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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 19 giugno 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 19 giugno 2014

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Corda, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Duranti, Epifani, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Carlo Galli, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcolin, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Ottobre, Palmizio, Pes, Petrenga, Gianluca Pini, Piras, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Scopelliti, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti, Zanin.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Corda, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Duranti, Epifani, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Carlo Galli, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcolin, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Ottobre, Palmizio, Pes, Petrenga, Gianluca Pini, Piras, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Scopelliti, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti, Zanin.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 18 giugno 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIVATI: «Modifiche agli articoli 50, 71, 75, 134 e 138 della Costituzione, in materia di diritto di petizione, di iniziativa legislativa popolare e di disciplina dei referendum, per la promozione della partecipazione politica dei cittadini» (2462);
   GALATI: «Istituzione di borse di studio in favore di giovani in possesso di laurea specialistica o magistrale in progettazione e gestione di sistemi turistici» (2463);
   DE MENECH: «Norme per la sicurezza del volo dei mezzi aerei impiegati nelle attività antincendio, di protezione civile e di soccorso sanitario» (2464);
   GALATI: «Disposizioni per il coordinamento e la promozione delle attività nel settore del turismo e istituzione del Ministero delle politiche turistiche» (2465);
   GALATI: «Introduzione del corso di primo soccorso nelle scuole secondarie di primo grado» (2466);
   GALATI: «Agevolazioni fiscali per il recupero e il reimpiego del patrimonio immobiliare situato nei centri storici per favorire lo sviluppo, la salvaguardia e la tutela del territorio» (2467);
   MELILLI: «Trasferimento della partecipazione dello Stato nella società EUR Spa al comune di Roma e disposizioni per la liquidazione della medesima e delle società da essa partecipate» (2468);
   MARCO DI STEFANO ed altri: «Modifiche al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile verso i terzi derivante dalla circolazione di veicoli e natanti» (2469);
   CALABRÒ: «Disposizioni per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del sonno» (2470).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 18 giugno 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 1249. – MADIA ed altri: «Modifica al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professionisti dei beni culturali, e istituzione di elenchi nazionali dei suddetti professionisti» (approvata dalla Camera e modificata dalla 7a Commissione permanente del Senato) (362-B).
  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   IV Commissione (Difesa):
  SQUERI: «Riconoscimento del servizio volontario civile prestato nell'organizzazione nordatlantica “Stay Behind Nets”» (2102) Parere delle Commissioni I, III, V e XI;
  DURANTI ed altri: «Modifica all'articolo 357 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di divieto di localizzazione delle aree addestrative non demaniali e dei poligoni semipermanenti od occasionali in aree naturali protette» (2328) Parere delle Commissioni I, V, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
  GEBHARD ed altri: «Modifica all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di limite di reddito relativo alle detrazioni per carichi di famiglia» (2242) Parere delle Commissioni I e V.

   IX Commissione (Trasporti):
  MARAZZITI: «Disposizioni in materia di abolizione del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione nonché istituzione del contributo per la pubblica editoria e delega al Governo per il coordinamento normativo» (2078) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII e XII.

   XI Commissione (Lavoro):
  GEBHARD ed altri: «Modifica all'articolo 42 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernente l'estensione dei soggetti legittimati a fruire del congedo per l'assistenza di un congiunto con handicap in situazione di gravita» (2243) Parere delle Commissioni I, V, X e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento);
  CENSORE ed altri: «Modifica della dotazione organica dei ruoli del personale del Corpo forestale dello Stato mediante introduzione della qualifica di vice operatore nonché autorizzazione al reclutamento di personale da parte del medesimo Corpo» (2316) Parere delle Commissioni I, V, VIII, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  CATANIA ed altri: «Disposizioni sulla produzione della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta e abrogazione dell'articolo 4-quinquiesdecies del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 205» (2350) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VI (Finanze) e XII (Affari sociali):
  CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA: «Misure per il contrasto del fenomeno della ludopatia e razionalizzazione dei punti di rivendita di gioco pubblico» (2357) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII, IX, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale risi, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 159).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 17 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società generale di informatica (SOGEI Spa), per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 160).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri.

  Il Ministero degli affari esteri ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 17 febbraio, 5 e 27 marzo e 20 e 28 maggio 2014, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Tali decreti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 27 maggio 2014, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 17 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 109 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la relazione sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia, riferita al secondo semestre 2013 (Doc. LXXIV, n. 3).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 17 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo legge 5 dicembre 2005, n. 252, la relazione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, riferita all'anno 2013 (Doc. CXIX, n. 2).
  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze) e alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 18 giugno 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea» i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Quarta relazione sul monitoraggio dello sviluppo del mercato ferroviario (COM(2014) 353 final – Part 1/2 e COM(2014) 353 final – Part 2/2), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa alla strategia dell'Unione europea per la regione adriatica e ionica (COM(2014) 357 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione del 17 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo relativa ai lavori svolti dal Forum congiunto dell'Unione europea sui prezzi di trasferimento nel periodo dal luglio 2012 al gennaio 2014 (COM(2014) 315 final);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa ad un quadro strategico dell'Unione europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020 (COM(2014) 332 final);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti – Sintesi delle realizzazioni della Commissione in materia di gestione per il 2013 (COM(2014) 342 final);

  Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sull'attuazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri la cui moneta è l'euro (COM(2014) 401 final);

  Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2014 dell'Italia (COM(2014) 413 final);

  Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio – Elementi per una strategia dell'Unione europea in materia di pubblica sicurezza nell'America centrale e nei Caraibi (JOIN(2014) 21 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 18 giugno 2014, alla pagina 33, seconda colonna, le righe dalla ventisettesima alla trentaseiesima devono intendersi sostituite dalle seguenti:

  « a) supportare efficacemente le attività già in corso nell'area sanitaria del piano, in particolare:
   a) a valutare ogni soluzione per garantire un rifinanziamento della complessiva dotazione finanziaria del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, attraverso il ripristino delle risorse, relativamente limitate nel quadro dei saldi di finanza pubblica, finora sottratte, almeno per una quota aggiuntiva finalizzata al sostegno delle attività del centro in materia di amianto;
   b) a promuovere una cabina di regia nazionale, secondo le caratteristiche dette in premessa, per il coordinamento degli studi clinici di settore, tale da coinvolgere significativamente gli operatori industriali, consentendo in ultima analisi un sufficiente finanziamento a tale programma di ricerca».

MOZIONI BINETTI ED ALTRI N. 1-00209, PALESE ED ALTRI N. 1-00497, DALL'OSSO ED ALTRI N. 1-00498, ZAMPA ED ALTRI N. 1-00501, PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-00502, RONDINI ED ALTRI N. 1-00504 E DORINA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00506 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AL FENOMENO DEI MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati in Italia si pone, per le caratteristiche e le dimensioni che ha assunto, come emblematico, con aspetti di drammatica urgenza. Diverse sono le fasce d'età ed i Paesi di provenienza ed eterogenee le motivazioni che inducono a tentare l'avventura migratoria: minacce per la vita; dislocazioni territoriali forzate; condizioni di precarietà economica e sociale o di vero e proprio sfruttamento; maltrattamenti in ambito familiare; perdita dei parenti adulti; spirito di avventura che spinge all’«esplorazione» di contesti nuovi; volontà di accedere ai prodotti di un mercato che spesse volte dista solo poche decine di chilometri dal Paese d'origine; progetto condiviso con i genitori, come nel caso dei «messaggeri economici» o «anchor child»; istigazione o costrizione da parte di organizzazioni criminali. Altrettanto diversificati si presentano, dunque, i bisogni individuali della molteplicità di soggetti presenti all'interno del territorio nazionale;
    circa settemila persone (quasi due al giorno) sono morte negli ultimi dieci anni nell'attraversamento del canale di Sicilia, in cerca di asilo: tra le vittime, decine e decine di bambini morti in mare sui barconi della speranza. Le indagini sull'identità e sulla situazione del minore in Italia e nel Paese di origine costituiscono un aspetto centrale al fine del perseguimento del superiore interesse del minore e, in particolare, ai fini di una valutazione in ordine all'interesse del minore a restare sul territorio italiano, ovvero ad essere rimpatriato. È importante che le indagini siano efficaci e tempestive, in modo da consentire una decisione ben fondata in tempi rapidi, riducendo al minimo il periodo di incertezza sul proprio futuro che può provocare gravi danni al minore;
    è assolutamente necessario dare un concreto sostegno ai minori sbarcati a Lampedusa, sia quelli scampati al tragico naufragio del 3 ottobre 2013, che quelli arrivati sull'isola dopo altrettanto terribili viaggi: lo ha fortemente richiesto il Santo Padre, per dare un deciso segnale sulla necessità di concentrarsi sui più piccoli. Nella stessa direzione si muovono anche le principali associazioni umanitarie presenti nel nostro Paese, da Save the Children, alla Caritas e molte altre ancora;
    molti sono spesso minori non accompagnati e hanno in media dagli undici ai sedici anni. Le famiglie fanno sacrifici per il loro futuro, con i risparmi accumulati in una vita: agli scafisti senza scrupoli pagano 1800 dollari per ogni ragazzo affidato a quei barconi, strumenti delle mafie che lucrano sul traffico umano;
    il Parlamento e il Governo nel 1998 hanno apportato alcune modifiche sulla condizione giuridica del «minore straniero non accompagnato», per meglio disciplinare le diverse problematiche dell'affidamento, della tutela e dell'accoglienza del minore. Tra la normativa internazionale vale la pena tener presente: la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo fatta a New York nel 1989; la Convenzione di Lussemburgo del 1980; la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996; la direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell'Unione europea del 2003. La Costituzione prevede varie disposizioni che possono essere considerate una forma di tutela concreta per i minori stranieri non accompagnati: nello specifico, gli articoli 2, 3, 29, 30, 31 e 37. A questi si aggiungono l'articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, l'articolo 343 e l'articolo 403 del codice civile che dispongono interventi urgenti di protezione per i minori. A questa normativa vanno aggiunti la circolare del Ministero dell'interno del 1999, il decreto del Presidente del consiglio dei ministri 1999, n. 535, la circolare del Ministero dell'interno del 2000 e una nota del Comitato per i minori stranieri del 2002;
    a questi bambini, minorenni stranieri non accompagnati, va garantito il diritto all'istruzione, sia che siano titolari del permesso di soggiorno sia che non lo siano, perché, in base all'ordinamento vigente, sono anch'essi soggetti all'obbligo scolastico ed hanno il diritto di essere iscritti a scuola; a costoro va, inoltre, garantito il diritto alla salute e, quindi, alle cure necessarie per far fronte a tutte le patologie che dovessero contrarre;
    i bambini hanno una forte capacità di resistenza, ma bisogna guidarli con attenzione in un percorso di recupero, soprattutto in un contesto in cui sono privati dei luoghi e delle attività che, in quanto routinarie, rappresentano delle certezze. Hanno compiuto viaggi durissimi, alcuni di loro hanno perso i propri cari nel drammatico naufragio e ora sono costretti a vivere in un centro in condizioni disastrose;
    l'accoglienza in famiglia non è e non deve essere solo questione di generosità. La legge n. 149 del 2001 stabilisce che «il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento»;
    la situazione a Lampedusa è al collasso ed è chiaro che, in simili circostanze, il primo obiettivo è trasferire i piccoli profughi in ambienti più idonei: si spiega così la scelta di queste ultime ore delle autorità competenti a inserire sei minori sotto i tre anni in comunità educative, anziché in famiglie che si erano rese disponibili;
    ma l'auspicio è che il soggiorno in tali strutture sia una soluzione tampone di brevissima durata, perché i danni che ne avrebbero i minori coinvolti sarebbero ulteriori traumi difficili da superare;
    sono proprio, infatti, costoro le vittime principali del dramma vissuto dai migranti. Ecco perché bisogna uscire dalla logica dell'emergenza e trasferirli in strutture meno precarie dei primi centri di accoglienza, in modo che possano ritrovare il sorriso e la voglia di giocare;
    a metà ottobre 2013, su 1151 presenti nel centro di Lampedusa, 31 avevano tra uno e quattro anni, 78 tra i 5 e i 14 anni, 453 tra i 15 e i 24 anni. Secondo i dati di Save the Children, tra i 30 mila migranti arrivati in Italia nei primi nove mesi dell'anno ben 5800 erano minori,

impegna il Governo:

   a facilitare, per quanto di competenza, l'adozione di questi bambini da parte delle coppie dichiarate idonee all'adozione internazionale;
   ad assumere iniziative per introdurre l'istituto dell'affidamento familiare internazionale, finalizzato al compimento di uno specifico progetto di carattere familiare, umanitario, sanitario, di studio o di formazione professionale, tale da consentire il miglioramento delle condizioni di vita del minore straniero, nonché ad assicurare il suo diritto a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia;
   a predisporre una banca dati nazionale con l'elenco delle famiglie pronte all'affido, nonché delle disponibilità delle case famiglia;
   ad istituire una task force in grado di coordinare e gestire lo sforzo delle associazioni, del volontariato e della società civile nell'emergenza attuale, coordinandosi con tutte le realtà territoriali italiane già attive;
   a monitorare i minori in stato di abbandono, al fine di evitare che diventino vittime della tratta, nonché a favorire il rimpatrio assistito nel Paese d'origine (ove sia scelto e possibile);
   a promuovere e a sostenere una rete di famiglie volontarie, pronte a offrire ospitalità e ad accogliere, ove possibile, in affido i bambini orfani e quelli non accompagnati.
(1-00209) «Binetti, Adornato, Buttiglione, Capua, Caruso, Cera, Cesa, Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino, Dambruoso, De Mita, Galgano, Gigli, Gitti, Locatelli, Marazziti, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Fitzgerald Nissoli, Oliaro, Piepoli, Sberna, Sottanelli, Schirò, Tinagli, Vargiu, Vitelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il 12 giugno 2014, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, in audizione di fronte al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, in tema di immigrazione in Italia ha dichiarato che attualmente sono arrivati in Italia 7182 minori stranieri non accompagnati, il numero più grande mai giunto fino ad ora sul nostro Paese. Per sua stessa ammissione, l'attuale situazione rende difficile la sostenibilità dei flussi di minori stranieri non accompagnati poiché «abbiamo un acutizzarsi di questo fenomeno che crea problemi di tenuta del sistema»;
    il numero fornito dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali è sicuramente impressionante ma tristemente non si discosta dalla media annuale: ogni anno, infatti, le comunità di accoglienza per minori in Italia segnalano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione la presenza di circa 7.000 minori stranieri non accompagnati;
    la situazione attuale è realmente drammatica, se solo si pensa che, per quanto riguarda gli arrivi via mare, il 2011 è stato considerato, con «soli» 4.209 minori non accompagnati, un anno talmente drammatico da far dichiarare al Governo italiano lo stato di emergenza umanitaria a causa del considerevole numero di migranti arrivati via mare;
    bisogna, peraltro, tener conto del fatto che il dato fornito non rispecchia la realtà, non computando i minori invisibili, ossia i minori che non accedono al sistema di protezione perché «in transito»: ragazzi, soprattutto afgani, che raggiungono le coste adriatiche, principalmente nascosti a bordo di auto e tir su traghetti provenienti dalla Grecia e che, fin dal loro ingresso in Italia, cercano di non essere identificati in Italia per poter più facilmente raggiungere i Paesi del nord Europa;
    sicuramente il dato più allarmante riguarda il numero dei minori non accompagnati che arrivano via mare, con i cosiddetti sbarchi. Si tratta di minori, in maggioranza di origine eritrea, egiziana, siriana, gambiana, maliana, senegalese e nigeriana, che non hanno cittadinanza italiana o di altri Paesi europei e che si trovano in Italia da soli, senza un adulto di riferimento che sia per loro legalmente responsabile. La maggior parte sono ragazzi che hanno un'età compresa tra i 15 ed i 17 anni;
    si tratta di minori che rischiano la propria vita, come hanno purtroppo dimostrato i naufragi che si sono verificati al largo delle coste di Lampedusa e del Salento. Ma è l'intero viaggio, non solo quello in mare, a esporli a gravi rischi. I minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia hanno, infatti, alle spalle tragitti che talvolta sono durati anni, durante i quali hanno vissuto esperienze drammatiche e traumatiche, subito violenze di ogni tipo e che sentono il peso della responsabilità di dover restituire al più presto la somma di denaro corrispondente al debito contratto personalmente o dalle loro famiglie per compiere il viaggio;
    il Terzo rapporto Anci sui minori stranieri non accompagnati, realizzato dal dipartimento sull'immigrazione dell'Anci, presenta i dati riferiti agli anni 2007/2008 raccolti dall'indagine rivolta a tutti i comuni italiani, a cui hanno risposto «5.784 amministrazioni, il 71,4 per cento del totale.». Dai dati diffusi dall'Anci si evince che: «su 5.784 amministrazioni, sono 1.023 i Comuni che hanno dichiarato di aver preso in carico minori non accompagnati per un totale di 7.216 minori presi in carico nell'anno 2008.» e che «a prendere in carico i minori non accompagnati sono principalmente le città con più di 100 mila abitanti (47,5 per cento), ma anche i Comuni medi che ne hanno accolti il 23,2 per cento, e quelli medi e piccoli (13,7 per cento)»;
    si legge, inoltre, nel rapporto Anci che l'aumento maggiore ha riguardato i minori originari dell'Afghanistan che dal 2006 al 2008 sono quasi triplicati (+170 per cento). Consistenti anche gli incrementi di minori che giungono da Paesi africani instabili o in conflitto (Nigeria, Somalia, Eritrea, ecc.) e dunque potenziali richiedenti asilo, ai quali si aggiungono coloro che provengono dall'Egitto. Il Rapporto evidenzia, inoltre, che è diminuito il numero di minori non accompagnati nelle quattro grandi città in cui la presenza è più numerosa (Roma, Milano, Torino e Trieste). Riduzione analoga a Napoli ed anche nelle città medie quali Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Trento, Cremona e Caltagirone. Il numero dei minori aumenta, invece, a Venezia, Ancona e Bologna, così come in altre città medie quali Ravenna, Pesaro, Macerata e Cividale del Friuli;
    come si legge dal rapporto effettuato dall'organizzazione Save the Children, da quasi 10 anni impegnata nella protezione dei minori stranieri non accompagnati anche in Italia, i minori non accompagnati afgani, somali ed eritrei hanno attraversato vari Paesi prima di arrivare in Italia: gli afgani, dopo aver attraversato il Pakistan e l'Iran, sono arrivati in Puglia e in Calabria dalle coste di Grecia e Turchia, mentre i somali hanno attraversato il Kenya e l'Uganda oppure l'Etiopia e, come gli eritrei, anche il Sudan e la Libia prima di arrivare in Sicilia e, per la maggior parte, a Lampedusa. La permanenza, rispettivamente in Grecia e in Libia, ha messo particolarmente a rischio la loro incolumità fisica e psicologica;
    in particolare, i minori non accompagnati afgani sono in prevalenza di etnia hazara e pashtun, anche se negli ultimi mesi si rileva una maggiore incidenza di tajik, e provengono da diverse zone dell'Afghanistan. In particolare, gli hazara provengono dall'Afghanistan centrale, dalle regioni di Ghazani, Bamyan e, soprattutto, Behsood e Quetta City, mentre i pashtun dalle regioni di Baghlan e Jalalabad e i tajik dalla parte occidentale del Paese, da città quali Herat e Kabul. Restano in Grecia in media 8-9 mesi, ma, in alcuni casi, anche più di un anno, dove vivono in condizioni precarie e subiscono violenze, anche da parte della polizia;
    i minori non accompagnati egiziani arrivano principalmente sulle coste orientali della Sicilia, ma anche in Calabria e a volte in Puglia, parendo direttamente dalle coste egiziane e provengono da diversi governatorati. Secondo quanto riportato dagli operatori sul campo di Save the Children, alcuni hanno raccontato di essersi incontrati al Cairo e di aver raggiunto in autobus la località di Rasheed, altri di essere partiti da Kaliopya verso Alessandria nascosti in un camion dove sono stati sistemati in un casolare per circa un giorno. I trafficanti hanno sequestrato loro denaro, cellulari e documenti. Sono stati poi portati a bordo di gommoni con cui hanno raggiunto in piccoli gruppi dei pescherecci che si trovavano al largo delle coste egiziane e poi, nelle vicinanze delle coste italiane, sono stati fatti salire a bordo di imbarcazioni più veloci, mentre i pescherecci hanno fatto ritorno in Egitto;
    alcuni di loro raccontano che il viaggio in mare è durato circa una settimana, durante la quale sono rimasti all'interno della cella frigorifera del peschereccio; il cibo era insufficiente e veniva quindi distribuito loro a giorni alterni;
    la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati ha un progetto migratorio ben definito: cercano, per sé e/o per le proprie famiglie, in Italia o, più spesso, in Europa, un futuro migliore di quello che ritengono che il loro Paese di origine possa offrire;
    la condizione dei minori stranieri non accompagnati il più delle volte è triste conseguenza umanitaria della guerra, dalla quale i minori cercano di fuggire nella speranza di una vita migliore;
    non è, dunque, un caso che sempre più spesso arrivino in Italia bambini siriani, il Paese del vicino Oriente dove la morte si conta al ritmo di decine e decine di vittime civili alla settimana. Dalle ultime notizie giunte dal fronte siriano, dove è in corso da mesi la guerra civile iniziata contro il governo di Bashar al-Assad, spicca la denuncia del rapporto annuale dell'Onu, dal titolo «Bambini e conflitti armati». Secondo quanto dichiarano Radhika Coomaraswamy, rappresentante speciale dell'Onu per i bambini coinvolti nei conflitti armati, e Ban Ki-moon, Segretario generale, 1200 bambini hanno già incontrato la morte ma migliaia di essi sono in grave pericolo, anche a causa delle aberranti pratiche dell'esercito regolare siriano e dell'esercito ribelle, l'Els, arrivati a sfruttarli come scudi umani;
    l'attuale normativa italiana a protezione dei minori stranieri non accompagnati è ormai inattuale rispetto all'enorme mole emergenziale che il nostro Paese deve affrontare. Si rendono necessarie pertanto delle migliorie atte a colmare tali lacune e ad aggiornare le procedure d'accoglienza;
    a titolo esemplificativo, l'attuale normativa prevede che i migranti che arrivino via mare o che vengono rintracciati sul territorio debbano essere identificati, tramite registrazione anagrafica delle generalità dichiarate e foto-segnalati dalle autorità di pubblica sicurezza;
    in caso di dubbio circa la maggiore o minore età dichiarata dai migranti, attualmente non viene chiesta e data la possibilità di produrre documenti anagrafici attestanti l'età dichiarata né viene attivato il contatto con le autorità consolari competenti (qualora il migrante non sia anche solo potenzialmente un richiedente asilo), ma si preferisce direttamente sottoporre il migrante ad esami medici, nonostante ampia letteratura medica riconosca che non è in alcun modo possibile stabilire con certezza l'età anagrafica di una persona attraverso esami medici. L'esame radiografico del polso si conferma come lo strumento maggiormente utilizzato, non tanto per la sua efficacia, quanto per il suo basso costo e la rapidità nell'ottenerne l'esito;
    la normativa e le prassi sul territorio nazionale sono dunque disomogenee per quanto riguarda la durata della procedura di identificazione, la presenza di mediatori culturali e la modalità utilizzata per accertare l'età dichiarata dai migranti;
    il rischio del verificarsi di casi di erronea identificazione di minori non accompagnati come maggiorenni è più alto quando le organizzazioni umanitarie non hanno la possibilità di incontrare i migranti prima che vengano adottati nei loro confronti provvedimenti (quali il rimpatrio), circostanza che accade quasi sistematicamente in occasione di arrivi via mare di migranti egiziani e tunisini;
    procura, inoltre, fondato allarme la situazione generale all'interno dei centri per migranti, che versano in una condizione di totale sovraffollamento e promiscuità, a causa della quale non vi è la possibilità di isolare i presunti minori in attesa di trasferimento dagli adulti;
    tale situazione comporta notevoli e preoccupanti risvolti non solo per le condizioni igienico-sanitarie dei centri, ma anche per i profili psicologici, posto che ammassare in condizione inumana i migranti genera un alto livello di tensione che ha fatto registrare negli ultimi mesi gravi episodi di violenza;
    nel tentativo di uniformare le procedure per l'accertamento dell'età utilizzate sul territorio nazionale, nel 2009, a livello interministeriale, è stato prodotto il cosiddetto Protocollo Ascone, che prevede un approccio multidisciplinare in caso di accertamento medico dell'età, il cui contenuto è però rimasto purtroppo, ad oggi, disatteso non essendo state individuate sui territori regionali le strutture che potrebbero svolgere tali esami, né è stata condivisa la garanzia di copertura economica degli stessi;
    la normativa italiana già prevede che i minori non accompagnati non possono essere espulsi e devono essere collocati in un luogo sicuro. Tuttavia, a livello nazionale si rilevano prassi diverse rispetto al soggetto istituzionale che provvede all'individuazione dei posti in accoglienza e al collocamento dei minori non accompagnati in comunità. Inoltre, al fine di individuare i posti disponibili in accoglienza, le autorità che devono provvedere al collocamento in luogo sicuro sono costrette a ricercare un contatto con le comunità di accoglienza, spesso senza neanche disporre di un loro recapito telefonico;
    nonostante nel corso del 2011, durante la cosiddetta emergenza nord Africa, sia stata per la prima volta positivamente sperimentata la possibilità di collocare i minori non accompagnati in comuni e regioni diverse da quelle di sbarco o rintraccio, la ricerca dei posti per l'accoglienza si svolge perlopiù nell'ambito del distretto o, eventualmente, della regione di sbarco o rintraccio, piuttosto che a livello nazionale, anche a causa dell'incertezza rispetto al soggetto istituzionale competente a sostenere i costi della trasferta;
    in questo momento è in discussione presso le competenti Commissioni parlamentari una proposta di legge (A.C. 1658) di matrice trasversale a quasi tutte le componenti politiche, che affronta in maniera corposa la regolamentazione dei minori stranieri non accompagnati, della quale si auspica una celere discussione al fine di disciplinare quanto prima la materia;
    l'articolo 23, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi connessi al superamento dell'emergenza umanitaria e consentire nel 2012 una gestione ordinaria dell'accoglienza. Il Fondo, dotato per l'anno finanziario 2013 di venti milioni di euro, costituisce uno strumento per capitalizzare le metodologie e le procedure elaborate ed utilizzate in occasione della cosiddetta emergenza nord Africa, al fine di stabilizzare un sistema più efficace ed efficiente di accoglienza dei minori non accompagnati in situazioni ordinarie. Esso risponde, inoltre, all'impegno assunto dal Governo in sede di Conferenza unificata (riunione del 30 marzo 2011) di individuare risorse stabili e pluriennali destinate al sostegno dell'accoglienza dei minori nelle comunità attraverso i comuni;
    una soluzione condivisibile sarebbe quella di inserire anche nel nostro ordinamento l'affidamento familiare internazionale, non regolamentato dalla normativa italiana. Negli ultimi anni si è, infatti, assistito al fenomeno dei cosiddetti «soggiorni climatici», periodi più o meno lunghi di permanenza nel nostro Paese di minori stranieri presso famiglie ospitanti. Di fatto, queste ipotesi, con il tempo, si sono trasformate in percorsi alternativi alle consuete procedure da seguire per arrivare all'adozione di un bambino, sfruttando le disposizioni normative che consentono l'adozione in deroga alle condizioni stabilite dalla legge quando si sia stabilita con lo stesso una relazione affettiva che, ove interrotta, potrebbe portare a conseguenze negative per il suo sviluppo psico-fisico;
    il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ha specificato che «gli Stati devono assicurare che i bambini separati e non accompagnati abbiano una qualità di vita adeguata al loro sviluppo fisico, mentale, spirituale e morale. Come sancito dall'articolo 27(2) della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, gli Stati dovranno provvedere all'assistenza materiale e predisporre programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda la nutrizione, il vestiario e l'abitazione»,

impegna il Governo:

   in accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (soprattutto gli articoli 2, 3, 22 e 37), e con il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, a porre in essere tutte le opportune iniziative atte a creare sufficienti centri speciali di accoglienza riservati ai minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale;
   ad assicurare, anche con le opportune iniziative normative, che la permanenza in questi centri sia per il minore più breve possibile e che l'accesso all'istruzione e alla sanità sia garantito durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza;
   ad assicurare per il minore straniero non accompagnato l'espletamento di una procedura di accertamento dell'identità certa e uniforme su tutto il territorio nazionale, registrata nelle banche dati degli organi competenti alla gestione delle presenze dei minori stranieri;
   a porre in essere iniziative di formazione ad hoc per il personale (militare e non) impiegato presso i luoghi più strategici per i flussi migratori, come porti e frontiere, in collaborazione con il personale delle organizzazioni non governative accreditate;
   ad adottare, il prima possibile, una procedura armonizzata nell'interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati sull'intero territorio nazionale;
   ad assicurare che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò corrisponde al superiore interesse dei bambini, e che sia garantita a questi stessi bambini l'assistenza per tutto il periodo successivo;
   a porre in essere tutte le opportune iniziative volte alla creazione, con l'intervento del Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con le organizzazioni non governative accreditate, di percorsi di emigrazione assistiti per quei minori non accompagnati che transitano attraverso l'Italia, manifestando l'intenzione di raggiungere altri Paesi europei dove hanno residenza i loro familiari, al fine di porre in essere gli opportuni controlli che in tal senso eviterebbero a questi minori viaggi rischiosissimi e l'incertezza del futuro;
   a condividere con il Parlamento quanto prima un'agenda europea per il semestre di Presidenza italiana che ponga, come prioritario punto, una collaborazione concreta in merito alla condivisione delle risorse finanziarie, alle operazioni di salvataggio e sicurezza, ai percorsi di emigrazione assistiti e agli strumenti normativi comuni, anche mediante appositi accordi con i Paesi del nord Africa, al fine di dare adeguata assistenza ai minori stranieri non accompagnati;
   ad intraprendere tutte le opportune iniziative per agevolare l'inserimento nel nostro ordinamento dell'istituto dell'affidamento familiare internazionale e per creare, quanto prima, le migliori condizioni per garantire ai minori stranieri il rispetto del diritto a vivere e crescere in una famiglia.
(1-00497) «Palese, Centemero, Carfagna».


   La Camera,
   premesso che:
    ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, arrivano in Italia circa 7.000 minori stranieri soli, lontani dalla famiglia e senza adulti di riferimento, ma questa cifra è da ritenersi sottostimata, in quanto si riferisce ai soli minori non accompagnati identificati, mentre esiste un numero non quantificabile di minori non identificati;
    nell'ambito delle migrazioni, essi rappresentano un gruppo particolarmente vulnerabile, infatti, i minori stranieri hanno alle spalle viaggi che talvolta sono durati anni e arrivano in Italia dopo aver vissuto anche violenze di ogni tipo e con il problema di dover restituire il denaro che si sono fatti prestare per il viaggio e questa diventa occasione per diventare preda dei circuiti di illegalità, soprattutto quando non si attiva, fin dal loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno efficace ed efficiente;
    i minori stranieri, anche se entrati regolarmente in Italia, sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con la legge n. 176 del 1991, che stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto, come considerazione preminente, il superiore interesse del minore, (principio del «superiore interesse del minore») e che i principi da essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazioni (principio di «non discriminazione»);
    la Convenzione sui diritti del fanciullo riconosce a tutti i minori un'ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità famigliare, alla tutela dallo sfruttamento e alla partecipazione;
    l'Italia ha anche provveduto a ratificare e rendere esecutiva, con la legge 20 marzo 2003, n 77, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli di Strasburgo del 25 gennaio 1996;
    negli ultimi anni, il flusso maggiore di minori stranieri non accompagnati ha riguardato in particolare quelli provenienti dall'Afghanistan, dal Bangladesh, dall'Egitto, dalla Tunisia, dalla Nigeria, dalla Somalia e dall'Eritrea e, in questi ultimi mesi, anche dalla Siria;
    si tratta soprattutto di adolescenti tra i 15 e i 17 anni di età, prevalentemente maschi, ma si registrano anche ragazzi e ragazze di 13-14 anni; le ragazze, in particolare, provengono dalla Nigeria. Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili forniti dal Ministero dell'interno ai partner del progetto Praesidium (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, Save the Children e Croce Rossa), aggiornati al 6 settembre 2013, nei primi otto mesi del 2013 sono giunti via mare in Italia 4.050 minori, per la maggior parte non accompagnati;
    un altro dato utile a comprendere l'entità di questo fenomeno riguarda il numero dei minori non accompagnati che arrivano sulle coste italiane in modo più visibile, ovvero, via mare (con i cosiddetti «sbarchi»); ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, sono in media circa 2.000, pari al 10-15 per cento dei migranti in arrivo via mare. Anche in questo caso i minori non accompagnati rischiano la propria vita, come hanno purtroppo dimostrato i naufragi che si sono verificati al largo delle coste di Lampedusa e del Salento;
    nel 2012 sono stati 13.267 i migranti arrivati via mare lungo le coste italiane, di cui la maggior parte in Sicilia (6.444) e, in particolare, sull'isola di Lampedusa (5.034). Le donne sono state 1.136 e i minori 2.279, di cui 1.999 non accompagnati;
    secondo i dati ufficiali dall'inizio del 2013 al giorno 8 luglio 2013, risultano essere arrivati via mare sulle coste italiane 9.070 migranti, di cui 799 donne e 1.424 minori, per la maggior parte (1.257) non accompagnati. Nello stesso periodo del 2012 gli arrivi via mare erano stati circa la metà sia complessivamente (4.515), che di donne (322) e minori (776, di cui 628 non accompagnati);
    sulla base di segnalazioni provenienti dalle comunità, sono circa 1400 i minori non accompagnati che sarebbero irreperibili, in particolare si tratta di minori afgani, egiziani e somali;
    le regioni dove si segnala la presenza del più alto numero di minori irreperibili sono la Sicilia, la Puglia e la Calabria;
    nonostante il notevole afflusso di minori stranieri non accompagnati, l'Italia continua ad affrontare l'accoglienza di questi minori stranieri in termini di emergenza, senza aver proceduto ad una chiara definizione di competenze e di responsabilità degli attori coinvolti. Esistono in Italia esperienze di eccellenza nell'accoglienza dei minori migranti ma, nonostante l'impegno di molti sia all'interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati: dal diritto al riconoscimento della minore età a quello ad un'accoglienza decorosa, dal diritto alla nomina di un tutore alla possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano;
    le associazioni impegnate nella protezione dei minori stranieri non accompagnati hanno accumulato un'esperienza diretta che ha consentito loro di rilevare fondamentali carenze e disfunzioni nell'accoglienza e nella protezione di questi minori;
    le carenze e disfunzioni devono essere affrontate in tempi rapidi con l'adozione di una disciplina organica in materia e un'omogenea applicazione delle norme che garantiscano uguali tutele in tutto il territorio nazionale;
    la stessa Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, a seguito di un'indagine conoscitiva, aveva approvato, il 21 aprile 2009, una risoluzione avente ad oggetto i minori stranieri non accompagnati che conteneva alcuni importanti impegni per il Governo, riferiti direttamente alla necessità di sciogliere i maggiori nodi critici emersi dalle prime risultanze dell'indagine;
    in particolare, l'indagine conoscitiva aveva evidenziato una situazione di notevole gravità sociale relativamente ai fenomeni riscontrati, imponendo alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza l'urgenza di individuare al più presto strumenti immediati atti a garantire un'efficace tutela di questi minori, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse alla loro incerta sorte e alla prevaricazione dei loro più elementari diritti di soggetti deboli;
    è necessario, quindi, definire un sistema stabile di accoglienza, con regole certe, volto a garantire pari condizioni di accesso a tutti i minori stranieri non accompagnati, maggiore stabilità e qualità nella rete di accoglienza, ottimizzazione delle risorse pubbliche, dal momento che è noto che, nelle fasi di emergenza, cresce anche la spesa e diviene più difficile garantire efficienza e trasparenza;
    appaiono improcrastinabili tra l'altro:
     a) la necessità di uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell'età;
     b) l'istituzione di un sistema nazionale di accoglienza, con un numero adeguato di posti e con standard qualitativi garantiti;
     c) l'attivazione di una banca dati nazionale per disciplinare l'invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni, sulla base delle disponibilità di posti e di eventuali necessità e bisogni specifici degli stessi minori;
     d) la continuità e certezza del finanziamento di un fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni e che sia una delle voci del Fondo nazionale per le politiche sociali;
     e) la partecipazione attiva e diretta dei minori stranieri non accompagnati a tutti i procedimenti che li riguardano, nel rispetto dei principi della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991;
     f) la promozione della presa in carico e di un sostegno continuativo dei minori stranieri in condizioni di particolare vulnerabilità, quali, ad esempio, quelli vittime di tratta e di sfruttamento, richiedenti asilo e altri;
     g) il sostegno organico all'integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati anche vicini al compimento della maggiore età;
     h) il coinvolgimento attivo delle comunità nell'accoglienza e nell'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, sviluppando l'affido familiare come alternativa alla comunità e la figura dei tutori volontari in rete con i garanti per l'infanzia e l'adolescenza,

impegna il Governo:

   a superare l'approccio emergenziale alla questione dei minori stranieri non accompagnati, anche attraverso un'iniziativa normativa che affronti organicamente la questione dei minori non accompagnati e che preveda in particolare:
    a) un sistema di protezione per tutti i minori, colmando le lacune che l'acuirsi del fenomeno migratorio dei minori ha evidenziato, rafforzando il sistema di tutela dei diritti e rispondendo agli specifici bisogni dei minori migranti;
    b) l'applicazione della definizione di minori stranieri non accompagnati anche ai minori richiedenti protezione internazionale, in linea con la risoluzione n. 97/C 211/03 del Consiglio del 26 giugno 1997 in materia, minori finora non considerati di competenza del Comitato per i minori stranieri, le cui funzioni sono state recentemente trasferite alla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
    c) il divieto del respingimento alla frontiera dei minori non accompagnati, prevedendolo esclusivamente nei casi in cui sia nel loro superiore interesse e sia finalizzato al riaffidamento ai familiari;
    d) le modalità di contatto e di informazione nei riguardi dei minori stranieri non accompagnati, presso i valichi di frontiera, garantendo l'accesso alle organizzazioni di tutela anche ai presunti minori prima della loro identificazione e assicurando, inoltre, a tutti i presunti minori un servizio di prima assistenza, che faccia fronte, anche prima dell'identificazione, ai bisogni primari degli stessi, nonché il collocamento in una struttura adeguata nelle more della definizione delle operazioni di identificazione;
    e) l'armonizzazione del sistema delle segnalazioni della presenza di un minore nel territorio, affinché gli uffici di frontiera segnalino, al pari dei pubblici ufficiali, la presenza di minori stranieri non accompagnati alle autorità competenti, tra cui il tribunale per i minorenni, chiamato ad adottare opportuni provvedimenti temporanei nell'interesse dello stesso minore;
    f) una procedura di identificazione omogenea sul territorio ed adatta all'età del presunto minore, che: in particolare, si basi su un approfondito colloquio personale e che, in caso di dubbio sull'età, consenta di esperire ogni opportuno tentativo di identificare la persona senza ricorrere a procedure mediche; preveda che le eventuali procedure mediche possano essere disposte dall'autorità giudiziaria solo come extrema ratio e, in tal caso, che il presunto minore sia sempre informato e acconsenta a sottoporsi agli esami medici, così come la persona che esercita i poteri tutelari sullo stesso; preveda che l'accertamento dell'età avvenga secondo un approccio multidisciplinare; stabilisca che il referto medico riporti un range di età, non potendo, come gli studi scientifici dimostrano, l'età essere determinata esattamente attraverso nessun esame medico, né tantomeno attraverso un insieme di esami medici; preveda che la pubblica autorità emetta un provvedimento di attribuzione dell'età, ricorribile al pari degli altri provvedimenti amministrativi o giudiziali, sancendo il principio, già richiamato da atti amministrativi, della presunzione della minore età in caso permangano dubbi anche dopo gli accertamenti medici, in linea con quanto già disposto in tal senso dalle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988 in materia di procedimento penale a carico di imputati minorenni;
    g) l'attivazione di indagini famigliari non solo in Italia, ma anche in altri Paesi europei o in Paesi terzi, stabilendo che l'affidamento a familiari idonei sia sempre preferito al collocamento in comunità;
    h) la promozione dell'istituto dell'affidamento familiare di cui alla legge n. 184 del 1983 anche per i minori non accompagnati;
    i) la disciplina dell'istituto del rimpatrio assistito, spostando la competenza all'adozione del provvedimento dalla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al tribunale per i minorenni, che è l'organo a cui la Costituzione assegna istituzionalmente il compito di promuovere e di tutelare il superiore interesse dei minori;
    l) che il minore straniero non accompagnato sia dotato di una «storia personale» nel territorio italiano, per permettere a ogni operatore che entra in contatto con lo stesso di prendere decisioni in linea con il percorso già fatto e per evitare di sottoporre il minore a procedure alle quali è già stato sottoposto, fatta salva comunque la tutela espressa dalla normativa in vigore sulla privacy;
    m) la disciplina organica del rilascio del permesso di soggiorno per i minori, che può essere concesso anche prima della nomina formale del tutore e che deve essere rilasciato «per motivi familiari» quando il minore non è collocato in una casa-famiglia, ma è affidato a un cittadino italiano o straniero, abrogando contestualmente il permesso di soggiorno previsto per i progetti di integrazione sociale e civile gestiti da un ente pubblico o privato, istituito dall'articolo 25 della legge n. 189 del 2002;
    n) l'adozione di una disciplina organica e omogenea che garantisca uguali tutele su tutto il territorio nazionale, definendo, al contempo, un sistema stabile di accoglienza con regole certe, volto a garantire: condizioni di accesso a tutti i minori stranieri non accompagnati; stabilità e qualità nelle rete di accoglienza; ottimizzazione delle risorse pubbliche;
    o) l'istituzione di elenchi di tutori volontari presso ogni tribunale ordinario, al fine di scongiurare la cattiva prassi segnalata da diversi territori di un tutore che ha in carico decine di minori stranieri non accompagnati;
    p) l'istituzione del sistema nazionale di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, finalizzando il sistema medesimo a garantire per ogni minore una valutazione approfondita in merito al luogo dove può essere collocato, facendo sì che le strutture deputate all'accoglienza prevedano servizi specifici rispondenti ai bisogni precipui dei minori non accompagnati;
    q) lo snellimento degli adempimenti e l'indicazione di tempi certi della pubblica amministrazione nel rilascio del parere necessario alla conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età;
    r) il recepimento dell'accordo Stato-regioni che prevede l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale anche per i minori privi di permesso di soggiorno, stabilendo procedure operative per l'attuazione di tale misura;
    s) misure per favorire l'esercizio del diritto all'istruzione per i minori non accompagnati, prevedendo che possano conseguire il titolo di studi, anche quando sono divenuti maggiorenni nelle more del percorso di istruzione, nonché per sostenere accordi tesi alla promozione dell'apprendistato;
    t) anche per i minori stranieri non accompagnati, un sistema di giustizia child friendly, come raccomandato dalle linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 novembre 2010, al fine di promuovere una partecipazione attiva degli stessi minori in tutti i procedimenti giurisdizionali e amministrativi che li riguardano;
    u) il rafforzamento del sistema di protezione per i minori stranieri non accompagnati maggiormente vulnerabili, vittime di tratta, richiedenti protezione internazionale e minori coinvolti in attività illecite, per i quali prevedere misure specifiche di tutela, in relazione all'accoglienza, che è garantita anche ai minori autori di reato che partecipano attivamente a un percorso di reinserimento sociale, ai servizi offerti e ai procedimenti giudiziari e amministrativi che li riguardano;
    v) la promozione dell'intervento in giudizio delle associazioni di tutela, anche per l'annullamento di atti illegittimi che riguardano minori stranieri non accompagnati;
    z) la costituzione di un tavolo tecnico avente finalità di indirizzo delle politiche di protezione e tutela dei minori stranieri non accompagnati, composto da rappresentanti di tutte le autorità interessate, nonché da rappresentanti delle organizzazioni di tutela e delle comunità di accoglienza;
    aa) la promozione della cooperazione internazionale ed europea al fine di armonizzare i sistemi di protezione dei minori stranieri non accompagnati nei diversi Stati di origine, di transito e di destinazione;
    bb) l'incremento in maniera sostanziale del Fondo nazionale per i minori stranieri non accompagnati oggi finanziato con risorse insufficienti e soggette a spending review.
(1-00498) «Dall'Osso, Lupo, Sorial, Silvia Giordano, Mantero, Cecconi, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice».


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», si disciplinano, tra l'altro, le modalità di soggiorno dei minori stranieri sul territorio dello Stato;
    tra le norme vigenti nell'ordinamento italiano si prevede che i minori non accompagnati che arrivano nel territorio nazionale vengano accolti nei centri di primo soccorso e accoglienza, identificati e lì ospitati non oltre 48 ore e destinati poi a strutture di accoglienza;
    il quadro normativo di riferimento per la tutela dei diritti dei minori è costituito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176;
    nell'ambito delle migrazioni, i minori stranieri non accompagnati rappresentano un gruppo particolarmente vulnerabile. Essi hanno alle spalle viaggi talvolta di anni, arrivano in Italia spesso dopo aver vissuto violenze di ogni tipo e con il problema di dover restituire il denaro prestato loro per il viaggio. Possono essere – e purtroppo sono – facile preda dei circuiti di illegalità, soprattutto se non si attiva, fin dal momento del loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno;
    da molti anni l'Italia affronta l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati in termini di emergenza, senza una chiara definizione di competenze e di responsabilità degli attori coinvolti. Esistono in Italia esperienze di eccellenza nell'accoglienza dei minori migranti, ma, nonostante l'impegno di molti sia all'interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati: dal diritto al riconoscimento della minore età a quello ad un'accoglienza decorosa, dal diritto alla nomina di un tutore alla possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano;
    secondo i dati del Ministero dell'interno, dal 1o gennaio 2014 al 31 maggio 2014 sono stati 41.243 i migranti arrivati via mare, per la maggior parte eritrei (13.002), siriani (6.620) e maliani (4.314); i minori arrivati sono stati 6.722, di cui 4.598 non accompagnati, per la maggior parte di nazionalità eritrea (1.709), somala (679) ed egiziana (516), e 2.124 accompagnati, per la maggior parte siriani (1.542) ed eritrei (206);
    ancora nell'aprile 2009 la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, a seguito di un'indagine conoscitiva, aveva approvato una risoluzione avente ad oggetto i minori stranieri non accompagnati che conteneva alcuni importanti impegni per il Governo, riferiti direttamente alla necessità di sciogliere i maggiori nodi critici emersi dalle prime risultanze dell'indagine. In particolare, l'indagine conoscitiva aveva evidenziato una situazione di notevole gravità sociale relativamente ai fenomeni riscontrati, imponendo alla Commissione l'urgenza di individuare al più presto strumenti immediati atti a garantire un'efficace tutela di questi minori, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse alla loro incerta sorte e alla prevaricazione dei loro più elementari diritti di soggetti deboli;
    il 12 giugno 2014 il Senato della Repubblica ha approvato la mozione «Mare nostrum», nella quale si evidenzia che lo scenario internazionale non fa presagire alcun rallentamento dei flussi migratori nel Mediterraneo. Lo stesso Ministro dell'interno, nel corso dell'audizione del 28 maggio 2014 al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, ha asserito che, al netto della doverosa cautela derivante dalla variabilità dei fattori che possono incidere sulla dimensione quantitativa dei flussi migratori, «è un dato di fatto che, con l'accentuarsi dell'instabilità politica del Nord Africa e della situazione di frammentarietà che ha caratterizzato le condizioni della Libia, ancora priva di un interlocutore di Governo affidabile, i fattori di pushing immigration restano attestati su valori molto alti». È ragionevole, pertanto, prevedere che, per il 2014, il trend degli sbarchi continui ad essere in forte crescita e che proseguano, pertanto, le gravissime difficoltà di gestione, come confermato, del resto, dal salvataggio di circa 5.000 migranti avvenuto soltanto nelle ultime settimane;
    la stessa rilevazione di dati precisi è di difficile effettuazione, stante l'impossibilità di censire con celerità soprattutto i minori stranieri non accompagnati che giungono sul territorio italiano e di cui spesso si perdono le tracce;
    l'ultimo rapporto (il quinto) relativo agli anni 2011-2012 sui minori stranieri non accompagnati, che l'Anci ha commissionato nel 2014 a Cittaitalia, rivela che i minori stranieri non accompagnati in Italia, il cui numero è in continua crescita, costituisce un'ennesima «emergenza», che ancora una volta costringe a inseguire la realtà dei bisogni immediati delle persone da accogliere, con il rischio di allontanare sine die il tempo della programmazione strategica e dell'articolazione di strumenti di carattere ordinario che favoriscano i processi di accoglienza e integrazione;
    il rapporto rileva che i Paesi di provenienza sono più eterogenei, con una netta diminuzione degli arrivi da altri Paesi europei, mentre è in crescita la componente di minori in arrivo dal continente africano, ma anche da Bangladesh e Afghanistan. Conseguentemente, è cresciuto significativamente il numero di minori richiedenti asilo, che nell'indagine risulta essere pari a quasi il 17 per cento dei minori stranieri soli contattati o presi in carico dagli enti locali. Analizzando nel loro complesso tutti questi elementi, appare piuttosto evidente che si vada profilando, sempre più, una realtà nella quale i minori non accompagnati rappresentano una componente del più vasto fenomeno migratorio, ma, più specificamente, della migrazione di categorie particolarmente vulnerabili;
    la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha più volte denunciato la condizione dei minori stranieri non accompagnati nel territorio italiano e ha raccolto elementi di grave allarme sociale legati alla pericolosità dell'azione della microcriminalità e delle organizzazioni mafiose, con particolare riferimento alla prostituzione minorile e al lavoro nero;
    tra le proposte avanzate nel documento della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza adottato nella XVI legislatura vi sono: la creazione di una task force in grado di procedere tempestivamente all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati; l'espletamento di una procedura certa e uniforme di identificazione; la promozione di collaborazioni bilaterali tra l'Italia e i Paesi di provenienza; il rifinanziamento del programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati gestito dall'Anci; l'attivazione di procedura di affidamento familiare temporaneo secondo le norme previste in materia dall'ordinamento;
    il rapporto dell'Anci riporta che nel biennio 2011-2012 i minori stranieri non accompagnati contattati o presi in carico sono stati nel 54,9 per cento dei casi accompagnati ai servizi dalle forze dell'ordine, il 15,6 per cento circa da parenti, poco meno del 5 per cento da connazionali, mentre quasi il 9 per cento si presenta autonomamente. Se si guarda, invece, ai dati in riferimento alle regioni si registrano in Veneto (69,6 per cento), Friuli-Venezia Giulia (66,7 per cento), Lazio (63 per cento) e Sicilia (61,7 per cento) le percentuali più alte di minori portati ai servizi dalle forze dell'ordine. Mentre la percentuale più alta di minori che si recano ai servizi insieme ai parenti si registra in Piemonte con il 41 per cento, seguito dalla Toscana con il 33,3 per cento, mentre in Basilicata con il 33,3 per cento si concentra la più alta percentuale di minori segnalati ai servizi da parte della procura o del tribunale. È da sottolineare il fatto che nel 2011 il numero dei minori stranieri non accompagnati, contattati o presi in carico dai servizi sociali dei comuni è cresciuto rispetto al 2010 (+100,5 per cento), rimanendo pressoché stabile l'anno successivo. Un incremento che ha comportato l'attivazione di interventi, attività e servizi a favore di 9.197 minori nel 2011 e di 9.104 nel 2012. Rispetto agli anni precedenti, inoltre, nel corso dei quali la quota più alta di minori presi in carico si trovava nel Centro-Nord, nel 2012, invece, questa si concentra nel Centro-Sud dove si trova il 71 per cento dei giovani stranieri seguiti dai servizi sociali territoriali. Nello specifico nelle quattro regioni di Lazio (35,1 per cento per cento del totale, con 3.192 minori contro gli 892 del 2010), Puglia (12 per cento, da 422 a 1.089), Sicilia (11,7 per cento, da 301 a 1.061) ed Emilia-Romagna (10 per cento, da 783 a 914 minori) si è registrata la più elevata percentuale di minori presi in carico nel 2012;
    secondo la stima di Save the children e i dati parziali forniti dalle autorità competenti, dal 1o giugno 2014 al 10 giugno 2014 sono arrivati via mare circa 11.312 migranti, per la maggior parte eritrei, siriani e sub sahariani, di cui almeno 813 donne e 1.315 minori (608 accompagnati e circa 707 non accompagnati);
    complessivamente, dunque, dall'inizio del 2014 al 10 giugno 2014 sono almeno 52.500 i migranti arrivati via mare, di cui almeno 8.000 minori, per la maggior parte (almeno 5.300) non accompagnati;
    al 3 giugno 2014 i minori non accompagnati in attesa di accoglienza erano 557, di cui 94 in centri per adulti (la maggior parte presso il centro di primo soccorso e accoglienza di Pozzallo) e gli altri 463 in strutture adibite alla prima accoglienza dei minori nella provincia di Siracusa;
    nel maggio 2014 il presidente della Commissione regionale antimafia siciliana, Nello Musumeci, ha lanciato un gravissimo allarme relativo alla fuga dai centri di prima accoglienza dell'isola di 1.030 minori immigrati, che rischiano di cadere nella rete della criminalità. Secondo il presidente «i ragazzi e le ragazze, quasi tutti in età adolescenziale, dopo aver vagato nei primi giorni per centri abitati e campagne, finiscono quasi sempre nelle mani di spregiudicati, non solo loro connazionali, dediti allo sfruttamento della prostituzione, allo spaccio di droga o al lavoro stagionale nei campi agricoli, vittime del caporalato». «Il dato – spiega Musumeci – è quello ufficiale trasmesso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e si riferisce ai minori non accompagnati sbarcati negli ultimi mesi sulle nostre coste e non identificati in tempo o registrati con false generalità, quasi sempre senza neppure essere sottoposti a visita medica». «Si rendono irreperibili subito dopo l'accesso al centro di prima accoglienza e della loro sorte non si saprà mai nulla». Secondo Musumeci, «solo una minima percentuale dei minori allontanatisi attraversa lo Stretto per tentare di raggiungere i genitori in altre parti della penisola. Il resto degli immigrati è condannato in Sicilia ad una vita di stenti, sfruttamenti ed espedienti»,

impegna il Governo:

   a ricercare una soluzione che non sia di tipo emergenziale ma affronti in maniera organica – anche sul piano normativo – il problema dei minori stranieri non accompagnati, nel rispetto delle norme internazionali, quali la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, che vincola i Paesi sottoscrittori, tra l'altro, a riconoscere il diritto di non discriminazione (articolo 2), ad adottare ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono e di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale (articolo 19), a riconoscere il diritto dei fanciulli ad ottenere il più alto standard possibile di cure mediche, protezione sociale ed istruzione (articoli 20, 28 e 29) e ad assicurare il diritto di protezione (articoli 19, 22, 30, 38);
   ad assumere iniziative per approvare al più presto una normativa organica sul tema dei minori stranieri non accompagnati;
   ad uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell'età, ad istituire un sistema nazionale di accoglienza ampliando il numero di posti previsti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e ad attivare una banca dati nazionale per disciplinare l'invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni, sulla base delle disponibilità di posti e di eventuali necessità e bisogni specifici degli stessi minori;
   ad assumere iniziative per prevedere, comunque, la continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni;
   a prevedere la partecipazione attiva e diretta dei minori stranieri non accompagnati a tutti i procedimenti che li riguardano, nel rispetto dei principi della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
   a favorire la promozione della presa in carico e di un sostegno continuativo dei minori stranieri in condizioni di particolare vulnerabilità (vittime di tratta e di sfruttamento, richiedenti asilo e altri) ed il sostegno organico all'integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati, anche vicini al compimento della maggiore età;
   ad incentivare il coinvolgimento attivo delle comunità nell'accoglienza e nell'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, sviluppando l'affido familiare come alternativa alla comunità e la figura dei «tutori volontari» in rete con i garanti per l'infanzia e l'adolescenza;
   a favorire le attività per il ricongiungimento dei minori con i loro genitori allorquando giunti sul territorio italiano;
   a sostenere a livello europeo, in particolare con l'avvio del semestre di presidenza italiano dell'Unione europea, la predisposizione di un piano europeo di accoglienza e inserimento nei diversi Paesi di destinazione di migranti, richiedenti asilo e protezione, nonché di trasporto sicuro nella traversata del Mediterraneo e poi nel raggiungimento delle destinazioni finali spesso diverse dall'Italia, anche attraverso la revisione delle norme del regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III), con particolare riguardo ai minori stranieri non accompagnati, che prevede a possibilità di trasferimento dei minori presso parenti (non solo genitori) residenti in altri Paesi;
   a prevedere, per quanto di competenza, misure stringenti di controllo e di accelerazione delle operazioni di prima identificazione dei minori stranieri non accompagnati, al fine di impedire che tali minori, resi «invisibili», finiscano nelle mani della criminalità organizzata o nella tratta di esseri umani.
(1-00501) «Zampa, Iori, Patriarca, La Marca, Scuvera, D'Incecco, Marco Di Maio, Gasparini, Antezza, Grassi, Albini, Miotto, Quartapelle Procopio, Piccione, Tidei, Capone, Amoddio, Paola Bragantini, Roberta Agostini, Chaouki, Carnevali, Beni, Zanin, Zappulla, Carra».


   La Camera,
   premesso che:
    l'eccezionale afflusso di migranti sul territorio nazionale, con sbarchi ormai quotidiani sulle coste, principalmente siciliane (sono oltre 50 mila le persone sbarcate dall'inizio del 2014), porta nel nostro Paese migliaia di persone disperate, il 73 per cento delle quali ha diritto a fare richiesta di asilo secondo la Convenzione di Ginevra, oltre che secondo la Costituzione e le leggi italiane. La gran parte di essi sono profughi, sono rifugiati, sono persone che scappano da guerre, persecuzioni e sono donne che sono state vittime di abusi;
    tra questi migranti, moltissimi sono minori e di questi una buona parte sono minori non accompagnati;
    in base alla legislazione nazionale per «minori stranieri non accompagnati» si intendono i minorenni non aventi cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si ritrovano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi d'assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o d'altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano. In tale definizione rientrano sia i minori soli che quelli che vivono con adulti diversi dai genitori che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale;
    secondo i dati delle Nazioni Unite, nel 2013 i migranti nel mondo sono stati 232 milioni di persone, pari al 3,2 per cento della popolazione globale, contro 175 milioni nel 2000 e 154 milioni nel 1996;
    si calcola che siano 33 milioni i migranti di età inferiore ai 20 anni (il 16 per cento di tutte le persone migranti), di cui 11 milioni hanno un'età compresa tra i 15 e i 19 anni e, all'interno di questo processo migratorio, i minori non accompagnati, negli ultimi anni, sono notevolmente aumentati;
    anche nel nostro Paese i minori stranieri, e quelli non accompagnati in particolare, costituiscono una realtà sempre più importante, dalle caratteristiche molto variegate. Ciò comporta anche la difficoltà di quantificare con precisione il fenomeno;
    in Italia, secondo i dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel consueto report bimestrale, i minori non accompagnati non richiedenti asilo segnalati alla fine di marzo 2014 erano 7.865, di cui 1.966 irreperibili;
    giunto nel nostro Paese, qualora venga individuato o si presenti spontaneamente alle autorità competenti, il minore viene segnalato al Comitato per i minori stranieri (l'organo competente a vigilare sul soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio nazionale, nonché a coordinare le attività delle amministrazioni coinvolte), dotato di un permesso di soggiorno per minore età, come previsto dalla legge, e introdotto nei centri di prima accoglienza per un periodo relativamente breve, previsto per un massimo di quaranta giorni ma che molto spesso si protrae per alcuni mesi;
    negli ultimi anni per fronteggiare la situazione di emergenza si è assistito al moltiplicarsi dei cosiddetti «centri informali», centri di prima accoglienza attivati dai prefetti in luoghi – come per esempio palestre e palasport – spesso non adatti a ricevere ed ospitare degnamente e per periodi medio-lunghi un numero consistente di persone;
    sotto questo aspetto, il 16 maggio 2014, l'Assemblea della Camera dei deputati ha discusso e votato alcune mozioni concernenti iniziative relative all'operazione Mare Nostrum. Tra queste, è stata approvata la mozione n. 1-00466 del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, che impegnava il Governo, tra l'altro, e proprio con riferimento ai minori non accompagnati, ad implementare con la massima priorità il sistema di accoglienza dei sopradetti minori, impedendo che tali soggetti possano essere posti, anche temporaneamente, in «centri informali» di grandi dimensioni, garantendo loro una rete di protezione che preveda tutele particolari riconosciute ai minori a garanzia della loro particolare vulnerabilità;
    la situazione dei centri di prima accoglienza per minori non accompagnati è drammatica: sempre più spesso i minori vengono tradotti in strutture di prima accoglienza al collasso e impreparate ad un sostegno specifico. I tempi di trasferimento in comunità idonee ad accogliere i minori sono lunghi e numerose sono le fughe dai sopradetti centri di accoglienza per minori, con la conseguenza che il nostro Paese perde le tracce di gran parte dei minori che sbarcano sulle coste italiane;
    è evidente, infatti, come sia estremamente critica la fase del loro primo inserimento nella società civile, che li espone inevitabilmente a gravi rischi di sfruttamento da parte della criminalità, oltre che per la loro stessa incolumità;
    qualunque previsione di un rientro del minore straniero nel Paese di origine deve essere valutata sulla base di un attento esame dei fattori di rischio e di accurati accertamenti circa l'identità del minore, la sua rete familiare di riferimento, il suo percorso migratorio e la sicurezza che il minore non cada in circuiti di tratta e sfruttamento;
    un minore straniero non accompagnato dovrebbe avere la possibilità di poter restare nel Paese ospite e il permesso di soggiornare temporaneamente nel Paese ospite non dovrebbe essere inteso solo come una procedura amministrativa che può essere interrotta bruscamente quando il minore compie i 18 anni;
    il fenomeno per il quale molti minori si allontanano senza lasciare traccia dalle strutture di ospitalità per loro previste impone, di conseguenza, l'individuazione di efficaci strumenti di contrasto alla loro scomparsa e alla tutela dei loro diritti fondamentali. Va sottolineato come una delle ragioni dell'allontanamento di questi giovani dalle comunità che li ospitano è da rinvenirsi anche nelle poche risorse finanziarie assegnate ai comuni e, conseguentemente, ai relativi centri di prima accoglienza;
    peraltro, i comuni hanno sempre maggiore difficoltà a far fronte agli oneri derivanti dalla sempre maggiore presenza di minori stranieri non accompagnati sul proprio territorio. Il comune, infatti, per competenza, deve provvedere a collocarli temporaneamente in un luogo sicuro sino a quando non si possa provvedere in modo definitivo alla loro protezione;
    si ricorda che l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati – e le relative spese – rientra nella responsabilità dei comuni che, a partire dal 1990, hanno acquisito autonomia statutaria (legge n. 142 del 1990). In questo senso, il Ministero dell'interno si limita a gestire la prima accoglienza fino alla nomina del tutore, mentre i fondi da assegnare per i progetti di accoglienza dei minori vengono stanziati dalle regioni sulla base delle presenze. Per quanto riguarda la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, è la legge n. 328 del 2002 a stabilire che siano i comuni a programmare e realizzare i servizi in accordo con i diversi enti interessati;
    l'ente locale è, quindi, il soggetto su cui gravano i costi di queste permanenze e i comuni spendono complessivamente circa 200 milioni di euro l'anno per la gestione del problema;
    il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2012;
    successivamente, il decreto-legge n. 120 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 137 del 2013, ha stanziato 20 milioni di euro per l'anno 2013. La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 202, della legge n. 147 del 2013) ha, quindi, provveduto a stanziare ulteriori 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Risorse indispensabili ma ancora insufficienti per assicurare effettiva copertura delle spese sostenute dai comuni per l'accoglienza di tutti i minori presenti, senza alcuna distinzione di provenienza, età, periodo o luogo di ingresso sul territorio italiano;
    il rapporto dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati del marzo 2014 sull'accertamento dell'età dei minori stranieri non accompagnati segnala criticità diffuse nelle procedure di accertamento dell'età. In particolare, tale rapporto sottolinea come in Italia spesso non sia seguito in via privilegiata, come da accordi internazionali, un approccio olistico multidisciplinare e non invasivo nell'espletamento della procedura. L'assenza di personale qualificato ed indipendente porta a prassi disomogenee sul territorio nazionale e, spesso, ad un utilizzo indiscriminato e non come extrema ratio di esami clinici, come la determinazione del grado di maturazione scheletrica o la valutazione dello sviluppo puberale. Tali esami, non esenti da controindicazioni fisiche e psicologiche per i soggetti che vanno considerati minori fino a prova contraria, sono comunque soggetti ad un margine di errore (recenti studi lo quantificano in due anni superiore o inferiore all'età indicata), che deve essere specificato nel referto medico,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per incrementare e rendere pluriennali le risorse assegnate al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e, più in generale, per aumentare le risorse finanziarie a favore delle regioni e degli enti locali sulla base delle rispettive presenze, per il potenziamento e il miglioramento dei progetti di accoglienza a favore dei minori stranieri non accompagnati;
   ad attuare efficaci iniziative, anche normative, al fine di intervenire nella fase del primo inserimento nella società civile dei minori non accompagnati, aiutandoli in una fase che li espone a gravi rischi per la loro incolumità, e a favorirne la loro integrazione, agevolando a tal fine opportune e adeguate forme di affido temporaneo;
   a promuovere un più stretto coordinamento tra livello centrale e governi locali e a valorizzare a pieno il potenziale della società civile e dell'associazionismo per l'accoglienza e l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati;
   a dare soluzione alle difficoltà connesse a procedure e prassi territorialmente eterogenee per quanto riguarda l'identificazione all'arrivo, le tempistiche, le condizioni di accoglienza, i casi di sovraffollamento, il profilo professionale degli operatori e la predisposizione di servizi di mediazione culturale, nonché l'attività informativa riguardo alla possibilità di presentare domanda di asilo;
   a mettere in atto, con particolare riferimento ai minori non accompagnati, un più efficace e costante monitoraggio per valutare gli aspetti quantitativi relativamente alle presenze e agli allontanamenti dai centri di prima accoglienza, e verificare gli standard qualitativi dell'accoglienza approfondendo la situazione e il destino dei sopraddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta lasciati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
   a farsi promotore, nell'ambito del prossimo semestre di presidenza europea, di una politica di effettiva collaborazione e condivisione riguardo alle politiche europee di accoglienza dei migranti, con particolare riferimento all'assistenza dei minori non accompagnati;
   a rendere omogenee nel territorio nazionale le procedure di accertamento dell'età, avendo cura che esse siano portate avanti da personale specializzato ed indipendente, rispettando i principi di presunzione della minore età e di utilizzo di procedure non traumatiche e ricorrendo solo come extrema ratio a procedure mediche invasive;
   a dare seguito agli impegni di cui alla mozione n. 1-00466, approvata dalla Camera dei deputati il 16 maggio 2014, relativa all'operazione Mare Nostrum, e in particolare, proprio con riferimento ai minori non accompagnati, a implementare con la massima priorità il sistema di accoglienza dei sopradetti minori, impedendo che tali soggetti possano essere posti, anche temporaneamente, in «centri informali» di grandi dimensioni, garantendo loro una rete di protezione che preveda tutele particolari riconosciute ai minori a garanzia della loro particolare vulnerabilità.
(1-00502) «Palazzotto, Nicchi, Piazzoni, Migliore, Di Salvo, Pilozzi, Kronbichler, Fratoianni, Scotto, Fava, Marcon, Pannarale, Ricciatti, Duranti, Piras, Costantino».


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei minori stranieri affidati ai servizi sociali ha assunto, negli ultimi anni, proporzioni vastissime e incontrollabili, a causa delle massicce ondate migratorie che hanno investito il nostro Paese;
    nel mondo industrializzato i problemi dell'infanzia sono spesso connessi all'ondata dei flussi migratori. I minori, sradicati dal proprio ambiente naturale, in condizioni di povertà, diventano facilmente preda di situazioni di violazione dei diritti fondamentali, dallo sfruttamento del lavoro minorile all'accattonaggio, dallo sfruttamento sessuale all'utilizzo a fini di microcriminalità;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare e, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del Mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa, ma anche dal più lontano Medio Oriente. Al di là delle sterili cifre il fenomeno migratorio è progressivamente divenuto più drammatico. L'immigrazione negli ultimi anni ha fatto registrare un aumento esponenziale anche a seguito della cosiddetta «primavera araba», ma soprattutto a causa della rivoluzione economico-sociale che ha sconvolto il mondo negli ultimi venti anni;
    il progetto mondialista, rivoluzione economica, politica e sociale che ha conformato il pensiero culturale alle logiche liberiste del mercato, ha scardinato l'identità e le economie di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) su cui le popolazioni del sud del Mondo avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni privandoli di quel tessuto di solidarietà familiare e comunitaria. In breve, il potere delle risorse prevale sul potere dell'uomo;
    basti pensare che ai primi del Novecento l'Africa era alimentarmente autosufficiente. Lo era ancora, in buona sostanza (al 98 per cento), nel 1961. Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dall'integrazione economica le cose sono precipitate. L'autosufficienza è scesa all'89 per cento nel 1971, al 78 per cento nel 1978;
    tutti gli «aiuti» non solo non sono riusciti a tamponare il fenomeno della fame, in Africa e altrove, ma lo hanno aggravato. Perché gli «aiuti» alle popolazioni del Terzo Mondo tendono ad integrarle maggiormente nel mercato economico mondiale;
    prima, quindi, di affrontare il problema dei minori non accompagnati presenti nel nostro Paese con il solito approccio buonista, si dovrebbe essere capaci di assumere le proprie responsabilità storiche, ma soprattutto si dovrebbe essere in grado di capire che è necessario un intervento in controtendenza, fondato, da un lato, su un'azione forte di contrasto all'immigrazione di massa e, dall'altro lato, finalizzato a sviluppare interventi mirati di aiuto sul posto per le popolazioni sofferenti;
    il Ministro dell'interno ha reso noto che sarebbero ben 600.000 le persone sulle coste dell'Africa in attesa di imbarcarsi per arrivare via mare in Italia;
    se nel 2013 gli sbarchi sono stati 42.925, solo dall'inizio del 2014 gli arrivi hanno già superato quota 20.000 e il Ministero dell'interno ha fatto sapere che il dato è di oltre 10 volte maggiore a quello registrato nello stesso periodo del 2013, un vero e proprio record;
    secondo i dati del Ministero dell'interno dal gennaio 2014 i minori arrivati in Italia sono stati 6722, di cui 4.598 non accompagnati per la maggior parte di nazionalità eritrea, somala ed egiziana;
    il quinto rapporto Anci 2011-2012 sui minori non accompagnati rileva che il problema sta assumendo dimensioni emergenziali;
    la Commissione antimafia della Regione siciliana nel maggio 2014 ha riportato un dato di non trascurabile importanza relativo alla fuga dai centri di prima accoglienza dell'isola di 1.030 minori immigrati;
    la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
    il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1989 afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
    non è più accettabile l'atteggiamento ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo ipocrita del Governo, il quale continua a non volere attuare una corretta gestione dei flussi migratori verso il nostro Paese e si limita a scaricare le proprie responsabilità sugli enti locali, che, già fortemente penalizzati dai tagli di risorse provocate dalla perdurante crisi e dalla mancata attuazione del federalismo fiscale, devono, in aggiunta, accollarsi spese enormi per l'erogazione di tali servizi socio-assistenziali, a scapito dei cittadini residenti;
    il piano di accordi bilaterali elaborato al principio della XVI legislatura al fine di impedire le partenze dai Paesi costieri dell'Africa, prima di essere interrotto, aveva contribuito in modo drastico a far diminuire gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste;
    con alcuni Stati, e specificamente con quelli a più alta pressione migratoria, è necessario perfezionare pacchetti di intese di portata più ampia che prevedano non soltanto accordi di riammissione, ma anche intese di cooperazione di polizia, accordi in materia di lavoro e progetti specifici volti alla presa in carico dei minori;
    il dramma dell'immigrazione e dei suoi risvolti sociali sta toccando picchi emergenziali. I poteri dello Stato si trovano spesso senza mezzi tecnici, economici e giuridici per fronteggiarne le derive più estreme. Come è avvenuto in passato, in altre situazioni emergenziali (ad esempio, nei fenomeni di contrasto al terrorismo negli anni di piombo, di contrasto alla mafia, di contrasto al terrorismo islamico) soltanto una legislazione speciale, accompagnata da deroghe ai trattati internazionali finalizzate alla sicurezza interna (ad esempio, come avvenne durante il G8 Italia per quanto riguarda il trattato di Schengen) e da una politica di accordi stabili bilaterali, può consentire la reale tutela dell'interesse dei cittadini e degli stranieri regolarmente presenti, nonché diminuire realmente la pressione migratoria e, quindi, le tragedie umanitarie «degli sbarchi» e quelle dei minori non accompagnati preda delle organizzazioni criminali;
    se, da un lato, è necessario, quindi, operare al fine di garantire la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio italiano, dall'altro lato è fondamentale avviare una politica reale di contrasto all'immigrazione clandestina. È necessario, quindi, evitare anche solo sotto il profilo esclusivamente culturale la diffusione di un'apertura indiscussa all'accoglienza, ipotizzando l'introduzione di misure assurde (come particolari deroghe alla normativa nazionale sulle adozioni e affido dei minori) che rischierebbero di alimentare il problema, rappresentando nella disperazione vissuta dalle popolazioni colpite dalla povertà e dalle guerre una soluzione. Una soluzione che nella migliore delle ipotesi può garantire il futuro del singolo, ma nei fatti rappresenta la negazione del futuro di un popolo,

impegna il Governo:

   a promuovere progetti di aiuto per le popolazioni del sud del mondo volti in primo luogo alla presa in carico dei minori;
   nella consapevolezza della necessità di tutelare i diritti dei minori vittime delle organizzazioni criminali dedite alla tratta di persone, a farsi promotore, in tutte le sedi competenti, di una strategia europea comune per il contrasto del fenomeno emergenziale degli sbarchi di immigrati sulle coste del Mediterraneo europeo, atta ad avanzare, in qualità di Stati coalizzati, una richiesta di autorizzazione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un intervento finalizzato:
    a) al pattugliamento e al controllo delle coste africane interessate dal fenomeno migratorio;
    b) al contrasto delle associazioni criminali dedite alla tratta di persone;
    c) alla costituzione nelle località sensibili al fenomeno migratorio di aree territoriali sotto il controllo delle Nazioni Unite per la presa in carico dei rifugiati umanitari e politici;
    d) all'attivazione, nelle aree territoriali sotto il controllo delle Nazioni Unite, di rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari, per recepire, valutare e contingentare le richieste dei permessi di soggiorno per motivi umanitari;
    e) ad istituire una commissione, formata da rappresentati dei diversi Stati, finalizzata allo studio e all'analisi della capacità recettiva degli Stati, in rapporto alle singole realtà territoriali, per l'ingresso degli immigrati richiedenti permesso di soggiorno per motivi umanitari e politici;
   a promuovere, fino a quando non verrà condivisa dall'Unione europea una politica di intervento comune, anche attraverso l'utilizzo della normativa d'urgenza, norme speciali per contrastare i flussi migratori verso il nostro Paese;
   ad assumere iniziative per prevedere la continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni.
(1-00504) «Rondini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera».


   La Camera,
   premesso che:
    l'arrivo di minori stranieri non accompagnati è un fenomeno che, nel nostro Paese, si manifesta in forma sempre più crescente da più di dieci anni: si tratta di un fenomeno che ha assunto ormai connotati strutturali e che, in quanto tale, necessita di risposte conformi non solo per la dimensione quantitativa, ma anche e soprattutto per i bisogni specifici di protezione e di accoglienza di cui i minori stranieri sono portatori;
    il fenomeno presenta caratteristiche proprie nelle diverse aree di arrivo in cui si manifesta relativamente alle nazionalità, alle modalità di viaggio ed al grado di propensione dei minori a stabilirsi nel luogo di primo ingresso o a proseguire verso altre destinazioni;
    ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, arrivano in Italia circa 7.000 minori stranieri soli, lontani dalla famiglia e senza adulti di riferimento;
    i minori stranieri hanno alle spalle viaggi che talvolta sono durati anni e arrivano in Italia, spesso dopo avere vissuto violenze di ogni tipo. Essi costituiscono una facile preda dei circuiti di illegalità, soprattutto se non si attiva, fin dal momento del loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno;
    secondo la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, che ha svolto sul tema un'indagine conoscitiva nella XVI legislatura, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati che giungono sul territorio italiano è andato sensibilmente aumentando a partire dal 2006. L'indagine ha evidenziato numerose peculiarità. Sotto il profilo della provenienza geografica, la maggioranza dei minori stranieri non accompagnati proviene dal territorio africano, includendo sia il Maghreb (tradizionale serbatoio di migrazione giovanile) sia le regioni subsahariane, i cui flussi migranti spesso fuggono da guerre o carestie, raggiungendo il territorio italiano dopo avere attraversato vasti territori ostili e gravi pericoli per la propria incolumità personale. Negli ultimi anni sono aumentate le presenze di minori egiziani e afghani, mentre per quanto riguarda i minori che provengono dal Marocco la crescita è stata più contenuta; inoltre, è aumentato il numero di minori palestinesi e dei minori provenienti dal Corno d'Africa, somali ed eritrei, o dal Sudan;
    il grosso degli arrivi di minori del nostro Paese avviene per mare. In tutti questi casi, il primo dato evidente riguarda l'estrema pericolosità del viaggio che conduce questi minori nel nostro Paese: la tragedia dei migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore a bordo di barconi in precarie condizioni di sicurezza coinvolge anche molti minori. Per quanto riguarda l'età media di questi ragazzi, la fascia di età dichiarata è di 17 anni e rappresenta il 37 per cento degli arrivi: capita a volte che i maggiorenni dichiarino di avere 17 anni perché informati che in quanto minorenni la legge italiana non consente loro l'espulsione. La seconda fascia di età, che rappresenta il 20-21 per cento dei ragazzi, è quella dei 16 anni, mentre i ragazzi di 15 anni rappresentano l'11 per cento;
    il Parlamento e il Governo nel 1998 hanno apportato alcune modifiche sulla condizione giuridica del minore straniero non accompagnato per meglio disciplinare le diverse problematiche dell'affidamento, della tutela e dell'accoglienza del minore. Tra la normativa internazionale è utile ricordare la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo fatta a New York nel 1989, che stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come preminente il superiore interesse del minore e che i principi in essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazione. La Convenzione riconosce a tutti i minori un'ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità familiare, alla tutela dello sfruttamento e alla partecipazione. Sono, inoltre, da considerare la Convenzione di Lussemburgo del 1980, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996, la direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell'Unione europea del 2003. Per quanto riguarda la normativa italiana questa è regolata da diversi provvedimenti che si possono elencare in sintesi: gli articoli 32 e 33 del testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999, recante regolamento del Comitato per i minori stranieri, l'articolo 19 del decreto legislativo n. 25 del 2008 in materia di minori con protezione internazionale, l'articolo 28 del decreto legislativo n. 251 del 2007 e la direttiva del Ministero dell'interno del 7 dicembre 2006. Tra le modifiche normative più recenti, si segnalano la soppressione, con l'articolo 12, comma 20, del decreto legge n. 95 del 2012 del Comitato per i minori stranieri ed il trasferimento dei compiti da questo svolti alla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Da ultimo, è da ricordare che è in discussione presso la Commissione affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati una proposta di legge che concerne misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati;
    sebbene gli strumenti legislativi e finanziari dell'Unione europea sull'asilo, sull'immigrazione e sulla tratta degli esseri umani si occupino già direttamente ed indirettamente della situazione specifica dei minori non accompagnati, occorrono maggiore coerenza e cooperazione all'interno dell'Unione europea e con i Paesi di origine e di transito. Pertanto, per permettere all'Unione europea e agli Stati membri di fornire risposte concrete ed efficaci, è necessario un approccio comune basato sul rispetto dei diritti dei minori quali definiti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nella citata Convenzione sui diritti del fanciullo e basato sulla solidarietà tra i Paesi coinvolti, nonché sulla cooperazione con le organizzazioni della società civile e con le organizzazioni internazionali;
    è necessario, altresì, per risolvere in modo efficace il problema dei minori non accompagnati, la prevenzione della migrazione a rischio e della tratta dei minori;
    è necessario, inoltre, affrontare la questione della migrazione dei minori non accompagnati anche nell'ambito di altre politiche, ad esempio di cooperazione allo sviluppo, di riduzione della povertà, di istruzione, della sanità e dei diritti umani, nonché promuovere attività di sensibilizzazione e di formazione per riconoscere rapidamente e proteggere le vittime, rivolte a coloro che sono in contatto con i bambini nei Paesi di origine e di transito e promuovere campagne di sensibilizzazione sui rischi correlati alla migrazione clandestina rivolte ai bambini e alle loro famiglie;
    ai minori stranieri non accompagnati va riconosciuto, altresì, il diritto all'istruzione e il diritto alla salute,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa utile, avvalendosi anche di personale specializzato, per procedere il più rapidamente possibile all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati fin dal momento della prima accoglienza;
   a favorire una collaborazione a livello europeo per promuovere politiche a favore dei minori stranieri non accompagnati;
   a facilitare l'adozione dei minori stranieri non accompagnati da parte delle coppie dichiarate idonee all'adozione internazionale, come forma qualificata per l'accoglienza e l'integrazione degli stessi e al fine di trovare il supporto educativo, affettivo e materiale.
(1-00506) «Dorina Bianchi, Pagano, Calabrò».


INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in merito alla vicenda delle quote latte, con particolare riferimento ai contributi comunitari e alla relativa titolarità delle quote – 2-00490

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nell'interpellanza urgente del 9 gennaio 2014 n. 2-00360, presentata dal sottoscritto interpellante, si segnalava che: «l'annotazione di Polizia giudiziaria n. 169/75-12-2009 del 21 febbraio 2009 svolta dal Comando dei Carabinieri delle politiche agricole e alimentari su delega di indagini della Procura della Repubblica di Roma rileva che dai dati forniti da AGEA, risultano 1593 aziende che, pur essendo assegnatari di quote di circa 354.661,00 quintali, hanno presentato una dichiarazione di produzione uguale a 0,00 Kg nei modelli L1»;
   si è ricevuta risposta alle domande poste nell'interpellanza che riguardavano i contributi relativi alla politica agricola comune o i titoli per contributi dalla Politica agricola comune acquistati da queste aziende ed eventuali casi di affitto o vendita di titoli «quote latte» di queste 1539 aziende;
   nella risposta il Sottosegretario di Stato pro tempore, onorevole Giuseppe Castiglione, nella seduta n. 154 del 17 gennaio 2014, indicava in 1.697.050 e 1.662.246 i capi bovini da latte presenti nelle annate 2007-2008 e 2008-2009 in Italia e una produzione di 11.106 tonnellate nel 2007-2008, mentre la compagna 2008-2009 si è attestata a 10.896 tonnellate;
   le vacche presenti nelle aziende italiane non partoriscono ogni anno essendoci un periodo di interparto mediamente di 420 giorni, dovuto ad un ritardo del concepimento degli animali, rispetto agli ipotetici 365 giorni. Le bovine da latte in piena produzione annualmente sono circa l'82 per cento del patrimonio, mentre il restante 18 per cento circa ha produzioni inferiori rispetto alla media nazionale –:
   se le 1.539 aziende da latte bovine rilevate dal Comando dei carabinieri delle politiche agricole e alimentari con dichiarazione di produzione uguale a 0,00, come attestato dai modelli L1, abbiano preso contributi dalla Politica agricola comune sulla produzione del latte fino alla campagna lattiero casearia 2004-2005 e se abbiano acquisito titoli per contributi dalla Politica agricola comune nel premio unico aziendale a partire dal 2005-2006;
   se tali aziende abbiano avuto accesso a contributi comunitari previsti nei piani di sviluppo rurale o dall'organizzazione comune di mercato;
   se tali 1.539 aziende abbiano affittato o venduto titoli «quote latte» negli anni interessati e per quali motivi Agea non abbia provveduto a revocare tali quote come dichiarato da circolari della stessa Agea;
   quale sia il numero dei parti e delle vitelle/i nati da bovine da latte negli anni 2007, 2008 e 2009.
(2-00490) «Cova, Marrocu, Oliverio, Monaco, Galperti, Nicoletti, Burtone, Gasparini, Cassano, Luciano Agostini, Lodolini, Zanin, Bindi, Ferrari, Amato, Miotto, Fiorio, Preziosi, Salvatore Piccolo, Miccoli, Mognato, Fontanelli, Carra, Anzaldi, Marco Di Stefano, Verini, Borghi, Peluffo, Gullo, Giorgio Piccolo, Francesco Sanna, Battaglia, Gianni Farina, Zardini, Pes, Magorno».


Messa in sicurezza della strada statale n. 36 del Lago di Como e dello Spluga – 2-00528

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la strada statale n. 36 del Lago di Como e dello Spluga è la principale arteria di collegamento tra Lecco e la Valtellina ed è attraversata ogni giorno da migliaia di veicoli (lavoratori, pendolari, autotrasportatori, turisti e altro);
   nella mattinata di mercoledì 23 aprile 2014 è stata chiusa in entrambe le direzioni di marcia la strada statale n. 36 nel tratto tra Lecco e Abbadia Lariana in seguito ad una frana che si è staccata dal Monte San Martino;
   si apprende dagli organi di stampa che la chiusura della strada statale n. 36 è avvenuta in via precauzionale dopo i sopralluoghi di Anas, polizia locale e vigili del fuoco;
   si apprende, altresì, che la situazione della viabilità è risultata critica, con traffico bloccato e code di mezzi nell'intero territorio lariano, oltre al rischio per interi comuni rivieraschi, per la Valtellina e l'intera provincia di Sondrio di restare pressoché isolati;
   periodicamente e sempre più frequentemente si presentano emergenze che conducono al blocco parziale o totale del traffico sulla strada statale n. 36 con conseguenti ingenti disagi ai comuni attraversati, ai cittadini che li abitano e alle imprese, con fortissimi ritardi al traffico commerciale, rallentamento dei trasporti merce e logistica in tilt;
   con l'interrogazione n. 5-00137 del 16 maggio 2013, il primo firmatario del presente atto aveva già denunciato la chiusura della strada statale n. 36 del lago di Como e dello Spluga conseguente al blocco della galleria Monte Piazzo avvenuto nel mese di maggio 2013 per problemi strutturali legati al dissesto del versante montuoso;
   sebbene siano ancora in corso gli accertamenti dei geologi sul tratto di versante interessato dalla frana, è noto il problema legato al rischio idrogeologico del versante montuoso adiacente la strada statale n. 36 e del Monte San Martino;
   il fatto in questione riporta all'attenzione l'esigenza di un adeguamento della rete viaria e l'intero sistema della mobilità del territorio lariano, con particolare riferimento alla strada statale n. 36, che diventa di pregnante necessità se si pensa alle ricadute economiche sulle imprese dei territorio, sul turismo, sui lavoratori e sui pendolari, soprattutto in vista dell'imminente appuntamento di Expo 2015;
   la durata semestrale di tale esposizione universale impone che sia messa in campo una strategia atta a garantire in maniera stabile, per tutto il periodo interessato, l'efficienza dell'intera rete di trasporto regionale, in particolare della zona lacuale (considerando anche la possibilità di prevedere specifiche corse per il servizio autotraghetto verso le città capoluogo di Lecco e Como) e della Valtellina, che per i notevoli punti di interesse turistico, culturale ed enogastronomico potrà essere raggiunta e visitata da un sempre maggior numero di visitatori –:
   se non ritenga di intervenire per quanto di competenza, anche di concerto con ANAS spa, al fine di affrontare in maniera definitiva la messa in sicurezza del territorio nel tratto di interesse della strada statale n. 36 e con particolare attenzione al Monte San Martino, per garantire la viabilità ed evitare situazioni emergenziali che si ripetono ormai da troppi anni in maniera ciclica.
(2-00528) «Tentori, Fragomeli, Gandolfi, Impegno, Monaco, Laforgia, Luciano Agostini, Petitti, Ventricelli, Cova, Cinzia Maria Fontana, Naccarato, Patriarca, De Micheli, Giuseppe Guerini, Montroni, Casati, Galperti, Bratti, Mariani, Zoggia, Lattuca, Gianni Farina, Tidei, Tino Iannuzzi, Donati, Richetti, Rotta, Cominelli, Pastorino, Cenni, Terrosi».


Iniziative di competenza volte a garantire il funzionamento dei collegamenti ferroviari in Calabria – 2-00583

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – per sapere, premesso che:
   come spesso avviene in prossimità dell'entrata in vigore dell'orario estivo delle ferrovie regionali, anche per l'offerta di treni valida dal prossimo 1o luglio 2014, si ripropone all'attenzione del pubblico la delicata questione del trasporto pubblico locale;
   invero, la problematica del trasporto pubblico locale dovrebbe costituire una priorità ineludibile dello Stato e del Governo, considerato che la collettività, soprattutto in momenti di crisi come l'attuale, avverte maggiormente la necessità di poter usufruire di mezzi pubblici di trasporto;
   il trasporto di passeggeri e merci nonché l'intero sistema della viabilità della Calabria sconta un pesantissimo ritardo, frutto di inefficienze nei lavori di ammodernamento e sviluppo della rete infrastrutturale regionale;
   le strategie industriali di Trenitalia hanno condotto alla soppressione di molti treni a lunga percorrenza, nonché dei principali collegamenti dei pendolari (soprattutto lavoratori), trascinando la Calabria in una condizione di vero e proprio isolamento geografico e di marginalità sociale;
   in particolare, la soppressione di 21 treni a lunga percorrenza è causa di disagi devastanti sulla mobilità di persone e soggetti economici lungo la linea jonica calabrese, obbligando gli stessi a ricorrere al mezzo proprio o all'autolinea per raggiungere le stazioni ferroviarie del versante tirrenico, alla volta del centro e nord Italia;
   stando alle prime indiscrezioni attualmente circolanti, sembrerebbe che dal 1o luglio 2014 i tagli proposti da Trenitalia per la regione Calabria interesserebbero le seguenti corse: il treno n. 3740 con partenza alle ore 5 da Reggio Calabria fino a Crotone; il treno n. 3751 con partenza da Catanzaro Lido alle ore 18,05 fino a Reggio Calabria; il treno n. 3752 da Reggio Calabria alle ore 16,05 fino a Catanzaro Lido; il treno n. 12712 da Reggio Calabria alle ore 7,05 fino a Roccella; il treno n. 12713 da Roccella alle ore 9,50 a Reggio Calabria; il treno n. 3696 da Cosenza alle ore 9,50 fino a Sapri; il treno n. 3697 da Sapri alle ore 5,30 fino a Cosenza;
   il crotonese e tutta la fascia jonica calabrese risulterebbero pertanto fuori dalle direttrici strategiche di Trenitalia; eppure, questo lato della Calabria vede la presenza di importanti centri urbani, molti dei quali a vocazione turistica, e la connessione con Taranto, considerata la volontà di procedere con l'alta velocità fino a Bari, assicurerebbe a questo territorio un trasporto ferroviario allineato agli standard minimi che un servizio pubblico di mobilità dovrebbe garantire;
   tutto ciò, tenuto conto che, la legge, di stabilità 2014, legge n. 147 del 2013, oltre alle risorse previste dal «fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario», ha disposto l'incremento del fondo per il miglioramento della mobilità dei pendolari, per importi pari a 300 milioni di euro per l'anno 2014 e a 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2015 e 2016;
   la cancellazione dei numerosi collegamenti a lunga percorrenza e a forte domanda si aggiunge ad una scarsa qualità del servizio, sia per la mancata sostituzione del materiale rotabile che per inefficienze di tipo organizzativo, quali la mancata armonizzazione oraria e tariffaria con gli altri vettori;
   i collegamenti regionali su ferrovia perciò vengono sovente sostituiti con pullman quasi esclusivamente appartenenti a ditte private: aumentano in questo modo i costi di esercizio e il traffico su gomma, i quali incidono negativamente sul congestionamento di strade e autostrade regionali a danno della sicurezza stradale e di una mobilità sostenibile degna di una regione europea;
   nei giorni scorsi, una nota congiunta di Astra, Anav e sindacati ha denunciato che, stando a quanto comunicato dalla giunta regionale della Calabria, le risorse disponibili per il trasporto pubblico locale, fino al 31 dicembre 2014, ammontano a 15 milioni di euro; l'insufficienza dei finanziamenti comporterà il taglio dell'80 per cento dei servizi di autotrasporto pubblico locale in tutta la Calabria, con la conseguente eliminazione di servizi essenziali e la perdita di oltre mille posti di lavoro;
   in particolare, nel crotonese è previsto il taglio di centomila chilometri di linee nell'autotrasporto pubblico locale che negherà, di fatto, il diritto primario e costituzionale alla mobilità per migliaia di cittadini, con inevitabili esuberi del personale addetto;
   il casello autostradale più vicino dista 120 chilometri da Crotone e l'unica possibilità di collegamento per i cittadini resta il servizio di autobus, messo ora in discussione dai tagli e dalla riprogrammazione regionale;
   l'aeroporto civile S. Anna di Crotone non vive certo un momento felice: il 17 aprile 2014 la rappresentanza legale della società aeroportuale di Crotone è stata convocata a Roma dai vertici dell'Enac con lo scopo di evidenziare tutte le criticità legate alla mancata ricapitalizzazione societaria e annunciare la possibile revoca dell'autorizzazione al volo, stante il mancato rispetto delle norme in materia;
   tale situazione si inserisce in un contesto, quello del Mezzogiorno d'Italia, già marginalizzato dalle politiche generali dei trasporti che, in particolare, hanno previsto l'attivazione dei treni ad alta velocità Freccia Rossa nelle sole tratte del Centro-Nord e l'esclusione della Calabria dalla rimodulazione dei «corridoi europei» per i prossimi anni;
   nel corso di una recente audizione in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni alla Camera dei deputati, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale, il Ministro interpellato ha affermato che l'esplosione della domanda dei servizi di trasporto pubblico degli ultimi anni mette in evidenza l'inefficienza del sistema. Al contrario, «il trasporto regionale e locale può diventare uno dei fattori competitivi e di sviluppo e pone una stretta relazione tra tema degli spostamenti, che devono essere più fluidi, più efficaci, più rapidi, e rispetto all'ambiente. È evidente che si gioca una partita strategica non solo da un punto di vista sociale, ma anche ai fini della modernizzazione del Paese. (...) Se il trasporto pubblico locale è inefficiente, i cittadini italiani sono costretti a sopportare un extracosto stimato in 6 miliardi di euro l'anno rispetto alla media europea. In media il 22 per cento degli italiani utilizza il mezzo pubblico, rispetto al 32 per cento, che rappresenta il dato medio dell'Unione europea a 27. L'inefficienza comporta, dunque, costi più elevati e meno fruizione del servizio. Anche a causa di un sistema inadeguato, l'Italia sopporta un costo associato alla congestione, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha stimato pari, nel 2011, a 11 miliardi di euro» –:
   se corrisponda al vero che, in occasione dell'entrata in vigore del nuovo orario ferroviario estivo previsto per la regione Calabria, verranno effettuati tagli di relazioni su numerose tratte regionali, con particolare riferimento ai treni evidenziati in premessa;
   quali iniziative di competenza, di carattere ordinario e straordinario, intenda mettere in atto per perseguire un'efficiente politica dei trasporti nella regione Calabria, in particolare nella zona jonica, attualmente in condizione di vero e proprio isolamento geografico rispetto al resto d'Italia;
   quali iniziative intenda adottare al fine di effettuare una puntuale ricognizione sullo stato dei lavori di ammodernamento e adeguamento delle infrastrutture in Calabria, al fine di ripristinare e potenziare l'offerta attuale di mezzi pubblici;
   qualora ciò corrispondesse al vero, quali iniziative intenda assumere per scongiurare che i predetti tagli vengano effettuati e quali iniziative intenda ad ogni modo intraprendere affinché, non solo in occasione del nuovo orario ferroviario estivo, ma per il futuro, non siano programmati ulteriori ridimensionamenti del sistema pubblico calabrese dei trasporti, già segnato, ad avviso degli interpellanti, dall'incapacità del governo regionale di gestire le risorse disponibili e dalla mancata copertura dei contributi di esercizio degli esercenti;
   conseguentemente, se non intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze, un tavolo istituzionale di confronto tra azienda Trenitalia e regione Calabria per affrontare l'urgente necessità del trasporto ferroviario calabrese, in risposta alle esigenze della popolazione e a tutela del fondamentale diritto di collegamento con il resto del Paese.
(2-00583) «Oliverio, Antezza, Stumpo, Pagani, Ginoble, Greco, Berretta, Gullo, Mariano, Miccoli, Impegno, Mongiello, D'Incecco, Piccione, Grassi, Valiante, Galperti, Pelillo, Tino Iannuzzi, Iacono, Covello, Vaccaro, Famiglietti, Carra, Garofani, Pierdomenico Martino, Losacco, Patriarca, Salvatore Piccolo, Lattuca, Anzaldi, Burtone, Garavini, Palma».


Iniziative di competenza a tutela delle donne colpite da diabete gestazionale – 2-00556

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in Italia, in base ai dati Istat, la prevalenza del diabete riferita all'anno 2012, stimata su tutta la popolazione, è pari al 5,5 per cento, pari a circa 3,3 milioni di persone di cui oltre il 90 per cento affette da diabete di tipo 2, alle quali va aggiunta una quota stimabile di circa un milione di persone che, pur avendo la malattia, non ne sono a conoscenza; la prevalenza nelle donne in età fertile è di circa l'1 per cento di cui il 39,2 per cento è in sovrappeso ed il 26,3 per cento obesa;
   la prevalenza del diabete è cresciuta dal 3,7 al 5,5 per cento, negli ultimi 12 anni, per cui è ragionevole ritenere che, rispetto al 2002, ci siano oggi oltre un milione di persone in più affette da diabete;
   i dati Istat pubblicati nel 2010 indicano nella popolazione italiana una percentuale di sovrappeso e obesità nella popolazione con età inferiore ai 18 anni, rispettivamente del 36,1 per cento e 10,3 per cento, in aumento rispetto al 2001. Se si considera la sola popolazione femminile, la frequenza è rispettivamente del 27,7 per cento e del 9,3 per cento, di cui circa il 20 per cento in età riproduttiva; l'8,7 delle donne in sovrappeso ed il 16,7 per cento delle donne obese sono affette da diabete;
   negli ultimi anni si è osservato un significativo incremento del numero delle gravidanze complicate da diabete sia per l'incremento della frequenza del diabete tipo 2 in età riproduttiva (Diabetes Res Clin Pract 2008;80:2-7; Diabet Med 2011;28:1074-7; Diabetes Nutr Metab 2004;17:358-367), sia per l'incremento della frequenza del sovrappeso-obesità in età fertile;
   i dati epidemiologici italiani risalenti agli anni Ottanta-Novanta indicavano una frequenza di diabete gestazionale nella popolazione italiana del 6-7 per cento, con notevoli differenze fra le varie casistiche (2,2 per cento - 12,8 per cento) (Diabetes Nutr Metab 2004;17:358-367); non sono disponibili dati recenti, ma le stime degli ultimi anni dopo l'introduzione delle nuove linee guida ministeriali per lo screening e la diagnosi del diabete gestazionale in Italia indicano una frequenza fra il 12-15 per cento delle gravidanze (Diabet Med 2011;28:1074-7; Diabetes Care 1998;21 (Suppl 2):B161-B167; Diagnosi del diabete gestazionale, pag 169-173);
   il diabete gestazionale, anche nelle sue forme lievi, se non diagnosticato e, quindi, non trattato, comporta rischi rilevanti sia per la madre (ipertensione e più frequente ricorso al parto cesareo), sia per il feto, per il neonato (aumentata incidenza di macrosomia, iperbilirubinemia, ipocalcemia, policitemia, ipoglicemia) ed i figli in età adulta (sovrappeso e sindrome metabolica) (Diabetes Care 1998;21(Suppl 2):B79-B84; J Gin Endocrinol Metab 94:2464-2470, 2009);
   due grandi trial randomizzati - uno australiano (ACHOIS, 2005) (N Erigi J Med 2005;352:2477-96) e l'altro statunitense, multicentrico, condotto attraverso una rete di strutture di terapia intensiva neonatale (NICHD – MFMU) (Diabetes N Erigi J Med 2009;361:1339-48) – hanno chiaramente dimostrato che il trattamento del diabete gestazionale riduce l'incidenza degli esiti avversi della gravidanza, anche nelle forme con lievi alterazioni metaboliche. La diagnosi del diabete gestazionale è, pertanto, rilevante per l'esito della gravidanza e rappresenta, inoltre, un'importante occasione di prevenzione della malattia diabetica nella madre (Lancet 2009,373:1773-1779);
   il follow-up del diabete gestazionale dopo il parto rappresenta un aspetto critico, in considerazione dell'elevata frequenza di sviluppo di diabete tipo 2, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari dopo il parto, ed è oggi insufficiente in quanto la percentuale di donne che dopo il parto esegue la curva da carico di glucosio (inferiore al 30-40 per cento) (Scientific Committee of GISOGD Group.Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol.2009 145(2): 149-53);
   il diabete pregestazionale (diabete tipo 1 e tipo 2) è gravato da una serie di complicanze materne e fetali fra le quali le più significative sono le frequenti malformazioni. Numerosi studi hanno, infatti, dimostrato come il rischio di malformazioni aumenti in relazione al grado di compenso metabolico nei periodi precedenti ed immediatamente successivi al concepimento (Diabetes Diabetes Care 2003;26:2990-299; Nutr Metab & Cardiovasc Dis. 2008);
   nel diabete pregestazionale l'attenta programmazione della gravidanza, con l'ottimizzazione del controllo metabolico, permette di ridurre sensibilmente il rischio di malformazioni congenite e la morbilità materno-fetale legata al diabete come dimostrato da numerosi studi (JAMA 1991;265:731-736);
   in Italia la percentuale di gravidanze programmate risulta inferiore al 50 per cento nelle donne con diabete tipo 1 e al 40 per cento in quelle con diabete tipo 2 (Nutr Metab & Cardiovasc Dis. 2008);
   la mancata programmazione della gravidanza e la carenza di centri di riferimento dedicati (Diabet Med 2008;25:379-380) e integrati con gli ostetrici fa sì che la situazione italiana sia ancora lontana dagli standard ottimali indicati dalla dichiarazione di St. Vincent: rendere l'esito della gravidanza diabetica simile a quella della gravidanza fisiologica. Ciò spiega, almeno in parte, sia l'incidenza di malformazioni 5-10 volte maggiore nella popolazione diabetica rispetto la popolazione generale, sia l'elevata incidenza di parti pretermine e cesarei;
   è ben dimostrato che l'obesità in gravidanza si associa a complicanze sia materne, quali aborto, tromboembolia, diabete gestazionale, ipertensione, preeclampsia-eclampsia, parto pretermine, taglio cesareo, emorragia post parto, infezioni post parto, sia fetali quali macrosomia, distocia di spalla, malformazioni, mortalità neonatale (London CEMACH 2007). Ci sono, inoltre, evidenze che l'obesità è un fattore di rischio di mortalità materna. Il report del Confidential Enquiry into Maternal and Child Healths mostra che negli anni 2000-2003 il 28 per cento delle madri decedute erano obese (London CEMACH 2007);
   è, quindi, di fondamentale importanza non solo assicurare uno stretto follow up alle donne obese in gravidanza, ma operare in termini di prevenzione delle complicanze legate all'obesità in gravidanza con un'attività di counseling preconcezionale (SIO-ADI Standard italiani per la cura dell'obesità 2012-2013);
   in data 26 marzo 2014, nel corso dell'evento web hangout 5 azioni (www.5azioni.it) dedicato al diabete e alla gravidanza, realizzato sulla piattaforma digitale google plus e trasmesso sul portale youtube, cui hanno partecipato medici ed operanti del settore e madri che hanno dovuto gestire il diabete in gravidanza, si è svolto un forte dibattito via web da parte di community di madri (diventaremamme.it; mammegiardinicavour.blogspot.com; mammiferadigitale.blogspot.it; periodofertile.it; blogmamma.it; romagnamamma.it; genitorichannel.it; mammeduepuntozero.it; ciaomamme.it; pianetamamma.it; dolceattesa.it.rcs.it) sulle necessità e le problematiche che una donna con diabete o con diabete gestazionale si trova ad affrontare –:
   se non si ritenga opportuno intervenire con urgenza al fine di:
    a) implementare lo screening, la diagnosi ed il follow up del diabete gestazionale che dovrebbero essere gratuiti su tutto il territorio nazionale, individualizzando uno specifico codice di esenzione da utilizzare;
    b) implementare il follow up postparto delle donne affette da diabete gestazionale per identificare precocemente le donne ad elevato rischio di diabete o con alterazioni della glicemia o diabetiche, rendendo la prima curva da carico di glucosio postparto gratuita;
    c) promuovere da parte del Ministero della salute campagne informative/educative sul diabete gestazionale, la sua prevenzione e le sue complicanze a breve e lungo termine;
    d) promuovere da parte del Ministero della salute campagne informative/educative sui rischi della gravidanza nella donna obesa al fine di promuovere un corretto stile di vita prima della gravidanza per migliorare il peso prima del concepimento;
    e) promuovere percorsi nascita integrati diabetologi-ostetrici per le gravidanze complicate da diabete.
(2-00556) «Binetti, Dellai».


Iniziative per garantire i livelli essenziali di assistenza in Calabria, con particolare riguardo alla concessione di deroghe al blocco del turnover – 2-00574

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
   l'articolo 32 della Costituzione italiana, nel sancire la tutela della salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività» obbliga, di fatto, lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute;
   l'articolo 32 della Costituzione, oltre a stabilire che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, ha, da un lato, una valenza programmatica, poiché impegna il legislatore a promuovere idonee iniziative volte all'attuazione di un compito sistema di tutela adeguato alle esigenze di una società che cresce e progredisce, e, dall'altro, ha una valenza precettiva in quanto implica che l'individuo, come cittadino, vanti nei confronti dello Stato un vero e proprio diritto soggettivo alla tutela della propria salute, intesa non solo come bene personale, ma anche come bene della collettività, che ha bisogno della salute di tutti i suoi componenti per meglio crescere e affermare i propri valori;
   nelle varie riunioni congiunte del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, è emersa puntualmente la scarsa omogeneità dei livelli essenziali di assistenza, con una forte sperequazione dell'offerta sanitaria: in Calabria;
   la logica puramente e dissennatamente contabile che ha contraddistinto le politiche sanitarie della regione Calabria e del commissario ad acta a giudizio degli interpellanti han cassato il diritto alla salute, soprattutto in quelle province maggiormente penalizzate dalla forte ed evidente sperequazione dell'offerta sanitaria;
   l'esistenza di criticità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza è dovuta anche al blocco del turnover del personale;
   da lungo tempo ormai, in Calabria, gli operatori sanitari continuano ad evidenziare ritmi e carichi di lavoro insostenibili e ingestibili, stante l'esiguo numero di medici e di operatori;
   il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali ha negato alla struttura commissariale la deroga al blocco del turnover prevista dal decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012, n. 189, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» (cosiddetto decreto Balduzzi), chiedendo ulteriore documentazione, così come ha chiarito il sub commissario per l'attuazione del piano di rientro, Andrea Urbani;
   alla luce dell'indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute condotta dalle Commissioni parlamentari V (Bilancio) e XII (Affari sociali) è emerso che il perdurare del blocco del turnover e la necessità di assicurare comunque i livelli essenziali di assistenza rendono indifferibile una diversa regolazione delle politiche di reclutamento del personale dei servizi sanitari delle regioni in piano di rientro;
   il 22 aprile 2014 il Ministro interpellato ha firmato il decreto interministeriale per la concessione delle deroghe al blocco del turnover nella regione Campania ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente –:
   cosa il Governo intenda fare, vista la gravità della situazione e le criticità evidenziate in premessa, per evitare il collasso del sistema sanitario calabrese;
   se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere iniziative normative per porre rimedio alla situazione esposta in premessa.
(2-00574) «Censore, Bruno Bossio, Aiello, Amendola, Raciti, Albini, Stumpo, Oliverio, Ferro, Ferrari, Folino, Cinzia Maria Fontana, Zardini, Magorno, Zoggia, Fiorio, Fiano, Roberta Agostini, Tullo, Battaglia, Bersani, D'Attorre, Argentin, Causin, Bueno, Castricone, Chaouki, Rotta, Ribaudo, Carbone, Marchetti, Fioroni».


Iniziative, anche in ambito europeo, in relazione all’«emergenza sbarchi» e per efficaci politiche di accoglienza e di asilo nei confronti di migranti e rifugiati – 2-00553

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   sono anni che si assiste ad un continuo flusso migratorio di uomini che abbandonano l'Africa per approdare sulle coste italiane. Tutte queste persone si imbarcano quotidianamente con l'anelito di avere diritto a un posto nel mondo, tentando di approdare sulle coste siciliane che sono la porta d'ingresso dell'Europa, ma il loro viaggio spesso si trasforma in un appuntamento con la morte; le vittime e i dispersi dell'immane tragedia del mese di ottobre 2013 di Lampedusa scappavano dalla disperazione determinata dalla speculazione finanziaria che nasce da questo spietato processo di globalizzazione che, facendo registrare un record dei prezzi dei generi alimentari, ha provocato una vera e propria lotta per il pane;
   in quell'occasione l'isola di Lampedusa è stata lasciata sola nella gestione di un'emergenza umanitaria permanente; essa è divenuta, infatti, allo stesso tempo un centro di pronta accoglienza, ma anche un confinamento territoriale dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali;
   subito dopo quella terribile tragedia è stata varata dalla Marina militare l'operazione Mare Nostrum per far fronte all'emergenza degli immigrati illegali provenienti dalla Libia. L'impiego di navi militari (fregate, corvette e navi da sbarco), al fianco dei mezzi più leggeri della capitaneria di porto è stato messo a punto dal Governo Letta sull'onda emotiva degli oltre 300 morti tra i naufraghi di un barcone rovesciatosi al largo di Lampedusa. Gli obiettivi perseguiti con l'impiego massiccio (in media 5 navi mobilitate ogni giorno) della flotta erano di prevenire gli incidenti soccorrendo in alto mare gli immigrati in arrivo soprattutto dalla costa libica, ma anche di costituire un deterrente contro i traffici di esseri umani e l'immigrazione illegale. Il Ministro interpellato, annunciando l'avvio di Mare Nostrum, parlò in quell'occasione di rafforzamento «della protezione della frontiera» con la «deterrenza del pattugliamento e dell'intervento delle Procure»;
   il Ministro della difesa pro tempore, Mario Mauro, riferì che i migranti raccolti in mare sarebbero stati trasferiti nel porto sicuro più vicino «non necessariamente italiano» e più tardi rese noto che i proventi incassati dai trafficanti finanziavano il terrorismo islamico;
   Mare Nostrum è riuscita in questi mesi ad evitare altre tragedie del mare, ma la presenza italiana non ha impedito l'incremento dei flussi migratori illegali, garantendo, di fatto, l'arrivo in Italia a tutti coloro che si imbarcano sulle coste libiche;
   l'Italia oggi è l'unico Paese ad accogliere, di fatto, chiunque arrivi illegalmente davanti alle sue coste. I 43 mila arrivi del 2013 rappresentano il 70 per cento dei migranti giunti in Europa via mare e sono il 224 per cento in più di quelli sbarcati nel 2012. Nei primi tre mesi e mezzo del 2014 ne sono arrivati oltre 20 mila e si preannuncia un'altra estate «calda», specie tenendo conto che, come ha riferito il Ministro interpellato, in Libia vi sono tra i 300 mila e i 700 mila migranti in attesa di raggiungere l'Italia e l'Europa e altri ne arriveranno dalla Siria e dall'area del Sahel e subsahariana; nonostante la cattura di 88 scafisti e di un paio di navi-madri (per individuarle sono stati mobilitati anche droni e un sottomarino), la presenza navale ha fallito nella sua funzione di deterrenza favorendo indirettamente gli affari dei trafficanti. I limiti di Mare Nostrum dipendono per lo più dall'impiego di potenti navi da guerra per operazioni di puro soccorso. Lo stesso dispositivo navale poteva essere schierato a ridosso delle coste libiche per bloccare le partenze e riportare sulla costa i migranti, attivando strutture internazionali di assistenza come agenzie dell'Onu e la missione che l'Unione europea schiera il Libia per il controllo delle frontiere;
   l'assenza di supporto da parte dell'Unione europea per far fronte all'emergenza è stata denunciata più volte e il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, ha recentemente evidenziato come l'agenzia europea Frontex abbia messo in campo 7 milioni di euro quando solo l'operazione Mare Nostrum costa all'Italia 9 milioni di euro al mese. A questa cifra vanno aggiunti l'assistenza agli immigrati, per i quali la legge di stabilità per il 2014 ha stanziato nel novembre 2013 210 milioni di euro;
   secondo un articolo pubblicato il 13 maggio su Il Fatto Quotidiano, l'Unione europea avrebbe chiesto due mesi fa all'Italia di cosa aveva bisogno per dare il proprio sostegno nell'emergenza sbarchi, ma non avrebbe ricevuto risposta. La Commissaria europea agli affari interni, Cecilia Malmström, con una nota, ha precisato che la Commissione europea è pronta ad ascoltare le nuove richieste che arriveranno da Roma per la gestione dell'immigrazione;
   a distanza di mesi si continua ad assistere agli stessi scenari. Ancora sbarchi, oltre duemila in sole 48 ore, e l'accoglienza dei migranti si fa sempre più problematica perché i centri siciliani sono pieni, e i voli charter stanno distribuendo i nuovi arrivati in diverse province del Paese. Il 2 maggio 2014 è arrivata ad Augusta una nave della Marina militare con 1.170 persone (oltre 200 minori non accompagnati), mentre un'altra con 358 persone a bordo (tra cui due donne incinte) è stata fatta attraccare al porto di Palermo, perché il centro di Pozzallo è pieno. Il 12 maggio 2014 un altro barcone con a bordo circa 400 migranti è affondato al largo della Libia, a un centinaio di miglia da Lampedusa. Sono stati recuperati 17 cadaveri e circa 200 persone sono ancora disperse. La regione siciliana ha chiesto a 65 istituti pubblici di assistenza e beneficenza (Ipab) proprie strutture per accogliere i migranti che sbarcano sull'isola;
   gli ultimi arrivi di massa hanno messo in crisi le strutture di accoglienza e centinaia di immigrati sono fuggiti facendo perdere le proprie tracce. Oltre 200 migranti sono fuggiti dalle strutture di accoglienza di Pozzallo, in quanto lo stato di continua emergenza rende più difficili i controlli e la gestione delle presenze. Inoltre, molti stranieri si sono dispersi per le campagne circostanti;
   il sindaco di Modica ha lanciato «l'emergenza sanitaria perché l'ospedale, già in difficoltà per la carenza di posti letto e di personale, ora è alle prese con i numerosi casi di tubercolosi e scabbia e un caso di Aids, segnalati durante i ricoveri di alcuni migranti sbarcati a Pozzallo». Il presidio ospedaliero non è in grado attualmente di supportare ulteriori ricoveri, tra l'altro particolarmente impegnativi e gravosi nell'ambito infettivologico. Ad oggi, numerosi casi di queste patologie hanno costretto la struttura ospedaliera ad affrontare i problemi con seria difficoltà e, inoltre, non si è a conoscenza di eventuali casi non intercettati;
   il direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno, Giovanni Pinto, ha dichiarato che «il sistema di accoglienza è al collasso, non abbiamo più luoghi dove portarli e le popolazioni locali sono indispettite dal continuo arrivo di stranieri»;
   tutti i Governi italiani, fino ad oggi, non sono stati in grado di porre con determinazione al centro del dibattito europeo l'emergenza del flusso migratorio verso la Sicilia, definita la porta dell'Europa, lasciando che questa porta si trasformasse in una vera e propria «forca caudina»;
   l'articolo 79 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sviluppa una politica comune dell'immigrazione tesa ad assicurare la gestione efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto dell'immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani;
   nella relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2012), ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, presentata dal Ministro per gli affari europei pro tempore, Moavero Milanesi, e trasmessa alla Camera dei deputati il 12 giugno 2013, si rinviene che il Governo italiano avrebbe sollecitato alle istituzioni europee l'adozione di misure, inopinatamente senza menzionare il tipo di richieste avanzate dirette al superamento del problema del flusso migratorio, riscontrando, peraltro, una resistenza dei Paesi senza frontiere esterne che non intendono assumersi gli oneri necessari per la soluzione del problema. Nella stessa relazione si afferma che, anche in materia di asilo, il Governo italiano avrebbe sollecitato una politica comune europea di asilo senza specificare gli strumenti e le modalità attraverso cui pervenire a una tale politica comune di asilo;
   ai fini di una maggiore armonizzazione delle diverse prassi nazionali e delle norme vigenti nell'Unione europea, è stato istituito l'ufficio europeo di sostegno per l'asilo (regolamento (UE) n. 439/2010) per sviluppare le misure di cooperazione fra gli Stati membri;
   esistono molteplici raccomandazioni, in primis del Consiglio d'Europa, rivolte all'Italia dalle organizzazioni internazionali (intergovernative, giudiziarie e non governative) che richiedono un immediato e necessario cambio di indirizzo politico in materia, considerando sbagliate o controproducenti le misure adottate dal nostro Paese in questi ultimi anni per gestire l'immigrazione che è destinata a continuare;
   per le operazioni sulle coste italiane Hermes ed Aeneas, l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea Frontex ha destinato 7,1 milioni di euro tra maggio e settembre 2013. Con un trasferimento di 4,8 milioni di euro dal budget di novembre 2013 è stato possibile condurre le operazioni per il periodo gennaio-aprile 2014. Dopo la tragedia di Lampedusa del mese di novembre 2013 Frontex aveva ricevuto una somma aggiuntiva di 8,2 milioni di euro: 7,4 milioni di euro per risposte operative alle frontiere marittime e 750 mila euro per le attività del centro di supporto dell'agenzia; tutto quanto sopra riportato si sostanzia in un'insostenibile quanto drammatica situazione nazionale e internazionale in grado di minare la pace e la coesione sociale –:
   quali misure intenda assumere il Governo per gestire il continuo flusso migratorio che genera una situazione di costante emergenza e che tipo di scelte intenda adottare al fine di condurre in modo efficiente la sua politica di accoglienza e di asilo per i rifugiati, adeguandosi ai richiami del Consiglio d'Europa al fine di evitare che si possano verificare nuovamente tragedie come quella del 3 ottobre 2013 e che il problema ragusano rimanga di esclusiva competenza del porto di Pozzallo, dell'Ospedale Maggiore di Modica o dei comuni limitrofi;
   come intenda intervenire per trovare una soluzione al serio problema sanitario nel territorio siciliano, affinché vengano attuate azioni migliorative nella gestione dell'emergenza sbarchi e nei controlli sanitari, potenziando le cure mediche già nei centri di accoglienza, monitorando la presenza di patologie per evitare il pericolo di contagio e assicurando ai migranti il pieno godimento dei diritti umani e al contempo alle popolazioni locali il diritto alla salute;
   come intenda il Governo aumentare la trasparenza nelle procedure d'arrivo e di ritorno che riguardano migranti e rifugiati e, allo stesso tempo, combattere i trafficanti che sfruttano la «migrazione della disperazione» verso le coste italiane;
   quali siano le iniziative e le azioni concrete messe in atto dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo) in relazione al piano di supporto speciale per l'Italia, sottoscritto a Malta il 4 giugno 2013;
   quanta parte dei 350 milioni di euro destinati all'Italia dal nuovo quadro finanziario 2014-2020 sia già nelle disponibilità dell'Italia e per quali obiettivi e azioni sia stata utilizzata;
   se, anche a seguito dell'incontro avvenuto il 22 novembre 2013 presso il ministero dell'interno con il vice presidente della Banca europea per gli investimenti, siano stati da parte dell'Italia richiesti prestiti e se questi siano stati erogati dalla Banca europea per gli investimenti e, in caso affermativo, per quali progetti relativi al massiccio afflusso di stranieri siano stati utilizzati ovvero si intendano utilizzare e con quale cadenza temporale;
   quali proposte concrete l'Italia abbia indirizzato alla Commissione europea per far fronte all'emergente questione dell'immigrazione, anche a seguito della disponibilità mostrata dalla Commissaria europea agli affari interni, Cecilia Malmström, con la lettera inviata nel mese di marzo 2014 alle autorità italiane.
(2-00553) «Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Grillo, Dall'Osso, Baroni, Cecconi, Colonnese, Cancelleri, Marzana, Carinelli, Pinna, Fico, Nesci, Vignaroli, Luigi Di Maio, Colletti, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Ferraresi, Sarti, Turco, Cozzolino, Toninelli, Dadone, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Nuti, D'Ambrosio».


Intendimenti del Governo circa la possibilità di prorogare i termini per la trasformazione della provincia di Venezia in città metropolitana – 2-00585

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a seguito delle dimissioni del sindaco di Venezia, ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000, potrebbe essere nominato un commissario straordinario per la gestione dell'ente locale;
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, (disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) ex articolo 1, affida un ruolo determinante al sindaco del capoluogo di provincia nella gestione del periodo transitorio, tra la scadenza degli organi delle province attuali e l'insediamento degli organi delle città metropolitane, la legge prevede:
    a) le elezioni immediate, indette dal sindaco del comune capoluogo all'entrata in vigore della legge, di una conferenza statutaria che deve provvedere alla trasmissione di una proposta di statuto al consiglio metropolitano entro il 30 settembre 2014;
    b) la proroga del presidente della provincia e della giunta, a titolo gratuito, o del commissario in carica, per la gestione ordinaria dell'amministrazione provinciale fino al 31 dicembre 2014;
    c) l'elezione del consiglio metropolitano entro il 30 settembre 2014, organo che dovrà adottare lo statuto e approvare il bilancio dell'ente;
   per la nascita della città metropolitana un ruolo centrale assume lo statuto nel quale si stabiliscono le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente, le relazioni con i comuni e le unioni di comuni del territorio, nonché l'eventualità che si possa prevedere l'elezione diretta a suffragio universale dei futuri organi di governo delle città metropolitane, previa articolazione del comune capoluogo in comuni metropolitani (o in zone omogenee per le città metropolitane superiori a 3 milioni di abitanti) e previa approvazione di una specifica legge elettorale;
   nella legge 7 aprile 2014, n. 56, sono state previste norme particolari per l'istituzione della città metropolitana di Reggio Calabria in considerazione del commissariamento in atto del comune capoluogo e della scadenza al 2016 della provincia;
   per Reggio Calabria, dove il comune capoluogo è attualmente commissariato, sono previsti, infatti, termini speciali per la prima istituzione della città metropolitana. L'istituzione della città metropolitana avviene alla scadenza naturale degli organi provinciali o comunque entro trenta giorni dalla decadenza o scioglimento anticipato degli stessi, con ingresso nelle funzioni comunque successivo al rinnovo degli organi del comune di Reggio Calabria. Il termine del 30 settembre 2014 per l'elezione del consiglio metropolitano è sostituito dal centottantesimo giorno dalla costituzione della città metropolitana; i termini del 31 dicembre 2014 per l'approvazione dello statuto e del 1o gennaio 2015 per il subentro della città metropolitana alla provincia sono sostituiti dal duecentoquarantesimo giorno dalla scadenza degli organi provinciali; il termine del 30 giugno 2015 per l'esercizio del potere sostitutivo statale è sostituito dal trecentosessantacinquesimo giorno dalla scadenza medesima;
   ai sensi dell'articolo 1 della Costituzione la sovranità appartiene al popolo e il popolo esercita tale sovranità nelle forme e nei limiti previsti dalla stessa Costituzione. Il riconoscimento del diritto di voto e le sue caratteristiche, enunciate nel secondo comma dell'articolo 48, concorrono pertanto alla definizione dello Stato come Stato democratico. Attraverso di esso si realizza, infatti, il principio di organizzazione che caratterizza ogni democrazia, in forza del quale ogni decisione deve essere direttamente o indirettamente ricondotta alle scelte compiute dal popolo, detentore della sovranità;
   il principio fondamentale della rappresentanza elettorale sancito nella nostra Costituzione è garantito anche dal diritto dell'Unione europea. Il Trattato di Lisbona riunisce in un apposito titolo (Titolo II del Trattato sull'Unione europea «Disposizioni relative ai principi democratici») le disposizioni intese a conferire maggiore visibilità al principio democratico insito nel funzionamento dell'Unione europea. Tale principio viene affermato e specificato nelle sue diverse configurazioni: la democrazia come rappresentanza e la democrazia come partecipazione all'attività pubblica;
   i cittadini della provincia di Venezia in questa importante fase di trasformazione dell'area vasta provinciale nella città metropolitana non possono essere rappresentanti da un commissario – non eletto ma nominato – che non risponde delle proprie scelte agli elettori ma al Ministro dell'interno che lo ha nominato. Tutto ciò determinerebbe un grave vulnus al sistema democratico ed al diritto di elettorato attivo –:
   se il Ministro interpellato, alla luce delle considerazioni esposte in premessa e qualora si dovesse provvedere ai sensi del testo unico degli enti locali al commissariamento del comune di Venezia, non ritenga opportuno farsi promotore, in sede di Consiglio dei ministri, di un'iniziativa normativa d'urgenza finalizzata a prorogare i termini per la trasformazione dell'ente provincia in città metropolitana.
(2-00585) «Giancarlo Giorgetti, Prataviera, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Marcolin».


Elementi ed iniziative di competenza in merito ad esercitazioni militari svoltesi nel sito di interesse comunitario «Isola Rossa – Capo Teulada», nel comune di Cagliari – 2-00582

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro della difesa, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   nel compendio naturalistico ambientale denominato «Isola Rossa – Capo Teulada», circoscritto nell'ambito del sito di interesse comunitario (codice ITB040024), protetto da convenzioni internazionali, da leggi dello Stato italiano e della regione Sardegna, caratterizzato da rilevanti emergenze archeologiche, nuragiche e puniche, si svolgono attività vietate e in contrasto totale con le norme e disposizioni nazionali e comunitarie;
   si tratta di attività che hanno generato e generano «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», con la «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
   tali attività sono svolte, in concorso tra loro, dalla Nato e dall'Esercito italiano, su disposizioni del Ministero della difesa e con l'omissione di tutela e controllo da parte dei ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Commissione europea. La gravità della distruzione in atto costituisce, secondo gli interpellanti, presupposto per richiedere il sequestro preventivo dell'area oggetto del disastro, l'accertamento del danno, l'individuazione dei responsabili e il risarcimento del danno materiale, economico e morale compreso il ripristino dei luoghi;
   a parere degli interpellanti risultano manifesti i seguenti reati:
    a) articolo 733-bis del codice penale (distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto): «chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3.000 euro»;
    b) articolo 733 del codice penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale): «chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda non inferiore a euro 2.065. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata»;
    c) articolo 734 del codice penale (distruzione o deturpamento di bellezze naturali): «chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità, è punito con l'ammenda da euro 1.032 a euro 6.197»;
   relativamente ai reati di cui: articolo 733-bis del codice penale (distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto) e articolo 734 del codice penale (distruzione o deturpamento di bellezze naturali) si richiama l'attenzione sul fatto che tale compendio è a tutti gli effetti «habitat all'interno di un sito protetto», ovvero pienamente coincidente nella fattispecie definita dall'articolo 733-bis del codice penale;
   il sito di importanza comunitaria denominato «Isola Rossa-Capo Teulada», oggetto della «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione o deturpamento di bellezze naturali», «danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale», costituisce parte integrante del decreto 3 luglio 2008 – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea in Italia, ai sensi della direttiva 92/43/CEE (Gazzetta Ufficiale, serie generale 7 agosto 2008, n. 184);
   tale decreto dispone l'attuazione e il recepimento della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2, terzo comma;
   il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ha disposto il regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;
   la Commissione europea ha ritenuto necessario l'aggiornamento dell'elenco iniziale di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea sia per includervi i siti proposti dagli Stati membri a partire dal marzo 2006 come siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 92/43/CEE, sia per tener conto di eventuali modifiche nelle informazioni relative ai siti trasmesse dagli Stati membri a seguito dell'adozione dell'elenco comunitario; in tal senso, il primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea costituisce una versione consolidata dell'elenco iniziale dei siti per la regione biogeografica mediterranea;
   ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43/CEE, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna e Regno Unito hanno trasmesso alla Commissione europea gli elenchi di siti proposti quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea tra gennaio 2003 e settembre 2006;
   gli elenchi dei siti proposti sono stati corredati di informazioni su ciascun sito, fornite nel formato fissato dalla decisione 97/266/CE della Commissione europea, del 18 dicembre 1996, concernente un formulario informativo sui siti proposti per l'inserimento nella rete «Natura 2000»;
   sulla base dell'elenco proposto, redatto dalla Commissione europea con l'accordo di ciascuno degli Stati membri interessati, che identifica anche i siti che ospitano tipi di habitat naturale prioritari o specie prioritarie, è stato adottato un primo elenco aggiornato di siti selezionati quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea;
   la decisione della Commissione europea n. C(2008) 1148 def. del 28 marzo 2008 stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea e abroga la decisione 2006/613/CE;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, ha stabilito che i siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea in Italia sono individuati ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE e sono elencati nell'allegato A che costituisce parte integrante del decreto stesso;
   con il codice di riferimento ITB040024 è parte integrante di tale elenco il compendio denominato sito di importanza comunitaria «Isola Rossa e Capo Teulada» di superficie complessiva di 3713 ettari e individuato dalle coordinate E 839 N 3854;
   il sito di importanza comunitaria «Isola Rossa e Capo Teulada» è un compendio naturalistico di primaria importanza, considerato che tutte le prescrizioni ambientali regionali, nazionali ed europee hanno circoscritto quel territorio con la massima tutela ambientale e naturalistica;
   il responsabile del sito risulta il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione conservazione della natura, Via Capitan Bavastro 174, 00147 Roma;
   l'area è così descritta nell'atto di individuazione del sito di importanza comunitaria: promontorio calcareo collegato all'isola da uno strettissimo istmo sabbioso che forma ad ovest «Cala Piombo» e ad est Porto Zafferano, la quale, attualmente sotto il demanio militare, ha una lunghezza massima di 88 metri e una superficie complessiva di 375 ettari. Le sue dune, con quote non superiori a 13 metri sul livello del mare, non presentano tracce di disturbo antropico e delimitano una stretta spiaggia con un gradino a mare a tratti anche di 2 metri;
   nella spiaggia di Porto Zafferano, l'erosione marina e gli scarsi apporti sabbiosi limitano la formazione dell’Agropyretum mediterraneum, mentre l’Ammophiletum arundinaceae è ben rappresentato anche se discontinuo. Il Crucianelletum maritimae è presente nelle interdune in via di stabilizzazione, mentre il Pistacio – Juniperetum macrocarpae, con esemplari di Quercus calliprinos, occupa le dune stabilizzate e le retrostanti depressioni più riparate. Nel sito si rinviene, inoltre, un'altra specie arbustiva di alto significato fitogeografico: il Rhamnus oleoides a gravitazione occidentale localizzato esclusivamente in questo biotopo. Tra le specie perenni suffruticose viene segnalato il Polygonum robertii segnalato di recente, e rappresenta la seconda località per la Sardegna. Si segnalano, inoltre, la presenza delle endemiche: Silene corsica DC., Genista morisii Colla, Genista corsica (Loisel.) DC, Mercurialis corsica Cosson, Euphorbia cupanii Guss. ex Bertol., Stachys glutinosa L, Bellium bellidioides L, Bellium crassifolium Moris, Hyoseris taurina Martinoli, Ornithogalum excapum Ten. ssp. sandalioticum Tornadore et Garbari, Pancratium illyricum L, Crocus minimus DC., Romulea requienii Pari., Arum pictum L, Limonium tigulianum Arrigoni et Diana, Limonium sulcitanum Arrigoni. Dal punto di vista floristico questo sito risulta molto ricco di specie ad alto interesse fitogeografico e tra i più ricchi di endemiche. In tutta la fascia costiera poi si ritrovano le formazioni a Juniperus turbinata ssp. turbinata, che in località Monte Lapanu evidenziano la loro capacità colonizzatrice nella riconquista delle aree abbandonate;
   il sito ha, inoltre, importanza per la presenza in esso di 22 habitat di interesse comunitario, di cui 5 prioritari (codici 1120, 2250, 6220, 2270, 3170); di 3 specie di uccelli prioritari, due dei quali in esso riproducentesi (codici: A181, A392) e 35 specie floristiche di importanza conservazionistica;
   nel capitolo dell'atto di individuazione del sito relativo alla vulnerabilità è scritto: danni da esercitazioni ambientali;
   in tal senso è evidente la persistente azione di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto» e «distruzione o deturpamento di bellezze naturali» compiuta dalle persistenti esercitazioni militari che si svolgono all'interno del sito protetto con danni gravissimi sia sul piano ambientale, paesaggistico e naturalistico;
   dalla documentazione fotografica in possesso degli interpellanti si evince una devastazione ambientale e naturalistica senza precedenti che colpisce e ha colpito in modo permanente e spregiudicato il patrimonio ambientale e naturalistico della Sardegna e nella fattispecie un sito protetto da convenzioni internazionali, norme nazionali e regionali;
   le esercitazioni militari e il conseguente rilascio di ordigni bellici hanno causato e causano gravissimi danni sia sull'ambiente marino che su quello dunale e retrodunale (inquinamento, frammentazione degli habitat, erosione del suolo, eccessivo calpestio, devastazione paesaggistica e naturalistica);
   recentemente un'imponente esercitazione da mare verso terra ha provocato incendi di dimensioni rilevanti che si documentano con foto scattate da mare a dimostrazione di una devastazione ambientale persistente in un'area protetta;
   nella stessa area, a causa delle numerose esercitazioni militari e della presenza di rifiuti combustibili nell'area, gli incendi sono persistenti e reiterati;
   il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare affidato all'Esercito e messo a disposizione della Nato rappresenta, nella sua attività, il più evidente e persistente disastro ambientale e naturalistico dell'intero articolato normativo di tutela ambientale europeo, nazionale e regionale;
   si tratta del secondo poligono d'Italia per estensione, 7.200 ettari di terreno, cui si sommano i 75.000 ettari delle «zone di restrizione dello spazio aereo e le zone interdette alla navigazione» normalmente impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra-mare;
   una parte del poligono e dell'area a mare è permanentemente interdetta anche agli stessi militari per motivi di sicurezza;
   relativamente ai reati di cui all'articolo 733 codice penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale):
    a) la fondazione di Teulada si perde nella notte dei tempi, probabilmente agli inizi dell'epoca nuragica, come sembrano testimoniare i molti nuraghi sparsi un po’ in tutto il territorio comunale, ed i resti di una fortificazione sull'isola Rossa;
    b) i fenici e i punici più tardi si stabilirono sulla costa come testimoniato dai resti del tophet punico a Malfatano, nell'isolotto davanti a Tuerredda e il porto di Melqart (ora sommerso), sempre a Malfatano;
    c) la prima ubicazione dell'abitato va ipotizzata alle spalle dell'antico kersonesus (Chersonesum Promontorium), ovvero l'istmo dell'odierno Capo Teulada, dove sembra sia esistito un insediamento militare romano a presidio delle due baie di Cala Piombo e Porto Zafferano. È probabile che tale ubicazione sia resistita fino all'epoca romana, quando il paese prende il nome di Tegula, che probabilmente documenta la produzione di terracotta in epoca romana. Poi, secoli dopo, probabilmente a causa delle incursioni dal mare, il paese è raccolto attorno alla chiesa di Sant'Isidoro, nella piana di Tuerra, in una zona più interna;
   in quel contesto va inquadrata anche una presenza che riguarda il prenuragico;
   la mancanza di altri dati sulle culture prenuragiche nel territorio di Teulada – del resto variamente e riccamente distribuite in tutta l'isola – va attribuita alle lacune della ricerca scientifica, tanto più gravi quando si pensa all'azione molto più spedita e sicuramente dannosa dei «cercatori di tesori»;
   che l’habitat teuladino fosse congeniale all'insediamento umano preistorico è dimostrato dalla congrua presenza di numerosi nuraghi nel territorio. Un calcolo sulla densità dà una cifra compresa tra 0.1 e 0.35 per chilometro quadrato. È una cifra che, per quanto approssimativa, può dare alcune utili informazioni;
   la disposizione delle torri nuragiche – essendo queste torri di difesa – segue la morfologia dei territorio ed è chiaramente volta a proteggere le vie naturali di penetrazione verso l'interno;
   sembra di vedere una catena difensiva che corre poco più a ovest dell'attuale confine orientale del comune, volta a difendere la vallata che dal valico di Nuraxi de Mesu porta all'attuale paese. Simile è il sistema difensivo occidentale a difesa delle vie di penetrazione dal Sulcis;
   è altrettanto interessante la disposizione dei nuraghi che stanno a nord del Porto di Teulada e che proteggono la via che, seguendo il corso del Rio Launaxiu, porta verso l'interno. Tra questi, doveva avere una funzione di avamposto il nuraghe S. Isidoro, ormai quasi completamente distrutto: un nuraghe complesso costruito con tecnica veramente «ciclopica»;
   nella regione di Malfatano – già identificato dal Lamarmora come il «Portus Herculis» degli antichi – sono state trovate le tracce di un centro abitato suddiviso nelle sue due parti essenziali: una zona commerciale con il porto (da identificare con l'insenatura occidentale) e i ruderi di un tempio; una zona sacra (il «tophet») che, ripetendo la stessa situazione verificata per Bithia nell'isola di Su Cardulinu, fu costruito nella prospiciente isola di Tuerredda;
   più a ovest sono state ritrovate, in località Piscinnì, delle cave puniche per l'estrazione di materiale da costruzione;
   altre rovine sono state localizzate a S. Isidoro pertinenti ad un abitato fenicio-punico. In questa località, ricca di testimonianze che vanno dal periodo nuragico fino a quello pisano, alcuni vi hanno voluto riconoscere il sito dell'antica Tegulae;
   le tracce della civiltà punica proseguono ancora nel Capo Teulada (antico «Chersonesus») e nella regione di Zafferano;
   nei pressi della torre di Porto Scudo sono appena evidenti i resti di una fortezza punica costruita con grossi blocchi, in posizione dominante rispetto al porto ed alla piana di Zafferano. Per questa fortezza è stata proposta una datazione intorno al VI secolo a.C.;
   dall'utilizzo di strumenti satellitari, visto il divieto di accesso, emerge che lo Stato italiano, con la complicità della Nato e delle Forze armate di eserciti stranieri bombardano, sparano e devastano un'area nuragica di straordinaria rilevanza, sia per il numero dei nuraghi individuati sia per la dislocazione degli stessi nello scenario costiero;
   da notizie assunte risulterebbe che alcuni di questi compendi sarebbero stati addirittura cancellati con l'utilizzo di mezzi pesanti e altri coperti;
   in quest'area, dunque, si assiste senza alcun tipo di controllo e di tutela alla distruzione di un compendio archeologico paesaggistico esclusivo in totale dispregio e violazione delle norme richiamate;
   nella sola delimitazione del poligono di Teulada, secondo gli atti e i documenti che si allegano e riscontrabili nel sito nurnet si è dinanzi ad un vero e proprio attentato alla civiltà nuragica con la distruzione di luoghi e compendi archeologici che avrebbero necessitato di protezione e recupero;
   in particolar modo risultano inglobati nella base militare i seguenti nuraghi catalogati da carte militari e topografiche, da rilievi aerofotogrammetrici e satellitari e censiti dalla rete Nurnet:
    a) Nuraghe Maxinas I – Comune Teulada località lat: 38.92193200458267, lon: 8.66831210120662;
    b) Nuraghe Maxinas II – Comune Teulada località lat: 38.916644004582324, lon: 8.664962001206213;
    c) Nuraghe de Carrogu – Comune Teulada – località Nuraghe de Carrogu lat 38.916925004582495, lon: 8.66106000120563;
    d) Nuraghe Brallisteris – Comune Teulada – località lat: 38.9175330045825, lon: 8.661448401205645;
    e) Nuraghe s'Uracheddu Piudu – Comune Teulada – località lat: 8.90471200458135, lon: 8.641161001202907;
    f) Nuraghe Don Antiogu – Comune Teulada località lat: 38.90735400458154, lon: 8.650137501204105;
    g) Nuraghe Turritta – Comune Teulada – località lat: 38.90684900458174, lon: 8.610368301198532;
    h) Nuraghe Mannu – Comune Teulada – località lat: 38.973001004586486, lon: 8.647734201203802;
    i) Nuraghe de Crabili – Comune Teulada – località Nuraghe de Crabili lat; 38.973399004586305, lon: 8.648087001203834;
    l) Nuraghe Di Monte Arbus – Comune Teulada località lat: 38.97321600458627, lon: 8.694009001210237;
    m) Nuraghe Campu Santeddu – Comune Teulada – località lat: 38.94840700458489, lon: 8.712561801212825;
    n) Nuraghe Merareddu – Comune Teulada – località Merareddu lat; 38.94799600458443, lon: 8.70878500121228;
    o) Nuraghe Monte Idu Comune Teulada – località lat: 38.946134004584195, lon: 8.715556501213165;
    p) Nuraghe Maledetta – Comune Teulada – località lat: 38.990119004587484, lon; 8.665096201206193;
    q) Nuraghe Barussa – Comune Teulada – località lat: 38.995854004587976, lon: 8.641093101202852;
    r) Nuraghe – Comune Teulada località lat: 38.972919004586316, lon: 8.650665001204146;
   tali compendi nuragici sono inaccessibili;
   dalla sovrapposizione dei tracciati del transito dei carri armati cingolati con le coordinate dei siti nuragici si evince che gli stessi risultano coincidenti in numerosi casi e in altri decisamente contigui;
   appare evidente che si tratta di una violazione grave di tutte le norme internazionali, nazionali e regionali di tutela non solo ambientali e naturalistiche ma anche e soprattutto di quelle riguardanti beni archeologici di una civiltà di oltre 3.500 anni fa;
   il patrimonio archeologico della Sardegna è talmente rilevante e unico nel suo genere che non solo non è accettabile la devastazione di cui è fatto oggetto, ma necessiterebbe di un sistema di tutela sia nei confronti delle scoperte e del ritrovamenti fino ad oggi rilevati, sia dei siti archeologici nuragici dei quali si ha la presunzione di una presenza in determinati compendi areali come nel caso del sito del poligono di Teulada;
   l'urgenza dell'intervento che si richiede si inquadra nella fattispecie penale di nuova introduzione, relativa alla «distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
   per «habitat all'interno di un sito protetto» si deve intendere qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CE, o qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE;
   è stato recentemente introdotto un reato contravvenzionale per reprimere penalmente, qualora sia illecita e posta in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, «qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto» (articolo 3, lettera h)), direttiva 2008/99/CE). L'illecito penale frutto dell'operazione di trasposizione della direttiva ricalca, pressoché integralmente, la previsione contenuta nell'atto comunitario. Il legislatore delegato ha inteso, in particolare, tradurre la formula «provocare il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto» nelle due condotte descritte dall'illecito penale: a) la distruzione dell'habitat; b) il deterioramento dell'habitat, che ne comprometta lo stato di conservazione;
   la collocazione sistematica della nuova fattispecie fra «le contravvenzioni concernenti l'attività sociale della P.A.» tutela l'interesse dello Stato al mantenimento dello stato di conservazione di un habitat, ossia quello, di rilevanza costituzionale, relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche sul territorio italiano, che trova il parametro costituzionale di riferimento sia nell'articolo 9 della Costituzione, che nell'articolo 117 della Costituzione, il quale obbliga l'Italia ad esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (...)» ed, in particolare, dalle direttive comunitarie che contribuiscono a definire l'habitat oggetto di protezione penale;
   il termine habitat è inteso nell'accezione di condizioni ambientali ideali per la vita di una determinata pianta o animale. In ecologia, la definizione di habitat può avere un'accezione più ampia nel biotopo, un habitat condiviso cioè da più specie. Un bioma è, invece, l'insieme della flora e fauna che vivono in un habitat ed occupano una certa geografia;
   sotto il profilo giuridico, il legislatore delegato, al comma 3 della norma citata, rinvia alle definizioni contenute nelle direttive richiamate, viene anzitutto in ausilio dell'interprete la direttiva «habitat» (direttiva 92/43/CE) che, all'articolo 1, dopo aver definito come «conservazione» il complesso delle misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato soddisfacente (lettera a)), definisce come «stato di conservazione di un habitat naturale» (articolo 1, lettera e)), l'effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie tipiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato;
   il legislatore delegato, rendendo ancora più chiaro l'ambito di applicazione, richiama (comma 3) una definizione ampia di «habitat», precisando che per habitat all'interno di un sito protetto si intende, da un lato, «qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CE» e, dall'altro, «qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/437/CE»;
   la normativa che si richiama alla direttiva «habitat» individua tre concetti di habitat: a) habitat naturali; b) habitat naturali di interesse comunitario; c) tipi di habitat naturali prioritari;
   quanto alla definizione sub a), sono da considerarsi «habitat naturali» le zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali; sono, invece, da considerarsi come «habitat naturali di interesse comunitario» gli habitat che, nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato: 1) rischiano di scomparire nella loro area di ripartizione naturale; 2) hanno un'area di ripartizione naturale ridotta a seguito della loro regressione o per il fatto che la loro area è intrinsecamente ristretta; 3) costituiscono esempi notevoli di caratteristiche tipiche di una o più delle nove regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, del Mar Nero, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea, pannonica e steppica; c) infine, sono definiti «tipi di habitat naturali prioritari», i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato e per la cui conservazione l'Unione europea ha una responsabilità particolare a causa dell'importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa nel territorio di cui sopra;
   l'individuazione di tali tipologie di habitat è contenuta nell'allegato I alla direttiva 92/43/CE. Richiamando l'articolo 733-bis, oltre l’habitat naturale, anche l’habitat di specie, è dunque necessario riferirsi alla definizione di «habitat di una specie», contenuta all'articolo 1, lettera f) della citata direttiva «habitat» che definisce come tale l'ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico;
   la relativa definizione è contenuta all'articolo 1, lettera l), della direttiva 92/43/CE, che individua come tale «un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato». Ciò impone, a sua volta, di individuare cosa debba intendersi per «stato di conservazione “soddisfacente”» di un habitat naturale;
   la direttiva 92/43/CEE, che definisce come «soddisfacente» (articolo 1, lettera e), quando: a) la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione; b) la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile; c) lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente ai sensi della lettera i), lettera il cui contenuto è già stato analizzato a proposito della determinazione dell'oggetto materiale dell'altra fattispecie di cui all'articolo 727-bis codice penale;
   l'ambito applicativo della fattispecie di reato che si intende denunciare richiama la disciplina in tema di danno ambientale (articolo 299 e seguenti del testo unico in materia ambientale), in particolare ove si prevede (articolo 300, comma 2) che «ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato: a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione»;
   ai fini della configurabilità del reato in esame, dunque, può essere utile parametro normativo di riferimento, oltre il citato articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche la previsione contenuta nell'articolo 301 del testo unico in materia ambientale, secondo cui «Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando: a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento; b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1», che, come già visto in precedenza, riproduce pedissequamente l'articolo 1, lettera i) della direttiva 92/43/CE;
   ove, infatti, la condotta abbia determinato l'alterazione dello «stato di conservazione dell'habitat naturale», potrà ritenersi che vi sia stato un deterioramento che ne abbia compromesso lo stato di conservazione, tale da integrare la fattispecie penale dell'articolo 733-bis del codice penale. Ne consegue, quindi, che ove sia provata la «distruzione» o il «deterioramento che si denuncia e abbia compromesso lo stato di conservazione» dell'habitat così inteso, si avrà: a) l'applicazione della sanzione penale (congiunta) a carico del contravventore persona fisica; b) l'eventuale applicazione della sanzione pecuniaria a carico dell'ente cui è imputabile la responsabilità ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001;
   qualora le attività descritte in premessa possono essere responsabili a ipotesi di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico» sarebbe indispensabile che le autorità competenti dispongano l'obbligo dell'effettivo ripristino, a spese del contravventore, della precedente situazione e, in mancanza, quello di adottare le misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE (articolo 311, comma 2, del testo unico in materia ambientale);
   il predetto articolo 311 prevede che l'obbligazione risarcitoria è posta a carico di «chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte». I presupposti della responsabilità risarcitoria sono dunque assai simili a quelli che determinano la responsabilità penale per la violazione dell'articolo 733-bis –:
   se risultino avviate indagini in ordine ai fatti di cui in premessa;
   se non intendano verificare la sussistenza di responsabilità in relazione ad ipotesi di omissione di atti di controllo a tutela dei patrimoni di pertinenza e competenza dei rispettivi Ministeri in quanto informati dei fatti;
   se non intendano comunicare i fatti enunciati in questa interpellanza al Presidente della Commissione europea in relazione al mancato controllo e a eventuali violazioni di disposizioni comunitarie;
   se ritengano di confermare le affermazioni del Capo di stato maggiore della difesa rese in audizione in Commissione giustizia alla Camera dei deputati, secondo le quali è intervenuto il sequestro preventivo da parte dell'autorità giudiziaria per la presenza di torio in alcune aree del Poligono di Teulada.
(2-00582) «Pili, Pisicchio».


Iniziative urgenti volte a garantire il rispetto della normativa in materia di semina di mais geneticamente modificato nella regione Friuli-Venezia Giulia – 2-00584

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
    decreto interministeriale del 12 luglio 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2013) vieta la coltivazione delle sementi di organismi geneticamente modificati n Italia per un periodo di 18 mesi. Il decreto è stato emanato ai sensi del combinato disposto degli articoli 54 del regolamento (CE) n. 78 del 2002 e dell'articolo 34 del regolamento (CE) n. 829 del 2003;
   specificatamente, l'articolo 34 del regolamento (CE) n. 829 del 2003 stabilisce l'adozione di misure d'urgenza, ai sensi degli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178 del 2002, quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente;
   l'articolo 53 del regolamento (CE) n. 178 del 2002 stabilisce che, in situazioni di emergenza, uno Stato membro possa chiedere alla Commissione europea di adottare misure cautelari, tra cui quella di sospendere l'autorizzazione, volte a sospendere l'immissione o l'importazione di un determinato prodotto geneticamente modificato o a limitarne le condizioni;
   l'articolo 54 del regolamento (CE) n. 178 del 2002 stabilisce però che, nelle more delle decisioni da parte della Commissione europea, lo Stato membro può provvisoriamente adottare le misure cautelari – tra cui la sospensione – limitatamente al territorio del proprio Stato sintanto che la Commissione europea non decida; ed è quello che ha portato il Governo italiano ad adottare il decreto interministeriale del 12 luglio 2013;
   in data 8 ottobre 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore inviava una nota alla presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, al fine di conoscere le iniziative messe in atto dalla regione per assicurare la piena attuazione del divieto di coltivazione del mais MON 810 imposto dal decreto interministeriale, stante l'eventualità di dover dar seguito all'applicazione alle sanzioni previste dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224 del 2003 e alla bonifica, al ripristino ambientale e al risarcimento ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, qualora sia accertato un effettivo danno ambientale conseguente alla coltivazione del mais MON 810;
   in data 11 novembre 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore con un'ulteriore nota, nel prendere atto che la regione Friuli-Venezia Giulia aveva modificato la legge regionale n. 5 del 2011, «Disposizioni relative all'impiego di organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura», chiedeva informazioni sull'esatta localizzazione delle coltivazioni di MON 810, prodromiche alla previsione di azioni di monitoraggio degli eventuali effetti di organismi geneticamente modificati sull'ambiente o sulla salute pubblica, per valutare, se del caso, l'applicabilità delle sanzioni citate. Sempre nella stessa nota, il Ministro aveva altresì ribadito che la normativa nazionale in materia di organismi geneticamente modificati è garantita da un apparato sanzionatorio previsto, con riferimento a fattispecie diverse nei presupposti, dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224 del 2003 e dal decreto legislativo n. 70 del 2005. Le richiamate disposizioni prevedono specifiche sanzioni di carattere penale relativamente alla fattispecie di immissione in commercio di alimenti e mangimi geneticamente modificati, la cui applicabilità a casi concreti rientra nelle prerogative della magistratura;
   recentemente, è intervenuta la legge regionale 28 marzo 2014, n. 5, «Disposizioni urgenti in materia di OGM e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 (Norme in materia di risorse forestali)», della regione Friuli-Venezia Giulia, che nel ribadire il divieto di coltivazione per 12 mesi degli organismi geneticamente modificati, ha previsto specifiche sanzioni amministrative in caso di sua inosservanza, ossia una sanzione massima di 50.000 euro per i trasgressori e autorizza il corpo forestale regionale ad ordinare la rimozione delle condizioni che determinano l'inosservanza. La norma regionale prevede, all'articolo 1, comma 3, anche la segnalazione delle violazioni del divieto di coltivazione previsto dal decreto interministeriale del 12 luglio 2013 alle competenti autorità;
   in data 23 aprile 2014, con sentenza n. 4410 del 2014, il Tar del Lazio si è pronunciato confermando l'impianto giuridico del decreto interministeriale del 12 luglio 2013, il quale vieta la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale;
   la regione Friuli-Venezia Giulia ha ufficialmente informato il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali che in data 7 maggio 2014 è pervenuta all'amministrazione regionale la notifica, trasmessa con raccomandata il 2 maggio 2014, di avvenuta semina di mais OGM DKC 666YG effettuata in data 17 aprile 2014 nel comune di Vivaro (Pordenone);
   nel mese di aprile 2014, nel comune di Colloredo di Montealbano (Udine) avveniva la semina di 6500 metri quadrati di mais transgenico MON 810. In questa specifica circostanza, la semina parrebbe essere una vera e propria dimostrazione scientifica posta in essere con il sostegno di un biologo che vuole dimostrare che il polline geneticamente modificato non danneggia l'ecosistema. A tal riguardo, non è dato sapere se ci sia stata la comunicazione alla regione Friuli-Venezia Giulia;
   i primi giorni del mese di maggio 2014 nel comune di Mereto di Tomba (Udine) avveniva la semina di 4500 metri quadrati di mais transgenico MON 810. Alla regione Friuli-Venezia Giulia veniva inviata una comunicazione dell'avvenuta semina;
   in data 16 giugno 2014 due parlamentari del partito Sinistra Ecologia Libertà hanno depositato due distinti esposti: il primo alla procura della Repubblica di Udine e il secondo alla procura della Repubblica di Pordenone, chiedendo all'autorità giudiziaria se sono ravvisabili delle ipotesi di reato nelle semine di mais geneticamente modificato avvenute nei mesi scorsi in Friuli-Venezia Giulia –:
   quali iniziative urgenti di competenza i Ministri interpellati intendano adottare al fine di ripristinare il principio di legalità che è stato violato nella regione Friuli-Venezia Giulia, interessata dalla semina di mais geneticamente modificato.
(2-00584) «Migliore, Franco Bordo, Pellegrino, Palazzotto, Zan, Zaratti».


Stato di applicazione dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) e tempi di presentazione al Parlamento della relativa relazione – 2-00572

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   l'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) consiste nella valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, mediante comparazione di opzioni alternative;
   l'analisi dell'impatto della regolamentazione costituisce un supporto alle decisioni dell'organo politico di vertice dell'amministrazione in ordine all'opportunità dell'intervento normativo;
   a seguito della stipula nel 2007, in sede di Conferenza unificata, dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane in materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione, si è affermata la necessità di avviare concretamente un «lavoro comune e condiviso» tra amministrazioni statali, regionali e locali che il dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (Dagl) ha voluto cogliere promuovendo la costituzione, sempre nell'ambito della Conferenza unificata, di un «Gruppo di lavoro AIR-VIR»;
   presso il sito ufficiale del competente dipartimento della funzione pubblica, ove si specifica che «Questa sezione contiene le pubblicazioni realizzate dal Dipartimento sulla semplificazione e la qualità della regolazione. Per ciascun volume è presente una breve sintesi dei contenuti e il file per scaricare la pubblicazione», la pubblicazione più recente risale all'anno 2007;
   l'articolo 14, comma 10, della legge 28 novembre 2005, n. 246, stabilisce che: «Entro il 31 marzo di ogni anno, le amministrazioni comunicano al DAGL i dati e gli elementi informativi necessari per la presentazione al Parlamento, entro il 30 aprile, della relazione annuale del Presidente del Consiglio dei ministri sullo stato di applicazione dell'AIR»;
   tale relazione dovrebbe essere ampiamente analizzata e discussa da parte delle Camere e, in particolare, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e il Comitato per la legislazione dovrebbero aprire un dibattito su tale relazione, verificare la veridicità dei dati riportati (alla luce della concreta esperienza parlamentare) e in questo modo spingere il Governo all'effettiva (e non meramente formale) attuazione degli obblighi di better regulation assunti anche a livello europeo –:
   quale sia lo stato complessivo dell'applicazione dell'analisi dell'impatto della regolamentazione;
   quale sia lo stato di avanzamento della relazione il cui termine annuale di presentazione al Parlamento è spirato il 30 aprile 2014.
(2-00572) «Toninelli, Cozzolino, Dadone, Dieni, Fraccaro, Lombardi, D'Ambrosio, Nuti, Colletti, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Ferraresi, Sarti, Turco, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Grande, Spadoni, Scagliusi, Luigi Gallo, Brescia, Marzana, D'Uva, Di Benedetto, Vacca, Simone Valente, Battelli».


Iniziative per il finanziamento del Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere – 2-00579

M)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   i continui delitti commessi a danno delle donne, riportati dalla cronaca, hanno determinato nell'opinione pubblica la percezione diffusa della violenza nei confronti delle donne come un fenomeno in aumento, sebbene la mancanza di dati ufficiali aggiornati a livello nazionale, disaggregati per genere, non consenta di misurare adeguatamente la portata del fenomeno;
   la contribuzione finanziaria con fondi europei ha sostenuto sia direttamente (come il progetto Daphne contro la violenza sulle donne datato di 116,85 milioni di euro e che ha finanziato anche una parte importante delle attività dei centri antiviolenza in Italia) che indirettamente (attraverso i piani operativi regionali e la programmazione nazionale) la maggior parte dei progetti regionali e provinciali per il contrasto della violenza sulle donne. Inoltre, l'indagine svolta dall'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali ha raccolto dati ufficiali che misurano l'impatto del fenomeno nei 28 Stati membri e sottolineato l'importanza di interventi concertati e strutturali;
   la legge 15 febbraio 1996, n. 66, recante «Norme contro la violenza sessuale» e successivamente il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, hanno dotato il nostro ordinamento di nuovi strumenti volti a contrastare la violenza di genere;
   il 25 giugno 2012 è stato presentato all'Onu il primo rapporto tematico sul femminicidio, frutto del lavoro realizzato in Italia da Rashida Manjoo. Tale rapporto rileva, tra le altre cose, la mancanza di strumenti adeguati per monitorare le dimensioni del fenomeno nel nostro Paese;
   il 19 giugno 2013 è stata ratificata in Italia la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 e aperta alla firma l'11 maggio dello stesso anno a Istanbul;
   tale Convenzione, che introduce il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza, all'articolo 8, dispone che: «Le Parti stanziano le risorse finanziarie e umane appropriate per un'adeguata attuazione di politiche integrate, di misure e di programmi destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione, ivi compresi quelli realizzati dalle ONG e dalla società civile»;
   l'articolo 5 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province» convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, demanda al Ministro per le pari opportunità il compito di elaborare un piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la nuova programmazione dell'Unione europea per il periodo 2014-2020. Il medesimo articolo prevede, inoltre, un finanziamento di 10 milioni di euro per l'anno 2013 per la realizzazione di azioni a sostegno delle donne vittime di violenza;
   il comma 217 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 14, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) incrementa di 10 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità allo scopo di finanziare il «Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere»;
   per effetto del combinato disposto dalla predetta disposizione con gli articoli 5 e 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, nonché in virtù del cosiddetto istituto del «riporto» che prevede la facoltà per la Presidenza del Consiglio dei ministri, diversamente dalle altre amministrazioni, di mantenere in bilancio anche le risorse non utilizzate nell'anno precedente, nel 2014 risulta disponibile per il già citato piano straordinario la somma di 18 milioni di euro;
   tale somma, secondo quanto si legge nella nota preliminare al bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 20 dicembre 2013, è tripartita destinando: 10 milioni di euro per il miglioramento degli interventi delle istituzioni nel contrasto alla violenza sulle donne attraverso l'elaborazione di un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere; 7 milioni di euro all'attuazione dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, relativo ad interventi di assistenza e sostegno territoriale a donne vittime di violenza e ai loro figli; 300.000 euro per la stipula di convenzioni o accordi finalizzati all'aggiornamento di statistiche sulla criminalità contro le donne nonché all'istituzione di una banca dati sui servizi offerti attraverso la rete collegata al numero di pubblica utilità 1522 e infine 700.000 euro per la prosecuzione delle attività del servizio 1522 per il contrasto alla violenza di genere e allo stalking –:
   se il Governo non ritenga opportuno, alla luce dei moniti espressi a più riprese dall'Unione europea e vista la drammaticità dei dati esposti in premessa, di procedere con la massima urgenza all'erogazione delle somme predette;
   se non ritenga, altresì, di doversi attivare con la massima sollecitudine, anche alla luce del ruolo chiave ricoperto dal nostro Paese in occasione della ratifica della Convenzione di Istanbul, convocando i necessari gruppi di lavoro, per dare un impulso concreto allo sviluppo del piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, di cruciale importanza per la piena attuazione degli strumenti giuridici già citati.
(2-00579) «Giuliani, Terrosi, Mazzoli, Rotta, Giorgis, Rossomando, Incerti, Boccuzzi, Misiani, Moscatt, Tartaglione, Pollastrini, Gribaudo, Scuvera, Gasparini, Ginefra, Bergamini, Ferranti, Carnevali, Cimbro, Mariano, Simoni, Piccoli Nardelli, Laforgia, Giulietti, Giuditta Pini, Berretta, Giuseppe Guerini, Manzi, Ghizzoni, Greco, Mariastella Bianchi, Tidei, Manfredi, Bray, Guerra, Marzano, Rostan, Gregori, Rampi, Mura, Zampa, Moretto, Ginoble, Paris, Iori, Locatelli, Centemero, Amoddio, Covello, Sbrollini, Chaouki, Berlinghieri, Marantelli, Mattiello, Petitti, Carlo Galli, Albini, Bonafè, Quartapelle Procopio, Cominelli, Saltamartini».


Iniziative per assicurare la piena conoscibilità della normativa vigente in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope – 2-00581

N)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2014, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 (cosiddetta «Fini-Giovanardi»);
   tali disposizioni hanno modificato, nel 2006, l'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti (articolo 4-bis) e numerose altre disposizioni dello stesso testo unico (articolo 4-vicies ter);
   in particolare, l'articolo 4-bis, modificando l'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, aveva unificato il trattamento sanzionatorio previsto per le violazioni inerenti tutte le sostanze stupefacenti, trattamento che in precedenza era differenziato a seconda che i reati avessero per oggetto le sostanze stupefacenti o psicotrope incluse nelle tabelle II e IV (cosiddette «droghe leggere»), ovvero quelle incluse nelle tabelle I e III (cosiddette «droghe pesanti»). Per effetto di tali modifiche le sanzioni per i reati concernenti le «droghe leggere» e, in particolare, i derivati dalla cannabis, precedentemente stabilite nell'intervallo edittale della pena della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 5.164 a 77.468 euro, sono state elevate, prevedendosi la pena della reclusione da 6 a 20 anni e della multa da 26.000 a 260.000 euro;
   l'articolo 4-vicies ter ha parallelamente modificato il precedente sistema tabellare stabilito dagli articoli 13 e 14 del testo unico, includendo nella nuova tabella I gli stupefacenti che prima erano distinti in diversi gruppi. Peraltro, tale articolo – che prevedeva la modifica di ben 31 norme del testo unico – è stato dichiarato incostituzionale nella sua interezza e non limitatamente alle sue disposizioni sulle tabelle, come originariamente richiesto dalla Corte di cassazione, che ha poi rimesso la questione alla Consulta;
   la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter, per espressa affermazione della Consulta, ha comportato la reviviscenza delle disposizioni del testo unico sugli stupefacenti in vigore prima dell'approvazione della legge n. 49 del 2006;
   l'efficacia delle disposizioni previgenti ha, dunque, determinato un abbassamento delle pene per le violazioni relative alle «droghe leggere» (punite con la reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti anni e della multa) e un parallelo aumento delle pene previste per le violazioni relative alle «droghe pesanti» (punite con la pena della reclusione da otto a venti anni e della multa, anziché con quella da sei a venti anni e della multa);
   peraltro, da ultimo, il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, e recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali» (il cosiddetto «decreto Lorenzin»), ha apportato ulteriori modifiche alla normativa sugli stupefacenti;
   è evidente, quindi, che sulla materia degli stupefacenti – novellata più volte, anche prima della recente sentenza della Corte costituzionale – sono intervenute numerose modifiche nel tempo;
   in forza del combinato disposto dell'articolo 27 della Costituzione che stabilisce il principio per il quale «La responsabilità penale è personale», dell'articolo 25 della Costituzione che garantisce il diritto di difesa e di quanto espressamente stabilito all'articolo 5 del codice penale, secondo il quale «Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale», è assolutamente necessaria la chiarezza e l'effettiva conoscibilità delle norme in vigore;
   è indubbio che una lacuna in termini di chiarezza ed effettiva conoscibilità della legge è ancor più grave in materia penale che, come noto, disciplina i fatti costituenti reato e a cui si riconnettono sanzioni molto incisive sulla sfera individuale;
   rispetto alla disciplina sugli stupefacenti, quanto stabilito a livello costituzionale e dal codice penale non pare, tuttavia, aver trovato adeguata attuazione;
   sulla Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 2014, n. 115, infatti, in occasione della pubblicazione della legge 16 maggio 2014, n. 79, di conversione del decreto-legge n. 36 del 2014 (il cosiddetto «decreto Lorenzin»), oltre alla legge, è stato anche pubblicato, a partire da pagina 64 della Gazzetta Ufficiale, come sempre, il «Testo del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, coordinato con la legge di conversione 16 maggio 2014, n. 79, recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali»;
   nell'ambito degli usuali elementi di chiarimento pubblicati unitamente al testo coordinato, è stato inoltre pubblicato anche l'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in quanto il citato decreto-legge n. 36 del 2014 modificava parzialmente il testo di tale disposizione: ciò avviene usualmente per agevolare la lettura delle norme come risultanti da novelle legislative;
   con riferimento a tale pubblicazione veniva rilevato il fatto che il comma 1 dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 era presente nel testo dichiarato illegittimo con la sentenza n. 32 del 2014 dalla Corte costituzionale;
   l'articolo 73 – nel tempo oggetto di ben 7 riformulazioni e modifiche – è fondamentale in quanto fissa la pena per la produzione, il traffico e la detenzione illecita di sostanze stupefacenti;
   il fatto che al comma 1 dell'articolo si riporti ancora la pena della reclusione da sei a venti anni, in luogo di quella, vigente, da otto a venti anni, nonché un comma 4 dell'articolo 73 – relativo ai medicinali previsti in tabella II, sezione A, B, C, D – che invece attiene la disciplina penale delle sostanze inserite nelle tabelle II e IV, e che prevede, alla luce della pronuncia della Corte costituzionale, pene differenti, ingenera, a prescindere della correttezza o meno della pubblicazione, evidenti incertezze tra i comuni cittadini privi di specifiche competenze giuridiche;
   sarebbe evidentemente auspicabile che un testo «attualizzato» del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, venisse ricostruito e pubblicato quanto meno sul sito del dipartimento delle politiche antidroga;
   allo stato, sul sito del dipartimento delle politiche antidroga, nella sezione «Normativa», in relazione al testo unico sugli stupefacenti, vengono riportati gli interventi normativi del decreto-legge, nella formulazione riportata anche nel testo coordinato e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 2014, senza che sia considerata la reviviscenza delle norme precedenti la cosiddetta «Fini-Giovanardi» conseguente alla pronuncia della Consulta n. 32 del 2014;
   ciò contribuisce ad alimentare, secondo gli interpellanti, la confusione, nonché la possibile ignoranza in perfetta buona fede sulla legge vigente;
   è preciso dovere di un organo governativo, quale è il dipartimento delle politiche antidroga, che proprio di quei temi si occupa, fornire un'informazione aggiornata e corretta delle effettive modifiche intervenute nella legislazione, tenendo conto che gli utenti non sempre sono specializzati in discipline giuridiche e possono, quindi, non comprendere immediatamente la normativa effettivamente in essere;
   la normativa, così come è ordinariamente illustrata, inevitabilmente può indurre nell'errore i cittadini sulla conoscenza della legge penale, poiché può indurre i cittadini, in modo fuorviante, a ritenere che l'intervento della Corte costituzionale sia stato vanificato sul piano legislativo con il decreto-legge n. 36 del 2014, oppure mal interpretato dai commentatori;
   ad avviso degli interpellanti, si tratta di una questione rispetto alla quale occorrerebbe porre rimedio immediato, ad esempio valutando la possibilità di assumere le necessarie iniziative al fine di pubblicare in Gazzetta Ufficiale la versione del testo unico sugli stupefacenti effettivamente vigente;
   nelle more sarebbe comunque indispensabile provvedere a pubblicare, per favorire un'agevole comprensione del testo, sul sito del dipartimento delle politiche antidroga il testo realmente vigente del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 –:
   quali siano le informazioni e gli orientamenti del Governo su quanto riportato in premessa;
   se il Governo non ritenga di intervenire quanto prima per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di un testo coordinato e aggiornato del testo unico n. 309 del 1990 sugli stupefacenti nella formulazione vigente;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, non reputi necessario al più presto far riportare nell'apposita sezione «Normativa» del sito del dipartimento delle politiche antidroga le norme vigenti in tema di stupefacenti, eliminando qualsiasi formulazione, ad oggi presente nella sezione, fuorviante per gli utenti.
(2-00581) «Daniele Farina, Migliore, Sannicandro, Fratoianni, Paglia».


Problematiche riguardanti gli incentivi per l'assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità – 2-00571

O)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con circolare dell'Inps 25 ottobre 2013, n. 150, avente ad oggetto gli incentivi per l'assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modifiche ed integrazioni, viene definitivamente chiarito come 31 dicembre 2012 la scadenza dei benefici connessi ai rapporti di lavoro agevolati, instaurati prima dell'anno 2013, con i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale;
   peraltro, con la circolare n. 13 del 2013, la stessa Inps aveva già chiarito le agevolazioni per le assunzioni effettuate nel 2013 e relative ai lavoratori licenziati al medesimo anno, riservandosi però di fornire indicazioni più specifiche nonché relative ad altre fattispecie;
   a seguito dei chiarimenti forniti all'Inps da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stata dunque ribadita per il tramite della sopra indicata circolare 25 ottobre 2013, n. 150:
    a) l'impossibilità di riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013;
    b) l'impossibilità di riconoscere le agevolazioni per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013;
    c) in via cautelare l'anticipazione al 31 dicembre 2012 della scadenza dei benefici connessi a rapporti agevolati, instaurati prima del 2013 con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale;
   le dette indicazioni, com’è ovvio, hanno destato allarme per tutte quelle aziende che hanno usufruito degli incentivi per le assunzioni di lavoratori in «piccola mobilità» effettuate nel 2012, dal momento che chi ha assunto il lavoratore nel 2012, facendo valere lo sgravio contributivo per i mesi dell'anno 2013, dovrà a questo punto provvedere al versamento all'Inps della differenza tra i contributi versati e quelli – alla luce delle nuove indicazioni – oggi dovuti oltre agli interessi maturati, a cui si aggiunge la beffa del non poter disporre del nuovo bonus non essendo state le stesse assunzioni effettuate nell'anno 2013;
   con il messaggio n. 17941 del 2013, facendo seguito alle istruzioni fornite con la circolare n. 150 citata in precedenza, le sedi territoriali venivano altresì invitate a riprendere l'attività di verifica sulla spettanza dei benefici riguardanti i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ed a richiedere ai datori di lavoro di regolarizzare quanto percepito indebitamente per l'agevolazione;
   fino ad arrivare all'ultimo messaggio n. 18639, con il quale ad integrazione delle indicazioni già fornite, viene precisato che, in considerazione della circostanza che l'istituto è ancora in attesa degli ulteriori e definitivi chiarimenti ministeriali, non dovrà essere richiesto ai datori di lavoro il rimborso dei benefici eventualmente fruiti;
   così come denunciato da varie sigle sindacali la situazione delle aziende coinvolte ha assunto contorni allarmanti: a titolo esemplificativo è opportuno citare quanto denunciato dalla Confartigianato Imprese Veneto che stima in 56.000 unità, in quella sola regione, i lavoratori assunti dalla particolare lista della cosiddetta «piccola mobilità»; tale dato dà il segno di una situazione che si palesa come allarmante su tutto il territorio nazionale per aziende e lavoratori evidentemente coinvolti in gran numero;
   a parere degli interpellanti, in un momento di particolare crisi, come quello che attanaglia il nostro Paese, è opportuno garantire benefici tangibili alle aziende artigiane e del piccolo commercio, poiché esse costituiscono, di fatto, l'asse portante dell'economia reale italiana;
   appare inconcepibile tanto l'eliminazione del beneficio già ex lege previsto quanto ed ancor di più la beffa consistente nella richiesta della restituzione degli incentivi già in precedenza percepiti dalle aziende, laddove tali restituzioni ammontano mediamente ad importi non inferiori ai quattromila euro l'anno per ciascun dipendente, con conseguenze non difficilmente immaginabili per piccoli imprenditori e lavoratori;
   in buona sostanza, le piccole e medie imprese si ritrovano a fronteggiare la stretta del credito bancario, l'aumento della pressione fiscale che oramai ha valicato quota 60 per cento, i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione, l'abolizione degli sconti fiscali su capannoni ed ora la restituzione delle agevolazioni ricevute per aver assunto dei disoccupati, il che prende i contorni del paradossale;
   alla luce di quanto esposto sarebbe quantomeno di buon senso operare al fine di invertire quella che è oramai divenuta una vera e propria tendenza distruttiva a danno di chi produce e crea lavoro nonostante la crisi –:
   se i Ministri interpellati non intendano al più presto definire la situazione di indeterminatezza in cui sono venute a trovarsi le piccole e medie aziende, in particolare quelle artigiane e del piccolo commercio, da un lato, garantendo loro il mantenimento dei benefici derivanti dagli sgravi per l'assunzione dei lavoratori iscritti alle liste della cosiddetta «piccola mobilità», dall'altro, intervenendo urgentemente, al fine di preservare le medesime aziende dagli obblighi di rimborso, anche alla luce di quella che appare agli interpellanti una piena violazione del principio di irretroattività dei provvedimenti chiariti dalle circolari dell'Inps inerenti l'oggetto.
(2-00571) «Rostellato, Rizzetto, Cominardi, Ciprini, Bechis, Chimienti, Baldassarre, Tripiedi, Da Villa, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Vallascas, Petraroli, Nuti».