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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 4 marzo 2014

TESTO AGGIORNATO AL 13 MARZO 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 febbraio 2014.

  Aiello, Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brunetta, Caparini, Casero, Centemero, Cicchitto, Cirielli, D'Incà, D'Uva, Dambruoso, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Legnini, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Madia, Mannino, Mattiello, Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Nuti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Ricciatti, Andrea Romano, Sani, Santerini, Sarti, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Vecchio, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Aiello, Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brunetta, Caparini, Casero, Centemero, Cicchitto, Cirielli, D'Incà, D'Uva, Dambruoso, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Madia, Mannino, Mattiello, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Nuti, Orlando, Pes, Pannarale, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Ricciatti, Andrea Romano, Sani, Santerini, Sarti, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Vecchio, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 febbraio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CHIARELLI: «Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, e altre disposizioni concernenti l'ordinamento e la competenza del giudice di pace» (2146);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE QUARANTA ed altri: «Introduzione dell'articolo 34-bis, in materia di trasporto pubblico, e modifiche all'articolo 117 della Costituzione, concernenti l'attribuzione allo Stato della competenza legislativa in materia di disciplina del trasporto pubblico e di grandi infrastrutture di trasporto» (2147);
   GAGNARLI ed altri: «Divieto di allevamento, cattura e uccisione di animali per la produzione di pellicce» (2148).

  In data 28 febbraio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   FERRANTI ed altri: «Modifiche al codice penale, in materia di prescrizione del reato, e delega al Governo per la revisione della disciplina dell'equa riparazione dovuta in caso di violazione del termine ragionevole del processo» (2150);
   IORI ed altri: «Norme sull'ordinamento penitenziario minorile e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà nei confronti dei minorenni, nonché modifiche al codice penale in materia di pene e di sanzioni sostitutive per i soggetti che hanno commesso reati nella minore età» (2151).

  In data 3 marzo 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CASTIELLO: «Modifica all'articolo 36 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, concernente l'istituzione dell'area marina protetta di Capo Palinuro e dei sistemi dunali del litorale cilentano» (2152);
   CAPARINI: «Disposizioni in materia di disciplina dell'esercizio della prostituzione» (2153).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 28 febbraio 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   S. 1248. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n. 2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione» (approvato dal Senato) (2149).

  Sarà stampato e distribuito.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

  In data 27 febbraio 2014 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:
   FIANO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione, sul rispetto dei livelli minimi in materia di diritti fondamentali e sulla complessiva efficacia di tali strutture per lo svolgimento delle procedure di identificazione ed espulsione degli stranieri presenti illegalmente nel territorio nazionale» (Doc. XXII, n. 21).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  ROSTELLATO ed altri: «Modifiche al codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in materia di pubblicità delle riprese audio e video delle sedute dei consigli provinciali e comunali» (1733) Parere delle Commissioni II, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  BENI ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione» (1803) Parere delle Commissioni V, VII e XII;
  CATANOSO GENOESE: «Disposizioni concernenti la copertura di posti vacanti nel ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato» (1830) Parere della V Commissione;
  SANTERINI ed altri: «Istituzione della Giornata in memoria dei Giusti dell'umanità» (2019) Parere delle Commissioni V, VII e XIV;
  CASTIELLO ed altri: «Istituzione dell'Albo nazionale al merito dei donatori di sangue» (2053) Parere delle Commissioni II, V, XI e XII.

   II Commissione (Giustizia):
  FAENZI ed altri: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari» (1067) Parere delle Commissioni I, X e XIII;
  MIGLIORE ed altri: «Modifiche al codice di procedura penale, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché delega al Governo, per la riduzione del sovraffollamento e la garanzia della legalità negli istituti di pena» (1800) Parere delle Commissioni I, V, VI, X e XII;
  GRECO: «Istituzione del tribunale dei Nebrodi o della Montagna con sede in Nicosia» (1804) Parere delle Commissioni I e V;
  CIVATI ed altri: «Modifica all'articolo 165 del codice penale, in materia di obblighi del condannato per la concessione della sospensione condizionale della pena nei casi di condanna per delitti contro la pubblica amministrazione» (1871) Parere delle Commissioni I e V.

   VI Commissione (Finanze):
  CAUSI e MISIANI: «Modifica all'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario» (1752) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII e XIV;
  DORINA BIANCHI: «Agevolazioni fiscali a sostegno del patrimonio rurale forestale» (1775) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII e XIII.

   VII Commissione (Cultura):
  DORINA BIANCHI: «Norme a garanzia della trasparenza degli assetti societari delle imprese editrici di quotidiani e periodici e per l'istituzione del Garante del lettore» (1776) Parere delle Commissioni I, II, V, VI e XI;
  NASTRI: «Norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, architettonico e ambientale del comune di Borgomanero» (1822) Parere delle Commissioni I, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  GRIMOLDI ed altri: «Aumento del contributo dello Stato in favore della Biblioteca italiana per ciechi ’Regina Margherita’ di Monza» (1827) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   VIII Commissione (Ambiente):
  BUSTO ed altri: «Norme per la realizzazione di una rete di itinerari per la mobilita dolce e per la riconversione delle linee ferroviarie dismesse» (1747) Parere delle Commissioni I, V, VII, IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  PILI: «Misure urgenti per la ricostruzione delle aree della regione Sardegna colpite dall'alluvione del 18 novembre 2013» (1828) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CIVATI ed altri: «Disposizioni concernenti la raccolta e il riciclo dei rifiuti, la tariffa per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani e la riorganizzazione del sistema di smaltimento» (1872) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA: «Modifica al comma 2 dell'articolo 9 della legge 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati)» (1940) Parere delle Commissioni I, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  ROSTELLATO ed altri: «Disposizioni per la tutela dei lavoratori da molestie morali e violenze psicologiche» (1709) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CIRIELLI: «Modifica all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di accesso flessibile alla pensione di vecchiaia per la perequazione del trattamento delle lavoratrici dei settori pubblico e privato» (1879) Parere delle Commissioni I e V.

   XII Commissione (Affari sociali):
  DORINA BIANCHI: «Disposizioni per la rimozione delle barriere della comunicazione, per il riconoscimento della lingua dei segni italiana e della lingua dei segni italiana tattile e per la promozione dell'inclusione sociale delle persone sorde e sordo-cieche» (1756) Parere delle Commissioni I, II, III, V, VII, VIII, IX, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  PISICCHIO: «Disposizioni per il riconoscimento dell'endometriosi come malattia sociale e istituzione dell'Osservatorio nazionale sull'endometriosi» (1760) Parere delle Commissioni I, V, VIII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  GIGLI ed altri: «Disposizioni per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del sonno» (1781) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  ZACCAGNINI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'impiego dei pesticidi in agricoltura e sui danni prodotti dagli stessi alla salute umana e all'ambiente» (1731) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII e XII.

   Commissioni riunite VII (Cultura) e VIII (Ambiente):
  CASTIELLO ed altri: «Misure per la fruizione turistica e ricreativa dei beni culturali e ambientali dei comuni costieri ricadenti nelle aree naturali protette, nei siti di importanza comunitaria e nelle zone di protezione speciale» (2052) Parere delle Commissioni I, V, VI, X, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura):
  FAENZI ed altri: «Modifica all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di deroga al patto di stabilità interno in favore degli enti locali per la realizzazione di piani per la messa in sicurezza del territorio contro i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico, nonché disposizioni per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo di suolo» (1176) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali):
  ZAPPULLA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro» (1258) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.
  CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA: «Integrazione alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)» (1939) Parere delle Commissioni I e V.

   Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura):
  DORINA BIANCHI: «Disposizioni per la tutela dei prodotti agroalimentari tipici, biologici e a denominazione protetta» (1777) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Cancellazione dall'ordine del giorno di un disegno di legge di conversione.

  In data 28 febbraio 2014 il seguente disegno di legge è stato cancellato dall'ordine del giorno, essendo decorsi i termini di conversione del relativo decreto-legge, di cui all'articolo 77 della Costituzione: S. 1215. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151, recante disposizioni di carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti ed opere pubbliche nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali» (approvato dal Senato) (2121).

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  FIANO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione, sul rispetto dei livelli minimi in materia di diritti fondamentali e sulla complessiva efficacia di tali strutture per lo svolgimento delle procedure di identificazione ed espulsione degli stranieri presenti illegalmente nel territorio nazionale» (Doc. XXII, n. 21) – Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 27 febbraio 2014, ha comunicato che la 6a Commissione (Finanze) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (COM(2013) 462 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 53), che è trasmessa alla VI Commissione (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio della pendenza di un procedimento penale ai fini di una deliberazione in materia d'insindacabilità.

  In data 4 febbraio 2014 – ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 dal tribunale di Ascoli Piceno è pervenuta, unitamente alla comunicazione che il procedimento è stato sospeso, copia degli atti relativi ad un procedimento penale (il n. 3119/13 RGNR-3091/13 MOD. 20) nei confronti di Amedeo Ciccanti, deputato all'epoca dei fatti, affinché la Camera deliberi se i fatti per i quali si procede concernano o meno opinioni espresse o voti dati da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

  Tali atti sono stati assegnati alla competente Giunta per le autorizzazioni. Copia dell'ordinanza di trasmissione da parte del tribunale di Ascoli Piceno sarà stampata e distribuita (doc. IV-ter, n. 14).

Annunzio della pendenza di un procedimento civile ai fini di una deliberazione in materia d'insindacabilità.

  In data 28 febbraio 2014 – ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 – dal tribunale di Bari è pervenuta, unitamente alla comunicazione che il procedimento è stato sospeso, copia degli atti relativi ad un procedimento civile (atto di citazione della signora Letizia La Selva) nei confronti del deputato Gerolamo Grassi, affinché la Camera deliberi se i fatti per i quali si procede concernano o meno opinioni espresse o voti dati da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

  Tali atti sono stati assegnati alla competente Giunta per le autorizzazioni. Copia dell'ordinanza di trasmissione da parte del tribunale di Bari sarà stampata e distribuita (Doc. IV-ter, n. 15).

Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 3 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e dell'articolo 6, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 novembre 2010, il bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri per l'anno 2014 e per il triennio 2014-2016, approvati in data 20 dicembre 2013.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
   con lettera in data 30 gennaio 2014, Sentenza n. 13 del 28-30 gennaio 2014 (Doc. VII, n. 218), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Campania 1o luglio 2011, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia di impianti eolici): alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
   con lettera in data 31 gennaio 2014, Sentenza n. 17 del 28-31 gennaio 2014 (Doc. VII, n. 219), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 5, 6 e 7, della legge della regione Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71 (Misure per il contenimento dei costi della selezione del personale nella regione Abruzzo, modifica alla legge regionale n. 91/94 e disposizioni per il funzionamento della struttura del Servizio di Cooperazione Territoriale – IPA); dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge regionale Abruzzo n. 71 del 2012, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri: alla I Commissione (Affari costituzionali);
   con lettera in data 11 febbraio 2014, Sentenza n. 19 del 10-11 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 221), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 5, comma 9, 7, comma 1, e 12 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 17 gennaio 2011, n. 1 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni); dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 15, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 1 del 2011: alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
   con lettera in data 25 febbraio 2014, Sentenza n. 27 del 24-25 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 226), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 1, della legge della regione Molise 17 gennaio 2013, n. 4 (Legge finanziaria regionale 2013); dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 34, comma 1, della legge della regione Molise n. 4 del 2013 nella parte in cui non esclude gli incarichi di funzione dirigenziale di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421): alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali);
   con lettera in data 25 febbraio 2014, Sentenza n. 32 del 24-25 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 230), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49: alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
   Sentenza n. 18 del 28-31 gennaio 2014 (Doc. VII, n. 220), con la quale: dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 44, comma 4, dell'Allegato 1, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all'articolo 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – sezione distaccata di Lecce: alla II Commissione (Giustizia);
   Sentenza n. 22 del 10-11 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 222), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, promossa, in riferimento agli artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 della Costituzione, dalla regione Campania; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 1, lettera a), promossa in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 118, secondo comma, della Costituzione, dalla regione Puglia;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 1, lettere da a) a d), del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, della Costituzione, dalla regione Lazio;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 1, lettere da b) a d), del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, dalla regione Campania;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 1, lettere d) ed e), del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), e quarto comma, 118 e 123, primo e quarto comma, della Costituzione, dalla regione Puglia;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 1, lettere da b) ad e), e 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19, commi 3 e 4, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117, e 118 della Costituzione, dalle regioni Lazio, Veneto e Campania;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, e 119, primo, secondo e sesto comma della Costituzione, dalla regione Puglia;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 19 del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento all'articolo 3, primo comma, lettera b), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) ed all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, dalla regione autonoma Sardegna: alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Sentenza n. 23 del 10-13 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 223), con la quale:
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 4, del medesimo decreto-legge n. 174 del 2012, promosse, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all'articolo 116 della Costituzione ed agli artt. 12, 13, comma 2, 19, 41, 48, 49, 54, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia), e dalla regione autonoma Sardegna, in riferimento agli artt. 3, 116, 117, 119 e 126 della Costituzione, e agli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 26, 35, 50 e 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 Statuto speciale per la Sardegna;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 174 del 2012, nella parte relativa alle spettanze finanziarie previste dagli statuti speciali, promosse, in riferimento agli artt. 48, 49, 54 e 63, quinto comma, della legge costituzionale n. 1 del 1963, anche in relazione agli artt. 1, comma 152, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2011), e 27, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, e, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 3, 4, 5, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), l), m) ed n), e 2, del decreto-legge n. 174 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna, e, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 2 e 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, promosse, in riferimento all'articolo 116 della Costituzione e agli artt. 12, 13, comma 2, 19, 41, 48, 49, 54, 63 e 65 della legge costituzionale n. 1 del 1963, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché in riferimento agli artt. 3, 4, 5, 7, 8, 15, 16 e 26, primo comma, lettera b), della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 174 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 126 della Costituzione, nonché agli artt. 15, 35 e 50 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 174 del 2012, nella parte relativa ai trasferimenti erariali diversi dalle spettanze finanziarie previste dagli statuti speciali, promosse, in riferimento agli artt. 48, 49, 54 e 63, quinto comma, della legge costituzionale n. 1 del 1963, anche in relazione agli artt. 1, comma 152, della legge n. 220 del 2010, e 27, comma 7, della legge n. 42 del 2009, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, e, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 3, 4, 5, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 2, 3 e 5, del decreto-legge n. 174 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 3, 4, 5, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto-legge n. 174 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma Sardegna, e, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia: alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Sentenza n. 24 del 10-13 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 224), con la quale:
    dichiara che non spettava alla Corte di cassazione annullare – con la sentenza n. 46340/12 del 19 settembre 2012 - il proscioglimento degli imputati Pollari Nicolò, Ciorra Giuseppe, Di Troia Raffaele, Di Gregori Luciano e Mancini Marco, nonché le ordinanze emesse il 22 ed il 26 ottobre 2010, con le quali la Corte d'appello di Milano aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso delle indagini preliminari, sul presupposto che il segreto di Stato apposto in relazione alla vicenda del sequestro Abu Omar concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio italiano e la CIA, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche al fatto storico del sequestro in questione;
    che non spettava alla Corte d'appello di Milano, quale giudice del rinvio, ammettere – con l'ordinanza del 28 gennaio 2013 – la produzione, da parte della Procura generale della Repubblica presso la medesima Corte, dei verbali relativi agli interrogatori resi nel corso delle indagini da Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori e atti dei quali era stata disposta la restituzione al Procuratore generale da parte della stessa Corte d'appello con le ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010, poi annullate dalla Corte di cassazione con la sentenza innanzi indicata;
    che non spettava alla Corte d'appello di Milano – in riferimento alla ordinanza pronunciata il 4 febbraio 2013 – omettere l'interpello del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori nel corso della udienza dello stesso 4 febbraio 2013, invitando il Procuratore generale a concludere e a svolgere la sua requisitoria con l'utilizzo di fonti di prova coperte da segreto di Stato;
    che non spettava alla Corte d'appello di Milano – in relazione alla sentenza n. 985 del 12 febbraio 2013 – affermare la penale responsabilità degli imputati Pollari Nicolò, Di Troia Raffaele, Ciorra Giuseppe, Mancini Marco e Di Gregori Luciano, in ordine al fatto-reato costituito dal sequestro di Abu Omar, sul presupposto che il segreto di Stato apposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alla relativa vicenda, concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio italiano e la CIA, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche quelli che attengono comunque al fatto storico del sequestro in questione;
    che non spettava alla Corte d'appello di Milano emettere la sentenza innanzi indicata sulla base dell'utilizzazione dei verbali relativi agli interrogatori resi dagli imputati nel corso delle indagini preliminari – di cui era stata disposta la restituzione al Procuratore generale da parte della stessa Corte d'appello con le ricordate ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010 – senza che si fosse dato corso all'interpello del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli anzidetti imputati nel corso della udienza del 4 febbraio 2013, essendosi invitato il Procuratore generale a concludere, in modo tale da consentirgli di svolgere la sua requisitoria utilizzando fonti di prova coperte dal segreto di Stato;
    che spettava alla Corte d'appello di Milano non sospendere il procedimento penale a carico degli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori in pendenza del giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
    annulla, nelle corrispondenti parti, la sentenza della Corte di cassazione e quella della Corte d'appello di Milano, innanzi indicate, nonché le ordinanze anzidette, anch'esse nelle rispettive parti: alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Sentenza n. 26 del 10-13 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 225), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi da 1 ad 8, e 2, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, promossa – in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 119, quarto comma, della Costituzione, nonché agli artt. 49 e 63 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia) ed al principio di leale collaborazione – dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia: alla VI Commissione (Finanze);
   Sentenza n. 28 del 24-25 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 227), con la quale:
    dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 37, commi 4, 5, 6, 7 e 8, del decreto-legge n. 83 del 2012, promosse, in riferimento ai principi di leale collaborazione e dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive), dalle Province autonome di Bolzano e di Trento;
    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 37, commi 4, 5, 6, 7 e 8, del decreto-legge n. 83 del 2012, promossa, in riferimento ai principi di ragionevolezza e di certezza del diritto, dalla Provincia autonoma di Trento;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 37, commi 4, 5, 6, 7 e 8, del decreto-legge n. 83 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 116, primo e secondo comma, 117, terzo comma, della Costituzione – in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – agli artt. 8, numeri 3), 5), 6), 13), 15), 17), 21) e 24), 9, numeri 9) e 10), 12, 13, 14, 16, 104 e 107 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), al decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della regione), al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale), e agli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), dalle Province autonome di Bolzano e di Trento;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 37, commi 4, 5, 6, 7 e 8, del decreto-legge n. 83 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, agli artt. 8, numero 18), 79, 80, 81 e 103, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) e al decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), dalla Provincia autonoma di Trento: alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
   Sentenza n. 29 del 24-25 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 228), con la quale:
    dichiara che non spettava al Senato della Repubblica deliberare, ai fini dell'esercizio della prerogativa di cui all'articolo 96 della Costituzione, il carattere ministeriale delle ipotesi di reato contestate al senatore Roberto Castelli, all'epoca dei fatti Ministro della giustizia, per le frasi da questi pronunciate nel corso della trasmissione televisiva «Telecamere», andata in onda il 21 marzo 2004, nei confronti dell'onorevole Oliviero Diliberto e oggetto del procedimento penale in relazione al quale pende ricorso per cassazione nonché deliberare la sussistenza, in ordine alle medesime ipotesi di reato, della finalità di cui all'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all'articolo 96 della Costituzione), sul presupposto che egli abbia agito per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo: alla II Commissione (Giustizia);
   Sentenza n. 30 del 24-25 febbraio 2014 (Doc. VII, n. 229), con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 55, comma 1, lettera d), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte d'appello di Bari, prima sezione civile: alla II Commissione (Giustizia);

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 25 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), per gli esercizi dal 2007 al 2011. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 116).

  Questi documenti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 25 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria degli Enti parco nazionali dei Monti Sibillini, delle Dolomiti bellunesi, delle Foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna, del Pollino e della Val Grande, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 117).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

  Il Presidente della Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali della Corte dei conti, con lettera in data 25 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la deliberazione n. 1/2014 del 13 gennaio 2014, con la quale la Sezione stessa ha approvato il programma delle attività di controllo per l'anno 2014.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera del 25 febbraio 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno Zolezzi ed altri n. 9/1139-A/10, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea dell'11 luglio 2013, concernente l'opportunità di istituire un registro malformazioni congenite per il territorio della regione Puglia.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 3 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, la relazione sui programmi di protezione, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione per coloro che collaborano con la giustizia, riferita al secondo semestre 2013 (Doc. XCI, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Nel mese di febbraio 2014 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.
  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 28 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di decisione del Consiglio relativa all'approvazione, a nome dell'Unione europea, della convenzione dell'Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro (COM(2014) 46 final).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 3 marzo 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n, 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 60/2013 dell'8 agosto 2013, concernente «Attuazione dell'articolo 18, comma 3, del decreto-legge n. 69/2013: riqualificazione con caratteristiche autostradali della S.P. 46 Rho-Monza – lotto 2: «Variante di attraversamento ferroviario in sotterraneo della linea Milano-Saronno» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 74/2013 dell'8 novembre 2013, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001) – Linea ferroviaria Bari-Taranto; raddoppio della tratta Bari-S.Andrea-Bitetto – Proroga della dichiarazione di pubblica utilità. Annullamento delibera 2 agosto 2013 n. 54» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 e 28 febbraio e 3 marzo 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
  Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e all'applicazione provvisoria, di un accordo sulla partecipazione della Repubblica di Croazia allo Spazio economico europeo e del relativo protocollo, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2014) 90 final) e relativi allegati I, II, III e IV (COM(2014) 90 final – Annex 1, Annex 2, Annex 3 e Annex 4), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
  Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, di un accordo sulla partecipazione della Repubblica di Croazia allo Spazio economico europeo e del relativo protocollo, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2014) 91 final) e relativi allegati I, II e III (COM(2014) 91 final – Annex 1, Annex 2 e Annex 3), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
  Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e all'applicazione provvisoria di un protocollo aggiuntivo dell'accordo tra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2014) 92 final) e relativo allegato (COM(2014) 92 final – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
  Raccomandazione di decisione del Consiglio che approva la conclusione da parte della Commissione europea, a nome della Comunità europea dell'energia atomica, del protocollo dell'accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2014) 100 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
  Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, del protocollo dell'accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2014) 101 final) e relativo allegato (COM(2014) 101 final – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
  Proposta di regolamento di esecuzione del Consiglio che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 875/2013 del Consiglio che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati prodotti di granturco dolce in granella preparato o conservato originari della Thailandia in seguito a un riesame intermedio a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (COM(2014) 108 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
  Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione annuale sull'attuazione dell'accordo di libero scambio UE-Corea (COM(2014) 109 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
  Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, in seno al comitato misto istituito dalla convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee per quanto riguarda la domanda della Repubblica di Moldova di diventare parte contraente della convenzione(COM(2014) 110 final) e relativo allegato (COM(2014) 110 final – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro finale di valutazione della semplificazione per il QFP 2014-2020 (COM(2014) 114 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
  Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio recante modifica della decisione di esecuzione 2013/463/UE che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per Cipro (COM(2014) 118 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
  Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Risposte degli Stati membri alla relazione annuale 2012 della Corte dei conti (COM(2014) 120 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
  Proposta congiunta della Commissione europea e della Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l'embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (JOIN (2014) 7 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 27 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 26 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Bée (Verbano-Cusio-Ossola), Ceprano (Frosinone), Cigognola (Pavia), Cissone (Cuneo), Cumiana (Torino), Fontanigorda (Genova), Gudo Visconti (Milano), Isola del Liri (Frosinone), Macchiagodena (Isernia), Mattinata (Foggia), Mercogliano (Avellino), Mesenzana (Varese), Montesilvano (Pescara), Montieri (Grosseto), Murialdo (Savona), Pandino (Cremona), Paternopoli (Avellino); Pioltello (Milano), Pompei (Napoli), San Severo (Foggia), Silvi (Teramo), Somma Vesuviana (Napoli), Termoli (Campobasso) e Torre del Greco (Napoli).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 28 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 della legge 6 agosto 2013, n. 96, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria delle violazioni delle disposizioni del regolamento (UE) n. 181/2011, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004, relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus (83).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 13 aprile 2014. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 24 marzo 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 17 febbraio 2014, a pagina 4, prima colonna, trentaduesima riga, dopo la parola: «V,» si intende inserita la seguente: «XI,».

RELAZIONE DELLA II COMMISSIONE (GIUSTIZIA) SULLE TEMATICHE OGGETTO DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA TRASMESSO ALLE CAMERE IL 7 OTTOBRE 2013 (DOC. XVI, N. 1)

Risoluzioni

   La Camera,
   udita la Relazione della II Commissione sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013, l'approva.
(6-00049) «Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Di Lello».


   La Camera,
   premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini come inaffidabile e incapace di contribuire al progresso civile; l'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituisce tra l'altro un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese;
    il sistema giudiziario dell'Italia ha bisogno di interventi idonei a ridurre la durata dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei princìpi costituzionalmente sanciti, e per garantire la effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese;
    le proposte di referendum abrogativi sulla giustizia avanzate nei mesi scorsi sono state bocciate sul piano della regolarità formale, ma è evidente che sul piano sostanziale tantissimi italiani hanno chiaramente espresso la volontà di riformare il sistema di governo della magistratura. La politica ha quindi il dovere di dare ascolto a queste istanze e proporre soluzioni;
    le ultime comunicazioni dello scorso gennaio del Ministro sull'amministrazione della giustizia in Italia non hanno mostrato alcuna soluzione idonea a risolvere i gravi problemi della giustizia italiana né hanno indicato la corretta copertura finanziaria dei pochi interventi annunciati;
    il sistema penitenziario italiano, programmaticamente delineato nell'articolo 27 della Costituzione, oltre a rappresentare un presidio di sicurezza per la società, deve ancor prima garantire percorsi di risocializzazione in contesti di umanità, nel rispetto dei valori di prevalenza e di inviolabilità riferibili alla persona umana;
    l'attuale condizione di affollamento delle carceri italiane – e di conseguente inevitabile negazione dei diritti individuali dei ristretti – ha assunto dimensioni senza eguali nella storia della nostra Repubblica;
    la presenza di detenuti, rilevata al 14 ottobre 2013, è di 64.564 unità a fronte di capienza regolamentare di 47.599 posti. Quest'ultimo dato, come ha sottolineato il Ministro della giustizia, «subisce una flessione abbastanza rilevante per effetto del mancato utilizzo di spazi (quantificabile in circa 4.500 posti regolamentari) dipendente in massima parte dalle necessità di interventi di manutenzione o di ristrutturazione edilizia»;
    dei 64.564, i detenuti condannati definitivamente sono 38.625. I detenuti in custodia cautelare sono 24.744. A queste due categorie vanno aggiunti 1.195 internati. Per quanto riguarda i detenuti in custodia cautelare è possibile individuare una ulteriore distinzione con riferimento al grado di giudizio; 12.348 sono i detenuti ancora in attesa del primo grado di giudizio; 6.355 sono stati condannati in primo grado e sono in attesa della decisione di appello; 4.387 sono condannati in uno od entrambi i gradi di giudizio di merito e sono in attesa della decisione della Cassazione;
    in particolare nel corso della presente legislatura, la questione giustizia è stata relegata ad una serie di piccoli interventi dagli orizzonti limitati: lo stesso decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 146, recante «Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria», convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10), ha introdotto una serie di misure assolutamente inadeguate per far fronte al sovraffollamento delle carceri;
    lo scorso ottobre il Presidente della Repubblica è intervenuto con un proprio messaggio alle Camere, specifico sulla gravità della questione carceraria: tra le misure necessarie citate dal Presidente Napolitano, spiccavano la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, e l'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari; la Commissione Giustizia della Camera ha approvato, lo scorso 28 novembre, una relazione in merito alle tematiche sollevate dal Presidente della Repubblica, e la Conferenza dei Capi gruppo ha deciso recentemente, su forte pressione del gruppo Forza Italia, di calendarizzare il dibattito in Aula;
    Il Presidente Napolitano era intervenuto sul tema giustizia anche attraverso l'istituzione (nel marzo scorso) del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali, la cui relazione finale (punto 5) rappresenta un ottimo punto di partenza per la riforma della giustizia in Italia. La relazione ha affrontato temi fondamentali, fornendo indicazioni in merito al rispetto effettivo dei tempi ragionevoli di durata dei processi; alla revisione del regime e dei termini della prescrizione dei reati; al contenimento della durata della fase delle indagini preliminari; alle norme in materia di intercettazioni; al giudizio disciplinare dell'ordinamento della magistratura;
    l'attuale situazione di profonda devastante illegalità in cui versano il nostro sistema giudiziario e penitenziario non può essere affrontata con misure tanto effimere quanto intempestive sul fronte della depenalizzazione dei reati minori o del parziale rafforzamento delle misure alternative; è necessario riflettere, sulla scia di quanto proposto dal Presidente della Repubblica, sulla possibilità di prevedere rimedi straordinari, quali l'amnistia e l'indulto, i quali potrebbero avere il pregio di riattivare immediatamente i meccanismi giudiziari ormai prossimi al collasso, evitando una dissennata lotta contro la prescrizione incombente, consentendo così al nostro Stato di rientrare nella legalità e di ricondurre il sistema carcerario a forme più umane, il che faciliterebbe l'avvio di quelle riforme strutturali e funzionali della giustizia capaci di impedire il rapido ritorno alla situazione attuale;
    l'amnistia e l'indulto, quindi, potrebbero non soltanto rappresentare una risposta d'eccezione ed umanitaria al dramma della condizione carceraria, ma anche costituire la premessa indispensabile per l'avvio e l'approvazione di riforme strutturali relative al sistema delle pene, alla loro esecuzione e più in generale all'amministrazione della giustizia. Inoltre la loro approvazione potrebbe essere necessaria per ricondurre entro numeri sostenibili il carico dei procedimenti penali nonché per sgravare il carico umano che soffre in tutte le sue componenti (detenuti, personale civile, amministrativo e di custodia) la condizione disastrosa delle prigioni, perché nessuna giustizia e nessuna certezza della pena possono essere assicurate se uno Stato per primo non rispetta la propria legalità ed è impossibilitato a garantire la certezza del diritto,

impegna il Governo:

   a dare attuazione ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà attraverso:
    a) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione. Nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema e devono essere oltremodo assicurate – ferme restando le esigenze di tutela della collettività – l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile, per il quale va implementato il ricorso all'informatica, deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati;
    b) la predisposizione di riforme costituzionali che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo, con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale, alla riforma del CSM che favorisca un'azione della magistratura svolta nell'esclusivo rispetto della legge;
    c) la tutela del precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e immuni da influenze di carattere correntizio e politico; così come la politica, sia del Governo che del Parlamento, non può ingerirsi nell'attività dei giudici, altrettanto deve fare la politica oggettivamente presente nella magistratura attraverso le sue correnti;
    d) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai frequenti protagonismi dei singoli nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale e non già della loro appartenenza ad una corrente; occorre predisporre, in linea con quanto richiestoci anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;
    f) una riforma delle disposizioni che riguardano le intercettazioni telefoniche e ambientali per porre fine a quello che rappresenta una grave violazione del diritto alla riservatezza. Le intercettazioni telefoniche devono limitarsi ai casi di reale e comprovata presenza di gravi indizi e riguardare esclusivamente gli indagati o soggetti effettivamente a questi collegati. Deve essere severamente punita la diffusione, prima ancora del rinvio a giudizio, delle intercettazioni telefoniche, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro estrapolate dal contesto generale. Occorre inasprire le pene per la divulgazione, ma vanno individuate le responsabilità di chi rilascia le informazioni dall'interno delle procure;
    g) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
    h) il contrasto – sulla scia delle iniziative già adottate dai Governi Berlusconi – ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali. Non deve essere poi abbandonata la strada già intrapresa in particolare nella scorsa legislatura sul versante dell'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, allo scopo di privare le associazioni mafiose di ogni possibile risorsa finanziaria;
    i) la promozione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati;

   ad attivarsi per la normalizzazione dell'emergenza carceraria, partendo dagli strumenti indicati nel messaggio del Presidente della Repubblica e in particolare:
    a) ad operare una riforma incisiva dell'istituto della custodia cautelare in carcere, per reprimere prassi giudiziarie inclini a forme di abuso nell'applicazione della custodia cautelare in carcere e, conseguentemente, dare una concreta ed effettiva risposta alla drammatica situazione in cui versano gli istituti penitenziari italiani; è necessario prevedere la presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere soltanto per i «reati di mafia» (in linea con quanto espressamente affermato dalla Corte costituzionale – sentenza n. 57 del 2013); per gli altri «reati di maggiore allarme sociale» potrebbe rimanere la regola attuale che subordina la custodia in carcere all'inadeguatezza delle altre misure cautelari; per tutti gli altri reati la custodia in carcere potrebbe essere disposta solo nei casi di «eccezionale rilevanza» prevedendo così che gli arresti domiciliari siano il regime ordinario di custodia cautelare;
    b) a valutare l'opportunità di prevedere rimedi straordinari, quali l'amnistia e l'indulto, come premessa indispensabile per l'avvio e l'approvazione di riforme strutturali relative al sistema delle pene, alla loro esecuzione e più in generale all'amministrazione della giustizia;
    c) a recuperare il mancato utilizzo di spazi (quantificabile in circa 4.500 posti regolamentari) dipendente in massima parte dalle necessità di interventi di manutenzione o di ristrutturazione edilizia e a prevedere, all'interno del piano carceri, la progettazione e la realizzazione di nuovi istituti penitenziari che tengano conto dell'effettiva pericolosità delle persone che vi verranno ascritte, dei tempi medi di detenzione, della corretta e completa allocazione dei servizi essenziali di accoglienza e di trattamento, contribuendo all'espiazione di una pena che non appaia contraria al senso di umanità;
    d) a monitorare attraverso la collaborazione delle regioni e del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria lo stato di attuazione del passaggio dell'erogazione dei servizi sanitari alle regioni, nonché l'attuale qualità del livello di assistenza sanitaria alla popolazione detenuta, effettuando ogni possibile intervento teso a migliorare l'efficienza del servizio sanitario in ambito penitenziario;
    e) ad intervenire con apposite iniziative e progetti, da effettuarsi attraverso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sul tema della prevenzione dei suicidi in ambiente penitenziario, rafforzando i presidi nuovi giunti e quelli del trattamento attraverso l'impiego qualificato di gruppi di ascolto formati da psicologi ed operatori penitenziari;
    f) ad intensificare, attraverso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, le politiche di promozione dei rapporti familiari per la popolazione detenuta, attraverso la predisposizione di progetti che puntino al miglioramento della quantità e qualità delle occasioni di incontro, coinvolgendo i nuclei familiari nelle dinamiche del trattamento penitenziario e nelle politiche di socializzazione;
    g) a prevedere il reclutamento straordinario di un adeguato contingente di polizia penitenziaria e del personale amministrativo mancante, nonché promuovere iniziative per l'incremento degli organici degli psicologi;
    h) a rilanciare il lavoro penitenziario attraverso appositi strumenti legislativi volti a promuoverne lo sviluppo e disciplinarne i contenuti e stimolare le necessarie iniziative volte a dare sviluppo alle esperienze più significative;
    i) a rilanciare l'attuazione delle misure alternative, e prevedere nuove forme di probation, utilizzando la detenzione domiciliare in probation per le pene detentive brevi, prendendo spunto da esperienze di altri Paesi europei;
    j) ad adottare iniziative in sede di Unione europea per la realizzazione di interventi normativi che prevedano il trasferimento dei detenuti nei Paesi di origine per l'esecuzione delle pene, e la destinazione di risorse alla questione penitenziaria, che risulta connessa all'ingente presenza di detenuti stranieri;
    k) a migliorare le condizioni di vita dei ristretti, e a dare concreta attuazione ai principi costituzionali in materia di esecuzione della pena, sotto il profilo sia dell'umanizzazione, che della finalità rieducativa della stessa;
    l) ad estendere la concreta applicazione del vigente principio di territorialità della pena, in modo da consentire ai detenuti – non connotati da un elevato grado di pericolosità – di conservare il patrimonio affettivo ed i legami familiari;
    m) a favorire una migliore applicazione dei criteri di distinzione tra i detenuti, al fine di diversificare le offerte trattamentali approntate dall'amministrazione penitenziaria, in base all'effettiva pericolosità dei ristretti ed ai tempi di detenzione;
    n) a realizzare nuovi e diversificati progetti socio-trattamentali per sviluppare le potenzialità lavorative e professionali dei detenuti e per incentivarne l'impiego in settori di interesse sociale, onde favorirne il reinserimento nella società civile a pena espiata;
    o) ad assicurare la concreta attuazione del principio di effettività della pena anche attraverso lo sviluppo in ambito carcerario di più efficaci e moderni sistemi di controllo dei detenuti, anche al fine di agevolare il lavoro della polizia penitenziaria;
    p) a realizzare luoghi di lavoro più consoni alla dignità dei dipendenti impegnati nell'esercizio delle diverse attività professionali all'interno degli istituti penitenziari;
    q) ad incrementare la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne meno gravosa l'attività lavorativa.
(6-00050) «Brunetta, Chiarelli, D'Alessandro, Marotta, Parisi, Sarro».


   La Camera,
   premesso che:
    in questi dieci mesi di attività la Commissione Giustizia è stata «monopolizzata» dal tema del sovraffollamento delle carceri e da ben tre settimane l'attività è rivolta alla discussione delle tematiche poste dal messaggio del Presidente della Repubblica sulla questione carceraria, inviato alle Camere il 7 ottobre 2013 dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87, secondo comma, della Costituzione, con ciò impedendo l'esame di ulteriori e urgenti provvedimenti pendenti presso la Commissione, che attendono ormai da diverso tempo una valutazione e analisi;
    il problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani è stato in passato risolto con amnistie e indulti e altri provvedimenti «tampone», ma tali strumenti si sono rivelati del tutto inidonei, anzi dannosi, a risolvere il problema, tanto che le carceri sono tornate in breve tempo stracolme come prima, creando però nel frattempo più problemi alla sicurezza dei cittadini;
    dal 1942 a oggi sono stati varati tra indulti e amnistie 25 provvedimenti (uno ogni 2,8 anni) e l'ultimo indulto ufficiale in ordine di tempo, che risale al Governo Prodi nel 2006 (legge n. 241 del 2006), ha avuto effetti devastanti: dopo solo sei mesi dal provvedimento di clemenza il tasso di crescita dei delitti è aumentato dal 2,5 per cento al 14,4 per cento mentre le carceri sono tornate in poco tempo affollate come prima;
    analogamente l'inefficacia di provvedimenti similari all'indulto, in genere di urgenza come misura deflativa del sovraffollamento carcerario e adottati dall'attuale Governo ma anche dal Governo «Monti», è dimostrato in prime cure proprio dalla loro ciclicità;
    in particolare il testo unificato A.C. 331 e 927 Ferranti/Costa «Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» (ora all'esame del Senato AS 925) e il disegno di legge «Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria» (A.C. 1921) seguono di solo un anno il decreto-legge 211 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 (cosiddetto decreto «svuota carceri»), che sostanzialmente ha previsto, da un lato, l'estensione a 18 mesi della soglia di pena detentiva, anche residua, per l'accesso al beneficio dell'esecuzione della pena presso il domicilio, (oltre 12.000 i condannati effettivamente scarcerati o meglio ammessi alla detenzione domiciliare) e dall'altro lato, la rinuncia, in attesa del giudizio per direttissima, all'applicazione della custodia cautelare in carcere per una serie di reati di grave allarme sociale (ad esempio furto, furto con violenza o con destrezza, come quello commesso su mezzi pubblici di trasporto, o nei confronti di chi si stia, o si sia appena recato presso sportelli automatici di prelievo di danaro o in banca) sostituita dalla detenzione presso il proprio domicilio;
    analogamente la proposta di legge Ferranti/Costa non avrà alcun effetto permanente sulla riduzione del numero dei detenuti ristretti nelle carceri italiane, ma solo di rimettere in libertà delinquenti che si sono macchiati di reati di grave allarme sociale;
    dai dati forniti dal Ministero della Giustizia emerge che i detenuti oggi reclusi hanno commesso in media tre reati a testa, e che in principalità i detenuti hanno commesso, prendendo in considerazione, rispetto alla media detta, il reato più grave, la produzione e spaccio di sostanze stupefacenti 23.094 presenze (su un popolazione di 64.500 detenuti circa), per la rapina 9.473 presenze, per l'omicidio volontario 9.077 presenze, per l'estorsione 4.238 presenze, per il reato di furto 3.853 presenze (tenuto sempre conto che in media i reati ascrivibili ai detenuti sono tre), per il reato di violenza sessuale 2.755 presenze e per la ricettazione 2.732 presenze;
    l'elevata minaccia degli atti di clemenza (indulto, amnistia), e questo a conferma di quanto esposto, la si ricava proprio dalla relazione del Ministro della Giustizia, che in tema di «custodia cautelare»... evidenzia come «dall'esame della serie storica delle presenze a partire dal 1992 ... il numero dei soggetti detenuti in attesa di giudizio è rimasto sostanzialmente stabile, ad eccezione del picco che si è registrato negli anni immediatamente successivi all'indulto del 2006»;
    la soluzione al sovraffollamento carcerario, è, e rimane ancorata, secondo i dati che emergono dalla piena lettura della relazione del commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, al piano originario previsto nel 2010 (Ordinanza Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010, n. 3861) che stanziava 675 milioni di euro per la costruzione di 11 nuovi istituti penitenziari per un totale di 4.750 posti e l'ampliamento di 20 padiglioni di istituti esistenti per 4.400 posti, così per un totale complessivo di 9.150 posti;
    invece con lo stanziamento dei 227,8 milioni di euro, sottratti ai 675 milioni originari, si riuscirebbe, approssimativamente, a creare altri 5.800 posti (ogni posto in media costa circa 38.641 euro), e così per un totale di 17.373 posti che sommati agli attuali (47.599), consentirebbero di avere una capienza di posti pari a 64.972, posti superiori agli attuali detenuti che risultano essere (alla data del 14 ottobre 2013) pari a 64.564;
    nel computo dei posti detentivi appena evidenziati, benché in alcun modo presi in considerazione o comunque valutati dalla relazione del commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, potrebbero essere aggiunti, come invece risulta dall'VIII rapporto nazionale realizzato dall'osservatorio dell'associazione Antigone, ben 38 carceri (che potremmo definire fantasma) in tutta Italia, ossia istituti penitenziari che, negli ultimi venti anni e più, sono stati costruiti, a volte anche arredati e vigilati ma che rimangono inutilizzati, sottoutilizzati o in totale stato d'abbandono;
    tra questi vi è il carcere di Irsina (Matera), costato 3,5 miliardi di lire negli anni Ottanta ma in funzione soltanto per un anno e oggi un deposito del Comune, il carcere di San Valentino (Pescara) costruito da quasi vent'anni ma mai utilizzato e ora in stato di abbandono, il penitenziario di Codigoro (Ferrara) dal 2001 ancora chiuso, un altro penitenziario ad Accadia (Foggia) mai utilizzato, ed altri ancora;
    si potrebbero, altresì, «rimodulare» gli spazi e ottenere un ulteriore incremento dei posti disponibili, così alzando il livello di «tollerabilità», allineandosi a quanto previsto dal Comitato per la prevenzione della tortura (istituito dal Consiglio d'Europa) che ha fissato in 7 m2 (2 metri o più tra le pareti, 2 metri e mezzo tra il pavimento e il soffitto) lo spazio minimo per detenuto;
    infine oltre alla costruzione di nuovi istituti penitenziari di cui sopra, altra misura deflativa che potrebbe efficacemente realizzata da subito è incentivare il trasferimento dei detenuti stranieri attraverso l'applicazione della convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, ratificata dall'Italia con la legge 25 luglio 1988 n. 334 e via via allargata con una serie di accordi bilaterali con i paesi di origine;
    secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), pubblicati su un quotidiano nazionale, ad oggi sono 22.770 i detenuti stranieri, un terzo della popolazione carceraria, e, considerato che il costo medio per detenuto e di circa 130 euro, se lo Stato desse seguito agli accordi di rimpatrio, almeno per i 12.509 detenuti stranieri che scontano una condanna già definitiva, i soli sui quali può ricadere l'ipotesi di un trasferimento, si avrebbe un risparmio di circa 568 milioni di euro l'anno, un milione e mezzo al giorno, che potrebbe essere destinata a costruire nuove strutture e ammodernare quelle esistenti;
    alla convenzione di Strasburgo del 1983 mancano sia come firmatari della convenzione che come accordi bilaterali, per contro, proprio i Paesi che per nazionalità affollano maggiormente gli istituti penitenziari; il Marocco, con 4.249 detenuti occupa il secondo posto nella classificazione delle presenze straniere (18,7 per cento), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2.774 (12,2 per cento);
    applicando il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161 «Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea», con cui si è data attuazione al reciproco riconoscimento delle sentenze penali nell'ambito comunitario, si porrebbe procedere al trasferimento che in questo caso non necessita del consenso del detenuto, dei detenuti comunitari con pena definitiva (ad esempio quelli provenienti dalla Romania), che sono ristretti nelle carceri italiane per reali puniti con pena detentiva non inferiore ai 3 anni e con pena residua da scontare non inferiore ai 3 mesi;
    non procedendo in questo senso si consente, da un lato il «colpevole» aggravamento del sovraffollamento carcerario e dall'altro lato, si induce l'opinione pubblica a ritenere che provvedimenti di clemenza o «para» clemenza (indulto/amnistia/messa alla prova/etc.) siano gli unici «mezzi» per affrontare il problema,

impegna il Governo

ad attuare e applicare il trasferimento di detenuti stranieri, in ossequio sia alle disposizioni della convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, ratificata dall'Italia con la legge 25 luglio 1988 n. 334 che a quelle di cui al decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161 per i cittadini stranieri comunitari;
   ad applicare le convenzioni bilaterali esistenti in materia di estradizione, ad incentivare la sottoscrizione di accordi bilaterali, e ciò al fine di far scontare la pena detentiva o una misura privativa della libertà personale nel Paese di origine;
   ad adottare, quale ulteriore misura deflativa per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario con effetti durevoli e senza alcun effetto negativo o pericoloso per la sicurezza e incolumità dei cittadini, l'attuazione del piano carceri già predisposto nel 2010, l'implementazione delle risorse ad esso destinate, l'impiego dei penitenziari ed edifici ad oggi esistenti ma inutilizzati quali istituti di pena, la rimodulazione degli spazi detentivi secondo quanto previsto dal Comitato per la prevenzione della tortura istituito dal Consiglio d'Europa;
   ad adottare tutte quelle misure necessarie a garantire il rispetto del principio della certezza della pena, senza alcun ricorso a provvedimenti di clemenza, di indulto, amnistia o similare nei contenuti e per gli effetti.
(6-00051) «Giancarlo Giorgetti, Molteni, Attaguile, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 8 ottobre il Presidente della Repubblica ha inviato un messaggio alle Camere, ai sensi dell'articolo 87, comma secondo della Costituzione, sulla questione carceraria, stigmatizzando sia la necessita che essa sia affrontata «per imperativi pronunciamenti europei», sia il fatto che essa attiene «a quei livelli di civiltà e dignità che il nostro Paese non può lasciar compromettere da ingiustificabili distorsioni e omissioni della politica carceraria e della politica per la giustizia»;
    il messaggio prende spunto dalla pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo, che con la sentenza dell'8 gennaio 2013 ha contestato all'Italia la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica «proibizione della tortura», pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario, ed ha fissato il termine di un anno, al prossimo 28 maggio, perché l'Italia si conformi alla sentenza, sospendendo, in pendenza di detto termine, le procedure relative agli altri, numerosissimi, ricorsi proposti;
    lo stesso messaggio, inoltre, ha ripreso le considerazioni svolte in merito all'indagine condotta su «l'assistenza e la rieducazione dei detenuti» dalla Corte dei conti, la quale ha osservato come il sovraffollamento carcerario incida in modo assai negativo sulla possibilità di assicurare effettivi percorsi individualizzati volti al reinserimento sociale dei detenuti, di fatto frustrando il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena;
    nel messaggio del Presidente, il richiamo ai principi posti dagli articoli 27 e 117 della nostra Carta fondamentale qualifica come costituzionale il dovere di tutti i poteri dello Stato di far cessare la situazione di sovraffollamento carcerario entro il termine posto dalla Corte europea, imponendo interventi che riconducano comunque al rispetto della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti umani;
    posto che, come rilevato dal Capo dello Stato, «la cessazione degli effetti lesivi si ha, innanzitutto, con il porre termine alla lesione del diritto e, soltanto in via sussidiaria, con la riparazione delle conseguenze della violazione già verificatasi», e che da qui «deriva il dovere urgente di fare cessare il sovraffollamento carcerario», nel messaggio sono indicate diverse «strade, da percorrere congiuntamente» per risolvere la questione del sovraffollamento, in primo luogo con interventi di natura strutturale, e, in secondo luogo con rimedi di carattere eccezionale;
    tra i primi figurano una serie di innovazioni e modifiche normative volte a ridurre il numero complessivo dei detenuti, nonché le misure per l'aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari, mentre, tra i rimedi straordinari figurano l'adozione, peraltro congiunta, di provvedimenti di clemenza quali l'amnistia e l'indulto;
    in relazione a quest'ultimo punto il Capo dello Stato ha ricordato come dal 1990 ad oggi sia stato adottato un solo provvedimento di clemenza, l'indulto del 2006, anche a causa di una «“ostilità agli atti di clemenza” diffusasi nell'opinione pubblica», ma che ora, a suo avviso, «di fronte a precisi obblighi di natura costituzionale e all'imperativo – morale e giuridico – di assicurare un “civile stato di governo della realtà carceraria”, sia giunto il momento di riconsiderare le perplessità relative all'adozione di atti di clemenza generale», affidandone al Parlamento la «perimetrazione», «ferma restando la necessità di evitare che essa incida su reati di rilevante gravità e allarme sociale»;
    tra i vantaggi derivanti dall'adozione dei due atti di clemenza il Presidente della Repubblica ha evidenziato la capacità dell'indulto di ridurre in breve tempo e in maniera considerevole la popolazione carceraria, laddove l'amnistia consentirebbe, invece, di definire immediatamente numerosi procedimenti per reati minori, permettendo ai giudici di dedicarsi ai procedimenti per reati più gravi e con detenuti in carcerazione preventiva;
    la relazione della Commissione Giustizia sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, presentata alla Presidenza della Camera in data 29 novembre 2013, è volta ad esaminare nel dettaglio le soluzioni ipotizzate dal Presidente, indicando, con riferimento alle questioni di carattere strutturale, quali tra queste siano già in itinere o già approvate dal legislatore;
    tra queste figurano l'introduzione del meccanismo di messa alla prova, previsto dalla proposta di legge recante «Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», che contiene anche una delega per la riforma della disciplina sanzionatoria, il potenziamento dell'applicazione di misure volte a consentire l'espiazione della pena fuori dal carcere, la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere;
    tuttavia, le misure previste dai provvedimenti, peraltro adottati prevalentemente con atti di decretazione d'urgenza del Governo, non solo non appaiono condivisibili ma intervengono solo sull'aspetto della facilitazione della scarcerazione di soggetti condannati in via definitiva o sulla loro mancata incarcerazione ab initio, concentrandosi, quindi, solo su uno degli aspetti sollevati dal messaggio del Presidente della Repubblica;
    nulla è stato fatto, infatti, ad esempio, su quanto attiene all'espiazione della pena dei detenuti di origine straniera nei propri Paesi di provenienza, che ammontano ad un terzo dell'intera popolazione carceraria;
    alla stessa stregua, troppo timido è stato l'intervento normativo sull'istituto della carcerazione preventiva, il quale dovrebbe essere rivisto nel senso di condizionare le esigenze cautelari all'evidenza delle prove e ad acclarate condotte e, quindi, ancorate alla flagranza di reato, perché se è evidente la violazione dei diritti umani del condannato ristretto in condizioni degradanti, questa appare ancor più grave laddove è inflitta a persone che successivamente dimostreranno la propria innocenza;
    il ricorso alla misura cautelare in carcere, infatti, congiunta alla eccessiva durata dei processi – altra anomalia tipicamente italiana, costringe alla detenzione centinaia di migliaia di presunti innocenti, che ammontano a circa il 40 per cento dell'intera popolazione carceraria, quasi la metà dei quali sarà assolta all'esito del processo;
    al contrario, invece, tra i provvedimenti approvati dal Governo e finalizzati alla cosiddetta deflazione della popolazione carceraria, figurano numerosi interventi che incidono sulla liberazione anticipata dei condannati e sul loro mancato ingresso in carcere, addirittura in favore dei soggetti recidivi, nei confronti dei quali è stata eliminata la preclusione all'accesso alla detenzione domiciliare;
    per quanto attiene, invece, all'aumento della capienza degli istituti penitenziari si rileva come l'attuazione del Piano straordinario per l'edilizia penitenziaria, varato dal Governo ben quattro anni fa, sia ad oggi largamente inattuato;
    il Piano prevedeva, a partire dal 2011, la realizzazione di diciotto nuove carceri «flessibili», vale a dire di prima accoglienza e a custodia attenuata, destinate a detenuti con pene lievi, otto delle quali sarebbero dovute sorgere in aree strategiche, portando complessivamente alla creazione di 21.709 nuovi posti negli istituti penitenziari e al raggiungimento di una capienza totale di ottantamila detenuti, mentre allo stato i nuovi posti realizzati sono appena 750;
    peraltro, il temporaneo potenziamento, fino al 31 dicembre 2014, delle funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, previsto dal decreto-legge 78 del 2013, dovrà avvenire comunque nei limiti delle risorse già disponibili sull'apposito capitolo di bilancio;
    a tale riguardo è opportuno ricordare che sono numerose le strutture carcerarie distribuite su tutto il territorio nazionale già edificate ma mai messe in funzione a causa della carenza negli organici degli agenti di custodia;
    infine, con riferimento alla prospettata ipotesi dell'adozione di provvedimenti di clemenza, va innanzitutto rilevato come è stato altresì ampiamente dimostrato che i provvedimenti di clemenza non producono alcun effetto strutturale;
    in base al rapporto dell'Istat sulle carceri pubblicato appena un anno fa, infatti, dopo l'ultimo provvedimento di indulto nel 2006 la popolazione carceraria era scesa sotto le 40.000 unità, ma già nel 2008 aveva nuovamente superato quota 60.000 con il reingresso in carcere della stragrande maggioranza dei detenuti che aveva usufruito dell'atto di clemenza e che, appena fuori, aveva tranquillamente ripreso la propria «attività ordinaria»;
    il «carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario» in Italia contestatoci dalla Corte europea dei diritti umani, ci impone di agire nel senso della risoluzione proprio delle criticità strutturali, prescindendo da provvedimenti eccezionali, quali l'amnistia e l'indulto, cui uno Stato dovrebbe ricorrere solo per risolvere problematiche altrimenti irrisolvibili;
    i provvedimenti di clemenza, inoltre, incidendo sulla questione fondamentale della certezza della pena, mettono in discussione quel patto sociale in base al quale i cittadini rinunciano a farsi giustizia da soli, affidandosi allo Stato per la riparazione dei torti subiti,

impegna il Governo

   ad adottare tutti i provvedimenti necessari ad affrontare e risolvere in tempi congrui la gravosa situazione di sovraffollamento carcerario del nostro Paese, attraverso interventi di natura strutturale e volti a ridurre il numero dei detenuti in attesa di giudizio, stipulare accordi internazionali affinché i detenuti stranieri possano scontare la pena nei propri Paesi di origine, a potenziare il numero dei posti detentivi disponibili, sia attraverso l'implementazione delle strutture esistenti, sia attraverso la messa in funzione degli istituti di pena già edificati ma mai resi operativi, sia, infine, attraverso l'edificazione di nuove carceri;
   in questo quadro, a dare avvio all'assunzione dei duemila nuovi agenti di Polizia Penitenziaria, così come previsto dal cosiddetto terzo pilastro del Piano carceri;
   ad adottare le misure necessarie a consentire ai detenuti di seguire dei percorsi di riabilitazione in carcere volti alla loro rieducazione e reinserimento sociale, con ciò ottemperando al dettato costituzionale della finalità rieducativa della pena, nonché a garantire ai soggetti che si trovino in carcere di essere raggruppati e separati in base alle previsioni di cui all'ordinamento penitenziario;
   a favorire, nell'ambito delle proprie competenze, la costituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare al fine di accertare le responsabilità del mancato adeguamento, negli ultimi venti anni, degli istituti penitenziari, sia sotto il profilo della capienza, sia sotto il profilo del miglioramento dei percorsi individuali atti a favorire la risocializzazione dei detenuti, portando, al contrario, il sistema carcerario italiano al collasso;
   a non dare impulso a provvedimenti di clemenza, lavorando, al contrario, affinché sia garantito il principio della certezza della pena.
(6-00052) «Cirielli, Giorgia Meloni».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito del messaggio del Presidente della Repubblica, inviato alle Camere in data 7 ottobre 2013, grande rilevanza è data alla necessità di ridurre la popolazione carceraria;
    la Commissione II (Giustizia) ha approfondito le tematiche oggetto del documento nella relazione in esame (Doc. XVI, n. 1), propedeutica ad un successivo esame da parte dell'Aula dei predetti argomenti;
    nell'audizione avviata all'uopo in Commissione Giustizia, in data 17 ottobre 2013, l'allora Ministro della giustizia ha comunicato che la «presenza di detenuti, rilevata al 14.10.2013, è di 64.564 unità a fronte di capienza regolamentare di 47,599 posti»;
    per quanto concerne la tipologia dei reati per i quali le persone sono ristrette in carcere, il Ministro in tal audizione sottolineò che «il reato per il quale è ristretto il maggior numero di detenuti è quello di produzione e spaccio di stupefacenti», essendo ristrette, per tali fattispecie, ben 23.094 persone;
    la Corte costituzionale, con la sentenza 32/2014 del 25 febbraio scorso, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49, la cosiddetta legge «Fini-Giovanardi» sugli stupefacenti;
    la conseguenza di tale decisione è l'integrale caducazione delle due norme impugnate e, come affermato espressamente dalla Corte («considerato in diritto» n. 5) che «tornino a ricevere applicazione l'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni impugnate»;
    torna, dunque, a trovare applicazione l'articolo 73 di cui al T.U. 309/90 nella versione antecedente al 2005, con il ripristino della differenziazione tra droghe «pesanti» e droghe «leggere», e ciò sia in termini di pena, sia in termini prescrizionali, salvo le modifiche apportate dal legislatore in epoca successiva che non sono interessate dalla sentenza 32/14;
    ciò ha come conseguenza la forte diminuzione della popolazione carceraria, dunque l'auspicata inversione di tendenza;
    tuttavia in relazione alle modifiche di cui al recentissimo decreto-legge, 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014, la Corte esplicitamente afferma – cfr. «considerato in diritto» n. 3 – che «gli effetti del presente giudizio di legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto-legge n. 146 del 2013, sopra citato, in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui censurata e indipendente da quest'ultima»;
    è di tutta evidenza la difficoltà nell'interpretazione, nonché nell'applicazione della normativa «de qua», e non solo in relazione all'articolo 73, tanto più che la Consulta, nella stessa sentenza, delega ai giudici ordinari la valutazione su quali norme debbano oggi ritenersi vigenti, con grande confusione circa la chiarezza della normativa e problemi nell'applicazione, con ciò determinando una situazione di ingiustificabile e pericolosa incertezza del diritto;
    appare dunque necessario che il legislatore intervenga nell'immediato per fare chiarezza sulla normativa in argomento e in direzione di quanto emerso a seguito della sentenza 32/2014 della Consulta, anche rispetto al problema della gestione dei numerosissimi casi di incidenti di esecuzione che verranno avanzati dai condannati in via definitiva per la rimodulazione della pena, in nome del principio del «favor rei»,

impegna il Governo

ad intervenire con un provvedimento d'urgenza sul T.U. degli stupefacenti che, in seguito, e in attuazione di quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014, faccia chiarezza sulla normativa in argomento.
(6-00053) «Daniele Farina, Migliore, Sannicandro, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Scotto, Zan, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che,
    in data 28 novembre 2013 la Commissione Giustizia, votando la sola relazione del relatore, ha approvato a maggioranza l'atto in titolo diretto ad approfondire le tematiche oggetto del messaggio sulla questione carceraria, inviato alle Camere il 7 ottobre 2013 dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87, secondo comma, della Costituzione;
    i dati sui sovraffollamento carcerario ricevuti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia – aggiornati al 30 settembre 2013 – evidenziano che il numero dei detenuti ammonta a 64.758, mentre la «capienza regolamentare» è di 47.615, con un esubero di 17.143 detenuti. Risulta evidente l'alto livello di congestione del sistema carcerario italiano;
    secondo i dati statistici relativi alla percentuale dei detenuti rispetto alla popolazione dei diversi Paesi, pubblicati dal Consiglio d'Europa, nell'anno 2011 in Italia vi erano 110,7 detenuti ogni 100.000 abitanti. Proporzioni paragonabili a quelle di Grecia e Francia (rispettivamente, 110,3 e 111,3), superate da Inghilterra e Spagna (entrambe oltre quota 150);
    a distanza di sette anni dall'ultimo indulto, il riproporsi del medesimo problema, oltretutto aggravato nei numeri, sancisce l'incapacità della politica degli ultimi venti anni di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, in quanto l'indulto ponendo apparentemente fine allo stato di emergenza ha arrestato ogni spinta riformatrice per la soluzione del problema alla radice;
    con decisione dell'8 gennaio 2013, la Corte Europea per i diritti dell'uomo ha ritenuto che, riguardo alle condizioni di detenzioni nelle carceri italiane, si configuri una violazione dell'articolo 3 della Convenzione (che proibisce la tortura ed ogni trattamento degradante) in quanto «i detenuti, anche per via della lunghezza della condanna – sono assoggettati ad una durezza ed ad un'intensità di pena eccedente l'inevitabile livello di sofferenza della detenzione»;
    tali degradanti condizioni di carcerazione, negli ultimi anni, hanno fatto registrare un aumento dei tasso di suicidi in correlazione all'aumento del tasso di sovraffollamento degli istituti di detenzione, laddove nell'arco di tempo tra il primo gennaio 2009 e il 17 ottobre 2013 i detenuti suicidi sono stati 306, dei quali, 103 erano stranieri e 203 italiani, sette donne, di cui quattro straniere;
    a partire dal 2010, durante l'amministrazione del Commissario delegato per l'emergenza carceri, Franco Ionta, anche a capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP), sono andati persi, per mancato utilizzo, 228 milioni di euro di fondi Fas provenienti dal Cipe;
    il Commissario delegato per l'emergenza carceri ha inoltre omesso di impiegare le 15 unità lavorative in dotazione provenienti dal DAP, ricorrendo a consulenze esterne assai onerose, spesso fiduciarie o affidate a mezzo di bandi non adeguatamente pubblicizzati;
    il prefetto Angelo Sinesio, succeduto a Ionta come commissario delegato, successivamente nominato commissario straordinario mediante il decreto del Presidente della Repubblica del 3 dicembre 2012, nella sua audizione del 2012 alla Camera, ha affermato che ad ottobre 2012 sarebbe iniziata la cantierizzazione di 17 nuovi padiglioni, dei quali, alla scadenza, ad eccezion fatta per il pre-cantiere di Siracusa, non ne era stato ancora avviare nessuno;
    nel piano carceri del commissario straordinario, come ricordato anche nel messaggio del Presidente della Repubblica, vi era in progetto la riapertura di spazi detentivi nell'isola di Pianosa, nonostante la loro chiusura sia stata disposta, così come nel caso dell'Asinara, dall'articolo 6 della Legge 23 dicembre 1996 n. 652 (con effetto decorrenza 31/12/1997);
   considerato che:
    per fronteggiare la necessità di aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari si ritiene indispensabile rimodulare il piano carceri originario attraverso un recupero funzionale delle carceri male utilizzate e delle sezioni chiuse, nonché la costruzione di nuovi padiglioni e la riallocazione di cubature, evitando pertanto di edificare nuove carceri, con la sola eccezione di un istituto da 800 posti nell'area del napoletano/casertano, il cui costo stimato è di 40 milioni di euro;
    a titolo esemplificativo del suddetto programma alternativo possono citarsi i seguenti esempi laddove in provincia di Catania si stima di poter conseguire una capienza regolamentare di 1.850 posti (contro i 744 attuali) in presenza di 1.081 detenuti; mentre a Roma è realistico programmare una capienza regolamentare di 2.800 posti (contro 1.979 attuali) in presenza di 2.834 detenuti; ed infine a Milano raggiungere la capienza regolamentare di 4.000 posti (contro i 2.478 attuali) in presenza di 3.866 detenuti;
    nell'ambito del medesimo alternativo programma, l'intero progetto di ristrutturazioni, apertura e riallocazioni di sezioni detentive e soprattutto di modifica dell'edilizia carceraria è da prevedersi, inoltre, l'unificazione di celle per conseguirne triple/quadruple con un allargamento delle stesse tale da rientrare nelle prescrizioni contenute nella sentenza Torreggiani;
    ritenuta come prioritaria l'implementazione di tale alternativo programma, che nel complesso delle sue iniziative sarebbe in grado di portare le carceri italiane a raggiungere i 69.120 posti disponibili rispetto alla capienza attuale di circa 47.040 posti, aumentando pertanto la capacità di ben 22.000 posti entro la fine del 2015, non solo superando definitivamente l'emergenza carceraria ma generando anche un surplus di posti disponibili;
   valutato che:
    riguardo la grave carenza di organico della polizia penitenziaria, si ritiene opportuno prevedere la modifica del sistema di vigilanza rendendola dinamica, come già sperimentato positivamente in alcuni penitenziari, così da recuperare risorse umane;
    secondo le più recenti stime fornite dall'ANM, relativamente alla pianta organica per la funzione del magistrato di sorveglianza, questa prevede 202 magistrati i cui effettivi sono tuttavia circa 170 a fronte di un fabbisogno di almeno 270 giudici; mentre, circa il relativo personale amministrativo di supporto, risultano 400 posti vacanti sui 1376 funzionari pedagogico giuridici e 589 posti vacanti sui 1380 assistenti sociali;
   considerato oltre a ciò che:
    attualmente gli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia per l'esecuzione della pena all'estero non hanno funzionato;
    le carceri italiane ospitano attualmente circa 23.000 detenuti stranieri su un totale di 63.000 persone; la percentuale media nazionale degli stranieri detenuti in Italia è del 36-37 per cento, ma a livello locale, soprattutto nel Nord Italia, la percentuale arriva anche al 60-70 per cento, come, ad esempio, accade presso il carcere di Padova dove la percentuale di detenuti stranieri arriva addirittura all'80 per cento dei totali;
   l'Italia ha aderito alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti assieme ad altri 60 Paesi, stringendo accordi bilaterali con altri sette che erano rimasti fuori dalla convenzione, ma non con quelli che più pesano sul conto delle carceri, mancando infatti all'appello proprio i Paesi che affollano maggiormente le nostre carceri: il Marocco con 4,249 detenuti (18,7 per cento del totale), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2774 unità (12,2 per cento);
    per quanto riguarda invece l'Albania (2.787 detenuti, 12 per cento), un accordo specifico è stato siglato nel 2002, laddove tuttavia, il numero di detenuti albanesi effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio risulta inconoscibile, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non viene neppure monitorato a fini statistici;
    gli stranieri detenuti in Italia che stanno scontando attualmente una condanna definitiva, e che potrebbero quindi essere trasferiti, sono circa 12.500;
   valutato pertanto che:
    solo se si facessero funzionare o si sottoscrivessero nuovi accordi, prevedendo una migliore definizione ed automaticità delle sentenze penali di condanna emesse in Italia, solo attraverso accordi con Albania, Marocco e Tunisia si potrebbero rimpatriare ben 10.100 detenuti, includendo in tale numero anche i detenuti in attesa di giudizio;
    tale dato risulta assi rilevante in termini di possibili risparmi sull'edilizia penitenziaria, allorquando accordi stipulati per 3.000 detenuti sarebbero sufficienti ad ottenere un risparmio sull'edilizia penitenziaria per almeno 150 milioni di euro (50,000 euro a posto detenuto) e, nella gestione dei detenuti, di almeno 360.000 euro al giorno (120 euro per detenuto);
    tali auspicabili accordi potrebbero prevedere altresì una speciale contribuzione a carico dell'Italia per la permanenza ed il sostentamento del detenuto nelle carceri estere, così da migliorare indirettamente anche le condizioni delle carceri negli altri Paesi, in quanto, anche prevedendo una contribuzione di 70 euro giornaliere per detenuto, si conseguirebbe un risparmio del 40 per cento giornaliero rispetto al costo sostenuto in Italia;
   considerato altresì che:
    attualmente nelle carceri sono detenuti ben 23.094 persone per produzione e spaccio di stupefacenti (14.378 definitivi e 8.657 in custodia cautelare);
    il numero dei detenuti condannati ai sensi del solo articolo 73 del T.U. (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) son ben 19.119 mentre, stando alla relazione dell'allora Ministro Cancellieri, limitatamente al comma 5 (lieve entità) dei medesimo articolo sono almeno 3.000;
    recentemente si è pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza 32/2014 dello scorso 12 febbraio, dichiarando l'illegittimità della legge cosiddetta «Fini-Giovanardi» che non distingueva le tipologie di stupefacenti «leggeri» e «pesanti». È tornata in vigore la precedente legge sulle droghe, ossia la cosiddetta «Iervolino-Vassalli», così come modificata dal referendum del ’93 che abolì il carcere per l'uso personale;
    la citata sentenza incide sul piano penale riducendo le sanzioni per le droghe leggere, le quali, dai 6 ai 20 anni di reclusione, sono riportate ad una pena che va da un minino di 2 ad un massimo di 6 anni di carcere, ed analogamente, in virtù del favor rei, diminuendo le sanzioni per le droghe pesanti, passando da un minimo di 6 a un massimo di 20 anni di reclusione, anziché dagli 8 ai 20 anni;
    l'applicazione della suddetta sentenza, rendendo possibile la formulazione della richiesta di una rimodulazione della pena per le sentenze successive al 2006, getta le basi per una significativa opera di deflazionamento dell'affollamento degli istituti penitenziari, la quale, secondo alcune prime stime, potrebbe attestarsi su di un numero di scarcerazioni compreso tra seimila e diecimila, costituendo essa stessa, a tutti gli effetti, il principale veicolo per risolvere l'emergenza carceraria ad oggetto della relazione in titolo;
   ritenuto pertanto che:
    come già previsto da provvedimenti legislativi all'esame della Commissione Giustizia sia necessario introdurre la completa depenalizzazione del consumo e coltivazione per uso personale di cannabis e derivati;
    al fine di aggiornare e rendere omogeneo il quadro legislativo in cui si inserisce la decisione assunta dalla Corte costituzionale sulla materia, sia indispensabile, sulla base della proposta di legge A.C. 1900, indirizzata ad una distinzione tra droghe pesanti e leggere, secondo la quale viene inserita la cannabis indica e i suoi derivati nella Tabella II (articolo 14 T.U.), prevedere coerenti abbassamenti delle pene edittali per le ipotesi di lieve entità in adeguamento a quanto previsto per le sostanze di cui alla Tabella II, così da non rientrare nei casi richiedenti la custodia cautelare in carcere;
    in una ottica di lungo periodo sia opportuno prevedere la legalizzazione e la regolamentazione del consumo delle cosiddette droghe leggere tale da comportare un abbassamento della convenienza criminale-economica delle organizzazioni dedite al traffico illecito di sostanze stupefacenti, con effetti positivi sia in termini di maggiori entrate per lo Stato, da destinare a programmi di recupero dei detenuti, sia in termini di contrasto al sovraffollamento carcerario;
    valutato inoltre che relativamente all'esecuzione della pena, il sistema della recidiva, e più precisamente la modifica dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, introdotto dalla recente legge n. 94 del 2013, debba essere considerata, per la sua efficacia, a fronte di un opportuno calcolo nella sua incidenza sulla diminuzione del numero dei detenuti;
    osservato che, al fine di conseguire effetti deflattivi sulla base di un'opportuna rimodulazione dei benefici connessi all'esecuzione della pena si ritiene idoneo: prevedere di espungere dal divieto di concessione del benefici previsto dall'articolo 4-bis comma 1 della legge O.P. i reati previsti nel T.U. droghe ed in materia doganale; prevedere la soppressione dell'articolo 30-quater e dell'articolo 58, comma 7-bis, della legge sull'Ordinamento Penitenziario in materia di permessi premio ai recidivi e concessione dei benefìci; infine sopprimere il comma 5 dell'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 concernente il divieto di affidamento in prova dei tossicodipendenti in casi particolari per più di due volte;
    preso atto che l'uso talvolta eccessivo della custodia cautelare in carcere, soprattutto per coloro che non sono stati condannati in primo grado, sia un effetto della eccessiva lunghezza dei processi;
    valutato che, solo a fronte di interventi e di un reperimento di fondi per rendere più spediti i processi penali ed al fine di poter incidere positivamente sulla questione del diffuso utilizzo della custodia cautelare in carcere, sia possibile prevedere di estendere la custodia cautelare al proprio domicilio;
    atteso che l'obiettivo principale, di una riforma del processo penale e dei suoi antecedenti processuali che sia utile alla deflazione del sovraffollamento carcerario, debba essere quello di istruire e dibattere il minor numero di procedimenti penali, in tutti e tre i gradi di giudizio;
   considerato a tal fine che:
    una delle soluzioni che si ritengono maggiormente valide sia quella di prevedere un patteggiamento più conveniente per coloro che si accordano con il Pubblico Ministero ancora prima del rinvio a giudizio, così da evitare una considerevole mole di processi per fatti di lieve entità;
    sia necessario puntare sull'applicazione delle norme ancora poco utilizzate, di cui agli articoli 34 e 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 relative alle definizioni alternative del procedimento davanti al giudice di pace penale;
    per i giudizi in cui sono presenti avvocati d'ufficio sia opportuno prevedere l'obbligo per la parte di rinunciare a tali articoli, spesso non utilizzati dai difensori più che dalle parti, obbligo che dovrebbe essere previsto almeno per tutti i procedimenti perseguibili a querela di parte, in modo da favorire una composizione della lite di tipo mediativo;
    così come previsto dalla proposta di legge A.C. 1174 riguardante la prescrizione dei processi penali, sia opportuno introdurre una sospensione della prescrizione dal momento del rinvio a giudizio in modo da rendere meno appetibile il ricorso a tecniche dilatorie dei procedimenti e favorire il patteggiamento ovvero il ricorso al cosiddetto giudizio abbreviato;
    considerato infine che, relativamente alla materia di amnistia ed indulto, tali mezzi deflattivi al sovraffollamento carcerario siano da rigettare per quattro ordini di ragioni;
    in primis, amnistia e indulto non rappresentano una manovra strutturale e sono tesi ad affrontare il problema solo in una ottica di breve periodo, come già accaduto nel caso dell'indulto del 2006 che non ha affatto risolto il problema ad oggi addirittura aggravandolo;
    la concessione di provvedimenti indulgenziali asseconda, peraltro, il radicarsi, nelle forze parlamentari di un approccio che porta inevitabilmente e ciclicamente ad evitare di trovare soluzioni durature preferendo alimentare emergenze che portino a derogare l'ordinaria amministrazione, con il rischio concreto, quindi, che con tali provvedimenti si stoppino tutte le iniziative tese a risolvere il problema delle carceri in una ottica di medio-lungo periodo;
    la seconda motivazione è di natura psicologica, sia presso i cittadini ed alle loro considerazioni su di uno Stato che intendesse concedere continue sanatorie a persone che hanno commesso reati, sia in capo a coloro che delinquono, i quali potrebbero vedere come meno grave, nelle sue conseguenze, il compimento dei delitti, sminuendo così il valore deterrente e la credibilità del sistema penale. Analisi questa, mancante nel messaggio del Presidente della Repubblica, e risultato di uno studio sugli effetti dell'indulto del 2006 in cui si specifica che «I nostri risultati mostrano che una politica che commuta pene effettive in condanne attese riduce in modo significativo la recidiva dei detenuti. Inoltre, i risultati forniscono la prova credibile che un aumento di 1 mese in punizione attesa riduce la probabilità di commettere un crimine. Questo corrobora la teoria della deterrenza generale. I risultati indicano un grande effetto deterrente della pena prevista». (The Deterrent Effects of Prison: Evidence from a Natural Experiment, Journal of Political Economy, Vol. 117, No. 2, April 2009);
    la terza motivazione consiste nell'aumento dei reati nella fase successiva alla concessione dell'indulto, così come confermato dal messaggio del Presidente della Repubblica, nonché dalle statistiche relative ai reati più commi, come furti, scippi e rapine a mano armata;
    la quarta motivazione risiede nel fatto che, con risorse finite o insufficienti, il reinserimento dei detenuti sarebbe solo sulla carta perché nessun ufficio, men che meno i collaboratori e i consulenti penitenziari, né gli uffici dell'U.E.P.E., potrebbero mai dedicarsi compiutamente alla riabilitazione ed alla condivisione delle esperienze di circa 20.000 persone;
   ricordato infine che:
    successivamente al messaggio del Presidente della Repubblica sul sovraffollamento carcerario il Governo è già di fatto intervenuto, impropriamente, in materia di indulto ed amnistia mediante il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», che ha recato al suo interno un vero e proprio «indulto mascherato» sostanzialmente in contraddizione con l'articolo 79 della Costituzione;
    il menzionato decreto ha introdotto l'istituto della «liberazione anticipata speciale», caratterizzato da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario, caratterizzandosi altresì per il suo carattere temporaneo e retroattivo, in quanto destinato ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto ed applicandosi a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    valutato che gli effetti deflattivi per l'affollamento carcerario – che, in base ai primi dati forniti dal DAP, possono quantificarsi in circa 200 scarcerazioni per settimana su base nazionale – e le conseguenti ripercussioni sulla pubblica sicurezza derivanti dall'applicazione della citata normativa, dovranno essere ponderati prima di addivenire ad ulteriori atti di clemenza generalizzata per via legislativa e che pertanto la relazione in titolo non sia condivisibile laddove questa non esclude espressamente la percorribilità di ricorrere alla concessione di un'amnistia o di un indulto;
    ritenuto infine che nel citato messaggio alle Camere, laddove si auspica inoltre l'adozione di provvedimenti indulgenziali da parte del Parlamento, l'insistito rimando alle gravose ripercussioni economiche derivanti per lo Stato dall'applicazione della «sentenza Torreggiani» – quantificabili in almeno 15.000 euro in favore di ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti –, rappresenti una premessa irricevibile e non adeguatamente stigmatizzata dalla relazione in titolo sul piano del metodo, in quanto il solo fine della piena affermazione del principio della funzione rieducativa della pena dovrebbe sottendersi ed ispirare ulteriori interventi normativi riferiti al sistema penitenziario;
   tutto ciò premesso e considerato,
    non approva la relazione all'Assemblea sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013.
(6-00054) «Colletti, Businarolo, Bonafede, Agostinelli, Ferraresi, Sarti, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    il sovraffollamento carcerario non è solo un problema morale e sociale per la nostra democrazia, ma è, nella sua sostanza, strettamente connesso alla tematica della legalità;
    è infatti una evidente contraddizione far vivere chi non ha recepito il senso di legalità in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    il sistema carcerario manifesta una strutturale carenza di edifici idonei tenuto conto che oltre la metà delle carceri sono state costruite nei primi anni del ’900, e si connotano per condizioni igienico-sanitarie precarie, mancanza di riscaldamento, di luoghi di lavoro, di spazi per attività sociali ed educative;
    si pone quindi il problema di restituire ai soggetti reclusi la possibilità di un pieno esercizio dei diritti fondamentali, affrontando risolutivamente il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario attraverso la riapertura delle carceri costruite e mai utilizzate;
    a tutto ciò si aggiunge poi una emergenza di pubblica sicurezza dovuta all'incremento nel numero di detenuti cui non corrisponde un pari aumento delle Forze dell'ordine penitenziarie come denunciato dalle rappresentanze degli operatori penitenziari;
    la drammatica situazione carceraria è stata con autorevolezza, preoccupazione e sdegno sottolineata nel messaggio rivolto alle Camere il 7 ottobre 2013 dal Presidente della Repubblica cui si accompagnano le numerose pronunce della Corte costituzionale, da ultimo la sentenza del 9 ottobre 2013, che hanno parimenti evidenziato l'urgenza di efficaci interventi legislativi, come la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo richiede;
    vanno ricordate le innovazioni introdotte dal decreto-legge approvato nelle ultime settimane con l'obiettivo, da un lato, di diminuire le presenze in carcere attraverso misure dirette ad incidere sia sui flussi di ingresso, che su quelli di uscita dal circuito penitenziario; dall'altro, rafforzando gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute o comunque sottoposte a misure di restrizione della libertà personale, attraverso la previsione di un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza e con l'istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque privato della libertà personale;
    il «braccialetto elettronico» fu introdotto con un decreto del novembre 2000, convertito poi nella legge 341 del 19 gennaio 2001, con l'obiettivo specifico di affievolire l'emergenza legata al sovraffollamento carcerario, ma purtroppo la media di utilizzo nel 2010 non superò i dieci braccialetti l'anno con una spesa di diversi milioni di euro;
    incentivare il lavoro nelle carceri significa recuperare la finalità rieducativa della pena costituzionalmente sancita superando il concetto di pena intesa come sanzione vendicativa da parte dello Stato, favorendo così maggiori opportunità per il reo di reinserimento nella vita sociale a il sostenimento anche delle spese di detenzione, spesso a carico della collettività;
    le carceri devono e possono facilitare la partecipazione dei detenuti a corsi di formazione professionale e il loro reinserimento nel mondo lavorativo, proprio come previsto dagli articoli 15 e 20 dell'ordinamento penitenziario (legge 364 del 1975);
    a questo fine le amministrazioni carcerarie hanno la possibilità di stipulare rapporti con aziende pubbliche o private convenzionate, con le regioni, mentre imprese e cooperative che li assumono possono usufruire di agevolazioni fiscali e contributive,

impegna il Governo

   a favorire le opportune iniziative affinché si dia avvio in tutti gli istituti penitenziari italiani a programmi formativi e professionali che concorrano al raggiungimento della piena occupazione dei detenuti;
   a porre in essere, alla luce della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la legge Fini Giovanardi, l'aggiornamento e il coordinamento normativo del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza;
   a dare concrete risposte al mancato utilizzo di strutture carcerarie costruite e in stato di abbandono, predisponendo e realizzando un piano per il recupero urgente delle stesse atto a decongestionare l'affollamento di quelle attualmente in esercizio;
   a incrementare l'uso del braccialetti elettronici predisponendo, al contempo, strumenti idonei per l'esercizio del più severo controllo sul loro utilizzo e sui relativi costi.
(6-00055) «Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli».


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: D'INIZIATIVA POPOLARE; CIRIELLI; PISICCHIO; BERSANI ED ALTRI; FRANCESCO SAVERIO ROMANO; MIGLIORE ED ALTRI; LENZI; ZAMPA E MARZANO; ZAMPA E GHIZZONI; MARTELLA; FRANCESCO SANNA; BOBBA ED ALTRI; GIACHETTI ED ALTRI; GIORGIA MELONI ED ALTRI; RIGONI ED ALTRI; RIGONI ED ALTRI; NICOLETTI ED ALTRI; MARTELLA ED ALTRI; VARGIU; BURTONE ED ALTRI; BALDUZZI ED ALTRI; LAFFRANCO ED ALTRI; VARGIU; TONINELLI ED ALTRI; PORTA ED ALTRI; ZACCAGNINI ED ALTRI; VALIANTE ED ALTRI; LAURICELLA; MICHELE BORDO; MARCO MELONI ED ALTRI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ELEZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E DEL SENATO DELLA REPUBBLICA (A.C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-A)

A.C. 3-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

PARERE CONTRARIO

  sugli emendamenti 1.480 e 2.423 e sull'articolo aggiuntivo 2.0336, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

ULTERIORE PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

PARERE CONTRARIO

  sull'emendamento 1.620, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3-A – Proposte emendative inammissibili

PROPOSTE EMENDATIVE DICHIARATE INAMMISSIBILI

  Dopo il comma 17, aggiungere il seguente:
  17-bis. All'articolo 89 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il parlamentare eletto nelle liste di un partito e che, conseguentemente, abbia aderito al Gruppo parlamentare espressione del medesimo partito alla Camera o al Senato, qualora abbandoni il Gruppo di appartenenza decade dal mandato parlamentare.
1. 479. La Russa, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro.

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
  5-bis. Al comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 533 del 1993 la parola: «venticinquesimo» è sostituita dalla seguente: «diciottesimo».
2. 39. Dieni, Toninelli, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Lombardi, Nuti, Grillo.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 3. – (Integrazione della legge 15 febbraio 1953, n. 60). – 1. Dopo l'articolo 2 della legge 15 febbraio 1953, n. 60, è aggiunto il seguente:
  «Art. 2-bis. – 1. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 2 e ferma restando l'applicazione del medesimo articolo, i membri del Parlamento non possono avere, nelle imprese che siano in rapporti con amministrazioni pubbliche, interessi rilevanti determinati da una delle seguenti condizioni:
   a) la qualità di rappresentante legale, amministratore o dirigente di imprese costituite in qualsiasi forma, anche a partecipazione pubblica:
    1) quando si tratta di imprese che hanno rapporti contrattuali o negoziali di qualsiasi natura con una pubblica amministrazione, il rapporto comporta l'obbligo di adempimenti specifici o l'osservanza di prescrizioni normative a tutela di un interesse pubblico e l'impresa ha un volume d'affari di almeno 100 milioni annui, ovvero pari almeno al 3 per cento del volume d'affari complessivo nel mercato di riferimento in ambito nazionale;
    2) quando si tratta di imprese che operano nelle attività economiche regolate in base a titoli di concessione, licenza d'uso o comunque in base a titoli della stessa o di analoga natura, rilasciati o conferiti da un'amministrazione pubblica statale, da istituzioni o enti pubblici nazionali ovvero da una regione o da una provincia autonoma;
   b) il controllo, anche per interposta persona, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, o dell'articolo 23, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, nelle imprese di cui alla lettera a);
   c) la prestazione d'opera a favore delle imprese di cui alla lettera a), per consulenze a carattere continuativo della durata complessiva di almeno ventiquattro mesi.

  2. Ai sensi del comma 1, lettera b), si ha interposizione di persona quando nelle condizioni indicate è il coniuge, il convivente di fatto, un parente fino al quarto grado, un affine fino al secondo grado.
  3. L'istruttoria preliminare sui casi di cui al comma 1 è affidata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. A tal fine, ricevuta dal Presidente della Camera di appartenenza la dichiarazione personale concernente le condizioni di cui al comma 1, resa dall'eletto alla stessa Presidenza nel termine di dieci giorni dalla proclamazione, l'Autorità compie, nei trenta giorni successivi, ogni adempimento necessario, anche con i poteri di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in quanto compatibili. La dichiarazione dell'eletto è comunicata alle Camere in seduta pubblica dai rispettivi Presidenti. In esito ai propri accertamenti, l'Autorità trasmette una relazione al Presidente della Camera interessata, per gli adempimenti della Giunta competente ai sensi dell'articolo 8.
  4. Quando una condizione di incompatibilità prevista dal presente articolo è accertata dalla Giunta competente ai sensi dell'articolo 8, che vi provvede entro i trenta giorni successivi alla trasmissione della relazione di cui al comma 3, il membro del Parlamento, ricevutane comunicazione dalla Giunta, può, entro i trenta giorni successivi, rimuovere la causa di incompatibilità mediante rinuncia idonea alla cessazione della condizione medesima.
  5. Si ha rinuncia, nei casi di controllo da partecipazione proprietaria previsti dalle disposizioni di cui al comma 1, lettera b), quando l'interessato conferisce un mandato irrevocabile per la vendita delle proprie quote di partecipazione rilevanti ai sensi delle stesse disposizioni. Il mandato è valido, per gli effetti di cui al presente comma:
   a) se vincolato al termine di trecentosessantacinque giorni;
   b) se conferito a persona o ente nei cui riguardi il membro del Parlamento interessato non è in alcuna delle condizioni di cui al comma 1;
   c) se diretto a vendere a persone o enti che non hanno, neanche per interposta persona ai sensi del comma 2, rapporti contrattuali, di partecipazione azionaria o di natura professionale con il membro del Parlamento interessato;
   d) se non è diretto a vendere al coniuge, al convivente di fatto, ai parenti fino al quarto grado, agli affini fino al secondo grado dello stesso membro del Parlamento.

  6. Conferito il mandato a vendere, il mandatario ha la piena responsabilità, propria ed esclusiva, concernente i rapporti giuridici connessi alle quote di partecipazione in vendita.
  7. La rinuncia è comunicata, per il tramite del Presidente della Camera di appartenenza, alla competente Giunta delle elezioni dal membro del Parlamento interessato, che ne fornisce idonea documentazione entro trenta giorni dalla comunicazione della Giunta, di cui al comma 4.
  8. Gli adempimenti di rinuncia sono immediatamente comunicati dalla Giunta competente all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Entro quindici giorni dalla comunicazione, l'Autorità accerta se l'adempimento è conforme alle prescrizioni di cui ai commi 4 e 5. In caso negativo, indica all'interessato le misure necessarie per assicurare la conformità e i termini di adempimento, non superiori a trenta giorni. L'Autorità comunica immediatamente l'esito dell'accertamento al Presidente della Camera di appartenenza, per il seguito di competenza della Giunta, ai sensi dell'articolo 8.»

  2. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all'articolo 2-bis della legge 13 febbraio 1953, n. 60, hanno effetto nei riguardi dei membri del Parlamento in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, dalla quale decorrono i termini previsti dal medesimo articolo 2-bis.
  3. L'articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è abrogato.
2. 06. Pisicchio, Civati.
(limitatamente alla parte che disciplina il procedimento presso la Giunta delle elezioni)

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 3. – (Integrazione della legge 15 febbraio 1953, n. 60). – 1. Dopo l'articolo 2 della legge 15 febbraio 1953, n. 60, è aggiunto il seguente:
  «Art. 2-bis. – 1. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 2 e ferma restando l'applicazione del medesimo articolo, i membri del Parlamento non possono avere, nelle imprese che siano in rapporti con amministrazioni pubbliche, interessi rilevanti determinati da una delle seguenti condizioni:
   a) la qualità di rappresentante legale, amministratore di imprese costituite in qualsiasi forma, anche a partecipazione pubblica:
    1) quando si tratta di imprese che hanno rapporti contrattuali o negoziali di qualsiasi natura con una pubblica amministrazione, il rapporto comporta l'obbligo di adempimenti specifici o l'osservanza di prescrizioni normative a tutela di un interesse pubblico e l'impresa ha un volume d'affari di almeno 100 milioni annui, ovvero pari almeno al 3 per cento del volume d'affari complessivo nel mercato di riferimento in ambito nazionale;
    2) quando si tratta di imprese che operano nelle attività economiche regolate in base a titoli di concessione, licenza d'uso o comunque in base a titoli della stessa o di analoga natura, rilasciati o conferiti da un'amministrazione pubblica statale, da istituzioni o enti pubblici nazionali ovvero da una regione o da una provincia autonoma;
   b) il controllo, anche per interposta persona, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, o dell'articolo 23, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, nelle imprese di cui alla lettera a);
   c) la prestazione d'opera a favore delle imprese di cui alla lettera a), per consulenze a carattere continuativo della durata complessiva di almeno ventiquattro mesi.

  2. Ai sensi del comma 1, lettera b), si ha interposizione di persona quando nelle condizioni indicate è il coniuge, il convivente di fatto, un parente fino al quarto grado, un affine fino al secondo grado.
  3. L'istruttoria preliminare sui casi di cui al comma 1 è affidata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. A tal fine, ricevuta dal Presidente della Camera di appartenenza la dichiarazione personale concernente le condizioni di cui al comma 1, resa dall'eletto alla stessa Presidenza nel termine di dieci giorni dalla proclamazione, l'Autorità compie, nei trenta giorni successivi, ogni adempimento necessario, anche con i poteri di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in quanto compatibili. La dichiarazione dell'eletto è comunicata alle Camere in seduta pubblica dai rispettivi Presidenti. In esito ai propri accertamenti, l'Autorità trasmette una relazione al Presidente della Camera interessata, per gli adempimenti della Giunta competente ai sensi dell'articolo 8.
  4. Quando una condizione di incompatibilità prevista dal presente articolo è accertata dalla Giunta competente ai sensi dell'articolo 8, che vi provvede entro i trenta giorni successivi alla trasmissione della relazione di cui al comma 3, il membro del Parlamento, ricevutane comunicazione dalla Giunta, può, entro i trenta giorni successivi, rimuovere la causa di incompatibilità mediante rinuncia idonea alla cessazione della condizione medesima.
  5. Si ha rinuncia, nei casi di controllo da partecipazione proprietaria previsti dalle disposizioni di cui al comma 1, lettera b), quando l'interessato conferisce un mandato irrevocabile per la vendita delle proprie quote di partecipazione rilevanti ai sensi delle stesse disposizioni. Il mandato è valido, per gli effetti di cui al presente comma:
   a) se vincolato al termine di trecentosessantacinque giorni;
   b) se conferito a persona o ente nei cui riguardi il membro del Parlamento interessato non è in alcuna delle condizioni di cui al comma 1;
   c) se diretto a vendere a persone o enti che non hanno, neanche per interposta persona ai sensi del comma 2, rapporti contrattuali, di partecipazione azionaria o di natura professionale con il membro del Parlamento interessato;
   d) se non è diretto a vendere al coniuge, al convivente di fatto, ai parenti fino al quarto grado, agli affini fino al secondo grado dello stesso membro del Parlamento.

  6. Conferito il mandato a vendere, il mandatario ha la piena responsabilità, propria ed esclusiva, concernente i rapporti giuridici connessi alle quote di partecipazione in vendita.
  7. La rinuncia è comunicata, per il tramite del Presidente della Camera di appartenenza, alla competente Giunta delle elezioni dal membro del Parlamento interessato, che ne fornisce idonea documentazione entro trenta giorni dalla comunicazione della Giunta, di cui al comma 4.
  8. Gli adempimenti di rinuncia sono immediatamente comunicati dalla Giunta competente all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Entro quindici giorni dalla comunicazione, l'Autorità accerta se l'adempimento è conforme alle prescrizioni di cui ai commi 4 e 5. In caso negativo, indica all'interessato le misure necessarie per assicurare la conformità e i termini di adempimento, non superiori a trenta giorni. L'Autorità comunica immediatamente l'esito dell'accertamento al Presidente della Camera di appartenenza, per il seguito di competenza della Giunta, ai sensi dell'articolo 8.»

  2. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all'articolo 2-bis della legge 13 febbraio 1953, n. 60, hanno effetto nei riguardi dei membri del Parlamento in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, dalla quale decorrono i termini previsti dal medesimo articolo 2-bis.
  3. L'articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è abrogato.
2. 09. Di Lello, Locatelli, Di Gioia, Pastorelli, Valiante.

(limitatamente alla parte che disciplina il procedimento presso la Giunta delle elezioni)

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 3.
(Disposizioni in materia di conflitto di interessi).

  1. I membri del Parlamento, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno l'obbligo di agire esclusivamente perseguendo la cura degli interessi pubblici loro affidati. A tal fine, sono tenuti ad adottare le misure previste dal presente articolo, volte ad evitare l'insorgenza di conflitti di interessi tra il mandato svolto e qualsiasi interesse privato di cui gli stessi siano titolari.
  2. Sussiste conflitto di interessi in tutti i casi in cui i membri del Parlamento versino in una delle situazioni di incompatibilità di cui al presente articolo.
  3. Il mandato parlamentare è incompatibile con:
   a) qualsiasi ufficio o carica pubblica anche di natura elettiva; è ammesso soltanto il cumulo tra mandato parlamentare e cariche di governo statali;
   b) qualsiasi carica o ufficio o funzione comunque denominata, in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, aziende speciali, nonché istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   c) qualsiasi carica o ufficio o funzione comunque denominati, in enti senza scopo di lucro sottoposti a vigilanza e controllo da parte del Governo statale, regionale e locale;
   d) qualsiasi tipo di impiego o lavoro pubblico o privato.

  4. L'incompatibilità sussiste anche quando le predette attività, cariche o funzioni sono svolte per il tramite di interposta persona o attraverso società fiduciarie, nonché all'estero.
  5. Il titolare del mandato parlamentare, entro dieci giorni dall'assunzione della carica, deve optare tra gli incarichi e le funzioni indicati al comma 3 e il mandato parlamentare. Nel caso in cui opti per il mandato parlamentare, da tali incarichi e funzioni non può derivare, per tutta la durata della carica, alcuna forma di retribuzione o di vantaggio per il titolare.
  6. I dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa non retribuita, con decorrenza dal giorno del giuramento, senza pregiudizio per la propria posizione professionale e progressione di carriera.
  7. Il mandato parlamentare è altresì incompatibile con la proprietà, il possesso o la disponibilità di partecipazioni di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, ovvero, in caso di società quotate in mercati regolamentati, di partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 120 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, da parte del membro del Parlamento, del coniuge, del convivente di fatto o dei parenti o affini entro il secondo grado, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, di un'impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle Regioni o dagli enti locali, di un'impresa che sia titolare di diritti esclusivi o operi in regime di monopolio, di imprese che operino nei settori delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, della difesa e dell'energia, del credito e del risparmio, della radiotelevisione e dell'editoria o della diffusione tramite internet, nonché di altre imprese di interesse nazionale. In tal caso, l'interessato, entro dieci giorni dall'assunzione della carica, deve optare tra il mantenimento delle suddette partecipazioni di controllo e il mandato parlamentare.
  8. Entro 20 giorni dalla data della proclamazione l'interessato è tenuto a depositare presso la Giunta delle elezioni della Camera di appartenenza, apposita dichiarazione in cui deve indicare la sussistenza delle situazioni di incompatibilità di cui ai commi 3 e 7. Ogni variazione degli elementi di tale dichiarazione deve essere comunicata, mediante apposita dichiarazione integrativa, entro venti giorni dalla sua realizzazione.
  9. La Giunta delle elezioni accerta la veridicità e la completezza delle dichiarazioni presentate. Tali dichiarazioni sono rese pubbliche e di facile accessibilità mediante pubblicazione sul sito internet della Camera o del Senato, in apposita sezione dedicata al conflitto di interessi dei membri del Parlamento.
  10. Entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto per la trasmissione delle dichiarazioni, e comunque durante l'intera durata del mandato parlamentare, la Giunta delle elezioni procede al l'accertamento d'ufficio dell'eventuale sussistenza delle cause di incompatibilità indicate dai commi 3 e 7 e ne verifica l'effettiva rimozione.
  11. Nel caso in cui accerti la mancata rimozione delle cause di incompatibilità, la Giunta delle elezioni ne dà immediata comunicazione all'interessato, invitandolo ad optare, entro dieci giorni, tra il mantenimento della posizione incompatibile e il mandato parlamentare.
  12. Qualora l'interessato non ottemperi al provvedimento con cui la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica lo invita ad optare tra il mantenimento della posizione incompatibile e il mandato parlamentare anche nel caso in cui la causa di incompatibilità sopravvenga, la Camera di appartenenza delibera immediatamente ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione e pronuncia la decadenza del parlamentare.
2. 07. Fraccaro, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Grillo, Lombardi, Nuti, Toninelli.
(limitatamente alla parte che disciplina il procedimento presso la Giunta delle elezioni)

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 3. – (Modifica all'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. 18). – 1. All'articolo 4, primo comma, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, le parole: «25o anno» sono sostituite dalle seguenti: «18o anno».
2. 0320. La Russa, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro.