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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 10 febbraio 2014

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 10 febbraio 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, D'Incà, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Sani, Sereni, Speranza, Tabacci, Valentini, Vargiu.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Chaouki, Cicchitto, Cicu, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Damiano, D'Incà, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Sani, Schullian, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Valentini, Vargiu, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 7 febbraio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   LUIGI GALLO ed altri: «Modifiche al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di abolizione dell'obbligo di pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara in quotidiani a diffusione nazionale e locale, nonché destinazione dei risparmi di spesa per iniziative in materia di cultura, istruzione, centri di ascolto e asili nido» (2061);
   BALDUZZI: «Modifiche al codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, in materia di cognizione dell'incidente di falso nei giudizi relativi alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo» (2062);
   GANDOLFI: «Modifica all'articolo 142 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di limite di velocità nei centri urbani, e altre disposizioni per incrementare il trasporto collettivo e gli spostamenti non motorizzati nelle aree urbane nonché per migliorare l'impiego delle risorse pubbliche destinate a infrastrutture per la mobilità» (2063).

  Saranno stampate e distribuite.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

  La proposta di legge n. 1237, d'iniziativa dei deputati PAOLO NICOLÒ ROMANO ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Istituzione del Garante dei diritti degli animali».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  GARAVINI: «Disposizioni per la continuità dell'attività produttiva, la tutela dei lavoratori, la salvaguardia dell'occupazione e l'emersione del lavoro irregolare nelle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata» (1189) Parere delle Commissioni I, V, VI, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   VI Commissione (Finanze):
  S. 1058. – CAUSI ed altri; ZANETTI; CAPEZZONE ed altri; MIGLIORE ed altri: «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» (approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (282-950-1122-1339-B) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, X, XII e XIII.
   VIII Commissione (Ambiente):
  ZAN ed altri: «Norme per il contenimento del consumo del suolo e la riconversione ecologica delle città» (1889) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   IX Commissione (Trasporti):
  PAOLO NICOLÒ ROMANO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla privatizzazione della società Telecom Italia» (1796) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.
   XIII Commissione (Agricoltura):
  PAOLO NICOLÒ ROMANO ed altri: «Istituzione del Garante dei diritti degli animali» (1237) Parere delle Commissioni I, II, V, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

  Il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), con lettera in data 6 febbraio 2014, ha trasmesso un documento, approvato dall'assemblea del CNEL nella seduta del 23 gennaio 2014, concernente osservazioni e proposte «Per una nuova politica industriale».
  Questo documento è trasmesso alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissiono europea, in data 7 febbraio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione – Relazione sui progressi compiuti nella definizione di adeguate relazioni tra l'Unione europea e l'Agenzia spaziale europea (ESA) (COM(2014) 56 final), che è assegnato in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all'applicazione del regolamento (UE) n. 472/2013 (CQM(2014) 61 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla strategia dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche (COM(2014) 64 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030 (SWD(2014) 16 final), che è assegnato in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive).

  La Commissione europea, in data 7 febbraio 2014, ha trasmesso un nuovo testo degli allegati alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (C0M(2Q14) 1/2 final – Annex 1), che sostituisce il documento COM(2014) 1 final – Annex 1, già assegnato, in data 3 febbraio 2014, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI RUOCCO ED ALTRI N. 1-00288, BUSIN ED ALTRI N. 1-00329, PAGLIA ED ALTRI N. 1-00330, ZANETTI ED ALTRI N. 1-00331, CAUSI ED ALTRI N. 1-00332, DORINA BIANCHI E BERNARDO N. 1-00333, BUTTIGLIONE ED ALTRI N. 1-00336 E CAPEZZONE ED ALTRI N. 1-00338 CONCERNENTI INIZIATIVE PER ARMONIZZARE IL SISTEMA EUROPEO DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO ALLA LUCE DEL LIBRO VERDE SUL FUTURO DELL'IVA ADOTTATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), in cui invitava imprese, accademici, cittadini e autorità fiscali dell'Unione europea ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, allo scopo di rafforzare la coerenza del tributo con il mercato unico, incrementarne le entrate, ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    a seguito dell'ampio processo di consultazione con le parti interessate, la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    nel sopra citato documento la Commissione europea è pervenuta alla conclusione generale che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare pienamente dei vantaggi di un mercato unico autentico. La mancanza di armonizzazione genera, infatti, complessità, incertezza giuridica e costi di conformità alle norme che dissuadono le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, dall'intraprendere il commercio transfrontaliero, con la conseguenza di rendere più facile e redditizio concludere affari con partner di Paesi terzi, piuttosto che con imprese dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea la valutazione economica dei costi di conformità subiti dalle imprese impegnate nelle operazioni transfrontaliere è stimabile in una percentuale compresa tra il 2 per cento e l'8 per cento dell'importo dell'IVA riscossa. Essa ha stabilito che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri potrebbe tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    nel Libro verde sul futuro dell'IVA, la Commissione europea riconosce la necessità di una forte armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, non solo per i privati, ma anche per le imprese, innescando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea favoriscono l'insorgere di fenomeni fraudolenti, come le cosiddette «frodi carosello», che sfruttano le debolezze insite nel complesso meccanismo amministrativo di neutralizzazione dell'imposta sul valore aggiunto su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri. Tali frodi sono all'origine di enormi perdite di gettito che colpiscono con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte, poiché in essi risulta più redditizio effettuare le operazioni di vendita sotto costo di beni di largo consumo che sono alla base di questi espedienti criminali. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simile pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea (MEMO/13/800 del 19 settembre 2013): «Prendendo in considerazione le varie componenti del divario IVA, ci sono diversi fattori che possono spiegarne l'incremento in tempi di crisi. Da un lato, un forte aumento delle aliquote per risanare i conti pubblici, soprattutto se coniugato con una scarsa ottemperanza alle norme, potrebbe, in larga misura, stimolarne l'inadempimento. Dall'altro, hanno contribuito a tale divario anche l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti e un calo nelle importazioni (che spesso rappresentano i sistemi più facili per provvedere alla raccolta del tributo)», posizione condivisa, altresì, dal Commissario alla fiscalità della Commissione europea Algirdas Semeta. Il citato documento quantifica in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011 nel nostro Paese, che detiene tale triste primato tra i 26 Paesi dell'Unione europea;
    l'innalzamento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, attualmente al di sopra della media comunitaria, e il crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla generalità delle imprese nazionali e comunitarie per fronteggiare il divario IVA non costituiscono una strategia idonea al risanamento delle finanze pubbliche italiane. L'inasprimento della pressione fiscale e la complessità delle norme di conformità aumentano, infatti, la convenienza marginale a frodare il tributo, scoraggiando, al contempo, l'intraprendenza degli operatori corretti,

impegna il Governo:

   a garantire che le priorità strategiche indicate nel documento di cui in premessa si traducano in azioni concrete, al fine di:
    a) adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea affinché si proceda ad un'opera di armonizzazione del sistema delle aliquote, che deve essere reso più coerente ed equo, convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando le differenziazioni nazionali;
    b) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
    c) favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta del valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio dei dichiarativi fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti nella comunicazione delle informazioni all'amministrazione finanziaria in un'ottica di normalizzazione, riduzione dei costi della compliance e di progressiva sostituzione delle attuali, obsolete modalità cartacee di tenuta di queste operazioni;
    d) istituire, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella comunicazione sul futuro dell'IVA, un regime speciale a favore delle piccole imprese, finalizzato principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia il beneficio dell'esenzione dal tributo;
    f) collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
    g) proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito;
    l) proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
    m) destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00288) «Ruocco, Cancelleri, Alberti, Villarosa, Pesco, Barbanti, Pisano, Chimienti, Di Battista, Frusone».


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata per la prima volta introdotta in Europa nel 1954, in Francia, e nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea convennero di sostituire i rispettivi sistemi nazionali di imposta sulla cifra d'affari con un sistema comune dell'IVA;
    l'IVA rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali, tanto che nel 2008 il gettito IVA ha rappresentato in media il 7,8 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati membri, una percentuale che ha registrato un aumento di quasi il 13 per cento dal 1995;
    la complessità delle norme IVA comporta numerosi ed importanti oneri amministrativi per le imprese e la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per molti settori economici, dal momento che sono numerosi i fattori, come la detrazione e le aliquote, in relazione ai quali le piccole e medie imprese non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia (tale complessità riduce notevolmente l'interesse degli investitori per l'Unione europea);
    il fatto che la gestione di operazioni nazionali e intra-comunitarie continua ad essere trattata in modo diverso ai fini dell'IVA rappresenta un ostacolo al raggiungimento di obbiettivi più performanti e la situazione è resa più complessa dall'esistenza di numerose opzioni e deroghe di cui gli Stati membri possono avvalersi ai sensi della normativa dell'Unione europea sull'IVA, con il risultato che all'interno dell'Unione europea sono applicate norme tra loro molto diverse;
    a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio europeo nel 2007 del programma d'azione della Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007, il quale era finalizzato a ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, la Commissione europea ha presentato nel 2009 un piano contenente 16 misure, tra cui l'abolizione della dichiarazione riepilogativa annuale dell'IVA o degli elenchi degli acquisti intra-Unione europea e la riduzione della frequenza delle dichiarazioni IVA;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), finalizzato ad analizzare gli aspetti critici del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, così da verificare la coerenza del tributo con il mercato unico, al fine di incrementarne le entrate e contemporaneamente di ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono sussistere per un nuovo regime, giungendo alla conclusione che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea è ostacolo agli scambi tra Paesi membri dell'Unione europea;
    l'attuale frammentazione evidenzia come la mancanza di armonizzazione causi una maggiore complessità, con conseguenti difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, che sono perciò disincentivate ad intraprendere operazioni di commercio transfrontaliero, e il Libro verde sul futuro dell'IVA rileva la necessità dell'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, determinando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno;
    l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, congiuntamente al crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla imprese italiane, rappresenta un ulteriore inasprimento della pressione fiscale a loro carico, determinando un minor gettito erariale, così come confermato dai dati più recenti, ed aumentando, allo stesso tempo, la possibilità dell'evasione fiscale;
    con la decisione 2013/678/Ue del Consiglio dell'Unione europea, l'Italia è stata autorizzata a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, in quanto l'importo è compatibile con la proposta di modifica della direttiva presentata dalla Commissione europea il 29 ottobre 2004, che, allo scopo di semplificare gli obblighi IVA, intende permettere agli Stati membri di fissare fino a 100.000 euro la soglia di volume d'affari annuo per l'accesso al regime speciale di esenzione dall'IVA per le piccole imprese;
    con lo «Small business act per l'Europa» (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008) l'Unione europea ha adottato principi fondamentali per soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese a trarre maggior vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale delle piccole e medie imprese è contemplato anche in una delle iniziative faro del programma «Europa 2020»,

impegna il Governo:

   ad assicurare che sia dato seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa, allo scopo di:
    a) realizzare una piena armonizzazione del sistema delle aliquote IVA, così da renderlo più coerente ed equo, eliminando le differenziazioni nazionali ora vigenti;
    b) definire un regime speciale a favore delle piccole imprese, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle attuali disposizioni in materia di IVA;
    c) armonizzare la vigente legislazione nazionale alle più recenti normative europee, ampliando il numero dei contribuenti italiani per i quali sono oggi previste semplificazioni e riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero della registrazione e della tenuta delle scritture contabili, delle liquidazioni e dei versamenti periodici e dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto;
    d) estendere il regime di vantaggio stabilito dalla decisione 2013/678/Ue per l'esenzione dall'IVA per i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui anche alle imposte dirette e all'IRAP, attraverso la previsione di un'aliquota di vantaggio;
    e) stabilire, per i soggetti con un fatturato annuo inferiore a una predeterminata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo, destinando, altresì, il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA vigenti;
    f) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA.
(1-00329) «Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto (COM (2011) 851), che fa seguito alla consultazione svolta sul verde presentato il 1o dicembre 2010 (COM (2010) 695 definitivo);
    le entrate IVA, nel 2009, hanno rappresentato circa 784 miliardi di euro, pari al 21 per cento del gettito fiscale nazionale, inclusi i contributi previdenziali;
    secondo il rapporto allegato al Libro verde, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA, dovuto a frodi IVA, mancati pagamenti, errori ed altro, che per il 2009 può essere prudentemente stimato pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell'Unione europea. Ciò significa un'evasione pari a circa 118,8 miliardi di euro;
    secondo il rapporto, in Italia la percentuale salirebbe al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro;
    mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea;
    ad avviso della Commissione europea, il nuovo sistema IVA dovrebbe perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
     a) riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, per agevolare il commercio transfrontaliero, attraverso l'introduzione dello «sportello unico» e la standardizzazione delle dichiarazioni IVA;
     b) ampliamento della base imponibile e limitazione del ricorso alle aliquote ridotte;
     c) potenziamento degli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, per ridurre la perdita di entrate dovute all'IVA non versata;
    il 15 maggio 2012 il Consiglio Ecofin ha approvato le conclusioni sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di IVA. Il Consiglio, tra le altre cose:
     a) sostiene la proposta di creare uno sportello unico IVA entro il 2015;
     b) invita la Commissione europea a chiarire meglio il valore legale e le funzioni del portale web sull'IVA che verrebbe creato al fine di fornire informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, la fatturazione, le dichiarazioni IVA, le aliquote IVA, nonché gli obblighi speciali e limitazioni del diritto a detrazione;
     c) concorda sull'opportunità di esaminare nel dettaglio il vigente regime IVA dei servizi pubblici, al fine di promuovere una migliore concorrenza tra settore pubblico e settore privato;
     d) prende atto che la Commissione europea è a favore di un uso limitato delle aliquote ridotte da parte degli Stati membri;
    il processo di riforma avviato dal Libro verde dovrebbe alla fine portare a un sistema dell'IVA caratterizzato dagli attributi seguenti:
     a) «semplice»: un soggetto passivo che opera all'interno dell'Unione europea dovrebbe essere tenuto a rispettare un unico insieme di norme chiare e semplici in materia di IVA, un codice europeo dell'IVA. Tale codice stabilirebbe norme adattate ai modelli di business moderni e agli obblighi normalizzati che tengono pienamente conto dei progressi realizzati nelle nuove tecnologie. Un soggetto passivo dovrebbe avere a che fare unicamente con le autorità fiscali di un solo Stato membro;
     b) «efficiente e neutrale»: l'introduzione di una base imponibile più ampia e l'attuazione del principio di imposizione all'aliquota normale permetterebbero di generare un gettito maggiore a un costo inferiore oppure, in alternativa, di ridurre l'aliquota normale senza incidenze sul gettito. Eventuali deroghe a tali principi dovrebbero essere razionali e definite in modo uniforme. La neutralità richiede, inoltre, norme identiche in materia di diritto a detrazione e restrizioni molto limitate all'esercizio di tale diritto;
     c) «solido e a prova di frode»: i metodi moderni di riscossione e di controllo dell'IVA dovrebbero massimizzare le entrate effettivamente percepite e limitare, per quanto possibile, la frode e l'elusione fiscale. Questo modo di procedere renderà più agevole il rispetto degli obblighi di conformità per le imprese, ma esigerà che le autorità fiscali nazionali si concentrino sui comportamenti a rischio e sugli autori effettivi delle frodi e che, in ultima analisi, esse si comportino come un'amministrazione europea dell'IVA. Per conseguire questo obiettivo sarà essenziale uno scambio di informazioni intensificato, automatizzato e rapido tra le amministrazioni fiscali nazionali;
    dare priorità alla semplificazione nei prossimi anni è in linea con il principio del «pensare anzitutto in piccolo» contenuto nello «Small business act per l'Europa», che promuove l’e-government e soluzioni a sportello unico per semplificare il contesto normativo e amministrativo in cui le piccole e medie imprese operano;
    il Libro verde IVA ricorda, tra l'altro, che tanto lo Small business act quanto la «Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020» auspicano un regime speciale a favore delle piccole e medie imprese atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA: le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'Unione europea. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'Unione europea, caratterizzato da una soglia comune;
    da uno studio effettuato per la Commissione europea alcuni anni fa è emerso che, in generale, il 12 per cento dell'IVA teorica non è percepito. La frode rappresenta un aspetto importante del cosiddetto divario dell'IVA, divario che consiste, però, anche di altri aspetti, come l'IVA non riscossa a seguito di errori, negligenza e fallimenti;
    alcune disposizioni della direttiva IVA sono superate e non tengono conto del mercato unico. Si tratta, in particolare, del regime per le piccole imprese e delle disposizioni relative all'IVA di gruppo;
    per meglio assicurare la neutralità dell'imposta sarà, inoltre, necessario riesaminare le norme complesse e divergenti in materia di diritto a detrazione e predisporre un meccanismo atto a risolvere le questioni di doppia imposizione;
    per quanto concerne l'attuazione del regime del gruppo IVA, mentre la direttiva comunitaria riconosce un unico soggetto passivo giuridico e fiscale, pur in presenza di soggetti giuridici indipendenti, l'ordinamento italiano mantiene l'autonomia delle singole società interessate;
    la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intra-unionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari e incertezza giuridica;
    le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere;
    queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci. Nel momento in cui la normativa fiscale influenza la decisione di acquistare o vendere merci o servizi, la neutralità economica dell'IVA non è più garantita e il funzionamento del mercato unico è gravemente pregiudicato;
    le aliquote ridotte assolvono una funzione redistributiva: contribuiscono alla progressività del sistema tributario, tassando ad aliquota inferiore consumi «necessari», e sono state, pertanto, classificate tra le misure a rilevanza sociale nel rapporto finale del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale di cui alla delega fiscale in corso di esame da parte del Parlamento (Atto Camera n. 282 – Atto Senato n. 1058);
    il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l'aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76 del 2013, a decorrere dal 1o ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento, mentre resta ferma l'attuale aliquota ridotta del 10 per cento (anch'essa originariamente destinata ad aumentare). In sostanza dal 1o ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta); esse risultano superiori alle aliquote medie applicate nei Paesi aderenti all'Unione europea,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative, nell'ambito degli organismi europei, al fine di:
    a) ottenere una graduale armonizzazione delle aliquote IVA standard;
    b) disporre di una base giuridica che consenta di adottare misure nazionali immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente, come suggerito dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo (COM (2011) 851 definitivo);
    c) dare attuazione alla creazione di Eurofisc (regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) ed a scambi automatizzati di informazioni rafforzati e prevedere un ampliamento della gamma di informazioni a cui gli Stati membri che lo desiderano possano avere accesso automatizzato;
    d) prevedere la creazione, nel quadro di Eurofisc, di un gruppo transfrontaliero di revisori composto da esperti delle amministrazioni fiscali nazionali, per procedere più sistematicamente a audit transfrontalieri e trarre profitto dalle conoscenze e dall'esperienza già acquisite in questo campo dai revisori e dai coordinatori dei controlli multilaterali;
    e) disporre che una parte delle maggiori entrate degli Stati membri, conseguente alla diminuzione delle possibilità di frode, sia assegnata al bilancio dell'Unione europea;
   a predisporre le opportune iniziative, anche normative, sul piano nazionale, al fine di:
    a) introdurre l'obbligo di transazione tracciata per tutte le operazioni tra soggetti IVA indipendentemente dai limiti di importo;
    b) migliorare il flusso di informazioni riguardanti la formazione dell'IVA a debito e a credito, allineandosi alle best practice a livello europeo, verificando, in particolare, la possibilità di reinserire le dichiarazioni IVA periodiche;
    c) verificare la possibilità di introdurre meccanismi di disincentivo all'evasione dell'IVA sui beni e servizi intermedi, con particolare riferimento ai meccanismi di reverse-charge, di applicazione del meccanismo di deduzione base da base per alcuni settori e di versamento dell'imposta da parte degli enti della pubblica amministrazione che acquistano beni o servizi soggetti all'imposta;
    d) ottenere un'armonizzazione del regime IVA dei prodotti culturali, applicando l'aliquota ridotta anche ai prodotti musicali e agli audiovisivi, nonché ai prodotti dell'editoria elettronica on-line e agli audiolibri, che sono attualmente soggetti ad un trattamento fiscale penalizzante rispetto al cartaceo;
    e) predisporre misure più efficaci nel contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, un aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, destinando il maggior gettito derivante da queste misure alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00330)
(Nuova formulazione) «Paglia, Lavagno, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla».


   La Camera,
   premesso che:
    alla fine del 2010 la Commissione europea ha diramato un Libro verde sul futuro dell'IVA che, dopo un periodo finalizzato a favorire la presentazione di osservazioni, spunti e contributi da parte di imprese, professionisti, esperti e autorità fiscali, si è tradotto, a fine 2011, in una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), nell'ambito della quale sono tratteggiate le principali linee di intervento su cui appare prioritario agire al fine di evolvere la disciplina verso un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più refrattario ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
    per un sistema IVA più semplice, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'istituzione di uno sportello unico, quale strumento essenziale per facilitare, soprattutto per le piccole e medie imprese, l'accesso al mercato unico; b) sulla creazione di un portale web che fornisca informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, fatturazione e dichiarazione dell'imposta; c) sull'aumento del livello di integrazione europeo del processo di elaborazione e interpretazione della normativa in materia di IVA, attraverso l'istituzione di un Forum europeo che metta a confronto autorità fiscali nazionali, Commissione europea e rappresentanti delle imprese; d) sull'opportunità di standardizzare a livello europeo gli adempimenti connessi alla gestione dell'IVA;
    per un sistema IVA più efficace, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'opportunità di un ampliamento della base imponibile, al fine di ridurre gli effetti distorsivi alla concorrenza e al mercato che possono discendere da talune previsioni di esclusione o di esenzione dal tributo, nonché al fine di consentire una riduzione dell'aliquota ordinaria applicata nei diversi Paesi membri e le differenze tra le aliquote ordinarie medesime; b) sull'opportunità di una revisione e riduzione dell'ambito di applicazione delle aliquote previste dai singoli Paesi membri in misura ridotta rispetto alle aliquote ordinarie;
    per un sistema IVA più refrattario a fenomeni di frode, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone in particolare l'accento: a) sulla possibilità di concedere una maggiore flessibilità normativa a livello di legislazione nazionale dei singoli Paesi membri, al fine di consentire l'adozione di risposte immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente; b) sull'intensificazione delle misure finalizzate a combattere le frodi, quali la creazione di Eurofisc e gli scambi di informazioni rafforzati; c) sulle ipotesi di riesame delle modalità di riscossione dell'imposta, con particolare riguardo al modello della rivalsa con, però, scissione dei pagamenti (tale per cui l'IVA addebitata in fattura dal cedente/prestatore viene direttamente pagata dal cessionario/committente su un conto corrente bancario vincolato dalle autorità fiscali) e alla generalizzazione del modello del reverse charge (tale per cui il cedente/prestatore non addebita l'imposta in fattura e quest'ultima è direttamente applicata dal cessionario/committente);
    per un sistema IVA più adatto al mercato unico, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone, in particolare, l'accento sulla necessità di approfondire ulteriormente le soluzioni per evitare che il mantenimento del principio tuttora provvisorio della tassazione nel Paese di destinazione (in luogo di quello «definitivo» dell'origine) continui a determinare un diverso trattamento nelle modalità di applicazione del tributo tra le operazioni interne e quelle transfrontaliere;
    seppur affrontato soltanto in modo marginale dalla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione, pare, altresì, evidente che, nell'ottica di un'evoluzione normativa che consenta di avere un sistema IVA al passo con il progresso tecnologico, siano quanto prima necessari a livello europeo appropriati interventi normativi volti a risolvere le oggettive iniquità di localizzazione della tassazione concernente le attività di vendita per il tramite di siti internet, cui si è recentemente cercato in Italia di dare un'inappropriata soluzione con un intervento normativo a livello nazionale (cosiddetta web tax),

impegna il Governo:

   a dare il proprio fattivo contributo in sede europea, affinché le priorità strategiche di cui alla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea, come riepilogate in premessa, trovino celere sviluppo e concreta traduzione in procedure, norme e regolamenti, sottolineando in particolare l'opportunità di un adeguato approfondimento dei positivi effetti che potrebbero determinare:
    a) l'introduzione del modello di riscossione del tributo attraverso il metodo della rivalsa con scissione del pagamento, soprattutto nei casi in cui il debitore dell'imposta è un ente pubblico;
    b) la generalizzazione del metodo del reverse charge a tutte le transazioni «business to business» (b2b);
    c) la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione;
    d) il coinvolgimento nell'apposito Forum comunitario di discussione, oltre che delle rappresentanze delle imprese, anche di quelle dei professionisti;
   a procedere quanto prima, mediante l'istituzione di un tavolo che coinvolga anche le parti sociali e le rappresentanze di imprese e professionisti, a una ricognizione dei casi di esenzione ed esclusione che, già sulla base dell'attuale normativa comunitaria, potrebbero essere rimessi in discussione ai fini dell'allargamento della base imponibile, così come delle fattispecie relativamente alle quali risulta attualmente prevista l'applicazione delle aliquote ridotte del 4 per cento e del 10 per cento, ai fini di una valutazione di una possibile prima azione su base nazionale nella direzione di un sistema IVA più efficace, coerentemente alle prospettazioni sul punto della comunicazione della Commissione europea;
   a sensibilizzare la Commissione europea e le altre istituzioni europee ai fini di un rapido adeguamento della disciplina concernente la territorialità IVA delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate per il tramite di siti internet, così da risolvere le oggettive iniquità che, in modo giuridicamente inappropriato, ma socialmente corretto, il legislatore italiano ha recentemente cercato di risolvere con l'introduzione della cosiddetta web tax, di cui va quanto prima disposta l'abrogazione e non soltanto la mera proroga dell'entrata in vigore, come prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151.
(1-00331) «Zanetti, Sottanelli, Andrea Romano».


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    secondo la Commissione europea, la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali ostacola gli scambi interni e genera complessità e incertezza giuridica che penalizzano soprattutto le piccole e medie imprese, tanto che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri è stimata tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    l'armonizzazione delle aliquote IVA impedirebbe fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea possono incidere sull'insorgere di fenomeni fraudolenti che sfruttano, tra l'altro, le debolezze insite nel sistema IVA di tassazione nel Paese di destinazione su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri tra imprese. Tali fenomeni sono all'origine di enormi perdite di gettito e colpirebbero con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte poiché in essi, a parità di altre condizioni, risulta più redditizio porre in essere fenomeni di «frodi carosello», di sottofatturazione all'importazione o di vendita sotto costo di beni di largo consumo. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simili pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea, e agli operatori coinvolti inconsapevolmente in catene di transazioni della specie;
    lo studio predisposto per la Commissione europea «Study to quantify and analyse the VAT Gap in the EU-27 Member States – Final Report» quantifica per l'Italia in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011, parte del quale è riconducibile ai fenomeni di frode organizzata dell'IVA nell'ambito degli scambi internazionali di beni e servizi;
    gli aumenti avvenuti negli ultimi anni dell'aliquota IVA ordinaria, ora lievemente superiore alla media comunitaria, e gli adempimenti amministrativi rischiano di disincentivare l'adempimento del tributo, alimentando fenomeni di concorrenza sleale,

impegna il Governo:

   a promuovere in sede europea un'armonizzazione del sistema delle aliquote al fine di renderlo più coerente ed equo, eventualmente convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando o riducendo le differenziazioni nazionali in materia di aliquote ridotte;
   ad adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
   a favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta del valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio delle comunicazioni di dati e dichiarazioni fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti, in un'ottica di potenziamento delle banche dati informatiche, aggiornate in tempo reale a disposizione dell'amministrazione finanziaria per il contrasto all'evasione e alle frodi e, per quanto riguarda il contribuente, di normalizzazione, riduzione dei costi di compliance e progressivo superamento delle attuali e obsolete modalità cartacee di tenuta della documentazione e di tutti gli adempimenti non più necessari;
   ad adottare iniziative per rivedere, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella successiva comunicazione sul futuro dell'IVA, i regimi speciali a favore delle piccole imprese, finalizzati principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia un regime semplificato che stabilisca l'esenzione dall'IVA e dalla maggior parte degli adempimenti di carattere documentale e informativo;
   a collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito, anche prendendo parte al progetto pilota per l'attività cross-border delle piccole imprese, avviato dal forum sull'IVA e attualmente in corso;
   a proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
   a destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote Iva.
(1-00332) «Causi, Bargero, Capozzolo, Carbone, Colaninno, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga».


   La Camera,
   premesso che:
    la diversa legislazione nazionale in tema di IVA rappresenta un ostacolo importante alla completa realizzazione del mercato unico europeo;
    in particolare, da un punto di vista macroeconomico, privilegiare l'imposizione sugli scambi, rispetto a quella che grava direttamente sui fattori della produzione, rappresenta, di fatto, una «svalutazione fiscale», i cui effetti sono paragonabili a quelli della svalutazione monetaria: dal momento che l'imposta si paga sui prodotti importati, mentre è restituita all'esportazione;
    alcuni Paesi, come la Germania, hanno utilizzato questo strumento per rilanciare ulteriormente le esportazioni, com’è dimostrato dal forte attivo della loro bilancia commerciale, con la conseguenza di determinare asimmetrie che si riflettono negativamente sulla stessa efficacia della politica monetaria;
    il Consiglio e la Commissione europea si sono posti da tempo – Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007 – il tema di una possibile armonizzazione tra i diversi regimi nazionali, al fine di regolare meglio gli scambi intracomunitari, specie nelle zone frontaliere, e ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese a causa dell'eccesso di regolazione fiscale;
    successivamente – il 1o dicembre 2010 – la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) in cui si indicano le linee guide che dovrebbero essere seguite dagli Stati membri per dare a quell'imposta un'impronta effettivamente comunitaria;
    ancora più recentemente – (COM (2011) 851) – la Commissione europea ha fatto proprie le indicazioni contenute nel precedente Libro verde, al fine di ridurre il peso della frammentazione nazionale, rendere più uniformi le aliquote che gravano sui singoli beni, diminuire gli oneri amministrativi e gestionali che gravano sul contribuente, specie se si tratta di piccole e medie imprese, ridurre, infine, l'area dell'evasione fiscale, molto estesa in alcuni Paesi, ma in parte riconducibile alla farraginosità delle regole che sovraintendono la relativa regolamentazione;
    il Consiglio europeo con la raccomandazione del 29 maggio 2003 «sul programma nazionale di riforma 2013» inerente al «programma di stabilità dell'Italia 2012-2017», che ha posto fine alla procedura d'infrazione, ha invitato, tra l'altro, l'Italia a «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità di bilancio»: proposizione che non sembra tener conto della specificità del caso italiano e della vasta platea degli «incapienti» che sosterrebbe il peso di un eventuale aumento dell'IVA – specie per i generi di prima necessità – senza alcuna contropartita in termini di riduzione del carico fiscale personale;
    lo stesso Consiglio europeo, tuttavia, in precedenza (2013/678/UE) aveva autorizzato l'Italia, in palese contraddizione con quanto richiamato in precedenza, a praticare un regime semplificato di imposizione – fino a determinare l'esenzione al di sotto di una determinata soglia (fatturato compreso tra 65 e 100 mila euro) – per le piccole imprese, anche alla luce del successivo Small business act for Europe (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008),

impegna il Governo:

   a partecipare, in sede europea, con grande attenzione agli sviluppi che seguiranno i lavori in tema di armonizzazione del regime IVA, al fine di evitare l'insorgere di ulteriori disposizioni tra loro contraddittorie per quanto riguarda la complessiva situazione italiana e le relative politiche di bilancio, che non possono prescindere dalle nuove regole che l'Europa intende darsi nei vari capitoli della politica fiscale;
   a realizzare un sistema fiscale complessivo – e non limitato solo all'IVA – che tenda a convergere verso standard uniformi, limitando la concorrenza fiscale che determina distorsioni nell'allocazione delle risorse e fenomeni di localizzazione aziendale – l'ultimo caso è quello di Fiat Chrysler automobiles – in contrasto con le regole che dovrebbero presiedere alla realizzazione di «un'area monetaria ottimale» che rappresenta il presupposto stesso dell'esistenza dell'euro;
   a far valere le specificità del sistema produttivo italiano, caratterizzato - a differenza di altri sistemi economici - dalla prevalenza di piccole e medie imprese, rispetto alle quali è necessario introdurre sistemi semplificati di contabilizzazione e riscossione, con un taglio netto degli oneri burocratici che sono a supporto di questa attività;
   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di una maggiore responsabilizzazione delle professioni, quale elemento di certificazione della corretta applicazione della normativa, anche al fine di ridurre l'area d'evasione fiscale, semplificando i relativi adempimenti ed accentuando, semmai, i controlli ex post, coinvolgendo in essi gli stessi professionisti;
   ad assumere iniziative per rendere compensabili debiti e crediti d'imposta, quale elemento di semplificazione amministrativa, prevedendo, altresì, di estendere le possibilità della cosiddetta «IVA per cassa»;
   ad assumere iniziative per prevedere, nel rispetto dei vincoli di bilancio allentati dagli esiti della spending review, che resta la via maestra per una riduzione del carico fiscale complessivo, maggiori aree di esenzione a favore della piccola e media impresa, con effetti immediatamente positivi sulla crescita del prodotto interno lordo e conseguenti benefici per la stessa finanza pubblica;
   a adottare modelli standard per la dichiarazione IVA, come proposto dalla stessa Commissione europea, e meccanismi automatici di pagamento concordati preventivamente con l'Agenzia delle entrate, sulla base di una previsione triennale, con eventuale conguaglio a fine anno.
(1-00333) «Dorina Bianchi, Bernardo».


   La Camera,
   premesso che:
    sin dal novembre 2006, la Commissione europea ha proposto di varare un ambizioso programma d'azione per ridurre gli oneri amministrativi imputabili alla legislazione dell'Unione europea in vigore, individuando tra i settori prioritari quello riguardante la legislazione fiscale, in particolare quello relativo all'IVA;
    nella comunicazione «Legiferare con intelligenza nell'Unione europea - Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese» dell'ottobre 2010 è stato evidenziato, grazie a un'indagine on line presso le piccole e medie imprese, il carattere particolarmente oneroso della direttiva IVA nell'ambito della normativa unionale. La dichiarazione IVA, in particolare, è indicata come il settore in cui le divergenze costituiscono un ostacolo al commercio nell'Unione europea. La gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per tredici settori prioritari e questa situazione diminuisce l'interesse degli investitori per l'Unione europea;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA, in cui invitava tutte le parti interessate ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'IVA, in vigore ormai da oltre 40 anni;
    al termine della consultazione pubblica le parti interessate ritennero che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea nei ventisette sistemi nazionali dell'IVA rappresentasse l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha inviato al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono delineate le principali linee di intervento su cui agire, al fine di realizzare un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più resistente ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
    secondo quanto riportato nella «Valutazione retrospettiva degli elementi del sistema dell'IVA», una riduzione del 10 per cento nella diversità delle procedure amministrative generali dell'IVA tra i Paesi potrebbe tradursi in un incremento del 3,7 per cento degli scambi all'interno dell'Unione europea, con un aumento del prodotto interno lordo reale e dei consumi rispettivamente dello 0,4 per cento e dello 0,3 per cento;
    sarebbero circa 29,8 milioni le imprese che compilano dichiarazioni IVA nell'Unione europea. Di queste, circa 3,8 milioni presentano dichiarazioni in più di uno Stato membro, con un costo circa 2-3 volte superiore a quello delle dichiarazioni IVA sul mercato interno, che è equivalente a 4 miliardi di euro;
    uno studio della Commissione europea ha quantificato la differenza tra le entrate IVA effettivamente riscosse e quelle che gli Stati membri dovrebbero in teoria percepire sulla base delle rispettive economie. Per l'Italia tale divario ammonta a 36 miliardi di euro, più di Francia (32), Germania (26,9) e Regno Unito (19), una differenza che è riconducibile a fenomeni di evasione e frode fiscale realizzate negli scambi commerciali intraunione;
    il 23 ottobre 2013 la Commissione europea ha depositato la proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi sollecitamente presso le istituzioni comunitarie affinché:
    a) si esaminino in tempi rapidi la proposta di direttiva COM (2013) 721, riguardante il nuovo modello di dichiarazione IVA standard, al fine di favorire la definizione dello strumento legislativo;
    b) si proceda ad un'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che il divario delle aliquote, oltre a determinare maggiori oneri per le imprese e diminuire l'interesse degli investitori per l'Unione europea, possa favorire fenomeni di evasione e frode;
   a procedere con maggiore impulso nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni tra autorità fiscali e doganali per contrastare efficacemente le frodi fiscali in materia di IVA;
   a favorire la realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a partecipare attivamente al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri, parti interessate), fortemente voluto ed istituito per scambiare opinioni su questioni pratiche legate all'applicazione dell'IVA e per individuare le migliori pratiche atte a semplificarne il sistema;
   a procedere ad un riesame complessivo della struttura delle aliquote IVA, anche alla luce degli aumenti che si sono recentemente registrati, secondo i principi guida contenuti nel Libro verde e nella comunicazione COM (2011) 851.
(1-00336) «Buttiglione, Fauttilli, Schirò, De Mita, Rossi, Caruso, Sberna, Gigli, Marazziti, Fitzgerald Nissoli, Binetti».


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea (CEE) convennero nell'adottare un sistema comune dell'IVA, che rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali. Una parte dell'IVA percepita contribuisce inoltre ad alimentare il bilancio dell'Unione europea. La legislazione che regolamenta tale imposta è adottata a livello europeo e applicata a livello nazionale. Il regime attualmente in vigore è tutt'altro che soddisfacente ed è oggetto di numerose critiche da parte degli Stati membri e delle altre parti interessate, tra le quali figurano in particolare le imprese e i consumatori;
    per questo la Commissione europea nel dicembre 2010 ha pubblicato «Il Libro verde sul futuro dell'IVA» contenente 33 quesiti, su cui è stata avviata una consultazione pubblica destinata a singoli contribuenti, imprese, amministrazioni pubbliche e altri organismi per ottenere la loro opinione in merito a una rivisitazione complessiva del sistema IVA europeo al fine di adeguarlo alle mutate esigenze collegate alla costruzione del mercato unico. In particolare, la Commissione europea intende conseguire il rafforzamento della coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico; l'incremento del gettito dell'imposta attraverso una più efficace lotta contro i fenomeni fraudolenti; la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per imprese e contribuenti; l'adeguamento della disciplina dell'IVA ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
    dopo un'ampia consultazione pubblica che ha visto più circa 1700 contributi pervenire ai tecnici comunitari, e che affrontavano le molteplici questioni aperte, il 6 dicembre 2011 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM (2011) 851) sul futuro dell'IVA, nell'ambito della quale vengono delineati gli interventi da porre in essere per modificare la disciplina dell'IVA verso un sistema più semplice ed efficace, evidenziando come le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo troppo oneroso per la complessità dei diversi sistemi vigenti e per l'incertezza giuridica che caratterizza il tema. Le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano pertanto ad intraprendere attività transfrontaliere. La disciplina IVA vigente a livello europeo, infatti, risulta in contrasto con il principio di proporzionalità, e si caratterizza per un'eccessiva complessità degli oneri amministrativi per i soggetti passivi e non tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci;
    la crisi economica degli ultimi anni ha avuto un impatto sulle finanze pubbliche, soprattutto in termini di orientamento verso la fiscalità indiretta rispetto a quella diretta: l'incidenza dell'IVA sul totale delle entrate, segna una tendenza all'aumento in tutti i Paesi dell'Unione, legata a politiche generalmente orientate verso il rafforzamento della competitività attraverso la riduzione dell'imposizione sul reddito da lavoro e delle imprese. Tuttavia, l'aumento delle aliquote IVA, non sempre accompagnato da analoga riduzione delle imposte dirette, ha costituito un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori;
    in Italia in particolare la normativa sulle aliquote IVA è stata oggetto negli ultimi due anni di ripetuti interventi legislativi, volti a incrementare il gettito di tale imposta per fare fronte alle impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica nella fase più acuta della crisi che ha investito il mercato dei titoli di Stato italiani;
    in particolare, l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011 ha determinato l'innalzamento al 21 per cento dell'aliquota IVA cosiddetta «ordinaria» precedentemente fissata al 20 per cento, a decorrere dal 17 settembre 2011; inoltre l'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, aveva previsto un ulteriore aumento, entro il 31 dicembre 2012, di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, che sarebbero state nuovamente incrementate dello 0,5 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2014;
    successivamente, l'articolo 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012, modificando ulteriormente il medesimo articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, ha prorogato al 1o luglio 2013 l'incremento di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, stabilendo inoltre che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, le predette aliquote fossero fissate, rispettivamente, all'11 ed al 22 per cento;
    l'articolo 1, comma 480, della legge n. 228 del 2012 (Legge di stabilità 2013), sostitutivo del citato articolo 40, comma 1-ter, sia pure ridimensionando le prospettive di crescita del prelievo previste dalle norme appena ricordate, ha comunque stabilito un ulteriore innalzamento della predetta aliquota al 22 per cento dal 1o luglio 2013, aumento prorogato a decorrere dal 1o ottobre 2013 con decreto-legge n. 76 del 2013 convertito dalla legge n. 99 del 9 agosto 2013;
    tali interventi normativi, pure comprensibili in un contesto di emergenza della finanza pubblica ed alla luce degli stringenti vincoli imposti dal rispetto del patto di stabilità europeo, hanno determinato effetti recessivi ampiamente riconosciuti sulla dinamica del prodotto interno lordo nazionale, soprattutto per il diretto impatto negativo che l'incremento del carico fiscale ha comportato sulle vendite di beni e le prestazioni di servizi, ma anche per l'effetto disincentivante sulle attività economiche che tali continui aggiustamenti del regime IVA hanno avuto, soprattutto in un contesto economico recessivo caratterizzato da un bassissimo tasso di fiducia dei consumatori e delle imprese;
    i recenti aumenti, che hanno ulteriormente accresciuto il differenziale rispetto all'aliquota media europea, hanno contribuito in misura significativa a un clima di sfiducia e di mancata ripresa dei consumi e della domanda interna e, più in generale, hanno inciso negativamente sulle già debolissime prospettive di crescita dell'economia nazionale, dando purtroppo ai consumatori ed agli operatori economici interni ed internazionali un segnale negativo circa la reale intenzione del Governo di avviare un percorso di concreta riduzione della pressione tributaria,

impegna il Governo:

   ad adottare quanto prima ogni iniziativa necessaria a:
    a) porre rimedio all'incremento al 22 per cento dell'aliquota IVA, evitando di reperire le risorse finanziarie necessarie alla copertura di tale misura attraverso manovre dal lato delle entrate;
    b) assicurare stabilità di lungo periodo alla disciplina delle aliquote IVA, escludendo il ripetersi di continui interventi legislativi in materia, che hanno già determinato nelle famiglie e nelle imprese una condizione di incertezza particolarmente nociva per le prospettive di ripresa dell'economia nazionale;
   ad operare, dando il proprio fattivo contributo, affinché nel dar seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa:
    a) siano tenute nel debito conto le esigenze delle piccole imprese, allo scopo di ridurre i costi operativi a loro carico e gli oneri amministrativi per le amministrazioni;
    b) sia evitata qualsiasi ipotesi di aumento delle aliquote IVA nella direttiva quadro, poiché questo implicherebbe, tra l'altro, un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori, a maggior ragione a fronte di timidi segnali di ripresa economica;
    c) siano approfondite le potenzialità di strumenti quali la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione o del metodo del reverse charge nelle transazioni «business to business» (b2b);
    d) si prosegua con maggiore incisività nell'azione di contrasto ai fenomeni dell'evasione e della frode fiscale in materia di IVA che costituisce un rilevante elemento di sperequazione tra i soggetti passivi dell'imposta.
(1-00338) «Capezzone, Sandra Savino, Garnero Santanchè, Laffranco, Palese, Galati, Latronico, Milanato, Prestigiacomo».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


MOZIONI DI LELLO, GARAVINI, SCOTTO ED ALTRI N. 1-00157 E DORINA BIANCHI N. 1-00337 CONCERNENTI L'INDICAZIONE DELL'AFFILIAZIONE DEI PARTITI POLITICI NAZIONALI A QUELLI EUROPEI, IN VISTA DELLE ELEZIONI EUROPEE DEL 2014

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'attuazione dei Trattati costitutivi dell'Unione europea e l'applicazione delle norme comunitarie e delle decisioni politiche e tecniche conseguenti non può che avvenire attraverso un'ampia partecipazione democratica, che renda l'Europa un progetto condiviso dai popoli e da ciascun cittadino e cittadina;
    le prossime elezioni europee del 2014 saranno in questo senso un appuntamento di particolare importanza, anche perché il presidente della Commissione europea verrà per la prima volta eletto dal Parlamento europeo, tenendo conto del risultato delle elezioni;
    nel corso degli anni si è rafforzato il ruolo dei partiti politici europei, a cui i partiti politici nazionali, anche italiani, sono affiliati o con i quali hanno comunque rapporti assai stretti, non solo ai fini della costituzione di gruppi omogenei nel Parlamento europeo, ma anche per iniziative e campagne transnazionali;
    la Commissione europea, in data 12 marzo 2013, con propria raccomandazione sul rafforzare l'efficienza e la democrazia nello svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo, ha indicato che, prima e durante le elezioni, i partiti politici nazionali dovrebbero indicare chiaramente a quale partito politico europeo sono affiliati «anche permettendo e incoraggiando l'indicazione di tali collegamenti sulle schede elettorali»; i partiti politici dovrebbero rendere noto quale candidato sostengono alla presidenza della Commissione europea; i partiti nazionali dovrebbero informare gli elettori durante la campagna in merito al loro candidato alla presidenza della Commissione europea;
    anche in sede di Parlamento europeo, la Commissione del Parlamento europeo, Affari costituzionali, si è espressa in maniera simile, in data 28 maggio 2013, in particolare esortando gli Stati membri a prevedere sulla scheda elettorale i nomi e, quando appropriato, i simboli dei partiti politici europei, in attesa che su questo si esprimesse anche il Parlamento europeo in seduta plenaria, che effettivamente si è pronunciato con una risoluzione approvata il 4 luglio 2013;
    sarebbe atto di particolare valore ideale e di rilievo istituzionale se l'Italia fosse il primo Stato membro ad accogliere tali raccomandazioni, secondo la tradizione europeista che, nel tempo, ha contraddistinto in maniera particolare l'impegno italiano in sede europea;
    l'esplicita indicazione sulla scheda elettorale e durante la campagna elettorale dell'appartenenza ai partiti europei dei partiti nazionali impegnati sarebbe un'opportuna informazione agli elettori, utile per scelte consapevoli e informate;
    i firmatari del presente atto di indirizzo, che aderiscono formalmente e/o idealmente al partito del socialismo europeo, esprimono la ferma convinzione che l'impegno proposto sia di eguale utilità e opportunità per ogni forza politica italiana a qualsiasi partito europeo essa aderisca,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie e urgenti iniziative dirette a recepire la raccomandazione della Commissione europea relativamente all'indicazione dell'affiliazione europea dei partiti concorrenti alle elezioni europee 2014 nelle schede elettorali.
(1-00157) «Di Lello, Garavini, Scotto, Locatelli, Mogherini, Ragosta, Migliore, Del Basso De Caro, Di Gioia, Pastorelli, Boccadutri, Franco Bordo, Lavagno, Melilla, Nicchi, Paglia, Piazzoni, Quaranta, Ricciatti, Pilozzi, Giancarlo Giordano, Di Salvo, Kronbichler, Manciulli, Amendola, Paolucci, Quartapelle Procopio».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi finanziaria e del debito sovrano che ha colpito il continente europeo negli ultimi anni ha fatto emergere prepotentemente l'esigenza di rafforzare il processo di integrazione europea, con particolare riferimento alla governance economica e al perseguimento degli obiettivi di crescita, occupazione, coesione sociale e sostenibilità sottesi alla «Strategia Europa 2020»;
    i progressi che sono stati recentemente compiuti sul piano del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, del potenziamento degli strumenti finanziari e dell'operatività della Banca centrale europea e, da ultimo, sul versante dell'unione bancaria, devono poter essere inquadrati in un disegno più ampio di riforma dell'Unione europea, per la realizzazione del quale è indispensabile accrescere la legittimità democratica dei suoi processi decisionali, anche attraverso il rafforzamento del ruolo chiave dei partiti politici europei nella formazione di una coscienza politica europea e nella rappresentanza della volontà politica dei cittadini dell'Unione europea;
    in questo quadro, le elezioni europee che si terranno nel mese di maggio 2014 rivestono una rilevanza fondamentale ai fini del rafforzamento del processo di integrazione su basi democratiche, poiché esse saranno le prime dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, che accresce notevolmente i poteri del Parlamento europeo, il quale per la prima volta eleggerà il Presidente della Commissione europea, su proposta del Consiglio europeo, il quale dovrà tenere conto dell'esito delle elezioni e aver consultato il nuovo Parlamento prima di procedere alla nomina;
    per rendere effettiva la legittimazione democratica del processo decisionale dell'Unione europea è essenziale che i cittadini chiamati a rinnovare il prossimo Parlamento europeo siano messi in grado di valutare compiutamente i programmi dei diversi partiti politici collocandoli entro la dimensione politica europea, evitando, pertanto, che le campagne elettorali continuino ad essere focalizzate prevalentemente su tematiche nazionali, relegando in secondo piano il dibattito sulle questioni specificamente europee e incidendo in tal modo negativamente anche sul tasso di partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo;
    al fine di favorire la partecipazione e l'espressione di un voto consapevole dei cittadini dell'Unione europea, che tenga conto anche delle affinità identitarie, dei raccordi e delle affiliazioni intercorrenti tra i partiti politici nazionali e le grandi formazioni politiche europee, sia la Commissione europea, con raccomandazione del 12 marzo 2013, sia lo stesso Parlamento europeo, con risoluzione approvata nella seduta plenaria del 4 luglio 2013, hanno esortato gli Stati membri a promuovere e semplificare l'informazione degli elettori circa i collegamenti tra partiti nazionali e partiti politici europei;
    in particolare, la Commissione europea ha raccomandato agli Stati membri la diffusione all'elettorato delle informazioni sui collegamenti tra partiti nazionali e partiti politici europei, prima e durante le elezioni del Parlamento europeo, anche permettendo e incoraggiando l'indicazione di tali collegamenti sulle schede elettorali e auspicando, altresì, che i partiti politici europei e nazionali rendano «noti, prima delle elezioni del Parlamento europeo, i rispettivi candidati alla carica di presidente della Commissione europea e i relativi programmi»;
    analogamente, il Parlamento europeo si è espresso, tra l'altro, nel senso di esortare «gli Stati membri e i partiti politici a provvedere a che i nomi e, se del caso, i simboli dei partiti politici europei appaiano sulla scheda elettorale»; ha, inoltre, chiesto ai partiti politici europei di nominare i rispettivi candidati alla presidenza della Commissione europea con sufficiente anticipo rispetto alle elezioni, in modo da consentire ai medesimi di organizzare una campagna significativa su scala europea che si concentri su questioni europee basate sul programma del partito e su quello del candidato alla presidenza della Commissione europea proposto dal partito; ha, infine, ribadito l'invito ai «partiti politici nazionali a informare i cittadini, prima e durante la campagna elettorale, in merito alla loro affiliazione a un partito politico europeo e al loro sostegno al candidato di quest'ultimo alla presidenza della Commissione e al programma politico di tale candidato»,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente ogni iniziativa utile affinché, in coerenza con le raccomandazioni europee illustrate in premessa, nelle schede elettorali per le prossime elezioni europee siano indicati i nomi e, se del caso, anche i simboli dei partiti politici europei affiliati a ciascun partito nazionale che si presenti alle elezioni, nonché a promuovere campagne informative circa la rilevanza delle elezioni europee volte a incentivare la partecipazione dei cittadini al voto.
(1-00337) «Dorina Bianchi».


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 23 DICEMBRE 2013, N. 145, RECANTE INTERVENTI URGENTI DI AVVIO DEL PIANO «DESTINAZIONE ITALIA», PER IL CONTENIMENTO DELLE TARIFFE ELETTRICHE E DEL GAS, PER LA RIDUZIONE DEI PREMI RC-AUTO, PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE, LO SVILUPPO E LA DIGITALIZZAZIONE DELLE IMPRESE, NONCHÉ MISURE PER LA REALIZZAZIONE DI OPERE PUBBLICHE ED EXPO 2015 (A.C. 1920-A)

A.C. 1920-A – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

ART. 4.
(Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e misure particolari per l'area di crisi complessa del porto di Trieste).

  Sopprimerlo.
4. 200. Paglia, Lacquaniti, Lavagno, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: o bonifica con le seguenti: e bonifica.
4. 201. Lacquaniti, Lavagno, Paglia, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 1, primo periodo, dopo le parole: e sviluppo economico aggiungere le seguenti: nei comuni compresi.
4. 11. Borghi, Cominelli, Arlotti, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Massimiliano Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: entro il 30 aprile 2007.
4. 202. Bratti, Realacci, Cominelli, Mariani, Braga, Borghi, Arlotti, Mariastella Bianchi, Carrescia, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Giovanna Sanna, Zardini.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 2, lettera a) sostituire le parole: e bonifica con le seguenti: o bonifica.
4. 36. Allasia, Busin, Grimoldi.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 2, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   c-bis) la prestazione di idonee garanzie finanziarie da parte dei privati per assicurare l'adempimento degli impegni assunti.
4. 17. Lacquaniti, Lavagno, Paglia, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 2, lettera e) aggiungere, in fine, le parole: prioritariamente per sostenere gli investimenti e, comunque, previa attivazione contestuale della procedura di rivalsa nei confronti dei responsabili della contaminazione, ferma restando la responsabilità dei soggetti non responsabili per gli interventi di messa in sicurezza e monitoraggio.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:
   al comma 3, sopprimere le parole: e dichiarazione di pubblica utilità;
   al comma 4, sopprimere le parole: Ad eccezione di quanto previsto al comma 5;
   sopprimere il comma 5;
   al comma 6 aggiungere, in fine, le parole: tranne nei casi in cui i medesimi soggetti siano successivamente individuati quali responsabili in tutto o in parte della contaminazione. In tal caso resta ferma la responsabilità di tali soggetti per gli obblighi di bonifica, riparazione e ogni altro onere reale;
   al comma 7, sopprimere le parole: Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5;
   sostituire il comma 9 con il seguente:
  «9. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione ambientale strategica finalizzata a garantire, tra l'altro, la partecipazione del pubblico all'ideazione e redazione dell'accordo di programma, valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, i decreti di cui al comma 8 autorizzano gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere connesse».
4. 411. Daga, Zolezzi, Busto, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 2, lettera e), aggiungere, in fine, le parole: , fatto salvo quanto previsto dal comma 7.
4. 203. Lacquaniti, Paglia, Lavagno, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso articolo 252-bis, comma 4, sopprimere le parole da: Ad eccezione di quanto previsto al comma 5.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:
   sopprimere il comma 5;

   al comma 7, sopprimere le parole: Al di fuori fino a: del comma 5.
4. 407. Paglia, Lacquaniti, Lavagno, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 5, sopprimere la lettera a).
4. 48. Matarrese, Mazziotti Di Celso, Vitelli, Sottanelli, Cimmino, Zanetti.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 5, aggiungere, in fine, le seguenti lettere:
   c-bis) lo Stato concorre, sulla base delle risorse individuate ai sensi del comma 2, lettera e) del presente articolo, per un importo massimo del 50 per cento al costo complessivo delle operazioni di bonifica e messa in sicurezza;
   c-ter) gli accordi di programma contengono un piano finanziario di restituzione della quota sostenuta dallo Stato, da versare, in un periodo non superiore a vent'anni, presso un fondo rotativo finalizzato alla realizzazione degli interventi di bonifica e messa in sicurezza, istituito presso il Ministero dell'ambiente, il cui funzionamento è disciplinato con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 30 giugno 2014, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
4. 410. Crippa, Daga, Terzoni, Segoni, Zolezzi, De Rosa, Busto.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 6, sostituire le parole da: esclude per tali soggetti fino alla fine del comma, con le seguenti: costituisce anche attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle relative disposizioni di attuazione di cui alla parte VI del presente decreto-legge.
4. 19. Lavagno, Lacquaniti, Paglia, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 6, sostituire le parole: e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo con le seguenti:eventualmente derivante da eventi inquinanti accertati dalle amministrazioni competenti successivamente all'accordo medesimo.
4. 409. Pastorelli.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 6, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale, è subordinata al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 248 del Codice ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
4. 405. Realacci, Benamati, Braga, Borghi, Bratti, Mariani, Cominelli, Arlotti, Mariastella Bianchi, Carrescia, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Giovanna Sanna, Zardini, Mariano, Basso.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, alinea 6, aggiungere infine il seguente periodo: La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale è subordinata, nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 248 del codice ambientale. Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione i contributi e le misure di cui alla lettera e) del comma 2 non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto ma esclusivamente l'acquisto di beni strumentali alla riconversione industriale ed allo sviluppo economico dell'area.
4. 405. (Testo modificato nel corso della seduta). Realacci.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso articolo 252-bis, sostituire il comma 7, con il seguente: 7. Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica individuati dall'accordo, nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori interventi di bonifica e danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato è obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento.
4. 408. Lavagno, Lacquaniti, Paglia, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 7, sostituire le parole da: Al di fuori fino a: la pubblica amministrazione può con le seguenti: La pubblica amministrazione deve.
4. 21. Lavagno, Lacquaniti, Paglia, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, comma 8, aggiungere in fine il seguente periodo: Alla Conferenza dei Servizi sono ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.
4. 22. Lavagno, Lacquaniti, Paglia, Matarrelli, Ferrara, Zan, Zaratti, Pellegrino.

  Al comma 1, capoverso Art. 252-bis, dopo il comma 11, aggiungere il seguente:
  11-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai siti non individuati dalla legge 9 dicembre 1998, n. 246.
4. 406. Bratti, Realacci, Cominelli, Mariani, Braga, Borghi, Arlotti, Mariastella Bianchi, Carrescia, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Giovanna Sanna, Zardini.

  Al comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: e per la tutela dell'ambiente.
4. 37. Allasia, Busin, Grimoldi.

  Al comma 3, ultimo periodo, sostituire le parole: regolamento (CE) n. 1998/06 con le seguenti: regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013.
4. 1. Cicu, Balduzzi, Businarolo, Fabbri, Giorgis, Sannicandro, Taglialatela, Turco.

  Al comma 11, primo periodo, sostituire le parole: Friuli-Venezia Giulia con le seguenti: Friuli Venezia Giulia.
4. 2. Cicu, Balduzzi, Businarolo, Fabbri, Giorgis, Sannicandro, Taglialatela, Turco.
(Approvato)

ART. 12.
(Misure per favorire il credito alla piccola e media impresa).

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).
12. 7. Barbanti.

  Al comma 1, lettera d), sopprimere il numero 1).
12. 9. Barbanti.

  Al comma 1, lettera d), numero 1), capoverso comma 1, secondo periodo, sostituire la parola: sufficiente con la seguente: necessario

  Conseguentemente, al medesimo periodo, sostituire le parole: e della data di cessione con le seguenti:, della data di cessione, il valore nominale del credito ceduto, il valore complessivo dei crediti ceduti, ogni genere di commissione applicata e il relativo valore, ogni genere di costo dell'operazione, qualora sussistenti e il tasso di sconto al quale viene ceduto ogni singolo credito.
12. 211. Villarosa, Pesco.

  Al comma 1, sopprimere la lettera e).
12. 8. Barbanti.

  Al comma 1, lettera e), capoverso comma 2-bis, primo periodo, sostituire le parole: e anche privi con le seguenti: solo se in possesso.
12. 201. Pesco, Villarosa.

  Al comma 1, lettera e), capoverso comma 2-bis, aggiungere, in fine, le parole: Gli enti pubblici di previdenza e gli enti pubblici di assicurazione non possono acquisire, direttamente o indirettamente, i titoli emessi nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione.
12. 203. Pesco, Villarosa.

  Al comma 1, sopprimere la lettera f).
12. 207. Pesco, Villarosa.

  Al comma 1, dopo la lettera g), aggiungere la seguente: g-bis) al comma 1 dell'articolo 7-bis, le parole: «nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura» sono soppresse.
12. 208. Villarosa, Pesco.

  Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
  1-bis. A partire dal 1o gennaio 2014, è istituito presso la Cassa depositi e prestiti un apposito Fondo per operazioni di cessione dei crediti scaduti o esigibili, anche mediante cartolarizzazione degli stessi con costi ed oneri finanziari a carico delle amministrazioni debitrici.
  1-ter. La disposizione si applica a favore degli enti locali che:
   a) hanno rispettato il Patto di stabilità nell'ultimo triennio;
   b) non abbiano dichiarato il dissesto finanziario, così come previsto all'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, negli ultimi dieci esercizi;
   c) non abbiano decretato, negli ultimi dieci esercizi lo scioglimento del consiglio comunale, ovvero di quello provinciale, a seguito di fenomeni di infiltrazioni e di condizionamento di tipo mafioso.

  1-quater. La dotazione del Fondo di cui al comma 1-bis opera nel limite massimo di 50 milioni di euro per l'anno 2014, a 100 milioni per l'anno 2015 e a 100 milioni per il 2016.
  1-quinquies. Le ritenute, le imposte sostitutive, ovunque ricorrano, sugli interessi, premi e ogni altro provento, di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e sui redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del medesimo decreto, realizzati con operazioni di compravendita concluse entro le 48 ore, sono stabilite nella misura del 27 per cento.
12. 26. Busin, Allasia, Prataviera.

  Sopprimere il comma 2.
12. 17. Barbanti, Pesco, Villarosa.

  Al comma 2, capoverso comma 26-bis, sostituire il primo periodo con il seguente: Le obbligazioni e i titoli similari di cui al presente articolo, le quote di fondi di investimento che investono prevalentemente negli anzidetti strumenti finanziari, nonché i titoli rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto gli anzidetti strumenti finanziari costituiscono attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni, solo se destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e provvisti di valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi.
12. 66. Vallascas, Crippa, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Mucci, Petraroli, Prodani.

  Al comma 2, capoverso comma 26-bis, primo periodo, sopprimere le parole: nonché i titoli rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto gli anzidetti strumenti finanziari.
12. 210. Pesco, Villarosa.

  Al comma 2, capoverso comma 26-bis, primo periodo, sostituire le parole: e anche se privi con le seguenti: solo se in possesso.
12. 202. Pesco, Villarosa.

  Dopo il comma 2 aggiungere, i seguenti:
  2-bis. All'articolo 4 del decreto ministeriale n. 703 del 21 novembre 1996, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
  «1-bis. I fondi pensione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1991, fermi restando i divieti ed i limiti di cui all'articolo 6 dello stesso, e quelli di cui al successivo comma 2 del presente regolamento, devono destinare, fatte salve le disponibilità di mercato, almeno il 2 per cento del valore del proprio patrimonio alla sottoscrizione di titoli di debito, anche non negoziati, emessi da piccole o medie imprese, anche attraverso operazioni di cartolarizzazioni delle medesime di cui alla legge n. 130 del 1999, o da organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) che gestiscano titoli emessi dalle stesse».
  2-ter. All'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993, dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:
   e-bis) sottoscrizione o acquisizione di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, in misura non inferiore al 2 per cento del proprio patrimonio.
12. 1. Paglia, Lavagno, Boccadutri, Melilla, Marcon, Di Salvo, Airaudo, Placido, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara.

  Al comma 4, sopprimere la lettera c).
12. 204. Pesco, Villarosa.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. Per le operazioni di cui agli articoli 15 e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, effettuate anteriormente al 24 dicembre 2013, l'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 17 è dovuta se le operazioni risultano da contratti definitivi formati per iscritto nel territorio dello Stato e obbligatori per entrambe le parti. Se il contratto è stato formato all'estero, l'imposta non è dovuta anche se lo svolgimento delle trattative è avvenuto in Italia o se è stato stipulato in Italia un contratto preliminare.
*12. 64. Gitti, Sberna.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. Per le operazioni di cui agli articoli 15 e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, effettuate anteriormente al 24 dicembre 2013, l'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 17 è dovuta se le operazioni risultano da contratti definitivi formati per iscritto nel territorio dello Stato e obbligatori per entrambe le parti. Se il contratto è stato formato all'estero, l'imposta non è dovuta anche se lo svolgimento delle trattative è avvenuto in Italia o se è stato stipulato in Italia un contratto preliminare.
*12. 69. Giampaolo Galli.

  Sopprimere il comma 5.
12. 14. Pesco.

  Sostituire il comma 5, con il seguente:
  5. All'articolo 1, del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni, comma 1 è sostituito dal seguente: «1. La ritenuta del 20 per cento di cui al comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizione di legge, nonché sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi da società diverse dalle prime sottoscritti da investitori qualificati che non siano, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, direttamente o indirettamente soci della società emittente oppure che siano negoziati nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione.».
*12. 62. Gitti, Sberna.

  Sostituire il comma 5, con il seguente:
  5. All'articolo 1, del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni, comma 1 è sostituito dal seguente: «1. La ritenuta del 20 per cento di cui al comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizione di legge, nonché sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi da società diverse dalle prime sottoscritti da investitori qualificati che non siano, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, direttamente o indirettamente soci della società emittente oppure che siano negoziati nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione.».
*12. 70. Giampaolo Galli.

  Al comma 5, capoverso comma 9-bis, sopprimere la parola: non.
12. 205. Pesco, Villarosa.

  Al comma 5, capoverso 9-bis, sopprimere le parole da:, ovvero a società per la cartolarizzazione fino alla fine del comma.
12. 700. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 6-bis, terzo periodo, dopo le parole: sono definiti aggiungere le seguenti:, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.
12. 701. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Dopo il comma 7 aggiungere i seguenti:
  7.1. I confidi sottoposti a vigilanza diretta da parte della Banca d'Italia possono imputare al fondo consortile, al capitale sociale, ad apposita riserva o accantonare per la copertura dei rischi i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali o finanziamenti per la concessione delle garanzie costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici esistenti alla data. Le risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio, anche a fini di vigilanza, dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione nel caso siano destinati ad incrementare il patrimonio. In conformità alle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, sono beneficiarie dei predetti fondi di garanzia/contributi esclusivamente le imprese consorziate o socie o comunque destinatarie della garanzia ai sensi della normativa vigente. Le eventuali azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo, né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea. La relativa delibera è di competenza dell'assemblea ordinaria.
  7.2. La disposizione di cui al comma 7.1. si applica anche ai confidi che operano a seguito di operazioni di fusione realizzate a partire dal 1o gennaio 2007, ovvero che realizzino, entro il 31 dicembre 2013, operazioni di fusione. In quest'ultimo caso la delibera assembleare richiamata al terzo periodo del comma 33-bis può essere adottata entro il 30 giugno 2014.
12. 43. Galgano, Vitelli, Bombassei, Librandi, Oliaro, Matarrese, Cimmino, Zanetti.

  Sostituire il comma 7-bis, con il seguente:
  7-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le modalità per la compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali a favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dai decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012, pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 2012, e n. 152 del 2 luglio 2012, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato. Con il decreto di cui al primo periodo sono individuati gli aventi diritto, nonché le modalità di trasmissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione.
12. 702. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 7-bis, primo periodo, sostituire le parole: iscritta a ruolo con la seguente: accertata.
12. 215. Busin, Allasia.

  Al comma 7-bis, secondo periodo, sostituire le parole: novanta giorni con le seguenti: sessanta giorni.
12. 212. Busin, Allasia.

  Dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:
  Art. 12-bis. – (Modifiche all'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995 n. 549). – 1. All'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il comma 114 è inserito il seguente:
  «114-bis. La ritenuta di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è dovuta sugli interessi derivanti dalle obbligazioni e da altri strumenti finanziari emessi nel rispetto dei limiti imposti dal comma 115 nella misura del 20 per cento. La ritenuta è ridotta al 12,5 per cento se gli emittenti sono soggetti definiti imprese ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003»;
   b) il comma 115 è sostituito dai seguenti:
  «115. Se i titoli indicati nel comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono emessi da società o enti, diversi dalle banche e dalle società di cui all'articolo 157 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da quote, gli interessi passivi sono deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore:
   a) al doppio del tasso dei corporate bond della stessa durata, rilevato dalla Banca d'Italia, per le obbligazioni e i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale di cui all'alinea, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione;
   b) per le obbligazioni e per i titoli similari diversi da quelli di cui alla lettera a) al maggiore dei seguenti valori:
    1) al tasso dei corporate bond della stessa durata, rilevato dalla Banca d'Italia, aumentato di due terzi;
    2) al tasso dei corporate bond della stessa durata, rilevato dalla Banca d'Italia, maggiorato di 3 punti percentuali per le piccole imprese, di 2 punti per le medie imprese e di 1 punto per le grandi imprese.

  115-bis. Qualora il tasso di rendimento effettivo all'emissione superi i limiti di cui al comma 115, gli interessi passivi eccedenti l'importo derivante dall'applicazione dei predetti tassi sono indeducibili dal reddito d'impresa.
  115-ter. I limiti di deducibilità di cui al comma 115 non si applicano ai titoli emessi ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ivi compresi quelli sottoscritti da investitori non qualificati. Per qualsiasi garanzia prestata si applicano l'imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.
  115-quater. Il numero dei sottoscrittori dei titoli non negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista prevista dal decreto ministeriale di cui al comma 115, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento dell'emissione, non può essere superiore a quaranta, per ogni emissione di ammontare fino a 2.000.000 di euro. Per ogni emissione superiore a 2.000.000 di euro il numero dei sottoscrittori non può essere superiore al rapporto tra l'ammontare dell'emissione e 50.000 euro».

  2. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede mediante le maggiori risorse derivanti dalla progressiva riduzione degli stanziamenti di parte corrente e di conto capitale iscritti in bilancio destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
12. 010. Gitti, Sberna.

  Dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:
  Art. 12-bis. – (Certificati di Credito Fiscale) – 1. Al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il comma 8 dell'articolo 16-bis sono aggiunti i seguenti:
  «8-bis. Le detrazioni fiscali di cui al precedente comma 1 sono riconosciute, in alternativa, anche mediante attribuzione di certificato di credito fiscale rappresentativo dell'incentivo finanziario.
  8-ter. Il certificato di credito fiscale di cui al comma 8-bis, è emesso dall'Agenzia delle Entrate previa opzione irrevocabile del titolare dell'agevolazione, che la esercita nei modi e nei termini stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Con lo stesso decreto, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità telematiche di esercizio dell'opzione e di emissione del certificato nonché di annotazione dei successivi trasferimenti di proprietà sul titolo stesso e nel registro dell'Agenzia emittente, che provvede ad istituirlo entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della presente legge.
  8-quater. Il beneficiario dell'agevolazione fiscale che ha esercitato l'opzione di cui al precedente comma 8-ter, deve richiedere, un certificato di credito fiscale per ciascuna delle fatture emesse dai soggetti che hanno eseguito le opere incentivate. Il certificato richiesto non può eccedere un importo pari a dieci volte la capienza fiscale del beneficiario, relativa all'anno precedente quello in cui si avvale della richiesta, determinata considerando l'imposta lorda al netto delle altre detrazioni spettanti, con l'eccezione di quelle riportabili negli anni successivi, tenendo conto di eventuali altre emissioni già richieste ed ottenute nell'anno in corso e negli anni precedenti per le relative quote annuali, Nella istanza di cartolarizzazione, il predetto beneficiario è tenuto a dichiarare il titolo del possesso e i dati catastali dell'immobile oggetto degli interventi, specificandone il tipo, l'ammontare delle spese sostenute ed effettivamente rimaste a proprio carico nonché gli estremi di versamento della somma bonificata. La disposizione di cui all'articolo 25 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 si applica solo sulla parte bonificata. Per gli interventi effettuati sulle parti comuni dell'edificio, la detrazione d'imposta, di cui al comma 1, spetta al singolo condomino nel limite della quota al medesimo imputabile. Tuttavia, ove l'assemblea condominiale deliberi all'unanimità, l'amministratore ovvero, in sua assenza, il soggetto da essa delegato, richiede, con riferimento a ciascuna fattura, un certificato di credito fiscale di ammontare pari alla somma delle detrazioni spettanti ai singoli condomini. I soggetti che nell'anno precedente risultano privi di capienza fiscale possono richiedere un unico certificato fiscale a condizione che il valore dello stesso non sia superiore a 6 mila euro.
  8-quinquies. Il certificato di credito fiscale, emesso a nome del titolare del diritto al beneficio tributario, deve essere da questi trasferito esclusivamente al soggetto che ha eseguito l'opera o la prestazione cui inerisce la fattura unita alla istanza di cartolarizzazione. Il trasferimento del titolo riduce parzialmente l'obbligazione di pagamento del corrispettivo convenuto per l'esecuzione delle opere o delle prestazioni. L'operazione di trasferimento dei certificati di credito fiscale di cui al periodo precedente, è ammessa, per ciascuno soggetto esecutore e per ciascun anno di imposta, fino a concorrenza dell'ammontare dei contributi previdenziali ed assistenziali dichiarati dallo stesso soggetto esecutore con riferimento al precedente anno d'imposta. Per le attività d'impresa e professionali, non tenute alla denuncia mensile ai fini retributivi e contributivi, si fa riferimento al reddito dichiarato ai fini previdenziali nella dichiarazione dei redditi relativa al secondo anno antecedente il trasferimento dei certificati di credito fiscale.
  8-sexies. Il giratario del titolo, previa annotazione del trasferimento nel registro della emittente ai sensi del precedente comma 8-ter, realizza il sottostante diritto esclusivamente mediante cessione allo sconto del credito cartolare ad istituto bancario o intermediario finanziario. Il soggetto scontante può trasferire il titolo cartolare ad altri istituti bancari ovvero ad intermediari finanziari nell'osservanza delle modalità da fissare ai sensi del precedente comma 8-ter o, in alternativa. Esercitare il sottostante diritto di credito direttamente nei confronti della debitrice, Agenzia dell'Entrate, nell'osservanza delle modalità temporali indicate al precedente comma 7.
  8-septies. La disposizione di cui al precedente comma 8 non si applica se la detrazione di cui al comma 1 è riconosciuta mediante emissione di certificati di credito».
   b) All'articolo 85, dopo il comma 3-bis, è aggiunto il seguente:
  «3-ter. In deroga a quanto previsto dal precedente comma 1, lettera a), del presente articolo, non costituiscono ricavi, e non concorrono alla determinazione del reddito imponibile, le somme corrisposte dal committente all'esecutore dei lavori nel contratto d'opera o di appalto, al lordo del valore nominale del certificato di credito fiscale, per l'importo eccedente il corrispettivo fatturato, fino a concorrenza del costo dello sconto convenuto con l'istituto finanziario in conseguenza dell'applicazione dei commi 8-quinquies ed 8-sexies del precedente articolo 16-bis».

  2. L'importo eccedente il corrispettivo fatturato, di cui alla lettera b) del comma 1, non concorre alla formazione della base imponibile ai sensi dell'articolo 13, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Di tali somme deve in ogni caso eseguirsi separata annotazione nei documenti emessi ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con espressa indicazione del titolo di esclusione. Il presente regime deve intendersi esteso ai soggetti di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
  3. I certificati di credito fiscale emessi in attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo e gli atti e i contratti aventi ad oggetto tali certificati sono esenti dall'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986 n. 131. Il regime di favore portato dall'articolo 5, comma 1, Tab. All. B, decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 642, si intende esteso ad ogni atto e documento formato in attuazione del presente comma e dei successivi.
  4. All'articolo 61 del citato testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
  «3. In conseguenza dell'applicazione del comma 8-sexies del precedente articolo 16-bis, in deroga a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo, in nessun caso sono ammessi in deduzione dalla base imponibile gli interessi passivi e gli oneri assimilati corrisposti dal cessionario del credito agevolativo realizzato mediante l'operazione di sconto di cui all'articolo 1858 c.c.».

  5. All'articolo 66, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
  «6. In conseguenza dell'applicazione del comma 8-sexies del precedente articolo 16-bis, in deroga a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo, in nessun caso sono ammessi in deduzione dalla base imponibile gli interessi passivi e gli oneri assimilati corrisposti dal cessionario del credito agevolativo realizzato mediante l'operazione di sconto di cui all'articolo 1858 c.c.».

  6. All'articolo 96, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
  «9. In conseguenza dell'applicazione del comma 8-sexies del precedente articolo 16-bis, in deroga a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo, in nessun caso sono ammessi in deduzione dalla base imponibile gli interessi passivi e gli oneri assimilati corrisposti dal cessionario del credito agevolativo realizzato mediante l'operazione di sconto di cui all'articolo 1858 c.c.».

  7. Ai maggiori oneri derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, pari a 2.300.000 euro per l'anno 2015, a 29.000.000 euro per il 2016, a 45.000.000 euro per il 2017, a 60.000.000 euro per il 2018, a 75.200.000 euro per il 2019, a 90.600.000 per il 2020, a 106.000.000 euro per il 2021, a 121.300.000 euro per il 2022, a 136.600.000 euro per il 2023, a 152.000.000 per il 2024, a 138.800.000 per il 2025, a 131.400.000 euro per il 2026 e a 114.650.000 euro a decorrere dal 2027, si provvede si provvede mediante le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui al successivo comma 8.
  8. A decorrere dall'anno 2015 l'aliquota di cui all'articolo 13 della tariffa, parte prima, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, comma 2-ter, è fissata nella misura del 2, 20 per mille.
12. 0200. Pisano, Cancelleri, Barbanti, Alberti, Pesco, Ruocco, Villarosa.

ART. 13.
(Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per i lavori pubblici ed in materia di trasporto aereo).

  Al comma 1, sopprimere le parole: Le assegnazioni disposte dal CIPE con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e.

  Conseguentemente, al medesimo comma:
   sopprimere lettera a);
   lettera b), sostituire le parole: 45 milioni con le seguenti: 29,362 milioni.
13. 51. Liuzzi, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Dell'Orco, Spessotto, Catalano, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) prioritariamente, per l'importo di 53,2 milioni di euro, nel limite di 20 milioni di euro alla realizzazione del progetto Vento e 33,2 milioni di euro per un piano al fine di promuovere il trasporto ibrido ed elettrico sostenendo le attività imprenditoriali che sviluppano sistemi innovativi per il trasporto, coinvolgendo fonti rinnovabili di energia e vettori di energia quali l'idrogeno;
13. 50. Mucci, Vallascas, Della Valle, Da Villa, Crippa, Fantinati, Petraroli, Prodani.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Ai fini del finanziamento del progetto approvato con la delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010, è autorizzato un contributo venticinquennale di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
13. 56. Grimoldi, Allasia, Busin.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: al miglioramento della competitività dei porti italiani e a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all'interno dei sistemi portuali, nella fase iniziale per favorire i traffici con i Paesi dell'Unione Europea con le seguenti: ad interventi di contrasto al rischio idrogeologico e di prevenzione dei rischi da calamità naturali, sul territorio nazionale.
13. 58. Allasia, Busin, Grimoldi.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano alle Autorità Portuali commissariate nel corso degli ultimi due anni, dalla data di entrata in vigore del presente decreto, che hanno predisposto una programmazione di opere infrastrutturali strategiche per un importo superiore a 5 milioni di euro.
13. 37. Paolo Russo, Abrignani.

  Sopprimere il comma 7-bis.
13. 202. Da Villa, Castelli, Mucci, Vallascas, Della Valle, Crippa, Fantinati, Petraroli, Prodani.

  Al comma 7-bis, primo periodo, sostituire le parole: le imprese con le seguenti: alle imprese.

  Conseguentemente, al medesimo periodo:
   sostituire le parole: vengono indennizzate con le seguenti: può essere concesso un indennizzo;
   aggiungere, in fine, le parole: , e comunque nei limiti complessivi dell'autorizzazione di spesa di cui al presente comma.
13. 700. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 7-bis, primo periodo, dopo le parole: per la realizzazione dell'opera aggiungere le seguenti:, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
13. 800. Le Commissioni.
(Approvato)

  Dopo il comma 7-bis, aggiungere il seguente:
  7-ter. Quale azione a supporto della competitività delle imprese portuali di cui agli articoli 16, 17, 18, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è prevista una riduzione delle accise sui prodotti energetici per i veicoli e macchine industriali utilizzati esclusivamente in siti portuali, nel limite di spesa annua di 30 milioni di euro. La modalità, la misura e la relativa decorrenza della suddetta riduzione sono definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Ai maggiori oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante riduzione, in maniera lineare, delle dotazioni correnti relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla Tabella C della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per un importo pari a 30 milioni di euro annui.
13. 68. Oliaro, Vitelli, Sottanelli, Cimmino, Zanetti.

  Sopprimere il comma 8.
13. 19. Cicu, Balduzzi, Businarolo, Fabbri, Giorgis, Sannicandro, Taglialatela, Turco.

  Dopo il comma 8, aggiungere i seguenti:
  8-bis. Al fine di favorire il recupero e la riqualificazione delle facciate e delle parti comuni degli edifici privati dei centri storici o di aree di particolare pregio dei comuni con popolazione inferiore a 15 mila abitanti, presso il Ministero per beni culturali e ambientali è istituito un apposito Fondo con una dotazione annuale di 50 milioni di euro per il triennio 2014-2016.
  8-ter. Hanno accesso ai finanziamenti gli interventi finalizzati al recupero delle facciate degli edifici che insistono nei centri storici, nelle «zone omogenee A» interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale, nonché in eventuali ulteriori aree individuate dai comuni.
  8-quater. I contributi, erogati dal comune, coprono fino al 100 per cento dei costi per i lavori e spese tecniche, relativamente agli interventi di cui al comma 8-bis. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero per beni culturali e ambientali, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, sono definite le modalità di attuazione e i criteri di ripartizione annuale a favore dei comuni delle risorse del fondo di cui al comma 8-bis.
  8-quinquies. I contributi di cui ai presenti commi, non sono cumulabili con le agevolazioni fiscali in materia di ristrutturazioni edilizie previste dalla normativa nazionale.
  8-sexies. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 8-bis e seguenti, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
13. 250. Pellegrino, Lavagno.

  Sopprimere il comma 9.
13. 73. Busin, Allasia, Prataviera.

  Al comma 9-bis, sostituire le parole: ad investimenti per la funzionalità con le seguenti: per l'acquisto di materiale rotabile al fine di garantire la funzionalità.
13. 701. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 10, lettera b), dopo il capoverso 3-ter aggiungere il seguente:
  «3-quater. Nelle ipotesi di cui ai commi 3 e 3-bis l'appaltatore è esonerato dagli obblighi relativi alla responsabilità solidale, di cui all'attuale normativa di legge, per il pagamento delle retribuzioni e dei contributi, assistenziali e previdenziali, nei confronti del subappaltatore».
*13. 81. Allasia, Busin.

  Al comma 10, lettera b), dopo il capoverso 3-ter aggiungere il seguente:
  «3-quater. Nelle ipotesi di cui ai commi 3 e 3-bis l'appaltatore è esonerato dagli obblighi relativi alla responsabilità solidale, di cui all'attuale normativa di legge, per il pagamento delle retribuzioni e dei contributi, assistenziali e previdenziali, nei confronti del subappaltatore».
* 13. 83. Matarrese, Sottanelli, Vitelli, Zanetti, Cimmino.

  Sopprimere il comma 13.
13. 21. Cicu, Balduzzi, Businarolo, Fabbri, Giorgis, Sannicandro, Taglialatela, Turco.

  Sostituire il comma 13 con i seguenti:
  13. All'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, i commi 19, 19-bis, 19-ter e 20 sono abrogati.
  13-bis. Il comma 4 dell'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
  «4. L'Autorità d'ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera d), determina la tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

  13-ter. Le funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici vengono attribuite al Ministero dell'ambiente, che con apposito decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, definisce il metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato nel rispetto dell'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
13. 94. Daga, Terzoni, Segoni, Zolezzi, De Rosa, Busto, Alberti.

  Dopo il comma 13, aggiungere il seguente:
  13-bis. Ai fini del rilascio dell'attestato di prestazione energetica degli edifici, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, come sostituito dall'articolo 6 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, si tiene conto del raffrescamento derivante dalle schermature solari mobili, a condizione che la prestazione energetica delle predette schermature sia di classe due, così come definita nella norma europea EN 14501/2006, o superiore.
13. 206. Bernardo, Minardo, Saltamartini.

  Dopo il comma 13, aggiungere il seguente:
  13-bis. Al comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, come sostituito dall'articolo 9 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, dopo la lettera e-bis) è aggiunta la seguente:
   e-ter) norma europea EN 14501: 2006 – Prestazione energetica degli edifici – schermature solari mobili – classe due o superiore, asseverata dal report di calcolo effettuato con il software ENEA win-shelter riportando i dati della schermatura oggetto di intervento.
13. 207. Bernardo, Minardo, Saltamartini.

  Sopprimere i commi da 14 a 23.
13. 22. Cicu, Balduzzi, Businarolo, Fabbri, Giorgis, Sannicandro, Taglialatela, Turco.

  Sopprimere il comma 19.

  Conseguentemente, sostituire il comma 20 con il seguente:
  20. Una quota pari a 28 milioni di euro è assegnata alla realizzazione di interventi finalizzati al miglioramento della competitività degli aeroporti italiani. Il CIPE, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le Regioni interessate, provvede ad individuare gli interventi da finanziarie.
13. 104. Librandi, Sottanelli, Vitelli, Cimmino, Zanetti.

  Sopprimere i commi 19-bis e 19-ter.
13. 702. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Dopo il comma 23, aggiungere il seguente:
  23-bis. L'ultimo periodo del comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo, le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai lavoratori iscritti all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto. Con regolamento da emanare entro il 31 marzo 2014, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti.».
13. 14. Di Salvo, Airaudo, Placido, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara, Paglia, Lavagno.

  Al comma 24, primo periodo, dopo le parole: aree territoriali aggiungere le seguenti: di tutto il territorio nazionale.
13. 201. Ribaudo, Moscatt.
(Approvato)

  Al comma 24, secondo periodo, sostituire le parole: tra i 5.000 e i 150.000 con le seguenti: inferiore ai 5.000.
13. 200. Faenzi.

  Al comma 25-bis, sostituire le parole: a valere sulle ordinarie risorse umane e strumentali e con le seguenti:, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e comunque.
13. 703. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

ART. 13-bis.
(Disposizioni urgenti recanti modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni).

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. All'articolo 180, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono aggiunte, in fine, le parole: «e quando sono in corso di definizione i mutamenti di cui all'articolo 94, commi 2 e 4-bis, la documentazione prevista dall'articolo 92, commi 1 e 2, o, in alternativa, la carta di circolazione accompagnata da copia semplice dell'atto che dà luogo ai menzionati mutamenti.».
13-bis. 200. Corsaro.

ART. 14.
(Misure di contrasto al lavoro sommerso e irregolare).

  Sopprimerlo.
*14. 1. Di Gioia.

  Sopprimerlo.
*14. 25. Busin, Allasia.

  Sopprimerlo.
*14. 15. Cicu, Balduzzi, Fabbri, Giorgis, Sannicandro, Taglialatela, Turco.

  Al comma 1, lettera a), sostituire il quarto periodo con il seguente: Ai maggiori oneri derivanti dalla disposizione di cui alla presente lettera si provvede mediante la soppressione del comma 2 dell'articolo 8 del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, con conseguente recupero di euro 13 milioni da utilizzare ai fini suddetti per l'anno 2014.

  Conseguentemente, sopprimere la lettera d).
14. 201. Baldassarre, Rizzetto, Rostellato, Ciprini, Chimienti, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

  Al comma 1, lettera a), sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Ai maggiori oneri derivanti dalla disposizione di cui alla lettera e) si provvede mediante riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nella misura di euro 5 milioni per l'anno 2014, 7 milioni per l'anno 2015 e 10,2 milioni annui a decorrere dall'anno 2016.
14. 700. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere le seguenti:
   a-bis) nel triennio 2014-2016, l'INPS e l'INAIL sono autorizzate, in deroga alle facoltà assunzionali di cui all'articolo 66, comma 11-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, ad implementare la dotazione organica del personale ispettivo, con assunzioni di personale a tempo indeterminato, a partire dai vincitori di concorso o idonei inseriti in graduatorie in corso di validità, di livello non dirigenziale con funzione ispettiva in materia di previdenza, assistenza sociale, sicurezza e salute, nel limite di un contingente complessivo corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 250 milioni di euro per ciascun anno;
   a-ter) ai maggiori oneri derivanti dalla disposizione di cui alla lettera a-bis) si provvede riducendo fino alla concorrenza delle risorse ivi indicate, le spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi, sono ridotte in misura tale da assicurare almeno 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. La presente disposizione non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. I contratti di locazione o noleggio in corso alla data di entrata in vigore della presente legge possono essere ceduti, anche senza l'assenso del contraente privato, alle Forze di polizia, con il trasferimento delle relative risorse finanziarie sino alla scadenza del contratto. Fermi restando i limiti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14 settembre 2011, l'utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza assegnate in uso esclusivo è concesso per le sole esigenze di servizio del titolare. La violazione delle disposizioni di cui alla presente lettera è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti. Al fine di garantire flessibilità e razionalità nella gestione delle risorse, in conseguenza della riduzione del parco auto, il personale già adibito a mansioni di autista o di supporto alla gestione del parco auto, ove appartenente ad altre amministrazioni, è restituito con decorrenza immediata alle amministrazioni di appartenenza. Il restante personale è conseguentemente assegnato a mansioni differenti, con assegnazione di un profilo professionale coerente con le nuove mansioni, fermi restando l'area professionale di appartenenza ed il trattamento economico fondamentale in godimento.
14. 205. Nicchi, Di Salvo, Airaudo, Placido, Di Gioia.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) all'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, dopo il comma 11 è aggiunto il seguente:
  «11-bis. Per il triennio 2014-2016, l'INPS e l'INAIL possono procedere, per ciascun anno, ad assunzione di personale ispettivo di livello non dirigenziale, con funzione ispettiva in materia di previdenza e assistenza sociale, nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al cento per cento di quella relativa al personale ispettivo di livello dirigenziale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente.».
14. 206. Di Salvo, Placido, Airaudo, Di Gioia.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) è sempre disposto il sequestro dell'impresa, qualora sia contestato il reato di riduzione in schiavitù di cui all'articolo 600 del codice penale, rilevato per uno o più lavoratori; a tal fine, qualora ne rilevino la possibile sussistenza, con particolare riferimento alla condizione di clandestinità dei lavoratori, le Autorità che rilevano le violazioni informano senza indugio il magistrato competente; nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, è sempre ordinata la confisca dell'azienda medesima;.
14. 200. Maietta.

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
14. 26. Busin, Allasia, Prataviera.

  Al comma 1, sostituire la lettera d), con la seguente:
   d) i maggiori introiti derivanti dall'incremento delle sanzioni di cui alle lettere b) e c) sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati:
    1) al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
    2) ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel limite massimo di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2014, destinato a misure, da definire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, finalizzate ad una più efficiente utilizzazione sull'intero territorio nazionale del personale ispettivo, ad una maggiore efficacia, anche attraverso interventi di carattere organizzativo, della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché alla realizzazione di iniziative di contrasto al lavoro sommerso e irregolare.
  Conseguentemente, dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
  1-bis. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
14. 701. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti lettere:
   d-bis) ferme restando le competenze della Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, al fine di assicurare e rafforzare l'attività ispettiva dei singoli enti attraverso un efficace impiego del personale ispettivo degli enti pubblici che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, si conferma l'autonomia funzionale e di programmazione dei predetti enti;
   d-ter) al fine di realizzare una maggiore efficacia di coordinamento dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale ed iniziative di contrasto al lavoro sommerso e irregolare e di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza nei posti di lavoro, la percentuale dello 0,035 per cento delle sanzioni amministrative comminate e delle sanzioni civili accertate durante l'attività ispettiva ed effettivamente riscosse, è destinato al finanziamento dell'implementazione dell'attività di ricerca e informazione della banca dati dell'attività ispettiva;
   d-quater) la gestione della banca dati dell'attività ispettiva è affidata, senza ulteriori oneri di spese aggiuntive, all'INPS.
14. 203. Di Gioia.

  Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: può introdurre con le seguenti: finanzia la realizzazione di una banca dati a cui accedono tutti i funzionari e gli ispettori, prima di iniziare la verifica ispettiva, del Ministero e delle direzioni del lavoro, dell'INPS, dell'INAIL e degli altri enti e Autorità che svolgono attività ispettiva, al fine di evitare sovrapposizioni di interventi, realizzando una maggiore efficacia di coordinamento dell'attività della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale ed iniziative di contrasto al lavoro sommerso e irregolare e di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e per assicurare efficace ed efficiente adempimento dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. La gestione della banca data dati dell'attività ispettiva è affidata, senza ulteriori oneri di spese aggiuntive, all'INPS. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può introdurre, altresì,.
14. 207. Airaudo, Di Salvo, Placido.

  Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
   d-bis)
ferme restando le competenze della Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 23 aprile 2001, n. 124, al fine di assicurare il migliore e più razionale impiego del personale ispettivo di tutti gli organi di vigilanza sul territorio e altresì al fine di evitare duplicazioni di interventi da parte degli organi preposti all'attività di vigilanza in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, vengono istituite e rese attive, entro e non oltre il 31 marzo 2014, la banca dati telematica di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e il sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
14. 204. Baldassarre, Rizzetto, Rostellato, Ciprini, Chimienti, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

  Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere il seguente:
   d-bis)
Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di conversione del presente decreto, sono adottate misure volte all'utilizzo prioritario degli importi derivanti dall'incremento delle sanzioni di cui alle lettere b) e c) finalizzando le risorse medesime alle spese di missione del personale ispettivo ed alla implementazione e razionalizzazione dell'uso del mezzo proprio da parte del personale medesimo.
14. 208. Baldassarre, Rizzetto, Rostellato, Ciprini, Chimienti, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

  Al titolo, sopprimere le parole:, per la riduzione dei premi RC-auto.
Tit. 1. Senaldi.
(Approvato)

A.C. 1920-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
     il sistema economico imprenditoriale italiano e meridionale in particolare è stato soggetto a profonde crisi economiche e finanziarie che hanno fortemente compromesso il sistema produttivo nazionale;
    la necessità di salvaguardare quelle aziende attive, in un contesto di notevole difficoltà economica, che hanno sostenuto negli anni importanti investimenti finalizzati alla creazione di nuova occupazione;
    il sistema produttivo ha conosciuto profonde ristrutturazioni aziendali che hanno fortemente modificato il profilo produttivo e tecnologico delle produzioni finali;
    il sistema produttivo nazionale è stato costretto ad adattarsi ad un contesto economico mondiale in costante e profondo cambiamento;
    la particolare gravità della crisi economica ha colpito il sistema produttivo, le imprese beneficiarie delle agevolazioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 215, nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area,

impegna il Governo

a porre in essere tutti gli atti e i provvedimenti necessari al fine di permettere alle imprese sopra citate di poter derogare al vincolo del rispetto dell'osservanza dell'obbligo di realizzare produzioni finali inquadrabili in una «divisione» della «Classificazione delle attività economiche ISTAT ’91» diversa da quella relativa alle produzioni indicate nel programma originario già approvato, purché siano all'interno di una «sezione» della «Classificazione delle attività economiche ISTAT ’91».
9/1920-A/1Moscatt.


   La Camera,
   premesso che:
    il dottorato industriale è un peculiare modello di dottorato di ricerca, già presente nei principali sistemi formativi europei, che intende creare un'efficace forma di raccordo tra l'alta formazione universitaria e il sistema industriale;
    attraverso l'attivazione di tali corsi, infatti, gli studenti hanno la possibilità di raggiungere i più alti livelli di formazione nel campo della ricerca industriale, attraverso lo svolgimento dei corsi di specializzazione all'interno di un'impresa che svolge attività di ricerca e sviluppo;
    nel provvedimento all'esame, con particolare riferimento agli articoli 2, 3 e 5, sono adottate una serie di nuove misure che intendono favorire sia l'internazionalizzazione e lo sviluppo del sistema imprenditoriale italiano, sia l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo;
    favorire l'utilizzo del dottorato industriale, quale diretta e concreta forma di collaborazione tra il sistema delle imprese e il mondo della ricerca universitaria, non solo aumenterebbe gli standard qualitativi delle nostre aziende, ma consentirebbe al mondo della ricerca universitaria di attrarre nuovi investimenti;
    secondo quanto disposto dal decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 45, recante «modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati», le università possono attivare corsi di dottorato industriale, in convenzione con imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo;
    l'articolo 11 del succitato decreto ministeriale disciplina, inoltre, le modalità di svolgimento delle attività di ricerca presso l'impresa, nonché, relativamente ai posti coperti da dipendenti delle imprese, la ripartizione dell'impegno complessivo del dipendente e la durata del corso di dottorato; la normativa ministeriale, che ha comunque il pregio di introdurre nel nostro ordinamento una forma di dottorato che, in maniera apprezzabile, cerca di garantire un collegamento tra aziende e atenei da sempre auspicato ma mai effettivamente raggiunto, mostra alcuni aspetti che potrebbero limitarne l'efficacia;
    si ritiene, infatti, che tale disciplina andrebbe inserita all'interno di un atto normativo avente valore e forza di legge, garantendo così una maggiore stabilità dell'istituto dal punto di vista giuridico, ovvero una maggiore resistenza alle sue possibili modifiche;
    sempre nel provvedimento ministeriale non si riscontra, inoltre, la necessità di garantire anche al personale presente all'interno dell'azienda, ancorché impegnato in attività di elevata qualificazione, la possibilità di aver riservata una quota dei posti disponibili, sulla base delle specifiche convenzioni con l'ateneo considerato;
    l'azienda deve, invece, provvedere con mezzi propri all'eventuale formazione dei suoi dipendenti, riservando così la collaborazione prevista dal dottorato industriale alla sola formazione dei giovani laureati che intendano specializzarsi nel settore della ricerca industriale;
    si rileva, infine, la totale assenza, all'interno della disciplina presente all'interno del decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 45, di una qualsivoglia forma di esenzione, ovvero detrazione fiscale, per le aziende che decidono di attivare i corsi di dottorato in collaborazione con il sistema universitario;
    dati gli elevati impegni economici, interamente a carico delle aziende che intendono procedere all'attivazione dei corsi di formazione, l'istituto non solamente rischia di perdere la propria potenziale efficacia, ma rischia di restare del tutto inutilizzato,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative affinché la disciplina del dottorato di ricerca, attualmente regolata dal decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 45, sia inserita all'interno di un atto normativo di rango superiore, apportando, contestualmente, quelle modifiche che si ritengono essenziali per garantire il corretto funzionamento dell'istituto, riservando la totalità dei posti disponibili ai soli studenti e prevedendo un sistema di detrazione fiscale che ne renda per le imprese meno onerosa l'attivazione.
9/1920-A/2D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, agli articoli 5 e 12, introduce norme volte a favorire la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese agricole, agroalimentari ed ittiche;
    la riduzione degli adempimenti burocratici, il cui costo è stimato dai soggetti interessati e dalle organizzazioni di categoria, in migliaia di euro all'anno, è condizione indispensabile per promuovere la produttività delle aziende agricole;
    allo stato attuale i produttori agricoli di cui all'articolo 34 sesto comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 che realizzano un volume d'affari non superiore a 7.000 euro sono soggetti all'obbligo di comunicazioni annuale delle operazioni rilevanti ai fini IVA;
    ciò appare contraddittorio in quanto una categoria di agricoltori che non è tenuta, per legge, a registrare le operazioni a fini IVA è obbligata, però, a comunicare, sempre per legge, le operazioni rilevanti ai fini dell'accertamento fiscale;
    questa appare una vera e propria «distrazione» del legislatore che penalizza in maniera drammatica i piccoli agricoltori italiani, che sono la maggioranza nel nostro Paese e che, al contrario, dovrebbero essere tutelati dallo Stato in quanto l'agricoltura è l'unico settore in crescita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di abrogare il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
9/1920-A/3Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame agli articoli 5 e 12 introduce norme volte a favorire la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese;
    le aziende del settore zootecnico, comparto estremamente rilevante anche in considerazione delle filiere dei prodotti di eccellenza, sono già pesantemente colpite dalla crisi economica in atto anche a causa del vessatorio regime delle quote latte;
    tale regime cesserà nel 2015 e l'Italia non produce latte in eccesso rispetto alle quote stabilite dall'UE (cosiddetto splafonamento) da oramai 10 anni, ma nonostante questo i produttori italiani sono ancora soggetti al contorto meccanismo delle trattenute e restituzioni, e penalizzati, quindi, da un sistema di contingentamento alla produzione lattiera che non tiene conto dell'equilibrio tra domanda ed offerta nazionale;
    considerando che per la campagna lattiera 2013/2014 e per la successiva non sono previsti splafonamenti, tale regime appare inutilmente oppressivo per gli allevatori italiani, sottraendo loro una liquidità che sarebbe invece fondamentale per far fronte all'attuale crisi economica e del settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, per la campagna lattiera 2014/2015 di sopprimere l'obbligo delle trattenute e dei versamenti di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, al fine di evitare inutili esborsi a titolo di anticipo a carico delle aziende.
9/1920-A/4L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, commi 19 e 20, reca disposizioni in tema di indennità di volo del personale aereo navigante;
    l'indennità di volo è prevista dall'articolo 907 del codice della navigazione, in ragione della specialità e dell'onerosità delle attività del personale navigante (piloti ed assistenti di volo);
    l'articolo 51, comma 6, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 prevede che «le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, ... nonché le indennità di cui all'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare.»;
    per effetto della parificazione della base imponibile sia ai fini fiscali che previdenziali ad opera dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 314 del 1997 che richiama l'articolo 12, comma 10 e 12, della legge n. 153 del 1969, la retribuzione imponibile viene presa a riferimento per il calcolo delle prestazioni a carico delle gestioni di previdenza e di assistenza sociale interessate e quindi anche per il calcolo delle prestazioni economiche di maternità, cosicché l'indennità di volo, che concorre a formare il reddito imponibile ai fini fiscali solo nella misura del 50 per cento, viene calcolata, dall'Istituto di previdenza, anche ai fini contributivi, solo nella misura del 50 per cento;
    accade dunque che l'INAIL (dal 1o gennaio 2014 INPS) riconosce alle lavoratrici del personale dell'aviazione civile l'indennità di maternità nella misura dell'80 per cento della base contributiva-fiscale del 50 per cento dell'ammontare della indennità di volo versata al dipendente ovvero solo nella misura del 40 per cento;
    l'articolo 22 del decreto legislativo n. 151 del 2001 prescrive che «le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità» e che l'articolo 23, comma 3, del medesimo decreto dispone che «concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria per le indennità economiche di malattia.»;
    l'articolo 22 e 23 del decreto n. 151 del 2001 devono essere interpretati nel senso che si riferiscono alla retribuzione globale e con le pronunce della Corte costituzionale in materia (sent. n. 132/1991 e 271/1999) e nel senso che nel calcolo dell'indennità di maternità debbano concorrere quantomeno gli stessi elementi previsti per l'erogazione dell'indennità di malattia;
    le assistenti di volo in maternità non possono ricevere un trattamento di maternità che non computi anche l'indennità di volo minima garantita al 100 per cento e la parziale esenzione, sotto il profilo fiscale, dell'indennità di volo non può avere come conseguenza la penalizzazione delle lavoratrici in maternità;
    un trattamento economico di maternità come quello erogato dall'INAIL (INPS) che risulti pari al 40 per cento della retribuzione percepita dalle assistenti di volo prima del congedo di maternità si pone anche in contrasto con i principi sancita dalla Costituzione all'articolo 37 che recita che «la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.» e tale disparità non trova nessuna ragionevole giustificazione;
    l'erogazione da parte dell'INAIL di un'indennità di maternità di importo inferiore all'80 per cento (anzi addirittura pari al 40 per cento) della retribuzione costituisce anche una discriminazione fondata sul sesso ai sensi dell'articolo 25, comma 1 del decreto legislativo n. 198 del 2006, dell'articolo 3, comma 3, del decreto n. 151 del 2001 e dell'articolo 2, comma 2, lettera c), della Direttiva europea n. 54 del 2006 poiché di fatto non garantisce alla lavoratrice madre lo stesso tenore di vita goduto in precedenza e quindi costituisce comportamento adottato in violazione della normativa nazionale e comunitaria a tutela della lavoratrice madre e appare discriminatorio;
    la indennità di volo costituisce una buona parte della retribuzione del personale di volo e ha comunque natura retributiva;
    è necessario tutelare la maternità ma anche il minore che è pregiudicato dalla circostanza che la madre riceve una indennità di maternità di importo minore,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta alla rimozione della discriminazione in atto e al riconoscimento dell'indennità di volo nella misura del 100 per cento nella retribuzione imponibile ai fini del calcolo della indennità di maternità delle lavoratrici del settore aereo, al fine di tutelare la maternità e il minore.
9/1920-A/5Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi Rc-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, l'articolo 14, reca misure di contrasto al lavoro sommerso e irregolare;
    il decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, all'articolo 10, comma 1, stabilisce istituisce, al fine di razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza sul territorio, una banca dati telematica che raccoglie le informazioni e approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro e su tutte le materie oggetto di aggiornamento e di formazione permanente del personale ispettivo;
    il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, all'articolo 8, istituisce, il sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia dell'attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate;
    il Governo ha accolto in data 25 luglio 2013 un ordine del giorno – 9/01248-AR/013 – in cui si impegnava a porre in essere nell'immediato e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2013 ogni atto necessario a rendere effettiva l'operatività del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP);
    la situazione attuale del sistema di vigilanza in materia di lavoro e previdenza presenta una sovrapposizione e duplicazione di controlli da parte dei diversi soggetti istituzionali, dotati attualmente di analoghi poteri;
    attualmente, con riferimento alla vigilanza in materia di lavoro si delineano diverse sovrapposizioni: per quanto concerne l'azione di contrasto al lavoro nero può intervenire il personale ispettivo del Ministero del lavoro, dell'Inps, dell'Inail, della Guardia di Finanza mentre, con riferimento alla vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, possono sovrapporsi il personale ispettivo del Ministero del lavoro, dell'Inail e dei Servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro (SPSAL) delle ASL;
    la molteplicità di soggetti coinvolti è causa di confusione di ruoli, sovrapposizione di interventi, disomogeneità di valutazione e incertezza da parte delle aziende, disuguaglianza di trattamento per imprese e lavoratori;
    l'esperienza dell'Agenzia delle Entrate, disciplinata con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, potrebbe essere una esperienza positiva da cui trarre best practice;
    sono passati 10 anni dall'istituzione della banca dati telematica di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, senza che sia ancora stata messa in funzione e se ne possa beneficiare al fine di razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza sul territorio;
    sono passati 6 anni dall'istituzione del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP) di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, senza che se ne possa beneficiare al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia dell'attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di porre in essere ogni atto necessario al fine di unificare tutta la materia dei controlli in tema di lavoro in un'unica struttura esclusiva – sul modello delle Agenzie istituite con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 – al fine di razionalizzare le ispezioni svolte e dare una maggiore sicurezza agli imprenditori nella corretta gestione delle loro imprese e delle conseguenze derivanti dalla violazione delle norme;
   a porre in essere nell'immediato, e comunque entro e non oltre il 31 marzo 2014, ogni atto necessario a rendere effettiva l'operatività del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP);
   a porre in essere nell'immediato e comunque entro e non oltre il 31 marzo 2014 ogni atto necessario a rendere effettiva l'operatività della banca dati telematica di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
9/1920-A/6Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione economica del Paese non è più sostenibile per le imprese, molte delle quali, specie quelle di più piccole dimensioni, sono oggi al fallimento, sovrastate dagli eccessivi oneri fiscali, dalla mancanza di credito bancario e dalla burocrazia;
    sono molte le aziende italiane che, per contrastare gli effetti della crisi, negli ultimi hanno cessato la propria attività produttiva in Italia, delocalizzando la produzione in Paesi confinanti come il Canton Ticino, la Carinzia e la Slovenia, allo scopo di poter produrre a costi più bassi;
    il nostro sistema economico subisce gravi lesioni dal processo di delocalizzazione, il quale sta portando ad un lento e profondo depauperamento delle risorse produttive ed occupazionali presenti sul territorio. Particolarmente colpite e penalizzate dagli effetti della delocalizzazione sono le zone distrettuali confinanti con la confederazione elvetica;
    il decreto-legge in esame è privo di iniziative volte a salvaguardare il tessuto economico dall'alto tasso di frammentazione a cui è esposto, frammentazione che sta portando il Paese alla perdita del proprio patrimonio produttivo, caratterizzato per gran parte da piccole e medie imprese, che hanno scritto la storia dell'economia italiana;
    in queste circostanze sarebbe necessario attuare una nuova politica di tutela delle imprese italiane nei settori interessati dai processi di delocalizzazione tramite la concessione di agevolazioni e riduzioni degli oneri amministrativi e dei carichi fiscali e sociali, ma ad ogni modo legati al rispetto di specifiche condizioni, tra cui la permanenza nei luoghi d'origine, l'assunzione di forza lavoro locale, l'assegnazione di commesse ad imprese dell'area d'appartenenza,

impegna il Governo

ad attivare un'organica azione di difesa e di sostegno del sistema produttivo del Paese, con particolare riferimento alle zone confinanti con la confederazione elvetica e con le province autonome di Trento e Bolzano, ricomprendendo in tali azioni l'osservanza da parte dei beneficiari di impegni diretti alla loro permanenza nei luoghi d'origine, al mantenimento e all'incremento della forza lavoro locale, all'assegnazione di lavori e all'eventuale esternalizzazione di processi produttivi ad imprese appartenenti all'indotto in cui esse operano.
9/1920-A/7Giancarlo Giorgetti, Molteni, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    le strategie di sicurezza dell'approvvigionamento energetico fino ad oggi adottate dall'U.E. hanno portato ad aumentare la diversificazione delle fonti e delle aree geografiche di rifornimento, al fine di ridurre i rischi legati alla forte dipendenza nei confronti di Paesi esteri;
    l'Italia è ancora oggi priva di una politica energetica in grado di alleggerire la forte dipendenza dalle importazioni estere; gli alti costi energetici che ne derivano stanno mettendo in seria difficoltà l'apparato produttivo ed anche economico del Paese, che dipende per oltre l'80 per cento, per l'importazione di combustibili fossili, da altri Paesi;
    il quadro di riferimento deve essere necessariamente quello di una più generale pianificazione energetica che veda nella diversificazione delle fonti e delle aree di approvvigionamento, nella costruzione e nell'ammodernamento delle infrastrutture energetiche, nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dell'efficienza energetica i punti fondamentali da cui ripartire per arrivare a disporre, in tempi relativamente brevi, di energia a basso costo, al pari degli altri Paesi europei;
    in Italia, la bolletta energetica è del 18 per cento più alta rispetto alla media europea;
    dall'allineamento dei prezzi dei prodotti energetici italiani (energia elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei deriverebbe un risparmio annuo di circa 25 miliardi;
    gli alti costi energetici sostenuti dall'Italia rappresentano una delle maggiori cause dello svantaggio competitivo del Paese rispetto agli altri Paesi europei;
    l'articolo 1, del decreto-legge in esame, che reca una serie di misure diverse per ridurre i costi dell'energia elettrica, manca di una visione di lungo periodo in grado di rendere il mercato dell'energia più efficiente e competitivo, e penalizza, decisamente in controtendenza rispetto alle strategie annunciate, lo sviluppo delle fonti rinnovabili;
    il settore energetico è strategico per l'economia del Paese, con un giro di affari, in crescita, attorno al 20 per cento del Pil e con quasi mezzo milione di posti di lavoro creati,

impegna il Governo

ad adottare un'azione programmatica in campo energetico, in linea con le iniziative intraprese a livello europeo, che punti ad una maggiore diversificazione delle fonti di energia e ad una conseguente riduzione della dipendenza dalla fonte fossile, ai fini di un drastico contenimento dei costi energetici a beneficio dei consumatori finali, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese.
9/1920-A/8Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni, complice la crisi economica, l'Italia ha ceduto parti importanti del suo patrimonio industriale in favore di investitori esteri, perdendo via via asset che sono sempre stati considerati strategici per la crescita economica del Paese;
    le aziende nel nostro Paese sono oggi in grave difficoltà, sempre più schiacciate da una pressione fiscale divenuta ormai insostenibile, nonché dall'inefficienza della burocrazia, dall'impossibilità di accesso al credito e, non da ultimo, dagli alti costi energetici, assolutamente lontani dai valori medi europei;
    l'ondata di deindustrializzazione che sta attraversando il Paese sta portando alla progressiva perdita del patrimonio industriale italiano, condannando l'Italia ad una posizione di emarginazione nell'economia internazionale;
    sul declino economico dell'Italia pesa la mancanza di una pianificazione industriale a livello nazionale, di una politica seria, coraggiosa e trasparente in grado di affrontare con rigore e determinazione i veri problemi che affliggono il Paese, dall'insostenibile pressione fiscale alla difficoltà di accesso al credito, passando per un vetusto e asfissiante sistema burocratico;
    è pertanto necessario che il Governo adotti quanto prima una politica di rilancio del sistema industriale del Paese al fine di poter uscire dalla recessione ed inaugurare una nuova fase di crescita economica, il cui cuore pulsante torni ad essere il sistema delle piccole e medie imprese,

impegna il Governo

ad adottare una politica di rilancio strutturale del sistema industriale italiano, anche attraverso l'immediata attuazione di interventi di riduzione del carico fiscale, di semplificazione burocratica e di facilitazione all'accesso al credito a favore delle piccole e medie imprese, al fine di aumentare la competitività dell'economia italiana.
9/1920-A/9Caon, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi è quello manifatturiero;
    il settore ha un ruolo di traino dell'economia del Paese, inglobando l'eccellenza della piccola e media impresa italiana che è rappresenta da oltre 450 mila artigiani e piccoli imprenditori, i quali danno lavoro a quasi 2 milioni di addetti e realizzano un valore aggiunto di 60 miliardi;
    la competitività del settore è minacciata, non solo dalla presenza sui mercati internazionali di prodotti contraffatti e di bassissima qualità, ma anche dalle grandi difficoltà che il medesimo incontra nell'accedere al mercato estero;
    l'articolo 5, del presente decreto-legge, detta disposizioni per favorire l'internazionalizzazione delle imprese e la promozione dell'immagine del prodotto italiano nel mondo;
    l'affermazione delle imprese nazionali sul mercato internazionale deve avvenire in primo luogo attraverso l'adozione di iniziative di contrasto alla contraffazione e di maggiore tutela delle produzioni artigianali di qualità,

impegna il Governo

ad adottare una strategia che porti all'affermazione delle imprese nazionali sul mercato internazionale attraverso l'adozione di politiche di contrasto alla contraffazione e di tutela della produzione artigianale di qualità e del made in Italy.
9/1920-A/10Grimoldi, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo contiene alcune disposizioni finalizzate a favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema delle imprese;
    negli ultimi anni le imprese sono state particolarmente colpite dalla crisi economica, e che per una ripresa del sistema produttivo del Paese è prioritario abbassare la tassazione fiscale complessiva gravante su di queste, a partire dall'imposizione fiscale sui redditi, dall'imposta municipale propria IMU al cuneo fiscale;
    l'applicazione, sul calcolo dell'imposta municipale propria dovuta dalle imprese grava pesantemente sulle aziende stesse anche a causa del moltiplicatore fissato a 65 per gli immobili di categoria D,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, a decorrere dall'esercizio 2014, di diminuire il valore del moltiplicatore IMU sugli immobili catastali di categoria D.
9/1920-A/11Prataviera, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
     il testo contiene alcune disposizioni finalizzate a favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema delle imprese;
     negli ultimi anni le imprese sono state particolarmente colpite dalla crisi economica, e che per una ripresa del sistema produttivo del Paese è prioritario abbassare la tassazione fiscale complessiva gravante su di queste, a partire dall'imposizione fiscale sui redditi, dall'imposta municipale propria IMU al cuneo fiscale;
     la pressione fiscale a carico delle imprese pesa già in modo rilevante sulle stesse, rallentando così il tanto auspicato processo di ripresa economica;
    l'applicazione dell'imposta immobiliare sugli immobili strumentali all'impresa sottrae importanti risorse economiche all'imprenditore, impedendogli di investire le stesse in nuovi investimenti ovvero in occupazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di permettere l'integrale deduzione dell'imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni e ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.
9/1920-A/12Rondini, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
     l'articolo 12 del provvedimento reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese;
   valutato che la pressione fiscale a carico delle imprese pesa già in modo rilevante sulle stesse, rallentando così il tanto auspicato processo di ripresa economica;
   stimato come un'eccessiva imposizione fiscale sugli immobili strumentali all'impresa sottrae importanti risorse economiche all'imprenditore, impedendogli di investire le stesse in nuovi investimenti ovvero in occupazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di escludere dall'imposizione sul reddito di impresa una quota del valore degli investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature effettuate dalle imprese.
9/1920-A/13Bossi, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo contiene alcune disposizioni finalizzate a favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema delle imprese;
    negli ultimi anni le imprese sono state particolarmente colpite dalla crisi economica, e che per una ripresa del sistema produttivo del Paese è prioritario abbassare la tassazione fiscale complessiva gravante su di queste, a partire dall'imposizione fiscale sui redditi, dall'imposta municipale propria IMU al cuneo fiscale;
    gli immobili strumentali delle imprese sono destinati alla produzione, e per questo sono già sottoposti ad imposizione attraverso la tassazione Irpef o Ires per il reddito che contribuiscono a generare;
    l'applicazione dell'imposta immobiliare sugli immobili strumentali all'impresa sottrae importanti risorse economiche all'imprenditore, impedendogli di investire le stesse in nuovi investimenti ovvero in occupazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare un provvedimento legislativo finalizzato a prevedere uno sgravio diretto sui parametri IMU per le attività artigianali e le PMI, sia sulle aliquote che sui valori catastali.
9/1920-A/14Marcolin, Allasia, Busin.


   La Camera,
    il testo contiene alcune disposizioni finalizzate a favorire la ripresa economica delle imprese;
    negli ultimi anni le imprese sono state particolarmente colpite dalla crisi economica, e che per una ripresa del sistema produttivo del Paese è prioritario abbassare la tassazione fiscale complessiva gravante su di queste, a partire dall'imposizione fiscale sui redditi, dall'imposta municipale propria IMU al cuneo fiscale;
    i danni conseguenti all'alluvione che ha colpito il Veneto tra fine Gennaio e i primi giorni di Febbraio 2014 e che ha interessato i comuni del territorio compreso tra le province di Belluno, Treviso, Venezia, Vicenza, Verona e Padova sono stati particolarmente pesanti e gravosi sul sistema economico e produttivo dell'area interessata dai fenomeni calamitosi, con numerose aziende chiuse o impedite a riprendere la normale attività;
    registrando che il livello di criticità nel Veneto ha raggiunto i massimi livelli: oltre 1000 gli evacuati, un morto, danni alle colture e alle cose stimati per ora attorno ai 500 milioni di euro; il padovano, dove sono esondati diversi canali collegati al Bacchiglione, interi quartieri sono stati totalmente allegati da oltre un metro e mezzo di acqua, costringendo molte famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni attraverso le barche della protezione civile,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per la gestione della fase emergenziale del maltempo che in questi giorni si è abbattuta sul Veneto provvedendo altresì a sospendere immediatamente ogni adempimento fiscale, contributivo e assicurativo relativo a persone fisiche e giuridiche, nonché i mutui, per i contribuenti e le imprese dei Comuni veneti interessati dagli eventi calamitosi, e prevedendo al contempo sia lo stanziamento di risorse straordinarie da destinare alle persone fisiche e alle attività d'impresa per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni come la prima abitazione o i mobili strumentali all'esercizio delle attività stesse, sia alla esclusione delle somme provenienti dallo Stato e delle relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle Province e dai Comuni, nonché delle risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino, dai limiti imposti dal patto di stabilità per l'anno finanziario 2014.
9/1920-A/15. (Nuova formulazione)  Matteo Bragantini, Allasia, Busin, Marcolin, Prataviera, Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese;
    nel PIL italiano complessivo, il turismo rappresenta una delle voci più importanti per l'economia italiana, e che, soprattutto in alcune regioni, è diffuso il fenomeno da parte di turisti stranieri di soggiornare nel nostro Paese prendendo in affitto un appartamento, dal momento che in questa aree il sistema ricettivo extralberghiero è più significativo per presenze di quello alberghiero;
    la maggior parte dei turisti provenienti dall'Est Europa utilizza il denaro contante per il pagamento dei servizi di cui usufruisce in Italia durante il soggiorno;
    il comma 50 dell'articolo 1 della Legge di Stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) prevede che i pagamenti riguardanti canoni di locazione di unità abitative, fatta eccezione per quelli di alloggi di edilizia residenziale pubblica, devono essere corrisposti obbligatoriamente, quale ne sia l'importo, escludendo l'uso del contante e assicurando la tracciabilità,

impegna il Governo

a sostenere la ripresa economica del settore turistico italiano rivedendo la vigente normativa sulle modalità di pagamento delle locazioni delle unità abitative, prevedendo la facoltà per le medesime unità situate in località turistiche, di utilizzare anche il denaro contante per la corresponsione del corrispettivo canone di locazione.
9/1920-A/16Busin, Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo contiene alcune disposizioni finalizzate a favorire la ripresa economica delle imprese;
    l'articolo 12 del provvedimento reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese;
    lo stesso provvedimento prevede come per l'anno 2014 siano sospese le cartelle esattoriali a favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di anticipare l'emanazione del decreto ministeriale finalizzato a stabilire i criteri e le modalità di individuazione dei soggetti aventi diritto l'agevolazione fiscale, prevedendo altresì come la medesima agevolazione si applichi non solo alle somme iscritte a ruolo ma anche a quelle accertate.
9/1920-A/17Borghesi, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento in esame reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese;
    l'intervento si rende necessario perché negli ultimi anni, un elemento di forte criticità per le piccole e medie imprese, a seguito della crisi economico- finanziaria, è stato rappresentato dal progressivo irrigidimento nelle relazioni con il sistema bancario, che hanno limitato l'erogazione del credito, nonostante l'introduzione di alcuni strumenti legislativi aventi l'obiettivo di contrastare tale criticità;
    oltre all'intervento previsto dal provvedimento è necessario, per consentire al sistema economico di essere competitivo e di agganciare la ripresa economica intervenire ulteriormente per favorire la capitalizzazione delle aziende italiane, l'impatto negativo della tassazione degli interessi passivi che si sono aggravati con la crisi economica, contrastare la dipendenza unica delle PMI dal sistema bancario ed infine ridurre il rischio di rifinanziamento delle imprese italiane,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare in tempi rapidi misure, anche di tipo normativo, che attraverso la leva fiscale, agevolino ulteriormente l'accesso al credito delle piccole e medie imprese al fine di mitigare le criticità esposte in premessa.
9/1920-A/18Gitti, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento in esame reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese;
    l'intervento si rende necessario perché negli ultimi anni, un elemento di forte criticità per le piccole e medie imprese, a seguito della crisi economico- finanziaria, è stato rappresentato dal progressivo irrigidimento nelle relazioni con il sistema bancario, che hanno limitato l'erogazione del credito, nonostante l'introduzione di alcuni strumenti legislativi aventi l'obiettivo di contrastare tale criticità;
    oltre all'intervento previsto dal provvedimento è necessario, per consentire al sistema economico di essere competitivo e di agganciare la ripresa economica intervenire ulteriormente per favorire la capitalizzazione delle aziende italiane, l'impatto negativo della tassazione degli interessi passivi che si sono aggravati con la crisi economica, contrastare la dipendenza unica delle PMI dal sistema bancario ed infine ridurre il rischio di rifinanziamento delle imprese italiane,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, di adottare in tempi rapidi misure, anche di tipo normativo, che attraverso la leva fiscale, agevolino ulteriormente l'accesso al credito delle piccole e medie imprese al fine di mitigare le criticità esposte in premessa.
9/1920-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gitti, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi mesi stati approvati ben quattro aumenti delle accise sulla birra, settore che, in assenza di un alleggerimento della pressione fiscale, rischia di spingere molti imprenditori ad una delocalizzazione delle loro attività produttive in Paesi esteri, e vedrà spingere i consumi verso le aree di confine dove la birra e i prodotti alcolici possono essere acquistata fuori del territorio nazionale a prezzi inferiori;
    il comma 7-ter dell'articolo 12 del decreto, modificato dalle Commissione riunite, dispone che, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 26 febbraio 2014, venga modificata la determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli n. 145744 del 23 dicembre 2013, al fine di eliminare, per l'anno 2014, l'incremento dell'accisa sulla birra decorrente dal 1o marzo 2014;
    a fronte di questo sgravio per la birra dobbiamo rilevare che le accise sui prodotti alcolici sono aumentate di oltre il 13 per cento a partire già dal scorso ottobre, per stabilizzarsi al +27,4 per cento rispetto al livello odierno, dal primo gennaio del 2015;
    pur essendo l'Italia tra i Paesi europei nei quali le accise sugli alcolici sono ai livelli inferiori, il peso di tale tassa sul prodotto risulta quasi insostenibile: si pensi solo che un litro di alcool puro ha un valore di produzione di circa un euro, ma su di esso grava una accisa di oltre 8 euro sulla quale poi si dovrà applicare anche l'IVA, anch'essa aumentata al 22 per cento, che grava anche sulla quota di accisa;
    inoltre, è dimostrato che ogni aumento delle accise si rivela essere un clamoroso boomerang per le casse dello Stato, che incassa di meno poiché i consumi, a fronte dei forti aumenti di prezzo, calano;
    cosa ancora più grave questi sgravi applicati ad aziende prevalentemente estere mettono fuori mercato molte aziende di piccole e medie dimensioni che costituiscono l'industria italiana delle bevande alcoliche, uno dei fiori all'occhiello del cosiddetto made in Italy che danno lavoro a circa 225.000 persone sul territorio italiano, questa differenza viola inoltre qualsiasi regole di concorrenza e ci pone in regime di criticità verso l'UE,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una rimodulazione delle accise gravanti sull'alcol in modo uniforme, e quindi non discriminatorio, per aziende di modeste dimensioni già gravate dai costi dei recenti aumenti di accise che le hanno costrette a rifare listini e inventario a ridosso di Natale con un oggettivo costo per le casse aziendali gravate da questi aumenti che al momento stanno penalizzando moltissime realtà imprenditoriali, anche di antica tradizione, mortificano un settore già insofferenza, e che nel contempo, a causa dell'accertato calo dei consumi dovuti agli aumenti stessi, risultano controproducenti ai fini del gettito erariale.
9/1920-A/19Marazziti, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi mesi stati approvati ben quattro aumenti delle accise sulla birra, settore che, in assenza di un alleggerimento della pressione fiscale, rischia di spingere molti imprenditori ad una delocalizzazione delle loro attività produttive in Paesi esteri, e vedrà spingere i consumi verso le aree di confine dove la birra e i prodotti alcolici possono essere acquistata fuori del territorio nazionale a prezzi inferiori;
    il comma 7-ter dell'articolo 12 del decreto, modificato dalle Commissione riunite, dispone che, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 26 febbraio 2014, venga modificata la determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli n. 145744 del 23 dicembre 2013, al fine di eliminare, per l'anno 2014, l'incremento dell'accisa sulla birra decorrente dal 1o marzo 2014;
    a fronte di questo sgravio per la birra dobbiamo rilevare che le accise sui prodotti alcolici sono aumentate di oltre il 13 per cento a partire già dal scorso ottobre, per stabilizzarsi al +27,4 per cento rispetto al livello odierno, dal primo gennaio del 2015;
    pur essendo l'Italia tra i Paesi europei nei quali le accise sugli alcolici sono ai livelli inferiori, il peso di tale tassa sul prodotto risulta quasi insostenibile: si pensi solo che un litro di alcool puro ha un valore di produzione di circa un euro, ma su di esso grava una accisa di oltre 8 euro sulla quale poi si dovrà applicare anche l'IVA, anch'essa aumentata al 22 per cento, che grava anche sulla quota di accisa;
    inoltre, è dimostrato che ogni aumento delle accise si rivela essere un clamoroso boomerang per le casse dello Stato, che incassa di meno poiché i consumi, a fronte dei forti aumenti di prezzo, calano;
    cosa ancora più grave questi sgravi applicati ad aziende prevalentemente estere mettono fuori mercato molte aziende di piccole e medie dimensioni che costituiscono l'industria italiana delle bevande alcoliche, uno dei fiori all'occhiello del cosiddetto made in Italy che danno lavoro a circa 225.000 persone sul territorio italiano, questa differenza viola inoltre qualsiasi regole di concorrenza e ci pone in regime di criticità verso l'UE,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una rimodulazione delle accise gravanti sull'alcol in modo uniforme, e quindi non discriminatorio, per aziende di modeste dimensioni.
9/1920-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marazziti, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    una parte molto importante del decreto-legge in oggetto riguarda le procedure e finanziamenti relativi a processi di bonifica e messa in sicurezza di aree SIN e siti a rischio;
    in Campania e in particolar modo ad Avellino esiste la delicatissima situazione dell'ex impianto Isochimica chiusa nel 1990 e che negli anni 80 aveva lavorato alla coibentazione e decoibentazione di ben 2500 (duemilacinquecento) carrozze delle ferrovie dello Stato;
    l'amianto delle citate carrozze veniva interrato o impastato in cubi di calcestruzzo;
    oggi questo sito è nel cuore di un quartiere abitato a distanza di poche centinaia di metri di una scuola elementare e della stazione ferroviaria;
    la Procura della Repubblica competente ha provveduto al sequestro dell'area in quanto l'amianto abbandonato rappresenta un gravissimo pericolo per la salute e l'incolumità pubblica e ha emesso una serie di avvisi di garanzia finalizzati ad accertare le precise responsabilità di questa bomba ecologica presente sul territorio irpino;
    è difficile addivenire persino al censimento dei cubi di calcestruzzo presenti nel sito tant’è che si è passati da 347 sulla base di un documento dell'Arpac del 2004, divenuti poi 489 in un censimento del 2007, poi 509, poi 525 e quest'ultimo dato ancora risulta incerto in quanto un medico ne avrebbe censiti 680 come riportato in un verbale di riunione svoltasi presso il comune di Avellino;
    nel corso di questi anni purtroppo già nove ex dipendenti sono morti per tumore e altri 140 hanno contratto patologie tumorali, asbestosi e mesoteliomi;
    tali pericoli per la salute sono presenti anche nella popolazione maggiormente esposta;
    autorevoli esperti hanno evidenziato la drammaticità della situazione dal punto di vista epidemiologico presente nel comprensorio;
    occorrono pertanto investimenti finalizzati alla bonifica e un'azione di tutela della salute degli ex lavoratori e delle popolazioni esposte,

impegna il Governo

a convocare entro 30 giorni dalla conversione in legge del presente decreto-legge un tavolo istituzionale con i soggetti istituzionalmente interessati, finalizzato a realizzare un crono programma, con relativi finanziamenti, volto alla bonifica del sito ex Isochimica e al compimento di uno screening della popolazione esposta al rischio amianto anche utilizzando la programmazione dei fondi Ue 2014-2020.
9/1920-A/20Famiglietti, Paris.


   La Camera,
   premesso che:
    i processi di bonifica previsti dal presente decreto-legge in fase di conversione interessano principalmente siti industriali per i quali sono stati attivati processi di reindustrializzazione purtroppo non sempre in grado di recuperare le maestranze espulse dal mondo del lavoro nei processi di riconversione;
    un numero rilevante di lavoratori attualmente sotto tutela di ammortizzatori sociali in deroga proviene da tali processi;
    le attività di bonifica e messa in sicurezza delle aree Sin rappresenta quindi anche un'opportunità occupazionale;
    sarebbe opportuno effettuare un monitoraggio affidato ai centri per l'impiego competenti finalizzato ad individuare nell'ambito delle aree Sin i lavoratori in mobilità al fine di inserirli in progetti di riqualificazione ambientale nei processi di bonifica,

impegna il Governo

a promuovere nell'ambito delle aree SIN protocolli d'intesa tra le parti sociali e i soggetti istituzionali competenti finalizzati a riservare per i lavoratori in mobilità in deroga residenti nelle suddette aree una quota, non inferiore al 20 per cento, delle nuove assunzioni legate ai progetti di bonifica e messa in sicurezza.
9/1920-A/21Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione Europea nei recenti quadri di valutazione sulla Ricerca e Sviluppo (R&S) ha apprezzato la crescita complessiva degli investimenti in questo sensibile settore. Delle duemila imprese prime al mondo per spesa in R&S, 527 hanno sede nell'Unione Europea e tra il 2012 e il 2013 i loro investimenti sono aumentati del 6,3 per cento. Considerando l'UE nel suo complesso, dal 2010 al 2011 l'incidenza sul PIL degli investimenti in R&S passava da 2,01 per cento al 2,03 per cento, in termini assoluti significa un incremento di 10 miliardi di euro, da circa 346 miliardi di Euro a 356 miliardi (fonte EuroStat);
    non sorprende la classifica dei Paesi membri dove gli investimenti in R&S sono maggiori: la Germania è la prima con la somma record di poco meno di 74 miliardi di euro investiti in R&S, che rappresentano il 2,84 per cento del prodotto interno del Paese e il 28 per cento della spesa totale nell'UE in ricerca e sviluppo. Nel Regno Unito la spesa complessiva in R&S ammonta a quasi 31 miliardi di euro, pari a circa 1,77 per cento del PIL e al 12 per cento della spesa complessiva europea in R&S. In Francia nel 2011 si sono investiti circa 45 miliardi per la ricerca, con una incidenza sul PIL domestico pari a 2,25 per cento;
    nella classifica l'Italia è praticamente assente; si colloca in un anodino sedicesimo posto in base alla percentuale dell'investimento sul PIL domestico, con circa 19 miliardi di euro pari a 1,26 per cento del prodotto interno. Né sono rassicuranti i rapporti ISTAT: da anni gli investimenti in ricerca e sviluppo si sono interrotti e non si registrano segnali di una inversione di tendenza. Dal 2009 al 2012 l'incidenza sul PIL degli investimenti in R&S è ferma al valore di 1,26 per cento, con poche oscillazioni. I dati sono espressi in termini nominali, se si leggono in termini reali, depurati cioè dall'effetto inflazione, si registra un desolante trend negativo. I dati censiti dall'Istituto di ricerca statistica mettono in luce un calo degli investimenti in R&S da parte delle imprese che hanno settori R&S corposi (almeno 500 addetti a R&S), un aumento di spesa nel segmento delle PMI. Per queste ultime è però difficile raggiungere la massa critica necessaria per competere con realtà europee analoghe ma ben più consolidate;
    con particolare riferimento alle diverse politiche di incentivi adottate in Italia e in altri Paesi dell'UE, a fronte di un credito d'imposta pari al 10 per cento delle spese sostenute per attività di R&S, in Gran Bretagna viene concessa una deduzione dal reddito imponibile pari al 130 per cento dei costi sostenuti per ricerca e sviluppo, elevata al 175 per cento per le PMI. In Francia è concesso un credito d'imposta pari al 30 per cento delle spese di ricerca e sviluppo sino ad un massimo di 100 milioni di Euro e del 5 per cento sull'eccedenza. In Spagna lo stesso credito di imposta è commisurato al 25 per cento delle spese in R&S e, per la parte di esse che eccede la media delle stesse spese del biennio precedente, il credito sale al 42 per cento. In questi ultimi paesi, a differenza dell'Italia, non è previsto un limite di fondi al finanziamento dell'incentivo. In Italia i fondi pubblici stanziati per attività di R&S sono costantemente calati negli ultimi anni: 8,9 miliardi di Euro stanziati nel 2011 contro 9,5 miliardi nel 2010 e 9,8 nel 2009. Nello stesso anno lo Stato francese ha speso più di 16 miliardi, la Germania 23 e il Regno Unito 10 miliardi;
    agevolazioni tramite credito d'imposta per gli investimenti in R&S costituiscono un efficace incentivo allo sviluppo ed agiscono nelle prime fasi del ciclo di vita dell'innovazione. È sempre più frequente, nelle economie avanzate, l'introduzione di dispositivi a sostegno dell'innovazione che agiscono sugli stadi più avanzati del processo. Ci si riferisce in particolare al «Patent Box», speciale tipologia di agevolazione fiscale che tutela la proprietà intellettuale con il duplice obiettivo di attirare idee innovative e brevetti e nello stesso tempo contenere la fuga verso paradisi fiscali, resa più semplice a motivo della elevata mobilità di cui godono simili proprietà. Il Patent Box è presente in diversi Paesi europei: Belgio, Francia, Ungheria, Lussemburgo, Olanda, Spagna e dallo scorso aprile in Gran Bretagna. Il pacchetto fiscale determina un regime agevolato per i profitti derivanti da brevetti: in Gran Bretagna vengono tassati al 10 per cento, in Francia al 15 per cento e in Olanda al 5 per cento;
    nel maggio 2012 Maire Geoghenan-Quinn, Commissario europeo per la ricerca e l'innovazione in visita a Roma, rimproverava al nostro Paese scarso coinvolgimento nelle attività di R&S e si augurava un impegno maggiore per il futuro, ricordando la correlazione positiva tra investimenti mirati e ripresa economica. All'interno del programma Europa2020 l'Italia si è data come obiettivo il raggiungimento di una quota d'incidenza sul PIL delle spese in R&S pari a 1,56 punti percentuali. Quello che ieri sembrava un traguardo facilmente raggiungibile se non addirittura superabile, oggi, alla luce degli allarmanti trend registrati nel nostro Paese e sopra ricordati, sembra lontanissimo e più che mai incerto,

impegna il Governo

a valutare, nei limiti consentiti dalle pubbliche finanze, l'opportunità di predisporre un credito d'imposta strutturale per gli investimenti in R&S, non riservato ai soli incrementi di suddette spese, al fine di non penalizzare quelle imprese maggiormente innovative che hanno già raggiunto elevati livelli di spesa in R&S e per le quali sarebbe costoso l'ulteriore potenziamento in questo ambito. Allo stesso modo si chiede di valutare la possibilità di promulgare un dispositivo normativo in analogia al «Patent Box», che contempli cioè una tassazione agevolata per gli utili derivanti dalla commercializzazione di brevetti e proprietà intellettuali.
9/1920-A/22Senaldi, Peluffo, Bonafè, Ginefra, Marco Di Maio, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione Europea nei recenti quadri di valutazione sulla Ricerca e Sviluppo (R&S) ha apprezzato la crescita complessiva degli investimenti in questo sensibile settore. Delle duemila imprese prime al mondo per spesa in R&S, 527 hanno sede nell'Unione Europea e tra il 2012 e il 2013 i loro investimenti sono aumentati del 6,3 per cento. Considerando l'UE nel suo complesso, dal 2010 al 2011 l'incidenza sul PIL degli investimenti in R&S passava da 2,01 per cento al 2,03 per cento, in termini assoluti significa un incremento di 10 miliardi di euro, da circa 346 miliardi di Euro a 356 miliardi (fonte EuroStat);
    non sorprende la classifica dei Paesi membri dove gli investimenti in R&S sono maggiori: la Germania è la prima con la somma record di poco meno di 74 miliardi di euro investiti in R&S, che rappresentano il 2,84 per cento del prodotto interno del Paese e il 28 per cento della spesa totale nell'UE in ricerca e sviluppo. Nel Regno Unito la spesa complessiva in R&S ammonta a quasi 31 miliardi di euro, pari a circa 1,77 per cento del PIL e al 12 per cento della spesa complessiva europea in R&S. In Francia nel 2011 si sono investiti circa 45 miliardi per la ricerca, con una incidenza sul PIL domestico pari a 2,25 per cento;
    nella classifica l'Italia è praticamente assente; si colloca in un anodino sedicesimo posto in base alla percentuale dell'investimento sul PIL domestico, con circa 19 miliardi di euro pari a 1,26 per cento del prodotto interno. Né sono rassicuranti i rapporti ISTAT: da anni gli investimenti in ricerca e sviluppo si sono interrotti e non si registrano segnali di una inversione di tendenza. Dal 2009 al 2012 l'incidenza sul PIL degli investimenti in R&S è ferma al valore di 1,26 per cento, con poche oscillazioni. I dati sono espressi in termini nominali, se si leggono in termini reali, depurati cioè dall'effetto inflazione, si registra un desolante trend negativo. I dati censiti dall'Istituto di ricerca statistica mettono in luce un calo degli investimenti in R&S da parte delle imprese che hanno settori R&S corposi (almeno 500 addetti a R&S), un aumento di spesa nel segmento delle PMI. Per queste ultime è però difficile raggiungere la massa critica necessaria per competere con realtà europee analoghe ma ben più consolidate;
    con particolare riferimento alle diverse politiche di incentivi adottate in Italia e in altri Paesi dell'UE, a fronte di un credito d'imposta pari al 10 per cento delle spese sostenute per attività di R&S, in Gran Bretagna viene concessa una deduzione dal reddito imponibile pari al 130 per cento dei costi sostenuti per ricerca e sviluppo, elevata al 175 per cento per le PMI. In Francia è concesso un credito d'imposta pari al 30 per cento delle spese di ricerca e sviluppo sino ad un massimo di 100 milioni di Euro e del 5 per cento sull'eccedenza. In Spagna lo stesso credito di imposta è commisurato al 25 per cento delle spese in R&S e, per la parte di esse che eccede la media delle stesse spese del biennio precedente, il credito sale al 42 per cento. In questi ultimi paesi, a differenza dell'Italia, non è previsto un limite di fondi al finanziamento dell'incentivo. In Italia i fondi pubblici stanziati per attività di R&S sono costantemente calati negli ultimi anni: 8,9 miliardi di Euro stanziati nel 2011 contro 9,5 miliardi nel 2010 e 9,8 nel 2009. Nello stesso anno lo Stato francese ha speso più di 16 miliardi, la Germania 23 e il Regno Unito 10 miliardi;
    agevolazioni tramite credito d'imposta per gli investimenti in R&S costituiscono un efficace incentivo allo sviluppo ed agiscono nelle prime fasi del ciclo di vita dell'innovazione. È sempre più frequente, nelle economie avanzate, l'introduzione di dispositivi a sostegno dell'innovazione che agiscono sugli stadi più avanzati del processo. Ci si riferisce in particolare al «Patent Box», speciale tipologia di agevolazione fiscale che tutela la proprietà intellettuale con il duplice obiettivo di attirare idee innovative e brevetti e nello stesso tempo contenere la fuga verso paradisi fiscali, resa più semplice a motivo della elevata mobilità di cui godono simili proprietà. Il Patent Box è presente in diversi Paesi europei: Belgio, Francia, Ungheria, Lussemburgo, Olanda, Spagna e dallo scorso aprile in Gran Bretagna. Il pacchetto fiscale determina un regime agevolato per i profitti derivanti da brevetti: in Gran Bretagna vengono tassati al 10 per cento, in Francia al 15 per cento e in Olanda al 5 per cento;
    nel maggio 2012 Maire Geoghenan-Quinn, Commissario europeo per la ricerca e l'innovazione in visita a Roma, rimproverava al nostro Paese scarso coinvolgimento nelle attività di R&S e si augurava un impegno maggiore per il futuro, ricordando la correlazione positiva tra investimenti mirati e ripresa economica. All'interno del programma Europa2020 l'Italia si è data come obiettivo il raggiungimento di una quota d'incidenza sul PIL delle spese in R&S pari a 1,56 punti percentuali. Quello che ieri sembrava un traguardo facilmente raggiungibile se non addirittura superabile, oggi, alla luce degli allarmanti trend registrati nel nostro Paese e sopra ricordati, sembra lontanissimo e più che mai incerto,

impegna il Governo

a valutare, nei limiti consentiti dalle pubbliche finanze, l'opportunità di predisporre, in aggiunta al credito d'imposta previsto dall'articolo 3 del decreto-legge «Destinazione Italia», un credito d'imposta strutturale per gli investimenti in R&S, non riservato ai soli incrementi di suddette spese, al fine di non penalizzare quelle imprese maggiormente innovative che hanno già raggiunto elevati livelli di spesa in R&S e per le quali sarebbe costoso l'ulteriore potenziamento in questo ambito. Allo stesso modo si chiede di valutare la possibilità di promulgare un dispositivo normativo in analogia al «Patent Box», che contempli cioè una tassazione agevolata per gli utili derivanti dalla commercializzazione di brevetti e proprietà intellettuali.
9/1920-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Senaldi, Peluffo, Bonafè, Ginefra, Marco Di Maio, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame contiene disposizioni correttive del quadro normativo sulle bonifiche dei siti di interesse nazionale, in particolare attraverso la revisione dell'articolo 252-bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, suina disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico, al fine di consentire la stipula di accordi di programma per l'attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nei siti di interesse nazionale (SIN);
    i commi da 2 a 11 del nuovo articolo 252-bis del Codice dell'ambiente individuano le modalità, i criteri ed i contenuti obbligatori degli accordi di programma, i requisiti dei soggetti interessati e gli impegni da essi assunti, con l'individuazione delle rispettive responsabilità, le modalità di approvazione degli interventi per l'attuazione dei progetti integrati, la costituzione di società in house per l'attuazione dei progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico (comma 10); l'adozione di misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche nell'ambito degli istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale;
    il nuovo quadro normativo sembra finalizzato a consentire la stipula, da parte dei Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico di accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo in siti di interesse nazionale (SIN);
    l'esigenza di individuare nuove modalità di intervento per la realizzazione delle bonifiche nasce dalla consapevolezza del sostanziale fallimento della politica di tutela ambientale posta in essere negli ultimi anni, come evidenziato nella Relazione sulle bonifiche della XVI legislatura, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, in cui è stata denunciata «l'estrema lentezza, se non la stasi, delle procedure attinenti alla bonifica dei siti di interesse nazionale», mentre, sempre secondo la citata relazione, le risorse stanziate inizialmente sono state talvolta destinate ad altre finalità;
    nonostante la finalità dichiarata – ossia l'introduzione di «misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche» – sia pienamente condivisibile, le modalità di attuazione di queste misure appaiono preoccupanti, poiché – complice una certa vaghezza delle norme – sembra che, attraverso la modifica dei confini della responsabilità, diretta e sussidiaria, della contaminazione, venga messo in discussione il principio comunitario «chi inquina paga»;
    desta particolare perplessità la cancellazione della disposizione seconda la quale «gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile»;
    il rinnovato articolo 252-bis ribalta sostanzialmente l'approccio al problema dei siti contaminati, le cui bonifiche comporteranno un costo sarà prevalentemente a carico dello Stato e un potenziale profitto proprio per i soggetti responsabili dell'inquinamento;
    ancora più grave è la presenza di quello che molte associazioni ambientaliste e comitati di cittadini hanno definito un vero e proprio condono tombale, perché la sottoscrizione e la implementazione di quanto disposto dall'accordo di programma esclude «ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo», sulla base del nuovo comma 6 dell'articolo 252-bis del Testo unico ambientale, già in vigore nel nostro ordinamento;
    il rischio che si paventa è che interventi anche modesti di bonifica siano sufficienti per dare un colpo di spugna a compromissioni ambientali di gran lunga più gravi, ma la cui effettiva determinazione può avvenire anche dopo diversi anni;
    un'ulteriore preoccupazione nasce dalla possibilità prevista dal testo che l'obiettivo degli accordi di programma sia la sola messa in sicurezza, mentre andrebbe chiarita l'esigenza di una totale bonifica dei luoghi contaminati e dall'assenza di un limite dell'importo a carico dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di apportare i necessari correttivi al quadro normativo in materia di bonifiche ambientali in modo da garantire il pieno rispetto del principio comunitario «chi inquina paga», come stabilito dall'articolo 174 del trattato istitutivo della Comunità europea.
9/1920-A/23Busto, Daga, Zolezzi, De Rosa, Segoni, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 13, comma 13, con la modifica della legge 14 novembre 1995, n. 481, viene attuato quanto definito dal decreto Salva Italia di Berlusconi, ossia la definitiva attribuzione all'Autorità per l'energia elettrica e il gas delle funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici, confermando così, in sostanza, l'affidamento all’Authority per l'energia ed il gas delle funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici già promosso dal Governo Monti;
    il Governo Monti – nell'articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 – aveva trasferito all'Autorità dell'energia e del gas «le funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici» con i medesimi poteri attribuiti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, che prescrive che essa debba perseguire, nello svolgimento delle proprie funzioni, «la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza (...) nonché adeguati livelli di qualità nei servizi (...) assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela di utenti e consumatori.»; già il decreto Salva Italia, su questo tema, venne contestato dai movimenti per l'acqua perché contrario ai referendum votati da 27 milioni di italiani nel giugno 2011;
    l'assegnazione all'AEEG della regolazione e controllo dei servizi idrici, a partire dalla definizione del metodo tariffario transitorio, non sembra rispecchiare quanto sancito con il voto referendario, avendo ÌAEEG fatto rientrare dalla finestra ciò che era stato fatto uscire dalla porta e cioè ha trasformato la «quota di remunerazione del capitale investito» presente in bolletta e abrogato con il referendum n. 2 del 2011 in «oneri finanziari»; è ragionevole supporre che l'AEEG abbia fallito il suo mandato con la creazione di una «tariffa truffa» e non rispettando affatto il suo mandato di ente terzo indipendente;
    appare grave che nelle pieghe di questo decreto si sia voluto inserire un nodo ancora irrisolto relativo alla tariffazione del servizio idrico integrato, come se fosse argomento su cui legiferare in modo così superficiale, senza prestarvi l'attenzione che meriterebbe e, soprattutto, senza tenere conto del voto espresso da 27 milioni di cittadini il 12 e 13 giugno 2011 per affermare che l'acqua e i servizi pubblici locali sono beni comuni che devono rimanere fuori dai mercati e su cui nessuno deve fare profitti;
    a seguito dei referendum celebratisi il 12 e 13 giugno 2011, è stato abrogato il primo comma dell'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte che prevedeva la remunerazione del capitale investito, ovvero nella parte che consentiva di fare profitti sull'acqua; poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza: infatti la parte di normativa che è stata abrogata è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7 per cento a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio;
    gli interventi normativi in materia sembrano ignorare che la proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato e tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
    giova ricordare che il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l'accesso all'acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, di conseguenza la sua gestione va attuata attraverso gli artt. 31 e 114 del decreto legislativo n. 267 del 2000; in quest'ottica il Governo e questo parlamento devono prendere in carico questa questione con la massima solerzia e non attraverso un’authority che si è sempre occupata d'altro e che è espressione degli interessi del mercato e non dei cittadini;
    l’Authority, il 25 giugno 2013, dopo 2 anni dal referendum, ha approvato l'ennesimo provvedimento che elude l'esito dei referendum del 2011; il che conferma il suo atteggiamento di spregio alla volontà popolare: infatti l'AEEG doveva deliberare sulle modalità di restituzione ai cittadini della«remunerazione del capitale investo» illegittimamente percepito dai gestori nel periodo compreso tra luglio 2011 e la fine di quell'anno; invece l'Autorità ha costruito un metodo che garantirà ai gestori un esborso minimo assai minore di quanto dovuto visto che saranno detratti gli oneri finanziari, quelli fiscali e gli accantonamenti per la svalutazione crediti,

impegna il Governo

   a tenere in debito conto le numerose criticità evidenziate e a valutare la presenza di elementi di contrasto del quadro normativo come modificato dalla citata disposizione con il Referendum del 12 e 13 giugno 2011;
   ad avviare un tavolo di confronto pubblico con le associazioni dei cittadini e dei consumatori al fine di individuare una soluzione normativa che tenga conto del diritto di accesso all'acqua pubblica, sancito dal voto popolare.
9/1920-A/24Segoni, Daga, Busto, Zolezzi, De Rosa, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l'accesso all'acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, di conseguenza la sua gestione va attuata attraverso gli articoli 31 e 114 del decreto legislativo n. 267 del 2000; in quest'ottica il Governo ed il Parlamento devono prendere in carico questa questione con la massima solerzia e non attraverso un'Authority che si è sempre occupata d'altro e che è espressione degli interessi del mercato e non dei cittadini;
    inoltre, il TAR della Lombardia si esprimerà nei prossimi mesi (prossima udienza fissata il 20 febbraio 2014) relativamente al ricorso (Num. Reg. Gen.: 579/2013) promosso dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua e da Federconsumatori in merito alla delibera 585/2013 con cui l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha predisposto il metodo tariffario transitorio per il servizio idrico integrato,

impegna il Governo

ad introdurre quanto prima un provvedimento per riportare nell'ambito delle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la fissazione dei criteri e del metodo tariffario relativo al servizio idrico, esonerando da questo compito l'Autorità per l'energia elettrica e il gas; tra le competenze affidate al Ministero dell'ambiente previste da tale provvedimento dovrà esserci quella di individuare, entro 90 giorni un nuovo metodo tariffario che recepisca integralmente l'esito del referendum popolare del 12-13 giugno 2011, con particolare riferimento all'eliminazione dalla tariffa di qualsiasi voce di costo riconducibile alla remunerazione del capitale investito e al rimborso ai cittadini delle quote indebitamente percepite dai gestori dal 2011 ad oggi; tale provvedimento dovrà quindi abrogare i commi 19, 19-bis, 19-ter e 20 dell'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e il comma 4 dell'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, così come modificato dall'articolo 34 del decreto-legge. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in vigore dal 19 dicembre 2012, ovvero tutti i precedenti provvedimenti che affidavano all'Authority le funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici.
9/1920-A/25Daga, Busto, De Rosa, Segoni, Terzoni, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame contiene disposizioni correttive del quadro normativo sulle bonifiche dei siti di interesse nazionale, in particolare attraverso la revisione dell'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, sulla disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico, al fine di consentire la stipula di accordi di programma per l'attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nei siti di interesse nazionale (SIN);
    i commi da 2 a 11 del nuovo articolo 252-bis del codice dell'ambiente individuano le modalità, i criteri ed i contenuti obbligatori degli accordi di programma, i requisiti dei soggetti interessati e gli impegni da essi assunti, con l'individuazione delle rispettive responsabilità, le modalità di approvazione degli interventi per l'attuazione dei progetti integrati, la costituzione di società in house per l'attuazione dei progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico (comma 10); l'adozione di misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche nell'ambito degli istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale;
    le popolazioni che vivono in prossimità dei siti di interesse nazionale sono state esposte a molteplici inquinanti, fra questi alcuni hanno l'azione di interferenti endocrini (diossine e IPA in particolare); tali sostanze sono correlate allo sviluppo di gravi patologie del sistema endocrino (oltre che a incremento della mortalità oncologica); è stato riscontrato l'incremento dell'endometriosi, patologia invalidante e talvolta correlata a riduzione della fertilità nella donna,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare screening medici sulla popolazione coinvolta, inserendo tra le problematiche oggetto del monitoraggio le patologie ginecologiche e, in particolare, l'endometriosi, con la creazione di un registro specifico per quelle aree.
9/1920-A/26Colonnese, Zolezzi, Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'EXPO 2015 dovrà esprimere una sinergia fra tutte le realtà lombarde, l'attuale logistica infrastrutturale della regione Lombardia è decisamente deficitaria, verificandosi disparità importanti nei tempi di percorrenza con mezzi pubblici da e per il capoluogo di Regione, in presenza di linee ferroviarie a singolo binario per Milano dai capoluoghi di provincia; l'area lombarda è interessata da una gravissima crisi ambientale e industriale con superamenti delle polveri sottili pressoché diffusi su tutta la superficie regionale e possibili sanzioni da parte dell'Europa dal 1o gennaio 2015 (recepimento direttiva 2008/50/CE), con perdita graduale di posti di lavoro; il settore della mobilità pubblica sostenibile è emerso come il volano della ripresa occupazionale e ambientale dal comitato di indagine sulla green economy, istituito presso la Commissione ambiente alla Camera,

impegna il Governo

ad analizzare i tempi di percorrenza per persone e merci da e per Milano dai capoluoghi di provincia lombardi e a implementare il trasporto pubblico in tutto l'ambito regionale con il raddoppio delle linee monobinario e con linee di autotrasporto pubblico da tutti i capoluoghi di provincia.
9/1920-A/27Zolezzi, De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 24 dell'articolo 13 del decreto-legge in esame tra le altre cose, prevede, al fine di migliorare la capacità di attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali, nonché dei servizi per l'attrattività turistica di specifiche aree territoriali, un finanziamento sino ad un massimo di 500 milioni di euro per i progetti presentati da comuni con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti. Ogni comune interessato può presentare un solo progetto articolato, in uno o più interventi fra loro coordinati, con una richiesta di finanziamento che non può essere inferiore a 1 milione di euro e superiore a 5 milioni di euro;
    la convenzione tra il Ministero per gli affari regionali e l'ANCI, di cui all'articolo 13, comma 25, del decreto-legge in esame, finalizzata a disciplinare i criteri per l'utilizzo delle risorse per gli interventi di cui in premessa, non è stata approvata, con apposito decreto del Ministro per gli affari regionali, nei termini previsti originariamente dal decreto legge, ovvero 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso (il termine è stato poi modificato in sede referente facendo decorrere i 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto,

impegna il Governo

a garantire che il decreto ministeriale di approvazione della convenzione tra il Ministero per gli affari regionali e l'ANCI venga adottato in tempi brevi, e comunque non oltre 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
9/1920-A/28Tidei.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede una riduzione degli oneri di sistema per le imprese a forte consumo di energia, senza alcuna distinzione basata su settori economici di attività;
    il decreto ministeriale 5 aprile 2013, all'articolo 3, prevede l'adozione di atti di indirizzo del Ministro dello sviluppo economico per la rideterminazione degli oneri generali di sistema elettrico «secondo criteri di decrescenza eventualmente anche con riferimento ai settori di attività di cui ai codici ATECO», senza escludere i codici relativi all'attività agricola;
    nella nota relativa ai criteri di indirizzo, adottata il 24 aprile 2013 dal Ministero dello sviluppo economico, testualmente si afferma che la riduzione degli oneri «dovrebbe essere tale da contribuire in modo efficace alla riduzione dello squilibrio competitivo rispetto alle imprese nazionali ed estere, a prescindere dalle dimensioni dell'impresa e dal valore assoluto dei consumi energetici», considerate anche le analoghe misure adottate da altri Paesi europei;
    solo con successiva nota del 24 luglio 2013 il Ministero dello sviluppo economico prevedeva la limitazione dell'agevolazione alle sole attività produttive con codici ATECO riferiti al settore industriale manifatturiero, senza alcun riscontro nella normativa di fonte primaria;
    il settore agricolo è interessato all'applicazione di tali disposizioni dal momento che l'incidenza del costo energetico è sempre maggiore e influenza in misura notevole la nostra capacità competitiva, anche in settori tradizionali del Made in Italy,

impegna il Governo

ad inserire anche le imprese del settore agricolo a forte consumo di energia nel novero dei beneficiari della riduzione dei costi energetici prevista dalla normativa richiamata.
9/1920-A/29Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede una riduzione degli oneri di sistema per le imprese a forte consumo di energia, senza alcuna distinzione basata su settori economici di attività;
    il decreto ministeriale 5 aprile 2013, all'articolo 3, prevede l'adozione di atti di indirizzo del Ministro dello sviluppo economico per la rideterminazione degli oneri generali di sistema elettrico «secondo criteri di decrescenza eventualmente anche con riferimento ai settori di attività di cui ai codici ATECO», senza escludere i codici relativi all'attività agricola;
    nella nota relativa ai criteri di indirizzo, adottata il 24 aprile 2013 dal Ministero dello sviluppo economico, testualmente si afferma che la riduzione degli oneri «dovrebbe essere tale da contribuire in modo efficace alla riduzione dello squilibrio competitivo rispetto alle imprese nazionali ed estere, a prescindere dalle dimensioni dell'impresa e dal valore assoluto dei consumi energetici», considerate anche le analoghe misure adottate da altri Paesi europei;
    solo con successiva nota del 24 luglio 2013 il Ministero dello sviluppo economico prevedeva la limitazione dell'agevolazione alle sole attività produttive con codici ATECO riferiti al settore industriale manifatturiero, senza alcun riscontro nella normativa di fonte primaria;
    il settore agricolo è interessato all'applicazione di tali disposizioni dal momento che l'incidenza del costo energetico è sempre maggiore e influenza in misura notevole la nostra capacità competitiva, anche in settori tradizionali del Made in Italy,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire anche le imprese del settore agricolo a forte consumo di energia nel novero dei beneficiari della riduzione dei costi energetici prevista dalla normativa richiamata.
9/1920-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    la legislazione italiana riconosce quali siti di interesse nazionale (SIN) quelle aree in cui l'inquinamento di suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee è talmente esteso e grave da costituire un serio pericolo per la salute pubblica;
    la Sogesid SpA istituita, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, successivamente modificato dall'articolo 20 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, e già affidataria, in regime di concessione, degli impianti idrici già detenuti dalla Cassa del Mezzogiorno, ha visto continuamente incrementate le sue competenze e le peculiarità relative alle modalità e agli strumenti di intervento, grazie a successivi passaggi normativi;
    oggi l'attività della Sogesid è molto estesa, occupandosi, tra le altre cose, di monitoraggio e vigilanza in materia di rifiuti e di programmazione ed attuazione degli interventi di bonifica finalizzati al risanamento ambientale, nonché di fornire alla pubblica amministrazione la progettazione e il coordinamento di azioni mirate, volte a soddisfare la necessità di assistenza tecnica, risanamento e salvaguardia ambientale, monitoraggio, ecosostenibilità ed educazione ambientale;
    secondo quanto riportato da un articolo pubblicato il 14 febbraio 2012 sul quotidiano «Italia Oggi», la Sogesid aveva assegnato 203 consulenze, per un valore complessivo di 4.359.000 euro;
    secondo quanto emerge dai dati della «Relazione sulle bonifiche dei siti contaminati in Italia: i ritardi nell'attuazione degli interventi e i profili di illegalità» svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (Doc. XXIII, n. 14) approvata all'unanimità il 12 dicembre 2012 la Sogesid ha ricevuto consistenti finanziamenti dal Ministero dell'ambiente;
    secondo le parole del Ministro pro tempore Clini in un'audizione sullo stato della gestione delle risorse idriche e sul processo di riorganizzazione dell'ISPRA il 18 luglio 2012 presso l'VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera: «la Sogesid SpA, che dal 2009 al 2011 ha ricevuto 426 milioni di euro dal Ministero, non come contributo ordinario ma come assegnazione di risorse per la realizzazione di progetti nel settore dei rifiuti, nel settore delle acque e, in particolare, nel settore delle bonifiche. Tali risorse in parte sono state attribuite attraverso le procedure dell'emergenza, perciò commissariali, in parte in via ordinaria ed essendo Sogesid una società in house, senza procedura concorsuale»;
    i dipendenti del Ministero dell'ambiente si sono ridotti a poco più di 500, da 928 che erano nel 2003, i tecnici sono un centinaio e le risorse sono state decurtate del 72 per cento. Mentre il dicastero è stato smantellato, l'organico di Sogesid si è fatto sempre più possente: è passato da 40 a 126 dipendenti, ha 285 collaboratori a progetto oltre a 1.500 consulenti esterni, un quartier generale a Roma e 5 sedi regionali;
    inoltre nella risposta all'interrogazione 5-00526 presso la Camera dei deputati in VIII Commissione ambiente, il 4 luglio 2013, il Sottosegretario di Stato Flavio Cirillo affermava che il Ministero si impegnava a revisionare i rapporti convenzionali posti in essere con la Sogesid,

impegna il Governo:

   a rendere noto per quali siti inquinati sia stata ultimata la bonifica ad opera di Sogesid e per quali siano attualmente in corso i lavori;
   a far sì che le limitate risorse disponibili vengano utilizzate per la concreta attuazione di azioni di bonifica evitando la loro dispersione in non sempre trasparenti procedure burocratiche ed in uso sovrabbondante di incarichi e consulenze;
   a dare attuazione agli intendimenti espressi dal precedente Governo in ordine alla chiusura dell'attività di Sogesid SpA.
9/1920-A/30De Rosa, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario ampliare e potenziare i collegamenti ferroviari transfrontalieri ed incrementare maggiormente la capacità del trasporto di merci su ferrovia tra l'Italia e la Svizzera, anche in considerazione della dimensione europea della rete ferroviaria;
    la dichiarazione di intenti tra Italia e Svizzera concernente «la cooperazione bilaterale nella realizzazione delle opere di potenziamento delle infrastrutture ferroviarie e dei servizi di trasporto ferroviario entro il 2020» ha per oggetto il miglioramento dell'infrastruttura ferroviaria e dei servizi tra Italia e Svizzera interessante le linee:
     Basilea/Zurigo - S. Gottardo - Chiasso/Como - Milano;
     Basilea/Zurigo - S. Gottardo Bellinzona - Luino - Laveno - Novara - Porti Liguri;
     Basilea/Ginevra - Lötschberg/Sempione - Domodossola - Milano;
     Basilea/Ginevra - Lötschberg/Sempione - Domodossola - Novara - Porti Liguri;
    i fondi bilaterali che il Parlamento svizzero ha messo a disposizione per i corridoi alpini lungo le tratte italiane (circa 230 milioni di euro) saranno purtroppo limitati – per volontà del MIT e di RFI – alla linea 2 Basilea/Zurigo - S. Gottardo Bellinzona-Luino-Laveno-Novara. Pertanto non potranno essere utilizzati in toto dall'Italia, ma solo in parte (120 milioni). Quasi la metà rimarrà dunque inutilizzata;
    i collegamenti rientrano nell'area del «Corridoio multimodale Italia-Svizzera», inserito all'interno del Corridoio Genova-Rotterdam (ex progetto prioritario n. 24), che riveste un valore strategico fondamentale per il trasporto delle merci ed il trasferimento dei traffici dalla strada alla rotaia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di utilizzare a pieno le risorse messe a disposizione dall'accordo bilaterale Italia-Svizzera;
   a valutare l'opportunità di programmare un ammodernamento delle linee ferroviarie di collegamento con il corridoio europeo Genova-Rotterdam provvedendo, alla copertura necessaria, anche con contributi europei destinati alla programmazione TEN-T;
   a predisporre una relazione da consegnare, entro 30 giorni dalla data di approvazione del provvedimento in esame, alle competenti Commissioni parlamentari, concernente un ragguaglio dettagliato della infrastruttura ferroviaria italiana, indicante:
    a. Moduli di Linea;
    b. Situazione Sagome;
    c. Tipologia Binari (numero e classificazione);
    d. Elettrificazione della linea;

   a predisporre le informazioni indicate nell'impegno precedente mediante l'utilizzo di un formato digitale, consultabile ed editabile.
9/1920-A/31Catalano, Gadda, Nicola Bianchi, Currò, Meta, Oliaro, De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto in esame incide sul tema della tutela ambientale modificando la disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico dettata dall'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. codice dell'ambiente);
    il tema della tutela ambientale era stato affrontato di recente dal decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, la cui legge di conversione è stata approvata in via definitiva dal Senato lo scorso mercoledì 5 febbraio, recante «disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate»; si assumono una serie di provvedimenti, azioni ed interventi per il monitoraggio, tutela e bonifica dei territori della Regione Campania ed altri interventi per la Regione Puglia, legati alle attività dell'ILVA di Taranto, con il meritorio intento di salvaguardare l'ambiente;
    analoga situazione che desta altrettanta preoccupazione è presente nella Regione Lazio ed in particolare nella Provincia di Frosinone, dove da diversi anni esiste una significativa emergenza ambientale nel territorio della Valle del Sacco;
    nell'area compresa dai comuni di Colleferro e Segni fino ad estendersi nel cuore della Provincia di Frosinone, nei comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo, Supino, sono sorti, nel corso degli anni, importanti distretti industriali di attività produttiva soprattutto chimica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi interventi legislativi, misure volte ad estendere l'efficacia delle disposizioni approvate di recente richiamate in premessa e dirette a fronteggiare le emergenze ambientali e industriali anche al territorio della provincia di Frosinone, considerando inoltre che le risorse economiche per i previsti interventi di monitoraggio, tutela e bonifica della regione Campania possono essere integrate con eventuali ulteriori risorse finalizzate allo scopo, derivanti dai fondi strutturali europei 2014-2020.
9/1920-A/32Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto in esame incide sul tema della tutela ambientale modificando la disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico dettata dall'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. codice dell'ambiente);
    il tema della tutela ambientale era stato affrontato di recente dal decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, la cui legge di conversione è stata approvata in via definitiva dal Senato lo scorso mercoledì 5 febbraio, recante «disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate»; si assumono una serie di provvedimenti, azioni ed interventi per il monitoraggio, tutela e bonifica dei territori della Regione Campania ed altri interventi per la Regione Puglia, legati alle attività dell'ILVA di Taranto, con il meritorio intento di salvaguardare l'ambiente;
    analoga situazione che desta altrettanta preoccupazione è presente nella Regione Lazio ed in particolare nella Provincia di Frosinone, dove da diversi anni esiste una significativa emergenza ambientale nel territorio della Valle del Sacco;
    nell'area compresa dai comuni di Colleferro e Segni fino ad estendersi nel cuore della Provincia di Frosinone, nei comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo, Supino, sono sorti, nel corso degli anni, importanti distretti industriali di attività produttiva soprattutto chimica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi interventi legislativi, misure volte a fronteggiare le emergenze ambientali e industriali anche al territorio della provincia di Frosinone.
9/1920-A/32. (Testo modificato nel corso della seduta)  Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Piano Destinazione Italia», oggetto del provvedimento in esame, si configura come un insieme di misure finalizzate ad attrarre gli investimenti esteri e favorire la competitività delle imprese italiane;
    alcune misure di tale Piano riguardano in particolare il rafforzamento della rete estera e il miglioramento della reputazione dell'Italia all'estero;
    l'Italia possiede una straordinaria risorsa costituita da numerose comunità d'origine consolidate e integrate in molti importanti Paesi del mondo e dalla rete in formazione a seguito dei flussi di mobilità verso l'estero che negli ultimi anni si stanno sviluppando;
    per dare slancio all'irradiazione delle nostre produzioni all'estero e sostenere, in particolare, il Made in Italy, una delle voci più attive della bilancia dei pagamenti del nostro Paese, è opportuno un più diretto coinvolgimento delle nostre comunità, in particolare attraverso le loro legittime rappresentanze, COMITES e CGIE;
    per realizzare una migliore comunicazione e valorizzazione delle opportunità esistenti in Italia a scopo di investimento, si rende opportuno mobilitare le comunità di affari italiane ed estere che sono radicate ed operano in tutto il mondo;
    queste comunità sono aggregate dalle Camere di commercio italiane all'estero, associazioni di imprenditori italiani ed esteri che nascono per favorire l'internazionalizzazione e lo sviluppo di occasioni di affari con l'Italia;
    le Camere italiane all'estero sono 76 ed operano in 53 Paesi; concentrano oltre l'85 per cento dell'interscambio commerciale con l'Italia ed operano a rete, essendo connesse in via telematica dal sistema informativo Pla.net; fanno parte del sistema italiano di promozione secondo la legge n. 56 del 2005 e interagiscono all'estero sia con le Ambasciate sia con gli altri soggetti di promozione italiana, tra i quali ICE ed ENIT,

impegna il Governo:

   nell'ambito dei provvedimenti attuativi relativi all'internazionalizzazione delle imprese e alla promozione dei prodotti italiani nel mondo:
    a valorizzare il ruolo delle Camere di commercio italiane all'estero, anche mediante la sensibilizzazione di business community sulle opportunità di investimento in Italia;
    a fidelizzare i potenziali investitori esteri che possano fornire anche elementi di confronto e di scambio sulle opportunità esposte dall'Italia e/o richieste all'estero;
    a facilitare l'incontro con realtà in start up per valutarne lo sviluppo potenziale sul mercato estero;
    a valutare la promozione di progetti di investimento anche attraverso il networking con altre comunità di affari italiane operanti nel mondo.
9/1920-A/33Porta, Fedi, Gianni Farina, Garavini, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 del decreto-legge in esame, i commi da 11 a 14 riformulano le norme relative al progetto di realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta (CCS), da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente e danno facoltà alla Regione Sardegna, entro il 30 giugno 2016, di bandire una gara per realizzare tale centrale, garantendo al vincitore della suddetta gara il prelievo dell'energia a prezzi incentivati, con copertura degli oneri mediante prelievo sulle tariffe elettriche;
    secondo le intenzioni del provvedimento, tale realizzazione si inserisce nel processo di riconversione dell'area interessata dall'ex miniera di carbone del Sulcis, processo supportato da una dotazione finanziaria di circa 451 milioni di euro, dei quali 233 a valere su fondi regionali e locali, 128 dal fondo sviluppo e coesione (sulla base di un accordo tra Regione e Governo), 90 di provenienza del Governo nazionale (Fondi del Piano operativo nazionale sviluppo imprenditoriale locale). In particolare le linee-guida del «Piano Sulcis» prevedono, accanto alla realizzazione di un centro di eccellenza «carbone pulito» nel quadro di un polo tecnologico di ricerca e produzione di energia eco-compatibile, una serie di iniziative volte a:
     la salvaguardia del tessuto produttivo attraverso iniziative industrialmente sostenibili (con particolare riferimento al settore della metallurgia non ferrosa);
     la realizzazione di un centro di eccellenza; la realizzazione delle infrastrutture indispensabili a creare le condizioni per la realizzazione di nuove iniziative settoriali e imprenditoriali; l'individuazione di nuove prospettive di sviluppo con particolare attenzione alla filiera dell'energia pulita e dell'agro-energia eco-compatibile, alla filiera del risanamento ambientale, alla filiera del turismo;
     un concorso internazionale di idee (link a 99 Ideas) per tradurre le ipotesi territoriali di sviluppo in un progetto concreto;
    la realizzazione della suddetta centrale, oggi, si inserisce però in un contesto slegato dalle iniziative sopraindicate oltre che dalle mutate linee di indirizzo energetico ambientale della Regione nel suo intero territorio, ad esempio con la realizzazione della strategia «Sardegna CO2.0»;
    inoltre, si prevede l'erogazione di un contributo pubblico da ripartirsi nella tariffa elettrica per l'impresa che risulterà vincitrice di tale gara, senza adeguate garanzie di realizzazione dell'effettivo sequestro delle emissioni,

impegna il Governo

a valutare gli effettivi applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di considerare l'opportunità di adottare iniziative volte a riconsiderare la realizzazione della suddetta centrale, precisamente per una riconversione dell'intero progetto verso la realizzazione di un centro di ricerca e produzione di energia da fonti rinnovabili, integrate da accumulatori ad elevatissima capacità da realizzare a cura dell'Università di Cagliari, in collaborazione con gli enti di ricerca statali e regionali.
9/1920-A/34. (Nuova formulazione)  Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge in esame contiene disposizioni eterogenee riguardanti il settore energetico, quali la riduzione dei costi gravanti sulle bollette elettriche, gli indirizzi strategici dell'energia geotermica, la certificazione energetica degli edifici e lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale nonché la previsione della facoltà per la Regione Sardegna di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone; solo marginalmente riconducibile alla materia energetica sono le disposizioni riguardanti la riforma del condominio degli edifici, tra le quali vi è la previsione della necessità della maggioranza qualificata (e non più la maggioranza semplice) dell'assemblea condominiale per le innovazioni volte al contenimento del consumo energetico;
    il provvedimento però avrebbe potuto intervenire anche su una ottimizzazione degli incentivi, come sugli impianti fotovoltaici a terra, denominati un po’ eufemisticamente «parchi fotovoltaici»: si tratta di schiere di pannelli disposti in file parallele con adeguato orientamento, sopraelevati rispetto al piano di campagna;
    l'impatto sul paesaggio determinato da ettari di filari di pannelli, al di sotto dei quali nel migliore dei casi ci può essere un prato nel quale però la biodiversità sarà sicuramente ridotta, dal momento che si crea un microclima sfavorevole; quando invece i pannelli sono integrati nei tetti l'impatto visivo è minimo e quello ambientale nullo;
    i contributi che vengono elargiti per promuovere giustamente la diffusione delle energie rinnovabili provengono da una quota che tutti paghiamo sulla bolletta elettrica (CIPE): sarebbe più giusto che venissero ripartiti in piccole quote per finanziare piccoli impianti famigliari piuttosto che assorbiti da grandi impianti costruiti a scopo speculativo;
    la diffusione di piccoli impianti, nei quali le famiglie diventano produttrici di energia, stimola la consapevolezza dei propri consumi e l'acquisizione di stili di vita energeticamente sostenibile;
    la creazione di grandi impianti su suoli agricoli, infine, non può che determinare un grave squilibrio nel mercato degli affitti agrari, dal momento che già ora l'affitto di un terreno per impianti fotovoltaici è circa il triplo di quello normale,

impegna il Governo

ad adottare un opportuno provvedimento volto a riformare gli incentivi per gli impianti solari termodinamici ad alta entalpia in particolare affinché non venga elargito nessun incentivo per gli impianti termodinamici realizzati su aree agricole così definite dai piani comunali.
9/1920-A/35Della Valle, Vallascas.


   La Camera,
   premesso che;
    nella seduta n. 672 del 25 luglio 2012, con l'ordine del giorno n. 9/5312-AR/193 il Governo si impegnava a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, la possibilità di reperire risorse per le Autorità portuali, in particolare per quelle come Marina di Carrara alle quali era stato revocato lo stanziamento di risorse destinate ad interventi e piani di potenziamento e riqualificazione dello scalo portuale;
    il progetto relativo all'intervento di riqualificazione ambientale e funzionale dell'interfaccia porto-città (Waterfront) di Marina di Carrara ha ricevuto il parere favorevole dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nella seduta del 18 dicembre 2013;
    il progetto in questione consiste nella riorganizzazione del waterfront della città di Carrara, individuando soluzioni integrate che concorrono, attraverso interventi di razionalizzazione della viabilità e dei flussi di traffico veicolare, interventi di miglioramento della qualità paesaggistico- ambientale ed interventi di implementazione dell'accessibilità e della fruibilità delle aree, ad una riqualificazione funzionale, architettonica e paesaggistica in grado di promuovere nuove relazioni urbane di interfaccia Porto-Città;
    tale progetto è stato approvato nel corso della Conferenza di servizi tenutasi presso il Provveditorato alle opere pubbliche per la Toscana e L'Umbria di Firenze in data 4 febbraio 2013;
    con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 29 ottobre 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 22 novembre 2013, l'intero ambito portuale è stato escluso dal Sito di interesse nazionale di Massa Carrara, quindi attualmente Sito di interesse regionale (SIR);
    l'intervento consiste nella riorganizzazione dell'interfaccia portuale al fine di renderla maggiormente funzionale in relazione al tessuto urbano e sociale migliorandone il complesso di relazioni ed elevando la qualità paesaggistica ed ambientale;
    uno degli obbiettivi fondamentali del suddetto intervento consiste nel migliorare in maniera sostanziale la viabilità di accesso al porto rendendola più sicura ed agevole con particolare riferimento al trasporto ed all'accesso al porto dei grandi moduli realizzati nello stabilimento della Nuovo Pignone, vero e proprio vanto del Made in Italy;
    l'importanza di tale stabilimento è testimoniato dal notevole numero di dipendenti, diretti e indiretti, attualmente occupati nella realizzazione dei moduli e dal fatto che la General Electric – Nuovo Pignone ha annunciato la sottoscrizione di importanti nuove commesse da realizzare negli stabilimenti di Carrara e Massa;
    il miglioramento del sistema di accessi e della viabilità di adduzione al porto è fondamentale per il miglioramento della competitività di tutta la Zona Industriale Apuana;
    l'intervento presenta un quadro economico complessivo di – 35.434.350,00 che può essere suddiviso funzionalmente in quattro ambiti o lotti funzionali i cui relativi costi complessivi sono:

Descrizione Ambito 1 Ambito 2 Ambito 3 Ambito 4 Totale
TOTALE € 7.514.700,00 € 5.692.650,00 € 12.772.600,00 € 9.454.400,00 € 35.434.350,00

    per la concreta realizzazione dell'opera, è intendimento dell'Autorità portuale di Marina di Carrara procedere all'affidamento in appalto della progettazione esecutiva e dell'esecuzione dei lavori, ai sensi dell'articolo 53, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 163 del 2006 e dell'articolo 58, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, che prevede la presentazione del progetto definitivo in sede di gara;
    con il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono stati revocati i finanziamenti precedentemente assegnati all'Autorità portuale di Marina di Carrara per la realizzazione dell'intervento;
    allo stato attuale il progetto è immediatamente cantierabile e occorre reperire nuovi finanziamenti per il concreto avvio delle procedure per l'affidamento dei lavori;
    l'Autorità portuale può prevedere il parziale autofinanziamento dell'intervento, in particolare per i lavori ricadenti nell'ambito 3, per un totale di – 8.000.000,00, mediante accensione di un mutuo da rimborsare con i proventi derivanti dai canoni di concessione delle pertinenze demaniali da realizzare in tale ambito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto tutti gli strumenti necessari, con le risorse finanziarie disponibili, a garantire il finanziamento, anche parziale, dell'intervento relativo alla riqualificazione ambientale e funzionale dell'interfaccia porto-città (Waterfront) di Marina di Carrara.
9/1920-A/36Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 1, del provvedimento in esame riforma la disciplina degli incentivi all'autoimprenditorialità (di cui al Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185) con misure volte prevalentemente a sostenere la creazione e lo sviluppo, attraverso migliori condizioni di accesso al credito, di piccole imprese possedute in prevalenza da giovani e da donne;
    gli incentivi sono applicabili in tutto il territorio nazionale, i benefici consistono nella concessione di mutui agevolati per gli investimenti, a tasso zero, per una durata massima di otto anni e per un importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile ai sensi della normativa comunitaria;
    possono essere finanziate le iniziative che prevedano investimenti non superiori a 1.500.000 euro, relative alla produzione di beni nei settori dell'industria, dell'artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli ovvero alla fornitura di servizi alle imprese;
    tra le iniziative che possono usufruire dei finanziamenti non sono comprese quelle del settore della trasformazione dei prodotti ittici,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di includere, tra le iniziative che possono usufruire dei finanziamenti di cui all'articolo 2, comma 1, del provvedimento in esame, quelle del settore della trasformazione dei prodotti ittici.
9/1920-A/37Luciano Agostini, Oliverio, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 6 del provvedimento in esame consente l'accesso da parte delle piccole e medie imprese a finanziamenti a fondo perduto, tramite voucher di importo non superiore a 10.000 euro da destinare a:
     acquisto di software, hardware o servizi che consentano il miglioramento dell'efficienza aziendale;
     sviluppo di soluzioni di e-commerce;
     connettività a banda larga e ultralarga;
     formazione qualificata, nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Information and Communication Technology: ICT) del personale delle piccole e medie imprese;
    tra le piccole e medie imprese che possono accedere ai finanziamenti non sono comprese le imprese agricole;
    la semplificazione nel settore agricolo passa anche attraverso la possibilità di connessione a banda larga veloce e ultraveloce, che consenta l'accessibilità diretta alle banche dati anche alle aziende ubicate, come spesso avviene, in territori periferici e a volte isolati rispetto ai grandi centri urbani;
    l'Agenda digitale europea (in particolare con la comunicazione della Commissione europea COM(2012)472) ha posto l'obiettivo di raggiungere, entro il 2020, una copertura con banda larga veloce (pari o superiore a 30 Megabit per secondo) per il 100 per cento dei cittadini UE e con banda larga ultra veloce (pari o superiore a 100 Megabit per secondo) per il 50 per cento dei cittadini UE,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di includere tra le piccole e medie imprese che possono accedere ai finanziamenti a fondo perduto anche le aziende agricole.
9/1920-A/38Taricco, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, commi 24, 26, e 27 del provvedimento in esame, al fine di promuovere il coordinamento dell'accoglienza turistica, tramite la valorizzazione di aree territoriali, di beni storici culturali e ambientali, e il miglioramento dei servizi per l'informazione e l'accoglienza dei turisti, prevede una dotazione finanziaria sino ad un massimo di 500 milioni di euro e il comma 28 prevede che eventuali ulteriori risorse che si dovessero rendere disponibili in conseguenza delle riprogrammazioni delle risorse ai sensi del comma 27 potranno essere utilizzate per elevare il plafond di finanziamenti di 500 milioni di euro previsto al comma 26;
    i Sassi di Matera costituiscono il nucleo urbano più antico della Basilicata e fra i più antichi del mondo con un territorio abitato in continuità per due millenni. In esso sono evidenti i segni della storia dell'umanità;
    l'antico centro abitato di 320.000 metri quadrati è in buona parte scavato direttamente nel masso roccioso su cui è allocato, ed ha assunto, da un lato, conformazioni ipogee in grotta, dall'altro si presenta edificato all'esterno con blocchi di tufo provenienti dal sito stesso;
    oltre al centro abitato, nel sito è presente una vasta area di circa 60 chilometri quadrati caratterizzata da insediamenti umani di epoca preistorica e da numerosi monasteri rupestri risalenti ai secoli X e XI;
    inoltre, dal punto di vista antropologico, i Sassi rappresentano un modello unico per analizzare le dinamiche sociali tipiche della cosiddetta «civiltà contadina»del Mezzogiorno d'Italia;
    una lunga azione di rivalutazione culturale ha portato all'approvazione della legge 11 novembre 1986, n. 771, con la quale lo Stato ha inteso tutelare e valorizzare questa area dall'alto valore naturalistico e ambientale dando un primissimo e notevole impulso alle iniziative di recupero e valorizzazione dell'area;
    nel corso degli anni, grazie alla legge n. 771 del 1986, i Sassi di Matera, dichiarati nel 1993 dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità, hanno rappresentato e tutt'ora rappresentano una significativa esperienza di recupero e conservazione di siti rupestri e un eccezionale attrattiva per il turismo;
    ogni anno migliaia di turisti affollano l'area dei Sassi, ammirandone l'unicità del paesaggio e sostenendo le tante attività commerciali e di servizi nate nel corso del tempo;
    oggi, i Sassi di Matera sono diventati una location naturale per produzioni cinematografiche, per l'allocazione di prestigiose istituzioni pubbliche, per la realizzazione di strutture ricettive, alberghiere e commerciali al servizio della città. I Sassi trasformati in volano per l'economia della città e del territorio circostante;
    nel 2019 l'Italia avrà di nuovo l'occasione di esprimere la Capitale europea della Cultura, e quindi, dopo Firenze, Bologna e Genova, un'altra città potrà testimoniare a livello internazionale quella cultura urbana di cui il nostro Paese ha rappresentato la culla;
    tra le città italiane che hanno presentato la propria candidatura al bando, promosso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per l'individuazione della Capitale europea della cultura 2019, c’è anche Matera, che ha superato la prima fase di selezione a cura del panel degli esperti italiani ed europei;
    la legge finanziaria 2008 prevedeva lo stanziamento di 10 milioni di euro per gli anni 2008, 2009, 2010 come contributo straordinario per la conservazione ed il recupero dei rioni Sassi di Matera per continuare l'opera di recupero e di rilancio di questo patrimonio dell'umanità, ma tale stanziamento non è stato erogato,

impegna il Governo

a rendere esecutiva la norma prevista nella legge finanziaria 2008, autorizzando la spesa di 30 milioni di euro per l'assegnazione di contributi straordinari al Comune di Matera finalizzati alla conservazione ed al recupero architettonico, urbanistico, ambientale ed economico dei rioni Sassi di Matera e la salvaguardia del prospiciente altipiano murgico, ritenuti di preminente interesse nazionale con la legge n. 771 del 86, destinando eventualmente una quota dei finanziamenti di cui ai commi 24, 26, 27 e 28 dell'articolo 13 del provvedimento in esame.
9/1920-A/39Antezza, Folino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, commi 24, 26, e 27 del provvedimento in esame, al fine di promuovere il coordinamento dell'accoglienza turistica, tramite la valorizzazione di aree territoriali, di beni storici culturali e ambientali, e il miglioramento dei servizi per l'informazione e l'accoglienza dei turisti, prevede una dotazione finanziaria sino ad un massimo di 500 milioni di euro e il comma 28 prevede che eventuali ulteriori risorse che si dovessero rendere disponibili in conseguenza delle riprogrammazioni delle risorse ai sensi del comma 27 potranno essere utilizzate per elevare il plafond di finanziamenti di 500 milioni di euro previsto al comma 26;
    i Sassi di Matera costituiscono il nucleo urbano più antico della Basilicata e fra i più antichi del mondo con un territorio abitato in continuità per due millenni. In esso sono evidenti i segni della storia dell'umanità;
    l'antico centro abitato di 320.000 metri quadrati è in buona parte scavato direttamente nel masso roccioso su cui è allocato, ed ha assunto, da un lato, conformazioni ipogee in grotta, dall'altro si presenta edificato all'esterno con blocchi di tufo provenienti dal sito stesso;
    oltre al centro abitato, nel sito è presente una vasta area di circa 60 chilometri quadrati caratterizzata da insediamenti umani di epoca preistorica e da numerosi monasteri rupestri risalenti ai secoli X e XI;
    inoltre, dal punto di vista antropologico, i Sassi rappresentano un modello unico per analizzare le dinamiche sociali tipiche della cosiddetta «civiltà contadina»del Mezzogiorno d'Italia;
    una lunga azione di rivalutazione culturale ha portato all'approvazione della legge 11 novembre 1986, n. 771, con la quale lo Stato ha inteso tutelare e valorizzare questa area dall'alto valore naturalistico e ambientale dando un primissimo e notevole impulso alle iniziative di recupero e valorizzazione dell'area;
    nel corso degli anni, grazie alla legge n. 771 del 1986, i Sassi di Matera, dichiarati nel 1993 dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità, hanno rappresentato e tutt'ora rappresentano una significativa esperienza di recupero e conservazione di siti rupestri e un eccezionale attrattiva per il turismo;
    ogni anno migliaia di turisti affollano l'area dei Sassi, ammirandone l'unicità del paesaggio e sostenendo le tante attività commerciali e di servizi nate nel corso del tempo;
    oggi, i Sassi di Matera sono diventati una location naturale per produzioni cinematografiche, per l'allocazione di prestigiose istituzioni pubbliche, per la realizzazione di strutture ricettive, alberghiere e commerciali al servizio della città. I Sassi trasformati in volano per l'economia della città e del territorio circostante;
    nel 2019 l'Italia avrà di nuovo l'occasione di esprimere la Capitale europea della Cultura, e quindi, dopo Firenze, Bologna e Genova, un'altra città potrà testimoniare a livello internazionale quella cultura urbana di cui il nostro Paese ha rappresentato la culla;
    tra le città italiane che hanno presentato la propria candidatura al bando, promosso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per l'individuazione della Capitale europea della cultura 2019, c’è anche Matera, che ha superato la prima fase di selezione a cura del panel degli esperti italiani ed europei;
    la legge finanziaria 2008 prevedeva lo stanziamento di 10 milioni di euro per gli anni 2008, 2009, 2010 come contributo straordinario per la conservazione ed il recupero dei rioni Sassi di Matera per continuare l'opera di recupero e di rilancio di questo patrimonio dell'umanità, ma tale stanziamento non è stato erogato,

impegna il Governo

a rendere esecutiva la norma prevista nella legge finanziaria 2008, autorizzando la spesa di 30 milioni di euro per l'assegnazione di contributi straordinari al Comune di Matera finalizzati alla conservazione ed al recupero architettonico, urbanistico, ambientale ed economico dei rioni Sassi di Matera e la salvaguardia del prospiciente altipiano murgico, ritenuti di preminente interesse nazionale con la legge n. 771 del 86.
9/1920-A/39. (Testo modificato nel corso della seduta)  Antezza, Folino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto di norme estremamente vasto e complesso, in considerazione che i numerosi articoli incidono su un ampio spettro di settori normativi e recano multiformi misure disomogenee, con l'intento di sostenere le politiche di rilancio e la competitività delle imprese;
    l'articolo 11 del provvedimento riguarda in particolare misure per favorire la risoluzione di crisi aziendali e difendere l'occupazione, attraverso l'introduzione di alcune modifiche alla legge n. 49 del 1985 (cosiddetta legge Marcora), con la quale è stato introdotto e disciplinato un sistema organico di agevolazioni in favore delle cooperative;
    nell'ambito delle aree di crisi industriali, la concertazione locale e la programmazione negoziata, in particolare sui patti territoriali e i contratti d'area, nell'attuale periodo di recessione e di grave crisi economica ed occupazionale, ha rappresentato un percorso interessante in termini di coinvolgimento del partenariato locale, crescita sociale e coesione istituzionale tra i soggetti protagonisti dello sviluppo, enti locali, forze sociali, associazioni imprenditoriali e di categoria;
    l'Associazione nazionale dei patti territoriali e contratti d'area per lo sviluppo locale – ANPACA, ha svolto nel corso degli anni una intensa e rilevante attività di raccordo tra i soggetti locali coinvolti nel superamento delle crisi aziendali in determinate aree territoriali e quelli nazionali, attraverso gli strumenti di sviluppo locale in precedenza riportati;
    la professionalità e l'esperienza acquisita dai soggetti responsabili della programmazione negoziata, ha costituito infatti una risorsa indispensabile da utilizzare anche nell'ambito del quadro di riforma della coesione territoriale, che ha visto la creazione dell'Agenzia nazionale per la coesione territoriale;
    la suddetta Associazione grazie alla rete capillare dei soggetti responsabili operanti sul territorio, può svolgere una funzione determinante per lo sviluppo economico e produttivo territoriale, nell'ambito del coordinamento e la presentazione dei progetti materiali e immateriali, affiancando il Ministero dello sviluppo economico, nell'assistenza tecnica e con lo scopo di semplificare le procedure degli adempimenti dei soggetti responsabili, sul territorio e sostenere le politiche di sviluppo locale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attribuire all'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area per lo sviluppo locale – ANPACA, il coordinamento e la presentazione dei progetti materiali e immateriali, nonché ad affiancare il Ministero dello sviluppo economico, nella successiva istruttoria, garantendo l'assistenza tecnica, con lo scopo di semplificare le procedure degli adempimenti dei soggetti responsabili, sul territorio e sostenere le politiche di sviluppo locale, al fine di completare il processo di rassegnazione delle risorse destinate ai patti territoriali e dei contratti d'area e favorire il migliore e immediato utilizzo delle risorse giacenti presso la Cassa depositi e prestiti.
9/1920-A/40Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame con l'articolo 13, commi 14 e 15, modifica i confini della libertà negoziale dei gestori aeroportuali, in particolare in merito all'erogazione di contributi e sostegni co-marketing ai vettori aerei, per l'apertura di nuove rotte aeree e/o il potenziamento dei collegamenti esistenti;
    la norma prevede gare d'appalto a evidenza pubblica per introdurre o modificare gli slot delle compagnie aeree, scalo per scalo, al contrario di ciò che accade oggi in cui viene lasciato ampio spazio di scelta agli accordi con gli aeroporti che possono decidere di ampliare l'offerta dei low cost;
    la norma così come formulata, invece, potrebbe penalizzare o limitare l'azione di sviluppo degli aeroporti minori e in particolar modo limitando l'attività di sostegno e incentivazione ai vettori low cost;
    in particolar modo per gli scali che rispettano le condizioni di equilibrio economico la misura introdotta rischia di creare un sistema che rallenta o peggio danneggia la competitività degli scali italiani rispetto a quelli europei,

impegna il Governo

al fine di rendere il sistema aeroportuale italiano più competitivo a valutare iniziative che consentano un'efficiente gestione e pianificazione delle scelte commerciali/strategiche concedendo ampia libertà gestionale e negoziale, anche con l'erogazione di contributi e sostegni co-marketing ai vettori aerei, per l'apertura di nuove rotte aeree e/o il potenziamento dei collegamenti esistenti.
9/1920-A/41Invernizzi, Caparini, Allasia, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia ha programmato circa 1,3 miliardi di euro per tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dei quali 100 milioni di euro sono previsti per la banda larga. Il rapporto strategico sui fondi strutturali più recente ha rivelato che solo il 47 per cento del totale è stato destinato a progetti e che solo il 5 per cento di quanto destinato è stato effettivamente speso per la banda larga. Il decreto cosiddetto crescita 2.0 (decreto-legge n. 179 del 2012), mediante i decreti attuativi, prevede la creazione di nuove imprese innovative (startup), strumenti fiscali per agevolare la realizzazione di opere infrastrutturali con capitali privati, attrazione degli investimenti esteri in Italia e interventi di liberalizzazione;
    come risulta dall'ultima valutazione della Commissione europea di giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale, l'Italia è all'ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità e attualmente i decreti attuativi del decreto crescita 2.0 risultano in forte ritardo;
    l'Agenda digitale europea (COM(2010)245), pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30 Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;
    il Rapporto Achieving the Objectives of the Digital Agenda for Europe (DAE) in Italy: Prospects and Challenges, cosiddetto Rapporto Caio, commissionato dalla Presidenza del Consiglio a Francesco Caio, J. Scott Marcus e Gerard Pogorel presentato il 30 gennaio scorso ha dimostrato, da un lato l'insufficienza degli investimenti privati per il raggiungimento degli obiettivi di copertura sopra indicati e, sotto altro profilo, ha sottolineato la necessità di adottare misure volte ad ottimizzare gli investimenti pur nel rispetto delle norme per gli aiuti di Stato e della concorrenza fissati al livello EU,

impegna il Governo

a investire ulteriori risorse finanziarie – nel rispetto degli obiettivi dell'Agenda digitale europea citati nelle premesse – per il completamento del Piano nazionale della banda ultra larga.
9/1920-A/42Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia ha programmato circa 1,3 miliardi di euro per tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dei quali 100 milioni di euro sono previsti per la banda larga. Il rapporto strategico sui fondi strutturali più recente ha rivelato che solo il 47 per cento del totale è stato destinato a progetti e che solo il 5 per cento di quanto destinato è stato effettivamente speso per la banda larga. Il decreto cosiddetto crescita 2.0 (decreto-legge n. 179 del 2012), mediante i decreti attuativi, prevede la creazione di nuove imprese innovative (startup), strumenti fiscali per agevolare la realizzazione di opere infrastrutturali con capitali privati, attrazione degli investimenti esteri in Italia e interventi di liberalizzazione;
    come risulta dall'ultima valutazione della Commissione europea di giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale, l'Italia è all'ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità e attualmente i decreti attuativi del decreto crescita 2.0 risultano in forte ritardo;
    l'Agenda digitale europea (COM(2010)245), pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30 Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;
    il Rapporto Achieving the Objectives of the Digital Agenda for Europe (DAE) in Italy: Prospects and Challenges, cosiddetto Rapporto Caio, commissionato dalla Presidenza del Consiglio a Francesco Caio, J. Scott Marcus e Gerard Pogorel presentato il 30 gennaio scorso ha dimostrato, da un lato l'insufficienza degli investimenti privati per il raggiungimento degli obiettivi di copertura sopra indicati e, sotto altro profilo, ha sottolineato la necessità di adottare misure volte ad ottimizzare gli investimenti pur nel rispetto delle norme per gli aiuti di Stato e della concorrenza fissati al livello EU,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, di investire ulteriori risorse finanziarie – nel rispetto degli obiettivi dell'Agenda digitale europea citati nelle premesse – per il completamento del Piano nazionale della banda ultra larga.
9/1920-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta)  Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, contenente misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese, ed in materia di frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, comunicazioni ed Agenda digitale, al comma 1 dispone l'adozione di interventi per il finanziamento a fondo perduto, tramite voucher di importo non superiore a 10.000 euro, conformemente al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis), concessi ad imprese per l'acquisto di software, hardware o servizi che consentano il miglioramento dell'efficienza aziendale, la modernizzazione dell'organizzazione del lavoro, tale da favorire l'utilizzo di strumenti tecnologici e forme di flessibilità, tra cui il telelavoro, lo sviluppo di soluzioni di e-commerce, la connettività a banda larga e ultralarga;
    i servizi di virtualizzazione costituiscono una notevole risorsa in termini di risparmio economico e di tutela dell'ambiente, in quanto snelliscono i costi aziendali e facilitano lo sviluppo tecnologico e l'efficienza delle imprese, grazie all'utilizzo di macchine virtuali compatibili anche con computer che hanno hardware e software obsoleti e che altrimenti sarebbero destinati allo smaltimento,

impegna il Governo

ad adottare iniziative affinché i citati finanziamenti a fondo perduto nella forma di voucher di importo non superiore a 10.000 euro siano utilizzati anche per l'acquisto di servizi di virtualizzazione dei personal computer e dei server delle micro, piccole e medie imprese.
9/1920-A/43Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015;
    nell'attuale scenario socio-economico, corre l'obbligo di puntare i riflettori sulle opportunità che avvantaggino le piccole e medie imprese e che favoriscano la nascita di nuove attività, nelle quali possano operare, in particolare, i giovani;
    la soglia di esenzione IVA del regime dei minimi è oggi stabilita in 30.000 euro; il regime di esenzione scadrebbe il 31 dicembre del 2013;
    accogliendo le richieste dell'Italia, il Consiglio europeo, con decisione di esecuzione 2013/678/UE, del 15 novembre 2013, ha autorizzato la Repubblica italiana a continuare ad applicare una misura speciale di deroga all'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, in Gazzetta Ufficiale legge n. 316 del 27 novembre 2013 pagine 35-36;
    con tale decisione, l'Italia, in deroga all'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE, è autorizzata ad esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non supera i 65.000 euro e ad aumentare tale soglia al fine di mantenere il valore dell'esenzione in termini reali. Tale misura consente di esonerare detti soggetti passivi da alcuni o dalla totalità degli obblighi in materia di IVA di cui al titolo XI, capi da 2 a 6, della direttiva 2006/112/CE;
    ora è auspicabile che il legislatore italiano adotti il relativo provvedimento, che confermerebbe, oltretutto, una serie di semplificazioni e di riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero dalle registrazioni e dalla tenuta di talune scritture contabili. L'aumento delle nuove partite IVA nate grazie all'avvento del regime di esenzione dimostra l'efficacia di questo strumento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non supera i 65.000 euro.
9/1920-A/44Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4-ter, comma 1, del provvedimento in commento dispone, al fine di accelerare la progettazione e l'attuazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel sito contaminato di interesse nazionale (SIN) di Crotone, l'assegnazione al Ministero dell'ambiente delle somme liquidate per il risarcimento del danno ambientale a favore dell'amministrazione dello Stato nel giudizio civile instaurato davanti al tribunale di Milano contro la società SYNDIAL;
    il SIN di Crotone-Cassano-Cerchiara è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica d'interesse nazionale con decreto ministeriale n. 468 del 2001. Il perimetro del sito si estende sulla terraferma per circa 530 ettari e a mare per 1.452 ettari (comprensivi di 132 ettari di area portuale). In esso rientrano aree pubbliche e private, nonché porzioni di territorio appartenenti alla provincia di Cosenza;
    lo scorso agosto è stato sottoscritto l'Accordo di programma quadro tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, unitamente al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ed alla regione Calabria concernente il «Recupero e la valorizzazione dell'area archeologica Antica Kroton»;
    quest'area d'intervento, ubicata in prossimità del polo chimico-industriale Pertusola-Montedison, è attualmente in stato di abbandono. Secondo studi ed indagini di laboratorio, le emissioni inquinanti prodotte dalle lavorazioni eseguite nella vicina area industriale hanno inoltre fortemente contaminato il terreno di metalli raggiungendo anche i resti dell'Antica Kroton;
    quindi di particolare rilievo sono gli interventi riguardanti la bonifica dell'area archeologica ricompresa all'interno del sito di interesse nazionale di «Crotone-Cassano e Cerchiara», con un costo complessivo stimato di 4 milioni e 700 mila euro;
    la bonifica dell'area restituirà il territorio alla fruibilità pubblica ed è propedeutica alla realizzazione delle ulteriori attività individuate dal progetto. Infatti l'intesa si attua attraverso la realizzazione di altri 3 specifici interventi: lo scavo archeologico e il restauro, la realizzazione di un parco archeologico e realizzazione di un teatro virtuale e di un museo multisensoriale;
    una veloce attuazione del programma di bonifica e recupero dell'area archeologica di Kroton oltre a consentire il recupero dei beni archeologici celati nel sito dell'Antica Kroton, determinerebbe positive ricadute occupazionali, impiegando manodopera specializzata nei lavori di recupero del patrimonio archeologico, e la creazione di una nuova offerta turistica per la fruizione dei beni archeologici recuperati;
    la bonifica dell'area archeologica «Antica Kroton» è una risorsa economica da valorizzare e pertanto risulta di fondamentale importanza dare una priorità di realizzazione agli interventi di bonifica nell'area archeologica Kroton nell'ambito delle risorse individuate dall'articolo 4-ter, comma 1, per la bonifica e riparazione del danno ambientale nel SIN (sito di interesse nazionale) di Crotone di cui l'area archeologica è parte,

impegna il Governo

a realizzare gli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale nel SIN (sito di interesse nazionale) di Crotone prioritariamente nell'area archeologica di Kroton.
9/1920-A/45Oliverio, Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    nei giorni scorsi, il Vicepresidente del Consiglio dei ministri Angelino Alfano ha dichiarato che, per far fronte alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in vista di Expo 2015, il blocco del turn over nella Polizia di Stato avrebbe subito una deroga del 55 per cento;
    è opportuno far presente che, per le esigenze citate dal Ministro, le unità da assumere dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre aprile 2014;
    non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale (che terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti verso il mese di dicembre 2015);
    pertanto, bisognerebbe effettuare una rettifica della graduatoria finale ed ampliamento, in prima aliquota, di 674 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica ed agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione titoli del Concorso per 964 allievi agenti della Polizia di Stato;
    l'ampliamento andrebbe così predisposto: prima aliquota dal n. 1 al n. 1437, seconda aliquota dal n. 1438 al n. 1.597. Questa soluzione garantirebbe la copertura della quota di vincitori in seconda aliquota (incorporazione prevista per giugno 2014);
    è di pochi giorni fa la notizia che l'Arma dei Carabinieri, mediante decreto dirigenziale ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri. Nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria e pertanto la stessa è stata esaurita. La quota dei vincitori in seconda aliquota (vfp4 interforze) per questo concorso è stata eliminata a dimostrazione che la presenza delle due aliquote nelle graduatorie è un problema superabile;
    come riporta il decreto dirigenziale dell'Arma: «Ravvisata l'esigenza di disporre, con immediatezza, di XXX allievi carabinieri, senza dover attendere i tempi tecnici richiesti per portare a termine una nuova procedura di reclutamento mediante il bando di un concorso pubblico. Tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione per la gestione delle procedure di reclutamento»;
    affinché si possano ridurre i costi gravanti sull'amministrazione (Ministero dell'interno) ed allo stesso tempo garantire l'esigenza di quest'ultima, l'operazione più logica rimarrebbe quella suggerita ovvero di assumere immediatamente le restanti 674 unità (160 vincitori in seconda aliquota più 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della Polizia di Stato, ricordando per l'ennesima volta che, la recentissima idoneità conseguita, permetterebbe l'immediata assunzione degli interessati evitando la necessità di effettuare anche le visite mediche di controllo per il mantenimento dell'idoneità psico-fisica; come invece è stato fatto per il concorso dell'Arma dei Carabinieri sopra citato;
    in subordine occorre rinnovare la validità della graduatoria per almeno i prossimi tre anni e provvedere allo scorrimento della stessa a copertura dei fabbisogni di personale;
    quali provvedimenti adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa,

impegna il Governo

ad attivarsi concretamente affinché i nuovi agenti di Polizia, per le problematiche sopra esposte, vengano scelti attraverso le graduatorie attualmente valide e non attraverso nuovi ed onerosi concorsi.
9/1920-A/46Catanoso Genoese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ribadisce il ruolo preponderante ed esclusivo dello Stato nella determinazione degli indirizzi della politica energetica nazionale, al fine di sostenere lo sviluppo delle risorse geotermiche;
    all'Allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni, (progetti soggetti a VIA statale) è stata aggiunta la nuova categoria di progetti, al punto 7-quater, relativa a «Impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni» e conseguentemente sono state modificate le categorie di progetto degli Allegati III e IV (progetti soggetti a VIA e a verifica di assoggettabilità di competenza regionale) prevedendo l'esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni;
    il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, ha previsto che al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di 3 impianti. L'autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la regione interessata;
    inoltre la legge 7 agosto 2012, n. 134 ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche e la legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l'articolo 1, comma 3-bis del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). I progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    il decreto-legge in commento fa riferimento alla legge 23 agosto 2004, n. 239, che prevede la competenza dello Stato in tema di «individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria per le infrastrutture energetiche»; la Corte costituzionale, con sentenza del 14 ottobre 2005, n. 283, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 239 del 2004 nella parte in cui non prevede che «l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici» da parte dello Stato avvenga d'intesa con le regioni e le province autonome interessate»;
    alla luce di questa sentenza, ed in ragione del principio di sussidiarietà, appare doveroso assicurare un maggior coinvolgimento degli enti territoriali, comunque delle regioni, in detti processi decisionali;
    in tutte le regioni interessate dai progetti pilota per la geotermia, i territori esprimono gravi perplessità e dubbi relativamente all'impatto che detti impianti potrebbero avere sull'assetto geologico e ambientale delle località interessate. Tali posizioni contrarie hanno subito un irrigidimento ulteriore a seguito della modifica dell'Allegato II alla parte seconda punto 7-quater) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni (progetti soggetti a VIA statale),

impegna il Governo:

   ad attivarsi per assicurare le adeguate forme di partecipazione da parte delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla scelta dei territori finalizzati all'attuazione delle strategie di individuazione degli insediamenti delle opere di infrastrutturazione energetica, che vadano oltre alla mera presentazione di osservazioni e pareri;
   nell'ambito delle modalità di partecipazione previste in caso di procedura di V.I.A. e V.A.S. statale, a valutare la possibilità di dare un valore rafforzato alle osservazioni e ai pareri espressi da regioni, province ed enti locali;
   a garantire l'utilizzo di tecnologie all'avanguardia ed ecocompatibili prevedendo una attenta vigilanza sugli impianti e sulle loro emissioni anche al fine di prevedere eventuali risarcimenti ambientali.
9/1920-A/47Terrosi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento concerne interventi nel settore energetico, quali la riduzione dei costi gravanti sulle bollette elettriche, gli indirizzi strategici dell'energia geotermica, lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale, la previsione della facoltà per la regione Sardegna di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone nonché, a seguito dell'esame presso le Commissioni riunite VI e X, alcune disposizioni riguardanti lo stoccaggio del gas naturale;
    il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249, ha fissato i livelli minimi di scorte di petrolio greggio e di prodotti petroliferi da mantenere per far fronte a un'eventuale situazione di crisi degli approvvigionamenti;
    tali scorte devono essere detenute dai soggetti che hanno immesso in consumo prodotti petroliferi nell'anno precedente, tra i quali i depositi fiscali e gli operatori registrati come cooperative di pescatori che gestiscono piccoli distributori;
    le indicazioni impartite dalla direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo economico stabiliscono la quantità di scorte da detenere, ammontanti a TEP 520 per le scorte libere e a 195 tonnellate per le scorte specifiche per il prodotto 8-gasolio;
    la quantità di scorte assegnate ai piccoli impianti di distribuzione supera abbondantemente la capacità di stoccaggio, rendendone materialmente impossibile la detenzione in proprio e comportando l'esigenza di conservare le scorte presso le grandi società petrolifere, con costi insopportabili se rapportati alle piccole dimensioni commerciali della gran parte degli operatori registrati e con pesanti conseguenze economiche causate dalla lievitazione incontrollata dei prezzi al consumo;
    il costo del mantenimento delle scorte non è individuabile mediante criteri trasparenti e molte compagnie petrolifere richiedono un deposito cauzionale proibitivo per i piccoli operatori – variabile dai 18 mila ai 30 mila euro annui – per la loro detenzione;
    la capacità organizzativa e finanziaria dei depositi dei piccoli impianti non è, ovviamente, paragonabile a quella delle grandi società petrolifere e dei depositi fiscali;
    a titolo esemplificativo si citi il caso della «Società cooperativa di mutua assistenza fra i pescatori di Sciacca», proprietaria di due impianti di distribuzione al minuto e non legata ad alcuna grande compagnia petrolifera, soggetta a un periodo di gravi difficoltà economiche – dovuto agli esigui margini di guadagno e ai pesanti oneri da sostenere – che potrebbe causarne la chiusura e il relativo licenziamento del personale;
    un ulteriore motivo di preoccupazione è rappresentato dalle pesanti sanzioni amministrative previste dal citato decreto legislativo 249 del 2012, per ogni giorno di constatata violazione dell'obbligo di scorte;
    si rende necessario un intervento volto a preservare l'attività dei piccoli impianti di distribuzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a consentire ai piccoli impianti di distribuzione di essere esentati dall'obbligo di detenzione del livello minimo di scorte stabilito dal decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249, al fine di garantirne la sussistenza economica e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
9/1920-A/48Capodicasa, Iacono.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1920 recante «Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per i lavori pubblici ed in materia di trasporto aereo» consente, al comma 1, lettera a), di ottimizzare l'utilizzo delle risorse disponibili per il piano di interventi previsti per EXPO 2015;
    Vento è il progetto di fattibilità della dorsale cicloturistica più lunga d'Italia: 679 km (da Venezia a Torino). Pur essendo annoverato tra le 60 iniziative del Governo per l'EXPO2015 e non è presente nell'atto in discussione;
    il cicloturismo su infrastruttura dedicata è molto affermato nelle regioni del Nord Europa da decine di anni e rappresenta una quota di turismo importante e oggi in assoluta crescita; è stimato avere un potenziale di oltre 2.300 milioni di viaggi mono-giornalieri e oltre 20 milioni di viaggi plurigiornalieri all'anno;
    in sede parlamentare europea, il 18 dicembre 2012 è stata approvata una risoluzione con la quale le ciclabili entrano a tutti gli effetti nel club delle infrastrutture e il budget a disposizione è lievitato dallo 0,7 al 10 per cento del budget TEN-T (le reti di trasporto trans-europee);
    di infrastrutture leggere, in Italia non ne esistono, se non in Trentino Alto Adige (in questa regione i 200 km circa di dorsali cicloturistiche generano indotti economici per oltre 70 milioni all'anno), nel ferrarese e in qualche altra piccola realtà;
    nella programmazione dei fondi europei 2014-2020 sono disponibili circa 6 miliardi di euro anche per chi avrà un progetto di dorsale cicloturistica finanziabile. Il riferimento al quale l'Europa si è ispirata è la rete EuroVelo, una serie di infrastrutture cicloturistiche per un totale di 70.000 km, dei quali 6.600 previsti proprio in Italia: EV5, EV7 ed EV8 (www.eurovelo.org). Il tracciato di Vento coincide proprio con una di queste ipotesi, la EV8 (est-ovest, lungo il Po);
    la sua realizzazione non solo è compatibile con l'utilizzo dei fondi UE ma sarebbe un'occasione preziosa per consentirci di recuperare qualche ritardo nell'infrastrutturazione cicloturistica del Paese, di raccordarci alla rete europea (aprendo le porte ai turisti d'oltralpe che oggi sono solo qualche migliaio) e di dare avvio ad un modello di sviluppo sostenibile che manca nel Paese, potrebbe generare flussi economici intorno ai 44 miliardi di euro annui con opportunità occupazionali nuove grazie ad una pratica basata sull'uso del mezzo di trasporto meno impattante in assoluto,

impegna il Governo

a destinare le risorse previste alla realizzazione del progetto della dorsale cicloturistica Vento per gli importanti risvolti a livello economico, turistico, ambientale e occupazionale.
9/1920-A/49Mucci.


   La Camera,
   in sede di approvazione del decreto-legge n. 145 del 2013,
   considerato che:
    nella stesura iniziale del provvedimento, il Governo, al fine di favorire una maggiore diffusione della lettura di libri cartacei ed il conseguente rilancio dell'editoria, aveva previsto all'articolo 9 un credito d'imposta pari al 19 per cento delle spese sostenute da persone fisiche e giuridiche nel corso dell'anno solare per l'acquisto di libri muniti di codice ISBN, per un importo massimo di 2000 euro, di cui 1000 per i libri scolastici ed universitari e 1000 per tutte le altre pubblicazioni, e per il quale aveva stanziato l'importo massimo di 50 milioni di euro per il triennio 2014-2016;
    nel corso dell'esame in sede referente presso le Commissioni riunite Finanze ed Attività produttive è stato approvato un emendamento che, sostituendo il riferimento alle persone fisiche e giuridiche con quello agli esercizi commerciali che effettuano la vendita di libri al dettaglio, ha, di fatto, stravolto, l'impianto agevolativo della norma trasferendolo a tutto vantaggio di quelle librerie, nemmeno tutte, che sceglieranno di applicare alla clientela uno sconto pari al 19 per cento del prezzo di copertina, dietro la presentazione di un voucher rilasciato dai dirigenti scolastici a ciascun studente delle superiori, importo restituito poi alle stesse dallo Stato sotto forma di credito di imposta;
    si tratta di una disposizione che sicuramente avvantaggerà le grandi catene di distribuzione del libro, ma che complicherà l'attività imprenditoriale di quelle piccole realtà che, con i bilanci sempre in affanno, avrebbero preferito, piuttosto che dover sostenere l'onere finanziario dell'anticipazione dello sconto rispetto alla compensazione tributaria da parte dello Stato, vedere un consistente incremento delle proprie vendite che solo il credito d'imposta a carattere universale avrebbe potuto garantire;
    inoltre la misura si è trasformata in un approccio quasi caritatevole verso un settore, quello dell'editoria libraria, alle prese non solo con il calo vertiginoso delle vendite, ma anche con gli effetti della rivoluzione digitale, e che restituisce all'Italia un drammatico primato; quello di fanalino di coda nelle ultime statistiche sulla lettura che confermano che solo il 46 per cento degli italiani ha letto almeno un libro all'anno contro il 61,4 per cento degli spagnoli, il 70 per cento dei francesi, il 72 per cento degli statunitensi e l'82 per cento dei tedeschi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione, al fine di ripristinare con futuri interventi normativi l'originario credito d'imposta pari al 19 per cento riconosciuto per l'acquisto di libri e pubblicazioni cartacei a tutte le persone fisiche e giuridiche, sotto forma di detrazione fiscale da assimilare alle fattispecie di cui agli articoli 15 e 78 del decreto del Presidente della Repubblica n. 517 del 1986 (TUIR).
9/1920-A/50Paglia, Lavagno, Giancarlo Giordano, Costantino, Fratoianni.


   La Camera,
   in sede di approvazione del decreto-legge n. 145 del 2013,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione, al fine di valutare la possibilità di prevedere con futuri interventi normativi un credito d'imposta pari al 19 per cento riconosciuto per l'acquisto di libri e pubblicazioni cartacei a tutte le persone fisiche e giuridiche, sotto forma di detrazione fiscale da assimilare alle fattispecie di cui agli articoli 15 e 78 del decreto del Presidente della Repubblica n. 517 del 1986 (TUIR).
9/1920-A/50. (Testo modificato nel corso della seduta).  Paglia, Lavagno, Giancarlo Giordano, Costantino, Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    per garantire una migliore efficienza e rafforzare l'organizzazione e il coordinamento delle funzioni relative alle politiche di coesione territoriale, è stata istituita l'Agenzia per la coesione territoriale dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125;
    nell'ambito della programmazione negoziata, opera con esperienza decennale l'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area, impegnandosi nel campo dello sviluppo locale, con diretti collegamenti con le realtà produttive, dedicandosi anche alla risoluzione delle crisi aziendali;
    potrebbe comportare una maggiore efficienza del sistema di controllo e di sviluppo delle realtà territoriali, unire il lavoro svolto da entrambi gli organismi;
    sarebbe una soluzione che incrementerebbe l'economicità di sistema, essendo oltretutto a costo zero, permettere all'Agenzia per la coesione territoriale di avvalersi delle competenze tecniche dell'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area, la quale darebbe un notevole contributo e un sostegno di rilievo, favorendo l'organizzazione ed il coordinamento delle politiche di coesione territoriale;
    nell'ambito delle disposizioni previste dall'articolo 11 relative alla risoluzione delle crisi industriali, il contributo dell'ANPACA potrebbe rivelarsi idoneo per favorire una rapida accelerazione della risoluzione delle crisi produttive occupazionali all'interno di determinate aree territoriali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di affiancare l'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area per lo sviluppo locale, all'Agenzia per la coesione e lo sviluppo dando a quest'ultima l'opportunità di avvalersi della collaborazione e dell'assistenza tecnica dell'Associazione allo scopo di provvedere anche alla risoluzione di crisi aziendali.
9/1920-A/51Parisi.


   La Camera,
   premesso che:
    per garantire una migliore efficienza e rafforzare l'organizzazione e il coordinamento delle funzioni relative alle politiche di coesione territoriale, è stata istituita l'Agenzia per la coesione territoriale dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125;
    nell'ambito della programmazione negoziata, opera con esperienza decennale l'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area, impegnandosi nel campo dello sviluppo locale, con diretti collegamenti con le realtà produttive, dedicandosi anche alla risoluzione delle crisi aziendali;
    potrebbe comportare una maggiore efficienza del sistema di controllo e di sviluppo delle realtà territoriali, unire il lavoro svolto da entrambi gli organismi;
    sarebbe una soluzione che incrementerebbe l'economicità di sistema, essendo oltretutto a costo zero, permettere all'Agenzia per la coesione territoriale di avvalersi delle competenze tecniche dell'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area, la quale darebbe un notevole contributo e un sostegno di rilievo, favorendo l'organizzazione ed il coordinamento delle politiche di coesione territoriale;
    nell'ambito delle disposizioni previste dall'articolo 11 relative alla risoluzione delle crisi industriali, il contributo dell'ANPACA potrebbe rivelarsi idoneo per favorire una rapida accelerazione della risoluzione delle crisi produttive occupazionali all'interno di determinate aree territoriali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di affiancare l'Associazione nazionale patti territoriali e contratti d'area per lo sviluppo locale, all'Agenzia per la coesione e lo sviluppo dando a quest'ultima l'opportunità di avvalersi della collaborazione e dell'assistenza tecnica dell'Associazione allo scopo di provvedere anche alla risoluzione di crisi aziendali.
9/1920-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta).  Parisi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 62 del 10 ottobre del 2000, contenente norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, riconosce le scuole paritarie al pari delle scuole statali come esercenti un servizio pubblico fondamentale per le famiglie, al fine di garantire l'espansione dell'offerta formativa e la generalizzazione della domanda di istruzione a partire dalla scuola per l'infanzia;
    le scuole paritarie private, per essere equiparate alle scuole statali, devono com’è noto, possedere determinati requisiti oltre che dare attuazione ad un progetto educativo in linea con la Costituzione e seguire determinate regole;
    il provvedimento in oggetto prevede una disposizione per la diffusione della lettura all'articolo 9, allo scopo di incrementare la cultura e permettere un accesso facilitato agli studenti disponendo l'istituzione di un credito di imposta sui redditi degli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio, stabilendo che l'ammontare dell'intervento sia nella misura massima di 50 milioni di euro a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari;
    il decreto-legge tuttavia, nonostante il contenuto dell'impianto normativo, contenga una molteplicità di norme eterogenee e difformi, tali da rappresentare anche in questa occasione un provvedimento: «omnibus», non contempla, tuttavia contributi e benefici sufficienti a garantire adeguati livelli di studio e d'istruzione a favore degli studenti delle scuole paritarie peraltro ridotti a livello regionale, attraverso manovre finanziarie e di finanza pubblica;
    i fondi previsti per gli istituti paritari da parte della regione Friuli Venezia Giulia, sono stati sorprendentemente ridotti nel corso della legge finanziaria regionale per il 2014, con probabili ripercussioni negative sul piano didattico nei riguardi delle famiglie e inevitabili contraccolpi sul piano occupazionale a partire dal prossimo settembre,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, disposizioni finanziarie in favore delle scuole paritarie della regione Friuli-Venezia Giulia, allo scopo di permettere agli istituiti scolastici paritari di adempiere alla loro funzione nell'ambito del progetto educativo al pari delle scuole pubbliche.
9/1920-A/52Sandra Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge contiene una serie di articolate misure particolarmente complesse e interviene su una molteplicità di interventi multiformi di evidente eterogeneità;
    il provvedimento in particolare prevede all'articolo 13 con i commi da 1 a 3, disposizioni finanziarie concernenti l'Expo 2015 e al comma 24 un finanziamento sino ad un massimo di 500 milioni di euro per i progetti presentati dai comuni, con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti, finalizzati a migliorare la capacità di attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali e dei servizi per l'attrattività turistica di specifiche aree territoriali, anche in vista della medesima e suindicata manifestazione universale;
    estendere anche ai comuni inferiori ad una popolazione di 5.000 abitanti, la possibilità di promuovere la valorizzazione di specifiche aree territoriali, attraverso la presentazione dei progetti e consentire di partecipare alle richieste di finanziamenti indicati dal suddetto comma 24 dell'articolo 13, costituisce una condivisibile e valida attenzione per una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale, quale quella dei piccoli comuni, la cui popolazione sul territorio, rappresenta una ricchezza insediativa e un'opportunità di sviluppo economico di livello considerevole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere la partecipazione dei progetti previsti dal comma 24 dell'articolo 13, anche per i comuni inferiori ai 5.000 abitanti, nell'ambito dei criteri per l'utilizzo delle risorse disciplinate dalla apposita convenzione tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e l'Anci, finalizzate all'esposizione di Expo 2015.
9/1920-A/53Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge contiene una serie di articolate misure particolarmente complesse e interviene su una molteplicità di interventi multiformi di evidente eterogeneità;
    il provvedimento in particolare prevede all'articolo 13 con i commi da 1 a 3, disposizioni finanziarie concernenti l'Expo 2015 e al comma 24 un finanziamento sino ad un massimo di 500 milioni di euro per i progetti presentati dai comuni, con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti, finalizzati a migliorare la capacità di attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali e dei servizi per l'attrattività turistica di specifiche aree territoriali, anche in vista della medesima e suindicata manifestazione universale;
    estendere anche ai comuni inferiori ad una popolazione di 5.000 abitanti, la possibilità di promuovere la valorizzazione di specifiche aree territoriali, attraverso la presentazione dei progetti e consentire di partecipare alle richieste di finanziamenti indicati dal suddetto comma 24 dell'articolo 13, costituisce una condivisibile e valida attenzione per una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale, quale quella dei piccoli comuni, la cui popolazione sul territorio, rappresenta una ricchezza insediativa e un'opportunità di sviluppo economico di livello considerevole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative volte a consentire la partecipazione ai progetti previsti dal comma 24 dell'articolo 13, anche per i comuni inferiori ai 5.000 abitanti, nell'ambito dei criteri per l'utilizzo delle risorse disciplinate dalla apposita convenzione tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e l'Anci, finalizzate all'esposizione di Expo 2015.
9/1920-A/53. (Testo modificato nel corso della seduta).  Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, presenta nel complesso una serie di disposizioni vaste e complesse, in quanto attraverso i 14 articoli s'incide su un ampio spettro di settori normativi che recano multiformi misure complesse e articolate;
    il provvedimento in particolare indica una molteplicità di norme eterogenee e disorganiche di evidente difformità, tali da adombrare e revocare in dubbio, secondo gli insegnamenti provenienti dalla Corte costituzionale, la sussistenza degli stessi presupposti di necessità e urgenza delle disposizioni interessate;
    nell'ambito delle misure specifiche previste per il rilancio e la competitività delle imprese, il decreto-legge non contempla disposizioni significative in grado di accelerare il processo di fuoriuscita dalla crisi economica e di rilancio anche nell'ambito di un accesso al credito bancario nei confronti delle piccole e medie imprese più favorevole;
    il quadro regolatorio attuale, previsto dall'espressione Basilea 3, con il quale si indica un insieme di provvedimenti approvati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria in conseguenza della crisi finanziaria del 2007-08, con l'intento di perfezionare la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario e l'efficacia dell'azione di vigilanza e la capacità degli intermediari di gestire i rischi che assumono, non sembra migliorare le condizioni di accesso al credito, in particolare quello rivolto alle famiglie e alle imprese, i cui effetti restrittivi accrescono le difficoltà di sviluppo e di ripresa del tessuto economico e produttivo nazionale;
    il deterioramento della qualità dei prestiti, secondo quanto confermato recentemente dalla Banca d'Italia, tenderà a prolungarsi ben oltre l'avvio della ripresa congiunturale, in quanto le banche italiane, ridurranno nel breve periodo la dimensione complessiva del bilancio in risposta a fattori di natura strutturale, quali le pressioni di mercato a diminuire la leva finanziaria e l'inasprimento dei requisiti patrimoniali e di liquidità indotti dalla normativa internazionale (Basilea 3);
    interventi in sede europea, volti a rivedere i requisiti patrimoniali delle banche in modo da evitare un'ulteriore stretta creditizia per le piccole e medie imprese, risultano pertanto indispensabili per sostenere il medesimo segmento imprenditoriale;
    una regolamentazione del comportamento bancario, all'interno di Basilea 3, che interrompa il proseguimento del cosiddetto credit crunch nei riguardi delle piccole e medie imprese, appare necessario ed urgente anche al fine di riavviare l'attesa ripresa dell'economia,

impegna il Governo:

  a favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese italiane, perseguendo, in particolare, i seguenti obiettivi:
   a) creare le condizioni normative per consentire l'utilizzo dei Fondi previdenziali per il finanziamento delle PM, nonché sollecitare la crescita di canali di finanziamento bancario diretto, tramite provviste specifiche BEI, FEI, BCE, monitorando il loro effettivo utilizzo in favore delle PMI;
   b) sollecitare la crescita di canali di finanziamento bancario diretto, tramite provviste specifiche BEI, FEI, BCE, monitorando il loro effettivo utilizzo in favore delle PMI, e determinare le condizioni affinché i nuovi strumenti di finanziamento alle PMI, siano veicolati anche tramite il supporto di reti d'impresa, che svolgono l'azione di organizzatore e garante della distribuzione alle imprese appartenenti alla Rete;
   c) monitorare l'applicazione delle modifiche alla normativa di Basilea 3, tese a neutralizzare gli assorbimenti patrimoniali delle banche a fronte dei finanziamenti in favore delle imprese minori;
   d) eliminare  le distorsioni sulle classificazioni dei crediti deteriorati (sofferenze, incagli, esposizioni ristrutturate, esposizioni past-due) attualmente esistenti nell'eurozona, che creano problemi alle banche operanti in Italia in termini sia di maggiore assorbimento di capitale regolamentare sia di ridotta propensione ad erogare nuovi crediti alle imprese.
9/1920-A/54Laffranco.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 9, lettera a), dell'articolo 1 del provvedimento, è previsto che il Ministero della giustizia, con regolamento emanato ai sensi della legge n. 400 del 2000, determini i requisiti necessari per esercitare l'attività degli amministratori di condominio nonché i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi per la loro formazione professionale iniziale e periodica;
    la legge n. 4 del 2013 disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi, tra le quali rientrano gli amministratori di condominio. Tale legge non prevede che sia il Ministero della giustizia a determinare i requisiti della suddetta categoria, ma piuttosto è il Ministero dello sviluppo economico che svolge compiti di vigilanza sulla corretta attuazione delle disposizioni della suddetta legge;
    il provvedimento in oggetto crea dunque una discrasia con la legge n. 4 del 2013 perché, prevede inoltre che, sempre su iniziativa del Ministero della giustizia, vengono definiti i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della formazione professionale degli amministratori di condominio;
    sarebbe più consono restituire al Ministero dello sviluppo il compito di definire i requisiti della suddetta categoria, che oltretutto non rappresenta un ordine professionale indipendente,

impegna il Governo

previo monitoraggio della disposizione citata in premessa, a valutare la possibilità di adottare iniziative volte a restituire al Ministero dello sviluppo economico, sollevando il Ministero della giustizia dall'emanazione di un regolamento apposito, l'incarico di definire i requisiti degli amministratori di condominio e i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della formazione professionale degli stessi.
9/1920-A/55Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del provvedimento in oggetto prevede un intervento normativo diretto a fornire uno strumento per monitorare e vigilare sugli accordi che intervengono, negli aeroporti nazionali, tra le società concessionarie della gestione degli aeroporti pubblici e i vettori aerei, con l'obiettivo di verificare che le risorse finanziarie oggetto di tali accordi siano erogate in modo trasparente e concorrenziale e costituiscano effettivamente occasioni di sviluppo economico, garantendo l'accessibilità a regioni attualmente poco collegate, evitando sprechi e soprattutto distorsioni concorrenziali del mercato interno;
    a tal fine è previsto che, le procedure di scelta del beneficiario, siano trasparenti e tali da garantire la più ampia partecipazione dei vettori potenzialmente interessati, secondo modalità, da definirsi con apposite linee guida adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Ente nazionale per l'aviazione civile;
    la nuova normativa è diretta a incentivare le start-up aeroportuali, consentendo di adeguare in modo progressivo il proprio modello imprenditoriale con l'apertura di nuove rotte aeree, purché tale sostegno sia trasparente, accessibile e alle stesse condizioni per tutti i potenziali concorrenti;
    tuttavia i gestori aeroportuali sono privati della necessaria autonomia negoziale con i vettori, aprendo problematiche nel caso di impossibilità di concludere accordi, con la conseguente perdita di competitività dei nostri scali;
    le società di gestione aeroportuale, pur essendo concessionarie di un pubblico servizio, esercitano la loro attività d'impresa nella forma delle società per azioni, regolate dalle leggi del mercato italiano e internazionale e perseguendo finalità di lucro assumendosene i rischi connessi;
    il comparto aeroportuale non vuole esimersi dal garantire la trasparenza e la non discriminazione in un contesto uniforme con gli altri Paesi europei, senza pregiudicare l'autonomia imprenditoriale dei gestori aeroportuali dei vari Paesi, ma si deve permettere a tutti i gestori nazionali di essere competitivi rispetto agli aeroporti internazionali concorrenti;
    la normativa in oggetto non è d'aiuto nell'evitare farraginosità costringendo i gestori aeroportuali ad indicare la loro policy in relazione a nuove rotte, indicando che qualsiasi vettore intenda operare dal nostro scalo prenda contatto con noi, pretendendo così che lo scalo annunci una rotta desiderata, la qual cosa, oltre a essere ridicola (dal momento che le rotte le decidono i vettori), svelerebbe in anticipo un progetto di una compagnia, con conseguenze sul piano della riservatezza immaginabili,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che le linee guida degli accordi tra gestori aeroportuali e vettori vengano discusse dal Ministro delle infrastrutture e trasporti con Assoaeroporti, eliminando lungaggini dovute ai coinvolgimento dell'ENAC e dell'Autorità di regolazione trasporti o che, in alternativa, vengano controllati i tempi degli iter autorizzativi degli accordi, sia finanziati dallo Stato che autofinanziati, favorendo il più possibile una procedura veloce e snella che non pregiudichi una contrattazione competitiva.
9/1920-A/56Gregorio Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del provvedimento in oggetto prevede un intervento normativo diretto a fornire uno strumento per monitorare e vigilare sugli accordi che intervengono, negli aeroporti nazionali, tra le società concessionarie della gestione degli aeroporti pubblici e i vettori aerei, con l'obiettivo di verificare che le risorse finanziarie oggetto di tali accordi siano erogate in modo trasparente e concorrenziale e costituiscano effettivamente occasioni di sviluppo economico, garantendo l'accessibilità a regioni attualmente poco collegate, evitando sprechi e soprattutto distorsioni concorrenziali del mercato interno;
    a tal fine è previsto che, le procedure di scelta del beneficiario, siano trasparenti e tali da garantire la più ampia partecipazione dei vettori potenzialmente interessati, secondo modalità, da definirsi con apposite linee guida adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Ente nazionale per l'aviazione civile;
    la nuova normativa è diretta a incentivare le start-up aeroportuali, consentendo di adeguare in modo progressivo il proprio modello imprenditoriale con l'apertura di nuove rotte aeree, purché tale sostegno sia trasparente, accessibile e alle stesse condizioni per tutti i potenziali concorrenti;
    tuttavia i gestori aeroportuali sono privati della necessaria autonomia negoziale con i vettori, aprendo problematiche nel caso di impossibilità di concludere accordi, con la conseguente perdita di competitività dei nostri scali;
    le società di gestione aeroportuale, pur essendo concessionarie di un pubblico servizio, esercitano la loro attività d'impresa nella forma delle società per azioni, regolate dalle leggi del mercato italiano e internazionale e perseguendo finalità di lucro assumendosene i rischi connessi;
    il comparto aeroportuale non vuole esimersi dal garantire la trasparenza e la non discriminazione in un contesto uniforme con gli altri Paesi europei, senza pregiudicare l'autonomia imprenditoriale dei gestori aeroportuali dei vari Paesi, ma si deve permettere a tutti i gestori nazionali di essere competitivi rispetto agli aeroporti internazionali concorrenti;
    la normativa in oggetto non è d'aiuto nell'evitare farraginosità costringendo i gestori aeroportuali ad indicare la loro policy in relazione a nuove rotte, indicando che qualsiasi vettore intenda operare dal nostro scalo prenda contatto con noi, pretendendo così che lo scalo annunci una rotta desiderata, la qual cosa, oltre a essere ridicola (dal momento che le rotte le decidono i vettori), svelerebbe in anticipo un progetto di una compagnia, con conseguenze sul piano della riservatezza immaginabili,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che le linee guida degli accordi tra gestori aeroportuali e vettori vengano definite controllando i tempi degli iter autorizzativi degli accordi, sia finanziati dallo Stato che autofinanziati, favorendo il più possibile una procedura veloce e snella che non pregiudichi una contrattazione competitiva.
9/1920-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta).  Gregorio Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    i costi energetici rappresentano una voce significativa nel bilancio d'esercizio delle aziende, e in particolare di quelle terminalistiche e delle imprese per operazioni portuali, che appartengono al settore industriale dei servizi accessori e complementari ai trasporti;
    in parecchi casi la riduzione dei costi energetici costituisce un importante elemento per la stessa sopravvivenza di un'azienda; anzi, perdurando la congiuntura sfavorevole, l'aumento dei costi energetici verificatisi nel settore potrebbe rappresentare per diverse imprese il confine tra sopravvivenza e interruzione dell'attività;
    dall'aprile del 2011 ad oggi, l'accisa sui carburanti utilizzati dai mezzi meccanici delle imprese portuali italiane è passata da euro 420 a euro 617.40 per mille litri, con previsione di un ulteriore aumento decorrente dal 1o marzo 2014 (euro 619.80 ogni mille litri);
    si tratta di una differenza abnorme di costi di esercizio rispetto a quelli sostenuti dalle equivalenti imprese di altri Paesi comunitari; si citano i seguenti esempi: il Belgio ha azzerato le accise sui carburanti utilizzati dai mezzi operativi dei terminalisti e delle imprese portuali; l'Olanda ha applicato un'accisa di euro 21, la Germania di euro 60 e la Spagna di euro 78 ogni mille litri;
    la proposta di un'adeguata riduzione delle accise, da tempo richiesta dal Cluster portuale-marittimo, era stata inserita in uno degli allegati del documento governativo di programmazione economica e finanziaria (2011-2012);
    tale proposta rappresenta una misura di riequilibrio competitivo atta ad attenuare le spese di esercizio degli operatori portuali, i quali a livello di costo dei servizi offerti devono competere con gli operatori stranieri già ampiamente agevolati a questo riguardo;
    peraltro, i terminalisti portuali non fluiscono delle agevolazioni riconosciute agli autotrasportatori, ai quali invece dovrebbero essere sostanzialmente assimilati;
    sotto il profilo comunitario questa misura non solleva alcuna problematicità, anzi rappresenta una più coerente applicazione della direttiva 2003/96/CE,

impegna il Governo

al fine di rendere competitivo il settore delle imprese portuali, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad attenuare i costi di esercizio dei mezzi meccanici utilizzati esclusivamente nelle operazioni portuali e servizi portuali accessori, cercando di avvicinarli a quelli, di gran lunga minori, sostenuti dalle concorrenti imprese terminalistiche e portuali dei Paesi UE.
9/1920-A/57Oliaro, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    la nuova formulazione dell'articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, contenuta nell'articolo 13, comma 10 del decreto-legge in esame, prevede ulteriori ipotesi di pagamento diretto al subappaltatore da parte della stazione appaltante;
    l'articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e successive modificazioni e integrazioni, statuisce l'istituto della responsabilità solidale ai fini retributivi, contributivi e assistenziali tra il committente imprenditore o datore di lavoro, l'appaltatore e il subappaltatore, dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto;
    i controlli relativi alla verifica dei suddetti adempimenti di natura contributiva e retributiva spettano alla stazione appaltante, anche attraverso l'acquisizione d'ufficio del Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva) del subappaltatore, come previsto dalla vigente normativa;
    pertanto, in base ad un principio di equità e ragionevolezza, il subappaltatore, una volta ottenuto direttamente il pagamento ad esso dovuto, deve risultare pienamente responsabile di ogni adempimento nei confronti dei propri lavoratori e degli Istituti che ne attestano la regolarità contributiva (Inps, Inail e Casse Edile),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un intervento normativo volto a chiarire ovvero a ridefinire la portata del vincolo della responsabilità solidale dell'appaltatore nelle ipotesi di pagamento diretto da parte della stazione appaltante al subappaltatore.
9/1920-A/58Matarrese.


   La Camera,
   premesso che:
    il 2 agosto 2013 è stato firmato un protocollo d'intesa per lo sviluppo di un Polo tecnologico per il carbone pulito nell'area del Sulcis Iglesiente, tra il Ministero dello sviluppo economico e la regione Sardegna. Il protocollo prevede due fasi: lo sviluppo di un centro di ricerca con un impianto a tecnologia evoluta di ossicombustione di potenza di circa 50 MWt, da realizzarsi entro 2-3 anni, e di altre tecniche di cattura e confinamento dell'anidride carbonica; la realizzazione di una centrale elettrica con tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage);
    l'attuazione di tale protocollo prevede la modifica della vecchia normativa e la riformulazione dell'intervento tenendo anche conto delle osservazioni fatte dai servizi della CommissIone europea nel corso della procedura di notifica sfociata in una procedura di indagine formale ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
    nell'indagine SA. 33424 «Aiuto di Stato a favore del Sulcis» la Commissione aveva ritenuto che il meccanismo di finanziamento allora previsto – «l'aiuto sarebbe stato finanziato mediante parte dei proventi raccolti attraverso una specifica componente aggiuntiva sulle bollette («A3»), applicata a tutti gli utenti finali in relazione al loro consumi» – potesse configurare una violazione degli articoli 110 e 30 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Di conseguenza, «la misura di aiuto, in combinazione con il suo meccanismo di finanziamento, avrebbe probabilmente reso il progetto incompatibile con il mercato interno»;
    inoltre, la realizzazione di una centrale a carbone nell'area del Sulcis si inserisce in un sistema elettrico, quale quello sardo, che è già in sovrapproduzione, infatti, come testimoniato da dati Terna, la regione Sardegna esporta energia;
    il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, denominato «Destinazione Italia», prevede all'articolo 1 commi 11-14 la riformulazione delle disposizioni relative al progetto di realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta (CCS), da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente. A tal riguardo la regione Sardegna, entro il 30 giugno 2016, potrà bandire una gara per realizzare tale centrale e al vincitore sarà assicurato il prelievo dell'energia a prezzi incentivati, con copertura degli oneri mediante prelievo sulle tariffe elettriche;
    infine, in fase di analisi nelle Commissioni parlamentari in sede referente, il comma 12 è stato integrato per precisare che l'ncentivo – consistente nell'acquisto dell'energia prodotta e immessa in rete dall'impianto a prezzo maggiorato da parte del GSE – è concesso esclusivamente per la quantità di energia prodotta con la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica,

impegna il Governo

   ad assicurare, per quanto di competenza, che la centrale elettrica con tecnologia CCS si sviluppi subordinatamente agli esiti positivi della ricerca con un impianto a tecnologia evoluta di ossicombustione e tecniche di cattura e confinamento dell'anidride carbonica, come previsto dal protocollo siglato il 2 agosto, 2013;
    a valutare l'opportunità di negoziare un'intesa con la regione Sardegna affinché la Carbosulcis s.p.a., concessionaria della miniera del Monte Sinni, sia coinvolta nell'attività di ricerca applicata e sviluppo – prevista dal protocollo siglato il 2 agosto 2013 – coerentemente con l'articolo 3, comma 1, lettera h) della Decisione del Consiglio del 10 dicembre 2010 sugli aiuti di Stato per agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive (2010/787/UE), che recita «gli Stati membri stabiliscono un programma per l'adozione di misure volte ad attenuare l'impatto ambientale della produzione di carbone ad opera delle unità di produzione di carbone cui sono concessi aiuti per la chiusura a norma del presente articolo, per esempio nel campo dell'efficienza energetica, delle energie rinnovabili o della cattura e dello stoccaggio del carbonio»;
    a valutare l'opportunità di garantire che la gara per la realizzazione della centrale termoelettrica a carbone, di cui al comma 12 dell'articolo 1 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, sia indetta con un bando internazionale, che a prendervi parte siano consolidate società di ingegneria private e che nei criteri per la partecipazione sia inserita la condizione di impiego delle risorse umane locali, con riferimento a tutte le categorie lavorative necessarie per la realizzazione e lo sviluppo della centrale, affinché sia rispettato l'obiettivo di risanamento della situazione economica e occupazionale del territorio.
9/1920-A/59Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, l'articolo 1 reca disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche per gli indirizzi strategici dell'energia geotermica, in materia di certificazione energetica degli edifici e di condominio e per lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale;
    il protocollo di Kyoto siglato l'11 dicembre 1997 da più di 180 Paesi in occasione della Conferenza COP3, prevede l'obbligo di operare una riduzione delle emissioni di elementi di inquinamento in una misura non inferiore all'8 per cento rispetto alle emissioni registrate nel 1990 – considerato come anno base – nel periodo 2008-2013;
    il protocollo di Kyoto prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti meccanismi flessibili tra cui il principale è il «Meccanismo di Sviluppo Pulito»;
    il cosiddetto «pacchetto clima-energia 20-20-20» costituisce il programma di provvedimenti operativi con cui l'UE conferma la volontà degli Stati Membri di continuare ad impegnarsi nel processo negoziale per la lotta ai cambiamenti climatici per il post-Kyoto, ovvero dopo il 2012;
    le energie rinnovabili come l'eolico e il fotovoltaico hanno un «carattere» discontinuo e non programmabile, per la loro utilizzazione su larga scala necessitano di un accumulo detto «energy storage»;
    in Italia esistono diverse situazioni di difficoltà della rete elettrica nazionale ad accettare la corrente elettrica prodotta dalle rinnovabili non programmabili come quella proveniente dagli impianti eolici e solari;
    l'idrogeno non è una sorgente di energia primaria, ma un vettore energetico, che può diventare un fattore importante nella utilizzazione continua e costante delle energie rinnovabili;
    è di fondamentale importanza sostenere e incentivare studi volti ad elaborare soluzioni efficaci per il trasporto di grandi quantitativi di energia dai luoghi di produzione che sfruttano fonti rinnovabili, quali impianti idroelettrici, fotovoltaici ed eolici, salvaguardando la funzionalità delle reti;
    sono noti i problemi di bilanciamento che possono sorgere con immissione in rete di energia prodotta da fonti rinnovabili rendendo dunque necessario provvedere quanto prima ad un ammodernamento e ad un adeguamento delle infrastrutture elettriche esistenti,

impegna il Governo

a intraprendere tutte le iniziative idonee per pianificare e finanziare gli opportuni sistemi che utilizzano idrogeno per i processi di accumulo diffuso e consumo distribuito dell'energia, principalmente proveniente da piccoli impianti produttori di energia da fonti rinnovabili di matrice solare ed eolica al fine di risolvere il problema dell’«energy storage», anche valutando l'ipotesi di predisporre un sistema di agevolazioni in favore delle imprese start-up innovative che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico, per la realizzazione di progetti pilota di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione, di accumulo di energia, mediante produzione di idrogeno, esclusivamente da fonti di energia rinnovabili, da utilizzarsi in progetti nel settore stazionario, con nuova produzione di elettricità in bassa tensione e calore, e come carburante prodotto da fonti rinnovabili nel settore della mobilità sostenibile.
9/1920-A/60De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, contiene disposizioni ed interventi disomogenei e disorganici, ma nulla in esso è stato previsto in materia di semplificazione burocratica;
    a riguardo si ricorda che il processo di liberalizzazione e riduzione degli oneri amministrativi avrebbe dovuto esplicare i propri effetti sulle imprese entro il 31 dicembre 2012, termine entro il quale il Governo era chiamato a emanare i regolamenti di delegificazione previsti dal decreto-legge n. 1 del 2012, come convertito dalla legge n. 27 del 2012;
    il raggiungimento dell'obiettivo di una piena concorrenza dei mercati nel sistema economico italiano sembra lontano, anche a causa dell'inefficienza delle pubbliche amministrazioni e della pesantezza degli oneri burocratici, che rappresentano fattori molto penalizzanti per il Paese e scoraggiano gli investimenti, in particolare in relazione al mancato rispetto dei tempi di legge per quanto riguarda i provvedimenti attuativi delle semplificazioni;
    le politiche fin qui seguite hanno incontrato un significativo ostacolo nel fatto che, all'introduzione di una semplificazione da parte dei pubblici poteri è costantemente corrisposta la previsione di nuovi oneri burocratici; la semplificazione, inoltre, ha riguardato prioritariamente il livello statale, mentre nel nostro ordinamento l'attività amministrativa tende a concentrarsi negli ambiti regionale e locale;
    nel nostro Paese si verificano casi di oppressione burocratica al limite dell'assurdità, come quello dell'esercente di un bar di Mestre che è stato multato di 1.400 euro per un calcio balilla sistemato nel suo locale per far giocare gratuitamente i clienti. Il calcetto, secondo i vigili che hanno redatto il verbale, sarebbe privo di autorizzazione amministrativa che tuttavia non è richiesta, come indicano le associazioni del commercio, se, come in questo caso, lo strumento è senza gettoniera e il gioco è libero,

impegna il Governo

ad adottare immediatamente i regolamenti di delegificazione previsti dal decreto-legge n. 1 del 2012, come convertito dalla legge n. 27 del 2012, oppure ogni altro strumento normativo utile volto a individuare tutte le attività che non hanno bisogno di autorizzazione amministrativa.
9/1920-A/61Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento in esame reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese;
    tale finalità è anzitutto perseguita (comma 1) mediante una complessiva riforma della disciplina delle cartolarizzazioni, contenuta nella legge n. 130 del 1999. Tra le principali modifiche apportate si segnalano le disposizioni che estendono la disciplina in materia di cartolarizzazione anche alle operazioni aventi ad oggetto obbligazioni e titoli similari sottoscritti dalle cosiddette «società veicolo»; quelle che applicano la regola della segregazione patrimoniale anche all'eventuale fallimento del soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento (cosiddetti servicer e subservicer) e della banca sulla quale la società di cartolarizzazione mantiene i propri depositi;
    sono poi apportate semplificazioni alla disciplina della cartolarizzazione dei crediti d'impresa e della cessione di crediti verso la PA. Al fine di incentivare l'investimento di fondi pensione e compagnie assicurative in titoli obbligazionari, si consente di computare tra gli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione i titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione e l'acquisto di obbligazioni e titoli similari, anche se non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche privi di rating. Infine, le obbligazioni e i titoli similari ed altre tipologie di attivi creditizi (in particolare i crediti alle PMI) sono qualificati come idonea garanzia di obbligazioni bancarie collateralizzate;
    le disposizioni di cui al comma 2 di questo stesso articolo incidono sulla disciplina degli strumenti finanziari (cosiddetta mini-bond e obbligazioni) contenuta nell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, in particolare incentivando l'investimento nei predetti strumenti finanziari da parte dello imprese assicurative e dei fondi pensione;
    considerato che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sarebbe auspicabile che i fondi pensione, sia aperti che chiusi, investano una parte, non inferiore al 2 per cento, del proprio portafoglio in cartolarizzazioni e mini-bond emessi dalle piccole e medie imprese, come del resto evidenziato nell'emendamento 12.1 a prima firma Paglia presentato in Assemblea ai provvedimento in esame,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata a vincolare i fondi pensione, sia aperti che chiusi, ad investire una quota non inferiore al 2 per cento del proprio investimento in operazioni di cartolarizzazione e mini-bond emessi dalle piccole e medie imprese;
   ad adottare le opportune iniziative tese ad integrare le disposizioni contenute nell'articolo 4 del decreto ministeriale n. 703 del 21 novembre 1996 nel senso di prevedere che i fondi pensione debbano destinare, fatte salve le disponibilità di mercato, almeno il 2 per cento del valore del proprio patrimonio alla sottoscrizione di titoli di debito, anche non negoziati, emessi da piccole o medie imprese, anche attraverso operazioni di cartolarizzazioni delle medesime di cui alla legge n. 130 del 1999, o da organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) che gestiscano titoli emessi dalle stesse.
9/1920-A/62Lavagno, Paglia, Boccadutri, Melilla, Marcon, Di Salvo, Airaudo, Placido, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    questo decreto, all'articolo 6, contiene alcune norme che riguardano direttamente le Tv locali. In particolare, l'articolo 6, commi 8 e 9, prevede l'avvio, da parte dell'Agcom, di procedure per escludere dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale ed utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate ed assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia ed oggetto di accertate situazioni interferenziali;
    nei fatti, questa norma si traduce nella soppressione di alcune frequenze, molte delle quali assegnante alle Tv locali, che sono state oggetto di pianificazione da parte dell'Agcom e che sono state legittimamente assegnate dal Ministero;
    secondo il Testo Unico della Radiotelevislone, le Tv locali avrebbero dovuto ricevere un terzo della capacità trasmissiva totale, quindi un terzo delle frequenza coordinate a livello internazionale, eppure queste frequenze sono state assegnate per intero alle reti nazionali, escludendo completamente le emittenti locali;
    nel testo del decreto non risulta chiaro se la liberazione delle frequenze oggetto delle situazioni interferenziali debba avvenire necessariamente attraverso la dismissione di quelle interessate dalle interferenze, ovvero anche, eventualmente, attraverso la dismissione di altre frequenze e la successiva riassegnazione delle stesse (come è avvenuto per la liberazione dei canali 61-69 UHF);
    nel primo caso, si verificherebbe che le emittenti operanti su frequenze oggetto di interferenze non potrebbero più continuare la loro attività di operatore di rete (e avrebbero diritto alla misura compensativa); nel secondo caso, a seguito delle dismissioni, si renderebbe necessaria una nuova procedura per riassegnare le frequenze liberate non oggetto di situazione interferenziale attraverso le graduatorie;
    i 20 milioni di euro stanziati come misura compensativa non sembrano sufficienti per tutte le dismissioni e si potrebbe arrivare ad ipotizzare che alcune emittenti non riceveranno alcuna misura compensativa,

impegna il Governo

a chiarire inequivocabilmente, con gli appositi strumenti, come debba avvenire la liberazione delle frequenze oggetto della situazione interferenziale, al fine di creare le condizioni affinché le imprese del settore possano pianificare la propria attività a medio e lungo termine, potendo far affidamento sulla previsione di un preciso programma di evoluzione della Tv digitale.
9/1920-A/63Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    questo decreto, all'articolo 6, contiene alcune norme che riguardano direttamente le Tv locali. In particolare, l'articolo 6, commi 8 e 9, prevede l'avvio, da parte dell'Agcom, di procedure per escludere dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale ed utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate ed assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia ed oggetto di accertate situazioni interferenziali;
    nei fatti, questa norma si traduce nella soppressione di alcune frequenze, molte delle quali assegnante alle Tv locali, che sono state oggetto di pianificazione da parte dell'Agcom e che sono state legittimamente assegnate dal Ministero;
    secondo il Testo Unico della Radiotelevislone, le Tv locali avrebbero dovuto ricevere un terzo della capacità trasmissiva totale, quindi un terzo delle frequenza coordinate a livello internazionale, eppure queste frequenze sono state assegnate per intero alle reti nazionali, escludendo completamente le emittenti locali;
    nel testo del decreto non risulta chiaro se la liberazione delle frequenze oggetto delle situazioni interferenziali debba avvenire necessariamente attraverso la dismissione di quelle interessate dalle interferenze, ovvero anche, eventualmente, attraverso la dismissione di altre frequenze e la successiva riassegnazione delle stesse (come è avvenuto per la liberazione dei canali 61-69 UHF);
    nel primo caso, si verificherebbe che le emittenti operanti su frequenze oggetto di interferenze non potrebbero più continuare la loro attività di operatore di rete (e avrebbero diritto alla misura compensativa); nel secondo caso, a seguito delle dismissioni, si renderebbe necessaria una nuova procedura per riassegnare le frequenze liberate non oggetto di situazione interferenziale attraverso le graduatorie;
    i 20 milioni di euro stanziati come misura compensativa non sembrano sufficienti per tutte le dismissioni e si potrebbe arrivare ad ipotizzare che alcune emittenti non riceveranno alcuna misura compensativa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire, ferme restando le assegnazioni di frequenze mediante gara e ad usi di telecomunicazione, come debba avvenire la liberazione delle frequenze oggetto della situazione interferenziale, al fine di creare le condizioni affinché le imprese del settore possano pianificare la propria attività a medio e lungo termine, potendo far affidamento sulla previsione di un preciso programma di evoluzione della Tv digitale.
9/1920-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta).  Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    con il pacchetto clima ed energia presentato il 22 gennaio scorso la Commissione europea ha definito le politiche climatiche ed energetiche dell'Unione europea al 2030 fissando un obiettivo vincolante di riduzione del 40 per cento delle emissioni climalteranti rispetto al 1990 a livello europeo e per i singoli Paesi, definendo un obiettivo di sviluppo delle fonti rinnovabili fino al 27 per cento dei consumi di energia vincolante a livello europeo, richiamando la prossima direttiva sull'efficienza energetica per ulteriori progressi in questo ambito fondamentale, proponendo una riforma del mercato di emissioni ETS;
   il pacchetto clima ed energia proposto dalla Commissione europea deve essere approvato dal Consiglio dei capi di Stato e di Governo che si svolgerà a Bruxelles il prossimo 20 e 21 marzo;
   il pacchetto clima ed energia proposto dalla Commissione europea è un pacchetto ambizioso ma realistico che consente di rimanere nel sentiero di riduzione delle emissioni auspicato dall'Ipcc, il panel scientifico intergovernativo sul clima, e lascia agli Stati membri flessibilità nel definire obiettivi e politiche per sostenere lo sviluppo delle rinnovabili, posto l'obiettivo di decarbonizzare l'economia;
   l'adozione delle misure proposte nel pacchetto clima ed energia al 2030 consentirebbe all'Unione europea di svolgere un ruolo positivo nei prossimi appuntamenti negoziali internazionali in vista della definizione di un accordo globale vincolante da raggiungere nella conferenza ONU di Parigi nel 2015;
   l'Italia è chiamata a svolgere un ruolo di particolare rilievo anche in quanto presidente di turno dell'Unione europea in occasione del summit dedicato al clima promosso dal segretario generale dell'ONU Ban Ki Moon per il 23 settembre prossimo a New York e del vertice Onu che si svolgerà a Lima nel 2014,

impegna il Governo:

   a sostenere l'adozione del pacchetto clima ed energia al 2030 proposto dalla Commissione europea nel prossimo Consiglio dei capi di Stato e di Governo il 20 e 21 marzo prossimo a Bruxelles;
  a definire ed attuare le misure necessarie a promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili in linea con gli obiettivi europei in modo da ridurre l'impatto ambientale e sostenere la crescita di un settore che genera posti di lavoro.
9/1920-A/64Mariastella Bianchi, Mariani, Sorgin, Cominelli, Dallai, Gadda, Realacci, Giovanna Sanna, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del presente provvedimento reca «Misure per favorire la diffusione della lettura»;
    la copertura finanziaria di tali misure è però di tipo programmatico, legata ai futuri Programmi Operativi Nazionali della prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari;
    in termini di quantità, inoltre, la copertura finanziaria è comunque insufficiente a sostenere i costi di un regime di detrazione degli acquisti di libri dall'imposta sui redditi delle persone fisiche, anche all'interno dei limiti di spesa individuati dal testo originario della norma;
    l'annuncio di tali misure ha fatto crescere importanti aspettative nella popolazione, oltre che nelle filiere delle industrie attivate dalla edizione e distribuzione di libri,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, in un prossimo provvedimento, a consolidare gli attuali stanziamenti programmatici in stanziamenti effettivi e ad ampliarli verso le dimensioni necessarie a sostenere i costi di un regime di detrazione degli acquisti di libri dall'imposta sui redditi delle persone fisiche, anche con eventuali franchigie e massimali.
9/1920-A/65Causi, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 145/2013 noto come «Destinazione Italia» prevede una serie di misure finalizzate a favorire la ripresa economica e il sostegno alle aziende italiane;
    l'articolo 1 del provvedimento stabilisce una serie di disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, per gli indirizzi strategici dell'energia geotermica, in materia di certificazione energetica degli edifici e di condominio, e per lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale;
    nel 2012 il servizio di interrompibilità istantanea – introdotto dall'articolo 30, commi 18 e 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99 – è costato agli utenti finali 554.7 milioni di euro, a questi si aggiungono 2.1 milioni per l'interrompibilità di emergenza e 179.7 milioni per la riduzione istantanea nelle isole maggiori, per un rotale di 736.5 milioni di euro;
    tale meccanismo è finanziato dai clienti del settore elettrico mediante il pagamento di un corrispettivo a copertura dei costi per la remunerazione del servizio di interrompibilità del carico (INT) fissato dall'AEEG a 0.2102 centesimi di euro/kWh, che per le famiglie si può stimare in una spesa di circa 147 milioni di euro;
    le mutate condizioni di mercato, con una capacità produttiva che supera di gran lunga i picchi di domanda e la presenza di operatori in «importazione virtuale» (legge 79/1999 conosciuto come decreto Bersani) che si impegnano a ridurre istantaneamente il prelievo dalla rete, nelle situazioni di criticità legate al potenziamento del sistema d'interconnessione a fronte del beneficio di ottenere gli effetti della interconnessione come se fosse già stata effettivamente realizzata portano a ritenere superato l'intero meccanismo dell'interrompibilità,

impegna il Governo

ad adottare iniziative legislative urgenti per abrogare i commi 18 e 19 dell'articolo 30 della legge 23 luglio 2009, n. 99.
9/1920-A/66Crippa, Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 145/2013 noto come «Destinazione Italia» prevede una serie di misure finalizzate a favorire la ripresa economica e il sostegno alle aziende italiane;
    l'articolo 1 del provvedimento stabilisce una serie di disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, per gli indirizzi strategici dell'energia geotermica, in materia di certificazione energetica degli edifici e di condominio, e per lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale;
    il comma 7 dell'articolo 1 riscrive, sostituendoli, i commi 3 e 3-bis del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, relativo all'attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia;
    il nuovo comma 3 stabilisce che copie dell'Attestato di prestazione energetica (APE) debbano essere allegate a contratti di compravendita immobiliare negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione;
    l'unica eccezione è costituita dai casi di locazione di singole unità immobiliari;
    quest'esclusione risulta poco opportuna visto che la stragrande maggioranza dei contratti di locazione riguarda proprio questa tipologia di unità immobiliari,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative urgenti per fare in modo che la copia dell'APE energetica sia prevista obbligatoriamente, pena la maggiorazione del 50 per cento della sanzione prevista per legge, nei contratti di compravendita, negli atti di trasferimento a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di singole unità immobiliari soggette a registrazione.
9/1920-A/67Prodani, Vallascas, Crippa, Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 145/2013 noto come «Destinazione Italia» prevede una serie di misure finalizzate a favorire la ripresa economica e il sostegno alle aziende italiane;
    l'articolo 1 del provvedimento stabilisce una serie di disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, per gli indirizzi strategici dell'energia geotermica, in materia di certificazione energetica degli edifici e di condominio, e per lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale;
    a seguito della grave crisi economica in corso si stanno diffondendo gruppi di acquisto, definiti come l'insieme di consumatori che acquistano un determinato tipo di bene direttamente dal produttore al fine di contenere il prezzo finale del prodotto;
    questa pratica, ampiamente diffusa in campo agricolo e alimentare, potrebbe trovare grande consenso anche nel campo energetico, per il quale i prezzi finali risultano lievitare periodicamente,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie per favorire lo sviluppo dei gruppi d'acquisto per l'energia e il gas.
9/1920-A/68Petraroli, Della Valle.