e che si è registrato l'ennesimo fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
     il piano ipotizzato dal Presidente del Consiglio nel corso del vertice del G7 di Berlino, di dare la possibilità ai comuni virtuosi che ospiteranno i migranti di sforare i vincoli del patto di stabilità interno, ovvero di corrispondere «misure compensative» ai comuni con i bilanci in rosso, appare assolutamente demagogico;
     l'Italia non è più in grado di affrontare e gestire da sola i continui sbarchi, considerato anche che i centri di accoglienza ubicati sul territorio nazionale hanno raggiunto, e in taluni casi superato, le soglie di massima capienza;
     l'allarme proveniente dall'emergenza sbarchi riguarda anche il forte rischio di infiltrazioni di matrice terroristica: i ricorrenti e sanguinosi attentati terroristici di matrice jihadista che hanno colpito vari paesi europei pongono infatti in evidenza quanto gravi siano i pericoli per il nostro Paese, anche alla luce delle esplicite minacce contro l'Italia formulate dall'Isis;
     il terrorismo è un atto criminale ingiustificabile in qualsiasi circostanza: rappresenta una minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità internazionale di ciascun paese, nonché ai diritti e alle libertà dei suoi abitanti, a causa della volontà degli attentatori di arrecare distruzione e morte in maniera indiscriminata, coinvolgendo i bambini, e persino addestrandoli ad uccidere;
     malgrado tutti gli sforzi coordinati e la crescente cooperazione tra i Paesi europei ed extra europei, la minaccia terroristica rimane altissima; a questo proposito ciascun paese dell'Unione ha l'obbligo di garantire non solo la sicurezza dei propri cittadini e delle persone che vi transitano o soggiornano, ma anche quella dei paesi che costituiscono l'Unione, ponendo in essere iniziative di polizia e di legge che rafforzino lo Stato di diritto e che prevengano infiltrazioni terroristiche entro i propri confini, attraverso fenomeni migratori, ingressi regolari ai varchi aeroportuali o marittimi, per motivi sia di lavoro, sia di studio o affari;
     le bande di criminali scafisti, spesso infiltrati da jihadisti, che organizzano il trasferimento soprattutto dalla Tripolitania alla Sicilia di decine di migliaia di immigrati clandestini hanno l'obiettivo non solo di realizzare ingentissimi guadagni, ma anche quello di destabilizzare l'Italia e gli altri paesi dell'Unione europea, e la risposta dell'Unione europea di fronte a questa migrazione di proporzioni bibliche insostenibile economicamente e pericolosa per la sicurezza è stata fino ad ora assolutamente insufficiente;
     tutelare la sicurezza nazionale è compito prioritario del Governo; salvaguardare la coesione e la pace sociale del popolo italiano, già messa a dura prova dagli effetti della crisi economica, impone un realismo umanitario ed efficiente, che eviti in ogni modo di incentivare gli esodi sia dalle coste del Mediterraneo, sia dai paesi dell'Africa sub-sahariana;
     di fronte alla gravissima crisi umanitaria in corso in particolare in Libia e Siria è necessario che la comunità internazionale valuti, come avvenuto in altre occasioni simili e come consentito dal diritto internazionale, di intraprendere un intervento umanitario volto alla tutela delle popolazioni e alla stabilizzazione dell'area;
    la governance dell'area euro sembra sempre più orientata verso l'unione economica, bancaria e di bilancio, senza una progressione parallela dell'unione politica, per cui aumentano i controlli europei e cresce la forza di una burocrazia comunitaria sempre più occhiuta, senza il necessario controbilanciamento politico e, quindi, democratico,

impegna il Governo:

   in vista del Consiglio europeo del 25-26 giugno prossimo, ad adottare, con la massima urgenza e con assoluta fermezza, ogni utile iniziativa per dare corso agli impegni assunti nelle Aule parlamentari il 22 aprile 2015;
   a proporre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione che consenta interventi umanitari sul suolo libico, anche con forze multinazionali a guida italiana, per sostenere un processo di stabilizzazione e debellare le organizzazioni criminali che lucrano sui flussi migratori;
   a sollecitare tempestivamente la definizione di una politica europea comune dell'immigrazione in seno al Consiglio europeo, per rafforzare il sistema di intelligence e per pianificare ogni azione utile volta ad un definitivo contrasto ai trafficanti di persone, considerato il totale fallimento delle proposte sulla suddivisione tra i paesi di quote di richiedenti asilo;
   a istituire un tavolo di coesione nazionale per l'emergenza immigrazione, con la partecipazione anche di rappresentanti delle istituzioni regionali e locali coinvolte nella gestione dell'accoglienza;
   a mettere in mora l'Unione europea, comunicando formalmente che, in mancanza di un reale e concreto impegno degli altri paesi europei, sarà sottratto dai trasferimenti che il nostro Paese effettua a favore dell'Unione il costo che l'Italia sopporta per far fronte da sola all'emergenza immigrazione;
   allo stesso modo, ad assumere iniziative per prevedere la diminuzione dei fondi strutturali europei allocati a quei paesi che rifiutino di accogliere una quota di richiedenti asilo, venendo così meno al dovere di solidarietà tra Stati, istituzioni e, in ultima analisi, cittadini comunitari;
   a imporre una seria discussione in seno all'Unione europea finalizzata ad una revisione delle clausole del Regolamento di Dublino III per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l'attuale principio del «Paese di primo arrivo»;
   a sollecitare il Consiglio europeo ad applicare quanto previsto in caso di «afflusso massiccio di sfollati nella Unione europea», con le modalità di concessione della protezione temporanea, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/55/CE, definendo quote di accoglienza per ciascuno Stato membro, anche al fine di garantire ai migranti il diritto costituzionalmente garantito della libertà di circolazione;
   a garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
   ad assicurare un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, prodromico all'istituzione del sistema europeo di accoglienza;
   a proporre e sostenere in seno all'Unione europea e all'Onu, in conformità con il diritto internazionale, un'operazione di polizia internazionale per mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia, con azioni mirate dove se ne individui la necessità. Tale operazione si rende necessaria anche di fronte al flagrante, continuato e sempre più vasto crimine contro l'umanità in atto in Libia (e Siria). A tal fine si ricorda che nello «Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale» sono definiti crimini contro l'umanità la «riduzione in schiavitù», la «deportazione o trasferimento forzato della popolazione», l’«imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale». Tali infami pratiche sono attuate dalle organizzazioni criminali e terroristiche attive nell'area, come documentato in modo inoppugnabile da testimonianze dirette e reportage giornalistici;
   ad attivarsi per la creazione urgente di campi profughi in nord Africa in modo da offrire aiuto e riparo ai profughi in fuga, sostenere i paesi confinanti nel loro sforzo di accoglienza e procedere ad un primo esame delle istanze per il riconoscimento dello status di rifugiato politico in Europa, garantendo al contempo condizioni di sicurezza e di vivibilità per profughi e migranti economici;
   ad assumere iniziative per istituire una task force diplomatica europea, sotto l'egida dell'Alto Commissario dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per ottenere la collaborazione dei paesi di transito nella costituzione di campi profughi attrezzati secondo criteri di decorosa vivibilità e sicurezza in Niger, Sudan e in Tunisia, ovvero negli altri paesi interessati dal transito migratorio. La gestione dei campi dovrà prevedere il coinvolgimento dell'Alto commissariato per i rifugiati e dell'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni che, in Africa – ma anche in Libia – vanta un'esperienza in progetti riusciti di rimpatrio assistito;
   ad operare un contrasto serio ed efficace agli scafisti e ai trafficanti di persone, anche prevedendo una normativa specifica e favorendo un lavoro di intelligence multinazionale e a mettere in campo un'azione diplomatica serrata nei confronti dei governi di Tobruk e Misurata, in Libia, e presso i paesi influenti sull'area perché si costituisca in tempi brevi un governo di unità nazionale, necessaria, seppur non sufficiente, condizione per procedere alla stabilizzazione e pacificazione dell'area;
   ad intraprendere, a livello nazionale e comunitario, una collaborazione strutturata con la Tunisia che preveda l'impiego del dispositivo navale tunisino e che permetta così di estendere l'area operativa di sorveglianza e contrasto all'immigrazione clandestina, in particolar modo nella zona adiacente la Libia, integrando la ridotta sorveglianza dovuta al restringimento dell'area operativa definita da Triton;
   a riconsiderare la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, e ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di paesi, riconoscendo alle parti implicate nel conflitto il diritto alla propria identità nazionale e all'autodeterminazione, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa;
   a sollecitare con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea per prevenire l'infiltrazione di cellule terroristiche nei contini dei singoli Stati potenziando nelle misura necessaria le operazioni di intelligence per sorvegliare con la massima attenzione e continuità tutti i possibili luoghi di aggregazione dei terroristi;
   ad assumere iniziative per progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare una deriva imperiale-tecnocratica che cancella, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali.
(6-00146) «Brunetta».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell'Unione europea del 25 e 26 giugno prossimi,
   premesso che:
    nella riunione del Consiglio europeo i capi di Stato e di Governo discuteranno dei futuri orientamenti in tema di modifiche e completamento dell'Unione Economica e Monetaria (UEM), il semestre economico europeo, l'Agenda digitale. Verranno inoltre trattati alcuni fondamentali temi di politica estera quali l'emergenza immigrazione, la revisione della strategia europea di sicurezza, la crisi ucraina e la lotta al terrorismo internazionale.
   Per ciò che concerne le questioni internazionali.
    La necessaria revisione della politica di sicurezza e difesa comune deve ricomprendere per intero la nostra politica estera, il dialogo e il sostegno concreto ai paesi del vicinato e del partenariato, in particolar modo quello Mediterraneo, e deve essere quanto più efficace possibile al fine di sviluppare un'area di stabilità, sicurezza e prosperità condivise, anche attraverso la nuova Politica europea di vicinato (PEV), che dovrebbe essere definita entro il prossimo autunno;
    una politica di vicinato efficace deve fondarsi, in particolare, sulla costituzione di una politica estera e di sicurezza dell'Unione europea unitaria e coraggiosa, che sia autorevole e realmente in grado di incidere sugli scenari critici particolarmente rilevanti per le regioni vicine. Solo una siffatta politica europea di vicinato può creare i presupposti per la stabilità, la crescita democratica e l'instaurazione dello stato di diritto;
    in particolare sarebbe opportuno dare il giusto rilievo e attenzione al raccordo e coordinamento tra Pev e politiche migratorie. La politica di vicinato potrebbe rappresentare la sede ottimale per rafforzare il dialogo con i Paesi partner in vista di una gestione condivisa delle dinamiche migratorie, nel quadro di un progressivo superamento di logiche meramente emergenziali, da realizzarsi anche attraverso l'auspicabile e urgente revisione del Regolamento Dublino III, e dell'instaurazione di criteri solidaristici tra gli Stati membri. Sarebbe in particolare urgente trovare un accordo in merito alla redistribuzione, su base equa e proporzionale, dei carichi relativi alle domande dei richiedenti asilo e protezione temporanea che interessano principalmente proprio il versante mediterraneo dei rapporti di vicinato;
    a seguito dell'aggravarsi della crisi ucraina, l'Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno adottato sanzioni nei confronti della Federazione Russa. In risposta il 7 agosto 2014 le autorità russe hanno disposto un embargo annuale su diverse tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, USA, Australia, Canada e Norvegia. Il nostro Paese risulta il terzo più danneggiato dell'Unione europea e le conseguenze riguardano non solo le mancate esportazioni, ma indeboliscono la struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
    nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 15 febbraio 2015 in Ucraina orientale gli scontri, seppur ridotti, non si sono tuttavia interrotti e permangono urgenti necessità mediche. Occorre, inoltre, un maggiore impegno per evitare i rischi di uno stato permanente di conflitto in Ucraina, dannoso per tutti gli europei, per la stessa Russia, per l'Ucraina, e per gli altri Paesi del vicinato, ivi inclusi Balcani, Caucaso e Asia Centrale, al fine di scongiurare la possibilità che si sfoci in una nuova guerra fredda, implementando una insensata e destabilizzante corsa agli armamenti attraverso il potenziamento missilistico delle basi Usa e Nato nei paesi dell'Europa orientale, nonché il continuo ripetersi di esercitazioni militari sia nel Mar Baltico e nel Mar Nero che possono essere avvertite come una minaccia per la Federazione Russa oltre che essere motivo di gravi incidenti diplomatici e militari;
    la spesa militare dell'Unione europea già nel 2010 ha raggiunto quota 194 miliardi di euro, approssimativamente la cifra del deficit annuale di Grecia, Italia e Spagna messe insieme; gli alti livelli di spesa militare, nei Paesi ora nell'epicentro della crisi dell'euro, hanno giocato un ruolo significativo nel provocare la crisi del loro debito e i debiti provocati dalla vendita di armi sono sovente il risultato di affari di corruzione tra funzionari dei governi, pagati con soldi dei cittadini, gli stessi che devono sopportare tagli pesantissimi nei servizi sociali;
    i tagli alla spesa militare, dove sono avvenuti, sono quasi interamente ricaduti sulle persone – riduzioni di personale, salari più bassi e pensioni più basse – e non sulla spesa per l'acquisto di armi mentre l'ampia consistenza di esportazioni di armamenti da parte degli Stati membri verso numerosi paesi del Sud del mondo e le aree di maggior tensione del pianeta dovrebbe obbligare l'Europa a una profonda riflessione sull'effettiva applicazione dei criteri restrittivi enunciati nella Posizione Comune dell'Unione europea del 2008 sulle esportazioni di armamenti;
    sottolineato, altresì, l'opportuno inserimento tra gli strumenti della PESC delle capacità civili e militari dell'Unione europea nella gestione delle crisi e il riconoscimento dello scenario geopolitico della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente – anche alla luce della recrudescenza terroristica con gli attentati di Tunisi al museo Bardo e la mortifica iniziativa contro le popolazioni del cosiddetto Califfato (Isis) – quali priorità strategiche ai fini della sicurezza europea, sicurezza che non può che essere conseguita attraverso il moltiplicarsi dell'iniziativa diplomatica, il riconoscimento dei diritti umani e dei diritti dei popoli, dell'implementazione delle politiche di disarmo, della cooperazione e del ripudio della guerra;
    considerato inoltre il delicato ruolo della Turchia, anche e non solo per la stretta cooperazione militare tra la Unione europea e questo Paese, che appare strategico nella costruzione di una Europa solidale e democratica ma che fino a oggi ha fatto mancare il proprio sostegno alla lotta al terrorismo dell'Isis, bloccando le forniture anche umanitarie verso i curdi e avendo avuto un comportamento alquanto ambiguo nei confronti degli estremisti islamici. Il risultato delle recenti elezioni politiche in Turchia e la perdita della maggioranza assoluta da parte del partito di Erdogan, possono aprire la strada verso un pieno coinvolgimento in funzione anti-Isis del Governo di Ankara e finalmente avviare quel processo di pace e d'inclusione del popolo curdo riconoscendone pienamente i diritti delle minoranze etniche e linguistiche. In questa direzione è auspicabile che il Pkk, formazione politica fondamentale sia nel processo di pace in Turchia sia nella stessa coalizione anti-Isis in Siria e Iraq. Si sottolinea in particolare come sia necessario che la frontiera tra Turchia e Siria cessi di essere il luogo di transito di migliaia di foreign fighters che alimentano le truppe fondamentaliste dell'Isis;
   Per ciò che concerne le questioni economiche.
    Gli Stati membri dell'Unione europea si caratterizzano per condizioni economiche e sociali eterogenee, motivo per il quale sarebbe preferibile predisporre misure diversificate predisposte appositamente per ogni singolo Stato membro, volte a correggere le distorsioni sociali ed economiche;
    il Consiglio ECOFIN, nelle conclusioni di maggio, sottolinea che «sedici degli Stati membri oggetto di esame indicati nella relazione sul meccanismo di allerta 2015 (Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia, Svezia e Regno Unito) presentano squilibri macroeconomici di genere e portata diversi». Contestualmente l'ECOFIN concorda con il parere della Commissione secondo cui cinque Stati membri (Bulgaria, Francia, Croazia, Italia e Portogallo) presentano squilibri eccessivi, nonché accoglie con favore l'intenzione della Commissione di monitorare in particolare le raccomandazioni del Consiglio agli Stati membri con squilibri eccessivi (Bulgaria, Francia, Croazia, Italia e Portogallo);
    se sedici Stati su ventotto presentano squilibri macroeconomici sembra evidente che l'Unione europea non sia un'area valutaria ottimale, considerato anche che in luogo di misure comuni quali il salario flessibile o la mobilità del lavoro, il nostro, continente è vessato da precariato e disoccupazione;
    l'assenza di una politica economica europea unitaria e di un sistema unico di indebitamento acuisce le suddette distorsioni sociali ed economiche;
    il recente andamento macroeconomico europeo è stato deludente, caratterizzato da una morsa di austerity che ha bloccato qualsiasi prospettiva di rilancio dell'economia, ed ha causato altissimi e persistenti livelli di disoccupazione;
    vi è un calo degli investimenti pubblici e privati nella Unione europea sin dall'insorgere della crisi finanziaria;
    la composizione della spesa pubblica dei Paesi europei deve essere più orientata al rilancio economico del Paese ed in particolare a sostegno degli investimenti;
    dopo un periodo di ideologia neo-liberalista nella quale il mantra era «lasciar fare» e «lasciare che i gruppi di interesse si autoregolamentino», le «vecchie teorie» keynesiane, che in Italia si tradurrebbero non solo in un aumento della spesa pubblica in consumi, ma anche in investimenti pubblici, che avrebbero un moltiplicatore molto elevato, stanno offrendo molteplici spunti per contrastare la crisi. Lo stesso Stiglitz nel suo discorso alla Camera ha ribadito come lo Stato debba perseguire tali politiche che non solo sarebbero da supporto alla domanda aggregata, ma innescherebbero dei moltiplicatori per ogni euro investito;
    come ci suggerisce il Rapporto stilato nel 2014 da Unioncamere e Symbola (Io sono cultura – Rapporto 2014 di Unioncamere e Symbola), per ciò che concerne l'Italia un altro esempio di moltiplicatore attivabile è quello sul sistema produttivo culturale il quale vanta un moltiplicatore pari a 1,67 sul resto dell'economia, ovvero «in termini monetari, ciò equivale a dire che gli 80 miliardi di euro prodotti nel 2013 dall'intero sistema produttivo culturale (comprensivo di no profit e pubblica amministrazione), riescono ad attivare 134 miliardi di euro, arrivando così a costituire una filiera culturale, intesa in senso lato, di 214 miliardi di euro»;
    in questi anni l'unico effetto della riduzione della spesa nella spasmodica rincorsa al pareggio di bilancio sono stati i tagli allo stato sociale e alle pensioni, trascinando il Paese in una crisi ben descritta dalle rilevazioni dell'Ufficio studi della Confcommercio;
    lo sterile utilizzo di indici quali il PIL, che da un lato, in base alla riclassificazione Sec 2010 altro non fa che inserire elementi distorsivi nel calcolarlo, rendendo antieconomico il debellamento di fenomeni quali la criminalità organizzata e lo sfruttamento della prostituzione e dall'altro tale indice non è indicativo «del benessere» di uno Stato e dei suoi cittadini, così come esaustivamente espresso dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel rapporto How's Live 2013, il quale afferma come ci sia il bisogno di tener conto anche di indicatori alternativi al PIL, quali la qualità e il costo delle abitazioni, i salari, la sicurezza dell'impiego, la disoccupazione, l'educazione, la coesione sociale, la qualità di vita;
    nel Consiglio Europeo informale di febbraio 2015 è stato presentata il report «Preparing for Next Steps on. Better Economic Governance in the Euro Area», denominato report dei quattro presidenti. Nel documento, oltre a mettere in luce alcuni aspetti migliorabili dell'Unione Economica e Monetaria (Unione europeaM), si chiedeva agli stati membri di presentare proposte volte e migliorare questa unione. Il Parlamento ha appreso da notizie di stampa che il Governo italiano ha presentato una proposta di completamento dell'UEM che, senza previa consultazione delle Camere, propone dei trasferimenti di sovranità all'Unione europea;
   per ciò che concerne l'Agenda Digitale europea.
    Lo scoreboard sugli avanzamenti in materia di Agenda Digitale europea, pubblicato quest'anno dalla Commissione europea, ha certificato una situazione di assoluta asimmetria a livello continentale circa la realizzazione degli obiettivi prefissati nel programma europeo;
    secondo il DESI 2015 (indice dell'economia e della società digitali), l'Italia, con un punteggio complessivo pari a 0,36, è venticinquesima nella classifica dei 28 stati membri dell'Unione europea ed è dunque ricompresa nel gruppo dei paesi con prestazioni basse insieme alla Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovenia e Slovacchia;
   i dati sull'Italia appaiono particolarmente significativi: il nostro Paese risulta, infatti, ben lontano dal raggiungimento degli obiettivi stabiliti rispetto alla maggior parte degli indicatori considerati e, segnatamente, mercato della banda larga; utilizzo di internet, competenze digitali, sviluppo del commercio elettronico e investimenti in ricerca e sviluppo nel settore ICT;
    la situazione di deficit di sviluppo sopra rappresentata è dovuta, principalmente, all'inefficacia delle politiche nazionali fino ad ora perseguite in materia, oltre che dalla mancanza di una visione d'insieme sui temi legati all'innovazione del Sistema Paese ma è, al contempo, determinata dalla rigidità dei vincoli stabiliti dai Trattati europei in vigore in materia di investimenti pubblici dei singoli Stati membri, oltre che dalla mancata destinazione di risorse finanziarie specifiche anche comunitarie per il raggiungimento degli obiettivi del programma europeo;
    il rispetto del principio della net neutrality, a mente del quale ogni pacchetto di dati veicolato attraverso la rete internet deve essere trattato in maniera omogenea senza distinzioni, restrizioni o interferenze, in relazione all'origine, al contenuto, alla qualità o tipologia dei dati considerati, costituisce l'architrave sulla quale è stata costruita la rete internet così come la conosciamo oggi, garantendo il pieno esercizio dei diritti, anche di rango costituzionale, afferenti alla ricezione e comunicazione di informazioni da parte dei cittadini;
    nel tempo i fornitori di servizi di rete hanno adottato politiche sempre più aggressive in termini di gestione del traffico internet, come tali idonee a compromettere la neutralità della rete;
    in proposito la Commissione europea in vista dell'obiettivo di costruire un mercato unico delle telecomunicazioni ha presentato nel settembre 2013 un pacchetto di riforme del mercato delle telecomunicazioni comprendente un regolamento e una raccomandazione sul tema;
    in particolare, il regolamento all'articolo 23 prevede disposizioni volte a garantire il rispetto del principio di neutralità della rete, norme che sono state emendate in prima lettura dal Parlamento europeo il 3 aprile 2014, attraverso una risoluzione legislativa che specifica che l'accesso ad internet debba essere garantito «indipendentemente dalla sede dell'utente finale o del fornitore e dalla localizzazione, dall'origine, dalla finalità del servizio, delle informazioni o dei contenuti»;

impegna al Governo:

  Per ciò che concerne le questioni internazionali.
   Ad adoperarsi, in funzione della definizione, nel Documento Politica europea di vicinato (PEV) previsto per l'autunno 2015, per una revisione della PEV che assicuri un quadro unitario e sinergico tra questa politica e la politica estera, di sicurezza e di difesa comune dell'Unione, atta ad individuare modalità flessibili e commisurate al diversi livelli di ambizione dei partenariati di vicinato e che tenga conto dei conflitti in pieno svolgimento in molti Paesi limitrofi, delle diverse modalità di azione e intervento;
   a proporre la revoca delle sanzioni economiche della Unione europea alla Russia in quanto inefficaci, e controproducenti e continuare a sostenere la richiesta di un effettivo cessate il fuoco in Ucraina;
   a dare attuazione alla mozione (1-00605) approvata il 18 dicembre 2014 che impegnava il Governo a revisionare l'accordo Dublino III istituendo punti adibiti alla richiesta d'asilo direttamente sui territori di partenza dei migranti, nonché corridoi umanitari per questi ultimi;
   ad attivarsi perché si trovi immediatamente una soluzione multilaterale condivisa all'urgente e gravissima emergenza concernente i migranti che stanziano nei pressi della frontiera francese, in particolare nella zona di Ventimiglia ed al contempo perché si adotti in tempi brevi un testo unico europeo in materia di asilo che preveda un equa e proporzionale ripartizione di quote di migranti da accogliere sui territori dei vari stati membri dell'Unione europea;
   a porre in essere ogni iniziativa affinché venga esclusa in questa fase l'adesione alla NATO di ulteriori Paesi della disciolta Unione Sovietica e a congelare, o in subordine a ridurre, le esercitazioni militari nel Baltico e nel Mar Nero con il fine di raffreddare la tensione con la Federazione Russa;
   a riprendere nelle apposite sedi i negoziati per il disarmo convenzionale e nucleare del nostro continente evitando ulteriori processi di militarizzazione della frontiera tra Unione europea Federazione Russa;
   ad escludere azioni di guerra in Libia che finirebbero per rafforzare in tutto il Medio Oriente le pulsioni fondamentalistiche antioccidentali e terroristiche;
   ad attivarsi nelle apposite sedi perché l'Unione europea chieda al nuovo Governo di Ankara l'avvio del processo di pace e di inclusione con il popolo curdo nonché dei diritti fondamentali di tutte le minoranze ed al contempo perché la Repubblica di Turchia ponga fine a ogni ambiguità nei confronti dell'Isis collaborando con la Unione europea al fine di bloccare l'afflusso di armi alle organizzazioni terroristiche e impedire il transito verso Siria e Iraq dei foreign fighters;

  Per ciò che concerne le questioni economiche.
   A porre in essere ogni iniziativa affinché vi sia un ripensamento e una rimodulazione dei principi del regime dell'austerity superando l'anacronistico e deleterio vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil e più in generale ridiscutere e modificare i vincoli posti dal Fiscal Compact al fine di rilanciare l'economia del Paese, nonché aumentare l'occupazione, ed infine sospendere la partecipazione dell'Italia al Meccanismo europeo di stabilità finanziaria (EMS);
   ad intraprendere azioni atte ad espungere elementi distorsivi dal calcolo del PIL quali le attività illegali realizzate in uno stato di sostanziale incapacità di volere, come ad esempio la prostituzione e il procurarsi sostanze stupefacenti, che rendono antieconomica la loro risoluzione e affinché queste attività non siano considerate come svolte «consensualmente»;
   a farsi promotori, nelle opportune sedi, dell'abbandono dell'utilizzo del PIL quale parametro di riferimento della salute di uno Stato e utilizzare indici alternativi quali quelli promossi dal progetto «The Better Life Index» dell'OCSE;
   ad impegnarsi, nelle apposite sedi, per una mitigazione dei vincoli europei sul bilancio, al fine di ridurre il regime di rigore che strangola la nostra economia e toglie prospettiva allo sviluppo dell'Italia;
   a concordare in sede europea l'immediato scomputo dal calcolo della soglia del 3 per cento deficit/PIL del cofinanziamento dei fondi europei, delle spese effettuate per investimenti infrastrutture, in prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, della messa in sicurezza a degli edifici pubblici, degli investimenti nella ricerca, dell'informatizzazione della pubblica amministrazione. Queste spese, infatti, da un lato arrecherebbero benessere ai cittadini e dall'altro innescherebbero moltiplicatori economici tali da rilanciare il sistema Paese;
   a sostenere in sede europea l'obbligatorietà, per tutti i paesi membri, di adottare politiche di sostegno economico delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, mediante l'istituzione di strumenti come il reddito di cittadinanza;
   ad attivarsi per ridiscutere con gli altri stati membri dell'Unione europea i processi decisionali e gli assetti istituzionali dell'Unione nel segno di una maggiore trasparenza, di un più intenso coinvolgimento dei parlamenti nazionali e di una più forte responsabilizzazione che obblighi le istituzioni europee a rispondere ai cittadini nei casi di clamorosi fallimenti, quali sono quelli provocati da alcune delle decisioni adottate recentemente per fronteggiare la crisi;
   a ricercare, in accordo con gli altri Stati membri, strumenti comuni finalizzati a debellare il fenomeno dell'elusione e dell'evasione fiscale internazionale;
   a porre in essere ogni iniziativa affinché l'Unione europeaM (Unione economica e monetaria) non si limiti ad essere uno sterile sistema di regole ma sostenga, nel quadro del bilancio dell'Unione, lo sviluppo e la coesione sociale in coerenza con i principi di uguaglianza e solidarietà tra gli stati membri affrontando gli squilibri, le divergenze strutturali e le emergenze finanziarie direttamente connesse all'Unione monetaria, in un'ottica di cooperazione e solidarietà, senza compromettere le sue funzioni tradizionali di finanziamento delle politiche comuni. Inoltre si dovrebbe modificare il sistema al fine di accrescere il controllo democratico delle decisioni prese nell'Eurozona;
   ad impegnarsi affinché siano varati in sede comune sistemi diversi di gestione delle situazioni critiche degli stati più deboli, che devono essere supportati e non emarginati e condannati a richieste di maggiore austerità anche quando sono già stati messi in discussione alcuni beni e servizi fondamentali come il sistema sanitario;
   a ridiscutere gli aspetti sostanziali concernenti l'unione monetaria e la moneta unica in particolare, sia nella sua struttura, sia nella visione economica di fondo poiché attualmente rischia di essere, come la definisce Alain Parguez «una moneta “falsa”», scollegata dall'economia reale, puramente privata, creata unicamente su richiesta di operatori privati da banche obbligate a soddisfare gli obiettivi fissati dalla Banca Centrale, sorretta dalle aspettative dei mercati finanziari», anche in vista della possibilità di svincolarsi dalla politica monetaria unica che mal si sposa con le caratteristiche e le esigenze economiche del Paese riacquisendo la sovranità monetaria, in considerazione del fatto che di recente è stata depositata in Senato una proposta da parte di cittadini italiani per dare il via alla legge di iniziativa popolare finalizzata al referendum consultivo sull'euro;
   in merito all'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti (TTIP) a non ratificare l'accordo e in ogni caso a garantire il massimo livello di trasparenza in tutte le fasi delle trattative e a provvedere immediatamente ad eliminare la previsione della clausola Isds, perché non vi sia un ribasso sugli standard del comparto agroalimentare europeo ed in particolare quello nazionale e a sostenere uno studio sull'impatto nei 28 Stati membri, finanziato dall'Unione europea, per valutare gli effetti sull'economia nazionale e sulla tutela del «Made in Italy»;

  per ciò che concerne l'Agenda Digitale europea.
   A porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché vengano destinate risorse addizionali per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda Digitale europea in favore degli Stati membri che registrano più elevati deficit nel raggiungimento degli obiettivi del programma europeo, come certificati dallo scoreboard diffuso dalla Commissione europea, prevedendo tempi certi per la realizzazione degli obiettivi e stabilendo sanzioni adeguate a carico degli Stati membri in caso di mancata utilizzazione delle risorse addizionali per tal via destinate;
   a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea al fine di prevedere delle deroghe specifiche ai vincoli di bilancio stabiliti dai Trattati in vigore al fine di favorire gli investimenti pubblici a livello di singoli Stati membri per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda Digitale europea oltre che dei singoli programmi adottati in materia di innovazione dagli Stati membri;
   a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché si giunga ad una rapida approvazione del nuovo pacchetto in materia di mercato delle telecomunicazioni, secondo quanto approvato in prima lettura dal Parlamento europeo in data 3 aprile 2014;
   a favorire a livello europeo la creazione di un quadro regolamentare idoneo a consentire un più incisivo intervento pubblico diretto nell'infrastrutturazione con banda ultralarga delle aree dei Paesi membri a fallimento di mercato.
(6-00147) «Petraroli, Battelli, Nesci, Luigi Di Maio, Fraccaro, Vignaroli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, Colonnese, D'Incà, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Manlio Di Stefano, Grande, Scagliusi, Spadoni, Massimiliano Bernini, Basilio, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno p.v.
   premesso che:
    nonostante il sistema dell'accoglienza sia già al collasso continuano senza sosta gli sbarchi che portano migliaia di immigrati sulle nostre coste, mentre altre centinaia di loro continuano tragicamente a morire in mare;
    l'arrivo in massa di migranti clandestini nel nostro Paese dai confini meridionali sta assumendo un carattere strutturale e bisogna trovare con urgenza un metodo di gestione efficiente e condiviso di tale fenomeno migratorio in ambito europeo che possa permettere di affrontare e risolvere la questione nel lungo periodo;
    l'operazione Triton, inizialmente sbandierata come soluzione del problema, sta dimostrando tutti i suoi limiti, prevedendo si la partecipazione di imbarcazioni di altri Stati dell'Unione europea per il soccorso dei naufraghi e il salvataggio dai barconi ma non una rete di accoglienza;
    emblematico in tal senso è ciò che è avvenuto negli scorsi giorni a Ventimiglia dove la Francia ha temporaneamente sospeso l'accordo di Schengen per impedire l'accesso di alcune centinaia di migranti sul loro territorio nazionale;
    sulla questione della redistribuzione dei richiedenti asilo tra i paesi dell'Unione europea sembra che nel Consiglio di domani e dopodomani si vada verso l'approvazione di una redistribuzione solamente volontaria di quarantamila richiedenti asilo è, inoltre, in un periodo di tempo di due anni, mentre sembra non troverà accoglimento la proposta della redistribuzione obbligatoria dei migranti;
    è notizia delle ultime ore che l'Ungheria avrebbe annunciato la propria decisione di non rispettare più le regole sulle richieste di asilo nell'Unione europea e di sospendere l'applicazione del Regolamento di Dublino, cessando quindi di riaccogliere i migranti che dopo essere entrati nella Ue attraverso il territorio ungherese lo avevano poi abbandonato;
    il contrasto all'immigrazione clandestina deve passare anche attraverso la lotta ai trafficanti di esseri umani, che anzi sembrano essere in continuo aumento per la facilità di reclutare semplici pescatori attratti da facili guadagni e dalla quasi totale impunità, e la distruzione delle imbarcazioni impiegate;
    la stessa Unione europea considera parte integrante della lotta contro l'immigrazione clandestina la sua prevenzione e riduzione «in particolare attraverso una politica di rimpatrio efficace che rispetti debitamente i diritti fondamentali» e ha approvato già nel 2008 la cosiddetta direttiva rimpatri, oltre ad impegnarsi attivamente nella conclusione di accordi bilaterali di riammissione con i paesi dai quali provengono i migranti;
    in Italia il Fondo rimpatri è stato oggetto di drastici tagli di bilancio ed è attualmente quasi completamente privo di risorse;
    il 22 giugno 2015 il Consiglio europeo ha lanciato la prima fase d'operazione NAVFOR Med, che si concentrerà sulla sorveglianza e sulla valutazione delle reti degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani, in attesa del momento opportuno per passare alle fasi successive che dovrebbero comprendere la ricerca di imbarcazioni sospette, lo smaltimento delle imbarcazioni e dei relativi beni e la cattura dei trafficanti e degli scafisti;
    l'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che le politiche dell'Unione relative ai controlli alle frontiere, all'asilo, all'immigrazione, siano «governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario»;
    il persistere del carattere emergenziale del fenomeno dell'immigrazione irregolare è indissolubilmente legato al caos politico ed istituzionale, se non di guerra vera e propria, di molti Paesi dell'Africa, tra i quali figura anche la Libia, attualmente incapace di approntare dal suo lato un piano contro i trafficanti di esseri umani e i cosiddetti viaggi della speranza;

impegna il Governo:

   ad operare in primissimo luogo in favore di una stabilizzazione politica ed istituzionale dei Paesi dell'Africa dai quali fuggono i migranti diretti in Europa;
   ad avviare iniziative, anche in ambito sovranazionale, volte al contrasto dell'immigrazione irregolare e per la lotta agli scafisti, sia attraverso misure sanzionatorie penali sia attraverso la distruzione delle imbarcazioni a tal fine impiegate;
   a valutare l'opportunità che sia messo in atto un pattugliamento delle coste libiche, e sia attivata una missione internazionale multilaterale, coinvolgendo i Governi dei Paesi dell'Africa settentrionale, per esaminare in loco le domande di asilo e stroncare il traffico di vite umane;
   a promuovere l'individuazione delle politiche necessarie a gestire in modo condiviso e secondo regole di protezione umanitaria la questione dei profughi, e a promuovere le opportune iniziative per (a revisione dei criteri dell'accoglienza e della distribuzione degli stessi tra i partner europei;
   a rifinanziare il Fondo rimpatri, affinché l'Italia sia posta in condizione di rispettare le previsioni legislative nazionali ed europee in materia;
   ad attivarsi in ambito europeo ai fini della revisione del cosiddetto sistema di Dublino che scarica l'emergenza immigrazione solo su alcuni Paesi.
(6-00148) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    nella riunione del 25 e 26 giugno, il Consiglio europeo discuterà di migrazione. I leader dovrebbero concentrarsi su ricollocazione, reinsediamento e politica di rimpatrio e volgere lo sguardo alla futura conferenza di La Valletta con i paesi africani di origine e di transito;
    i Capi di Stato o di Governo si concentreranno sulle sfide in materia di sicurezza cui è confrontata l'Unione europea. Discuteranno un riesame della strategia europea in materia di sicurezza e faranno il punto dei lavori in corso nella lotta al terrorismo;
    toccheranno questioni economiche, concludendo così il semestre europeo 2015 e facendo il punto sullo stato dei lavori riguardanti il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) e il Fondo europeo per gli investimenti strategici; il Consiglio europeo approfondirà le discussioni e fornirà orientamenti in merito all'agenda digitale e alla relazione sull'Unione economica e monetaria (Unione europeaM) concernente una migliore governance economica nella zona euro: inviterà l'Alto rappresentante a preparare una revisione della Strategia europea 2003 in materia di sicurezza, affronterà poi nuovamente le relazioni con la Russia e la situazione in Ucraina, farà quindi il punto sull'attuazione degli orientamenti sulla situazione del Mediterraneo, concordati nella riunione straordinaria del mese di aprile; infine, si farà il punto dei lavori in corso in materia di sicurezza interna, in particolare sulla base della comunicazione della Commissione «Un'agenda europea per la sicurezza»;
    verranno forniti orientamenti aggiuntivi sull'Agenda digitale a seguito della comunicazione della Commissione «Strategia per il mercato unico digitale per l'Europa» e verranno approvate poi le raccomandazioni specifiche per paese per guidare gli Stati membri nelle foro riforme strutturali (politiche dell'occupazione e bilanci nazionali) oltre che delineare la situazione sul Trattato di Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP);
    il Consiglio europeo discuterà inoltre la relazione del Presidente della Commissione, predisposta in stretta collaborazione con il presidente del Vertice euro, il presidente dell'Eurogruppo e il Presidente della Banca centrale europea, sul miglioramento della governance economica nella zona euro;
    durante il dibattito al consiglio Affari interni Ue a Lussemburgo si è discusso del meccanismo obbligatorio di ripartizione di 40 mila richiedenti asilo (24 mila dall'Italia e 16 mila dalla Grecia in due anni). Un confronto, in cui, come evidenziato dal ministro dell'Interno della presidenza lettone Rihards Kozlovskis, sono emerse divergenze di opinioni ma dove comunque si era in presenza di un clima ragionevole a detta anche del Ministro dell'Interno Italiano Angelino Alfano perché si è fatto un primo passo verso questa Agenda della Commissione, sia per la rottura del muro di Dublino, sia per i rimpatri;
    a decidere se le quote saranno obbligatorie, vincolanti (che è un gradino meno di obbligatorio) o volontarie sarà il vertice dei leader dei 28 fissato per il 25 e 26 giugno e ci auguriamo che in tale occasione il Consiglio europeo possa anche arrivare a una conclusione definitiva su ricollocamenti e reinsediamenti (20 mila dai campi profughi in due anni) entro la fine di luglio, dopo che la presidenza entrante, quella del Lussemburgo, ha dato il suo impegno ad accelerare col lavoro tecnico sul dossier;
    secondo fonti della Commissione Ue, la maggioranza delle delegazioni, 16 su 28 (Italia, Grecia, Malta, Croazia, Cipro, Bulgaria, Romania, Olanda, Austria, Belgio, Svezia, Lussemburgo, Finlandia, Francia, Germania e Belgio), si è espressa a favore della ripartizione obbligatoria, pur con alcuni distinguo soprattutto sui criteri della chiave di ripartizione, a tre Paesi dell'area Schengen – Liechtenstein, Svizzera e Norvegia – hanno dato la loro disponibilità a partecipare;
    tra le posizioni dei diversi Paesi ci sono state sorprese, come l'apertura della Spagna, ma anche delusioni, come l'atteggiamento di opposizione della Polonia, mentre l'Irlanda, pur godendo di clausole di esclusione come Gran Bretagna e Danimarca, ha comunque deciso di fare la sua parte, uno scenario che fa prevedere risvolti positivi anche sulla vicenda dei migranti bloccati a Ventimiglia dalle autorità francesi;
    si sostiene il meccanismo di solidarietà obbligatorio per le ripartizioni del richiedenti asilo proposto dalla Commissione, a condizione che sia accompagnato dalla responsabilità ovvero dal rispetto dei trattati di Dublino e Schengen, con i foto segnalamenti, la raccolta delle impronte digitali, ma soprattutto la creazione degli «hotspot» nei Paesi in prima linea per smistare chi ha davvero bisogno di protezione internazionale dai migranti economici, accelerando sui rimpatri, con l'assistenza finanziaria e di gestione della Commissione europea;
    la raccomandazione della Commissione dell'8 giugno scorso relativa al programma di reinsediamento europeo, successiva all'Agenda europea sulla migrazione del 13 maggio 2015, propone un programma di reinsediamento dell'Unione europea per offrire 20000 posti sulla base di una chiave di distribuzione attribuendone la responsabilità dell'accoglienza solo agli Stati partecipanti, chiedendo comunque assistenza da parte dell'UNHCR per dare attuazione a tale programma;
    la Commissione prevede di erogare a favore del programma di reinsediamento 50 milioni di euro nel 2015 e nel 2016 e stabilisce che il programma abbia una durata di due anni prevedendo che le regioni prioritarie per il reinsediamento siano Nord africa, Medio Oriente e Corno d'Africa;
    la Commissione raccomanda che gli Stati membri e gli Stati associati conservino la responsabilità delle decisioni di ammissione mentre all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti;
    la Commissione raccomanda, inoltre, che, allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato provveda a espletare una procedura formale di protezione internazionale e auspica che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma;
    durante la Conferenza Interparlamentare sulla Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e sulla Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) svoltasi a Riga dal 4 al 6 marzo 2015 nell'ambito del semestre lettone di presidenza del Consiglio dell'Unione Europea sono stati compiuti importanti passi avanti verso una maggiore collaborazione dei paesi dell'Unione Europea in tema di sicurezza e difesa;
    grazie al lavoro svolto dalla delegazione italiana l'articolazione interna del testo delle Conclusioni Finali approvato al termine dei lavori della Conferenza è stato modificato, rispetto alla versione originale, in modo da diffondersi maggiormente sulla lotta al terrorismo internazionale e sulle aree di crisi del Mediterraneo, riequilibrando la formulazione iniziale che riservava uno spazio preponderante alle prospettive di riforma del Partenariato orientale e alla crisi ucraina;
    la delegazione italiana ha ottenuto l'inserimento nelle Conclusioni Finali delle proprie proposte relative al riassetto dei Raggruppamenti Tattici dell'Unione Europea, alla revisione del sistema di finanziamento comune ATHENA e all'applicazione degli articoli 42, 43, 44 e 46 del Trattato dell'Unione Europea, consolidando i risultati conseguiti alla Conferenza Interparlamentare di Roma e aprendo la strada all'implementazione della Cooperazione Strutturata Permanente, tema rispetto al quale si è registrato il pieno e concreto supporto dell'Alta Rappresentante dell'Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini,

impegna il Governo:

   a rendere effettivo ed efficace il dispositivo simile a EuNavFor Med finalizzato al contrasto al traffico di esseri umani, con l'assegnazione del comando Italiano alla missione Ue;
   a promuovere in sede europea una leale applicazione dell'articolo 17 del regolamento di Dublino III;
   a proporre in sede europea l'implementazione di un sistema di quote di ripartizione degli aventi diritto d'asilo che non si basi esclusivamente sulla percentuale di richieste positive ma che sia anche indicato in base ai reali flussi di migranti, basandosi su un sistema ponderato al numero di migranti in arrivo, che all'aumentare del numero di migranti riduca le percentuali di richieste con risultato positivo;
   a proporre la creazione di un sistema informatico integrato europeo di gestione dei flussi, che sfrutti i sistemi eventualmente già presenti e che si integri con le funzioni di controllo esercitate da EuroPol, finalizzato alla redistribuzione ed alla verifica dello status;
   ad assumere iniziative per impegnare gli Stati dell'Unione europea a definire un procedimento standard di rilascio dei permessi di asilo, delineando anche linee-guida comuni per la valutazione dei casi;
   a proporre di preparare, in vista dell'incontro di Malta coi Paesi africani, un documento che preveda accordi coi paesi maggiormente attraversati dal transito di migranti e da cui i flussi migratori si originano per dare atto all'impegno votato circa la creazione di uffici territoriali locali per il rilascio di visti;
   a proporre di apprestare un più efficace contrasto ai foreign fighters, anche perseguendo un maggiore coordinamento e scambio di informazioni con i partner europei, nonché provvedendo ad un impegno verso le istituzioni culturali e scolastiche affinché vengano applicate le disposizioni della mozione 1-906 approvata il 17 giugno 2015;
   a proporre l'organizzazione di un tavolo negoziale sulla crisi in Siria che riunisca rappresentanti dei governi di Siria, Russia, Stati Uniti, Iran e dell'Unione Europea allo scopo di elaborare un percorso per la stabilizzazione del paese, eventualmente anche attraverso una collaborazione tra gli attori già impegnati nel contrasto dell'ISIS nel territorio siriano, volto al raggiungimento di un accordo tra le fazioni siriane sul futuro assetto istituzionale della Siria nel dopoguerra, finalizzato anche alla riduzione del fenomeno dei foreign fighters;
   ad incentivare i Paesi dell'Unione europea ad adoperarsi per bloccare il flusso illecito di armi e «foreign fighters» verso la Libia, sia tramite un rafforzamento in tal senso della sorveglianza marittima, sia tramite iniziative di collaborazione con i paesi confinanti con la Libia allo scopo di assicurare un maggiore controllo dei confini;
   a proporre un'armonizzazione delle procedure tra le varie istituzioni che indagano sul fenomeno terroristico;
   a proporre soluzioni mirate che facilitino, anche attraverso agevolazioni economiche e legislative, la possibilità di rendere diffusa, accessibile e fruibile da parte del settore privato e aziendale, la rete in fibra ottica già installata;
   a proporre semplificazioni normative per i comuni per facilitare la connessione di nuove reti in fibra ottica, tramite l'utilizzo di corrugati e cavidotti esistenti;
   a richiedere una valutazione delle possibili implicazioni, contestualmente ad una sospensione della fase di trattativa tra Unione europea e USA, che l'applicazione del TTIP potrebbero comportare rispetto all'economia italiana ed europea, procedendo ad una più fattiva trasparenza nel processo di composizione del trattato;
   a proporre in sede europea la sollecitazione di una maggiore collaborazione degli Stati europei all'attuazione del programma di reinsediamento europeo contenuto nella raccomandazione della Commissione europea dell'8 giugno 2015;
   ad adoperarsi, per quanto di sua competenza, affinché l'Italia e gli altri Paesi membri dell'Unione europea diano seguito ai punti 31 e seguenti del testo delle conclusioni finali approvato dalla Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) svoltasi a Riga dal 4 al 6 marzo 2015, con particolare riguardo:
    all'implementazione di una riforma dei raggruppamenti tattici dell'Unione europea secondo un concetto modulare al fine di creare una forza europea più flessibile rapidamente impiegabile in operazioni di stabilizzazione in aree di crisi, anche avviate e condotte ai sensi degli articoli 43, 44 e 46 del Trattato dell'Unione europea;
    all'avvio di un percorso di armonizzazione delle differenti procedure nazionali dei Paesi dell'Unione europea relative alla concessione delle autorizzazioni per il dispiegamento dei raggruppamenti tattici dell'Unione europea;
    alla partecipazione alle proposte iniziative di Pooling & Sharing;
    alla revisione del sistema comune di finanziamento ATHENA, ivi inclusa la definizione di un meccanismo semplificato all'interno di ATHENA per il finanziamento dei costi comuni relativi all'attuazione di missioni avviate ai sensi degli articoli 43, 44 e 46 del TUE.
(6-00149) «Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Matarrelli».


   La Camera,

impegna il Governo:

   a rendere effettivo ed efficace il dispositivo simile a EuNavFor Med finalizzato al contrasto al traffico di esseri umani, con l'assegnazione del comando Italiano alla missione Ue;
   a promuovere in sede europea una leale applicazione dell'articolo 17 del regolamento di Dublino III;
   ad assumere iniziative per impegnare gli Stati dell'UE a definire un sistema comune di asilo europeo;
   a proporre di preparare, in vista dell'incontro di Malta coi Paesi africani, un documento che preveda accordi coi paesi maggiormente attraversati dal transito di migranti e da cui i flussi migratori si originano per dare atto all'impegno votato circa la creazione di uffici territoriali locali per il rilascio di visti;
   a proporre di apprestare un più efficace contrasto ai foreign fighters, anche perseguendo un maggiore coordinamento e scambio di informazioni con i partner europei, nonché provvedendo ad un impegno verso le istituzioni culturali e scolastiche affinché vengano applicate le disposizioni della mozione 1-906 approvata il 17 giugno 2015;
   ad incentivare i Paesi dell'Unione europea ad adoperarsi per bloccare il flusso illecito di armi e «foreign fighters» verso la Libia, sia tramite un rafforzamento in tal senso della sorveglianza marittima, sia tramite iniziative di collaborazione con i paesi confinanti con la Libia allo scopo di assicurare un maggiore controllo dei confini;
   a valutare l'opportunità di proporre semplificazioni normative per i comuni per facilitare la connessione di nuove reti in fibra ottica, tramite l'utilizzo di corrugati e cavidotti esistenti;
   a proporre in sede europea la sollecitazione di una maggiore collaborazione degli Stati europei all'attuazione del programma di reinsediamento europeo contenuto nella raccomandazione della Commissione europea dell'8 giugno 2015;
   ad adoperarsi, per quanto di sua competenza, affinché l'Italia e gli altri Paesi membri dell'Unione europea diano seguito ai punti 31 e seguenti del testo delle conclusioni finali approvato dalla Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) svoltasi a Riga dal 4 al 6 marzo 2015, con particolare riguardo:
    all'implementazione di una riforma dei raggruppamenti tattici dell'Unione europea secondo un concetto modulare al fine di creare una forza europea più flessibile rapidamente impiegabile in operazioni di stabilizzazione in aree di crisi, anche avviate e condotte ai sensi degli articoli 43, 44 e 46 del Trattato dell'Unione europea;
    all'avvio di un percorso di armonizzazione delle differenti procedure nazionali dei Paesi dell'Unione europea relative alla concessione delle autorizzazioni per il dispiegamento dei raggruppamenti tattici dell'Unione europea;
    alla partecipazione alle proposte iniziative di Pooling & Sharing;
    alla revisione del sistema comune di finanziamento ATHENA, ivi inclusa la definizione di un meccanismo semplificato all'interno di ATHENA per il finanziamento dei costi comuni relativi all'attuazione di missioni avviate ai sensi degli articoli 43, 44 e 46 del TUE.
(6-00149) (Testo modificato nel corso della seduta). «Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Matarrelli».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell'Unione europea del 25 e 26 giugno 2015 il cui ordine del giorno provvisorio prevede i seguenti punti:
    la strategia globale della politica migratoria con particolare riguardo al trasferimento/reinsediamento dei migranti, alla cd. «Politica del ritorno», alla preparazione della Conferenza della Valletta;
    le sfide della sicurezza nei confronti dei conflitti e dell'instabilità alle frontiere europee nel Sud ed in Oriente, ed il punto sull'attuazione delle misure di lotta contro il terrorismo;
    le questioni economiche con la conclusione del semestre europeo e l'approvazione delle raccomandazioni per ogni singolo Paese, il punto sullo stato di avanzamento del negoziato TTIP, l'Agenda digitale europea e la Relazione dei cinque Presidenti sul miglioramento della governance economica della zona euro;
    le questioni relative al rapporto della Unione europea con il Regno Unito;
   premesso che:
    in relazione al problema delle migrazioni ed alle politiche per la sicurezza e la difesa;
     il continuo flusso di notizie che si accavallano ormai da mesi riguardo la grande tragedia delle migliaia di morti nel Mediterraneo, e l'acuirsi dei conflitti che dal Maghreb al Medio Oriente, dalla Libia, alla Siria, all'Irak, fino all'Afghanistan e Yemen, e più a sud nell'Africa Subsahariana chiamano il nostro Paese ad un'assunzione di responsabilità ed allo stesso tempo ad uno sforzo di elaborazione e proposta che siano ispirati a criteri fondati sul diritto internazionale e sui diritti umani;
     vengono messi in discussione sia gli assetti politici e geopolitici precedenti che categorie di lettura ed interpretative – ormai superate – di fenomeni globali oggi ingovernabili con gli strumenti tradizionali della politica internazionale. Per questa ragione ogni proposta politica sul tema dei migranti dovrà anzitutto tentare di fare un salto in avanti rispetto ad una prassi ormai consolidata che vede le politiche dei governi europei subordinate a visioni del mondo fondate sull'interesse nazionale, l'accettazione del principio dell'ingerenza umanitaria, del securitarismo, e dell'autonomia dello strumento militare rispetto al ruolo della politica e della diplomazia;
     nel frattempo aumentano, ed aumenteranno ancora, i numeri di coloro che si avviano in un percorso migratorio, e delle possibili morti in mare, o lungo gli itinerari via terra, meno noti ma non meno letali, in seguito all'acuirsi di crisi politiche e delle guerre civili in atto (si vedano ad esempio i casi di Eritrea, Siria, Irak e non solo, vista l'instabilità crescente che caratterizza anche l'Africa Subsahariana, dal Mali, al Niger, alla Nigeria);
     è dal basso, e con il necessario sostegno della diplomazia delle Nazioni Unite e dell'Europa 7 che può ripartire un progetto di ricostruzione della Libia oggi smembrata in varie aree di potere ed influenza, da quelle che si riconoscono nel governo di Tobruk e quello di Tripoli, chi alleato dell'occidente, chi più prossimo ai Fratelli Musulmani – che in occidente perdono progressivamente appoggi –, a quelle in mano a milizie paramilitari, o al controllo delle tribù che da sempre hanno svolto un ruolo di primo piano nella gestione e ripartizione del potere nel paese;
     è questo il contesto nel quale proliferano reti criminali, dedite allo sfruttamento dei migranti e di chi fugge dal proprio paese. Per l'Italia e la frontiera sud dell'Europa, passare dalla repressione dei flussi migratori a governarli, significa come prima cosa abbandonare subito l'approccio attualmente seguito e messo al centro dell'attenzione mediatica oltre che delle cancellerie europee, in base al quale si intende affrontare l'emergenza dei «barconi» e le sue ripercussioni sullo scenario mediterraneo e regionale, con un approccio privo di coordinamento, di solidarietà europea e di sussunzione del dramma dei migranti. I dettagli trapelati circa le varie opzioni previste nel Crisis Management Concept (o CMC, il documento di strategia messo a punto dall'Unione europea come cornice di riferimento per le iniziative prossime) e la conformazione della squadra navale EUNAVFOR Med rivelano ipotesi di intervento assai allarmanti. Il punto centrale non sarebbe solo più quello di distruggere i «barconi», ma anche le «strutture» utilizzate per il traffico di esseri umani, dai depositi di carburante al resto;
     si ipotizza un dispiegamento di una forza armata europea sotto comando italiano, e possibilmente sotto copertura ONU. Non una «no-fly zone», ma una «no-sail zone», che rischia di aprire la strada ad un'inedita modalità di intervento militare, non con «scarponi sul terreno», ma con la presenza permanente di un apparato «dual use» di «soccorso» ed anche di «combattimento» pronto ad essere adattato ed attivato a seconda del bisogno;
     un apparato che si affida ad alleati scomodi, giacché il traffico di esseri umani ha radici profonde, con commistione di interessi criminali e di élite militari e politiche che non si limitino alla Libia. In Egitto ad esempio, che secondo indiscrezioni starebbe già pianificando la costruzione di una coalizione pan-araba con il sostegno dell'Italia e della Francia per attaccare e chiudere la partita con i Fratelli Musulmani. Resta il fatto che il governo di Tobruk, quello che viene visto come legittimo interlocutore dall'occidente non accetterà mai interventi militari dell'Unione europea, seguito in questo anche dal governo di Tripoli, mentre il generale Haftar è pronto alla rottura definitiva, avendo già annunciato il ritiro dal negoziato ONU. In questo ginepraio, geopolitico e non, si rischia di fare ancor di più dei migranti merce di scambio, i cui diritti universali vengono negati e compressi da più parti;
     le recenti indiscrezioni sulla strategia europea messa a punto per l'operazione in corso di definizione, e che sarà a comando italiano, confermano che esiste la possibilità concreta di azioni di terra, con possibili vittime civili, in aree oggi controllate da milizie appartenenti alla fazione del governo di Tripoli, ed in parte da gruppi vicini al Daesh (ISIS). Non a caso si tratta della stessa area sotto controllo di un governo e di un'organizzazione, quella dei Fratelli Musulmani, invisi in primis al Presidente egiziano, Fattah Al-Sissi, grande alleato di Roma e dell'Europa nella lotta contro il Califfato;
     l'alleanza di Roma con il Cairo va oltre gli interessi economici dell'Italia, prefigurando una strategia politica del governo di tipo avventuristico che pregiudica il possibile ruolo di interlocutore politico super partes del nostro Paese nonché di attore responsabile (il cui dovere di responsabilità è ancora maggiore visto il nostro passato coloniale in Libia) in uno scacchiere fatto di conflitti e violazioni continue dei diritti umani. La recente condanna a morte dell'ex-presidente Morsi lo sta a dimostrare. In nome di un principio «umanitario» si fanno così alleanze con chi i diritti umani li calpesta, dal Cairo fino all'Eritrea, compresi quei signori della guerra quali il generale Haftar che rappresenta uno degli elementi di maggiore destabilizzazione della già disastrata Libia, oppure Isaias Afeworki in Eritrea dal cui regime donne ed uomini eritrei fuggono a decine di migliaia e che oggi viene riabilitato dall'Italia e dall'Unione europea come attore chiave per la gestione dei flussi migratori, nel cosiddetto processo di Khartoum;
     alla base di iniziative dalle conseguenze imprevedibili, come quella di cui l'Italia si è resa protagonista in Europa, c’è l'intreccio costruito ad arte in questi mesi, e mai o mal contrastato, tra retorica dell'emergenza umanitaria e dichiarata volontà di voler prevenire nuove morti in mare, tutela dell'interesse nazionale (in primis delle imprese italiane e degli approvvigionamenti energetici) e l'allarme di trovarsi uno stato definitivamente fallito alle porte – la Libia appunto – come possibile retrovia per le milizie del Califfato. L'ossessione securitaria utilizzata ad arte secondo modalità e semantiche diverse, ma alla fine convergenti, potrebbero aumentare piuttosto che diminuire l'instabilità, mettendo ovviamente a maggior repentaglio l'incolumità dei migranti vittime dei trafficanti, in nome dei quali si pretende di intervenire;
     d'altronde, interrompendo un percorso se ne produce un altro, spesso più rischioso per i migranti di quello precedente. In altre parole non si riduce il flusso bensì lo si rende più «invisibile» e, spesso, più letale. Affondare i barconi, dunque, avrebbe l'effetto «apparente» di interrompere per qualche tempo una rotta dei migranti, niente di più;
     non è possibile isolare il tema dell'intervento militare quale soluzione alla tragedia delle morti in mare dal contesto geopolitico nel quale si intende intervenire, e dalle concause che ne sono alla radice. Senza trascurare il fatto che l'eventuale ricorso all'uso della forza rischia da una parte di chiudere decine di migliaia di migranti in una morsa micidiale, dall'altra di aggravare oltre ogni misura l'instabilità in Libia, pregiudicando gli sforzi delle Nazioni Unite e dell'inviato speciale Bernardino Leon per la costituzione di un governo di unità nazionale;
     un intervento internazionale a comando italiano, sul terreno di un paese, nostra ex-colonia, le cui due fazioni contrapposte, il governo di Tobruk e quello di Tripoli, hanno chiaramente espresso la loro opposizione, ci trasformerebbe poi in bersaglio ideale per gli adepti del Califfato, aumentando così i rischi per la sicurezza nel nostro Paese;
     occorre, invece, rafforzare la capacità di salvataggio delle persone in mare, sulla scorta di quanto fatto a suo tempo con l'operazione Mare Nostrum. Le proposte contenute nel piano europeo, di rafforzamento della missione Frontex chiamata Triton, non sono adeguate all'urgenza di prevenire nuove morti, a maggior ragione considerando le previsioni fatte dall'ACNUR rispetto all'aumento esponenziale di persone che cercheranno di lasciare la Libia per arrivare nel nostro Paese;
     il riconoscimento del diritto alla mobilità come diritto umano fondamentale va accompagnato dall'irriducibile logica della mediazione politica dei conflitti e la loro prevenzione diplomatica e dal rifiuto netto di soluzioni militari e dal ripudio di soluzioni militari come mezzo di risoluzioni delle controversie internazionali;
    in relazione alla governance economica europea:
     il 30 giugno scadrà il vecchio programma di aiuti per la Grecia, già prorogato di 4 mesi; il governo di Atene dovrà rimborsare complessivamente entro il 13 luglio al Fondo monetario internazionale, poco meno di due miliardi di euro, mentre tra luglio e agosto dovrà rimborsare alla BCE circa 7 miliardi di euro per i bond in scadenza;
     in realtà, non esiste il «caso greco» ma bensì la questione della revisione in profondità delle politiche economiche cd. «dell'austerità» portate avanti dagli organismi dirigenti dell'eurozona e da molti governi dei paesi che fanno parte;
     l'attuale quadro di governance dell'Unione economica e monetaria non consente di avviare un dibattito adeguato sulle prospettive economiche dell'area euro o di adottare una posizione di bilancio coerente, oltre a non affrontare le diverse situazioni economiche e fiscali su un piano di piena parità;
     importanti iniziative strategiche, che includevano raccomandazioni politiche, erano basate su previsioni economiche che non avevano previsto la bassa crescita e inflazione registrate e che non hanno tenuto pienamente conto della sottovalutazione delle dimensioni del moltiplicatore fiscale, dell'importanza degli effetti di ricaduta nei vari Paesi in un periodo di consolidamento sincronizzato e dell'effetto deflazionistico di riforme strutturali cumulative;
     la situazione attuale richiede un coordinamento economico più stretto ed inclusivo (aumentare la domanda aggregata, migliorare la sostenibilità di bilancio e consentire riforme strutturali sostenibili e i relativi investimenti) nonché reazioni rapide al fine di correggere le carenze più evidenti nel quadro della governance economica;
     l'accumulo di procedure rende il quadro della governance economica complesso e non sufficientemente trasparente, il che va a scapito dell'appropriazione e dell'accettazione da parte dei parlamenti, delle parti sociali e dei cittadini, delle linee guida, delle raccomandazioni e delle riforme che derivano da tale quadro;
     è necessario che il quadro della governance economica sia corretto e completato a medio e lungo termine al fine di consentire all'Unione europea ed all'area dell'euro di conseguire le sfide in materia di convergenza, investimenti di lungo periodo e la fiducia degli operatori socio-economici;
     la legislazione è stata attuata durante la crisi sulla base di accordi intergovernativi ed è mancata la responsabilità democratica a livello dell'Unione europea. È dunque necessario porre fine agli accordi puramente intergovernativi e promuovere un maggiore coinvolgimento dei parlamenti. Ciò costituirebbe, a livello europeo, una condizione indispensabile per aumentare la legittimità democratica. La responsabilità democratica risulta indebolita anche dall'estrema complessità del quadro;
     il Governo italiano ha inviato, in data 25 maggio 2015, il proprio contributo sulla riforma della Unione economica e monetaria europea, senza che vi sia stato un formale passaggio parlamentare, condizione questa che avrebbe contribuito a rafforzare il peso politico-istituzionale del nostro Paese;
     la creazione del meccanismo europeo di stabilità (MES) al di fuori della struttura delle istituzioni dell'Unione, rappresenta un passo indietro per l'integrazione politica dell'Unione stessa. Sarebbe, pertanto, opportuno che il MES fosse pienamente integrato nel quadro comunitario e reso formalmente responsabile nei confronti del Parlamento europeo;
     i cinque Presidenti (Juncker della Commissione Unione europea, Tusk del Consiglio europeo, Dijsselboem dell'Eurogruppo, Draghi della BCE e Schulz del Parlamento europeo) hanno predisposto un documento («Completing Europe's Economic and Monetary Union») che dovrebbe diventare la base di discussione del prossimo vertice europeo. Esso ha il proposito di accelerare la convergenza delle economie europee realizzando una convergenza delle politiche economiche. Nel documento l'enfasi è posta sulle politiche nazionali in materia di bilancio e di fiscalità, nonché sulle riforme, tutte liberalizzanti (mercato del lavoro, privatizzazioni, pensioni). Il documento contiene anche indicazioni, per il momento assai vaghe, in materia di bilancio europeo e di solidarietà. Al Parlamento europeo sarebbe riconosciuto un non meglio specificato ampliamento di potere. In questo quadro non si capisce perché occorra dilazionare le misure riguardanti il bilancio europeo, la solidarietà e le politiche sociali;
     l'intervento prospettato in tale documento si articola in due fasi temporali ed agisce su quattro pilastri:

  A) Fase 1: 1o luglio 2015 – 30 giugno 2017;
   1) rafforzamento dell'Unione economica e monetaria europea attraverso:
    la creazione in ogni Paese membro dell'eurozona di un'Autorità indipendente incaricata di valutare i progressi conseguiti con le riforme economiche e, in particolare, che i salari evolvano in linea con la produttività;
    l'effettiva attuazione della procedura per gli squilibri macroeconomici, soprattutto con riferimento al meccanismo sanzionatorio (anche per i Paesi, come la Germania, che hanno un surplus nelle partite correnti);
    un focus rafforzato sulle performance occupazionali e sociali;
    un maggiore coordinamento delle politiche economiche nell'ambito del Semestre europeo;
   2) completamento dell'Unione finanziaria, attraverso:
    completamento dell'Unione bancaria, con l'istituzione del fondo per la risoluzione delle crisi e il sistema comune di garanzia dei depositi;
    l'avvio della costruzione dell'Unione dei mercati dei capitali, per diversificare le fonti di finanziamento dell'economia;
   3) rafforzamento dell'Unione fiscale, attraverso:
    l'istituzione di un'Autorità europea indipendente incaricata di valutare la conformità dei bilanci nazionali con le raccomandazioni approvate a livello dell'Unione europea;
   4) rafforzamento della legittimità e della responsabilità democratica, mediante:
    una maggiore cooperazione tra Parlamento europeo e parlamenti nazionali;
    l'istituzione di un Presidente permanente dell'Eurogruppo (attualmente ha un mandato di due anni e mezzo), scelto anche al di fuori dei Ministri delle finanze dell'eurozona;
    la rappresentanza unitaria dell'eurozona negli organismi internazionali;
    l'integrazione del diritto dell'Unione europea del Fiscal Compact, del Trattato intergovernativo che istituisce il Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie e delle parti più rilevanti del Patto Europlus;
    una consultazione più sistematica da parte dei Governi dei parlamenti nazionali e delle parti sociali prima di sottoporre i Piani nazionali di riforma e i Programmi di stabilità.

  B) Fase 2: luglio 2017-2015:
   1) Unione economica:
    rendere più vincolante il processo di convergenza, concordando una serie di standard a livello europeo che ogni governo dovrà raggiungere in ambito di mercato del lavoro, competitività, ambiente economico, pubblica amministrazione e politica fiscale;
   2) Unione fiscale:
    istituzione di un sistema di stabilizzatori comuni (ammortizzatori sociali) per reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme;
   3) legittimità e responsabilità democratica:
    integrazione del Trattato ESM nella cornice giuridica dell'Unione europea;
    istituzione di un «Tesoro europeo»: sebbene le decisioni di bilancio rimarranno di competenza nazionale, occorre prevedere un sistema che consenta di prendere le decisioni collettivamente;
    non ci sono dubbi che occorra una maggiore convergenza delle economie europee. Ma è proprio per questo che va bandito il concetto stesso di convergenza delle politiche economiche. Per integrare le diverse economie europee occorrono infatti politiche economiche differenziate, occorre cambiarle tutte ma con azioni diverse e in qualche modo opposte. I paesi con un avanzo della bilancia commerciale devono attuare politiche espansive mentre quelli in disavanzo dovrebbero porre in essere misure per importare di meno ed esportare di più, con l'aiuto temporaneo di fondi europei;
    oggi in Europa la Germania si ritiene «virtuosa» perché ha un bilancio pubblico in ordine ed un surplus di bilancia commerciale. Vuole che tutti i Paesi europei le somiglino in «virtù». Pretende – e la Commissione ed altri Paesi concordano – che ciò avvenga con bilanci restrittivi e riforme che diano maggiore spazio alla mitologia del mercato. Come risultato tutti stanno peggio e meno in equilibrio di come sarebbe possibile ed auspicabile. Tutti i Paesi euro procedono infatti a velocità inutilmente ridotta. Nessuno sembra essere sfiorato dal pensiero che il surplus sia intrinsecamente un fattore di distorsione internazionale, ancor di più se all'interno di un'area monetaria unica, e che non tutti possono permettersi di avere una bilancia commerciale in attivo;
    l'attuale assetto mercantilistico europeo si muove in direzione opposta rispetto alle esigenze di armonizzazione creando squilibri strutturali sistemici irrecuperabili se si permane in questo quadro. Eppure le regole europee prevedono di intervenire rispetto agli eccessi esportativi. Ma su questo aspetto, oltre a blandi richiami non si è andato oltre, ad esempio nei confronti della Germania;
    l'armonizzazione occupazionale non è stata certo prodotta dalle politiche di «liberalizzazione» del lavoro, che hanno, invece, acuito i differenziali quantitativi e qualitativi;
    a molti sfugge, inoltre, la dimensione temporale. L'accumulazione di capitale, tecnico e umano, viene prima (e costa prima) di quando possano maturare i suoi frutti. Quindi non può avvenire in un quadro restrittivo. Prima occorre spendere senza incassare e, successivamente, verrà il momento di incassare. Le riforme, anche se per ipotesi ben disegnate, hanno bisogno di cambiamenti e adattamenti che durano anni prima di potere cambiare i Paesi che le attuano;
    molte delle riforme proposte, quelle all'insegna «del più mercato comunque e ovunque», peggiorano le condizioni generali dei Paesi, come è evidente dalle esperienze già fatte, non appena le si valuti appropriatamente e con riferimento a periodi sufficientemente lunghi (si pensi alla distribuzione dell'acqua);
    le costanti fibrillazioni negoziali cui si sono ridotti gli organismi comunitari determinano uno stato di incertezza in cui non possono emergere aspettative affidabili ed espansive; dunque, gli investimenti languono perché nessuno si sente di scommettere sul futuro, le famiglie risparmiano troppo e la speculazione trova il terreno più fertile; una ripresa della costruzione europea presuppone che si ponga al primo posto, temporalmente e per enfasi, solidarietà e bilancio federale (quegli aspetti che il documento dei Presidenti dilaziona nel tempo). L'obiettivo di fare dell'Europa un polo competitivo mondiale attraverso la valorizzazione della conoscenza, quindi del suo patrimonio culturale in senso ampio, della sua civiltà umanistica oltre che tecnica, andrebbe ripreso con forza;
   in relazione allo stato di avanzamento del negoziato TTIP:
    il 24 aprile 2015 si è concluso il nono round negoziale sul «Transatlantic Trade and Investment Partnership» (TTIP), che ha avuto quale oggetto tutte le aree riguardanti il negoziato tra Unione europea e gli Stati Uniti d'America;
    al termine del round negoziale si è tenuta una conferenza stampa in cui il capo negoziatore per l'Unione europea, Ignacio Garcia Bercero, ha riassunto i principali risultati. Per quanto attiene l'accesso al mercato, tariffe e appalti, entrambe le partì hanno proseguito nella valutazione complessiva delle reciproche offerte arrivando ad una maggiore comprensione delle rispettive priorità e sensibilità. L'accordo salvaguarderà le modalità con cui i governi nazionali individuano e forniscono servizi pubblici ai cittadini, lasciandoli liberi di decidere in qualsiasi momento che certi servizi devono essere necessariamente forniti dal settore pubblico. Sulle questioni regolamentari, si sono svolte discussioni dettagliate sia sui temi della cooperazione orizzontale sia su tutti e nove i settori specifici (automobili, farmaceutici, dispositivi medici, cosmetici, prodotti ingegneristici, tessili, pesticidi, tecnologie dell'informazione e della comunicazione). Per quanto riguarda gli standard le due parti avrebbero assunto un impegno fermo ed inequivoco in base al quale i regolatori Unione europea e USA non introdurranno alcuna misura che possa abbassare o mettere a rischio i livelli di protezione dell'ambiente e di tutela della salute e della sicurezza dei consumatori nonché degli altri obiettivi pubblici. In materia di regole, si è discusso in particolare di energia e materie prime, valutando come il TTIP possa contribuire ad assicurare a terze parti un accesso trasparente e non discriminatorio alle infrastrutture energetiche ed esaminando come migliorare la cooperazione nel settore energetico. In ogni caso, non è stato ancora deciso se un capitolo in tema di energia e materie prime farà parte del testo dell'accordo o meno. Per ciò che riguarda le piccole e medie imprese si è proseguito il dibattito per valutare quali benefici possano trarre dal TTIP;
    in occasione della settimana negoziale, l'Unione europea ha reso pubblico il risultato di un'indagine svolta presso 900 PMI europee per identificare gli ostacoli incontrati nel commercio transatlantico. Molti di loro avrebbero sottolineato l'importanza di avere migliore accesso alle informazioni, costi ridotti per certificazioni e ispezioni, minore procedure doganali;
    da un recente studio sul TTIP realizzato da uno dei più autorevoli centri di ricerca austriaci, lo Öfse, commissionato dal gruppo parlamentare europeo Gue/Ngl, è emerso che tutti gli studi finora fatti sul TTIP, commissionati dalla Commissione europea e che descrivono risultati sorprendenti, in verità presentano gravi omissioni ed errori metodologici che enfatizzano i presunti benefici dell'accordo, ignorandone invece i rischi;
    sempre secondo lo studio austriaco in merito agli effetti sulla crescita, sugli aumenti in termini di prodotto interno lordo e dei salari reali (secondo i quattro paper quali: più crescita, più esportazione, più occupazione e meno burocrazia), il TTIP sarà in grado di generare un moltiplicatore che si attesterebbe tra uno 0,3 per cento e uno 1,3 per cento nel corso di un «periodo di transizione» di 10-20 anni. Quindi una crescita annuale che va dallo 0,03 allo 0,13 per cento l'anno, praticamente briciole. Sul fronte dell'impiego, gli studi «ufficiali» prevedono che la disoccupazione rimarrà stabile o al massimo avrà una flessione dello 0,42 per cento. Questa stima lo Öfse la definisce irrealistica prevedendo, al contrario, un aumento significativo della disoccupazione (anche a lungo termine) durante il periodo di transizione a causa della riorganizzazione dei mercati del lavoro nazionali;
    rispetto all'impatto del TTIP sul volume degli scambi commerciali, lo Öfse afferma che è prevedibile un aumento delle esportazioni dell'Unione europea nel suo complesso, ma a beneficiare dell'incremento saranno soprattutto i grandi gruppi industriali a scapito delle piccole e medie imprese. A tal riguardo, l'Italia rappresenta un caso esemplare perché i recenti dati forniti dall'Organizzazione mondiale del commercio, le imprese italiane che esportano risultano essere 210 mila, ma sono le prime 10 che detengono il 72 per cento delle esportazioni nazionali, ossia le multinazionali a scapito del tessuto economico-sociale del sistema Paese che si basa, in larghissima parte, sulla piccola e media impresa;
    è prevedibile che l'ingresso di prodotti statunitensi a basso costo sul mercato europeo, ridurrà notevolmente il commercio intra-europeo nella misura del 30 per cento (dati Öfse) a scapito soprattutto delle economie meno export-oriented, che subirebbero un probabile deterioramento delle loro bilance commerciali;
    altro elemento deleterio, secondo lo Öfse, del TTIP è l'impatto negativo che si genererebbe sulle esportazioni e sul prodotto interno lordo dei Paesi meno sviluppati, in violazione, tra l'altro, degli impegni internazionali dell'Unione Europea a promuovere la coerenza delle politiche di sviluppo;
    i costi sociali ed economici derivanti dall'eliminazione delle cosiddette «barriere non tariffarie» sarebbero imprevedibili e pericolosi per la tenuta sociale. Tant’è vero che per stessa ammissione dei funzionari europei e statunitensi, lo scopo primario dell'accordo non è di stimolare gli scambi attraverso l'eliminazione delle tariffe tra Unione europea e USA, che sono già a livelli minimi, ma piuttosto attraverso l'eliminazione di tutte quelle barriere normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali come, ad esempio, gli standard che l'Europa nel corso della sua formazione s’è data in materia ambientale (come il principio di precauzione), i diritti dei lavoratori, la sicurezza alimentare, la discrezionalità degli Stati nel perseguire o no le politiche a favore degli organismi geneticamente modificati, eccetera);
    la Commissione europea ha avviato il 27 marzo 2014 una consultazione pubblica online sulla protezione degli investitori e sulla composizione delle controversie investitore-Stato (Investor-state dispute settlement – ISDS) nel contesto del TTIP;
    la consultazione ha inteso verificare se l'approccio proposto dall'Unione europea per il TTIP abbia raggiunto il giusto equilibrio tra la protezione degli investitori e la salvaguardia del diritto dell'Unione europea di introdurre regolamentazioni nel pubblico interesse;
    il 13 gennaio 2015 la Commissione ha reso pubblica la propria dettagliata analisi delle quasi 150.000 risposte ricevute, dalle quali emerge chiaramente un notevole scetticismo nei confronti dello strumento ISDS e la necessità di «intavolare una discussione aperta e franca» prima di varare qualsiasi raccomandazione politica in questo ambito;
    il 6 maggio 2015 il Commissario Cecilia Malmström ha presentato un concept paper nel quale illustra le proposte per riformare il meccanismo ISDS tenendo conto delle critiche formulate in quattro aree. La prima riguarda il diritto a regolamentare degli Stati introducendo disposizioni volte a garantire il diritto degli Stati di prendere misure per obiettivi di interesse pubblico secondo il grado di protezione ritenuto più appropriato. La seconda attiene la trasparenza/nomina degli arbitri, prevedendo che gli arbitri del sistema ISDS siano scelti nell'ambito di un albo prestabilito dalle parti dell'accordo e prevede che abbiano specifiche qualificazioni di attività giurisdizionale. La terza si è focalizzata nel rapporto con le giurisdizioni nazionali dove bisogna imporre agli investitori esteri, che vogliano aprire un contenzioso, di scegliere, all'inizio del procedimento, tra il ricorso al meccanismo ISDS o quello delle Coni nazionali, oppure in alternativa richiedere all'investitore di rinunciare alla giurisdizione domestica una volta adito il sistema ISDS. La quarta è quella dell'introduzione del diritto di appello rispetto alle decisioni assunte con meccanismo ISDS, sulla base dell'organismo di appello esistente nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. Tale organo sarebbe formato da 7 membri permanenti e dovrebbe disporre di un segretariato;
    nel documento, il Commissario propone, inoltre, a medio-lungo termine di far evolvere il sistema ISDS verso un sistema multilaterale attraverso la creazione di una Corte permanente internazionale, composta da giudici titolari e deputata a regolamentare l'ambito delle controversie in tutti gli accordi commerciali che richiedano un sistema di ISDS;
    l'impegno della Commissione è stato quello di presentare a breve proposte in tal senso;
    il sistema ISDS, nel nome delle regole a protezione degli investimenti, rischia di tradursi in un pregiudizio costituzionale del diritto degli Stati a legiferare;
    nella plenaria del 15 giugno del Parlamento europeo il voto e le successive discussioni sul TTIP sono state rimandate. Dal punto di vista tecnico, la scelta è stata motivata dall'eccessiva quantità di emendamenti (circa 200) e richieste di voto separate, ma parrebbe che tutto sia da imputare ad un emendamento socialista sul ISDS perché il timore è che, inserendo questo meccanismo nei trattati, si finisca per favorire le grandi aziende che possono sfidare i governi in tribunali ad hoc se questi approvano leggi che ledono i loro profitti. Per questo il gruppo dei socialisti propone una soluzione permanente senza utilizzare il sistema privato;
    la Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo ha approvato il 28 maggio 2015 una relazione (28 voti a favore e 13 contrari) in cui raccomanda alla Commissione europea che il sistema di protezione degli investitori (ISDS) dovrebbe prevedere giudici togati nominati pubblicamente e indipendenti, audizioni pubbliche, un meccanismo di appello che assicuri la coerenza delle sentenze e il rispetto della giurisdizione dell'Unione europea e di quella nazionale. Nel medio termine, si dovrebbe istituire una «Corte internazionale per gli investimenti»; negoziare una lista esaustiva di prodotti agricoli e industriali sensibili che potrebbe essere esentata dalla liberalizzazione commerciale, oppure essere sottoposta a un periodo di transizione più esteso. Dovrebbe essere eliminato il divieto statunitense sull'importazione di carne di manzo europea e salvaguardato il sistema europeo d'indicazione geografica e delle denominazioni di origine di qualità; prevedere un sistema di riconoscimento reciproco degli standard equivalenti per la salute pubblica, per i prodotti alimentari e per le piante e in ogni caso, deve essere mantenuto il rispetto del «principio di precauzione» in vigore nell'Unione europea; dovrebbe essere previsto uno specifico capitolo dedicato all'energia e abolite le restrizioni esistenti o gli ostacoli all'esportazione dei carburanti, compresi il GNL e il petrolio greggio tra Unione europea e Stati Uniti; che l’acquis comunitario in materia di protezione dei dati personali non sia compromesso dalla liberalizzazione dei flussi di dati, in particolare nel settore del commercio elettronico e dei servizi finanziari; siano rimosse le restrizioni USA in merito all'acquisizione da parte di imprese europee di servizi marittimi e aerei nonché di compagnie aeree; sia superata la disparità nell'apertura dei mercati degli appalti pubblici attraverso un'apertura significativa del mercato statunitense degli appalti pubblici a tutti i livelli di governo; sia garantita un'opportuna esclusione dei servizi sensibili, quali i servizi pubblici e le aziende di pubblica utilità (tra cui acqua, sanità, previdenza sociale e istruzione); l'accordo includa un capitolo specifico per le PMI che preveda di: eliminare il doppio requisito di certificazione, istituire un sistema d'informazione via web sulle diverse regolamentazioni, introdurre una «corsia preferenziale» alle frontiere o eliminare alcuni picchi tariffari; si preveda un capitolo sui diritti di proprietà intellettuale (DPI) che comprenda una tutela sicura di settori DPI definiti in modo chiaro e preciso; si insista sulla ratifica ed applicazione da parte degli Stati Uniti, delle otto convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (finora gli USA ne hanno ratificate solo due); sia previsto un monitoraggio delle incidenze economiche, occupazionali, sociali e ambientali del TTIP. Si chiede, inoltre, alla Commissione europea di eseguire studi di impatto per ciascuno Stato membro come pure una valutazione della competitività dei settori dell'Unione rispetto ai settori analoghi degli Stati Uniti; sia assicurata una migliore trasparenza dei negoziati, rendendo pubblico un numero superiore di testi. Dovrebbe essere garantito ad ogni parlamentare europeo l'accesso ai testi consolidati (ossia ai capitoli già concordati tra Unione europea e Stati Uniti). I Governi devono essere incoraggiati a coinvolgere i Parlamenti nazionali, tenendoli adeguatamente informati sui negoziati in corso;
    la Commissione nella Comunicazione del 25 novembre 2014 (COM(2014)9052), afferma di volersi impegnare nel rendere pubblici un maggior numero di testi negoziali dell'Unione europea che la Commissione già condivide con Stati membri e Parlamento; di fornire l'accesso ai testi relativi al TTIP a tutti i membri del Parlamento europeo, e non soltanto ai pochi selezionati, all'interno della cosiddetta «reading room»; di classificare meno documenti come «ad accesso limitato», rendendoli più facilmente accessibili ai membri del Parlamento europeo fuori dalla reading room; di pubblicare e modificare su base regolare la lista pubblica dei documenti condivisi con Parlamento europeo e Consiglio;
    nella Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea tenutasi a Roma il 20-21 aprile 2015, si è molto insistito sul ruolo dei Parlamenti nazionali nei negoziati dei Trattati internazionali. Nelle conclusioni adottate si sottolinea la volontà di non vedere limitate le capacità di intervento dei parlamenti nazionali al solo processo di ratifica; si ribadisce la necessità che venga concessa la possibilità di esercitare una specifica competenza sul maggior numero possibile di accordi di libero scambio e, più in generale, un ampio accesso alle informazioni sui negoziati in corso, onde poter esprimere i propri orientamenti sui negoziati stessi; si invita la Commissione europea a garantire ai parlamentari nazionali lo stesso accesso ai documenti che dal gennaio 2015 è consentito a tutti i membri del Parlamento europeo;
    il Senato americano il 13 maggio ha votato contro l'inizio del dibattito sul «Wyden-Hatch-Ryan promotion authority bill», «fast track», che consente al presidente degli Stati Uniti una «corsia preferenziale» per mandare avanti il Trattato TPP tra gli USA e 11 Paesi del Pacific Ring (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Messico). Il TPP creerebbe una zona di libero scambio che coprirebbe il 40 per cento dell'economia mondiale. Il voto contrario rappresenta le medesime preoccupazioni esistenti in Europa per il TTIP: ossia carenza nella pubblicità dei lavori, minore qualità e quantità dell'occupazione e assenza di adeguate tutele sociali per i lavoratori. Il presidente Obama aveva affermato sul TPP al Parlamento americano di non necessitare del «fast track» e, precisamente: «questo è un percorso molto intenzionale che sarà pienamente soggetto al controllo. In realtà il «fast track» è stato bocciato grazie ai voti contrari dei senatori del suo partito;
   in relazione all'agenda digitale:
    la strategia per il mercato unico digitale, comprensivo di 16 azioni chiave che dovranno essere attuate entro la fine del 2016 poggia su tre pilastri fondamentali relativi alla necessità di: migliorare l'accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese; creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi; e, infine, massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale;
    l'obiettivo del mercato unico digitale è di abbattere le barriere regolamentari fino ad instaurare un unico mercato, al posto dei 28 mercati nazionali ora esistenti, in quanto un mercato unico digitale pienamente funzionante potrebbe apportare all'economia europea 415 miliardi di euro l'anno e creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro;
    con riferimento al primo pilastro (migliorare l'accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese) la Commissione propone di introdurre norme tese ad agevolare il commercio elettronico transfrontaliero; garantire un'attuazione più rapida ed omogenea delle norme di protezione dei consumatori; assicurare servizi di consegna dei pacchi più efficienti e a prezzi accessibili; eliminare il blocco geografico ingiustificato (una pratica discriminatoria utilizzata per motivi commerciali, secondo la quale i venditori online impediscono ai consumatori di accedere a un sito Internet sulla base della loro ubicazione, o li reindirizzano verso un sito di vendite locale che pratica prezzi diversi); individuare potenziali problemi relativi alla concorrenza che possano incidere sui mercati europei del commercio elettronico; rivedere la direttiva sulla trasmissione via satellite e via cavo per verificare se il suo ambito di applicazione debba essere esteso alle trasmissioni radiotelevisive online e per esaminare come aumentare l'accesso transfrontaliero ai servizi radiotelevisivi in Europa; ridurre gli oneri amministrativi che derivano alle imprese dai diversi regimi IVA;
    con riferimento al secondo pilastro (creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi) la Commissione propone di: presentare una revisione della regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni; riesaminare il quadro dei media audiovisivi mettendo in rilievo il ruolo dei diversi operatori del mercato nella promozione delle opere europee; effettuare un'analisi dettagliata del ruolo delle piattaforme online; rafforzare la fiducia nei servizi digitali e la sicurezza degli stessi, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati personali; proporre un partenariato con l'industria sulla sicurezza informatica nell'ambito delle tecnologie e delle soluzioni per la sicurezza delle reti;
    con riferimento al terzo pilastro (massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale) la Commissione propone: un'iniziativa europea per il libero flusso dei dati per promuoverne la libera circolazione nell'Unione europea; individuare le priorità per l'elaborazione di norme e l'interoperabilità in settori fondamentali per il mercato unico digitale, quali la sanità elettronica, la pianificazione dei trasporti o l'energia (contatori intelligenti); promuovere una società digitale inclusiva in cui i cittadini dispongano delle competenze necessarie per sfruttare le opportunità offerte da Internet e aumentare le possibilità di trovare un lavoro;
    ciascuno dei pilastri sopra citati risponde a problemi precisi che la Commissione identifica all'interno dei mercati digitali europei che coincidono con aspetti su cui l'Italia purtroppo sconta ritardi storici;
    il nostro Paese è, purtroppo, in ritardo per basso utilizzo di e-commerce da parte di cittadini e imprese (appena il 5 per cento delle Pmi, nel 2014; nel 2013 era il 4 per cento), per uso di servizi della pubblica amministrazione digitale (da appena il 18 per cento degli utenti, secondo dati della Commissione, contro la media Ue del 33 per cento). I servizi digitali sono, infatti, poco funzionali e poco usabili e nonostante l'Agenzia per l'Italia Digitale e il Governo si stanno occupando del problema già da diverso tempo, il piano di Italia Login ad esempio (una piattaforma che semplifica l'accesso a servizi pubblici e privati digitali) e di Spid (l'identità digitale) che servono, appunto, a diffondere questi servizi tra la popolazione, abbattendo costi, tempi, burocrazia non sono ancora diventati concretamente operativi;
    nonostante solo pochi giorni fa il «Digital economy and society index» dell'Unione Europea ponga l'Italia al venticinquesimo posto su 28 Stati membri, ovverosia, nel gruppo dei Paesi peggiori, perché solo il 51 per cento della popolazione ha un abbonamento alla banda larga fissa (la percentuale più bassa nella Unione europea), e solo il 3,8 per cento con una velocità superiore ai 30 megabit al secondo, secondo quanto risulta dalla stampa nazionale il c.d. «Decreto Comunicazioni» risulta ancora congelato, così come, di fatto, inattuato il Piano Nazionale per la Banda Ultralarga presentato il 4 marzo scorso, con cui il Governo ha previsto un piano di investimenti pubblici fino a 12 miliardi di euro in 7 anni (4,4 miliardi FERS/FEASR, 5 miliardi FSC, e altre risorse dal Fondo Junker, decreto-legge «Sblocca Italia» ed economie SPC) per la realizzazione delle reti;
    a latere delle iniziative assunte a livello europeo esplicitate nel Paper del Governo che sintetizza la posizione italiana sulla strategia del mercato unico digitale, documento che appare in parte condivisibile sotto il profilo degli obiettivi (1. Mercato digitale e investimenti: migliorare l'interoperabilità e valorizzare l'e-commerce, armonizzare le politiche fiscali; 2. Accesso a internet veloce e superveloce: reti di comunicazione e servizi, dovrebbe essere data a tutti i cittadini la possibilità di connettersi a una rete ad alta velocità nel 2020; 3. Internet governante e fiducia dei consumatori: migliorare sicurezza e garanzie; 4. Industria creativa: sostenere il diritto d'autore on line e l'audiovisivo; 5. Ricerca e Innovazione: liberare il potenziale innovativo attraverso il nuovo modello di manifattura digitale e start up; 6. Ottenere vantaggi sociali dalle ICT: migliorare l'alfabetizzazione, le competenze e l'inclusione nel mondo digitale; 7. l'E-government e infrastrutture: modernizzare il settore pubblico e la rete digitale, Big data e Cloud computing) appare in ogni caso quanto mai urgente che il Governo adotti, innanzitutto, a livello nazionale tutte le iniziative necessarie per dare nuovo impulso all'attuazione dell'Agenda digitale, in particolare per quanto concerne la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari per dotare il Paese di una rete idonea a consentire il raggiungimento degli obiettivi di accesso a Internet previsti dall'Agenda digitale;
    si deve rilevare, inoltre, che la strategia proposta dalla Commissione e le possibili modifiche alla disciplina vigente potrebbe avere un impatto molto significativo sulle politiche di finanziamento, di licenza e di protezione dei contenuti che dovrà essere tenuto in considerazione da tutti gli operatori del settore (produttori di contenuti, distributori, emittenti, e investitori) nelle future decisioni e strategie di marketing, investimento e di acquisizione dei diritti sui contenuti in Europa. In particolare per l'industria del cinema, il cui modello di business è fortemente radicato nei territori degli Stati membri e sulla prevendita nazionale dei diritti per assicurarsi le fonti di finanziamento, si tratta potenzialmente di un cambiamento determinante, soprattutto per gli operatori medi e medio-piccoli, come pure per il settore dei contenuti audiovisivi;
    le questioni dibattute in sede europea si rivelano, quindi, di fondamentale importanza in un momento storico nel quale i maggiori fornitori di contenuti digitali internazionali e in particolare statunitensi cominciano ad affacciarsi al mercato europeo, considerato anche l'avvento in Italia – previsto per la fine del 2015 – della piattaforma americana Netflix, leader nella fornitura di servizi audiovisivi on-demand oltreoceano;
   in relazione al rapporto tra l'Unione europea e il Regno Unito:
    appena eletto David Cameron ha confermato la principale promessa pre-elettorale: il coinvolgimento popolare attraverso un referendum sul futuro dell'Inghilterra in Europa, con l'orizzonte del 2017;
    il tema non è quello dell'uscita dell'Inghilterra dall'Europa ma quello di trasformare l'Unione europea per renderla capace di rispondere alle sfide provenienti dallo scenario internazionale e dal nuovo contesto socio-economico interno agli Stati membri trasformando il prossimo Consiglio d'Europa in un importante momento di confronto per definire i contorni di un processo politico che potrebbe cambiare l'Unione europea così come la conosciamo, arrivando dopo il referendum britannico anche ad una revisione dei trattati;
    è la vecchia idea di «Europa e due velocità» che potrebbe rappresentare il punto di equilibrio tra l'esigenza manifestata da Paesi come Germania, Italia e Francia di integrare maggiormente l'eurozona e quella manifestata da altri come Danimarca, Polonia e Svezia, Regno Unito in testa, che chiedono di fermare il processo di accentramento dei poteri a Bruxelles e di restituire molti settori alle istituzioni della sovranità democratica nazionale. La prospettiva appare quella di mantenere integro il mercato unico, che rappresenta pur sempre il fondamento a base dell'appartenenza all'Unione e che non prevede l'adesione alla moneta unica, tenere Londra e gli altri Paesi all'interno dell'Unione europea scongiurando un pericoloso processo di disgregazione e consentire una maggiore integrazione ai Paesi dell'eurozona;
    la strategia del Regno unito nel riformare profondamente l'Unione, a partire da un grande coinvolgimento popolare attraverso un referendum, parte dal momento pre elettorale in cui molti temi sono stati utilizzati da Cameron al fine di esorcizzare molte «paure» come quella indotta dalla minaccia di una crescita di consensi del partito antieuropeo Ukip di Frarage che proponeva una forte politica contro l'immigrazione e da una campagna dei media inglesi all'insegna del panico sull'aumento dell'immigrazione e sui presunti danni che causa all'economia nazionale, negando per altro, validità a importanti studi che dimostrano il contrario ovvero gli evidenti vantaggi all'economia. Tale origine «elettorale» ha distorto le possibili risposte più condivisibili al fenomeno epocale dell'emigrazione dal Sud verso il Nord portando Cameron a rimodulare le richieste britanniche in tema di immigrazione: sul tema dei migranti provenienti da Paesi terzi, si vorrebbero rassicurazioni sull'esclusione del Regno Unito dal sistema delle quote in discussione a Bruxelles. Anche sulla limitazione all'ingresso di cittadini di altri Stati membri, il Governo britannico ha scelto un approccio che limita l'accesso ai benefici previdenziali, condizionati a un periodo minimo di lavoro nel Paese di arrivo;
    per quanto riguarda l'assetto politico-istituzionale dell'Unione europea riformata, Londra chiede la possibilità di recedere dall'impegno a lavorare per un'unione «sempre più stretta» previsto dal preambolo del Trattato di Lisbona. Il Governo britannico deriverebbe da tale principio la concessione ai parlamenti nazionali di un potere di veto collettivo rispetto a decisioni legislative assunte a livello europeo. Non più un potere di veto assolto dal singolo Stato europeo per impedire l'entrata in vigore di misure decise a Bruxelles e Strasburgo, ma la condivisione di questa prerogativa con gli altri parlamenti degli Stati membri che potrebbe essere esercitato da un numero minimo di assemblee nazionali;
    la situazione politica della Gran Bretagna determinatasi dopo le elezioni e il dibattito che ne è scaturito in tema europeo crea un clima favorevole per affrontare il vero tema in agenda attualmente che è quello di trasformare l'Unione europea per renderla capace di rispondere alle sfide provenienti dallo scenario internazionale e dal nuovo contesto socio-economico interno agli Stati membri superando e correggendo i vizi d'origine della costruzione europea basata sulla moneta unica e sull'eccesso di potere finanziario rispetto ad una maggior integrazione politica che favorisca più democrazia e più benessere per i cittadini europei. A partire da tali temi il Consiglio Europeo può trasformarsi in un importante momento di confronto per definire i contorni di un processo politico che potrebbe cambiare l'Unione europea così come la conosciamo, arrivando anche ad una revisione seria, condivisa e profonda dei trattati;
    l'idea di un'Europa più unita e integrata politicamente con un'unica voce sotto i profili delle politiche sociali, della politica estera, di difesa e di crescita economica deve essere il faro dell'azione del Governo italiano prevedendo anche momenti di avvicinamento progressivo a tali traguardi come rappresentato dall'abbozzo delle politiche britanniche in tema di Unione europea che sembrano guardare più ad un approccio di tipo federalista anche se su alcuni contenuti, come il fenomeno, non contingente ma di carattere epocale, dell'immigrazione, occorre maggior rigore e determinazione nel trovare soluzioni il più largamente possibile condivise,

impegna il Governo:

   in relazione al problema delle migrazioni, della sicurezza e della difesa:
    a rifiutare con determinazione ogni ipotesi di uso della forza, attraverso il dispiegamento di una flotta europea con dotazione di incursori che potrebbero colpire a terra barche ed infrastrutture di ancoraggio e altri «asset» non meglio identificati usati dai trafficanti;
    a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso protetto» attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti ed evitare le traversate in mare e quindi debellare il traffico di essere umani e le prevedibili e evitabili tragedie in mare;
    a predisporre un piano di reinsediamento in Europa per alleggerire in maniera significativa le zone ad alta concentrazione di sfollati provenienti da zone di guerra, fuggiti e oggi ospitati in Paesi molto più fragili degli Stati europei, come il Libano e la Giordania, la cui eventuale implosione sociale potrebbe produrre altri e ancor più gravi conflitti e costringerebbe alla fuga un numero molto più elevato di persone;
    a chiedere l'immediata sospensione del regolamento cosiddetto «Dublino III» causa delle ultimissime tensioni alle frontiere degli Stati europei e quindi dare effettiva attuazione ai divieti di respingimento delle persone che, alle frontiere aeree, terrestri e marittime, comprese le aree di transito, manifestano la volontà di presentare una domanda di asilo, nonché vigilare sul rispetto del divieto di espulsioni collettive previsto dai protocolli addizionali alla CEDU, attraverso l'adozione di opportuni atti regolamentari e l'introduzione di procedure di monitoraggio indipendenti;
    a concedere con effetto immediato permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi avviare l'iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale tra gli Stati membri;
    a promuovere in sede europea una riforma del regolamento «Dublino III» e quindi di un sistema che ponga al centro:
     a) il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un ambiente più favorevole a una loro accoglienza, fornendo loro un'adeguata assistenza fisica, psicologica e legale, nonché un adeguato percorso di integrazione;
     b) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, che estenda ai richiedenti asilo ed ai rifugiati i diritti previsti per i cittadini europei dal Trattato di Schengen, permettendo così un'allocazione libera e, dunque, più razionale dei flussi migratori;
     c) la predisposizione di provvedimenti necessaria affinché il tempo richiesto per l'esame delle richieste di asilo in Italia si allinei alla media europea;
     d) l'identificazione del migrante non come un limite alla propria libertà di circolazione e al pieno godimento dei diritti connessi al proprio status, ma una garanzia del rispetto degli stessi diritti;
    a promuovere misure per la ricollocazione dei richiedenti asilo da uno Stato dell'Unione europea ad altri Stati Unione europea, definendo le circostanze per cui si può ritenere che uno o più paesi dell'Unione siano investiti da flussi migratori di entità superiore alla loro effettiva capacità di fornire effettiva accoglienza e prevedendo quote adeguate a fornire una risposta efficace alla situazione di difficoltà in cui versano gli Stati verso i quali sono diretti i flussi migratori significativi dei richiedenti asilo. Allo stesso tempo si deve tenere conto della volontà individuale degli interessati e della presenza di familiari in altri Stati Unione europea garantendo il diritto a presentare ricorsi giurisdizionali effettivi contro ogni provvedimento di ricollocazione, quindi non ricollocare i richiedenti asilo negli Stati membri dell'Unione europea in cui risulta non sia assicurata in alcun modo una effettiva accoglienza e protezione;
    ad adottare una nuova disciplina che faciliti gli ingressi regolari prevenendo così quelli irregolari e che preveda maggiori misure di coesione sociale e di contrasto allo sviluppo di fenomeni di xenofobia;
    a superare, per quanto concerne l'Italia, definitivamente il sistema dei CIE, CARA e CDA e adottare il sistema SPRAR come modello unico di accoglienza, per cui i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione dovrebbero essere ospitati in appartamenti e strutture d'accoglienza di piccole dimensioni, «secondo quote di distribuzione regionale»;
    ad aggiornare il sistema SPRAR, per cui i suoi progetti sul territorio nazionale non si attivino più solo ed esclusivamente se gli enti locali li promuovono su base volontaria, ma per obbligo di legge come dovrebbe essere in un vero sistema d'asilo nazionale;
   in relazione alla governance economica europea ed agli aspetti economici e finanziari:
    a impegnarsi nelle sedi istituzionali dell'Unione europea a subordinare la restituzione dei prestiti internazionali della Grecia e dei paesi più esposti al mantenimento di tutte le iniziative pubbliche volte a fronteggiare la crisi umanitaria e gli aspetti più drammatici della crisi sociale e della povertà estrema;
    ad aiutare la Grecia a sostenere le sue ragioni presso l'Eurogruppo e il Consiglio europeo;
    ad evitare, ritenuto che nell'ambito della governance economica siano fortemente necessarie minore complessità, migliore appropriazione, maggiore trasparenza e democrazia, che nelle sedi europee il conseguimento di una più profonda integrazione sia conseguito aggiungendo un nuovo strato di norme a quelle già esistenti;
    a sostenere nelle sedi europee che gli orientamenti annuali per la crescita sostenibile debbano essere sottoposti ad una procedura di co-decisione con il Parlamento europeo;
    ad adoperarsi per l'adozione di misure concrete per ampliare il processo decisionale europeo in senso democratico attraverso un ruolo più incisivo del Parlamento europeo ed un migliore e più attivo coinvolgimento dei Parlamenti nazionali: a) il PE deve avere poteri legislativi diretti e di indirizzo della politica economica; b) la Commissione deve diventare un governo eletto con politica fiscale, economica e sociale proprie; c) della BCE devono essere riviste in profondità statuto e finalità;
    a sostenere come priorità del sistema di governance economica europea, il raggiungimento reale degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020;
    a promuovere il potenziamento della strumentazione e della dotazione finanziaria dell'Unione europea, finalizzato al sostegno dell'economia, attraverso l'adozione di misure e la sperimentazione di strumenti che svolgano una funzione anticiclica;
    a sostenere un processo riformatore che attribuisca alla Banca Centrale Europea un ruolo maggiormente attivo a favore della crescita;
    a promuovere lo sviluppo di meccanismi europei di sostegno e mutualizzazione del debito sovrano;
    a creare un fronte comune con i governi disponibili a porre con forza negli organismi della governance europea, il tema della revisione dei trattati europei a partire dal fiscal compact correggendo i vincoli del 3 per cento e del debito al 60 per cento che sono del tutto arbitrari ed assurdi, ottenendo la convocazione di una Conferenza europea per definire le necessarie modifiche;
    a proporre, nell'ambito di tale Conferenza, un negoziato sul debito che ricalchi quanto deciso nel 1953 a favore della Germania, cui vennero condonati i debiti di guerra, prevedendo la rinegoziazione del debito che eccede il 60 per cento del Pil;
    ad adoperarsi negli organismi europei per consentire, nel frattempo, lo sforamento del limite del deficit del 3 per cento e per ottenere la moratoria, per almeno un quinquennio, sull'applicazione delle misure obbligatorie di abbassamento del debito previste dal fiscal compact, nonché la modifica delle modalità di calcolo dei saldi corretti per il ciclo che penalizzano soprattutto Paesi come il nostro che si trova in una situazione di prolungata recessione;
    a proporre con determinazione di non conteggiare nei saldi validi ai fini dei Trattati dell'Unione europea i finanziamenti degli investimenti pubblici finalizzati a misure per la crescita dell'occupazione e al co-finanziamento dei Fondi europei;
    a promuovere iniziative volte a contrastare l'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, ed a un maggior coordinamento dei sistemi fiscali nell'Unione europea, al fine di ridurne la dannosa concorrenza fiscale;
    a sostenere l'utilizzo di eurobond per far ripartire gli investimenti pubblici europei in infrastrutture e sulla green economy, nonché a sostenere la domanda aggregata in modo da rilanciare uno sviluppo sostenibile e l'occupazione;
    a proporre un Green New Deal continentale (un Piano europeo per l'Occupazione) il quale stanzi almeno 1.000 miliardi di euro con risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle già stanziate (diversamente da quanto previsto dal cosiddetto «Piano Juncker»), per dare occupazione a 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (di cui un milione in Italia): tanti quanti sono quelli che hanno perso il lavoro dall'inizio della crisi; definendo una politica industriale a livello europeo; dando priorità a interventi che rispettano il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione; agevolare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili; creare un quadro normativo europeo armonico adatto a favorire un'agricoltura biologica e multifunzionale, investire risorse nel riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, rinnovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro);
    a sostenere, inoltre: a) l'attuazione di una dimensione sociale dell'Unione europea, incluso un meccanismo di reddito minimo garantito e un regime di indennità minima di disoccupazione per l'area dell'euro; b) l'inclusione del meccanismo europeo di stabilità (MES) nel diritto dell'Unione e un nuovo approccio nei confronti degli eurobond; c) una capacità di bilancio dell'area dell'euro in particolare per finanziare azioni anticicliche, riforme strutturali o parte della riduzione del debito sovrano;
   in relazione al negoziato TTIP:
    a non dare seguito come Italia, in sede di Consiglio europeo, ai successivi round del «Transatlantic Trade and Investment Partnership» in virtù del fatto che i futuri accordi commerciali non potranno garantire gli standard europei in materia ambientale, agroalimentare, sociale e di tutela della salute anche in relazione alle disposizioni relative alla protezione degli investitori esteri della cosiddetta clausola Investor-state dispute settlement – ISDS – che garantirà, così com’è concepita, maggiori diritti ad investitori esteri a scapito di quelli nazionali, non producendo alcun significativo moltiplicatore economico nel «periodo di transizione» quantificato in 10-20 anni, il quale genererebbe un misero rapporto in termini di prodotto interno lordo tra lo 0,3 per cento e l'1,3 per cento; e, da ultimo, le piccole e medie imprese non avrebbero alcun vantaggio in ragione della struttura socio-produttiva del Paese che consentirebbe, di fatto, un favore commerciale e competitivo solo per quelle 10 multinazionali che detengono il 72 per cento delle esportazioni nazionali;
   in ogni caso, qualora prevalesse la scelta di proseguire il negoziato:
    a impedire, in sede di Consiglio Europeo, che nel nome delle regole a protezione degli investimenti, che si tradurrebbero giuridicamente nel meccanismo di composizione delle controversie investitore-Stato, Investor-state dispute settlement – ISDS, nel contesto del TTIP, si produca un grave e irrimediabile pregiudizio costituzionale del diritto degli Stati a legiferare su materie inserite all'interno dell'accordo;
    a far prevedere, in sede di Consiglio Europeo, un sistema di riconoscimento reciproco degli standard equivalenti e maggiormente tutelativi per la salute pubblica, per i prodotti agroalimentari (certificazioni di qualità) e per le piante (passaporto delle piante) e, in ogni caso:
     a) a mantenere inalterato il «principio di precauzione» in vigore nell'Unione europea;
     b) che l’acquis comunitario in materia di protezione dei dati personali non sia compromesso dalla liberalizzazione dei flussi di dati, in particolare nel settore del commercio elettronico e dei servizi finanziari;
     c) ad evitare che le cosiddette «barriere non tariffarie» siano sacrificate: per stessa ammissione dei funzionali europei e statunitensi i quali affermano che lo scopo primario dell'accordo non è di stimolare gli scambi attraverso l'eliminazione delle tariffe tra Unione europea e USA, che sono già a livelli minimi, ma piuttosto attraverso l'eliminazione di tutte quelle barriere normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali come, ad esempio, gli standard che l'Europa nel corso della sua formazione s’è data in materia ambientale, dei diritti dei lavoratori, di sicurezza alimentare, di discrezionalità degli Stati nel perseguire o no le politiche a favore degli organismi geneticamente modificati;
     d) a far eseguire alla Commissione Europea studi di impatto per ciascuno Stato membro come pure una valutazione della competitività dei settori dell'Unione rispetto ai settori analoghi degli Stati Uniti;
     e) assicurare una reale trasparenza dei negoziati, rendendo pubblico un numero superiore di testi via via discussi nei round, affinché ci sia un vero regime di pubblicità per i testi negoziali dell'Unione europea creando, ad esempio, delle «reading room» per i singoli Stati che consentano, ai componenti dei rispettivi parlamenti, di potervi accedere ed essere costantemente aggiornati sui negoziati in corso;
     f) a impedire le violazioni che il TTIP produrrebbe nei confronti degli impegni internazionali dell'Unione Europea nel promuovere, nello scacchiere internazionale, la coerenza delle politiche di sviluppo nei confronti dei Paesi meno sviluppati;
     g) a far esercitare ai parlamenti nazionali, così come previsto dai Trattati, la specifica competenza nei casi di accordi di tipo misto, aventi ad oggetto materie di competenza concorrente dell'Unione e degli Stati membri, per i quali è richiesta la ratifica, oltre che da parte della Unione europea, anche da parte degli Stati membri;
   in relazione all'agenda digitale, ad adoperarsi presso le competenti sedi europee affinché:
    a) nell'iter di implementazione della strategia unica del mercato digitale, venga adottato un approccio basato sull'evidenza, la crescita economica e l'aumento dell'occupazione tenendo in debito conto le specificità del settore cinematografico e audiovisivo;
    b) sia incoraggiata la formazione di un quadro politico dell'Unione che sostenga la creatività, promuova gli investimenti nel settore della produzione e distribuzione di contenuti creativi in Europa e garantisca un compenso equo ed adeguato a tutti i relativi titolari di diritti e soggetti coinvolti;
    c) venga definito quanto prima un quadro normativo di armonizzazione fiscale che allinei le aliquote IVA dei prodotti digitali a quelle dei loro corrispettivi materiali ed in particolare nell'ipotesi dell'e-book;
    d) sia assicurato un coordinamento più efficace dello spettro radio e la definizione di criteri comuni a livello dell'Unione europea per l'assegnazione dello spettro a livello nazionale;
    e) si intervenga vigorosamente sul fronte dell'alfabetizzazione digitale e dell'inclusione digitale anche attraverso il finanziamento di nuovi programmi europei tesi ad introdurre nuove modalità didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e soluzioni intelligenti basate sulle telecomunicazioni per affrontare le grandi sfide del futuro come la riduzione dei consumi energetici, il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti e dei disabili (e-health), l'utilizzo dei servizi digitali pubblici (e-government);
    f) sia aumentato il plafond degli stanziamenti su ricerca e innovazione nel settore delle telecomunicazioni ed utilizzato lo strumento dell'equity-crowdfunding come fonte di cofinanziamento dei progetti europei per lo sviluppo;
   in relazione al rapporto tra l'Unione europea e il Regno Unito:
    ad adoperarsi, nell'ambito della discussione sulla posizione recentemente emersa nel Regno unito sul proprio rapporto con l'Unione europea, affinché prevalgano le ragioni per un rafforzamento complessivo dell'Unione che ne porti ad un livello superiore l'unità sociale, politica ed economica attraverso una profonda ridefinizione delle regole e dei trattati che consentano all'Europa di dare risposte unitarie e condivise sui temi della crescita, del fenomeno immigratorio, della sicurezza cancellando le nefaste politiche basate sull'austerità e sugli interessi primari della finanza a scapito del benessere dei popoli ed evitando risposte frammentarie e unilaterali dei vari stati soprattutto sull'aggravarsi del fenomeno della pressione migratoria nel Mediterraneo determinato dal persistere di situazioni di conflitto, di persecuzione, dalla fame e dalla povertà.
(6-00150) «Scotto, Palazzotto, Kronbichler, Fratoianni, Marcon, Melilla, Pellegrino, Zaratti, Pannarale, Nicchi, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Paglia, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».