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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 21 aprile 2015

TESTO AGGIORNATO AL 22 APRILE 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 aprile 2015.

  Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Liuzzi, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sisto, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 17 aprile 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GADDA e FIORIO: «Norme per la limitazione degli sprechi, l'uso consapevole delle risorse e la sostenibilità ambientale» (3057);
   MUCCI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum» (3058).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 21 aprile 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   S. 1818. – «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2015, n. 27, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali ed amministrative» (approvato dal Senato) (3059).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  MATARRELLI ed altri: «Modifica all'articolo 12 della legge 10 agosto 2000, n. 246, e altre disposizioni concernenti la stabilizzazione dei vigili del fuoco volontari discontinui» (2911) Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XIV.

   II Commissione (Giustizia):
  TURCO ed altri: «Modifiche all'articolo 7 del codice di procedura civile, in materia di elevazione del limite di valore delle cause civili attribuite alla competenza del giudice di pace» (2938) Parere delle Commissioni I, V e IX.

   III Commissione (Affari esteri):
  MURA ed altri: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione sugli inquinanti organici persistenti, fatta a Stoccolma il 22 maggio 2001» (2901) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, X, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  S. 1598. Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile sull'autorizzazione all'esercizio di attività lavorative dei familiari a carico del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo delle missioni diplomatiche e rappresentanze consolari, fatto a Roma il 13 dicembre 2013 (approvato dal Senato) (3056) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, X e XI.
   VII Commissione (Cultura):

  MARZANA ed altri: «Disposizioni per il potenziamento dell'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole secondarie di secondo grado» (2504) Parere delle Commissioni I, IV, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  PASTORELLI ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale per la libertà di ricerca scientifica» (2899) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  ZAMPA: «Delega al Governo e altre disposizioni per l'integrazione scolastica degli immigrati nonché a sostegno dell'educazione interculturale» (2948) Parere delle Commissioni I, III, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  DE LORENZIS ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e altre disposizioni in materia di trasporto pubblico locale» (2986) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro):
  CARDINALE: «Disposizioni per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile» (2927) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XIV.

   Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti):
  CAPARINI ed altri: «Disciplina del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e riforma dell'organizzazione della società concessionaria» (2942) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  FRATOIANNI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum» (Doc. XXII, n. 45) – Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 17 aprile 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di alta matematica «Francesco Severi» (INDAM), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 257).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dal Ministero dello sviluppo economico.

  Il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, attinente alla missione «Energia e diversificazione delle fonti energetiche», autorizzate, in data 10 marzo 2015, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, attinenti alla missione «Comunicazioni», autorizzate, in data 17 marzo 2015, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 1o e 7 aprile 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dai Ministri della salute e della giustizia.

  Il Ministro della salute e il Ministro della giustizia, con lettera in data 16 aprile 2015, hanno trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2-bis, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, la relazione sullo stato di attuazione delle iniziative per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, aggiornata al 31 marzo 2015 (Doc. CCXVII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 17 aprile 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2014/4168, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione del diritto dell'Unione in relazione all'applicazione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea Gardella c. INPS (causa C-233-12).

  Questa relazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 17 aprile 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio di determinati prodotti di acciaio tra l'Unione europea e la Repubblica del Kazakstan (codificazione) (COM(2015) 157 final), corredata dai relativi allegati (COM(2015) 157 final – Annexes 1 to 7), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
  Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, nel Comitato misto SEE in merito a una modifica dell'allegato II (Regolamentazioni tecniche, norme, prove e certificazioni) dell'accordo SEE (COM(2015) 167 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 167 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 aprile 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 17 aprile 2015, a integrazione della comunicazione inviata in data 7 agosto 2014, ha dato comunicazione, ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12, della seguente sentenza pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, divenuta definitiva nel mese di febbraio 2014 che è inviata alla VIII Commissione (Ambiente) nonché alla III Commissione (Affari esteri):
   sentenza 4 febbraio 2014, Pagnozzi n. 6015/05, in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica (Doc. CLXXIV, n. 62).

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 17 aprile 2015, ha dato comunicazione, ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12, delle seguenti sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, divenute definitive nel periodo compreso dal 1o luglio al 31 dicembre 2014, che sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla III Commissione (Affari esteri):
  sentenze divenute definitive nel mese di luglio 2014:
   sentenza 8 aprile 2014, Dhahbi n. 17120/09, in materia di diritto a un processo equo. Constata la violazione dell'articolo 6 della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, per non avere la Corte di cassazione motivato il rifiuto a sollevare una questione pregiudiziale, concernente il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) al fine di accertare se l'articolo 65 dell'accordo euro-mediterraneo, ratificato dall'Italia ai sensi della legge n. 35 del 1997, riconoscesse a un lavoratore tunisino residente in Italia il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui alla legge n. 448 del 1998. Constata la violazione dell'articolo 14, in materia di divieto di discriminazione, in combinato disposto con l'articolo 8, relativo al diritto al rispetto della vita privata e familiare, della CEDU, avendo ritenuto che non vi fosse alcuna giustificazione obiettiva e razionale, anche tenendo conto dell'ampio margine di discrezionalità di cui godono gli Stati in materia, all'esclusione dal godimento di alcuni benefìci fondata unicamente sulla nazionalità (Doc. CLXXIV, n. 63) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri n. 18640/10 e altri, in materia di ne bis in idem. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, in quanto la corte d'appello di Torino non ha tenuto un'udienza pubblica in sede di ricorso avverso l'irrogazione di sanzioni amministrative da parte della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) nei confronti dei ricorrenti per aggiotaggio finanziario. Constata la violazione dell'articolo 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, relativo al diritto di non essere giudicato o punito due volte, per avere i ricorrenti subìto una sanzione penale all'esito del procedimento dinanzi alla CONSOB e per essere stati oggetto di un'azione penale per gli stessi fatti (Doc. CLXXIV, n. 64) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 22 aprile 2014, G.C. n. 73869/10, in materia di condizioni di detenzione. Constata la violazione dell'articolo 3 della CEDU, in materia di proibizione della tortura, in quanto il ritardo nell'apprestare cure e trattamenti adeguati alla patologia di cui soffriva il detenuto ricorrente lo ha posto in una situazione tale da suscitare sentimenti costanti di angoscia, inferiorità e umiliazione sufficientemente forti da costituire un trattamento degradante (Doc. CLXXIV, n. 65) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 22 luglio 2014, Bifulco e altri n. 14625/03 e altri, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto ad un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata (Doc. CLXXIV, n. 66) – alla II Commissione (Giustizia);
  sentenze divenute definitive nel mese di settembre 2014:
   sentenza 24 giugno 2014, Alberti n. 15397/11, in materia di divieto di trattamenti inumani o degradanti. Constata la violazione dell'articolo 3 della CEDU, in materia di proibizione della tortura, sotto il profilo sostanziale, avendo ritenuto non giustificato l'uso della forza da parte dei carabinieri durante il periodo in cui il ricorrente era sotto il loro controllo, e, sotto il profilo procedurale, avendo ritenuto che l'inchiesta sui maltrattamenti denunciati dal ricorrente non è stata condotta con la necessaria diligenza (Doc. CLXXIV, n. 67) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 15 aprile 2014, Stefanetti e altri n. 21838/10 e altri, in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, essendo lo Stato italiano intervenuto con una legge di interpretazione autentica, che recepiva un criterio di calcolo meno favorevole per i ricorrenti in relazione al trattamento pensionistico ad essi spettante per gli anni di lavoro prestati in Svizzera, al fine di assicurarsi un esito favorevole nei giudizi in cui era convenuto. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, in materia di protezione della proprietà, per avere i ricorrenti subìto un onere eccessivo e sproporzionato (Doc. CLXXIV, n. 68) – alla XI Commissione (Lavoro);
   sentenza 24 giugno 2014, Azienda Agricola Silverfunghi Sas n. 48357/07 e altri, in materia di diritto a un processo equo, sotto il profilo dell'ingerenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, in quanto la legge n. 326 del 2003, modificando con effetto retroattivo la previgente disciplina delle fiscalizzazioni e degli sgravi contributivi in favore delle aziende agricole, ha avuto un impatto decisivo sull'esito di un giudizio pendente senza che vi fossero motivi imperativi di interesse pubblico per la sua applicazione retroattiva (Doc. CLXXIV, n. 69) – alla XI Commissione (Lavoro);
   sentenza 24 giugno 2014, Cataldo e altri n. 54425/08 e altri (Doc. CLXXIV, n. 70), e sentenza 24 giugno 2014, Biraghi e altri n. 3429/09 e altri (Doc. CLXXIV, n. 71), in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Constatano la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, essendo lo Stato italiano intervenuto con una legge di interpretazione autentica, che recepiva un criterio di calcolo meno favorevole per i ricorrenti in relazione al trattamento pensionistico ad essi spettante per gli anni di lavoro prestati in Svizzera, al fine di assicurarsi un esito favorevole nei giudizi in cui era convenuto – alla XI Commissione (Lavoro);
  sentenze divenute definitive nel mese di ottobre 2014:
   sentenza 15 luglio 2014, Panetta n. 38624/07, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, in relazione all'inerzia da parte delle autorità italiane nel dare seguito alle domande della ricorrente volte a ottenere il versamento dell'assegno di mantenimento dovuto dal suo ex marito (Doc. CLXXIV, n. 72) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 1o luglio 2014, Guadagno e altri n. 61820/08, in materia di diritto a un processo equo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, essendo lo Stato italiano intervenuto con intervento legislativo, senza che ciò fosse giustificato da motivi imperativi di interesse generale, regolando definitivamente e retroattivamente il merito di una controversia proposta da magistrati amministrativi consiglieri di Stato per ottenere l'adeguamento del loro salario in applicazione dell'articolo 1 della legge n. 265 del 1991 (Doc. CLXXIV, n. 73) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 1o luglio 2014, Saba n. 36629/10, in materia di trattamenti disumani e degradanti. Constata la violazione dell'articolo 3 della CEDU, relativo alla proibizione della tortura, sotto il profilo sostanziale, in quanto il trattamento cui il ricorrente era stato sottoposto lo aveva avvilito e umiliato, in un contesto di forte tensione emotiva, in cui i detenuti potevano legittimamente temere per la loro sorte, e sotto il profilo procedurale, in quanto le iniziative delle autorità nazionali volte a reprimere la violazione della proibizione della tortura non sono risultate soddisfacenti, in ragione del carattere lento e macchinoso delle procedure, a causa del quale i responsabili hanno beneficiato della prescrizione quale causa estintiva del reato (Doc. CLXXIV, n. 74) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 21 ottobre 2014, Zucchinali n. 17760/03, 17761/03, 19903/03, 19905/03, 19908/03, 19911/03, 19915/03, 20114/03, in materia di ragionevole durata del processo. Constata, in ciascuno dei ricorsi ad eccezione dei ricorsi nn. 17760/03 e 17761/03, la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo, per l'eccessiva durata dei procedimenti principali, nonché in relazione al ritardo nel versamento delle somme di cui alla legge n. 89 del 2001. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU per quanto riguarda il ritardo nel pagamento dei risarcimenti di cui alla legge n. 89 del 2001 nei ricorsi nn. 17760/03 e 17761/03 (Doc. CLXXIV, n. 75) – alla II Commissione (Giustizia);
  sentenze divenute definitive nel mese di novembre 2014:
   sentenza 8 luglio 2014, Pennino n. 43892/04 (Doc. CLXXIV, n. 76), e sentenza 8 luglio 2014, De Luca n. 43870/04 (Doc. CLXXIV, n. 77), istanze di revisione ex articolo 80 del regolamento della Corte. Respinge le domande di revisione di sentenze del 24 settembre 2013 (con le quali la Corte, in cause relative all'omessa esecuzione di provvedimenti giurisdizionali definitivi, aveva accertato la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU e dell'articolo 6 della CEDU e condannato lo Stato italiano al versamento di somme in favore dei ricorrenti), proposte dal Governo italiano invocando la scoperta di fatti nuovi decisivi, consistenti nel fatto di aver appreso solo in epoca successiva al deposito delle pronunce che i ricorrenti avevano ottenuto il pagamento dei loro crediti, in quanto i fatti in questione potevano ragionevolmente essere conosciuti dal Governo prima delle pronunce – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 25 novembre 2014, Maiorano e Serafini n. 997/05, in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, relativo alla protezione della proprietà, poiché l'ingerenza nei diritti di proprietà dei ricorrenti non è compatibile con il principio di legalità e ha pertanto violato il diritto dei medesimi al pacifico godimento dei loro beni di cui al medesimo articolo 1 (Doc. CLXXIV, n. 78) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   sentenza 13 novembre 2014, G.G. e altri n. 3168/11 e altri, in materia di diritto alla vita. Constata la violazione dell'articolo 2 della CEDU, in materia di diritto alla vita, sotto il profilo procedurale, in ragione dell'eccessiva durata dei procedimenti civili avviati al fine di ottenere il risarcimento del danno subìto da persone contagiate da sangue infetto loro trasfuso in un ospedale pubblico (Doc. CLXXIV, n. 79) – alla XII Commissione (Affari sociali);
  sentenza divenuta definitiva nel mese di dicembre 2014:
   sentenza 16 dicembre 2014, D'Asta n. 26010/04, in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica (Doc. CLXXIV, n. 80) – alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia delle delibere adottate dalla Commissione nel mese di marzo 2015.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Comunicazione di nomine ministeriali.

   Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettere in data 16 aprile 2014, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina:
   della professoressa Sonia Ferrari a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale della Sila;
   dell'avvocato Amilcare Troiano a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

  Queste comunicazioni sono trasmesse alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 13 aprile 2015, a pagina 5, prima colonna, terza riga, dopo la parola: «tributaria» si intende inserita la seguente: «, VIII».

RELAZIONE SUL SISTEMA DI PROTEZIONE DEI TESTIMONI DI GIUSTIZIA, APPROVATA DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE (DOC. XXIII, N. 4)

Risoluzione

   La Camera,
   esaminata la Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia, approvata all'unanimità nella seduta del 21 ottobre 2014 (Doc. XXIII, n. 4);
   premesso che:
    il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una normativa sul sistema di protezione dei collaboratori di giustizia;
    la legge 13 febbraio 2001, n. 45 ha colmato il vuoto normativo in materia di testimoni di giustizia inserendo due disposizioni legislative (articoli 16-bis e 16-ter) nel testo del decreto-legge citato;
    i testimoni di giustizia non possono e non devono essere accomunati ai collaboratori di giustizia, non solo dal punto di vista normativo e gestionale, ma anche e soprattutto dal punto di vista etico e del riconoscimento sociale del loro ruolo;
    la legge 13 febbraio 2001, n. 45 ha avuto l'indubbio merito di riconoscere giuridicamente la figura del testimone di giustizia, cioè colui che assume – rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rende le dichiarazioni – esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purché nei suoi confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa, ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, cosiddetto Codice delle leggi antimafia;
    l'accostamento delle due diverse figure nel medesimo testo legislativo ha, tuttavia, causato una contaminazione che ha di fatto impedito la creazione di un binario separato tra i modelli di gestione dei collaboratori e quelli dei testimoni;
    si ritiene indispensabile superare l'attuale sistema di gestione dei testimoni, evidentemente appiattito sul modello introdotto dal decreto-legge n. 8 del 1991 sui collaboratori di giustizia, attraverso l'approvazione di una nuova normativa ispirata ai principi riassunti nella citata Relazione e specificamente dedicata a un'organica disciplina del sistema di protezione dei testimoni di giustizia;
    in tal senso nella Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, è emersa l'intenzione, unanimemente condivisa dai componenti della Commissione stessa, di promuovere e sostenere l'approvazione di un progetto di legge in materia;
    l'Assemblea del Senato nella seduta del 29 ottobre 2014 ha approvato la risoluzione (6-00076), n. 2 con la quale ha fatto propria la Relazione citata, impegnando il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati dalla Commissione,

fa propria

la Relazione della Commissione sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia ed impegna il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati nella citata Relazione.
(6-00124) «Bindi, Mattiello, Naccarato, D'Uva, Sarti».


MOZIONI LUIGI DI MAIO ED ALTRI N. 1-00741, MELILLA ED ALTRI N. 1-00822, PALESE E OCCHIUTO N. 1-00824 E MARCHI ED ALTRI N. 1-00825 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A GARANTIRE AGLI ENTI LOCALI ADEGUATI TRASFERIMENTI DI RISORSE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO A QUELLI NECESSARI PER L'ESPLETAMENTO DEI SERVIZI SOCIALI ESSENZIALI, ANCHE IN RELAZIONE ALLE DISPOSIZIONI DELLA LEGGE DI STABILITÀ PER IL 2015

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni i Governi centrali che si sono succeduti, nell'operare tagli per contenere la spesa pubblica, hanno di fatto strangolato l'economia degli enti locali;
    in un momento di difficoltà come quello che ha vissuto il nostro Paese negli ultimi anni è giusto che ognuno faccia la sua parte, nessuno escluso; inoltre, tale operazione ha provocato – in un primo momento ed entro certi limiti – un virtuoso contenimento delle spese inutili ed un taglio degli sprechi purtroppo molto presenti nella spesa pubblica del nostro Paese;
    tuttavia negli anni, e segnatamente con la legge di stabilità per il 2015 del Governo Renzi, si è giunti ad un livello di insostenibilità tale da pregiudicare seriamente le ormai già esigue spese dei bilanci comunali destinate al welfare, con particolare riferimento al sostegno delle fasce sociali più deboli;
    è chiaramente molto facile e demagogico vantarsi di ridurre la pressione fiscale tagliando i trasferimenti agli enti territoriali;
    occorre considerare che il comune è percepito da larghe fasce della popolazione come l'ente più vicino ai cittadini e il sindaco rappresenta una figura di riferimento, in quanto rappresentante dello Stato. Il sindaco è, soprattutto, l'ultimo baluardo in difesa dei diritti dei più deboli;
    i servizi sociali, infatti, da sempre assorbono la maggior parte delle risorse di cui dispongono i comuni (dopo le spese di personale e del servizio rifiuti): minori senza famiglia, anziani, disabili, emergenza casa. Sono tutte realtà alle quali i comuni cercano di dare una risposta;
    l'ammontare dei tagli significa una riduzione dei servizi che si ripercuote inevitabilmente sui più deboli; in una prima fase, infatti, gli amministratori hanno tagliato ciò che era importante, ma non fondamentale per la tenuta sociale: cultura, commercio, sport, viabilità, turismo e così via (si fa un gran parlare di cultura e turismo, ma quasi nulle sono ormai le risorse che i comuni riescono a destinare ogni anno agli assessorati competenti);
    negli ultimi 5 anni i comuni hanno visto ridursi le proprie risorse disponibili per la spesa corrente di oltre il 20 per cento: l'emergenza ora riguarda i servizi sociali ed educativi. Ormai i comuni non sono in grado neppure di garantire i servizi primari;
    un ulteriore elemento di difficoltà per i comuni è l'incertezza nella quale vengono costretti a lavorare, dal momento che ogni anno viene cambiata la fiscalità locale e le informazioni definitive sulle risorse di cui i comuni potranno disporre arrivano sempre ad anno ampiamente iniziato. Ciò rende del tutto aleatorio, se non impossibile, strutturare una programmazione seria e pluriennale e chiudere il bilancio preventivo entro la data prevista dalla legge, ovvero il 31 dicembre;
    i sindaci si sono ritrovati soli e hanno provato a protestare come potevano, per cercare di far capire ai cittadini cosa stava accadendo, così come accaduto;
    solo per fare tre piccoli esempi, il comune di Isola Rizza, 3.300 abitanti in provincia di Verona, ha deciso di chiudere per tre giorni, in segno di protesta, le porte del municipio. Il sindaco vuole fare capire come la misura sia ormai colma;
    l'Anci Sicilia ha organizzato una serie di dimostrazioni di protesta: il 29 gennaio 2015 oltre 390 comuni hanno spento le luci dalle 19 alle 19.05, mentre il 9 febbraio 2015 oltre 200 consigli comunali della regione siciliana hanno approvato – tutti nella medesima data – una risoluzione nella quale si chiedeva al Governo centrale di: costituire un tavolo permanente di concertazione tra Stato, regione siciliana e comuni dell'isola per affrontare la grave crisi finanziaria; modificare la norma che ha rivisto il regime di esenzioni dall'IMU per i terreni agricoli, con particolare riferimento all'imposta relativa al 2014; contenere i tagli a valere sul fondo di solidarietà nazionale; rendere più flessibili le regole relative al patto di stabilità, anche al fine di favorire, laddove possibile, le spese per investimenti; prevedere misure che, anche in relazione all'attuazione dell'armonizzazione contabile dei bilanci, possano far fronte al crescente fenomeno di comuni che dichiarano il dissesto finanziario; rivedere la norma che ha previsto il definanziamento dei fondi per la politica agricola comune;
    nella legge di stabilità per l'anno 2015 dei 16,6 miliardi di euro di tagli di spesa, ben il 49 per cento, ovvero 8,1 miliardi, sono a carico di comuni, province e regioni: si tratta di una quota decisamente superiore al peso che le amministrazioni locali hanno sul totale della spesa pubblica (29 per cento). Volendo fare un confronto, i tagli alle amministrazioni locali è pari al quadruplo di quanto tagliato ai ministeri (2 miliardi di euro nel 2015);
    il contributo maggiore è quello richiesto alle regioni (4 miliardi di euro), laddove 1,2 miliardi di euro è il taglio del fondo di solidarietà comunale e 1 miliardo di euro (che salirà a 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi dal 2017) è il contributo richiesto alle province e città metropolitane; nella valutazione occorre considerare anche i tagli decisi dal 2015 con il decreto-legge n. 66 del 2014;
    gli enti locali in questa fase debbono anche far fronte all'avvio del fondo per i crediti di dubbia esigibilità, previsto dall'armonizzazione contabile, che equivale ad un taglio di spesa 1,9 miliardi di euro annui a partire dal 2015 e rientra nel calcolo del saldo obiettivo ai fini del patto di stabilità;
    secondo quanto si legge a pagina VII della relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti territoriali per l'esercizio 2013, depositata il 29 dicembre 2014, tali tagli «riducendo gravemente le possibilità di intervento e di gestione degli enti territoriali, hanno inciso profondamente sul grado di autonomia finanziaria e funzionale ad essi garantiti dal titolo V della Costituzione, rendendo necessaria l'adozione di strumenti idonei affinché i futuri interventi di contenimento della spesa assicurino mezzi di copertura finanziaria in grado di salvaguardare il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali (...) Senza un più deciso e convinto sostegno alle politiche redistributive e di intervento compensativo volte a rimuovere le cause strutturali dei divari regionali che si frappongono allo sviluppo ed all'integrazione economica delle aree più marginalizzate del Meridione, i problemi di ritardo nell'infrastrutturazione territoriale non potranno che aggravarsi e gli ostacoli ad una maggiore crescita economica saranno più difficilmente contrastabili di fronte all'emergere di fattori di crisi prodotti dall'attuale fase recessiva e dalle inevitabili tensioni che ad essi si accompagnano»;
    e ancora, alle pagine 14 e 15 di detta relazione, si legge: «Dal quadro delle misure complessivamente adottate, deve dunque ritenersi che il patto di stabilità interno abbia costituito, in questi anni, lo strumento principe non solo per realizzare le finalità di finanziamento del debito pubblico e di consolidamento dei conti pubblici, ma anche per attuare un percorso di progressivo ridimensionamento delle funzioni di spesa delle autonomie territoriali e di quelle regionali in particolare. Attraverso l'imposizione di tetti di spesa e vincoli ai saldi di bilancio, il patto di stabilità interno ha realizzato, a valere sulle finanze degli enti territoriali, economie per complessivi 33,4 miliardi di euro, parte delle quali si sono tradotte in corrispondenti tagli ai trasferimenti statali, con relative economie di spesa e benefico impatto sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato. L'entità di tali misure di contenimento della finanza territoriale è rapportabile al complessivo effetto di contenimento della spesa realizzato dal 2009 a carico delle amministrazioni centrali e degli enti previdenziali messi insieme (pari a circa 35 miliardi di euro). Tuttavia, poiché la spesa primaria annua degli enti territoriali (esclusa la componente sanitaria) corrispondeva, nel 2009, a circa 112 miliardi di euro, a fronte di un'omologa spesa primaria di amministrazioni centrali ed enti previdenziali pari a circa 506 miliardi di euro, appare evidente la misura del sovradimensionamento del contributo della finanza territoriale al riequilibrio dei conti pubblici. In altri termini, lo sforzo di risanamento richiesto alle amministrazioni territoriali con i vincoli disposti dal patto di stabilità interno risulta non proporzionato all'entità delle risorse gestibili dalle stesse, il che ha prodotto un drastico ridimensionamento delle funzioni di spesa di queste ultime a vantaggio degli altri comparti amministrativi che compongono il conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche»; ciò è confermato anche dallo studio Ifel-Fondazione Anci dal titolo «La finanza comunale in sintesi» dell'ottobre 2014. Nell'introduzione a tale documento (pagine 5 e 6) si legge che «anche per effetto della persistente crisi finanziaria che attraversa il Paese ormai da qualche anno, i comuni vivono una stagione di profondo malessere. Le difficoltà assumono certamente una dimensione finanziaria, con risorse sempre più scarse disponibili in bilancio, ma sono dovute anche ad un quadro normativo incerto, confuso e in definitiva restio nel valorizzare compiutamente l'autonomia degli enti locali. Ne deriva una condizione di crescente difficoltà, sia sul piano programmatico che in fase gestionale, resa ancor più delicata dal ruolo di  “gabelliere dello Stato”  affidato negli ultimi anni dal Governo centrale ai comuni, di fatto obbligati ad aumentare in misura significativa le imposte locali, senza, però, essere nelle condizioni di poter offrire maggiori servizi ed investimenti alle comunità di riferimento. (...) Esclusi alcuni fattori intervenuti sul piano contabile e la componente inflazionistica, infatti, negli ultimi anni il trend della spesa corrente comunale evidenzia una crescita pressoché nulla, accompagnata da una drastica contrazione degli investimenti, soprattutto a causa dei vincoli sempre più stringenti imposti dal patto di stabilità interno»;
    tale situazione si rivela ogni giorno sempre più insostenibile per la tenuta del patto sociale che tiene insieme i cittadini italiani;
    peraltro, occorre considerare che nelle ultime settimane numerose fonti di stampa denunciano pubblicamente il rischio di commissariamento diffuso che potrebbe riguardare moltissime amministrazioni locali, dal momento che le sanzioni per chi non approverà in tempo il consuntivo 2014 prevedono la sospensione di tutti i pagamenti (fondo di solidarietà in primis) fino a quando i dati non arriveranno ai Ministeri seguendo la procedura stabilita; ciò comporterà che molte amministrazioni locali avranno serie difficoltà a rispettare la data di scadenza fissata per il 30 aprile 2015;
    anche l'Anutel, mediante lettera inviata al Ministro dell'interno, ha chiesto di spostare la data ultima di approvazione dei consuntivi 2014 al 31 maggio 2015;
    per circa 400 comuni italiani, quelli che negli anni scorsi hanno già avviato la sperimentazione della riforma della contabilità, la situazione risulta essere disperata, in quanto con il consuntivo si troveranno costretti ad effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi. A questa già critica situazione si aggiunge anche la novità in arrivo da Arconet riguardante gli obblighi di accantonamento nel fondo crediti di dubbia esigibilità nel rendiconto;
    il testo unico enti locali impone la consegna del rendiconto ai revisori almeno venti giorni prima dell'avvio in consiglio della sessione di bilancio; quindi, gli enti locali, per poter sperare di rispettare il termine del 30 aprile 2015, dovrebbero avere già deliberato il bilancio in giunta;
    anche nel 2014 la scadenza ha subito una dilazione, con nuova data fissata al 30 giugno 2014, a seguito della revisione straordinaria del gettito prodotto nel 2013 dall'IMU sui fabbricati di categoria D avviata dal decreto «salva Roma ter»;
    infine, a seguito della conferma del regime 2014 della TASI e dell'IMU recata dal comma 679 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per l'anno 2015), si rende necessario ripristinare il fondo straordinario integrativo di 625 milioni di euro già erogato per l'anno 2014, in considerazione dell'impossibilità per un'ampia fascia di comuni di ricostituire il gettito già acquisibile con il previgente regime IMU, per effetto dei più stringenti limiti all'aliquota massima della TASI introdotti originariamente per il solo 2014;
    tale integrazione riguarda circa 1.800 comuni per una popolazione di oltre 30 milioni di abitanti. La sua abrogazione porterebbe ad una crisi insanabile gli equilibri di molti di tali enti, anche considerando gli effetti della nuova contabilità e dei rilevanti ulteriori tagli disposti dalla stessa legge di stabilità per l'anno 2015;
    l'incidenza del mancato consolidamento è resa ben evidente dalla considerazione che circa la metà dei comuni in questione subirebbero un taglio aggiuntivo (rispetto a quanto espressamente stabilito dalla legge) pari a oltre il 50 per cento, con punte del 300 per cento. Di questi comuni particolarmente colpiti, oltre 600 sono di dimensioni minori (fino a 10 mila abitanti),

impegna Governo:

   ad assumere iniziative per ripristinare integralmente il valore complessivo dei trasferimenti tagliati con la legge di stabilità per l'anno 2015;
   a non effettuare ulteriori riduzioni, negli anni futuri, fino a quando lo sforzo richiesto in termini percentuali agli enti locali non sia stato sostenuto anche dalle istituzioni centrali;
   a garantire in ogni caso, anche agli enti locali in dissesto, i trasferimenti necessari all'espletamento dei servizi sociali essenziali, come l'assistenza ai cittadini disabili;
   a garantire agli enti locali i tempi necessari per una programmazione seria, assumendo iniziative per definire norme certe sull'ammontare delle risorse di cui potranno disporre nell'anno seguente entro la fine del mese di ottobre, in modo da permettere di approvare i bilanci previsionali entro il 31 dicembre di ogni anno;
   a non ridurre i trasferimenti a disposizione degli enti locali nell'esercizio in corso e a non assumere iniziative per la modifica delle norme sulla fiscalità locale;
   pur a spesa complessiva invariata per l'insieme delle amministrazioni comunali, a definire con idonee analisi e un confronto con le autonomie locali i fabbisogni standard degli enti anche in termini di personale e dei relativi tetti di spesa, definendo un criterio il più possibile uniforme a livello nazionale che regoli il rapporto spesa del personale/popolosità dell'ente, in modo da distribuire al meglio la spesa dei comuni e giungendo così a criteri razionali che raggruppino i fabbisogni di comuni di pari livello e popolazione, con il superamento dell'attuale criterio di blocco/riduzione orizzontale ed acritico di tale spesa per ciascun comune indipendentemente dalla sua efficienza e dalle sue necessità comparabili;
   a svincolare dai tetti di spesa i costi di formazione del personale per delimitati settori e corsi autorizzati a livello centrale finalizzate ad incrementare la capacita di analisi sull'efficienza di spesa dei servizi, quali efficienza energetica, ricaduta socioeconomica di indotto delle azioni, digitalizzazione;
   ad assumere iniziative normative per spostare, alla luce di quanto esposto in premessa, la data ultima di approvazione dei consuntivi 2014 al 31 maggio o al 30 giugno 2015;
   al fine di far fronte alle minori risorse e garantire i servizi ai cittadini e, quindi, di porre in essere tutte le azioni necessarie a ridurre la spesa corrente tra cui la rinegoziazione del debito, consentire l'utilizzo di tutte le fonti disponibili, compreso l'avanzo e la ristrutturazione del debito mediante accensione di nuovi prestiti (come previsto dal comma 2 dell'articolo 41 della legge n. 448 del 2001), assumendo un'iniziativa normativa per abrogare il vincolo di utilizzo esclusivo dei proventi da dismissioni che riguarda il rimborso dei prestiti obbligazionari;
   in conseguenza della decisione di posticipare l'avvio della local tax, ad assumere iniziative normative per ripristinare il trasferimento integrativo di 625 milioni di euro, indispensabile agli enti locali, già oggetto di pesanti tagli sulle risorse del fondo di solidarietà comunale, per garantire i servizi essenziali ai cittadini.
(1-00741)
(Nuova formulazione) «Luigi Di Maio, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo calcoli della Cgia di Mestre dal 2011 al 2015 i tagli ai trasferimenti sarebbero costati ai comuni 27,3 miliardi di euro. Si tratta di tagli che i comuni hanno dovuto compensare con aumenti dei tributi locali a partire dall'addizionale Irpef per garantire servizi essenziali ai cittadini. Solo nel 2014 i tributi comunali sono saliti del 9 per cento;
    complessivamente dal 2009 ad oggi le misure di austerità sarebbero costate agli enti locali 26,4 miliardi di euro, mentre per lo stesso periodo i tagli subiti dai ministeri sarebbero pari a soli 6,4 miliardi di euro;
    nel 2015 la maggior parte dei tagli si è concentrata su regioni e enti locali per 5,2 miliardi di euro;
    sui comuni, in seguito all'approvazione della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), gravano in modo determinante non solo i tagli, ma anche l'avvio della riforma della contabilità pubblica. In particolare, il primo atto dell'applicazione dei nuovi principi contabili sarà costituito dal riaccertamento straordinario dei residui attivi. A seguito di questa operazione e poi di anno in anno, la massa di residui in bilancio che eccede la dimensione di ragionevoli previsioni di realizzo, anche posposto nel tempo, viene accantonata sul Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde), contribuendo ad una contrazione della spesa di pari importo sul bilancio corrente;
    i vincoli effettivi della manovra finanziaria (obiettivo nominale di patto di stabilità e Fondo crediti di dubbia esigibilità) costituiscono per la finanza pubblica due componenti dello stesso risultato atteso: un contributo da parte dei comuni di circa 3,4 miliardi di euro. È con questa dimensione di manovra che ciascun comune avrebbe comunque dovuto fare i conti nella formulazione del proprio bilancio di previsione;
    infatti, a fronte di un'evidente riduzione della percentuale prevista per la determinazione del saldo obiettivo ai fini del patto di stabilità (ora pari a 1,8 miliardi di euro) deve aggiungersi la stima degli effetti dell'introduzione del nuovo sistema contabile a regime (1,75 miliardi di euro a titolo di Fondo crediti di dubbia esigibilità, come da stima ministeriale) per un importo complessivo pari a 3,350 miliardi di euro. La reale riduzione dell'obiettivo, tenendo conto del forte impatto sui bilanci dell'armonizzazione contabile, è pari al 19 per cento rispetto al 2014;
    l'alleggerimento degli effetti dell'armonizzazione, già ottenuto con modifiche alla legge di stabilità, ha fornito agli enti più flessibilità nella gestione finanziaria (tagli non computati in «riduzione della spesa corrente», accantonamento graduale del Fondo crediti di dubbia esigibilità sui bilanci, rinegoziabilità generale dei mutui), confermando però nella sostanza le dimensioni generali dell'intervento;
    la proposta approvata dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali nel febbraio 2015 punta a dimensionare in modo più sostenibile e razionale il contributo di ciascun comune e lascia al singolo ente la decisione sul riparto del proprio obiettivo complessivo tra ammontare del Fondo crediti di dubbia esigibilità effettivamente accantonato in previsione e obiettivo del patto di stabilità vero e proprio. Il nuovo meccanismo contiene due profili di innovazione: la revisione dei criteri di calcolo, basati sulla spesa corrente, non modificati dal 2011, dai quali deriva il 60 per cento dell'obiettivo; l'introduzione di nuovi criteri connessi alla capacità di riscossione per il calcolo del restante 40 per cento;
    la prima parte della revisione è in qualche misura un atto dovuto. I criteri sottostanti alla quantificazione inserita nella legge di stabilità facevano ancora riferimento alla sterilizzazione dei tagli previsti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in proporzione dei «trasferimenti statali» del 2010, dai quali è ormai trascorsa un'intera epoca. Con la forte riduzione dell'obiettivo nominale (da 4,4 a 1,8 miliardi di euro), l'utilizzo di un parametro così obsoleto – in pratica la dotazione di trasferimenti, ormai aboliti – avrebbe determinato disparità insostenibili. Il metodo considera l'effetto di tutti i tagli intervenuti dal 2011 al 2014, esclude dai calcoli l'anno con livello di spesa corrente più elevato nel quadriennio 2009-2012, esclude le spese per il servizio rifiuti (finanziato da un prelievo fiscale dedicato) e trasporto locale, abbattendo le variazioni dovute alle diverse previsioni dei contratti di servizio e agli alterni andamenti dei contributi regionali sul trasporto pubblico;
    a queste razionalizzazioni si aggiunge una correzione a favore degli enti che mostrano una tendenza alla riduzione della spesa corrente. Una necessaria clausola di salvaguardia assicura che questa quota di obiettivo non produca aggravi superiori al 20 per cento rispetto all'obiettivo 2014 riproporzionato;
    la seconda quota introduce il criterio della capacità di riscossione delle entrate proprie, che risponde all'esigenza contingente di collegare l'obiettivo finanziario a una proxy del Fondo crediti di dubbia esigibilità. Se un comune registra un indice di capacità di riscossione più elevato, ci si può attendere un minore ammontare del Fondo crediti di dubbia esigibilità imputato sul bilancio di previsione e quindi, in assenza di un correttivo specifico, l'obiettivo del patto di stabilità che ne risulterebbe sarebbe troppo elevato. Si tratta di un'esigenza contingente, poiché l'emersione dell'effettivo impatto del Fondo crediti di dubbia esigibilità permetterà di determinare questa componente della manovra anche a livello di singolo ente, già nel corso del 2015 e certamente dal 2016;
    infine, ad alcune esigenze di alleggerimento del patto di stabilità (enti capofila, oneri imprevedibili, messa in sicurezza delle scuole e del territorio, bonifiche dell'amianto) contribuisce un fondo di 100 milioni di euro da redistribuire in corso d'anno;
    c’è da augurarsi che l'allentamento dei vincoli generali di finanza pubblica e la consapevolezza della sproporzione degli oneri richiesti ai comuni possano riaprire il percorso di superamento del patto di stabilità e di autonomia finanziaria locale di cui il Paese ha bisogno;
    è ancora in corso la trattativa riguardante i tagli previsti dalla legge di stabilità del 2015 e pari a oltre tre miliardi. I problemi sono molteplici e riguardano:
     a) il contributo alla manovra 2015 delle città metropolitane, contributo che necessita di un riequilibrio del carico tra le varie città (la versione definitiva ha alleggerito il carico comunque fino a quota 256 milioni di euro). I tagli infatti si scaricano per oltre il 75 per cento su Roma, Firenze e Napoli;
     b) la riforma del patto di stabilità e delle sanzioni per chi lo ha sforato nel 2014, in particolare per le città metropolitane che hanno ereditato tale sforamento dalle province;
     c) la replica del fondo perequativo IMU-Tasi di 625 milioni di euro, risorse distribuite nel 2014 a 1.800 comuni, essendo il fondo previsto per il solo 2014 ed essendo però la local tax rinviata al 2016;
     d) lo stanziamento di maggiori ed adeguate risorse finanziarie da parte del Governo da destinare all'eventuale scostamento tra il gettito effettivamente riscosso dai comuni e le stime ministeriali del gettito atteso in relazione al nuovo regime di imponibilità dei terreni montani di cui al decreto-legge n. 4 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2015 (cosiddetta IMU agricola), al fine di evitare scompensi sugli equilibri dei bilanci di competenza 2014 e i conseguenti rischi di mancato rispetto del patto si stabilità da parte degli enti locali;
     e) inoltre, la questione delle province e dei loro dipendenti (l'Unione delle province d'Italia denuncia che anche le poche province che riusciranno a chiudere i bilanci nel 2015 non riusciranno a farlo nel 2016) per la parte che concerne l'assorbimento di tale personale da parte delle città metropolitane e dei comuni;
    si prospettano alcune ipotesi – non tutte condivisibili – per risolvere le questioni ancora da definire, tra le quali:
     a) una rinegoziazione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti aggiornando i tassi di interesse a quelli di mercato;
     b) l'introduzione di una tassa di un euro o due per ogni passeggero sui biglietti di aerei e navi;
     c) la possibilità di utilizzare in via eccezionale i proventi dalle dismissioni per finanziare la spesa corrente;
    si prevede che il decreto-legge sugli enti locali sia varato dal Governo entro aprile 2015 per risolvere queste questioni ereditate dalla legge di stabilità 2015;
    è anche ancora da definire l'introduzione della nuova tassa unica sulla casa la cosiddetta local tax;
    l'avvio a regime della riforma dei conti pubblici ha messo in affanno i sindaci che temono di non riuscire a varare il rendiconto entro il 30 aprile 2015 e chiedono uno spostamento della scadenza al 30 giugno 2015. Con i consuntivi i comuni devono compiere il riaccertamento straordinario dei residui per pulire i bilanci da entrate iscritte ma mai riscosse,

impegna il Governo:

   a dare seguito all'accordo quadro siglato nella Conferenza Stato-città e autonomie locali del 31 marzo 2015;
   a dare risposte positive a quanto chiesto dai comuni in merito all'applicazione della legge di stabilità 2015;
   ad assumere iniziative normative per sopprimere i tagli ai trasferimenti ai comuni, eventualmente compensandoli con riduzioni delle spese delle amministrazioni statali;
   ad accelerare la rinegoziazione dei mutui con Cassa depositi e prestiti e, più in generale, a rivedere le condizioni alle quali vengono erogati mutui ai comuni;
   ad assumere iniziative per ricostituire per il 2015 il fondo compensativo di 625 milioni di euro già riconosciuto per il 2014;
   ad assumere iniziative per stanziare maggiori ed adeguate risorse finanziarie da parte del Governo da destinare all'eventuale scostamento tra il gettito effettivamente riscosso dai comuni e le stime ministeriali del gettito atteso in relazione al nuovo regime di imponibilità dei terreni montani di cui al decreto-legge n. 4 del 2015, e successive modificazioni;
   ad assumere iniziative per rimodulare in maniera consistente verso il basso le sanzioni per le città metropolitane per lo sforamento del patto di stabilità ereditato dalle province;
   a garantire ai comuni i tempi indispensabili per la redazione dei bilanci, definendo ogni anno entro una data precisa le risorse a loro disposizione e dando poi loro due-tre mesi di tempo da tale scadenza per l'approvazione dei bilanci;
   a non modificare nell'esercizio in corso le disposizioni relative alla fiscalità locale e a non ridurre per il medesimo esercizio i trasferimenti a loro favore.
(1-00822) «Melilla, Marcon, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaccagnini, Zaratti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2007 al 2014 gli enti locali, e i comuni in particolare, hanno contribuito al risanamento della finanza pubblica per 16,4 miliardi di euro, di cui 8 miliardi e 700 milioni in termini di patto di stabilità interno e 7 miliardi e 700 milioni di euro in termini di riduzione di trasferimenti;
    in tale ambito, gli effetti della crisi economica e finanziaria, tutt'altro che superata in via definitiva, hanno imposto ai Governi, succedutisi a partire dalla fine del 2007, una serie di interventi legislativi dapprima per contrastare gli effetti del contagio della crisi economica internazionale e successivamente per scongiurare una crisi del debito italiano e riacquistare credibilità sui mercati finanziari, oltre che imboccare un sentiero virtuoso nel riordino dei conti pubblici;
    all'interno del sopra esposto scenario economico, l'evoluzione recente del governo locale è stata profondamente contrassegnata da misure indotte dalla crisi economica, che, sotto la spinta di urgenze reiterate, hanno inciso non solo sui flussi di risorse disponibili, ma sugli stessi assetti strutturali degli enti locali;
    gli orientamenti normativi sugli enti locali, che a partire dalla XVI legislatura sono stati introdotti, hanno riguardato diversi profili: dalla riduzione dei trasferimenti di risorse e dalla definizione di un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie, fino al contenimento dei costi degli apparati e all'aumento della funzionalità degli enti stessi;
    a tal fine, la stretta finanziaria imposta anche dal patto di stabilità si è scaricata principalmente sulla spesa maggiormente comprimibile, quella per gli investimenti, che ha registrato una preoccupante riduzione nel corso degli ultimi anni;
    gli effetti costanti e al contempo spesso distorsivi delle continue riduzioni dei trasferimenti nei riguardi degli enti locali, che aumentano in maniera evidente, come confermato anche dalle decisioni adottate dal Governo all'interno della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015) rafforzano la convinzione, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, come il contributo richiesto agli enti locali per il risanamento dei conti pubblici non sia più sostenibile, sia in ordine alla parte di investimenti che per la parte corrente;
    tra gli effetti provocati dalla manovra economica del dicembre 2014, la diminuzione degli investimenti nei confronti degli enti locali ha interessato settori importantissimi per la qualità della vita e per la sicurezza degli individui; in particolare, i comuni e le regioni, a cui spetta il compito di realizzare le opere di tutela del territorio (rischio idrogeologico e infrastrutture di rete), infrastrutture per la viabilità e i trasporti, opere a servizio della scuola e interventi per la pubblica sicurezza e la giustizia, hanno subito gravissime ripercussioni dalle pesantissime riduzioni di trasferimenti, il cui prezzo sociale dell'impatto delle recenti manovre finanziarie su questi interventi (in particolare quelle decise del Governo Monti) è divenuto ormai insostenibile per la collettività e per le imprese;
    ulteriori profili di criticità, che si rinvengono dal riassetto delle risorse disponibili e dai tagli subiti dagli enti locali, si evidenziano anche dalla disciplina dei principali tributi, oggetto di continui cambiamenti (di solito calcolati a gettiti standard), che ha determinato evidenti scompensi nei bilanci e nei margini d'intervento, le cui variazioni compensative delle assegnazioni statali (aggiustamenti operati a fronte di cambiamenti delle norme sui tributi locali), hanno provocato continue modifiche all'assetto delle entrate comunali e nella struttura del gettito dei tributi a base immobiliare;
    a tal fine, i trasferimenti statali complessivi sono passati da circa 16,5 miliardi di euro del 2010 a 2,5 miliardi di euro del 2013, determinando, nella sostanza, la parziale tenuta delle capacità di entrate realizzata con aumenti della pressione fiscale locale molto accentuati e in larga parte ascrivibili a passaggi obbligati: sostituzione dell'ICI con l'IMU, rafforzata sia attraverso il maggior valore imponibile di base, sia per effetto dell'aliquota di base superiore al livello ICI; applicazione della TASI a tutta la platea contributiva;
    la legge di stabilità per il 2015, unitamente alle disposizioni contenute all'interno del decreto legislativo n. 126 del 2014, che interviene per l'attuazione dell’«armonizzazione dei bilanci», ha comportato un effetto combinato di riduzione delle risorse correnti comunali sul 2015 per oltre 3,7 miliardi di euro; cifra a cui si giunge sommando gli impatti finanziari dei diversi provvedimenti riguardanti la finanza comunale e che configura uno scenario iniquo e difficilmente sostenibile anche nel breve periodo, ai diversi livelli di governo locale;
    secondo l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre-Cgia, inoltre, le riduzioni effettuate dallo Stato nei confronti dei comuni e delle regioni a statuto ordinario, raggiungono rispettivamente 8,3 miliardi di euro e 9,7 miliardi di euro, mentre per quelle a statuto speciale la quota dei mancati trasferimenti è stabilizzata a 3,3 miliardi di euro, raggiungendo nel complesso degli ultimi anni un mancato trasferimento alle regioni e agli enti locali pari a oltre 25 miliardi di euro, compensati aumentando le tasse locali e riducendo i servizi anche quelli essenziali alle comunità locali, come la sanità, il trasporto pubblico locale, il welfare;
    anche l'analisi della Corte dei conti sulle manovre di contenimento della spesa dello Stato, nel periodo 2008-2013, evidenzia che le riduzioni che hanno portato al contemporaneo determinarsi di consistenti tagli ai trasferimenti correnti, di un cospicuo avanzo di cassa e di una riduzione delle risorse destinate ai servizi essenziali, hanno provocato la crescita pericolosa dei debiti fuori bilancio degli enti locali, ovvero quelli che non concorrono alla formazione del bilancio;
    gli effetti penalizzanti si sono riscontrati, in particolare, sulle regioni del Mezzogiorno, con forti contrazioni degli investimenti, che hanno aumentato il divario regionale con le aree del Centro-Nord;
    misure in netta controtendenza rispetto a quelle in precedenza indicate, finalizzate a garantire l'espletamento dei servizi sociali essenziali, anche in relazione alle disposizioni divenute insostenibili nei riguardi degli enti locali (che a partire dall'ultimo quinquennio e da ultimo, la legge di stabilità 2015, hanno ripetutamente operato riduzioni di trasferimenti, intervenendo sulla leva fiscale offrendo al contempo servizi essenziali sempre più inadeguati), appaiono conseguentemente urgenti e necessarie, al fine di ripristinare, da un lato, un livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e, dall'altro, il funzionamento fondamentale degli enti locali, incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a comuni, province, città metropolitane e regioni nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale;
    la necessità di valutare la dinamica della fiscalità locale senza compararla con la drastica riduzione dei trasferimenti dello Stato a favore degli enti locali conferma, inoltre, che tale raffronto rende evidente, che i tagli subiti dal 2007 ad oggi sono stati nettamente superiori all'incremento della fiscalità locale, che peraltro rappresenta attualmente lo strumento di finanziamento di servizi essenziali per i cittadini (asili nido, scuole materne, assistenza domiciliare, sostegno alla non autosufficienza, politiche abitative, tutela ambientale, trasporto pubblico locale, politiche educative e culturali), i cui livelli di tassazione hanno raggiunto dimensioni emergenziali;
    a tal fine, l'attuale quadro finanziario degli enti locali di evidente difficoltà impone rapide correzioni attraverso l'interruzione delle riduzioni dei trasferimenti del bilancio dello Stato, i cui meccanismi di riequilibrio dei trasferimenti erariali per compensare le variazioni del gettito per gli enti locali si sono dimostrati peraltro insufficienti,

impegna il Governo:

   a prevedere iniziative urgenti e necessarie in favore degli enti locali finalizzate a:
    a) riconsiderare gli interventi in favore degli enti locali, attraverso l'aumento degli spazi di esclusione dal patto di stabilità interno, in particolare per le città metropolitane, incluse le misure riconducibili all'edilizia scolastica, in considerazione del fatto che la legge di stabilità per il 2015 prevede che nel computo del patto non siano valutate le spese di province e città metropolitane per interventi di edilizia scolastica, fino ad un massimo di 50 milioni nel 2015 e 50 milioni nel 2016;
    b) ripristinare le risorse decurtate con le correzioni, definite dalla legge di stabilità per il 2015, a carico degli enti locali di circa 15,3 miliardi di euro nel triennio, ottenute, tra l'altro, attraverso la riduzione del fondo di solidarietà comunale per 3,6 miliardi di euro e la riduzione della spesa corrente delle province e delle città metropolitane per 6 miliardi di euro;
    c) prevedere misure in favore degli enti locali in dissesto finanziario o in predissesto, ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che hanno presentato i piani di riequilibrio finanziario per i quali sia intervenuta una deliberazione di diniego da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, per garantire in ogni caso i servizi essenziali, quale quelli della raccolta dei rifiuti, dell'assistenza ai disabili e agli anziani;
    d) a garantire agli enti locali un periodo temporale congruo e ragionevole per una programmazione finanziaria e strategica, al fine di conoscere l'esatto ammontare delle risorse disponibili di cui gli enti locali potranno disporre per l'anno successivo e comunque entro la fine del mese di ottobre 2015;
    e) rimuovere i numerosi vincoli ordinamentali imposti, nel corso dei provvedimenti degli ultimi anni, agli enti locali, e in particolare ai comuni, adottando i saldi come unico criterio per definire lo sforzo richiesto a ciascun comparto della pubblica amministrazione;
    f) ripristinare, infine, il fondo finanziamento metropolitane delle grandi aree urbane, le cui risorse pari a 1 miliardo di euro, sono state eliminate dalla legge di stabilità per il 2015, determinando gravi effetti nei confronti dei comuni, in termini di riduzione delle risorse per la spesa corrente, senza alcun intervento compensativo sulla spesa per gli investimenti.
(1-00824) «Palese, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il cambiamento dell'assetto istituzionale e finanziario degli enti territoriali costituisce uno snodo centrale nell'ambito della complessiva azione riformatrice del Governo e del processo di risanamento del Paese;
    dal primo punto di vista, l'intervento più significativo è costituito dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province ed una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni;
    a ciò si unisce, sotto il profilo della contabilità, il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, adottato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 42 del 2009, che ridisciplina il coordinamento della finanza pubblica al fine di rafforzare le attività di programmazione, gestione, monitoraggio, controllo e rendicontazione finanziaria tra i diversi enti che compongono la pubblica amministrazione e di favorire un migliore raccordo della disciplina contabile interna con quella adottata in ambito europeo ai fini del rispetto del patto di stabilità e crescita;
    dal punto di vista finanziario e del risanamento, per le disposizioni contenute nella legge 29 dicembre 2014, n. 190, gli enti territoriali concorreranno complessivamente al contenimento della spesa pubblica per circa 6,2 miliardi di euro nel 2015, 7,2 nel 2016 e 8,2 nel 2017, senza tener conto delle ulteriori riduzioni operate dal decreto-legge n. 66 del 2014;
    in particolare, il comma 435 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 ha stabilito la riduzione della dotazione del fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015; il comma 418 ha operato una riduzione della spesa corrente per province e città metropolitane di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. Infine, il comma 398 ha disciplinato un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, pari a 3.452 milioni di euro e il comma 400 ha stabilito entità e modalità a contributo aggiuntivo pari a 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 per le regioni a statuto speciale;
    si tratta oggettivamente di riduzioni molto significative per gli enti territoriali che si aggiungono a quelle già operate nel corso della XVI legislatura, pari a circa 34 miliardi di euro;
    la dimensione dello sforzo richiesto alle amministrazioni territoriali rende necessario prevedere un contesto più orientato a definire indirizzi e incentivi che non a prescrivere specifici vincoli, accogliendo anche talune richieste provenienti dai vari comparti;
    una prima risposta a questa impostazione è costituita dall'incremento al 20 per cento della quota del fondo di solidarietà comunale spettante ai comuni delle regioni a statuto ordinario sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard e l'avvio del processo di riforma del meccanismo del patto di stabilità che è stato allentato per complessivi 2.889 milioni annui, di cui 2.650 milioni ai comuni e 239 milioni alle province;
    nel documento di economia e finanza il Governo si impegna a proseguire in questa direzione favorendo il progressivo passaggio da un sistema basato sulla spesa storica ad uno che utilizza costi e fabbisogni standard, più razionale ed efficiente, in cui vengano premiati con maggiori spazi finanziari e, quindi, maggiori possibilità di investimento gli enti che hanno ridotto la spesa corrente e che hanno una maggiore capacità di riscossione delle entrate proprie;
    ulteriori misure a beneficio del comparto degli enti locali sono la possibilità di destinare i proventi delle concessioni edilizie per il finanziamento di spese correnti, la facoltà di rinegoziare mutui, l'innalzamento dall'8 al 10 per cento dell'importo massimo degli interessi passivi rispetto alle entrate dei primi tre titoli delle entrate del rendiconto per poter assumere nuovi mutui o finanziamenti, il passaggio da tre a cinque dodicesimi del limite massimo di ricorso degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria, l'assegnazione delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale;
    rispetto alle regioni a Statuto ordinario, per le quali il comma 463 ha introdotto la disciplina del pareggio di bilancio, si è prevista una fase transitoria per l'anno 2015 finalizzata a rendere più flessibile il passaggio al nuovo sistema;
    inoltre, i commi da 484 a 488 hanno esteso anche al 2015 la disciplina del patto verticale incentivato, che favorisce una maggiore flessibilità per il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti territoriali;
    a fronte dell'importante contributo al risanamento dei conti pubblici che arriva dagli enti territoriali, permangono alcune situazioni di criticità che potrebbero incidere sul livello e sulla qualità di erogazione di servizi ai cittadini, in particolare per quel che riguarda l'attuazione del Patto per la salute per gli anni successivi al 2015, il riparto del taglio alle città metropolitane e il rifinanziamento di 625 milioni del fondo compensativo IMU-TASI;
    su questi argomenti si stanno svolgendo incontri politici e tecnici con le rappresentanze delle parti interessate finalizzati a individuare soluzioni condivise alle questioni tuttora aperte;
    l'importanza del comparto territoriale richiede interventi organici e di ampio respiro da attuare necessariamente all'interno di un percorso condiviso a tutti i livelli istituzionali, a cominciare dalla ridefinizione e semplificazione della fiscalità immobiliare comunale in coerenza con gli indirizzi contenuti nel documento di economia e finanza 2015,

impegna il Governo:

   ad adottare con la massima sollecitudine ogni iniziativa utile volta a dare soluzione alle principali criticità normative relative agli enti territoriali, con particolare riferimento:
    a) all'attuazione dell'intesa del 19 febbraio 2015 raggiunta in seno alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in particolare in merito alla rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilità interno dei comuni per gli anni 2015-2018 e delle sanzioni per mancato raggiungimento degli obiettivi;
    b) alla sostenibilità del concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il comparto province e città metropolitane, stabilendo la possibilità di rinegoziare i mutui e utilizzare gli spazi ottenuti a copertura di spese correnti, l'esclusione dalla sanzione sul personale delle proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato (anche per le città metropolitane e le province che non hanno rispettato il patto di stabilità nel 2014) e la disapplicazione dei limiti alle assunzioni per l'assorbimento del personale;
    c) alla gradualità e flessibilità della fase di avvio a regime dell'armonizzazione contabile;
    d) all'introduzione di meccanismi di perequazione per l'applicazione delle nuove norme in materia di Imu-agricola e al rinnovo, almeno parzialmente, di quelli previsti per il passaggio dall'Imu alla Tasi;
    e) all'attuazione dell'intesa del 26 febbraio 2015 raggiunta in seno alla Conferenza Stato-regioni in merito alle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 398, 465 e 484, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
   a valutare l'opportunità di consentire a province e città metropolitane di non approvare il bilancio pluriennale, limitandosi al solo bilancio di previsione 2015 in cui siano illustrate le spese sostenute per funzioni fondamentali e funzioni non fondamentali, in modo da accertare le entrate effettivamente destinate all'esercizio di tali funzioni, e consentendo, in via eccezionale, l'utilizzo degli avanzi di gestione 2014 per il conseguimento degli equilibri;
   a definire entro il 2015 un assetto stabile della finanza locale in grado di consentire reale autonomia ed effettive e virtuose possibilità di programmazione da parte degli enti locali;
   a procedere al riordino e alla semplificazione, all'interno della legge di stabilità per l'anno 2016, della fiscalità immobiliare comunale, al fine di garantire un assetto legislativo e finanziario definitivo e stabile in materia, prevedendo, altresì, adeguate forme di perequazione verticale e meccanismi di monitoraggio e verifica dei criteri di alimentazione e distribuzione tra i comuni delle risorse del fondo di solidarietà comunale;
   a proseguire e rafforzare ulteriormente il percorso già avviato volto a rilanciare e sostenere i programmi di investimento degli enti locali.
(1-00825) «Marchi, Tancredi, Paola Bragantini, Misiani, Guerra, Laforgia, Melilli, Causi, Marchetti, Fragomeli, Carnevali».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).