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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 18 marzo 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 18 marzo 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Meta, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 17 marzo 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   VERINI: «Modifiche alla tabella A allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, relative alle circoscrizioni dei tribunali di Perugia e di Terni, e alla tabella A allegata alla legge 21 novembre 1991, n. 374, relative a uffici del giudice di pace compresi nelle medesime circoscrizioni» (2962);
   COVA ed altri: «Modifica dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, in materia di uso di medicinali in deroga per il trattamento veterinario di animali non destinati alla produzione di alimenti» (2963);
   MORANI: «Modifiche alla legge 24 ottobre 2000, n. 323, concernente la disciplina del settore termale, e delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi in materia di attività idrotermali nonché di disposizioni per la promozione delle medesime attività» (2964).

  Saranno stampate e distribuite.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

  La proposta di legge n. 2931, d'iniziativa dei deputati FRATOIANNI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo».

Ritiro di una proposta di legge.

  Il deputato Cova ha comunicato, anche a nome degli altri firmatari, di ritirare la seguente proposta di legge:
   COVA ed altri: «Modifica dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, in materia di uso di medicinali in deroga per il trattamento veterinario di animali non destinati alla produzione di alimenti» (2635).

  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  MISIANI ed altri: «Disciplina dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi» (2890). Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VII, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   II Commissione (Giustizia):
  VARGIU ed altri: «Disposizioni per la disciplina dell'esercizio della prostituzione, anche attraverso applicazioni o servizi telematici» (2788). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  DORINA BIANCHI: «Modifiche agli articoli 609-bis del codice penale e 656 del codice di procedura penale e altre disposizioni per il potenziamento della lotta contro la violenza sessuale» (2887). Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
  PAGLIA ed altri: «Disposizione in materia di utilizzabilità degli elementi rilevanti ai fini dell'accertamento fiscale» (2884). Parere delle Commissioni I, II e V.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  MASSIMILIANO BERNINI ed altri: «Modifiche all'articolo 4 della legge 24 dicembre 2004, n. 313, concernente la disciplina dell'uso dei fitofarmaci nell'apicoltura» (2069). Parere delle Commissioni I, II, V, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti):
   FRATOIANNI ed altri: «Riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo» (2931). Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali):
  DORINA BIANCHI: «Disposizioni in materia di prestazioni aggiuntive dei dipendenti pubblici appartenenti alle professioni sanitarie di cui all'articolo 1 della legge 1o febbraio 2006, n. 43» (2888). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera del 6 marzo 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno COZZOLINO ed altri n. 9/2149/4, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 marzo 2014, sulla missione internazionale EUBAM in assistenza alle frontiere per il valico di Rafah nella Striscia di Gaza.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 12 marzo 2015, ha trasmesso le relazioni, aggiornate rispettivamente al mese di agosto, al mese di settembre e al mese di ottobre 2014, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2014.

  Queste relazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 18 marzo 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, la relazione sullo stato di attuazione del medesimo decreto legislativo n. 178 del 2012, recante riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (CRI), aggiornata al 30 dicembre 2014 (Doc. CCVI, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 16 marzo 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE:
   n. 57/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Assegnazione risorse non utilizzate del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), per il finanziamento agevolato dei contratti di filiera e di distretto»;
   n. 58/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Contratto di filiera tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e “La filiera delle uova tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna”»;
   n. 59/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Contratto di filiera tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e “Filiera florovivaistica”»;
   n. 60/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Contratto di filiera tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e “La filiera del latte tra Genova, Torino e Vicenza”»;
   n. 61/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Contratto di filiera tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e “Terre da vino”»;
   n. 62/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Contratto di filiera tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e “Filiera AFE-SALVI-UNACOA: progetto di sviluppo e innovazione varietale kiwi e melo”»;
   n. 64/2014 del 10 novembre 2014, concernente «Contratto di filiera tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e “Filiera zootecnica”».

  Queste delibere sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 17 marzo 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Consiglio europeo – Relazione 2015 sugli ostacoli al commercio e agli investimenti (COM(2015) 127 final);
   Resoconto annuale della Commissione sulle relazioni annuali di attività degli Stati membri sui crediti all'esportazione ai sensi del regolamento (UE) n. 1233/2011 (COM(2015) 130 final).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 17 marzo 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro di valutazione UE della giustizia 2015 (COM(2015)116 final);
   comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Direttiva quadro Acque e direttiva Alluvioni: azioni a favore del «buono stato» delle acque unionali e della riduzione dei rischi di alluvioni (COM(2015)120 final);
   proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1236/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un regime di controllo e di coercizione applicabile nella zona della convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nordorientale (COM(2015)121 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1749 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 24 GENNAIO 2015, N. 4, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI ESENZIONE IMU. PROROGA DI TERMINI CONCERNENTI L'ESERCIZIO DELLA DELEGA IN MATERIA DI REVISIONE DEL SISTEMA FISCALE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2915)

A.C. 2915 – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

ART. 1.
(Esenzione dall'IMU dei terreni montani e parzialmente montani).

  Dopo il comma 1-bis, aggiungere i seguenti:
  1-ter. A decorrere dall'anno 2015 l'esenzione dell'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applica sul 50 per cento della base imponibile ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai soggetti, diversi da quelli di cui al comma 1 lettera b), aventi i requisiti di cui all'articolo 3, comma 2 del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ministeriale 18 novembre 2014, ubicati nei comuni parzialmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'istituto Nazionale di Statistica.
  1-quater. Agli ulteriori oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma precedente si provvede mediante corrispondente riduzione in termini lineari delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
1. 157. Zaccagnini, Franco Bordo, Paglia, Costantino.

  Dopo il comma 1-bis, aggiungere il seguente:
  1-ter. L'esenzione di cui al comma 1 si applica anche ai terreni siti nei comuni parzialmente montani, già inclusi nell'elenco di cui alla Circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993, il cui territorio confina esclusivamente con comuni riconosciuti totalmente montani.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 228,8 milioni per l'anno 2015, in 99 milioni di euro;
   alla lettera b), sostituire le parole: 126,6 milioni di euro per l'anno 2015, 47,9 milioni di euro per l'anno 2016 e a 53,1 milioni con le seguenti: 129,6 milioni di euro per l'anno 2015, 50,9 milioni di euro per l'anno 2016 e a 56,1 milioni.
1. 43. D'Incà.

  Al comma 2, dopo le parole: posseduti e condotti, aggiungere le seguenti: da imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile o.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 235,8 milioni per l'anno 2015 e in 106 milioni di euro;
   dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 10 milioni di euro per il 2015 e a 10 milioni di euro a decorrere dal 2016, mediante corrispondente riduzione di tutte le dotazioni finanziarie di parte corrente del bilancio dello Stato iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad eccezione delle spese relative alle missioni: Diritti sociali, politiche sociali e famiglia; Politiche per il lavoro, Tutela della salute.
1. 45. Gallinella, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: o ad imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 235,8 milioni per l'anno 2015 e in 106 milioni di euro;
   dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 10 milioni di euro per il 2015 e a 10 milioni di euro a decorrere dal 2016, mediante corrispondente riduzione di tutte le dotazioni finanziarie di parte corrente del bilancio dello Stato iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad eccezione delle spese relative alle missioni: Diritti sociali, politiche sociali e famiglia; Politiche per il lavoro, Tutela della salute.
1. 62. L'Abbate, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, Parentela, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Sono comunque esenti dal pagamento dell'imposta municipale propria, i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali iscritti all'INPS e dalle figure iscritte presso la Camera di Commercio nella apposita Sezione Speciale delle imprese agricole sui terreni comunque utilizzati per fini agricoli da queste figure professionali.

  Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Agli ulteriori oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2, ultimo periodo, pari a 40 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
1. 70. Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Sandra Savino, Alberto Giorgetti, Laffranco, Francesco Saverio Romano, Prestigiacomo, Castiello, Ciracì, Distaso, Marti, Palmizio, Parisi, Palese, Romele.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Sono comunque esenti dall'imposta municipale propria i terreni agricoli aventi destinazione «qualità uliveto» e «qualità mandorleto».

  Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Agli ulteriori oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2, ultimo periodo, nel limite massimo pari a 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
1. 75. Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Sandra Savino, Alberto Giorgetti, Laffranco, Francesco Saverio Romano, Prestigiacomo, Castiello, Ciracì, Distaso, Marti, Palmizio, Parisi, Palese, Romele.

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
  2-bis. L'esenzione si applica anche ai terreni agricoli ricadenti nelle zone soggette a vincoli naturali o ad altri vincoli specifici ai sensi del Reg. (CE) 17 dicembre 2013 n. 1305 e successive modificazioni ed integrazioni.
  2-ter. Le autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non risultano impegnati sulla base delle risultanze del Rendiconto generale dello Stato relativo agli anni 2012, 2013 e 2014 sono definanziate. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 30 marzo 2015 sono individuate per ciascun Ministero le autorizzazioni di spesa da definanziare e le relative disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Le disponibilità individuate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.
1. 79. Latronico, Distaso, Chiarelli, Marti, Castiello, Altieri, Fucci, Laffranco, Francesco Saverio Romano, Fabrizio Di Stefano, Ciracì, Palese, Picchi, Galati.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. L'esenzione si applica anche ai terreni ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui all'elenco ISTAT e concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti alla previdenza agricola.

  Conseguentemente:
   al comma 3, sostituire le parole: di cui ai commi 1 e 2 con le seguenti: di cui ai commi 1, 2 e 2-bis;
   all'articolo 2, comma 2:
    alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 235,8 milioni per l'anno 2015 e in 106 milioni di euro;
    dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
     d-bis) quanto a 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione in termini lineari delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun ministero di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b) della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
1. 126. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Sostituire i commi 3 e 4 con i seguenti:
  3. Per l'anno 2014, non è, comunque, dovuta l'IMU per i terreni considerati imponibili sulla base di quanto disposto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'interno, del 28 novembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2014. Per il medesimo anno 2014, resta ferma l'esenzione per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadano in zone montane o di collina.
  4. I contribuenti che per l'anno 2014 hanno effettuato versamenti dell'IMU in relazione ai terreni considerati imponibili sulla base di quanto disposto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'interno, del 28 novembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2014, e che per effetto delle disposizioni di cui al presente articolo sono esenti, hanno diritto al rimborso da parte del comune di quanto versato o alla compensazione qualora il medesimo comune abbia previsto tale facoltà con proprio regolamento.

  Conseguentemente:
   al comma 7, sostituire le parole: a decorrere dall'anno 2015 con le seguenti: a decorrere dall'anno 2016;
   sopprimere i commi 8 e 9;
   all'articolo 2, dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
  3-bis. L'aliquota dell'addizionale di cui al comma 16 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è aumentata di 1 punto percentuale.
  3-ter. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 1 si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
  3-quater. All'aumento dell'aliquota di cui al comma 3-bis del presente articolo si applicano le disposizioni di citi al comma 18 del citato articolo 81 relative al divieto di traslazione dell'onere sui prezzi al consumo.
1. 82. Cancelleri, D'Incà.

  Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
  3-bis. Per gli anni 2014 e 2015 non è dovuta l'IMU per i terreni agricoli, nonché quelli non coltivati, che risultano imponibili per effetto dell'applicazione dei criteri di cui ai commi precedenti ricadenti nei comuni che hanno subito danni a seguito di calamità naturali o avversità atmosferiche e per le quali è stato dichiarato lo stato di calamità naturale o di emergenza a livello nazionale ai sensi del comma 1 lettera c) dell'articolo 2 della legge n. 225 del 1992.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 285,8 milioni per l'anno 2015 e in 156 milioni di euro;
   dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 60 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «fondi di riserva speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
1. 83. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Dopo il comma 3 aggiungere il seguente:
  3-bis. Per gli anni 2014 e 2015 non è dovuta l'IMU per i terreni agricoli, nonché quelli non coltivati, che risultano imponibili per effetto dell'applicazione dei criteri di cui ai commi precedenti ricadenti nei comuni che hanno subito danni a seguito di eventi alluvionali verificatesi nei suddetti anni nelle Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Toscana e Veneto per le quali è stato dichiarato lo stato di calamità naturale o di emergenza a livello nazionale ai sensi del comma 1 lettera c) dell'articolo 2 della legge n. 225 del 1992.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 265,8 milioni per l'anno 2015 e in 136 milioni di euro;
   dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 40 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «fondi di riserva speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
1. 84. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: Per l'anno 2014, con le seguenti: Per gli anni 2014 e 2015,.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni con le seguenti: 275,8 milioni;
   dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 50 milioni di euro per il 2015, mediante corrispondente riduzione di tutte le dotazioni finanziarie di parte corrente del bilancio dello Stato iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad eccezione delle spese relative alle missioni: Diritti sociali, politiche sociali e famiglia; Politiche per il lavoro. Tutela della salute.
1. 85. Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Sostituire il comma 5 con il seguente:
  5. Il termine di cui all'articolo 1, comma 692, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è prorogato al 31 gennaio 2016.
1. 255. Giorgia Meloni, Rampelli.

  Al comma 5, primo periodo, sostituire le parole: 10 febbraio 2015 con le seguenti: 30 aprile 2015.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015, con le seguenti: 31 maggio 2015.
1. 88-bis. Franco Bordo, Zaccagnini, Paglia, Costantino, Gallinella, Latronico, Romele.

  Al comma 5, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: I contribuenti che, entro il 31 maggio 2015, provvedono alla regolarizzazione spontanea degli eventuali minori importi versati, determinati da erronea computazione dell'imposta complessivamente dovuta, non sono soggetti a sanzioni né ad interessi.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015 con le seguenti: 31 maggio 2015.
1. 98. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

  Al comma 5, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: I contribuenti che, entro il 16 giugno 2015, provvedono alla regolarizzazione spontanea degli eventuali minori importi versati, determinati da erronea computazione dell'imposta complessivamente dovuta, non sono soggetti a sanzioni né ad interessi.
1. 130. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Al comma 5, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: I contribuenti che, entro il 30 aprile 2015, provvedono alla regolarizzazione spontanea degli eventuali minori importi versati, determinati da erronea computazione dell'imposta complessivamente dovuta, non sono soggetti a sanzioni né ad interessi.

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015 con le seguenti: 30 aprile 2015.
1. 101. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015 con le seguenti: 30 giugno 2015.
*1. 105. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015 con le seguenti: 30 giugno 2015.
*1. 106. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015 con le seguenti: 30 giugno 2015.
*1. 256. Giorgia Meloni, Rampelli.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015, con le seguenti: 16 giugno 2015.
**1. 109. Catanoso, Franco Bordo.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015, con le seguenti: 16 giugno 2015.
**1. 113. L'Abbate, Parentela, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà, Franco Bordo.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015, con le seguenti: 16 giugno 2015.
**1. 115. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini, Franco Bordo.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015, con le seguenti: 31 maggio 2015.
1. 116. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

  Al comma 5, secondo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2015, con le seguenti: 30 aprile 2015.
1. 118. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

  Al comma 5-bis, dopo le parole: hanno diritto al rimborso aggiungere le seguenti:, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
1. 124. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Al comma 5-bis, dopo le parole: hanno diritto al rimborso aggiungere le seguenti:, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
1. 122. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Al comma 5-bis, sopprimere le parole: qualora il medesimo comune abbia previsto tale facoltà con proprio regolamento.
1. 128. Franco Bordo, Zaccagnini, Paglia, Costantino.

  Dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9. 1. I comuni in deroga all'articolo 175 del Testo unico degli enti locali, approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, accertano convenzionalmente gli importi, a titolo di maggiore gettito IMU, risultanti dall'allegato B al presente provvedimento, sul bilancio 2014 a fronte della riduzione corrispondente dell'assegnazione del Fondo di solidarietà comunale. L'accertamento convenzionale è rivisto sulla base dei dati aggiornati del gettito reale. A tal fine è istituito un fondo di riequilibrio destinato a compensare il minor gettito. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro giugno 2015, viene disposta la compensazione per il minor gettito a favore dei comuni ed a valere sul predetto fondo di riequilibrio.
1. 134. Latronico, Distaso, Chiarelli, Marti, Castiello, Altieri, Fucci, Laffranco, Francesco Saverio Romano, Fabrizio Di Stefano, Ciracì, Palese, Picchi, Galati.

  Aggiungere, in fine, i seguenti commi:
  9-sexies. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle Politiche agricole e dell'interno, modificano con apposito decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i criteri per l'individuazione dei contribuenti che, a decorrere dall'anno d'imposta 2016, sono tenuti al pagamento dell'IMU sulla base della superficie agricola posseduta, della destinazione e della potenziale redditività economica della stessa.
  9-septies. Ai fini di cui al comma precedente sono tenuti al pagamento dell'imposta esclusivamente i proprietari di quei terreni che si sviluppano per oltre 10 ettari in pianura, 20 ettari in collina e 40 ettari in montagna, prendendo a tal fine a riferimento la suddivisione del territorio nazionale predisposta dall'Istituto nazionale di statistica.
  9-octies. L'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, è sostituito dal seguente:
  1. A decorrere dall'anno 2016, i canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sono così rideterminati:
   h) permesso di prospezione: 2.000 euro per chilometro quadrato;
   i) permesso di ricerca: 2.000 euro per chilometro quadrato;
   j) permesso di ricerca in proroga: 2.000 euro per chilometro quadrato;
   k) concessione di coltivazione: 20.000 euro per chilometro quadrato;
   l) concessione di coltivazione in proroga: 20.000 euro per chilometro quadrato;
   m) concessione di stoccaggio insistente sulla relativa concessione di coltivazione: 10.000 euro per chilometro quadrato;
   n) concessione di stoccaggio in assenza di relativa concessione di coltivazione: 10.000 euro per chilometro quadrato.

  I superiori canoni valgono anche nel caso di rilascio del titolo concessorio unico, di cui all'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
1. 280. Zaccagnini, Costantino.

  Aggiungere, in fine, i seguenti commi:
  9-sexies. A decorrere dall'anno 2016, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è estesa a tutti i terreni agricoli in attualità di coltura. Non si applica:
   a) nei confronti dei terreni agricoli lasciati incolti, ivi compresi quelli insistenti nelle aree montane, fatti salvi i riposi colturali e le aree preventivamente individuate dai comuni come destinate a pascolo;
   b) nei confronti dei terreni privi o carenti delle opere a tutela della pubblica incolumità o della sicurezza idrogeologica, che la legge pone a carico dei proprietari.

  9-septies. Per le finalità di cui al comma 9-sexies, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro il 30 settembre 2015, sono dettate disposizioni volte a consentire ai comuni, secondo criteri di uniformità applicativa, di adottare regolamenti per la individuazione dei terreni assoggettati all'imposta municipale propria (IMU) e per la sua determinazione, assicurando ai comuni entrate non minori della riduzione trasferimenti dallo Stato derivanti dall'applicazione del presente articolo.
1. 135. De Girolamo, Dorina Bianchi, Piccone, Pizzolante, Bernardo, Bosco, Tancredi, Adornato, Alli, Binetti, Buttiglione, Calabrò, Causin, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Roccella, Sammarco, Scopelliti, Vignali.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  9-sexies. Entro e non oltre il 30 settembre 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali avviano una revisione organica e complessiva delle tariffe d'estimo stabilite, per ciascuna qualità e classe di terreno, sia per il reddito agrario che dominicale, su tutto il territorio, con una armonizzazione tra colture e tra territori, che tenga conto della intervenuta modificazione delle relazioni economiche e competitive sui territori stessi e tra le filiere settoriali, anche attraverso l'attivazione di tavoli di confronto con le organizzazioni agricole e con le rappresentanze degli enti locali.
1. 136. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  9-sexies. Al fine di assicurare la più precisa ripartizione dei recupero del maggior gettito di cui ai commi 7 e 8, entro il mese di aprile 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze provvede, sulla base di una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, alla verifica del gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo. Con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 maggio 2015, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono determinate le variazioni delle assegnazioni del fondo di solidarietà comunale per gli anni 2014 e 2015, derivanti dalla revisione di cui al periodo precedente.
1. 140. Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  9-sexies. Al fine di eliminare eventuali incongruenze ed adottare criteri uniformi di classificazione su tutto il territorio nazionale, entro il 31 dicembre 2015 l'istituto nazionale di statistica (ISTAT) provvede ad operare una revisione dell'elenco dei comuni italiani di cui al comma 1, lettera a), tenendo conto delle caratteristiche oro-idrografiche di ciascun comune e delle differenti zone all'interno dello stesso Comune, nonché della destinazione e delle colture presenti sui differenti terreni.
1. 141. Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  9-sexies. Entro il 31 dicembre 2015 l'istituto nazionale di statistica (ISTAT) provvede ad aggiornare l'elenco dei comuni italiani, di cui al comma 1, lettera a) al fine di eliminare eventuali incongruenze ed adottare criteri uniformi di classificazione su tutto il territorio nazionale.
1. 143. Gagnarli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gallinella, L'Abbate, Parentela, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:

Art. 1.1.
(Riduzione aliquota IMU per i terreni agricoli).

  1. A decorrere dall'anno 2015, l'aliquota base di cui al comma 6 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 è ridotta allo 0,2 per cento per i terreni agricoli di cui al comma 5 del citato decreto, anche non coltivati, ovunque ubicati.
1. 01.(parte ammissibile) Cancelleri, D'Incà.

ART. 1-bis.
(Sospensione di adempimenti e versamenti tributari nell'isola di Lampedusa).

  Al comma 1, dopo la parola: Lampedusa aggiungere le seguenti: nonché del territorio della provincia di Agrigento.

  Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:
  1-bis. Agli oneri derivanti dal presente articolo pari a 10 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
1-bis. 2. Riccardo Gallo, Palese.

  Dopo l'articolo 1-bis, aggiungere il seguente:

Art. 1-ter.
(Sospensione di termini per adempimenti tributari).

  1. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 5, comma 5-ter, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nelle more della dichiarazione dello stato di emergenza, il Ministero dell'economia e delle finanze con proprio decreto, emanato ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, provvede alla sospensione fino a tutto l'anno 2015 dei termini per l'adempimento di tutti gli obblighi tributari a favore di quei contribuenti colpiti e gravemente danneggiati dall'evento meteorologico abbattutosi nei giorni 5 e 6 febbraio 2015, nella regione Emilia Romagna. La sospensione non si applica in ogni caso agli adempimenti e ai versamenti da porre in essere in qualità di sostituti d'imposta, salvi i casi nei quali i danni impediscono l'ordinaria effettuazione degli adempimenti.
  2. Ai fini di cui al comma 1, la regione Emilia Romagna, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede ad una ricognizione dei contribuenti residenti nelle zone colpite e danneggiate dall'eccezionalità dell'evento ed alla stima dei danni dagli stessi subiti al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive.

  Conseguentemente, al titolo, aggiungere, in fine, le parole: e di sospensione di termini per adempimenti tributari.
1-bis. 03. Paglia, Franco Bordo, Zaccagnini.

  Dopo l'articolo 1-bis, aggiungere il seguente:

Art. 1-ter.

  1. In considerazione degli eventi meteorologici e calamitosi che hanno colpito alcune province dell'Emilia Romagna nel 2012, nel 2013, nel 2014 e nel 2015, i territori di cui sia stato dichiarato lo stato di calamità naturale o di emergenza a livello nazionale ai sensi del comma 1, lettera c) dell'articolo 2, della legge n. 225 del 1992 sono esentati dal pagamento dell'IMU e della TASI per gli anni 2015 e 2016.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 285,8 milioni per l'anno 2015 e in 156 milioni di euro;
   dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 60 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «fondi di riserva speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
1-bis. 0250. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Dopo l'articolo 1-bis, aggiungere il seguente:

Art. 1-ter.

  1. In considerazione degli eventi meteorologici e calamitosi che hanno colpito alcune province dell'Emilia Romagna nel 2012, nel 2013, nel 2014 e nel 2015, i territori di cui sia stato dichiarato lo stato di calamità naturale o di emergenza a livello nazionale ai sensi del comma 1, lettera c) dell'articolo 2, della legge n. 225 del 1992 sono esentati dal pagamento dell'IMU e della TASI per l'anno 2015.

  Conseguentemente, all'articolo 2, comma 2:
   alinea, sostituire le parole: 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 96 milioni di euro con le seguenti: 285,8 milioni per l'anno 2015 e in 156 milioni di euro;
   dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
    d-bis) quanto a 60 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «fondi di riserva speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
1-bis. 0251. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Dopo l'articolo 1-bis, aggiungere il seguente:

Art. 1-ter.
(Esenzione dal pagamento dell'IMU e della TASI per gli immobili ricadenti nei territori della Regione Emilia Romagna colpiti dall'evento meteorologico del 5 e 6 febbraio 2015).

  1. Sono esentati dal pagamento dell'IMU e della TASI relative all'anno 2015 quei contribuenti residenti nelle zone gravemente colpite e danneggiate dall'evento meteorologico che si è abbattuto su alcune province della Regione Emilia Romagna il 5 e 6 febbraio 2015, i cui immobili abbiano riportato danni materiali gravi ed evidenti che ne abbiano alterato l'agibilità.
  2. Ai fini di cui al comma 1, la Regione Emilia Romagna, di concerto con gli enti locali competenti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede ad una ricognizione degli immobili, dei terreni e dei fabbricati, ricadenti nelle zone colpite e danneggiate dall'eccezionalità dell'evento, ed alla stima dei danni dagli stessi subiti.
  3. A copertura dell'onere di cui al comma 1, valutata in 10 milioni di euro per l'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
1-bis. 01. Paglia, Franco Bordo, Zaccagnini.

ART. 2.
(Disposizioni finanziarie).

  Sopprimere il comma 1.

  Conseguentemente, al comma 2:
   sopprimere la lettera a);
   alla lettera b), sostituire le parole: quanto a 126,6 milioni di euro per l'anno 2015, 47,9 milioni di euro per l'anno 2016 e a 53,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017 con le seguenti: quanto a 171,8 milioni di euro per l'anno 2015, 79,8 milioni di euro per l'anno 2016 e a 85 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
   alla lettera c), sostituire le parole: al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con le seguenti: al medesimo ministero.
2. 1. Busin, Caon, Caparini, Guidesi, Prataviera, Saltamartini.

  Sopprimere il comma 1.

  Conseguentemente:
   al comma 2, sostituire la lettera a) con la seguente:
    a) quanto a 90,2 milioni di euro per l'anno 2015 e a 31,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, ridurre per i medesimi importi tutte le dotazioni finanziarie di parte corrente del bilancio dello Stato iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad eccezione delle spese relative alle missioni: Diritti sociali, Politiche sociali e famiglia; Politiche per il lavoro, Tutela della salute;
   sopprimere la lettera d).
2. 2. Parentela, L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Pesco, Villarosa, Cancelleri, Ruocco, Alberti, Pisano, D'Incà.

  Sopprimere il comma 1.

  Conseguentemente, al comma 2, lettera a), sostituire le parole: mediante corrispondente utilizzo delle risorse derivanti dal comma 1 con le seguenti: mediante corrispondente riduzione in termini lineari delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
2. 3. Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

  Sopprimere il comma 2.
Dis. 1. 2. Pesco, Alberti, Cancelleri, Pisano, Ruocco, Villarosa, D'Incà.

  Al comma 2, sopprimere le lettere b) e c).
Dis. 1. 3. Pesco, Alberti, Cancelleri, Pisano, Ruocco, Villarosa, D'Incà.

  Al comma 2, sostituire le lettere b) e c) con la seguente:
   b) al comma 5, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «La trasmissione degli schemi dei decreti legislativi ai sensi del primo periodo deve avvenire almeno quaranta giorni prima del termine di scadenza della delega di cui ai commi 1 e 8, al fine di consentire l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari».
Dis. 1. 4. Pesco, Alberti, Cancelleri, Pisano, Ruocco, Villarosa, D'Incà.

  Al comma 2, sostituire le lettere b) e c) con la seguente:
   b) al comma 5, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «La trasmissione degli schemi dei decreti legislativi ai sensi del primo periodo deve avvenire almeno trentacinque giorni prima del termine di scadenza della delega di cui ai commi 1 e 8, al fine di consentire l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari».
Dis. 1. 5. Pesco, Alberti, Cancelleri, Pisano, Ruocco, Villarosa, D'Incà.

  Al comma 2, sostituire le lettere b) e c) con la seguente:
   b) al comma 5, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «La trasmissione degli schemi dei decreti legislativi ai sensi del primo periodo deve avvenire almeno trenta giorni prima del termine di scadenza della delega di cui ai commi 1 e 8, al fine di consentire l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari».
Dis. 1. 6. Pesco, Alberti, Cancelleri, Pisano, Ruocco, Villarosa, D'Incà.

  Al comma 2, sopprimere la lettera c).
Dis. 1. 7. Pesco, Alberti, Cancelleri, Pisano, Ruocco, Villarosa, D'Incà.

A.C. 2915 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014;
    sarebbe stato opportuno intervenire anche sull'annosa controversia giurisprudenziale tra i Comuni e le società petrolifere sull'assoggettabilità dell'IMU alle piattaforme petrolifere antistanti alle coste marine. La sentenza della Cassazione n. 13794/05 ha riconosciuto il potere impositivo del Comune sulle acque territoriali;
    infatti i giudici della Corte di Cassazione affermano che sull'intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell'ente regione e degli enti locali. Non è configurabile che su una porzione «del territorio inteso in senso lato su cui si esercita la sovranità dello Stato» non convivano i poteri delle autorità regionali e locali. Se infatti, per assurdo, su parte di questo territorio, ricoperto dal mare territoriale, non venissero esercitati i poteri amministrativi della regione e del comune ne deriverebbe la necessaria conseguenza che, nell'ipotesi di costruzione su palafitte nel mare territoriale, i comuni non avrebbero nessuna possibilità di esercitare le funzioni amministrative loro proprie. Fermo restando che concettualmente è sempre esistita una potestà dell'esercizio dei poteri degli enti locali nell'ambito del mare territoriale perché non può che esserci coincidenza fra sovranità dello Stato e concorrente esercizio dei poteri degli enti regionali e locali, sarebbero comunque inconcepibili delle zone franche nelle quali mentre sussiste il potere dello Stato non sussiste il concorrente potere ai fini amministrativi degli Enti locali e regionali;
    i Comuni interessati come Pineto che ha scaturito la succitata sentenza della Suprema Corte, Teramo, Falconara Marittima, Pedaso, Porto Sant'Elpidio, Tortoreto, Termali e Crotone da anni chiedono il pagamento dell'Imu, ex Ici alle compagnie petrolifere sostenendo che è «il possesso del bene, a prescindere dall'iscrizione catastale a determinare l'imponibilità,

impegna il Governo

ad adottare, entro sei mesi dalla data di conversione in legge del presente decreto, iniziative normative volte ad estendere l'applicazione dell'imposta municipale propria anche agli immobili costruiti su strutture artificiali ubicate nel mare territoriale.
9/2915/1Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014;
    sarebbe stato opportuno intervenire anche sull'annosa controversia giurisprudenziale tra i Comuni e le società petrolifere sull'assoggettabilità dell'IMU alle piattaforme petrolifere antistanti alle coste marine. La sentenza della Cassazione n. 13794/05 ha riconosciuto il potere impositivo del Comune sulle acque territoriali;
    infatti i giudici della Corte di Cassazione affermano che sull'intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell'ente regione e degli enti locali. Non è configurabile che su una porzione «del territorio inteso in senso lato su cui si esercita la sovranità dello Stato» non convivano i poteri delle autorità regionali e locali. Se infatti, per assurdo, su parte di questo territorio, ricoperto dal mare territoriale, non venissero esercitati i poteri amministrativi della regione e del comune ne deriverebbe la necessaria conseguenza che, nell'ipotesi di costruzione su palafitte nel mare territoriale, i comuni non avrebbero nessuna possibilità di esercitare le funzioni amministrative loro proprie. Fermo restando che concettualmente è sempre esistita una potestà dell'esercizio dei poteri degli enti locali nell'ambito del mare territoriale perché non può che esserci coincidenza fra sovranità dello Stato e concorrente esercizio dei poteri degli enti regionali e locali, sarebbero comunque inconcepibili delle zone franche nelle quali mentre sussiste il potere dello Stato non sussiste il concorrente potere ai fini amministrativi degli Enti locali e regionali;
    i Comuni interessati come Pineto che ha scaturito la succitata sentenza della Suprema Corte, Teramo, Falconara Marittima, Pedaso, Porto Sant'Elpidio, Tortoreto, Termali e Crotone da anni chiedono il pagamento dell'Imu, ex Ici alle compagnie petrolifere sostenendo che è «il possesso del bene, a prescindere dall'iscrizione catastale a determinare l'imponibilità,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad estendere l'applicazione dell'imposta municipale propria anche agli immobili costruiti su strutture artificiali ubicate nel mare territoriale.
9/2915/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    le organizzazioni agricole datoriali e dei lavoratori sono sul piede di guerra nei riguardi del Governo sulla questione dell'Imu agricola;
    il decreto in esame, per risolvere in extremis il pasticcio creato sull'Imu agricola, concede 15 giorni in più per calcolare l'Imu dovuta dalle aziende non più esenti;
    il Governo ha rivisto i criteri per l'esenzione dall'Imu dei terreni montani, abrogando la classificazione su base altimetrica ma, a giudizio dell'odierno presentatore, ha derogato alle norme dello Statuto del contribuente che prevede per questi casi un termine non inferiore a 60 giorni;
    resta il fatto che numerose aziende agricole operano in una vasta area pedemontana e continuano, grazie al presente decreto, ad essere caricate di un onere fiscale che non si possono permettere di pagare;
    a giudizio dell'odierno presentatore e della totalità delle organizzazioni agricole datoriali e dei lavoratori, l'Imu agricola è un balzello iniquo e penalizzante per il settore;
    al danno si è aggiunta la beffa perché le minori entrate dovute alla revisione dei soggetti obbligati all'Imu agricola vengono coperte con minori spese nel cd. «pacchetto agricolo», vale a dire la cancellazione delle misure di riduzione del costo del lavoro agricolo;
    anche i criteri scelti per individuare i soggetti esenti e quelli obbligati al pagamento dell'Imu agricola non hanno ottenuto riscontri positivi nel mondo agricolo in quanto si verrà a creare una sorta di concorrenza sleale tra aziende del medesimo settore produttivo che pagano e non pagano il balzello a causa della loro posizione geografica;
    la proposta del Ministro delle politiche agricole di inserire l'Imu nella «local tax» è velleitaria in quanto si tratterebbe di un'entrata incerta se non, addirittura, nulla per i nostri comuni in quanto gli agricoltori non sono più in grado di onorare le imposte attuali, figuriamoci questo nuovo balzello. Di più, i comuni si troverebbero ad iscrivere a bilancio l'entrata e non poterne disporre a causa del mancato introito e lo Stato dovrebbe comunicare all'Unione europea una entrata assolutamente fittizia a fronte di spese certe e senza copertura;
    dovrebbero, invece, essere esentate tutte le aziende condotte da imprenditori agricoli o coltivatori diretti, indipendentemente dal fatto che siano ubicate in zone montane, parzialmente montane o di pianura,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte all'abolizione dell'imposta in oggetto, nonché a prevedere delle politiche attive per la tutela del settore agricolo ed il suo maggiore sviluppo.
9/2915/2Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva che il provvedimento in esame non prevede l'esenzione per quei terreni agricoli colpiti da calamità naturali e per i quali sia stato dichiarato lo stato di calamità naturale, che quindi si troverebbero a dover affrontare difficoltà produttive tali da rendere particolarmente onerosa la corresponsione dell'imposta;
    le difficoltà conseguenti agli eventi di cui sopra possono protrarsi per diverse stagioni compromettendo le culture per più di un anno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre, attraverso ulteriori iniziative normative, la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola possessori di aree colpite da calamità naturali, a prescindere dalla locazione del terreno stesso.
9/2915/3Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    i parametri attualmente in vigore si rifanno ad elenchi ISTAT che sono stati dichiarati dallo stesso Istituto non più aggiornati e, quindi, non adeguati a valutare l'effettiva natura e posizione del terreno su cui deve basarsi la tassazione IMU. Infatti, l'ISTAT stesso, nel corso dell'audizione al Senato, ha ricordato che ad oggi la classificazione dei comuni per grado di montanità è ancora quella elaborata dalla Commissione censuaria istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze sulla base dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952;
    successivamente la legge 142 del 1990 ha di fatto soppresso la Commissione censuaria che era incaricata del periodico aggiornamento della classificazione dei comuni e, di fatto, l'aggiornamento di tale classificazione che è stato trasmesso periodicamente all'ISTAT sino al 2009. È stato successivamente preso in carico dall'UNCEM;
    sebbene la classificazione, da allora, sia rimasta invariata, nei casi in cui si sono verificate variazioni amministrative, i dati sono stati aggiornati sulla base del criterio di prevalenza territoriale, di conseguenza i dati non corrispondono esattamente alla realtà dei territori,

impegna il Governo

ad attivarsi, entro e non oltre il 30 settembre 2015 o comunque entro la fine dell'anno 2015, affinché il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, avviino una revisione organica e complessiva delle tariffe d'estimo stabilite, per ciascuna qualità e classe di terreno, sia per il reddito agrario che dominicale, su tutto il territorio, con una armonizzazione tra colture e tra territori, che tenga conto della intervenuta modificazione delle relazioni economiche e competitive sui territori stessi e tra le filiere settoriali, anche attraverso l'attivazione di tavoli di confronto con le organizzazioni agricole e con le rappresentanze degli enti locali.
9/2915/4Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    i parametri attualmente in vigore si rifanno ad elenchi ISTAT che sono stati dichiarati dallo stesso Istituto non più aggiornati e, quindi, non adeguati a valutare l'effettiva natura e posizione del terreno su cui deve basarsi la tassazione IMU. Infatti, l'ISTAT stesso, nel corso dell'audizione al Senato, ha ricordato che ad oggi la classificazione dei comuni per grado di montanità è ancora quella elaborata dalla Commissione censuaria istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze sulla base dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952;
    successivamente la legge 142 del 1990 ha di fatto soppresso la Commissione censuaria che era incaricata del periodico aggiornamento della classificazione dei comuni e, di fatto, l'aggiornamento di tale classificazione che è stato trasmesso periodicamente all'ISTAT sino al 2009. È stato successivamente preso in carico dall'UNCEM;
    sebbene la classificazione, da allora, sia rimasta invariata, nei casi in cui si sono verificate variazioni amministrative, i dati sono stati aggiornati sulla base del criterio di prevalenza territoriale, di conseguenza i dati non corrispondono esattamente alla realtà dei territori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi, entro e non oltre il 30 settembre 2015 o comunque entro la fine dell'anno 2015, affinché il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, avviino una revisione organica e complessiva delle tariffe d'estimo stabilite, per ciascuna qualità e classe di terreno, sia per il reddito agrario che dominicale, su tutto il territorio, con una armonizzazione tra colture e tra territori, che tenga conto della intervenuta modificazione delle relazioni economiche e competitive sui territori stessi e tra le filiere settoriali, anche attraverso l'attivazione di tavoli di confronto con le organizzazioni agricole e con le rappresentanze degli enti locali.
9/2915/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva che non vengono esentati dal pagamento dell'imposta i proprietari di terreni agricoli non coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali che intendono affittare i terreni, quindi coloro che non hanno la qualifica professionale;
    non esentare i proprietari non professionisti che affittano terreni rischia di far ricadere il costo dell'imposta sul canone di affitto e di conseguenza i giovani che vogliono avviare un'attività agricola e prendere in affitto un terreno rischiano di pagare indirettamente l'imposizione fiscale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'inserimento tra i soggetti esentati dall'imposta anche di coloro che, essendo proprietari di terreni agricoli e non rivestendo la qualifica di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, affittano i propri terreni a coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali al fine della coltivazione.
9/2915/5Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva che non vengono esentati dal pagamento dell'imposta i proprietari di terreni agricoli non coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali che intendono affittare i terreni, quindi coloro che non hanno la qualifica professionale;
    non esentare i proprietari non professionisti che affittano terreni rischia di far ricadere il costo dell'imposta sul canone di affitto e di conseguenza i giovani che vogliono avviare un'attività agricola e prendere in affitto un terreno rischiano di pagare indirettamente l'imposizione fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'inserimento tra i soggetti esentati dall'imposta anche di coloro che, essendo proprietari di terreni agricoli e non rivestendo la qualifica di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, affittano i propri terreni a coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali al fine della coltivazione.
9/2915/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'assoggettamento all'imposta municipale propria (IMU) dei terreni agricoli ha provocato e provoca una crisi dell'agricoltura superiore agli effetti verificatisi nel settore edilizio, con conseguente perdita delle produzioni, licenziamenti ed impoverimento degli addetti al settore. In quasi tutte le situazioni il reddito derivante dalla vendita delle produzioni agricole non è sufficiente a far fronte al pagamento dell'imposta, determinando un abbandono dell'attività ed una svalutazione fortissima del valore fondiario;
    il terreno agricolo, per chi riveste la qualifica di imprenditore agricolo professionale e di coltivatore diretto, rappresenta un bene strumentale in relazione alla propria attività,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'abolizione dell'imposta nei casi in cui il terreno e/o i fabbricati siano utilizzati come beni strumentali imprescindibili dall'attività agricola.
9/2915/6Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'assoggettamento all'imposta municipale propria (IMU) dei terreni agricoli ha provocato e provoca una crisi dell'agricoltura superiore agli effetti verificatisi nel settore edilizio, con conseguente perdita delle produzioni, licenziamenti ed impoverimento degli addetti al settore. In quasi tutte le situazioni il reddito derivante dalla vendita delle produzioni agricole non è sufficiente a far fronte al pagamento dell'imposta, determinando un abbandono dell'attività ed una svalutazione fortissima del valore fondiario;
    il terreno agricolo, per chi riveste la qualifica di imprenditore agricolo professionale e di coltivatore diretto, rappresenta un bene strumentale in relazione alla propria attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'abolizione dell'imposta nei casi in cui il terreno e/o i fabbricati siano utilizzati come beni strumentali imprescindibili dall'attività agricola.
9/2915/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani.


   La Camera

impegna il Governo

ad effettuare un riesame complessivo della materia dell'imposizione fiscale sui terreni agricoli nel territorio nazionale, prevedendo forme più eque e che siano capaci di differenziare nel migliore dei modi i contesti geografici e le zone montane o semimontane in cui si riscontrano effettive difficoltà produttive e una minore redditività.
9/2915/7Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini.


   La Camera

impegna il Governo

a verificare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame per i terreni svantaggiati, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli, in modo da aver riguardo alle reali condizioni socio-economiche ed agrarie e alle caratteristiche orografiche del suolo.
9/2915/8Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti.


   La Camera

impegna il Governo

a considerare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame anche per i terreni svantaggiati, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che tenga conto del rischio idrogeologico dei territori e della loro redditività, assicurando la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni.
9/2915/9Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato.


   La Camera

impegna il Governo

a considerare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame anche per quei comuni con un territorio non uniforme, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, l'introduzione di misure volte a differenziare anche nel medesimo comune, tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, e valutando la possibilità di considerare tra le aree oggetto di esenzione o di significativa franchigia anche le aree SIC e le Aree Protette.
9/2915/10Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva che il provvedimento non prevede l'esenzione per quei terreni agricoli che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività aziendale a causa dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa sulle piante di olivo in Puglia o a causa di altre gravi fitopatie quali la Tristezza degli agrumi, la Cinipide del castagno, la Diabrotica, la mosca del ciliegio e la mosca dell'ulivo che stanno compromettendo colture agricole e terreni che, quindi, si troverebbero a dover affrontare difficoltà produttive tali da rendere particolarmente onerosa la corresponsione dell'imposta,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre, attraverso ulteriori iniziative normative, la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa dei motivi espressi in premessa per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei Ministri che ne riconosca lo stato di calamità.
9/2915/11Baldassarre, Rostellato, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva che, a parziale copertura del provvedimento, si prevede l'abolizione delle disposizioni fiscali a favore dell'agricoltura, introdotte recentemente, che consentono ai produttori agricoli di avere alcune deduzioni dalla base imponibile del medesimo tributo con riferimento alle assunzioni di lavoratori agricoli dipendenti sia a tempo indeterminato che a tempo determinato;
    tale previsione è controproducente per il settore agricolo dal momento che vengono ad essere sottratte altre risorse all'agricoltura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a configurare nuovamente, non appena si realizzino le necessarie condizioni, l'estensione al comparto primario delle agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive – IRAP, introdotte dai commi 13 e 14 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2014 ed abrogate dal provvedimento in esame, al fine di dare sostegno ad un comparto che ha risentito e risente in modo pesante della crisi economico-finanziaria che ha attraversato il nostro Paese.
9/2915/12Rostellato, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    tenendo conto che il presente disegno di conversione all'articolo 1, comma 1, prevede l'esenzione dalla IMU per i terreni agricoli e incolti ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni predisposto dall'ISTAT e ai terreni agricoli e a quelli incolti posseduti e condotti da Coltivatori diretti e Imprenditori agricoli professionali ubicati nei Comuni parzialmente montani ai sensi dello stesso elenco;
    considerato che ai sensi dell'articolo 1 comma 2, del provvedimento in esame, l'esenzione si applica altresì nel caso di terreni in comodato o in affitto a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004 iscritti alla previdenza;
    considerato pertanto che il totale dei Comuni esentati dal pagamento dell'IMU ammonta a 3.546 Comuni definiti totalmente montani e a 655 Comuni definiti parzialmente montani;
    visto che l'elenco dei Comuni esentati fino all'anno di imposta 2014 comprendeva tutti quelli della montagna e della collina svantaggiata, di cui all'elenco allegato alla circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993 e cioè pari a 6.103;
    considerato pertanto che, con la nuova definizione di esenzione, rimangono esclusi gran parte dei Comuni ricadenti nelle aree della collina svantaggiata e precisamente 1.902 Comuni;
    visto che il comma 1-bis del provvedimento in esame prevede che «a decorrere dall'anno 2015, dall'imposta dovuta per i terreni ubicati nei Comuni di cui all'allegato 0A, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, determinata ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200»;
    considerato che l'articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame prevede che «l'esenzione di cui al comma 1 lettera b) e la detrazione di cui al comma 1-bis si applicano ai terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 9 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, anche nel caso di concessione degli stessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004 iscritti nella previdenza agricola»;
    tenuto conto che l'articolo 1, comma 5, individua nella data del 31 marzo 2015 la scadenza ultima entro la quale effettuare il pagamento per l'anno 2014 senza l'applicazione di sanzioni e interessi;
    considerato che l'articolo 2 del provvedimento in esame al comma 1, lettere a) e b) abroga alcune agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive – IRAP, in precedenza applicabili ai produttori agricoli, in particolare abrogando le deduzioni IRAP per i lavoratori dipendenti a tempo determinato con un contratto di durata almeno triennale e con almeno 150 giornate lavorate all'anno;
    visti i tagli intervenuti a carico del Fondo di solidarietà dei Comuni in cui non è prevista alcuna forma di esenzione dal pagamento della IMU;
    considerato che, al fine di definire in modo più equo i livelli di imposizione fiscale nel settore agricolo, è da più parti auspicata la revisione con conseguente aggiornamento degli estimi catastali nonché la perimetrazione delle zone svantaggiate – sia di montagna, sia di collina – attraverso la scelta di indici che tengano conto dei parametri socio-economici, insediativi, pedo-climatici, infrastrutturali delle diverse aree del nostro Paese,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
    introdurre, a partire dall'anno di imposta 2015, tenendo conto dei vincoli di bilancio, l'esenzione dal pagamento della IMU per tutti i Comuni riportati nell'elenco allegato alla circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993;
    portare, a partire dall'anno di imposta 2015, compatibilmente con i vincoli di bilancio, la detrazione individuata dall'articolo 1, comma 1-bis, per i Comuni elencati nell'allegato 0A ricompreso nel decreto in esame, a euro 500 estendendola anche alla categoria dei pensionati ex coltivatori diretti o ex imprenditori agricoli professionali;
    spostare al 30 giugno 2015 la data entro la quale è previsto il pagamento della rata IMU dovuta per l'anno 2014 senza che il contribuente incorra nel pagamento di sanzioni e interessi;
    reinserire, nel primo provvedimento utile, le agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive – IRAP, abrogate ai sensi dell'articolo 2 del provvedimento in esame;
   a valutare la opportunità, a partire dall'anno di imposta 2014 e per i successivi, di esentare, adottando ulteriori iniziative normative, nei Comuni elencati nell'allegato 0A ricompreso nel decreto, i terreni sui quali insistono colture quali il castagno, l'olivo, gli agrumi, colpiti da attacchi di Dryocosmus koriphilus nonché dal complesso delle fitopatie recrudescenti il castagno, dalla Xylella fastidiosa l'olivo e dal virus della tristezza (CTV) gli agrumi in modo particolarmente grave e pregiudicante la produzione nonché la sopravvivenza stessa delle colture medesime;
   a valutare l'opportunità di coprire con fondi statali diversi da quelli previsti per i trasferimenti agli Enti locali, gli eventuali disavanzi tra i tagli effettuati a carico del fondo di solidarietà comunale e quanto introitato dai singoli Comuni, ai sensi e per effetto della applicazione della IMU;
   a valutare l'opportunità di dare fin da ora obiettivi temporali definiti alla Commissione censuaria affinché riveda e aggiorni gli estimi catastali;
   a valutare l'opportunità di istituire un gruppo di lavoro di cui facciano parte il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero dell'economia e delle finanze ed Enti Locali che, in tempi certi, definisca le nuove zone svantaggiate – sia di collina sia di montagna – tenendo conto dei parametri socio-economici, insediativi, pedo-climatici e infrastrutturali propri delle diverse aree del nostro Paese.
9/2915/13Terrosi, Albini, Mazzoli, Maestri, Cenni, Schirò, Iacono, Mura, Fabbri, Amoddio, Verini, Grassi, Albanella, Bergonzi, Dallai, Zanin, Mariani, Cova, Romanini, Becattini, D'Incecco, Borghi, Bruno Bossio, Giovanna Sanna, Zappulla, Carra, Amato.


   La Camera,
   premesso che,
    in sede di esame consultivo del provvedimento in discussione, presso la XIII Commissione è stato tra l'altro sottolineato che in materia di svantaggi per il settore agricolo, in particolare di quello olivicolo della Regione Puglia, è tuttora aperta la vicenda dei danni provocati dalla batteriosi della Xylella fastidiosa alle aziende agricole e all'integrità paesaggistica del territorio rurale;
    è bene sottolineare che il batterio ha colpito piante di olivo, anche monumentali, ed altre specie coltivate, ornamentali e spontanee, causando un disseccamento rapido delle stesse, con grave rischio di pandemia fitosanitaria, con significativi effetti economici e occupazionali sulle attività agricole, vivaistiche e turistiche, con grave pregiudizio del territorio e del patrimonio paesaggistico di olivi monumentali;
    per tali motivi è stata adottata la Deliberazione del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2015 per la dichiarazione dello stato di emergenza conseguente alla diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia;
    sulla medesima problematica è specificamente intervenuto il Parlamento approvando un pertinente atto di indirizzo contenente direttive puntuali per affrontare e tenere sotto controllo la situazione della Xylella così da favorire il contrasto della sua diffusione ed offrire ristori alle aziende danneggiate. Si fa riferimento in particolare alla risoluzione n. 7-00461, approvata dalla XIII Commissione nella seduta dell'8 ottobre 2014 con la quale si impegnava il Governo a valutare la possibilità di provvedere alla nomina di un Commissario ad acta senza oneri a carico dello Stato che segua e coordini le operazioni di gestione dell'emergenza in atto e sia preposto alla realizzazione di un programma nazionale specifico di interventi immediati, contenente, oltre alle indicazioni relative agli atti amministrativi e sanitari da porre in atto nell'immediato, la creazione di una task force, alla quale partecipino anche il Servizio nazionale protezione civile e le autorità sanitaria locali, nel caso in cui gli interventi da attuare, condivisi dal Comitato Fitosanitario Nazionale e dalla Conferenza Stato- Regioni, riscontrassero difficoltà applicative da parte del Servizio fitosanitario regionale; ad attivare ogni più utile ed urgente iniziativa volta a fare chiarezza sul fenomeno del disseccamento rapido e della moria degli olivi, attualmente presente nel territorio del Salento, adoperandosi in ogni modo possibile per evitare l'eradicazione di intere aree olivicole ove al fianco di olivi in fase di essiccamento convivono olivi sani. Fermo restando comunque che nelle aree «cuscinetto» al margine della zona infetta saranno adottate misure di lotta agli insetti vettori del batterio Xylella, che possono includere eventualmente ed ove effettivamente necessario, anche l'eliminazione delle piante ospiti non produttive, tipo oleandro; ad assumere iniziative per finanziare, in collaborazione con le regioni, segnatamente la regione Puglia e le altre regioni a vocazione olivicola, nonché con i servizi fitosanitari interessati e gli enti di ricerca competenti in materia, un piano di ricerca a vasto raggio in grado di indagare il fenomeno nella sua complessità e di offrire risposte ecologiche alla grave emergenza che ha colpito il settore olivicolo locale; ad attivare specifiche misure di controllo e di intervento interdittivo, nonché di monitoraggio successivo, sull'importazione di materiali vegetali che possono rappresentare, anche solo potenzialmente, cause di ingresso del patogeno nel nostro territorio; a valutare la necessità di individuare risorse specifiche per fare fronte alle necessità degli agricoltori che si trovino nelle condizioni di dovere ricostituire i propri oliveti od ogni altra coltura anche indirettamente danneggiata per effetto della malattia o della profilassi in caso di applicazione delle misure di lotta e di prevenzione; a provvedere, nei limiti delle risorse finanziarie di carattere nazionale e comunitario, affinché siano urgentemente attivati adeguati interventi compensativi che consentano ai soggetti interessati di intraprendere opportune misure di lotta contro la malattia di cui trattasi, e, in una fase iniziale, ad organizzare un sistema d'allarme eventualmente associato ad incentivi per incoraggiare i singoli agricoltori a partecipare volontariamente a programmi di prevenzione; a rendere obbligatoria l'applicazione di specifiche linee guida e buone pratiche agronomiche capaci di contrastare effettivamente la diffusione della malattia e che rendano chiari i criteri di applicazione di eventuali misure di espianto nelle zone di confine tra aree colpite ed aree esenti dalla malattia (zone cuscinetto), e, per quanto riguarda la Regione Puglia in particolare, a provvedere affinché siano effettuate attività di informazione e comunicazione sul fenomeno in atto, in accordo con i Comuni e la Regione Puglia;
    sulla base di tale contesto, la predetta XIII Commissione, nell'esprimere il proprio parere favorevole sul provvedimento in approvazione, ha altresì raccomandato al Governo di applicarsi per introdurre la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa sulle piante di olivo in Puglia o a causa di altre gravi fitopatie che stanno compromettendo colture agricole e terreni (tra le quali la Tristezza degli agrumi, la Cinipide del castagno, la Diabrotica, la mosca del ciliegio e la mosca dell'ulivo) per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei ministri che ne riconosca lo stato di calamità, valutando la disponibilità dell'Associazione bancaria italiana a firmare un protocollo d'intesa nel quale siano previsti: finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e premi assicurativi da effettuare dopo la sospensione dei suddetti termini; la sospensione del pagamento delle rate dei mutui in essere, e, se del caso, la proroga del contratto di mutuo e delle garanzie per esso prestate,

impegna il Governo:

   ad adottare, in tempi certi e possibilmente immediati, ogni provvedimento necessario affinché, con particolare riguardo alla grave situazione provocata dal batterio della Xylella nella Regione Puglia, siano rese esecutive le misure e le azioni indicate in premessa e come meglio previste dal parere espresso dalla XIII Commissione sul provvedimento in esame e, per le parti non ancora attuate, quelle previste dalla risoluzione n. 7-00461 approvata nella seduta dell'8 ottobre 2014;
   ad ogni modo, ad assumere con urgenza ogni misura di sostegno tributario in favore degli agricoltori e delle imprese agricole colpite dal batterio della Xylella e da fenomeni epidemici riguardanti le coltivazioni, in modo da aiutare importanti settori dell'agricoltura nazionale a superare tale fase di difficoltà.
9/2915/14Mongiello, Massa, Capone, Mariano.


   La Camera,
   premesso che,
    in sede di esame consultivo del provvedimento in discussione, presso la XIII Commissione è stato tra l'altro sottolineato che in materia di svantaggi per il settore agricolo, in particolare di quello olivicolo della Regione Puglia, è tuttora aperta la vicenda dei danni provocati dalla batteriosi della Xylella fastidiosa alle aziende agricole e all'integrità paesaggistica del territorio rurale;
    è bene sottolineare che il batterio ha colpito piante di olivo, anche monumentali, ed altre specie coltivate, ornamentali e spontanee, causando un disseccamento rapido delle stesse, con grave rischio di pandemia fitosanitaria, con significativi effetti economici e occupazionali sulle attività agricole, vivaistiche e turistiche, con grave pregiudizio del territorio e del patrimonio paesaggistico di olivi monumentali;
    per tali motivi è stata adottata la Deliberazione del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2015 per la dichiarazione dello stato di emergenza conseguente alla diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia;
    sulla medesima problematica è specificamente intervenuto il Parlamento approvando un pertinente atto di indirizzo contenente direttive puntuali per affrontare e tenere sotto controllo la situazione della Xylella così da favorire il contrasto della sua diffusione ed offrire ristori alle aziende danneggiate. Si fa riferimento in particolare alla risoluzione n. 7-00461, approvata dalla XIII Commissione nella seduta dell'8 ottobre 2014 con la quale si impegnava il Governo a valutare la possibilità di provvedere alla nomina di un Commissario ad acta senza oneri a carico dello Stato che segua e coordini le operazioni di gestione dell'emergenza in atto e sia preposto alla realizzazione di un programma nazionale specifico di interventi immediati, contenente, oltre alle indicazioni relative agli atti amministrativi e sanitari da porre in atto nell'immediato, la creazione di una task force, alla quale partecipino anche il Servizio nazionale protezione civile e le autorità sanitaria locali, nel caso in cui gli interventi da attuare, condivisi dal Comitato Fitosanitario Nazionale e dalla Conferenza Stato-Regioni, riscontrassero difficoltà applicative da parte del Servizio fitosanitario regionale; ad attivare ogni più utile ed urgente iniziativa volta a fare chiarezza sul fenomeno del disseccamento rapido e della moria degli olivi, attualmente presente nel territorio del Salento, adoperandosi in ogni modo possibile per evitare l'eradicazione di intere aree olivicole ove al fianco di olivi in fase di essiccamento convivono olivi sani. Fermo restando comunque che nelle aree «cuscinetto» al margine della zona infetta saranno adottate misure di lotta agli insetti vettori del batterio Xylella, che possono includere eventualmente ed ove effettivamente necessario, anche l'eliminazione delle piante ospiti non produttive, tipo oleandro; ad assumere iniziative per finanziare, in collaborazione con le regioni, segnatamente la regione Puglia e le altre regioni a vocazione olivicola, nonché con i servizi fitosanitari interessati e gli enti di ricerca competenti in materia, un piano di ricerca a vasto raggio in grado di indagare il fenomeno nella sua complessità e di offrire risposte ecologiche alla grave emergenza che ha colpito il settore olivicolo locale; ad attivare specifiche misure di controllo e di intervento interdittivo, nonché di monitoraggio successivo, sull'importazione di materiali vegetali che possono rappresentare, anche solo potenzialmente, cause di ingresso del patogeno nel nostro territorio; a valutare la necessità di individuare risorse specifiche per fare fronte alle necessità degli agricoltori che si trovino nelle condizioni di dovere ricostituire i propri oliveti od ogni altra coltura anche indirettamente danneggiata per effetto della malattia o della profilassi in caso di applicazione delle misure di lotta e di prevenzione; a provvedere, nei limiti delle risorse finanziarie di carattere nazionale e comunitario, affinché siano urgentemente attivati adeguati interventi compensativi che consentano ai soggetti interessati di intraprendere opportune misure di lotta contro la malattia di cui trattasi, e, in una fase iniziale, ad organizzare un sistema d'allarme eventualmente associato ad incentivi per incoraggiare i singoli agricoltori a partecipare volontariamente a programmi di prevenzione; a rendere obbligatoria l'applicazione di specifiche linee guida e buone pratiche agronomiche capaci di contrastare effettivamente la diffusione della malattia e che rendano chiari i criteri di applicazione di eventuali misure di espianto nelle zone di confine tra aree colpite ed aree esenti dalla malattia (zone cuscinetto), e, per quanto riguarda la Regione Puglia in particolare, a provvedere affinché siano effettuate attività di informazione e comunicazione sul fenomeno in atto, in accordo con i Comuni e la Regione Puglia;
    sulla base di tale contesto, la predetta XIII Commissione, nell'esprimere il proprio parere favorevole sul provvedimento in approvazione, ha altresì raccomandato al Governo di applicarsi per introdurre la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa sulle piante di olivo in Puglia o a causa di altre gravi fitopatie che stanno compromettendo colture agricole e terreni (tra le quali la Tristezza degli agrumi, la Cinipide del castagno, la Diabrotica, la mosca del ciliegio e la mosca dell'ulivo) per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei ministri che ne riconosca lo stato di calamità, valutando la disponibilità dell'Associazione bancaria italiana a firmare un protocollo d'intesa nel quale siano previsti: finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e premi assicurativi da effettuare dopo la sospensione dei suddetti termini; la sospensione del pagamento delle rate dei mutui in essere, e, se del caso, la proroga del contratto di mutuo e delle garanzie per esso prestate,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni provvedimento necessario affinché, con particolare riguardo alla grave situazione provocata dal batterio della Xylella nella Regione Puglia, siano rese esecutive le misure e le azioni indicate in premessa e come meglio previste dal parere espresso dalla XIII Commissione sul provvedimento in esame e, per le parti non ancora attuate, quelle previste dalla risoluzione n. 7-00461 approvata nella seduta dell'8 ottobre 2014;
   ad ogni modo, ad assumere con urgenza ogni misura di sostegno in favore degli agricoltori e delle imprese agricole colpite dal batterio della Xylella e da fenomeni epidemici riguardanti le coltivazioni, in modo da aiutare importanti settori dell'agricoltura nazionale a superare tale fase di difficoltà.
9/2915/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Mongiello, Massa, Capone, Mariano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto – legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU» modificato nel corso dell'esame al Senato, interviene sull'ambito di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli montani e parzialmente montani;
    in queste settimane numerosi atti parlamentari hanno sollecitato una revisione dei criteri di esenzione e l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico parametro;
    un parametro significativo, oggetto anche di emendamenti nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, sono le caratteristiche orografiche del suolo ed il rischio idrogeologico dei territori soggetti all'imposta;
    il dissesto idrogeologico e i cambiamenti climatici causano ogni anno, anche nel nostro paese, numerosi danni soprattutto alle colture ed ai terreni agricoli;
    è evidente che tali danni, soprattutto alle culture, non si risolvono con la cessazione dello stato emergenziale ma hanno ripercussioni economiche ed occupazionali con un ampia durata temporale,

impegna il Governo

ad attuare, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione del territorio, prevedendo l'esenzione per l'intero anno di imposta per i terreni che ricadono nel territorio dei comuni per i quali sia stato dichiarato lo stato di calamità con delibera con Consiglio dei ministri, per eventi che si siano verificati nel corso del medesimo anno.
9/2915/15Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto – legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU» modificato nel corso dell'esame al Senato, interviene sull'ambito di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli montani e parzialmente montani;
    in queste settimane numerosi atti parlamentari hanno sollecitato una revisione dei criteri di esenzione e l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico parametro;
    un parametro significativo, oggetto anche di emendamenti nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, sono le caratteristiche orografiche del suolo ed il rischio idrogeologico dei territori soggetti all'imposta;
    il dissesto idrogeologico e i cambiamenti climatici causano ogni anno, anche nel nostro paese, numerosi danni soprattutto alle colture ed ai terreni agricoli;
    è evidente che tali danni, soprattutto alle culture, non si risolvono con la cessazione dello stato emergenziale ma hanno ripercussioni economiche ed occupazionali con un ampia durata temporale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione del territorio, prevedendo l'esenzione per l'intero anno di imposta per i terreni che ricadono nel territorio dei comuni per i quali sia stato dichiarato lo stato di calamità con delibera con Consiglio dei ministri, per eventi che si siano verificati nel corso del medesimo anno.
9/2915/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU si rileva che l'articolo 1, comma 1, del decreto in esame dispone che a decorrere dall'anno 2015 l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504 si applica: a) ai terreni agricoli nonché a quelli incolti ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'ISTAT; a-bis) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nelle isole minori; b) ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani di cui al citato elenco ISTAT;
    tali criteri ripropongono, con riferimento all'esenzione dall'IMU, una disparità di trattamento difficilmente giustificabili tra terreni coltivati e non;
    se si pensa che, negli ultimi 30 anni, sono stati abbandonati 3 milioni di ettari di terreno coltivato, un'area che corrisponde alla superficie delle regioni Sicilia e Val d'Aosta insieme risultano chiare le dimensioni del problema che rileva dal punto di vista del dissesto idrogeologico;
     la prevenzione delle continue frane, degli smottamenti, delle esondazioni non possono partire che dalla difesa del territorio e la migliore soluzione è coltivarlo, in quanto qualunque forma di coltivazione impone un corretto regime delle acque;
    qualsiasi attività agricola è inevitabilmente legata alla «regimazione» delle acque che si traduce in azioni di manutenzione e di presidio del territorio comportando, in tal modo, una sensibile riduzione dell'esposizione dei versanti al rischio di frana e dei fondovalle al rischio di alluvioni;
    non si devono dimenticare le particolari caratteristiche che contraddistinguono la nostra Penisola il cui territorio presenta peculiarità geologiche e morfologiche che impongono una manutenzione del territorio costante;
    per questi motivi, la coltivazione dei terreni è fondamentale per la prevenzione se si pensa che ammontano a circa 4 milioni di ettari i terreni agricoli e forestali in erosione e a rischio frane, pari a ben il 13 per cento dell'intera superficie nazionale. In dieci anni la perdita di suolo agricolo e di produttività delle superfici forestali ha comportato danni stimati in circa 2,5 miliardi di euro, mentre altri 10 miliardi sono stati spesi per fronteggiare i danni da frane e alluvioni a colture e aziende,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare l'attuale disciplina di esenzione dal pagamento dell'IMU per i terreni agricoli mantenendo la previsione solo per quei terreni effettivamente coltivati, allo scopo di favorire la protezione dell'ambiente aumentando la produzione agricola attraverso la coltivazione delle terre incolte.
9/2915/16Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto – legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU» interviene sui criteri di esenzione dell'imposta municipale unica sui terreni agricoli, allargando la platea dei beneficiari e prorogando ulteriormente al 10 febbraio 2015 il termine per il versamento dell'imposta dovuta per il 2014;
    su sollecitazione di numerosi parlamentari anche con atti di indirizzo e di controllo, delle associazioni di categoria interessate e dell'Ancil, il Governo è intervenuto con il decreto-legge n. 185 del 2014 per prorogare il termine di versamento dell'IMU;
    numerosi atti parlamentari hanno sollecitato, oltre che una proroga del pagamento, anche una revisione dei criteri di esenzione, l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio economica e della redditività dei terreni;
    il valore domenicale del terreno agricolo rappresenta inevitabilmente un parametro significativo per promuovere una reale perequazione fiscale rispetto alla redditività dei terreni;
    la legge n. 201 del 2011, all'articolo 13, comma 5, dispone che il valore catastale dei terreni agricoli si ottenga rivalutando del 25 per cento il reddito dominicale del terreno, vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione, (moltiplicandolo successivamente per parametri che variano a seconda della natura professionale del contribuente);
    sussiste quindi la necessità di definire nuovi parametri per la definizione dell'IMU agricola che perseguano la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni,

impegna il Governo

ad attuare, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni, ed in particolare alla redditività agricola aumentando, nello specifico, la percentuale di reddito domenicale vigente (di cui all'articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 201 del 2011) e prevedendo congiuntamente una diminuzione compensativa degli altri parametri che concorrono alla definizione dell'imposta, tenendo conto della condizioni socio – economiche ed agrarie, delle caratteristiche orografiche del suolo e del rischio idrogeologico dei territori soggetti all'imposta.
9/2915/17Dallai, Carrescia, Borghi, Gadda, Mazzoli, Mariani, Cenni, Manfredi, Terrosi, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione dall'IMU dei terreni agricoli, allargando la platea dei beneficiari rispetto a quanto stabilito con il decreto ministeriale 28 novembre 2014, che prevedeva l'esenzione per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base del medesimo elenco, in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, per un totale di 1.498 comuni, adottando come criteri non più l'altitudine ma la definizione «montano» e «parzialmente montano»;
    i criteri di esenzione in vigore fino al periodo di imposta 2013 – sulla base della circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 9 del 1993 – includevano 6.103 comuni; con il decreto-legge in esame il numero dei comuni esenti – tra esenzione totale, esenzione parziale e franchigia – raggiunge la cifra di circa 5.500, quasi il 10 per cento in meno rispetto al 2013;
    va sottolineato che i parametri attualmente in vigore non sono aggiornati alla reale situazione dei terreni agricoli, alle condizioni socio-economiche ed agrarie, alle caratteristiche orografiche del suolo, al rischio idrogeologico dei territori ed alla loro redditività; va inoltre considerata la situazione di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare anche nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree;
    il nodo cruciale è quindi rappresentato dalla necessità di aggiornare rapidamente gli elenchi ISTAT – fermi da tempo ad una classificazione elaborata con criteri ampiamente superati – adeguando la catalogazione dei comuni alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali e riesaminando, di conseguenza, la materia dell'imposizione fiscale sui terreni agricoli nel territorio nazionale in modo da garantire la coerenza della misura dell'imposta con la reale capacità contributiva dei terreni, sulla base delle condizioni e delle caratteristiche sopra descritte;
    in base alla disciplina dettata dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, si prevede un maggior gettito complessivo IMU non inferiore a 350 milioni di euro annui a decorrere dal 2014;
    di conseguenza, parallelamente, è stata operata una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo 13, del decreto legislativo 6 dicembre 2011, n. 201, da attuarsi in relazione alle somme spettanti ai comuni per l'anno 2014, e che, come tali, risultavano già iscritte nel bilancio degli stessi Enti;
    tale decurtazione compromette inesorabilmente l'equilibrio di bilancio dei comuni se si considera, da un lato, l'effetto immediato della detrazione di risorse conseguente al taglio per il 2014 del Fondo di solidarietà; dall'altro lato che l'IMU sarà percepita esclusivamente nell'anno successivo a quello della sua iscrizione a bilancio, e quindi eventualmente nel 2015, per di più in una misura sicuramente inferiore a quella prevista, stante l'allargamento della platea di beneficiari dell'esenzione dall'IMU contenuto nel decreto-legge in esame,

impegna il Governo:

   a verificare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame per terreni svantaggiati ed a procedere, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, ad una revisione dei criteri di classificazione dei comuni montani e, di conseguenza, di esenzione dall'IMU che tenga conto non solo dell'altitudine, ma anche degli aspetti connessi alla redditività aggiornata delle colture tipiche, alle caratteristiche orografiche del suolo e al rischio idrogeologico, agli aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali, alla omogeneità dei territori, in modo da assicurare la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni;
   ad avviare subito la riforma del Catasto terreni, al fine di una revisione dei valori catastali che rispecchi le attuali colture e redditività, che tenga conto della situazione di quei comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, e al contempo cancelli le difformità di classificazione tra aree omogenee di comuni limitrofi;
   a considerare, in ragione d'anno, le differenze tra gettito accertato e riscosso e gettito previsto, al fine di disporre eventuali compensazioni per i comuni che abbiano provveduto a tutti gli adempimenti connessi alla riscossione del tributo, sulla base della metodologia condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani di cui all'articolo 1, comma 9-quinquies, del decreto-legge in esame.
9/2915/18Giovanna Sanna, Moscatt.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione dall'IMU dei terreni agricoli, allargando la platea dei beneficiari rispetto a quanto stabilito con il decreto ministeriale 28 novembre 2014, che prevedeva l'esenzione per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base del medesimo elenco, in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, per un totale di 1.498 comuni, adottando come criteri non più l'altitudine ma la definizione «montano» e «parzialmente montano»;
    i criteri di esenzione in vigore fino al periodo di imposta 2013 – sulla base della circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 9 del 1993 – includevano 6.103 comuni; con il decreto-legge in esame il numero dei comuni esenti – tra esenzione totale, esenzione parziale e franchigia – raggiunge la cifra di circa 5.500, quasi il 10 per cento in meno rispetto al 2013;
    va sottolineato che i parametri attualmente in vigore non sono aggiornati alla reale situazione dei terreni agricoli, alle condizioni socio-economiche ed agrarie, alle caratteristiche orografiche del suolo, al rischio idrogeologico dei territori ed alla loro redditività; va inoltre considerata la situazione di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare anche nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree;
    il nodo cruciale è quindi rappresentato dalla necessità di aggiornare rapidamente gli elenchi ISTAT – fermi da tempo ad una classificazione elaborata con criteri ampiamente superati – adeguando la catalogazione dei comuni alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali e riesaminando, di conseguenza, la materia dell'imposizione fiscale sui terreni agricoli nel territorio nazionale in modo da garantire la coerenza della misura dell'imposta con la reale capacità contributiva dei terreni, sulla base delle condizioni e delle caratteristiche sopra descritte;
    in base alla disciplina dettata dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, si prevede un maggior gettito complessivo IMU non inferiore a 350 milioni di euro annui a decorrere dal 2014;
    di conseguenza, parallelamente, è stata operata una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo 13, del decreto legislativo 6 dicembre 2011, n. 201, da attuarsi in relazione alle somme spettanti ai comuni per l'anno 2014, e che, come tali, risultavano già iscritte nel bilancio degli stessi Enti;
    tale decurtazione compromette inesorabilmente l'equilibrio di bilancio dei comuni se si considera, da un lato, l'effetto immediato della detrazione di risorse conseguente al taglio per il 2014 del Fondo di solidarietà; dall'altro lato che l'IMU sarà percepita esclusivamente nell'anno successivo a quello della sua iscrizione a bilancio, e quindi eventualmente nel 2015, per di più in una misura sicuramente inferiore a quella prevista, stante l'allargamento della platea di beneficiari dell'esenzione dall'IMU contenuto nel decreto-legge in esame,

impegna il Governo:

   a verificare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame per terreni svantaggiati ed a procedere, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, ad una revisione dei criteri di classificazione dei comuni montani e, di conseguenza, di esenzione dall'IMU che tenga conto non solo dell'altitudine, ma anche degli aspetti connessi alla redditività aggiornata delle colture tipiche, alle caratteristiche orografiche del suolo e al rischio idrogeologico, agli aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali, alla omogeneità dei territori, in modo da assicurare la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni;
   ad avviare subito la riforma del Catasto terreni, al fine di una revisione dei valori catastali che rispecchi le attuali colture e redditività, che tenga conto della situazione di quei comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, e al contempo cancelli le difformità di classificazione tra aree omogenee di comuni limitrofi.
9/2915/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Giovanna Sanna, Moscatt.


   La Camera,
   premesso che:
    sul territorio italiano sono presenti Ordini di varia natura che godono dei privilegi della extraterritorialità. Il concetto di extraterritorialità trova la sua origine in un'antica concezione del diritto internazionale, che invitava a considerare gli agenti diplomatici di un altro Stato come se si trovassero in una condizione di quasi extra-territorium. I casi più comuni di extraterritorialità riguardano la situazione giuridica chiamata di immunità di cui godono le sedi diplomatiche; tale situazione deriva dall'osservanza di obblighi di diritto internazionale da parte dello Stato ospitante la missione a favore dello Stato di cui essa è organo;
    attualmente, con il termine extraterritorialità si indica l'autolimitazione di sovranità che uno Stato attua nell'applicare la propria giurisdizione sul territorio dove si trova una sede diplomatica straniera, al fine di garantire ampia libertà e indipendenza ai diplomatici. Ciò non esclude che per lo Stato ospitante la sede sussistano obblighi, in particolare quelli necessari ad assicurare l'inviolabilità della sede diplomatica;
    contestualmente sopravvivono delle entità di natura politica che in virtù dell'extraterritorialità ed accordi bilaterali con il nostro Paese godono di regimi fiscali particolari, immunità tributaria che li esenta dal pagamento di determinante imposte tra le quali l'IMU agricola;
    l'accordo internazionale può essere considerato come un contratto stipulato tra due o più Stati, diretto a regolare una determinata sfera di rapporti tra i contraenti. La sua formazione è regolata da una serie di norme consuetudinarie e convenzionali che rientrano nel diritto pubblico internazionale. Ai singoli Stati è lasciata la massima autonomia nella definizione delle forme e delle procedure di ratifica dell'accordo e di recepimento nella legislazione nazionale delle norme sovranazionali;
    con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 «Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (GU n.305 del 30-12-1992 – Suppl. Ordinario n. 137) veniva istituita l'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.);
    a norma dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 sono esentati dall'imposta i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense, sottoscritto 1'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810; i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
    le proprietà di cui ai punti precedenti rientrano secondo la classificazione ATECO (Classificazione delle attività economiche) alla sezione «U», Divisione 99 (organizzazioni ed organismi extraterritoriali), Gruppo 990 (organizzazioni ed organismi extraterritoriali), Classe 9900 (Organizzazioni ed organismi extraterritoriali), Categoria 99000 (Organizzazioni ed organismi extraterritoriali) e che in molti casi svolgono attività di lucro;
    tra le attività lucrose si annoverano le celeberrime Aziende agricole di proprietà del Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M), un patrimonio che rappresenta una delle più grandi realtà agricole nazionali soprattutto nell'ambito vitivinicolo, come quella in località Sugarella, nel comune di Canino (VT), quella di Rocca Bernarda (50 ha) nella zona DOC Colli Orientali del Friuli, quella del Castello di Magione (34 ha) nella zona DOC Colli del Trasimeno, quella della Commenda Meniconi Bracceschi di Brufa di Torgiano (14 ha) nella zona Doc Torgiano e infine quella del Beato Gerardo di Giavera del Montello a Nervesa della Battaglia (22 ha), in provincia di Treviso, nella zona DOC Montello Colli Asolani e che ha recentemente ottenuto la DOCG Prosecco;
    oltre a quelle del punto precedente, si annoverano quelle facenti parte ad alcune confessioni religiose come le aziende agricole Diocesane per il Sostentamento del Clero impegnate prevalentemente nell'ambito vitivinicolo;
    le amministrazioni locali pur vedendosi decurtare dal Fondo di Solidarietà il corrispettivo dell'IMU sui Terreni Agricoli per le terre di proprietà degli enti di cui prima, in virtù degli accordi internazionali di cui in premessa, non possono riscuotere l'imposta, ingenerando di fatto un mancato gettito nelle casse Comunali che inficia sull'erogazione dei servizi nei confronti dei cittadini;
    l'Unione europea ha recentemente riaperto il caso sugli sconti fiscali alla Chiesa Cattolica, con una decisione della Corte di giustizia del Lussemburgo che ammette nel merito un ricorso che potrebbe costare agli enti ecclesiastici che operano in Italia fino a quattro miliardi di euro, ossia l'ammontare di ICI e IMU non pagato dal 2008;
    l'esenzione dal pagamento dell'IMU sui terreni agricoli appartenenti a Stati esteri e alle organizzazioni internazionali priva lo Stato italiano di un consistente gettito fiscale e in un momento di crisi economica come quella attuale continuare ad accordare tali privilegi appare immorale, oltre che iniquo, nei confronti dei milioni di agricoltori italiani che con sacrificio lavorano la terra e contribuiscono a produrre una parte considerevole del PIL nazionale,

impegna il Governo

a riconsiderare gli accordi internazionali di cui in premessa al fine di revocare agli enti e agli ordini interessati da tali accordi l'immunità tributaria loro accordata ed in particolare ad assoggettarli al pagamento dell'IMU sui terreni agricoli di loro proprietà e colmare il «buco statistico» provvedendo celermente ad un censimento sul territorio nazionale delle proprietà terriere riconducibili agli organismi extraterritoriali.
9/2915/19Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    sul territorio italiano sono presenti Ordini di varia natura che godono dei privilegi della extraterritorialità. Il concetto di extraterritorialità trova la sua origine in un'antica concezione del diritto internazionale, che invitava a considerare gli agenti diplomatici di un altro Stato come se si trovassero in una condizione di quasi extra-territorium. I casi più comuni di extraterritorialità riguardano la situazione giuridica chiamata di immunità di cui godono le sedi diplomatiche; tale situazione deriva dall'osservanza di obblighi di diritto internazionale da parte dello Stato ospitante la missione a favore dello Stato di cui essa è organo;
    attualmente, con il termine extraterritorialità si indica l'autolimitazione di sovranità che uno Stato attua nell'applicare la propria giurisdizione sul territorio dove si trova una sede diplomatica straniera, al fine di garantire ampia libertà e indipendenza ai diplomatici. Ciò non esclude che per lo Stato ospitante la sede sussistano obblighi, in particolare quelli necessari ad assicurare l'inviolabilità della sede diplomatica;
    contestualmente sopravvivono delle entità di natura politica che in virtù dell'extraterritorialità ed accordi bilaterali con il nostro Paese godono di regimi fiscali particolari, immunità tributaria che li esenta dal pagamento di determinante imposte tra le quali l'IMU agricola;
    l'accordo internazionale può essere considerato come un contratto stipulato tra due o più Stati, diretto a regolare una determinata sfera di rapporti tra i contraenti. La sua formazione è regolata da una serie di norme consuetudinarie e convenzionali che rientrano nel diritto pubblico internazionale. Ai singoli Stati è lasciata la massima autonomia nella definizione delle forme e delle procedure di ratifica dell'accordo e di recepimento nella legislazione nazionale delle norme sovranazionali;
    con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 «Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (GU n.305 del 30-12-1992 – Suppl. Ordinario n. 137) veniva istituita l'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.);
    a norma dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 sono esentati dall'imposta i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense, sottoscritto 1'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810; i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
    le proprietà di cui ai punti precedenti rientrano secondo la classificazione ATECO (Classificazione delle attività economiche) alla sezione «U», Divisione 99 (organizzazioni ed organismi extraterritoriali), Gruppo 990 (organizzazioni ed organismi extraterritoriali), Classe 9900 (Organizzazioni ed organismi extraterritoriali), Categoria 99000 (Organizzazioni ed organismi extraterritoriali) e che in molti casi svolgono attività di lucro;
    tra le attività lucrose si annoverano le celeberrime Aziende agricole di proprietà del Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M), un patrimonio che rappresenta una delle più grandi realtà agricole nazionali soprattutto nell'ambito vitivinicolo, come quella in località Sugarella, nel comune di Canino (VT), quella di Rocca Bernarda (50 ha) nella zona DOC Colli Orientali del Friuli, quella del Castello di Magione (34 ha) nella zona DOC Colli del Trasimeno, quella della Commenda Meniconi Bracceschi di Brufa di Torgiano (14 ha) nella zona Doc Torgiano e infine quella del Beato Gerardo di Giavera del Montello a Nervesa della Battaglia (22 ha), in provincia di Treviso, nella zona DOC Montello Colli Asolani e che ha recentemente ottenuto la DOCG Prosecco;
    oltre a quelle del punto precedente, si annoverano quelle facenti parte ad alcune confessioni religiose come le aziende agricole Diocesane per il Sostentamento del Clero impegnate prevalentemente nell'ambito vitivinicolo;
    le amministrazioni locali pur vedendosi decurtare dal Fondo di Solidarietà il corrispettivo dell'IMU sui Terreni Agricoli per le terre di proprietà degli enti di cui prima, in virtù degli accordi internazionali di cui in premessa, non possono riscuotere l'imposta, ingenerando di fatto un mancato gettito nelle casse Comunali che inficia sull'erogazione dei servizi nei confronti dei cittadini;
    l'Unione europea ha recentemente riaperto il caso sugli sconti fiscali alla Chiesa Cattolica, con una decisione della Corte di giustizia del Lussemburgo che ammette nel merito un ricorso che potrebbe costare agli enti ecclesiastici che operano in Italia fino a quattro miliardi di euro, ossia l'ammontare di ICI e IMU non pagato dal 2008;
    l'esenzione dal pagamento dell'IMU sui terreni agricoli appartenenti a Stati esteri e alle organizzazioni internazionali priva lo Stato italiano di un consistente gettito fiscale e in un momento di crisi economica come quella attuale continuare ad accordare tali privilegi appare immorale, oltre che iniquo, nei confronti dei milioni di agricoltori italiani che con sacrificio lavorano la terra e contribuiscono a produrre una parte considerevole del PIL nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare gli accordi internazionali di cui in premessa al fine di revocare agli enti e agli ordini interessati da tali accordi l'immunità tributaria loro accordata ed in particolare ad assoggettarli al pagamento dell'IMU sui terreni agricoli di loro proprietà e colmare il «buco statistico» provvedendo celermente ad un censimento sul territorio nazionale delle proprietà terriere riconducibili agli organismi extraterritoriali.
9/2915/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sui criteri di esenzione del versamento dell'Imposta Municipale Unica sui terreni agricoli montani e parzialmente montani, richiamando, come criterio per l'esenzione la classificazione in comuni totalmente montani, parzialmente montani e non montani elaborata da ISTAT, risalente a circa venti anni fa;
    il provvedimento in titolo interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola confermando comunque un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore primario sta assumendo livelli insostenibili;
    da tempo il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale; una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni ma anche della valutazione della redditività delle diverse colture, soprattutto quelle tipiche, del rischio idrogeologico, della dimensione delle aziende agricole e di altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali;
    il mondo dell'agricoltura italiana è caratterizzato da piccole realtà imprenditoriali e valutato come unico reale parametro per misurare lo stato di salute dell'impresa agricola, il reddito da lavoro agricolo effettivamente dichiarato, e considerate le vigenti agevolazioni fiscali per gli agricoltori con reddito inferiore a 7000 euro,

impegna il Governo

ad esentare, dal pagamento dell'IMU, tutti i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali che dichiarino, a decorrere dall'anno 2015, un volume d'affari da attività agricola non superiore a 15 mila euro annui.
9/2915/20Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione del versamento dell'Imposta Municipale Unica sui terreni agricoli montani e parzialmente montani, richiamando, come criteri per l'esenzione, non più i parametri altimetrici di cui al Decreto Ministeriale 28 novembre 2014, la cui disciplina è stata sospesa con deliberazione del Tar del Lazio, bensì la classificazione in comuni totalmente montani, parzialmente montani e non montani elaborata da ISTAT;
    da tempo il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale agricola; una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni, non soltanto totalmente montani, posto che non sempre, e non in maniera assoluta, la collocazione territoriale montana configura degli svantaggi e che consideri le specificità del comparto agricolo nazionale, una delle eccellenze più significative del made in Italy;
    il provvedimento in esame, pur essendo migliorativo rispetto al DM del 28 novembre 2014, interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola confermando comunque un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore primario sta assumendo livelli insostenibili;
    l'applicazione dell'IMU sui terreni agricoli è stata disposta al fine di concorrere alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'introduzione del bonus IRPEF attribuito ai redditi più bassi e che tuttavia il provvedimento in parola abroga alcune agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive applicabili ai produttori agricoli;
    l'agevolazione introdotta per la cosiddetta «collina svantaggiata» recentemente equiparata alla pianura e per questo soggetta ad imposizione, non appare sufficiente a compensare gli svantaggi che devono affrontare i conduttori e correlati alle limitazioni di utilizzo del terreno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad innalzare a 400 euro il valore della detrazione dall'IMU per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del provvedimento in parola e definiti «collina svantaggiata».
9/2915/21Ruocco.


   La Camera,
   considerati i molteplici profili di incostituzionalità del provvedimento sotto il profilo procedurale e metodologico nonché la valutazione negativa delle norme anche nel merito in quanto si interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola, confermando un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore agricolo sta assumendo livelli insostenibili;
   posto che il regime fiscale stabilito dal decreto in esame prosegue in direzione opposta rispetto alle funzioni sociale e solidaristica dell'attività agricola, perseguendo, come precipuo obiettivo, il mero recupero di gettito attraverso l'ampliamento delle fattispecie tassabili, comprendendovi, appunto, i terreni agricoli montani fino ad oggi esenti;
   preso atto che il decreto proroga il termine per il versamento dell'IMU agricola e introduce una radicale riforma della tassazione locale dei terreni agricoli, prevedendo dei nuovi criteri per l'esenzione che non tengono più conto del parametro altimetrico della sede comunale bensì della distinzione tra comuni montani e parzialmente montani in base all'elenco ISTAT il cui criterio classificatorio, ancorché aggiornato nel tempo, risale ad oltre vent'anni fa;
   atteso che la revisione complessiva del territorio è indispensabile al fine di sviluppare statistiche che rappresentino al meglio l'evoluzione delle condizioni sociali ed economiche delle zone montane e collinari,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare ulteriormente il termine di pagamento dell'IMU sui terreni agricoli previo aggiornamento della classificazione ISTAT dei comuni italiani.
9/2915/22Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sui criteri di esenzione del versamento dell'Imposta Municipale Unica sui terreni agricoli montani e parzialmente montani, richiamando, come criteri per l'esenzione, non più i parametri altimetrici di cui al Decreto Ministeriale 28 novembre 2014, la cui disciplina è stata sospesa con deliberazione del Tar del Lazio, bensì la classificazione in comuni totalmente montani, parzialmente montani e non montani elaborata da ISTAT;
     il provvedimento in titolo, pur essendo sicuramente migliorativo rispetto al DM del 28 novembre 2014 – in quanto con la nuova disciplina introdotta il numero di comuni esenti da IMU sui terreni agricoli sale da 1498 a 3546 per quanto riguarda i comuni totalmente montani mentre arriva a 655 il numero dei comuni parzialmente montani esenti – interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola confermando comunque un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore agricolo sta assumendo livelli insostenibili;
    da tempo il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale agricola; una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni, non soltanto totalmente montani, posto che non sempre, e non in maniera assoluta, la collocazione territoriale montana configura degli svantaggi e che consideri le specificità del computo agricolo nazionale, una delle eccellenze più significative del made in Italy;
    attualmente le rendite catastali non corrispondono più alla reale redditività dei terreni ed è quindi necessario procedere, al fine di un'imposizione fiscale equa e sostenibile, ad un aggiornamento del catasto agricolo che tenga conto dell'evoluzione e della trasformazione del settore primario degli ultimi decenni,

impegna il Governo

a prevedere con urgenza l'aggiornamento del catasto agricolo, tenendo conto dell'evoluzione e della trasformazione del settore primario degli ultimi decenni.
9/2915/23. (Nuova formulazione)  Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia la superficie agrumicola si estende su circa 130.000 ettari (censimento agricoltura 2010) concentrati nelle regioni Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, per un totale di 80.000 aziende;
    la produzione agrumicola italiana si caratterizza per un elevato profilo qualitativo del prodotto sia in termini organolettici che nutrizionali e per una notevole professionalità degli imprenditori agricoli del settore;
    la scarsa aggregazione con gli operatori a monte e a valle della filiera, il costante aumento dei costi di produzione, le difficili scelte della politica agricola comune, la questione fitosanitaria con le differenze di trattamento degli Stati membri, le importazioni di agrumi con fitopatie, lo scarso sostegno all'esportazione e la frammentazione dell'offerta, rischiano di compromettere l'agrumicoltura italiana con pesanti ricadute in termini occupazionali e di chiusura delle aziende;
    l'imposta municipale propria (IMU) ha ulteriormente aggravato una situazione complessa, rendendo meno competitive le imprese agrumicole, senza tener conto delle problematiche relative agli agrumeti giovani (con meno di 10 anni dall'impianto) o colpiti da fitopatie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 1, comma 1-bis, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere per gli agrumeti giovani o colpiti da fitopatie sostegni e contributi parametrati all'entità dei danni.
9/2915/24. (Nuova formulazione) Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sui criteri di esenzione del versamento dell'Imposta Municipale Unica sui terreni agricoli montani e parzialmente montani, richiamando, come criteri per l'esenzione, non più i parametri altimetrici di cui al Decreto Ministeriale 28 novembre 2014, la cui disciplina è stata sospesa con deliberazione del Tar del Lazio, bensì la classificazione in comuni totalmente montani, parzialmente montani e non montani elaborata da ISTAT;
    il provvedimento in titolo, pur essendo sicuramente migliorativo rispetto al DM del 28 novembre 2014 – in quanto con la nuova disciplina introdotta il numero di comuni esenti da IMU sui terreni agricoli sale da 1498 a 3546 per quanto riguarda i totalmente montani mentre arriva a 655 il numero dei comuni parzialmente montani esenti – interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola confermando comunque un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore agricolo sta assumendo livelli insostenibili;
    da tempo il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale agricola; una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni, non soltanto totalmente montani, posto che non sempre, e non in maniera assoluta, la collocazione territoriale montana configura degli svantaggi e che consideri le specificità del comparto agricolo nazionale, una delle eccellenze più significative del made in Italy;
   tra le criticità più evidenti della normativa introdotta si segnala, inoltre, la disparità di trattamento tra territori contigui ed affini per caratteristiche morfologiche ed economiche oltre che la mancata valutazione della redditività delle colture, soprattutto quelle tipiche, del rischio idrogeologico, della dimensione delle aziende agricole e di altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali,

impegna il Governo

a procedere con urgenza ad una revisione complessiva delle norme in materia di fiscalità rurale e a valutare la necessità di esentare i terreni agricoli dalla applicazione della imposta municipale propria.
9/2915/25Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione del versamento dell'Imposta Municipale Unica sui terreni agricoli montani e parzialmente montani, richiamando, come criteri per l'esenzione, non più i parametri altimetrici di cui al Decreto Ministeriale 28 novembre 2014, la cui disciplina è stata sospesa con deliberazione del Tar del Lazio, bensì la classificazione in comuni totalmente montani, parzialmente montani e non montani elaborata da ISTAT;
    il provvedimento in titolo, pur essendo migliorativo rispetto al DM del 28 novembre 2014, interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola confermando comunque un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore primario sta assumendo livelli insostenibili;
    da tempo il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale agricola; una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni, non soltanto totalmente montani, posto che non sempre, e non in maniera assoluta, la collocazione territoriale montana configura degli svantaggi e che consideri le specificità del comparto agricolo nazionale, una delle eccellenze più significative del made in Italy;
    anche a causa dei cambiamenti climatici il territorio nazionale è sempre vulnerabile rispetto alla diffusione di fitopatie che danneggiano irrimediabilmente il potenziale produttivo con significativi effetti economici e occupazionali sulle attività agricole; e con grave pregiudizio del territorio e del patrimonio paesaggistico; in particolare si segnalano i danni causati dalla contaminazione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia con ciò che ne è conseguito in termini di perdite non solo economiche ma anche del patrimonio paesaggistico,

impegna il Governo

a prevedere, per gli anni 2014 e 2015, per terreni agricoli già danneggiati da fitopatie sostegni e contributi parametrati all'entità dei danni al fine di sgravare gli agricoltori, impegnati nel ripristino del potenziale produttivo e a sanare le perdite di reddito, da ulteriori oneri finanziari.
9/2915/26. (Nuova formulazione) L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione del versamento dell'Imposta Municipale Unica sui terreni agricoli montani e parzialmente montani, richiamando, come criteri per l'esenzione, non più i parametri altimetrici di cui al Decreto Ministeriale 28 novembre 2014, la cui disciplina è stata sospesa con deliberazione del Tar del Lazio, bensì la classificazione in comuni totalmente montani, parzialmente montani e non montani elaborata da ISTAT;
    da tempo il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale agricola; una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni, non soltanto totalmente montani, posto che non sempre, e non in maniera assoluta, la collocazione territoriale montana configura degli svantaggi e che consideri le specificità del comparto agricolo nazionale, una delle eccellenze più significative del made in Italy;
    il provvedimento in titolo, pur essendo migliorativo rispetto al DM del 28 novembre 2014, interviene in un ambito estremamente complesso quale è quello della fiscalità agricola confermando comunque un aggravio di imposizione proprio mentre il carico fiscale per il settore primario sta assumendo livelli insostenibili;
    considerato che nel nostro Paese sono stati individuati oltre 50 siti di bonifica di interesse nazionale e che molte altre aree risultano contaminate e in attesa di essere bonificate, sarebbe opportuno prevedere delle agevolazioni, anche al fine dell'eventuale pagamento dell'IMU, i terreni agricoli in considerazione della loro inutilizzabilità per produzioni destinate al consumo,

impegna il Governo

a prevedere, per gli anni 2014 e 2015, per i terreni agricoli ricompresi nelle aree contaminate da sottoporre a bonifica e nei siti di interesse nazionale sostegni e contributi parametrati all'entità dei danni.
9/2915/27. (Nuova formulazione)  Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    i cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno provocato un inasprimento ed una maggior frequenza degli eventi climatici avversi, con conseguente ricaduta sulle produzioni e sui beni strumentali delle aziende agricole italiane, specie quelle che fanno agricoltura in pieno campo;
    nel 2014 si contano ben 31 calamità naturali ufficialmente riconosciute tramite apposito decreto Mipaaf;
    gli interventi compensativi previsti dal decreto legislativo n. 102 del 2004, che scattano in caso di dichiarazione dello stato di calamità naturale, possono essere attivati a condizione che il danno sulla produzione lorda vendibile risulti superiore al 30 per cento della produzione lorda vendibile del territorio danneggiato ed esclusivamente per le avversità e le colture danneggiate non comprese nei piani assicurativi annuali per la copertura dei rischi; Di contro, tutte le colture non comprese nel piano assicurativo possono essere risarcite solo se hanno stipulato preventivamente polizze assicurative, anche agevolate cioè a parziale copertura del premio a avare su fondi comunitari;
    negli ultimi tempi il fondo di solidarietà nazionale, da cui si attinge per erogare i contributi compensativi alle aziende agricole situate nei Comuni inseriti nei decreti di declaratoria dello stato di calamità naturale, non viene sufficientemente rimpinguato, anche a causa di una diversa politica di gestione del rischio che ha spostato la maggior parte delle risorse finanziarie sulla prevenzione dei rischi agricoli ex ante, anziché sul risarcimento dei danni ex post;
    la procedura che porta dal verificarsi del danno all'ottenimento del contributo compensativo è oltremodo lunga e farraginosa e può durare anni, al termine dei quali alle aziende agricole viene riconosciuto quasi sempre un contributo sensibilmente minore rispetto allo spettante, accertato e giustificato dalle aziende stesse tramite perizie agronomiche con oneri a loro carico;
    nella sua attuale formulazione, il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU, assoggetta all'imposta le imprese agricole vittime di calamità naturali sancite da apposito decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere la totale esenzione dall'imposta anche ai comuni vittime di calamità naturali verificatesi a partire dall'anno 2014, individuati dagli appositi decreti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
9/2915/28Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 11 marzo 2014, n. 23, delega il Governo ad attuare una revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, attribuendo a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita in relazione ai valori medi ordinari espressi dal mercato nel triennio antecedente l'anno di entrata in vigore della nuova disciplina;
    si reputa necessaria un'analoga revisione per le tariffe d'estimo stabilite, per ciascuna qualità e classe di terreno, sia per il reddito agrario che dominicale, in modo strutturale ed organico, che tenga presente anche la significativa modificazione delle relazioni economiche tra le varie tipologie di coltivazioni, la ubicazione territoriale, e la reintroduzione di forme di imposizione patrimoniale che hanno come riferimento proprio le rendite catastali;
    le richieste di rettifica e perequazione relative ai redditi di terreni, richieste dai comuni secondo l'iter previsto dalla legge 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e sue norme attuative, risultano spesso di durata anche di molti anni;
    nel corso degli anni le diversificazioni di redditività, e quindi di valore patrimoniale, anche all'interno di analoghe classi e qualità di coltura sono venute significativamente crescendo anche in funzione dell'aumento della forbice di valore tra le singole cultivar e varietà soprattutto nell'ambito del comparto ortofrutticolo e viticolo e dette diversificazioni in moltissimi casi non trovano più rispondenza nei riferimenti catastali;
    sino a gran parte del 2014 relativamente alla applicazione o esenzione dall'imposta comunale IMU si faceva riferimento all'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992 che stabilisce l'esenzione per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina il riferimento per identificare quali territori ricadano in tale definizione fosse la circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, che presenta in allegato un elenco dettagliato dei comuni interessati;
    l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 89 del 2014, introduceva la previsione di un decreto attuativo che individuasse i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applicasse tale esenzione, tenendo conto anche dell'altitudine riportata nell'elenco ISTAT ed eventualmente riservando un trattamento di favore ai terreni, posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004 iscritti nella previdenza agricola;
    con decreto 28 novembre 2014 il Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministero dell'interno dettava le disposizioni di attuazione della legge n. 89 del 2014;
    detto decreto stabiliva che diversamente dal passato erano esenti dall'imposta i terreni agricoli dei comuni con sede comunale ad una altitudine superiore ai 600 metri, individuandoli appunto sulla base dell’«Elenco comuni italiani», pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), tenendo conto appunto dell'altezza riportata nella colonna «Altitudine del centro (metri)», e prevedeva anche l'esenzione per i terreni agricoli in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, nei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri individuati sulla base del succitato elenco ISTAT;
    con numerosi atti parlamentari di indirizzo e di controllo veniva sollecitata sia alla Camera che al Senato, la revisione della normativa in oggetto, anche interpretando le richieste delle associazioni di categoria interessate, dell'UNCEM e dell'Anci;
    il Governo emanava un nuovo decreto-legge rivedendo i criteri per l'esenzione dell'IMU sui terreni agricoli e nel seguente esame al Senato, sono stati ulteriormente rivisti i requisiti dei soggetti ed i territori oggetto di esenzione o di agevolazione, disponendo tra l'altro una detrazione di 200 euro per determinate aree svantaggiate;
    il criterio dell'altitudine e della montanità, soprattutto nella accezione attuale, che tratta allo stesso modo le diverse porzioni di territorio montano e non nei comuni parzialmente montani, non distingue in modo adeguato tra terreni e territori necessitanti di tutela fiscale e altri non necessitanti di tale attenzione, e che nei diversi territori lo svantaggio si coniuga ed articola con modalità e parametri anche altri, e che addirittura in alcuni casi vede terreni e territori di particolare pregio, anche patrimoniale, proprio in aree ad alta altimetria ma non per questo svantaggiate;
    permane la necessità di una migliore armonizzazione complessiva della norma, anche recuperando un approccio più simile alla vecchia classificazione dei terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate come svantaggiati così come erano definite dalla Circolare n. 9 del 14 giugno 1993, sia pur necessariamente rivista alla luce del maggio gettito previsto dalla nuova norma,

impegna il Governo

   ad avviare una revisione organica e complessiva delle tariffe d'estimo stabilite per ciascuna qualità e classe di terreno, sia per il reddito agrario che dominicale, su tutto il territorio, con una armonizzazione tra colture e tra territori, che tenga conto della intervenuta modificazione delle relazioni economiche e competitive sui territori stessi e tra le filiere settoriali;
   ad avviare in tempi brevi un analisi delle conseguenze su comuni e contribuenti della applicazione delle norme contenute nel decreto in conversione in oggetto con particolare attenzione alle aree precedentemente classificate come svantaggiate e ai comuni classificati come parzialmente montani;
   a ridefinire i criteri di esenzione dall'IMU con un ulteriore provvedimento, che tenga conto della situazione attuale dei terreni e della loro redditività e anche della loro collocazione di contesto ambientale ed idrogeologico, ed anche del loro eventuale inserimento in aree protette e in S.I.C.;
   a valutare la possibilità, a partire dall'anno di imposta 2015, di prevedere detrazioni per determinate tipologie di imprese, anche su terreni in aree non montane o svantaggiate, con particolare attenzione ad aziende condotte da giovani agricoltori in fase di avviamento, e ad imprese sociali o di agricoltura sociale impegnate nell'inserimento lavorativo o nel recupero terapeutico di soggetti deboli e svantaggiati;
   ad avviare, per la definizione dei criteri di esenzione e di detrazione sopra indicati, un confronto formalmente istituzionalizzato, oltre che con le Commissioni Finanze ed Agricoltura di Camera e Senato, anche con Regioni, Enti locali e Associazioni di rappresentanza di categoria.
9/2915/29Taricco, Prina, Minnucci, Ventricelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in oggetto vengono ridefiniti i parametri di esenzione dall'IMU per i terreni montani e viene mutato il criterio di individuazione dei terreni esenti;
    l'azione portata avanti nel lavoro di concerto da parlamentari ha consentito in Commissione e in Assemblea al Senato di apportare alcune migliorie, tra cui l'esenzione totale per i terreni a immutabile destinazione «agro-silvo-pastorale», nessuna sanzione né interessi per i contribuenti che pagheranno entro il 31 marzo 2015, il rimborso per coloro che hanno effettuato il pagamento in base alla classificazione del 28 novembre 2014 e che in base a quella nuova contenuta nel decreto in oggetto, risultano esenti;
    viene in particolare rinviato il termine per completare l'attuazione della delega fiscale e la riforma del catasto più la proroga per il pagamento della stessa IMU sui terreni agricoli al 31 marzo, senza il rischio di incorrere in alcuna sanzione o provvedimento da parte delle istituzioni contabili;
    nei Comuni ricadenti nelle aree di «collina svantaggiata» gli agricoltori e gli imprenditori agricoli godranno di una detrazione standard di 200 euro, che riguarderà complessivamente altri 1600 comuni in tutta Italia;
    sia per l'anno 2014 che per il 2015 si applicheranno i criteri già approvati precedentemente, ovvero l'esenzione per i terreni agricoli ubicati nei Comuni montani, nonché quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola ubicati nei Comuni parzialmente montani;
    la detrazione spetta anche alle zone «disagiate» delimitate all'interno di territori comunali individuati dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993;
    come rilevato dall'Anci e da associazioni di categoria, restano comunque dei nodi da sciogliere, in particolare relativi alla collina svantaggiata, alla definizione di comune parzialmente montano, e ai criteri di esenzione,

impegna il Governo

a esentare dal pagamento dell'imposta i contribuenti i cui terreni ricadono nelle zone «disagiate» delimitate all'interno territori comunali individuate dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, nonché a valutare la possibilità di prendere in considerazione, tra i criteri di applicazione del tributo, aspetti connessi alla redditività delle colture tipiche, al rischio idrogeologico, alla dimensione delle aziende agricole e ad altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali, che svolgono una fondamentale opera di presidio del territorio.
9/2915/30Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge in oggetto vengono ridefiniti i parametri di esenzione dall'IMU per i terreni montani e viene mutato il criterio di individuazione dei terreni esenti;
    l'azione portata avanti nel lavoro di concerto da parlamentari ha consentito in Commissione e in Assemblea al Senato di apportare alcune migliorie, tra cui l'esenzione totale per i terreni a immutabile destinazione ’agro-silvo-pastorale’, nessuna sanzione né interessi per i contribuenti che pagheranno entro il 31 marzo 2015, il rimborso per coloro che hanno effettuato il pagamento in base alla classificazione del 28 novembre 2014 e che in base a quella nuova contenuta nel decreto in oggetto, risultano esenti;
    viene in particolare rinviato il termine per completare l'attuazione della delega fiscale e la riforma del catasto più la proroga per il pagamento della stessa IMU sui terreni agricoli al 31 marzo, senza il rischio di incorrere in alcuna sanzione o provvedimento da parte delle istituzioni contabili;
    nei Comuni ricadenti nelle aree di «collina svantaggiata» gli agricoltori e gli imprenditori agricoli godranno di una detrazione standard di 200 euro, che riguarderà complessivamente altri 1600 comuni in tutta Italia;
    sia per l'anno 2014 che per il 2015 si applicheranno i criteri già approvati precedentemente, ovvero l'esenzione per i terreni agricoli ubicati nei Comuni montani, nonché quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola ubicati nei Comuni parzialmente montani;
    la detrazione spetta anche alle zone «disagiate» delimitate all'interno di territori comunali individuati dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993;
    come rilevato dall'Anci e da associazioni di categoria, restano comunque dei nodi da sciogliere, in particolare relativi alla collina svantaggiata, alla definizione di comune parzialmente montano, e ai criteri di esenzione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prendere in considerazione, tra i criteri di applicazione del tributo, aspetti connessi alla redditività delle colture tipiche, al rischio idrogeologico, alla dimensione delle aziende agricole e ad altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali, che svolgono una fondamentale opera di presidio del territorio.
9/2915/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'IMU nelle sue varie componenti, trova origine negli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, applicativo della legge n. 42 del 2009 sul Federalismo fiscale, a sua volta attuativa dell'articolo 119 della Costituzione, che concerne l'autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni. In tale ambito il gettito, le aliquote (salva l'eventuale determinazione dei minimi e dei massimi) e le esenzioni dovrebbero essere esclusiva competenza dei comuni;
    il provvedimento in esame, nell'incrementare il gettito IMU sui terreni agricoli di 268,65 milioni, dispone la riduzione del Fondo di solidarietà comunale per una somma equivalente. Prevede inoltre aliquote e ed esenzioni rispetto alle quali i comuni non possono derogare;
    le materie dell'agricoltura e della gestione del territorio risultano, sia nell'attuale ordinamento, che in quello che si prefigura nella riforma costituzionale in corso di esame, di competenza regionale; l'imposizione fiscale sui terreni agricoli dovrebbe essere pertanto integralmente devoluta ai Comuni, fatte salve le prerogative regionali;
    tale non può definirsi l'IMU agricola di cui al provvedimento in esame che si configura, per coloro che non ne sono esenti, come una sorta di tassa patrimoniale basata su un reddito presunto derivato da valori catastali, in contrasto con i principi di territorialità, sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza che sono contemplati dalla legge n. 42 del 2009;
    l'agricoltura italiana è uno dei comparti più dinamici dell'economia nazionale e la sua vitalità sta avendo effetti estremamente positivi sulla bilancia commerciale e sull'occupazione; nell'attuale fase economica depressiva il comparto agricolo nazionale sta quindi svolgendo una funzione essenziale in termini produttivi e di rilancio economico-sociale; non è pertanto opportuno gravarlo con una imposta che non tenga conto delle diverse realtà socio-economiche,

impegna il Governo

   a prevedere, in tempi rigidi, nelle forme e nei modi opportuni, che l'imposizione fiscale sui terreni ritorni al suo originario spirito di imposta federalista, integralmente devoluta nella sua eventuale determinazione e nell'attribuzione del gettito ai Comuni, prevedendo che:
    sia modulabile secondo la redditività dei terreni, la loro marginalità e la condizione socio-economica delle aree in cui insistono;
    sia utilizzabile per ingenerare comportamenti virtuosi nei proprietari dei terreni, sia in termini di utilizzo produttivo dei terreni, che in termini di stimolo all'esecuzione delle opere contrasto al dissesto idrogeologico che la legge impone a carico dei proprietari.
9/2915/31De Girolamo, Dorina Bianchi, Pizzolante, Bernardo, Bosco, Tancredi, Adornato, Alli, Binetti, Buttiglione, Calabrò, Causin, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Roccella, Sammarco, Scopelliti, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'IMU nelle sue varie componenti, trova origine negli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, applicativo della legge n. 42 del 2009 sul Federalismo fiscale, a sua volta attuativa dell'articolo 119 della Costituzione, che concerne l'autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni. In tale ambito il gettito, le aliquote (salva l'eventuale determinazione dei minimi e dei massimi) e le esenzioni dovrebbero essere esclusiva competenza dei comuni;
    il provvedimento in esame, nell'incrementare il gettito IMU sui terreni agricoli di 268,65 milioni, dispone la riduzione del Fondo di solidarietà comunale per una somma equivalente. Prevede inoltre aliquote e ed esenzioni rispetto alle quali i comuni non possono derogare;
    le materie dell'agricoltura e della gestione del territorio risultano, sia nell'attuale ordinamento, che in quello che si prefigura nella riforma costituzionale in corso di esame, di competenza regionale; l'imposizione fiscale sui terreni agricoli dovrebbe essere pertanto integralmente devoluta ai Comuni, fatte salve le prerogative regionali;
    tale non può definirsi l'IMU agricola di cui al provvedimento in esame che si configura, per coloro che non ne sono esenti, come una sorta di tassa patrimoniale basata su un reddito presunto derivato da valori catastali, in contrasto con i principi di territorialità, sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza che sono contemplati dalla legge n. 42 del 2009;
    l'agricoltura italiana è uno dei comparti più dinamici dell'economia nazionale e la sua vitalità sta avendo effetti estremamente positivi sulla bilancia commerciale e sull'occupazione; nell'attuale fase economica depressiva il comparto agricolo nazionale sta quindi svolgendo una funzione essenziale in termini produttivi e di rilancio economico-sociale; non è pertanto opportuno gravarlo con una imposta che non tenga conto delle diverse realtà socio-economiche,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di prevedere, in tempi rigidi, nelle forme e nei modi opportuni, che l'imposizione fiscale sui terreni ritorni al suo originario spirito di imposta federalista, integralmente devoluta nella sua eventuale determinazione e nell'attribuzione del gettito ai Comuni, prevedendo che:
    sia modulabile secondo la redditività dei terreni, la loro marginalità e la condizione socio-economica delle aree in cui insistono;
    sia utilizzabile per ingenerare comportamenti virtuosi nei proprietari dei terreni, sia in termini di utilizzo produttivo dei terreni, che in termini di stimolo all'esecuzione delle opere contrasto al dissesto idrogeologico che la legge impone a carico dei proprietari.
9/2915/31. (Testo modificato nel corso della seduta) De Girolamo, Dorina Bianchi, Pizzolante, Bernardo, Bosco, Tancredi, Adornato, Alli, Binetti, Buttiglione, Calabrò, Causin, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Roccella, Sammarco, Scopelliti, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    i Parchi Locali di Interesse Sovracomunali PLIS, istituiti dalla Regione Lombardia, sono finalizzati alla valorizzazione e alla salvaguardia delle risorse territoriali e ambientali, che necessitano di forme di gestione e tutela sovracomunale e sono orientati al mantenimento e alla valorizzazione dei tipici caratteri delle aree rurali e dei loro valori naturali e semi-naturali tradizionali;
    i PLIS sono istituiti dai comuni interessati, singoli o associati con delibera consiliare che definisce il perimetro del parco e la disciplina d'uso del suolo;
    molti PLIS così come i Parchi Regionali mantengono, come scelta ambientale e culturale, aree destinate all'agricoltura. Agricoltura quindi come valore ambientale, specialmente nelle aree urbane. La stessa Comunità Europea ha omologato l'agricoltura peri-urbana alla difesa dell'ambiente, e sostiene chi «coltiva il paesaggio attraverso il mantenimento dell'agricoltura»;
    gli enti gestori di PLIS e Parchi Regionali hanno definito accordi con gli agricoltori affinché gli stessi nel gestire le aree del parco destinate alla produzione agricola si prendano cura anche della componente ambientale (filari d'alberi, siepi,...),

impegna il Governo

a valutare la possibilità, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, di ridurre o cancellare l'IMU agricola per le aree facenti parte di Parchi Regionali o Parchi Locali di Interesse Sovracomunali al fine di favorire la protezione di aree con valori ambientali e per la difesa del suolo.
9/2915/32Gasparini, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento interviene nuovamente sui criteri di esenzione dell'IMU sui terreni agricoli, allargando la platea dei beneficiari e prorogando ulteriormente al 10 febbraio 2015 il termine per il versamento dell'imposta dovuta per il 2014;
    il decreto ministeriale 28 novembre 2014, in attuazione dell'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha previsto l'esenzione per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di oltre i 600 metri, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base del medesimo elenco, in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola;
    su sollecitazione di numerosi parlamentari anche con atti di indirizzo e di controllo, delle associazioni di categoria interessate e dell'ANCI, il Governo è intervenuto con il decreto-legge n. 185 del 2014 per prorogare il termine di versamento dell'IMU;
    gli atti parlamentari avevano sollecitato, oltre che una proroga del pagamento, anche una revisione dei criteri di esenzione, l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio economica e della redditività dei terreni;
    si è di nuovo intervenuti con il provvedimento in esame, prevedendo che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani, di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT, ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori, nonché ai terreni agricoli e a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT;
    l'introduzione dell'IMU sui terreni agricoli ha concorso alla copertura finanziaria delle disposizioni del citato decreto-legge n. 66 del 2014, che ha ripartito tra le diverse categorie produttive e le amministrazioni pubbliche gli oneri derivanti dall'introduzione del bonus da 80 euro attributo ai redditi più bassi e che tale scelta, sostenuta allora all'unanimità, in quanto considerata giusta ed equa, mostra oggi i suoi effetti positivi sulla ripresa dell'occupazione e dell'attività economica del Paese;
    il nuovo sistema di esenzione è complessivamente meno restrittivo rispetto a quello del decreto ministeriale 28 novembre 2014, in quanto, con il richiamo all'elenco ISTAT si estende l'esenzione IMU da 1.498 Comuni a 3.546 (considerati totalmente montani), mentre i Comuni parzialmente esenti raggiungono le 655 unità;
    le modifiche apportate dal Senato hanno ulteriormente esteso l'ambito delle esenzioni previste; in particolare, il comma 1-bis, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni definiti di collina svantaggiata ubicati nei circa 1600 comuni di cui all'allegato 0A del provvedimento, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, dispone una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta, portando, così, a 5.500 il numero dei comuni che godono dell'esenzione dall'IMU;
    è comunque necessario considerare, anche a seguito dell'applicazione nel 2014 della normativa in materia di esenzione IMU, l'effettiva condizione dei terreni agricoli, valutando altresì all'interno dello stesso Comune, quali aree agricole siano effettivamente svantaggiate e quali si trovino, al contrario, in una situazione di oggettivo vantaggio;
    la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2015 per la dichiarazione dello stato di emergenza conseguente alla diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia, che ha colpito piante di olivo, anche monumentali, ed altre specie coltivate, ornamentali e spontanee, causando un disseccamento rapido delle stesse, con grave rischio di pandemia fitosanitaria, con significativi effetti economici e occupazionali sulle attività agricole, vivaistiche e turistiche, con grave pregiudizio del territorio e del patrimonio paesaggistico di olivi monumentali,

impegna il Governo:

   anche attraverso la promozione di un tavolo di concertazione con le parti sociali e le rappresentanze di categoria a:

    verificare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame per i terreni svantaggiati, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli, in modo da aver riguardo: alle reali condizioni socio-economiche ed agrarie; alle caratteristiche orografiche del suolo; al rischio idrogeologico dei territori ed alla loro redditività, assicurando la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni; alla situazione di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare anche nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, e valutando la possibilità di considerare tra le aree oggetto di esenzione o di significativa franchigia anche le aree SIC e le Aree Protette;
    considerare, in ragione d'anno, le differenze tra gettito accertato e riscosso e gettito previsto, al fine di disporre eventuali compensazioni per i Comuni che abbiano provveduto a tutti gli adempimenti connessi alla riscossione del tributo, sulla base della metodologia condivisa con l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani di cui all'articolo 1, comma 9-quinquies, del decreto-legge in esame;
    valutare la possibilità di introdurre la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa sulle piante di olivo in Puglia o a causa di altre gravi fitopatie che stanno compromettendo colture agricole e terreni (tra le quali si ricordano la Tristezza degli agrumi, la Cinipide del castagno, la mosca del ciliegio e la mosca dell'ulivo) per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei Ministri che ne riconosca lo stato di calamità;
    prevedere altresì le medesime misure e condizioni di cui all'impegno precedente per i coltivatori e le imprese agricole colpite da gravi eventi atmosferici per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
    configurare nuovamente, non appena si realizzino le necessarie condizioni, l'estensione al comparto primario delle agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive IRAP, introdotte dai commi 13 e 14 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2014 ed abrogate dal provvedimento in esame ai fini della copertura finanziaria.
9/2915/33Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Capozzolo, Carra, Cenni, Cova, Dal Moro, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Lodolini, Capone, Greco, Gullo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento interviene nuovamente sui criteri di esenzione dell'IMU sui terreni agricoli, allargando la platea dei beneficiari e prorogando ulteriormente al 10 febbraio 2015 il termine per il versamento dell'imposta dovuta per il 2014;
    il decreto ministeriale 28 novembre 2014, in attuazione dell'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha previsto l'esenzione per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di oltre i 600 metri, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e per i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base del medesimo elenco, in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola;
    su sollecitazione di numerosi parlamentari anche con atti di indirizzo e di controllo, delle associazioni di categoria interessate e dell'ANCI, il Governo è intervenuto con il decreto-legge n. 185 del 2014 per prorogare il termine di versamento dell'IMU;
    gli atti parlamentari avevano sollecitato, oltre che una proroga del pagamento, anche una revisione dei criteri di esenzione, l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio economica e della redditività dei terreni;
    si è di nuovo intervenuti con il provvedimento in esame, prevedendo che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani, di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT, ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori, nonché ai terreni agricoli e a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT;
    l'introduzione dell'IMU sui terreni agricoli ha concorso alla copertura finanziaria delle disposizioni del citato decreto-legge n. 66 del 2014, che ha ripartito tra le diverse categorie produttive e le amministrazioni pubbliche gli oneri derivanti dall'introduzione del bonus da 80 euro attributo ai redditi più bassi e che tale scelta, sostenuta allora all'unanimità, in quanto considerata giusta ed equa, mostra oggi i suoi effetti positivi sulla ripresa dell'occupazione e dell'attività economica del Paese;
    il nuovo sistema di esenzione è complessivamente meno restrittivo rispetto a quello del decreto ministeriale 28 novembre 2014, in quanto, con il richiamo all'elenco ISTAT si estende l'esenzione IMU da 1.498 Comuni a 3.546 (considerati totalmente montani), mentre i Comuni parzialmente esenti raggiungono le 655 unità;
    le modifiche apportate dal Senato hanno ulteriormente esteso l'ambito delle esenzioni previste; in particolare, il comma 1-bis, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni definiti di collina svantaggiata ubicati nei circa 1600 comuni di cui all'allegato 0A del provvedimento, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, dispone una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta, portando, così, a 5.500 il numero dei comuni che godono dell'esenzione dall'IMU;
    è comunque necessario considerare, anche a seguito dell'applicazione nel 2014 della normativa in materia di esenzione IMU, l'effettiva condizione dei terreni agricoli, valutando altresì all'interno dello stesso Comune, quali aree agricole siano effettivamente svantaggiate e quali si trovino, al contrario, in una situazione di oggettivo vantaggio;
    la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2015 per la dichiarazione dello stato di emergenza conseguente alla diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia, che ha colpito piante di olivo, anche monumentali, ed altre specie coltivate, ornamentali e spontanee, causando un disseccamento rapido delle stesse, con grave rischio di pandemia fitosanitaria, con significativi effetti economici e occupazionali sulle attività agricole, vivaistiche e turistiche, con grave pregiudizio del territorio e del patrimonio paesaggistico di olivi monumentali,

impegna il Governo:

   anche attraverso la promozione di un tavolo di concertazione con le parti sociali e le rappresentanze di categoria a:

    verificare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame per i terreni svantaggiati, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli, in modo da aver riguardo: alle reali condizioni socio-economiche ed agrarie; alle caratteristiche orografiche del suolo; al rischio idrogeologico dei territori ed alla loro redditività, assicurando la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni; alla situazione di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare anche nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, e valutando la possibilità di considerare tra le aree oggetto di esenzione o di significativa franchigia anche le aree SIC e le Aree Protette;
    valutare la possibilità di introdurre la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa sulle piante di olivo in Puglia o a causa di altre gravi fitopatie che stanno compromettendo colture agricole e terreni (tra le quali si ricordano la Tristezza degli agrumi, la Cinipide del castagno, la mosca del ciliegio e la mosca dell'ulivo) per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei Ministri che ne riconosca lo stato di calamità;
    prevedere altresì le medesime misure e condizioni di cui all'impegno precedente per i coltivatori e le imprese agricole colpite da gravi eventi atmosferici per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
    configurare nuovamente, non appena si realizzino le necessarie condizioni, l'estensione al comparto primario delle agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive IRAP, introdotte dai commi 13 e 14 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2014 ed abrogate dal provvedimento in esame ai fini della copertura finanziaria.
9/2915/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Capozzolo, Carra, Cenni, Cova, Dal Moro, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Lodolini, Capone, Greco, Gullo.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi anni, la disciplina IMU relativa ai terreni ha subito varie revisioni in relazione ai criteri utilizzati per individuare i terreni esenti o parzialmente esenti e le modalità di pagamento, modificando in modo consistente la platea degli interessanti soprattutto in relazione alle aree collinari e svantaggiate;
    il decreto-legge n. 66 del 2014, all'articolo 22, comma 2, in particolare ha ampliato la platea dei terreni assoggettati all'imposta al fine di garantire un maggiore gettito complessivo annuo «non inferiore a 350 milioni di euro». Conseguentemente il Decreto 28 novembre 2014 del Ministero dell'Economia e delle Finanze ha sancito nuovi criteri per l'esenzione dall'IMU, prevista per i terreni agricoli;
    questi nuovi criteri hanno determinato la tassazione di interi territori prima esenti poiché considerati «svantaggiati», aree per lo più caratterizzate da seminativi, cereali, zootecnia, e pertanto da colture non particolarmente redditizie, e fondamentali per lo svolgimento di una funzione di gestione del suolo e del paesaggio, e la contemporanea esenzione di terreni con colture ad alta redditività, per lo più dedite all'export, in conseguenza del mero indicatore altimetrico;
    su sollecitazione di numerosi parlamentari anche con atti di indirizzo e di controllo, delle associazioni di categoria interessate e dell'Anci, il Governo è intervenuto con il decreto legge in commento rivedendo i criteri di applicazione dell'IMU sui terreni agricoli prevedendo una revisione delle esenzioni basata sui dati altimetrici Istat;
    con la modifica introdotta dal Senato, è stata ulteriormente allargata la platea degli esenti disponendo una detrazione di 200 euro dall'Imu dovuta per i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, ma non sufficiente a salvaguardare sufficientemente le colture sopra richiamate;
    l'esenzione come prospettata dal decreto-legge in esame risulterebbe ad oggi caratterizzata da non sufficiente equità, e rischierebbe di colpire in modo particolare alcune aree del Paese caratterizzate da multifunzionalità, seminativi, cereali;
    gli agricoltori e i Comuni interessati, rilevano che l'assoggettamento all'imposta municipale propria (Imu) dei terreni agricoli stia determinando difficoltà pesanti nel comparto, aggravando alcune aree già messe a dura prova da maltempo e calamita degli ultimi 2 anni. In molte situazioni il reddito derivante dalla vendita delle produzioni agricole rischia di non consentire il pagamento dell'imposta, determinando un abbandono dell'attività, una svalutazione fortissima del valore fondiario, e possibili difficoltà nella buona gestione del suolo;
    è necessaria una ulteriore revisione dei parametri per l'applicazione dell'IMU sui terreni, a partire dal superamento dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione, introducendo una valutazione della natura socio economica, della redditività dei terreni, delle caratteristiche orografiche del suolo e del rischio idrogeologico dei zone soggette all'imposta;
    tali modifiche sono fondamentali per sostenere quei territori in cui è presente una agricoltura «familiare» che produce culture tradizionali a bassa redditività, che l'attuale disciplina IMU rischia di compromettere;
    risulta necessario porre la giusta attenzione a quelle realtà agricole meno strutturate, ma con grandi potenzialità quali le aziende gestite dai giovani agricoltori, le aziende che utilizzano il metodo biologico e le aziende dell'agricoltura sociale. Non prevedere forme di agevolazione per tali categorie vanifica le scelte del Parlamento per incentivarne la nascita ed assicurare la redditività,

impegna il Governo:

   ad attivare un attento monitoraggio sul quadro determinato dalla norma in oggetto, in modo particolare sui terreni delle aree svantaggiate, precedentemente escluse, valutando la ricaduta dell'imposizione sulla reale situazione dei terreni agricoli, e prevedendo conseguentemente, fin dal prossimo provvedimento, nuovi criteri di esenzione soprattutto per le aree svantaggiate e collinari, e una rimodulazione al fine di promuovere una effettiva perequazione fiscale coerente con le condizioni socio – economiche ed agrarie, con le caratteristiche orografiche del suolo, con i fattori di rischio idrogeologico dei territori e con la loro effettiva redditività;
   ad istituire, per l'individuazione dei nuovi criteri di esenzione e rimodulazione, un tavolo istituzionale, costituito dai rappresentanti dei Ministeri interessati, delle Regioni, delle amministrazioni locali e delle associazioni di categoria;
   a valutare l'opportunità di inserire, per l'anno di imposta 2015, attraverso ulteriori iniziative normative, significative detrazioni IMU per le imprese la cui titolarità è riconducibile a giovani agricoltori, alle imprese che producono alimenti di agricoltura biologica; alle cooperative sociali o alle aziende agricole che svolgono un'attività sociale attraverso l'inserimento lavorativo in azienda o il recupero terapeutico di soggetti socialmente deboli e svantaggiati; alle aziende che sono state colpite da eventi alluvionali e che incidono in territori riconosciuti dallo Stato di calamità naturale, rimodulando con criteri equi l'applicazione dell'imposta su terreni ad alta redditività.
9/2915/34Cenni, Antezza, Terrosi, Carra, Romanini, Tentori, Cova.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione dall'IMU dei terreni agricoli, prevedendo che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani, di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT, ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori, nonché ai terreni agricoli e a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT;
    negli ultimi mesi il Parlamento, con numerosi atti di indirizzo e di controllo, ha sollecitato il Governo ad una revisione dei criteri di esenzione, in particolare a prevedere l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio-economica e della redditività dei terreni;
    il settore agricolo avverte con urgenza la necessità di aggiornare i parametri di catalogazione dei comuni e, di conseguenza, i criteri di esenzione dall'IMU in relazione alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali e all'effettiva redditività delle imprese;
    i criteri attualmente in vigore, infatti, non sono adeguati alla situazione dei terreni agricoli, al reddito reale delle imprese agricole, agli aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali, alle caratteristiche orografiche del suolo, al rischio idrogeologico, alla omogeneità dei territori;
    vanno in particolare considerate, da un lato, le situazioni di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali è necessario differenziare nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, dall'altro, le difformità di classificazione tra aree omogenee di comuni limitrofi,

impegna il Governo

a prevedere, con nuove norme, una revisione dei parametri di catalogazione dei comuni e dei criteri di esenzione dall'IMU al fine di adeguare la valutazione alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali e di garantire la coerenza della misura dell'imposta con il reddito reale delle imprese agricole, secondo il principio di equità garantito dalla Costituzione.
9/2915/35Venittelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge in esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione dall'IMU dei terreni agricoli, prevedendo che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani, di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT, ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori, nonché ai terreni agricoli e a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT;
    negli ultimi mesi il Parlamento, con numerosi atti di indirizzo e di controllo, ha sollecitato il Governo ad una revisione dei criteri di esenzione, in particolare a prevedere l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio-economica e della redditività dei terreni;
    il settore agricolo avverte con urgenza la necessità di aggiornare i parametri di catalogazione dei comuni e, di conseguenza, i criteri di esenzione dall'IMU in relazione alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali e all'effettiva redditività delle imprese;
    i criteri attualmente in vigore, infatti, non sono adeguati alla situazione dei terreni agricoli, al reddito reale delle imprese agricole, agli aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali, alle caratteristiche orografiche del suolo, al rischio idrogeologico, alla omogeneità dei territori;
    vanno in particolare considerate, da un lato, le situazioni di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali è necessario differenziare nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree, dall'altro, le difformità di classificazione tra aree omogenee di comuni limitrofi,

impegna il Governo

a prevedere, con nuove norme, una revisione dei parametri di catalogazione dei comuni e dei criteri di esenzione dall'IMU al fine di adeguare la valutazione alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali e di garantire la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva reale delle imprese agricole, secondo il principio di equità garantito dalla Costituzione.
9/2915/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Venittelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, reca disposizioni in materia di esenzione al pagamento dell'IMU sui terreni agricoli;
    fino all'entrata in vigore del provvedimento, infatti, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h), comma 1, dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, viene applicata a decorrere dal 2015:
     a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani secondo l'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
     b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani sempre secondo l'elenco ISTAT di cui sopra;
    la classificazione di un comune come montano o parzialmente montano dipende dunque dal citato elenco ISTAT, sulla scorta dell'applicazione dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952;
    durante l'esame del provvedimento al Senato è stato inserito, all'articolo 1, il comma 1-bis, in forza del quale per i terreni ubicati nei comuni di «collina svantaggiata» elencati in apposito allegato (indicato come allegato 0A), posseduti e condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, viene detratta dall'IMU la somma di 200 euro. In questo elenco sono compresi comuni che, secondo la classificazione ISTAT, non sono considerati come comuni montani o parzialmente montani (dunque non più esenti totalmente, o in specifiche zone del territorio comunale, al pagamento dell'imposta) mentre lo erano secondo la classificazione (ai fini delle esenzioni al pagamento dell'ICI) dettata dalla circolare del Ministero delle Finanze n. 9 del 14 giugno 1993;
    i comuni della Provincia di Roma, precedentemente classificati dalla citata circolare ministeriale come montani o parzialmente montani, ma che secondo l'elenco ISTAT non devono più considerarsi tali, sono stati ricompresi totalmente nell'elenco dell'allegato OA, eccetto i comuni di Ciampino, Santa Marinella e Lariano. Se per i primi due l'esclusione può ritenersi motivata alla luce della bassa altitudine e della conformazione del territorio, di difficile comprensione risulta invece quella del Comune di Lariano;
    quest'ultimo infatti presenta un'altitudine di 350 m s.l.m. (superiore a quella di molti comuni della Provincia di Roma ricompresi nell'allegato 0A, per citarne alcuni i comuni di Lanuvio, Civitavecchia, Valmontone, Formello, Ponzano Romano, Castelnuovo di Porto) essendo ubicato alle pendici della catena dei Monti dell'Artemisio e una conformazione del territorio totalmente collinare;
    le attività agricole che si sviluppano nel comune di Lariano dunque vengono svolte su terreni siti chiaramente in una zona di «collina svantaggiata» e rientrerebbero a ragione nel novero dei comuni per i quali è stata prevista la detrazione. Nel caso contrario si verificherebbe una disparità di trattamento con i comuni limitrofi non giustificata da criteri oggettivi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a correggere l'elenco dell'allegato 0A, di cui all'articolo 1, comma 1-bis del provvedimento in esame, ricomprendendo in esso il comune di Lariano, in modo da applicare la detrazione, nei casi previsti dalla norma citata, anche ai terreni agricoli siti in quel territorio comunale.
9/2915/36Piazzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede a decorrere dall'anno 2015 l'esenzione totale dal pagamento dell'imposta municipale IMU per i terreni agricoli ubicati nei Comuni montani nonché nei parzialmente montani per quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti a dagli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola;
    la classificazione di «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani» è indicata in un apposito elenco predisposto dall'ISTAT stilato su una qualifica di «montanità» ai sensi dell'articolo 1 della legge 25 luglio 1952, n. 991, e congelata a tale data, incurante delle modificazioni normative intervenute a riguardo dalla legislazione successiva;
    la legge 7 aprile 2014 n. 56 recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni», cosiddetta «Legge Delrio», al secondo periodo del comma 3 dell'articolo 1 definisce come Province montane quelle aventi territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, alle quali sono riconosciute specificità;
    nelle suddette Province alcuni Comuni sono però stati classificati, dal predetto elenco ISTAT, diversamente, ad esempio come parzialmente montani, rispetto alla Provincia di appartenenza. Questo ha comportato che con i nuovi criteri di esenzione questi Comuni pagheranno l'IMU, ad esclusione dei coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, dal quale erano invece esclusi fino al periodo di imposta 2013, creando così una ingiustificata disparità di imposizione fiscale tra proprietari di terreni nella stessa provincia montana,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito della propria competenza, le necessarie iniziative al fine di rivedere la qualifica dei suddetti Comuni, e di conseguenza l'elenco elaborato dall'ISTAT, in modo da classificare come totalmente montani tutti i Comuni ricadenti nelle Province di cui al secondo periodo del comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 56 del 2014.
9/2915/37Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il 10 febbraio 2015 è scaduto il termine per il pagamento in un'unica soluzione sia dell'acconto che del saldo per il 2014 dell'IMU sui terreni agricoli secondo i nuovi criteri stabiliti dal decreto-legge in esame;
    il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 28 novembre 2014 di attuazione dell'articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge n.16 del 2012, come modificato dal comma 2 dell'articolo 22 del decreto-legge n. 66 del 2014, individuava nuovi criteri, rispetto a quelli in vigore fino al periodo di imposta 2013, per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli fissando nel 16 dicembre 2014 la data per il versamento complessivo dell'imposta per il 2014;
    la ristrettezza dei tempi e la mutazione dei criteri applicati fino al 2013 ha spinto il Governo a prorogare al 26 gennaio 2015, con il decreto-legge n. 185 del 2014, il termine per il versamento per l'anno 2014. Decreto poi confluito nel comma 692 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità per il 2015);
    successivamente con il decreto-legge n. 4 del 2015 vengono ridefiniti ulteriormente i criteri per l'esenzione e viene fissata una nuova data di scadenza del pagamento dell'imposta, entro il 10 febbraio 2015;
    si rileva che la nuova scadenza del 10 febbraio 2015 è inadeguata in quanto fissare un termine ricadente nei 60 giorni per la conversione del decreto è azzardato perché si può correre il rischio che subentrino delle modifiche ai criteri o addirittura non essere convertito e quindi decadere,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto in esame al fine di prevedere in un prossimo provvedimento misure volte a sospendere il termine del versamento dell'IMU per il 2014 sui terreni agricoli in attesa di una revisione totale che garantisca criteri più equi e che tengano in considerazione la capacità reddituale dei terreni stessi al fine di non gravare ulteriormente sul settore agricolo già fortemente colpito dalla crisi.
9/2915/38Simonetti, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge all'esame vengono ridefiniti ulteriormente i criteri per l'esenzione e viene fissata una nuova data di scadenza del pagamento dell'imposta, entro il 10 febbraio 2015;
    i nuovi criteri presentano non pochi elementi di criticità. I criteri di esenzione, sia quelli individuati dal decreto ministeriale del 28 novembre 2014 che dal decreto-legge in esame, sono basati su di una qualifica di montanità adottata dall'ISTAT sulla base dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952, successivamente abrogato dall'articolo 29 della legge n. 142 del 1990, inoltre, si creano disparità di trattamento tra territori contigui e affini per caratteristiche morfologiche ed economiche nonché discriminazione e concorrenza sleale tra possessori di terreni agricoli in quanto non tengono in considerazione le zone svantaggiate e le loro difficoltà produttive;
    l'IMU sui terreni agricoli è una nuova patrimoniale che si aggiunge alle odiate IMU e TASI, alle tasse sulle case e sui capannoni. È un'imposta che mortifica e svilisce il settore agricolo, gli agricoltori e il loro lavoro, penalizzando quei territori che molto spesso partono già svantaggiati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto in esame al fine di prevedere, in un prossimo provvedimento, l'abolizione totale dell'IMU al fine di non gravare ulteriormente sul settore agricolo già fortemente colpito dalla crisi.
9/2915/39Caparini, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    il TAR del Lazio il 22 dicembre 2014 ha emanato un decreto presidenziale che accoglieva – per irragionevolezza del criterio altimetrico basato sull'altitudine del centro del comune – la domanda di sospensione del decreto ministeriale del 28 novembre 2014 presentata dall'ANCI, Regioni e altri soggetti interessati, fissando, per la trattazione collegiale, la camera di consiglio al 21 gennaio 2015;
    in quella sede veniva deciso di non confermare la sospensiva dell'obbligo di pagamento rinviando al prossimo 17 giugno il giudizio sul merito della controversia;
    il 17 giugno prossimo il TAR del Lazio deciderà inoltre anche su ulteriori ricorsi, presentati in questi giorni ancora dall'ANCI e da molti comuni, che impugnano il decreto-legge all'esame, individuando profili di illegittimità per vari motivi: in primis per la violazione del principio di irretroattività delle norme tributarie, per l'irragionevolezza della violazione dell'articolo 81 della Costituzione che riduce le assegnazioni del fondo di solidarietà comunale, quindi entrate certe, sostituendole con entrare future e incerte e poi per l'inattendibilità e l'irragionevolezza dei criteri individuati per determinare il carattere montano dei Comuni;
    il TAR del Lazio a seguito di questi ulteriori ricorsi ha «ritenuto opportuno, ai fini del decidere, acquisire dall'ISTAT una dettagliata relazione, corredata da eventuale documentazione, sui fatti di causa»;
    va evidenziato, oltretutto, che il 17 giugno è il giorno successivo alla scadenza dell'acconto dell'IMU per il 2015 (16 giugno). Una bocciatura nel merito farebbe cadere anche i pagamenti ritardati del 2014, ai quali il decreto legge in conversione dà tempo fino al 31 marzo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto in esame al fine di posticipare nuovamente, in un prossimo provvedimento, il termine del versamento dell'IMU per il 2014, nonché per il 2015 sui terreni agricoli in attesa della sentenza di merito del TAR del Lazio.
9/2915/40Rondini, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    si prevede al comma 1 lettera b) che i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali ubicati nei comuni parzialmente montani siano esentati dal pagamento dell'imposta. Ancora, che questi se affittano o danno in comodato i loro terreni ad altri imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti avranno ancora l'esenzione;
    non viene previsto però il caso che a voler dare in affitto il proprio terreno sia un agricoltore non professionale. In questo caso questi pagherà l'imposta per intero;
    non esentare i proprietari non professionisti che affittano terreni rischia di far ricadere il costo dell'imposta sul canone di affitto e questo potrebbe ricadere anche sui giovani imprenditori che intendono, per avviare la loro attività, prendere in affitto i terreni,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento misure volte ad esentare dal pagamento dell'imposta anche coloro che posseggono e conducono terreni agricoli siti nei comuni parzialmente montani che non hanno la qualifica professionale di coltivatore diretto o imprenditore agricolo.
9/2915/41Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    si prevede al comma 1 lettera b) che i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali ubicati nei comuni parzialmente montani siano esentati dal pagamento dell'imposta. Ancora, che questi se affittano o danno in comodato i loro terreni ad altri imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti avranno ancora l'esenzione;
    non viene previsto però il caso che a voler dare in affitto il proprio terreno sia un agricoltore non professionale. In questo caso questi pagherà l'imposta per intero;
    non esentare i proprietari non professionisti che affittano terreni rischia di far ricadere il costo dell'imposta sul canone di affitto e questo potrebbe ricadere anche sui giovani imprenditori che intendono, per avviare la loro attività, prendere in affitto i terreni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento misure volte ad esentare dal pagamento dell'imposta anche coloro che posseggono e conducono terreni agricoli siti nei comuni parzialmente montani che non hanno la qualifica professionale di coltivatore diretto o imprenditore agricolo.
9/2915/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Guidesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    nel decreto non è stata presa in considerazione l'esenzione per coloro che hanno i terreni in zone colpite da calamità naturali (alluvioni, terremoti, valanghe) o da avversità atmosferiche (gelo, grandine, ghiaccio, siccità, piogge...) e che quindi si trovano a dover affrontare difficoltà produttive tali da rendere particolarmente onerosa la corresponsione dell'imposta;
    quando si verifica una calamità, il danno spesso non riguarda un solo anno, una sola stagione o un certo periodo di tempo, visto che può accadere che, a seguito di quella calamità, le colture siano completamente danneggiate per qualche anno;
    il principio dettato dall'articolo 53 della Costituzione prevede che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva;
    non prevedere esenzioni per chi ha perso il raccolto e si vede compromesso il bene strumentale per eccellenza, la terra, quindi la sua fonte primaria di guadagno è una iniquità inaccettabile e non viene assicurata la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento misure volte ad esentare dal pagamento dell'imposta i terreni agricoli che sono stati colpiti da calamità naturali o da avversità atmosferiche per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza e/o di calamità naturale che rischiano altrimenti di dover corrispondere l'Imu.
9/2915/42Grimoldi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    nel decreto non è stata presa in considerazione l'esenzione per coloro che hanno i terreni in zone colpite da calamità naturali (alluvioni, terremoti, valanghe) o da avversità atmosferiche (gelo, grandine, ghiaccio, siccità, piogge...) e che quindi si trovano a dover affrontare difficoltà produttive tali da rendere particolarmente onerosa la corresponsione dell'imposta;
    quando si verifica una calamità, il danno spesso non riguarda un solo anno, una sola stagione o un certo periodo di tempo, visto che può accadere che, a seguito di quella calamità, le colture siano completamente danneggiate per qualche anno;
    il principio dettato dall'articolo 53 della Costituzione prevede che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva;
    non prevedere esenzioni per chi ha perso il raccolto e si vede compromesso il bene strumentale per eccellenza, la terra, quindi la sua fonte primaria di guadagno è una iniquità inaccettabile e non viene assicurata la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento misure volte ad esentare dal pagamento dell'imposta i terreni agricoli che sono stati colpiti da calamità naturali o da avversità atmosferiche per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza e/o di calamità naturale che rischiano altrimenti di dover corrispondere l'Imu.
9/2915/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    il comma 5 dell'articolo 1 prevede che coloro i quali effettueranno il pagamento dopo il 10 febbraio ma entro il 31 marzo 2015 non siano soggetti al pagamento delle sanzioni ed interessi per ritardato pagamento;
    disposizione questa indispensabile in quanto in un momento di incertezza della norma come quello attuale – dove si è voluto fissare un termine di scadenza di un'imposta durante i 60 giorni per la conversione del decreto con il rischio che subentrino delle modifiche, come è accaduto, ai criteri o addirittura non essere convertito e quindi decadere, porta nel contribuente un'indecisione sul da farsi. Tanto più che il codice del contribuente all'articolo 10 prevede appunto che «sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria»;
    non solo vanno tutelati coloro che nell'incertezza della norma decidono di non versare l'imposta in attesa di una disposizione ben definita, ma anche coloro che nel susseguirsi di scadenze prorogate e criteri modificati in corso d'opera, abbiamo per un mero errore di calcolo effettuato pagamenti in misura inferiore a quanto dovuto e che vogliano volontariamente mettersi in regola,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto in esame al fine di inserire in un prossimo provvedimento misure volte a prevedere che non siano soggetti a sanzioni coloro i quali hanno già effettuato il versamento ma hanno corrisposto un importo inferiore al dovuto per un mero errore di calcolo e che intendono provvedere volontariamente a regolarizzare l'importo.
9/2915/43Molteni, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    l'articolo 1-bis del decreto differisce dal 31 dicembre 2014 fino al 15 dicembre 2015 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti fiscali, contributivi e assicurativi obbligatori per i datori di lavoro privati e per i lavoratori autonomi operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento misure volte ad esentare dal pagamento dell'IMU e della TASI per gli anni 2015 e 2016 i territori di cui sia stato dichiarato lo stato di calamità naturale o di emergenza a livello nazionale ai sensi del comma 1, lettera c) dell'articolo 2, della legge n. 225 del 1992, in considerazione degli eventi meteorologici e calamitosi che hanno colpito alcune province dell'Emilia Romagna nel 2012, nel 2013, nel 2014 e nel 2015.
9/2915/44Gianluca Pini, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    l'articolo 1-bis del decreto differisce dal 31 dicembre 2014 fino al 15 dicembre 2015 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti fiscali, contributivi e assicurativi obbligatori per i datori di lavoro privati e per i lavoratori autonomi operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa;
    le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento misure volte ad istituire una zona franca urbana nei territori per i quali è stato dichiarato lo stato di calamità naturale o di emergenza a livello nazionale ai sensi del comma 1, lettera c) dell'articolo 2, della legge n. 225 del 1992 ovvero nelle zone terremotate ed alluvionate dell'Emilia Romagna, a fronte dei danni subiti in seguito agli eventi alluvionali nel 2014, al fine di promuovere la ripresa economica di questo territorio grazie a condizioni fiscali di vantaggio.
9/2915/45Invernizzi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    il comma 5-bis dell'articolo 1 dispone che i contribuenti che hanno effettuato versamenti dell'IMU relativamente ai terreni che risultavano imponibili sulla base del precedente sistema, e che per effetto delle disposizioni di cui all'articolo in esame sono esenti, hanno diritto al rimborso,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento misure volte a prevedere che il rimborso previsto dal comma 5-bis del presente decreto avvenga entro e non oltre 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto al fine di dare certezza ai contribuenti.
9/2915/46Fedriga, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    nel decreto è prevista una detrazione di 200 euro per la cosiddetta «collina svantaggiata» ovvero quei comuni che sono ubicati in un'area compresa nei Comuni di pianura e quindi totalmente privi di esenzione;
    esistono difficoltà sia per chi opera ad altitudini di un certo livello, sia per chi opera sotto il livello del mare, come in alcune aree molto vaste della pianura padana, dove ci sono aree marginali, aree considerate svantaggiate e dove il reddito, pur trovandosi al di sotto del livello del mare, è molto più basso che in altre realtà di molte centinaia di metri sopra il livello del mare;
    le Regioni conosco meglio di qualunque metodo che possa applicare l'ISTAT il proprio territorio, quindi sarebbe opportuno che queste intervengano nell'identificare chi sia passivo di imposta e chi no,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento misure volte affinché i criteri di esenzione dall'IMU sui terreni agricoli siano rivisti dalle Regioni alle quali venga delegato il compito di individuare le aree territoriali da assoggettare o meno al pagamento dell'imposta IMU, tenendo conto anche dell'eventuale esistenza di zone svantaggiate.
9/2915/47Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    nel decreto è prevista una detrazione di 200 euro per la cosiddetta «collina svantaggiata» ovvero quei comuni che sono ubicati in un'area compresa nei Comuni di pianura e quindi totalmente privi di esenzione;
    esistono difficoltà sia per chi opera ad altitudini di un certo livello, sia per chi opera sotto il livello del mare, come in alcune aree molto vaste della pianura padana, dove ci sono aree marginali, aree considerate svantaggiate e dove il reddito, pur trovandosi al di sotto del livello del mare, è molto più basso che in altre realtà di molte centinaia di metri sopra il livello del mare;
    le Regioni conosco meglio di qualunque metodo che possa applicare l'ISTAT il proprio territorio, quindi sarebbe opportuno che queste intervengano nell'identificare chi sia passivo di imposta e chi no,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento misure volte affinché i criteri di esenzione dall'IMU sui terreni agricoli siano rivisti dalla Conferenza Stato-Città a cui venga delegato il compito di individuare le aree territoriali da assoggettare o meno al pagamento dell'imposta IMU, tenendo conto anche dell'eventuale esistenza di zone svantaggiate.
9/2915/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il Comune di Valsamoggia deriva dalla fusione dei Comuni di Bazzano, Crespellano, Castello di Serravalle, Monteveglio e Savigno in forza della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 1 del 2013 che all'articolo 4 (norme di salvaguardia) prevede: «L'istituzione del Comune di Valsamoggia non priva i territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. Ai fini dell'attuazione della legge regionale dell'Emilia-Romagna 20 gennaio 2004, n. 2 (Legge per la montagna) e in parziale deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 5 della suddetta legge, il Comune di Valsamoggia è definito montano limitatamente ai suoi territori individuati come zone montane dalla Giunta regionale con la propria deliberazione n. 1734 del 2004, attuativa della legge regionale n. 2 del 2004, e accede ai benefici di legge in relazione alla popolazione e alla superficie dei suddetti territori;
    anche la legge Delrio n. 56 del 2014 al comma 128 prevede espressamente che l'istituzione del nuovo comune non priva i territori dei comuni estinti dei benefici che a essi si riferiscono, stabiliti a loro favore dall'Unione europea e dalle leggi Statali;
    in ordine al pagamento dell'IMU sui terreni agricoli la situazione pregressa era la seguente:
    Savigno: territorio totalmente esentato;
    Castello di Serravalle: territorio totalmente esentato;
    Monteveglio: 94 per cento territorio esentato;
    il provvedimento in esame penalizza i proprietari di terreni dati in affitto a coltivatori diretti siti nei comuni precedentemente esentati in quanto montati o parzialmente delimitati (come Monteveglio, al 94 per cento del suo territorio considerato montano) in quanto, per effetto della fusione, il Comune di Valsamoggia è stato classificato «parzialmente montano» mentre questi ultimi sarebbero stati classificati totalmente montani;
    all'avvio del percorso di fusione dei comuni, si è sempre garantito a queste comunità che non avrebbero perso i diritti intrinsechi al loro essere zone montane, dal regime fiscale alla zonizzazione dei GAL,

impegna il Governo

a chiarire che i comuni nati da fusione, ai quali si applicano le leggi sopra citate, mantengono il diritto previgente all'esenzione dell'IMU agricola sui territori degli ex comuni montani già titolari dei suddetti benefici in quanto riconosciuti totalmente esenti o nella percentuale esentata; per quanto attiene al Comune di Valsamoggia si riconoscono i benefici già riconosciuti agli ex Comuni di Savigno, Castello di Serravalle e Monteveglio.
9/2915/48Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU si rileva che l'articolo 1, comma 1, del decreto in esame dispone che a decorrere dall'anno 2015 l'esenzione dall'imposta municipale propria, in determinati territori della Penisola per terreni agricoli coltivati e per quelli non coltivati;
    la nuova previsione normativa ripropone una disparità di trattamento difficilmente giustificabili tra terreni coltivati e non in quanto la questione è già stata oggetto nel passato di dubbi interpretativi mai risolti;
    in particolare, il MIE, nella risposta fornita all'atto di sindacato ispettivo n. 5-8397 in data 19 dicembre 2012, dopo aver evidenziato che l'esenzione IMU per i terreni montani e di collina è prevista, ai sensi della citata lettera h) del comma 1 dell'articolo 7, per quelli agricoli, ha precisato che: «I terreni incolti ricadenti nelle aree montane e di collina, in base ad un'interpretazione strettamente letterale della normativa, non potrebbero rientrare nella disposizione di esenzione, in quanto sfuggono alla definizione di “terreno agricolo”. Tuttavia la lettura sistematica delle disposizioni induce ad affermare che, nell'ambito dell'applicazione dell'esenzione, devono rientrare anche i terreni incolti aventi le caratteristiche di cui all'articolo 7, lettera h). A conferma di ciò, nel decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 30 ottobre 2012, recante l'approvazione del modello di dichiarazione IMU vengono richiamate le fattispecie di esenzione e, tra queste, viene fatto, in generale, riferimento ai terreni “ricadenti nelle aree montane e di collina” e non più ai soli terreni agricoli, manifestando in tal modo l'intento di escludere dall'assoggettamento al tributo anche i terreni cosiddetti incolti». Di fatto, dunque, secondo il MEF i terreni incolti siti in zone montane o di collina sono esenti IMU;
    di diverso avviso è invece la nota dell'Ifel del 3 gennaio 2013 dove si legge che: «I documenti prodotti dal Mef con riferimento alla materia trattata (in sostanza, la Circolare n. 3 del 2012 e le istruzioni al modello di dichiarazione IMU di cui al decreto ministeriale 30 ottobre 2012) si prestano a qualche ambiguità di interpretazione circa l'effettiva imponibilità di tale fattispecie residuale. In particolare, le istruzioni alla dichiarazione non fanno alcuna differenziazione tra terreno agricolo e terreno cosiddetto “incolto”, ingenerando la falsa impressione che i proprietari di tali immobili non siano soggetti alla dichiarazione e, al limite, neanche al pagamento dell'IMU. È probabile che la radice di questa ambiguità vada ricercata nell'assenza nello stesso testo della legge, di un'espressa definizione della base imponibile dei terreni “incolti”. Infatti, l'unico riferimento si ha indirettamente quando viene prevista l'agevolazione, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, di utilizzare il moltiplicatore ridotto 110, invece di quello ordinario 135, non solo per i terreni agricoli posseduti e condotti direttamente, ma anche per quelli “non coltivati”, eventualmente posseduti dai medesimi soggetti (comma 5, articolo 13, del decreto-legge n. 201 del 2011). Ciò può portare all'erronea conclusione che vi sia una sostanziale identificazione tra i terreni agricoli e i terreni incolti sotto il profilo generale del regime di imposizione applicabile. Tale identificazione appare, peraltro, irrilevante quando entrambi sono soggetti Imu, mentre comporta non pochi problemi e rischi quando i terreni incolti sono ubicati in terreni montani o semimontani, nei quali è prevista l'esenzione per i terreni agricoli»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti, anche di natura normativa, volti a chiarire l'impostazione relativa all'imponibilità dei c.d. terreni incolti anche nel caso in cui operino dispositivi di agevolazione ed esenzione anche alla luce dell'articolo 14 delle Disposizioni Preliminari al Codice civile, secondo cui le norme tributarie di esenzione o di agevolazione debbono considerarsi eccezionali e l'interpretazione di esse deve essere rigorosamente ancorata alla legge ed escludere il procedimento analogico.
9/2915/49Di Lello, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 25 luglio 1952, n. 991, (cd. «legge Fanfani»), recante provvedimenti in favore dei territori montani, all'articolo 1 definiva territori montani i Comuni censuari situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro, censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito agrario, maggiorati di un determinato coefficiente, non superasse un importo fissato;
    non essendo ancora state istituite le Regioni, il medesimo articolo assegnava ad un organismo statale, la Commissione censuaria centrale, il compito di compilare e tenere aggiornato l'elenco nel quale d'ufficio, o su richiesta dei comuni interessati, erano inclusi i terreni montani;
    la Commissione censuaria centrale classificò i territori essenzialmente su due parametri: uno altimetrico e l'altro economico legato al reddito imponibile medio per ettaro; l'esigenza di risollevare l'economia agricola portò il legislatore del tempo a prevedere la possibilità per la Commissione censuaria centrale di includere nell'elenco i comuni o le porzioni di comune, a prescindere dall'altitudine, che, a parità di condizioni economico-agrarie, erano già classificati montani al catasto agrario e quelli riconosciuti per il loro intero territorio, danneggiati da eventi bellici;
    l'articolo 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142, congelò la cosiddetta «montagna legale» sopra descritta abrogando il citato articolo 1 che definiva appunto soggetti, requisiti, e procedure per la classificazione dei territori montani e aprendo di fatto un vuoto normativo;
    per effetto della suddetta abrogazione, è stato soppresso lo strumento giuridico, ovvero la Commissione censuaria operante presso il Ministero delle Finanze, che consentiva il periodico aggiornamento della classificazione dei comuni per grado di montanità;
    il decreto-legge n. 66 del 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014 ha stabilito che venissero individuati i Comuni montani nel cui territorio i terreni agricoli fossero da considerare esenti a fini IMU, in ragione sia dell'elenco ISTAT sia dei soggetti che li detengono (coltivatori diretti o imprenditori agricoli professioni iscritti alla previdenza agricola);
    il decreto ministeriale del 28 novembre 2014 ha quindi ribadito i criteri di determinazione dell'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli, così come ridefiniti dal citato decreto-legge n. 66 del 2014, stabilendo che il pagamento avvenisse entro il 16 dicembre 2014; detto termine è stato prorogato dal comma 692 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015) per cui il pagamento è stato fissato al 26 gennaio 2015;
    a seguito di diverse problematiche emerse sulla corretta applicazione dell'IMU sui cd. terreni montani è stato emanato, lo scorso 24 gennaio, il presente provvedimento in via di approvazione recante «misure urgenti in materia di esenzione IMU»;
    per effetto delle nuove disposizioni i terreni considerati «montani» dall'ISTAT diventano tali anche per l'amministrazione finanziaria, ed escono dall'ambito di applicazione dell'IMU;
    dalla lettura di tale elenco e della relativa classificazione, i Comuni risultano incomprensibilmente classificati, essendo negli ultimi settant'anni cambiata l'economia, le colture e le destinazioni d'uso degli stessi, determinandosi conseguenzialmente un diverso valore reddituale e della base imponibile;
    molti Comuni italiani, ed anche l'Anci-Lazio, contestando la classificazione operata dall'ISTAT – sulla base della quale dipende l'esenzione dall'imposta – sotto molteplici profili sia di illegittimità ed irrazionalità, sia di inefficacia, hanno avanzato ricorso legale contro gli atti prodotti dal Governo;
    in particolare vi è una disparità di trattamento fiscale tra aziende che, pur ritrovandosi nello stesso territorio e perfino confinanti, hanno un trattamento diverso perché ricadenti formalmente in territori comunali differenti secondo la suddetta classificazione ISTAT;
    l'agricoltura è una grande risorsa per tutto il nostro Paese e il pagamento della suddetta imposta, basata su valori catastali superati e enormemente più alti rispetto alla capacità reddituale dell'attività agricola odierna, rischia di danneggiare l'intero settore;
    il Governo si è dichiarato favorevole ad incentivare l'economia agricola, considerando il settore strategico per lo sviluppo e l'occupazione nazionale, anche attraverso l'alleggerimento del carico fiscale alle aziende agricole, alle imprese agricole e al lavoro agricolo;
    risulta quanto mai urgente provvedere ad una riforma complessiva del Catasto Terreni al fine di rappresentare, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, il reale valore dei fondi basato su criteri certi che facciano emergere la vera capacità reddituale ed il relativo valore commerciale degli stessi,

impegna il Governo:

   modificare i criteri di individuazione dei comuni a classificazione montana tenendo conto non solo dell'altitudine, ma anche degli aspetti connessi alla redditività aggiornata delle colture tipiche, al rischio idrogeologico, agli aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali, alla omogeneità dei territori al fine di eliminare ogni forma di iniquità fra Comuni limitrofi aventi pari caratteristiche;
   a provvedere, in tempi brevi, ad avviare la riforma del catasto terreni, aggiornando i valori catastali, anche tenendo conto dei dati ambientali e territoriali nonché della prescrizione e sostenibilità, al fine di attribuire il reale valore delle colture, parametrandoli alla redditività attuale dei fondi, superando così le iniquità e le diseguaglianze tra aree omogenee di Comuni limitrofi.
9/2915/50Ribaudo, Culotta, Ventricelli, Moscatt.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 25 luglio 1952, n. 991, (cd. «legge Fanfani»), recante provvedimenti in favore dei territori montani, all'articolo 1 definiva territori montani i Comuni censuari situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro, censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito agrario, maggiorati di un determinato coefficiente, non superasse un importo fissato;
    non essendo ancora state istituite le Regioni, il medesimo articolo assegnava ad un organismo statale, la Commissione censuaria centrale, il compito di compilare e tenere aggiornato l'elenco nel quale d'ufficio, o su richiesta dei comuni interessati, erano inclusi i terreni montani;
    la Commissione censuaria centrale classificò i territori essenzialmente su due parametri: uno altimetrico e l'altro economico legato al reddito imponibile medio per ettaro; l'esigenza di risollevare l'economia agricola portò il legislatore del tempo a prevedere la possibilità per la Commissione censuaria centrale di includere nell'elenco i comuni o le porzioni di comune, a prescindere dall'altitudine, che, a parità di condizioni economico-agrarie, erano già classificati montani al catasto agrario e quelli riconosciuti per il loro intero territorio, danneggiati da eventi bellici;
    l'articolo 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142, congelò la cosiddetta «montagna legale» sopra descritta abrogando il citato articolo 1 che definiva appunto soggetti, requisiti, e procedure per la classificazione dei territori montani e aprendo di fatto un vuoto normativo;
    per effetto della suddetta abrogazione, è stato soppresso lo strumento giuridico, ovvero la Commissione censuaria operante presso il Ministero delle Finanze, che consentiva il periodico aggiornamento della classificazione dei comuni per grado di montanità;
    il decreto-legge n. 66 del 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014 ha stabilito che venissero individuati i Comuni montani nel cui territorio i terreni agricoli fossero da considerare esenti a fini IMU, in ragione sia dell'elenco ISTAT sia dei soggetti che li detengono (coltivatori diretti o imprenditori agricoli professioni iscritti alla previdenza agricola);
    il decreto ministeriale del 28 novembre 2014 ha quindi ribadito i criteri di determinazione dell'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli, così come ridefiniti dal citato decreto-legge n. 66 del 2014, stabilendo che il pagamento avvenisse entro il 16 dicembre 2014; detto termine è stato prorogato dal comma 692 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015) per cui il pagamento è stato fissato al 26 gennaio 2015;
    a seguito di diverse problematiche emerse sulla corretta applicazione dell'IMU sui cd. terreni montani è stato emanato, lo scorso 24 gennaio, il presente provvedimento in via di approvazione recante «misure urgenti in materia di esenzione IMU»;
    per effetto delle nuove disposizioni i terreni considerati «montani» dall'ISTAT diventano tali anche per l'amministrazione finanziaria, ed escono dall'ambito di applicazione dell'IMU;
    dalla lettura di tale elenco e della relativa classificazione, i Comuni risultano incomprensibilmente classificati, essendo negli ultimi settant'anni cambiata l'economia, le colture e le destinazioni d'uso degli stessi, determinandosi conseguenzialmente un diverso valore reddituale e della base imponibile;
    molti Comuni italiani, ed anche l'Anci-Lazio, contestando la classificazione operata dall'ISTAT – sulla base della quale dipende l'esenzione dall'imposta – sotto molteplici profili sia di illegittimità ed irrazionalità, sia di inefficacia, hanno avanzato ricorso legale contro gli atti prodotti dal Governo;
    in particolare vi è una disparità di trattamento fiscale tra aziende che, pur ritrovandosi nello stesso territorio e perfino confinanti, hanno un trattamento diverso perché ricadenti formalmente in territori comunali differenti secondo la suddetta classificazione ISTAT;
    l'agricoltura è una grande risorsa per tutto il nostro Paese e il pagamento della suddetta imposta, basata su valori catastali superati e enormemente più alti rispetto alla capacità reddituale dell'attività agricola odierna, rischia di danneggiare l'intero settore;
    il Governo si è dichiarato favorevole ad incentivare l'economia agricola, considerando il settore strategico per lo sviluppo e l'occupazione nazionale, anche attraverso l'alleggerimento del carico fiscale alle aziende agricole, alle imprese agricole e al lavoro agricolo;
    risulta quanto mai urgente provvedere ad una riforma complessiva del Catasto Terreni al fine di rappresentare, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, il reale valore dei fondi basato su criteri certi che facciano emergere la vera capacità reddituale ed il relativo valore commerciale degli stessi,

impegna il Governo

  a valutare l'opportunità di:
   modificare i criteri di individuazione dei comuni a classificazione montana tenendo conto non solo dell'altitudine, ma anche degli aspetti connessi alla redditività aggiornata delle colture tipiche, al rischio idrogeologico, agli aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali, alla omogeneità dei territori al fine di eliminare ogni forma di iniquità fra Comuni limitrofi aventi pari caratteristiche;
   provvedere, in tempi brevi, ad avviare la riforma del catasto terreni, aggiornando i valori catastali, anche tenendo conto dei dati ambientali e territoriali nonché della prescrizione e sostenibilità, al fine di attribuire il reale valore delle colture, parametrandoli alla redditività attuale dei fondi, superando così le iniquità e le diseguaglianze tra aree omogenee di Comuni limitrofi.
9/2915/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Ribaudo, Culotta, Ventricelli, Moscatt.


   La Camera
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame individua i terreni agricoli che, a decorrere dal 2015, rientrano nel beneficio della esenzione IMU di cui di cui all'articolo 7, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Si tratta, in particolare, di:
     a) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nei comuni totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica;
     b) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nelle isole minori;
     c) terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola ubicati nei comuni parzialmente montani ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT; tale esenzione trova applicazione anche nel caso di concessione dei terreni a imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti iscritti nella previdenza agricola;
    inoltre, il comma 1-bis dispone, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del provvedimento, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge n. 201/2011;
    i criteri di esenzione si applicano anche all'anno 2014; tuttavia, per tale anno, l'IMU non è comunque dovuta se i terreni, che risultano imponibili ai sensi del nuovo sistema, sono invece esenti in virtù del pregresso sistema di cui al decreto ministeriale 28 novembre 2014 emanato in attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 22 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.89;
    i nuovi criteri di esenzione, per quanto preferibili rispetto a quelli recati dal citato decreto ministeriale, non tengono tuttavia conto di fattori rilevanti quali il rischio idrogeologico e la redditività dei fondi agricoli;
    inoltre, le sperequazioni territoriali nell'applicazione dell'imposta risentono della complessità e della disomogeneità delle modalità di calcolo della base imponibile;
   considerato che:
    a compensazione della detrazione di euro 200, il comma 9-bis, con decorrenza dal 2015, attribuisce ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della regione siciliana e della regione Sardegna un contributo pari a 15,35 milioni di euro;
    sulla base dello stesso comma 9-bis, per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, la compensazione del minor gettito derivante dalla detrazione di cui al comma 1-bis avviene attraverso un minor accantonamento per l'importo di 0,15 milioni di euro a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali;
    appare dubbia la congruenza tra il minore gettito derivante dalla detrazione di cui al comma 1-bis e l'ammontare delle risorse stanziate a copertura della detrazione stessa;
    a seguito della revisione operata dal decreto all'esame, si dispone una complessiva riduzione dei tagli imposti ai comuni a valere sul fondo di solidarietà comunale, quantificati in circa 269 milioni di euro per il 2015 e 230 milioni di euro per il 2014;
    permangono, tuttavia, rilevanti perplessità sulla possibile sovrastima delle entrate comunali, di cui ad oggi non si conosce la metodologia di calcolo, e all'effettivo conseguimento da parte degli enti locali del gettito stimato, in assenza del quale si determinerebbero pesanti ripercussioni sui bilanci comunali;
    in particolare, i dati sono molto incerti in quanto dipendono non solo dalla consistenza complessiva della base imponibile di ciascun comune, ma anche dalle caratteristiche soggettive del possessore e dell'utilizzatore (i coltivatori professionali sono agevolati nella fascia intermedia), nonché dalla dimensione delle proprietà immobiliari (la legge prevede consistenti abbattimenti per i primi scaglioni di valore imponibile nel caso dei possessori coltivatori professionali);
    la procedura di verifica del gettito di cui all'articolo 1, comma 9-quinquies, non assicura un effettivo ristoro dell'intero comparto comunale, ma si limita, fermo restando l'ammontare complessivo dei tagli, ad una migliore distribuzione degli stessi tra i comuni,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di estendere i criteri di esenzione, tenendo in considerazione il criterio della effettiva redditività dei terreni, al fine di salvaguardare le zone svantaggiate, quelle a rischio idrogeologico e le differenti colture;
   a procedere a una revisione delle modalità di calcolo delle basi imponibili affinché siano quanto più possibili chiare, coerenti ed omogenee su tutto il territorio nazionale, estendendo anche al catasto dei terreni l'operazione di aggiornamento e di riforma in corso sul catasto dei fabbricati;
   a prevedere lo stanziamento di maggiori ed ulteriori risorse da destinare alla compensazione dell'eventuale minor gettito per l'intero comparto comunale;
   a ricondurre l'intera disciplina dell'IMU agricola nell'ambito generale della programmata riforma della fiscalità locale, in un'ottica di maggiore semplificazione, certezza e trasparenza della materia.
9/2915/51Fragomeli, Capozzolo, Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2915, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015 n.4, reca misure urgenti in materia di esenzione IMU;
    l'articolo i interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU; in particolare si prevede che a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT (lett. a)), nei Comuni delle isole minori (lettera a-bis) e a quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT (lett. b));
    i criteri di esenzione in vigore fino al periodo di imposta 2013 – sulla base della circolare del MEF n. 9 del 1993 – includevano 6.103 comuni; con il decreto-legge in esame il numero dei comuni esenti – tra esenzione totale, esenzione parziale e franchigia – raggiunge la cifra di circa 5.500, quasi il 10 per cento in meno rispetto al 2013;
   considerato che:
    numerosi atti parlamentari hanno sollecitato una revisione dei criteri di esenzione, l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio-economica e ambientale e della redditività dei terreni;
    il parere espresso dalla XIII Commissione sul provvedimento in esame, nella parte relativa alle osservazioni, indica al Governo la possibilità di riconsiderare i criteri di esenzione dall'IMU introdotti dal provvedimento per estenderne l'applicabilità, tra l'altro, anche alle aree SIC e alle Aree Protette;
    la legge 77/2006 «Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell'UNESCO “, all'articolo 1, afferma che” i “siti italiani UNESCO”, sono, per la loro unicità, punte di eccellenza del patrimonio culturale, paesaggistico e naturale italiano e della sua rappresentazione a livello internazionale»;
    i terreni agricoli ricadenti in tali siti, in particolare quelli ad alta valenza paesaggistica e rurale, dovrebbero essere compresi – in virtù della loro eccellenza – tra le aree oggetto di esenzione o di significativa franchigia relativamente all'imposizione fiscale sui terreni agricoli,

impegna il Governo

a verificare l'applicazione delle esenzioni introdotte dal provvedimento in esame, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli e valutando la possibilità di considerare tra le aree oggetto di esenzione o di significativa franchigia anche i terreni agricoli ad alta valenza paesaggistica e rurale ricadenti nelle aree dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell'UNESCO.
9/2915/52Lavagno, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2915, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015 n. 4, reca misure urgenti in materia di esenzione IMU;
    l'articolo 1 interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani, prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014;
    in particolare si prevede che a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT (lettera a), nei Comuni delle isole minori (lettera a-bis) e a quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT (lettera b);
    il comma 1-bis dell'articolo 1, estende l'ambito delle esenzioni, disponendo una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta, per i terreni definiti di collina svantaggiata posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del provvedimento;
    l'esenzione di cui alla citata lettera b) del comma 1 e la detrazione IMU contenuta nel comma 1-bis, si applicano anche ai terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, nel caso in cui i medesimi terreni siano concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali (comma 2);
  considerato che:
   il parere espresso dalla XIII Commissione sul provvedimento in esame, nella parte relativa alle osservazioni, indica al Governo la possibilità di riconsiderare i criteri di esenzione dall'IMU introdotti dal provvedimento per estenderne l'applicabilità anche ai terreni che si trovano in zone svantaggiate non ricomprese tra i comuni montani e parzialmente montani;
    in particolare si rileva che risultano incisi dall'imposta anche i piccoli proprietari non agricoltori, i cui terreni non sono ricompresi nelle zone esenti, solitamente persone con pensioni minime o a basso reddito che coltivano il proprio terreno per autoconsumo familiare, tenendo in ordine la campagna e svolgendo funzioni di presidio territoriale;
    la nuova classificazione esclude dall'esenzione e dalla detrazione, anche i terreni agricoli incolti o abbandonati che potrebbero essere concessi in comodato o in affitto a giovani interessati ad entrare nel settore agricolo e che potrebbero dare un contributo essenziale al recupero di intere aree anche nell'ottica della crescita dell'agricoltura contadina e familiare,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di estendere l'esenzione e la detrazione IMU:
    ai piccoli proprietari non agricoltori con pensioni minime o a basso reddito che coltivano piccoli appezzamenti per autoconsumo familiare, indipendentemente dalla zone dove tali appezzamenti sono ubicati;
    ai terreni agricoli incolti o abbandonati quando tali terreni siano oggetto di recupero per agevolare l'ingresso dei giovani in agricoltura.
9/2915/53Antezza, Oliverio, Carra, Cenni, Terrosi, Schirò, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2915, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015 n.4, reca misure urgenti in materia di esenzione IMU;
    l'articolo i interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU; in particolare si prevede che a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT (lettera a), nei Comuni delle isole minori (lettera a-bis) e a quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT (lettera b);
    i criteri di esenzione in vigore fino al periodo di imposta 2013 – sulla base della circolare del MEF n. 9 del 1993 – includevano 6.103 comuni; con il decreto-legge in esame il numero dei comuni esenti – tra esenzione totale, esenzione parziale e franchigia – raggiunge la cifra di circa 5.500, quasi il 10 per cento in meno rispetto al 2013;
    numerosi atti parlamentari hanno sollecitato una revisione dei criteri di esenzione, l'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio-economica e ambientale e della redditività dei terreni;
    il parere approvato dalla XIII Commissione chiede al Governo di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli, in modo da aver riguardo: alle reali condizioni socio-economiche ed agrarie; alle caratteristiche orografiche del suolo; al rischio idrogeologico dei territori ed alla loro redditività, assicurando la coerenza della misura dell'imposta con la capacità contributiva dei medesimi terreni;
    nel medesimo parere si chiede al governo la possibilità di introdurre la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi e la rateizzazione dei pagamenti dopo la sospensione, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa di gravi fitopatie che compromettono colture agricole e terreni, per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei Ministri che ne riconosca lo stato di calamità; le medesime misure e condizioni sono chieste per i coltivatori e le imprese agricole colpite da gravi eventi atmosferici per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
   considerato che:
    in Sicilia, nell'arco del 2014, il settore primario ha subito le conseguenze di un andamento climatico sfavorevole che ha determinato l'insorgenza di alcune fitopatie dagli effetti devastanti;
    la peronospora ha quasi dimezzato la produzione di vino, specialmente nel distretto produttivo della Sicilia occidentale; la mosca dell'olivo ha invece più che dimezzato la produzione di olio in quasi tutte le principali zone di produzione con picchi nel messinese, nel trapanese e nel catanese;
    per altre produzioni i danni sono stati provocati dalle calamità naturali di fine anno. Oltre alla perdita della produzione, le grandinate e le bufere di neve hanno messo al tappeto diverse decine di strutture produttive della provincia di Catania, Siracusa e Ragusa (serre, tunnel e vivai) con una stima delle perdite che supera i 300 milioni di euro;
    l'agrumicoltura, fiore all'occhiello dell'agricoltura siciliana, ha poi dovuto fare i conti con i problemi conseguenti alle sanzioni commerciali europee nei confronti della Russia. Nel nostro paese sono arrivate le produzioni comunitarie ed extracomunitarie destinate al mercato russo, alcune peraltro trattate con sostanze vietate in Italia, con conseguente crollo dei prezzi delle produzioni locali;
    è poi particolarmente allarmante per la Sicilia il quadro derivante dal raffronto tra i comuni i cui terreni erano esenti dal pagamento ICI rispetto a quelli esenti ora dall'IMU: su un totale regionale di 391 comuni si passa da 302 comuni che erano esenti dall'ICI a 86 esenti dall'IMU,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito di una necessaria revisione dei criteri di esenzione dall'IMU, l'esenzione o una consistente franchigia per quei terreni, come quelli della Regione Siciliana, colpiti da un significativo calo della redditività a causa di gravi fitopatie che compromettono le colture agricole, dalla perdita di intere produzioni e dalla distruzione di decine di strutture produttive in seguito a gravi eventi atmosferici e per i produttori danneggiati dal crollo dei prezzi delle produzioni locali conseguenti alle sanzioni commerciali europee nei confronti della Russia.
9/2915/54Albanella, Zappulla, Amoddio, Burtone, Iacono, Culotta.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, all'articolo 10, comma 8, ha esteso al 31 dicembre 2014 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti di cui all'articolo 23, comma 12-octies, del decreto- legge n. 95 del 2012, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa nel territorio del Comune di Lampedusa e Linosa;
    con le norme non viene, però, disciplinata la ripresa degli adempimenti e dei versamenti dei contributi e dei tributi non eseguiti per effetto della prevista sospensione;
    tali adempimenti, che il Governo a suo tempo aveva sospeso, oggi li ripropone con l'aggiunta di sanzioni e interessi, che se tecnicamente trova una sua ragione della pratica risulta essere davvero assurdo;
    con il decreto-legge 24 gennaio 2015 il Governo ha prorogato i pagamenti dei contributi al 2015, non intervenendo sui contributi;
    in queste ore L'INPS sta richiedendo il pagamento degli contributi arretrati;
    i cittadini di Lampedusa sarebbero costretti a pagare in un'unica soluzione somme esose ed a dir poco improponibili;
    a causa di questa situazione imploderebbe l'economia dell'isola;
    Lampedusa ed i lampedusani in questo momento stanno affrontando una nuova, enorme ed insostenibile emergenza legata al fenomeno migratorio, che di per se, oltre a creare problemi di sicurezza, ha messo in ginocchio l'economia attuale e di fatto, stanti così le cose, impedisce la programmazione turistica futura;
    si ha la convinzione che questo Governo, anche in virtù dell'ultimo provvedimento fatto, sia realmente e concretamente sensibile alla crisi che sta vivendo l'isola e abbia la volontà di non abbandonarla ad un destino infausto,

impegna il Governo

a intervenire in tempi brevi a prorogare al 2015, così come per i tributi, il pagamento dei contributi sospesi del Comune di Lampedusa e Linosa.
9/2915/55Moscatt.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, approvato dal Senato, modifica i criteri di esenzione dal versamento dell'IMU agricola andando a costituire l'ultimo degli interventi che recentemente si sono susseguiti in tale materia;
    nello specifico, l'articolo 1 del provvedimento in esame interviene sull'ambito di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli montani e parzialmente montani, così come previsto dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (sul riordino della finanza degli enti territoriali);
    il comma 1, dell'articolo 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, stabilisce che a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT; ai terreni agricoli nonché a quelli incolti, ubicati nei Comuni delle isole minori; ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT;
    l'Unione europea sostiene le politiche volte al rafforzamento della coesione economica e sociale, attraverso la riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni;
    il regolamento del Consiglio europeo n. 1260 del 21 giugno 1999, all'articolo 1 prevede che i Fondi strutturali, la BEI e gli altri strumenti finanziari esistenti contribuiscono, ciascuno in maniera appropriata, al conseguimento di tre obiettivi prioritari e che il primo riguarda la promozione dello sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo;
    la nuova programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 classifica le Regioni dell'Unione europea in: regioni meno sviluppate, regione in transizione e regioni più sviluppate;
    le Regioni meno sviluppate sono quelle il cui PIL pro capite è inferiore al 75 per cento della media del PIL dell'UE-27 e il sostegno a tali Regioni rimarrà una priorità fondamentale anche nella futura programmazione al fine di ridurne il ritardo di sviluppo. In questa categoria rientrano Campania, Sicilia, Basilicata, Calabria e Puglia. Le Regioni in transizione sono quelle il cui PIL pro capite è compreso tra il 75 per cento e il 90 per cento della media del PIL dell'UE-27 in cui rientrano Abruzzo, Molise e Sardegna. Infine, le Regioni più sviluppate sono quelle il cui PIL pro capite è superiore al 90 per cento della media del PIL dell'UE-27,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente, anche attraverso l'esercizio della delega in materia fiscale prevista dalla legge n. 23 del 2014, gli opportuni provvedimenti al fine di estendere l'esenzione dell'imposta municipale propria (IMU) anche per i terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola e ubicati nelle aree territoriali che, in conformità alla direttiva CE n. 1260/1999, presentano ritardi nello sviluppo e comunque in tutte le aree territoriali con tasso di disoccupazione superiore al 10 per cento.
9/2915/56Latronico, Palese.


   La Camera,
   nell'ambito dell'esame del disegno di legge n. 2915, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 4 del 2015, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU e proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale;

   rilevata la profonda condizione di difficoltà nella quale si trovano molti agricoltori operanti in aree colpite da fenomeni epidemici che interessano le coltivazioni;

   evidenziato che il settore olivicolo di Puglia, Umbria e Toscana versa in una grave situazione, essendo colpito dal batterio patogeno Xylella fastidiosa, il quale da alcuni anni attacca e distrugge le piante di olivo, e che si sta rapidamente estendendo anche ad altre aree;
   sottolineato come tali fenomeni epidemici, che possono naturalmente riguardare ogni zona del Paese, distruggendo le coltivazioni, mettono a rischio la stessa sopravvivenza economica degli agricoltori e delle imprese agricole, in una fase già caratterizzata da una situazione di particolare crisi per tale computo produttivo;
   evidenziato come il venir meno delle attività agricole comporterebbe effetti disastrosi per la tutela degli assetti idrogeologici del territorio nazionale, già caratterizzato da notevole fragilità,

impegna il Governo

ad assumere con urgenza ogni misura di sostegno tributario in favore degli agricoltori e delle imprese agricole colpite da fenomeni epidemici riguardanti le coltivazioni, in modo da aiutare importanti settori dell'agricoltura nazionale a superare tale fase di difficoltà.
9/2915/57Palese, Laffranco, Latronico, Altieri, Chiarelli, Ciracì, Distaso, Fucci, Marti, Sisto, Elvira Savino.


   La Camera,
   nell'ambito dell'esame del disegno di legge n. 2915, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 4 del 2015, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU e proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale;

   rilevata la profonda condizione di difficoltà nella quale si trovano molti agricoltori operanti in aree colpite da fenomeni epidemici che interessano le coltivazioni;

   evidenziato che il settore olivicolo di Puglia, Umbria e Toscana versa in una grave situazione, essendo colpito dal batterio patogeno Xylella fastidiosa, il quale da alcuni anni attacca e distrugge le piante di olivo, e che si sta rapidamente estendendo anche ad altre aree;
   sottolineato come tali fenomeni epidemici, che possono naturalmente riguardare ogni zona del Paese, distruggendo le coltivazioni, mettono a rischio la stessa sopravvivenza economica degli agricoltori e delle imprese agricole, in una fase già caratterizzata da una situazione di particolare crisi per tale computo produttivo;
   evidenziato come il venir meno delle attività agricole comporterebbe effetti disastrosi per la tutela degli assetti idrogeologici del territorio nazionale, già caratterizzato da notevole fragilità,

impegna il Governo

ad assumere con urgenza ogni misura di sostegno in favore degli agricoltori e delle imprese agricole colpite da fenomeni epidemici riguardanti le coltivazioni, in modo da aiutare importanti settori dell'agricoltura nazionale a superare tale fase di difficoltà.
9/2915/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Palese, Laffranco, Latronico, Altieri, Chiarelli, Ciracì, Distaso, Fucci, Marti, Sisto, Elvira Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti non commerciali e le Onlus, anche non aventi personalità giuridica, con sede legale in Italia che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) che destinano beni immobili esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive erano esenti dal pagamento dell'IMU ai sensi dell'articolo 9 comma 8 della legge n. 214 del 2011 che fa salve «le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b, c, d, e, f, h e, in particolare, quella prevista alla lettera i), a condizione che tali enti non commerciali (quali organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, fondazioni, associazioni tout court, anche se Onlus) destinassero immobili e terreni esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive con modalità non commerciali, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a, della legge; 20 maggio 1985, n. 222, (attività descritte in modo analitico nel par. 6 della Circolare MEF n. 2 del 2009); nel caso in cui terreni o immobili avessero un'utilizzazione mista l'esenzione si applicava solo alla frazione di unità nella quale si svolgeva l'attività di natura non commerciale (ex articolo 91-bis del decreto-legge n. 1 del 2012), distinta secondo due procedure alternative (separato accatastamento e dichiarazione apposita);
    da notare che nel caso in cui immobili e terreni fossero destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive con modalità non commerciali, nonché delle attività di cui all'articolo 16 lett. a, della legge; 20 maggio 1985, n. 222, (attività descritte in modo analitico nel par. 6 della Circolare MEF n. 2/2009) la suddetta esenzione era totale e si applicava senza alcuna valutazione discrezionale da parte del Comune di riferimento;
    a norma dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 460 del 1997, come sottolineato nella Circolare MEF n. 3 del 18 maggio 2012, i Comuni potevano deliberare nei confronti delle Onlus, qualora non fossero presenti le condizioni soggettive e oggettive sopra descritte (natura dell'Ente, destinazione dell'immobile o del terreno) eventuali riduzioni o esenzioni specifiche dal pagamento dell'Imu di propria competenza, ferma restando la quota di Imu spettante allo Stato Italiano, che, ai sensi dell'articolo 13 comma 11 Legge n. 214/2011 era pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, l'aliquota ordinaria dello 0,76 per cento;
    il MEF – Dipartimento delle Finanze – con Risoluzione n.2/DF del 3 febbraio 2015, ha precisato che, con la nuova disciplina prevista dal decreto in esame, per beneficiare dell'esenzione IMU sui terreni agricoli ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani è indispensabile che il soggetto che concede in affitto o in comodato a un coltivatore diretto o a un imprenditore agricolo professionale, iscritto nella previdenza agricola, abbia egli stesso la qualifica di coltivatore diretto o di IAP, iscritto nella previdenza agricola; con ciò indirettamente escludendo che si possa configurare un'esenzione dall'IMU ai sensi dell'articolo 9 comma 8 della legge n. 214 del 2011;
   considerato che:
    appare essenziale garantire l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli in proprietà anche di Enti, Associazioni e Fondazioni che, senza scopo di lucro e per finalità di interesse pubblico, perseguano le proprie finalità statutarie prevalentemente mediante attività agricola, documentata o documentabile anche mediante scritture contabili e dati di bilancio;
    l'imprenditore agricolo – a norma dell'articolo 2135 del codice civile – si distingue dall'imprenditore commerciale per la mancanza della finalità di lucro; a fortiori Enti che perseguano finalità di interesse pubblico attraverso un'attività agricola (ancorché non definita nel dettato statutario, ma rinvenibile dalle scritture contabili e di bilancio) devono essere esentati dall'imposta municipale propria,

impegna il Governo

a chiarire – anche mediante provvedimento di natura amministrativa o regolamentare – che l'esenzione dall'IMU si applica anche ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti da Enti senza finalità di lucro ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui all'elenco ISTAT.
9/2915/58Cova, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti non commerciali e le Onlus, anche non aventi personalità giuridica, con sede legale in Italia che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) che destinano beni immobili esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive erano esenti dal pagamento dell'IMU ai sensi dell'articolo 9 comma 8 della legge n. 214 del 2011 che fa salve «le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b, c, d, e, f, h e, in particolare, quella prevista alla lettera i), a condizione che tali enti non commerciali (quali organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, fondazioni, associazioni tout court, anche se Onlus) destinassero immobili e terreni esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive con modalità non commerciali, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a, della legge; 20 maggio 1985, n. 222, (attività descritte in modo analitico nel par. 6 della Circolare MEF n. 2 del 2009); nel caso in cui terreni o immobili avessero un'utilizzazione mista l'esenzione si applicava solo alla frazione di unità nella quale si svolgeva l'attività di natura non commerciale (ex articolo 91-bis del decreto-legge n. 1 del 2012), distinta secondo due procedure alternative (separato accatastamento e dichiarazione apposita);
    da notare che nel caso in cui immobili e terreni fossero destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive con modalità non commerciali, nonché delle attività di cui all'articolo 16 lett. a, della legge; 20 maggio 1985, n. 222, (attività descritte in modo analitico nel par. 6 della Circolare MEF n. 2/2009) la suddetta esenzione era totale e si applicava senza alcuna valutazione discrezionale da parte del Comune di riferimento;
    a norma dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 460 del 1997, come sottolineato nella Circolare MEF n. 3 del 18 maggio 2012, i Comuni potevano deliberare nei confronti delle Onlus, qualora non fossero presenti le condizioni soggettive e oggettive sopra descritte (natura dell'Ente, destinazione dell'immobile o del terreno) eventuali riduzioni o esenzioni specifiche dal pagamento dell'Imu di propria competenza, ferma restando la quota di Imu spettante allo Stato Italiano, che, ai sensi dell'articolo 13 comma 11 Legge n. 214/2011 era pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, l'aliquota ordinaria dello 0,76 per cento;
    il MEF – Dipartimento delle Finanze – con Risoluzione n.2/DF del 3 febbraio 2015, ha precisato che, con la nuova disciplina prevista dal decreto in esame, per beneficiare dell'esenzione IMU sui terreni agricoli ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani è indispensabile che il soggetto che concede in affitto o in comodato a un coltivatore diretto o a un imprenditore agricolo professionale, iscritto nella previdenza agricola, abbia egli stesso la qualifica di coltivatore diretto o di IAP, iscritto nella previdenza agricola; con ciò indirettamente escludendo che si possa configurare un'esenzione dall'IMU ai sensi dell'articolo 9 comma 8 della legge n. 214 del 2011;
   considerato che:
    appare essenziale garantire l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli in proprietà anche di Enti, Associazioni e Fondazioni che, senza scopo di lucro e per finalità di interesse pubblico, perseguano le proprie finalità statutarie prevalentemente mediante attività agricola, documentata o documentabile anche mediante scritture contabili e dati di bilancio;
    l'imprenditore agricolo – a norma dell'articolo 2135 del codice civile – si distingue dall'imprenditore commerciale per la mancanza della finalità di lucro; a fortiori Enti che perseguano finalità di interesse pubblico attraverso un'attività agricola (ancorché non definita nel dettato statutario, ma rinvenibile dalle scritture contabili e di bilancio) devono essere esentati dall'imposta municipale propria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire – anche mediante provvedimento di natura amministrativa o regolamentare – che l'esenzione dall'IMU si applica anche ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti da Enti senza finalità di lucro ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui all'elenco ISTAT.
9/2915/58. (Testo modificato nel corso della seduta) Cova, Oliverio.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame dispone l'incremento dell'IMU sui terreni agricoli secondo modalità diverse da quelle originariamente previste dall'articolo 22 del decreto legge n. 66 del 2014 e dal relativo decreto applicativo (decreto ministeriale del 28 novembre 2014);
    per quanto riguarda i Comuni considerati totalmente montani, in cui i terreni agricoli sono completamente esenti, si passa da 1.498 a 3.546 unità; per quanto riguarda i Comuni parzialmente esenti il numero ammonta a circa 655 unità;
    sussiste una stortura di fondo, che questo decreto certamente attenua, ma sicuramente non elimina, consistente nel fatto che l'esenzione IMU non tiene conto della realtà economica e sociale, delle specificità dei diversi territori, della redditività delle colture, dell'isolamento e del ritardo di sviluppo di talune aree del Paese, ma si conforma a criteri meramente statistici;
    il Senato ha introdotto due contemperamenti al criterio di esenzione basato sul mero dato altimetrica; si tratta dell'ampliamento dell'esenzione favore dei comuni situati nelle isole minori (articolo 1, comma 1, lettera a-bis) che tiene conto del concetto di marginalità economica, nonché della previsione di una riduzione dell'imposta di 200 euro dal 2015, in favore di quei terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola collocati in aree definite «collina svantaggiata» e ubicati in quei comuni che erano in precedenza esenti, e che, nella nuova classificazione ISTAT, non risultano essere né montani né parzialmente montani (articolo 1, comma 1-bis);
    si ritiene opportuno che l'esenzione IMU sia parametrata anche a fattori diversi da quello dell'altitudine, sulla falsariga di quanto prevedeva l'articolo 29 della legge n. 142 del 1990 sulle autonomie locali, che demandava alle regioni la definizione di aree montane consentendo di modulare l'imposizione fiscale sulla base delle specificità dei diversi territori, la redditività delle colture, l'isolamento e del ritardo di sviluppo di talune aree del Paese;
    sussistono, in particolare nelle aree interne delle regioni svantaggiate, comuni classificati non montani che registrano un elevato indice di spopolamento, anche superiore al 50 per cento rispetto alla popolazione residente nel primo dopoguerra, (con conseguente spopolamento delle campagne e abbandono delle terre) e contestualmente redditi pro-capite estremamente bassi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere l'esenzione IMU prevista per le aree montane, ed estesa dal Senato alle isole minori, anche ai comuni rientranti in una tolleranza dell'altitudine del centro in aumento o in diminuzione del 20 per cento rispetto ai 600 metri, che presentino un indice di spopolamento superiore del 40 per cento, quale risultate dalla differenza di popolazione tra il 9o e il 15o Censimento generale della popolazione, e contestualmente un reddito pro capite, come individuato dall'ISTAT, non superiore a 6.500 euro annui.
9/2915/59Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2915, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015 n.4, reca misure urgenti in materia di esenzione IMU;
    l'articolo 1 interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani, prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014;
    in particolare si prevede che a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT (lettera a), nei Comuni delle isole minori (lettera a-bis) e a quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT (lettera b);
    il comma 1-bis dell'articolo 1, estende l'ambito delle esenzioni, disponendo una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta, per i terreni definiti di collina svantaggiata posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del provvedimento;
    l'esenzione di cui alla citata lettera b) del comma 1 e la detrazione IMU contenuta nel comma 1-bis, si applicano anche ai terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, nel caso in cui i medesimi terreni siano concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali (comma 2);
    la nuova classificazione delineata dal provvedimento in esame, appare carente soprattutto perché si tiene in considerazione solo il criterio dell'altitudine e non altri parametri di natura socio-economica dei territori e legati alla redditività specifica dei terreni agricoli,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di riconsiderare i criteri di esenzione introdotti dal provvedimento per estenderne l'applicabilità anche ai terreni che si trovano in zone svantaggiate non ricomprese tra i comuni montani e parzialmente montani.
9/2915/60Capodicasa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento all'esame individua i terreni agricoli che, a decorrere dal 2015, rientrano nel beneficio della esenzione IMU di cui all'articolo 7, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Si tratta, in particolare, di:
    a) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nei comuni totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica;
    b) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nelle isole minori;
    c) terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola ubicati nei comuni parzialmente montani ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT; tale esenzione trova applicazione anche nel caso di concessione dei terreni a imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti iscritti nella previdenza agricola;
    inoltre, il comma 1-bis dispone, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato 0A del provvedimento, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge n. 201/2011;
    i criteri di esenzione si applicano anche all'anno 2014; tuttavia, per tale anno, l'IMU non è comunque dovuta se i terreni, che risultano imponibili ai sensi del nuovo sistema, sono invece esenti in virtù del pregresso sistema di cui al decreto ministeriale 28 novembre 2014 emanato in attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 22 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;
    i nuovi criteri di esenzione, per quanto preferibili rispetto a quelli recati dal citato decreto ministeriale, oltre a non tenere conto di fattori rilevanti quali il rischio idrogeologico e la redditività dei fondi agricoli, non include la fattispecie del cedente agricoltore o non agricoltore che affitti o ceda in comodato i propri terreni a pensionati, giovani o parenti in linea retta che coltivino orti o piccoli appezzamenti per uso personale o familiare;
    il comma 7 dell'articolo 1 definisce gli importi e le modalità attraverso le quali operare le variazioni compensative di risorse per ciascun comune, a decorrere dall'anno 2015 (indicate nell'allegato A) per un maggior gettito per i comuni di 268,65 milioni di euro, inferiore di 90,85 milioni di euro rispetto al maggior gettito stimato con il precedente sistema (359,5 milioni);
    rimane aperta la questione riguardante l'eventuale compensazione fra gettito stimato e gettito effettivo, il riequilibrio dei tagli nei casi di sovrastima e l'esigenza di prevedere l'integrazione o la compensazione delle risorse eventualmente non assicurate, ai Comuni, in forza dell'applicazione del presente provvedimento, così da evitare che si configuri un taglio aggiuntivo ed improprio ai bilanci comunali,

impegna il Governo:

   a verificare la possibilità di riconsiderare i criteri di esenzione introdotti dal provvedimento per estenderne l'applicabilità, a decorrere dal 2015, anche ai terreni che si trovano in zone svantaggiate non ricomprese tra i comuni montani e parzialmente montani;
   a valutare l'opportunità di disporre la riapertura dei termini del DL 35/2013 e del DL 66/2014 in materia di accesso a mutui senza interessi con la Cassa Depositi e Prestiti per fronteggiare l'emergenza finanziaria e, in ogni caso, a considerare la possibilità di prevedere lo stanziamento di maggiori risorse per compensare i comuni dell'eventuale minor gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni del decreto;
    ad estendere l'esenzione ai piccoli proprietari di terreni, anche se non coltivatori diretti, che li utilizzino per autoconsumo familiare o che li abbiano ceduti in fitto o in comodato d'uso a coltivatori diretti e/o ad imprenditori agricoli a titolo principale.
9/2915/61. (Nuova formulazione) Speranza, Antezza, Folino, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge n. 2915, di conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU,
   considerato che:
    in Italia la superficie agrumicola si estende su circa 130.000 ettari concentrati nelle regioni Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, per un totale di 80.000 aziende;
    la produzione agrumicola italiana si caratterizza per un elevato profilo qualitativo del prodotto sia in termini organolettici che nutrizionali e per una notevole professionalità degli imprenditori agricoli del settore;
    la scarsa aggregazione con gli operatori a monte e a valle della filiera, il costante aumento dei costi di produzione, le difficili scelte della politica agricola comune, la questione fitosanitaria con le differenze di trattamento degli Stati membri, le importazioni di agrumi con fitopatie, lo scarso sostegno all'esportazione e la frammentazione dell'offerta, rischiano di compromettere l'agrumicoltura italiana con pesanti ricadute in termini occupazionali e di chiusura delle aziende;
    l'imposta municipale propria (IMU) ha ulteriormente aggravato una situazione complessa, rendendo meno competitive le imprese agrumicole, senza tener conto delle problematiche relative agli agrumeti giovani (con meno di 10 anni dall'impianto) o colpiti da fitopatie,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di prevedere per gli agrumeti giovani o colpiti da fitopatie una maggiore detrazione dall'imposta rispetto a quanto previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, del provvedimento in oggetto o uno sgravio dell'imposta in caso di mancata produzione di reddito.
9/2915/62Battaglia, Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge n. 2915, di conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU,
   considerato che:
    in Italia la superficie agrumicola si estende su circa 130.000 ettari concentrati nelle regioni Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, per un totale di 80.000 aziende;
    la produzione agrumicola italiana si caratterizza per un elevato profilo qualitativo del prodotto sia in termini organolettici che nutrizionali e per una notevole professionalità degli imprenditori agricoli del settore;
    la scarsa aggregazione con gli operatori a monte e a valle della filiera, il costante aumento dei costi di produzione, le difficili scelte della politica agricola comune, la questione fitosanitaria con le differenze di trattamento degli Stati membri, le importazioni di agrumi con fitopatie, lo scarso sostegno all'esportazione e la frammentazione dell'offerta, rischiano di compromettere l'agrumicoltura italiana con pesanti ricadute in termini occupazionali e di chiusura delle aziende;
    l'imposta municipale propria (IMU) ha ulteriormente aggravato una situazione complessa, rendendo meno competitive le imprese agrumicole, senza tener conto delle problematiche relative agli agrumeti giovani (con meno di 10 anni dall'impianto) o colpiti da fitopatie,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di prevedere per gli agrumeti giovani o colpiti da fitopatie sostegni e contributi parametrati all'entità del danno.
9/2915/62. (Testo modificato nel corso della seduta) Battaglia, Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    il precedente regime dell'ICI prevedeva l'esenzione per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992 e tale esenzione era stata inizialmente estesa anche all'IMU dall'articolo 9, comma 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, richiamando la circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993 per individuare la lista dei terreni esenti;
    l'articolo 22, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge n. 66 del 2014, ha poi modificato la disciplina esistente in materia di esenzioni IMU sui terreni agricoli, demandando ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 24 settembre 2014, la revisione dei criteri di esenzione;
    il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 28 novembre 2014 ha invece rideterminato l'ambito di esenzione, disegnando un nuovo perimetro di esenzione, più restrittivo rispetto a quello delineato in precedenza e ha confermato l'esenzione dell'IMU per i terreni ad immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non ricadono nelle esenzioni delle zone montane e di collina;
    il decreto-legge n. 4 del 2015, attualmente all'esame per la conversione in legge, è intervenuto nuovamente in materia di IMU agricola, sostanzialmente estendendo la platea dei comuni esenti dal pagamento dell'IMU agricola a decorrere dall'anno 2015, tuttavia tale assoggettamento sta provocando una crisi dell'agricoltura superiore agli effetti verificatisi nel settore edilizio, con conseguente perdita delle produzioni, licenziamenti ed impoverimento degli addetti al settore; in quasi tutte le situazioni il reddito derivante dalla vendita delle produzioni agricole non è sufficiente a far fronte al pagamento dell'imposta, determinando un abbandono dell'attività ed una svalutazione fortissima del valore fondiario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a tornare ad un regime di esenzione totale per l'IMU agricola, oppure, in alternativa, ad ampliare ulteriormente la platea dei soggetti esenti dal pagamento, al fine di tutelare il settore dell'agricoltura.
9/2915/63Plangger, Gebhard, Schullian, Alfreider, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame, anche su sollecitazione di atti parlamentari e dell'ANCI, il Governo interviene nuovamente in materia di IMU per i terreni agricoli, stabilendo nuovi criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni agricoli, e prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014, che dovrà essere effettuato secondo i nuovi criteri;
    nello specifico, il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in corso di conversione individua i terreni agricoli che, a decorrere dal 2015, rientrano nel beneficio della esenzione IMU di cui all'articolo 7, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ossia:
   a) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nei comuni totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica;
   b) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nelle isole minori;
   c) terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT; tale esenzione trova applicazione anche nel caso di concessione dei terreni a imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti iscritti nella previdenza agricola;
    il comma 1-bis dispone inoltre, a decorrere dall'anno 2015, una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del provvedimento, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola;
    la nuova disciplina, anche a seguito delle modifiche apportate dal Senato, risulta nel complesso meno restrittiva della precedente, che utilizzava invece l'altimetria della casa comunale come unico criterio di classificazione;
    ciononostante, i nuovi criteri continuano a non tenere conto di alcuni fattori, come l'effettiva condizione dei terreni agricoli e la loro redditività, che possono determinare – molto più dell'altimetria – situazioni fortemente diversificate e, pertanto, meritevoli di diversa considerazione ai fini dell'esenzione IMU, nel rispetto del dettato costituzionale di cui agli articoli 3 e 53;
   considerato che:
    la disciplina dell'IMU agricola dovrebbe essere rivista superando definitivamente la distinzione tra terreni totalmente o parzialmente montani, per essere basata principalmente sulla capacità contributiva da essi derivante, attraverso la fissazione di soglie di redditività al di sopra delle quali viene meno il presupposto stesso dell'esenzione IMU;
    l'individuazione di criteri di esenzione di tipo socio-economico comporterebbe ricadute positive anche in termini di gettito per i Comuni, grazie a un più equilibrato rapporto tra esenzione e condizione di oggettivo svantaggio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere complessivamente secondo un criterio sistematico e perequativo la disciplina dell'IMU agricola, individuando nuovi criteri di esenzione dai versamento dell'imposta per i terreni agricoli, basati sull'effettiva redditività da essi derivante, e indipendentemente dalle loro caratteristiche orografiche, ai fini di una maggiore coerenza dell'imposta con l'effettiva capacità contributiva, nonché ai fini della realizzazione di maggiore gettito da parte dei Comuni.
9/2915/64Gitti, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame, anche su sollecitazione di atti parlamentari e dell'ANCI, il Governo interviene nuovamente in materia di IMU per i terreni agricoli, stabilendo nuovi criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni agricoli, e prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014, che dovrà essere effettuato secondo i nuovi criteri;
    nello specifico, il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in corso di conversione individua i terreni agricoli che, a decorrere dal 2015, rientrano nel beneficio della esenzione IMU di cui all'articolo 7, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ossia:
   a) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nei comuni totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica;
   b) terreni agricoli e quelli non coltivati ubicati nelle isole minori;
   c) terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT; tale esenzione trova applicazione anche nel caso di concessione dei terreni a imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti iscritti nella previdenza agricola;
    il comma 1-bis dispone inoltre, a decorrere dall'anno 2015, una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato 0A del provvedimento, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola;
    il comma 9-bis prevede l'attribuzione ai comuni di un contributo pari a 15,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, al fine di assicurare a tali enti il ristoro del minor gettito dell'IMU derivante per essi dall'applicazione della detrazione introdotta dal citato comma 1-bis, di cui 15,35 milioni in favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, e 0,15 milioni in favore delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta; tale contributo, per quanto riguarda le regioni ordinarie e le regioni Sicilia e Sardegna, è ripartito tra i comuni interessati con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;
    la nuova disciplina, anche a seguito delle modifiche apportate dal Senato, risulta nel complesso meno restrittiva della precedente, che utilizzava invece l'altimetria della casa comunale come unico criterio di classificazione;
    ciononostante, la classificazione dei comuni montani e parzialmente montani è ancora effettuata sulla base dell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, che è rimasto sostanzialmente invariato dal 1990;
    i nuovi criteri continuano a non tenere conto di alcuni fattori, come la collocazione geografica, le caratteristiche morfologiche, l'effettiva condizione dei terreni agricoli e la loro redditività, che possono determinare – molto più dell'altimetria – situazioni fortemente diversificate e, pertanto, meritevoli di diversa considerazione ai fini dell'esenzione IMU;
    il mero criterio altimetrico, inoltre, determina l'inclusione di comuni che sulla base del criterio geografico non potrebbero invece essere considerati tali, come ad esempio quelli marittimi;

impegna il Governo:

   a promuovere un aggiornamento dell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica, anche sulla base di ulteriori criteri oltre a quello altimetrico, in modo da evitare errori nella classificazione dei comuni totalmente e parzialmente montani;
   a individuare, nei decreti attuativi, modalità per il riparto del contributo a compensazione del minor gettito derivante dal nuovo sistema di esenzione dell'IMU agricola, tali da assicurare l'assegnazione diretta ai comuni delle risorse necessarie all'approvazione dei bilanci.
9/2915/65Schirò, Gitti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2915, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015 n.4, reca misure urgenti in materia di esenzione IMU;
    l'articolo 1 interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani, prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014;
    in particolare si prevede che a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani ISTAT (lettera a)), nei comuni delle isole minori (lettera a-bis)) e a quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT (lettera b));
    il comma 1-bis dell'articolo 1, estende l'ambito delle esenzioni, disponendo una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta, per i terreni definiti di collina svantaggiata posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del provvedimento;
    l'esenzione di cui alla citata lettera b), del comma 1 e la detrazione IMU contenuta nel comma 1-bis, si applicano anche ai terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, nel caso in cui i medesimi terreni siano concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali (comma 2);
    tenendo in considerazione solo il criterio dell'altitudine, la nuova classificazione delineata dal provvedimento in esame non attribuisce la giusta importanza ad altri parametri di natura socio-economica,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di estendere l'esenzione introdotta dal provvedimento anche ai comuni svantaggiati ovvero quelli in cui il reddito pro-capite delle persone che vi risiedono sia al di sotto della media nazionale.
9/2915/66Capozzolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore primario rappresenta una risorsa innegabile sia in termini socio-economici che in termini ambientali. L'aspetto socio-economico è stato caratterizzato da una notevole capacità anticiclica grazie alla valorizzazione delle produzioni di qualità e alla nuova occupazione giovanile che ha trovato, nell'agricoltura, il luogo di un nuovo inizio, di un ripensamento di modelli sociali rivelatisi nel tempo inadeguati. L'aspetto ambientale viene tralasciato, ossia viene svalorizzato il ruolo di presidio del territorio, di tutela dell'equilibrio idrogeologico, che gli agricoltori svolgono nella quotidianità, oltre ad essere soggetti fondamentali nella realizzazione della natura multifunzionale che il settore primario, con i suoi attori sociali, svolge all'interno del sistema sociale; si pensi ai modelli e ai servizi di prossimità che l'agricoltura sociale sa esprimere,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad abrogare a decorrere dall'anno 2016 l'IMU sui terreni agricoli.

9/2915/67Franco Bordo, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    i terreni agricoli destinati ad uliveto ed interessati dalla diffusione della fitopatologia denominata xylella fastidiosa di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 settembre 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 239 del 14 ottobre 2014, ricadenti in area infetta devono essere esentati dal pagamento dell'IMU;
    nel caso dei terreni agricoli che hanno subito calamità naturali ovvero sono stati danneggiati da fitopatie o da contaminazioni, non sussisterebbe il presupposto per la tassazione, posto che i terreni stessi non producono alcun reddito;

l'esenzione del pagamento dell'IMU agricola deve valere anche per quei terreni e colture che possono essere oggetto in futuro di fitopatie diffuse,

impegna il Governo:

   ad esentare dal pagamento dell'IMU relativa agli anni 2015 e 2016 tutti i terreni agricoli colpiti dalla diffusione della fitopatologia denominata xylella fastidiosa di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 settembre 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 239 del 14 ottobre 2014;
   ad emanare apposito provvedimento normativo che preveda in futuro l'automatica sospensione della tassazione IMU per tutti quei terreni agricoli affetti da fuopatie diffuse.
9/2915/68Pannarale, Duranti, Sannicandro, Matarrelli, Franco Bordo, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    i terreni agricoli destinati ad uliveto ed interessati dalla diffusione della fitopatologia denominata xylella fastidiosa di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 settembre 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 239 del 14 ottobre 2014, ricadenti in area infetta devono essere esentati dal pagamento dell'IMU;
    nel caso dei terreni agricoli che hanno subito calamità naturali ovvero sono stati danneggiati da fitopatie o da contaminazioni, non sussisterebbe il presupposto per la tassazione, posto che i terreni stessi non producono alcun reddito;

l'esenzione del pagamento dell'IMU agricola deve valere anche per quei terreni e colture che possono essere oggetto in futuro di fitopatie diffuse,

impegna il Governo

a prevedere, per gli anni 2014 e 2015 per terreni agricoli già danneggiati da fitopatie sostegni e contributi parametrari all'entità dei danni al fine di sgravare gli agricoltori, impegnati nel ripristino del potenziale produttivo e a sanare le perdite di reddito, da ulteriori oneri finanziari.
9/2915/68. (Testo modificato nel corso della seduta) Pannarale, Duranti, Sannicandro, Matarrelli, Franco Bordo, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    in considerazione dell'elevato numero di previsioni di delega contenute nella legge n. 23 del 2014 (Delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita) e non ancora attuate, e tenuto conto della complessità della materia, l'articolo del disegno di legge di conversione sposta al 26 giugno 2015 il termine per concluderne, attraverso il perfezionamento dei relativi decreti legislativi, il quadro attuativo;
    l'articolo 11, comma 2 della suddetta legge di delega fiscale stabilisce che, nell'ambito dell'esercizio della delega il Governo è tenuto a chiarire, ai fini dell'assoggettabilità Irap, la definizione di «autonoma organizzazione», anche mediante la definizione di criteri oggettivi, adeguandola ai più consolidati principi desumibili dalla fonte giurisprudenziale;
    l'assoggettabilità all'IRAP dei medici di base è stata nel tempo oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali caratterizzate da una profonda contraddittorietà esclusivamente legata alla definizione del presupposto che giustifica il tributo, consistente, ex articolo 2, comma 1, decreto legislativo 446/1997,: «...nell'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi»;
    con riferimento all'elemento organizzativo la Corte Costituzionale, con una sentenza che ha fatto scuola (n. 156 del 26 maggio 2001), ha inteso chiarire che mentre lo stesso è connaturato alla nozione d'impresa, altrettanto non può dirsi per l'attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, poiché essa può svolgersi anche in assenza di organizzazione di capitale o lavoro altrui. È pertanto evidente, secondo la suprema Corte, che un'attività professionale svolta in assenza di elementi di organizzazione risulterà mancante del presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, rappresentato dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata;
    alla luce del suddetto pronunciamento l'attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, in assenza del requisito dell'autonoma organizzazione non risulta quindi assoggettabile ad IRAP per mancanza dei presupposti applicativi del tributo;
    la Corte di Cassazione, dal canto suo, con sentenza n. 22020 del 25 settembre 2013 ha affermato che il medico di medicina generale ha diritto al rimborso del tributo IRAP in quanto la presenza presso lo studio dove esercita la professione di un dipendente non prova la sussistenza di una propria abituale «autonoma organizzazione», presupposto, come si è visto, essenziale per individuare i soggetti passivi del tributo ai sensi, oltre che del sopra citato articolo 2 del decreto legislativo n. 446/1997, delle circolari dell'Agenzia delle Entrate n. 141/E del 4 giugno 1998 e n. 45/E del 13 giugno 2008;
    in conformità della suddetta sentenza della Corte di Cassazione, la 27o Commissione Tributaria della Lombardia, con la sentenza n. 78/27/13, ha definito il medico di base «lavoratore parasubordinato pubblico» in quanto inserito in un sistema sanitario collettivo, e quindi privo di organizzazione autonoma e non assoggettabile al tributo IRAP;
    inoltre ai sensi dell'ACN 23 marzo 2005 il medico di medicina generale convenzionato col SSN, svolge nell'ambito della «pubblica organizzazione aziendale dell'ASS» un servizio pubblico, in forma di collaborazione coordinata e continuativa, con compiti, (vedi articolo 45), e compensi predeterminati, (vedi articolo 59), dallo Stato in uno locale, lo studio medico, che è definito Presidio del SSN (articolo 36), come già affermato dal precedente decreto del Presidente della Repubblica n. 270 del 2000 (Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale);
    come afferma anche la sentenza della Cassazione n. 22020/2013, strumenti e collaboratori di studio, non hanno di per sé un valore aggiunto per incrementare la produttività economica dello studio la cui attività si fonda sulla prestazione d'opera intellettuale del medico in assenza della quale lo studio non potrebbe operare;
    la stessa Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 32 del 31 gennaio 2002, ha affermato che sono esenti dall'IRAP tutte «le collaborazioni coordinate e continuative», mentre successivamente il Consiglio di Stato, sezione IV, con la decisione n. 5176 del 2004, ha affermato che il rapporto di lavoro del medico convenzionato con l'ASL si inquadra come lavoro parasubordinato, giuridicamente caratterizzato proprio da una collaborazione coordinata e continuativa, come affermato dall'articolo 1 sopracitato del decreto del Presidente della Repubblica 270 del 2000. Successivamente, la Cassazione sezione Tributaria con sentenza n. 29134 dell'8 ottobre 2008 e n. 23068 del 9 settembre 2008, ha riconosciuto che il medico di medicina generale svolge l'attività nell'ambito dell'organizzazione dell'Azienda Sanitaria;
    d'altra parte l'attività dei medici di medicina generale operanti nel loro studio da soli è già stata distinta sul piano amministrativo dall'attività avente propria organizzazione autonoma tipica invece dei poliambulatori medici dallo stesso Ministero delle finanze con decreto del Presidente della Repubblica n. 121 del 1o marzo 1961, in cui si afferma testualmente che: «sono ambulatori gli istituti aventi organizzazione propria e autonoma e che quindi non costituiscono lo studio privato in cui il medico esercita la professione»;
    successivamente la sentenza n. 1488 del 6 luglio 1995 della Cassazione Penale sezione III e la Circolare del Ministero dell'ambiente del 14 dicembre 1999 avevano stabilito i criteri per distinguere lo «studio medico» nel quale il singolo esercita come unico professionista l'attività (articolo 2229 cc) dal «poliambulatorio medico» inteso, invece, come struttura aziendale con più professionisti, autonoma organizzazione di personale e di beni strumentali (articoli, 2082 e 2555 cc);
    poiché senza la figura del medico l'organizzazione di studio convenzionato non può operare e quindi produrre reddito, anche alla luce di alcuni dei suddetti pronunciamenti la Corte di Cassazione Civile sezione Vo, con l'ordinanza n. 18472 del 4 luglio 2008, ha stabilito che il medico convenzionato non è assoggettabile all'IRAP neppure se dispone di un dipendente e pertanto ha diritto al rimborso dell'IRAP indebitamente versata;
    da quanto fin qui esposto deriva che: al medico di base manca una capacità autonoma che ne influenzi il suo reddito, preordinato in funzione stabilita dalla convenzione; il personale di segreteria è fornito dal Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 36 della convenzione; non gli è consentito delegare la propria attività. Queste evidenze escludono una autonoma organizzazione, condizione essenziale, come si è visto, per l'applicazione dell'imposta. Inoltre una «attività pubblica per definizione» non potrà mai essere autonomamente organizzata dal medico che perciò rimane un «lavoratore parasubordinato» a cui spetta il rimborso di quanto eventualmente ed indebitamente corrisposto a titolo di IRAP;
    inoltre, come rammenta la stessa Agenzia delle Entrate con circolare n. 28/E del 2010, la prova della «autonoma organizzazione» non può essere offerta dal semplice utilizzo di quelle apparecchiature obbligatoriamente previste dalla convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale;
    a fronte dei suddetti princìpi di portata generale fissati nel tempo da una diffusa e consolidata giurisprudenza che ha stabilito una linea interpretativa di diritto che, escludendo aprioristicamente che in capo al medico di base si configuri l'autonoma organizzazione, ha aperto la strada a numerose richieste di rimborso da parte di quei medici che avevano indebitamente pagato l'imposta, si è assistito negli anni ad un orientamento contrario da parte di alcune commissioni tributarie che, invece, ritengono sufficiente ad integrare il requisito dell'autonoma organizzazione la presenza di una segretaria addetta alla ricezione degli appuntamenti. Tale ambiguità ha portato l'amministrazione finanziaria a volte a soccombere ed altre volte, alternativamente, a vincere i ricorsi,

impegna il Governo

in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 11 della legge n. 23 del 2014, a risolvere e superare la controversa questione esposta in premessa, principalmente legata all'ambiguità della definizione di «autonoma organizzazione».
9/2915/69Nicchi, Paglia, Franco Bordo, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'articolo 44 della Costituzione con la legislazione si deve conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali, anche imponendo, a tal fine, obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissandone limiti alla sua estensione;
    il suddetto dettato impone, quindi, di prevedere una revisione degli attuali criteri di assoggettamento dei terreni all'IMU che meglio si adatti alle molteplici realtà territoriali del presente nel nostro Paese e che assicuri la coerenza della misura dell'imposta con la reale capacità contributiva delle diverse realtà agricole tenendo conto della redditività dei terreni medesimi;
    di contro, l'introduzione dell'IMU ha inciso sulla tassazione catastale applicata al settore agricolo, distinguendo, anche se non adeguatamente, un'imposta patrimoniale commisurata alla rendita dominicale e un'imposta personale (IRPEF, IRES) commisurata al reddito agrario, distinzione non del tutto netta: il reddito dominicale, infatti, non è sempre soggetto a IMU e non sempre è soggetto solo a IMU. Il quadro impositivo che ne è derivato non è pertanto idoneo a rappresentare la capacità contributiva degli agricoltori;
    dal dibattito generato dal provvedimento è anche emersa l'improrogabile necessità, di un riesame complessivo della disciplina dell'imposizione fiscale sui terreni agricoli, che sia capace di differenziare i contesti geografici e le zone montane o semimontane in cui si riscontrano effettive difficoltà produttive ed una minore redditività;
    il prezzo medio nazionale dei terreni è di circa 19400 euro ad ettaro, per un range di valori che va dai 9800 euro per un campo di montagna litoranea agli 11400 euro per la montagna collinare, dai 14200 euro della collina interna ai 15300 euro della collina litoranea, fino al picco di 32200 euro ad ettaro per le terre di pianura. Pertanto, dietro il valore medio si nasconde una forte variabilità con valori che partono dai mille euro all'ettaro dei pascoli della provincia di Catanzaro con un ettaro di vigneto nelle zone di produzione più celebri, dalla Toscana al Trentino Alto Adige che può andare da 500 mila a oltre un milione di euro ad ettaro, differenze che si confermano anche a livello territoriale, con i terreni del Nord Italia che arrivano ad un valore medio di oltre 40000 euro ad ettaro contro i 9-12000 euro delle regioni dell'Italia Centrale e del Mezzogiorno;
    i suddetti valori esprimono una capacità contributiva dei rispettivi proprietari profondamente diversa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme del decreto in esame al fine di modificare, con apposito decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i criteri per l'individuazione dei contribuenti che, a decorrere dall'anno d'imposta 2016, sono tenuti al pagamento dell'IMU sulla base della superficie agricola posseduta, della destinazione e della potenziale redditività economica della stessa, ed assoggettando all'imposta esclusivamente quei terreni che si sviluppano per oltre 10 ettari in pianura, 20 ettari in collina e 40 ettari in montagna, prendendo a tal fine a riferimento la suddivisione del territorio nazionale predisposta dall'istituto nazionale di statistica.
9/2915/70Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'articolo 44 della Costituzione con la legislazione si deve conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali, anche imponendo, a tal fine, obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissandone limiti alla sua estensione;
    il suddetto dettato impone, quindi, di prevedere una revisione degli attuali criteri di assoggettamento dei terreni all'IMU che meglio si adatti alle molteplici realtà territoriali del presente nel nostro Paese e che assicuri la coerenza della misura dell'imposta con la reale capacità contributiva delle diverse realtà agricole tenendo conto della redditività dei terreni medesimi;
    di contro, l'introduzione dell'IMU ha inciso sulla tassazione catastale applicata al settore agricolo, distinguendo, anche se non adeguatamente, un'imposta patrimoniale commisurata alla rendita dominicale e un'imposta personale (IRPEF, IRES) commisurata al reddito agrario, distinzione non del tutto netta: il reddito dominicale, infatti, non è sempre soggetto a IMU e non sempre è soggetto solo a IMU. Il quadro impositivo che ne è derivato non è pertanto idoneo a rappresentare la capacità contributiva degli agricoltori;
    dal dibattito generato dal provvedimento è anche emersa l'improrogabile necessità, di un riesame complessivo della disciplina dell'imposizione fiscale sui terreni agricoli, che sia capace di differenziare i contesti geografici e le zone montane o semimontane in cui si riscontrano effettive difficoltà produttive ed una minore redditività;
    il prezzo medio nazionale dei terreni è di circa 19400 euro ad ettaro, per un range di valori che va dai 9800 euro per un campo di montagna litoranea agli 11400 euro per la montagna collinare, dai 14200 euro della collina interna ai 15300 euro della collina litoranea, fino al picco di 32200 euro ad ettaro per le terre di pianura. Pertanto, dietro il valore medio si nasconde una forte variabilità con valori che partono dai mille euro all'ettaro dei pascoli della provincia di Catanzaro con un ettaro di vigneto nelle zone di produzione più celebri, dalla Toscana al Trentino Alto Adige che può andare da 500 mila a oltre un milione di euro ad ettaro, differenze che si confermano anche a livello territoriale, con i terreni del Nord Italia che arrivano ad un valore medio di oltre 40000 euro ad ettaro contro i 9-12000 euro delle regioni dell'Italia Centrale e del Mezzogiorno;
    i suddetti valori esprimono una capacità contributiva dei rispettivi proprietari profondamente diversa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme del decreto in esame al fine di valutare l'opportunità di modificare, con apposito decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i criteri per l'individuazione dei contribuenti che, a decorrere dall'anno d'imposta 2016, sono tenuti al pagamento dell'IMU sulla base della superficie agricola posseduta, della destinazione e della potenziale redditività economica della stessa, ed assoggettando all'imposta esclusivamente quei terreni che si sviluppano per oltre 10 ettari in pianura, 20 ettari in collina e 40 ettari in montagna, prendendo a tal fine a riferimento la suddivisione del territorio nazionale predisposta dall'istituto nazionale di statistica.
9/2915/70. (Testo modificato nel corso della seduta) Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo sistema di esenzione previsto dal presente decreto-legge per quanto concerne l'IMU agricola è, dunque, complessivamente meno restrittivo rispetto alla versione iniziale grazie alle modifiche apportate in sede di conversione in legge;
    si è infatti passati dai 1.498 comuni precedentemente esenti agli attuali 3.546 comuni considerati totalmente esenti;
    sono aumentati anche i comuni parzialmente esenti, pari a 655 unità;
    ulteriori esenzioni sono previsti ai sensi del comma 1-bis, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni definiti di collina svantaggiata, ubicata in circa 1.600 comuni, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola, disponendo una detrazione di 200 euro dell'IMU dovuta;
    l'insieme di queste misure ha consentito di portare così a circa 5.500 il numero dei comuni che godono di strumenti di esenzione relativamente all'imposta IMU agricola;
    sappiamo che questo non è sufficiente e che il mondo agricolo è attraversato da profonde inquietudini e da situazioni che la stratificazione normativa che si è registrata nel corso degli anni ha reso profondamente inique e in alcuni casi vessatorie ai danni di alcuni settori del mondo agricolo;
    spesso risultano penalizzati anche coloro che non hanno reddito e che vivono lontani dal possedimento perché magari emigrati e con terreni lasciati in eredità e improduttivi;
    a farla da padrone è l'incertezza normativa con applicazione di imposte legate anche a strutture che non sono abitazioni ma solo ricovero attrezzi costituendo un ulteriore aggravio per i proprietari;
    questa analisi vale ancora di più nell'ambito di alcuni comprensori territoriali particolarmente svantaggiati come la Calabria;
    comparti come l'agrumicoltura, l'olivicoltura ed anche la coltivazione di drupacee funestate da calamità, dalla presenza di parassiti ed altre situazioni di criticità in alcuni casi risultano fortemente penalizzate dalla presenza di una imposta che non può essere affrontata solo in termini di metri di altitudine;
    occorre una profonda revisione dell'impianto fiscale in materia di agricoltura in particolare per la Calabria e il Mezzogiorno,

impegna il Governo

ad istituire presso il Ministero dell'agricoltura un apposito tavolo di confronto per il settore agricolo della Calabria, così come chiesto anche dalle stesse organizzazioni di categoria, al fine di affrontare le delicatissime questioni attinenti il futuro di un comparto strategico per questo territorio e di verificare la possibilità di introdurre elementi di flessibilità, anche in termini fiscali, in riferimento alla citata imposta, per evitare ulteriori penalizzazioni per il settore.
9/2915/71Covello.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo sistema di esenzione previsto dal presente decreto-legge per quanto concerne l'IMU agricola è, dunque, complessivamente meno restrittivo rispetto alla versione iniziale grazie alle modifiche apportate in sede di conversione in legge;
    si è infatti passati dai 1.498 comuni precedentemente esenti agli attuali 3.546 comuni considerati totalmente esenti;
    sono aumentati anche i comuni parzialmente esenti, pari a 655 unità;
    ulteriori esenzioni sono previsti ai sensi del comma 1-bis, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni definiti di collina svantaggiata, ubicata in circa 1.600 comuni, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola, disponendo una detrazione di 200 euro dell'IMU dovuta;
    l'insieme di queste misure ha consentito di portare così a circa 5.500 il numero dei comuni che godono di strumenti di esenzione relativamente all'imposta IMU agricola;
    sappiamo che questo non è sufficiente e che il mondo agricolo è attraversato da profonde inquietudini e da situazioni che la stratificazione normativa che si è registrata nel corso degli anni ha reso profondamente inique e in alcuni casi vessatorie ai danni di alcuni settori del mondo agricolo;
    spesso risultano penalizzati anche coloro che non hanno reddito e che vivono lontani dal possedimento perché magari emigrati e con terreni lasciati in eredità e improduttivi;
    a farla da padrone è l'incertezza normativa con applicazione di imposte legate anche a strutture che non sono abitazioni ma solo ricovero attrezzi costituendo un ulteriore aggravio per i proprietari;
    questa analisi vale ancora di più nell'ambito di alcuni comprensori territoriali particolarmente svantaggiati come la Calabria;
    comparti come l'agrumicoltura, l'olivicoltura ed anche la coltivazione di drupacee funestate da calamità, dalla presenza di parassiti ed altre situazioni di criticità in alcuni casi risultano fortemente penalizzate dalla presenza di una imposta che non può essere affrontata solo in termini di metri di altitudine;
    occorre una profonda revisione dell'impianto fiscale in materia di agricoltura in particolare per la Calabria e il Mezzogiorno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero dell'agricoltura un apposito tavolo di confronto per il settore agricolo della Calabria, così come chiesto anche dalle stesse organizzazioni di categoria, al fine di affrontare le delicatissime questioni attinenti il futuro di un comparto strategico per questo territorio e di verificare la possibilità di introdurre elementi di flessibilità, anche in termini fiscali, in riferimento alla citata imposta, per evitare ulteriori penalizzazioni per il settore.
9/2915/71. (Testo modificato nel corso della seduta) Covello.


   La Camera,
   premesso che:
    in considerazione dell'elevato numero di previsioni di delega contenute nella legge n. 23 del 2014 (Delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita) e non ancora attuate, e tenuto conto della complessità della materia, l'articolo del disegno di legge di conversione sposta al 26 giugno 2015 il termine per concluderne, attraverso il perfezionamento dei relativi decreti legislativi, il quadro attuativo;
    la suddetta proroga consentirà al Governo di presentare al Parlamento per il relativo parere un nuovo schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali, essendo stato costretto a fare marcia indietro e ritirare la precedente versione che conteneva l'oramai famoso codicillo fiscale che stabiliva la non punibilità nel caso in cui, con riferimento all'Irpef e all'Iva, l'imposta evasa non fosse superiore al 3 per cento dell'imponibile;
    la norma, scritta in modo da sanare non solo i reati di infedeltà fiscale, come l'evasione, ma anche la frode fiscale nel prevedere una soglia, detta in gergo «parametrata», sotto la quale il reato penale sarebbe scomparso, si sarebbe trasformata in una depenalizzazione di fatto dei reati fiscali,

impegna il Governo

in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 8, della legge n. 23 del 2014, ad astenersi dal prevedere esenzioni dal regime penale per fattispecie diverse dall'omesso versamento e comunque anche in questo caso limitatamente a importi ridotti.
9/2915/72Scotto, Paglia, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    in considerazione dell'elevato numero di previsioni di delega contenute nella legge n. 23 del 2014 (Delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita) e non ancora attuate, e tenuto conto della complessità della materia, l'articolo del disegno di legge di conversione sposta al 26 giugno 2015 il termine per concluderne, attraverso il perfezionamento dei relativi decreti legislativi, il quadro attuativo;
    le particolari ragioni a tutela dell'imputato nel processo penale che presiedono la valutazione di inutilizzabilità delle prove, non dovrebbero trovare certo applicazione nel giudizio tributario dove, come noto, è in gioco l'interesse di natura fiscale delle parti;
    nella più recente giurisprudenza della sezione tributaria della Suprema Corte si rinvengono decisioni che evidenziano come la violazione delle regole dell'accertamento tributario non comporti necessariamente l'inutilizzabilità degli elementi acquisiti «in mancanza di una specifica previsione in tal senso» (Cass. sez. trib. 14058/2006 che richiama Cass. 8344/01);
    è evidente, dunque, che indipendentemente dalla valutazione della utilizzabilità delle prove in sede penale, la documentazione acquisita in qualunque modo da cui emergesse ad esempio, che numerosi cittadini dei diversi Paesi della Comunità europea (e quindi anche dell'Italia) disponessero presso la banca di cospicui fondi, non denunciati al Fisco, come nel caso relativo alla cosiddetta «lista Falciani», possa legittimamente essere utilizzata dalla Agenzia delle entrate per disporre accertamenti fiscali, la cui contestazione in sede di giudizio tributario sarà possibile in forza dei normali criteri di illegittimità degli atti e accertamenti della Agenzia, senza tuttavia, potere dedurre l'illegittima acquisizione degli atti da cui è originata l'indagine fiscale, anche se dovessero essere ritenuti inutilizzabili dall'Autorità penale;
    pertanto, pur trattandosi di documenti di origine illecita, il loro contenuto può essere utilizzato nel processo tributario anche alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte che consente che dati bancari «irritualmente» acquisiti nell'indagine penale a carico del contribuente o di terzi sono sempre utilizzabili ai fini dell'accertamento fiscale,

impegna il Governo

anche nell'ambito dell'esercizio della delega fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014, a prevedere una disposizione normativa che, ai fini dell'accertamento fiscale, autorizzi l'inequivocabile utilizzabilità, previa verifica della relativa attendibilità, degli elementi rilevanti, ancorché acquisiti irritualmente.
9/2915/73Paglia, Franco Bordo, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge interviene nuovamente sui criteri di esenzione dell'IMU sui terreni agricoli, allargando la platea dei beneficiari;
    con il provvedimento in esame si prevede a decorrere dall'anno 2015, che l'esenzione si applichi ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani, di cui all'elenco dei comuni italiani ISTAT, ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori, nonché ai terreni agricoli e a quelli incolti posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT;
    il nuovo sistema di esenzione è complessivamente meno restrittivo rispetto a quello del decreto ministeriale 28 novembre 2014, in quanto, con il richiamo all'elenco ISTAT si estende l'esenzione IMU da 1.498 comuni a 3.546 (considerati totalmente montani), mentre i comuni parzialmente esenti raggiungono le 655 unità;
    tuttavia si rileva che la redditività di molte aziende agricole ha subito un duro colpo a causa di fitopatologie, tra le quali ricordiamo la diffusione del batterio della Xylella fastidiosa sulle piante di olivo in Puglia (senza dimenticare altre fitopatologie quali la Tristezza degli agrumi, la Cinipide del castagno, la Diabrotica, la mosca del ciliegio e la mosca dell'ulivo, per le quali è stato riconosciuto lo stato di calamità),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le esigenze di bilancio ed in caso di revisione della normativa in oggetto, l'esenzione dell'IMU anche per quei terreni agricoli interessati da fitopatologie che ne hanno ridotto in maniera significativa ed accertata la redditività.
9/2915/74Caruso, Piepoli, Sberna, Capelli, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge ridetermina i criteri di esenzione dell'IMU sui terreni agricoli dei comuni riclassificati montani o parzialmente montani secondo un elenco stilato dall'Istat;
    nel corso dell'esame del provvedimento da più parti è stata manifestata l'opportunità di prevedere un criterio di esenzione ulteriore per quei terreni che non presentano redditività in quanto non coltivabili a seguito di calamità naturali (allagamenti, smottamenti ecc);
    si tratta di introdurre un elemento di equanimità rispetto a situazioni completamente diverse e che pertanto dovrebbero essere considerate esentabili alla stregua di terreni agricoli collocati in zone montane,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere attraverso ulteriori iniziative normative, tra i criteri di esenzione dell'IMU dei terreni agricoli, compatibilmente con le esigenze di bilancio e in caso di revisione della normativa in oggetto, quello di non produrre redditività o non essere coltivabili per effetto di calamità naturali o altre cause naturali che ne hanno determinato l'inagibilità.
9/2915/75Sberna, Caruso, Capelli, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge ridetermina i criteri di esenzione dell'IMU sui terreni agricoli dei comuni riclassificati montani o parzialmente montani secondo un elenco stilato dall'Istat;
    nel corso dell'esame del provvedimento sono state presentate proposte emendative volte ad allargare i criteri di esenzione anche ad altre situazioni oggettive, tra queste quelle riguardanti i terreni posseduti da cittadini italiani residenti all'estero;
    nel corso della discussione dell'IMU sulla prima casa il Governo si è impegnato a prevedere, appena in grado, misure volte a rendere esenti dal pagamento di quel tributo, i cittadini residenti all'estero; ora si tratta di introdurre un elemento di equanimità rispetto a situazioni completamente diverse e che pertanto dovrebbero essere considerate esentabili alla stregua di terreni agricoli collocati in zone montane,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative compatibilmente con le esigenze di bilancio e in caso di revisione della normativa in oggetto, tra criteri di esenzione dell'IMU dei terreni agricoli, anche quello del possesso di tali terreni da parte di cittadini italiani residenti all'estero.
9/2915/76Fitzgerald Nissoli, Caruso, Sberna, Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4 recante misure urgenti in materia di esenzione IMU e proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale;
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    le fitopatie aggrediscono il nostro patrimonio colturale e se non vengono garantite le condizioni di sussistenza che aiutino la permanenza dei nostri imprenditori sul campo si rischia l'abbandono e la perdita delle nostre eccellenze,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto all'esame al fine di prevedere in un prossimo provvedimento misure volte a prevedere l'esenzione dall'Imu per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa della diffusione di gravi fitopatie che stanno compromettendo colture agricole e terreni per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei ministri che ne riconosca lo stato di calamità.
9/2915/77Attaguile, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4 recante misure urgenti in materia di esenzione IMU e proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale;
    il decreto-legge all'esame ridefinisce i parametri per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli ampliando la platea degli aventi diritto individuati dai precedenti provvedimenti;
    le fitopatie aggrediscono il nostro patrimonio colturale e se non vengono garantite le condizioni di sussistenza che aiutino la permanenza dei nostri imprenditori sul campo si rischia l'abbandono e la perdita delle nostre eccellenze,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto all'esame al fine di valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento misure volte a prevedere l'esenzione dall'Imu per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività delle aziende a causa della diffusione di gravi fitopatie che stanno compromettendo colture agricole e terreni per le quali sia intervenuta o intervenga la deliberazione del Consiglio dei ministri che ne riconosca lo stato di calamità.
9/2915/77. (Testo modificato nel corso della seduta) Attaguile, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso di questo inverno l'inclemenza meteorologica ha colpito buona parte del Paese ed in particolare il centro sud;
    piogge, nevicate, hanno provocato esondazioni di fiumi e criticità legate al dissesto idrogeologico;
    tra i settori economici maggiormente colpiti vi è sicuramente il comparto agricolo;
    in queste settimane sono in corso da parte degli enti preposti stime dei danni e sono state attivate le procedure per il riconoscimento dello stato di calamità naturale;
    se tale riconoscimento dovesse avvenire dopo il 31 marzo data ultima per il pagamento della imposta di cui al presente decreto gli agricoltori avranno già pagato l'IMU,

impegna il Governo

a prevedere nel caso di riconoscimento di stato di calamità per eventi calamitosi aventi come riferimento il termine del 31 marzo 2015 la restituzione dell'imposta eventualmente già versata o ad avviare da parte del Mipaaf le procedure nelle sedi competenti al fine di attivare tutte le misure a tutela del comparto previste dall'ordinamento nazionale e comunitario.
9/2915/78Anzaldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Imu sui terreni agricoli ha subito, nel corso degli ultimi anni, numerose modifiche; introdotta in via «sperimentale» con la legge n. 201 del 2011, è stata abolita nel 2013 e reintrodotta con la legge numero 89 del 2014;
    le conseguenti incertezze e modifiche sugli importi della tassazione, sulle modalità di pagamento e sui criteri utilizzati per individuare i terreni esenti o parzialmente esenti hanno creato numerosi disagi ai contribuenti, agli agricoltori ed alle amministrazioni comunali;
    su sollecitazione di numerosi parlamentari anche con atti di indirizzo e di controllo, delle associazioni di categoria interessate e dell'Anci, il Governo è intervenuto con il decreto-legge in esame (Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione Imu) rivedendo i criteri di applicazione dell'Imu sui terreni agricoli prevedendo una revisione delle esenzioni basata, in gran parte, sui dati altimetrici Istat;
    la modifica introdotta dal Senato, al comma 1-bis dell'articolo 1 del provvedimento in esame, che dispone una detrazione di 200 euro dall'Imu dovuta per i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, rimane ad oggi insufficiente dal momento che, secondo elaborazioni statistiche elaborate dalle associazioni agricole, l'intera produzione dei singoli terreni agricoli non sarebbe in grado nemmeno di ripagare l'imposta municipale;
    è quindi necessaria una ulteriore revisione dei parametri, a partire dall'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio economica, della redditività dei terreni, delle caratteristiche orografiche del suolo e del rischio idrogeologico delle zone soggette all'imposta;
    il dibattito parlamentare e le istanze delle associazioni di categoria hanno infatti evidenziato come i terreni agricoli rappresentino per le aziende un essenziale bene strumentale e non una accessoria rendita patrimoniale;
    va inoltre segnalato come le detrazioni e le esenzioni, presenti nel provvedimento in esame, non riguardino settori del mondo agricolo vitali e spesso oggetto di attenzione del Governo e del Parlamento, come le terre gestite da agricoltori «under 40» (la cui presenza è indispensabile per garantire un effettivo ricambio generazionale del comparto), l'agricoltura biologica (che ha prodotto notevoli aumenti di occupati e fatturato negli ultimi anni), o l'agricoltura sociale (che rappresenta anche un presidio socio sanitario rilevante ed una opportunità di lavoro per alcune categorie svantaggiate). È quindi evidente che una ulteriore tassazione nei confronti delle categorie sopraindicate, rischi non solo di vanificare ogni sforzo che il Legislatore ha operato per incentivarne produzione e redditività ma possa addirittura causare la cessazione di attività di alcune aziende, soprattutto di piccole dimensioni o di carattere «familiare» (peraltro una tipologia di impresa molto diffusa in tutto il territorio nazionale);
    non va poi dimenticato come il dissesto idrogeologico ed i cambiamenti climatici causino ogni anno, anche nel nostro Paese, numerosi danni soprattutto alle colture ed ai terreni agricoli. È evidente che tali danni, soprattutto alle colture, non si risolvono con la cessazione dello stato emergenziale ma hanno ripercussioni economiche ed occupazionali con un'ampia durata temporale. Risulta quindi necessario prevedere forme di esenzione dall'Imu per quei terreni che a causa di disastri naturali, perdono per lunghi periodi di tempo redditività;
   considerato che:
    il decreto ministeriale del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali numero 1678 del 2006 ha istituito la «Commissione tecnica sulla fiscalità in agricoltura» avente il compito di monitorare la situazione e di formulare proposte di modifica della legislazione fiscale con particolare riferimento alla semplificazione degli adempimenti per le aziende agricole;
    tale commissione tecnica, istituita presso il Capo di Gabinetto del Ministro – Ufficio Legislativo, è composta da rappresentanti del Parlamento, dalle associazioni di categoria e da esperti del settore fiscale;
    tale commissione ad oggi non è stata riconfermata,

impegna il Governo

a promuovere l'istituzione, nel prossimo provvedimento utile, di una nuova Commissione tecnica sulla fiscalità in agricoltura con l'obiettivo di individuare linee concertate di attuazione dell'Imu agricola basata su criteri di esenzione ed agevolazione capaci di promuovere una effettiva perequazione fiscale coerente con condizioni socio – economiche ed agrarie, delle caratteristiche orografiche del suolo, del rischio idrogeologico dei territori e della loro effettiva redditività.
9/2915/79Fiorio, Ferrari.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Imu sui terreni agricoli ha subito, nel corso degli ultimi anni, numerose modifiche; introdotta in via «sperimentale» con la legge n. 201 del 2011, è stata abolita nel 2013 e reintrodotta con la legge numero 89 del 2014;
    le conseguenti incertezze e modifiche sugli importi della tassazione, sulle modalità di pagamento e sui criteri utilizzati per individuare i terreni esenti o parzialmente esenti hanno creato numerosi disagi ai contribuenti, agli agricoltori ed alle amministrazioni comunali;
    su sollecitazione di numerosi parlamentari anche con atti di indirizzo e di controllo, delle associazioni di categoria interessate e dell'Anci, il Governo è intervenuto con il decreto-legge in esame (Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione Imu) rivedendo i criteri di applicazione dell'Imu sui terreni agricoli prevedendo una revisione delle esenzioni basata, in gran parte, sui dati altimetrici Istat;
    la modifica introdotta dal Senato, al comma 1-bis dell'articolo 1 del provvedimento in esame, che dispone una detrazione di 200 euro dall'Imu dovuta per i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, rimane ad oggi insufficiente dal momento che, secondo elaborazioni statistiche elaborate dalle associazioni agricole, l'intera produzione dei singoli terreni agricoli non sarebbe in grado nemmeno di ripagare l'imposta municipale;
    è quindi necessaria una ulteriore revisione dei parametri, a partire dall'eliminazione dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di esenzione e la valutazione della natura socio economica, della redditività dei terreni, delle caratteristiche orografiche del suolo e del rischio idrogeologico delle zone soggette all'imposta;
    il dibattito parlamentare e le istanze delle associazioni di categoria hanno infatti evidenziato come i terreni agricoli rappresentino per le aziende un essenziale bene strumentale e non una accessoria rendita patrimoniale;
    va inoltre segnalato come le detrazioni e le esenzioni, presenti nel provvedimento in esame, non riguardino settori del mondo agricolo vitali e spesso oggetto di attenzione del Governo e del Parlamento, come le terre gestite da agricoltori «under 40» (la cui presenza è indispensabile per garantire un effettivo ricambio generazionale del comparto), l'agricoltura biologica (che ha prodotto notevoli aumenti di occupati e fatturato negli ultimi anni), o l'agricoltura sociale (che rappresenta anche un presidio socio sanitario rilevante ed una opportunità di lavoro per alcune categorie svantaggiate). È quindi evidente che una ulteriore tassazione nei confronti delle categorie sopraindicate, rischi non solo di vanificare ogni sforzo che il Legislatore ha operato per incentivarne produzione e redditività ma possa addirittura causare la cessazione di attività di alcune aziende, soprattutto di piccole dimensioni o di carattere «familiare» (peraltro una tipologia di impresa molto diffusa in tutto il territorio nazionale);
    non va poi dimenticato come il dissesto idrogeologico ed i cambiamenti climatici causino ogni anno, anche nel nostro Paese, numerosi danni soprattutto alle colture ed ai terreni agricoli. È evidente che tali danni, soprattutto alle colture, non si risolvono con la cessazione dello stato emergenziale ma hanno ripercussioni economiche ed occupazionali con un'ampia durata temporale. Risulta quindi necessario prevedere forme di esenzione dall'Imu per quei terreni che a causa di disastri naturali, perdono per lunghi periodi di tempo redditività;
   considerato che:
    il decreto ministeriale del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali numero 1678 del 2006 ha istituito la «Commissione tecnica sulla fiscalità in agricoltura» avente il compito di monitorare la situazione e di formulare proposte di modifica della legislazione fiscale con particolare riferimento alla semplificazione degli adempimenti per le aziende agricole;
    tale commissione tecnica, istituita presso il Capo di Gabinetto del Ministro – Ufficio Legislativo, è composta da rappresentanti del Parlamento, dalle associazioni di categoria e da esperti del settore fiscale;
    tale commissione ad oggi non è stata riconfermata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere l'istituzione, nel prossimo provvedimento utile, di una nuova Commissione tecnica sulla fiscalità in agricoltura con l'obiettivo di individuare linee concertate di attuazione dell'Imu agricola basata su criteri di esenzione ed agevolazione capaci di promuovere una effettiva perequazione fiscale coerente con condizioni socio – economiche ed agrarie, delle caratteristiche orografiche del suolo, del rischio idrogeologico dei territori e della loro effettiva redditività.
9/2915/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiorio, Ferrari.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge nell'ambito del suo passaggio parlamentare ha visto un aumento dei comuni esenti, dall'applicazione IMU a terreni agricoli;
    in particolare, con le modifiche apportate al Senato si è intervenuto sui criteri di esenzione del versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani, prorogando ulteriormente il termine per il versamento dell'imposta dovuta all'anno 2014, secondo nuovi criteri;
    il decreto-legge ha, quindi, rimodulato quelle che erano le precedenti classificazioni dei comuni esenti;
    nella loro prima stesura, queste agevolazioni riguardavano sostanzialmente esclusivamente il carattere altimetrico dei comuni e della residenza municipale;
    restano tuttavia alcune criticità da affrontare al fine di assicurare una maggiore equità nell'applicazione della suddetta imposta;
    in particolare una questione su cui intervenire anche con urgenza è quella dei terreni soggetti a pagamento dell'imposta che si trovano nelle cosiddette aree SIN, quelle aree contaminate classificate pericolose dallo Stato Italiano e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee;
    come facilmente intuibile pagare l'IMU agricola per un terreno ubicato in un'area SIN in cui sono in atto o attesi processi di bonifica rappresenta una evidente contraddizione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità nell'ambito dei prossimi interventi di natura fiscale che intende approvare di estendere l'esenzione dal pagamento dell'IMU agricola per quei terreni ricadenti nelle suddette aree SIN.
9/2915/80Cani, Marrocu, Capone, Mariano, Stumpo, Capozzolo, Amendola, Amato.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante il lavoro svolto per migliorare l'impianto del presente decreto-legge rimangono tuttora presenti una serie di incoerenze che risultano ingiustificabili per evidenti questioni di equità;
    l'esenzione IMU vi è per terreni montani o collinari coltivati con produzioni agricole pregiate magari in grado di assicurare buoni redditi e invece si è tenuti a pagarla su terreni con colture poco redditizie o magari situati in area di criticità, penso ad esempio a terreni inondati periodicamente dai corsi d'acqua che vanificano lavoro e sacrifici, solo perché collocate sotto una certa altitudine;
    esiste un problema relativo alle aree interne non esentate, spesso zone, ubicate nel Mezzogiorno, isolate e depresse, che necessiterebbero di adeguato sostegno;
    è necessaria la rivisitazione dell'intero sistema dei criteri di esenzione che tenga nella dovuta e imprescindibile considerazione la redditività dei terreni agricoli a partire dai comuni e che assicuri criteri di equità e di giustizia;
    per fare questo è necessaria la rivisitazione degli estimi catastali agricoli in quanto a situazioni identiche attualmente corrispondono valutazioni diverse a seconda dei diversi territori e ciò crea evidenti condizioni di iniquità a danno del comparto,

impegna il Governo

a prevedere la creazione di un apposito tavolo di confronto con i soggetti istituzionali competenti e le organizzazioni di categoria del settore al fine di rivedere gli estimi catastali in agricoltura con l'obiettivo di assicurare criteri di classamento maggiormente rispondenti alla realtà e trattamenti uniformi a salvaguardia di un doveroso principio di equità.
9/2915/81Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    molti terreni agricoli sul territorio nazionale presentano oggettive problematiche di messa a reddito e che impediscono la loro coltivazione;
    terreni contaminati nei quali non è possibile svolgere nessuna attività agricola e già censiti, sia d'interesse nazionale (SIN) e sia d'interesse regionale, ad esempio La Valle del Sacco (Zona Colleferro-Anagni) e di tutti quei terreni nei quali le coltivazioni presenti sono attaccate da parassiti come il Cinipide Galligeno del Castagno e la Xylella, la peste delle piante che sta ammazzando tutti gli ulivi specialmente nel Salento,

impegna il Governo

ad adottare ogni ulteriore misura utile al fine di riconoscere l'esenzione dal pagamento dell'IMU per quei terreni che rientrano tra le tipologie richiamate in premessa.
9/2915/82Carella.


   La Camera,
   premesso che:
    molti terreni agricoli sul territorio nazionale presentano oggettive problematiche di messa a reddito e che impediscono la loro coltivazione;
    terreni contaminati nei quali non è possibile svolgere nessuna attività agricola e già censiti, sia d'interesse nazionale (SIN) e sia d'interesse regionale, ad esempio La Valle del Sacco (Zona Colleferro-Anagni) e di tutti quei terreni nei quali le coltivazioni presenti sono attaccate da parassiti come il Cinipide Galligeno del Castagno e la Xylella, la peste delle piante che sta ammazzando tutti gli ulivi specialmente nel Salento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni ulteriore misura utile al fine di riconoscere l'esenzione dal pagamento dell'IMU per quei terreni che rientrano tra le tipologie richiamate in premessa.
9/2915/82. (Testo modificato nel corso della seduta) Carella.


   La Camera,
   premesso che:
    la Sardegna vive una crisi economica e sociale di grandissime proporzioni che manifesta i suoi effetti più evidenti e drammatici nei confronti del settore agricolo e agro-alimentare, ma in generale del mondo rurale;
    la crisi è accentuata dalla mancata soluzione delle conseguenze dei provvedimenti legislativi assunti a suo tempo dalla Regione Sardegna dichiarati incompatibili dalla Commissione Europea, infatti con la Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del febbraio 2006 sono stati dichiarati inammissibili con il mercato comune gli aiuti concessi dalla Regione Sardegna a diversi settori agricoli sotto forma di concorso negli interessi in applicazione della legge regionale n. 44/88;
    gli effetti per il mondo agricolo della sentenza si sono dimostrati drammatici in quanto ha determinato l'esecuzione forzosa in danno delle aziende agricole con la messa all'asta di terreni, case, beni strumentali, capannoni;
    l'estensione dell'IMU alle aziende agricole ubicate nei comuni considerati parzialmente montani e nelle aree svantaggiate creerà un accentuarsi della crisi economica e sociale di quei territori e un ulteriore elemento di crisi per le aziende agricole sarde;
    grazie ad una iniziativa condivisa da tutte le forze politiche nella precedente legislatura si approvò una norma che prevedeva la sospensione a termine di tutte le procedure di recupero dei crediti da parte delle Banche con esecuzione forzosa relativa ai suddetti mutui, al fine di consentire ad una commissione di esperti nominati dal Ministro per le politiche agricole, dal Ministro dell'economia e delle finanze e dalla Regione Sardegna di individuare le soluzioni per la ristrutturazione dei debiti;
   considerato che:
    in questi mesi in Sardegna andranno all'asta oltre 700 aziende agricole e le relative abitazioni degli agricoltori in quanto le misure applicate dagli Istituti bancari di recupero dei finanziamenti si sono rivelati insostenibili per le aziende agricole interessate dato anche l'aggravarsi della crisi economica dell'isola;
    le azioni di sgombero degli agricoltori dalle proprie aziende sta creando anche gravissime situazioni di tensioni sociali nel territorio sardo,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del decreto, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere i criteri di individuazione delle aziende agricole da esentare dal pagamento dell'IMU al fine di escludere dall'obbligo di pagamento dell'imposta IMU le aziende agricole che operano in territori duramente provati da una grave crisi occupazionale e interessate a spopolamento e in molti casi già sottoposte ad azione giudiziaria di recupero dei finanziamenti da parte delle Banche;
   a valutare l'opportunità di attivare apposite iniziative tendenti a reintrodurre o prorogare la normativa di sospensione delle azioni di recupero dei finanziamenti avviate dalle banche con la messa all'asta delle aziende e delle case degli agricoltori e definire in concorso con la Regione Sardegna e nel rispetto della normativa comunitaria iniziative tese alla ristrutturazione dei debiti e al risanamento delle aziende e al rilancio del settore agricolo e agro-alimentare dalla Sardegna.
9/2915/83Marrocu, Cani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame parlamentare al Senato del decreto-legge n. 4 del 2015 è stato introdotto un articolo aggiuntivo 1-bis che prevede in considerazione del permanente stato di crisi nell'isola di Lampedusa, il termine della sospensione degli adempimenti e dei versamenti dei tributi, previsto dall'articolo 10, comma 8 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, prorogato al 15 dicembre 2015, nei confronti dei datori di lavoro privati e per i lavoratori autonomi operanti nel territorio isolano a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord-Africa;
    i recenti e tragici avvenimenti connessi al grave deterioramento del quadro di sicurezza, determinato in Libia dall'incursione dei terroristi jihadisti dell'Isis, che intendono occupare il territorio del Paese nord-africano e le reali minacce al territorio italiano da parte degli stessi terroristi jihadisti in Libia, coinvolgono direttamente l'intera regione Siciliana ed in particolare la provincia di Agrigento, anch'essa interessata come Lampedusa da una situazione emergenziale, il cui ripristino delle condizioni di normalità stentano a definirsi;
    interventi affini e similari come le misure previste al suindicato articolo 1-bis, appaiono pertanto urgenti e necessari in considerazione dei livelli di criticità in precedenza indicati nei confronti dell'intero territorio agrigentino,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione ed i vincoli di bilancio, interventi fiscali in favore dei territori della provincia di Agrigento, anch'essi coinvolti come l'isola di Lampedusa da fenomeni emergenziali causati dalla gravissima situazione che si sta sviluppando nell'area del Mediterraneo, in considerazione dell'ondata migratoria inarrestabile che interessa anche la costa agrigentina, le cui evidenti ripercussioni economiche si avvertono in maniera diretta in ambito locale.
9/2915/84Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 4 del 2015, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU e proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale, si è reso necessario a seguito delle sollecitazioni provenienti dal Parlamento e in particolare dal settore agricolo, al fine di una ridefinizione dei criteri di esenzioni della medesima imposta, i cui meccanismi permangono ancora complicati;
    il provvedimento in particolare, si evidenzia per la mancata esenzione dell'IMU agricola, nei territori ubicati in aree di collina svantaggiata e nei riguardi delle zone colpite da eventi calamitosi non situate in aree montane;
    al riguardo, occorre rilevare come numerose regioni fra le quali: la Liguria, la Lombardia, il Veneto, la Puglia e da ultima la Toscana, sono state colpite nel corso degli ultimi anni, da eccezionali avversità atmosferiche con gravissime ripercussioni sui territori, ove sono insediate attività legate alle coltivazioni e alle produzioni agricole;
    la stessa regione Toscana a tal fine è stata anch'essa interessata, nel corso degli ultimi anni da numerosi e costanti eventi calamitosi legati a fenomeni alluvionali, il cui dissesto idrogeologico, ha determinato gravissime ripercussioni per l'economia agricola regionale, compromettendo in diversi casi la prosecuzione delle attività agricole delle zone interessate;
    nel corso dell'esame al Senato del medesimo decreto-legge, sono stati inseriti una serie di adempimenti fiscali, contributi e assicurativi obbligatori nell'isola di Lampedusa, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Nord-Africa;
    interventi affini e similari nei confronti della regione Toscana, colpita peraltro nelle scorse settimane da una tempesta di vento che ha provocato rilevanti danni dal distretto florovivaistico toscano, si rendono pertanto necessari, al fine del superamento della situazione emergenziale esistente nel territorio medesimo, che persiste a distanza di anni, le cui ripercussioni economiche ed occupazionali sul settore agricole toscano, sono particolarmente avvertite in ambito locale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione ed i vincoli di bilancio, interventi legislativi di accompagnamento in favore della regione Toscana, finalizzati alla sospensione degli adempimenti e dei versamenti fiscali, contributivi e assicurativi obbligatori per le imprese agricole Toscane, fino al prossimo 31 dicembre 2015, che hanno subito danni alle colture agricole danneggiate e alle attività connesse, nel corso degli ultimi eventi atmosferici verificati nel corso del mese corrente.
9/2915/85Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2015 interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani, prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014 secondo i nuovi criteri applicativi stabiliti dal medesimo decreto;
    il testo dispone altresì specifiche agevolazioni nonché detrazioni ed esenzioni nell'ambito dell'IMU sui terreni agricoli, in ragione della specificità e delle caratteristiche di alcuni territori;
    nell'area della cosiddetta «Terra dei fuochi», che attraversa i comuni delle province di Napoli e Caserta, e in cui risiedono oltre 2 milioni di abitanti, sussistono ancora gravi preoccupazioni e forti criticità per i terreni, a causa del fenomeno dei roghi di rifiuti tossici, la cui combustione è stata ed è ancora causa di gravi conseguenze sulla salute delle persone e la salubrità dell'ambiente, già fortemente devastato da sversamenti illegali e scarichi selvaggi di veleni e scorie industriali;
    oltre ad assicurare la prosecuzione del concorso delle forze armate nelle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio, finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale, è auspicabile un impegno da parte del Governo nel disporre misure di incentivazione e agevolazioni ai fini del rilancio competitivo dell'area, in particolare in termini di produzione agricola,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere opportuni provvedimenti per disporre misure agevolative nell'ambito della tassazione di terreni e immobili destinati all'agricoltura situati nella cosiddetta «Terra dei fuochi», ai fini del rilancio della produzione agricola dell'area.
9/2915/86Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    riconoscendo il lavoro svolto dal Governo e dal Parlamento in merito alle modifiche apportate al decreto legge in oggetto va comunque posta in evidenza la ormai imprescindibile questione attinente alla definizione di «classificazione montana» e di procedere in tempi rapidi ad una ridefinizione della stessa in maniera più attenta alla morfologia del territorio in quanto si rischia come accaduto anche in occasione di questo provvedimento di creare situazioni di oggettiva disparità e conseguenti penalizzazioni a danno di comprensori deboli e delle aree interne, in alcuni casi addirittura tra comuni contigui;
    in rilievo la necessità di affrontare in maniera organica la questione del rilancio del comparto agricolo nelle aree interne ed in particolare di quelle del Mezzogiorno;
    la classificazione del grado di montanità, con la suddivisione dei comuni in «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani», è legata all'applicazione dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952 e non è quindi da attribuire ad una classificazione di tipo statistico da parte dell'Istat;
    la legge n. 991 del 1952, ha determinato i criteri di classificazione geomorfologici (l'80 per cento della superficie al di sopra dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo reddituale dei terreni prevedeva anche che la commissione censuaria centrale istituita presso il Ministero delle Finanze fosse incaricata di stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e poteva includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle condizioni sopra citate, fossero già classificati come montani dal catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (articolo 1) o appartenenti a comprensori di bonifica montana (articolo 14);
    successivamente è subentrata la legge n. 142 del 1990, che ha modificato l'impianto di legge abrogando due articoli, proprio l'articolo 1 e il 14 e questo ha cristallizzato la situazione penalizzando molti comprensori territoriali ubicati in particolari aree o con situazioni specifiche di articolazioni comunali e differenze tra centri e frazioni, tra nucleo abitato e aree industriali o dedite a coltivazione;
    va detto che tale cristallizzazione è fonte di tante incongruità in quanto quel tipo di classificazione assume poi valore di principio nella declinazione di diversi provvedimenti di organizzazione e di applicazione di norme, ad esempio nella organizzazione scolastica, dei presidi di pubblica sicurezza ed altro ancora,

impegna il Governo

a costituire presso il Dipartimento degli Affari Regionali della presidenza del consiglio dei ministri un nucleo di lavoro, di concerto con le regioni, finalizzato alla revisione della legge n. 991 del 1952 o successive modificazioni al fine di consentire una più attenta ricognizione dei territori per la classificazione dei comuni in considerazione delle diverse articolazioni e specificità che caratterizzano aree e comprensori, in particolare nelle aree interne, con l'obiettivo di evitare penalizzazioni e trattamenti diversi per situazioni simili a danno di territori già oggettivamente in difficoltà.
9/2915/87Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    riconoscendo il lavoro svolto dal Governo e dal Parlamento in merito alle modifiche apportate al decreto legge in oggetto va comunque posta in evidenza la ormai imprescindibile questione attinente alla definizione di «classificazione montana» e di procedere in tempi rapidi ad una ridefinizione della stessa in maniera più attenta alla morfologia del territorio in quanto si rischia come accaduto anche in occasione di questo provvedimento di creare situazioni di oggettiva disparità e conseguenti penalizzazioni a danno di comprensori deboli e delle aree interne, in alcuni casi addirittura tra comuni contigui;
    in rilievo la necessità di affrontare in maniera organica la questione del rilancio del comparto agricolo nelle aree interne ed in particolare di quelle del Mezzogiorno;
    la classificazione del grado di montanità, con la suddivisione dei comuni in «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani», è legata all'applicazione dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952 e non è quindi da attribuire ad una classificazione di tipo statistico da parte dell'Istat;
    la legge n. 991 del 1952, ha determinato i criteri di classificazione geomorfologici (l'80 per cento della superficie al di sopra dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo reddituale dei terreni prevedeva anche che la commissione censuaria centrale istituita presso il Ministero delle Finanze fosse incaricata di stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e poteva includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle condizioni sopra citate, fossero già classificati come montani dal catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (articolo 1) o appartenenti a comprensori di bonifica montana (articolo 14);
    successivamente è subentrata la legge n. 142 del 1990, che ha modificato l'impianto di legge abrogando due articoli, proprio l'articolo 1 e il 14 e questo ha cristallizzato la situazione penalizzando molti comprensori territoriali ubicati in particolari aree o con situazioni specifiche di articolazioni comunali e differenze tra centri e frazioni, tra nucleo abitato e aree industriali o dedite a coltivazione;
    va detto che tale cristallizzazione è fonte di tante incongruità in quanto quel tipo di classificazione assume poi valore di principio nella declinazione di diversi provvedimenti di organizzazione e di applicazione di norme, ad esempio nella organizzazione scolastica, dei presidi di pubblica sicurezza ed altro ancora,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di costituire presso il Dipartimento degli Affari Regionali della presidenza del consiglio dei ministri un nucleo di lavoro, di concerto con le regioni, finalizzato alla revisione della legge n. 991 del 1952 o successive modificazioni al fine di consentire una più attenta ricognizione dei territori per la classificazione dei comuni in considerazione delle diverse articolazioni e specificità che caratterizzano aree e comprensori, in particolare nelle aree interne, con l'obiettivo di evitare penalizzazioni e trattamenti diversi per situazioni simili a danno di territori già oggettivamente in difficoltà.
9/2915/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    è assolutamente irrazionale sottoporre a prelievo fiscale un fattore produttivo quale la terra, quando la stessa viene colpita da eventi calamitosi, fattori che, non dipendendo dalla negligenza dell'uomo, se non controbilanciati da interventi normativi di sostegno potrebbero indurre gli agricoltori ad abbandonare i terreni di loro proprietà, con grave pregiudizio per il ruolo di presidio ambientale che svolgono sul territorio;
   d'altra parte nel caso dei terreni agricoli che hanno subito calamità naturali, posto che gli stessi non sono capaci di produrre reddito, non dovrebbe sussistere il presupposto per la tassazione,

impegna il Governo

ad emanare un apposito provvedimento normativo che preveda, per il futuro, l'automatica sospensione della tassazione IMU per tutti quei terreni siti in aree per cui sia stata riconosciuta la calamità naturale, limitatamente all'anno successivo a quello in cui si è verificato l'evento.
9/2915/88Matarrelli, Franco Bordo, Paglia, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    nella situazione attuale esistono terreni agricoli in grado di produrre reddito o meno, di incorporare rendite rilevanti o addirittura negative, oltre che molto differenziati in termine di valore reale;
    è quindi evidente che l'introduzione dell'IMU agricola ha introdotto una forte sperequazione fiscale, dato che va a trattare in modo uguale ciò che spesso non è nemmeno simile;
    tale situazione potrebbe essere sanata solo da una riforma del catasto terreni, che deve essere rapidamente avviata e portata a compimento, come premessa della riforma dell'intero sistema della tassazione dei patrimoni agricoli;
    in particolare si evidenzia che sarebbe corretto evitare di sottoporre a tassazione patrimoniale i fattori produttivi, in questo come in altri settori, elevando invece eventualmente l'imposta su eventuali plusvalenze che si verifichino all'atto della cessione degli asset;
    questo principio è particolarmente vero per i terreni agricoli che in virtù di modifiche delle disposizioni urbanistiche acquisiscano la qualifica di edificabili, con ciò vedendo aumentare fortemente il proprio valore,

impegna il Governo

a valutare nel contesto della riforma della tassazione sui terreni agricoli l'esenzione da imposta dei fattori produttivi e la contestuale introduzione di una forte imposta sulle plusvalenze, con particolare riferimento a quelle derivanti da cambi della destinazione d'uso.
9/2915/89Ricciatti, Paglia, Franco Bordo, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle scorse settimane violenti nubifragi hanno isolato il comune di Contessa Entellina e la regione Sicilia ne ha dichiarato lo stato di calamità;
    si tratta di un territorio di 136 Kmq, prevalentemente aspro, boschivo e montuoso, con 1800 residenti, il cui reddito medio procapite è di euro 6000, con un livello di disoccupazione pari al 35 per cento che tra i giovani raggiunge il 60 per cento;
    nel decreto in esame si è ritenuto necessario introdurre misure di sostegno a territori svantaggiati o colpiti da situazioni emergenziali come l'isola di Lampedusa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'esenzione totale al versamento dell'IMU agricola al comune di Contessa Entellina.
9/2915/90Amato, Schirò.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi in merito alle cooperative impegnate in attività connesse ai flussi migratori e all'entità economica dei relativi appalti o delle relative assegnazioni dirette – 3-01368

   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine «mafia capitale» ha fatto emergere con tutta chiarezza come le associazioni criminali gestiscano attraverso il complesso sistema delle cooperative il business dell'immigrazione;
   in una delle intercettazioni pubblicate nell'ambito dell'inchiesta «mafia capitale» il capo della cosca romana Salvatore Buzzi spiegò che i guadagni che si possono fare con l'immigrazione non sono paragonabili neanche al traffico di droga;
   diverse inchieste, a partire da quella relativa al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania), mostrano una fotografia dai contorni ben definiti dalla quale emergono i rapporti tra politici corrotti, cooperative e associazioni criminali per la spartizione del nuovo business dell'immigrazione;
   pur se la questione dei flussi migratori verso il nostro Paese è oramai da anni una realtà acquisita, la gestione delle connesse problematiche viene affrontata come situazione emergenziale senza, quindi, una politica governativa di medio o lungo periodo;
   le cooperative sociali, pur se nate con l'obiettivo nobile di assorbire il gap di intervento statale sulle questioni di impatto sociale, sono state utilizzate impropriamente anche per la loro specifica natura giuridica come strumento di congiunzione tra politica corrotta e criminalità organizzata;
   visto e considerato quanto emerge dalle recenti inchieste giudiziarie è opportuno chiarire le dimensioni del fenomeno di commistione tra il malaffare e le cooperative;
   se, da un lato, è opportuno salvaguardare l'operato delle cooperative che, rispettando la missione istitutiva, collaborano fattivamente per il bene comune, dall'altro lato non è più tollerabile agevolare fiscalmente le cooperative che lucrano, sfruttando in modo strumentale le relative agevolazioni fiscali e le forme contrattuali che permettono di abbattere il costo del lavoro a danno dei diritti e della dignità degli operatori;
   è necessario riformare la normativa vigente che disciplina il funzionamento delle cooperative, individuando chiaramente, oltre a criteri certi per l'assegnazione delle gare pubbliche, anche modalità di monitoraggio per l'accertamento del rispetto di standard qualitativi e quantitativi –:
   quante, a livello nazionale, siano le cooperative impegnate nella gestione dell'impatto sociale connesso ai flussi migratori e a quanto ammonti complessivamente l'entità economica degli appalti o delle assegnazioni dirette gestite dalle cooperative. (3-01368)


Iniziative volte al superamento delle disparità di trattamento nell'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare – 3-01369

   SBERNA e GIGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 13 marzo 1998, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, ha previsto, all'articolo 2, la cessazione della corresponsione degli assegni familiari e la loro sostituzione con una prestazione denominata «assegno per il nucleo familiare»;
   gli assegni familiari sono una prestazione istituita per aiutare le famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei siano composti da più persone e i cui redditi siano al di sotto dei limiti stabiliti annualmente dalla legge;
   il riconoscimento dell'assegno in favore del lavoratore dipendente o del pensionato è condizionato al fatto che il reddito complessivo derivi prevalentemente da lavoro dipendente o da pensione;
   si ha diritto all'assegno, infatti, solo se la somma dei redditi – derivanti da lavoro dipendente, da pensione o da altre prestazioni conseguenti ad attività lavorativa dipendente (integrazioni salariali, disoccupazione ed altro) – riferita al nucleo familiare nel suo complesso, ammonta almeno al 70 per cento dell'intero reddito familiare;
   dal 1998, a seguito del disposto di cui all'articolo 80, comma 12, della legge n. 388 del 2000, l'erogazione degli assegni familiari spetta anche ai lavoratori parasubordinati con le stesse modalità che si applicano ai lavoratori dipendenti. Sono interessati coloro che nella contribuzione versano la quota dello 0,72 per cento, in aggiunta al 27 per cento per la copertura pensionistica, per finanziare l'indennità di maternità, gli assegni per il nucleo familiare e l'indennità di malattia;
   si ha diritto all'assegno nei casi in cui la somma dei redditi derivanti da attività di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto, da vendita porta a porta e da libera professione, è pari o superiore al 70 per cento del reddito complessivo familiare percepito nell'anno solare precedente il 1o luglio. Nel caso di un nucleo composto da un lavoratore dipendente e da un lavoratore parasubordinato (reddito misto), il requisito del 70 per cento si considera realizzato sommando le due tipologie di reddito. Il diritto all'assegno è riconosciuto indipendentemente dall'entità dei singoli redditi (dipendente o parasubordinato) che costituiscono il reddito complessivo;
   si evidenziano, quindi, situazioni di disparità non solo tra lavoratori dipendenti e autonomi – non essendo a questi ultimi riconosciuto il diritto all'assegno familiare –, ma anche tra lavoratori iscritti alla stessa gestione separata – un lavoratore con partita iva, pur versando i contributi alla stessa cassa dei collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, gode di meno diritti di quest'ultimo – disparità che non tengono conto ovviamente della finalità dell'assegno familiare, che è appunto quella di sostenere le famiglie;
   infatti, nel caso di un nucleo familiare composto da un lavoratore dipendente e da uno con partita iva si può verificare che, se l'assegno è chiesto alla gestione lavoratori parasubordinati, si può ottenere perché il requisito del 70 per cento è realizzabile anche con reddito misto, se invece è chiesto alla gestione dipendenti non è possibile ottenerlo, perché non è ammesso il reddito misto con attività professionale e l'attività professionale deve toccare al massimo il 30 per cento delle entrate familiari complessive –:
   di fronte alle sopra menzionate disparità di trattamento, quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare perché sia superato l'ostacolo delle differenze di gestione Inps e sia garantito il sostegno alle famiglie. (3-01369)


Intendimenti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in ordine alla permanenza del dottor Signorini a capo della struttura tecnica di missione e all'opportunità di riesaminare il quadro complessivo dei dirigenti e consulenti del ministero – 3-01372

   LIUZZI, DELL'ORCO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, DI BATTISTA, DADONE, BUSINAROLO, AGOSTINELLI, ALBERTI, BARONI, BASILIO, BATTELLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, BONAFEDE, BRESCIA, BRUGNEROTTO, BUSTO, CANCELLERI, CARIELLO, CASO, CASTELLI, CECCONI, CHIMIENTI, CIPRINI, COLLETTI, COLONNESE, COMINARDI, CORDA, COZZOLINO, CRIPPA, DA VILLA, DAGA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE ROSA, DEL GROSSO, DELLA VALLE, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, MANLIO DI STEFANO, DI VITA, DIENI, D'INCÀ, D'UVA, FANTINATI, FERRARESI, FICO, FRACCARO, FRUSONE, GAGNARLI, GALLINELLA, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, GRANDE, GRILLO, L'ABBATE, LOMBARDI, LOREFICE, LUPO, MANNINO, MANTERO, MARZANA, MICILLO, NESCI, NUTI, PARENTELA, PESCO, PETRAROLI, PISANO, RIZZO, RUOCCO, SARTI, SCAGLIUSI, SIBILIA, SORIAL, SPADONI, TERZONI, TOFALO, TONINELLI, TRIPIEDI, VACCA, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI, VILLAROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 marzo 2015 Ercole Incalza, già capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oggi consulente esterno dello stesso ministero, è stato arrestato con l'accusa di aver fatto parte, in qualità di capo della suddetta struttura, di un articolato sistema corruttivo che vedrebbe coinvolti dirigenti pubblici, società aggiudicatarie di appalti e imprese esecutrici dei lavori relativi alle cosiddette grandi opere;
   tra i lavori interessati dall'indagine risultano, in particolare, le principali nuove tratte ferroviarie, il Palazzo Italia del sito milanese di Expo 2015, oltre che interventi in alcuni porti, mostre e persino la futura metropolitana di Parma, ancora non realizzata ma già costata trenta milioni di euro;
   l'ingegner Incalza, secondo quanto riportato dalla stampa, avrebbe ricoperto un ruolo chiave nel garantire l'approvazione dei finanziamenti per suddette opere;
   il dottor Incalza, seppur prosciolto o destinatario di un provvedimento di archiviazione (spesso per intervenuta prescrizione), risulta essere stato indagato già in altri 14 procedimenti;
   secondo notizie di stampa, un ruolo dell'ingegnere è emerso anche nel corso dell'inchiesta condotta dalla procura di Venezia riguardante i fenomeni corruttivi legati agli appalti per la realizzazione della costruzione del Mose, così come denunciato dagli stessi interroganti nella seduta del 2 luglio 2014;
   secondo quanto riportato dalla stampa, Incalza tra il 2011 e il 2013 si sarebbe attivato al fine di ottenere la nomina di Paolo Emilio Signorini alla guida del Magistrato delle acque (istituto periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolge un ruolo rilevante di controllo e vigilanza sulla realizzazione delle opere, nonché di rilascio di tutta una serie di autorizzazioni);
   antecedentemente al contratto di consulenza esterna attualmente in essere, il conferimento all'ingegnere dell'incarico alla guida della struttura tecnica era avvenuto sulla base di un avviso pubblico del 28 ottobre 2013 firmato da Paolo Emilio Signorini, capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale;
   suddetto avviso richiedeva esperienze lavorative decennali in posizioni delle quali solo il candidato, nonché già capo del dipartimento, ingegner Incalza risultava essere in possesso;
   l'ammissibilità delle domande e la valutazione dei curricula è stata effettuata da una commissione nominata sempre dal dottor Paolo Emilio Signorini, che, seppur non indagato, risulta aver avuto relazioni con gli indagati e, in particolare, con Mazzacurati;
   dal sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si apprende come il ruolo di capo della struttura tecnica, dal giorno del pensionamento di Incalza, sia attualmente ricoperto dallo stesso Paolo Emilio Signorini;
   il Ministro interrogato, il 2 luglio 2014, intervenendo in replica all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea di cui sopra, aveva difeso l'integrità morale e l'operato dell'ingegner Incalza, sottolineando come quest'ultimo, in ordine alla realizzazione della TAV di Firenze, non fosse mai stato interrogato, né chiesto il rinvio a giudizio;
   nella stessa occasione, il Ministro interrogato, nel giustificare l'elevato numero di procedimenti giudiziari a carico di Incalza, aveva riconosciuto l'importanza del ruolo conferito all'ingegnere, la delicatezza delle funzioni a lui assegnate e la rilevantissima responsabilità ricoperta –:
   se il Ministro interrogato, stante quanto in premessa, consideri opportuna la permanenza del dottor Signorini a capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non ritenga, dunque, necessario rivedere le proprie posizioni e riesaminare il quadro complessivo dei dirigenti e consulenti del proprio ministero, predisponendo, altresì, urgentemente dei meccanismi di attivazione e conferimento degli incarichi al fine di garantire il corretto operato del suo dicastero. (3-01372)


Iniziative riguardanti i servizi di assistenza al volo forniti da Enac ed Enav presso l'aeroporto Sant'Anna di Crotone – 3-01373

   DORINA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano aeroporti presentato a suo tempo dal Ministro interrogato ha ridisegnato la mappa degli scali sul territorio nazionale, giungendo a classificare 11 aeroporti strategici e 26 stazioni d'interesse nazionale;
   nel bacino relativo alla regione Calabria, risulta strategico lo scalo di Lamezia Terme, mentre vengono catalogati come di interesse nazionale quelli di Reggio Calabria e di Crotone;
   la posizione geografica della città di Crotone, insieme alla mancanza di un'efficiente rete ferroviaria ed autostradale in grado di consentirle rapidi collegamenti dalla fascia ionica al resto d'Italia, rendono più che mai necessaria la presenza di uno scalo aeroportuale strategico, in grado di assicurare servizi fondamentali per la collettività, nonché favorire una crescita economico-sociale di rilievo dell'intera fascia ionica;
   ad oggi sul bilancio dello scalo di Crotone (che soddisfa un bacino di utenza naturale per un'area che conta una popolazione residente di circa 450.000 abitanti) gravano servizi di assistenza ai voli forniti da Enac ed Enav per un totale, per quanto consta all'interrogante, di 120.000 euro mensili –:
   se l'aeroporto Sant'Anna di Crotone potrà contare (per come risulta avvenga per gli altri «aeroporti d'interesse nazionale») sullo sgravio dei costi, nonché sui benefici, dei servizi di assistenza ai voli, erogati da Enac ed Enav. (3-01373)


Iniziative volte alla revisione della politica infrastrutturale delle grandi opere – 3-01374

   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ieri è stato arrestato Ettore Incalza, già capo della struttura tecnica di missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, accusato di gestire una «cupola» che pilotava grandi appalti pubblici in tutta Italia, come quelli legati all'alta velocità, a Expo e alle autostrade;
   come si legge sull’Ansa del 17 marzo 2015, è risultato al giudice per le indagini preliminari che egli dirigesse «ogni grande opera, predisponendo le bozze della legge obiettivo e individuando di anno in anno quelle da finanziarie e quelle da bloccare»;
   al di là degli eventuali profili di responsabilità penale, che verranno chiariti nelle opportune sedi, si palesano delle responsabilità politiche – proprie non solo del presente Governo – nella gestione della politica infrastrutturale italiana, già oggetto di continui scandali nell'ultimo anno;
   già con l'atto ispettivo n. 5-04054, ancora senza risposta, l'interrogante aveva evidenziato criticità di una pubblica gara, avente ad oggetto l’«affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e gestione dell'intervento: corridoio intermodale Roma-Latina e collegamento Cisterna-Valmontone»;
   risulta all'interrogante che la maggior parte delle infrastrutture di trasporto attualmente in fase di progetto o di realizzazione non siano state precedute da analisi economiche conformi alle best practice internazionali e che siano mancate, in particolare, preventive analisi di costo-opportunità che avessero ad oggetto le opere nella loro interezza, che soddisfacessero requisiti di terzietà e comparatività e che tenessero conto del traffico divertito;
   risulta, inoltre, che non vi sia grande opera i cui costi di realizzazione non si siano locupletati, spesso in ragione di varianti, rispetto alle quali non sempre è evidente l'interesse pubblico perseguito –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare al fine di sottoporre a una sistematica e profonda revisione la politica infrastrutturale delle grandi opere, rivalutando le ragioni di moltiplicazione dei costi e procedendo ad analisi costo-opportunità dotate dei requisiti sopra indicati. (3-01374)


Iniziative volte a contrastare il fenomeno della corruzione nel settore degli appalti e dei lavori pubblici e ad introdurre la periodica rotazione delle figure dirigenziali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché per la piena trasparenza degli investimenti pubblici legati alle «grandi opere» – 3-01375

   PELLEGRINO, ZARATTI, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FERRARA, DURANTI, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MATARRELLI, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZACCAGNINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 16 marzo 2015 una maxi operazione dei carabinieri del Ros, coordinata dalla procura di Firenze, ha portato a quattro arresti e 51 indagati. In carcere, nell'inchiesta della procura di Firenze sulla Tav e sui numerosi lavori legati alle grandi opere, anche Ercole Incalza, dirigente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Gli altri tre arrestati sono il funzionario del ministero e collaboratore di Incalza, Sandro Pacella, e gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, presidente del consiglio di amministrazione di Centostazioni spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato;
   nel mirino la gestione illecita degli appalti delle «grandi opere», per quello che i magistrati definiscono un «articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori». Corruzione, induzione indebita, turbativa d'asta ed altri delitti contro la pubblica amministrazione sono le accuse che hanno portato, come detto, all'arresto del dirigente del ministero (ora consulente esterno) Ercole Incalza. Arrestato per la Tav di Firenze, ma citato in quasi tutte le carte processuali relative agli scandali delle «grandi opere», dal Mose all'Expo di Milano;
   l'inchiesta nasce dagli appalti per l'alta velocità nel nodo fiorentino e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell'alta velocità del Centro-Nord Italia e ad una lunga serie di appalti relativi ad altri «grandi opere», compresi alcuni relativi all'Expo;
   sono oltre 100 le perquisizioni eseguite nell'ambito dell'operazione «Sistema». Le perquisizioni hanno – tra l'altro – riguardato gli uffici della struttura di missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Rete ferroviaria italiana spa, dell’Anas International enterprises spa, delle Ferrovie del sud-est srl, del Consorzio autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, dell'autostrada regionale Cispadana spa e dell'autorità portuale Nord Sardegna;
   il dirigente arrestato, Ercole Incalza, è una figura di primissimo piano nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Arrivato nel 2001, come capo della segreteria tecnica di Pietro Lunardi (Governo Berlusconi), è rimasto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per quattordici anni;
   in questi anni Incalza ha accumulato 14 procedimenti penali a carico e una sequela di assoluzioni o archiviazioni (in diversi casi per «intervenuta prescrizione»). Tra i proscioglimenti per prescrizione rientra anche il processo in cui era accusato di aver corrotto il giudice proprio per ottenere l'archiviazione;
   come riportato anche dall'agenzia Agi, dalle 268 pagine di ordinanza cautelare scritta dal giudice per le indagini preliminari di Firenze emerge come «Ercole Incalza era così influente all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da aggiornare il Ministro Lupi, in procinto di farsi intervistare da un quotidiano, sullo stato dei lavori e dei finanziamenti delle “grandi opere”, da buttare giù il programma di Governo che il Nuovo Centrodestra avrebbe dovuto presentare e da ottenere la nomina del senatore Nencini a Sottosegretario, dietro sua sponsorizzazione. Il magistrato si sofferma, anzitutto, sullo strettissimo legame tra Ercole Incalza e il Ministro Lupi. “Una relazione – scrive – che ha sicuramente contribuito, da ultimo, all'affermazione del potere di Incalza nei rapporti con i dirigenti delle imprese e anche con altri soggetti istituzionali”. Il 28 dicembre del 2013 è significativa per gli investigatori del Ros una conversazione tra i due che esalta “l'effettiva importanza” rivestita dall'ingegnere all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;
   quanto sta emergendo in queste ore è solo l'ultima di una serie intollerabile di vicende di corruzione che vede coinvolti amministratori pubblici, imprenditori, politici, che, mettendo in piedi vere e proprie «associazioni a delinquere», si spartiscono appalti e lavori legati alle tante più o meno grandi opere pubbliche;
   seppure è da valutare positivamente la costituzione dell'Autorità anticorruzione, rimane il fatto che non è pensabile pensare che detta struttura possa essere risolutiva del fenomeno dilagante e cancerogeno della corruzione e del malaffare nella pubblica amministrazione e nell'assegnazione degli appalti pubblici;
   da due anni si è, invano, in attesa dell'approvazione della «legge anticorruzione»;
   peraltro l'8 maggio 2014, in occasione del convegno organizzato dalla «Rete delle professioni», il Ministro interrogato aveva dichiarato che avrebbe provveduto a una revisione del codice degli appalti. Da allora nulla è stato presentato al Parlamento –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per contrastare il fenomeno della corruzione, con particolare riferimento al settore degli appalti e dei lavori pubblici, che vede in queste ore coinvolto anche il suo dicastero, anche promuovendo opportune modifiche al codice degli appalti, e se non ritenga indispensabile prevedere una periodica rotazione delle figure dirigenziali, nonché rendere disponibili in formato aperto (open data) i dati informativi relativi agli investimenti pubblici principalmente legati alle grandi opere e ai lavori in fase di realizzazione e di progettazione, anche sotto il profilo dei finanziamenti. (3-01375)


Problematiche riguardanti il cosiddetto passante nord di Bologna – 3-01376

   CATANIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   attualmente convergono su Bologna quattro tronchi autostradali: la Bologna-Milano (A1), la Bologna-Firenze (A1), la Bologna-Padova (A13) e la Bologna-Ancona (A14), collegati fra loro dal sistema tangenziale di Bologna. Questa arteria di circa 22 chilometri che va da Casalecchio a San Lazzaro è costituita da un'autostrada a due corsie più quella di emergenza per ogni senso di marcia al centro e all'esterno da altre due corsie più quella di emergenza complanari a traffico libero, che raccordano tutte le strade radiali convergenti sul centro urbano. Dal 2007 la corsia di emergenza autostradale tra le uscite di San Lazzaro e Borgo Panigale-Milano è stata allargata di 1,2 metri e trasformata in «terza corsia dinamica» percorribile dal traffico in caso di necessità con segnalazione semaforica;
   per decongestionare questo nodo cruciale della rete viaria italiana, il cui potenziamento è stato inserito tra gli interventi strategici di preminente interesse sia nazionale che regionale (delibera Cipe 21 dicembre 2001, n. 121), sono state proposte negli anni diverse soluzioni che non hanno avuto seguito fino all'8 agosto 2002, quando è stato sottoscritto un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Emilia-Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di Bologna, che prevede la realizzazione di una nuova infrastruttura denominata «passante nord di Bologna»;
   fin dall'inizio sono state sollevate da più parti aspre critiche sull'opera, per il suo pesante impatto ambientale in un territorio già ampiamente cementificato (Ispra stima che in Emilia-Romagna ci sono valori compresi tra l'8 e il 10 per cento di suolo consumato), per l'aumento del consumo energetico dovuto all'aumento di percorrenza ed il conseguente incremento di emissioni inquinanti, per il consumo di territorio agricolo pregiato (oltre 700 ettari) e l'inibizione delle colture di qualità su un'area molto maggiore (8.000 ettari), nonché per il costo economico elevatissimo (circa 1,9 miliardi di euro per il progetto 2003 e 1,5 miliardi di euro per quello del 2014). A fronte di tali elementi negativi si stima che l'opera allontanerebbe dalla città circa il 20 per cento del traffico e solo a patto di imporre pesanti disincentivi sull'asse tangenziale. Nel 2003 si pensava ad un sovrapedaggio secco sull'asse tangenziale, mentre per la versione attuale è stato escogitato un sistema basato su pericolosi passaggi tra autostrada e tangenziale e complicati pedaggi di disincentivo per il nodo bolognese che penalizzerebbe i pendolari bolognesi. Lo scenario di traffico alla base dal progetto (+ 2,5 per cento annuo fino al 2025) appariva fin dal 2003 in contrasto con i dati di previsione reali e, infatti, successivamente, secondo i dati di Autostrade per l'Italia spa, si è verificata una riduzione, da 180.000 veicoli al giorno nel 2002 a 150.000 nel 2012;
   nell'aprile 2004 è stato presentato un progetto alternativo da parte di un comitato di cittadini, studiato avendo come riferimento i principi di nessun consumo di nuovo territorio, minimizzazione dell'impatto ambientale e del risparmio energetico, mediante il miglioramento dell'esistente sistema tangenziale. Il tutto a costi e tempi di realizzazione pari a circa un terzo di quelli del passante nord;
   il progetto è stato respinto dalla provincia nell'ottobre 2004, gli enti locali hanno deciso di proseguire il progetto del passante nord malgrado tutti gli aspetti negativi che emergevano ad un'attenta analisi e le violazioni delle norme europee sulla libera concorrenza a cui l'Unione europea ha posto dal 2003 al 2010 ben 3 divieti, con precise condizioni da rispettare, pena l'apertura di una procedura di infrazione. Nonostante ciò, il comitato tecnico-scientifico della provincia aveva riconosciuto la fattibilità tecnica del progetto alternativo ed i benefici sul traffico del nodo bolognese. Il parere di fattibilità era stato confermato anche dal convegno alla facoltà di ingegneria di Bologna nello stesso anno;
   il passante nord nella più recente versione sottoscritta con l'accordo del 29 luglio 2014, firmato dal Ministro interrogato, dall'assessore regionale dell'Emilia-Romagna Peri, dal vicepresidente della provincia di Bologna Venturi e Autostrade per l'Italia spa, è una bretella autostradale a sole due corsie, invece delle tre del progetto originario, con una lunghezza di 38 chilometri, al costo stimato di oltre 1.500 milioni di euro, che manterrà il tratto autostradale A14 al centro della tangenziale di Bologna, senza la completa banalizzazione delle corsie, ma con un pericoloso sistema di porte di scambio traffico tra autostrada e tangenziale e viceversa (bypass), che peggiorerebbe ulteriormente il traffico nel nodo bolognese (studio di Autostrade per l'Italia spa del 2013); l'impatto ambientale del progetto in questione sarebbe devastante come il progetto del 2004 e inciderebbe su un territorio agricolo particolarmente pregiato, distruggendo fisicamente circa 700 ettari (comprese fasce di rispetto e interclusioni) e danneggiandone altri 8.000, come si rileva dallo studio effettuato dalla provincia di Bologna nel novembre 2004. Il tracciato, completamento in rilevato, ad una altezza media di metri 3,70 richiederebbe un prelievo di materiale di cava di oltre 3,8 milioni di metri cubi di inerti. A questi risultati improponibili si aggiungono aumenti del consumo energetico (+ 25.000 tonnellate equivalenti di petrolio all'anno) e dell'inquinamento (+ 75.000 tonnellate all'anno di anidride carbonica) per il maggior percorso;
   all'articolo 14 dello schema di convenzione tra Anas e Autostrade per l'Italia spa si consente a quest'ultimo soggetto di poter utilizzare le risorse indicate alla voce «altri interventi». A queste risorse si fa riferimento nell'accordo del 29 luglio 2014, per l'adeguamento e il potenziamento della rete autostradale del nodo bolognese. Tali risorse non risultano pertanto esclusivamente vincolate alla realizzazione del cosiddetto passante nord;
   nel rispondere all'interrogazione n. 4-05198 del 19 giugno 2014, a prima firma dell'interrogante, il Ministro interrogato affermava che, in base all'accordo del 29 luglio 2014, la società Autostrade per l'Italia spa si è impegnata ad elaborare la progettazione preliminare di tale intervento. Al quinto punto delle premesse del citato accordo del 29 luglio 2014 si afferma, tuttavia, che «si è preso atto che al momento non esistono altri tracciati alternativi rispetto alla soluzione condivisa con gli enti locali», nonostante vi siano dal 2004 all'attenzione degli enti locali proposte di tracciato alternativo, tuttora valide tecnicamente, rispetto a quello previsto dal progetto del «passante nord»;
   l'articolo 2 dell'accordo del 29 luglio 2014 lascerebbe inalterata la questione del traffico del nodo bolognese, in quanto non ci sarà alcuna banalizzazione e verranno realizzati punti di interscambio (bypass) tra le complanari e l'attuale tracciato autostradale dell'A14, che rimarrà al centro. Tale soluzione di ingresso e uscita da destra e da sinistra in molteplici punti dei tratti stradali in questione non potrà che generare rallentamenti e situazioni pericolose, anziché favorire il flusso di traffico sul nodo;
   Autostrade per l'Italia spa non ha completato i lavori in autostrada A14. La terza corsia dinamica ha risolto solo in parte i problemi del traffico autostradale, data la sua natura di provvedimento temporaneo privo delle corsie di emergenza –:
   quali iniziative intenda il Governo intraprendere al fine di valutare alternative reali al progetto in questione, che, differentemente da quanto affermato nell'accordo del 29 luglio 2014, erano state già presentate nel 2004 e validate tecnicamente, e se non ritenga preferibile valutare la proposta alternativa di potenziamento in sede come il completamento dell'intervento parziale in A14 del 2008, al costo stimato di circa 600 milioni di euro, e impiegare le risorse restanti dallo stanziamento di 1.280 milioni di Autostrade per l'Italia spa per apportare importanti miglioramenti funzionali tecnologici sull'asse tangenziale, come autosufficienza energetica, riduzione degli inquinanti, asse logistico e di servizi e aumento dei varchi radiali, nonché per terminare alcune opere stradali minori nella pianura nord di Bologna indispensabili per il territorio, bloccate o incompiute da decenni, che porterebbero i benefici attesi al quadrante nord di Bologna, risparmiando risorse finanziarie e limitando al minimo il consumo di nuovo territorio. (3-01376)


Iniziative di competenza volte ad assicurare un'adeguata manutenzione delle strade provinciali, nelle more del definitivo trasferimento delle competenze delle province – 3-01377

   RIBAUDO, CULOTTA, CARDINALE, SCHIRÒ, CAUSI, RACITI, ALBANELLA, ROSTAN, VERINI, RIGONI, GRIBAUDO, ZAPPULLA, ANTEZZA, CAPODICASA, AMODDIO, FRANCESCO SANNA, GIOVANNA SANNA, MINNUCCI, VENITTELLI, TARANTO, IACONO, CAMANI, NACCARATO, CHAOUKI, PARIS, FIORIO, FRAGOMELI, GRECO, GULLO, PICCOLI NARDELLI, LAURICELLA, BERRETTA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 7 aprile 2014, n. 81, nota come «legge Delrio», all'articolo 1, comma 85, recita, fra l'altro, che le province esercitano funzioni fondamentali di costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
   ad oggi le province non sono state del tutto abolite, in quanto oggetto della riforma costituzionale, così come continuano ad esistere le loro funzioni;
   anche la Sicilia ha avviato il processo di riforma di cui sopra, senza ancora completarlo, e tuttavia ai suddetti enti, pur essendo commissariati, sono rimasti in capo le competenze e funzioni assegnate, comprese le circa 16.000 chilometri di strade comunali e provinciali su un totale di circa 21.000 chilometri di viabilità complessiva;
   la maggior parte delle strade provinciali italiane risultano di fondamentale importanza per la viabilità e lo sviluppo strategico di intere comunità, rivestendo un ruolo primario in ambito industriale, commerciale, agricolo, turistico, climatico e scolastico;
   la maggioranza delle strade provinciali del nostro Paese sono tra le più importanti e transitate arterie e vie di collegamento, soprattutto nell'entroterra italiano (e siciliano in particolare), ma sono, di fatto, dal 2012 abbandonate senza essere oggetto di alcuna cura e manutenzione da parte degli enti per mancanza di fondi;
   il suddetto stato di abbandono in cui versano oggi le strade provinciali ha effetti negativi, oltre che sulla sicurezza del traffico stradale e delle persone, anche sul decoro, con notevoli ripercussioni soprattutto nelle aree a prevalente vocazione turistica;
   la segnaletica, sia quella orizzontale che quella verticale, sulle strade provinciali è talvolta inesistente e, dove è presente, risulta usurata, illeggibile e obsoleta, con conseguenti rischi di circolazione e dello stato di sicurezza dei cittadini che vi transitano e che giornalmente le percorrono, soprattutto nelle ore notturne e nei periodi invernali;
   a causa degli eventi meteorici invernali si è registrato un ulteriore peggioramento delle condizioni delle strade provinciali, già piuttosto compromesse dallo stato di degrado e abbandono in cui versano, risultando le stesse impercorribili e in taluni casi intransitabili, con la conseguenza che alcune comunità sono rimaste isolate e senza via di collegamento con le città e con gli assi viari principali;
   questo stato è dovuto alla mancanza dei trasferimenti di risorse finanziarie alle province e alla deficienza di mezzi e uomini in dotazione alle stesse;
   la permanenza e il perdurare di un suddetto stato può essere causa di incidenti e danni per cittadini e mezzi;
   oggi alcune province sono oggetto di numerosi contenziosi causati da incidenti verificatisi nelle suddette strade, la cui responsabilità è riconducibile al cattivo stato di manutenzione, aumentando, inoltre, il numero di richieste di risarcimento nei confronti dell'ente proprietario della strada medesima, con notevoli ripercussioni e un aggravio finanziario sulle province, oggi prive di risorse;
   la manutenzione delle strade provinciali è oggi un problema non più procrastinabile ed è necessario affrontare e risolvere tali questioni con carattere d'urgenza –:
   se il Governo abbia messo o intenda mettere in atto tutte le iniziative normative di competenza al fine di finanziare e sostenere economicamente e con mezzi idonei le province, nelle more del definitivo trasferimento delle competenze agli enti che sostituiranno le province stesse, in considerazione dello stato di totale abbandono e degrado in cui versano oggi le strade provinciali, anche al fine di garantire l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente le percorrono. (3-01377)


Iniziative per l'assunzione di tutti gli idonei del concorso per 650 allievi agenti della polizia di Stato indetto con decreto ministeriale del 7 marzo 2014 – 3-01370

   GIAMMANCO e PALESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comma 264 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 prevede il rinvio delle assunzioni nelle forze di polizia, previste per il 2015, al 1o dicembre 2015, fatta eccezione per quelle disposte nel 2014 per le esigenze di Expo 2015;
   sono state autorizzate le assunzioni del personale nel corpo della polizia di Stato, relativamente alla categoria agenti e assistenti, di cui all'articolo 3, commi 3-quater e 3-sexies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, a decorrere dal 1o gennaio 2015, in via straordinaria, per fronteggiare la palese necessità di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio, anche connessi allo svolgimento di Expo Milano 2015;
   l'amministrazione è autorizzata ad assumere tutti i vincitori e idonei, facendo scorrere la graduatoria fino a completo esaurimento, del concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 650 allievi agenti della polizia di Stato indetto con decreto ministeriale del 7 marzo 2014 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 14 marzo 2014 e la cui graduatoria di merito è stata pubblicata nel bollettino ufficiale del personale del Ministero dell'interno – supplemento straordinario n. 1/48 del 22 dicembre 2014, con avviso di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana – 4o serie speciale «Concorsi ed esami» del 19 dicembre 2014;
   a seguito dei drammatici atti terroristici di matrice islamica compiuti in Francia e delle minacce di cui il nostro Paese è continuamente oggetto da parte del califfato islamico-daesh, tutti i prefetti d'Italia sono stati chiamati, tramite la diramazione di direttive circostanziate del Ministro interrogato e del Capo della polizia di Stato, ad alzare il livello di sicurezza nel nostro Paese;
   il recente piano di soppressione di presidi di polizia interessa numerosi commissariati cittadini di pubblica sicurezza, nell'ottica di una spending review che non riesce a ridurre sprechi e inefficienze, né tiene conto della grave carenza di organico, che ammonta ormai a circa 21.000 unità;
   il taglio di risorse da investire nella sicurezza pubblica fanno ricadere sui cittadini le conseguenze estremamente pericolose che comporta una minor presenza di forze di polizia sul territorio e questo nonostante la proroga dell'impiego di militari sulle strade con funzioni di ordine pubblico, la cosiddetta «operazione strade sicure», fortemente voluta e varata dal Governo Berlusconi nel 2008;
   il numero di 650 unità di polizia da arruolare, inizialmente stabilito, non è più sufficiente a fronteggiare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio, soprattutto in connessione allo svolgimento di ben due eventi internazionali, come quelli di Expo Milano 2015 e del giubileo straordinario che avrà inizio a dicembre 2015 a Roma –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di reclutare, oltre ai 650 vincitori, tutti gli idonei del concorso per 650 allievi agenti della polizia di Stato, di cui in premessa, per un totale di 900 unità. (3-01370)


Elementi ed iniziative in ordine alla disciplina relativa alla richiesta d'asilo, alla luce della tragica vicenda del ragazzo ucciso a Terni il 13 marzo 2015 da un immigrato clandestino già espulso e con precedenti penali – 3-01371

   RAMPELLI, CIRIELLI e GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si sono svolti il 17 marzo 2015 i funerali di David Raggi, il ragazzo ucciso a Terni il 13 marzo 2015 da un immigrato clandestino;
   l'immigrato colpevole del delitto era entrato nel territorio italiano illegalmente con un barcone approdato a Lampedusa, dopo essere già stato espulso dall'Italia in seguito ad un primo ingresso clandestino, e ha precedenti per furto aggravato, lesioni personali, spaccio di stupefacenti, rissa e resistenza a pubblico ufficiale;
   attualmente sembra che l'immigrato soggiornasse in Italia dopo aver incassato un nuovo rigetto della sua richiesta d'asilo, nell'attesa che si decidesse il ricorso avverso tale decisione da lui presentato;
   i canali dell'immigrazione clandestina, di fatto, permettono l'ingresso in Italia di centinaia di migliaia di migranti e questa vicenda dimostra, una volta di più, come i controlli sulle persone che entrano nel nostro Paese siano totalmente insufficienti, mettendo a rischio la sicurezza di tutti i cittadini, e come le amministrazioni competenti non riescano a gestire un simile afflusso incontrollato di persone;
   il caso del ragazzo di Terni, un'innocente vittima di una morte assurda, non è il primo caso in cui immigrati senza permesso di soggiorno si macchiano di delitti efferati;
   la depenalizzazione del reato di ingresso clandestino e il pressoché totale azzeramento del «fondo rimpatri» stanno mettendo in ulteriore forte difficoltà le forze dell'ordine nel contrasto al soggiorno irregolare di stranieri sul territorio italiano –:
   come sia stato possibile che un immigrato clandestino, già espulso e con precedenti penali, abbia potuto ripresentare la propria richiesta d'asilo e soggiornasse indisturbato in Italia e quali iniziative, anche normative, intenda assumere affinché in futuro possa essere evitato il ripetersi di situazioni di tale tragicità, garantendo la sicurezza di tutti i cittadini. (3-01371)


COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 19 E 20 MARZO 2015

Risoluzioni

   La Camera,
   ascoltate le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 19 e 20 marzo 2015;
   premesso che:
    il Consiglio europeo di questa settimana affronterà alcuni temi chiave quali: il semestre europeo – misure per la crescita e l'occupazione –, il mercato europeo dell'energia e delicate questioni di politica estera, in particolare per l'area est europea e mediterranea;
    in occasione del Vertice dell'Unione europea sull'occupazione tenutosi a Milano lo scorso ottobre, il Premier ha pronunciato le seguenti parole: «[...] senza crescita non c’è lavoro, senza lavoro non c’è dignità, senza dignità non c’è Europa [...]»;
    tra le misure messe in campo dal Governo vi è il combinato dell'azzeramento contributivo e dello sgravio Irap contenuti nella legge di stabilità con il nuovo contratto di lavoro a tutele crescenti attuativo della legge delega cosiddetta jobs act;
    nonostante tali interventi abbiano ricevuto plausi e gradimenti da più parti, generando attese positive sia per le imprese che per i tanti lavoratori precari, preoccupa i firmatari del presente atto l'effetto duraturo in termini di crescita occupazionale, per il rischio che si possa trattare non di nuovi e reali contratti di lavoro a tempo indeterminato bensì di rapporti di lavoro finanziati a termine;
    l'obiettivo, a livello europeo, della realizzazione di un mercato interno dell'energia è quello di creare un unico polo energetico che sia maggiormente competitivo, integrato e flessibile, in grado di offrire alle famiglie e alle imprese servizi efficienti, a costi più contenuti;
    in tal senso, la Commissione europea ha adottato una strategia quadro per costruire un'Unione dell'energia fondata sulla necessità di garantire una maggiore sicurezza dell'approvvigionamento energetico e ad una effettiva tutela del clima;
    l'Unione dell'energia rappresenta una priorità assoluta del programma politico del Presidente Jean-Claude Juncker, resa ancora più impellente dal clima di instabilità politica che via via è nato attorno all'Europa, caratterizzato in primo luogo dalle forti tensioni legate alle forniture di gas provenienti da Est. L'Unione europea, infatti, è il primo importatore di energia al mondo, dipendendo per oltre la metà del suo fabbisogno in primis dalla Russia e secondariamente dal Medio Oriente e dall'Africa, con un costo di circa 400 miliardi di euro l'anno;
    l'urgenza di completare il mercato unico dell'energia in Europa nasce dunque, prioritariamente, dalla necessità di garantire una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti che viene perseguita attraverso la realizzazione di quattro punti programmatici, e nell'ordine, la stipula di una clausola di solidarietà per ridurre la dipendenza da singoli fornitori, facendo affidamento sui paesi vicini in caso di perturbazioni dell'approvvigionamento energetico; la capacità di rendere l'energia libera di attraversare le frontiere; il ripensamento dell'efficienza energetica quale fonte di energia a sé stante; la transizione verso una società a basse emissioni di anidride carbonica che permetta l'assorbimento dell'energia prodotta, anche da fonti rinnovabili, nella rete in modo agevole ed efficiente;
    un ostacolo all'effettivo funzionamento del mercato interno è rappresentato dall'invecchiamento delle infrastrutture, nonché dall'elevata frammentazione dei mercati e dalla mancanza di coordinamento di politiche a livello degli Stati membri. Elementi questi che impediscono ai consumatori di beneficiare di offerte più concorrenziali e di prezzi energetici più bassi;
    una rete europea dell'energia adeguatamente interconnessa potrebbe generare risparmi fino a 40 miliardi di euro l'anno;
    un contributo importante in termini di risparmio potrebbe derivare dall'impiego delle fonti rinnovabili il cui sviluppo permette di realizzare lo sfruttamento di un mix di fonti energetiche che sia più efficiente e sostenibile, in grado di ridurre la dipendenza delle importazioni di energia dall'estero;
    nel solo comparto delle energie rinnovabili, le imprese nell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e danno lavoro a più di un milione di addetti. È necessario dunque preservare questa realtà produttiva, che fornisce un contributo importante alla crescita economica dell'Unione europea, e dell'Italia, dove negli ultimi anni si è assistito ad una crescita degli investimenti con effetti positivi sui profitti e sull'occupazione;
    è necessario che il Governo si impegni ad alimentare un clima di certezza intorno allo sviluppo delle fonti rinnovabili garantendo la definizione di un quadro normativo certo ed esaustivo a tutela delle legittime aspettative delle imprese e a sostegno degli investimenti da queste effettuati nel settore;
   considerando inoltre che:
    a causa della crisi economica e finanziaria, gli investimenti nell'Unione europea hanno registrato un calo significativo pari al 15 per cento circa rispetto al picco del 2007, scendendo a un livello nettamente inferiore alla tendenza storica;
    la Commissione europea per favorire la ripresa economica e la creazione di nuovi posti di lavoro ha presentato, lo scorso 16 novembre con la comunicazione COM(2014)903, un piano di investimenti per l'Europa, con il quale intende mobilitare, nell'arco di tre anni, 315 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati, a favore dell'economia reale;
    la scarsa chiarezza riguardo ai criteri per l'assegnazione delle risorse a livello di ciascun Stato membro da investire in progetti che la stessa Unione europea ritiene perseguibili rischia di segnare il fallimento dell'iniziativa con il conseguente arresto della crescita degli investimenti;
    esprimendo preoccupazione per la possibilità che il negoziato finalizzato alla creazione della Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) finisca con l'implicare la cancellazione degli ostacoli frapposti dalle autorità europee alla libera circolazione degli Ogm nonché la nascita di un'area di libero scambio a livelli di regolamentazione eterogenei, con conseguente compromissione della competitività delle imprese europee;
    rilevando la priorità accordata dalla Presidenza di turno lettone alla dimensione orientale della sicurezza europea e la presumibile volontà del Governo di Riga di accelerare in occasione del vertice della Eastern Partnership programmato a Riga per il 21-22 maggio 2015 la conclusione di nuovi accordi di associazione all'Unione Europea con ulteriori Repubbliche ex sovietiche, che genererebbero senza dubbio tensioni e risentimenti a Mosca;
    ribadendo l'importanza che il nostro Paese annette invece al più rapido reintegro della Federazione Russa nella comunità internazionale ed alla cessazione delle sanzioni imposte contro la Russia in seguito all'annessione della Crimea;
    sottolineando altresì la necessità che l'Unione Europea riconosca alle sfide mediterranee un'importanza non inferiore a quella attribuita alle questioni sospese nell'Est Europeo, a partire dalla stabilizzazione della Libia, dal contenimento dello Stato Islamico e dalla gestione condivisa dei flussi migratori in uscita da Nord Africa e Medio Oriente;
    ritenendo quindi, opportuno assicurare il pieno sostegno dell'Unione Europea all'attuazione dell'accordo di Minsk 2 e la sua partecipazione ad eventuali interventi multinazionali di stabilizzazione della Libia e contenimento dei flussi migratori illegali,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rendere permanenti le misure di riduzione del costo del lavoro, confermando a regime interventi di defiscalizzazione e decontribuzione finalizzati all'incremento ed al mantenimento della base occupazionale e garantendo, comunque, l'ammontare del futuro trattamento pensionistico del lavoratore e la sua tutela nel lungo periodo;
   a far sì che nell'ambito delle priorità da realizzare per il completamento del mercato interno dell'energia venga posta particolare attenzione alle iniziative per una reale riduzione dei costi energetici, a beneficio dei consumatori finali ed in particolare delle imprese nazionali ed europee, garantendo altresì la definizione di un quadro normativo certo ed esaustivo a tutela degli investimenti nel Settore delle rinnovabili quale presupposto essenziale per ridurre la dipendenza delle importazioni di energia dall'estero;
   a promuovere ogni opportuna iniziativa affinché sia riconosciuta ad ogni Stato membro la possibilità di decidere autonomamente, sulla base di criteri certi, gli interventi da inserire nel Piano di investimenti per l'Europa a garanzia di una reale ripresa degli stessi a supporto dell'economia degli Stati membri;
   ad agire in ambito europeo affinché l'agenda della Presidenza di turno lettone venga opportunamente modificata per depotenziarne la portata antirussa, favorire un processo di effettiva distensione in Ucraina, coinvolgere i Paesi partner in una gestione effettivamente condivisa dell'emergenza migratoria mediterranea, se possibile anche creando campi d'accoglienza in Africa nei quali procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti necessari alla concessione del diritto d'asilo, e promuovere l'adozione di una linea d'azione comune nei confronti della guerra civile libica e di quella siriana.
(6-00117) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    la riunione del Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles il 19 e 20 marzo 2015 avrà in agenda i temi della crescita e dell'occupazione, gli orientamenti per la costruzione di un'unione dell'energia nonché le questioni di politica estera, in particolare quelle relative al processo del partenariato orientale, alla crisi libica e alla situazione ucraina;
    per quanto attiene alla situazione economica, gli sviluppi dell'eurozona sono positivi, con una ripresa che dovrebbe gradualmente ampliarsi e rafforzarsi anche grazie all'efficacia delle misure di politica monetaria e al calo del prezzo del petrolio che alimentano un circolo virtuoso, rafforzato dal deprezzamento dell'euro dei confronti del dollaro e delle altre valute;
    il programma ampliato di acquisti mensili di attività finanziarie avviato dalla BCE lo scorso 9 marzo, che ammonterà nell'insieme a 60 miliardi di euro e, secondo le intenzioni, sarà effettuato almeno fino a settembre 2016, conferma il cambio di approccio nelle politiche europee degli ultimi mesi, conseguente anche alla incisiva azione portata avanti dal Governo nel corso del Semestre italiano di Presidenza del Consiglio UE: gli assi prioritari di questo cambiamento si compendiano nella presa d'atto che le misure di consolidamento fiscale richieste agli Stati membri non sono sufficienti, da sole, per permettere il ripristino di un clima di fiducia e di prosperità per i Paesi interessati, ma serve anche un ampio ventaglio di riforme strutturali e un vigoroso piano di investimenti;
    secondo le previsioni, il quantitative easing sosterrà nel lungo periodo il deludente andamento dell'inflazione, che mostra indicatori per l'area euro ai minimi storici, e riuscirà a stimolare consumi e investimenti, determinando sostanziali benefici per l'economia reale dell'Unione nel medio lungo periodo per quanto riguarda le condizioni di offerta del credito e il deprezzamento del cambio e, conseguentemente, le esportazioni;
    è essenziale che gli stimoli dovuti alla politica monetaria siano sostenuti a livello nazionale dalla rapida attuazione di riforme volte a creare un ambiente più favorevole agli investimenti, come ha sottolineato il Ministro Pier Carlo Padoan; la flessibilità di bilancio recentemente accordata all'Italia, con un taglio strutturale del rapporto deficit/Pil pari allo 0,25 per cento (poco meno di 4 miliardi di euro) in luogo dello 0,5 per cento, ha riconosciuto il particolare sforzo in tema di riforme strutturali in un quadro macroeconomico avverso, confermando la credibilità e l'efficacia dell'azione del Governo;
    tra gli orientamenti strategici per gli Stati membri ai fini dell'elaborazione dei programmi nazionali di riforma e dei programmi di stabilità e convergenza ai fini del Semestre europeo, tema all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo, prioritario è il rilancio degli investimenti, il cui volume nell'Europa a 15 è sceso nel 2014 di circa 200 miliardi di euro (di cui poco meno di un terzo nella sola Italia);
    per sostenere gli investimenti è essenziale una efficace implementazione del Piano di investimenti per l'Europa e, in particolare, del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che attraverso l'utilizzo di strumenti finanziari innovativi - essenzialmente una garanzia di 21 miliardi di euro, provenienti per 16 miliardi dal bilancio UE e per 5 miliardi dalla BEI – ha il compito di promuovere progetti in grado di attrarre investitori privati;
    dati i limitati margini di manovra nei bilanci di molti Stati membri, grande rilevanza per il successo del Piano avranno gli incentivi per gli Stati a partecipare al finanziamento e il modo in cui eventuali contributi saranno trattati nell'ambito delle regole fiscali europee: ferma restando l'applicazione della «clausola degli investimenti», resta da stabilire se dal calcolo del disavanzo pubblico potrà essere scomputato l'intero flusso annuale dei cofinanziamenti, più incentivante, o la sola differenza rispetto all'anno precedente;
    sarebbe opportuno promuovere alcune modalità in grado di garantire maggiore efficacia al Piano, quali l'individuazione e la pubblicizzazione di un novero di progetti economicamente fattibili, in modo da consentire al settore privato di selezionare quelli per i quali una partecipazione sarebbe mutualmente vantaggiosa, e la standardizzazione e l'armonizzazione dei progetti che consentirebbe, tra l'altro, di raggruppare quelli simili facendo così massa critica e rendendoli più attraenti per i finanziatori;
    appare positiva la decisione della Cassa Depositi e Prestiti di contribuire al Piano Juncker investendo 8 miliardi di euro su diverse iniziative, articolate nei settori previsti dal Piano stesso ed in particolare per favorire il credito alle PMI, la Digital economy, il sistema delle infrastrutture di trasporto e dell'energia;
    lo scorso 10 marzo l'Ecofin ha concordato la sua posizione negoziale in merito a una proposta di regolamento relativa al FEIS per quanto riguarda modalità di finanziamento, governance e individuazione dei progetti; l'accordo è stato raggiunto essenzialmente su due aspetti: nessun legame tra entità del contributo al piano e ammontare dei finanziamenti ottenibili da ciascun Paese e destinazione a progetti non immediatamente profittevoli per gli investitori privati, ma strategici per la crescita, come quelli relativi a trasporti, energia, infrastrutture a banda larga, istruzione, sanità, ricerca e finanziamento del rischio per le PMI;
    la proposta richiede tuttavia ulteriori miglioramenti nel corso del negoziato. In particolare, andrebbero stabiliti con chiarezza criteri di selezione dei progetti, in modo che sia garantita effettivamente l'addizionalità degli investimenti sostenuti dal FEIS e ne sia assicurata la concentrazione nei Paesi e nelle regioni afflitte da un calo più pronunciato degli investimenti pubblici e privati;
    l'energia, all'ordine del giorno del Consiglio europeo di marzo, rappresenta un settore strategico per assicurare una crescita a breve termine e creare posti di lavoro, e al contempo produrre benefici economici a lungo termine e migliorare le prestazioni ambientali dell'economia dell'Unione europea: l'Unione europea è il primo importatore di energia al mondo: importa il 53 per cento del proprio fabbisogno con un costo di circa 400 miliardi di euro all'anno, inoltre in Europa i prezzi all'ingrosso dell'elettricità e del gas sono più elevati, rispettivamente, del 30 per cento e del 100 per cento rispetto a quelli praticati negli USA;
    la Commissione europea, rispettando l'invito contenuto nelle conclusioni dello scorso Consiglio europeo, ha adottato una strategia quadro per dare un significativo impulso al completamento del mercato unico dell'energia in Europa e al contempo per sostenere la politica comunitaria in materia di adattamenti climatici e tutela del territorio, illustrando, lo scorso 25 febbraio, le azioni da intraprendere per realizzare un'Unione della energia, che figura tra i traguardi prioritari da raggiungere per il 2020, e per la quale si stima che occorrerà investire oltre 1000 miliardi di euro entro la medesima data;
    per l'Unione dell'energia sono necessari la riorganizzazione del mercato dell'elettricità al fine di renderlo più interconnesso, la rivisitazione degli interventi dello Stato nel mercato interno con l'eliminazione dei sussidi che hanno ripercussioni negative sull'ambiente, la priorità per l'efficientamento energetico e la transizione verso una società a basse emissioni di CO2: ad oggi nel comparto delle energie rinnovabili, le imprese dell'Unione europea hanno un fatturato annuo di 129 miliardi di euro e danno lavoro a più di un milione di addetti, la sfida consiste pertanto nel conservare il ruolo guida dell'Europa negli investimenti globali per le energie rinnovabili;
    l'Unione dell'energia dovrà assicurare che i cittadini beneficino di prezzi accessibili e competitivi, grazie ad un approvvigionamento energetico più sicuro e a una produzione sostenibile, con un maggiore livello di concorrenza e una più ampia scelta per tutti i consumatori: è necessario, pertanto, che il Piano Juncker sostenga gli Stati membri, le regioni, i governi locali e le città negli investimenti in efficienza energetica di edifici, energia rinnovabile, reti intelligenti o trasporti urbani sostenibili; in Europa, infatti, il 75 per cento del parco immobiliare è a bassa efficienza energetica e il 94 per cento dei trasporti dipende dai prodotti petroliferi, di cui il 90 per cento importati;
    una rete europea dell'energia adeguatamente interconnessa potrebbe generare risparmi fino a 40 miliardi di euro l'anno per i consumatori: l'Unione europea ha stilato un elenco di 137 progetti in materia di energia elettrica, fra cui 35 di interconnessione elettrica, in grado di ridurre a 2 il numero degli Stati membri non adeguatamente interconnessi, tra i quali l'Italia, dagli attuali 12 Stati che non soddisfano l'obiettivo minimo di interconnessione;
    a questo scopo andrebbe valutata l'opportunità di prevedere obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli fissati dal Consiglio europeo di ottobre 2014, che ha invitato tutti gli Stati membri a realizzare entro il 2020 l'interconnessione di almeno il 10 per cento della loro capacità di produzione di energia elettrica. In particolare, andrebbe sostenuta l'ipotesi, allo studio della Commissione, di aumentare al 15 per cento l'obiettivo entro il 2030 e di fissare obiettivi minimi di interconnessione anche per le reti del gas;
    nell'attuale fase, in particolare, è necessario introdurre una clausola di solidarietà per ridurre la dipendenza da singoli fornitori potendo fare pieno affidamento sui Paesi vicini, soprattutto in caso di perturbazioni dell'approvvigionamento energetico, collegando le infrastrutture e unendo il potere negoziale nei confronti dei Paesi terzi: se il prezzo per l'energia dall'Est diventasse troppo alto, sia in termini commerciali che politici, l'Europa dovrebbe essere in grado di passare molto rapidamente ad altri canali di approvvigionamento;
    la crisi libica rappresenta oggi una delle principali sfide per la Comunità Internazionale che rischia di condizionare la stabilità e la sicurezza dell'intera regione del Mediterraneo laddove le esistenti divisioni e la sfiducia reciproca tra i principali attori stanno avvantaggiando gruppi terroristici come Daesh nel consolidare la propria presenza in Libia, minando la sicurezza del Paese e ponendo serie sfide ai vicini e all'intera regione;
    l'Italia ha sostenuto fin dal primo momento, con ferma determinazione, anche in ambito europeo, il processo di dialogo inclusivo sponsorizzato dalle Nazioni Unite che ha preso il via a Ginevra e che, da ultimo, ha fatto segnare una nuova tappa nei giorni scorsi in Marocco;
    sulla crisi ucraina, invece, il prossimo Consiglio europeo sarà chiamato a confermare il sostegno all'attuazione dell'Accordo raggiunto lo scorso 12 febbraio a Minsk dai leader di Federazione Russa, Ucraina, Francia e Germania, ponendo particolare accento sulla necessità di un monitoraggio attento e puntuale delle intese ed esigendo da tutte le parti coinvolte coerenza, impegno, efficacia e trasparenza, a partire dalla garanzia del libero accesso degli osservatori OSCE a tutte le aree di conflitto, nel quadro del rispetto dell'autonomia e dell'unità dell'Ucraina;
    sullo sfondo di questa crisi e delle inevitabili ripercussioni dei suoi sviluppi sull'azione esterna dell'Unione europea nei confronti dei vicini dell'Europa orientale e del Caucaso, il prossimo Consiglio europeo del 20 marzo sarà chiamato inoltre a discutere ed adottare Conclusioni sulla preparazione del Vertice del Partenariato Orientale, cui partecipano i Capi di Stato o di Governo dei Paesi UE e dei sei Paesi del Vicinato Orientale (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina) in programma a Riga il 21-22 maggio prossimi,

impegna il Governo

   quanto ai temi economici e della crescita:
    a favorire l'adozione del regolamento sul Fondo europeo per gli Investimenti Strategici entro il mese di giugno, affinché i suoi effetti possano quanto prima pienamente dispiegarsi, anche nell'ottica di contrastare al meglio la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi;
    a sostenere l'accordo raggiunto dall'Ecofin di concentrare gli investimenti del Piano nei settori cruciali relativi a trasporti, energia, infrastrutture a banda larga, istruzione, sanità, ricerca e finanziamento del rischio per le PMI;
    ad adoperarsi, al tempo stesso, affinché nel corso del negoziato sulla proposta di regolamento, relativa al Fondo europeo per gli Investimenti Strategici, siano stabiliti con chiarezza criteri di selezione dei progetti, con l'obiettivo di favorire la concentrazione delle risorse finanziarie nei Paesi e nelle regioni afflitte da un calo più pronunciato degli investimenti pubblici e privati;
    a garantire una adeguata assistenza tecnica per l'elaborazione dei progetti, l'utilizzo delle risorse e l'accesso ad altre fonti di finanziamento pubbliche e private e a promuovere adeguate forme di selezione e pubblicizzazione dei progetti per stimolare la partecipazione dei finanziatori privati;
    a sostenere l'esclusione dai saldi rilevanti ai fini del rispetto del Patto di stabilità e crescita e degli altri obblighi comunitari l'intero flusso annuale dei contributi che gli Stati membri effettueranno al Fondo europeo per gli investimenti strategici e dei cofinanziamenti nazionali dei progetti previsti dal Piano;
    a proseguire l'attuazione delle riforme strutturali e cogliere appieno le opportunità derivanti dalla mutata impostazione delle politiche economiche europee – allentamento monetario, interpretazione flessibile del patto di stabilità, piano europeo per gli investimenti – per assicurare una ripresa economica sostenibile e duratura;
    a contribuire attivamente al dibattito sul rafforzamento dell'UEM in vista dell'atteso nuovo rapporto dei quattro Presidenti, mantenendo un elevato livello di ambizione politica in grado di delineare un percorso teso ad approfondire l'integrazione tra gli Stati membri, che assicuri una maggiore legittimazione democratica della costruzione europea;
   quanto ai temi relativi all'energia:
    a sostenere la necessità di un approccio equilibrato che comprenda tutte le dimensioni del progetto di Unione dell'Energia, segnatamente quelle della sicurezza energetica, del mercato interno, dell'efficienza energetica, della decarbonizzazione e della ricerca e sviluppo;
    a promuovere il completamento del mercato interno dell'energia e dello sviluppo della cooperazione regionale, in particolare con i Paesi del Vicinato, e l'utilizzo di tutte le risorse finanziarie, incluso il Fondo europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS), per la costruzione delle infrastrutture necessarie a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;
    ad adoperarsi affinché sia valutata l'opportunità di prevedere obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli fissati dal Consiglio europeo di ottobre 2014, per l'interconnessione della capacità di produzione degli Stati membri di energia elettrica e di stabilire analoghi obiettivi anche per le reti del gas;
   quanto ai temi di politica estera:
    a perseverare nell'azione diplomatica di sostegno all'azione di mediazione delle Nazioni Unite in Libia, portata avanti dal Rappresentante Speciale del Segretario Generale, incrementando gli sforzi, anche nell'ambito dell'Unione europea, per assicurare che il processo acceleri e acquisisca maggiore sostanza, nella prospettiva della rapida formazione di un esecutivo di unità nazionale in grado di stabilizzare il Paese, far ripartire la ricostruzione e contrastare il terrorismo;
    a favorire il sempre più stretto coordinamento tra i principali attori internazionali e regionali sulla crisi libica e ribadire la disponibilità dell'Italia a partecipare a iniziative internazionali, richieste da parte libica e autorizzate dalle Nazioni Unite, volte al monitoraggio dell'auspicato termine delle ostilità e con un ruolo di primo piano nella decisiva fase della stabilizzazione e della ricostruzione dopo la formazione di un Governo di unità nazionale, contribuendo a ogni iniziativa di coordinamento in proposito avviata dalle Nazioni Unite;
    a proseguire nell'azione diplomatica di sostegno all'attuazione delle intese di Minsk nella loro interezza, con l'obiettivo di garantire l'unità e l'autonomia dell'Ucraina, esercitando pressioni sulle parti e richiamandole alle responsabilità reciproche, in coerenza con l'approccio condiviso a livello europeo e sostenere, le iniziative condotte dall'OSCE per monitoraggio e l'attuazione delle intese raggiunte;
    a ribadire l'importanza strategica del Partenariato Orientale come strumento non antagonizzante ma volto a favorire la costruzione di un'area di pace, stabilità e democrazia ai confini dell'Unione europea, nell'Europa orientale e nel Caucaso, e ad operare con determinazione per favorire la prosecuzione, da parte dei nostri vicini orientali del processo di integrazione economica ed associazione politica con l'Unione europea nel quadro del Partenariato Orientale.
(6-00118) «Speranza, De Girolamo, Mazziotti Di Celso, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Di Lello».


   La Camera,
   considerato che:
    l'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo riguarderà la politica energetica; le relazioni estere, con specifico riferimento alle vicende russoucraine e il prossimo vertice di Riga; lo scambio di opinioni sulla situazione economica, in vista della conclusione del primo semestre del 2015;
    per quanto riguarda il primo punto – la politica energetica – in vista della futura Energy Union sarà opportuno aggiornare le analisi in relazione ai mutamenti intervenuti negli equilibri di mercato, a seguito della forte caduta del prezzo del petrolio;
   all'origine di quest'evento sono, infatti, fenomeni al tempo stesso congiunturali e strutturali. Sono fenomeni congiunturali la caduta della domanda globale di energia dovuta al rallentamento dei ritmi di sviluppo dell'economia mondiale. Quindi la decisione dei principali Paesi produttori di petrolio di non ridurre l'offerta per considerazioni di natura politica: i rapporti soprattutto dell'Arabia Saudita con l'Iran e la Russia. Occorrerà, tuttavia, tener conto, quali fenomeni strutturali, anche delle nuove tecnologie di produzione del petrolio dagli scisti bituminosi – lo «shale oil» – il cui costo di estrazione si colloca intorno ai 70 dollari al barile e fa da pivot agli andamenti complessivi del prezzo dell'energia;
    fenomeni di questa complessità inducono a rivedere il quadro complessivo, ferma restando la necessità di considerare il problema energetico sempre più come priorità europea, al fine di consentire ai singoli Stati nazionali di sostenere un rischio di carattere sistemico legato agli enormi investimenti necessari per realizzare le tecnologie del futuro. Si consideri che tra gli obiettivi già indicati a livello comunitario c’è quello di migliorare l'efficienza energetica di almeno il 27 per cento entro il 2030. Mentre già nel 2020 il consumo d'energia a livello europeo dovrà essere ridotto del 20 per cento rispetto al 1990. Un taglio che equivale a disattivare circa 400 centrali elettriche e che richiederà ingenti investimenti di ammodernamento per le altre (per consentire almeno la loro interconnessione con le varie forme di energia rinnovabile) e nelle reti di trasmissione. Con una previsione di investimento, solo per queste ultime, pari a circa 1.000 miliardi di euro. A cui si aggiunge il problema del gas (gasdotti e accresciute possibilità di stoccaggio) al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;
    l'intera azione non può essere delegata all'Unione europea. I singoli Stati nazionali devono, al contrario, fare la loro parte contribuendo a realizzare ogni possibile risparmio. Nel solo settore edilizio i consumi sono pari al 40 per cento di quelli energetici e lo stesso è responsabile del 36 per cento della produzione dei gas serra, di cui l'80 per cento attribuibile al riscaldamento. Specie in Italia è necessario pertanto giungere quanto prima ad una diversa politica per la casa, non solo riducendo il livello di tassazione che la colpisce, ma anche per favorire un processo di ammodernamento complessivo altrimenti difficile da realizzare;
    circa il secondo punto – i rapporti con la Russia, anche in vista del prossimo summit di Riga – è necessario non prescindere da un panorama internazionale più complessivo, che è tra i più preoccupanti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Segnato com’è dal prevalere di conflitti – Al Qaeda, l'Is-Daesh – che segnano il ritorno ad antiche barbarie: dai genocidi alle esecuzioni sommarie, veicolate attraverso i social network; dall'uso di bambini negli attentati terroristici all'organizzazione dei grandi flussi di immigrazione dalla Libia e non solo, gestiti con l'intento di destabilizzare l'Italia e l'Europa e ricavare, al tempo stesso, le risorse necessarie per sviluppare la loro azione militare. Il rapporto con la Russia deve essere valutato anche alla luce di questo quadro più complessivo;
    per quanto riguarda l'Ucraina, non bisogna dimenticare che quel Paese rappresenta la frontiera della volontà politica e della capacità economica dell'Unione europea di adempiere alla sua vocazione di unificazione continentale. La definizione di «rivoluzione democratica», usata dall'Europa, contrasta con quella russa di «colpo di stato anticostituzionale». Per Mosca, che rivendica il proprio diritto a difendere le popolazioni di etnia russa, si è trattato di un «movimento di autodeterminazione che ha portato alla riunificazione di una entità separata dalla Storia». Per gli Stati Uniti e l'Europa, invece, Mosca ha superato un punto di non ritorno, con l'uso illegittimo della forza per ridisegnare i confini dell'Europa post-sovietica e per destabilizzare il Paese vicino. La responsabilità di questa tragedia è materia complessa che non si presta a una separazione tra buoni e cattivi;
    di certo le sanzioni economiche contro la Federazione Russa sono state precipitose e, oltre a determinare gravi danni alla nostra economia, hanno aperto una pericolosa fase di guerra fredda dagli esiti imprevedibili;
    un passo positivo è stato l'accordo stipulato a Minsk, ma il raggiungimento della pace e la stabilizzazione democratica dell'area sono ancora obiettivi distanti e irrealizzati;
    in questo quadro drammatico, si constata l'impotenza dell'Europa, che non ha una politica estera unitaria e chiara, e l'incapacità del Governo del nostro Paese di incidere con efficacia;
    lontano è il ruolo di protagonisti che portò il nostro Paese a essere artefice e ospite a Pratica di Mare (maggio 2002) del momento più alto e collaborativo tra i Paesi della Nato e la Federazione Russa;
    il prossimo summit di Riga, rivolto a realizzare una maggiore cooperazione economica con l'Armenia, l'Azerbaijan, la Bielorussia, la Georgia, la Moldavia e l'Ucraina, non può dar luogo ad alcuna «sterzata» – come si legge nell'ordine del giorno del Consiglio – se con questo termine si intende un drastico cambiamento delle prospettive, rispetto ai precedenti incontri;
    la partnership con questi Paesi rimane essenziale, ma deve restare ancorata al terreno della semplice cooperazione. Non può rappresentare l'anticamera per un loro ingresso, a pieno titolo, nell'Unione europea. Né tanto meno il loro inserimento nelle strutture della Nato. L'Unione europea deve rimanere una realtà inclusiva che non è rivolta contro altri Paesi che hanno storie e tradizioni diverse. Specie se questi ultimi hanno quel ruolo strategico che la storia, oltre che la geopolitica, ha loro attribuito. Ne deriva che solo il ripristino di relazioni politiche complessive, nel segno della pace e del reciproco rispetto, può favorire processi di aggregazione più vasti, il cui significato non possa essere interpretato come forme più o meno larvate di aggressione;
    per quanto attiene l'ultimo punto – la conclusione della prima fase del semestre europeo 2015 – la base di discussione è offerta dal draft del Segretariato generale del Consiglio, quale premessa di una riflessione rivolta alla definizione dei compiti futuri;
    il documento analizzato contiene spunti d'interesse, specie per quanto riguarda l'impegno della Commissione europea a fornire con continuità dati più strutturati, in grado di dare una visione d'insieme dello stato dell'Unione e al tempo stesso individuare le eventuali criticità;
    per il resto, tuttavia, l'analisi, rivolta a far emergere i problemi veri dell'Europa, rimane fumosa. Per molti versi generica e contraddittoria. Dopo una petizione di principio - la Commissione «individua le principali priorità strategiche per l'occupazione e la crescita dell'Unione europea» – si riafferma la necessità che «le politiche strutturali, di bilancio e monetario devono contribuire a un approccio che stimoli la crescita, per affrontare efficacemente i problemi della persistente crescita lenta, dell'inflazione molto bassa, del debito elevato e dell'alto tasso di disoccupazione, agendo contemporaneamente sul lato della domanda e dell'offerta». Un astratto «dover essere» che non fornisce alcuna concreta indicazione sulla effettiva realizzazione degli obiettivi;
    del tutto inaccettabile, inoltre, è la piatta locuzione secondo la quale è necessario correggere gli squilibri, «in particolare l'elevato indebitamento pubblico e privato e gli elevati livelli del debito estero che sollevano preoccupazioni in merito alla sostenibilità». Cosa del tutto scontata. Sennonché – ecco il punto di maggior dissenso – «al tempo stesso in alcuni Stati membri permangono avanzi molto consistenti delle partite correnti, che continueranno a richiedere un esame più approfondito». Da un lato, quindi, le preoccupazioni concrete per gli assetti di finanza pubblica e privata; dall'altro un puro accenno rituale agli squilibri dell'economia reale, che sono tra le principali determinanti degli squilibri finanziari;
    appare quindi essenziale rovesciare quest'ordine di priorità. Partire cioè dall'eccesso di quegli avanzi, per misurarne l'impatto deflazionistico sull'intera economia dell'eurozona. Considerando ch'esso è determinato dalla politica economica di un solo Paese – la Germania – che, con un attivo corrente che sfiora il 7 per cento del Pil, contribuisce, per l'80 per cento, all'avanzo delle partite correnti di tutta l'Eurozona. Ricordando che risultati di questa dimensione sono contrari allo spirito e alla lettera dei Trattati;
    il problema può sembrare meno rilevante a causa della progressiva svalutazione dell'euro nei confronti delle altre monete. Ma questo è un fatto contingente: dovuto al «Quantitative easing» della Bce e all'eccesso di liquidità che si è determinato. Liquidità che non trovando possibilità d'impiego all'interno dell'Eurozona, a causa della debolezza complessiva della sua domanda interna, dà luogo a movimenti di capitale verso l'estero. Soprattutto verso gli Stati Uniti, in procinto di mutare con il rialzo dei tassi di interesse la loro politica monetaria;
    negli anni passati, la politica di austerità ha cercato di adattare le politiche monetarie e di bilancio alla debolezza dell'economia reale dell'Eurozona, resa tale dalla mancata reflazione tedesca. Si è potuta constatare l'inconcludenza di questa politica. Gli squilibri finanziari sono aumentati invece di diminuire. Il problema della sostenibilità del debito è divenuto più pressante. Un cambiamento di direzione non può avvenire soltanto facendo leva su una maggiore flessibilità finanziaria, bensì deve aumentare il tasso di crescita complessivo dell'economia dell'Eurozona. Se alla sua domanda interna è consentito uno sviluppo fino al limite fisiologico del pareggio delle partite correnti;
    se questa prospettiva non si realizza, è illusorio pensare ad un rilancio degli investimenti. Quelli pubblici, al di là dei limitati margini rappresentati dalle ipotesi di riqualificazione della spesa o della spending review, incontrano immediatamente i limiti del Fiscal compact. Quelli privati non si sviluppano a causa dell'eccesso di capacità produttiva inutilizzata per carenze nella domanda effettiva. Un «circolo vizioso» che si manifesta sotto forma di eccesso di deficit pubblico e basso tasso di sviluppo dell'economia reale;
    al tempo stesso, il permanere di questa politica determina una divaricazione profonda negli assetti di quella che non è ancora un'area monetaria ottimale, accentuando gli squilibri territoriali tra l'Europa baltica e quella mediterranea. Il ripetersi di una contraddizione ben nota agli studiosi dello sviluppo – il fenomeno della «causazione circolare cumulativa» studiato per prima da Gunnar Myrdal, premio Nobel dell'economia nel 1974 - che per molti anni contrappose Paesi sviluppati e non, prima dell'avvento dei processi di globalizzazione. E che, se non contrastato, porterà, quasi ineluttabilmente, alla crisi dell'euro. Come mostra il caso greco ed il pericolo di contagio che accompagna la crisi di quel piccolo Paese;
    il problema delle riforme non è quindi un affare che riguarda solo alcuni Paesi e affranca altri. Al contrario, al fine di ridurre l'impatto sistemico negativo, che si riverbera sull'intera Eurozona, sono soprattutto i Paesi in surplus valutario a dover sviluppare politiche di reflazione, puntando su un allargamento del loro mercato interno, liberalizzandolo dalle pratiche occulte che frenano le importazioni dagli altri partner, contenendo i processi di delocalizzazione, che si traducono in una competizione unfair con il resto dell'Eurozona;
    i Paesi sottoposti ad una crescente marginalizzazione, come avviene per tutto il fronte Sud dell'Eurozona, a loro volta devono realizzare quelle riforme promarket che siano in grado di aumentare la produttività complessiva: sia la produttività totale dei fattori, che quella più specificatamente di carattere aziendale. Il che comporta politiche salariali coerenti con i sottostanti livelli di produttività. Soprattutto un abbassamento del carico fiscale, che può essere ottenuto solo riducendo il perimetro dello Stato, la cui inefficienza complessiva comporta oneri sempre meno sostenibili. Abbattere quindi il cuneo fiscale, in modo generalizzato, senza ricorrere alla pratica dei sussidi, com’è avvenuto per il bonus degli 80 euro; ridurre la pressione fiscale sulle imprese, e sulle famiglie. A partire dal settore dell'edilizia, al fine di rimettere in moto i meccanismi dell'effetto ricchezza, che sono la garanzia più certa per una ripresa dei consumi, in una prospettiva di medio e lungo periodo;
    solo questo sforzo congiunto e coordinato – dove non c’è un «prima» ed un «dopo», ma la simultaneità dell'azione comune – può arrestare il «circolo vizioso» della progressiva divaricazione ed attivare processi di convergenza verso quell'area monetaria ottimale che è il presupposto per la sopravvivenza, nel lungo periodo, dell'euro. E che è in grado di consentire all'Europa di svolgere un ruolo positivo in un contesto internazionale sempre più caratterizzato dalla dialettica delle grandi aree economiche integrate: l'Europa, appunto; gli Stati Uniti e il continente americano; la Cina con il contorno dei Paesi del Far East; l'India e in prospettiva la stessa Africa, giunta in ritardo sulle sponde della globalizzazione;
    si ritiene, infine, inaccettabile e del tutto contrario alle norme del diritto internazionale e del rispetto dei diritti della persona umana la vicenda che ha coinvolto Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ormai più di tre anni fa, scaturita da un incidente accaduto in acque internazionali, mentre erano nell'espletamento di funzioni ad essi attribuite e normativamente disciplinate, anche sul piano del diritto internazionale;
    la partecipazione italiana alle missioni internazionali antipirateria deve essere valutata anche in relazione al concreto sostegno all'Italia ed al contributo fattivo per la positiva risoluzione del caso che daranno le Nazioni Unite, la Nato, l'Unione europea, oltre che in relazione all'evolvere stesso della vicenda giudiziaria indiana;
   tutto ciò premesso,

impegna il Governo:

   a sviluppare un'azione coerente con le premesse indicate, sia in campo energetico che nelle relazioni internazionali. Per quanto riguarda la prospettiva dell'economia del Continente, è necessario far prevalere nelle sedi europee competenti tutte le azioni indispensabili rivolte ad arrestare i processi di divaricazione in atto per rovesciarli nel loro contrario, consapevoli che l'onere maggiore dell'aggiustamento ricade soprattutto sui Paesi in surplus, dalle cui politiche economiche deve derivare il principale impulso per rimettere in moto un processo di convergenza, senza il quale la stessa Unione europea, come istituzione, rischia la sua disintegrazione economica, e quindi politica;
   sviluppare in Italia una politica economica che miri a recuperare il terreno perduto rispetto agli altri partner. In particolare, l'obiettivo programmatico, per il 2015 e gli anni successivi deve essere un tasso di sviluppo almeno pari a quello della media dell'Eurozona, che le recenti previsioni della Bce quantificano nell'1,5 per l'anno in corso e nell'1,9 per cento per il 2016, perché solo così le differenze rilevanti, in termini di crescita economica e di minor reddito individuale pro-capite, che pure esistono, non subiscono un'ulteriore divaricazione;
   per ottenere simili risultati non basta far leva sulle opportunità recate dalla finestra macroeconomica che si è aperta anche per l'Italia. Caduta del prezzo del petrolio, svalutazione dell'euro e «Quantitative easing» rappresentano uno shock simmetrico che favorisce tutti i Paesi, ma non modifica le relative gerarchie interne. È come l'alta marea che alza il livello del mare, ma non incide sulla distanza che separa le diverse imbarcazioni. Per ridurre quelle differenze occorre un di più di politica economica, che il Governo deve sviluppare, partendo da quel «minimo sindacale», per così dire, rappresentato da un tasso di sviluppo, complessivo che sia in linea con i valori medi dell'intera Eurozona;
   a definire come una priorità della propria politica estera e delle sue relazioni internazionali la rapida soluzione della vicenda dei due Fucilieri di Marina e, quindi, ad assumere, sia a livello internazionale sia presso le autorità indiane, tutte le iniziative politiche, diplomatiche e giudiziarie che si rendano necessarie per una soluzione rispettosa del diritto internazionale e dei diritti dei due Marò e del nostro Paese, con il convinto coinvolgimento dell'Onu, della Nato e dell'Unione europea, in coerenza con la competenza internazionale sulla vicenda.
(6-00119) «Brunetta, Palese».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell'Unione europea del 19 e 20 marzo prossimi;
   premesso che:
    nella riunione del Consiglio europeo i capi di Stato e di Governo discuteranno dei futuri orientamenti in tema di unione dell'energia. Nella riunione verrà inoltre esaminata la situazione economica degli Stati membri e si concluderà la prima fase del semestre europeo 2015, compreso il punto sul fondo europeo degli investimenti strategici (FEIS). Inoltre verranno trattati alcuni fondamentali temi di politica estera quali l'attuale situazione delle crisi ucraina e libica;
   per quanto concernente l'unione dell'energia:
    il 25 febbraio è stato presentato a Bruxelles il cosiddetto Pacchetto unione dell'energia, ovvero la Comunicazione della Commissione (COM(2015) 80 final) «Una strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici». La Comunicazione definisce 15 punti di azione attraverso i quali raggiungere gli obiettivi di «migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell'approvvigionamento energetico». La strategia continua ad essere incentrata sui combustibili fossili, mantiene il nucleare come elemento del mix energetico e non esplora appieno il potenziale dell'energia rinnovabile;
    il 25 febbraio scorso è stata altresì presentata a Bruxelles la Comunicazione COM(2015) 82 final «Raggiungere l'obiettivo del 10 per cento di interconnessione elettrica. Una rete elettrica europea pronta per il 2020» volta a fissare gli obiettivi per l'interconnessione elettrica tra gli Stati membri senza però analizzare appieno l'impatto economico ambientale che la connessione comporterebbe;
    autorevoli ricerche, citate tra l'altro dalla Deutsche Bank, stimano che, oltre all'indubbio valore di sostenibilità ambientale, le fonti di energia rinnovabile hanno anche un potenziale economico rilevante. Infatti mentre il costo dell'energia elettrica continua a salire, quello dell'energia solare scende, con entrambi i trend che sembrerebbero confermati per gli anni a venire. A fronte di ciò, però, l'Unione europea continua ad investire le risorse disponibili in energie non rinnovabili, come si evince dalla Comunicazione COM(2015) 80 final, infatti «La costruzione dell'infrastruttura che consentirà di approvvigionare l'Unione europea da nuove fonti di gas richiede il concorso di molti soggetti e comporta notevoli complessità e costi [...]. La Commissione intensificherà il suo sostegno a questo processo attingendo a tutti gli strumenti di finanziamento comunitario disponibili, in particolare il futuro Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)»;
    l'8 ottobre 2014 la Commissione europea ha autorizzato l'Inghilterra a concedere sussidi per la realizzazione di una nuova centrale nucleare. Gli aiuti dovevano essere notificati alla Commissione europea in quanto ricadevano nelle fattispecie relative agli aiuti di Stato. L'Inghilterra ha inoltre incluso la nuova centrale tra i progetti finanziabili dal FEIS. Sul tema, sia l'Austria che una cooperativa energetica tedesca hanno annunciato l'intenzione di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea;
    nell'ottobre 2014 i leader dei 28 paesi membri dell'UE hanno raggiunto un accordo sul pacchetto energia e clima che prevede per il 2030: il taglio delle emissioni di CO2 del 40 per cento rispetto ai livelli del 1990 e una quota del raggiungimento del 27 per cento di produzione da fonti energetiche rinnovabili, entrambi target vincolanti a livello dell'Unione, mentre resta indicativo l'obiettivo del 27 per cento in materia di efficienza energetica;
   per quanto concernente il semestre europeo e la crescita:
    il 16 novembre 2014 la Commissione europea ha presentato il Piano di investimenti per l'Europa con la comunicazione COM(2014)903 volto a mobilitare «almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi» nel triennio 2015-2017. Il piano si propone di conseguire tre obiettivi strategici correlati tra loro: 1) invertire la tendenza del calo degli investimenti e contribuire alla ripresa economica e al miglioramento della situazione occupazionale; 2) soddisfare i bisogni a lungo termine dell'economia europea; 3) rafforzare la dimensione europea del capitale umano, della capacità produttiva, delle conoscenze e delle infrastrutture fisiche, con particolare attenzione al mercato unico. Il piano si articola su tre pilastri: il primo è l'istituzione del fondo, il secondo si compone di una serie di misure volte ad assicurarne l'effettiva destinazione dei finanziamenti all'economia reale mentre il terzo pilastro consiste nel miglioramento del contesto regolamentare nell'Unione europea in senso favorevole ad ulteriori investimenti;
    il 13 gennaio 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2015)10) che definisce puntualmente le modalità di istituzione e funzionamento del FEIS. Gli obiettivi primari del fondo vengono individuati nel sostegno agli investimenti nell'Unione e nell'offrire un maggiore accesso ai finanziamenti alle imprese che contano un massimo di 3.000 dipendenti, con particolare attenzione per le piccole e medie imprese. Si stabilisce, inoltre, che il FEIS è aperto all'adesione degli Stati membri e di altri terzi, tra cui banche di promozione nazionali o enti pubblici di proprietà degli Stati membri o da essi controllati, e soggetti del settore privato. Inoltre sarà il comitato direttivo a decidere l'indirizzo generale, le linee guida d'investimento, il profilo di rischio, le politiche e l'allocazione strategica delle attività del Fondo. Il numero dei membri e dei voti del comitato direttivo rispecchierà il contributo al fondo. Nelle iniziali previsioni il piano dovrebbe essere approvato da Consiglio e Parlamento entro giugno 2015 ed operativo nella seconda metà del 2015;
    il 13 gennaio 2015, in concomitanza con il predetto regolamento la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione COM(2015) 12 final contenente nuove linee guida interpretative del Patto di stabilità e crescita atte ad incoraggiare l'attuazione effettiva delle riforme strutturali, promuovere gli investimenti nel contesto del FEIS e tenere maggiormente conto del ciclo economico nei singoli Stati membri;
   per quanto concernente le questioni di rilevanza internazionale:
    occorre ridare smalto e credibilità al ruolo internazionale dell'Italia recuperando la dimensione etica della sua politica estera, favorendo la democratizzazione degli Stati autoritari con progetti di cooperazione sulle best-practices europee, la tutela dei diritti umani e il riequilibrio tra Nord e Sud del mondo, ma anche attraverso il rilancio del Processo di Barcellona, di cui dovrebbe farsi al più presto principale e strategico attore, l'impegno sul disarmo e la non proliferazione, l'impegno per l'attuazione dell'Agenda Globale post-2015, tutti temi sui quali l'Italia deve ritrovare autorevolezza e uscire dalla dimensione provinciale e marginale di media potenza;
    a seguito dell'aggravarsi della crisi ucraina, l'Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno adottato sanzioni nei confronti della Federazione Russa. In risposta il 7 agosto 2014 le autorità russe hanno disposto un embargo annuale su diverse tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, USA, Australia, Canada e Norvegia. Il nostro Paese risulta il terzo più danneggiato dell'Unione europea e le conseguenze riguardano non solo le mancate esportazioni, ma indeboliscono la struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
    sebbene dopo il cessate il fuoco del 15 febbraio gli scontri in Ucraina orientale si siano ridotti, in alcune aree proseguono i bombardamenti che provocano urgenti necessità mediche su entrambi i lati del fronte. Occorre, quindi, un maggiore impegno per evitare i rischi della permanenza del conflitto in Ucraina, dannoso per tutti gli europei, per la stessa Russia e per gli altri Paesi del vicinato, ivi incluso nei Balcani;
    la crisi in Libia si radica su un quadro istituzionale assente e si palesa in un grave deterioramento della sicurezza che ha portato, inoltre, alla temporanea chiusura della nostra ambasciata, l'ultima tra le ambasciate occidentali rimaste aperte a Tripoli. Il peggioramento della situazione e la crescente minaccia terroristica aggravano il dramma delle migliaia di persone che fuggono via mare sui barconi verso le nostre coste. Tuttavia, non si può non ricordare che le origini della crisi attuale vanno cercate negli errori compiuti dalla comunità internazionale nella fase successiva alla caduta del vecchio regime. La Libia appare oggi come un Paese privo di istituzioni credibili con potenziali gravi ripercussioni sul nostro Paese e sulla stabilità e la sostenibilità dei processi di transizione democratica nei Paesi africani limitrofi;
    l'immigrazione è un problema di notevolissima entità e di estrema urgenza, come dimostrato dai dati che stimano in circa 170.000 gli sbarchi sulle coste italiane nel 2014. La situazione è altresì aggravata dalle critiche condizioni nelle quali i migranti sono accolti una volta sbarcati sulle coste del nostro Paese, ovvero i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) ed ancor peggio i Centri di identificazione ed espulsione (CIE). Di notevole portata negativa sono i numeri delle vite perse nel Mediterraneo, stimate dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni in più di 3000 solo nei primi 9 mesi del 2014. Al fine di arginare la situazione sono state attivate l'operazione italiana Mare nostrum, e a partire dal 1 novembre 2014 l'operazione Triton, che stanzia 2,9 milioni di euro al mese per finanziare il pattugliamento delle coste. Bisogna però rilevare che le predette operazioni non stanno raggiungendo i risultati sperati,

impegna il Governo:

  per quanto concernente l'unione dell'energia:
   a) ad attivarsi per la ridiscussione dell'obiettivo minimo di efficienza energetica da raggiungere entro il 2030, innalzandolo ad almeno il 30 per cento, incrementando significativamente il numero delle riqualificazioni energetiche degli edifici pubblici;
   b) nell'ambito delle prerogative ad esso riservate, ad impegnarsi per rimandare il raggiungimento dell'obiettivo minimo di interconnessione dell'energia elettrica tra gli Stati fissato al 10 per cento alla previa creazione di adeguate reti di trasmissione dell'energia prodotta localmente, al fine di favorire la programmazione di impianti di generazione distribuita da fonti energetiche rinnovabili e di smart grid;
   c) ad agire, per quanto di sua competenza, al fine di escludere espressamente la possibilità di concedere qualsiasi forma di incentivazione, inclusi gli aiuti di Stato, alla produzione di energia da fonti non rinnovabili;
  per quanto concernente il semestre europeo e la crescita:
   d) nell'ambito della definizione degli orientamenti politici del semestre europeo affidati al Consiglio, a definire, in accordo con gli altri capi di Stato e di Governo, quali obiettivi prioritari: un alto livello di occupazione in un'economia che sia realmente intelligente, sostenibile e solidale; ingenti investimenti volti a far raggiungere ai cittadini europei un elevato livello di servizi ed una protezione sociale reale e concreta, incluso il reddito di cittadinanza facendo sì che in nessun caso il rispetto degli obiettivi del 3 per cento deficit/PIL o del debito pubblico inferiore al 60 per cento del PIL siano ragione per la prosecuzione di politiche di bilancio restrittive, provatamente negative per i sistemi paese europei;
   e) a richiedere una revisione sostanziale del Fiscal compact, dei cosiddetti Six pack e two pack e delle altre disposizioni fiscali contenute nei Trattati facendo sì che la revisione tenda a superare i rigidi requisiti attualmente esistenti, a contemplare l'istituzione di un sistema unico di indebitamento come gli eurobond e a far ripartire la domanda aggregata in modo da rilanciare sviluppo sostenibile e occupazione con tutti i mezzi a disposizione, ivi inclusa una politica fiscale espansiva con investimenti in infrastrutture e sulla green economy;
   f) a farsi promotore nel contesto del nascente Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) della creazione di sinergie con il più alto numero di Capi di Stato e di Governo al fine di poter avere una reale influenza nel consiglio direttivo del fondo e parimenti nella selezione dei progetti finanziabili, affinché la garanzia dell'Unione europea venga utilizzata solo qualora le finalità siano ampiamente condivisibili sia dagli Stati membri che dai cittadini europei, in particolare privilegiando gli investimenti strategici con elevato valore sociale e alta sostenibilità ambientale, utilizzando come criterio primario di selezione la massimizzazione dei benefici sociali di lungo periodo per i cittadini europei e provvedendo contemporaneamente ad assicurare che banche e fondi di investimento privati non detengano quote del fondo di garanzia e non possano quindi definire gli obiettivi strategici del fondo, che risulterebbero altrimenti falsati dalle finalità puramente lucrative degli stessi;
   g) ad orientare il Consiglio europeo alla definizione di una quota rilevante dei finanziamenti del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS) per le PMI così come definite nella raccomandazione 2003/361/CE e non come si legge nella proposta di regolamento COM(2015)10 ovvero «imprese fino a 3000 dipendenti»;
   h) a farsi promotore presso la Commissione europea affinché la medesima applichi «la clausola degli investimenti» per la contribuzione degli Stati al FEIS, a prescindere dalla situazione congiunturale del singolo Stato, ed anche nel caso in cui la partecipazione al Fondo venga realizzata mediante una banca nazionale, ovvero una banca nazionale di sviluppo con risorse, su cui insiste la garanzia dello Stato;
   i) a non impegnarsi in sede europea alla destinazione al FEIS di risorse di qualsivoglia entità;
  per quanto concernente le questioni di rilevanza internazionale:
   j) a proporre la revoca delle sanzioni economiche dell'Unione europea alla Russia in quanto inefficaci e controproducenti e contemporaneamente sostenere la richiesta di un effettivo cessate il fuoco;
   k) a sospendere l'adesione alla NATO di altri Paesi dell'ex Unione Sovietica, sostituendo l'attuale politica di espansione a est con politiche di buon vicinato che abbassino la tensione e avviino un percorso di disarmo convenzionale e nucleare in tutto il continente europeo;
   l) a promuovere un ruolo più attivo e collegiale dell'Unione europea nella crisi ucraina, anche tramite l'Alto Rappresentante che non può continuare ad avere solo un ruolo di spettatore, ancorché di prestigio;
   m) a farsi promotore di un'iniziativa, eventualmente a guida italiana, da attuarsi di concerto con i partners internazionali e in accordo con gli attori arabi e l'Unione africana, tesa a preparare le condizioni di una riconciliazione nazionale della Libia che consenta la ricostruzione del tessuto istituzionale e la stabilizzazione interna, la smilitarizzazione delle milizie irregolari e che favorisca la formazione di un'autorità statuale;
   n) ad attivarsi perché l'Unione europea si faccia maggiormente carico della gestione dei flussi migratori, superando la missione Triton e rivedendo gli impegni di Dublino III.
(6-00120) «Battelli, Luigi Di Maio, Fico, Fraccaro, Nesci, Petraroli, Vignaroli, Manlio Di Stefano, Di Battista, Del Grosso, Grande, Sibilia, Scagliusi, Spadoni, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Colonnese, D'Incà, Sorial, Da Villa, Crippa, Della Valle, Fantinati, Lupo, Vallascas, Brescia, Lorefice, Dadone, Businarolo».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell'Unione europea del 19 e 20 marzo 2015 il cui ordine del giorno provvisorio prevede i seguenti punti:
    Unione dell'energia: politiche energetiche e climatiche per ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibile e gas e per produrre energia sicura, sostenibile e a prezzo accessibile all'interno dell'Unione europea;
    definizione degli orientamenti sugli obiettivi del vertice del partenariato orientale, che si terrà a Riga il 21 e 22 maggio 2015; relazioni con la Russia e situazione in Ucraina; situazione in Libia e relative implicazioni per la sicurezza dell'Unione europea;
    scambio di opinioni sulla situazione economica e conclusione della prima fase del semestre europeo 2015; orientamenti agli Stati membri per l'elaborazione dei programmi nazionali di riforma e dei programmi di stabilità e convergenza; fare il punto sui progressi relativi al Fondo europeo per gli investimenti strategici e sullo stato dei lavori dei negoziati con gli Stati Uniti sul partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP);
   premesso che:
    in relazione agli ulteriori orientamenti in vista di un'unione dell'energia:
    si è nel pieno del percorso verso il nuovo accordo globale sul clima che dovrà essere approvato dalla 21a Conferenza delle Parti a Parigi nel dicembre 2015, un appuntamento decisivo per tentare di «invertire la rotta», e con essa il destino del nostro pianeta;
    il 25 febbraio scorso, la Commissione europea ha presentato la strategia per l'Unione europea dell'energia;
    la proposta di una Unione dell'energia si basa – come sottolineato dalla stessa Commissione – sui tre obiettivi della politica energetica dell'Unione europea: sicurezza dell'approvvigionamento, sostenibilità e competitività. Questi obiettivi si raggiungerebbero principalmente attraverso la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia; l'efficienza energetica; la decarbonizzazione dell'economia; la ricerca, l'innovazione e la competitività;
    l'Unione europea è il primo importatore di energia al mondo: importa il 53 per cento del proprio fabbisogno con un costo di circa 400 miliardi di euro all'anno; inoltre il 75 per cento del parco immobiliare europeo è a bassa efficienza energetica e il 94 per cento dei trasporti dipende dai prodotti petroliferi, di cui il 90 per cento sono importati;
    diversi obiettivi del documento sull'Unione dell'energia sono condivisibili. Bisognerà vedere se l’«Energy Union» sarà un ennesimo elenco di buoni propositi, o riuscirà a produrre una nuova e più efficace legislazione su clima ed energia. Il rinnovamento del settore elettrico basato sulla piena sostenibilità deve rappresentare un'opportunità per l'economia europea, in termini di sviluppo economico, di occupazione, di sicurezza energetica, di sicurezza degli approvvigionamenti; è senz'altro positivo l'obiettivo, indicato nella proposta per un'Unione energetica, di ridurre l'utilizzo dei combustibili fossili, e puntare sulla sostenibilità delle fonti energetiche, attraverso le energie rinnovabili e l'efficienza energetica. Nonostante ciò si evidenzia che:
     a) riguardo alla tassazione sull'energia, la strategia per l'Unione dell'energia non propone nulla a livello dell'Unione europea. Ci si limita a invitare gli Stati membri a considerare la tassazione dell'energia sia a livello nazionale che europeo, trovando un equilibrio tra eventuali incentivi per un uso più sostenibile dell'energia, e la necessità di garantire tariffe energetiche concorrenziali. Non si prevede nulla, laddove invece sarebbe necessario individuare nuove forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità e la decarbonizzazione. Si ricorda come lo studio dell'Agenzia europea per l'ambiente, «Environmental Tax Reform in Europe: implications for income distribution and opportunities for eco-innovation» abbia messo in evidenza come i governi potrebbero diminuire le tasse sul reddito, spingere l'innovazione e tagliare le emissioni introducendo tasse specifiche e molto ben mirate sulle singole attività inquinanti, reinvestendo il ricavato nel far crescere l'economia del futuro attraverso le nuove fonti e il risparmio energetico, i mezzi alternativi, e la riconversione delle linee di produzione nella direzione di nuovi prodotti a minore impatto ambientale;
     b) non vi è alcun riferimento alla necessità di uscire definitivamente dal carbone, il combustibile più nocivo per l'ambiente e la salute pubblica, ma si fa riferimento alla necessità di sostenere la CCS (Carbon Capture and Storage) per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Sotto questo aspetto, va evidenziato che seppure la CCS consente di «ridurre il danno» relativamente alle emissioni di CO2 prodotte dall'uso del carbone, la tecnologia CCS su cui si vuole investire è alquanto controversa, sia per i costi che comporta, sia per la sua efficacia e sicurezza. Una soluzione tanto controversa che dopo decenni durante i quali la CCS è stata presentata come la via per bruciare senza danni climatici i combustibili fossili, nel mondo di impianti di questo tipo ce ne sono solo 12 e 8 in costruzione, per una cattura annuale di una cinquantina di milioni di tonnellate di CO2. Visto che le attività umane rilasciano circa 35 miliardi di tonnellate di CO2 e il solo aumento di emissioni di CO2 fra il 2011 e il 2012 è stato di circa 400 milioni di tonnellate, appare verosimile che prima che il contributo di queste tecnologie abbia conseguenze positive per il clima, il carbone sarà esaurito;
     c) riguardo alle proposte della Commissione per sostenere la povertà energetica e la vulnerabilità dei consumatori, la stessa scheda informativa sull'Unione dell'energia riporta che «qualora sia necessario proteggere i consumatori vulnerabili mediante politiche sociali (...) è preferibile garantire questa tutela mediante il sistema generale di previdenza sociale. Se invece si intende tutelare questi consumatori mediante il mercato dell'energia, ad esempio attraverso una «tariffa solidale» o uno sconto sulle bollette energetiche, è importante che il sistema sia adeguatamente mirato, in modo da limitare i costi complessivi e i conseguenti costi supplementari per i consumatori che non ne beneficiano.». Questa posizione di apparente «neutralità» rispetto alle politiche che devono essere individuate dagli Stati membri e dall'Unione europea per sostenere le fasce sociali più esposte in materia di tariffe elettriche, rischia di essere inadeguata laddove le risorse degli Stati UE per le politiche sociali sono sempre più ridotte e sempre più difficilmente queste sarebbero in grado di sostenere anche la «povertà energetica» di una fascia sempre più ampia dei consumatori. Sotto questo aspetto è invece prioritario intervenire proprio su una tariffazione elettrica equa e in grado effettivamente di garantire le fasce più deboli;
     d) riguardo all'efficienza energetica, la Commissione europea riconosce che gli interventi di ristrutturazione edilizia sono insufficienti, da qui la necessità di rivedere le direttive sull'efficienza energetica e sulla prestazione energetica nell'edilizia al fine di compiere ulteriori passi in avanti per garantire l'efficienza energetica degli edifici. Oggi – si sottolinea – gli investimenti nell'efficienza degli edifici sono tra i più redditizi per i cittadini e l'industria. A fronte di queste constatazioni, si evidenzia ancora di più l'inadeguatezza dell'obiettivo UE 2030 «Clima-Energia» dell'ottobre 2014 laddove viene posto un traguardo non vincolante, ma solo indicativo, di un incremento al 27 per cento dell'efficienza energetica a livello europeo. Obiettivo che, fin da subito è apparso troppo poco ambizioso. Non è infatti ipotizzabile un'uscita dalle fonti fossili senza una drastica riduzione dei consumi di energia anche attraverso una crescita dell'efficienza energetica;
    circa gli obiettivi dell'Unione europea, si ricorda che nell'ottobre 2014 il Consiglio europeo ha approvato gli obiettivi UE 2030 «clima-energia»: un taglio delle emissioni di gas serra del 40 per cento rispetto ai livelli del 1990; un aumento della quota delle rinnovabili, che dovranno arrivare al 27 per cento, dei consumi finali di energia; incremento al 27 per cento del target dell'efficienza energetica a livello europeo, ridotto rispetto al 30 per cento proposto inizialmente dalla Commissione e al 40 per cento proposto dal Parlamento europeo. Unico obiettivo vincolante a livello nazionale è quello sulla riduzione della CO2, mentre gli altri due sono «indicativi». L'obiettivo sull'efficienza energetica, del 27 per cento sarà rivisto entro il 2020; obiettivi assai poco ambiziosi se si pensa che il solo obiettivo globale del + 27 per cento delle fonti rinnovabili sui consumi finali rappresenta sostanzialmente l'andamento tendenziale, e dunque ci sarebbe tutto lo spazio per un ulteriore incremento;
    i Paesi europei sono responsabili di circa l'11 per cento delle emissioni di gas serra sul totale mondiale. Anche alla luce di ciò è evidente che l'obiettivo della riduzione del 40 per cento al 2030 definito dal pacchetto clima-energia dell'Unione europea, si dimostra ancora di più insufficiente se non affiancato a una efficace azione da parte dell'Europa per una reale corresponsabilizzazione degli altri Paesi verso concrete e ambiziose misure internazionali di decarbonizzazione, finalizzate alla mitigazione del cambiamento climatico;
   considerato che:
    in relazione ai rapporti con la Russia ed in merito alla situazione in Ucraina:
     il conflitto ucraino è senza dubbio la più pericolosa crisi vissuta dall'Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale;
     in particolare, è pericolosa non tanto sul terreno della recrudescenza del conflitto, quanto sul suo potenziale rischio di minare la pace nel vecchio continente, finanche a provocare uno scontro globale;
     le relazioni con l'Europa orientale incentrate sul piano della «sicurezza» e dominate dalla politica dell'allargamento ad Est della Nato, così come le trattative per l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea, sono state una scelta strategica sbagliata;
     tutte le iniziative dell'Unione europea sono state caratterizzate dalla scarsa attenzione alle dinamiche interne al Paese e alla condizione dei suoi cittadini, in favore di un interesse pressoché esclusivo verso la centralità economica dell'Ucraina ed il suo ruolo strategico, principalmente a causa dei gasdotti che passano per il suo territorio;
     la gestione della crisi e le conseguenti sanzioni imposte dall'Unione europea, di cui i popoli dei suoi Stati membri pagano un prezzo elevato, sono state una scelta avventata e frettolosa, troppo subordinata alle scelte dell'Alleanza Nord Atlantica e degli Stati Uniti d'America, ma anche alla propensione della Germania ad espandersi verso i mercati dell'est;
     l'espressione della politica estera dell'Unione europa, la PESC – politica europea e di sicurezza comune è stata poi, una volta esploso il conflitto, totalmente assente e incapace di determinare alcun passo significativo nella direzione di un accordo tra le parti, nonostante la guerra fosse ai suoi confini; prova della pericolosità del conflitto ucraino ed al contempo della colpevole inefficacia della PESC è il rapido impegno di Paesi europei come la Germania e la Francia, i quali, anche a difesa dei propri interessi economici strategici, sono scesi in campo con le proprie forze diplomatiche per scongiurare che l'Ucraina collassi e provochi una imprevedibile guerra tra Nato e Russia;
     la decisione di prorogare le sanzioni economiche alla Russia, all'ordine del giorno del Consiglio europeo, unito alla decisione di ratificare in tempi brevi l'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica con l'Ucraina potrebbe provocare una ulteriore recrudescenza del conflitto e far saltare il già fragile accordo di Minsk;
     salvaguardare ancora una volta esclusivamente i rapporti economici fra Unione europea ed Ucraina anche in vista di una graduale integrazione del Paese nel mercato interno dell'Unione, appare una scelta sbagliata;
     occorre invece una forte azione politica di tutta l'Unione europea che vada oltre gli interessi strategici di mercato, e quindi anche attraverso una voce unica e quindi un forte e rinnovato impegno dell'Alto Rappresentante per la politica europea e di sicurezza comune; ciò è necessario poiché in caso di fallimento del cessate il fuoco, ci sarebbe un'escalation militare, con gli Stati Uniti pronti ad armare lo Stato di Kiev e la Russia pronta a interpretare questa mossa come una indiretta dichiarazione di guerra;
     più che puntare all'obiettivo di includere l'Ucraina progressivamente nel mercato europeo e quindi nell'Unione, si dovrebbe lavorare per una ipotesi similare al «modello finlandese» di integrazione europea che ha rappresentato un modello virtuoso di indipendenza per un Paese, come la Finlandia, a cavallo tra Europa ed area ex sovietica, caratterizzato dalla neutralità dello Stato, garantita dalla non adesione della Finlandia alla NATO e da un'adesione all'Unione europea avviata e raggiunta mantenendo ottimi rapporti di amicizia con la Russia;
   osservato che:
    in relazione alla situazione in Libia:
     occorre definire complessivamente una politica estera europea di contrasto alla presenza e all'espansione di IS, nonché una strategia di contrasto interno al reclutamento dei cosiddetti «foreign fighters» che sia efficace non soltanto sul terreno della repressione ma anche promuovendo azioni mirate per contrastare il fenomeno dell'estremismo jihadista che partono da azioni di promozione ed inclusione sociale, come del resto affermato al punto 16 della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2178 del 24 settembre 2014;
     una azione coordinata, forte ed efficace di politica estera che tenga conto della necessità appena esposta andrebbe promossa in Siria, in Iraq ma anche in Nigeria, in Mali, in Somalia e soprattutto in Libia, che, si ricorda, rappresenta oltre che «il confine dell'Italia» anche «il confine» meridionale dell'Europa;
     proprio in Libia si stanno evidenziando le gravi incongruenze e contraddizioni che accompagnarono l'operazione Odyssey Dawn che nel 2011 portò alla destituzione di Muhammar Gheddafi, ed alla disarticolazione del sistema politico ed amministrativo del Paese, che da allora vive una situazione di caos più totale; un caos che ha generato due parlamenti e due Governi; da una parte il Governo «islamico» della Tripolitania, guidato da Omar al Hassi, che controlla la maggior parte del territorio ad ovest del Paese; dall'altra il Governo «laico», guidato da Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ed espressione della Camera dei rappresentanti eletta il 25 giugno 2014, insediatosi nella Cirenaica nelle città di Tobruk e Baida, senza tuttavia riuscire mai a estendere il suo controllo sulla parte orientale del Paese;
     alla luce di quanto sopra enunciato e delle conseguenze registrate l'intervento militare internazionale del 2011 è stato un grave errore che ha aperto un «vaso di pandora» di instabilità e di conflitti senza fine;
     la Libia è politicamente spaccata in due e il suo territorio è attraversato da centinaia di milizie di ogni estrazione, islamiche, jihadiste e laiche, in cui agiscono a 5 gruppi principali: la coalizione «Fajr Libia» di cui fanno parte anche le «Milizie di Misurata», «Ansar al Sharia», «Consiglio Militare dei Rivoluzionari di Zintan», «Esercito Nazionale libico» ed «IS»;
     nella Cirenaica, a pochi chilometri di distanza da Tobruk, c’è la città di Derna che è stata proclamata Califfato dell'IS e a cui si sono aggiunte recentemente le milizie di Ansar al Sharia, gruppo salafita fondato nell'aprile del 2012, il cui nome significa «Partigiani della legge islamica» attive nella città di Bengasi e in altri centri ad est della Libia;
     l'enclave del Califfato in terra libica è stata realizzata dai militanti del Majis shura Shabab al-Islam, ossia il Consiglio della Shura per i Giovani dell'Islam guidato da Aby Nabil al Anbari, milizie riconducibili all'IS sarebbero attive anche nella città di Tripoli, nella città di Sabrata e quindi il porto di Harat az Zawiyah e in altri centri orientali urbani della Libia;
     in Libia, come in tutte le aree dalla penisola arabica al Nord Africa, la strategia dello Stato Islamico appare quella di inglobare i gruppi e le milizie jihadiste attive sui territori. Una sorta di «franchising jihadista» che funziona così: l'IS mette il «brand» ma dà in gestione il terrore ai miliziani già operativi nelle sue nuove province o «wilayat»;
     nei dintorni della città di Derna, vi sarebbero, sin dalle prime fasi del crollo dell'autorità centrale libica campi di addestramento per guerriglieri impiegati nei conflitti in Siria e Iraq provenienti principalmente dal Nord Africa e in particolare dalla regione dello Sahel;
     la regione del Sahel è particolarmente strategica per il traffico incrociato di droga e di armi. Attraverso il Sahel, passano infatti, 20 mila armi da fuoco provenienti dalla Libia, e secondo recenti dati, passano per la regione la maggior parte delle 18 tonnellate di cocaina che giungono in Africa occidentale;
     l'area è inoltre minacciata dalle violenze del gruppo terroristico Boko Haram nel nord della Nigeria, a cui sono esposti anche Niger e Ciad, e dalle crisi in Mali e nella Repubblica Centroafricana, nonché dalle minacce interne, con un numero di bambini denutriti che ha superato i 6 milioni, mentre gli sfollati sono raddoppiati nel corso dell'ultimo anno e sono attualmente 3,3 milioni;
     particolarmente drammatica è la situazione in Eritrea, dove la popolazione è costretta a subire le angherie del regime di Isaias Afewerki. L'Eritrea è oggi uno degli Stati da dove partono il maggior numero di profughi che raggiungono le nostre coste. Stando ai dati diffusi lo scorso novembre dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), sono stati circa 37.000 gli eritrei che nei primi 10 mesi del 2014 hanno cercato rifugio in Europa, rispetto ai 13.000 giunti nello stesso periodo lo scorso anno;
     in Libia transitano i profughi provenienti dal Corno d'Africa, dall'Africa sub sahariana, dalla Siria e dall'Iraq. Stime dei servizi segreti italiani, parlano di 600 mila stranieri presenti in Libia, mentre sarebbero 200 mila i profughi sistemati nei campi di raccolta e potenzialmente pronti a imbarcarsi sui barconi in direzione delle coste italiane. Stime non confermate provenienti da servizi segreti di altri Paesi o da osservatori presenti nell'area parlano di cifre ancor più elevate;
     occorre, quindi, agire nei confronti della crisi libica e della minaccia dell'IS con decisione ma anche con prudenza, avendo contezza degli obiettivi politici e strategici da raggiungere, scongiurando in tutti i modi possibili errori come quelli commessi durante la missione ONU del 1993 in Somalia;
     quello che occorre fare in Libia è innanzitutto non accendere nuovi focolai di guerra, consapevoli che occorre un approccio macroregionale per arrivare ad un negoziato che coinvolga tutti i Paesi coinvolti, a partire da Qatar, Arabia Saudita, Egitto ed altri «giocatori» che agiscono nell'area per interposta persona;
     occorre poi lavorare per ricostruire un assetto «statuale» in Libia, sostenendo e rafforzando, in primis, l'iniziativa dell'inviato dell'ONU, Bernardino Leon affinché si arrivi ad un primo accordo tra le due principali parti in conflitto: il Governo di Al Thani e il Governo di Al Hassi, entrambe in queste ore impegnate in una offensiva contro le roccaforti dello Stato Islamico in Libia;
     una volta mossi questi passi e solo dopo un consolidato processo di pacificazione, grazie ad un accordo tra le parti, e solo su richiesta di queste si può ipotizzare un'iniziativa di «peacekeeping», il quale ha senso se c’è un accordo di «peace» da mantenere e su cui vigilare;
     le responsabilità del nostro Paese sono evidenti nella crisi libica, a partire dalla scelta di partecipare alla coalizione Odyssey Dawn, aggravate dalla circostanza che l'Italia avrebbe dovuto avere una funzione di mediazione tra le parti in conflitto, anche alla luce della storica relazione e alla attuale presenza nel Paese libico. Per cui andrebbe evitata in ogni caso la presenza di truppe italiane anche in caso di operazioni di peacekeeping, accettate da tutte le parti, puntando sugli strumenti della mediazione diplomatica e civile; tra l'altro, va tenuto presente che per consuetudine le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite tendono ad escludere la presenza di truppe di Paesi che siano state potenze coloniali nei paesi oggetto delle operazioni o abbiano combattuto in passato guerre di occupazione nelle stesse aree di intervento;
     nell'immediato occorre che il Governo italiano rinunci a sbagliati e controproducenti propositi di interventi militari, che contravvengono all'articolo 11 della Costituzione, e rafforzi le misure di protezione a partire da un nuovo dispiegamento navale che abbia l'obiettivo di proteggere e soccorrere la vita dei profughi che scappano dai conflitti;
     lo stesso modello che si esplicava sopra per la Libia, dovrebbe essere anche applicato alla Siria e all'Iraq, dove l'IS è ben più forte e in tante zone si combatte per «procura» con tantissimi «sponsor» e dove le già troppe armi a disposizione, spingono ad escludere ulteriori ipotesi di escalation militari;
   verificato che:
    in relazione allo scambio di opinioni sulla situazione economica, conclusione della prima fase del semestre europeo 2015 e in particolare alla situazione greca:
     lo scorso 9 marzo si è svolta la riunione dell'Eurogruppo per il riesame degli impegni assunti dalla Grecia che si è conclusa con l'invio ad Atene di tecnici della «troika» (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) e del Fondo Salva Stati ESM, il cosiddetto «Brussels Group» al fine di verificare la congruità di tre obiettivi: la lista delle riforme, la procedura per giungere, entro fine aprile, ad un accordo tra Atene e i suoi partners per la ripresa dell'economia greca e infine, lo scambio di informazioni tra la Commissione e la Grecia sull'andamento dell'economia e il bilancio;
     l'articolazione della trattativa è tale che in un primo tempo si dovrà giungere ad un accordo sulle riforme e garantire alla Grecia la liquidità necessaria per poi, dopo giugno decidere sull'avanzo primario, la ristrutturazione del debito e gli investimenti;
     si va delineando, quindi, in Europa una radicalizzazione di posizioni che vedono da un lato come capofila il Ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeudle il quale non esclude più l'ipotesi di una uscita della Grecia dall'euro e dall'altro lato la posizione del Ministro dell'economia e delle finanze italiano Pier Carlo Padoan il quale sostiene che la cosiddetta «Grexit» sia un «approccio sbagliato: l'approccio giusto è una situazione difficile ma fattibile con una Eurozona più forte con la Grecia all'interno». Tra le due posizioni si situa quella del Presidente del Parlamento Martin Schulz, il quale, pur tenendo comunque il punto, si dichiara ottimista sul raggiungimento di una soluzione condivisa;
   considerato, inoltre, che:
    a) La questione sociale è assente nelle politiche della Troika;
   nel Rapporto della Commissione Affari economici del Parlamento europeo «Sul ruolo e le attività della Troika riguardo i paesi dell'area euro oggetto di programma» di risanamento macroeconomico e finanziario, rapporto approvato il 13 marzo 2015 dal Parlamento europeo, si legge che:
     il Parlamento «denuncia la mancanza di trasparenza nei negoziati relativi al memorandum d'intesa; rileva la necessità di valutare se i documenti ufficiali sono stati chiaramente comunicati ed esaminati in tempo utile nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento Europeo e opportunamente discussi con le parti sociali. ...rivela che le raccomandazioni contenute nei memorandum d'intesa sono in contrasto con la strategia di modernizzazione equilibrata elaborata con la strategia di Lisbona e la Strategia Europa 2020, rileva altresì che gli Stati membri aderenti ai memorandum d'intesa sono stati esonerati dalle procedure di resocontazione del semestre europeo, compresa la rendicontazione del quadro degli obiettivi di lotta alla povertà e di inclusione sociale... si rammarica che nei programmi per la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo sia stata inserita una serie di prescrizioni dettagliate relative alla riforma dei sistemi sanitari e a tagli alla spesa; deplora che i programmi non siano vincolati dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o dalle disposizioni dei Trattati. ... deplora che le misure attuate abbiano fatto aumentare nel breve periodo le diseguaglianze in termine di distribuzione del reddito; prende atto che si è registrato un aumento sopra la media di tali diseguaglianze nei 4 Paesi; rileva che i tagli apportati alle protezioni e ai servizi sociali e l'aumento della disoccupazione a seguito delle misure contenute nei programmi atti a intervenire sulla situazione macroeconomica, nonché la riduzione delle retribuzioni, stanno provocando un aumento della povertà... pone l'accento sul livello inaccettabile di disoccupazione, disoccupazione di lunga durata e giovanile, in particolare nei 4 Stati membri nel quadro del programma di assistenza; sottolinea che l'elevato tasso di disoccupazione giovanile compromette le possibilità di sviluppo economico, come dimostra il flusso di giovani migranti provenienti dall'Europa meridionale e dall'Irlanda...»;
    una denuncia che, peraltro, collima almeno in parte con quanto sostenuto dal Sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi (intervista al Sole 24Ore del 14 marzo 2015), il quale sottolinea come nel semestre europeo di bilancio, primo embrione di coordinamento ex ante delle politiche economiche, la dimensione sociale sia «totalmente assente». «L'assenza della questione sociale non ci ha fatto porre la domanda se tutte le ricette messe in campo fossero sostenibili»;
   b) non si parla mai dello squilibrio eccessivo delle bilance commerciali;
    l'Eurogruppo è severo con chi non rispetta i parametri del patto di stabilità ed in particolare il rapporto deficit-PIL e la riduzione del debito, ma non ha detto una sola parola quando la Germania sforava il tetto dell'avanzo commerciale, quello consentito dal Patto di stabilità. La Germania lo ha sforato più volte e per ultimo l'ha sforato nel mese di dicembre scorso, arrivando ad un surplus del 7,5 per cento, mentre il patto di stabilità fissa un limite del 6 per cento. Tutti tacciono;
   c) si danno fondi alle banche e non alla Grecia:
    la BCE ha regalato a suo tempo un migliaio di miliardi con il piano di rifinanziamento a lungo termine alle banche private europee, per capitalizzarle e farle rifiatare, ma ci si chiede perché l'eurogruppo non voglia trovare, non voglia concedere, 7 miliardi a marzo alla Grecia per salvarla del tracollo, perché assicuri 1.000 miliardi per le banche e non 7 miliardi per il popolo greco;
   d) è possibile una forma alternativa al Quantitative easing;
    il Ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, ha recentemente proposto una forma alternativa al Quantitative easing, finanziata al 100 per cento da obbligazioni della Banca europea degli investimenti con la BCE che acquista questi bond sui mercati secondari (il cosiddetto «Piano Merkel»), chiedendo ai governi di guidare un programma per la ripresa degli investimenti. In questa ipotesi la Banca centrale europea comprerebbe un solo titolo con rating tripla A senza doversi preoccupare dei diversi titoli di stato. Si tratterebbe non di una mutualizzazione dei debiti ma delle spese per investimenti europei;
    la proposta Varoufakis coglie il punto debole del QE, è infatti difficile capire come l'ampliamento della base monetaria dell'unione monetaria europea frammentata si trasformerebbe in una notevole crescita degli investimenti produttivi. Il nesso è molto indiretto. Nel «piano Merkel» tale nesso è diretto e preciso;
   valutato che:
    in relazione al Fondo europeo per gli investimenti strategici;
    la Commissione europea il 16 novembre 2014 ha presentato una Comunicazione con cui si intende creare un piano diretto a favorire la mobilitazione nell'Unione europea di almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nel triennio 2015-2017, noto come «Piano Junker»;
    detto piano verrà posto in essere attraverso la creazione del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS);
    il Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre 2014 ha chiesto ai legislatori dell'Unione di approvare la proposta di regolamento relativa al Fondo entro giugno 2015 di modo tale che gli investimenti si possano attivare fin dalla metà del 2015;
    la ratio per la creazione del Fondo è dettata dalla necessità di rilanciare il settore degli investimenti nell'Unione europea che ha registrato un calo pari al 15 per cento circa rispetto al picco del 2007. Questo calo è particolarmente significativo in Italia (-25 per cento), Portogallo (-36 per cento), Spagna (-38 per cento) Irlanda (-39 per cento), e Grecia (-64 per cento);
    è opportuno evidenziare che la proposta di Regolamento avanzata dalla Commissione europea non provvede direttamente all'istituzione del Fondo, bensì rinvia l'istituzione ad un accordo fra la Commissione europea e la BEI: ne consegue che la mera approvazione del Regolamento non renderebbe di per sé immediatamente operativo il Fondo stesso, anche a fronte del fatto che bisognerà modificare una parte della normativa europea che disciplina gli aiuti di Stato, nonché i Trattati europei nella parte in cui bisognerà apportare le dovute modifiche normative per non rendere il Piano al di fuori della cornice giuridica europea;
    con riguardo al finanziamento del Fondo, in realtà con l'istituzione del FEIS si va a de-finanziare il programma «Connecting Europe Facility» che è un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali. Si aggiunge, a quanto già detto, che si andranno a sottrarre dal programma «Orizzonte 2020», con un plafond di 77 miliardi di euro, una quota consistente di denaro, al più importante programma destinato alle attività di ricerca, all'innovazione tecnologica e che consente alle Università, ai Centri di Ricerca e a singoli soggetti di poter realizzare i propri progetti e mettere in pratica le proprie idee;
    si segnala che l'impegno dell'Unione europea a valere sulle risorse iscritte a bilancio sarebbe pari a 16 miliardi di euro, in realtà le risorse effettivamente rese disponibili e stornate da precedenti voci di spesa, ovvero derivanti dall'utilizzo del margine di flessibilità, ammontano a 8 miliardi di euro da corrispondere entro il 2020, mentre la BEI apporterà un contributo di 5 miliardi di euro in garanzie a copertura dei rischi sugli strumenti in base al portafoglio;
    in realtà la dotazione dell'istituendo Fondo è di 13 miliardi di euro a cui mancano l'erogazione di altri 8 miliardi di euro. Questi 21 miliardi di euro servirebbero per emettere obbligazioni e raccogliere fondi sul mercato per un totale di 60 miliardi di euro, capaci di generare secondo il «Piano Juncker», investimenti in progetti a lungo termine dell'importo di 315 miliardi di euro nel triennio dal 2015 al 2017;
    la proposta di regolamento non prevede alcun criterio per individuare la quota parte del capitale che verrebbe conferita dagli Stati membri, essendo rimessa interamente alla discrezionalità di ciascuno Stato della scelta del quantum, non essendoci alcun elemento di certezza di effettiva disponibilità di capitale del Fondo;
    la Commissione prevede poi iniziative volte a garantire che i finanziamenti aggiuntivi generati dal FEIS (nonché dai fondi strutturali) siano destinati «a progetti redditizi con un reale valore aggiunto per l'economia sociale di mercato europea». A questo scopo, si prevede l'individuazione di una riserva di progetti di rilevanza europea per 300 miliardi di euro che potrebbero usufruire delle fonti di finanziamento aggiuntive del piano;
    una lista preliminare di progetti è stata predisposta dalla «task force per gli investimenti» composta da BEI e Commissione, insieme agli Stati membri, che ha già prodotto un primo rapporto, il quale individua ben 2.000 progetti in tutta l'Unione europea per un valore complessivo potenziale attorno ai 1.300 miliardi di euro;
    in particolare, la task force ha predisposto una lista, a carattere meramente illustrativo delle tipologie di progetti potenzialmente finanziabili, di 44 progetti tra quelli già presentati dagli Stati membri in base a programmi precedenti, tuttavia non necessariamente finanziabili nell'ambito del Fondo;
    gli economisti della Royal Bank of Scotland hanno calcolato che nell'eurozona gli investimenti siano crollati di 330 miliardi l'anno dall'inizio della crisi. Essi giudicano l'iniziativa di Juncker come sottodimensionata e tardiva. Secondo questi economisti, all'Europa servirebbero almeno 800 miliardi di euro di nuovo capitale, cioè gli investimenti persi nel corso della crisi. Ma l'area euro dovrebbe ripristinare non meno di 1.000 miliardi se consideriamo l'ammortamento e la crescita mancata tra il 2007 e il 2014, perché con la crescita, sia pure contenuta della produttività, non basta ripristinare quanto perduto per recuperare il livello di occupazione iniziale;
     nonostante il capitale della BEI sia stato aumentato di 10 miliardi nel 2012, i Paesi del Sud Europa, che pure hanno diligentemente sottoscritto le loro quote, non hanno avuto in cambio sostanzialmente nessun vantaggio, dal momento che gran parte dei fondi raccolti sono andati a finanziare progetti di Paesi quali la Germania;
     gli investimenti da finanziare – essenzialmente infrastrutture – siano in grado di produrre, in ipotesi, un reddito sufficiente a remunerare gli investitori privati (banche) che dovrebbero partecipare all'operazione. Ciò significa che i progetti eventualmente finanziabili si riducono drasticamente di numero, restando escluse tutte le opere pubbliche non suscettibili di produrre un reddito direttamente quantificabile (per esempio quelle relative al recupero del territorio), mentre quelli che verranno accettati potrebbero tranquillamente trovare finanziamenti direttamente sul mercato. In sintesi, la proposta appare per molti aspetti come una sostanziale «presa in giro». Già 300 miliardi di euro sono meno della metà di quanto servirebbe a rilanciare l'economia europea. Il fatto poi che debbano essere finanziati sul mercato e non in disavanzo secondo criteri di redditività privati conferma che non la crescita ma l'ossessione contabile dei Paesi nordici continua ad essere la vera bussola che orienta le scelte di Bruxelles;
    c’è il rischio che la selezione dei progetti, ove fondata soprattutto sulla valutazione della redditività, finisca per finanziare interventi che sarebbero stati comunque realizzati, anche senza il sostegno del FEIS, negando in tal modo in misura significativa l'addizionalità dei 315 miliardi che si suppone il Piano mobiliti;
    il piano dovrebbe soprattutto intervenire nei Paesi con maggiore difficoltà di reperimento di risorse per investimenti, essendo inappropriata la logica del giusto ritorno dei contributi nazionali al FEIS;
   ulteriormente considerato che:
    in relazione allo stato dei lavori dei negoziati con gli Stati Uniti sul partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)
    l'ottavo round di negoziati che si è tenuto a Bruxelles dal 2 al 6 febbraio ha avuto come obiettivo «intensificare il confronto» tra l'Unione europea e gli Usa. Durante l'incontro negoziale sono stati annunciati ulteriori due tornate di negoziati entro l'estate;
    nonostante la segretezza e la riservatezza rispetto ai contenuti degli incontri negoziali l'unica cosa che si sa, come rileva l'europarlamentare dei Verdi Molly Scott Cato sul The Guardian del 4 marzo scorso, «è che il 92 per cento (degli incontri negoziali) ha coinvolto i lobbysti delle multinazionali»;
    in particolare delle 560 lobby incontrate dai promotori dell'accordo, 520 appartenevano al mondo del commercio e della finanza e solo 26 rappresentavano gruppi di pubblico interesse;
    il 7 gennaio 2015 la Commissione ha pubblicato otto documenti del Ttip. Lo ha fatto dopo che l'Ombudsman, il garante europeo dei diritti dei cittadini, ha ricevuto a novembre 2014 più interrogazioni di gruppi parlamentari e sindacati con la richiesta di maggiore trasparenza;
    il Presidente del Consiglio Renzi ha recentemente detto: «Sull'accordo Ttip c’è un appoggio totale e incondizionato da parte del Governo italiano. Si tratta di una scelta strategica e non è solo un accordo di libero scambio come altri»;
    375 organizzazioni europee della società civile hanno lanciato un appello al Parlamento europeo affinché si blocchino i negoziati TTIP, dove si chiede, tra le altre cose, che si rendano pubblici tutti i documenti relativi ai negoziati TTIP, incluse le bozze dei testi consolidati e si avvii un processo democratico che permetta un'analisi puntuale ed una valutazione dei testi negoziali e che coinvolga il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali,

impegna il Governo:

   in relazione agli ulteriori orientamenti in vista di un'unione dell'energia:
   a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda i target UE 2030 «Clima-Energia» in vista della 21a Conferenza delle Parti a Parigi nel dicembre 2015, prevedendo tre obiettivi vincolanti per tutti gli Stati membri: il taglio del 55 per cento delle emissioni di CO2, il raggiungimento di una quota pari ad almeno il 45 per cento di energia da fonti rinnovabili ed ad almeno il 40 per cento di efficienza energetica; ad attivarsi in sede di Unione europea affinché l'accordo globale sul clima, che dovrebbe siglarsi nell'appuntamento di dicembre 2015 a Parigi, preveda un protocollo ambizioso e soprattutto vincolante per permettere di raggiungere l'obiettivo di due gradi di riduzione del clima globale; ad attivarsi in ambito UE, anche implementando in tal senso la strategia per l'Unione europea dell'energia, affinché:
    1) gli Stati membri adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili;
    2) vengano rapidamente ridotti e quindi azzerati, i sussidi e i finanziamenti pubblici alle fonti fossili climalteranti che vengono elargiti annualmente, in particolare a partire da industrie del carbone, petrolio e gas;
    3) a garantire, nell'ambito degli interventi comunitari per sostenere la povertà energetica e la vulnerabilità dei consumatori, una tariffazione elettrica equa e in grado di garantire le fasce più deboli dei consumatori;
   in relazione ai rapporti con la Russia ed in merito alla situazione in Ucraina:
    ad adoperarsi per evitare ogni altra precipitazione bellica della crisi ucraina, promuovendo in sede di Unione europea una soluzione diplomatica che coinvolga tutte le parti in conflitto e contribuisca a consolidare l'accordo di Minsk dello scorso 12 febbraio;
    a promuovere una iniziativa in sede europea affinché si alleggeriscano significativamente le sanzioni dell'Unione europea alla Federazione russa;
    a promuovere al Consiglio europeo iniziative per garantire che non vi sia alcuna sovrapposizione, ruolo e partecipazione della NATO alla crisi ucraina, impedendo qualsiasi ipotesi di riarmo occidentale dell'Ucraina;
    ad invitare il Consiglio europeo a farsi carico di un lavoro di mediazione diplomatica che faciliti la ricerca di una soluzione pacifica della crisi ucraina, esortando ad un ruolo maggiore dell'Alto Rappresentante della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea affinché si garantisca l'integrità territoriale dello Stato ucraino ed il rispetto della sua sovranità in quanto principio internazionale inviolabile, nel rispetto della sicurezza della popolazione civile, ma che promuova la neutralità dell'Ucraina sul «modello finlandese»;
   in relazione alla situazione in Libia:
    a farsi promotore di un impegno nell'ambito della PESC a non prevedere o paventare alcun tipo di intervento militare in Libia;
    a promuovere attraverso il Consiglio europeo iniziative e soluzioni di carattere politico, diplomatico e negoziale;
    a proporre al Consiglio europeo una Conferenza internazionale, da tenersi in Italia, finalizzata a stabilizzare la Libia e tutta la regione attraverso la partecipazione di tutti gli attori «internazionali ed europei» dei rappresentanti tribali delle diverse regioni libiche e nord africane;
    a lavorare con gli altri partner europei per ricostruire un assetto «statuale» in Libia, sostenendo e rafforzando, in primis, l'iniziativa dell'inviato dell'ONU, Bernardino Leon, affinché si arrivi ad un primo accordo tra le due principali parti in conflitto: il Governo di Al Thani e il Governo di Al Hassi;
    a promuovere al Consiglio europeo una iniziativa per un accordo tra le parti, per la costruzione di un processo di pacificazione che, solo su richiesta delle parti in conflitto e in accordo tra di esse, possa prevedere iniziative di peacekeeping che contribuisca alla ricostruzione di una cornice di «governo» del Paese, tramite un processo di consultazione largo, aperto, e politiche di equa redistribuzione delle royalties petrolifere;
    a impegnarsi per promuovere, insieme agli altri partner europei e alle Nazioni Unite una conferenza macroregionale per arrivare ad un negoziato che coinvolga tutti i Paesi coinvolti, a partire da Qatar, Arabia Saudita, Egitto ed altri «giocatori» che agiscono nell'area mediorientale anche per interposta persona;
    ad applicare e a promuovere in sede europea il blocco dei flussi finanziari e delle forniture di armamenti che sostengono IS e le milizie delle varie fazioni negli scontri;
    a chiedere ai Ministri degli affari esteri dei Paesi europei di presentare richiesta presso la Corte penale internazionale dell'Aia di avviare un processo nei confronti di Abu Backr Al-Baghdadi affinché sia chiamato a giudizio come responsabile del sedicente «Stato Islamico» insieme agli esecutori e finanziatori dei crimini di genocidio, contro l'umanità e di guerra, così come previsto nello Statuto della stessa Corte;
    a chiedere al Consiglio europeo di riattivare in tempi rapidi l'operazione «Mare Nostrum» che abbia il duplice obiettivo di soccorrere i profughi che scappano dai conflitti in Siria, Afghanistan, Iraq, Eritrea attraverso la Libia e di sorvegliare le coste dalle minacce del terrorismo jihadista e allo stesso tempo aprire, ricorrendo all'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR), canali umanitari dai Paesi confinanti la Libia;
   in relazione alla situazione in Grecia:
    a chiedere l'inserimento all'ordine del giorno del Consiglio europeo della questione greca;
    a non demandare le proprie posizioni ufficiali alle sole dichiarazioni giornalistiche e a dare più coerenza alle sue stesse affermazioni contrarie alle politiche dell'austerità, per aiutare la Grecia a sostenere le sue ragioni presso l'Euro gruppo, per permettere al Governo Tsipras di affrontare e gestire una delicatissima condizione economica e sociale, che rischia di avere anche pesanti ripercussioni sull'insieme dell'Europa;
    a sostenere il neo-governo greco nei negoziati di ristrutturazione del debito sovrano, e nella proposta di swap dei titoli greci con nuovi bond, per consentire al Governo greco di rispettare nella sostanza gli impegni esistenti al tempo stesso creando uno spazio fiscale sufficiente per aumentare i redditi dei settori della popolazione ridotti in miseria;
    ad appoggiare le posizioni del Governo greco in merito all'allentamento dei rigidi parametri imposti dalle regole del fiscal compact, assumendo una posizione netta e priva di ambiguità nel voler mettere realmente in discussione i parametri imposti dalle politiche di austerity;
    a sostenere nelle sedi europee l'esigenza di un riequilibrio delle bilance commerciali da parte dei Paesi in eccesso di avanzo, sviluppando i consumi interni e il mercato interno, in modo tale da ottenere un riequilibrio della realtà economica alla dimensione europea;
    a valutare insieme agli altri Paesi dell'Eurozona, la fattibilità e l'efficacia della proposta del Ministro Varoufakis in merito al cosiddetto «Piano Merkel» al fine di sostenere un rilancio effettivo dell'economia europea;
    a proporre in tutti gli ambiti della governance europea, un Green New Deal continentale (un piano europeo per l'occupazione) il quale stanzi adeguate risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle previste nel cosiddetto Piano Juncker, che di fatto non vi sono, al fine di creare occupazione per 5-6 milioni di disoccupati e/o inoccupati, di cui un milione in Italia, che rappresentano la totalità di chi ha perso il lavoro dall'inizio della crisi e definendo una politica industriale a livello europeo;
   in relazione al Fondo europeo per gli investimenti strategici:
    ad avanzare la proposta per un maggiore controllo democratico sul FEIS, anche con riferimento alla scelta di progetti da finanziare;
    a proporre che sia demandata alla sede politica la definizione della priorità tra i progetti, sulla base di «ammissibilità» operata in sede tecnica;
    ad impegnarsi affinché il «piano Juncker» sostenga prioritariamente investimenti nei Paesi in maggiori difficoltà e affinché la selezione dei progetti non pregiudichi i Paesi più piccoli;
   in relazione allo stato dei lavori dei negoziati con gli Stati Uniti sul partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP):
    a chiedere in sede europea che tutti i documenti relativi ai negoziati TTIP, incluse le bozze dei testi consolidati, siano resi pubblici per permettere un dibattito pubblico aperto e un esame critico sul TTIP;
    a proporre con forza l'apertura di un processo democratico che permetta un'analisi puntuale ed una valutazione dei testi negoziali e che assicuri che le politiche adottate siano nel pubblico interesse; che coinvolga il Parlamento europeo e venga dibattuto nei parlamenti nazionali e che includa le organizzazioni della società civile, i sindacati e i gruppi portatori dei diversi interessi (stakeholders);
    ad impegnarsi affinché qualunque disposizione che includa meccanismi di risoluzione di controversie investitore-stato (Investor State Dispute Settlement - ISDS) sia tenuta fuori dai negoziati;
    a ribadire che gli standard dell'Unione europea (sociali e lavorativi, la tutela dei consumatori e della salute, la cura dell'ambiente inclusa la rigenerazione delle nostre risorse naturali, il benessere animale, gli standard di sicurezza alimentare e le pratiche agricole ambientalmente sostenibili, accesso all'informazione ed etichettatura, cultura e medicina, regolamentazione del mercato finanziario così come la protezione dei dati, la neutralità della rete e altri diritti digitali) siano rispettati e non «armonizzati» al ribasso al livello del minimo comun denominatore come paventato dai negoziati in corso;
    a proporre che non ci sia un'ulteriore deregolamentazione e privatizzazione dei servizi pubblici;
    ad affermare in sede di Consiglio europeo che le autorità pubbliche devono mantenere il potere politico e le strutture necessarie per proteggere certi settori sensibili e salvaguardare standard importanti per la qualità della vita;
    ad assicurarsi che nessun accordo commerciale contenga restrizioni agli standard internazionali ed europei sui diritti umani.
(6-00121) «Scotto, Palazzotto, Fratoianni, Kronbichler, Pellegrino, Zaratti, Pannarale, Marcon, Melilla, Nicchi, Matarrelli, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Paglia, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 19 e 20 marzo 2015,
   premesso che:
    il Consiglio europeo affronterà il tema della promozione degli investimenti in Europa attraverso il piano Juncker, che dovrebbe mobilitare oltre trecento miliardi di euro in tre anni per il rilancio degli investimenti pubblici e privati;
    uno dei pilastri del piano prevede l'istituzione di un Fondo europeo per gli investimenti strategici, che dovrà utilizzare fondi pubblici per mobilitare ulteriori investimenti privati e fornire la protezione del credito ai finanziamenti forniti dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) e dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI);
    il piano, inoltre, intende garantire che il finanziamento degli investimenti arrivi all'economia reale;
    tra le cinque aree prioritarie che orienteranno il lavoro dell'Unione europea nei prossimi cinque anni individuate dal Consiglio europeo nella riunione tenutasi a Bruxelles il 27 giugno 2014 vi è quella delle politiche energetiche e climatiche e, con esse, la questione dell'Unione dell'energia;
    il documento recentemente presentato dalla Commissione europea contenente la strategia per l'unione dell'energia si basa sulla necessità di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibile e gas e di produrre energia sicura, sostenibile e a prezzo accessibile all'interno dell'Unione europea;
    in base agli studi condotti dalla Commissione, la poca scelta tra le fonti, l'invecchiamento delle infrastrutture, la frammentazione dei mercati e la mancanza di coordinamento delle politiche fanno sì che in Europa i prezzi di gas ed elettricità siano più alti rispettivamente del 30 per cento e del 100 per cento rispetto agli Usa;
    il documento elaborato ipotizza una clausola di solidarietà per liberare i Paesi dalla dipendenza dai singoli fornitori, attraverso la possibilità di fare pieno affidamento sui Paesi vicini, soprattutto in caso di perturbazioni dell'approvvigionamento energetico;
    nell'ambito dell'Unione, infatti, dodici Stati membri, tra i quali l'Italia, ancora non soddisfano l'obiettivo minimo di interconnessione per cui almeno il 10 per cento della capacità installata di produzione di elettricità deve poter «attraversare le frontiere»;
    altro settore su cui si concentra l'attenzione della Commissione è quello dell'efficienza energetica, settore in cui l'Europa è ancora indietro con il 75 per cento degli immobili che sono a bassa efficienza e il 94 per cento per cento dei trasporti che dipende da prodotti petroliferi;
    l'Italia è l'unico Paese in Europa che, pur non facendo ricorso al nucleare, ha una quota di utilizzo di carbone estremamente bassa, mentre ha una quota elevata di produzione di energia elettrica da gas naturale, con rilevanti implicazioni sulla sicurezza e la competitività delle fonti di approvvigionamento;
    il sistema elettrico italiano è infatti costretto ad accettare i prezzi del gas fissati dal «duopolio» Algeria e Russia, non essendoci, a causa della lontananza e quindi di un eccessivo eventuale costo di trasporto, fornitori alternativi;
    la domanda di energia italiana non sembra rilevare segnali di recupero e, anche nel 2013, ha segnato una flessione di quasi il quattro per cento, attestandosi su un valore analogo a quello della metà degli anni novanta che ci riporta quindi indietro di venti anni;
    la netta flessione dei prezzi del petrolio e la crisi economica hanno contribuito ad alleggerire la bolletta energetica degli italiani, che tuttavia rimane ancora troppo elevata rispetto al prodotto interno lordo, con un peso del 2,7 per cento, valore molto più alto rispetto agli altri Paesi europei;
    le conseguenze pesano soprattutto sulle utenze industriali: secondo l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico, le imprese italiane sono costantemente costrette a fronteggiare prezzi al di sopra della media europea, con pesanti ripercussioni sulla competitività soprattutto in quel settori caratterizzati da forti consumi energetici, quali ad esempio la carta, l'acciaio e altri;
    il Consiglio europeo dovrebbe inoltre discutere delle relazioni con la Russia e della situazione in Ucraina, in particolare dell'attuazione dell'accordo di Minsk, e raggiungere un accordo su eventuali altre misure;
    è assolutamente necessario proseguire con gli sforzi volti alla stabilizzazione della situazione in Ucraina iniziati con l'accordo di Minsk per il cessate il fuoco approvato nello scorso mese di febbraio, che permetta di giungere ad una definitiva soluzione politica che preveda la salvaguardia dell'integrità territoriale dell'Ucraina, così come la tutela e l'autodeterminazione delle popolazioni russofone del Donbass;
    in questo quadro, inoltre, potrà avvenire anche la revisione delle sanzioni imposte a Mosca a livello europeo cui le autorità russe hanno risposto con l'embargo su svariate tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, USA, Australia, Canada e Norvegia che stanno duramente colpendo le nostre imprese;
    le conseguenze, infatti, si stanno facendo pesantemente sentire non soltanto in termini di mancate esportazioni, ma anche di indebolimento della struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
    la drammatica escalation della situazione in Libia, oltre a determinare una tragedia umanitaria che inevitabilmente si ripercuoterà sull'Europa intera e in primo luogo sull'Italia, presenta gravi implicazioni per la sicurezza dell'intera Unione europea;
    la questione dell'estremismo islamico deve formare oggetto di una seria ed approfondita analisi all'interno dell'Europa affinché si possano individuare soluzioni che impediscano la sua degenerazione in atti terroristici come quelli che hanno recentemente insanguinato la Francia;
    in questo quadro anche le politiche sull'immigrazione devono formare oggetto di revisione al fine di garantire la massima sicurezza a tutti i cittadini dell'Unione;
    non solo l'operazione Triton va potenziata ma è necessario porre finalmente all'attenzione dell'Unione la revisione del sistema di Dublino e la questione della condivisione dei costi per la prima accoglienza, che oggi ingiustamente pesano per la maggior parte sull'Italia;
    è altresì opportuno riconsiderare la cosiddetta protezione sussidiaria vale a dire quei tipo di protezione internazionale concessa a persone che, nel loro Paese, potrebbero subire ingiustizie e che esiste solo in Italia, esponendola ad un massiccio afflusso di immigrati,

impegna il Governo:

   con riferimento alla politica per gli investimenti, ad operare nel senso della rapida istituzione dei previsto Fondo e a sostenere ogni iniziativa utile a rafforzare le garanzie per l'accessibilità da parte di famiglie e imprese al credito, escludendo la possibilità che con tali risorse sia permesso l'acquisto di titoli da banche centrali;
   con riferimento alla politica energetica, a rafforzare la sicurezza energetica attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, e a favorire l'incremento dell'efficienza energetica, in particolar modo per quanto attiene ai trasporti, mediante il potenziamento di mezzi di trasporto alternativi a quelli su strada;
    nello stesso ambito ad adottare una efficace strategia energetica nazionale e a promuovere l'adozione di un piano regolatore energetico europeo;
    con riferimento alla crisi in Ucraina, a partecipare attivamente all'implementazione dell'accordo di Minsk, promuovendo, in questo quadro, la revisione delle sanzioni alla Russia, al fine di sostenere la ripresa degli scambi commerciali con il nostro Paese e tutelare le imprese;
   nell'ambito delle crisi internazionali, a sostenere un ruolo politico e diplomatico primario dell'Italia, a tutela dell'interesse nazionale;
   con riferimento alle crisi in atto in Africa, e in particolar modo in Libia, a promuovere un dibattito sulla questione della sicurezza in Europa, messa a rischio dai focolai di guerra sempre più vicini ai nostri territori, al fine di elaborare strategie condivise per il contrasto al terrorismo internazionale;
   in questo quadro, a valutare l'opportunità che sia messo in atto un pattugliamento delle coste libiche, e sia attivata una missione internazionale multilaterale, coinvolgendo i Governi dei Paesi dell'Africa settentrionale, per esaminare in loco le domande di asilo e stroncare il traffico di vite umane;
   a promuovere l'individuazione delle politiche necessarie a gestire in modo condiviso e secondo regole di protezione umanitaria la questione dei profughi, e a promuovere le opportune iniziative per la revisione dei criteri dell'accoglienza degli stessi.
(6-00122) «Rampelli».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi in Ucraina sta provocando gravi sofferenze alle popolazioni locali e rappresenta un forte elemento di instabilità nelle relazioni con la Russia;
    non esiste una soluzione militare alla crisi in Ucraina e solo la via diplomatica può portare a una pace duratura;
    l'azione svoltasi nella Crimea da parte di truppe russe, prive di insegne di riconoscimento avvenuta nel febbraio 2014 e la conseguente annessione della Crimea da parte della Russia, rappresenta un pericoloso e antistorico precedente di conquista di territori di un altro Stato per via militare, e solo un processo pacifico di autodeterminazione attuato successivamente alla conclusione del conflitto potrà essere riconosciuto legittimo dalla comunità internazionale;
    il dispiegamento di forze russe in territorio ucraino, seppure senza insegne e spacciate come volontari, rappresenta una violazione della sovranità dell'Ucraina e un forte elemento di alimentazione del conflitto;
    la partecipazione al conflitto ucraino di volontari europei, tra i quali si contano anche alcuni italiani, nonché di compagnie militari private occidentali, rappresenta un grave intralcio per il processo di pace e rischia di provocare gravi incidenti diplomatici;
    qualsiasi misura di intervento diretto nel conflitto da parte dei paesi dell'Unione Europea o della NATO, inclusa la fornitura di armi alle forze armate ucraine, rappresenterebbe un passo verso un inasprimento del conflitto e rischierebbe di provocare una escalation dagli esiti imprevedibili;
    il rafforzamento del dispositivo NATO in Europa Orientale vedrà un ulteriore potenziamento tramite l'ampliamento della NATO Response Force e la creazione della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF); questa misura volta soprattutto a rassicurare Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bulgaria e Romania, potrebbe portare a un incremento della tensione tra NATO e Russia;
    il Partenariato Orientale, nato nell'ambito della Politica Europea di Vicinato e volto a favorire l'associazione di Armenia, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina, avrebbe dovuto essere uno strumento per rafforzare democrazia, stabilità, sicurezza e cooperazione regionale, ma oggi rappresenta soprattutto un fattore di tensione tra UE e Russia;
   Considerato inoltre che:
    la firma del cosiddetto Protocollo di Minsk, il 15 febbraio 2015, da parte dei rappresentanti del Gruppo Trilaterale di Contatto rappresenta un'occasione imperdibile per attuare con decisione ogni sforzo possibile per addivenire a una soluzione negoziale del conflitto in Ucraina;
    il vertice dei ministri degli esteri dell'UE con le sei repubbliche del Partenariato Orientale che si terrà a Riga il prossimo maggio offre l'opportunità di proporre l'avvio di nuove iniziative volte a creare un costruttivo clima di fiducia tra i Paesi del Partenariato Orientale e tra questi e la Russia, con l'obiettivo di giungere alla creazione di relazioni stabili e positive nella regione;

impegna il Governo:

   a promuovere il ruolo dell'Unione europea come attore unitario, sostenendo le iniziative diplomatiche dell'Alto Rappresentante e scoraggiando iniziative autonome dei singoli stati dell'Unione;
   a non acconsentire alla partecipazione dell'Italia a esercitazioni della NATO eventualmente condotte in territorio ucraino;
   a subordinare il supporto italiano alla NATO Response Force all'assunzione da parte dell'Alleanza Atlantica di una posizione nei confronti della Russia strettamente ed esclusivamente difensiva;
   ad opporsi in ambito UE e NATO al trasferimento di armi all'Ucraina;
   a contribuire al rispetto del punto 10 del Protocollo di Minsk, che prevede il ritiro delle unità militari di altri Paesi, tecnologie e mercenari dal territorio dell'Ucraina, sotto la supervisione dell'OSCE e il disarmo di tutti i gruppi di combattenti illegali, mettendo in atto efficaci soluzioni volte a impedire la partecipazione diretta di cittadini italiani al conflitto in Ucraina e attivandosi per l'identificazione e il rimpatrio dei cittadini italiani che già si sono recati in quel paese per dare un contributo militare all'una o all'altra parte;
   a farsi promotore, in occasione del vertice di ministri degli esteri dell'UE con le sei repubbliche del Partenariato Orientale che si terrà a Riga il prossimo maggio, della creazione di un gruppo di studio composto da politologi, economisti, ed esperti delle relazioni internazionali, provenienti dai paesi UE, dai Paesi del Partenariato Orientale e dai Paesi della Unione Doganale Eurasiatica (Russia, Bielorussia e Kazakistan), dedicato all'elaborazione di soluzioni per la pacifica stabilizzazione dell'Europa orientale e il rilancio economico della regione.
(6-00123) «Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Rizzetto, Prodani, Tancredi, Segoni».