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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 5 settembre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 5 settembre 2014.

  Angelino Alfano, Bellanova, Bergamini, Biondelli, Bobba, Bocci, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Brunetta, Casero, Castiglione, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giacomelli, Gozi, La Russa, Legnini, Lotti, Lupi, Mannino, Merlo, Morassut, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sereni, Tabacci, Velo, Zanetti.

Trasmissioni dal Senato.

  In data 4 settembre 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
   S. 1333. – «Ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese, fatto a Roma il 7 ottobre 2010» (approvato dal Senato) (2620);
   S. 1336. – «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione relativa ai trasporti internazionali ferroviari (COTIF) del 9 maggio 1980, fatto a Vilnius il 3 giugno 1999» (approvato dal Senato) (2621).

  Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   III Commissione (Affari esteri):
  S. 1333. – «Ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese, fatto a Roma il 7 ottobre 2010» (approvato dal Senato) (2620) Parere delle Commissioni I, II e V;
  S. 1336. – «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione relativa ai trasporti internazionali ferroviari (COTIF) del 9 maggio 1980, fatto a Vilnius il 3 giugno 1999» (approvato dal Senato) (2621) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, IX e XIV.

   IX Commissione (Trasporti):
  CRISTIAN IANNUZZI ed altri: «Disposizioni per lo sviluppo della mobilità ciclistica mediante la disciplina dei parcheggi riservati alle biciclette» (2566) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 4 settembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro (COM(2014) 382 final).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione di una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 2 settembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la delibera CIPE n. 18/2014 del 18 aprile 2014, concernente «Programmazione dei fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020: approvazione della proposta di accordo di partenariato».
  Questa delibera è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 1o, 2, 3 e 4 settembre 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all'inventario dello spettro radio (COM(2014) 536 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Proposta di decisione del Consiglio sulla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di comitato per gli appalti pubblici sul ritiro dell'obiezione dell'Unione alla cancellazione di tre enti dall'appendice I, impegni del Giappone, allegato 3, dell'accordo sugli appalti pubblici (COM(2014) 539 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 55/2008 del Consiglio recante preferenze commerciali autonome per la Repubblica moldova (COM(2014) 542 final), corredata dal relativo allegato (COM(2014) 542 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria dell'accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l'Unione europea e la Repubblica del Senegal e del relativo protocollo di attuazione (COM(2014) 519 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 519 final – Annexes 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea per quanto riguarda la compilazione di un elenco di 15 arbitri che agiscono per il protocollo sulla cooperazione culturale dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra (COM(2014) 543 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 543 final – Annexes 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome dell'Unione europea all'undicesima riunione della conferenza delle parti della convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica riguardo alle proposte di emendamento degli allegati della convenzione presentate da varie parti (COM(2014) 544 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Orientamenti per l'analisi dell'equilibrio tra la capacità di pesca e le possibilità di pesca, conformemente all'articolo 22 del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla politica comune della pesca (COM(2014) 545 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a titolo del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l'Unione europea e la Repubblica del Senegal (COM(2014) 547 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce, per il 2015, le possibilità di pesca per alcuni stock o gruppi di stock ittici applicabili nel Mar Baltico (COM(2014) 552 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 552 final – Annexes 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione annuale sulle attività di ricerca e sviluppo tecnologico dell'Unione europea nel 2013 (COM(2014) 549 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VII (Cultura) e X (Attività produttive).

Annunzio di sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 7 agosto 2014, ha dato comunicazione, ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12, delle seguenti sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, divenute definitive nel periodo compreso dal 1o novembre 2013 al 30 giugno 2014, che sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla III Commissione (Affari esteri):
   sentenze divenute definitive nel mese di novembre 2013:
    sentenza 5 novembre 2013, Ascierto e Buffolino n. 20619/03 e 23751/03 (Doc. CLXXIV, n. 31), e sentenza 5 novembre 2013, Bencivenga e altri n. 15015/03 e altri (Doc. CLXXIV, n. 32), in materia di ragionevole durata del processo. Constatano la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), relativo al diritto a un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 25 giugno 2013, Anghel n. 5968/09, in materia di diritto a un processo equo. La Corte ha constatato la violazione dell'articolo 6 della CEDU, avendo riconosciuto che, nel caso di specie, il diritto alla difesa, pur previsto dalla legge, non è stato effettivo e, di conseguenza, è stato compromesso il diritto alla tutela giurisdizionale. La Corte ha invece respinto il motivo di ricorso relativo alla asserita violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, di cui all'articolo 8 della CEDU (Doc. CLXXIV, n. 33) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 26 novembre 2013, Maffei e De Nigris n. 28090/03 e 28462/03, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata. Constata altresì la violazione del medesimo articolo 6, paragrafo 1, nonché dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, in riferimento al ritardo nell'erogazione dell'equa riparazione ai sensi della legge n. 89 del 2001 (Doc. CLXXIV, n. 34) – alla II Commissione (Giustizia);

   sentenze divenute definitive nel mese di dicembre 2013:
    sentenza 10 dicembre 2013, Limata e altri n. 16412/03 e altri, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU nonché dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, in riferimento al ritardo nell'erogazione dell'equa riparazione ai sensi della legge n. 89 del 2001 (Doc. CLXXIV, n. 35) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 3 settembre 2013, M.C. ed altri n. 5376/11, in materia di diritto a un processo equo. I ricorrenti, contagiati da sangue infetto, percepivano un'indennità ai sensi della legge n. 210 del 1992, in ordine alla cui assoggettabilità a rivalutazione il Governo, con il decreto-legge n. 78 del 2010, ha dettato norme poi dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale. I ricorrenti, non avendo ottenuto la rivalutazione nonostante la pronuncia di incostituzionalità, hanno adito la Corte europea dei diritti dell'uomo, che: ha constatato che l'adozione del decreto-legge n. 78 del 2010 ha violato il principio di certezza del diritto e il diritto a un giusto processo, in quanto le disposizioni in esso contenute, fornendo un'interpretazione favorevole allo Stato, hanno avuto come effetto quello di rendere vana la prosecuzione dei giudizi già intentati ovvero di privare i ricorrenti dell'esecutorietà delle sentenze loro favorevoli già emesse; ha ritenuto che l'intervento ha gravato i ricorrenti di un «onere anomalo ed esorbitante» e pertanto ha dichiarato la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU; ha constatato la violazione dell'articolo 14, in combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1, per non avere lo Stato italiano rimosso la disparità di trattamento sanzionata dalla Corte costituzionale; preso atto che la questione rappresenta un problema strutturale, ha deciso di applicare la procedura della sentenza pilota, ai sensi dell'articolo 46 della CEDU (Doc. CLXXIV, n. 36) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    sentenza 24 settembre 2013, Belpietro n. 43612/10, in materia di libertà di espressione. Il ricorrente, direttore del quotidiano Il Giornale, era stato condannato a quattro mesi di reclusione, con pena sospesa in via condizionale, all'esito di un giudizio per diffamazione avente a oggetto un articolo pubblicato sul giornale da lui diretto. La Corte ha dichiarato sussistente la violazione dell'articolo 10 della CEDU, avendo ritenuto che, in considerazione della natura e della misura della sanzione comminata, l'ingerenza al diritto alla libertà di espressione non era proporzionata al fine legittimamente perseguito (Doc. CLXXIV, n. 37) – alla II Commissione (Giustizia);

   sentenze divenute definitive nel mese di gennaio 2014:
    sentenza 14 gennaio 2014, Montalto e altri n. 39180/08 e altri, in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Nell'ambito di un contenzioso concernente il personale scolastico amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti a un processo equo, protetto dall'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale (Doc. CLXXIV, n. 38) – alla XI Commissione (Lavoro);
    sentenza 14 gennaio 2014, Pascucci n. 1537/04, in materia di espropriazione indiretta (Doc. CLXXIV, n. 39), e sentenza 28 gennaio 2014, Giannitto n. 1780/04 (Doc. CLXXIV, n. 40), in materia di espropriazione indiretta. Constatano la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica – alla VIII Commissione (Ambiente);
    sentenza 8 ottobre 2013, Ricci n. 30210/06, in materia di libertà di espressione. Il caso riguarda la diffusione, da parte di un telegiornale satirico, di immagini acquisite durante il fuori onda di una trasmissione televisiva, per la quale il suo direttore era stato condannato a quattro mesi di reclusione, con pena sospesa in via condizionale. La Corte ha dichiarato sussistente la violazione dell'articolo 10 della CEDU, avendo ritenuto che, in considerazione della natura e della misura della sanzione comminata, l'ingerenza al diritto alla libertà di espressione non era proporzionata al fine legittimamente perseguito (Doc. CLXXIV, n. 41) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 15 ottobre 2013, Natale ed altri n. 19264/07 (Doc. CLXXIV, n. 42), e sentenza 15 ottobre 2013, Casacchia ed altri n. 23658/07 e altri (Doc. CLXXIV, n. 43), in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Nell'ambito di un contenzioso concernente il personale in pensione del Banco di Napoli, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica. Le sentenze constatano la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, in quanto non vi era alcuna ragione di interesse generale tale da giustificare l'intervento legislativo a effetto retroattivo, che ha determinato l'esito dei procedimenti pendenti – alla XI Commissione (Lavoro);

   sentenze divenute definitive nel mese di febbraio 2014:
    sentenza 4 febbraio 2014, Benenati e Scillamà n. 33312/03, in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica (Doc. CLXXIV, n. 44) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   sentenze divenute definitive nel mese di marzo 2014:
    sentenza 25 marzo 2014, Biasucci ed altri n. 3601/08 e altri, in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Nell'ambito di un contenzioso concernente il personale scolastico amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti a un processo equo, protetto dall'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale (Doc. CLXXIV, n. 45) – alla XI Commissione (Lavoro);
    sentenza 17 dicembre 2013, Nicolò Santilli n. 51930/10, in materia di affidamento dei minori. Nell'ambito di un contenzioso in cui il ricorrente lamentava la violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare, non avendo potuto esercitare pienamente il diritto di visita al figlio a causa del comportamento ostativo della madre, e di aver subìto una discriminazione fondata sul sesso, contraria all'articolo 14 della CEDU, in combinato disposto con l'articolo 8, la Corte ha dichiarato sussistente la violazione dell'articolo 8 sotto il profilo dell'inadempimento degli obblighi positivi dello Stato, a causa della mancata adozione da parte delle autorità nazionali di misure adeguate e sufficienti a garantire il rispetto del diritto di visita (Doc. CLXXIV, n. 46) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 29 ottobre 2013, Varvara n. 17475/09, in materia di abusivismo edilizio. Nell'ambito di un contenzioso per il reato di lottizzazione abusiva, conclusosi con una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, i beni oggetto della lottizzazione furono comunque confiscati. La Corte ha affermato che il principio di legalità sancito dall'articolo 7 della CEDU impone che l'applicazione della pena discenda da una pronuncia giurisdizionale che accerti la responsabilità penale dell'autore del reato e, nel caso di specie, che la confisca sia in contrasto con l'articolo 7, in quanto il ricorrente non è stato condannato per il reato di lottizzazione abusiva; ha inoltre constatato la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, relativo alla protezione della proprietà, ritenendo illegittima l'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del ricorrente (Doc. CLXXIV, n. 47) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   sentenze divenute definitive nel mese di aprile 2014:
    sentenza 21 gennaio 2014, Placì n. 48754/11, in materia di trattamenti inumani e degradanti. Nell'ambito di un contenzioso relativo alla valutazione dello stato di salute psichica di un cittadino chiamato a svolgere il servizio militare obbligatorio, la Corte ha ritenuto che lo Stato sia venuto meno al suo dovere di garantire che il ricorrente svolgesse il servizio militare in condizioni compatibili col rispetto dei suoi diritti ai sensi dell'articolo 3 della CEDU e che, nel caso di specie, data la sua specifica situazione, egli sia stato sottoposto a pericoli o sofferenze di intensità eccedente l'inevitabile livello di durezza inerente alla disciplina militare. Alla luce di tali considerazioni la Corte ha dichiarato sussistente la violazione del predetto articolo 3, nonché la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, in quanto il ricorrente non ha avuto un equo processo dinanzi a un tribunale imparziale e in posizione di parità con il suo avversario nel procedimento dinanzi al Consiglio di Stato (Doc. CLXXIV, n. 48) – alla IV Commissione (Difesa);
    sentenza 26 novembre 2013, Francesco Quattrone n. 13431/07, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata della procedura prevista dalla legge n. 89 del 2001, nonché del medesimo articolo 6, ritenendo non giustificata la condanna alle spese processuali relative alla predetta procedura (Doc. CLXXIV, n. 49) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo n. 77/07, in materia di attribuzione del cognome ai figli. La Corte ha constatato la violazione dell'articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della CEDU, avendo accertato che la scelta di attribuire ai figli legittimi il cognome paterno si basa unicamente su una discriminazione fondata sul sesso dei genitori. In particolare, la Corte ha ravvisato nell'impossibilità di derogare alla regola del patronimico un trattamento discriminatorio nei confronti delle donne (Doc. CLXXIV, n. 50) – alla II Commissione (Giustizia);

   sentenze divenute definitive nel mese di maggio 2014:
    sentenza 4 febbraio 2014, Mottola ed altri n. 29932/07 (Doc. CLXXIV, n. 51), e sentenza 4 febbraio 2014, Staibano ed altri n. 29907/07 (Doc. CLXXIV, n. 52), in materia di diritto a un processo equo, sotto il profilo del diritto di accesso a un tribunale. Nell'ambito di un contenzioso sollevato da medici per il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un ospedale universitario, ai fini del versamento dei contributi previdenziali, in cui i ricorsi erano stati giudicati irricevibili in quanto avrebbero dovuto essere presentati davanti al giudice ordinario invece che davanti al giudice amministrativo, le sentenze, nel constatare come la normativa transitoria in materia di ripartizione della giurisdizione si prestasse nel caso di specie a diverse interpretazioni, dichiarano sussistente la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU relativo al diritto a un processo equo, sotto il profilo del diritto di accesso a un tribunale, avendo riconosciuto che i ricorrenti erano stati privati della possibilità di presentare ricorso alla autorità giudiziaria competente. Le sentenze inoltre constatano la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, ritenendo che lo Stato non ha realizzato il giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 11 febbraio 2014, Contrada n. 2 n. 7509/08, in materia di condizioni di detenzione. La Corte, tenuto conto dei certificati medici in possesso delle autorità, del tempo trascorso prima dell'ammissione alla detenzione domiciliare e dei motivi alla base delle decisioni di rigetto delle istanze di differimento dell'esecuzione della pena o di ammissione al regime della detenzione domiciliare, ha concluso che il mantenimento in stato detentivo del ricorrente era incompatibile con il divieto di trattamenti inumani e degradanti stabilito dall'articolo 3 della CEDU (Doc. CLXXIV, n. 53) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 13 maggio 2014, Bordoni e altri n. 6069/09 e 16797/09 (Doc. CLXXIV, n. 54), sentenza 13 maggio 2014, Caponetto n. 61273/10 (Doc. CLXXIV, n. 55), sentenza 13 maggio 2014, Peduzzi e Arrighi n. 18166/09 (Doc. CLXXIV, n. 56), e sentenza 13 maggio 2014, Marino e Colacione n. 45869/08 e 47348/08 (Doc. CLXXIV, n. 57), in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Nell'ambito di un contenzioso concernente il personale scolastico amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica. Le sentenze constatano la violazione del diritto dei ricorrenti a un processo equo, protetto dall'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale – alla XI Commissione (Lavoro);
    sentenza 4 febbraio 2014, Ceni n. 25376/06, in materia di protezione della proprietà. Nell'ambito di un contenzioso relativo al mancato rispetto di un contratto preliminare di vendita per un immobile in costruzione, stipulato con un'impresa costruttrice successivamente dichiarata in stato di fallimento, da parte del curatore fallimentare, la Corte ha ritenuto che il potere discrezionale esercitato dal curatore fallimentare, non soggetto al controllo giurisdizionale, ha privato la ricorrente di qualsiasi tutela effettiva contro la perdita dell'appartamento e delle somme versate per l'acquisto dello stesso, obbligandola a sopportare un onere eccessivo ed esorbitante, dichiarando che, nel caso di specie, lo Stato non ha soddisfatto gli obblighi positivi derivanti dall'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU e che vi è stata pertanto violazione di questa disposizione. La Corte ha altresì constatato la violazione dell'articolo 13 della CEDU, in combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU (Doc. CLXXIV, n. 58) – alla II Commissione (Giustizia);

   sentenze divenute definitive nel mese di giugno 2014:
    sentenza 3 giugno 2014, Rossi e Variale n. 2911/05, in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica (Doc. CLXXIV, n. 59) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    sentenza 21 gennaio 2014, Zhou n. 33773/11, in materia di adozioni. Nell'ambito del contenzioso relativo alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un bambino di nazionalità cinese per l'asserita incapacità della madre di prendersi cura del bambino, pronunciata senza assicurare il diritto di visita della madre al figlio, la Corte ha ritenuto che le autorità italiane non abbiano adottato alcuna misura volta a preservare il legame familiare tra la ricorrente e il figlio e a favorirne lo sviluppo, né hanno fornito alcuna spiegazione convincente che potesse giustificare la soppressione del legame di filiazione materna tra la ricorrente e il figlio. La Corte ha quindi dichiarato che vi è stata violazione del diritto della ricorrente al rispetto della vita familiare, sancito dall'articolo 8 della CEDU (Doc. CLXXIV, n. 60) – alla II Commissione (Giustizia);
    sentenza 3 giugno 2014, Salvatore e altri n. 1635/03 e altri, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, relativo al diritto a un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata (Doc. CLXXIV, n. 61) – alla II Commissione (Giustizia).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

(Iniziative per l'assunzione dei candidati idonei non vincitori dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti di polizia, anche in vista dell'Expo Milano 2015 – 2-00501; 3-00997)

A) Interpellanza e interrogazione

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   ad oggi, non si è ancora provveduto all'assunzione delle 672 unità (160 vincitori in seconda aliquota e 512 idonei) immediatamente disponibili per l'invio alle scuole di formazione in qualità di allievi agenti della polizia di Stato;
   i 160 vincitori, al momento, non hanno firmato alcun documento che li vincoli alle Forze armate né sono stati avviati ai rispettivi corsi;
   da gennaio a oggi, sono state presentate 20 interrogazioni parlamentari, 2 interpellanze, 2 ordini del giorno e una mozione, ma solo 3 interrogazioni hanno ricevuto la risposta del Governo, da parte del Sottosegretario di Stato Bocci, e nonostante tutto non è ancora chiaro se la non assunzione degli allievi agenti sia dovuta o meno a una precisa linea politica dell'Esecutivo;
   nel frattempo, è stato pubblicato un nuovo bando di concorso a 650 posti per allievi agenti della polizia di Stato, peraltro senza la divisione in doppia aliquota;
   avviare un nuovo iter concorsuale permetterà tuttavia ai nuovi agenti di essere operativi soltanto nell'autunno-inverno del 2015, quindi ad Expo ultimato;
   assumere immediatamente le 672 unità dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della polizia di Stato permetterebbe, vista la recentissima idoneità conseguita, l'immediato inserimento degli interessati senza la necessità di effettuare visite mediche di controllo per il mantenimento dell'idoneità psico-fisica, rispettando così i principi di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa; la ratio di tale scelta sarebbe chiara: l'utilizzo delle graduatorie vigenti, in un'epoca in cui le risorse pubbliche risultano complessivamente ridotte, risponderebbe a esigenze sociali e di equità ed esonererebbe l'amministrazione dai costi e dai tempi di attesa connessi a un nuovo concorso;
   già nel dicembre 2013 era stata rettificata la graduatoria per un ampliamento di posti messi a concorso, da 964 a 1083; peraltro, l'Arma dei carabinieri, mediante decreto dirigenziale, ha avviato una procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1.886 allievi carabinieri. In particolare, sono stati assunti i vincitori ma anche i 48 idonei non vincitori, ossia i restanti idonei presenti in graduatoria, comportando pertanto l'esaurimento della stessa; tale decreto cita testualmente: «Ravvisata l'esigenza di disporre, con immediatezza, di XXX Allievi Carabinieri, senza dover attendere i tempi tecnici richiesti per portare a termine una nuova procedura di reclutamento mediante il bando di un concorso pubblico. Tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione per la gestione delle procedure di reclutamento»;
   in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015», per far fronte a esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Ministero dell'interno ha dichiarato come il blocco del turnover delle forze dell'ordine avrebbe subito una deroga del 55 per cento –:
   se non intenda il Ministro interpellato assumere urgenti iniziative dirette ad operare una rettifica della graduatoria finale del concorso per allievi agenti della polizia di Stato citato in premessa, e un ampliamento, in prima aliquota, di 672 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica e agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale;
   quali ulteriori iniziative intenda assumere il Ministro interpellato per garantire la risoluzione della problematica descritta in premessa, con riguardo al rispetto dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di economicità, efficienza e speditezza dell'azione amministrativa, anche in vista dell'Expo, evento di considerevoli dimensioni che richiede necessariamente un incremento delle forze dell'ordine presenti nella città protagonista della manifestazione, senza che questa concentrazione pregiudichi il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese.
(2-00501) «Zan, Lavagno».


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015» è stata autorizzata una capacità assunzionale del 55 per cento del turnover, per il comparto sicurezza-difesa nella polizia di Stato, in virtù del fatto che un evento di tale dimensione necessariamente comporta un incremento delle forze dell'ordine presenti nella città protagonista della manifestazione, senza che questa concentrazione pregiudichi il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
   all'interno della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013) sono state previste importanti risorse economiche anche per le dotazioni di mezzi, per la logistica e per le strutture e i servizi;
   le unità da assumere, per essere effettivamente disponibili entro la data di inizio dell'evento, dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre il mese di aprile 2014; pertanto, non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale (questa, infatti, terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti nel dicembre 2015);
   a tal proposito, si ricorda che vi sono, ad oggi, diverse graduatorie di merito in corso di validità nelle quali risultano essere disponibili candidati idonei immediatamente arruolabili tra cui: 512 candidati idonei non vincitori, oltre alle seconde aliquote e i volontari in ferma prefissata quadriennale idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti, bandito nel mese di marzo 2013;
   l'arruolamento di detto personale consentirebbe il rispetto dei tempi necessari all'attuazione del protocollo e garantirebbe un risparmio di spesa per l'amministrazione, rispetto ad altre e diverse soluzioni, in quanto non si renderebbero necessarie le visite mediche di controllo –:
   se il Ministro interrogato intenda procedere con le assunzioni dei candidati idonei non vincitori, delle seconde aliquote e i volontari in ferma prefissata quadriennale idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti, al fine di consentire l'impiego di queste nuove forze dell'ordine in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015» e quali tempi preveda per l'avvio ai corsi degli allievi. (3-00997)


(Problematiche riguardanti la realizzazione della nuova sede unica della questura del Verbano Cusio Ossola – 3-00583)

B) Interrogazione

   BORGHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 26 luglio 2006, alle ore 10.00, presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Servizi integrati infrastrutture e trasporti per il Piemonte e la Valle d'Aosta, in corso Bolzano n. 44 a Torino, è stato stipulato un accordo di programma per la realizzazione della modifica del tracciato di via Madonna di Campagna al servizio della nuova sede unica della questura del Verbano Cusio Ossola;
   ad oggi i lavori del richiamato progetto sono in fase di conclusione ma numerose problematiche sono riscontrate tra i residenti della zona. In particolare, è fortissimo il disagio per la copertura esterna dell'edificio che riflette il sole creando notevoli problemi ai residenti che devono vivere tutto il giorno con le finestre chiuse;
   inoltre, il riflesso causato dalla copertura crea un notevole pericolo per tutti gli automobilisti che utilizzano la trafficata arteria stradale confinante con la nuova questura in quanto si trovano «accecati» dal bagliore creato dal riflesso del sole;
   altra problematica di notevole importanza è l'allagamento, a seguito dei lavori svolti, di alcune zone a ridosso della nuova costruzione;
   nella giornata del 17 maggio 2012 l'architetto Bruno Bracchi della Architetti associati srl, progettista della richiamata nuova questura di Verbania, scriveva al signor provveditore delle opere pubbliche del Piemonte e della Valle d'Aosta, dottor architetto Roberto Daniele, lamentando gravi difformità tra il progetto oggetto di valutazione con quanto realizzato dalla ditta vincitrice dall'appalto;
   tra le lamentele fatte, l'architetto Bruno Bracchi sostiene: «del mio progetto, quindi, è rimasto fondamentalmente l'impianto volumetrico, quasi tutto il resto è stato rovinato»;
   l'opera richiamata è costata diversi milioni di euro e l'interrogante ha avuto un incontro con i residenti della zona limitrofa alla nuova questura e, ad oggi, le problematiche risultano non essere state risolte e nemmeno affrontate –:
   se a fronte di quanto sopra esposto, i Ministri interrogati non ritengano di intervenire per fare chiarezza sulle responsabilità da cui sono derivati i numerosi disagi richiamati, unitamente alle eventuali gravi difformità tra il progetto e l'esecuzione dello stesso a fronte della lettera dell'architetto Bruno Bracchi;
   se i Ministri interrogati non ritengano di intervenire presso il provveditorato delle opere pubbliche per trovare una soluzione definitiva al problema del riflesso causato dalla copertura dell'edificio e dell'allagamento delle zone limitrofe allo stesso. (3-00583)


(Iniziative per rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto della criminalità nella città di Bari – 3-00651)

C) Interrogazione

   DISTASO, SISTO e ELVIRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la questione sicurezza continua a rappresentare una vera emergenza per la città di Bari, come confermato da alcuni recenti episodi di cronaca, quali l'uccisione nel quartiere San Paolo di un pregiudicato con un agguato mortale e un gravissimo episodio di rapina verificatosi di giorno ai danni del Bar Savoy, in pieno centro, davanti a un bambino di pochi anni;
   quelli a cui si è assistito negli ultimi due anni sono stati molto più che segnali evidenti di escalation criminale da una parte – con omicidi, avvertimenti, attentati, ferimenti e rapine – ma anche di disagio sociale dall'altra;
   criminalità e disagio sociale rappresentano, infatti, due fenomeni che non sono distanti tra loro perché innegabilmente è proprio nei momenti di maggiore crisi economica che la criminalità tenta di approfittare delle difficoltà e di un humus più favorevole;
   Bari ha bisogno di attenzione - oltre che da parte dell'amministrazione locale che, al netto di annunci spot, non ha saputo o voluto esercitare quelle prerogative che sono alla base di una migliore qualità della convivenza sociale e della sicurezza - da parte del Governo, perché, mentre le forze dell'ordine che pure operano in una situazione di assoluta difficoltà devono fare i conti con carenze di organico e di risorse economiche, oggi vi è assoluta assenza di politiche di sicurezza e di prevenzione sociale;
   agli interroganti risulta che vi siano significative risorse del Fondo unico giustizia (istituito dall'articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e poi rafforzato sul piano della dotazione economica dall'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 2008) non assegnate e che invece potrebbero essere opportunamente utilizzate per rafforzare le politiche della sicurezza a sostegno di chi – prefetto, magistratura e forze dell'ordine – sta in trincea tutti i giorni per la sicurezza della comunità –:
   quali iniziative urgenti, tanto più alla luce dei gravissimi fatti di cronaca avvenuti negli ultimi tempi, intenda assumere per rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto alla criminalità nella città di Bari e nel suo territorio;
   se il Governo ritenga necessario convocare con urgenza una riunione a Bari del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, alla presenza dei Ministri competenti, così da offrire ai cittadini del capoluogo pugliese un segnale concreto di attenzione e di volontà di agire contro il crimine;
   quali utili iniziative si ritenga di varare per dare conto dell'ammontare delle risorse del Fondo unico giustizia non assegnate, indirizzandole poi sia a politiche per la sicurezza sul territorio che al rafforzamento dei necessari strumenti di vigilanza e di contrasto delle infiltrazioni criminali. (3-00651)


(Iniziative per intensificare i controlli sull'origine e sulla lavorazione delle carni suine e su tutta la filiera agroalimentare italiana, in applicazione di quanto disposto dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy – 3-00999; 3-01000; 3-01002; 3-01003)

D) Interrogazioni

   COVA, BRAGA, COMINELLI, TENTORI, MONACO, TARICCO, MONTRONI, MALPEZZI, RICHETTI, CASATI, GASPARINI, CIMBRO, MAURI, FIANO, FERRARI, PREZIOSI, RAMPI, CINZIA MARIA FONTANA, GUERRA, LORENZO GUERINI, BERLINGHIERI e CRIVELLARI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori suini (Anas), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti: alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali; la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano un'origine ed una produzione italiana che non possiedono costituisce un vero e proprio danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali indicazioni intenda diramare alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy;
   quali azioni il Ministro interrogato abbia adottato al fine di assicurare il rispetto, da parte della Commissione europea, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento (UE) n. 1169/2011, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine. (3-00999)


   MONGIELLO, PETRINI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA, CERA, FARAONE, NACCARATO, MIOTTO, NARDUOLO, CASELLATO, RUBINATO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, DONATI, SBROLLINI, BINI, CARRA, COLANINNO, MARTELLI, FABBRI e GRECO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, anche, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori suini (Anas), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti: alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e a una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano un'origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agro alimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare e uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali indicazioni intenda diramare alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49, e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy. (3-01000)


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale è legato non solo alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   l'agricoltura italiana, con un totale di circa 820 mila aziende, rappresenta circa il 15 per cento del totale delle imprese attive italiane;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti;
   in questo contesto, la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno, con oltre 26.000 allevamenti diffusi in tutta Italia;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti ed offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   dai dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori suini (Anas) risulta che l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente oltre 1 milione di tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania;
   articoli recentemente apparsi sulla stampa europea hanno rivelato che l'industria tedesca della carne suina è a basso costo ed apparentemente efficiente, in quanto, alla base del modello produttivo, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici, con gravi rischi per l'ambiente e per la salute dei consumatori;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiane;
   la circolazione di alimenti ingannevoli rispetto all'origine costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari, la contraffazione e la pirateria garantisce la solidità delle imprese agricole italiane e tutela l'immagine ed il valore del made in Italy;
   il codice del consumo e la disciplina comunitaria in materia attribuiscono ai consumatori ed agli utenti i diritti: alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   va assicurata un'adeguata azione di prevenzione e di contrasto contro l'usurpazione del made in Italy, ed il mercato interno deve essere garante della qualità, della salubrità, delle caratteristiche e dell'origine dei prodotti alimentari italiani, in quanto elementi funzionali a garantire la salute ed il benessere dei consumatori ed il diritto ad un'alimentazione sana, corretta e fondata su scelte di acquisto e di consumo consapevoli;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b), del regolamento (UE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, impone come obbligatoria l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza per una serie di prodotti, tra cui le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate, fissando alla Commissione il termine del 13 dicembre 2013 per adottare le disposizioni di attuazione dell'obbligo;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini», introduce un sistema finalizzato a rendere accessibili agli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   quali azioni i Ministri interrogati intendano promuovere, a tutela del vero made in Italy, al fine di prevenire, nello specifico settore del commercio con l'estero delle carni suine, pratiche fraudolente o ingannevoli, poste in essere ai danni delle imprese nazionali ed al fine di contrastare ogni altro tipo di attività che possa indurre in errore i consumatori;
   quali azioni i Ministri interrogati intendano adottare per garantire la più ampia trasparenza delle informazioni relative ai prodotti alimentari ed ai relativi processi produttivi, l'effettiva rintracciabilità degli alimenti nazionali e quali iniziative abbiano adottato per promuovere il rispetto nelle sedi comunitarie, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento (UE) n. 1169/2011, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   cosa intendano fare e cosa abbiano fatto i Ministri interrogati per assicurare, nelle more dell'approvazione dei sopradetti provvedimenti comunitari, una corretta informazione degli organi di controllo e dei consumatori;
   quali azioni i Ministri interrogati intendano adottare al fine di assicurare l'applicazione, da parte delle competenti autorità di controllo, della definizione dell'effettiva origine degli alimenti, sulla base di quanto disposto dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy;
   se i Ministri interrogati non intendano assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per la filiera degli oli di oliva vergini, per garantire la completa accessibilità delle informazioni sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine, eventualmente prevedendo la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche. (3-01002)


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, SEGONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori suini (Anas), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti: alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano un'origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali indirizzi intenda impartire alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy. (3-01003)