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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 9 ottobre 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 9 ottobre 2013.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Gianni Farina, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Moretto, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Sereni, Sorial, Speranza, Tinagli, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Gianni Farina, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Losacco, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Moretto, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Sereni, Sorial, Speranza, Tinagli, Turco, Villarosa, Vito.

Annunzio di una proposta di legge.

  In data 8 ottobre 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
   MOSCA e CENTEMERO: «Modifiche alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e alla legge 22 giugno 2000, n. 193, in materia di agevolazioni per le imprese e le cooperative sociali che favoriscono l'inserimento lavorativo dei detenuti» (1665).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge NICOLETTI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533. Introduzione del doppio turno di coalizione per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (1116) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Carnevali.

Ritiro di sottoscrizione ad una proposta di legge.

  Il deputato Gribaudo ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
   SBROLLINI ed altri: «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare» (756).

Modifica del titolo di una proposta di legge.

  La proposta di legge n. 416, d'iniziativa dei deputati CAPARINI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Istituzione delle classi per l'inserimento scolastico destinate all'alfabetizzazione nella lingua italiana e all'integrazione sociale degli studenti stranieri che non conoscono la lingua italiana».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   VII Commissione (Cultura):
  CAPARINI ed altri: «Istituzione delle classi per l'inserimento scolastico destinate all'alfabetizzazione nella lingua italiana e all'integrazione sociale degli studenti stranieri che non conoscono la lingua italiana» (416) Parere delle Commissioni I, V e XI;

   XII Commissione (Affari sociali):
  NICCHI ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento dell'endometriosi come malattia sociale e istituzione del Registro nazionale dell'endometriosi e della Giornata nazionale per la lotta contro l'endometriosi» (627) Parere delle Commissioni I, II e V.

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri.

  Il Ministero degli affari esteri, con lettera in data 2 ottobre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, gli atti internazionali firmati dall'Italia i cui testi sono pervenuti al medesimo Ministero entro il 15 settembre 2013.
  Questa documentazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 8 ottobre 2013, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione degli accordi in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e il Commonwealth dell'Australia, la Repubblica federativa del Brasile, il Canada, la Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese, la Repubblica dell'India e il Giappone a norma dell'articolo XXI dell'accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) 1994, concernenti la modifica degli impegni negli elenchi della Repubblica di Bulgaria e della Romania nel quadro della loro adesione all'Unione europea (COM(2013) 688 final) e relativo allegato (COM(2013) 688 final Allegato), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Potenziare la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria (COM(2013) 690 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 8 ottobre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.

  Il presidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, con lettera in data 2 ottobre 2013, ha trasmesso un voto, approvato dal medesimo consiglio il 24 settembre 2013, concernente la revisione della liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, cui è annesso un ordine del giorno in materia di aperture domenicali dei medesimi esercizi.
  Questi documenti sono trasmessi alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal consiglio regionale dell'Emilia-Romagna.

  La presidente del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, con lettera in data 8 ottobre 2013, ha trasmesso il testo di una risoluzione recante osservazioni sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – L'istruzione superiore europea nel mondo (COM(2013) 499 final).
  Questo documento è trasmesso alla VII Commissione (Cultura).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 25 settembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, la comunicazione concernente la nomina di Giancarlo Innocenzo Botti a presidente della società Invitalia – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, nonché di Domenico Arcuri ad amministratore delegato e di Stefano Di Stefano, Emilia Maria Masiello e Barbara Luisi a componenti del consiglio di amministrazione della medesima società.
  Questa comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 14 AGOSTO 2013, N. 93, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SICUREZZA E PER IL CONTRASTO DELLA VIOLENZA DI GENERE, NONCHÉ IN TEMA DI PROTEZIONE CIVILE E DI COMMISSARIAMENTO DELLE PROVINCE (A.C. 1540-A)

A.C. 1540-A – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

ART. 7.
(Disposizioni in materia di arresto in flagranza in occasione di manifestazioni sportive e per il contrasto alle rapine, nonché in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio).

  Sopprimere il comma 3-bis.
7. 101. Corda, Artini, Basilio, Frusone, Alberti, Paolo Bernini, Rizzo.

  Sopprimere il comma 4.
7. 103. Corda, Artini, Basilio, Frusone, Alberti, Paolo Bernini, Rizzo.

  Dopo il comma 4 aggiungere il seguente:
  4-bis. All'articolo 614 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al primo comma, le parole «reclusione fino a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «reclusione da due a sei anni e della multa da euro 10.000 a euro 100.000»;
    b) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La pena è della reclusione da cinque a otto anni e della multa da euro 20.000 a euro 200.000, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, minaccia o violenza alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato».
7. 2. Matteo Bragantini, Molteni.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. All'articolo 609-bis del codice penale, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «Nel caso in cui il colpevole sia coniuge o convivente della vittima del reato il giudice può condannarlo, in funzione della gravità del reato commesso al risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 185 del codice penale in misura pari al valore della casa di sua proprietà adibita ad uso comune. Il giudice può, altresì, disporre nel caso in cui la vittima del reato sia il coniuge o convivente e il colpevole sia proprietario della casa di abitazione il sequestro della stessa ai sensi dell'articolo 189 del codice penale con il trasferimento della sua proprietà a favore della vittima una volta che sia intervenuta sentenza penale di condanna».
7. 5. Matteo Bragantini, Molteni.

  Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:
  Art. 7.1. – (Fermo di polizia comunale). – 1. All'articolo 349, comma 4, del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo le parole: «sufficienti elementi per ritenerne la falsità», sono aggiunte le seguenti: «ovvero opponga resistenza allo svolgimento dell'attività istruttoria finalizzata all'accertamento dei fatti»;
   b) le parole: «non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre le ventiquattro ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le quarantotto ore»;
7. 09. Matteo Bragantini, Molteni.

  Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:
  Art. 7.1. – (Disposizioni concernenti il reato di furto in abitazione e di rapina).- 1. All'articolo 624-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al primo comma, le parole «reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 309 a euro 1.032» sono sostituite dalle seguenti: «reclusione da tre a otto anni e con la multa da euro 20.000 a euro 100.000»;
    b) al terzo comma, le parole «reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549» sono sostituite dalle seguenti: «reclusione da cinque a dodici anni e con la multa da euro 20.000 a euro 200.000.».

  2. All'articolo 628 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al primo comma, le parole «reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065» sono sostituite dalle seguenti: «reclusione da otto a dodici anni e della multa da euro 50.000 a euro 150.000»;
   b) al terzo comma, le parole «reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098» sono sostituite dalle seguenti: «reclusione da dieci a venti anni e della multa da euro 100.000 a euro 250.000.».
7. 010. Matteo Bragantini, Molteni.

ART. 7-bis.
(Operazioni congiunte nell'ambito di accordi internazionali di polizia).

  Sopprimerlo.
7-bis. 100. Corda, Artini, Basilio, Frusone, Alberti, Paolo Bernini, Rizzo.

ART. 8.
(Contrasto al fenomeno dei furti in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione).

  Sopprimerlo.
8. 6. Colletti, Turco, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Micillo, Sarti, Mucci.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).

  Conseguentemente:
   a) al medesimo comma, lettera b), sopprimere le parole:, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis);
   b) sostituire il comma 2 con il seguente:
2. All'articolo 380, comma 2, del codice di procedura penale, dopo la lettera f) è inserita la seguente: «f-bis) delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 648, primo comma, secondo periodo, del codice penale;».:
8. 5. Colletti, Turco, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Micillo, Sarti, Mucci.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).
8. 8. Daniele Farina, Pilozzi, Migliore, Sannicandro, Kronbichler, Di Salvo, Costantino, Nicchi, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Duranti, Fava, Ferrari, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Scotto, Zan, Zaratti.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
  L'articolo 625 del codice penale è sostituito dal seguente:
  «Art. 625 – (Furto aggravato) – Chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri è punito con la reclusione da due e sette armi e con la multa da euro 1000 a euro 3000 euro, se:
   1) il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;
   2) il colpevole porta in dosso armi o narcotici, senza fame uso;
   3) il fatto è commesso con destrezza;
   4) il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d'incaricato di un pubblico servizio;
   5) il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande;
   6) il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza;
   7) il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica;
   8) il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria;
   9) il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
   10) il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro contante, se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 2500 a euro 5000.»
8. 2. Molteni, Attaguile.

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).

  Conseguentemente, al comma 2, sopprimere le parole e dopo la lettera f) è inserita la seguente: «f-bis) delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 648, primo comma, secondo periodo, del codice penale».
8. 7. Colletti, Turco, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Micillo, Sarti, Mucci.

  Sopprimere i commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies.
* 8. 400. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

  Sopprimere i commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies.
* 8. 100. Colletti, Turco, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Micillo, Sarti, Mucci.
(Approvato)

  Sopprimere i commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies.
* 8. 101. Daniele Farina, Pilozzi, Migliore, Sannicandro, Kronbichler, Di Salvo, Costantino, Nicchi, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Duranti, Fava, Ferrari, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Scotto, Zan, Zaratti.
(Approvato)

  Al comma 2-bis, sopprimere le parole da: comprese nel programma fino a: n.443, e successive modificazioni.
8. 102. Colletti, Turco, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Micillo, Sarti, Mucci.

ART. 9.
(Frode informatica commessa con sostituzione d'identità digitale).

  Al comma 1, lettera a), capoverso, sostituire la parola: digitale con le seguenti: ai fini dell'identificazione informatica;

  Conseguentemente, alla rubrica, sostituire le parole: d'identità digitale con le seguenti: dell'identità ai fini dell'identificazione informatica in danno di uno o più soggetti.
9. 100. Quintarelli.

  Al comma 1, lettera a), capoverso, sopprimere le parole: in danno di uno o più soggetti.
9. 6. Colletti, Turco, Businarolo, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Micillo, Sarti, Mucci.

ART. 10.
(Modifiche alla legge 24 febbraio 1992, n. 225).

  Sopprimere gli articoli 10, 11 e 11-bis.
10. 15. Daniele Farina, Pilozzi, Migliore, Sannicandro, Kronbichler, Di Salvo, Costantino, Nicchi, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Duranti, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Scotto, Zan, Zaratti.

  Al comma 1, lettera a), capoverso, primo periodo, sostituire le parole: Presidente della regione interessata con le seguenti: Presidente della regione o delle regioni territorialmente interessate.
10. 14. Daniele Farina, Pilozzi, Migliore, Sannicandro, Kronbichler, Di Salvo, Costantino, Nicchi, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Duranti, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Scotto, Zan, Zaratti.

  Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: di soccorso e di assistenza con le seguenti: di emergenza.
10. 12. Mariani, Bratti, Braga, Covello, Bruno Bossio.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera b), capoverso, sostituire, ovunque ricorrano, le parole: 180 giorni con le seguenti: 365 giorni.
10. 9. Grimoldi.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d).
10. 10. Grimoldi.

  Sopprimere il comma 3.
10. 5. Fraccaro, Dadone, Cozzolino, D'Ambrosio, Dieni, Lombardi, Nuti, Toninelli.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. All'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 e successive modificazioni ed integrazioni, i commi 2-sexies e 2-septies sono abrogati.
10. 13. Mariani, Bratti, Braga, Covello, Bruno Bossio.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

Art. 10-bis.

  1. Al fine di porre il personale in servizio presso il Dipartimento della protezione civile in grado di essere prontamente individuato nell'espletamento delle attività di protezione civile di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni ed integrazioni, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le norme inerenti la disciplina delle uniformi ed il relativo utilizzo.
  2. Con il provvedimento di cui al comma 1 sono altresì determinate le caratteristiche della bandiera di istituto del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché le relative modalità d'uso e custodia.
  3. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.
10. 01. Mariani, Bratti, Braga, Covello, Bruno Bossio.
(Approvato)

ART. 11.
(Disposizioni per il potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco).

  Al comma 5, sopprimere la lettera 0a).
11. 400. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

ART. 11-bis.
(Interventi a favore della montagna).

  Al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole: sentiti l'ANCI fino alla fine del comma, con le seguenti: e con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che indicano i comuni con maggiore rischio idrogeologico.
11-bis. 1. Nuti, Dadone, Cozzolino, Dieni, D'Ambrosio, Fraccaro, Lombardi, Toninelli.

A.C. 1540-A – Proposta emendativa riferita all'articolo 1-bis del disegno di legge di conversione

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

ART. 1-bis.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1-bis. – (Gestioni commissariali delle province). – 1. Sono fatti salvi i provvedimenti di scioglimento degli organi e di nomina dei commissari straordinari delle amministrazioni provinciali, adottati, in applicazione dell'articolo 23, comma 20, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
  2. Sono, altresì, fatti salvi gli atti e i provvedimenti adottati, alla data di entrata in vigore del presente decreto, dai commissari straordinari di cui al comma 1.
  3. Le gestioni commissariali di cui al comma 1, nonché quelle disposte in applicazione dell'articolo 1, comma 115, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, cessano il 30 giugno 2014.
  4. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 115, terzo periodo, della citata legge n. 228 del 2012 in materia di commissariamento si applicano ai casi di scadenza naturale del mandato o di cessazione anticipata degli organi provinciali che intervengano in una data compresa tra il 1o gennaio e il 30 giugno 2014.
  5. Fino al 30 giugno 2014 è sospesa l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
  6. Dalle disposizioni del presente articolo non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Dis. 1-bis. 1. Cozzolino, Dadone, Dieni, D'Ambrosio, Fraccaro, Lombardi, Nuti, Toninelli.

A.C. 1540-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame prevede misure per il potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    è fondamentale assicurare piena continuità ed efficacia all'espletamento dei compiti istituzionali dei vigili del fuoco attraverso la stabilizzazione del personale volontario di cui agli articoli 6, 8 e 9 del decreto legislativo 8 marzo 2006 n. 139 che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, risulti iscritto da almeno due anni negli appositi elenchi di cui al suddetto articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 ed abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio nel quadriennio 2008-2011 e senza limiti d'età;
    il personale di cui si chiede la stabilizzazione ha, infatti, maturato una notevole esperienza nel settore intervenendo in situazioni di grave difficoltà a sostegno dei cittadini al fine di salvaguardare l'incolumità delle persone e l'integrità dei beni assicurando adeguati interventi per i quali sono richiesti professionalità anche ad alto contenuto specialistico;
    è necessario, quindi, mantenere i livelli di efficienza e di efficacia dell'attività svolta dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco stabilizzando il personale volontario che si è distinto in operazioni difficili contribuendo alla tutela dei cittadini del nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, con successivi provvedimenti legislativi, di stabilizzare il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui agli articoli 6, 8 e 9 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, risulti iscritto da almeno due anni negli appositi elenchi di cui al citato articolo 6 ed abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio nel quadriennio 2008-2011 senza limiti di età.
9/1540-A/1Minardo, Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    nel sacro dovere di difesa della Patria, solennemente sancito dall'articolo 52 della Costituzione, non può essere contemplato il contenimento del dissenso politico o la repressione di manifestazioni popolari;
    in Val di Susa si sta assistendo ad una militarizzazione del territorio non solo affidato alle forze di polizia ma anche a 450 militari delle Forze Armate;
    sulle Forze Armate non può ricadere un ruolo di supplenza dell'incapacità della politica di assumere decisioni condivise con le popolazioni coinvolte in grandi opere e che comportano stravolgimenti ambientali e territoriali;
    il decreto-legge in corso di conversione stabilisce l'impiego di un ulteriore contingente di 1250 militari da impiegare in funzione di ordine pubblico su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a ritirare i militari dalla Val di Susa e ad escludere, nelle regole d'ingaggio e nei compiti istituzionali, l'uso degli stessi in operazione di contenimento del dissenso e/o di repressione di manifestazioni popolari.
9/1540-A/2Corda, Artini, Basilio, Frusone, Alberti, Paolo Bernini, Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5, comma 2, reca una serie di misure finalizzate alla prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne rafforzando la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne, potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e altre azioni positive per la prevenzione, contrasto e sostegno alle vittime di violenza di genere e stalking;
    un approccio normativo di questo tipo potrebbe prestarsi ad alimentare una discriminazione al «contrario», finendo per alimentare quegli stessi pregiudizi di genere che si vorrebbero invece superare culturalmente, come quello che vede l'uomo come essere brutale e violento, portatore di una colpa ancestrale in quanto maschio, contrapposto a quello della donna come essere sottomesso e da difendere, con la finalità di acuire il conflitto tra generi, invece che prevenirlo;
    al fine di contrastare questa sorta di discriminazione «al contrario» sono nati numerosi movimenti maschili contrapposti a quelli femminili per la difesa dei loro diritti;
    pertanto si perpetua lo schema «donne contro uomini contro uomini contro donne»;
    nel passato più remoto della storia umana, tuttavia, non esisteva alcuna guerra dei sessi;
    uomini e donne, infatti, non sono né antitetici, né uguali, ma diversi e complementari, sin dagli albori della storia. Alla complementarietà dei loro ruoli si deve il successo evolutivo dell'essere umano;
    è indubbio che è in atto nella nostra società un processo di riorganizzazione dei ruoli di uomini e donne nella società nel senso di una flessibilizzazione dei ruoli di genere, con una reciproca contaminazione e in distinzione;
    la stessa antropologa Margaret Mead metteva in guardia dal rischio che l'appiattimento, o meglio la scomparsa, delle differenze tra i ruoli di genere avrebbe comportato in termini di perdita di coesione sociale;
    un tale approccio normativo alimenta i conflitti e le violenze anziché diminuirli e finisce per trascurare un diverso orientamento culturale fondato sulla promozione, sin dalle scuole, dell'educazione e del riconoscimento e del rispetto di ogni differenza, che garantisca una reale parità di condizione e disinneschi le violenze;
    occorrono, pertanto, azioni politiche che sappiano promuovere il valore della differenza come valore fondante della comunità sociale e come strumento per il superamento di ogni contrapposizione e conflitto;
    occorrono, altresì, azioni di monitoraggio contro ogni rischio di strumentalizzazione del fenomeno della violenza sulle donne per prevenire il rischio del mainstreaming del genere colpevole e della deriva di revisione storica in chiave incriminatoria e azioni politiche di promozione di una cultura che educhi, sin dalle scuole, all'accoglimento e al rispetto delle differenze e alla loro valorizzazione,

impegna il Governo:

   a) ad intraprendere azioni di monitoraggio affinché il tema della violenza sulle donne non venga strumentalizzato e utilizzato come vessillo per discriminare un genere rispetto a un altro, tutelando altresì il rispetto delle prerogative e dei diritti di entrambi i generi, in particolare nel rispetto del loro ruolo di genitori in situazioni di divorzio o separazione;
   b) ad intraprendere azioni tese ad evitare il mainstreaming del genere colpevole, sull'onda delle impressioni, volto alla svalorizzazione dell'universo maschile;
   c) a promuovere programmi e azioni volti a promuovere la cultura del riconoscimento, dell'accoglimento e della valorizzazione della differenza e che eviti la negazione dell'autentica natura e il disconoscimento della storia evolutiva umana;
   d) ad intraprendere azioni volte a promuovere l'educazione alla relazione e al valore di ogni differenza anche nell'ambito di programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado.
9/1540-A/3Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5, comma 2, reca una serie di misure finalizzate alla prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne rafforzando la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne, potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e altre azioni positive per la prevenzione, contrasto e sostegno alle vittime di violenza di genere e stalking,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere azioni volte a promuovere l'educazione alla relazione e al valore di ogni differenza anche nell'ambito di programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado.
9/1540-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo del decreto-legge 14 agosto 2013 n. 93 contiene norme necessarie per fronteggiare il fenomeno della violenza di genere;
    la Convenzione di Istanbul, recepita dal Parlamento Italiano, mette al centro della crescita politica, economica e sociale delle democrazie avanzate il protagonismo femminile;
    la sicurezza delle persone passa attraverso la promozione di se stessi inducendo la necessaria consapevolezza a contrastare la violenza nei linguaggi e nelle azioni quotidiane,

impegna il Governo

a promuovere azioni positive per tendere all’ eguaglianza di genere in tutti i campi del vivere associato (politico, economico, sociale).
9/1540-A/4Martelli, Marzano, Marroni, Scanu.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 29 ottobre 2009 è stato emanato il decreto di modifica al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 luglio 2002 recante: «Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio di Ministri e rideterminazione delle dotazioni organiche dirigenziali» che contestualmente all'istituzione del Dipartimento per le politiche della famiglia come struttura generale della Presidenza del Consiglio ai sensi del suddetto decreto, definisce le competenze proprie della medesima;
    in particolare il Dipartimento per le politiche della famiglia:
     è la struttura di supporto per la promozione e il raccordo delle azioni di Governo volte ad assicurare l'attuazione delle politiche in favore della famiglia in ogni ambito e a garantire la tutela dei diritti della famiglia in tutte le sue componenti e le sue problematiche generazionali;
     cura, avvalendosi dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia ed attraverso la redazione del Piano nazionale per la famiglia, l'elaborazione e il coordinamento delle politiche nazionali, regionali e locali per la famiglia e ne assicura il monitoraggio e la valutazione;
     concorre, mediante la gestione delle risorse afferenti al Fondo per le politiche della famiglia, al finanziamento delle politiche per la famiglia;
     promuove e coordina le azioni del Governo dirette a contrastare la crisi demografica e a sostenere la maternità e la paternità;
     promuove intese in sede di Conferenza unificata relative, tra l'altro, allo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, alla riorganizzazione dei consultori familiari, alla qualificazione del lavoro delle assistenti familiari, alla riduzione del costo dei servizi per le famiglie numerose;
     promuove, incentiva e finanzia le iniziative di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia;
     promuove e coordina le azioni del Governo in materia di relazioni giuridiche familiari e di adozioni nazionali ed internazionali;
     cura l'attività di informazione e di comunicazioni istituzionale in materia di politiche per la famiglia;
     assicura la presenza del Governo negli organismi nazionali, comunitari e internazionali competenti in materia di tutela della famiglia;
     fornisce supporto, unitamente alle altre amministrazioni centrali dello Stato competenti, all'attività dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e del Centro di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza;
    al deputato firmatario risulta che ad oggi il Presidente del Consiglio dei Ministri non abbia provveduto all'assegnazione della delega concernente la famiglia ad alcun membro del Governo, risultando quindi nelle mani del Presidente del Consiglio stesso che per evidenti ragioni innanzitutto di ordine pratico non riesce ad esercitare in maniera efficace tale competenza;
    le cronache di tutti i giorni inducono a ritenere che quello della famiglia sia un settore che necessita di un impegno governativo costante al fine di prevenire le situazioni di degrado che nei casi peggiori sfociano addirittura in casi drammatici che il decreto-legge in esame si propone, tra le altre cose, di prevenire;
    in particolare, gli articoli 3 e 4 del decreto-legge in esame prevedono una serie di misure concernenti la «prevenzione per condotte di violenza domestica» rispettivamente nei confronti dei cittadini italiani e nei confronti dei cittadini stranieri;
    tuttavia, appare del tutto evidente come una reale prevenzione di tali condotte non possa prescindere – oltre che da norme penali finalizzate ad evitare il crearsi di condizioni di pericolosità per l'incolumità dei soggetti potenzialmente a rischio – anche da un insieme di politiche attive del Governo, che necessitano di un coordinamento all'interno dell'Esecutivo,

impegna il Governo

ad individuare nel più breve tempo possibile un membro del Governo cui affidare la delega relativa alle politiche della famiglia.
9/1540-A/5Luigi Di Maio, Gigli, Sberna.


   La Camera,
   premesso che:
    la violenza femminile è un fenomeno sempre più esteso e, ancor più grave, una donna su quattro è tuttora vittima di violenza in gravidanza; la violenza domestica è la seconda causa di morte in questa fase della vita femminile; tutta la letteratura medica internazionale attesta lo stretto legame tra gravidanza e violenza domestica; la «gravidanza violenta» è da considerare a tutti gli effetti «gravidanza a rischio»;
    tutte le istituzioni concordano sull'urgenza di fermare una violenza che tende a replicarsi, una malattia sociale che provoca ripercussioni intergenerazionali con conseguenze negative per la salute, la crescita e il benessere dei figli, ma che ha ripercussioni sociali ed economiche sull'intero sistema sociale;
    la maggior parte dei dati disponibili sulla violenza in gravidanza proviene dagli USA dove già da tempo esiste un'attenta sorveglianza sui danni a breve, medio e lungo termine sulla salute fisica, mentale, sessuale delle donne e sui figli (Women's Health Development, Family and Reproductive Health, 1996, Violence Against, WHO Consultation);
    in Italia il fenomeno è ancora scarsamente monitorato; secondo i dati Istat pubblicati nel documento «La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia» più dell'11 per cento delle donne subisce violenza dal partner in gravidanza; la medesima indagine mostra che il 13,6 per cento di questi abusi inizia in gravidanza; nel 52,5 per cento dei casi la violenza perpetrata in precedenza permane immutata durante la gravidanza, mentre per il 17,2 per cento aumenta (e solo per il 15,9 per cento diminuisce);
    secondo l'Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) per le donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni, la violenza domestica è una delle principali cause di morte in gravidanza, seconda solo all'emorragia; il 30 per cento dei maltrattamenti ha inizio proprio in gravidanza, specie nel secondo e terzo trimestre; un partner «potenzialmente abusante», inizia ad esercitare violenza durante la gravidanza; il partner già abusante aumenta le violenze sulla donna: il 69 per cento delle donne maltrattate prima della gravidanza continua a subire maltrattamenti e nel 13 per cento dei casi si assiste a un intensificarsi e aggravarsi degli episodi (Claudio Mencacci, Direttore Dipartimento di Neuroscienza azienda ospedaliera. Fatebenefratelli – Oftalmico, Milano e Presidente, della Società Italiana di Psichiatria); la violenza in gravidanza può spingersi fino all'omicidio;
    ogni volta che una madre viene abusata anche i nascituri ne soffrono; aumentano le nascite di feti morti, le nascite di bambini con basso peso neonatale; si modificano alcune aree cerebrali (Insula Amigdala); i bambini esposti a violenza domestica mostrano una erosione del Telomero che è indice di invecchiamento cellulare (come se fossero bambini più vecchi di 5 anni) (McCrory Current Biology, Volume 21, Issue 23, R947-R948, 2011);
    le gravi conseguenze nei figli sono riscontrabili dalla fase fetale all'età adulta con un cinquanta per cento di probabilità in più di abusare di alcol e droga, manifesta depressione, difficoltà scolastiche, un rischio sei volte maggiore di suicidio, più alte probabilità di comportamenti delinquenziali e di essere a loro volta oggetto o soggetto di violenza (V. Dubini, 2008); inoltre la metà dei mariti violenti lo è anche con i figli; il sessanta per cento delle mamme di bambini ricoverati per maltrattamento aveva subito violenza dal partner; i figli di uomini violenti hanno una probabilità sei volte maggiore rispetto agli altri di diventare a loro volta violenti;
    la violenza in gravidanza è un problema globale che solleva questioni riguardanti i Servizi Sanitari Nazionali, la parità dei sessi e i diritti umani; i danni si ripercuotono sull'intero tessuto sociale; la risposta è innanzitutto educativa e formativa, ma che i danni sulla salute fisica e psichica che la violenza determina sono prevenibili se si attivano risorse e soluzioni innovative in grado di fermare questo fenomeno;
    l'approvazione rapida e unanime da parte del Parlamento della Convenzione di Istanbul, è stato il primo atto della XVII legislatura e, al fine di renderla applicabile, è stato approvato il decreto legge: 14 agosto 2013, n.93, che prevede espressamente, tra le aggravanti, la violenza in gravidanza; il Ministero dell'Interno ha istituito l'Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), impegnandosi nel contrasto e nella prevenzione della violenza di genere; è stata recentemente istituita una task force interministeriale per fornire una risposta di sistema per rendere gli interventi esistenti più efficaci e per diffondere una cultura educativa e formativa di prevenzione;
    l'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) ha realizzato una guida per operatori sanitari, Donne e violenza domestica: diamo voce al silenzio già diffusa negli ospedali lombardi con i «Bollini Rosa» in sessantadue strutture premiate per i servizi dedicati alla violenza e che hanno un Protocollo di Pronto Soccorso Violenza per la formazione degli operatori sanitari; diversi ospedali che hanno strutturato servizi di assistenza sanitaria, psicologica e sociale;
    per combattere la violenza domestica subita prima, durante e dopo la gravidanza è necessario un processo formativo degli operatori professionali, delle strutture sanitarie coinvolte, un processo politico delle Istituzioni che devono pianificare, organizzare e facilitare gli interventi di ciascun operatore; un ruolo importante spetta al medico di assistenza primaria, al ginecologo, al pediatra di libera scelta, ma essi devono interagire con altre figure professionali, Enti e Associazioni del Terzo settore, Centri anti-violenza,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, nel più breve tempo possibile, le linee guida indicate dall'Organizzazione mondiale della sanità, investendo sulla prevenzione affinché il Servizio Sanitario Nazionale possa offrire una migliore assistenza alle donne vittime di violenza in gravidanza dando così corso, secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, ad alcune pratiche indispensabili quali:
    1) formazione obbligatoria del personale sanitario nell'aiutare le vittime di abusi, nel riconoscere le donne che sono a rischio e nel fornire interventi adeguati;
    2) strategie di prevenzione e cura verso la gravide che subiscono violenza: identificazione delle vittime nella fase prenatale, perinatale e postnatale; cure cliniche; interventi negli ambulatori di ginecologia; corsi preparto; visite ginecologiche (quaranta giorni); percorsi ad hoc nei consultori e associazioni femminili.
9/1540-A/6Iori, Lenzi, Amato, Scuvera, Grassi, Fossati, Miotto, Capone, Carnevali, Piccione, Patriarca, Sbrollini, Biondelli, D'Incecco, Bellanova.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende dare applicazione alle linee guida previste dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con legge 27 giugno 2013, n. 77;
    il provvedimento prevede, tra l'altro, disposizioni urgenti che mirano ad affrontare tematiche legate alla pubblica sicurezza in relazione a soggetti più esposti, in particolare alla violenza domestica;
    gli articoli 1 e 2 del decreto mirano a rimodulare gli strumenti, rendendoli più incisivi, gli strumenti di repressione penale dei fenomeni di violenza domestica e atti persecutori;
    la vigente normativa italiana, in applicazione di norme europee ed internazionali, è frutto di una stratificazione di interventi succedutisi nel tempo e che possono risultare non sempre organici o creare problemi interpretativi nella loro concreta applicazione;
    l'impianto normativo attuale, così risultante, è spesso lontano dalla visione di genere;
    con la ratifica della Convenzione di Istanbul, il Parlamento è chiamato ad adeguare pienamente la propria normativa nazionale, non solo con decretazione d'urgenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riordinare il sistema normativo relativo alla violenza di genere in un Codice unico che semplifichi, coordini e renda più coerenti le norme di adeguamento al diritto internazionale e comunitario.
9/1540-A/7Giuliani, Paris, Moretti, Morani, Gribaudo, Cominelli, Mariano, Giuditta Pini, Petitti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende dare applicazione alle linee guida previste dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con legge 27 giugno 2013, n. 77;
    il provvedimento prevede, tra l'altro, disposizioni urgenti che mirano ad affrontare tematiche legate alla pubblica sicurezza in relazione a soggetti più esposti, in particolare alla violenza domestica;
    gli articoli 1 e 2 del decreto mirano a rimodulare gli strumenti, rendendoli più incisivi, gli strumenti di repressione penale dei fenomeni di violenza domestica e atti persecutori;
    la vigente normativa italiana, in applicazione di norme europee ed internazionali, è frutto di una stratificazione di interventi succedutisi nel tempo e che possono risultare non sempre organici o creare problemi interpretativi nella loro concreta applicazione;
    l'impianto normativo attuale, così risultante, è spesso lontano dalla visione di genere;
    con la ratifica della Convenzione di Istanbul, il Parlamento è chiamato ad adeguare pienamente la propria normativa nazionale, non solo con decretazione d'urgenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riordinare il sistema normativo relativo alla violenza di genere per semplificare, coordinare e rendere più coerenti le norme di adeguamento al diritto internazionale e comunitario.
9/1540-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Giuliani, Paris, Moretti, Morani, Gribaudo, Cominelli, Mariano, Giuditta Pini, Petitti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere;
    l'articolo 30 comma 1, lettera b), della legge regionale dell'Emilia-Romagna 8 agosto 2001 n. 24 (disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo) disciplina la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio qualora si presuppone un uso illecito dell'unità immobiliare in questione;
    un tribunale italiano ha definito uso illecito dell'alloggio pubblico anche le condotte violente nei confronti del coniuge e dei figli e i maltrattamenti in famiglia avvenuti all'interno dell'alloggio in questione;
    la non decadenza dall'alloggio pubblico potrebbe costituire un ingiusto vantaggio per l'autore di violenza domestica, normalmente titolare del contratto di affitto, ed uno svantaggio per la parte offesa ed altri conviventi sotto la sua tutela che sono costretti a lasciare l'alloggio per motivi di sicurezza,

impegna il Governo

a promuovere, anche attraverso iniziative legislative, l'assunzione da parte di regioni ed enti locali, di azioni tali per cui nei casi di condanna, anche non definitiva, di violenza domestica, il condannato assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, convivente della persona offesa dal reato, decada dalla relativa assegnazione e al contempo la parte offesa dal reato, se convivente, possa avere diritto all'assegnazione dell'alloggio o, qualora lo richiedano motivi di sicurezza, di un alloggio equivalente; in caso di morte della parte offesa di prevedere la possibilità del subentro nell'assegnazione dell'alloggio di altro familiare se convivente.
9/1540-A/8(Versione corretta)Fabbri, Roberta Agostini, Petitti, Lenzi, Ermini, Arlotti, D'Ottavio, Fanucci, Baruffi, Montroni, Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere;
    l'articolo 30 comma 1, lettera b), della legge regionale dell'Emilia-Romagna 8 agosto 2001 n. 24 (disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo) disciplina la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio qualora si presuppone un uso illecito dell'unità immobiliare in questione;
    un tribunale italiano ha definito uso illecito dell'alloggio pubblico anche le condotte violente nei confronti del coniuge e dei figli e i maltrattamenti in famiglia avvenuti all'interno dell'alloggio in questione;
    la non decadenza dall'alloggio pubblico potrebbe costituire un ingiusto vantaggio per l'autore di violenza domestica, normalmente titolare del contratto di affitto, ed uno svantaggio per la parte offesa ed altri conviventi sotto la sua tutela che sono costretti a lasciare l'alloggio per motivi di sicurezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere iniziative per l'assunzione da parte di regioni ed enti locali, di azioni tali per cui nei casi di condanna, anche non definitiva, di violenza domestica, il condannato assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, convivente della persona offesa dal reato, decada dalla relativa assegnazione e al contempo la parte offesa dal reato, se convivente, possa avere diritto all'assegnazione dell'alloggio o, qualora lo richiedano motivi di sicurezza, di un alloggio equivalente; in caso di morte della parte offesa di prevedere la possibilità del subentro nell'assegnazione dell'alloggio di altro familiare se convivente.
9/1540-A/8(Versione corretta – Testo modificato nel corso della seduta)Fabbri, Roberta Agostini, Petitti, Lenzi, Ermini, Arlotti, D'Ottavio, Fanucci, Baruffi, Montroni, Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del provvedimento in esame, alla luce del periodo di prima applicazione della riforma del sistema di protezione civile nazionale, recata dal decreto-legge n. 59 del 2012 (convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2012, n. 100), prevede alcune modifiche all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 , n. 225 concernente gli interventi da attuare in occasione di calamità naturali o dovuti ad attività umane fronteggiabili solo con mezzi e poteri straordinari, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della stessa legge n. 225 del 1992;
    ai sensi dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, un elemento essenziale per la gestione in tempo reale del rischio idrogeologico e idraulico nazionale è rappresentato dal Sistema di Allertamento Nazionale (SAN), governato prioritariamente dal Dipartimento della Protezione Civile e dalle Regioni, e attivato attraverso la gestione e l'uso dei sistemi di monitoraggio e previsione;
    tali sistemi sono costituiti dalle Reti di Osservazione idro-meteorologica al suolo, dalla rete dei Radar meteorologici e dall'insieme di tutti gli Strumenti di Modellistica meteorologica, idrologico-idraulica e idrogeologica disponibili e utilizzati dai Centri Funzionali e dai Centri di Competenza, a supporto del Sistema di Protezione Nazionale, ai sensi di quanto espresso dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004;
    la legge 12 luglio 2012, n. 100, dunque, inquadra finalmente in maniera organica il sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico: in particolare il governo e la gestione del Sistema di allerta nazionale sono assicurati dal Dipartimento della Protezione Civile e dalle Regioni, dal Servizio meteorologico nazionale distribuito (Smnd), da Reti strumentali di monitoraggio e di sorveglianza, da Presidi territoriali, dai Centri di competenza e da ogni altro soggetto chiamato a concorrere funzionalmente e operativamente a queste reti;
    inoltre le attività di prevenzione vengono esplicitate e per la prima volta si parla chiaramente di attività non strutturali concernenti allertamento, pianificazione d'emergenza, formazione, diffusione della conoscenza di protezione civile, informazione alla popolazione, applicazione della normativa tecnica e esercitazioni;
    è chiaro infatti che il rischio idrogeologico e idraulico va mitigato attraverso misure «strutturali» di difesa del suolo (alzare gli argini dei corsi d'acqua, per esempio), ma rimane comunque un «rischio residuo» che va contrastato con misure «non strutturali», attraverso appunto gli early warning system, il monitoraggio in tempo reale e la previsione meteo, idrologico e idrogeologico in tempo reale;
    tali misure non strutturali sono riconducibili alle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici al centro della Strategia Europea di Adattamento ai cambiamenti climatici, COM (2013) 216 final, presentata dalla Commissione europea lo scorso 16 aprile, che ha introdotto quadro normativo mirato a rendere l'Unione europea sempre più pronta ad affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici, lanciando una strategia di adattamento applicabile a tutta l'UE nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità,

impegna il Governo

   ad adottare iniziative normative volte a introdurre una disciplina sulla ripartizione fra lo Stato e le regioni delle risorse necessarie per il funzionamento, la gestione, la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture di cui si compone il sistema di allerta statale e regionale, costituito nell'ambito delle attività di protezione civile ai sensi dell'articolo 3-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
   ad adottare quanto prima, sulla base di quanto previsto dalla Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici, COM (2013) 216 final, un Piano di adattamento nazionale, anche al fine di agganciare i prossimi fondi comunitari messi a disposizione dalla Commissione europea nella programmazione dei fondi 2014-2020.
9/1540-A/9Bratti, Mariani, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    in Valle di Susa sono in corso i lavori per la realizzazione del tratto ferroviario Torino-Lione e che continuano attacchi e attentati incendiari alle ditte che nel cantiere lavorano;
    visto che tali danni stanno compromettendo la possibilità delle suddette aziende di continuare a svolgere la propria attività nel cantiere e si ritrovano al limite della chiusura,

impegna il Governo

ad individuare tutte le forme per tutelare, gli imprenditori e le loro imprese, compreso il risarcimento dei danni subiti.
9/1540-A/10Fregolent, D'Ottavio, Rossomando, Giorgis, Bonomo, Paola Bragantini, Boccuzzi, Borghi, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    in Valle di Susa sono in corso i lavori per la realizzazione del tratto ferroviario Torino-Lione e che continuano attacchi e attentati incendiari alle ditte che nel cantiere lavorano;
    visto che tali danni stanno compromettendo la possibilità delle suddette aziende di continuare a svolgere la propria attività nel cantiere e si ritrovano al limite della chiusura,

impegna il Governo

ad individuare tutte le forme per tutelare, gli imprenditori e le loro imprese, compreso l'indennizzo degli eventuali danni subiti e non coperti.
9/1540-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Fregolent, D'Ottavio, Rossomando, Giorgis, Bonomo, Paola Bragantini, Boccuzzi, Borghi, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    venerdì 24 maggio 2013 a Corigliano Calabro si è registrato un gravissimo episodio di femminicidio che ha riguardato la giovane Fabiana Luzzi, non ancora sedicenne, bruciata viva dal suo giovane fidanzato;
    la confessione dell'omicida è stata sconvolgente rivelando di averle dato fuoco quando era ancora viva;
    la notizia di tale efferato omicidio ha sconvolto non solo la comunità di Corigliano, ma tutto il paese;
    occorre non dimenticare e per farlo è indispensabile un forte impegno delle istituzioni con l'obiettivo di promuovere un cambiamento culturale e di mettere in atto misure di prevenzione,

impegna il Governo

d'intesa con le istituzioni locali, a rafforzare e potenziare il centro antiviolenza di Corigliano Calabro in memoria della giovane Fabiana Luzzi.
9/1540-A/11Bindi, Bruno Bossio, Covello, Battaglia, Censore, Magorno, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    venerdì 24 maggio 2013 a Corigliano Calabro si è registrato un gravissimo episodio di femminicidio che ha riguardato la giovane Fabiana Luzzi, non ancora sedicenne, bruciata viva dal suo giovane fidanzato;
    la confessione dell'omicida è stata sconvolgente rivelando di averle dato fuoco quando era ancora viva;
    la notizia di tale efferato omicidio ha sconvolto non solo la comunità di Corigliano, ma tutto il paese;
    occorre non dimenticare e per farlo è indispensabile un forte impegno delle istituzioni con l'obiettivo di promuovere un cambiamento culturale e di mettere in atto misure di prevenzione,

impegna il Governo

d'intesa con le istituzioni locali, a rafforzare e potenziare il centro antiviolenza di Corigliano Calabro in memoria della giovane Fabiana Luzzi, in applicazione e secondo i criteri di cui all'articolo 5-bis del decreto n. 93 del 2013.
9/1540-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Bindi, Bruno Bossio, Covello, Battaglia, Censore, Magorno, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno della violenza sulle donne necessita di un'azione di contrasto e di prossimità in termini di servizi in grado di offrire alle vittime adeguate risposte;
    in particolare le forze dell'ordine per le note carenze d'organico si trovano spesso a dover affrontare numerose difficoltà operative per riuscire a svolgere al meglio la propria azione in difesa delle vittime di violenza,

impegna il Governo

a potenziare nelle questure di tutta Italia il personale e i mezzi delle forze dell'ordine a tutela delle vittime di violenza.
9/1540-A/12Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende dare applicazione alle linee guida previste dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con legge 27 giugno 2013, n. 77;
    come la stessa Convenzione afferma nel suo articolo 14 che gli Stati devono intraprendere le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale;
    il decreto in esame prevede – all'articolo 5 – un Piano di intervento che tra le finalità riporta la promozione dell'educazione alla relazione;
    al fine di educare alla relazione, gli stessi insegnanti, così come tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere, devono accedere a corsi di formazione specifici che li preparino all'importante compito che viene loro assegnato,

impegna il Governo

ad individuare le risorse adeguate per finanziare l'attività di formazione del personale scolastico, anche attingendole dalla legge di stabilità e vincolandole a tale scopo.
9/1540-A/13Zampa, Ghizzoni, Coscia, Piccoli Nardelli, Pes, Carocci, Rocchi, Malisani, Bonomo, Paola Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende dare applicazione alle linee guida previste dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con legge 27 giugno 2013, n. 77;
    come la stessa Convenzione afferma nel suo articolo 14 che gli Stati devono intraprendere le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale;
    il decreto in esame prevede – all'articolo 5 – un Piano di intervento che tra le finalità riporta la promozione dell'educazione alla relazione;
    al fine di educare alla relazione, gli stessi insegnanti, così come tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere, devono accedere a corsi di formazione specifici che li preparino all'importante compito che viene loro assegnato,

impegna il Governo

ad individuare le risorse, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, adeguate per finanziare l'attività di formazione del personale scolastico, anche attingendole dalla legge di stabilità e vincolandole a tale scopo.
9/1540-A/13.  (Testo modificato nel corso della seduta)  Zampa, Ghizzoni, Coscia, Piccoli Nardelli, Pes, Carocci, Rocchi, Malisani, Bonomo, Paola Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    il 20 agosto è entrata in vigore la legge 9 agosto 2013, n. 94, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena»;
    il decreto-legge muoveva dall'urgente necessità di ridurre la popolazione detenuta, in considerazione dell'inadeguatezza dei rimedi sino ad ora predisposti e della scadenza, oramai vicina, del termine di un anno, imposto dalla sentenza Torreggiani della Corte EDU per impedire le violazioni «seriali» dell'articolo 3 della Convenzione, dovute alla situazione di sovraffollamento delle nostre carceri;
     le norme introdotte con il decreto-legge di cui sopra hanno apportato sostanziali modifiche al codice penale (limitatamente all'articolo 612-bis), al codice di procedura penale, alla legge di ordinamento penitenziario e al testo unico sugli stupefacenti (Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309);
    una delle disposizioni più rilevanti, introdotta in sede di conversione del decreto, è la modifica dell'articolo 280, secondo comma, del codice di procedura penale: secondo quanto previsto dall'articolo 1, primo comma, del decreto, il limite di pena per l'applicabilità della custodia cautelare in carcere è stato innalzato da 4 a 5 anni di reclusione;
    strettamente connesso alle modifiche del codice di procedura è l'innalzamento della pena massima prevista per il delitto di stalking, di cui all'articolo 612-bis, primo comma, del codice penale., che è ora punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni (anziché quattro): tale modifica, introdotta in sede di conversione – è evidentemente finalizzata a consentire l'applicabilità della custodia cautelare, che sarebbe ora altrimenti preclusa dai nuovi limiti di pena fissati nell'articolo 280, secondo comma, del codice di procedura penale;
    l'innalzamento di pena previsto dall'articolo 612-bis del codice penale è però destinato ad operare – ai sensi dell'articolo 2, quarto comma del codice penale. – solo per i fatti consumati dopo l'entrata in vigore della legge: da ciò la conclusione che gli imputati, che alla data di entrata in vigore della legge di conversione, che si trovavano in regime di custodia cautelare per un fatto di stalking commesso anteriormente al 20 agosto potevano e possono chiederne la revoca ai sensi dell'articolo 299 del codice di procedura penale;
    la materia processuale è governata, come noto, dal principio del tempus regit actum, in base al quale gli atti processuali già compiuti conservano la loro validità anche dopo un mutamento della disciplina legislativa. In materia di custodia cautelare, tale principio è costantemente declinato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che, in caso di successione di leggi, debba darsi applicazione a quella in vigore nel momento in cui la custodia è in corso. Vero è che le Sezioni Unite, nel 2011, hanno affermato l'opposto principio secondo cui «in assenza di una disposizione transitoria, la misura cautelare in corso di esecuzione disposta prima della novella codicistica (...) non può subire modifiche solo per effetto della nuova, più sfavorevole normativa» (cfr. C. 31.3.2011, n. 27919);
    nel caso di specie, invece, le modifiche processuali operano a favore dell'imputato ed in questo caso il principio che deve operare è quello secondo cui la restrizione della libertà personale implica una continua verifica circa la persistenza delle condizioni di applicabilità della misura cautelare. Principio, questo, che trova del resto espressione nell'articolo 299 del codice di procedura penale, secondo cui la misura cautelare deve essere immediatamente revocata «quando risultino mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte ad una ulteriore modifica del testo dell'articolo 280 del codice di procedura penale, che preveda il permanere della custodia cautelare per i reati di cui all'articolo 612-bis del codice penale al fine di tutela le persone offese dal reato.
9/1540-A/14Capelli, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo originario del decreto-legge modificava la disciplina della querela, presentata per stalking intervenendo sul quarto comma dell'articolo 612-bis del codice penale, per disporre che, una volta presentata, la querela è irrevocabile;
    le Commissioni riunite hanno modificato questa impostazione del decreto- legge, stabilendo che la querela presentata per stalking sia irrevocabile, ma solo se attiene a fatti commessi mediante minacce reiterate dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che sia o sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici; in tutti gli altri casi la remissione della querela può essere soltanto processuale;
    tale novella è stata introdotta con il fine di proteggere la donna da eventuali minacce e pressioni, ma può al tempo stesso determinare nella donna che ha subito minacce o offese un effetto psicologico completamente opposto, inducendola a rinunciare alla presentazione della querela,

impegna il Governo

a prevedere un attento monitoraggio degli effetti della disposizione introdotta, valutando, al termine di tale monitoraggio – che non potrà essere superiore a due anni e le cui risultanze dovranno essere riferite alle Camere – l'opportunità o meno di modificarne il contenuto medesimo.
9/1540-A/15Galgano, Matarrese, Causin, Marzano, Santerini, Capua, Oliaro, Schirò Planeta, Fauttilli, Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo originario del decreto-legge modificava la disciplina della querela, presentata per stalking intervenendo sul quarto comma dell'articolo 612-bis del codice penale, per disporre che, una volta presentata, la querela è irrevocabile;
    le Commissioni riunite hanno modificato questa impostazione del decreto- legge, stabilendo che la querela presentata per stalking sia irrevocabile, ma solo se attiene a fatti commessi mediante minacce reiterate dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che sia o sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici; in tutti gli altri casi la remissione della querela può essere soltanto processuale;
    tale novella è stata introdotta con il fine di proteggere la donna da eventuali minacce e pressioni, ma può al tempo stesso determinare nella donna che ha subito minacce o offese un effetto psicologico completamente opposto, inducendola a rinunciare alla presentazione della querela,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere un attento monitoraggio degli effetti della disposizione introdotta, valutando, al termine di tale monitoraggio – le cui risultanze dovranno essere riferite alle Camere – l'opportunità o meno di modificarne il contenuto medesimo.
9/1540-A/15. (Testo modificato nel corso della seduta)  Galgano, Matarrese, Causin, Marzano, Santerini, Capua, Oliaro, Schirò Planeta, Fauttilli, Binetti.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   richiamate anche le notizie di cronaca recenti, e rilevato che appare urgente procedere ad una azioni di sensibilizzazione, in particolare verso la fascia giovanile della società, affinché si intraprendano azioni preventive che consentano di promuovere e far «discutere» dei problemi e delle cause connesse alla violenza sulle donne e delle modalità di prevenzione ed educazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di destinare ulteriori risorse finanziare affinché si possa procedere ad azioni preventive di sensibilizzazione ed educazione dei problemi e delle cause connesse alla violenza sulle donne nelle scuole di ogni ordine e grado.
9/1540-A/16Rondini.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   richiamate anche le notizie di cronaca recenti, e rilevato che appare urgente procedere ad una azioni di sensibilizzazione, in particolare verso la fascia giovanile della società, affinché si intraprendano azioni preventive che consentano di promuovere e far «discutere» dei problemi e delle cause connesse alla violenza sulle donne e delle modalità di prevenzione ed educazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di destinare ulteriori risorse finanziarie, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, affinché si possa procedere ad azioni preventive di sensibilizzazione ed educazione dei problemi e delle cause connesse alla violenza sulle donne nelle scuole di ogni ordine e grado.
9/1540-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rondini.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   rilevato che appare utile procedere ad una campagna di sensibilizzazione rivolta a tutta la popolazione che consenta di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di predisporre una o più campagne di comunicazione istituzionale che consentano di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne.
9/1540-A/17Prataviera.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   rilevato che appare utile procedere ad una campagna di sensibilizzazione rivolta a tutta la popolazione che consenta di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative al fine di predisporre una o più campagne di comunicazione istituzionale che consentano di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne.
9/1540-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prataviera.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   rilevato che molti giovani svolgono un'attività sportiva e le politiche giovanili hanno più successo se proposte all'interno e con il supporto degli organismi che li rappresentano;
   richiamato il ruolo istituzionale del Comitato olimpico nazionale italiano che può essere coinvolto al fine di procedere ad una seria campagna di sensibilizzazione dei giovani nell'ambito delle discipline sportive,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di promuovere, anche in collaborazione con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, nell'ambito delle politiche giovanili, e nelle varie discipline sportive, campagne di sensibilizzazione nell'ambito del contrasto alla violenza sulle donne.
9/1540-A/18Molteni.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   rilevato che molti giovani svolgono un'attività sportiva e le politiche giovanili hanno più successo se proposte all'interno e con il supporto degli organismi che li rappresentano;
   richiamato il ruolo istituzionale del Comitato olimpico nazionale italiano che può essere coinvolto al fine di procedere ad una seria campagna di sensibilizzazione dei giovani nell'ambito delle discipline sportive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di promuovere, anche in collaborazione con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, nell'ambito delle politiche giovanili, e nelle varie discipline sportive, campagne di sensibilizzazione nell'ambito del contrasto alla violenza sulle donne.
9/1540-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta)  Molteni.


   La Camera,
    esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
    preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   ritenuto che sul tema della lotta alla violenza sulle donne iniziative culturali mirate molto spesso producono effetti sia diretti che indiretti;
   ritenuto che le iniziative culturali possono essere anche adottate all'interno di programma a livello nazionale che coinvolga tutte le istituzioni scolastiche e che istituisca una giornata nazionale dedicata al tema del contrasto alla violenza contro le donne,

impegna il Governo

ad adottare e predisporre iniziative culturali, anche attraverso uno o più concorsi letterari per le scuole secondarie di primo e secondo grado ovvero una giornata nazionale di sensibilizzazione che coinvolga tutte le istituzioni scolastiche, che consentano di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne.
9/1540-A/19Busin.


   La Camera,
    esaminato il disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
    preso atto che con le disposizioni del presente decreto si cerca di contrastare il fenomeno della violenza di genere, sia attraverso l'introduzione di norme che aggravano pene edittali già previste dal nostro codice penale e sia con misure volte alla prevenzione della violenza;
   ritenuto che sul tema della lotta alla violenza sulle donne iniziative culturali mirate molto spesso producono effetti sia diretti che indiretti;
   ritenuto che le iniziative culturali possono essere anche adottate all'interno di programma a livello nazionale che coinvolga tutte le istituzioni scolastiche e che istituisca una giornata nazionale dedicata al tema del contrasto alla violenza contro le donne,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare e predisporre iniziative culturali, anche attraverso uno o più concorsi letterari per le scuole secondarie di primo e secondo grado ovvero una giornata nazionale di sensibilizzazione che coinvolga tutte le istituzioni scolastiche, che consentano di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne.
9/1540-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta)  Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    il divieto di comparire mascherato in luogo pubblico, di cui all'articolo 85 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), non comprende tutte le ipotesi di travisamento;
    il divieto di carattere generale di travisamento in luogo pubblico e aperto al pubblico, salvo giustificato motivo, ovvero in occasione di pubbliche manifestazioni, di cui all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, recante disposizioni a tutela dell'ordine pubblico, si riduce alla sola partecipazione ad un evento di carattere sportivo che comporti necessariamente l'uso del casco o altro oggetto capace di rendere difficoltoso il riconoscimento della persona;
    per le persone che indossano il burqa non sono stati ritenuti pertinenti né il richiamo al citato articolo 85 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773- in quanto l'abbigliamento in questione è, come noto, un tradizionale indumento di alcune popolazioni, utilizzato anche con aspetti di pratica religiosa – né, tanto meno, quello alla suddetta legge 22 maggio 1975, n. 152, adottata per finalità collegate all'eversione e al terrorismo;
    la «Carta dei valori della cittadinanza e della integrazione» adottata con decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2007, prevede espressamente (punto 26) che: «In Italia non si pongono restrizioni all'abbigliamento della persona, sia pure liberamente scelto, e non lesivo della sua dignità», ma che «non sono accettabili forme di vestiario che coprono il volto perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell'entrare in rapporto con gli altri»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni idonea iniziativa volta a rendere possibile, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, l'applicazione del divieto all'uso di indumenti che, coprendo totalmente il volto di chi li indossa, siano perciò tali da non consentire di vedere i tratti del viso e rendere così assolutamente irriconoscibile la persona.
9/1540-A/20Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legislazione italiana subordina l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare all'accertamento dell'autenticità, da parte dell'autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela;
    la disciplina civilistica in vigore in alcuni paesi stranieri riconosce la possibilità di contrarre matrimonio con requisiti formali in parte diversi da quelli richiesti dal nostro ordinamento;
    considerato che l'attestazione dei requisiti formali di validità del vincolo matrimoniale contratto all'estero è importante ai fini del ricongiungimento familiare del coniuge,

impegna il Governo

ai fini del ricongiungimento familiare, a vigilare sulla validità del matrimonio contratto all'estero, facendo sì che si avvicini ai principi della normativa italiana sull'attestazione della validità del vincolo.
9/1540-A/21Guidesi.


   La Camera,
   considerato che il provvedimento, in linea con quanto già previsto dal decreto-legge n. 92 del 2008, contiene alcune disposizioni finalizzate ad ampliare i poteri dei sindaci nell'espletamento delle funzioni attinenti alla sicurezza pubblica ed alla sicurezza urbana;
   appurato che per l'ottimale esercizio di tali funzioni, è necessario riconoscere ai sindaci, attraverso la polizia locale, la possibilità di accedere ai dati e alle informazioni del Centro elaborazione dati di cui al primo comma dell'articolo 9 della legge 1o aprile 1981, n. 121, attraverso la mediazione delle questure;
   valutata l'opportunità di prevedere un percorso sperimentale volto a dare attuazione a tali obiettivi, attraverso la realizzazione di progetti pilota,

impegna il Governo

a valutare positivamente l'opportunità di avviare progetti sperimentali volti a consentire, attraverso la questura locale, l'accesso degli ufficiali e agenti della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno di cui all'articolo 9 della legge 1 aprile 1981, n. 121, «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza».
9/1540-A/22Fedriga.


   La Camera,
   considerato che il provvedimento, in linea con quanto già previsto dal decreto-legge n. 92 del 2008, contiene alcune disposizioni finalizzate ad ampliare i poteri dei sindaci nell'espletamento delle funzioni attinenti alla sicurezza pubblica ed alla sicurezza urbana;
   appurato che per l'ottimale esercizio di tali funzioni, è necessario riconoscere ai sindaci, attraverso la polizia locale, la possibilità di accedere ai dati e alle informazioni del Centro elaborazione dati di cui al primo comma dell'articolo 9 della legge 1o aprile 1981, n. 121, attraverso la mediazione delle questure;
   valutata l'opportunità di prevedere un percorso sperimentale volto a dare attuazione a tali obiettivi, attraverso la realizzazione di progetti pilota,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare progetti sperimentali volti a consentire, attraverso la questura locale, l'accesso degli ufficiali e agenti della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno di cui all'articolo 9 della legge 1 aprile 1981, n. 121, «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza», esclusivamente per i reati di violenza urbana a carattere predatorio.
9/1540-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fedriga.


   La Camera,
   rilevato che:
    l'aumento esponenziale del fenomeno dell'immigrazione da paesi di cultura islamica ha messo a dura prova le politiche di integrazione facendo emergere problematiche di diversa natura estremamente complicate e difficili da dirimere. Se da un lato è difatti connaturata nella storia democratica del nostro Paese una politica di integrazione e tolleranza dall'altro lato non è più accettabile procrastinare interventi volti a garantire il rispetto della legalità da parte delle comunità musulmane presenti nel nostro territorio;
    nel nostro Paese gli uomini e le donne di fede musulmana sono circa un milione, poco più di diecimila invece gli italiani convertiti all'Islam. Di fondamentale importanza è analizzare come si è organizzata questa comunità in Italia, dove opera, come agisce e da chi è finanziata;
    in Italia il fenomeno sociale della diffusione di centri islamici e moschee, in molti casi abusivi, sta subendo negli ultimi anni un allarmante crescita esponenziale. Nel giro di poco tempo sono sorte in tutta Italia: moschee di dimensioni enormi, centri culturali e religiosi, scuole coraniche e attività commerciali gestite direttamente dalle comunità musulmane (macellerie, phone center etc.);
    è necessario prevedere misure atte ad istituire un obbligo a carico di tutte le banche italiane e comunitarie con sedi nel nostro territorio e le succursali di banche extracomunitarie di mettere a disposizione delle autorità preposte, tramite una apposita banca dati, un elenco di tutti i flussi provenienti da Stati, Enti, Fondazioni, Società, Organizzazioni e cittadini di origine islamica diretti a sostenere finanziariamente centri di aggregazione atti a diffondere la cultura islamica; adottando in tempi rapidi misure di controllo di tali finanziamenti, affidando, ad esempio, al Comitato di Sicurezza finanziaria, istituito con il decreto-legge 12 ottobre 2001, n. 369, convertito con legge 14 dicembre 2001, n. 431, speciali compiti di controllo;
    più volte abbiamo denunciato le connivenze tra alcune associazioni islamiche presenti nel nostro Paese e le strutture internazionali legate alla rete del fondamentalismo islamico e di conseguenza i collegamenti tra le organizzazioni terroristiche e le attività che si svolgono all'interno delle moschee;
    è stato più volte documentato da fonti giornalistiche come molto spesso in occasione di funzioni religiose gli imam predicano odio nei confronti della cultura occidentale e sentenziano condanne contro tutti coloro che non si comportano secondo i dettami coranici (inutile ribadire come questi, in molti casi, siano antitetici ai principi e ai valori sui cui è fondata la nostra tradizione culturale, che come tali si ritrovano anche nella Costituzione italiana);
    è necessario intervenire in tempi rapidi anche attraverso l'utilizzo della normativa d'urgenza per stabilire che le Regioni, in attuazione di quanto stabilito in materia di governo del territorio dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, possano concedere l'autorizzazione per la realizzazione di nuovi edifici destinati a funzioni di culto, per la ristrutturazione o il loro cambiamento d'uso, alle confessioni religiose che non abbiano stipulato intesa con lo Stato secondo quanto disposto dall'articolo 8 della Costituzione, solo previa presentazione da parte del richiedente di apposita domanda da presentare alla Regione interessata corredata di progetto edilizio, dal piano economico finanziario e dall'elenco degli eventuali finanziatori italiani o esteri, sottoscritta da un numero di aderenti all'associazione stessa con atto notarile e approvata mediante referendum da parte della popolazione del Comune interessato, secondo le disposizioni del relativo statuto comunale;
    è necessario quindi ribadire come non vi potrà mai essere integrazione senza la preventiva accettazione da parte di tutta la comunità islamica del principio fondamentale della separazione inequivocabile tra la sfera laica e quella religiosa e delle normative vigenti in materia di libertà individuale e di pensiero, di obbligo scolastico, di autodeterminazione e di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, lo status giuridico o religioso delle donne, il rispetto del diritto di famiglia e dell'istituto del matrimonio, dei minori e dei non credenti e il trattamento degli animali;
    l'Islam si presenta fin dalle origini come un progetto globale che include tutti gli aspetti della vita. Include un modo di vivere, di comportarsi, di concepire il matrimonio, la famiglia, l'educazione dei figli, perfino l'alimentazione. In questo sistema di vita è compreso anche l'aspetto politico: come organizzare lo Stato, come agire con gli altri popoli, come rapportarsi in questioni di guerra e di pace, come relazionarsi agli stranieri, eccetera. Tutti questi aspetti sono stati codificati a partire dal Corano e dalla sunna e sono rimasti «congelati» nei secoli. La legge religiosa determina la legge civile e gestisce la vita privata e sociale di chiunque vive in un contesto musulmano, e se questa prospettiva è destinata a rimanere immutata come è accaduto finora, la convivenza con chi non appartiene alla comunità islamica non può che risultare difficile;
    per l'Islam «l'adunata per l'esercizio del culto» è la massima espressione di fede e in quel momento il leader della comunità musulmana, l'imam, rappresenta, in sintesi, quello che per noi sono insieme il vescovo, il sindaco e il preside di una scuola;
    la legge islamica, rivolgendosi l'Islam a tutta l'umanità, è una legge personale e non dipende in nessun modo dall'elemento territoriale. La stessa nazionalità non è collegata, come avviene nella tradizione occidentale, allo ius sanguinis e allo ius loci, ma allo ius religionis, cioè, alla appartenenza ad una comunità di credenti che non è legata all'esistenza di un entità statuale;
    nel nostro Paese, le indagini sul terrorismo internazionale, hanno portato a numerosi arresti e hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, la presenza in Italia di cellule eversive del terrorismo islamico legate al movimento di Al Qaeda,

impegna il Governo

a concordare in sede di conferenza unificata Stato Regioni un percorso legislativo per far sì che le regioni, in attuazione di quanto stabilito in materia di governo del territorio dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, possano concedere l'autorizzazione per la realizzazione di nuovi edifici destinati a funzioni di culto, per la ristrutturazione o il loro cambiamento d'uso, alle confessioni religiose che non abbiano stipulato intesa con lo Stato secondo quanto disposto dall'articolo 8 della Costituzione, solo previa indizione, da parte del Comune territorialmente competente, secondo le disposizioni del relativo statuto, di apposito referendum popolare, che si esprima in senso favorevole all'intervento edificativo.
9/1540-A/23Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    sono più di due milioni i lavoratori stranieri in Italia. Diversi indicatori convergono nel segnalare come la crisi abbia colpito in misura relativamente più accentuata proprio la componente immigrata, con un numero di disoccupati pari a quasi quattrocentomila unità (circa un terzo comunitari e il restante extracomunitari). Lo rileva un rapporto del Ministero del lavoro sul mercato del lavoro degli immigrati;
    nel 2012, rispetto all'anno precedente, c’è stata una crescita dell'occupazione straniera di circa 82 mila persone, accompagnata da una diminuzione di 151 mila occupati italiani, generando così un saldo negativo di 69 mila unità;
    la popolazione straniera in età di lavoro (da 15 anni in su) nel 2012 è composta da 1,2 milioni di cittadini di provenienza da paesi Ue e da 2,7 milioni di provenienza extracomunitaria. I lavoratori stranieri occupati nel 2008 erano 1,75 milioni. A distanza di cinque anni il loro numero è salito a 2,3 milioni pari al 10 per cento del totale. L'aumento ha riguardato sia la componente maschile, crescita di 250 mila unità che quella femminile, passato dalle 701 mila unità del 2008 a oltre un milione nel 2012;
    tutte le previsioni macroeconomiche degli istituti ed organismi accreditati fotografano un Paese in una situazione di vera e propria recessione;
    la grave congiuntura economico-finanziaria che sta attraversando il nostro paese ha determinato e determinerà ancora di più nei prossimi mesi rilevanti ricadute negative sull'occupazione. I lavoratori più a rischio – anche per la tipologia delle loro mansioni e dei relativi contratti – saranno sicuramente i lavoratori stranieri. Tale situazione creerà rilevanti problemi non solo sotto il profilo strettamente occupazionale, ma anche dal punto di vista della sicurezza pubblica, considerato il rischio attuale che molti stranieri, perdendo il posto di lavoro – in assenza di altri ammortizzatori sociali quali la famiglia e la comunità di appartenenza – finiscano per incrementare le fila della criminalità;
    è necessario avviare uno studio sui flussi migratori che proceda: alla raccolta di dati ed all'elaborazione di statistiche sulle migrazioni internazionali, sulla popolazione dimorante abitualmente e sull'acquisizione della cittadinanza, sui permessi di soggiorno e sul soggiorno di cittadini di paesi extracomunitari, nonché sui rimpatri; al monitoraggio del fenomeno della disoccupazione degli stranieri titolari di permesso di soggiorno conseguente alla crisi economica in atto e alla formulazione di politiche attive di reinserimento di tali categorie di lavoratori; all'analisi della capacità recettiva del paese, in rapporto alle singole realtà territoriali, in riferimento ai posti di lavoro disponibili nei diversi settori occupazionali, alla disponibilità di alloggi, alla disponibilità e al costo dei servizi garantiti; all'analisi dell'impatto dell'immigrazione sotto il profilo del rapporto tra costi e benefici con particolare riguardo ai pubblici servizi; all'analisi del grado di integrazione degli stranieri presenti sul territorio nazionale anche in rapporto ai paesi di provenienza; alla formulazione di proposte per la revisione del meccanismo dei flussi di ingresso di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, finalizzate ad includere nelle quote annualmente stabilite anche gli ingressi nel territorio dello Stato per motivi di ricongiungimento familiare;
    è necessario intervenire al fine di prevedere misure alternative agli esistenti ammortizzatori sociali finalizzate ad incentivare il rimpatrio degli immigrati che hanno perso il lavoro,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a contenere l'arrivo di nuova manodopera immigrata nel nostro Paese, anche sospendendo l'adozione dei decreti che determinano i flussi di ingresso per i lavoratori extracomunitari.
9/1540-A/24Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    sono più di due milioni i lavoratori stranieri in Italia. Diversi indicatori convergono nel segnalare come la crisi abbia colpito in misura relativamente più accentuata proprio la componente immigrata, con un numero di disoccupati pari a quasi quattrocentomila unità (circa un terzo comunitari e il restante extracomunitari). Lo rileva un rapporto del ministero del Lavoro sul mercato del lavoro degli immigrati;
    nel 2012, rispetto all'anno precedente, c’è stata una crescita dell'occupazione straniera di circa 82 mila persone, accompagnata da una diminuzione di 151mila occupati italiani, generando così un saldo negativo di 69 mila unità;
    la popolazione straniera in età di lavoro (da 15 anni in su) nel 2012 è composta da 1,2 milioni di cittadini di provenienza da paesi Ue e da 2,7 milioni di provenienza extracomunitaria. I lavoratori stranieri occupati nel 2008 erano 1,75 milioni. A distanza di cinque anni il loro numero è salito a 2,3 milioni pari al 10 per cento del totale. L'aumento ha riguardato sia la componente maschile, crescita di 250mila unità che quella femminile, passato dalle 701mila unità del 2008 a oltre un milione nel 2012;
    tutte le previsioni macroeconomiche degli istituti ed organismi accreditati fotografano un Paese in una situazione di vera e propria recessione;
    la grave congiuntura economico-finanziaria che sta attraversando il nostro paese ha determinato e determinerà ancora di più nei prossimi mesi rilevanti ricadute negative sull'occupazione. I lavoratori più a rischio – anche per la tipologia delle loro mansioni e dei relativi contratti – saranno sicuramente i lavoratori stranieri. Tale situazione creerà rilevanti problemi non solo sotto il profilo strettamente occupazionale, ma anche dal punto di vista della sicurezza pubblica, considerato il rischio attuale che molti stranieri, perdendo il posto di lavoro – in assenza di altri ammortizzatori sociali quali la famiglia e la comunità di appartenenza – finiscano per incrementare le fila della criminalità;
    è necessario intervenire al fine di prevedere misure alternative agli esistenti ammortizzatori sociali finalizzate ad incentivare il rimpatrio degli immigrati che hanno perso il lavoro,

impegna il Governo

ad avviare uno studio sui flussi migratori che proceda: alla raccolta di dati ed all'elaborazione di statistiche sulle migrazioni internazionali, sulla popolazione dimorante abitualmente e sull'acquisizione della cittadinanza, sui permessi di soggiorno e sul soggiorno di cittadini di paesi extracomunitari, nonché sui rimpatri; al monitoraggio del fenomeno della disoccupazione degli stranieri titolari di permesso di soggiorno conseguente alla crisi economica in atto e alla formulazione di politiche attive di reinserimento di tali categorie di lavoratori; all'analisi della capacità recettiva del paese, in rapporto alle singole realtà territoriali, in riferimento ai posti di lavoro disponibili nei diversi settori occupazionali, alla disponibilità di alloggi, alla disponibilità e al costo dei servizi garantiti; all'analisi dell'impatto dell'immigrazione sotto il profilo del rapporto tra costi e benefici con particolare riguardo ai pubblici servizi; all'analisi del grado di integrazione degli stranieri presenti sul territorio nazionale anche in rapporto ai paesi di provenienza; alla formulazione di proposte per la revisione del meccanismo dei flussi di ingresso di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, finalizzate ad includere nelle quote annualmente stabilite anche gli ingressi nel territorio dello Stato per motivi di ricongiungimento familiare.
9/1540-A/25Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 attribuisce al Ministro per le pari opportunità l'elaborazione del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la programmazione comunitaria 2014-2020;
    le finalità del Piano sono: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne, attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere, la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con i fenomeni di violenza di genere e di atti persecutori, il potenziamento dell'assistenza alle vittime, la collaborazione tra istituzioni, la raccolta dati, la realizzazione di azioni positive, la configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra livelli di governo sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere l'educazione al rispetto affettivo, nell'ambito dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare, informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, sviluppando in essi maggiori autonomia e capacità di analisi, nonché l'autodeterminazione personale.
9/1540-A/26Sberna, Schirò Planeta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 attribuisce al Ministro per le pari opportunità l'elaborazione del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la programmazione comunitaria 2014-2020;
    le finalità del Piano sono: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne, attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere, la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con i fenomeni di violenza di genere e di atti persecutori, il potenziamento dell'assistenza alle vittime, la collaborazione tra istituzioni, la raccolta dati, la realizzazione di azioni positive, la configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra livelli di governo sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ulteriori iniziative normative affinché, in tutti i luoghi di lavoro, siano adottati codici di condotta contro le molestie sessuali, finalizzati all'astensione da comportamenti lesivi della dignità delle lavoratrici.
9/1540-A/27D'Agostino, Antimo Cesaro, Cimmino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 attribuisce al Ministro per le pari opportunità l'elaborazione del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la programmazione comunitaria 2014-2020;
    le finalità del Piano sono: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne, attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere, la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con i fenomeni di violenza di genere e di atti persecutori, il potenziamento dell'assistenza alle vittime, la collaborazione tra istituzioni, la raccolta dati, la realizzazione di azioni positive, la configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra livelli di governo sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ulteriori iniziative affinché, in tutti i luoghi di lavoro, siano adottati codici di condotta contro le molestie sessuali, finalizzati all'astensione da comportamenti lesivi della dignità delle lavoratrici.
9/1540-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Agostino, Antimo Cesaro, Cimmino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 attribuisce al Ministro per le pari opportunità l'elaborazione del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la programmazione comunitaria 2014-2020;
    le finalità del Piano sono: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne, attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere, la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con i fenomeni di violenza di genere e di atti persecutori, il potenziamento dell'assistenza alle vittime, la collaborazione tra istituzioni, la raccolta dati, la realizzazione di azioni positive, la configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra livelli di governo sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di implementare, presso tutti i centri di pronto soccorso, un codice di accesso preferenziale, individuato come «codice rosa», riservato a tutte le vittime di violenze.
9/1540-A/28Causin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 attribuisce al Ministro per le pari opportunità l'elaborazione del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la programmazione comunitaria 2014-2020;
    le finalità del Piano sono: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne, attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere, la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con i fenomeni di violenza di genere e di atti persecutori, il potenziamento dell'assistenza alle vittime, la collaborazione tra istituzioni, la raccolta dati, la realizzazione di azioni positive, la configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra livelli di governo sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere, presso le ambasciate italiane all'estero, l'attivazione di un numero rosa di aiuto per le donne italiane residenti all'estero vittime di violenze.
9/1540-A/29Marazziti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione, anche operativa delle vessazioni, perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive;
    in particolare, il preambolo riconosce i bambini come vittime di violenza domestica, «anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia» e l'articolo 26 prevede l'adozione di misure legislative e di ogni altro tipo «necessarie per garantire che siano debitamente presi in considerazione [...] i diritti e i bisogni dei bambini testimoni di ogni forma di violenza»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportuni provvedimenti normativi che prevedano l'esclusione del ricorso alla mediazione familiare o ad altri metodi di definizione alternativa delle controversie nei casi di violenza intrafamiliare, oltre a disporre l'affidamento esclusivo al genitore non maltrattante nei casi di violenza intrafamiliare o nell'eventualità che il minore sia stato esposto a violenza assistita.
9/1540-A/30Vezzali.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul 1'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive, nonché a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di propria competenza affinché sia adottato un codice deontologico dei media per la promozione della soggettività femminile, recante principi e prescrizioni volti a promuovere, nell'esercizio dell'attività giornalistica, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nelle trasmissioni radiofoniche, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile.
9/1540-A/31Molea.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive, nonché a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori;
    in particolare, l'articolo 1 interviene sul codice penale, modificando la disciplina dei maltrattamenti in famiglia, della violenza sessuale e degli atti persecutori; l'articolo 2 prevede una serie di interventi di adeguamento del codice di procedura penale alle esigenze di maggiore protezione delle vittime di stalking e maltrattamenti in famiglia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire la promozione, da parte delle prefetture-uffici territoriali del Governo, di protocolli di intesa tra autorità giudiziaria, province, comuni, aziende sanitarie locali ospedaliere, uffici scolastici provinciali, forze di polizia, ordini professionali e organizzazioni di volontariato che operano nel territorio.
9/1540-A/32Gitti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive, nonché a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori;
    rappresentano cifre inquietanti quelle del femminicidio in Italia (siamo ai primi posti nel mondo, calcolando che viene uccisa una donna ogni tre giorni): in otto anni sono state più di novecento le vittime nel nostro Paese, ma il dato più grave è che il 70 per cento di quelle uccise nel 2012 aveva denunciato il proprio assassino per stalking, maltrattamenti o abusi;
    la prevenzione di questi delitti, necessaria e praticabile, richiede una tipologia di interventi diversificati, a seconda della situazione concreta in cui vive la donna: dalla sua autonomia economica alla presenza o meno di figli, dalla sua capacità di reagire con energia alla sua tendenza, invece, a subire passivamente le situazioni;
    ciò si può realizzare, offrendo una protezione sempre maggiore e sempre più qualificata alle donne che vivono situazioni di violenza, prima che si giunga a conseguenze irreparabili: diventa quindi indispensabile effettuare fin dal primo momento, davanti alle prime richieste di aiuto e di denuncia che arrivano al Pronto soccorso, interventi altamente qualificati, non solo sul piano strettamente clinico, ma anche sul piano psico-sociale;
    le donne, spesso, prima ancora di denunciare ad un posto di polizia la violenza subita, si recano al Pronto soccorso per curare le proprie ferite e la scoperta della violenza diventa facilmente intuibile proprio attraverso le lesioni mostrate e non denunciate;
    se non è sempre facile prevenire la violenza, è però possibile identificarla precocemente, al fine di evitare l’escalation della violenza, dal momento che dietro ogni femminicidio c’è sempre una lunga storia di microviolenze subite, ignorate e goffamente curate, ma mai concretamente stoppate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare adeguate misure finalizzate a stabilire la presenza, nell'ambito delle aziende ospedaliere e di quelle sanitarie locali, di centri specializzati in cui operi personale adeguatamente formato, che assicuri assistenza integrata alle vittime di violenza.
9/1540-A/33Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive, nonché a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori;
    l'articolo 4 della legge n. 53 del 2000 prevede che i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, «per gravi e documentati motivi familiari», un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, in cui viene assicurato il diritto alla conservazione del posto di lavoro;
    tra i «gravi motivi» il decreto ministeriale n. 278 del 2000 include le «situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti normativi finalizzati all'esplicito riconoscimento del diritto all'aspettativa e al congedo dal lavoro per le donne vittime di violenza, con garanzia del mantenimento del posto di lavoro, nonché del diritto all'assistenza psicologica gratuita ad opera delle competenti strutture del Servizio sanitario nazionale.
9/1540-A/34Tinagli, Andrea Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive, nonché a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori;
    l'articolo 4 della legge n. 53 del 2000 prevede che i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, «per gravi e documentati motivi familiari», un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, in cui viene assicurato il diritto alla conservazione del posto di lavoro;
    tra i «gravi motivi» il decreto ministeriale n. 278 del 2000 include le «situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare provvedimenti finalizzati all'esplicito riconoscimento del diritto all'aspettativa e al congedo dal lavoro per le donne vittime di violenza, con garanzia del mantenimento del posto di lavoro, nonché del diritto all'assistenza psicologica gratuita ad opera delle competenti strutture del Servizio sanitario nazionale.
9/1540-A/34. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tinagli, Andrea Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 dà attuazione all'articolo 59 della Convenzione di Istanbul, consentendo il rilascio di un permesso di soggiorno alle vittime degli atti di violenza domestica perseguiti dalla stessa;
    il rilascio del permesso appare adeguato anche ad offrire una possibilità di intraprendere un percorso di ricostruzione della dignità personale e si pone nel solco delle «misure legislative e di altro tipo necessarie per promuovere e tutelare il diritto di tutti gli individui, e segnatamente delle donne, di vivere liberi dalla violenza, sia nella vita pubblica che privata», secondo quanto recita l'articolo 4 della citata Convenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere la previsione di cui all'articolo 4 del provvedimento in esame ai casi di convivenza o coabitazione anche non familiare.
9/1540-A/35Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive;
    in particolare, il preambolo riconosce i bambini come vittime di violenza domestica, «anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia» e l'articolo 26 prevede l'adozione di misure legislative e di ogni altro tipo «necessarie per garantire che siano debitamente presi in considerazione [...] i diritti e i bisogni dei bambini testimoni di ogni forma di violenza»;
    ci sono anche altre vittime del femminicidio, di cui nessuno sembra preoccuparsi, ma proprio per questo più a rischio, inserite in percorsi fatti di affidamenti, adozioni, tribunali dei minori: oltre 1.500 orfani, con due genitori scomparsi, o con uno dei due in carcere per ciò che ha fatto in danno dell'altro;
    uno studio sul fenomeno, portato avanti dalla Seconda Università di Napoli, in materia di violenza contro le donne e i bambini, prende in esame i casi di bambini vittime del femminicidio tra il 2000 e il 2013 e dimostra che in Italia non esistono protocolli, percorsi, strumenti che offrano a questi orfani una speranza di vita migliore o forme di garanzia e di sostegno per il loro futuro;
    nella maggior parte dei casi, i tribunali dei minorenni affidano questi bambini ai parenti più prossimi, quasi sempre i nonni; talvolta, anche l'affidamento a costoro non risulta possibile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare urgenti ed efficaci misure finalizzate alla tutela sociale, anche sotto il profilo economico, degli orfani di femminicidio.
9/1540-A/36Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive;
    in particolare, il preambolo riconosce i bambini come vittime di violenza domestica, «anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia» e l'articolo 26 prevede l'adozione di misure legislative e di ogni altro tipo «necessarie per garantire che siano debitamente presi in considerazione [...] i diritti e i bisogni dei bambini testimoni di ogni forma di violenza»;
    ci sono anche altre vittime del femminicidio, di cui nessuno sembra preoccuparsi, ma proprio per questo più a rischio, inserite in percorsi fatti di affidamenti, adozioni, tribunali dei minori: oltre 1.500 orfani, con due genitori scomparsi, o con uno dei due in carcere per ciò che ha fatto in danno dell'altro;
    uno studio sul fenomeno, portato avanti dalla Seconda Università di Napoli, in materia di violenza contro le donne e i bambini, prende in esame i casi di bambini vittime del femminicidio tra il 2000 e il 2013 e dimostra che in Italia non esistono protocolli, percorsi, strumenti che offrano a questi orfani una speranza di vita migliore o forme di garanzia e di sostegno per il loro futuro;
    nella maggior parte dei casi, i tribunali dei minorenni affidano questi bambini ai parenti più prossimi, quasi sempre i nonni; talvolta, anche l'affidamento a costoro non risulta possibile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, urgenti ed efficaci misure finalizzate alla tutela sociale, anche sotto il profilo economico, degli orfani di femminicidio.
9/1540-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta)  Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    i fatti recenti della storia del suolo italiano, dall'Umbria all'Emilia, senza scordare il duomo di Noto e prima di tutto, il devastante terremoto dell'Aquila, non avrebbero potuto essere affrontati senza la collaborazione tecnica dei funzionari del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dei Vigili del fuoco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che i funzionari del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, impiegati nelle operazioni di messa in sicurezza del patrimonio artistico-architettonico-culturale a fianco dei Vigili del fuoco, abbiano gli stessi rimborsi giornalieri per le missioni di questi ultimi, considerando che sono esposti ai medesimi rischi e ne condividono le responsabilità.
9/1540-A/37Schirò Planeta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata a Istanbul 1'11 maggio 2011, la cui ratifica è stata recentemente autorizzata dal Parlamento con la legge n. 77 del 2013;
    le varie disposizioni introdotte si propongono, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione, di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive;
    in particolare, il preambolo riconosce i bambini come vittime di violenza domestica, «anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia» e l'articolo 26 prevede l'adozione di misure legislative e di ogni altro tipo «necessarie per garantire che siano debitamente presi in considerazione [...] i diritti e i bisogni dei bambini testimoni di ogni forma di violenza»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un apposito registro pubblico, depositato presso il Ministero dell'interno, in cui siano contenuti i nominativi dei condannati per reati sessuali.
9/1540-A/38Fitzgerald Nissoli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame, che ha affrontato finalmente una tematica non più rinviabile e delicatissima, è stata approvata, tra l'altro, una norma che recita testualmente: «La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma»;
    la ratio di questa proposta è assolutamente evidente ed è quella di impedire la revoca causata da pressioni da parte del partner o ex partner sulla vittima;
    le associazioni e le donne che lavorano su questi temi hanno, tuttavia, espresso enormi perplessità sull'efficacia di tale norma che rischia di provocare un effetto contrario, cioè essere un deterrente alla denuncia per tutte quelle donne che vogliono fare in modo che cessino le condotte moleste ma che non denuncerebbero mai il proprio partner o ex partner sapendo che questo determinerebbe per certo una condanna penale per lo stesso;
    a ciò si aggiunge, visto il ritardo con il quale vengono espletati i processi, che la donna sia costretta a lunghi periodi di disagio e di attesa dolorosa, di cui nessuna istituzione si fa carico, in assoluta assenza di un'adeguata rete di supporto a suo sostegno;
    tale situazione oggettiva e la delicatezza della materia – che, così considerata, rischia di stravolgere completamente il concetto dell'autodeterminazione delle donne – impongono che su tale tema vi sia una maggiore riflessione,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità di rivedere la norma in oggetto se la stessa, dopo un ragionevole ma limitato periodo di osservazione attraverso il monitoraggio del numero di denunce, si dimostrasse essere un effettivo deterrente alla decisione delle donne di sporgere denuncia nel caso di condotte moleste.
9/1540-A/39Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli, Marzano, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame, che ha affrontato finalmente una tematica non più rinviabile e delicatissima, è stata approvata, tra l'altro, una norma che recita testualmente: «La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma»;
    la ratio di questa proposta è assolutamente evidente ed è quella di impedire la revoca causata da pressioni da parte del partner o ex partner sulla vittima;
    le associazioni e le donne che lavorano su questi temi hanno, tuttavia, espresso enormi perplessità sull'efficacia di tale norma che rischia di provocare un effetto contrario, cioè essere un deterrente alla denuncia per tutte quelle donne che vogliono fare in modo che cessino le condotte moleste ma che non denuncerebbero mai il proprio partner o ex partner sapendo che questo determinerebbe per certo una condanna penale per lo stesso;
    a ciò si aggiunge, visto il ritardo con il quale vengono espletati i processi, che la donna sia costretta a lunghi periodi di disagio e di attesa dolorosa, di cui nessuna istituzione si fa carico, in assoluta assenza di un'adeguata rete di supporto a suo sostegno;
    tale situazione oggettiva e la delicatezza della materia – che, così considerata, rischia di stravolgere completamente il concetto dell'autodeterminazione delle donne – impongono che su tale tema vi sia una maggiore riflessione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di effettuare un monitoraggio del numero di denunce, al fine di verificare se la norma si sia rivelata un deterrente alla decisione delle donne di sporgere denuncia nel caso di condotte moleste.
9/1540-A/39. (Testo modificato nel corso della seduta)  Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli, Marzano, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende dare applicazione alle linee guida previste dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con legge n. 77 del 2013;
    la violenza contro le donne colpisce, come lo stesso decreto in esame riconosce introducendo forme di «violenza assistita», i minori come vittime «indirette»;
    c’è però, un'altra platea di vittime, contigua e in parte coincidente con la precedente, che non è ridotta come si potrebbe pensare, e che è rappresentata dai figli di donne uccise o gravemente menomate, il cui padre, dopo aver ucciso la madre, si toglie la vita;
    gli orfani di queste immani tragedie, oltre a dover affrontare le terribili difficoltà che conseguono a simili orribili fatti, si trovano anche a dover affrontare condizioni economiche precarie dovute all'immediato venir meno di qualsiasi tipo di mantenimento o sostegno;
    è assolutamente necessario che queste vittime non vengano dallo Stato abbandonate a loro stesse;
    si dovrebbe pensare dunque a individuare delle soluzioni quali quelle, ad esempio, previste per i figli delle vittime del dovere e del terrorismo,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a valutare l'opportunità di reperire, in sede di approvazione della prossima legge di stabilità, risorse adeguate per individuare e adottare misure di sostegno rivolte agli orfani delle vittime del femminicidio, che siano oltre che di tipo economico finanziario, anche di agevolazione all'ingresso nel mondo del lavoro, e di sostegno psicologico da parte del servizio sanitario nazionale.
9/1540-A/40(Versione corretta)Amoddio, Bargero, Arlotti, Biondelli, Paola Bragantini, Brandolin, Antezza, Albanella, Burtone, Amato, Capodicasa, Piccoli Nardelli, Morani, Giuliani, Iacono.


   La Camera,
   premesso che:
    la comunità italiana che vive quotidianamente in condizioni di rischio chiede di affrontare un problema che non è più rimandabile e che si ripresenta, ormai di frequente, in ogni parte d'Italia. Dobbiamo infatti ricordare che la gestione del territorio non è un costo ma un volano per l'economia oltre che indicativo del grado di civiltà di una nazione;
    nel secolo XXI la geologia può, e deve, essere chiamata a mettere a disposizione quei contributi che la stessa società chiede in relazione ad una visione organica ed integrata del territorio e della sua gestione;
    vivere in un territorio sicuro è un diritto fondamentale di tutti i cittadini. Ciononostante negli ultimi anni abbiamo assistito, praticamente impotenti, al ripetersi di grandi sciagure con danni materiali e morti che rimangono all'attenzione della pubblica opinione giusto lo spazio di un mattino per fare analisi superficiali o per prendere impegni disattesi però dal giorno dopo;
    l'esperienza indica che le aree ad elevata criticità idrogeologica sono il 10 per cento della superficie italiana e coinvolgono l'89 per cento dei comuni mentre le persone esposte ad un elevato rischio idrogeologico sono almeno 6 milioni e gli edifici a rischio sono circa 1,2 milioni. Le aree ad elevato rischio sismico sono ben oltre il 50 per cento del territorio nazionale e interessano il 36 per cento dei comuni; le persone esposte ad un elevato .rischio sismico sono 22 milioni e gli edifici a rischio sono 5,5 milioni, fra i quali ovviamente scuole ed ospedali;
    per questi motivi si ritiene che la figura del geologo rivesta un ruolo di vitale importanza per dare concreta attuazione ad un ampio ed organico programma di prevenzione volto alla messa in sicurezza del nostro territorio nei confronti dei fenomeni naturali calamitosi;
    secondo dati del Ministero dell'Ambiente, sono 6.633 (82 per cento) i comuni in pericolo per il dissesto idrogeologico ed interessano 2.951.700 ettari (9,8 per cento del territorio nazionale); oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti. Negli ultimi 80 anni si sono verificati circa 5.400 alluvioni e 11.000 frane;
    come risulta dalla serie storica degli eventi climatici estremi, a partire dagli anni ottanta l'Italia subisce. danni sempre più rilevanti, che costano mediamente 3,5 miliardi l'anno con effetti significativi per l'economia nazionale;
    dai dati del catalogo storico degli eventi geo-idrologici di oltre un millennio, realizzato dal Dipartimento della protezione civile e dall'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR, risultano 1.676 frane avvenute fra 1'843 e il 2012, che hanno causato oltre 17.500 tra morti, feriti e dispersi in almeno 1.450 località e 1.346 inondazioni verificatesi fra il 589 e il 2012, con più di 42.000 vittime e 1.040 località. Fra il 1960 e il 2012, periodo per il quale il catalogo è sostanzialmente completo, tutte le 20 regioni italiane hanno subito eventi fatali: 541 inondazioni in 451 località di 388 Comuni che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 Comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell'evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti);
    in Italia per oltre 50 anni sono stati consumati in media 7 mq al secondo di suolo, mentre oggi se ne consumano addirittura 8 mq al secondo evidenziando la drammatica situazione morfologica dei nostri territori. Ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una superficie pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e di Firenze, Le nostre superfici boscate sono sempre minacciate dagli incendi, il 72 per cento dei quali risulta essere di natura dolosa, il 14 per cento di natura colposa e il restante 14 per cento di natura dubbia. In aggiunta a tali informazioni, di natura assolutamente drammatica, ci sono le coste, che hanno subito attraverso una urbanizzazione sfrenata (non rispettando i vincoli imposti della cosiddetta «Legge Galasso» legge 8 agosto 1985, n. 431), un'erosione dal 1985 ad oggi di ben 160 km di litorale; in 8 regioni italiane tra Adriatico e Tirreno, ben 1800 km di coste sono state trasformate dall'urbanizzazione. Si tratta di oltre il 55 per cento delle coste analizzate;
    pur essendoci una buona copertura della pianificazione locale sul territorio nazionale, la stessa pianificazione non riesce a fornire le necessarie garanzie per la protezione e la sicurezza del territorio; essendoci diversi strumenti di piano con diverse finalità, innescando dei paradossali conflitti che non permettono un'efficace ed incisiva operazione di mitigazione sul territorio. La pianificazione presuppone una capacità di conoscenza estremamente dettagliata. Nonostante lavorino sul territorio molte strutture tecniche, si evidenzia una mancanza di coordinamento ed un progressivo impoverimento delle competenze tecniche, con la conseguenza di una scarsa capacità di analisi e conseguentemente una poca efficacia sull'individuazione degli interventi da applicare;
    è assolutamente necessario applicare interventi riguardo: la semplificazione normativa per il governo e la manutenzione del territorio, il reperimento e la continuità delle risorse economiche e un nuovo approccio tecnico-scientifico al problema, adeguato alle novità e ai cambiamenti in atto;
    è opportuno ricordare che in diverse occasioni, purtroppo tragiche, un esempio fra tutti; l'alluvione del 1o ottobre 2009 oltre 50 geologi siciliani, coordinati dall'ordine regionale, hanno prontamente collaborato alle attività emergenziali, partecipando su base volontaria e senza interesse alcuno, svolgendo per due mesi un impagabile lavoro sul territorio, con turni di circa 8-9 ore, e contribuendo, con l'attività di presidio territoriale, a dare sicurezza e conforto alle popolazioni traumatizzate dalla sciagura. Contestualmente altri geologi volontari, insieme ad ingegneri ed architetti, hanno svolto con professionalità ed abnegazione le operazioni di censimento danni agli immobili colpiti dall'alluvione, con sopralluoghi sistematici nei villaggi di Giampilieri, Molino, Altolia, Briga superiore e Pezzolo del comune di Messina e nel comune di Scaletta, al fine di valutare l'agibilità delle strutture edilizie a seguito dell'evento alluvionale. Per evidenziare il ruolo sociale che il geologo sente ed ha nei confronti del territorio;
    attraverso l'articolo 10 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 si interviene in materia di protezione civile e di sicurezza del territorio,

impegna il Governo

   compatibilmente con le risorse finanziarie e con i vincoli di bilancio, a porre in essere tutti gli atti necessari per:
    a) favorire l'implementazione nelle pubbliche amministrazioni della presenza della figura tecnica del geologo, riconoscendone la peculiare specialistica professionalità, assolutamente indispensabile visto le condizioni in cui verte il nostro territorio;
    b) porre in essere un adeguamento normativo al fine di aggiornare i Piani stralcio per l'assetto idrogeologico anche con la valutazione del rischio per le «colate rapide» e della suscettività al rischio frana, secondo un approccio multi-rischio;
    c) istituire, di concerto con la protezione civile, il Servizio geologico territoriale e la figura del «geologo di zona», anche attraverso forme di convenzione con professionisti, che possa assolvere alle attività di controllo, monitoraggio, rilevazione e presidio del territorio, cui potrebbe essere affidata la gestione del «vincolo idrogeologico»;
    d) snellire ed accorpare le competenze, attualmente imbrigliata in una infinità di enti, che spesso si ostacolano fra di loro, non essendo chiaro chi deve intervenire e fin dove intervenire, creando rallentamenti che impediscono un normale ed ordinario intervento;
    e) porre l'attenzione alle professionalità presenti nella pubblica amministrazione ai vari livelli dove la geologia è davvero scarsamente rappresentata;
    f) definire con maggiore chiarezza il ruolo, le competenze e la composizione delle Autorità di Bacino distrettuali, avviando urgentemente la loro costituzione, dotandole di adeguate risorse umane (in primis contemplando la figura del geologo) e finanziarie, valutando anche l'opportunità di procedere ad una revisione del perimetro dei distretti sulla base di criteri maggiormente razionali. A tale riguardo potrà farsi riferimento alle proposte in tal senso formulate dalla relazione «De Marchi» (1970) o alle tradizionali perimetrazioni dei compartimenti dell'ex Servizio Idrografico Nazionale, definendo preliminarmente la questione delle Autorità di Bacino regionali e interregionali.
9/1540-A/41Moscatt, Capozzolo.


   La Camera,
   premesso che:
    la comunità italiana che vive quotidianamente in condizioni di rischio chiede di affrontare un problema che non è più rimandabile e che si ripresenta, ormai di frequente, in ogni parte d'Italia. Dobbiamo infatti ricordare che la gestione del territorio non è un costo ma un volano per l'economia oltre che indicativo del grado di civiltà di una nazione;
    nel secolo XXI la geologia può, e deve, essere chiamata a mettere a disposizione quei contributi che la stessa società chiede in relazione ad una visione organica ed integrata del territorio e della sua gestione;
    vivere in un territorio sicuro è un diritto fondamentale di tutti i cittadini. Ciononostante negli ultimi anni abbiamo assistito, praticamente impotenti, al ripetersi di grandi sciagure con danni materiali e morti che rimangono all'attenzione della pubblica opinione giusto lo spazio di un mattino per fare analisi superficiali o per prendere impegni disattesi però dal giorno dopo;
    l'esperienza indica che le aree ad elevata criticità idrogeologica sono il 10 per cento della superficie italiana e coinvolgono l'89 per cento dei comuni mentre le persone esposte ad un elevato rischio idrogeologico sono almeno 6 milioni e gli edifici a rischio sono circa 1,2 milioni. Le aree ad elevato rischio sismico sono ben oltre il 50 per cento del territorio nazionale e interessano il 36 per cento dei comuni; le persone esposte ad un elevato .rischio sismico sono 22 milioni e gli edifici a rischio sono 5,5 milioni, fra i quali ovviamente scuole ed ospedali;
    per questi motivi si ritiene che la figura del geologo rivesta un ruolo di vitale importanza per dare concreta attuazione ad un ampio ed organico programma di prevenzione volto alla messa in sicurezza del nostro territorio nei confronti dei fenomeni naturali calamitosi;
    secondo dati del Ministero dell'Ambiente, sono 6.633 (82 per cento) i comuni in pericolo per il dissesto idrogeologico ed interessano 2.951.700 ettari (9,8 per cento del territorio nazionale); oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti. Negli ultimi 80 anni si sono verificati circa 5.400 alluvioni e 11.000 frane;
    come risulta dalla serie storica degli eventi climatici estremi, a partire dagli anni ottanta l'Italia subisce. danni sempre più rilevanti, che costano mediamente 3,5 miliardi l'anno con effetti significativi per l'economia nazionale;
    dai dati del catalogo storico degli eventi geo-idrologici di oltre un millennio, realizzato dal Dipartimento della protezione civile e dall'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR, risultano 1.676 frane avvenute fra 1'843 e il 2012, che hanno causato oltre 17.500 tra morti, feriti e dispersi in almeno 1.450 località e 1.346 inondazioni verificatesi fra il 589 e il 2012, con più di 42.000 vittime e 1.040 località. Fra il 1960 e il 2012, periodo per il quale il catalogo è sostanzialmente completo, tutte le 20 regioni italiane hanno subito eventi fatali: 541 inondazioni in 451 località di 388 Comuni che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 Comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell'evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti);
    in Italia per oltre 50 anni sono stati consumati in media 7 mq al secondo di suolo, mentre oggi se ne consumano addirittura 8 mq al secondo evidenziando la drammatica situazione morfologica dei nostri territori. Ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una superficie pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e di Firenze, Le nostre superfici boscate sono sempre minacciate dagli incendi, il 72 per cento dei quali risulta essere di natura dolosa, il 14 per cento di natura colposa e il restante 14 per cento di natura dubbia. In aggiunta a tali informazioni, di natura assolutamente drammatica, ci sono le coste, che hanno subito attraverso una urbanizzazione sfrenata (non rispettando i vincoli imposti della cosiddetta «Legge Galasso» legge 8 agosto 1985, n. 431), un'erosione dal 1985 ad oggi di ben 160 km di litorale; in 8 regioni italiane tra Adriatico e Tirreno, ben 1800 km di coste sono state trasformate dall'urbanizzazione. Si tratta di oltre il 55 per cento delle coste analizzate;
    pur essendoci una buona copertura della pianificazione locale sul territorio nazionale, la stessa pianificazione non riesce a fornire le necessarie garanzie per la protezione e la sicurezza del territorio; essendoci diversi strumenti di piano con diverse finalità, innescando dei paradossali conflitti che non permettono un'efficace ed incisiva operazione di mitigazione sul territorio. La pianificazione presuppone una capacità di conoscenza estremamente dettagliata. Nonostante lavorino sul territorio molte strutture tecniche, si evidenzia una mancanza di coordinamento ed un progressivo impoverimento delle competenze tecniche, con la conseguenza di una scarsa capacità di analisi e conseguentemente una poca efficacia sull'individuazione degli interventi da applicare;
    è assolutamente necessario applicare interventi riguardo: la semplificazione normativa per il governo e la manutenzione del territorio, il reperimento e la continuità delle risorse economiche e un nuovo approccio tecnico-scientifico al problema, adeguato alle novità e ai cambiamenti in atto;
    è opportuno ricordare che in diverse occasioni, purtroppo tragiche, un esempio fra tutti; l'alluvione del 1o ottobre 2009 oltre 50 geologi siciliani, coordinati dall'ordine regionale, hanno prontamente collaborato alle attività emergenziali, partecipando su base volontaria e senza interesse alcuno, svolgendo per due mesi un impagabile lavoro sul territorio, con turni di circa 8-9 ore, e contribuendo, con l'attività di presidio territoriale, a dare sicurezza e conforto alle popolazioni traumatizzate dalla sciagura. Contestualmente altri geologi volontari, insieme ad ingegneri ed architetti, hanno svolto con professionalità ed abnegazione le operazioni di censimento danni agli immobili colpiti dall'alluvione, con sopralluoghi sistematici nei villaggi di Giampilieri, Molino, Altolia, Briga superiore e Pezzolo del comune di Messina e nel comune di Scaletta, al fine di valutare l'agibilità delle strutture edilizie a seguito dell'evento alluvionale. Per evidenziare il ruolo sociale che il geologo sente ed ha nei confronti del territorio;
    attraverso l'articolo 10 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 si interviene in materia di protezione civile e di sicurezza del territorio,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità, compatibilmente con le risorse finanziarie e con i vincoli di bilancio, a porre in essere tutti gli atti necessari per:
    a) favorire l'implementazione nelle pubbliche amministrazioni della presenza della figura tecnica del geologo, riconoscendone la peculiare specialistica professionalità, assolutamente indispensabile visto le condizioni in cui verte il nostro territorio;
    b) porre in essere un adeguamento normativo al fine di aggiornare i Piani stralcio per l'assetto idrogeologico anche con la valutazione del rischio per le «colate rapide» e della suscettività al rischio frana, secondo un approccio multi-rischio;
    c) istituire, di concerto con la protezione civile, il Servizio geologico territoriale e la figura del «geologo di zona», anche attraverso forme di convenzione con professionisti, che possa assolvere alle attività di controllo, monitoraggio, rilevazione e presidio del territorio, cui potrebbe essere affidata la gestione del «vincolo idrogeologico»;
    d) snellire ed accorpare le competenze, attualmente imbrigliata in una infinità di enti, che spesso si ostacolano fra di loro, non essendo chiaro chi deve intervenire e fin dove intervenire, creando rallentamenti che impediscono un normale ed ordinario intervento;
    e) porre l'attenzione alle professionalità presenti nella pubblica amministrazione ai vari livelli dove la geologia è davvero scarsamente rappresentata;
    f) definire con maggiore chiarezza il ruolo, le competenze e la composizione delle Autorità di Bacino distrettuali, avviando urgentemente la loro costituzione, dotandole di adeguate risorse umane (in primis contemplando la figura del geologo) e finanziarie, valutando anche l'opportunità di procedere ad una revisione del perimetro dei distretti sulla base di criteri maggiormente razionali. A tale riguardo potrà farsi riferimento alle proposte in tal senso formulate dalla relazione «De Marchi» (1970) o alle tradizionali perimetrazioni dei compartimenti dell'ex Servizio Idrografico Nazionale, definendo preliminarmente la questione delle Autorità di Bacino regionali e interregionali.
9/1540-A/41. (Testo modificato nel corso della seduta)  Moscatt, Capozzolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende dare applicazione alle linee guida previste dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con legge 27 giugno 2013, n. 77;
    la violenza sulle donne, come riconosciuto dalla stessa Convenzione, trova terreno fertile e nutrimento a livello culturale anche dalla veicolazione di un'immagine distorta che ne viene data a livello mediatico e comunicativo;
    appare, dunque, con ogni evidenza un punto di snodo imprescindibile per un corretto e, speriamo, migliore sviluppo della nostra società quello di valorizzare le presenze femminili a tutti i livelli: strategico ci appare, dunque, lo scenario pubblico, in tutte le sue varie declinazioni, iniziando da quello che è diventato uno dei veri cardini del dibattito politico, e cioè il mondo dei mass-media, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto della rappresentazione dell'immagine della donna in seguito all'intenso lavoro svolto dalle Commissioni è stato inserito nel decreto, all'articolo 5, un impegno alla sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile anche attraverso l'adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli operatori medesimi;
    si tratta di un ottimo risultato che rappresenta un punto di partenza importante al fine di contrastare il progressivo affermarsi di una sub-cultura, che ha al centro una distorta rappresentazione e visione della figura femminile, si può certamente, come detto, considerare come una concausa del dilagare di varie forme di violenza nei confronti delle donne da parte di uomini di tutte le età, non da ultimo da parte di minorenni in età pre-adolescenziale,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, a promuovere ogni azione necessaria, in ogni ambito interessato, atta a contrastare una rappresentazione delle donne nella società italiana largamente non rispondente alla realtà e dei modelli effimeri e distorti proposti ai giovani.
9/1540-A/42Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    la riformulazione inserita all'articolo 1-bis dell'articolo di conversione del decreto-legge conferma il termine dell'operatività dei commissari fino al 31 dicembre 2013 e mette in sicurezza i provvedimenti di scioglimento delle province e i conseguenti atti di nomina dei commissari, nonché gli atti da questi adottati nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché la stessa proroga dei commissariamenti;
    il Parlamento e il Governo si sono più volte impegnati con dichiarazioni pubbliche ad abolire le province quali inutili e dispendiosi centri di sottopotere che alimentano le mille ragnatele della vecchia politica frenando qualsiasi speranza di cambiamento e di sviluppo dell'Italia;
    l'impegno del governo Monti in materia di spending review e semplificazione dell'apparato amministrativo-burocratico dello Stato è stato molto chiaro e netto e la sua azione riformatrice non può essere ostacolata né rallentata con resistenze e ambigue vischiosità di stampo conservatore incomprensibili agli occhi dell'opinione pubblica;
    in Sardegna, nel maggio 2012, 525 mila sardi si sono espressi con un referendum plebiscitario per l'abolizione delle province; proprio in questi giorni è stata trasmessa al Parlamento, per la prescritta approvazione in doppia lettura, la proposta di modifica dello Statuto regionale sardo che prevede la cancellazione della suddivisione in province del territorio della Regione autonoma della Sardegna; è del tutto auspicabile che tale proposta di modifica, approvata dal Consiglio regionale sardo sia immediatamente calendarizzata e approvata dal Parlamento;
    fermo restando l'impegno del Parlamento ad esaminare celermente l'Atto Camera 1542, recante disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni, così da anticipare il disegno di abolire le province e semplificare l'amministrazione dello Stato negli enti locali, escludendo qualsiasi rischio di svolgimento di elezioni provinciali nella prossima tornata elettorale,

impegna il Governo

a prevedere, con la legge di stabilità, un'ulteriore proroga dei commissariamenti delle province oltre il termine del 31 dicembre 2013 e fino al 30 giugno 2014.
9/1540-A/43Vargiu, Caruso, Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino, Matarrese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto-legge, nella sua stesura originaria, disponeva la salvezza, rispettivamente, dei provvedimenti di scioglimento delle province e dei conseguenti atti di nomina dei commissari nonché degli atti da questi posti in essere, nonché la proroga dei commissariamenti fino al 31 dicembre 2013;
    la soppressione del citato articolo, nel corso dell'esame presso le commissioni referenti I e II, trae origine dai contenuti della sentenza della Corte Costituzionale 3 luglio 2013, n. 220, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del comma 20 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011 e dei commi 4, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20-bis dello stesso articolo del decreto-legge n. 201 del 2011, nonché degli articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 95 del 2012;
    la citata sentenza 220/2013 fonda la pronuncia di illegittimità sulla considerazione che lo strumento del decreto-legge, configurato dall'articolo 77 della Costituzione come «atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza», non è «utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate»;
    la riformulazione inserita all'articolo 1-bis dell'articolo di conversione del decreto-legge non modifica la situazione di fatto, considerato che l'operatività dei commissari è già prorogata dalla legge di stabilità fino al 31 dicembre 2013 e la previsione contenuta fa salvi gli effetti degli atti compiuti, senza la quale si determinerebbe una situazione ingovernabile;
    fermo restando l'impegno del Parlamento ad esaminare celermente 1'Atto Camera 1542, recante disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni, così da anticipare il disegno di dar vita a un ente di area vasta, i cui organi siano espressione diretta dei sindaci, dotato di poche ma essenziali funzioni di coordinamento e di indirizzo,

impegna il Governo

a prevedere, con la legge di stabilità, un'ulteriore proroga dei commissariamenti delle province oltre il termine del 31 dicembre 2013 e fino al 30 giugno 2014, considerata la problematicità di intervenire in questa materia con decreto-legge o in sede di conversione di decreto-legge.
9/1540-A/44Balduzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il protrarsi dell'attuale grave congiuntura e le conseguenti forti tensioni sul sistema economico produttivo, tanto a livello globale quanto a livello locale, hanno inevitabilmente inciso anche sui bilanci delle istituzioni territoriali;
    tali bilanci erano già stati fortemente compressi a seguito dell'adozione da parte del Governo di una serie di misure economiche impattanti sulle risorse degli enti locali, in particolar modo delle province, cui sono stati tagliati, tra il 2011 e il 2013, oltre 2 miliardi di euro nello sforzo di contenimento della spesa corrente e di riduzione del deficit pubblico;
    tuttavia, i tagli progressivamente operati negli ultimi due anni hanno inciso in maniera drastica proprio sui servizi e hanno sostanzialmente vanificato tutti gli sforzi profusi da alcune province, come quella di Brindisi, volti a rimodulare il livello delle spese in considerazione sia delle minori risorse disponibili, sia della massimizzazione delle entrate;
    in particolare, nella provincia di Brindisi i tagli hanno determinato gravi difficoltà. Le spettanze, per esempio, sono passate da circa 12.000.000 nel 2010 a poco più di 600.000 nel 2013;
    ciò in futuro non potrà che generare l'impossibilità di onorare i contratti in essere con l'unica società in-house della provincia, con gravi riflessi anche sotto l'aspetto occupazionale;
    proprio a causa della scarsità di risorse, nei giorni scorsi è stato aperto il confronto con i sindacati e la società per valutare possibili percorsi che, nella migliore delle ipotesi, condurrebbero comunque a pesanti riduzioni nei servizi, a discapito della collettività, e potrebbero incidere sul livello occupazionale di circa 150 lavoratori;
    nelle more dell'approvazione del disegno di legge costituzionale che prevede la soppressione delle province, queste continuano comunque ad operare quali enti territoriali intermedi e debbono necessariamente far fronte alle richieste dei cittadini, che legittimamente chiedono servizi efficienti ed efficaci,

impegna il Governo

nelle more dell'approvazione del disegno di legge costituzionale che prevede la soppressione delle province, ad adottare ogni iniziativa utile volta a tutelare i rischi occupazionali di chi lavora nelle società in-house di questi enti e ad assicurare i livelli essenziali delle prestazioni che ancora competono agli stessi.
9/1540-A/45Mariano.


   La Camera,
   premesso che:
    la mozione Speranza ed altri n. 1-00067, approvata all'unanimità dalla Camera nella seduta del 4 giugno 2013, ha impegnato il Governo ad adottare un'ampia di gamma di interventi, tra loro necessariamente coordinati, per il contrasto della violenza contro le donne;
    il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza per il contrasto della violenza di genere, con la finalità di inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica;
    si è ritenuto affiancare con urgenza ai predetti interventi misure di carattere preventivo da realizzare mediante la predisposizione di un piano di azione «straordinario» contro la violenza sessuale e di genere, che contenga azioni strutturate condivise, in ambito sociale, educativo, formativo e informativo per garantire una maggiore e piena tutela alle vittime;
    la piena realizzazione delle predette azioni strutturate presuppone una prospettiva temporale di medio-lungo periodo, come del resto richiesto dalla Convenzione di Istanbul, che si riferisce all'adozione di «politiche nazionali efficaci, globali e coordinate» (articolo 7) e richiede lo stanziamento di risorse finanziarie e umane adeguate (articolo 8);
    la «straordinarietà» del Piano – reintrodotta nel testo a seguito dell'approvazione di una condizione della Commissione Bilancio – deve pertanto intendersi riferita esclusivamente al carattere annuale del finanziamento previsto dall'articolo 5, comma 4;
    interventi di carattere strutturale sono comunque consentiti in considerazione della natura permanente del finanziamento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, annualmente determinato dalla legge di stabilità tabella C), nonché in virtù del carattere ugualmente permanente del finanziamento per il sostegno ai centri antiviolenza e alle case rifugio, di cui all'articolo 5-bis,

impegna il Governo:

   ad adottare una prospettiva globale, integrata e pluriennale, nell'adozione del piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere, che richiede una pluralità di interventi coordinati in ambito sociale, educativo, formativo e informativo, con carattere di stabilità e continuità;
   a reperire, nell'ambito del disegno di legge di stabilità per il 2014, e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, le risorse necessarie ad assicurare la necessaria continuità del finanziamento del piano di azione, come richiesto dall'articolo 8 della Convenzione di Istanbul.
9/1540-A/46Roberta Agostini, Fabbri, Giuliani, Rossomando, Locatelli, Bindi, Mariani, D'Ottavio, Lenzi, Cinzia Maria Fontana, Centemero, Pollastrini, Scuvera, Maestri, Bellanova, Cuperlo, Rosato, Incerti, Epifani, Speranza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del presente provvedimento poteva essere l'occasione per cominciare a introdurre programmi di giustizia riparativa nell'ambito della violenza domestica o di genere nel rispetto dei principi enunciati nella raccomandazione R(99) 19 del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa relativa alla mediazione in materia penale;
    i medesimi principi sono contenuti nella risoluzione 12/2002 del Consiglio economico e sociale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite recante i Basic Principles on the use of restorative justice programmes in criminal matters e con l'osservanza delle garanzie di cui all'articolo 12 della direttiva 2012/29/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI;
    la disponibilità di programmi di giustizia riparativa, condotti da esperti particolarmente qualificati, può sia assicurare la massima cautela nella protezione delle vittime, sia lavorare sulla relazione tra reo e offeso, in vista della prevenzione di future condotte lesive o l'escalation di quelle in essere, sia agevolare condotte riparatorie mediante il coinvolgimento di enti esponenziali degli interessi diffusi lesi dal reato;
    pur presentando un necessario carattere di generalità e pur comprendendo gli argomenti relativi all'inopportunità di anticiparle con riferimento a singoli reati, le misure alternative hanno un grande significato proprio sulle violenze domestiche e di genere e potrebbero rappresentare un passaggio fondamentale per modifiche più ampie,

impegna il Governo

a presentare entro la fine del corrente anno un disegno di legge concernente gli istituti di giustizia riparativa e le altre misure alternative alla detenzione.
9/1540-A/47Piepoli, Balduzzi, Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del presente provvedimento poteva essere l'occasione per cominciare a introdurre programmi di giustizia riparativa nell'ambito della violenza domestica o di genere nel rispetto dei principi enunciati nella raccomandazione R(99) 19 del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa relativa alla mediazione in materia penale;
    i medesimi principi sono contenuti nella risoluzione 12/2002 del Consiglio economico e sociale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite recante i Basic Principles on the use of restorative justice programmes in criminal matters e con l'osservanza delle garanzie di cui all'articolo 12 della direttiva 2012/29/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI;
    la disponibilità di programmi di giustizia riparativa, condotti da esperti particolarmente qualificati, può sia assicurare la massima cautela nella protezione delle vittime, sia lavorare sulla relazione tra reo e offeso, in vista della prevenzione di future condotte lesive o l'escalation di quelle in essere, sia agevolare condotte riparatorie mediante il coinvolgimento di enti esponenziali degli interessi diffusi lesi dal reato;
    pur presentando un necessario carattere di generalità e pur comprendendo gli argomenti relativi all'inopportunità di anticiparle con riferimento a singoli reati, le misure alternative hanno un grande significato proprio sulle violenze domestiche e di genere e potrebbero rappresentare un passaggio fondamentale per modifiche più ampie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di presentare un disegno di legge concernente gli istituti di giustizia riparativa e le altre misure alternative alla detenzione.
9/1540-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta)  Piepoli, Balduzzi, Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede una serie di misure volte all'aggiornamento e alla rimodulazione degli strumenti preventivi e di repressione di alcuni fenomeni criminosi primo fra tutti la violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale;
    l'Organizzazione mondiale della Sanità definisce la violenza contro le donne come l'uso intenzionale della forza fisica o del potere, o della minaccia di tale uso, rivolto contro se stessi, contro un'altra persona che produca o sia molto probabile che possa produrre lesioni fisiche, morte, danni psicologici;
    i suddetti dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità indicano che oltre 1 donna su 3 è vittima di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o di sconosciuti; il 38 per cento dei femminicidi avviene per mano del proprio compagno; gli abusi fisici sono accompagnati da patologie del sistema riproduttivo; le donne che subiscono violenza sono una volta e mezzo più a rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, tra le donne vittime di violenza domestica aumentano i comportamenti a rischio e raddoppia il rischio di depressione;
    la maggior parte dei dati disponibili sulla violenza in gravidanza provengono dagli USA dove già da tempo esiste un'attenta sorveglianza sui danni a breve, medio e lungo termine sulla salute fisica, mentale, sessuale delle donne e sui figli;
    i danni sulla salute fisica e psichica che la violenza determina sono prevenibili se si attivano risorse e soluzioni innovative in grado di fermare questo fenomeno;
    anche in ambito sanitario è necessario prevedere l'intervento di professionalità differenti, che garantiscano un intervento anche psicologico e sociale, spesso di lungo periodo,

impegna il Governo:

   ad adottare urgentemente le linee guida indicate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, investendo sulla prevenzione affinché il Servizio sanitario nazionale possa offrire una migliore assistenza alle donne vittime di violenza;
   a proporre alla Conferenza Stato-regioni:
    a) l'adozione di linee guida che prevedano lo sviluppo di servizi idonei all'assistenza alle vittime di violenza sessuale e domestica;
    b) nuove procedure presso i pronto soccorso ospedalieri definendo modalità di assegnazione del triage che consenta una presa in carico delle vittime con tempi di attesa ridotta, con modalità specifiche che salvaguardino e proteggano la persona vittima di violenza in collaborazione con i dipartimenti di ginecologia nonché ad assicurare collaborazione con i servizi sociali comunali;
    c) la predisposizione di tutte le misure necessarie affinché i medici di medicina generale siano uno degli interlocutori qualificati alla presa in carico delle persone vittime di violenza capaci di fornire tutti gli strumenti informativi necessari.
9/1540-A/48Lenzi, Iori.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede l'adozione da parte del Ministro delegato per le pari opportunità di un Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;
    il Piano straordinario persegue le finalità di prevenzione del fenomeno della violenza alle donne mediante una pluralità di azioni in diversi ambiti: campagne di pubblica informazione e sensibilizzazione, promozione in ambito scolastico delle corrette relazioni tra i sessi nonché di tematiche anti-violenza e antidiscriminazione negli stessi libri di testo; potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza e protezione delle vittime di violenza di genere e di stalking, formazione specializzata degli operatori, collaborazione tra istituzioni, raccolta ed elaborazione dei dati, previsione di specifiche azioni positive, configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra i diversi livelli di governo sul territorio;
    nell'ambito delle suddette finalità, è di fondamentale importanza garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking;
    si tratta di varie figure professionali, molto diverse tra loro, ma che hanno lo stesso obiettivo di offrire alle vittime il massimo sostegno; in particolare, tra le professionalità che entrano in contatto con le vittime di violenza, vi sono avvocati, magistrati e Forze dell'ordine, che, nell'ambito del proprio percorso di studi, non sempre hanno affrontato nello specifico la tematica del «contatto» con le vittime di violenza, soprattutto dal punto di vista psicologico;
    anche il Consiglio d'Europa ha tra l'altro recentemente sottolineato l'importanza di questo tipo di formazione, dichiarando che la lotta contro questo tipo di violenza, che la stessa Convenzione di Istanbul riconosce come una grave violazione dei diritti umani, passa anche attraverso misure positive quali la formazione del personale di polizia e preposto al mantenimento della sicurezza, il patrocinio legale e la protezione effettiva delle vittime e dei testimoni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito dell'attuazione delle finalità del Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, l'istituzione di specifici corsi di sostegno alle vittime di tale tipo di violenza, in particolare per avvocati, magistrati e Forze dell'ordine, anche all'interno della formazione universitaria.
9/1540-A/49Centemero.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative di competenza in materia di comportamenti violenti e discriminatori nell'ambito di manifestazioni sportive – 3-00361

   MATTEO BRAGANTINI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nella partita di calcio disputata a Torino domenica 22 settembre 2013 fra Milan e Napoli i tifosi dei due schieramenti, come accade in ogni match calcistico da sempre, hanno intonato cori campanilistici e prese in giro nei confronti degli avversari;
   per i soli cori contro Napoli e i napoletani (e non per i cori contro Balotelli), il giudice sportivo ha disposto la chiusura dello stadio San Siro ai tifosi milanisti nella prossima partita contro l'Udinese, nel rispetto della nuova normativa Uefa per combattere ogni forma di razzismo, inclusa la discriminazione territoriale;
   per quanto possa essere non condivisibile l'abitudine di intonare cori contro gli avversari durante una disputa sportiva, appare discutibile un sistema sanzionatorio che accomuna la goliardia alle discriminazioni razziali. Tanto è vero che gli stessi tifosi napoletani hanno sdrammatizzato l'episodio avvenuto, solidarizzando con i tifosi milanisti intonando cori autoironici;
   la reazione dei tifosi napoletani dimostra come alcuni comportamenti ed espressioni particolarmente «coloriti», all'interno di uno stadio, non sono giudicati offensivi, né tanto meno espressione di uno scontro sociale fra il Nord e il Sud del Paese, ma semplicemente rientrano in una tradizione «popolare» delle tifoserie;
   le sanzioni sono chiare e molto dure: settore a porte chiuse per la prima violazione, stadio chiuso per la seconda, con, in casi di particolare gravità, la partita persa e altre sanzioni accessorie. In caso di ulteriore recidiva «si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro,» la sanzione della perdita della gara, ulteriori porte chiuse di una o più gare, penalizzazione di uno o più punti in classifica, fino addirittura all'esclusione dal campionato;
   la situazione sopra descritta comporta anche significative conseguenze per l'ordine pubblico –:
   al netto della competenza del Coni e della Federazione per quanto riguarda la giustizia sportiva in merito a quanto accaduto in campo, se non ritenga, al fine di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in occasione di incontri sportivi, di valutare l'opportunità di mettere a punto a livello normativo, di concerto con il Ministero dell'interno, linee guida capaci di consentire una netta distinzione fra i comportamenti, dentro e fuori dai campi di gioco, oggettivamente violenti e discriminatori da quelli che possono essere attribuibili a manifestazioni campanilistiche, che da sempre appartengono alla tradizione popolare, evitando in questo modo di drammatizzare questi fenomeni come veri e propri scontri sociali fra il Nord e il Sud del Paese. (3-00361)
(8 ottobre 2013)


Iniziative volte a superare trattamenti discriminatori in materia pensionistica – 3-00362

   SBERNA, GIGLI e BINETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un periodo storico di grave difficoltà sono state approvate norme che hanno modificato radicalmente il sistema pensionistico, recando – a parere degli interroganti – discriminazioni che violano il principio di equità di trattamento tra donna e uomo, tra sano e malato, tra pubblico e privato e a discapito di alcune categorie, già sufficientemente svantaggiate;
   si tratta di norme che penalizzano i cosiddetti lavoratori precoci che possono andare in pensione anticipata, ma che vedono allontanarsi il pensionamento a causa dell'aumento del numero massimo di contributi richiesti in corrispondenza dell'aumento della speranza di vita;
   nello specifico, in base all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, se il pensionamento anticipato avviene prima del compimento dei 62 anni di età è applicata, sulla quota di trattamento di pensione relativa all'anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 2011, una riduzione dell'1 per cento per i primi due anni mancanti al raggiungimento dei 62 anni ed elevata al 2 per cento per gli ulteriori anni mancanti alla suddetta età, a partire dalla data del pensionamento;
   paradossalmente, questa situazione si è aggravata con l'introduzione di una deroga alla penalità, deroga che vale per chi raggiunge i requisiti entro il 2017 senza avere i 62 anni di età. Infatti, l'articolo 6, comma 2-quater del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012, ha disposto che la sopraddetta riduzione non trova applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la contribuzione ivi prevista derivi esclusivamente da «prestazione effettiva di lavoro», escludendo in tal modo: l'astensione facoltativa per maternità; i periodi di mobilità, di cassa integrazione straordinaria o in deroga, di disoccupazione; i permessi ex lege n. 104 del 1992; l'astensione dal lavoro per donazione di sangue e di emocomponenti; le giornate di sciopero; le aspettative senza assegni a qualsiasi titolo;
   escludendo, dunque, dal computo la contribuzione figurativa, si sono aperte evidenti contraddizioni. Per coloro che potranno andare in pensione entro il 2017, le nuove regole dettate dalla riforma prevedono che chi ha usufruito di periodi di maternità facoltativa, di permessi della legge n. 104 del 1992, di periodi di disoccupazione o cassa integrazione straordinaria o in deroga o ha fatto scioperi e goduto di permessi sindacali, se non vuole subire una penalizzazione, deve allungare del corrispondente periodo «perduto» l'attività lavorativa. Perfino le maggiorazioni per invalidità superiore al 75 per cento, non verrebbero considerate utili per evitare le penalizzazioni;
   con queste nuove disposizioni, vengono meno le misure a favore di maternità e lavoro, realtà non sempre conciliabili: lo dimostrano le statistiche, con un abbandono del lavoro femminile al primo figlio che aumenta a dismisura al secondo, in assenza di risorse interne familiari. A parere degli interroganti, con il prolungamento dell'età pensionabile, sarebbe stato opportuno prevedere nuovi strumenti di welfare, sostitutivi del lavoro parentale, come accade in altri Paesi europei;
   inoltre, la legge n. 104 del 1992, istituita per assicurare una corretta tutela ai cittadini portatori di disabilità, prevede alcuni permessi lavorativi, definiti nelle modalità e nei tempi, per il disabile stesso o per il familiare che garantisce assistenza e sostegno. La riforma prevede, limitatamente ai lavoratori del pubblico impiego, il recupero dei permessi usufruiti, introducendo una grave discriminazione fra pubblico e privato;
   in sintesi, vengono escluse, da un adeguato computo dei contributi pensionistici, categorie già sufficientemente vessate dalla crisi e che, contrariamente a quanto avviene, dovrebbero poter contare sul supporto della società;
   in un momento di grave crisi occupazionale, con percentuali di disoccupazione giovanile preoccupanti, è davvero di difficile lettura strategica la scelta di chiedere un prolungamento della permanenza in servizio a lavoratori che già hanno subito – non per loro volontà – situazioni di lavoro insicuro –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a superare le discriminazioni oggi esistenti in materia di trattamento pensionistico. (3-00362)
(8 ottobre 2013)


Iniziative in merito alle proposte per il contrasto alla povertà elaborate dal gruppo di studio istituito con Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 13 giugno 2013 – 3-00363

   LENZI, GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, BELLANOVA, BOCCUZZI, CASELLATO, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MADIA, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SIMONI, ZAPPULLA, AMATO, ARGENTIN, BENI, BIONDELLI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, IORI, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, SCUVERA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   mercoledì 18 settembre 2013 è stata presentata a Roma, nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica, la relazione finale «Proposte per nuove misure di contrasto alla povertà», elaborata dal gruppo di studio appositamente istituito con Decreto del Ministro interrogato il 13 giugno 2013;
   obiettivo della relazione, illustrata dal professor Paolo Bosi dell'Università di Modena e Reggio Emilia e dal professor Ugo Trivellato dell'Università di Padova, componenti del gruppo di lavoro, è quello di descrivere una nuova misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta e all'esclusione sociale, il «sostegno per l'inclusione attiva (sia)», che ancora non esiste nel sistema italiano e che rappresenta l'evoluzione naturale delle sperimentazioni già avviate con la carta acquisti;
   nonostante già dal 2008 la Commissione europea abbia emanato una raccomandazione a tutti i Paesi per l'adozione di una strategia d'inclusione attiva, articolata sui tre pilastri del sostegno economico, di mercati del lavoro inclusivi e di servizi personalizzati, e, in particolare, nonostante l'Italia sia stata anche oggetto di una raccomandazione specifica nell'ambito della Strategia Europa 2020, nella quale sia la Commissione europea che il Consiglio europeo hanno chiesto maggiori sforzi nella lotta alla povertà, pur nel contesto di rigore tuttora richiesto al nostro Paese, l'Italia è l'unico grande Paese europeo a non avere ancora una misura di questo tipo (tra i «Vecchi Quindici», solo la Grecia è nella condizione dell'Italia);
   fino ad oggi vi sono state sperimentazioni in poche regioni ed è operativa solo qualche misura locale (Valle d'Aosta, province di Bolzano e Trento; alcuni comuni, soprattutto nel Centro-Nord), ma nulla di significativo a livello nazionale;
   secondo la relazione illustrativa il sostegno per l'inclusione attiva si caratterizza: per l'universalità (non è cioè destinato solo ad alcune categorie, come l'assegno sociale o la pensione di invalidità civile, ma a tutti i poveri); per l'erogazione non solo di una semplice elargizione monetaria, ma per il collegamento di questa ad un percorso di inclusione e attivazione dei componenti del nucleo familiare; per la sua disponibilità a tutti i residenti legalmente in Italia da almeno due anni;
   nella relazione illustrativa si dedica ampio spazio anche alla fase attuativa, individuando nell'Inps il soggetto che verifica la prova dei mezzi, attraverso la dichiarazione isee, ed eroga il trasferimento, mentre i servizi sociali dei comuni dovrebbero prendere in carico le famiglie e stipulare con esse un progetto di inclusione e attivazione, fino alla verifica del suo rispetto –:
   quali siano attualmente le iniziative governative volte alla concreta realizzazione della misura in oggetto, anche tenendo in considerazione gli effetti finanziari stimati e la necessità di una sua attuazione progressiva e sperimentale.
(3-00363)
(8 ottobre 2013)


Chiarimenti in relazione ad un documento del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti relativo all'acquisizione da parte dell'Italia di aerei F-35 – 3-00365

   MARCON, MIGLIORE, DURANTI, PIRAS, FAVA, SCOTTO e PELLEGRINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Camera dei deputati, in data 26 giugno 2013, e il Senato della Repubblica, in data 16 luglio 2013, hanno approvato mozioni aventi per oggetto anche la partecipazione italiana al programma di produzione Joint Strike Fighter per l'acquisizione del cacciabombardiere F-35;
   nelle mozioni 1-00125 della Camera dei deputati e 1-00107 del Senato della Repubblica, relativamente al programma F-35, si impegnava il Governo: «a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244»;
   nell'audizione tenuta il 1o ottobre 2013, presso la Commissione difesa della Camera dei deputati, nell'ambito della «Indagine conoscitiva sui sistemi d'arma», auspicata dalle stesse mozioni, la Rete per il disarmo e la campagna «Sbilanciamoci» hanno portato a conoscenza dei deputati un documento del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti in cui si rende noto l'impegno contrattuale, datato 27 settembre 2013, con la capocommessa del progetto Lockheed Martin per l'acquisizione da parte dell'Italia di ulteriori 3 aerei F-35 (appartenenti al lotto VII il cui «buy year» cade nel 2013) e il completamento formale, prima non ancora firmato, dell'acquisto di 3 aerei appartenenti al lotto VI –:
   se il Ministro interrogato non intenda rendere edotto il Parlamento circa quanto contenuto nel citato documento del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti e, in particolare, quali siano i motivi che hanno portato il Governo a non investire il Parlamento, così come disposto invece dalle mozioni approvate da entrambe le Camere. (3-00365)
(8 ottobre 2013)


Chiarimenti in merito al mancato avvio dei lavori di ristrutturazione dei raggi II, IV e VI del carcere San Vittore di Milano – 3-00366

   PESCO, TRIPIEDI, CASO, CARINELLI, MANLIO DI STEFANO, DE ROSA, BUSINAROLO, DADONE, D'AMBROSIO, CRIPPA, MICILLO, RUOCCO, CANCELLERI, PAOLO BERNINI, ALBERTI, LUIGI DI MAIO, NUTI, DIENI, COZZOLINO, PRODANI, DA VILLA, SIBILIA, DEL GROSSO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, BATTELLI, FRUSONE, RIZZO, CORDA, BASILIO, VILLAROSA, COMINARDI, COLLETTI e MUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a Milano la casa circondariale San Vittore, al civico 2 di piazza Gaetano Filangieri, costruita nella seconda metà dell'Ottocento, desta forte preoccupazione per le precarie condizioni di vivibilità;
   si fa riferimento, nello specifico, alla grave situazione di sovraffollamento che costringe i detenuti a condividere in sei persone celle adatte ad ospitare al massimo una o due persone;
   dal rapporto dell'associazione Antigone si apprende che la situazione nel settembre 2012 era la seguente:
    a) 1.595 uomini (di cui 975 stranieri, pari al 61 per cento) e 110 donne (di cui 61 straniere, pari al 55 per cento, e 8 mamme con bambini recluse all'istituto a custodia attenuata per detenute madri);
    b) posizione giuridica: tra gli uomini 643 giudicabili, 382 appellanti, 220 ricorrenti e 350 definitivi; tra le donne 41 giudicabili, 29 appellanti, 3 ricorrenti e 37 definitive. In totale la quota di detenuti in attesa di giudizio è del 78 per cento al maschile e del 66 per cento al femminile;
   in merito alle presenze, ad oggi la situazione non è migliorata e le circa 1.600 persone detenute risiedono in spazi adatti ad ospitare non più di 600-800 persone;
   l'invivibilità della struttura ed il disagio vissuto dai detenuti sono causa di drammatici atti compiuti dai detenuti stessi. A tal proposito si segnala l'ultimo suicidio che risale al febbraio 2012: la vittima è un giovane di 21 anni, accusato di reati sessuali e ricoverato da alcuni giorni al centro di osservazione neuropsichiatrica dopo essere stato recluso nel reparto «protetti». I casi precedenti risalivano al gennaio 2010 e all'agosto 2009, mentre nel gennaio 2011 si verificava un decesso per cause naturali. Sono frequenti gli episodi di autolesionismo, soprattutto tra i detenuti stranieri; nei mesi estivi, quando aumenta il disagio anche per il calo delle attività e della presenza di operatori, se ne registrano circa 8 a settimana. Numerosi anche gli scioperi della fame (in media 10 a settimana, riconducibili soprattutto all'andamento del percorso giuridico-penale degli interessati o al mancato inserimento in attività lavorative);
   le condizioni di vivibilità potrebbero essere facilmente migliorate con semplici interventi di ristrutturazione;
   nello specifico, la struttura è composta da sei raggi che confluiscono in un'unica «rotonda» ed al di fuori dell'esagono vi sono altre strutture comprendenti gli uffici, le sale colloqui, la caserma per gli agenti e la sezione femminile: il raggio è il corridoio che porta alla rotonda e alle sezioni; ai piani superiori, nella vecchia sezione penale, sono al momento ospitati i giovani adulti. Lateralmente si accede al centro clinico e al centro di osservazione neuro-psichiatrica. Il centro clinico (detto anche VII reparto) ospita mediamente 100/110 pazienti-detenuti, spesso con patologie di particolare gravità (in particolare, patologie cardiocircolatorie). Il centro di osservazione neuro-psichiatrica, con le sue otto celle da due posti ciascuna, è un'area di osservazione e trattamento psichiatrico importante per l'intero circuito penitenziario lombardo (e non solo);
   il II raggio è chiuso dal 2006 per rischio di crollo della struttura;
   il III raggio, ristrutturato a norma di regolamento (servizi interni con docce, angolo cucina separato, spazi per le attività) e non sovraffollato, ospita sui vari piani detenuti lavoranti, tossicodipendenti già in carico al servizio per le tossicodipendenze (sert) e al quarto piano «La Nave», un progetto sperimentale dell'azienda sanitaria locale della Città di Milano per detenuti tossicodipendenti a trattamento avanzato. Per i detenuti comuni, è considerato un approdo privilegiato; è qui che vengono convogliati anche i cosiddetti «detenuti eccellenti» (politici o personaggi famosi) al loro arrivo a San Vittore;
   il IV raggio è chiuso in attesa di ristrutturazione; i lavori dovrebbero partire entro il 2013;
   il V raggio è il reparto riservato ai detenuti comuni, è stato recentemente sottoposto a lavori di ammodernamento e ristrutturazione ordinaria e, quindi, offre condizioni di igiene e vivibilità migliori del VI;
   nel V raggio è ubicata anche l'infermeria;
   il VI raggio non è da anni oggetto di lavori e, pertanto, è il raggio che attualmente versa in condizioni peggiori sia per il sovraffollamento (un terzo dei detenuti totali dell'istituto è attualmente stipato in questo raggio) che per le pessime condizioni igieniche. Molte celle misurano 6/7 metri quadrati e contengono due letti a castello a tre piani, che impediscono anche l'apertura delle finestre (per cambiare aria si smontano e rimontano i vetri) e che impongono ai reclusi di stare in piedi a turno. I servizi igienici risultano inadeguati; le docce comuni sono insufficienti per garantire a tutti i detenuti l'utilizzo quotidiano e impongono, quindi, la turnazione delle docce anche nei mesi estivi. L'accesso ai piani è consentito da un'unica scala molto stretta, senza ascensore o montacarichi (tra l'altro, la scala non consente il passaggio del carrello del cibo); non ci sono spazi per la socialità. In questo raggio vengono anche ospitati i nuovi giunti in attesa di assegnazione alle celle (piano terra) e i «protetti» (secondo piano);
   gli spazi per le ore d'aria sono tutti in cemento e con scarsa protezione dal sole e dalle intemperie; fa eccezione il III raggio, dotato anche di un campo da calcetto in erba sintetica;
   per i colloqui con figli minori è presente un piccolo spazio verde attrezzato con giochi da giardino e ben curato;
   nella sezione femminile le condizioni sono meno degradate, anche se si riscontrano problemi igienici e di carenza di spazi (in particolare, gli spazi comuni per le attività);
   la criticità riferita al sovraffollamento è particolarmente grave in alcuni raggi, in particolare nel VI, inoltre il II e il IV raggio sono chiusi dal 2005 in attesa dell'avvio dei lavori di ristrutturazione;
   sempre il rapporto dell'associazione Antigone conferma che il carcere di San Vittore, che sorge in una zona centrale della città, presenta molti problemi, legati alla fatiscenza e all'inadeguatezza delle strutture. Questi problemi strutturali, uniti all'elevato valore immobiliare dell'area che occupa, costituiscono la ragione per cui periodicamente si ridiscute l'opportunità della chiusura di San Vittore e dello spostamento della casa circondariale in un'altra zona di Milano. Per questa ragione, in attesa di una decisione sulla sua eventuale delocalizzazione, negli ultimi anni erano stati interrotti i lavori di ristrutturazione che dovevano interessare a turno tutti i sei raggi detentivi del carcere, per ammodernare l'istituto e migliorarne la vivibilità interna, adeguando progressivamente la struttura alle indicazioni contenute nel regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario;
   il piano di governo del territorio recentemente varato dalla giunta Pisapia (maggio 2012) ha definitivamente sancito che San Vittore non verrà spostato e, in occasione del consiglio comunale straordinario tenutosi proprio all'interno del carcere (5 ottobre 2012) Luigi Pagano, attuale vicecapo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e già storico direttore di San Vittore e in seguito provveditore regionale, ha annunciato che il Ministero dell'interno ha sbloccato i fondi per far ripartire i lavori di ristrutturazione;
   ad oggi i lavori, che sarebbero dovuti partire nel 2013, per la riapertura del IV raggio non sono ancora iniziati, mentre per il II raggio, sgomberato d'urgenza nel 2006 perché a rischio di crollo, i tempi saranno ancora lunghi;
   il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha verificato di persona la difficile situazione e le criticità per i detenuti e i dipendenti della struttura, causate dalla fatiscenza del VI raggio e di altre parti della casa circondariale –:
   quali siano i motivi per i quali non sono ancora iniziati i lavori di ristrutturazione dei raggi II, IV e VI. (3-00366)
(8 ottobre 2013)


Iniziative volte alla revisione della normativa relativa alla nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero – 3-00367

   DI LELLO e DI GIOIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 1, comma 2, ha previsto la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione di una pluralità di uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale;
   il Governo – come si legge nella Gazzetta ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011 – ha il compito di «ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane»;
   i successivi decreti legislativi n. 155 del 2012 e n. 156 del 2012, recanti le disposizioni attuative sull'accorpamento dei tribunali, prevedono la soppressione di trentuno sedi di fori e delle relative procure della Repubblica; tra questi: Ariano Irpino, in provincia di Avellino, Sala Consilina, in provincia di Salerno, Melfi, in provincia di Potenza, Lucera, in provincia di Foggia, e Sulmona, in provincia dell'Aquila, nonché la soppressione di duecentoventi sezioni distaccate di tribunale ed infine la soppressione di seicentosessantasette sedi di giudice di pace;
   per quanto concerne la soppressione del plesso di Ariano Irpino, necessaria secondo il Governo ai fini della spending review, questa danneggia fortemente i cittadini del circondario, in quanto saranno costretti a subire l'accentramento presso la città di Avellino dei servizi giudiziari prima esplicati in sede locale; saranno particolarmente gravose le difficoltà dei cittadini che vivono nelle zone montane, costretti nei mesi invernali a raggiungere Avellino attraverso strade non sempre praticabili;
   la decisione, assunta dal precedente Governo, di un accorpamento del tribunale di Sala Consilina con quello, fuori regione, di Lagonegro penalizzerà certamente i vasti territori del Vallo di Diano e del Golfo di Policastro, che vivranno un forte disagio, dovendo effettuare lunghi spostamenti per vedere riconosciuti i propri diritti;
   anche la soppressione del tribunale di Melfi risulta incomprensibile, stante il ruolo fondamentale che lo stesso svolge nel contrasto alla criminalità organizzata. La città di Melfi, infatti, possiede un carcere di terzo livello e la chiusura del tribunale e il suo accorpamento presso il tribunale di Potenza comporterà lo spostamento dei detenuti che dovrebbero essere scortati a Potenza in caso di udienza o interrogatorio, con un notevole aumento di costi, tra magistrati e polizia penitenziaria di scorta;
   per quanto concerne, invece, la soppressione del tribunale di Lucera, baluardo indispensabile nella lotta alla criminalità organizzata, anche di stampo mafioso, si sta assistendo ad un serio e grave problema di funzionalità della giustizia, nonostante il lodevole impegno da parte sia delle forze dell'ordine che della magistratura, che stanno operando per far fronte alle difficoltà oggettive che tale accorpamento sta comportando;
   in particolare, il tribunale di Foggia, già in difficoltà per la quantità di procedimenti pendenti e l'insufficienza degli apparati giudiziari del territorio, non può sopportare l'ulteriore sovraccarico di lavoro;
   a differenza della soppressione dei tribunali sopra citati per i quali l'esecuzione è stata disposta entro il 13 settembre 2013, per i quattro tribunali abruzzesi l'esecuzione del provvedimento di soppressione è differita al settembre del 2015, in quanto, per gli effetti del sisma del 2009, le sedi dei tribunali accorpanti non erano e non sono ancora funzionali;
   a Sulmona, da tempo, si stanno svolgendo numerose manifestazioni di protesta che hanno raccolto l'adesione della generalità delle cittadinanze e delle rappresentanze istituzionali dei comuni compresi nel territorio del suo tribunale, perché si ritiene che il tribunale peligno abbia in pieno i requisiti per dettare la sua sopravvivenza, sia per quanto riguarda il territorio (vastità del circondario e diffuse ed elevate altitudini), sia per quanto concerne la precarietà delle infrastrutture e dei servizi di collegamento dei suoi territori con il futuro tribunale accorpante dell'Aquila;
   in tale zona è poi presente uno dei carceri di massima sicurezza d'Italia dove verranno ospitati solo detenuti AS1 e AS3 e collaboratori di giustizia e la cui capienza è già disposto che venga aumentata di altri 180 posti su 450 esistenti attualmente; il che comporterà evidenti problemi di sicurezza e di costi nei futuri collegamenti tra il penitenziario sulmonese e la sezione di sorveglianza del futuro tribunale accorpante dell'Aquila –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, alla luce delle considerazioni sopra esposte, che riguardano solo alcuni tribunali, ma che coinvolgono un elevato numero di cittadini e vasti ambiti territoriali, abbia intenzione di assumere al fine di rivedere il testo del decreto legislativo recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero», in attuazione della legge 14 settembre 2011, n. 148, in modo da evitare la paralisi ed il mal funzionamento del sistema giudiziario del nostro Paese.
(3-00367)
(8 ottobre 2013)


Iniziative a salvaguardia della professionalità e del ruolo dell'insegnante di sostegno – 3-00364

   CENTEMERO e COSTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dal focus «Sedi, alunni, classi e dotazioni organiche del personale docente della scuola statale anno scolastico 2013/2014», pubblicato il 10 settembre 2013 dal servizio statistico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emerge che gli alunni con disabilità rappresentano circa il 2,3 per cento della popolazione scolastica complessiva. È nella scuola secondaria di primo grado che si registra la maggior incidenza del numero di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli iscritti: 3,75 per cento. Il rapporto scende a 2,95 per cento nella primaria, a 2,07 per cento nella secondaria di secondo grado e a 1,38 per cento nella scuola dell'infanzia;
   dietro questi numeri e queste percentuali ci sono migliaia di famiglie italiane, impegnate ogni giorno nella difficile impresa di donare un'istruzione ai propri figli disabili, al pari di ciascun altro alunno presente nelle nostre scuole di ogni ordine e grado;
   l'insegnante di sostegno offre, dunque, la sua professionalità e competenza per apportare all'interno della classe in cui opera un significativo contributo a supporto non solo dell'alunno con disabilità, ma anche della collegiale azione educativo-didattica, secondo principi di corresponsabilità e di collegialità, così da fungere da mediatore tra l'allievo disabile e i compagni, gli insegnanti e la scuola, ponendosi come strumento indispensabile per assolvere agli impegni sanciti nell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, che invita a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di un'effettiva sostanziale uguaglianza di opportunità;
   gli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado sono attualmente suddivisi in quattro aree: scientifica (AD01), umanistica (AD02), tecnica professionale artistica (AD03) e psicomotoria (AD04). La suddivisione in aree disciplinari delle attività di sostegno nelle scuole superiori non è stata istituita per legge;
   a favore dell'unificazione delle aree del sostegno sulla scuola secondaria di secondo grado si era espressa unanimemente la VII Commissione della Camera dei deputati, nel corso della XVI legislatura, attraverso la risoluzione n. 8-00197, a prima firma Pes. Sono mancati, ad oggi, atti amministrativi consequenziali, che portino al rispetto della volontà originaria del legislatore e della volontà espressa dalla Camera dei deputati e, ciò che più conta, vengano incontro alle esigenze dell'integrazione degli alunni con disabilità, che devono trovare nell'insegnante di sostegno per l'appunto un «sostegno» al proprio processo di integrazione e non un succedaneo dell'insegnante di classe, chiamato altresì a partecipare al processo inclusivo;
   se si procedesse all'unificazione delle aree del sostegno sulla scuola secondaria di secondo grado, si otterrebbero risultati sensibili in termini di trasparenza, visto che, come più volte denunciato, l'assegnazione dei posti di sostegno sulle aree ha una discrezionalità che sfocia spesso nell'arbitrio;
   in particolare, i concorsi banditi sui posti di sostegno non prevedono una specifica procedura concorsuale, ma il semplice scorrimento delle graduatorie sulle classi di concorso normali. In sostanza, viene chiesto ai docenti utilmente collocati, in possesso del titolo di sostegno, se preferiscano il posto sulla cattedra o quello sul sostegno. Il che è paradossale, dato che la procedura concorsuale dovrebbe selezionare per merito, e ciò è a maggior ragione paradossale, nel momento in cui la selezione riguarda docenti investiti di una delle funzioni più delicate;
   ad oltre trent'anni dall'approvazione della legge n. 517 del 1977, che ha dato avvio al processo di integrazione dei ragazzi con disabilità nelle scuole pubbliche, si può affermare che i risultati conseguiti mostrano in Italia un grave ritardo nel fornire strumenti di intervento che facilitino l'azione educativo-didattica –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno qualificare la funzione del docente di sostegno, anche mediante l'unificazione delle aree del sostegno nella scuola secondaria di secondo grado e la trasformazione degli elenchi sul sostegno in specifiche graduatorie, prevedendo una procedura specifica per i posti di sostegno nelle prossime procedure concorsuali.
(3-00364)
(8 ottobre 2013)


NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2013 (DOC. LVII, N. 1-BIS)

Risoluzioni

RISOLUZIONI

   La Camera,
   esaminata la nota di aggiornamento al DEF 2013;
   premesso che:
    nonostante i reiterati provvedimenti legislativi propagandati come «spending review» dal Governo Monti in avanti, con correlate assegnazioni di incarichi specifici per tale obiettivo, il conto economico della pubblica amministrazione evidenzia un costante aumento della spesa pubblica nell'ultimo anno e per gli anni a venire, per tutte le voci di spesa, senza alcuna ipotesi di variazione a seguito di provvedimenti approvati dal Governo Letta, che ha confermato nella nota di aggiornamento le previsioni del DEF riguardo alle voci di spesa della PA;
    sul tema della spesa pubblica nella nota di aggiornamento al DEF 2013 vengono citate misure a sostegno dell'economia e per alcuni specifici settori, ma la razionalizzazione della spesa è del tutto generica e priva di riferimenti normativi, e non viene fatta alcuna stima dell'impatto sul conto economico della PA, dal che si dovrebbe dedurre che non è attesa alcuna riduzione della spesa pubblica permanente e significativa e che ciò non rientra prioritariamente, al di là di enunciazioni di principio, nel piano di interventi economici del Governo;
    laddove viene affrontato il tema delle riforme, benché si proponga di rivedere il sistema delle competenze tra livelli di Governo, nella nota di aggiornamento il Governo evita accuratamente di richiamare il concetto di «federalismo fiscale»; si parla di decentramento ma mai di «responsabilità», principio su cui invece deve basarsi il federalismo, che non è mera architettura di competenze ma elemento fondante per l'equilibrio ed il risanamento finanziari a tutti i livelli di Governo;
    la mancata applicazione del principio di responsabilità e del federalismo fiscale hanno fatto sì che alcuni enti locali, a discapito dell'intera collettività, potessero coprire i propri buchi di bilancio semplicemente scaricandoli sullo Stato;
    oggi il contesto è profondamente cambiato rispetto al momento in cui fu approvata la legge 5 maggio 2009 n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione», ed è cambiato in peggio, perché il perdurare e l'aggravarsi della crisi economica ha fatto esplodere anche una crisi sociale per rispondere alla quale gli enti locali si sono ritrovati in prima linea nel predisporre nuovi e rafforzati servizi sociali assumendo di fatto funzioni e costi prima non prevedibili; questo rende ancora più urgente attuare completamente la legge sul federalismo fiscale, in ottica di risparmio, di razionalizzazione e per il circuito di controllo dei cittadini sulle prestazioni delle amministrazioni;
    è indispensabile ad esempio superare rapidamente, attraverso l'approvazione della Carta delle autonomie locali, la separazione finora operata tra il federalismo fiscale e il processo di riallocazione e riorganizzazione delle funzioni tra i diversi livelli di governo, il quale di per sé potrebbe consentire una riduzione della spesa corrente e una conseguente riduzione della tassazione a livello sub statale;
    il meccanismo dei costi e dei fabbisogni standard per regioni ed enti locali relativo ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali rappresenta l'unico vero strumento per effettuare una spending review efficace nel sistema delle autonomie territoriali, e va esteso anche all'apparato centrale dello Stato, vero centro di spesa pubblica;
    il federalismo fiscale resta l'unico baluardo per la riduzione della spesa pubblica dopo la devastante riforma delle pensioni attuata dalla legge Fornero e stante l'impossibilità di agire sull'enorme costo per lo Stato costituito dal numero esagerato dei dipendenti pubblici, e deve esserne pertanto accelerata l'attuazione della legge delega attraverso il suo completamento entro la fine di questa legislatura, nei termini espressi anche dal Ministro Delrio che più volte ha ribadito che è necessario far ripartire il federalismo basato sui principi della perequazione e della responsabilità in quanto «il centralismo ha fallito, non ha risolto i problemi ed appare ineludibile un nuovo patto con le autonomie locali»;
    il taglio della spesa pubblica è essenziale oggi non solo per ragioni legate all'equilibrio dei conti, o per soddisfare parametri imposti dall'Unione europea, ma perché nessuna ripresa economica nel nostro Paese potrà essere efficace e duratura se non liberando risorse necessarie ad abbassare la pressione fiscale sia per le persone che per le imprese, favorendo così i consumi ed alimentando una spirale positiva che a sua volta produrrebbe anche maggiore gettito fiscale. Con il federalismo fiscale questi risparmi sono possibili: le stime ci dicono che si potrebbero recuperare tra i 4 e i 5 miliardi solo nel comparto sanitario,

impegna il Governo:

   a mettere al primo posto dell'agenda politica la necessità di ridurre significativamente la spesa pubblica attraverso l'applicazione dei costi standard, per generare risorse da dedicare alla riduzione della pressione fiscale come unico volano per la ripresa dei consumi e della competitività delle imprese;
   a dare piena e completa attuazione alla legge delega sul federalismo fiscale e a superare definitivamente il sistema della finanza derivata, garantendo piena autonomia tributaria a regioni ed enti locali, correlata alla assunzione diretta di responsabilità degli amministratori locali di fronte ai propri elettori e garantendo in questo modo la trasparenza dell'operato degli amministratori stessi rispetto ai cittadini;
   adottare con gli strumenti di programmazione finanziaria e la legge di stabilità per il 2014 tutti i provvedimenti per il coordinamento dinamico della finanza pubblica previsti dalla legge delega e dai decreti legislativi approvati, a partire dal percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p) della Costituzione (articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68) e dall'obiettivo programmato della pressione fiscale complessiva, nel rispetto dell'autonomia  tributaria delle regioni e degli enti locali (articolo 18 della legge delega);
   operare già con la legge di stabilità per il 2014 una riforma strutturale e stabile nel tempo del Patto di stabilità interno che preveda l'equilibrio di bilancio come unico vincolo, l'esclusione dal computo delle spese senza debito e con risorse autonome per favorire gli enti virtuosi e l'adozione, anche tra più regioni, del Patto di stabilità integrato al fine di migliorare il coordinamento della finanza territoriale;
    a ripristinare la gestione decentrata delle tesorerie di regioni ed enti locali;
    verificare lo stato di attuazione di tutti i decreti legislativi della legge sul federalismo fiscale approvati, comprensivi degli atti amministrativi previsti, al fine di definire un percorso per la loro reale definitiva entrata in vigore.
(6-00032) «Guidesi, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2013 fotografa la situazione economica dell'Italia, ancora critica e peggiorata a causa dello sforamento del deficit, che si attesta nel 2013 al 3,1 per cento;
    appare anche preoccupante la riduzione delle entrate tributarie in particolare il gettito IVA ridottosi di ben 4 miliardi, dato che conferma sia l'ulteriore contrazione dei consumi, sia l'aumento del numero delle imprese che hanno chiuso, ovvero, fenomeno ben più grave, delle imprese che, per mancanza di liquidità, hanno difficoltà a provvedere al versamento dell’ IVA;
    il Documento all'esame conferma le prospettive di ripresa dell'attività economica e prevede la crescita del PIL nella misura pari all'1,0 per cento nel 2014 e all’ 1, 7 per cento nel 2015, ma in merito alle suddette «rosee» previsioni si esprimono forti dubbi, in quanto:
     a) nonostante le risorse impegnate per i pagamenti dei debiti della P.A per il 2013 e 2014, permane un ammontare ingente di debiti da onorare non inferiore a 40 miliardi di euro ed appare improcedibile ricorrere ad ulteriore emissione di debito pubblico per procedere alla estinzione dei debiti residui e nel frattempo le imprese chiudono per mancanza di commesse;
     b) le previsioni di crescita non sembrano considerare gli effetti depressivi sulla domanda di beni e servizi causati dalla pressione fiscale a carico sia delle imprese sia dei contribuenti derivanti dagli aumenti di imposte e tasse varate dal Governo per la copertura dei decreti-legge adottati dall'inizio della legislatura. Ci si riferisce all'aumento dell'IVA, alla prossima introduzione dal 2014 della «Service tax», che annullerà gli effetti della abolizione dell'IMU sulla prima casa; ai continui aumenti delle accise e dell'imposte di bollo, previsti anche dalla clausola di invarianza contenuta nel decreto-legge 102 del 2013 in corso di conversione; ai previsti aumenti degli acconti IRES ed IRAP di cui alla citata clausola di invarianza;
     c) inoltre, previsioni sovrastimate del Pil per il prossimo quadriennio, alterano la percezione e l'effettiva incidenza percentuale della suddetta pressione fiscale a carico degli operatori economici e dei contribuenti;
     d) i saldi di finanza pubblica del quadro programmatico sono correlati alle ipotesi di prosecuzione del regime sperimentale di tassazione degli immobili come previsto dal decreto-legge Monti n. 201 del 2011, invece la prima rata è stata già abolita con il decreto-legge 102 del 2013, in corso di conversione, ed il Governo ha annunciato di estendere l'abolizione anche della seconda rata con la legge di stabilità;
     e) i medesimi saldi sono ancorati alle ipotesi di chiusura degli spread di rendimento a dieci anni dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi a 200 punti base nel 2014, 150 nel 2015 e 100 nel 2016 e 2017. Tali previsioni altamente ottimistiche appaiono azzardate ed inverosimili per il grave stato di recessione in cui versa l'Italia, rispetto agli altri paesi europei;
     f) altro elemento determinante per il raggiungimento degli obiettivi prefissati è la realizzazione delle dismissioni del patrimonio e delle partecipazioni dello Stato, infatti i saldi includono gli ipotetici proventi per una quota di 0,5 di PIL per ciascuno degli anni 2014-2017; nel caso in cui non si realizzassero le entrate previste i saldi subirebbero un peggioramento consequenziale;
    preoccupa, altresì, la necessità più che l'opportunità di vendere gli assets statali anche in importanti società per la necessità di ripianare il debito pubblico, laddove sarebbe più opportuno una drastica riduzione della spesa corrente pubblica;
    infatti, dal quadro programmatico si rileva che la spesa al netto degli interessi nel bilancio assestato 2013 è pari a 393,8 miliardi, nel 2014 sale a 406,5 miliardi, nel 2015 a 403,1 miliardi per scendere nel 2016 a 397,6 miliardi, comunque superiore rispetto alla spesa del 2013;
    la flessione delle entrate, già verificatasi rispetto al gettito IVA , richiederebbe in via prudenziale una contrazione drastica della spesa statale, razionalizzando le risorse per garantire comunque le prestazioni dei servizi sociali e l'incremento degli investimenti per la scuola e l'università, anche in considerazione del fatto che da una recente ricerca su 24 paesi dell'OCSE, l'Italia risulta essere agli ultimi posti per competenze alfabetiche e per competenze matematiche;
    si ritiene prioritario, come indicato anche dal Governo nel Documento in esame, «sostenere la crescita economica e l'occupazione», in quanto solo attraverso la crescita del PIL, si può uscire, seppur gradualmente, dalla recessione e pianificare una concreta redistribuzione della ricchezza per programmare sia il sostegno delle imprese sia il sostegno delle fasce più deboli della popolazione, nonché procedere alla pianificazione della riduzione del debito pubblico;
    se l'economia riparte si creeranno i presupposti per arrestare la continua perdita di posti di lavoro e incrementerebbero le assunzioni, con conseguente risparmio da parte dello Stato delle risorse da destinare ai trattamenti di cassa integrazione;
    quindi è evidente che già a partire dal 2014 e nel corso del triennio, in occasione dell'adozione ed esame della legge di stabilità, è improcrastinabile effettuare per tagli straordinari alla spesa pubblica, da destinare al pagamento integrale dei debiti pregressi della pubblica amministrazione e alla riduzione del costo del lavoro a carico delle imprese e dei lavoratori, in quanto l'aumento del potere di acquisto di salari e stipendi darà impulso alla domanda di beni e servizi, che subirà una flessione a causa dell'aumento dell'aliquota Iva dal 21 al 22 per cento;
    con la crescita auspicata del PIL possono aumentare le entrate tributarie dello Stato e si potrà progettare un piano per la riduzione della pressione fiscale, che permane nel triennio 2014-2016 insostenibile, soprattutto se si considerano gli effetti che l‘adozione della Tares, e prossimamente della «Service tax», avranno sia sulle imprese che sui contribuenti;
    il Documento in esame indica solo gli obiettivi ed i target da raggiungere, ma non include «l'impatto delle diverse misure che verranno introdotte nell'ambito o contestualmente alla legge di stabilità che verrà valutato non appena saranno disponibili i dettagli (pag. 13)» — ci si chiede come possa tale documento essere un «aggiornamento al DEF 2013»;
    per quanto concerne il Patto di stabilità, il Documento non contiene intendimenti del Governo a reperire risorse per allentare i vincoli del Patto, per escludere dal medesimo una quota di spese in conto capitale, per consentire il rilancio dell'economia a livello territoriale, ma si limita solo a confermare il contributo all'allentamento del Patto consequenziale allo stanziamento di risorse per i pagamenti pregressi degli enti locali, nonché l'incentivazione del «Patto verticale», che ha incrementato di 1.272 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 gli spazi finanziari ceduti dalle regioni in favore degli enti locali;

impegna il Governo:

   in sede di adozione della legge di stabilità a recuperare risorse finanziarie mediante tagli razionali alla spesa, con esclusione delle risorse destinate all'istruzione, alla ricerca, ai servizi assistenziali e sociali, per destinarle al completamento del pagamento dei debiti pregressi alle imprese entro gli anni 2014 e 2015, operando la riduzione delle autorizzazioni di spesa del bilancio di previsione per il triennio 2014-2016, a partire dall'anno 2014, di ogni stato di previsione per un importo pari all'ammontare dei rispettivi debiti pregressi residui imputabili al Ministero medesimo, lasciando alla discrezionalità dei Ministri l'indicazione degli stanziamenti da tagliare, anche al fine di evitare in futuro la formazione di nuove situazioni debitorie;
   a ridurre il cuneo fiscale del costo del lavoro sia a favore dei lavoratori che delle imprese, stanziando risorse non inferiori a 10 miliardi, operando tagli immediati ad autorizzazioni di spesa improduttiva, senza attendere i risultati dell'operato del nuovo commissario incaricato del nuovo progetto «spending review»;
   a garantire attraverso la razionalizzazione della spesa pubblica risorse sufficienti da destinare al sostegno delle fasce più deboli, assicurando ai disoccupati un reddito minimo;
   a farsi promotore presso la Commissione europea al fine di aprire un tavolo di confronto per valutare l'opportunità di sospendere almeno per l'anno 2014 il pagamento dei contributi dovuti per la partecipazione al meccanismo di stabilità europeo, a carico degli stati membri, che ne facciano richiesta, per rinviarli a ripresa economica avviata;
   a procedere alle dismissioni di partecipazioni statali solo in via secondaria dopo aver intrapreso un concreto processo di riduzione della spesa corrente delle amministrazioni centrali non inferiore al 5 per cento nel triennio 2014-2016.
(6-00033) «Castelli, Cariello, D'Incà, Sorial, Currò, Caso, Brugnerotto».


   La Camera,
   premesso che:
    tra le principali economie europee, quella italiana ha risentito di più dell'esaurirsi della breve fase di ripresa ed è ritornata con maggiore velocità in recessione. Il PIL è diminuito nel 2012 del –2,4 per cento, invertendo la modesta crescita registrata l'anno precedente (0,4 per cento). un calo superiore a quello di tutti i principali paesi europei;
    il differenziale nel tasso di crescita con l'area dell'euro è quindi ulteriormente aumentato, dall'1 per cento del 2011, a quasi il 2 per cento dell'ultimo anno. Il peggioramento congiunturale ha cause sia esterne, – come la brusca riduzione delle prospettive di crescita dentro e fuori l'Europa e le tensioni finanziarie collegate alla crisi del debito sovrano –, sia interne, legate alle politiche di bilancio restrittive collegate agli sforzi di risanamento del debito pubblico;
    a ciò si aggiunge una crisi strutturale di competitività, all'origine del divario di crescita negativo rispetto ai principali paesi europei, che appare da oltre un decennio una caratteristica dell'economia italiana;
    infatti, nel periodo 2001-2012, il divario nei tassi di crescita è stato pari a oltre l'11 per cento, in quanto nel periodo l'economia italiana è cresciuta solo del 1,6 per cento, rispetto al 14 per cento di quella francese, al 14,3 per cento di quella tedesca, al 21,2 per cento di quella spagnola;
    in questo scenario, l'economia italiana è stata colta dalla crisi in un momento di particolare fragilità, dopo un lungo periodo di bassa crescita, nel quale si sono acuite le differenze in termini di produttività con il resto dei paesi europei;
    la flessione è stata più forte nelle regioni del Sud, che risentono della maggiore fragilità strutturale del sistema delle imprese, le quali, per dimensione, caratteristiche settoriali e capacità competitiva, sono meno attrezzate a resistere a una dinamica negativa del ciclo così lunga e pervasiva;
    secondo valutazioni di preconsuntivo elaborate dalla SVIMEZ, nel 2012 il Prodotto interno lordo (a prezzi concatenati) è calato nel Mezzogiorno del –3,2 per cento, approfondendo la flessione già registrata l'anno precedente (-0,6 per cento). Il calo è stato superiore di oltre un punto a quello rilevato nel resto del Paese (-2,1 per cento);
    il prolungarsi della crisi ha portato ad un ulteriore allargamento del divario di sviluppo dell'economia del Mezzogiorno con il Centro-Nord;
    a partire dal 2010, se si considera il divario in termini di Pil pro capite – indicatore più corretto delle diseguaglianze territoriali – il gap ha ripreso a crescere, passando quello del Mezzogiorno dal 58,8 per cento di quello del Centro-Nord nel 2009 al 57,4 per cento del 2012. Tale dinamica – che è stata determinata in massima parte da un peggioramento dei livelli relativi della produttività dell'area – ha interrotto la tendenza positiva in atto dal 2001 fino al 2009; tendenza che rifletteva però, in presenza di una minore crescita del Pil, l'aumento relativo della popolazione nel Centro-Nord, dovuto alle migrazioni sia interne che dall'estero, nonché il calo della natalità al Sud;
    la crescita del nostro Paese è fortemente limitata dalla disparità tra Nord e Sud. Non vi può essere una crescita reale se non si riduce il gap esistente;
    questo presuppone che il Governo agisca in maniera convinta, attraverso un piano specifico di sviluppo per il Mezzogiorno d'Italia,

impegna il Governo:

   a predisporre nell'ambito dei provvedimenti della prossima sessione di bilancio:
     1. Una politica di contenimento della spesa pubblica, razionalizzando i finanziamenti per le «infrastrutture strategiche», gli investimenti nei sistemi d'arma, i sussidi alle scuole private;
     2. Un insieme di misure organiche di politica economica tese al superamento delle condizioni di particolare svantaggio in cui si trovano gli operatori economici e commerciali delle regioni meridionali ed in modo particolare attraverso una politica di fiscalità agevolata attraverso un serrato confronto con le istituzioni europee;
     3. Un insieme di iniziative volte ad incrementare le infrastrutture nel Mezzogiorno d'Italia attraverso una legge quadro che implementi le risorse, a vario titolo, già destinate a tale scopo;
     4. Iniziative volte al potenziamento ed alla crescita delle strutture turistiche ed alle azioni ad esse correlate favorendo così la promozione del Sud del Paese come zona di arte, cultura e natura ampliando così le offerte a livello internazionale anche attraverso un concorso internazionale di idee per uno sviluppo del Mezzogiorno d'Italia;
     5. Iniziative volte alla promozione del comparto agro-alimentare del Sud, che versa in una situazione di particolare difficoltà, favorendo la filiera della produzione agricola sino alla trasformazione e alla commercializzazione.
(6-00034) «Labriola, Zaccagnini, Capelli, Di Gioia, Pastorelli, Locatelli».


   La Camera,
   premesso che:
    la Nota di aggiornamento 2013 provvede ad aggiornare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, nonché gli obiettivi programmatici, rispetto a quelli contenuti nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile, tenendo conto delle raccomandazioni formulate dalle autorità europee;
    per quanto riguarda il quadro macroeconomico:
     la Nota presenta una revisione al ribasso delle stime sull'andamento dell'economia italiana per l'anno in corso (da –1,3 per cento a –1,7 per cento) e per il 2014 (da +1,3 per cento a + 1 per cento) rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2013, in considerazione dell'andamento recessivo dell'economia italiana nella prima parte dell'anno;
     per il triennio 2015-2017, la Nota espone, invece, una revisione verso l'alto delle previsioni, anche in considerazione delle prospettive positive della domanda mondiale che prefigurano un recupero più accentuato nel medio periodo;
     per il medesimo triennio, la Nota evidenzia un rafforzamento progressivo della dinamica del PIL, posto che l'attività economica è prevista crescere a ritmi sostenuti, attestandosi su livelli medi intorno all'1,8 per cento (1,7 per cento nel 2015, 1,8 per cento nel 2016 e 1,9 per cento nel 2017);
     gli occupati sono previsti ridursi nel 2013 dell'1,8 per cento, in netto peggioramento di 1,5 punti percentuali rispetto alla stima di aprile; il dato si mantiene negativo anche per il 2014, mentre nel triennio 2015-2017 mostra segnali di ripresa, con un valore positivo prossimo all'1 percento;
    per quanto riguarda l'evoluzione della finanza pubblica:
     il peggioramento del quadro macroeconomico rispetto al quadro previsionale contenuto nel DEF 2013 di aprile si riflette anche sulla finanza pubblica;
     in particolare la Nota, nel rivedere al ribasso i dati di finanza pubblica riportati nel Documento di economia e finanza, conferma comunque, pur con alcuni slittamenti temporali degli obiettivi prefissati, il percorso di risanamento finanziario già stabilito nel Documento medesimo;
     nel 2013 l'indebitamento netto a legislazione vigente supera di 0,2 punti il valore indicato ad aprile, a causa di un andamento delle entrate che risente della revisione al ribasso dell'andamento del prodotto, anche in conseguenza dell'adozione congiunta in numerosi stati dell'Unione europea delle politiche di consolidamento fiscale di elevata intensità;
     il peggioramento del dato sull'indebitamento si accentua nel 2014, mentre negli ultimi tre anni del periodo di previsione torna su valori coerenti, ed anzi lievemente migliori, rispetto alle stime del DEF;
     il suddetto calo si riflette anche sugli altri saldi dell'esercizio 2013, con riferimento sia a quello corrente, inferiore di 0,7 punti percentuali al dato DEF, che, più lievemente (-0,1 per cento), al saldo primario;
     le spese correnti, al netto degli interessi, si mantengono sul percorso di riduzione già indicato ad aprile, anche se su valori lievemente più elevati e questo, unitamente ad una previsione della spesa per interessi che dal 2015 risulta in rapporto al PIL consistentemente più contenuta rispetto alle previsioni di aprile;
    per quanto riguarda gli obiettivi programmatici di finanza pubblica:
     l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche viene indicato nel 2013 al 3 per cento del PIL – incorporando una correzione di 0,1 punti percentuali rispetto al dato risultante a legislazione vigente – nel 2014 al 2,5 per cento, nel 2015 all'1,6 per cento, nel 2016 allo 0,8 per cento e nel 2017 allo 0,1 per cento;
     in termini strutturali, ossia al netto della componente ciclica e delle misure una tantum, viene confermato l'obiettivo di risanamento delle finanze pubbliche già prefigurato dal DEF, benché il dato dell'indebitamento netto strutturale risulti ora pari a zero dal 2015, anziché nel 2014, rimanendo comunque su valori prossimi al pareggio (close to balance) già dall'anno 2013;
     per il bilancio dello Stato, gli obiettivi programmatici sono stabiliti in termini di saldo netto da finanziare di competenza, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, in un disavanzo non superiore a 39,1 miliardi di euro nel 2014, 18,2 miliardi nel 2015 e 1,2 miliardi nel 2016;
     la pressione fiscale, dopo il consistente aumento, superiore a due punti percentuali di Pil, registrato nel 2012 rispetto all'anno precedente, è indicata su livelli analoghi a quelli già stimati nel DEF, posizionandosi al 44,3 per cento del PIL nel 2013 (44,4 per cento nel DEF) diminuendo poi progressivamente di circa lo 0,1 per cento in ciascuno degli anni successivi, fino a posizionarsi al 43,3 per cento nel 2017;
     il rapporto debito/PIL programmatico – al lordo dei sostegni finanziari agli altri Stati membri dell'UEM e dei debiti pregressi della PA – passa dal 127 per cento del 2012 al 132,9 per cento nel 2013, valore che rimane sostanzialmente stabile anche nel 2014, per poi iniziare a ridursi significativamente, anche a seguito dell'esaurirsi dei pagamenti dei debiti commerciali della PA; nel triennio successivo il rapporto debito/PIL dovrebbe diminuire di 12,7 punti percentuali, fino a giungere al 120,1 per cento nel 2017, includendo sia gli introiti annuali da privatizzazioni, per un ammontare pari a circa 0,5 punti percentuali di PIL all'anno, sia i migliori tassi di crescita del PIL previsti nel triennio 2015-2017;
    per quanto riguarda le raccomandazioni rivolte all'Italia il 9 luglio scorso dal Consiglio UE concernenti la riduzione del debito, l'efficienza e qualità della pubblica amministrazione, il sistema finanziario, il mercato del lavoro, il sistema fiscale e la concorrenza, per ogni raccomandazione la Nota dà conto degli interventi già posti in essere dal Governo e delle indicazioni programmatiche sulle azioni di riforma previste nei diversi settori, tra cui i seguenti:
     in tema di politica fiscale e finanziaria, si definisce un triplice obiettivo: sostenere la domanda, rivedere la composizione della tassazione e ridistribuire il carico fiscale;
     in questo quadro, la Nota sottolinea l'impegno del Governo per la rivisitazione della tassazione immobiliare in un'ottica di maggiore equità, eliminando le penalizzazioni per le fasce più deboli e la sostituzione dell'IMU con una service tax che permetta di consolidare il decentramento fiscale mantenendo la parte di imposizione sull'immobile e introducendo una componente diretta a tassare i servizi indivisibili e la gestione dei rifiuti, restituendo ai comuni la base immobiliare propria territoriale e la piena facoltà di rimodulare agevolazioni e aliquote, all'interno di un massimale nazionale;
     in materia di tassazione del lavoro, si evidenzia la necessità di portare avanti azioni per ridurre il cosiddetto «cuneo fiscale» utilizzando le risorse derivanti dalla lotta all'evasione, dalla razionalizzazione degli incentivi alle imprese e dall'efficientamento della spesa pubblica e si evidenzia il fatto che per l'anno 2013 è stato disposto il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per 2,5 miliardi di euro;
     sotto il profilo del sostegno alle imprese, si persegue l'obiettivo di estendere l'incentivo fiscale sul nuovo capitale proprio introdotto con l'Aiuto alla crescita economica (ACE) ad altri aspetti, quali la promozione delle misure di defiscalizzazione delle grandi opere per allargare la platea delle opere ammesse al beneficio, abbassando la soglia agli interventi con un valore inferiore ai 500 milioni;
     in relazione alle politiche di coesione, si fissa l'obiettivo di una migliore spendibilità delle risorse disponibili, ritenendosi necessaria una riprogrammazione delle risorse a rischio disimpegno, concentrando i fondi disponibili su poche misure con effetto anticiclico, quali la promozione dell'occupazione giovanile e il contrasto alla povertà, prevedendosi a tal fine, l'istituzione dell'Agenzia per la coesione territoriale, con il compito di potenziare la capacità tecnica e amministrativa delle regioni e delle amministrazioni centrali e locali;
     con riferimento alla valorizzazione del patrimonio pubblico, al fine di ridurre il debito pubblico, si fa riferimento al recente avvio del piano straordinario di valorizzazione e cessione del patrimonio di proprietà delle amministrazioni pubbliche, nell'ottica di assicurare importanti risorse da destinare prioritariamente al Fondo per l'ammortamento del debito;
   ritenuto che:
    le citate misure, in considerazione della situazione economica del Paese, debbano essere integrate per l'anno 2013, con il prossimo provvedimento che accompagnerà il disegno di legge di stabilità 2014, prevedendo il rifinanziamento ulteriore della cassa integrazione in deroga pari almeno a 300 milioni di euro;
    le misure volte alla riduzione del cuneo fiscale e, più in generale, della riduzione della pressione fiscale, sia per i lavoratori che per le imprese, debbano essere reperite, a partire dalla legge di stabilità 2014, prioritariamente attraverso misure di riqualificazione strutturale della spesa, mediante la spending review;
    i vincoli derivanti dal patto di stabilità interno debbano essere adeguatamente rimodulati con la legge di stabilità 2014, in modo da consentire agli enti locali di realizzare un'efficace politica di sviluppo degli investimenti, incluso il trasporto pubblico locale;
   preso atto del fatto che:
    il Governo considera collegati alla decisione di bilancio i provvedimenti in materia di sviluppo e semplificazione, enti locali, lavoro ed equità sociale, giustizia civile, green economy e lotta agli sprechi ambientali e interventi per il rilancio del settore agricolo e agroalimentare;
    valutati positivamente gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, inclusi i saldi del bilancio programmatico dello Stato, e gli interventi che il Governo intende a tal fine realizzare,

impegna il Governo:

   1) a perseguire, nell'ambito del periodo di riferimento, gli obiettivi programmatici come ridefiniti dalla Nota di aggiornamento;
   2) ad integrare, con il prossimo provvedimento d'urgenza che accompagnerà il disegno di legge di stabilità 2014, le risorse da destinare, per l'anno 2013, al rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, per un importo pari almeno a 300 milioni di euro;
   3) a reperire le risorse da destinare alla riduzione del cuneo fiscale, sia per i lavoratori che per le imprese, e, più in generale, alla riduzione della pressione fiscale, a partire dalla legge di stabilità 2014, prioritariamente attraverso misure di riqualificazione strutturale della spesa mediante la spending review;
   4) a rimodulare, con la legge di stabilità 2014, i vincoli derivanti dal patto di stabilità interno in modo da consentire agli enti territoriali la realizzazione di un'efficace politica di sviluppo degli investimenti, incluso il trasporto pubblico locale;
   5) a rivisitare, con la legge di stabilità 2014, la tassazione immobiliare in un'ottica di maggiore equità e progressività, anche in vista della prossima riforma del catasto, eliminando le penalizzazioni per le fasce più deboli e prevedendo la sostituzione dell'IMU con una service tax che permetta di consolidare il decentramento fiscale mantenendo la parte di imposizione sull'immobile e introducendo una componente diretta a tassare i servizi indivisibili e la gestione dei rifiuti, restituendo ai comuni la base immobiliare propria territoriale e la piena facoltà di rimodulare agevolazioni e aliquote, all'interno di un massimale nazionale.
(6-00035) «Marchi, Palese, Tabacci, Misiani, Andrea Romano».