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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 25 novembre 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 novembre 2013.

  Angelino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Archi, Baldelli, Berretta, Bocci, Boccia, Borghi, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Fassina, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Moretto, Nicchi, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tabacci.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 21 novembre 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CATANOSO GENOESE: «Disposizioni concernenti la copertura di posti vacanti nel ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato» (1830);
   INCERTI: «Disposizioni per lo studio della figura di Matilde di Canossa, in occasione del nono centenario della sua morte, nonché per la tutela e la valorizzazione culturale, ambientale e turistica dei luoghi e dei territori legati alla sua memoria» (1831);
   CIVATI ed altri: «Norme in materia di prevenzione dei conflitti di interessi dei parlamentari e dei titolari di cariche di Governo» (1832);
   ROCCHI ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento del servizio prestato nelle scuole materne ai fini giuridici, economici e di carriera in favore dei docenti delle scuole secondarie» (1833);
   CRIMI ed altri: «Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale» (1834).

  In data 22 novembre 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   CIMBRO: «Disposizioni concernenti la formazione delle classi nella scuola primaria e secondaria» (1835).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

  In data 21 novembre 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:
   PISICCHIO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso degli strumenti finanziari derivati» (Doc. XXII, n. 17).

  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di un disegno di legge.

  In data 22 novembre 2013 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dal Ministro per gli affari europei:
    «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre» (1836).

  Sarà stampato e distribuito.

Ritiro di una proposta di legge.

  Il deputato Caparini ha comunicato, anche a nome degli altri firmatari, di ritirare la seguente proposta di legge:
   CAPARINI ed altri: «Disposizioni concernenti il sistema dell'istruzione, il governo delle istituzioni scolastiche, il trasferimento delle funzioni amministrative relative al personale della scuola alle regioni, nonché il reclutamento, l'organizzazione e l'inquadramento del personale scolastico nei ruoli regionali e l'istituzione di autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa regionale» (414).

  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  NASTRI: «Modifiche agli articoli 8 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e 251 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, concernenti i requisiti per il rilascio delle autorizzazioni di polizia in materia di armi e per la prestazione di servizio armato presso enti pubblici o privati» (1371). Parere delle Commissioni IV, V, VII, X, XIII e XIV;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LODOLINI ed altri: «Introduzione dell'articolo 21-bis della Costituzione, recante il riconoscimento del diritto universale di accesso alla rete Internet» (1508). Parere delle Commissioni VII e IX.

   III Commissione (Affari esteri):
  NASTRI: «Modifica all'articolo 2 della legge 29 ottobre 1997, n. 374, in materia di messa al bando delle munizioni a grappolo» (1330). Parere delle Commissioni I, IV, V e X.

   IV Commissione (Difesa):
  RIZZO ed altri: «Modifica all'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in materia di definizione della catena di comando nelle attività di protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria» (1521). Parere delle Commissioni I, III (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento);
   ROSTAN: «Disposizioni concernenti l'impiego di contingenti di personale militare con funzioni di pubblica sicurezza per attività di presidio e controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei reati ambientali in Campania» (1806). Parere delle Commissioni I, II, V, VIII e XI.

   V Commissione (Bilancio):
  PELUFFO: «Disposizioni in favore dei territori di montagna» (233). Parere delle Commissioni I, II, IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
  NASTRI: «Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di aliquota agevolata dell'imposta sul valore aggiunto relativa ai pacchetti turistici per il rilancio del settore alberghiero» (1331). Parere delle Commissioni I, V, X e XIV.

   VII Commissione (Cultura):
  COSCIA ed altri: «Concessione di un contributo al Centro Pio Rajna, in Roma, per il sostegno degli studi danteschi e delle attività di ricerca sulla lingua e sulla letteratura italiana» (1515). Parere delle Commissioni I e V.

   VIII Commissione (Ambiente):
  BENAMATI ed altri: «Delega al Governo per l'adozione del Piano antisismico nazionale» (1184). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  DE MENECH ed altri: «Modifica all'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in materia di determinazione dei canoni dovuti alla società ANAS SpA per concessioni e autorizzazioni relative all'accesso, all'uso e all'occupazione delle strade e delle loro pertinenze» (1280). Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   X Commissione (Attività produttive):
  SENALDI ed altri: «Agevolazioni per l'introduzione di sistemi anticontraffazione per consentire al consumatore l'identificazione dei prodotti di origine italiana o interamente prodotti in Italia mediante l'apposizione di segni unici e non riproducibili associati a codici a barre bidimensionali» (1454). Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  FEDRIGA e CAPARINI: «Modifiche alla legge 3 dicembre 1999, n. 493, in materia di assicurazione contro gli infortuni domestici» (229). Parere delle Commissioni I, V e XII;
  GNECCHI ed altri: «Istituzione di un contributo di solidarietà ed equità previdenziale nonché disposizioni in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici e delega al Governo in materia di previdenza per le nuove generazioni» (1785). Parere delle Commissioni I e V.

   XII Commissione (Affari sociali):
  DORINA BIANCHI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, sulla sicurezza delle cure prestate e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali» (1044). Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  DI GIOIA: «Norme per l'integrazione sociale dei disabili e per l'istituzione di centri di ricerca» (1323). Parere delle Commissioni I, II, V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), VIII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
  PIAZZONI ed altri: «Riconoscimento della lingua dei segni italiana» (1500). Parere delle Commissioni I, II, III, V, VII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
   con lettera in data 20 novembre 2013, Sentenza n. 274 del 18-20 novembre 2013 (Doc. VII, n. 174), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale, dell'articolo 16, comma 10-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 17-ter, comma 5, del decreto-legge n. 83 del 2012, come convertito dalla legge n. 134 del 2012, nella parte in cui non prevede che le disposizioni di cui al Capo IV-bis del medesimo decreto-legge non si applichino alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni provinciali di adeguamento ai princìpi in esso contenuti;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 17-undecies, commi 4 e 6, del decreto-legge n. 83 del 2012, come convertito dalla legge n. 134 del 2012, promossa, in relazione all'articolo 97 della Costituzione, dalla regione Veneto: alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);

   con lettera in data 20 novembre 2013, Sentenza n. 275 del 18-20 novembre 2013 (Doc. VII, n. 175), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 5, lettera b), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, limitatamente alle parole «non superiore al 5 per cento»: alla VI Commissione (Finanze).

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria la seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alla IV Commissione (Difesa), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
   Sentenza n. 276 del 18-20 novembre 2013 (Doc. VII, n. 176), con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 866, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 4, 35, 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo per il Lazio.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 19 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «La Triennale» di Milano, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 79).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 19 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa), per l'esercizio 2011. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 80).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, con lettera in data 15 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 10/2013 del 26 settembre 2013, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente i risultati del contrasto degli abusi nelle compensazioni tra crediti e debiti di imposta.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 21 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società italiana per l'organizzazione internazionale (SIOI), per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 81).

  Questi documenti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte dei conti - Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 21 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «Rossini Opera Festival», per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 82).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 21 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI), per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 83).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 21 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Italia Lavoro Spa, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 84).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Viceministro degli affari esteri.

  Il Viceministro degli affari esteri, con lettera in data 19 novembre 2013, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, l'intenzione di concedere un contributo all'Università di Roma Tor Vergata per un progetto di formazione per giudici provenienti dall'Afghanistan.

  Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione di delibere dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 22 novembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la delibera CIPE n. 34/2013 del 19 luglio 2013, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001) – Linea AV/AC Milano-Genova: terzo valico dei Giovi – Proroga della dichiarazione di pubblica utilità», che è trasmessa alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 21 e 22 novembre 2013, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Le relazioni dell'Unione europea con il Principato di Andorra, il Principato di Monaco e la Repubblica di San Marino – Opzioni per la loro partecipazione al mercato interno (COM(2013) 793 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di regolamento di esecuzione del Consiglio che sostituisce gli elenchi delle procedure di insolvenza, delle procedure di liquidazione e dei curatori negli allegati A, B e C del regolamento (CE) n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza (COM(2013) 802 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Proposta di regolamento del Consiglio che abroga le misure antidumping sulle importazioni di alcuni tipi di cavi di ferro o di acciaio originarie della Federazione russa in seguito ad un riesame in previsione della scadenza a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 (COM(2013) 811 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi (COM(2013) 812 final) e relativo documento di accompagnamento – Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2013) 469 final), che sono assegnati in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura). La predetta proposta di regolamento è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 22 novembre 2013;
   Proposta di regolamento di esecuzione del Consiglio che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di perossisolfati (persolfati) originari della Repubblica popolare cinese a seguito di un riesame in previsione della scadenza a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (COM(2013) 817 final) e relativo allegato (COM(2013) 817 – Annex 1), che sono assegnati in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposte di parere del Consiglio sui programmi di partenariato economico della Spagna (COM(2013) 902 final), della Francia (COM(2013) 904 final), di Malta (COM(2013) 909 final) e della Slovenia (COM(2013) 911 final), che sono assegnate in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal consiglio regionale del Molise.

  Il presidente del consiglio regionale del Molise, con lettera in data 15 novembre 2013, ha trasmesso un voto, approvato dal medesimo consiglio nella seduta del 29 ottobre 2013, concernente l'introduzione nel codice penale del reato di tortura.

  Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal consiglio regionale della Lombardia.

  Il presidente del consiglio regionale della Lombardia, con lettera in data 15 novembre 2013, ha trasmesso una risoluzione, approvata dal medesimo consiglio il 5 novembre 2013, concernente le politiche dell'Unione europea di maggiore interesse per la Lombardia.

  Questo documento è trasmesso alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 31 ottobre 2013, a pagina 4, seconda colonna, trentesima riga, la parola: «1058,» si intende soppressa.

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 19 novembre 2013, a pagina 5, seconda colonna, sedicesima riga, la parola: «2014» si intende sostituita dalla seguente: «2013».

MOZIONI SORIAL ED ALTRI N. 1-00194, GIORGIA MELONI ED ALTRI N. 1-00255, DI SALVO ED ALTRI N. 1-00256, TINAGLI ED ALTRI N. 1-00257, GNECCHI ED ALTRI N. 1-00258, FEDRIGA ED ALTRI N. 1-00259 E PIZZOLANTE ED ALTRI N. 1-00260 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALL'INTRODUZIONE DI UN PRELIEVO STRAORDINARIO SUI REDDITI DA PENSIONE SUPERIORI AD UN DETERMINATO IMPORTO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la questione delle «pensioni d'oro» è oggetto di accese discussioni sia fra i cittadini sia fra le forze politiche, senza che, ad oggi, si sia pervenuti ad una proposta risolutiva;
    un primo tentativo di intervenire con un prelievo straordinario di solidarietà è stato bocciato dalla Consulta che, con la sentenza n. 116 del 2013 depositata il 5 giugno 2013, ha dichiarato incostituzionale il comma 22-bis dell'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che aveva introdotto un «contributo di perequazione» nella misura del 5 per cento sulla quota di assegno eccedente i 90.000 euro, del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15 per cento per la parte eccedente i 200.000 euro;
    in precedenza la Corte costituzionale, con la sentenza n. 223 del 2012, aveva già «bollato» e reso incostituzionale il prelievo sugli stipendi pubblici elevati, in quanto giudicato «un intervento impositivo irragionevole discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini», poiché i provvedimenti colpivano i soli dipendenti pubblici e non anche i lavoratori autonomi o privati, o i pensionati pubblici, lasciando indenni le altre categorie previdenziali;
    come si legge in ambedue le sentenze della Corte costituzionale, «Il risultato di bilancio avrebbe potuto essere ben diverso e più favorevole per lo Stato, laddove il legislatore avesse rispettato i principi di eguaglianza dei cittadini e di solidarietà economica»; viceversa, in conseguenza della sentenza della Consulta, lo Stato dovrà restituire circa 84 milioni di euro, con conseguenze negative sull'opinione pubblica;
    permangono i presupposti di eccezionalità della situazione economica, che avevano indotto il Governo, allora in carica, ad adottare il citato prelievo solidale, anzi oggi, rispetto al 2011, la recessione si è acuita e la situazione dei conti pubblici italiani è peggiorata a causa del trend negativo di crescita del prodotto interno lordo;
    a maggior ragione necessitano ulteriori risorse da destinare al sostegno delle fasce più deboli e resta inaccettabile che circa il 44 per cento dei pensionati italiani, quindi oltre 7 milioni di cittadini, riceve oggi dall'Inps un assegno inferiore a mille euro mensili e, nel 13 per cento dei casi, tale assegno non supera l'importo di 500 euro, mentre sussistono pensioni d'oro di importi mensili superiori a 20.000 euro fino al caso eclatante di 90.000 euro mensili;
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha espresso aperture in merito ad un ventilato prelievo sulle pensioni che superino una determinata soglia di importo, sostenendo che tale intervento «non porterebbe molti soldi, ma sarebbe una misura di giustizia sociale» (intervista su Il Corriere della Sera);
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha dichiarato, altresì, la necessità di reperire risorse da destinare ai trattamenti pensionistici minimi;
    è inaccettabile giustificare giuridicamente i trattamenti pensionistici elevati di oltre 20 volte il trattamento minimo in quanto autorizzati da disposizioni di legge antecedenti, perché i suddetti presupposti giuridici non sono più adeguati al contesto economico attuale di grave depressione economica e le decisioni assunte in passato oggi minano il «patto sociale» fra i cittadini e consentono uno spreco di «risorse pubbliche» con grave danno sia per i pensionati che percepiscono il trattamento minimo, sia per le giovani generazioni colpite da tassi di disoccupazione ai massimi storici;
    è auspicabile, invece, sottoporre a valutazione i trattamenti pensionistici di elevato importo per evidenziare la quota di pensione imputabile agli effettivi contributi versati e la quota imputabile al sistema di calcolo retributivo, al fine di assumere decisioni politiche sulle cause degli eccessivi privilegi concessi prima della riforma del sistema pensionistico;
    un eventuale intervento normativo deve essere finalizzato a creare una maggiore equità nell'erogazione dei trattamenti di quiescenza, senza generare situazioni di disparità di trattamento non conformi ai principi della Costituzione;
    per l'anno 2013, l'importo minimo del trattamento corrisponde a 495,43 euro mensili;
    è opportuno consentire un'equa e solidale progressività dell'imposizione sui redditi da pensione, applicando aliquote progressive in base alle classi di pensione mensile contenute nelle tabelle ufficiali dell'Istat per l'anno 2012;
    da proiezioni effettuate, si potrebbe realizzare un maggior gettito non inferiore a 1.142.061.790 euro, da destinare all'aumento dell'importo dei trattamenti minimi, applicando le seguenti aliquote:
     a) da 1 fino a 6 volte il minimo: aliquota dello 0,1 per cento;
     b) oltre 6 fino a 11 volte il minimo: aliquota dello 0,5 per cento;
     c) oltre 11 fino a 15 volte il minimo: aliquota del 5 per cento;
     d) oltre 15 fino a 20 volte il minimo: aliquota del 10 per cento;
     e) oltre 20 fino a 25 volte il minimo: aliquota del 15 per cento;
     f) oltre 25 fino a 31 volte il minimo: aliquota del 20 per cento;
     g) oltre 31 fino a 39 volte il minimo: aliquota del 25 per cento;
     h) oltre 39 fino a 50 volte il minimo: aliquota del 30 per cento;
     i) oltre 50 volte il minimo: aliquota del 32 per cento,

impegna il Governo:

   previa valutazione dei contenuti della sentenza della Corte costituzionale 3 giugno 2013, n. 116, a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere, per un periodo limitato di tre anni, sui redditi da pensione lordi annui un contributo solidale suppletivo applicando le indicate aliquote progressive differenziate in base alle classi di importo mensile percepito, al fine di riconoscere un aumento di 518 euro all'anno della pensione minima (ora consistente in 6.440,59 euro all'anno) di cui, in relazione agli ultimi dati aggiornati Istat 2011, potrebbero beneficiare circa 2.219.482 pensionati;
   a valutare l'opportunità di revisionare i trattamenti pensionistici erogati per prestazioni lavorative di elevato importo, al fine di adeguare i trattamenti medesimi all'effettiva contribuzione da parte del lavoratore beneficiario in quiescenza, riducendo la quota di trattamento acquisita in base al sistema retributivo, fissando per ciascuna forma di sistema un tetto massimo di pensione erogabile, onde evitare disparità eccessive nell'erogazione delle pensioni tali da rendere il sistema iniquo ed oramai inaccettabile per i molti cittadini che vivono alle soglie della povertà e percepiscono pensioni minime di importo tale da non consentire nemmeno lo svolgimento di una vita dignitosa.
(1-00194)
(Nuova formulazione) «Sorial, Fraccaro, Villarosa, D'Incà, Nuti, Cecconi, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cancelleri, Pesco».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica che l'Italia, come le altre economie europee, sta attraversando manifesta i propri effetti negativi in particolare modo nei confronti delle categorie più deboli, alle quali è stato chiesto un enorme sacrificio per il bene dell'Italia, a suono di inasprimenti fiscali (iva, accise sulla benzina ed altro) e dell'applicazione di nuove imposte, tra cui anche quella sul bene primario di ogni famiglia, cioè la prima casa di abitazione;
    in tale contesto spicca la questione delle cosiddette «pensioni d'oro», ovvero quelle pensioni il cui elevato importo, a detta dello stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel corso della discussione in Aula di un question-time presentato sul tema dal gruppo di Fratelli d'Italia, «appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione. È peraltro evidente che non è tanto l'elevato importo a destare l'attenzione, quanto i meccanismi che ad esso hanno dato luogo, in quanto soltanto in minima parte connessi ai contributi effettivamente versati dal lavoratore, e per la maggior parte legati alla peculiarità del sistema»;
    i meccanismi cui il Ministro del lavoro e delle politiche sociali fa riferimento attengono al cosiddetto metodo retributivo di calcolo dei trattamenti pensionistici, cioè alle disposizioni di legge, in vigore fino alla riforma pensionistica del 1995, che prevedevano che l'importo da corrispondere a titolo di pensione non fosse determinato in base ai contributi versati dal lavoratore nell'arco della sua vita professionale, bensì sulla base degli ultimi stipendi percepiti;
    nonostante le numerose critiche levatesi in merito a tali pensioni nel corso degli ultimi anni, sia da alcune forze politiche, sia da parte di autorevoli commentatori sui mezzi d'informazione, sia, non ultimo, da parte dell'opinione pubblica, esse vengono generalmente considerate come diritti acquisiti e, quindi, di fatto, immodificabili, perché frutto di norme legittime che hanno operato nel tempo;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, invece, le pensioni d'oro non possono essere considerate altro che il prodotto di una grave ingiustizia sociale, che agisce in danno soprattutto dei giovani, i quali rischiano di non arrivare mai a percepire una propria pensione e che, ad oggi, versano i propri contributi sociali per sostenere la spesa di un sistema pensionistico volto a mantenere anacronistici privilegi;
    nel nostro Paese vivono oltre 16,5 milioni di pensionati, con una spesa complessiva di 270,5 miliardi annui, oltre dodici dei quali vanno a beneficio di una platea di poco meno di 190.000 soggetti;
    tra questi ve ne sono quasi trecento che percepiscono una pensione superiore a cinquanta volte il minimo, vale a dire che incassano oltre 24 mila euro al mese, e questo, nella stragrande maggioranza dei casi, senza alcuna corrispondenza con i contributi versati;
    con la sentenza del 6 giugno 2013, n. 116, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del contributo di solidarietà, introdotto nell'estate 2011 dal Governo Berlusconi e poi confermato dal Governo Monti, a carico delle pensioni pubbliche e private superiori ai 90 mila, ai 150 mila e ai 200 mila euro lordi l'anno, dalle quali si tratteneva una somma pari a, rispettivamente, il cinque, il dieci e il quindici per cento;
    nell'introduzione di un contributo di solidarietà a danno degli importi pensionistici più elevati la Corte costituzionale ha ravvisato la violazione sia del principio di uguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, sia dell'articolo 53 della Carta costituzionale, relativo alla proporzionalità e progressività delle imposte, rilevando che «a fronte di un analogo fondamento impositivo, dettato dalla necessità di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari di trattamenti pensionistici: il contributo di solidarietà si applica su soglie inferiori e con aliquote superiori, mentre per tutti gli altri cittadini la misura è ai redditi oltre 300.000 euro lordi annui, con un'aliquota del 3 per cento, salva in questo caso la deducibilità dal reddito»;
    di tutt'altro avviso era, invece, l'Avvocatura dello Stato, che ha dichiarato che «l'intervento censurato appare pienamente rispettoso dei criteri di capacità contributiva e di progressività»;
    a seguito della sentenza della Corte costituzionale, non solo il contributo straordinario di solidarietà è stato disapplicato, ma tutte le somme non erogate sulla base delle disposizioni che lo avevano istituito sono state restituite, vanificando del tutto qualunque beneficio per le casse dello Stato, che, al contrario, ha dovuto reperire, con la legge di stabilità attualmente in discussione al Senato, ben ottanta milioni di euro per i rimborsi, aggiungendo al danno anche la beffa;
    in un'intervista a Il Corriere della Sera del 25 maggio 2013, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con riferimento all'ipotesi di un taglio delle pensioni più elevate, ha dichiarato che «non si vede perché nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti qualcuno debba essere escluso»;
    nel disegno di legge di stabilità 2014, il contributo di solidarietà a carico degli importi pensionistici più elevati è stato reintrodotto, ma con le medesime modalità di quello giudicato incostituzionale e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo senza tenere in alcun conto le osservazioni espresse in merito dalla Corte costituzionale, che aveva auspicato che un eventuale prelievo di tipo straordinario fosse disposto a carico non solo dei pensionati ma anche dei lavoratori attivi, ed è perciò con grande probabilità destinato nuovamente a cadere sotto la scure della massima Corte;
    la stessa Corte costituzionale, peraltro, ha adottato una prassi, dai firmatari del presente atto di indirizzo già stigmatizzata in un appello al Presidente della Repubblica, in base alla quale si indica alla carica di presidente il membro più anziano della stessa, il quale, inevitabilmente, cessa dalla carica prima della scadenza del triennio previsto dal dettato costituzionale per sopraggiunti limiti di età, dando spazio al successore anagraficamente più prossimo;
    ne consegue che in molti casi la presidenza è assunta per pochissimi mesi, forse nemmeno necessari per istruire ed organizzare il lavoro connesso alla funzione, e che, salvo rarissime eccezioni, tutti i giudici della Corte costituzionale cessano il loro incarico con la carica di presidente e il conseguente beneficio di ottenere un trattamento pensionistico ed un'indennità maggiorate rispetto al diritto acquisito sino all'assunzione della carica presidenziale;
    attualmente, presso la XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, sono in corso di esame tre proposte di legge recanti misure per incidere sui trattamenti pensionistici particolarmente elevati,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a prevedere la fissazione di un tetto, pari a dieci volte il trattamento minimo Inps, ai trattamenti pensionistici erogati anche solo in parte in base al metodo retributivo, e il ricalcolo – e la successiva erogazione – degli stessi trattamenti, per la parte eccedente il tetto, secondo il metodo contributivo, di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, al fine di rendere trasparente e lineare la corrispettività tra retribuzione percepita, contribuzione versata e trattamento corrisposto, nel rispetto dei principi di solidarietà sociale, nonché al fine di realizzare un riequilibrio in favore delle generazioni più svantaggiate nel segno di un indispensabile principio di equità generazionale.
(1-00255) «Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    il tema della riduzione dei trattamenti pensionistici di importo elevato – le cosiddette «pensioni d'oro» – continua a richiamare una forte attenzione degli organi di informazione e dell'opinione pubblica, stimolando un ampio dibattito sui principi di equità e giustizia nell'erogazione di prestazioni previdenziali, anche in chiave intergenerazionale e di sostenibilità complessiva del sistema pensionistico;
    per quanto riguarda, in particolare, il tema dei trattamenti peggiorativi con effetto retroattivo, la Corte costituzionale ha escluso, in linea di principio, che sia configurabile un diritto costituzionalmente garantito alla «cristallizzazione» normativa – riconoscendo quindi al legislatore la possibilità di intervenire con scelte discrezionali – purché ciò non avvenga in modo irrazionale e, in particolare, frustrando in modo eccessivo l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulla normativa precedente;
    quanto al contributo di solidarietà sulle pensioni di importo elevato, la Corte costituzionale si è a più riprese pronunciata inquadrandolo nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge – soggetto per tale ragione al principio di uguaglianza e ai criteri di progressività – da ultimo con la sentenza n. 116 del 2013, con cui ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il quale introduceva un contributo di perequazione, a decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie;
    attualmente presso la XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati è in corso l'esame parlamentare di più proposte di legge abbinate in materia di interventi sui trattamenti pensionistici di importo elevato mentre, sul medesimo argomento, è appena intervenuto anche il disegno di legge di stabilità 2014 (attualmente all'esame del Senato);
    sul tema delle «pensioni d'oro» molti politici stanno alimentando un dibattito propagandistico e privo di una qualsivoglia analisi di quale sia la situazione attuale del sistema pensionistico italiano e cosa sia necessario fare per affermare realmente e concretamente principi di equità e giustizia;
    è necessario partire dalla recente «riforma Fornero» che ha determinato molti guasti e tanti altri ne creerà se non verrà prontamente e strutturalmente riformata a sua volta. Ci sono almeno 390 mila lavoratori cosiddetti esodati ridotti sul lastrico; mancano del tutto meccanismi di solidarietà interni al sistema che sarebbero, invece, necessari soprattutto per i lavoratori giovani, quelli atipici e per le donne che hanno subito la violenza di un innalzamento di 5 anni dell'età pensionabile, misura derivante da un'idea negativa della parità senza riconoscimento alcuno del valore sociale ed economico dei lavori di cura; si è previsto un significativo innalzamento dell'età pensionabile per tutti, creando un sistema rigido che non consente un'uscita flessibile dal mondo del lavoro;
    la «riforma Fornero» contenuta nel decreto-legge cosiddetto «Salva Italia» era accompagnata da una relazione tecnica che indicava risparmi per 22 miliardi di euro circa nel periodo 2012/2021, ma il rapporto dell'area attuariale dell'Inps del giugno 2013 ha indicato risparmi addirittura superiori a 90 miliardi di euro nello stesso periodo;
    il sistema previdenziale è stato utilizzato come bancomat da parte dello Stato e i risparmi non sono stati utilizzati per migliorare la condizione della vastissima platea di pensionati italiani che percepisce pensioni di importi bassi o bassissimi, al di sotto della soglia della povertà;
    è una storia triste che si ripete, peraltro: si deve constatare come tutti gli ingentissimi risparmi successivamente conseguiti con le varie riforme pensionistiche fatte negli ultimi anni sono stati assegnati o alla riduzione del deficit oppure ad esigenze considerate «più importanti». Un caso eclatante è accaduto con i risparmi generati dall'aumento dell'età di pensionamento delle donne che, a norma dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 209, dovevano essere destinati a «politiche sociali e familiari»: sono invece finiti nel calderone della finanza pubblica, a finanziare tutt'altro;
    occorre, quindi, cambiare l'inutile «riforma Fornero» e ricordare le importantissime riforme pensionistiche che sono state fatte nei decenni passati e che hanno drasticamente ridotto sia gli andamenti futuri che quelli correnti della spesa. In termini nominali, la spesa pensionistica sta aumentando di anno in anno poco più dell'inflazione e molto meno che negli altri Paesi: fra il 2003 e il 2010, secondo i dati Eurostat, è aumentata in media del 3,8 per cento l'anno in Italia, contro il 6,8 per cento del Regno Unito, il 4,3 per cento della Svezia, il 4,9 per cento della Francia, l'8,1 per cento della Spagna e il 5,5 per cento della Danimarca (fa eccezione la Germania, con un aumento annuo dell'1,4 per cento);
    secondo i più recenti dati Eurostat, relativi al 2010, l'Italia spende per le pensioni il 16 per cento del prodotto interno lordo, contro il 13,2 per cento dell'Europa a 15 e il 13 per cento dell'Europa a 27. Va, tuttavia, considerato che il dato del 16 per cento riferito all'Italia è falsato e la percentuale è decisamente più bassa in quanto:
     a) nel calcolo della spesa previdenziale italiana, ma non in quella degli altri paesi, figura il trattamento di fine rapporto che viceversa rappresenta una parte differita della retribuzione;
     b) si ha una percentuale di ultra sessantacinquenni più elevata degli altri Paesi, il che inevitabilmente determina la presenza di un numero maggiore di pensionati;
     c) si tratta di spesa al lordo delle trattenute fiscali: le pensioni italiane sono invece assoggettate all'imposta sul reddito, a differenza di altri Paesi dove sono praticamente esenti (si veda la Germania);
     d) non si è considerata la spesa per sgravi fiscali alla previdenza privata, particolarmente elevata nei Paesi anglosassoni;
    in rapporto al prodotto interno lordo, a legislazione vigente, la spesa pensionistica è destinata a contrarsi significativamente a partire dal 2014, come si può constatare dalla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza presentato dal Governo nel mese di settembre 2013. Come per tutti i rapporti al prodotto interno lordo, poi, il rapporto fra spesa pensionistica e prodotto interno lordo risente della contrazione del denominatore, ovvero della crisi economica. Se il prodotto interno lordo non si fosse contratto per la recessione, la spesa pensionistica sarebbe almeno di 1 punto di prodotto interno lordo inferiore. A differenza di quanto si poteva scrivere una decina di anni fa, la spesa pensionistica italiana appare elevata soprattutto perché l'economia non cresce, non perché si è troppo generosi;
    il quadro illustrato denuncia quanto il dibattito sulle cosiddette «pensioni d'oro», così come affrontato, risulti superficiale. Il disegno di legge di stabilità 2014 prevede la sospensione della indicizzazione delle pensioni superiori a 3 mila euro, vale a dire un taglio a una parte delle pensioni in essere. Da più parti si parla e si propone di ridurre le pensioni erogate superiori a un certo limite, considerate in ogni caso pensioni d'oro. La proposta è basata su una confusione evidente tra alto rendimento (dei contributi versati) e alto livello della pensione. Spesso i due aspetti sono disgiunti;
    i sistemi retributivi e contributivi sono due sistemi a ripartizione. Nel sistema retributivo l'obiettivo non è quello di assicurare un uguale tasso di rendimento a tutti i lavoratori, ma di stabilire una relazione tra prima pensione e ultime retribuzioni. Il sistema permette trasferimenti di risorse a fini equitativi. Chi beneficia di questi trasferimenti avrà un rendimento più alto rispetto a chi cede parte delle risorse. Se la media del sistema ha un rendimento dei contributi effettivamente versati pari al tasso di crescita del prodotto interno lordo (o meglio della massa salariale), il sistema è in equilibrio (a parte eventuali fluttuazioni demografiche);
    il nuovo sistema pensionistico contributivo introdotto nel 1995 si basa su un principio di equità attuariale, per cui dovrebbe tendere a erogare prestazioni in linea con i contributi versati. Il fatto, però, è che dietro questa apparenza si nascondono dettagli di non poco conto, anche a prescindere dalla salvaguardia dei diritti acquisiti che, peraltro, in ambito pensionistico, dove i soggetti interessati sono avanti negli anni, richiede necessariamente una particolare attenzione;
    innanzitutto, non è vero che un sistema retributivo, come quello adottato fino al 1995, sia necessariamente più generoso del sistema contributivo: a seconda dei parametri utilizzati, i due sistemi possono produrre risultati equivalenti, mentre, se il sistema retributivo tende a premiare le carriere dinamiche, il sistema contributivo tende a premiare le carriere piatte. Non ci si avvede che è falso che il sistema contributivo restituisce pensioni corrispondenti ai contributi versati: è facile mostrare che, quando si considerano anche le prestazioni assistenziali, il sistema contributivo penalizza soprattutto i più poveri che, malgrado gli anni e decenni di contributi, rischiano di maturare pensioni di poco superiori all'assegno sociale, ovvero di maturare rendimenti addirittura negativi sui propri contributi, con un sostanziale incentivo ad entrare o a rimanere nell'economia sommersa (si veda, ad esempio, Marano, Mazzaferro e Morciano, Rivista degli economisti, 2012, 71);
    secondo gli economisti Paladini e Vincenzo Visco, l'elemento che ha il maggior peso nella differenza tra il sistema retributivo e quello contributivo è costituito dagli anni di vita attesa, cioè dall'età del pensionamento. Questo elemento conta di più della velocità di progressione della retribuzione. A questo proposito non va dimenticato che in molti casi la scelta del pensionamento non è stata spontanea, ma necessitata: infatti, una significativa fetta delle ristrutturazioni industriali sono state fatte nei decenni passati usando il sistema pensionistico a volte con misure ad hoc (prepensionamenti). Operai, impiegati, ma anche dirigenti sono stati messi in pensione che lo volessero o meno;
    l'idea di fissare un limite inferiore (sia esso 3.000 euro o più al mese) e di applicare un taglio solo alle pensioni che superano la soglia è errore logico che diventa un vizio giuridico. Lo stesso vale per il blocco dell'indicizzazione al di sopra di un dato livello;
    va evidenziato che da un prelievo forzoso sulle pensioni elevate non possono derivare grandi risorse; il contributo di solidarietà inserito nel disegno di legge di stabilità 2014 (articolo 12, comma 4), che prevede un contributo del 5 per cento sulle pensioni superiori a 150 mila euro annue, del 10 per cento sulla parte eccedente i 200 mila euro e del 15 per cento sulla parte eccedente i 250 mila euro, avrebbe effetti netti, secondo la relazione tecnica, risibili, pari a 12 milioni l'anno; anche ammettendo soluzioni più radicali, quali quelle ipotizzate da Boeri e Nannicini sul sito lavoce.info, si arriverebbe a un gettito di 800-900 milioni di euro, quasi dimezzato, tuttavia, da quella che sembrerebbe la mancata considerazione da parte degli economisti della lavoce.info della perdita di gettito fiscale associata alla connessa riduzione degli imponibili Irpef;
    con tali risorse non si risolve il problema, né in parte, né in tutto, di innalzare gli importi pensionistici delle pensioni al minimo, considerato che l'idea del contributo di solidarietà è quella di ridistribuirlo all'interno del sistema previdenziale a fini solidaristici;
    quanto all'equità della misura, sembra prevalere un populismo mischiato a falso egualitarismo: coloro che hanno conseguito pensioni elevate – salvo eccezioni rare e davvero scandalose – sono in prevalenza persone che hanno ricevuto redditi molto elevati nel corso della loro vita lavorativa e contribuito conseguentemente, in accordo con regole che già prevedevano forme di solidarietà. Se si ritiene che sia ingiusto che esistano persone molto più ricche di altre, lo strumento a disposizione del pubblico è semplicemente la variazione delle aliquote fiscali: si proponga un aumento dell'aliquota sull'ultimo scaglione di reddito, senza discriminare fra ricchi pensionati e altri precettori di reddito, nel solco dei principi giuridici fissati dalla giurisprudenza costituzionale;
    il riconoscimento di un doveroso contributo di solidarietà ai pensionati più poveri ricade tra le misure assistenziali che devono essere finanziate dalla fiscalità generale e da tutti i cittadini a secondo della loro capacità contributiva;
    dagli anni Ottanta ad oggi, mentre si sono ridimensionati servizi e spese sociali che andavano a beneficio delle fasce deboli della popolazione, in materia di entrate il prelievo fiscale si è spostato dai redditi più alti verso quelli medio bassi, al punto che il rapporto tra aliquote sui redditi minimi ed aliquote sui redditi massimi è passato da 1 a 7 ad 1 a 2;
    in questo periodo, l'aliquota sulle fasce medio basse è salita dal 10 per cento al 23 per cento, mentre per quelli alti è scesa dal 72 per cento al 43 per cento. La progressività del prelievo fiscale è stata, quindi, fortemente ridimensionata e questo è accaduto proprio nell'imposizione diretta che rappresenta il principale strumento per correlare le imposte ai redditi;
    tutti i redditi sopra i 75 mila euro annui lordo sono tassati con un aliquota pari al 43 per cento che rimane tale anche per redditi di molto superiori, facendo venire meno il criterio di progressività del sistema tributario di cui all'articolo 53 della Costituzione;
    con l'innalzamento dell'aliquota sui redditi più alti, applicando il criterio della progressività, si realizzerebbe davvero una maggiore equità del sistema – andando a colpire anche le vere «pensioni d'oro» – e si darebbe corpo e consistenza ai principi di equità e giustizia;
    con il gettito derivante dall'innalzamento dell'aliquota sui redditi più alti si possono aumentare in misura permanente gli importi delle pensioni per tutti i pensionati più poveri, così incrementando i consumi ed alleviando la situazione difficile di molte persone e famiglie;
    inoltre, in via temporanea, si può intervenire proponendo l'erogazione di una sorta di quattordicesima per i pensionati a più basso reddito. In tal senso, i parlamentari del gruppo Sinistra Ecologia Libertà hanno presentato emendamenti sia al decreto-legge n. 102 del 2013 sull'imu (A.C. 1544), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2013, che al disegno di legge di stabilità 2014 volti a riconoscere un bonus, oscillante tra i 250 ed i 450 euro, a 2,5-3 milioni di pensionati a basso reddito, impegnando risorse per circa un miliardo derivanti da risparmi conseguiti sulle auto blu e dalla modifica della cosiddetta Robin tax e della deducibilità degli interessi passivi per le banche;
    analoga misura era presente all'articolo 5 del decreto-legge n. 81 del 2007 (Governo Prodi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, che istituì una sorta di quattordicesima per i pensionati a basso reddito, l'erogazione, cioè, di un bonus per quei pensionati che avevano un reddito inferiore a 8.504 euro all'anno (655 euro al mese per 13 mensilità) e almeno 64 anni di età. La norma riguardava circa 3 milioni di persone. L'importo medio previsto fu di 301 euro per una somma totale pari a 926 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a valutare l'adozione di iniziative per l'introduzione di ulteriori aliquote impositive progressive, in attuazione dell'articolo 53 della Costituzione, che si applichino ai redditi sopra i 75 mila euro annui lordi, tra cui anche le cosiddette «pensioni d'oro»;
   ad assumere le opportune iniziative, anche normative, al fine di corrispondere, a favore dei soggetti con età pari o superiore a sessantacinque anni e che siano titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria, a condizione che il soggetto non possieda un reddito complessivo individuale relativo all'anno stesso superiore a una volta e mezzo il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, in sede di erogazione della tredicesima mensilità, una somma aggiuntiva almeno pari a 500 euro.
(1-00256) «Di Salvo, Migliore, Paglia, Airaudo, Ragosta, Placido, Lavagno, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    i dati Inps relativi al 2012 rilevano che in Italia ci sono un numero di pensioni superiori a 10 volte il minimo, pari a 154.739 euro, per un importo complessivo lordo annuo di 12.753.078.053 euro a carico del sistema pensionistico italiano;
    le «pensioni d'oro» sono figlie del vecchio sistema pensionistico retributivo, che ha generato uno scollamento tra contributi versati e trattamenti pensionistici erogati, dal momento che il calcolo è stato in passato effettuato solo sulle retribuzioni degli ultimi anni di vita lavorativa;
    la riforma Dini (legge n. 335 del 1995) con l'introduzione del sistema contributivo ha attenuato questo problema. L'applicazione graduale del metodo contributivo ha favorito il superamento progressivo delle disparità di trattamento legate ai regimi speciali di pensione provenienti dalla tradizione categoriale italiana, stabilendo l'uniformità delle prestazioni in rapporto ai contributi versati, ma non ha risolto la questione dell'equità dei trattamenti erogati con il vecchio sistema, soprattutto rispetto a quelli erogati sulla base del nuovo sistema basato sulle effettive contribuzioni versate;
    la crisi economica e occupazionale ha acuito non soltanto le tensioni sulla finanza pubblica, ma anche la percezione dell'insostenibilità e dell'ingiustizia di divari così ampi tra i trattamenti previdenziali del nostro Paese;
    il perdurare della crisi ha reso necessario il ricorso al contributo di solidarietà, prelievo previsto dall'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che disponeva che, a decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici, corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi risultassero complessivamente superiori a 90 mila euro lordi annui, fossero assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente l'importo fino a 150 mila euro; pari al 10 per cento per la parte eccedente 150 mila euro; e al 15 per cento per la parte eccedente 200 mila euro;
    con la sentenza n. 116 del 2013, la Consulta ha tuttavia stabilito che la legge n. 111 del 2011 viola il principio di eguaglianza dell'articolo 53 della Costituzione, in quanto il taglio viene imposto nei confronti dei soli pensionati, una categoria definita nella sentenza «colpita in misura maggiore rispetto ai titolari di altri redditi e, più specificamente, di redditi da lavoro dipendente». Secondo la Corte Costituzionale, un «contributo di solidarietà» va applicato in maniera equa tra tutti i contribuenti. Il prelievo, ha spiegato la Consulta, ha natura tributaria e deve, per questo, essere commisurato alla «capacità contributiva» dei cittadini, i quali, come stabilisce l'articolo 3 della Carta costituzionale, sono «eguali davanti alla legge»;
    a seguito della predetta sentenza n. 116 del 2013 della Corte costituzionale, si è reso necessario procedere al rimborso delle trattenute effettuate sulle pensioni di importo superiore a 90 mila euro, che graverà sulle casse dello Stato per 80 milioni di euro nel biennio 2014/2015, anche se l'Inps in assenza di copertura finanziaria si è riservato le modalità di restituzione delle trattenute operate dal 1o agosto 2011 fino al 31 dicembre 2012;
    numerose sono le perplessità suscitate dalla citata sentenza n. 116 del 2013 della Corte Costituzionale, anche perché si riferisce a un settore che ha subito provvedimenti restrittivi a carico dei trattamenti medio-bassi. Vi sono nel sistema previdenziale forme di oggettivo privilegio che non sono più sostenibili sul piano economico, né difendibili su quello etico. Ad alimentare le perplessità è l'esistenza di sentenze precedenti che avevano ritenuto legittimi i contributi di solidarietà a carico delle pensioni di importo più elevato, purché si trattasse di una misura improntata a ragionevolezza e disposta per un tempo limitato e previsto;
    con la sentenza n. 173 del 1986 e le sentenze n. 501 del 1988 e n. 96 del 1991, la Corte costituzionale ha inoltre ribadito la natura mutualistica e solidaristica del sistema previdenziale, sostenendo che “il contributo non va a vantaggio del singolo che li versa, ma di tutti i lavoratori e, peraltro, in proporzione del reddito che si consegue, sicché i lavoratori a redditi più alti concorrono anche alla copertura delle prestazioni a favore delle categorie con redditi più bassi”, fermo restando il principio della proporzionalità tra contributi versati e prestazioni previdenziali ricevute;
    per quanto riguarda l'annosa questione dei «diritti acquisiti», e alla possibilità di intervenire sulle pensioni attraverso trattamenti peggiorativi con effetto retroattivo, con le sentenze n. 349 del 1985, n. 173 del 1986, n. 822 del 1988, n. 211 del 1997 e n. 416 del 1999, la Corte costituzionale ha escluso, in linea di principio, che sia configurabile un diritto costituzionalmente garantito alla cristallizzazione normativa, riconoscendo quindi al legislatore la possibilità di intervenire con scelte discrezionali, perché ciò non avvenga in modo irrazionale e, in particolare, frustrando in modo eccessivo l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulla normativa precedente;
    la Corte costituzionale, inoltre, con ordinanza n. 22 del 2003, osserva che «il contributo di solidarietà, non potendo essere configurato come un contributo previdenziale in senso tecnico (sentenza n. 421 del 1995), va inquadrato nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all'articolo 23 della Costituzione, costituendo una prestazione patrimoniale avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori (sentenza n. 178 del 2000), con la conseguenza che l'invocato parametro di cui all'articolo 53 Cost. deve ritenersi inconferente, siccome riguardante la materia della imposizione tributaria in senso stretto»;
    alla luce delle sopra citate sentenze della Corte costituzionale e del perdurare della crisi economica ed occupazionale del nostro Paese, che rendono necessari interventi di risparmio sulle fasce più deboli, non appare sostenibile né giustificato il permanere, senza decurtazione alcuna, di trattamenti pensionistici che superano di dieci, venti o anche cinquanta volte il trattamento minimo, quando una parte di tale divario non è legato ai contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa dei beneficiari;
    vi è l'esigenza di rivedere l'istituto dei diritti acquisiti, non solo in relazione all'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nelle sentenze sopra citate, ma soprattutto in relazione al particolare momento storico in cui ci si trova. I diritti sociali vanno acquisiti in relazione alle mutate condizioni economico-sociali. Occorre impiegare le risorse disponibili secondo una logica chiara, che stabilisca una gerarchia dei diritti acquisiti da tutelare, bilanciando l'effettività di tutela con i principi di gradualità e di criterio di compatibilità economica, secondo quanto sancito dal dettato Costituzionale (articoli 2 e 53);
    si rende, quindi, indispensabile individuare la parte delle rendite previdenziali privilegiate che non corrisponde a contribuzione effettivamente versata, per assoggettarla a un contributo di solidarietà a vantaggio delle posizioni previdenziali più deboli o di altre prestazioni a favore delle fasce più deboli e maggiormente colpite dalla crisi economica. Tutto ciò in linea con quanto dettato dalla Costituzione in attuazione dei principi solidaristici sanciti dall'articolo 2 della Costituzione stessa,

impegna il Governo:

   a procedere alle operazioni di calcolo e di stima necessarie per individuare la parte delle rendite previdenziali privilegiate che non corrisponde a contribuzione effettivamente versata;
   ad assumere un'iniziativa per disporre in via sperimentale e transitoria l'applicazione a tutte le pensioni superiori all'importo di 60.000 euro annui di un meccanismo caratterizzato da una trattenuta alla fonte, con aliquote progressive per scaglioni, sul differenziale esistente tra l'ammontare della pensione liquidata e l'ammontare della pensione che sarebbe invece liquidata ove la sua quantificazione avesse luogo per intero con il metodo contributivo;
   a destinare il gettito derivante da tali trattenute al finanziamento di misure volte a rafforzare il sostegno alle fasce più deboli e maggiormente colpite dalla crisi, anche attraverso un rafforzamento di servizi di assistenza (servizi per la cura dell'infanzia e di assistenza agli anziani e ai disabili) che il peso della crisi ha reso sempre più inaccessibili per molte famiglie.
(1-00257) «Tinagli, Zanetti, Mazziotti Di Celso, Antimo Cesaro, Andrea Romano, Cimmino, Causin, D'Agostino, Molea, Librandi, Sottanelli, Vecchio, Catania, Vitelli, Capua».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dagli anni ‘90 il sistema pensionistico italiano è stato interessato da una serie di interventi, volti a garantirne l'equilibrio e la sostenibilità di lungo periodo, quali: il decreto legislativo n. 503 del 1992 (cosiddetta riforma Amato), inteso a stabilizzare il rapporto tra la spesa previdenziale e il prodotto interno lordo, con l'incremento dell'età pensionabile (65 anni per gli uomini, 60 per le donne, con una contribuzione minima di 20 anni) e l'introduzione di forme di previdenza complementare e integrativa; la legge n. 335 del 1995 (cosiddetta riforma Dini), che ha segnato il passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo – applicato ai soggetti che avessero iniziato a lavorare dal 1o gennaio 1996, mantenendo, invece, il sistema retributivo per coloro che avessero maturato al 31 dicembre 1995 almeno 18 anni di lavoro – e introdotto il sistema misto, per coloro che avessero maturato, alla medesima data, meno di 18 anni di lavoro; la legge n. 449 del 1997 (cosiddetta riforma Prodi), che innalzava i requisiti d'età per l'accesso alla pensione di anzianità e con la quale venivano equiparate le aliquote contributive dei fondi speciali di previdenza ed eliminate alcune condizioni riconosciute ai lavoratori durante il periodo di transizione al sistema contributivo; la legge n. 243 del 2004 (cosiddetta riforma Maroni), che ha elevato l'età anagrafica per il pensionamento di anzianità (60 anni per tutti a decorre dal 2008, fermo restando il requisito contributivo 35 anni) e ha disposto la riduzione da 4 a 2 delle cosiddette finestre di uscita; la legge n. 247 del 2007 (cosiddetta riforma Damiano), che ha disposto una modifica dei requisiti per il pensionamento di anzianità (strutturandolo in maniera più graduale), con ciò introducendo, dal 1o luglio 2009, il «sistema delle quote», ulteriormente rivisto con i successivi decreti-legge nn. 98 del 2011 e 138 del 2011; da ultimo, l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta manovra Fornero), che segna il passaggio al sistema contributivo pro rata per tutti dal 1o gennaio 2012, innalza ulteriormente il livello minimo di età pensionabile (portandola, a regime, a 66 anni) e abolisce il previgente sistema delle quote per il pensionamento anticipato, con un considerevole aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l'introduzione di penalizzazioni economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni;
    pur avendo reso il sistema previdenziale italiano uno dei più rigorosi nel panorama europeo ed internazionale, la successione in poco più di venti anni di otto interventi di riforma è sintomatica dell'assenza di un chiaro disegno organico;
    il sistema previdenziale deve essere costantemente monitorato, per garantirne la sostenibilità e, soprattutto, per assicurare ai giovani un ammontare della pensione che consenta loro una vecchiaia dignitosa, mettendolo, al contempo, al riparo dal rischio che ne siano utilizzate le risorse verso esigenze di cassa o di copertura del debito pubblico;
    la legge di riforma n. 247 del 2007, l'unica ad aver trovato consenso dopo un lungo confronto con le parti sociali, aveva posto le basi per affrontare organicamente le criticità del sistema pensionistico, sia rispetto alla sostenibilità finanziaria, sia per approntare idonee misure in grado di garantire alle nuove generazioni un tasso di sostituzione non inferiore al 60 per cento dell'ultima retribuzione, a tal fine tenendo conto:
     a) delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che incidono sulla determinazione dei coefficienti medesimi;
     b) dell'incidenza dei percorsi lavorativi, anche allo scopo di verificare l'adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all'aliquota prevista per i lavoratori dipendenti;
     c) del rapporto intercorrente tra l'età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività;
    tali aspetti sono stati del tutto elusi proprio dall'ultimo intervento legislativo del 2011, che ha irrigidito irragionevolmente il sistema e prodotto il grave, e ancora irrisolto, fenomeno dei cosiddetti esodati, peraltro durante la più grave crisi economico-finanziaria dal dopoguerra, con tassi di disoccupazione crescenti e drammatici, specie per la componente giovanile e femminile, con punte di vera e propria emergenza sociale in alcune aree del Mezzogiorno;
    da qualche tempo si è tornati a discutere, non sempre in modo appropriato, della questione delle cosiddette «pensioni d'oro»; in particolare, l'articolo 12, comma 4, dell'atto Senato n. 1120 (disegno di legge di stabilità per il 2014), ripropone un contributo di solidarietà, per il periodo 2014-2016, sui trattamenti pensionistici obbligatori nella misura del 5 per cento per le fasce di importo superiori a 150.000 euro lordi annui e fino a 200.000 euro, del 10 per cento per le fasce superiori a 200.000 euro e fino a 250.000 euro e del 15 per cento per le fasce superiori a 250.000 euro. Le somme derivanti dalle trattenute restano acquisite dalla gestione previdenziale che eroga il trattamento;
    al riguardo, va ricordato come in materia di trattamenti peggiorativi con effetto retroattivo, la Corte costituzionale abbia escluso, in linea di principio, che sia configurabile un diritto costituzionalmente garantito alla «cristallizzazione» normativa – riconoscendo, quindi, al legislatore la possibilità di intervenire con scelte discrezionali – purché ciò non avvenga in modo irrazionale e, in particolare, frustrando in modo eccessivo l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulla normativa precedente;
    in tale ottica, sono state considerate costituzionalmente plausibili misure di solidarietà interna al sistema previdenziale, con contributi a carico dei più fortunati e a favore dei lavoratori e dei pensionati più deboli (ordinanza n. 22 del 2003, confermata dall'ordinanza n. 160 del 2007);
    al contrario, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 116 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale introduceva un contributo di perequazione, a decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari al 5 per cento per gli importi da 90.000 a 150.000 euro lordi annui, del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15 per cento per la parte eccedente i 200.000 euro, configurando tale contributo come misura di natura tributaria e, quindi, da commisurare alla capacità contributiva ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione, in violazione del principio di uguaglianza e dei criteri di progressività, dando vita ad un trattamento discriminatorio, trattandosi «di un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini. L'intervento riguarda, infatti, i soli pensionati, senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi»;
    nel rispetto di tali principi, vanno individuati gli strumenti più efficaci per assicurare maggiore equità al sistema previdenziale, con particolare riferimento al fenomeno delle «pensioni d'oro», termine troppo spesso applicato a situazioni reddituali non certo di particolare «privilegio» economico, e tenendo conto del fatto che la maggioranza degli assegni pensionistici, oltre il 91 per cento, è al di sotto della soglia delle cinque volte il trattamento minimo, mentre solo l'1,13 per cento del totale dei trattamenti corrisposti è superiore a 10 volte il trattamento minimo;
    sebbene possa essere auspicabile un contributo di solidarietà sui redditi più elevati, indipendentemente dalla tipologia, se ci si deve ancora una volta riferire alle pensioni, vanno presi in considerazione quei redditi da pensione superiori oltre un certo numero di volte al trattamento minimo; va, tuttavia, evitata ogni forma di surrettizio «scontro generazionale», come se tutte le pensioni calcolate con il sistema retributivo fossero un costo generale per la collettività e, al tempo stesso, va recuperato lo spirito della legge n. 247 del 2007, anche attraverso misure che consentano di recuperare la solidarietà fra le generazioni e permettano di realizzare una redistribuzione della ricchezza e la garanzia di prestazioni pensionistiche dignitose alle future generazioni,

impegna il Governo:

   a favorire l'adozione di misure che, nel rispetto dei principi indicati dalla Corte costituzionale, creino le condizioni per realizzare forme di solidarietà ed equità previdenziale attraverso l'istituzione di appositi fondi all'interno dei diversi enti previdenziali, alimentati con contributi di importo crescente al crescere del trattamento pensionistico, applicati su quelli di importo superiore a dodici volte il trattamento minimo, da destinare a interventi in favore dei pensionati e dei lavoratori più deboli e per contribuire alla realizzazione di un sistema di prestazioni pensionistiche dignitose per le future generazioni;
   a valutare l'assunzione di iniziative volte a modificare i criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure europee, che tengano conto:
    a) delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che incidono sulla determinazione dei coefficienti medesimi;
    b) dell'incidenza dei percorsi lavorativi, anche al fine di verificare l'adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all'aliquota prevista per i lavoratori dipendenti;
    c) del rapporto intercorrente tra l'età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per aumentare la misura della «quattordicesima» prevista dal Governo Prodi per le pensioni basse, al fine di compensare la perdita del potere d'acquisto delle pensioni, che si è particolarmente aggravata in questi anni di crisi economica.
(1-00258) «Gnecchi, Damiano, Marchi, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    nell'attuale contesto di crisi economica che colpisce il Paese, che porta il legislatore ad adottare misure di contenimento della spesa fortemente penalizzanti per i cittadini, la questione delle cosiddette «pensioni d'oro» è argomento di acceso dibattito tra gli organi di informazione, le forze politiche e l'opinione pubblica, in relazione al rispetto dei principi di equità e giustizia sociale, del patto intergenerazionale e della sostenibilità del nostro sistema previdenziale;
    da un'inchiesta condotta dal quotidiano Libero e pubblicata sulla prima pagina dell'edizione del 12 novembre 2013 emerge che una pensione su due è «regalata», nel senso che solo il 54 per cento dei trattamenti corrisposti è coperto dai contributi effettivamente versati;
    urge, pertanto, un intervento normativo teso a contenere i trattamenti previdenziali di importo elevato, prevedendo che, laddove questi siano calcolati con il metodo retributivo, i relativi importi non debbano superare un limite prefissato e garantendo, invece, i trattamenti pensionistici calcolati esclusivamente con il metodo contributivo;
    un intervento in un'ottica di solidarietà era stato attuato con il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, che, all'articolo 18, comma 22-bis, aveva previsto in via provvisoria dal 1o agosto 2011 fino al 31 dicembre 2014 un contributo di perequazione pari, rispettivamente, al 5 per cento della parte eccedente l'importo fino a 90.000 euro, al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000;
    la Corte costituzionale, però, con la sentenza n. 116 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto comma 22-bis, rilevando che il prelievo straordinario su tali pensioni costituiva un intervento impositivo «irragionevole e discriminatorio», realizzato ai danni di una sola categoria di cittadini, i pensionati, e che si poneva in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, rispettivamente sul principio di uguaglianza e sulla capacità contributiva come fondamento del prelievo tributario;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, le motivazioni addotte dalla Corte costituzionale sono capziose e discutibili, ritenendo invero che si rispetti il dettame costituzionale e si risponda ad un'esigenza di giustizia ed eguaglianza dei cittadini intervenendo laddove si annidano privilegi;
    le pensioni di importo elevato erogate con il calcolo retributivo, infatti, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo rappresentano già in sé una violazione dei principi costituzionali di parità ed eguaglianza, in quanto non sono frutto di accantonamenti «personali», secondo la ratio per cui un pensionato percepisce quanto versato nell'arco della vita lavorativa, bensì vengono pagate dai versamenti dei lavoratori attivi e rappresentano un trattamento di miglior favore rispetto alle generazioni successive, che, a seguito delle riforme pensionistiche, possono accedere alla pensione solo con il calcolo contributivo;
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha recentemente definito questi trattamenti «quelle pensioni il cui elevato importo appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione»;
    eppure il disegno di legge di stabilità attualmente all'esame dell'altro ramo del Parlamento reca all'articolo 12, comma 4, un intervento sul tema in questione valutato dai firmatari del presente atto di indirizzo insufficiente rispetto alla reale possibilità di incidere stabilmente sui privilegi esistenti,

impegna il Governo:

   ad intervenire sui trattamenti pensionistici di importo elevato, assumendo iniziative per prevedere che le pensioni ed i vitalizi erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al metodo retributivo non possano superare un limite prefissato, pari, ad esempio, a cinquemila euro netti mensili;
   ad assumere iniziative per prevedere una soglia prestabilita di ammontare pensionistico, pari, ad esempio, ad ottomila euro netti mensili, anche nel caso di cumulo di più trattamenti pensionistici corrisposti da gestioni previdenziali pubbliche in base al metodo retributivo;
   ad utilizzare gli eventuali risparmi derivanti dagli interventi sulle pensioni di importo elevato in favore dello sblocco delle indicizzazioni delle pensioni e della salvaguardia dei lavoratori esodati dalle disposizioni in materia pensionistica, di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, e successive integrazioni e modificazioni.
(1-00259) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    la questione delle cosiddette «pensioni d'oro» deve inquadrarsi nel contesto complessivo del sistema previdenziale e delle criticità che si pongono in relazione ad esso;
    la più recente riforma del sistema previdenziale ha determinato, in un contesto regolatorio già ritenuto sostenibile dal punto di vista finanziario, un immediato innalzamento dell'età di pensione senza disporre una fase transitoria e, non a caso, senza uguali in Europa;
    in un mercato del lavoro contratto dalla crisi e dalla nuova regolazione si è prodotta l'insostenibile condizione di molte lavoratrici e di molti lavoratori che in buona fede – sulla base della regolazione vigente – hanno accettato accordi collettivi o individuali di conclusione precoce del rapporto di lavoro, spesso accompagnata da versamenti volontari;
    la vita lavorativa si è positivamente allungata sulla base delle nuove regole previdenziali, ma l'inclusione di molte persone adulte nel mercato del lavoro rimane difficile in relazione alla crisi, alla debolezza dei servizi di formazione e ricollocamento e alle dinamiche retributive influenzate prevalentemente dall'età, con la conseguenza per cui si determina il brusco impoverimento di persone senza lavoro, senza pensione e senza sussidio;
    nuove diseguaglianze si sono aggiunte a quelle preesistenti anche nell'ambito della stessa generazione, sia dal punto di vista del calcolo della prestazione che da quello dell'età di pensione;
    in questo contesto, si sono determinate molte disparità ed incongruenze di trattamento pensionistico tra le pensioni più basse e quelle più alte, dove in molti hanno goduto di prestazioni più favorevoli per metodo di calcolo, per età di accesso o per appartenenza a fondi speciali,

impegna il Governo:

   a considerare in questo contesto, senza sollecitare conflitti tra generazioni che hanno vissuto condizioni complessivamente diverse e senza produrre radicali cambiamenti nelle legittime aspettative indotte dalle regole del passato, modalità di concorso solidale agli obiettivi di cui sopra da parte dei percettori di prestazioni più favorevoli o per metodo di calcolo o per età di accesso alle prestazioni stesse, con particolare attenzione a quelle provenienti da fondi speciali che hanno goduto di un rapporto particolarmente conveniente con le contribuzioni versate;
   a presentare quanto prima al Parlamento un progetto organico di completamento della riforma previdenziale in funzione della migliore conciliazione tra i criteri della sostenibilità finanziaria e quelli della sostenibilità sociale, introducendo flessibilità nel sistema previdenziale, proteggendo il reddito dei cosiddetti «esodati» sulla base di parametri certi e consentendo l'accumulo in unico conto di tutte le contribuzioni reali e figurative della previdenza, secondo regole semplici ed omogenee.
(1-00260) «Pizzolante, Costa, Bosco, Dorina Bianchi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)