Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 5 febbraio 2014

TESTO AGGIORNATO AL 6 FEBBRAIO 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 5 febbraio 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giampaolo Galli, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Andrea Romano, Rossomando, Sani, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Damiano, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galan, Giampaolo Galli, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rigoni, Andrea Romano, Sani, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 4 febbraio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SANTERINI: «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione e affidamento» (2040);
   FEDI ed altri: «Interventi di formazione linguistica e culturale, di formazione continua e di sostegno all'integrazione in favore dei cittadini italiani e dei loro congiunti e discendenti residenti all'estero, nonché per la promozione e la diffusione della lingua italiana nel mondo. Riforma delle istituzioni scolastiche italiane all'estero» (2041);
   REALACCI: «Istituzione del servizio civile obbligatorio per le giovani e i giovani e delega al Governo per la sua disciplina» (2042);
   VEZZALI: «Disposizioni concernenti l'inserimento dell'insegnante di educazione motoria nella scuola primaria» (2043);
   CARFAGNA: «Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli» (2044);
   CARFAGNA: «Disposizioni per lo sviluppo dell'educazione sportiva nella scuola primaria» (2045);
   FEDRIGA: «Proroga della durata del regime sperimentale di accesso al trattamento pensionistico di anzianità in favore delle lavoratrici mediante opzione per il calcolo secondo il sistema contributivo, di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243» (2046);
   ZACCAGNINI: «Disposizioni in materia di consumo del suolo e di tutela e valorizzazione dell'agricoltura» (2047);
   BUENO e D'OTTAVIO: «Istituzione del Comitato per il sostegno della cultura nazionale e delega al Governo per la sua disciplina» (2048);
   MORETTI ed altri: «Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al codice penale, in materia di tutela della dignità personale nella rete internet» (2049).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE: «Modifica alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» (1150). Parere delle Commissioni V, VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE: «Inserimento dell'articolo 97-bis nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), in materia di funzioni dei segretari comunali» (1152). Parere delle Commissioni II, V e XIII;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BIFFONI ed altri: «Introduzione dell'articolo 21-bis della Costituzione, in materia di riconoscimento del diritto universale di accesso alla rete internet» (1244). Parere delle Commissioni VII e IX;
  NASTRI: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Fondo di solidarietà per i familiari delle persone scomparse» (1608). Parere delle Commissioni II, IV, V, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XII;
  DADONE ed altri: «Modifica all'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di accesso dei membri del Parlamento ai documenti amministrativi per esigenze connesse allo svolgimento del mandato parlamentare» (1761).

   II Commissione (Giustizia):
  MOLTENI ed altri: «Modifiche al codice di procedura penale in materia di funzioni del pubblico ministero e della polizia giudiziaria nonché di svolgimento delle indagini preliminari» (1593). Parere delle Commissioni I e V;
  DI LELLO: «Modifica all'articolo 444 del codice di procedura penale, in materia di applicazione della pena su richiesta» (1604). Parere delle Commissioni I, IX, XI e XII.

   VII Commissione (Cultura):
  CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE: «Modifiche all'articolo 8 della legge 24 dicembre 2003, n. 363 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo)» (1153). Parere delle Commissioni I, II e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  ANTIMO CESARO ed altri: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione ambientale nei programmi didattici delle scuole del primo ciclo di istruzione» (1595). Parere delle Commissioni I, V e VIII.

   VIII Commissione (Ambiente):
  LABRIOLA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale» (1692). Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

   X Commissione (Attività produttive):
  CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE: «Illiceità dell'installazione e dell'utilizzo dei sistemi di gioco d'azzardo elettronico nei locali pubblici. Modifica all'articolo 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza)» (1151). Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI e XII.

   XI Commissione (Lavoro):
  FEDRIGA ed altri: «Abrogazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, nonché reintroduzione di disposizioni temporanee, per il periodo 2014-2017, concernenti la facoltà di rinunzia all'accredito contributivo da parte dei lavoratori che abbiano maturato i requisiti minimi per il pensionamento di anzianità» (1644). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e X;
  DORINA BIANCHI: «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti il congedo di paternità e il congedo parentale» (1666). Parere delle Commissioni I, V, X e XII;
  DI GIOIA: «Introduzione dell'articolo 3-bis della legge 29 marzo 1985, n. 113, in materia di assunzione dei centralinisti telefonici privi della vista» (1708). Parere delle Commissioni I, V, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  CATANOSO GENOESE: «Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di commercializzazione delle bevande confezionate in lattine o in altri contenitori metallici» (1526). Parere delle Commissioni I, X e XIV;
  MURER: «Norme in materia di medicina di genere» (1599). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Adesione di deputate ad una proposta di modificazione al Regolamento.

  La proposta di modificazione al Regolamento, Doc. II, n. 6: «Articolo 22: Istituzione della XV Commissione permanente – Diritti delle donne e pari opportunità», presentata dalla deputata Valente (annunziata nella seduta dell'11 settembre 2013), è stata successivamente sottoscritta anche dalle deputate Roberta Agostini, Amoddio, Antezza, Biondelli, Blazina, Carnevali, Casellato, Cenni, Cimbro, D'Incecco, Di Salvo, Fitzgerald Nissoli, Gasparini, Gebhard, Giacobbe, Gullo, La Marca, Locatelli, Malisani, Manzi, Marzano, Milanato, Miotto, Moretto, Pes, Petitti, Rossomando, Rostan, Scuvera, Terrosi, Velo.

Annunzio di una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici.

  Con nota pervenuta il 5 febbraio 2014, la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli ha trasmesso una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici relativi al traffico telefonico delle utenze in uso al senatore Antonio Milo ed a Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti, nell'ambito del procedimento penale n. 51253/2013 RG (stralcio del procedimento penale n. 39306/2007). La domanda è stata trasmessa nella medesima data alla competente Giunta per le autorizzazioni.

  Copia della domanda sarà stampata e distribuita (doc. IV, n. 5).»

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 4 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari (COM(2013)894 final).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali), alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 30 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Cibiana di Cadore (Belluno) e di Treia (Macerata).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Richiesta di parere parlamentare su proposta di nomina.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 3 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del generale di squadra aerea (aus.) Tommaso Ferro a presidente dell'Opera nazionale per i figli degli aviatori (ONFA) (25).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 23 DICEMBRE 2013, N. 146, RECANTE MISURE URGENTI IN TEMA DI TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI DETENUTI E DI RIDUZIONE CONTROLLATA DELLA POPOLAZIONE CARCERARIA (A.C. 1921-A/R)

A.C. 1921-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il sistema penitenziario è da tempo interessato da un grave stato di emergenza, a causa del gravissimo sovraffollamento delle carceri e, infatti, la Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), dell'8 gennaio 2013, ha condannato il nostro Paese, secondo la procedura della sentenza pilota, la violazione dell'articolo 3 della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali», sentenza divenuta definitiva il 28 maggio 2013, data in cui è stata respinta l'istanza di rinvio alla Grande Chambre della Corte, presentata dall'Italia;
    nonostante la gravità della situazione carceraria italiana, in occasione del suo recente intervento in Commissione Giustizia della Camera, il 17 ottobre 2013, il Ministro della Giustizia, nel riferire in ordine alla grave situazione penitenziaria ed alla complessità del sistema penitenziario, nelle sue diverse articolazioni, ha indicato, come criticità di tale sistema, la circostanza che «Per quanto riguarda la polizia penitenziaria, la carenza di organico è particolarmente grave per i ruoli intermedi dei sovrintendenti e degli ispettori, e di minore entità nel ruolo degli agenti-assistenti. In particolare il Ministro ha sottolineato che “Attualmente si contano 395 Dirigenti a fronte di un organico previsto di 441 e che il personale del comparto sicurezza ammonta a 39.305 poliziotti penitenziari, a fronte di una pianta organica di 45.121” e nel contempo ha paventato la “possibile applicazione di ulteriori tagli a seguito della spending review”» nei confronti del personale penitenziario;
    il Si.Di.Pe. – Sindacato dei Direttori Penitenziari – già a suo tempo al precedente Governo, ed all'allora Ministro della Giustizia, aveva rappresentato le allarmanti conseguenze che sarebbero discese per il sistema penitenziario nel caso di applicazione all'Amministrazione penitenziaria della «Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni» prevista dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (Spending review);
    le preoccupazioni del Si.Di.Pe. e dei dirigenti penitenziari erano state autorevolmente avallate anche dalla Commissione Giustizia del Senato, che aveva espresso parere favorevole all'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 solo a condizione che si fosse escluso il personale dell'amministrazione penitenziaria dalle ulteriori riduzioni delle dotazioni organiche;
    il Capo del Dipartimento Giovanni Tamburino aveva rappresentato, con lettera del 13 luglio 2012, la grande apprensione dell'Amministrazione penitenziaria per gli effetti che l'applicazione dei tagli di organico statuiti nel Decreto Legge 6 luglio 2012 n. 95 produrrebbero sull'organizzazione dell'Amministrazione, più in particolare precisando che tale ulteriore riduzione rispetto alle precedenti comprometterebbe la tenuta del sistema penitenziario, sottolineando nel contempo che l'esecuzione della pena e delle misure cautelari detentive contribuisce ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica, in tal senso costituendo il sistema penitenziario nel suo insieme articolazione appartenente alla complessiva struttura di sicurezza dello Stato, come comunicato alle organizzazioni sindacali con nota GDAP-0276479-2012 del 25 luglio 2012;
    il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, inoltre, aveva segnalato agli Organi competenti la grave destabilizzazione del sistema che conseguirebbe all'applicazione dell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 95/2012, evidenziando che l'Amministrazione penitenziaria per essere amministrazione di sicurezza è implicitamente inserita dalla dizione della norma tra quelle destinatarie dell'esclusione di cui all'articolo 2, comma 7 del medesimo decreto-legge;
    l'espressione utilizzata dal comma 7 del precitato articolo 2 decreto-legge n. 95 del 2012 «Sono escluse dalla riduzione del comma 1 le strutture e il personale del comparto sicurezza (...)» già evidenzia ex se che il legislatore ha inteso escludere dalla riduzione degli organici non solo il personale del Corpo di polizia penitenziaria ma anche il personale penitenziario e, comunque di certo, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria (dirigenti di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna), come d'altra parte dovrebbe ritenersi ovvio. Infatti i dirigenti penitenziari rientrano pienamente nell'ambito del Comparto Sicurezza e, in tal senso è noto che:
     in capo il Direttore dell'istituto penitenziario, in base all'Ordinamento penitenziario, al Regolamento di Esecuzione e al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63 svolge funzioni di garanzia dell'ordine e della sicurezza;
     il personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63 rientra pienamente nell'ambito del Comparto Sicurezza essendo destinatario del trattamento giuridico ed economico del personale dirigente della Polizia di Stato. E difatti il personale della carriera dirigenziale penitenziaria è destinatario degli assegni una tantum destinati al personale del Comparto sicurezza, per gli anni 2011-2012-2013, in applicazione del decreto del Ministro 17 novembre 2011;
     il direttore si avvale del personale di polizia penitenziaria e ne è superiore gerarchico, così come il restante personale della carriera dirigenziale penitenziaria al quale ai sensi del decreto legislativo 63 del 2006 sono attribuiti anche gli altri incarichi di cui al comma 1 dell'articolo 9 legge 15 dicembre 1990, n. 395 «Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria».
    Al riguardo è intervento, all'epoca, persino un Ordine del giorno, il n. 9/5389/53, approvato, nella precedente legislatura, dalla Camera dei Deputati il 7 agosto 2012 e accettato dall'Esecutivo del tempo, che impegnava il Governo «a interpretare l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nel senso che sono esclusi dalla riduzione di cui al comma 1 del medesimo articolo anche i dirigenti penitenziari ed in tal senso interpretare anche la deroga prevista per le forze di polizia già dal precedente provvedimento normativo (articolo 1, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con legge 14 settembre n. 148)»;
   per l'attuazione di tale impegno dell'allora Governo numerosi furono i Parlamentari che presentarono specifiche interrogazioni parlamentari e in relazione ad una delle interrogazioni parlamentari l'allora Ministro della giustizia, per bocca di un suo Sottosegretario, si espresse nel senso «che il sistema penitenziario costituisce nel suo insieme una struttura dello Stato deputata a contribuire al mantenimento della sicurezza pubblica ed è, quindi, parte integrante delle strutture di sicurezza della Repubblica», rendendo noto che il 4 ottobre 2012 aveva chiesto all'allora Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione un'interpretazione che escludesse il personale penitenziario dalle nuove riduzioni di organico (cfr. intervento del 29 novembre 2012 del sottosegretario alla Giustizia relativo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione Giustizia n. 5-08488, nella seduta della Camera dei Deputati n. 721 del 21 novembre 2012);
    per le conseguenze che sarebbero discese da un'applicazione della spending review all'Amministrazione Penitenziaria il Si.Di.Pe. e tutte le altre Organizzazioni Sindacali dei dirigenti penitenziari, con un comunicato congiunto dell'11 febbraio 2013, dichiararono lo stato di agitazione;
    a seguito di ciò e delle numerose lettere del Si.Di.Pe., anche al Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca, l'Esecutivo dell'epoca decise di non portare avanti nessuna ipotesi di riduzione del personale della carriera dirigenziale penitenziaria, che si sarebbe voluta effettuare attraverso un'evidente errata interpretazione ed applicazione dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 sulla spending review. E, in effetti, entro il termine di decadenza del 28 febbraio 2013, non fu esercitata la facoltà di operare la riorganizzazione del Ministero della Giustizia, che si sarebbe potuta effettuare ai sensi del comma 10-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012, attraverso una proposta di d.P.C.M. al Presidente del Consiglio dei ministri;
    le riduzioni già previste ma non ancora attuate ai sensi del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, determinerebbe una dotazione organica pari a 343 dirigenti penitenziari, con un esubero di 20 dirigenti penitenziari, cosicché l'applicazione della ulteriore riduzione discendente dai criteri previsti dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito con modificazioni della legge 7 agosto 2012, n. 135) comporterebbe un organico di soli 20 dirigenti generali e 274 dirigenti penitenziari (del ruolo di direttore di istituto penitenziario e del ruolo di esecuzione penale esterna);
    la riduzione ulteriore dei dirigenti penitenziari finirebbe con il privare ulteriormente molte carceri del suo direttore in sede, situazione questa gravissima perché il direttore è il primo garante dei principi di legalità nell'esecuzione penale, essendo armonizzatore delle esigenze di sicurezza e di quelle trattamentali in quanto responsabile dell'ordine e della sicurezza penitenziaria ma anche del trattamento rieducativo dei detenuti;
    per effetto della sola riduzione di unità di personale della carriera dirigenziale penitenziaria del ruolo di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna conseguente alla collocazione a riposo, senza sostituzioni, di coloro che ne maturano di volta in volta i requisiti, considerando che l'ultima immissione in ruolo di detto personale risale a sedici anni or sono, ossia all'anno 1997, il già assolutamente inadeguato e drammaticamente insufficiente numero di dirigenti penitenziari, determinerà l'impossibilità gestionale delle carceri e degli uffici di esecuzione penale esterna;
    il Governo sta curando la realizzazione di nuove carceri e la realizzazione di molti nuovi padiglioni detentivi (attraverso il cosiddetto «Piano carceri») e sono de iure condendo progetti di riforma destinati ad aumentare anche il ricorso alle misure alternative (in data 21 gennaio 2014 l'Assemblea del Senato, ha approvato il disegno di legge n. 925 contenente «Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», già approvato dalla Camera dei deputati) ma, in assenza di dirigenti penitenziari, nel cui ruolo l'ultima immissione risale al lontano 1997 ed i pensionamenti non trovano rimpiazzo, determinerà l'impossibilità di garantire la copertura delle sedi penitenziarie e l'attuazione delle misure alternative;
    il Si.Di.Pe. (Sindacato Direttori Penitenziari) – che è l'organizzazione sindacale che raccoglie il maggior numero dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico ex decreto legislativo n. 63 del 2006 (del ruolo di istituto penitenziario e di quello di esecuzione penale esterna) ha più volte espresso tanto al Ministro della Giustizia quanto ai vertici del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria la forte preoccupazione per le disastrose conseguenze discenderebbero per il sistema penitenziario nel caso di applicazione all'Amministrazione penitenziaria della «Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni» prevista dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (Spending review) ed ha evidenziato la necessità che il personale della carriera dirigenziale penitenziaria sia escluso dalle riduzioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012,

impegna il Governo:

   ad interpretare l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nel senso che è escluso dalla riduzione di cui al comma 1 del medesimo articolo anche il personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63;
   ed in tal senso di interpretare e applicare al medesimo personale della carriera dirigenziale penitenziaria anche la deroga già prevista per le forze di polizia dall'articolo 1, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
9/1921-A-R/1Gozi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge interviene sull'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi, stabilizzando la misura che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena;
    la misura si inserisce nel novero delle disposizioni volte a ridurre il fenomeno del sovraffollamento carcerario e garantire il pieno esercizio dei diritti fondamentali alle persone detenute;
    tra le persone detenute una menzione a parte meritano coloro che si trovano in un avanzato e grave stato di malattia, che soffrono di una condizione ulteriormente aggravata dal loro stato psico-fisico;
    ha suscitato clamore mediatico la vicenda di Vincenzo di Sarno, il ragazzo detenuto nel carcere di Poggioreale che, in quanto malato, ha chiesto l'eutanasia piuttosto che morire lentamente in carcere. Episodi drammatici di questo genere avrebbero dovuto indurre a migliorare il provvedimento in titolo inserendo il tema della medicina penitenziaria, ivi non trattato;
    il parere favorevole della Commissione Affari Sociali sul provvedimento contiene alla lettera b) la seguente osservazione:
     «valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere una disposizione volta a consentire, nel caso in cui il condannato sottoposto a trattamenti terapeutici finalizzati alla cura di malattie ad esito infausto non risponda più ai trattamenti medesimi, che la pena possa essere eseguita presso l'abitazione del condannato o presso una struttura sanitaria pubblica ovvero una struttura privata accreditata»,

impegna il Governo

ad inserire il tema della medicina penitenziaria nei prossimi provvedimenti inerenti la problematica delle carceri, valutando l'opportunità di considerare lo stato di salute dei detenuti, soprattutto quelli sottoposti a cure palliative, quale ulteriore requisito necessario ai fini della concessione del beneficio dell'esecuzione della pena presso l'abitazione del condannato o in strutture sanitarie pubbliche.
9/1921-A-R/2Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 27 terzo comma della Costituzione recita testualmente che «Le pene [...] devono tendere alla rieducazione del condannato», così sancendo il principio della finalità rieducativa della pena;
    la riforma dell'ordinamento penitenziario, cosiddetta legge «Gozzini», 26 luglio 1975, n. 354, reca disposizioni in materia delle attività rieducative inserite nell'ambito degli istituti di detenzione e pena;
    il Capo IV della citata legge prevede una serie di disposizioni in merito ad attribuzioni e competenze dei professionisti che operano all'interno degli istituti di detenzione e pena;
    l'articolo 82, in particolare, reca disposizioni in merito alle attribuzioni degli educatori carcerari;
    con l'ultimo concorso bandito con decreto 21 novembre 2003 il Ministero della Giustizia ha proceduto all'assunzione di figure professionali molto eterogenee, essendo ammessi al concorso anche candidati con titoli molto diversi dai settori disciplinari delle scienze pedagogiche, dell'educazione, della formazione;
    la professione di cui all'articolo 82 della legge «Gozzini» è in realtà segnalata espressamente anche nel decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà ove sono contenute norme concernenti il trattamento rieducativo dei detenuti, con particolare riguardo alle attività istruttive e formative, tra le quali si segnala in particolare l'articolo 21, comma 3, concernente la presenza di educatori penitenziari nel servizio biblioteca, nonché l'articolo 29, comma 4, concernente la segreteria tecnica del gruppo di osservazione e trattamento presieduto dal direttore dell'istituto penitenziario;
    tale professione è estremamente delicata e richiede senza dubbio sensibilità umanistica ed un approccio multidisciplinare, nonché competenze specifiche nell'ambito delle attività educative, formative e pedagogiche;
    stando a quanto emerge da uno studio condotto da Carcere Possibile Onlus, ad oggi il rapporto educatore/detenuti – su una popolazione carceraria di circa 67.000 detenuti – è di circa 1/1000 pertanto le possibilità che un educatore incontri un detenuto si attesta circa ad una all'anno, tempo evidentemente inadeguato per costruire un progetto rieducativo serio, condiviso ed efficace,

impegna il Governo:

   a considerare l'opportunità di aprire nuove procedure concorsuali per l'assunzione di educatori esperti nelle discipline pedagogiche, formative, educative, in applicazione dell'articolo 27 della Costituzione e della legge «Gozzini» sull'ordinamento penitenziario;
   a valutare l'opportunità di valorizzare con apposite norme la figura dell'educatore penitenziario e la sua specificità professionale, caratterizzata da una formazione umanistica e da una conseguente speciale sensibilità nei confronti della storia complessiva e del vissuto dei detenuti;
   a considerare l'opportunità di attivare percorsi formativi del personale carcerario, di cui al Capo IV dell'ordinamento penitenziario, attraverso esperti del settore formativo, educativo, pedagogico, in modo da garantire formazione continua a quelle professionalità cui sono richiesti compiti delicati all'interno degli istituti di detenzione e pena, di cui al capo IV della legge sull'ordinamento penitenziario.
9/1921-A-R/3Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    dalle molteplici visite effettuate nelle carceri italiane, anche a seguito di numerosi casi di cronaca che l'hanno riguardate, emerge drammaticamente lo stato emergenziale in cui versa l'intero sistema penitenziario nazionale;
    risulta di tutta evidenza che il sovraffollamento della popolazione carceraria, la fatiscenza e inadeguatezza delle strutture sono contrari ai dettami del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 «Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà»;
    va sottolineato che al momento vi sono decine di strutture potenzialmente utili allo sfoltimento del sovraffollamento carcerario che versano in uno stato di totale abbandono;
    alcuni dei predetti istituti penitenziari potrebbero essere recuperati con risorse non particolarmente gravose e tempi adeguati per fronteggiare la situazione di emergenza; con decreto n. 341 del 24 novembre 2000, convertito con legge 19 gennaio 2001 n. 4, venne introdotto l'uso del braccialetto elettronico al fine di attenuare l'emergenza legata al sovraffollamento carcerario;
    nonostante l'insuccesso della sperimentazione dei braccialetti effettuata durante i governi Amato, Berlusconi e Prodi, nel 2011 il Ministro di Giustizia Paola Severino, richiamandosi al «grande successo» di questa soluzione in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti, è tornata a riproporre il braccialetto quale misura alternativa alla detenzione per alleggerire il sovraffollamento negli istituti penitenziari;
    si ricorda che i dati relativi al 2010 segnalano che la media di utilizzo non supera i dieci braccialetti Vanno e che ad oggi la situazione non è mutata;
    quello che in Italia è uno strumento che stenta a decollare e comporta onerosi esborsi da parte dello Stato, in altri Paesi, Gran Bretagna, Francia e Russia, è una realtà consolidata;
    va evidenziato come le procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici previsti all'articolo 275-bis del Codice di Procedura Penale non hanno ancora trovato concreta applicazione in quanto il sistema viene giudicato non affidabile;
    invocare dinanzi all'ennesima emergenza la soluzione dei «braccialetti», senza che si siano verificate le effettive ragioni della mancata applicazione di una legge dello Stato, è quantomeno paradossale se si tiene conto che il contratto ha comportato un esborso per i contribuenti pari a circa 100 milioni di euro in nove anni;
    i Cie sono stati giudicati una vera anomalia giuridica e amministrativa da vasti settori della società civile e del mondo giudiziario che hanno contestato nel corso degli anni la grave inadeguatezza dei centri nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali della persona;
    istituiti dalla legge Turco-Napolitano (legge n. 40 del 1998) e previsti dall'articolo 14 del Testo Unico sull'immigrazione (TU 286/1998), come modificato dall'articolo 13 della legge Bossi-Fini, i «CIE» (ex CPT) vanno considerati a tutti gli effetti delle carceri, dove vengono trattenuti cittadini extracomunitari in attesa di identificazione e della successiva espulsione e di cui oltre il 90 per cento è costituito da soggetti condannati in via definitiva che dopo aver espiato la pena nelle carceri italiane sono poi trasferiti nei Cie in attesa di espulsione;
    già nel 2007 il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, e il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, intervennero con una direttiva interministeriale, rimasta inapplicata, che avrebbe consentito, attraverso una più stretta collaborazione tra le autorità carcerarie e le Forze di polizia, l'espletamento delle pratiche necessarie all'identificazione durante la permanenza in carcere dei cittadini extracomunitari, rendendo in tal modo più efficiente il sistema dei rimpatri;
    tale procedura consente alla Questura competente di avviare l'identificazione immediatamente dopo l'emanazione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna con ciò rendendo più celere l'acquisizione da parte della stessa Questura del provvedimento di espulsione, del documento valido per l'espatrio e l'individuazione del vettore per la partenza e, infine, il necessario coordinamento tra orario di scarcerazione e partenza;
    a tal riguardo si evidenzia che il 9 dicembre 2013 il Governo ha accolto e la Camera ha approvato la risoluzione 6-00040, presentata dai deputati socialisti, che stabilisce l'immediata identificazione degli immigrati ospiti degli istituti penitenziari italiani durante la carcerazione detentiva al fine di favorirne l'espulsione immediata. Risoluzione tradotta in norma di legge dall'articolo 6, comma 1, lettera c) del presente decreto,

impegna il Governo:

   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie a:
    favorire il riutilizzo degli istituti penitenziari già esistenti che al momento risultano chiusi e in stato di abbandono;
    assicurare concrete garanzie di affidabilità dei mezzi elettronici o degli altri strumenti tecnici previsti all'articolo 275-bis del Codice di Procedura Penale, atti a permettere l'utilizzo dei braccialetti elettronici;
   stabilire la chiusura dei Cie entro il termine di un anno, in virtù dell'approvazione del citato articolo 6, comma 1, lettera c) del presente decreto.
9/1921-A-R/4Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    dalle molteplici visite effettuate nelle carceri italiane, anche a seguito di numerosi casi di cronaca che l'hanno riguardate, emerge drammaticamente lo stato emergenziale in cui versa l'intero sistema penitenziario nazionale;
    risulta di tutta evidenza che il sovraffollamento della popolazione carceraria, la fatiscenza e inadeguatezza delle strutture sono contrari ai dettami del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 «Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà»;
    va sottolineato che al momento vi sono decine di strutture potenzialmente utili allo sfoltimento del sovraffollamento carcerario che versano in uno stato di totale abbandono;
    alcuni dei predetti istituti penitenziari potrebbero essere recuperati con risorse non particolarmente gravose e tempi adeguati per fronteggiare la situazione di emergenza; con decreto n. 341 del 24 novembre 2000, convertito con legge 19 gennaio 2001 n. 4, venne introdotto l'uso del braccialetto elettronico al fine di attenuare l'emergenza legata al sovraffollamento carcerario;
    nonostante l'insuccesso della sperimentazione dei braccialetti effettuata durante i governi Amato, Berlusconi e Prodi, nel 2011 il Ministro di Giustizia Paola Severino, richiamandosi al «grande successo» di questa soluzione in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti, è tornata a riproporre il braccialetto quale misura alternativa alla detenzione per alleggerire il sovraffollamento negli istituti penitenziari;
    si ricorda che i dati relativi al 2010 segnalano che la media di utilizzo non supera i dieci braccialetti Vanno e che ad oggi la situazione non è mutata;
    quello che in Italia è uno strumento che stenta a decollare e comporta onerosi esborsi da parte dello Stato, in altri Paesi, Gran Bretagna, Francia e Russia, è una realtà consolidata;
    va evidenziato come le procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici previsti all'articolo 275-bis del Codice di Procedura Penale non hanno ancora trovato concreta applicazione in quanto il sistema viene giudicato non affidabile;
    invocare dinanzi all'ennesima emergenza la soluzione dei «braccialetti», senza che si siano verificate le effettive ragioni della mancata applicazione di una legge dello Stato, è quantomeno paradossale se si tiene conto che il contratto ha comportato un esborso per i contribuenti pari a circa 100 milioni di euro in nove anni;
    i Cie sono stati giudicati una vera anomalia giuridica e amministrativa da vasti settori della società civile e del mondo giudiziario che hanno contestato nel corso degli anni la grave inadeguatezza dei centri nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali della persona;
    istituiti dalla legge Turco-Napolitano (legge n. 40 del 1998) e previsti dall'articolo 14 del Testo Unico sull'immigrazione (TU 286/1998), come modificato dall'articolo 13 della legge Bossi-Fini, i «CIE» (ex CPT) vanno considerati a tutti gli effetti delle carceri, dove vengono trattenuti cittadini extracomunitari in attesa di identificazione e della successiva espulsione e di cui oltre il 90 per cento è costituito da soggetti condannati in via definitiva che dopo aver espiato la pena nelle carceri italiane sono poi trasferiti nei Cie in attesa di espulsione;
    già nel 2007 il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, e il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, intervennero con una direttiva interministeriale, rimasta inapplicata, che avrebbe consentito, attraverso una più stretta collaborazione tra le autorità carcerarie e le Forze di polizia, l'espletamento delle pratiche necessarie all'identificazione durante la permanenza in carcere dei cittadini extracomunitari, rendendo in tal modo più efficiente il sistema dei rimpatri;
    tale procedura consente alla Questura competente di avviare l'identificazione immediatamente dopo l'emanazione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna con ciò rendendo più celere l'acquisizione da parte della stessa Questura del provvedimento di espulsione, del documento valido per l'espatrio e l'individuazione del vettore per la partenza e, infine, il necessario coordinamento tra orario di scarcerazione e partenza;
    a tal riguardo si evidenzia che il 9 dicembre 2013 il Governo ha accolto e la Camera ha approvato la risoluzione 6-00040, presentata dai deputati socialisti, che stabilisce l'immediata identificazione degli immigrati ospiti degli istituti penitenziari italiani durante la carcerazione detentiva al fine di favorirne l'espulsione immediata. Risoluzione tradotta in norma di legge dall'articolo 6, comma 1, lettera c) del presente decreto,

impegna il Governo a valutare l'opportunità di:

   intraprendere tutte le iniziative necessarie a:
    favorire il riutilizzo degli istituti penitenziari già esistenti che al momento risultano chiusi e in stato di abbandono;
    assicurare concrete garanzie di affidabilità dei mezzi elettronici o degli altri strumenti tecnici previsti all'articolo 275-bis del Codice di Procedura Penale, atti a permettere l'utilizzo dei braccialetti elettronici.
9/1921-A-R/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    a fronte della necessità di risolvere l'endemico fenomeno del sovraffollamento carcerario con la conversione del decreto-legge in esame, in materia di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione della popolazione carceraria, a seguito non solo delle pronuncia della Corte Costituzionale del 9 ottobre 2013 ma anche della pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha condannato il nostro Paese per le condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti, il Ministro della giustizia, che alcuni giorni fa, ha visitato il carcere di Alghero, uno degli istituti di detenzione più antichi d'Italia ma nel contempo fra i più moderni per quanto concerne il lavoro di recupero e reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, ha osservato che «la regione che non ha certo problemi di sovraffollamento, anzi, ci sono più posti liberi che in altre parti d'Italia. A Bancali non abbiamo particolari problemi – ha detto il Guardasigilli: la struttura è nuova e il numero dei detenuti è nettamente inferiore alla capienza massima. Nelle altre realtà, nei nuovi istituti di pena, non abbiano registrato particolari criticità»;
    per quanto riguarda il regime speciale dell'articolo 41-bis, previsto dalla legge n. 354 del 1975, sempre nella stessa occasione il ministro ha sottolineato che «sono comunque situazioni che seguiremo con attenzione in modo che non si creino situazioni di disagio per la popolazione». Sorvolando sul fatto che in tutte le nuove strutture carcerarie sono state realizzate le sezioni di «massima sicurezza» destinate a ospitare capi-mafia e detenuti particolarmente pericolosi, sia a Bancali che a Uta, dove i lavori, «termineranno a brevissimo», ma anche il vecchio ma ristrutturato penitenziario nuorese di Badu’ e Carros consentendo così lo svuotamento del vecchio carcere di Buoncammino, una delle peggiori strutture italiane;
    saranno in tutto 189 i detenuti di altissima pericolosità che arriveranno in Sardegna durante l'anno in corso per i quali state ultimate 94 celle singole a Bancali e altre 94 sono previste a Uta: celle molto particolari e superattrezzate, realizzate rispettando tutti i requisiti di sicurezza previsti per questo tipo di detenzione dura, riservata ai criminali più pericolosi, soprattutto mafiosi e camorristi;
    nonostante le parole di recente pronunciate dal Guardasigilli, il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata è il rischio maggiore di un carcere che ospita molti detenuti ad altissima pericolosità e le parole del Ministro non danno garanzie alla popolazione ma soprattutto sono smentite dai risultati cui è giunta la Commissione parlamentare antimafia al termine della scorsa legislatura;
    tale pericolo è ancora maggiore se si pensa alla fragilità del tessuto socio economico e produttivo che contraddistingue la Sardegna per non parlare degli ultimi eventi calamitosi che ne hanno maggiormente compromesso una qualsiasi ripresa;
    il Ministero della giustizia ha previsto l'isolamento per tali detenuti con regime speciale. Un termine che però è molto più ampio di come viene solitamente inteso: l'isolamento, per il Ministero, significa anche portare più criminali pericolosi possibili in penitenziari dai quali sia quasi impossibile la fuga e ancora più difficili i collegamenti con l'esterno. Quindi, sembra non esserci alcun posto migliore di una terra con il mare intorno come la Sardegna;
    sul solo territorio sardo, sono in fase di ultimazione ben quattro carceri, un numero che appare alquanto iniquo rispetto alle altre regioni italiane se si pensa che dei 750 detenuti con regime speciale in Italia ben oltre il 20 per cento saranno trasferiti in Sardegna;
    l'articolo 2 comma 25 lettera f) della Legge 15 luglio 2009, n. 94 apporta delle modificazioni all'articolo 41-bis in particolare prevede che al comma 2-quater sia premesso: «I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari,...»;
    queste poche parole che hanno trasformato radicalmente l'intervento di edilizia carceraria, iniziato in Sardegna nel 2006 che non prevedeva neanche una cella per il regime speciale;
    la collocazione «preferibilmente», come dice la norma, sembra essere stata ampiamente disattesa, visti i numerosi trasferimenti di detenuti in Sardegna, come disattesa sembra essere stata anche la reale efficacia del regime speciale;
    lo stato di applicazione del regime speciale è stato monitorato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, la quale nel corso delle indagini effettuate ha riscontrato che i detenuti sottoposti a tale regime comunicano con l'esterno e tra di loro in modo continuo e ordinario: proprio quel che il regime speciale vuole evitare, cioè che i criminali continuino a delinquere in carcere anzi le conclusioni della Commissione si spingono oltre – aumentando le preoccupazioni di tutta la società sarda - sottolineando la necessità di un'azione organica e programmata per individuare i punti critici del sistema sul piano operativo e per consentire all'amministrazione penitenziaria di intervenire efficacemente. Dopo venti anni dall'introduzione del regime speciale appare chiaramente che l'istituto non è riuscito a raggiungere l'obiettivo per il quale era stato pensato: i collegamenti tra i detenuti più pericolosi e l'esterno sono mantenuti in tutta la loro evidenza, a prescindere dalle restrizioni che vengono imposte agli stessi detenuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere, nell'ambito di un intervento organico al fine di superare le criticità rilevate dalla Commissione parlamentare antimafia, quella parte del citato articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 che colloca «preferibilmente» i detenuti in regime speciale in aree insulari, prevedendone in tal modo la ridistribuzione su tutto il territorio nazionale al fine di non esporre il territorio sardo ad ulteriori sacrifici.
9/1921-A-R/5Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame prevede l'istituzione del cosiddetto «Garante nazionale dei diritti delle persone detenute»;
    contestualmente all'istituzione della figura di cui sopra si propone anche l'individuazione del Garante territoriale che assuma, nel territorio specifico di competenza, le funzioni assegnate al garante nazionale su tutto il territorio italiano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di costituire un Coordinamento nazionale del quale faccia parte, previa richiesta documentata, ogni Garante territoriale dei diritti delle persone detenute nominato dalle Regioni o dagli enti locali.
9/1921-A-R/6Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del provvedimento in esame, contiene disposizioni che modificano il testo unico in materia di immigrazione (decreto legislativo 286/1998) per modificare la disciplina dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione;
    la legge 94 del 2009 in materia di pubblica sicurezza contiene all'articolo 10-bis il reato di clandestinità che, oltre ad essere una categoria di reato inaccettabile perché colpevolizza lo status di una persona e non l'azione delittuosa, è risultato essere un ostacolo alla giustizia per i costi derivanti dal personale specializzato e le pratiche necessarie, si è mostrato inefficace come deterrente poiché la condanna alla sanzione pecuniaria non è eseguibile a causa dello stato generale d'insolvenza dei condannati e comporta inoltre un notevole aumento della popolazione carceraria, la cui riduzione invece è quanto mai necessaria e oggetto del provvedimento all'esame dell'aula;
    il Senato ha approvato ad ottobre scorso un emendamento al provvedimento «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» che contiene una delega al Governo per l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina;
    tale provvedimento sarà presto all'esame della Camera per l'approvazione definitiva,

impegna il Governo

ad esercitare nei tempi più rapidi possibili la delega conferita per arrivare finalmente all'abrogazione del reato di clandestinità.
9/1921-A-R/7Zampa, Verini.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    il controllo delle persone che scontano la pena presso il loro domicilio può anche essere svolto attraverso l'impiego di strumenti atti al controllo a distanza,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative al fine di valutare l'opportunità di introdurre, o comunque ripristinare, misure che consentano, attraverso l'adozione di strumenti atti al controllo a distanza, la verifica che l'esecuzione della pena, da parte dei detenuti, sia effettivamente scontata presso il proprio domicilio.
9/1921-A-R/8Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare all'arma dei carabinieri, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici dell'arma dei carabinieri risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/9Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare all'arma dei carabinieri, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi di difesa le forze di polizia, ed in particolare l'arma dei carabinieri,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire un maggiore dotazione di mezzi di difesa al fine di consentire un maggior e più capillare controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/10Attaguile.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare all'arma dei carabinieri, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi di trasporto le forze di polizia, ed in particolare l'arma dei carabinieri,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire una maggiore dotazione di mezzi di trasporto al fine di consentire un maggior e più capillare controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/11Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare all'arma dei carabinieri, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi le forze di polizia, ed in particolare l'arma dei carabinieri,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire una maggiore dotazione di mezzi al fine di consentire un maggior e più capillare controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/12Buonanno.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare polizia di stato, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici della polizia di stato risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie affinché consenta al Ministero dell'interno di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti.
9/1921-A-R/13Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare polizia di stato, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi di difesa le forze di polizia, ed in particolare la polizia di Stato,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie alla polizia di Stato così da consentire una maggiore dotazione di mezzi di difesa al fine di consentire un maggior e più capillare controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/14Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare polizia di stato, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi di trasporto le forze di polizia, ed in particolare la polizia di Stato,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie alla polizia di Stato così da consentire una maggiore dotazione di mezzi di trasporto al fine di consentire un maggior e più capillare controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/15Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare polizia di stato, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi le forze di polizia, ed in particolare la polizia di Stato,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie alla polizia di Stato così da consentire una maggiore dotazione di mezzi al fine di consentire un maggior e più capillare controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/1921-A-R/16Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare polizia di stato, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia locale risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziare affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti.
9/1921-A-R/17Giancarlo Giorgetti.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare della polizia locale, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi di difesa delle forze di polizia, ed in particolare la polizia locale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche con la modifica del Patto di stabilità interno, per destinare ulteriori risorse finanziare affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso una maggiore dotazione di mezzi di difesa destinati ai propri corpi di polizia.
9/1921-A-R/18Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare della polizia locale, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi di trasporto delle forze di polizia, ed in particolare la polizia locale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche con la modifica del Patto di stabilità interno, per destinare ulteriori risorse finanziare affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso una maggiore dotazione di mezzi di trasporto destinati ai propri corpi di polizia.
9/1921-A-R/19Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, ed in particolare della polizia locale, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    al fine di consentire in modo capillare il controllo del territorio è necessario dotare di ulteriori mezzi le forze di polizia, ed in particolare la polizia locale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche con la modifica del Patto di stabilità interno, per destinare ulteriori risorse finanziare affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso una maggiore dotazione di mezzi destinati ai propri corpi di polizia.
9/1921-A-R/20Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    da un lato i detenuti vengono «premiati» con provvedimenti come il presente decreto-legge, cosiddetto «quarto svuota carceri», mentre nessun investimento viene fatto per gli agenti di polizia penitenziaria;
    da tempo gli organici della polizia penitenziaria risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziare affinché consenta al Ministero della Giustizia di far fronte al maggior carico di lavoro determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti.
9/1921-A-R/21Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    occorre, al fine di non consentire ulteriori misure «mascherate» di indulto o similari, (che di fatto, da un lato, provocano grave allarme sociale e dall'altro, denotano come lo Stato non è in grado di eseguire concretamente le pene inflitte) modificare l'attuale sistema processuale che non consente una giustizia in temi rapidi, certi e ragionevoli;
    per consentire la modifica dell'attuale sistema processuale occorre stanziare ulteriori risorse finanziarie,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative al fine di valutare l'opportunità di introdurre, un sistema volto a prevedere una «sorta di garanzia» da parte di alcuni soggetti predeterminati, anche in termini di responsabilità personale, che la misura disposta dell'esecuzione della pena sia effettivamente scontata presso il domicilio.
9/1921-A-R/22Molteni.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    né attraverso la riduzione consistente del «servizio scorte» si consentirebbe un'ulteriore aumento delle forze di polizia presenti sul territorio, così da contrastare l'aumento endemico di criminalità causato dalla «liberazione» anticipata dei detenuti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per ridurre considerevolmente il «servizio scorte» così da permettere che un maggior numero di personale dell'Arma dei carabinieri possa presidiare il territorio in modo da consentire, attraverso maggiori controlli, che effettivamente i detenuti scontino la pena residua presso il proprio domicilio.
9/1921-A-R/23Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua un «indulto permanente», giacché si consentirà, attraverso una stabilizzazione di una disposizione temporanea, che l'esecuzione della pena, fino ad un anno e mezzo, possa essere scontata presso il proprio domicilio;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, affinché le persone sottoposte alla detenzione domiciliare siano, di fatto, obbligate a rimanere presso il proprio domicilio a scontare la pena, così da non consentire, né l'aumento della criminalità né un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    né attraverso la riduzione consistente del «servizio scorte» si consentirebbe un'ulteriore aumento delle forze di polizia presenti sul territorio, così da contrastare l'aumento endemico di criminalità causato dalla «liberazione» anticipata dei detenuti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per ridurre considerevolmente il «servizio scorte» così da permettere che un maggior numero di personale di polizia di Stato possa presidiare il territorio in modo da consentire, attraverso maggiori controlli, che effettivamente i detenuti scontino la pena residua presso il proprio domicilio.
9/1921-A-R/24Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»:
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge di esame «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in circa 100.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    l'articolo 1 del decreto legge svuotacarceri torna sul tema dei braccialetti elettronici. La modifica pone come regola generale, la prescrizione da parte del giudice, nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del cosiddetto braccialetto elettronico; è inoltre previsto il ricorso allo stesso strumento nell'applicazione della detenzione domiciliare (articolo 1, comma 1, lettera a)),

impegna il Governo

considerati i dubbi sull'effettivo funzionamento tecnico dei dispositivi, a valutare la possibilità di introdurre quantomeno un meccanismo di monitoraggio sull'utilizzo dei braccialetti elettronici.
9/1921-A-R/25Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»:
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge di esame «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in circa 100.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad escludere dal beneficio della liberazione anticipata previsto dall'articolo 54 della Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario) i detenuti per delitti di mafia.
9/1921-A-R/26Colletti, Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziano – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge in esame «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    dal 2002 al 2006 il numero di detenuti nelle strutture penitenziarie è aumentato e, salvo decrescere nel 2007 a causa del provvedimento di indulto, ha sempre segnato un andamento crescente. La distribuzione percentuale dei detenuti per i reati previsti dal testo unico sugli stupefacenti rispetto al totale dei detenuti ha toccato al 30 giugno 2011, il 41,5 per cento ovvero 27.947 su 67.394. Successivamente al provvedimento di indulto, nel 2007, il numero di affidati agli uffici di esecuzione penale esterna ha iniziato a crescere fortemente, pur rimanendo ancora molto al di sotto degli anni precedenti. Dalla medesima relazione si evince, tuttavia, che la notevole attività di contrasto del piccolo spaccio non ha portato significativi risultati sotto il profilo della riduzione dei consumi di sostanze stupefacenti, soggetti, al più, a fluttuazioni di carattere macrogeografico, generazionale o culturale;
    i dati illustrati indicano la necessità di un radicale cambio di strategia e del mutamento del quadro normativo di riferimento,

impegna il Governo

a intervenire con modificazioni del codice di procedura penale in materia di delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, limitandone le prescrizioni ai fatti inerenti alle sostanze indicate nella tabella I di cui all'articolo 14 del medesimo decreto prevedendo, conseguentemente l'aggiunta, all'articolo 381 comma 2 del codice di procedura penale di ulteriore lettera che disciplini i delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, limitatamente ai fatti inerenti alle sostanze indicate nella tabella II di cui all'articolo 14 del medesimo decreto.
9/1921-A-R/28Turco, Baldassarre.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con modificazioni del codice di procedura penale in materia di delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, all'esito dell'imminente pronunzia della Corte costituzionale.
9/1921-A-R/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziano – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto in esame, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

a valutare le disposizioni di cui all'articolo 7, ai fini di adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché venga previsto un meccanismo di nomina non governativa per i componenti del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, ai fini della fondamentale imparzialità e terzietà di tale organo; il Garante nazionale dovrebbe quindi essere un organo collegiale, composto dal Presidente, nominato con determinazione adottata d'intesa dai presidenti del Senato della Repubblica e dalla Camera dei deputati e da quattro membri eletti, a maggioranza dei due terzi dei componenti e con voto limitato, in numero di due dal Senato della Repubblica e in numero di due dalla Camera dei deputati.
9/1921-A-R/29Sarti, Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1.31.7.2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del proponente un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in circa 100.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    l'articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto-legge ha introdotto lo strumento del reclamo giurisdizionale, con l'articolo 35-bis all'Ordinamento Penitenziario, che prevede l'istituzione del reclamo giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza, a tutela dei diritti dei detenuti, entro 10 giorni sia contro i provvedimenti disciplinari (sindacabili anche nel merito nei casi più gravi) sia contro l'inosservanza da parte della amministrazione penitenziaria (o sanitaria) di disposizioni di legge o di regolamento;
    pur essendo il reclamo uno strumento a tutela dei diritti dei detenuti, peraltro richiestoci anche dall'Europa, in questa situazione di sovraffollamento carcerario la sua introduzione avrebbe come conseguenza la presentazione di un ingente numero di ricorsi, anche per problemi banali causati proprio dal sovraffollamento carcerario;
    il reclamo è uno strumento che complica assai le cose riguardo al diritto maggiormente violato, ossia quello di godere di un ambiente «umano» nella dimensione del carcere,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre una tipizzazione specifica per le situazioni in cui è possibile instaurare un vero e proprio giudizio, nonché una tipizzazione dei diritti dei detenuti.
9/1921-A-R/30Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1. 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato, fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in circa 100.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e aderire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    l'articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto-legge ha introdotto lo strumento del reclamo giurisdizionale, con l'articolo 35-bis all'Ordinamento Penitenziario, che prevede l'istituzione del reclamo giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza, a tutela dei diritti dei detenuti, entro 10 giorni sia contro i provvedimenti disciplinari (sindacabili anche nel merito nei casi più gravi) sia contro l'inosservanza da parte della amministrazione penitenziaria (o sanitaria) di disposizioni di legge o di regolamento;
    pur essendo il reclamo uno strumento a tutela dei diritti dei detenuti, peraltro richiestoci anche dall'Europa, in questa situazione di sovraffollamento carcerario la sua introduzione avrebbe come conseguenza la presentazione di un ingente numero di ricorsi, anche per problemi banali causati proprio dal sovraffollamento carcerario;
    il reclamo è uno strumento che complica assai le cose riguardo al diritto maggiormente violato, ossia quello di godere di un ambiente «umano» nella dimensione del carcere,

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di valutare la possibilità di revisionare a distanza di un anno dalla sua introduzione, e se del caso sostituire con altro più adeguato, lo strumento del reclamo giurisdizionale, previa analisi delle casistiche riscontrate, alla luce anche di quanto i magistrati di sorveglianza avranno nel frattempo rilevato nella prassi.
9/1921-A-R/31Villarosa, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del decreto-legge in esame interviene sul Testo Unico immigrazione (decreto legislativo 286/1998) ai fini dell'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevedendo al contempo uno snellimento delle procedure di identificazione;
    i detenuti stranieri rappresentano un terzo dell'intera popolazione carceraria con 22,770 reclusi;
    con il decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante «Misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione», è stato di fatto quasi azzerato il Fondo rimpatri, destinato a sostenere le spese connesse al trasferimento degli immigrati;
    il Fondo, infatti, a causa di tale provvedimento è passato da una dotazione di cento milioni di euro ad una dotazione di appena dieci milioni di euro, di fatto insufficienti a garantire la copertura delle spese connesse al rimpatrio dei cittadini immigrati irregolarmente e, ovviamente, anche di quelli condannati nel nostro Paese a scontare pene detentive,

impegna il Governo

a disporre in modo tempestivo ed urgente un reintegro della dotazione finanziaria del Fondo rimpatri, al fine di poter garantire la compiuta applicazione delle norme recate dal presente decreto-legge.
9/1921-A-R/32Corsaro, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
     per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge. 9 agosto 2013 n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per Formai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1. 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi ad avviso del proponente dal Governo per alleggerire la densità dell'interno delle carceri, Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in circa 100.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e aderire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    l'articolo 1 del decreto legge svuotacarceri tema sul tema dei braccialetti elettronici. La modifica pone come regola generale, la prescrizione da parte del giudice, nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del cosiddetto braccialetto elettronico; è inoltre previsto il ricorso allo stesso strumento nell'applicazione della detenzione domiciliare (articolo 1, comma 1, lettera a));
    per questi braccialetti è stata stipulata una convenzione con Telecom, che offriva al Ministero dell'interno una serie di servizi di telefonia mobile, fissa e comunicazioni radio nonché il braccialetto elettronico. Si tratta di una convenzione illegittima, poiché il Consiglio di Stato, confermando una sentenza del TAR, ha stabilito che non era possibile accordarsi direttamente con Telecom e ricorrere a una convenzione unica. Nel frattempo, in attesa dell'esito del ricorso di Telecom alla Corte di Giustizia Europea previsto per giugno, lo Stato è costretto a spendere 26 milioni di euro per una fideiussione da depositare in banca in caso di soccombenza,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative concernenti la fornitura di bracciali elettronici, anche a seguito dell'esito del ricorso di Telecom alla Corte di giustizia europea.
9/1921-A-R/33Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività» ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (l. 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in circa 100.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e aderire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    dal 2002 al 2006 il numero di detenuti nelle strutture penitenziarie è aumentato e, salvo decrescere nel 2007 a causa del provvedimento di indulto, ha sempre segnato un andamento crescente. La distribuzione percentuale dei detenuti per i reati previsti dal testo unico sugli stupefacenti rispetto al totale dei detenuti ha toccato, al 30 giugno 2011 il 41,5 per cento, ovvero 27.947 su 67.394;
    l'articolo 3, comma 1, lettera c) favorisce l'accesso all'affidamento in prova al servizio sociale previsto dall'articolo 47 Ordinamento Penitenziario, il cui limite di pena, anche residua, viene ampliato da tre a quattro anni e sulla cui concessione in via provvisoria si pronuncerà il magistrato di sorveglianza, i cui poteri vengono ampliati,

impegna il Governo

a valutare se la verifica del comportamento del detenuto meritevole di accedere all'affidamento in prova che il decreto prevede in anni uno sia circoscritta ad un periodo di tempo sufficiente o se valga la pena aumentare il periodo di verifica del comportamento.
9/1921-A-R/34Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge. 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale operi in piena autonomia e indipendenza di giudizio e di valutazione.
9/1921-A-R/35Scagliusi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché i componenti del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale non possano essere, oltre alle limitazioni previste dall'articolo 7, comma 3, titolari di incarichi all'interno di movimenti di ispirazione politica.
9/1921-A-R/36Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento ha approvato la legge 21 aprile 2011. n. 62, con la quale ha inteso valorizzare il rapporto tra detenute madri e figli minori. Nel corso dell'esame parlamentare del provvedi merito il dibattito si è concentrato sulla acclarata necessità di conciliare, da un lato, l'esigenza, di limitare la presenza nelle carceri di bambini in tenera età, dall'altro, di garantire la sicurezza dei cittadini anche nei confronti delle madri di figli minori, le quali abbiano commesso delitti;
    secondo i dati statistici pubblicati dal Ministero della giustizia sul proprio sito Internet (serie storica semestrale degli anni 1993-2012), erano 57 le detenute madri nelle carceri italiane al 30 giugno 2012 (ultimo dato disponibile) e 60 i bambini di età inferiore a tre anni presenti negli istituti. Alla stessa data risultavano funzionanti 16 asili nido;
    il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha affrontato il problema dei bambini in carcere avviando a Milano la sperimentazione di un tipo di istituto a custodia attenuata per madri (I.C.A.M). Tale modello è stato realizzato in una sede esterna agli istituti penitenziari, dotata di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini. Il Governo ha informato che, in tempi brevi, saranno realizzati altri ICAM a Torino e Firenze, e Venezia;
    l'operatività a regime di tale modello è presa in considerazione dalla legge n. 62 2011, che interviene sia in materia di custodia cautelare delle detenute madri sia di espiazione della pena detentiva da parte delle medesime;
    con riferimento all'applicazione della misura della custodia cautelare, l'articolo 1 della legge 62 del 2011, attraverso una modifica all'articolo 275 c.p.p. prevede l'aumento da tre a sei anni dell'età del bambino al di sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare della madre in carcere (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza;
    in presenza di tali esigenze la legge, aggiungendo l'articolo 285-bis al c.p.p., prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta e della madre di prole di età non superiore ai sei anni in un I.C.A.M. Una integrazione all'articolo 284 c.p.p. pennette, invece che l'esecuzione degli arresti domiciliari degli stessi soggetti avvenga, ove istituita, in una casa famiglia protetta;
    le indicate disposizioni in materia cautelare si applicano, tuttavia, a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a decorrere dal 1° gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata;
    con riferimento all'espiazione della pena detentiva, l'articolo 3 della legge 62 interviene sull'ordinamento penitenziario novellando la disciplina sulla detenzione domiciliare e sulla detenzione domiciliare speciale prevista dall'ordinamento penitenziario (legge 354 del 1975);
    con una prima modifica dell'articolo 47-ter (detenzione domiciliare) si permette di scontare a donna incinta o madre di prole di età inferiore ad 10 anni con lei convivente la reclusione non superiore a 4 anni (anche se costituente parte residua di maggior pena) anche in case famiglia protette;
    l'articolo 4 della legge 62 ha affidato ad un decreto del Ministro della giustizia, da adottare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, d'intesa con la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali, la determinazione delle caratteristiche tipologiche delle case famiglia protette previste dall'articolo 284 del codice di procedura penale e dagli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge 354 del 1975. L'articolo 4 prevedeva che il Ministro della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, potesse stipulare con gli enti locali convenzioni volte ad individuare le strutture idonee ad essere utilizzate come case famiglia protette;
    dopo che le caratteristiche delle case famiglia protette erano state individuate con decreto ministeriale giustizia 26 luglio 2012 un successivo provvedimento, il decreto ministeriale giustizia 11 gennaio 2013 ha annullato il primo decreto in quanto adottato in carenza dell'intesa con la Conferenza Stato-Città e Autonomie locali prevista dall'articolo 4 della legge 62 2011;
    è stato successivamente adottato un DM 8 marzo 2013, con il quale sono state nuovamente fissate le caratteristiche tipologiche delle case famiglie protette,

impegna il Governo

ad eliminare tutti gli ostacoli che ancora non permettono alle madri e ai loro piccoli, quelli di età compresa tra zero a sei anni, di scontare la pena detentiva in un luogo diverso dal carcere nonché ad istituire le case famiglia protette, al di fuori delle strutture penitenziarie, da considerarsi una forma detentiva privilegiata quando sia indirettamente coinvolto un bambino.
9/1921-A-R/37Rostellato, Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché le spese di funzionamento del Garante nazionale e del suo ufficio non possano superare il tetto massimo di cento mila euro lordi e queste ultime vengano poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/1921-A-R/38Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa anche di natura normativa, affinché vengano attivate le procedure per il rinnovo del Garante almeno tre mesi prima della scadenza del mandato e conseguentemente anche affinché, in caso di cessazione anticipata del mandato di uno dei suoi componenti, l'organo competente alla designazione, proceda alla sostituzione entro trenta giorni.
9/1921-A-R/39Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, nelle attività di collaborazione con i Garanti territoriali, nominati dalle regioni o dagli enti locali e con tutte le istituzioni, che abbiano competenza nelle stesse materie, prenda in esame le segnalazioni effettuate dai Garanti territoriali.
9/1921-A-R/40Petraroli, Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché, al Garante nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale, nell'esercizio delle sue funzioni, vengano assicurate tutte le informazioni relative ai luoghi dove possano essere ristrette persone. In particolare al Garante deve essere assicurato: il libero accesso, su propria iniziativa e senza preventivo avviso, in qualsiasi luogo in cui vi siano persone private della libertà personale, compreso il diritto di circolarvi all'interno, senza alcun impedimento; gli deve essere assicurata ogni informazione necessaria per l'adempimento del suo incarico, tenendo presenti le norme di diritto e di deontologia professionale applicabili, la possibilità di avere un colloquio senza testimoni con le persone private della libertà personale ed infine la possibilità di assumere informazioni da ogni altra persona operante nelle strutture dove le persone sono private della libertà personale.
9/1921-A-R/41Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le finzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché tutti i detenuti e i soggetti comunque privati dalla libertà personale possano rivolgersi al Garante nazionale senza alcun vincolo di forma.
9/1921-A-R/42Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le finzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché il Garante nazione dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, all'interno del contenuto della relazione da esso redatta annualmente, in merito all'attività svolta ed inviata ai Presidenti del Senato e della Camera nonché al Ministero dell'interno e al Ministro della giustizia, indichi anche il tipo e la natura degli interventi messi in atto, gli esiti degli stessi, l'applicazione delle norme vigenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché lo stato di tutela dei diritti umani in tutte le strutture ove le persone siano private della libertà personale.
9/1921-A-R/43Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 2913, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le funzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché il Garante nazione dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, invii la relazione da esso redatta annualmente in merito all'attività svolta, non solo ai Presidenti di Camera e Senato, al Ministero dell'interno e Ministero della giustizia, ma anche al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro della salute e alle Commissioni parlamentari competenti.
9/1921-A-R/44Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziano – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    l'articolo 7 del decreto-legge in esame, istituisce l'introduzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale disciplinandone le modalità di nomina, la composizione e le finzioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché i reclami giurisdizionali, proposti ai sensi dell'articolo 35-bis dell'ordinamento penitenziario, vengano tempestivamente comunicati al Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, cosicché quest'ultimo possa comparire in udienza o, ove ritenga, trasmettere deduzioni in merito.
9/1921-A-R/45Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sui fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    dal 2002 al 2006 il numero di detenuti nelle strutture penitenziarie è aumentato e, salvo decrescere nel 2007 a causa del provvedimento di indulto, ha sempre segnato un andamento crescente. La distribuzione percentuale dei detenuti per i reati previsti dal testo unico sugli stupefacenti rispetto al totale dei detenuti ha toccato, al 30 giugno 2011, il 41,5 per cento, ovvero 27.947 su 67394. Successivamente al provvedimento di indulto, nel 2007, il numero di affidati agli uffici di esecuzione penale esterna ha iniziato a crescere fortemente, pur rimanendo ancora molto al di sotto degli anni precedenti. Dalla medesima relazione si evince, tuttavia, che la notevole attività di contrasto del piccolo spaccio non ha portato significativi risultati sotto il profilo della riduzione dei consumi di sostanze stupefacenti, soggetti, al più, a fluttuazioni di carattere macrogeografico, generazionale o culturale;
    i dati illustrati indicano la necessità di un radicale cambio di strategia e del mutamento del quadro normativo di riferimento,

impegna il Governo

ad inserire la Cannabis in Tabella II tra le sostanze a blando effetto stupefacente, che hanno un trattamento sanzionatorio più lieve, in linea con quanto espresso dall'intero decreto-legge e dall'articolo 2 dello stesso che prevede proprio una modifica al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di stupefacenti, per alleggerire il carico penale per questo tipo di reati e di conseguenza agire sul sovraffollamento carcerario e sulla tutela dei diritti dei detenuti.
9/1921-A-R/46Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
   per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    per ovviare a tali carenze si ricorre tuttavia a strumenti, quali quello dell'istituto della liberazione anticipata, che, quanto meno, necessitano di adeguati strumenti che ne disciplinino l'utilizzo graduandone l'applicazione;
    è inoltre necessario tenere alto il livello di controllo di qualsivoglia iniziativa che determini alleggerimento della situazione carceraria prevedendo sistemi adeguati a garanzia del corretto uso dello strumento stesso,

impegna il Governo

con riferimento all'articolo 54 della legge n. 354 del 1975, a prevedere che la disposizione di legge di cui trattasi si applichi solo dopo l'espiazione di almeno metà della pena.
9/1921-A-R/47Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame «recante misure urgenti in tema di tutela di diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria» – cosiddetto svuota carceri – ha come obiettivo quello di diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere così da affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario;
    le innovazioni introdotte dal predetto decreto operano su due piani distinti:
     a) su un primo piano si interviene con l'obiettivo di diminuire le presenze in carcere, attraverso misure dirette ad incidere sia sui flussi di ingresso che su quelli di uscita dal circuito penitenziario;
     b) su un secondo piano, si rafforzano gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute o, comunque, sottoposte a misure di restrizione della libertà personale;
    l'articolo 6 contiene norme dirette a modificare l'articolo 16 del decreto legislativo n. 286/1998 (testo unico immigrazione) ampliando i casi di espulsione dello straniero come sanzione alternativa alla detenzione, anticipando l'avvio della procedura di identificazione fin dall'ingresso in carcere, realizzando un più efficace coordinamento dei vari organi coinvolti nell'iter procedurale;
    il comma 5-bis dell'articolo 6 prevede che l'avvio della procedura di identificazione avvenga fin dall'ingresso in carcere, su richiesta della direzione dell'istituto penitenziario da parte del questore del luogo il quale procede alla eventuale espulsione dei cittadini stranieri identificati;
    il comma 6 dell'articolo 6, invece, attribuisce la competenza ad adottare il decreto di espulsione al magistrato di sorveglianza competente del luogo di detenzione del condannato;
   preso atto del contrasto esistente tra il comma 5-bis ed il comma 6 laddove attribuiscono la competenza ad adottare il provvedimento di espulsione, rispettivamente, l'uno al questore, l'altro al magistrato di sorveglianza,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento, anche normativo, diretto ad eliminare la rilevata antinomia tra le suddette disposizioni, attribuendo la competenza ad adottare il provvedimento di espulsione esclusivamente al magistrato di sorveglianza.
9/1921-A-R/48Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani e. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
   il decreto-legge in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», in favore di ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del compatto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

relativamente all'istituto della liberazione anticipata speciale di cui all'articolo 4, nell'interesse generale di una duplice salvaguardia dei principi della certezza del diritto e della pena, ad emanare apposito decreto ministeriale sottoposto alla valutazione delle competenti Commissioni parlamentari, rivolto a fissare, in maniera puntuale esaustiva, quali siano i requisiti che i detenuti debbono maturare ai fini della concessione di tale beneficio, tali altresì da precisare in cosa consista l'enunciazione di cui al comma 2 ove si richiede che il detenuto debba dare prova «di partecipazione all'opera di rieducazione».
9/1921-A-R/49Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero è proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di intervenire normativamente affinché la detrazione di pena non abbia luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dal comma 4 dell'articolo 99 del codice penale, o di delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
9/1921-A-R/50Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire a densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del Decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di intervenire normativamente per ridurre la detrazione di pena da 75 a 50 giorni ogni sei mesi di pena scontata.
9/1921-A-R/51Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del Decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di intervenire normativamente affinché ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 15 giorni, e non di 30, per ogni singolo semestre di pena espiata, fatta salva la verifica della partecipazione del detenuto all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio.
9/1921-A-R/52Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, amiche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1o luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherate estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di urta effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati rivestimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    per ovviare a tali carenze si ricorre tuttavia a strumenti, quali quello dell'istituto della liberazione anticipata, che, quanto meno, necessitano di adeguati strumenti che ne disciplinino l'utilizzo graduandone l'applicazione;
    è inoltre necessario tenere alto il livello di controllo di qualsivoglia iniziativa che determini alleggerimento della situazione carceraria prevedendo sistemi adeguati a garanzia del corretto uso dello strumento stesso,

impegna il Governo

ad intervenire sulla normativa in modo da evitare il rilascio di provvedimenti in forma orale facendo invece in modo che l'affidato abbia a disposizione una documentazione cartacea con cui poter dimostrare alle forze dell'ordine di aver ottenuto oralmente dal magistrato di sorveglianza un'autorizzazione.
9/1921-A-R/53Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del Decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa inflitti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherate, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di intervenire normativamente affinché i condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame non possano beneficiare di un'ulteriore detrazione di pena.
9/1921-A-R/54Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nella quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui verme promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1o luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti normativi relativi alla risoluzione delle problematiche concernenti la materia del personale dell'amministrazione penitenziaria e dell'ufficio di esecuzione penale esterna.
9/1921-A-R/55Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente risolto) in tempi brevi sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena: è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è Stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherate estraneo alta Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa dell'a pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad adottare ogni atto di competenza per attuare a revisione dell'impianto normativo e la depenalizzazione dei reati connessi alla coltivazione, cessione e consumo della cannabis.
9/1921-A-R/56Colonnese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della Liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opero di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di intervenire normativamente affinché l'a maggiore detrazione di pena di cui al comma 2 dell'articolo 4 del presente decreto non si applichi retroattivamente.
9/1921-A-R/57Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 116 del 2013 «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire a densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione dell'a professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    per ovviare a tali carenze si ricorre tuttavia a strumenti, quali quello dell'istituto della liberazione anticipata, che, quanto meno, necessitano di adeguati strumenti che ne disciplinino l'utilizzo graduandone l'applicazione;
    è inoltre necessario tenere alto il livello di controllo di qualsivoglia iniziativa che determini alleggerimento della situazione carceraria prevedendo sistemi adeguati a garanzia del corretto uso dello strumento stesso,

impegna il Governo

a prevedere che la maggiore detrazione non si applichi ai condannati per delitti previsti dall'articolo 416-bis, 270-bis, 270-ter, 270, 270-quater, 270-quinquies, 270-sexies, 600-bis, 609-bis e 575 del codice penale.
9/1921-A-R/58Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, amiche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1o luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherate estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di urta effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati rivestimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad adottare ogni atto di competenza per attuare la revisione normativa idonea a mettere in campo un'incisiva opera di depenalizzazione sia sul fronte del reato di clandestinità, che sugli inasprimenti dei reati sugli stupefacenti introdotti dalla legge cd. Fini-Giovanardi.
9/1921-A-R/59Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il Consiglio dei ministri nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, amiche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (1o luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherate estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di urta effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati rivestimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a reperire le necessarie risorse finanziarie per l'edilizia penitenziaria prevedendo, nei rispetto della normativa vigente, la realizzazione di nuove strutture solo ove necessario e, con priorità, l'ampliamento e l'ammodernamento di quelle esistenti che siano adattabili, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti, evitando il ricorso a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici.
9/1921-A-R/60Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per Formai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative volte ad incentivare – nel pieno rispetto dei diritti riconosciuti alle persone detenute e delle norme nazionali ed internazionali di carattere pattizio – il trasferimento delle persone straniere detenute che abbiano subito condanna definitiva, assicurando a tal fine una più ampia ed efficace applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e favorendo altresì la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri Paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel Paese d'origine.
9/1921-A-R/61D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalia necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006. anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una affettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a far sì che il Garante per i diritti dei detenuti sia concretamente slegato ed indipendente, sia sul piano formale che sostanziale, dall'Esecutivo.
9/1921-A-R/62De Rosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006. anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge, 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l'organico degli operatori, compresi psicologi ed educatori, previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
9/1921-A-R/63Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a rendere effettivo il principio di certezza della pena, con lo scopo di garantire che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali.
9/1921-A-R/64Manlio Di Stefano, Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena); è appena il caso di osservare eh ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame cosiddetto «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della Funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa normativa tesa al potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
9/1921-A-R/65Di Vita, De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    il sovraffollamento carcerario non solo rischia di assumere dimensioni tali da poter creare addirittura problemi di ordine pubblico, ma, soprattutto, determina il venire meno della funzione rieducativa e riabilitativa della pena, posto che il rapporto numerico tra detenuti, educatori e assistenti sociali ha frustrato ogni possibile serio tentativo di intraprendere e seguire, per la maggior parte dei reclusi, percorsi individualizzati così come previsto dall'ordinamento penitenziario;
    gli agenti di polizia penitenziaria sono costretti a lavorare in condizioni disumane, mal pagati, sottoposti a turni massacranti e costretti ad operare in assenza dei requisiti minimi di sicurezza, a causa della cronica carenza d'organico, che continua ad aggravarsi in seguito ai blocchi delle assunzioni nella pubblica amministrazione;
    nulla, invece, è stato fatto, in particolar modo dal Governo in carica, sotto il profilo dello stanziamento di risorse e dell'edilizia carceraria, tanto che il relativo piano straordinario, varato dal Governo il 13 gennaio 2010, e che prevedeva, a partire dal 2011, la realizzazione di diciotto nuove carceri «flessibili», vale a dire di prima accoglienza e a custodia attenuata, destinate a detenuti con pene lievi, otto delle quali sarebbero dovute sorgere in aree strategiche, portando complessivamente alla creazione di 21.709 nuovi posti negli istituti penitenziari e al raggiungimento di una capienza totale di ottantamila detenuti, è, a tutt'oggi, largamente inattuato;
    gli interventi di edilizia carceraria costituiscono due dei cosiddetti quattro pilastri in cui era stato articolato il piano carceri, sulla base della dichiarazione dello stato di emergenza carceraria, deliberata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010 e poi prorogata di anno in anno, mentre gli ulteriori due pilastri erano costituiti dall'assunzione di duemila nuovi agenti di Polizia Penitenziaria (a fronte dei cinquemila effettivamente mancanti) e, dall'introduzione di novità al sistema sanzionatorio, quarto pilastro ed unico che sinora sia stato realizzato,

impegna il Governo

a dare completa attuazione al piano carceri, dando immediato avvio all'implementazione delle strutture esistenti e all'edificazione dei nuovi istituti, nonché provvedendo alla copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al Fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza.
9/1921-A-R/66Fantinati, Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per conformarsi quanto prima alla normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, se del caso prevedendo anche una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza o alternativi alla detenzione, nonché per modificare la disciplina inerente il pagamento delle spese giudiziarie nel senso che esse non possano più gravare sulle vittime o sulle loro famiglie.
9/1921-A-R/67Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge in esame, cosiddetti «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede internazionale al fine di stipulare gli accordi necessari e far rispettare quelli già raggiunti, affinché la popolazione carceraria straniera attualmente detenuta in Italia possa essere rimpatriata per scontare la pena nel proprio Paese d'origine;
9/1921-A-R/68Frusone, Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede internazionale al fine di stipulare gli accordi necessari e far rispettare quelli già raggiunti, affinché la popolazione carceraria straniera attualmente detenuta in Italia possa essere rimpatriata per scontare la pena nel proprio Paese d'origine;
9/1921-A-R/68. (Testo modificato nel corso della seduta) Frusone, Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dulia necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante, disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con (legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affliggano la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per abrogare con urgenza l'articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione (il cosiddetto «reato di clandestinità») ed intervenire sul Testo unico in materia di stupefacenti, come da ultimo modificato dalla legge cosiddetta «Fini-Giovanardi» – una legge su cui peraltro pende una pronuncia della Corte costituzionale – che prevedono artificiali risposte penali;
9/1921-A-R/69Luigi Gallo, Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame cosiddetto «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dai senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affliggano la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad intervenire sugli organici di tutte le figure che operano negli istituti di pena e nel circuito penale esterno, in particolare prevedendo nuove assunzioni, congrue ed adeguate ai nuovi compiti che la legislazione va loro gradualmente affidando;
9/1921-A-R/70Silvia Giordano, Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema dei sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 40 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, in alcune case di reclusione anche del 70 per cento;
    il problema del sovraffollamento carcerario potrebbe, invece, fortemente ridimensionarsi se si perseguisse un'efficace politica di accordi bilaterali finalizzata a far scontare la pena ai detenuti stranieri nelle carceri dei Paesi di origine,

impegna il Governo

ad attivarsi con urgenza per sottoscrivere accordi bilaterali, ovvero ulteriori accordi integrativi qualora necessari, con Albania, Marocco, Tunisia e Romania, al fine di estendere ai detenuti di quelle nazionalità gli effetti della convenzione di Strasburgo del 1983.
9/1921-A-R/71Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 40 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, in alcune case di reclusione anche del 70 per cento;
    il problema del sovraffollamento carcerario potrebbe, invece, fortemente ridimensionarsi se si perseguisse un'efficace politica di accordi bilaterali finalizzata a far scontare la pena ai detenuti stranieri nelle carceri dei Paesi di origine,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per inserire nei predetti accordi apposite disposizioni volte al riconoscimento automatico, anche senza il consenso del detenuto, delle sentenze emesse all'estero ed al rimpatrio di tutti i detenuti stranieri condannati in via definitiva;
9/1921-A-R/72Lombardi, Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»:
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge. 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDLI 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 40 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, in alcune case di reclusione anche del 70 per cento;
    il problema del sovraffollamento carcerario potrebbe, invece, fortemente ridimensionarsi se si perseguisse un'efficace politica di accordi bilaterali finalizzata a far scontare la pena ai detenuti stranieri nelle carceri dei Paesi di origine,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per integrare e rafforzare in tale direzione le norme di cui al decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010 in materia di riconoscimento all'estero delle sentenze penali emesse in Italia secondo i princìpi espressi nella decisione quadro 2008/909/GAI dell'Unione europea.
9/1921-A-R/73Lorefice, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema dei sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termici della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri»...recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 40 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, in alcune case di reclusione anche del 70 per cento;
    il problema del sovraffollamento carcerario potrebbe, invece, fortemente ridimensionarsi se si perseguisse un'efficace politica di accordi bilaterali finalizzata a far scontare la pena ai detenuti stranieri nelle carceri dei Paesi di origine,

impegna il Governo

a considerare anche l'opportunità di concedere, in favore dei Paesi firmatari degli accordi bilaterali, il riconoscimento di un contributo economico da parte dello Stato italiano proporzionato alle spese di mantenimento dei propri detenuti presso le loro carceri, in quota parte rispetto al costo sostenuto dall'Italia quotidianamente, che allo stato attuale è pari ad euro 124,6 giornaliero per detenuto.
9/1921-A-R/74Lupo, Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dai Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 40 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, in alcune case di reclusione anche del 70 per cento;
    il problema del sovraffollamento carcerario potrebbe, invece, fortemente ridimensionarsi se si perseguisse un'efficace politica di accordi bilaterali finalizzata a far scontare la pena ai detenuti stranieri nelle carceri dei Paesi di origine,

impegna il Governo

a concorrere infine alla predisposizione di validi strumenti di monitoraggio e di controllo riguardanti l'attuazione della convenzione di Strasburgo del 1983, dei regolamenti europei in materia e degli accordi bilaterali sottoscritti con i Paesi esteri.
9/1921-A-R/75Mannino, Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

procedere alla costruzione di strutture alternative al carcere a custodia attenuata e di case famiglia protette per le donne attualmente detenute con i loro bambini come peraltro previsto dalla legge n. 62 del 2011, e migliorare da subito le condizioni di accesso e di possibilità di relazione dei figli dei detenuti con i propri genitori, creando negli istituti di pena degli spazi child friendly per permettere ai bambini, figli di detenuti, di visitare in condizioni accettabili i loro genitori nel rispetto della loro condizione infantile.
9/1921-A-R/76Mantero, Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il problema del sovraffollamento carcerario non riguarda solo la sfera morale e sociale della nostra democrazia, ma è interconnesso e parte del più ampio tema della giustizia e della credibilità dell'intero sistema. Poiché nulla è più contraddittorio e, alla fine, dannoso, che far vivere chi ha infranto le regole e ha già scarsamente recepito, in condizioni ordinarie di vita, il senso della legalità in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito è quanto attuato e vissuto;
    si rafforza anche a livello governativo la convinzione che per reati di lieve entità commessi da persone non socialmente pericolose occorre trovare un sistema di pene alternativo, non incentrato solamente sulla reclusione nel sistema penitenziario,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative per introdurre procedure facilitate e, dunque, anche in deroga rispetto alla disciplina ordinaria – per l'ammissione a benefici e a misure alternative dei detenuti che si trovino in una condizione, non altrimenti risolvibile dall'amministrazione, di sovraffollamento carcerario e sulle quali sia comunque espresso il parere favorevole, caso per caso, del giudice di sorveglianza.
9/1921-A-R/77Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il problema del sovraffollamento carcerario non riguarda solo la sfera morale e sociale della nostra democrazia, ma è interconnesso e parte del più ampio tema della giustizia e della credibilità dell'intero sistema. Poiché nulla è più contraddittorio e, alla fine, dannoso, che far vivere chi ha infranto le regole e ha già scarsamente recepito, in condizioni ordinarie di vita, il senso della legalità in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    si rafforza anche a livello governativo la convinzione che per reati di lieve entità commessi da persone non socialmente pericolose occorre trovare un sistema di pene alternativo, non incentrato solamente sulla reclusione nel sistema penitenziario,

impegna il Governo

a tutelare i diritti umani e la dignità delle persone recluse, istituendo forme di controllo indipendente degli istituti (accertandone la vivibilità anche dal punto di vista igienico-sanitario), promuovendo la dotazione di strutture e personale idonei ad assicurare un'adeguata assistenza psicologica ai reclusi, progetti mirati di sostegno educativo e sociale (attraverso la creazione di centri di ascolto, la predisposizione di misure di particolare attenzione nelle prime fasi della detenzione, la limitazione e il controllo dell'isolamento disciplinare), nonché percorsi di formazione e lavoro necessari per assicurare una nuova vita dopo il carcere: ciò, al fine di contrastare i suicidi, la violenza, la soggezione tra gli stessi e agire in maniera efficace per il reinserimento sociale e la drastica riduzione della recidività a causa della creazione di adeguate reti di accoglienza e supporto sociale al di fuori del carcere.
9/1921-A-R/78Rizzetto, Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge. 9 agosto 2013, n. 94;
    il problema del sovraffollamento carcerario non riguarda solo la sfera morale e sociale della nostra democrazia, ma è interconnesso e parte del più ampio tema della giustizia e della credibilità dell'intero sistema. Poiché nulla è più contraddittorio e, alla fine, dannoso, che far vivere chi ha infranto le regole e ha già scarsamente recepito, in condizioni ordinarie di vita, il senso della legalità in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    si rafforza anche a livello governativo la convinzione che per reati di lieve entità commessi da persone non socialmente pericolose occorre trovare un sistema di pene alternativo, non incentrato solamente sulla reclusione nei sistema penitenziario,

impegna il Governo

ad adeguare in maniera costante gli organici del personale dell'amministrazione penitenziaria (Corpo di polizia penitenziaria e personale educativo in primis) alle reali necessità degli istituti e dell'esecuzione penale «esterna», nonché assicurare il rispetto dei diritti inalienabili, non sempre invece garantiti: equa retribuzione, ferie, riposo settimanale.
9/1921-A-R/79Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema dei sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    all'articolo 7 si istituisce il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, e si stabilisce che i componenti del Garante nazionale non hanno diritto ad indennità od emolumenti per l'attività prestata, fermo restando il diritto al rimborso delle spese,

impegna il Governo

a valutare le disposizioni di cui all'articolo 7, al fine di adottare ulteriori iniziative normative affinché i componenti dell'organo di garanzia ricevano un'indennità tale da consentire loro di svolgere con efficacia il mandato assegnato.
9/1921-A-R/80Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    va ravvisata inoltre, con riferimento alla tutela del diritto alla genitorialità, l'esigenza di considerare specificamente i casi in cui sia imputata una donna incinta ovvero una madre con tigli di età non superiore a dieci anni con lei conviventi, prevedendo che la custodia cautelare possa essere disposta presso case-famiglia protette,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare norme che, in considerazione dei casi in cui sia imputata una donna incinta ovvero una madre con figli di età non superiore a dieci anni con lei conviventi, prevedano che la custodia cautelare possa essere disposta presso case-famiglia protette.
9/1921-A-R/81Spessotto, L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    i profili di criticità che interessano la situazione di grave sovraffollamento delle carceri italiane, l'inadeguatezza delle strutture e delle dinamiche di organizzazione della detenzione, acquisiscono rilievo ancor più grave e complesso se si consideri la drammatica cifra concernente i figli dei detenuti che ogni anno accedono alle strutture penitenziari e per incontrare il proprio genitore: circa 100mila bambini ogni anno;
    la situazione di tutela dei minori in queste difficili circostanze registra gravi carenze, segnalate dalle associazioni che effettuano monitoraggio e assistenza sul tema dei minori figli di detenuti, sia per quanto riguarda gli spazi dedicati all'incontro e al colloquio con i genitori, sia per quanto riguarda gli spazi di accoglienza, e talvolta purtroppo di vita, dei minori che, di fatto, vivono in carcere con le proprie madri;
    in tema di tutela dei minori, segnatamente in situazioni che li espongano a particolare vulnerabilità, quali la circostanza detentiva di un genitore, la Convenzione Onu sui diritti del bambino rappresenta i principi guida che debbono ispirare le decisioni in tale delicato ambito, stabilendo: all'articolo 3, che l'interesse superiore del bambino vada considerato come preminente; all'articolo 8, che i minori non debbano subire discriminazioni per la condizione dei loro genitori; all'articolo 9, che vada tutelata la relazione genitori-figli;
    rispetto a tali situazioni, la normativa nazionale ha compiuto notevoli passi in avanti con l'approvazione della legge 62/2011 – recante «Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354. e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» – che ha disposto, all'articolo 1, comma 1, che «Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza»;
    la citata legge ha altresì disposto, per tal une fatti specie, che il giudice possa disporre la custodia «presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri, ove le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano»;
    in materia di detenzione domiciliare, la legge 62/2011 ha altresì stabilito che la pena possa essere espiata presso case famiglia protette, ove esse siano state istituite;
    a completamento di tale quadro applicativo della normativa vigente a tutela dei minori, si rende necessaria una chiara definizione delle tipologie di «eccezionale rilevanza» che costituiscono il discrimine al divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere, motivando invece la detenzione,

impegna il Governo

a predisporre adeguati interventi di natura normativa al fine di adeguare le strutture detentive secondo quanto previsto dalla legge 230/2000, attivando le migliori pratiche di tutela dei minori, e a predispone adeguate misure normative al fine di definire le specifiche tipologie di «esigenze cautelari di eccezionale rilevanza», di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 62/2011 citata in premessa, che motivano la custodia cautelare in carcere per le madri di bambini di età inferiore ai 6 anni, prevedendo altresì, ai fini del perseguimento di una sempre maggiore tutela degli interessi e dei diritti dei minori, che la pena detentiva vada espletata presso le strutture di detenzione attenuata.
9/1921-A-R/82Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo - «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il problema del sovraffollamento carcerario non riguarda solo la sfera morale e sociale della nostra democrazia, ma è interconnesso e parte del più ampio tema della giustizia e della credibilità dell'intero sistema. Poiché nulla è più contraddittorio e, alla fine, dannoso, che far vivere chi ha infranto le regole e ha già scarsamente recepito, in condizioni ordinarie di vita, il senso della legalità in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    si rafforza anche a livello governativo la convinzione che per reati di lieve entità commessi da persone non socialmente pericolose occorre trovare un sistema di pene alternativo, non incentrato solamente sulla reclusione nel sistema penitenziario,

impegna il Governo

a facilitare iniziative normative per un ordinamento penitenziario specifico per i minori, essendo questa una riforma ormai improrogabile, sollecitata più volte anche dalla stessa Corte costituzionale.
9/1921-A-R/83Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessita ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    va rilevato, il mancato riferimento al tema della medicina penitenziaria, ritenuto invece fondamentale nell'ambito di un contesto normativo concernente la tutela dei diritti dei detenuti, anche alla luce dei recenti tragici episodi riguardanti soggetti gravemente malati che si trovano in stato di detenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare una disposizione volta a consentire, nel caso in cui il condannato sottoposto a trattamenti terapeutici finalizzati alla cura di malattie ad esito infausto non risponda più ai trattamenti medesimi, che la pena possa essere eseguita presso l'abitazione del condannato o presso una struttura sanitaria pubblica ovvero una struttura privata accreditata.
9/1921-A-R/85Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    va rilevata, l'assenza di disposizioni attinenti al tema della genitorialità, che sarebbe invece necessario trattare in considerazione dell'importanza di garantire che i rapporti tra i genitori detenuti e i loro figli siano mantenuti anche grazie allo svolgimento di colloqui in luoghi idonei all'interno delle strutture carcerarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, una norma specifica sul tema della genitorialità, al fine di assicurare che gli incontri tra i detenuti e i loro figli minori si svolgano all'interno delle strutture carcerarie in ambienti idonei e secondo modalità specifiche, garantendo ai minori la possibilità di trascorrere tempo ludico e affettivo con il proprio genitore detenuto in quantità superiore ai regolamenti vigenti.
9/1921-A-R/86Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il problema del sovraffollamento carcerario non riguarda solo la sfera morale e sociale della nostra democrazia, ma è interconnesso e parte del più ampio tema della giustizia e della credibilità dell'intero sistema. Poiché nulla è più contraddittorio e, alla fine, dannoso, che far vivere chi ha infranto le regole e ha già scarsamente recepito, in condizioni ordinarie di vita, il senso della legalità in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    si rafforza anche a livello governativo la convinzione che per reati di lieve entità commessi da persone non socialmente pericolose occorre trovare un sistema di pene alternativo, non incentrato solamente sulla reclusione nel sistema penitenziario,

impegna il Governo

a procedere, con iniziativa del Ministero della salute (con la conferenza degli assessori delle regioni) a 5 anni dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, alla verifica dello stato di attuazione nelle regioni della riforma che trasferisce alle regioni la cura dei detenuti decretandone la piena uguaglianza con gli altri cittadini, considerato che, ad esempio, tale riforma a tutt'oggi non è ancora stata recepita in Sicilia (di fatto la «salute» e gli «operatori» sono pagati dal DAP che però non ha più capitolo economico), e che permane di fatto un doppio binario che la riforma voleva superare con livelli di cura omogenei per tutti i detenuti e operatori nelle 206 carceri italiane, da nord a sud, secondo il principio costituzionale, considerato che tra le «non applicazioni della riforma» a tutt'oggi mancano dati nazionali e regionali sulle patologie presenti/prevalenti in carcere, non è attuato un sistema di monitoraggio e controllo, informatizzazione delle cartelle cliniche, sul numero dei tossicodipendenti presi in carico, avviati nelle comunità terapeutiche, o dati sulla incidenza della salute mentale.
9/1921-A-R/87Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nei rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero (le/le persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

a riferire, entro un mese dall'approvazione della legge nella Commissione competente per materia sullo stato di attuazione del suddetto provvedimento.
9/1921-A-R/88Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire ai detenuti e agli internati di svolgere la propria attività, nell'esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività, anche all'interno delle associazioni di promozione sociale.
9/1921-A-R/89Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 1, lettera c) e d), contiene disposizioni concernenti l'estensione temporale a quattro anni della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, l'articolo 4 contiene disposizioni concernenti l'introduzione della misura della liberazione anticipata speciale;
   considerato che:
    in tutti i procedimenti di esecuzione concernenti misure per la concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale del condannato e/o detenuto, per la concessione della misura della liberazione anticipata, nonché per la concessione della semilibertà e del lavoro esterno, svolge una funzione essenziale l'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) il cui personale ha funzioni di valutazione, vigilanza e osservazione del soggetto che deve essere ammesso alla misura alternativa alla detenzione;
    il ruolo dell'UEPE rappresenta un tassello fondamentale nel trattamento e osservazione comportamentale del detenuto; esso è il fulcro per la realizzazione degli obiettivi delineati dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione e del diritto alla salute del detenuto;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 ha previsto la concessione della misura alternativa per pene da espiare fino a quattro anni nonché l'istituto della liberazione anticipata speciale al detenuto che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, così comportando un sensibile aumento del carico di lavoro degli UEPE e di tutti gli esperti coinvolti in tali procedure;
    il decreto-legge in esame è segno evidente della volontà del Legislatore di considerare – in maniera forte – l'importanza della rieducazione e inserimento sociale del detenuto e del trattamento rieducativo anche intramurario dello stesso quale strumento per realizzare gli obiettivi della Carta costituzionale (articolo 27 della Costituzione) e per dare una risposta anche al gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri e dei suicidi dei detenuti che nelle carceri italiane hanno raggiunto livelli preoccupanti;
    a fronte di tale volontà deve corrispondere un uguale risposta in termini di dotazione di risorse finanziarie e di personale;
    tuttavia già oggi gli UEPE soffrono la cronica mancanza di mezzi e di personale che viene impiegato con ritmi di lavoro sempre più gravosi, sia dal punto di vista del continuo aumento del numero dei sottoposti alle misure, che per la qualità e la diversificazione degli interventi;
    occorre dare un segno concreto di cambiamento dotando questi uffici dei mezzi, risorse e autonomia necessaria,

impegna il Governo

ad intervenire con idonee misure normative al fine di assicurare l'autonomia e il potenziamento in termini di risorse umane e strumentali degli UEPE anche in funzione della realizzazione degli obiettivi previsti dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione del detenuto così come previsto dal decreto legge in esame e dalla normativa europea.
9/1921-A-R/90Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

a valutare tutti gli automatismi procedurali che incidono negativamente sulla reale concretizzazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione.
9/1921-A-R/91Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    la retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

ad intervenire normativamente affinché l'articolo 54 della legge 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario) non si applichi ai condannati per delitti previsti dall'articolo 416-bis, 270-bis, 270-ter, 270, 270-quater, 270-quinquies, 270-sexies, 600-bis, 609-bis e 575 del codice penale, o ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
9/1921-A-R/92D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

ad adoperarsi per la previsione di adeguati stanziamenti in favore del comparto giustizia, in modo da dotare il settore di risorse indispensabili per la credibilità, l'efficacia e l'efficienza del sistema giudiziario italiano e poter dar corso agli interventi strutturali necessari per attuare pienamente le riforme avviate.
9/1921-A-R/93D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

a proseguire nella riorganizzazione del sistema carcerario, attraverso il completamento del piano straordinario di edilizia penitenziaria che prevede interventi di adeguamento e risanamento delle strutture esistenti e la realizzazione di nuovi istituti.
9/1921-A-R/94Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere ogni provvedimento normativo volto alla predisposizione di norme e riforme anche strutturali tali da garantire la certezza del diritto e la certezza della pena, idonee tra l'altro a garantire la conclusione dei processi prima del decorso del termine prescrizionale, e quindi l'efficientamento dell'intero sistema giudiziario.
9/1921-A-R/95Luigi Di Maio, Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;

    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere ogni provvedimento normativo volto allo snellimento delle regole procedurali dei processi, sia penali sia civili, che debbono necessariamente rappresentare una priorità dell'azione governativa.
9/1921-A-R/96Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere ogni provvedimento normativo volto alla pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari.
9/1921-A-R/97Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame concentra la propria attenzione in modo quasi esclusivo sulla riduzione della popolazione carceraria, attraverso misure quali l'affidamento in prova al servizio sociale, la liberazione anticipata speciale, l'applicazione a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, solo per citarne alcune;
    salve l'introduzione più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo in via amministrativa e in quello davanti alla magistratura di sorveglianza e l'istituzione Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, il decreto-legge in esame non adotta alcuna misura per il miglioramento delle condizioni nelle quali vivono coloro che rimarranno detenuti, pur essendo questo uno degli aspetti principali per i quali l'Italia è stata, oramai più volte, condannata in sede europea;
    le misure alternative alla detenzione non produrranno un effetto deflattivo tale da costituire una reale soluzione alla questione del sovraffollamento dei nostri istituti penitenziari e, di conseguenza, continuerà a ripetersi la violazione della dignità di migliaia di detenuti costretti in uno spazio vitale minimo;
    continua ad essere inattuato il Piano straordinario per l'edilizia carceraria, varato dal Governo esattamente quattro anni fa, e che prevedeva, a partire dal 2011, la realizzazione di diciotto nuove carceri «flessibili», vale a dire di prima accoglienza e a custodia attenuata, destinate a detenuti con pene lievi, otto delle quali sarebbero dovute sorgere in aree strategiche, portando complessivamente alla creazione di 21.709 nuovi posti negli istituti penitenziari e al raggiungimento di una capienza totale di ottantamila detenuti,

impegna il Governo

a dare completa attuazione al Piano straordinario per l'edilizia carceraria, dando immediato avvio all'implementazione delle strutture esistenti e all'edificazione dei nuovi istituti.
9/1921-A-R/98Taglialatela.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo sia nell'ambito dei procedimento giudiziario, sia, soprattutto, nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di dispone di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predispone fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata di richieste estorsive e di usura) limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria,

impegna il Governo

con specifico riferimento alla fase processuale ad assumere iniziative volte a prevedere una disciplina risarcitoria da parte dello Stato, laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza alternativi alla detenzione adottati dallo stesso e a modificare la disciplina inerente al pagamento delle spese giudiziarie, affinché esse non possano più gravare proprio sulle vittime o sulle loro famiglie.
9/1921-A-R/99Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il Governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94,

impegna il Governo

a dare immediate disposizioni affinché sia garantita in tutti gli istituti penitenziari sia un'idonea logistica per gli incontri fra genitori e figli sia l'estensione dei colloqui nei giorni festivi al Fine di garantire il diritto allo studio dei ragazzi che frequentano la scuola di ogni ordine e grado.
9/1921-A-R/100Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge n. 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherata estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere a provvedere con ogni atto di competenza tendente alla normalizzazione dell'emergenza carceraria, partendo da una riforma incisiva dell'istituto della custodia cautelare in carcere.
9/1921-A-R/101Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 20103, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006. anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari;
    per quanto riguarda la giustizia civile, secondo i dati pubblicati dal Servizio Studi del Senato della Repubblica nel maggio 2013, relativi all'amministrazione della giustizia in Italia, nell'anno 2011 il tempo medio di definizione di un processo civile in Italia è stato di 470 giorni in Tribunale, 1.060 giorni in Corte d'Appello e 1.105 giorni in Corte di Cassazione, per un totale, necessario per concludere tutti e tre i gradi di giudizio, di 2.635 giorni, pari a poco più di 7 anni;
    peraltro, l'analisi dei dati relativi a numero di procedimenti pendenti, nuovi procedimenti iscritti e procedimenti conclusi nel settore della giustizia civile evidenzia come, rimanendo i relativi trend costanti, serviranno più di venticinque anni per smaltire tutti i processi civili ad oggi pendenti,

impegna il Governo

a procedere normativamente al fine di individuare le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti civili arretrati.
9/1921-A-R/102Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    uno dei più gravosi problemi che affliggono la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a realizzare riforme normative organiche e a stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia.
9/1921-A-R/103Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo sia nell'ambito del procedimento giudiziario, sia, soprattutto, nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata di richieste estorsive e di usura) limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria,

impegna il Governo

a elaborare modalità per la verifica e valutazione dell'impatto delle misure di assistenza e protezione delle vittime.
9/1921-A-R/104Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto « Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative necessarie a ridurre il carico dei procedimenti pendenti, sia in ambito penale che in quello della giustizia civile.
9/1921-A-R/105Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 1, lettere c) e d), contiene disposizioni concernenti l'estensione temporale a quattro anni della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, e l'articolo 4 contiene disposizioni concernenti l'introduzione della misura della liberazione anticipata speciale;
    in tutti i procedimenti di esecuzione concernenti misure per la concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale del condannato e/o detenuto, per la concessione della misura della liberazione anticipata, nonché per la concessione della semilibertà e dei permessi premio, è coinvolta la figura dell'Esperto psicologo o criminologo il cui giudizio è parte integrante della relazione richiesta dagli organi della magistratura di sorveglianza ai fini della concedibilità della misura alternativa;
    la figura dell'esperto psicologo è prevista dall'articolo 80 della legge 26 luglio del 1975 e n. 354 e rappresenta un tassello fondamentale nel trattamento e osservazione comportamentale del detenuto; esso è il fulcro per la realizzazione degli obiettivi delineati dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione e del diritto alla salute del detenuto;
    l'esperto psicologo e criminologo partecipa alle attività di osservazione comportamentale del detenuto, alle procedure di valutazione per l'ammissione alle misure alternative alla detenzione e a tutti i benefici premiali penitenziari dei detenuti, nonché alle procedure di osservazione e valutazione psicologica dei nuovi ingressi;
    il decreto-legge in esame ha previsto la concessione della misura alternativa per pene da espiare fino a quattro anni nonché l'istituto della liberazione anticipata speciale al detenuto che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, così comportando un sensibile aumento del carico di lavoro degli UEPE e degli esperti ex articolo 80 Ordinamento Penitenziario coinvolti in tali procedure;
    il decreto-legge in esame è segno evidente della volontà del legislatore di considerare – in maniera forte – l'importanza della rieducazione e inserimento sociale del detenuto e del trattamento rieducativo anche intramurario dello stesso quale strumento per realizzare gli obiettivi della Carta costituzionale (articolo 27 della Costituzione) e per dare una risposta anche al gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri e dei suicidi dei detenuti che nelle carceri italiane hanno raggiunto livelli preoccupanti;
    con circolare n. 3645/6095 dell'11 giugno 2013 il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha stabilito le regole del «nuovo» contratto di convenzione tra gli istituti dell'amministrazione penitenziaria e gli esperti di in psicologia e criminologia clinica prevedendo – tra l'altro – la durata di un anno dell'incarico non rinnovabile per più di quattro anni dalla data della sua sottoscrizione, con l'effetto di escludere e tagliare fuori numerosissimi esperti qualificati e con una esperienza straordinaria ventennale nel settore e che oggi non hanno visto rinnovarsi l'incarico;
    è necessario valorizzare e riconoscere la professionalità maturata dagli esperti psicologi e criminologi nelle procedure di valutazione del detenuto in funzione del perseguimento degli obiettivi di rieducazione e cura,

impegna il Governo

ad intervenire con idonee misure normative al fine di assicurare la continuità lavorativa degli esperti psicologi e criminologi ex articolo 80 Ordinamento Penitenziario riconoscendone la professionalità e l'esperienza maturata e valutando la possibilità di prorogare le convenzioni stipulate nel 2013 anche in funzione della realizzazione degli obiettivi previsti dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione del detenuto così come previsto dal decreto-legge in esame e dalla normativa europea.
9/1921-A-R/106Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo sia nell'ambito del procedimento giudiziario, sia, soprattutto, nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla, base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata di richieste estorsive e di usura) limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria,

impegna il Governo

a prevedere adeguate forme di pubblicizzazione dei servizi offerti e delle strutture di accoglienza presenti sul territorio, nonché campagne di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza nelle sue diverse declinazioni.
9/1921-A-R/107Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8 gennaio 2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto in esame, cosiddetto «Svuota Carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

ad operare affinché nel settore della giustizia penale siano preservati tutti i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini, sia dal lato della vittima sia dal lato dell'autore del reato, ed affinché nel settore della giustizia civile si possa garantire ai cittadini il tempestivo soddisfacimento dei propri diritti e alle imprese la capacità di affrontare una causa senta doverne subire danno in termini di competitività.
9/1921-A-R/108Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo sia nell'ambito del procedimento giudiziario, sia, soprattutto nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata di richieste estorsive e di usura) limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria,

impegna il Governo

a svolgere un ruolo di impulso e di coordinamento centrale delle strutture, pubbliche e private, deputate a svolgere funzioni di assistenza, sostegno e tutela delle vittime, al fine, da un lato di potenziare e rendere più omogenea la distribuzione sul territorio delle stesse, e, dall'altro, di operare nel senso della creazione di una rete tra pubblico e privato.
9/1921-A-R/109Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità ... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo sia nell'ambito del procedimento giudiziario, sia, soprattutto, nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata di richieste estorsive e di usura) limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria,

impegna il Governo

a fornire un adeguato e continuativo sostegno economico alle realtà che operano nel campo dell'assistenza e tutela delle vittime di reato.
9/1921-A-R/110Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura; nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dai senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

a rinforzare gli strumenti di prevenzione dei reati e controllo, assumendo iniziative per introdurre altresì misure per incentivare la celerità dei processi.
9/1921-A-R/111Carinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obietti o quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge, 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente, risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (CEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per procedere ad interventi incisivi sulla struttura e i tempi del processo civile, rinforzando gli strumenti di mediazione, non necessariamente obbligatoria, e di risoluzione stragiudiziale delle controversie.
9/1921-A-R/112Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità... di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    come nel precedente decreto, anche in questa occasione viene sottolineata l'urgenza dell'adozione della misura: nulla quaestio sul fatto che il problema del sovraffollamento vada affrontato (e, possibilmente; risolto) in tempi brevi, sia per l'ormai imminente scadenza dei termini della nota sentenza Torreggiani c. Italia (GEDU 8.1.2013), che per le pressioni in tal senso provenienti da più parti (motivate da ragioni etiche ed umanitarie, ma anche finalizzate a ripristinare il rispetto della legalità all'interno degli istituti di pena): è appena il caso di osservare che ormai dal 2006, anno in cui venne promulgato il provvedimento di indulto noto come «indultino» (legge 31 luglio 2006, n. 241) il sovraffollamento delle carceri è un dato costante, e nulla è stato fatto per affrontare la questione con la dovuta ponderazione e sistematicità;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», recante ad avviso del presentatore un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri. Politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale teso a salvaguardare il principio della funzione rieducativa della pena bensì essenzialmente volte all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti l'applicazione della «sentenza Torreggiani», quantificabili in almeno 15.000 euro per ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti;
    uno dei più gravosi problemi che affligge la giustizia italiana concerne patologicamente la mancanza di una effettiva volontà di razionalizzazione e rilancio del comparto giustizia, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di mancanza di adeguati investimenti nelle strutture ed infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo a causa della mancanza di strumenti volti ad una pianificazione della formazione e valorizzazione della professionalità delle risorse umane impiegate negli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a promuovere concrete misure a tutela e sostegno delle vittime dei reati.
9/1921-A-R/113Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità di affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del Decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo; essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    la liberazione anticipata si applica anche ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis dell'Ordinamento Penitenziario (terrorismo, eversione, associazione mafiosa, sfruttamento della prostituzione, reati in materia di stupefacenti, eccetera), per i quali tuttavia è necessario un presupposto soggettivo più pregnante, rappresentato dalla prova, nel periodo di detenzione, «di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità»;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti tra cui una quantità rilevante di condannati per mafia. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di intervenire normativamente affinché la maggiore detrazione di cui al comma 2 dell'articolo 4, del presente decreto si applichi retroattivamente non a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010, bensì alla data del 1o gennaio 2013.
9/1921-A-R/114Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge, in oggetto, come precisava il CdM nel licenziarlo – «nasce dalla necessità... di a affrontare il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle fondamentali istanze di sicurezza della collettività», ed ha come obiettivo quello di «diminuire, in maniera selettiva e non indiscriminata, il numero delle persone ristrette in carcere»;
    per la seconda volta in un anno il governo in carica ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Un primo tentativo era stato fatto all'inizio di luglio con il decreto legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 94;
    il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri» reca un vero e proprio indulto mascherato estraneo alla Costituzione, omogeneo alle politiche messe in atto sino ad oggi dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri;
    l'articolo 4 del Decreto introduce la «liberazione anticipata speciale», caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria, di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario. La nuova misura si caratterizza, innanzitutto, per il suo carattere temporaneo: essa infatti è destinata ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
    la norma prevede poi che ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata. Come specificato, però, tale ulteriore sconto non si applica automaticamente, dovendosi accertare che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione, anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. La maggiore detrazione si applica retroattivamente a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    la liberazione anticipata si applica anche ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis dell'Ordinamento Penitenziario (terrorismo, eversione, associazione mafiosa, sfruttamento della prostituzione, reati in materia di stupefacenti, eccetera), per i quali tuttavia è, necessario un presupposto soggettivo più pregnante, rappresentato dalla prova, nel periodo di detenzione, «di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità»;
    l'articolo 4, se applicato, è in grado di far uscire di prigione già quest'anno circa 1.700 detenuti tra cui una quantità rilevante di condannati per mafia. La retroattività della norma comporta inoltre uno sconto di pena di 280 giorni a chi è già stato condannato e realizza così un indulto mascherato, rimesso alle valutazioni dei giudici di sorveglianza che, salvo il caso di gravi motivi, applicheranno gli sconti con regolarità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di intervenire normativamente affinché la maggiore detrazione di cui al comma 2 dell'articolo 4 del presente decreto si applichi retroattivamente non a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010, bensì alla data del 1o gennaio 2014.
9/1921-A-R/115Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame è il quarto provvedimento in questa legislatura adottato a tutela delle persone detenute, mentre alcuna attenzione sembra essere rivolta da questo Governo al tema delle vittime di reato, al quale si sta dedicando attenzione crescente in sede internazionale e nell'ambito della normativa europea;
    uno degli aspetti centrali che attiene alla tutela delle vittime di reato è certamente quello che attiene ai risarcimenti, rispetto al quale la normativa italiana appare essere in notevole ritardo rispetto alle normative internazionali e comunitarie, avendo predisposto adeguate forme risarcitorie in favore solo di alcune categorie di vittime;
    da ciò è scaturita, peraltro, la messa in mora dell'Italia a seguito del procedimento di infrazione promosso a suo carico da parte della Commissione europea (2011–4147) per la «cattiva applicazione» della direttiva 2004/80/CE, che prevede che «tutti gli Stati membri provvedano a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime», nel caso in cui il condannato non abbia i mezzi per farlo;
    la legislazione italiana sul tema, adottata, seppur con ritardo, con il Decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, ha semplicemente esteso al soggetto «stabilmente residente in un altro Stato membro dell'Unione europea» e che risulti essere la «vittima di reato commesso nel territorio dello Stato» il riconoscimento dell'indennizzo statale già previsto in ambito nazionale per la medesima tipologia di reato, ma senza estendere tale misura ad altri reati intenzionali violenti, nonostante in Italia i reati più gravi ed efferati siano commessi da singoli ai danni delle categorie più deboli come donne e bambini;
    l'Italia, inoltre, non risulta ad oggi tra gli Stati firmatari della Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, firmata a Strasburgo il 24 novembre 1983 ed entrata in vigore il 1o febbraio 1998, che obbliga gli Stati contraenti a prevedere, nell'ambito delle legislazioni nazionali, un meccanismo di risarcimento per le vittime di infrazioni violente che hanno causato gravi lesioni corporali o il decesso,

impegna il Governo

a conformarsi quanto prima alla normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, nonché ad attivarsi in sede internazionale per la firma della citata Convenzione.
9/1921-A-R/116Cirielli, Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'articolo 3 comma 1 lettera h prescrive procedure di controllo anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, conformi alle caratteristiche funzionali e operative degli apparati di cui le Forze di polizia abbiano l'effettiva disponibilità;
    emerge la necessità di tipo organizzativo di incrementare la disponibilità di tale tipo di apparecchiature in quanto le disposizioni entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana della legge di conversione del decreto;
   il Ministero dell'interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ha concluso nel 2001 una convenzione con Telecom Italia, definita sperimentale e limitata a sole cinque province (Milano, Torino, Roma, Napoli e Catania) per l'acquisto dei dispositivi elettronici di controllo;
    nel 2003 tale servizio è stato prorogato fino ai 31 dicembre 2011 ed esteso a tutto il territorio nazionale e Telecom Italia si impegna a fornire e gestire 400 dispositivi elettronici di controllo;
    la Corte dei Conti, con la Deliberazione n. 11/2012/G dell'Adunanza del 13 settembre 2012, si è pronunciata sull'antieconomicità di tale convenzione, rilevando, in particolare, «una notevole sproporzione tra gli elevati costi e il numero veramente esiguo dei bracciali utilizzati»;
    la Corte ha osservato che la convenzione stipulata con Telecom, prevede, oltre al noleggio e alla manutenzione, anche la gestione operativa della piattaforma tecnologica, che rappresenta la componente finanziariamente più onerosa;
    nel periodo di vigenza della convenzione (scaduta il 31 dicembre del 2011), il costo del sistema ha superato i 10 milioni annui, e in totale la magistratura contabile ha evidenziato che sono stati spesi oltre ottantuno milioni di euro;
    alla scadenza, la convenzione con Telecom è stata rinnovata – senza alcuna gara pubblica – per altri 7 anni (quindi, fino al 31 dicembre 2018) per servizi di comunicazione elettronica e relative forniture complementari e/o strumentali nonché i lavori connessi, complementari e/o strumentali su tutto il territorio nazionale a favore del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e dell'Arma dei Carabinieri, nonché di eventuali altri Enti/Dipartimenti che fanno capo al Ministero dell'interno;
    l'accordo, a trattativa diretta, ha riguardato anche la fornitura di 2.000 braccialetti elettronici: l'importo complessivo dell'appalto era pari a 521,5 milioni di euro;
    il Ministero dell'interno ha ritenuto, in particolare, che un solo operatore economico – coincidente con Telecom Italia S.p.a, precedente gestore – fosse in grado di eseguire il nuovo appalto di servizi, sussistendo ragioni tecniche in tal senso, oltre che la titolarità di (alcuni) diritti esclusivi, e che ciò consentisse quindi il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara;
    in particolare, a Telecom Italia SpA sono state affidate le attività di prestazione dei servizi nell'ambito delle prestazioni elettroniche con particolare ma non esclusivo riferimento ai servizi (di base e aggiuntivi) di telefonia fissa, di trasmissione dati, di telefonia mobile, di outsourcing e relativi servizi di riservatezza e sicurezza, di coordinamento informatico, di implementazione di prodotti, sistemi e servizi di comunicazione elettronica e dipendenti servizi di informatica, attività di supporto logistico, manutenzione e sviluppo;
    l'accordo tra Ministero degli interni e Telecom per la proroga della Convenzione – su ricorso della soc. Fastweb – è stato tuttavia oggetto di una pronuncia della Sezione I-ter del TAR del Lazio (sentenza 24 maggio 2012, n. 4997) che ha dichiarato inefficace la convenzione quadro datata 31 dicembre 2011 sulla base della necessità di indire una vera e propria gara per assegnare i servizi di comunicazione elettronica, sta per l'interesse della Società ricorrente a partecipare ad una selezione tesa all'affidamento dei servizi oggetto della procedura contestata», sia per «l'interesse dell'Amministrazione ad individuare il miglior contraente possibile al quale affidare tali servizi». La III sezione del Consiglio di Stato – con ordinanza del 7 gennaio 2013 – ha adottato una decisione interlocutoria sul ricorso di Telecom contro la sentenza del TAR, demandando alla Corte di Giustizia dell'Unione europea un quesito di natura pregiudiziale sull'efficacia della convenzione quadro. Il Consiglio di Stato ha riservato alla sentenza definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese,

impegna il Governo

a prevedere che per le future forniture dei dispositivi elettronici sia indetta una gara pubblica di evidenza europea.
9/1921-A-R/117Rampelli.


   La Camera,

impegna il Governo

a prevedere che per le future forniture dei dispositivi elettronici sia indetta una gara pubblica di evidenza europea.
9/1921-A-R/117. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame reca l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale;
    in base alle disposizioni del decreto-legge il Garante sarà costituito da un collegio di tre membri, di cui un Presidente, che rimarrà in carica per cinque anni non prorogabili, e i suoi componenti dovranno essere scelti tra persone che non siano dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
    le norme recano, inoltre, precise disposizioni in materia di incompatibilità dell'ufficio del Garante con altri incarichi e, al comma 3, stabiliscono che i componenti del Garante non abbiano diritto «a indennità o emolumenti per l'attività prestata», ma esclusivamente «al rimborso delle spese»;
    non appare chiaro come possa l'ufficio del Garante divenire realmente operativo e garantire il proprio «buon andamento» in assenza totale di remunerazione, peraltro dovendosi occupare della materia della quale è incaricato in via esclusiva,

impegna il Governo

a valutare l'adozione degli opportuni provvedimenti volti a riconoscere all'ufficio del Garante una dotazione finanziaria adeguata allo svolgimento dell'incarico cui è preposto nel rispetto del principio di buon andamento degli uffici.
9/1921-A-R/118Maietta.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame interviene in merito alla riduzione della popolazione carceraria al fine di combattere il fenomeno di cronico sovraffollamento che affligge gli istituti di pena italiani;
    tuttavia, se si intende affrontare in modo organico la questione non si può prescindere dall'aspetto della carcerazione preventiva;
    il ricorso sempre più frequente alla misura cautelare in carcere, e la lunga durata dei processi – dato abnorme e anomalia tipicamente italiana – costringono centinaia di migliaia di presunti innocenti a scontare lunghe pene in condizioni spesso illegali e disumane;
    al 31 dicembre 2011 i condannati con sentenza definitiva risultavano essere 37.591, mentre i detenuti ristretti in custodia cautelare 28.220, dei quali ben 14.260 risultavano in attesa della sentenza di primo grado, vale a dire che il 42 per cento dei reclusi – una percentuale quasi doppia rispetto a quella della media europea – era in attesa di giudizio e quasi la metà di loro verrà assolta all'esito del processo;
    la riforma della custodia cautelare attualmente in discussione in Parlamento, pur costituendo un segnale incoraggiante non interviene in modo abbastanza incisivo sull'istituto, che dovrebbe essere rivisto nei senso che le esigenze cautelari dovrebbero basarsi sull'evidenza delle prove e su acclarate condotte e, quindi, ancorate alla flagranza di reato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad operare una riforma dell'istituto della carcerazione preventiva nel senso di cui in premessa, al fine di garantire il necessario equilibrio tra le esigenze di sicurezza sociale e la salvaguardia della libertà dei singoli.
9/1921-A-R/119La Russa.


   La Camera,
   premesso che:
    i nostri istituti di pena stanno affrontando una fase di profonda regressione perché resi ingovernabili e privi di funzionalità, anche a causa dell'aumento di misure contraddittorie ed incontrollabili nell'ambito dell'esecuzione pena e del sistema penitenziario;
    il sovraffollamento carcerario non solo rischia di assumere dimensioni tali da poter creare problemi di ordine pubblico, ma, soprattutto, determina il venire meno della funzione rieducativa e riabilitativa della pena, posto che il rapporto numerico tra detenuti, educatori e assistenti sociali ha frustrato ogni possibile serio tentativo di intraprendere e seguire, per la maggior parte dei reclusi, percorsi individualizzati, come invece previsto dall'ordinamento penitenziario;
    in questo quadro assume particolare rilievo il ruolo degli agenti di polizia penitenziaria che, a causa della cronica carenza d'organico, si trovano costretti a lavorare in condizioni disumane, mal pagati, secondo turni massacranti, e, soprattutto, in assenza dei requisiti minimi di sicurezza;
    il sottodimensionamento dei ruoli della polizia penitenziaria continua ad aggravarsi in seguito ai blocchi delle assunzioni disposti nella pubblica amministrazione;
    uno dei cosiddetti quattro pilastri sulla base dei quali era stato articolato il Piano carceri, in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza carceraria deliberata nel gennaio del 2010, e poi prorogata di anno in anno, era costituito dalla prevista assunzione di duemila nuovi agenti di Polizia Penitenziaria, a fronte dei cinquemila effettivamente mancanti,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti, anche normativi, affinché si possa realizzare al più presto la copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza, ed ai detenuti la giusta attenzione.
9/1921-A-R/120Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    i nostri istituti di pena stanno affrontando una fase di profonda regressione perché resi ingovernabili e privi di funzionalità, anche a causa dell'aumento di misure contraddittorie ed incontrollabili nell'ambito dell'esecuzione pena e del sistema penitenziario;
    il sovraffollamento carcerario non solo rischia di assumere dimensioni tali da poter creare problemi di ordine pubblico, ma, soprattutto, determina il venire meno della funzione rieducativa e riabilitativa della pena, posto che il rapporto numerico tra detenuti, educatori e assistenti sociali ha frustrato ogni possibile serio tentativo di intraprendere e seguire, per la maggior parte dei reclusi, percorsi individualizzati, come invece previsto dall'ordinamento penitenziario;
    in questo quadro assume particolare rilievo il ruolo degli agenti di polizia penitenziaria che, a causa della cronica carenza d'organico, si trovano costretti a lavorare in condizioni disumane, mal pagati, secondo turni massacranti, e, soprattutto, in assenza dei requisiti minimi di sicurezza;
    il sottodimensionamento dei ruoli della polizia penitenziaria continua ad aggravarsi in seguito ai blocchi delle assunzioni disposti nella pubblica amministrazione;
    uno dei cosiddetti quattro pilastri sulla base dei quali era stato articolato il Piano carceri, in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza carceraria deliberata nel gennaio del 2010, e poi prorogata di anno in anno, era costituito dalla prevista assunzione di duemila nuovi agenti di Polizia Penitenziaria, a fronte dei cinquemila effettivamente mancanti,

impegna il Governo

ad adottare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, gli opportuni provvedimenti, anche normativi, affinché si possa realizzare al più presto la copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza, ed ai detenuti la giusta attenzione.
9/1921-A-R/120. (Testo modificato nel corso della seduta) Totaro.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito all'utilizzo per fini pubblicitari di immagini di repertorio relative alle «Frecce tricolore» da parte della società Fastweb – 3-00608

   TINAGLI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   Fastweb, dal 2007 parte del gruppo Swisscom, è un operatore di telecomunicazioni di rete fissa, con circa 1,91 milioni di clienti in Italia, che ha sviluppato una rete nazionale in fibra ottica per fornire servizi di connessione alle famiglie ed alle imprese italiane;
   le «Frecce tricolore», il cui nome per esteso è «Pattuglia acrobatica nazionale», costituiscono il 313o gruppo addestramento acrobatico dell'Aeronautica militare e sono una delle pattuglie acrobatiche più apprezzate al mondo;
   in data 4 gennaio 2014, Fastweb ha lanciato due spot pubblicitari, della durata rispettivamente di 15 e 30 secondi, visibili sulle reti nazionali, sulle reti satellitari e del digitale terrestre, nonché disponibili su internet, che hanno per protagonisti i piloti delle «Frecce tricolore», insieme a circa cento uomini e donne del 313o gruppo addestramento acrobatico;
   la campagna, realizzata presso la base delle «Frecce tricolore» a Rivolto di Udine, è stata ideata dall'agenzia Take e realizzata da Brw film;
   per le attività in volo è stato utilizzato materiale video di repertorio reso disponibile dall'Aeronautica militare, mentre per le attività a terra le immagini sono state girate nella base aerea di Rivolto di Udine, sede del 313o gruppo addestramento acrobatico;
   stando a quanto riportato da Il Corriere della Sera, il generale di brigata aerea Claudio Salerno, capo dell'ufficio generale per la comunicazione dell'Aeronautica militare, ha dichiarato che «la cessione dell'uso del marchio “Frecce tricolore” rappresenta un nuovo aspetto dell'autofinanziamento» e che i proventi della sponsorizzazione saranno incassati dalla società Difesa servizi spa, che li girerà alle Forze armate, che a loro volta li impiegheranno per finanziare progetti in atto, quali il restauro dei propri palazzi ed edifici;
   non si tratta della prima collaborazione tra Fastweb e la pattuglia: già nel 2010, in occasione del cinquantennale delle «Frecce tricolore», la compagnia aveva offerto la copertura di rete alla manifestazione che si era svolta alla base di Rivolto;
   è, tuttavia, la prima volta che le «Frecce tricolore» utilizzano lo strumento della cessione del proprio marchio per autofinanziarsi;
   la società Difesa servizi spa, di cui all'articolo 535 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è la struttura di cui il Ministero della difesa si avvale, in qualità di concessionario o mandatario, per la gestione economica di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali che non siano direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate;
   con decreto del Ministro della difesa, in data 7 luglio 2011 è stato approvato il contratto di servizio tra il Ministero stesso e la società Difesa servizi spa;
   ai sensi dell'articolo 1 del suddetto contratto, le strutture del Ministero della difesa, tra cui l'Aeronautica militare, sono competenti a stipulare convenzioni, sottoposte alla previa approvazione del Ministro interrogato, sentiti il Capo di Stato maggiore od il segretario generale della difesa, che abbiano per oggetto la realizzazione dei programmi di gestione economica finalizzata al reperimento di risorse finanziarie, relativamente ai beni, ai servizi e, più in generale, alle capacità tecniche di propria competenza;
   ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del contratto di servizio, «la realizzazione di tutti i programmi di gestione economica è perseguita dalla società nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità, come prescritto all'articolo 2, comma 2, dell'atto di indirizzo (decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 19 maggio 2011). In particolare, la società è tenuta all'osservanza della disciplina relativa agli appalti pubblici, sia quando agisce come centrale di committenza, ai sensi dell'articolo 535, comma 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sia quando approvvigiona, con consistenze finanziarie tratte dall'attività di valorizzazione svolta in favore del Ministero, beni o servizi da destinare alle Forze armate»;
   come specificato sul sito web http://www.difesaservizi.it, tra i programmi di valorizzazione di Difesa servizi spa vi è la gestione economica dei marchi, delle denominazioni, degli stemmi, degli emblemi e dei segni distintivi delle Forze armate, attraverso la concessione in uso temporaneo a terzi, a titolo oneroso –:
   se non ritenga opportuno fare chiarezza circa le modalità e le finalità di tale partnership tra un corpo pubblico ed un'azienda privata, rendendo noto il valore del corrispettivo pagato da Fastweb ai fini dell'utilizzo di immagini di repertorio relative alle «Frecce tricolore» all'interno del proprio spot pubblicitario, nonché rendere più trasparente l'impiego dei fondi così reperiti da parte delle Forza armate, e se non intenda verificare, in particolare, se siano state rispettate le procedure ed i principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità di cui all'articolo 4, comma 2, del citato contratto di servizio, nonché se imprese private altre rispetto a Fastweb abbiano manifestato il proprio interesse o presentato la propria candidatura. (3-00608)


Elementi in ordine agli sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India – 3-00609

   RAMPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 10 febbraio 2014 la procura generale di New Delhi dovrebbe – il condizionale è d'obbligo – finalmente formalizzare i capi d'accusa nei confronti dei due militari italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti in India da oltre due anni in attesa che le autorità indiane decidano in merito alla loro sorte processuale;
   la data del 10 febbraio 2014 è stata stabilita in seguito all'ennesimo – che dal 12 febbraio 2012 ad oggi è il venticinquesimo – rinvio dell'udienza e solo grazie alla protesta espressa dalla stessa Suprema Corte indiana in merito, posto che nelle intenzioni della procura questo rinvio avrebbe dovuto essere di ulteriori due o quattro settimane;
   tra gli elementi in merito ai quali la procura dovrà pronunciarsi c’è la valutazione se il processo per la morte dei due pescatori del Kerala sarà per reato di terrorismo, che prevede la pena di morte, un rischio che, in base alle dichiarazioni rese in più occasioni dai Governi che hanno seguito la vicenda, doveva già essere stato definitivamente scongiurato;
   allo stato, quindi, ad oltre due anni dall'inizio di questa vicenda i militari italiani continuano ad essere trattenuti all'estero in spregio delle normative internazionali e sono tuttora esposti al rischio di subire una condanna a morte;
   la mancata risolutezza dei Governi italiani nel trattare la questione ha permesso all'India di perpetrare i più svariati abusi di diritto nei confronti dei due connazionali, con il risultato che, nonostante i proclami, le promesse e addirittura la nomina di un inviato speciale del Governo, i due ufficiali sono, a tutt'oggi, a rischio della loro stessa vita;
   pur volendo prescindere dalle ovvie considerazioni circa l'incapacità di ben due Governi nazionali succedutisi nel tempo di garantire ai due militari il rispetto, nei loro confronti, delle più elementari norme di diritto e lo svolgimento del processo nella sede appropriata, non si può non rilevare come sia intollerabile per uno Stato sovrano che dei suoi cittadini siano condannati a morte solo per aver fatto il proprio dovere in base alle normative nazionali vigenti –:
   quali siano, allo stato, le informazioni in possesso del Governo circa il prossimo percorso giudiziario dei due militari.
(3-00609)


Iniziative relative alla situazione logistica e produttiva del call center Almaviva contact di Palermo – 3-00610

   PALAZZOTTO, LACQUANITI, AIRAUDO, DI SALVO, FERRARA, MATARRELLI e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Almaviva contact è leader di mercato in Italia per aziende private ed enti pubblici nell’outsourcing di servizi. Propone una gamma estesa e innovativa di soluzioni ad alto valore aggiunto come consulting and process reengineering, inbound and outbound services, back office & document management, market analysis, adaptive front-end, multichannel customer solutions e case management & quality monitoring per aiutare i propri clienti a sviluppare una strategia di customer experience di successo;
   Almaviva contact fa parte del gruppo Almaviva, leader italiano nell’information & communication technology, e opera a livello globale con 35 sedi e 27.000 persone. È presente anche in Brasile, Tunisia e Cina. In Italia è presente nelle seguenti città: Trento, Milano, Padova, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Cosenza, Palermo, Catania;
   l'elemento distintivo dell'offerta di Almaviva contact è l'utilizzo di innovative tecnologie semantiche almawave, che consentono il riconoscimento del linguaggio naturale per ottimizzare i processi operativi;
   gli operatori di contact center diventano esperti nella gestione della singola problematica attraverso la valorizzazione dell'informazione destrutturata e grazie al presidio integrato di tutti i canali di contatto;
   i principali clienti di Almaviva contact sono: Alitalia, Poste italiane, American express, comune di Milano, comune di Roma, Enel, Eni, Fastweb, gruppo Ferrovie dello Stato italiane, Inpdap, Inps, Leasys, Mediaset, Tim, Equitalia, Sky, Vodafone e Wind;
   Almaviva contact è presente da oltre 12 anni nella città di Palermo con due sedi operative e occupa stabilmente oltre 4.500 persone;
   l'attuale situazione di crisi economica generale e le problematiche che affliggono il mercato specifico, come la crisi dei principali settori di riferimento, la contrazione dei volumi, l'abbattimento delle tariffe con riduzione dei margini, la delocalizzazione delle attività al di fuori del territorio italiano, hanno comportato da parte dell'azienda e delle organizzazioni sindacali una continua ricerca di maggiore efficienza e produttività, sia attraverso specifici accordi, sia tramite l'identificazione di più adeguate soluzioni logistiche;
   in questo senso sono stati sottoscritti da azienda e sindacati importanti accordi sindacali, sia a livello nazionale che locale, che hanno consentito sino ad ora di affrontare le criticità senza ricorrere a misure traumatiche nei confronti dell'organico e della salvaguardia dei livelli occupazionali;
   la tenuta degli accordi sindacali, in particolare per il tessuto produttivo di Palermo, si fonda su tre principi fondamentali:
    a) sostanziale stabilità dei volumi di attività, benché ridotti rispetto al passato;
    b) tenuta dei principali clienti e, in particolare, di Alitalia;
    c) risoluzione delle problematiche logistiche;
   rispetto ai volumi delle attività svolte a Palermo si riscontra una diminuzione del 30 per cento negli ultimi due anni su alcuni importanti clienti, solo parzialmente compensate dall'avvio di nuove attività portate dal gruppo. Tale tendenza al calo di volumi è in ulteriore accelerazione e le prospettive complessive evidenziano una situazione difficile da gestire;
   per quanto riguarda il cliente Alitalia, per il quale lavorano circa 1.000 persone assunte a tempo indeterminato, Almaviva contact continua ad operare in un clima di incertezza per le note vicende legate alle sorti della compagnia di bandiera e per le possibili evoluzioni future. Almaviva ha già assorbito perdite per 3 milioni di euro a seguito del fallimento della vecchia Alitalia e ha un credito di 4,4 milioni di euro residui;
   infine, per quanto riguarda la situazione logistica, nell'accordo sindacale di maggio 2013 è stata evidenziata la necessità di identificare un unico centro produttivo a Palermo, al fine di migliorare l'organizzazione del lavoro e garantire un beneficio economico di circa 2 milioni di euro all'anno;
   ad oggi non è stata ancora identificata una soluzione sostenibile. Nessuna ipotesi percorribile è pervenuta dalle istituzioni locali e gli immobili potenzialmente identificati dall'azienda necessitano, fra opere di ristrutturazione e di trasferimento, di ingenti e insostenibili investimenti. Infatti l'apertura di una nuova sede, tra gli immobili identificati, comportano un investimenti di oltre 7 milioni di euro, che l'azienda sostiene di non poter effettuare;
   in tre anni di relazioni tra l'azienda e le istituzioni locali, sia regione che comune, non è ancora emersa una soluzione realmente praticabile e confacente alle esigenze aziendali e dei lavoratori;
   da un articolo apparso sul quotidiano online Sì24.it si apprende come l'azienda Almaviva abbia chiesto l'assegnazione, da utilizzare come propria sede operativa, di un bene confiscato alla mafia, idoneo ad ospitare il call center Almaviva contact, e in cambio si era detta disponibile a mantenere gli attuali livelli occupazionali, trasferendo la propria sede legale in Sicilia;
   sul bene in questione, un ex edificio Telecom nella zona industriale ad ovest della città di Palermo, da più di un anno si assiste ad un rimpallo di responsabilità tra l'azienda e le istituzioni locali, comune di Palermo e regione Sicilia;
   nell'articolo di stampa citato, a prendere la parola è l'Agenzia nazionale per i beni confiscati, che dichiara come il dialogo con la regione Sicilia era stato avviato nel 2011 e come, «senza alcuna giustificazione», gli incontri per discutere dell'assegnazione del bene ad Almaviva siano andati deserti dai rappresentanti della regione stessa;
   nel frattempo, proprio in conseguenza dell'assenza della regione, la stessa Almaviva avrebbe dichiarato di non essere più interessata ai locali. Da qui la decisione dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati di assegnare il bene al comune di Palermo per destinarlo ad altre finalità;
   nei giorni successivi alla pubblicazione dell'articolo sul quotidiano online Sì24.it già richiamato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando si è detto disponibile ad assegnare la sede ad Almaviva, qualora da questa scelta dipendesse la tenuta occupazionale dei 4.500 lavoratori del sito palermitano;
   da un comunicato sindacale del 24 gennaio 2014 e da uno successivo diramato dall'azienda il 27 gennaio 2014 si apprende, invece, che l'amministratore delegato Andrea Antonelli ha dichiarato che, anche qualora le istituzioni mettessero a disposizione di Almaviva una sede unica, i reali problemi dell'azienda rimarrebbero comunque, lasciando intendere che possibili interventi sull'organico non sono affatto esclusi;
   tale dichiarazione, oltre a dimostrare ancora una volta le incongruenze con cui Almaviva affronta quelle questioni che per i lavoratori sono di vitale importanza, sono da giudicare ancora più gravi, visto che per quasi 3 anni l'azienda ha sempre identificato il problema della sede unica come fondamentale per la sopravvivenza del sito di Palermo;
   proprio adesso che si potrebbe aprire uno spiraglio per la risoluzione della vertenza sulla sede, l'azienda sposta il tiro su questioni non di competenza delle istituzioni locali ma nazionali, quali il calo dei volumi che scaturisce dalla delocalizzazione e dal costo del lavoro;
   la causa della drastica diminuzione dei volumi di lavoro, denunciata da Almaviva, è dovuta all'elevato costo degli operatori italiani di Almaviva, rispetto a quello di altri competitor che hanno delocalizzato all'estero ed anche rispetto ad altri call center italiani, che inquadrano i lavoratori al primo e al secondo livello non rispettando il contratto collettivo nazionale di lavoro delle telecomunicazioni;
   su questi temi, gli interroganti ritengono che il Governo nazionale debba adoperarsi per trovare una soluzione legislativa per contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni e del mancato rispetto dei contratti nazionali di lavoro in materia di inquadramento, che costringerà a breve alla chiusura di buona parte dei siti produttivi italiani o ad una gara al ribasso in tema di diritti, salario e occupazione;
   gli interroganti, considerando strumentali e provocatorie le motivazioni che esulano dal contesto territoriale addotte dall'azienda, ritengono, invece, che i tempi siano maturi per provare a dare una soluzione definitiva ai problemi logistici della sede Almaviva di Palermo;
   purtroppo, è sotto gli occhi di tutti che, alla fine di questo scaricabarile sulle responsabilità e la poca chiarezza dell'azienda rispetto alle sue reali volontà di mantenere il sito produttivo di Palermo, salvaguardando gli attuali livelli occupazionali, a rimetterci saranno i lavoratori, le loro famiglie e la città intera se non si trova una soluzione positiva alla vicenda. È assurdo che la politica industriale di questo Paese venga, di fatto, portata avanti con i salari e i diritti dei lavoratori che attraverso le loro fatiche dovrebbero garantire gli investimenti necessari e pagare di tasca propria il prezzo del loro lavoro –:
   se il Ministro interrogato, acquisiti gli elementi necessari, intenda interessarsi della vicenda descritta in premessa e convocare un tavolo nazionale con i vertici del gruppo Almaviva, la regione Sicilia, il comune di Palermo e le organizzazioni sindacali interessate, al fine di trovare una soluzione positiva sia alla situazione logistica del call center Almaviva contact di Palermo sia a quella produttiva, considerati gli effetti particolarmente pregiudizievoli che si potrebbero determinare in termini occupazionali per circa 4.500 dipendenti effettivi. (3-00610)


Iniziative per la continuità produttiva e occupazionale degli stabilimenti italiani della Fiat Chrysler automobiles – 3-00611

   MUCCI, CRIPPA, DA VILLA, PRODANI, DELLA VALLE, FANTINATI, VALLASCAS e PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico— Per sapere – premesso che:
   la nuova Fiat Chrysler automobiles avrà la sede legale ad Amsterdam (Olanda) e quella fiscale a Londra (Regno Unito);
   contemplare passivamente Fiat Chrysler automobiles mentre porta in Olanda e Gran Bretagna le sue sedi, 114 anni dopo la fondazione di Fiat, che ha ricevuto ingenti sussidi statali (a tal proposito, secondo una ricerca della Cgia di Mestre, ammontano poco più di 7,6 miliardi di euro i finanziamenti che lo Stato italiano ha erogato alla Fiat tra il 1977 e il 2009), evidenzia in modo tragico l'assenza da parte del Governo di una politica industriale chiara e organica che arresti il continuo impoverimento del nostro Paese;
   se è vero che ogni impresa è libera di investire dove più gli conviene, tale scelta contraddice la missione produttiva e la strategia di investimenti industriali che la Fiat aveva promesso a questo Paese;
   gli stabilimenti Fiat in Italia sono sei, per un totale di 24.400 dipendenti, e gli impianti italiani saranno completamente integrati con quelli degli altri Paesi in cui opera la neonata multinazionale, per cui la loro performance verrà valutata comparativamente, il che rende necessario scongiurare che la politica della Fiat Chrysler automobiles sia diretta a danno dei lavoratori italiani;
   sarebbe opportuno che il Governo convocasse tutte le parti al tavolo e chiedesse garanzie sul futuro degli stabilimenti italiani –:
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di tutelare la continuità produttiva e occupazionale degli stabilimenti italiani della nuova Fiat Chrysler automobiles.
(3-00611)


Iniziative per l'attuazione delle zone franche urbane – 3-00612

   FORMISANO. — Al Ministro dello sviluppo economico— Per sapere – premesso che:
   le zone franche urbane sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita, dove si concentrano programmi di defiscalizzazione volti alla creazione di piccole e medie imprese;
   obiettivo delle zone franche urbane è quello di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da forme di disagio sociale, economico ed occupazionale;
   l'11 luglio 2013 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 aprile 2013, che, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce condizioni, limiti, termini di decorrenza e modalità per le agevolazioni fiscali e contributive per chi investe nelle 33 aree definite, appunto zone franche urbane;
   le agevolazioni previste dal decreto consistono nell'esenzione dall'irpef, dall'irap, dall'imu e dall'esonero del versamento dei contributi di retribuzioni sul lavoro;
   si tratta, quindi, di misure estremamente importanti, che aiuterebbero certamente aree disagiate e in difficoltà economica ed occupazionale;
   purtroppo, però, da varie parti d'Italia si lamentano ritardi nell'attuazione di quanto previsto dal decreto citato, in particolare per quel che riguarda l'emanazione dei bandi da parte del Ministro interrogato, anche sulla base delle indicazioni fornite dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e volte a fornire le disposizioni di attuazione di intervento;
   questi ritardi non sono accettabili perché creano evidenti danni, sia per gli imprenditori sia per i territori interessati, e non appaiono francamente comprensibili –:
   cosa intenda fare il Ministro interrogato per porre rimedio quanto prima a questi incomprensibili ritardi nella concreta attuazione delle zone franche urbane. (3-00612)


Intendimenti in merito all'inclusione del comune di Teulada nell'ambito della zona franca urbana di Carbonia Iglesias – 3-00613

   CICU e PALESE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato attivato il procedimento di istituzione di una zona franca urbana a fiscalità di vantaggio nei 23 comuni della provincia di Carbonia Iglesias (zona del Sulcis Iglesiente);
   il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato in data 13 dicembre 2013 il decreto che approva il modello delle istanze di accesso alla zona franca urbana, la tempistica della loro presentazione, nonché le risorse a disposizione;
   l'esclusione del comune di Teulada e delle sue imprese, che insistono sullo stesso territorio e ne condividono il medesimo stato di crisi economica e sociale, costituisce fonte di estrema preoccupazione per i risvolti pratici che esso comporterà;
   le imprese operanti a Teulada dovranno fare fronte a situazioni di concorrenza e questa situazione, di fatto, produrrà un effetto di distorsione del mercato, tale da compromettere la reale possibilità di sopravvivenza delle aziende stesse;
   lo scenario che si prospetta è drammatico, tale da minare nel concreto un tessuto socio economico già di per sé debole e con esso lo sviluppo di una intera comunità che ha dato e dà ancora tanto, ospitando la base militare di Capo Teulada, che occupa un terzo del territorio comunale (7.200 ettari);
   è quanto meno paradossale che lo Stato si «dimentichi» del comune di Teulada quando si tratta di attuare misure volte ad alleviare condizioni di crisi economica ed occupazionale, non inserendolo tra i beneficiari della zona franca urbana –:
   se il Governo non ritenga di includere il comune di Teulada all'interno della zona franca urbana di Carbonia Iglesias, al fine di evitare il declino di una comunità che, per le motivazioni esposte in premessa, ha diritto di ricevere particolare attenzione ed un adeguato sostegno da parte dello Stato. (3-00613)


Iniziative per restituire competitività al sistema produttivo italiano, con particolare riferimento alla vicenda Electrolux – 3-00614

   PRATAVIERA, FEDRIGA, MARCOLIN, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI e RONDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda Electrolux è l'espressione più drammatica del fallimento dell'azione politica attuata dal Governo per il rilancio del sistema industriale del Paese;
   l'ondata di deindustrializzazione che sta attraversando il Paese, in mancanza di organiche riforme da parte del Governo, sta portando alla progressiva perdita del patrimonio industriale italiano, condannando così l'Italia ad una posizione di emarginazione nell'economia internazionale;
   la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, in merito alle reali possibilità di chiusura dello stabilimento Electrolux di Porcia, ha espresso grandi criticità sulla condotta tenuta dal Ministro interrogato, accusato di essersi disinteressato della vicenda, ed ha chiesto le sue dimissioni;
   il fallimento dell'operato del Ministro interrogato, oggi dichiarato a parere degli interroganti per fini strumentali dalla presidente della regione Friuli Venezia Giulia, è evidente da tempo e si dimostra nei numeri delle aziende che fino ad oggi hanno fallito e di quante stanno soffrendo drammaticamente e nei tanti posti di lavoro persi;
   il caso Electrolux è emblematico delle difficoltà che vivono le aziende nel nostro Paese, sempre più schiacciate da una pressione fiscale divenuta ormai insostenibile, nonché dall'inefficienza della burocrazia e dall'impossibilità di accesso al credito;
   il tessuto imprenditoriale, costituito in Italia per più del 95 per cento da piccole e medie imprese, ha risentito e continua a risentire del fenomeno del credit crunch, un fenomeno che sta portando alla chiusura di molte imprese che non ricevono dagli istituti di credito il necessario e, in questo periodo, vitale supporto finanziario per il proprio ciclo produttivo. I nuovi accordi europei in tema di patrimonializzazione delle banche, necessari per tentare di ridare stabilità ad un sistema finanziario sull'orlo del collasso, stanno costringendo le banche a continue ricapitalizzazioni, che, insieme ad un sempre più prudenziale approccio degli istituti di credito, strozzano le imprese;
   il nostro è il Paese con l'imposizione fiscale più alta nell'area dell'Unione europea, condizione che spinge molte imprese a delocalizzare verso Paesi vicini, come la Svizzera, l'Austria, la Slovenia, la Slovacchia, la Francia e, nell'area extra-Unione europea, la Serbia;
   in questa fase di crisi sarebbe opportuno attuare una nuova politica di rilancio del sistema industriale italiano, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, riconoscendo l'importante ruolo che queste svolgono per lo sviluppo del sistema produttivo del Paese;
   le piccole e medie imprese, infatti, sono il motore dell'economia italiana, portatrici di valori umani, morali e professionali, che fino ad oggi sono stati fondamentali allo sviluppo del Paese;
   la scelta dell'azienda Electrolux di intraprendere un piano di ristrutturazione industriale dei siti italiani, attraverso licenziamenti e tagli di stipendio, avrà un impatto drammatico sul futuro dei lavoratori e delle loro famiglie, togliendo al territorio le risorse necessarie per la ripresa economica;
   il 29 gennaio 2014 è stato convocato un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico, dal quale non sono emerse indicazioni sul futuro industriale dei siti italiani, con particolare riferimento alla chiusura del sito di Porcia e alla conseguente delocalizzazione della produzione in Polonia –:
   quali immediate iniziative intenda adottare per restituire competitività al sistema produttivo italiano e, nel caso specifico dell’Electrolux, se voglia rendersi parte attiva nelle trattative in corso, mettendo in campo tutte le misure necessarie a salvaguardare l'integrità produttiva ed occupazionale dei siti italiani. (3-00614)


Orientamenti in ordine alla richiesta di inserimento del comune di Teulada nella zona franca urbana di Carbonia Iglesias – 3-00615

   ROSSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come è noto, è da tempo in atto il procedimento di istituzione di una zona franca urbana a fiscalità di vantaggio nei 23 comuni della provincia di Carbonia Iglesias. Lo stesso è stato in ultimo concretizzato con la pubblicazione in data 13 dicembre 2013 del decreto del Ministero dello sviluppo economico;
   l'esclusione del comune di Teulada, in provincia di Cagliari, e delle imprese operanti sul suo territorio dall'ambito di applicazione di tali agevolazioni, pur condividendo col territorio circostante il medesimo stato di crisi economica e sociale, costituisce fonte di estrema preoccupazione per i risvolti pratici che esso comporterà;
   le imprese operanti a Teulada dovranno, infatti, fare fronte a situazioni di concorrenza con quelle limitrofe beneficiarie di agevolazioni fiscali, che, di fatto, produrrà un effetto di spiazzamento del mercato tale da comprometterne la reale possibilità di resistere sul mercato. Lo scenario che si prospetta è, senza timore di essere smentiti, drammatico, tale da minare nel concreto l'effettiva condizione di sopravvivenza di un tessuto socio-economico già di per se stesso debole e con esso la sopravvivenza di una intera comunità;
   il comune di Teulada ha ospitato da oltre cinquantanni lo Stato, a mezzo della base militare di Capo Teulada, che impegna un terzo del suo territorio (7.200 ettari) ed in cui si svolge l'attività addestrativa principale dell'esercito italiano, nonché varie attività internazionali;
   è quanto meno paradossale che lo Stato si «dimentichi» di Teulada quando si tratta di attuare misure volte ad alleviare condizioni di crisi economica ed occupazionale, tenendola fuori dai limiti geografici di applicazione delle stesse misure, limiti geografici e amministrativi, ma non certo coincidenti con le realtà di fatto –:
   se non ritenga opportuno, in virtù di quanto esposto in premessa, prendere sollecitamente in considerazione la richiesta del comune di Teulada di essere inserito all'interno della zona franca urbana di Carbonia Iglesias, al fine di evitare il declino di un'intera comunità. (3-00615)


Effetti derivanti dalla possibile conclusione positiva dell'accordo tra Alitalia e Etihad – 3-00616

   DORINA BIANCHI, GAROFALO e PISO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trasporto aereo svolge un ruolo fondamentale per l'integrazione e la competitività del Paese, nonché per la sua interazione con l'Europa ed il resto del mondo. In tale contesto si inserisce la forte attenzione dell'opinione pubblica, dei media e del mondo politico per la vicenda Alitalia, i piani industriali di sviluppo prospettati, le alleanze internazionali possibili;
   infatti, il venir meno di tale realtà imprenditoriale provocherebbe pesanti ripercussioni in termini di occupazione e di sviluppo sugli scali aeroportuali e, in particolare, sull’hub di Fiumicino, principale scalo italiano;
   in queste ultime settimane la trattativa fra Alitalia e la compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, Etihad, sembra essere giunta ad una svolta;
   la stampa parla di un investimento di almeno 300 milioni di euro, fino alla acquisizione del 49 per cento di Alitalia. L'ingresso della compagnia aerea Etihad nel capitale sociale di Alitalia è stato uno dei temi di cui il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha parlato nei suoi incontri con le autorità politiche degli Emirati;
   nonostante questi avvenimenti, perseguiti con decisione dal Ministro interrogato, permangono perplessità e preoccupazioni in alcuni settori dell'opinione pubblica, anche nel nostro Paese. Tali perplessità hanno origine da una storia non breve che ha visto spesso lo Stato italiano nella veste di «ripianatore» delle perdite di gestioni inefficienti;
   oggi il rapporto fra Stato e compagnia di bandiera ha caratteristiche profondamente diverse, ma permane l'esigenza di alcuni chiarimenti;
   sarebbe, infatti, necessario, in primo luogo, chiarire quali effetti occupazionali possa avere l'eventuale accordo con la compagnia araba;
   inoltre, pare opportuno che il Governo informi il Parlamento sulla sua posizione in merito alla dura reazione della compagnia aerea Lufthansa, che denuncia, nel comportamento dell'Esecutivo italiano nell'intera vicenda Alitalia, una forma mascherata di aiuto di Stato;
   medesima informazione al Parlamento dovrebbe essere data su quali conseguenze potrà avere l'eventuale raggiungimento dell'accordo Alitalia-Etihad sulla partnership di Alitalia con Air France-Klm –:
   se il Ministro interrogato ritenga che possano sussistere effetti per il trasporto aereo italiano - e di che natura - in seguito a una eventuale conclusione positiva dell'accordo, sia in termini di livello di interconnessione e di efficienza della rete aeroportuale, che di incremento della domanda turistica. (3-00616)


Chiarimenti in relazione alle linee portanti della possibile partnership finanziaria e industriale tra Alitalia e Etihad – 3-00617

   SPERANZA, MARTELLA, META, TULLO, BONACCORSI, BRANDOLIN, BRUNO BOSSIO, CARDINALE, CARELLA, CASTRICONE, COPPOLA, CRIVELLARI, CULOTTA, FERRO, GANDOLFI, PIERDOMENICO MARTINO, MAURI, MOGNATO, MURA, PAGANI, PAOLUCCI, ROTTA, VELO, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'esigenza del rilancio del trasporto aereo necessita di molte azioni e il raggiungimento di obiettivi importanti come la ripresa di Alitalia; tra le azioni già adottate vanno registrate positivamente l'approvazione del piano nazionale per gli aeroporti e, sul fronte delle relazioni tra le parti, un'importante trattativa tesa a dare un futuro solido all’Alitalia;
   nei giorni scorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri si è recato negli Emirati Arabi dove ha potuto registrare una conferma dell'interesse degli Emirati per il vettore italiano;
   pur trattandosi di una trattativa privata, l'augurio è che, al termine della fase finale della due diligence – della durata di trenta giorni – per la verifica economica, patrimoniale e finanziaria dei conti e dei contratti di Alitalia e per affrontare e risolvere tutte le questioni che possono pregiudicare lo sviluppo di un adeguato piano industriale per la compagnia italiana, sarà definita una strategia comune per il possibile investimento di Etihad airways in Alitalia;
   l'investimento di Etihad potrebbe configurarsi come strategico per il futuro di Alitalia, non solo sotto il profilo finanziario, ma anche per lo sviluppo di una partnership industriale tra aziende che possono collaborare in modo integrato per obiettivi diversi, ma pienamente condivisi;
   in questa fase saranno definiti i termini essenziali e concreti del negoziato, tra cui la riorganizzazione del personale, il ruolo delle banche azioniste, la disciplina da applicare per regolare i voli nei cieli italiani, nel più ampio contesto europeo e internazionale, fugando il rischio della lettura della possibile intesa in argomento quale lesivo della disciplina comunitaria in materia di aiuto di Stato;
   il rilancio di Alitalia è strategico per l'intero sistema-Paese e per l'economia di Roma e del Lazio, anche in considerazione del programma di investimenti di Aeroporti di Roma per lo scalo di Fiumicino;
   occorre impegnare tutte le risorse attivabili e un'ampia e responsabile concertazione tra parti sociali per potenziare e sviluppare il sistema del trasporto aereo nazionale, con un vettore forte e competitivo, soprattutto per i voli a lungo raggio, anche in vista di importanti eventi, come Expò 2015;
   l'accordo Alitalia è un importante punto di partenza per lo sviluppo di proficue relazioni internazionali e per l'attrazione di congrui investimenti esteri –:
   quali siano, per quanto fin qui emerso, le linee portanti della possibile partnership finanziaria e industriale tra Alitalia ed Etihad e le loro ricadute sulle opportunità di sviluppo di Alitalia medesima, anche con riferimento alla necessità di salvaguardare i livelli occupazionali, nel quadro del trasporto aereo europeo ed internazionale. (3-00617)