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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 25 settembre 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 settembre 2013.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Bergamini, Berretta, Biancofiore, Blazina, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galan, Gebhard, Giachetti, Ginefra, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Marazziti, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Polidori, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Bergamini, Berretta, Biancofiore, Blazina, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galan, Gebhard, Giachetti, Ginefra, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Marazziti, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Polidori, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Valeria Valente, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 24 settembre 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   NASTRI: «Modifica all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di deroga al patto di stabilità interno, in favore degli enti locali che ne abbiano rispettato le condizioni relativamente all'anno 2013, per la realizzazione di piani per la messa in sicurezza del territorio contro i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico» (1614);
   NASTRI: «Modifica all'articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni per la promozione della raccolta differenziata delle gomme da masticare nonché di una campagna di informazione sull'inquinamento ambientale e sui danni economici derivanti dalla loro dispersione nel suolo» (1615);
   NASTRI: «Modifica all'articolo 72 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di equipaggiamento degli autoveicoli» (1616);
   NARDELLA ed altri: «Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti e di complessi sportivi multifunzionali» (1617);
   FRUSONE: «Modifica all'articolo 38 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di funzionamento dei consigli comunali e provinciali» (1618).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

  In data 24 settembre 2013 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dai Ministri degli affari esteri e per gli affari europei:
  «Ratifica ed esecuzione del Protocollo concernente le preoccupazioni del popolo irlandese relative al Trattato di Lisbona, fatto a Bruxelles il 13 giugno 2012» (1619).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  TINAGLI ed altri: «Disciplina dell'unione civile» (1076) Parere delle Commissioni I, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e XI.

   VI Commissione (Finanze):
  PASTORELLI ed altri: «Disposizioni in materia di conversione ad uso abitativo di immobili demaniali inutilizzati» (1114) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VII e VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento).

   VII Commissione (Cultura):
  SALVATORE PICCOLO ed altri: «Estinzione dell'Istituto “SS. Trinità e Paradiso” di Vico Equense e trasferimento del relativo patrimonio al comune di Vico Equense» (1164) Parere delle Commissioni I, V e VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria).

   VIII Commissione (Ambiente):
  MATTEO BRAGANTINI ed altri: «Finanziamento dei lavori per il prolungamento della strada statale n. 434 “Transpolesana”» (1070) Parere delle Commissioni I e V.

   XI Commissione (Lavoro):
  BOSSA ed altri: «Proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per esami a 500 posti presso l'amministrazione centrale e periferica del Ministero per i beni e le attività culturali, indetti con decreti direttoriali 14 luglio 2008, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 18 luglio 2008» (1091) Parere delle Commissioni I, V e VII;
  DI LELLO ed altri: «Disposizioni per l'estensione delle misure di protezione sociale e dei diritti sindacali ai lavoratori impiegati con contratti di collaborazione a progetto» (1144) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XII;
  MIOTTO: «Modifica all'articolo 12 della legge 12 giugno 1984, n. 222, in materia di decorrenza dell'applicazione della disciplina sulla revisione dell'invalidità pensionabile» (1215) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   XII Commissione (Affari sociali):
  VARGIU ed altri: «Norme in materia di medicina di genere» (1485) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e VII.

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IV (Difesa):
  CIRIELLI e RAMPELLI: «Disposizioni in materia di assunzione dei vincitori di concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (214) Parere della V Commissione.

Annunzio di una proposta di modificazione al Regolamento.

  In data 25 settembre 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di modificazione al Regolamento d'iniziativa dei deputati:
  COPPOLA, LUCIANO AGOSTINI, ANZALDI, BELLANOVA, BENI, BERLINGHIERI, BERSANI, MARIASTELLA BIANCHI, BINDI, BOLOGNESI, BONACCORSI, BONIFAZI, BRUNO BOSSIO, CAPONE, CAPOZZOLO, CARBONE, CASATI, CASELLATO, CASSANO, CHAOUKI, CIMBRO, CIVATI, COMINELLI, COSCIA, COVA, CRIMÌ, CRIVELLARI, DALLAI, DE MENECH, DONATI, ERMINI, FANUCCI, GIANNI FARINA, FEDI, CINZIA MARIA FONTANA, FRAGOMELI, FREGOLENT, GADDA, GELLI, GIACOBBE, GINATO, GIUSEPPE GUERINI, IORI, LATTUCA, LODOLINI, LOTTI, MAGORNO, MARCHETTI, MARTELLA, MARCO MELONI, MIGLIORE, MORANI, NARDELLA, PALMIERI, PELLEGRINO, RICHETTI, ROSATO, SERENI, SPERANZA: «Articolo 22: Istituzione della XV Commissione permanente – Agenda digitale e innovazione tecnologica» (Doc. II, n. 7).

  Sarà pubblicata e trasmessa alla Giunta per il Regolamento.

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 23 settembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, le relazioni d'inchiesta concernenti gli incidenti ad aeromobili occorsi, rispettivamente, all'aeroporto di Guidonia (Roma) l'11 gennaio 2011 e in località Cairo Montenotte Superiore (Savona) il 23 giugno 2011.

  Queste relazioni sono trasmesse alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 24 settembre 2013, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (COM(2013) 639 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 24 settembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 24 settembre 2013, a pagina 4, prima colonna, trentesima riga, la parola: «IV» si intende sostituita dalla seguente: «V».

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: CAUSI ED ALTRI; ZANETTI; CAPEZZONE ED ALTRI; MIGLIORE ED ALTRI: DELEGA AL GOVERNO RECANTE DISPOSIZIONI PER UN SISTEMA FISCALE PIÙ EQUO, TRASPARENTE E ORIENTATO ALLA CRESCITA (A.C. 282-950-1122-1339-A)

A.C. 282-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
     con il provvedimento in esame in materia di Delega Fiscale il Governo ed il Parlamento affrontano il tema di una migliore regolazione del settore dei giochi;
    nel corso degli anni una legislazione confusa e disordinata ha determinato una crescita a dismisura delle possibilità di gioco ed in particolare dell'offerta di quello elettronico;
    al giusto obiettivo dello Stato di contrastare il gioco illegale e le associazioni criminali che lo sostengono e organizzano, si è determinata un'offerta «pubblica» che ha generato contraddizioni e gravi preoccupazioni sia dal punto vista sociale e della salute, sia da quello dell'ordine pubblico e della sicurezza;
    nel corso di questi anni diversi comuni hanno provato a regolamentare e contenere la possibilità di aperture di nuove sale gioco, che le difficoltà in tal senso si sono scontrate con la capacità e la grande disponibilità economica delle società interessate a sostenere cause legali nei confronti degli enti e agendo anche nelle contraddizioni normative che questo PdL cerca di superare;
    a fianco delle sale da gioco, vi è un'offerta, rappresentate in particolare di macchine dedite al gioco elettronico, da singoli esercizi (bar, latterie, tabacchini) che traggono dall'incasso del gioco talvolta maggior introiti che dalle normali attività commerciali;
    è necessario avviare un politica di educazione e disincentivazione al gioco, visti i dati che emergono dalle strutture sanitarie pubbliche;
    in molte città italiane, singoli esercizi, Associazioni di categoria, Associazioni ricreative e culturali, hanno deciso con grande sensibilità civica di rinunciare agli introiti legati al gioco elettronico,

impegna il Governo

a valutare quali azioni (sgravi fiscali, riconoscimento morale) possono essere intraprese al fine di valorizzare quelle realtà, singoli esercenti, associazioni di categoria, associazioni ricreative e culturali che rinunciano all'installazione di apparecchi dediti al gioco elettronico.
9/282-A/1Tullo, Bossa, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    mancano poche settimane all'annunciato aumento dell'IVA sui servizi socio-sanitari ed educativi svolti da cooperative sociali e consorzi, la cui entrata in vigore è prevista come noto nel 2014;
    la Legge di stabilità varata in Parlamento nello scorso mese di dicembre (Legge di stabilità 2013) ha di fatto solo rimandato i tempi di applicazione dell'aumento che, come detto, vanno ormai verso la scadenza;
    nell'approvare la norma che differiva di un anno l'innalzamento dell'IVA per asili, case di riposo, RSA; assistenza domiciliare, comunità per minori, centri per disabili, ecc. il Parlamento aveva contestualmente approvato un ordine del giorno in cui impegnava al Governo a tentare ogni via possibile per scongiurare l'aumento di cui sopra;
    detto aumento porterà l'IVA dall'attuale 4 al 10 per cento e tuttavia non porterà prevedibilmente alcun vantaggio all'erario, contribuendo piuttosto ad un ulteriore scadimento dei servizi all'utenza e rischiando di colpire negativamente i livelli occupazionali;
    enti locali, comuni e ASL non hanno risorse per far fronte a questa situazione: è verosimile che a subire gli effetti di questa misura in prima persona sarebbero non meno di mezzo milione di persone in tutto il Paese, per lo più le fasce deboli e maggiormente esposte;
    ricadute negative si avrebbero prevedibilmente anche nel versante occupazionale, con oltre 40mila lavoratori a rischio,

impegna il Governo

ad evitare l'aumento dell'IVA, dal 4 per cento al 10 per cento, per i servizi rivolti a soggetti svantaggiati erogati da consorzi e cooperative sociali, lasciando invariato il 41-bis della Tabella A - Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 633/1972, che prevede l'IVA al 4 per cento per tutti i servizi sopra elencati.
9/282-A/2Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    mancano poche settimane all'annunciato aumento dell'IVA sui servizi socio-sanitari ed educativi svolti da cooperative sociali e consorzi, la cui entrata in vigore è prevista come noto nel 2014;
    la Legge di stabilità varata in Parlamento nello scorso mese di dicembre (Legge di stabilità 2013) ha di fatto solo rimandato i tempi di applicazione dell'aumento che, come detto, vanno ormai verso la scadenza;
    nell'approvare la norma che differiva di un anno l'innalzamento dell'IVA per asili, case di riposo, RSA; assistenza domiciliare, comunità per minori, centri per disabili, ecc. il Parlamento aveva contestualmente approvato un ordine del giorno in cui impegnava al Governo a tentare ogni via possibile per scongiurare l'aumento di cui sopra;
    detto aumento porterà l'IVA dall'attuale 4 al 10 per cento e tuttavia non porterà prevedibilmente alcun vantaggio all'erario, contribuendo piuttosto ad un ulteriore scadimento dei servizi all'utenza e rischiando di colpire negativamente i livelli occupazionali;
    enti locali, comuni e ASL non hanno risorse per far fronte a questa situazione: è verosimile che a subire gli effetti di questa misura in prima persona sarebbero non meno di mezzo milione di persone in tutto il Paese, per lo più le fasce deboli e maggiormente esposte;
    ricadute negative si avrebbero prevedibilmente anche nel versante occupazionale, con oltre 40mila lavoratori a rischio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di evitare l'aumento dell'IVA, dal 4 per cento al 10 per cento, per i servizi rivolti a soggetti svantaggiati erogati da consorzi e cooperative sociali, lasciando invariato il 41-bis della Tabella A - Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 633/1972, che prevede l'IVA al 4 per cento per tutti i servizi sopra elencati.
9/282-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Crivellari.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive, diversificando e migliorando l'accesso ai finanziamenti attraverso disposizioni concernenti il contrasto dell'elusione fiscale e dell'abuso del diritto in materia tributaria;
   evidenziato come al secondo articolo, attraverso la riforma del catasto degli immobili, si intenda correggere le sperequazioni insite nelle attuali rendite, accentuate dall'aumento generalizzato del prelievo fiscale, disposto con il decreto-legge n. 201 del 2011 che ha introdotto l'imposta municipale sperimentale (IMU), e che per tale finalità sia assicurato il coinvolgimento dei comuni nel processo di revisione delle rendite, che non dovranno comunque superare i valori di mercato,

impegna il Governo

a facilitare e supportare concretamente l'attività dei comuni, unioni di comuni od associazioni di comuni per lo svolgimento di funzioni associate, nella cooperazione con l'Agenzia delle entrate mediante il rafforzamento delle attività svolte dagli enti locali aventi valenza catastale-fiscale, sulla base delle norme vigenti.
9/282-A/3Busin.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive, diversificando e migliorando l'accesso ai finanziamenti, attraverso disposizioni concernenti il contrasto dell'elusione fiscale e dell'abuso del diritto in materia tributaria;
   evidenziato come al secondo articolo, attraverso la riforma del catasto degli immobili, si intenda correggere le sperequazioni insite nelle attuali rendite, accentuate dall'aumento generalizzato del prelievo fiscale e che dalla sua introduzione, l'imposta immobiliare ha determinato notevoli problematiche nel sistema della finanza degli enti locali, oltre che un aggravio fiscale particolarmente oneroso per il comparto agricolo,

impegna il Governo

a considerare come non si valutino come fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, indipendentemente dalla categoria catastale, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557.
9/282-A/4Prataviera, Busin.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive, diversificando e migliorando l'accesso ai finanziamenti, attraverso disposizioni concernenti il contrasto dell'elusione fiscale e dell'abuso del diritto in materia tributaria;
   evidenziato come al secondo articolo, attraverso la riforma del catasto degli immobili, si intenda correggere le sperequazioni insite nelle attuali rendite, accentuate dall'aumento generalizzato del prelievo fiscale e che dalla sua introduzione, l'imposta immobiliare ha determinato notevoli problematiche nel sistema della finanza degli enti locali, oltre che un aggravio fiscale particolarmente oneroso per il comparto agricolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare come non si valutino come fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, indipendentemente dalla categoria catastale, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557.
9/282-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prataviera, Busin.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»,
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive, diversificando e migliorando l'accesso ai finanziamenti attraverso disposizioni concernenti il contrasto dell'elusione fiscale e dell'abuso del diritto in materia tributaria;
   evidenziato come tra le diverse norme vi siano anche disposizioni relative ai giochi pubblici, laddove si prevede – oltre ad una raccolta sistematica della disciplina in un codice delle disposizioni sui giochi e ad un riordino del prelievo erariale – la tutela dei minori dalla pubblicità dei giochi e a recuperare i fenomeni di ludopatia, in ragione soprattutto della crescente preoccupazione che questo fenomeno sta determinando tra i cittadini;
   valutato come il dispositivo preveda l'applicazione di regole trasparenti ed uniformi sull'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, con adeguate forme di partecipazione dei comuni al procedimento di pianificazione della dislocazione locale di sale da gioco e in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative, rafforzando il divieto alla partecipazione dei minori di anni diciotto ai giochi con vincita in denaro attraverso l'obbligatorietà dell'introduzione di meccanismi idonei a bloccare in modo automatico l'accesso ai giochi per i minori, mediante l'inserimento, nei software degli apparecchi da intrattenimento, videogiochi e giochi on line, di appositi sistemi richiedenti l'uso esclusivo di carta d'identità elettronica, tessera sanitaria o codice fiscale.
9/282-A/5Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 reca i princìpi e criteri direttivi per la delega al Governo a introdurre norme volte a favorire l'internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni derivanti dagli organismi internazionali e dall'Unione europea;
    l'attuale assetto normativo, che pure reca una disciplina ad hoc per i fondi immobiliari istituiti in base al diritto italiano, non prevede invece alcuna specifica disposizione relativa agli omologhi enti esteri, che risultano quindi sottoposti alla disciplina generale applicabile a tutte le società e agli altri enti commerciali esteri, specialmente nel campo della imposizione diretta, di conseguenza fortemente discriminati;
    tale situazione genera una notevole incertezza in ordine alle regole in concreto applicabili e, in determinati casi, anche un trattamento nettamente sfavorevole rispetto agli omologhi istituti «residenti» in Italia, che pure operano nelle medesime circostanze e ciò, oltre a costituire un forte disincentivo all'investimento diretto dall'estero in Italia, potrebbe anche dare luogo ad eccezioni di incompatibilità delle attuali regole rispetto al diritto comunitario;
    si pensi che, mentre per i fondi italiani, i redditi e gli altri proventi connessi alle gestioni e alle vendite immobiliari sono esenti dalle imposte sui redditi (poiché l'attuale sistema è impostato sulla tassazione a livello degli investitori, e ferma per altro l'esenzione anche a livello di questi ultimi per determinate categorie di investitori esteri), i medesimi redditi sono ordinariamente soggetti all'imposta sul reddito delle società e all'IRAP se il fondo è estero;
    in tema di imposte indirette, il decreto-legge n. 223 del 2006 ha previsto la riduzione alla metà delle imposte ipotecarie e catastali dovute in occasione delle compravendite immobiliari (articolo 35, comma 10-ter) solo ai fondi immobiliari italiani, ma non anche ai fondi immobiliari e agli altri investitori professionali di diritto estero, quanto meno quelli istituiti in altri Stati dell'Unione europea;
    è del tutto evidente che, se è intenzione di questo Governo promuovere l'investimento estero in Italia, anche nell'ottica di una valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, allora sarà indispensabile fornire ai potenziali investitori, e quindi in particolare ai fondi immobiliari esteri e/o comunitari, una regolamentazione fiscale certa e comunque non penalizzante rispetto agli omologhi istituti italiani,

impegna il Governo

a introdurre criteri di tassazione chiarì e coerenti con la disciplina applicabile ai fondi immobiliari istituiti in Italia, in relazione ai redditi di fondi immobiliari istituiti in base alla legislazione di altri Stati dell'Unione europea con attività e/o investimenti nel territorio dello Stato.
9/282-A/6Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 reca i princìpi e criteri direttivi per la delega al Governo a introdurre norme volte a favorire l'internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni derivanti dagli organismi internazionali e dall'Unione europea;
    l'attuale assetto normativo, che pure reca una disciplina ad hoc per i fondi immobiliari istituiti in base al diritto italiano, non prevede invece alcuna specifica disposizione relativa agli omologhi enti esteri, che risultano quindi sottoposti alla disciplina generale applicabile a tutte le società e agli altri enti commerciali esteri, specialmente nel campo della imposizione diretta, di conseguenza fortemente discriminati;
    tale situazione genera una notevole incertezza in ordine alle regole in concreto applicabili e, in determinati casi, anche un trattamento nettamente sfavorevole rispetto agli omologhi istituti «residenti» in Italia, che pure operano nelle medesime circostanze e ciò, oltre a costituire un forte disincentivo all'investimento diretto dall'estero in Italia, potrebbe anche dare luogo ad eccezioni di incompatibilità delle attuali regole rispetto al diritto comunitario;
    si pensi che, mentre per i fondi italiani, i redditi e gli altri proventi connessi alle gestioni e alle vendite immobiliari sono esenti dalle imposte sui redditi (poiché l'attuale sistema è impostato sulla tassazione a livello degli investitori, e ferma per altro l'esenzione anche a livello di questi ultimi per determinate categorie di investitori esteri), i medesimi redditi sono ordinariamente soggetti all'imposta sul reddito delle società e all'IRAP se il fondo è estero;
    in tema di imposte indirette, il decreto-legge n. 223 del 2006 ha previsto la riduzione alla metà delle imposte ipotecarie e catastali dovute in occasione delle compravendite immobiliari (articolo 35, comma 10-ter) solo ai fondi immobiliari italiani, ma non anche ai fondi immobiliari e agli altri investitori professionali di diritto estero, quanto meno quelli istituiti in altri Stati dell'Unione europea;
    è del tutto evidente che, se è intenzione di questo Governo promuovere l'investimento estero in Italia, anche nell'ottica di una valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, allora sarà indispensabile fornire ai potenziali investitori, e quindi in particolare ai fondi immobiliari esteri e/o comunitari, una regolamentazione fiscale certa e comunque non penalizzante rispetto agli omologhi istituti italiani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre criteri di tassazione chiarì e coerenti con la disciplina applicabile ai fondi immobiliari istituiti in Italia, in relazione ai redditi di fondi immobiliari istituiti in base alla legislazione di altri Stati dell'Unione europea con attività e/o investimenti nel territorio dello Stato.
9/282-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 reca una delega al Governo, abbastanza generale, a riformare gli attuali regimi fiscali nell'ottica della semplificazione, anche in riferimento agli adempimenti, specialmente quelli che si ritengono superflui ai fini del controllo e dell'accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria, o comunque non conformi al principio di proporzionalità;
    in tale ambito sarebbe opportuno semplificare tutti gli adempimenti formali della cosiddetta remissione in bonis, previsti dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, dal momento che tale disposizione prevede un termine troppo stretto per effettuare la «correzione» (o remissione), anche in considerazione del principio della buona fede;
    la remissione in bonis è infatti volta ad evitare che mere dimenticanze del contribuente si trasformino nell'impossibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali e pertanto sarebbe più corretto consentire ai contribuenti di effettuare la correzione finché non siano intervenuti i controlli o gli accessi da parte dell'amministrazione finanziaria;
    a tal proposito, con la circolare n. 38 del 28 settembre 2012, esplicativa dell'articolo 2 sopra citato, anche l'Agenzia delle entrate ha chiarito che la possibilità di sanare quanto omesso deriva dalla volontà di salvaguardare la scelta operata dal contribuente, sempreché i comportamenti di quest'ultimo non arrechino danni per l'Erario, nemmeno in termini di pregiudizio all'attività di accertamento,

impegna il Governo

a eliminare sanzioni riferite a omissioni di adempimenti meramente formali, illustrati in premessa, compiuti tardivamente dai contribuenti e comunque prima dell'esecuzione dei controlli da parte dell'amministrazione finanziaria, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 7, lettera b).
9/282-A/7Schullian, Gebhard, Alfreider, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 reca una delega al Governo, abbastanza generale, a riformare gli attuali regimi fiscali nell'ottica della semplificazione, anche in riferimento agli adempimenti, specialmente quelli che si ritengono superflui ai fini del controllo e dell'accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria, o comunque non conformi al principio di proporzionalità;
    in tale ambito sarebbe opportuno semplificare tutti gli adempimenti formali della cosiddetta remissione in bonis, previsti dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, dal momento che tale disposizione prevede un termine troppo stretto per effettuare la «correzione» (o remissione), anche in considerazione del principio della buona fede;
    la remissione in bonis è infatti volta ad evitare che mere dimenticanze del contribuente si trasformino nell'impossibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali e pertanto sarebbe più corretto consentire ai contribuenti di effettuare la correzione finché non siano intervenuti i controlli o gli accessi da parte dell'amministrazione finanziaria;
    a tal proposito, con la circolare n. 38 del 28 settembre 2012, esplicativa dell'articolo 2 sopra citato, anche l'Agenzia delle entrate ha chiarito che la possibilità di sanare quanto omesso deriva dalla volontà di salvaguardare la scelta operata dal contribuente, sempreché i comportamenti di quest'ultimo non arrechino danni per l'Erario, nemmeno in termini di pregiudizio all'attività di accertamento,

impegna il Governo

a ridurre sensibilmente le sanzioni riferite a omissioni di adempimenti meramente formali, illustrati in premessa, compiuti tardivamente dai contribuenti e comunque prima dell'esecuzione dei controlli da parte dell'amministrazione finanziaria, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 7, lettera b).
9/282-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)  Schullian, Gebhard, Alfreider, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, comma 2, detta i principi e i criteri direttivi per la delega al Governo a emanare decreti legislativi in materia di IVA, che deve avvenire attraverso la semplificazione dei sistemi speciali nonché l'attuazione del regime del gruppo IVA;
    è prassi consolidata dalla giurisprudenza comunitaria (sentenza del 21 giugno 2007, proc. C-453/05), confermata anche da un orientamento costante dell'Agenzia delle entrate, ritenere che il legislatore nazionale, all'articolo 12, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha stabilito che una cessione di beni o una prestazione di servizi possono risultare accessorie ad un'operazione principale quando: integrano, completano e rendono possibile quest'ultima, sono rese direttamente dal medesimo soggetto dell'operazione principale, sono rese nei confronti del medesimo soggetto nei cui confronti viene resa l'operazione principale;
    è pertanto deducibile, come avviene in vari paesi europei, che le strutture alberghiere che offrono ai clienti alloggiati anche servizi benessere legati ai trattamenti bellezza e benessere del corpo (massaggi, trattamenti estetici, bagni a tema, impacchi, ecc) considerino questi ultimi come «servizi accessori alla prestazione principale», applicando dunque l'aliquota IVA ridotta al 10 per cento,

impegna il Governo

a chiarire che le prestazioni di benessere del corpo e cura della persona offerti dalle strutture alberghiere e fruiti dai clienti che vi alloggiano siano considerati prestazioni accessorie alla prestazione principale e pertanto da assoggettare all'IVA agevolata del 10 per cento, a norma all'articolo 12, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 13.
9/282-A/8Ottobre, Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, comma 2, detta i principi e i criteri direttivi per la delega al Governo a emanare decreti legislativi in materia di IVA, che deve avvenire attraverso la semplificazione dei sistemi speciali nonché l'attuazione del regime del gruppo IVA;
    è prassi consolidata dalla giurisprudenza comunitaria (sentenza del 21 giugno 2007, proc. C-453/05), confermata anche da un orientamento costante dell'Agenzia delle entrate, ritenere che il legislatore nazionale, all'articolo 12, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha stabilito che una cessione di beni o una prestazione di servizi possono risultare accessorie ad un'operazione principale quando: integrano, completano e rendono possibile quest'ultima, sono rese direttamente dal medesimo soggetto dell'operazione principale, sono rese nei confronti del medesimo soggetto nei cui confronti viene resa l'operazione principale;
    è pertanto deducibile, come avviene in vari paesi europei, che le strutture alberghiere che offrono ai clienti alloggiati anche servizi benessere legati ai trattamenti bellezza e benessere del corpo (massaggi, trattamenti estetici, bagni a tema, impacchi, ecc) considerino questi ultimi come «servizi accessori alla prestazione principale», applicando dunque l'aliquota IVA ridotta al 10 per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare che le prestazioni di benessere del corpo e cura della persona offerte dalle strutture alberghiere e fruite dai clienti che vi alloggiano siano considerate prestazioni accessorie alla prestazione principale.
9/282-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ottobre, Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 2 delega il Governo a introdurre norme dirette a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali (cioè esenzioni, detrazioni, deduzioni, ecc.) che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche o che costituiscono una duplicazione e stabilisce che, nella predisposizione dei decreti legislativi attuativi, debba tenere conto delle priorità legate anche alla famiglia e alle persone economicamente e socialmente svantaggiate;
    dagli anni Novanta molte disposizioni di natura fiscale che possono considerarsi a sostegno del contribuente, denominate più genericamente «detrazioni per oneri», previste dal Testo unico delle imposte sui redditi delle persone fisiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono rimaste invariate con conseguenti ripercussioni negative sul cittadino, se si fa eccezione per l'adeguamento dei relativi importi nel passaggio dalla lira all'euro;
    ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, dal 1994 è invariata la soglia del reddito annuo per considerare un familiare a carico, pari a 2840,51 euro, quindi per poter usufruire di detrazioni dall'Irpef per carichi di famiglia, nonostante più volte i governi si siano impegnati ad innalzare tale soglia come è avvenuto fino al 1993;
    l'ultima legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) ha provveduto ad incrementare le detrazioni per ciascun figlio a carico a decorrere dal 1° gennaio 2013, ma ha lasciato ancora invariata la soglia di 2840,51 euro del reddito complessivo oltre il quale un familiare non è più da considerarsi a carico,

impegna il Governo

ad adeguare gli importi rimasti invariati dagli anni Novanta dalle detrazioni fiscali a beneficio dei contribuenti e a sostegno della famiglia, in particolare dell'importo massimo detraibile per i familiari a carico, ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 4, comma 2.
9/282-A/9Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 2 delega il Governo a introdurre norme dirette a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali (cioè esenzioni, detrazioni, deduzioni, ecc.) che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche o che costituiscono una duplicazione e stabilisce che, nella predisposizione dei decreti legislativi attuativi, debba tenere conto delle priorità legate anche alla famiglia e alle persone economicamente e socialmente svantaggiate;
    dagli anni Novanta molte disposizioni di natura fiscale che possono considerarsi a sostegno del contribuente, denominate più genericamente «detrazioni per oneri», previste dal Testo unico delle imposte sui redditi delle persone fisiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono rimaste invariate con conseguenti ripercussioni negative sul cittadino, se si fa eccezione per l'adeguamento dei relativi importi nel passaggio dalla lira all'euro;
    ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, dal 1994 è invariata la soglia del reddito annuo per considerare un familiare a carico, pari a 2840,51 euro, quindi per poter usufruire di detrazioni dall'Irpef per carichi di famiglia, nonostante più volte i governi si siano impegnati ad innalzare tale soglia come è avvenuto fino al 1993;
    l'ultima legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) ha provveduto ad incrementare le detrazioni per ciascun figlio a carico a decorrere dal 1° gennaio 2013, ma ha lasciato ancora invariata la soglia di 2840,51 euro del reddito complessivo oltre il quale un familiare non è più da considerarsi a carico,

impegna il Governo

ad adeguare gli importi delle detrazioni fiscali a beneficio dei contribuenti e a sostegno della famiglia, in particolare dell'importo massimo detraibile per i familiari a carico.
9/282-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 2 reca la delega per la disciplina relativa alla revisione degli estimi catastali;
    si tratterà di un processo lungo ed elaborato che secondo il parere dello stesso direttore dell'Agenzia delle entrate e di numerosi esperti impegnerà le amministrazioni interessate per un lungo lasso di tempo pari ad almeno un quinquennio. Risulta pertanto necessario chiarire le modalità di gestione della fase di transizione che intercorrerà tra l'inizio dei lavori di riclassamento degli immobili e sulla riforma e la loro conclusione;
    per l'avvio dell'elaborazione dei dati saranno infatti necessari quelli completi e relativi al censimento delle abitazioni Istat, di cui al momento sono disponibili solo quelli provvisori e con poche certezze riguardo a quelle effettivamente vuote. Inoltre nel nostro Paese le abitazioni sono circa 33 milioni, mentre i fabbricati, quasi 60 milioni e per i quali l'assegnazione corretta delle categorie catastali rappresenta un'altra sfida;
    la revisione degli estimi dovrà assegnare a ciascun fabbricato, oltre al reddito che sarebbe in grado di produrre e che al momento corrisponde all'attuale rendita catastale, anche il corretto valore attualizzato al mercato immobiliare;
    c’è anche il problema delle abitazioni più antiche la cui vicenda catastale è bizzarra e per le quali neanche l'ultima revisione degli estimi catastali, quella risalente al 1990, ha potuto mettere ordine, anche a causa delle effettive caratteristiche di ogni singola unità immobiliare, basti pensare, ad esempio, a quegli immobili dei centri storici di alcune grandi città censiti come case popolari ma che nella realtà, a fronte di una rendita catastale esigua, producono un reddito altissimo;
    un'altra complessità è quella legata alle cosiddette medie statistiche, quei valori numerici che descrivono sinteticamente un insieme di dati e di rilevazioni, che tengono conto delle transazioni recenti, ma che risulterebbero alterate nei piccoli comuni, in cui la base statistica è troppo piccola. L'articolo 2, comma 1, lettera g) del provvedimento stabilisce infatti che per la determinazione del valore patrimoniale medio ordinario si ricorrerà anche a funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all'interno di uno stesso comune;
    è stato altresì previsto un meccanismo di monitoraggio da parte del Parlamento del processo di revisione e si è attribuito valore alle informazioni sugli immobili fornite dal contribuente, per il quale sono previste particolari misure di tutela anticipata in relazione all'attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell'autotutela amministrativa, anche in vista del presumibile alto grado di controversie che ne deriverà tra i contribuenti e l'amministrazione tributaria;
    le suddette lungaggini rischiano di tardare l'obiettivo del superamento delle iniquità insite nei valori dell'attuale sistema catastale e che costituiscono la base imponibile di tutte le imposte sugli immobili, prima fra tutte l'IMU,

impegna il Governo

nelle more della compiuta revisione degli estimi di cui all'articolo 2 del provvedimento a ricalcolare, ai fini della determinazione della base imponibile delle imposte, con adeguate variazioni percentuali determinate attraverso iniziative normative da adottare tempestivamente, i valori immobiliari di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sulla base dell'incremento dei valori nel mercato immobiliare locale e per tipologia immobiliare, a tal fine avvalendosi dei dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio, differenziati all'interno di adeguate partizioni del territorio.
9/282-A/10Boccadutri, Paglia, Lavagno, Ragosta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 2 reca la delega per la disciplina relativa alla revisione degli estimi catastali;
    si tratterà di un processo lungo ed elaborato che secondo il parere dello stesso direttore dell'Agenzia delle entrate e di numerosi esperti impegnerà le amministrazioni interessate per un lungo lasso di tempo pari ad almeno un quinquennio. Risulta pertanto necessario chiarire le modalità di gestione della fase di transizione che intercorrerà tra l'inizio dei lavori di riclassamento degli immobili e sulla riforma e la loro conclusione;
    per l'avvio dell'elaborazione dei dati saranno infatti necessari quelli completi e relativi al censimento delle abitazioni Istat, di cui al momento sono disponibili solo quelli provvisori e con poche certezze riguardo a quelle effettivamente vuote. Inoltre nel nostro Paese le abitazioni sono circa 33 milioni, mentre i fabbricati, quasi 60 milioni e per i quali l'assegnazione corretta delle categorie catastali rappresenta un'altra sfida;
    la revisione degli estimi dovrà assegnare a ciascun fabbricato, oltre al reddito che sarebbe in grado di produrre e che al momento corrisponde all'attuale rendita catastale, anche il corretto valore attualizzato al mercato immobiliare;
    c’è anche il problema delle abitazioni più antiche la cui vicenda catastale è bizzarra e per le quali neanche l'ultima revisione degli estimi catastali, quella risalente al 1990, ha potuto mettere ordine, anche a causa delle effettive caratteristiche di ogni singola unità immobiliare, basti pensare, ad esempio, a quegli immobili dei centri storici di alcune grandi città censiti come case popolari ma che nella realtà, a fronte di una rendita catastale esigua, producono un reddito altissimo;
    un'altra complessità è quella legata alle cosiddette medie statistiche, quei valori numerici che descrivono sinteticamente un insieme di dati e di rilevazioni, che tengono conto delle transazioni recenti, ma che risulterebbero alterate nei piccoli comuni, in cui la base statistica è troppo piccola. L'articolo 2, comma 1, lettera g) del provvedimento stabilisce infatti che per la determinazione del valore patrimoniale medio ordinario si ricorrerà anche a funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all'interno di uno stesso comune;
    è stato altresì previsto un meccanismo di monitoraggio da parte del Parlamento del processo di revisione e si è attribuito valore alle informazioni sugli immobili fornite dal contribuente, per il quale sono previste particolari misure di tutela anticipata in relazione all'attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell'autotutela amministrativa, anche in vista del presumibile alto grado di controversie che ne deriverà tra i contribuenti e l'amministrazione tributaria;
    le suddette lungaggini rischiano di tardare l'obiettivo del superamento delle iniquità insite nei valori dell'attuale sistema catastale e che costituiscono la base imponibile di tutte le imposte sugli immobili, prima fra tutte l'IMU,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità nelle more della compiuta revisione degli estimi di cui all'articolo 2 del provvedimento di ricalcolare, ai fini della determinazione della base imponibile delle imposte, con adeguate variazioni percentuali determinate attraverso iniziative normative da adottare tempestivamente, i valori immobiliari di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sulla base dell'incremento dei valori nel mercato immobiliare locale e per tipologia immobiliare, a tal fine avvalendosi dei dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio, differenziati all'interno di adeguate partizioni del territorio.
9/282-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boccadutri, Paglia, Lavagno, Ragosta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità e di trasparenza ed in particolare non prevede nessuna norma relativa al falso in bilancio, norma essenziale al fine di un equa distribuzione del carico fiscale innanzitutto tra le stesse aziende concorrenti, e più in generale, tra i diversi soggetti contribuenti;
    la materia dei reati societari è stata oggetto nel corso degli ultimi anni di una pluralità di interventi normativi. Le norme proposte dal disegno di legge dell'ultimo Governo Prodi in materia (Atto Camera n. 3243 della XV legislatura) presentato il 13 novembre 2007 non sono state approvate per la fine anticipata della legislatura stessa, e per la contrarietà dei governi che si sono in seguito succeduti;
    il primo intervento è derivato dalla legge 3 ottobre 2001, n. 366, con cui il Governo veniva delegato a riformare organicamente la disciplina delle società di capitali e cooperative, degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, nonché ad introdurre una disciplina per la definizione dei procedimenti in materia societaria. Con la medesima legge, il Parlamento conferiva al Governo anche la delega per la riscrittura del sistema penale in materia di società, al cui interno la figura delle false comunicazioni sociali (falso in bilancio) costituisce l'elemento intorno al quale – più sì sono concentrate – durante l'iter legislativo – le attenzioni e le polemiche delle parti politiche e degli osservatori e – dopo l'approvazione della legge – diverse richieste rivolte dai giudici di merito alla Corte di giustizia delle Comunità europee e alla Corte costituzionale;
    nella relazione sullo schema di decreto legislativo per l'attuazione dell'articolo 11 della legge di delega, poi emanato come decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, veniva sottolineata l'urgenza di un'incisiva razionalizzazione del sistema penale societario, da un lato restringendo il numero delle fattispecie penali, dall'altro introducendo nuove ipotesi incriminatrici volte a colmare talune lacune da tempo segnalate dalla dottrina penalistica;
    si è stabilita una soglia quantitativa per l'esclusione della punibilità, determinandola nella misura non superiore al 5 per cento e si è stabilita l'irrilevanza di uno scostamento non superiore al 10 per cento nelle singole valutazioni estimative, mutuandola dalla recente normativa penale tributaria;
    in relazione, poi, alle falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, oltre ad una semplificazione nella descrizione delle condotte costitutive di reato, limitate all'attestazione del falso o all'occultamento delle informazioni, e ad una puntualizzazione dell'elemento soggettivo, si è proceduto ad un'armonizzazione del trattamento sanzionatorio di quest'ipotesi di falsità con quello previsto per le false comunicazioni sociali. Analogamente a quanto stabilito per le false comunicazioni sociali e per il falso in prospetto, sono state previste due distinte ipotesi di reato (una contravvenzione e un delitto) a seconda che dalla stessa condotta derivi o no un danno patrimoniale nei confronti dei destinatari delle comunicazioni;
    le modifiche sopra brevemente riassunte, introdotte nell'ordinamento – come già precisato – con il decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, hanno prestato il fianco, nell'attuazione pratica, a numerose critiche da parte della giurisprudenza e della dottrina. Si è infatti da più parti segnalato che il complessivo ridimensionamento dell'area dei fatti di rilevanza penale – dovuto ad una chiara preferenza per la ricostruzione delle fattispecie come reati di danno, anziché di pericolo, alla riformulazione di talune figure criminose in chiave contravvenzionale, pur se necessariamente connotate da dolo, all'introduzione di soglie di punibilità e della procedibilità a querela, nonché alla riqualificazione dell'elemento soggettivo nel senso della necessità del dolo intenzionale o specifico – ha comportato una significativa compressione di quelle che sono state definite dalla dottrina le esigenze di tutela anticipata di interessi patrimoniali dei partecipanti al traffico giuridico, legate a pericoli specifici connessi ad utilizzazioni abusive o distorte di strumenti societari;
    la riforma è difatti, incentrata su un presupposto che è stato anch'esso oggetto di ricorrenti critiche, ossia sulla drastica riduzione dell'ambito di applicazione della fattispecie di false comunicazioni sociali, nella convinzione – invero di dubbia realizzabilità – che la trasparenza dell'informazione societaria sia obiettivo da perseguire attraverso le effettive potenzialità di autotutela dei mercati piuttosto che mediante la minaccia di severe sanzioni penali. Le fattispecie previste a tutela del capitale sociale e delle istituzioni societarie, secondo la filosofia di fondo della novella legislativa, troverebbero le loro opzioni qualificanti in una serie di clausole che costituiscono evidenti indici di privatizzazione del bene giuridico tutelato (procedibilità a querela, cause di estinzione del reato, svilimento delle aggressioni portate ai soli beni istituzionali), erodendone però al contempo i limiti di punibilità con l'arricchimento di ulteriori elementi tipizzanti, i quali si sono rivelati, purtroppo, non collimanti con la tutela effettiva del bene medesimo,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di reintrodurre efficaci normative al fine di sanzionare il reato di falso in bilancio, facendo nuovamente confluire nell'alveo delle fattispecie delittuose tutte le ipotesi di false comunicazioni sociali, con la conseguente eliminazione di ogni ipotesi contravvenzionale, essendo detta previsione essenziale per il ripristino di una sanzione efficace, effettiva e dissuasiva, in linea con gli obblighi, assunti nell'ambito dell'ordinamento internazionale.
9/282-A/11Daniele Farina, Sannicandro, Lavagno, Marcon, Ragosta, Migliore, Di Salvo, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità e di trasparenza ed in particolare non prevede nessuna norma relativa al falso in bilancio, norma essenziale al fine di un equa distribuzione del carico fiscale innanzitutto tra le stesse aziende concorrenti, e più in generale, tra i diversi soggetti contribuenti;
    la materia dei reati societari è stata oggetto nel corso degli ultimi anni di una pluralità di interventi normativi. Le norme proposte dal disegno di legge dell'ultimo Governo Prodi in materia (Atto Camera n. 3243 della XV legislatura) presentato il 13 novembre 2007 non sono state approvate per la fine anticipata della legislatura stessa, e per la contrarietà dei governi che si sono in seguito succeduti;
    il primo intervento è derivato dalla legge 3 ottobre 2001, n. 366, con cui il Governo veniva delegato a riformare organicamente la disciplina delle società di capitali e cooperative, degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, nonché ad introdurre una disciplina per la definizione dei procedimenti in materia societaria. Con la medesima legge, il Parlamento conferiva al Governo anche la delega per la riscrittura del sistema penale in materia di società, al cui interno la figura delle false comunicazioni sociali (falso in bilancio) costituisce l'elemento intorno al quale – più sì sono concentrate – durante l'iter legislativo – le attenzioni e le polemiche delle parti politiche e degli osservatori e – dopo l'approvazione della legge – diverse richieste rivolte dai giudici di merito alla Corte di giustizia delle Comunità europee e alla Corte costituzionale;
    nella relazione sullo schema di decreto legislativo per l'attuazione dell'articolo 11 della legge di delega, poi emanato come decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, veniva sottolineata l'urgenza di un'incisiva razionalizzazione del sistema penale societario, da un lato restringendo il numero delle fattispecie penali, dall'altro introducendo nuove ipotesi incriminatrici volte a colmare talune lacune da tempo segnalate dalla dottrina penalistica;
    si è stabilita una soglia quantitativa per l'esclusione della punibilità, determinandola nella misura non superiore al 5 per cento e si è stabilita l'irrilevanza di uno scostamento non superiore al 10 per cento nelle singole valutazioni estimative, mutuandola dalla recente normativa penale tributaria;
    in relazione, poi, alle falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, oltre ad una semplificazione nella descrizione delle condotte costitutive di reato, limitate all'attestazione del falso o all'occultamento delle informazioni, e ad una puntualizzazione dell'elemento soggettivo, si è proceduto ad un'armonizzazione del trattamento sanzionatorio di quest'ipotesi di falsità con quello previsto per le false comunicazioni sociali. Analogamente a quanto stabilito per le false comunicazioni sociali e per il falso in prospetto, sono state previste due distinte ipotesi di reato (una contravvenzione e un delitto) a seconda che dalla stessa condotta derivi o no un danno patrimoniale nei confronti dei destinatari delle comunicazioni;
    le modifiche sopra brevemente riassunte, introdotte nell'ordinamento – come già precisato – con il decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, hanno prestato il fianco, nell'attuazione pratica, a numerose critiche da parte della giurisprudenza e della dottrina. Si è infatti da più parti segnalato che il complessivo ridimensionamento dell'area dei fatti di rilevanza penale – dovuto ad una chiara preferenza per la ricostruzione delle fattispecie come reati di danno, anziché di pericolo, alla riformulazione di talune figure criminose in chiave contravvenzionale, pur se necessariamente connotate da dolo, all'introduzione di soglie di punibilità e della procedibilità a querela, nonché alla riqualificazione dell'elemento soggettivo nel senso della necessità del dolo intenzionale o specifico – ha comportato una significativa compressione di quelle che sono state definite dalla dottrina le esigenze di tutela anticipata di interessi patrimoniali dei partecipanti al traffico giuridico, legate a pericoli specifici connessi ad utilizzazioni abusive o distorte di strumenti societari;
    la riforma è difatti, incentrata su un presupposto che è stato anch'esso oggetto di ricorrenti critiche, ossia sulla drastica riduzione dell'ambito di applicazione della fattispecie di false comunicazioni sociali, nella convinzione – invero di dubbia realizzabilità – che la trasparenza dell'informazione societaria sia obiettivo da perseguire attraverso le effettive potenzialità di autotutela dei mercati piuttosto che mediante la minaccia di severe sanzioni penali. Le fattispecie previste a tutela del capitale sociale e delle istituzioni societarie, secondo la filosofia di fondo della novella legislativa, troverebbero le loro opzioni qualificanti in una serie di clausole che costituiscono evidenti indici di privatizzazione del bene giuridico tutelato (procedibilità a querela, cause di estinzione del reato, svilimento delle aggressioni portate ai soli beni istituzionali), erodendone però al contempo i limiti di punibilità con l'arricchimento di ulteriori elementi tipizzanti, i quali si sono rivelati, purtroppo, non collimanti con la tutela effettiva del bene medesimo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di reintrodurre efficaci normative al fine di sanzionare il reato di falso in bilancio, facendo nuovamente confluire nell'alveo delle fattispecie delittuose tutte le ipotesi di false comunicazioni sociali, con la conseguente eliminazione di ogni ipotesi contravvenzionale, essendo detta previsione essenziale per il ripristino di una sanzione efficace, effettiva e dissuasiva, in linea con gli obblighi, assunti nell'ambito dell'ordinamento internazionale.
9/282-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta)  Daniele Farina, Sannicandro, Lavagno, Marcon, Ragosta, Migliore, Di Salvo, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità, ed in particolare non prevede – malgrado l'articolo 14 contempla una delega per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici – per l'imposta erariale unica sui giochi un incremento che potrebbe essere utile sia al fine di dare un gettito maggiore da utilizzare per incrementare – ad esempio – le detrazioni per carichi familiari o per la produzione di lavoro, che per mettere un qualche freno – limitando i guadagni – al triste fenomeno delle ludopatie;
    come rileva la Corte dei conti nella sua Deliberazione n. 28 del 2011: «I proventi delle attività di gioco, che in passato risentivano dell'incertezza e delle aleatorietà derivanti dal legame con specifiche scelte di consumo dei contribuenti, hanno finito per assumere connotati di continuità e strutturalità, assicurando all'erario risorse rilevanti e crescenti»;
    l'anno di svolta è stato il 2004: le entrate erariali da giochi sono raddoppiate in valore assoluto (da 3.5 a 7.3 miliardi), in corrispondenza di una forte crescita della raccolta lorda (da 15,1 a 24,8 miliardi). Negli anni successivi si è assistito, prima, ad un assestamento dei proventi netti su un livello più contenuto (meno di 6,2 miliardi nel 2005), e, poi, ad una ripresa ed alla ininterrotta continuazione della crescita fino agli 8,7 miliardi del 2010, in leggera flessione rispetto al 2009 (–0,7 per cento);
    i risultati in termini di entrate erariali sono stati resi possibili da un'ancora più sostenuta crescita della raccolta, che nel 2010 ha raggiunto i 61.5 miliardi, portando ad oltre 339 miliardi (la raccolta del decennio 2001-2010: con un valore medio annuo (circa 34 miliardi) superiore di oltre il 140 per cento rispetto a quello registrato nel periodo 1996-2000;
    a fronte della sostenuta crescita della raccolta, le entrate di competenza dell'Erario sono cresciute ad un ritmo sostanzialmente dimezzato: 152,6 per cento, a fronte del 306,3 per cento, nell'arco di tempo compreso fra il 2003 e il 2010. In sostanza, un aumento senza dubbio significativo sul versante delle entrate ha presupposto una vera e propria dilatazione della raccolta sul mercato dei giochi. Un fenomeno, questo, che trova conferma nella forbice che si è venuta a creare, ed a progressivamente allargare, fra le due variabili nell'ultimo settennio e nella progressiva riduzione dell'incidenza dell'utile erariale sulla raccolta (era il 30,3 per cento nel 2000, è stata del 14,2 per cento nel 2010);
    evidenze che, peraltro, sembrano destinate ad accentuarsi alla luce dei risultati dell'ultimo biennio preso in considerazione dalla Deliberazione della Corte citata: nel 2009, un aumento delle entrate erariali da giochi per poco più di l miliardo ha richiesto quasi 7 miliardi di aumento della raccolta: nel 2010, ulteriori 7 miliardi di aumento della raccolta non hanno impedito una sia pure lieve flessione delle entrate erariali. Risulta dunque confermata la tendenza ad una progressiva diminuzione della resa media dei giochi in termini di utili netti per l'erario, con il corrispondente aumento della quota delle spese per vincite corrisposte e per spese di gestione;
    la perdita di peso delle lotterie tradizionali, dei giochi a base sportiva ed a base ippica e più recentemente del lotto, si contrappone, infatti, la rapida crescita dell'incidenza sul totale delle entrate erariali delle lotterie istantanee, del superenalotto e degli apparecchi (questi ultimi passati dal 7 per cento nel 2004 al 43 per cento nel 2010);
    in definitiva, dall'analisi svolta emerge un quadro caratterizzato da due evidenze. La prima, e più attuale, è quella di una fonte di entrata sostanzialmente affidabile, che sembra aver perduto la sua tradizionale connotazione di aleatorietà per acquistarne una di tendenza ad una progressiva e stabile crescita, oltre a costituire un argine alle attività criminali da sempre ampiamente presenti nel settore. La seconda, a valenza prospettica, di una fonte di entrata che sta incontrando i primi limiti alla propria carica espansiva, non potendosi ipotizzare la continuazione di un'esponenziale dilatazione del mercato della raccolta;
    l'articolo 39, comma 13, del decreto legge n. 269 del 2003, come recentemente modificato prevede che agli apparecchi e congegni collegati in rete, si applichi un prelievo erariale unico fissato in misura del 13,5 per cento delle somme giocate,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di incrementare l'aliquota attualmente prevista per la determinazione del prelievo unico erariale sui giochi per favorire l'aumento delle detrazioni ai fini del calcolo dell'Irpef per i carichi familiari.
9/282-A/12Lavagno, Marcon, Ragosta, Migliore, Di Salvo, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità, di trasparenza nonché di stimolo alla crescita nel nostro sistema fiscale ed economico, ed in particolare, non prevede modifiche dell'articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di disciplina dell'imposta sulle transazioni finanziarie, modifiche che potrebbero contribuire ad una diversa distribuzione del peso fiscale, a rendere più trasparenti molte delle transazioni finanziarie oggi spesso puramente speculative, e che potrebbero determinare un maggior gettito da finalizzare a obiettivi di crescita del nostro sistema economico con particolare riguardo all'occupazione;
    la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) è stata concepita dagli economisti che l'hanno proposta come un'imposta (dell'ordine dello 0,05 per cento) su ogni transazione finanziaria. Gli impatti sono trascurabili per chi opera con orizzonti di lungo periodo, mentre diventano tanto più rilevanti quanto più gli obiettivi sono di breve termine. Si tratta di una delle misure più efficaci per frenare la speculazione e per ridurre l'instabilità sui mercati finanziari. Dopo anni di campagne delle reti della società civile, finalmente ad inizio 2013 la Commissione europea ha pubblicato una propria bozza di direttiva, che deve ora essere discussa e approvata dalle altre istituzioni europee;
    la TTF nasce come strumento per «gettare un granello di sabbia negli ingranaggi della speculazione», intervenendo a monte per bloccarne gli impatti devastanti. Secondo il Governo Monti che ha introdotto la norma citata con la Legge di stabilità per l'anno 2013, al contrario, l'unico obiettivo sembra essere stato quello di racimolare un gettito per dare sollievo ai conti pubblici, agendo unicamente a valle. Si è raschiato il fondo del barile con nuove imposte per rimediare ai disastri combinati dalla finanza, ma senza provare a contrastarne lo strapotere;
    infatti, come detto, in attesa del percorso europeo, con l'ultima Legge di stabilità il Governo Monti ha introdotto una cosiddetta TTF in Italia. La disposizione introdotta dal Governo Monti ha introdotto un'imposta di bollo, con aliquota dello 0,05 per cento, sulle seguenti operazioni:
     compravendite di azioni ed altri strumenti partecipativi emessi da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
     operazioni sugli «strumenti derivati» nelle quali almeno una delle due controparti sia residente in Italia e che siano diverse da quelle relative ai «Titoli di Stato» emessi da paesi dell'Unione europea o aderenti all'accordo sullo Spazio Economico Europeo, che consentono uno scambio di informazioni adeguato;
    si tratta di una normativa talmente debole che non andrebbe nemmeno chiamata tassa sulle transazioni finanziarie. Non vengono tassati tutti i derivati e non si colpisce il trading ad alta frequenza;
    infatti, nella normativa citata si definisce valore della transazione il «saldo netto delle transazioni regolate giornalmente relative al medesimo strumento finanziario e concluse nella stessa giornata operativa da un medesimo soggetto, ovvero il corrispettivo versato», mentre andrebbe valutato il valore della singola operazione per contrastare le operazioni speculative veloci e ripetute;
    come dire che si introducono dei limiti di velocità sulle strade, ma si scopre che riguardano le biciclette ma non le automobili, e che l'unico scopo è rimpinguare le casse pubbliche con le multe, non diminuire il numero di incidenti stradali,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di un rapido recepimento della Direttiva europea appena sarà approvata la proposta COM (2013)71, e comunque, al fine di:
    a) applicare la TTF a tutti i derivati, anche a quelli negoziati fuori mercato, ai prodotti strutturati e alle operazioni realizzate intra-gruppo o da intermediari finanziari inclusi gli hedge fund ed anche ai derivati che hanno come sottostante titoli di Stato;
    b) introdurre il principio di emissione a complemento del più generale principio di residenza onde limitare quanto più possibile i fenomeni di delocalizzazione degli istituti finanziari;
    c) prendere come imponibile il valore della singola operazione;
    d) differenziare le aliquote dell'imposta in funzione dell'effettivo utilizzo dello strumento derivato, prevedendo l'esenzione per le operazioni dalla comprovata finalità di copertura, premiando in questo modo gli intermediari finanziari che svolgono solo attività di banca commerciale rispetto a quelli che svolgono trading proprietario.
9/282-A/13Marcon, Ragosta, Migliore, Di Salvo, Boccadutri, Paglia, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità, di trasparenza nonché di stimolo alla crescita nel nostro sistema fiscale ed economico, ed in particolare, non prevede modifiche dell'articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di disciplina dell'imposta sulle transazioni finanziarie, modifiche che potrebbero contribuire ad una diversa distribuzione del peso fiscale, a rendere più trasparenti molte delle transazioni finanziarie oggi spesso puramente speculative, e che potrebbero determinare un maggior gettito da finalizzare a obiettivi di crescila del nostro sistema economico con particolare riguardo all'occupazione;
    la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) è stata concepita dagli economisti che l'hanno proposta come un'imposta (dell'ordine dello 0,05 per cento) su ogni transazione finanziaria. Gli impatti sono trascurabili per chi opera con orizzonti di lungo periodo, mentre diventano tanto più rilevanti quanto più gli obiettivi sono di breve termine. Si tratta di una delle misure più efficaci per frenare la speculazione e per ridurre l'instabilità sui mercati finanziari. Dopo anni di campagne delle reti della società civile, finalmente ad inizio 2013 la Commissione europea ha pubblicato una propria bozza di direttiva, che deve ora essere discussa e approvata dalle altre istituzioni europee;
    la TTF nasce come strumento per «gettare un granello di sabbia negli ingranaggi della speculazione», intervenendo a monte per bloccarne gli impatti devastanti. Secondo il Governo Monti che ha introdotto la norma citata con la Legge di stabilità per l'anno 2013, al contrario, l'unico obiettivo sembra essere stato quello di racimolare un gettito per dare sollievo ai conti pubblici, agendo unicamente a valle. Si è raschiato il fondo del barile con nuove imposte per rimediare ai disastri combinati dalla finanza, ma senza provare a contrastarne lo strapotere;
    infatti, come detto, in attesa del percorso europeo, con l'ultima Legge di stabilità il Governo Monti ha introdotto una cosiddetta TTF in Italia. La disposizione introdotta dal Governo Monti ha introdotto un'imposta di bollo, con aliquota dello 0,05 per cento, sulle seguenti operazioni:
     compravendite di azioni ed altri strumenti partecipativi emessi da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
     operazioni sugli «strumenti derivati» nelle quali almeno una delle due controparti sia residente in Italia e che siano diverse da quelle relative ai «Titoli di Stato» emessi da paesi dell'Unione europea o aderenti all'accordo sullo Spazio Economico Europeo, che consentono uno scambio di informazioni adeguato;
    si tratta di una normativa talmente debole che non andrebbe nemmeno chiamata tassa sulle transazioni finanziarie. Non vengono tassati tutti i derivati e non si colpisce il trading ad alta frequenza;
    infatti, nella normativa citata si definisce valore della transazione il «saldo netto delle transazioni regolate giornalmente relative al medesimo strumento finanziario e concluse nella stessa giornata operativa da un medesimo soggetto, ovvero il corrispettivo versato», mentre andrebbe valutato il valore della singola operazione per contrastare le operazioni speculative veloci e ripetute;
    come dire che si introducono dei limiti di velocità sulle strade, ma si scopre che riguardano le biciclette ma non le automobili, e che l'unico scopo è rimpinguare le casse pubbliche con le multe, non diminuire il numero di incidenti stradali,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di un rapido recepimento della Direttiva europea appena sarà approvata la proposta COM (2013)71, e comunque, al fine di:
    a) applicare la TTF a tutti i derivati, anche a quelli negoziati fuori mercato, ai prodotti strutturati e alle operazioni realizzate intra-gruppo o da intermediari finanziari inclusi gli hedge fund ed anche ai derivati che hanno come sottostante titoli di Stato;
    b) introdurre il principio di emissione a complemento del più generale principio di residenza onde limitare quanto più possibile i fenomeni di delocalizzazione degli istituti finanziari;
    c) prendere come imponibile il valore della singola operazione;
    d) differenziare le aliquote dell'imposta in funzione dell'effettivo utilizzo dello strumento derivato, prevedendo l'esenzione per le operazioni dalla comprovata finalità di copertura, premiando in questo modo gli intermediari finanziari che svolgono solo attività di banca commerciale rispetto a quelli che svolgono trading proprietario.
9/282-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marcon, Ragosta, Migliore, Di Salvo, Boccadutri, Paglia, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede un adeguamento dell'aliquota relativa all'imposta sostitutiva sui redditi da capitale e redditi diversi, misura necessaria ad una maggiore equità del nostro sistema fiscale se si ricorda che il valore della prima aliquota per il calcolo dell'Irpef valida per i redditi inferiori a 15.000 euro è pari al 23 per cento;
    infatti, l'aliquota dell'imposta sostitutiva sui redditi da capitale e redditi diversi del 12,5 per cento è stata innalzata al 20 per cento sui redditi maturati ad eccezione dei titoli di Stato cui continua ad applicarsi l'aliquota dal 12,5 per cento. La ritenuta del 27 per cento prevista sugli interessi ed altri proventi corrisposti ai titolari di conti correnti e di depositi, anche se rappresentati da certificati è stata invece ridotta al 20 per cento;
    sarebbe dunque opportuno un aumento di tale aliquota almeno pari al 27 per cento, aliquota che com’è noto, si applica per i redditi lordi imponibili medio-bassi compresi tra i 15.000 euro ed i 28.000 euro,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di equiparare l'aliquota dell'imposta sostitutiva sui redditi da capitale almeno al 27 per cento.
9/282-A/14Ragosta, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede nessuna misura per l'introduzione di un'imposta patrimoniale ordinaria, imposta presente negli altri paesi europei ed occidentali;
    è vero che la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi e delle ricchezze deriva in misura prevalente dal modo in cui il valore generato nei processi produttivi viene distribuito tra i diversi fattori (disomogenei non solo per tipologia, capitale e lavoro, ma anche per gradi di flessibilità e per allocazione geografica). La diseguaglianza nei redditi e nelle ricchezze al netto delle imposte è, quindi, solo secondaria, perché le possibilità di redistribuzione per via fiscale sono ridotte per ragioni sia tecniche sia politiche;
    le proposte di tassazione patrimoniale che vengono portate avanti in modo più o meno sistematico (Amato, Capaldo, Veltroni) hanno un carattere straordinario in quanto legato a un'esigenza specifica, ovvero la riduzione dello stock di debito pubblico. Tralasciando la discussione sull'opportunità e sull'eventuale entità di questa finalizzazione, il problema sta proprio nella straordinarietà dell'imposta. Le imposte straordinarie sono sempre difficili da gestire, perché richiedono tempi brevi e basi imponibili poco mobili. Ne segue che un'imposta straordinaria potrebbe configurarsi solo sul patrimonio immobiliare e non su quello finanziario, che altrimenti potrebbe facilmente essere nascosto o allocato altrove per il breve periodo in cui si applica l'imposta. Il gettito ottenibile in questo modo difficilmente potrebbe essere sufficiente a raggiungere gli obiettivi di abbattimento del debito dichiarati. Da qui il passo ad un'imposta straordinaria sui «redditi alti» è breve, ed è nefasto, perché i redditi alti sono comunque redditi da lavoro, posto che il reddito da capitale è in buona parte fuori dall'Irpef. Si finirebbe probabilmente vicino ad una riedizione, magari con qualche accorgimento, della tassa sull'Europa del 1997;
    ma ciò considerato, non dobbiamo perdere un'opportunità: secondo recenti stime del Fondo monetario internazionale, se l'ltalia introducesse un'imposta patrimoniale ordinaria in grado di produrre un gettito di livello medio rispetto a quello di imposte simili in Canada, Usa e Regno Unito, si potrebbe guadagnare un punto di Pil in termini di gettito. Il dato serve soprattutto ad illustrare il fatto che l'Italia ha livelli di imposizione patrimoniale bassi;
    il secondo elemento da tenere presente in questo periodo post-crisi e di scarsa crescita (almeno per l'Italia), è che proprio la tassazione sugli immobili è considerata dall'Ocse come quella preferibile da adottare quando è necessario reperire risorse cercando di favorire nel contempo la crescita economica, dato che, oltretutto, il patrimonio, almeno in Italia, è più concentrato del reddito;
    le imposte patrimoniali offrono diversi vantaggi teorici e pratici rispetto a quelle sul reddito, tra cui il fatto che consentono di stabilizzare il gettito, rendendolo meno variabile al variare del ciclo economico e riducendo quindi il rischio per le finanze pubbliche;
    inoltre, la distribuzione del patrimonio è normalmente più sperequata rispetto a quella delle basi imponibili delle imposte personali, e quindi una ricomposizione del prelievo di questo tipo potrebbe aumentare la progressività complessiva del sistema. Non ci si deve nascondere, tuttavia, che anche per le imposte patrimoniali c’è il problema dell'accertamento della base imponibile, che è più semplice, rispetto all'accertamento del reddito, solo per i beni immobili, mentre è particolarmente complessa per i patrimoni finanziari. È qui che dovrebbe intervenire un sistema europeo integrato di anagrafe dei flussi patrimoniali, ed è qui che il problema della tassazione si lega a quello, più generale e complesso, della regolamentazione dei flussi di capitale, all'interno e all'esterno dell'Europa;
    il passaggio dal reddito al patrimonio (ovvero ad una tassazione del reddito presunto sulla base della consistenza patrimoniale) potrebbe essere adottato per i gruppi di impresa e per le imprese singole dotate di una minima consistenza patrimoniale, cercando di evitare i fenomeni di «imprese in perdita ripetuta» noti da anni ed oggetto di diversi infruttuosi tentativi di revisione;
    è sbagliato ritenere che il patrimonio delle società sia già conteggiato nel patrimonio delle famiglie che ne sono proprietarie, perché non c’è una necessaria corrispondenza tra valore delle quote proprietarie e stato patrimoniale della società. Né bisogna pensare che assoggettare a patrimoniale le società implichi tassare gli «strumenti della produzione». Si consideri che il 40 per cento della ricchezza immobiliare complessiva della nazione è posseduta da società. È ovvio che questi immobili non sono tutti destinati alla attività produttiva delle società che li possiedono (per questi naturalmente si potrebbero individuare forme di esenzione). Ad esempio, il 10 per cento del totale degli immobili residenziali in Italia sono posseduti da società, e certo non vi sarebbe motivo di esentarli; né vi sarebbe motivo di esentare gli immobili non residenziali posseduti da «imprese» che esistono solo per gestire questo patrimonio immobiliare. Per questo andrebbero proposte anche norme più efficaci di quelle attualmente in vigore contro le cosiddette «società di comodo»,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento al fine di:
    a) introdurre un'imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze, prevedendo come base imponibile dell'imposta la ricchezza netta delle famiglie superiore a 800 mila euro, e cioè, la somma delle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore), delle attività finanziarie (depositi, titoli di Stato, azioni, ecc..) al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti), ricomprendendo nell'imponibile il patrimonio non strumentale delle società;
    b) proporre, nell'ambito degli organismi europei, la messa in opera di un sistema europeo integrato di anagrafe dei flussi patrimoniali;
    c) destinare il gettito dell'imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze alla riduzione dell'Irpef per i redditi medio-bassi.
9/282-A/15Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   considerato che:
    è ormai diventato un fenomeno noto e dilagante che numerosi contribuenti si siano visti notificare cartelle di pagamento da parte degli agenti per la riscossione, per tributi o sanzioni amministrative caduti in prescrizione anche da lungo tempo;
    sino ad oggi le società incaricate per la riscossione dei tributi, inclusa Equitalia SpA nelle sue diramazioni territoriali, hanno provveduto comunque a notificare atti di riscossione, comportando da un lato un aggravio di spese per quei cittadini costretti a ricorsi giurisdizionali e dall'altro un sovraccarico degli stessi uffici giudiziari, conseguenze evitabili annullando d'ufficio gli atti ormai prescritti, ben prima della notifica degli stessi;
    è certamente possibile, con il grado di automazione raggiunto da alcune pubbliche amministrazioni anche grazie all'evoluzione del software, procedere alla notifica dei soli atti non scaduti;
    la suddetta soluzione permetterebbe di sfoltire notevolmente il lavoro degli uffici della riscossione da atti che possono essere oggetto di opposizione e da cui con tutta probabilità non deriverebbero vantaggi dal punto di vista del gettito, e che quindi contribuiscono a rallentare l'attività di esazione di imposte e sanzioni;
    l'articolo 6 del provvedimento prevede al comma 5 una delega al Governo volta ad ampliare l'ambito applicativo della rateizzazione dei debiti tributari anche al fine di garantire l'efficienza e l'efficacia dell'attività di riscossione;
    la previsione per legge di una sospensione immediata dell'attività di riscossione in caso di presentazione di istanza di autotutela del debitore ovvero per invalidità del titolo esecutivo colmerebbe un vuoto normativo, rendendo un semplice atto d'autotutela, che in precedenza era lasciato alla semplice facoltà delle società incaricate per la riscossione dei tributi, obbligatorio ex lege, autorizzando le stesse alla cancellazione d'ufficio, automatica, dei tributi e sanzioni amministrative prescritte,

impegna il Governo

ad emanare un provvedimento che preveda la sospensione immediata da parte degli enti e delle società incaricate per la riscossione dei tributi, di ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente indicati dal debitore, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall'ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l'avviso per i quali si procede, sono stati interessati da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente alla consegna del ruolo al concessionario della riscossione; da un provvedimento di sgravio emesso dall'ente creditore; da una sospensione amministrativa comunque concessa dall'ente creditore; da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell'ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte; da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell'ente creditore; da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.
9/282-A/16Sannicandro, Ragosta, Paglia, Lavagno.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 2, comma 1, lettera l) del provvedimento stabilisce per l'attribuzione del valore patrimoniale e della rendita per le unità immobiliari riconosciute d'interesse storico ed artistico, un criterio di abbattimento che tenga conto degli oneri di manutenzione e conservazione, dei vincoli legislativi alla destinazione, all'utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;
    gli immobili di interesse storico sono spesso adibiti ad abitazione od utilizzati per ricevimenti o per l'esercizio di attività commerciali come banche, grandi alberghi di lusso o sale da the, etc., hanno goduto negli ultimi anni di ingiustificati vantaggi fiscali, essendo stati i beneficiari di numerose disposizioni fiscali di favore. Tali disposizioni prevedono, ad esempio, che il reddito fondiario derivante dagli stessi venga calcolato applicando la tariffa d'estimo minore tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria dove è ubicato l'immobile a prescindere da eventuale locazione a canone più alto;
    in un momento di crisi come quello attuale, nel quale vengono richiesti sacrifici a tutti, occorre riflettere su tutti gli aspetti del regime fiscale agevolato concesso agli immobili sottoposti a vincolo storico-artistico, per esempio, escludendo dai benefici quelli destinati ad attività economico-commerciali,

impegna il Governo

a tener conto, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 2 del provvedimento, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico e artistico, come individuate ai sensi dell'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ai fini dell'attribuzione del valore patrimoniale e della rendita, la lo effettiva destinazione d'uso.
9/282-A/17Fratoianni, Lavagno, Paglia, Ragosta.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 2, comma 1, lettera l) del provvedimento stabilisce per l'attribuzione del valore patrimoniale e della rendita per le unità immobiliari riconosciute d'interesse storico ed artistico, un criterio di abbattimento che tenga conto degli oneri di manutenzione e conservazione, dei vincoli legislativi alla destinazione, all'utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;
    gli immobili di interesse storico sono spesso adibiti ad abitazione od utilizzati per ricevimenti o per l'esercizio di attività commerciali come banche, grandi alberghi di lusso o sale da the, etc., hanno goduto negli ultimi anni di ingiustificati vantaggi fiscali, essendo stati i beneficiari di numerose disposizioni fiscali di favore. Tali disposizioni prevedono, ad esempio, che il reddito fondiario derivante dagli stessi venga calcolato applicando la tariffa d'estimo minore tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria dove è ubicato l'immobile a prescindere da eventuale locazione a canone più alto;
    in un momento di crisi come quello attuale, nel quale vengono richiesti sacrifici a tutti, occorre riflettere su tutti gli aspetti del regime fiscale agevolato concesso agli immobili sottoposti a vincolo storico-artistico, per esempio, escludendo dai benefici quelli destinati ad attività economico-commerciali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tener conto, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 2 del provvedimento, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico e artistico, come individuate ai sensi dell'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ai fini dell'attribuzione del valore patrimoniale e della rendita, la lo effettiva destinazione d'uso.
9/282-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Fratoianni, Lavagno, Paglia, Ragosta.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 14 delega il Governo ad attuare il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio:
    il comma 2, lettera e) del suddetto articolo, stabilisce infatti che il riordino del settore del cosiddetto gaming debba attuarsi garantendo l'applicazione di regole trasparenti ed uniformi sull'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, con adeguate forme di partecipazione dei comuni competenti per territorio, nel rispetto delle loro attribuzioni, al procedimento di autorizzazione e di pianificazione;
    i comuni sono pertanto chiamati, insieme allo Stato, a partecipare al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, attraverso la predisposizione dei piani regolatori per la localizzazione delle sale da gioco;
    la norma rappresenta una risposta a quei comuni, oltre 160, che avevano sottoscritto il «Manifesto dei sindaci per la legalità contro il gioco d'azzardo», e con cui gli amministratori chiedevano di avere più poteri di programmazione, controllo ed ordinanza per contrastare il fenomeno del gioco d'azzardo e limitarne le conseguenze sociali sui territori che amministrano. Negli ultimi dieci anni, infatti, il territorio urbano è stato via via occupato capillarmente da istallazioni di gioco di alea generando rilevanti problemi di pertinenza delle amministrazioni comunali, provinciali e delle Asl;
    la richiamata uniformità di regole sull'intero territorio nazionale può essere garantita solo grazie al contributo di un interlocutore come l'ANCI, l'associazione nazionale dei comuni maggiormente rappresentativa, che, con il suo 90 per cento di adesioni, vanta un radicamento assai saldo nel tessuto sociale geografico e culturale italiano,

impegna il Governo

ad avvalersi, in occasione della predisposizione di norme in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, della consulenza dell'ANCI, anche al fine di realizzare in maniera compiuta l'uniformità territoriale della disciplina.
9/282-A/18Quaranta, Ragosta, Paglia, Lavagno, Basso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, prevede all'articolo 15 una delega al Governo al fine di introdurre nuove forme di fiscalità ambientale, assicurando la compatibilità delle politiche fiscali con lo sviluppo sostenibile;
    detta previsione, anche se estremamente generica nella sua stesura, va valutata positivamente, seppure debba ovviamente essere coordinata con la normativa europea in materia, con particolare riferimento alla tassazione dei prodotti energetici;
    peraltro la prevista revisione del finanziamento dei sussidi alle fonti energetiche rinnovabili, non deve però penalizzare il settore delle rinnovabili, che rappresenta comunque uno dei punti di forza della green economy,
    un contributo decisivo alla crescita di nuova e qualificata occupazione, deve venire dalla riduzione del costo del lavoro, e in particolare quello generato dalla green economy, e contestualmente da una mirata politica fiscale che favorisca lo sviluppo sostenibile e disincentivi le produzioni maggiormente inquinanti;
    è indispensabile infatti ri-orientare, almeno per alcuni aspetti, l'attuale sistema impositivo, favorendo una diversa allocazione delle risorse verso modelli di sviluppo più sostenibili, basati su di una combinazione ottimale tra ambiente, sviluppo ed occupazione;
    senza aumentarlo, il carico fiscale – in coerenza con le raccomandazioni dei principali organismi internazionali – deve essere gradualmente alleggerito sul fattore lavoro e proporzionalmente appesantito sul fattore natura, cioè sul consumo di energia e materiali e sulla emissione di sostanze dannose. Si otterrebbero così «doppi dividendi»: per l'occupazione e per l'ambiente;
    è noto che le emissioni di gas serra sono cresciute più che proporzionalmente alla capacità di smaltimento del pianeta. I rischi connessi ai cambiamenti climatici sono in aumento e pertanto sono necessari ulteriori sforzi per avviare un percorso di crescita sostenibile nel medio e nel lungo periodo;
    l'attuale modello di sviluppo, ancora troppo dipendente dai composti del carbonio, deve quindi essere sostituito gradualmente, ma con convinzione, da un nuovo modello basato su un sempre minore uso di combustibili tradizionali. Inevitabilmente questo deve comportare sempre più una modifica nei sistemi fiscali e di produzione, oltre che nei comportamenti di consumo,

impegna il Governo:

   a prevedere, nelle more dell'emanazione dei previsti decreti legislativi attuativi di nuove forme di fiscalità ambientale, un aumento della tassa sulle emissioni di anidride solforosa di ossidi di azoto per i grandi impianti di combustione, al fine di consentire un trasferimento di risorse dalle imprese più responsabili delle emissioni inquinanti, a quelle che invece contribuiscono alla diminuzione dei gas serra;
   a prevedere che una quota consistente delle risorse derivanti dalla vendila delle quote di emissioni di CO2 (ETS) sia finalizzata a sostenere le energie rinnovabili e la promozione dell'occupazione «verde».
9/282-A/19Zan, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, prevede all'articolo 15 una delega al Governo al fine di introdurre nuove forme di fiscalità ambientale, assicurando la compatibilità delle politiche fiscali con lo sviluppo sostenibile;
    detta previsione, anche se estremamente generica nella sua stesura, va valutata positivamente, seppure debba ovviamente essere coordinata con la normativa europea in materia, con particolare riferimento alla tassazione dei prodotti energetici;
    peraltro la prevista revisione del finanziamento dei sussidi alle fonti energetiche rinnovabili, non deve però penalizzare il settore delle rinnovabili, che rappresenta comunque uno dei punti di forza della green economy,
    un contributo decisivo alla crescita di nuova e qualificata occupazione, deve venire dalla riduzione del costo del lavoro, e in particolare quello generato dalla green economy, e contestualmente da una mirata politica fiscale che favorisca lo sviluppo sostenibile e disincentivi le produzioni maggiormente inquinanti;
    è indispensabile infatti ri-orientare, almeno per alcuni aspetti, l'attuale sistema impositivo, favorendo una diversa allocazione delle risorse verso modelli di sviluppo più sostenibili, basati su di una combinazione ottimale tra ambiente, sviluppo ed occupazione;
    senza aumentarlo, il carico fiscale – in coerenza con le raccomandazioni dei principali organismi internazionali – deve essere gradualmente alleggerito sul fattore lavoro e proporzionalmente appesantito sul fattore natura, cioè sul consumo di energia e materiali e sulla emissione di sostanze dannose. Si otterrebbero così «doppi dividendi»: per l'occupazione e per l'ambiente;
    è noto che le emissioni di gas serra sono cresciute più che proporzionalmente alla capacità di smaltimento del pianeta. I rischi connessi ai cambiamenti climatici sono in aumento e pertanto sono necessari ulteriori sforzi per avviare un percorso di crescita sostenibile nel medio e nel lungo periodo;
    l'attuale modello di sviluppo, ancora troppo dipendente dai composti del carbonio, deve quindi essere sostituito gradualmente, ma con convinzione, da un nuovo modello basato su un sempre minore uso di combustibili tradizionali. Inevitabilmente questo deve comportare sempre più una modifica nei sistemi fiscali e di produzione, oltre che nei comportamenti di consumo,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nelle more dell'emanazione dei previsti decreti legislativi attuativi di nuove forme di fiscalità ambientale, un aumento della tassa sulle emissioni di anidride solforosa di ossidi di azoto per i grandi impianti di combustione, al fine di consentire un trasferimento di risorse dalle imprese più responsabili delle emissioni inquinanti, a quelle che invece contribuiscono alla diminuzione dei gas serra;
   a prevedere che una quota consistente delle risorse derivanti dalla vendila delle quote di emissioni di CO2 (ETS) sia finalizzata a sostenere le energie rinnovabili e la promozione dell'occupazione «verde».
9/282-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Zan, Zaratti, Pellegrino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale del 23 gennaio 2002 istituisce una lista di paesi, considerati a regime fiscale privilegiato, caratterizzati da una tassazione sensibilmente inferiore e dalla mancanza di un adeguato scambio di informazioni, per i quali vige la regola dell'indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese nei relativi territori ai fini dell'applicazione dell'articolo 76, comma 7-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, quale risulta modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 novembre 2000, n. 342;
    il decreto ministeriale del 21 novembre 2001 individua una lista di paesi, considerati a regime fiscale privilegiato, per i quali vige la regola sulle «controlled foreign companies» ai fini dell'applicazione dell'articolo 127-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
    il decreto ministeriale del 4 maggio 1999 individua una lista paesi, considerati a regime fiscale privilegiato, per i quali vige l'inversione dell'onere della prova per la residenza ai fini dell'applicazione dell'articolo 2, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
   considerato che:
    attraverso l'ausilio delle cosiddette «triangolazioni societarie» è possibile utilizzare società domiciliate in uno Stato «intermediario», membro o meno dell'Unione europea, non inserito nelle liste di cui ai suddetti decreti ministeriali, per eludere l'applicazione dei citati decreti e delocalizzare fondi in Stati caratterizzati da una tassazione sensibilmente inferiore e dalla mancanza di un adeguato scambio di informazioni;
    un'adeguata soluzione alla problematica prospettata risulterebbe essere l'istituzione di una «Black List» europea o internazionale, realizzata sulla base delle disposizioni contenute nei suddetti decreti ministeriali,

impegna il Governo

a promuovere, nelle sedi istituzionali dell'Unione europea e delle Organizzazioni internazionali, l'istituzione di una Black List, nella quale inserire gli Stati aventi un regime fiscale privilegiato, al fine di evitare l'elusione delle disposizioni indicate nel decreto ministeriale 23 gennaio 2002, decreto ministeriale del 21 novembre 2001 e decreto ministeriale del 4 maggio 1999.
9/282-A/20Pesco, Cancelleri, Ruocco, Pisano, Villarosa, Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale del 23 gennaio 2002 istituisce una lista di paesi, considerati a regime fiscale privilegiato, caratterizzati da una tassazione sensibilmente inferiore e dalla mancanza di un adeguato scambio di informazioni, per i quali vige la regola dell'indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese nei relativi territori ai fini dell'applicazione dell'articolo 76, comma 7-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, quale risulta modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 novembre 2000, n. 342;
    il decreto ministeriale del 21 novembre 2001 individua una lista di paesi, considerati a regime fiscale privilegiato, per i quali vige la regola sulle «controlled foreign companies» ai fini dell'applicazione dell'articolo 127-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
    il decreto ministeriale del 4 maggio 1999 individua una lista paesi, considerati a regime fiscale privilegiato, per i quali vige l'inversione dell'onere della prova per la residenza ai fini dell'applicazione dell'articolo 2, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
   considerato che:
    attraverso l'ausilio delle cosiddette «triangolazioni societarie» è possibile utilizzare società domiciliate in uno Stato «intermediario», membro o meno dell'Unione europea, non inserito nelle liste di cui ai suddetti decreti ministeriali, per eludere l'applicazione dei citati decreti e delocalizzare fondi in Stati caratterizzati da una tassazione sensibilmente inferiore e dalla mancanza di un adeguato scambio di informazioni;
    un'adeguata soluzione alla problematica prospettata risulterebbe essere l'istituzione di una «Black List» europea o internazionale, realizzata sulla base delle disposizioni contenute nei suddetti decreti ministeriali,

impegna il Governo

a promuovere, nelle sedi istituzionali dell'Unione europea e delle Organizzazioni internazionali un'azione coordinata atta a contrastare gli Stati che non permettano un adeguato scambio di informazioni.
9/282-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pesco, Cancelleri, Ruocco, Pisano, Villarosa, Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    gli interventi di green economy sono un importante volano per la ripresa dell'economia italiana dalla grave e prolungata crisi economica in atto, perché consentono di coniugare l'obiettivo di maggiore competitività e di modernizzazione del Paese con un modello di sviluppo sostenibile per l'ambiente e la società, vicino alle esigenze delle persone, delle comunità e dei territori;
    l'Italia ha assunto impegni sia a livello internazionale sia a livello europeo ai fini dell'avvio di una transizione verso una economia a basso contenuto di carbonio attraverso un approccio che preveda politiche coordinate per la lotta ai cambiamenti climatici;
    il Quadro strategico comune per i fondi strutturali (QSC) presentato dalla Commissione europea, che consentirà agli Stati membri di prepararsi al prossimo periodo di programmazione, contribuendo a definire le priorità di investimento per il periodo che va dal 2014 al 2020, prevede tra gli undici obiettivi tematici tre obiettivi tesi a promuovere la green economy, in particolare il sostegno alla transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori, la promozione della mobilità sostenibile, dell'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi, nonché la tutela dell'ambiente e la promozione dell'uso efficiente delle risorse;
    la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che ha formulato un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2017, adottata il 29 maggio 2013, ha previsto che l'Italia adotti provvedimenti nel periodo 2013-2014 al fine, tra l'altro, di «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando la neutralità di bilancio»;
    in particolare entro la primavera del 2014 tutti i paesi membri dovranno presentare iniziative volte a ridurre i consumi energetici negli edifici esistenti ed entro il periodo 2019-2021 sarà fissato il termine ultimo per l'adozione di standard costruttivi per i nuovi edifici pubblici e privati che garantiscano quasi l'azzeramento di tali consumi;
    a partire dal 2007, in Italia, il perseguimento dell'obiettivo dell'efficientamento del patrimonio edilizio nazionale è stato attuato anche mediante un sistema di incentivi fiscali efficaci e semplici per il cittadino. Tra questi, particolare rilievo, hanno avuto le agevolazioni fiscali del 55 per cento, oggi del 65 per cento, per interventi di riqualificazione energetica degli edifici,

impegna il Governo

a intensificare le politiche di sostegno allo sviluppo sostenibile prevedendo, in particolare, il rafforzamento di misure fiscali che incentivino interventi e comportamenti a tutela dell'ambiente e che promuovano l'uso efficiente di risorse.
9/282-A/21Realacci, Borghi, Gadda, Cominelli, Giovanna Sanna, Braga, Carrescia, Mariani, Latronico, Dorina Bianchi, Castiello, Matarrese, D'Agostino, Decaro, Mariastella Bianchi, Manfredi, Bratti, Arlotti, Grimoldi, Morassut, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 282 Causi, C. 950 Zanetti, C. 1122 Capezzone e C. 1339 Migliore, recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita;
    sottolineato che tale testo, nell'ambito di una delega legislativa per il riordino della normativa in materia di giochi pubblici, all'articolo 14, comma 2, lettera u), reca una delega per il rilancio del settore ippico, materia oggetto di proposte di legge in corso di esame presso la Commissione Agricoltura (C. 753 Faenzi, C. 1033 Lattuca e C. 1061 L'Abbate);
    tenuto conto del parere espresso dalla Commissione Agricoltura;
    considerato che il settore ippico affronta da anni una gravissima crisi divenuta ormai strutturale, che ha una genesi lontana e che richiede un complesso di interventi anche di tipo emergenziale, senza i quali l'intera filiera rischia di scomparire,

impegna il Governo:

   a procedere nei tempi più brevi all'esercizio della delega per il rilancio del settore ippico;
   con particolare riferimento alla disciplina sulle scommesse ippiche:
    a) a prevedere l'accettazione della giocata con un appropriato periodo temporale antecedente rispetto all'inizio dell'evento sportivo ippico;
    b) ad estendere, ove possibile, la quota fissa agli eventi ippici;
    c) ad assegnare in esclusiva l'offerta di scommesse ippiche su tutto il territorio nazionale, mediante gara pubblica, a un soggetto che non abbia interessi diretti o indiretti alla distribuzione e gestione di altri tipi di scommesse;
    d) a unificare i totalizzatori per la gestione delle scommesse ippiche, prevedendo la razionalizzazione dei costi tecnici e organizzativi;
    e) a ridurre il prelievo fiscale sulle scommesse ippiche effettuate dentro e fuori dagli ippodromi, prevedendo in ogni caso che detto prelievo non possa essere superiore al prelievo fiscale meno elevato applicato ad altri tipi di scommesse offerte sul territorio nazionale;
    f) ad istituire un ufficio scommesse ippiche per l'assolvimento delle attività relative, che lavori in stretta collaborazione con la Lega ippica italiana attivando in tempi brevi, di concerto con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, le modifiche e le innovazioni necessarie al rilancio della scommessa su base ippica.
9/282-A/22Sani, Russo, Oliverio, L'Abbate, Faenzi, Catania, Fanucci, Lattuca.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 282 Causi, C. 950 Zanetti, C. 1122 Capezzone e C. 1339 Migliore, recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita;
    sottolineato che tale testo, nell'ambito di una delega legislativa per il riordino della normativa in materia di giochi pubblici, all'articolo 14, comma 2, lettera u), reca una delega per il rilancio del settore ippico, materia oggetto di proposte di legge in corso di esame presso la Commissione Agricoltura (C. 753 Faenzi, C. 1033 Lattuca e C. 1061 L'Abbate);
    tenuto conto del parere espresso dalla Commissione Agricoltura;
    considerato che il settore ippico affronta da anni una gravissima crisi divenuta ormai strutturale, che ha una genesi lontana e che richiede un complesso di interventi anche di tipo emergenziale, senza i quali l'intera filiera rischia di scomparire,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di procedere nei tempi più brevi all'esercizio della delega per il rilancio del settore ippico;
   con particolare riferimento alla disciplina sulle scommesse ippiche:
    a) a prevedere l'accettazione della giocata con un appropriato periodo temporale antecedente rispetto all'inizio dell'evento sportivo ippico;
    b) ad estendere, ove possibile, la quota fissa agli eventi ippici;
    c) ad assegnare in esclusiva l'offerta di scommesse ippiche su tutto il territorio nazionale, mediante gara pubblica, a un soggetto che non abbia interessi diretti o indiretti alla distribuzione e gestione di altri tipi di scommesse;
    d) a unificare i totalizzatori per la gestione delle scommesse ippiche, prevedendo la razionalizzazione dei costi tecnici e organizzativi;
    e) a ridurre il prelievo fiscale sulle scommesse ippiche effettuate dentro e fuori dagli ippodromi, prevedendo in ogni caso che detto prelievo non possa essere superiore al prelievo fiscale meno elevato applicato ad altri tipi di scommesse offerte sul territorio nazionale;
    f) ad istituire un ufficio scommesse ippiche per l'assolvimento delle attività relative, che lavori in stretta collaborazione con la Lega ippica italiana attivando in tempi brevi, di concerto con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, le modifiche e le innovazioni necessarie al rilancio della scommessa su base ippica.
9/282-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sani, Russo, Oliverio, L'Abbate, Faenzi, Catania, Fanucci, Lattuca.


   La Camera,
   premesso che:
    il comune di Campione d'Italia è una «enclave italiana in territorio svizzero» e quindi territorio esterno alla linea doganale italiana e comunitaria, sostanzialmente inserito nel sistema socio-economico-infrastrutturale della Confederazione Elvetica;
    la particolarità doganale del comune di Campione D'Italia ha pertanto determinato nel tempo attraverso norme specifiche, necessitate consuetudini, convenzioni tra l'Italia e la Svizzera e accordi bilaterali con il Canton Ticino, situazioni economiche, sociali e giuridiche del tutto eccezionali, tra le quali le seguenti:
     Campione d'Italia è compreso nei territori italiani indicati al paragrafo 2, articolo 3 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977 e, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, recante la istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, in relazione all'articolo 7 che definisce la territorialità dell'imposta, si intende escluso dal territorio della Repubblica Italiana;
     la moneta corrente è il franco svizzero;
     il bilancio del comune è espresso in franchi svizzeri;
     gli stipendi sono corrisposti in franchi svizzeri;
     i servizi telefonici sono svizzeri;
     i veicoli sono immatricolati in Svizzera e di conseguenza sono svizzere le patenti guida dei cittadini campionesi;
     l'assistenza sanitaria ai cittadini è garantita da un sistema misto in base ad un accordo stipulato dal comune di Campione con l'ASL di Como e la regione Lombardia che consente l'accesso ad operatori e strutture ospedaliere del Canton Ticino;
     i bambini nascono nelle cliniche e negli ospedali di Lugano;
     i morti vengo cremati presso il cimitero di Lugano;
     le assicurazioni sono prevalentemente svizzere;
     l'ufficio postale di Campione, dove lavorano dipendenti comunali, riceve ed invia alla Posta di Lugano la corrispondenza destinata in Italia;
     il calendario scolastico delle scuole elementari e medie è quello valido per il Canton Ticino;
     molti ragazzi frequentano le scuole medie e superiori del Canton Ticino;
     non esistono collegamenti di trasporto pubblico con l'Italia;
     i rifiuti solidi urbani sono smaltiti secondo le modalità e le normative svizzere e nei siti svizzeri;
     il pronto intervento dei Vigili del Fuoco è assicurato dal comune svizzero di Melide;
     i contratti di locazione, ivi compresi quelli del comune di Campione, sono stipulati in franchi svizzeri;
     tutte le merci importate in Campione dall'Italia sono considerate extradoganali dal diritto italiano e comunitario;
     il mercato di riferimento per l'acquisizione dei beni e dei servizi è quello svizzero;
    complessivamente è del tutto evidente come questa situazione di exclave determini condizioni assolutamente uniche che producono spesso effetti distorsivi e penalizzanti sul piano anche della normativa fiscale a carico di cittadini ed imprese del comune di Campione d'Italia;
    in relazione a tale peculiare condizione dal dopoguerra ad oggi, il comune di Campione d'Italia ha visto introdurre per le imprese e le persone del suo territorio, strumenti specifici di disciplina fiscale intese ad attutire le differenze di regime e quindi di condizioni di concorrenza dovute al particolare posizionamento fuori dai confini nazionali e all'inserimento nel sistema economico elvetico;
    le misure fiscali esistenti, fatto salvo il regime IVA, non presentano un approccio organico e hanno finito per costituire semplici strumenti compensativi, che hanno infine avuto scarsa efficacia sul sistema delle piccole e medie imprese campionesi, oggi quasi scomparse di fronte alla concorrenza territoriale elvetica, favorita anche dalla diversa organizzazione amministrativa,

impegna il Governo

nell'esercizio complessivo della delega fiscale, con particolare riferimento alle previsioni di cui all'articolo 12, comma 1, lettera b), e con le modalità ed i provvedimenti che riterrà opportuni, a tenere conto delle peculiarità del comune di Campione d'Italia a partire da un approccio organico e complessivo in materia fiscale in relazione alla sua condizione di extraterritorialità e delle sue conseguenze per cittadini e imprese.
9/282-A/23Guerra, Pastorino, Giuseppe Guerini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'acquisto intracomunitario di bovini vivi sconta l'IVA nella misura del 10 per cento;
    in ordine alle modalità ed ai termini per il versamento dell'imposta all'acquisto possiamo avere due situazioni:
     1) l'impresa agricola effettua direttamente l'acquisto dal fornitore francese , tedesco o polacco ed opera in regime normale IVA. In questo caso integra la fattura del cedente comunitario emessa senza imposta, dell'IVA italiana del 10 per cento. La fattura viene registrata sia nel registro acquisti che in quello delle vendite; quindi l'imposta si compensa e non viene versata al momento dell'acquisto. Di fatto l'IVA viene versata al momento della vendita degli animali a fine ciclo in quanto tutta l'IVA addebitata al cliente è dovuta (meno quella pagata sui mangimi).
     2) Nella medesima situazione di cui al punto 1 in cui però l'impresa agricola rientra nel regime speciale di cui all'articolo 34 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. In questo caso la fattura comunitaria registrata nel registro acquisti non è detraibile e quindi l'IVA relativa all'acquisto comunitario viene versata entro il giorno 16 del secondo mese successivo a quello in cui la fattura è stata ricevuta (oppure entro il giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre per le imprese con volume d'affari non superiore a 516.000 euro);
    nell'ipotesi 2) si sono verificate nel tempo delle frodi in quanto il commerciante (se assume la funzione di impresa cartiera) pur ricevendo la fattura comunitaria ed emettendo la fattura all'allevatore acquirente non versa l'IVA;
    la soluzione a questo fenomeno è l'inversione contabile nel senso di non lasciare in mano al commerciante «cartiera» l'imposta. Infatti con tale meccanismo definito «reverse charge» anche il commerciante italiano emette fattura senza IVA e quindi non può truffare lo Stato in quanto non viene in possesso dell'imposta. L'acquirente agricoltore riceve quindi una fattura italiana senza IVA e la applica secondo la procedura di cui ai punti 1 e 2;
    ai sensi della normativa vigente in materia; il cosiddetto «reverse charge», di cui all'articolo 17, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, può essere applicato alle «ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006», ovvero individuate con decreto regolamentare nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione del Consiglio dell'unione europea, che delibera all'unanimità su proposta della Commissione, ad introdurre misure speciali di deroga allo scopo di evitare elusioni o evasioni fiscali;
    nel caso di specie, non si può procedere alla modifica legislativa dell'articolo 17, comma 6, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ma occorre emanare apposito regolamento ministeriale ai sensi del predetto articolo 17, comma 7, che annoveri il commercio di animali;
    ad oggi, risulta essere stato emanato il solo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 10 luglio 2012, recante «Applicazione dell'inversione contabile alle prestazioni edili rese nell'ambito dell'Expo Milano 2015»,

impegna il Governo

ad avviare le previste procedure per una nuova ipotesi di applicazione del cosiddetto «reverse charge» che comprenda le cessioni di bovini vivi (voce doganale 01.02) e loro carni (voce doganale 02.01) effettuate da soggetti diversi dal produttori agricoli di cui all'articolo 34 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
9/282-A/24D'Arienzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'acquisto intracomunitario di bovini vivi sconta l'IVA nella misura del 10 per cento;
    in ordine alle modalità ed ai termini per il versamento dell'imposta all'acquisto possiamo avere due situazioni:
     1) l'impresa agricola effettua direttamente l'acquisto dal fornitore francese , tedesco o polacco ed opera in regime normale IVA. In questo caso integra la fattura del cedente comunitario emessa senza imposta, dell'IVA italiana del 10 per cento. La fattura viene registrata sia nel registro acquisti che in quello delle vendite; quindi l'imposta si compensa e non viene versata al momento dell'acquisto. Di fatto l'IVA viene versata al momento della vendita degli animali a fine ciclo in quanto tutta l'IVA addebitata al cliente è dovuta (meno quella pagata sui mangimi).
     2) Nella medesima situazione di cui al punto 1 in cui però l'impresa agricola rientra nel regime speciale di cui all'articolo 34 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. In questo caso la fattura comunitaria registrata nel registro acquisti non è detraibile e quindi l'IVA relativa all'acquisto comunitario viene versata entro il giorno 16 del secondo mese successivo a quello in cui la fattura è stata ricevuta (oppure entro il giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre per le imprese con volume d'affari non superiore a 516.000 euro);
    nell'ipotesi 2) si sono verificate nel tempo delle frodi in quanto il commerciante (se assume la funzione di impresa cartiera) pur ricevendo la fattura comunitaria ed emettendo la fattura all'allevatore acquirente non versa l'IVA;
    la soluzione a questo fenomeno è l'inversione contabile nel senso di non lasciare in mano al commerciante «cartiera» l'imposta. Infatti con tale meccanismo definito «reverse charge» anche il commerciante italiano emette fattura senza IVA e quindi non può truffare lo Stato in quanto non viene in possesso dell'imposta. L'acquirente agricoltore riceve quindi una fattura italiana senza IVA e la applica secondo la procedura di cui ai punti 1 e 2;
    ai sensi della normativa vigente in materia; il cosiddetto «reverse charge», di cui all'articolo 17, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, può essere applicato alle «ulteriori operazioni individuate dal Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, in base alla direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006», ovvero individuate con decreto regolamentare nelle ipotesi in cui necessita la preventiva autorizzazione del Consiglio dell'unione europea, che delibera all'unanimità su proposta della Commissione, ad introdurre misure speciali di deroga allo scopo di evitare elusioni o evasioni fiscali;
    nel caso di specie, non si può procedere alla modifica legislativa dell'articolo 17, comma 6, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ma occorre emanare apposito regolamento ministeriale ai sensi del predetto articolo 17, comma 7, che annoveri il commercio di animali;
    ad oggi, risulta essere stato emanato il solo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 10 luglio 2012, recante «Applicazione dell'inversione contabile alle prestazioni edili rese nell'ambito dell'Expo Milano 2015»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare le previste procedure per una nuova ipotesi di applicazione del cosiddetto «reverse charge» che comprenda le cessioni di bovini vivi (voce doganale 01.02) e loro carni (voce doganale 02.01) effettuate da soggetti diversi dal produttori agricoli di cui all'articolo 34 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
9/282-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Arienzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, con il presente provvedimento, è delegato ad introdurre, con uno o più decreti legislativi, norme per il riordino della disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali;
    tra le finalità, espressamente previste dal legislatore, di tali norme vi è quella di assoggettare le attività di riscossione coattiva a regole pubblicistiche, a garanzia dei contribuenti, prevedendo, in particolare, che gli enti locali possano riscuotere i tributi e le altre entrate con lo strumento del ruolo esclusivamente in forma diretta o con società interamente partecipate ovvero avvalendosi delle società del gruppo Equitalia, subordinatamente alla trasmissione a queste ultime di informazioni idonee all'identificazione della natura e delle ragioni del credito, con la relativa documentazione;
    lo «sdoppiamento» ruolo-ingiunzione, attualmente previsto dalla norma di delega, appare incoerente con il primo criterio direttivo previsto dalla delega, che prevede la revisione dell'ultracentenaria disciplina dell'ingiunzione fiscale (RD 639/1910), recependo le procedure e gli istituti della disciplina esattoriale (Decreto del Presidente della Repubblica 602 del 1973);
    l'ingiunzione fiscale rappresenta un valido ed attuale strumento per l'ente locale nella riscossione diretta, in quanto – rispetto all'incertezza delle riscossioni coattive a seguito ruolo permette rapidità di compilazione e di notificazione, impatto sul contribuente, minor tempo per il pagamento, diretto controllo delle fasi di riscossione, effettività della riscossione, disponibilità delle somme in tempo reale e monitoraggio degli accreditamenti;
    è opportuno omogeneizzare l'intera materia di riscossione tra i vari soggetti riscossori in modo da consentire un efficace contrasto dell'evasione fiscale che è un compito fondamentale dell'amministrazione tributaria anche degli enti locali;
    occorre razionalizzare il sistema di riscossione in modo da renderlo trasparente ed incentivante;
    è opportuno che i soggetti iscritti all'albo dei riscossori ex articolo 53 del Decreto legislativo n. 446 del 1997 possano supportare gli enti locali nella riscossione ed accertamento di tutte le proprie entrate tributarie e non tributarie;
    appare necessario ed opportuno che gli enti locali possano consentire la massima partecipazione della concorrenza sul mercato della riscossione in modo da poter scegliere gli strumenti di riscossione e i soggetti riscossori in base all'efficacia, efficienza, trasparenza, ed economicità nonché in base alle proprie esigenze,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le iniziative normative volte ad ampliare gli strumenti e ad allargare la platea dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c, n. 6 a riscuotere i tributi e le altre entrate per gli enti locali includendovi anche le società sottoposte a controllo pubblico e i soggetti di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
9/282-A/25Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame delega il Governo a emanare una serie di disposizioni volte a una riforma della disciplina del gioco pubblico, un settore che si è sviluppato negli ultimi anni in modo abnorme sul territorio nazionale, generando problemi di carattere urbanistico, sociale, sanitario e di ordine pubblico, per i suoi impatti potenzialmente negativi, tra cui la dipendenza patologica al gioco (Gap), il controllo del settore da parte della criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro sporco e le partire truccate;
    il comparto del gioco in Italia sta occupando un sempre maggiore peso economico, tanto da superare come fatturato complessivo quello di altri settori strategici come quello automobilistico; e, tuttavia, con sempre minori benefici fiscali per lo Stato, diminuzione sono, infatti, gli attesi gettiti erariali. Già nel 2010 il settore dei giochi aveva un fatturato in crescita di 7 miliardi di euro (da 54 miliardi e 330 milioni di euro del 2009 si era passati a 61 miliardi 400 milioni di euro nel 2010), mentre l'incremento di entrate per lo Stato era diminuito (da 8 miliardi 800 milioni di euro del 2009 a 8 miliardi 730 milioni di euro nel 2010). Nel 2011 a fronte di un fatturato vicino agli 80 miliardi di euro (quasi venti miliardi in più del 2010) le entrate erariali per lo Stato sono rimaste stabili. Per il 2012 si confermano in calo sia i dati relativi alla raccolta che alle entrate erariali, nonostante la moltiplicazione dell'offerta di giochi. A ciò va aggiunto che lo Stato dovrà farsi carico di maggiori spese che peseranno sulla collettività per far fronte al crescente numero di persone affette da dipendenza da gioco d'azzardo patologico;
    sebbene l'allargamento dei giochi in concessione sia motivato con la necessità di sottrarre risorse al mercato illegale dell'azzardo, spesso gestito da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in quasi tutti i settori del gioco legale e illegale sono emersi preoccupanti punti di contatto con esponenti della criminalità organizzata, puntualmente dimostrati dalle inchieste delle Forze di polizia e della magistratura;
    durante l'esame in sede referente in Commissione, per quanto attiene l'articolo 14, sono stati apportati significativi miglioramenti, grazie anche all'attività emendativa del gruppo del PD, volta a rafforzare i principi e criteri direttivi di delega, in direzione di: una maggiore tutela dei cittadini e una riduzione dell'offerta di giochi e delle relative concessioni; un maggiore controllo e trasparenza degli operatori del settore mediante misure di contrasto dei legami fra gioco e criminalità organizzata; un riordino legislativo nel settore mediante l'introduzione di un testo unico dei giochi, in sostituzione di una legislazione farraginosa e dislocata in numerosi provvedimenti in modo disorganico tale da produrre opacità e contenziosi; il riordino delle disposizioni in materia erariale al fine di armonizzare le disposizioni relative agli aggi, ai payout e al prelievo, ad oggi molto eterogenee fra i diversi tipi di gioco; la previsione di nuove forme di partecipazione dei comuni ai processi di autorizzazione e controllo, con l'assegnazione ai medesimi di un innovativo potere in materia di pianificazione della dislocazione dei locali e dei punti vendita, anche mediante le previsione del rispetto di parametri di distanza da luoghi socialmente sensibili su tutto il territorio nazionale; un rafforzamento della disciplina in materia di trasparenza, requisiti soggettivi e conflitti di interesse per i concessionari e i soggetti che operano nelle filiere dell'offerta di giochi; una razionalizzazione della rete, al fine di ridurne la diffusione e di concentrarla in ambienti sicuri e controllati; una riforma del sistema sanzionatorio, con particolare riferimento al gioco on-line; il concorso dello Stato, mediante la previsione di uno specifico Fondo, per il finanziamento delle azioni di contrasto della patologia del gioco d'azzardo patologico; il potenziamento del monitoraggio, controllo e verifica circa le disposizioni vigenti in materia di pubblicità di giochi;
    nonostante i miglioramenti introdotti alla disciplina vigente in materia, le modifiche necessiteranno di un riesame puntuale in sede attuativa; anche in considerazione di ciò è necessario che il Parlamento abbia gli strumenti per monitorare costantemente il comparto dei giochi, allo scopo di intervenire in modo adeguato e tempestivo rispetto all'evolversi del fenomeno, avendo contezza delle sue conseguenze complessive sul piano economico, sociale, della salute e dell'ordine pubblico,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di attuazione della delega legislativa di cui all'articolo 14, una Relazione annuale al Parlamento da redigere di concerto dai Ministeri competenti in materia, allo scopo di fornire puntualmente i dati circa il volume d'affari del comparto dei giochi, del payout, delle risorse ottenute dal regime di tassazione, dei compensi dei concessionari e gestori del comparto, delle ipotesi di risoluzione dei conflitti tributari in materia, nonché dei dati sulla dipendenza da gioco patologica, avendo anche particolare riguardo, successivamente all'entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione, all'analisi di impatto circa le modifiche normative apportate alla vigente disciplina.
9/282-A/26Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame delega il Governo a emanare una serie di disposizioni volte a una riforma complessiva della disciplina del gioco pubblico; un settore che si è sviluppato negli ultimi anni in modo abnorme sul territorio nazionale, generando problemi di carattere urbanistico, sociale, sanitario e di ordine pubblico, per i suoi impatti potenzialmente negativi, tra cui assuefazione e dipendenza patologica al gioco, controllo del settore da parte della criminalità organizzata, riciclaggio di denaro sporco e partire truccate;
    il comparto del gioco in Italia sta occupando un sempre maggiore peso economico, tanto da superare come fatturato complessivo quello di altri settori strategici come quello automobilistico; e, tuttavia, con sempre minori benefici fiscali per lo Stato, in diminuzione sono, infatti, gli attesi gettiti erariali. Già nel 2010 il settore dei giochi aveva un fatturato in crescita di 7 miliardi di euro (da 54 miliardi e 330 milioni di euro del 2009 si era passati a 61 miliardi 400 milioni di euro nel 2010), mentre l'incremento di entrate per lo Stato era diminuito (da 8 miliardi 800 milioni di euro del 2009 a 8 miliardi 730 milioni di euro nel 2010). Nel 2011 a fronte di un fatturato vicino agli 80 miliardi di euro (quasi venti miliardi in più del 2010) le entrate erariali per lo Stato sono rimaste stabili. Per il 2012 si confermano in calo sia i dati relativi alla raccolta che alle entrate erariali, nonostante la moltiplicazione dell'offerta di giochi. A ciò va aggiunto che lo Stato dovrà farsi carico di maggiori spese che peseranno sulla collettività per far fronte al crescente numero di persone affette da dipendenza da gioco d'azzardo patologico;
    la necessità di una riforma complessiva del suddetto comparto e di un rafforzamento delle misure di contrasto del gioco d'azzardo è questione urgente e prioritaria non solo per il nostro Paese. Occorre che una disciplina più stringente per il settore a tutela del cittadino sia accompagnata da interventi legislativi innovativi anche in ambito europeo;
    i servizi di gioco d'azzardo sono disciplinati dall'articolo 56 del Trattato sul funzionamento della Unione europea (TFUE) relativo alla libera prestazione dei servizi, per i quali sono previste, in via eccezionale, restrizioni proporzionate e giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico, quali la tutela dei consumatori e il mantenimento dell'ordine pubblico;
    i servizi di gioco d'azzardo non sono regolamentati da una normativa europea specifica, pur essendo soggetti alle disposizioni di alcune direttive su specifiche materie, come quelle inerenti alle pratiche commerciali sleali, al riciclaggio di proventi di attività criminose, alla protezione dei dati personali, ai servizi media televisivi, ecc.;
    come ribadito in numerose semenze dalla Corte di giustizia europea, i servizi di gioco d'azzardo non rappresentano un normale servizio e dunque sono sottratti all'applicazione della cosiddetta «direttiva servizi» del 2006; non costituendo un'attività economica ordinaria, talune norme del mercato interno – come la libertà di stabilimento, la libera prestazione dei servizi, il rispetto di una concorrenza libera e non discriminatoria e il principio del riconoscimento reciproco – non ostano a che gli Stati membri definiscano proprie misure supplementari per proteggere i giocatori o disposizioni restrittive a tutela dei consumatori e dell'ordine pubblico;
    l'allarme sul fenomeno del gioco d'azzardo, insieme agli effetti devastanti sulla popolazione più vulnerabile, è un fenomeno che travalica i confini nazionali e che sta producendo preoccupanti effetti in tutta Europa. Da un recente rapporto approvato dal Parlamento europeo risulta che il 3 per cento della popolazione europea è assuefatto al gioco d'azzardo e la Commissione europea ha di recente rilevato come il gioco on-line costituisca una delle attività di servizi che registrano la maggiore espansione nell'Unione europea: con tassi di crescita di circa il 15 per cento, con entrate stimate di circa 13 miliardi di dollari entro il 2015 e con 6,8 milioni di consumatori che partecipano a uno o più tipi di giochi;
    le differenze fra i vari approcci normativi, con particolare riferimento alle differenti normative degli Stati membri circa criteri e procedure di rilascio delle licenze, hanno favorito lo sviluppo di un significativo mercato transfrontaliero illegale nel quale sono presenti sia «mercati neri» (secondo i dati della Commissione europea, più dell'85 per cento dei giochi d'azzardo e di scommesse clandestine è gestito senza licenza), sia i «mercati grigi», con operatori titolari di regolare licenza in uno più Stati membri che forniscono servizi di gioco d'azzardo ai cittadini di altri paesi membri senza aver ottenuto una specifica autorizzazione;
    le istituzioni europee, fino ad oggi, hanno adottato solo atti non legislativi, la Commissione europea con il Libro Verde del marzo 2011 (COM(2011)128) e la Comunicazione «Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo on-line» dell'ottobre 2012 (COM(2012)596); mentre il Parlamento europeo ha adottato due risoluzioni, una del 15 novembre e l'altra recentissima del 10 settembre 2013. La Commissione europea, nel definire un piano d'azione, ha annunciato l'adozione di tre regolamenti comunitari: sulla protezione comune dei consumatori, sulla pubblicità responsabile dei giochi d'azzardo e sulla prevenzione e la lotta contro scommesse clandestine e partite truccate;
    è urgente la definizione di un quadro omogeneo a livello comunitario, con norme e standard minimi comuni che affronti, nel rispetto del principio della libera concorrenza e della libertà di stabilimento nello spazio europeo, sia la questione dell'emersione di attività economiche e finanziarie nel settore del gioco detenute in altri paesi con regimi fiscali privilegiati, sia la regolamentazione delle attività nel settore di società estere con capitale azionario anonimo e di gestori esteri operanti sul territorio nazionale, che rischiano di sfuggire agli obblighi operanti nei confronti di altri soggetti presenti sul mercato. Si tratta, tra le misure volte a contrastare il fenomeno, di impedire che un gestore di giochi d'azzardo on-line di un determinato paese possa, agevolato da Internet, operare in altri paesi in cui vigano restrizioni o divieti, senza essere soggetti ai medesimi obblighi che incombono ad altri operatori,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in tutte le sedi europee competenti per sollecitare l'urgenza dell'approvazione di una strategia comune in favore di una disciplina specifica del settore del gioco d'azzardo a livello comunitario;
   ad appoggiare, in accoglimento delle recenti raccomandazioni contenute nelle risoluzioni del Parlamento e delle Comunicazioni della Commissione europea, affinché sia disciplinato nell'ambito dello spazio europeo il mercato transfrontaliero illegale e del gioco d'azzardo on-line, sostenendo, altresì la necessità di un approccio normativo restrittivo per contrastare il gioco d'azzardo e gli intrecci economici fra gioco e criminalità organizzata operanti su scala transnazionale, per la riduzione delle opportunità di gioco, a tutela dei giocatori e della popolazione più vulnerabile e a rischio di dipendenza patologica.
9/282-A/27Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame delega il Governo a emanare una serie di disposizioni volte a una riforma della disciplina del gioco pubblico, un settore che si è sviluppato negli ultimi anni in modo abnorme sul territorio nazionale, generando problemi di carattere urbanistico, sociale, sanitario e di ordine pubblico, per i suoi impatti potenzialmente negativi, tra cui l'assuefazione e la dipendenza patologica al gioco, il controllo del settore da parte della criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro sporco e le partire truccate;
    il comparto del gioco in Italia sta occupando un sempre maggiore peso economico, tanto da superare come fatturato complessivo quello di altri settori strategici come quello automobilistico; e, tuttavia, con sempre minori benefici fiscali per lo Stato, in diminuzione sono, infatti, gli attesi gettiti erariali. Già nel 2010 il settore dei giochi aveva un fatturato in crescita di 7 miliardi di euro (da 54 miliardi e 330 milioni di euro del 2009 si era passati a 61 miliardi 400 milioni di euro nel 2010), mentre l'incremento di entrate per lo Stato era diminuito (da 8 miliardi 800 milioni di euro del 2009 a 8 miliardi 730 milioni di euro nel 2010). Nel 2011 a fronte di un fatturato vicino agli 80 miliardi di euro (quasi venti miliardi in più del 2010) le entrate erariali per lo Stato sono rimaste stabili. Per il 2012 si confermano in calo sia i dati relativi alla raccolta che alle entrate erariali, nonostante la moltiplicazione dell'offerta di giochi. A ciò va aggiunto che lo Stato dovrà farsi carico di maggiori spese che peseranno sulla collettività per far fronte al crescente numero di persone affette da dipendenza da gioco d'azzardo patologico;
    sebbene l'allargamento dei giochi in concessione sia motivato con la necessità di sottrarre risorse al mercato illegale dell'azzardo, spesso gestito da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in quasi tutti i settori del gioco legale e illegale sono emersi preoccupanti punti di contatto con esponenti della criminalità organizzata, puntualmente dimostrati dalle inchieste delle Forze di polizia e della magistratura;
    durante l'esame in sede referente in Commissione, per quanto attiene l'articolo 14, sono stati apportati significativi miglioramenti al testo, grazie anche all'attività emendativa del gruppo del PD, volta a rafforzare i principi e criteri direttivi di delega, in direzione di: una maggiore tutela dei cittadini e una riduzione dell'offerta di giochi e delle relative concessioni; un maggiore controllo e trasparenza degli operatori del settore mediante misure di contrasto dei legami fra gioco e criminalità organizzata; un riordino legislativo nel settore mediante l'introduzione di un testo unico dei giochi, in sostituzione di una legislazione farraginosa e dislocata in numerosi provvedimenti in modo disorganico tale da produrre opacità e contenziosi; il riordino delle disposizioni in materia erariale al fine di armonizzare le disposizioni relative agli aggi, ai payout e al prelievo, ad oggi molto eterogenee fra i diversi tipi di gioco; la previsione di nuove forme di partecipazione dei comuni ai processi di autorizzazione e controllo, con l'assegnazione ai medesimi di un innovativo potere in materia di pianificazione della dislocazione dei locali e dei punti vendita, anche mediante le previsione del rispetto di parametri di distanza da luoghi socialmente sensibili su tutto il territorio nazionale; un rafforzamento della disciplina in materia di trasparenza, requisiti soggettivi e conflitti di interesse per i concessionari e i soggetti che operano nelle filiere dell'offerta di giochi; una razionalizzazione della rete, al fine di ridurne la diffusione e di concentrarla in ambienti sicuri e controllati; una riforma del sistema sanzionatorio, con particolare riferimento al gioco on-line; il concorso dello Stato, mediante la previsione di uno specifico Fondo, per il finanziamento delle azioni di contrasto della patologia del gioco d'azzardo patologico; il potenziamento del monitoraggio, controllo e verifica circa le disposizioni vigenti in materia di pubblicità di giochi;
    nonostante i miglioramenti introdotti alla disciplina vigente in materia, le modifiche necessiteranno di un riesame puntuale in sede attuativa; anche in considerazione di ciò è necessario che, per quanto attiene alla previsione di un apposito Fondo per la cura della GAP, sia prevista una contribuzione economica anche da parte dei concessionari e operatori del gioco d'azzardo, affinché il peso delle conseguenze sociali di un fenomeno cui essi contribuiscono a determinare non sia a carico solamente della collettività,

impegna il Governo

a prevedere che, in sede di attuazione dell'articolo 14 in riferimento alla previsione di un Fondo finalizzato al contrasto e alla cura della patologia del gioco d'azzardo (GAP), accanto alla definizione di un concorso statale, regionale e locale, circa le risorse erariali derivanti dai giochi pubblici, sia definita anche una quota parte prelevata dalle vincite e dalla remunerazione dei concessionari.
9/282-A/28Miotto, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame delega il Governo a emanare una serie di disposizioni volte a una riforma della disciplina del gioco pubblico, un settore che si è sviluppato negli ultimi anni in modo abnorme sul territorio nazionale, generando problemi di carattere urbanistico, sociale, sanitario e di ordine pubblico, per i suoi impatti potenzialmente negativi, tra cui l'assuefazione e la dipendenza patologica al gioco, il controllo del settore da parte della criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro sporco e le partire truccate;
    il comparto del gioco in Italia sta occupando un sempre maggiore peso economico, tanto da superare come fatturato complessivo quello di altri settori strategici come quello automobilistico; e, tuttavia, con sempre minori benefici fiscali per lo Stato, in diminuzione sono, infatti, gli attesi gettiti erariali. Già nel 2010 il settore dei giochi aveva un fatturato in crescita di 7 miliardi di euro (da 54 miliardi e 330 milioni di euro del 2009 si era passati a 61 miliardi 400 milioni di euro nel 2010), mentre l'incremento di entrate per lo Stato era diminuito (da 8 miliardi 800 milioni di euro del 2009 a 8 miliardi 730 milioni di euro nel 2010). Nel 2011 a fronte di un fatturato vicino agli 80 miliardi di euro (quasi venti miliardi in più del 2010) le entrate erariali per lo Stato sono rimaste stabili. Per il 2012 si confermano in calo sia i dati relativi alla raccolta che alle entrate erariali, nonostante la moltiplicazione dell'offerta di giochi. A ciò va aggiunto che lo Stato dovrà farsi carico di maggiori spese che peseranno sulla collettività per far fronte al crescente numero di persone affette da dipendenza da gioco d'azzardo patologico;
    sebbene l'allargamento dei giochi in concessione sia motivato con la necessità di sottrarre risorse al mercato illegale dell'azzardo, spesso gestito da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in quasi tutti i settori del gioco legale e illegale sono emersi preoccupanti punti di contatto con esponenti della criminalità organizzata, puntualmente dimostrati dalle inchieste delle Forze di polizia e della magistratura;
    durante l'esame in sede referente in Commissione, per quanto attiene l'articolo 14, sono stati apportati significativi miglioramenti al testo, grazie anche all'attività emendativa del gruppo del PD, volta a rafforzare i principi e criteri direttivi di delega, in direzione di: una maggiore tutela dei cittadini e una riduzione dell'offerta di giochi e delle relative concessioni; un maggiore controllo e trasparenza degli operatori del settore mediante misure di contrasto dei legami fra gioco e criminalità organizzata; un riordino legislativo nel settore mediante l'introduzione di un testo unico dei giochi, in sostituzione di una legislazione farraginosa e dislocata in numerosi provvedimenti in modo disorganico tale da produrre opacità e contenziosi; il riordino delle disposizioni in materia erariale al fine di armonizzare le disposizioni relative agli aggi, ai payout e al prelievo, ad oggi molto eterogenee fra i diversi tipi di gioco; la previsione di nuove forme di partecipazione dei comuni ai processi di autorizzazione e controllo, con l'assegnazione ai medesimi di un innovativo potere in materia di pianificazione della dislocazione dei locali e dei punti vendita, anche mediante le previsione del rispetto di parametri di distanza da luoghi socialmente sensibili su tutto il territorio nazionale; un rafforzamento della disciplina in materia di trasparenza, requisiti soggettivi e conflitti di interesse per i concessionari e i soggetti che operano nelle filiere dell'offerta di giochi; una razionalizzazione della rete, al fine di ridurne la diffusione e di concentrarla in ambienti sicuri e controllati; una riforma del sistema sanzionatorio, con particolare riferimento al gioco on-line; il concorso dello Stato, mediante la previsione di uno specifico Fondo, per il finanziamento delle azioni di contrasto della patologia del gioco d'azzardo patologico; il potenziamento del monitoraggio, controllo e verifica circa le disposizioni vigenti in materia di pubblicità di giochi;
    nonostante i miglioramenti introdotti alla disciplina vigente in materia, le modifiche necessiteranno di un riesame puntuale in sede attuativa; anche in considerazione di ciò è necessario che, per quanto attiene alla previsione di un apposito Fondo per la cura della GAP, sia prevista una contribuzione economica anche da parte dei concessionari e operatori del gioco d'azzardo, affinché il peso delle conseguenze sociali di un fenomeno cui essi contribuiscono a determinare non sia a carico solamente della collettività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che, in sede di attuazione dell'articolo 14 in riferimento alla previsione di un Fondo finalizzato al contrasto e alla cura della patologia del gioco d'azzardo (GAP), accanto alla definizione di un concorso statale, regionale e locale, circa le risorse erariali derivanti dai giochi pubblici, sia definita anche una quota parte prelevata dalle vincite e dalla remunerazione dei concessionari.
9/282-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta)  Miotto, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame delega il Governo a emanare una serie di disposizioni volte a una riforma della disciplina del gioco pubblico, un settore che si è sviluppato negli ultimi anni in modo abnorme sul territorio nazionale, generando problemi di carattere urbanistico, sociale, sanitario e di ordine pubblico, per i suoi impatti potenzialmente negativi, tra cui la dipendenza patologica al gioco (GAP), il controllo del settore da parte della criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro sporco e le partire truccate;
    il comparto del gioco in Italia sta occupando un sempre maggiore peso economico, tanto da superare come fatturato complessivo quello di altri settori strategici come quello automobilistico; e, tuttavia, con sempre minori benefici fiscali per lo Stato, in diminuzione sono, infatti, gli attesi gettiti erariali. Già nel 2010 il settore dei giochi aveva un fatturato in crescita di 7 miliardi di euro (da 54 miliardi e 330 milioni di euro del 2009 si era passati a 61 miliardi 400 milioni di euro nel 2010), mentre l'incremento di entrate per lo Stato era diminuito (da 8 miliardi 800 milioni di euro del 2009 a 8 miliardi 730 milioni di euro nel 2010). Nel 2011 a fronte di un fatturato vicino agli 80 miliardi di euro (quasi venti miliardi in più del 2010) le entrate erariali per lo Stato sono rimaste stabili. Per il 2012 si confermano in calo sia i dati relativi alla raccolta che alle entrate erariali, nonostante la moltiplicazione dell'offerta di giochi. A ciò va aggiunto che lo Stato dovrà farsi carico di maggiori spese che peseranno sulla collettività per far fronte al crescente numero di persone affette da dipendenza da gioco d'azzardo patologico;
    sebbene l'allargamento dei giochi in concessione sia motivato con la necessità di sottrarre risorse al mercato illegale dell'azzardo, spesso gestito da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in quasi tutti i settori del gioco legale e illegale sono emersi preoccupanti punti di contatto con esponenti della criminalità organizzata, puntualmente dimostrati dalle inchieste delle forze di polizia e della magistratura;
    durante l'esame in sede referente in Commissione, per quanto attiene l'articolo 14, sono stati apportati significativi miglioramenti, grazie anche all'attività emendativa del gruppo del Pd, volta a rafforzare i principi e criteri direttivi di delega, in direzione di: una maggiore tutela dei cittadini e una riduzione dell'offerta di giochi e delle relative concessioni; un maggiore controllo e trasparenza degli operatori del settore mediante misure di contrasto dei legami fra gioco e criminalità organizzata; un riordino legislativo nel settore mediante l'introduzione di un testo unico dei giochi, in sostituzione di una legislazione farraginosa e dislocata in numerosi provvedimenti in modo disorganico tale da produrre opacità e contenziosi; il riordino delle disposizioni in materia erariale al fine di armonizzare le disposizioni relative agli aggi, ai payout e al prelievo, ad oggi molto eterogenee fra i diversi tipi di gioco; la previsione di nuove forme di partecipazione dei comuni ai processi di autorizzazione e controllo, con l'assegnazione ai medesimi di un innovativo potere in materia di pianificazione della dislocazione dei locali e dei punti vendita, anche mediante le previsione del rispetto di parametri di distanza da luoghi socialmente sensibili su tutto il territorio nazionale; un rafforzamento della disciplina in materia di trasparenza, requisiti soggettivi e conflitti di interesse per i concessionari e i soggetti che operano nelle filiere dell'offerta di giochi; una razionalizzazione della rete, al fine di ridurne la diffusione e di concentrarla in ambienti sicuri e controllati; una riforma del sistema sanzionatorio, con particolare riferimento al gioco online; il concorso dello Stato, mediante la previsione di uno specifico Fondo, per il finanziamento delle azioni di contrasto della patologia del gioco d'azzardo patologico; il potenziamento del monitoraggio, controllo e verifica circa le disposizioni vigenti in materia di pubblicità di giochi;
    nell'ambito di un rafforzamento delle azioni di contrasto circa il controllo e i legami sempre più penetranti fra gioco e criminalità organizzata, è, tuttavia, necessario predisporre, accanto alle sanzioni penali e amministrative, anche misure di maggior impatto dissuasivo, come pene accessorie per i reati più gravi in materia di gioco d'azzardo illegale, abusivo e di omessa dichiarazione tributaria,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di attuazione dell'articolo 14, in riferimento alla necessità di rafforzare la disciplina sanzionatoria per i reati più gravi commessi in materia di gioco d'azzardo, accanto alle sanzioni penali e amministrative, anche misure di maggiore efficacia dissuasiva, come pene accessorie in caso di violazioni particolarmente gravi e di reiterazione del reato, ricomprendendo ipotesi di sospensione, revoca e cancellazione dall'elenco dei concessionari e gestori, in proporzione alla gravità delle violazioni medesime.
9/282-A/29Sbrollini.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame provvede alla revisione del contenzioso tributario (articolo 10), che prevede: il rafforzamento e razionalizzazione dell'istituto della conciliazione nel processo tributario e l'incremento della funzionalità della giurisdizione;
    per una definizione completa della riforma si rende necessaria la revisione della disciplina e della organizzazione del processo e della giurisdizione tributaria, prevedendo:
     l'individuazione di una nuova giurisdizione tributaria autonoma, mediante una apposita modifica costituzionale;
     la qualificazione professionale dei giudici tributari in modo da assicurare adeguata preparazione specialistica;
     la previsione di corsi per la formazione e l'aggiornamento permanente dei giudici tributari;
     l'adeguamento delle norme del processo tributario alla particolare natura dello stesso;
     il riordino dell'assetto organizzativo dei tribunali e delle Corti d'appello tributarie; il riconoscimento ai giudici tributari di ogni grado della qualità di magistrati,

impegna il Governo

a provvedere alla revisione della disciplina e della organizzazione del processo e della giurisdizione tributaria, nei termini indicati in premessa, individuando le risorse necessarie alla sua applicazione.
9/282-A/30Sandra Savino.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame provvede alla revisione del contenzioso tributario (articolo 10), che prevede: il rafforzamento e razionalizzazione dell'istituto della conciliazione nel processo tributario e l'incremento della funzionalità della giurisdizione;
    per una definizione completa della riforma si rende necessaria la revisione della disciplina e della organizzazione del processo e della giurisdizione tributaria, prevedendo:
     l'individuazione di una nuova giurisdizione tributaria autonoma, mediante una apposita modifica costituzionale;
     la qualificazione professionale dei giudici tributari in modo da assicurare adeguata preparazione specialistica;
     la previsione di corsi per la formazione e l'aggiornamento permanente dei giudici tributari;
     l'adeguamento delle norme del processo tributario alla particolare natura dello stesso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere alla revisione della disciplina e della organizzazione del processo e della giurisdizione tributaria, nei termini indicati in premessa, individuando le risorse necessarie alla sua applicazione.
9/282-A/30. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sandra Savino.


   La Camera,
   considerato che:
    Equitalia S.p.a. è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma di società per azioni, i cui azionisti sono l'Agenzia delle entrate e l'INPS, ed è preposta alla riscossione dei tributi sul territorio nazionale;
    la società si articola in sei società: tre operative, una di servizi, una dedicata al recupero delle spese di giustizia ed una holding di coordinamento. Le tre società operative sono: 1) Equitalia nord (con competenza sulle regioni del nord); 2) Equitalia sud (con competenza sulle regioni del sud); 3) Equitalia centro (con competenza sulle regioni del centro, Sardegna compresa). Il costo totale di questi organismi è di circa 3,5 milioni di euro: ogni amministratore delegato costa circa 250.000 euro e che ogni direttore generale costa circa 200.000 euro;
    ogni società, poi, è dotata di servizi generali, di un servizio informatica (ancorché questa sia stata appaltata alla società SOGEI Spa), di un servizio del personale (paghe e gestione), di un servizio di contabilità, di un servizio per gli acquisti e, infine, di servizi ispettivi e di sicurezza. In totale oltre 1.500 persone che fanno le stesse cose, al servizio delle restanti 5.000 unità operative. Considerata una media di costo per addetto (e per difetto) di circa 40.000 euro annui, si ha una spesa di oltre 60 milioni di euro per soggetti non operativi; nonostante questi numeri, Equitalia S.p.a. impiega migliaia di consulenti esterni, in maggioranza avvocati, e non valorizza adeguatamente il personale dipendente interno;
    Equitalia, negli ultimi anni, è stata costantemente all'attenzione della cronaca, sia per le politiche aggressive nei confronti dei contribuenti, peraltro diversificate tra nord, centro e sud del Paese, a seconda delle diverse società operative, sia per i diversi procedimenti che hanno riguardato i suoi funzionari;
    da ultimo il 19 settembre 2013, 29 perquisizioni eseguite nelle sedi della società a Roma, Latina, Genova, Napoli e Venezia, hanno fatto emergere un meccanismo diffuso e sistematico di corruttela, nel quale in cambio di versamento di mazzette, venivano accolte le istanze di imprenditori e professionisti, di riduzione delle cartelle o di rateizzazioni non dovute,

impegna il Governo:

   a sopprimere le società Equitalia Spa e le società pubbliche ad essa collegate in rapporto funzionale o dipendente, provvedendo a versare il relativo capitale all'entrata del bilancio dello Stato;
   ad attribuire le funzioni in capo alle società Equitalia Spa e alle società ad essa collegate alla Direzione generale per la riscossione dell'Agenzia delle entrate, che subentra integralmente nei relativi diritti e oneri;
   a trasferire i dipendenti della società Equitalia Spa e delle società pubbliche ad essa collegate in servizio alla data del 31 dicembre 2013 con contratto di lavoro a tempo indeterminato alla Direzione generale per la riscossione dell'Agenzia delle entrate, sulla base della valutazione delle esigenze operative di quest'ultima, senza soluzione di continuità nel rapporto di lavoro e con garanzia della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore della presente legge, fatta salva la mobilità necessaria per il personale non direttamente impegnato nell'attività di riscossione.
9/282-A/31Cicu.


   La Camera,
   considerato che:
    Equitalia S.p.a. è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma di società per azioni, i cui azionisti sono l'Agenzia delle entrate e l'INPS, ed è preposta alla riscossione dei tributi sul territorio nazionale;
    la società si articola in sei società: tre operative, una di servizi, una dedicata al recupero delle spese di giustizia ed una holding di coordinamento. Le tre società operative sono: 1) Equitalia nord (con competenza sulle regioni del nord); 2) Equitalia sud (con competenza sulle regioni del sud); 3) Equitalia centro (con competenza sulle regioni del centro, Sardegna compresa). Il costo totale di questi organismi è di circa 3,5 milioni di euro: ogni amministratore delegato costa circa 250.000 euro e che ogni direttore generale costa circa 200.000 euro;
    ogni società, poi, è dotata di servizi generali, di un servizio informatica (ancorché questa sia stata appaltata alla società SOGEI Spa), di un servizio del personale (paghe e gestione), di un servizio di contabilità, di un servizio per gli acquisti e, infine, di servizi ispettivi e di sicurezza. In totale oltre 1.500 persone che fanno le stesse cose, al servizio delle restanti 5.000 unità operative. Considerata una media di costo per addetto (e per difetto) di circa 40.000 euro annui, si ha una spesa di oltre 60 milioni di euro per soggetti non operativi; nonostante questi numeri, Equitalia S.p.a. impiega migliaia di consulenti esterni, in maggioranza avvocati, e non valorizza adeguatamente il personale dipendente interno;
    Equitalia, negli ultimi anni, è stata costantemente all'attenzione della cronaca, sia per le politiche aggressive nei confronti dei contribuenti, peraltro diversificate tra nord, centro e sud del Paese, a seconda delle diverse società operative, sia per i diversi procedimenti che hanno riguardato i suoi funzionari;
    da ultimo il 19 settembre 2013, 29 perquisizioni eseguite nelle sedi della società a Roma, Latina, Genova, Napoli e Venezia, hanno fatto emergere un meccanismo diffuso e sistematico di corruttela, nel quale in cambio di versamento di mazzette, venivano accolte le istanze di imprenditori e professionisti, di riduzione delle cartelle o di rateizzazioni non dovute,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riorganizzare e ristrutturare la società Equitalia Spa e le società pubbliche ad essa collegate riducendone il numero e i membri dei vari consigli di amministrazione, conferendo maggiori poteri di controllo e di indirizzo strategico e programmatico al Ministero dell'economia e delle finanze.
9/282-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cicu.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 2 del testo in esame provvede alla revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati su tutto il territorio nazionale, attribuendo a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita;
    la lettera g) del comma 1, determinare il valore patrimoniale medio ordinario mediante un processo estimativo che utilizza funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all'interno di uno stesso comune;
    peraltro le funzioni statistiche di cui al comma 1, lettera g) tengono conto della complessità delle variabili determinanti i fenomeni analizzati, utilizzando metodologie statistiche riconosciute a livello scientifico;
    nel parere del Comitato per la legislazione, sotto il profilo della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo si osserva che il provvedimento reca disposizioni nelle quali i principi e criteri direttivi appaiono eccessivamente generici; in tale ambito risulta oltremodo dilatato l'orizzonte della scelta discrezionale del Governo;
    l'utilizzo di «metodologie statistiche riconosciute a livello scientifico» dà in ogni caso risultati variabili a seconda non solo dei dati immessi, ma anche dei «pesi» che sono attribuiti a ciascun assieme di dati,

impegna il Governo

al fine di ottenere un maggior effetto perequativo nella nuova imposizione sui fabbricati a basare il sistema estimativo tenendo in maggior conto della redditività degli stessi ed avviando da questo elemento la revisione del processo estimativo.
9/282-A/32Pagano.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 6 del testo in esame concerne, tra l'altro, la rateizzazione dei debiti tributari, in particolare prevedendo meccanismi automatici per la concessione della dilazione ove ricorrano specifiche evidenze che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà ovvero procedendo ad una revisione in termini di maggior favore della disciplina sanzionatoria, per i ritardi di breve durata nel pagamento di una rata o per errori di limitata entità nel versamento delle rate;
    il provvedimento non tiene conto della necessità di diminuire l'impatto delle sanzioni in caso di mancato o ritardato pagamento degli oneri contributivi;
    in considerazione della crisi economica in atto, sempre più frequentemente gli imprenditori incorrono nel mancato pagamento degli oneri contributivi, in tale ambito alle sanzioni civili, si aggiungono le sanzioni amministrative (maggiorate per ciascun giorno di lavoro effettivo) gli interessi di mora e gli aggi;
    non di frequente accade che le imprese preferiscano chiudere o fallire per incapacità a sostenere gli oneri contributivi,

impegna il Governo

   a provvedere al ricalcolo del complesso delle sanzioni, degli interessi e degli aggi connessi al mancato o ritardato pagamento degli oneri contributivi, prevedendo che qualora l'applicazione di interessi ed accessori, comprese le sanzioni, sia superiore al tasso di usura, questi possano essere ricalcolati su istanza del debitore, con applicazione degli interessi legali, del solo aggio esattoriale e di una sanzione onnicomprensiva pari al dieci per cento delle imposte e contributi dichiarati e non versati e che sia ammessa la rateazione del debito così ricalcolato;
   a prevedere che le soglia di punibilità di cui all'articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nel limite di 50,000 euro per ciascun anno solare si applichino anche all'omesso versamento, alle rispettive scadenze, di contributi previdenziali a carico del lavoratore dipendente trattenuti dal datore di lavoro, dichiarati e non versati.
9/282-A/33Palmizio.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 6 del testo in esame concerne, tra l'altro, la rateizzazione dei debiti tributari, in particolare prevedendo meccanismi automatici per la concessione della dilazione ove ricorrano specifiche evidenze che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà ovvero procedendo ad una revisione in termini di maggior favore della disciplina sanzionatoria, per i ritardi di breve durata nel pagamento di una rata o per errori di limitata entità nel versamento delle rate;
    il provvedimento non tiene conto della necessità di diminuire l'impatto delle sanzioni in caso di mancato o ritardato pagamento degli oneri contributivi;
    in considerazione della crisi economica in atto, sempre più frequentemente gli imprenditori incorrono nel mancato pagamento degli oneri contributivi, in tale ambito alle sanzioni civili, si aggiungono le sanzioni amministrative (maggiorate per ciascun giorno di lavoro effettivo) gli interessi di mora e gli aggi;
    non di frequente accade che le imprese preferiscano chiudere o fallire per incapacità a sostenere gli oneri contributivi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere al ricalcolo del complesso degli interessi e degli aggi connessi al mancato o ritardato pagamento degli oneri contributivi, prevedendo che qualora l'applicazione di interessi ed accessori sia superiore al tasso di usura, questi possano essere ricalcolati su istanza del debitore, con applicazione degli interessi legali e del solo aggio esattoriale.
9/282-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta)  Palmizio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento concerne l'abuso di diritto, definito come «condotta abusiva come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio di imposta, ancorché tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione»;
    rispetto all'originaria previsione il testo è stato migliorato, escludendo la configurabilità di una condotta abusiva «se l'operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali»;
    tuttavia, è principio generale in uno Stato di diritto che ad essere colpiti con accertamenti e/o sanzioni siano i soggetti che concretamente ritraggono l'indebito risparmio di imposta;
    il sopradetto principio copre il caso di sostituto di imposta il quale potrebbe vedersi leso da un accertamento anche se il soggetto che ritrae in concreto il risparmio indebito del sostituto che è il vero soggetto inciso (o che deve essere inciso) dalla ritenuta,

impegna il Governo

in sede di redazione dei decreti legislativi applicativi della delega, a prevedere, anche in deroga alle regole ordinariamente applicabili, di eseguire gli accertamenti tributari connessi alla verifica dell'abuso di diritto e ad applicare il conseguente regime sanzionatorio esclusivamente in capo al soggetto che consegue l'indebito risparmio di imposta.
9/282-A/34Ravetto.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive attraverso disposizioni concernenti il contrasto il tutoraggio, semplificazione fiscale e revisione del sistema sanzionatorio;
   ricordato come l'articolo 11 reca la ridefinizione dell'imposizione sui redditi di impresa e dei regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, prevedendo l'assimilazione delle imposte sui redditi di impresa dei soggetti IRPEF, con assoggettamento a un'imposta sul reddito imprenditoriale con aliquota proporzionale ed allineata a quella dell'IRES ed introducendo regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti legislativi per un più completo riordino complessivo della tassazione derivante dall'attribuzione dei saldi attivi di rivalutazione prevedendo altresì come, in caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite di nuova emissione e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci.
9/282-A/35Borghesi.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive attraverso disposizioni concernenti il contrasto il tutoraggio, semplificazione fiscale e revisione del sistema sanzionatorio;
   ricordato come l'articolo 11 reca la ridefinizione dell'imposizione sui redditi di impresa e dei regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, prevedendo l'assimilazione delle imposte sui redditi di impresa dei soggetti IRPEF, con assoggettamento a un'imposta sul reddito imprenditoriale con aliquota proporzionale ed allineata a quella dell'IRES ed introducendo regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunittà di adottare gli opportuni provvedimenti legislativi per un più completo riordino complessivo della tassazione derivante dall'attribuzione dei saldi attivi di rivalutazione prevedendo altresì come, in caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite di nuova emissione e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci.
9/282-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta)  Borghesi.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive attraverso disposizioni concernenti il contrasto il tutoraggio, semplificazione fiscale e revisione del sistema sanzionatorio;
   ricordato come l'articolo 11 reca la ridefinizione dell'imposizione sui redditi di impresa e dei regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, prevedendo l'assimilazione delle imposte sui redditi di impresa dei soggetti IRPEF, con assoggettamento a un'imposta sul reddito imprenditoriale, con aliquota proporzionale ed allineata a quella dell'IRES ed introducendo regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni,

impegna il Governo

ad escludere, dalla determinazione dei redditi, i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il giudice abbia emesso sentenza di condanna penale e, viceversa, a prevedere la totale deduzione qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione.
9/282-A/36Guidesi.


   La Camera,
   valutato il provvedimento in discussione recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»;
   considerato che la finalità del provvedimento è quella di sostenere il flusso del credito alle attività produttive attraverso disposizioni concernenti il contrasto il tutoraggio, semplificazione fiscale e revisione del sistema sanzionatorio;
   ricordato come l'articolo 11 reca la ridefinizione dell'imposizione sui redditi di impresa e dei regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, prevedendo l'assimilazione delle imposte sui redditi di impresa dei soggetti IRPEF, con assoggettamento a un'imposta sul reddito imprenditoriale, con aliquota proporzionale ed allineata a quella dell'IRES ed introducendo regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere, dalla determinazione dei redditi, i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il giudice abbia emesso sentenza di condanna penale e, viceversa, a prevedere la totale deduzione qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione.
9/282-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta)  Guidesi.


   La Camera,
   considerato il superiore interesse alla tutela dei minori mediante il pieno rispetto del divieto di accesso ai giochi con vincita in denaro;
   ritenuto che tale divieto possa essere rinforzato e reso più effettivo dalla rapida attuazione dell'utilizzo obbligatorio da parte dei giocatori della tessera sanitaria come strumento di identificazione dell'età del giocatore e di abilitazione dell'apparecchio elettronico, nel rispetto del diritto alla riservatezza;
   considerato inoltre che è da anni in corso l'adozione a livello nazionale e comunitario di normative che promuovono l'utilizzo della moneta elettronica quale strumento per una maggiore tracciabilità e trasparenza delle operazioni economiche e finanziarie;
   considerato che nonostante le numerose operazioni di contrasto poste in essere il mercato del gioco continua ad essere oggetto di pesanti infiltrazioni da parte della criminalità organizzata e strumento utilizzato per le operazioni di riciclaggio;
   considerato che la spesa per il gioco con vincita in denaro mediante apparecchi elettronici non rientra fra le spese di base essenziali alla vita quotidiana, per le quali il ricorso al denaro contante risulta ancora di uso comune, in particolare per le fasce più anziane della popolazione;
   ritenuto pertanto che nulla osti all'introduzione di sistemi di piena trasparenza attraverso il pagamento elettronico dei servizi di gioco con vincita in denaro, anche in funzione di contrasto al fenomeno dell'usura,

impegna il Governo

ad inserire nel decreto legislativo contenente il «Codice unico delle disposizioni sui giochi» norme volte ad indicare tempi rapidi per l'introduzione del lettore della tessera sanitaria quale strumento obbligatorio per l'accesso agli apparecchi elettronici per il gioco con vincita in denaro e a prevedere il graduale passaggio alla moneta elettronica come unico mezzo di pagamento per i servizi resi da tali apparecchi.
9/282-A/37Basso, Sberna, Quaranta, Giacobbe, Baruffi, Carnevali, Bargero, Bazoli, Tullo, Carocci.


   La Camera,
   considerato il superiore interesse alla tutela dei minori mediante il pieno rispetto del divieto di accesso ai giochi con vincita in denaro;
   ritenuto che tale divieto possa essere rinforzato e reso più effettivo dalla rapida attuazione dell'utilizzo obbligatorio da parte dei giocatori della tessera sanitaria come strumento di identificazione dell'età del giocatore e di abilitazione dell'apparecchio elettronico, nel rispetto del diritto alla riservatezza;
   considerato inoltre che è da anni in corso l'adozione a livello nazionale e comunitario di normative che promuovono l'utilizzo della moneta elettronica quale strumento per una maggiore tracciabilità e trasparenza delle operazioni economiche e finanziarie;
   considerato che nonostante le numerose operazioni di contrasto poste in essere il mercato del gioco continua ad essere oggetto di pesanti infiltrazioni da parte della criminalità organizzata e strumento utilizzato per le operazioni di riciclaggio;
   considerato che la spesa per il gioco con vincita in denaro mediante apparecchi elettronici non rientra fra le spese di base essenziali alla vita quotidiana, per le quali il ricorso al denaro contante risulta ancora di uso comune, in particolare per le fasce più anziane della popolazione;
   ritenuto pertanto che nulla osti all'introduzione di sistemi di piena trasparenza attraverso il pagamento elettronico dei servizi di gioco con vincita in denaro, anche in funzione di contrasto al fenomeno dell'usura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nel decreto legislativo contenente il «Codice unico delle disposizioni sui giochi» norme volte ad indicare tempi rapidi per l'introduzione del lettore della tessera sanitaria quale strumento obbligatorio per l'accesso agli apparecchi elettronici per il gioco con vincita in denaro e a prevedere il graduale passaggio alla moneta elettronica come unico mezzo di pagamento per i servizi resi da tali apparecchi.
9/282-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta)  Basso, Sberna, Quaranta, Giacobbe, Baruffi, Carnevali, Bargero, Bazoli, Tullo, Carocci.


   La Camera,
   premesso che:
    il Gioco d'azzardo patologico (G.A.P.) è una malattia riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità;
    visto l'articolo 5, comma 2 del decreto-legge n. 158 del 2012 che prevede l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da (G.A.P.);
    vista che la Legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220 del 2010), all'articolo 1, comma 70, ha previsto che con decreto interdirigenziale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute fossero adottate, d'intesa con la Conferenza unificata, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo;
    considerato che ad oggi, nonostante una pronuncia del Tar del Lazio che ha disposto l'adozione del decreto interdirigenziale, esso risulta ancora non adottato mentre il termine per la sua emanazione è stato successivamente prorogato dapprima al 30 giugno 2013 ed ora al 31 dicembre 2013;
    ritenuto che l'adozione del decreto interdirigenziale, oltre ad assolvere ad un preciso obbligo giuridico, consenta di rafforzare l'azione di prevenzione e cura del gioco d'azzardo patologico,

impegna il Governo

a provvedere al pieno e rapido adempimento degli obblighi previsti dall'articolo 1, comma 70 della legge n. 220 del 2010.
9/282-A/38Sberna, Basso, Quaranta, Giacobbe, Baruffi, Bargero, Carnevali, Bazoli, Carocci, Tullo.


   La Camera,
   premesso che:
    le Case da gioco autorizzate nel nostro Paese danno oggi lavoro a circa 3.000 dipendenti oltre a generare un notevole indotto sull'economia locale; le stesse concorrono al finanziamento diretto degli Enti pubblici detentori dei diritti di concessione; la crisi del settore è destinata quindi ad avere gravi ricadute occupazionali ed economiche nei territori interessati;
    le Case da gioco autorizzate sono altresi realtà attive in una pluralità di servizi afferenti al turismo, alla ristorazione, alla ricezione e partecipano, con risorse economiche ed umane, ad eventi di forte rilevanza artistica e culturale;
    la congiuntura gravemente sfavorevole ha portato i Casinò di Campione d'Italia e di Sanremo a dichiarare lo stato di crisi, mentre il comune di Venezia ha deciso di privatizzarne la gestione, e il Casinò di Saint-Vincent ha annunciato, in questi giorni, la necessità di alleggerire i costi del personale;
    le cause della situazione di difficoltà sono dovute, accanto alla generale congiuntura negativa dell'economia del Paese, alla fortissima concorrenza rappresentata da una sempre crescente offerta di nuove tipologie di gioco, nonché dalla presenza di numerose Case da gioco nei paesi limitrofi (Austria, Francia, Svizzera) spesso ubicate a pochi chilometri dalla frontiera; a ciò si aggiungono provvedimenti legislativi che, seppur concepiti con intenti condivisibili, penalizzano l'attività senza un ritorno concreto in termini di efficacia,

impegna il Governo

ad istituire, in tempi brevi, un tavolo di confronto con gli organismi di rappresentanza delle Case da gioco per valutare iniziative atte a favorirne la ripresa economica e a salvaguardarne i lavoratori.
9/282-A/39Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame delega il Governo ad attuare la revisione delle vigenti disposizioni antielusive, coordinandoli con quelli contenuti nella Raccomandazione della Commissione europea sulla pianificazione fiscale aggressiva n. 2012/722/UE del 6 dicembre 2012, al fine di disciplinare il principio generale di divieto dell'abuso del diritto;
    nell'ambito dei principi e criteri direttivi della delega resta salvaguardata la libertà di scelta da parte del contribuente tra diversi regimi alternativi espressamente previsti dal regime tributario;
    è opportuno evitare che il mero utilizzo di operazioni per le quali l'ordinamento prevede espressamente regimi di neutralità fiscale possa essere sic et simpliciter confuso con l'abuso del diritto, quando l'unico risultato che determina è il differimento dell'emersione di base imponibile, senza sua definitiva sottrazione, in perfetto accordo alle finalità stesse di un regime di neutralità fiscale,

impegna il Governo

ad esplicitare, nei prossimi decreti attuativi della presente legge delega, il principio che non costituisce risparmio di imposta indebito, e pertanto non ha carattere evasivo, il mero differimento dell'emersione di base imponibile conseguente ad operazioni di riorganizzazione aziendale, al fine di evitare che l'Amministrazione finanziaria avvii in tali casi azioni di accertamento che spesso si rivelano infondate e infruttuose.
9/282-A/40Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 contiene una delega legislativa volta ad introdurre norme per la costruzione di un migliore rapporto tra fisco e contribuenti attraverso forme di comunicazione e cooperazione forzata, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali;
    il medesimo articolo delega il Governo ad ampliare l'ambito applicativo della rateizzazione dei debiti tributari, al fine di contrastare l'evasione fiscale e contributiva e di garantire la certezza, l'efficienza e l'efficacia dell'attività di riscossione;
    sul tema della riscossione il 22 maggio 2013 la Commissione finanze ha approvato all'unanimità la risoluzione 8-00002 che impegna il Governo a fornire maggiore flessibilità alle procedure di riscossione coattiva dei tributi, al fine di non pregiudicare la sopravvivenza economica del soggetto debitore;
    la risoluzione approvata ha introdotto, tra le altre misure, il principio della sospensione dell'esecuzione della riscossione in pendenza di giudizio, fino alla sentenza di primo grado, dal momento che neppure l'erario avrebbe alcun beneficio dall'eventuale riscossione anticipata, in quanto le somme riscosse e non dovute dovranno successivamente essere restituite al contribuente che risulti vittorioso nel contenzioso con l'erario,

impegna il Governo

ad introdurre, nei prossimi decreti attuativi della presente legge delega, disposizioni volte a distinguere, ai fini della riscossione frazionata in pendenza di giudizio, tra maggiori imposte accertate a fronte di maggiori redditi o componenti positivi non dichiarati dal contribuente e maggiori imposte accertate a seguito del disconoscimento di componenti negativi, deduzioni o detrazioni indicate in dichiarazione dal contribuente, mantenendo ed eventualmente incrementando la riscossione frazionata per le prime e sospendendola invece, fino alla sentenza di primo grado, per le seconde, ad esclusione di quelle operate ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e sempre che il comportamento del contribuente non integri gli estremi della frode ai sensi del decreto legislativo 9 marzo 2000, n. 74.
9/282-A/41Sottanelli, Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 reca principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio penale, da attuarsi secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti;
    il medesimo articolo prevede che nei decreti legislativi attuativi della revisione del sistema sanzionatorio penale venga definita la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, specificando che tale raddoppio si verifichi solo in presenza di effettivo invio della denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, effettuato entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di decadenza;
    in sede di emanazione dei prossimi decreti attuativi sarebbe opportuno abrogare la rilevanza penale della mera omissione di versamenti IVA di cui all'articolo 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, anche alla luce di quanto contenuto in una risoluzione approvata all'unanimità dalla Commissione finanze il 22 maggio 2013,

impegna il Governo

ad abrogare, nei prossimi decreti attuativi della presente legge delega, la specifica fattispecie che colpisce con sanzione penale la mera omissione del versamento Iva, situazione sovente connessa alle momentanee difficoltà della mancanza di liquidità da parte degli imprenditori tenuti ad assolvere tale onere.
9/282-A/42Librandi, Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 reca principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio penale, da attuarsi secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti;
    il medesimo articolo prevede che nei decreti legislativi attuativi della revisione del sistema sanzionatorio penale venga definita la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, specificando che tale raddoppio si verifichi solo in presenza di effettivo invio della denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, effettuato entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di decadenza;
    in sede di emanazione dei prossimi decreti attuativi sarebbe opportuno abrogare la rilevanza penale della mera omissione di versamenti IVA di cui all'articolo 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, anche alla luce di quanto contenuto in una risoluzione approvata all'unanimità dalla Commissione finanze il 22 maggio 2013,

impegna il Governo

ad abrogare, nei prossimi decreti attuativi della presente legge delega, la specifica fattispecie che colpisce con sanzione penale la mera omissione del versamento Iva, quando sia connessa alle momentanee difficoltà della mancanza di liquidità da parte degli imprenditori tenuti ad assolvere tale onere.
9/282-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta)  Librandi, Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 della presente legge delega per la riforma del sistema fiscale reca principi e criteri direttivi per l'introduzione di norme volte a ridurre le incertezze nella determinazione del reddito e della produzione netta e per favorire l'internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni derivanti dagli organismi internazionali e dall'Unione europea;
    tra i princìpi e i criteri direttivi sarebbe opportuno introdurre anche il riordino della disciplina inerente il sistema di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da transazioni commerciali tra soggetti residenti e non, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di onere della prova nel caso di operazioni intercorse con imprese residenti negli Stati di cui al decreto ministeriale 23 gennaio 2002;
    infatti, l'attuale disciplina dell'onere della prova per poter dedurre i costi sostenuti per operazioni scambiate con operatori residenti negli Stati black list stabilita dall'articolo 110 del TUIR è molto restrittiva e non tiene conto che con quegli Stati sussistono regolari e legittimi scambi commerciali, oltretutto incoraggiati dai Governi per favorire l'internazionalizzazione delle imprese;
    i maggiori porti e aeroporti cargo mondiali sono localizzati in Stati black list (esempio Singapore, Hong Kong, Emirati Arabi, Thailandia, Filippine, eccetera) e pertanto è inevitabile sostenere costi nei confronti di operatori logistici ivi residenti, tuttavia l'attuale disciplina dell'articolo 110 TUIR rende oltremodo difficoltoso, a volte impossibile, dedurre quei costi;
    è quindi opportuno integrare questo tema nella delega fiscale affinché possano essere previste, accanto alle attuali disposizioni dell'articolo 110 TUIR che scongiurano il rischio di elusione fiscale, ulteriori disposizioni specifiche per facilitare l'onere della prova per le operazioni di logistica internazionale delle merci,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di emanazione dei prossimi decreti attuativi della presente legge delega o in futuri provvedimenti che si intendano adottare, di introdurre anche norme relative al riordino della disciplina inerente il sistema di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da transazioni commerciali tra soggetti residenti e non, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di semplificazione dell'onere della prova nel caso di operazioni intercorse con imprese residenti negli Stati della black list.
9/282-A/43Oliaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del testo in esame conferisce delega al Governo per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, con l'obiettivo di riordinare il sistema dei controlli, di introdurre nuove norme per rafforzare i criteri di trasparenza nell'affidamento delle concessioni, razionalizzare il sistema sanzionatorio e di prevenire i fenomeni di gioco di azzardo patologico, intensificando le misure per vietare l'accesso al gioco dei minori ed individuando le risorse per finanziare i servizi sanitari che si occupano del contrasto alla dipendenza da gioco d'azzardo patologico;
    molte disposizioni in materia di gioco d'azzardo sono già previste dal decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi), in particolare, quelle concernenti rispettivamente: la regolamentazione e la limitazione dei messaggi pubblicitari di giochi con vincita in denaro, anche al fine di salvaguardare i minori; l'inserimento di livelli essenziali di assistenza (LEA) delle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, da realizzare mediante aggiornamento degli stessi LEA; la pianificazione dei punti della rete di raccolta del gioco volta ad assicurare il rispetto delle distanze minime da determinati luoghi quali istituti di istruzione, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi,

impegna il Governo:

   a valutare quali iniziative possano, nei fatti, risultare più efficaci per una applicazione concreta della normativa attualmente già in vigore, ma purtroppo finora ampiamente disattesa;
   ad investire risorse di diversa natura in un'ampia azione di comunicazione e di prevenzione dei danni connessi al gioco, per evitarne la trasformazione in gioco patologico;
   a valutare l'opportunità di puntuali controlli finalizzati all'attuazione delle disposizioni normative già in vigore, potenziando il sistema sanzionatorio in caso di inosservanza e sollecitandone l'effettiva applicazione.
9/282-A/44Binetti, Sberna.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, composto da un testo unificato adottato come testo base dalla Commissione Finanze, prevede all'articolo 14, comma 2, una delega per il riordino della normativa in materia di giochi pubblici e, in tale ambito, alla lettera u), una delega per il rilancio del settore ippico;
    il medesimo comparto, oggetto di alcune proposte di legge per il riordino, finalizzate a fronteggiare una crisi divenuta ormai strutturale, che ha una genesi lontana e che richiede una serie di interventi di livello emergenziale, è investito da una serie di rilevanti criticità e di difficoltà la cui perdita d'interesse, in generale da parte dell'opinione pubblica e, più specificamente, da parte degli scommettitori, che costituiscono l'elemento fondante di questo sistema, ha determinato una evidente contrazione del settore;
    interventi volti a favorire iniziative per il rilancio del settore e consentire una celere ripresa dell'intera filiera, che coinvolge oltre 50 mila famiglie, nell'ambito del riordino delle scommesse, appaiono urgenti ed indifferibili,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 14, comma 2, lettera u), numero 3, l'istituzione di un ufficio scommesse ippiche per l'assolvimento delle attività relative, che lavori in stretta collaborazione con la Lega ippica attivando in tempi brevi, di concerto con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, le modifiche e le innovazioni necessarie al rilancio della scommessa su base ippica.
9/282-A/45Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, composto da un testo unificato adottato come testo base dalla Commissione Finanze, prevede all'articolo 14, comma 2, una delega per il riordino della normativa in materia di giochi pubblici e, in tale ambito, alla lettera u), una delega per il rilancio del settore ippico;
    il medesimo comparto, oggetto di alcune proposte di legge per il riordino, finalizzate a fronteggiare una crisi divenuta ormai strutturale, che ha una genesi lontana e che richiede una serie di interventi di livello emergenziale, è investito da una serie di rilevanti criticità e di difficoltà la cui perdita d'interesse, in generale da parte dell'opinione pubblica e, più specificamente, da parte degli scommettitori, che costituiscono l'elemento fondante di questo sistema, ha determinato una evidente contrazione del settore;
    interventi volti a favorire iniziative per il rilancio del settore e consentire una celere ripresa dell'intera filiera, che coinvolge oltre 50 mila famiglie, nell'ambito del riordino delle scommesse, appaiono urgenti ed indifferibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 14, comma 2, lettera u), numero 3, l'istituzione di un ufficio scommesse ippiche per l'assolvimento delle attività relative, che lavori in stretta collaborazione con la Lega ippica attivando in tempi brevi, di concerto con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, le modifiche e le innovazioni necessarie al rilancio della scommessa su base ippica.
9/282-A/45. (Testo modificato nel corso della seduta)  Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento agisce sull'architettura complessiva del sistema fiscale, delineando un quadro di principi e criteri che richiama al Governo per la stesura di una serie di decreti delegati su un arco ampio di temi e di materie;
    le disposizioni contenute all'interno sono rivolte all'obiettivo di provvedere ad innovare aspetti importanti e sensibili dell'intero sistema fiscale e tributario, considerato anche come intervento ulteriore della politica tributaria quale strumento di crescita economica;
    gli interventi previsti dal testo base del disegno di legge di delega fiscale, finalizzati all'obiettivo di migliorare l'attuale sistema fiscale che presenta molte criticità, determinando non sole incertezze e difficoltà per il contribuente, ma anche e soprattutto una perdita di competitività per il nostro Paese, necessitano tuttavia di essere affiancati ad ulteriori misure in grado di favorire una migliore efficienza del sistema finanziario, tributario e fiscale;
    l'attuale livello massimo di utilizzabilità di denaro contante previsto dal decreto-legge n. 201/2011, che interviene sull'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007, riducendo da 2.500 a 1.000 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore, appare non condivisibile e scarsamente efficace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare la soglia massima dell'utilizzo del contante a 2.500 euro in considerazione che l'attuale norma non considera i maggiori costi che tale misura determina per i cittadini, a causa dell'addebito delle banche agli esercenti di commissioni molto elevate sui pagamenti effettuati attraverso strumenti di moneta elettronica.
9/282-A/46Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre clementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, né misure rivolte alla crescita, ed in particolare all'incremento dell'occupazione;
    le manovre di correzione dei conti pubblici per il 2012 hanno sì consentito il miglioramento di alcuni saldi (peraltro solo di alcuni e in misura minore di quanto ci si sarebbe potuto attendere), ma hanno generato anche effetti depressivi sull'economia, come dimostra il calo delle entrate tributarie già in difficoltà e in forte recessione;
    le cifre dei dati di bilancio fanno intravedere una situazione socioeconomica molto preoccupante: la disoccupazione in aumento, l'impoverimento di sempre più estesi strati di popolazione, la chiusura di piccole e medie imprese, la mancanza di sviluppo. Né le prospettive future appaiono migliori ove si consideri che, secondo le previsioni più aggiornate, riportate nelle Considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia all'assemblea dei soci del 31 maggio 2013, anche quest'anno si chiuderà con un forte calo dell'attività produttiva e dell'occupazione;
    infatti la previsione per il Pil 2013 passa da un meno 1,3 ad un meno 1,7-1,8 per cento del Pil;
    l'attuale Governo ha più volte ribadito la sua continuità con l'operato dei Governi precedenti, operato che, unitamente agli effetti della crisi, ha penalizzato i ceti popolari, riducendo i consumi, aumentando la disoccupazione, la povertà, nonché il divario tra una minoranza dei più abbienti e la maggior parte della popolazione, mentre la ripresa economica è al di là da venire;
    infatti, anche se si sostiene che «la situazione dell'economia comincia a migliorare, anche in conseguenza delle iniziative governative intraprese nei mesi scorsi», tutto ciò appare notevolmente distante dalla realtà;
    d'altronde, lo ammette la stessa Relazione del Governo sulle modifiche agli obiettivi programmatici di finanza pubblica (Doc. LVII-bis, n. 2), dove afferma che «la previsione di crescita annua contenuta del DEF (pari a -1,3 per cento) dovrà essere rivista verso il basso». Ancora una volta le previsioni governative, viziate dall'illusione che le politiche di austerità possano risultare espansive, sono erronee. La congiuntura favorevole significa solo un minore ritmo di contrazione dell'economia;
    nel novero delle economie europee, quella italiana presenta segni di maggiore affanno, con il Pil ancora contrassegnato dal segno meno dopo 8 trimestri consecutivi. Secondo l'ultima stima di Eurostat, nel secondo trimestre 2013 il Pil è cresciuto dello 0,3 per cento sia nell'Eurozona sia nella Ue-27, mentre in Italia si è avuto un -0,2 per cento: ben altri ritmi dovrebbe avere la crescita per recuperare il terreno perduto e compensare i danni che stanno provocando le politiche di austerità;
    sono preoccupanti i dati sull'occupazione, se è vero, come l'Istat rileva, che il tasso di disoccupazione è tornato al 12 per cento (un punto percentuale in più sulla media europea) e quello giovanile vicino al 40 per cento, in aumento del 4,3 per cento rispetto al 2012. Solo nell'ultimo anno i disoccupati sono aumentati di 325,000 unità. E in queste stime non si dà conto, in maniera disaggregata, della situazione drammatica, specifica, in cui versano tanti disoccupati con oltre 40 o 50 anni d'età, quelli che hanno perso il lavoro in età avanzata e sono ancora molto lontani dalla pensione, anche per effetto delle recenti «riforme» della previdenza che hanno sensibilmente aumentato l'età pensionabile;
    tale situazione critica del nostro apparato produttivo viene confermata anche dalla crescita del numero delle vertenze gestite dalla task force del Ministero dello sviluppo economico con circa 700 casi affrontati dall'inizio della crisi ad oggi e con altre 150 aziende in amministrazione controllata, casi che coinvolgono tutti i settori;
    colpisce anche la vera e propria epidemia che ha colpito la piccola e media impresa: le aziende che hanno chiuso battenti tra gennaio e marzo 2013 sono state ben 31.000. Un dato, come ha fatto rilevare recentemente Il Sole 24 Ore, peggiore addirittura rispetto al 2009, l'anno più buio della crisi, quando il saldo negativo si fermò intorno alle 30.000 unità;
    una situazione così delicata che quantunque l'Italia agganciasse la flebile ripresa europea (per il 2014 è impensabile prevedere una ripresa superiore al punto di Pil), ciò sarebbe assolutamente insufficiente a mettere benzina nella sua economia. Per uscire da questa recessione prolungata, riparando pure i danni procurati dal combinato disposto di crisi e austerità, il nostro Paese dovrebbe crescere nei prossimi anni ad un tasso del 3-4 per cento almeno;
    del tutto ingiustificato, dunque, l'ottimismo dimostrato dagli esponenti governativi, a seguito della chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo, gravante sull'Italia dal 2009;
    sarebbe urgente una diversa politica fiscale che alleggerisca la pressione sul lavoro e le imprese e colpisca maggiormente le rendite finanziarie e i grandi patrimoni e la speculazione finanziaria anche sulla base di una più incisiva imposta sulle transazioni finanziarie,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di destinare parte delle risorse derivanti da una revisione delle cd. «spese fiscali» o «tax expenditures» al rifinanziamento del credito di imposta per le assunzioni a tempo indeterminato attuate dalle imprese a partire da quelle che operano nelle regioni dell'obiettivo «convergenza».
9/282-A/47Di Salvo, Airaudo, Melilla, Marcon, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre clementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, né misure rivolte alla crescita, ed in particolare all'incremento dell'occupazione;
    le manovre di correzione dei conti pubblici per il 2012 hanno sì consentito il miglioramento di alcuni saldi (peraltro solo di alcuni e in misura minore di quanto ci si sarebbe potuto attendere), ma hanno generato anche effetti depressivi sull'economia, come dimostra il calo delle entrate tributarie già in difficoltà e in forte recessione;
    le cifre dei dati di bilancio fanno intravedere una situazione socioeconomica molto preoccupante: la disoccupazione in aumento, l'impoverimento di sempre più estesi strati di popolazione, la chiusura di piccole e medie imprese, la mancanza di sviluppo. Né le prospettive future appaiono migliori ove si consideri che, secondo le previsioni più aggiornate, riportate nelle Considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia all'assemblea dei soci del 31 maggio 2013, anche quest'anno si chiuderà con un forte calo dell'attività produttiva e dell'occupazione;
    infatti la previsione per il Pil 2013 passa da un meno 1,3 ad un meno 1,7-1,8 per cento del Pil;
    l'attuale Governo ha più volte ribadito la sua continuità con l'operato dei Governi precedenti, operato che, unitamente agli effetti della crisi, ha penalizzato i ceti popolari, riducendo i consumi, aumentando la disoccupazione, la povertà, nonché il divario tra una minoranza dei più abbienti e la maggior parte della popolazione, mentre la ripresa economica è al di là da venire;
    infatti, anche se si sostiene che «la situazione dell'economia comincia a migliorare, anche in conseguenza delle iniziative governative intraprese nei mesi scorsi», tutto ciò appare notevolmente distante dalla realtà;
    d'altronde, lo ammette la stessa Relazione del Governo sulle modifiche agli obiettivi programmatici di finanza pubblica (Doc. LVII-bis, n. 2), dove afferma che «la previsione di crescita annua contenuta del DEF (pari a -1,3 per cento) dovrà essere rivista verso il basso». Ancora una volta le previsioni governative, viziate dall'illusione che le politiche di austerità possano risultare espansive, sono erronee. La congiuntura favorevole significa solo un minore ritmo di contrazione dell'economia;
    nel novero delle economie europee, quella italiana presenta segni di maggiore affanno, con il Pil ancora contrassegnato dal segno meno dopo 8 trimestri consecutivi. Secondo l'ultima stima di Eurostat, nel secondo trimestre 2013 il Pil è cresciuto dello 0,3 per cento sia nell'Eurozona sia nella Ue-27, mentre in Italia si è avuto un -0,2 per cento: ben altri ritmi dovrebbe avere la crescita per recuperare il terreno perduto e compensare i danni che stanno provocando le politiche di austerità;
    sono preoccupanti i dati sull'occupazione, se è vero, come l'Istat rileva, che il tasso di disoccupazione è tornato al 12 per cento (un punto percentuale in più sulla media europea) e quello giovanile vicino al 40 per cento, in aumento del 4,3 per cento rispetto al 2012. Solo nell'ultimo anno i disoccupati sono aumentati di 325,000 unità. E in queste stime non si dà conto, in maniera disaggregata, della situazione drammatica, specifica, in cui versano tanti disoccupati con oltre 40 o 50 anni d'età, quelli che hanno perso il lavoro in età avanzata e sono ancora molto lontani dalla pensione, anche per effetto delle recenti «riforme» della previdenza che hanno sensibilmente aumentato l'età pensionabile;
    tale situazione critica del nostro apparato produttivo viene confermata anche dalla crescita del numero delle vertenze gestite dalla task force del Ministero dello sviluppo economico con circa 700 casi affrontati dall'inizio della crisi ad oggi e con altre 150 aziende in amministrazione controllata, casi che coinvolgono tutti i settori;
    colpisce anche la vera e propria epidemia che ha colpito la piccola e media impresa: le aziende che hanno chiuso battenti tra gennaio e marzo 2013 sono state ben 31.000. Un dato, come ha fatto rilevare recentemente Il Sole 24 Ore, peggiore addirittura rispetto al 2009, l'anno più buio della crisi, quando il saldo negativo si fermò intorno alle 30.000 unità;
    una situazione così delicata che quantunque l'Italia agganciasse la flebile ripresa europea (per il 2014 è impensabile prevedere una ripresa superiore al punto di Pil), ciò sarebbe assolutamente insufficiente a mettere benzina nella sua economia. Per uscire da questa recessione prolungata, riparando pure i danni procurati dal combinato disposto di crisi e austerità, il nostro Paese dovrebbe crescere nei prossimi anni ad un tasso del 3-4 per cento almeno;
    del tutto ingiustificato, dunque, l'ottimismo dimostrato dagli esponenti governativi, a seguito della chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo, gravante sull'Italia dal 2009;
    sarebbe urgente una diversa politica fiscale che alleggerisca la pressione sul lavoro e le imprese e colpisca maggiormente le rendite finanziarie e i grandi patrimoni e la speculazione finanziaria anche sulla base di una più incisiva imposta sulle transazioni finanziarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di destinare parte delle risorse derivanti da una revisione delle cd. «spese fiscali» o «tax expenditures» al rifinanziamento del credito di imposta per le assunzioni a tempo indeterminato attuate dalle imprese a partire da quelle che operano nelle regioni dell'obiettivo «convergenza».
9/282-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta)  Di Salvo, Airaudo, Melilla, Marcon, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede le misure di contrasto all'evasione fiscale introdotte dall'ultimo Governo Prodi e che avevano dimostrato la loro efficacia, in seguito soppresse dal Governo Berlusconi-Tremonti;
    la dimensione, la portata e l'estensione del fenomeno dell'evasione fiscale in Italia rappresentano ciò che si può davvero definire una «pandemia» nazionale. Basti pensare alle poche cifre che, per quanto approssimative, circolano in proposito: l'Agenzia delle entrate stima l'evasione fiscale in Italia in 120 miliardi di euro l'anno e non di imponibile evaso, ma di imposte evase. Questo dà la dimensione dell'enormità del fenomeno. Secondo le stime dell'Unione europea quasi un quarto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), che può rappresentare il termometro dell'evasione nel suo complesso, in Italia viene evaso. Per dare un'idea del raffronto con gli altri principali Paesi europei, a fronte del quarto di IVA evaso in Italia, siamo al 10 per cento evaso in Germania, al 7 per cento evaso in Francia e al 3 per cento, inarrivabile, evaso in Olanda;
    è evidente che, in un momento di straordinaria crisi economica quale è quella che stiamo vivendo, con sacrifici crescenti e pesantissimi che si stanno chiedendo a tutti i cittadini italiani, ai lavoratori, alle famiglie e ai pensionati, non intervenire da parte del Governo e del Parlamento con ancora maggiori decisione e determinazione nello stroncare la piaga dell'evasione fiscale sarebbe oggi incomprensibile e intollerabile;
    chi ha evaso le tasse in questi anni ha creato i presupposti di quella «macelleria sociale» che purtroppo oggi la crisi e le misure prese dagli ultimi governi infliggono ai cittadini italiani. Pertanto, proponiamo una vera e propria rivoluzione copernicana. Fino ad oggi l'evasione fiscale si è costituita «rincorrendo» i redditi non dichiarati. È un po’ come cercare un ago in un pagliaio, per dimostrare che ogni singolo imprenditore, artigiano, commerciante o professionista non ha dichiarato una singola prestazione, non ha emesso uno scontrino, non ha certificato un rapporto con un cliente;
    considerato che oggi esistono gli strumenti informatici e tecnici e le norme giuridiche per farlo, si deve invertire completamente l'approccio, senza più cercare i redditi non dichiarati ma cercando di ricostruire il regime e gli importi di spesa delle singole famiglie. Per ogni anno, tutti gli anni, per tutti i codici fiscali italiani, si debbono incrociare due dati semplicissimi: il dato dei redditi dichiarati e il dato delle spese sostenute nel corso di quell'anno. In questo modo sarà possibile verificare tutte le circostanze in cui non c’è congruità tra i redditi dichiarati e le spese effettuate (oggi il dato delle spese è un dato che il Governo può acquisire direttamente, chiedendolo al sistema interbancario alla cui banca dati ha accesso – articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011);
    in questo modo, una volta ricostruita la spesa, si potrà chiedere al contribuente di giustificare le ragioni della differenza e, tutte le volte in cui non sarà in grado di giustificare la differenza di spesa, presumere che quello sia reddito e su quello procedere all'accertamento;
    alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori e altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme di lavoro dipendente;
    se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto «meno evasione – meno imposte», anche quello «più accertamenti basati sulla spesa – meno evasione – meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito»;
    dobbiamo anche accompagnare questi meccanismi di controlli informatici delle dichiarazioni delle persone fisiche e delle società con alcune (poche) altre misure volte a rafforzarli. Come la reintroduzione del reato di falso in bilancio e il ripristino di una serie di norme di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale – introdotte durante il Governo Prodi – ma poi abrogate nel corso della scorsa legislatura – e, segnatamente, le disposizioni relative:
     1) alla responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore;
     2) all'elenco di clienti e di fornitori;
     3) alla trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio;
     4) alle compensazioni effettuate dai titolari di partita IVA;
     5) alla memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici;
    nell'ordinamento tributario italiano manca, inoltre, una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione europea anche ai tributi non armonizzati, ha portato la Corte di cassazione (sentenze n. 30055, n. 30056 e n. 30057 del 23 dicembre 2008) a individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile. Si deve dunque introdurre al riguardo una norma di carattere generale,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di reintrodurre le norme di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale – introdotte durante il Governo Prodi – ma poi abrogate nel corso della scorsa legislatura.
9/282-A/48Airaudo, Melilla, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia, Lavagno, Ragosta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede le misure di contrasto all'evasione fiscale introdotte dall'ultimo Governo Prodi e che avevano dimostrato la loro efficacia, in seguito soppresse dal Governo Berlusconi-Tremonti;
    la dimensione, la portata e l'estensione del fenomeno dell'evasione fiscale in Italia rappresentano ciò che si può davvero definire una «pandemia» nazionale. Basti pensare alle poche cifre che, per quanto approssimative, circolano in proposito: l'Agenzia delle entrate stima l'evasione fiscale in Italia in 120 miliardi di euro l'anno e non di imponibile evaso, ma di imposte evase. Questo dà la dimensione dell'enormità del fenomeno. Secondo le stime dell'Unione europea quasi un quarto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), che può rappresentare il termometro dell'evasione nel suo complesso, in Italia viene evaso. Per dare un'idea del raffronto con gli altri principali Paesi europei, a fronte del quarto di IVA evaso in Italia, siamo al 10 per cento evaso in Germania, al 7 per cento evaso in Francia e al 3 per cento, inarrivabile, evaso in Olanda;
    è evidente che, in un momento di straordinaria crisi economica quale è quella che stiamo vivendo, con sacrifici crescenti e pesantissimi che si stanno chiedendo a tutti i cittadini italiani, ai lavoratori, alle famiglie e ai pensionati, non intervenire da parte del Governo e del Parlamento con ancora maggiori decisione e determinazione nello stroncare la piaga dell'evasione fiscale sarebbe oggi incomprensibile e intollerabile;
    chi ha evaso le tasse in questi anni ha creato i presupposti di quella «macelleria sociale» che purtroppo oggi la crisi e le misure prese dagli ultimi governi infliggono ai cittadini italiani. Pertanto, proponiamo una vera e propria rivoluzione copernicana. Fino ad oggi l'evasione fiscale si è costituita «rincorrendo» i redditi non dichiarati. È un po’ come cercare un ago in un pagliaio, per dimostrare che ogni singolo imprenditore, artigiano, commerciante o professionista non ha dichiarato una singola prestazione, non ha emesso uno scontrino, non ha certificato un rapporto con un cliente;
    considerato che oggi esistono gli strumenti informatici e tecnici e le norme giuridiche per farlo, si deve invertire completamente l'approccio, senza più cercare i redditi non dichiarati ma cercando di ricostruire il regime e gli importi di spesa delle singole famiglie. Per ogni anno, tutti gli anni, per tutti i codici fiscali italiani, si debbono incrociare due dati semplicissimi: il dato dei redditi dichiarati e il dato delle spese sostenute nel corso di quell'anno. In questo modo sarà possibile verificare tutte le circostanze in cui non c’è congruità tra i redditi dichiarati e le spese effettuate (oggi il dato delle spese è un dato che il Governo può acquisire direttamente, chiedendolo al sistema interbancario alla cui banca dati ha accesso – articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011);
    in questo modo, una volta ricostruita la spesa, si potrà chiedere al contribuente di giustificare le ragioni della differenza e, tutte le volte in cui non sarà in grado di giustificare la differenza di spesa, presumere che quello sia reddito e su quello procedere all'accertamento;
    alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori e altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme di lavoro dipendente;
    se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto «meno evasione – meno imposte», anche quello «più accertamenti basati sulla spesa – meno evasione – meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito»;
    dobbiamo anche accompagnare questi meccanismi di controlli informatici delle dichiarazioni delle persone fisiche e delle società con alcune (poche) altre misure volte a rafforzarli. Come la reintroduzione del reato di falso in bilancio e il ripristino di una serie di norme di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale – introdotte durante il Governo Prodi – ma poi abrogate nel corso della scorsa legislatura – e, segnatamente, le disposizioni relative:
     1) alla responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore;
     2) all'elenco di clienti e di fornitori;
     3) alla trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio;
     4) alle compensazioni effettuate dai titolari di partita IVA;
     5) alla memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici;
    nell'ordinamento tributario italiano manca, inoltre, una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione europea anche ai tributi non armonizzati, ha portato la Corte di cassazione (sentenze n. 30055, n. 30056 e n. 30057 del 23 dicembre 2008) a individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile. Si deve dunque introdurre al riguardo una norma di carattere generale,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di introdurre alcune delle norme citate in premessa.
9/282-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta)  Airaudo, Melilla, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia, Lavagno, Ragosta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede una revisione della curva Irpef che salvaguardi le fasce di reddito più basse ed incrementi il prelievo fiscale sui redditi più elevati, a parità di pressione fiscale complessiva, operando una redistribuzione del reddito, redistribuzione non solo utile per rendere più equo il nostro sistema fiscale, ma anche ai fini del rilancio dei consumi e della nostra economia;
    fermo restando che la progressività del nostro sistema impositivo come richiesta dalla Costituzione (articolo 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività») nella concreta situazione italiana si determina con un più efficace contrasto all'evasione ed all'elusione fiscali, e con l'introduzione di un imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze, anche una revisione della curva dell'irpef sarebbe utile allo scopo;
    oltre i 75.000 euro di reddito imponibile l'aliquota prevista per il calcolo dell'irpef è pari al 43 per cento;
    il decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 ha introdotto, a decorrere dal 2011 e fino al 2013, un contributo di solidarietà del 3 per cento a carico dei contribuenti con un reddito complessivo superiore a 300.000 euro lordi annui;
    il reddito complessivo su cui applicare il contributo e dato dalla somma dei redditi elencati nell'articolo 6 del Tuir e, quindi, non rilevano i redditi soggetti a tassazione separata, quelli esenti, i redditi soggetti a ritenute a titolo di imposta e quelli soggetti a imposte sostitutive dell'Irpef, anche su opzione del contribuente;
    il contributo è dovuto nella misura del 3 per cento da tutti i soggetti passivi irpef sulla parte di reddito eccedente i 300 mila euro lordi annui;
    nel determinare la base imponibile del contributo di solidarietà, si tiene conto anche di altre disposizioni di carattere straordinario che, con analoghe finalità:
     1) hanno ridotto i trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici superiori a 90.000 euro lordi annui: a decorrere dal 1o gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, infatti, i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro. La Corte Costituzionale con la sentenza 223/2012 ha ritenuto incostituzionale la riduzione degli stipendi pubblici e conseguentemente con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stata disposta la restituzione degli arretrati negli anni 2012 e 2013;
     2) previsto un contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici superiori a 90.000 euro lordi annui. A decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro;
    pertanto in questi casi il contributo di solidarietà si applica solo sulla parte del reddito complessivo eccedente 300.000 euro, che trova capienza nei redditi di categoria diversa da quelli di lavoro dipendente (retribuzioni e pensioni) già assoggettati a riduzione o contributo di perequazione. Sulla base di quanto sopra esposto si evidenzia che circa 86.792 sono dipendenti pubblici o pensionati che hanno avuto una riduzione dell'importo corrisposto per un ammontare di 105 milioni di euro;
    l'analisi per classi di reddito complessivo evidenzia che solo lo 0,07 per cento dei soggetti (pari a 31.752) dichiara redditi maggiori di 300.000 euro: il reddito dei soggetti di questa classe è composto prevalentemente da redditi da lavoro dipendente (45 per cento), da lavoro autonomo (20 per cento), reddito da partecipazione (15 per cento), redditi da capitale (6 per cento), redditi da pensione (3 per cento), fabbricati (3 per cento) e redditi d'impresa (3 per cento). I soggetti che hanno pagato il contributo di solidarietà sono circa 28.000 per un ammontare complessivo di 260 milioni di euro (poco più di 9.000 euro in media, deducibili dal reddito complessivo Irpef),

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di avviare una riforma organica dell'Irpef, aumentare la no tax area per i redditi bassi e definire una maggiore progressività permanente dell'imposta per i redditi superiori ai 150.000 euro di imponibile.
9/282-A/49Melilla, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non prevede una revisione della curva Irpef che salvaguardi le fasce di reddito più basse ed incrementi il prelievo fiscale sui redditi più elevati, a parità di pressione fiscale complessiva, operando una redistribuzione del reddito, redistribuzione non solo utile per rendere più equo il nostro sistema fiscale, ma anche ai fini del rilancio dei consumi e della nostra economia;
    fermo restando che la progressività del nostro sistema impositivo come richiesta dalla Costituzione (articolo 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività») nella concreta situazione italiana si determina con un più efficace contrasto all'evasione ed all'elusione fiscali, e con l'introduzione di un imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze, anche una revisione della curva dell'irpef sarebbe utile allo scopo;
    oltre i 75.000 euro di reddito imponibile l'aliquota prevista per il calcolo dell'irpef è pari al 43 per cento;
    il decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 ha introdotto, a decorrere dal 2011 e fino al 2013, un contributo di solidarietà del 3 per cento a carico dei contribuenti con un reddito complessivo superiore a 300.000 euro lordi annui;
    il reddito complessivo su cui applicare il contributo e dato dalla somma dei redditi elencati nell'articolo 6 del Tuir e, quindi, non rilevano i redditi soggetti a tassazione separata, quelli esenti, i redditi soggetti a ritenute a titolo di imposta e quelli soggetti a imposte sostitutive dell'Irpef, anche su opzione del contribuente;
    il contributo è dovuto nella misura del 3 per cento da tutti i soggetti passivi irpef sulla parte di reddito eccedente i 300 mila euro lordi annui;
    nel determinare la base imponibile del contributo di solidarietà, si tiene conto anche di altre disposizioni di carattere straordinario che, con analoghe finalità:
     1) hanno ridotto i trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici superiori a 90.000 euro lordi annui: a decorrere dal 1o gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, infatti, i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro. La Corte Costituzionale con la sentenza 223/2012 ha ritenuto incostituzionale la riduzione degli stipendi pubblici e conseguentemente con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stata disposta la restituzione degli arretrati negli anni 2012 e 2013;
     2) previsto un contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici superiori a 90.000 euro lordi annui. A decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro;
    pertanto in questi casi il contributo di solidarietà si applica solo sulla parte del reddito complessivo eccedente 300.000 euro, che trova capienza nei redditi di categoria diversa da quelli di lavoro dipendente (retribuzioni e pensioni) già assoggettati a riduzione o contributo di perequazione. Sulla base di quanto sopra esposto si evidenzia che circa 86.792 sono dipendenti pubblici o pensionati che hanno avuto una riduzione dell'importo corrisposto per un ammontare di 105 milioni di euro;
    l'analisi per classi di reddito complessivo evidenzia che solo lo 0,07 per cento dei soggetti (pari a 31.752) dichiara redditi maggiori di 300.000 euro: il reddito dei soggetti di questa classe è composto prevalentemente da redditi da lavoro dipendente (45 per cento), da lavoro autonomo (20 per cento), reddito da partecipazione (15 per cento), redditi da capitale (6 per cento), redditi da pensione (3 per cento), fabbricati (3 per cento) e redditi d'impresa (3 per cento). I soggetti che hanno pagato il contributo di solidarietà sono circa 28.000 per un ammontare complessivo di 260 milioni di euro (poco più di 9.000 euro in media, deducibili dal reddito complessivo Irpef),

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di avviare una riforma organica dell'Irpef, ed aumentare la no tax area sui redditi bassi.
9/282-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta)  Melilla, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede, tra l'altro, una delega al Governo al fine di introdurre nuove forme di fiscalità ambientale, assicurando la compatibilità delle politiche fiscali con lo sviluppo sostenibile, e disincentivando le produzioni maggiormente inquinanti;
    a tal fine è indispensabile preservare e garantire l'equilibrio ambientale anche attraverso una modifica della disciplina della tassazione e delle accise sui prodotti energetici in relazione al contenuto di carbonio, e comunque sulle produzioni a maggiore impatto ambientale;
    tra i primi posti ira le attività a maggiore impatto ambientale, vi è certamente l'attività di produzione di idrocarburi, liquidi e gassosi, ottenuti in terraferma e in mare;
   un Rapporto del Wwf titolato: «Milioni di regali. Italia: Far West delle trivelle», elaborando ciò che emerge da un dossier della Cygam Energy, società che attraverso la Vega Oil opera in Italia con permessi di ricerca nel mare Adriatico e nel canale di Sicilia, e, sulla terraferma, in Abruzzo, Puglia e Basilicata, evidenzia che il nostro Paese garantisce un regime fiscale particolarmente favorevole per i produttori, sia in ragione dell'entità dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sia in ragione delle aliquote di prodotto della coltivazione;
    la situazione italiana dimostra, inoltre, che la quota delle royalties spettanti per legge alle Regioni, difficilmente riesce ad avere un valore di compensazione rispetto ai danni ambientali ed economici che le attività estrattive comportano. A riguardo, il caso della Val d'Agri, in Basilicata, e della Calabria sono emblematici. In tali Regioni, le risorse generate dalle royalties non hanno prodotto la nascita di nuove imprese, né hanno avuto significative ricadute occupazionali sull'indotto, né tantomeno sono state utilizzate per interventi nel campo della tutela e della conservazione della biodiversità;
    secondo quanto previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e s.m.i., le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti, con l'eccezione degli idrocarburi liquidi estratti in mare per i quali l'aliquota è del 4 per cento. In Russia sono dell'80 per cento, in Alaska del 60 per cento, in Canada del 45 per cento, negli USA del 30 per cento;
    e tutto ciò quando le attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi (sono centinaia le concessioni e più di 1.000 i pozzi produttivi in Italia, tra terraferma e mare) stanno mettendo a repentaglio l'integrità del nostro territorio, e dell'ambiente marino;
    ricordiamo che gli idrocarburi sono composti chimici costituiti da atomi di carbonio e di idrogeno cancerogeni per l'uomo, che una volta dispersi nel mare vengono assorbiti dai tessuti dei pesci entrando nella catena alimentare anche per un raggio di 10 chilometri,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito della prevista revisione della fiscalità energetica e ambientale, un sensibile incremento delle aliquote di prodotto attualmente vigenti, per le produzioni di idrocarburi, liquidi e gassosi, ottenuti in terraferma e in mare.
9/282-A/50Pellegrino, Zaratti, Zan, Paglia.


   La Camera dei Deputati in sede di esame dell'AC 282 ed abb-A «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» considerato che:
   nel quadro di un compiuto federalismo municipale, ma anche nell'ottica di un recupero di sacche di evasione fiscale, era previsto, sul fronte degli affitti, l'esordio della c.d. «cedolare secca», uno strumento che ha deluso le aspettative di quanti, Stato ed Enti territoriali, confidavano in esso per far emergere il mercato illecito degli affitti, e che non solo non ha determinato quel recupero significativo dell'evasione fiscale che rappresentava uno dei suoi presupposti, ma ha anche comportato enormi perdite di gettito. Infatti in base ai dati indicati nel Bollettino delle entrate tributarie, il gettito della cedolare secca è risultato pari a 675 milioni di euro nel 2011 (a fronte di un gettito atteso in termini di competenza pari a 3.194 milioni), e pari a 1.020 milioni di euro nel 2012 (a fronte di un gettito atteso per lo stesso anno pari a 3.558 milioni): risultati finanziari che dimostrano che chi praticava il mercato sommerso degli affitti ha continuato a farlo;
   la stessa cedolare secca, oltre a tali effetti distorsivi, è rea dell'aver favorito i proprietari con redditi superiori ai 300.000 euro, grazie ad una diminuzione della pressione fiscale a loro carico pari a 4.700 euro, vantaggio questo, che ha continuato a decrescere parallelamente all'abbassarsi del reddito, arrivando a zero intorno ai 20.000 euro per poi diventare negativo con redditi più bassi;
   effetti distorsivi si registrano anche sul piano dell'operatività della norma. Attualmente, infatti, l'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, norma istitutiva della cedolare secca, accordando un identico beneficio fiscale a tutti i proprietari, senza distinguere tra canale concordato e libero mercato, di fatto, elimina ogni convenienza a praticare affitti calmierati rispetto al libero mercato;
   senza alcuna forma differenziale di agevolazione, nessun proprietario è interessato a sottoscrivere un contratto di locazione del proprio immobile con il quale riceve una remunerazione più bassa,

impegna il Governo

nell'ambito di una riforma della fiscalità immobiliare a modificare la disciplina dell'imposta c.d. cedolare secca abrogandola per i contratti a canone libero, ed a prevedere l'abbattimento del 50 per cento dell'aliquota attuale per i soli contratti a canone concordato, anche al fine di incentivare il ricorso a tale tipologia di contratti rivelatisi un valido strumento per calmierare il mercato delle locazioni ed aiutare concretamente le famiglie italiane che vivono in affitto, ed, al contempo, favorire il contrasto all'evasione fiscale.
9/282-A/51Piazzoni, Paglia, Ragosta, Lavagno.


   La Camera dei Deputati in sede di esame dell'AC 282 ed abb-A «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» considerato che:
   per tutelare il cittadino consumatore, con la finanziaria 2008, è stato previsto nel nostro ordinamento un meccanismo volto a sterilizzare e, conseguentemente, diminuire le aliquote delle accise sui prodotti energetici usati come carburanti per auto e combustibili per riscaldamento per compensare le maggiori entrate dell'Iva derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, detto accisa mobile, ma rimasto finora inapplicato;
   nel corso degli ultimi anni infatti, il meccanismo incrociato di accise più Iva ha comportato un incremento notevole della tassazione sui carburanti. La somma di queste imposte, tuttavia, pur non posizionandosi ai vertici del panorama europeo, è aumentata progressivamente divenendo un modo silenzioso di prelievo fiscale «mimetizzato» adottato dagli ultimi Governi via via con differenti motivazioni e che in tale sede giova ricordare quali: la guerra di Abissinia del 1935, la crisi di Suez del 1956, il disastro del Vajont del 1963, l'alluvione di Firenze del 1966, il terremoto del Belice del 1968, il terremoto del Friuli del 1976, il terremoto dell'Irpinia del 1980, la missione in Libano del 1983, la missione in Bosnia del 1996, il contributo in favore del rinnovo contrattuale degli autoferrotranviari del 2004 e quello per l'acquisto di autobus ecologici del 2005;
   cessata l'imposizione di scopo, però, la rendita di tali imposte, nel corso degli anni, si è «traslocata» sulla fiscalità generale garantendo un'entrata certa e consistente, rappresentando l'accisa la terza imposta, dopo l'Irpef e l'IVA, per importanza di gettito. Se alle accise, poi, si sommano l'imposta di fabbricazione (definita per decreto ministeriale) e l'IVA sul prezzo e sull'accisa, si configura un anomalo fenomeno di doppia imposizione fiscale;
   nello specifico il meccanismo dell'accisa mobile consiste in una riduzione trimestrale delle accise, compensata dalle maggiori entrate dell'Iva incassate dallo Stato ad ogni aumento del prezzo dei prodotti petroliferi: nella sostanza l’«extra gettito» vale a sterilizzare l'imposta,

impegna il Governo

a calmierare il continuo aumento del prezzo dei carburanti introducendo nel nostro ordinamento l'accisa mobile, meccanismo già introdotto con la legge Finanziaria del 2008 ma rimasto finora inapplicato, che sterilizza i perversi effetti moltiplicatori degli aumenti del prezzo industriale dei carburanti sull'Iva, al fine di sostenere il potere d'acquisto dei consumatori e contenere la dinamica inflazionistica innescata principalmente dall'andamento dei prezzi alla pompa di benzina e gasolio.
9/282-A/52Paglia, Lavagno, Ragosta.


   La Camera dei Deputati in sede di esame dell'AC 282 ed abb-A «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» considerato che:
   per tutelare il cittadino consumatore, con la finanziaria 2008, è stato previsto nel nostro ordinamento un meccanismo volto a sterilizzare e, conseguentemente, diminuire le aliquote delle accise sui prodotti energetici usati come carburanti per auto e combustibili per riscaldamento per compensare le maggiori entrate dell'Iva derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, detto accisa mobile, ma rimasto finora inapplicato;
   nel corso degli ultimi anni infatti, il meccanismo incrociato di accise più Iva ha comportato un incremento notevole della tassazione sui carburanti. La somma di queste imposte, tuttavia, pur non posizionandosi ai vertici del panorama europeo, è aumentata progressivamente divenendo un modo silenzioso di prelievo fiscale «mimetizzato» adottato dagli ultimi Governi via via con differenti motivazioni e che in tale sede giova ricordare quali: la guerra di Abissinia del 1935, la crisi di Suez del 1956, il disastro del Vajont del 1963, l'alluvione di Firenze del 1966, il terremoto del Belice del 1968, il terremoto del Friuli del 1976, il terremoto dell'Irpinia del 1980, la missione in Libano del 1983, la missione in Bosnia del 1996, il contributo in favore del rinnovo contrattuale degli autoferrotranviari del 2004 e quello per l'acquisto di autobus ecologici del 2005;
   cessata l'imposizione di scopo, però, la rendita di tali imposte, nel corso degli anni, si è «traslocata» sulla fiscalità generale garantendo un'entrata certa e consistente, rappresentando l'accisa la terza imposta, dopo l'Irpef e l'IVA, per importanza di gettito. Se alle accise, poi, si sommano l'imposta di fabbricazione (definita per decreto ministeriale) e l'IVA sul prezzo e sull'accisa, si configura un anomalo fenomeno di doppia imposizione fiscale;
   nello specifico il meccanismo dell'accisa mobile consiste in una riduzione trimestrale delle accise, compensata dalle maggiori entrate dell'Iva incassate dallo Stato ad ogni aumento del prezzo dei prodotti petroliferi: nella sostanza l’«extra gettito» vale a sterilizzare l'imposta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di calmierare il continuo aumento del prezzo dei carburanti introducendo nel nostro ordinamento l'accisa mobile, meccanismo già introdotto con la legge Finanziaria del 2008 ma rimasto finora inapplicato, che sterilizza i perversi effetti moltiplicatori degli aumenti del prezzo industriale dei carburanti sull'Iva, al fine di sostenere il potere d'acquisto dei consumatori e contenere la dinamica inflazionistica innescata principalmente dall'andamento dei prezzi alla pompa di benzina e gasolio.
9/282-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paglia, Lavagno, Ragosta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre clementi di maggiore equità e trasparenza nel nostro sistema fiscale, ed in particolare non prevede misure efficaci per combattere il fenomeno delle cosiddette «società di comodo»;
    il passaggio dal reddito al patrimonio (ovvero ad una tassazione del reddito presunto sulla base della consistenza patrimoniale) potrebbe essere adottato per i gruppi di impresa e per le imprese singole dotate di una minima consistenza patrimoniale, cercando di evitare i fenomeni di «imprese in perdita ripetuta» noti da anni ed oggetto di diversi infruttuosi tentativi di revisione;
    è sbagliato ritenere che il patrimonio delle società sia già conteggiato nel patrimonio delle famiglie che ne sono proprietarie, perché non c’è una necessaria corrispondenza tra valore delle quote proprietarie e stato patrimoniale della società. Né bisogna pensare che assoggettare a patrimoniale le società implichi tassare gli «strumenti della produzione». Si consideri che il 40 per cento della ricchezza immobiliare complessiva della nazione è posseduta da società. È ovvio che questi immobili non sono tutti destinati alla attività produttiva delle società che li possiedono (per questi naturalmente si potrebbero individuare forme di esenzione). Ad esempio, il 10 per cento del totale degli immobili residenziali in Italia sono posseduti da società, e certo non vi sarebbe motivo di esentarli; né vi sarebbe motivo di esentare gli immobili non residenziali posseduti da «imprese» che esistono solo per gestire questo patrimonio immobiliare. Per questo andrebbero proposte anche norme più efficaci di quelle attualmente in vigore contro le cosiddette «società di comodo»;
    secondo la Data BaseGeomaitik, una banca dati dell'Agenzia delle entrate, a livello nazionale ci sarebbe una differenza del 38,41 percento fra il reddito dichiarato e il reddito presunto degli italiani che non sono lavoratori dipendenti o pensionati. Due degli strumenti maggiormente utilizzati, soprattutto per i detentori di beni di grande valore o di patrimoni di centinaia di migliaia di euro, per eludere o per evadere le imposte sono quelli della costituzione di «società di comodo» e del ricorso ai «trust»;
    il decreto-legge n. 138 del 2011, secondo gli annunci dell'allora Ministro per la semplificazione, avrebbe dovuto porre fine alle società di comodo e invece si è limitato a intervenire su quelle che avevano denunciato perdite persistenti;
    in realtà, norme per colpire le società di comodo esistono già: per esempio, chi intesta la propria barca a una società controllata da se stesso o dai propri familiari potrà recuperare l'imposta sul valore aggiunto versata ai fornitori solo se paga un noleggio superiore a soglie prefissate. Il trucco non funziona se si usa lo yacht gratis o versando un obolo irrisorio alla società che ne è formalmente proprietaria. Questa forma di elusione fiscale è diffusissima. Sarebbero oltre 4.000 le società che hanno come attività il «noleggio di imbarcazioni da diporto senza equipaggio». E gran parte di queste affitta la barca ai propri soci. I controlli hanno però fin qui dato risultati scarsi: poche decine di contestazioni per un valore complessivo nell'ordine dei milioni di euro;
    ancora più difficile appare la caccia al trust, una formula giuridica anglosassone che consente di schermare il reale proprietario di un bene designando un intestatario giuridico e un beneficiario economico. Al «supermarket» dell'elusione il trust ha un grande successo: ne fa uso chi vuole proteggere i propri beni dalle pretese dei creditori o, in caso di separazione, dalle richieste della ex moglie. Ma il trust, funziona benissimo anche per eludere il fisco non si contano i beni di lusso (ville, barche, auto) intestati, per esempio, a strutture fiduciarie con sede nelle isole britanniche del Canale della Manica. Anche in questo caso, negli ultimi anni, le norme e i controlli si sono fatti più stringenti, ma la stessa moltiplicazione dei professionisti del trust appare un'implicita conferma che gran parte degli evasori è più che convinta di farla franca;
    se davvero si vuole combattere il fenomeno delle società «filtro» basterebbe obbligare tutte le società a rilevare l'identità dei domini, delle persone fisiche che le controllano. Sarebbe una svolta nella lotta all'evasione fiscale e anche nella repressione della criminalità organizzata,

impegna il Governo

   a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
    a) imporre l‘obbligo alle società e agli enti, anche privati, iscritti nei pubblici registri che possiedono beni individuati con un decreto del direttore dell'Agenzia delle entrate, aventi meno di quindici soci o partecipanti, di indicare gli estremi identificativi delle persone fisiche che esercitano, anche in via di mero fatto, poteri di indirizzo nella gestione dei beni stessi;
    b) prevedere che i beni le cui indicazioni sono omesse o formulate con riferimento a persone fisiche i cui redditi, dichiarati nei cinque periodi d'imposta precedenti risultano palesemente sproporzionati rispetto al valore dei medesimi, siano requisiti fino al pagamento delle imposte accertate e non pagate.
9/282-A/53Aiello, Nicchi, Piazzoni, Paglia, Ragosta, Lavagno.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame dal titolo: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in realtà non contiene misure essenziali per introdurre elementi di maggiore equità nel nostro sistema fiscale, ed in particolare, non dispone incrementi delle detrazioni per carichi familiari c degli assegni familiari di fronte a un disagio crescente delle famiglie italiane;
    infatti – secondo l'Istat – una delle principali determinanti dell'attuale recessione, iniziata nella seconda metà del 2011, è la caduta del reddito disponibile, che ha determinato una profonda contrazione dei consumi delle famiglie. Nel 2012, infatti, in presenza di una flessione del prodotto interno lordo reale del 2,4 per cento, il potere d'acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8 per cento. Si tratta di una caduta di intensità eccezionale e che giunge dopo un quadriennio caratterizzato da un continuo declino (nel 2011 il reddito reale era inferiore di circa il 5 per cento rispetto a quello del 2007, ultimo anno in cui aveva presentato una dinamica positiva). Alla riduzione del reddito disponibile delle famiglie hanno contribuito soprattutto la forte contrazione del reddito da attività imprenditoriale e l'inasprimento del prelievo fiscale. I redditi da lavoro sono rimasti pressoché stabili in termini nominali, subendo comunque la perdita di potere d'acquisto dovuta all'inflazione;
    i redditi da lavoro dipendente hanno segnato nel 2012 una crescita nulla, mentre erano aumentati dell'1,8 per cento nel 2011 e dello 0,7 per cento nella media del periodo 2009-2011. L'incidenza delle imposte correnti sul reddito disponibile delle famiglie è salita al 16,1 per cento, un punto percentuale in più rispetto all'anno precedente e al livello più alto dal 1990. Se al prelievo fiscale corrente si aggiungono le altre imposte sulla produzione, rappresentate essenzialmente dall'Imu, l'incidenza del prelievo sul reddito disponibile sale al 16,5 per cento, con un incremento di 1,3 punti percentuali rispetto all'anno prima. Considerando i contributi sociali effettivi e figurativi, l'incidenza del carico fiscale e contributivo corrente sul reddito disponibile tocca il 30,3 per cento, a fronte del 29,4 per cento del 2011;
    la riduzione dei consumi ha interessato tutte le categorie di beni e servizi, anche se le famiglie hanno ridotto in modo particolarmente marcato le spese per vestiario (-10,2 per cento), trasporti (-8,5 per cento), mobili ed elettrodomestici (-5,8 per cento), comunicazioni e servizi culturali (rispettivamente –4,8 per cento e –4,7 per cento);
    continua a crescere in modo consistente la quota di individui che dichiarano di non potersi permettere un pasto adeguato (cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni (16,6 per cento), quota triplicata in due anni. Questo dato è confermato dalla riduzione in termini di quantità e/o qualità del consumo di carne o pesce da parte delle famiglie (rispettivamente dal 48,3 percento del 2011 al 57 per cento del 2012 per la carne e dal 50,1 al 58,2 per cento per il pesce);
    le persone, inoltre, che affermano di non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione (21,1 per cento) sono raddoppiate in due anni e coloro che dichiarano di non potersi permettere una settimana di ferie in un anno rappresentano ormai la metà del totale (50,4 per cento rispetto al 46,7 per cento del 2011). Gli individui che vivono in famiglie che non possono sostenere spese impreviste di un importo relativamente contenuto (800 euro) raggiungono il 41,7 per cento (erano il 38,6 percento nell'anno precedente);
    il divario tra il Mezzogiorno e il resto del Paese continua ad aumentare anche nel 2012. Nelle regioni del Mezzogiorno il peggioramento è più marcato rispetto al Nord e al Centro: la deprivazione materiale, aumentata di oltre tre punti percentuali, colpisce il 40,1 per conto della popolazione, mentre la grave deprivazione, con un aumento di oltre cinque punti, riguarda ormai una persona su quattro (25,1 per cento);
    la condizione di deprivazione materiale è più diffusa tra le persone che vivono da sole (il 27,5 per cento è deprivato, il 16,9 per cento lo è in maniera grave), specie se anziane (30,6 per cento e 18,7 per cento) e tra coloro che appartengono alle famiglie più numerose; nelle famiglie con cinque componenti, il 35,3 per cento risulta deprivato e il 22,9 per cento lo è gravemente. I dati confermano, inoltre, che la deprivazione è più elevata tra gli individui in famiglie monoparentali e in famiglie in cui la persona di riferimento è giovane, ha conseguito un basso titolo di studio, lavora a tempo parziale o soprattutto se è disoccupata o in cerca di prima occupazione (ben il 60,9 per cento è deprivata e il 41,1 per cento vive in famiglie gravemente deprivate),

impegna il Governo

   a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di destinare parte delle risorse derivanti dal contrasto all'evasione c dall’ incremento del gettito fiscale derivanti dalle disposizioni previste dal provvedimento al nostro esame, a misure volte ad aumentare le detrazioni Irpef per carichi familiari e gli assegni familiari anche estendendone la platea dei beneficiari.
9/282-A/54Nicchi, Piazzoni, Aiello, Paglia, Ragosta, Lavagno.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 8 del testo in esame provvede alla revisione del sistema sanzionatorio penale secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti;
    nel parere del Comitato per la legislazione, sotto il profilo della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo si osserva che il provvedimento reca disposizioni nelle quali i principi e criteri direttivi appaiono eccessivamente generici; in tale ambito risulta oltremodo dilatato l'orizzonte della scelta discrezionale del Governo;
    l'articolo 8 appare carente di una completa ricognizione dei principi e criteri direttivi, che sarebbero necessari ad una compiuta revisione del sistema sanzionatorio,

impegna il Governo

in sede di redazione dei decreti legislativi applicativi della delega, a prevedere, in sede di revisione del regime della dichiarazione infedele, sanzioni differenziate e fortemente ridotte nelle ipotesi di semplice errore di fatto o di diritto nella dichiarazione.
9/282-A/56Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca norme in materia di revisione del sistema fiscale mediante delega al Governo;
    l'articolo 13 detta i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della delega in materia di IVA, che deve avvenire attraverso la semplificazione dei sistemi speciali nonché l'attuazione del regime del gruppo IVA;
    nel corso della scorsa legislatura la VI Commissione Finanze ha approvato il documento finale relativo al «Libro verde sul futuro dell'IVA», presentato dalla Commissione europea il 1° dicembre 2010 (COM(2010)695 definitivo) per rivedere complessivamente il sistema vigente dell'IVA, al fine di conseguire, tra gli altri obiettivi, il rafforzamento della coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico, l'incremento del gettito dell'imposta e il contrasto ai fenomeni di frode;
    l'ordinamento comunitario dell'IVA ammette limitazioni alla detrazione dell'IVA con esclusivo riguardo all'imposta relativa ai beni e servizi promiscuamente utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni attive imponibili e operazioni attive esenti. Dette limitazioni possono, pertanto, riguardare solo l'IVA assolta per l'acquisto di beni e servizi utilizzati promiscuamente e non anche quella relativa ai beni e servizi utilizzati unicamente per effettuare operazioni imponibili;
    la normativa nazionale prevede, invece, che per i soggetti che pongono in essere sistematicamente sia operazioni imponibili sia operazioni esenti, l'IVA detraibile deve essere, comunque, computata in funzione del pro rata per tutti gli acquisti di beni e servizi (cosiddetti «pro rata generale»), e non soltanto per quelli utilizzati promiscuamente;
    recenti sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea hanno giudicato incompatibili con l'ordinamento comuni- tario normative nazionali che risultavano similari a quella italiana;
    è necessario ovviare a possibili censure di non conformità della disciplina nazionale rispetto alla normativa comunitaria per quanto attiene alle modalità per il calcolo del pro rata (di limitazione della detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti) in presenza di operazioni esenti;
    a tal fine sarebbe auspicabile introdurre nella normativa nazionale un miglioramento del sistema della cosiddetta «separazione delle attività» di cui all'articolo 36 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che accorda ai soggetti che trovano penalizzante la determinazione forfettaria (cioè per mezzo del calcolo del pro rata) dell'imposta detraibile, la possibilità di optare, nel rispetto di determinate condizioni, per l'applicazione separata dell'imposta (a ciascun «comparto» di attività esercitato);
    l'esercizio di tale opzione consentirebbe – in armonia con i principi comunitari – di applicare il criterio del pro rata all'IVA relativa ai soli acquisti di beni e servizi ad utilizzazione promiscua, salvaguardando il diritto alla detrazione in misura piena per gli acquisti di beni e servizi utilizzati esclusivamente per l'effettuazione di operazioni imponibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'armonizzare la disciplina sull'applicazione separata dell'IVA di cui all'articolo 36 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 con la disciplina del diritto alla detrazione previsto dalla predetta direttiva 2006/112/CE.
9/282-A/57Lorenzo Guerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca norme in materia di revisione del sistema fiscale mediante delega al Governo;
    l'articolo 15 delega il Governo ad introdurre nuove forme di fiscalità al fine di preservare e garantire l'equilibrio ambientale (green taxes), in raccordo con la tassazione già vigente a livello regionale e locale e nel rispetto del principio della neutralità fiscale; si prevede inoltre la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici anche in funzione del contenuto di carbonio, come previsto dalla proposta di Direttiva del Consiglio europeo in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità e che il gettito derivante dall'introduzione della carbon tax è destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro, e al finanziamento delle tecnologie a basso contenuto di carbonio, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alle fonti di energia rinnovabili;
    il tema della green economy costituisce senza dubbio la chiave di volta per lo sviluppo di lungo-periodo del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire un approccio basato sul contenuto di CO2 dei prodotti commercializzati in luogo del sistema «cap & trade» basato su emissioni nei territori dei singoli Stati anche al fine di contrastare fenomeni di «dumping ambientale».
9/282-A/58Ginato.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca norme in materia di revisione del sistema fiscale mediante delega al Governo;
    l'articolo 15 delega il Governo ad introdurre nuove forme di fiscalità al fine di preservare e garantire l'equilibrio ambientale (green taxes), in raccordo con la tassazione già vigente a livello regionale e locale e nel rispetto del principio della neutralità fiscale; si prevede inoltre la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici anche in funzione del contenuto di carbonio, come previsto dalla proposta di Direttiva del Consiglio europeo in materia di tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità e che il gettito derivante dall'introduzione della carbon tax sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro, e al finanziamento delle tecnologie a basso contenuto di carbonio, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alle fonti di energia rinnovabili,

impegna il Governo

a specificare che la riduzione della tassazione sul lavoro conseguente all'utilizzo della carbon tax operi in via prioritaria su quello generato dalla green economy.
9/282/59Bratti, Mariani.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente articolo reca norme in materia di revisione del sistema fiscale mediante delega al Governo;
    l'articolo 12 reca i princìpi e criteri direttivi per l'introduzione di norme volte a ridurre le incertezze nella determinazione del reddito e della produzione netta e per favorire l'internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni derivanti dagli organismi internazionali e dalla Unione europea;
    la lettera a) introduce criteri chiari e coerenti con la disciplina di redazione del bilancio, in particolare per determinare il momento del realizzo delle perdite su crediti, ed estensione del regime fiscale previsto per le procedure concorsuali anche ai nuovi istituti introdotti dalla riforma del diritto fallimentare e dalla normativa sul sovraindebitamento, nonché alle procedure similari previste negli ordinamenti di altri Stati;
    poiché sarebbe utile chiarire il contenuto della norma anche sotto il profilo temporale,

impegna il Governo

a chiarire il principio della competenza temporale di tale disposizione anche attraverso una eventuale modifica al TUIR.
9/282-A/60De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 comma 1, lettera a) disciplina il rafforzamento e razionalizzazione dell'istituto della conciliazione nel processo tributario, anche in un'ottica di deflazione del contenzioso e di coordinamento con la disciplina del contraddittorio fra contribuente e amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo, con particolare riguardo a quei contribuenti nei confronti dei quali si configurano violazioni di minore entità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'istituto della conciliazione giudiziale anche in grado di appello, salva la possibilità della conciliazione stragiudiziale anche in pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione.
9/282-A/61Pelillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca norme in materia di revisione del sistema fiscale mediante delega al Governo;
    il presente provvedimento è finalizzato ad attuare una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento relativa alla generalità dei tributi, nonché a proseguire il contrasto all'evasione e all'elusione e il riordino dei fenomeni di erosione fiscale (cosiddette tax expeditures) – ferma restando la tutela, oltre che della famiglia e della salute, dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione;
    è noto che sul recupero di risorse sull'evasione fiscale si gioca larga parte della futura possibilità di spesa del Paese;
    per questo motivo tra le raccomandazioni per l'Italia in materia di politica economica, il Consiglio dell'Unione europea ha posto quella di proseguire la lotta all'evasione fiscale, migliorando il rispetto dell'obbligo tributario e contrastando in modo incisivo l'economia sommersa e il lavoro irregolare;
    lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri in risposta il 10 luglio 2013 al question time alla Camera sugli intendimenti per il contrasto al fenomeno ha affermato che le due direttrici del Governo saranno da un lato, intensificare l'attività di contrasto agli illeciti per incidere in maniera strutturale sul fenomeno dell'evasione, dall'altro migliorare il rapporto tra fisco e contribuenti;
    uno dei fattori che favoriscono l'evasione fiscale è costituito dal livello di contante in circolazione,

impegna il Governo

ad incentivare i pagamenti elettronici applicando detrazioni fiscali delle spese effettuate con moneta elettronica progressive all'aumentare del reddito speso.
9/282-A/62Coppola.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca norme in materia di revisione del sistema fiscale mediante delega al Governo;
    il presente provvedimento è finalizzato ad attuare una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento relativa alla generalità dei tributi, nonché a proseguire il contrasto all'evasione e all'elusione e il riordino dei fenomeni di erosione fiscale (cosiddette tax expeditures) – ferma restando la tutela, oltre che della famiglia e della salute, dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione;
    è noto che sul recupero di risorse sull'evasione fiscale si gioca larga parte della futura possibilità di spesa del Paese;
    per questo motivo tra le raccomandazioni per l'Italia in materia di politica economica, il Consiglio dell'Unione europea ha posto quella di proseguire la lotta all'evasione fiscale, migliorando il rispetto dell'obbligo tributario e contrastando in modo incisivo l'economia sommersa e il lavoro irregolare;
    lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri in risposta il 10 luglio 2013 al question time alla Camera sugli intendimenti per il contrasto al fenomeno ha affermato che le due direttrici del Governo saranno da un lato, intensificare l'attività di contrasto agli illeciti per incidere in maniera strutturale sul fenomeno dell'evasione, dall'altro migliorare il rapporto tra fisco e contribuenti;
    uno dei fattori che favoriscono l'evasione fiscale è costituito dal livello di contante in circolazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incentivare i pagamenti elettronici applicando detrazioni fiscali delle spese effettuate con moneta elettronica progressive all'aumentare del reddito speso.
9/282-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  Coppola.


   La Camera,
   premesso che:
    la distribuzione automatica di alimenti e bevande nasce e si sviluppa come risposta ai nuovi stili di vita;
    secondo i dati 2012 dell'associazione italiana Distribuzione Automatica – CONFIDA – il valore stimato del settore è di circa 2,5 miliardi di fatturato e si affianca agli altri comparti produttivi più virtuosi del Made in Italy, circa il 70 per cento dei distributori automatici e sistemi di pagamento progettati e prodotti nel nostro Paese è esportato in Europa e sugli altri mercati internazionali;
    l'articolo 20 decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, ha da ultimo modificato il regime IVA della somministrazione di alimenti e bevande effettuate mediante distributori automatici aumentando l'aliquota IVA dal 4 al 10 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2014;
    è quanto mai indispensabile introdurre disposizioni rivolte ad evitare un ridimensionamento in termini di occupazione in questo settore;
    le attuali norme in vigore non prevedono alcuna forma di tracciatura delle transazioni relative alle vendite al consumo mediante distributori automatici con la conseguenza che il fisco non ha strumenti idonei per riscontrare le vendite e le somministrazioni effettive;
    è necessario riformare la normativa in materia di somministrazione mediante distribuzione automatica e semiautomatica per la tutela della concorrenza e crescita del mercato, per la semplificazione normativa, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sulla distribuzione automatica e semiautomatica,

impegna il Governo:

   ad introdurre una disciplina specifica del settore avendo particolare riguardo all'introduzione della definizione di distribuzione automatica e semiautomatica, nonché alla semplificazione burocratica;
   ad introdurre un sistema di certificazione degli incassi da conseguire, in via prioritaria, attraverso l'implementazione dell’hardware e dei software utilizzati dalle macchine automatiche e semiautomatiche per la rilevazione del numero delle erogazioni;
   ad introdurre un sistema di certificazione delle imprese che esercitano l'attività di somministrazione mediante distribuzione automatica e semiautomatica, con criteri di. classificazione in base alla capacità economica ed alla capacità tecnica per la partecipazione alle gare indette per la concessione del servizio medesimo;
   ad introdurre, anche al fine di contrastare più efficacemente le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nell'esercizio dell'attività della somministrazione mediante distribuzione automatica e semiautomatica, norme tese alla trasparenza ed al rafforzamento dei requisiti soggettivi, di onorabilità e professionalità dei soggetti che, direttamente o indirettamente, controllino o partecipino al capitale delle società concessionarie del servizio, nonché degli esponenti aziendali dotati di legale rappresentanza, prevedendo altresì specifiche cause di decadenza dalle concessioni o cause di esclusione dalle gare indette per la selezione del gestore;
   a prevedere una razionalizzazione territoriale della rete di distribuzione automatica e semiautomatica a servizio delle pubbliche amministrazioni.
9/282-A/63Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    la distribuzione automatica di alimenti e bevande nasce e si sviluppa come risposta ai nuovi stili di vita;
    secondo i dati 2012 dell'associazione italiana Distribuzione Automatica – CONFIDA – il valore stimato del settore è di circa 2,5 miliardi di fatturato e si affianca agli altri comparti produttivi più virtuosi del Made in Italy, circa il 70 per cento dei distributori automatici e sistemi di pagamento progettati e prodotti nel nostro Paese è esportato in Europa e sugli altri mercati internazionali;
    l'articolo 20 decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, ha da ultimo modificato il regime IVA della somministrazione di alimenti e bevande effettuate mediante distributori automatici aumentando l'aliquota IVA dal 4 al 10 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2014;
    è quanto mai indispensabile introdurre disposizioni rivolte ad evitare un ridimensionamento in termini di occupazione in questo settore;
    le attuali norme in vigore non prevedono alcuna forma di tracciatura delle transazioni relative alle vendite al consumo mediante distributori automatici con la conseguenza che il fisco non ha strumenti idonei per riscontrare le vendite e le somministrazioni effettive;
    è necessario riformare la normativa in materia di somministrazione mediante distribuzione automatica e semiautomatica per la tutela della concorrenza e crescita del mercato, per la semplificazione normativa, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sulla distribuzione automatica e semiautomatica,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di introdurre una disciplina specifica del settore avendo particolare riguardo all'introduzione della definizione di distribuzione automatica e semiautomatica, nonché alla semplificazione burocratica;
   a valutare l'opportunità di introdurre un sistema di certificazione degli incassi da conseguire, in via prioritaria, attraverso l'implementazione dell’hardware e dei software utilizzati dalle macchine automatiche e semiautomatiche per la rilevazione del numero delle erogazioni;
   a valutare l'opportunità di introdurre un sistema di certificazione delle imprese che esercitano l'attività di somministrazione mediante distribuzione automatica e semiautomatica, con criteri di. classificazione in base alla capacità economica ed alla capacità tecnica per la partecipazione alle gare indette per la concessione del servizio medesimo;
   a valutare l'opportunità di introdurre, anche al fine di contrastare più efficacemente le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nell'esercizio dell'attività della somministrazione mediante distribuzione automatica e semiautomatica, norme tese alla trasparenza ed al rafforzamento dei requisiti soggettivi, di onorabilità e professionalità dei soggetti che, direttamente o indirettamente, controllino o partecipino al capitale delle società concessionarie del servizio, nonché degli esponenti aziendali dotati di legale rappresentanza, prevedendo altresì specifiche cause di decadenza dalle concessioni o cause di esclusione dalle gare indette per la selezione del gestore;
   a valutare l'opportunità di prevedere una razionalizzazione territoriale della rete di distribuzione automatica e semiautomatica a servizio delle pubbliche amministrazioni.
9/282-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 reca principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio penale, da attuarsi secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti;
    il medesimo articolo prevede che nei decreti legislativi attuativi della revisiona del sistema sanzionatorio penale venga definita la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, specificando che tale raddoppio si verifichi solo in presenza di effettivo invio della denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, effettuato entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di decadenza,

impegna il Governo

in sede di emanazione dei prossimi decreti attuativi della presente legge delega, a trasformare, per evidenti ragioni di tutela dei cittadini, la previsione che riformula la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento in norma interpretativa e di esplicitare che non siano fatti salvi gli effetti degli atti di controllo già notificati alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti.
9/282-A/64Nesi, Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 reca principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio penale, da attuarsi secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti;
    il medesimo articolo prevede che nei decreti legislativi attuativi della revisiona del sistema sanzionatorio penale venga definita la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, specificando che tale raddoppio si verifichi solo in presenza di effettivo invio della denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, effettuato entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di decadenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di emanazione dei prossimi decreti attuativi della presente legge delega, a trasformare, per evidenti ragioni di tutela dei cittadini, la previsione che riformula la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento in norma interpretativa e di esplicitare che non siano fatti salvi gli effetti degli atti di controllo già notificati alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti.
9/282-A/64. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nesi, Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    data l'esigenza di adottare standard di qualità per l'erogazione dei servizi pubblici e di tutelare il consumatore, la Carta dei servizi è uno strumento di informazione e di comunicazione che incide nei rapporti tra gli utenti del gioco a distanza e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato-AAMS, attraverso i concessionari e costituisce un «patto» o «contratto» informale tra le due parti;
    attraverso la carta di servizio il giocatore ha a disposizione uno strumento di tutela che lo assicura sul corretto svolgimento del servizio in coerenza con gli impegni assunti dall'amministrazione e dai concessionari e gli consente un controllo diretto sulla qualità dei servizi di cui usufruisce;
    il concessionario, al momento della stipula della concessione, riceve l'assegnazione degli impegni da rispettare nel corso dell'erogazione dei propri servizi per garantire la loro coerenza con il gioco responsabile;
    l'articolo 14 della presente legge delega riguarda i giochi pubblici, e prevede – oltre ad una raccolta sistematica della disciplina in un codice delle disposizioni sui giochi e ad un riordino del prelievo erariale sui singoli giochi – specifiche disposizioni volte, tra l'altro a: tutelare i minori dalla pubblicità dei giochi e a recuperare i fenomeni di ludopatia,

impegna il Governo

nell'attuazione delle deleghe ed eventualmente con ulteriori atti normativi, a intervenire nella direzione di organizzare l'accesso al gioco potenzialmente compulsivo tramite l'evoluzione e lo sviluppo di carte di servizio contenenti informazioni personali rilevanti sotto il profilo del gioco che tengano conto anche della capacità di spesa e del reddito complessivo del giocatore.
9/282-A/65Marco Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    data l'esigenza di adottare standard di qualità per l'erogazione dei servizi pubblici e di tutelare il consumatore, la Carta dei servizi è uno strumento di informazione e di comunicazione che incide nei rapporti tra gli utenti del gioco a distanza e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato-AAMS, attraverso i concessionari e costituisce un «patto» o «contratto» informale tra le due parti;
    attraverso la carta di servizio il giocatore ha a disposizione uno strumento di tutela che lo assicura sul corretto svolgimento del servizio in coerenza con gli impegni assunti dall'amministrazione e dai concessionari e gli consente un controllo diretto sulla qualità dei servizi di cui usufruisce;
    il concessionario, al momento della stipula della concessione, riceve l'assegnazione degli impegni da rispettare nel corso dell'erogazione dei propri servizi per garantire la loro coerenza con il gioco responsabile;
    l'articolo 14 della presente legge delega riguarda i giochi pubblici, e prevede – oltre ad una raccolta sistematica della disciplina in un codice delle disposizioni sui giochi e ad un riordino del prelievo erariale sui singoli giochi – specifiche disposizioni volte, tra l'altro a: tutelare i minori dalla pubblicità dei giochi e a recuperare i fenomeni di ludopatia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'attuazione delle deleghe ed eventualmente con ulteriori atti normativi, di intervenire nella direzione di organizzare l'accesso al gioco potenzialmente compulsivo tramite l'evoluzione e lo sviluppo di carte di servizio contenenti informazioni personali rilevanti sotto il profilo del gioco che tengano conto anche della capacità di spesa e del reddito complessivo del giocatore.
9/282-A/65. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marco Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 detta principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega in materia di IVA, che deve avvenire attraverso la semplificazione dei sistemi speciali, nonché l'attuazione del regime del gruppo IVA;
    il medesimo articolo delega altresì il Governo ad introdurre norme per la revisione delle imposte sulla produzione e sui consumi e delle imposte «minori», ossia le imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali, sulle concessioni governative, sulle assicurazioni e sugli intrattenimenti, attraverso la semplificazione degli adempimenti, la razionalizzazione delle aliquote, nonché l'accorpamento o la soppressione di fattispecie particolari;
    appare opportuno coordinare le discipline sulle imposte cosiddette minori con la principale caratteristica dell'emanando istituto, rappresentata dall'irrilevanza, ai fini IVA, delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che interverranno tra soggetti partecipanti a un medesimo gruppo;
    la finalità è quella di evitare che tale irrilevanza possa determinare maggiori costi sotto il profilo dell'imposta di bollo o dell'imposta di registro o delle imposte ipotecaria e catastale, atteso che tali tributi trovano di norma applicazione nei casi di transazioni estranee al campo di applicazione dell'IVA (quali saranno, appunto, quelle che si verificheranno tra soggetti partecipanti al medesimo gruppo IVA),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di emanazione dei prossimi decreti attuativi della presente legge delega o in futuri provvedimenti che si intendano adottare, di procedere alla revisione delle vigenti discipline delle imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale in modo da coordinarle con l'istituto del gruppo IVA, al fine di evitare un aggravio impositivo nei confronti dei soggetti che optano per il regime della partecipazione al gruppo IVA.
9/282-A/66Mazziotti Di Celso, Sottanelli, Librandi, Zanetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 dell'A.C. 282 indica i principi e i criteri ai quali il Governo deve attenersi per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici;
    il comma 2, lettera b) dell'articolo 14 prevede che la materia riguardante le fattispecie imponibili sia affrontata con legge ordinaria per definire i soggetti passivi e la misura dell'imposta,

impegna il Governo

ad adoperarsi, per quanto di sua competenza, affinché nella definizione dell'imposta da applicare ai soggetti passivi concessionari di giochi di azzardo sia garantita l'effettiva proporzionalità di imposta sugli introiti derivanti ai concessionari.
9/282-A/67Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 dell'A.C. 282 indica i principi e i criteri ai quali il Governo deve attenersi per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici;
    il comma 2, lettera b) dell'articolo 14 prevede che la materia riguardante le fattispecie imponibili sia affrontata con legge ordinaria per definire i soggetti passivi e la misura dell'imposta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi, per quanto di sua competenza, affinché nella definizione dell'imposta da applicare ai soggetti passivi concessionari di giochi di azzardo sia garantita l'effettiva proporzionalità di imposta sugli introiti derivanti ai concessionari.
9/282-A/67. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mantero.


   La Camera,

impegna il Governo

a prevedere un controllo diretto dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli della rete telematica a cui sono collegati gli apparecchi da gioco.
9/282-A/68Ruocco, Pisano, Villarosa, Barbanti, Pesco, Cancelleri, Carbone.


   La Camera,

impegna il Governo

a prevedere il divieto di affidare le concessioni dei giochi pubblici a persone fisiche o giuridiche riconducibili a soggetti che ricoprono cariche pubbliche ed ai loro familiari fino al terzo grado di parentela.
9/282-A/69Cancelleri, Pesco, Ruocco, Pisano, Villarosa, Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 recante disposizioni in materia di giochi pubblici prevede al comma 2, lettera d), il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disciplina del prelievo erariale sui giochi,

impegna il Governo

ad aumentare il prelievo erariale sui giochi pubblici.
9/282-A/70Pisano, Ruocco, Villarosa, Barbanti, Pesco, Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 recante disposizioni in materia di giochi pubblici prevede al comma 2, lettera d), il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disciplina del prelievo erariale sui giochi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di aumentare il prelievo erariale sui giochi pubblici.
9/282-A/70. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pisano, Ruocco, Villarosa, Barbanti, Pesco, Cancelleri.


   La Camera,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina del gioco pubblico per renderlo occasione di sviluppo delle capacità intellettive ed accrescimento culturale.
9/282-A/71Villarosa, Pisano, Barbanti, Pesco, Cancelleri, Ruocco.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina del gioco pubblico per renderlo occasione di sviluppo delle capacità intellettive ed accrescimento culturale.
9/282-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta)  Villarosa, Pisano, Barbanti, Pesco, Cancelleri, Ruocco.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative a favore dei giovani precari in relazione al recente decreto ministeriale che ha modificato la disciplina del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa – 3-00335

   TAGLIALATELA. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 6 settembre 2013 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale 24 giugno 2013, n. 103, che interviene a parziale modifica del «Regolamento recante la disciplina del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali», di cui, originariamente, al decreto ministeriale 17 dicembre 2010, n. 256;
   le modifiche introdotte riguardano, in particolare, l'abolizione del tasso agevolato che le banche era previsto concedessero ai richiedenti – e che è stato semplicemente sostituito con la generica previsione che il tasso non dovrà essere «superiore al tasso effettivo globale medio sui mutui» –, l'aumento sia del reddito minimo percepito dai richiedenti, sia della metratura massima dell'immobile da acquistare, l'abrogazione della norma che recava il divieto di cartolarizzazione dei mutui garantiti dal fondo e altro;
   la modifica più eclatante, tuttavia, attiene al criterio che era stato individuato, alla stesura del primo regolamento, per far sì che il fondo andasse effettivamente a beneficio dei giovani precari, sostanziato nell'indicazione, tra i requisiti per avanzare la richiesta di mutuo a valere sul fondo, che «non più del 50 per cento del reddito complessivo imponibile ai fini irpef deve derivare da contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato»;
   con il nuovo decreto ministeriale tale criterio non costituisce più un requisito essenziale, ma solo un criterio preferenziale «in presenza di domande pervenute nella stessa giornata e di contestuale parziale indisponibilità delle dotazioni del Fondo»;
   appare evidente, quindi, come il fondo e il suo utilizzo siano stati distratti dalla loro originaria finalità, stravolgendone, secondo l'interrogante, l'impianto, a danno di quei soggetti che, proprio perché impiegati a tempo determinato, hanno difficoltà ad ottenere dei mutui –:
   quali siano i criteri che hanno ispirato la revisione della disciplina di cui in premessa e quali provvedimenti il Governo intenda porre in essere per continuare a garantire ai giovani precari la possibilità di accedere al mutuo per l'acquisto della prima casa. (3-00335)


Problematiche relative alla dismissione di immobili militari non più utili a fini istituzionali, con particolare riferimento alla destinazione della caserma Donati, sita nel comune di Sesto Fiorentino (Firenze) – 3-00334

   ROSSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nell'ambito delle iniziative volte a favorire la dismissione degli immobili militari non più utili ai fini istituzionali, prevede la cessione alle amministrazioni locali, a titolo non oneroso, dei citati immobili che per tipologia o collocazione geografica non risultino «valorizzabili» ovvero utili per il soddisfacimento di altre amministrazioni dello Stato;
   il comune di Sesto Fiorentino avrebbe più volte manifestato interesse all'area della ex caserma Donati, che risulta da tempo destinata alla costruzione di alloggi a riscatto in cooperativa, ai sensi della legge n. 244 del 2007;
   risulta, altresì, che vi sia del personale militare già costituitosi in cooperativa e che con nota del 3 agosto 2011, protocollo n. 2/29424/10-3-9-2/2011, il gabinetto del Ministro della difesa aveva individuato nella cooperativa Delfino il soggetto attuatore;
   con la medesima nota il gabinetto del Ministro della difesa comunicava alla cooperativa Delfino di aver dato mandato a Geniodife di implementare la procedura attuativa per la definizione del progetto presentato;
   con nota del 04 luglio 2012, protocollo 0045439, il Segretario generale della difesa comunicava alla cooperativa Delfino che entro il 31 dicembre 2012 si sarebbe perfezionato l'atto di concessione in diritto di superficie alla cooperativa Delfino sulla ex caserma Donati;
   con nota del 15 ottobre 2012 la cooperativa Delfino comunicava al Segretario generale della difesa la prossima scadenza del finanziamento, già concesso dalla banca Cariparma e, quindi, la stessa cooperativa disponeva tutti gli atti di prenotazione alloggi ai soci facente parte del sodalizio;
   con questa operazione, definita giustamente dal Ministero della difesa «pilota», l'Amministrazione potrà recuperare 60 alloggi circa ed ottenere in permuta a titolo definitivo altri 24 alloggi da destinare al personale in servizio –:
   se il Ministri interrogato non ritenga necessario confermare la destinazione della caserma Donati per la costruzione di alloggi militari, definendo con urgenza la questione relativa all'assegnazione della caserma alla cooperativa Delfino anche per dare risposta a 120 famiglie di militari e forze di polizia in servizio o in pensione, residenti a Sesto Fiorentino che aspettano da anni l'unica opportunità offerta per costruirsi una casa nella sede definitiva di servizio. (3-00334)


Iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, presso la procura della Repubblica di Roma in relazione alle indagini sulla sospensione illegale di cartelle esattoriali – 3-00336

   VILLAROSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dai quotidiani online del 19 settembre 2013 di una rilevante indagine della procura della Repubblica di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Nello Rossi, estesa su tutta Italia in merito a una massiccia frode ai danni delle entrate erariali per la sospensione illegale di cartelle esattoriali di molti contribuenti;
   nel caso specifico i dipendenti infedeli di Equitalia avrebbero garantito vantaggi finanziari a imprenditori e professionisti dietro il pagamento di somme di denaro; sostanzialmente costoro avrebbero garantito, senza che vi fossero i requisiti, istanze di rateizzazione di cartelle esattoriali oppure avrebbero interferito nelle procedure di versamento dei contributi previdenziali, alterando sia la correttezza dei dati relativi al pagamento che la visibilità degli stessi;
   in anni recenti ci sono state numerose indagini svolte da molte procure della Repubblica, tra cui quelle di Roma, Frosinone e Caserta, nelle quali è risultata evidente la cancellazione documentale e/o informatica di cartelle esattoriali o di altre forme di debito esattoriale, anche di notevole rilevanza, con la compiacenza illegale di funzionari e dirigenti di Equitalia;
   non è finora mai trapelato nulla sul fatto che tra le centinaia di cartelle esattoriali modificate in Equitalia da funzionari corrotti non ce ne siano state alcune ascrivibili al crimine organizzato, cosa che appare più che verosimile;
   stando a notizie di stampa, in particolare del 10 marzo 2010, addirittura, nel caso di un'indagine giudiziaria romana del filone Mokbel/Phuncard si era appurato che soggetti privi di incarichi in Equitalia o in società da essa controllate svolgevano le loro funzioni di mediatori illegali, con la complicità di alcuni dipendenti;
   nell'aprile 2010 la trasmissione Rai Report davanti a milioni di persone – e il quotidiano Il Fatto due giorni dopo – presenta un lungo e dettagliato servizio, con molti supporti documentali, su procedure di sospensioni illegali e di favore avvenute a Roma nei confronti di contribuenti rilevanti e importanti, con tanto di nomi e cognomi; ma non si ha alcuna notizia di apertura di fascicoli di indagine a Roma per una notitia criminis così grave;
   il filone di indagine sul caso Mokbel/Phuncard, caratterizzato da gravissime lesioni di interessi dello Stato, inerente alla vicenda in Equitalia appare inopinatamente essere stato chiuso senza alcun rinvio a giudizio, cosa che, in considerazione del sottile e raffinatissimo livello criminale raggiunto, desta perplessità profonda, anche in connessione agli eventi malavitosi sottostanti;
   l'azione ad avviso degli interroganti carente della magistratura romana si è caratterizzata per non aver mai proceduto a un controllo sistematico con campioni significativi nelle data bank di Equitalia sul fenomeno delle sospensioni illegali informatiche;
   recentemente nel giugno 2013 il pubblico ministero romano Erminio Amelio ha condotto un'importante indagine che da Roma si dirama a Frosinone in merito a cartelle esattoriali truccate –:
   se non ritenga opportuno e urgente adottare ogni iniziativa di competenza, compreso l'invio di ispettori ministeriali, per verificare se esistano i presupposti per l'esercizio dell'azione disciplinare, a fronte di quella che appare agli interroganti una scarsa efficienza della procura della Repubblica di Roma nell'indagare sul fenomeno gravissimo della sospensione illegale di cartelle esattoriali, cosa che comporta, tra l'altro, che le inchieste recenti su questa piaga sembrano procedere come monadi in moto browniano, senza la consapevolezza della presumibile estensione e gravità del fenomeno corruttivo di specie.
(3-00336)


Chiarimenti e iniziative in relazione alle prospettive di Finmeccanica – 3-00337

   AIRAUDO, FERRARA, MIGLIORE, DI SALVO, LACQUANITI, QUARANTA, AIELLO, BOCCADUTRI, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FAVA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, LAVAGNO, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NARDI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIAZZONI, PILOZZI, PIRAS, PLACIDO, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO, ZAN e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da informazioni circolanti nell'ambiente e da alcune agenzie riprese dalla stampa nazionale, Finmeccanica s.p.a. starebbe iniziando a ragionare su un piano per garantirsi qualche introito dalle dismissioni anche se la politica dovesse mettersi di traverso alla cessione degli asset civili a gruppi stranieri. In sostanza, l'obiettivo dovrebbe essere quello di portare a casa almeno qualcosa entro fine 2013. In particolare, per Ansaldo energia si starebbe pensando a una rete di protezione, che dovrebbe essere stesa dal Fondo strategico italiano s.p.a. istituito presso la Cassa depositi e prestiti. Il Fondo strategico italiano s.p.a., infatti, dovrebbe essere pronto a rilevare delle quote di Ansaldo energia entro fine 2013, anche se non si dovesse stringere un accordo con la coreana Doosan;
   qualche settimana fa il presidente di Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, ha ammesso che il dossier è sul tavolo, ma ora il fascicolo dovrebbe prendere una corsia preferenziale, per essere pronto in caso di accelerazione. Se si arrivasse a un accordo con i coreani, il Fondo strategico italiano s.p.a. potrebbe anche intervenire in un secondo momento, rilevando una quota direttamente da Doosan o dalla stessa Finmeccanica s.p.a. Se l'ipotesi coreana dovesse invece sfumare, allora il Fondo strategico italiano s.p.a. dovrebbe entrare in scena subito. Non solo, sembrerebbe pure che il Fondo strategico italiano s.p.a. potrebbe essere chiamato in causa anche su Ansaldo Breda;
   vi sono poi altri due elementi da rilevare che dovrebbero indurre il Governo a fare chiarezza sullo stato dell'arte relativo al piano di dismissioni di Finmeccanica s.p.a., che, secondo le intenzioni pubblicamente dichiarate dall'Esecutivo, non dovrebbe toccare gli asset civili:
    a) innanzitutto, nella giornata del 19 settembre 2013, l'agenzia di rete Moody's ha tagliato il rating di Finmeccanica s.p.a. da Baa3 a Ba1, livello «non investment grade». L’outlook resta negativo. La decisione dell'agenzia di rating riflette «una più lenta velocità nel miglioramento della performance operativa e il profilo di credito», considerati «alcuni vincoli che pesano in alcune aree» e «le vendite di asset in sospeso»’. Sempre secondo Moody's, attraverso la vendita del settore trasporto Finmeccanica s.p.a. «avrebbe risolto uno dei suoi più grandi problemi, fermando la pesante distruzione di liquidità di Ansaldo Breda»;
    b) in secondo luogo, deve anche essere preso in considerazione tutto il discorso relativo al percorso delle privatizzazioni delineati dal piano «Destinazione Italia», in cui il Governo deve chiarire in via definitiva che il discorso non deve riguardare nel modo più assoluto la cessione degli asset civili di Finmeccanica s.p.a.;
   considerato che la posta in gioco non è altro che la scissione, strategicamente immotivata, di un gruppo già sottodimensionato in due gruppi ridotti, depauperati, indifesi rispetto all'aggressione competitiva dei grandi player internazionali, cui l'azionariato pubblico di Cassa depositi e prestiti non mostrerà intenzione e capacità di resistere, soprattutto nei settori più attrattivi come energia e trasporti;
   se si osservano i principali player globali dell'alta tecnologia, si nota una correlazione tra dimensione e specializzazione. I gruppi minori sono più intersettoriali. Bombardier produce aerei e treni; Thales sistemi di difesa e sicurezza e di segnalamento ferroviario e metropolitano; Bae produce aerei da combattimento e autobus ibridi;
   qualsiasi player globale possegga tecnologie cross-section (intersettoriali e duali) le impiega con successo. Finmeccanica s.p.a. le mortifica e segrega nei comparti balcanizzati delle società storiche (Alenia, Selenia, Ansaldo, Agusta), addirittura preparandosi a frazionarle tra due holding eterogenee per azionariato e governance (Finmeccanica s.p.a. e Cassa depositi e prestiti). L'azionista fa peggio tenendo separate Finmeccanica s.p.a. e Fincantieri;
   in Finmeccanica s.p.a. le società specializzate in energia e trasporti (Ansaldo energia e Ansaldo sts) godono di risultati e prospettive strategiche migliori di quelle specializzate nella difesa (Oto, Wass, Mbda). Anche perché energia e sts hanno un azionariato internazionale, che contribuisce significativamente alla qualità del suo management;
   le partnership competitive possibili in Agusta Westland e Drs avrebbero anche l'effetto di qualificare e internazionalizzare il management di Finmeccanica s.p.a. La stessa prospettiva può interessare Alenia Aermacchi, Selex ES, Ansaldo Breda quando la necessaria riorganizzazione industriale e qualificazione manageriale lo consentiranno;
   Finmeccanica s.p.a. è storicamente una società duale (militare/civile) bilanciata 50/50 e tale resterà nel prossimo triennio, a fronte della crescita degli elicotteri civili, anche dopo l'eventuale uscita dai settori più promettenti come energia e trasporti. L'obiettivo dell'abbandono di questi settori al fine della specializzazione militare è, quindi, da considerarsi falso;
   la strategia vincente di Finmeccanica s.p.a. è, quindi, la specializzazione intersettoriale;
   l'insieme dei fatti citati dalla presente interrogazione e, quindi, la recente presentazione da parte del Governo del citato piano «Destinazione Italia», il taglio da parte di Moody's del rating di Finmeccanica s.p.a. da Baa3 e Ba1 e le insistenti notizie circolate in questi giorni su di un'accelerazione del piano di dismissioni, all'interno del gruppo di Finmeccanica, verso gruppi internazionali e con un possibile ruolo, più o meno temporaneo, della Cassa depositi e prestiti, destano altissima preoccupazione;
   se il Governo, contrariamente a quanto dichiarato pubblicamente alla stampa nazionale, avesse intenzione di fare cassa vendendo i pezzi più pregiati dell'industria italiana, come gli asset civili del gruppo Finmeccanica, e in assenza di una preventiva discussione in Parlamento, si rischierebbe di perdere un vero e proprio patrimonio professionale, occupazionale, tecnologico e industriale che il futuro del nostro Paese non po’ in alcun modo permettersi. Diversamente, sarebbe invece auspicabile intervenire investendo su processi, prodotti e rilanciando la progettazione, garantendo in Italia occupazione e, soprattutto, presenza in settori industriali fondamentali, come i trasporti ferroviari e l'energia;
   Sinistra Ecologia Libertà, come già chiaramente esplicitato in numerosissimi atti parlamentari precedenti, nonché nell'ambito della mozione sulla crisi del settore manifatturiero n. 1-00164, è completamente contraria a qualsiasi processo di depotenziamento e alienazione della tecnologia che si potrebbe verificare attraverso la cessione degli asset civili di Finmeccanica s.p.a. ai diretti concorrenti internazionali;
   il settore civile deve tornare, invece, ad essere un punto di riferimento strategico per il gruppo Finmeccanica, basti pensare al solo asset di Ansaldo energia, che appare cruciale per lo sviluppo, la riconversione industriale ed il rilancio produttivo di numerosissimi settori e risorse che rappresentano un fattore determinante per l'evoluzione economica del nostro Paese –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione, quali elementi conoscitivi intenda fornire al Parlamento in merito al citato piano di dismissione di Finmeccanica s.p.a., con particolare riferimento alle notizie recentemente diffuse dalla stampa nazionale in merito alla possibile cessione degli asset civili di Finmeccanica s.p.a. stessa, a partire da Ansaldo Breda, Ansaldo sts, Ansaldo energia e BredaMenariniBus e, infine, quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo in qualità di azionista di riferimento di Finmeccanica s.p.a., per ribaltare il corso – che gli interroganti ritengono autodistruttivo – in atto del principale gruppo industriale italiano dell'alta tecnologia. (3-00337)


Orientamenti del Governo in ordine all'esenzione dall'Imu per i fabbricati strumentali alle attività produttive e per gli esercizi alberghieri – 3-00338

   ALFREIDER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   fra le misure previste dal decreto-legge n. 102 del 2013 relativo alla cancellazione dell'acconto imu, che fa seguito al decreto-legge n. 54 del 2013, per le attività industriali diverse dall'agricoltura – settore per il quale la cancellazione della prima rata dell'imu riguarda i terreni agricoli e gli immobili strumentali alle imprese agricole – non è più stata prevista la deducibilità ai fini Irap del 50 per cento dell'imu pagata su capannoni, alberghi, negozi, laboratori ed altri immobili strumentali alla produzione;
   le associazioni di settore hanno manifestato le loro profonde obiezioni, ritenendo fondamentale dover cancellare l'imu sulle imprese, giacché ritengono impensabile che vi sia una tassazione così elevata nei confronti di beni strumentali alla produzione – che al momento con un importo di 9 miliardi di euro porta la tassazione sulle imprese al 68 per cento – oggi equiparati a beni di lusso, sostenendo, ad esempio, che, in attesa di un'esenzione dal pagamento dell'imu, sia prevista per le imprese la possibilità di rendere deducibile quanto pagato con la prima rata di giugno 2013;
   unica misura mantenuta ed adottata è stata l'esenzione dalla seconda rata dell'imu, giacché la prima rata è già stata pagata per gli immobili costruiti da imprese edili ed invenduti;
   il Ministro interrogato, l'8 luglio 2013, precedentemente all'emanazione del decreto-legge n. 102 del 2013 varato il 31 agosto 2013, ha sostenuto che «le prossime tappe sono definite: evitare l'incremento di un punto dell'iva e intervenire per ridurre l'imu sulla prima casa delle famiglie e sugli immobili strumentali delle aziende su capannoni, negozi e terreni, la prima casa» degli imprenditori;
   così come il Ministro dell'economia e delle finanze, Saccomanni, il 9 luglio 2013, in sede di riunione dell'Unione europea, ha affermato che «sull'imu il Governo lavora all'ipotesi di agire sui capannoni industriali, ma solo nel 2014, perché si guardano i redditi d'impresa dell'anno prossimo: ci stiamo lavorando nella preparazione degli interventi del 2014»;
   il Sottosegretario per l'economia e le finanze Baretta, il 31 agosto 2013, ha sostenuto che «recupereremo sicuramente la deducibilità con la legge di stabilità: riguarderà, infatti, l'anno di imposta 2013 e quindi sarà scaricata sulla dichiarazione del 2014»;
   il Viceministro per l'economia e le finanze, Fassina, secondo quanto riportato in un'intervista al quotidiano L'Unità del 19 settembre 2013, ha affermato che «basterebbe mantenere lo sgravio imu sul 90 per cento delle prime case per risparmiare due miliardi per abbassare l'iva ed escludere dall'imu i capannoni e i negozi»;
   fra le ipotesi che vanno nella direzione di minori oneri per le imprese vi sarebbe, al momento, l'impegno del Governo a rendere deducibile dal reddito delle imprese la service tax prevista dal 2014 –:
   quali orientamenti concreti il Governo intenda assumere, e in quali tempi, in ordine all'esenzione dall'imu per i fabbricati strumentali alle attività produttive e per gli esercizi alberghieri. (3-00338)


Stato di attuazione delle disposizioni degli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 69 del 2013 in materia di finanziamenti alle micro, piccole e medie imprese – 3-00339

   VIGNALI e BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n.98, agli articoli 1 e 2, ha modificato significativamente le disposizioni riguardanti la cosiddetta nuova legge Sabatini (articolo 2 dello stesso decreto-legge n. 69 del 2013), riformulando l'ambito di operatività della disposizione, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo;
   possono accedere ai finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato, le piccole e medie imprese (comprese quelle agricole e della pesca), le microimprese, con riferimento non soltanto agli investimenti (e non più agli acquisti) in beni nuovi strumentali, ma anche in hardware, software e tecnologie digitali, anche mediante operazioni di leasing finanziario;
   i finanziamenti, fino a 2 milioni di euro, potranno avere durata non superiore ai 5 anni e potranno arrivare a coprire l'intero costo agevolabile, con l'assistenza del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (articolo 2, comma 100, della legge n. 662 del 1996);
   i citati articoli 1 e 2 del decreto legge n. 69 del 2013 prevedono una serie di atti applicativi e, in particolare:
    a) un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (articolo 1, comma 1), da adottare, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, per migliorare l'efficacia degli interventi del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (più ampio accesso, migliore copertura ed altro);
    b) un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per estendere gli interventi ai professionisti (articolo 1, comma 5-bis);
    c) un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, per estendere gli interventi alla microimprenditorialità (articolo 1, comma 5-ter);
    d) un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per stabilire i requisiti e le condizioni di accesso ai contributi finalizzati all'acquisto di macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo (articolo 2, comma 5);
    e) una o più convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Associazione bancaria italiana e la Cassa depositi e prestiti s.p.a. per individuare le condizioni e i criteri di attribuzione alle banche del plafond di provvista e dei contratti tipo di finanziamento (articolo 2, comma 7);
   la mancanza di emanazione di detti decreti rischia di costituire un freno agli investimenti, contrariamente alle finalità della norma in oggetto –:
   quale sia lo stato di attuazione delle disposizioni applicative degli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 69 del 2013 elencate in premessa e, in particolare, se sia prevista una data certa per la pubblicazione dei decreti. (3-00339)


Tempi e strumenti per la realizzazione di una strategia industriale per il settore siderurgico – 3-00340

   VELO, BENAMATI, MARTELLA, BASSO, BINI, CANI, CIVATI, DEL BASSO DE CARO, DONATI, FOLINO, GALPERTI, GINEFRA, IMPEGNO, MARIANO, MONTRONI, NARDELLA, PELUFFO, PETITTI, PORTAS, SENALDI, TARANTO, GADDA, COMINELLI, TENTORI, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore della siderurgia nazionale sta attraversando una fase di estrema difficoltà, con i due principali siti di Taranto e Piombino interessati da vicende e criticità che rischiano di comprometterne la continuità produttiva;
   secondo le anticipazioni fornite alle organizzazioni sindacali relativamente ai contenuti del programma industriale per le acciaierie Lucchini di Piombino, redatto dal commissario straordinario, sembra emergere che non ci sia un futuro per l'altoforno dell'impianto, visto anche il venir meno della prospettiva di una stabile «collaborazione» con l’Ilva di Taranto;
   le ipotesi che sarebbero alla base del citato programma elaborato dal commissario sconterebbero un forte ridimensionamento dell'impianto e della base occupazionale impiegata. Infatti, l'ipotesi del forno elettrico – dai costi molto più contenuti – determinerebbe un drastico ridimensionamento del numero degli occupati e una radicale trasformazione e limitazione della vocazione produttiva del sito, mentre la prospettiva dell'adozione della tecnologia basata sul processo Corex/Finex, che presenterebbe un potenziale equivalente per qualità produttiva alla fonderia e un limitato ridimensionamento della base occupazionale, comporta ingenti investimenti e tempi lunghi di realizzazione, ma al momento non si sono manifestate proposte di gruppi industriali disponibili a sostenerne gli oneri. Come extrema ratio non viene esclusa nemmeno la possibilità di uno «spezzatino» dello stabilimento, ovvero la vendita dei singoli laminatoi e impianti, attraverso procedure di evidenza pubblica;
   per il 3 ottobre 2013 è stato indetto uno sciopero generale nella città toscana e si terrà una manifestazione cui parteciperanno i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per denunciare e scongiurare la chiusura dell'altoforno in questione, l'unico impianto italiano in cui si realizzano prodotti «lunghi» come le rotaie ferroviarie;
   per quanto riguarda il polo Riva-Ilva, nonostante l'adozione di due specifici provvedimenti di urgenza volti ad assicurare le condizioni per la continuità produttiva degli impianti del gruppo siderurgico di Taranto, la recente decisione di cessare tutte le attività dell'azienda che non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva, tra cui quelle produttive di sette stabilimenti situati in Veneto, Lombardia e Piemonte, a seguito del sequestro preventivo di beni, azioni e titoli per un valore di circa 1 miliardo di euro adottato dalla magistratura di Taranto, e la messa in libertà di circa 1.400 unità di personale sembrano riproporre l'inaccettabile alternativa tra la continuità operativa degli impianti e il rispetto di elementari principi del diritto;
   pur nella peculiarità delle problematiche che investono tali poli industriali, emerge il dato complessivo di un settore che risente delle conseguenze della prolungata assenza di una complessiva politica industriale e per il quale soluzioni dettate dalla sola emergenza, ancorché necessarie, non sono più sufficienti –:
   quali siano i tempi e gli strumenti per la realizzazione di una strategia industriale per l'industria siderurgica finalizzata al consolidamento della capacità produttiva degli impianti, al sostegno della qualità dei prodotti e dell'occupazione del settore e dell'indotto e all'incentivazione di investimenti in nuove tecnologie e in nuovi processi più efficienti nell'uso delle risorse e dell'energia. (3-00340)


Iniziative di competenza per la ripresa dell'attività produttiva di tutti gli stabilimenti del gruppo Riva – 3-00341

   CAPARINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i siti produttivi del gruppo Riva collegati all’Ilva rispettano tutti gli standard qualitativi ed ambientali, per questo appare ancora più inaccettabile determinare sequestri ad aziende sane che non inquinano e sono in attivo con ordini da smaltire;
   dopo oltre due settimane dal blocco produttivo nell'indotto e nell'economia dei territori dove sono collocati gli stabilimenti, la situazione si aggrava di ora in ora, mettendo a rischio un gruppo che nel settore siderurgico é quarto in Europa e ventesimo al mondo;
   dal giorno del sequestro cautelativo disposto dal giudice per le indagini preliminari di Taranto ad oggi il Ministro interrogato ha più volte annunciato un provvedimento indispensabile alla ripresa della produzione nelle fabbriche del gruppo Riva;
   lunedì 23 settembre 2013 il Ministro interrogato ha annunciato agli industriali di Parma che «questo pomeriggio c’è un appuntamento molto importante in Consiglio dei ministri a Roma: approveremo il decreto sulla Riva acciaio», fornendo anche spiegazioni e dettagli: «Con la norma che approveremo, un sequestro deve avvenire tutelando l'attività produttiva». Si tratta «prima di tutto – precisava ancora – di un provvedimento utile per i lavoratori che operano negli stabilimenti ma anche per i fornitori, ma è alla fine un'azione a tutela di tutti, anche dei proprietari perché non serve a nessuno un'azienda morta»;
   agli annunci non è seguito alcun fatto concreto e da Palazzo Chigi tutto tace. A parere degli interroganti, il Governo sta perdendo tempo prezioso, dando la sensazione che non stia affrontando e risolvendo il problema pur riconoscendone l'effettiva gravità, dando l'impressione di essere al suo interno diviso e di, conseguenza, di non affrontare con la dovuta serietà una questione che interessa migliaia di lavoratrici e lavoratori, che sino ad ora hanno dato grande prova di maturità attendendo fiduciosi;
   Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ha sottolineato che: «L'approvazione del decreto annunciato dal Ministro Zanonato è di estrema urgenza. La paralisi dei sette stabilimenti di Riva acciaio sta comportando un costo economico e sociale ormai pressoché insostenibile». Gozzi ha ricordato, tra l'altro, che ci sono «1.400 addetti senza lavoro, fornitori e clienti sull'orlo della chiusura delle loro attività. Bisogna che gli impianti della Riva acciaio riprendano a funzionare in tempi rapidissimi e per questo contiamo sul senso di responsabilità e la sensibilità del Governo». Naturalmente, ha aggiunto, «ci saremmo augurati che non si dovesse giungere a questo decreto straordinario», tuttavia «nelle more dell'emergenza economica e sociale, crediamo che il decreto possa rappresentare comunque la soluzione più immediata e dunque efficace»;
   al momento, dunque, non è chiaro quando il Governo si deciderà ad intervenire e nemmeno quali saranno la natura, le modalità e i contenuti dell'intervento;
   secondo gli esponenti della Lega Nord non possono essere ammissibili, e la legge non dovrebbe permetterli se non nei casi in cui ci sia rischio per la salute o per l'ambiente, sequestri preventivi come quelli realizzati su una serie di siti del Nord che hanno portato al blocco totale della produttività, con la conseguente perdita di posti di lavoro. Pertanto, è imprescindibile l'estensione della qualifica di stabilimento di interesse strategico nazionale a tutti i siti produttivi di tutte le società collegate o comunque sottoposte all'influenza del gruppo dominante –:
   quando e come il Governo intenda adottare concrete iniziative per la ripresa dell'attività produttiva di tutti gli stabilimenti del gruppo Riva. (3-00341)


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI INCHIESTA PARLAMENTARE: MONGIELLO ED ALTRI; MARTELLA ED ALTRI; BERGAMINI; GIANLUCA PINI ED ALTRI: ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE, DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE E DEL COMMERCIO ABUSIVO (DOC. XXII, NN. 5-6-7-11-A)

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Istituzione e compiti della Commissione parlamentare di inchiesta).

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della diffusione delle merci contraffatte e delle merci usurpative in campo commerciale, nonché della pirateria elettronica e digitale e del commercio abusivo, di seguito denominata «Commissione», con l'obiettivo di approfondire e raccogliere dati aggiornati e dettagliati sui citati fenomeni, di verificare le ricadute e le potenzialità effettive del Piano strategico nazionale anticontraffazione e di individuare misure di carattere legislativo sul tema della contraffazione e della tutela del made in Italy.

  2. Ai fini della presente deliberazione si intendono:
   a) per «merci contraffatte»: le merci che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato;
   b) per «merci usurpative»: le merci che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti tutelati da diritti di proprietà intellettuale;
   c) per «pirateria elettronica e digitale»: il commercio e la diffusione di supporti informatici o files illegali, in violazione dei relativi diritti di proprietà intellettuale;
   d) per «commercio abusivo»: situazioni riportabili all'abusivismo commerciale, inteso come attività esercitata al di fuori di spazi e regole prestabilite, anche in ambito web.

  3. La Commissione ha il compito di accertare i risultati raggiunti e i limiti istituzionali, tecnologici, normativi, organizzativi e finanziari attribuibili al livello nazionale che hanno reso inadeguate le azioni delle istituzioni nel contrasto dei fenomeni di cui al comma 1, con particolare riferimento al mancato esercizio dei poteri di prevenzione, di controllo e sanzionatori previsti dall'ordinamento, alla funzionalità del sistema di raccolta dei dati e delle informazioni da parte dei soggetti pubblici coinvolti e alla valutazione approfondita di fatti e di fenomeni sociali al fine di prevedere politiche di prevenzione e di individuare poteri di controllo e di repressione più efficaci, con particolare riferimento alla tutela del made in Italy e della salute e della sicurezza dei cittadini. La Commissione ha altresì il compito di valutare l'entità delle risorse da destinare al sistema statistico per definire la misura delle attività connesse alla contraffazione, alla pirateria e all'abusivismo nel campo commerciale, le buone prassi e la normativa applicate in altri Paesi membri dell'Unione europea e la congruità dell'interazione tra le norme vigenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e quelle in materia di promozione dell'invenzione.
  4. La Commissione, in particolare, raccoglie dati sulle diverse realtà territoriali e dei distretti industriali italiani allo scopo di accertare la dimensione del fenomeno, specialmente per quanto riguarda:
   a) le merci contraffatte e usurpative vendute sul territorio nazionale, suddivise per settori produttivi;
   b) le merci contraffatte e usurpative che transitano sul territorio nazionale per essere commercializzate in altri Paesi;
   c) la produzione illegittima di merci contraffatte e usurpative approntate da licenziatari di produzione infedeli e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in violazione del contratto di licenza;
   d) la produzione illegittima di merci contraffatte e usurpative destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro pertinenza;
   e) la produzione illegittima di merci che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa o confusiva l'aspetto;
   f) la diffusione delle merci contraffatte e usurpative attraverso il commercio elettronico;
   g) le risorse e gli strumenti di controllo del territorio effettivamente impegnati per rafforzare il sistema di contrasto, a partire da quello doganale;
   h) le eventuali inefficienze e sottovalutazioni da parte delle istituzioni, le eventuali sottovalutazioni da parte della società civile, le eventuali responsabilità degli enti preposti, l'impegno nel contrastare il fenomeno relativo alla produzione di merci contraffatte e usurpative nel territorio nazionale e, infine, l'impegno nel sensibilizzare i consumatori sulla gravità del fenomeno stesso;
   i) le eventuali connessioni con la criminalità organizzata;
   l) la verifica dei risultati raggiunti nelle attività di prevenzione, di controllo e sanzionatoria svolte dagli enti preposti al contrasto dei fenomeni di cui al comma 1;
   m) le eventuali omissioni nell'esercizio dei poteri di prevenzione, di controllo e sanzionatori previsti dall'ordinamento, la corretta applicazione della normativa di riferimento e l'eventuale esigenza di un adeguamento della stessa, anche relativamente all'indicazione del Paese di origine dei prodotti;
   n) la situazione delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali in rapporto alle possibilità di accesso ai diritti di proprietà industriale, nonché alla difesa e tutela degli stessi diritti;
   o) la qualità dei brevetti nazionali e l'eventuale esistenza di brevetti inutilizzati o di brevetti rilasciati senza il prescritto esame del loro contenuto inventivo;
   p) le questioni relative al fenomeno dell’italian sounding nella prospettiva della tutela della reputazione e dell'indicazione commerciale «made in italy» e delle altre denominazioni che identificano le produzioni di qualità di origine italiana;
   q) l'analisi della legislazione vigente, con particolare riferimento alle imprese italiane operanti all'estero;
   r) l'efficacia della giurisdizione in materia, anche in riferimento alla congruità dell'organizzazione delle sezioni specializzate in materia di imprese.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.
(Istituzione e compiti della Commissione parlamentare di inchiesta).

  Al comma 4, lettera f), aggiungere, in fine, le parole:, anche a seguito dell'assegnazione di domini che tendano ad ingenerare ambigua informazione ai consumatori.
1. 22. Benamati, Taranto.
(Approvato)

  Al comma 4, lettera f), aggiungere, in fine, le parole:, con particolare riferimento alle organizzazioni private che rilasciano a soggetti privati, non utilizzatori riconosciuti di denominazioni, domini di primo livello generico.
1. 4. Mucci, Crippa, Da Villa, Della Valle, Petraroli, Vallascas, Fantinati, Prodani.

  Al comma 4, lettera f), aggiungere, in fine, le parole:, nonché le procedure di assegnazione di domini, ai fini del contrasto alle violazioni della proprietà intellettuale connessa a denominazioni e indicazioni riconosciute dagli enti competenti.
1. 21. Mucci, Crippa, Da Villa, Della Valle, Petraroli, Vallascas, Fantinati, Prodani, Gallinella.

  Al comma 4, sostituire la lettera i) con la seguente: i) le connessioni con la criminalità organizzata e le dimensioni del vantaggio economico procuratole da questa specifica attività.
1. 20. Fantinati, Da Villa, Della Valle, Crippa, Petraroli, Mucci, Vallascas, Prodani.

  Al comma 4, sostituire la lettera i) con la seguente: i) le connessioni con la criminalità organizzata.
1. 20.(Testo modificato nel corso della seduta) Fantinati, Da Villa, Della Valle, Crippa, Petraroli, Mucci, Vallascas, Prodani.
(Approvato)

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Composizione e durata).

  1. La Commissione è composta da ventuno deputati nominati dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  3. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto ai sensi dell'articolo 20, commi 2, 3 e 4, del Regolamento.
  4. La Commissione è istituita per la durata della XVII legislatura.
  5. La Commissione ogni dodici mesi, e comunque al termine dei lavori, presenta una relazione all'Assemblea della Camera dei deputati.

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Poteri e limiti).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  2. La Commissione può richiedere agli organi e agli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materie attinenti alle finalità di cui all'articolo 1.
  3. La Commissione può richiedere copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.
  4. Sulle richieste ad essa rivolte l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e di documenti anche di propria iniziativa.
  5. La Commissione mantiene il segreto funzionale fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 sono coperti da segreto nei termini precisati dagli organi e uffici che li hanno trasmessi.
  6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le assunzioni testimoniali e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.
  7. Per il segreto d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti in materia. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  8. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
  9. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3 che la Commissione abbia sottoposto al segreto funzionale.

Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Organizzazione interna).

  1. La Commissione, prima dell'inizio dei lavori, adotta il proprio regolamento interno.
  2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo le disposizioni del regolamento di cui al comma 1.
  3. Tutte le sedute sono pubbliche. Tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie, in particolare di esperti dei settori economici interessati, previa consultazione delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 50.000 euro annui e sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Il Presidente della Camera dei deputati può autorizzare un incremento delle spese di cui al periodo precedente in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 5 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 5.
(Organizzazione interna).

  Al comma 6, sopprimere l'ultimo periodo.
5. 20. Da Villa, Mucci, Crippa, Della Valle, Petraroli, Vallascas, Fantinati, Prodani.

DISEGNO DI LEGGE: ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO DIRETTO, DISPOSIZIONI PER LA TRASPARENZA E LA DEMOCRATICITÀ DEI PARTITI E DISCIPLINA DELLA CONTRIBUZIONE VOLONTARIA E DELLA CONTRIBUZIONE INDIRETTA IN LORO FAVORE (A.C. 1154-A) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: D'INIZIATIVA POPOLARE; PISICCHIO; DI LELLO ED ALTRI; FORMISANO ED ALTRI; LOMBARDI ED ALTRI; GRASSI ED ALTRI; BOCCADUTRI ED ALTRI; NARDELLA ED ALTRI; RAMPELLI ED ALTRI; GITTI E VITELLI (A.C. 15-186-199-255-664-681-733-961-1161-1325)

A.C. 1154-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
   all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: e le quote associative versate.
  Conseguentemente, al medesimo articolo, comma 2, sopprimere le seguenti parole: e delle quote associative;
   all'articolo 10 sostituire il comma 6 con il seguente: Le somme iscritte annualmente nel fondo di cui al comma 4, non utilizzate al termine dell'esercizio, sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio successivo;
   all'articolo 14-bis, al comma 1, dopo le parole: sono estese aggiungere le seguenti:, nel limite di spesa di cui al comma 2,;
  Conseguentemente, al medesimo articolo, al comma 2, sostituire le parole: Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, pari a con le seguenti: Ai fini dell'attuazione del comma 1, è autorizzata la spesa di;
   all'articolo 15, comma 1, sostituire le parole: 9, comma 6, e 10, comma 4 con le seguenti: 10, comma 4, e 14-bis.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 4.1, 9.1, 9.5, 9.11, 9.14, 10.50, 10.51, e sugli articoli aggiuntivi 1.050, 10.02, 10.055, 10.0300, 10.0400 e 10.0500, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sul testo alternativo del relatore di minoranza riferito all'articolo 15, nel presupposto che siano approvati i testi alternativi del medesimo relatore di minoranza riferiti agli articoli 1, 9 e 10, dovendo altrimenti il parere intendersi contrario;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative contenute nel fascicolo n. 1.

A.C. 1154-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Abolizione del finanziamento pubblico e finalità).

  1. Il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati per l'attività politica e a titolo di cofinanziamento sono aboliti ai sensi di quanto disposto dall'articolo 14.
  2. La presente legge disciplina le modalità per l'accesso a forme di contribuzione volontaria fiscalmente agevolata e di contribuzione indiretta fondate sulle scelte espresse dai cittadini in favore dei partiti politici che rispettano i requisiti di trasparenza e democraticità da essa stabiliti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Abolizione del finanziamento pubblico e finalità).

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1. – (Abolizione del rimborso per le spese elettorali e dei contributi a titolo di cofinanziamento in favore dei partiti e movimenti politici). – 1. Il rimborso per le spese elettorali sostenute da partiti e movimenti politici, di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, e i contributi a titolo di cofinanziamento, di cui all'articolo 2, della legge 6 luglio 2012, n. 96, sono aboliti.
(Testo alternativo del relatore di minoranza, deputato Toninelli)

  Sostituirlo con i seguenti:

Art. 1.
(Personalità giuridica e democrazia interna).

  1. La presente legge disciplina i partiti e movimenti politici condizionando il loro riconoscimento e il conferimento della personalità giuridica all'attuazione dei princìpi di democrazia interna fissati dall'articolo 49 della Costituzione.
  2. I partiti e movimenti politici provvedono a recepire i princìpi di cui all'articolo 49 della Costituzione nell'atto costitutivo e nello statuto allo scopo di ottenere l'iscrizione nel Registro nazionale dei partiti e movimenti politici di cui all'articolo 4 della presente legge, dalla quale consegue l'acquisto della personalità giuridica.
  3. I partiti e movimenti politici riconosciuti ai sensi del comma 2 sono tenuti a dare evidenza dell'attuazione dei princìpi di democrazia interna anche tramite la pubblicazione sul proprio sito internet di ogni documento considerato utile a tale fine a pena di cancellazione dal Registro nazionale dei partiti e movimenti politici di cui all'articolo 4.

Art. 1-bis.
(Regolamentazione delle forme di finanziamento della politica).

  1. Il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati ai partiti e movimenti politici a titolo di cofinanziamento, nelle forme previste dalla legge 6 luglio 2012, n.  96, sono aboliti ai sensi di quanto disposto dall'articolo 14 della presente legge.
  2. La presente legge regolamenta un regime misto di finanziamento ai partiti e movimenti politici, con prevalenza del finanziamento di tipo privato.
  3. Per accedere ai benefìci delle forme di finanziamento previste dalla presente legge i partiti e movimenti politici devono rispondere ai requisiti di cui all'articolo 1.

  Conseguentemente, sopprimere l'articolo 2.
1. 4. Gitti, Vitelli, Binetti, Gigli.

  Sostituire il comma 1 con il seguente:
  1. Il rimborso delle spese elettorali e l'accesso ad ogni altra risorsa pubblica prevista dalla legislazione vigente, ivi comprese le risorse a favore dell'editoria di partito, sono attribuiti esclusivamente alle associazioni che si qualificano come partito ai sensi della presente legge e sono subordinati al rispetto delle norme in essa contenute.
1. 2. Di Lello, Pastorelli.

  Al comma 1, sostituire le parole da: sono aboliti fino alla fine del comma con le seguenti: di cui all'articolo 1 della legge 6 luglio 2012, n.  96, sono aboliti a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge.

  Conseguentemente:
   sostituire il comma 2 con il seguente:
  2. La presente legge disciplina le modalità di accesso a forme di contribuzione volontaria fiscalmente agevolata e a benefici di natura non monetaria in favore dei partiti politici che rispettano i requisiti di trasparenza e democraticità.
   all'articolo 8, comma 1, lettera b), sopprimere le parole da: alla ripartizione fino a: 10 e;
   sopprimere l'articolo 10;
   all'articolo 14, sopprimere i commi 1, 2 e 3.
1. 6. Cozzolino, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi.

  Sostituire il comma 2 con il seguente:
  2. I partiti, i movimenti, i gruppi politici e le fondazioni politiche sono beneficiari di forme di contribuzione volontaria privata agevolata alle condizioni previste dalla presente legge.

  Conseguentemente:
   dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:

  Art. 2-bis.(Fondazioni politiche) – 1. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4 e 9 della presente legge si applicano altresì alle fondazioni costituite con atto pubblico e riconosciute come persone giuridiche private ai sensi del libro primo, titolo II, capo II del codice civile, che abbiano come scopo esclusivo una o più delle seguenti attività:
   a) studio e ricerca sui temi politici e istituzionali;
   b) pubblicistica ed editoriale di natura politica;
   c) formazione della classe dirigente politica a livello locale e centrale.

  2. Lo statuto delle fondazioni, e le relative modificazioni, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, secondo i termini e le modalità di cui all'articolo 4, comma 5, della presente legge.
  3. È condizione per l'accesso ai benefici di cui al presente articolo, il collegamento formale della fondazione con un partito o movimento politico, mediante un atto di riconoscimento rilasciato dal rappresentante legale del partito o del movimento. L'atto di riconoscimento del partito o movimento può essere rilasciato ad una sola fondazione politica.
  4. Le esenzioni e agevolazioni previste ordinariamente dalla legislazione vigente in favore delle fondazioni non si applicano alle fondazioni politiche.
  5. Il registro di cui all'articolo 4, comma 2, della presente legge prevede una apposita sezione per le fondazioni politiche.
  6. Le fondazioni politiche iscritte nel registro di cui all'articolo 4, comma 2, della presente legge, accedono ai benefici di cui all'articolo 8, lettera a) e 9, con le modalità e alle condizioni ivi specificate.
  7. Le fondazioni politiche iscritte nel registro di cui all'articolo 4, comma 2, della presente legge, sono soggette alla disciplina di cui all'articolo 8 della legge 2 gennaio 1997, n.  2,
   all'articolo 4:
    al comma 8, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
Una apposita sezione è inoltre istituita per la registrazione delle fondazioni politiche di cui all'articolo 2-bis, per l'accesso alle erogazioni liberali di cui all'articolo 8, lettera a) e all'articolo 9 della presente legge.
    alla rubrica, sostituire la parola: politici con le seguenti:, movimenti, gruppi politici e fondazioni politiche.
    all'articolo 8, comma 1, alinea, dopo le parole: partiti politici aggiungere le seguenti: e le fondazioni politiche.
    sostituire la rubrica del Capo I con la seguente: Disciplina del finanziamento dei partiti, movimenti, gruppi politici e fondazioni politiche.
1. 1. Pastorelli.

  Al comma 2, dopo la parola: partiti aggiungere le seguenti: e movimenti

  Conseguentemente, dopo la parola: partiti , ovunque ricorra, aggiungere le seguenti: e movimenti
1. 400. Matteo Bragantini, Invernizzi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: I soggetti che contribuiscono finanziariamente alla vita dei partiti politici sono dei garanti della democrazia.
1. 50. Abrignani.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere i seguenti:

Art. 1-bis.
(Rimborso alle liste, partiti e movimenti politici delle sole spese effettivamente sostenute per le consultazioni elettorali. Modifiche alla legge 6 luglio 2012, n.  96. Trasparenza dei bilanci delle liste, dei partiti e dei movimenti politici).

  1. Alle liste, ai partiti e ai movimenti politici è attribuito il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la campagna elettorale in occasione del rinnovo del Parlamento europeo, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e dei consigli regionali, nel caso abbiano ottenuto almeno il 2 per cento dei voti validi o almeno un eletto nelle rispettive consultazioni. Per la regione Trentino-Alto Adige, i suddetti rimborsi si riferiscono alle elezioni per i consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  2. I rimborsi per le spese sostenute dai soggetti indicati al comma 1 sono ripartiti tra gli stessi in proporzione ai voti ottenuti in occasione delle elezioni per le quali si richiede il rimborso. Gli stessi sono erogati sulla base dell'effettivo rendiconto delle spese elettorali sostenute dalla lista, dal partito o dal movimento politico e possono riguardare esclusivamente le spese di cui al comma 3 connesse allo svolgimento della campagna elettorale.
  3. Sono rimborsabili, ai sensi del presente articolo, le spese sostenute in relazione a:
   a) materiale tipografico, inclusi carta e inchiostri in esso impiegati, effettuate nei novanta giorni precedenti la data del voto;
   b) acquisto di spazi d'affissione, di comunicazione politica radiotelevisiva, di messaggi politici ed elettorali su quotidiani, periodici e siti web, effettuate nei novanta giorni precedenti la data del voto;
   c) allestimenti e servizi connessi a manifestazioni elettorali convocate in occasione della consultazione elettorale per la quale si chiede il rimborso, effettuate nei novanta giorni precedenti la data del voto;
   d) canoni di affitto di locali; nel caso in cui siano abitualmente destinati a sede della lista, del partito o del movimento politico, per l'intero anno in cui si svolge la consultazione elettorale per la quale si chiede il rimborso;
   e) personale, già dipendente della lista, del movimento o del partito politico, per l'intero anno in cui si svolge la consultazione elettorale per la quale si chiede il rimborso.

  4. Con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, resa esecutiva con decreto del Presidente della Camera medesima, sono attribuiti i rimborsi per le spese elettorali concernenti il rinnovo della Camera dei deputati, dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, dei consigli regionali e dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  5. Con deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica, resa esecutiva con decreto del Presidente del Senato medesimo, sono attribuiti i rimborsi per le spese elettorali concernenti il rinnovo del Senato della Repubblica.
  6. Le deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati e del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica con cui sono attribuiti i rimborsi sono adottate in attuazione dei criteri stabiliti dagli articoli 9 e 16 della legge 10 dicembre 1993, n.  515, e successive modificazioni, e dall'articolo 6 della legge 23 febbraio 1995, n.  43, sulla base dei fondi trasferiti dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  7. I contributi pubblici per le spese sostenute dalle liste, dai partiti e dai movimenti politici in occasione delle consultazioni elettorali riferite al Senato della Repubblica, alla Camera dei deputati, ai membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, ai consigli regionali, ivi compresi i consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono costituiti da quattro fondi, ciascuno di euro 18.750.000.
  8. In relazione alle spese sostenute per le elezioni nella circoscrizione Estero, i fondi di cui al comma 7 relativi al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, sono incrementati nella misura dell'1,5 per cento del loro ammontare. Ciascuno dei due importi aggiuntivi di cui al precedente periodo è suddiviso tra le ripartizioni della circoscrizione Estero in proporzione alla rispettiva popolazione. La quota spettante a ciascuna ripartizione è suddivisa tra le liste di candidati in proporzione ai voti conseguiti nell'ambito della ripartizione. Partecipano alla ripartizione della quota le liste che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto nella ripartizione o che abbiano conseguito almeno il 4 per cento dei voti validamente espressi nell'ambito della ripartizione stessa. Si applica il comma 13 dell'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n.  515.
  9. I rimborsi di cui al presente articolo sono corrisposti esclusivamente per l'anno in cui si svolge l'elezione dell'organo per la quale essi sono richiesti, entro centoventi giorni dalla proclamazione degli eletti.
  10. Le somme erogate, o da erogare, ai sensi del presente articolo e ogni altro credito vantato dalle liste, partiti o movimenti politici possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e sono in ogni caso cedibili a terzi.
  11. Le risorse erogate ai partiti secondo le previsioni di cui alla presente legge costituiscono, ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile, garanzia ai fini dell'esatto adempimento delle obbligazioni assunte da parte delle liste, dei partiti e dei movimenti politici beneficiari delle stesse. I creditori delle liste, dei partiti e dei movimenti politici di cui alla presente legge non possono pretendere direttamente dagli amministratori dei medesimi l'adempimento delle obbligazioni della lista, del partito o del movimento politico se non qualora questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave.
  12. In caso di eventuali rinunce al rimborso da parte di liste, partiti o movimenti politici, non si fa luogo alla distribuzione dell'eventuale somma rimanente tra le liste, i partiti o i movimenti politici, neanche a fronte di relativa richiesta.
  13. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di liquidazione delle somme dovute ai sensi del comma 10, sono individuati le liste, i partiti e i movimenti politici aventi diritto ed è disciplinata la liquidazione del fondo di garanzia di cui al comma 11.
  14. Alla legge 6 luglio 2012, n.  96, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il comma 1 dell'articolo 1 è sostituito dal seguente:
  «1. I contributi pubblici per le spese sostenute dalle liste, dai partiti e dai movimenti politici in occasione delle consultazioni elettorali relative al Senato della Repubblica, alla Camera dei deputati, ai membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, ai consigli regionali e ai consigli delle province autonome di Trento e Bolzano, ammontano a euro 75.000.000 e sono così distribuiti:
   a) 18.750.000 euro per ciascuna consultazione elettorale relativa al Senato della Repubblica;
   b) 18.750.000 euro per ciascuna consultazione elettorale relativa alla Camera dei deputati
   c) 18.750.000 euro per ciascuna consultazione elettorale relativa all'elezione dei membri spettanti all'Italia del Parlamento europeo;
   d) 18.750.000 euro per le consultazioni elettorali relative ai consigli regionali, nonché ai consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, ripartiti tra le diverse regioni e le province suddette in proporzione alla popolazione»;
   b) la rubrica dell'articolo 3 è sostituita dalla seguente: «Richiesta dei rimborsi per le spese elettorali connesse all'effettivo svolgimento della campagna elettorale»;
   c) il comma 1 dell'articolo 3 è sostituito dal seguente:
  «1. Le liste, i partiti e i movimenti politici che intendono usufruire dei rimborsi per le spese elettorali connesse all'effettivo svolgimento della campagna elettorale ne fanno richiesta, a pena di decadenza, al Presidente della Camera dei deputati o al Presidente del Senato della Repubblica, secondo le rispettive competenze, entro il trentesimo giorno successivo alla data di svolgimento delle elezioni per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo, dei consigli regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano»;
   d) all'articolo 9:
    1) i commi 1 e 2 sono abrogati;
    2) al comma 4, terzo periodo, le parole: «sono trasmessi alla Commissione la relazione contenente il giudizio espresso sul rendiconto dalla società di revisione di cui al comma 1 del presente articolo, nonché il verbale di approvazione del rendiconto medesimo» sono sostituite dalle seguenti: «è trasmesso alla Commissione il verbale di approvazione del rendiconto»;
    3) al comma 9, le parole: «o la relazione della società di revisione» sono soppresse;
    4) al comma 20, le parole: «la relazione della società di revisione e» sono soppresse.

  15. Gli obblighi previsti dall'articolo 9 della legge 6 luglio 2012, n.  96, come modificati dall'articolo 1-ter, sono estesi a tutte le liste, i partiti e i movimenti politici che abbiano ottenuto almeno un eletto all'interno di un consiglio regionale, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica o del Parlamento europeo, a prescindere dall'eventuale richiesta di rimborso elettorale.
  16. Le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore, di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n.  231, e successive modificazioni, in relazione ai soggetti di cui al comma 1 sono fissate all'importo di euro 250.

  Art. 1-ter.(Sanzioni. Abrogazioni. Copertura finanziaria ) – 1. Nel caso in cui la lista, il partito o il movimento politico ometta di ottemperare agli obblighi di rendicontazione previsti all'articolo 1-quater, la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n.  96, sanziona altresì il legale rappresentante con una sanzione amministrativa pari a euro 50.000. Tale responsabilità si estende in solido ai membri dell'organismo che, secondo lo statuto, è tenuto ad approvare il bilancio.
  2. La sanzione di cui al comma 1 si applica anche in caso di falsa rendicontazione, o di mancata pubblicità della stessa, in violazione degli obblighi di cui all'articolo 1-bis e all'articolo 7, comma 1.
  3. In caso di violazione del divieto di cui all'articolo 7, comma 2, si applica una sanzione amministrativa pari ad euro 100.000.
  4. La legge 3 giugno 1999, n.  157, è abrogata.
  5. Agli oneri derivanti dagli articoli 1-bis e 1-ter, commi 1, 2 e 3, pari al massimo a 78 milioni di euro nell'anno in cui si svolgessero contemporaneamente tutte le elezioni degli organi di cui al comma 1 dell'articolo 1-bis, si provvede oltre che con i risparmi derivanti dall'abrogazione della legge 3 giugno 1999, n. 157, con i risparmi derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 6 e 7 del presente articolo.
  6. Ai sensi dell'articolo 2, comma 122, della legge 23 dicembre 1996, n.  662, tutti coloro che hanno ricoperto cariche pubbliche a qualsiasi titolo, e che sono cessati dalla carica, perdono il diritto all'uso dell'autovettura di Stato. Ciascuna amministrazione procede all'individuazione delle autovetture in esubero, ai fini della loro dismissione entro il 31 dicembre 2013. Dalle disposizioni di cui al presente comma devono derivare risparmi non inferiori a 60 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. I risparmi devono essere conseguiti dalle amministrazioni pubbliche ed in caso di accertamento di minori economie rispetto agli obiettivi di cui al presente comma, si provvede alla corrispondente riduzione, per ciascuna amministrazione inadempiente, delle dotazioni di bilancio relative a spese non obbligatorie, fino alla totale copertura dell'obiettivo di risparmio ad essa assegnato.
  7. Al fine di razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri, con regolamenti da emanare entro il 31 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n.  400, si provvede alla rideterminazione delle strutture periferiche, prevedendo la loro riduzione e la loro ridefinizione, ove possibile, su base-regionale o la riorganizzazione presso le prefetture-uffici territoriali del Governo, ove risulti sostenibile e maggiormente funzionale sulla base dei principi di efficienza ed economicità a seguito di valutazione congiunta tra il Ministro competente, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed il Ministro dell'interno, attraverso la realizzazione dell'esercizio unitario delle funzioni logistiche e strumentali, l'istituzione dei servizi comuni e l'utilizzazione in via prioritaria dei beni immobili di proprietà pubblica, in modo da assicurare la continuità dell'esercizio delle funzioni statali sul territorio. Dalle disposizioni di cui al presente comma devono derivare risparmi non inferiori a 18 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. I risparmi devono essere conseguiti dalle amministrazioni pubbliche ed in caso di accertamento di minori economie rispetto agli obiettivi di cui al presente comma, si provvede alla corrispondente riduzione, per ciascuna amministrazione inadempiente, delle dotazioni di bilancio relative a spese non obbligatorie, fino alla totale copertura dell'obiettivo di risparmio ad essa assegnato.

  Conseguentemente, sopprimere gli articoli 3, 4, 6 e 14.
1. 050. Boccadutri, Pilozzi.