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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 17 gennaio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 gennaio 2014.

  Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Sani, Sereni, Speranza, Tabacci, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 16 gennaio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   VITELLI e GALGANO: «Modifiche alla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e altre disposizioni concernenti l'indennità spettante ai membri del Parlamento e le risorse conferite ad essi e ai gruppi parlamentari per lo svolgimento del mandato rappresentativo» (1958);
   ARTINI ed altri: «Disciplina della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali» (1959);
   FRUSONE ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti l'11 ottobre 2013 nelle acque internazionali al largo di Lampedusa e sullo svolgimento delle operazioni di soccorso» (1960);
   MIOTTO: «Istituzione della professione sanitaria di erborista e disposizioni concernenti l'attività commerciale di erboristeria» (1961);
   CAPUA: «Disposizioni per la valorizzazione della ricerca indipendente» (1962);
   SCANU ed altri: «Integrazione della disciplina concernente la rappresentanza militare» (1963);
   OLIARO ed altri: «Disposizioni per lo sviluppo del trasporto ferroviario delle merci» (1964);
   AIRAUDO ed altri: «Istituzione di un programma nazionale sperimentale di interventi pubblici denominato “Green New Deal italiano” contro la recessione e la disoccupazione» (1965).
  Saranno stampate e distribuite.

Ritiro di una proposta di legge.

  Il deputato Airaudo ha comunicato, anche a nome degli altri firmatari, di ritirare la seguente proposta di legge:
   AIRAUDO ed altri: «Istituzione di un programma nazionale sperimentale di interventi pubblici denominato “Green New Deal italiano” contro la recessione e la disoccupazione» (1877).
  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  CARRESCIA ed altri: «Disposizioni concernenti l'ufficio del giudice di pace e modifiche alla disciplina relativa alla sua competenza» (1669) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   VII Commissione (Cultura):

  GIANCARLO GIORDANO ed altri: «Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura» (1504) Parere delle Commissioni I, II, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  FAENZI ed altri: «Disposizioni temporanee concernenti il calendario scolastico per lo svolgimento delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado» (1585) Parere delle Commissioni I, V, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   VIII Commissione (Ambiente):
  CARRESCIA ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, concernenti i rifiuti ammessi in discarica» (1629) Parere delle Commissioni I, V, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   X Commissione (Attività produttive):
  NASTRI: «Norme concernenti la concessione di agevolazioni per la sostituzione di caldaie in fabbricati a destinazione abitativa privata» (1590) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII e XIV;
   XI Commissione (Lavoro):
  NASTRI: «Agevolazioni contributive per favorire l'occupazione di lavoratori già titolari di un trattamento di pensione» (1592) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X e XIII;
   XIII Commissione (Agricoltura):
  NASTRI: «Istituzione dell'Agenzia per l'utilizzo delle risorse idriche nell'agricoltura» (1591) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  OLIVERIO ed altri: «Norme per la promozione della coltivazione della cannabis sativa per la produzione di alimenti, cosmetici, semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori, opere di bioingegneria e di bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca» (1859) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VII, VIII, X, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro):
  ZACCAGNINI: «Sospensione delle azioni di recupero dei crediti fiscali, contributivi e per sanzioni nonché delle procedure esecutive relative a crediti bancari nei riguardi delle imprese agricole» (1406) Parere delle Commissioni I, II, V, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 16 gennaio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Prevenire la radicalizzazione che porta al terrorismo e all'estremismo violento: rafforzare la risposta dell'UE (COM(2013) 941 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri);
   Proposta congiunta della Commissione europea e della Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio concernente misure restrittive in considerazione della situazione nella Repubblica centrafricana (JOIN(2014) 1 final) e relativo allegato (JOIN(2014) 1 - Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissioni dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con lettera in data 5 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia del regolamento di organizzazione per il funzionamento della medesima Commissione, approvato il 25 novembre 2013.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia delle delibere adottate dalla Commissione nel mese di dicembre 2013.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 17 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2011, n. 217, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1107/2009 relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE e del regolamento (CE) n. 547/2011 che attua il regolamento (CE) n. 1107/2009 per quanto concerne le prescrizioni in materia di etichettatura dei prodotti fitosanitari (76).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 26 febbraio 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 16 gennaio 2014, a pagina 3, prima colonna, terza riga, dopo le parole «Angelino Alfano» devono intendersi inserite la parole «Gioacchino Alfano».

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 13 dicembre 2013, a pagina 4, seconda colonna, sesta riga, dopo la parola: «Regolamento),» si intende inserita la seguente: «IX,».

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative in ordine alla situazione della gestione del ciclo dei rifiuti a Roma e nel Lazio, in particolare alla luce delle recenti inchieste giudiziarie – 2-00368

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nella regione Lazio ha frequentemente trovato applicazione l'istituto del commissariamento in materia di rifiuti. Tale istituto fu abbandonato solo nel 2008, periodo in cui, dopo ben nove anni, l'assunzione delle funzioni di programmazione, attuazione e controllo ritornarono in capo agli enti competenti ovvero regioni, province e comuni. Il giudizio su questi nove anni di commissariamento fu ben espresso nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio. Il testo redatto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti il 2 marzo del 2011 riportava quanto segue: «[...] Nella regione sin dal 1999 è stata decretata l'urgenza e la gestione commissariale. La più che decennale durata dell'emergenza rifiuti ha dimostrato purtroppo sia il fallimento dei poteri d'urgenza, sia la difficoltà di riportare a una gestione ordinaria la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Infatti, la formale cessazione dell'emergenza rifiuti nel Lazio sembra rispondere più a motivazioni politiche che al superamento delle criticità nella gestione del ciclo, che sono essenzialmente rappresentate dallo scarso sviluppo della raccolta differenziata, dalla lavorazione di bassa qualità dei rifiuti, dalla commistione tra parte politica e parte gestionale. È stato privilegiato il ricorso allo smaltimento in discarica (con richieste di ampliamenti, deroghe e nuove installazioni) e non il ricorso al revamping, all'ammodernamento e potenziamento delle strutture di trattamento esistenti, in parte obsolete, per la separazione secco-umido del rifiuto tal quale, alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di fos da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino delle cave esaurite, al TMB (trattamento meccanico biologico). [...]». Il regime ordinario, attinente all'area geografica di Roma e provincia, durò solo fino all'estate del 2011;
   il 17 giugno 2011, la Commissione europea riavviò la procedura d'infrazione n. 2011/4021 nei confronti dell'Italia per la non conformità del tipo di smaltimento all'interno della discarica di Malagrotta, in violazione della direttiva 1999/31/CE, in quanto accertato che nell'invaso veniva da anni smaltito il rifiuto cosiddetto «tal quale». Tale ammonimento, a marzo del 2013, ha comportato il deferimento del nostro Paese alla Corte di giustizia dell'Unione europea. V’è da aggiungere, inoltre, che tale conferimento illegale in discarica non riguarda solamente l'invaso della valle Galeria, tanto è vero che la Commissione europea, nel parere motivato inviato all'Italia nel maggio del 2012, puntò il dito anche contro altre discariche del Lazio;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, venne dichiarato lo stato d'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre del 2012 e si rese necessario, dopo oltre 35 anni di vita dell'invaso di Malagrotta ed infinite proroghe, trovare un sito alternativo;
   con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 settembre 2011, n. 3963, il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Berlusconi nominava il prefetto di Roma, dottor Giuseppe Pecoraro, commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale di cui al sopra richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011. Al commissario il Governo attribuì il gravoso compito, che evidentemente la politica non intendeva avocare a sé, di garantire l'individuazione, progettazione e successiva realizzazione attraverso l'utilizzo di poteri derogatori e straordinari di una o più discariche «provvisorie», nonché l'ampliamento di discariche preesistenti ed infine la costruzione di un nuovo impianto di trattamento meccanico-biologico;
   con successivo provvedimento del 24 ottobre 2011, il commissario delegato individuò, quali invasi alternativi a Malagrotta, i siti di Corcolle e Riano, «ove saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano» (documento 882/1);
   con mozione del 22 febbraio 2012 il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo espresse ufficialmente l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pure temporanea, in località Corcolle, in ragione della vicinanza con Villa Adriana, patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e, come tale, oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione;
   in data 8 marzo 2012 fu indetta la conferenza di servizi per l'approvazione del progetto preliminare della discarica in località Corcolle (documenti 1163/1, 1163/2, 1163/3), affidata alla Cidiemme Engineering srl. Alla conferenza parteciparono, su convocazione del commissario Pecoraro, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Lazio, l'Arpa Lazio, il comune di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici del Lazio, la provincia di Roma capitale, l'autorità di bacino del fiume Tevere, l'Acea, l'ingegnere Luigi Sorrentino in qualità di consulente del commissario ed infine gli ingegneri Moretti e De Candia della Cidiemme Engineering srl. Nel corso della conferenza di servizi furono formulati da più parti pareri decisamente negativi in merito al progetto di Corcolle; in particolare, in detta occasione, l'autorità di bacino espresse parere negativo in merito al contesto idrogeologico del sito che ritenne «da valutarsi permeabile ed estremamente vulnerabile»;
   a seguito degli esiti della conferenza di servizi fu richiesto, da Pecoraro, l'interessamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Clini, che convocò, nel mese di marzo 2012, l'allora governatrice del Lazio Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti e il commissario Giuseppe Pecoraro, chiedendo loro un'effettiva collaborazione per acquisire e valutare tutti i dati relativi alle problematiche presenti in ciascun sito individuato dalla regione Lazio, in modo tale da mettere in evidenza i vincoli, le deroghe necessarie e la fattibilità della realizzazione degli impianti;
   il 25 maggio 2012, il commissario Pecoraro, oramai noto alle cronache come l'uomo che voleva aprire una discarica nei pressi di Villa Adriana, dopo appena otto mesi dall'assunzione dell'incarico, rassegnava le sue dimissioni a seguito degli innumerevoli profili di inadeguatezza emersi sulle aree di Corcolle e Riano, da lui individuate nell'ambito di sette siti inclusi nello studio di analisi preliminare realizzato della regione Lazio. Entrambi i siti vennero considerati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Clini inidonei a divenire discariche;
   il 31 maggio 2012 la Commissione europea inviò all'Italia un parere motivato rispetto alla procedura d'infrazione su Malagrotta. Un documento durissimo che, punto per punto, evocava le tante questioni irrisolte. Innanzitutto, si contestavano alla Polverini le inutili ordinanze di proroga alla discarica di Malagrotta, atti fotocopia che con il passare dei mesi non avevano mutato minimamente la situazione. Si disapprovava, inoltre, la mancata messa a regime dei quattro impianti di trattamento meccanico biologico e la non costruzione di quegli impianti di trito-vagliatura che, anche se non riconosciuti dalla Commissione europea, avrebbero comunque permesso un impatto ambientale minore. Infine, veniva confermato il giudizio secondo il quale nel Lazio non esisteva una rete integrata ed adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti;
   il 3 luglio del 2012 la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvava la sua seconda relazione sul Lazio. L'organismo parlamentare puntò il dito contro la gestione dei rifiuti a Roma, denunciando diverse questioni. Innanzitutto, affermando come le diverse amministrazioni succedutesi negli anni non avessero agito concretamente per avviare un ciclo dei rifiuti degno di questo nome, il che aveva contribuito a consolidare il potere di alcuni che, a loro vantaggio, avevano sfruttato la mancanza della politica per ingrassare esclusivamente il proprio business. L'emergenza era, dunque, al centro delle critiche della commissione sulle ecomafie, che contestava come la situazione a Roma e nel Lazio non fosse affatto imprevista. La presunta emergenza era evidente da tempo a tutti gli attori istituzionali. L'organismo parlamentare d'inchiesta esaminò nel particolare anche il decreto di nomina del commissario straordinario, al quale era attribuito il compito di «garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla Regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani necessari a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza, di cui alla citata ordinanza, per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio, del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti». In sostanza, la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti evidenziava come il prefetto di Roma avesse compiuto le sue scelte affidandosi in via prioritaria solo al documento di analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi redatto dalla regione Lazio. Il siting, quindi, svolgeva un ruolo centrale nelle scelte di Pecoraro, nonostante la mancanza di un'attività istruttoria degna di questo nome. Basti pensare che non si registrarono né verifiche scientifiche né sopralluoghi sul campo. Il tutto venne rinviato dal prefetto ad un momento successivo, motivo per cui la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti bocciava inesorabilmente l'operato di quest'ultimo;
   con decreto dei Presidente del Consiglio dei ministri del 27 maggio 2012, l'ex prefetto Goffredo Sottile, già commissario delegato all'emergenza rifiuti nella regione Calabria con esiti, ad avviso degli interpellanti, non proprio felici, fu nominato dal Governo commissario delegato ai rifiuti per la provincia di Roma;
   il primo atto del nuovo commissario Sottile fu quello di proporre, quale sito idoneo per la realizzazione della discarica temporanea, sostitutiva di Malagrotta, l'invaso di Pian dell'Olmo (anche questo ricompreso tra i sette siti individuati nel documento di analisi preliminare della regione Lazio). Il sito ubicato formalmente nel territorio del comune di Roma, distava solo pochi metri dall'invaso di Quadro Alto a Riano, già ritenuto inidoneo da un punto di vista idrogeologico dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Clini, così come l'invaso di Corcolle; a seguito della notizia, i cittadini di Riano occuparono per ben 12 giorni la via Tiberina;
   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 giugno 2013, n. 203, veniva prorogata la nomina del dottor Goffredo Sottile a commissario delegato per il superamento dell'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino alla data del 7 gennaio 2014, ai sensi del comma 358 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012. Con tale decreto ministeriale incredibilmente venivano ampliati enormemente i poteri commissariali;
   il 10 agosto 2012, con nota n. 157, acquisita al protocollo della regione Lazio 14 agosto 2012, n. 56098, veniva presentata dal Consorzio Colari, di proprietà dell'avvocato Cerroni, l'istanza per la realizzazione e messa in esercizio di una nuova discarica per rifiuti speciali sita in località Monti dell'Ortaccio, nel comune di Roma e a pochi metri dalla discarica di Malagrotta;
   in data 23 agosto 2012, con nota n. 145, il commissario delegato Goffredo Sottile, disponeva che l'ufficio commissariale assumesse la competenza in ordine al procedimento di autorizzazione integrata ambientale relativo alla realizzazione, in località Monti dell'Ortaccio nel comune di Roma Capitale, di un impianto di discarica di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'istanza presentata dal Consorzio Colari e indiceva la conferenza dei servizi istruttoria con le amministrazioni competenti. Il commissario decideva pertanto di indicare l'invaso di Monti dell'Ortaccio, ubicato all'interno della valle Galeria, come sito idoneo ad ospitare la nuova discarica di Roma. Ciò nonostante i pareri negativi già espressi su tale sito, in particolare dalla precedente gestione commissariale;
   con note del 6 settembre 2012, prot. n. 170/u-I-P.C.M/E.A. del 6 settembre 2012 prot. n. 191/u e del 18 settembre 2012, prot. n. 262/u, veniva convocata per il giorno 24 settembre 2012, la conferenza di servizi istruttoria, finalizzata all'esame dell'autorizzazione. Gli enti interpellati in conferenza di servizi erano: la regione Lazio, l'Arpa Lazio, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la provincia di Roma dipartimento IV, il comune di Roma Capitale, il comune di Roma XV municipio, l'asl Roma D, la sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma, la sopraintendenza per i beni archeologici di Roma, l'Autorità di bacino del fiume Tevere, la Terna spa – rete elettrica nazionale, l'Enac spa ed infine l'Enav spa; detti enti resero pareri scritti negativi in merito alle soluzioni progettuali relative al sito di Monti dell'Ortaccio, fornite dal consorzio Co.La.Ri;
   ciò nonostante il 27 ottobre 2012, in una dichiarazione resa al FattoQuotidiano.it e comprovata da un video, il commissario Sottile riferiva al giornalista Nello Trocchia di aver scelto l'invaso di Monti dell'Ortaccio perché si fidava del privato ed aggiungeva inoltre: «non ho fatto un sopralluogo in zona e non ho neanche controllato le autorizzazioni passate, spetta alla magistratura farlo!»;
   il 27 dicembre del 2012, il commissario Goffredo Sottile, firmava l'autorizzazione integrata ambientale autorizzando in tal modo il sito di Monti dell'Ortaccio a divenire nel breve periodo la nuova discarica di Roma;
   le non superate osservazioni emerse in conferenza di servizi costringevano Sottile ad imporre nell'autorizzazione integrata ambientale diverse prescrizioni. Tra tutte, quella di subordinare il conferimento dei rifiuti nella discarica alla presentazione di un modello idrogeologico redatto da un'università e/o ente pubblico di ricerca, su di un'area, comprendente l'impianto, sufficientemente vasta da includere i corpi idrici recettori e tutte le fonti di inquinamento potenziali in atto, evidenziandone, inoltre, i possibili impatti, dai quali risultasse inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda;
   è bene rammentare, inoltre, che, in virtù dello stato d'emergenza dichiarato nell'intera provincia di Roma ed in deroga dunque alle norme vigenti in materia (possibilità che purtroppo l'abusato e disastroso istituto del commissariamento prevede), l'autorizzazione integrata ambientale veniva rilasciata dal commissario delegato senza aver superato la necessaria procedura di valutazione di impatto ambientale;
   viste le inevitabili, giuste osservazioni e rimostranze da parte degli attenti cittadini residenti nell'area della valle Galeria, che da molti anni vedono calpestato impunemente il loro diritto alla salute, e considerando la procedura anomala con la quale veniva rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale per il sito di Monti dell'Ortaccio, alcun senatori del Movimento 5 Stelle chiedevano in data 17 settembre 2013 di audire, in Commissione ambiente del Senato della Repubblica, il commissario Sottile per conoscere la recondita ragione della scelta di un sito già ampliamento dichiarato inidoneo. Durante detta audizione, peraltro registrata da Radio Radicale, Sottile ammetteva candidamente: «Dei 7 siti indicati dalla regione Lazio dei quali io dovevo tenere prioritariamente conto, l'unico sito che alla fine delle nostre sia rapide istruttorie ci sembrò idoneo alla scopo è stato quello di Monti dell'Ortaccio, che non ha incontrato l'adesione di alcun Ente territoriale. È stata una decisione che io ho preso in solitaria e debbo dire che quella decisione non ha dato i frutti sperati perché l'Aia concessa era subordinata alla presentazione da parte del proponente che era il Consorzio CoLaRi, cioè l'avvocato Cerroni, alla presentazione di un modello idrogeologico che ancora non è pervenuto». Identica dichiarazione il commissario rilasciava nel corso dell'audizione dei 18 settembre 2013 venutasi presso la commissione ambiente del Consiglio regionale del Lazio;
   da organi di stampa, nei mesi successivi alle inaccettabili dichiarazioni del commissario, si veniva a conoscenza che delle associazioni di cittadini avevano impugnato, innanzi al Tar, l'autorizzazione integrata ambientale emessa il 27 dicembre del 2012, nella quale il conferimento dei rifiuti veniva subordinato alla redazione del citato studio idrogeologico che certificasse inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda;
   sempre dalla stampa si apprendeva che lo studio, nonostante le autorità preposte dichiarassero inspiegabilmente di non esserne a conoscenza, in realtà esisteva ed era persino giunto a conclusione. Addirittura, la redazione di tale studio risaliva al mese di agosto 2013. Detto studio, condotto dal dipartimento Dicea dell'università La Sapienza di Roma, incaricato dal privato proprietario della discarica, per quanto non abbia analizzato, per stessa ammissione da parte dell'università, le conseguenze di tutti le possibili fonti di inquinamento, spinse gli autori a concludere che non si poteva affermare, inequivocabilmente, l'assenza del pericolo di inquinamento della falda acquifera attorno all'erigenda discarica;
   dunque ancora una volta, quanto più volte denunciato alle autorità competenti dalle associazioni dei cittadini con foto e video, trovava conferma;
   questa lunga ma doverosa cronistoria degli eventi succedutesi nel corso degli ultimi tre anni dimostra senza ombra di dubbio che la gestione commissariale sia stata sempre fallimentare oltre che particolarmente onerosa per i contribuenti e, inoltre, che la scellerata gestione del ciclo dei rifiuti abbia sempre favorito e protetto il monopolista Cerroni;
   il 9 gennaio 2014, i militari del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, coordinati dalla procura della Repubblica di Roma, hanno dato esecuzione all'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Massimo Battistini, nell'ambito del procedimento penale 7449/2008 r.g.n.r, procedimento in cui convergono diversi filoni di indagine sviluppati dal Noe e dalla sezione operativa centrale dal 2008 sino ad ogni, ed a cui ha collaborato anche la procura della Repubblica di Velletri;
   con tale ordinanza viene stabilita la misura cautelare dell'arresto per 7 persone. Tra gli arrestati, l'avvocato Manlio Cerroni, monopolista nella gestione del pattume sia nella capitale che nel Lazio e patron del consorzio Colari, Francesco Rando, uomo di fiducia di costui e gestore della Pontina Ambiente, nonché della E.giovi srl, Pino Sicignano direttore della discarica di Albano Laziale ed infine Piero Giovi;
   i reati contestati a costoro sono molteplici e gravi: associazione per delinquere (articolo 416 del codice penale), attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006), attività di gestione dei rifiuti non autorizzata (articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006), frode nelle pubbliche forniture (articolo 556 del codice penale), truffa in danno di enti pubblici (articolo 640 del codice penale), falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici (articolo 479 del codice penale), deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi (articolo 632 del codice penale), deturpamento e imbrattamento di cose altrui (articolo 639 del codice penale), truffa (articolo 640 del codice penale), realizzazione di opere urbanistiche in assenza di permesso a costruire (articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
   sempre dall'ordinanza si viene a conoscenza anche della denuncia a piede libero di ben 14 persone, tra cui molti dirigenti regionali;
   i principali profili illeciti emersi dall'inchiesta della magistratura sono riconducibili:
    a) alla gestione dell'impianto di raccolta e trattamento rifiuti di Albano Laziale: infatti, il progetto autorizzato dalla Pontina ambiente prevedeva la seguente produzione a seguito del trattamento dei rifiuti in ingresso: 43 per cento combustibile derivato dai rifiuti, 22 per cento scarti di lavorazione, 13 per cento frazione organica stabilizzata, 17 per cento perdita di processo, 4 per cento materiali ferrosi, 1 per cento alluminio. Tuttavia, la percentuale di combustibile derivato dai rifiuti effettivamente avviata al recupero energetico (presso l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro), si attestava intorno al 15 per cento, mentre la restante parte veniva avviata in discarica come sovvallo; inoltre, una parte di rifiuti solidi urbani in ingresso non veniva neppure trattata, ma era invece smaltita nella discarica di Pontina Ambiente, provocando così sia il superamento delle volumetrie disponibili che un ingiusto profitto per l'impresa, profitto derivante dalla differenza tra l'importo tariffario percepito (per il trattamento dei rifiuti) e quanto effettivamente speso, e stimato in circa 11 milioni di euro dal 2006 al 2012;
    b) al termovalorizzatore di Albano Laziale: l'amministrazione del commissario straordinario per l'emergenza rifiuti della regione Lazio metteva il Consorzio CO.E.MA. nato dall'unione tra Pontina Ambiente (riconducibile a Cerroni), ed Ecomed, composta da Ama ed Acea, nelle condizioni di costruire e porre in esercizio un impianto di termovalorizzazione su un terreno della Pontina Ambiente, nonché di usufruire, nell'ambito della gestione di tale impianto, dei contributi pubblici denominati «CIP 6» (contributi erogati ad aziende produttrici di energia da fonti energetiche rinnovabili o assimilate). Tutto ciò avveniva nonostante già fosse operante un impianto di termovalorizzazione, ovvero quello di Colleferro, non appartenente all'avvocato Cerroni; nonostante il piano gestione rifiuti regionale del 2002 prevedesse per tale tipo di impianto la collocazione in una diversa area geografica (ovvero nell'area Fiumicino-Ciampino e non nell'area dei Colli Albani) e nonostante il contributo «CIP 6» non potesse essere erogato al CO.E.MA., perché questo, nei tempi previsti, non aveva né presentato il progetto dell'impianto, né poi lo aveva realizzato. Tale condotta veniva posta in essere dall'amministrazione pubblica, in particolare da Arcangelo Spagnoli (deceduto), De Filippis, Bargagna, Fegatelli e dall'ex governatore Marrazzo, attraverso molteplici condotte contrarie ai doveri d'ufficio ed illecite, quali abusi d'ufficio e falsi, volte a favorire le aziende del Cerroni;
    c) alla realizzazione di un invaso per una discarica in località Monti dell'Ortaccio: infatti, il gruppo Colari realizzava, in località Monti dell'Ortaccio, l'invaso di una futura discarica, ponendo così in essere un'incisiva trasformazione urbanistica in assenza di qualunque autorizzazione, smaltendo inoltre illecitamente circa 3 milioni di metri cubi di rocce e terre da scavo. Questa operazione ha generato un profitto per le casse della E.Giovi stimato in non meno di 8 milioni di euro. Al fine di procurarsi tale ingiusto profitto, gli scavi venivano condotti illecitamente al punto di abbassare la quota di fondo di scavo della cava Monti del Lumacaro al di sotto dei limiti consentiti, determinando così l'illecita deviazione della falda acquifera sotterranea, appartenente al demanio idrico. Anche in questo caso, Cerroni ha trovato valida collaborazione nell’entourage composto dai dirigenti e dai collaboratori delle aziende a lui riconducibili: per la vicenda risultano pertanto indagati Vitali, Muratori, Bellu, Scaglione, Risciutti e Rando;
    d) all'attribuzione delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti ed alle ordinanze regionali sullo smaltimento dei rifiuti nei comuni di Anzio e Nettuno: infatti, Cerroni ed il suo storico collaboratore Landi, con la complicità di funzionari della pubblica amministrazione, ponevano in essere una serie di condotte illecite volte ad impedire alla società Rida Ambiente srl, concorrente del Colari, di operare. In particolare, l'amministrazione ometteva di determinare la tariffa in ingresso dei rifiuti per l'impianto di Rida Ambiente, cosa che impediva alla predetta di contrattare con le amministrazioni pubbliche locali l'eventuale accettazione di rifiuti solidi urbani nei suoi impianti. In tal modo, veniva intenzionalmente procurato alle società Pontina Ambiente ed Ecoambiente un ingiusto profitto patrimoniale consistente nella possibilità di gestire senza concorrenti i rifiuti provenienti dai comuni della zona. Oltre a ciò, la pubblica amministrazione rallentava di proposito l’iter di revisione tariffaria per il conferimento dei rifiuti a società del gruppo Cerroni. I funzionari regionali indagati, a vario titolo, per le predette vicende sono Fegatelli, De Filippis, Giovannetti e Marotta;
   l'ordinanza coercitiva ricostruisce in dettaglio i comportamenti illeciti degli arrestati, qualificandoli come «fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti e per le ricadute negative sulla collettività» e mette in luce l'esistenza, almeno dal 2008, di una stabile struttura organizzativa «informale» sovrapposta a quella formale delle società relative al gruppo imprenditoriale guidato da Manlio Cerroni, avente un indeterminato programma criminoso e un assetto variabile secondo le attività svolte, le vicende della vita o i cambiamenti all'interno dell'apparato politico-amministrativo. Inoltre, Cerroni viene definito dall'ordinanza coercitiva come promotore, organizzatore e dominus incontrastato del sodalizio criminale;
   la macroscopica distorsione del sistema di gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio determinata dal «modello Cerroni» era evidente ben prima del provvedimento della magistratura dei giorni scorsi: le denunce e le azioni di cittadini, associazioni e comitati avevano già messo in luce le profonde anomalie che si celavano nel regime monopolistico che, complice l'incapacità o la connivenza dello istituzioni, si era instaurato; le Commissioni parlamentari di inchiesta hanno espresso giudizi molto netti sulle anomalie riscontrate, evidenziando – ad esempio – l'esistenza di una gestione monopolistica del settore dei rifiuti e la presenza di «una serie di illeciti che coinvolgevano anche la pubblica amministrazione»; il quadro impietoso è delineato dalla trasmissione Report – di cui ampi stralci sono stati ripresi proprio nel dispositivo dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Roma;
   sempre nel provvedimento della magistratura viene effettuata una ricostruzione «storica», a partire dagli anni ’60, della gestione dei rifiuti nella Capitale, evidenziando in modo chiaro il singolare «raccordo pubblico-privato a tutto vantaggio del secondo»; preoccupa che gli amministratori e le forze politiche che si sono succeduti per decenni non si siano resi conto della gravità di una situazione che ha portato la regione Lazio ad essere una delle meno virtuose nel campo della gestione dei rifiuti, con risultati – per quanto concerne la percentuale di raccolta differenziata – ben distanti dagli obiettivi imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale –:
   alla luce di quanto emerso dall'indagine penale di cui in premessa, in che modo il Governo intenda affrontare il gravissimo problema evidenziato e se intenda assumere iniziative dirette a rinnovare lo stato di emergenza per la provincia di Roma e, dunque, nominare un nuovo commissario ovvero riconfermare il dottor Sottile;
   se il Governo sia in grado di dire quanto sia costata al cittadino contribuente l'inefficiente struttura commissariale dal giugno del 2011 al gennaio del 2013;
   come intenda agire affinché l'attività degli impianti per il trattamento meccanico-biologico dei rifiuti sia comunque garantita, onde evitare la definitiva condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea nell'ambito della procedura d'infrazione n. 2011/4021 per l'illegittimo smaltimento all'interno della discarica di Malagrotta di rifiuto cosiddetto «tal quale», in violazione della direttiva 1999/31/CE (cosiddetta direttiva «discariche»);
   come intenda agire il Governo rispetto ai fatti riportati nell'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Battistini, innanzitutto in merito al danno ambientale e morale che molti cittadini del Lazio hanno dovuto subire a causa di un sistema marcio e scellerato, dovuto ad enormi responsabilità delle amministrazioni locali e regionali e che la gestione commissariale dei rifiuti non solo non è stata in grado di risolvere, ma che sembra avere addirittura peggiorato;
   se sia noto quali siano le ragioni per le quali le copiose richieste di accesso agli atti non abbiano avuto esito positivo con gli enti gestori che si sono spesso trincerati dietro un inaccettabile quanto arrogante silenzio;
   se il Governo intenda fornire dettagliati e circostanziati elementi sul sistema dei rifiuti romano e laziale, sia attraverso un quadro delle aree e degli impianti riconducibili al gruppo Cerroni, sia cercando di quantificare il danno economico ed ambientale che le scelte sulla gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio hanno causato all'intera collettività.
(2-00368) «Vignaroli, Daga, Busto, De Rosa, Terzoni, Mannino, Segoni, Zolezzi, Baroni, Massimiliano Bernini, Di Battista, Frusone, Grande, Cristian Iannuzzi, Lombardi, Ruocco, Dadone, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Fraccaro, Turco, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Ferraresi, Sarti, Micillo, Luigi Di Maio, Fico».


Chiarimenti in merito a vicende emerse da un'indagine giudiziaria, relativa alla Asl di Benevento, nelle quali risulta coinvolta l'onorevole Nunzia De Girolamo, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ed iniziative di competenza per attuare la spending review – 2-00371

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni, la pubblicazione di intercettazioni ambientali non autorizzate, a seguito di un'inchiesta sulla asl di Benevento che coinvolge l'ex direttore amministrativo della asl Felice Pisapia, ora sottoposto a un provvedimento di dimora obbligatoria a Salerno, ha rivelato l'esistenza di una serie di incontri in cui il Ministro interpellato, Nunzia De Girolamo, all'epoca deputato e responsabile provinciale del Popolo della Libertà, con i vertici dell'azienda sanitaria locale e persone di sua fiducia, affrontava alcune questioni riguardanti l'appalto per il servizio 118, l'ubicazione di presidi e strutture della asl e i controlli da effettuare in alcuni ospedali;
   Felice Pisapia è indagato per truffa e peculato per centinaia di migliaia di euro sottratti dalle casse dell'azienda sanitaria a favore di alcuni imprenditori; con le registrazioni clandestine, Pisapia vorrebbe dimostrare di essere stato solo un ingranaggio di un sistema;
   sebbene, ad oggi, gli investigatori della Guardia di finanza sottolineano che dagli atti non emerga nulla di penalmente rilevante a carico del Ministro interpellato, è tuttavia evidente che, laddove le circostanze messe in luce dalle registrazioni venissero confermate da successive indagini, queste mostrerebbero comportamenti decisamente inopportuni dal punto di vista politico e rivelerebbero da parte del Ministro interpellato una gestione sconveniente di un ufficio territoriale della asl, vale a dire un presidio di sanità pubblica;
   del resto lo scenario descritto dal giudice per le indagini preliminari, Flavio Cusani, parla dell'esistenza di «un direttorio politico-partitico costituito al di fuori di ogni forma di legge che si occupava in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione dell'Asl»;
   peraltro, negli scorsi mesi il Parlamento attraverso le competenti Commissioni parlamentari ha in più di un'occasione, con atti formali, richiamato il Ministro interpellato ad un forte impegno istituzionale per riordinare le modalità organizzative e operative delle strutture ministeriali, degli enti e delle società controllate, attraverso la valorizzazione delle risorse interne e il contenimento degli incarichi e delle consulenze a soggetti esterni all'amministrazione; da ultimo, tale orientamento è stato espresso nel parere che la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha reso sul disegno di legge di assestamento 2013, in relazione allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   in particolare, i parlamentari hanno chiesto al Ministro interpellato di attenersi ad una stringente applicazione della spending review, tenendo conto della situazione generale del Paese ed in particolare della crisi che attanaglia il comparto agricolo ed agroalimentare, tale da non consentire alcuno spreco;
   anche le notizie di stampa confermerebbero una moltiplicazione degli incarichi negli enti e nelle società vigilate dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e una discutibile gestione dei commissariamenti dei medesimi enti –:
   quali siano le valutazioni del Ministro interpellato sulla vicenda descritta e quali siano state le motivazioni che hanno determinato il suo intervento poco trasparente nelle specifiche questioni, esposte in premessa, contribuendo ad orientare importanti decisioni di interesse pubblico riguardanti l'organizzazione dell'asl di Benevento;
   quali interventi urgenti e tempestivi il Ministro interpellato intenda adottare per adeguarsi agli standard richiesti dallo stesso Governo per attuare la spending review e per valorizzare il personale interno del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, evitando nomine pletoriche e arbitrarie.
(2-00371) «Oliverio, De Maria, Anzaldi, Fiorio, Taricco».


Chiarimenti in merito alla vicenda di abusive registrazioni ai danni dell'onorevole Nunzia De Girolamo, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, e iniziative conseguenti – 2-00370

C)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2012 sono stati captati abusivamente stralci di conversazioni a casa del Ministro interpellato;
   della persona che si è resa responsabile di tali abusive registrazioni viene sottolineato lo «spessore delinquenziale» ed evidenziato il pericolo che lo stesso «metta la sua esperienza amministrativo delinquenziale al servizio di altre persone e ai danni di enti pubblici» da parte del giudice che ne ha disposto la misura cautelare per il delitto di peculato e per una pluralità di truffe e tentativi di truffa ai danni della asl; tale soggetto potrebbe avere manipolato gli stralci delle registrazioni effettuate al fine di alzare una cortina fumogena che potesse celarne le malefatte;
   tale vicenda risulta gravissima sotto il profilo etico e giuridico e costituisce una palese lesione del diritto alla riservatezza tutelato dalla Carta costituzionale;
   il comportamento posto in essere ai danni del Ministro interpellato risulta ancora più grave alla luce del fatto che, pur non emergendo alcun profilo penalmente rilevante a carico del Ministro interpellato, molti organi di informazione hanno riversato nelle loro colonne trascrizioni di frasi decontestualizzate e abusivamente captate, dando luogo a pesanti strumentalizzazioni politiche –:
   come il Ministro interpellato intenda tutelare non solo la sua immagine ma soprattutto le basi dello Stato di diritto nei confronti del soggetto che ha posto in essere la condotta di cui in premessa.
(2-00370) «Costa, Saltamartini».


Chiarimenti in merito alla vicenda delle quote latte, con particolare riferimento alle modalità di calcolo della produzione nazionale – 2-00360

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la vicenda delle «quote latte» ha interessato moltissime aziende agricole italiane e ha portato diversi allevatori a presentare ricorso contro il prelievo per l'eccedenza delle produzioni. A partire dalla fine degli anni ’90 ad oggi, si sono susseguite diverse indagini conoscitive svolte dal Parlamento italiano per arrivare a fare chiarezza su questa vicenda;
   a seguito del decreto ministeriale 25 giugno 2009, n. 6501, si è svolta «l'Indagine amministrativa per l'accertamento, ai fini della determinazione del contenuto di materia grassa del latte in base alla normativa, della correttezza del metodo di calcolo adottato dall'Amministrazione, con riferimento in particolare ai dati utilizzati» che ha portato alla nota, in data 15 aprile 2010, del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari intitolato «Relazione di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare»;
   a questa relazione il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali rispondeva con una relazione ministeriale del giugno 2010 del Dipartimento delle politiche europee internazionali che andava ad argomentare le proprie considerazioni sulle questioni poste dalla nota del 15 aprile 2010 del comando carabinieri. In particolare, venivano argomentate l'attendibilità dei dati prodotti dall'Associazione allevatori italiani e la possibilità di produzioni superiori alla media di circa 84 q/anno. Mentre nessun rilievo è stato posto al fatto che, per esempio, nel 2008 il 53 per cento delle aziende da latte (dati dell'Associazione allevatori italiani) produceva il 73 per cento del latte italiano con una media di circa 84 q/anno e il restante 43 per cento produceva il 37 per cento con una media che poteva variare da 40 q/anno (con un patrimonio bovino di circa 1.600.000 capi) a 53 q/anno (con un patrimonio bovino di circa 1.400.000 capi). Inoltre, i dati dell'Associazione allevatori italiani fanno riferimento ad una produzione annuale media che difficilmente si verifica in quanto il periodo di interparto in Italia è superiore a 365 giorni. Ciò determina un'ulteriore diminuzione del latte prodotto/anno dai bovini;
   l'ordinanza del 13 novembre 2013 del giudice per le indagini preliminari, dottoressa Giulia Proto, su procedimento n. 33068 che restituisce gli atti al pubblico ministero per un'eventuale nuova iscrizione a carico dei funzionari di Agea ribadisce la presenza di una richiesta di innalzamento del numero dei capi bovini in produzione di latte e: «È evidente che ciò determina significative differenze nel calcolo della produzione nazionale di latte sulla scorta di tali criteri rispetto ai criteri che tengano conto del reale potenziale di produttività di latte dell'animale»;
   l'annotazione di polizia giudiziaria n. 169/75-12-2009 del 21 febbraio 2001 svolta dal Comando dei carabinieri politiche agricole e alimentari, su delega di indagini della procura della Repubblica di Roma, rileva che dai dati forniti da Agea risultano 1593 aziende che, pur essendo assegnatarie di quote di circa 354.661,00 quintali, hanno presentato una dichiarazione di produzione uguale a 0,00 chili nei modelli L1 –:
   quale sia il numero dei bovini da latte da 28 mesi a 120 mesi di età presenti nella Banca dati nazionale delle anagrafi zootecniche e presso l'Associazione italiana allevatori per le annate lattiero casearie dal 1995-1996 al 2012-2013 e se questo numero di capi abbia la capacità produttiva di certificare che la somma degli L1 dichiarati nelle rispettive annate sia reale, tenuto conto che la media nazionale ponderata tra aziende iscritte ai controlli dell'Associazione italiana allevatori e quelle non iscritte risulta molto inferiore alla media nazionale dell'Associazione italiana allevatori;
   se le 1539 aziende da latte bovine rilevate dal Comando dei carabinieri politiche agricole e alimentari con dichiarazione di produzione uguale a 0,00, come attestato dai modelli L1, abbiano preso contributi dalla Politica agricola comune sulla produzione del latte fino campagna lattiero casearia 2004-2005 e se abbiano acquisito titoli per contributi dalla Politica agricola comune nel premio unico aziendale a partire dal 2005-2006, e se tali aziende abbiano avuto accesso a contributi comunitari previsti nei piani di sviluppo rurale o delle organizzazioni comuni di mercato;
   se tali 1539 aziende abbiano affittato o venduto titoli «quote latte» negli anni interessati e per quali motivi Agea non abbia provveduto a revocare tali quote come dichiarato da circolari della stessa Agea.
(2-00360) «Cova, Carra, Miotto, Tentori, Gasparini, Incerti, Casellato, Burtone, Quartapelle Procopio, Crimì, Giuseppe Guerini, Palma, Oliverio, Ferrari, Luciano Agostini, Cenni, Zanin, Casati, Cominelli, Fregolent, Cinzia Maria Fontana, Bazoli, Malpezzi, Nicoletti, Rampi, Fragomeli, Preziosi, Chaouki, Amato, Terrosi».


Elementi e iniziative in merito alle procedure per la selezione ed il reclutamento del personale dipendente presso l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta – 2-00333

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge istitutiva delle autorità portuali in Italia (legge 28 gennaio 1994 n. 84), definisce le autorità come enti «con personalità giuridica di diritto pubblico»;
   la natura giuridica delle autorità portuali, a seguito di ampio dibattito giurisprudenziale che ne confermava a più riprese la natura di enti pubblici, è stata definita anche attraverso un'esplicita disposizione interpretativa del legislatore che con l'articolo 1, comma 993 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che acclarava definitivamente per legge la natura giuridica di enti pubblici (non economici) delle autorità portuali;
   essendo, quindi, definita in maniera incontrovertibile la natura di ente pubblico, in materia di selezione e reclutamento di personale, risultava pacifico come le autorità portuali dovessero rispettare l'articolo 97 della Costituzione e il disposto di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;
   tale impostazione era più volte confermata dai tribunali amministrativi che ribadivano come per il reclutamento del personale le autorità portuali avrebbero dovuto rispettare le disposizioni di cui all'articolo 35 e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001 (si veda Tar Catania, reg. sentenza 28 dicembre 2009, n. 02251; Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, reg. sentenza 16 febbraio 2011, n. 134);
   numerose autorità portuali procedevano, quindi, a selezionare e reclutare il personale secondo le procedure di «pubblica e trasparente selezione» prescritte dall'articolo 97 della Costituzione e dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   l'associazione delle autorità portuali (Assoporti), presieduta dal dottor Pasqualino Monti (presidente dell'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta), pubblicava sul proprio sito internet le procedure di selezione e reclutamento del personale delle singole autorità portuali aderenti all'associazione. La stessa Assoporti, in una nota dell'agosto 2010, comunicava all'autorità portuale di Genova che la stabilizzazione di un proprio dipendente assunto a tempo determinato non era possibile perché l'assunzione a tempo determinato non era avvenuta tramite procedura di concorso pubblico e, a supporto di tale tesi, allegava il parere formulato dall'Avvocatura dello Stato, reso nel 2009 a un'autorità portuale italiana che chiedeva proprio la possibilità di stabilizzare la posizione di un proprio dipendente assunto a tempo determinato;
   con nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'8 novembre 2011, a firma del direttore generale dei porti dottor Caliendo, fu autorizzato all'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta un aumento della pianta organica da 85 a 114 unità, (il comitato portuale aveva richiesto di ampliare la pianta da 85 a 138 unità più 3 ulteriori dirigenti). La nota, altresì, raccomandava di espletare «procedure concorsuali selettive ad evidenza pubblica nel rispetto del principio della trasparenza e delle vigenti norme in materia»;
   l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta procedeva, a seguito dell'ampliamento della propria pianta organica, ad alcune decine di assunzioni per le quali non si ha traccia di procedure «ad evidenza pubblica» o comunque di selezioni che, nel rispetto della legge, garantissero alla stessa autorità l'individuazione delle migliori professionalità disponibili;
   si registravano nel comprensorio enormi polemiche sugli organi di informazione e nell'ambito del dibattito politico, poiché numerosi assunti risulterebbero essere legati finanche da legami di parentela rispetto a diversi esponenti politici locali e a dipendenti dell'autorità portuale di Civitavecchia (molti degli assunti hanno lo stesso cognome di personale dipendente già in servizio);
   le assunzioni avvenivano tutte a chiamata diretta (circa 24/28 unità) pur in vigenza delle leggi richiamate e in violazione dell'articolo 97 della Costituzione che imponeva tutti gli enti pubblici le assunzioni tramite concorso, nonostante il consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato sinteticamente; elementi che pertanto non potevano essere ignorati dai responsabili dell'autorità portuale di Civitavecchia, se non a causa di gravissima negligenza ed incompetenza professionale;
   l'incremento della spesa per il personale dipendente, a seguito delle assunzioni (senza selezione pubblica) può essere stimato in alcuni milioni di euro –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interpellati in merito ai fatti accaduti;
   se i Ministri interpellati, verificate le procedure per la selezione ed il reclutamento del personale dipendente presso l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta non ritengano opportuno:
    a) inoltrare gli eventuali esiti di tali verifiche alla procura regionale per il Lazio della Corte dei conti per poter accertare l'eventuale danno erariale in merito all'irregolare selezione e reclutamento del personale;
    b) avviare un'indagine amministrativa interna per individuare i motivi della condotta dell'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, informando dell'esito, ove necessario, le autorità competenti;
    c) imporre all'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta l'adozione di strumenti e di procedure in grado di permettere il rispetto della disciplina vigente in materia di reclutamento e selezione del personale dipendente.
(2-00333) «Tidei, Iori, Cinzia Maria Fontana, Roberta Agostini, Gregori, Giuliani, Bolognesi, La Marca, Impegno, Amendola, Carlo Galli, Zampa, Manzi, Rampi, Brandolin, Carrescia, D'Incecco, Lauricella, Rughetti, Carella, Ferro, Gasparini, Donati, Ferrari, Incerti, Giampaolo Galli, Lattuca, Argentin, Paola Bragantini, Pierdomenico Martino, Rostan, Rigoni, Porta, Patriarca, Pelillo, Miccoli, Manfredi, Tullo».


Iniziative urgenti volte al completamento definitivo dei lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria – 2-00367

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il 14 novembre del 2012, oltre un anno fa dunque, l'amministratore unico dell'Anas, Pietro Ciucci, a Bruxelles, nella sala JAN 6Q1 del Parlamento europeo, intervenendo alla conferenza organizzata dal Centro studi Meseuro, aveva annunciato che tutti i cantieri dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria sarebbero stati completati entro fine 2013;
   un impegno che l'amministratore unico dell'Anas Ciucci ha più volte ribadito, per ultimo a giugno 2013, durante la firma di un protocollo d'intesa sulla sicurezza stradale a Napoli, quando asserì che i cantieri attivi dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria sarebbero stati completati entro fine 2013;
   ad oggi, gli annunci e le rassicurazioni dell'amministratore unico dell'Anas Ciucci sono stati ampiamente smentiti dai fatti, stante la circostanza che i cantieri finanziati ed avviati sono tuttora aperti;
   ai ritardi ricordati, segue una lievitazione dei costi nella realizzazione dell'opera;
   ad oggi, non sono mai pervenute esaustive informazioni in ordine alla conduzione delle relazioni industriali tra Anas e General contractor e alle ragioni tecniche e modalità giuridiche che hanno guidato i diversi atti di contenzioso e riserve sfociati in remunerativi lodi arbitrali;
   è altissimo il prezzo che il Mezzogiorno e la Calabria hanno dovuto pagare in termini di immagine e di mancato sviluppo, con ripercussioni anche sulle imprese locali che, a differenza dei lucrosi vantaggi per le grandi imprese del Nord, sono state destinatarie delle briciole e spesso utilizzate come pretesto per giustificare gli elevatissimi costi non preventivati e i notevoli e ingiustificati ritardi;
   i cantieri perennemente aperti, oltre a trasmettere all'Italia e al mondo l'immagine di una Calabria degli sprechi e dell'inefficienza, hanno fortemente compromesso e impedito il decollo e lo sviluppo delle aree interessate;
   è necessario un forte e netto segnale di discontinuità amministrativa e politica per chiudere i cantieri;
   nonostante le rassicurazioni dell'amministratore unico dell'Anas, per il completamento definitivo dell'infrastruttura bisogna reperire ancora 3 miliardi e 100 milioni di euro;
   è chiara l'esigenza di andare oltre i reclami e le rassicurazioni per far sì che la crescita non rimanga una semplice enunciazione propagandistica;
   per completare il complesso mosaico delle grandi opere pubbliche, costellato da atavici ritardi, ognuno è chiamato a fare il suo, perché il completamento delle opere infrastrutturali, che al sud del Paese rappresentano spesso l'emblema del ritardo del Meridione, non può più aspettare –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra denunciato;
   quali iniziative urgenti intenda mettere in atto per concretizzare quanto in premessa, assumendo impegni concreti finalizzati a definire, in tempi brevi, l’iter conclusivo dei lavori della A3 Salerno-Reggio Calabria, nell'esclusivo interesse del Mezzogiorno e della Calabria che da tanti anni aspettano l'agognata modernizzazione infrastrutturale e un segno di attenzione che possa diventare un viatico per fatti più concreti, legati a circostanze reali e tangibili;
   se il Governo intenda indicare puntualmente l'entità delle risorse finanziarie che sono state impegnate nell'ultimo decennio per corrispondere gli importi richiesti dal saldo di atti transattivi, lodi arbitrali, sentenze extragiudiziali, contenziosi e riserve intentati dalle imprese appaltatrici nella conduzione dei lavori di competenza dell'Anas nel territorio calabrese.
(2-00367) «Censore, Bruno Bossio, Del Basso De Caro, Grassi, Magorno, Mazzoli, Manciulli, Ferro, Culotta, Lauricella, Battaglia, Villecco Calipari, Stumpo, Cuperlo, D'Attorre, Covello, Capodicasa, Bargero, Bruno, Causin, Fiorio, Amendola, Di Gioia, Lattuca, Bonomo, Moretti, Paolucci, Paola Bragantini, Leva, Argentin, Garavini, Borghese, Costantino, Nicchi, Ragosta».


Problematiche riguardanti l'attivazione dei cosiddetti percorsi formativi abilitanti speciali – 2-00366

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 25 marzo 2013, n. 81, che ha modificato il decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, è stato istituito il percorso formativo abilitante speciale (Pas-Tfa speciale) per consentire l'accesso al corso, senza superamento di prove di selezione, a docenti precari con almeno tre anni di servizio ma sprovvisti della relativa abilitazione;
   successivamente, con decreto del dirigente generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 25 luglio 2013, n. 58, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale – concorsi ed esami – il 30 luglio 2013, sono stati attivati i corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento e aperti i termini per la presentazione della domanda;
   la domanda di partecipazione ai percorsi formativi speciali, a pena di esclusione, deve essere inoltrata per una sola regione, a scelta dell'aspirante per una sola tipologia di posto o classe di concorso di cui alle tabelle A, C e D del decreto ministeriale n. 39 del 1998 e del decreto ministeriale 6 agosto del 1999, n. 201, (classe di concorso A077). L'istanza doveva essere trasmessa all'ufficio scolastico regionale della regione prescelta attraverso la piattaforma Istanze on-line http://archivio.pubblica.istruzione.it/istanzeonline/ del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2 al 29 agosto 2013 (salvo proroghe);
   tuttavia, nonostante il chiaro dettato delle norme sopraindicate, la situazione riguardo all'attivazione da parte delle università dei percorsi formativi abilitanti speciali appare non solo confusa ma anche disomogenea a livello territoriale;
   in tal senso, solo per citare alcuni esempi, in Liguria, presso l'università degli studi di Genova nell'anno accademico 2013/2014 sono a disposizione solo 185 corsi sui 625 totali previsti nel triennio e per alcune classi di concorso i corsi saranno erogati solo nell'anno accademico 2015/2016;
   nel Lazio alcuni dipartimenti dell'università La Sapienza di Roma hanno chiaramente specificato attraverso avvisi pubblici che «alla Sapienza non saranno attivati i “PAS”, percorsi abilitanti speciali, noti anche come “TFA speciali”»;
   inoltre, la maggior parte delle università si sono dette non disponibili ad attivare i percorsi abilitanti speciali per la scuola dell'infanzia, primaria, per le lingue ed i corsi di riconversione sul sostegno per le classi di concorso in esubero;
   la conferenza dei direttori di conservatorio ha avanzato dubbi sulla liceità del decreto che istituisce il percorsi abilitanti speciali e ha chiesto chiarimenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ad oggi, tali chiarimenti non risultano essere arrivati, pertanto l'attivazione dei percorsi abilitanti speciali per la classe A77 è stata sospesa;
   sui percorsi abilitanti speciali per le classi di concorso A31/32 non ci sono dubbi di liceità, ma avendo questi alcune attività formative in comune con il percorso abilitante speciale per la classe A77, si è preferito sospendere anche questi;
   vi sono docenti risultati idonei a partecipare ad un percorso abilitante speciale per una specifica classe di concorso che non potranno parteciparvi nella propria regione di appartenenza perché per quella specifica classe non è stato attivato il corso;
   gli uffici scolastici regionali per la Lombardia sono stati inondati oggi da reclami sulla mancata valutazione del servizio relativo all'anno scolastico 2012/13. L'ufficio scolastico regionale ha quindi indicato in maniera ufficiale l'indirizzo al quale presentare il reclamo, per controllare le segnalazioni;
   quanto rilevato descrive uno stato di estrema incertezza e di disomogeneità tra ambiti territoriali, nonché tra ambiti disciplinari, stato che ostacola gravemente la rapida applicazione di norme. Si rammenta, per altro, che, in vista dell'aggiornamento delle graduatorie di istituto, un ulteriore ritardo nell'avvio delle procedure produrrebbe nuova incertezza e possibili contenziosi –:
   come intenda intervenire per affrontare tali posizioni di dilazione e indisponibilità al fine di garantire al personale scolastico interessato il diritto ad avere i citati corsi indispensabili per i loro percorsi professionali, ottemperando, peraltro, alle norme vigenti (decreto ministeriale n. 81 del 2013 e nota 30 ottobre 2013, n. 2352, DD 7/4/2012 e decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013);
   se non ritenga opportuno vigilare sul rispetto delle norme indicate e garantire ai lavoratori interessati gli indispensabili percorsi abilitanti senza ulteriori confusioni e incertezze, assicurando una corretta gestione delle procedure con pari diritti in tutto il Paese.
(2-00366) «Carocci, Malpezzi, Raciti, D'Ottavio, Coscia, Coccia, Rampi, Piccoli Nardelli, Manzi, Ghizzoni, Nardella, Malisani, Orfini, Zoggia, Zampa, Gnecchi, Fioroni, Rotta, Manfredi, Rubinato, Sanga, Rughetti, Sbrollini, Rocchi, Rostan, Scanu, Vazio, Lodolini, Civati, Capozzolo, Carnevali, Murer, Fragomeli, Fabbri, Mariani, Bratti, Damiano, Cassano, Senaldi, Richetti, Epifani, Carrescia, Giacomelli, Dallai, Bellanova».


Compatibilità con il quadro normativo costituzionale ed internazionale del documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», adottato dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, e delle connesse iniziative poste in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – 2-00369

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), ente governativo istituito all'interno del Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha approvato in data 29 aprile 2013 il documento denominato «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» (2013-2015);
   il documento, che contiene le linee guida per l'applicazione dei principi contenuti nella raccomandazione CM/Rec (2010) 5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere, è stato adottato successivamente alle dimissioni del Governo Monti ed in regime di ordinaria amministrazione, senza essere stato sottoposto alla valutazione e al dibattito parlamentare, dopo, peraltro, che il precedente Governo, a guida Berlusconi, aveva espressamente ritenuto di non assumere alcun provvedimento per il 31 marzo 2010;
   il documento è stato, inoltre, adottato omettendo la consultazione di tutte le parti sociali interessate, con specifico riguardo ai genitori ed ai docenti, violando secondo gli interpellanti in tal modo non solo il principio ribadito all'interno dello stesso documento (pagina 16) e relativo alla necessità di un coinvolgimento di «tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie», ma anche il principio previsto nella stessa Raccomandazione CM/Rec (2010) 5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa – di cui è emanazione – nella parte in cui invita espressamente gli Stati membri a «tenere conto del diritto dei genitori di curare l'educazione dei propri figli» nel «predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d'azione per promuovere l'uguaglianza e la sicurezza e garantire l'accesso a formazioni adeguate o a supporti e strumenti pedagogici appropriati per combattere la discriminazione» (Allegato VI Istruzione, n. 31); in realtà, come si evince dal decreto di costituzione del gruppo nazionale di lavoro emanato in data 20 dicembre 2012, nessuna associazione familiare o associazione professionale dei docenti è stata coinvolta, mentre si è ritenuto di limitare la partecipazione al gruppo di lavoro a ben ventinove associazioni lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender);
   il medesimo documento contempla, in particolare, uno specifico punto strategico (4.1. Asse Educazione e Istruzione) per diffondere la teoria del gender nelle scuole, attraverso anche iniziative volte ad offrire ad alunni e docenti l'elaborazione del processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere; tutto questo attraverso l'attuazione di misure, che devono comprendere «la comunicazione di informazioni oggettive sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere»;
   il documento dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali prevede espressamente, tra l'altro, l'obiettivo strategico di «ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT», di «garantire un ambiente scolastico sicuro e gay friendly», di «favorire l'empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni», nonché di «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all'orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali», anche attraverso:
    a) la «valorizzazione dell’expertise delle associazioni lgbt in merito alla formazione e sensibilizzazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, per potersi avvalere delle loro conoscenze» anche per «rafforzare il legame con le reti (LGBT) locali»;
    b) «la consultazione delle associazioni LGBT, così come avviene per il tema del contrasto della violenza sulle donne»;
    c) il «coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti»;
    d) la «predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali», un probabile riferimento, ai tentativi di sostituire l'indicazione della paternità e maternità con i termini di genitore 1 e 2;
    e) l’«accreditamento delle associazioni LGBT, presso il Ministero dell'istruzione dell'Università e della Ricerca, in qualità di enti di formazione»;
    f) l’«arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio»;
    g) la «realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT sullo sviluppo dell'identità sessuale nell'adolescente, sull'educazione affettivo-sessuale, sulla conoscenza delle nuove realtà familiari», formazione che «dovrà essere rivolta non solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi di crediti formativi) ma anche a tutto il personale non docente della scuola (personale amministrativo, bidelli eccetera)»;
   dal canto suo, infine, il Ministro interpellato, aderendo alle sollecitazioni dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, ha avviato una campagna informativa attraverso la pubblicazione di sussidi didattici come quello «Tante diversità. Uguali diritti: Omofobia», l'attivazione del sito www.noisiamopari.it all'interno del sito del Ministro interpellato, oltre che l'attivazione già nel 2013 di percorsi formativi sulle tematiche lgbt destinati alle figure apicali delle amministrazioni centrali (Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e uffici scolastici regionali) e locali;
   ad avviso degli interpellanti il citato documento e le modalità con le quali è attuato non appaiono rispettosi delle «Linee di Indirizzo sulla partecipazione dei Genitori e Corresponsabilità Educativa», diramate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 22 novembre 2012, laddove prevedono il diritto dei genitori alla «corresponsabilità educativa» e costituiscono violazione delle disposizioni dell'articolo 30 della Costituzione che garantisce e tutela il diritto dei genitori ad educare i propri figli, espropriando di fatto la famiglia – ambito privilegiato e naturale di educazione – del compito di formazione in campo sessuale e disconoscendo il fatto che la stessa famiglia rappresenti l'ambiente più idoneo ad assolvere l'obbligo di assicurare una graduale educazione della vita sessuale, in maniera prudente, armonica e senza particolari traumi;
   sempre ad avviso degli interpellanti sia il documento che la sua modalità di attuazione si pongono in palese contrasto con l'articolo 18 e con l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani: il primo garantisce la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, i propri valori religiosi nell'educazione, mentre il secondo attribuisce ai genitori il diritto di priorità nella scelta di educazione da impartire ai propri figli –:
   se non intenda approfondire l'effettiva conformità del citato documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)» e delle azioni messe in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rispetto alla ratio del quadro costituzionale e normativo richiamato in premessa.
(2-00369) «Gigli, Dellai, Sberna».


Iniziative di competenza per collocare nella città di Nassiriya una targa o un cippo in memoria delle vittime della strage del 12 novembre 2003 – 2-00350

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il 12 novembre 2013 è ricorso il decimo anniversario della strage di Nassiriya, in cui perirono dodici carabinieri, cinque militari dell'Esercito e due cineoperatori civili connazionali, oltre a nove sfortunati passanti iracheni;
   quasi ovunque siano caduti militari del nostro Paese in missione all'estero, targhe e cippi ne commemorano il sacrificio: in particolare, in Afghanistan, dove ve ne sono purtroppo molti nelle basi Isaf di Kabul ed Herat;
   di contro, nulla pare ricordare a Nassiriya quanto accadde alla base Maestrale, a dispetto delle condizioni di sicurezza soddisfacenti in cui la città e la provincia del Dhi Qar vennero lasciate dal contingente italiano nel 2006;
   un simbolo fisico del tributo di sangue pagato dal nostro Paese a Nassiriya secondo gli interpellanti potrebbe rivelarsi utile anche alla promozione degli interessi economici della Repubblica nella zona, notoriamente ricca di giacimenti petroliferi –:
   perché il Governo non abbia ancora onorato il sacrificio delle vittime di Nassiriya, assumendo iniziative per collocare nella città irachena in cui ebbe luogo una targa od un cippo alla loro memoria e cosa attenda a farlo.
(2-00350) «Giancarlo Giorgetti, Gianluca Pini, Marcolin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Prataviera, Rondini».


Iniziative di competenza al fine di superare il blocco degli stipendi nei confronti di tutti i dipendenti di Equitalia spa e delle società di riscossione dalla stessa controllate – 2-00326

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, dispone il blocco degli stipendi per il triennio 2011-2013 per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi del comma 8 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
   l'articolo 4, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, dispone il blocco degli stipendi per il biennio 2013-2014 per tutti i dipendenti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, con esclusione di quelle che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica, delle società che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché delle società di cui all'articolo 23-quinquies, commi 7 e 8, dello stesso decreto, e delle società finanziarie partecipate dalle regioni, ovvero di quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, individuate, in relazione alle esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, nonché all'esigenza di assicurare l'efficacia dei controlli sull'erogazione degli aiuti comunitari del settore agricolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro o dei Ministri aventi poteri di indirizzo e vigilanza, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2013 ha stabilito che sono società che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, nei cui riguardi ricorrono esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, sia Equitalia spa che le società di riscossione dalla stessa controllate, escludendole in via espressa dal blocco degli stipendi per il biennio 2013-2014 stabilito dal decreto-legge n. 95 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;
   relativamente all'anno 2013, si verifica una sovrapposizione tra il blocco degli stipendi a suo tempo stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, e quello identico successivamente riproposto dal decreto-legge n. 95 del 2012;
   l'espressa esclusione di Equitalia spa e delle società di riscossione dalla stessa controllate dal blocco degli stipendi stabilito per il 2013 e il 2014 dalla disposizione più recente non può che implicare, quanto meno relativamente all'anno 2013 per cui si verifica la sovrapposizione, anche il venir meno dell'identico blocco stabilito dalla normativa precedente;
   ciò nonostante, a tutt'oggi, i vertici di Equitalia spa continuano ad applicare ancora per il 2013 il blocco degli stipendi nei confronti di tutti i dipendenti;
   si rischia di replicare anche per il successivo anno 2014 la sovrapposizione già evidenziata per il 2013 –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato al fine di assicurare ai dipendenti di Equitalia spa e relative controllate l'applicazione della stessa disciplina che, fin dal primo blocco degli stipendi disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stata applicata ai dipendenti delle società Sogei (Società generale d'informatica spa – società posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze) e Consip spa (società posseduta al 100 per cento dal Ministro dell'economia e delle finanze), in accordo alle finalità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2013.
(2-00326) «Zanetti, Sottanelli, Dellai».