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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 20 ottobre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 20 ottobre 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Mogherini, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sisto, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Mogherini, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  VALERIA VALENTE ed altri: «Misure per la protezione dei minori e per la tutela della dignità della donna nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione» (2586) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, IX, X, XI, XII e XIV;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LA RUSSA: «Modifica degli articoli 29 e 30 e abrogazione dell'articolo 31 della Costituzione in materia di famiglia e di rapporti tra i genitori e i figli, anche adottivi» (2593) Parere delle Commissioni II e XII;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE SCOTTO ed altri: «Modifica all'articolo 54 della Costituzione in materia di conflitti di interessi» (2638).

   II Commissione (Giustizia):
  VENDOLA ed altri: «Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di eguaglianza nell'accesso al matrimonio e di filiazione da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso» (242) Parere delle Commissioni I, V e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento);
  VECCHIO ed altri: «Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, volte a rendere più efficiente l'attività dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, a favorire la vendita dei beni confiscati e il riutilizzo del ricavato per finalità sociali nonché a rendere produttive le aziende confiscate» (2580) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, VIII, X, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IV Commissione (Difesa):
  CORDA ed altri: «Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare» (2591) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, IX, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VII Commissione (Cultura):
  VALERIA VALENTE ed altri: «Introduzione dell'educazione alle differenze di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università» (2585) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 13 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, gli atti internazionali firmati dall'Italia i cui testi sono pervenuti al medesimo Ministero entro il 15 settembre 2014.

  Questa documentazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 17 ottobre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti (COM(2014) 635 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sull'attivazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (COM(2014) 648 final) e connesso progetto di bilancio rettificativo n. 7 al bilancio generale 2014 – Stato generale delle entrate – Stato delle spese per sezione – Sezione III – Commissione (COM(2014) 650 final), che sono assegnati in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
   Progetto di bilancio rettificativo n. 6 al bilancio generale 2014 – Stato generale delle entrate – Stato delle spese per sezione – Sezione III – Commissione – Sezione VIII – Mediatore europeo (COM(2014) 649 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 16 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 16 ottobre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VII Commissione (Cultura):
   al dottor Mario Alì, l'incarico di direttore della Direzione generale per lo studente, lo sviluppo, l'internazionalizzazione della formazione superiore, nell'ambito del Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca;
   alla dottoressa Daniela Beltrame, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per il Veneto;
   alla dottoressa Giovanna Boda, l'incarico di direttore della Direzione generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione, nell'ambito del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione;
   al dottor Diego Bouché, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per la Calabria;
   al dottor Vincenzo Di Felice, l'incarico di direttore della Direzione generale per il coordinamento, la promozione e la valorizzazione della ricerca, nell'ambito del Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca;
   al dottor Francesco Feliziani, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per la Sardegna;
   alla dottoressa Luisa Franzese, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per la Campania;
   al dottor Jacopo Greco, l'incarico di direttore della Direzione generale per le risorse umane e finanziarie, nell'ambito del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali;
   al dottor Franco Inglese, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per la Puglia;
   al dottor Fabrizio Manca, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per il Piemonte;
   alla dottoressa Maria Letizia Melina, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per le Marche;
   alla dottoressa Simona Montesarchio, l'incarico di direttore della Direzione generale per gli interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale, nell'ambito del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali;
   alla dottoressa Maria Maddalena Novelli, l'incarico di direttore della Direzione generale per il personale scolastico, nell'ambito del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione;
   alla dottoressa Rosaria Pagano, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per la Liguria;
   alla dottoressa Carmela Palumbo, l'incarico di direttore della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, nell'ambito del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione;
   al dottor Ernesto Pellecchia, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per l'Abruzzo;
   al dottor Stefano Versari, l'incarico di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per l'Emilia-Romagna.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI GALLINELLA ED ALTRI N. 1-00490, MIGLIORE ED ALTRI N. 1-00413, KRONBICHLER ED ALTRI N. 1-00558, TARANTO ED ALTRI N. 1-00630, GIANLUCA PINI ED ALTRI N. 1-00631, PALESE N. 1-00632 E DORINA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00635 CONCERNENTI L'ACCORDO DI PARTENARIATO PER IL COMMERCIO E GLI INVESTIMENTI TRA UNIONE EUROPEA E STATI UNITI D'AMERICA NOTO COME TRANSATLANTIC TRADE AND INVESTMENT PARTNERSHIP (TTIP)

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 giugno 2013 il Consiglio europeo ha accordato alla Commissione europea il mandato per negoziare, a nome dell'Unione europea, l'accordo di partenariato economico-finanziario noto come Transatlantic trade and investment Partnership (TTIP) considerato «il più importante accordo di libero scambio del mondo e della storia» che, ad opinione di molti, viene considerato una «Nato economica», per enfatizzare il ruolo egemone degli Stati Uniti nell'organizzazione del Patto atlantico;
    le condizioni per la creazione di una zona di libero scambio vennero poste già nel 2007 con l'istituzione di un Consiglio economico transatlantico, un anno prima dello scoppio della bolla speculativa che ha aperto la strada alla crisi finanziaria e all'attuale depressione economica; ciò, considerato alla luce delle recenti indiscrezioni che vedrebbero la Federal Reserve intenzionata ad avviare una stretta monetaria – i cui effetti provocherebbero un rialzo dei tassi di interesse statunitensi generando un consistente afflusso di dollari dal resto del mondo agli Usa – renderebbe verosimile la possibilità dell'adozione del dollaro come moneta unica europea quale provvidenziale soluzione all'ormai irreversibile crisi dell'euro;
    già da tempo gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per incentivare gli scambi con l'Unione europea che offre un mercato di oltre 500 milioni di persone, con particolare riguardo ai comparti manifatturiero, dell'agricoltura e dei servizi a conferma delle tesi che ritengono il TTIP un accordo disegnato a misura degli interessi dell'economia americana;
    si legge nell’executive order n. 13534 del marzo 2010, firmato dal Presidente americano Barack Obama, che gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per gli scambi oltreoceano relativi alla propria manifattura, agricoltura e servizi ed è pertanto plausibile sostenere che il TTIP sia disegnato a misura degli statunitensi, dove l'Unione europea è puramente subordinata alle loro scelte;
    le trattative per la conclusione del TTIP si svolgono nel più assoluto segreto; anche i documenti elaborati nei vari incontri che si sono susseguiti sono e saranno secretati; infatti, nessuna bozza o schema è uscito dalle trattative sul TTIP tra Stati e multinazionali, mentre le popolazioni e le organizzazioni sociali vengono tenute rigorosamente all'oscuro e fuori da ogni processo decisionale e nel silenzio complice dei grandi media;
    il 4oround del negoziato Ue-Usa si è svolto il 26 marzo 2014, mentre quello successivo è previsto a Washington prima dell'estate. Sul sito dell'Unione europea si legge che lo scopo dell'accordo è quello di «aumentare lo scambio delle merci, eliminando dazi e barriere commerciali», una deregulation insomma, tramite tre obiettivi: accesso ai mercati, allineamento delle regole e norme in materia di commercio per la globalizzazione;
    il Ministero Usa del commercio con l'estero ha proseguito i nuovi negoziati del TTIP ad Arlington, nello Stato della Virginia, nei giorni dal 19 al 23 maggio 2014; nella settimana precedente alle elezioni europee, nell'intento di aumentare il consenso alle trattative a partire da Francia e Germania, all'idea della necessità di ulteriori liberalizzazioni, il Commissario europeo al commercio De Gucht ha aperto per tre settimane una consultazione online sul sito della Commissione europea per acquietare quella parte dell'opinione pubblica che lo accusa di scarsa trasparenza nel negoziato e ha iniziato una marcia forzata di incontri con imprese e istituzioni competenti;
    il timore per il nostro Paese è più che lecito, poiché basta chiedere ai piccoli imprenditori e agricoltori, che sono la maggior parte in Italia, se l'attuale globalizzazione li ha favoriti; infatti, saranno coinvolti i prodotti agroalimentari e industriali, il mercato dei servizi come il trasporto e la liberalizzazione degli investimenti privati, che coinvolgeranno anche gli appalti pubblici, sicurezza ambientale e alimentare, dei farmaci, dei diritti di proprietà intellettuale;
    il Ministero dello sviluppo economico ha commissionato nel 2013 a Prometeia spa una prima valutazione d'impatto per l'Italia, da cui si evince che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero nell'arco di tre anni dall'entrata in vigore dell'accordo, immaginando il 2018 quale data più vicina, con un aumento del prodotto interno lordo dello 0,5 per cento nel migliore dei casi; secondo l'Ice solo le prime 10 imprese italiane, su 210 mila, monopolizzano oltre il 70 per cento dell’export italiano, quindi alle piccole imprese, se non già inserite nelle filiere globali, il trattato non risulta dare vantaggi, piuttosto potrebbero non sopravvivere allo shock, mentre le grandi imprese, che già sono ben inserite nel mercato globale, esportando grazie molto spesso alle esternalizzazioni di parti dell'impresa fuori dal territorio italiano, non risultano necessitare del trattato;
    erroneamente si ritiene che per l'Italia l'interesse strategico assoluto sia la riduzione massima delle barriere commerciali, quali i dazi, al fine di avere più aperture di mercato possibili, come se l'apertura dei mercati fosse la panacea per risolvere una situazione di crisi creata dallo stesso sistema economico neoliberista, che promuove, ad esempio, la gestione privatistica di beni e servizi essenziali i cui risultati fallimentari sono ben visibili, essendo l'interesse privatistico unicamente il raggiungimento dell'utile a fine anno e non la fornitura del bene o servizio a fini sociali; l'aumento del prodotto interno lordo può tradursi, a questo punto, nella distruzione di interi settori produttivi italiani, quali la manifattura e la piccola e media trasformazione, i presidi dop e igp;
    sulla natura di tale accordo viene affermato, tra l'altro, che potrebbe far aumentare l'economia europea di 120 miliardi di euro, considerazione frutto di studio che è stato commissionato da un ente, il Center for economic policy research (Cepr) di Londra che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, non sembra risultare del tutto indipendente;
    sul sito dell’Economic and social research Council, si legge che il Center for economic policy research è finanziato dalla Banca d'Inghilterra, dalla Fondazione Rockfeller, dalla Banca del Canada e di Israele, dalla Banca centrale europea, dall’Alpha Bank, dalla Barclais, dal Citigroup, dal Crédit Suisse, dall’Intesa San Paolo, dal gruppo Santander, da JP Morgan e altre banche e con i fondi del MES. Il Center for economic policy research è presieduto da Guillermo De La Dehesa, membro del «gruppo dei trenta» del comitato esecutivo del Banco Santander e consulente internazionale di Goldman Sachs. Alcuni ricercatori del Center for economic policy research risulta che lavorino per la Rockfeller foundation e la Banca mondiale. Il capo progetti del dossier del TTIP elaborato dal Center for economic policy research è Jospeh François economista di Linz (Austria) con cittadinanza statunitense e ha lavorato per l’International trade commission degli Stati Uniti, occupandosi degli accordi Nafta, Gatt E Wto;
    è logico considerare che il TTIP sia lontano dall'essere un progetto neutrale, la zona euro-americana di libero scambio legherebbe in maniera definitiva le sorti dell'Europa e dell'euro a quelle degli Stati Uniti e del dollaro, limitando la residua autonomia di un'Unione europea sempre meno integrata al suo interno e rischia di sfociare in un'annessione totale dell'Europa ai dettami finanziari e commerciali di Washington;
    il paventato rialzo dei tassi di interesse americani non sarebbe senza implicazioni per la politica monetaria nell'eurozona e imporrebbe alla Banca centrale europea di scegliere se svalutare l'euro o elevare il saggio di sconto, spingendo verso la bancarotta alcuni degli Stati periferici come l'Italia;
    sul piano strettamente economico giova rilevare che mentre il mercato unico, quantomeno nelle intenzioni, ha l'obiettivo di creare un'omogeneità di regolamentazione senza precedenti, volta ad assicurare ai cittadini europei uguali condizioni di partenza per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, quello statunitense è frutto di anni di deregulation e i nostri operatori economici si troveranno a competere con concorrenti americani in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi differenti, poiché difficilmente i negoziatori europei riusciranno a persuadere i colleghi d'oltreoceano sulla bontà delle pesanti normative in vigore nell'Unione europea. Inoltre, le regole e gli standard europei in termini di tutela della salute e delle condizioni di lavoro, come è noto più restrittivi in Europa rispetto agli Stati Uniti, riescono a tenere lontani dai nostri mercati alcuni prodotti non sicuri o tossici (cibi geneticamente modificati e trattati con nanoparticelle di vetro per aumentarne la croccantezza, residui di pesticidi nel cibo, ftalati nei giocattoli, carne agli ormoni, solo per fare qualche esempio), ma la preoccupazione di una concessione alle multinazionali di porsi al di sopra dei bisogni delle persone e di sfruttare in maniera incontrollata risorse naturali fondamentali come l'acqua, il suolo, i minerali rimane forte;
    l'Unione europea, attraverso il TTIP, potrebbe imporre con maggiore facilità le politiche di austerità e di smantellamento delle politiche sociali, inizialmente introdotte in modo forzoso a causa della crisi del debito pubblico, fino alla completa privatizzazione anche dei servizi essenziali alla persona;
    in particolare, relativamente al comparto agricolo, per il quale i fautori dell'accordo vantano benefici a doppio senso, in considerazione delle enormi barriere tariffarie esistenti, le preoccupazioni maggiori riguardano le importazioni di organismi geneticamente modificati, posto che gli Usa cercano sbocchi per grano esoia, e, in assenza di opportune salvaguardie, il rischio di chiusura di molte piccole aziende, in quanto la frammentazione della proprietà agraria che caratterizza il continente europeo comporta un'impari competizione con i grandi farmer statunitensi;
    si rileva l'esautorazione dei tribunali nazionali in caso di dispute legali, in quanto l'accordo prevede, infatti, l'inclusione dell’Investor State dispute settlement (ISDS), uno strumento che consentirebbe a un soggetto privato di denunciare un Governo per i mancati profitti derivanti da politiche sociali; per fare un esempio, accordi simili hanno fatto sì che la Philip Morris stia chiedendo il risarcimento ai Governi uruguaiano e australiano per le politiche di restrizione del fumo a tutela della salute; ciò, unitamente all'esautorazione dei tribunali nazionali nella risoluzione di dispute legali che verranno risolte da un organismo terzo, come già avviene con i panel dell'Organizzazione mondiale del commercio, metterebbe a rischio la tutela ambientale e sociale garantita dalla legislazione europea, di gran lunga più garantista per i cittadini di quanto non lo sia quella statunitense;
    è assolutamente necessario, dunque, sviluppare la dovuta informazione sul significato di tale tipo di scenario per la società, l'ambiente e la democrazia; a questo proposito, infatti, va evidenziato che sul sito della Commissione europea è disponibile il questionario per la consultazione informale sul TTIP, ma nessuna campagna informativa è stata promossa dai Ministeri competenti per i cittadini e le associazioni interessate; tutto questo mentre la legge n. 234 del 2012, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo debba obbligatoriamente rendere conto di tutte le riunioni e delle iniziative che avvengono nell'ambito dell'istituzione dell'Unione europea, compresi i negoziati per i trattati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento in merito agli sviluppi delle trattative e, nell'ottica di una più ampia partecipazione democratica, a valutare l'opportunità di indire un referendum di indirizzo;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie affinché:
    a) si rivedano i termini dell'accordo al fine di escludere qualsiasi intesa che di fatto limiti la portata delle leggi della Repubblica italiana e, in particolare, si riconsideri il meccanismo di composizione delle controversie tra investitori e Stati, escludendo la previsione di un organismo terzo rispetto ai tribunali tradizionali;
    b) il partenariato si articoli su assetti legislativi quanto più omogenei e preveda forti tutele per l'agricoltura comunitaria;
    c) siano esclusi dall'ambito dell'accordo i beni fondamentali, quali la gestione del servizio idrico integrato e i servizi pubblici locali, le materie di carattere sanitario, fitosanitario e di conservazione ambientale, al fine di mantenere l'attuale sistema di tutela dei diritti sociali e del lavoro, nonché la preservazione dei beni comuni, quali acqua e terra/cibo, e le garanzie di accesso ai servizi essenziali;
    d) si svolgano adeguate consultazioni pubbliche attraverso l'attivazione di tavoli di lavoro partecipati volti a informare e coinvolgere i cittadini, le associazioni e la società civile in merito alle ragioni e agli effetti di un tale accordo e alle conseguenze che esso avrebbe sui rapporti politici e diplomatici con gli altri partner commerciali, quali i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica);
    e) si introducano adeguati meccanismi di salvaguardia degli interessi produttivi degli Stati membri, in particolare di quelli dell'area mediterranea, qualora laBanca centrale europea decidesse di innalzare i tassi di interesse dell'eurozona, posto che il mantenimento di un obiettivo di cambio con il dollaro in rivalutazione genererebbe insormontabili difficoltà per le finanze pubbliche nazionali.
(1-00490) «Gallinella, Daga, Sibilia, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) è stato definito come il più grande accordo commerciale del mondo. È un accordo commerciale internazionale in fase di negoziato tra l'Europa e gli Stati Uniti progettato per incoraggiare la crescita e la creazione di posti di lavoro. Ha l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti;
    secondo dati diffusi dalla Commissione europea l'accordo potrebbe far aumentare l'economia europea di 120 miliardi di euro, l'economia americana di 90 miliardi di euro e l'economia del resto del mondo di 100 miliardi di euro;
    dalle poche informazioni reperibili sull'accordo si evince che esso interverrà in favore di una riduzione delle barriere tariffarie (tasse doganali), ad oggi già basse tra i due continenti (media livello del 4 per cento). Tuttavia, la maggior parte dei guadagni derivanti dal TTIP scaturiranno dalla riduzione delle cosiddette barriere non tariffarie: l'insieme delle regole e degli standard che vengono imposti sui prodotti in termini di salute, condizioni di lavoro e altro che, anche grazie alle grandi battaglie contro la carne agli ormoni, il pollo lavato col cloro, gli ftalati nei giocattoli, i residui di pesticidi nel cibo, gli organismi geneticamente modificati e così via, tengono lontani dal nostro mercato prodotti non sicuri e tossici;
    queste regole, garanti di sicurezza e primato europeo da difendere, sono state definitive dalla Commissione europea come «generatrici di problemi», viste dunque come «irritanti commerciali» (trade irritants). I suddetti standard risultanti molto spesso più alti in Europa rispetto agli Stati Uniti, dove invece, complice il mancato accoglimento di trattati in materia di ambiente e lavoro, svariate procedure proibite nell'Unione europea sono, invece, permesse;
    c’è, dunque, il forte rischio che un trattato di questo genere, ricercando un'armonizzazione delle normative e, dunque, un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree porti ad appiattire i più rigidi regolamenti europei ai livelli di quelli statunitensi;
    il trattato viene considerato una via d'uscita dalla crisi: secondo le rosee previsioni diffuse dal Commissario del commercio Karel De Gucht, infatti, saranno creati 2 milioni di posti di lavoro in Europa, 119 miliardi di euro l'anno di prodotto interno lordo per l'Europa e 130 miliardi di dollari per gli Stati Uniti, cioè 545 euro in più l'anno per ogni famiglia di quattro persone nell'Unione europea e 901 dollari negli Stati Uniti;
    tutto questo, tuttavia, si otterrebbe solo entro il 2027, nella migliore delle ipotesi, ed al prezzo di una totale deregulation. Le famiglie europee potrebbero, ad esempio, risparmiare acquistando più pollo a buon mercato esportato dagli Usa, ma non si sa quanti dei loro membri perderebbero il lavoro per la chiusura degli allevamenti europei di migliore qualità. Quello stesso pollo poi, se di qualità peggiore rispetto a quanto previsto attualmente dai regolamenti europei, potrebbe farli ammalare e pesare di più sui servizi sanitari pubblici;
    per quanto riguarda il nostro Paese, invece, il Ministero dello sviluppo economico ha commissionato a Prometeia spa una prima valutazione d'impatto mirata all'Italia: dai primi dati emerge che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero non prima di 3 anni dall'entrata in vigore dell'accordo nella misura di un modesto 0,5 per cento di prodotto interno lordo in uno scenario ottimistico. Oltre ad essere modesti, gli introiti derivanti dall'accordo rischiano di favorire soltanto un numero ristretto di soggetti, ovvero quelle imprese italiane che davvero esportano, molto spesso esternalizzando parti dell'impresa fuori dal territorio italiano;
    secondo i dati forniti dall'Organizzazione mondiale del commercio le imprese italiane che esportano risultano 210 mila, ma sono le prime dieci che detengono il 72 per cento delle esportazioni nazionali. Secondo l'Ice, in tutto nel 2012 le esportazioni di beni e servizi dell'Italia sono cresciute in volume del 2,3 per cento, leggermente al di sotto del commercio mondiale. La loro incidenza sul prodotto interno lordo ha sfiorato il 30 per cento in virtù dell’austerity e della crisi dei consumi che hanno depresso il prodotto interno;
    l'Italia è riuscita a guadagnare spazi di mercato internazionale contenendo i propri prezzi, senza generare domanda interna, né nuova occupazione. Anzi: lo ha fatto spostando all'estero processi o attività dove costavano meno il lavoro o le tecnologie. Il nostro Paese ha acquistato, insomma, quote di mercato estero, perdendo lavoratori-consumatori nel mercato interno. L'aumento di export tricolore non si tradurrà, quindi, automaticamente, in buona produzione o occupazione per il Paese. Per la produzione di beni, infatti, secondo il pensiero prevalente tra imprese e istituzioni coinvolte nel trattato, non è obbligatorio che il made in Italy, stante la normativa vigente, sia tutto italiano per ingredienti, pezzi di filiera, componenti, tantomeno lavoratori;
    infine, nel caso più ottimistico delineato da Prometeia spa sugli effetti dell'accordo, soccomberebbero, comunque, il legname e la carta, poi la chimica farmaceutica e di consumo: la più penalizzata con 30 milioni di euro di perdite previste. Altri 10 milioni si perderebbero tra prodotti intermedi chimici, altri intermedi e agricoltura, e molte piccole e medie aziende potrebbero non sopravvivere allo shock;
    secondo le indiscrezioni emerse e riportate dalle agenzie di stampa, molte delle dispute più delicate dei negoziati a porte chiuse riguardano il cibo e l'agricoltura. Elemento di ostacolo per le imprese statunitensi, ma anche per tante corporation dell'Unione europea, sono gli standard dei prodotti alimentari, presentati non come una difesa del diritto alla salute per i consumatori, ma come un indebito ostacolo al commercio. Qualità, residui chimici, impatto sulla salute, sicurezza: un reticolo di regole che bandisce una serie di alimenti e prodotti malsani proveniente dagli Stati – quali, ad esempio, la carne americana trattata con ormoni della crescita e il pollame disinfettato con acqua clorata – e costringe anche le nostre imprese ad essere più scrupolose di quanto vorrebbero;
    molti contadini e consumatori sono preoccupati per un alleggerimento degli standard ambientali e sul trattamento degli animali che regolano, ad esempio, le condizioni di vita negli allevamenti in batteria e per quelli utilizzati per la produzione industriale di carne. Al momento è possibile in Europa incoraggiare i contadini ad allevare gli animali in buone condizioni e a produrre per il mercato locale. Ma se il trattato di libero scambio andasse avanti saremo soggetti alle regole del mercato globale e, naturalmente, al mercato globale non interessa la protezione degli animali e dell'ambiente;
    altre problematiche per il settore riguardano il mancato riconoscimento delle indicazioni di origine ed il fenomeno dell’«Italian sounding». Ambedue tematiche prioritarie per l'Italia. Per quanto riguarda le indicazioni di origine, sono stati fatti passi avanti nella bozza di testo del mandato negoziale, ma resta da verificare attraverso quali modalità avverrà il riconoscimento e come saranno tutelati i prodotti italiani, che costituiscono la quota più elevata delle indicazioni di origine europee registrate;
    si prevede che servizi finanziari e investimenti saranno un grosso capitolo del negoziato, il cui punto focale sarà l'Isds (Investor State dispute settlement, cioè un tribunale sovranazionale cui le imprese potranno appellarsi per proteggere i propri investimenti). L'Isds permetterebbe alle imprese di far condannare quei Paesi che approvassero leggi dannose per i propri investimenti presenti e futuri. Oggi esse sono costrette a presentarsi ai tribunali nazionali e sottostare alle regole di ciascun Paese e in Europa, in alcuni casi, alla Corte europea di giustizia;
    ci sarebbe, quindi, la volontà di creare un organismo che, come il Dispute settlement body dell'Organizzazione mondiale del commercio, giudichi tenendo in conto le sole leggi e contratti relativi agli investimenti;
    emblematico il caso del Québec che nel maggio 2013, avendo vietato l'estrazione di gas e petrolio dal fracking, cioè dalla polverizzazione per esplosione del sottosuolo, pericolosa per l'uomo e l'ambiente, è stato portato di fronte al tribunale arbitrale del Nafta della industrie Usa del settore, a causa della perdita di potenziale guadagno derivante dalla decisione. Se negli accordi tra Usa e Canada fosse stato introdotto un Isds, questo gli avrebbe dato sicuramente ragione perché gli interessi generali non avrebbero avuto alcun peso;
    per portare un ulteriore esempio, se il Governo italiano dovesse approvare la legge d'iniziativa popolare del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, riconoscendo finalmente l'esito del voto referendario del 2011, ad accordo vigente potrebbe trovarsi sanzionato per aver impedito, con la ripubblicizzazione del servizio idrico, futuri profitti alle multinazionali del settore;
    gli Stati Uniti, come evidenziato anche nel parere della CES, non hanno ratificato diverse convenzioni Ilo e Onu in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. La mancata ratifica di dette convenzioni rende negli Stati Uniti il costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile. La ratifica e la piena attuazione delle norme fondamentali del lavoro dell'Oil dovrebbe rappresentare una delle condizioni fondamentali dell'accordo, tuttavia i negoziati sembrano andare nella direzione opposta;
    a sorvegliare gli impatti ambientali e sociali del TTIP, secondo quanto assicurato dalla Commissione europea, ci sarà un apposito capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile che metterà in piedi un meccanismo di monitoraggio specifico, partecipato da sindacati e società civile d'ambo le regioni, come nei più recenti accordi di liberalizzazione siglati dall'Unione europea. Tuttavia, tale meccanismo di garanzia si è già verificato inefficace, soprattutto nel caso dell'accordo tra Unione europea e Corea;
    per quanto riguarda la liberalizzazione dei servizi si ipotizza di escludere dalla trattativa solo quelli per i quali non esiste offerta privata. Di conseguenza, l'acqua, la sanità, l'istruzione e cioè il complesso dei beni comuni e del welfare rischiano di essere completamente privatizzati e snaturati;
    l'accordo dovrebbe, inoltre, obbligare l'apertura o la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello subnazionale, compreso il livello comunale. I governi locali rischiano, di conseguenza, di non essere in grado di utilizzare il criterio sociale e ambientale per garantire l'uso del denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale sostenibile. In questo contesto la riforma dei quadri politici esistenti dovrebbe, in particolare, tener conto della Convenzione Oil n. 94 relativa agli appalti pubblici e agli accordi collettivi. Tuttavia, da quanto emerge dai negoziati in corso la direzione presa dall'accordo pare essere in assoluto contrasto con tali raccomandazioni;
    lo stesso diritto alla salute potrebbe essere in parte compromesso per causa dell'accordo. Infatti, l’European trade union confederation (Etuc), l’American federation of labor and congress of industrial organizations (Afl-Cio) e l’International trade union confederation (Ictu) hanno già espresso le loro preoccupazioni rispetto al fatto che l'accordo transatlantico sul commercio e gli investimenti Usa-Unione europea (TTIP/TAFTA) impatteranno pesantemente sui sistemi sanitari nazionali e aumenteranno i costi a carico dei pazienti. I sindacati internazionali hanno anche paventato la riproduzione dei meccanismi previsti nell'accordo Usa-Corea (Korus), che ha blindato le indicazioni dei produttori rispetto al prezzo finale di farmaci e dispositivi medici. Grazie a questa procedura i produttori possono fare causa alle autorità sanitarie pubbliche e chiedere di essere rimborsati se a loro avviso i prezzi negoziati di farmaci e dispositivi sono troppo bassi. Tutto questo senza alcun riguardo per la sostenibilità dei sistemi sanitari stessi o del diritto alla salute dei cittadini;
    una stretta sulla tutela dei brevetti e sul loro mutuo riconoscimento tra le parti del trattato è uno degli obiettivi più condivisi tra le due parti. Dai semi, ai farmaci generici, alla ricerca scientifica, molte flessibilità attuali sono sotto attacco, anche quando producono avanzamento culturale e tutela della vita umana, come nel caso dei farmaci. Per ciò che riguarda i diritti d'autore ad esempio, le grandi imprese spingono per mantenere lo stesso livello di protezione sia negli Stati Uniti che nell'Unione europea; cioè un'armonizzazione dall'alto, che si traduce in maggiori restrizioni per il grande pubblico. In riferimento ai diritti per il conseguimento dei vegetali, il settore farmaceutico ha fatto pressioni per «livelli più elevati» di protezione;
    dal punto di vista della privacy emerge un altro motivo di preoccupazione: i giganti della rete, secondo le indiscrezioni emerse, cercherebbero di indebolire le normative europee di protezione dei dati personali per ridurli al livello quasi inesistente degli Stati Uniti, autorizzando in questo modo un accesso incontrastato alla privacy dei cittadini da parte delle imprese private;
    gli accordi internazionali costituiscono una categoria di atti giuridici nell'Unione europea. Essi sono conclusi dall'Unione europea che agisce da sola o con gli Stati membri secondo le disposizioni previste dai trattati istitutivi. Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l'Unione europea ha acquisito personalità giuridica. Essa è, quindi, un soggetto di diritto internazionale in grado di negoziare e di concludere accordi internazionali a nome proprio. Gli accordi internazionali hanno effetti giuridici nel diritto interno dell'Unione europea e degli Stati membri. Inoltre, i trattati istitutivi dell'Unione europea definiscono le modalità secondo le quali l'Unione europea può concludere gli accordi internazionali;
    gli accordi internazionali sono il risultato di un accordo di volontà tra l'Unione europea da una parte e un Paese terzo o un'organizzazione terza dall'altra. Tali accordi fissano i diritti e gli obblighi per le istituzioni europee e gli Stati membri. Essi sono integrati nell'ordinamento giuridico europeo nella data della loro entrata in vigore o in quella prevista;
    giuridicamente gli accordi internazionali sono atti convenzionali di diritto derivato, essi devono quindi essere conformi ai trattati istitutivi dell'Unione europea. Essi hanno, tuttavia, un valore superiore agli atti di diritto derivato detti «unilaterali», ovvero adottati unilateralmente dalle istituzioni europee (regolamenti, direttive, decisioni e altro),

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza prevista del loro contenuto sulle normative nazionali in essere anche in ambito non strettamente commerciale;
   a istituire un meccanismo efficace di trasparenza e di consultazione in itinere del Parlamento, delle parti sociali e della società civile sui negoziati commerciali in corso a livello bilaterale, plurilaterale e multilaterale;
   a realizzare dei processi di valutazione d'impatto indipendenti delle trattative in corso sull'ambito nazionale, con meccanismi di partecipazione multistakeholder alla loro costruzione e diffusione;
   a promuovere in sede europea un'azione contro la proliferazione di accordi commerciali di nuova generazione, che travalicano gli ambiti di stretta competenza commerciale e limitano la capacità normativa nazionale in ambiti di competenza non comunitaria;
   a chiedere l'esclusione permanente dagli ambiti d'azione dei trattati di liberalizzazione commerciale di principi costituzionali nazionali e comunitari, come il principio di precauzione, nonché di beni comuni come acqua, cibo ed energia, di servizi pubblici essenziali, in primo luogo quello idrico, di servizi sociali e sanitari e di diritti come il lavoro.
(1-00413) «Migliore, Scotto, Marcon, Fava, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic trade and investment partnership) è un trattato di libero scambio e investimento, che l'Unione europea e gli Stati Uniti stanno attualmente negoziando in segreto. Il suo obiettivo dichiarato è di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti;
    c’è, dunque, il forte rischio che un trattato di questo tipo, mirando ad un'armonizzazione delle normative, quindi a un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree, porti ad un allentamento della normativa europea, solitamente più rigida, appiattendola ai livelli di quella statunitense;
    si sono avute numerose prognosi sugli effetti economici del Transatlantic trade and investment partnership. La stima citata più frequentemente proviene da una relazione di valutazione d'impatto, commissionata dalla Commissione europea al Centre for economic policy research di Londra. Secondo questa, l'ipotesi più ottimista per l'effetto di un accordo tra Unione europea e Stati Uniti afferma che il prodotto interno lordo dell'Unione europea aumenterebbe dello 0,5 per cento entro il 2027 (in media lo 0,036 per cento in un anno);
    gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni Ilo e Onu in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. La mancata ratifica di dette convenzioni rende, negli Stati Uniti, il costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile. La ratifica e la piena attuazione delle norme fondamentali del lavoro dell'Organizzazioni internazionale del lavoro dovrebbe rappresentare una delle condizioni fondamentali dell'accordo; tuttavia, i negoziati sembra vadano nella direzione opposta;
    per quanto attiene alla perdita di posti di lavoro, effetto collaterale solitamente inevitabile di accordi di libero scambio, la Commissione europea ha confermato la possibilità che il Transatlantic trade and investment partnership favorisca per i lavoratori europei un ricollocamento «dilazionato nel tempo ed effettivo», poiché le aziende verrebbero incoraggiate a procurarsi merci e servizi dagli Stati Uniti dove gli standard di lavoro sono più bassi e i diritti sindacali pressoché inesistenti («Impact assessement report on the future of EU-US trade relations», Strasburgo: Commissione europea, 12 marzo 2013, sezione 5.9.2.);
    in una fase in cui i tassi di disoccupazione in Europa hanno raggiunto livelli-record, con una disoccupazione giovanile in alcuni Stati membri dell'Unione europea che supera il 50 per cento, la Commissione europea ammette «timori fondati» che i lavoratori rimasti disoccupati a seguito del trattato Transatlantic trade and investment partnership non saranno più in grado di trovare un'altra occupazione. Al fine di offrire assistenza all'elevato numero di nuovi disoccupati, la Commissione europea ha suggerito agli Stati membri dell'Unione europea di ricorrere a fondi di sostegno strutturali, come il fondo di adeguamento alla globalizzazione e il fondo sociale europeo, cui sono stati assegnati 70 miliardi di euro da distribuire nell'arco di sette anni, dal 2014 al 2020;
    molti contadini e consumatori sono preoccupati per un allentamento degli standard ambientali e sul trattamento degli animali, che regolano, ad esempio, le condizioni di vita negli allevamenti in batteria e in altre strutture per la produzione industriale di carne. Al momento, in Europa è possibile incoraggiare i contadini ad allevare gli animali in condizioni accettabili e a produrre per il mercato locale. Se il trattato di libero scambio andasse in porto, si sarebbe, invece, soggetti alle regole del mercato globale ed è risaputo: al mercato globale non importa più di tanto della protezione degli animali e dell'ambiente;
    la minaccia maggiore del Transatlantic trade and investment partnership è costituita probabilmente dalla clausola in esso contenuta che cerca di garantire alle società transnazionali il diritto di citare in giudizio direttamente i singoli Paesi per perdite subite in conseguenza a provvedimenti pubblici. Considerando le implicazioni che comporta, tale disposizione per la «risoluzione delle controversie tra stato e investitori» (Isds, Investor-State dispute settlement) non ha equivalenti nel diritto commerciale internazionale: il Transatlantic trade and investment partnership concederebbe alle imprese americane ed europee il potere di impugnare le decisioni democratiche prese da Governi sovrani e di chiedere risarcimenti nei casi in cui quelle decisioni avessero effetti negativi sui propri utili;
    nei Paesi in cui la Isds è già stata inclusa in trattati d'investimento bilaterali o altri accordi di libero scambio, i danni arrecati allo stato di diritto e alla democrazia sono ormai sotto gli occhi di tutti. Tra gli esempi più rilevanti si citano:
     a) la società energetica svedese Vattenfall sta facendo causa al Governo tedesco per 3.700 milioni di euro per via della decisione presa dal Paese di eliminare gradualmente l'energia nucleare a seguito del disastro nucleare di Fukushima;
     b) il gigante del tabacco americano Philip Morris sta facendo causa per migliaia di miliardi di dollari al Governo australiano per via della sua politica di sanità pubblica che impone la vendita di sigarette solo in pacchetti senza scritte; la Philip Morris ha citato in giudizio anche l'Uruguay a causa delle misure imposte da questo Stato nella lotta contro il fumo;
    l'accordo dovrebbe, inoltre, obbligare l'apertura o la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello subnazionale, compreso il livello comunale. I governi locali rischiano, di conseguenza, di non poter far valere qualsiasi criterio sociale e ambientale nell'impiego di denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale sostenibile,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza del loro contenuto sulle normative nazionali in essere anche in ambito non strettamente commerciale;
   a istituire un meccanismo efficace di trasparenza e di consultazione in itinere del Parlamento, delle parti sociali e della società civile sui negoziati commerciali in corso a livello bilaterale, plurilaterale e multilaterale;
   a promuovere in sede europea un'azione contro la proliferazione di accordi commerciali di nuova generazione, che travalicano gli ambiti di stretta competenza commerciale e minacciano di indebolire i principi più elementari della democrazia, tanto nell'Unione europea che negli Stati Uniti.
(1-00558) «Kronbichler, Scotto, Fratoianni, Palazzotto, Pannarale, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zaccagnini».


   La Camera,
   premesso che:
    il 9 ottobre 2014, il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle «Direttive di negoziato sul partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America», cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America;
    l'analisi delle sopradette «Direttive» conferma, anzitutto, che l'obiettivo dello sviluppo del partenariato transatlantico sugli scambi e sugli investimenti – ovvero di una reciproca liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, attraverso un accordo concernente accesso al mercato, ostacoli non tariffari e questioni normative, che si traduca in «un risultato equilibrato tra la soppressione dei dazi, l'eliminazione di inutili ostacoli normativi agli scambi e il miglioramento normativo» – assume a suo fondamento «principi e valori comuni coerenti con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione»;
    al riguardo, le «Direttive» prevedono che il preambolo dell'accordo «dovrà contenere, tra l'altro, i seguenti richiami: i valori condivisi in aree come i diritti umani, le libertà fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto; l'impegno delle parti a favore dello sviluppo sostenibile e il contributo del commercio internazionale allo sviluppo sostenibile per quanto riguarda i suoi aspetti economici, sociali e ambientali, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali; l'impegno delle parti per la conclusione di un accordo pienamente coerente con i loro diritti e obblighi derivanti dall'OMC e favorevole al sistema di scambi multilaterali; il diritto delle parti di prendere le misure necessarie per realizzare obiettivi legittimi di politica pubblica in base al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e della promozione della diversità culturale sancita dalla convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, che esse ritengono appropriato; l'obiettivo, che le parti condividono, di tenere conto dei problemi specifici che le piccole e medie imprese devono affrontare quando partecipano allo sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti; l'impegno delle parti di comunicare con tutte le altre parti interessate, compresi il settore privato e le organizzazioni della società civile»;
    conseguentemente, le «Direttive» indicano, in sede di «obiettivi», che «l'accordo deve riconoscere che lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo essenziale delle parti, le quali intendono anche garantire e facilitare il rispetto degli accordi e delle norme internazionali in materia ambientale e del lavoro promuovendo, nel contempo, elevati livelli di tutela dell'ambiente, del lavoro e dei consumatori, coerenti con l’acquis dell'Unione europea e la legislazione degli Stati membri. L'accordo deve riconoscere che le parti non promuoveranno gli scambi o gli investimenti diretti esteri rendendo meno severe la legislazione e le norme nazionali in materia di ambiente, lavoro, salute e sicurezza sul lavoro o meno rigide le politiche e le norme fondamentali del lavoro o le disposizioni legislative finalizzate alla tutela e alla promozione della diversità culturale»;
    pertanto, per quel che riguarda gli scambi di merci, le «Direttive» segnalano che «l'obiettivo è sopprimere tutti i dazi sugli scambi bilaterali, con lo scopo comune di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell'entrata in vigore dell'accordo e una graduale abolizione di tutte le tariffe, salvo quelle più sensibili, in un breve arco di tempo» e, quanto alle norme di origine, che «i negoziati mireranno a conciliare l'approccio dell'Unione europea e degli Stati Uniti in materia di norme di origine in modo da facilitare il commercio tra le parti e tenere conto delle norme di origine dell'Unione europea e degli interessi dei produttori dell'Unione», prevedendo comunque «una clausola sulle misure antidumping e compensative, la quale riconosca che una qualsiasi delle parti può prendere le misure appropriate contro il dumping e/o sovvenzioni compensative (...)», nonché «una clausola di salvaguardia bilaterale che consenta ad una qualsiasi delle parti di rimuovere, in parte o integralmente, le preferenze se l'aumento delle importazioni di un prodotto proveniente dall'altra parte arreca o minaccia di arrecare un grave pregiudizio alla sua industria nazionale»;
    quanto agli scambi di servizi, le «Direttive» annotano che «i negoziati sugli scambi devono tendere a vincolare l'esistente livello autonomo di liberalizzazione di entrambe le parti al livello di liberalizzazione più elevato raggiunto dagli attuali accordi di libero scambio (...)», fermo restando che la Commissione europea «deve inoltre provvedere affinché nessuna disposizione dell'accordo vieti alle parti di applicare le loro disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno purché queste ultime non annullino o compromettano i vantaggi derivanti dall'accordo»;
    restano, inoltre, «applicabili le disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni dell'Unione europea e degli Stati membri in materia di lavoro» e «l'elevata qualità dei servizi pubblici dell'Unione europea deve essere preservata conformemente al TFUE e, in particolare, al protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale e tenendo conto dell'impegno dell'Unione europea in tale settore, compreso il GATS»;
    sul versante della tutela degli investimenti, ancora, le «Direttive» assumono, quale obiettivo dei negoziati, «disposizioni sulla liberalizzazione e sulla tutela degli investimenti, inclusi i settori di competenza mista quali gli investimenti di portafoglio e gli aspetti della proprietà e dell'esproprio, in base ai livelli più elevati di liberalizzazione e agli standard di tutela più alti che entrambe le parti abbiano negoziato finora», precisando, altresì, che «previa consultazione con gli Stati membri e conformemente ai trattati Unione europea, l'inclusione della tutela degli investimenti e della risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS) dipenderà dall'eventuale raggiungimento di una soluzione soddisfacente rispondente agli interessi dell'Unione europea (...)», anche in riferimento al non pregiudizio del diritto dell'Unione europea e degli Stati membri «di adottare e applicare, conformemente alle loro rispettive competenze, le misure necessarie al perseguimento non discriminatorio di legittimi interessi di politica pubblica negli ambiti sociale, ambientale, della sicurezza nazionale, della stabilità del sistema finanziario, della salute pubblica e della sicurezza»;
    in materia, poi, di appalti pubblici «l'accordo deve essere volto a rafforzare l'accesso reciproco ai mercati degli appalti pubblici a ogni livello amministrativo (nazionale, regionale e locale) e a quello dei servizi pubblici, in modo da applicarsi alle attività pertinenti delle imprese operanti in tale campo e garantire un trattamento non meno favorevole di quello riconosciuto ai fornitori stabili in loco», perseguendo una «compatibilità normativa», che tuttavia «non deve pregiudicare il diritto di legiferare conformemente al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei consumatori, del lavoro, dell'ambiente e della diversità culturale che ogni parte ritiene appropriato o di realizzare in altro modo obiettivi normativi legittimi»;
    i negoziati, in particolare, «mireranno a prevedere una protezione rafforzata e il riconoscimento mediante l'accordo delle indicazioni geografiche dell'Unione europea, basandosi sui TRIPS e integrandoli, affrontando inoltre il rapporto con la loro precedente utilizzazione sul mercato statunitense al fine di risolvere in modo soddisfacente i conflitti esistenti» e «prenderanno in considerazione misure per facilitare e promuovere lo scambio di merci rispettose dell'ambiente e a basse emissioni di carbonio, beni, servizi e tecnologie caratterizzati da un uso efficiente dell'energia e delle risorse, anche tramite appalti pubblici verdi e un sostegno alle scelte di acquisto informate da parte dei consumatori»;
    l'accordo deve, altresì, «contemplare disposizioni a sostegno delle norme riconosciute a livello internazionale in materia di responsabilità sociale delle imprese, nonché di conservazione, gestione sostenibile e promozione del commercio di risorse naturali sostenibili (...)», mirando «a garantire un contesto imprenditoriale aperto, trasparente e prevedibile in campo energetico e ad assicurare un accesso illimitato e sostenibile alle materie prime» ed includendo «aspetti connessi al commercio che interessano le piccole e medie imprese»;
    la scelta di procedere alla declassificazione delle «Direttive» – fin qui rapidamente sintetizzate ed originariamente assunte come documento riservato ai fini dell'efficacia della strategia negoziale – può, dunque, certamente contribuire a chiarire interrogativi, dubbi e preoccupazioni da più parti avanzati circa l'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo – con particolare riferimento agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici – poiché ne emerge un mandato negoziale di fondo per cui il perseguimento del maggiore coordinamento normativo e regolamentare transatlantico – ai fini della riduzione di barriere, duplicazioni e costi superflui – non implica riduzione della qualità della regolazione posta a tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza, così come, su altro ed essenziale versante, la tutela degli investimenti dalla discriminazione, dall'espropriazione e dal trattamento ingiusto ed iniquo, può anche chiamare in causa meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (Isds – Investor State dispute settlement), ma senza che ciò mini la possibilità della salvaguardia di legittimi interessi di politica pubblica;
    del resto, il capo negoziatore dell'Unione europea, Ignacio Garcia Bercero, facendo il punto, il 3 ottobre 2014, sull'andamento del negoziato a conclusione del settimo round, ha sottolineato la chiarezza e la fermezza del mandato ricevuto circa il punto che «non sarà fatto nulla che possa indebolire o danneggiare la protezione dell'ambiente, della salute, della sicurezza, dei consumatori o qualsiasi altro obiettivo delle politiche pubbliche perseguito dai regolatori dell'Unione europea o degli USA» e che, quanto ai servizi, «i Governi restano liberi di decidere in qualsiasi momento che certi servizi siano forniti dal settore pubblico», mentre il Commissario europeo designato, Cecilia Malmstrom, ha riaffermato, nella sua audizione al Parlamento europeo, che i processi decisionali sulle nuove regolazioni rimarranno soggetti agli esistenti controlli democratici;
    pur essendo fin d'ora chiaro il potenziale del processo di compiuta liberalizzazione di un'area il cui interscambio di beni e servizi vale, già oggi, circa due miliardi di euro al giorno, meritano, comunque, attenta verifica le principali stime fin qui effettuate in ordine all'impatto economico dell'accordo cifrato, in uno scenario di piena attuazione, in 120 miliardi di euro l'anno aggiuntivi a beneficio dell'economia europea, in 90 miliardi di euro a beneficio dell'economia statunitense e in 100 miliardi di euro a beneficio delle altre aree economiche mondiali;
    è, peraltro, evidente il più ampio significato geopolitico del TTIP, poiché – rappresentando le parti interessate circa la metà della produzione mondiale – l'accordo potrebbe assumere il rilievo di uno «standard globale» e concorrere al rafforzamento di modelli di governo democratico della globalizzazione oggi più che mai necessari;
    per quel che specificamente riguarda l'Italia, la «Stima degli impatti sull'economia italiana derivanti dall'accordo di libero scambio USA-UE» – effettuata, a giugno del 2013, da Prometeia – evidenzia che: «Un'estensione ampia dell'accordo di liberalizzazione potrebbe incidere in misura apprezzabile sulla crescita italiana e degli altri paesi coinvolti, arrivando a sfiorare il mezzo punto percentuale per la nostra economia. In questo caso, a tre anni dall'applicazione dell'accordo il Pil aumenterebbe, al netto dell'inflazione, di 5,6 miliardi di euro e l'occupazione totale di circa 30 mila unità»;
    l'ICE - osservando che «i benefici dell'accordo per le imprese europee discenderebbero da una barriera protezionistica “differenziale”, data dalla preferenza per i prodotti europei negli Stati Uniti e americani nell'Unione europea in seguito all'eliminazione dei dazi e degli altri ostacoli al commercio», che «equivarrebbe ad un dazio (o misura di effetto equivalente) “differenziale” sulle merci degli esportatori dei paesi esclusi dall'accordo» – ha sottolineato che in ragione del considerevole «peso relativo sull'export verso gli USA di meccanica, moda, alimentari e bevande, con produzioni sensibili al prezzo ed esposte alla concorrenza asiatica, il “dazio differenziale” aiuterebbe la produzione italiana più di quanto favorirebbe quella di un paese con produzione più differenziata o a maggiore valore aggiunto o che esporta beni a domanda più rigida»;
    al riguardo – come osservato da Confindustria – sarebbe comunque utile «adottare una prospettiva diversa e più ampia nel calcolare le ricadute di questo accordo e degli altri a venire (...). L'analisi d'impatto che la Commissione prevede di condurre a negoziati avviati, anziché limitarsi agli effetti sui flussi commerciali, potrebbe utilmente approfondire le implicazioni dell'accordo sui due sistemi produttivi e trarne al più presto le necessarie conseguenze in termini di politiche industriali e di rafforzamento del proprio settore manifatturiero»;
    peraltro, la portata potenziale dell'accordo e la sua effettiva traduzione in occasione di costruzione di occupazione e crescita aggiuntive chiamano certamente in causa la capacità di coordinamento delle politiche economiche nell'area transatlantica, nonché, in particolare, il coordinamento, pur nella consapevolezza della loro diversità di missione, delle scelte di politica monetaria operate dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve allo scopo di contrastare sfasature negli interventi e rischi di «conflitti valutari»,

impegna il Governo:

   ad agire, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle «Direttive di negoziato sul partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America» circa l'impegno della Commissione europea a sviluppare, nel corso della trattativa, «un dialogo regolare con tutte le pertinenti parti interessate della società civile» e ciò, in particolare, in occasione dei diversi round del negoziato, allo scopo di consentire di valutarne l'avanzamento rispetto all'impostazione del mandato originario;
   ad agire ancora, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle sopradette «Direttive» circa l'esame dell'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo «mediante una valutazione d'impatto per la sostenibilità (SIA) indipendente, cui partecipi la società civile, che sarà condotta in parallelo ai negoziati e che sarà conclusa prima della sigla dell'accordo», integrando altresì le stime sugli effetti economici dell'accordo fin qui effettuate con un approfondimento delle sue refluenze sulla struttura dei sistemi produttivi coinvolti nel partenariato, sui loro divari di competitività e sulle conseguenti necessità d'intervento, considerato che il Consiglio dell'Unione europea potrebbe indicare come procedere in tal senso, sia ai fini dell'individuazione delle risorse disponibili per effettuare tale valutazione che per la scelta del soggetto che la condurrà;
   a vigilare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement (Isds), che tenga presente le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali;
   a riaffermare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e in sede di confronto con il Consiglio e con la Commissione europea, la necessità per il settore alimentare – ai fini dell'avanzamento del negoziato Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) – del riconoscimento delle indicazioni geografiche (IIGG) e del contrasto dell’«italian sounding» e, più in generale, la rilevanza delle barriere non tariffarie, di natura tecnico-regolamentare, quale ostacolo all'accesso al mercato statunitense da parte delle imprese europee;
   a sottolineare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, l'importanza di un approccio al negoziato Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese e, dunque, alla messa in opera di ogni utile strumento di supporto all'accrescimento della partecipazione di dette imprese all'interscambio commerciale dell'area transatlantica, a partire dagli appositi help-desk già discussi in sede di trattativa;
   a sospingere dunque – in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e con l'adeguato coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, cui regolarmente riferire circa stato e sviluppi delle trattative – il tempestivo avanzamento del negoziato, affinché, proprio prendendo le mosse dalla scelta di desecretazione del mandato negoziale, si proceda alla definizione degli obiettivi effettivamente raggiungibili e della conseguente tabella di marcia, cercando di cogliere – come è anche emerso nel corso dell'appuntamento di Roma sul Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) del 14 ottobre 2014, evento promosso dalla Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea – la finestra di opportunità per la conclusione di un accordo, finestra che si protrarrà fino ai primi mesi del 2016, a ridosso delle primarie americane.
(1-00630) «Taranto, Benamati, Amendola, Berlinghieri, Gentiloni Silveri, Martella, Quartapelle Procopio, Tidei, Ginefra, Senaldi, Bargero, Scuvera, Albini, Iacono, Bonomo, Montroni, Petitti, Schirò, Camani, Giulietti».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

   La Camera,
   premesso che:
    si rileva la straordinaria importanza dei negoziati in corso tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti, finalizzati alla creazione di un partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transantlantic trade and investment partnership, TTIP;
    si sottolinea, da un lato, come dal raggiungimento di un accordo tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti possa sorgere il più grande e ricco mercato del mondo, con potenziali effetti positivi per le imprese di entrambi i contraenti e come, dall'altro, sussistano tuttavia anche importanti elementi d'incertezza sulla natura del partenariato che si sta negoziando;
    in particolare, l'Unione europea è un'area economica ad alto tasso di regolamentazione, mentre gli Stati Uniti hanno sperimentato nel corso degli ultimi decenni un'intensa deregulation; si delinea così l'adesione delle due parti negozianti a modelli sociali profondamente differenti;
    sotto il profilo dei contenuti, esistono orientamenti radicalmente differenti negli Stati Uniti e nell'Unione europea in alcune materie sensibili, come la commerciabilità dei prodotti agricoli geneticamente modificati;
    indiscrezioni sull'andamento dei negoziati euro-americani stanno lasciando intendere che potrebbero essere eliminate anche le barriere non tariffarie che proteggono alcune caratteristiche socio-economiche e culturali dei Paesi membri dell'Unione europea, al punto che si dubita persino della sostenibilità a lungo termine del modello della cosiddetta «economia sociale di mercato»;
    è conseguentemente della massima importanza conoscere, comprendere e discutere l'assetto normativo che assumerà l'area transatlantica in via di realizzazione, anche per potervi incidere in modo funzionale agli interessi del nostro Paese ed alle legittime aspettative della sua opinione pubblica;
    destano preoccupazione:
     a) le sorti di interi comparti produttivi europei, come l'agroalimentare ed i settori a più alta intensità di tecnologia, che rischiano di essere esposti alla concorrenza delle imprese d'oltreoceano, in grado di sfruttare vantaggi competitivi semplicemente incolmabili per le aziende europee, si pensi, ad esempio, alla grande differenza dimensionale che esiste, per ragioni storiche e culturali non trascurabili, tra le farm americane e le imprese agricole europee;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti agroalimentari o farmaceutici non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) quanto filtra a proposito del diritto che le imprese nordamericane si vedrebbero riconoscere a citare in giudizio gli Stati europei dai quali si ritenessero danneggiate, ad esempio in materia di appalti, causa tra l'altro di una crescente opposizione della Germania all'avanzata delle trattative;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'amministrazione e dal Congresso statunitensi;
    negli ultimi 18 mesi i governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento, come se si trattasse di un accordo tecnico di secondaria importanza;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza che il loro contenuto potrebbe avere sul diritto e sul futuro socio-economico degli Stati membri dell'Unione europea, anche in ambiti non strettamente commerciali;
   ad informare tempestivamente il Parlamento ed il Paese circa l'andamento ed i contenuti del negoziato finalizzato alla creazione del partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, finora svoltosi in un clima di ingiustificata segretezza, nonché in merito alle posizioni che hanno, nei confronti del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP), i principali Stati membri dell'Unione europea;
   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dei Paesi europei e dell'Italia in particolare, scongiurando in primo luogo il rischio che la realizzazione del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) possa implicare il completo smantellamento della politica agricola comune e del sistema regolatorio creato a tutela del consumatore europeo, a partire dalle norme che limitano la vendita nell'Unione europea dei prodotti geneticamente modificati;
   a respingere qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica suscettibile di cristallizzare ed amplificare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio;
   ad adoperarsi affinché i negoziatori della Commissione europea difendano la specificità socio-economica ed identitaria del modello europeo rispetto a qualsiasi disposizione dell'accordo che possa minacciarla e tutelino l'Unione europea dal rischio di perdere la propria autonomia politica in materia di commercio estero e di eventuali regimi sanzionatori.
(1-00631) «Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

   La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2013 si è svolta a Washington la prima sessione negoziale, finalizzata alla conclusione di un importante accordo di libero scambio economico Usa-Unione europea: l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (Transatlantic trade and investment partnership – TTIP);
    il trattato, che si presenta come un accordo di ampia portata volto ad includere la riduzione delle barriere normative non tariffarie al commercio di beni e servizi, l'accesso alle commesse pubbliche, la definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e gli investimenti, è stato ritenuto dai Presidenti Barroso, Van Rompuy e Obama, come uno degli strumenti di maggiore rilevanza, attraverso il quale il TTIP potrà sostenere sia l'economia europea, che quella americana;
    la conclusione positiva del TTIP, in base ad alcune stime, determinerebbe, a tal fine, una serie di ricadute estremamente positive sull'occupazione e la crescita per entrambe le sponde dell'Atlantico, i cui vantaggi prodotti da un futuro accordo deriverebbero, per una quota compresa fra i due terzi e i quattro quinti, dal taglio della burocrazia e da un più intenso coordinamento fra le autorità di regolamentazione;
    la Commissione europea, a tal fine, ha stimato che dal presente anno 2014 fino al 2027 il prodotto interno lordo dell'Unione europea, in caso di una definizione favorevole dell'accordo, beneficerebbe un aumento annuo medio dello 0,4 per cento, mentre quello americano dello 0,5 per cento, a differenza di altre stime che evidenziano invece elevati aumenti del prodotto interno lordo pro capite (quasi il 5 per cento in più per l'Italia);
    gli effetti vantaggiosi determinati dall'eventuale conclusione di un propizio accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America potrebbero, inoltre, recuperare l'iniziativa sul piano della definizione degli standard e delle regole del commercio internazionale;
    l'accordo, tuttavia, potrebbe essere largamente ridimensionato nel corso del negoziato a causa di una molteplicità di difficoltà connesse, dalla difficile armonizzazione degli standard tecnici e degli approcci alla regolamentazione in settori industriali strategici, dalla regolamentazione dei mercati finanziari, dalla protezione dei dati personali e della proprietà intellettuale alle commesse pubbliche e ai sussidi alle imprese locali;
    una vasta parte dell'opinione pubblica si interroga, a tal fine, sull'effettivo significato del valore del TTIP, il cui rapporto nella regolamentazione si propone di individuare metodi razionali per rendere maggiormente compatibili tra loro la regolamentazione dell'Unione europea con quella degli Stati Uniti, garantendo, al contempo, un'adeguata tutela dei cittadini;
    a tal fine risulta importante rilevare che i contenuti dell'accordo di libero scambio sono stati ufficialmente resi noti dall'Unione europea soltanto di recente, attraverso un documento predisposto dal Consiglio dell'Unione europea e composto da 18 pagine, datato 9 ottobre 2014, all'interno del quale tra i 46 obiettivi indicati dall'intesa è inclusa l'apertura del mercato statunitense degli appalti pubblici, nonché l'introduzione dell'arbitrato internazionale Stato-imprese, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), il cui meccanismo consentirà agli investitori di citare in giudizio i Governi presso le corti arbitrali internazionali;
    la decisione di declassificare le direttive negoziali, se, da un lato, costituisce un indubitabile aspetto condivisibile, in particolare se rapportato alla possibile incidenza che il nostro Paese potrà determinare nel corso del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, conferma tuttavia il permanere di una complessiva mancanza di trasparenza e di scarse informazioni rivolte, ad esempio, agli standard su lavoro, ambiente, legislazione sanitaria, prezzi dei farmaci, libero utilizzo di internet, privacy dei consumatori, energia, brevetti e materia di copyright e albi professionali;
    una riduzione di regole e normative, come sostengono fra l'altro alcune numerose organizzazioni non governative, se per alcuni aspetti può liberare le economie di entrambi i continenti, rilanciando la crescita e migliorando i livelli di competitività, dall'altro, se non adeguatamente monitorata, può determinare ripercussioni gravissime, innanzitutto su un comparto strategico dell'economia italiana quale quello agro-alimentare che, in questa trattativa, gli Usa considerano strategico;
    il Presidente del Consiglio dei ministri la scorsa settimana, esprimendo il suo parere nell'ambito del TTIP, ha rilevato che il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea deve rappresentare l'occasione per un salto di qualità e uno scatto in avanti per la definizione dell'accordo di libero scambio Unione europea-Usa, aggiungendo inoltre che esso rappresenta una fondamentale scelta strategica;
    le difficoltà connesse alla tempistica per la conclusione dei negoziati, che si auspicava nel corso del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, sono imputabili ad una serie di rallentamenti dovuti all'insediamento della nuova Commissione europea e del nuovo Consiglio e degli impegni degli Stati Uniti nelle trattative per il partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, che rendono improbabile ogni decisione finale, nonostante la crisi in Ucraina e le decisioni sanzionatorie nei riguardi della Federazione russa avessero paradossalmente determinato un imprevisto salto di qualità nell'intesa e solidarietà tra Europa e Usa, rafforzando il rapporto transatlantico in tutte le sue dimensioni: da quella della sicurezza a quella della cooperazione economica e commerciale, fino alla cooperazione nel campo dell'energia;
    una valutazione complessiva sulla regolamentazione che il TTIP intende compiere in maniera risolutiva per i prossimi anni, risulta pertanto prematura, anche in considerazione delle articolate osservazioni in precedenza richiamate, per consentire una previsione ottimistica delle prospettive di ciò che, tuttavia, rimane il più ambizioso progetto transatlantico di cooperazione;
    le rispettive offerte nell'ambito del partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), che può rappresentare uno strumento utile di stimolo alla crescita per l'Unione europea, assumono per l'Italia un valore strategico e fondamentale sia economico che d'immagine, in considerazione della centralità che il sistema Paese riveste a livello planetario con il made in Italy, le cui caratteristiche uniche ed inimitabili riassumono valori distintivi riconosciuti, non soltanto in Europa e negli Stati Uniti, ma a livello pressoché globale;
    la necessità di vigilare, con particolare attenzione, attraverso un impulso politico rigoroso e incisivo, sul proseguimento dei negoziati al fine di valutare quali scelte decisionali sono state assunte all'interno del futuro accordo per la creazione di un'area transatlantica di libero scambio, riveste pertanto un'importanza determinante per l'Italia, proprio in considerazione del prestigio che il made in Italy riveste a livello nazionale e mondiale;
    rafforzare la leadership italiana e tutti gli attori della filiera coinvolti nella realizzazione delle eccellenze del made in Italy, autentico baluardo dei valori nazionali, nell'ambito dei processi decisionali, del TTIP nei riguardi della vasta gamma dei prodotti offerti sui mercati internazionali, costituisce, a tal fine, una priorità per l'Esecutivo italiano da salvaguardare e tutelare nei diversi capitoli del negoziato, in un'ottica di mutuo vantaggio,

impegna il Governo:

   a riferire nelle sedi istituzionali competenti circa l'evoluzione del processo negoziale riferito al partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), che si presenta come un accordo di portata molto ampia, come richiesto dalle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio per gli accordi preferenziali di commercio internazionale, coinvolgendo con maggiore partecipazione anche il Parlamento nei «pacchetti legislativi» che s'intendono proporre;
   a monitorare lo svolgimento delle trattative, con particolare attenzione, affinché ogni decisione intrapresa nell'ambito dei negoziati Unione europea-Usa non produca effetti negativi e penalizzanti per il sistema del made in Italy, il cui giro d'affari, pari a 62 miliardi di euro per il 2014 e 47 miliardi di euro per l’export, implica l'esigenza di innalzare i livelli di tutela e di salvaguardia dei prodotti italiani, in particolare quelli dell'agroalimentare, all'interno dei processi decisionali che s'intendono prevedere nel Transatlantic trade and investment partnership (TTIP);
   ad intervenire in sede europea – in attesa di ulteriori elementi informativi, oltre al documento declassificato da parte del Consiglio dell'Unione europea, datato 9 ottobre 2014, che non risulta essere esaustivo, considerando la vastità delle materie interessate – al fine di chiarire che i negoziati sul Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) non determineranno un abbassamento degli standard in materia di sicurezza, ambiente, agroalimentare italiano e tutela dei consumatori finali, e negli altri settori in precedenza riportati;
   a prevedere meccanismi di tutela e salvaguardia per il sistema delle piccole e medie imprese, che rappresentano il tessuto connettivo dell'economia europea, arrivando a rappresentare il 99,8 per cento del totale delle imprese europee, al fine di evitare che il quadro regolatorio definito dalle scelte conclusive dell'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America possa essere sbilanciato a vantaggio delle imprese di grande dimensione;
   a perseguire ogni utile iniziativa in sede comunitaria, affinché il partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP) possa ridurre in maniera significativa gli oneri burocratici, considerando che le conseguenze favorevoli di ciò inciderebbero positivamente sui costi delle attività economiche transatlantiche, facilitando per le imprese il compito di rispettare contemporaneamente la legislazione europea e quella americana, la cui semplificazione potrebbe garantire per le rispettive economie una nuova crescita per alcuni miliardi di euro.
(1-00632) «Palese».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

   La Camera:
   premesso che:
    nel luglio 2013 si è svolta a Washington la prima sessione negoziale per la conclusione di un grande accordo di libero scambio economico USA-UE: il Partenariato transatlantico su commercio ed investimenti (Transatlantic trade and investment partnership, TTIP). Il partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti è un accordo commerciale che è attualmente un corso di negoziato tra l'Unione europea e gli Stati Uniti con l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti;
    la TTIP si presenta come un accordo di ampia portata che riguarda la questione delle barriere non tariffarie al commercio di beni e servizi, l'accesso alle commesse pubbliche, la definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e gli investimenti. Oltre a ridurre le tariffe in tutti i settori, l'Unione europea e gli Stati Uniti vogliono affrontare il problema delle barriere doganali, come le differenze nei regolamenti tecnici, le norme e procedure di omologazione: spesso, infatti, questi rappresentano un aggravio inutile in termini di tempo e denaro per le società che vogliono vendere i loro prodotti su entrambi i mercati;
    l'accordo porterebbe a ricadute estremamente positive su occupazione e crescita per i paesi interessati. La Commissione europea ritiene che da oggi al 2017, il Prodotto interno lordo dell'Unione europea beneficerebbe di un aumento annuo medio dello 0,4 per cento e quello americano dello 0,5 per cento. L'Unione europea ha, inoltre, effettuato una valutazione d'impatto dei potenziali effetti dell'accordo. Tale valutazione non si è limitata ad esaminare l'impatto economico, ma anche le potenziali ripercussioni sociali ed ambientali. Sono, quindi, state prese in considerazione le possibili situazioni risultanti da diversi gradi di liberalizzazione tra Unione europea e USA. In tutti In tutti i casi l'effetto complessivo per l'Unione europea si è rilevato positivo, ma è emerso in maniera chiara che esso sarebbe tanto più positivo quanto più elevato sarà il grado di liberalizzazione;
    uno degli studi su cui si è basata la valutazione d'impatto della Commissione europea è una relazione indipendente commissionata dall'Unione europea al Centro di ricerca per la politica economica di Londra. Lo studio suggerisce che il beneficio per l'economia dell'Unione europea potrebbe ammontare a 119 miliardi di euro l'anno, Sempre secondo lo studio l'economia statunitense potrebbe ricavarne un utile supplementare di 95 miliardi di euro l'anno. Questi benefici avrebbero un costo esiguo perché deriverebbero dall'eliminazione delle tariffe doganali e dalla soppressione delle norme inutili e delle lungaggini amministrative che rendono difficile acquistare e vendere oltreoceano. La crescita economica supplementare, quindi, che dovrebbe derivare dal TTIP sarà vantaggiosa per tutti. Rilanciare il commercio è un buon modo di dare impulso alle nostre economie creando una maggiore domanda ed offerta senza dover aumentare la spesa e l'indebitamento pubblici;
    benché le tariffe tra Unione europea e Stati Uniti siano già basse le dimensioni sia delle economie dell'Unione europea e degli USA che dei loro scambi commerciali indicano che uno smantellamento tariffario sarebbe vantaggioso sul piano della crescita e dell'occupazione. L'area in cui tali negoziati potrebbero realizzare un notevole risparmio per le imprese, creare occupazione e garantire maggiori vantaggi per i consumatori è quella relativa all'eliminazione di norme e disposizioni inutili: i cosiddetti ostacoli non tariffari. Il taglio alla burocrazia, pertanto, ridurrebbe i costi delle attività economiche transatlantiche, facilitando alle imprese il compito di rispettare contemporaneamente le leggi europee e quelle americane;
    le imprese, i lavoratori ed i cittadini europei trarrebbero un enorme vantaggio da una maggiore apertura del mercato statunitense. Infatti, l'Unione europea dispone di molte imprese altamente competitive che producono prodotti e offrono servizi di qualità eccellente. Pertanto, l'eliminazione delle tariffe e di altri ostacoli al commercio consentirà ai produttori europei di incrementare le vendite verso gli USA, fattore positivo sia per le imprese che per l'occupazione. Rimuovere gli ostacoli ai prodotti e agli investimenti originari degli Stati Uniti d'America e della Unione europea si traduce in una più ampia scelta e i prezzi inferiori per la popolazione europea;
    nonostante USA e Unione europea siano, tra di loro, i principali partner commerciali, nonché i primi fornitori esteri di servizi e i maggiori investitori nei rispettivi mercati, il vasto complesso dell'economia transatlantica non riposa su alcun trattato che ne regoli il funzionamento interno in maniera sistematica;
    il TTIP si presenta come un accordo di portata molto ampia. Il negoziato relativo all'accordo si concentrerà in particolare sulla questione delle barriere non-tariffarie al commercio di beni e servizi, ma anche sull'accesso alle commesse pubbliche in molti settori, sulla definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e sugli investimenti;
    per quanto riguarda le barriere tariffarie tra USA ed Unione europea, come già detto, si può riferire che tra i due blocchi queste si attestano al 4/5 per cento in media per beni e servizi anche se vi sono settori nei quali il livello tariffario appare abbastanza elevato (ad esempio il settore delle infrastrutture ed in particolare delle ferrovie, il tessile, l'abbigliamento);
    ben più significative sono le barriere di tipo non tariffario dovute a divergenze regolamentari in molti settori tra cui quello automobilistico, quella chimico e farmaceutico. Basti pensare che nel settore dei prodotti chimici i dazi doganali imposti dagli Stati Uniti ai prodotti europei sono circa 1,2 per cento, mentre le barriere non tariffarie comportano un peso addizionale di circa il 19,1 per cento e che nel settore automobilistico le barriere tariffarie applicate dall'Europa nei confronti dei prodotti USA sono di circa il 10 per cento, ma quelle non tariffarie arrivano al 25,5 per cento;
    nel quadro degli scambi commerciali tra Unione europea ed Usa spicca il settore delle commesse pubbliche soggetto ad un ardo plurilaterale noto come Government procurament Agreement (GPA). Si tratta di un settore in costante espansione. Nell'ambito del GPA la differenza tra Unione europea ed Usa è evidente. L'Unione europea ha aperto alla concorrenza circa l'85 per cento dei propri mercati. Negli Stati Uniti, al contrario, e liberalizzazioni sono avvenute in modo parziale. Inoltre, le probabilità di concessioni reciproche da parte di USA ed Unione europea in settori chiave come quelle della difesa, dell'aeronautica e delle infrastrutture sono assai modeste;
    i negoziati per il TTIP comprendono anche l'agricoltura. L'apertura dei mercati agricoli comporterà vantaggi reciproci per l'Unione europea e gli USA. Gli Stati Uniti sono interessati a vendere una quota maggiore dei loro prodotti agricoli di base, quali il granoturco e la soia. L'esportazione dell'Unione europea verso gli USA interessano in genere prodotti alimentari di maggiore valore, come alcolici, vino, birra e alimenti trasformati (esempio formaggi e prosciutto). L'Unione europea ha un chiaro interesse a potenziare le vendite negli Stati Uniti dei prodotti alimentari di alta qualità che produce, senza inutile ostacoli tariffari o non tariffari. Alcuni prodotti alimentari europei, tra cui i prodotti lattiero-caseari, ma anche le mele e le pere incontrano notevoli ostacoli non tariffari che ne limitano l'accesso al mercato statunitense. L'eliminazione di questi e di altri ostacoli contribuirebbe a rafforzare le esportazioni dell'Unione europea verso gli Stati Uniti;
    i detrattori dell'accordo sostengono che l'azzeramento delle barriere non tariffarie comporterebbe l'ingresso di prodotti alimentari contenenti Ogm o prodotti che non ottemperano gli standard di sicurezza europei in materia di uso di sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di internet e privacy dei consumatori, energia, brevetti e copyright e gli albi professionali; gli USA considerano strategico l'accordo per la parte agroalimentare, ma non sono chiari gli effetti che questo potrebbe avere sul made in Italy agroalimentare e sulla lotta all’italian sounding;
    un ulteriore aspetto problematico consiste nell'introduzione dell'arbitrato internazionale Stato-imprese, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), il cui meccanismo consentirà agli investitori di citare in giudizio i Governi presso le corti arbitrali internazionali con riflessi problematici sull'applicazione delle norme di maggior tutela dei consumatori di cui dispone l'Unione europea;
    perché i negoziati commerciali funzionino e abbiano esito positivo, è necessario un certo grado di riservatezza, ma nel corso dei negoziati occorre, tuttavia che la Commissione europea continui ad intrattenere contatti con l'industria, le associazioni di categoria, le organizzazioni dei consumatori e altre rappresentanti della società civile;
    la Commissione europea, pertanto, dovrà comunicare agli Stati membri, in sede di Consiglio e al Parlamento europeo, gli sviluppi dei negoziati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento, in occasione dei diversi round del negoziato, sugli sviluppi dei negoziati sull'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), allo scopo di consentire di valutarne l'avanzamento rispetto all'impostazione del mandato originario;
    riguardo ai meccanismi arbitrali per la definizione dei contenziosi (Investor State dispute settlement), a vigilare in sede di definizione delle regole, affinché non possano essere utilizzati in danno delle maggiori tutele che l'Unione europea prevede per i propri cittadini;
    a prevedere l'adozione, da parte dell'Italia, di una posizione di principio nella quale si preveda il pieno riconoscimento, da parte degli USA, delle tutele garantite ai prodotti alimentari tipici italiani (e di conseguenza di ciascun Paese componente) dalle normative dell'Unione europea, nonché la piena tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare e il mantenimento della maggiore tutela dei consumatori garantita dalle normative comunitarie.
(1-00635) «Dorina Bianchi, Alli, Tancredi».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONI RONDINI ED ALTRI N. 1-00629, BRUNETTA ED ALTRI N. 1-00633 E DORINA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00634 CONCERNENTI INIZIATIVE RIGUARDANTI I PROFILI DI PREVENZIONE SANITARIA CORRELATI AL FENOMENO MIGRATORIO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    lebbra, tubercolosi, poliomielite, scabbia e addirittura ebola. Cresce l'allarme nel nostro Paese per i casi di malattie che sembravano ormai scomparse e che ora rischiano di diventare delle epidemie, che travalicano le zone di origine e potrebbero essere trasmesse dalle persone che si spostano da aree colpite verso l'Europa;
    disposizioni governative e delle autorità sanitarie internazionali rilanciano l'allarme sulla ricomparsa anche sul territorio nazionale di malattie considerate debellate da tempo;
    accanto alla preoccupazione per il contagio che possa arrivare da fuori dai confini nazionali esistono timori relativi agli stranieri che vivono già in Italia, in situazioni alloggiative non sane e in condizioni igieniche precarie. Sono già avvenuti episodi nei quali stranieri sono arrivati al pronto soccorso affetti da tubercolosi, ma all'inizio dell'agosto 2014 all'ospedale trevisano Ca’ Foncello è stato scoperto addirittura un caso di lebbra;
    occorre ricordare come negli ultimi anni la diffusione della tubercolosi è aumentata di quasi il 50 per cento: da 4 a oltre 6 mila casi all'anno soprattutto nelle grandi città, con il 25 per cento dei casi tra Roma e Milano e la Lombardia tra le regioni più colpite. La malattia era stata praticamente debellata negli anni Ottanta, per poi tornare a crescere soprattutto a causa degli arrivi di extracomunitari da Paesi ad alta endemia;
    tra immigrati e ritorno della malattia esisterebbe una connessione. La nuova tubercolosi appartiene, peraltro, a un ceppo altamente resistente ai farmaci. Una ragione in più per vigilare. «Per chi arriva da Paesi con malattie diverse dalle nostre, è necessario fare i controlli sanitari prima dell'inserimento in comunità. Non è un atteggiamento discriminatorio, ma una pratica importante in termini di salute pubblica» secondo quanto dichiarato da Susanna Esposito, presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica e direttore dell'unità di pediatria del Policlinico di Milano;
    la regione europea è stata dichiarata dall'Organizzazione mondiale della sanità «libera da polio» nel 2002, anche grazie alla diffusione del vaccino intervenuta subito dopo le grandi epidemie della metà del Novecento;
    il poliovirus è responsabile della terribile poliomielite, una malattia che coinvolge l'apparato neurologico dell'individuo distruggendone i tessuti nervosi e conducendo, nei casi più gravi, alla paralisi;
    nei documenti ufficiali il Ministero della salute precisa che «la recente riemergenza della polio in alcuni paesi è legata a diversi fattori, quali i conflitti bellici in corso, la debolezza dei sistemi sociali e sanitari, incapaci di garantire il raggiungimento di adeguate coperture vaccinali (come in Siria, dove si è assistito al crollo delle coperture passate dal 91 al 68 per cento) o interventi mirati in caso di reintroduzione di poliovirus selvaggi»;
    all'interno degli stessi documenti viene specificato che: «Alla fine del 2013 il 60 per cento dei casi di polio era dovuto alla diffusione internazionale del virus selvaggio, con evidenza di correlazione con viaggiatori adulti sani che avrebbero contribuito alla disseminazione del virus»;
    i Paesi maggiormente «sospettati» di essere portatori del virus sono Siria, Etiopia, Somalia. Camerun, Nigeria. Iraq, Guinea, Pakistan, Afghanistan ed Israele;
    il comitato dell'Organizzazione mondiale della sanità, riunitosi d'urgenza il 28 e 29 aprile 2014, ha emanato le «raccomandazioni internazionali» ai Paesi membri per contrastare la diffusione del virus;
    oltre ai rischi di contagio attraverso malattie «storiche», il mondo sta combattendo il virus dell'ebola che, secondo la definizione del numero uno dell'Organizzazione mondiale della sanità, Margaret Chan, «è una minaccia globale»; ad oggi, va precisato, inoltre, che, sui 8914 casi segnalati, 4447 sono state le vittime e il tasso di mortalità del 70 per cento; le previsioni dell'Organizzazione mondiale della sanità sono che l'epidemia peggiorerà prima di migliorare e richiede un aumento della risposta globale, i cui dati raccontano della più complessa epidemia di ebola nella storia del virus, «una situazione senza precedenti»;
    la presidente di Medici senza frontiere, Joanne Liu, ha tracciato un quadro fosco parlando sempre nella sede Onu: «Il mondo sta perdendo la battaglia contro l'epidemia. In Africa occidentale, i casi e le morti continuano ad aumentare. Ci sono continue rivolte, i centri di isolamento sono sopraffatti. Gli operatori sanitari che combattono in prima linea si stanno infettando e stanno morendo in numeri scioccanti. In Sierra Leone, corpi infetti marciscono nelle strade. Piuttosto che costruire nuovi centri di cura dell'ebola in Liberia, siamo costretti a costruire forni crematori. Per arginare l'epidemia, è imperativo che gli Stati implementino attività civili e militari con esperienza nel contenimento del rischio biologico»;
    l'ebola non si diffonde via aria o con contatti casuali, come sedersi vicino a una persona sull'autobus. Il modo più comune con cui si contrae il virus è toccare il sudore, la saliva o il sangue di una persona infettata o morta a causa della malattia. Anche toccare un oggetto contaminato può essere causa di infezione; l'infezione ha un esordio improvviso e un decorso acuto e non è descritto lo stato di portatore;
    l'incubazione può andare dai 2 ai 21 giorni (in media una settimana), a cui fanno seguito manifestazioni cliniche; la diagnosi clinica è difficile nei primissimi giorni, a causa dell'aspecificità dei sintomi iniziali. Può essere facilitata dal contesto in cui si verifica il caso (area geografica di insorgenza o di contagio) e dal carattere epidemico della malattia. Anche in caso di semplice sospetto, è opportuno l'isolamento del paziente e la notifica alle autorità sanitarie;
    i dati parlano di 8914 casi accertati e 4447 decessi, tra i quali, sino alla metà di settembre 2014, 1089 in Liberia, 800 in Guinea e 623 in Sierra Leone. In Nigeria, che non figura ancora nelle statistiche dell'Organizzazione mondiale della sanità, i morti sono invece 8 e 22 i casi conclamati secondo l'ultimo bilancio dell'Organizzazione mondiale della sanità del 5 settembre 2014. Un primo caso è stato, inoltre, confermato in Senegal la scorsa settimana. Al ritmo attuale di contagio, saranno necessari da 6 a 9 mesi ed almeno 490 milioni di dollari (373 milioni di euro) per riuscire a contenere l'epidemia, che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità rischia di colpire 20.000 persone;
    in Italia, dopo Bologna, Varese, Gallarate, anche il Veneto registra i primi casi sospetti di ebola. Il settore igiene pubblica e prevenzione del Veneto ha fatto appena in tempo ad inviare a tutte le aziende sanitarie il protocollo contenente le prime indicazioni operative di risposta regionale per la prevenzione;
    pur avendo predisposto cordoni di sicurezza intorno agli Stati che sono oggetto dell'epidemia, gli esperti, però, ammoniscono che le terapie servono a poco, mentre le armi più efficaci rimangono prevenzione, contenimento dei casi, sorveglianza dei potenziali malati e comunicazione efficace dei rischi;
    il virus ebola è una grande preoccupazione. L'Organizzazione mondiale della sanità nelle nuove direttive riferisce che l'incubazione va dai due ai ventuno giorni. Di ebola si può anche guarire e nel momento in cui uno guarisce, per altri 28 giorni, mantiene il virus nel suo corpo e lo può espellere con i liquidi biologici. Questo significa che esiste un arco temporale di 50-60 giorni nel quale comunque questo virus può essere veicolato dall'uomo che lo ospita;
    come sollevato dal governatore Maroni, in Lombardia l'unico aeroporto attrezzato con un filtro sanitario adeguato ai parametri di legge è lo scalo di Malpensa, dove il servizio è strutturato in modo esemplare, ma bisogna pensare anche a Linate, Orio al Serio e Montichiari, in modo da essere pronti non solo per l'emergenza di ebola ma anche per Expo 2015, che è in arrivo l'anno prossimo e richiamerà a Milano almeno 20 milioni di passeggeri da tutti i Paesi;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo poiché geograficamente protesa verso il mare e, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo poiché, trovandosi al centro del Mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa, ma anche dal più lontano Medio Oriente. Al di là delle sterili cifre, il fenomeno migratorio è progressivamente divenuto più drammatico. L'immigrazione negli ultimi anni ha fatto registrare un aumento esponenziale anche a seguito della cosiddetta «primavera araba», ma soprattutto a causa della rivoluzione economico-sociale che ha sconvolto il mondo negli ultimi venti anni;
    il progetto «mondiali sta» di rivoluzione economica, politica e sociale che ha conformato il pensiero culturale alle logiche liberiste del mercato, ha scardinato l'identità e le economie di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) su cui le popolazioni del sud del Mondo avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni, privandoli di quel tessuto di solidarietà familiare e comunitaria. In breve, il potere delle risorse prevale sul potere dell'uomo;
    basti pensare che ai primi del Novecento l'Africa era alimentariamente autosufficiente. Lo era ancora, in buona sostanza (al 98 per cento), nel 1961. Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dall'integrazione economica le cose sono precipitate. L'autosufficienza è scesa all'89 per cento nel 1971, al 78 per cento nel 1978;
    tutti gli «aiuti» non solo non sono riusciti a tamponare il fenomeno della fame, in Africa e altrove, ma lo hanno aggravato. Perché gli «aiuti» alle popolazioni del Terzo Mondo tendono ad integrarle maggiormente nel mercato economico mondiale. Ed è proprio questa integrazione, come dimostra la storia dell'ultimo mezzo secolo, che le fa ammalare ed esplodere;
    prima, quindi, di affrontare i problemi connessi all'emergenza sbarchi nel nostro Paese con il solito approccio buonista, si dovrebbe essere capaci di assumersi le proprie responsabilità storiche ma soprattutto si dovrebbe essere in grado di capire che è necessario un intervento in controtendenza fondato, da un lato, su un'azione forte di contrasto all'immigrazione di massa e, dall'altro lato, finalizzato a sviluppare interventi mirati di aiuto sul posto per le popolazioni sofferenti;
    il dramma dell'immigrazione e dei suoi risvolti sociali sta toccando picchi emergenziali. I poteri dello Stato si trovano spesso senza mezzi tecnici, economici e giuridici per fronteggiarne le derive più estreme, complice la legislazione schizofrenica nazionale ed europea. Come è avvenuto in passato in altre situazioni emergenziali (ad esempio, nei fenomeni di contrasto al terrorismo negli anni di piombo, di contrasto alla mafia, di contrasto al terrorismo islamico), soltanto una legislazione speciale, accompagnata da deroghe ai trattati internazionali finalizzate alla sicurezza interna (ad esempio, come avvenne durante il G8 Italia per quanto riguarda il Trattato di Schengen) e accompagnata da una politica di accordi stabili bilaterali di rimpatrio (politica già intrapresa, ad esempio, con Serbia ed Albania), può consentire la reale tutela dell'interesse dei cittadini e degli stranieri regolarmente presenti nonché diminuire realmente la pressione migratoria e, quindi, le tragedie umanitarie «degli sbarchi»;
    nel rispetto del principio costituzionale di cui all'articolo 52 della Costituzione: «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», in osservanza dei principi di cui agli articoli 1, 2, 3, 10 e 32 della Costituzione, è necessario che il Governo preveda interventi straordinari per garantire la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia e la tutela del territorio nazionale minacciato da un eccezionale afflusso migratorio, motivato da particolari condizioni di instabilità politica negli Stati confinanti e nei Paesi del Nord Africa di sponda mediterranea,

impegna il Governo:

   a sospendere immediatamente l'operazione «Mare nostrum» al fine di scongiurare ogni rischio di contagio e diffusione dalle sopra indicate malattie tra la popolazione, con particolare riguardo agli agenti delle forze dell'ordine e agli operatori impegnati nell'operazione;
   a predisporre filtri sanitari adeguati ai protocolli internazionali presso tutti gli scali aeroportuali e portuali, oltre che presso le stazioni ferroviarie che hanno collegamenti con treni internazionali;
   ad adottare, nelle more di un intervento strutturale e strategico, coordinato dall'Onu, misure urgenti per predisporre la creazione di campi di accoglienza da collocare negli Stati africani che si affacciano sul Mediterraneo, al fine di soccorrere i migranti che arrivano dall'intero continente per cercare di arrivare in Europa sulle nuove tratte degli schiavi, di verificare i reali presupposti per la concessione di status di rifugiato, di verificare eventuali contagi del virus ebola, posto che, se una persona sospettata di essersi contagiata arriva dall'Africa senza alcun sintomo, questa persona non è contagiosa ma dovrà attendere ventuno giorni per l'eventuale comparsa dei sintomi, ed è solo alla comparsa dei sintomi che diventerà infettiva per le altre persone.
(1-00629) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    diventa sempre più diffuso tra i cittadini l'allarme relativo a rischi sanitari collegati al fenomeno migratorio, vista la presenza di emergenze epidemiologiche in zone da cui si spostano quotidianamente persone che decidono di migrare in Europa;
    è, ora più che mai, evidente il bisogno di un cambio di strategia nel rispondere ai fenomeni in atto, caratterizzati da afflussi contingenti di profughi di intensità straordinaria, provenienti da situazioni di guerra o violenza generalizzata, in aree in cui spesso si associano condizioni sanitarie ad alto rischio, che necessariamente chiamano in causa la capacità di intervento e di mobilitare risorse da parte di tutta l'Unione europea;
    su tutti, l'allarme ebola; al riguardo, di recente, il presidente della Commissione dell'Unione europea, José Manuel Barroso, ha avuto modo di dichiarare: «L'Ebola può diventare una catastrofe umanitaria di grandissime dimensioni: non è solo un problema dei paesi africani che stanno soffrendo molto per il virus», l'epidemia è una «responsabilità di tutta la comunità internazionale», e ha aggiunto: «Insieme agli Usa ed ai partner internazionali va rafforzato il lavoro. L'ebola è una della priorità principali dell'agenda dell'Unione europea e nel consiglio dell'Unione europea sarà deciso qualcosa a riguardo»;
    l'epidemia ha preso avvio nella forest region della Guinea, ai confini con la Sierra Leone e la Liberia, e ha coinvolto successivamente la capitale Conakry. Il primo caso in Liberia è stato notificato il 30 marzo 2014 e in Sierra Leone il 25 maggio 2014; dal dicembre del 2013, ossia da quando l'epidemia avrebbe avuto effettivamente inizio, al 3 ottobre 2014 sono stati riportati dall'Organizzazione mondiale della sanità 7.470 casi probabili, confermati e sospetti, inclusi 3.431 decessi, con un tasso di letalità del 46 per cento in Guinea, Liberia e Sierra Leone;
    in Nigeria, dove il virus ebola è stato introdotto nel mese di luglio 2014 dalla Liberia, sono stati registrati 20 casi e 8 decessi. Oltre al caso indice, si sono verificati casi secondari e terziari e, dopo il focolaio iniziale di Lagos, un cluster di casi è stato registrato a Port Harcourt, nello Stato di Rivers, con tre casi confermati. In Senegal è stato registrato un solo caso di importazione dalla Guinea senza ulteriori casi secondari. Sia in Nigeria che in Senegal è stato completato il periodo di sorveglianza sanitaria di 21 giorni senza evidenza di nuovi casi di malattia;
    il focolaio attualmente in corso nella Repubblica democratica del Congo, con 70 casi, di cui l'ultimo isolato il 25 settembre 2014 e 43 decessi, è del tutto indipendente da quelli dei paesi dell'Africa occidentale. Anche in Congo vengono messe in atto misure di sorveglianza nei confronti dei soggetti venuti in contatto con casi di malattia, che in gran parte hanno già superato il periodo di osservazione di 21 giorni senza sviluppare sintomi sospetti;
    la situazione è estremamente grave, motivo per il quale è necessario un intervento coordinato e anche estremamente rapido nei paesi interessati per impedire che l'epidemia possa viaggiare;
    sia le Nazioni Unite sia l'Organizzazione mondiale della sanità hanno previsto che l'epidemia arriverà a un picco di 20.000 casi entro la fine del 2014, perché, ovviamente, si trasmette in modo esponenziale;
    si è passati dai pochi casi nel marzo 2014 ai dati odierni perché, come emerso nell'incontro di Washington sulla sicurezza sanitaria globale, si è di fronte ad un problema di infrastrutturazione dei sistemi sanitari nei Paesi del West Africa. Anche l'azione dell'Organizzazione mondiale della sanità, che è un'azione epidemiologica, non è riuscita a frenare il diffondersi dell'epidemia per motivi strutturali, in particolare per la mancanza di medici;
    si è in presenza di paesi in cui c’è un medico ogni 100.000 persone, e con la popolazione sparsa in villaggi è evidente il rischio del diffondersi a macchia di leopardo dell'epidemia. Pertanto, ci sono stati anche casi di linciaggi di operatori sanitari che andavano, per esempio, a spruzzare disinfettanti. Questo è uno dei motivi per cui, per esempio, l'azione europea, in particolare quella italiana, è estremamente importante, attraverso l'opera di ONG che si trovano nei territori da venti o trent'anni e sono estremamente accettate dalla popolazione;
    il livello dell'emergenza in Africa pone un tema sulla sicurezza dell'area globale e, in particolare, sulla sicurezza dei paesi europei;
    il coordinamento delle misure sanitarie a livello europeo è sotto l'egida del Health Security Committee dell'Unione europea, che, oltre ad avvalersi della consulenza tecnica del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), si basa anche sulle raccomandazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità, la quale, al momento, non raccomanda restrizioni di viaggi o controlli all'ingresso;
    per quanto riguarda, in particolare, l'operazione Mare nostrum, di cui il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha annunciato l'imminente chiusura (da ultimo, nel corso dell'informativa urgente tenutasi alla Camera dei deputati il 16 ottobre 2014), la partecipazione del Ministero della salute con propri medici alle attività della Marina militare è volta a consentire, quando ancora i migranti sono a bordo e prima dello sbarco sul territorio italiano, i controlli sanitari per accertare la presenza e i sintomi sospetti di malattie infettive ai sensi del regolamento sanitario internazionale dell'Organizzazione mondiale della sanità;
    in caso di mancanza del medico del Ministero della salute a bordo, i controlli vengono effettuati a terra, prima dello smistamento dei migranti verso i vari centri di accoglienza;
    nonostante l'azione di prevenzione messa in campo, si sono comunque verificati casi che hanno destato l'allarme generale, in particolare per gli operatori e le forze dell'ordine quotidianamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e di assistenza ai migranti; quest'estate, la stampa ha diffuso la notizia del caso di meningite accertato in un clandestino maliano sbarcato a Porto Empedocle ed ospite del centro d'accoglienza Villa Sikania di Siculiana, cui sono seguiti altri casi sospetti; sono stati riscontrati, hanno inoltre riassunto i media, 44 casi di scabbia, 4 di tubercolosi e, appunto, un caso di meningite;
    il pericolo di un'emergenza sanitaria non può essere sottovalutato in alcun modo, né può essere minimizzato il rischio a cui sono sottoposte in particolare le forze dell'ordine, svolgendo i servizi legati all'arrivo dei migranti: trascurare tutto questo e non portare avanti opportune iniziative di sicurezza, prevenzione e controllo è un atteggiamento che non garantisce a pieno il diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione, nonché è segno di grave mancanza di rispetto e di considerazione verso gli operatori coinvolti e verso tutti i cittadini;
    il 1o novembre 2014 partirà Triton, l'operazione messa in campo da Frontex nelle acque del Mediterraneo, con un budget mensile di 2,9 milioni di euro (ovvero meno di un terzo di quanto Mare Nostrum costa all'Italia);
    quanto all'operatività, il mandato di Triton sembra essere il solo controllo dei confini e non il salvataggio in mare. Le navi e gli aerei impiegati potranno spingersi solo trenta miglia oltre le coste italiane e non fin davanti alle coste libiche, dove sarebbe necessario perché teatro della maggior parte dei naufragi. Non potranno, quindi, essere garantite operazioni di prevenzione come finora sono state fatte su Mare Nostrum. Il personale impiegato non potrà, infatti, come fa la Marina militare italiana, operare screening sanitari a bordo;
    è di tutta evidenza che, vista l'emergenza sanitaria, che non riguarda solo l'ebola, urge la necessità, a partire dall'operazione Triton, di un coinvolgimento e di un rafforzamento dei sistemi di controllo, sia con un'incentivazione delle procedure di sicurezza, sia con azioni di informazione più dettagliata nei confronti dei cittadini;
    è importante avviare un sistema di sorveglianza epidemiologica coordinata a livello globale, a partire dal livello europeo; è una questione di rilievo, soprattutto per l'area mediterranea, tutelare la sicurezza e la salute di quest'area geografica che ha delle esigenze particolari legate al continuo flusso di migranti provenienti da paesi già colpiti da epidemie e ad alto rischio di contagio;
    la terrificante epidemia di ebola in almeno tre paesi dell'Africa occidentale (Nuova Guinea, Liberia e Sierra Leone) impone non soltanto di dare una risposta immediata per fermarne la diffusione, ma anche di ripensare le politiche legate alla sanità pubblica globale;
    la riunione svoltasi a Bruxelles il 16 ottobre 2014 dei Ministri della salute dell'Unione europea ha posto in evidenza l'incompletezza delle politiche sanitarie e la necessità di un maggior coordinamento tra gli Stati membri,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative volte a:
    a) provvedere all'interruzione dell'operazione Mare Nostrum, come già dichiarato dal Ministro dell'interno, Angelino Alfano, che ha annunciato, nel corso della recente informativa alla Camera dei deputati, la convocazione di un prossimo Consiglio dei Ministri nel corso del quale sarà stabilita e deliberata la conclusione dell'operazione;
    b) garantire, nell'ambito dell'operazione Triton, adeguati controlli sanitari direttamente a bordo delle navi;
    c) garantire massima tutela, in particolare per gli operatori sanitari e le forze dell'ordine quotidianamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti, attraverso il rafforzamento delle procedure di sicurezza e dei sistemi di prevenzione e controllo del rischio sanitario, relazionando al Parlamento circa le attività portate avanti in merito;
    d) prevedere, in relazione al rischio sanitario, azioni di informazione più dettagliata nei confronti degli operatori coinvolti nelle operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti e di tutti i cittadini;
    e) implementare il coordinamento dell'attività dei singoli Ministeri della salute dei paesi europei, che coinvolga i Ministeri degli esteri, della cooperazione e dello sviluppo e i sistemi di difesa nazionale, per attività di prevenzione e controllo del rischio sanitario;
    f) prevedere, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute dei cittadini, che non può essere certamente considerato inferiore al diritto di libertà di circolazione dei migranti, misure di controllo sanitario più stringenti nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo provenienti dai paesi attualmente focolaio del virus ebola, quali Liberia, Sierra Leone e Nuova Guinea;
    g) potenziare, in accordo con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, la rete dei campi di accoglienza esistenti nei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, rafforzando in particolare le procedure interne delle operazioni di sicurezza e controllo per la prevenzione del rischio sanitario;
    h) prevedere l'utilizzo di monitor e strumentazione adeguata negli aeroporti, al fine di attuare operazioni di prevenzione e controllo sanitario dei passeggeri.
(1-00633) «Brunetta, Ravetto, Bergamini, Centemero, Palese».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno migratorio ha assunto, ormai, dimensioni epocali; è in costante crescita ed è soggetto a continue mutazioni sia per quanto riguarda i motivi che lo generano sia per le modalità nelle quali si manifesta. Gli Stati europei, e più di tutti il nostro Paese, si trovano ad affrontare, dunque, un problema estremamente complesso, che assume sempre più carattere strutturale, che richiede risposte la cui enorme difficoltà non sfugge a nessuno;
    in Italia il peso assoluto e relativo degli stranieri sulla popolazione residente è aumentato notevolmente nel tempo e si prevede che tale trend proseguirà nei prossimi anni. Le implicazioni sociali e sanitarie sono considerevoli. I flussi migratori interessano, infatti, una moltitudine di popolazioni e di categorie di persone che, alle più comuni problematiche di carattere sociale, sollecitano risposte sul piano di quelle che attengono al tema della salute, dei bisogni, dei suoi rischi e dei vari livelli di vulnerabilità;
    la salute dei migranti e le tematiche di salute associate alle migrazioni sono dunque, al momento, questioni cruciali per l'agenda internazionale dei Governi e della società civile;
    lo stato di salute dei migranti, determinato in larga parte dalle condizioni sociali ed igienico-sanitarie del Paese di provenienza, può risentire anche delle precarie condizioni di vita e di lavoro e del difficile accesso ai servizi sanitari del Paese ospite. I timori legati alla condizione di irregolarità e la scarsa conoscenza del diritto di accesso ai servizi sanitari, delle modalità di fruizione degli stessi e della lingua locale sono, infatti, alcuni tra i principali fattori che impediscono ai migranti di accedere a percorsi di prevenzione, di diagnosi precoce e di terapia ambulatoriale in Italia e li spingono piuttosto a rivolgersi al Servizio sanitario nazionale in condizioni di urgenza (presso il pronto soccorso);
    una situazione che può favorire l'insorgenza e lo sviluppo di patologie di diversa complessità e gravità: questo aspetto è particolarmente rilevante per le malattie infettive, patologie che si diffondono più facilmente in condizioni di scarsa igiene e di sovraffollamento;
    si sa bene che la prevenzione gioca un ruolo fondamentale nell'evitare l'insorgenza e la diffusione di malattie infettive nella popolazione e che, per molte di queste patologie, sono disponibili terapie mirate risolutive: è evidente, pertanto, che combattere le problematiche relative all'accesso ai servizi sanitari ed intervenire sugli aspetti fondamentali della salute è particolarmente rilevante dal punto di vista della sanità pubblica;
    gli interventi di salute pubblica per ridurre il rischio di patologie infettive devono avere, dunque, sia una prospettiva di breve periodo (occupandosi dei migranti appena giunti in Italia e ospitati nei centri di accoglienza) sia una a lungo termine (rivolgendosi alle persone che si sono stabilite e cominciano a integrarsi nel nostro Paese). Tra le prime misure rientrano: un sistema di sorveglianza e di allerta precoce che preveda una valutazione dello stato di salute dei migranti all'ingresso e un suo monitoraggio nei centri di immigrazione; procedure che favoriscano l'accesso ai servizi sanitari per le popolazioni migranti che consentano la diagnosi precoce di eventuali patologie e una continuità di cura e strategie vaccinali in grado di proteggere bambini ed adulti, nonché assicurare una continuità con la loro pregressa storia vaccinale;
    tra le strategie a lungo periodo diventa fondamentale favorire l'accesso alle vaccinazioni previste nel calendario vaccinale e per categorie professionali, per riuscire a raggiungere obiettivi di sanità pubblica e permettere una maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro;
    la tutela della salute in Italia è sancita dall'articolo 32 della Costituzione che, identificando la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» non la vincola alla cittadinanza italiana o allo status (regolare o irregolare) di residenza. Da questo principio deriva la legislazione attualmente in vigore che sancisce il diritto di qualunque cittadino straniero in Italia di usufruire dei Servizi sanitari pubblici a prescindere dalla sua situazione;
    per quanto riguarda le misure di prevenzione, il Ministero della salute e lo Stato maggiore della Marina militare hanno concluso un accordo con il quale si prevede che dal 21 giugno 2014 il personale sanitario del Ministero della salute, con specifica formazione per la gestione delle problematiche quarantenarie, che competono direttamente allo Stato, sarà stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano all'operazione Mare Nostrum al fine di effettuare le operazioni di controllo sanitario già prima che i migranti arrivino nei porti italiani, utilizzando il lasso di tempo che intercorre tra il recupero e l'arrivo in porto. Il Ministero della salute prosegue, pertanto, nell'opera di rafforzamento del dispositivo di sorveglianza sanitaria nei confronti di potenziali rischi infettivi connessi ai flussi migratori ed ha avviato tale iniziativa volta a rispondere in maniera efficace all'incremento numerico delle persone da controllare: si opera così per la prima volta una proiezione in mare degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute. Medici ed altro personale sanitario della Marina militare imbarcato sulle stesse unità continuano ad effettuare gli interventi sanitari curativi che si rendono necessari. L'operazione, pertanto, contribuisce ad elevare il livello di tutela dei cittadini residenti nel nostro Paese e quella dei migranti stessi;
    grazie all'operazione scrupolosa di applicazione delle norme di prevenzione sanitaria e dei dispositivi individuali di protezione, l'operazione Mare Nostrum (interpretata e sostenuta con encomiabili perizie e spirito umanitario dalle Forze dell'ordine, ed affiancata dalla Croce rossa e da organizzazioni non governative che operano a bordo delle navi italiane), si è in grado di stabilire in anticipo l'identità di chi entra in Italia e soprattutto le sue condizioni di salute;
    il nostro Paese ha un sistema sanitario universalistico: cura tutti indistintamente senza eccezioni; il Governo sta mettendo in campo un programma straordinario di assistenza ai minori che arrivano sul territorio italiano. Questi impegni sono sostenuti dall'Italia con le sue risorse: ma, rispetto all'evidenza di un fenomeno che coinvolge un intero continente, risulta opportuno, giusto e indispensabile che l'Europa intera sostenga tale sforzo. Sarebbe, infatti, opportuno realizzare una task force a livello europeo proprio per affrontare il tema della salute dei migranti (includendo anche il tema dei rapporti bilaterali con i Paesi da cui provengono i flussi migratori) in un momento in cui il «fenomeno ebola» sta creando un giustificato allarme nel continente e nel mondo intero;
    il rischio di importazioni di malattie da virus ebola, per l'Italia come per gli altri Paesi europei, appare, al momento, sotto controllo. Infatti, il Ministero della salute ha posto in essere ogni necessaria iniziativa volta a potenziare la vigilanza sanitaria sia sul territorio nazionale che nei punti di ingresso transfrontalieri marittimi ed aerei. A tal fine, sono state emanate specifiche circolari e raccomandazioni alle regioni e alle province autonome, agli uffici di sanità marittima, alle aree di frontiera, alle amministrazioni interessate ed al Ministero della difesa;
    l'istituzione delle misure di sorveglianza presso porti, aeroporti e punti d'ingresso internazionali del nostro Paese, continuerà, pertanto, fino alla dichiarazione di cessazione dell'epidemia. Si ribadisce, ancora una volta, che le caratteristiche del Sistema sanitario nazionale e l'efficienza dei sistemi di sorveglianza a livello locale, regionale e nazionale sono in grado di evitare la presenza di fenomeni epidemici;
    è stata, tra l'altro, costituita una task force interministeriale (Ministeri della salute, della difesa, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno) per far fronte ad eventuali rischi legati all'epidemia da virus ebola. L'obiettivo è di un rafforzamento dei controlli in porti ed aeroporti, ma anche dell'avvio di una campagna di informazione tra i viaggiatori;
    in relazione all'esperienza della gestione sul territorio nazionale dei casi sospetti di malattia da virus ebola, il Ministero della salute ha stabilito un protocollo centrale proprio in merito ai casi sospetti, probabili e confermati, nonché ai contatti cui fare riferimento nell'organizzazione della preparazione e della risposta al verificarsi degli stessi. In particolare, il protocollo prevede la gestione dei casi di virus ebola indicati a livello centrale, con il coinvolgimento delle regioni e, ove necessario, delle altre amministrazioni dello Stato ed enti privati e l'eventuale trasferimento in modalità protetta presso uno dei centri nazionali di riferimento per la gestione clinica del paziente;
    in Italia, le segnalazioni dei casi sospetti che si sono intensificate nei mesi di luglio ed agosto del 2014, determinate anche da un sistema di allerta attivato nel Paese, e pervenute sino ad oggi al Ministero della salute, sono state oggetto di apposite indagini epidemiologiche e di approfondimento diagnostico, come previsto dalle circolari emanate, riportando un esito negativo. Il Ministero della salute ha fornito, con successive circolari, disposizioni per il rafforzamento delle misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionale (porti ed aeroporti). Da ultimo, con la circolare del 1o ottobre 2014 ed aggiornata il 6 ottobre successivo, sono state fornite indicazioni, non solo sui centri di riferimento nazionali e sui centri clinici a livello di regioni e province autonome, in cui possono essere gestiti casi sospetti e confermati di infezioni da virus ebola. Si è fatto riferimento anche alle modalità di stratificazione del criterio epidemiologico in base al rischio di esposizione, alla valutazione iniziale ed alla gestione di casi sospetti o confermati da virus ebola, alle modalità per il trasporto, alle precauzioni da adottare per la protezione degli operatori sanitari e alle misure nei confronti di coloro che vengono a contatto con tale malattia,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'opera di monitoraggio, con particolare riguardo al controllo anche nelle sedi aeroportuali con specifico riferimento agli scali di Milano Malpensa e di Roma Fiumicino, al fine di scongiurare che l'Italia, per la sua peculiare collocazione geografica e per il suo ruolo nell'ambito del Mediterraneo, possa trovarsi in una situazione di maggiore difficoltà rispetto ad un fenomeno tanto grave e complesso;
   a rafforzare e potenziare le procedure per l'individuazione dei soggetti che potrebbero essersi infettati già nei Paesi africani colpiti dall'epidemia da virus ebola prima del loro imbarco sugli aeromobili, con destinazione in uno degli aeroporti europei;
   a promuovere l'attivazione di una campagna informativa in modo omogeneo in tutta l'Unione europea, al fine di garantire la più corretta e totale informazione ai cittadini circa i comportamenti da tenere nell'ipotesi in cui inizino a manifestarsi i sintomi di una possibile infezione;
   ad adottare attività di sostegno ai Paesi interessati che coinvolgano gli Stati membri e le strutture della Commissione europea, in modo da supportare gli stessi Paesi nelle iniziative di ricostruzione dei sistemi sanitari duramente colpiti da questa emergenza.
(1-00634) «Dorina Bianchi, Calabrò, Roccella».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONE DI GIOIA, MORASSUT, DI SALVO ED ALTRI N. 1-00602 CONCERNENTE INIZIATIVE PER L'IMPIEGO DI PARTE DEL RISPARMIO PREVIDENZIALE PER INTERVENTI A SOSTEGNO DELL'ECONOMIA

Mozione

   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha approvato il 9 luglio 2014 una relazione intitolata «Iniziative per l'utilizzo del risparmio previdenziale complementare a sostegno dello sviluppo dell'economia reale del Paese»;
    la relazione è stata trasmessa alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in data 10 luglio 2014;
    la Commissione ha svolto un approfondito lavoro, nell'ambito dell'ampliamento delle competenze che il legislatore ha previsto, con l'ultima modifica approvata con la legge di stabilità per il 2014, affidando ad essa non solo le tradizionali funzioni di controllo sugli istituti di previdenza, ma un quadro esteso di funzioni di vigilanza: sull'efficienza del servizio in relazione alle esigenze degli utenti, sull'equilibrio delle gestioni e sull'utilizzo dei fondi disponibili, anche con finalità di finanziamento e sostegno del settore pubblico e con riferimento all'intero settore previdenziale ed assistenziale; sulla programmazione dell'attività degli enti e sui risultati di gestione in relazione alle esigenze dell'utenza; sull'operatività delle leggi in materia previdenziale e sulla coerenza del sistema previdenziale allargato con le linee di sviluppo dell'economia nazionale;
    in tale quadro la Commissione sta svolgendo un'approfondita indagine conoscitiva su «Funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, alla luce della recente evoluzione normativa ed organizzativa, anche con riferimento alla strutturazione della previdenza complementare», che sinora ha contato 37 audizioni a partire dal gennaio 2014, con la partecipazione di tutte le istituzioni rappresentative ed istituzionali interessate al settore previdenziale (Corte dei conti, Banca d'Italia, Consob, Covip, Mefop, Inps, Inail, casse private e privatizzate, fondi pensioni dei settori della previdenza complementare, organizzazioni sindacali e datoriali), nonché esperti del settore, consulenti della Commissione;
    la Commissione europea si è fatta promotrice di una modifica della direttiva 2003/41/CE Iorp (Institutions for occupational retirement provision) – proposta COM(2014) 167 final 2014/0091 (COD) del 27 marzo 2014 (c.d. Iorp 2) di revisione della cosiddetta direttiva Iorp, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali – approvata il 27 marzo 2014, varando un pacchetto complessivo che prevede un piano della Commissione europea per soddisfare le esigenze di finanziamento a lungo termine dell'economia europea del 27 marzo 2014 e una comunicazione in tema di crowdfunding (finanziamento collettivo) per offrire possibilità di finanziamento alternative per le piccole e medie impresse (MEMO/14/240); il pacchetto si basa sulle risposte ricevute nel corso dell'esame del libro verde del 2013 e sulle discussioni avvenute in vari consessi internazionali, come il G20 e l'Ocse ed identifica una serie di misure specifiche che l'Unione europea deve adottare per promuovere il finanziamento a lungo termine dell'economia europea;
    il tema centrale proposto dalla Commissione europea è quello di favorire l'istituzione di fondi comuni europei specializzati nell'investimento di lungo termine in determinate attività produttive in tutto il territorio dell'Unione europea, in quanto «l'Europa ha notevoli esigenze di finanziamento a lungo termine per favorire la crescita sostenibile, il tipo di crescita che aumenta la competitività e crea occupazione in modo intelligente, sostenibile e inclusivo»; «occorre diversificare le fonti di finanziamento in Europa e migliorare l'accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale dell'economia europea»; con riferimento specifico alle norme sulle pensioni aziendali o professionali, si rileva che: «Tutte le società europee devono affrontare una duplice sfida: si tratta di approntare un quadro pensionistico che tenga conto dell'invecchiamento della popolazione e, nel contempo, di realizzare investimenti a lungo termine che favoriscano la crescita. I fondi pensionistici aziendali o professionali sono doppiamente coinvolti nella questione: dispongono di oltre 2.500 miliardi di euro di attivi da gestire con prospettive a lungo termine, mentre 75 milioni di europei dipendono in gran parte da loro per la propria pensione. La proposta legislativa di oggi permetterà di migliorare la governance e la trasparenza di tali fondi in Europa, migliorando, quindi, la stabilità finanziaria e promuovendo le attività transfrontaliere, per sviluppare ulteriormente i fondi pensionistici aziendali e professionali come imprescindibili investitori a lungo termine»;
    tra le azioni previste nella Iorp 2 vi sono la finalizzazione dei dettagli del quadro prudenziale per banche e imprese di assicurazione che sostengono i finanziamenti a lungo termine all'economia reale, una maggiore mobilitazione di risparmi pensionistici personali e la valutazione delle modalità per incoraggiare maggiori flussi transfrontalieri di risparmio; la proposta di direttiva Iorp 2 si propone complessivamente di tutelare gli aderenti alle forme di previdenza complementare adeguatamente dai rischi di gestione, di incentivare i benefici derivanti da un mercato unico delle pensioni aziendali o professionali, rafforzando la capacità dei fondi pensionistici aziendali o professionali di investire in attività finanziarie con un profilo economico a lungo termine e sostenendo, quindi, il finanziamento della crescita nell'economia reale; si tratta in sostanza di favorire l'uso dei finanziamenti privati, aggiuntivi rispetto a quelli pubblici, per investimenti in infrastrutture e migliorare il quadro complessivo del finanziamento sostenibile a lungo termine;
    tali prospettive sono state oggetto di un importante confronto tra il Vicepresidente della Commissione europea e Commissario per il mercato interno e i servizi Michel Barnier e i componenti della Commissione bicamerale nel corso dell'audizione svoltasi alla Camera dei deputati il 3 luglio 2014; Barnier ha illustrato i contenuti del pacchetto di misure riguardanti l'incentivazione dell'uso del risparmio previdenziale per il finanziamento a medio e lungo termine dell'economia reale in Europa, nel quadro del complesso delle iniziative assunte dalla competente direzione generale per lo sviluppo dell'economia e la liberalizzazione delle attività economiche;
    sulla necessità di utilizzare il risparmio previdenziale per operazioni di finanziamento dell'economia reale si ricordano anche gli orientamenti emersi nel corso delle audizioni svolte: la Corte dei conti, nel corso dell'audizione del 27 febbraio 2014, ha rilevato che «un significativo contributo al finanziamento delle imprese può essere assolto dalle casse privatizzate e dalla previdenza complementare, nella peculiare funzione di intermediazione del risparmio previdenziale di lungo periodo»; la Consob, in audizione presso la VI Commissione finanze della Camera dei deputati, ha sottolineato come il mondo della previdenza complementare-domestico mostri una ridotta propensione all'investimento in titoli di capitale, ivi compresi quelli italiani; la Banca d'Italia, nell'audizione dell'11 giugno 2014, ha evidenziato che le attività dei fondi pensioni in Italia rappresentano il 5,6 per cento del prodotto interno lordo, a fronte di percentuali pari al 96 per cento nel Regno Unito, al 75 per cento in USA e alla media dei Paesi europei pari al 21 per cento, e che il criterio che deve orientare gli organi di governo dei fondi pensione è quello dell'ottimizzazione delle scelte di investimento e che «a condizione che i fondi si dotino di competenze e assetti organizzativi adeguati, potrebbero esistere margini per una composizione dei portafogli meno tradizionale»;
    nella relazione approvata la Commissione bicamerale, allineandosi alle proposte formulate dalla Commissione europea, tenendo conto anche degli orientamenti nell'ambito di un tavolo tecnico di confronto al quale hanno partecipato rappresentanti del Governo e dei dicasteri interessati (Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dello sviluppo economico), nonché molti delle istituzioni audite in Commissione, ha valutato la percorribilità di iniziative istituzionali volte a far sì che l'impiego di parte dei patrimoni gestiti dai fondi pensione e dalle casse professionali possa concorrere a destinare rilevanti risorse finanziarie a sostegno di programmi strategici per lo sviluppo del sistema Paese, quali l'innovazione tecnologica, le fonti di energia sostenibili, la ricerca, il rilancio di aree industriali in crisi, il salvataggio e la ristrutturazione di piccole e medie imprese in difficoltà, i programmi di edilizia abitativa e scolastica e altro;
    occorre sottolineare che sia per la previdenza complementare che per le forme di previdenza obbligatoria degli iscritti negli ordini professionali, in assenza di una forte iniziativa politica, decine e decine di miliardi del risparmio previdenziale, per un totale di quasi 200 miliardi di euro complessivi, continueranno ad essere investiti in strumenti finanziari, per lo più all'estero, in una misura che oggi è pari a circa il 70 per cento del totale degli impieghi; il restante 30 per cento degli impieghi è sostanzialmente investito in titoli di Stato;
    tale andamento determina oggi, di fatto, l'impossibilità di finanziare le imprese italiane e le iniziative di sviluppo infrastrutturale del nostro Paese, in un momento in cui il tema delle risorse finanziarie da recuperare per lo sviluppo dell'economia reale dell'Italia è assolutamente rilevante;
    nella relazione approvata dalla Commissione, che qui si intende integralmente richiamata, sono ipotizzate una serie di misure volte a conseguire tale obiettivo, secondo tre principali linee di intervento:
     a) interventi fiscali per stimolare gli investimenti della previdenza complementare in iniziative di sviluppo del Paese, con misure di equiparazione del regime di tassazione ovvero di agevolazione fiscale in rapporto alla partecipazione ad investimenti in iniziative a sostegno dell'economia reale del Paese; l'idea di fondo è che lo strumento fiscale non deve rispondere solo all'esigenza contingente di ripristinare o mantenere la tenuta dei conti pubblici, ma anche costituire una leva di politica economica a disposizione del Governo e del Parlamento per una politica di sviluppo, così come avviene in altri Paesi europei che utilizzano le agevolazioni fiscali per incentivare l'economia e per operare in senso competitivo con gli altri Stati, dal momento che gli strumenti di politica monetaria sono ormai devoluti alla Banca centrale europea;
    nella relazione si analizzano le normative estere esistenti in materia di tassazione dei fondi pensione e delle Casse previdenziali degli ordini professionali;
    il sistema prevalente in Europa, ad esempio nel Regno Unito, è il cosiddetto sistema «eet» (esente, esente, tassato), con riferimento, rispettivamente alla fase dell'accumulazione, alla tassazione dei rendimenti maturati in ciascun anno da parte dei soggetti gestori del risparmio previdenziale e della tassazione delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita;
    in Italia la fase di accumulazione è sostanzialmente esente, in quanto l'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 252 del 2005 prevede che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, alle forme di previdenza complementare sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57;
    i contributi versati dal datore di lavoro usufruiscono, altresì, delle medesime agevolazioni contributive;
    ai fini del computo del predetto limite si tiene conto anche delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all'articolo 105, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi;
    la tassazione dei rendimenti maturati in ciascun anno è stata elevata per il 2014 all'11,5 per cento (prima del decreto-legge n. 66 del 2014, che ha ulteriormente incrementato la pressione fiscale in materia, era, infatti, dell'11 per cento);
    la tassazione delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita, infine, ai sensi dell'articolo 11, comma 6, del citato decreto legislativo n. 252 del 2005, sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lettera g-quinquies del comma 1 dell'articolo 44 del testo unico delle imposte sui redditi: sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche erogate è, pertanto, operata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali (sino al 9 per cento, quindi, nell'ipotesi di un'anzianità contributiva di 35 anni); le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta; per le casse private rispetto alle tre fasi della tassazione (accantonamento dei contributi, accumulo dei rendimenti, percezione della rendita), si ha una situazione del tipo «eet», ma più gravosa rispetto a quello previsto per i fondi pensione, in quanto se i contributi versati dagli iscritti sono esenti da tassazione fiscale (articolo 38, comma 11, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che ha esteso anche all'esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria la disciplina dell'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per gli enti pubblici), il trattamento fiscale dei rendimenti mobiliari è tassato al 20 per cento (articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011, a partire dal 2012), mentre le prestazioni sono assoggettate alle aliquote irpef: la relativa base imponibile è data dal valore della prestazione pensionistica al lordo dei rendimenti conseguiti dall'ente previdenziale, con una sorta di doppia tassazione quindi;
     b) interventi ordinamentali concernenti la normativa della previdenza complementare, sia per i fondi pensione che per le casse previdenziali, per stimolare il settore e favorire l'impiego, in condizioni di sicurezza del risparmio, di parte delle risorse ottenute per la promozione di interventi a sostegno dell'economia del Paese; in particolare, nella relazione si ipotizzano: revisione dei meccanismi di adesione alla previdenza complementare; forme di compensazione o garanzia pubblica per le imprese derivante dall'eventuale incremento dell'impiego del trattamento di fine rapporto in forme di previdenza complementare, in rapporto alla mancata disponibilità dello stesso come forma di autofinanziamento delle imprese; revisione dei limiti quantitativi e tipologici agli impieghi oggetto di definizione per i fondi pensione con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 703 del 1996 e successiva revisione; definizione dello status giuridico delle casse professionali, che la legge ha previsto come private ma che sia in sede amministrativa – per esempio: dell'inclusione nell'elenco consolidato delle pubbliche amministrazione gestito dall'Istat; dei controlli; della sottoposizione al regime della spending review; dei regimi autorizzatori per gli impieghi del patrimonio; delle modalità di redazione dei bilanci, anche in sede giurisdizionale, sono state, di fatto, ricondotte ad un ambito pubblicistico; altre misure possono riguardare lo sblocco di parte delle risorse degli enti previdenziali pubblici, segnatamente l'Inail, attualmente immobilizzati nel conto di tesoreria unica;
     c) definizione delle modalità per la destinazione del risparmio previdenziale a sostegno di investimenti nell'economia reale, attraverso investimenti diretti a sostegno delle imprese, ovvero ampliando il ruolo di raccolta del risparmio della Cassa depositi e prestiti, estendendolo anche al risparmio previdenziale, al fine di favorire l'impiego di interventi strutturali a sostegno dell'economia, in connessione con lo sviluppo dell'impiego di risorse a sostegno del Paese derivanti dalla previdenza complementare;
    altro tema importante è quello dello sviluppo delle campagne informative per la sensibilizzazione dei lavoratori, specie i giovani, sulla rilevanza della previdenza complementare per un positivo futuro pensionistico;
    per la realizzazione di tale iniziativa dovranno essere assicurate importanti condizioni tecniche, quali acquisire il consenso degli enti interessati, prevedere forme di garanzia dello Stato atte ad assicurare la certezza degli investimenti e la loro adeguata remuneratività, in modo comunque da garantire l'equilibrio della gestione finanziaria degli enti interessati e il rispetto delle normative comunitarie in tema di aiuti di Stato,

impegna il Governo:

   ad attuare le linee direttive contenute nella relazione della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale per l'Assemblea, doc. XVI-bis n. 1 del 9 luglio 2014 e trasmesse alle Presidenze delle Camere in data 12 luglio 2014, al fine di favorire l'impiego di parte del risparmio previdenziale, su base consensuale e garantendo la tutela del risparmio previdenziale, risorse ottenute per la promozione di interventi a sostegno dell'economia del Paese, intervenendo con il disegno di legge di stabilità per il 2015 per introdurre misure:
    a) per armonizzare il trattamento fiscale delle forme di previdenza complementare e della previdenza riguardante gli ordini professionali, definendo una tassazione a livello inferiore rispetto a quella attualmente prevista per i fondi pensione e valutando, altresì, l'introduzione di un sistema «eet» anche nel nostro Paese;
    b) per definire lo status giuridico delle casse degli ordini professionali o enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 e del decreto legislativo n. 103 del 1996, anche alla luce delle recenti e ripetute decisioni in sede di giustizia amministrativa che hanno richiamato il carattere pubblicistico di tali enti;
    c) per valutare forme eventuali di accorpamento delle casse degli ordini professionali al fine di realizzare economie di gestione e modalità di impiego delle risorse più efficienti, fatta salva la separazione delle gestioni relative agli specifici ordini professionali;
    d) per prevedere modifiche alla disciplina ordinamentale dei fondi pensione volti a stimolare l'accesso alla previdenza complementare; in particolare nella relazione si ipotizzano: revisione dei meccanismi di adesione alla previdenza complementare; forme di compensazione o garanzia pubblica per le imprese derivante dall'eventuale incremento dell'impiego del trattamento di fine rapporto in forme di previdenza complementare, in rapporto alla mancata disponibilità dello stesso come forma di autofinanziamento delle imprese; la revisione dei limiti quantitativi e tipologici agli impieghi oggetto di definizione per i fondi pensione con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 703 del 1996, e successiva revisione;
    e) per avviare campagne di informazione per tutti i lavoratori, anche per i dipendenti pubblici, sulle opportunità offerte dalla previdenza complementare, atteso che la piena entrata a regime del sistema contributivo per la previdenza pubblica determinerà la necessità di pensioni complementari anche nel settore pubblico;
    f) per valutare l'adozione di altre misure finalizzate a aumentare le risorse finanziarie a disposizione di investimenti di rilevanza pubblica, quali lo sblocco di parte delle risorse degli enti previdenziali pubblici, segnatamente l'Inail, attualmente immobilizzati nel conto di tesoreria unica;
    g) per promuovere, d'intesa con i fondi pensione e le casse professionali, un patto per l'Italia per prevedere che, a fronte di interventi di agevolazioni, anche fiscali, e di miglioramento del quadro normativo complessivo del settore, sia verificata la disponibilità di effettuare investimenti di parte dei patrimoni gestiti a favore di iniziative per lo sviluppo infrastrutturale dell'Italia, garantendo la remuneratività degli investimenti, nel quadro della salvaguardia dell'equilibrio finanziario degli enti del secondo e del terzo pilastro e del diritto dei lavoratori a percepire le prestazioni previdenziali.
(1-00602) «Di Gioia, Morassut, Di Salvo, Di Lello, Piazzoni, Palese, Distaso, Aiello, Galati, Fucci, Caruso, Lacquaniti, Capelli, Fava, Adornato, D'Alia, Formisano, Gebhard, Lauricella, Ginoble, Melilla, Piepoli, Zoggia, Ginefra, Pastorelli, Meta, Marzano, Carella, Rostan, Scanu, Pilozzi, Rubinato, Pelillo, Sannicandro, Migliore, Carbone, Francesco Sanna, Grassi, Fioroni, Catania».