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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 12 febbraio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 12 febbraio 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Bonafede, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cicu, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Damiano, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, Kyenge, La Russa, Lauricella, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Andrea Romano, Rossi, Rossomando, Sani, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Valentini, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Bonafede, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cicu, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Damiano, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, Kyenge, La Russa, Lauricella, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scagliusi, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Valentini, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 11 febbraio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
  PALMIZIO: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di omicidio e di lesioni personali commessi a causa della guida in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope» (2068);
  MASSIMILIANO BERNINI ed altri: «Modifiche all'articolo 4 della legge 24 dicembre 2004, n. 313, concernente la disciplina dell'uso dei fitofarmaci nell'apicoltura» (2069);
  GALLINELLA e COZZOLINO: «Modifiche al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (2070);
  MAESTRI: «Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di rimborsi di spesa erogati dalle organizzazioni di volontariato ai propri membri» (2071);
  INCERTI ed altri: «Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Cervi in Gattatico» (2072);
  D'INCECCO: «Modifica all'articolo 697 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di limiti di età per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno» (2073).

  Saranno stampate e distribuite.

Ritiro di sottoscrizione ad una proposta di legge.

  Il deputato Palmizio ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
  GIORGIA MELONI ed altri: «Disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l'integrazione al trattamento minimo INPS» (1253).

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

  I Commissione (Affari costituzionali):
   ZARDINI ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in materia di controllo e valutazione delle prestazioni delle pubbliche amministrazioni» (1689) Parere delle Commissioni V, X, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   RIBAUDO ed altri: «Istituzione dell'Albo nazionale dei dirigenti e dei funzionari apicali degli enti locali» (1720) Parere delle Commissioni V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  II Commissione (Giustizia):
   DI LELLO ed altri: «Disposizioni concernenti l'esenzione dei giovani professionisti dall'obbligo di assicurazione» (1423) Parere delle Commissioni I e VI.

  VII Commissione (Cultura):
   FOSSATI ed altri: «Disciplina delle associazioni sportive dilettantistiche di utilità sociale operanti senza fini di lucro» (1492) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  IX Commissione (Trasporti):
   GRIMOLDI: «Modifica all'articolo 80 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernente l'esenzione dei veicoli d'interesse storico dall'obbligo di revisione periodica» (1719) Parere delle Commissioni I, VII, VIII e XIV.

  XII Commissione (Affari sociali):
   DORINA BIANCHI: «Disposizioni in favore dei soggetti affetti da sensibilità chimica multipla» (1755) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti):
   CATANOSO GENOESE e FRANCESCO SAVERIO ROMANO: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di omicidio e di lesioni personali commessi a causa della guida in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope» (1677) Parere delle Commissioni I e XII.

  Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali):
   DORINA BIANCHI: «Disposizioni concernenti il censimento della presenza di amianto e la bonifica dei siti, nonché modifiche all'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in materia di benefici previdenziali per lavoratori esposti all'amianto, ed estensione dei medesimi al personale militare» (1698) Parere delle Commissioni I, IV, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

   Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 7 febbraio 2014, ha trasmesso la relazione, aggiornata al mese di settembre 2013, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2013.

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 11 e 12 febbraio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 89/608/CEE, 90/425/CEE e 91/496/CEE relativamente ai riferimenti alla normativa zootecnica (COM(2014) 4 final;
   proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni zootecniche e genealogiche applicabili agli scambi commerciali e alle importazioni nell'Unione di animali riproduttori e dei loro materiale germinale (COM(2014) 5 final).

  Le predette proposte COM(2014) 4 final e COM(2014) 5 final sono altresì assegnate alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre, per entrambe le proposte, dal 12 febbraio 2013.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 11 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal consiglio regionale dell'Emilia-Romagna.

  La presidente del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, con lettera in data 11 febbraio 2014, ha trasmesso il testo di una risoluzione sul pacchetto di misure sulla qualità dell'aria nell'Unione europea, comprendente la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un programma «Aria pulita» per l'Europa (COM(2013) 918 final), la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici e che modifica la direttiva 2003/35/CE (COM(2013) 920 final), la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi (COM(2013) 919 final) e la proposta di decisione del Consiglio relativa all'accettazione della modifica del protocollo del 1999 della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, del 1979, per la riduzione dell'acidificazione, dell'eutrofizzazione e dell'ozono troposferico (COM(2013) 917 final).

  Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per la Basilicata.

  Il Garante del contribuente per la Basilicata, con lettera in data 5 febbraio 2014, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale, riferita all'anno 2013, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 10 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla 1 Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
   alla V Commissione (Bilancio) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
    alla dottoressa Laura Belmonte, l'incarico di direttore generale dell'ufficio centrale del bilancio presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
    alla dottoressa Maria Cannata, l'incarico di direttore della Direzione II – debito pubblico, nell'ambito del Dipartimento del tesoro;
   alla VI Commissione (Finanze) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
    al dottor Giuseppe Maresca, l'incarico di direttore della Direzione V – prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario per fini illegali, nell'ambito del Dipartimento del tesoro.

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 11 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nel capitolo 2280 dello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico per l'anno 2014, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (79).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 4 marzo 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta dell'11 febbraio 2014, a pagina 5, prima colonna, alla quarantunesima riga, la parola «XVII» si intende soppressa.

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 7 febbraio 2014, a pagina 4, seconda colonna, nona riga, dopo la parola: «I» si intende inserita la seguente: «, VIII».

MOZIONI RUOCCO ED ALTRI N. 1-00288, BUSIN ED ALTRI N. 1-00329, PAGLIA ED ALTRI N. 1-00330, ZANETTI ED ALTRI N. 1-00331, CAUSI ED ALTRI N. 1-00332, DORINA BIANCHI E BERNARDO N. 1-00333, BUTTIGLIONE ED ALTRI N. 1-00336 E CAPEZZONE ED ALTRI N. 1-00338 CONCERNENTI INIZIATIVE PER ARMONIZZARE IL SISTEMA EUROPEO DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO ALLA LUCE DEL LIBRO VERDE SUL FUTURO DELL'IVA ADOTTATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), in cui invitava imprese, accademici, cittadini e autorità fiscali dell'Unione europea ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, allo scopo di rafforzare la coerenza del tributo con il mercato unico, incrementarne le entrate, ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    a seguito dell'ampio processo di consultazione con le parti interessate, la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    nel sopra citato documento la Commissione europea è pervenuta alla conclusione generale che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare pienamente dei vantaggi di un mercato unico autentico. La mancanza di armonizzazione genera, infatti, complessità, incertezza giuridica e costi di conformità alle norme che dissuadono le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, dall'intraprendere il commercio transfrontaliero, con la conseguenza di rendere più facile e redditizio concludere affari con partner di Paesi terzi, piuttosto che con imprese dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea la valutazione economica dei costi di conformità subiti dalle imprese impegnate nelle operazioni transfrontaliere è stimabile in una percentuale compresa tra il 2 per cento e l'8 per cento dell'importo dell'IVA riscossa. Essa ha stabilito che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri potrebbe tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    nel Libro verde sul futuro dell'IVA, la Commissione europea riconosce la necessità di una forte armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, non solo per i privati, ma anche per le imprese, innescando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea favoriscono l'insorgere di fenomeni fraudolenti, come le cosiddette «frodi carosello», che sfruttano le debolezze insite nel complesso meccanismo amministrativo di neutralizzazione dell'imposta sul valore aggiunto su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri. Tali frodi sono all'origine di enormi perdite di gettito che colpiscono con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte, poiché in essi risulta più redditizio effettuare le operazioni di vendita sotto costo di beni di largo consumo che sono alla base di questi espedienti criminali. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simile pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea (MEMO/13/800 del 19 settembre 2013): «Prendendo in considerazione le varie componenti del divario IVA, ci sono diversi fattori che possono spiegarne l'incremento in tempi di crisi. Da un lato, un forte aumento delle aliquote per risanare i conti pubblici, soprattutto se coniugato con una scarsa ottemperanza alle norme, potrebbe, in larga misura, stimolarne l'inadempimento. Dall'altro, hanno contribuito a tale divario anche l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti e un calo nelle importazioni (che spesso rappresentano i sistemi più facili per provvedere alla raccolta del tributo)», posizione condivisa, altresì, dal Commissario alla fiscalità della Commissione europea Algirdas Semeta. Il citato documento quantifica in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011 nel nostro Paese, che detiene tale triste primato tra i 26 Paesi dell'Unione europea;
    l'innalzamento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, attualmente al di sopra della media comunitaria, e il crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla generalità delle imprese nazionali e comunitarie per fronteggiare il divario IVA non costituiscono una strategia idonea al risanamento delle finanze pubbliche italiane. L'inasprimento della pressione fiscale e la complessità delle norme di conformità aumentano, infatti, la convenienza marginale a frodare il tributo, scoraggiando, al contempo, l'intraprendenza degli operatori corretti,

impegna il Governo:

   a garantire che le priorità strategiche indicate nel documento di cui in premessa si traducano in azioni concrete, al fine di:
    a) adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea affinché si proceda ad un'opera di armonizzazione del sistema delle aliquote, che deve essere reso più coerente ed equo, convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando le differenziazioni nazionali;
    b) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
    c) favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio dei dichiarativi fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti nella comunicazione delle informazioni all'amministrazione finanziaria in un'ottica di normalizzazione, riduzione dei costi della compliance e di progressiva sostituzione delle attuali, obsolete modalità cartacee di tenuta di queste operazioni;
    d) istituire, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella comunicazione sul futuro dell'IVA, un regime speciale a favore delle piccole imprese, finalizzato principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia il beneficio dell'esenzione dal tributo;
    e) collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
    f) proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito;
    g) proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
    h) destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00288) «Ruocco, Cancelleri, Alberti, Villarosa, Pesco, Barbanti, Pisano, Chimienti, Di Battista, Frusone».


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata per la prima volta introdotta in Europa nel 1954, in Francia, e nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea convennero di sostituire i rispettivi sistemi nazionali di imposta sulla cifra d'affari con un sistema comune dell'IVA;
    l'IVA rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali, tanto che nel 2008 il gettito IVA ha rappresentato in media il 7,8 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati membri, una percentuale che ha registrato un aumento di quasi il 13 per cento dal 1995;
    la complessità delle norme IVA comporta numerosi ed importanti oneri amministrativi per le imprese e la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per molti settori economici, dal momento che sono numerosi i fattori, come la detrazione e le aliquote, in relazione ai quali le piccole e medie imprese non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia (tale complessità riduce notevolmente l'interesse degli investitori per l'Unione europea);
    il fatto che la gestione di operazioni nazionali e intra-comunitarie continua ad essere trattata in modo diverso ai fini dell'IVA rappresenta un ostacolo al raggiungimento di obbiettivi più performanti e la situazione è resa più complessa dall'esistenza di numerose opzioni e deroghe di cui gli Stati membri possono avvalersi ai sensi della normativa dell'Unione europea sull'IVA, con il risultato che all'interno dell'Unione europea sono applicate norme tra loro molto diverse;
    a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio europeo nel 2007 del programma d'azione della Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007, il quale era finalizzato a ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, la Commissione europea ha presentato nel 2009 un piano contenente 16 misure, tra cui l'abolizione della dichiarazione riepilogativa annuale dell'IVA o degli elenchi degli acquisti intra-Unione europea e la riduzione della frequenza delle dichiarazioni IVA;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), finalizzato ad analizzare gli aspetti critici del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, così da verificare la coerenza del tributo con il mercato unico, al fine di incrementarne le entrate e contemporaneamente di ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono sussistere per un nuovo regime, giungendo alla conclusione che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea è ostacolo agli scambi tra Paesi membri dell'Unione europea;
    l'attuale frammentazione evidenzia come la mancanza di armonizzazione causi una maggiore complessità, con conseguenti difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, che sono perciò disincentivate ad intraprendere operazioni di commercio transfrontaliero, e il Libro verde sul futuro dell'IVA rileva la necessità dell'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, determinando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno;
    l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, congiuntamente al crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla imprese italiane, rappresenta un ulteriore inasprimento della pressione fiscale a loro carico, determinando un minor gettito erariale, così come confermato dai dati più recenti, ed aumentando, allo stesso tempo, la possibilità dell'evasione fiscale;
    con la decisione 2013/678/Ue del Consiglio dell'Unione europea, l'Italia è stata autorizzata a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, in quanto l'importo è compatibile con la proposta di modifica della direttiva presentata dalla Commissione europea il 29 ottobre 2004, che, allo scopo di semplificare gli obblighi IVA, intende permettere agli Stati membri di fissare fino a 100.000 euro la soglia di volume d'affari annuo per l'accesso al regime speciale di esenzione dall'IVA per le piccole imprese;
    con lo «Small business act per l'Europa» (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008) l'Unione europea ha adottato principi fondamentali per soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese a trarre maggior vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale delle piccole e medie imprese è contemplato anche in una delle iniziative faro del programma «Europa 2020»,

impegna il Governo:

   ad assicurare che sia dato seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa, allo scopo di:
    a) realizzare una piena armonizzazione del sistema delle aliquote IVA, così da renderlo più coerente ed equo, eliminando le differenziazioni nazionali ora vigenti;
    b) definire un regime speciale a favore delle piccole imprese, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle attuali disposizioni in materia di IVA;
    c) armonizzare la vigente legislazione nazionale alle più recenti normative europee, ampliando il numero dei contribuenti italiani per i quali sono oggi previste semplificazioni e riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero della registrazione e della tenuta delle scritture contabili, delle liquidazioni e dei versamenti periodici e dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto;
    d) estendere il regime di vantaggio stabilito dalla decisione 2013/678/Ue per l'esenzione dall'IVA per i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui anche alle imposte dirette e all'IRAP, attraverso la previsione di un'aliquota di vantaggio;
    e) stabilire, per i soggetti con un fatturato annuo inferiore a una predeterminata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo, destinando, altresì, il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA vigenti;
    f) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA.
(1-00329) «Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata per la prima volta introdotta in Europa nel 1954, in Francia, e nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea convennero di sostituire i rispettivi sistemi nazionali di imposta sulla cifra d'affari con un sistema comune dell'IVA;
    l'IVA rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali, tanto che nel 2008 il gettito IVA ha rappresentato in media il 7,8 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati membri, una percentuale che ha registrato un aumento di quasi il 13 per cento dal 1995;
    la complessità delle norme IVA comporta numerosi ed importanti oneri amministrativi per le imprese e la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per molti settori economici, dal momento che sono numerosi i fattori, come la detrazione e le aliquote, in relazione ai quali le piccole e medie imprese non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia (tale complessità riduce notevolmente l'interesse degli investitori per l'Unione europea);
    il fatto che la gestione di operazioni nazionali e intra-comunitarie continua ad essere trattata in modo diverso ai fini dell'IVA rappresenta un ostacolo al raggiungimento di obbiettivi più performanti e la situazione è resa più complessa dall'esistenza di numerose opzioni e deroghe di cui gli Stati membri possono avvalersi ai sensi della normativa dell'Unione europea sull'IVA, con il risultato che all'interno dell'Unione europea sono applicate norme tra loro molto diverse;
    a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio europeo nel 2007 del programma d'azione della Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007, il quale era finalizzato a ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, la Commissione europea ha presentato nel 2009 un piano contenente 16 misure, tra cui l'abolizione della dichiarazione riepilogativa annuale dell'IVA o degli elenchi degli acquisti intra-Unione europea e la riduzione della frequenza delle dichiarazioni IVA;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), finalizzato ad analizzare gli aspetti critici del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, così da verificare la coerenza del tributo con il mercato unico, al fine di incrementarne le entrate e contemporaneamente di ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono sussistere per un nuovo regime, giungendo alla conclusione che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea è ostacolo agli scambi tra Paesi membri dell'Unione europea;
    l'attuale frammentazione evidenzia come la mancanza di armonizzazione causi una maggiore complessità, con conseguenti difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, che sono perciò disincentivate ad intraprendere operazioni di commercio transfrontaliero, e il Libro verde sul futuro dell'IVA rileva la necessità dell'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, determinando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno;
    l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, congiuntamente al crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla imprese italiane, rappresenta un ulteriore inasprimento della pressione fiscale a loro carico, determinando un minor gettito erariale, così come confermato dai dati più recenti, ed aumentando, allo stesso tempo, la possibilità dell'evasione fiscale;
    con la decisione 2013/678/Ue del Consiglio dell'Unione europea, l'Italia è stata autorizzata a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, in quanto l'importo è compatibile con la proposta di modifica della direttiva presentata dalla Commissione europea il 29 ottobre 2004, che, allo scopo di semplificare gli obblighi IVA, intende permettere agli Stati membri di fissare fino a 100.000 euro la soglia di volume d'affari annuo per l'accesso al regime speciale di esenzione dall'IVA per le piccole imprese;
    con lo «Small business act per l'Europa» (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008) l'Unione europea ha adottato principi fondamentali per soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese a trarre maggior vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale delle piccole e medie imprese è contemplato anche in una delle iniziative faro del programma «Europa 2020»,

impegna il Governo:

   ad assicurare che sia dato seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa, allo scopo di:
    a) realizzare una piena armonizzazione del sistema delle aliquote IVA, così da renderlo più coerente ed equo, eliminando le differenziazioni nazionali ora vigenti;
    b) definire un regime speciale a favore delle piccole imprese, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle attuali disposizioni in materia di IVA;
    c) armonizzare la vigente legislazione nazionale alle più recenti normative europee, ampliando il numero dei contribuenti italiani per i quali sono oggi previste semplificazioni e riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero della registrazione e della tenuta delle scritture contabili, delle liquidazioni e dei versamenti periodici e dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto;
    d) estendere il regime di vantaggio a favore dei soggetti passivi di non elevato volume d'affari;
    e) stabilire, per i soggetti con un fatturato annuo inferiore a una predeterminata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo, destinando, altresì, il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA vigenti;
    f) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA.
(1-00329) (Testo modificato nel corso della seduta) «Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto (COM (2011) 851), che fa seguito alla consultazione svolta sul verde presentato il 1o dicembre 2010 (COM (2010) 695 definitivo);
    le entrate IVA, nel 2009, hanno rappresentato circa 784 miliardi di euro, pari al 21 per cento del gettito fiscale nazionale, inclusi i contributi previdenziali;
    secondo il rapporto allegato al Libro verde, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA, dovuto a frodi IVA, mancati pagamenti, errori ed altro, che per il 2009 può essere prudentemente stimato pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell'Unione europea. Ciò significa un'evasione pari a circa 118,8 miliardi di euro;
    secondo il rapporto, in Italia la percentuale salirebbe al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro;
    mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea;
    ad avviso della Commissione europea, il nuovo sistema IVA dovrebbe perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
     a) riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, per agevolare il commercio transfrontaliero, attraverso l'introduzione dello «sportello unico» e la standardizzazione delle dichiarazioni IVA;
     b) ampliamento della base imponibile e limitazione del ricorso alle aliquote ridotte;
     c) potenziamento degli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, per ridurre la perdita di entrate dovute all'IVA non versata;
    il 15 maggio 2012 il Consiglio Ecofin ha approvato le conclusioni sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di IVA. Il Consiglio, tra le altre cose:
     a) sostiene la proposta di creare uno sportello unico IVA entro il 2015;
     b) invita la Commissione europea a chiarire meglio il valore legale e le funzioni del portale web sull'IVA che verrebbe creato al fine di fornire informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, la fatturazione, le dichiarazioni IVA, le aliquote IVA, nonché gli obblighi speciali e limitazioni del diritto a detrazione;
     c) concorda sull'opportunità di esaminare nel dettaglio il vigente regime IVA dei servizi pubblici, al fine di promuovere una migliore concorrenza tra settore pubblico e settore privato;
     d) prende atto che la Commissione europea è a favore di un uso limitato delle aliquote ridotte da parte degli Stati membri;
    il processo di riforma avviato dal Libro verde dovrebbe alla fine portare a un sistema dell'IVA caratterizzato dagli attributi seguenti:
     a) «semplice»: un soggetto passivo che opera all'interno dell'Unione europea dovrebbe essere tenuto a rispettare un unico insieme di norme chiare e semplici in materia di IVA, un codice europeo dell'IVA. Tale codice stabilirebbe norme adattate ai modelli di business moderni e agli obblighi normalizzati che tengono pienamente conto dei progressi realizzati nelle nuove tecnologie. Un soggetto passivo dovrebbe avere a che fare unicamente con le autorità fiscali di un solo Stato membro;
     b) «efficiente e neutrale»: l'introduzione di una base imponibile più ampia e l'attuazione del principio di imposizione all'aliquota normale permetterebbero di generare un gettito maggiore a un costo inferiore oppure, in alternativa, di ridurre l'aliquota normale senza incidenze sul gettito. Eventuali deroghe a tali principi dovrebbero essere razionali e definite in modo uniforme. La neutralità richiede, inoltre, norme identiche in materia di diritto a detrazione e restrizioni molto limitate all'esercizio di tale diritto;
     c) «solido e a prova di frode»: i metodi moderni di riscossione e di controllo dell'IVA dovrebbero massimizzare le entrate effettivamente percepite e limitare, per quanto possibile, la frode e l'elusione fiscale. Questo modo di procedere renderà più agevole il rispetto degli obblighi di conformità per le imprese, ma esigerà che le autorità fiscali nazionali si concentrino sui comportamenti a rischio e sugli autori effettivi delle frodi e che, in ultima analisi, esse si comportino come un'amministrazione europea dell'IVA. Per conseguire questo obiettivo sarà essenziale uno scambio di informazioni intensificato, automatizzato e rapido tra le amministrazioni fiscali nazionali;
    dare priorità alla semplificazione nei prossimi anni è in linea con il principio del «pensare anzitutto in piccolo» contenuto nello «Small business act per l'Europa», che promuove l’e-government e soluzioni a sportello unico per semplificare il contesto normativo e amministrativo in cui le piccole e medie imprese operano;
    il Libro verde IVA ricorda, tra l'altro, che tanto lo Small business act quanto la «Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020» auspicano un regime speciale a favore delle piccole e medie imprese atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA: le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'Unione europea. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'Unione europea, caratterizzato da una soglia comune;
    da uno studio effettuato per la Commissione europea alcuni anni fa è emerso che, in generale, il 12 per cento dell'IVA teorica non è percepito. La frode rappresenta un aspetto importante del cosiddetto divario dell'IVA, divario che consiste, però, anche di altri aspetti, come l'IVA non riscossa a seguito di errori, negligenza e fallimenti;
    alcune disposizioni della direttiva IVA sono superate e non tengono conto del mercato unico. Si tratta, in particolare, del regime per le piccole imprese e delle disposizioni relative all'IVA di gruppo;
    per meglio assicurare la neutralità dell'imposta sarà, inoltre, necessario riesaminare le norme complesse e divergenti in materia di diritto a detrazione e predisporre un meccanismo atto a risolvere le questioni di doppia imposizione;
    per quanto concerne l'attuazione del regime del gruppo IVA, mentre la direttiva comunitaria riconosce un unico soggetto passivo giuridico e fiscale, pur in presenza di soggetti giuridici indipendenti, l'ordinamento italiano mantiene l'autonomia delle singole società interessate;
    la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intra-unionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari e incertezza giuridica;
    le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere;
    queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci. Nel momento in cui la normativa fiscale influenza la decisione di acquistare o vendere merci o servizi, la neutralità economica dell'IVA non è più garantita e il funzionamento del mercato unico è gravemente pregiudicato;
    le aliquote ridotte assolvono una funzione redistributiva: contribuiscono alla progressività del sistema tributario, tassando ad aliquota inferiore consumi «necessari», e sono state, pertanto, classificate tra le misure a rilevanza sociale nel rapporto finale del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale di cui alla delega fiscale in corso di esame da parte del Parlamento (Atto Camera n. 282 – Atto Senato n. 1058);
    il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l'aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76 del 2013, a decorrere dal 1o ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento, mentre resta ferma l'attuale aliquota ridotta del 10 per cento (anch'essa originariamente destinata ad aumentare). In sostanza dal 1o ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta); esse risultano superiori alle aliquote medie applicate nei Paesi aderenti all'Unione europea,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative, nell'ambito degli organismi europei, al fine di:
    a) ottenere una graduale armonizzazione delle aliquote IVA standard;
    b) disporre di una base giuridica che consenta di adottare misure nazionali immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente, come suggerito dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo (COM (2011) 851 definitivo);
    c) dare attuazione alla creazione di Eurofisc (regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) ed a scambi automatizzati di informazioni rafforzati e prevedere un ampliamento della gamma di informazioni a cui gli Stati membri che lo desiderano possano avere accesso automatizzato;
    d) prevedere la creazione, nel quadro di Eurofisc, di un gruppo transfrontaliero di revisori composto da esperti delle amministrazioni fiscali nazionali, per procedere più sistematicamente a audit transfrontalieri e trarre profitto dalle conoscenze e dall'esperienza già acquisite in questo campo dai revisori e dai coordinatori dei controlli multilaterali;
    e) disporre che una parte delle maggiori entrate degli Stati membri, conseguente alla diminuzione delle possibilità di frode, sia assegnata al bilancio dell'Unione europea;
   a predisporre le opportune iniziative, anche normative, sul piano nazionale, al fine di:
    a) introdurre l'obbligo di transazione tracciata per tutte le operazioni tra soggetti IVA indipendentemente dai limiti di importo;
    b) migliorare il flusso di informazioni riguardanti la formazione dell'IVA a debito e a credito, allineandosi alle best practice a livello europeo, verificando, in particolare, la possibilità di reinserire le dichiarazioni IVA periodiche;
    c) verificare la possibilità di introdurre meccanismi di disincentivo all'evasione dell'IVA sui beni e servizi intermedi, con particolare riferimento ai meccanismi di reverse-charge, di applicazione del meccanismo di deduzione base da base per alcuni settori e di versamento dell'imposta da parte degli enti della pubblica amministrazione che acquistano beni o servizi soggetti all'imposta;
    d) ottenere un'armonizzazione del regime IVA dei prodotti culturali, applicando l'aliquota ridotta anche ai prodotti musicali e agli audiovisivi, nonché ai prodotti dell'editoria elettronica on-line e agli audiolibri, che sono attualmente soggetti ad un trattamento fiscale penalizzante rispetto al cartaceo;
    e) predisporre misure più efficaci nel contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, un aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, destinando il maggior gettito derivante da queste misure alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00330) (Nuova formulazione) «Paglia, Lavagno, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla».


   La Camera,
   premesso che:
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto (COM (2011) 851), che fa seguito alla consultazione svolta sul verde presentato il 1o dicembre 2010 (COM (2010) 695 definitivo);
    le entrate IVA, nel 2009, hanno rappresentato circa 784 miliardi di euro, pari al 21 per cento del gettito fiscale nazionale, inclusi i contributi previdenziali;
    secondo il rapporto allegato al Libro verde, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA, dovuto a frodi IVA, mancati pagamenti, errori ed altro, che per il 2009 può essere prudentemente stimato pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell'Unione europea. Ciò significa un'evasione pari a circa 118,8 miliardi di euro;
    secondo il rapporto, in Italia la percentuale salirebbe al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro;
    mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea;
    ad avviso della Commissione europea, il nuovo sistema IVA dovrebbe perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
     a) riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, per agevolare il commercio transfrontaliero, attraverso l'introduzione dello «sportello unico» e la standardizzazione delle dichiarazioni IVA;
     b) ampliamento della base imponibile e limitazione del ricorso alle aliquote ridotte;
     c) potenziamento degli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, per ridurre la perdita di entrate dovute all'IVA non versata;
    il 15 maggio 2012 il Consiglio Ecofin ha approvato le conclusioni sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di IVA. Il Consiglio, tra le altre cose:
     a) sostiene la proposta di creare uno sportello unico IVA entro il 2015;
     b) invita la Commissione europea a chiarire meglio il valore legale e le funzioni del portale web sull'IVA che verrebbe creato al fine di fornire informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, la fatturazione, le dichiarazioni IVA, le aliquote IVA, nonché gli obblighi speciali e limitazioni del diritto a detrazione;
     c) concorda sull'opportunità di esaminare nel dettaglio il vigente regime IVA dei servizi pubblici, al fine di promuovere una migliore concorrenza tra settore pubblico e settore privato;
     d) prende atto che la Commissione europea è a favore di un uso limitato delle aliquote ridotte da parte degli Stati membri;
    il processo di riforma avviato dal Libro verde dovrebbe alla fine portare a un sistema dell'IVA caratterizzato dagli attributi seguenti:
     a) «semplice»: un soggetto passivo che opera all'interno dell'Unione europea dovrebbe essere tenuto a rispettare un unico insieme di norme chiare e semplici in materia di IVA, un codice europeo dell'IVA. Tale codice stabilirebbe norme adattate ai modelli di business moderni e agli obblighi normalizzati che tengono pienamente conto dei progressi realizzati nelle nuove tecnologie. Un soggetto passivo dovrebbe avere a che fare unicamente con le autorità fiscali di un solo Stato membro;
     b) «efficiente e neutrale»: l'introduzione di una base imponibile più ampia e l'attuazione del principio di imposizione all'aliquota normale permetterebbero di generare un gettito maggiore a un costo inferiore oppure, in alternativa, di ridurre l'aliquota normale senza incidenze sul gettito. Eventuali deroghe a tali principi dovrebbero essere razionali e definite in modo uniforme. La neutralità richiede, inoltre, norme identiche in materia di diritto a detrazione e restrizioni molto limitate all'esercizio di tale diritto;
     c) «solido e a prova di frode»: i metodi moderni di riscossione e di controllo dell'IVA dovrebbero massimizzare le entrate effettivamente percepite e limitare, per quanto possibile, la frode e l'elusione fiscale. Questo modo di procedere renderà più agevole il rispetto degli obblighi di conformità per le imprese, ma esigerà che le autorità fiscali nazionali si concentrino sui comportamenti a rischio e sugli autori effettivi delle frodi e che, in ultima analisi, esse si comportino come un'amministrazione europea dell'IVA. Per conseguire questo obiettivo sarà essenziale uno scambio di informazioni intensificato, automatizzato e rapido tra le amministrazioni fiscali nazionali;
    dare priorità alla semplificazione nei prossimi anni è in linea con il principio del «pensare anzitutto in piccolo» contenuto nello «Small business act per l'Europa», che promuove l’e-government e soluzioni a sportello unico per semplificare il contesto normativo e amministrativo in cui le piccole e medie imprese operano;
    il Libro verde IVA ricorda, tra l'altro, che tanto lo Small business act quanto la «Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020» auspicano un regime speciale a favore delle piccole e medie imprese atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA: le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'Unione europea. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'Unione europea, caratterizzato da una soglia comune;
    da uno studio effettuato per la Commissione europea alcuni anni fa è emerso che, in generale, il 12 per cento dell'IVA teorica non è percepito. La frode rappresenta un aspetto importante del cosiddetto divario dell'IVA, divario che consiste, però, anche di altri aspetti, come l'IVA non riscossa a seguito di errori, negligenza e fallimenti;
    alcune disposizioni della direttiva IVA sono superate e non tengono conto del mercato unico. Si tratta, in particolare, del regime per le piccole imprese e delle disposizioni relative all'IVA di gruppo;
    per meglio assicurare la neutralità dell'imposta sarà, inoltre, necessario riesaminare le norme complesse e divergenti in materia di diritto a detrazione e predisporre un meccanismo atto a risolvere le questioni di doppia imposizione;
    per quanto concerne l'attuazione del regime del gruppo IVA, mentre la direttiva comunitaria riconosce un unico soggetto passivo giuridico e fiscale, pur in presenza di soggetti giuridici indipendenti, l'ordinamento italiano mantiene l'autonomia delle singole società interessate;
    la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intra-unionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari e incertezza giuridica;
    le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere;
    queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci. Nel momento in cui la normativa fiscale influenza la decisione di acquistare o vendere merci o servizi, la neutralità economica dell'IVA non è più garantita e il funzionamento del mercato unico è gravemente pregiudicato;
    le aliquote ridotte assolvono una funzione redistributiva: contribuiscono alla progressività del sistema tributario, tassando ad aliquota inferiore consumi «necessari», e sono state, pertanto, classificate tra le misure a rilevanza sociale nel rapporto finale del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale di cui alla delega fiscale in corso di esame da parte del Parlamento (Atto Camera n. 282 – Atto Senato n. 1058);
    il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l'aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76 del 2013, a decorrere dal 1o ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento, mentre resta ferma l'attuale aliquota ridotta del 10 per cento (anch'essa originariamente destinata ad aumentare). In sostanza dal 1o ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta); esse risultano superiori alle aliquote medie applicate nei Paesi aderenti all'Unione europea,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative, nell'ambito degli organismi europei, al fine di:
    a) ottenere una graduale armonizzazione delle aliquote IVA standard;
    b) disporre di una base giuridica che consenta di adottare misure nazionali immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente, come suggerito dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo (COM (2011) 851 definitivo);
    c) dare attuazione alla creazione di Eurofisc (regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) ed a scambi automatizzati di informazioni rafforzati e prevedere un ampliamento della gamma di informazioni a cui gli Stati membri che lo desiderano possano avere accesso automatizzato;
    d) prevedere la creazione, nel quadro di Eurofisc, di un gruppo transfrontaliero di revisori composto da esperti delle amministrazioni fiscali nazionali, per procedere più sistematicamente a audit transfrontalieri e trarre profitto dalle conoscenze e dall'esperienza già acquisite in questo campo dai revisori e dai coordinatori dei controlli multilaterali;
    e) disporre che una parte delle maggiori entrate dello Stato relative alla lotta alle frodi, all'evasione e all'elusione fiscale in campo d'imposta sul valore aggiunto sia assegnata alla diminuzione del carico fiscale stesso;
   a predisporre le opportune iniziative, anche normative, sul piano nazionale, al fine di:
    a) introdurre l'obbligo di transazione tracciata per tutte le operazioni tra soggetti IVA indipendentemente dai limiti di importo;
    b) migliorare il flusso di informazioni riguardanti la formazione dell'IVA a debito e a credito, allineandosi alle best practice a livello europeo, verificando, in particolare, la possibilità di reinserire le dichiarazioni IVA periodiche;
    c) verificare la possibilità di introdurre meccanismi di disincentivo all'evasione dell'IVA sui beni e servizi intermedi, con particolare riferimento ai meccanismi di reverse-charge, di applicazione del meccanismo di deduzione base da base per alcuni settori e di versamento dell'imposta da parte degli enti della pubblica amministrazione che acquistano beni o servizi soggetti all'imposta;
    d) ottenere un'armonizzazione del regime IVA dei prodotti culturali, applicando l'aliquota ridotta anche ai prodotti musicali e agli audiovisivi, nonché ai prodotti dell'editoria elettronica on-line e agli audiolibri, che sono attualmente soggetti ad un trattamento fiscale penalizzante rispetto al cartaceo;
    e) predisporre in sede europea misure più efficaci nel contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, un aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, destinando il maggior gettito derivante da queste misure alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00330) (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Paglia, Lavagno, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla».


   La Camera,
   premesso che:
    alla fine del 2010 la Commissione europea ha diramato un Libro verde sul futuro dell'IVA che, dopo un periodo finalizzato a favorire la presentazione di osservazioni, spunti e contributi da parte di imprese, professionisti, esperti e autorità fiscali, si è tradotto, a fine 2011, in una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), nell'ambito della quale sono tratteggiate le principali linee di intervento su cui appare prioritario agire al fine di evolvere la disciplina verso un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più refrattario ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
    per un sistema IVA più semplice, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'istituzione di uno sportello unico, quale strumento essenziale per facilitare, soprattutto per le piccole e medie imprese, l'accesso al mercato unico; b) sulla creazione di un portale web che fornisca informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, fatturazione e dichiarazione dell'imposta; c) sull'aumento del livello di integrazione europeo del processo di elaborazione e interpretazione della normativa in materia di IVA, attraverso l'istituzione di un Forum europeo che metta a confronto autorità fiscali nazionali, Commissione europea e rappresentanti delle imprese; d) sull'opportunità di standardizzare a livello europeo gli adempimenti connessi alla gestione dell'IVA;
    per un sistema IVA più efficace, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'opportunità di un ampliamento della base imponibile, al fine di ridurre gli effetti distorsivi alla concorrenza e al mercato che possono discendere da talune previsioni di esclusione o di esenzione dal tributo, nonché al fine di consentire una riduzione dell'aliquota ordinaria applicata nei diversi Paesi membri e le differenze tra le aliquote ordinarie medesime; b) sull'opportunità di una revisione e riduzione dell'ambito di applicazione delle aliquote previste dai singoli Paesi membri in misura ridotta rispetto alle aliquote ordinarie;
    per un sistema IVA più refrattario a fenomeni di frode, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone in particolare l'accento: a) sulla possibilità di concedere una maggiore flessibilità normativa a livello di legislazione nazionale dei singoli Paesi membri, al fine di consentire l'adozione di risposte immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente; b) sull'intensificazione delle misure finalizzate a combattere le frodi, quali la creazione di Eurofisc e gli scambi di informazioni rafforzati; c) sulle ipotesi di riesame delle modalità di riscossione dell'imposta, con particolare riguardo al modello della rivalsa con, però, scissione dei pagamenti (tale per cui l'IVA addebitata in fattura dal cedente/prestatore viene direttamente pagata dal cessionario/committente su un conto corrente bancario vincolato dalle autorità fiscali) e alla generalizzazione del modello del reverse charge (tale per cui il cedente/prestatore non addebita l'imposta in fattura e quest'ultima è direttamente applicata dal cessionario/committente);
    per un sistema IVA più adatto al mercato unico, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone, in particolare, l'accento sulla necessità di approfondire ulteriormente le soluzioni per evitare che il mantenimento del principio tuttora provvisorio della tassazione nel Paese di destinazione (in luogo di quello «definitivo» dell'origine) continui a determinare un diverso trattamento nelle modalità di applicazione del tributo tra le operazioni interne e quelle transfrontaliere;
    seppur affrontato soltanto in modo marginale dalla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione, pare, altresì, evidente che, nell'ottica di un'evoluzione normativa che consenta di avere un sistema IVA al passo con il progresso tecnologico, siano quanto prima necessari a livello europeo appropriati interventi normativi volti a risolvere le oggettive iniquità di localizzazione della tassazione concernente le attività di vendita per il tramite di siti internet, cui si è recentemente cercato in Italia di dare un'inappropriata soluzione con un intervento normativo a livello nazionale (cosiddetta web tax),

impegna il Governo:

   a dare il proprio fattivo contributo in sede europea, affinché le priorità strategiche di cui alla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea, come riepilogate in premessa, trovino celere sviluppo e concreta traduzione in procedure, norme e regolamenti, sottolineando in particolare l'opportunità di un adeguato approfondimento dei positivi effetti che potrebbero determinare:
    a) l'introduzione del modello di riscossione del tributo attraverso il metodo della rivalsa con scissione del pagamento, soprattutto nei casi in cui il debitore dell'imposta è un ente pubblico;
    b) la generalizzazione del metodo del reverse charge a tutte le transazioni «business to business» (b2b);
    c) la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione;
    d) il coinvolgimento nell'apposito Forum comunitario di discussione, oltre che delle rappresentanze delle imprese, anche di quelle dei professionisti;
   a procedere quanto prima, mediante l'istituzione di un tavolo che coinvolga anche le parti sociali e le rappresentanze di imprese e professionisti, a una ricognizione dei casi di esenzione ed esclusione che, già sulla base dell'attuale normativa comunitaria, potrebbero essere rimessi in discussione ai fini dell'allargamento della base imponibile, così come delle fattispecie relativamente alle quali risulta attualmente prevista l'applicazione delle aliquote ridotte del 4 per cento e del 10 per cento, ai fini di una valutazione di una possibile prima azione su base nazionale nella direzione di un sistema IVA più efficace, coerentemente alle prospettazioni sul punto della comunicazione della Commissione europea;
   a sensibilizzare la Commissione europea e le altre istituzioni europee ai fini di un rapido adeguamento della disciplina concernente la territorialità IVA delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate per il tramite di siti internet, così da risolvere le oggettive iniquità che, in modo giuridicamente inappropriato, ma socialmente corretto, il legislatore italiano ha recentemente cercato di risolvere con l'introduzione della cosiddetta web tax, di cui va quanto prima disposta l'abrogazione e non soltanto la mera proroga dell'entrata in vigore, come prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151.
(1-00331) «Zanetti, Sottanelli, Andrea Romano».


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    secondo la Commissione europea, la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali ostacola gli scambi interni e genera complessità e incertezza giuridica che penalizzano soprattutto le piccole e medie imprese, tanto che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri è stimata tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    l'armonizzazione delle aliquote IVA impedirebbe fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea possono incidere sull'insorgere di fenomeni fraudolenti che sfruttano, tra l'altro, le debolezze insite nel sistema IVA di tassazione nel Paese di destinazione su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri tra imprese. Tali fenomeni sono all'origine di enormi perdite di gettito e colpirebbero con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte poiché in essi, a parità di altre condizioni, risulta più redditizio porre in essere fenomeni di «frodi carosello», di sottofatturazione all'importazione o di vendita sotto costo di beni di largo consumo. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simili pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea, e agli operatori coinvolti inconsapevolmente in catene di transazioni della specie;
    lo studio predisposto per la Commissione europea «Study to quantify and analyse the VAT Gap in the EU-27 Member States – Final Report» quantifica per l'Italia in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011, parte del quale è riconducibile ai fenomeni di frode organizzata dell'IVA nell'ambito degli scambi internazionali di beni e servizi;
    gli aumenti avvenuti negli ultimi anni dell'aliquota IVA ordinaria, ora lievemente superiore alla media comunitaria, e gli adempimenti amministrativi rischiano di disincentivare l'adempimento del tributo, alimentando fenomeni di concorrenza sleale,

impegna il Governo:

   a promuovere in sede europea un'armonizzazione del sistema delle aliquote al fine di renderlo più coerente ed equo, eventualmente convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando o riducendo le differenziazioni nazionali in materia di aliquote ridotte;
   ad adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
   a favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio delle comunicazioni di dati e dichiarazioni fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti, in un'ottica di potenziamento delle banche dati informatiche, aggiornate in tempo reale a disposizione dell'amministrazione finanziaria per il contrasto all'evasione e alle frodi e, per quanto riguarda il contribuente, di normalizzazione, riduzione dei costi di compliance e progressivo superamento delle attuali e obsolete modalità cartacee di tenuta della documentazione e di tutti gli adempimenti non più necessari;
   ad adottare iniziative per rivedere, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella successiva comunicazione sul futuro dell'IVA, i regimi speciali a favore delle piccole imprese, finalizzati principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia un regime semplificato che stabilisca l'esenzione dall'IVA e dalla maggior parte degli adempimenti di carattere documentale e informativo;
   a collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito, anche prendendo parte al progetto pilota per l'attività cross-border delle piccole imprese, avviato dal forum sull'IVA e attualmente in corso;
   a proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
   a destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote Iva.
(1-00332) «Causi, Bargero, Capozzolo, Carbone, Colaninno, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga».


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    secondo la Commissione europea, la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali ostacola gli scambi interni e genera complessità e incertezza giuridica che penalizzano soprattutto le piccole e medie imprese, tanto che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri è stimata tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    l'armonizzazione delle aliquote IVA impedirebbe fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea possono incidere sull'insorgere di fenomeni fraudolenti che sfruttano, tra l'altro, le debolezze insite nel sistema IVA di tassazione nel Paese di destinazione su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri tra imprese. Tali fenomeni sono all'origine di enormi perdite di gettito e colpirebbero con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte poiché in essi, a parità di altre condizioni, risulta più redditizio porre in essere fenomeni di «frodi carosello», di sottofatturazione all'importazione o di vendita sotto costo di beni di largo consumo. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simili pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea, e agli operatori coinvolti inconsapevolmente in catene di transazioni della specie;
    lo studio predisposto per la Commissione europea «Study to quantify and analyse the VAT Gap in the EU-27 Member States – Final Report» quantifica per l'Italia in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011, parte del quale è riconducibile ai fenomeni di frode organizzata dell'IVA nell'ambito degli scambi internazionali di beni e servizi;
    gli aumenti avvenuti negli ultimi anni dell'aliquota IVA ordinaria, ora lievemente superiore alla media comunitaria, e gli adempimenti amministrativi rischiano di disincentivare l'adempimento del tributo, alimentando fenomeni di concorrenza sleale,

impegna il Governo:

   a promuovere in sede europea un'armonizzazione del sistema delle aliquote al fine di renderlo più coerente ed equo, eventualmente convergendo verso un'unica aliquota ordinaria e riducendo le differenziazioni nazionali dei sistemi dell'IVA;
   ad adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
   a favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio delle comunicazioni di dati e dichiarazioni fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti, in un'ottica di potenziamento delle banche dati informatiche, aggiornate in tempo reale a disposizione dell'amministrazione finanziaria per il contrasto all'evasione e alle frodi e, per quanto riguarda il contribuente, di normalizzazione, riduzione dei costi di compliance e progressivo superamento delle attuali e obsolete modalità cartacee di tenuta della documentazione e di tutti gli adempimenti non più necessari;
   ad adottare iniziative per rivedere, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella successiva comunicazione sul futuro dell'IVA, i regimi speciali a favore delle piccole imprese, finalizzati principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia un regime semplificato che stabilisca l'esenzione dall'IVA e dalla maggior parte degli adempimenti di carattere documentale e informativo;
   a collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito, anche prendendo parte al progetto pilota per l'attività cross-border delle piccole imprese, avviato dal forum sull'IVA e attualmente in corso;
   a proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
   a destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote Iva.
(1-00332) (Testo modificato nel corso della seduta) «Causi, Bargero, Capozzolo, Carbone, Colaninno, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga».


   La Camera,
   premesso che:
    la diversa legislazione nazionale in tema di IVA rappresenta un ostacolo importante alla completa realizzazione del mercato unico europeo;
    in particolare, da un punto di vista macroeconomico, privilegiare l'imposizione sugli scambi, rispetto a quella che grava direttamente sui fattori della produzione, rappresenta, di fatto, una «svalutazione fiscale», i cui effetti sono paragonabili a quelli della svalutazione monetaria: dal momento che l'imposta si paga sui prodotti importati, mentre è restituita all'esportazione;
    alcuni Paesi, come la Germania, hanno utilizzato questo strumento per rilanciare ulteriormente le esportazioni, com’è dimostrato dal forte attivo della loro bilancia commerciale, con la conseguenza di determinare asimmetrie che si riflettono negativamente sulla stessa efficacia della politica monetaria;
    il Consiglio e la Commissione europea si sono posti da tempo – Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007 – il tema di una possibile armonizzazione tra i diversi regimi nazionali, al fine di regolare meglio gli scambi intracomunitari, specie nelle zone frontaliere, e ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese a causa dell'eccesso di regolazione fiscale;
    successivamente – il 1o dicembre 2010 – la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) in cui si indicano le linee guide che dovrebbero essere seguite dagli Stati membri per dare a quell'imposta un'impronta effettivamente comunitaria;
    ancora più recentemente – (COM (2011) 851) – la Commissione europea ha fatto proprie le indicazioni contenute nel precedente Libro verde, al fine di ridurre il peso della frammentazione nazionale, rendere più uniformi le aliquote che gravano sui singoli beni, diminuire gli oneri amministrativi e gestionali che gravano sul contribuente, specie se si tratta di piccole e medie imprese, ridurre, infine, l'area dell'evasione fiscale, molto estesa in alcuni Paesi, ma in parte riconducibile alla farraginosità delle regole che sovraintendono la relativa regolamentazione;
    il Consiglio europeo con la raccomandazione del 29 maggio 2003 «sul programma nazionale di riforma 2013» inerente al «programma di stabilità dell'Italia 2012-2017», che ha posto fine alla procedura d'infrazione, ha invitato, tra l'altro, l'Italia a «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità di bilancio»: proposizione che non sembra tener conto della specificità del caso italiano e della vasta platea degli «incapienti» che sosterrebbe il peso di un eventuale aumento dell'IVA – specie per i generi di prima necessità – senza alcuna contropartita in termini di riduzione del carico fiscale personale;
    lo stesso Consiglio europeo, tuttavia, in precedenza (2013/678/UE) aveva autorizzato l'Italia, in palese contraddizione con quanto richiamato in precedenza, a praticare un regime semplificato di imposizione – fino a determinare l'esenzione al di sotto di una determinata soglia (fatturato compreso tra 65 e 100 mila euro) – per le piccole imprese, anche alla luce del successivo Small business act for Europe (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008),

impegna il Governo:

   a partecipare, in sede europea, con grande attenzione agli sviluppi che seguiranno i lavori in tema di armonizzazione del regime IVA, al fine di evitare l'insorgere di ulteriori disposizioni tra loro contraddittorie per quanto riguarda la complessiva situazione italiana e le relative politiche di bilancio, che non possono prescindere dalle nuove regole che l'Europa intende darsi nei vari capitoli della politica fiscale;
   a realizzare un sistema fiscale complessivo – e non limitato solo all'IVA – che tenda a convergere verso standard uniformi, limitando la concorrenza fiscale che determina distorsioni nell'allocazione delle risorse e fenomeni di localizzazione aziendale – l'ultimo caso è quello di Fiat Chrysler automobiles – in contrasto con le regole che dovrebbero presiedere alla realizzazione di «un'area monetaria ottimale» che rappresenta il presupposto stesso dell'esistenza dell'euro;
   a far valere le specificità del sistema produttivo italiano, caratterizzato – a differenza di altri sistemi economici – dalla prevalenza di piccole e medie imprese, rispetto alle quali è necessario introdurre sistemi semplificati di contabilizzazione e riscossione, con un taglio netto degli oneri burocratici che sono a supporto di questa attività;
   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di una maggiore responsabilizzazione delle professioni, quale elemento di certificazione della corretta applicazione della normativa, anche al fine di ridurre l'area d'evasione fiscale, semplificando i relativi adempimenti ed accentuando, semmai, i controlli ex post, coinvolgendo in essi gli stessi professionisti;
   ad assumere iniziative per rendere compensabili debiti e crediti d'imposta, quale elemento di semplificazione amministrativa, prevedendo, altresì, di estendere le possibilità della cosiddetta «IVA per cassa»;
   ad assumere iniziative per prevedere, nel rispetto dei vincoli di bilancio allentati dagli esiti della spending review, che resta la via maestra per una riduzione del carico fiscale complessivo, maggiori aree di esenzione a favore della piccola e media impresa, con effetti immediatamente positivi sulla crescita del prodotto interno lordo e conseguenti benefici per la stessa finanza pubblica;
   a adottare modelli standard per la dichiarazione IVA, come proposto dalla stessa Commissione europea, e meccanismi automatici di pagamento concordati preventivamente con l'Agenzia delle entrate, sulla base di una previsione triennale, con eventuale conguaglio a fine anno.
(1-00333) «Dorina Bianchi, Bernardo».


   La Camera,
   premesso che:
    la diversa legislazione nazionale in tema di IVA rappresenta un ostacolo importante alla completa realizzazione del mercato unico europeo;
    in particolare, da un punto di vista macroeconomico, privilegiare l'imposizione sugli scambi, rispetto a quella che grava direttamente sui fattori della produzione, rappresenta, di fatto, una «svalutazione fiscale», i cui effetti sono paragonabili a quelli della svalutazione monetaria: dal momento che l'imposta si paga sui prodotti importati, mentre è restituita all'esportazione;
    alcuni Paesi, come la Germania, hanno utilizzato questo strumento per rilanciare ulteriormente le esportazioni, com’è dimostrato dal forte attivo della loro bilancia commerciale, con la conseguenza di determinare asimmetrie che si riflettono negativamente sulla stessa efficacia della politica monetaria;
    il Consiglio e la Commissione europea si sono posti da tempo – Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007 – il tema di una possibile armonizzazione tra i diversi regimi nazionali, al fine di regolare meglio gli scambi intracomunitari, specie nelle zone frontaliere, e ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese a causa dell'eccesso di regolazione fiscale;
    successivamente – il 1o dicembre 2010 – la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) in cui si indicano le linee guide che dovrebbero essere seguite dagli Stati membri per dare a quell'imposta un'impronta effettivamente comunitaria;
    ancora più recentemente – (COM (2011) 851) – la Commissione europea ha fatto proprie le indicazioni contenute nel precedente Libro verde, al fine di ridurre il peso della frammentazione nazionale, rendere più uniformi le aliquote che gravano sui singoli beni, diminuire gli oneri amministrativi e gestionali che gravano sul contribuente, specie se si tratta di piccole e medie imprese, ridurre, infine, l'area dell'evasione fiscale, molto estesa in alcuni Paesi, ma in parte riconducibile alla farraginosità delle regole che sovraintendono la relativa regolamentazione;
    il Consiglio europeo con la raccomandazione del 29 maggio 2003 «sul programma nazionale di riforma 2013» inerente al «programma di stabilità dell'Italia 2012-2017», che ha posto fine alla procedura d'infrazione, ha invitato, tra l'altro, l'Italia a «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità di bilancio»: proposizione che non sembra tener conto della specificità del caso italiano e della vasta platea degli «incapienti» che sosterrebbe il peso di un eventuale aumento dell'IVA – specie per i generi di prima necessità – senza alcuna contropartita in termini di riduzione del carico fiscale personale;
    lo stesso Consiglio europeo, tuttavia, in precedenza (2013/678/UE) aveva autorizzato l'Italia, in palese contraddizione con quanto richiamato in precedenza, a praticare un regime semplificato di imposizione – fino a determinare l'esenzione al di sotto di una determinata soglia (fatturato compreso tra 65 e 100 mila euro) – per le piccole imprese, anche alla luce del successivo Small business act for Europe (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008),

impegna il Governo:

   a partecipare, in sede europea, con grande attenzione agli sviluppi che seguiranno i lavori in tema di armonizzazione del regime IVA, al fine di evitare l'insorgere di ulteriori disposizioni tra loro contraddittorie per quanto riguarda la complessiva situazione italiana e le relative politiche di bilancio, che non possono prescindere dalle nuove regole che l'Europa intende darsi nei vari capitoli della politica fiscale;
   a realizzare un sistema fiscale complessivo – e non limitato solo all'IVA – che tenda a convergere verso standard uniformi, limitando la concorrenza fiscale che determina distorsioni nell'allocazione delle risorse e fenomeni di localizzazione aziendale – l'ultimo caso è quello di Fiat Chrysler automobiles – in contrasto con le regole che dovrebbero presiedere alla realizzazione di «un'area monetaria ottimale» che rappresenta il presupposto stesso dell'esistenza dell'euro;
   a far valere le specificità del sistema produttivo italiano, caratterizzato – a differenza di altri sistemi economici – dalla prevalenza di piccole e medie imprese, rispetto alle quali è necessario introdurre sistemi semplificati di contabilizzazione e riscossione, con un taglio netto degli oneri burocratici che sono a supporto di questa attività;
   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di una maggiore responsabilizzazione delle professioni, quale elemento di certificazione della corretta applicazione della normativa, anche al fine di ridurre l'area d'evasione fiscale, semplificando i relativi adempimenti ed accentuando, semmai, i controlli ex post, coinvolgendo in essi gli stessi professionisti;
   ad assumere iniziative per rendere compensabili debiti e crediti d'imposta, quale elemento di semplificazione amministrativa, prevedendo, altresì, di estendere le possibilità della cosiddetta «IVA per cassa» nell'ambito di una normativa europea armonizzata e adeguata;
   ad assumere iniziative per prevedere, nel rispetto dei vincoli di bilancio allentati dagli esiti della spending review, che resta la via maestra per una riduzione del carico fiscale complessivo, maggiori aree di esenzione a favore della piccola e media impresa, con effetti immediatamente positivi sulla crescita del prodotto interno lordo e conseguenti benefici per la stessa finanza pubblica;
   a adottare modelli standard per la dichiarazione IVA, come proposto dalla stessa Commissione europea, e meccanismi automatici di pagamento concordati preventivamente con l'Agenzia delle entrate, sulla base di una previsione triennale, con eventuale conguaglio a fine anno.
(1-00333) (Testo modificato nel corso della seduta) «Dorina Bianchi, Bernardo».


   La Camera,
   premesso che:
    sin dal novembre 2006, la Commissione europea ha proposto di varare un ambizioso programma d'azione per ridurre gli oneri amministrativi imputabili alla legislazione dell'Unione europea in vigore, individuando tra i settori prioritari quello riguardante la legislazione fiscale, in particolare quello relativo all'IVA;
    nella comunicazione «Legiferare con intelligenza nell'Unione europea – Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese» dell'ottobre 2010 è stato evidenziato, grazie a un'indagine on line presso le piccole e medie imprese, il carattere particolarmente oneroso della direttiva IVA nell'ambito della normativa unionale. La dichiarazione IVA, in particolare, è indicata come il settore in cui le divergenze costituiscono un ostacolo al commercio nell'Unione europea. La gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per tredici settori prioritari e questa situazione diminuisce l'interesse degli investitori per l'Unione europea;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA, in cui invitava tutte le parti interessate ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'IVA, in vigore ormai da oltre 40 anni;
    al termine della consultazione pubblica le parti interessate ritennero che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea nei ventisette sistemi nazionali dell'IVA rappresentasse l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha inviato al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono delineate le principali linee di intervento su cui agire, al fine di realizzare un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più resistente ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
    secondo quanto riportato nella «Valutazione retrospettiva degli elementi del sistema dell'IVA», una riduzione del 10 per cento nella diversità delle procedure amministrative generali dell'IVA tra i Paesi potrebbe tradursi in un incremento del 3,7 per cento degli scambi all'interno dell'Unione europea, con un aumento del prodotto interno lordo reale e dei consumi rispettivamente dello 0,4 per cento e dello 0,3 per cento;
    sarebbero circa 29,8 milioni le imprese che compilano dichiarazioni IVA nell'Unione europea. Di queste, circa 3,8 milioni presentano dichiarazioni in più di uno Stato membro, con un costo circa 2-3 volte superiore a quello delle dichiarazioni IVA sul mercato interno, che è equivalente a 4 miliardi di euro;
    uno studio della Commissione europea ha quantificato la differenza tra le entrate IVA effettivamente riscosse e quelle che gli Stati membri dovrebbero in teoria percepire sulla base delle rispettive economie. Per l'Italia tale divario ammonta a 36 miliardi di euro, più di Francia (32), Germania (26,9) e Regno Unito (19), una differenza che è riconducibile a fenomeni di evasione e frode fiscale realizzate negli scambi commerciali intraunione;
    il 23 ottobre 2013 la Commissione europea ha depositato la proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi sollecitamente presso le istituzioni comunitarie affinché:
    a) si esaminino in tempi rapidi la proposta di direttiva COM (2013) 721, riguardante il nuovo modello di dichiarazione IVA standard, al fine di favorire la definizione dello strumento legislativo;
    b) si proceda ad un'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che il divario delle aliquote, oltre a determinare maggiori oneri per le imprese e diminuire l'interesse degli investitori per l'Unione europea, possa favorire fenomeni di evasione e frode;
   a procedere con maggiore impulso nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni tra autorità fiscali e doganali per contrastare efficacemente le frodi fiscali in materia di IVA;
   a favorire la realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a partecipare attivamente al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri, parti interessate), fortemente voluto ed istituito per scambiare opinioni su questioni pratiche legate all'applicazione dell'IVA e per individuare le migliori pratiche atte a semplificarne il sistema;
   a procedere ad un riesame complessivo della struttura delle aliquote IVA, anche alla luce degli aumenti che si sono recentemente registrati, secondo i principi guida contenuti nel Libro verde e nella comunicazione COM (2011) 851.
(1-00336) «Buttiglione, Fauttilli, Schirò, De Mita, Rossi, Caruso, Sberna, Gigli, Marazziti, Fitzgerald Nissoli, Binetti».


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea (CEE) convennero nell'adottare un sistema comune dell'IVA, che rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali. Una parte dell'IVA percepita contribuisce, inoltre, ad alimentare il bilancio dell'Unione europea. La legislazione che regolamenta tale imposta è adottata a livello europeo e applicata a livello nazionale. Il regime attualmente in vigore è tutt'altro che soddisfacente ed è oggetto di numerose critiche da parte degli Stati membri e delle altre parti interessate, tra le quali figurano in particolare le imprese e i consumatori;
    per questo la Commissione europea, nel dicembre 2010, ha pubblicato il Libro verde sul futuro dell'IVA contenente 33 quesiti, su cui è stata avviata una consultazione pubblica destinata a singoli contribuenti, imprese, amministrazioni pubbliche e altri organismi per ottenere la loro opinione in merito a una rivisitazione complessiva del sistema IVA europeo, al fine di adeguarlo alle mutate esigenze collegate alla costruzione del mercato unico. In particolare, la Commissione europea intende conseguire il rafforzamento della coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico; l'incremento del gettito dell'imposta attraverso una più efficace lotta contro i fenomeni fraudolenti; la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per imprese e contribuenti; l'adeguamento della disciplina dell'IVA ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
    dopo un'ampia consultazione pubblica che ha visto più circa 1700 contributi pervenire ai tecnici comunitari, e che affrontavano le molteplici questioni aperte, il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM (2011) 851) sul futuro dell'IVA, nell'ambito della quale vengono delineati gli interventi da porre in essere per modificare la disciplina dell'IVA verso un sistema più semplice ed efficace, evidenziando come le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo troppo oneroso per la complessità dei diversi sistemi vigenti e per l'incertezza giuridica che caratterizza il tema. Le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano pertanto ad intraprendere attività transfrontaliere. La disciplina IVA vigente a livello europeo, infatti, risulta in contrasto con il principio di proporzionalità, si caratterizza per un'eccessiva complessità degli oneri amministrativi per i soggetti passivi e non tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci;
    la crisi economica degli ultimi anni ha avuto un impatto sulle finanze pubbliche, soprattutto in termini di orientamento verso la fiscalità indiretta rispetto a quella diretta: l'incidenza dell'IVA sul totale delle entrate segna una tendenza all'aumento in tutti i Paesi dell'Unione europea, legata a politiche generalmente orientate verso il rafforzamento della competitività attraverso la riduzione dell'imposizione sul reddito da lavoro e delle imprese. Tuttavia, l'aumento delle aliquote IVA, non sempre accompagnato da analoga riduzione delle imposte dirette, ha costituito un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori;
    in Italia, in particolare, la normativa sulle aliquote IVA è stata oggetto negli ultimi due anni di ripetuti interventi legislativi, volti a incrementare il gettito di tale imposta per fare fronte alle impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica nella fase più acuta della crisi che ha investito il mercato dei titoli di Stato italiani;
    in particolare, l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha determinato l'innalzamento al 21 per cento dell'aliquota IVA cosiddetta «ordinaria», precedentemente fissata al 20 per cento, a decorrere dal 17 settembre 2011; inoltre, l'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, aveva previsto un ulteriore aumento, entro il 31 dicembre 2012, di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, che sarebbero state nuovamente incrementate dello 0,5 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2014;
    successivamente, l'articolo 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, modificando ulteriormente il medesimo articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, ha prorogato al 1o luglio 2013 l'incremento di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, stabilendo inoltre che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, le predette aliquote fossero fissate, rispettivamente, all'11 ed al 22 per cento;
    l'articolo 1, comma 480, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), sostitutivo del citato articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, sia pure ridimensionando le prospettive di crescita del prelievo previste dalle norme appena ricordate, ha comunque stabilito un'ulteriore innalzamento della predetta aliquota al 22 per cento dal 1o luglio 2013, aumento prorogato a decorrere dal 1o ottobre 2013 con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
    tali interventi normativi, pure comprensibili in un contesto di emergenza della finanza pubblica ed alla luce degli stringenti vincoli imposti dal rispetto del Patto di stabilità europeo, hanno determinato effetti recessivi ampiamente riconosciuti sulla dinamica del prodotto interno lordo nazionale, soprattutto per il diretto impatto negativo che l'incremento del carico fiscale ha comportato sulle vendite di beni e le prestazioni di servizi, ma anche per l'effetto disincentivante sulle attività economiche che tali continui aggiustamenti del regime IVA hanno avuto, soprattutto in un contesto economico recessivo caratterizzato da un bassissimo tasso di fiducia dei consumatori e delle imprese;
    i recenti aumenti, che hanno ulteriormente accresciuto il differenziale rispetto all'aliquota media europea, hanno contribuito in misura significativa ad un clima di sfiducia e di mancata ripresa dei consumi e della domanda interna e, più in generale, hanno inciso negativamente sulle già debolissime prospettive di crescita dell'economia nazionale, dando purtroppo ai consumatori ed agli operatori economici interni ed internazionali un segnale negativo circa la reale intenzione del Governo di avviare un percorso di concreta riduzione della pressione tributaria,

impegna il Governo:

   ad adottare quanto prima ogni iniziativa necessaria a:
    a) porre rimedio all'incremento al 22 per cento dell'aliquota IVA, evitando di reperire le risorse finanziarie necessarie alla copertura di tale misura attraverso manovre dal lato delle entrate;
    b) assicurare stabilità di lungo periodo alla disciplina delle aliquote IVA, escludendo il ripetersi di continui interventi legislativi in materia, che hanno già determinato nelle famiglie e nelle imprese una condizione di incertezza particolarmente nociva per le prospettive di ripresa dell'economia nazionale;
   ad operare, dando il proprio fattivo contributo, affinché, nel dar seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa:
    a) siano tenute nel debito conto le esigenze delle piccole imprese, allo scopo di ridurre i costi operativi a loro carico e gli oneri amministrativi per le amministrazioni;
   b) sia evitata qualsiasi ipotesi di aumento delle aliquote IVA nella direttiva quadro, poiché questo implicherebbe, tra l'altro, un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori, a maggior ragione a fronte di timidi segnali di ripresa economica;
    c) siano approfondite le potenzialità di strumenti quali la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione o del metodo del reverse charge nelle transazioni «business to business» (b2b);
    d) si prosegua con maggiore incisività nell'azione di contrasto ai fenomeni dell'evasione e della frode fiscale in materia di IVA che costituisce un rilevante elemento di sperequazione tra i soggetti passivi dell'imposta.
(1-00338) «Capezzone, Sandra Savino, Garnero Santanchè, Laffranco, Palese, Galati, Latronico, Milanato, Prestigiacomo».


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea (CEE) convennero nell'adottare un sistema comune dell'IVA, che rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali. Una parte dell'IVA percepita contribuisce, inoltre, ad alimentare il bilancio dell'Unione europea. La legislazione che regolamenta tale imposta è adottata a livello europeo e applicata a livello nazionale. Il regime attualmente in vigore è tutt'altro che soddisfacente ed è oggetto di numerose critiche da parte degli Stati membri e delle altre parti interessate, tra le quali figurano in particolare le imprese e i consumatori;
    per questo la Commissione europea, nel dicembre 2010, ha pubblicato il Libro verde sul futuro dell'IVA contenente 33 quesiti, su cui è stata avviata una consultazione pubblica destinata a singoli contribuenti, imprese, amministrazioni pubbliche e altri organismi per ottenere la loro opinione in merito a una rivisitazione complessiva del sistema IVA europeo, al fine di adeguarlo alle mutate esigenze collegate alla costruzione del mercato unico. In particolare, la Commissione europea intende conseguire il rafforzamento della coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico; l'incremento del gettito dell'imposta attraverso una più efficace lotta contro i fenomeni fraudolenti; la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per imprese e contribuenti; l'adeguamento della disciplina dell'IVA ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
    dopo un'ampia consultazione pubblica che ha visto più circa 1700 contributi pervenire ai tecnici comunitari, e che affrontavano le molteplici questioni aperte, il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM (2011) 851) sul futuro dell'IVA, nell'ambito della quale vengono delineati gli interventi da porre in essere per modificare la disciplina dell'IVA verso un sistema più semplice ed efficace, evidenziando come le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo troppo oneroso per la complessità dei diversi sistemi vigenti e per l'incertezza giuridica che caratterizza il tema. Le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano pertanto ad intraprendere attività transfrontaliere. La disciplina IVA vigente a livello europeo, infatti, risulta in contrasto con il principio di proporzionalità, si caratterizza per un'eccessiva complessità degli oneri amministrativi per i soggetti passivi e non tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci;
    la crisi economica degli ultimi anni ha avuto un impatto sulle finanze pubbliche, soprattutto in termini di orientamento verso la fiscalità indiretta rispetto a quella diretta: l'incidenza dell'IVA sul totale delle entrate segna una tendenza all'aumento in tutti i Paesi dell'Unione europea, legata a politiche generalmente orientate verso il rafforzamento della competitività attraverso la riduzione dell'imposizione sul reddito da lavoro e delle imprese. Tuttavia, l'aumento delle aliquote IVA, non sempre accompagnato da analoga riduzione delle imposte dirette, ha costituito un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori;
    in Italia, in particolare, la normativa sulle aliquote IVA è stata oggetto negli ultimi due anni di ripetuti interventi legislativi, volti a incrementare il gettito di tale imposta per fare fronte alle impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica nella fase più acuta della crisi che ha investito il mercato dei titoli di Stato italiani;
    in particolare, l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha determinato l'innalzamento al 21 per cento dell'aliquota IVA cosiddetta «ordinaria», precedentemente fissata al 20 per cento, a decorrere dal 17 settembre 2011; inoltre, l'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, aveva previsto un ulteriore aumento, entro il 31 dicembre 2012, di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, che sarebbero state nuovamente incrementate dello 0,5 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2014;
    successivamente, l'articolo 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, modificando ulteriormente il medesimo articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, ha prorogato al 1o luglio 2013 l'incremento di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, stabilendo inoltre che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, le predette aliquote fossero fissate, rispettivamente, all'11 ed al 22 per cento;
    l'articolo 1, comma 480, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), sostitutivo del citato articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, sia pure ridimensionando le prospettive di crescita del prelievo previste dalle norme appena ricordate, ha comunque stabilito un'ulteriore innalzamento della predetta aliquota al 22 per cento dal 1o luglio 2013, aumento prorogato a decorrere dal 1o ottobre 2013 con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
    tali interventi normativi, pure comprensibili in un contesto di emergenza della finanza pubblica ed alla luce degli stringenti vincoli imposti dal rispetto del Patto di stabilità europeo, hanno determinato effetti recessivi ampiamente riconosciuti sulla dinamica del prodotto interno lordo nazionale, soprattutto per il diretto impatto negativo che l'incremento del carico fiscale ha comportato sulle vendite di beni e le prestazioni di servizi, ma anche per l'effetto disincentivante sulle attività economiche che tali continui aggiustamenti del regime IVA hanno avuto, soprattutto in un contesto economico recessivo caratterizzato da un bassissimo tasso di fiducia dei consumatori e delle imprese;
    i recenti aumenti, che hanno ulteriormente accresciuto il differenziale rispetto all'aliquota media europea, hanno contribuito in misura significativa ad un clima di sfiducia e di mancata ripresa dei consumi e della domanda interna e, più in generale, hanno inciso negativamente sulle già debolissime prospettive di crescita dell'economia nazionale, dando purtroppo ai consumatori ed agli operatori economici interni ed internazionali un segnale negativo circa la reale intenzione del Governo di avviare un percorso di concreta riduzione della pressione tributaria,

impegna il Governo:

   ad adottare quanto prima ogni iniziativa necessaria a:
    a) porre rimedio all'incremento al 22 per cento dell'aliquota IVA, reperendo le risorse finanziarie necessarie alla copertura di tale misura attraverso fondi reperiti dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale e dalla spending review;
    b) assicurare stabilità di lungo periodo alla disciplina delle aliquote IVA, escludendo il ripetersi di continui interventi legislativi in materia, che hanno già determinato nelle famiglie e nelle imprese una condizione di incertezza particolarmente nociva per le prospettive di ripresa dell'economia nazionale;
   ad operare, dando il proprio fattivo contributo, affinché, nel dar seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa:
    a) siano tenute nel debito conto le esigenze delle piccole imprese, allo scopo di ridurre i costi operativi a loro carico e gli oneri amministrativi per le amministrazioni;
   b) sia evitata qualsiasi ipotesi di aumento delle aliquote IVA nella direttiva quadro, poiché questo implicherebbe, tra l'altro, un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori, a maggior ragione a fronte di timidi segnali di ripresa economica;
    c) siano approfondite le potenzialità di strumenti quali la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione o del metodo del reverse charge nelle transazioni «business to business» (b2b);
    d) si prosegua con maggiore incisività nell'azione di contrasto ai fenomeni dell'evasione e della frode fiscale in materia di IVA che costituisce un rilevante elemento di sperequazione tra i soggetti passivi dell'imposta.
(1-00338) (Testo modificato nel corso della seduta) «Capezzone, Sandra Savino, Garnero Santanchè, Laffranco, Palese, Galati, Latronico, Milanato, Prestigiacomo».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per tutelare la salute dei bambini e degli adolescenti che vivono in prossimità dei siti di interesse nazionale da bonificare – 3-00630

   LABRIOLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono almeno un milione i bambini e i ragazzi italiani che vivono nelle immediate vicinanze di un sito di interesse nazionale;
   essi rischiano più degli altri in quanto, in alcuni siti (come, per esempio, a Massa Carrara, a Taranto, a Mantova) l'aumento del rischio è consistente. Questo è, almeno, quanto sostiene uno studio «La salute infantile nei siti inquinati italiani», pubblicato di recente da alcuni epidemiologi dell'Istituto superiore di sanità e dell'università La Sapienza di Roma;
   gli studiosi sono partiti da un dato: in Italia sono stati censiti e definiti «sin», siti di interesse nazionale per le bonifiche, 57 diverse aree. Sono aree molto inquinate, da contaminanti diversi (amianto, mercurio, arsenico, composti organici persistenti o anche da un insieme di queste e altre sostanze);
   si tratta di aree anche molto estese: coprono il 3 per cento del territorio nazionale e sono dislocate in tutte le regioni italiane, anche se le aree più estese sono in Sardegna e in Campania e sono abitate complessivamente da 5,5 milioni di abitanti, di cui il 20 per cento con età massima di 19 anni;
   il progetto «Sentieri» dell'Istituto superiore di sanità ha indagato gli effetti sulla salute delle persone che vivono in prossimità di questi siti. In particolare, ne ha preso in esame 44 su 57, trovando un aumento sia della mortalità sia delle morbilità per diverse cause;
   non esisteva, sino ad oggi, uno studio specifico sui bambini e sui ragazzi. Uno studio necessario, perché, come è noto, nella letteratura scientifica bambini e ragazzi rispondono in maniera diversa dagli adulti all'esposizione a diversi inquinanti;
   i motivi sono, in estrema sintesi, due. I bambini sono esposti agli inquinanti in maniera diversa rispetto agli adulti anche in un medesimo ambiente. I bambini, per esempio, hanno una superficie esposta relativa maggiore degli adulti. Cosicché, sempre in termini relativi, assorbono più inquinanti atmosferici. Inoltre, il rapporto tra il peso e l'aria e il cibo assunti nei bambini è inferiore. Insomma, in termini relativi, i piccoli inspirano più aria e mangiano di più. Se l'aria e/o il cibo sono inquinati ecco che il rischio aumenta. Infine, i bambini hanno una fisiologia diversa da quella di un adulto e un corpo in rapida crescita. Sanno difendersi meno dagli inquinanti. Anche a parità di esposizione relativa, dunque, i bambini sono più a rischio;
   l'Istituto superiore di sanità ha elaborato uno studio denominato «Sentieri Kids», ovvero uno studio specifico e di lungo periodo incentrato sui bambini e sui ragazzi;
   è stato attivato uno studio preliminare relativo alla sola mortalità e ad alcune malattie nella fascia d'età compresa tra 0 e 19 anni e per il periodo compreso tra il 1995 e il 2009 nei 44 siti già analizzati da «Sentieri»;
   risultati seppur non definitivi sembrano essere significativi. Tale studio sembra aver rilevato che la mortalità per tutte le cause – cioè quella di genere – è superiore del 4 per cento alla media nazionale per i neonati fino a un anno, mentre è del tutto in linea con la media nazionale nelle altre fasce di età. Inoltre, nella stessa fascia di età, la mortalità di origine perinatale è superiore del 5 per cento rispetto alla media;
   altro dato rilevante è che da un'analisi dettagliata si è dimostrato che le condizioni cambiano da sito a sito. Nei siti vicino ad ambienti industriali complessi, per esempio, la mortalità ha un picco. Nel sito di interesse nazionale di Massa Carrara, per esempio, la mortalità per tutte le cause è del 25 per cento più alta nella fascia di età 0-1 e addirittura del 48 per cento nella fascia di età tra 0 e 14 anni. A Taranto è più alta del 21 per cento nella fascia di età 0-1 e del 24 per cento nella fascia 0-14. A Mantova è più alta del 63 per cento nella fascia 0-1 e del 23 per cento nella fascia di età 0-14; un aumento della mortalità infantile per tutte le cause, dimostra lo studio, si osserva anche a Biancavilla, Broni e Casale Monferrato, siti caratterizzati da inquinamento da amianto. Mentre nei siti con presenza diffusa di discariche illegali, come, per esempio, il litorale domizio flegreo/agro aversano e l'area litorale vesuviano e il sito di Priolo, con complesse attività industriali, si registra una riduzione significativa della mortalità per tutte le cause in tutte le fasce di età –:
   quali siano i risultati, anche se parziali, dello studio denominato «Sentieri Kids» e, sulla base delle informazioni provenienti da tale studio, quali iniziative abbia intenzione di adottare per tutelare la salute dei bambini e dei ragazzi esposti a così elevati fattori inquinanti, anche magari attraverso l'adozione di un piano di tutela sanitaria specifica e di screening prenatali e neonatali. (3-00630)


Iniziative per garantire adeguate misure di prevenzione rispetto alla diffusione del retrovirus HTLV-1 sul territorio nazionale – 3-00631

   CAPUA, VARGIU e MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la comunità scientifica internazionale ha più volte lanciato l'allarme per la crescente diffusione del retrovirus umano HTLV-1, la cui infezione può essere responsabile di gravissime e incurabili forme di leucemia e di linfoma dell'adulto a cellule T e, verosimilmente, di forme paraparetiche su base degenerativa simili alla paraparesi spastica tropicale;
   tale virus è particolarmente diffuso nelle popolazioni africane, del sud Giappone, caraibiche e dell'America latina, con una popolazione infettata che si aggira intorno ai 10 milioni di individui;
   l'attuale situazione dei flussi migratori, del turismo di massa e, più in generale, della libera circolazione degli individui comporta l'estensione ubiquitaria del rischio di infezione, che si trasmette attraverso il contatto sessuale e l'allattamento, ma anche per via ematica;
   molti altri Paesi europei, tra cui la Gran Bretagna, la Francia e la Spagna, hanno preso atto della crescita dello specifico fattore di rischio e hanno già disposto presidi di prevenzione, tra i quali l'obbligo del test di evidenziazione del virus nelle donazioni di sangue e nei pazienti nosocomiali;
   l'eventuale aumento dei sieropositivi HTLV-1 nel nostro Paese potrebbe comportare conseguenti e disastrosi incrementi delle patologie neoplastiche attese;
   un gruppo di ricercatori afferente l'autorevole organizzazione internazionale «Global Virus Network», a margine dell'incontro sulle patologie tumorali virus correlate svoltosi a Napoli il 16-18 ottobre 2013, ha invitato con determinazione le autorità sanitarie italiane ad intervenire in merito con adeguate misure cautelari –:
   quali iniziative immediate e concrete intenda intraprendere per garantire nel Paese adeguate misure di prevenzione della diffusione del retrovirus HTLV-1, in particolare agendo sul controllo delle donazioni di sangue, in ambito ospedaliero e nei soggetti a rischio. (3-00631)


Iniziative per verificare la sussistenza dei presupposti per il reinserimento del farmaco Avastin nell'elenco dei farmaci a totale carico del Servizio sanitario nazionale – 3-00632

   DORINA BIANCHI, ROCCELLA e CALABRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sin dal febbraio 2013, sta conducendo un'indagine per accertare una presunta intesa restrittiva della concorrenza esistente tra le società dei gruppi Roche, produttrici del farmaco Avastin, e Novartis, produttrici del farmaco Lucentis; entrambi detti farmaci rappresentano trattamenti per la maculopatia, malattia degenerativa della retina;
   la Società oftalmologica italiana, attraverso svariati comunicati diffusi dai media, ha segnalato l'esistenza di un cartello tra i gruppi Roche e Novartis per impedire l'uso sul mercato dell’Avastin, a favore del Lucentis; dagli stessi comunicati emerge l'equivalenza sia in termini di sicurezza, che di efficacia terapeutica dei due farmaci, nonché viene resa nota la rilevante differenza di costo esistente; in particolare, la Società oftalmologica italiana segnala che Avastin costa 60 volte meno del Lucentis: un'iniezione al mese di Lucentis costerebbe 1.000 euro, rispetto ai 15 euro di Avastin;
   la medesima Società oftalmologica italiana ha pubblicamente chiesto che il farmaco Avastin sia reinserito nell'elenco dei farmaci previsto dalla legge n. 648 del 1996, affinché ne sia consentita l'erogazione a totale carico del servizio sanitario nazionale, come avviene per i farmaci di cui al predetto elenco, impiegati anche per un'indicazione diversa da quella autorizzata;
   il rappresentante del Governo, nella seduta del 27 novembre 2013, rispondendo ad un'interrogazione in Commissione affari sociali della Camera dei deputati, ha comunicato che, con decisione del 18 ottobre 2012, l'Agenzia italiana del farmaco ha escluso l’Avastin dall'elenco dei farmaci rimborsabili ai sensi della legge n. 648 del 1996, in quanto porrebbe problematiche sotto il profilo della sicurezza dei pazienti –:
   se il Ministro interrogato, al fine di garantire l'effettività delle cure e, nel contempo, ridurre i costi a carico del servizio sanitario nazionale, non intenda adottare ogni iniziativa ritenuta necessaria per verificare la sussistenza dei presupposti per il reinserimento del farmaco Avastin nell'elenco di cui alla legge n. 648 del 1996. (3-00632)


Iniziative volte a predisporre un elenco aggiornato dei farmaci cosiddetti introvabili e per contrastarne l'esportazione parallela – 3-00633

   GIGLI e BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da diversi mesi è stata segnalata, attraverso i mezzi di comunicazione, la difficoltà di reperire farmaci importanti per la salute dei pazienti;
   si tratta di numerosi medicinali introvabili sugli scaffali delle farmacie, tra cui molti di interesse neurologico, usati – tra l'altro – per il trattamento del dolore neuropatico, della depressione, dell'epilessia, di malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e per la prevenzione dei fenomeni tromboembolici;
   sono, il più delle volte, farmaci innovativi, di recente introduzione in prontuario, ad elevato valore terapeutico, ad alto costo e senza un equivalente alternativo disponibile. Farmaci anche essenziali, assenti dagli scaffali o perché la ditta distributrice non consegna o perché «contingentati», dei quali, cioè, ne viene consegnano solo un pezzo ogni tanto;
   ne derivano spesso autentici viaggi della speranza da una farmacia all'altra e spiacevoli quanto inutili diatribe tra pazienti e farmacisti. La conseguenza è fortemente ai danni della salute dei cittadini, specialmente quando si tratta di sostanze la cui interruzione può essere molto fastidiosa (come per gli antidolorifici) o pericolosa (come per gli antiepilettici o gli antitrombotici);
   alcune articolazioni territoriali di Federfarma sono arrivate a presentare esposti alla procura della Repubblica per denunciare «le gravi carenze sul territorio», se non addirittura «l'irreperibilità per lunghi periodi (più di 20 giorni) di alcuni farmaci»;
   stando alle informazioni in possesso degli interroganti, la carenza di questi farmaci nel circuito della distribuzione non è dovuta a deficit di produzione (in Italia o – più spesso – all'estero), né ad un insufficiente approvvigionamento per deficit di destinazione al nostro Paese rispetto ad altri da parte delle aziende estere produttrici;
   sembra, infatti, che la quota percentuale di produzione assegnata all'Italia sia, anzi, più alta del fabbisogno reale e che il sistema di distribuzione non presenti difficoltà fino a livello dei grossisti. Il sistema distributivo si arresterebbe, invece, nel passaggio dal grossista alle farmacie, con l'eccezione forse delle grandi catene di farmacie, che lamentano minori difficoltà di approvvigionamento;
   si tratterebbe di una mancata consegna da parte del grossista alla rete capillare delle piccole farmacie. I grossisti, peraltro, sarebbero stati regolarmente riforniti dai produttori. Lecito chiedersi, dunque, perché essi siano disponibili ad investire acquistando il farmaco, per poi apparentemente rinunciare al loro legittimo guadagno, visto che mancano di trasferire i prodotti all'ultimo anello della catena di distribuzione;
   detti farmaci, dal momento che all'estero costano molto di più, hanno una breve permanenza sul mercato, perché vengono tempestivamente ceduti al miglior acquirente. Si instaura in questo modo un parallel trade, un circuito di commercio parallelo, capace di assicurare a chi lo pratica un ritorno economico dettato dalla plusvalenza. L'esportazione a danno della distribuzione italiana, infatti, avviene solo per quei farmaci che in Italia hanno un prezzo al pubblico inferiore rispetto a quello di altri Paesi;
   in alcuni casi il differenziale di costo è talmente elevato da lasciare al grossista ampi margini di guadagno. È questo il caso, ad esempio, di un noto farmaco, molto utilizzato per la malattia del Parkinson, che costa alla farmacia in Italia 53,10 euro, contro gli oltre 270 euro della farmacia in Germania;
   in Italia i medicinali sono sottoposti a un regime controllato dei prezzi, oggetto abitualmente di estenuanti «braccia di ferro» tra i rappresentanti delle aziende produttrici e l'Agenzia italiana del farmaco. Questo meccanismo per la definizione dei prezzi dei farmaci, se, da un lato, si è dimostrato capace di controllare efficacemente la spesa farmaceutica del servizio sanitario nazionale, dall'altro è, tuttavia, causa di inaccettabili ritardi nell'immissione in commercio dei nuovi prodotti autorizzati, posticipata dalle aziende produttrici fino a quando si determinino condizioni di redditività minime e accettabili per l'azienda;
   accanto al ritardo nell'immissione dei farmaci, che provoca un'indesiderata obsolescenza delle capacità terapeutiche del servizio sanitario nazionale, si sta ora determinando un'altra pericolosa distorsione. Il medicinale che, grazie alla capacità virtuosa dell'Agenzia italiana del farmaco, riesce ad essere venduto in Italia a prezzi decisamente più contenuti, sparisce dai banconi delle farmacie per essere rivenduto all'estero a prezzi più competitivi, in base alla normativa europea sul libero scambio. Il parallel trade all'interno dell'Unione europea, infatti, è una forma di scambio in seno al mercato interno fondata sull'articolo 28 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea del 1957, dalla quale peraltro alcuni Governi ritengono di avvantaggiarsi per ottenere attraverso di essa una riduzione consistente della spesa farmaceutica;
   la carenza di farmaci nel circuito distributivo può essere risolta, ovviamente, solo con il coinvolgimento delle istituzioni e di tutti gli operatori coinvolti nella filiera; nondimeno, alcune azioni sono tuttavia possibili, e pertanto doverose, anche nell'immediato;
   è possibile, ad esempio, per i titolari fronteggiare episodi di irreperibilità utilizzando gli strumenti previsti dall'articolo 105, comma 4, del decreto legislativo n. 219 del 2006, che obbliga i titolari di un'autorizzazione all'immissione in commercio a evadere direttamente gli ordinativi alle farmacie richiedenti senza nessuna specifica restrizione;
   occorrerebbe un'azione di concertazione in sede europea per arrivare a concordare uno stesso prezzo per i farmaci in tutto il territorio dell'Unione europea, al livello più basso che sia possibile spuntare con le aziende, certamente interessate a non perdere un mercato di enormi dimensioni;
   sarebbe necessario, a parere degli interroganti, inoltre, predisporre un efficace sistema di controllo sulle autorizzazioni ad immissioni in commercio, per dare priorità nella fornitura a favore della distribuzione diretta alle farmacie, evitando di alimentare quei grossisti per i quali vi sia evidenza di attività di esportazione parallela –:
   quali iniziative urgenti intenda porre in essere per predisporre un aggiornato elenco dei farmaci introvabili e per un più incisivo intervento teso a contrastarne l'esportazione parallela. (3-00633)


Iniziative per il riconoscimento della sclerosi sistemica tra le malattie rare – 3-00634

   LAFFRANCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sclerosi sistemica è una complessa malattia cronica del tessuto connettivo tra le più invalidanti e spesso anche mortale se non adeguatamente controllata, caratterizzata da diffuse alterazioni vascolari, fibrosi e indurimento della cute e di alcuni organi, in particolare polmoni, apparato gastrointestinale, reni e cuore;
   in Italia gli affetti da sclerosi sistemica sono oltre 25 mila e ogni anno si ammalano circa 1.200 nuove persone. Si tratta di una patologia poco conosciuta e la sottovalutazione dei primi sintomi può essere fatale mentre una diagnosi precoce può ritardare la disabilità;
   attualmente la sclerosi sistemica (progressiva) è inclusa nell'elenco delle malattie croniche ed invalidanti di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, consentendo a chi ne è affetto di poter usufruire in esenzione di una serie di prestazioni, conformemente a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 124 del 1998;
   sono, invece, escluse le prestazioni per la diagnosi, che vengono garantite in esenzione per le malattie rare (decreto ministeriale n. 279 del 2001). Il non aver ancora inserito questa patologia nell'elenco delle malattie rare rende ancora più difficile la diagnosi precoce e la quotidianità di chi ne è affetto;
   nella XVI legislatura l'allora Ministro della salute presentò i nuovi livelli essenziali di assistenza con gli aggiornamenti agli elenchi delle patologie croniche e rare, ma l’iter del provvedimento si bloccò per incertezze sui saldi del «paniere» del servizio sanitario nazionale. Nonostante le rassicurazioni del Ministro interrogato, si è ancora in attesa del decreto, la cui pubblicazione cambierebbe la vita di numerosi malati, ma che è attualmente bloccato perché sottoposto ad ulteriori riflessioni sul reperimento delle risorse –:
   se il Ministro interrogato, nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria e nelle more della revisione complessiva dei livelli essenziali di assistenza, non intenda porre in essere ogni iniziativa diretta a riconoscere la sclerosi sistemica tra le malattie rare, anche provvedendo all'inserimento della patologia nell'allegato n. 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001 contenente l'elenco delle malattie rare, in modo da assicurare finalmente diagnosi tempestive e cure uniformi sull'intero territorio nazionale. (3-00634)


Intendimenti del Ministro per la coesione territoriale in ordine alla sua partecipazione ad una commissione per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale a professore universitario – 3-00635

   VACCA, LUIGI GALLO, BRESCIA, SIMONE VALENTE, BATTELLI, D'UVA, DI BENEDETTO e MARZANA. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   per l'espletamento delle procedure dell'abilitazione scientifica nazionale è necessario costituire le commissioni nazionali per ciascun settore composte da cinque membri;
   con decreto il direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca costituisce un'apposita lista composta, per ciascun settore concorsuale, dai nominativi dei professori ordinari del settore concorsuale di riferimento che hanno presentato domanda per esservi inclusi;
   quattro dei membri della commissione sono individuati mediante sorteggio all'interno della lista medesima;
   per la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 14/D1 (sociologia dei processi economici, del lavoro, dell'ambiente e del territorio) è stato sorteggiato membro della commissione il professor Carlo Trigilia;
   con decreto del Presidente della Repubblica del 28 aprile 2013, il professor Trigilia è nominato Ministro senza portafoglio del Governo Letta;
   l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, stabilisce l'aspettativa obbligatoria dei professori universitari per situazioni di incompatibilità per la durata della nomina alla carica di Ministro;
   lo stesso articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, per quanto concerne l'esclusione dalla possibilità di far parte delle commissioni di concorso, è di dubbia interpretazione;
   la presenza di un Ministro della Repubblica, quale membro della commissione per l'abilitazione scientifica nazionale, potrebbe alterare, anche involontariamente, gli equilibri e l'imparzialità della commissione, pregiudicandone anche i giudizi sui concorrenti –:
   per quale motivo il Ministro interrogato non abbia ritenuto opportuno dimettersi da membro della commissione per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 14/D1. (3-00635)


Interventi urgenti volti a definire l'effettiva consistenza numerica dei lavoratori cosiddetti esodati e salvaguardati e per consentire ai medesimi l'accesso alla pensione – 3-00636

   DI SALVO, MIGLIORE, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps ha diffuso un breve rapporto contenente i dati relativi alla situazione al 20 gennaio 2014 dei lavoratori cosiddetti salvaguardati;
   dal rapporto emerge che gli esodati che hanno effettivamente ottenuto la liquidazione della pensione sono 33.147, a fronte di 162.147 posizioni salvaguardate con 5 differenti provvedimenti;
   le posizioni certificate dall'Inps sono nel complesso 82.458, di cui 62.383 relative alla prima salvaguardia, su 65.000 lavoratori da salvaguardare; 14.450 alla seconda salvaguardia, su 55.000 lavoratori da salvaguardare e 5.625 alla terza, su 10.130 lavoratori da salvaguardare;
   le ultime due salvaguardie, per 32.000 lavoratori in totale da salvaguardare, il rapporto precisa che per la quarta – relativa a 9.000 coperture – è in corso la presentazione delle domande alle direzioni territoriali del lavoro delle istanze degli interessati con termini di scadenza fissati al 26 e 27 febbraio 2014, a seconda della categoria di appartenenza. Le attività di certificazione – si legge nel rapporto – saranno concluse entro giugno 2014. Per la quinta salvaguardia relativa a 23.000 posizioni deve ancora essere pubblicato il decreto interministeriale di attuazione. Il rapporto Inps prevede che le attività di certificazione saranno concluse entro il 2014;
   il rapporto analizza nel dettaglio la tipologia dei lavoratori salvaguardati e il relativo anno di decorrenza della pensione limitatamente alle 82.458 posizioni certificate, di cui 33.147 già liquidate;
   i dati non sono per nulla soddisfacenti: se si considerano solo le prime tre salvaguardie, a fronte di 120 mila lavoratori da salvaguardare in totale, non sono state certificate 37.542 posizioni, pari al 31,3 per cento del totale (ben un terzo degli aventi diritto);
   se, invece, si considera il dato delle pensioni effettivamente liquidate, queste non arrivano neppure a coprire per intero il numero delle posizioni certificate relative al solo anno di decorrenza 2013, senza considerare il numero di quanti avrebbero dovuto percepire la pensione già nel 2012;
   la situazione è gravissima perché persone e famiglia si trovano nella condizione di non percepire ancora una pensione e non percepire più uno stipendio o una misura di sostegno del reddito a causa della lentezza della burocrazia;
   il Governo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Inps devono necessariamente intervenire perché le posizioni personali e le certificazioni vengano rilasciate in tempi più celeri, per dare certezze e serenità a chi oggi vive situazioni di estremo disagio;
   l'Inps occupa lavoratrici e lavoratori che sicuramente stanno profondendo il massimo impegno per il disbrigo delle domande di salvaguardia, ma evidentemente vi è un problema organizzativo a monte, che inevitabilmente porta al problema della governance dell'ente e alla necessità di intervenire con solerzia per eliminare la sua gestione monocratica;
   non va sottaciuto anche un altro importante problema che è relativo all'accesso alle informazioni e ai dati in possesso dell'Inps. Bisogna intervenire perché tutti i dati degli iscritti all'Inps, opportunamente anonimizzati, siano immediatamente accessibili da parte di enti di ricerca e statistici e delle altre istituzioni pubbliche, considerato che appare sempre molto problematico ottenere dati dall'Inps, anche quando la richiesta proviene da organi del più alto livello;
   la conoscenza dei dati in possesso dell'Inps è di fondamentale importanza, per esempio, per conoscere finalmente con certezza il numero dei lavoratori e delle lavoratrici cosiddetti esodati e poter individuare le coperture necessarie a risolvere questo assurdo problema generato dalla «manovra» previdenziale di cui al decreto-legge n. 201 del 2011 –:
   quali misure concrete e urgenti intenda adottare per consentire che – tenuto conto di quanto in premessa – i lavoratori esodati, conosciuta la loro effettiva consistenza numerica, e i lavoratori salvaguardati possano accedere alla pensione e ottenere la sua effettiva erogazione, senza che la burocrazia aggiunga ulteriore danno a quello già prodotto dalla «manovra» pensionistica, cosiddetta «riforma Fornero». (3-00636)


Iniziative per tutelare i lavoratori italiani frontalieri in Svizzera e per risolvere la problematica dei ristorni per i comuni di confine – 3-00637

   GIANCARLO GIORGETTI, MOLTENI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la situazione degli oltre 60 mila cittadini italiani lavoratori frontalieri in Svizzera, all'indomani del referendum elvetico «contro l'immigrazione di massa», è improvvisamente oggetto di dibattito politico tra i diversi partiti;
   è bene ricordare, tuttavia, che ad oggi solo Lega Nord si è battuta a difesa dei diritti dei lavoratori italiani frontalieri in Svizzera;
   con più di un atto di sindacato ispettivo, infatti, la Lega Nord ha chiesto lumi sui 270 milioni di euro di risorse disponibili esistenti nella gestione separata Inps appositamente istituita dalla legge n. 147 del 1997 per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera;
   sempre la Lega Nord ha sollevato la problematica derivante dall'applicazione anche ai frontalieri delle regole del nuovo redditometro, il cui rischio era per i frontalieri italiani di essere vessati come evasori (si veda l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-00124);
   oggi gli interroganti evidenziano anche la questione dei ristorni, ovvero la quota di tasse pagate dai lavoratori frontalieri che torna ai comuni italiani di confine; si teme, infatti, che il Ministro dell'economia e delle finanze possa concedere la revisione del trattato sui ristorni – che in ottobre compirà 40 anni – per ottenere qualcosa in più sullo scambio dei dati riguardo ai depositi bancari;
   è indubbio che l'eventuale cancellazione o revisione in peius del trattato di ristorno creerebbe nefaste conseguenze per i comuni di confine, i cui residenti pagano le tasse in Svizzera ma beneficiano delle prestazioni sociali ed assistenziali italiane;
   se dunque il referendum svizzero – apprezzabile e lodevole espressione di democrazia e di civiltà – scaturisce dalla preoccupazione che l'immigrazione sia causa degli abbassamenti dei salari e della saturazione del mercato del lavoro interno, ad avviso degli interroganti una concreta misura per evitare la concorrenza sleale e territoriale per quanto riguarda i posti di lavoro potrebbe essere quella di istituire una zona franca in Lombardia e Piemonte, in cui la tassazione delle attività produttive sia allineata a quella della Svizzera, così da non indurre le imprese nostrane a delocalizzare oltre confine –:
   se e quali misure urgenti di propria competenza il Governo intenda adottare per tutelare gli oltre 60 mila lavoratori italiani frontalieri in Svizzera e per risolvere i problemi dei ristorni per i comuni di confine e se non ritenga opportuno che alla rinegoziazione con Berna del trattato riguardante i frontalieri partecipino la Lombardia ed il Piemonte, in quanto regioni direttamente interessate dal fenomeno, nonché se intenda valutare attentamente l'istituzione di una zona franca di frontiera per le fasce di confine con la Svizzera. (3-00637)


Elementi in merito alla situazione finanziaria e patrimoniale dell'INPS – 3-00638

   MORASSUT, MARROCU, SCANU, GNECCHI, BELLANOVA, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MADIA, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SIMONI, ZAPPULLA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, in concomitanza con le dimissioni del Presidente Inps Antonio Mastrapasqua, richieste dal gruppo del Partito democratico e accolte dal Presidente del Consiglio dei ministri, sono circolate notizie relative ai conti dell'Inps che suscitano allarme e preoccupazione;
   in particolare, alcuni quotidiani nazionali, hanno pubblicato documenti interni – presumibilmente ufficiali – riguardanti il bilancio Inps 2014, dai quali risulterebbe un deficit dell'ente previdenziale pubblico nazionale pari a quasi 14 miliardi di euro;
   tali notizie – smentite, tuttavia, da una nota dell'istituto – rilanciano alcune dichiarazioni rese mesi fa dallo stesso ex presidente Mastrapasqua a seguito di una audizione presso la Commissione bicamerale di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, in cui affermava che i conti dell'Inps presentavano forti elementi di criticità a seguito di una tendenziale riduzione delle contribuzioni, di un contestuale crescente aumento delle prestazioni e anche a causa degli effetti dell'incorporazione in Inps di Inpdap ed Enpals;
   attualmente gli organi parlamentari – né la Camera dei deputati, né il Senato della Repubblica, né le commissioni di merito, né la Commissione bicamerale – hanno mai avuto dettagliate e ufficiali informazioni sul tema dell'eventuale sbilanciamento dei conti e delle presunte criticità finanziarie;
   una particolare attenzione va riposta, con riferimento alla capacità dell'Inps di affrontare gli obblighi di legge derivanti dalla riforma del sistema pensionistico recentemente approvata, alla politica di investimenti mobiliari e in titoli attuati dall'istituto negli ultimi anni, nonché alla definizione di un piano industriale adeguato a valorizzare ed utilizzare al meglio le risorse umane e tecniche disponibili dopo le incorporazioni di Inpdap ed Enpals –:
   quali siano gli elementi a disposizione del Governo ai fini di una sua puntuale valutazione in merito al delicato tema dell'equilibrio finanziario e patrimoniale dell'Inps, che ha evidenti riflessi sulla vita concreta di milioni di cittadini pensionati e di lavoratori. (3-00638)