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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 21 marzo 2014

TESTO AGGIORNATO AL 24 MARZO 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 marzo 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Incà, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Gianni Farina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Frusone, Galan, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Antonio Martino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Valentini, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 20 marzo 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   TERZONI ed altri: «Disposizioni concernenti l'applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle opere pubbliche» (2209);
   BALDASSARRE ed altri: «Modifica dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, concernente l'ordinamento e la struttura organizzativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché delega al Governo per il riordino degli organi collegiali territoriali dell'Istituto nazionale della previdenza sociale» (2210);
   BALDASSARRE ed altri: «Modifiche agli articoli 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233, e 6 della legge 31 dicembre 1991, n. 415. Abolizione del minimo imponibile per il versamento dei contributi dovuti alle gestioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali» (2211);
   DAGA ed altri: «Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento» (2212);
   VACCA ed altri: «Modifiche alla disciplina in materia di diritto allo studio universitario e di tasse e contributi universitari» (2214).
  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 20 marzo 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 1224-1256-1304-1305. – Senatori FEDELI ed altri; senatori ALBERTI CASELLATI ed altri; senatore AMORUSO; senatore CALDEROLI: «Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, recante norme per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell'anno 2014» (approvata, in un testo unificato, dal Senato) (2213).
  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di un disegno di legge.

  In data 21 marzo 2014 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro della salute:
  «Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale» (2215).
  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
   VI Commissione (Finanze):

  TIDEI ed altri: «Introduzione dell'articolo 13-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, concernente un'addizionale comunale alle tasse marittime relativa all'imbarco dei passeggeri sulle navi nei porti della categoria II» (1892) Parere delle Commissioni I, V, VIII e IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento).

Conferma dell'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede referente.

  La VIII Commissione (Ambiente) ha richiesto che la seguente proposta di legge, attualmente assegnata alla II Commissione (Giustizia), in sede referente, sia trasferita alla competenza primaria delle Commissioni riunite II e VIII:
   S. 580. – Senatori FALANGA ed altri: «Disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi» (approvata dal Senato) (1994).
   Tenuto conto della materia oggetto della proposta di legge, la Presidenza ha disposto che sia confermata l'assegnazione alla II Commissione (Giustizia), in sede referente, con i pareri in precedenza previsti.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 20 marzo 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio (COM(2014) 174 final) e relativi allegati (COM(2014) 174 final - Annexes 1 to 3), che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). La predetta proposta di direttiva è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 21 marzo 2014.

Trasmissione dal difensore civico della regione Piemonte.

  Il difensore civico della regione Piemonte, con lettera dell'11 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico nell'anno 2013 (Doc. CXXVIII, n. 12).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 18 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 246, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di accordo di partenariato per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei nel periodo di programmazione 2014-2020 (86).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 10 aprile 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in merito all'attività e ai limiti di intervento delle strutture statali adibite al monitoraggio dell'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Piemonte – 2-00463

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali, per sapere – premesso che:
   in Piemonte, pur non essendo ancora la regione ufficialmente commissariata, dopo anni di «piani di rientro» non particolarmente risolutivi, l'amministrazione regionale, anche sulla base di precise indicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministro della salute si è avvalsa dei tecnici di Agenas – l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali con il compito di elaborare strategie più efficaci per ottemperare alle direttive del piano di rientro;
   l'agenzia di rating Moody's ha comunicato, nell'ambito delle proprie valutazioni su 19 enti pubblici italiani, di aver portato da negativo a stabile l’outlook della regione Piemonte, ovvero la prospettiva di lungo termine sull'affidabilità dell'ente come debitore. «Il giudizio di Moody's tiene oggettivamente conto degli sforzi compiuti in questo ultimo anno dalla regione – commenta il vicepresidente e assessore regionale al bilancio, Gilberto Pichetto Fratto». Nello specifico, il giudizio Moody's fa riferimento alla copertura del disavanzo accumulato negli esercizi del passato e lo riconosce alla regione Piemonte, con riferimento soprattutto ai settori della sanità e dei trasporti;
   la sanità piemontese vive, tuttavia, da un paio d'anni in una condizione di commissariamento de facto, con politiche di austerità, nonostante i piani di rientro certifichino il rispetto di «quasi tutti» i parametri richiesti, ed è oggi impegnata nella revisione degli atti aziendale di asl e aziende ospedaliere, secondo le indicazioni dei tecnici romani;
   le proposte dei tecnici, anche se non tradotte in deliberazioni di giunta, rappresentano un'ipoteca per il futuro. È, dunque, opportuno esporre sin d'ora le perplessità che suscita la metodologia del «tavolo Massicci», così comunemente chiamato dal nome del dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze che si occupa di sanità;
   in questi anni, sono stati attuati esclusivamente tagli lineari che le regioni hanno più o meno pedissequamente subito a seconda dell'efficienza dell'apparato e della saldezza politica delle giunte. Tuttavia, la politica di «spending review» in sanità non ha dato gli esiti promessi, perché la base di conoscenze tecniche su cui poggiava si è rilevata inadeguata;
   all'interno della pubblica amministrazione, la sanità rappresenta il settore più moderno e meglio gestito, l'unico nel quale il nostro Paese si collochi ai primi posti nelle valutazioni internazionali. Applicare alla sanità gli schemi culturali della burocrazia ministeriale si è rivelato devastante. Tagli di finanziamento accompagnati da blocchi reiterati dei contratti e delle assunzioni, il tutto applicato con la perversa logica «lineare» – l'unica che evidentemente, secondo gli interpellanti, la burocrazia sembra concepire – ha aggravato la crisi del Servizio sanitario nazionale che è giunto al limite del collasso;
   al fine di migliorare l'efficienza senza ridurre l'efficacia dei servizi resi ai cittadini sarebbe, a parere degli interpellanti, necessario rinnovare il patto con gli operatori del settore, chiamando tutti (medici, infermieri, tecnici e amministrativi) a condividere responsabilità gestionali nel momento in cui si adottano strumenti per riconoscere il contributo di competenze e di fatica da essi profuso –:
   se intendano fornire i chiarimenti necessari;
   entro quali limiti debbano operare gli interventi di funzionari dello Stato nella sanità piemontese, considerato che la regione Piemonte non è propriamente sottoposta a commissariamento in materia sanitaria e se tutto ciò possa costituire strumento positivo per il miglioramento delle condizioni in cui opera la sanità in Piemonte.
(2-00463) «Monchiero, Rabino».


Iniziative di competenza volte a garantire la realizzazione della tratta Fiumetorto-Cefalù-Ogliastrillo, nell'ambito del progetto di potenziamento infrastrutturale della linea ferroviaria Palermo-Messina – 2-00435

B)

   I sottoscritti chiedono d interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il previsto raddoppio ferroviario della tratta Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono, sulla linea Palermo-Messina, è totalmente finanziato, con un investimento di 960 milioni di euro e l'opera è «cantierabile» fin dal 2004;
   nel mese di ottobre 2005 viene affidato l'appalto del I lotto, tratta Fiumetorto-Cefalù-Ogliastrillo, dal committente (Rete ferroviaria italiana) al contraente generale (Cefalù 20 scarl), per 420 milioni di euro;
   nel mese di novembre 2005, Italferr procedeva agli espropri per pubblica utilità delle aree necessarie alla «realizzazione del tratto Ogliastrillo-Castelbuono tra il chilometro 62+900 e il chilometro 74+876 (lotto II)»;
   la conclusione di tali lavori doveva avvenire, da programma, entro la fine del 2010;
   una prima proroga ha slittato i lavori sul finire del 2012;
   ad oggi, per quanto concerne il primo lotto risultano essere ultimati lavori per il 52 per cento rispetto al totale. Il resto risulta ancora in corso di realizzazione e procede con estrema lentezza considerato, inoltre, il quasi totale arresto delle attività dalla metà del 2011 alla metà del 2013. Per quanto riguarda il secondo lotto, allo stato attuale i lavori non hanno ancora avuto inizio;
   il protrarsi delle attività e l'ulteriore rallentamento attuale hanno comportato e comportano dei danni notevolissimi per tutto il territorio interessato;
   si lamenta, infatti, la mancata realizzazione delle opere connesse alla realizzazione del doppio binario previste dal progetto e finalizzate alla difesa delle popolazioni residenti in quei luoghi, quali la messa in sicurezza da eventuali allagamenti dei sottopassi esistenti, la regimentazione delle acque dell'intera fascia costiera a valle della linea ferroviaria, la realizzazione del ponte sul torrente Roccella e la conseguente riapertura al transito della strada che costeggia sul lato nord l'asse ferroviario, così come pure la realizzazione della viabilità di progetto;
   a tal proposito, occorre puntualizzare che la gran parte del territorio è ad alto rischio idrogeologico, tant’è che eventi meteorologici anche di non eccezionale entità hanno procurato danni ingenti, isolando intere zone con rischi per la popolazione ivi residente. Si fa presente che la zona costiera in questione è un'area a forte vocazione turistica in cui si registrano migliaia di residenti, numerose strutture ricettive alberghiere del comprensorio che offrono circa 5.000 posti letto, il centro operativo di emergenza (Coe) della Croce Rossa Italiana, allocata presso il centro assistenziale di pronto Intervento (di proprietà del Ministero dell'interno e gestita dalla prefettura di Palermo) che assicura il concorso negli interventi di protezione civile su base nazionale e che in caso di calamità, dato lo stato di fatto, potrebbe essere impossibilitata a prestare soccorso alla popolazione;
   è chiaro, dunque, comprendere che data l'elevata vocazione turistica dell'area in questione, la presenza in essa di opere non ultimate rappresenta una notevole perdita d'immagine. Inoltre, si registrano notevoli disagi sulla viabilità stradale, soprattutto nel periodo estivo, in cui le strade sono densamente trafficate, ma difficilmente percorribili dato un manto stradale notevolmente danneggiato, anche e soprattutto a causa del traffico di mezzi pesanti relativi al cantiere ferroviario;
   i sindaci dei comuni interessati al progetto non hanno in questo tempo messo in atto azioni proprie volte alla progettazione, reperimento di risorse e finanziamenti per la realizzazione di opere ritenute indispensabili per la sicurezza del territorio e delle popolazioni ivi residenti e di tutte le attività produttive in esso operanti, proprio per la fiducia riposta nei confronti degli impegni assunti dal committente e dal contraente generale;
   si ricorda, inoltre, che i disagi che continua a subire la popolazione di questo territorio per la mancata realizzazione di tali opere sono stati oggetto di un atto stragiudiziale del 23 luglio 2013 notificato a Rete ferroviaria italiana spa, Italferr spa e Cefalù 20, senza però addivenire mai a concrete soluzioni o all'assunzione di precisi impegni circa la tempistica con cui dovrebbero realizzarsi;
   risulta fortemente preoccupante il contenzioso tra il committente e il general contractor alla luce anche del provvedimento da parte di Cefalù 20 di licenziamento di ulteriori 46 lavoratori che costituisce un ulteriore dramma sociale per un territorio che già vive una drammatica situazione occupazionale. Tali provvedimenti di licenziamento si inseriscono in una politica da parte del general contractor di riduzione al minimo delle maestranze in forza per realizzare i restanti lavori tramite subappalti –:
   quali iniziative il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda porre in essere per chiarire l'effettiva situazione nei rapporti tra il general contractor e la committenza e, più che mai, garantire la definizione di tempi certi per l'esecuzione dei lavori non ancora conclusi, incluse le opere di messa in sicurezza dei territori in cui il progetto ricade;
   quali azioni sia possibile attuare da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per scongiurare l'aggravarsi della crisi occupazionale.
(2-00435) «Culotta, Boccuzzi, Gullo, Greco, Iacono, Pastorino, Piccione, Censore, Faraone, Ventricelli, Capodicasa, Crivellari, Ribaudo, Moscatt, Paris, Schirò, Rostan, Paolucci, Lauricella, Manzi, Berretta, Raciti, D'Arienzo, Cardinale, Michele Bordo, Anzaldi, Giuseppe Guerini, Gribaudo, Causi, Lattuca, Catalano».


Elementi e iniziative in merito al rinnovo dei vertici di società direttamente o indirettamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze – 2-00458

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   con le assemblee fissate nel mese di maggio 2014 dovranno essere rinnovati gli organi sociali di molte aziende direttamente e indirettamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze. Per effetto di ciò tale Ministero dovrà presentare le liste degli amministratori di propria competenza entro il 13 aprile 2014;
   fra le società i cui organi amministrativi e di controllo sono in scadenza, alcune (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa; Arcus; Istituto Luce – Cinecittà; Italia Lavoro; Sogin; Sose e Studiare Sviluppo) appaiono agli interpellanti perfettamente inutili e improduttive; le loro funzioni, in un processo di logica razionalizzazione delle competenze, ottimizzazione dei processi decisionali e contenimento delle spese, potrebbero essere attribuite a esistenti strutture ministeriali;
   le attenzioni e l'interesse della politica si appuntano maggiormente su quelle aziende, i cui business e bilanci si fondano spesso su tariffe interamente a carico dei cittadini utenti e consumatori, che rappresentano un pezzo importante dell'economia nazionale quali Eni, Enel, Terna, Poste Italiane e Gestore dei servizi energetici (quest'ultimo, in realtà, rinnova solo il collegio sindacale dopo che con un «blitz» di metà luglio 2012 il consiglio di amministrazione è stato ridotto a tre membri per consentire il raddoppio della carica al presidente-amministratore delegato, Nando Pasquali, già membro della segreteria dell'allora Ministro forzista delle attività produttive Antonio Marzano);
   debbono rinnovare il proprio consiglio di amministrazione anche aziende considerate «strategiche» come Finmeccanica e STMicroelettronics, nonché realtà come il Coni, la Consap, l'Enav e l'Istituto Poligrafico dello Stato, meno visibili ma a giudizio degli interpellanti veri e propri centri di potere e di interesse;
   sui media è quotidianamente e diffusamente descritto l'avvincente gioco di società denominato «carica alle poltrone», poltrone il cui numero è imprecisato - si sfida il Ministro interpellato a conoscerlo precisamente – a causa del proliferare perverso di controllate da parte delle società di Stato. A tal proposito, solo a titolo esemplificativo, si ricorda che Eni nomina a sua volta i vertici di Saipem, Versalis e Syndial; Enel quelli di Enel Green Power, Enel Distribuzione, Enel Produzione e un'altra mezza dozzina di partecipate; Terna quelli di Terna Rete Italia e Terna Plus; Finmeccanica quelli di Alenia Aeronautica, Thales Alenia Space, Telespazio, Selex Sistemi Integrati, AnsaldoBreda e Oto Melara; Poste Italiane quelli di Poste Energia, Poste Vita, Poste Assicurazione, Mistral Air e altri;
   si evidenzia che nel 2011 i due super manager che guidano Eni ed Enel hanno visto aumentare notevolmente i loro già elevatissimi stipendi. Paolo Scaroni nel 2013 ha ricevuto compensi per un totale di oltre 5,8 milioni di euro, il 30 per cento in più del 2010. Il suo collega Fulvio Conti, amministratore delegato dell'azienda elettrica, ha invece percepito 4,37 milioni di euro, con un balzo del 40 per cento circa rispetto a quanto, dedotte alcune voci di competenza dell'anno precedente, gli era stato accordato nel 2010;
   ciò conferma che nulla cambia visti i risultati aziendali e i numeri di bilancio a cui, almeno in teoria, dovrebbe essere legati i compensi di dirigenti e amministratori. L'Eni, nel 2011, ha chiuso un bilancio con utili in aumento. La crescita dei profitti però si è fermata al 9 per cento, quindi di gran lunga inferiore all'incremento in busta paga del numero uno Scaroni. All'Enel è andata ancora peggio. Il gruppo guidato da Conti si è messo alle spalle un esercizio non esattamente brillante, con profitti in calo del 5 per cento. Utili in calo, quindi, al contrario dei compensi dell'amministratore delegato Conti saliti del 40 per cento e di quelli del gruppo di dirigenti di vertice, pure questi in netto aumento;
   inoltre, è sotto gli occhi di tutti che Finmeccanica stia disperatamente cercando di vendere i propri gioielli per far quadrare i conti; Terna ha un cash flow elevato (derivante dalle tariffe di trasporto dell'energia elettrica probabilmente troppo alte) che non investe come dovrebbe in nuove infrastrutture e, per finire, Poste Italiane mette i propri fondi in Alitalia, di fatto assecondando alcune spinte politiche;
   nonostante queste performance non proprio esaltanti, nelle aziende pubbliche stazionano più o meno da un decennio gli stessi top manager (Scaroni all'Eni da nove anni, più tre passati all'Enel; Conti nove anni all'Enel; Sarmi dodici anni alle Poste; Cattaneo nove anni a Terna, più tre passati alla Rai). L'unica eccezione è rappresentata da Finmeccanica, dove gli attuali vertici, l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro e Alessandro Pansa, sono stati nominati nel 2013 ma solo perché hanno preso il posto di Guarguaglini e Orsi, entrambi finiti, insieme ad altri dirigenti del gruppo di Piazza Monte Grappa, nel mirino della magistratura;
   alcuni degli attuali manager pubblici sono stati o sono oggetto di procedimenti penali. È il caso dell'amministratore delegato del «cane a sei zampe», Scaroni, che ha alle spalle un patteggiamento per tangenti versate al partito socialista italiano all'epoca di Tangentopoli. Scaroni attualmente è indagato per corruzione internazionale in relazione a presunte tangenti pagate a esponenti governativi algerini ed è imputato per disastro ambientale, insieme a Fulvio Conti, amministratore delegato dell'Enel, per l'inquinamento incontrollato prodotto dalla centrale elettrica di Porto Tolle. È il caso dell'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato imputato per il disastro ferroviario accaduto a Viareggio;
   nell'ambito dell'inchiesta così detta P4, condotta dalla procura della Repubblica di Napoli che ha visto coinvolto il faccendiere Luigi Bisignani, sono emerse inquietanti relazioni fra lo stesso Bisignani e gli attuali vertici di molte aziende pubbliche (Masi di Consip, Mazzei del Poligrafico dello Stato, Moretti delle Ferrovie dello Stato e l'onnipresente Scaroni che, dalle numerosissime intercettazioni pubblicate dai media, sembra si consigliasse spessissimo al telefono con «l'uomo che sussurra – e non solo – ai potenti»). In realtà, la rete di relazioni all'interno delle aziende pubbliche del Bisignani, sempre da quanto emerso dalle indiscrezioni giornalistiche all'epoca della citata inchiesta, appare avviluppare anche molti altri dirigenti pubblici;
   il 24 giugno 2013 è stata emanata la direttiva n. 14656 del Ministro dell'economia e delle finanze che, nella versione finale, in ordine all'adozione di criteri e modalità per la nomina degli organi di amministrazione delle società controllate dal Ministero, rafforza i requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti agli amministratori e individua le tappe di un processo trasparente e oggettivo di valutazione di tali requisiti, preliminare alla designazione dei candidati da parte del Ministro interpellato, nell'ambito delle sue funzioni di indirizzo politico-amministrativo;
   tale direttiva non contempla un limite ai mandati e all'età degli amministratori e non impedisce ad avviso degli interpellanti alla folta schiera dei politici non rieletti di aspirare a un posto di primo piano. Inoltre, la parte della direttiva dove si parla dell'ineleggibilità legata a fatti giudiziari appare agli interpellanti così elastica da non poter creare preoccupazioni in quei manager come, ad esempio, Scaroni e tanti altri;
   sempre il 24 giugno 2013 il Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore Saccomanni con decreto ha istituito il comitato di garanzia per le nomine (presidente Cesare Mirabelli e membri Vincenzo Desario e Maria Teresa Salvemini);
   a tale comitato risultano pervenuti nei mesi scorsi, da parte delle incaricate società di head hunter Spencer Stuart e Korn Ferry i curriculum vitae dei potenziali candidati all'assunzione dei ruoli di presidente, amministratore delegato e consigliere di amministrazione delle società controllate dallo Stato;
   la ventata «innovatrice» che attraversa la politica italiana lascia sperare che qualche boiardo possa finalmente essere lasciato a godere della meritata pensione;
   è opportuno che il Parlamento venga informato delle decisioni assunte dal Governo in materia di nomine pubbliche prima che le stesse vengano rese note attraverso la pubblicazione delle liste sui giornali –:
   se sia intenzione del Governo assumere ogni utile iniziativa, anche normativa, al fine di:
    a) sospendere le nomine in quelle società definite in premessa inutili e improduttive e le cui funzioni, in un processo di logica razionalizzazione delle competenze, ottimizzazione dei processi decisionali e contenimento delle spese, potrebbero essere attribuite a esistenti strutture ministeriali;
    b) fornire chiarimenti sullo stato di avanzamento della selezione dei manager pubblici e anticipare al Parlamento le decisioni assunte dal Governo in materia di nomine pubbliche;
    c) applicare strettamente i criteri, soprattutto quelli di onorabilità, di competenza e di professionalità, previsti dalla direttiva 24 giugno 2013 per la scelta dei manager pubblici, prevederne ulteriori, come il limite ai mandati e l'età degli amministratori, e impedire alla folta schiera di politici non rieletti di essere nominati nelle società pubbliche.
(2-00458) «Vallascas, Da Villa, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Petraroli, Agostinelli, Artini, Baldassarre, Basilio, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Businarolo, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, De Lorenzis, Del Grosso, Dell'Orco, Di Battista, Manlio Di Stefano, Ferraresi, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Grande, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lupo».


Iniziative volte a tutelare gli inquilini destinatari dei benefici previsti dalle disposizioni del decreto legislativo n. 23 del 2011 dichiarate illegittime dalla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2014 – 2-00460

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il 14 marzo 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), che prevedeva vantaggi per i locatari che registravano contratti di affitto in nero;
   la motivazione della sentenza risiede in un eccesso di delega: i contenuti del decreto legislativo n. 23 del 2011, sono andati oltre i principi e i criteri direttivi fissati nella legge delega, violando l'articolo 76 della Costituzione;
   in particolare, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disposizione che riguarda la cedolare secca sui contratti di locazione, in particolare i due commi 8 e 9, che stabilivano dei vantaggi per l'inquilino che procedeva alla registrazione nei casi in cui il contratto d'affitto non era stato registrato entro il termine previsto dalla legge, quando in esso era indicato un importo inferiore a quello reale, o quando, al posto di un contratto di locazione, era stato registrato un finto comodato gratuito;
   detti vantaggi consistevano nel fissare la durata della locazione in quattro anni più quattro, a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio, e nel ridurre il canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale (importo che in genere è del 70-80 per cento inferiore ai valori di mercato);
   la sentenza della Corte costituzionale ha effetto retroattivo e, conseguentemente, diventano nulli i contratti che sono stati registrati dagli inquilini o dai funzionari del fisco a partire dal 6 giugno 2011;
   in Italia, sono potenzialmente 500 mila i contratti irregolari che dal 2011 ad oggi potrebbero aver registrato il contratto di locazione in nero, così imponendo ai proprietari di subire la drastica riduzione del canone. Oggi tutte queste persone, almeno uno o due milioni di soggetti, potrebbero essere costrette a pagare ai proprietari, con gli interessi, la parte di canone che hanno risparmiato;
   gli effetti della sentenza rischiano di essere pesantissimi. Un problema sociale ingente e un colpo duro per molte famiglie, anziani e studenti, in un momento di crisi economica gravissima –:
   se non si ritenga urgente assumere iniziative per giungere ad una quantificazione dei soggetti potenzialmente interessati dalla sopra detta sentenza e per stimare l'entità complessiva del danno che potrebbe mettere sul lastrico centinaia di migliaia di persone;
   quali conseguenti immediate iniziative si intendano adottare per evitare che i pesanti effetti della sentenza della Corte costituzionale ricadano su centinaia di migliaia di inquilini che, senza alcuna responsabilità, rischiano di pagare per colpe riconducibili a norme varate nel 2011 dal Governo Berlusconi, valutando in particolare la possibilità di istituire un apposito fondo finalizzato a sostenere gli oneri che attualmente sarebbero solo a carico dei sopra detti inquilini.
(2-00460) «Piazzoni, Zan, Zaratti, Pellegrino, Nicchi, Aiello, Di Salvo, Migliore, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Ferranti».


Elementi in ordine ai risparmi attesi dal processo di revisione della spesa pubblica – 2-00461

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il dottor Carlo Cottarelli, commissario del Governo per la spending review, svolgendo un'audizione presso la Commissione bilancio del Senato della Repubblica, in data 12 marzo 2014, ipotizzava che i risparmi attesi per l'anno in corso dall'opera di revisione e razionalizzazione della spesa pubblica possano quantificarsi presuntivamente in circa 3 miliardi di euro;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi nella stessa data, illustrando nel corso di una conferenza stampa le misure adottate dal Consiglio dei ministri, quantificava in 7 miliardi di euro i risparmi attesi per l'anno 2014 dall'opera di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica;
   nei giorni seguenti, nelle dichiarazioni pubbliche rilasciate da diversi esponenti di Governo sono stati forniti dati ulteriormente difformi da quelli forniti dal dottor Cottarelli e dal Presidente del Consiglio dei ministri Renzi. A titolo di esempio, si citano le parole del Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Pier Paolo Baretta, che in un'intervista a Il Gazzettino del 14 marzo 2014 dichiara «Dalla spending review Cottarelli prevede di recuperare 34 miliardi in tre anni. Quest'anno saranno dai 5 ai 7». Alla replica del giornalista che contestava una difformità con i dati attesi per il 2014 sulla base di quanto dichiarato dal commissario Cottarelli al Senato della Repubblica, il Sottosegretario di Stato Baretta aggiungeva «anche noi facciamo i conti su 3, per quest'anno ovviamente speriamo che siano di più»;
   nella giornata del 18 marzo 2014, quasi tutti i principali quotidiani italiani pubblicano il così detto piano Cottarelli, ovvero il documento intitolato «Proposte per una revisione della spesa pubblica» (2014-2016). I saldi di questo piano elaborato dal commissario Cottarelli, almeno per il 2014, prevedono una cifra diversa da quella dichiarata dallo stesso Cottarelli al Senato della Repubblica, fissando l'obiettivo di risparmio per il 2014 nella cifra di 7 miliardi di euro, mentre per il 2015 e il 2016 risparmi attesi sarebbero rispettivamente pari a 18 miliardi e 34 miliardi di euro. Anche di questo documento, che seppure reso pubblico dagli organi di stampa non è da considerarsi ancora ufficializzato dal Governo, è difficile comprendere il grado di attendibilità. In esso, ad esempio, figura alla voce «contributo temporaneo pensioni» un risparmio atteso pari a 1,4 miliardi di euro per il 2014, 1 miliardo di euro per il 2015 e 500 milioni di euro per il 2016, ma gli stessi quotidiani che pubblicano il documento specificano che questa voce specifica sarebbe stata cassata dal Presidente del Consiglio dei ministri Renzi, il che, se confermato, comporta una modifica dei saldi dello stesso piano;
   sempre nel piano Cottarelli si prevedono interventi di riduzione e razionalizzazione della spesa in settori strategici, quale quello della sicurezza e dell'ordine pubblico;
   il decreto-legge n. 4 del 2014, attualmente in corso di esame, all'articolo 2 quantifica in 488,4 milioni di euro i risparmi attesi dall'opera di revisione della spesa pubblica per l'anno 2014, in 1.372,8 milioni di euro per il 2015 e in 1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017, e destina tale cifra alla copertura del minor gettito atteso sempre per gli stessi anni a seguito dell'abrogazione disposta dai commi 575 e 576 dell'articolo 1, della legge 147 del 2013. Essendo il decreto-legge già in vigore, tali somme debbono considerarsi a tutti gli effetti accantonate per la finalità di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 4 del 2014;
   come, tra l'altro, riportato da alcuni organi di stampa, in totale, nel triennio 2014-2016, i risparmi attesi e già accantonati a seguito di provvedimenti normativi in vigore ammontano a 14,8 miliardi di euro, il che significa che tale somma non potrà essere comunque destinata a coprire provvedimenti di spesa ancora da varare;
   è evidente una netta disparità di previsioni effettuate in merito ai risparmi attesi dall'opera di revisione e razionalizzazione della spesa pubblica da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, da parte del commissario Cottarelli e da parte di altri esponenti del Governo, e non è affatto chiaro se le molteplici previsioni effettuate dal Governo in merito ai risparmi attesi tengano già in conto i proventi attesi e già accantonati dalla spending review a seguito di norme già in vigore, o se invece le cifre fornite dal Governo siano da considerarsi aggiuntive;
   ciò è estremamente preoccupante poiché, almeno per quanto attiene le dichiarazioni pubbliche del presidente del Consiglio dei ministri e di altri esponenti di Governo, i risparmi ottenuti dal processo di revisione della spesa per l'anno 2014 e seguenti dovrebbero essere utilizzati come copertura finanziaria di rilevanti provvedimenti di politica economica che il Governo ha annunciato di voler varare ma che, ad oggi, non sono ancora stati varati –:
   quale sia il dato, tra i tanti forniti in questi giorni, ufficiale e certo che il Governo conta di ottenere in merito ai risparmi attesi per l'anno 2014 dal processo di revisione della spesa pubblica, utilizzabili come copertura finanziaria di provvedimenti di spesa annunciati dal Presidente del Consiglio dei ministri nella conferenza stampa del 12 marzo 2014;
   se i risparmi attesi dal processo di revisione della spesa, nei saldi per il triennio 2014-2016 del piano elaborato dal commissario Cottarelli, siano da considerarsi aggiuntivi ai 14,8 miliardi di euro già accantonati a seguito di norme di legge in vigore.
(2-00461) «Cozzolino, Lombardi, Dadone, Toninelli, Nuti, Dieni, Fraccaro, D'Ambrosio, Barbanti, Ruocco, Cancelleri, Alberti, Pesco, Pisano, Villarosa».


Elementi in merito alla compatibilità con la normativa dell'Unione europea dei trasferimenti pubblici a Poste italiane spa per il trattamento di quiescenza del personale ed iniziative per una piena liberalizzazione del settore postale – 2-00464

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa è il fornitore del servizio postale universale in Italia, il cui capitale è posseduto al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   il gruppo Poste italiane ha cambiato anima nell'ultimo decennio e si presenta, oggi, come un conglomerato di numerose attività diversificate, con oltre 24 miliardi di euro di fatturato; tuttavia, soltanto 4,6 miliardi di euro provengono dal settore storico dei servizi postali e commerciali; 13,8 miliardi di euro vengono, infatti, dai servizi assicurativi – con il gigante Poste Vita – e altri 5,3 miliardi di euro dai servizi finanziari, attraverso Banco Posta Fondi; il gruppo controlla, inoltre, una corposa lista di società attive nella telefonia, nei fondi immobiliari, nella digitalizzazione della pubblica amministrazione e adesso si è «lanciato» nel business del trasporto aereo, ovvero nell'ennesima operazione di salvataggio della compagnia di bandiera;
   come noto e certificato da istituti di ricerca e dalla stessa Corte dei conti, Poste italiane spa ha potuto usufruire negli anni di una peculiare posizione di privilegio e vantaggio competitivo nei diversi segmenti di mercato; in particolare, nel segmento tradizionale, quello postale, l'ex monopolista gode di un beneficio fiscale senza precedenti in Europa, vale a dire l'esenzione del pagamento dell'iva per i prodotti di posta massiva (la fetta più importante di mercato), nonostante sia la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 23 aprile 2009 (C-357/07), sia l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato italiana abbiano sostanzialmente rilevato l'illegittimità di tale asimmetria legislativa;
   inoltre, lo Stato paga a Poste italiane gli oneri per la gestione del servizio universale e una serie di rimborsi per le tariffe agevolate su alcuni prodotti postali speciali (spedizioni elettorali, invii in capo alle onlus, servizi editoriali e altro) per un totale di circa 320 milioni di euro all'anno;
   purtroppo, non si tratta degli unici fondi pubblici che i cittadini italiani pagano al gruppo: ad una lettura più attenta dei dati macroaggregati del bilancio dello Stato, pubblicati annualmente nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale, risulta che lo Stato effettua una pluralità di trasferimenti movimentando diverse voci del bilancio pubblico. Di questi trasferimenti, alcuni sono effettuati direttamente verso Poste italiane, il cui bilancio riflette tali compensi per simmetria, dandone evidenza, come nel caso degli oneri per il servizio universale. Altri trasferimenti, invece, non transitano per la contabilità di Poste italiane e costituiscono partite interne di contabilità pubblica di cui tuttavia Poste italiane è beneficiario indiretto;
   risulta agli interpellanti che nel periodo finanziario 2008-2013 siano stati effettuati i seguenti trasferimenti pubblici per il trattamento di quiescenza del personale dipendente di Poste italiane (capitolo 1620 – «Spese Obbligatorie»): negli anni 2008, 2009 e 2010 sono stati assegnati all'Istituto Postelegrafonici (Ipost) 810 milioni di euro all'anno, mentre nel periodo compreso tra il 2011 e il 2013 sono stati erogati 990 milioni di euro all'Inps, per un totale, ad oggi, di circa 5 miliardi di euro;
   a occuparsi del trattamento previdenziale del personale postale è stato, fino a maggio 2010, l'Istituto Postelegrafonici, costituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 542 del 1953, che ha visto confermato il proprio ruolo anche in seguito alla trasformazione delle Poste italiane in ente pubblico economico nel 1994 e in società per azioni (Poste italiane spa) nel 1997. Il legislatore italiano, con decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, ha successivamente disposto la soppressione dell'Ipost, trasferendo tutte le sue funzioni all'Inps, che ne ha ereditato i rapporti attivi e passivi, compresi i trasferimenti statali per il trattamento previdenziale del personale;
   è di immediata evidenza come i trasferimenti in questione siano costanti negli anni, il che induce ad escludere una correlazione tra le dinamiche previdenziali, per loro natura cangianti nel tempo in funzione di diversi fattori, e gli importi corrisposti a Poste italiane. Al contrario, i trasferimenti appaiono come importi forfettari, tali da configurare un passivo di bilancio relativo all'ex gestione previdenziale dei postelegrafonici;
   parte dell'onere relativo al trattamento pensionistico del personale del gruppo pare gravare sui cittadini italiani e il Ministero dell'economia e delle finanze ripiana questo «buco» in assenza di qualsivoglia politica di trasparenza e pubblicità degli atti, che sono stati resi noti soltanto da alcuni articoli di stampa;
   a livello europeo, la Commissione europea, nell'ambito della valutazione degli aiuti di Stato compatibili con il mercato interno, ha avviato il 29 gennaio 2011, ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, un procedimento contro il Regno Unito (C-07/07), contestando un pacchetto di aiuti alla Royal Mail (poste inglesi), che avrebbe portato lo Stato britannico a farsi carico di ben 9 miliardi di sterline di deficit accumulato dal colosso postale inglese, in quanto l’«abbuono» di debiti pensionistici mediante accollo degli stessi da parte dello Stato è chiaramente incompatibile con le norme comunitarie;
   il Commissario per la concorrenza Joaquin Almunia ha dichiarato che è necessaria un'indagine approfondita sulla vicenda, lamentandosi del fatto che i servizi della Commissione europea non siano mai stati informati su tali tipologia di trasferimenti –:
   se il Governo intenda chiarire i profili che appaiono agli interpellanti di illegittimità anticoncorrenziale dei trasferimenti pubblici in capo a Poste italiane spa per i trattamenti di quiescenza e, al di là del piano di privatizzazione avviato dal precedente Esecutivo, se intenda promuovere un piano di riforme in un'ottica di piena liberalizzazione del settore postale, in linea con le pronunce adottate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
(2-00464) «Galan, Brunetta, Bergamini».


Iniziative volte alla verifica degli effetti sulla salute pubblica e sull'ambiente dell'attività della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure-Quiliano – 2-00457

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali – per sapere – premesso che:
   Tirreno Power è oggi uno dei principali produttori di energia elettrica in Italia (la sesta azienda) presente su tutto il territorio nazionale;
   la centrale di Vado Ligure-Quiliano (provincia di Savona) è costituita da un'unità a ciclo combinato di taglia pari a 800 megawatt (VL5), che utilizza due turbogas alimentati esclusivamente a gas naturale, in esercizio dal 2007 e realizzata sostituendo una vecchia unità alimentata a carbone ed olio combustibile, e da due unità da 330 megawatt cadauna (VL3 e VL4), alimentate a carbone (e a gasolio nelle fasi di accensione) entrate in esercizio nel 1971;
   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 dicembre 2012, n. 227, è stata rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio della centrale;
   tale autorizzazione integrata ambientale ha fatto seguito all'intesa tra la regione Liguria e l'azienda; quest'ultima aveva presentato un progetto di potenziamento dell'impianto, giudicato non accettabile, per la sua dimensione, da una parte delle forze del territorio e in assoluto da alcuni. L'intesa aveva previsto il ridimensionamento del progetto aziendale, con l'autorizzazione per un nuovo gruppo da 460 megawatt, previo rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per i due gruppi esistenti da 330 megawatt, quindi con interventi immediati sui due gruppi; all'entrata in esercizio della nuova unità, uno dei due vecchi gruppi sarebbe stato spento e ricostruito totalmente. La possibilità di realizzare un ulteriore gruppo (VL6), richiesta dall'azienda, sarebbe stata sottoposta ad una nuova valutazione, in un nuovo procedimento;
   obiettivo dell'intesa, da parte pubblica, è stato quello di realizzare il massimo di riduzione dell'impatto ambientale dei gruppi, attraverso interventi che avrebbero anche prodotto un aumento dell'efficienza degli impianti. La vetustà degli impianti stessi, insieme alle condizioni di esercizio, costituisce ormai da tempo un fattore riconosciuto di grande criticità;
   il possibile conflitto tra tutela della salute e difesa del lavoro ha caratterizzato non solo il dibattito pubblico, ma la storia stessa della presenza della centrale nel territorio di Vado Ligure e Quiliano;
   proprio l'ambientalizzazione della centrale era intesa come un'occasione per creare possibilità di lavoro nella zona e opportunità di sviluppo del tessuto produttivo locale;
   i comuni di Vado Ligure e Quiliano avevano, in ogni caso, espresso parere contrario perché non risultava sufficientemente chiarito che, allo scadere del periodo di otto anni per la cosiddetta fase 3, ovvero per la messa in esercizio del gruppo VL6, uno dei due gruppi esistenti a carbone sarebbe stato dismesso;
   i comuni di Vado Ligure e Quiliano hanno presento ricorso amministrativo nei confronti dell'autorizzazione integrata ambientale;
   la centrale dà lavoro a circa 700 persone, tra diretti ed indotto; i dipendenti dell'indotto lavorano in imprese di diverse classi dimensionali;
   nei mesi scorsi, secondo quanto è emerso anche da esposti presentati da associazioni ambientaliste e comitati di residenti, in particolare nelle province di Asti e Cuneo, sarebbero state smaltite illegalmente ingenti quantità di «rifiuti speciali» prodotti dalla centrale elettrica a carbone «Tirreno Power» di Vado Ligure. Negli esposti veniva denunciato un elevato indice di tumori e di mortalità nelle zone interessate dallo smaltimento dei rifiuti, che sarebbero stati sotterrati nelle campagne. Nello specifico, enormi quantitativi di ceneri «bianche» e «nere» sarebbero state quindi «distrutte» illegalmente. Le ceneri «nere» provengono dalla combustione diretta del carbone, mentre quelle «bianche» sono il risultato dell'abbattimento dell'anidride solforosa e solforica mediante calce: si ottiene solfato di calcio (gesso comune). Entrambe le sostanze non sono pericolose per la salute umana e per l'ambiente solo se smaltite legalmente ed in impianti autorizzati;
   il giudice per le indagini preliminari di Savona ha disposto il sequestro cautelativo dei gruppi VL3 e VL4 della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure-Quiliano, disponendone l'interruzione dell'esercizio; la centrale di Vado Ligure è oggetto da tempo di indagini da parte della magistratura: sull'attività di Tirreno Power sono aperte da tempo due filoni d'inchiesta: una per disastro ambientale e una per omicidio colposo;
   il provvedimento del giudice per le indagini preliminari si fonda su una perizia sugli effetti dell'attività della centrale Tirreno Power sulla popolazione locale; gli organi di stampa riportano che secondo tale perizia le emissioni della centrale a carbone di Vado Ligure avrebbero causato oltre 400 morti tra il 2000 e il 2007. Ci sarebbero stati anche «tra i 1700 e i 2000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 bambini ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d'asma tra il 2005 e il 2012». I consulenti della procura hanno mappato una «zona di ricaduta delle emissioni» della centrale ed hanno escluso come causa delle patologie il traffico automobilistico, altre aziende della zona e i fumi delle navi in porto. Il perimetro della mappa riguarda 23 comuni per un totale di circa 150.000 abitanti;
   Tirreno Power ha contestato i dati resi noti dalla procura di Savona precisando, in una nota stampa, che le «consulenze a cui si fa riferimento sono consulenze di parte che non sono mai state sottoposte a un contraddittorio». L'azienda ha annunciato, inoltre, una controperizia sottolineando che «l'unico studio attendibile in materia» è quello relativo all'indagine dell'Ist di Genova e di Arpal del 2008 sullo «Stato dell'arte della salute nella provincia di Savona», dove si dichiara testualmente che «da un raffronto con dati nazionali le zone oggetto dell'indagine presentano una situazione analoga, ed in alcuni casi migliore, rispetto a zone dell'Italia simili per concentrazione di insediamenti urbani e industriali»;
   tale situazione ha creato grave allarme nell'opinione pubblica locale e forti preoccupazioni tra i lavoratori coinvolti;
   gli enti locali hanno chiesto immediata chiarezza sugli effetti della centrale termoelettrica; le associazioni sindacali, in attesa del nuovo piano industriale della Tirreno Power, hanno rimarcato la necessità di nuovi investimenti per poter coniugare l'occupazione e la produttività con la tutela della salute e dell'ambiente;
   a seguito delle indagini, affidate alla direzione distrettuale antimafia di Genova, il responsabile della centrale «Tirreno Power» di Vado Ligure, Pasquale D'Elia, è stato raggiunto da un avviso di garanzia e si è successivamente dimesso; sono stati, inoltre, indagati altri dirigenti dell'azienda, autotrasportatori ed imprese specializzate nello smaltimento dei rifiuti;
   nelle scorse settimane rappresentanti dell'Ispra e dell'Arpal hanno realizzato un sopralluogo presso gli impianti della centrale di Vado Ligure-Quiliano;
   le vicende della centrale termoelettrica di Vado Ligure-Quiliano si inseriscono in un quadro nel quale la vita dell'azienda presenta criticità da diversi punti di vista, rapporto tra gli azionisti, problemi occupazionali in diversi siti e il mercato dell'energia elettrica è condizionato dal ciclo economico negativo;
   la definizione dei tempi e dei modi per il superamento dell'uso dei combustibili fossili, la garanzia dell'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili negli impianti ancora alimentati con tali combustibili a tutela delle popolazioni che accolgono nei propri territori tali insediamenti, devono essere oggetto di una precisa programmazione nazionale –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti intendano assumere:
    a) per attestare con assoluta certezza e validità scientifica i reali effetti sulla salute pubblica e sull'ambiente delle attività complessive della centrale termoelettrica di Vado Ligure;
    b) predisporre strumenti per la tutela dell'occupazione e del reddito di tutti i lavoratori coinvolti;
   se i Ministri interpellati non ritengano, inoltre, necessario intraprendere le iniziative urgenti di competenza (in particolare, nelle province di Savona, Asti e Cuneo interessate dall'attività e dallo smaltimento della centrale elettrica a carbone Tirreno Power) per garantire l'integrale rispetto dell'autorizzazione integrata ambientale per quanto riguarda sia le emissioni che i sistemi di monitoraggio, e per individuare e mettere in sicurezza le aree che risultassero contaminate;
   se i Ministri interpellati intendano indicare, anche alla luce delle emergenze che si sono manifestate, più precise linee di programmazione e di indirizzo circa le prospettive nazionali in materia di produzione di energia.
(2-00457) «Fiorio, Braga, Giacobbe, Borghi, Mariani, Bratti, Tullo, Vazio, Carocci, Damiano, Giorgio Piccolo, Zoggia, Mognato, Stumpo, Gadda, Bargero, Pastorino, Ginato, Basso, Incerti, Gandolfi, Sereni, Tino Iannuzzi, Zardini, Cominelli, Faraone, Paola Bragantini, Carrescia, Ginoble, Fragomeli, Carra, Cenni, Morassut, Fregolent, Marchi, Fontanelli, Covello, Sani, Antezza, Baruffi, Bossa, Carbone, Cova, Ferro, Marrocu».


Iniziative normative volte a garantire la sopravvivenza dei consorzi tra enti locali per la gestione dei servizi socio-assistenziali – 2-00436

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali, per sapere – premesso che:
   la legge 8 novembre 2000, n. 328, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», all'articolo 1, comma 3, recita «La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente Legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali»;
   per migliorare l'investimento economico e le risorse, nei comuni di grandi dimensioni tali servizi fanno capo al comune stesso, mentre nelle realtà più piccole l'assistenza socio-assistenziale è spesso delegata ai consorzi fra comuni, comunità montane, asl o convenzioni fra comuni, dando vita ad una rete di solidarietà che spesso identifica lo stesso territorio;
   l'articolo 2, comma 186, lettera e), della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) ha disposto la soppressione dei consorzi di funzione tra gli enti locali, ad eccezione dei bacini imbriferi montani, inclusi, pertanto, quelli socio-assistenziali;
   l'articolo 9, commi da 1 a 7, del decreto-legge n. 95 del 2012 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, nel disporre e disciplinare, al fine di assicurare il coordinamento e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'obbligo per le regioni e gli enti locali di sopprimere agenzie ed organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica (dunque anche i consorzi), ha escluso da tale obbligo, in forza della previsione di cui al comma 1-bis, inserito in sede di conversione, le aziende speciali, gli enti e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali;
   l'articolo 1, comma 562, lettera a), della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), abrogando i commi da 1 a 7 dell'articolo 9 del citato decreto-legge n. 95 del 2012, ha travolto anche la cosiddetta norma «salva consorzi socio-assistenziali» –:
   se non si ritenga urgente porre in essere ogni iniziativa di competenza al fine di ripristinare le norme «salva consorzi socio-assistenziali».
(2-00436) «Borghi, D'Ottavio, Anzaldi, Bonaccorsi, Bonomo, Capozzolo, Carra, Casellato, Covello, D'Incecco, Fedi, Fitzgerald Nissoli, Gelli, Giulietti, Iori, Lodolini, Manfredi, Mariani, Melilli, Pastorelli, Patriarca, Realacci, Sberna, Taricco, Basso, Tullo, De Micheli, Valiante, Ginato, Bratti, Mazzoli».


Iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali degli stabilimenti Carapelli di Inveruno (Milano) e di Tavarnelle Val di Pesa (Firenze) – 2-00442

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nell'azienda olearia toscana Carapelli Firenze spa, che controlla anche i marchi Bertolli e Sasso – e che fa capo al gruppo spagnolo Deoleo (ex Sos Cuetara) – è in atto un processo di delocalizzazione e razionalizzazione del ciclo produttivo;
   tale processo ha portato nel 2012 alla chiusura dello stabilimento di Voghera, al dirottamento di parte della produzione destinata agli Usa dallo stabilimento di Inveruno a quello spagnolo di Alcolea, al trasferimento in Spagna di una nuova torre di raffinazione, costruita ad Inveruno l'anno precedente;
   sempre nel 2012, l'amministratore delegato Carbò annuncia il progetto del gruppo di ridurre il numero dei propri stabilimenti da quattro – Inveruno e Tavarnelle Val di Pesa (Italia), Alcolea e Andujar (Spagna) – a due, possibilmente uno in Italia e uno in Spagna;
   alla fine del 2012 si è aperta una nuova procedura di mobilità sugli stabilimenti italiani a seguito di un'impennata dei costi della materia prima. Al termine della stessa, 18 lavoratori (14 su Inveruno e 4 su Tavarnelle Val di Pesa), pressoché tutti impiegati entreranno in cassa integrazione guadagni straordinaria senza possibilità di reintegro;
   nel 2013 si è effettuata la vendita dello stabilimento di Andujar a Sovena e si sono verificati contatti con Fusi, proprietario dell'azienda Castel del Chianti, per la vendita dello stabilimento di Tavarnelle Val di Pesa. Questa, però, non è giunta a conclusione;
   a seguito di un crollo delle vendite nei primi mesi del 2013 si è aperta una procedura di mobilità che nel mese di ottobre 2014 ha coinvolto 45 lavoratori, pressoché tutti operai, dei due stabilimenti italiani: 40 su Inveruno e 5 su Tavarnelle Val di Pesa;
   l'azienda spiega che la decisione è stata assunta a causa della crisi economica, della crescita del costo delle materie prime e dell'incremento dei prezzi al dettaglio, ma non poco deve incidere la situazione economica della società, sulla quale pesa un debito oggi ammontante a circa 600 milioni di euro;
   i marchi italiani Carapelli, Bertolli e Sasso, tutti controllati dal colosso spagnolo, hanno allargato la loro presenza in cinquanta Stati (recentemente poi sono state inaugurate nuove filiali in Cina, India e Malesia), confermando la Deoleo leader mondiale degli olii di oliva in bottiglia;
   l'assenza di un piano industriale capace di tutelare gli attuali livelli occupazionali e le attuali scelte della multinazionale spagnola rischiano di incidere negativamente sul futuro di un pezzo importante dell'industria agroalimentare italiana attualmente controllata da soggetti stranieri, con evidenti impatti negativi sul livello occupazionale;
   la procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria aperta a gennaio 2013 riguardò 7 lavoratori (1 lavoratore è stato reintegrato in azienda, 6 si sono ricollocati) e 27 lavoratori nell'ambito della procedura aperta ad ottobre 2013 (33 lavoratori dei 40 originari sono stati messi in cassa integrazione guadagni straordinaria; di questi 1 lavoratore si è ricollocato e 5 sono reintegrati in azienda), per un totale quindi di 34 lavoratori;
   la cassa integrazione guadagni straordinaria menzionata si è chiusa ed è stata concessa una cassa integrazione in deroga di 3 mesi, fino al 27 aprile 2014;
   è stato chiesto che si chiudesse anche la procedura di mobilità aperta nel mese di gennaio 2013 e se ne aprisse una nuova in relazione a questa seconda fase;
   ad oggi, a quanto consta agli interpellanti, i lavoratori effettivamente in cassa integrazione ad Inveruno non sono 40 come da verbale ministeriale, ma 29; si è in attesa del decreto ministeriale per la redistribuzione delle risorse finalizzate a coprire la cassa per capire, per il dopo 27 aprile 2014, a chi chiedere la concessione di ulteriore cassa; nel caso non si riesca a proseguire con la cassa in deroga, come da accordo ministeriale, si procederà al licenziamento (quindi alla messa in mobilità) di 40 unità su Inveruno;
   in data 11 febbraio 2014, il deputato europeo Pier Antonio Panzeri ha presentato un'interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione europea, chiedendo la costituzione di un tavolo in sede europea fra l'azienda e le rappresentanze sindacali italiane e spagnole, oltre che l'intervento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (Feg); quest'ultima ipotesi ha ricevuto parere positivo da parte della Commissione europea, a condizione che gli esuberi possano essere fatti risalire alla globalizzazione degli scambi o alla crisi economica e finanziaria globale –:
   se intendano convocare il prima possibile un incontro con le rappresentanze sindacali dell'azienda Carapelli Firenze spa di Inveruno (Milano) e Tavarnelle Val di Pesa (Firenze) e le strutture sindacali di riferimento.
(2-00442) «Cimbro, Cassano, Tidei, Casati, Casellato, Burtone, Laforgia, Bonafè, Coppola, Oliverio, Amendola, Chaouki, Donati, Biffoni, Scotto, Fedi, Gianni Farina, Arlotti, Quaranta, Nardi, Kronbichler, Sannicandro, Matarrelli, Fava, Manfredi, Mauri, Manciulli, Leva, Incerti, Iori, Gandolfi, Moretti, Monaco, Simoni».


Iniziative per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere – 2-00454

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'Italia, per contrastare le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, ha aderito al progetto proposto dal Consiglio d'Europa per l'attuazione e l'implementazione della raccomandazione del Comitato dei ministri CM/Rec(2010)5;
   tale impegno è stato formalizzato nelle direttive del Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore, con delega alle pari opportunità per l'attività amministrativa per gli anni 2012 e 2013 (Ministro Fornero), che hanno assegnano all'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), già operante presso il Dipartimento per le pari opportunità, l'attuazione di obiettivi in materia di prevenzione e contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere e, in particolare, la definizione di una «Strategia nazionale» in collaborazione con il Consiglio d'Europa;
   questa «Strategia nazionale» consiste in un piano di azioni integrate e multidisciplinari che siano in grado di fornire una risposta concreta al contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, così come previsto dal decreto ministeriale di organizzazione interna del 4 dicembre 2012;
   alla definizione degli obiettivi e alla realizzazione delle azioni connesse al loro raggiungimento sono state chiamate a collaborare le 29 associazioni lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender), facenti parte del gruppo di lavoro dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, la Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (Ready) e altre realtà istituzionali come le forze dell'ordine;
   il 19 aprile 2013, con decreto ministeriale, il Governo ha formalmente adottato una «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)»: un piano pluriennale di azioni volte a fornire una risposta al fenomeno delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere e che, consapevole del fatto che è soprattutto attraverso le scuole e l'educazione che si possono combattere le discriminazioni e promuovere la pari dignità di tutti gli esseri umani, sottolinea l'importanza dell'asse strategico «educazione e istruzione»;
   il 18 dicembre 2013, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore ha emanato un'apposita circolare a tutti gli uffici scolastici regionali in cui si prevede lo svolgimento di una «Settimana nazionale contro ogni forma di violenza e discriminazione» da realizzare in collaborazione con le istituzioni scolastiche e le associazioni lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender) e con il coinvolgimento attivo di studenti, docenti e famiglie delle scuole di ogni ordine e grado del territorio nazionale;
   il progetto «Educare alla diversità a scuola» commissionato dal Dipartimento per le pari opportunità nel dicembre del 2012 all'istituto Beck (scuola di specializzazione di psicoterapia accreditata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2004), con l'obiettivo di elaborare uno strumento di supporto sulle delicate tematiche della prevenzione e del contrasto dell'omofobia e del bullismo a sfondo omofobico, rientra completamente nel quadro degli impegni programmatici relativi alla «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)»;
   il prodotto della ricerca dell'istituto Beck, approvato e validato dal Dipartimento per le pari opportunità nel luglio 2013, consiste in un kit di materiale informativo e formativo, suddiviso per i tre ordini di scuola (primaria, secondaria di I grado e secondaria di II grado) e rappresenta uno strumento di supporto all'attività dei docenti per favorire la creazione di un clima scolastico basato sul rispetto e sull'accoglienza delle differenze, nonché sulla prevenzione di ogni forma di discriminazione;
   tali materiali informativi e formativi, nell'attesa di validazione da parte del competente comitato paritetico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, come annunciato dal Sottosegretario di Stato Amici nella seduta del 7 marzo 2014, non sono ancora mai stati oggetto di diffusione da parte dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali nelle scuole –:
   quali decisioni concrete intenda assumere il Governo per confermare gli impegni assunti per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere in linea con le politiche adottate a livello europeo;
   quali azioni intenda portare avanti per dare concretamente attuazione alla «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)» per combattere le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere;
   quali iniziative intenda intraprendere per promuovere nelle scuole non solo la cultura del rispetto e del dialogo, in armonia con i principi costituzionali e dell'ordinamento dell'Unione europea, ma anche una reale educazione all'accettazione delle differenze e al rifiuto delle discriminazioni legate all'orientamento sessuale e all'identità di genere.
(2-00454) «Marzano, Verini, Cinzia Maria Fontana, Braga, Martelli, Sbrollini, Dal Moro, Morani, Bazoli, Dallai, Fassina, Gasparini, D'Attorre, Vaccaro, Capua, Cuperlo, Mattiello, Tentori, Mongiello, Picierno, Rotta, Ghizzoni, Ermini, Civati, Giovanna Sanna, Miccoli, Marchetti, Martella, Bargero, Chaouki, Richetti, Gentiloni Silveri, Orfini, Ascani, Rampi, Pastorino».


Intendimenti circa la sospensione delle procedure di attuazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie nelle otto sedi di tribunale individuate dal decreto ministeriale del 13 settembre 2013 – 2-00410

M)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   come è noto, la riforma delle circoscrizioni giudiziarie ha creato disparità e molteplici disfunzioni, senza ottenere affatto il miglioramento del servizio per i cittadini nonché il risparmio economico che erano alla base della legge 14 settembre 2011, n. 148;
   il 6 febbraio 2014, una delegazione di parlamentari del gruppo Scelta Civica per l'Italia ha rappresentato al Ministro della giustizia pro tempore la necessità di rafforzare, almeno per il presente, l'attività civile in atto presso il soppresso tribunale di Alba (che la riforma ha accorpato ad Asti), in attesa che la commissione ministeriale, appositamente costituita con decreto 19 settembre 2013, potesse compiutamente valutare le difficoltà incontrate dagli operatori del settore, successivamente alla data del 14 settembre 2013;
   è opportuno ricordare che il Ministro della giustizia pro tempore, con decreto 13 settembre 2013, ha individuato otto tribunali che, per dimensione, carichi pendenti, specifiche situazioni territoriali, si distinguevano dalle altre sedi soppresse ed erano ritenuti meritevoli di ulteriori valutazioni;
   non sfuggiva al Ministro della giustizia pro tempore che tale provvedimento trovava la sua giustificazione nell'implicita ammissione che, nel dare attuazione alla legge n. 148 del 2011, si erano commessi alcuni errori che avevano portato ad esiti improponibili, con la soppressione di tribunali di medie dimensioni e il mantenimento di altre sedi giudiziarie con popolazione e volumi di attività di gran lunga inferiori e che tali errori erano meritevoli di correzione;
   il giorno seguente l'incontro suddetto, il presidente del tribunale di Asti, senza alcun preavviso al Consiglio dell'ordine o al sindaco di Alba – città proprietaria dell'immobile – ha revocato la disposizione di utilizzo dell'edificio già sede del soppresso tribunale per la trattazione dei giudizi civili e delle controversie di lavoro, pendenti alla data del 13 settembre 2013;
   tale decisione – sebbene assunta nell'esercizio di una funzione organizzativa normalmente attribuita a quell'ufficio – si appalesava in evidente contrasto con la procedura eccezionale intrapresa dal dicastero con il ricordato decreto del 13 settembre 2013, tanto che la sua efficacia è stata poi differita di quattro mesi;
   le procedure connesse al trasferimento del personale vengono attuate secondo tempi e modi prestabiliti e il presidente del tribunale di Torino, con nota del 3 marzo 2014, assegna ai dipendenti interessati tre giorni per eventualmente revocare le domande di assegnazione di nuova sede, a suo tempo presentate –:
   se non ritenga di dare attuazione concreta al più volte citato decreto del 13 settembre 2013, sospendendo le procedure di attuazione della riforma nelle otto sedi di tribunale individuate in quel provvedimento.
(2-00410) «Andrea Romano, Monchiero, Rabino».


Elementi ed iniziative in merito a gravi episodi di maltrattamento di detenuti presso gli istituti penitenziari, con particolare riferimento al carcere di Poggioreale – 2-00407

N)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il sito web de Il Corriere della Sera, in data 6 febbraio 2014, ha pubblicato una video-inchiesta sul drammatico fenomeno delle morti in carcere che, in poco più di un decennio, sono state 2230: si tratta di decessi avvenuti per cause naturali o suicidio, ma dall'inchiesta emergono anche casi di morte dovuta a malasanità in carcere e pestaggio;
   nelle settimane passate la stampa italiana si era soffermata, inoltre, sul caso della cosiddetta cella zero del carcere di Napoli Poggioreale, dove, secondo le testimonianze, vengono perpetrate violenze e vere e proprie azioni di pestaggio contro i detenuti, episodi tra l'altro denunciati anche dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Campania, Adriana Tocco, sui quali la magistratura ha deciso di aprire un'inchiesta;
   un'istituzione fondamentale come quella che amministra le carceri della Repubblica e una Forza di polizia democratica, come il Corpo di polizia penitenziaria, a cui sono affidate la vita e l'integrità fisica delle persone in esecuzione di pena o sottoposte a custodia cautelare, non possono essere esposte ai gravissimi sospetti di abusi, con ipotesi di violenze intollerabili e perfino ombre che riportano a responsabilità sconcertanti –:
   se sia a conoscenza dei fatti emersi dalla video-inchiesta de Il Corriere della Sera e quali indagini amministrative siano state avviate in quegli istituti penitenziari, dove accadrebbero violenze verso le persone recluse, e quali risultanze siano a sua disposizione, nonché quali azioni intenda mettere in atto al fine di prevenire abusi nelle carceri, rendere gli istituti di pena più trasparenti e garantire il rispetto dei più elementari diritti umani dei detenuti.
(2-00407) «Morani, Lodolini, Vazio, Malpezzi, Richetti, Manfredi, Leva, Bruno Bossio, Lauricella, D'Attorre, Peluffo, Patriarca, Miccoli, Greco, Ginoble, Guerra, Verini, Rampi, Ferranti, Rocchi, Faraone, Marco Di Maio, Genovese, Gullo, Rostan, Rotta, Sanga, Gadda, Coccia, Carrescia, Carnevali, Cardinale, Campana, Marzano».