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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 31 marzo 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 31 marzo 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Costa, De Girolamo, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Migliore, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Speranza, Tabacci, Velo, Zanetti.

Annunzio di una proposta di legge.

  In data 28 marzo 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   LAURICELLA: «Disposizioni per la promozione dell'impiego dei fondi strutturali dell'Unione europea da parte delle regioni» (2246).

  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

  In data 28 marzo 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:
   GIANLUCA PINI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro aereo accaduto il 27 giugno 1980 presso l'isola di Ustica e sulla strage compiuta il 2 agosto 1980 nella stazione ferroviaria di Bologna» (Doc. XXII, n. 25).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

  I Commissione (Affari costituzionali):
   PRATAVIERA ed altri: «Divieto di impiegare denominazioni diverse da quelle di padre e di madre per indicare i genitori in atti e documenti emessi da pubbliche amministrazioni» (1636). Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   VARGIU ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernenti l'esercizio del diritto di voto in luogo diverso da quello di residenza, nonché alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, per l'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini temporaneamente domiciliati all'estero» (1926). Parere delle Commissioni III e V;
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE ZANETTI: «Determinazione di limiti per i vitalizi dei membri del Parlamento e dei consigli regionali cessati dal mandato e per le retribuzioni per uffici e incarichi presso le pubbliche amministrazioni» (1978). Parere delle Commissioni XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  II Commissione (Giustizia):
   CAMPANA ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del bullismo informatico» (1986). Parere delle Commissioni I, V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  V Commissione (Bilancio):
   LAVAGNO ed altri: «Esclusione dal patto di stabilità interno delle spese per interventi finalizzati alla bonifica dei siti di interesse nazionale» (1109). Parere delle Commissioni I, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  VI Commissione (Finanze):
   NASTRI: «Disposizioni per la dismissione del patrimonio immobiliare ad uso non strumentale detenuto dagli enti pubblici» (2007). Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  VIII Commissione (Ambiente):
   LATRONICO e DISTASO: «Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei centri storici e dei borghi antichi» (1757). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   NASTRI: «Disposizioni per la riqualificazione dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia» (2006). Parere delle Commissioni I, V, VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  XII Commissione (Affari sociali):
   ABRIGNANI ed altri: «Delega al Governo per la determinazione di ulteriori servizi socio-sanitari erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale» (866). Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera del 26 marzo 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno RICCIATTI ed altri n. 9/1327/30, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 31 luglio 2013, concernente misure a favore dell'integrazione dei soggetti beneficiari di protezione internazionale.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 28 marzo 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla concessione di assistenza macrofinanziaria a favore dell'Ucraina (COM(2014)182 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio conformemente all'articolo 25 del regolamento (CE) n. 1394/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (COM(2014)188 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 43/2014 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca (COM(2014)195 final) e relativi allegati (COM(2014)195 final – annexes 1 to 6) che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla politica di rimpatrio dell'Unione europea (COM(2014)199 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in merito all'adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti dell'Unione, nell'ambito di un approccio equilibrato, e abroga la direttiva 2002/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2014)205 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti).

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 31 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la motivazione della posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti dell'Unione, nell'ambito di un approccio equilibrato, e abroga la direttiva 2002/30/CE (5560/2/14 REV 2 ADD 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 20 marzo 2014, a pagina 5, prima colonna, decima riga, dopo la parola: «I,» si intendono inserite le seguenti: «II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni),».

MOZIONI GIANCARLO GIORGETTI ED ALTRI N. 1-00339, PALESE ED ALTRI N. 1-00414, PICCONE E DORINA BIANCHI N. 1-00415, BRAGA ED ALTRI N. 1-00416, ZAN ED ALTRI N. 1-00417, GIGLI ED ALTRI N. 1-00418 E SEGONI ED ALTRI N. 1-00419 CONCERNENTI INIZIATIVE PER L'ESCLUSIONE DAI VINCOLI PREVISTI DAL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE SPESE VOLTE A FINANZIARE INTERVENTI DI CONTRASTO AL DISSESTO IDROGEOLOGICO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    le incessanti precipitazioni dei primi giorni di febbraio hanno messo in ginocchio gran parte del Paese; l'ondata di maltempo ha creato frane, allagamenti e straripamenti dei fiumi, da Nord a Sud, e ha fatto registrare fino ad oltre 5 metri di neve e rischio valanghe sulle Alpi orientali;
    la situazione di criticità nel Veneto ha raggiunto i massimi livelli: oltre 1000 gli evacuati, un morto, danni alle colture e alle cose stimati per ora attorno ai 500 milioni di euro; il padovano, dove sono esondati diversi canali collegati al Bacchiglione, interi quartieri sono stati totalmente allagati da oltre un metro e mezzo di acqua, costringendo molte famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni attraverso le barche della protezione civile;
    il disastro è arrivato a pochi giorni di distanza dall'alluvione di Modena del 19 gennaio 2014, quando la rottura dell'argine destro del Secchia nella frazione di San Matteo, ha inondato Modena, Bastiglia, Bomporto, San Prospero, Medolla e altre zone della provincia di Modena, provocando l'allagamento di una superficie di 75 chilometri quadrati, l'evacuazione di 600 persone, il blocco delle strade, frane e smottamenti, oltre duemila ettari di coltivazioni con grano e altri cereali sommerse nell'acqua;
    l'S.O.S. idrogeologico lanciato dalla Protezione civile ha riportato alla ribalta il problema cronico di cui soffre il Paese, ossia la mancanza di un programma organico di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del suolo e dei corsi d'acqua, che sia in grado di mantenere in uno stato di concreta sicurezza le aree più sensibili;
    l'abbandono dei terreni montani, il disboscamento, la forte espansione edilizia soprattutto negli anni ’70 e ’80, la costruzione, spesso abusiva, sui versanti a rischio, la mancata pulizia dei corsi d'acqua, la forte antropizzazione e la cementificazione di lunghi tratti dei fiumi e dei torrenti contribuiscono all'aumento dell'esposizione della popolazione al rischio idrogeologico e ad alluvioni;
    il nostro Paese ha un territorio estremamente fragile e in crescente pericolo di dissesto; secondo uno studio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e sono 6.633 i comuni interessati, pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione; più di 5 milioni di cittadini italiani ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio; un'indagine mostra che «quasi il 60 per cento degli italiani indica frane e smottamenti come una delle prime tre emergenze ambientali del Paese»;
    secondo i dati elaborati dal Cnr-Irpi, fra il 1960 e il 2012, tutte le 20 regioni italiane hanno subito eventi fatali: 541 inondazioni in 451 località di 388 comuni, che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell'evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti). Le vittime dal 1960 a oggi per frane e inondazioni sono state dunque in totale oltre 4 mila, gli sfollati e i senzatetto per le sole inondazioni superano rispettivamente i 200 mila e i 45 mila;
    secondo i dati apparsi sui giornali in questi giorni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha quantificato in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali degli ultimi venti anni per politiche di prevenzione e di difesa del suolo, mentre nello stesso periodo sono stati spesi 22 miliardi per riparare i danni causati da frane ed alluvioni;
    tali dati rendono evidente l'impellente necessità di un piano pluriennale di prevenzione e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua, finanziato dallo Stato e cofinanziato dalle regioni e dagli enti locali, da attuarsi da parte degli enti periferici e territoriali competenti per legge;
    risulta evidente che si tratta di un'emergenza nazionale e che se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle alluvioni;
    la ripresa economica di cui abbisogna il Paese è continuamente rallentata e minacciata dall'aumento della fragilità del territorio, dal susseguirsi di drammi umani e danni alle cose; ma sono gli stessi finanziamenti per la prevenzione e per la manutenzione del territorio che possono diventare un volano per l'accelerazione della ripresa economica e per lo sviluppo del Paese, creando indotto e occupazione;
    in questi giorni, i mass media hanno riportato l'esempio del bacino di laminazione di Montebello che ha raccolto, trattenuto ed evitato che si riversassero soprattutto sul basso vicentino e sul padovano circa 4 milioni di metri cubi di acqua. Si tratta di un impianto costruito addirittura nel 1926 che raccoglie a Nord le acque dell'Agno-Gua’ attraverso 12 sifoni di presa e si può trasformare in un lago di 6 milioni di metri cubi d'acqua, su oltre 50 ettari, quasi tutti di proprietà demaniale, raggiungendo una profondità sino a 20 metri; si tratta di un esempio delle soluzioni che servono, certamente costose, ma che sono in grado di mantenere l'acqua il più possibile in bacini per evitare che a valle i fiumi possano provocare danni;
    il 26 giugno 2013 sono state accolte dal Governo alcune delle mozioni presentate alla Camera da tutti i gruppi che hanno impegnato lo stesso Governo sugli obiettivi da raggiungere in merito al dissesto idrogeologico;
    la legge di stabilità 2014 ha cercato di sbloccare circa 1.400 milioni di euro di finanziamenti per il rischio idrogeologico stanziati dai precedenti governi e ha stanziato ulteriori 180 milioni di euro per il triennio 2014-2016;
    tuttavia, nella scorsa legislatura sono state calcolate necessità di prevenzione del rischio idrogeologico per un ammontare di 44 miliardi di euro, di cui 27 miliardi di euro per l'area del Centro-Nord, 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno e 4 miliardi di euro per il patrimonio costiero;
    per raggiungere risultati concreti serve la sinergia tra amministrazioni centrali e locali per il finanziamento degli interventi;
    i veri conoscitori dello stato di salute del territorio e delle relative necessità di interventi per la messa in sicurezza e per la prevenzione dei rischi e dei pericoli derivanti dalle calamità naturali sono gli amministratori locali e, pertanto, gli stessi amministratori sono sempre al centro delle attività relative all'individuazione, alla predisposizione ed esecuzione degli interventi e della mitigazione dei rischi;
    negli ultimi anni, le regole stringenti del patto di stabilità e crescita imposte dalla Commissione europea e le conseguenti norme nazionali sul patto di stabilità interno costituiscono un vincolo insormontabile alla spesa delle amministrazioni locali; anche nei casi di disponibilità di risorse, gli investimenti dei comuni per la prevenzione e la manutenzione del proprio territorio sono frenati dal patto di stabilità interno;
    appare necessaria una revisione delle norme vigenti in campo di prevenzione e di lotta al dissesto idrogeologico, non solo verso la semplificazione delle procedure per l'esecuzione degli interventi e l'assegnazione delle risorse ma anche verso l'eliminazione delle disposizioni che, di fatto, rendono impossibile la spesa, come quelle relative all'inclusione degli interventi, indispensabili per la stessa sopravvivenza dei territori e della popolazione, e alla contabilizzazione della spesa per il rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita imposti dalla Unione europea;
    recentemente si è tanto parlato della golden rule sulle infrastrutture, in merito all'uscita delle spese sostenute dal nostro Paese per finanziare gli interventi delle reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T europei dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita; infatti, nell'ottobre 2013, la Commissione sviluppo regionale del Parlamento europeo ha approvato la necessità di non calcolare nel 3 per cento dei parametri di bilancio le spese per gli investimenti produttivi in infrastrutture, occupazione e formazione; si tratta di una modifica importante ai vincoli di bilancio degli Stati e delle regioni che permette maggiore efficienza di utilizzo dei fondi europei e sostiene il superamento delle politiche di austerità;
    sulla scia dei provvedimenti adottati per le reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T, occorre attuare un passo importante a livello dell'Unione europea, per escludere dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, e conseguentemente dal patto di stabilità interno, le spese sostenute per finanziare interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative affinché uno degli obiettivi prioritari e fondamentali del prossimo semestre italiano di presidenza europea diventi l'esclusione, dalla contabilizzazione delle spese ai fini del rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, delle risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per finanziare gli interventi necessari per la prevenzione dei dissesti, la manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua e il contrasto del dissesto idrogeologico, provvedendo, conseguentemente, all'esclusione di tali spese dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno.
(1-00339) «Giancarlo Giorgetti, Prataviera, Matteo Bragantini, Grimoldi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Marguerettaz, Molteni, Gianluca Pini, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto «Terra e sviluppo» del Consiglio nazionale dei geologi, elaborato con la collaborazione del Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (Cresme), descrive un'Italia vulnerabile, dal territorio fragile, esposta alle calamità ambientali, oltre la misura di quel che è fisiologicamente ammissibile;
    il 40 per cento della popolazione vive in aree ad alta sismicità; a rischio tellurico elevato soggiacciono 6,3 milioni di edifici e 12,5 milioni di abitazioni private; circa 6 milioni di persone abitano in aree ad elevato rischio idrogeologico; 30.000 chilometri quadrati del territorio sono ad altissimo rischio per eventi naturali, quali frane ed alluvioni;
    i dati sono confermati dal primo rapporto Ance/Cresme «Lo stato del territorio italiano 2012», laddove si evidenzia che l'Italia è considerato un Paese a sismicità medio-alta: in media ogni 100 anni si verificano più di 100 terremoti di magnitudo compresa tra 5,0 e 6,0 e dai 5 ai 10 terremoti di magnitudo superiore a 6,0. Le aree più interessate dal fenomeno si trovano lungo l'intero arco appenninico, nella parte orientale delle Alpi e in corrispondenza delle aree vulcaniche;
    gli oneri del dissesto e dei terremoti, dal dopoguerra ad oggi, sono stimati in 213 miliardi di euro; il meccanismo di spesa per le calamità naturali è fortemente distorto: nel periodo 1991-2008 per la mitigazione del rischio idrogeologico sono stati impiegati 7,3 miliardi di euro, poco più di 400 milioni di euro l'anno;
    nel novembre 2009 il Governo ha presentato alle Camere i dati sul rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi di euro per il Centro-Nord e 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano;
    tale fabbisogno finanziario si è scontrato con la cronica scarsità di risorse, sia dei bilanci statali che di quelli regionali, ulteriormente aggravata e dall'intermittenza dei finanziamenti; tale condizione non consente né di attuare la programmazione esistente nei diversi livelli di governo del territorio, né di predisporre un credibile piano nazionale, dotato di uno stabile cronoprogramma di spesa;
    taluni elementi distorsivi sono insiti nella stessa struttura della spesa pubblica e nelle norme che la sostengono: le spese per le emergenze sono difficilmente comprimibili, anche in forza delle attese della pubblica opinione e i mutui destinati alla copertura delle ricostruzioni sono difficilmente riducibili; i piani per la messa in sicurezza e la manutenzione del territorio sono classificati come investimenti o ammortamenti;
    ancora pesano sul bilancio statale eventi come il terremoto del Belice (1968) o dell'Irpinia (1980) e si calcola che la spesa per far fronte al terremoto in Abruzzo dell'aprile 2009 si potrà considerare esaurita nel 2032;
    nel corso degli anni Governi nazionali e regionali, di qualunque colore fossero, afflitti da problemi di deficit di bilancio e, da ultimo, dalla necessità inderogabile di fare fronte alla crisi economica, altro non hanno potuto fare che tagliare il tagliabile, cioè, tra l'altro, investimenti e ammortamenti;
    dall'ultimo rapporto dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), presentato nel febbraio 2014, si riconosce che a determinare la situazione di emergenza hanno contribuito sia il mutato regime delle piogge, sia l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo. Si stima infatti che il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 sia stato oltre 244.000 ettari l'anno (circa due volte la superficie del comune di Roma), in pratica 668 ettari al giorno, ma si verifica, paradossalmente, anche il problema opposto: le superfici agricole, già oggetto di aggressione urbana, si riducono di per sé stesse a causa dell'abbandono;
    l'Anbi ha sottolineato che purtroppo le calamità sono generate da eventi idrogeologici non prevedibili né tecnicamente né economicamente, ma che è tuttavia possibile ridurre l'impatto degli eventi eccezionali attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, a provvedere alle manutenzioni ed agli adeguamenti necessari a garantire la regolazione idraulica, ad assicurare il funzionamento degli impianti idrovori e il consolidamento degli argini;
    non è più procrastinabile quindi un programma di messa in sicurezza del territorio, indispensabile alla vita civile ed alle attività produttive anche attraverso nuove regole d'uso;
    sulla base dei dati Istat nel prossimo decennio l'incremento della popolazione nelle zone sismiche sarà di oltre 500 mila persone, mentre circa 250 mila persone si insedieranno nelle zone a rischio idrogeologico;
    l'Italia è un territorio fortemente antropizzato, con circa 189 abitanti per chilometro quadrato; se si calcolano anche i 5 milioni di immigrati, la densità aumenta a 202 abitanti per chilometro quadrato; se ulteriormente si calcola che su 301 mila chilometri quadrati sono utilizzabili solo 180 mila chilometri quadrati, si arriva a 339 abitanti per chilometro quadrato; il dato è confermato anche dallo studio del Wwf sull'impronta ecologica delle nazioni: l'Italia ha un deficit ecologico di 2,9, cioè occorrerebbe che il nostro Paese avesse una superficie di 2,9 più grande, per sostenere gli attuali impatti della popolazione residente;
    tutto ciò dimostra che l'Italia è un Paese sovraffollato con tutti gli impatti che ne conseguono, primo tra i quali lo sfogo dell'urbanizzazione verso le aree libere, che sono soprattutto le aree agricole, ma anche verso aree meno idonee o assolutamente non idonee alle costruzioni, quali le aree a maggior rischio idrogeologico;
    un recentissimo studio dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra), sull'andamento del consumo di suolo, illustra come esso sia cresciuto, negli ultimi cinque anni, al ritmo di oltre 8 metri quadrati al secondo e come risulti coperta dall'urbanizzazione un'area pari al 6,9 per cento del territorio, cioè oltre 20.500 chilometri quadrati (dato del 2010). Nel 1956 era urbanizzato il 2,8 per cento del territorio; il consumo di suolo nel nostro Paese, per oltre 50 anni, sempre secondo l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, è sempre stato sopra la media europea. La classifica delle regioni più urbanizzate vede in testa la Lombardia, che supera la soglia del 10 per cento del territorio, con 14 regioni oltre il 5 per cento;
    la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 prevede, da un lato, che siano di competenza dello Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema (secondo comma, lettera s), dell'articolo 117), dall'altro, prevede, invece, che il governo del territorio sia materia di competenza concorrente tra Stato regioni (comma 3, dell'articolo 117);
    la non chiara delimitazione degli ambiti di competenza ha determinato una confusione dei ruoli, lo spezzettamento delle competenze, una strutturale mancanza di coordinamento; più volte si è tentato, nel corso delle legislature precedenti di approvare una legge nazionale sul Governo del territorio, riformando così, ad oltre sessanta anni dalla sua entrata in vigore, la legge urbanistica del 1942;
    l'Unione europea ha da tempo riconosciuto l'esigenza di politiche pubbliche per una tutela attiva delle funzioni naturali svolte dal suolo. Questa tematica è alla base della strategia tematica per la protezione del suolo adottata dall'Unione europea sin dal 2006 e gli interventi necessari per ridurre il rischio idrogeologico richiedono un investimento di quasi 8 miliardi di euro per circa 3.400 interventi;
    secondo l'Anbi infatti «l'adeguamento delle opere di bonifica idraulica è condizione fondamentale per la sicurezza del territorio» per «qualunque attività economica». I consorzi sono pronti e «qualificati» per contribuire e fornire supporto alle istituzioni ma poi è necessario cogliere anche le opportunità che offrono i fondi comunitari per la politica agricola comune 2014-2020;
    secondo l'Ispra «ogni secondo nel nostro Paese vengono occupati 8 metri quadrati di suolo», pari a 70 ettari al giorno. Per comprendere «l'urgenza» basti ricordare che «dal 2002 al 2014 si sono registrati circa 2000 eventi alluvionali con la perdita di 293 vite umane, oltre ai danni alle popolazioni, alle produzioni e alle infrastrutture». Inoltre, emerge che in Italia «6 milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico; 22 milioni di persone in zone a medio rischio. Nel nostro Paese vi sono 1.260.000 edifici a rischio idrogeologico e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali». I consorzi di bonifica, attraverso un processo di fusioni ed incorporazioni, sono 121 rispetto ai 250 degli anni ’70, ed ai 200 del 1998;
    sul terreno delle risorse occorre essere pronti ad intercettare le opportunità attivabili nel quadro delle politiche di coesione per il ciclo di programmazione comunitaria 2014-2020 ed ad agire in sede europea perché gli interventi di prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico possano essere esclusi dai vincoli stringenti del patto di stabilità ed è urgente dare piena attuazione alle direttive europee in materia di acqua e alluvioni, riorganizzando il sistema di responsabilità e competenze, eliminando sovrapposizioni e incongruenze che rendono meno efficace il sistema degli interventi;
    talvolta gli enti locali coinvolti avrebbero risorse proprie per poter disporre interventi di messa in sicurezza e di prevenzione, ma questa loro volontà si scontra con le regole imposte a livello nazionale in applicazione del patto di stabilità;
    è dunque necessaria una revisione delle norme vigenti in campo di prevenzione e di lotta al dissesto idrogeologico, non solo attraverso la semplificazione delle procedure per l'esecuzione degli interventi e l'assegnazione delle risorse, ma anche attraverso l'eliminazione delle disposizioni che, di fatto, rendono impossibile la spesa, come quelle relative all'inclusione degli interventi, indispensabili per la stessa sopravvivenza dei territori e della popolazione;
    la legge finanziaria per il 2014 e il successivo decreto-legge n. 136 del 2013 si limitano a dettare norme che dovrebbero determinare l'utilizzo delle somme già previste negli accordi di programma mentre estremamente modeste sono le nuove previsioni di spesa: 30 milioni per il 2014; 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016;
    l'Anbi nel 2013 aveva proposto, ai fini della riduzione del rischio idrogeologico, 3.342 interventi per un importo di 7.409 milioni e nel 2014 ha proposto 3.383 interventi per un importo pari a 7.995 milioni;
    dal 2010 ad oggi il numero delle opere da realizzare per garantire maggiore sicurezza idrogeologica al Paese è cresciuto del 147,8 per cento mentre il loro fabbisogno economico del 91,1 per cento e l'Anbi ha proposto, nel proprio piano per ridurre il rischio idrogeologico, opere immediatamente cantierabili e con importanti ricadute occupazionali per la sistemazione idraulica di torrenti e rogge, la manutenzione del reticolo idraulico a difesa dei centri abitati, la realizzazione di opere per il contenimento delle piene, il consolidamento di pendici collinari e montane;
    il Governo nazionale è in forte ritardo nel recepire la direttiva europea 2000/60/CE per l'azione comunitaria in materia di acque, concernente la costituzione degli otto distretti idrografici nazionali, dell'autorità di bacino distrettuale e dei relativi piani di gestione per l'attuazione degli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi europei, già previsti nella legge n. 152 del 2006, esponendo così l'Italia al rischio di sanzioni. Il medesimo ritardo si sta accumulando nel recepimento della successiva e consequenziale direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, recepita in Italia dal decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Gli otto distretti idrografici costituiti e le analoghe autorità di bacino, in base alla direttiva europea 2000/60/CE, hanno competenze sugli interventi locali, legati alla manifestazione e all'evoluzione di rilevanti fenomeni di rischio per il territorio (frane, alluvioni, smottamenti, erosioni, eccetera) e sulla programmazione degli interventi preventivi di messa in sicurezza del suolo e per la gestione delle acque, come definito anche dalla direttiva europea 2007/60/CE (denominata «direttiva frane e alluvioni»). Il 2015 sarà l'anno di scadenza per il recepimento complessivo delle due direttive europee sopra richiamate e per raggiungere gli obiettivi ambientali già prefissati: protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un valido stato qualitativo delle acque; redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni in base alle nuove mappe della pericolosità e del rischio da alluvioni,

impegna il Governo

   a presentare sollecitamente un disegno di legge contenente le linee generali sul governo del territorio, quale legge quadro cui devono attenersi le regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   in tale ambito, a riorganizzare il sistema delle competenze e delle responsabilità, in modo tale da evitare sovrapposizioni e conflitti tra le varie autorità e a introdurre disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali regionali e infraregionali;
   ad aggiornare e ad attuare il piano contro il rischio idrogeologico presentato alle Camere nel novembre del 2009, individuando risorse di bilancio certe e continuative per la difesa strutturale del suolo;
   a sbloccare le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti con le regioni per gli interventi prioritari di prevenzione del rischio idrogeologico e, sotto il profilo dell'attuazione delle regole di finanza pubblica, ad assumere iniziative che ascrivano tra gli obiettivi da realizzare nel prossimo semestre italiano di presidenza europea, l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno delle risorse destinate alle opere finalizzate alla difesa idrogeologica e quelle relative al concorso degli enti territoriali all'attuazione del piano contro il rischio idrogeologico;
   ad introdurre disposizioni che prevedano che tra gli interventi dello Stato destinati a rimuovere le condizioni di squilibrio territoriale, economico e sociale, ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, possano essere ricomprese le azioni di rilocalizzazione di insediamenti esposti ai rischi naturali e di riqualificazione ambientale di territori danneggiati, da attuare attraverso gli strumenti della programmazione negoziata;
   ad individuare quanto prima soluzioni idonee per il reperimento delle risorse anche attraverso una proiezione quindicennale dell'impegno di spesa che potrebbe realizzarsi mediante mutui, secondo una soluzione già adottata nel recente passato.
(1-00414) «Palese, Castiello, Distaso, Gregorio Fontana, Romele, Vella».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    la tutela della sicurezza del territorio italiano rappresenta una priorità per la tutela dei cittadini e per il nostro Paese. Infatti, il rischio naturale legato alle catastrofi idrogeologiche è in Italia tra i problemi più rilevanti sia per i danni prodotti sia per il numero delle vittime registrate. A tal proposito è necessario ricordare come nel periodo 2008-2012 si sia assistito ad un aumento delle vittime degli eventi alluvionali con un'interruzione del precedente trend in diminuzione negli anni 2001-2007;
    infatti, ogni anno si è costretti a sopportare perdite di vite umane e costi sociali elevati, a causa di calamità che in molti casi potrebbero essere evitate solo se si seguissero le più elementari regole di pianificazione e se si facessero investimenti nella messa in sicurezza del territorio;
    sono moltissimi i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, circa l'82 per cento del totale: una fragilità del territorio che riguarda numerose regioni della nostra penisola. La dimensione delle aree a rischio idrogeologico riguarda circa 30 mila chilometri quadrati, quindi, circa il 10 per cento del territorio nazionale e ben 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni;
    il sempre maggiore impatto delle catastrofi idrogeologiche, tra le altre cose, è dovuto ai cambiamenti climatici, ma anche ai mutati scenari territoriali che hanno privilegiato l'occupazione e lo sfruttamento delle aree naturalizzate;
    è da considerare come siano 700 mila le frane in Europa, 500 mila delle quali solo in Italia: è un dato sicuramente allarmante quello relativo al fatto che molti smottamenti interessano centri storici e preziosi beni culturali, tra i più importanti al mondo. Infatti, sono interessati dal dissesto idrogeologico alcuni siti di enorme valore, come Pompei ed Agrigento. In questo modo, si perde cultura, turismo ed immagine nel mondo;
    infatti, una grande parte del dissesto del territorio del nostro Paese è prevalentemente determinata dai comportamenti umani;
    è da considerare che negli ultimi decenni si è assistito ad una crescita continua dell'urbanizzazione, ad interventi artificiali sui corsi d'acqua e alla sottrazione di aree allagabili e di aree libere, agricole e boschive, che rappresentano presidi essenziali per la tenuta del nostro territorio, di cui si paga un prezzo altissimo ogni qualvolta, sul Paese, si abbattono piogge particolarmente intense;
    da ciò nasce l'esigenza sulla necessità di riflettere per sviluppare percorsi risolutivi in grado di rispondere in modo efficace alle ripetute emergenze collegate al rischio idrogeologico nel nostro Paese, emergenze che scattano ormai sistematicamente nei periodi di autunno e non solo a causa di una mancata politica di prevenzione e di governo del territorio;
    pertanto, il problema del dissesto idrogeologico deve essere affrontato non più in una logica puramente emergenziale, ma soprattutto con un'attività di prevenzione che possa garantire la riduzione dello stesso e con una politica attiva di difesa del suolo;
    le politiche di gestione del territorio continuano a destinare gran parte delle risorse disponibili all'emergenza, anziché ad un'effettiva opera di prevenzione e messa in sicurezza del territorio che costituisce l’ unica via possibile per superare il problema ed evitare la perdita di vite umane e danni economici;
    nel corso degli anni numerosi sono state gli interventi legislativi che hanno cercato di operare in modo strutturale, tanto sulla pianificazione, quanto sulla gestione delle situazioni straordinarie di emergenza. Tuttavia, gli stanziamenti per le ricostruzioni necessarie a seguito degli eventi calamitosi hanno spesso assorbito la gran parte delle previsioni di spesa a scapito della prevenzione;
    è da considerare, infatti, che il bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal 2004 al 2011, è stato ridotto del 48 per cento e che sin dall'avvio dei finanziamenti risalenti alla legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo si è verificata una commistione fra i fondi per la prevenzione e quelli destinati agli interventi post-evento. I fondi inizialmente stanziati, infatti, sono stati in gran parte distolti per fare fronte agli eventi calamitosi verificatisi in alcune regioni italiane e poi azzerati da successive manovre finanziarie;
    occorre, quindi, valutare la possibilità di riattivare investimenti immediatamente cantierabili da parte degli enti locali e quindi rivedere il patto di stabilità interno degli stessi anche perché un piano di riduzione e gestione del rischio idrogeologico del territorio e dei corsi d'acqua rappresenta uno straordinario strumento di rilancio economico e di creazione di occupazione;
    è stato annunciato che dal 1o aprile saranno previsti stanziamenti pari a 1,5 miliardi di euro per interventi finalizzati alla tutela del territorio ed alla lotta al dissesto idrogeologico. Anche per la difesa del territorio, quindi, l'obiettivo del Governo è quello di accelerare le procedure di spesa di circa 1,7 miliardi di euro, di cui seicento milioni già disponibili,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative necessarie affinché l'utilizzo delle risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per interventi di prevenzione e manutenzione del territorio siano esclusi dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno;
   a valutare la possibilità di assumere tutte le iniziative di propria competenza affinché siano previste risorse aggiuntive da destinare ad interventi di prevenzione del rischio idrogeologico e di manutenzione ordinaria del territorio.
(1-00415) «Piccone, Dorina Bianchi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    i dati del dissesto idrogeologico del territorio italiano sono noti da tempo: l'82 per cento dei comuni è esposto a rischio idrogeologico: sono oltre 5 milioni e 700 mila i cittadini che vivono in aree di potenziale pericolo, 1,2 milioni gli edifici che insistono su queste aree. Secondo dati ufficiali, in poco più di cento anni ci sono stati 12.600 tra morti, dispersi o feriti e più di 700 mila sfollati. Tra il 2002 e il 2014 si contano 293 morti, 24 nell'ultimo anno; dal 2002 ad oggi si sono verificati quasi 2.000 episodi di dissesto e ancora più sconcertante è che dal gennaio 2014, in soli 23 giorni (data dell'ultima rilevazione), si sono registrati 110 episodi in tutto il territorio italiano;
    secondo dati recenti il costo complessivo dei danni provocati in Italia da calamità naturali è pari a circa 3,5 miliardi di euro all'anno e le risorse necessarie per fronteggiare gli effetti di questi eventi tendono ad aumentare di anno in anno; nonostante ciò ancora molti territori attendono il riconoscimento delle risorse dovute per il risarcimento dei danni e il ripristino delle condizioni di sicurezza di infrastrutture pubbliche e degli insediamenti civili e produttivi;
    tra le principali cause di tale dissesto idrogeologico generalizzato vi è da una parte una sostanziale disattenzione delle previsioni degli strumenti urbanistici e di pianificazione infrastrutturale ai temi della prevenzione dei rischi naturali e all'assesto geomorfologico e idrogeologico e dall'altra, una diffusa illegalità nella trasformazione del territorio, avendo l'abusivismo edilizio aggredito le coste italiane, gli alvei dei fiumi, i versanti collinari, le aree di subsidenza e di esondazione come individuati dagli strumenti di pianificazione di bacino;
    è quanto mai attuale la necessità di una revisione della governance, già inserita nel cosiddetto collegato ambientale alla legge di stabilità, e della regolamentazione della pianificazione urbanistica del territorio, con particolare riferimento alla riduzione del consumo di suolo: entrambi provvedimenti il cui iter è già avviato;
    senza ombra di dubbio una efficace politica di prevenzione del dissesto si basa sul concreto e fattivo contrasto all'abusivismo edilizio, utilizzando tutti gli strumenti per la conoscenza il monitoraggio e la valutazione del fenomeno, già nella disponibilità degli enti locali e che non si può ritenere più tollerabile l'inerzia delle istituzioni nel predisporre una efficace azione di contrasto al fenomeno dell'abusivismo a partire dai mancati interventi di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi in particolare per le aree soggette a rischio idrogeologico;
    la colpevole inerzia nel reprimere illegalità e abusi costituisce il primo intervento di prevenzione, restituendo ai territori fragili, alluvionabili e soggetti a frane un adeguato riequilibrio dal punto di vista idrogeologico e geomorfologico oltre che paesaggistico ed ambientale;
    risulta necessario provvedere con la massima urgenza alla predisposizione di interventi di messa in sicurezza diffusa ma anche ad azioni di delocalizzazione per gli insediamenti residenziali e produttivi più a rischio per la tutela della vita umana, in un quadro di intervento strutturale e sistemico senza dover continuamente rincorrere le situazioni di disastro e gli ingenti risarcimenti di danni a persone e immobili;
    è necessario creare una cornice normativa chiara per affrontare le emergenze, nella quale possa agire la protezione civile; questo passaggio risulta fondamentale per garantire, da un lato, certezza e rapidità di intervento, dall'altro, omogeneità di provvedimenti sul territorio, con particolare riguardo alle esigenze delle comunità già tragicamente colpite;
    riguardo agli interventi finalizzati alla prevenzione occorre rilevare che gli stanziamenti statali ordinari di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono fortemente diminuiti negli ultimi anni, passando da 551 milioni di euro nel 2008 a 159 milioni di euro nel 2014;
    parimenti è da registrare che l'intervento straordinario avviato nel 2009 per la prevenzione del dissesto idrogeologico, da attuare mediante accordi di programma sottoscritti tra le regioni e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per un importo pari a 2,1 miliardi di euro, non ha prodotto risultati apprezzabili poiché il 78 per cento degli interventi non ha ancora visto l'apertura dei cantieri trattandosi di oltre 1.100 cantieri da avviare per oltre 1,6 miliardi di euro;
    i ritardi nell'utilizzo dei fondi ministeriali sono in larga parte imputabili all'incertezza della disponibilità delle risorse e all'inefficacia delle gestioni commissariali, che non hanno consentito di ottenere un rapido impiego delle risorse e che, proprio in ragione dei limiti di questa esperienza, vedranno la loro conclusione il 31 dicembre 2014;
    il Presidente del Consiglio dei ministri ha comunicato la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di una struttura di missione che avrà immediatamente a disposizione 1,7 miliardi di euro da destinare ad interventi a tutela del territorio contro il dissesto idrogeologico con l'obiettivo di rendere più efficace ed efficiente la spesa in tale ambito con investimenti concreti per superare la logica dell'emergenza;
    risulta indispensabile provvedere affinché le risorse già a disposizione e quelle annualmente preposte dal Governo per il dissesto idrogeologico, vengano rapidamente impiegate, poiché è inaccettabile per un Paese come il nostro, costretto a fare i conti quotidianamente con frane e allagamenti, che sia stato speso solo il 4 per cento dei 2 miliardi stanziati da oltre quattro anni dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalle regioni;
    con l'interrogazione a risposta immediata n. 3-689 svolta il 12 marzo 2014 il gruppo del PD ha interrogato il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per conoscere quali iniziative intendesse porre in essere per ottenere la destinazione di una quota significativa delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, come previsto dall'articolo 1, comma 7, della Legge di stabilità per il 2014, ad interventi di messa in sicurezza del territorio, di ripristino delle condizioni di sicurezza e di salvaguardia dei siti interessati da gravi fenomeni di inquinamento ambientale, in particolare per quanto riguarda le risorse idriche superficiali e profonde, nonché ad interventi di prevenzione del rischio idrogeologico finalizzati alla manutenzione ordinaria ed equilibrata del territorio;
    il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato di aver predisposto e trasmesso formalmente, nel mese di febbraio 2014, sia al Ministro per la coesione territoriale pro tempore sia al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, un documento di strategia unitaria che contempla la programmazione dei fondi strutturali per il ciclo 2014-2020 in sinergia e complementarietà con il Fondo sviluppo e coesione che si basa sull'indicazione contenuta proprio nella nota tecnica divulgata dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica dove, nel proporre un'ipotesi di allocazione dei fondi strutturali, si fa riferimento ad ulteriori e necessarie operazioni di infrastrutturazione e di interventi assimilabili alla categoria di opere pubbliche;
    è stato scelto di proporre e sostenere una programmazione unitaria sulle tematiche ambientali ritenute prioritarie, il cui finanziamento dovrà trovare pertinente collocazione sulle risorse sia comunitarie che nazionali, assicurando la contestuale fattibilità delle iniziative sia strutturali che di governance;
    il documento elaborato è stato il risultato di un primo confronto avuto con le regioni in merito ai temi ambientali ritenuti prioritari: prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico, messa in sicurezza e bonifica dei siti di interesse nazionale e dei siti di interesse regionale, amianto, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, gestione integrata dei rifiuti, biodiversità, efficienza energetica, qualità dell'aria, produzione e consumi sostenibili in agricoltura;
    la stima approssimativa del fabbisogno finanziario per gli interventi ambientali è stata effettuata grazie all'avvio di una prima istruttoria di carattere speditivo che ha permesso di quantificare, in 7.715 milioni di euro il fabbisogno finanziario per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico ed adattamento al cambiamento climatico, 2.500 milioni di euro il fabbisogno finanziario per la bonifica e riqualificazione ambientale dei siti inquinati, 3.532,5 milioni di euro per la tutela delle acque e la gestione delle riserve idriche;
    appare ormai evidente la necessità di realizzare una svolta radicale nelle politiche di governo e di trasformazione del territorio, avendo come obiettivo prioritario quello della prevenzione e della riduzione del rischio idrogeologico, affinché non si continui costantemente a rincorrere le emergenze e si risolvano finalmente i nodi critici sopra illustrati, come quest'Aula ha già formalmente impegnato a fare il Governo attraverso le mozioni parlamentari approvate in data 26 giugno 2013 e la risoluzione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati approvata in data 3 ottobre 2013;
    per le risorse stanziate si rende necessario prevedere un'adeguata ripartizione tra il finanziamento di interventi per la prevenzione e il finanziamento di interventi per le emergenze, in modo da potere quantificare i finanziamenti in maniera certa e da favorire un graduale passaggio dall'emergenza alla prevenzione, rendendo effettivamente spendibili in tempi certi le risorse;
    risulta necessario agire con particolare rapidità e concretezza nel finalizzare l'utilizzo delle risorse attivabili sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, in quanto nella programmazione comunitaria che si sta avviando, possano essere reperite ulteriori risorse necessarie e aggiuntive per la tutela del territorio e dell'ambiente, soprattutto sul fronte della prevenzione dei rischi naturali,

impegna il Governo

   nel rivedere le regole del patto di stabilità a consentire agli enti locali di realizzare quelle opere fondamentali e necessarie di manutenzione e consolidamento del territorio, di rinaturalizzazione dei corsi d'acqua, di prevenzione del dissesto, nonché gli interventi di messa in sicurezza statica e strutturale degli edifici, a partire da quelli scolastici, consapevoli che tali interventi diffusi risultano essere la più grande opera di cui il nostro Paese necessita nei prossimi anni, che si può trasformare in una straordinaria occasione per generare investimenti e occupazione;
   a costruire una cornice normativa chiara per affrontare le emergenze conseguenti alle calamità naturali, nella quale possa agire la protezione civile, e a rifinanziare adeguatamente il Fondo unico per le calamità, al fine di garantire certezza, rapidità e omogeneità degli interventi a beneficio dei territori tragicamente colpiti;
   ad affrontare la questione relativa all'efficace gestione dei centri di spesa e dei livelli di governo, anche nell'ambito della discussione parlamentare del cosiddetto collegato ambientale, portando a compimento il percorso di riforma e di semplificazione del quadro dei soggetti, dalle competenze e degli strumenti in materia di difesa del suolo;
   ad investire con ogni possibile azione sulla sicurezza e sulla bellezza del territorio italiano in quanto fonte straordinaria ed inesauribile, a patto che venga tutelata, per produrre ricchezza, occupazione e sviluppo di qualità.
(1-00416) «Braga, Borghi, Cominelli, Arlotti, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Ventricelli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il quinto «Piano per la riduzione del rischio idrogeologico», presentato nel mese di febbraio 2014 dall'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), ha ricordato come dal 2002 al 2014 nel nostro Paese si sono registrati circa 2 mila eventi alluvionali che hanno determinato 293 morti oltre a ingenti danni. Il 68,9 per cento dei comuni italiani è a forte rischio idrogeologico. Sei milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico, e 22 milioni di persone in zone a medio rischio; 1.260.000 edifici minacciati da frane e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali. A determinare tale situazione hanno certamente contribuito più fattori: da un lato, il mutato regime delle piogge, particolarmente accentuato nella sua variabilità negli ultimi anni; dall'altro, l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo;
    il progetto Iffi (Inventario dei fenomeni franosi in Italia), realizzato dall'Ispra e dalle regioni e province autonome, ha censito dal 1900 ad oggi oltre 486 mila fenomeni franosi e il 68 per cento delle frane europee si è verificato in Italia;
    peraltro gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono tali che gli eventi alluvionali in Italia hanno subito un fortissimo aumento, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni novanta, agli attuali 4-5 l'anno;
    dal 2002 al 2012 sono stati stanziati 2,98 miliardi di euro a seguito delle dichiarazioni dello stato di calamità, e che dei 2 miliardi di euro previsti dal piano contro il dissesto idrogeologico del 2010, riconfermati negli anni seguenti al fine di rispondere al dissesto idrogeologico del Paese, si è speso appena il 4 per cento;
    si ricorda che nell'ambito degli interventi contro il dissesto idrogeologico, e proprio nel tentativo di accelerare la spendibilità delle poche risorse assegnate alla difesa del territorio, la Legge di stabilità per il 2014, ha fissato una road map di procedure e scadenze per verificare i progetti per la difesa del suolo cantierabili o messi in atto dai soggetti responsabili degli interventi. Tra l'altro si prevede che entro il 30 aprile 2014, i soggetti titolari delle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico devono finalizzare le risorse disponibili agli interventi immediatamente cantierabili e sono tenuti a presentare una specifica informativa al Cipe indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati;
    da troppi anni si continua a discutere della fragilità del nostro territorio e della necessità di intervenire per la sua messa in sicurezza, ma gli interventi di prevenzione sono praticamente inesistenti, nonostante è dimostrato che prevenire ha un costo di molto inferiore che ricostruire e riparare i danni; senza contare le centinaia di vittime che verrebbero risparmiate;
    la spesa per la prevenzione è stata in media di 250 milioni l'anno. Per ogni milione speso per prevenire, ne abbiamo spesi 10 per riparare i danni della mancata prevenzione;
    il fenomeno della perdita di suolo, che per la gran parte si identifica con la perdita di suolo agricolo, ha raggiunto livelli allarmanti e ha conseguenze non solo sulla produzione agricola, ma, per la multifunzionalità delle aree rurali, su aspetti paesaggistici, ambientali, sociali e di sicurezza del territorio;
    troppo spesso, come dimostrano molte delle calamità naturali che hanno colpito il nostro Paese, gestire le emergenze, piuttosto che investire nelle opere di prevenzione per la difesa del suolo, ha rappresentato e rappresenta un «affare» dal punto di vista economico e politico;
    il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in circa 40 miliardi di euro;
    va ripensato il nostro modo di costruire, di canalizzare le acque, di gestire i fiumi e le coste, nonché i sistemi urbani;
    è ormai improcrastinabile un adeguato impegno finanziario del Governo al fine di poter finalmente finanziare con adeguate risorse un Piano pluriennale di interventi per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico nel nostro Paese, consentendo contestualmente la loro effettiva spendibilità, troppo spesso impedita a causa dell'obbligo del rispetto del patto di stabilità interno da parte delle regioni e degli enti locali;
    peraltro il taglio di risorse alle regioni e agli enti locali, sommato all'obbligo del rispetto del patto di stabilità interno a cui sono tenuti, rende molto difficile per essi poter finanziare e realizzare anche i piani di manutenzione esistenti;
    è quindi indispensabile che le spese sostenute dalle regioni e dagli enti locali per gli interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, possano beneficiare dell'esclusione dai vincoli del patto di stabilità, che rappresentano un evidente fortissimo freno per l'avvio di interventi concreti da realizzare sui territori. Interventi che, è bene ricordare significano apertura di cantieri diffusi sul territorio e quindi importanti ricadute occupazionali. L'opera di risanamento territoriale, al contrario della grande opera infrastrutturale, è infatti distribuita e diffusa sul territorio, realizzabile anche per gradi e per processi di intervento monitorati nel tempo, in grado di produrre attività ed economie durevoli, oltreché un elevato numero di persone impiegate nettamente superiore al modello della «grande infrastruttura»;
    il comparto dell'agricoltura italiana può e deve essere indirizzato al fine di attivare politiche vere a difesa e valorizzazione dell'ambiente, con pratiche virtuose che prevedano servizi ambientali integrati con l'agricoltura,

impegna il Governo

   ad attivarsi in sede europea affinché vengano scorporate dai saldi di finanza pubblica, relativi al rispetto del patto di stabilità e crescita, delle risorse stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico;
   a prevedere comunque, già in sede di predisposizione del Documento di economia e finanza 2014, che l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, da parte di regioni ed enti locali per interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, venga escluso dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, dando eventualmente priorità agli interventi sulle aree a più elevato rischio;
   ad avviare conseguentemente un piano pluriennale per la difesa del suolo nel nostro Paese, quale principale «grande opera» infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il fragile territorio italiano, ma di attivare migliaia di cantieri distribuiti sul territorio, con evidenti ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale;
   a prevedere l'esclusione automatica dal patto di stabilità interno, senza la necessaria approvazione di una specifica norma di legge come attualmente previsto, delle spese sostenute dai comuni a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali è stato deliberato lo stato di emergenza;
   ad attivarsi nel monitoraggio delle aree agricole, di proprietà della pubblica amministrazione, che risultino essere dismesse, abbandonate, o comunque aree non più utilizzate per finalità produttive da riconvertire all'agricoltura sostenibile, prevedendo un apposito programma nazionale, che prediliga l'affidamento e/o l'affitto agevolato delle aree in questione ai giovani agricoltori ed a organizzazioni, associazioni e imprese che operano nel campo dell'agricoltura sociale.
(1-00417) «Zan, Zaratti, Pellegrino, Franco Bordo, Palazzotto, Marcon, Ricciatti, Melilla, Boccadutri, Pannarale, Migliore, Di Salvo, Piazzoni».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    le sempre più frequenti emergenze derivanti da eventi calamitosi che hanno colpito e colpiscono il territorio italiano, senza distinzioni di aree geografiche, rimarcano le gravissime carenze del Paese rispetto al tema del governo del territorio e della prevenzione dei dissesti idrogeologici del medesimo;
    oltre al danno economico e ambientale, frane, alluvioni, inondazioni ed eventi sismici hanno prodotto anche una drammatica contabilità di perdite umane non trascurabili;
    a determinare tale situazione, oltre al fattore puramente climatico o geologico, ha contributo fortemente uno sconsiderato depauperamento delle aree libere e naturali causato da una urbanizzazione selvaggia, sia urbana che industriale, che ha colpito il territorio nazionale con incrementi degli insediamenti superiori anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
    oltre alla progressiva urbanizzazione, l'esposizione al pericolo di dissesti del nostro fragile territorio è aggravata dall'elevata densità della popolazione, dall'abbandono ed il continuo disboscamento dei terreni montani, dall'uso di tecniche agricole poco rispettose dell'ambiente e dalla mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d'acqua;
    a conferma della dimensione del rischio idrogeologico, collegato anche al consumo di suolo, vi è l'evidenza di alcuni dati: si stima, infatti, che oltre 80 comuni italiani su 100 sono interessati da una situazione allarmante di dissesto idrogeologico sul proprio territorio e che in zone ad alto rischio vivono circa 6 milioni di persone, mentre in quelle a rischio medio, comunque preoccupante, sono ben 22 milioni, cioè più di un terzo della popolazione italiana;
    sempre in tema di dati, si segnala che, a partire dall'inizio del secolo, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi sono stati oltre 4.000, provocando circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila. In totale le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati), mentre quelle ad elevata criticità idrogeologica rappresentano circa il 10 per cento della superficie italiana (29.500 chilometri quadrati);
    secondo il primo rapporto Cresme-Ance, il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è stato pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno: il 75 per cento del totale, 181 miliardi, riguarda i terremoti, il restante 25 per cento, 61,5 miliardi, è da addebitare al dissesto idrogeologico;
    ammonterebbero a soli 8,4 miliardi di euro, secondo i dati diffusi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i finanziamenti statali degli ultimi venti anni per politiche di prevenzione e di difesa del suolo; nello stesso periodo sono stati spesi 22 miliardi per riparare i danni causati da frane ed alluvioni;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha quantificato in 1,2 miliardi di euro all'anno per 20 anni il costo di un piano nazionale per la sicurezza e la manutenzione del territorio, e solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero circa 11 miliardi, mentre ammonterebbero a 40 miliardi di euro (68 per cento al Centro-Nord e 32 per cento al Sud) i fondi necessari a mettere in atto gli interventi previsti dai piani regionali per l'assetto idrogeologico;
    dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all'anno, per l'80 per cento gestiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    sempre secondo il citato rapporto, in 10 anni (2002-2012) i bandi di gara per lavori di sistemazione e prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano, rispetto all'intero mercato delle opere pubbliche, solo il 5 per cento per numero di interventi e il 2 per cento per importi di gara, con un ulteriore ridimensionamento a partire dal 2007;
    già lo scorso giugno 2013 il Governo si era impegnato, con l'accoglimento delle mozioni presentate dai gruppi parlamentari, ad adottare iniziative finalizzate a prevenire i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico;
    nel novembre 2012 la Commissione Ue ha sollecitato la corretta applicazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, secondo la quale tutti gli Stati membri devono svolgere, per ciascun distretto idrografico una valutazione preliminare del rischio di alluvioni. Compresa una descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato, qualora si ipotizzi che, in futuro, da eventi dello stesso tipo possano derivare notevoli conseguenze negative;
    le risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico potrebbero rinvenire dal nuovo ciclo di programmazione europea 2014-2020 e a tal fine la Legge di stabilità per il 2014 ha previsto che il Ministro per la coesione territoriale, d'intesa con i ministri interessati, destini una quota parte delle risorse del Fondo per le politiche di coesione al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali;
    sempre la Legge di stabilità per il 2014 ha destinato alle misure di riduzione del rischio, tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico fino a 600 milioni di euro, più 804,4 milioni di risorse dalle delibere Cipe n. 6 del 2012 e n. 8 del 2012 del 20 gennaio 2012;
    ogni intervento ed ogni piano di azione per la prevenzione del dissesto idrogeologico è destinato a fallire senza il pieno coinvolgimento degli enti locali sia per la diretta conoscenza del territorio e sia perché sono coloro che vengono a trovarsi in prima linea in caso di evento calamitoso,

impegna il Governo

   ad adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e agli enti locali dalla legislazione vigente, anche di natura economica, finalizzate alla predisposizione di un piano straordinario di manutenzione dei versanti montani;
   a verificare, a oltre 4 anni dall'avvio del piano nazionale straordinario per la mitigazione del rischio idrogeologico, lo stato di attuazione degli interventi previsti e destinati agli oltre mille cantieri di messa in sicurezza del territorio;
   a procedere ad una rapida destinazione delle risorse stanziate dalla Legge di stabilità per il 2014, disponibili e già autorizzate in termini di cassa e verificare la possibilità dell'impiego in tempi rapidi delle risorse derivanti dal nuovo ciclo di programmazione europea 2014-2020;
   a promuovere una rivisitazione della normativa vigente in materia di controlli, al fine di prevedere l'introduzione di meccanismi sanzionatori in caso di inadempienze accertate da parte delle pubbliche amministrazioni;
   ad adoperarsi nelle competenti sedi europee affinché, nel corso del semestre europeo, si affronti al più presto il delicato problema della prevenzione e della difesa del territorio, anche eventualmente sollecitando l'adozione di provvedimenti incisivi che consentano soluzioni condivise e comuni, a partire dalla esclusione dal computo nel saldo finanziario utile ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, delle risorse destinate alla gestione del territorio e per il monitoraggio delle situazioni a rischio idrogeologico e che eventualmente prevedano anche la costituzione di un fondo per la bonifica degli alvei dei fiumi e dei loro affluenti, nonché la costituzione di un centro europeo di raccolta dati;
   a valutare l'opportunità di vincolare una quota del bilancio statale alla costituzione di un fondo di garanzia per il lucro cessante delle attività economiche esistenti sul territorio oggetto di evento sismico e/o idrogeologico.
(1-00418) «Gigli, Cera, De Mita, Sberna, Fauttilli, Schirò, Caruso, Piepoli, Marazziti, Binetti, Fitzgerald Nissoli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il rischio idrogeologico è una conclamata emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche, ricorrenti fatti di cronaca e prese di posizione pubbliche da parte di politici e ministri;
    uno degli argomenti più ricorrenti è l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità delle spese effettuate dagli enti territoriali per opere di mitigazione del rischio idrogeologico e di ripristino a seguito di eventi calamitosi;
    tale misura, nonostante indubbiamente efficace e acclamata sia dal mondo scientifico che dai tecnici che da esponenti del mondo politico e delle istituzioni locali, non può costituire l'unico strumento per la soluzione di un problema così complesso come quello del rischio idrogeologico che è determinato da quattro principali concause: la forzante meteorologica, una congenita predisposizione al dissesto di una parte del territorio nazionale, una sconsiderata gestione del territorio, la mancata diffusione di un'adeguata percezione del rischio nella popolazione e nella classe tecnico-politica a tutti i livelli, dal nazionale al locale;
    in data 26 giugno 2013 la Camera dei Deputati approva all'unanimità – o, in alcuni casi, a larghissima maggioranza – le mozioni 1/00114, 1/00017, 1/00112, 1/00117 e 1/00124, alcune delle quali contenenti dispositivi molto articolati ma quasi tutte accomunate dall'impegno di escludere dal patto di stabilità le spese sostenute dagli enti territoriali per il dissesto idrogeologico;
    a tali mozioni, che affrontano il problema del rischio idrogeologico in chiave nazionale, a seguito di eventi calamitosi di particolare entità, fa seguito una serie di mozioni, 1/00263 ed abbinate (riguardanti la Sardegna) e 1/00367 ed abbinate (inerenti le alluvioni che hanno colpito il Veneto e l'Emilia), in cui vengono formulati svariati impegni, tra cui quello di allentare il patto di stabilità per opere di contrasto al dissesto idrogeologico;
    in data 3 ottobre 2013, in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia del Vajont, la VIII Commissione approvava all'unanimità la risoluzione 8/00016, che conteneva numerosi impegni tra cui l'esclusione dal patto di stabilità, lo stanziamento di fondi cospicui e certi, l'adozione di programmi, anche in ambito forestale, per la mitigazione del rischio idrogeologico;
    in data 20 dicembre 2013, viene accolto l'ordine del giorno 9/1865-A/185 che impegna il Governo a valutare la «possibilità di un congruo innalzamento della dotazione delle risorse complessive per interventi contro il dissesto idrogeologico, destinando una quota di esse al rifinanziamento del progetto IFFI (inventario fenomeni franosi italiani)», che costituisce un ottimo ausilio ad una corretta pianificazione territoriale e «a destinare prioritariamente le risorse per gli interventi che incidano sul reticolo idrografico, alla delocalizzazione degli immobili siti in aree a rischio e ad intervenuti sinergici e integrati in aree classificate a rischio R3 e R4, preferibilmente adottando tali interventi a valle di processi partecipati e con particolare riguardo affinché tali interventi non alterino l'equilibrio sedimentario del corso d'acqua e gli interventi di naturalizzazione risultino prioritari rispetto agli interventi di artificializzazione»;
    alla Camera dei Deputati, in Commissione bilancio, è iniziato l'esame della proposta dì legge C1233 «Disposizioni concernenti l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno»;
    alla Camera dei Deputati, oltre la succitata C1233, sono state depositate altre proposte di legge che affrontano direttamente il problema del rischio idrogeologico; tra queste si segnalano: C1578 «Agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico», C2209 «Disposizioni concernenti l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche», C1533 «Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche», C1952 «Introduzione dell'articolo 62-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente l'istituzione degli uffici geologici territoriali di zona per la mitigazione del dissesto idrogeologico e la prevenzione delle catastrofi naturali»;
    vi è oramai la diffusa consapevolezza dell'esigenza di affrontare senza ulteriore indugio la tematica del dissesto idrogeologico in maniera organica ed urgente,

impegna il Governo:

   a recepire in tempi brevi, in un atto normativo di prossima approvazione, quanto espresso dai numerosi atti di indirizzo approvati dalla Camera e citati in premessa;
   ad adottare iniziative per disporre l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno;
   ad adottare iniziative per istituire delle agevolazioni fiscali per la realizzazione di interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico;
   a promuovere l'adozione di disposizioni volte a favorire l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche;
   ad intervenire per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche;
   ad istituire uffici geologici territoriali di zona in cui figure professionali specifiche supportino attivamente gli enti territoriali per favorire la mitigazione del dissesto idrogeologico e la prevenzione delle catastrofi naturali.
(1-00419) «Segoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Nuti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).