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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 4 dicembre 2014

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GENNAIO 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 dicembre 2014.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Centemero, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Colonnese, Costa, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Martelli, Antonio Martino, Mattiello, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Scotto, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tidei, Tofalo, Velo, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 3 dicembre 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MINARDO: «Abrogazione del comma 21 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, concernente l'addizionale erariale sulla tassa automobilistica» (2763);
   GELMINI: «Introduzione dell'aliquota unica per l'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'area di esenzione dal prelievo fiscale per i redditi di lavoro dipendente, autonomo e di pensione, nonché delega al Governo per l'adeguamento dell'ordinamento tributario» (2764);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE GELMINI: «Modifiche all'articolo 53 della Costituzione, relative all'introduzione di un limite al prelievo tributario complessivo e dei princìpi di chiarezza e irretroattività delle norme tributarie e di semplificazione del sistema impositivo» (2765).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge AMODDIO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri» (2410) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Anzaldi, Ferraresi, Giulietti, Giuseppe Guerini, Schirò e Vazio.

  La proposta di legge ZAPPULLA: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri» (2411) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Albanella, Berretta, Boccuzzi, Giacobbe, Gnecchi, Magorno, Moscatt, Rocchi, Terrosi e Venittelli.

  La proposta di legge IORI ed altri: «Disciplina delle professioni di educatore e di pedagogista» (2656) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Narduolo.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   III Commissione (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione culturale, scientifica, tecnologica e nel campo dell'istruzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Cipro, con Allegato, fatto a Nicosia il 6 giugno 2005, e dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Cipro sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati in Italia e a Cipro, con Allegati, fatto a Roma il 9 gennaio 2009» (2711) Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
  CAPEZZONE: «Proroga del termine per l'esercizio della delega legislativa di cui alla legge 11 marzo 2014, n. 23, in materia di delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» (2729) Parere delle Commissioni I e V.

   XI Commissione (Lavoro):
  GNECCHI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 166, in materia di accesso al trattamento pensionistico, e alla legge 28 giugno 2012, n. 92, in materia di erogazione dell'indennità di disoccupazione, nonché disposizioni concernenti l'assegno per il nucleo familiare in favore degli sportivi professionisti» (2689) Parere delle Commissioni I, V e VII.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e III (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul traffico illecito via mare, aperto alla firma a Strasburgo il 31 gennaio 1995, attuativo dell'articolo 17 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, fatta a Vienna il 20 dicembre 1988» (2709) Parere delle Commissioni I, IV, V e IX.

Trasmissioni dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettere in data 1o dicembre 2014, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
   risoluzione della 12a Commissione (Igiene) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali (COM(2014) 557 final) e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai medicinali veterinari (COM(2014) 558 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 82), che è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione della 7a Commissione (Istruzione pubblica) sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l'Europa (COM(2014) 477 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 83), che è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 2 dicembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società italiana per le imprese all'estero - SIMEST Spa, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 206).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 2 dicembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione La Biennale di Venezia, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 207).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 6 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 13 ottobre 2010, n. 190, la relazione sull'attività svolta dal Comitato tecnico per il conseguimento delle finalità di cui al medesimo decreto legislativo n. 190 del 2010, recante attuazione della direttiva 2008/56/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino, predisposta dal medesimo Comitato, aggiornata al 31 agosto 2014 (Doc. CCXXIII, n. 1).
  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 4 dicembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante riordino della disciplina della difesa d'ufficio (123).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 3 gennaio 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 19 dicembre 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

PROPOSTA DI LEGGE: FERRANTI ED ALTRI: MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE IN MATERIA DI MISURE CAUTELARI PERSONALI. MODIFICHE ALLA LEGGE 26 LUGLIO 1975, N. 354, IN MATERIA DI VISITA A PERSONE AFFETTE DA HANDICAP IN SITUAZIONE DI GRAVITÀ (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 631-C)

A.C. 631-C – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.

  1. Il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dai seguenti: «Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure».
  2. Il terzo periodo del comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è soppresso.
  3. Dopo il comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
  «3-bis. Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'articolo 275-bis, comma 1».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.

  Al comma 1, sostituire le parole: e 416-bis con le seguenti: 416-bis, 416-ter e 609-bis.

  Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la parola:, 609-bis.
4. 25. Molteni, Caparini.

  Al comma 1, sostituire le parole: e 416-bis con le seguenti: 416-bis, 416-ter e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-quater.

  Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire le parole da: e, quando non ricorrano fino a: 609-octies con le seguenti: e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis e 609-octies.
4. 14.(Versione corretta) Molteni, Caparini.

  Al comma 1, sostituire le parole: e 416-bis con le seguenti: 416-bis, 416-ter e, quando non ricorrono le circostanze attenuanti contemplate, 609-octies.

  Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire le parole da: e, quando non ricorrano fino a: 609-octies con le seguenti: e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis e 609-quater.
4. 15.(Versione corretta) Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.

  1. Il comma 1-ter dell'articolo 276 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
  «1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 5.

  Al comma 1, capoverso comma 1-ter, sopprimere le parole:, salvo che il fatto sia di lieve entità.
5. 3. Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Articolo 6

ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.

  1. Al comma 5-bis dell'articolo 284 del codice di procedura penale, al primo periodo, dopo le parole: «per il quale si procede» sono aggiunte le seguenti: «salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 6.

  Sopprimerlo.
6. 1. Sarti, Ferraresi, Turco, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Businarolo.

A.C. 631-C – Articolo 7

ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.

  1. All'articolo 289, comma 2, del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l'interrogatorio ha luogo nei termini di cui al comma 1-bis dell'articolo 294».

A.C. 631-C – Articolo 10

ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 10.

  1. All'articolo 308 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. Le misure interdittive non possono avere durata superiore a dodici mesi e perdono efficacia quando è decorso il termine fissato dal giudice nell'ordinanza. In ogni caso, qualora siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione nei limiti temporali previsti dal primo periodo del presente comma».
  3. Il comma 2-bis dell'articolo 308 del codice di procedura penale è abrogato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 10.

  Al comma 1, capoverso comma 2, sostituire le parole: Le misure interdittive non possono avere durata superiore a con le seguenti: Le misure interdittive hanno una durata non inferiore a.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sostituire le parole: e perdono efficacia con le seguenti: e superiore a ventiquattro mesi e perdono efficacia.
10. 1. Molteni, Caparini.

  Al comma 1, capoverso comma 2, sostituire le parole: Le misure interdittive non possono avere durata superiore a con le seguenti: Le misure interdittive hanno una durata non inferiore a.
10. 2. Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Articolo 11

ARTICOLO 11 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.

  1. Al primo periodo del comma 6 dell'articolo 309 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e l'imputato può chiedere di comparire personalmente».
  2. Al comma 8-bis dell'articolo 309 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente».
  3. Al comma 9 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l'autonoma valutazione, a norma dell'articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa».
  4. All'articolo 309 del codice di procedura penale, dopo il comma 9 è inserito il seguente:
  «9-bis. Su richiesta formulata personalmente dall'imputato entro due giorni dalla notificazione dell'avviso, il tribunale differisce la data dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per la decisione e quello per il deposito dell'ordinanza sono prorogati nella stessa misura».

  5. Il comma 10 dell'articolo 309 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

  «10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione».

  6. Al comma 7 dell'articolo 324 del codice di procedura penale, le parole: «articolo 309 commi 9» sono sostituite dalle seguenti: «articolo 309, commi 9, 9-bis».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 11.

  Sostituire il comma 5 con il seguente:
  5. Al comma 10 dell'articolo 309 del codice di procedura penale, dopo le parole: «entro il termine prescritto» sono aggiunte le seguenti: «ovvero se l'ordinanza del tribunale non è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione.»
11. 10. Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 5, capoverso comma 10, primo periodo, sopprimere le parole: e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata.
11. 12. Ferraresi, Sarti, Turco, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Businarolo.

  Al comma 5, capoverso comma 10, primo periodo, sopprimere la parola: eccezionali.
11. 14. Ferraresi, Sarti, Turco, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Businarolo.

  Al comma 5, capoverso comma 10, secondo periodo, sostituire le parole: trenta giorni con le seguenti: quarantacinque giorni.
11. 17. Molteni, Caparini.

  Al comma 5, capoverso comma 10, secondo periodo, sostituire le parole: trenta giorni con le seguenti: quaranta giorni.
11. 16. Molteni, Caparini.

  Al comma 5, capoverso comma 10, terzo periodo, sostituire le parole: quarantacinquesimo giorno con le seguenti: sessantesimo giorno.
11. 18. Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Articolo 12

ARTICOLO 12 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.

  1. All'articolo 310, comma 2, del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «con ordinanza depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 12 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 12.

  Al comma 1, sopprimere le parole da: L'ordinanza del tribunale fino alla fine del comma.
12. 5. Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, sostituire le parole: trenta giorni con le seguenti: quarantacinque giorni.
12. 2. Molteni, Caparini.

  Al comma 1, sostituire le parole: trenta giorni con le seguenti: quaranta giorni.
12. 1. Molteni, Caparini.

  Al comma 1, sostituire le parole: quarantacinquesimo giorno con le seguenti: sessantaseiesimo giorno.
12. 4. Molteni, Caparini.

  Al comma 1, sostituire le parole: quarantacinquesimo giorno con le seguenti: cinquantesimo giorno.
12. 3. Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Articolo 13

ARTICOLO 13 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 13.

  1. All'articolo 311 del codice di procedura penale, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
  «5-bis. Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell'imputato, un'ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell'ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l'esecuzione sia sospesa ai sensi dell'articolo 310, comma 3, e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 13.

  Al comma 1, capoverso comma 5-bis, sopprimere le parole: e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata.
13. 1. Ferraresi, Sarti, Turco, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Businarolo.

  Al comma 1, capoverso comma 5-bis, sopprimere le parole:, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate,
13. 3. Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, capoverso comma 5-bis, sopprimere la parola: eccezionali.
* 13. 4. Ferraresi, Sarti, Turco, Agostinelli, Bonafede, Colletti, Businarolo.

  Al comma 1, capoverso comma 5-bis, sopprimere la parola: eccezionali.
* 13. 5. Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Articolo 14

ARTICOLO 14 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 14.

  1. All'articolo 21-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1, dopo le parole: «anche non convivente,» sono inserite le seguenti: «ovvero nel caso in cui il figlio sia affetto da handicap in situazione di gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge»;
   b) al comma 1, dopo le parole: «a visitare l'infermo» sono inserite le seguenti: «o il figlio affetto da handicap grave»;
   c) al comma 2, dopo le parole: «anche se con lei non convivente,» sono inserite le seguenti: «o di figlio affetto da handicap in situazione di gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge»;
   d) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «2-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche nel caso di coniuge o convivente affetto da handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104»;
   e) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o al figlio, al coniuge o convivente affetto da handicap in situazione di gravità».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 14.

  Sopprimerlo.
14. 1. Molteni, Caparini.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) al comma 1, aggiungere in fine, il seguente periodo: «In ogni caso il provvedimento, nei confronti delle medesime situazioni, deve tener conto del numero del numero di visite già svolte ed è soggetto a contingentamento, e si applica la disciplina prevista dall'articolo 4-bis.»
14. 2. Molteni, Caparini.

A.C. 631-C – Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

   La Camera,
   esaminata la proposta di legge C. 631-C;
   rilevato che nel corso dell'esame in sede referente è stata soppressa la disposizione introdotta dal Senato volta a prevedere una nuova ipotesi di responsabilità disciplinare del magistrato che abbia omesso di motivare l'ordinanza di custodia cautelare, in quanto si è ritenuto che tale condotta sia comunque riconducibile ad illeciti disciplinari già previsti dalla normativa vigente;
   ritenuto che la soppressione della disposizione di cui sopra, motivata dalla esaustività delle ipotesi di illeciti disciplinari previsti dalla normativa vigente, non escluda una revisione organica della disciplina sugli illeciti disciplinari dei magistrati che tenga conto dell'opportunità di valutare la previsione di strumenti volti a consentire agli organi titolari dell'azione disciplinare di rinvenire gli estremi della commissione di illeciti disciplinari nei casi in cui vi sia stata una ingiusta limitazione della libertà del soggetto destinatario della misura cautelare;
   la predetta esigenza nasce dalla constatazione che, a fronte di circa 20.000 sentenze emanate per ingiusta detenzione e circa 600 milioni di euro per riparazione, non si ha conoscenza di procedimenti disciplinari avviati in conseguenza di tali sentenze;
   i dati di cui sopra sono allarmanti da un punto di vista statistico, poiché, pur nella consapevolezza che non vi è una necessaria corrispondenza tra l'ingiusta detenzione e la commissione di un illecito disciplinare da parte del magistrato, non sembra plausibile neanche il contrario, cioè che nei casi accertati di ingiusta detenzione non ricorra alcuna ipotesi di illecito disciplinare;
   ritenuto pertanto opportuno rivisitare la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, al fine di formulare una normativa che possa trovare una effettiva ed efficacia applicazione in quei casi in cui gli illeciti siano stati commessi,

impegna il Governo

a valutare – nell'ambito della revisione organica della disciplina relativa agli illeciti disciplinari dei magistrati – modalità attraverso le quali portare a conoscenza degli organi titolari dell'azione disciplinare le circostanze che hanno determinato ingiuste detenzioni riconosciute da sentenze di accoglimento delle relative domande di riparazione.
9/631-C/1Pagano.


MOZIONI CAPARINI ED ALTRI N. 1-00592, VARGIU ED ALTRI N. 1-00668, BRUNETTA E PALESE N. 1-00672, FRATOIANNI ED ALTRI N. 1-00674, GAROFALO ED ALTRI N. 1-00679, PELUFFO ED ALTRI N. 1-00683, LIUZZI ED ALTRI 1-00686 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00687 IN MATERIA DI ESENZIONE DAL PAGAMENTO E DI DISDETTA DEL CANONE RAI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il pagamento del canone di abbonamento, istituito con regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, quando ancora non esisteva televisione, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni televisive, indipendentemente dai programmi ricevuti, a seguito di sentenze della Corte costituzionale (11 maggio 1988, n. 535, e 17-26 giugno 2002, n. 284) che ha riconosciuto la sua natura sostanziale d'imposta per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato;
    il canone Rai, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è ormai un'imposta antiquata e iniqua, che non ha alcun motivo di esistere anche in virtù del maggiore pluralismo indotto dall'ingresso sul mercato di nuovi editori e dall'apporto delle nuove tecnologie (dtt, ddt, dvbh, tv satellitare, adsl, wi-fi, cavo e analogico). Inoltre, è una delle tasse più odiate e per questo più discusse dagli italiani che preferirebbero non guardare la Rai piuttosto che pagare il canone;
    è soprattutto un'imposta socialmente iniqua in quanto colpisce tutte le fasce di reddito, comprese le più deboli, nonostante il fatto che il comma 132 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, come modificato dal decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, preveda, a decorrere dall'anno 2008, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi, l'abolizione del pagamento del canone Rai esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza;
    la Rai collabora con l'amministrazione finanziaria, Agenzia delle entrate-Sat (Sportello abbonati tv), alla riscossione e alla gestione del canale televisivo, come previsto dall'atto aggiuntivo alla convenzione, stipulato con il dipartimento delle entrate del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale collaborazione si estrinseca, tra l'altro, attraverso l'attività di recupero delle morosità, ossia dei canoni non spontaneamente corrisposti dagli abbonati alle scadenze previste da legge;
    la legge permette di poter disdire il canone tv a condizione che l'abbonato dismetta gli apparecchi televisivi in suo possesso e ne richieda, quindi, il suggellamento oppure ne denunci la cessione a terzi (regalo, vendita, rottamazione, furto e altro). In caso di suggellamento degli apparecchi l'interessato dovrà anche versare tramite vaglia, intestato all'Agenzia delle entrate di Torino, l'importo di 5,16 euro per ogni apparecchio da suggellare;
    la disdetta dell'abbonamento si perfeziona, però, dopo che lo sportello Sat dell'Agenzia delle entrate di Torino invierà a coloro che hanno correttamente disdetto il canone Rai un modulo con il quale, sotto diretta responsabilità dell'utente, verranno indicate tutte le informazioni richieste, allegando il certificato di rottamazione oppure la denuncia di furto in caso di comprovata mancata detenzione della tv o una dichiarazione integrativa in caso di annullamento per cessazione della tv. Inoltre, l'utente autorizza la Guardia di finanza e non meglio citati organi competenti ad accedere alle residenze e dimore per procedere alle operazioni di controllo e di suggellamento, non essendo specificato se si tratti di un controllo successivo per la verifica dell'integrità dei sigilli o di una vera e propria ispezione «autorizzata» di dubbia legittimità;
    gli uffici dell'Agenzia delle entrate-Sat richiedono, altresì, in caso di rottamazione dell'apparecchio o in caso di cessione a terzi del medesimo, la compilazione e la spedizione di un «atto sostitutivo di notorietà»;
    nonostante gli interessati abbiano seguito le procedure, indicate anche sul sito internet della Rai, per l'esonero dal pagamento del canone o la disdetta dello stesso, questi non solo non hanno ricevuto alcuna risposta, né tantomeno il rimborso delle cifre già pagate indebitamente, ma si sono visti addirittura intimare il pagamento con tanto di sollecito;
    sono ormai migliaia le segnalazioni di casi in cui la Rai ha recapitato diffide agli utenti morosi o per libera scelta inadempienti, minacciando il «recupero coattivo dei canoni dovuti anche attraverso il fermo amministrativo dei suoi autoveicoli ed il pignoramento dei suoi beni, tra cui la retribuzione»;
    si sottolinea come non sia in alcun modo possibile applicare la procedura del fermo amministrativo dell'automobile in ragione di un ritardo o di un mancato pagamento del canone di abbonamento televisivo, in quanto si tratta di un fermo generalizzato e sistematico che non tiene in alcun conto della concreta situazione in cui versa il debitore, cioè se questi si trovi in una situazione fortemente debitoria e se vi sia un reale pericolo di sottrazione; non è stabilito né in forza di consuetudini, né tanto meno in base a norme vigenti, che lo Stato arrechi un danno tanto considerevole al cittadino per importi irrisori;
    la diffida di tale tenore è secondo i firmatari del presente atto di indirizzo fuor di ogni dubbio sproporzionata, vessatoria, antistorica, in contrasto con qualsivoglia principio di corretto rapporto tra concessionaria e utente del servizio pubblico,

impegna il Governo:

   ad intervenire tramite l'emanazione di una circolare esplicativa, nonché risolutiva, della situazione con riferimento ai soggetti aventi i requisiti di cui al comma 132 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, che possono ottenere l'esenzione dal pagamento del canone Rai esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza, nonché a definire le domande di rimborso ancora in sospeso dal 2008 al 2013;
   in relazione alla «dichiarazione ad integrazione della disdetta», a fornire adeguata informazione agli utenti ed agli uffici competenti sulla corretta procedura da seguire per la disdetta del canone Rai, rimuovendo gli oneri impropri a carico dell'abbonato per il suggellamento;
   a procedere alla convalida, con effetto retroattivo, di tutte le disdette e richieste di esonero effettuate, facendo decadere le pretese in essere a carico dell'utente di corrispondere quote di canone di abbonamento Rai che non costituiscano effettiva omissione, totale o parziale, relativa al pagamento di canoni antecedenti la disdetta, con l'ulteriore effetto di procedere d'ufficio alla liquidazione di quanto indebitamente versato dagli abbonati;
   a prevedere la cancellazione dall'elenco degli obbligati al pagamento del canone del nominativo dell'utente che ha effettuato regolare disdetta e sia in possesso dei requisiti per l'esonero.
(1-00592) «Caparini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni si è manifestato un atteggiamento ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo spesso eccessivamente aggressivo e vessatorio della Rai nella gestione e nella riscossione del canone Rai, riconducibile anche alle difficoltà economiche in cui versa la società;
    l'obbligo di pagamento del canone Rai discende da un vecchissimo decreto regio del 1938, una norma anacronistica che purtroppo ha resistito a qualsiasi attività di semplificazione e di rivisitazione dei tributi in senso liberale e che impone il pagamento dell'imposta a «chiunque detenga uno o più apparecchi o altri dispositivi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni radiofoniche e televisive»;
    come accertato dalla Corte costituzionale, il canone di abbonamento, «benché all'origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime di concessione, ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria», un'imposta misurata «non più in relazione alla possibilità effettiva per il singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, al cui finanziamento il canone è destinato» (sentenza n. 284 del 2002), ma che colpisce tutti i cittadini indistintamente dal proprio reddito;
    il decreto regio prevede comunque che l'abbonato possa disdire il canone tv a condizione che dismetta gli apparecchi televisivi in suo possesso e ne richieda il suggellamento o ne denunci la cessione a terzi e la legge (comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, come modificato dal decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazione, dalla legge n. 31 del 2008) dal 2008 esenta dal pagamento, esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza, i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 516,46 euro per tredici mensilità, senza conviventi;
    molti abbonati che hanno proceduto alla richiesta di disdetta o di esenzione segnalano procedure vessatorie da parte della Rai che talora sembra rispondere con diffide e ingiunzioni di pagamento;
    nel mese di giugno 2014, in diverse parti d'Italia, milioni di titolari di partite iva, attività commerciali, studi professionali e vari tipi di impresa, hanno ricevuto un bollettino Rai con la richiesta del pagamento del cosiddetto «canone speciale», nonostante tale canone speciale sia dovuto esclusivamente dalle attività professionali che consentono l'utilizzo di apparecchiature televisive ai clienti all'interno dei propri locali, come alberghi e ristoranti;
    le situazioni sopra descritte sono, come detto, in gran parte dovute alla gravissima crisi di inefficienza del sistema radiotelevisivo pubblico;
    tale situazione è legata in senso più generale alla situazione del sistema radiotelevisivo italiano, caratterizzato da un bassissimo sviluppo della concorrenza e del mercato, dovuto all'esistenza di un sostanziale duopolio pubblico e privato, costituito, da una parte, dalla società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico, la Rai, che vede come azionista di maggioranza lo Stato e, dall'altra, dal gruppo Mediaset;
    una reale apertura del mercato alla concorrenza non appare possibile, fino a che le scelte politiche e di settore saranno condizionate dalla presenza di un soggetto pubblico delle dimensioni della Rai attuale;
    già nel febbraio 2012 l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha chiesto di ridurre la presenza dello Stato «specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell'energia e dei servizi locali», mentre circa 14 milioni di italiani hanno detto sì alla privatizzazione della Rai con un referendum abrogativo nel giugno 1995, rimasto poi nei fatti disatteso;
    la Rai, con la sua dimensione e struttura organizzativa e gestionale, non ha dimostrato in questi anni di saper assicurare, in qualità di principale attore nel servizio pubblico, il principio del pluralismo, portando in molti casi a pratiche degenerative di lottizzazione partitica;
    tale gestione politica e partitica ha inciso pesantemente sull'equilibrio dell'informazione e sull'efficienza economica dell'ente, come dimostrano i dati dell'andamento gestionale del gruppo Rai nel primo semestre del 2014 che indicano una perdita complessiva consolidata di 77,9 milioni di euro e una posizione finanziaria netta del gruppo al 30 giugno 2014 negativa per 170 milioni di euro;
    nel febbraio 2014, la Corte dei conti ha affermato nella sua relazione sugli esercizi 2011-2012 che la Rai «non ha ancora perfezionato un rigoroso piano di razionalizzazione e contenimento dei costi», sottolineando e ribadendo «la decisiva necessità che l'azienda attivi comunque ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche, con decisioni di spesa che siano, singolarmente e nel loro complesso, strettamente coerenti con il quadro di riferimento»;
    in assenza di un programma di riforma del sistema radiotelevisivo, i problemi relativi alla gestione economica della Rai, inclusi quelli relativi al canone sopra descritti, non potranno essere risolti;
    è pertanto auspicabile che si pervenga nel tempo all'abolizione definitiva del canone Rai, promuovendo, al contempo, un programma di privatizzazione della società Rai-Radiotelevisione italiana spa, che concentri l'attività della società sullo svolgimento del servizio pubblico,

impegna il Governo:

a procedere in un tempo ragionevole al riequilibrio del rapporto tra Stato e contribuente con ogni atto amministrativo ritenuto idoneo, garantendo il diritto all'esenzione dal pagamento del canone ai soggetti individuati dal comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), assicurando la piena disdetta del canone a quanti ne abbiano fatto regolare richiesta.
(1-00668) «Vargiu, Bombassei, Causin, D'Agostino, Dambruoso, Galgano, Librandi, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Quintarelli, Rabino, Tinagli, Vecchio, Vitelli».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni si è manifestato un atteggiamento ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo spesso eccessivamente aggressivo e vessatorio della Rai nella gestione e nella riscossione del canone Rai, riconducibile anche alle difficoltà economiche in cui versa la società;
    l'obbligo di pagamento del canone Rai discende da un vecchissimo decreto regio del 1938, una norma anacronistica che purtroppo ha resistito a qualsiasi attività di semplificazione e di rivisitazione dei tributi in senso liberale e che impone il pagamento dell'imposta a «chiunque detenga uno o più apparecchi o altri dispositivi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni radiofoniche e televisive»;
    come accertato dalla Corte costituzionale, il canone di abbonamento, «benché all'origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime di concessione, ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria», un'imposta misurata «non più in relazione alla possibilità effettiva per il singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, al cui finanziamento il canone è destinato» (sentenza n. 284 del 2002), ma che colpisce tutti i cittadini indistintamente dal proprio reddito;
    il decreto regio prevede comunque che l'abbonato possa disdire il canone tv a condizione che dismetta gli apparecchi televisivi in suo possesso e ne richieda il suggellamento o ne denunci la cessione a terzi e la legge (comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, come modificato dal decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazione, dalla legge n. 31 del 2008) dal 2008 esenta dal pagamento, esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza, i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 516,46 euro per tredici mensilità, senza conviventi;
    molti abbonati che hanno proceduto alla richiesta di disdetta o di esenzione segnalano procedure vessatorie da parte della Rai che talora sembra rispondere con diffide e ingiunzioni di pagamento;
    nel mese di giugno 2014, in diverse parti d'Italia, milioni di titolari di partite iva, attività commerciali, studi professionali e vari tipi di impresa, hanno ricevuto un bollettino Rai con la richiesta del pagamento del cosiddetto «canone speciale», nonostante tale canone speciale sia dovuto esclusivamente dalle attività professionali che consentono l'utilizzo di apparecchiature televisive ai clienti all'interno dei propri locali, come alberghi e ristoranti;
    le situazioni sopra descritte sono, come detto, in gran parte dovute alla gravissima crisi di inefficienza del sistema radiotelevisivo pubblico;
    tale situazione è legata in senso più generale alla situazione del sistema radiotelevisivo italiano, caratterizzato da un bassissimo sviluppo della concorrenza e del mercato, dovuto all'esistenza di un sostanziale duopolio pubblico e privato, costituito, da una parte, dalla società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico, la Rai, che vede come azionista di maggioranza lo Stato e, dall'altra, dal gruppo Mediaset;
    una reale apertura del mercato alla concorrenza non appare possibile, fino a che le scelte politiche e di settore saranno condizionate dalla presenza di un soggetto pubblico delle dimensioni della Rai attuale;
    già nel febbraio 2012 l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha chiesto di ridurre la presenza dello Stato «specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell'energia e dei servizi locali», mentre circa 14 milioni di italiani hanno detto sì alla privatizzazione della Rai con un referendum abrogativo nel giugno 1995, rimasto poi nei fatti disatteso;
    la Rai, con la sua dimensione e struttura organizzativa e gestionale, non ha dimostrato in questi anni di saper assicurare, in qualità di principale attore nel servizio pubblico, il principio del pluralismo, portando in molti casi a pratiche degenerative di lottizzazione partitica;
    tale gestione politica e partitica ha inciso pesantemente sull'equilibrio dell'informazione e sull'efficienza economica dell'ente, come dimostrano i dati dell'andamento gestionale del gruppo Rai nel primo semestre del 2014 che indicano una perdita complessiva consolidata di 77,9 milioni di euro e una posizione finanziaria netta del gruppo al 30 giugno 2014 negativa per 170 milioni di euro;
    nel febbraio 2014, la Corte dei conti ha affermato nella sua relazione sugli esercizi 2011-2012 che la Rai «non ha ancora perfezionato un rigoroso piano di razionalizzazione e contenimento dei costi», sottolineando e ribadendo «la decisiva necessità che l'azienda attivi comunque ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche, con decisioni di spesa che siano, singolarmente e nel loro complesso, strettamente coerenti con il quadro di riferimento»;
    in assenza di un programma di riforma del sistema radiotelevisivo, i problemi relativi alla gestione economica della Rai, inclusi quelli relativi al canone sopra descritti, non potranno essere risolti;
    è pertanto auspicabile che si pervenga nel tempo all'abolizione definitiva del canone Rai, promuovendo, al contempo, un programma di privatizzazione della società Rai-Radiotelevisione italiana spa, che concentri l'attività della società sullo svolgimento del servizio pubblico,

impegna il Governo:

a procedere in un tempo ragionevole alla semplificazione delle procedure che garantiscono il diritto all'esenzione dal pagamento del canone ai soggetti individuati dal comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), assicurando la piena disdetta del canone a quanti ne abbiano fatto regolare richiesta.
(1-00668) (Testo modificato nel corso della seduta) «Vargiu, Bombassei, Causin, D'Agostino, Dambruoso, Galgano, Librandi, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Quintarelli, Rabino, Tinagli, Vecchio, Vitelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, all'articolo 1, prevede che: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento». Si tratta di un'imposta sulla detenzione dell'apparecchio e, pertanto, il canone deve essere pagato indipendentemente dall'uso del televisore o dalla scelta delle emittenti televisive; il canone Rai viene, da sempre, percepito dai cittadini come un'imposta ingiusta, uguale per tutti gli utenti, con un importo pari a 113,50 euro, piuttosto che essere proporzionalmente stabilita in base all'effettiva capacità contributiva;
    il sito internet www.abbonamenti.rai.it riporta le disposizioni di legge in base alle quali è possibile, per i cittadini procedere alla disdetta del canone tv; l'articolo 10 del citato regio decreto-legge prevede che gli utenti possano disdire l'abbonamento al canone tv in caso di cessione o alienazione dell'apparecchio (rottamazione, furto o incendio) oppure in caso di suggellamento di tutti gli apparecchi tv detenuti; il suggellamento consiste nel rendere inutilizzabili, generalmente mediante chiusura in appositi involucri, tutti gli apparecchi detenuti dal titolare del canone tv e dagli appartenenti al suo nucleo familiare presso qualsiasi luogo di loro residenza o dimora;
    la disdetta del canone tv diventa realmente operativa, in caso di suggellamento, con il versamento, di 5,16 euro per ogni apparecchio da suggellare, all'Agenzia delle entrate di Torino e, per tutti gli altri casi, dopo che lo sportello abbonati tv avrà trasmesso, a coloro che hanno disdetto il canone Rai, il modulo che perfeziona la procedura;
    l'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) stabilisce che: «a decorrere dall'anno 2008, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi, è abolito il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza»;
    i firmatari del presente atto di indirizzo hanno raccolto le segnalazioni di migliaia di cittadini che, nonostante la richiesta di esonero o disdetta del canone tv per la propria abitazione, come previsto dalla legge e come riportato anche sul sito internet della Rai, si sono visti recapitare dalla Rai richieste di pagamento o addirittura diffide, in quanto considerati utenti morosi;
    l'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede che le società e le imprese, nella relativa dichiarazione dei redditi, debbano indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale;
    da alcuni mesi, in seguito all'ennesima massiccia campagna nei confronti delle imprese, la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo ha inviato, ai titolari di aziende e attività commerciali, migliaia di bollettini esigendo il pagamento del canone speciale per la detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive al di fuori dall'ambito familiare, indipendentemente dall'uso al quale gli stessi vengono adibiti, ivi compresi gli impianti di videosorveglianza; l'importo dei bollettini precompilati inviati a tappeto dalla Rai, per il pagamento del canone speciale, dovuto per gli apparecchi detenuti nei pubblici esercizi commerciali, varia a seconda della tipologia dell'impresa, da un minimo di 200 ad un massimo di 6.000 euro l'anno;
    l'invio dei bollettini, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, è stato effettuato dalla Rai senza alcuna verifica preventiva circa l'effettivo possesso di un apparecchio per cui è dovuto il pagamento del canone, speciale, ma sulla base di una mera presunzione;
    con nota del 22 febbraio 2012 il Ministero dello sviluppo economico - dipartimento per le comunicazioni ha precisato che cosa debba intendersi per «apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni», ai fini dell'insorgere dell'obbligo di pagare il canone radiotelevisivo ai sensi della normativa vigente, senza tuttavia contribuire a chiarire in maniera definitiva la questione del canone speciale,

impegna il Governo:

   a prevedere l'emanazione di una nota esplicativa che chiarisca in maniera inequivocabile tutti i criteri in base ai quali i cittadini possono ottenere l'esenzione dal pagamento del canone Rai esclusivamente per l'apparecchio televisivo sito nel luogo di residenza, nonché a definire le domande di esonero e disdetta del canone ancora pendenti dal 2008 al 2013.
(1-00672) «Brunetta, Palese».


   La Camera,
   premesso che:
    il 21 marzo del 1938, con regio decreto-legge n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, fu emanata la «Disciplina degli abbonamenti alle Radioaudizioni». Il regio decreto-legge afferma che: «(...) chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento di un canone di abbonamento (...)» precisando anche che: «(...) la presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radioricevente (...)»;
    oggi non è possibile non percepire tale norma e il pagamento del canone Rai, che ancora ne deriva, non solo come naturalmente datati, ma ancor di più bisognosi di un serio ripensamento in presenza della rete, dei social e dei personal media;
    è un canone con natura di prestazione tributaria uguale per tutti senza distinzioni di reddito, tra l'altro, neppure legato alla reale fruizione del servizio pubblico;
    per contro, la Rai da sempre ha mantenuto un profilo aggressivo nella gestione della riscossione del canone verso tutti i cittadini sospettati di detenere, a prescindere, un apparecchio o altri dispositivi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni radiofoniche e televisive, inviando, in caso di presunte inadempienze, diffide, ingiunzioni di pagamento fino alla minaccia del fermo amministrativo dell'auto e al pignoramento dei beni e della quota parte della retribuzione;
    destano preoccupazioni le voci circa l'intenzione del Governo di presentare un disegno di legge con il quale ogni famiglia titolare di contratto per la fornitura di energia elettrica pagherà il canone Rai con la bolletta dei consumi e con la precisazione che il requisito non sarà più il possesso del televisore, ma di quello di qualsiasi device personale: computer, tablet o smartphone. L'intestatario della bolletta della luce per non pagare il canone dovrà, o dovrebbe, pertanto, dimostrare di non avere alcun dispositivo che lo possa collegare con i canali del servizio pubblico,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per provvedere gradualmente, ma in tempi certi e definiti, al superamento dell'attuale impostazione del canone Rai, inserendo nella dichiarazione dei redditi la voce «canone Rai» e rendendo quest'ultimo informato al principio di progressività in base alla capacità economica di ciascuno.
(1-00674) (Nuova formulazione) «Fratoianni, Scotto, Giancarlo Giordano, Costantino».


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma del canone è solo una delle problematiche relative alla «questione Rai»: non sfugge a nessuno, infatti, come sia essenziale e non più rinviabile procedere alla riforma «complessiva» della Rai che, al momento, sembra assolvere solo in parte al suo ruolo di servizio pubblico risultando poco attrattiva nei confronti degli utenti in generale e delle nuove generazioni in particolare;
    per affrontare un tale percorso appare fondamentale che l'azienda sia guidata da personalità con competenze gestionali ed editoriali di alto profilo, in condizione di dar vita ad un piano editoriale di rilevante livello ed in linea con i relativi obblighi di servizio pubblico;
    l'individuazione dei manager che debbono guidare la Rai in questo percorso virtuoso debbono essere selezionati con la massima trasparenza e, soprattutto, effettuando una valutazione approfondita delle loro qualità professionali;
    nel prendere in esame il tema della riforma del canone Rai non si può non partire dalla considerazione che esso costituisce un'imposta di scopo e, in quanto tale, non può prescindere dalla qualità del servizio offerto;
    non è possibile affidare a soluzioni estemporanee e di discutibile fattibilità (inserendo, ad esempio, una tassa in una tariffa) un tema tanto delicato e particolarmente avvertito dai cittadini, che affronterebbero diversamente la questione se la Rai svolgesse in termini reali, virtuosi e con alti standard di qualità il suo ruolo di servizio pubblico;
    l'articolo 1 del regio decreto-legge n. 246 del 1938, convertito dalla legge n. 880 del 1938, ha disposto che chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento;
    l'articolo 27, comma 8, primo periodo, della legge n. 488 del 1999, ha poi disposto che il canone di abbonamento alla televisione è attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo ad eccezione della quota pari all'1 per cento già spettante all'Accademia di Santa Cecilia;
    la Corte costituzionale, pronunciandosi sulla legittimità dell'imposizione del canone radiotelevisivo prevista dall'articolo 1 del regio decreto-legge n. 246 del 1938 ha chiarito con la sentenza n. 284 del 2002 che lo stesso costituisce in sostanza un'imposta di scopo destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all'Accademia nazionale di Santa Cecilia) alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
    la sentenza citata, infatti, giustifica l'esistenza di una forma di finanziamento, sia pure non esclusiva, del servizio pubblico mediante ricorso all'imposizione tributaria e, quindi, dell'imposizione del canone in virtù della funzione svolta dalla Rai che svolge un servizio specifico per il soddisfacimento del diritto dei cittadini all'informazione e per la diffusione della cultura, con il fine di ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese;
    in seguito l'articolo 47 del decreto legislativo n. 177 del 2005, riprendendo i contenuti dell'articolo 18 della legge n. 112 del 2004 e disciplinando il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo ha disposto, in particolare, che entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, stabilisce l'ammontare dei canoni di abbonamento in vigore dal 1o gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo. Ha, altresì, previsto che è fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare direttamente o indirettamente i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo;
    dai dati comunicati l'11 febbraio 2014 in VI Commissione (Finanze) dal Governo risulta che il 27 per cento delle famiglie italiane non paghi il canone Rai: a fronte di 22,7 milioni di euro di nuclei familiari tenuti al pagamento del tributo, circa 5,9 milioni di euro non sono in regola con il saldo. L'entità di tale fenomeno è differenziata tra le diverse regioni: si va dal 18 per cento dell'Emilia Romagna al 43 per cento della Campania. Tali cifre rilevano che l'evasione del canone Rai è superiore per quasi 19 punti percentuali alla media europea;
    sempre in base ai dati forniti dal Governo, nell'ambito delle attività finalizzate al recupero dei canoni dovuti e non spontaneamente pagati da parte dei contribuenti morosi, sono stati inviati, nell'anno 2012, oltre 3 milioni di avvisi di pagamento e di solleciti, nonché iscritte a ruolo oltre 500 mila posizioni per il recupero coattivo delle somme non pagate. Sono stati, inoltre, effettuati incroci tra gli archivi degli «abbonati» e quelli delle anagrafi comunali, con l'emissione di oltre 5 milioni di comunicazioni finalizzate all'acquisizione di nuovi abbonati;
    tali attività appaiono insufficienti a contrastare il fenomeno dell'evasione del canone Rai e il danno è stato quantificato in circa 650 milioni di euro annui di mancato gettito;
    negli scorsi anni è stata avanzata l'ipotesi di far pagare il canone radiotelevisivo integrandolo con la bolletta per la fornitura dell'energia elettrica; tale misura, tuttavia, oltre a configurare una stortura di sistema, in quanto si carica una tassa su una tariffa, ad essere invisa alla popolazione e ad essere osteggiata dalle associazioni consumeristiche, non consente di commisurare il canone alle condizioni economiche dei nuclei familiari che ne usufruiscono; inoltre, la sussistenza di una pluralità di fornitori del servizio elettrico crea anche problemi di contabilizzazione delle somme spettanti; infine, si configura il rischio che, essendo gli ultrasettantacinquenni esentati dal canone, una rilevante quota di contratti elettrici si sposti verso fascia di popolazione, che peraltro in Italia è sovrarappresentata;
    il regime di controlli sull'evasione del canone produce risultati del tutto insufficienti in relazione ai costi sostenuti; addirittura la procedura dell’«insaccamento» dell'apparecchio radiotelevisivo, utilizzata sin dagli anni Cinquanta per gli abbonati che disdicevano il canone, e ancora in uso, ha perso totalmente di significato in quanto il prezzo degli apparecchi radiotelevisivi si è drasticamente ridotto nel corso degli anni ed è quindi estremamente facile per gli evasori sostituire l'apparecchio «insaccato» con un nuovo apparecchio ad un prezzo inferiore a quello del canone;
    è pertanto necessario intervenire al fine di promuovere efficaci interventi diretti a ridurre l'evasione del pagamento del canone, dando certezza di risorse alla concessionaria radiotelevisiva, sia pure in un quadro di complessiva ristrutturazione della stessa, in termini di minori costi generali e di un più proficuo utilizzo di risorse,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di assumere iniziative per riformare il canone Rai, valutando se non sia opportuno trasformarlo, nel pieno rispetto della sentenza n. 284 del 2002 della Corte costituzionale, in imposta collegata e ricompresa nelle imposte sui redditi, quindi con gli opportuni criteri di progressività, sopprimendo integralmente un regime di controlli costoso e poco produttivo e in tal modo riducendone significativamente l'importo e collegando altresì tale intervento ad una riforma complessiva della Rai.
(1-00679) «Garofalo, De Girolamo, Dorina Bianchi, Pizzolante, Minardo, Piso, Pagano, Vignali, Calabrò, Sammarco».


   La Camera,
   premesso che:
    le norme che hanno istituito e regolamentato il canone radiotelevisivo sono state introdotte nel nostro ordinamento dal regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, all'articolo 1, stabilendo che la detenzione stessa di «uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni» comporti l'obbligo del pagamento del canone di abbonamento;
    nonostante i profondi cambiamenti sociali, economici e tecnologici intervenuti, così come più volte ribadito dalla Corte costituzionale, permangono tutti i presupposti giuridici e di fatto per la legittimità del canone. Al riguardo, la nota sentenza n. 284 del 2002 rileva, tra l'altro, che: «Il venir meno del monopolio statale delle emissioni televisive (...) non ha fatto venir meno l'esistenza e la giustificazione costituzionale dello specifico “servizio pubblico radiotelevisivo” esercitato da un apposito concessionario rientrante, per struttura e modo di formazione degli organi di indirizzo e di gestione, nella sfera pubblica; l'esercizio “si giustifica però solo in quanto chi esercita tale servizio sia tenuto ad operare non come uno qualsiasi dei soggetti del limitato pluralismo di emittenti, nel rispetto, da tutti dovuto, dei principi generali del sistema (si confronti, in proposito, la sentenza n. 155 del 2002), bensì svolgendo una funzione specifica per il miglior soddisfacimento del diritto dei cittadini all'informazione e per la diffusione della cultura, col fine di “ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese” (...) e imponga alla concessionaria l'obbligo di assicurare una informazione completa, di adeguato livello professionale e rigorosamente imparziale nel riflettere il dibattito fra i diversi orientamenti politici che si confrontano nel Paese, nonché di curare la specifica funzione di promozione culturale ad essa affidata e l'apertura dei programmi alle più significative realtà culturali»;
    il richiamato regio decreto-legge disciplina, altresì, le modalità per disdire l'abbonamento (articolo 10) e le modalità di riscossione e versamento dei canoni (articolo 25), disposizioni mai novellate dal 1938;
    in materia di obblighi del pagamento del canone radiotelevisivo, il legislatore è intervenuto dapprima con l'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria per il 2008) finalizzato ad esentare dal pagamento, relativamente agli apparecchi presenti nel luogo di residenza, i soggetti di età superiore ai 75 anni, con un reddito personale e del coniuge non superiore a 516,46 euro per tredici mensilità; successivamente, con l'articolo 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, introducendo l'obbligo per le società e le imprese di indicare nelle rispettive dichiarazioni dei redditi gli estremi dell'abbonamento speciale alla radio o alla televisione, al fine di rendere più agevole la verifica dell'effettivo pagamento;
    nel corso degli ultimi tempi, sempre più spesso si lamentano difficoltà burocratiche e procedurali sia nell'esercizio del diritto all'esenzione del pagamento da parte dei cittadini ultra settantacinquenni, nonostante sia stata emanata la circolare 46/E da parte dell'Agenzia delle entrate - Direzione centrale normativa, sia con riferimento alla possibilità di procedere al suggellamento degli apparecchi e alle conseguenti modalità di verifica da parte degli incaricati della concessionaria. Tali complessità e incertezze applicative non favoriscono l'affermarsi di un clima di condivisione con l'utenza degli obiettivi e delle funzioni proprie della concessionaria pubblica, nonostante non manchino continui riconoscimenti di gradimento delle produzioni Rai;
    nonostante il costo del canone risulti ben al di sotto di quanto richiesto in altri Paesi europei, la quota di evasione del nostro Paese è tra le più alte del continente, fatta eccezione per la Macedonia, la Serbia e la Polonia, con una media che si attesta intorno al 30 per cento in Italia, contro una media dell'8 per cento in Europa;
    il tema del riordino della disciplina del canone televisivo va inquadrato nel più ampio e urgente ridisegno del sistema radiotelevisivo e di gestione della concessionaria pubblica,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, anche a seguito di un proficuo confronto con la società concessionaria e con le organizzazioni di rappresentanza degli utenti, i necessari provvedimenti volti a rivedere e semplificare le modalità di esercizio del diritto all'esenzione ai sensi del citato articolo 1, comma 132, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), nonché le modalità di disdetta ai sensi dell'articolo 10 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246.
(1-00683) «Peluffo, Tullo, Benamati, Anzaldi, Bonaccorsi, Garofani, Ginoble, Orfini, Montroni, Petitti, Bargero, Basso, Senaldi».


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina dell’«abbonamento alle radioaudizioni», che regola le modalità di calcolo, corresponsione ed esonero dal pagamento del canone di abbonamento al servizio pubblico radiotelevisivo, è dettata dal regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, che, in termini generali, all'articolo 1, prevede che è tenuto al pagamento del sopradetto canone di abbonamento «(...) chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni»;
    la disciplina citata, oggetto di minime modifiche nel corso dei 76 anni di sua vigenza, prevede, allo stesso articolo che: «La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici» pone a carico dei soggetti interessati una presunzione di possesso di un apparecchio atto alla ricezione delle radioaudizioni;
    nel corso degli anni si è molto discusso, tra i commentatori e in giurisprudenza, sulla natura giuridica del canone e sulla legittimità e gli ambiti della sua imposizione e con la sentenza 26 giugno 2002, n. 284, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina citata «(...) nella parte in cui collega (...) l'imposizione del canone (...) al semplice possesso dell'apparecchio, indipendentemente dalla effettiva fruizione dei servizi, e a favore del solo concessionario del “servizio pubblico” RAI-Radiotelevisione italiana e nella parte in cui prevede una disparità di trattamento fra chi riceve le trasmissioni televisive attraverso l'apparecchio televisivo e chi le riceve con altri mezzi tecnici, quali il computer con l'apposita scheda, oppure non le riceve affatto»;
    il giudice delle leggi in quell'occasione ha avuto modo di chiarire che tale imposizione risulta giustificata dalla funzione che dovrebbe essere svolta dal servizio pubblico radiotelevisivo, vale a dire «(...) il miglior soddisfacimento del diritto dei cittadini all'informazione e per la diffusione della cultura, col fine di ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese». Da qui gli obblighi della Rai ad assicurare un'informazione completa, di adeguato livello professionale e rigorosamente imparziale nel riflettere il dibattito fra i diversi orientamenti politici che si confrontano nel Paese, nonché di curare la specifica funzione di promozione culturale ad essa affidata e l'apertura dei programmi alle più significative realtà sociali e culturali;
    in tempi recenti, la legittimità dell'imposizione del sopradetto canone è tornata di attualità con riferimento alla possibile imposizione dello stesso nei confronti di possessori di apparecchi, diversi dai televisori, idonei, in ogni caso, a captare il segnale radiotelevisivo e con nota del 22 febbraio 2012, trasmessa dal Ministero dello sviluppo economico all'allora direttore dell'Agenzia delle entrate è stato chiarito che il possesso di un personal computer privo di un sintonizzatore, di un monitor per pc, di casse acustiche o di un videocitofono non legittima l'imposizione del canone, pure richiesto illegittimamente dalla Rai nei confronti di diversi cittadini e imprese, in quanto apparecchi non atti, né adattabili alla ricezione del segnale televisivo;
    nel corso del tempo sono state previste misure di esonero dal pagamento del canone per i cittadini ultra settantacinquenni con determinati requisiti reddituali, ad integrazione della disciplina generale di esonero dal pagamento del canone prevista dall'articolo 10 del regio decreto-legge citato;
    le procedure per ottenere la possibilità di essere esonerati dal pagamento del canone appaiono francamente anacronistiche: è richiesto il versamento di 5,16 euro per ogni apparecchio da chiudere in involucro, come prevede il regio decreto-legge; tale procedura consiste nella chiusura in appositi involucri di tutti gli apparecchi detenuti dal titolare del canone tv e dagli appartenenti al suo nucleo familiare presso qualsiasi luogo di loro residenza o dimora;
    le sopradette procedure per ottenere l'esonero appaiono particolarmente gravose ed inefficienti, in grado, quindi, di ostacolare in via di fatto l'esercizio di un diritto riconosciuto dalla legge;
    il sistema di imposizione del canone Rai, legato al possesso di un qualsiasi apparecchio atto o adattabile alla ricezione di un segnale televisivo, appare fortemente pregiudizievole per coloro i quali non usufruiscono dei servizi offerti dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e, in ogni caso, non idoneo a scongiurare, né attenuare il rilevante fenomeno di evasione dal pagamento del canone;
    tale sistema di imposizione, fondandosi sul mero possesso di un bene o più beni di largo consumo e ormai accessibili pressoché a chiunque, non tiene nella minima considerazione la reale capacità contributiva dei cittadini obbligati al pagamento, non differenziando il canone dovuto tra chi ha i mezzi e le capacità per affrontare tale esborso e chi, al contrario, nel periodo di grave crisi che attraversa il Paese, non è in condizione di sostenere tale spesa,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative per modificare la disciplina vigente, svincolando l'obbligo di pagamento del canone Rai dal possesso di un apparecchio atto a ricevere il segnale televisivo;
   ad assumere ogni iniziativa volta ad allargare la platea dei soggetti esonerati dal pagamento del canone o, comunque, a prevedere forme di differenziazione nell'entità del canone dovuto in considerazione della capacità contributiva di ciascun cittadino.
(1-00686) (Nuova formulazione)  «Liuzzi, Nesci, Fico, Brescia, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Paolo Nicolò Romano, Cristian Iannuzzi, Spessotto».


   La Camera,
   premesso che:
    il pagamento del canone per il servizio televisivo pubblico, istituito con regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni televisive, indipendentemente dai programmi ricevuti;
    la Corte costituzionale ha riconosciuto in diverse sentenze la natura sostanziale d'imposta del canone, per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato;
    nei giorni scorsi i quotidiani hanno riportato la notizia secondo la quale potrebbe essere prossimo il varo della riforma del canone Rai, che dovrebbe essere pagato insieme alla bolletta della luce e contestualmente rimodulato nell'importo, che sarà in media di sessanta euro;
    il nuovo canone diventerebbe un «contributo al servizio pubblico radio-tv», dovuto da tutti i contribuenti appunto, e per non pagare la tassa diventerà compito dell'utente dimostrare di non possedere una televisione o anche un qualsiasi strumento che permetta di accedere ai programmi del servizio pubblico, come tablet, iPad, smartphone o personal computer;
    in merito alla nuova modalità di pagamento del canone ipotizzata è già intervenuta l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico che ha definito un «uso improprio» quello del canone in bolletta e ha sollevato alcune perplessità legate alla privacy;
    la riforma garantirà alla Rai un gettito annuo di 1,8 miliardi di euro, importo sostanzialmente invariato rispetto a quanto incassato ogni anno sino ad oggi;
    ciononostante le difficoltà di bilancio dell'azienda hanno determinato la dismissione di una quota pari al 49 per cento di Rai Way, la società controllata che detiene l'infrastruttura pubblica di trasmissione;
    Rai Way, negli ultimi cinque anni, ha investito quasi 350 milioni di euro (ma il piano pluriennale di investimenti è di oltre 600 milioni di euro) per passare dall'analogico al digitale, connettere con la fibra buona parte dei siti tecnici e costruirsi così un futuro che potrebbe svilupparsi fino alla telefonia mobile e all'internet wireless seguendo un progetto che è già stato definito nelle linee guida all'interno di Rai Way;
    negli scorsi mesi di maggio e giugno 2014 migliaia di artigiani, imprenditori e liberi professionisti hanno ricevuto, via posta tradizionale, una comunicazione dalla Rai, completa di bollettino, con cui si esigeva il pagamento del canone speciale, con tanto di importo precompilato, pari a poco più di quattrocento euro;
    alle proteste espresse dai destinatari la Rai ha risposto con un comunicato stampa, diramato il 28 giugno 2014, nel quale dichiarava che le lettere spedite erano «comunicazioni informative prive di connotati precettivi o intimativi, nelle quali si descrive con chiarezza il presupposto dell'obbligazione di pagamento. In nessun passaggio della lettera Rai si dà per presupposta la detenzione di apparecchi tv, anzi si invita esplicitamente il destinatario ad effettuare il versamento soltanto qualora ricorra tale presupposto»;
    tale situazione si era già verificata nel 2012, quando la Rai aveva inviato indistintamente a imprese, società, studi professionali ed altri un bollettino postale per provvedere al pagamento dell'abbonamento speciale, specificando che lo stesso era dovuto, oltre che per il possesso di un apparecchio televisivo, anche in presenza di strumenti «atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni»;
    in entrambi i casi, tuttavia, le richieste di pagamento sono state spedite senza fare le opportune preventive verifiche rispetto a chi era davvero debitore del canone e chi non soggiaceva a quest'obbligo, con l'obiettivo, si presume, di recuperare risorse a danno dei cittadini;
    altre irregolarità si sono verificate con riferimento ai casi di esenzione e di disdetta dal pagamento del canone, laddove privati cittadini si sono trovati a dover sopportare un lungo contenzioso con l'azienda concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico che non riconosceva il loro diritto a non corrispondere il canone;
    il contrasto all'evasione rispetto al pagamento del canone radiotelevisivo, di recente sollecitato anche dalla Corte dei conti, e che priva la Rai di circa il trenta per cento degli introiti a tale titolo, non può passare attraverso iniziative o misure che danneggino il cittadino, o, addirittura, ledano i suoi diritti, come avviene nel caso di funzionari che chiedono di entrare nelle case per verificare la eventuale presenza di televisori senza averne diritto;
    inoltre, a fronte del pagamento del canone richiesto ai cittadini, l'azienda dovrebbe compiere uno sforzo, soprattutto nell'attuale fase di difficile congiuntura economica che ha imposto dei sacrifici anche alla stessa Rai, per il contenimento dei costi;
    sono molteplici, infatti, le voci di spesa non più sostenibili a fronte dell'attuale situazione di bilancio in cui versa l'azienda, prima tra tutte i cachet milionari corrisposti a taluni soggetti per le apparizioni televisive;
    è assolutamente indispensabile, inoltre, che sia drasticamente abbattuto il numero delle consulenze e che, comunque, sia individuato un tetto massimo alle stesse, e che si limiti alle effettive necessità il ricorso a servizi esterni, spesso utilizzato in spregio alle professionalità regolarmente presenti nell'azienda;
    nell'ambito del ricorso ai servizi esterni, inoltre, l'azienda dovrebbe agire con maggiore prudenza, evitando di esporsi a contenziosi come quello che attualmente sopporta per il mancato riconoscimento dell'opera prestata dai telecineoperatori di società esterne nelle trasmissioni messe in onda;
    il direttore generale della Rai ha elaborato un piano per l'accorpamento delle sei testate giornalistiche con l'istituzione di una new room unica, con l'obiettivo di razionalizzare, valorizzare e rilanciare l'informazione attraverso la tecnologia digitale;
    l'avvenuto accorpamento di Radio Rai 1, Radio Rai 2 e Radio Rai 3 non ha prodotto, allo stato, risparmi sensibili, mentre ha causato la riduzione del numero degli ascoltatori, dimostrando che se l'ottimizzazione delle risorse è certamente un dato positivo, questa rischia, tuttavia, di risolversi in una perdita di competitività sul mercato e, quindi, in un oggettivo danno economico;
    inoltre, un accorpamento realizzato con invarianza di personale rischia di non portare comunque a risparmi significativi;
    le trasmissioni regionali rappresentano una delle eccellenze della Rai, posto che nessun'altra rete recepisce e rappresenta in maniera così efficace le specificità territoriali ed è assolutamente necessario garantire il turnover nelle redazioni provinciali attraverso l'assunzione di nuovi professionisti in sostituzione di quelli che terminano la propria carriera,

impegna il Governo:

   ad intraprendere ogni iniziativa utile a chiarire i presupposti per la richiesta di pagamento del canone ai cittadini, nonché le eventuali esenzioni o riduzioni e le modalità per fruirne, secondo modalità che non comportino per gli stessi complessità procedurali, anche al fine di migliorare il rapporto tra i cittadini e l'azienda impositrice;
   ad elaborare un progetto di riforma del canone per il servizio radiotelevisivo pubblico che determini il contributo richiesto in base alle capacità reddituali dei singoli utenti e salvaguardando le esenzioni già previste;
(1-00687) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».