Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 17 novembre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 novembre 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Bobba, Bocci, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Battista, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Palazzotto, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rabino, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Blazina, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Capezzone, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Battista, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Antonio Martino, Merlo, Meta, Nicoletti, Orlando, Palazzotto, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Polidori, Portas, Rabino, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 14 novembre 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PESCO ed altri: «Istituzione e disciplina del reddito di cittadinanza, nonché delega al Governo per l'introduzione del salario minimo orario» (2723);
   MURA: «Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di individuazione dei beni culturali oggetto di tutela» (2724).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di disegno di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
   IX Commissione (Trasporti):
  «Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto» (approvato dal Senato) (2722) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VI, VII, VIII, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, con lettera in data 11 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 15/2014 del 2 ottobre 2014, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Interoperabilità: tecnologie e comunicazioni nell'ambito della Difesa».

  Questo documento è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 6 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta dagli Enti parco nazionali, aggiornata al 31 luglio 2014, corredata da:

   i bilanci consuntivi e di previsione 2012 e 2013, relativi ai parchi nazionali: della Sila; del Cilento, Vallo di Diano e Alburni; dell'Arcipelago della Maddalena; del Gran Sasso e Monti della Laga; della Majella; delle Foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna; della Val Grande; del Pollino; del Gran Paradiso;
   i bilanci consuntivi e di previsione 2012 e 2013, nonché la dotazione organica 2013, relativi ai parchi nazionali: dei Monti sibillini; del Vesuvio; delle Dolomiti bellunesi; dell'Arcipelago toscano;
   la rendicontazione 2011, il bilancio consuntivo 2012 e i bilanci di previsione 2012 e 2013, nonché la dotazione organica 2013, relativi ai parchi nazionali: dell'Aspromonte; dell'Appennino lucano – Val d'Agri – Lagonegrese; dell'Appennino tosco-emiliano;
   la rendicontazione 2011, il bilancio consuntivo 2012 e i bilanci di previsione 2012 e 2013, relativi ai parchi nazionali: del Circeo; dell'Asinara;
   i bilanci consuntivi 2011 e 2012 e i bilanci di previsione 2012 e 2013, relativi ai parchi nazionali: dell'Alta Murgia; dell'Abruzzo, Lazio e Molise;
   la rendicontazione generale dal 2005 al 2012 e i bilanci di previsione dal 2005 al 2013, nonché la dotazione organica 2012, relativi al parco delle Cinque Terre;
   i bilanci consuntivi dal 2005 al 2012 e i bilanci di previsione dal 2005 al 2013, relativi al parco nazionale dello Stelvio;
   la rendicontazione generale dal 2005 al 2011, il bilancio consuntivo 2012 e i bilanci di previsione dal 2005 al 2013, nonché la dotazione organica 2013, relativi al parco nazionale del Gargano.

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 14 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 28 agosto 1997, n. 285, la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge n. 285 del 1997, recante disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, riferita all'anno 2012 (Doc. CLXIII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 13 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali (COM(2014) 581 final).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente), alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 14 novembre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, le proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma e alla conclusione di un protocollo recante modifica dell'accordo sui trasporti marittimi tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Governo della Repubblica popolare cinese, dall'altra, per tenere conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2014) 691 final e COM(2014) 692 final), corredate dai rispettivi allegati (COM(2014) 691 final – Annex 1 e COM(2014) 692 final – Annex 1), che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI CAPARINI ED ALTRI N. 1-00592 E VARGIU ED ALTRI N. 1-00668 IN MATERIA DI ESENZIONE DAL PAGAMENTO E DI DISDETTA DEL CANONE RAI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il pagamento del canone di abbonamento, istituito con regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, quando ancora non esisteva televisione, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni televisive, indipendentemente dai programmi ricevuti, a seguito di sentenze della Corte costituzionale (11 maggio 1988, n. 535, e 17-26 giugno 2002, n. 284) che ha riconosciuto la sua natura sostanziale d'imposta per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato;
    il canone Rai, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è ormai un'imposta antiquata e iniqua, che non ha alcun motivo di esistere anche in virtù del maggiore pluralismo indotto dall'ingresso sul mercato di nuovi editori e dall'apporto delle nuove tecnologie (dtt, ddt, dvbh, tv satellitare, adsl, wi-fi, cavo e analogico). Inoltre, è una delle tasse più odiate e per questo più discusse dagli italiani che preferirebbero non guardare la Rai piuttosto che pagare il canone;
    è soprattutto un'imposta socialmente iniqua in quanto colpisce tutte le fasce di reddito, comprese le più deboli, nonostante il fatto che il comma 132 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, come modificato dal decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, preveda, a decorrere dall'anno 2008, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi, l'abolizione del pagamento del canone Rai esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza;
    la Rai collabora con l'amministrazione finanziaria, Agenzia delle entrate-Sat (Sportello abbonati tv), alla riscossione e alla gestione del canale televisivo, come previsto dall'atto aggiuntivo alla convenzione, stipulato con il dipartimento delle entrate del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale collaborazione si estrinseca, tra l'altro, attraverso l'attività di recupero delle morosità, ossia dei canoni non spontaneamente corrisposti dagli abbonati alle scadenze previste da legge;
    la legge permette di poter disdire il canone tv a condizione che l'abbonato dismetta gli apparecchi televisivi in suo possesso e ne richieda, quindi, il suggellamento oppure ne denunci la cessione a terzi (regalo, vendita, rottamazione, furto e altro). In caso di suggellamento degli apparecchi l'interessato dovrà anche versare tramite vaglia, intestato all'Agenzia delle entrate di Torino, l'importo di 5,16 euro per ogni apparecchio da suggellare;
    la disdetta dell'abbonamento si perfeziona, però, dopo che lo sportello Sat dell'Agenzia delle entrate di Torino invierà a coloro che hanno correttamente disdetto il canone Rai un modulo con il quale, sotto diretta responsabilità dell'utente, verranno indicate tutte le informazioni richieste, allegando il certificato di rottamazione oppure la denuncia di furto in caso di comprovata mancata detenzione della tv o una dichiarazione integrativa in caso di annullamento per cessazione della tv. Inoltre, l'utente autorizza la Guardia di finanza e non meglio citati organi competenti ad accedere alle residenze e dimore per procedere alle operazioni di controllo e di suggellamento, non essendo specificato se si tratti di un controllo successivo per la verifica dell'integrità dei sigilli o di una vera e propria ispezione «autorizzata» di dubbia legittimità;
    gli uffici dell'Agenzia delle entrate-Sat richiedono, altresì, in caso di rottamazione dell'apparecchio o in caso di cessione a terzi del medesimo, la compilazione e la spedizione di un «atto sostitutivo di notorietà»;
    nonostante gli interessati abbiano seguito le procedure, indicate anche sul sito internet della Rai, per l'esonero dal pagamento del canone o la disdetta dello stesso, questi non solo non hanno ricevuto alcuna risposta, né tantomeno il rimborso delle cifre già pagate indebitamente, ma si sono visti addirittura intimare il pagamento con tanto di sollecito;
    sono ormai migliaia le segnalazioni di casi in cui la Rai ha recapitato diffide agli utenti morosi o per libera scelta inadempienti, minacciando il «recupero coattivo dei canoni dovuti anche attraverso il fermo amministrativo dei suoi autoveicoli ed il pignoramento dei suoi beni, tra cui la retribuzione»;
    si sottolinea come non sia in alcun modo possibile applicare la procedura del fermo amministrativo dell'automobile in ragione di un ritardo o di un mancato pagamento del canone di abbonamento televisivo, in quanto si tratta di un fermo generalizzato e sistematico che non tiene in alcun conto della concreta situazione in cui versa il debitore, cioè se questi si trovi in una situazione fortemente debitoria e se vi sia un reale pericolo di sottrazione; non è stabilito né in forza di consuetudini, né tanto meno in base a norme vigenti, che lo Stato arrechi un danno tanto considerevole al cittadino per importi irrisori;
    la diffida di tale tenore è secondo i firmatari del presente atto di indirizzo fuor di ogni dubbio sproporzionata, vessatoria, antistorica, in contrasto con qualsivoglia principio di corretto rapporto tra concessionaria e utente del servizio pubblico,

impegna il Governo:

   ad intervenire tramite l'emanazione di una circolare esplicativa, nonché risolutiva, della situazione con riferimento ai soggetti aventi i requisiti di cui al comma 132 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, che possono ottenere l'esenzione dal pagamento del canone Rai esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza, nonché a definire le domande di rimborso ancora in sospeso dal 2008 al 2013;
   in relazione alla «dichiarazione ad integrazione della disdetta», a fornire adeguata informazione agli utenti ed agli uffici competenti sulla corretta procedura da seguire per la disdetta del canone Rai, rimuovendo gli oneri impropri a carico dell'abbonato per il suggellamento;
   a procedere alla convalida, con effetto retroattivo, di tutte le disdette e richieste di esonero effettuate, facendo decadere le pretese in essere a carico dell'utente di corrispondere quote di canone di abbonamento Rai che non costituiscano effettiva omissione, totale o parziale, relativa al pagamento di canoni antecedenti la disdetta, con l'ulteriore effetto di procedere d'ufficio alla liquidazione di quanto indebitamente versato dagli abbonati;
   a prevedere la cancellazione dall'elenco degli obbligati al pagamento del canone del nominativo dell'utente che ha effettuato regolare disdetta e sia in possesso dei requisiti per l'esonero.
(1-00592) «Caparini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni si è manifestato un atteggiamento ad avviso dei firmatari del seguente atto di indirizzo spesso eccessivamente aggressivo e vessatorio della RAI nella gestione e nella riscossione del canone RAI, riconducibile anche alle difficoltà economiche in cui versa la società;
    l'obbligo di pagamento del canone RAI discende da un vecchissimo decreto regio del 1938, una norma anacronistica che purtroppo ha resistito a qualsiasi attività di semplificazione e di rivisitazione dei tributi in senso liberale e che impone il pagamento dell'imposta a «chiunque detenga uno o più apparecchi o altri dispositivi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni radiofoniche e televisive»;
    come accertato dalla Corte costituzionale, il canone di abbonamento, «benché all'origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime di concessione, ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria», un'imposta misurata «non più in relazione alla possibilità effettiva per il singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, al cui finanziamento il canone è destinato» (sentenza n. 284/2002), ma che colpisce tutti i cittadini indistintamente dal proprio reddito;
    il decreto regio prevede comunque che l'abbonato possa disdire il canone tv a condizione che dismetta gli apparecchi televisivi in suo possesso e ne richieda il suggellamento o ne denunci la cessione a terzi e la legge (comma 132 dell'articolo 1 della legge finanziaria come modificato dal decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248) dal 2008 esenta dal pagamento, esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza, i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi;
    molti abbonati che hanno proceduto alla richiesta di disdetta o di esenzione segnalano procedure vessatorie da parte della RAI che talora sembra rispondere con diffide e ingiunzioni di pagamento;
    nel mese di giugno 2014 in diverse parti d'Italia milioni di titolari di partite IVA, attività commerciali, studi professionali e vari tipi di impresa, hanno ricevuto un bollettino RAI con la richiesta del pagamento del cosiddetto «canone speciale», nonostante tale canone speciale sia dovuto esclusivamente dalle attività professionali che consentono l'utilizzo di apparecchiature televisive ai clienti all'interno dei propri locali, come alberghi e ristoranti;
    le situazioni sopra descritte sono, come detto, in gran parte dovute alla gravissima crisi di inefficienza del sistema radiotelevisivo pubblico;
    tale situazione è legata in senso più generale alla situazione del sistema radiotelevisivo italiano, caratterizzato da un bassissimo sviluppo della concorrenza e del mercato, dovuto all'esistenza di un sostanziale duopolio pubblico e privato, costituito da una parte dalla società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico, la RAI, che vede come azionista di maggioranza lo Stato e dall'altra dal gruppo Mediaset;
    una reale apertura del mercato alla concorrenza non appare possibile, fino a che le scelte politiche e di settore saranno condizionate dalla presenza di un soggetto pubblico delle dimensioni della RAI attuale;
    già nel febbraio 2012 l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha chiesto di ridurre la presenza dello Stato «specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell'energia e dei servizi locali», mentre circa 14 milioni di italiani hanno detto sì alla privatizzazione della RAI con un referendum abrogativo nel giugno 1995, rimasto poi nei fatti disatteso;
    la RAI, con la sua dimensione e struttura organizzativa e gestionale, non ha dimostrato in questi anni di saper assicurare, in qualità di principale attore nel servizio pubblico, il principio del pluralismo, portando in molti casi a pratiche degenerative di lottizzazione partitica;
    tale gestione politica e partitica ha inciso pesantemente sull'equilibrio dell'informazione e sull'efficienza economica dell'ente, come dimostrano i dati dell'andamento gestionale del gruppo RAI nel primo semestre del 2014 che indicano una perdita complessiva consolidata di 77,9 milioni di euro e una posizione finanziaria netta del gruppo al 30 giugno 2014 negativa per 170 milioni di euro;
    nel febbraio 2014, la Corte dei conti ha affermato nella sua relazione sugli esercizi 2011-2012 che la RAI «non ha ancora perfezionato un rigoroso piano di razionalizzazione e contenimento dei costi», sottolineando e ribadendo «la decisiva necessità che l'azienda attivi comunque ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche, con decisioni di spesa che siano, singolarmente e nel loro complesso, strettamente coerenti con il quadro di riferimento»;
    in assenza di un programma di riforma del sistema radiotelevisivo, i problemi relativi alla gestione economica della RAI, inclusi quelli relativi al canone sopra descritti, non potranno essere risolti;
    è pertanto auspicabile che si pervenga nel tempo alla abolizione definitiva del canone RAI, promuovendo al contempo un programma di privatizzazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa, che concentri l'attività della società sullo svolgimento del servizio pubblico,

impegna il Governo

a procedere in un tempo ragionevole al riequilibrio del rapporto tra Stato e contribuente con ogni atto amministrativo ritenuto idoneo, garantendo il diritto all'esenzione dal pagamento del canone ai soggetti individuati dal comma 132 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008 e assicurando la piena disdetta del canone di quanti ne abbiano fatto regolare richiesta.
(1-00668) «Vargiu, Bombassei, Causin, D'Agostino, Dambruoso, Galgano, Librandi, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Quintarelli, Rabino, Tinagli, Vecchio, Vitelli».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

RELAZIONE SUL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DELL'UNIONE EUROPEA E SULLA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ MAFIOSA SU BASE EUROPEA ED EXTRAEUROPEA, APPROVATA DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE (DOC. XXIII, N. 2)

Risoluzione

   La Camera,
   esaminata la Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, approvata all'unanimità nella seduta del 17 giugno 2014 (Doc. XXIII, n. 2);
   premesso che:
    l'azione della criminalità organizzata, sia di stampo mafioso che comune continua a rappresentare una delle minacce più serie per l'Italia e, più in generale, per l'intero continente europeo, incidendo allo stesso tempo sulla sicurezza dei cittadini, sull'economia e sulla politica;
    secondo i dati forniti da Europol nella relazione SOCTA (Serious and Organised Crime Threat Assessment) del marzo 2013, nel territorio dell'Unione europea risultano operanti circa 3.600 gruppi criminali per i quali si registra una sempre più marcata tendenza alla cooperazione e all'integrazione tra soggetti di diversa nazionalità, comportando con ciò un aumento di gruppi eterogenei non più definibili unicamente in ragione della nazionalità e dell'etnìa degli associati;
    nel corso degli anni, la dimensione transnazionale di alcuni fenomeni criminali particolarmente gravi, come il traffico di droga, la tratta di esseri umani ed il riciclaggio di denaro, ha influenzato, in modo decisivo, lo sviluppo esponenziale delle grandi organizzazioni criminali, caratterizzate da una crescente capacità di penetrare il tessuto socio economico e da modelli operativi altamente specializzati e professionali;
    risulta peraltro sempre più complesso sviluppare un'efficace attività di contrasto in relazione alle ingenti risorse finanziarie di tali organizzazioni, ai mezzi tecnologicamente avanzati ed alle risorse umane specializzate di cui dispongono, nonché al processo di globalizzazione nell'ambito del quale trovano l’humus ideale per muoversi con estrema disinvoltura e portare a compimento i rispettivi disegni criminali;
    l'utilizzo diffuso di raffinate tecnologie per fini illeciti e l'accesso al mercato globale tramite Internet, con l'assiduo ricorso alle conversazioni VOIP in alternativa alle comunicazioni telefoniche tradizionali, rappresentano, inoltre, una vera e propria rivoluzione nei modelli di comunicazione, assicurando celerità al reciproco flusso informativo;
    di fronte ad uno scenario così articolato, ove metodologie ed approcci tradizionali d'indagine sono insufficienti ad individuare le vulnerabilità di queste organizzazioni, appare necessario attuare una strategia internazionale di contrasto in direzione di obiettivi condivisi;
    la globalizzazione economica, l'evoluzione anche culturale degli appartenenti alla criminalità organizzata, l'accresciuta possibilità di movimento delle persone, l'internazionalizzazione degli investimenti e l'accrescimento delle loro dinamiche attraverso strumenti sempre più evoluti richiedono un cambio di passo nelle attività di contrasto che non può che consistere nella contrapposizione alla criminalità organizzata di una legalità organizzata a livello nazionale e di Unione europea;
    i settori sui quali si ritiene necessario puntare l'attenzione sono, in particolare:
    quello conoscitivo, atteso che per combattere un fenomeno bisogna, innanzitutto, conoscerlo e studiarlo e che per il raggiungimento di tale obiettivo sono fondamentali l'interscambio e la condivisione delle informazioni realizzabile sia sotto l'aspetto dell'accrescimento della fiducia reciproca tra i vari operatori anche appartenenti a Stati od a istituzioni differenti, sia attraverso idonei strumenti tecnici ed informatici (banche dati);
    quello operativo, realizzabile attraverso un reale coordinamento delle attività investigative e giudiziarie, mediante la creazione di punti di contatto sicuri, di protocolli di azione condivisi e di centri decisionali riconosciuti;
    quello strettamente normativo, realizzabile attraverso una sempre maggiore condivisione delle regole e una progressiva riduzione dei gap normativi tra i vari Stati, nelle cui maglie possono aprirsi varchi di azione per la criminalità organizzata;
    risulta fondamentale l'adozione delle necessarie misure ed iniziative finalizzate a far comprendere agli Stati membri dell'Unione e, segnatamente quelli apparentemente meno permeati dalla presenza di gruppi criminali dei quali scoprono l'esistenza solo in occasione di azioni eclatanti, che la minaccia proveniente dalla azione della criminalità organizzata è di natura transnazionale e non certo esclusivamente presente in alcuni Stati se non, addirittura, in alcune specifiche aree del loro territorio;
    il Parlamento europeo, con decisione del 14 marzo 2012, ha deliberato la costituzione di una Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro (CRIM) e che il mandato della predetta Commissione è terminato il 30 settembre 2013;
    il Parlamento europeo nella sua risoluzione del 23 ottobre 2013 ha fatto proprie le proposte formulate dalla Commissione speciale (CRIM) in merito ad azioni ed iniziative che devono essere poste in essere dalle istituzioni dell'Unione e dai singoli Stati membri per far fronte al fenomeno;
    il Parlamento europeo, tra le varie misure indicate nella citata risoluzione, ha chiesto in particolare alle competenti istituzioni dell'Unione di lanciare un «piano d'azione europeo contro la criminalità organizzata e i sistemi criminali» e a tutti gli Stati membri di recepire tempestivamente tutti gli strumenti normativi europei ed internazionali in vigore sulla materia;
    nonostante i progressi raggiunti a livello di Unione negli ultimi anni nel contrasto alla criminalità organizzata, è necessario ora imprimere un rinnovato impulso all'azione delle istituzioni dell'Unione in modo da affrontare adeguatamente le difficoltà che ostano ad una ancora più efficace collaborazione degli Stati membri nello specifico settore, così da rafforzare la piattaforma comune di sicurezza e di ordine pubblico senza la quale non è possibile attuare in sicurezza le necessarie politiche di crescita economica dell'Italia e degli altri Stati membri dell'Unione;
    uno dei pericoli maggiori nel contrasto alle mafie, come confermato da Europol nel 2013, è costituito dalla potenziale sottovalutazione del fenomeno, della sua complessità, delle straordinarie abilità organizzative dei criminali, della loro capacità di adattarsi ai vari ambiti territoriali e sociali, rinunziando talvolta al «controllo militare» del territorio e scegliendo, invece, una strategia di «sommersione» finalizzata alla realizzazione di immensi profitti rimanendo invisibili;
    la realizzazione di tali profitti e l'inserimento di ingenti capitali derivanti dalle attività criminali nel circuito dell'economia legale costituisce impedimento allo sviluppo e ostacolo ad una reale crescita economica del Paese, e in particolare delle regioni di tradizionale insediamento delle organizzazioni criminali;
    una strategia efficace di lotta al fenomeno mafioso su scala nazionale e internazionale non può prescindere dalla neutralizzazione dei patrimoni ovunque acquisiti e dislocati e dall'individuazione degli schemi internazionali di riciclaggio, considerato che le organizzazioni criminali di tale tipo operanti nel territorio dell'Unione sono attrezzate nello sfruttare a proprio vantaggio la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali nell'Unione europea nonché le differenze esistenti nella legislazione e nelle tradizioni giuridiche degli Stati membri; è necessario, pertanto, rendere più efficace la lotta al riciclaggio di capitali cui osta l'assenza nell'Unione di adeguate forme di armonizzazione della fattispecie penale, inclusa la condotta di autoriciclaggio, e la non sufficiente valorizzazione delle potenzialità degli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell'identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (ARO), spesso non dotati di adeguati poteri e risorse per svolgere efficacemente le proprie funzioni;
    il nostro Paese è chiamato a rivestire un ruolo di primo piano nel panorama internazionale di contrasto alla criminalità organizzata, perché, se da un lato il Paese è stato, ed è ancora, tragicamente inciso dalla presenza di agguerriti e pericolosissimi gruppi criminali, nazionali e non, dall'altro si pone tra i Paesi che hanno sviluppato avanzate metodologie di prevenzione e contrasto e che dispongono di specifiche normative efficaci ed evolute;
    con l'assunzione della Presidenza del semestre europeo, al nostro Paese è offerta una straordinaria occasione per farsi promotore di riforme – parte delle quali sono già in cantiere – sul piano della cooperazione giudiziaria e di polizia a livello internazionale nel settore del contrasto alla criminalità organizzata ed a tutte le altre forme di criminalità diffusa che rappresentano un ostacolo al libero sviluppo delle attività economiche ed umane e, più in generale, mettono a rischio la sicurezza e la libertà delle persone all'interno degli Stati membri dell'Unione;
    l'Italia è chiamata a rivestire, in particolare, un ruolo di primo piano nel settore del contrasto alla criminalità organizzata, dove hanno operato ed operano persone di ogni età, sesso, professione e condizione sociale che, talvolta sacrificando o mettendo a rischio la loro vita, ma con professionalità, coraggio e tenacia, combattono ogni giorno contro la criminalità;
    spetta alle istituzioni nazionali ed europee non deludere queste aspettative e contribuire con azioni concrete ad approntare quegli strumenti normativi ed organizzativi che consentiranno di raggiungere risultati sempre migliori nella lotta alla criminalità;
    considerato che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha formulato proposte sul semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea. In particolare,
   sul piano europeo:
    1. valorizzare ulteriormente le potenzialità offerte dalla rete europea degli Uffici per il recupero dei beni (Asset Recovery Offices – ARO), cioè delle unità, costituite o identificate negli Stati membri, per lo scambio di informazioni nell'azione di contrasto ai patrimoni illeciti. In particolare gli ARO hanno come compito: la cooperazione tra uffici per l'esecuzione di provvedimenti di congelamento, sequestro o confisca dei proventi di reato, e degli altri beni comunque connessi al reato, promananti dall'autorità giudiziaria nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile; lo scambio di informazioni su richiesta per il reperimento, l'identificazione e la localizzazione dei proventi di reato o degli altri beni a questo connessi; lo scambio di informazioni in modo spontaneo per il reperimento, l'identificazione e la localizzazione dei proventi di reato o degli altri beni a questo connessi; lo scambio delle migliori pratiche sia su richiesta che spontaneamente. Per questo fine gli stessi devono trovare una sempre più efficace collocazione nella normativa e nella prassi del contrasto alle mafie nel contesto europeo;
    2. implementare nell'ambito della lotta al narcotraffico a livello internazionale e transcontinentale le attività del Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics (MAOC-N) anche allargandolo agli Stati membri dell'Unione che ancora non ne fanno parte. Si tratta di una piattaforma dinamico-operativa, avente sede a Lisbona, che coinvolge anche gli Stati Uniti e le Nazioni Unite ed in cooperazione con i vicini paesi dell'Africa occidentale. In sette anni di attività il Centro, soprattutto grazie ad un modello di lavoro innovativo e trasparente, ha coordinato l'interdizione di oltre 80 navi ed il sequestro di oltre 80 tonnellate di cocaina e 50 tonnellate di cannabis;
    3. procedere celermente alla costituzione della Procura europea. Si tratta di un ufficio che, sulla base di una proposta legislativa già presentata in ambito europeo, dovrebbe avere una struttura snella composta da un procuratore europeo e quattro vice facenti parte di un ufficio centrale, che si dovrebbe comporre anche di un certo numero di personale investigativo e giudiziario. Lo stesso dovrà collaborare con Eurojust ed OLAF (vi sarà anche la partecipazione di tale ufficio alla composizione della procura, con una parte del proprio personale investigativo che dovrebbe comporre la maggior parte dell'ufficio centrale). In ogni Stato membro, poi, dovrebbero operare procuratori europei delegati, procuratori nazionali che continueranno ad essere inquadrati amministrativamente nel sistema nazionale, ma apparterranno funzionalmente alla procura europea quando saranno chiamati a trattare fascicoli rientranti nella competenza della stessa. In tal caso essi dipenderanno gerarchicamente dal procuratore europeo;
    4. rendere omogenea a livello europeo la disciplina sulla responsabilità delle persone giuridiche (società, trust, enti, fondazioni, ecc.). Già nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata transnazionale, firmata a Palermo nel 2000, si impone agli Stati firmatari di introdurre nei propri ordinamenti forme di responsabilità diretta delle persone giuridiche, liberamente qualificabile come penale, civile o amministrativa, nei casi in cui le persone giuridiche «partecipino a reati gravi che coinvolgono un gruppo criminale organizzato» e ove siano commessi i reati di partecipazione ad un gruppo penale organizzato, riciclaggio, corruzione, intralcio alla giustizia; il Consiglio europeo nel 2008 ha adottato una decisione quadro in materia (in questo settore l'Italia ha anticipato tale iniziativa approvando norme ad hoc già nel 2001) ma molti Stati membri dell'Unione non si sono ancora dotati di strumenti normativi in tale settore, rendendo così meno efficaci le indagini e gli eventuali provvedimenti di sequestro e confisca;
    5. implementare e sostenere finanziariamente la rete operativa antimafia – @ON (Antimafia Operational Network), un'iniziativa promossa dalla Direzione investigativa antimafia che consentirà di sviluppare, in ambito europeo, lo scambio d'informazioni sulle connotazioni strutturali delle mafie presenti nei rispettivi territori, sulle proiezioni criminali e finanziarie, sulla localizzazione dei patrimoni e sui tentativi d'infiltrazione negli appalti pubblici, anche al fine di agevolare la messa a punto di un piano d'azione comune più rispondente alla minaccia rappresentata dalle organizzazioni criminali transnazionali;
    6. stimolare la Commissione europea affinché avvii i passi necessari per l'elaborazione di una proposta legislativa che, superando le criticità emerse dall'applicazione della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008, stabilisca una definizione comune di criminalità organizzata, tenendo conto altresì della presenza nel territorio di molti Stati membri di particolari forme di criminalità, come quella mafiosa, particolarmente strutturata ed avente spiccato carattere transnazionale ed imprenditoriale;
    7. auspicare la ricostituzione della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro (CRIM) in seno al Parlamento europeo. Inoltre, al fine di rafforzare la cooperazione tra i Parlamenti degli Stati membri sulla condivisione di esperienze normative e di inchiesta parlamentare sui fenomeni di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata, si propone di avviare i contatti necessari per mettere in rete le commissioni degli organismi parlamentari degli Stati membri dell'Unione aventi funzioni analoghe alla Commissione antimafia italiana;
    8. avviare a soluzione i molti problemi legati alle intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali in ambito europeo attraverso l'approvazione della proposta di direttiva sull'ordine europeo di indagine (OEI) che permetterebbe uno snellimento delle procedure di assistenza giudiziaria ed accrescerebbe le potenzialità investigative in settori come quello del contrasto alla criminalità organizzata nei quali la tempestività di intervento è fondamentale;
    9. dare seguito alle due risoluzioni del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 e del 23 ottobre 2013 che, per dare concreta attuazione a un vero e proprio «piano europeo antimafia», nel solco dell'esperienza italiana prevedevano, oltre alla confisca allargata anche su patrimoni intestati a prestanome, anche la confisca in assenza di condanna penale, completando così il quadro delineato dalla Direttiva europea 2014/42/UE del 3 aprile 2014, nella quale la confisca è rigidamente collegata alla condanna penale, anche se pronunciata in contumacia. Appare auspicabile l'emanazione di un'ulteriore direttiva che preveda la confisca in assenza di condanna penale e garantisca il pieno riconoscimento della procedura italiana di prevenzione patrimoniale antimafia e degli altri meccanismi di confisca similari ove presenti negli altri Stati membri;
    10. prevedere l'adozione a livello europeo di misure armonizzate, o comunque concertate, al fine di evitare la penetrazione o l'infiltrazione della criminalità organizzata nei settori economici a rischio più elevato; in particolare, appare improcrastinabile l'adozione di misure condivise per rafforzare il vigente quadro giuridico dell'Unione nel settore del gioco d'azzardo a distanza, in particolare delle scommesse telematiche, dei video-poker e dei casinò on line, al fine di assicurare che siano previsti i necessari requisiti di onorabilità e di professionalità per tutti gli operatori della filiera del gioco, assicurare lo scambio di informazioni e di intelligence sulle ipotesi di violazione, individuare comportamenti anomali o sospetti, consentire la piena tracciabilità delle operazioni e l'identificazione dei soggetti che partecipano ai giochi a distanza al di sopra di una soglia stabilita;
    11. stimolare la Commissione a presentare rapidamente, e comunque prima dell'emanazione della nuova direttiva antiriciclaggio (cosiddetta «quarta direttiva»), una proposta di armonizzazione del diritto penale in materia di riciclaggio, in virtù di quanto previsto dall'articolo 83 del Trattato sulla predisposizione di norme minime comuni sui cosiddetti «euro-crimini», e a fornire in essa una definizione della fattispecie di autoriciclaggio, condivisa dagli Stati membri e tale da non consentire che nell'Unione siano concesse aree di impunità per gli appartenenti alle organizzazioni criminali, ivi comprese quelle mafiose, che concorrano nel reato presupposto e non traggano vantaggio dalle difformità esistenti dalle legislazioni nazionali;

  e, inoltre, sul piano nazionale:
   12. procedere alla concreta attuazione della normativa sulle squadre investigative comuni, per la quale l'Italia rispetto ad altri Paesi europei si pone in notevole ritardo nel necessario recepimento; tale meccanismo di cooperazione prevede che per condurre indagini penali che esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri, due o più Stati membri possono costituire una di tali squadre attraverso la conclusione di un accordo comune che ne definisce le modalità di azione;
   13. assumere le iniziative legislative del caso per rendere operativa in Italia la decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; la stessa rappresenta un ulteriore strumento fondamentale per il compimento di rapide attività di contrasto alla criminalità all'interno dell'Unione europea. Implementando con gli idonei strumenti normativi tale decisione quadro verrebbe automaticamente impedita ogni operazione volta a distruggere, trasformare, spostare, trasferire o alienare beni che potrebbero essere oggetto di confisca o costituire una prova;
   14. promuovere la celere implementazione della direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali dei proventi da reato nell'Unione europea;
   15. assumere le iniziative legislative del caso per rendere operativo il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca di cui alla decisione quadro del 2006 sopra menzionata che l'Italia non ha ancora implementato. Con tale strumento verrebbe agevolata l'esecuzione immediata delle decisioni di confisca per i proventi di reato, stabilendo procedure semplificate;
   rilevata l'esigenza che la presente risoluzione sia trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico;
   fa propria la Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, ed impegna il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati nella citata Relazione.
(6-00099) «Bindi, Garavini, Fava, Scopelliti, D'Uva, Dadone, Di Lello».


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI INCHIESTA PARLAMENTARE: FRATOIANNI ED ALTRI; MARAZZITI ED ALTRI; FIANO: ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL SISTEMA DI ACCOGLIENZA E DI IDENTIFICAZIONE, NONCHÉ SULLE CONDIZIONI DI TRATTENIMENTO DEI MIGRANTI NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA, NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA PER RICHIEDENTI ASILO E NEI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE (DOC. XXII, NN. 18-19-21-A)

Doc. XXII, nn. 18-19-21-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Organizzazione).

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla medesima Commissione, a maggioranza assoluta, prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Le sedute sono pubbliche, tuttavia la Commissione può riunirsi in seduta segreta con deliberazione a maggioranza semplice.
  2. La Commissione si può avvalere dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  3. Per lo svolgimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  4. La Commissione provvede all'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione, pari a euro 50.000 per l'anno 2014 e a euro 50.000 per l'anno 2015, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 5 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 5.
(Organizzazione).

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  6. Con il Regolamento interno di cui al comma 1 sono stabilite le modalità di rendicontazione delle spese di cui al comma 5 e le adeguate forme di pubblicità.
5. 3. Cozzolino, D'Ambrosio, Dadone, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Nuti, Toninelli.

MOZIONI GALLINELLA ED ALTRI N. 1-00490, KRONBICHLER ED ALTRI N. 1-00558, TARANTO ED ALTRI N. 1-00630, GIANLUCA PINI ED ALTRI N. 1-00631, PALESE E BERGAMINI N. 1-00632, DORINA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00635, FITZGERALD NISSOLI ED ALTRI N. 1-00638 E RAMPELLI E GIORGIA MELONI N. 1-00669 CONCERNENTI L'ACCORDO DI PARTENARIATO PER IL COMMERCIO E GLI INVESTIMENTI TRA UNIONE EUROPEA E STATI UNITI D'AMERICA NOTO COME TRANSATLANTIC TRADE AND INVESTMENT PARTNERSHIP (TTIP)

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 giugno 2013 il Consiglio europeo ha accordato alla Commissione europea il mandato per negoziare, a nome dell'Unione europea, l'accordo di partenariato economico-finanziario noto come Transatlantic trade and investment Partnership (TTIP) considerato «il più importante accordo di libero scambio del mondo e della storia» che, ad opinione di molti, viene considerato una «Nato economica», per enfatizzare il ruolo egemone degli Stati Uniti nell'organizzazione del Patto atlantico;
    le condizioni per la creazione di una zona di libero scambio vennero poste già nel 2007 con l'istituzione di un Consiglio economico transatlantico, un anno prima dello scoppio della bolla speculativa che ha aperto la strada alla crisi finanziaria e all'attuale depressione economica; ciò, considerato alla luce delle recenti indiscrezioni che vedrebbero la Federal Reserve intenzionata ad avviare una stretta monetaria – i cui effetti provocherebbero un rialzo dei tassi di interesse statunitensi generando un consistente afflusso di dollari dal resto del mondo agli Usa – renderebbe verosimile la possibilità dell'adozione del dollaro come moneta unica europea quale provvidenziale soluzione all'ormai irreversibile crisi dell'euro;
    già da tempo gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per incentivare gli scambi con l'Unione europea che offre un mercato di oltre 500 milioni di persone, con particolare riguardo ai comparti manifatturiero, dell'agricoltura e dei servizi a conferma delle tesi che ritengono il TTIP un accordo disegnato a misura degli interessi dell'economia americana;
    si legge nell’executive order n. 13534 del marzo 2010, firmato dal Presidente americano Barack Obama, che gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per gli scambi oltreoceano relativi alla propria manifattura, agricoltura e servizi ed è pertanto plausibile sostenere che il TTIP sia disegnato a misura degli statunitensi, dove l'Unione europea è puramente subordinata alle loro scelte;
    le trattative per la conclusione del TTIP si svolgono nel più assoluto segreto; anche i documenti elaborati nei vari incontri che si sono susseguiti sono e saranno secretati; infatti, nessuna bozza o schema è uscito dalle trattative sul TTIP tra Stati e multinazionali, mentre le popolazioni e le organizzazioni sociali vengono tenute rigorosamente all'oscuro e fuori da ogni processo decisionale e nel silenzio complice dei grandi media;
    il 4oround del negoziato Ue-Usa si è svolto il 26 marzo 2014, mentre quello successivo è previsto a Washington prima dell'estate. Sul sito dell'Unione europea si legge che lo scopo dell'accordo è quello di «aumentare lo scambio delle merci, eliminando dazi e barriere commerciali», una deregulation insomma, tramite tre obiettivi: accesso ai mercati, allineamento delle regole e norme in materia di commercio per la globalizzazione;
    il Ministero Usa del commercio con l'estero ha proseguito i nuovi negoziati del TTIP ad Arlington, nello Stato della Virginia, nei giorni dal 19 al 23 maggio 2014; nella settimana precedente alle elezioni europee, nell'intento di aumentare il consenso alle trattative a partire da Francia e Germania, all'idea della necessità di ulteriori liberalizzazioni, il Commissario europeo al commercio De Gucht ha aperto per tre settimane una consultazione online sul sito della Commissione europea per acquietare quella parte dell'opinione pubblica che lo accusa di scarsa trasparenza nel negoziato e ha iniziato una marcia forzata di incontri con imprese e istituzioni competenti;
    il timore per il nostro Paese è più che lecito, poiché basta chiedere ai piccoli imprenditori e agricoltori, che sono la maggior parte in Italia, se l'attuale globalizzazione li ha favoriti; infatti, saranno coinvolti i prodotti agroalimentari e industriali, il mercato dei servizi come il trasporto e la liberalizzazione degli investimenti privati, che coinvolgeranno anche gli appalti pubblici, sicurezza ambientale e alimentare, dei farmaci, dei diritti di proprietà intellettuale;
    il Ministero dello sviluppo economico ha commissionato nel 2013 a Prometeia spa una prima valutazione d'impatto per l'Italia, da cui si evince che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero nell'arco di tre anni dall'entrata in vigore dell'accordo, immaginando il 2018 quale data più vicina, con un aumento del prodotto interno lordo dello 0,5 per cento nel migliore dei casi; secondo l'Ice solo le prime 10 imprese italiane, su 210 mila, monopolizzano oltre il 70 per cento dell’export italiano, quindi alle piccole imprese, se non già inserite nelle filiere globali, il trattato non risulta dare vantaggi, piuttosto potrebbero non sopravvivere allo shock, mentre le grandi imprese, che già sono ben inserite nel mercato globale, esportando grazie molto spesso alle esternalizzazioni di parti dell'impresa fuori dal territorio italiano, non risultano necessitare del trattato;
    erroneamente si ritiene che per l'Italia l'interesse strategico assoluto sia la riduzione massima delle barriere commerciali, quali i dazi, al fine di avere più aperture di mercato possibili, come se l'apertura dei mercati fosse la panacea per risolvere una situazione di crisi creata dallo stesso sistema economico neoliberista, che promuove, ad esempio, la gestione privatistica di beni e servizi essenziali i cui risultati fallimentari sono ben visibili, essendo l'interesse privatistico unicamente il raggiungimento dell'utile a fine anno e non la fornitura del bene o servizio a fini sociali; l'aumento del prodotto interno lordo può tradursi, a questo punto, nella distruzione di interi settori produttivi italiani, quali la manifattura e la piccola e media trasformazione, i presidi dop e igp;
    sulla natura di tale accordo viene affermato, tra l'altro, che potrebbe far aumentare l'economia europea di 120 miliardi di euro, considerazione frutto di studio che è stato commissionato da un ente, il Center for economic policy research (Cepr) di Londra che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, non sembra risultare del tutto indipendente;
    sul sito dell’Economic and social research Council, si legge che il Center for economic policy research è finanziato dalla Banca d'Inghilterra, dalla Fondazione Rockefeller, dalla Banca del Canada e di Israele, dalla Banca centrale europea, dall’Alpha Bank, dalla Barclais, dal Citigroup, dal Crédit Suisse, dall’Intesa San Paolo, dal gruppo Santander, da JP Morgan e altre banche e con i fondi del MES. Il Center for economic policy research è presieduto da Guillermo De La Dehesa, membro del «gruppo dei trenta» del comitato esecutivo del Banco Santander e consulente internazionale di Goldman Sachs. Alcuni ricercatori del Center for economic policy research risulta che lavorino per la Rockefeller foundation e la Banca mondiale. Il capo progetti del dossier del TTIP elaborato dal Center for economic policy research è Jospeh François economista di Linz (Austria) con cittadinanza statunitense e ha lavorato per l’International trade commission degli Stati Uniti, occupandosi degli accordi Nafta, Gatt E Wto;
    è logico considerare che il TTIP sia lontano dall'essere un progetto neutrale, la zona euro-americana di libero scambio legherebbe in maniera definitiva le sorti dell'Europa e dell'euro a quelle degli Stati Uniti e del dollaro, limitando la residua autonomia di un'Unione europea sempre meno integrata al suo interno e rischia di sfociare in un'annessione totale dell'Europa ai dettami finanziari e commerciali di Washington;
    il paventato rialzo dei tassi di interesse americani non sarebbe senza implicazioni per la politica monetaria nell'eurozona e imporrebbe alla Banca centrale europea di scegliere se svalutare l'euro o elevare il saggio di sconto, spingendo verso la bancarotta alcuni degli Stati periferici come l'Italia;
    sul piano strettamente economico giova rilevare che mentre il mercato unico, quantomeno nelle intenzioni, ha l'obiettivo di creare un'omogeneità di regolamentazione senza precedenti, volta ad assicurare ai cittadini europei uguali condizioni di partenza per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, quello statunitense è frutto di anni di deregulation e i nostri operatori economici si troveranno a competere con concorrenti americani in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi differenti, poiché difficilmente i negoziatori europei riusciranno a persuadere i colleghi d'oltreoceano sulla bontà delle pesanti normative in vigore nell'Unione europea. Inoltre, le regole e gli standard europei in termini di tutela della salute e delle condizioni di lavoro, come è noto più restrittivi in Europa rispetto agli Stati Uniti, riescono a tenere lontani dai nostri mercati alcuni prodotti non sicuri o tossici (cibi geneticamente modificati e trattati con nanoparticelle di vetro per aumentarne la croccantezza, residui di pesticidi nel cibo, ftalati nei giocattoli, carne agli ormoni, solo per fare qualche esempio), ma la preoccupazione di una concessione alle multinazionali di porsi al di sopra dei bisogni delle persone e di sfruttare in maniera incontrollata risorse naturali fondamentali come l'acqua, il suolo, i minerali rimane forte;
    l'Unione europea, attraverso il TTIP, potrebbe imporre con maggiore facilità le politiche di austerità e di smantellamento delle politiche sociali, inizialmente introdotte in modo forzoso a causa della crisi del debito pubblico, fino alla completa privatizzazione anche dei servizi essenziali alla persona;
    in particolare, relativamente al comparto agricolo, per il quale i fautori dell'accordo vantano benefici a doppio senso, in considerazione delle enormi barriere tariffarie esistenti, le preoccupazioni maggiori riguardano le importazioni di organismi geneticamente modificati, posto che gli Usa cercano sbocchi per grano e soia, e, in assenza di opportune salvaguardie, il rischio di chiusura di molte piccole aziende, in quanto la frammentazione della proprietà agraria che caratterizza il continente europeo comporta un'impari competizione con i grandi farmer statunitensi;
    si rileva l'esautorazione dei tribunali nazionali in caso di dispute legali, in quanto l'accordo prevede, infatti, l'inclusione dell’Investor State dispute settlement (ISDS), uno strumento che consentirebbe a un soggetto privato di denunciare un Governo per i mancati profitti derivanti da politiche sociali; per fare un esempio, accordi simili hanno fatto sì che la Philip Morris stia chiedendo il risarcimento ai Governi uruguaiano e australiano per le politiche di restrizione del fumo a tutela della salute; ciò, unitamente all'esautorazione dei tribunali nazionali nella risoluzione di dispute legali che verranno risolte da un organismo terzo, come già avviene con i panel dell'Organizzazione mondiale del commercio, metterebbe a rischio la tutela ambientale e sociale garantita dalla legislazione europea, di gran lunga più garantista per i cittadini di quanto non lo sia quella statunitense;
    è assolutamente necessario, dunque, sviluppare la dovuta informazione sul significato di tale tipo di scenario per la società, l'ambiente e la democrazia; a questo proposito, infatti, va evidenziato che sul sito della Commissione europea è disponibile il questionario per la consultazione informale sul TTIP, ma nessuna campagna informativa è stata promossa dai Ministeri competenti per i cittadini e le associazioni interessate; tutto questo mentre la legge n. 234 del 2012, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo debba obbligatoriamente rendere conto di tutte le riunioni e delle iniziative che avvengono nell'ambito dell'istituzione dell'Unione europea, compresi i negoziati per i trattati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento in merito agli sviluppi delle trattative e, nell'ottica di una più ampia partecipazione democratica, a valutare l'opportunità di indire un referendum di indirizzo;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie affinché:
    a) si rivedano i termini dell'accordo al fine di escludere qualsiasi intesa che di fatto limiti la portata delle leggi della Repubblica italiana e, in particolare, si riconsideri il meccanismo di composizione delle controversie tra investitori e Stati, escludendo la previsione di un organismo terzo rispetto ai tribunali tradizionali;
    b) il partenariato si articoli su assetti legislativi quanto più omogenei e preveda forti tutele per l'agricoltura comunitaria;
    c) siano esclusi dall'ambito dell'accordo i beni fondamentali, quali la gestione del servizio idrico integrato e i servizi pubblici locali, le materie di carattere sanitario, fitosanitario e di conservazione ambientale, al fine di mantenere l'attuale sistema di tutela dei diritti sociali e del lavoro, nonché la preservazione dei beni comuni, quali acqua e terra/cibo, e le garanzie di accesso ai servizi essenziali;
    d) si svolgano adeguate consultazioni pubbliche attraverso l'attivazione di tavoli di lavoro partecipati volti a informare e coinvolgere i cittadini, le associazioni e la società civile in merito alle ragioni e agli effetti di un tale accordo e alle conseguenze che esso avrebbe sui rapporti politici e diplomatici con gli altri partner commerciali, quali i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica);
    e) si introducano adeguati meccanismi di salvaguardia degli interessi produttivi degli Stati membri, in particolare di quelli dell'area mediterranea, qualora la Banca centrale europea decidesse di innalzare i tassi di interesse dell'eurozona, posto che il mantenimento di un obiettivo di cambio con il dollaro in rivalutazione genererebbe insormontabili difficoltà per le finanze pubbliche nazionali;
   a richiedere, a norma dell'articolo 218 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una volta concluso l'accordo, il parere della Corte di giustizia dell'Unione europea circa la compatibilità delle disposizioni in esso contenute con quanto disposto dai Trattati, con particolare riferimento al meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato.
(1-00490)
(Nuova formulazione) «Gallinella, Daga, Sibilia, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    il 14 giugno 2013 il Consiglio europeo ha accordato alla Commissione europea il mandato per negoziare, a nome dell'Unione europea, l'accordo di partenariato economico-finanziario noto come Transatlantic trade and investment Partnership (TTIP) considerato «il più importante accordo di libero scambio del mondo e della storia» che, ad opinione di molti, viene considerato una «Nato economica», per enfatizzare il ruolo egemone degli Stati Uniti nell'organizzazione del Patto atlantico;
    le condizioni per la creazione di una zona di libero scambio vennero poste già nel 2007 con l'istituzione di un Consiglio economico transatlantico, un anno prima dello scoppio della bolla speculativa che ha aperto la strada alla crisi finanziaria e all'attuale depressione economica; ciò, considerato alla luce delle recenti indiscrezioni che vedrebbero la Federal Reserve intenzionata ad avviare una stretta monetaria – i cui effetti provocherebbero un rialzo dei tassi di interesse statunitensi generando un consistente afflusso di dollari dal resto del mondo agli Usa – renderebbe verosimile la possibilità dell'adozione del dollaro come moneta unica europea quale provvidenziale soluzione all'ormai irreversibile crisi dell'euro;
    già da tempo gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per incentivare gli scambi con l'Unione europea che offre un mercato di oltre 500 milioni di persone, con particolare riguardo ai comparti manifatturiero, dell'agricoltura e dei servizi a conferma delle tesi che ritengono il TTIP un accordo disegnato a misura degli interessi dell'economia americana;
    si legge nell’executive order n. 13534 del marzo 2010, firmato dal Presidente americano Barack Obama, che gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per gli scambi oltreoceano relativi alla propria manifattura, agricoltura e servizi ed è pertanto plausibile sostenere che il TTIP sia disegnato a misura degli statunitensi, dove l'Unione europea è puramente subordinata alle loro scelte;
    le trattative per la conclusione del TTIP si svolgono nel più assoluto segreto; anche i documenti elaborati nei vari incontri che si sono susseguiti sono e saranno secretati; infatti, nessuna bozza o schema è uscito dalle trattative sul TTIP tra Stati e multinazionali, mentre le popolazioni e le organizzazioni sociali vengono tenute rigorosamente all'oscuro e fuori da ogni processo decisionale e nel silenzio complice dei grandi media;
    il 4oround del negoziato Ue-Usa si è svolto il 26 marzo 2014, mentre quello successivo è previsto a Washington prima dell'estate. Sul sito dell'Unione europea si legge che lo scopo dell'accordo è quello di «aumentare lo scambio delle merci, eliminando dazi e barriere commerciali», una deregulation insomma, tramite tre obiettivi: accesso ai mercati, allineamento delle regole e norme in materia di commercio per la globalizzazione;
    il Ministero Usa del commercio con l'estero ha proseguito i nuovi negoziati del TTIP ad Arlington, nello Stato della Virginia, nei giorni dal 19 al 23 maggio 2014; nella settimana precedente alle elezioni europee, nell'intento di aumentare il consenso alle trattative a partire da Francia e Germania, all'idea della necessità di ulteriori liberalizzazioni, il Commissario europeo al commercio De Gucht ha aperto per tre settimane una consultazione online sul sito della Commissione europea per acquietare quella parte dell'opinione pubblica che lo accusa di scarsa trasparenza nel negoziato e ha iniziato una marcia forzata di incontri con imprese e istituzioni competenti;
    il timore per il nostro Paese è più che lecito, poiché basta chiedere ai piccoli imprenditori e agricoltori, che sono la maggior parte in Italia, se l'attuale globalizzazione li ha favoriti; infatti, saranno coinvolti i prodotti agroalimentari e industriali, il mercato dei servizi come il trasporto e la liberalizzazione degli investimenti privati, che coinvolgeranno anche gli appalti pubblici, sicurezza ambientale e alimentare, dei farmaci, dei diritti di proprietà intellettuale;
    il Ministero dello sviluppo economico ha commissionato nel 2013 a Prometeia spa una prima valutazione d'impatto per l'Italia, da cui si evince che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero nell'arco di tre anni dall'entrata in vigore dell'accordo, immaginando il 2018 quale data più vicina, con un aumento del prodotto interno lordo dello 0,5 per cento nel migliore dei casi; secondo l'Ice solo le prime 10 imprese italiane, su 210 mila, monopolizzano oltre il 70 per cento dell’export italiano, quindi alle piccole imprese, se non già inserite nelle filiere globali, il trattato non risulta dare vantaggi, piuttosto potrebbero non sopravvivere allo shock, mentre le grandi imprese, che già sono ben inserite nel mercato globale, esportando grazie molto spesso alle esternalizzazioni di parti dell'impresa fuori dal territorio italiano, non risultano necessitare del trattato;
    erroneamente si ritiene che per l'Italia l'interesse strategico assoluto sia la riduzione massima delle barriere commerciali, quali i dazi, al fine di avere più aperture di mercato possibili, come se l'apertura dei mercati fosse la panacea per risolvere una situazione di crisi creata dallo stesso sistema economico neoliberista, che promuove, ad esempio, la gestione privatistica di beni e servizi essenziali i cui risultati fallimentari sono ben visibili, essendo l'interesse privatistico unicamente il raggiungimento dell'utile a fine anno e non la fornitura del bene o servizio a fini sociali; l'aumento del prodotto interno lordo può tradursi, a questo punto, nella distruzione di interi settori produttivi italiani, quali la manifattura e la piccola e media trasformazione, i presidi dop e igp;
    sulla natura di tale accordo viene affermato, tra l'altro, che potrebbe far aumentare l'economia europea di 120 miliardi di euro, considerazione frutto di studio che è stato commissionato da un ente, il Center for economic policy research (Cepr) di Londra che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, non sembra risultare del tutto indipendente;
    sul sito dell’Economic and social research Council, si legge che il Center for economic policy research è finanziato dalla Banca d'Inghilterra, dalla Fondazione Rockefeller, dalla Banca del Canada e di Israele, dalla Banca centrale europea, dall’Alpha Bank, dalla Barclais, dal Citigroup, dal Crédit Suisse, dall’Intesa San Paolo, dal gruppo Santander, da JP Morgan e altre banche e con i fondi del MES. Il Center for economic policy research è presieduto da Guillermo De La Dehesa, membro del «gruppo dei trenta» del comitato esecutivo del Banco Santander e consulente internazionale di Goldman Sachs. Alcuni ricercatori del Center for economic policy research risulta che lavorino per la Rockefeller foundation e la Banca mondiale. Il capo progetti del dossier del TTIP elaborato dal Center for economic policy research è Jospeh François economista di Linz (Austria) con cittadinanza statunitense e ha lavorato per l’International trade commission degli Stati Uniti, occupandosi degli accordi Nafta, Gatt E Wto;
    è logico considerare che il TTIP sia lontano dall'essere un progetto neutrale, la zona euro-americana di libero scambio legherebbe in maniera definitiva le sorti dell'Europa e dell'euro a quelle degli Stati Uniti e del dollaro, limitando la residua autonomia di un'Unione europea sempre meno integrata al suo interno e rischia di sfociare in un'annessione totale dell'Europa ai dettami finanziari e commerciali di Washington;
    il paventato rialzo dei tassi di interesse americani non sarebbe senza implicazioni per la politica monetaria nell'eurozona e imporrebbe alla Banca centrale europea di scegliere se svalutare l'euro o elevare il saggio di sconto, spingendo verso la bancarotta alcuni degli Stati periferici come l'Italia;
    sul piano strettamente economico giova rilevare che mentre il mercato unico, quantomeno nelle intenzioni, ha l'obiettivo di creare un'omogeneità di regolamentazione senza precedenti, volta ad assicurare ai cittadini europei uguali condizioni di partenza per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, quello statunitense è frutto di anni di deregulation e i nostri operatori economici si troveranno a competere con concorrenti americani in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi differenti, poiché difficilmente i negoziatori europei riusciranno a persuadere i colleghi d'oltreoceano sulla bontà delle pesanti normative in vigore nell'Unione europea. Inoltre, le regole e gli standard europei in termini di tutela della salute e delle condizioni di lavoro, come è noto più restrittivi in Europa rispetto agli Stati Uniti, riescono a tenere lontani dai nostri mercati alcuni prodotti non sicuri o tossici (cibi geneticamente modificati e trattati con nanoparticelle di vetro per aumentarne la croccantezza, residui di pesticidi nel cibo, ftalati nei giocattoli, carne agli ormoni, solo per fare qualche esempio), ma la preoccupazione di una concessione alle multinazionali di porsi al di sopra dei bisogni delle persone e di sfruttare in maniera incontrollata risorse naturali fondamentali come l'acqua, il suolo, i minerali rimane forte;
    l'Unione europea, attraverso il TTIP, potrebbe imporre con maggiore facilità le politiche di austerità e di smantellamento delle politiche sociali, inizialmente introdotte in modo forzoso a causa della crisi del debito pubblico, fino alla completa privatizzazione anche dei servizi essenziali alla persona;
    in particolare, relativamente al comparto agricolo, per il quale i fautori dell'accordo vantano benefici a doppio senso, in considerazione delle enormi barriere tariffarie esistenti, le preoccupazioni maggiori riguardano le importazioni di organismi geneticamente modificati, posto che gli Usa cercano sbocchi per grano e soia, e, in assenza di opportune salvaguardie, il rischio di chiusura di molte piccole aziende, in quanto la frammentazione della proprietà agraria che caratterizza il continente europeo comporta un'impari competizione con i grandi farmer statunitensi;
    si rileva l'esautorazione dei tribunali nazionali in caso di dispute legali, in quanto l'accordo prevede, infatti, l'inclusione dell’Investor State dispute settlement (ISDS), uno strumento che consentirebbe a un soggetto privato di denunciare un Governo per i mancati profitti derivanti da politiche sociali; per fare un esempio, accordi simili hanno fatto sì che la Philip Morris stia chiedendo il risarcimento ai Governi uruguaiano e australiano per le politiche di restrizione del fumo a tutela della salute; ciò, unitamente all'esautorazione dei tribunali nazionali nella risoluzione di dispute legali che verranno risolte da un organismo terzo, come già avviene con i panel dell'Organizzazione mondiale del commercio, metterebbe a rischio la tutela ambientale e sociale garantita dalla legislazione europea, di gran lunga più garantista per i cittadini di quanto non lo sia quella statunitense;
    è assolutamente necessario, dunque, sviluppare la dovuta informazione sul significato di tale tipo di scenario per la società, l'ambiente e la democrazia; a questo proposito, infatti, va evidenziato che sul sito della Commissione europea è disponibile il questionario per la consultazione informale sul TTIP, ma nessuna campagna informativa è stata promossa dai Ministeri competenti per i cittadini e le associazioni interessate; tutto questo mentre la legge n. 234 del 2012, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo debba obbligatoriamente rendere conto di tutte le riunioni e delle iniziative che avvengono nell'ambito dell'istituzione dell'Unione europea, compresi i negoziati per i trattati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento in merito agli sviluppi delle trattative e nell'ottica di una più ampia partecipazione democratica;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie affinché:
    a) il partenariato si articoli su assetti legislativi quanto più omogenei e preveda forti tutele per l'agricoltura comunitaria;
    b) siano esclusi dall'ambito dell'accordo i beni fondamentali, quali la gestione del servizio idrico integrato e i servizi pubblici locali, ponendo in essere ogni iniziativa al fine di evitare un abbassamento degli standard nazionali di protezione ambientale, di sicurezza dei lavoratori, di tutela occupazionale, nonché delle normative di sicurezza e di salute pubblica;
    c) si svolgano adeguate consultazioni pubbliche attraverso l'attivazione di tavoli di lavoro partecipati volti a informare e coinvolgere i cittadini, le associazioni e la società civile in merito alle ragioni e agli effetti di un tale accordo e alle conseguenze che esso avrebbe sui rapporti politici e diplomatici con gli altri partner commerciali, quali i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
(1-00490)
(Nuova formulazione) (Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Gallinella, Daga, Sibilia, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic trade and investment partnership) è un trattato di libero scambio e investimento, che l'Unione europea e gli Stati Uniti stanno attualmente negoziando;
    i negoziati sono stati avviati ufficialmente il 17 giugno 2013. Si segnala che il 9 ottobre 2014 il Consiglio europeo ha deciso di rendere pubblico il testo del mandato negoziale e, a tal fine, si è aperta una consultazione organizzata dal mediatore europeo, l'irlandese Emily O'Reilly, con cui i soggetti interessati possono dare suggerimenti sulle misure concrete che la Commissione europea dovrebbe intraprendere per rendere più trasparenti i negoziati sul TTIP. Tuttavia, in attesa dell'effettiva desecretazione degli atti, ad oggi non ancora attuata, dai documenti man mano emersi nell'ambito della discussione circa i diversi round, emerge il forte rischio che un trattato di questo tipo, mirando ad un'armonizzazione delle normative, quindi a un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree, porti ad un allentamento della normativa europea, solitamente più rigida, appiattendola ai livelli di quella statunitense;
    si sono avute numerose previsioni sugli effetti economici del Transatlantic trade and investment partnership. La stima citata più frequentemente proviene da una relazione di valutazione d'impatto, commissionata dalla Commissione europea al Centre for economic policy research di Londra. Secondo questa, l'ipotesi più ottimista per l'effetto di un accordo tra Unione europea e Stati Uniti afferma che il prodotto interno lordo dell'Unione europea aumenterebbe dello 0,5 per cento entro il 2027 (in media lo 0,036 per cento in un anno);
    gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni Ilo e Onu in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. La mancata ratifica di dette convenzioni rende, negli Stati Uniti, il costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile. La ratifica e la piena attuazione delle norme fondamentali del lavoro dell'Organizzazioni internazionale del lavoro dovrebbe rappresentare una delle condizioni fondamentali dell'accordo; tuttavia, i negoziati sembra vadano nella direzione opposta;
    per quanto attiene alla perdita di posti di lavoro, effetto collaterale solitamente inevitabile di accordi di libero scambio, la Commissione europea ha confermato la possibilità che il Transatlantic trade and investment partnership favorisca per i lavoratori europei un ricollocamento «dilazionato nel tempo ed effettivo», poiché le aziende verrebbero incoraggiate a procurarsi merci e servizi dagli Stati Uniti dove gli standard di lavoro sono più bassi e i diritti sindacali pressoché inesistenti («Impact assessement report on the future of EU-US trade relations», Strasburgo: Commissione europea, 12 marzo 2013, sezione 5.9.2.);
    in una fase in cui i tassi di disoccupazione in Europa hanno raggiunto livelli-record, con una disoccupazione giovanile in alcuni Stati membri dell'Unione europea che supera il 50 per cento, la Commissione europea ammette «timori fondati» che i lavoratori rimasti disoccupati a seguito del trattato Transatlantic trade and investment partnership non saranno più in grado di trovare un'altra occupazione. Al fine di offrire assistenza all'elevato numero di nuovi disoccupati, la Commissione europea ha suggerito agli Stati membri dell'Unione europea di ricorrere a fondi di sostegno strutturali, come il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e il Fondo sociale europeo, cui sono stati assegnati 70 miliardi di euro da distribuire nell'arco di sette anni, dal 2014 al 2020;
    molti contadini e consumatori sono preoccupati per un allentamento degli standard ambientali e sul trattamento degli animali, che regolano, ad esempio, le condizioni di vita negli allevamenti in batteria e in altre strutture per la produzione industriale di carne. Al momento, in Europa è possibile incoraggiare i contadini ad allevare gli animali in condizioni accettabili e a produrre per il mercato locale. Se il trattato di libero scambio andasse in porto, si sarebbe, invece, soggetti alle regole del mercato globale ed è risaputo: al mercato globale non importa più di tanto della protezione degli animali e dell'ambiente;
    la minaccia maggiore del Transatlantic trade and investment partnership è costituita probabilmente dalla clausola in esso contenuta che cerca di garantire alle società transnazionali il diritto di citare in giudizio direttamente i singoli Paesi per perdite subite in conseguenza a provvedimenti pubblici. Considerando le implicazioni che comporta, tale disposizione per la «risoluzione delle controversie tra stato e investitori» (Isds, Investor-State dispute settlement) non ha equivalenti nel diritto commerciale internazionale: il Transatlantic trade and investment partnership concederebbe alle imprese americane ed europee il potere di impugnare le decisioni democratiche prese da Governi sovrani e di chiedere risarcimenti nei casi in cui quelle decisioni avessero effetti negativi sui propri utili;
    nei Paesi in cui la Isds è già stata inclusa in trattati d'investimento bilaterali o altri accordi di libero scambio, i danni arrecati allo stato di diritto e alla democrazia sono ormai sotto gli occhi di tutti. Tra gli esempi più rilevanti si citano:
     a) la società energetica svedese Vattenfall sta facendo causa al Governo tedesco per 3.700 milioni di euro per via della decisione presa dal Paese di eliminare gradualmente l'energia nucleare a seguito del disastro nucleare di Fukushima;
     b) il gigante del tabacco americano Philip Morris sta facendo causa per migliaia di miliardi di dollari al Governo australiano per via della sua politica di sanità pubblica che impone la vendita di sigarette solo in pacchetti senza scritte; la Philip Morris ha citato in giudizio anche l'Uruguay a causa delle misure imposte da questo Stato nella lotta contro il fumo;
    l'accordo dovrebbe, inoltre, obbligare l'apertura o la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello subnazionale, compreso il livello comunale. I governi locali rischiano, di conseguenza, di non poter far valere qualsiasi criterio sociale e ambientale nell'impiego di denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale sostenibile;
    il secondo pilastro del TTIP riguarda la realizzazione di una maggiore convergenza tra standard e regolamentazioni in molti settori. Tra questi, le maggiori divergenze sono distribuite tra istanze di tipo generale che riguardano vari settori dell'economia e problemi relativi a divergenze di approccio in settori chiave come i prodotti chimici e farmaceutici, le telecomunicazioni, la cultura e i servizi finanziari. Per quanto riguarda i temi generali, le maggiori divergenze in termini di approccio regolamentare sono riscontrabili in tre aree: la legislazione in tema di proprietà intellettuale, gli standard sull'approvazione di prodotti che possono avere effetto sulla salute e la protezione dei dati personali. Più nello specifico, nel campo della proprietà intellettuale l'Unione europea ha compiuto importanti passi con l'approvazione del brevetto unitario, ma permangono importanti divergenze con gli Stati Uniti, dove il concetto di denominazione d'origine appare pressoché sconosciuto, mentre nell'Unione europea esso viene utilizzato come baluardo delle tradizioni locali e garanzia di non appropriazione da parte di Paesi terzi. Come conseguenza, la Commissione europea vorrebbe stabilire un registro delle denominazioni di origine che abbia effetto vincolante, mentre gli Usa propendono per un sistema di registrazione puramente volontario e senza effetti cogenti; questo fattore andrebbe ad incidere sulla mancata armonizzazione legislativa e commerciale fra i due continenti;
    quanto ai temi settoriali, i principali problemi sono riscontrabili nei settori dei prodotti farmaceutici, chimici e cosmetici, nel settore alimentare, che rappresenta gran parte dei negoziati, e più in generale, in tutti i settori in cui la regolamentazione mira a garantire la sicurezza dei prodotti. In questi settori, l'Unione europea si affida al cosiddetto principio di precauzione e al controllo amministrativo e sostanziale ex ante nel determinare l'accesso al mercato di prodotti innovativi, come i novel food o gli organismi geneticamente modificati (ogm), mentre gli Stati Uniti prediligono un approccio basato sui costi e i benefici e sul controllo ex post. Ciò soprattutto alla luce del fatto che nell'ambito della negoziazione è emerso come gli Stati Uniti appaiono interessati a vendere una quota maggiore dei loro prodotti agricoli di base, quali il frumento e la soia, obiettivi che mettono in seria discussione la salute dei cittadini europei, nonostante il ribadire della Commissione europea che sottolinea come le norme fondamentali, come quelle in materia di organismi geneticamente modificati, o in difesa della vita e della salute umana, della salute e del benessere degli animali o dell'ambiente e degli interessi dei consumatori, non rientreranno nei negoziati. Quest'ultimo assunto sarà difficile da rispettare, considerando il fatto che proprio il frumento e la soia, alimenti fondamentali nel settore del mangime animale, siano fortemente esposti all'alto contenuto di organismi geneticamente modificati, soprattutto quelli di derivazione americana; inoltre, circa i sistemi di controllo fra i due continenti vi è la fondamentale differenza: mentre in Europa il controllo è fatto ex ante, negli Usa è fatto ex post; questa differenza non è pertanto in grado di mantenere l'obiettivo dichiarato della Commissione europea di salvaguardare la salute dei cittadini e di lasciare fuori dalle norme fondamentali del trattato proprio gli organismi geneticamente modificati che, al contrario, rischiano di essere immessi nella nostra catena alimentare, andando ad alterare la difesa della biodiversità sulla quale si basa prevalentemente il prodotto alimentare made in Europe,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza del loro contenuto sulle normative nazionali in essere anche in ambito non strettamente commerciale;
   ad istituire un meccanismo efficace di trasparenza e di consultazione in itinere del Parlamento, delle parti sociali e della società civile sui negoziati commerciali in corso a livello bilaterale, plurilaterale e multilaterale;
   a promuovere in sede europea un'azione contro la proliferazione di accordi commerciali di nuova generazione, che travalicano gli ambiti di stretta competenza commerciale, così come previsto dall'articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e minacciano di indebolire i principi più elementari della democrazia, tanto nell'Unione europea che negli Stati Uniti;
   ad assumere le opportune iniziative affinché siano mantenuti inalterati il principio di precauzione e gli standard qualitativi e di sicurezza sui prodotti immessi nei mercati europei e a non approvare alcun trattato sia nel vicino sia nel lontano futuro che preveda un sistema simile o analogo a quello dell’Investor-State dispute settlement (Isds) enucleato in premessa.
(1-00558)
(Nuova formulazione) «Kronbichler, Scotto, Fratoianni, Palazzotto, Pannarale, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zaccagnini».


   La Camera,
   premesso che:
    il 9 ottobre 2014, il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America», cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America;
    l'analisi delle sopradette «Direttive» conferma, anzitutto, che l'obiettivo dello sviluppo del partenariato transatlantico sugli scambi e sugli investimenti – ovvero di una reciproca liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, attraverso un accordo concernente accesso al mercato, ostacoli non tariffari e questioni normative, che si traduca in «un risultato equilibrato tra la soppressione dei dazi, l'eliminazione di inutili ostacoli normativi agli scambi e il miglioramento normativo» – assume a suo fondamento «principi e valori comuni coerenti con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione»;
    al riguardo, le «Direttive» prevedono che il preambolo dell'accordo «dovrà contenere, tra l'altro, i seguenti richiami: i valori condivisi in aree come i diritti umani, le libertà fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto; l'impegno delle Parti a favore dello sviluppo sostenibile e il contributo del commercio internazionale allo sviluppo sostenibile per quanto riguarda i suoi aspetti economici, sociali e ambientali, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali; l'impegno delle Parti per la conclusione di un accordo pienamente coerente con i loro diritti e obblighi derivanti dall'OMC e favorevole al sistema di scambi multilaterali; il diritto delle Parti di prendere le misure necessarie per realizzare obiettivi legittimi di politica pubblica in base al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e della promozione della diversità culturale sancita dalla convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, che esse ritengono appropriato; l'obiettivo, che le Parti condividono, di tenere conto dei problemi specifici che le piccole e medie imprese devono affrontare quando partecipano allo sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti; l'impegno delle Parti di comunicare con tutte le altre parti interessate, compresi il settore privato e le organizzazioni della società civile»;
    conseguentemente, le «Direttive» indicano, in sede di «obiettivi», che «l'accordo deve riconoscere che lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo essenziale delle Parti, le quali intendono anche garantire e facilitare il rispetto degli accordi e delle norme internazionali in materia ambientale e del lavoro promuovendo, nel contempo, elevati livelli di tutela dell'ambiente, del lavoro e dei consumatori, coerenti con l’acquis dell'Unione europea e la legislazione degli Stati membri. L'accordo deve riconoscere che le Parti non promuoveranno gli scambi o gli investimenti diretti esteri rendendo meno severe la legislazione e le norme nazionali in materia di ambiente, lavoro, salute e sicurezza sul lavoro o meno rigide le politiche e le norme fondamentali del lavoro o le disposizioni legislative finalizzate alla tutela e alla promozione della diversità culturale»;
    pertanto, per quel che riguarda gli scambi di merci, le «Direttive» segnalano che «l'obiettivo è sopprimere tutti i dazi sugli scambi bilaterali, con lo scopo comune di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell'entrata in vigore dell'accordo e una graduale abolizione di tutte le tariffe, salvo quelle più sensibili, in un breve arco di tempo» e, quanto alle norme di origine, che «i negoziati mireranno a conciliare l'approccio dell'UE e degli Stati Uniti in materia di norme di origine in modo da facilitare il commercio tra le Parti e tenere conto delle norme di origine dell'UE e degli interessi dei produttori dell'Unione», prevedendo comunque «una clausola sulle misure antidumping e compensative, la quale riconosca che una qualsiasi delle Parti può prendere le misure appropriate contro il dumping e/o sovvenzioni compensative (...)», nonché «una clausola di salvaguardia bilaterale che consenta ad una qualsiasi delle parti di rimuovere, in parte o integralmente, le preferenze se l'aumento delle importazioni di un prodotto proveniente dall'altra Parte arreca o minaccia di arrecare un grave pregiudizio alla sua industria nazionale»;
    quanto agli scambi di servizi, le «Direttive» annotano che «i negoziati sugli scambi devono tendere a vincolare l'esistente livello autonomo di liberalizzazione di entrambe le Parti al livello di liberalizzazione più elevato raggiunto dagli attuali accordi di libero scambio (...)», fermo restando che la Commissione europea «deve inoltre provvedere affinché nessuna disposizione dell'accordo vieti alle Parti di applicare le loro disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno purché queste ultime non annullino o compromettano i vantaggi derivanti dall'accordo»;
    restano, inoltre, «applicabili le disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni dell'UE e degli Stati membri in materia di lavoro» e «l'elevata qualità dei servizi pubblici dell'UE deve essere preservata conformemente al TFUE e, in particolare, al protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale e tenendo conto dell'impegno dell'UE in tale settore, compreso il GATS»;
    sul versante della tutela degli investimenti, ancora, le «Direttive» assumono, quale obiettivo dei negoziati, «disposizioni sulla liberalizzazione e sulla tutela degli investimenti, inclusi i settori di competenza mista quali gli investimenti di portafoglio e gli aspetti della proprietà e dell'esproprio, in base ai livelli più elevati di liberalizzazione e agli standard di tutela più alti che entrambe le Parti abbiano negoziato finora», precisando, altresì, che «previa consultazione con gli Stati membri e conformemente ai trattati UE, l'inclusione della tutela degli investimenti e della risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS) dipenderà dall'eventuale raggiungimento di una soluzione soddisfacente rispondente agli interessi dell'UE (...)», anche in riferimento al non pregiudizio del diritto dell'Ue e degli Stati membri «di adottare e applicare, conformemente alle loro rispettive competenze, le misure necessarie al perseguimento non discriminatorio di legittimi interessi di politica pubblica negli ambiti sociale, ambientale, della sicurezza nazionale, della stabilità del sistema finanziario, della salute pubblica e della sicurezza»;
    in materia, poi, di appalti pubblici «l'accordo deve essere volto a rafforzare l'accesso reciproco ai mercati degli appalti pubblici a ogni livello amministrativo (nazionale, regionale e locale) e a quello dei servizi pubblici, in modo da applicarsi alle attività pertinenti delle imprese operanti in tale campo e garantire un trattamento non meno favorevole di quello riconosciuto ai fornitori stabili in loco», perseguendo una «compatibilità normativa», che tuttavia «non deve pregiudicare il diritto di legiferare conformemente al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei consumatori, del lavoro, dell'ambiente e della diversità culturale che ogni Parte ritiene appropriato o di realizzare in altro modo obiettivi normativi legittimi»;
    i negoziati, in particolare, «mireranno a prevedere una protezione rafforzata e il riconoscimento mediante l'accordo delle indicazioni geografiche dell'UE, basandosi sui TRIPS e integrandoli, affrontando inoltre il rapporto con la loro precedente utilizzazione sul mercato statunitense al fine di risolvere in modo soddisfacente i conflitti esistenti» e «prenderanno in considerazione misure per facilitare e promuovere lo scambio di merci rispettose dell'ambiente e a basse emissioni di carbonio, beni, servizi e tecnologie caratterizzati da un uso efficiente dell'energia e delle risorse, anche tramite appalti pubblici verdi e un sostegno alle scelte di acquisto informate da parte dei consumatori»;
    l'accordo deve, altresì, «contemplare disposizioni a sostegno delle norme riconosciute a livello internazionale in materia di responsabilità sociale delle imprese, nonché di conservazione, gestione sostenibile e promozione del commercio di risorse naturali sostenibili (...)», mirando «a garantire un contesto imprenditoriale aperto, trasparente e prevedibile in campo energetico e ad assicurare un accesso illimitato e sostenibile alle materie prime» ed includendo «aspetti connessi al commercio che interessano le piccole e medie imprese»;
    la scelta di procedere alla declassificazione delle «Direttive» – fin qui rapidamente sintetizzate ed originariamente assunte come documento riservato ai fini dell'efficacia della strategia negoziale – può, dunque, certamente contribuire a chiarire interrogativi, dubbi e preoccupazioni da più parti avanzati circa l'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo – con particolare riferimento agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici – poiché ne emerge un mandato negoziale di fondo per cui il perseguimento del maggiore coordinamento normativo e regolamentare transatlantico – ai fini della riduzione di barriere, duplicazioni e costi superflui – non implica riduzione della qualità della regolazione posta a tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza, così come, su altro ed essenziale versante, la tutela degli investimenti dalla discriminazione, dall'espropriazione e dal trattamento ingiusto ed iniquo, può anche chiamare in causa meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (Isds – Investor State dispute settlement), ma senza che ciò mini la possibilità della salvaguardia di legittimi interessi di politica pubblica;
    del resto, il capo negoziatore dell'Unione europea, Ignacio Garcia Bercero, facendo il punto, il 3 ottobre 2014, sull'andamento del negoziato a conclusione del settimo round, ha sottolineato la chiarezza e la fermezza del mandato ricevuto circa il punto che «non sarà fatto nulla che possa indebolire o danneggiare la protezione dell'ambiente, della salute, della sicurezza, dei consumatori o qualsiasi altro obiettivo delle politiche pubbliche perseguito dai regolatori dell'Ue o degli USA» e che, quanto ai servizi, «i Governi restano liberi di decidere in qualsiasi momento che certi servizi siano forniti dal settore pubblico», mentre il Commissario europeo designato, Cecilia Malmström, ha riaffermato, nella sua audizione al Parlamento europeo, che i processi decisionali sulle nuove regolazioni rimarranno soggetti agli esistenti controlli democratici;
    pur essendo fin d'ora chiaro il potenziale del processo di compiuta liberalizzazione di un'area il cui interscambio di beni e servizi vale, già oggi, circa due miliardi di euro al giorno, meritano, comunque, attenta verifica le principali stime fin qui effettuate in ordine all'impatto economico dell'accordo cifrato, in uno scenario di piena attuazione, in 120 miliardi di euro l'anno aggiuntivi a beneficio dell'economia europea, in 90 miliardi di euro a beneficio dell'economia statunitense e in 100 miliardi di euro a beneficio delle altre aree economiche mondiali;
    è, peraltro, evidente il più ampio significato geopolitico del TTIP, poiché – rappresentando le parti interessate circa la metà della produzione mondiale – l'accordo potrebbe assumere il rilievo di uno «standard globale» e concorrere al rafforzamento di modelli di governo democratico della globalizzazione oggi più che mai necessari;
    per quel che specificamente riguarda l'Italia, la «Stima degli impatti sull'economia italiana derivanti dall'accordo di libero scambio USA-UE» – effettuata, a giugno del 2013, da Prometeia – evidenzia che: «Un'estensione ampia dell'accordo di liberalizzazione potrebbe incidere in misura apprezzabile sulla crescita italiana e degli altri paesi coinvolti, arrivando a sfiorare il mezzo punto percentuale per la nostra economia. In questo caso, a tre anni dall'applicazione dell'accordo il Pil aumenterebbe, al netto dell'inflazione, di 5,6 miliardi di euro e l'occupazione totale di circa 30 mila unità»;
    l'ICE – osservando che «i benefici dell'accordo per le imprese europee discenderebbero da una barriera protezionistica “differenziale”, data dalla preferenza per i prodotti europei negli Stati Uniti e americani nell'Unione europea in seguito all'eliminazione dei dazi e degli altri ostacoli al commercio», che «equivarrebbe ad un dazio (o misura di effetto equivalente) “differenziale” sulle merci degli esportatori dei paesi esclusi dall'accordo» – ha sottolineato che in ragione del considerevole «peso relativo sull'export verso gli USA di meccanica, moda, alimentari e bevande, con produzioni sensibili al prezzo ed esposte alla concorrenza asiatica, il “dazio differenziale” aiuterebbe la produzione italiana più di quanto favorirebbe quella di un paese con produzione più differenziata o a maggiore valore aggiunto o che esporta beni a domanda più rigida»;
    al riguardo – come osservato da Confindustria – sarebbe comunque utile «adottare una prospettiva diversa e più ampia nel calcolare le ricadute di questo accordo e degli altri a venire (...). L'analisi d'impatto che la Commissione prevede di condurre a negoziati avviati, anziché limitarsi agli effetti sui flussi commerciali, potrebbe utilmente approfondire le implicazioni dell'accordo sui due sistemi produttivi e trarne al più presto le necessarie conseguenze in termini di politiche industriali e di rafforzamento del proprio settore manifatturiero»;
    peraltro, la portata potenziale dell'accordo e la sua effettiva traduzione in occasione di costruzione di occupazione e crescita aggiuntive chiamano certamente in causa la capacità di coordinamento delle politiche economiche nell'area transatlantica, nonché, in particolare, il coordinamento, pur nella consapevolezza della loro diversità di missione, delle scelte di politica monetaria operate dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve allo scopo di contrastare sfasature negli interventi e rischi di «conflitti valutari»,

impegna il Governo:

   ad agire, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America» circa l'impegno della Commissione europea a sviluppare, nel corso della trattativa, «un dialogo regolare con tutte le pertinenti parti interessate della società civile» e ciò, in particolare, in occasione dei diversi round del negoziato, allo scopo di consentire di valutarne l'avanzamento rispetto all'impostazione del mandato originario;
   ad agire ancora, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle sopradette «Direttive» circa l'esame dell'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo «mediante una valutazione d'impatto per la sostenibilità (SIA) indipendente, cui partecipi la società civile, che sarà condotta in parallelo ai negoziati e che sarà conclusa prima della sigla dell'accordo», integrando altresì le stime sugli effetti economici dell'accordo fin qui effettuate con un approfondimento delle sue refluenze sulla struttura dei sistemi produttivi coinvolti nel partenariato, sui loro divari di competitività e sulle conseguenti necessità d'intervento, considerato che il Consiglio dell'Unione europea potrebbe indicare come procedere in tal senso, sia ai fini dell'individuazione delle risorse disponibili per effettuare tale valutazione che per la scelta del soggetto che la condurrà;
   a vigilare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement (Isds), che tenga presente le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali;
   a riaffermare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e in sede di confronto con il Consiglio e con la Commissione europea, la necessità per il settore alimentare – ai fini dell'avanzamento del negoziato Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) – del riconoscimento delle indicazioni geografiche (IIGG) e del contrasto dell’«italian sounding» e, più in generale, la rilevanza delle barriere non tariffarie, di natura tecnico-regolamentare, quale ostacolo all'accesso al mercato statunitense da parte delle imprese europee;
   a sottolineare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, l'importanza di un approccio al negoziato Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese e, dunque, alla messa in opera di ogni utile strumento di supporto all'accrescimento della partecipazione di dette imprese all'interscambio commerciale dell'area transatlantica, a partire dagli appositi help-desk già discussi in sede di trattativa;
   a sospingere dunque – in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e con l'adeguato coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, cui regolarmente riferire circa stato e sviluppi delle trattative – il tempestivo avanzamento del negoziato, affinché, proprio prendendo le mosse dalla scelta di de-secretazione del mandato negoziale, si proceda alla definizione degli obiettivi effettivamente raggiungibili e della conseguente tabella di marcia, cercando di cogliere – come è anche emerso nel corso dell'appuntamento di Roma sul Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) del 14 ottobre 2014, evento promosso dalla Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea – la finestra di opportunità per la conclusione di un accordo, finestra che si protrarrà fino ai primi mesi del 2016, a ridosso delle primarie americane.
(1-00630) «Taranto, Benamati, Amendola, Berlinghieri, Gentiloni Silveri, Martella, Quartapelle Procopio, Tidei, Ginefra, Senaldi, Bargero, Scuvera, Albini, Iacono, Bonomo, Montroni, Petitti, Schirò, Camani, Giulietti, Sani, Carbone, Manciulli».


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva la straordinaria importanza dei negoziati in corso tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti, finalizzati alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transantlantic trade and investment partnership, TTIP;
    si sottolinea, da un lato, come dal raggiungimento di un accordo tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti possa sorgere il più grande e ricco mercato del mondo, con potenziali effetti positivi per le imprese di entrambi i contraenti e come, dall'altro, sussistano tuttavia anche importanti elementi d'incertezza sulla natura del partenariato che si sta negoziando;
    in particolare, l'Unione Europea è un'area economica ad alto tasso di regolamentazione, mentre gli Stati Uniti hanno sperimentato nel corso degli ultimi decenni un'intensa deregulation; si delinea così l'adesione delle due parti negozianti a modelli sociali profondamente differenti;
    sotto il profilo dei contenuti, esistono orientamenti radicalmente differenti negli Stati Uniti e nell'Unione Europea in alcune materie sensibili, come la commerciabilità dei prodotti agricoli geneticamente modificati;
    indiscrezioni sull'andamento dei negoziati euro-americani stanno lasciando intendere che potrebbero essere eliminate anche le barriere non tariffarie che proteggono alcune caratteristiche socio-economiche e culturali dei Paesi membri dell'Unione europea, al punto che si dubita persino della sostenibilità a lungo termine del modello della cosiddetta «economia sociale di mercato»;
    è conseguentemente della massima importanza conoscere, comprendere e discutere l'assetto normativo che assumerà l'area transatlantica in via di realizzazione, anche per potervi incidere in modo funzionale agli interessi del nostro Paese ed alle legittime aspettative della sua opinione pubblica;
    destano preoccupazione:
     a) le sorti di interi comparti produttivi europei, come l'agroalimentare ed i settori a più alta intensità di tecnologia, che rischiano di essere esposti alla concorrenza delle imprese d'oltreoceano, in grado di sfruttare vantaggi competitivi semplicemente incolmabili per le aziende europee, si pensi, ad esempio, alla grande differenza dimensionale che esiste, per ragioni storiche e culturali non trascurabili, tra le farm americane e le imprese agricole europee;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti agroalimentari o farmaceutici non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) quanto filtra a proposito del diritto che le imprese nordamericane si vedrebbero riconoscere a citare in giudizio gli Stati europei dai quali si ritenessero danneggiate, ad esempio in materia di appalti, causa tra l'altro di una crescente opposizione della Germania all'avanzata delle trattative;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'amministrazione e dal Congresso statunitensi;
    negli ultimi 18 mesi i Governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento, come se si trattasse di un accordo tecnico di secondaria importanza;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza che il loro contenuto potrebbe avere sul diritto e sul futuro socio-economico degli Stati membri dell'Unione europea, anche in ambiti non strettamente commerciali;
   ad informare tempestivamente il Parlamento ed il Paese circa l'andamento ed i contenuti del negoziato finalizzato alla creazione del Partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, finora svoltosi in un clima di ingiustificata segretezza, nonché in merito alle posizioni che hanno, nei confronti del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP), i principali Stati membri dell'Unione europea;
   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dei Paesi europei e dell'Italia in particolare, scongiurando in primo luogo il rischio che la realizzazione del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) possa implicare il completo smantellamento della Politica agricola comune e del sistema regolatorio creato a tutela del consumatore europeo, a partire dalle norme che limitano la vendita nell'Unione europea dei prodotti geneticamente modificati;
   a respingere qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica suscettibile di cristallizzare ed amplificare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio;
   ad adoperarsi affinché i negoziatori della Commissione europea difendano la specificità socio-economica ed identitaria del modello europeo rispetto a qualsiasi disposizione dell'accordo che possa minacciarla e tutelino l'Unione europea dal rischio di perdere la propria autonomia politica in materia di commercio estero e di eventuali regimi sanzionatori.
(1-00631) «Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    si rileva la straordinaria importanza dei negoziati in corso tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti, finalizzati alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transantlantic trade and investment partnership, TTIP;
    si sottolinea, da un lato, come dal raggiungimento di un accordo tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti possa sorgere il più grande e ricco mercato del mondo, con potenziali effetti positivi per le imprese di entrambi i contraenti e come, dall'altro, sussistano tuttavia anche importanti elementi d'incertezza sulla natura del partenariato che si sta negoziando;
    in particolare, l'Unione Europea è un'area economica ad alto tasso di regolamentazione, mentre gli Stati Uniti hanno sperimentato nel corso degli ultimi decenni un'intensa deregulation; si delinea così l'adesione delle due parti negozianti a modelli sociali profondamente differenti;
    sotto il profilo dei contenuti, esistono orientamenti radicalmente differenti negli Stati Uniti e nell'Unione Europea in alcune materie sensibili, come la commerciabilità dei prodotti agricoli geneticamente modificati;
    indiscrezioni sull'andamento dei negoziati euro-americani stanno lasciando intendere che potrebbero essere eliminate anche le barriere non tariffarie che proteggono alcune caratteristiche socio-economiche e culturali dei Paesi membri dell'Unione europea, al punto che si dubita persino della sostenibilità a lungo termine del modello della cosiddetta «economia sociale di mercato»;
    è conseguentemente della massima importanza conoscere, comprendere e discutere l'assetto normativo che assumerà l'area transatlantica in via di realizzazione, anche per potervi incidere in modo funzionale agli interessi del nostro Paese ed alle legittime aspettative della sua opinione pubblica;
    destano preoccupazione:
     a) le sorti di interi comparti produttivi europei, come l'agroalimentare ed i settori a più alta intensità di tecnologia, che rischiano di essere esposti alla concorrenza delle imprese d'oltreoceano, in grado di sfruttare vantaggi competitivi semplicemente incolmabili per le aziende europee, si pensi, ad esempio, alla grande differenza dimensionale che esiste, per ragioni storiche e culturali non trascurabili, tra le farm americane e le imprese agricole europee;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti agroalimentari o farmaceutici non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) quanto filtra a proposito del diritto che le imprese nordamericane si vedrebbero riconoscere a citare in giudizio gli Stati europei dai quali si ritenessero danneggiate, ad esempio in materia di appalti, causa tra l'altro di una crescente opposizione della Germania all'avanzata delle trattative;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'amministrazione e dal Congresso statunitensi;
    negli ultimi 18 mesi i Governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento, come se si trattasse di un accordo tecnico di secondaria importanza;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dei Paesi europei e dell'Italia in particolare, scongiurando in primo luogo il rischio che la realizzazione del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) possa implicare il completo smantellamento della Politica agricola comune e del sistema regolatorio creato a tutela del consumatore europeo, a partire dalle norme che limitano la vendita nell'Unione europea dei prodotti geneticamente modificati;
   a respingere qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica suscettibile di cristallizzare ed amplificare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio.
(1-00631)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2013 si è svolta a Washington la prima sessione negoziale, finalizzata alla conclusione di un importante accordo di libero scambio economico Usa-Unione europea: l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (Transatlantic trade and investment partnership – TTIP);
    il trattato, che si presenta come un accordo di ampia portata volto ad includere la riduzione delle barriere normative non tariffarie al commercio di beni e servizi, l'accesso alle commesse pubbliche, la definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e gli investimenti, è stato ritenuto dai Presidenti Barroso, Van Rompuy e Obama, come uno degli strumenti di maggiore rilevanza, attraverso il quale il TTIP potrà sostenere sia l'economia europea, che quella americana;
    la conclusione positiva del TTIP, in base ad alcune stime, determinerebbe, a tal fine, una serie di ricadute estremamente positive sull'occupazione e la crescita per entrambe le sponde dell'Atlantico, i cui vantaggi prodotti da un futuro accordo deriverebbero, per una quota compresa fra i due terzi e i quattro quinti, dal taglio della burocrazia e da un più intenso coordinamento fra le autorità di regolamentazione;
    la Commissione europea, a tal fine, ha stimato che dal presente anno 2014 fino al 2027 il prodotto interno lordo dell'Unione europea, in caso di una definizione favorevole dell'accordo, beneficerebbe un aumento annuo medio dello 0,4 per cento, mentre quello americano dello 0,5 per cento, a differenza di altre stime che evidenziano invece elevati aumenti del prodotto interno lordo pro capite (quasi il 5 per cento in più per l'Italia);
    gli effetti vantaggiosi determinati dall'eventuale conclusione di un propizio accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America potrebbero, inoltre, recuperare l'iniziativa sul piano della definizione degli standard e delle regole del commercio internazionale;
    l'accordo, tuttavia, potrebbe essere largamente ridimensionato nel corso del negoziato a causa di una molteplicità di difficoltà connesse, dalla difficile armonizzazione degli standard tecnici e degli approcci alla regolamentazione in settori industriali strategici, dalla regolamentazione dei mercati finanziari, dalla protezione dei dati personali e della proprietà intellettuale alle commesse pubbliche e ai sussidi alle imprese locali;
    una vasta parte dell'opinione pubblica si interroga, a tal fine, sull'effettivo significato del valore del TTIP, il cui rapporto nella regolamentazione si propone di individuare metodi razionali per rendere maggiormente compatibili tra loro la regolamentazione dell'Unione europea con quella degli Stati Uniti, garantendo, al contempo, un'adeguata tutela dei cittadini;
    a tal fine risulta importante rilevare che i contenuti dell'accordo di libero scambio sono stati ufficialmente resi noti dall'Unione europea soltanto di recente, attraverso un documento predisposto dal Consiglio dell'Unione europea e composto da 18 pagine, datato 9 ottobre 2014, all'interno del quale tra i 46 obiettivi indicati dall'intesa è inclusa l'apertura del mercato statunitense degli appalti pubblici, nonché l'introduzione dell'arbitrato internazionale Stato-imprese, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), il cui meccanismo consentirà agli investitori di citare in giudizio i Governi presso le corti arbitrali internazionali;
    la decisione di declassificare le direttive negoziali, se, da un lato, costituisce un indubitabile aspetto condivisibile, in particolare se rapportato alla possibile incidenza che il nostro Paese potrà determinare nel corso del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, conferma tuttavia il permanere di una complessiva mancanza di trasparenza e di scarse informazioni rivolte, ad esempio, agli standard su lavoro, ambiente, legislazione sanitaria, prezzi dei farmaci, libero utilizzo di internet, privacy dei consumatori, energia, brevetti e materia di copyright e albi professionali;
    una riduzione di regole e normative, come sostengono fra l'altro alcune numerose organizzazioni non governative, se per alcuni aspetti può liberare le economie di entrambi i continenti, rilanciando la crescita e migliorando i livelli di competitività, dall'altro, se non adeguatamente monitorata, può determinare ripercussioni gravissime, innanzitutto su un comparto strategico dell'economia italiana quale quello agro-alimentare che, in questa trattativa, gli Usa considerano strategico;
    il Presidente del Consiglio dei Ministri la scorsa settimana, esprimendo il suo parere nell'ambito del TTIP, ha rilevato che il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea deve rappresentare l'occasione per un salto di qualità e uno scatto in avanti per la definizione dell'accordo di libero scambio Unione europea-Usa, aggiungendo inoltre che esso rappresenta una fondamentale scelta strategica;
    una valutazione complessiva sulla regolamentazione che il TTIP intende compiere in maniera risolutiva per i prossimi anni, risulta pertanto prematura, anche in considerazione delle articolate osservazioni in precedenza richiamate, per consentire una previsione ottimistica delle prospettive di ciò che, tuttavia, rimane il più ambizioso progetto transatlantico di cooperazione;
    le rispettive offerte nell'ambito del partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), che può rappresentare uno strumento utile di stimolo alla crescita per l'Unione europea, assumono per l'Italia un valore strategico e fondamentale sia economico che d'immagine, in considerazione della centralità che il sistema Paese riveste a livello planetario con il made in Italy, le cui caratteristiche uniche ed inimitabili riassumono valori distintivi riconosciuti, non soltanto in Europa e negli Stati Uniti, ma a livello pressoché globale;
    la necessità di vigilare, con particolare attenzione, attraverso un impulso politico rigoroso e incisivo, sul proseguimento dei negoziati al fine di valutare quali scelte decisionali sono state assunte all'interno del futuro accordo per la creazione di un'area transatlantica di libero scambio, riveste pertanto un'importanza determinante per l'Italia, proprio in considerazione del prestigio che il made in Italy riveste a livello nazionale e mondiale;
    rafforzare la leadership italiana e tutti gli attori della filiera coinvolti nella realizzazione delle eccellenze del made in Italy, autentico baluardo dei valori nazionali, nell'ambito dei processi decisionali, del TTIP nei riguardi della vasta gamma dei prodotti offerti sui mercati internazionali, costituisce, a tal fine, una priorità per l'Esecutivo italiano da salvaguardare e tutelare nei diversi capitoli del negoziato, in un'ottica di mutuo vantaggio,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente nelle sedi istituzionali competenti circa l'evoluzione del processo negoziale riferito al partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), che si presenta come un accordo di portata molto ampia, come richiesto dalle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio per gli accordi preferenziali di commercio internazionale, coinvolgendo con maggiore partecipazione anche il Parlamento nei «pacchetti legislativi» che s'intendono proporre;
   a monitorare lo svolgimento delle trattative, con particolare attenzione, affinché ogni decisione intrapresa nell'ambito dei negoziati Unione europea-Usa non produca effetti negativi e penalizzanti per il sistema del made in Italy, il cui giro d'affari, pari a 62 miliardi di euro per il 2014 e 47 miliardi di euro per l’export, implica l'esigenza di innalzare i livelli di tutela e di salvaguardia dei prodotti italiani, in particolare quelli dell'agroalimentare, all'interno dei processi decisionali che s'intendono prevedere nel Transatlantic trade and investment partnership (TTIP);
   ad intervenire in sede europea – in attesa di ulteriori elementi informativi, oltre al documento declassificato da parte del Consiglio dell'Unione europea, datato 9 ottobre 2014, che non risulta essere esaustivo, considerando la vastità delle materie interessate – al fine di chiarire che i negoziati sul Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) non determineranno un abbassamento degli standard in materia di sicurezza, ambiente, agroalimentare italiano e tutela dei consumatori finali, e negli altri settori in precedenza riportati;
   a prevedere meccanismi di tutela e salvaguardia per il sistema delle piccole e medie imprese, che rappresentano il tessuto connettivo dell'economia europea, arrivando a rappresentare il 99,8 per cento del totale delle imprese europee, al fine di evitare che il quadro regolatorio definito dalle scelte conclusive dell'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America possa essere sbilanciato a vantaggio delle imprese di grande dimensione;
   a perseguire ogni utile iniziativa in sede comunitaria, affinché il partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP) possa ridurre in maniera significativa gli oneri burocratici, considerando che le conseguenze favorevoli di ciò inciderebbero positivamente sui costi delle attività economiche transatlantiche, facilitando per le imprese il compito di rispettare contemporaneamente la legislazione europea e quella americana, la cui semplificazione potrebbe garantire per le rispettive economie una nuova crescita per alcuni miliardi di euro.
(1-00632)
(Nuova formulazione) «Palese, Bergamini».


   La Camera,
   premesso che:
    nel luglio 2013 si è svolta a Washington la prima sessione negoziale per la conclusione di un grande accordo di libero scambio economico USA-UE: il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic trade and investment partnership, TTIP). Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti è un accordo commerciale che è attualmente in corso di negoziato tra l'Unione europea e gli Stati Uniti con l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti;
    il TTIP si presenta come un accordo di ampia portata che riguarda la questione delle barriere non tariffarie al commercio di beni e servizi, l'accesso alle commesse pubbliche, la definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e gli investimenti. Oltre a ridurre le tariffe in tutti i settori, l'Unione europea e gli Stati Uniti vogliono affrontare il problema delle barriere doganali, come le differenze nei regolamenti tecnici, le norme e procedure di omologazione: spesso, infatti, questi rappresentano un aggravio inutile in termini di tempo e denaro per le società che vogliono vendere i loro prodotti su entrambi i mercati;
    l'accordo porterebbe a ricadute estremamente positive su occupazione e crescita per i Paesi interessati. La Commissione europea ritiene che, da oggi al 2017, il prodotto interno lordo dell'Unione europea beneficerebbe di un aumento annuo medio dello 0,4 per cento e quello americano dello 0,5 per cento. L'Unione europea ha, inoltre, effettuato una valutazione d'impatto dei potenziali effetti dell'accordo. Tale valutazione non si è limitata ad esaminare l'impatto economico, ma anche le potenziali ripercussioni sociali ed ambientali. Sono, quindi, state prese in considerazione le possibili situazioni risultanti da diversi gradi di liberalizzazione tra Unione europea e Usa. In tutti i casi l'effetto complessivo per l'Unione europea si è rilevato positivo, ma è emerso in maniera chiara che esso sarebbe tanto più positivo quanto più elevato sarà il grado di liberalizzazione;
    uno degli studi su cui si è basata la valutazione d'impatto della Commissione europea è una relazione indipendente commissionata dall'Unione europea al Centro di ricerca per la politica economica di Londra. Lo studio suggerisce che il beneficio per l'economia dell'Unione europea potrebbe ammontare a 119 miliardi di euro l'anno. Sempre secondo lo studio l'economia statunitense potrebbe ricavarne un utile supplementare di 95 miliardi di euro l'anno. Questi benefici avrebbero un costo esiguo perché deriverebbero dall'eliminazione delle tariffe doganali e dalla soppressione delle norme inutili e delle lungaggini amministrative che rendono difficile acquistare e vendere oltreoceano. La crescita economica supplementare, quindi, che dovrebbe derivare dal TTIP sarà vantaggiosa per tutti. Rilanciare il commercio è un buon modo di dare impulso alle nostre economie, creando una maggiore domanda ed offerta senza dover aumentare la spesa e l'indebitamento pubblici;
    benché le tariffe tra Unione europea e Stati Uniti siano già basse, le dimensioni sia delle economie dell'Unione europea e degli Usa che dei loro scambi commerciali indicano che uno smantellamento tariffario sarebbe vantaggioso sul piano della crescita e dell'occupazione. L'area in cui tali negoziati potrebbero realizzare un notevole risparmio per le imprese, creare occupazione e garantire maggiori vantaggi per i consumatori è quella relativa all'eliminazione di norme e disposizioni inutili: i cosiddetti ostacoli non tariffari. Il taglio alla burocrazia, pertanto, ridurrebbe i costi delle attività economiche transatlantiche, facilitando alle imprese il compito di rispettare contemporaneamente le leggi europee e quelle americane;
    le imprese, i lavoratori ed i cittadini europei trarrebbero un enorme vantaggio da una maggiore apertura del mercato statunitense. Infatti, l'Unione europea dispone di molte imprese altamente competitive che producono prodotti e offrono servizi di qualità eccellente. Pertanto, l'eliminazione delle tariffe e di altri ostacoli al commercio consentirà ai produttori europei di incrementare le vendite verso gli Usa, fattore positivo sia per le imprese che per l'occupazione. Rimuovere gli ostacoli ai prodotti e agli investimenti originari degli Stati Uniti d'America e dell'Unione europea si traduce in una più ampia scelta e prezzi inferiori per la popolazione europea;
    nonostante USA e Unione europea siano, tra di loro, i principali partner commerciali, nonché i primi fornitori esteri di servizi e i maggiori investitori nei rispettivi mercati, il vasto complesso dell'economia transatlantica non riposa su alcun trattato che ne regoli il funzionamento interno in maniera sistematica;
    il TTIP si presenta come un accordo di portata molto ampia. Il negoziato relativo all'accordo si concentrerà, in particolare, sulla questione delle barriere non tariffarie al commercio di beni e servizi, ma anche sull'accesso alle commesse pubbliche in molti settori, sulla definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e sugli investimenti;
    per quanto riguarda le barriere tariffarie tra Usa ed Unione europea, come già detto, si può riferire che tra i due blocchi queste si attestano al 4/5 per cento in media per beni e servizi, anche se vi sono settori nei quali il livello tariffario appare abbastanza elevato (ad esempio, il settore delle infrastrutture, in particolare delle ferrovie, il tessile, l'abbigliamento);
    ben più significative sono le barriere di tipo non tariffario dovute a divergenze regolamentari in molti settori, tra cui quello automobilistico, quello chimico e quello farmaceutico. Basti pensare che nel settore dei prodotti chimici i dazi doganali imposti dagli Stati Uniti ai prodotti europei sono circa dell'1,2 per cento, mentre le barriere non tariffarie comportano un peso addizionale di circa il 19,1 per cento e che nel settore automobilistico le barriere tariffarie applicate dall'Europa nei confronti dei prodotti Usa sono di circa il 10 per cento, ma quelle non tariffarie arrivano al 25,5 per cento;
    nel quadro degli scambi commerciali tra Unione europea ed Usa spicca il settore delle commesse pubbliche soggetto ad un accordo plurilaterale noto come Government procurament agreement (Gpa). Si tratta di un settore in costante espansione. Nell'ambito del Government procurament agreement la differenza tra Unione europea ed Usa è evidente: l'Unione europea ha aperto alla concorrenza circa l'85 per cento dei propri mercati. Negli Stati Uniti, al contrario, le liberalizzazioni sono avvenute in modo parziale. Inoltre, le probabilità di concessioni reciproche da parte di Usa ed Unione europea in settori chiave, come quelli della difesa, dell'aeronautica e delle infrastrutture sono assai modeste;
    i negoziati per il TTIP comprendono anche l'agricoltura. L'apertura dei mercati agricoli comporterà vantaggi reciproci per l'Unione europea e gli USA. Gli Stati Uniti sono interessati a vendere una quota maggiore dei loro prodotti agricoli di base, quali il granoturco e la soia. Le esportazioni dell'Unione europea verso gli Usa interessano in genere prodotti alimentari di maggiore valore, come alcolici, vino, birra e alimenti trasformati (ad esempio formaggi e prosciutto). L'Unione europea ha un chiaro interesse a potenziare le vendite negli Stati Uniti dei prodotti alimentari di alta qualità che produce, senza inutili ostacoli tariffari o non tariffari. Alcuni prodotti alimentari europei, tra cui i prodotti lattiero-caseari, ma anche le mele e le pere, incontrano notevoli ostacoli non tariffari che ne limitano l'accesso al mercato statunitense. L'eliminazione di questi e di altri ostacoli contribuirebbe a rafforzare le esportazioni dell'Unione europea verso gli Stati Uniti;
    i detrattori dell'accordo sostengono che l'azzeramento delle barriere non tariffarie comporterebbe l'ingresso di prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati o prodotti che non ottemperano gli standard di sicurezza europei in materia di uso di sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di internet e privacy dei consumatori, energia, brevetti e copyright e gli albi professionali; gli Usa considerano strategico l'accordo per la parte agroalimentare, ma non sono chiari gli effetti che questo potrebbe avere sul made in Italy agroalimentare e sulla lotta all’Italian sounding;
    un ulteriore aspetto problematico consiste nell'introduzione dell'arbitrato internazionale Stato-imprese, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), il cui meccanismo consentirà agli investitori di citare in giudizio i Governi presso le corti arbitrali internazionali con riflessi problematici sull'applicazione delle norme di maggior tutela dei consumatori di cui dispone l'Unione europea;
    perché i negoziati commerciali funzionino e abbiano esito positivo, è necessario un certo grado di riservatezza, ma nel corso dei negoziati occorre, tuttavia, che la Commissione europea continui ad intrattenere contatti con l'industria, le associazioni di categoria, le organizzazioni dei consumatori e altre rappresentanti della società civile;
    la Commissione europea, pertanto, dovrà comunicare agli Stati membri, in sede di Consiglio e di Parlamento europeo, gli sviluppi dei negoziati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento, in occasione dei diversi round del negoziato, sugli sviluppi dei negoziati sull'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), allo scopo di consentire di valutarne l'avanzamento rispetto all'impostazione del mandato originario;
   riguardo ai meccanismi arbitrali per la definizione dei contenziosi (Investor State dispute settlement), a vigilare in sede di definizione delle regole, affinché non possano essere utilizzati in danno delle maggiori tutele che l'Unione europea prevede per i propri cittadini;
   a prevedere l'adozione, da parte dell'Italia, di una posizione di principio nella quale si preveda il pieno riconoscimento, da parte degli Usa, delle tutele garantite ai prodotti alimentari tipici italiani (e, di conseguenza, di ciascun Paese componente) dalle normative dell'Unione europea, nonché la piena tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare e il mantenimento della maggiore tutela dei consumatori garantita dalle normative comunitarie.
(1-00635) «Dorina Bianchi, Alli, Tancredi, Bernardo».


   La Camera,
   premesso che:
    nel giugno 2013 la Commissione europea è stata autorizzata ad avviare i negoziati per conto dell'Unione europea per sviluppare un partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) con gli Stati Uniti, con l'obiettivo di concluderne l’iter entro la fine del 2015. Si sono svolti sette cicli di negoziato, l'ultimo dei quali si è tenuto a Washington dal 29 settembre 2014 al 3 ottobre 2014;
    l'obiettivo prioritario del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) è la soppressione di tutti i dazi sugli scambi bilaterali, con lo scopo comune di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell'entrata in vigore dell'accordo e una graduale abolizione di tutte le tariffe, salvo quelle più sensibili, in un breve arco di tempo;
    le barriere tariffarie tra le due aree si attestano intorno al 4-5 per cento in media per beni e servizi, anche se vi sono settori nei quali il livello tariffario non è insignificante (infrastrutture, tessile, abbigliamento e calzature, acciaio di elevata qualità, alcuni tipi di veicoli e alimenti come le marmellate, il cioccolato e i prodotti caseari), con un costo totale pari a circa sei miliardi di dollari annui, mentre ben più consistenti sono le barriere di tipo non tariffario, dovute soprattutto a divergenze regolamentari in molti settori, tra cui quello automobilistico, quello chimico e farmaceutico e altri settori chiave come le telecomunicazioni e i servizi finanziari;
    l'armonizzazione di tutte le rispettive regolamentazioni in materia di commercio internazionale è apparsa da subito alquanto problematica, a causa delle evidenti differenze che tuttora intercorrono tra Unione europea ed Usa nelle normative in materia di protezione sanitaria, alimentare, di diritto d'autore e del lavoro;
    gli standard dell'Unione europea, basati sul principio di precauzione, sono infatti molto più stringenti di quelli degli Usa in numerosi settori e l'applicazione del partenariato comporterebbe uno scivolamento verso i livelli di deregolamentazione americani;
    il 9 ottobre 2014, anche grazie all'iniziativa della presidenza italiana, il Consiglio dell'Unione europea ha deciso di declassificare le direttive di negoziato del partenariato. La declassificazione del mandato di negoziato costituisce un passo importante per garantire la trasparenza dei negoziati con gli Stati Uniti;
    grazie a tale classificazione si può leggere che il preambolo dovrà ricordare che il partenariato con gli Stati Uniti si basa su principi e valori comuni coerenti con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione europea e dovrà contenere, tra l'altro, i seguenti richiami:
     a) i valori condivisi in aree come i diritti umani, le libertà fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto;
     b) impegno delle parti a favore dello sviluppo sostenibile e il contributo del commercio internazionale allo sviluppo sostenibile per quanto riguarda i suoi aspetti economici, sociali e ambientali, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali;
     c) l'impegno delle parti per la conclusione di un accordo pienamente coerente con i loro diritti e gli obblighi derivanti dall'Organizzazione mondiale del commercio e favorevole al sistema di scambi multilaterali;
     d) il diritto delle parti di prendere le misure necessarie per realizzare obiettivi legittimi di politica pubblica in base al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e della promozione della diversità culturale sancita dalla Convenzione dell'Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, che esse ritengono appropriato;
     e) l'obiettivo che le parti condividono di tenere conto dei problemi specifici che le piccole e medie imprese devono affrontare quando partecipano allo sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti;
     f) l'impegno delle parti di comunicare con tutte le altre parti interessate, compresi il settore privato e le organizzazioni della società civile;
    l'accordo dovrà riconoscere che lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo essenziale delle parti, le quali intendono anche garantire e facilitare il rispetto degli accordi e delle norme internazionali in materia ambientale e del lavoro, promuovendo nel contempo elevati livelli di tutela dell'ambiente, del lavoro e dei consumatori, coerenti con l’acquis dell'Unione europea e la legislazione degli Stati membri. L'accordo deve riconoscere che le parti non promuoveranno gli scambi o gli investimenti diretti esteri rendendo meno severe la legislazione e le norme nazionali in materia di ambiente, lavoro, salute e sicurezza sul lavoro o meno rigide le politiche e le norme fondamentali del lavoro o le disposizioni legislative finalizzate alla tutela e alla promozione della diversità culturale;
    l'accordo non dovrà, altresì, contenere disposizioni che potrebbero pregiudicare la diversità culturale o linguistica dell'Unione europea o dei suoi Stati membri, in particolare nel settore della cultura, né impedire all'Unione europea e agli Stati membri di mantenere le politiche e le misure esistenti a sostegno del settore della cultura, considerato il loro status speciale nell'Unione europea e negli Stati membri;
    si teme, tuttavia, che la potenza delle multinazionali possa ledere i diritti dei cittadini e la sovranità dei Paesi membri, d'altronde la segretezza del negoziato, formalmente mantenuta fino al 9 ottobre 2014 ha alimentato tali dubbi, in particolare rispetto al rispetto del citato «principio di precauzione». Introdotto per la prima volta in occasione della Conferenza sull'ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite (Earth summit) di Rio de Janeiro del 1992, il principio era rivolto alla protezione dell'ambiente, ma è finito per estendersi alla politica di tutela dei consumatori, della salute umana, animale e vegetale;
    per il Viceministro dello sviluppo economico, Calenda, «secondo le principali analisi disponibili, l'Italia sarebbe tra i principali beneficiari del TTIP, che potrebbe portare fino a mezzo punto di prodotto interno lordo di crescita aggiuntiva e alla creazione di posti di lavoro»;
    secondo la Commissione europea di qui al 2027 il prodotto interno lordo dell'Unione europea beneficerebbe di un aumento annuo medio dello 0,4 per cento e quello americano dello 0,5 per cento. Per Il Sole 24 ore, grazie all'accordo commerciale con Washington, l'Unione europea potrebbe guadagnare 119 miliardi di euro all'anno e l'Italia mezzo punto di prodotto interno lordo;
    grazie al TTIP, il blocco economico transatlantico rappresenterebbe da solo quasi il 50 per cento del prodotto interno lordo mondiale, un terzo del commercio internazionale in beni e una percentuale molto superiore degli investimenti esteri diretti (56,7 per cento di quelli in uscita e 75 per cento di quelli in entrata) e costituirebbe un polo d'attrazione irresistibile per le altre economie del pianeta. Grazie ad esso Usa ed Unione europea potrebbero recuperare l'iniziativa sul piano della definizione degli standard e delle regole del commercio internazionale e contrastare l'ascesa della Cina e dei Brics,

impegna il Governo:

   nel corso del semestre italiano di presidenza del Consiglio dell'Unione europea:
    a) a verificare l'effettiva applicazione dei principi contenuti nel preambolo delle direttive di negoziato sul partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) con gli Stati Uniti;
    b) a vigilare, in particolare, sulla corretta applicazione e rispetto del principio di precauzione per quanto riguarda gli aspetti economici, sociali e ambientali derivanti da tale accordo, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali;
    c) a monitorare l'impatto dell'accordo sul sistema delle piccole e medie imprese, che rappresentano la quasi totalità delle imprese europee per evitare che il nuovo quadro normativo diventi troppo favorevole alle imprese di maggiori dimensioni;
    d) a verificare con particolare attenzione che da tale accordo non risulti penalizzato il sistema del made in Italy in generale, salvaguardando, in particolare, la filiera agroalimentare, sempre più danneggiata dal dilagare di prodotti italian sounding;
    e) a porre in essere tutte le azioni utili per la tutela e promozione della diversità culturale e la conseguente esclusione dei prodotti e servizi culturali e audiovisivi dal negoziato con gli Usa;
    f) a tutelare il rispetto degli ordinamenti giuridici interni dei Paesi nei quali operano le aziende multinazionali;
    g) ad assumere iniziative volte a favorire la rapida conclusione del negoziato, anche al fine di rilanciare il ruolo dell'Unione europea nel panorama mondiale e per cogliere l'opportunità delle riconosciute ricadute positive su occupazione e crescita ad esso collegate.
(1-00638) «Fitzgerald Nissoli, Marazziti, Caruso, Buttiglione, Binetti, De Mita, Fauttilli, Cera, Gigli, Piepoli, Sberna, Rabino, Galgano».


   La Camera,
   premesso che:
    da mesi sono in corso i negoziati tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America, finalizzati alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transantlantic Trade and Investment Partnership, TTIP;
    il 9 ottobre 2014, Il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America», cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America;
    tale mandato, al di là di una coerenza formale con i princìpi dell'Unione europea, conferma la assoluta incertezza del quadro negoziale e il rischio concreto che questo accordo possa rivelarsi, anziché una fonte di crescita e sviluppo reciproci, una minaccia per interi comparti produttivi italiani ed europei;
    tale mandato non scioglie positivamente i nodi collegati agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici;
    le rassicurazioni a più riprese espresse dalle istituzioni europee circa il contenuto dell'accordo contrastano con le più recenti esperienze in ambito di commercio internazionale, laddove l'Unione europea ha costantemente scelto di sposare le posizioni dei Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, con grave danno per le economie dei Paesi mediterranei;
    in particolare, destano preoccupazione;
     a) le conseguenze sul nostro comparto agricolo, che si vedrebbe sottoposto a fortissima pressione dovuta alla già impari competizione con i grandi farmers statunitensi e alla inevitabile invasione dei mercati europei da parte di mais e soia geneticamente modificati provenienti dagli Usa;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti farmaceutici o di altra natura non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati tramite arbitrato internazionale, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), che consentirà agli investitori di citare in giudizio presso le corti arbitrali internazionali i Governi dai quali si ritenessero danneggiate, minando un principio elementare di sovranità delle autorità nazionali, regionali e locali;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'Amministrazione statunitense;
     e) la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello locale, anche in settori strategici, in conseguenza della quale le amministrazioni locali rischiano di non poter far valere i criteri sociali e ambientali ritenuti opportuni nell'impiego di denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale;
    salvaguardare, tutelare e rafforzare il made in Italy deve continuare a costituire la priorità per l'Esecutivo italiano nell'ambito dei diversi capitoli del negoziato;
    negli ultimi diciotto mesi i Governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza che il loro contenuto potrebbe avere sul diritto e sul futuro socio-economico degli Stati membri dell'Unione europea, anche in ambiti non strettamente commerciali;
   ad informare tempestivamente il Parlamento e l'opinione pubblica nazionale circa l'andamento ed i contenuti del negoziato finalizzato alla creazione del Partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, finora svoltosi in un clima di ingiustificata segretezza, nonché in merito alle posizioni che il Governo italiano si è impegnato a sostenere;
   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dell'Italia, scongiurando qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica volta ad ampliare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio;
   a condizionare il proprio parere favorevole al TTIP alla piena tutela dell'agricoltura italiana, prevedendo il pieno riconoscimento, da parte degli Usa, delle tutele garantite ai prodotti alimentari tipici italiani tramite le indicazioni geografiche (IIGG), la piena tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare, il contrasto alle forme di Italian sounding e il mantenimento della maggiore tutela dei consumatori garantita dalle normative comunitarie;
   ad adoperarsi affinché i negoziatori della Commissione europea difendano la specificità socio-economica ed identitaria del modello europeo rispetto a qualsiasi disposizione dell'accordo che possa minacciarla e tutelino l'Unione europea dal rischio di perdere la propria autonomia politica in materia di commercio estero e di eventuali regimi sanzionatori;
   con riguardo ai meccanismi arbitrali per la definizione dei contenziosi (Investor State dispute settlement), a non sottoscrivere qualsiasi intesa che di fatto limiti la sovranità nazionale attraverso modifiche alle normative nazionali, regionali o locali, escludendo la previsione di un organismo terzo rispetto ai tribunali tradizionali e a richiedere, a norma dell'articolo 218 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una volta concluso l'accordo, il parere della Corte di giustizia dell'Unione europea circa la compatibilità delle disposizioni in esso contenute con quanto disposto dai Trattati;
   a porre in essere tutte le azioni utili per la tutela e promozione della diversità culturale e la conseguente esclusione dei prodotti e servizi culturali e audiovisivi dal negoziato con gli Usa.
(1-00669) «Rampelli, Giorgia Meloni».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    da mesi sono in corso i negoziati tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America, finalizzati alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transantlantic Trade and Investment Partnership, TTIP;
    il 9 ottobre 2014, Il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America», cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America;
    tale mandato, al di là di una coerenza formale con i princìpi dell'Unione europea, conferma la assoluta incertezza del quadro negoziale e il rischio concreto che questo accordo possa rivelarsi, anziché una fonte di crescita e sviluppo reciproci, una minaccia per interi comparti produttivi italiani ed europei;
    tale mandato non scioglie positivamente i nodi collegati agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici;
    le rassicurazioni a più riprese espresse dalle istituzioni europee circa il contenuto dell'accordo contrastano con le più recenti esperienze in ambito di commercio internazionale, laddove l'Unione europea ha costantemente scelto di sposare le posizioni dei Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, con grave danno per le economie dei Paesi mediterranei;
    in particolare, destano preoccupazione;
     a) le conseguenze sul nostro comparto agricolo, che si vedrebbe sottoposto a fortissima pressione dovuta alla già impari competizione con i grandi farmers statunitensi e alla inevitabile invasione dei mercati europei da parte di mais e soia geneticamente modificati provenienti dagli Usa;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti farmaceutici o di altra natura non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati tramite arbitrato internazionale, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), che consentirà agli investitori di citare in giudizio presso le corti arbitrali internazionali i Governi dai quali si ritenessero danneggiate, minando un principio elementare di sovranità delle autorità nazionali, regionali e locali;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'Amministrazione statunitense;
     e) la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello locale, anche in settori strategici, in conseguenza della quale le amministrazioni locali rischiano di non poter far valere i criteri sociali e ambientali ritenuti opportuni nell'impiego di denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale;
    salvaguardare, tutelare e rafforzare il made in Italy deve continuare a costituire la priorità per l'Esecutivo italiano nell'ambito dei diversi capitoli del negoziato;
    negli ultimi diciotto mesi i Governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea l'accesso ai documenti negoziali in una forma che non pregiudichi l'andamento del negoziato e non leda gli interessi dell'Unione europea;
   ad informare tempestivamente il Parlamento e l'opinione pubblica nazionale circa l'andamento ed i contenuti del negoziato finalizzato alla creazione del Partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, finora svoltosi in un clima di ingiustificata segretezza, nonché in merito alle posizioni che il Governo italiano si è impegnato a sostenere;
   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dell'Italia, scongiurando qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica volta ad ampliare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio;
   a perseguire il riconoscimento, da parte degli Usa, delle tutele garantite ai prodotti alimentari tipici italiani tramite le indicazioni geografiche (IIGG), la tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare;
   ad adoperarsi affinché i negoziatori della Commissione europea difendano la specificità socio-economica del modello europeo rispetto a qualsiasi disposizione dell'accordo che possa minacciarla e tutelino l'Unione europea dal rischio di perdere la propria autonomia politica in materia di commercio estero e di eventuali regimi sanzionatori.
(1-00669)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rampelli, Giorgia Meloni».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)