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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 8 maggio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'8 maggio 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 7 maggio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PRATAVIERA e MATTEO BRAGANTINI: «Introduzione dell'obbligo di dotare i veicoli a motore di dispositivi per adattare le cinture di sicurezza alle condizioni fisiche delle donne in stato di gravidanza» (2353);
   LOMBARDI ed altri: «Modifiche alla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, concernenti il trattamento economico e previdenziale spettante ai membri del Parlamento» (2354);
   IMPEGNO ed altri: «Modifica all'articolo 133 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in materia di determinazione del premio dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti» (2355);
   NUTI: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso» (2356).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa regionale.

  In data 7 maggio 2014 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, la seguente proposta di legge:
   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA: «Misure per il contrasto del fenomeno della ludopatia e razionalizzazione dei punti di rivendita di gioco pubblico» (2357).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge CAMPANA ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del bullismo informatico» (1986) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Boccia.

  La proposta di legge ROSSOMANDO: «Modifica all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di consenso della madre naturale ad incontrare il figlio, non riconosciuto alla nascita, che ne abbia fatto richiesta» (1989) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Valeria Valente.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  GALLINELLA e COZZOLINO: «Modifiche al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (2070) Parere delle Commissioni II, V, VII, VIII, XI e XII;
  ZAMPA ed altri: «Istituzione della Giornata in ricordo del genocidio del popolo armeno» (2114) Parere delle Commissioni III e V.

   II Commissione (Giustizia):
  BALDUZZI: «Modifiche al codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, in materia di cognizione dell'incidente di falso nei giudizi relativi alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo» (2062) Parere della I Commissione;
  SBROLLINI ed altri: «Norme in materia di destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali a finalità di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza» (2111) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII e XII;
  CIRIELLI: «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati» (2140) Parere delle Commissioni I, V e VI.

   VI Commissione (Finanze):
  GIORGIA MELONI ed altri: «Norme per l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia» (2104) Parere delle Commissioni I, V e XIV.

   VII Commissione (Cultura):
  ANZALDI ed altri: «Dichiarazione di monumento nazionale del sito di Gibellina» (1956) Parere delle Commissioni I e V.

   X Commissione (Attività produttive):
  VITELLI: «Disposizioni per la razionalizzazione delle norme e delle procedure di incentivazione pubblica alle imprese e delega al Governo per la destinazione delle risorse derivanti dai risparmi alla riduzione dell'imposta regionale sulle attività produttive» (2057) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  DE LORENZIS ed altri: «Modifiche agli articoli 2 e 210 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, concernenti l'efficacia della copertura assicurativa nei casi di utilizzo del velocipede» (1922) Parere delle Commissioni I, V, IX e XII.

   Commissioni riunite VII (Cultura) e XII (Affari sociali):
  DISTASO: «Disposizioni per la corresponsione di borse di studio ai medici specializzandi ammessi alle scuole di specializzazione negli anni dal 1983 al 1991» (1882) Parere delle Commissioni I, II, V e XIV.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative di competenza volte a far fronte alla grave situazione finanziaria della provincia di Vibo Valentia – 2-00530

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   con la presente interpellanza urgente si vuole evidenziare una situazione alquanto allarmante sul piano economico ed occupazionale, con risvolti drammatici sulla coesione sociale e sulla civile convivenza che, in un purtroppo noto quadro di crisi nazionale, assume contorni particolari in un contesto territoriale come quello vibonese che, se non adeguatamente supportato dalle istituzioni democratiche, rischierebbe, tra l'altro, di soffocare quei segnali incoraggianti di impegno civile e di voglia di legalità che, comunque, si notano;
   la situazione che si rileva sul mercato del lavoro in provincia di Vibo Valentia, dai dati pubblicati dal centro per l'impiego provinciale, evidenzia il forte ritardo in cui versa rispetto alle aree più sviluppate e dinamiche del Paese e l'enorme distanza rispetto agli obiettivi occupazionali fissati in sede europea. Infatti, dai dati sui movimenti occupazionali provinciali, si può ipotizzare un altro anno «nero» per il lavoro. Il tasso di disoccupazione sale vertiginosamente e, relativamente ai giovani fino a 25 anni, supera abbondantemente il 55 per cento. Inoltre, il settore viene colpito dalla crisi e sempre maggiore è il numero di imprese che sono costrette a chiudere e, conseguentemente, cresce il numero di lavoratori che vengono posti in cassa integrazione guadagni e in mobilità o licenziati;
   la fase congiunturale negativa ha interessato anche i servizi, settore principale dell'economia locale e, generalmente, meno sensibile alle fluttuazioni cicliche, per effetto del generale calo dei consumi. A ciò si aggiunge, purtroppo, un altro fattore molto negativo che è quello della criminalità organizzata che, in base alla relazione semestrale presentata dal Ministro interpellato al Parlamento, sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia, nella provincia di Vibo Valentia «il condizionamento mafioso raggiunge livelli di maggiore pervasività» anche rispetto ad altre aree della stessa regione;
   a questa pervasività non è immune neanche la pubblica amministrazione, tanto è che in diversi comuni le amministrazioni sono state sciolte per infiltrazioni mafiose. Di fronte a questo quadro drammatico è doveroso intervenire con forza e determinazione per far sentire la vicinanza dello Stato che deve porre in essere tutte le iniziative possibili per lenire questo «grido di dolore» dei tanti cittadini che, anche in numerose pubbliche manifestazioni, anelano il rispetto delle regole per una civile convivenza. Ciò posto, corre l'obbligo di significare che, sul piano normativo, in data 7 aprile 2014, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica la legge n. 56 del 2014 recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni»;
   l'articolo 1, comma 92, della medesima legge garantisce i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in essere presso le amministrazioni provinciali, nelle more di provvedimenti governativi e regionali che dovranno essere adottati ai sensi dell'articolo 1, commi 89 e seguenti, per la definizione dei criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province agli enti subentranti. In questo contesto di forte cambiamento istituzionale, preme evidenziare che, nel panorama degli enti provinciali c’è un caso particolare, forse unico a livello nazionale, che riguarda la provincia di Vibo Valentia che, con deliberazione commissariale 30 ottobre 2013, n. 68, ha dichiarato il dissesto finanziario;
   purtroppo, la manovra di bilancio messa in atto dall'amministrazione, incentrata sul corretto e completo accertamento delle entrate e la drastica riduzione delle spese correnti, mediante l'eliminazione di spese discrezionali e la compressione anche di quelle obbligatorie, non risulta assolutamente sufficiente a portare in equilibrio i conti dell'ente. L'incidenza delle entrate proprie risulta essere poco rilevante in un bilancio, come quello provinciale che, come è noto, risulta storicamente dipendente da contributi statali e regionali. La pesante riduzione che negli ultimi anni si è registrata nei trasferimenti ha causato gravi squilibri strutturali, in considerazione di un'elevata incidenza della spesa non comprimibile, per mutui e personale, che rappresenta quasi l'80 per cento della spesa corrente;
   la provincia di Vibo Valentia, in ossequio al disposto dell'articolo 259 del Testo unico sugli enti locali, viste le condizioni di dissesto finanziario, deve predisporre un'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, rispettando l'obbligo del riequilibrio già nell'anno in corso, da presentare entro tre mesi dalla nomina della commissione straordinaria di liquidazione, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica del 10 febbraio 2014 e, quindi, entro il prossimo 10 maggio 2014;
   il decreto-legge n. 16 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 68 del 2014, modificando il comma 1-ter dell'articolo 259 del Testo unico sugli enti locali, ha escluso le province (limitando la previsione ai soli comuni sopra i 20.000 abitanti) dalla possibilità di raggiungere a determinate condizioni l'equilibrio di bilancio entro tre anni, compreso quello in cui è stato dichiarato il dissesto;
   per le ragioni sopraindicate è evidente l'impossibilità per l'ente di predisporre un bilancio riequilibrato già dall'anno in corso;
   un'ulteriore dichiarazione di eccedenza di personale, in aggiunta a quella approvata con deliberazione commissariale 30 dicembre 2014, n. 301, con la quale viene assicurato il rapporto dipendenti/popolazione di cui all'articolo 263, comma 2, del Testo unico sugli enti locali, oltre alle prevedibili e drammatiche ripercussioni che comporterebbe in un contesto sociale notoriamente problematico, non è neppure idonea a determinare risparmi immediati sul bilancio, a causa dei tempi previsti per l'approvazione ministeriale e per l'espletamento delle procedure stabilite in caso di eccedenze di personale dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   va messa in dubbio anche la coerenza di una dichiarazione di ulteriore soprannumero di personale con il nuovo quadro normativo determinato dall'entrata in vigore della legge n. 56 del 2014. Infatti, una misura di questo tipo sembra essere in assoluto contrasto con le indicazioni della stessa legge e con le linee del Governo che mirano a salvaguardare i livelli occupazionali. E potrebbe interferire indebitamente con le decisioni che il Governo e la regione devono assumere nei prossimi mesi in merito al riordino delle funzioni diverse da quelle fondamentali (articolo 1, comma 85) che riguardano, ai sensi dell'articolo 1, comma 92, anche i criteri per l'individuazione delle risorse umane connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province agli enti subentranti;
   per questi motivi è di palmare evidenza che, per la realtà provinciale di Vibo Valentia, occorre intervenire mediante specifiche fonti di finanziamento a carattere straordinario (come già fatto, nel recente passato, per il comune di Reggio Calabria) o con la modifica dei criteri di riparto del Fondo nazionale di riequilibrio, per sostenere le iniziative già poste in essere dall'amministrazione, perché, in effetti, si può parlare, viste le condizioni date, di un vero «caso Vibo» –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per fronteggiare la grave situazione della provincia di Vibo Valentia.
(2-00530) «Censore, Causin, Burtone, Bruno, Battaglia, Chaouki, Garavini, Costantino, Miotto, Carra, Piepoli, Parrini, Valeria Valente, Famiglietti, Lauricella, Pagani, Antezza, Pelillo, Mura, Stumpo, Oliverio, Ragosta, Castricone, Borghese, Bueno, Pollastrini, Lorenzo Guerini, Roberta Agostini, Folino, Fabbri, Aiello, Marchi, Franco Bordo, Magorno, Bargero, Capodicasa, D'Attorre, Palma, Argentin».


Iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi e occupazionali degli stabilimenti della Micron presenti in Italia – 2-00509

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nel 2007, ST, azienda multinazionale leader nello sviluppo e nella produzione di semiconduttori su scala mondiale, scorpora la divisione memorie creando l'azienda ST-M6;
   nel 2008, nasce Numonyx, costituita dalla divisione memorie di STM e la divisione memorie dell'americana Intel, con la conseguente e successiva suddivisione delle quote azionarie pressoché paritaria tra STM ed Intel, oltre ad un 6 per cento detenuto da Francisco Partners;
   nel febbraio 2010, la Numonyx viene acquisita dall'americana Micron Technology, multinazionale elettronica statunitense con sede centrale a Boise, in Idaho, specializzata nella produzione di memorie a semiconduttori, tra i primi 10 produttori di semiconduttori al mondo; tale operazione fa acquisire a Micron un enorme patrimonio di brevetti e tecnologie a lei nuove, tra le quali le memorie flash NOR e le memorie a cambiamento di fase PCM, trasferendo in breve queste tecnologie oltreoceano e smembrando e riducendo a ruoli marginali i gruppi di design e di processo;
   in data 3 maggio 2013, lo stabilimento di Avezzano (L'Aquila) di proprietà di Micron, cede alla tedesca LFoundry il contratto di fornitura della durata di quattro anni con il «monocliente» Aptina per la produzione di sensori per immagine a 200 millimetri ricevendo, per tale operazione, 40 milioni di euro circa di finanziamento dal Governo italiano, facenti parte di un accordo di programma destinato alla Numonyx;
   in Italia, Micron ha stabilimenti ad Agrate e Vimercate (Monza-Brianza), Catania (Catania), Arzano (Napoli) e Avezzano (L'Aquila) che impiegano, nel complesso, 1.028 lavoratori dipendenti e 33 dirigenti;
   Micron Technology ha annunciato una crescita record del fatturato ( + 42 per cento nel primo trimestre fiscale 2014 rispetto al quarto trimestre 2013, ed un + 120 per cento rispetto al primo trimestre fiscale del 2013);
   il 20 gennaio 2014, durante una riunione presso il Ministero dello sviluppo economico, i dirigenti di Micron Italia hanno annunciato la procedura di mobilità a partire dal giorno successivo, 21 gennaio 2014, per 419 dipendenti a livello nazionale (223 nei siti di Agrate e Vimercate, 127 nel sito di Catania, 52 nel sito di Arzano e 17 nel sito di Avezzano), pari al 40 per cento del totale degli occupati in Italia;
   dopo numerosi tavoli tenutisi prima al Ministero dello sviluppo economico e successivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tra funzionari degli stessi, parti sociali e politiche, lavoratori e dirigenza di Micron, nella notte tra il 9 e il 10 aprile 2014, si è giunti ad un accordo che ha ridisegnato la procedura di mobilità prevista;
   nel dettaglio, dei 419 lavoratori messi in procedura di mobilità al 21 gennaio 2014, dopo l'accordo del 9 aprile 2014, 85 sono stati riassorbiti da Micron, 170 da ST, 14 hanno deciso di loro volontà di dimettersi dall'azienda, portando a 150 il numero dei dipendenti in esubero e senza un futuro lavorativo certo distribuiti nei 5 stabilimenti di Micron Italia;
   con l'entrata in vigore dell'accordo, i 150 dipendenti in esubero saranno sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per un periodo massimo di 12 mesi a cui verrà riconosciuto un trattamento di 500 euro mensili. Per le aree di supporto e di servizi generali, la cassa integrazione guadagni straordinaria sarà a rotazione tra dipendenti che operano su mansioni analoghe. Più del 30 per cento dei lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria parteciperà a programmi di formazione e riqualificazione funzionali alla ristrutturazione aziendale;
   per i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria sono state previste anticipazioni da parte dell'azienda del trattamento economico previsto dallo stesso ammortizzatore sociale a partire dalla normale scadenza dell'ultima busta paga recepita; anticipazione del trattamento di fine rapporto per la quota ancora presente in azienda e proporzionalmente al numero di ore di sospensione effettive; integrazione di 200 euro lorde mensili per lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria che avranno una proposta occupazionale entro i 12 mesi di durata della sospensione; integrazione di 500 euro lorde mensili per lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria che non avranno una proposta occupazionale entro i 12 mesi di durata della sospensione;
   per 320 dei 419 dipendenti, la procedura di licenziamento collettivo diviene mobilità volontaria incentivata, con la messa in mobilità esclusivamente dei lavoratori che accetteranno di andarsene. Gli incentivi sono calcolati sulla base della retribuzione lorda del mese di marzo 2014 e sono comprensivi dell'indennità sostitutiva del periodo di preavviso. Gli incentivi previsti saranno di 28 mensilità lorde e 5.000 euro lorde erogate dall'azienda per chi accetterà il procedimento di collocamento in mobilità entro il 30 giugno 2014; di 20 mensilità lorde erogate dall'azienda per chi accetterà il procedimento di collocamento in mobilità dal 1o luglio 2014 al 30 settembre 2014; di 14 mensilità lorde erogate dall'azienda per chi accetterà il procedimento di collocamento in mobilità dal 1o ottobre 2014 al 15 dicembre 2014. Dopo la data ultima del 15 dicembre 2014, non sarà più possibile accedere alla mobilità né percepire l'incentivo pattuito nell'accordo. Nessun licenziamento unilaterale sarà possibile da parte aziendale né prima del 15 dicembre 2014, né tra il 15 dicembre 2014 e la data di chiusura della procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria;
   i dipendenti che troveranno una nuova sistemazione equivalente all'attuale per contenuto economico e professionale presso altre unità tramite l'attività dell'azienda riceveranno 2500 euro lorde a titolo di incentivo all'esodo;
   è stata istituita una «cabina di monitoraggio» che si incontrerà con cadenza bimestrale, composta da sindacati, Ministero dello sviluppo economico, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e regioni, per controllare la gestione della rotazione della cassa integrazione guadagni straordinaria e dei processi formativi, l'equa distribuzione occupazionale nei diversi siti, l'evoluzione della situazione occupazionale e i trasferimenti in altre sedi;
   la dirigenza di Micron si è detta disponibile, ma senza conferme numeriche scritte, di farsi carico di cercare eventuali nuove opportunità occupazionali per i lavoratori coinvolti dalla cassa integrazione guadagni straordinaria in aziende terze, utilizzando anche il supporto di società di outplacement;
   l'accordo stipulato contempla anche la possibilità (e non la certezza) di trasferimenti in altre sedi Micron per un totale di 102 lavoratori (40 in Italia e 62 all'estero). La disponibilità di eventuali posizioni sarà comunicata con l'apertura di job posting. Per i trasferimenti in Italia si terrà conto delle esigenze personali oltre che di quelle aziendali. I trasferimenti ad altra sede prevedono i normali trattamenti previsti dalla policy aziendale e dal contratto collettivo nazionale di lavoro e un ulteriore incentivo lordo di 30.000 euro;
   nel loro complesso, gli accordi elencati sopra sono stati ritenuti insoddisfacenti da lavoratori, sindacati e da buona parte delle parti politiche che sottolineano l'incongruenza tra alti profitti e procedure di mobilità avviate dall'azienda Micron, fattore che ha suscitato il forte sospetto che l'acquisto di Numonyx fosse legato ad un piano unicamente finalizzato ad impossessarsi dei brevetti e del know-how generati in Italia, con l'unico intento di delocalizzare in USA e nel Far East –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri, unitamente alle regioni interessate, ritenga opportuno farsi carico della situazione di incertezza per i 150 dipendenti in cassa integrazione guadagni straordinaria, favorendo la loro ricollocazione e assicurandone un futuro lavorativo certo, soprattutto dopo aver confermato il sostegno al settore della microelettronica considerato da lui strategico per il Paese, dichiarando l'avvio di concrete politiche di sostegno e investimenti innovativi in coerenza con i programmi europei;
   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda incentivare, attraverso l'impiego di fondi nazionali ed europei, il rilancio di nuovi progetti di sviluppo nell'azienda madre STMicroelectronics, vincolandoli al riassorbimento dei 150 dipendenti che la Micron ha posto in cassa integrazione guadagni straordinaria.
(2-00509) «Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre, Chimienti, Ciprini, Cominardi, Rostellato, Castelli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, Currò, D'Incà, Barbanti, Ruocco, Cancelleri, Alberti, Pesco, Pisano, Villarosa, Dadone, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Nuti, D'Ambrosio, Vignaroli».


Iniziative di competenza per assicurare la piena attuazione della legge n. 40 del 2004, con particolare riferimento alla surrogazione di maternità – 2-00514

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   si registra attualmente una certa discordanza tra i diversi tribunali, alcuni dei quali condannano il ricorso alla maternità surrogata, attraverso la pratica dell'utero in affitto, mentre altri tribunali invece assolvono coloro che ricorrono a questa pratica;
   la legge n. 40 del 2004 vieta la maternità surrogata, soprattutto se viene commercializzata come accade nella maggioranza dei casi noti;
   eppure il tribunale di Milano ha recentemente assolto una coppia dall'accusa di aver alterato lo stato civile di un neonato, nato con la pratica dell'utero in affitto, mediante false attestazioni; il bambino, frutto di una maternità surrogata, era stato partorito a Kiev da una giovane ucraina e l'accusa era scattata dopo la segnalazione dell'ambasciata italiana a Kiev;
   nel giugno 2013 c’è stato un altro caso, anch'esso terminato con un'altra assoluzione per una coppia di triestini tornati in Italia dall'Ucraina con 2 gemelli. Il tribunale friulano aveva escluso che ci fosse stato un falso;
   il tribunale di Brescia ha invece condannato un'altra coppia di Iseo per la stessa accusa, alterazione di stato civile, condannandola a cinque anni e un mese;
   in Europa esistono legislazioni che permettono la pratica dell'utero surrogato, regolandolo per legge e disciplinandolo in maniera legale, ma in Italia la legge n. 40 del 2004 prevede che i figli nati da tecniche vietate nel nostro Stato siano considerati figli legittimi della coppia che li ha generati e non è possibile applicare il divieto di paternità;
   si va diffondendo in Italia un'interpretazione della legge n. 40 del 2004 secondo la quale la legge proibisce la pratica dell'utero in affitto solo se commercializzato; nel 2000, prima quindi che venisse approvata la legge n. 40 del 2004, il tribunale di Roma aveva autorizzato questa pratica, nel caso fosse stata applicata su base solidale, senza commercializzazione del corpo o di parti di esso nel pieno rispetto delle norme in vigore nel nostro Paese e delle norme comunitarie;
   tutelare tutti i bambini, compresi quelli che nascono dalla pratica dell'utero in affitto, le cosiddette gravidanze per conto terzi, è doveroso, ma non si può ignorare il fatto che molto spesso le «madri» che si rendono disponibili ad «affittare» il proprio utero sono tra le più povere e vivono in condizioni disagiate, in Paesi in cui la legislazione, proprio perché più tollerante, le tutela molto meno e in un certo senso legittima un vero e proprio sfruttamento del corpo delle donne –:
   quali iniziative si intendano assumere per quanto di competenza per assicurare la piena attuazione di questo passaggio fondamentale della legge n. 40 del 2004, che tutela tutti i protagonisti dell'evento della nascita, evitando che vi sia una modifica dell'impianto della legge per via giurisprudenziale.
(2-00514) «Binetti, Dellai».


Iniziative di competenza volte a ridefinire la quota di accesso al riparto del Fondo sanitario nazionale per la regione Lazio – 2-00523

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 115, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, lo Stato adotta, d'intesa con la Conferenza unificata, il Piano sanitario nazionale, i piani di settore aventi rilievo ed applicazione nazionali e stabilisce il riparto delle relative risorse alle regioni, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   l'articolo 1, comma 34, delle legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede che – in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazionale – il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), su proposta del Ministro interpellato, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, stabilisce i pesi da attribuire a ciascuna regione in base ad una serie di criteri e può vincolarne alcune quote alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale;
   secondo l'articolo 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale, le regioni elaborano specifici progetti. Al fine di agevolarne l'attuazione, si provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell'importo complessivo annuo spettante a ciascuna regione, mentre l'erogazione del restante 30 per cento è subordinata all'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell'anno precedente. A decorrere dall'anno 2013, l'acconto del 70 per cento è erogato a seguito dell'intervenuta intesa, in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla ripartizione delle predette quote vincolate;
   inoltre, secondo l'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sempre a decorrere dall'anno 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, tramite intesa, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. In sede di determinazione, sono distinte la quota destinata complessivamente alle regioni a statuto ordinario, comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni;
   in attuazione dei predetti articoli, il Ministero della salute ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni la proposta di riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale nell'anno 2013 sulla quale, il 19 dicembre 2013, si è raggiunta l'intesa;
   il fabbisogno standard delle singole regioni a statuto ordinario, cumulativamente pari al livello di fabbisogno sanitario nazionale standard, è stato determinato utilizzando per tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle cosiddette regioni di riferimento (quelle scelte per l'anno 2013 sono state Umbria, Emilia Romagna e Veneto);
   l'importo da ripartire è risultato pari a 104,082 miliardi di euro, inferiore di 1,249 miliardi di euro rispetto a quello del 2012 (105,331 miliardi di euro);
   sempre nell'anno 2013, ai fini del riparto tra le regioni, oltre all'impiego del meccanismo dei costi standard, è stato utilizzato il valore legale della popolazione residente nella determinazione del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni. Il valore della popolazione legale utilizzato è quello risultante dalle operazioni del censimento dell'anno 2011;
   al 9 ottobre 2011, data di riferimento del 15o censimento generale della popolazione e delle abitazioni, la popolazione residente nella regione Lazio è risultata pari a 5.502.886, mentre la popolazione Istat pre-censimento al 1o gennaio 2011 era pari a 5.728,688 unità. Si è rilevata, pertanto, un'anomala e penalizzante riduzione della popolazione censita pari a 225.802 abitanti (il 3,94 per cento), posto che il valore della riduzione a livello nazionale della popolazione censita è stato, invece, pari all'1,97 per cento;
   l'utilizzo del dato della popolazione censuaria ha determinato la ridefinizione della quota di accesso al riparto del Fondo sanitario nazionale per la regione Lazio, dal 9,40 per cento dell'anno 2012 al 9,30 per cento dell'anno 2013. Su questa rideterminazione non influisce assolutamente il meccanismo dei costi standard, e questo è evidente dalla stessa proposta di riparto formulata dal Ministero della salute, nella quale è riportata la tabella della popolazione «pesata» per classi di età. Il peso relativo della popolazione pesata della regione Lazio (come per tutte le altre regioni) sul valore complessivo della popolazione «pesata» Italia è proprio pari a 9,30 per cento – stessa percentuale identificata successivamente nel provvedimento, all'interno delle tabelle di assegnazione, come quote di accesso al finanziamento. La riduzione di quest'ultima dipende pertanto esclusivamente dal dato di popolazione legale utilizzato (che a sua volta influisce sul dato di popolazione pesata);
   un valore assoluto così significativo di riduzione della popolazione – che può solo essere imputabile ad errori materiali nella compilazione del censimento – rischia di determinare un gravissimo pregiudizio in termini di erogazione di servizi nella regione Lazio posto che, la scelta di utilizzare il dato della popolazione post censimento 2011, ha sottratto 104 milioni di euro al territorio;
   se a questa cifra si aggiunge anche la riduzione del finanziamento determinata dalle minori risorse complessive stanziate per il Fondo sanitario nazionale nel 2013, la differenza della quota di accesso al riparto del Fondo sanitario nazionale rispetto al 2012 ammonta a 221 milioni di euro;
   anche in considerazione della situazione determinatasi a seguito dell'utilizzo della popolazione post censimento 2011, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 234, della legge di stabilità hanno innalzato dallo 0,25 allo 0,30 le quote premiali del finanziamento del Servizio sanitario nazionale e stabilito che esse fossero assegnate in via transitoria per gli anni 2012 e 2013 tenendo conto dei criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;
   nonostante l'accordo intervenuto in sede di Conferenza Stato-regioni abbia portato all'assegnazione di 99 milioni di euro alla regione Lazio, il livello complessivo del finanziamento risulta ancora gravemente insufficiente –:
   se il Ministro interpellato abbia contezza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per sanare l'inaccettabile pregiudizio arrecato ai cittadini della regione Lazio.
(2-00523) «Causi, Ferro, Tidei, Miccoli, Argentin, Marroni, Orfini, Marco Di Stefano, Mazzoli, Mariastella Bianchi, Coscia, Bray, Chaouki, Petrini, Pierdomenico Martino, Taranto, Morassut, Gentiloni Silveri, Bonaccorsi, Gutgeld, Fioroni, Roberta Agostini, Villecco Calipari, Stumpo, Carella, Piccoli Nardelli, Realacci, Lodolini, Melilli, Zoggia, Campana, Giachetti, Fassina».


Chiarimenti in merito al recepimento della direttiva n. 2011/24/UE, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, in relazione al parere espresso dalla Commissione XII (Affari sociali) della Camera dei deputati – 2-00529

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 38, recepisce la direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché la direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro;
   lo schema di decreto legislativo (atto del Governo n. 54) è stato trasmesso alla Camera dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 agosto 2013, n. 96;
   la Commissione XII (Affari sociali) della Camera dei deputati è stata chiamata ad esprimere il parere di competenza al Governo sul sopra detto schema di decreto legislativo. In data 11 febbraio 2014 la Commissione XII (Affari sociali) ha dato parere favorevole con condizioni e osservazioni;
   nella medesima seduta dell'11 febbraio 2014, il Sottosegretario di Stato pro tempore, Paolo Fadda, intervenendo in Commissione XII (Affari sociali) della Camera dei deputati – in discussione in sede consultiva per i pareri al Governo – ha dichiarato di condividere il contenuto della proposta di parere presentata dal relatore, assicurando che il Governo ne avrebbe tenuto conto all'atto dell'emanazione del decreto legislativo;
   alcune delle condizioni e delle osservazioni contenute nel parere approvato dalla Commissione XII della Camera dei deputati non sono state recepite del decreto legislativo n. 38 del 2014, e in particolare:
    a) la condizione posta dalla lettera b) di sopprimere all'articolo 10, comma 3, il secondo e il terzo periodo, non è stata recepita nel decreto legislativo n. 38 del 2014;
    b) la condizione posta alla lettera c), ove si prevedeva che all'articolo 10, comma 8, dello schema di decreto di riferimento, venisse specificato che, nei casi in cui l'autorizzazione preventiva all'assistenza transfrontaliera fosse negata per i motivi di cui all'articolo 9, comma 6, lettera d), cioè in ragione del fatto che l'assistenza sanitaria richiesta potesse essere prestata nel territorio nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, tenuto presente lo stato di salute e il probabile decorso della malattia, l'asl competente individuasse e comunicasse al paziente la specifica struttura sanitaria in grado di erogare la prestazione entro il predetto termine con le garanzie di sicurezza e qualità della prestazione offerta, è stata recepita solo in parte, eliminando proprio il riferimento alle garanzie di sicurezza e qualità;
    c) non è stata recepita l'osservazione approvata nel parere e relativa alla lettera a) in cui, con riferimento all'articolo 4, comma 1, e all'articolo 12, comma 3, si chiedeva che il Governo valutasse l'opportunità di eliminare il riferimento ai «principi etici» cui si ispirerebbe la specifica normativa vigente nel nostro Paese;
    d) non è stata recepita la condizione di cui alla lettera d) che invitava il Governo a sopprimere il secondo periodo del comma 8 dell'articolo 8 dello schema di decreto – che è stato invece mantenuto nel decreto legislativo n. 38 del 2014 – ove si prevede che misure limitative dell'accesso alle cure transfrontaliere potessero essere applicate ai cittadini di una o più regioni, o di singole regioni, o, addirittura, di singole aziende del Servizio sanitario nazionale, su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
    e) solo in parte è stata presa in considerazione l'osservazione relativa alla lettera e), vale a dire quella di valutare l'opportunità di una riformulazione dell'articolo 18, che meglio tuteli il diritta di tutti i cittadini italiani di usufruire dei servizi assistenziali previsti dalle direttive e dallo schema di decreto legislativo, nel rispetto del generale principio di uguaglianza;
   in tutti questi casi le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 38 del 2014 sono volte a limitare gli spazi di libero accesso alla medicina transfrontaliera riconosciuti ai cittadini dell'Unione europea dalla direttiva di cui si dà attuazione –:
   quali siano le ragioni del mancato recepimento, nell'attuazione della direttiva n. 2011/24/UE, delle condizioni e delle osservazioni elencate in premessa contenute nel parere approvato dalla Commissione XII (Affari sociali) della Camera dei deputati, in merito alle quali il Sottosegretario di Stato pro tempore Fadda aveva, in Commissione, espresso parere favorevole.
(2-00529) «Monchiero, Andrea Romano».


Iniziative normative per la retroattività della disciplina relativa all'esenzione dal pagamento del contributo unificato per i ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili – 2-00513

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   oramai da diversi anni scolastici tante famiglie di ragazzi disabili hanno adito gli organi di giustizia amministrativa per il riconoscimento del diritto dei loro figli ad essere assistiti a scuola da un insegnante di sostegno per un adeguato numero di ore;
   tali ricorsi sono stati tutti accolti dai giudici amministrativi, i quali hanno confermato come l'amministrazione scolastica continui da anni ad agire in modo colposo in materia di insegnanti di sostegno, a tal riguardo si legga la sentenza n. 381 del 2013 del tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione di Palermo, che ha rilevato come «malgrado l'esistenza di numerosissimi precedenti giurisprudenziali sfavorevoli al Ministero e all'ufficio scolastico, questi ultimi continuano, anno dopo anno scolastico, a reiterare provvedimenti all'evidenza non conformi alla normativa in materia di tutela dei disabili»;
   inizialmente, le segreterie dei tribunali amministrativi non richiedevano per il deposito di tali ricorsi alcun contributo unificato, ritenendo che gli stessi fossero esenti dal pagamento di tale contributo, poiché concernente i minori e la tutela della prole, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del testo unico n. 115 del 2002;
   successivamente, in ottemperanza alla circolare 18 ottobre 2011 «Istruzioni sull'applicazione della disciplina in materia di contributo unificato nel processo amministrativo», il Segretariato generale della giustizia amministrativa ha invitato la segreteria dei tribunali amministrativi regionali a pretendere, nel caso di proposizione di tali ricorsi, un contributo unificato di ben 650 euro;
   in particolare, in questa circolare al punto E.9 «Ricorsi proposti dai genitori di alunni diversamente abili per ottenere un insegnante di sostegno» si legge che il contributo unificato non può essere eliminato poiché riguarda i soli rapporti concernenti situazioni giuridiche soggettive che hanno origine e si esauriscono nell'ambito della famiglia e del rapporto relazionale potestà genitoriale-figli, azionabili dinanzi al giudice ordinario, restringendo indebitamente a parere degli interpellanti l'ambito di applicazione della norma che il legislatore ha espresso, che invece è da intendersi in modo volutamente ampio;
   quindi si impone il pagamento del contributo unificato per controversie relative al sostegno scolastico, che, invece, sono esenti ai sensi di legge;
   non a caso, l'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 («Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca»), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ha esteso il regime di esenzione dal pagamento del contributo unificato ai ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
   nel contempo, per garantire l'esenzione anche per i ricorsi già depositati riferibili agli anni 2011/12/13, la Camera dei deputati, nella seduta del 31 ottobre 2013, in sede di conversione del sopra indicato decreto-legge, ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno che impegnava il Governo a garantire la retroattività della sopra detta novella legislativa;
   pertanto, in data 14 novembre 2014, il Segretariato generale della giustizia amministrativa ha invitato le segreterie dei tribunali amministrativi a sospendere le procedure di recupero del contributo unificato relativo ai ricorsi in materia di insegnanti di sostegno, depositati prima dell'entrata in vigore dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, al fine di un approfondimento riguardante, appunto, la possibilità di applicare retroattivamente la norma summenzionata;
   nell'ambito di tale approfondimento, il Segretariato generale della giustizia amministrativa ha posto apposito quesito al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri che, in risposta a tale quesito, con nota del 6 febbraio 2014, ha ritenuto che «(...) la norma sopravvenuta è applicabile esclusivamente ai ricorsi depositati successivamente all'entrata in vigore della legge (...)»;
   quindi, il Segretariato generale della giustizia amministrativa, in data 21 marzo 2014, invitava le segreterie dei tribunali amministrativi a riattivare tutte le procedure di recupero del contributo unificato relativi ai ricorsi in materia di insegnanti di sostegno, depositati prima dell'entrata in vigore dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104;
   certamente la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo, così come recita l'articolo 11 delle «preleggi», stabilendo un tipico principio generale, che però, essendo posto da una legge ordinaria, come nel caso in argomento, può essere derogato da una legge successiva, la quale si auto-attribuisce un effetto anche per il passato poiché sono numerose le disposizioni in materia tributaria che «in deroga all'articolo 3 della legge n. 212 del 2000» attribuiscono a se medesime efficacia retroattiva;
   pertanto il legislatore, trattandosi di una materia diversa da quella penale, sia pur entro i limiti della ragionevolezza, può derogare a tali principi;
   un costo di ben 650 euro per il contributo unificato è una cifra davvero consistente, specie per le famiglie di ragazzi disabili, che già vivono situazioni di particolare difficoltà economico-sociale legate alla disabilità;
   a rendere paradossale tale situazione si aggiunge il fatto che le somme richieste si riferiscono a giudizi conclusisi con sentenze passate in giudicato che hanno visto la soccombenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che pertanto, ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è obbligato al pagamento del contributo unificato, delle somme dovute a titolo di spese di giudizio e al risarcimento del danno;
   quindi, l'esoso importo del contributo unificato preteso dalle segreterie dei tribunali amministrativi non determina nessuna effettiva maggiore entrata per l'erario, considerato che tali ricorsi si concludono, nella totalità dei casi, con la soccombenza dell'amministrazione scolastica, sicché tale circolare realizza, di fatto, l'unico risultato di scoraggiare il ricorso alla tutela giurisdizionale per vedere riconosciuto un sacrosanto diritto fondamentale dei propri figli disabili –:
   quali iniziative normative il Governo intenda assumere al fine di garantire la retroattività della novella legislativa citata, tenendo conto dell'indirizzo contenuto nell'ordine del giorno ricordato in premessa;
   quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda intraprendere per garantire la retroattività dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, in materia di esenzione dal pagamento del contributo unificato per i ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili;
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda intraprendere per garantire agli alunni disabili l'assegnazione di un numero adeguato di ore di sostegno al fine di evitare i numerosi ricorsi a cui ad ogni inizio di anno scolastico le famiglie devono adire per veder garantito il riconoscimento del diritto dei loro figli.
(2-00513) «Marzana, Luigi Gallo, Brescia, D'Uva, Di Benedetto, Vacca, Simone Valente, Battelli, Agostinelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Businarolo, Carinelli, Colletti, Colonnese, De Lorenzis, Dell'Orco, Luigi Di Maio, Ferraresi, Fico, Gagnarli, Gallinella, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lupo, Nesci, Parentela, Di Vita, Dall'Osso, Silvia Giordano, Cecconi, Baroni, Lorefice, Mantero, Grillo».


Iniziative di competenza volte a garantire la riapertura del Museo storico Alfa Romeo di Arese (Milano) in vista di Expo 2015 – 2-00510

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nell'area ex Alfa di Arese, all'interno dell'ex stabilimento Alfa Romeo, vi è un museo dedicato ad automobili, locomotive e trattori, che ospita anche foto d'epoca e manifesti promozionali, raccolti dal Centro documentazione storica; esso racconta il passato di un territorio e la storia di un marchio che ha fatto grande l'Italia nel mondo e che, ancora oggi, gode di un prestigio che pochi altri nomi hanno; dall'inizio del 2011 il museo è stato chiuso al pubblico, mentre la volontà delle amministrazioni comunali è quella di ottenerne una riapertura, come confermano i comuni di Arese e Rho, anche a seguito di una serie di incontri avuti con i rappresentanti di Fiat, nel rispetto del vincolo della Sovrintendenza dei beni culturali sull'area a tutela del patrimonio e della sua localizzazione; in vista di Expo 2015, il museo potrebbe rappresentare la storia industriale della Lombardia e dell'Italia e sarebbe in grado, con una giusta riqualificazione, di diventare polo di attrazione turistica e di sviluppo per l'area interessata;
   la sua riapertura potrebbe essere una grande occasione per rilanciare la tradizione industriale del made in Italy, oltre a rappresentare il potenziale volano della riqualificazione dell'area ex Alfa Romeo, intorno alla quale ricostruire un nuovo e virtuoso sistema territoriale; Fiat si è dichiarata assolutamente disponibile e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sta valutando le prescrizioni in materia di rispetto delle caratteristiche storico-artistiche del sito –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interpellati intendano intraprendere a sostegno di tale progetto, oltre a garantire che le relative procedure presso la Soprintendenza possano essere portate al più presto a termine affinché si possa arrivare alla riapertura del museo in tempo utile per l'avvio di Expo 2015.
(2-00510) «Rampi, De Maria, Cimbro, Peluffo, Ginoble, Brandolin, Quaranta, Pilozzi, Bersani, Lavagno, Daniele Farina, Palazzotto, Carrozza, Laforgia, Grassi, Beni, Scotto, Moretti, Ventricelli, Sbrollini, Braga, Gregori, Faraone, Gianni Farina, Boccuzzi, Mosca, Vaccaro, Orfini, Raciti, Quartapelle Procopio, Scuvera, Porta, De Micheli, Fabbri, Zardini, Incerti, Cuperlo, Blazina, Campana, Dell'Aringa, Guerra, Giovanna Sanna».


Iniziative urgenti per la salvaguardia del patrimonio archeologico, ambientale e naturalistico di Teulada (Cagliari), in relazione alle attività del poligono militare – 2-00517

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro della difesa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   le uniche recenti occasioni in cui la civiltà romana e le vestigia archeologiche dell'antica Roma sono state sfiorate da carri armati sono quelle delle sfilate delle Forze armate in occasione delle feste nazionali;
   si tratta di carri armati su gomma, per evitare danneggiamenti alle strade asfaltate o storiche;
   compendi come Pompei non hanno, invece, mai avuto la possibilità di essere attraversati da carri armati né gommati né cingolati;
   è facile immaginare quali vibrate reazioni e proteste interverrebbero, sia a livello nazionale che internazionale, se solo si osasse posizionare cannoni e missili dinnanzi al Colosseo o alle vestigia di Pompei;
   a Teulada, in Sardegna, invece, sorso dispiegati centinaia di carri armati, quelli più moderni e più devastanti; carri armati veri e propri che sparano, da terra e da mare, segnando in modo indelebile un compendio ambientale di straordinaria unicità con una devastazione che non ha precedenti; sparano ovunque, lasciando segni eloquenti del loro passaggio;
   Teulada è un compendio naturalistico di primaria importanza, considerato che tutte le prescrizioni ambientali regionali, nazionali ed europee hanno circoscritto quel territorio con la massima tutela ambientale e naturalistica;
   la maggior parte del territorio del sito di interesse comunitario è di proprietà militare, quindi interdetta, in esso è presente una base militare Nato, in funzione. Le esercitazioni militari si svolgono per un periodo compreso tra il mese di settembre e quello di maggio di ogni anno e comprendono azioni militari a terra, aeree e a mare;
   Capo Teulada è un promontorio calcareo collegato alla terra ferma da uno strettissimo istmo sabbioso che forma ad ovest la spiaggia di «Cala Piombo» e ad est quella di «Porto Zafferano». La costa dell'area del sito di interesse comunitario è costituita in prevalenza da ciglioni alti e a picco sul mare che si susseguono in profonde insenature separate da alti speroni calcarei;
   è caratterizzata dall'alternanza di dure rocce granitiche e friabili rocce scistose dove piccole spiagge, formate da dune di fine sabbia bianca, sono circondate da una vegetazione a prevalenza di ginepri;
   il sito ha inoltre importanza per la presenza in esso di 22 habitat di interesse comunitario, di cui 5 prioritari (cod. 1120, 2250, 6220, 2270, 3170); di 3 specie di uccelli prioritari, due dei quali in esso riproducentesi (cod. A181, A392) e 35 specie floristiche di importanza conservazionistica;
   le esercitazioni militari e il conseguente rilascio di ordigni bellici causano gravi danni sia sull'ambiente marino che su quello dunale e retrodunale (inquinamento, frammentazione degli habitat, erosione del suolo ed eccessivo calpestio);
   a causa delle numerose esercitazioni militari e della presenza di rifiuti combustibili nell'area, il rischio di incendi è elevato;
   il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare è affidato all'Esercito e messo a disposizione della Nato, la stessa organizzazione che interviene in gran parte del mondo a tutelare i beni archeologici a rischio di conflitti;
   è il secondo poligono d'Italia per estensione, 7.200 ettari di terreno, cui si sommano i 75.000 ettari delle «zone di restrizione dello spazio aereo e le zone interdette alla navigazione», che sono normalmente impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra-mare;
   una parte del poligono e dell'area a mare è permanentemente interdetta anche agli stessi militari per motivi di sicurezza;
   fra le attività ci sono la simulazione d'interventi operativi e la sperimentazione di nuovi armamenti;
   negli ultimi anni, per adeguare il poligono alle nuove esigenze addestrative, sono stati costruiti gli «scenari reali» confacenti alle guerre moderne;
   la fondazione di Teulada si perde nella notte dei tempi, probabilmente agli inizi dell'epoca nuragica, come sembrano testimoniare i molti nuraghi sparsi un po’ in tutto il territorio comunale ed i resti di una fortificazione sull'isola Rossa;
   i fenici e i punici più tardi si stabilirono sulla costa come testimoniato dai resti del tophet punico a Malfatano, nell'isolotto davanti a Tuerredda, e il porto di Melqart (ora sommerso), sempre a Malfatano;
   la prima ubicazione dell'abitato va ipotizzata alle spalle dell'antico kersonesus (chersonesum promontorium), ovvero l'istmo dell'odierno Capo Teulada, dove sembra sia esistito un insediamento militare romano a presidio delle due baie di Cala Piombo e Porto Zafferano. È probabile che tale ubicazione sia resistita fino all'epoca romana, quando il paese prende il nome di Tegula, che probabilmente documenta la produzione di terracotta in epoca romana. Poi, secoli dopo, probabilmente a causa delle incursioni dal mare, il paese si è raccolto attorno alla chiesa di Sant'Isidoro, nella piana di Tuerra, in una zona più interna;
   in quel contesto va inquadrata anche una presenza che riguarda il prenuragico;
   la mancanza di altri dati sulle culture prenuragiche nel territorio di Teulada – del resto variamente e riccamente distribuite in tutta l'isola – va attribuita alle lacune della ricerca scientifica, tanto più gravi quando si pensa all'azione molto più spedita e sicuramente dannosa dei «cercatori di tesori»;
   che l’habitat teuladino fosse congeniale all'insediamento umano preistorico è dimostrato dalla congrua presenza di numerosi nuraghi nel territorio. Un calcolo sulla densità dà una cifra compresa tra 0.1 e 0.35 per chilometro quadrato. È una cifra che, per quanto approssimativa, può dare alcune utili informazioni;
   la disposizione delle torri nuragiche – essendo queste torri di difesa – segue la morfologia dei territorio ed è chiaramente volta a proteggere le vie naturali di penetrazione verso l'interno;
   sembra di vedere una catena difensiva che corre vicino all'attuale confine orientale del comune, volta a difendere la vallata che dal valico di Nuraxi de Mesu porta all'attuale paese. Simile è il sistema difensivo occidentale a difesa delle vie di penetrazione dal Sulcis;
   è altrettanto interessante la disposizione dei nuraghi che stanno a Nord del Porto di Teulada e che proteggono la via che, seguendo il corso del Rio Launaxiu, porta verso l'interno. Tra questi, doveva avere una funzione di avamposto il nuraghe S. Isidoro, ormai quasi completamente distrutto: un nuraghe complesso costruito con tecnica veramente «ciclopica»;
   nella regione di Malfatano – già identificato dal Lamarmora come il «Portus Herculis» degli antichi – sono state trovate le tracce di un centro abitato suddiviso nelle sue due parti essenziali: una zona commerciale con il porto (da identificare con l'insenatura occidentale) e i ruderi di un tempio; una zona sacra (il «tophet») che, ripetendo la stessa situazione verificata per Bithia nell'isola di Su Cardulinu, fu costruito nella prospiciente isola di Tuerredda;
   più a ovest sono state ritrovate, in località Piscinnì, delle cave puniche per l'estrazione di materiale da costruzione;
   altre rovine sono state localizzate a S. Isidoro pertinenti ad un abitato fenicio-punico. In questa località, ricca di testimonianze che vanno dal periodo nuragico fino a quello pisano, alcuni vi hanno voluto riconoscere il sito dell'antica Tegulae;
   le tracce della civiltà punica proseguono ancora nel Capo Teulada (antico chersonesus) e nella regione di Zafferano;
   nei pressi della torre di Porto Scudo sono appena evidenti i resti di una fortezza punica costruita con grossi blocchi, in posizione dominante rispetto al porto ed alla plana di Zafferano. Per questa fortezza è stata proposta una datazione intorno al VI secolo a.C;
   tutto questo è noto ma ignorato, scritto ma eluso, documentato ma violato;
   quel che, invece, emerge solo con l'utilizzo di strumenti satellitari, visto il divieto di accesso, è che lo Stato italiano, con la complicità della Nato e delle Forze armate di mezzo mondo, bombarda, spara e devasta un'area nuragica di straordinaria rilevanza, sia per il numero dei nuraghi individuati sia per la dislocazione degli stessi nello scenario costiero;
   in qualsiasi parte del mondo una civiltà di oltre 3.500 anni di vita sarebbe protetta, salvaguardata e valorizzata;
   in questo scenario e in questa terra violentata dallo Stato, con la complicità storica di certa silente classe dirigente, si assiste silenziosamente alla distruzione di un compendio archeologico paesaggistico senza precedenti;
   nella sola delimitazione del poligono di Teulada, secondo gli atti e i documenti in possesso degli interpellanti e riscontrabili nel sito Nurnet, si è dinanzi ad un vero e proprio attentato alla civiltà nuragica con la distruzione di luoghi e compendi archeologici che avrebbero necessitato di protezione e recupero;
   in particolar modo risultano inglobati nella base militare i seguenti nuraghi catalogati da carte militari e topografiche, da rilievi aerofotogrammetrici e satellitari e censiti dalia rete Nurnet:
    a) Nuraghe Maxinas I - Comune Teulada località lat: 38.92193200458267, lon: 8.66831210120662;
    b) Nuraghe Maxinas II - Comune Teulada località lat: 38.916644004582324, lon: 8.664962001206213;
    c) Nuraghe de Carrogu - Comune Teulada - località NURAGHE DE CARROGU lat 38.916925004582495, lon: 8.66106000120563;
    d) Nuraghe Brallisteris - Comune Teulada - località lat: 38.9175330045825, lon: 8.661448401205645;
    e) Nuraghe s'Uracheddu Piudu - Comune Teulada - località lat: 8.90471200458135, lon: 8.641161001202907;
    f) Nuraghe Don Antiogu - Comune Teulada località lat: 38.90735400458154, lon: 8.650137501204105;
    g) Nuraghe Turritta - Comune Teulada - località lat: 38.90684900458174, lon: 8.610368301198532;
    h) Nuraghe Mannu - Comune Teulada - località lat: 38.973001004586486, lon: 8.647734201203802;
    i) Nuraghe de Crabili - Comune Teulada - località Nuraghe De Crabili lat; 38.973399004586305, lon: 8.648087001203834;
    l) Nuraghe Di Monte ArbusComune Teulada località lat: 38.97321600458627, lon: 8.694009001210237;
    m) Nuraghe Campu Santeddu - Comune Teulada - località lat: 38.94840700458489, lon: 8.712561801212825;
    n) Nuraghe Merareddu - Comune Teulada - località Merareddu lat; 38.94799600458443, lon: 8.70878500121228;
    o) Nuraghe Monte Idu Comune Teulada - località lat: 38.946134004584195, lon: 8.715556501213165;
    p) Nuraghe Maledetta - Comune Teulada - località lat: 38.990119004587484, lon; 8.665096201206193;
    q) Nuraghe Barussa - Comune Teulada - località lat: 38.995854004587976, lon: 8.641093101202852;
    r) Nuraghe - Comune Teulada località lat: 38.972919004586316, lon: 8.650665001204146;
   tali compendi nuragici sono inaccessibili;
   dalla sovrapposizione dei tracciati del transito dei carri armati cingolati con le coordinate dei siti nuragici si evince che gli stessi risultano coincidenti in numerosi casi e in altri decisamente contigui;
   appare evidente che si tratta di una violazione grave di tutte le regole internazionali, nazionali e regionali di tutela non solo ambientali e naturalistiche ma anche e soprattutto di quelle riguardanti beni archeologici di una civiltà di oltre 3.500 anni fa;
   il patrimonio archeologico della Sardegna è talmente rilevante e unico nel suo genere che richiederebbe un sistema di tutela sia nei confronti delle scoperte e del ritrovamenti fino ad oggi rivelati, sia dei siti archeologici nuragici dei quali si ha la presunzione di una presenza in determinati compendi areali;
   l'articolo 733 del codice penale tutela l'interesse collettivo a poter usufruire e godere della testimonianza passata della propria civiltà, delle espressioni culturali delle epoche passate e delle testimonianze storiche largamente diffuse sul territorio nazionale;
   ai fini della configurazione del reato di danno grave si rinvengono tutti i requisiti pari o superiori a quelli dei beni citati in premessa;
   la Carta costituzionale ha elevato tale interesse a bene archeologico costituzionalmente riconosciuto e tutelato tramite dell'articolo 9 della Costituzione che assegna valenza costituzionale alla tutela, già riconosciuta dal codice Rocco, delle testimonianze della cultura e della storia che si è ereditata dal passato;
   la Costituzione conferisce alla cultura la qualifica di valore nazionale «dinamico» perché, attraverso il patrimonio archeologico, artistico e storico già presente e accertato, ne promuove l'evoluzione verso nuove produzioni quale testimonianza futura per i posteri;
   è lecito affermare che, nel corso degli anni, si è passati da una concezione puramente statico-conservativa della tutela dei beni culturali a una concezione dinamica orientata al loro pubblico godimento, in quanto naturalmente destinati alla pubblica fruizione e alla valorizzazione, come strumenti di crescita culturale della società;
   la configurazione del reato de quo è evidente proprio per l'effettiva lesione al patrimonio archeologico nuragico atteso che tale nocumento costituisce una condizione obiettiva di punibilità;
   a confermare che si tratta di una grave lesione del patrimonio archeologico dell'umanità sono le convenzioni internazionali in materia: la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, sottoscritta all'Aja il 14 maggio 1954 (e ratificata in Italia con legge 7 febbraio 1958, n. 279); la Convenzione per la protezione internazionale del patrimonio culturale e naturale mondiale (cosiddetta Unesco), stipulata il 23 novembre 1972 (e ratificata in Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184);
   la Convenzione dell'Aja del 1954 parte dal presupposto che i danni arrecati ai beni culturali, quale che ne sia il Paese di appartenenza, costituiscono danno al patrimonio culturale dell'umanità intera, da ciò facendo conseguire il divieto del cosiddetto diritto di preda e l'impegno delle parti in conflitto a proibire qualsiasi atto lesivo di beni culturali ai danni dei beni dei paesi nemici, nonché l'obbligo della potenza occupante a collaborare con l'autorità del luogo per salvaguardare i beni culturali situati sul territorio di quest'ultimi;
   la convenzione Unesco dei 1972 afferma il principio che tutti i popoli del mondo sono interessati alla conservazione dei beni culturali, avendone in comune i valori di civiltà, per cui gli Stati aderenti si obbligano ad astenersi deliberatamente da ogni provvedimento –:
   se non ritengano di dover intervenire con somma urgenza per fermare in tutti i modi possibili la devastazione della civiltà nuragica nel compendio ricadente nel poligono militare di Teulada;
   se non ritengano di dover segnalare il caso alle autorità competenti per accertare chi abbia consentito questo grave disastro archeologico, ambientale e naturalistico;
   se non intendano valutare la violazione delle norme in materia di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico e ambientale naturalistico per ogni eventuale adempimento di competenza;
   se non intendano provvedere ad un piano nazionale di risanamento del sito medesimo, assumendo iniziative per lo stanziamento delle risorse necessarie (a parere degli interpellanti non meno di un miliardo di euro) compresi i risarcimenti alle popolazioni e ai comuni;
   se non intendano assumere iniziative per interdire l'uso dell'area a qualsiasi scopo militare al fine di restituirla alle popolazioni per un naturale sviluppo armonico con le valenze territoriali.
(2-00517) «Pili, Pisicchio».


Iniziative volte a garantire l'erogazione del contributo straordinario a favore della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova come stabilito dalla legge n. 350 del 2003 – 2-00524

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2003, n. 350, la cosiddetta legge Genova, stabilisce un contributo straordinario riconosciuto a favore della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova;
   in tal senso, si prevede che dal 2004, anno in cui Genova è stata nominata «capitale europea della cultura», una quota fissa ripetibile e non percentualizzata di 2.500.000 euro sia mantenuta a sostegno del Teatro Carlo Felice, in aggiunta al riparto del Fondo unico per lo spettacolo spettante alla Fondazione Teatro Carlo Felice;
   tuttavia, a partire dal 2010, tale contributo, stabilito per legge, ha subito una riduzione improvvisa di circa il 40 per cento, arrivando a 1.128 mila euro nella stagione 2013 e nel 2014 sarà, a seguito di ulteriori accantonamenti, di 888 mila euro, con un'ulteriore riduzione di 240.000 euro;
   tuttavia, è noto che la legge n. 350 del 2003 – tuttora in vigore – mantenga lo stanziamento originale di euro 2.500.000 euro e che, quindi, come precedentemente sottolineato, le riduzioni subite siano dovute ad accantonamenti stabiliti anno per anno;
   tale decurtazione, aggiunta ai 650 mila euro di taglio previsti dalla legge n. 112 del 2013, porta ad una riduzione complessiva del fondo di 900 mila euro, allontanando così la prospettiva di pareggio del bilancio nonostante il ricorso effettuato negli ultimi due anni a contratti di solidarietà fino al 40 per cento;
   infatti, la legge n. 112 del 2013 stabilisce un «bonus» destinato a quelle fondazioni cosiddette virtuose, ovvero quelle che hanno ottenuto il pareggio di bilancio nel triennio 2011-2013;
   tale incentivo verrà distribuito tagliando ulteriormente del 5 per cento il Fondo unico per lo spettacolo destinato alle fondazioni: tale penalizzazione per la Fondazione Teatro Carlo Felice è stimabile in 650.000 euro;
   la legge n. 112 del 2013 stabilisce, inoltre, che le fondazioni in crisi economica che non possono far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte dei terzi, o quelle commissariate da almeno due anni, possano accedere a un fondo di rotazione di 75 milioni di euro per il 2014 per la concessione di finanziamenti di durata fino a un massimo di 30 anni;
   tuttavia, per accedere a tale fondo, gli ex enti lirici in crisi hanno dovuto presentare un piano di risanamento che doveva prevedere la riduzione fino al 50 per cento del personale tecnico e amministrativo in organico al 31 dicembre 2012, una razionalizzazione del personale artistico nonché la cessazione dell'efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore e, per quanto riguarda gli stipendi, l'applicazione del minimo sindacale;
   in tal senso, il Teatro Carlo Felice sta vivendo una crisi occupazionale drammatica;
   l'organico della Fondazione Teatro Carlo Felice, inferiore rispetto all'organico funzionale (-60 unità), non potrà essere ridotto ancora di molto in quanto ciò comprometterebbe il regolare funzionamento della struttura e i requisiti minimi in materia di sicurezza sul lavoro;
   nel dicembre 2013 sono stati erogati oltre 7 milioni di euro ai teatri di Firenze e Trieste. Gli ulteriori 18 milioni di euro andranno divisi tra le restanti fondazioni che, come evidente, non beneficeranno del trattamento riservato alle prime due;
   appare, dunque, chiaro come il ripristino della quota originale prevista dalla legge n. 350 del 2003 rappresenterebbe un apporto fondamentale nel percorso di ristrutturazione intrapreso dalla Fondazione Teatro Carlo Felice –:
   quali iniziative intenda adottare perché lo stanziamento originale previsto dalla cosiddetta legge Genova venga erogato nella sua totalità, comprese le quote decurtate per accantonamento.
(2-00524) «Carocci, Tullo, Basso, Quaranta, Vazio, Coccia, Marco Meloni, Mariani, Giacobbe, Rocchi, Manzi, Ghizzoni, Bossa, Incerti, Pastorino, Piccoli Nardelli, Fiorio, D'Ottavio, Biasotti, Oliaro, Pes, Malisani, Carnevali, Carrescia, Narduolo, Orfini, Lainati, Rampi, Zampa, Crimì, Cimbro, Marchi».


Intendimenti in merito alla richiesta avanzata da Enel in ordine alla prosecuzione dei lavori per la riconversione della centrale termoelettrica di Porto Tolle, in provincia di Rovigo – 2-00499

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nel territorio di Porto Tolle, al limite orientale della provincia di Rovigo, esiste da anni una centrale termoelettrica di proprietà di Enel spa su cui l'azienda ha da tempo presentato un progetto di riconversione a carbone autorizzato in data 5 gennaio 2011 da parte della direzione generale per l'energia nucleare, le energie rinnovabili e l'efficienza energetica del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con la regione Veneto;
   l'impianto in questione, unitamente a quelli di Brindisi e Civitavecchia (peraltro già riconvertiti e pienamente operativi), risulta essere non solo tra i siti più grandi del Paese ma anche tra i primi in Europa, forte dei suoi quattro gruppi da 660 megawatt l'uno, per una potenza complessiva di 2640 megawatt e capace di generare circa l'8 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
   in data 17 maggio 2011, con sentenza del Consiglio di Stato viene annullata la decisione del Tar del Lazio che, con il decreto del 29 luglio 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, aveva dato parere positivo alla valutazione di impatto ambientale per la nuova opera;
   l'intervento di riconversione, una volta a regime, potrebbe dare lavoro a 800 persone circa tra dipendenti e indotto, per un investimento complessivo di circa 2,5 miliardi di euro, senza dimenticare che il solo cantiere per i lavori darebbe nel tempo lavoro ad ulteriori 1500 persone con punte di 3000;
   Enel spa ha chiesto nel frattempo di poter demolire uno dei quattro gruppi dell'impianto, intervento già previsto nel progetto di riconversione e che potrebbe rappresentare al contempo una prima, anche se parziale, risposta dal punto di vista occupazionale (80/100 persone per un anno a costo zero, considerato che le circa 20 mila tonnellate di ferro del manufatto potrebbero garantire la copertura economica);
   questo fattore non appare certo secondario, specie se considerata la peculiarità del territorio in cui l'impianto insiste, con un'economia votata in larghissima parte solo all'attività ittica e turistica;
   questa richiesta avanzata da parte di Enel spa e condivisa dal comune di Porto Tolle non ha ricevuto ancora risposta da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   alla luce di tutto ciò, l'intervento di demolizione assume dunque carattere di urgenza sia di tipo economico che occupazionale;
   la questione dell'approvvigionamento energetico in generale risulta essere un elemento strategico e, in particolare, sulla vicenda di Porto Tolle si è registrata, sin dal primo momento del suo insediamento, una notevole attenzione e sensibilità da parte dell'Esecutivo –:
   se e come il Governo intenda attivarsi per sbloccare almeno i lavori per il primo dei quattro gruppi, considerate le ricadute positive in termini occupazionali e non solo che questa decisione comporterebbe per il territorio.
(2-00499) «Crivellari, Tullo, Rossomando, Braga, Sbrollini, Giovanna Sanna, Mura, Pagani, Cardinale, Rosato, La Marca».


MOZIONI GIANCARLO GIORGETTI ED ALTRI N. 1-00439 E SANTERINI ED ALTRI N. 1-00455 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALL'OPERAZIONE MARE NOSTRUM E AL RAFFORZAMENTO DEI CONTROLLI ALLE FRONTIERE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    dal 18 ottobre 2013 il Governo italiano ha avviato una missione militare-umanitaria per gestire l'emergenza determinata dagli sbarchi dei clandestini sulle nostre coste, denominata Mare Nostrum;
    alla presentazione dell'operazione Mare Nostrum e delle sue finalità, il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, affermò che «la somma del pattugliamento e dell'azione della polizia giudiziaria e della magistratura avrà un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani»;
    sempre a quel tempo il Ministro della difesa pro tempore, Mario Mauro, ribadì che «ci muoviamo per primi e al limite delle nostre possibilità nell'ambito di Eurosur, finalmente varato, che consentirà di controllare le frontiere all'interno di Frontex per dare un esempio chiaro e forte» e venne sottolineato altresì: «non ci sarà bisogno di altri fondi, ma basteranno i soldi dei Ministeri», stimando tale costo «al momento attorno al milione e mezzo di euro al mese»;
    proprio il giorno dopo l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina, il Ministro dell'interno ha reso noto che sarebbero ben 600.000 le persone sulle coste dell'Africa in attesa di imbarcarsi per arrivare via mare in Italia;
    se nel 2013 gli sbarchi sono stati 42.925, solo dall'inizio di quest'anno gli arrivi hanno già superato quota 20.000 e il Viminale ha fatto sapere che il dato è di oltre dieci volte maggiore a quello registrato nello stesso periodo del 2013, un vero e proprio record;
    nel gennaio 2014, senza alcun coinvolgimento degli enti locali interessati, il Ministero dell'interno ha inviato un'informativa a tutti i prefetti affinché rendano disponibili, nei rispettivi territori di competenza, altre strutture per l'accoglienza e nei giorni scorsi ha provveduto ad un primo trasferimento di clandestini nelle regioni del Nord;
    avvicinandosi l'estate, con il miglioramento delle condizioni del mare, è prevedibile che le partenze aumentino ulteriormente ed in misura considerevole, soprattutto quelle dalla Libia;
    contestualmente agli sbarchi stanno crescendo anche le fughe dai centri di prima accoglienza, anche di minori, di cui si perdono le tracce;
    la circostanza è motivo di allarme per i partner europei del nostro Paese, che potrebbero anche considerare, come accaduto già nel 2011, di interrompere più o meno temporaneamente l'applicazione degli accordi di Schengen, con effetti negativi sulla libertà di movimento in Europa dei cittadini della Repubblica;
    i dati sopracitati dimostrano che l'operazione Mare Nostrum, anziché avere «un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani», non ha svolto alcuna funzione dissuasiva, ma ha piuttosto agevolato l'attività degli scafisti, poiché la consapevolezza di giungere più facilmente alle coste italiane, anche grazie alle navi della Marina militare e delle forze di polizia, sta spingendo un numero sempre maggiore di aspiranti clandestini a pagare ingenti somme per tentare la traversata del Canale di Sicilia;
    in assenza di dati ufficiali, a parte quelli concernenti le fasi iniziali dell'operazione, i costi di dell'operazione Mare Nostrum sono stati calcolati a non meno di 300.000 euro al giorno dalla stampa specializzata, che li ha desunti dalla somma degli oneri di funzionamento dei mezzi impiegati;
    a quanto è dato di leggere su queste fonti, infatti, l'attività di una fregata classe Maestrale costa all'incirca 60.000 euro al giorno, quella di una San Marco 45.000 euro, mentre quella dei pattugliatori pare essere di poco inferiore ai 15.000 euro;
    a tali costi, vanno poi aggiunti quelli di esercizio degli aeromobili, gli elicotteri AB-212 ed i droni, che si aggirano sui 4.000 euro ad ora di volo, mentre per gli EH-101 ed il Breguet Atlantic si va dai 7.000 ai 13.000 euro;
    se si sommano, altresì, le indennità spettanti al personale ed i costi della manutenzione necessaria per l'uso straordinario dei mezzi, la spesa finale per l'operazione Mare Nostrum dovrebbe attestarsi tra i 10 ed i 14 milioni di euro al mese;
    i costi dell'operazione Mare Nostrum incidono esclusivamente sull'economia italiana e risultano ben più gravosi degli esborsi stanziati per i normali pattugliamenti che precedevano l'avvio dell'operazione;
    secondo la circolare dell'8 gennaio 2014 del Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, recante «Afflusso di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. Individuazione di strutture di accoglienza», a qualunque clandestino che sbarchi in Italia e semplicemente presenti richiesta di protezione internazionale, anche se fittizia, deve essere garantito vitto e alloggio per un importo di euro 30 oltre l'IVA, un pocket money di 2,5 euro al giorno e una tessera/ricarica telefonica di 15 euro all'ingresso delle strutture di accoglienza, nonché assistenza e cure sanitarie;
    se i clandestini arrivati in Italia dall'inizio del 2014 presentassero domanda di protezione internazionale per ottenere i benefici sopramenzionati, i costi calcolati, solo al giorno, sarebbero di 225.000 euro per le ricariche telefoniche, 37.500 euro in pocket money e 450.000 euro di vitto e alloggio, oltre agli oneri per le cure sanitarie;
    su 11 centri di identificazione ed espulsione, sei sono stati chiusi nel 2013 per lavori di ristrutturazione, causati dai danneggiamenti dei clandestini ospitati, tra cui quello di Lampedusa, e perciò risulta che centinaia di clandestini, in questi giorni trasferiti nelle regioni del Nord, vengano alloggiati anche in alberghi a 4 stelle, come, ad esempio, al Riz di San Genesio, in provincia di Pavia, dove il pernottamento a notte costa dai 120 ai 140 euro;
    secondo quanto riferito dal Ministro degli affari esteri, Federica Mogherini, in un'audizione davanti al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen: «nel 2013 l'Italia è diventata il secondo Paese Schengen per numero di visti concessi, con 2.125.490 visti rilasciati. Siamo secondi solo alla Francia (2.471.220 visti) e per la prima volta abbiamo superato la Germania (poco più di 2 milioni). Le nostre 172 sedi abilitate hanno rilasciato un visto ogni 15 secondi. In 8 anni, dal 2005, il numero è raddoppiato»;
    in Europa, gli altri Paesi stanno apprestando misure sempre più restrittive per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, addirittura avviando piani per il rimpatrio dei cittadini comunitari disoccupati, come, ad esempio, in Germania e Gran Bretagna, soprattutto per evitare il collasso del sistema del welfare;
    l'articolo 17, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2013/33/UE, stabilisce: «3. Gli Stati membri possono subordinare la concessione di tutte le condizioni materiali d'accoglienza e dell'assistenza sanitaria, o di parte delle stesse, alla condizione che i richiedenti asilo non dispongano di mezzi sufficienti a garantire loro una qualità della vita adeguata per la loro salute, nonché ad assicurare il loro sostentamento. 4. Gli Stati membri possono obbligare i richiedenti asilo a sostenere o a contribuire a sostenere i costi delle condizioni materiali di accoglienza e dell'assistenza sanitaria previsti nella presente direttiva, ai sensi del paragrafo 3, qualora i richiedenti asilo dispongano di sufficienti risorse, ad esempio qualora siano stati occupati per un ragionevole lasso di tempo. Qualora emerga che un richiedente asilo disponeva di mezzi sufficienti ad assicurarsi le condizioni materiali di accoglienza e l'assistenza sanitaria all'epoca in cui tali esigenze essenziali sono state soddisfatte, gli Stati membri possono chiedere al richiedente asilo un rimborso»;
    ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 9, della nuova direttiva sull'accoglienza 2013/33/UE: «9. Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata adottata in base a informazioni false fornite dal richiedente»;
    vi sono rischi sanitari cui vengono esposti i cittadini e gli operatori nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum, anche alla luce della gravissima epidemia di Ebola che si sta diffondendo con preoccupazione dalla Guinea in tutta l'Africa e che ha già spinto altri Paesi europei a varare una serie di misure restrittive all'ingresso nel proprio territorio;
    vanno considerati i gravissimi disagi, i problemi di ordine pubblico e i danni anche in termini economici, in particolare per gli abitanti delle zone in prossimità degli sbarchi che, avvicinandosi l'estate, con il miglioramento delle condizioni del mare, aumenteranno ulteriormente ed in misura considerevole,

impegna il Governo:

   a sospendere immediatamente l'operazione Mare Nostrum e a rafforzare i controlli alle frontiere, in particolare quelle marittime;
   a completare il piano di accordi bilaterali elaborato al principio della XVI legislatura, al fine di impedire le partenze dai Paesi costieri dell'Africa e in particolare dalla Libia, e ad investire eventualmente forze e parte delle risorse impiegate attualmente nell'accoglienza per collaborare all'attività di contrasto concordata con i Paesi controparte;
   ad adottare le più opportune misure di sicurezza, inclusa la predisposizione di un piano sanitario d'emergenza, al fine di tutelare la salute dei cittadini, degli uomini delle forze dell'ordine, nonché del personale finora impiegato nell'operazione Mare Nostrum, anche alla luce della gravissima epidemia di Ebola che si sta diffondendo con preoccupazione dalla Guinea in tutta l'Africa;
   a riferire trimestralmente al Parlamento in merito agli esiti delle domande di protezione internazionale presentate, alle concessioni dello status di rifugiato da parte delle diverse commissioni territoriali, alle domande rigettate, ai controlli effettuati nei confronti dei soggetti titolari dello status di rifugiato, o comunque del diritto ad una protezione sussidiaria o umanitaria, in merito all'effettiva sussistenza dei requisiti per continuare a beneficiare delle forme di tutela sopra richiamate, in particolare relativamente ai rientri in patria, ed infine in merito al numero e alla tipologia dei visti rilasciati;
   ad adottare misure idonee al fine di ottenere i rimborsi, garanzie o contributi previsti ai sensi del paragrafo 9 dell'articolo 9 e dei paragrafi 3 e 4 dell'articolo 17 della nuova direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale;
   ad avviare, durante il semestre italiano di presidenza europea, tutte le più opportune iniziative al fine di rafforzare il controllo dei confini terrestri italiani ed in particolare marittimi, a promuovere una revisione della Convenzione di Dublino II e ad attuare il principio del burden sharing, così come previsto dalla direttiva 2001/55/CE.
(1-00439) «Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    nel primo trimestre 2014 si è registrato un numero di persone arrivate via mare in Italia tre volte superiore a quello rilevato nello stesso periodo nel 2013 (non solo a Lampedusa ma in altre località della Sicilia), mentre sono state in totale circa 43.000 le persone che sono arrivate via mare nel 2013;
    grazie all'Operazione Mare Nostrum circa 20.000 naufraghi sulle coste siciliane sono stati messi in salvo con il pattugliamento navale iniziato il 18 ottobre 2013. Nell'ambito della stessa operazione sono stati arrestati circa 200 scafisti e svolti numerosi interventi sanitari, evitando altre tragedie del mare come quella del 3 ottobre 2013 in cui perirono 366 persone, donne, uomini e bambini o altre come quella avvenuta nel mar Egeo al largo di Samos dove sono morte almeno 22 persone;
    i flussi migratori che arrivano sulle coste italiane sono costituiti sia da migranti economici che profughi politici. Tuttavia, in questi mesi, come ha affermato il Ministro Alfano nella informativa svolta il 16 aprile 2014 presso la Camera, gli arrivi sono composti in gran parte da rifugiati. Molti fuggono dalla guerra in Siria (un quarto degli arrivi del 2013 era rappresentato da siriani), altri dall'Eritrea, sud Sudan, e altri Paesi africani in preda a guerre o instabilità politica;
    spesso la situazione caotica nei Paesi di transito degenera in violenza verso i migranti (per esempio, i campi di detenzione in Libia o la violenza dei trafficanti nel deserto del Sinai);
    Italia, Grecia e Spagna sono i Paesi che sopportano l'onere di affrontare la situazione degli sbarchi del Mediterraneo, ma servirebbe una maggiore solidarietà a livello europeo ed il semestre a guida italiana sarà un'occasione per discutere questi temi;
    l'Unione europea spende annualmente 80 milioni di euro, a carico dei contribuenti europei, nell'ambito del programma Frontex. Lo stanziamento di circa 9 milioni di euro mensili, assegnato all'Italia per soccorrere i migranti, non deve essere sospeso ma confermato e se possibile aumentato. L'accoglienza e la sicurezza, la protezione e il pattugliamento che l'Italia ha garantito con una iniziativa unilaterale attende ora un rafforzamento da parte dell'Unione europea;
    il flusso ininterrotto di profughi dalla Siria ha come destinazione finale non l'Italia ma altri Paesi europei. Una delle principali tappe di transito in Italia è Milano, che si è fatta carico di accogliere la quota maggiore di rifugiati siriani negli ultimi mesi;
    il resettlement e la distribuzione dei profughi nella rete di accoglienza in tutte le regioni vanno migliorati e si deve prevedere il coinvolgimento nell'accoglienza, attraverso la Conferenza Stato regioni, degli enti locali, con un piano coerente e organico che eviti interventi paralleli e non coordinati e per di più costosi;
    il sistema dei CIE, finora allestiti, ha mostrato numerose carenze e inadeguatezze,

impegna il Governo:

   a richiedere presso la Commissione europea un ulteriore supporto – anche tramite maggiore assistenza finanziaria dalle operazioni Frontex – nello sforzo messo in atto dall'Italia per far fronte all'ingente flusso di sbarchi ed evitare nuove vittime;
   a sostenere presso le istituzioni europee l'opportunità di rivedere le norme del regolamento (CE) n. 604/2013 cosiddetto «Dublino 3» prevedendo la possibilità di far richiedere ai rifugiati domanda d'asilo, già nei Paesi di transito e non solo nel primo Paese di arrivo al fine di evitare i viaggi della morte per mare;
    ad adoperarsi per realizzare, in prospettiva, un ufficio europeo dell'immigrazione in territorio nordafricano che abbia, oltre alle opportune missioni nella aree di maggiore afflusso, una sede permanente e prevedere centri di accoglienza europea in Sicilia per consentire ai profughi che ne abbiano diritto il successivo reinsediamento, in tempi brevissimi, verso tutti i Paesi dell'Unione, con preferenza per quelli dove essi abbiano già legami familiari.
(1-00455) «Santerini, Marazziti, Schirò, Dellai».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).