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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 31 luglio 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 31 luglio 2013.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Moretto, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Vezzali, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Losacco, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Moretto, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Turco, Vezzali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 30 luglio 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CENTEMERO: «Modifica all'articolo 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151, in materia di riacquisto della cittadinanza da parte delle donne e dei loro discendenti che l'hanno perduta a seguito del matrimonio con uno straniero» (1443);
   DI SALVO ed altri: «Introduzione dell'articolo 01 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, concernente la determinazione dei soggetti titolari del diritto di asilo e il riconoscimento del medesimo diritto alle donne vittime di violenza» (1444);
   PICCOLI NARDELLI: «Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura scientifica dell'area umanistica» (1445);
   MARCON ed altri: «Modifiche all'articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di disciplina dell'imposta sulle transazioni finanziarie» (1446);
   PISICCHIO: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica» (1447);
   DAMBRUOSO: «Istituzione di un programma straordinario per la riduzione del numero delle cause civili pendenti» (1448);
   L'ABBATE ed altri: «Modifiche al codice penale e alla legge 21 novembre 2000, n. 353, in materia di tutela degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale» (1449);
   POLLASTRINI e MOSCA: «Norme in materia di parità e di non discriminazione tra i sessi nell'ambito della pubblicità e dei mezzi di comunicazione» (1450).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  CAPARINI ed altri: «Disposizioni per il trasferimento delle competenze del prefetto al presidente della regione, al presidente della provincia, al sindaco, al questore e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura» (442) Parere delle Commissioni II, III, IV, V, VII, VIII, IX, X, XI e XII;
  FRANCESCO SANNA: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati» (876) Parere della V Commissione;
  GIANLUCA PINI ed altri: «Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, nonché distacco del comune di Sant'Agata Feltria dalla provincia di Rimini e sua aggregazione alla provincia di Forlì-Cesena, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione» (915) Parere delle Commissioni II e V;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE ZANETTI: «Modifica all'articolo 53 della Costituzione in materia di principi generali della legislazione tributaria per la garanzia dei diritti del contribuente» (949) Parere della VI Commissione;
  GIORGIA MELONI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, nonché disposizioni concernenti l'espressione dei voti di preferenza e lo svolgimento di elezioni primarie» (998) Parere della V Commissione;
  RIGONI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533. Introduzione del sistema elettorale maggioritario a doppio turno con ballottaggio per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (1025) Parere della V Commissione;
  RIGONI: «Modifica all'articolo 51 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limiti alla rieleggibilità alle cariche di sindaco, nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, e di presidente della provincia» (1027);
  RIGONI: «Modifica all'articolo 64 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incompatibilità tra le cariche di consigliere comunale o provinciale e di assessore nella rispettiva giunta» (1029) Parere della V Commissione.

   II Commissione (Giustizia):
  GRECO ed altri: «Modifica all'articolo 11 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in materia di proroga dell'entrata in vigore di disposizioni concernenti la riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio, nonché esclusione delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano dall'ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo» (1006) Parere delle Commissioni I e V.

   VI Commissione (Finanze):
  CAPARINI ed altri: «Modifica all'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e altre disposizioni in materia di detrazione delle spese per l'acquisto e l'installazione di mobili fissi destinati all'arredo di immobili ristrutturati» (625) Parere delle Commissioni I, V, VIII e X;
  CAPARINI ed altri: «Introduzione dell'articolo 16-ter del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione delle spese per l'esecuzione di interventi volti al risparmio energetico negli edifici» (1016) Parere delle Commissioni I, V, VIII, IX e X.

   VIII Commissione (Ambiente):
  CAPARINI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia ambientale» (419) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X, XII, XIII e XIV.

   XII Commissione (Affari sociali):
  BURTONE: «Istituzione della Giornata in ricordo delle persone decedute o rese disabili a causa di vaccinazioni» (1023) Parere delle Commissioni I e V;
  CECCONI ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale della consapevolezza sulla morte perinatale» (1103) Parere delle Commissioni I e V.

   Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali):
  POLVERINI: «Modifiche all'articolo 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernente l'ambito di applicazione delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» (900) Parere delle Commissioni I, V, IX, X e XIV.

Assegnazione di proposte di inchiesta parlamentare a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, le seguenti proposte di inchiesta parlamentare sono assegnate, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  BRUNO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno dell'utilizzazione indebita o illecita delle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali» (Doc. XXII, n. 3) – Parere delle Commissioni I e V.

   XII Commissione (Affari sociali):
  PIAZZONI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali» (Doc. XXII, n. 10) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 26 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero dell'interno, corredata dal rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, di cui all'articolo 9, comma 1-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, riferita all'anno 2012 (Doc. CLXIV, n. 9).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 30 luglio 2013, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Verso un settore della difesa e della sicurezza più concorrenziale ed efficiente (COM(2013) 542 final), che è assegnato in sede primaria alle Commissioni riunite IV (Difesa) e X (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica francese che prevede l'applicazione, con riguardo alla collettività di Saint-Barthélemy, della legislazione dell'Unione sulla tassazione del risparmio e sulla cooperazione amministrativa nel settore della fiscalità (COM(2013) 555 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 30 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione dell'avvio di procedure d'infrazione.

  Il Ministro per gli affari europei, con lettera in data 26 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti comunicazioni concernenti l'avvio di procedure d'infrazione, ai sensi degli articoli 258 o 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni, nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   comunicazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2013/0275, del 25 luglio 2013, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato, per mancato recepimento della direttiva 2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario – alla XII Commissione (Affari sociali);
   comunicazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2013/0276, del 25 luglio 2013, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato, per mancato recepimento della direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2011, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale – alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

  Il presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con lettera in data 29 luglio 2013, ha trasmesso una segnalazione, adottata ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, concernente il recepimento del regolamento (CE) n. 1227/2011 tramite l'attribuzione alla medesima Autorità di nuove funzioni in materia di trasparenza del mercato dell'energia all'ingrosso.

  Questa segnalazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

  Il presidente dell'Autorità per l'energia e il gas, con lettera in data 29 luglio 2013, ha trasmesso una segnalazione, adottata ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, volta a proporre l'attribuzione alla medesima Autorità di nuove funzioni in materia di teleriscaldamento e teleraffrescamento.

  Questo segnalazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 25 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio provinciale di Taranto e dei consigli comunali di Castelfranco di Sotto (Pisa), Cinto Caomaggiore (Venezia) e Monesiglio (Cuneo).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal consiglio regionale della Lombardia.

  Il presidente del consiglio regionale della Lombardia, con lettera in data 18 luglio 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34, la deliberazione, approvata dal medesimo consiglio regionale il 9 luglio 2013, concernente il Programma regionale di sviluppo della X legislatura.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal consiglio regionale dell'Emilia-Romagna.

  La presidente del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, con lettera in data 24 giugno 2013, ha trasmesso un voto, approvato dal medesimo consiglio il 18 giugno 2013, in materia di interventi per il contrasto della violenza nei confronti delle donne.

  Questa documentazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione da un consiglio comunale.

  Il comune di Pavone Canavese (Torino), in data 29 luglio 2013, ha trasmesso un ordine del giorno, approvato dal consiglio comunale nella seduta del 10 luglio 2013, concernente la richiesta di esentare i piccoli comuni dai vincoli del patto di stabilità interno o, in subordine, di escludere dal medesimo patto le spese per investimenti, in particolare realizzati con fondi propri o destinati all'edilizia scolastica e alla difesa del suolo.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 24 luglio 2013, a pagina 26, prima colonna, sedicesima riga, la parola «1944» si intende sostituita dalla parola «1998».

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 30 luglio 2013, a pagina 4, seconda colonna, quarantesima riga, dopo la parola: «XII» si intende soppressa la seguente: «XVII».

DISEGNO DI LEGGE: S. 587 – DELEGA AL GOVERNO PER IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE EUROPEE E L'ATTUAZIONE DI ALTRI ATTI DELL'UNIONE EUROPEA – LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2013 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1326)

A.C. 1326 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 1326 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento elaborato dalla commissione in merito:

PARERE FAVOREVOLE

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 7.1, 8.1 e sugli articoli aggiuntivi 12.01 e 12.02, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

A.C. 1326 – Articolo 1

ARTICOLO 1 E ANNESSI ALLEGATI A E B DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Delega al Governo per l'attuazione di direttive europee).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, secondo le procedure, i princìpi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B alla presente legge.
  2. I termini per l'esercizio delle deleghe di cui al comma 1 sono individuati ai sensi dell'articolo 31, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari.
  4. Eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

Allegato A
(Articolo 1, commi 1 e 3)

  2009/156/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti di equidi e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi (senza termine di recepimento);
  2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi (senza termine di recepimento).

Allegato B
(Articolo 1, commi 1 e 3)

  2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 48, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (senza termine di recepimento);
  2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (senza termine di recepimento);
  2009/158/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle norme di polizia sanitaria per gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova da cova (senza termine di recepimento);
  2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (termine di recepimento 11 maggio 2013);
  2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (termine di recepimento 10 novembre 2012);
  2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (termine di recepimento 27 ottobre 2013);
  2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) (rifusione) (termine di recepimento 7 gennaio 2013);
  2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (termine di recepimento 1o gennaio 2013);
  2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (termine di recepimento 25 ottobre 2013);
  2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (termine di recepimento 6 aprile 2013);
  2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2011, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale (termine di recepimento 20 maggio 2013);
  2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (termine di recepimento 22 luglio 2013);
  2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale (termine di recepimento 2 gennaio 2013);
  2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifusione) (termine di recepimento 2 gennaio 2013);
  2011/70/Euratom del Consiglio, del 19 luglio 2011, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (termine di recepimento 23 agosto 2013);
  2011/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di talune infrastrutture (termine di recepimento 16 ottobre 2013);
  2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (termine di recepimento 1o novembre 2013);
  2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (termine di recepimento 7 novembre 2013);
  2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (termine di recepimento 13 dicembre 2013);
  2011/85/UE del Consiglio, dell'8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (termine di recepimento 31 dicembre 2013);
  2011/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica le direttive 98/78/CE, 2002/87/CE, 2006/48/CE e 2009/138/CE per quanto concerne la vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario (termine di recepimento 10 giugno 2013);
  2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (termine di recepimento 18 dicembre 2013);
  2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (rifusione) (termine di recepimento 21 dicembre 2013);
  2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro (termine di recepimento 25 dicembre 2013);
  2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull'ordine di protezione europeo (termine di recepimento 11 gennaio 2015);
  2012/4/UE della Commissione, del 22 febbraio 2012, che modifica la direttiva 2008/43/CE, relativa all'istituzione, a norma della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile (termine di recepimento 4 aprile 2012);
  2012/12/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 aprile 2012, che modifica la direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana (termine di recepimento 28 ottobre 2013);
  2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all'informazione nei procedimenti penali (termine di recepimento 2 giugno 2014);
  2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 96/82/CE del Consiglio (termine di recepimento 31 maggio 2015; per l'articolo 30, termine di recepimento 14 febbraio 2014);
  2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (rifusione) (termine di recepimento 14 febbraio 2014);
  2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la farmacovigilanza (termine di recepimento 28 ottobre 2013);
  2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (termine di recepimento finale 5 giugno 2014);
  2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, su taluni utilizzi consentiti di opere orfane (termine di recepimento 29 ottobre 2014);
  2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (termine di recepimento 16 novembre 2015);
  2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (termine di recepimento 18 giugno 2014);
  2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico (rifusione) (termine di recepimento 16 giugno 2015);
  2012/52/UE della Commissione, del 20 dicembre 2012, comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro (termine di recepimento 25 ottobre 2013);
  2013/1/UE del Consiglio, del 20 dicembre 2012, recante modifica della direttiva 93/109/CE relativamente a talune modalità di esercizio del diritto di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (termine di recepimento 28 gennaio 2014).

A.C. 1326 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea).

  1. Il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, ai sensi dell'articolo 33 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data dell'entrata in vigore della presente legge, per le quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

A.C. 1326 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) fermi restando quanto disposto dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e le competenze statali semplificate per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, riordino delle competenze in materia di rilascio delle autorizzazioni e dei controlli;
   b) previsione, per determinate categorie di installazioni e previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli operatori delle installazioni interessate, di requisiti autorizzativi sotto forma di disposizioni generali vincolanti;
   c) semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, ivi compresa la fase istruttoria, anche in relazione con altri procedimenti volti al rilascio di provvedimenti aventi valore di autorizzazione integrata ambientale;
   d) utilizzo dei proventi delle sanzioni amministrative per finalità connesse al potenziamento delle ispezioni ambientali straordinarie previste dalla direttiva 2010/75/UE e di quelle finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi autorizzatori per gli impianti già esistenti e privi di autorizzazione, in deroga a quanto indicato dalla direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008;
   e) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio, al fine di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni delle autorizzazioni.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali).

  Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   f) previsione di procedimenti autorizzativi semplificati per le microimprese, piccole e medie imprese, come definite ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE, della Commissione, del 6 maggio 2003.
3. 7. Prataviera, Gianluca Pini.

A.C. 1326 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Criterio di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE).

  1. Al fine di favorire l'efficienza energetica e ridurre l'inquinamento ambientale e domestico mediante la diffusione delle tecnologie elettriche, nell'esercizio della delega legislativa per l'attuazione della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, il Governo è tenuto a introdurre disposizioni che attribuiscano all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il compito di adottare uno o più provvedimenti volti ad eliminare l'attuale struttura progressiva delle tariffe elettriche rispetto ai consumi e ad introdurre tariffe aderenti al costo del servizio.
  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 4.
(Criterio di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE).

  Al comma 1, sostituire le parole da: ad eliminare fino: ai consumi, con le seguenti: a garantire che le tariffe e la regolamentazione della rete incentivino miglioramenti dell'efficienza energetica e sostengano una tariffazione dinamica.
4. 1. Zaratti, Ricciatti, Pannarale, Pellegrino, Zan.

A.C. 1326 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime).

  1. Ai fini dell'attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) prevedere una clausola di salvaguardia che stabilisca che nell'applicazione del decreto di trasposizione nessuna disposizione possa pregiudicare i diritti, gli obblighi e le responsabilità dello Stato e degli individui, ai sensi del diritto internazionale, compresi il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani e, in particolare, laddove applicabili, la Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, di cui alla legge 24 luglio 1954, n. 722, e il Protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, di cui alla legge 14 febbraio 1970, n. 95, relativi allo status dei rifugiati e al principio di non refoulement;
   b) prevedere misure che facilitino il coordinamento tra le istituzioni che si occupano di tutela e assistenza alle vittime di tratta e quelle che hanno competenza sull'asilo, determinando meccanismi di rinvio, qualora necessario, tra i due sistemi di tutela;
   c) definire meccanismi affinché i minori non accompagnati vittime di tratta siano prontamente identificati, se strettamente necessario anche attraverso una procedura multidisciplinare di determinazione dell'età, condotta da personale specializzato e secondo procedure appropriate; siano adeguatamente informati sui loro diritti incluso l'eventuale accesso alla procedura di determinazione della protezione internazionale; in ogni decisione presa nei loro confronti sia considerato come criterio preminente il superiore interesse del minore determinato con adeguata procedura;
   d) prevedere che la definizione di «persone vulnerabili» tenga conto di aspetti quali l'età, il genere, le condizioni di salute, le disabilità, anche mentali, la condizione di vittima di tortura, stupro o altre forme di violenza sessuale, e altre forme di violenza di genere;
   e) prevedere, nei percorsi di formazione per i pubblici ufficiali che possano venire in contatto con vittime o potenziali vittime di tratta, contenuti sulle questioni inerenti alla tratta di esseri umani ed alla protezione internazionale.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione dei decreti legislativi di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 5.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime).

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che i reati relativi alla tratta di esseri umani siano configurati ai sensi dell'articolo 2 della direttiva, in particolare prevedendo come reati dolosi il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità su queste persone, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento, punendo altresì l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso o il tentativo nella commissione dei reati;
   b) prevedere che per i suddetti reati le pene siano stabilite come delineate dall'articolo 4 della direttiva, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti;
   c) prevedere che le persone giuridiche siano ritenute responsabili dei reati di cui agli articoli 2 e 3 della direttiva, secondo le modalità delineate nell'articolo 5 della direttiva e con l'applicazione delle sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive come sancite nell'articolo 6;
   d) prevedere che le autorità competenti abbiano la facoltà di sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi derivanti dai reati di cui alla lettera a);
   e) prevedere che le indagini e l'azione penale siano condotte secondo quanto delineato nell'articolo 9 della direttiva, in particolare prevedendo strumenti investigativi efficaci quali quelli utilizzati contro la criminalità organizzata o altri reati gravi;
   f) prevedere che le misure di sostegno dei minori vittime della tratta di esseri umani siano disposte ai sensi degli articoli 13, 14 e 16 della direttiva, e nelle indagini e nei procedimenti penali ai sensi dell'articolo 15 della direttiva;
   g) prevedere adeguate misure necessarie per scongiurare e ridurre la domanda, fonte di tutte le forme di sfruttamento correlate alla tratta di esseri umani, come delineato dall'articolo 18 della direttiva;
   h) prevedere che l'autorità cui è affidato il compito di valutare le tendenze della tratta di esseri umani, misurare i risultati delle azioni anti-tratta e di presentare relazioni ai sensi dell'articolo 10 della direttiva, sia individuata nel Ministero dell'interno;
   i) prevedere il coordinamento della strategia dell'Unione al contrasto della tratta di esseri umani, secondo l'articolo 20 della direttiva e avvenga nella forma della cooperazione giudiziaria diretta.

  2. Alle attività previste dal comma 1 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
5. 6. Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole:, laddove applicabili.
5. 1. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: e secondo procedure appropriate con le seguenti: secondo procedure appropriate e considerando in favore della minore età i margini di errore scientifici.
5. 2. Pannarale, Ricciatti, Pilozzi, Costantino, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera c), dopo le parole: adeguatamente informati aggiungere le seguenti:, in una lingua a loro comprensibile,
5. 3. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera d), dopo le parole: condizioni di salute aggiungere le seguenti:, lo stato di gravidanza.
5. 4. Pannarale, Ricciatti, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera e), dopo le parole: esseri umani, aggiungere le seguenti: , alla violenza di genere.
5. 5. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

A.C. 1326 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2011, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) introdurre disposizioni che prevedano la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, ottenuto a titolo di protezione internazionale, nel caso in cui la medesima sia revocata, sia cessata o il suo rinnovo sia rifiutato, in conformità con l'articolo 14, paragrafo 3, e con l'articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004;
   b) prevedere che per i beneficiari di protezione internazionale il calcolo del periodo di soggiorno di cui al paragrafo 1 dell'articolo 4 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, sia effettuato a partire dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale e che il periodo compreso tra la presentazione della domanda ed il riconoscimento sia considerato per intero;
   c) prevedere che per i beneficiari di protezione internazionale le condizioni per acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo, previste all'articolo 5 della citata direttiva 2003/109/CE, riguardino esclusivamente la dimostrazione di un reddito sufficiente e che questo venga calcolato anche tenendo conto delle particolari circostanze di vulnerabilità in cui possono trovarsi i beneficiari di protezione internazionale.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione dei decreti legislativi di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale).

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole da: i seguenti principi e criteri direttivi specifici: fino alla fine dell'articolo con le seguenti: il seguente criterio direttivo specifico: introdurre disposizioni che prevedano la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, ottenuto a titolo di protezione internazionale, nel caso in cui la medesima sia revocata, sia cessata o il suo rinnovo sia rifiutato, in conformità con l'articolo 14, paragrafo 3, e con l'articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004.
6. 1. Prataviera, Gianluca Pini.

A.C. 1326 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) mantenere in tutti i casi il livello degli standard di garanzia previsti dalla normativa in vigore;
   b) in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 1 della direttiva 2011/95/UE, uniformare gli status giuridici del rifugiato e del beneficiario di protezione sussidiaria con particolare riferimento ai presupposti per ottenere il ricongiungimento familiare;
   c) disciplinare gli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca, in conformità con il dettato della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, di cui alla legge 24 luglio 1954, n. 722, anche con riferimento ai beneficiari di protezione sussidiaria;
   d) introdurre uno strumento di programmazione delle attività e delle misure a favore dell'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta).

  Sopprimerlo.
7. 4. Prataviera, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: mantenere in tutti i casi con le seguenti: non abbassare in alcun caso.
7. 2. Scotto, Pannarale, Ricciatti, Pilozzi, Fava.

  Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: gli status giuridici del rifugiato e del beneficiario di protezione sussidiaria con le seguenti: lo status giuridico del beneficiario di protezione sussidiaria a quello del rifugiato.
7. 3. Fava, Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto.

  Al comma 1, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: , nonché garantire a tutti i beneficiari di protezione internazionale privi di mezzi di sussistenza, per un periodo di almeno 12 mesi, l'accesso ai programmi d'accoglienza e integrazione attualmente previsti dalla normativa, nell'ambito del Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

  Conseguentemente, al medesimo comma, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) considerare la specifica condizione dei beneficiari di protezione internazionale nel riconoscimento del diritto all'assistenza sociale e alla salute e nell'accesso al mercato del lavoro, garantendo misure particolari di sostegno per l'effettivo godimento dei summenzionati diritti.
7. 1. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Daniele Farina, Sannicandro.

A.C. 1326 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 8.
(Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/85/UE, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell'8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche il seguente criterio direttivo specifico: coordinare l'attuazione della direttiva con le disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonché con le disposizioni in materia di contabilità e finanza pubblica di cui alla legge 31 dicembre 2009, n. 196.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8.
(Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/85/UE, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri).

  Al comma 1, sopprimere le parole: con le disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonché.
8. 1. Ricciatti, Pannarale, Marcon, Boccadutri, Melilla.

A.C. 1326 – Articolo 9

ARTICOLO 9 ED ANNESSO ALLEGATO C DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Delega al Governo per il coordinamento della disciplina interna in materia di imposta sul valore aggiunto con l'ordinamento dell'Unione europea).

  1. In considerazione delle rettifiche alla direttiva 2006/112/CE e alle successive direttive di modifica della stessa, elencate nell'allegato C alla presente legge, nonché dell'avvenuta emanazione del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, il Governo è delegato ad adottare, con le procedure di cui all'articolo 1, comma 1, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi con i quali la normativa vigente in materia di imposta sul valore aggiunto è conformata all'ordinamento dell'Unione europea.
  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1. Limitatamente alle materie trattate dal regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati anche nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) prevedere l'abrogazione delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto che risultino incompatibili con quelle contenute nel citato regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011;
   b) prevedere la riformulazione delle norme che necessitano di un migliore coordinamento con la normativa dell'Unione europea nelle materie trattate dal regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, tenuto conto della specificità delle prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed educative rese a favore di particolari categorie di soggetti da parte dei soggetti di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e dei loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto o convenzioni.

  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Allegato C
(Articolo 9, comma 1)

  Rettifica della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 74 del 19 marzo 2011 (senza termine di recepimento);
  Rettifica della direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 249 del 14 settembre 2012 (senza termine di recepimento);
  Rettifica della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 249 del 14 settembre 2012 (senza termine di recepimento);
  Rettifica della direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, che modifica varie disposizioni della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 249 del 14 settembre 2012 (senza termine di recepimento);
  Rettifica della direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 249 del 14 settembre 2012 (senza termine di recepimento).

A.C. 1326 – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 10.
(Delega al Governo per l'attuazione del regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativo all'istituzione di un sistema di licenze FLEGT per le importazioni di legname nella Comunità europea, e del regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e con le procedure di cui all'articolo 1, comma 1, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per gli affari europei, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, degli affari esteri, dell'economia e delle finanze, della giustizia, per gli affari regionali e le autonomie e per la coesione territoriale, acquisito il parere dei competenti organi parlamentari e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più decreti legislativi per l'attuazione del regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativo all'istituzione di un sistema di licenze FLEGT (Forest Law Enforcement, Governance and Trade) per le importazioni di legname nella Comunità europea, e del regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) individuazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che si avvale del Corpo forestale dello Stato, quale autorità nazionale competente designata per la verifica delle licenze FLEGT previste dal regolamento (CE) n. 2173/2005, per l'applicazione del regolamento (UE) n. 995/2010 e per la determinazione delle relative procedure amministrative e contabili;
   b) previsione, in deroga ai criteri e ai limiti previsti dall'articolo 32, comma 1, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, delle sanzioni amministrative fino ad un massimo di euro 1.000.000 da determinare proporzionalmente al valore venale in comune commercio della merce illegalmente importata o, se superiore, al valore della merce dichiarato; previsione delle sanzioni penali dell'ammenda fino a euro 150.000 e dell'arresto fino a tre anni per le infrazioni alle disposizioni del regolamento (CE) n. 2173/2005 e del regolamento (UE) n. 995/2010;
   c) istituzione di un registro degli operatori, così come definiti dall'articolo 2 del regolamento (UE) n. 995/2010, anche sulla base di dati del registro delle imprese di cui all'articolo 8 della legge 27 dicembre 1993, n. 580; determinazione della tariffa di iscrizione al registro e delle sanzioni amministrative per la mancata iscrizione nonché destinazione delle relative entrate alla copertura degli oneri derivanti dai controlli di cui all'articolo 10 del regolamento (UE) n. 995/2010;
   d) individuazione delle opportune forme e sedi di coordinamento tra i soggetti istituzionali che devono collaborare nell'attuazione dei regolamenti (CE) n. 2173/2005 e (UE) n. 995/2010 e le associazioni ambientaliste e di categoria interessate alla materia, anche al fine di assicurare l'accesso alle informazioni e agli atti, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, anche attraverso la loro pubblicazione nei siti internet delle associazioni ambientaliste e di categoria interessate, e la loro consultazione da parte del pubblico interessato;
   e) determinazione di una tariffa per l'importazione di legname proveniente dai Paesi rispetto ai quali trova applicazione il regime convenzionale previsto dal regolamento (CE) n. 2173/2005, calcolata sulla base del costo effettivo del servizio e aggiornata ogni due anni, e destinazione delle relative entrate alla copertura degli oneri derivanti dai controlli di cui all'articolo 5 del medesimo regolamento;
   f) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo e di quelli derivanti dalla vendita mediante asta pubblica della merce confiscata al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia delle attività di controllo di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2173/2005 e agli articoli 8 e 10 del regolamento (UE) n. 995/2010.

  2. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire i princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione dei decreti legislativi di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 1326 – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 11.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni dell'Unione europea e agli accordi internazionali in materia di prodotti e di tecnologie a duplice uso e di sanzioni in materia di embarghi commerciali nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro per gli affari europei, e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno, con il Ministro della difesa, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'economia e delle finanze, con le procedure di cui all'articolo 1, comma 1, un decreto legislativo ai fini del riordino e della semplificazione delle procedure di autorizzazione all'esportazione di prodotti e di tecnologie a duplice uso e dell'applicazione delle sanzioni in materia di embarghi commerciali, nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti, nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni dell'Unione europea e dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, nonché dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) adeguamento al regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio, del 5 maggio 2009, e alle altre disposizioni dell'Unione europea, nonché agli accordi internazionali già resi esecutivi o che saranno resi esecutivi entro il termine di esercizio della delega stessa;
   b) disciplina unitaria della materia dei prodotti a duplice uso, coordinando le norme legislative vigenti e apportando le integrazioni, modificazioni e abrogazioni necessarie a garantire la semplificazione e la coerenza logica, sistematica e lessicale della normativa;
   c) razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative, nei limiti consentiti dalla vigente normativa dell'Unione europea;
   d) previsione delle procedure adottabili nei casi di divieto di esportazione, per motivi di sicurezza pubblica o di rispetto dei diritti dell'uomo, dei prodotti a duplice uso non compresi nell'elenco di cui all'allegato I del citato regolamento (CE) n. 428/2009;
   e) previsione di misure sanzionatorie effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti delle violazioni in materia di prodotti e di tecnologie a duplice uso e di embarghi commerciali, nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti, nell'ambito dei limiti di pena previsti dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 96.

  2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con la procedura ivi prevista, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo.
  3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, resta in vigore il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 96, in quanto compatibile con il regolamento (CE) n. 428/2009, anche con riguardo alle fattispecie sanzionatorie ivi stabilite, in quanto applicabili alle condotte previste dal medesimo regolamento.
  4. Dall'attuazione della delega di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione della delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 11.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni dell'Unione europea e agli accordi internazionali in materia di prodotti e di tecnologie a duplice uso e di sanzioni in materia di embarghi commerciali nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti).

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
11. 3. Duranti, Pannarale, Ricciatti, Fava, Piras, Scotto.

  Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole: e semplificazione.
11. 4. Ricciatti, Pannarale, Duranti, Piras, Scotto, Fava.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   f) rispetto dei divieti di cui all'articolo 1 della legge 9 luglio 1990 n. 185.
11. 2. Ricciatti, Pannarale, Duranti, Piras, Scotto, Fava.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  
2-bis. Gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
11. 5. Piras, Fava, Scotto, Ricciatti, Pannarale, Duranti.

A.C. 1326 – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010, il Governo è tenuto a rispettare, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell'ordinamento nazionale, prevedendo, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria e attribuendo le competenze e i poteri di vigilanza previsti nella direttiva alla Banca d'Italia e alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) secondo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del citato testo unico;
   b) prevedere, in conformità alla disciplina della direttiva, le necessarie modifiche alle norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, per consentire che una società di gestione del risparmio possa prestare i servizi previsti ai sensi della direttiva, nonché possa istituire e gestire fondi comuni di investimento alternativi in altri Stati comunitari ed extracomunitari e che una società di gestione di fondi comuni di investimento alternativi comunitaria o extracomunitaria possa istituire e gestire fondi comuni di investimento alternativi in Italia alle condizioni e nei limiti previsti dalla direttiva;
   c) prevedere, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva, le opportune modifiche alle norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 concernenti la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento delle società di gestione di fondi comuni di investimento alternativi, anche al fine di garantire che una società di gestione di fondi comuni di investimento alternativi operante in Italia sia tenuta a rispettare le norme italiane in materia di costituzione e di funzionamento dei fondi comuni di investimento alternativi, e che la prestazione in Italia dei servizi da parte di succursali delle società di gestione di fondi comuni di investimento alternativi avvenga nel rispetto delle regole di comportamento stabilite nel citato testo unico;
   d) prevedere, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva, le opportune modifiche alle norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 concernenti l'attività di depositaria ai sensi della direttiva nonché in materia di responsabilità della depositaria nei confronti della società di gestione del risparmio e dei partecipanti al fondo;
   e) modificare, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva, le norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 al fine di introdurre gli obblighi relativi all'acquisto di partecipazioni rilevanti e di controllo in società non quotate ed emittenti da parte di società di gestione di fondi alternativi di investimento;
   f) attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB, in relazione alle rispettive competenze, i poteri di vigilanza e di indagine previsti nella direttiva, secondo i criteri e le modalità previsti dall'articolo 187-octies del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e successive modificazioni;
   g) modificare, ove necessario, il citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 per recepire le disposizioni della direttiva in materia di cooperazione e scambio di informazioni con le autorità competenti dell'Unione europea, degli Stati membri e degli Stati extracomunitari;
   h) ridefinire con opportune modifiche, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva, le norme del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 concernenti l'offerta in Italia di quote di fondi comuni di investimento alternativi siano essi nazionali, comunitari o appartenenti a Paesi terzi;
   i) attuare le misure di tutela dell'investitore secondo quanto previsto dalla direttiva, in particolare con riferimento alle informazioni per gli investitori, adeguando la disciplina dell'offerta delle quote o azioni di fondi comuni di investimento alternativi;
   l) prevedere che, nel caso di commercializzazione in Italia di quote di fondi comuni di investimento alternativi presso investitori al dettaglio, tali fondi siano soggetti a prescrizioni più rigorose di quelle applicabili ai fondi comuni di investimento alternativi commercializzati presso investitori professionali, al fine di garantire un appropriato livello di protezione dell'investitore, in conformità a quanto previsto dalla direttiva;
   m) prevedere l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle regole dettate nei confronti delle società di gestione di fondi comuni di investimento alternativi in attuazione della direttiva, in linea con quelle già stabilite dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e nei limiti massimi ivi previsti, in tema di disciplina degli intermediari;
   n) ridefinire, secondo i criteri sopra indicati, anche la disciplina degli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) diversi dai fondi comuni di investimento e il regime delle riserve di attività per la gestione collettiva del risparmio, in modo da garantire il corretto e integrale recepimento della direttiva;
   o) prevedere, in conformità alle definizioni e alla disciplina della direttiva e ai criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione comunitaria, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria;
   p) dettare norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di OICR.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 12.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010).

  Dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:

Art. 12-bis.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/28/UE recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane e delega per la semplificazione di banche dati contenenti informazioni su opere o fonogrammi protetti dal diritto d'autore).

  1. Ai fini dell'attuazione della direttiva 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) fermi restando il rispetto degli obiettivi di armonizzazione comunitaria perseguiti dalla direttiva, la garanzia di certezza del diritto nel mercato interno e il rispetto dei diritti dei titolari di un'opera o un fonogramma ai sensi dell'articolo 5 della direttiva, per quanto concerne l'utilizzo delle opere orfane, prevedere:
    1) criteri e modalità semplificate, anche al fine di contenerne l'onerosità, per lo svolgimento della ricerca diligente per le opere fuori commercio;
    2) che qualora successivamente alla sua digitalizzazione vengano individuati uno o più aventi diritto su un'opera orfana, i criteri di remunerazione tengano conto, in diminuzione, del valore che la digitalizzazione e la diffusione hanno conferito ad opere o fonogrammi altrimenti prive di interesse commerciale;

  2. Al fine di favorire la conservazione e la diffusione del patrimonio culturale italiano e straniero attraverso la digitalizzazione delle collezioni o la creazione di biblioteche digitali europee, da parte delle biblioteche, degli istituti di istruzione e dei musei accessibili al pubblico, nonché degli archivi, degli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e delle emittenti di servizio pubblico, il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo che, effettuata una preliminare ricognizione delle fonti esistenti, disponga la creazione, la fusione, l'integrazione o la modificazione di banche dati nazionali contenenti i dati relativi ad opere o fonogrammi per le quali esistono titolari dei diritti d'autore, create da soggetti pubblici o privati. Ai fini dell'attuazione della presente delega, il Governo è tenuto a seguire i seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che tali banche dati siano accessibili gratuitamente a biblioteche, a istituti di istruzione e musei accessibili al pubblico, nonché agli archivi, agli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e alle emittenti di servizio pubblico che siano impegnate nella digitalizzazione di opere o fonogrammi in loro possesso;
   b) prevedere un obbligo a carico dei titolari di diritti d'autore di opere o fonogrammi di comunicare ad un'autorità pubblica o privata che gestisce una banca dati contenente informazioni relative ad opere o fonogrammi coperti da diritto d'autore, di comunicare entro un tempo ragionevole modificazioni relative ai propri dati personali o relative ai soggetti cui il diritto d'autore venga trasferito, in modo da consentire sempre la possibilità di individuare e contattare il titolare di diritti d'autore su opere o fonogrammi;
   c) stabilire che la mancata indicazione nella banca dati di informazioni o la presenza di informazioni non aggiornate sui titolari di diritti d'autore su opere o fonogrammi, incida in diminuzione sulla quantificazione della remunerazione spettante a tali titolari che siano identificati o rivendichino i loro diritti successivamente alla dichiarazione dello status di opera orfana;
   d) lasciando impregiudicate altre modalità, anche semplificate, di svolgimento della ricerca diligente, prevedere che biblioteche, istituti di istruzione e musei accessibili al pubblico, nonché archivi, istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e emittenti di servizio pubblico possano richiedere al titolare della banca dati l'inserimento di un'opera o un fonogramma di cui non siano identificati eventuali titolari di diritti d'autore, stabilendo che – trascorsi 12 mesi dall'inserimento dell'opera nella banca dati – possa acquisire lo status di opera orfana, ai sensi della direttiva 2012/28/UE.
12. 01. Costantino, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Ricciatti, Pannarale.

  Dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:

Art. 12-bis.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/28/UE recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane).

  1. Ai fini dell'attuazione della direttiva 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
   a) fermi restando il rispetto degli obiettivi di armonizzazione comunitaria perseguiti dalla direttiva, la garanzia di certezza del diritto nel mercato interno e il rispetto dei diritti dei titolari di un'opera o un fonogramma ai sensi dell'articolo 5 della direttiva, per quanto concerne l'utilizzo delle opere orfane, prevedere:
    1) criteri e modalità semplificate, anche al fine di contenerne l'onerosità, per lo svolgimento della ricerca diligente per le opere fuori commercio;
    2) che qualora successivamente alla sua digitalizzazione vengano individuati uno o più aventi diritto su un'opera orfana, i criteri di remunerazione tengano conto, in diminuzione, del valore che la digitalizzazione e la diffusione hanno conferito ad opere o fonogrammi altrimenti prive di interesse commerciale;
12. 02. Costantino, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Ricciatti, Pannarale.

A.C. 1326 – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 13.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) orientare la ricerca all'impiego di metodi alternativi;
   b) vietare l'utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d'estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai princìpi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità;
   c) considerare la necessità di sottoporre ad altre sperimentazioni un animale che sia già stato utilizzato in una procedura, fino a quelle in cui l'effettiva gravità delle procedure precedenti era classificata come «moderata» e quella successiva appartenga allo stesso livello di dolore o sia classificata come «lieve» o «non risveglio», ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2010/63/UE;
   d) vietare gli esperimenti e le procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici;
   e) stabilire che la generazione di ceppi di animali geneticamente modificati deve tener conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell'effettiva necessità della manipolazione e del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali, valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e per l'ambiente;
   f) vietare l'utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche ad eccezione della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell'alta formazione dei medici e dei veterinari;
   g) vietare l'allevamento nel territorio nazionale di cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione;
   h) definire un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo, anche tenendo conto del titolo IX-bis del libro II del codice penale;
   i) sviluppare approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello o un livello superiore di informazioni rispetto a quello ottenuto nelle procedure che usano animali, ma che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un numero minore di animali o comportano procedure meno dolorose, nel limite delle risorse finanziarie derivanti dall'applicazione del criterio di cui alla lettera h), accertate e iscritte in bilancio;
   l) destinare annualmente una quota nell'ambito di fondi nazionali ed europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida di metodi sostitutivi, compatibilmente con gli impegni già assunti a legislazione vigente, a corsi periodici di formazione e aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati, nonché adottare tutte le misure ritenute opportune al fine di incoraggiare la ricerca in questo settore con l'obbligo per l'autorità competente di comunicare, tramite la banca dei dati nazionali, il recepimento dei metodi alternativi e sostitutivi.

  2. Nell'applicazione dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1, il Governo è tenuto a rispettare gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali.
  3. Dall'attuazione della delega di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 13.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

Art. 14.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
   a) prevedere che l'esercizio dei diritti connessi al diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, riconosciuti ai produttori di fonogrammi nonché agli artisti interpreti o esecutori sui fonogrammi spetti distintamente a ciascuna delle imprese intermediarie di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2012 alle quali i medesimi hanno conferito mandato;
   b) stabilire che i compensi derivanti dagli anzidetti diritti connessi al diritto d'autore spettanti ai produttori di fonogrammi nonché agli artisti interpreti o esecutori siano tra loro ripartiti in eguale misura;
   c) prevedere che le modalità di determinazione dei compensi di cui sopra siano stabilite mediante accordi generali periodici tra gli utilizzatori e le imprese intermediarie di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2012;
   d) introdurre procedure alternative di risoluzione dei conflitti in caso di mancato perfezionamento degli accordi di cui alla lettera c);

   e) prevedere l'irrinunciabilità e la non cedibilità dei compensi spettanti agli artisti interpreti o esecutori sui fonogrammi dai medesimi interpretati.
13. 05. Gianluca Pini, Prataviera, Caparini.

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

Art. 14.
(Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento e del Consiglio).

  1. Nella predisposizione dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2011/83/UE concernente i diritti dei consumatori, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge, anche il seguente criterio direttivo specifico relativo agli obblighi del consumatore in caso di recesso di cui al considerando 47 e all'articolo 14 della medesima direttiva: introdurre disposizioni che consentano al consumatore di manipolare ed ispezionare i beni con le modalità e i limiti che gli sarebbero consentiti in un negozio.
13. 06. Gianluca Pini, Prataviera.

TESTO AGGIORNATO AL 1° AGOSTO 2013

A.C. 1326 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» è volto ad introdurre un criterio di delega legislativa per l'attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, contenuta nello stesso disegno di legge, all'allegato B;
    il Piano d'azione nazionale sull'efficienza energetica (PAEE 2011), che identifica le misure di miglioramento dell'efficienza energetica a livello settoriale, considera anche l'illuminazione pubblica;
    il decreto-legge n. 63 del 2013 (cosiddetto decreto Ecobonus), in corso di conversione, all'articolo 5 estende al sostegno della realizzazione di progetti di miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia pubblica l'utilizzo del fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico dall'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2011;
    al fine di incrementare le risorse di tale Fondo, potrebbe essere utilizzato il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, nell'ambito del Ministero del tesoro – Ragioneria generale dello Stato,

impegna il Governo:

   sostegno degli interventi di efficientamento energetico degli impianti di illuminazione pubblica;
   a valutare la possibilità che la garanzia del fondo possa valere anche per interventi di efficientamento realizzati anche attraverso forme di partenariato pubblico-privato o società appositamente costituite, al fine di garantire il pagamento dei corrispettivi dovuti dall'ente locale ai soggetti titolari degli interventi;
   ad incrementare le risorse del Fondo utilizzando il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
9/1326/1Vaccaro, Mosca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» è volto ad introdurre un criterio di delega legislativa per l'attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, contenuta nello stesso disegno di legge, all'allegato B;
    il Piano d'azione nazionale sull'efficienza energetica (PAEE 2011), che identifica le misure di miglioramento dell'efficienza energetica a livello settoriale, considera anche l'illuminazione pubblica;
    il decreto-legge n. 63 del 2013 (cosiddetto decreto Ecobonus), in corso di conversione, all'articolo 5 estende al sostegno della realizzazione di progetti di miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia pubblica l'utilizzo del fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico dall'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2011;
    al fine di incrementare le risorse di tale Fondo, potrebbe essere utilizzato il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, nell'ambito del Ministero del tesoro – Ragioneria generale dello Stato,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di sostegno degli interventi di efficientamento energetico degli impianti di illuminazione pubblica;
   a valutare la possibilità che la garanzia del fondo possa valere anche per interventi di efficientamento realizzati anche attraverso forme di partenariato pubblico-privato o società appositamente costituite, al fine di garantire il pagamento dei corrispettivi dovuti dall'ente locale ai soggetti titolari degli interventi;
   a valutare la possibilità di incrementare le risorse del Fondo utilizzando il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
9/1326/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Vaccaro, Mosca.


   La Camera,
   premesso che:
    i due provvedimenti, Legge Europea (AC 1327) e Legge di delegazione europea 2013 (AC 1326), esaminati congiuntamente, al fine di adeguare la normativa italiana a quella europea, contengono alcune disposizioni rilevanti per il comparto della difesa;
    in particolare l'articolo 11 della Legge di delegazione europea conferisce al governo una delega ad emanare, entro un anno dalla data dell'entrata in vigore della legge stessa, provvedimenti finalizzati al riordino e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione all'esportazione di prodotti e tecnologie a «duplice uso», nonché alla previsione di nuove fattispecie sanzionatorie previste dalla normativa europea nei settori di riferimento, in considerazione dell'entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 428/2009 che istituisce un nuovo regime europeo di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito dei prodotti a duplice uso;
    il riordino della disciplina nel settore del controllo dei beni duali deve rispondere sia all'esigenza di evitare la proliferazione delle armi di distruzione di massa sia garantire alle nostre imprese la possibilità di mantenere flussi di esportazioni, nel fermo rispetto degli impegni e delle normative internazionali e internazionali vigenti, comprese quelli inerenti gli embarghi commerciali e il contrasto delle infrazioni doganali;
    l'estrema delicatezza e importanza rivestite dalla materia delle procedure di autorizzazione all'esportazione di prodotti di «duplice uso» – cui afferiscono tutti quei beni che, pur essendo realizzati per un utilizzo civile, hanno possibilità e potenzialità di impiego nella costruzione di armi nucleari, chimiche, biologiche e missilistiche – richiama la necessità di una grande attenzione e cautela, rendendo più che mai opportuno che su tali provvedimenti di attuazione il Parlamento eserciti un adeguato controllo, mediante l'espressione di un parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, come per le altre ipotesi di delega contenute nel medesimo provvedimento,

impegna il Governo

a prevedere che i provvedimenti di attuazione e riordino di cui all'articolo 11 della legge di delegazione europea, emanati dal Governo nel rispetto dei principi e criteri direttivi specifici, indicati nel medesimo articolo, e in conformità delle disposizioni degli atti dell'Unione europea in materia di esportazione di prodotti e tecnologie a duplice uso, siano sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
9/1326/2Salvatore Piccolo, Scanu, Villecco Calipari, Carlo Galli, Mogherini, Bolognesi, D'Arienzo.


   La Camera,

impegna il Governo:

   a valutare la sussistenza delle condizioni affinché nello Schema di Decreto Legislativo di recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici sia prevista:
   la valutazione retrospettiva per tutte le procedure che fanno uso di animali;
   ispezioni almeno a cadenza annuale, senza preavviso, realizzate anche da Guardie zoofile appartenenti alle associazioni di protezione animali riconosciute dal Ministero della Salute in presenza di un medico veterinario da loro designato;
   l'arricchimento ambientale dei luoghi di custodia degli animali negli stabilimenti allevatori, fornitori e utilizzatori anche attuando le disposizioni della Convenzione ETS 123 del Consiglio d'Europa;
   la presenza di almeno un esperto in metodi alternativi e un biostatistico negli organismi preposti al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici, previsti dalla direttiva 2010/63/UE;
   che «il punto di contatto unico incaricato di fornire consulenza sulla pertinenza normativa e idoneità degli approcci alternativi proposti per la convalida» ai sensi dell'articolo 47 comma 5 della direttiva 2010/63/UE, sia composto dal Centro di Referenza nazionale per i Metodi Alternativi del Ministero della Salute e dalla Piattaforma Italiana dei Metodi Alternativi – IPAM;
   il parere vincolante di un medico veterinario per la decisione di riutilizzare un animale già impiegato in una precedente procedura;

  a realizzare senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica un elenco pubblico e aggiornato periodicamente dei metodi alternativi accreditati in letteratura scientifica ai sensi dell'articolo 47 comma 4 della direttiva 2010/63/UE:
   un elenco nazionale pubblico delle procedure che hanno utilizzato animali anche se con esito negativo;
   un elenco nazionale, pubblicato con cadenza annuale, degli animali nati, ceduti e deceduti negli stabilimenti allevatori, fornitori e utilizzatori;

  a realizzare senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica il rafforzamento dell'Ufficio della Direzione Generale della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della Salute preposto ai compiti previsti dalla normativa;

  ad adeguare, in rapporto al numero degli animali che lo stabilimento utilizzatore intende utilizzare nei successivi dodici mesi, e al costo per l'acquisto degli animali stessi, la tariffa prevista per l'autorizzazione ai sensi del decreto ministeriale 19.7.1993 da parte del Ministero della Salute. Tali entrate confluiscono in un Fondo dello stesso Ministero per il sostegno ai metodi sostitutivi di ricerca;

  a far realizzare dalle Università e dagli altri stabilimenti utilizzatori di animali una informativa periodica almeno annuale ai propri studenti, docenti, operatori, ricercatori, in merito al diritto di obiezione di coscienza alla sperimentazione su animali prevista dalla legge 12 ottobre 1993, n. 413.
9/1326/3. (Nuova formulazione) Brambilla.


   La Camera,
   premesso che:
    a settembre sarà definitivamente approvato dall'Unione Europea il Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, che definirà le priorità degli interventi;
    il bilancio annuale dell'Unione Europea ha un budget di circa 151 miliardi di euro nel 2013;
    tale somma corrisponde a meno dell'1 per cento del Prodotto interno lordo dell'UE;
    da una analisi della contribuzione netta di ogni Paese, l'applicazione degli attuali criteri, comporta una contribuzione netta squilibrata a carico di alcuni Paesi meno ricchi, Italia in particolare,

impegna il Governo:

   a farsi promotore presso l'Unione Europea, affinché valuti l'opportunità di rivedere i criteri di contribuzione netta dei Paesi membri al bilancio europeo, affinché la contribuzione richiesta sia correlata all'eccedenza del PIL pro-capite di ogni singolo paese membro rispetto al PIL pro-capite medio europeo, allo scopo di rendere più perequata e sostenibile la contribuzione dei Paesi membri al Bilancio europeo;
   a farsi promotore di una gestione dei fondi europei più trasparente e democratica, non essendo accettabile che i voti espressi nel consiglio dei ministri UE dai rappresentanti dei singoli governi restino segreti, eliminando di fatto ogni possibilità per gli elettori di controllare alcune delle più importanti decisioni prese dai governi da loro espressi.
9/1326/4Castelli, Caso, Cariello, D'Incà, D'Ambrosio, Brugnerotto, Sorial, Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento in esame conferisce al Governo una delega legislativa per l'adozione, entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore della legge, di decreti legislativi recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ovvero per via non legislativa, o in regolamenti dell'Unione europea direttamente applicabili;
    la delega è conferita ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 234 del 2012, che individua la delega stessa come contenuto proprio della legge di delegazione europea, e il cui comma 3 prevede che i decreti legislativi siano adottati, in base all'articolo 14 della legge n. 400 del 1988, su proposta del Presidente del Consiglio o del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia;
    la evidente finalità dell'articolo è quella di consentire al Governo di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative comunitarie, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni comunitarie vengono trasposte nell'ordinamento interno;
   tuttavia, desta perplessità la concessione di una delega che appare abbastanza vaga, posto che non sono specificati né i provvedimenti né, tantomeno, le disposizioni rispetto ai quali il Governo eserciterà la sua facoltà, intervenendo sul sistema sanzionatorio, amministrativo e penale, del nostro ordinamento;
    l'ampiezza della delega, inoltre, sembra configurare una violazione delle prerogative del Parlamento;
    posta l'ampiezza della delega appare forse più opportuno che il Governo si limitasse a prevedere delle sanzioni contravvenzionali,

impegna il Governo

con riferimento all'emanazione delle norme in oggetto, a considerare l'eventuale parere contrario delle Commissioni parlamentari competenti come politicamente vincolante.
9/1326/5Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    i punti critici della predetta disposizione, come è emerso anche da alcune audizioni informali che hanno avuto luogo presso la Commissione stessa, riguardano principalmente i divieti posti dal comma 1, lettere b), d) – con particolare riferimento al divieto di esperimenti e di procedure che non prevedono anestesia o analgesia qualora esse comportino dolore all'animale – e) ed f) – soprattutto per quanto attiene al divieto di utilizzo degli animali per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso. In particolare, sono condivise le forti preoccupazioni espresse in relazione ai richiamati divieti, in quanto vi è il timore che essi finiscano per compromettere la continuazione in Italia della ricerca di base, biomedica e applicata e delle sue applicazioni cliniche già ampiamente presenti nella pratica attuale, determinando peraltro condizioni di rischio di infrazione in quanto appaiono misure «più rigorose» di quelle previste dalla citata direttiva, e pertanto espressamente vietate dall'articolo 2 della direttiva medesima;
    le preoccupazioni espresse dalla comunità scientifica sono state oggetto di rilievi in sede di relazione della Commissione 12ma che ha invitato il Governo a tenerne conto in sede di esercizio della delega;
    peraltro è condivisa l'esigenza di addivenire in tempi rapidi alla definitiva approvazione del provvedimento in titolo, il cui iter avrebbe subito un rallentamento nel caso in cui fossero apportate delle modifiche, determinando un ulteriore aggravamento della situazione di infrazione già aperta dalla Commissione europea in quanto la direttiva avrebbe dovuto essere attuata dal novembre 2012,

impegna il Governo

in sede di attuazione della delega, con riferimento ai richiamati punti problematici dell'articolo 13, di attenersi comunque alla esigenza espressa al comma 2 dell'articolo 13, di conformarsi alla normativa europea nell'applicazione dei principi e criteri direttivi di cui al comma 1 della medesima disposizione.
9/1326/6Lenzi, Calabrò, Miotto, Binetti, Roccella, Fucci, Gigli, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    l'articolo 3 detta i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali; a seguito della particolare attenzione dimostrata dall'Unione europea nei confronti delle micro, piccole e medie imprese attraverso l'adozione della comunicazione sullo Small Business Act (SBA), che rappresenta la principale iniziativa politica a favore delle piccole e medie imprese;
    le micro, piccole e medie imprese, con quasi 21 milioni di realtà, costituiscono il 99,8 per cento delle imprese europee e forniscono oltre il 67 per cento dei posti di lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del decreto legislativo che darà attuazione alla direttiva 2010/75/UE, al fine di verificare l'opportunità di introdurre un apposito regime autorizzativo semplificato in materia di emissioni industriali in favore delle micro, piccole e medie imprese.
9/1326/7Allasia, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    la direttiva europea 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, approvata nell'ottobre 2011, propone una regolamentazione uniforme dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali e quelli online che avvengono all'interno del territorio della Comunità europea, ponendo l'accento in particolare sulle attività di commercio elettronico;
    la nuova direttiva introduce alcuni importanti cambiamenti a tutela dei diritti dei consumatori sugli acquisti a distanza;
    le nuove norme dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 13 dicembre 2013 e le leggi di recepimento dovranno diventare operative al più tardi entro il 13 giugno 2014;
    nell'ambito dell'esercizio di delega sarebbe opportuno adottare misure che possano scoraggiare l'adozione di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori,

impegna il Governo

nell'ambito dell'adozione dei decreti legislativi per il recepimento della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 99/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento e del Consiglio, ad introdurre disposizioni che consentano al consumatore di manipolare ed ispezionare i prodotti con le modalità e i limiti che gli sarebbero consentiti in un negozio.
9/1326/8Busin, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    la direttiva 2012/12/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 aprile 2012, che modifica la direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana, contenuta nell'Allegato B del presente disegno di legge;
    visto che la promozione del valore delle produzioni passa attraverso la qualità e la tracciabilità degli alimenti e l'ampliamento delle informazioni ai consumatori riguardo alla origine geografica degli ingredienti utilizzati è l'unica reale garanzia di sicurezza per la salute dei consumatori oltre che strumento di contrasto al dilagare delle frodi alimentari;
    preso atto che tra le produzioni di eccellenza dei nostri territori, quelle del comparto ortofrutta e in particolare gli agrumi, sono destinate prevalentemente all'industria di trasformazione per la produzione di succhi, la cui competitività è fortemente minacciata dalla concorrenza sfavorevole dei paesi del mediterraneo e del sud America, a cui non corrisponde un adeguato livello qualitativo;
    considerato che al fine di assicurare i consumatori una corretta informazione sulle caratteristiche delle bevande analcoliche a base di frutta, nonché dei succhi di frutta e dei nettari, e di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari è indispensabile riportare in etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza della frutta utilizzata,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a prevedere, in sede di attuazione della direttiva 2012/12/UE, princìpi e criteri che prevedano specifiche disposizioni volte a rendere obbligatoria l'indicazione del luogo di origine della frutta utilizzata nella predisposizione di bevande analcoliche, succhi e nettari.
9/1326/9Caon, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    la direttiva 2012/12/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 aprile 2012, che modifica la direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana, contenuta nell'Allegato B del presente disegno di legge;
    visto che la promozione del valore delle produzioni passa attraverso la qualità e la tracciabilità degli alimenti e l'ampliamento delle informazioni ai consumatori riguardo alla origine geografica degli ingredienti utilizzati è l'unica reale garanzia di sicurezza per la salute dei consumatori oltre che strumento di contrasto al dilagare delle frodi alimentari;
    preso atto che tra le produzioni di eccellenza dei nostri territori, quelle del comparto ortofrutta e in particolare gli agrumi, sono destinate prevalentemente all'industria di trasformazione per la produzione di succhi, la cui competitività è fortemente minacciata dalla concorrenza sfavorevole dei paesi del mediterraneo e del sud America, a cui non corrisponde un adeguato livello qualitativo;
    considerato che al fine di assicurare i consumatori una corretta informazione sulle caratteristiche delle bevande analcoliche a base di frutta, nonché dei succhi di frutta e dei nettari, e di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari è indispensabile riportare in etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza della frutta utilizzata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a prevedere, in sede di attuazione della direttiva 2012/12/UE, princìpi e criteri che prevedano specifiche disposizioni volte a rendere obbligatoria l'indicazione del luogo di origine della frutta utilizzata nella predisposizione di bevande analcoliche, succhi e nettari.
9/1326/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Caon, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    l'articolo 7 del disegno di legge all'esame prevede criteri di delega per il recepimento della direttiva 2011/95/UE recante norme minime comuni sull'attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale e sul contenuto della protezione riconosciuta;
    in particolare i criteri prevedono il mantenimento degli standard di garanzia previsti dalla normativa in vigore, l'omologazione dello status di beneficiario di protezione sussidiaria con quello di rifugiato, con particolare riferimento al ricongiungimento familiare e al diniego, esclusione e revoca dello status, la programmazione delle attività e delle misure a favore dell'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale;
    la direttiva 2011/95/UE aggiorna e sostituisce integralmente la direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004, attuata nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 251 del 2007, cosiddetta direttiva «qualifiche»;
    il criterio di cui alla lettera b) dell'articolo 7 del disegno di legge all'esame vincola il legislatore delegato a uniformare gli status giuridici dei beneficiari di protezione internazionale, sia dei rifugiati, sia dei beneficiari di protezione sussidiaria, con particolare riferimento ai presupposti per ottenere il ricongiungimento familiare;
    il criterio di cui alla lettera c) vincola il legislatore a disciplinare gli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca in conformità al dettato della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, di cui alla legge 24 luglio 1954, n. 722, anche con riferimento ai beneficiari di protezione sussidiaria;
    la direttiva 2011/95/UE mantiene la diversità tra rifugiati e beneficiari di protezione sussidiaria per quanto riguarda il diniego, esclusione e revoca, diversamente da quanto si stabilisce con il criterio di cui alla lettera c) che prevede un'uniformità della disciplina degli istituti;
    inoltre, sempre alla lettera c), invece di fare riferimento alla disciplina contenuta negli articoli 17 e 19 della direttiva 2011/95/UE si prevede l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra del 1951;
    infine, il criterio contenuto nella lettera d), affronta anch'esso un aspetto non contenuto nella direttiva 2011/95/UE ovvero prevede l'introduzione di uno strumento di programmazione delle attività e delle misure a favore dell'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale;
    la legge del 24 dicembre 2012, n. 234, che modifica la legge n. 11 del 2005 sulle «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo possa presentare, entro il 31 luglio di ogni anno, un secondo disegno di legge di delegazione per il secondo trimestre dell'anno in cui far confluire nuove deleghe legislative qualora sopraggiunga l'esigenza di dare attuazione ad altre direttive o obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del decreto legislativo che darà attribuzione alla direttiva 2011/95/UE, al fine di verificare l'opportunità di dare seguito a quanto esposto in premessa.
9/1326/10Marcolin, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    l'articolo 5 del disegno di legge all'esame recepisce la direttiva 2011/36/UE del 5 aprile concerne la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.
  Si tratta di una nuova regolamentazione della materia che va a sostituire la precedente decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI del 19 luglio 2002 (recepita dall'Italia con legge n. 228 del 2003);
    rispetto alla previgente disciplina, la direttiva provvede a riordinare la materia in maniera più organica proponendo, in particolare, una nuova e più ampia definizione di tratta di esseri umani. In quest'ultima nozione rientrano ora i seguenti atti dolosi: il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità su queste persone, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento.
  La direttiva specifica anche che per «posizione di vulnerabilità» s'intende una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all'abuso di cui è vittima;
    lo «sfuttamento», invece, comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l'accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi;
    dal punto di vista sanzionatorio la direttiva impone agli Stati membri di prevedere che tali reali siano punibili con la reclusione della durata massima di almeno 5 anni. Tale soglia è da elevarsi a 10 anni quando il reato: a) sia stato commesso nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile (con particolare riferimento ai minori); b) sia stato commesso nel contesto di un'organizzazione criminale; c) abbia messo in pericolo la vita della vittima intenzionalmente o per colpa grave; d) sia stato commesso ricorrendo a violenze gravi o abbia causato alla vittima un pregiudizio particolarmente grave,

impegna il Governo

   a) a valutare gli effetti applicativi del decreto legislativo che darà attuazione alla direttiva 2011/36/UE, al fine di valutare la opportunità di adottare iniziative normative volte a considerare che i reati relativi alla tratta di esseri umani siano configurati ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 2011/36, in particolare prevedendo come reati dolosi il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità su queste persone, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento, punendo altresì l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso o il tentativo nella commissione dei reati;
   b) prevedere che per i suddetti reati le pene siano stabilite come delineate dall'articolo 4 della direttiva 2011/36, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti;
   c) prevedere che le persone giuridiche siano ritenute responsabili dei reati di cui agli articoli 2 e 3 della direttiva 2011/36, secondo le modalità delineate nell'articolo 5 della direttiva stessa e con l'applicazione delle sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive come sancite nell'articolo 6;
   d) prevedere che le autorità competenti abbiano la facoltà di sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi derivanti dai reati di cui alla lettera a);
   e) prevedere che le indagini e l'azione penale siano condotte secondo quanto delineato nell'articolo 9 della direttiva, in particolare prevedendo strumenti investigativi efficaci quali quelli utilizzati contro la criminalità organizzata o altri reati gravi;
   f) prevedere che le misure di sostegno dei minori vittime della tratta di esseri umani siano disposte ai sensi degli articoli 13, 14 e 16 della direttiva 2011/36, e nelle indagini e nei procedimenti penali ai sensi dell'articolo 15 della direttiva stessa;
   g) prevedere adeguate misure necessarie per scongiurare e ridurre la domanda, fonte di tutte le forme di sfruttamento correlate alla tratta di esseri umani, come delineato dall'articolo 18 della direttiva;
   h) prevedere che l'autorità cui è affidato il compito di valutare le tendenze della tratta di esseri umani, misurare i risultati delle azioni anti-tratta e di presentare relazioni ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 2011/36, sia individuata nel Ministero dell'interno;
   i) prevedere il coordinamento della strategia dell'Unione al contrasto della tratta di esseri umani, secondo l'articolo 20 della direttiva 2011/36 e avvenga nella forma della cooperazione giudiziaria diretta.
9/1326/11Matteo Bragantini, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    fra le direttive elencate all'allegato B del provvedimento in esame, il Governo è delegato ad adottare la direttiva 2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale;
    la direttiva si pone l'obiettivo di agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale e l'applicazione di sanzioni, qualora le infrazioni siano commesse con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale è stata commessa l'infrazione;
    in conseguenza all'aumento della presenza di cittadini stranieri nel nostro Paese si registra un progressivo aumento di circolazione di veicoli con targa straniera sulle nostre strade, immatricolati sia in paesi dell'Unione europea che in paesi extra comunitari;
    l'articolo 132 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 dispone che la circolazione dei veicoli stranieri che abbiano adempiuto alle formalità doganali è ammessa per la durata massima di un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di origine e che, oltrepassato tale termine, i veicoli devono essere immatricolati in Italia e muniti di carta di circolazione e targa italiane;
    il mancato rispetto delle disposizioni di cui sopra comporta, ai sensi del medesimo articolo 132, l'interdizione all'accesso sul territorio nazionale e una sanzione amministrativa col pagamento di una somma da euro 84 ad euro 335;
    i veicoli immatricolati in Stati extracomunitari ed introdotti in Italia dai titolari che hanno la residenza fuori dallo Stato italiano possono circolare sotto un particolare regime doganale definito «temporanea importazione» che limita il periodo di permanenza dei predetti veicoli fino ad un massimo di un anno;
    presupposto per accertare il superamento del limite concesso alla permanenza del veicolo nel nostro Paese è l'esatta individuazione del giorno e della frontiera di ingresso;
    una persona che abbia la residenza in Italia e che acquisti un'automobile all'estero, se la trasferisce in Italia attraversando la linea doganale senza provvedere al pagamento dei cosiddetti diritti di confine (il 10 per cento del valore dell'autovettura e l'Iva) spettanti allo Stato italiano compie il reato di contrabbando;
    il Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all'articolo 295-bis prevede che la violazione dei diritti di confine per un importo non superiore ai 4.000 euro sia considerato un «illecito amministrativo», punibile con una sanzione amministrativa (da due a dieci volte l'ammontare dei diritti) e per un importo superiore ai 4.000 euro si proceda a livello penale. In entrambe i casi è prevista comunque la sanzione accessoria della confisca del mezzo,

impegna il Governo

a presentare presso le Commissioni parlamentari competenti una relazione dettagliata in cui si specifichi con quale frequenza e con quale esito sono stati effettuati, nell'ultimo anno, controlli sulle auto con targhe straniere circolanti sulle strade nazionali e in quanti casi siano stati riscontrati reati di evasione fiscale e contrabbando, illeciti amministrativi in materia di circolazione stradale nonché la mancata o irregolare assicurazione obbligatoria di veicoli.
9/1326/12Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    l'articolo 6 del disegno di legge all'esame prevede criteri di delega per il recepimento della direttiva 2011/51/UE che ha esteso l'ambito di applicazione della direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale (rifugiati e titolari di protezione sussidiaria);
    i cittadini di paesi terzi, soggiornanti legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel territorio di uno Stato membro, acquistano, purché ne dimostrino la disponibilità di stabili e regolari risorse economiche e siano coperti da adeguata assicurazione sanitaria, lo status di soggiornante di lungo periodo e hanno diritto ad un permesso di soggiorno speciale detto «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo»;
    la lettera a) del predetto articolo 6 prevede la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, qualora vi sia stata revoca o cessazione della protezione internazionale, quando quest'ultima fosse stata titolo di conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo;
    la lettera b) interviene in ordine al periodo di residenza utile al calcolo dei cinque anni necessari per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo;
    l'articolo 4 della direttiva 2003/109/CE, così come modificata dalla direttiva 2011/51/UE prevede che sia presa in considerazione almeno metà del periodo fra la data della domanda di protezione internazionale e quella del rilascio del permesso di soggiorno per status di rifugiato o di protezione sussidiaria. Se tale lasso di tempo supera i 18 mesi esso sarà preso in considerazione per intero;
    il criterio previsto alla lettera b), invece, introduce l'obbligo di considerare in ogni caso per intero il tempo intercorrente tra la presentazione dell'istanza e il rilascio del permesso di soggiorno, a prescindere se la durata di questo sia superiore o inferiore a 18 mesi;
    la lettera c) prevede un regime agevolato per i beneficiari di protezione internazionale in relazione alla dimostrazione del reddito ai fini dell'accettazione della richiesta del riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo;
    l'attuale articolo 5 della direttiva 2003/109/CE comprende, tra le condizioni di acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo, la dimostrazione di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento loro e dei loro familiari, senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato;
    questo requisito è stato recepito nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 3 del 2007 che ha determinato l'ammontare del reddito minimo in misura pari all'assegno sociale;
    il criterio di cui alla lettera c) stabilisce, invece, che il requisito del reddito dovrà riguardare esclusivamente «la dimostrazione di un reddito sufficiente» e questo dovrà essere calcolato «anche tenendo conto delle particolari circostanze di vulnerabilità in cui possono trovarsi i beneficiari di protezione internazionale, previsione che non risulta nel testo della direttiva 2011/51/UE,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi del decreto legislativo che darà attuazione alla direttiva 2011/51/UE di cui all'articolo 6 del presente disegno di legge, al fine di valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a mantenere esclusivamente l'applicazione del principio di cui alla lettera a) ovvero la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, qualora vi sia stata revoca o cessazione della protezione internazionale, quando quest'ultima fosse stata titolo di conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo.
9/1326/13Invernizzi, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    la direttiva 2011/77/UE, contenuta nell'allegato B, concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi;
    nella maggioranza degli Stati membri dell'Unione europea la gestione collettiva dei diritti d'autore e connessi è lasciata alla libera autodeterminazione dei soggetti interessati: liberi di auto-organizzarsi e di competere, in un sistema di concorrenza tra le società di collecting, per offrire servizi di raccolta e distribuzione più efficienti ed economicamente convenienti per gli aventi diritto;
    di recente, l'articolo 39 comma 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha definitivamente sancito, anche in Italia, che l'attività d'intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore sia libera;
    con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2012 sono stati individuati i requisiti minimi per le imprese che intendono svolgere l'attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore;
    la normativa di settore è ancorata a una legge, la n. 663 del 22 aprile del 1941, che necessita di essere aggiornata in più punti, soprattutto per riequilibrare il ruolo dei produttori e degli utilizzatori rispetto a quello degli artisti, interpreti ed esecutori;
    nel settore musica, l'articolo 73 comma 1 legge n. 633 del 22 aprile 1941 attribuisce la titolarità del diritto connesso al diritto d'autore congiuntamente al produttore di fonogrammi e agli artisti, interpreti o esecutori dei medesimi. Lo stesso articolo 73 stabilisce però che «l'esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti interpreti o esecutori interessati»;
    tale previsione costituisce un grave vulnus giuridico in danno degli artisti, interpreti ed esecutori. Il potere di negoziare e gestire i diritti connessi al diritto d'autore nel settore musica è in fatto e in diritto riservato esclusivamente ai produttori di fonogrammi;
    il mercato fonografico è sostanzialmente soggetto al controllo delle tre major multinazionali (Universal Music, Sony Music e Warner Music) che, per mezzo di SCF, Consorzio Fonografici, raccolgono i compensi dovuti ai produttori discografici e agli artisti;
    si tratta di un'evidente posizione di subalternità degli artisti, resa ancor più penalizzante dalla situazione di oligopolio nel mercato della produzione e distribuzione musicale. I produttori fonografici, grazie a questa norma, negoziano a propria discrezione e raccolgono anche la quota dei compensi spettante agli artisti, spesso trattenendola e facendone oggetto di contrattazione con gli artisti;
    la previsione dell'articolo 73 della legge 633 del 1941 oltre che essere inadeguata e superata alla luce della liberalizzazione, lede l'articolo 3 della Costituzione poiché – sulla medesima materia – consente all'industria dei produttori di fonogrammi piena libertà, mentre comprime quella degli artisti;
    nei paesi europei vi è una netta separazione tra la gestione collettiva dei diritti dei produttori e quella degli artisti. Ed è anche per tale ragione che in Europa i volumi di diritti gestiti sono superiori a quelli raccolti in Italia,

impegna il Governo

   ad adottare iniziative normative volte a prevedere principi e criteri di attuazione della direttiva 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi, volti a modificare gli articoli 73 e 73-bis della legge n. 633 del 22 aprile 1941 per consentire anche agli artisti, interpreti ed esecutori gli stessi diritti previsti per le organizzazioni imprenditoriali e, quindi, che l'esercizio al diritto al compenso non sia più attribuito in via esclusiva al produttore, ma sia riconosciuto distintamente a tutte le imprese intermediarie dei diritti connessi al diritto d'autore che abbiano i requisiti richiesti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2012.
9/1326/14Rondini, Gianluca Pini, Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto camera 1326 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»;
    la direttiva 2011/77/UE, contenuta nell'allegato B, concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi;
    nella maggioranza degli Stati membri dell'Unione europea la gestione collettiva dei diritti d'autore e connessi è lasciata alla libera autodeterminazione dei soggetti interessati: liberi di auto-organizzarsi e di competere, in un sistema di concorrenza tra le società di collecting, per offrire servizi di raccolta e distribuzione più efficienti ed economicamente convenienti per gli aventi diritto;
    di recente, l'articolo 39 comma 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha definitivamente sancito, anche in Italia, che l'attività d'intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore sia libera;
    con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2012 sono stati individuati i requisiti minimi per le imprese che intendono svolgere l'attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore;
    la normativa di settore è ancorata a una legge, la n. 663 del 22 aprile del 1941, che necessita di essere aggiornata in più punti, soprattutto per riequilibrare il ruolo dei produttori e degli utilizzatori rispetto a quello degli artisti, interpreti ed esecutori;
    nel settore musica, l'articolo 73 comma 1 legge n. 633 del 22 aprile 1941 attribuisce la titolarità del diritto connesso al diritto d'autore congiuntamente al produttore di fonogrammi e agli artisti, interpreti o esecutori dei medesimi. Lo stesso articolo 73 stabilisce però che «l'esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti interpreti o esecutori interessati»;
    tale previsione costituisce un grave vulnus giuridico in danno degli artisti, interpreti ed esecutori. Il potere di negoziare e gestire i diritti connessi al diritto d'autore nel settore musica è in fatto e in diritto riservato esclusivamente ai produttori di fonogrammi;
    il mercato fonografico è sostanzialmente soggetto al controllo delle tre major multinazionali (Universal Music, Sony Music e Warner Music) che, per mezzo di SCF, Consorzio Fonografici, raccolgono i compensi dovuti ai produttori discografici e agli artisti;
    si tratta di un'evidente posizione di subalternità degli artisti, resa ancor più penalizzante dalla situazione di oligopolio nel mercato della produzione e distribuzione musicale. I produttori fonografici, grazie a questa norma, negoziano a propria discrezione e raccolgono anche la quota dei compensi spettante agli artisti, spesso trattenendola e facendone oggetto di contrattazione con gli artisti;
    la previsione dell'articolo 73 della legge 633 del 1941 oltre che essere inadeguata e superata alla luce della liberalizzazione, lede l'articolo 3 della Costituzione poiché – sulla medesima materia – consente all'industria dei produttori di fonogrammi piena libertà, mentre comprime quella degli artisti;
    nei paesi europei vi è una netta separazione tra la gestione collettiva dei diritti dei produttori e quella degli artisti. Ed è anche per tale ragione che in Europa i volumi di diritti gestiti sono superiori a quelli raccolti in Italia,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a prevedere principi e criteri di attuazione della direttiva 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi, volti a modificare gli articoli 73 e 73-bis della legge n. 633 del 22 aprile 1941 per consentire anche agli artisti, interpreti ed esecutori gli stessi diritti previsti per le organizzazioni imprenditoriali e, quindi, che l'esercizio al diritto al compenso non sia più attribuito in via esclusiva al produttore, ma sia riconosciuto distintamente a tutte le imprese intermediarie dei diritti connessi al diritto d'autore che abbiano i requisiti richiesti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2012.
9/1326/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Rondini, Gianluca Pini, Prataviera.


   La Camera,
   premesso che:
    la sperimentazione animale è un passaggio obbligato nella ricerca biomedica. Nonostante la ricerca scientifica sia sempre più rivolta alla promozione di metodi sostitutivi all'impiego di animali, ad oggi non è possibile ancora farne a meno. L'attuale disciplina interna in materia di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è posta dal decreto legislativo 116 del 1992, recante attuazione della direttiva 86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici, nonché dall'articolo 1 della legge 924 del 1931. La normativa è stata aggiornata mediante la direttiva 2010/63/UE, oggetto di recepimento;
    il Senato della Repubblica ha approvato, nell'ambito della legge di delegazione europea 2013 (AS 587) un emendamento (all'articolo 13) che introduce alcune norme condivisibili volte ad orientare la ricerca all'impiego di metodi alternativi ed alcuni divieti discutibili che riguardano alcune metodologie sperimentali che risultano essere essenziali per la competitività della ricerca biomedica italiana. La principale conseguenza causata dai divieti introdotti, attraverso gli emendamenti approvati in Senato e riguardanti la sperimentazione animale potrebbe essere quella di diminuire l'apporto dei ricercatori italiani allo sviluppo delle conoscenze biologiche e mediche, dato che rischieremo di essere il solo Paese ad aver introdotto regole così restrittive. Infatti, ben 15 paesi europei hanno accettato in modo integrale la direttiva. Un secondo rischio sarebbe l'impossibilità di partecipare ai bandi di ricerca europea non potendo utilizzare la sperimentazione animale come possono fare i ricercatori dei paesi con cui siamo in competizione per ottenere i fondi europei;
    i punti critici, nel dettaglio interessano l'articolo 13, nello specifico, nel paragrafo 1 punto d) riguardante l'anestesia. Molti esperimenti non richiedono anestesia, mentre la norma nella sua formulazione attuale farebbe pensare alla necessità, ad esempio, di anestetizzare gli animali per fare qualunque manipolazione che provochi dolore, senza specificarne il grado. Ne conseguirebbe che, anche per fare una iniezione oppure per realizzare studi sul comportamento, andrebbe praticata l'anestesia contro ogni buon senso;
    inoltre, per ciò che concerne la norma sugli xenotrapianti e ricerca sulle sostanze d'abuso, oggi la maggioranza delle ricerche sui tumori si basa su eterotrapianti: si trapiantano sottocute piccoli frammenti di tumore umano in topi che sono geneticamente privi di risposte immunitarie. In questo modo si può studiare la crescita del tumore, la sua vascolarizzazione, la sua disseminazione, la formazione di metastasi. Inoltre solo in questo modo si può studiare come agiscono i farmaci in una situazione complessa come quella di un organismo vivente. Questo tipo di xenotrapianto è oggi la base della ricerca antitumorale e rappresenta una tecnica essenziale verso l'obiettivo di realizzare terapie personalizzate. Questa tecnica non può essere sostituita da altre tecnologie, come ad esempio le colture cellulari in vitro che vengono utilizzate in via preliminare, ma non possono permettere di studiare come ad esempio un farmaco venga assorbito, distribuito, metabolizzato ed eliminato in un organismo vivente;
    in maniera analoga e sempre alla lettera f) dell'articolo 13, per ciò che concerne la norma sulla sperimentazione su sostanze d'abuso, non è chiaro per quale ragione questo tipo di ricerche debba essere vietata in Italia, quando è noto che decine di milioni di cittadini italiani abusano di sostanze legali o illecite. A parere dei firmatari del presente atto si assisterebbe all'impossibilità di poter studiare gli effetti tossici particolarmente delle nuove droghe che ogni giorno entrano nel mercato clandestino. Nello specifico, sarebbe impossibile indagare gli effetti dannosi sul sistema nervoso centrale. Non si potrebbero studiare trattamenti che contrastino la comparsa di dipendenza, che attenuino i sintomi dell'astinenza, che antagonizzino gli effetti tossici a livello cardiaco e di altri organi;
    sono necessarie, per questi studi, varie specie animali per cercare di cogliere il più possibile lo spettro di effetti delle droghe e dei farmaci di abuso. Non esistono altre tecnologie che possano sostituire gli animali. Le colture in vitro di cellule neuronali possono essere certamente utili per studi preliminari, ma non possono rappresentare i miliardi di connessioni che esistono in un cervello funzionante;
    il paragrafo 2 del medesimo articolo 13, specifica che il Governo è tenuto a rispettare gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee europee o internazionali e quindi potrebbe creare dubbi interpretativi con il paragrafo precedente, ed inoltre l'articolo 2 della direttiva oggetto di recepimento ribadisce l'obbligo di non introdurre nella disciplina nazionale misure più rigorose di quelle previste dalla stessa direttiva. Le misure nazionali con livello di protezione più elevato, rispetto a quelle della direttiva, possono essere mantenute, purché vigenti al 9 novembre 2010. In tal caso, gli Stati membri interessati avrebbero dovuto informare la Commissione della loro vigenza, entro il 1o gennaio 2013;
    non esistono oggi metodi alternativi per svolgere attività di ricerca su argomenti così centrali per la salute pubblica come lo studio dei tumori e degli effetti delle sostanze d'abuso, e che tali sperimentazioni vengono comunque effettuate da personale altamente qualificato, nel totale rispetto del benessere animale,

impegna il Governo

ad attenersi, in sede di applicazione dei principi e criteri direttivi di cui al comma 1, dell'articolo 13, del disegno di legge in esame, alla disposizione di cui al comma 2 del medesimo articolo 13, ovvero all'obbligo di conformarsi alla normativa europea come previsto dalla direttiva in via di recepimento.
9/1326/15Capua, Gigli, Binetti, Monchiero, Vargiu, Vitelli, Fitzgerald Nissoli, Vecchio, Piepoli, D'Agostino, Cimmino, Buttiglione, Sottanelli, Dellai, Rabino, Oliaro, Marazziti, Gitti, Antimo Cesaro, Sberna, Librandi, Rossi, Catania.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 13, contiene princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega volta al recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici e disposizioni volte ad orientare la ricerca all'impiego di metodi alternativi, che riguardano alcune metodologie sperimentali essenziali per la competitività della ricerca biomedica italiana;
    al fine di non penalizzare la ricerca di base e più in generale tutta la ricerca italiana in campo biomedico e veterinario;
    tenuto conto di quanto previsto dal comma 2, dell'articolo 13 del provvedimento in esame, che impone al Governo il rispetto degli obblighi che derivano dalla legislazione comunitaria,

impegna il Governo

a non discriminare nei bandi di ricerca nazionali ed internazionali i progetti che pur non conformandosi all'articolo 13 del presente disegno di legge rispettino totalmente il contenuto della direttiva UE n. 63/2010.
9/1326/16Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, del disegno di legge in esame, inserito nel corso dell'esame al Senato, contiene principi c criteri direttivi per l'esercizio della delega volta al recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. La formulazione originaria della norma, prevedeva già delle clausole di garanzia per quanto riguarda la sperimentazione sugli animali, volte ad evitare non solo ogni inutile crudeltà nei loro confronti, ma anche ogni intervento superfluo che li sottoponesse ad una sperimentazione che può essere effettuata con altri metodi tecnico-scientifici ed altri modelli concettuali. Il rispetto per la vita degli animali e per il loro benessere è diventato anch'esso parte integrante del criterio etico che deve essere alla base di ogni sperimentazione;
    nella norma sopramenzionata, una volta fatte salve le garanzie di tutela degli animali impegnati nella sperimentazione, appare chiaro che non si può prescindere da loro per raggiungere nuove frontiere scientifiche e offrire così un deciso e determinato apporto positivo alla tutela della salute umana. In questa logica vanno anche inserite le sperimentazioni con gli xenotrapianti, da cui ci si attendono oggi importanti contributi scientifici per il trattamento di molte malattie, attualmente ben difficilmente curabili nell'uomo. Se è vero che la cura dell'uomo richiede il contributo degli animali per la verifica di determinate ipotesi scientifiche, non si può dimenticare che proprio per la cura degli animali il ricorso ad altri animali è del tutto indispensabile;
    gli xenotrapianti, ovvero il trapianto di un organo da una specie ad un'altra, sono molto utilizzati per terapie sperimentali per patologie molto gravi, tanto da essere considerati una tecnica di routine in qualsiasi laboratorio di ricerca biomedica. Questa metodologia, se gli esperimenti continueranno a mostrare risultati promettenti, permetterebbe di «generare» in un animale ospite organi perfettamente compatibili con il ricevente umano. Il testo in discussione cancellerebbe la possibilità di effettuare questo tipo di ricerche e quindi di utilizzare questi organi una volta che saranno disponibili;
    sul fronte della sperimentazione animale il C.N.B., in coerenza con la tendenza prevalente nelle legislazioni occidentali, ha già richiamato l'opportunità di aver riguardo per le particolari esigenze etologiche di ogni specie e di ridurre gli sprechi di vite e le sofferenze animali. Tra gli elementi di valutazione etica deve esser ricompresa la condizione degli animali-serbatoio d'organi. Il C.N.B. sottolinea l'opportunità di incentivare tutte le occasioni di dibattito pubblico al fine di diffondere la conoscenza su tali temi e di promuovete la consapevolezza etica di tutti i soggetti coinvolti, affinché si proceda ad una reale verifica del consenso sociale in merito. Auspica altresì che venga incentivata la ricerca scientifica in ragione sia della necessità di giungere ad una chiarificazione di tutti gli aspetti connessi alla prassi clinica degli xenotrapianti, che delle positive ricadute sulla conoscenza medica e sulla utilizzazione industriale, più in generale, che tale ricerca potrà produrre;
    i Comitati etici presenti in ogni Istituto di ricerca hanno anche il ruolo importante di tutelare la dignità di tutti i soggetti coinvolti nella sperimentazione, animali inclusi, ma sempre nell'ottica del disegno globale del progetto di ricerca, dei suoi obiettivi e delle sue ricadute pratiche,

impegna il Governo

ad assicurare, anche attraverso iniziative legislative future, di non bloccare la ricerca sugli xenotrapianti, necessari per la ricerca sul trattamento di molte malattie gravi e di selezionare i centri che possono farla e sostenerli adeguatamente, alla luce dei principi dell'etica e della ricerca e non perdendo mai di vista l'obiettivo comune dell'etica e dello sviluppo.
9/1326/17Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento dispone che il Governo adotti uno o più decreti legislativi volti a conformare il nostro ordinamento alla normativa vigente in materia di imposta sul valore aggiunto vigente all'interno dell'ordinamento comunitario;
    si ricorda che il regolamento di esecuzione (CE) n. 282/2011 si pone come obiettivo di superare la disomogenea interpretazione delle disposizioni comunitarie in materia di IVA da parte dei singoli paesi membri, garantendo, attraverso delle linee interpretative comuni, un'applicazione uniforme dell'attuale sistema dell'IVA;
    la direttiva 2006/112/CE ha stabilito infatti norme in materia di IVA che, in alcuni casi, sono soggette a interpretazione da parte degli Stati membri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nell'ambito delle materie che risultassero compatibili con quelle contenute nel citato regolamento di esecuzione, una revisione della tassazione del trasporto di alimenti deperibili così come definiti dalla normativa Accord trasport perissable (ATP) assoggetandolo ad una aliquota dell'imposta sul valore aggiunto pari al 10 per cento.
9/1326/18Schirò Planeta.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'esame della legge di delegazione europea 2013 è emersa l'esigenza di:
     adeguare definitivamente la disciplina della professione di guida turistica in Italia alle indicazioni comunitarie;
     garantire che le tariffe e la regolamentazione della rete elettrica incentivino miglioramenti dell'efficienza energetica e sostengano una tariffazione dinamica;
     non creare eccezioni all'applicabilità della convenzione sui rifugiati e protocollo sul relativo status, ed in particolare, garantire che i minori siano informati, in una lingua a loro comprensibile, dei loro diritti, ivi compreso quello della protezione internazionale, di ricomprendere nella definizione di persone vulnerabili, anche le donne incinte, introdurre uno strumento di programmazione delle attività e delle misure a favore dell'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale;
     ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto dei prodotti agroalimentari e promuovere la conoscenza delle tradizioni produttive locali, con l'istituzione dell'indicazione facoltativa di qualità denominata «Prodotto di fattoria», finalizzata ad agevolare nell'etichettatura la comunicazione delle proprietà dei prodotti agricoli e di prima trasformazione immessi in commercio direttamente al consumatore finale;
     istituire un'indicazione facoltativa di qualità rivolta a valorizzare i prodotti agricoli della filiera corta;
     rispettare i divieti al trasferimento di armamento previsti dalla legge 185 del 1990 (Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento);
     non rendere incontrollabili le procedure autorizzative per le pericolose tecnologie dual use;
     rivedere e riordinare la legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime;
     stabilire un principio di parità di trattamento nell'accesso al pubblico impiego, nei casi in cui la pubblica amministrazione utilizzi il criterio della cittadinanza per escludere i lavoratori stranieri dalla partecipazione a bandi per posti e funzioni che non riguardino attività implicanti l'esercizio di pubblici poteri, ovvero funzioni di interesse nazionale;
     ridurre al minimo il numero dei test sugli animali ed incoraggiare la raccolta di informazioni con metodi alternativi, che non richiedano sperimentazioni su animali;
     consentire ai consumatori finali di rilevare la vera origine dei prodotti italiani, con l'istituzione di un sistema di etichettatura abbinato al codice a barre,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prendere le opportune iniziative anche legislative nell'ambito della stesura della prossima legge di delegazione europea e della prossima legge europea, in riferimento alle esigenze citate in premessa.
9/1326/19. (Ulteriore nuova formulazione) Migliore, Di Salvo, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti, Pastorino, Giuseppe Guerini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    la lettera l) dell'articolo 13 prevede che sia destinata una quota nell'ambito di fondi nazionali e europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida dei metodi sostitutivi, per l'aggiornamento degli operatori degli stabilimenti autorizzati e adottare tutte le misure ritenute opportune per incoraggiare la ricerca nel settore;
    la lettera l) dell'articolo 13 prevede, altresì, l'obbligo per l'autorità competente di comunicare, tramite la banca dei dati nazionali, il recepimento di metodi alternativi e sostitutivi,

impegna il Governo

a garantire l'utilizzo sul territorio nazionale a parità di efficacia dei metodi alternativi o sostitutivi alla ricerca sugli animali, dal momento in cui sono recepiti dalla banca dati nazionali, ovvero quelli che già alla data di entrata in vigore della presente legge erano già in essere.
9/1326/20Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    la lettera f) dell'articolo 13 dispone il divieto all'utilizzo di animali per esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche ad eccezione della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell'alta formazione dei medici e dei veterinari,

impegna il Governo

a valutare la sussistenza delle condizioni per avviare tutte le iniziative di propria competenza affinché il divieto all'utilizzo di animali per gli xenotrapianti sia relativo ai trapianti di organo e che nelle sperimentazioni didattiche siano vietate quelle sperimentazioni didattiche che possano comportare sofferenze e/o morte per gli animali compresi gli ambiti sperimentali.
9/1326/21Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    al fine della migliore tutela e protezione degli animali e del monitoraggio di quanti di questi sono nati, ceduti e deceduti in ogni stabilimento allevatore o fornitore sarebbe necessario che i citati dati fossero comunicati annualmente al Ministero della salute e che i dati recepiti dal citato Ministero siano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale con cadenza almeno triennale,

impegna il Governo

a valutare la sussistenza delle condizioni per emanare, anche con apposito decreto ministeriale, le modalità con le quali gli stabilimenti allevatori o fornitori comunicano annualmente i dati relativi agli animali nati, ceduti e deceduti, al Ministero della salute, avendo cura questi di pubblicarli sulla Gazzetta Ufficiale con cadenza almeno triennale.
9/1326/22Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    la delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea ha il primario obiettivo di uniformare la normativa nazionale a quella comunitaria preservando i criteri direttivi previsti per ciascuna direttiva e nel rispetto dei termini di recepimento;
    l'articolo 4, introdotto nel corso dell'esame al Senato, contiene al comma 1 un'ampia finalità consistente nel «... favorire l'efficienza energetica e ridurre l'inquinamento ambientale e domestico mediante la diffusione delle tecnologie elettriche», recando uno specifico criterio di delega per il recepimento della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, attribuendo all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il compito di adottare provvedimenti volti ad eliminare l'attuale struttura progressiva delle tariffe elettriche e ad introdurre tariffe aderenti al costo del servizio;
    l'articolo 5 della direttiva 2012/27/CE stabilisce che dal 1o gennaio 2014 il 3 per cento della superficie coperta utile totale degli edifici riscaldati e/o raffreddati di proprietà della propria pubblica amministrazione e del proprio Governo centrale e da esso occupati sia ristrutturata ogni anno per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica che esso ha stabilito in applicazione dell'articolo 4 della direttiva 2010/31/UE,

impegna il Governo

a valutare la possibilità affinché si provveda ad aumentare la soglia del 3 per cento stabilita per il 1o gennaio 2014, elevandola, anche gradualmente, fino al 10 per cento della superficie coperta utile totale degli edifici riscaldati e/o raffreddati di proprietà della propria pubblica amministrazione e del proprio Governo centrale e da esso occupati soggetta a ristrutturazione ogni anno per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica che esso ha stabilito in applicazione dell'articolo 4 della direttiva 2010/31/UE.
9/1326/23. (Nuova formulazione) Tofalo, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    la delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea ha il primario obiettivo di uniformare la normativa nazionale a quella comunitaria preservando i criteri direttivi contenuti in ciascuna direttiva e nel rispetto dei termini di recepimento;
   l'articolo 4 stabilisce i criteri di delega per il recepimento della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica;
    che nel considerando (63) della direttiva in oggetto è stabilito che «È opportuno altresì sopprimere l'articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/30/UE, che prevede l'obbligo per gli Stati membri di cercare soltanto di acquistare prodotti appartenenti alla migliore classe di efficienza energetica»;
    che tale disposizione contenuta nella richiamata direttiva 2010/30/UE sopprime un obbligo in capo agli Stati membri di perseguire attraverso i propri acquisti standard elevati di efficienza energetica;
    che tale obbligo che risulterebbe, ad opera dell'articolo 9, paragrafi 1 e 2, venir meno a partire dal 4 giugno 2014 è, in ogni caso, un obbligo in capo alle pubbliche amministrazioni limitato soltanto ad attivarsi per «cercare» di acquistare i prodotti appartenenti alla migliore classe di efficienza energetica e non si configura, in ogni caso, quale obbligo immediatamente prescrittivo di una condotta dello Stato,

impegna il Governo

   a prescindere dalla sussistenza dello specifico obbligo richiamato in premessa, a calcolare per ogni unità e tipologia di prodotto acquistato dalla pubblica amministrazione la classe di efficienza energetica;
   e, conseguentemente, a individuare forme di incentivo per la sostituzione e l'acquisto da parte delle amministrazioni centrali e periferiche di prodotti appartenenti alla migliore classe di efficienza energetica.
9/1326/24Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    la lettera l) dell'articolo 13 prevede che sia destinata una quota nell'ambito di fondi nazionali e europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida dei metodi sostitutivi, per l'aggiornamento degli operatori degli stabilimenti autorizzati e adottare tutte le misure ritenute opportune per incoraggiare la ricerca nel settore;
    la parola «incoraggiare» non appare congrua rispetto alla necessità che fondi nazionali e europei, ovvero risorse pubbliche, servano per un mero incoraggiamento mentre sarebbe necessario un uso delle stesse per una ricerca effettiva che tenda allo sviluppo di metodi alternativi e sostitutivi,

impegna il Governo

a mettere in atto ogni iniziativa affinché l'uso di risorse pubbliche nazionali ed europee destinate allo sviluppo e convalida di metodi sostitutivi attraverso una ricerca che sia orientata e finalizzata a tal fine.
9/1326/25. (Nuova formulazione) Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    nell'ambito della protezione degli animali utilizzati a fini scientifici si ha la necessità da più parti sollecitata di istituire, nello stato di previsione del Ministero della salute, un Fondo finalizzato a promuovere il finanziamento esclusivo di progetti ed interventi, in ambito nazionale e internazionale, a favore della ricerca di metodologie alternative alla sperimentazione animale;
    il Fondo, di cui alla presente premessa, potrebbe essere alimentato dalle maggiori entrate derivanti dall'istituzione, di un contributo del 5 per cento sugli utili conseguiti dalle imprese che producono prodotti autorizzati all'immissione in commercio a seguito di sperimentazione sugli animali ai sensi della direttiva 2010/63/UE,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere a istituire un Fondo presso il Ministero della salute finalizzato a promuovere il finanziamento di progetti ed interventi, in ambito nazionale e internazionale, a favore della ricerca di metodologie alternative alla sperimentazione animale.
9/1326/26Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    al fine della protezione degli animali utilizzati ai fini scientifici è necessario procedere all'obbligo di pubblicare tutte le procedure effettuate, anche se con esito negativo, sul sito Internet del Ministero della salute allo scopo di evitare inutili ripetizioni delle stesse; in questo modo si potrebbero evitare ulteriori nuove sofferenze agli animali utilizzati a fini scientifici che hanno visto procedure già sperimentare con esito negativo ripetendole,

impegna il Governo

a prevedere le modalità ed i criteri al fine di procedere all'obbligo di pubblicare tutte le procedure effettuate, anche se con esito negativo, sul sito Internet del Ministero della salute, salvo violazione del segreto industriale, allo scopo di evitare inutili ripetizioni delle stesse.
9/1326/27Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    al fine della protezione degli animali utilizzati ai fini scientifici è necessario procedere all'obbligo di pubblicare tutte le procedure effettuate, anche se con esito negativo, sul sito Internet del Ministero della salute allo scopo di evitare inutili ripetizioni delle stesse; in questo modo si potrebbero evitare ulteriori nuove sofferenze agli animali utilizzati a fini scientifici che hanno visto procedure già sperimentare con esito negativo ripetendole,

impegna il Governo

a valutare la modalità ed i criteri al fine di procedere all'obbligo di pubblicare tutte le procedure effettuate, anche se con esito negativo, sul sito Internet del Ministero della salute, salvo violazione del segreto industriale, allo scopo di evitare inutili ripetizioni delle stesse.
9/1326/27. (Testo modificato nel corso della seduta) Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 1326 reca la delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    nell'allegato B della legge delega sono contenute le direttive n. 2011/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di talune infrastrutture, la direttiva 2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011 intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale, la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere la diffusione di tutti i dati utilizzando lo «standard aperto» così come definito dall'articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale e mediante applicazione web.
9/1326/28Catalano, Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 della legge di delegazione europea 2013, delega al Governo il coordinamento della disciplina interna in materia di imposta sul valore aggiunto con l'ordinamento dell'Unione europea;
    l'articolo 8 comma 2, lettera e), numero 1, della legge n. 217 del 2011 (legge Comunitaria 2010), modificando l'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha precisato che sono assimilate all'esportazione, quindi non imponibili ai fini IVA, le forniture destinate al rifornimento di «navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciali o della pesca»;
    rispetto alla precedente formulazione del predetto articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è stato specificato che il predetto regime si applica alle navi adibite alla navigazione in alto mare, al fine di adeguare la formulazione della norma nazionale al dettato dell'articolo 148, primo comma, lettera a), della direttiva 2006/112/CE, ai sensi della quale gli Stati membri esentano dall'IVA «le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell'esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca»;
    un'interpretazione della norma che rendesse imponibili tali cessioni di carburante risulterebbe paradossale anche sotto il profilo della disciplina nazionale, laddove si consideri che ai sensi dell'articolo 10, primo comma, numero 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le prestazioni di trasporto effettuate mediante mezzi di trasporto abilitate ad eseguire servizi di trasporto marittimo, sono esenti dall'IVA, con la conseguenza che gli operatori non potrebbero nemmeno compensare l'IVA che dovessero essere chiamati ad assolvere sugli acquisti di carburante con l'IVA versata sulle prestazioni di trasporto da loro fornite;
    l'Agenzia delle entrate ha chiarito soltanto i dubbi che erano stati immediatamente sollevati circa la non imponibilità IVA delle forniture di carburante e lubrificanti e in particolare nella nuova formulazione dell'articolo 8-bis, lettera d);
    con Risoluzione del 1o febbraio 2012 l'Agenzia delle entrate con riferimento alle navi adibite alla pesca costiera, ha soltanto chiarito che il termine «vettovagliamento» è stato sostituito con quello di «provviste di bordo»;
    ai fini di una corretta interpretazione dell'espressione non può che farsi riferimento al codice doganale, che, tra le provviste di bordo, annovera i generi di consumo di ogni specie occorrenti per l'alimentazione degli organi di propulsione della nave e il funzionamento degli altri macchinari e apparati di bordo (articolo 252 TULD);
    se si ha riguardo agli atti preparatori della legge Comunitaria si deve concludere che il legislatore non ha mai inteso intervenire sul punto, e, pertanto, l'interpretazione non può che essere del medesimo segno;
   considerato che:
    il dettato del citato articolo 148 della direttiva 2006/112/CE lascia spazio agli Stati membri di esentare le cessioni di beni per il rifornimento anche delle navi utilizzate in collegamenti a corto raggio, nella misura in cui fa riferimento alle navi adibite al trasporto a pagamento di passeggeri;
    sarebbe paradossale se tale esenzione dovesse ritenersi applicabile solo al trasporto di passeggeri in alto mare (cioè, in sostanza, alle crociere) e non a forme di trasporto marittimo che rivestono un ben maggiore interesse pubblico, quali, appunto, i collegamenti con le isole ed a corto raggio;
    è evidente l'impatto economico negativo che discenderebbe dalla citata interpretazione restrittiva, soprattutto in una fase in cui il costo dei carburanti ha subito un'impennata, sia a causa dell'andamento delle quotazioni di mercato, sia in ragione dell'aumento dell'accisa disposta dal Governo nell'ambito delle recenti manovre economiche;
    è necessario intervenire al più presto per chiarire definitivamente il regime IVA delle cessioni di carburante per il rifornimento delle navi che effettuano collegamenti marittimi con le isole ed a corto raggio, al fine di evitare ulteriori aggravi di costi per il settore e per i consumatori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare misure di propria competenza al fine di chiarire ogni dubbio in merito alla corretta interpretazione delle modifiche intervenute sul dettato dell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nel senso di chiarire che permangono non imponibili ad IVA le cessioni di carburanti effettuate per il rifornimento delle navi utilizzate per il trasporto passeggeri in collegamenti marittimi con le isole ed a corto raggio.
9/1326/29Ruocco, Barbanti, Cancelleri, Chimienti, Pesco, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, introdotto al Senato, introduce un criterio di delega legislativa per l'attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, contenuta nel disegno di legge in esame;
    la direttiva dell'Unione europea 2012/27 sull'efficienza energetica introduce degli impegni anche per quel che riguarda la riqualificazione energetica degli edifici pubblici. Secondo il testo, i paesi membri devono elaborare e attuare un piano di efficientamento degli «edifici riscaldati e/o raffrescati posseduti ed occupati dal loro Governo centrale»;
    l'obiettivo è riqualificare, a un tasso minimo del 3 per cento all'anno, la superficie coperta utile, a cominciare dagli immobili più energivori. In questa prima fase, l'obbligo riguarda gli immobili con superficie coperta utile superiore ai 500 metri quadri. Dal 9 luglio 2015, invece, la soglia sarà abbassata a 250 metri quadri. Per individuare quali sono gli interventi da attuare, la pubblica amministrazione dovrà stilare il catasto delle prestazioni energetiche degli edifici;
    per i fabbricati di proprietà dello Stato, già nel luglio del 2012, si era iniziato a parlare di efficienza energetica. L'Agenzia del demanio, ha anche realizzato, nell'ambito del portale PA, il software IPER (indicatore di performance) per l'aggiornamento e inserimento dei dati relativi ai consumi energetici dei vari edifici utilizzati dalle amministrazioni dello Stato. Fino ad ora sono stati raccolti i dati del 30 per cento di questi immobili;
    per raggiungere gli obiettivi che l'Europa ci chiede è necessaria la stretta collaborazione dei soggetti istituzionali interessati: il Ministero dello sviluppo economico, l'Enea e il gestore del servizio energetico. In particolare, il Ministro dello sviluppo economico e l'Enea dovrebbero elaborare al più presto di un piano strategico d'azione per aumentare l'efficienza degli immobili pubblici. Il Gse, invece, dovrebbe fornire alle amministrazioni pubbliche di servizi specialistici in campo energetico. Per quanto riguarda la realizzazione degli interventi necessari, infine, sarà necessario coinvolgere anche le Energy Service Company (ESCO),

impegna il Governo

nell'ambito del recepimento della direttiva dell'unione europea 2012/27 ad assumere ogni iniziativa di competenza volta:
   a) a elaborare al più presto un piano strategico d'azione per aumentare l'efficienza degli immobili pubblici;
   b) a intraprendere un censimento degli edifici pubblici di classe G, con utilizzo continuativo superiore a 8 mesi all'anno, ai fini di valutare economicamente il loro passaggio, qualora possibile, tenuto conto dei vincoli normativi dell'edificio, almeno in classe D e il risparmio annuo in termini energetici.
9/1326/30Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    che in tema di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è necessario assicurare un sistema ispettivo, adeguatamente documentato e verificabile, al fine di promuovere la trasparenza, che garantisca il benessere degli animali da laboratorio in ogni stabilimento allevatore, fornitore e utilizzatore, anche attraverso una intensificazione dei controlli da parte delle Asl,

impegna il Governo

a garantire un sistema ispettivo adeguato e verificabile che garantisca il benessere degli animali da laboratorio in ogni stabilimento allevatore, fornitore e utilizzatore, anche intensificando i controlli da parte delle Asl, attraverso apposita intesa con le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
9/1326/31Di Vita.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 dell'Atto Camera 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    che in tema di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è necessario assicurare un sistema ispettivo, adeguatamente documentato e verificabile, al fine di promuovere la trasparenza, che garantisca il benessere degli animali da laboratorio in ogni stabilimento allevatore, fornitore e utilizzatore, anche attraverso una intensificazione dei controlli da parte delle Asl,

impegna il Governo

a valutare le modalità per garantire un sistema ispettivo adeguato e verificabile che garantisca il benessere degli animali da laboratorio in ogni stabilimento allevatore, fornitore e utilizzatore, anche intensificando i controlli da parte delle Asl, attraverso apposita intesa con le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
9/1326/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Vita.


   La Camera,
   premesso che
    l'articolo 13 dell'A.C. 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione Europea – Legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    al fine della tutela e protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è necessario procedere anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni animaliste riconosciute a livello nazionale dal Ministero della salute seppur con la presenza di un medico veterinario;

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative necessarie per consentire che l'attività di monitoraggio degli stabilimenti allevatori, fornitori e utilizzatori e la valutazione del benessere degli animali da laboratorio possa essere svolta anche da esperti indicati dalle associazioni di protezione animale riconosciute a livello nazionale in presenza di un medico veterinario.
9/1326/32Grillo.


   La Camera,
   premesso che
    l'articolo 13 dell'A.C. 1326 recante «Delega al recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione Europea – Legge di delegazione europea 2013» detta i criteri per la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
    al fine della tutela e protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è necessario procedere anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni animaliste riconosciute a livello nazionale dal Ministero della salute seppur con la presenza di un medico veterinario;

impegna il Governo

a valutare le modalità per porre in essere tutte le iniziative necessarie per consentire che l'attività di monitoraggio degli stabilimenti allevatori, fornitori e utilizzatori e la valutazione del benessere degli animali da laboratorio possa essere svolta anche da esperti indicati dalle associazioni di protezione animale riconosciute a livello nazionale in presenza di un medico veterinario.
9/1326/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Grillo.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per la valorizzazione del servizio civile nazionale, anche attraverso la destinazione di adeguate risorse finanziarie ai relativi progetti – 3-00239

   BONOMO, NARDUOLO, SERENI, ASCANI, PATRIARCA, ROTTA, MADIA, GADDA, LENZI, BENI, CHAOUKI, BRAGA, MISIANI, BOBBA, MOSCA, TENTORI, QUARTAPELLE PROCOPIO, MARCO DI MAIO, COMINELLI, VENTRICELLI, LATTUCA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto del servizio civile nazionale affonda le radici nelle lotte per il diritto all'obiezione di coscienza che videro un primo riconoscimento con l'approvazione della legge n. 772 del 1972, «Norme in materia di obiezione di coscienza». Tale legge introdusse per i giovani richiamati al servizio di leva la facoltà di dichiararsi obiettore di coscienza per motivi morali, religiosi e filosofici ed istituì il servizio sostitutivo civile alternativo al servizio militare e parimenti rispondente al dovere di servire la patria;
   con la legge n. 230 del 1998 l'obiezione di coscienza fu finalmente riconosciuta quale diritto soggettivo del cittadino nell'ambito del diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. La stessa legge sancì che il servizio civile, diverso per natura e autonomo dal servizio militare, rispondesse parimenti al dovere costituzionale di difesa della patria e fosse ordinato ai fini enunciati nei «Principi fondamentali» della Costituzione. Il 6 marzo 2001, con la legge n. 64, nacque il servizio civile nazionale, a base volontaria, che ha convissuto con il servizio sostitutivo civile obbligatorio fino al giugno 2005;
   l'articolo 9 della citata legge n. 64 del 2001 prevede, inoltre, la possibilità per i giovani volontari di prestare servizio anche presso «enti e amministrazioni operanti all'estero, nell'ambito di iniziative assunte dall'Unione europea, nonché in strutture per interventi di pacificazione e cooperazione fra i popoli, istituite dalla stessa Unione europea o da organismi internazionali operanti con le medesime finalità ai quali l'Italia partecipa». Dal 2001 ad oggi 3.782 volontari hanno operato in diversi Paesi dell'Europa, dell'Africa, dell'Asia, dell'Oceania e dell'America latina, prevalentemente nel settore della cooperazione, dell'assistenza e dell'educazione. Tali esperienze e un comune percorso sul servizio civile avviato in altri Paesi europei hanno portato nel 2009 ad elaborare il progetto sperimentale europeo «European civic service: a common amicus», con lo scopo di stimolare la nascita di un modello europeo di servizio civile;
   la partecipazione all'interno del servizio civile nazionale crebbe dai 181 ragazzi e ragazze avviati nel 2001 fino ai 45.890 del 2006, grazie al corrispondente incremento delle risorse, mentre dal 2007 si è registrato un continuo ridimensionamento degli stanziamenti (299 milioni di euro nel 2008, 170 milioni di euro nel 2009, 100 milioni di euro nel 2010-2011, 68 milioni di euro nel 2012), fino alla mancata promulgazione del bando ordinario del 2012 ed alla previsione di soli 71 milioni di euro per l'anno 2013, che consentiranno il finanziamento di appena 15.000 volontari per i progetti nazionali e 450 per l'estero;
   come noto, il servizio civile nazionale ha dato, in diverse occasioni, un importante contributo a risollevare la situazione di zone colpite da catastrofi naturali, mettendo in campo volontari tramite bandi speciali (Abruzzo 2009, Emilia-Romagna 2012);
   il servizio civile è l'unica forma istituzionale di difesa della patria non armata e non violenta (articolo 52 della Costituzione) e il suo valore educativo porta i giovani a sperimentare e a praticare con maggior consapevolezza la cittadinanza attiva, sviluppando il senso civico ed una maggiore percezione dei valori democratici, ad aiutare la categorie più vulnerabili dei cittadini (persone con disabilità, cittadini stranieri, bambini in situazioni difficili, malati terminali e altri), nonché ad aiutare a salvaguardare il patrimonio artistico, culturale ed ambientale dello Stato;
   nonostante il ruolo strategico di strumento utile alla coesione sociale, all'educazione alla partecipazione delle nuove generazioni, alla formazione personale e professionale dei giovani, nonché ad un loro orientamento verso il mondo del lavoro, negli ultimi anni questo istituto della Repubblica non ha ricevuto un adeguato sostegno finanziario da parte dello Stato;
   le associazioni e i rappresentanti del mondo del servizio civile, in numerose occasioni, hanno evidenziato con forza quanto sia importante mantenere per il prossimo bando, atteso da migliaia di giovani da oltre un anno, almeno il medesimo numero di volontari previsto dal bando del 2011 –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di restituire credibilità e ruolo al servizio civile nazionale, individuando le adeguate risorse finanziarie che consentano una reale programmabilità dei progetti e il soddisfacimento delle aspettative di migliaia di giovani che annualmente vorrebbero partecipare a questa fondamentale esperienza di vita.
(3-00239)
(30 luglio 2013)


Iniziative per la completa attuazione del «grande progetto Pompei» e chiarimenti in ordine alle procedure di affidamento dei lavori – 3-00240

   DI BENEDETTO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il «grande progetto Pompei», come spiegato sul sito istituzionale della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, nasce da un'azione del Governo italiano che, attraverso il decreto-legge n. 34 del 2011 (articolo 2), ha inteso rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell'area archeologica di Pompei mediante la elaborazione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi, di prevenzione, manutenzione e restauro;
   il «grande progetto Pompei» è un intervento rilevante ed impegnativo da 105 milioni di euro tra fondi del fondo europeo di sviluppo regionale e fondi nazionali, che mira alla riqualificazione del sito archeologico di Pompei entro dicembre 2015, attraverso:
    a) la riduzione del rischio idrogeologico, con la messa in sicurezza dei terrapieni non scavati;
    b) la messa in sicurezza delle insulae;
    c) il consolidamento e restauro delle murature;
    d) il consolidamento e restauro delle superfici decorate;
    e) la protezione degli edifici dalle intemperie, con conseguente aumento delle aree visitabili;
    f) il potenziamento del sistema di videosorveglianza;
   ancora sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è possibile prendere visione di una brochure dedicata al progetto che definisce il «grande progetto Pompei», che recita: «Un grande impegno collettivo di istituzioni e di persone diverse per avviare a soluzione il gravissimo problema di conservazione di un sito archeologico tra i più importanti del mondo»;
   sono sempre i siti istituzionali ad informare che il Governo italiano e la Commissione europea, tramite il varo del «grande progetto Pompei», nel tempo record di soli tre mesi, hanno dato prova «di poter costruire, valutare e approvare un intervento così rilevante e impegnativo come quello che determinerà, entro il 31 dicembre 2015, la riqualificazione del sito archeologico di Pompei». Il 5 aprile 2012, alla presentazione del progetto, sono intervenuti: Mario Monti, Presidente del Consiglio dei ministri; Anna Maria Cancellieri, Ministro dell'interno; Lorenzo Ornaghi, Ministro per i beni e le attività culturali; Fabrizio Barca, Ministro per la coesione territoriale; Francesco Profumo, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; Stefano Caldoro, presidente della regione Campania; Luigi De Magistris, sindaco di Napoli; Claudio D'Alessio, sindaco di Pompei;
   quanto agli interventi, essi si articolano su cinque linee d'azione: conoscenza (8 milioni e 200 mila euro); opere (85 milioni di euro); valorizzazione, fruizione comunicazione (7 milioni di euro); sicurezza (2 milioni di euro); rafforzamento della struttura organizzativa e tecnologica della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei (2 milioni e 800 mila euro): la fonte è sempre il sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   al solo consolidamento ed al restauro dell'area archeologica sono stati destinati 85 milioni di euro;
   la brochure poi elenca minuziosamente le opere in cantiere e i bandi di prossima pubblicazione;
   a questi dati si aggiungono le dichiarazioni del Ministro interrogato, rese nell'audizione del 23 maggio 2013 dinanzi alle Commissioni cultura di Camera e Senato, con cui ha definito il «grande progetto Pompei» come un'opportunità da tradurre in risultati concreti, posto che a due anni dal varo molto, anzi moltissimo, resta da fare;
   eppure, stando ad altre fonti, giornalistiche, in questo caso c’è poco di che star tranquilli;
   sono di novembre 2012 e di febbraio 2013 le notizie di crolli – ultimi di una lunga serie – di pezzi di pareti delle domus pompeiane;
   a febbraio 2013 la stampa ha informato del fatto che la procura competente aveva avviato un'indagine relativa all'assegnazione dei lavori dal 2008 ad oggi e che coinvolgeva, tra gli altri, D'Amora, direttore dei lavori durante la gestione commissariale, ed anche l'ex commissario Marcello Fiori (funzionario della protezione civile, secondo dei sostituti del soprintendente Guzzo), inviato dal Governo Berlusconi per salvare gli scavi di Pompei nei giorni dei crolli; a detta della procura, sono emersi – in particolare – profili di illegittimità in ordine all'utilizzo di procedure derogatorie nell'affidamento dei lavori ed all'emissione di fatture gonfiate relative all'acquisto di materiali ed all'esecuzione dei lavori e anomalie nelle procedure seguite per l'allestimento delle rappresentazioni affidate al teatro San Carlo;
   è recentissima la notizia di incredibili ribassi nelle aste tenute per l'assegnazione dei lavori previsti dal «grande progetto Pompei», addirittura di oltre la metà della base d'asta fissata, e tutte vinte dalla medesima società di costruzioni; ribassi talmente rilevanti da far temere per la qualità degli interventi che saranno posti in essere;
   a qualche giorno fa risale l’ultimatum con cui l'Unesco ha impegnato il Governo italiano ad adottare misure idonee a per il sito;
   Pompei rappresenta, fuor di retorica, un unicum nel panorama archeologico mondiale;
   sono stati assunti degli impegni precisi e stanziati ingenti fondi;
   a fronte di ciò la situazione reale di Pompei è fatta di crolli, indagini della procura e gestione delle assegnazioni dei lavori perlomeno discutibile;
   la realtà è talmente critica e il «grande progetto Pompei» tanto lontano dall'esser realizzato che l'Unesco è dovuta intervenire nel sollecitare il Governo italiano, fissando alla fine del 2013 la data ultima entro cui porre in essere misure di salvaguardia –:
   come il Ministro interrogato ritenga opportuno intervenire affinché si faccia chiarezza sulle vicende poco trasparenti relative agli appalti ed alle manifestazioni organizzate nell'area archeologica, in relazione – in particolare – ai ribassi assai sospetti delle basi d'asta, e se intenda dare piena e completa attuazione al «grande progetto Pompei», adeguandosi all'impegno che l'Unesco ha imposto al Governo e rilanciando, per quanto di competenza, il turismo nell'area di Pompei. (3-00240)
(30 luglio 2013)


Iniziative in merito all'annunciato trasferimento della sede della Subaru Italia della città di Ala in Trentino Alto-Adige a Milano – 3-00241

   OTTOBRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Fuji heavy industries di Tokyo aveva annunciato che la sede della Subaru Italia il 30 giugno 2013 sarebbe stata trasferita dalla città di Ala in Trentino Alto-Adige a Milano ed ha comunicato la chiusura dello stabilimento di Ala a tutte le concessionarie Subaru in Italia;
   il presidente della filiale italiana della Subaru, Tashiko Kageyama, ha comunicato a 40 dipendenti dell'azienda, ad eccezione dei 3 magazzinieri, l'obbligo di trasferirsi presso la nuova sede di Milano o, in alternativa, di presentare le loro dimissioni;
   la procedura unilaterale di trasferimento equivale ad un sostanziale licenziamento dei dipendenti dell'azienda, senza neppure che sia possibile attivare gli ammortizzatori sociali;
   Ala è la sede della multinazionale Subaru per l'Italia, per l'Austria, la Slovacchia, la Slovenia e la Croazia, ha un fatturato annuo di 200 milioni di euro ed ha visto, cinque anni fa, l'investimento di 7,5 milioni di euro per ampliare lo stabilimento, nel contempo sostenuto da investimenti a carico della provincia autonoma di Trento per opere infrastrutturali necessari allo sviluppo dello stabilimento di Ala;
   la decisione della Fuji heavy industries di trasferire la sede italiana a Milano è giustamente ritenuta immotivata, sia sotto il profilo industriale, sia in ordine ai costi, da parte di tutte le forze sociali, dalle organizzazioni imprenditoriali e sindacali e dalle istituzioni, che hanno contestato le motivazioni addotte dalla multinazionale giapponese, in particolare che il trasferimento di sede sia dovuto ad una perdita di bilancio della Subaru Italia nel 2012;
   secondo le organizzazioni sindacali la realtà è che «le quote di mercato di Subaru Italia sono costantemente cresciute», mentre sono diminuite negli altri stabilimenti europei, in Svizzera e Germania, della multinazionale giapponese e che un trasferimento della sede a Milano, non necessario sotto il profilo strategico, comporterebbe un forte aumento dei costi aziendali;
   dagli inizi del mese di marzo 2013 i lavoratori della Subaru Italia di Ala hanno intrapreso ogni iniziativa possibile a sostegno della loro occupazione, con scioperi ad oltranza, sostenendo come sia indispensabile e possibile rafforzare lo stabilimento di Ala acquisendo la gestione dei mercati del Sud Europa;
   la Fiom Cgil del Trentino ha chiesto in modo formale al presidente della Subaru Italia di recedere dalla decisione assunta in ordine al trasferimento e di valutare, di concerto con le organizzazioni imprenditoriali e sindacali presenti sul territorio, un'ulteriore valorizzazione dello stabilimento di Ala, con particolare attenzione alle attività di commercializzazione dei veicoli della multinazionale;
   la provincia autonoma di Trento ha condiviso e promosso le iniziative dei lavoratori dell'azienda a difesa del proprio posto di lavoro e delle ragioni, industriali ed economiche, contrarie ad uno spostamento della sede italiana della Subaru e tali semmai da rafforzare il carattere strategico dello stabilimento di Ala;
   il presidente della Subaru Italia e i dirigenti della multinazionale giapponese hanno sempre rifiutato, a quanto consta all'interrogante, senza alcuna motivazione, il confronto richiesto dalle organizzazioni sindacali ed economiche e dalle istituzioni provinciali e comunali;
   il 5 giugno 2013 sono state sospese le trattative tra la Subaru Italia e il sindacato sul trasferimento della sede aziendale da Ala a Milano –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere nei confronti dell'azienda giapponese, di concerto con le organizzazioni sociali e le istituzioni locali, e, in particolare, se intenda convocare, con assoluta priorità, il presidente della Subaru Italia, le parti sociali, la provincia autonoma di Trento e le istituzioni locali, presso il Ministero dello sviluppo economico, con l'obiettivo di pervenire a un riesame delle decisioni assunte dalla multinazionale giapponese e di difendere una realtà produttiva ed aziendale di assoluto rilievo come quella della Subaru Italia di Ala. (3-00241)
(30 luglio 2013)


Iniziative per evitare la chiusura degli stabilimenti della Romi Italia in Piemonte – 3-00242

   AIRAUDO, LACQUANITI, FERRARA, MATARRELLI, DI SALVO, PLACIDO, LAVAGNO e COSTANTINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2008 la Romi Brasile ha rilevato dall'amministrazione straordinaria l'allora Sandretto costituendo la Romi Italia, impegnandosi a garantire l'occupazione e gli investimenti che avrebbero dovuto innovare le presse per stampaggio materiale plastico di cui la Sandretto è uno storico marchio italiano;
   da allora a marzo 2012 gli addetti sono passati nei due siti di Grugliasco e di Pont Canavese da 260 agli attuali 149 addetti attraverso lo strumento della mobilità volontaria. La proprietà brasiliana della Romi non ha mantenuto, complice la crisi, gli impegni atti a garantire l'occupazione e gli investimenti;
   nel marzo 2012 la Romi ha annunciato la chiusura delle attività produttive in Italia, con il conseguente licenziamento di tutti gli attuali 149 lavoratori e la chiusura dei due impianti piemontesi;
   per evitare questo a luglio 2012 i sindacati hanno firmato un accordo per una cassa integrazione per crisi respingendo la cessazione delle attività, con l'obiettivo di verificare, visti il valore del prodotto e il valore del marchio, l'esistenza di potenziali acquirenti. All'atto di quella intesa la Romi si era dichiarata disponibile a cedere l'attività;
   all'inizio di gennaio 2013 una cordata di imprenditori provenienti da più regioni italiane (Lombardia, Campania ed Abruzzo) ha presentato un impegno di acquisto, con un dettagliato piano industriale che garantirebbe la permanenza dell'occupazione e del prodotto nel nostro Paese;
   di questo piano e di questo impegno sono a conoscenza anche gli uffici competenti degli assessorati al lavoro e alle attività produttive della regione Piemonte;
   da allora la proprietà brasiliana della Romi non si presenta più agli incontri convocati presso la regione Piemonte, alimentando il sospetto di scaricare sul nostro Paese un'ulteriore perdita di posti di lavoro e di prodotto;
   sarebbe opportuno valutare da parte del Ministro interrogato se la Romi Brasile abbia ottemperato agli impegni assunti con l'amministrazione straordinaria al momento dell'acquisizione della società Sandretto;
   così come sarebbe opportuno un intervento del Governo italiano presso il Governo brasiliano affinché si solleciti quella proprietà ad un corretto rapporto con i cittadini lavoratori del nostro Paese e con gli imprenditori italiani –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per evitare l'eventuale chiusura degli stabilimenti piemontesi, in modo da non aggravare ulteriormente la crisi sociale ed occupazionale già molto forte in questa regione. (3-00242)
(30 luglio 2013)


Elementi ed iniziative in merito a finanziamenti comunitari e nazionali a favore di Fiat Powertrain per investimenti nello stabilimento di Verrone (Biella) – 3-00243

   CORSARO e NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 19 gennaio 2010 l'Italia ha chiesto all'Unione europea l'autorizzazione per un finanziamento pubblico di 15,8 milioni di euro (da corrispondere in tre rate tra il 2010 e il 2013) in favore della Fiat Powertrain di Verrone, in provincia di Biella, per un investimento iniziato nel 2008 e riguardante, in particolare, la costruzione di un nuovo tipo di cambio da realizzarsi appunto presso quello stabilimento;
   in cambio di tale finanziamento, la Fiat si impegnava ad assumere seicento persone, portando il totale dei dipendenti a quota 1083, ma nella primavera del 2011 l'aumento di personale sarebbe stato di sole cento unità, peraltro di lavoratori semplicemente trasferiti da un altro stabilimento del gruppo Fiat, quello di Mirafiori, sicché, sostanzialmente, non risulta esservi stata alcuna nuova assunzione da parte di Fiat;
   in esito alla seduta del 5 maggio 2011 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) avente ad oggetto l'attuazione del programma delle infrastrutture strategiche (ex lege n. 443 del 2001) è stata approvata la sottoscrizione dal parte del Ministero dello sviluppo economico di tre nuovi contratti di programma nel settore della produzione di autoveicoli, con un investimento complessivo di 630 milioni di euro, e la creazione, auspicata da regione Piemonte, provincia di Biella e sindaco di Verrone e garantita da Fiat Powertrain mediante la sottoscrizione di un accordo, di circa 800 posti di lavoro;
   le agevolazioni pubbliche approvate dal Cipe ammontano a complessivi 52 milioni di euro, di cui 22,5 milioni di euro per il contratto di programma «Fiat Powertrain technologies s.p.a.», per investimenti da realizzarsi nel comune di Verrone (Biella);
   lo stesso sindaco del comune di Verrone ha lamentato la clamorosa inadempienza da parte di Fiat in relazione allo stabilimento del suo Paese, dandone comunicazione in modo estremamente determinato sulla stampa locale e coinvolgendo altri enti, quali la regione Piemonte e la provincia di Biella, i quali, avendo creduto agli intendimenti manifestati dall'azienda torinese, avevano fattivamente partecipato agli accordi formali intercorsi, ovviamente confidando nel puntuale rispetto degli accordi –:
   se, in esecuzione degli accordi di cui in premessa, risulti che la Fiat abbia incassato somme provenienti dall'Unione europea e dal Governo italiano e, in caso affermativo, a quanto ammontino i finanziamenti effettivamente già erogati, se l'azienda abbia mantenuto i citati corrispondenti impegni assunti, e, laddove questo non sia avvenuto, quali iniziative il Governo intenda assumere in merito.
(3-00243)
(30 luglio 2013)


Intendimenti del Ministro dello sviluppo economico in materia di privatizzazioni e liberalizzazioni – 3-00244

   LIBRANDI, GALGANO, VITELLI, ANDREA ROMANO, NESI, CAUSIN, ROSSI, SCHIRÒ PLANETA e MOLEA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a margine della sua visita in Grecia il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha annunciato un «importante» e «largo» piano di privatizzazioni che verrà presentato in autunno, confermando quanto già espresso la scorsa settimana al Senato della Repubblica quando aveva delineato la strategia messa a punto per tagliare il debito, attraverso la «valorizzazione del patrimonio immobiliare» e la cessione di «partecipazioni pubbliche nazionali e degli enti locali»;
   il tema delle privatizzazioni non può essere scisso da quello più ampio delle liberalizzazioni di cui il Paese ha fortemente bisogno per far crescere tutto il sistema economico;
   oltre ad una maggiore competitività e libertà d'impresa nei settori ora, di fatto, soggetti a situazioni di monopolio, un processo di liberalizzazioni e privatizzazioni avrebbe positive ricadute sulla spesa pubblica –:
   se il Ministro interrogato non ritenga giunto il momento di riprendere il tema delle liberalizzazioni nei settori direttamente rientranti nel suo ambito di competenza, restituendo al mercato e alla società tutta una serie di ambiti che potrebbero contribuire alla ripresa economica del Paese. (3-00244)
(30 luglio 2013)


Dati riguardanti gli effetti della delocalizzazione di aziende dal territorio nazionale verso regioni confinanti, anche in relazione all'eventuale chiusura dello stabilimento Agfa di Manerbio (Brescia) – 3-00245

   BORGHESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale belga Agfa, che produce lastre per il settore fotografico ed il settore medicale con 12 mila dipendenti nel mondo, sembrerebbe essere intenzionata a chiudere lo stabilimento di Manerbio, in provincia di Brescia, lasciando a casa, con molta probabilità, circa 123 dipendenti;
   le strategie dell'azienda rimangono al momento inspiegabili, anche alla luce del fatto che la stessa sembra trovarsi in stato di salute, avendo, ad esempio, soltanto da parte della regione Lombardia commesse per oltre 20 milioni di euro l'anno;
   la chiusura dello stabilimento contribuirebbe ad aggravare le condizioni economiche di molte famiglie che vedono nell'azienda l'unica fonte di sostentamento, comportando poi una grave perdita di know how maturato da oltre un centinaio di dipendenti;
   l'azienda riterrebbe il sito di Manerbio poco competitivo e, a detta dei lavoratori, sembrerebbe vi siano concrete possibilità di un prossimo spostamento della produzione all'estero, verso realtà dove i costi di produzione sono più bassi;
   sono molte, infatti, le aziende italiane che negli ultimi hanno cessato la propria attività, delocalizzando la produzione non verso siti produttivi asiatici o africani, ma a pochi chilometri, in Paesi e regioni confinanti, come il Canton Ticino, la Carinzia e la Slovenia, con gravi ripercussioni sull'economia del Paese;
   nello specifico, nel caso dell’Agfa, sarebbe opportuno da parte del Ministro interrogato, soprattutto nei confronti delle 123 famiglie coinvolte direttamente, chiarire se esista da parte del Ministero dello sviluppo economico la concreta volontà di convocare al più presto un tavolo di concertazione tra tutti i soggetti coinvolti, al fine di arrivare ad una soluzione il più possibile condivisa che impedisca la chiusura dello stabilimento di Manerbio ed il conseguente licenziamento dei dipendenti;
   è, inoltre, importante capire se, in generale, il Ministero dello sviluppo economico abbia approfondito in maniera adeguata il grave problema rappresentato dalla delocalizzazione delle aziende italiane in regioni confinanti in cerca di migliori condizioni fiscali, burocratiche e di mercato del lavoro –:
   se il Ministro interrogato possa fornire dati certi riguardo agli effetti della delocalizzazione di aziende dal territorio nazionale verso regioni confinanti, in termini di perdita di posti di lavoro, di punti di prodotto interno lordo e di gettito fiscale. (3-00245)
(30 luglio 2013)


Tempi e modalità per la definizione della legge annuale per le micro, le piccole e le medie imprese, prevista dall'articolo 18 della legge n. 180 del 2011 – 3-00246

   VIGNALI e BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 novembre 2011, n. 180, «Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese», è stata salutata come «una rivoluzione copernicana nei rapporti tra stato e piccole e medie imprese» e prevede che l'intervento pubblico e l'attività della pubblica amministrazione debbano conformarsi alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, in particolare a quelle giovanili, femminili e innovative;
   a questo scopo lo statuto, in perfetta aderenza con lo small business act comunitario, introduce il principio della progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, la «reciprocità dei diritti e dei doveri nei rapporti tra imprese e pubblica amministrazione», la garanzia di un sostegno pubblico «attraverso misure di semplificazione amministrativa da definire in appositi provvedimenti legislativi»;
   occorre ricordare che il Governo Berlusconi ha dato sollecita attuazione allo small business act con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2010 e ha sempre offerto, nel corso del dibattito parlamentare, il suo pieno appoggio alla rapida approvazione della legge n. 180 del 2011;
   l'articolo 18 della legge prevede che, entro il 30 giugno di ciascun anno, il Governo debba presentare al Parlamento una «legge annuale per le micro, piccole e medie imprese», volta a definire gli interventi per la tutela e lo sviluppo di queste, le norme per l'immediata riduzione degli oneri burocratici a loro carico, misure di semplificazione amministrativa, deleghe al Governo in materia di tutela e di sviluppo delle micro, piccole e medie imprese. Oltre a questo, al disegno di legge deve essere allegata una relazione:
    a) sullo stato di conformità della normativa vigente in materia di imprese rispetto ai principi e agli obiettivi dello small business act;
    b) sull'attuazione degli interventi programmati;
    c) sulle ulteriori specifiche misure da adottare per favorire la competitività delle micro, piccole e medie imprese, al fine di garantire l'equo sviluppo delle aree sottoutilizzate;
   per la definizione delle legge annuale per le micro, piccole e medie imprese, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 180 del 2011, il Governo è tenuto a consultare il tavolo di consultazione permanente delle associazioni di categoria, costituito presso il Garante delle micro, piccole e medie imprese;
   in sede di dichiarazioni programmatiche di Governo il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha considerato centrali gli interventi in favore delle piccole e medie imprese –:
   quali attività abbia in corso il Governo per la definizione della legge annuale sulle micro, piccole e medie imprese, prevista dall'articolo 18 della legge 11 novembre 2011, n. 180. (3-00246)
(30 luglio 2013)


DISEGNO DI LEGGE: S. 588 – DISPOSIZIONI PER L'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI DERIVANTI DALL'APPARTENENZA DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA – LEGGE EUROPEA 2013 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1327)

A.C. 1327 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 1327 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 15.1, 16.3, 26.15 e 26.23.

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 1327 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE E DEI SERVIZI E IN MATERIA DI DIRITTO DI STABILIMENTO

Art. 1.
(Disposizioni volte a porre rimedio al non corretto recepimento della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari. Procedura di infrazione 2011/2053).

  1. Al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 3, comma 2, lettera b), le parole: «dallo Stato del cittadino dell'Unione» sono sostituite dalle seguenti: «con documentazione ufficiale»;
   b) all'articolo 5, comma 5, le parole: «, secondo la legge nazionale,» sono soppresse;
   c) all'articolo 9:
    1) al comma 3-bis, le parole: «, con particolare riguardo alle spese afferenti all'alloggio, sia esso in locazione, in comodato, di proprietà o detenuto in base a un altro diritto soggettivo» sono soppresse;
    2) al comma 5, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:
  «c-bis) nei casi di cui all'articolo 3, comma 2, lettera b), documentazione ufficiale attestante l'esistenza di una stabile relazione con il cittadino dell'Unione»;
   d) all'articolo 10, comma 3, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
   «d-bis) nei casi di cui all'articolo 3, comma 2, lettera b), di documentazione ufficiale attestante l'esistenza di una stabile relazione con il cittadino dell'Unione».

  2. All'articolo 183-ter, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: «lettera a),» sono soppresse.

A.C. 1327 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Disposizioni in materia di prestazione transfrontaliera di servizi dei consulenti di proprietà industriale. Caso EU Pilot 2066/11/MARK).

  1. All'articolo 203 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, il comma 4 è abrogato.

A.C. 1327 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK).

  1. L'abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il territorio nazionale. Ai fini dell'esercizio stabile in Italia dell'attività di guida turistica, il riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia su tutto il territorio nazionale.
  2. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione, sia essa generale o specifica.
  3. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK).

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 3. – 1. I cittadini dell'Unione europea esercitano la professione di guida turistica nel pieno rispetto di quanto previsto dall'articolo 57 del Trattato dell'Unione europea.
  2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi secondo quanto disposto dalla direttiva 2005/36/CE del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.
  3. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione.
3. 5. Ricciatti, Pannarale, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara, Piazzoni, Airaudo, Giancarlo Giordano, Costantino, Fratoianni.

A.C. 1327 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Modifica al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, in materia di ordinamento e mercato del turismo. Procedura di infrazione 2012/4094).

  1. All'articolo 51 del codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. Il fondo nazionale di garanzia, di cui al comma 1, è alimentato annualmente da una quota pari al 4 per cento dell'ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria di cui all'articolo 50, comma 1, che è versata all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al predetto fondo, anche per la eventuale stipula di contratti assicurativi in favore del fondo stesso».

A.C. 1327 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Modifiche al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, recante attuazione della direttiva 98/5/CE, in materia di società tra avvocati. Caso EU Pilot 1753/11/MARK).

  1. Al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 35:
    1) al comma 1, le parole: «, purché almeno uno degli altri soci sia in possesso del titolo di avvocato» sono soppresse;
    2) al comma 2, le parole: «socio in possesso del titolo di avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «professionista in possesso del titolo di avvocato»;
   b) all'articolo 36, comma 4, le parole: «socio in possesso del titolo di avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «professionista in possesso del titolo di avvocato».

A.C. 1327 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Modifica al decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, recante disciplina dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva 2009/81/CE).

  1. All'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, le parole: «un accordo o intesa internazionale conclusi tra l'Italia e uno o più Stati membri, tra l'Italia e uno o più Paesi terzi o tra l'Italia e uno o più Stati membri e uno o più Paesi terzi» sono sostituite dalle seguenti: «un accordo o intesa internazionale conclusi tra l'Italia e uno o più Paesi terzi o tra l'Italia e uno o più Stati membri e uno o più Paesi terzi».

A.C. 1327 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Casi EU Pilot 1769/11/JUST e 2368/11/HOME).

  1. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1, dopo le parole: «Unione europea» sono inserite le seguenti: «e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente»;
   b) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:
  «3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.
  3-ter. Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, in materia di conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca per le assunzioni al pubblico impiego nella provincia autonoma di Bolzano».

  2. All'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, dopo la parola: «rifugiato» sono inserite le seguenti: «e dello status di protezione sussidiaria».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Casi EU Pilot 1769/11/JUST e 2368/11/HOME).

  Al comma 1, lettera b), sostituire il capoverso 3-bis con il seguente:
  3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari di un permesso di soggiorno che consente lo svolgimento di attività lavorativa.
7. 4. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto.

A.C. 1327 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI FISCALITÀ

Art. 8.
(Modifica al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di tassazione di aeromobili. Caso EU Pilot 3192/12/TAXU).

  1. Il comma 14-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è sostituito dal seguente:
  «14-bis. L'imposta di cui al comma 11 si applica anche agli aeromobili non immatricolati nel Registro aeronautico nazionale tenuto dall'ENAC, la cui permanenza nel territorio italiano si protragga per una durata anche non continuativa superiore a sei mesi nell'arco di dodici mesi. L'imposta è dovuta a partire dal mese in cui il limite di sei mesi è superato. Superato tale limite, se la sosta nel territorio italiano si protrae per un periodo inferiore all'anno, l'imposta è pari a un dodicesimo degli importi stabiliti nel comma 11 per ciascun mese fino a quello di partenza dal territorio dello Stato. L'imposta deve essere corrisposta prima che il velivolo rientri nel territorio estero. Sono esenti dall'imposta gli aeromobili di Stati esteri, ivi compresi quelli militari, oltre a quelli indicati nel comma 14».

A.C. 1327 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Disposizioni in materia di monitoraggio fiscale. Caso EU Pilot 1711/11/TAXU).

  1. Al decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
  «Art. 1. – (Trasferimenti attraverso intermediari). – 1. Gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nell'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l'estero di mezzi di pagamento di cui all'articolo 1, comma 2, lettera i), del medesimo decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono tenuti a trasmettere all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle predette operazioni oggetto di rilevazione ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera b), del citato decreto legislativo n. 231 del 2007, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
  2. I dati relativi ai trasferimenti e alle movimentazioni oggetto di rilevazione ai sensi del comma 1 sono trasmessi all'Agenzia delle entrate con modalità e termini stabiliti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, anche a disposizione della Guardia di finanza con procedure informatiche. Con il medesimo provvedimento, la trasmissione può essere limitata per specifiche categorie di operazioni o causali»;
   b) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:
  «Art. 2. – (Trasferimenti attraverso non residenti). – 1. Al fine di garantire la massima efficacia all'azione di controllo ai fini fiscali per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di illecito trasferimento e detenzione di attività economiche e finanziarie all'estero, l'unità speciale costituita ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e i reparti speciali della Guardia di finanza, di cui all'articolo 6, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1999, n. 34, possono richiedere, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, previa autorizzazione, rispettivamente, del direttore centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate ovvero del Comandante generale della Guardia di finanza o autorità dallo stesso delegata:
   a) agli intermediari indicati all'articolo 1, comma 1, del presente decreto, di fornire evidenza delle operazioni, oggetto di rilevazione ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, intercorse con l'estero anche per masse di contribuenti e con riferimento ad uno specifico periodo temporale;
   b) ai soggetti di cui agli articoli 11, 12, 13 e 14 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, con riferimento a specifiche operazioni con l'estero o rapporti ad esse collegate, l'identità dei titolari effettivi rilevati secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera u), e dall'allegato tecnico del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

  2. Con provvedimento congiunto del direttore dell'Agenzia delle entrate e del Comandante generale della Guardia di finanza sono stabiliti le modalità e i termini relativi alle richieste di cui al comma 1, lettere a) e b), al fine di assicurare il necessario coordinamento e di evitare duplicazioni»;
   c) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:
  «Art. 4. – (Dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività). – 1. Le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell'investimento secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera u), e dall'allegato tecnico del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
  2. I redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria sono in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo le norme vigenti, dagli intermediari residenti, di cui all'articolo 1, comma 1, ai quali gli investimenti e le attività sono affidate in gestione, custodia o amministrazione o nei casi in cui intervengano nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi. La ritenuta trova altresì applicazione, con l'aliquota del 20 per cento e a titolo d'acconto, per i redditi di capitale indicati nell'articolo 44, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti da mutui, depositi e conti correnti, diversi da quelli bancari, nonché per i redditi di capitale indicati nel comma 1, lettere c), d) ed h), del citato articolo 44. Per i redditi diversi indicati nell'articolo 67 del medesimo testo unico, derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività finanziarie di cui al primo periodo, che concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente, gli intermediari residenti applicano una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 20 per cento sulla parte imponibile dei redditi corrisposti per il loro tramite. Nel caso in cui gli intermediari intervengano nella riscossione dei predetti redditi di capitale e redditi diversi, il contribuente è tenuto a fornire i dati utili ai fini della determinazione della base imponibile. In mancanza di tali informazioni la ritenuta o l'imposta sostitutiva è applicata sull'intero importo del flusso messo in pagamento.
  3. Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nel comma 1 non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.
  4. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, è stabilito il contenuto della dichiarazione annuale prevista dal comma 1 nonché, annualmente, il controvalore in euro degli importi in valuta da dichiarare»;
   d) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:
  «Art. 5. – (Sanzioni). – 1. Per la violazione degli obblighi di trasmissione all'Agenzia delle entrate previsti dall'articolo 1, posti a carico degli intermediari, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 al 25 per cento dell'importo dell'operazione non segnalata.
  2. La violazione dell'obbligo di dichiarazione previsto nell'articolo 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell'ammontare degli importi non dichiarati. La violazione di cui al periodo precedente relativa alla detenzione di investimenti all'estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell'ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall'articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258»;
   e) l'articolo 6 è sostituito dal seguente:
  «Art. 6. – (Tassazione presuntiva). – 1. Per i soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, gli investimenti esteri e le attività estere di natura finanziaria, trasferiti o costituiti all'estero, senza che ne risultino dichiarati i redditi effettivi, si presumono, salvo prova contraria, fruttiferi in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d'imposta, a meno che, in sede di dichiarazione dei redditi, venga specificato che si tratta di redditi la cui percezione avviene in un successivo periodo d'imposta, o sia indicato che determinate attività non possono essere produttive di redditi. La prova delle predette condizioni deve essere fornita dal contribuente entro sessanta giorni dal ricevimento della espressa richiesta notificatagli dall'ufficio delle imposte».

  2. All'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 195, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le informazioni raccolte ai sensi degli articoli 3 e 4 sono trasmesse in via telematica all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze».
  3. All'articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, al primo periodo, le parole: «la ritenuta è operata dai soggetti residenti incaricati che intervengono nel pagamento dei proventi» sono sostituite dalle seguenti: «la ritenuta è operata dai soggetti residenti che intervengono nella riscossione dei proventi».

A.C. 1327 – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 10.
(Modifica alla legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di affidamento del servizio di riscossione delle imposte locali. Caso EU Pilot 3452/12/MARKT).

  1. Il comma 2 dell'articolo 10 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è abrogato.
  2. Gli affidamenti del servizio di accertamento e riscossione di entrate comunali effettuati ai sensi dell'articolo 10, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano l'ultimo giorno del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, ferma restando la data di scadenza dei relativi contratti, laddove anteriore.

A.C. 1327 – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO E DI POLITICA SOCIALE

Art. 11.
(Disposizioni volte al corretto recepimento della direttiva 1999/63/CE relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare. Caso EU Pilot 3852/12/EMPL).

  1. Al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 3, comma 1, lettera n), dopo le parole: «qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio» sono inserite le seguenti: «ed appartenente alla categoria della gente di mare di cui agli articoli 114, lettera a), e 115 del codice della navigazione,»;
   b) all'articolo 11, il comma 7 è sostituito dal seguente:
  «7. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto dei princìpi generali di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, può autorizzare contratti collettivi che consentano di derogare ai limiti fissati nei commi 2 e 3. Tali deroghe debbono, nella misura del possibile, rispettare i modelli fissati dai commi 2 e 3, nonché consentire la fruizione di periodi di riposo più frequenti o più lunghi o la concessione di riposi compensativi per i lavoratori marittimi addetti alla guardia o che operano a bordo di navi impiegate in viaggi di breve durata. Le deroghe di cui al presente comma possono altresì prevedere la fruizione di periodi di riposo più frequenti o più lunghi o la concessione di riposi compensativi in funzione delle peculiari tipologie o condizioni di impiego della nave su cui il lavoratore marittimo è imbarcato».

  2. I contratti collettivi stipulati a decorrere dal 24 novembre 2010 che abbiano stabilito deroghe ai sensi dell'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, devono essere sottoposti all'autorizzazione di cui al medesimo articolo 11, comma 7, del decreto legislativo n. 271 del 1999, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Qualora l'autorizzazione non venga richiesta, ovvero non venga concessa, le clausole dei contratti collettivi, le quali abbiano stabilito le deroghe di cui al primo periodo, perdono efficacia.

A.C. 1327 – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Disposizioni in materia di lavoro a tempo determinato. Procedura di infrazione 2010/2045).

  1. L'articolo 8 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, è sostituito dal seguente:
  «Art. 8. – (Criteri di computo). – 1. I limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro».

  2. All'articolo 3 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. La soglia numerica occupazionale è definita nel rispetto delle norme di legge e si basa sul numero medio mensile dei lavoratori subordinati, a tempo determinato ed indeterminato, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro».

  3. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, il computo dei dipendenti a tempo determinato ai sensi dei medesimi commi è effettuato alla data del 31 dicembre 2013, con riferimento al biennio antecedente a tale data.

A.C. 1327 – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 13.
(Disposizioni volte al corretto recepimento della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Procedura di infrazione 2013/4009).

  1. All'articolo 65, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, le parole: «cittadini italiani residenti» sono sostituite dalle seguenti: «cittadini italiani e dell'Unione europea residenti, da cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, nonché dai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente».
  2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, valutato in 15,71 milioni di euro per il periodo dal 1o luglio 2013 al 31 dicembre 2013 e in 31,41 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, si provvede:
   a) quanto a 15,71 milioni di euro per l'anno 2013, a valere sulle risorse del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;
   b) quanto a 4,41 milioni di euro a decorrere dal 2014, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   c) quanto a 15 milioni di euro a decorrere dal 2014, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328;
   d) quanto a 12 milioni di euro a decorrere dal 2014, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

  3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali provvede ad effettuare il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dall'attuazione delle misure di cui al comma 1 e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede, a decorrere dall'anno 2013, con proprio decreto, alla riduzione lineare, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dal monitoraggio, delle dotazioni finanziarie disponibili iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e di cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 3.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 1327 – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SANITÀ PUBBLICA

Art. 14.
(Modifica al decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267, in materia di protezione delle galline ovaiole e registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento. Procedura di infrazione 2011/2231).

  1. L'articolo 7 del decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267, è sostituito dal seguente:
  «Art. 7. – (Sanzioni amministrative e penali). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che viola i divieti di cui all'articolo 3 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 6.200 a euro 18.600 per ogni unità produttiva trovata non conforme e al divieto di esercizio dell'attività di allevamento nelle medesime unità produttive, fino all'avvenuto adeguamento delle stesse.
  2. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che non rispetta i requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, ad esclusione della lettera b), è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.100 a euro 18.600 per ogni unità produttiva trovata non conforme.
  3. Nel caso di ripetizione della violazione di cui al comma 2, anche in presenza del pagamento in misura ridotta, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata fino alla metà ed è disposta, a fine ciclo produttivo, la sospensione dell'esercizio dell'attività di allevamento da uno a tre mesi per ogni unità produttiva trovata non conforme, fermo restando che in tale periodo di sospensione dell'attività non vanno computati i periodi di vuoto biologico e di vuoto sanitario.
  4. L'autorità sanitaria competente, valutata la gravità delle carenze riscontrate nel corso dei controlli di cui all'articolo 5, in caso di tempestivo e puntuale adeguamento alle prescrizioni dettate ai sensi dello stesso articolo 5, comma 1, lettera b), può sospendere l'applicazione delle sanzioni di cui al comma 2. Tale sospensione è automaticamente revocata in caso di ripetizione della violazione e non può essere concessa in caso di recidiva.
  5. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che viola le disposizioni di cui all'articolo 4 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.030 a euro 6.180 e al divieto di esercizio dell'attività di allevamento fino all'avvenuta registrazione, che consegue d'ufficio con spese a carico del soggetto interessato, determinate ai sensi dell'articolo 4, comma 7.
  6. Il proprietario o il detentore che viola il divieto di esercizio dell'attività di allevamento di cui ai commi 1 e 5 o la sospensione dell'esercizio dell'attività di allevamento di cui al comma 3 è soggetto alla pena prevista dall'articolo 650 del codice penale, alla revoca, se ne è in possesso, della registrazione di cui all'articolo 4, nonché al ritiro delle uova immesse sul mercato durante i relativi periodi di restrizione. Le uova prodotte in tali periodi sono destinate alla distruzione o all'industria non alimentare.
  7. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.
(Modifica al decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267, in materia di protezione delle galline ovaiole e registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento. Procedura di infrazione 2011/2231).

  Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 1, sostituire le parole: euro 6.200 a euro 18.600 con le seguenti: euro 9.300 a euro 37.200.
14. 3. Franco Bordo, Palazzotto, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 2, sostituire le parole: euro 3.100 a euro 18.600 con le seguenti: euro 9.300 a euro 27.900.
14. 4. Franco Bordo, Palazzotto, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 6, primo periodo, dopo la parola: al ritiro aggiungere le seguenti: e alla confisca amministrativa, da parte dell'Autorità competente,

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: o all'industria non alimentare con le seguenti: ed in nessun caso possono essere immesse in vendita a qualsiasi titolo. Chiunque immetta in vendita uova provenienti da allevamenti sottoposti alle misure di cui ai commi precedenti è soggetto alla pena prevista dall'articolo 650 del codice penale.
14. 5. Palazzotto, Franco Bordo, Pannarale, Ricciatti.

A.C. 1327 – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 15.
(Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, in materia di biocidi).

  1. Il Ministero della salute provvede agli adempimenti previsti dal regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sui biocidi, di seguito denominato «regolamento n. 528».
  2. Il Ministero della salute è designato quale «autorità competente» ai sensi dell'articolo 81 del regolamento n. 528.
  3. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le tariffe di cui all'articolo 80 del regolamento n. 528 e le relative modalità di versamento. Le tariffe sono determinate in base al principio di copertura del costo effettivo del servizio e sono aggiornate ogni tre anni.
  4. Con decreto del Ministro della salute sono stabilite le modalità di effettuazione dei controlli sui biocidi immessi sul mercato, secondo quanto previsto dall'articolo 65 del regolamento n. 528.
  5. Con decreto del Ministro della salute è disciplinato l’iter procedimentale ai fini dell'adozione dei provvedimenti autorizzativi da parte dell'autorità competente previsti dal regolamento n. 528.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 15.
(Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, in materia di biocidi).

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
  5-bis. Il Ministero della salute implementa lo sviluppo, la diffusione e l'applicazione di metodi sostitutivi al modello in vivo, anche tramite i proventi derivanti dalle tariffe di cui articolo 80 del Regolamento.
15. 1. Ricciatti, Pannarale, Piazzoni, Aiello, Nicchi.

A.C. 1327 – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 16.
(Attuazione del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici).

  1. Il Ministero della salute provvede agli adempimenti previsti dal regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici, di seguito denominato «regolamento n. 1223».
  2. Il Ministero della salute è designato quale «autorità competente» ai sensi dell'articolo 34 del regolamento n. 1223.
  3. Il Ministero della salute è l'autorità centrale dello Stato alla quale spettano compiti di indirizzo generale e coordinamento in materia di cosmetici, l'elaborazione e l'adozione dei piani pluriennali di controllo, la supervisione e il controllo sulle attività degli organismi che esercitano le funzioni conferite dallo Stato, dalle regioni e province autonome e dalle aziende sanitarie locali.
  4. Alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano spettano compiti di indirizzo e coordinamento delle attività territoriali delle aziende sanitarie locali, nonché l'elaborazione e l'adozione dei piani regionali di controllo.
  5. Con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede alla regolamentazione delle procedure di controllo del mercato interno dei prodotti cosmetici, ivi inclusi i controlli dei prodotti stessi, degli operatori di settore e delle buone pratiche di fabbricazione.
  6. Con decreto del Ministro della salute sono regolamentati gli adempimenti e le comunicazioni che gli operatori del settore sono tenuti ad espletare nell'ambito dell'attività di vigilanza e sorveglianza di cui agli articoli 7, 21, 22 e 23 del regolamento n. 1223.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 16.
(Attuazione del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici).

  Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
  3-bis. Il Ministero della salute provvede a redigere piani di controllo, di cui al comma 5, che comprendano la verifica del divieto di sperimentazione e importazione di materie prime testate su animali.
  3-ter. Il Ministero della salute, in relazione al piano di controllo di cui al comma 3-bis, definisce, entro novanta giorni, un quadro sanzionatorio appropriato in modo da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo.
  3-quater. Qualora il Ministero della salute accerti irregolarità, di cui al comma 3-bis, contesta la violazione all'azienda ovvero alla società diffidandola ed assegnando un termine di sette giorni per le giustificazioni. Trascorso tale termine, o qualora le giustificazioni risultino inadeguate, sono applicate le sanzioni di cui al comma 3-quinquies, motivate anche in ragione delle giustificazioni addotte.
  3-quinquies. Nei casi di cui al comma 3-bis, il Ministero della salute applica le seguenti sanzioni:
   a) sospensione della licenza per un periodo di 6 mesi;
   b) nel caso che il fatto costituisca reato, sono punite con la sanzione pecuniaria amministrativa da euro 300 a 30.000 e con il ritiro della licenza.

  Conseguentemente, al comma 5, aggiungere, in fine, le parole: e la verifica di conformità del divieto di sperimentazione e importazione di materie prime testate su animali.
16. 3. Nicchi, Ricciatti, Piazzoni, Pannarale, Aiello.

A.C. 1327 – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 17.
(Modifica al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Procedura di infrazione 2009/4583).

  1. All'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:
  «2-ter. L'indicazione non è necessaria quando, con riferimento alle sostanze elencate nell'allegato 2, sezione III (allergeni), la denominazione di vendita indica l'ingrediente interessato».

A.C. 1327 – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 18.
(Modifica al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, recante attuazione della direttiva 2006/7/CE, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione. Procedura di infrazione 2011/2217).

  1. L'articolo 13 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, recante attuazione della direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e abrogazione della direttiva 76/160/ CEE, è sostituito dal seguente:
  «Art. 13. – (Cooperazione). – 1. Se il bacino idrografico comporta un impatto transfrontaliero sulla qualità delle acque di balneazione, lo Stato italiano collabora con gli altri Stati dell'Unione europea interessati nel modo più opportuno per attuare il presente decreto, anche tramite lo scambio di informazioni e un'azione comune per limitare tale impatto.
  2. Se il bacino idrografico comporta un impatto sulla qualità delle acque di balneazione che coinvolge più regioni e province autonome, gli enti territoriali interessati attuano le medesime procedure di cui al comma 1».

A.C. 1327 – Articolo 19

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AMBIENTE

Art. 19.
(Modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, in materia di valutazione e gestione dei rischi da alluvioni. Procedura di infrazione 2012/2054).

  1. Al decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 2, comma 1, lettera a), le parole: «non direttamente imputabili ad eventi meteorologici» sono sostituite dalle seguenti: «causati da impianti fognari»;
   b) all'articolo 6, comma 2:
    1) l'alinea è sostituito dal seguente: «Le mappe della pericolosità da alluvione contengono la perimetrazione, da predisporre avvalendosi di sistemi informativi territoriali, delle aree che potrebbero essere interessate da alluvioni secondo i seguenti scenari:»;
    2) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
  «a) scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi»;
   c) all'articolo 6, comma 3:
    1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
  «a) estensione dell'inondazione e portata della piena»;
    2) la lettera b) è sostituita dalla seguente:
  «b) altezza e quota idrica»;
   d) all'articolo 9, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
  «1-bis. I piani di gestione del rischio di alluvioni di cui all'articolo 7 del presente decreto sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica (VAS), di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora definiscano il quadro di riferimento per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV alla parte seconda dello stesso decreto legislativo, oppure possano comportare un qualsiasi impatto ambientale sui siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e su quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica»;
   e) all'allegato I, parte B, punto 1, le parole: «dell'articolo 13» sono sostituite dalle seguenti: «dell'articolo 12».

A.C. 1327 – Articolo 20

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 20.
(Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, in materia di gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. Procedura di infrazione 2011/2006).

  1. Al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 2, comma 3, le parole: «e 3» sono sostituite dalle seguenti: «e 6»;
   b) all'articolo 2, comma 4, le parole: «e 3» sono sostituite dalle seguenti: «e 6»;
   c) all'articolo 2, comma 5, le parole: «comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «comma 6»;
   d) all'articolo 5, comma 5, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A condizione che vengano rispettate tutte le disposizioni dei commi da 1 a 4, qualora le informazioni di cui al comma 3 siano state fornite in altri piani predisposti ai sensi della normativa vigente, l'operatore può allegare integralmente o in parte detti piani, indicando le parti che comprendono dette informazioni»;
   e) all'articolo 6, il comma 10 è sostituito dal seguente:
  «10. L'autorità competente garantisce, anche attraverso la pubblicazione nel proprio sito informatico delle informazioni necessarie per la preparazione del piano di emergenza esterno, la partecipazione del pubblico interessato alla preparazione o al riesame dello stesso piano, fornendo al medesimo le informazioni pertinenti, comprese quelle sul diritto di partecipare al processo decisionale e sull'autorità competente alla quale presentare osservazioni e quesiti, ed un periodo di tempo adeguato, comunque non inferiore a trenta giorni, per esprimere osservazioni di cui l'autorità competente deve tenere conto, motivando le ragioni per le quali intenda, eventualmente, discostarsi»;
   f) all'articolo 7, comma 5, lettera a), le parole: «comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «comma 6»;
   g) all'articolo 8, il comma 1 è sostituito dal seguente:
  «1. L'autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione o di rinnovo dell'autorizzazione di cui all'articolo 7, ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 7, comma 5, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica all'operatore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e la sede degli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti del procedimento, ai fini della consultazione del pubblico. Entro il termine di quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione l'operatore provvede, a sua cura e a sue spese, alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale nonché, ove esistente, nel proprio sito internet, di un annuncio contenente:
   a) la domanda di autorizzazione contenente l'indicazione della localizzazione della struttura di deposito e del nominativo dell'operatore;
   b) informazioni dettagliate sull'autorità competente responsabile del procedimento e sugli uffici dove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni, nonché i termini per la presentazione delle stesse;
   c) se applicabile, informazioni sulla necessità di una consultazione tra Stati membri prima dell'adozione della decisione relativa ad una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 16;
   d) la natura delle eventuali decisioni;
   e) l'indicazione delle date e dei luoghi dove saranno depositate le informazioni ed i mezzi utilizzati per la divulgazione»;
   h) all'articolo 8, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
  «1-bis. L'autorità competente mette a disposizione del pubblico interessato, attraverso la pubblicazione nel proprio sito internet, anche i principali rapporti e pareri trasmessi all'autorità competente medesima in merito alla domanda di autorizzazione, nonché altre informazioni attinenti alla domanda di autorizzazione presentate successivamente alla data di pubblicazione da parte dell'operatore.
  1-ter. Le forme di pubblicità di cui al comma 1 tengono luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni»;
   i) all'articolo 8, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. I soggetti interessati possono presentare in forma scritta osservazioni all'autorità competente fino a trenta giorni prima della conclusione del procedimento autorizzativo. L'operatore provvede ad informare il pubblico della data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni unitamente alla pubblicazione delle altre informazioni di cui ai commi 1 e 1-bis»;
   l) all'articolo 10, comma 1, lettera a), le parole: «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «comma 3»;
   m) all'articolo 10, comma 1, lettera c), le parole: «commi 4 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «commi 3 e 4»;
   n) all'articolo 11, comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tali verifiche possono essere effettuate dall'autorità competente stessa o da enti pubblici o esperti indipendenti dei quali la stessa si avvale, con oneri a carico dell'operatore»;
   o) all'articolo 12, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di inadempienza dell'operatore, l'autorità competente può assumersi gli incarichi dell'operatore dopo la chiusura definitiva della struttura di deposito, utilizzando le risorse di cui all'articolo 14 e fatta salva l'applicazione della normativa nazionale e dell'Unione europea vigente in materia di responsabilità civile del detentore dei rifiuti»;
   p) all'articolo 13, comma 1, lettera a), dopo le parole: «valutare la probabilità che si produca percolato dai rifiuti di estrazione depositati,» sono inserite le seguenti: «anche con riferimento agli inquinanti in esso presenti,»;
   q) all'articolo 16, comma 3, le parole: «l'operatore trasmette le informazioni di cui all'articolo 6, comma 14» sono sostituite dalle seguenti: «l'operatore trasmette immediatamente le informazioni di cui all'articolo 6, comma 15»;
   r) all'articolo 17, comma 1, la parola: «, successivamente» è sostituita dalle seguenti: «a intervalli almeno semestrali dal momento dell'avvio delle medesime operazioni, compresa la fase successiva alla chiusura», le parole: «, e, comunque, con cadenza almeno annuale» sono soppresse ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Un risultato positivo non limita in alcun modo la responsabilità dell'operatore in base alle condizioni dell'autorizzazione»;
   s) all'articolo 19, comma 1, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dal seguente: «L'operatore che gestisca una struttura di deposito di rifiuti di estrazione in assenza dell'autorizzazione di cui all'articolo 7 è punito con la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da cinquemiladuecento a cinquantaduemila euro».

A.C. 1327 – Articolo 21

ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 21.
(Modifiche al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, recante attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti. Procedura di infrazione 2011/2218).

  1. Al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 1, comma 1, dopo le parole: «di cui al comma 2» sono inserite le seguenti: «e, in particolare, il divieto di immettere sul mercato pile e accumulatori contenenti sostanze pericolose»;
   b) all'articolo 10, comma 6, dopo le parole: «L'operazione di trattamento» sono inserite le seguenti: «e di riciclaggio»;
   c) all'articolo 11, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché la ricerca di metodi di riciclaggio ecocompatibili e con un buon rapporto tra costi ed efficacia per tutti i tipi di pile e accumulatori»;
   d) all'articolo 12, comma 1, le parole: «a trattamento o riciclaggio» sono sostituite dalle seguenti: «a trattamento e a riciclaggio»;
   e) all'articolo 23:
    1) al comma 1, dopo le parole: «Le pile e gli accumulatori» sono inserite le seguenti: «e i pacchi batterie»;
    2) al comma 3, dopo le parole: «sono contrassegnati» sono inserite le seguenti: «in modo visibile, leggibile e indelebile»;
   f) all'allegato II, parte B: Riciclaggio, i punti 1 e 2 sono abrogati.

A.C. 1327 – Articolo 22

ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 22.
(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, relativo alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti. Procedura di infrazione 2009/2264).

  1. All'Allegato 1B del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al numero 1, le parole: «(con esclusione di quelli fissi di grandi dimensioni)» sono soppresse;
   b) al numero 1.18 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e per il condizionamento»;
   c) dopo il numero 8.9 è inserito il seguente:
  «8.9-bis. Test di fecondazione».

  2. Rientra nella fase della raccolta, come definita dall'articolo 183, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il raggruppamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) finalizzato al loro trasporto presso i centri di raccolta di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, nel rispetto delle seguenti condizioni:
   a) il raggruppamento riguarda esclusivamente i RAEE disciplinati dal decreto legislativo n. 151 del 2005 provenienti dai nuclei domestici;
   b) i RAEE di cui alla lettera a) sono trasportati presso i centri di raccolta di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 con cadenza mensile e, comunque, quando il quantitativo raggruppato raggiunga complessivamente i 3.500 chilogrammi. Il quantitativo di 3.500 chilogrammi si riferisce a ciascuno dei raggruppamenti 1, 2 e 3 dell'allegato 1 al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 settembre 2007, n. 185, e a 3.500 chilogrammi complessivi per i raggruppamenti 4 e 5 di cui al medesimo allegato;
   c) il raggruppamento dei RAEE è effettuato presso il punto di vendita del distributore o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, in luogo idoneo, non accessibile a terzi e pavimentato. I RAEE sono protetti dalle acque meteoriche e dall'azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili, e raggruppati avendo cura di tenere separati i rifiuti pericolosi, nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 187, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. È necessario garantire l'integrità delle apparecchiature, adottando tutte le precauzioni atte ad evitare il deterioramento delle stesse e la fuoriuscita di sostanze pericolose.

  3. All'articolo 2, comma 1, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, le parole da: «, effettuato» fino a: «6.000 kg» sono soppresse.
  4. La realizzazione e la gestione di centri di raccolta di cui all'articolo 6, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo n. 151 del 2005 si svolge con le modalità previste dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2008, e successive modificazioni, ovvero, in alternativa, con le modalità previste dagli articoli 208, 213 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  5. Sono abrogati il comma 2 dell'articolo 1 e l'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65.

A.C. 1327 – Articolo 23

ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 23.
(Disposizioni in materia di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale volte al recepimento della direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011. Procedura di infrazione 2009/2086).

  1. Al fine di dare attuazione alle disposizioni della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e di risolvere la procedura di infrazione 2009/2086 per non conformità alla direttiva 85/337/CEE in materia di valutazione d'impatto ambientale, per le tipologie progettuali di cui all'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede alla emanazione delle linee guida finalizzate all'individuazione dei criteri e delle soglie per l'assoggettamento alla procedura di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del medesimo decreto legislativo.
  2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base delle linee guida di cui al medesimo comma 1, possono definire criteri e soglie ai fini della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Trascorso tale termine, in assenza di definizione da parte delle singole regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, le tipologie progettuali di cui all'allegato IV alla parte seconda del predetto decreto legislativo sono sottoposte alla verifica di assoggettabilità senza alcuna previsione di criteri e soglie.
  3. Con riferimento ai progetti di cui al citato allegato IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, qualora non ricadenti, neppure parzialmente, in aree protette, ivi comprese quelle sottoposte a vincolo paesaggistico o culturale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro tre mesi dall'adozione delle linee guida di cui al comma 1 e nel rispetto dei criteri indicati dalle stesse, possono determinare, previa motivazione, criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità per specifiche categorie progettuali, o per particolari situazioni ambientali e territoriali.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 23.
(Disposizioni in materia di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale volte al recepimento della direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011. Procedura di infrazione 2009/2086).

  Al comma 1, sostituire le parole: sentita la Conferenza con le seguenti: d'intesa con la Conferenza.
23. 8. Prataviera, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo le parole: di Trento e di Bolzano aggiungere le seguenti:, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione.
23. 9. Prataviera, Gianluca Pini.

A.C. 1327 – Articolo 24

ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 24.
(Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il corretto recepimento della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. Procedura di infrazione 2007/4680).

  1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 78-ter, il comma 3 è sostituito dal seguente:
  «3. L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito denominato “inventario”, con riferimento alle sostanze prioritarie e alle sostanze pericolose prioritarie. L'ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»;
   b) all'articolo 92, comma 5, le parole: «possono rivedere o completare» sono sostituite dalle seguenti: «devono riesaminare e, se necessario, opportunamente rivedere o completare»;
   c) all'articolo 92, dopo il comma 8 è inserito il seguente:
  «8-bis. Le regioni riesaminano e, se del caso, rivedono i programmi d'azione obbligatori di cui al comma 7, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi della lettera c) del comma 8, per lo meno ogni quattro anni»;
   d) all'articolo 92, comma 9, le parole: «Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione» sono sostituite dalle seguenti: «Gli esiti del riesame delle designazioni di cui al comma 5, i programmi di azione stabiliti ai sensi del comma 7, inclusi gli esiti del riesame di cui al comma 8-bis»;
   e) all'articolo 104, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
  «4-bis. Fermo restando il divieto di cui al comma 1, l'autorità competente, al fine del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici sotterranei, può autorizzare il ravvenamento o l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'acqua impiegata può essere di provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l'impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre nell'ambito del Piano di tutela e del Piano di gestione»;
   f) all'articolo 116, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
  «1-bis. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell'ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione»;
   g) all'articolo 117, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
  «2-bis. I Piani di gestione dei distretti idrografici, adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e, successivamente, ogni sei anni»;
   h) all'articolo 117, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
  «3-bis. Il registro delle aree protette di cui al comma 3 deve essere tenuto aggiornato per ciascun distretto idrografico»;
   i) all'allegato 1 alla parte terza, al punto 2, lettera B, paragrafo 4.3 «Monitoraggio dello stato quantitativo», nella voce «Densità dei siti di monitoraggio», alla lettera a) del secondo capoverso, dopo le parole: «l'impatto delle estrazioni» sono inserite le seguenti: «e degli scarichi»;
   l) all'allegato 1 alla parte terza, al punto 2, lettera B, paragrafo 4.3 «Monitoraggio dello stato quantitativo», nella voce «Frequenza di monitoraggio», alla lettera a) del primo capoverso, dopo le parole: «l'impatto delle estrazioni» sono inserite le seguenti: «e degli scarichi»;
   m) all'allegato 3 alla parte terza, nella sezione C, «Metodologia per l'analisi delle pressioni e degli impatti», dopo il punto C.2.2 è inserito il seguente:
  «C.2.2.1 Per i corpi idrici che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulteriore per ottimizzare la progettazione dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 120 e dei programmi di misure prescritti all'articolo 116.»;
   n) all'allegato 3 alla parte terza, al punto 2 della sezione C, come modificato dall'articolo 9, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, alla Parte B, Caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei, punto B.1, secondo capoverso:
    1) nell'alinea, dopo le parole: «dei corpi idrici» sono inserite le seguenti: «e di individuare le eventuali misure da attuare a norma dell'articolo 116»;
    2) nel secondo trattino, dopo la parola: «fertilizzanti» sono aggiunte le seguenti: «, ravvenamento artificiale».

  2. Al fine di poter disporre del supporto tecnico necessario al corretto ed integrale adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, nonché dalla direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, resta confermato che le Autorità di bacino di rilievo nazionale di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, come prorogate per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, continuano ad avvalersi, nelle more della costituzione delle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dell'attività dei comitati tecnici costituiti nel proprio ambito senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza di spesa.

A.C. 1327 – Articolo 25

ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 25.
(Modifiche alla parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Procedura di infrazione 2007/4679).

  1. Alla parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 299 è premesso il seguente:
  «Art. 298-bis. – (Princìpi generali). – 1. La disciplina della parte sesta del presente decreto legislativo si applica:
   a) al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività;
   b) al danno ambientale causato da un'attività diversa da quelle elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività, in caso di comportamento doloso o colposo.

  2. La riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei princìpi e dei criteri stabiliti nel titolo II e nell'allegato 3 alla parte sesta, ove occorra anche mediante l'esperimento dei procedimenti finalizzati a conseguire dal soggetto che ha causato il danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non attuate dal medesimo soggetto.
  3. Restano disciplinati dal titolo V della parte quarta del presente decreto legislativo gli interventi di ripristino del suolo e del sottosuolo progettati ed attuati in conformità ai princìpi ed ai criteri stabiliti al punto 2 dell'allegato 3 alla parte sesta nonché gli interventi di riparazione delle acque sotterranee progettati ed attuati in conformità al punto 1 del medesimo allegato 3, o, per le contaminazioni antecedenti alla data del 29 aprile 2006, gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli obiettivi di qualità nei tempi stabiliti dalla parte terza del presente decreto»;
   b) all'articolo 299, comma 1, le parole da: «, attraverso la Direzione generale per il danno ambientale» fino alla fine del comma sono soppresse;
   c) all'articolo 299, comma 5, le parole: «e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale» sono soppresse;
   d) all'articolo 303, comma 1, lettera f), le parole da: «; i criteri di determinazione dell'obbligazione risarcitoria» fino alla fine della lettera sono soppresse;
   e) all'articolo 303, comma 1, la lettera i) è abrogata;
   f) all'articolo 311, nella rubrica, le parole: «e per equivalente patrimoniale» sono soppresse;
   g) all'articolo 311, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attività sono elencate nell'allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all'adozione delle misure di riparazione di cui all'allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi è tenuto chiunque altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l'adozione delle misure di riparazione anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti»;
   h) all'articolo 311, il comma 3 è sostituito dal seguente:
  «3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli allegati 3 e 4 della presente parte sesta alla determinazione delle misure di riparazione da adottare e provvede con le procedure di cui al presente titolo III all'accertamento delle responsabilità risarcitorie. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i metodi, anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa. Tali criteri e metodi trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi, nei limiti del loro effettivo arricchimento»;
   i) all'articolo 313, comma 2, le parole: «, o il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, con successiva ordinanza, ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, di una somma pari al valore economico del danno accertato o residuato, a titolo di risarcimento per equivalente pecuniario» sono sostituite dalle seguenti: «o all'adozione delle misure di riparazione nei termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguire la completa attuazione delle misure anzidette secondo i criteri definiti con il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 311 e, al fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, delle somme corrispondenti»;
   l) all'articolo 314, comma 3, il secondo e il terzo periodo sono soppressi;
   m) all'articolo 317, il comma 5 è sostituito dal seguente:
  «5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla presente parte sesta, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in conformità alle previsioni della direttiva 2004/35/CE ed agli obblighi da essa derivanti».

  2. Le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dalla lettera g) del comma 1 del presente articolo, non si applicano agli accordi transattivi già stipulati alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché agli accordi transattivi attuativi di accordi di programma già conclusi alla medesima data.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 1327 – Articolo 26

ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 26.
(Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Procedura di infrazione 2006/2131).

  1. All'articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 5, al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 2, e in conformità agli articoli 3 e 4 della direttiva 2009/147/CE» e il secondo periodo è soppresso;
   b) dopo il comma 7 è inserito il seguente:
  «7.1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette periodicamente alla Commissione europea tutte le informazioni a questa utili sull'applicazione pratica della presente legge e delle altre norme vigenti in materia, limitatamente a quanto previsto dalla direttiva 2009/147/CE».

  2. L'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è sostituito dal seguente:
  «Art. 19-bis. – (Esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE). – 1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, conformandosi alle prescrizioni dell'articolo 9, ai princìpi e alle finalità degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente legge.
  2. Le deroghe possono essere disposte dalle regioni e province autonome, con atto amministrativo, solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati. Le deroghe devono essere giustificate da un'analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni e devono menzionare la valutazione sull'assenza di altre soluzioni soddisfacenti, le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le particolari forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni. Fatte salve le deroghe adottate ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/147/CE, ai soggetti abilitati è fornito un tesserino sul quale devono essere annotati i capi oggetto di deroga subito dopo il loro recupero. Le regioni prevedono sistemi periodici di verifica allo scopo di sospendere tempestivamente il provvedimento di deroga qualora sia accertato il raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o dello scopo, in data antecedente a quella originariamente prevista.
  3. Le deroghe di cui al comma 1 sono adottate sentito l'ISPRA e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione. L'intenzione di adottare un provvedimento di deroga che abbia ad oggetto specie migratrici deve entro il mese di aprile di ogni anno essere comunicata all'ISPRA, il quale si esprime entro e non oltre quaranta giorni dalla ricezione della comunicazione. Per tali specie, la designazione della piccola quantità per deroghe adottate ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2009/147/CE è determinata, annualmente, a livello nazionale, dall'ISPRA. Nei limiti stabiliti dall'ISPRA, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvede a ripartire tra le regioni interessate il numero di capi prelevabili per ciascuna specie. Le disposizioni di cui al terzo e al quarto periodo del presente comma non si applicano alle deroghe adottate ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/147/CE.
  4. Il provvedimento di deroga, ad eccezione di quelli adottati ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/147/CE, è pubblicato nel Bollettino Ufficiale regionale almeno sessanta giorni prima della data prevista per l'inizio delle attività di prelievo. Della pubblicazione è data contestuale comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Fatto salvo il potere sostitutivo d'urgenza di cui all'articolo 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, diffida la regione interessata ad adeguare, entro quindici giorni dal ricevimento della diffida stessa, i provvedimenti di deroga adottati in violazione delle disposizioni della presente legge e della direttiva 2009/147/CE. Trascorso tale termine e valutati gli atti eventualmente posti in essere dalla regione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ne dispone l'annullamento.
  5. Le regioni, nell'esercizio delle deroghe di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2009/147/CE, provvedono, ferma restando la temporaneità dei provvedimenti adottati, nel rispetto di linee guida emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
  6. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei, nonché all'ISPRA una relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione è altresì trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Nel caso risulti dalla relazione trasmessa che in una regione sia stato superato il numero massimo di capi prelevabili di cui al comma 3, quarto periodo, la medesima regione non è ammessa al riparto nell'anno successivo. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette annualmente alla Commissione europea la relazione di cui all'articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2009/147/CE».

  3. All'articolo 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, dopo la lettera m) è aggiunta la seguente:
  «m-bis) sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 a euro 900 per chi non esegue sul tesserino regionale le annotazioni prescritte dal provvedimento di deroga di cui all'articolo 19-bis».

  4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alle attività previste dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 26.
(Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Procedura di infrazione 2006/2131).

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 2, sostituire l'ultimo periodo con i seguenti: A fine giornata i soggetti abilitati al prelievo in deroga comunicano alla regione il numero dei capi abbattuti relativamente alle specie oggetto di deroga. Le regioni verificano il raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o dello scopo e provvedono alla sospensione tempestiva del provvedimento di deroga.
26. 15. Palazzotto, Franco Bordo, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: sentito l'ISPRA aggiungere le seguenti: o altri istituti riconosciuti a livello regionale o di provincia autonoma, ovvero altre istituzioni scientifiche con le quali le regioni e le province autonome sono convenzionate.

  Conseguentemente, al medesimo comma, dopo il secondo periodo, aggiungere il seguente: Qualora l'ISPRA o altri istituti riconosciuti a livello regionale o di provincia autonoma, ovvero altre istituzioni scientifiche con le quali le regioni e le province autonome sono convenzionate, non si esprimano nei tempi previsti, il parere sul provvedimento di deroga è da ritenersi legittimamente autorizzato.
26. 19. Borghesi, Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: sentito l'ISPRA aggiungere le seguenti: o altri istituti indipendenti all'uopo titolati, anche regionali laddove istituiti, dotati di analoga autonomia tecnico-scientifica ed organizzativa.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 6, sopprimere il secondo periodo.
26. 20. Gianluca Pini, Prataviera, Borghesi.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: sentito l'ISPRA aggiungere le seguenti: o altri istituti indipendenti all'uopo titolati, anche regionali laddove istituiti, dotati di analoga autonomia tecnico-scientifica ed organizzativa.
26. 18. Gianluca Pini, Prataviera, Borghesi.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, sopprimere la parola: grave.
26. 16. Franco Bordo, Palazzotto, Pannarale.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», sostituire il comma 4 con il seguente:
  4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro per gli affari regionali nonché il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in caso di accertata violazione della direttiva 409/79/CEE nei provvedimenti adottati dalle regioni aventi ad oggetto il prelievo in deroga, provvede a diffidarle ad adottare le necessarie modifiche per assicurare la conformità degli stessi alla presente legge e alla normativa comunitaria.
26. 35. Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 4, terzo periodo, dopo le parole: e della tutela del territorio e del mare aggiungere le seguenti: e di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
26. 17. Palazzotto, Franco Bordo, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis» sostituire il comma 5 con il seguente:
  5. Le regioni e le province autonome, se intendono adottare il regime di deroga di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2009/147/CEE, comunicano entro il 31 gennaio di ogni anno all'ISPRA l'elenco delle specie migratrici ammissibili al prelievo, dandone comunicazione anche al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. L'ISPRA entro i sessanta giorni successivi, determina su base nazionale la piccola quantità prelevabile delle singole specie, utilizzando a tale fine anche gli studi specializzati riconosciuti a livello regionale e le risultanze di pubblicazioni scientifiche internazionali e in conformità alle prescrizioni in materia dettate dalla Commissione europea. Nel caso in cui l'ISPRA non individui la piccola quantità prelevabile nel termine indicato, essa è determinata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che stabilisce direttamente la quantità e le modalità di prelievo per ciascuna specie, conformandosi ai criteri e principi fissati in materia dalla Commissione europea e provvede a ripartire, entro il 30 aprile di ogni anno, la piccola quantità riferita alle singole specie, tra il numero dei cacciatori residenti nelle regioni e nelle province autonome interessate al prelievo in deroga. La citata Conferenza individua, altresì, meccanismi di monitoraggio al fine di consentire il rispetto dei massimali di prelievo assegnati per ciascuna specie ammessa al prelievo in deroga.
26. 23. Borghesi, Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 6, sopprimere il secondo periodo.
26. 21. Borghesi, Gianluca Pini, Prataviera.

A.C. 1327 – Articolo 27

ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 27.
(Modifica al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati. Procedura di infrazione 2013/2032).

  1. Il comma 7-quater dell'articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è abrogato.

A.C. 1327 – Articolo 28

ARTICOLO 28 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo VI
ALTRE DISPOSIZIONI

Art. 28.
(Modifiche al decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, in materia di indagini sugli incidenti ferroviari. Caso EU Pilot 1254/10/MOVE).

  1. Al decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 20:
    1) al comma 1, secondo periodo, le parole: «resta comunque subordinata a» sono sostituite dalle seguenti: «è svolta in coordinamento con»;
    2) al comma 2, l'alinea è sostituito dal seguente: «Gli investigatori incaricati, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente, possono:»;
    3) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
  «2-bis. Nei casi in cui l'Autorità giudiziaria avvia un procedimento a seguito di un evento nel quale si ravvisino ipotesi di reato, la stessa Autorità dispone affinché sia permesso agli investigatori incaricati di svolgere i compiti di cui al comma 2»;
    4) il comma 3 è sostituito dal seguente:
  «3. Ove l'Autorità giudiziaria abbia sequestrato eventuali prove, gli investigatori incaricati possono accedere a tali prove e possono utilizzarle nel rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dal diritto nazionale e dell'Unione europea. A tal fine, e comunque in considerazione dei tempi previsti dall'articolo 22, comma 2, competente al rilascio delle necessarie autorizzazioni è, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero; dopo la chiusura delle indagini preliminari è competente il giudice che procede. L'esercizio delle attività e dei diritti degli investigatori incaricati non deve pregiudicare l'indagine giudiziaria. Se l'esame o l'analisi di alcuni elementi di prova materiale può modificare, alterare o distruggere tali elementi, è richiesto il preventivo accordo tra l'Autorità giudiziaria competente e gli investigatori incaricati. Accordi possono essere conclusi tra l'Organismo investigativo e l'Autorità giudiziaria al fine di disciplinare, nel rispetto della reciproca indipendenza, gli aspetti riguardanti l'utilizzo e lo scambio di informazioni nonché le attività di cui ai commi 1, 2 e 2-bis»;
   b) all'articolo 21, comma 1, le parole: «previa espressa autorizzazione dell'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «previo accordo con l'Autorità».

A.C. 1327 – Articolo 29

ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 29.
(Disposizioni volte al recepimento della direttiva 2012/4/UE, del 22 febbraio 2012, relativa all'istituzione di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile. Procedura di infrazione 2012/0433).

  1. Ai fini del recepimento della direttiva 2012/4/UE della Commissione, del 22 febbraio 2012, recante modifiche alla direttiva 2008/43/CE, relativa all'istituzione, a norma della direttiva 93/15/CEE, di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile, al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 8, concernente l'attuazione della richiamata direttiva 2008/43/CE, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 1, comma 3, dopo la lettera e) sono aggiunte le seguenti:
   «e-bis) alle micce consistenti in dispositivi di accensione non detonanti a forma di cordoncino;
   e-ter) alle micce di sicurezza, costituite da un'anima di polvere nera a grana fine avvolta da una o più guaine protettive mediante un involucro tessile flessibile e che una volta accese bruciano a una velocità predeterminata senza alcun effetto esplosivo esterno;
   e-quater) agli inneschi a percussione, costituiti da una capsula di metallo o di plastica contenenti una piccola quantità di un miscuglio esplosivo primario facilmente acceso per l'effetto di un urto e che servono da elementi di innesco nelle armi di piccolo calibro o negli inneschi a percussione per le cariche propulsive»;
   b) all'articolo 2:
    1) al comma 2, le parole: «secondo le modalità definite con il decreto di cui all'articolo 5» sono sostituite dalle seguenti: «secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 5»;
    2) al comma 5, dopo le parole: «quale autorità nazionale competente,» sono inserite le seguenti: «con decreto dirigenziale,»;
    3) al comma 6:
     3.1) alla lettera c), le parole: «per i detonatori comuni a fuoco o micce» sono sostituite dalle seguenti: «per i detonatori comuni» e le parole: «detonatori o micce» sono sostituite dalla seguente: «detonatori»;
     3.2) alla lettera e), le parole: «per gli inneschi primer e le cariche di rinforzo booster» sono sostituite dalle seguenti: «per gli inneschi, diversi da quelli di cui all'articolo 1, comma 3, lettera e-quater)»;
     3.3) alla lettera f), le parole: «per le micce detonanti e micce di sicurezza» sono sostituite dalle seguenti: «per le micce detonanti» e le parole: «o di sicurezza», ovunque ricorrano, sono soppresse;
   c) all'articolo 3:
    1) al comma 1, le parole: «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal 5 aprile 2015»;
    2) al comma 2, dopo le parole: «In alternativa all'utilizzo del sistema di cui al comma 1, ogni impresa, entro il termine previsto dal medesimo comma 1,» sono inserite le seguenti: «può istituire un sistema di raccolta dei dati per gli esplosivi per uso civile, che comprende la loro identificazione univoca lungo tutta la catena della fornitura e durante l'intero ciclo di vita dell'esplosivo, ovvero»;
    3) al comma 8, le parole: «alla data del 5 aprile 2012» sono sostituite dalle seguenti: «alla data del 5 aprile 2015»;
   d) all'articolo 5:
    1) al comma 1 è premesso il seguente:
  «01. Le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 8, e all'articolo 3 del presente decreto si applicano a decorrere dal 5 aprile 2015»;
    2) al comma 1, le parole: «entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono emanate le disposizioni attuative del presente decreto, anche» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 5 aprile 2015, sono emanate disposizioni»;
   e) all'allegato 1, al numero 3), sono aggiunti i seguenti periodi: «Qualora le dimensioni troppo ridotte degli articoli non consentano di apporvi le informazioni di cui al numero 1), lettera b), punti i) e ii), e al numero 2), o qualora sia tecnicamente impossibile apporre un'identificazione univoca sugli articoli a causa della loro particolare forma o progettazione, detta identificazione va apposta su ogni confezione elementare; ciascuna confezione elementare è sigillata; su ogni detonatore comune o carica di rinforzo oggetto della deroga di cui al presente periodo le informazioni figuranti al numero 1), lettera b), punti i) e ii), sono apposte tramite marcatura, in forma indelebile e in modo da essere chiaramente leggibili. Il numero dei detonatori comuni e delle cariche di rinforzo contenuti è stampato sulla confezione elementare; ogni miccia detonante oggetto della deroga di cui al periodo precedente reca l'identificazione unica apposta tramite marcatura sulla bobina e, se del caso, sulla confezione elementare».

A.C. 1327 – Articolo 30

ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 30.
(Modifica al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, in tema di Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Procedura di infrazione 2012/2189).

  1. Dopo il comma 2 dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, è inserito il seguente:
  «2-bis. Con decreto del Ministro dell'interno, presso ciascuna Commissione territoriale possono essere istituite, al verificarsi di un eccezionale incremento delle domande di asilo connesso all'andamento dei flussi migratori e per il tempo strettamente necessario da determinare nello stesso decreto, una o più sezioni composte dai membri supplenti delle Commissioni medesime. Le sezioni possono essere istituite fino a un numero massimo complessivo di dieci per l'intero territorio nazionale e operano in base alle disposizioni che regolano l'attività delle Commissioni territoriali. All'attuazione di quanto previsto dal presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

A.C. 1327 – Articolo 31

ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 31.
(Attuazione della decisione 2009/750/CE della Commissione, del 6 ottobre 2009, sulla definizione del servizio europeo di telepedaggio e dei relativi elementi tecnici. Caso EU Pilot 4176/12/MOVE).

  1. In attuazione delle disposizioni degli articoli 10 e 11 della decisione 2009/750/CE della Commissione, del 6 ottobre 2009, e al fine di facilitare la mediazione tra gli esattori di pedaggi con un pedaggio sottoposto situato nel proprio territorio e i fornitori del Servizio europeo di telepedaggio (S.E.T.) che hanno stipulato contratti o sono impegnati in negoziati contrattuali con tali operatori, è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un organismo di conciliazione con l'incarico di esaminare se le condizioni contrattuali imposte da un esattore di pedaggi a vari fornitori del S.E.T. sono non discriminatorie e rispecchiano correttamente i costi e i rischi delle parti contrattuali.
  2. L'organismo di conciliazione di cui al comma 1 è indipendente, nella sua struttura organizzativa e giuridica, dagli interessi commerciali degli esattori di pedaggi e dei fornitori del S.E.T.
  3. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari europei e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia e dell'economia e delle finanze, sono emanate le disposizioni per l'attuazione del presente articolo, nonché per l'individuazione della procedura di mediazione alla quale le parti possono ricorrere ai sensi della citata decisione 2009/750/CE.
  4. Alle funzioni e ai compiti derivanti dalle disposizioni del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 1327 – Articolo 32

ARTICOLO 32 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 32.
(Modifica all'articolo 47, comma 2-quater, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, in materia di fornitura dei servizi accessori legati all'offerta all'ingrosso del servizio di accesso alla rete fissa di telecomunicazioni. Procedura di infrazione 2012/2138).

  1. Al comma 2-quater dell'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, l'alinea è sostituito dal seguente: «Al fine di favorire le azioni di cui al comma 1, in accordo con i princìpi, gli obiettivi e le procedure definite dal quadro normativo europeo in materia di comunicazioni elettroniche, come recepito nell'ordinamento nazionale dal codice di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può considerare di adottare le misure volte a:».

A.C. 1327 – Articolo 33

ARTICOLO 33 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 33.
(Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni).

  1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 1, comma 1, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
  «w-quinquies) “controparti centrali”: i soggetti indicati nell'articolo 2, punto 1), del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni»;
   b) all'articolo 4, comma 5, lettera c), le parole: «al regolamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla liquidazione»;
   c) nella parte I, dopo l'articolo 4-ter è aggiunto il seguente:
  «Art. 4-quater. – (Individuazione delle autorità nazionali competenti ai sensi del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012). – 1. La Banca d'Italia e la Consob sono le autorità competenti per l'autorizzazione e la vigilanza delle controparti centrali, ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 648/2012, secondo quanto disposto dai commi seguenti e dall'articolo 69-bis.
  2. La Consob è l'autorità competente, ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento di cui al comma 1, per il coordinamento della cooperazione e dello scambio di informazioni con la Commissione europea, l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM), le autorità competenti degli altri Stati membri, l'Autorità bancaria europea (ABE) e i membri interessati del Sistema europeo delle Banche centrali, conformemente agli articoli 23, 24, 83 e 84 del regolamento di cui al comma 1.
  3. Ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 5, del regolamento di cui al comma 1, la Consob è l'autorità competente per il rispetto degli obblighi previsti in capo alle controparti non finanziarie dagli articoli 9, 10 e 11 del citato regolamento. A tal fine la Consob esercita i poteri previsti dall'articolo 187-octies del presente decreto legislativo, secondo le modalità ivi stabilite, e può dettare disposizioni inerenti alle modalità di esercizio dei poteri di vigilanza.
  4. La Banca d'Italia istituisce, gestisce e presiede il collegio di autorità previsto dall'articolo 18 del regolamento di cui al comma 1.
  5. La Banca d'Italia è l'autorità competente ai sensi dell'articolo 25, paragrafo 3, lettera a), del regolamento di cui al comma 1, nell'ambito della procedura per il riconoscimento delle controparti centrali dei Paesi terzi; il parere è reso all'AESFEM dalla Banca d'Italia, d'intesa con la Consob»;
   d) all'articolo 6, comma 2-quater, lettera d), il numero 3) è sostituito dal seguente:
    «3) le imprese la cui attività esclusiva consista nel negoziare per conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati e, per meri fini di copertura, nei mercati a pronti, purché esse siano garantite da membri che aderiscono alle controparti centrali di tali mercati, quando la responsabilità del buon fine dei contratti stipulati da dette imprese spetta a membri che aderiscono alle controparti centrali di tali mercati»;
   e) all'articolo 62, comma 3, lettera e), le parole: «il regolamento» sono sostituite dalle seguenti: «la liquidazione»;
   f) all'articolo 69:
    1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari non derivati»;
    2) al comma 1, primo periodo, le parole: «del servizio di compensazione e di liquidazione, nonché del servizio di liquidazione su base lorda,» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi di liquidazione»;
    3) al comma 1, secondo periodo, le parole: «il servizio di compensazione e di liquidazione e il servizio di liquidazione su base lorda» sono sostituite dalle seguenti: «i servizi di liquidazione»;
    4) al comma 1-bis, lettere b) ed e), le parole: «compensazione e» sono soppresse;
    5) al comma 1-ter, le parole: «al servizio di compensazione e liquidazione, nonché al servizio di liquidazione su base lorda,» sono sostituite dalle seguenti: «ai servizi di liquidazione»;
    6) al comma 2, le parole: «della compensazione e» sono soppresse;
   g) dopo l'articolo 69 è inserito il seguente:
  «Art. 69-bis. – (Autorizzazione e vigilanza delle controparti centrali). – 1. La Banca d'Italia autorizza lo svolgimento dei servizi di compensazione in qualità di controparte centrale da parte di persone giuridiche stabilite nel territorio nazionale, ai sensi degli articoli 14 e 15 e secondo la procedura prevista dall'articolo 17 del regolamento (UE) n. 648/2012. La medesima autorità revoca l'autorizzazione allo svolgimento di servizi da parte di una controparte centrale quando ricorrono i presupposti di cui all'articolo 20 del medesimo regolamento. Si applicano l'articolo 80, commi 4, 5 e 10, e l'articolo 83 del presente decreto legislativo.
  2. La Banca d'Italia, in qualità di presidente del collegio di autorità previsto dall'articolo 18 del regolamento di cui al comma 1, può rinviare la questione dell'adozione di un parere comune negativo sull'autorizzazione di una controparte centrale all'AESFEM, come previsto dall'articolo 17, paragrafo 4, del medesimo regolamento, interrompendo i termini del procedimento di autorizzazione.
  3. La vigilanza sulle controparti centrali è esercitata dalla Banca d'Italia, avendo riguardo alla stabilità e al contenimento del rischio sistemico, e dalla Consob, avendo riguardo alla trasparenza e alla tutela degli investitori. A tale fine la Banca d'Italia e la Consob possono chiedere alle controparti centrali e agli operatori la comunicazione anche periodica di dati, notizie, atti e documenti e possono effettuare ispezioni. Le modalità di esercizio dei poteri di vigilanza informativa sono disciplinate con regolamento adottato dalla Banca d'Italia, d'intesa con la Consob; con il medesimo regolamento possono essere stabiliti requisiti supplementari per lo svolgimento dei servizi di controparte centrale, in conformità al regolamento di cui al comma 1.
  4. In caso di necessità e urgenza, la Banca d'Italia adotta, per le finalità attribuite ai sensi del comma 3, i provvedimenti necessari anche sostituendosi alle controparti centrali. Dei provvedimenti adottati la Banca d'Italia dà tempestiva comunicazione alla Consob, all'AESFEM, al collegio di autorità richiamato al comma 2, alle rilevanti autorità del Sistema europeo delle Banche centrali e alle altre autorità interessate, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento di cui al comma 1.
  5. La Banca d'Italia esercita le competenze specificamente indicate dagli articoli 41, paragrafo 2, 49, paragrafo 1, e 54, paragrafo 1, del regolamento di cui al comma 1 e adotta, d'intesa con la Consob, i provvedimenti richiesti ai sensi degli articoli 7, paragrafo 4, 31, paragrafi 1 e 2, e 35, paragrafo 1, del medesimo regolamento. Si applica l'articolo 80, commi 6, 7 e 8, del presente decreto legislativo.
  6. La Consob, d'intesa con la Banca d'Italia, adotta i provvedimenti di cui all'articolo 8, paragrafo 4, del regolamento di cui al comma 1.
  7. Ove non diversamente specificato dal presente articolo, le competenze previste dal regolamento di cui al comma 1 in materia di vigilanza delle controparti centrali sono esercitate dalla Banca d'Italia e dalla Consob, ciascuna nell'ambito delle rispettive attribuzioni.
  8. La Banca d'Italia e la Consob stabiliscono, mediante un protocollo di intesa, le modalità della cooperazione nello svolgimento delle rispettive competenze, con particolare riferimento alle posizioni rappresentate nell'ambito dei collegi e alla gestione delle situazioni di emergenza, nonché le modalità del reciproco scambio di informazioni rilevanti, anche con riferimento alle irregolarità rilevate e ai provvedimenti assunti nell'esercizio delle rispettive funzioni, tenuto conto dell'esigenza di ridurre al minimo gli oneri gravanti sugli operatori e dell'economicità dell'azione delle autorità di vigilanza. Il protocollo d'intesa è reso pubblico dalla Banca d'Italia e dalla Consob con le modalità da esse stabilite»;
   h) l'articolo 70 è sostituito dal seguente:
  «Art. 70. – (Garanzie acquisite nell'esercizio dell'attività di controparte centrale). – 1. I margini e le altre prestazioni acquisite da una controparte centrale a titolo di garanzia dell'adempimento degli obblighi derivanti dall'attività di compensazione svolta in favore dei propri partecipanti non possono essere soggetti ad azioni esecutive o cautelari da parte dei creditori del singolo partecipante o del soggetto che gestisce la controparte centrale, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. Le garanzie acquisite possono essere utilizzate esclusivamente secondo quanto previsto dal regolamento (UE) n. 648/2012»;
   i) all'articolo 70-bis:
    1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Accesso alle controparti centrali e ai sistemi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari»;
    2) il comma 1 è sostituito dal seguente:
  «1. Le imprese di investimento e le banche comunitarie autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento possono accedere alle controparti centrali e ai sistemi di cui agli articoli 68 e 69, per finalizzare o per disporre la finalizzazione delle operazioni su strumenti finanziari»;
   l) all'articolo 70-ter:
    1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Accordi conclusi dalle società di gestione dei mercati regolamentati con controparti centrali o con società che gestiscono servizi di liquidazione»;
    2) il comma 1 è sostituito dal seguente:
  «1. Le società di gestione dei mercati regolamentati possono concludere accordi con le controparti centrali o con le società che gestiscono servizi di liquidazione di un altro Stato membro al fine di disporre la compensazione o la liquidazione di alcune o tutte le operazioni concluse dai partecipanti al mercato regolamentato»;
   m) all'articolo 72:
    1) ai commi 1, 2 e 3, le parole: «ai sistemi previsti dall'articolo 70» sono sostituite dalle seguenti: «alle controparti centrali»;
    2) al comma 4, primo periodo, le parole: «e dai gestori dei sistemi previsti dagli articoli 70 e 77-bis» sono sostituite dalle seguenti: «dalle controparti centrali e dai gestori dei sistemi previsti dall'articolo 77-bis»;
    3) al comma 5, primo periodo, le parole: «i gestori dei sistemi previsti dall'articolo 70 e 77-bis» sono sostituite dalle seguenti: «le controparti centrali, i gestori previsti dall'articolo 77-bis»;
   n) all'articolo 77:
    1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Vigilanza sui sistemi di garanzia dei contratti e di liquidazione»;
    2) al comma 1, primo periodo, le parole: «68, 69 e 70» sono sostituite dalle seguenti: «68 e 69»;
    3) al comma 1, secondo periodo, la parola: «compensazione,» è soppressa;
    4) al comma 2, le parole: «dei sistemi e dei servizi indicati negli articoli 69 e 70» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi indicati nell'articolo 69»;
    5) al comma 3, le parole: «68, 69 e 70» sono sostituite dalle seguenti: «68 e 69»;
   o) all'articolo 77-bis, il comma 4 è sostituito dal seguente:
  «4. Agli accordi conclusi dai soggetti che gestiscono un sistema multilaterale di negoziazione con le controparti centrali o con le società che gestiscono servizi di liquidazione si applica l'articolo 70-ter, commi 1 e 2»;
   p) all'articolo 166:
    1) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
  «2-bis. Con la stessa pena è punito chiunque esercita l'attività di controparte centrale di cui al regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione ivi prevista»;
    2) al comma 3, dopo le parole: «gestione collettiva del risparmio» sono inserite le seguenti: «ovvero l'attività di cui al comma 2-bis»;
   q) all'articolo 190, comma 2, lettera d), le parole: «68, 69, comma 2, e 70» sono sostituite dalle seguenti: «68 e 69, comma 2,» e le parole: «68, 69, 70, 70-bis e 77, comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «68, 69, 70-bis e 77, comma 1»;
   r) dopo l'articolo 193-ter è inserito il seguente:
  «Art. 193-quater. – (Sanzioni amministrative pecuniarie relative alla violazione delle disposizioni previste dal regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione delle controparti centrali, delle sedi di negoziazione, delle controparti finanziarie e delle controparti non finanziarie, come definite dall'articolo 2, punti 1), 4), 8) e 9), del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, i quali non osservano le disposizioni previste dai titoli II, III, IV e V del medesimo regolamento e dalle relative disposizioni attuative, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilacinquecento a euro duecentocinquantamila.
  2. Le sanzioni previste dal comma 1 si applicano anche ai soggetti che svolgono funzioni di controllo nelle controparti centrali, nelle sedi di negoziazione, nelle controparti finanziarie e nelle controparti non finanziarie, come definite al comma 1, i quali abbiano violato le disposizioni previste dai titoli II, III, IV e V del regolamento di cui al comma 1 o non abbiano vigilato, in conformità ai doveri inerenti al loro ufficio, affinché le disposizioni stesse non siano da altri violate.
  3. Le sanzioni amministrative previste dai commi 1 e 2 in capo ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo nelle sedi di negoziazione definite dall'articolo 2, punto 4), del regolamento di cui al comma 1, sono applicate dalla Consob. Per i mercati all'ingrosso di titoli di Stato tale competenza è attribuita alla Banca d'Italia.
  4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica l'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689».

  2. Le disposizioni sui sistemi di garanzia a controparte centrale contenute nel provvedimento adottato dalla Banca d'Italia e dalla Consob il 22 febbraio 2008, recante «Disciplina dei servizi di gestione accentrata, di liquidazione, dei sistemi di garanzia e delle relative società di gestione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 4 marzo 2008, continuano ad applicarsi in conformità alle disposizioni transitorie previste dall'articolo 89, paragrafi 3 e 4, del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni. L'inosservanza delle disposizioni sui sistemi di garanzia a controparte centrale continua ad essere punita ai sensi dell'articolo 190 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
  3. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 33 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 33.
(Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni).

  Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:
  Art. 33-bis.(Principi e criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato). – 1. Il Governo adotta, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 2, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
   a) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale la fattispecie criminosa specifica di corruzione in affari privati che punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative non meramente esecutive per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali;
   b) prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a);
   c) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale e fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche la fattispecie criminosa di istigazione alla corruzione in affari privati, con la previsione di una riduzione di pena qualora l'offerta, la promessa o la sollecitazione alla promessa non siano state accettate;
   d) introdurre fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato.
33. 07. Gianluca Pini, Prataviera.

A.C. 1327 – Articolo 34

ARTICOLO 34 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 34.
(Clausola di invarianza finanziaria).

  1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 13, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

TESTO AGGIORNATO AL 1° AGOSTO 2013

A.C. 1327 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    è imminente la conclusione dell'iter della procedura d'infrazione n. 2131 aperta nel 2006 nei confronti del nostro Paese per violazione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, oggi 147/2009/CE. Infatti, alla condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea il 15 luglio 2010 non ha fatto seguito il completo adeguamento normativo richiesto in modo articolato dall'Europa;
    l'insoddisfacente o parziale risposta del nostro Paese causerà l'irrogazione di forti sanzioni pecuniarie ai danni dei cittadini italiani;
    in particolare, la violazione delle regole comunitarie risulta grave nella mancanza di corretta applicazione dell'articolo 9 da parte dello Stato italiano, su cui grava l'obbligo di pieno e puntuale rispetto del dettato comunitario;
    specificatamente, il testo della procedura indica violazioni per non conformità alla direttiva in diverse regioni italiane;
    la conclusione del parere motivato trasmesso con nota C(2006) 2683 del 28 giugno 2006 – e quindi della procedura 2131/2006 – riporta la severa motivazione per cui in Italia «il regime delle deroghe previsto dalla direttiva è prevalentemente utilizzato per autorizzare una sorta di regime semipermanente di caccia agli uccelli rispetto ai quali la caccia è vietata»;
    uno dei punti riscontrati quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dalla reiterata e diffusa autorizzazione al prelievo in deroga da lettera c) in mancanza di dati scientificamente solidi quale premessa necessaria ed indispensabile per calcolare correttamente la cosiddetta piccola quantità per le specie non cacciabili oggetto di deroga;
    un ulteriore punto evidenziato quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dall'indistinta e ampia platea di soggetti autorizzati dalle regioni al prelievo in deroga su specie non cacciabili, soggetti assolutamente privi di specifica ed uniforme formazione e quindi non in grado di applicare con il rigore e l'alta selettività dettate dall'articolo 9 della direttiva il prelievo in deroga su specie non cacciabili;
    nessuna delle regioni che nel corso degli anni ha autorizzato il prelievo in deroga ha adottato misure puntuali e rigorose che rispondessero all'obbligo del corretto calcolo della cosiddetta piccola quantità o attivato specifici percorsi formativi e conseguenti valutazioni circa uniformità e capacità di selettività dei soggetti autorizzati al prelievo in deroga su specie non cacciabili,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente le misure opportune affinché ogni eventuale ricorso all'applicazione di deroghe da parte delle regioni quali strumenti eccezionali ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 147/2009/CE venga subordinato alla disponibilità di dati certi ed al puntuale rispetto delle modalità di calcolo della cosiddetta piccola quantità come già indicate dalla DG Ambiente della Commissione Europea al Ministero dell'Ambiente e all'ISPRA e ad attivare e realizzare, prima di richiedere deroghe, specifici corsi di formazione e successive rigorose valutazioni circa l'uniformità della preparazione e l'alta selettività quali caratteristiche obbligatorie nei soggetti autorizzabili al prelievo in deroga su specie non cacciabili.
9/1327/1Catanoso Genoese, Giammanco.


   La Camera,
   premesso che:
    in base a un orientamento comunitario ormai consolidato, le opere di urbanizzazione primaria, anche se eseguite da parte di un operatore privato, sono opere pubbliche e in quanto tali devono essere assoggettate alle norme contenute nel Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;
    su questa materia, l'Italia è stata già condannata dalla Corte di Giustizia Europea (Sent. 21 febbraio 2008 Causa C-414-/04 Commissione vs Italia) dal momento che la legislazione in materia allora vigente al momento della presentazione del ricorso da parte della Commissione, stabiliva che la medesima normativa non trovasse applicazione per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    in ottemperanza alla sentenza sopra richiamata della Corte Di Giustizia Europea il decreto legislativo 152/2008 (il cosiddetto terzo decreto correttivo) aveva emendato l'articolo 122 del Codice dei Contratti, prevedendo che anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione «sotto soglia», il titolare del permesso di costruire avesse l'obbligo di avviare una procedura negoziata, senza pubblicazione del bando di gara, con l'invito a partecipare al confronto concorrenziale ad almeno 5 soggetti (cosiddetta «garetta»);
    successivamente, nel quadro di interventi di liberalizzazione dell'economia italiana, l'articolo 45, comma 1, della legge 214/2011, ha aggiunto all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia comunitaria, rimane a carico del titolare del permesso di costruire ma non trova applicazione il sopra menzionato Codice dei Contratti Pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), di fatto esentando il privato dall'obbligo di procedura negoziata e riportando l'ordinamento giuridico italiano in uno stato di violazione del diritto comunitario;
    il sopra richiamato articolo 16, al comma 1 prevede che all'atto del rilascio del permesso di costruire il titolare del permesso di costruire debba corrispondere al Comune, a titolo di prestazione patrimoniale imposta di carattere non tributario, un contributo per oneri di urbanizzazione a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione ai benefici che il realizzando complesso edilizio ne trae;
    il soprarichiamato articolo 16, al comma 2 stabilisce, altresì, che il corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del titolare del permesso di costruire può essere rateizzabile su richiesta dell'interessato e che «a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune»;
    con Determinazione del 16 luglio 2009, n. 7, l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, è intervenuta in merito alla spettanza dell'eventuale risparmio a seguito di ribasso d'asta affermando che gli eventuali risparmi di spesa, così come gli eventuali costi aggiuntivi, rimangono nella disponibilità (o a carico) del privato al quale – in forza di atti convenzionali stipulati ex articolo 28 comma 5 della legge n. 1150 del 1942 – è affidata l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo per il rilascio del permesso di costruire, dovuto in base all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    in merito alla recente modifica normativa all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, è intervenuta con la Deliberazione n. 43 Adunanza del 4 aprile 2012 avente ad oggetto «Piano delle Ispezioni 2011 – Opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione – Ispezioni svolte presso gli Uffici delle amministrazioni comunali di Roma e Milano»;
    nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012, l'Autorità aveva ritenuto in diritto, tra le altre cose, quanto di seguito riportato: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214/2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale. Si ritiene possa applicarsi, in sede convenzionale, una soglia più bassa rinvenibile in quella stabilita dall'articolo 122 comma 7 del decreto legislativo n. 163 del 2006, pari ad un milione di euro, al di sotto della quale liberare dagli obblighi di rispetto del Codice, mantenendo la procedura stabilita dall'articolo 122, comma 8, del Codice, per i lavori di importo superiore»;
   considerato che:
    la normativa derivante dalle innovazioni sopra riassunte sottrae un ingente ammontare di risorse pubbliche, tale è da considerare il contributo per le opere di urbanizzazione e l'equivalente in opera portato a suo scomputo, dalle procedure tipizzate dal Codice dei Contratti;
    questa disposizione consente pratiche abusive e corruttive, dal momento che permette all'Amministrazione di «condizionare» il rilascio di permessi di costruire all'impegno, da parte del titolare del permesso, di affidare direttamente l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria a imprese «gradite/segnalate» dalla stessa Amministrazione per importi, fino a 5 milioni di euro;
    la stessa finalità liberalizzatrice – all'origine della scelta di novellare l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con l'inserimento del comma 2-bis – verrebbe vanificata dall'affidamento, di fatto a una sola impresa e senza gara competitiva, di lavori pubblici fino a una soglia di 5 milioni di euro, senza alcuna garanzia sull'adeguata qualificazione tecnico-economica degli esecutori e sulla qualità e l'effettiva rispondenza alle esigenze pubbliche delle opere di urbanizzazione che, una volta realizzate, vengono acquisite al patrimonio delle amministrazioni comunali;
    il comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 è stato oggetto di un reclamo alla Commissione Europea per presunta violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici;
    gli Uffici della Commissione hanno stabilito di non dare seguito al reclamo formulando le seguenti osservazioni:
     1. «l'interpretazione della norma non è univoca. In particolare non è chiaro se l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione»;
     2. l'obbligo – a carico degli Stati membri – di applicare le Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE vale soltanto per gli appalti di importo uguale o superiore alle soglie fissate dalle medesime direttive, e non per quelli di importo inferiore come quelli disciplinati dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 ma «qualora vi sia un interesse transfrontaliero» certo nell'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria, un affidamento diretto dei lavori – in attuazione del citato comma 2-bis – «senza alcuna trasparenza ad un soggetto appartenente allo Stato membro» si può configurare come una violazione dei principi del Trattato;
     3. l'articolo 29. comma 7 lettera a) del Codice dei contratti pubblici – in base al quale il valore da considerare, nel caso in cui un'opera possa dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, è quello complessivo stimato della totalità di tali lotti – rappresenta una norma strumentale, da applicare a tutti gli appalti pubblici e dunque, indipendentemente da quanto scritto nell'articolo 16, comma 2-bis in merito all'inapplicabilità del Codice dei Contratti, il metodo di calcolo fissato da questa norma del citato Codice deve essere utilizzato comunque, e in ogni caso, per individuare gli appalti rispetto ai quali trova applicazione il regime derogatorio del citato comma 2-bis, e quelli rispetto ai quali continuerà a trovare applicazione, integralmente, il Codice dei contratti pubblici,

impegna il Governo:

   a promuovere, attraverso l'iniziativa legislativa, l'abrogazione ovvero la revisione dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001;
   ad intervenire nelle more della necessaria revisione della norma in questione, al fine di fornire una interpretazione omogenea ed univoca dell'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, anche alla luce delle osservazioni della Commissione Europea, sopra riportate, con specifico riferimento alla necessità di:
    a) precisare se con la locuzione «a carico» sia stata individuata una prestazione a carico del titolare del permesso di costruire complementare, e non sostitutiva, rispetto all'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo per il rilascio del permesso di costruire;
    b) stabilire che il metodo di calcolo, da utilizzare, per determinare l'importo delle opere oggetto della Convenzione urbanistica tra i proprietari delle aree e l'amministrazione comunale e dunque verificare la possibilità di applicare l'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, è quello contenuto nell'articolo 29 comma 7 del Codice dei Contratti;
    c) precisare che, in caso di interesse trans-frontaliero certo, l'affidamento dell'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria – ancorché di importo inferiore alla soglia comunitaria – non può essere effettuata «senza alcuna trasparenza ad un soggetto appartenente allo Stato membro» e dunque che in questo caso non può trovare applicazione l'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001;
   a procedere, a legislazione vigente, all'emanazione di una disposizione regolamentare, volta a stabilire che quanto affermato nella Deliberazione dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici n.7/2009 – in merito alla destinazione delle economie e dei risparmi conseguiti in fase di esecuzione dei lavori – non possa trovare, in ogni caso, applicazione rispetto ai casi nei quali il titolare del permesso di costruire si avvalga della possibilità di eseguire le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, in base al comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, e dunque senza applicare il Codice dei Contratti.
9/1327/2Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Morassut, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 della legge europea 2013 all'esame di questa Assemblea, recante l'adeguamento dell'Italia agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, estende l'accesso ai posti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ai familiari di cittadini dell'Unione europea, ai soggiornanti di lungo periodo, ai rifugiati e ai titolari dello status di protezione sussidiaria, al fine di dare seguito ai rilievi mossi dalla Commissione europea nell'ambito dei casi EU Pilot 1769/11/JUST e 2368/11/HOME con riguardo alla parità di trattamento;
    la lettera b) del medesimo articolo 7 estende questa previsione anche ai cittadini di Stati terzi, senza che siano familiari di cittadino dell'Unione europea, purché titolari del permesso di soggiorno comunitario di lungo periodo, per esso intendendosi il soggiorno legale e continuativo nello Stato membro per 5 anni;
    la Commissione europea, con la direttiva 2003/109/CE, aveva già esteso la possibilità di accesso alla P.A. in virtù del principio della parità di trattamento, con la specificazione «purché non implichi nemmeno in via occasionale la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri»;
    nel corso dell'esame del disegno di legge in Senato è stata inserita una clausola di salvaguardia, con l'aggiunta del comma 3-ter all'articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che fa salve le norme di attuazione dello statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, in materia di conoscenza delle lingue italiana e tedesca per l'accesso al pubblico impiego nella provincia di Bolzano, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, anche con riferimento all'estensione della possibilità di accedere ai posti della P.A. effettuata con l'articolo 7 del presente disegno di legge,

impegna il Governo

a interpretare l'articolo 38, comma 3-ter, del decreto legislativo 165 del 2001, come novellato dal presente disegno di legge, nel senso che, nell'ambito dell'estensione dell'accesso alla P.A. ai soggetti richiamati in premessa, per la riserva dei posti nel pubblico impiego della provincia autonoma di Bolzano, per i cittadini in possesso del patentino di bilinguismo, si tenga conto anche dell'appartenenza di essi a ciascuno dei tre gruppi linguistici in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, ai sensi degli articoli 1 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
9/1327/3Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini di una effettiva promozione dell'integrazione e della concorrenza nel mercato del lavoro, appare necessario che il nostro Paese disciplini in maniera chiara ed univoca la possibilità per i cittadini stranieri di partecipare ai concorsi per il pubblico impiego;
    la normativa comunitaria dispone che i cittadini dell'Unione europea possano accedere ai posti pubblici che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri e non attengano alla tutela dell'interesse nazionale;
    la stessa normativa italiana oggi vigente estende tale possibilità ai familiari stranieri di cittadini comunitari, ai rifugiati e ai loro familiari, ai titolari di permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo e ai titolari di Carta Blu UE;
    l'articolo 7 della Legge Europea 2013 interviene in tale materia stabilendo che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria» tale formulazione si presta ad un'interpretazione scorretta laddove sembra limitare la possibilità di accesso ai concorsi pubblici ai cittadini stranieri che si trovano nelle condizioni citate, in aperto contrasto con la Convenzione OIL n. 143 del 1975, ratificata dall'Italia nel 1981, e con una copiosa giurisprudenza nazionale, autorevolmente avallata dall'ordinanza della Corte Costituzionale n. 139 del 15 aprile 2011;
    un'interpretazione siffatta, oltre a porsi in netto conflitto con la citata normativa internazionale e con la giurisprudenza domestica, costringerebbe i cittadini stranieri ad adire l'autorità giudiziaria per vedere riconosciute le proprie legittime prerogative, con notevole aggravio di costi e con un ingente effetto inflattivo sul carico di lavoro dei tribunali italiani,

impegna il Governo

   ad assumere con urgenza un'iniziativa normativa finalizzata a:
    a) disciplinare in maniera compiuta l'ambito dell'accesso ai concorsi pubblici da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea, anche attraverso l'emanazione di un regolamento o una circolare esplicativa che chiarisca che l'unico requisito per l'accesso sia costituito dal possesso di un titolo di soggiorno che consenta attività lavorativa.
9/1327/4Giuseppe Guerini, Pastorino, Bonomo, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini di una effettiva promozione dell'integrazione e della concorrenza nel mercato del lavoro, appare necessario che il nostro Paese disciplini in maniera chiara ed univoca la possibilità per i cittadini stranieri di partecipare ai concorsi per il pubblico impiego;
    la normativa comunitaria dispone che i cittadini dell'Unione europea possano accedere ai posti pubblici che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri e non attengano alla tutela dell'interesse nazionale;
    la stessa normativa italiana oggi vigente estende tale possibilità ai familiari stranieri di cittadini comunitari, ai rifugiati e ai loro familiari, ai titolari di permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo e ai titolari di Carta Blu UE;
    l'articolo 7 della Legge Europea 2013 interviene in tale materia stabilendo che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria» tale formulazione si presta ad un'interpretazione scorretta laddove sembra limitare la possibilità di accesso ai concorsi pubblici ai cittadini stranieri che si trovano nelle condizioni citate, in aperto contrasto con la Convenzione OIL n. 143 del 1975, ratificata dall'Italia nel 1981, e con una copiosa giurisprudenza nazionale, autorevolmente avallata dall'ordinanza della Corte Costituzionale n. 139 del 15 aprile 2011;
    un'interpretazione siffatta, oltre a porsi in netto conflitto con la citata normativa internazionale e con la giurisprudenza domestica, costringerebbe i cittadini stranieri ad adire l'autorità giudiziaria per vedere riconosciute le proprie legittime prerogative, con notevole aggravio di costi e con un ingente effetto inflattivo sul carico di lavoro dei tribunali italiani,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di:
    a) disciplinare in maniera compiuta l'ambito dell'accesso ai concorsi pubblici da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea, anche attraverso l'emanazione di un regolamento o una circolare esplicativa che chiarisca che l'unico requisito per l'accesso sia costituito dal possesso di un titolo di soggiorno che consenta attività lavorativa.
9/1327/4. (Testo modificato nel corso della seduta).  Giuseppe Guerini, Pastorino, Bonomo, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea» (Legge europea 2013) contiene al capo V numerose disposizioni in materia di ambiente, volte a scongiurare il pagamento di sanzioni derivanti dall'apertura di procedure di infrazione, dal numero rilevante soprattutto in tale settore. Rileva fra queste disposizioni, l'articolo 25 in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente, in conformità del principio europeo «chi inquina paga»;
    la «tutela penale dell'ambiente» è prevista dalla Convenzione per la tutela dell'ambiente del Consiglio d'Europa del 4 novembre 1998, dalla decisione n. 2003/80/GAI del Consiglio, del 27 gennaio 2003, nonché dalla Direttiva 2008/99/CE; quest'ultima, formalmente recepita dall'Italia con la Legge comunitaria 2010 ma poi sostanzialmente disattesa, sollecitava gli Stati membri a introdurre misure più severe per reprimere gli illeciti ambientali;
    sebbene, in via di principio, la legislazione penale e le norme di procedura penale non rientrino nella competenza della Comunità europea, «ciò non può tuttavia impedire al legislatore comunitario, allorché l'applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle competenti autorità nazionali» costituisca «una misura indispensabile di lotta contro violazioni ambientali gravi, di adottare provvedimenti in relazione al diritto penale degli Stati membri» – in tal senso la Corte di giustizia europea che, con sentenza del 13 settembre 2005, ha confermato il fondamento giuridico, alla base della Direttiva 2008/99/CE, quale strumento per armonizzare la normativa penale tra gli stati membri;
    l'apparato sanzionatorio penale in materia ambientale rappresenta un elemento di criticità dell'ordinamento giuridico italiano, in quanto molte fattispecie previste nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente) avendo natura «contravvenzionale» non sono idonee a garantire un effettivo esercizio dell'attività di accertamento posta in essere dagli organi di controllo e a predisporre un'adeguata tutela dell'ambiente, aggredito, in forme sempre più rinnovate da attività illecite collegate e connesse al fenomeno dell'ecomafia;
    l'unica economia che continua a proliferare, purtroppo, anche in una situazione di crisi generale è quella della cosiddetta «ecomafia», un'economia che si regge sull'intreccio di attività professionali e imprenditoriali senza etica e senza scrupoli con quelle di politici conniventi, funzionari pubblici infedeli – operando attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l'evasione fiscale, il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti;
    il business della criminalità organizzata non solo non conosce recessione ma amplia i suoi traffici con nuove rotte e nuove frontiere, riuscendo a fare sistema e penetrando in tutti i settori economici, a livello nazionale e con intrecci sempre più perversi a livello sovranazionale;
    i numeri, denunciati nel recente Rapporto della Legambiente «Ecomafia 2013», parlano chiaro: 16,7 miliardi di euro di fatturato, 34.120 reati accertati, 28.132 persone denunciate, 8.286 sequestri effettuati; aumento dei clan coinvolti (da 296 a 302); quadruplicano i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (da 6 a 25); salgono gli incendi boschivi; cresce l'incidenza dell'abusivismo edilizio e soprattutto la piaga della corruzione con il raddoppio delle denunce e degli arresti;
    l'ecomafia è un'economia che si regge su imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, sulla costruzione di case abusive mentre il mercato immobiliare legale tracolla – l'incidenza dell'edilizia illegale nel mercato delle costruzioni è passata dal 9 per cento del 2006 al 16,9 per cento stimato per il 2013, mentre le nuove costruzioni legali sono crollate da 305.000 a 122.000; le imprese che operano in un regime di legalità e che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti;
    la criminalità ambientale, oltre ad agire nei settori tradizionali, come quello delle attività connesse al ciclo e alla raccolta dei rifiuti, un business tra i più redditizi, sa cogliere tutte le nuove opportunità offerte dall'economia: l'Ufficio centrale antifrode dell'Agenzia delle dogane segnala che i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami – materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l'economia legale del riciclo e che invece finiscono in Paesi come Corea del Sud, Cina, Hong Kong, Turchia e India;
    l'ecomafia si alimenta con l'attacco al made in Italy, soprattutto nel settore dell'agroalimentare e con la minaccia al nostro patrimonio culturale, laddove i clan trovano terreno fertile anche per la scarsa attenzione dei poteri pubblici che lasciano campo libero ai predoni d'arte;
    tra i motivi del crescente aumento dei fenomeni descritti rileva il fatto che nel nostro Paese sono pochi i rischi che si corrono per talune attività illegali: le pene per i reati ambientali continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l'abbattimento degli edifici continua ad essere un'eventualità sempre più sporadica – basti pensare che tra il 2000 e il 2011 è stato eseguito appena il 10,6 per cento delle 46.760 ordinanze di demolizione emesse dai tribunali e agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta l'infelice idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive;
    l'adeguamento effettivo e completo alle norme europee non è, dunque, più rinviabile: è necessaria un'iniziativa legislativa che preveda l'introduzione di norme che rendano efficace l'azione di contrasto, sia in via preventiva che repressiva, degli illeciti ambientali,

impegna il Governo:

   a intervenire con urgenza per rafforzare il quadro sanzionatorio in materia penale ambientale, in adeguamento di quanto previsto dalla direttiva comunitaria 2008/99/CE, attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento di nuove fattispecie penali atte a punire i delitti ambientali, al fine di rafforzare le azioni di contrasto per la difesa del nostro patrimonio ambientale, aggredito con forme e condotte sempre più raffinate da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso;
   a introdurre nel nostro codice penale un nuovo titolo in materia di delitti contro l'ambiente, in cui ricondurre sia le fattispecie incriminatrici di inquinamento ambientale, di disastro ambientale e di distruzione del patrimonio naturale, insieme alla previsione di specifiche circostanze aggravanti tra cui rilevano quelle per i casi di associazione a delinquere aventi tra le finalità quella di commettere reati ambientali;
   ad attivarsi, nelle sedi europee, al fine rafforzare l'azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità ambientale transnazionale, anche mediante il potenziamento di Eurojust e Europol.
9/1327/5Garavini, Realacci, Mariani, Braga, Bratti.


   La Camera,
   premesso che;
    l'articolo 22 del Disegno di legge A.C. 1327 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea Legge europea 2013» interviene in materia di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, in sigla RAEE, disciplinata a livello europeo dalla direttiva 2002/96/CE, recapita in Italia con il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151;
    in particolare l'articolo 22, comma 2, lettera c) del DDL dispone che il raggruppamento dei RAEE sia effettuato presso il punto di vendita del distributore o presso altro luogo di raggruppamento risultante dalla comunicazione di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, in luogo idoneo, non accessibile a terzi e pavimentato;
    la modifica normativa introdotta durante l'esame della Legge Europea presso il Senato della Repubblica, finalizzata a semplificare e rendere possibile la gestione ed il trasporto dei RAEE da parte dei distributori nell'effettuazione delle attività di ritiro delle apparecchiature dismesse dai consumatori ed è quindi evidente che la norma intende consentire l'individuazione di più luoghi esterni di raggruppamento oltre al punto vendita, che possano supportare lo stesso in tali attività;
    al fine di evitare interpretazioni non coerenti con l'intenzione del legislatore e che possano ostacolare o rendere impraticabile il ritiro e il raggruppamento dei RAEE provenienti dai consumatori da parte dei distributori, soprattutto nell'attività di ritiro dal domicilio dei consumatori stessi,

impegna il Governo

a chiarire meglio sotto l'aspetto formale che la corretta interpretazione della norma, e quindi l'intenzione del legislatore, è quella di rendere possibile l'attivazione di più luoghi di raggruppamento esterni, oltre al punto vendita, da parte del distributori, considerato che la logistica di ritiro oggi può funzionare solo se questi ultimi possono conferire i RAEE dei consumatori in più siti logistici, operando non solo in una logica di efficienza e di economicità delle attività di trasporto e di stoccaggio ma anche ai fini di un minore impatto ambientale delle operazioni di ritiro.
9/1327/6Pisicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente disegno di legge in discussione, all'articolo 7, si prevede la modifica dell'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per conformarlo alle disposizioni comunitarie in materia di condizione giuridica dei titolari di permesso soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dei familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati e dei destinatari di protezione sussidiaria;
    con tale modifica si esplicita la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, di tali cittadini stranieri ai cittadini dell'Unione europea;
    la stessa modifica risulta incompleta, dal momento che si omette di menzionare i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia (che godono del medesimo status dei rifugiati ai sensi dell'articolo 22, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007) e i titolari di Carta Blu UE (per i quali è escluso espressamente solo l'accesso al lavoro pubblico se questo comporta l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell'interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 27-quater comma 14 decreto legislativo n. 286 del 1998);
    la parità, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, è garantita ad ogni straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano di svolgere attività lavorativa (ad esempio, il titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per motivi familiari, per studio, per ricerca scientifica, etc.) in base agli obblighi che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica della Convenzione OIL n. 143/1975 (ratificata con legge n. 158 del 1981);
   in particolare, lo Stato italiano:
    si impegna ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (articolo 10);
    deve abrogare qualsiasi disposizione legislativa e modificare qualsiasi disposizione o prassi amministrativa incompatibili con la suddetta politica (articolo 12);
    può restringere l'accesso a limitate categorie di occupazione e di funzioni, qualora tale restrizione sia necessaria nell'interesse dello Stato (articolo 14);
   a tali obblighi deve conformarsi il Legislatore ai sensi di articolo 117 comma 1 della Costituzione, ed essi assumono un valore sovraordinato rispetto alle norme ordinarie interne, anche successive, diventando parametro di legittimità costituzionale delle medesime per effetto del medesimo articolo (sentenze della Corte Costituzionale n. 348 e 349/2007);
   ai cittadini dell'Unione europea possono essere preclusi solo i posti che implichino esercizio di poteri pubblici o attengano alla tutela dell'interesse nazionale (articolo 38 comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001) nonché i posti e le funzioni determinati ai sensi di articolo 38 comma 2 decreto legislativo n. 165 del 2001;
   è escluso che possano essere imposte restrizioni più severe per i cittadini stranieri, sulla base di un non meglio precisato concetto di fedeltà alla Repubblica italiana, dal momento che le citate disposizioni che esplicitamente consentono l'accesso, alle stesse condizioni previste per i cittadini dell'Unione europea, per determinate categorie di cittadini stranieri possono applicarsi a persone appena entrate nel territorio nazionale o, addirittura, entrate in elusione dei controlli di frontiera (si pensi, in particolare, ai familiari stranieri di cittadino comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, per i quali il diritto di soggiornare e i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso legale nel territorio dello Stato), per le quali un tale rapporto di fedeltà non è nemmeno ipotizzabile;
   l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa nazionale sul pubblico impiego, che sancisca il diritto dello straniero di accedervi ha dato luogo, negli ultimi anni, a un notevole contenzioso giudiziario, risolto dai giudici, in modo pressoché univoco, con il riconoscimento del carattere illecitamente discriminatorio dei bandi di concorso per posti di pubblico impiego che limitassero la partecipazione ai cittadini italiani o dell'Unione europea (tra le numerosissime pronunce, si veda, da ultimo: Tribunale di Como, sez. II civile – lavoro, ordinanza 15.05.2013 n. 1503/13;
   la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino di un paese non appartenente alla UE, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011, il ricorso per manifesta inammissibilità, sulla base del fatto che il giudice rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e risalente sentenza della Cassazione n. 24170/2006 (salvo poi disattendere, lo stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero ricorrente al concorso, dimostrando così di aver nei fatti individuato e scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata);
   la Corte Costituzionale ha dato così chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso, Tribunale di Milano 12 agosto 2011, Tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, Tribunale di Firenze, sentenza dd. 27 gennaio 2012);
   la formulazione del comma 3-bis, introdotto, all'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo 7 del disegno di legge in esame, facendo riferimento solo ad alcune categorie di stranieri ammessi al pubblico impiego, a parità con il cittadino dell'Unione europea, appare inadeguata ad adempiere gli obblighi fissati da articolo 12 Conv. OIL n. 143/1975, e rischia quindi di risultare in contrasto con articolo 117 comma 1 della Costituzione;
   la stessa formulazione potrebbe indurre inoltre le amministrazioni pubbliche a interpretare la modifica legislativa come un intervento del Legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente citate (lettura ancora una volta in insanabile contrasto con articolo 14 Conv. OIL n. 143/1975 e articolo 117 comma 1 della Costituzione), con conseguente allargamento di un contenzioso giudiziario nel quale le amministrazioni pubbliche sarebbero destinate irrimediabilmente a soccombere, con oneri a carico della collettività,

impegna il Governo

a fornire, in sede di applicazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, un'interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni che espliciti definitivamente la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, tra il cittadino straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentono lo svolgimento di attività lavorativa e il cittadino dell'Unione europea.
9/1327/7Gozi, Mosca.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente disegno di legge in discussione, all'articolo 7, si prevede la modifica dell'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per conformarlo alle disposizioni comunitarie in materia di condizione giuridica dei titolari di permesso soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dei familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati e dei destinatari di protezione sussidiaria;
    con tale modifica si esplicita la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, di tali cittadini stranieri ai cittadini dell'Unione europea;
    la stessa modifica risulta incompleta, dal momento che si omette di menzionare i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia (che godono del medesimo status dei rifugiati ai sensi dell'articolo 22, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007) e i titolari di Carta Blu UE (per i quali è escluso espressamente solo l'accesso al lavoro pubblico se questo comporta l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell'interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 27-quater comma 14 decreto legislativo n. 286 del 1998);
    la parità, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, è garantita ad ogni straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano di svolgere attività lavorativa (ad esempio, il titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per motivi familiari, per studio, per ricerca scientifica, etc.) in base agli obblighi che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica della Convenzione OIL n. 143/1975 (ratificata con legge n. 158 del 1981);
   in particolare, lo Stato italiano:
    si impegna ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (articolo 10);
    deve abrogare qualsiasi disposizione legislativa e modificare qualsiasi disposizione o prassi amministrativa incompatibili con la suddetta politica (articolo 12);
    può restringere l'accesso a limitate categorie di occupazione e di funzioni, qualora tale restrizione sia necessaria nell'interesse dello Stato (articolo 14);
   a tali obblighi deve conformarsi il Legislatore ai sensi di articolo 117 comma 1 della Costituzione, ed essi assumono un valore sovraordinato rispetto alle norme ordinarie interne, anche successive, diventando parametro di legittimità costituzionale delle medesime per effetto del medesimo articolo (sentenze della Corte Costituzionale n. 348 e 349/2007);
   ai cittadini dell'Unione europea possono essere preclusi solo i posti che implichino esercizio di poteri pubblici o attengano alla tutela dell'interesse nazionale (articolo 38 comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001) nonché i posti e le funzioni determinati ai sensi di articolo 38 comma 2 decreto legislativo n. 165 del 2001;
   è escluso che possano essere imposte restrizioni più severe per i cittadini stranieri, sulla base di un non meglio precisato concetto di fedeltà alla Repubblica italiana, dal momento che le citate disposizioni che esplicitamente consentono l'accesso, alle stesse condizioni previste per i cittadini dell'Unione europea, per determinate categorie di cittadini stranieri possono applicarsi a persone appena entrate nel territorio nazionale o, addirittura, entrate in elusione dei controlli di frontiera (si pensi, in particolare, ai familiari stranieri di cittadino comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, per i quali il diritto di soggiornare e i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso legale nel territorio dello Stato), per le quali un tale rapporto di fedeltà non è nemmeno ipotizzabile;
   l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa nazionale sul pubblico impiego, che sancisca il diritto dello straniero di accedervi ha dato luogo, negli ultimi anni, a un notevole contenzioso giudiziario, risolto dai giudici, in modo pressoché univoco, con il riconoscimento del carattere illecitamente discriminatorio dei bandi di concorso per posti di pubblico impiego che limitassero la partecipazione ai cittadini italiani o dell'Unione europea (tra le numerosissime pronunce, si veda, da ultimo: Tribunale di Como, sez. II civile – lavoro, ordinanza 15.05.2013 n. 1503/13;
   la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino di un paese non appartenente alla UE, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011, il ricorso per manifesta inammissibilità, sulla base del fatto che il giudice rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e risalente sentenza della Cassazione n. 24170/2006 (salvo poi disattendere, lo stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero ricorrente al concorso, dimostrando così di aver nei fatti individuato e scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata);
   la Corte Costituzionale ha dato così chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso, Tribunale di Milano 12 agosto 2011, Tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, Tribunale di Firenze, sentenza dd. 27 gennaio 2012);
   la formulazione del comma 3-bis, introdotto, all'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo 7 del disegno di legge in esame, facendo riferimento solo ad alcune categorie di stranieri ammessi al pubblico impiego, a parità con il cittadino dell'Unione europea, appare inadeguata ad adempiere gli obblighi fissati da articolo 12 Conv. OIL n. 143/1975, e rischia quindi di risultare in contrasto con articolo 117 comma 1 della Costituzione;
   la stessa formulazione potrebbe indurre inoltre le amministrazioni pubbliche a interpretare la modifica legislativa come un intervento del Legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente citate (lettura ancora una volta in insanabile contrasto con articolo 14 Conv. OIL n. 143/1975 e articolo 117 comma 1 della Costituzione), con conseguente allargamento di un contenzioso giudiziario nel quale le amministrazioni pubbliche sarebbero destinate irrimediabilmente a soccombere, con oneri a carico della collettività,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di fornire, in sede di applicazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, un'interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni che espliciti definitivamente la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, tra il cittadino straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentono lo svolgimento di attività lavorativa e il cittadino dell'Unione europea.
9/1327/7. (Testo modificato nel corso della seduta).  Gozi, Mosca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea 2013 prevede la validità nel territorio italiano dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro;
    la disposizione su citata stabilisce che i cittadini europei che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni per operare sul territorio nazionale, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che dovranno essere individuati con successivo decreto del Ministro dei beni culturali e del turismo, da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge europea;
    la professione di guida turistica è regolamentata, fin dal 1992, dalle direttive europee riguardanti la formazione e le qualifiche professionali, sia per quanto riguarda il riconoscimento dei titoli acquisiti in altro Stato membro, sia per quanto attiene la libera prestazione di servizi, temporanea e occasionale di professionisti provenienti da altro Stato membro – disciplina che trova la sua diretta applicazione nella Direttiva 2005/36/CE, sul «Riconoscimento delle qualifiche professionali», recepita nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;
    come specificano il Considerando 31 e la deroga di cui all'articolo 3 della Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi del mercato interno, non si applicano alle professioni le disposizioni della medesima direttiva, restando, quindi, impregiudicate le disposizioni della Direttiva 2005/36/CE, sia riguardo all'esercizio della professione che alla libera prestazione di servizi transfrontalieri a titolo temporaneo in altro Stato membro;
    in base a quanto stabilito dall'articolo 57 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea) e dall'articolo 5.3 della Direttiva 2005/36/CE, il prestatore proveniente da altro Stato membro deve adeguarsi per l'esecuzione della sua prestazione professionale alle stesse condizioni e alle norme professionali imposte dal paese ospitante ai propri cittadini (secondo il principio della parità di trattamento);
    nel diritto europeo, considerato nelle sue fonti primarie dei Trattati, vige il principio di sussidiarietà in materia di professioni e di beni culturali;
    la professione di guida turistica, qualificata nell'illustrazione e nella divulgazione di un patrimonio culturale delimitato, richiede conoscenze e competenze specializzate e non va confusa con l'accompagnatore che assiste il gruppo nel corso di un viaggio; è impossibile, infatti, poter effettuare visite guidate su tutto il territorio italiano, il cui patrimonio va dalla preistoria all'arte contemporanea e conta non meno di 200.000 beni culturali censiti – pena lo svilimento e la dequalificazione della suddetta professione;
    è necessario intervenire con una legge di riordino legislativo complessivo in materia, anche al fine di scongiurare il rischio di deprimere competenze e professionalità legate, inevitabilmente, alle conoscenze turistiche di particolari territori, che operano in un comparto particolarmente significativo per la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale del nostro Paese,

impegna il Governo

a provvedere con successivi e ulteriori strumenti normativi, al fine di pervenire, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, a una riforma organica in materia di esercizio della professione di guida turistica, comprensiva della definizione di Linee Guida Nazionali operanti nel rispetto dei su citati principi contenuti nei Trattati europei.
9/1327/8Iacono, Mosca, Gozi, Amoddio, Zappulla, Battaglia, Berlinghieri, Bonomo, Casellato, Crimì, Culotta, Gianni Farina, Giachetti, Giulietti, Giuseppe Guerini, Manfredi, Moscatt, Pastorino, Ventricelli, Schirò Planeta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013» è volto a risolvere le contestazioni sollevate nell'ambito del caso EU Pilot 4277/12/MARK in materia di guide turistiche, prevedendo che le guide turistiche abilitate ad esercitare la professione in altri Stati membri, possano operare in regime di libera prestazione di servizi sul territorio nazionale senza necessità di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni;
    la professione di guida turistica nel territorio italiano risulta assoggettata al sistema generale di riconoscimento della formazione professionale di cui alla direttiva 92/51/CE, cui è stata data attuazione con il decreto legislativo n. 319 del 1994;
    la suddetta attività professionale risulta altresì soggetta alle modifiche introdotte con la direttiva 2005/36/CE, cui ha dato attuazione il decreto legislativo n. 206 del 2007, sia per il riconoscimento delle qualifiche professionali, che per la libera prestazione di servizi temporanei ed occasionali;
    alla professione di guida turistica, in conseguenza di quanto suindicato, non si applicano le misure previste dalla direttiva 2006/123/CE, se non per questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali quali: l'assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazione amministrativa, nonché le disposizioni stabilite dal Titolo II della direttiva 2005/36/CE, nell'ambito della libera prestazione di servizi;
    risulta evidente che l'articolo 3, commi 1 e 2, nel contestuale richiamo alle misure previste dalla direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno e a quelle recate dalla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, rischia di determinare una confusione normativa tra la figura della guida turistica e quella dell'accompagnatore, le cui caratteristiche professionali e i compiti attribuiti differiscono sensibilmente. Con ciò si favorirebbero esclusivamente gli interessi economici di operatori stranieri, a danno della tutela e della salvaguardia delle guide turistiche italiane e delle specificità culturali, sociali ed economiche derivanti dal ruolo storico e tradizionale da esse svolto, con prevedibili ripercussioni nell'ambito occupazionale del settore interessato,

impegna il Governo

   a prevedere un riordino normativo dell'intera disciplina in materia di professione di guida turistica, al fine di evitare l'apertura di una procedura di infrazione;
   a rispondere, nell'ambito del sistema Eu pilot, ai rilievi formulati con la procedura 4277/12/MARK, chiedendo alla Commissione europea di valutare se l'applicazione della normativa da essa prospettata non sia in contrasto con il principio di sussidiarietà;
   ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'UE affinché, attraverso le opportune modifiche alla direttiva sui servizi nel mercato interno e alla direttiva sulle qualifiche professionali, si tenga conto della specificità dell'attività delle guide turistiche, anche rispetto a quella dell'accompagnatore e, in coerenza con il principio di sussidiarietà, siano fatti salvi i tratti essenziali delle medesime professioni propri di ciascun ordinamento nazionale.
9/1327/9Alli.


   La Camera,
   premesso che:
    è da tutti riconosciuta l'importanza del settore dell’industrial design in Italia, settore che purtroppo oggi non è esentato dalla crisi economica;
    con l'entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95, di attuazione della direttiva 98/71/CE, si è introdotta in Italia la protezione del diritto d'autore delle opere del disegno industriale;
    da subito, il nostro ordinamento ha introdotto una norma transitoria, oggi divenuta l'articolo 239 del Codice di Proprietà Industriale (CPI), che ha concesso una moratoria per coloro i quali, già prima del 19 aprile 2001, producevano e commercializzavano prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale che erano o erano divenute di pubblico dominio, non rispondendo della violazione del diritto d'autore compiuta, norma che se da una parte rispondeva alle esigenze di smaltimento delle scorte, dall'altra, dopo essere stata modificata per sette volte ha consentito, per interessi particolari, di proseguire in questa attività per 10 e più anni, mortificando e lasciando nella confusione normativa più totale i produttori legittimi di design originale;
    la Corte di Giustizia Europea, il 27 gennaio 2011, nel procedimento C-168/09, ha preso espressamente in esame la possibilità per l'Italia di rinviare l'applicazione della protezione di diritto d'autore sulle opere di design, escludendo espressamente la legittimità di una moratoria di dieci anni: infatti, secondo la Corte, «l'inopponibilità per un periodo transitorio di dieci anni non appare giustificata dalla necessità di garantire gli interessi economici dei terzi in buona fede, poiché risulta che un periodo più breve sarebbe parimenti idoneo a permettere la cessazione progressiva dell'attività nei limiti dell'uso anteriore e, a fortiori, a smaltire le scorte» e «una moratoria decennale della protezione del diritto d'autore risulta andare al di là di quanto necessario, poiché, sottraendo dieci anni dal periodo di tutela di un'opera – cioè, in linea di principio, 70 anni dopo la morte dell'autore – l'applicazione della tutela del diritto d'autore è rinviata per un periodo sostanziale di tempo»;
    se illegittima è stata ritenuta una moratoria di 10 anni, ancor di più la è una di 13, come recita l'articolo 239 CPI oggi in vigore, o di più anni;
    per il motivo sopra esposto, la Commissione Europea con il caso EU Pilot 3955/12/MARK ha avviato l'iter che porta all'apertura della procedura di infrazione, che esporrà l'Italia a sanzioni certe,

impegna il Governo

a mettere a punto entro tre mesi un provvedimento adeguato sulla piena tutela del design in coerenza con la normativa comunitaria secondo le indicazioni della Corte di Giustizia UE.
9/1327/10Mosca, Alli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea 213 attesta la validità nel territorio italiano dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione Europea in un altro Stato membro;
    la disposizione, così come modificata in prima lettura al Senato, prevede che i cittadini europei che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni per operare sul territorio nazionale, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che dovranno essere individuati con successivo decreto del Ministro dei beni culturali e del turismo, da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge europea;
    come segnalato dal Governo la disposizione trova il suo fondamento nella necessità di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, nell'ambito della procedura EU Pilot 4277/12/Mark;
    la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, nel paragrafo 4 dell'articolo 10, stabilisce la portata nazionale dell'autorizzazione ad esercitare la professione. La Commissione europea, sulla base di tali norme, ha rilevato che legislazione italiana in materia di guide turistiche contrasti con la normativa europea, laddove si prevede che l'abilitazione all'esercizio della suddetta professione abbia validità solo nella regione o provincia di rilascio;
    tali previsioni, stabilendo che l'attività della guida turistica di un cittadino dell'Unione possa essere svolta in tutto il territorio europeo senza necessità di ulteriori autorizzazioni e abilitazioni, hanno suscitato molte reazioni e fondate preoccupazioni da parte degli operatori del settore delle guide turistiche italiane;
    i motivi di preoccupazione per la completa liberalizzazione in un settore che risulta tra quelli strategici per il nostro paese, trovano il loro fondamento nella necessità di preservare la figura di guida turistica, attestata da un'abilitazione alla professione grazie al superamento di prove specializzate, volte ad accertare la conoscenza del patrimonio presente sul territorio di riferimento per l'esercizio della professione, da non confondere con la mera e occasionale figura dell'accompagnatore turistico;
    le guide turistiche esercitano una professione regolamentata e soggetta al regime europeo in materia di riconoscimento dei titoli professionali, rispetto alla quale è da intendersi applicata la direttiva 2005/36/CE sul «Riconoscimento delle qualifiche professionali», recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;
    ricadendo la disciplina delle guide turistiche sotto la diretta applicazione della direttiva sulle professioni e non su quella relativa ai servizi del mercato interno, il presupposto della supposta violazione della normativa interna a quella europea, nell'ambito della suddetta procedura EU Pilot, di cosiddetta pre-infrazione, risulta, dunque, essere erroneo;
    tale disciplina è oggetto di competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione La Corte costituzionale ha più volte ribadito che allo Stato compete l'individuazione delle figure e profili professionali e dei requisiti necessari per l'esercizio della relativa professione, mentre alle regioni spetta la disciplina di quegli aspetti in specifico collegamento con la realtà regionale, precisando che tale riparto delle competenze vale anche per le professioni turistiche;
    l'Italia non ha per motivi storici un'omogeneità territoriale, culturale e artistica, ma possiede un concentrato di patrimonio ricchissimo, vastissimo e con numerosissimi siti Unesco; tali peculiarità, difficilmente paragonabili ad altri territori dell'Unione, sono a fondamento dell'attuale legislazione e del riparto di competenze a livello regionale, per quanto attiene agli aspetti specifici, rispondendo ciò all'esigenza di operare in determinate province con prove abilitanti differenziate relativamente a un determinato territorio;
    la guida turistica è specializzata nell'illustrazione di un patrimonio culturale limitato e non va confusa con l'accompagnatore che assiste il gruppo nel corso di un viaggio; è impossibile, infatti, poter effettuare visite guidate su tutto il territorio italiano, il cui patrimonio va dalla preistoria all'arte contemporanea e conta non meno di 200.000 beni culturali censiti – pena lo svilimento e la dequalificazione della suddetta professione;
    nel diritto europeo, considerato nelle sue fonti primarie dei Trattati e nel suo complesso (dunque non soltanto in riferimento alla cosiddetta direttiva servizi), vige il principio di sussidiarietà in materia di professioni e di beni culturali;
    la libera prestazione di servizi, temporanea e occasionale, da parte di professionisti provenienti da altro Stato membro, può essere fornita solo a condizione che si eserciti la stessa professione nello Stato membro di origine e che questa debba essere eseguita alle stesse condizioni imposte dallo Stato ai propri cittadini, come prescrive l'articolo 57 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea) che stabilisce il diritto del prestatore ad esercitare la propria attività nello stato membro ove la prestazione è fornita alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini, e dunque nel rispetto delle norme dello Stato nel quale si svolge l'attività lavorativa,

impegna il Governo:

   a prevedere, in considerazione della complessità della materia, un successivo intervento di riordino normativo dell'intera disciplina dell'attività di guida turistica, nel rispetto della legislazione europea, considerata nell'insieme delle sue fonti – sia in riferimento alle norme primarie dei Trattati, sia in riferimento alle discipline di settore – affinché siano salvaguardate le competenze professionali abilitanti per lo svolgimento di tali attività, contemperando gli interessi strategici per il sistema paese in una più ampia prospettiva, in un mercato sempre più vasto a favore delle giovani generazioni italiane ed europee;
   valutare la possibilità di prevedere, nelle more di una legge di riordino complessivo in materia e in attesa dell'emanazione dei decreti di attuazione di cui al comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento, una esplicita proroga della legislazione vigente in materia, anche al fine di scongiurare possibili confusioni normative che potrebbero arrecare danni a un settore particolarmente rilevante per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano.
9/1327/11Morani, Manfredi, Iori, Malpezzi, Cimbro, Moretti, Simoni, Melilli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea 213 attesta la validità nel territorio italiano dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione Europea in un altro Stato membro;
    la disposizione, così come modificata in prima lettura al Senato, prevede che i cittadini europei che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni per operare sul territorio nazionale, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che dovranno essere individuati con successivo decreto del Ministro dei beni culturali e del turismo, da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge europea;
    come segnalato dal Governo la disposizione trova il suo fondamento nella necessità di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, nell'ambito della procedura EU Pilot 4277/12/Mark;
    la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, nel paragrafo 4 dell'articolo 10, stabilisce la portata nazionale dell'autorizzazione ad esercitare la professione. La Commissione europea, sulla base di tali norme, ha rilevato che legislazione italiana in materia di guide turistiche contrasti con la normativa europea, laddove si prevede che l'abilitazione all'esercizio della suddetta professione abbia validità solo nella regione o provincia di rilascio;
    tali previsioni, stabilendo che l'attività della guida turistica di un cittadino dell'Unione possa essere svolta in tutto il territorio europeo senza necessità di ulteriori autorizzazioni e abilitazioni, hanno suscitato molte reazioni e fondate preoccupazioni da parte degli operatori del settore delle guide turistiche italiane;
    i motivi di preoccupazione per la completa liberalizzazione in un settore che risulta tra quelli strategici per il nostro paese, trovano il loro fondamento nella necessità di preservare la figura di guida turistica, attestata da un'abilitazione alla professione grazie al superamento di prove specializzate, volte ad accertare la conoscenza del patrimonio presente sul territorio di riferimento per l'esercizio della professione, da non confondere con la mera e occasionale figura dell'accompagnatore turistico;
    le guide turistiche esercitano una professione regolamentata e soggetta al regime europeo in materia di riconoscimento dei titoli professionali, rispetto alla quale è da intendersi applicata la direttiva 2005/36/CE sul «Riconoscimento delle qualifiche professionali», recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;
    ricadendo la disciplina delle guide turistiche sotto la diretta applicazione della direttiva sulle professioni e non su quella relativa ai servizi del mercato interno, il presupposto della supposta violazione della normativa interna a quella europea, nell'ambito della suddetta procedura EU Pilot, di cosiddetta pre-infrazione, risulta, dunque, essere erroneo;
    tale disciplina è oggetto di competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione La Corte costituzionale ha più volte ribadito che allo Stato compete l'individuazione delle figure e profili professionali e dei requisiti necessari per l'esercizio della relativa professione, mentre alle regioni spetta la disciplina di quegli aspetti in specifico collegamento con la realtà regionale, precisando che tale riparto delle competenze vale anche per le professioni turistiche;
    l'Italia non ha per motivi storici un'omogeneità territoriale, culturale e artistica, ma possiede un concentrato di patrimonio ricchissimo, vastissimo e con numerosissimi siti Unesco; tali peculiarità, difficilmente paragonabili ad altri territori dell'Unione, sono a fondamento dell'attuale legislazione e del riparto di competenze a livello regionale, per quanto attiene agli aspetti specifici, rispondendo ciò all'esigenza di operare in determinate province con prove abilitanti differenziate relativamente a un determinato territorio;
    la guida turistica è specializzata nell'illustrazione di un patrimonio culturale limitato e non va confusa con l'accompagnatore che assiste il gruppo nel corso di un viaggio; è impossibile, infatti, poter effettuare visite guidate su tutto il territorio italiano, il cui patrimonio va dalla preistoria all'arte contemporanea e conta non meno di 200.000 beni culturali censiti – pena lo svilimento e la dequalificazione della suddetta professione;
    nel diritto europeo, considerato nelle sue fonti primarie dei Trattati e nel suo complesso (dunque non soltanto in riferimento alla cosiddetta direttiva servizi), vige il principio di sussidiarietà in materia di professioni e di beni culturali;
    la libera prestazione di servizi, temporanea e occasionale, da parte di professionisti provenienti da altro Stato membro, può essere fornita solo a condizione che si eserciti la stessa professione nello Stato membro di origine e che questa debba essere eseguita alle stesse condizioni imposte dallo Stato ai propri cittadini, come prescrive l'articolo 57 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea) che stabilisce il diritto del prestatore ad esercitare la propria attività nello stato membro ove la prestazione è fornita alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini, e dunque nel rispetto delle norme dello Stato nel quale si svolge l'attività lavorativa,

impegna il Governo:

   a prevedere, in considerazione della complessità della materia, un successivo intervento di riordino normativo dell'intera disciplina dell'attività di guida turistica, nel rispetto della legislazione europea, considerata nell'insieme delle sue fonti – sia in riferimento alle norme primarie dei Trattati, sia in riferimento alle discipline di settore – affinché siano salvaguardate le competenze professionali abilitanti per lo svolgimento di tali attività;
   valutare la possibilità di prevedere, nelle more di una legge di riordino complessivo in materia e in attesa dell'emanazione dei decreti di attuazione di cui al comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento, una esplicita proroga della legislazione vigente in materia, anche al fine di scongiurare possibili confusioni normative che potrebbero arrecare danni a un settore particolarmente rilevante per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano.
9/1327/11. (Testo modificato nel corso della seduta).  Morani, Manfredi, Iori, Malpezzi, Cimbro, Moretti, Simoni, Melilli.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del lo marzo 2011 nella causa C-236/09 ha dichiarato l'invalidità, con effetto dal 21 dicembre 2012, dell'articolo 5, n. 2, della direttiva 2004/113/CE, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi;
    la disposizione dichiarata invalida consentiva, in deroga dal principio generale di parità di trattamento tra uomo e donna nell'accesso ai beni e servizi offerti al pubblico, che nel calcolo di premi e prestazioni assicurative si tenesse conto del sesso, ove tale fattore fosse determinate nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici;
    l'Italia si era avvalsa di questa facoltà con l'articolo 55-quater del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198. Tale ultima disposizione, per effetto della caducazione dell'articolo 5, n. 2, della direttiva 2004/113/CE, disposta dalla sentenza sopra richiamata, dovrebbe essere modificata al fine di escludere che il sesso, quale fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri servizi finanziari, possa determinare differenze nei premi e nelle prestazioni,

impegna il Governo

a dare tempestiva attuazione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 1o marzo 2011 nella causa C-236/09, al fine di precisare che nei contratti stipulati, per la prima volta, a partire dal 21 dicembre 2012 il fatto di tenere conto del sesso quale fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri servizi finanziari non può determinare differenze nei premi e nelle prestazioni e che i costi inerenti alla gravidanza e alla maternità non possono determinare differenze nei premi o nelle prestazioni individuali.
9/1327/12Tancredi, Alli.


   La Camera,
   premesso che:
    è imminente la conclusione dell’iter della procedura d'infrazione n. 2131 aperta nel 2006 nei confronti del nostro Paese per violazione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, oggi 147/2009/CE. Infatti, alla condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea il 15 luglio 2010 non ha fatto seguito il completo adeguamento normativo richiesto in modo articolato dall'Europa;
    l'insoddisfacente o parziale risposta del nostro Paese causerà l'irrogazione di forti sanzioni pecuniarie ai danni dei cittadini italiani;
    in particolare, la violazione delle regole comunitarie risulta grave nella mancanza di corretta applicazione dell'articolo 9 da parte dello Stato italiano, su cui grava l'obbligo di pieno e puntuale rispetto del dettato comunitario;
    specificatamente, il testo della procedura indica violazioni per non conformità alla direttiva in diverse regioni italiane;
    la conclusione del parere motivato trasmesso con nota C(2006) 2683 del 28 giugno 2006 – e quindi della procedura 2131/2006 – riporta la severa motivazione per cui in Italia «il regime delle deroghe previsto dalla direttiva è prevalentemente utilizzato per autorizzare una sorta di regime semipermanente di caccia agli uccelli rispetto ai quali la caccia è vietata»;
    uno dei punti riscontrati quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dalla reiterata e diffusa autorizzazione al prelievo in deroga da lettera c) in mancanza di dati scientificamente solidi quale premessa necessaria ed indispensabile per calcolare correttamente la cosiddetta piccola quantità per le specie non cacciabili oggetto di deroga;
    un ulteriore punto evidenziato quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dall'indistinta e ampia platea di soggetti autorizzati dalle regioni al prelievo in deroga su specie non cacciabili, soggetti assolutamente privi di specifica ed uniforme formazione e quindi non in grado di applicare con il rigore e l'alta selettività dettate dall'articolo 9 della direttiva il prelievo in deroga su specie non cacciabili;
    nessuna delle regioni che nel corso degli anni ha autorizzato il prelievo in deroga ha adottato misure puntuali e rigorose che rispondessero all'obbligo del corretto calcolo della cosiddetta piccola quantità o attivato specifici percorsi formativi e conseguenti valutazioni circa uniformità e capacità di selettività dei soggetti autorizzati al prelievo in deroga su specie non cacciabili,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente le misure opportune affinché ogni eventuale ricorso all'applicazione di deroghe da parte delle regioni quali strumenti eccezionali ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 147/2009/CE venga subordinato alla disponibilità di dati certi ed al puntuale rispetto delle modalità di calcolo della cosiddetta piccola quantità come già indicate dalla DG Ambiente della Commissione Europea al Ministero dell'Ambiente e all'ISPRA e ad attivare e realizzare, prima di richiedere deroghe, specifici corsi di formazione e successive rigorose valutazioni circa l'uniformità della preparazione e l'alta selettività quali caratteristiche obbligatorie nei soggetti autorizzabili al prelievo in deroga su specie non cacciabili.
9/1327/13Brambilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1, lettera a), dell'articolo 9 della legge europea 2013, introduce per gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l'estero, di mezzi di pagamento di cui all'articolo 1, comma 2, lettera i), del medesimo decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, l'obbligo di trasmissione all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle predette operazioni oggetto di rilevazione ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera b), del citato decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;
    il comma 1, lettera a), dell'articolo 9 della legge europea 2013, assoggetta al monitoraggio tutte le operazioni di valore pari o superiore a 15.000 euro, anche nel caso di operazioni che appaiono fra loro collegate, le cosiddette operazioni frazionate, così come previsto dall'articolo 36, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231,

impegna il Governo

ad estendere, agli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l'estero, di mezzi di pagamento di cui all'articolo 1, comma 2, lettera i), del medesimo decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, l'obbligo di registrazione e conservazione previsto dall'articolo 36 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, anche per le operazioni di importo inferiore a 15.000 euro.
9/1327/14Pesco, Ruocco, Cancelleri, Chimienti, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1, lettera a), dell'articolo 9 della legge europea 2013, introduce per gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l'estero, di mezzi di pagamento di cui all'articolo 1, comma 2, lettera i), del medesimo decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, l'obbligo di trasmissione all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle predette operazioni oggetto di rilevazione ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera b), del citato decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;
    il comma 1, lettera a), dell'articolo 9 della legge europea 2013, assoggetta al monitoraggio tutte le operazioni di valore pari o superiore a 15.000 euro, anche nel caso di operazioni che appaiono fra loro collegate, le cosiddette operazioni frazionate, così come previsto dall'articolo 36, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere, agli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l'estero, di mezzi di pagamento di cui all'articolo 1, comma 2, lettera i), del medesimo decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, l'obbligo di registrazione e conservazione previsto dall'articolo 36 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, anche per le operazioni di importo inferiore a 15.000 euro.
9/1327/14. (Testo modificato nel corso della seduta).  Pesco, Ruocco, Cancelleri, Chimienti, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il 18 dicembre 2012, al termine della XVI Legislatura è stata approvata la nuova ed attesa Legge recante norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini. Trattasi della legge 14 gennaio 2013, n. 9, il cui disegno di legge era stato approvato in prima lettura il 30 ottobre 2012 in sede deliberante dalla 9a Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato e poi, all'unanimità, in sede legislativa dalla XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati;
    questa legge, giudicata fondamentale per il settore olivicolo ed oleario italiano e per tutelare i consumatori e la trasparenza dei mercati, è stata fortemente voluta dal comparto agricolo ed agroalimentare nazionale, costretto a fronteggiare la concorrenza di produzioni qualitativamente inferiori che si avvalgono spesso di una presentazione ingannevole. Nel merito, la nuova legge si compone di un articolato complesso di disposizioni tese a tutelare e valorizzare la produzione nazionale di maggior pregio;
    gli scopi di tutela della legge sono perseguiti tramite diverse disposizioni che vanno ad incidere nelle fasi più sensibili della filiera produttiva e commerciale dell'olio extravergine di oliva. In particolare sono introdotte nuove norme riguardanti:
   1) una puntuale regolazione delle modalità di verifica della presenza delle qualità organolettiche;
   2) la dettagliata individuazione delle pratiche commerciali ingannevoli;
   3) la disciplina dell'uso dei marchi d'impresa;
   4) l'introduzione di termine e modalità di conservazione delle specifiche qualità organolettiche;
   5) la regolazione della vendita sottocosto;
   6) il rafforzamento degli istituti processuali e investigativi;
   7) le disposizioni direttamente volte ad imporre una corretta etichettatura degli oli di oliva vergini, queste ultime contenute nell'articolo 1, che stabilisce le modalità di indicazione dell'origine del prodotto, in applicazione dell'articolo 4 del decreto ministeriale 10 novembre 2009 (esse entrano nel merito della dimensione dei caratteri da utilizzare, della loro visibilità e leggibilità, della distinguibilità dagli altri segni grafici, del luogo di apposizione dell'indicazione) e nell'articolo 10, che obbliga gli uffici della sanità transfrontaliera a rendere accessibili le informazioni sull'origine degli oli extra vergini e delle olive, sia agli organi di controllo sia alle amministrazioni interessate, anche creando delle connessioni con sistemi informativi e banche dati di altre autorità pubbliche;
    come noto, l'indicazione dell'origine nell'etichetta degli oli d'oliva vergini è stata da sempre una giusta pretesa dello Stato italiano (vedasi al riguardo il decreto-legge n. 204 del 2004, articolo 1-ter) che si è fronteggiato per molti anni con la Commissione europea inizialmente contraria a questo onesto principio di tutela della garanzia dell'origine e della qualità delle olive e del relativo olio, mentre oggi ne condivide la validità e la giustezza ammettendone le misure di tutela nelle proprie disposizioni comunitarie. Infatti le norme comunitarie avevano disposto il criterio dell'origine nelle etichette, in un primo tempo con il reg. (CE) n. 1019/2002 esclusivamente come «regime facoltativo» e poi come regime obbligatorio con l'approvazione del reg. (CE) n. 29/2012, il quale, ai sensi del proprio articolo 4, dispone che la designazione dell'origine deve riferirsi alla zona geografica nella quale l'olio è stato ottenuto, che di norma corrisponde alla zona nella quale è stato estratto dalle olive. Tuttavia, se il luogo di raccolta delle olive è diverso da quello di estrazione dell'olio, tale informazione deve essere indicata sugli imballaggi o sulle relative etichette per non indurre in errore il consumatore e non perturbare il mercato dell'olio d'oliva;
    oggi la legge n. 9 del 2013 è a tutti nota come «Legge salva olio italiano» ed ha il pregio di offrire oggettive tutele per il consumatore il quale, in virtù delle nuove norme, può essere maggiormente garantito sulla qualità e sulla vera origine dell'olio di oliva che intende acquistare. Basti ricordare a tal proposito che viene istituito un panel test svolto da un comitato di assaggiatori qualificati che deve analizzare l'olio per cercare eventuali difetti sensoriali che possono pregiudicarne la qualità. Inoltre viene disciplinato rigorosamente il quantitativo di alchil esteri atti a sancire la genuinità dell'olio e pertanto le analisi sul numero di alchil esteri (composti chimici dell'olio di oliva che, a livelli elevati, testimoniano una scarsa qualità del prodotto), effettuate dalle autorità competenti, verranno pubblicate e mensilmente aggiornate nel portale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Anche il consumo dell'olio presso i locali in cui si consumano pasti è regolato in maniera più severa: nella presentazione nei pubblici esercizi, le bottiglie od i contenitori dovranno possedere un tappo anti rabbocco e un'etichetta che contenga almeno l'origine del prodotto e il lotto di produzione cui appartiene;
    purtroppo, nonostante il cospicuo lavoro svolto in sinergia tra organizzazioni professionali del settore olivicolo e Parlamento, questa preziosa legge potrebbe rischiare di non trovare facile applicazione o di rimanere in parte non esecutiva a causa di problematiche procedurali avviatesi con l'Unione europea la quale ha deciso di avviare un EU PILOT, il 4632/13/AGR, sulla citata legge 14 gennaio 2013, n. 9, lamentando la violazione, da parte dell'Italia, delle procedure e dei termini previsti dalla direttiva 22 giugno 1998, n. 98/34/CE che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione;
    tale procedura ad ogni modo consegue alla pari determinazione dell'Unione europea, la quale in virtù di alcuni chiarimenti richiesti nel mese di novembre 2012, con la decisione n. 2012/650/I ne aveva sospeso l'applicazione per un anno e cioè fino al 22 novembre 2013;
    in particolare, la Commissione lamenta il mancato rispetto dell’iter di notifica e del termine assegnato all'Italia per l'adozione delle disposizioni in materia di dimensione dei caratteri e tipologie dei sistemi di apertura per le confezioni di olio di oliva vergine, in quanto previsioni già oggetto di discussione presso il Comitato di gestione per l'organizzazione comune dei mercati agricoli;
    sulla base di ulteriori valutazioni effettuate successivamente alle comunicazioni trasmesse ai sensi della predetta direttiva, la Commissione ha censurato gli articoli 1, commi 2, 3 e 4; 4, comma 3; 7, comma 2; articolo 16, comma 1, per la violazione di altre disposizioni comunitarie;
    il settore agricolo del comparto olivicolo oleario italiano deve essere fortemente tutelato e rafforzato, l'olio di oliva del nostro Paese è una delle peculiarità più prestigiose ed a forte reputazione del Made in Italy;
    l'olivicoltura è un patrimonio nazionale che genera lavoro e reddito soprattutto nelle aree più svantaggiate della penisola, vi sono oltre 250 milioni di olivi sul territorio nazionale che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all'anno e un fatturato di 2 miliardi di euro, con una produzione nazionale che si concentra soprattutto in Puglia (35 per cento), Calabria (33 per cento), Sicilia (8 per cento), Campania (6 per cento), Abruzzo (4 per cento), Lazio (4 per cento), Toscana (3 per cento) e Umbria (2 per cento), mentre sono ben 43 gli oli italiani a denominazione di origine riconosciuti dall'Unione europea;
    la legge n. 9 del 2013 rappresenta lo strumento giuridico più innovativo, completo ed avanzato in grado di difendere e sostenere la nostra produzione olivicolo-olearia di qualità e gli interessi dei consumatori oltre che garantire la trasparenza nei mercati alimentari, essa pertanto deve essere rivendicata in ogni sede e se ne deve rimuovere ogni ostacolo o pregiudizio che ne possa compromettere la totale e puntuale attuazione,

impegna il Governo:

   ad intraprendere ogni iniziativa, anche a carattere normativo e se del caso nell'ambito della predisposizione della prossima legge europea 2014, capace di superare le obiezioni sollevate dalla Commissione europea riguardo alla legge 14 gennaio 2013 n. 9, con particolare riferimento a quelle di cui alla decisione del n. 2012/650/I del 22 novembre 2012;
   nelle more dell'adozione delle iniziative di cui sopra, a valutare l'opportunità di:
    a) verificare la correttezza della notifica dell'intera iniziativa legislativa di cui in premessa e a tener conto che l'obbligo di stand still (status quo) riguarda unicamente le disposizioni che costituiscono effettivamente regole tecniche:
    b) accertare le circostanze secondo cui la messa a conoscenza della Commissione il complesso delle disposizioni contenute in una normativa non impedisce ad uno Stato membro di mettere in vigore immediatamente le disposizioni che costituiscono regole tecniche senza attendere i risultati della procedura d'esame prevista dalla direttiva 98/34/CE;
    c) ritenere priva di giustificazione la richiesta di abrogazione dell'intera legge n. 9 del 2013 e di procedere, invece, alla immediata applicazione ad eccezione delle norme oggetto di revisione in sede europea;
    d) considerare, ad ogni modo, che il dispositivo di chiusura che devono possedere le bottiglie od i contenitori da utilizzare nella presentazione nei pubblici esercizi, il cosiddetto tappo anti rabbocco, possa essere applicato soltanto agli oli di oliva vergini commercializzati nel nostro Paese con indicazione di origine dello Stato e fatta salva la disciplina di mutuo riconoscimento;
   nelle circostanze di cui trattasi e ad ogni modo, ad adottare tutte le misure che si rendono necessarie per difendere, a livello europeo, l'iniziativa legislativa censurata.
9/1327/15Mongiello, Realacci, Catania, Oliverio, Bindi, Antezza, Russo, Di Gioia, Latronico, Sani, Cera, Montroni, Sannicandro, Stumpo, Cenni, Tentori, Marrocu, Cova, Faenzi, Ginefra, Carra, Biondelli, Moretti, Fiorio, Michele Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1327 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013»;
    l'articolo 23 è finalizzato a superare i rilievi (formulati dalla Commissione europea nella procedura di infrazione 2009/2086 di non conformità alla direttiva 85/337/CEE sulla valutazione di impatto ambientale VIA) sulle norme del Codice dell'ambiente che stabiliscono i criteri e le procedure di valutazione dell'assoggettabilità a VIA, il cosiddetto «screening», dei progetti di cui all'allegato IV allo stesso Codice;
    il Codice dell'ambiente prevede soglie dimensionali, al di sotto delle quali i progetti non devono comunque essere sottoposti a VIA;
    la Commissione europea ha eccepito il fatto che tali criteri dimensionali non esauriscono tutti i criteri di cui obbligatoriamente deve essere tenuto conto nel fissare soglie e criteri per lo screening, che sono elencati nell'allegato V al Codice (identico all'allegato III della direttiva);
    per porre rimedio a tale violazione, l'articolo 23 prevede che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro dell'ambiente, con apposito decreto, provveda ad emanare le linee guida finalizzate all'individuazione dei criteri e delle soglie per lo screening dei progetti da sottoporre a procedura di VIA, sulla base dei criteri di cui al citato allegato V, e che successivamente, entro tre mesi dall'emanazione di tali linee guida, le regioni possano definire criteri e soglie in base ai quali stabilire quali progetti debbano essere sottoposti a procedura di VIA, trascorsi i quali, senza che le regioni abbiano provveduto, le tipologie progettuali di cui all'allegato IV alla parte II del predetto decreto legislativo sono sottoposte comunque alla verifica di assoggettabilità, a prescindere da qualsiasi soglia o criterio di esclusione;
    pertanto le linee guida sono rivolte alle regioni e, quindi, l'articolo 23 prevede il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulle linee guida del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    l'intervento regionale è fondamentale tant’è che, in caso di mancanza dell'intervento regionale, le soglie dimensionali di cui all'allegato IV saranno comunque non considerate e, pertanto, tutti i progetti indicati nello stesso allegato dovranno essere sottoposti alle procedure di screening di cui all'articolo 20 del Codice;
    ciò potrebbe creare discriminazioni tra i nostri impianti e quelli degli altri Stati europei assoggettando a procedure di screening, e quindi ad appesantimenti burocratici, anche impianti che non presentano rilevanza ai fini ambientali;
    il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento ha una rilevanza fondamentale nel procedimento di approvazione delle linee guida,

impegna il Governo

a tenere nella massima considerazione il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulle linee guida del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai fini dell'individuazione dei criteri e delle soglie per lo screening dei progetti da sottoporre a procedura di VIA;
9/1327/16Grimoldi, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1327 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013»;
    l'articolo 23 è finalizzato a superare i rilievi (formulati dalla Commissione europea nella procedura di infrazione 2009/2086 di non conformità alla direttiva 85/337/CEE sulla valutazione di impatto ambientale VIA) sulle norme del Codice dell'ambiente che stabiliscono i criteri e le procedure di valutazione dell'assoggettabilità a VIA, il cosiddetto «screening», dei progetti di cui all'allegato IV allo stesso Codice;
    il Codice dell'ambiente prevede soglie dimensionali, al di sotto delle quali i progetti non devono comunque essere sottoposti a VIA;
    la Commissione europea ha eccepito il fatto che tali criteri dimensionali non esauriscono tutti i criteri di cui obbligatoriamente deve essere tenuto conto nel fissare soglie e criteri per lo screening, che sono elencati nell'allegato V al Codice (identico all'allegato III della direttiva);
    per porre rimedio a tale violazione, l'articolo 23 prevede che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro dell'ambiente, con apposito decreto, provveda ad emanare le linee guida finalizzate all'individuazione dei criteri e delle soglie per lo screening dei progetti da sottoporre a procedura di VIA, sulla base dei criteri di cui al citato allegato V, e che successivamente, entro tre mesi dall'emanazione di tali linee guida, le regioni possano definire criteri e soglie in base ai quali stabilire quali progetti debbano essere sottoposti a procedura di VIA, trascorsi i quali, senza che le regioni abbiano provveduto, le tipologie progettuali di cui all'allegato IV alla parte II del predetto decreto legislativo sono sottoposte comunque alla verifica di assoggettabilità, a prescindere da qualsiasi soglia o criterio di esclusione;
    le linee guida hanno rilevanza fondamentale per il comparto industriale italiano e altrettanto importante è il pronto intervento delle regioni;
    la non coerente individuazione delle soglie dimensionali degli impianti potrebbe creare discriminazioni tra i nostri impianti e quelli degli altri Stati europei assoggettando a procedure di screening, e quindi ad appesantimenti burocratici, anche impianti che non presentano rilevanza ai fini ambientali,

impegna il Governo

ad informare le competenti Commissioni parlamentari sulle linee guida che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrà emanare, permettendo un confronto in merito all'individuazione dei criteri e delle soglie per lo screening dei progetti da sottoporre a procedura di VIA.
9/1327/17Fedriga, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, l'obiettivo che l'Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un obiettivo da perseguire prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, inclusa la corruzione;
    i casi di corruzione nel settore privato all'interno di uno Stato membro non sono più soltanto un problema nazionale, ma anche un problema transnazionale, affrontato in maniera più efficace mediante un'azione comune a livello dell'Unione europea;
    gli Stati membri danno particolare importanza alla lotta contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato, poiché ritengono che la corruzione in entrambi tali settori costituisca una minaccia allo stato di diritto e inoltre generi distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali e ostacoli un corretto sviluppo economico;
    l'obiettivo della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, è quello di garantire che sia la corruzione attiva sia quella passiva nel settore privato siano considerate illeciti penali in tutti gli Stati membri, che anche le persone giuridiche possano essere considerate colpevoli di tali reati e che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive,

impegna il Governo:

   a prevedere, nella prossima legge europea, l'attuazione della decisione Quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, introducendo i seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
    a) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale la fattispecie criminosa specifica di corruzione in affari privati che punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative non meramente esecutive per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali;
    b) prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a);
    c) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale e fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche la fattispecie criminosa di istigazione alla corruzione in affari privati, con la previsione di una riduzione di pena qualora l'offerta, la promessa o la sollecitazione alla promessa non siano state accettate;
    d) introdurre fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato.
9/1327/18Guidesi, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, l'obiettivo che l'Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un obiettivo da perseguire prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, inclusa la corruzione;
    i casi di corruzione nel settore privato all'interno di uno Stato membro non sono più soltanto un problema nazionale, ma anche un problema transnazionale, affrontato in maniera più efficace mediante un'azione comune a livello dell'Unione europea;
    gli Stati membri danno particolare importanza alla lotta contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato, poiché ritengono che la corruzione in entrambi tali settori costituisca una minaccia allo stato di diritto e inoltre generi distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali e ostacoli un corretto sviluppo economico;
    l'obiettivo della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, è quello di garantire che sia la corruzione attiva sia quella passiva nel settore privato siano considerate illeciti penali in tutti gli Stati membri, che anche le persone giuridiche possano essere considerate colpevoli di tali reati e che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive,

impegna il Governo:

   a prevedere, nella prossima legge europea, l'attuazione della decisione Quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato valutando la possibilità di introdurre i seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
    a) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale la fattispecie criminosa specifica di corruzione in affari privati che punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative non meramente esecutive per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali;
    b) prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a);
    c) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale e fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche la fattispecie criminosa di istigazione alla corruzione in affari privati, con la previsione di una riduzione di pena qualora l'offerta, la promessa o la sollecitazione alla promessa non siano state accettate;
    d) introdurre fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato.
9/1327/18. (Testo modificato nel corso della seduta).  Guidesi, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1327 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2013»;
    l'articolo 26 del disegno di legge all'esame prevede modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio;
    serve un lavoro sempre più dettagliato e analitico sui flussi migratori come previsto dalla legge nazionale n. 157 del 1992 e dalla Guida interpretativa;
    al fine di una corretta e capillare rilevazione dei dati inerenti le specie oggetto di deroga, considerando la difficoltà dimostrata negli anni (Ultimo parere utile ISPRA nel 2005), avvalersi di organismi locali professionalmente preparati, attenti, radicati e di riconosciuta esperienza risulta essere ormai una necessità inderogabile;
    avvalersi di istituzioni scientifiche o altri istituti riconosciuti a livello regionale, risulterebbe molto utile ed indispensabile all'ISPRA per avere un costante e preciso monitoraggio dai territori interessati per il calcolo della piccola quantità oggetto di deroga come richiesto dalla direttiva uccelli 147/2009 e di conseguenza esprimere un parere più selettivo;
    è assodata la reticenza dal 2005 dell'ISPRA a fornire dati in tempo utile, causa l'impossibilità materiale «a detta loro» di rilasciare pareri precisi sulle specie oggetto di deroga come già ripetutamente richieste da alcune amministrazioni regionali;
    la stessa Corte costituzionale con sentenza n. 16/2012 relativa alla regione autonoma della Sardegna afferma che il parere rilasciato da un istituto a livello regionale è da ritenersi pienamente legittimo;
    l'importanza degli istituti regionali è legittimata anche dalla risposta della Commissione Ambiente UE E-004671/2013 del 6.6.2013 da parte del commissario Janez Potocnik,

impegna il Governo

a prevedere, nella prossima legge europea, modifiche alla legge n. 157 del 1992 volte a favorire l'affiancamento all'ISPRA di istituzioni scientifiche o altri istituti riconosciuti a livello regionale per la valutazione della concessione delle deroghe venatorie.
9/1327/19Borghesi, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1327 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2013»;
    l'articolo 26 del disegno di legge all'esame prevede modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio;
    serve un lavoro sempre più dettagliato e analitico sui flussi migratori come previsto dalla legge nazionale n. 157 del 1992 e dalla Guida interpretativa;
    al fine di una corretta e capillare rilevazione dei dati inerenti le specie oggetto di deroga, considerando la difficoltà dimostrata negli anni (Ultimo parere utile ISPRA nel 2005), avvalersi di organismi locali professionalmente preparati, attenti, radicati e di riconosciuta esperienza risulta essere ormai una necessità inderogabile;
    avvalersi di istituzioni scientifiche o altri istituti riconosciuti a livello regionale, risulterebbe molto utile ed indispensabile all'ISPRA per avere un costante e preciso monitoraggio dai territori interessati per il calcolo della piccola quantità oggetto di deroga come richiesto dalla direttiva uccelli 147/2009 e di conseguenza esprimere un parere più selettivo;
    è assodata la reticenza dal 2005 dell'ISPRA a fornire dati in tempo utile, causa l'impossibilità materiale «a detta loro» di rilasciare pareri precisi sulle specie oggetto di deroga come già ripetutamente richieste da alcune amministrazioni regionali;
    la stessa Corte costituzionale con sentenza n. 16/2012 relativa alla regione autonoma della Sardegna afferma che il parere rilasciato da un istituto a livello regionale è da ritenersi pienamente legittimo;
    l'importanza degli istituti regionali è legittimata anche dalla risposta della Commissione Ambiente UE E-004671/2013 del 6.6.2013 da parte del commissario Janez Potocnik,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nella prossima legge europea, modifiche alla legge n. 157 del 1992 volte a favorire l'affiancamento all'ISPRA di istituzioni scientifiche o altri istituti riconosciuti a livello regionale per la valutazione della concessione delle deroghe venatorie.
9/1327/19. (Testo modificato nel corso della seduta).  Borghesi, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'Atto Camera 1327 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2013»;
     l'articolo 31 del provvedimento in esame istituisce, nell'ambito del Ministero per le infrastrutture ed i trasporti un organismo di conciliazione per facilitare la mediazione tra i singoli esattori di pedaggi stradali ed i fornitori del Servizio europeo di telepedaggio (SET), in attuazione di alcune disposizioni della Decisione 2009/750/CE della Commissione europea, con la quale è stato definito il S.E.T.;
     la direttiva 2004/52/CE e la connessa decisione 2009/750/CE prevedono l'istituzione del servizio europeo di telepedaggio (SET), che si estende a tutte le reti stradali e le (infra) strutture a pedaggio dell'Unione europea nelle quali l'uso delle stesse è confermato per via elettronica tramite un'apparecchiatura di bordo;
     la direttiva si applica, ai sensi dell'articolo 1, alla riscossione elettronica di tutti i tipi di pedaggi stradali, sull'intera rete stradale comunitaria urbana e interurbana, autostrade, strade principali o secondarie e altre strutture come tunnel, ponti e traghetti ma specifica che sono esclusi i sistemi di pedaggio piccoli e strettamente locali per i quali i costi di adeguamento ai requisiti della presente direttiva sarebbero sproporzionati rispetto ai benefìci;
     il SET comprende tutti i sistemi di pedaggio stradale che richiedono l'installazione di un'apparecchiatura di bordo (il cui acquisto sarà presumibilmente a carico dell'utente) per le dichiarazioni di pedaggio e comporta che le piste dotate di apparati di telepedaggio vengano adeguate al SET;
     per poter finanziare gli investimenti necessari per adeguare le loro infrastrutture per ottemperare completamente la direttiva che prevede anche il calcolo del pedaggio secondo il percorso reale, gli esattori di pedaggi potrebbero adeguare le tariffe dei pedaggi;
     la direttiva 2004/52/CE definisce le soluzioni tecnologiche consentite per effettuare le operazioni di pagamento elettronico dei pedaggi, prevedendo l'addebito automatico delle tariffe di pedaggio su conti correnti bancari o su conti di carte di credito/debito domiciliati in qualsiasi luogo, nella Comunità e al di fuori di essa, il che presuppone la piena operatività di uno spazio unico dei pagamenti nella Comunità, con tariffe di servizio non discriminatorie;
     la modalità di riscossione delle tariffe elettroniche desta non poche preoccupazioni per le probabilità di evasione e le conseguenti controversie che si potrebbero creare. Presumibilmente, laddove il telepedaggio diventasse una realtà, in caso di rifiuto del pagamento, verrebbe inviata una fattura, così come accade oggi, per l'importo dovuto più una minima maggiorazione in virtù delle spese sostenute per l'accertamento da parte dell'Ente dei dati relativi al proprietario dell'auto;
     questo ovviamente solo se è possibile accertare i dati relativi al proprietario dell'auto,

impegna il Governo

in una fase preliminare a quella di adeguamento di tutti gli impianti di pedaggio delle nostre strade secondo quanto disposto dalla direttiva 2004/52/CE e la connessa decisione 2009/750/CE, a promuovere tavoli di concertazione con gli Enti locali per verificare quali strade del nostro territorio siano idonee ad adottare il piano di servizio europeo di telepedaggio e quali siano le problematiche legate all'applicazione di questo piano in alcuni tratti stradali, anche valutando l'opportunità di introdurre, nella predisposizione della prossima legge europea, modifiche al decreto 18 novembre 2005 Recepimento della direttiva 2004/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativa all'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale nella Comunità prevedendo adeguati interventi normativi volti a dotare le concessionarie stradali della facoltà di comminare sanzioni in caso di mancato pagamento.
9/1327/20Caparini, Prataviera, Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'originaria formulazione del comma 6 dell'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 – legge comunitaria 2010, prima che intervenisse la modifica praticata con il comma 1, lettera a) dell'articolo 34-quater del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, era volta al perseguimento di un duplice scopo e cioè da un lato la definizione di una categoria di attività produttive e commerciali connotate dal comune denominatore della collocazione sul territorio, imprese turistico balneari quali imprese che si distinguono dai loro omologhi per essere collocate sulla spiaggia, dall'altro lato il superamento degli statuti differenziati riservati alle attività turistico balneari in violazione dei principi comunitari e delle norme statali di recepimento;
    la novellazione intervenuta successivamente con la legge n. 179 del 2012, riproduce invece il cattivo costume di una ingiustificata parcellizzazione delle attività con la reintroduzione di una disciplina diversificata tra attività uguali rinviando agli enti locali la facoltà di disciplinare diversamente orari di esercizio e modalità di organizzazione delle attività, non ultimo di quelle di maggior qualificazione dell'offerta turistico ricreativa quali gli eventi occasionali di intrattenimento musicale e danzante, dando luogo ad un effetto macchia di leopardo del tutto in contrasto con la direttiva servizi e con i principi di liberalizzazione viepiù ed a gran voce affermati;
    si rende quindi necessario ricondurre a sistema la disciplina incentivante della qualità dell'offerta turistico ricreativa rimuovendo gli ostacoli frapposti all'esercizio di attività uguali giacché il sistema vigente introduce una ingiustificata differenziazione tra le attività svolte in spiaggia e quelle svolte a monte della spiaggia richiamando quantomeno i principi della direttiva servizi e del decreto-legge n. 138 del 2011 in virtù dei quali è possibile introdurre limitazioni giustificate esclusivamente da motivi imperativi di interesse generale poiché, diversamente, sotto le mentite spoglie della tutela dell'ambiente e della sicurezza, principi generali che devono trovare applicazione in relazione all'intero territorio, si reintroduce surrettiziamente una ingiustificata e non ammissibile limitazione all'esercizio delle attività di impresa da parte delle imprese turistico balneari;
    è noto che le imprese che operano nel settore del turismo e dell'intrattenimento forniscono ai propri clienti prodotti connessi alla propria attività caratterizzati dalla griffe o dal richiamo alla stessa attività, quale veicolo promozionale e di diffusione dell'immagine, oltre che in ossequio alla qualità dell'offerta turistica e dell'ospitalità. A titolo esemplificativo si può ricordare l'accappatoio dell'albergo piuttosto che la maglietta o il berretto della discoteca piuttosto che il costume della piscina. Tale attività di vendita, caratterizzata dalla natura prettamente promozionale dell'immagine del locale e della località, non assurge al livello di attività commerciale ma da luogo purtroppo, molto spesso, ad una incomprensibile e negativa persecuzione in ragione della qualificazione di esercizio illecito di attività commerciale;
    si rende quindi necessario superare una simile patologia riconoscendo la natura meramente accessoria ed ancillare di tale attività promozionale, rispetto all'attività principale, riconoscendone la valenza anche sulla scorta dell'esempio proveniente dai luoghi più importanti del turismo internazionale nonché dai locali e dalle attività di maggior prestigio autorizzandone l'esercizio e stabilendo la diversità rispetto all'attività commerciale di vendita;
    uno dei momenti di maggior richiamo dell'offerta turistica estiva è quello degli eventi speciali quali intrattenimenti musicali e danzanti occasionali, in occasione dei quali notevole è sicuramente l'impatto derivante dalla partecipazione temperato tuttavia dall'occasionalità e dalla temporaneità,

impegna il Governo

a prevedere, nella prossima legge europea, modifiche al suddetto comma 6, dell'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217, onde evitare ambiguità applicative, che le manifestazioni temporanee ed occasionali, anche definite eventi, sono soggette a limitazioni delle emissioni acustiche che tengono conto soltanto degli impianti utilizzati e non anche dei fenomeni acustici derivanti dall'indotto.
9/1327/21Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'originaria formulazione del comma 6 dell'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 – legge comunitaria 2010, prima che intervenisse la modifica praticata con il comma 1, lettera a) dell'articolo 34-quater del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, era volta al perseguimento di un duplice scopo e cioè da un lato la definizione di una categoria di attività produttive e commerciali connotate dal comune denominatore della collocazione sul territorio, imprese turistico balneari quali imprese che si distinguono dai loro omologhi per essere collocate sulla spiaggia, dall'altro lato il superamento degli statuti differenziati riservati alle attività turistico balneari in violazione dei principi comunitari e delle norme statali di recepimento;
    la novellazione intervenuta successivamente con la legge n. 179 del 2012, riproduce invece il cattivo costume di una ingiustificata parcellizzazione delle attività con la reintroduzione di una disciplina diversificata tra attività uguali rinviando agli enti locali la facoltà di disciplinare diversamente orari di esercizio e modalità di organizzazione delle attività, non ultimo di quelle di maggior qualificazione dell'offerta turistico ricreativa quali gli eventi occasionali di intrattenimento musicale e danzante, dando luogo ad un effetto macchia di leopardo del tutto in contrasto con la direttiva servizi e con i principi di liberalizzazione viepiù ed a gran voce affermati;
    si rende quindi necessario ricondurre a sistema la disciplina incentivante della qualità dell'offerta turistico ricreativa rimuovendo gli ostacoli frapposti all'esercizio di attività uguali giacché il sistema vigente introduce una ingiustificata differenziazione tra le attività svolte in spiaggia e quelle svolte a monte della spiaggia richiamando quantomeno i principi della direttiva servizi e del decreto-legge n. 138 del 2011 in virtù dei quali è possibile introdurre limitazioni giustificate esclusivamente da motivi imperativi di interesse generale poiché, diversamente, sotto le mentite spoglie della tutela dell'ambiente e della sicurezza, principi generali che devono trovare applicazione in relazione all'intero territorio, si reintroduce surrettiziamente una ingiustificata e non ammissibile limitazione all'esercizio delle attività di impresa da parte delle imprese turistico balneari;
    è noto che le imprese che operano nel settore del turismo e dell'intrattenimento forniscono ai propri clienti prodotti connessi alla propria attività caratterizzati dalla griffe o dal richiamo alla stessa attività, quale veicolo promozionale e di diffusione dell'immagine, oltre che in ossequio alla qualità dell'offerta turistica e dell'ospitalità. A titolo esemplificativo si può ricordare l'accappatoio dell'albergo piuttosto che la maglietta o il berretto della discoteca piuttosto che il costume della piscina. Tale attività di vendita, caratterizzata dalla natura prettamente promozionale dell'immagine del locale e della località, non assurge al livello di attività commerciale ma da luogo purtroppo, molto spesso, ad una incomprensibile e negativa persecuzione in ragione della qualificazione di esercizio illecito di attività commerciale;
    si rende quindi necessario superare una simile patologia riconoscendo la natura meramente accessoria ed ancillare di tale attività promozionale, rispetto all'attività principale, riconoscendone la valenza anche sulla scorta dell'esempio proveniente dai luoghi più importanti del turismo internazionale nonché dai locali e dalle attività di maggior prestigio autorizzandone l'esercizio e stabilendo la diversità rispetto all'attività commerciale di vendita;
    uno dei momenti di maggior richiamo dell'offerta turistica estiva è quello degli eventi speciali quali intrattenimenti musicali e danzanti occasionali, in occasione dei quali notevole è sicuramente l'impatto derivante dalla partecipazione temperato tuttavia dall'occasionalità e dalla temporaneità,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nella prossima legge europea, modifiche al suddetto comma 6, dell'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217, onde evitare ambiguità applicative, che le manifestazioni temporanee ed occasionali, anche definite eventi, sono soggette a limitazioni delle emissioni acustiche che tengono conto soltanto degli impianti utilizzati e non anche dei fenomeni acustici derivanti dall'indotto.
9/1327/21. (Testo modificato nel corso della seduta).  Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    da pochi mesi è entrata in vigore la nuova direttiva UE 2012/27 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sull'efficienza energetica;
    ogni Stato membro dovrà stabilire una strategia per mobilitare investimenti volti alla ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati e promuovere un uso efficiente dell'energia anche presso le utenze domestiche attraverso incentivi fiscali, accesso a finanziamenti, contributi e convenzioni;
    in riferimento agli obiettivi previsti dal cosiddetto «pacchetto clima-energia 20/20/20» la nuova direttiva stabilisce un quadro comune di misure per la promozione dell'efficienza energetica nell'Unione al fine di garantire il conseguimento dell'obiettivo principale relativo al miglioramento dell'efficienza energetica e di gettare le basi per ulteriori miglioramenti al di là della data del 2020;
    con la nuova direttiva 2012/27/UE viene chiesto agli Stati membri di risparmiare energia fissando obiettivi nazionali indicativi di efficienza energetica, ogni Stato membro dovrà dunque, fissare un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica, basato sul consumo di energia primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o sull'intensità energetica;
    in particolare si precisa che ogni Stato membro dovrà prevedere «una strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati»;
    inoltre, ogni anno, dovrà essere ristrutturato e reso energeticamente efficiente il 3 per cento della superficie degli immobili posseduti dalle amministrazioni pubbliche centrali,

impegna il Governo

ad attuare nel più breve tempo possibile la direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, adottando un piano strategico d'azione per intraprendere un censimento degli edifici pubblici ai fini di aumentarne l'efficienza energetica e di ridurre i costi a carico del bilancio dello Stato.
9/1327/22Benamati, Bini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del disegno di legge in esame consentirà alle guide turistiche di altri Stati membri di effettuare visite guidate in tutta Italia, senza accertarne le competenze e senza verificarne l'effettiva professione, mentre il diritto europeo non lo impone;
    in particolare, il comma 1 dell'articolo 3, che prescrive la creazione di una guida turistica abilitata per l'intero territorio nazionale, con un unico esame, non sembra essere applicabile perché è impossibile acquisire una conoscenza approfondita, interdisciplinare, nonché logistica dell'intero e consistente patrimonio culturale e ambientale italiano, del quale si deve avere conoscenza diretta;
    il nostro patrimonio è immenso ed ampiamente differenziato per aree geografiche e storiche d'Italia perché lascito di popolazioni con storia, cultura e tradizioni evolutesi e stratificatesi nei secoli in modo differente;
    la vigente normativa consente l'approfondimento della conoscenza del patrimonio e l'acquisizione delle competenze necessarie per l'esercizio della professione in ambiti territoriali limitati ma non impedisce la graduale acquisizione di altre conoscenze e ulteriori competenze relative ad un ampliamento dell'area di esercizio tramite estensione territoriale dell'abilitazione;
    il comma 2 dell'articolo 3 sottopone, inoltre, indebitamente le guide turistiche italiane alla cosiddetta direttiva servizi 2006/123/CE, citata dalla Commissione europea a motivazione dell'avviso di procedura Caso EU Pilot 4277/12/MARK;
    tale scelta non è condivisibile posto che l'attività di guida turistica è un'attività professionale e quindi le guide turistiche ricadono sotto la disciplina della cosiddetta direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali che è in fase di revisione;
    sottoporre le guide turistiche italiane alla cosiddetta direttiva servizi finisce con il consentire lo svolgimento dell'attività di guida turistica alle guide provenienti da altri Stati membri, in regime di libera prestazione dei servizi, senza la necessaria abilitazione;
    inoltre, da tempo, non si rilasciano più «autorizzazioni» per l'esercizio della professione di guida turistica, bensì tessere professionali, il testo dell'articolo 3 sembra essere ripreso da una norma abrogata per gli innumerevoli equivoci che aveva creato a livello internazionale sull'applicazione della disposizione europea riguardante la libera prestazione di servizi, favorendo l'abusivismo internazionale;
    il Considerando (31) della direttiva 2006/123/CE, che trova applicazione nell'articolo 3 della stessa direttiva, specifica che essa non pregiudica la precedente direttiva 2005/36/CE, perché: «riguarda questioni diverse da quelle delle qualifiche professionali, quali l'assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazione amministrativa» e per quanto concerne la prestazione di servizi transfrontalieri a titolo temporaneo, questa non incide su nessuna delle misure applicabili a norma della direttiva 2005/36/CE nello Stato membro in cui viene fornito il servizio;
    l'articolo 5 della direttiva 2005/36/CE, al paragrafo 3, precisa che il professionista, in caso di prestazione temporanea ed occasionale in altro Stato membro, è soggetto alle norme professionali dello Stato ospitante relative alla qualifica e ad altro, infatti l'articolo 57 del Trattato Istitutivo dell'Unione europea (Capo III, Servizi) ha stabilito che «il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nel paese ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte del paese stesso ai propri cittadini», e non impone il contrario, come si sta facendo con l'articolo 3 del disegno di legge in esame;
    la stessa Commissione europea, poiché in Europa vige il principio di sussidiarietà in merito alle professioni e ai beni culturali, nella risposta alla Interrogazione parlamentare E-3013/00, con riferimento alla professione di guida turistica, ha ricordato che «gli Stati membri hanno facoltà di determinare le norme per l'accesso e l'esercizio della professione all'interno del loro territorio»;
    inoltre, nel commento della Commissione europea riportato, nella Comunicazione alla Commissione delle petizioni del Parlamento europeo del 19.10.2007 (Petizione 0086/2007), si afferma, proprio riguardo all'esercizio della professione di guida turistica limitato al solo ambito regionale, che: «Ogni Stato membro resta libero di disciplinare questa professione e di stabilire il tipo e il livello di qualifiche necessarie per esercitarla. Pertanto, uno Stato membro ha anche la discrezione di decidere se disciplinare l'accesso alla professione e l'esercizio della stessa a livello nazionale, ovvero delegare le competenze in ambito legislativo ed esecutivo a livello inferiore dell'amministrazione territoriale, come ha fatto l'Italia»;
    la Commissione ha concluso che per quanto riguarda la citata petizione: «non si ravvisa alcuna violazione del diritto dell'Unione europea»;
    l'articolo 3 consentirà agli accompagnatori provenienti da altri paesi membri, ingaggiati da tour operator stranieri, di sostituirsi alle guide e agli accompagnatori abilitati in Italia nell'esercizio di entrambe le professioni, lasciando senza lavoro 40.000 professionisti, con gravi conseguenze per le loro famiglie;
    ancora una volta, come già è accaduto con altre categorie, la peculiarità della realtà italiana ricca di migliaia di siti archeologici, artistici e monumentali è immolata alla logica della libera concorrenza, senza che ci si renda conto che non esiste reciprocità, né pari opportunità per le guide italiane perché solo l'Italia ha una tale ricchezza di beni artistici, monumentali e culturali;
    si accontentano in tal modo le lobby dei grandi tour operator europei che cercano di imporre i loro interessi, dettando le regole, in una logica neo-coloniale che lascerà l'Italia priva di una delle sue risorse più importanti, con la conseguenza che verranno a mancare allo Stato italiano importanti fonti di gettito fiscale e previdenziale e si darà ulteriore spazio al turismo del mordi e fuggi dequalificato e foriero di costi insostenibili per la collettività;
    la sentenza della Corte di giustizia europea del 1991 ha stabilito che la corretta illustrazione del patrimonio culturale è parte integrante della sua tutela, la stessa direttiva 2006/123/CE permette deroghe all'esercizio di un'attività su tutto il territorio nazionale per «motivi imperativi di interesse generale» ed include tra questi la tutela del patrimonio culturale;
    a causa dell'infinita ricchezza dei nostri beni culturali, le leggi italiane hanno stabilito che le abilitazioni all'esercizio della professione di guida sono provinciali o regionali, non esiste dunque un'abilitazione nazionale che sia possibile estendere alle guide e tanto meno agli accompagnatori degli Stati membri;
    l'Italia non può permettersi di distruggere per il presente e per il futuro le opportunità di lavoro per i giovani e meno giovani nel campo dell'illustrazione del patrimonio culturale nazionale e deve, anzi, rivendicare in Europa la «specificità culturale italiana»;
    la Commissione 10a del Senato ha espresso, sull'articolo 3, il seguente parere: «Con l'approvazione di questo articolo, non è chiaro che validità avranno le attuali 20.000 abilitazioni di guida provinciali o regionali, le leggi regionali in vigore, quali sono i titoli di studio di accesso alla professione, quale è la formazione necessaria per esercitare la professione di guida su tutto il territorio nazionale, quale tipo di esami di abilitazione occorre superare, ecc. Ne consegue una grande confusione sulle norme da applicare»,

impegna il Governo

a una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica, assicurando la valorizzazione e la tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, nonché la tutela del turista e del fruitore dei beni culturali, e riconoscendo, anche sulla base della nuova direttiva qualifiche in fase di modificazione, la specifica e peculiare professionalità delle guide italiane.
9/1327/23Bini, Petitti, Taranto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del disegno di legge in esame consentirà alle guide turistiche di altri Stati membri di effettuare visite guidate in tutta Italia, senza accertarne le competenze e senza verificarne l'effettiva professione, mentre il diritto europeo non lo impone;
    in particolare, il comma 1 dell'articolo 3, che prescrive la creazione di una guida turistica abilitata per l'intero territorio nazionale, con un unico esame, non sembra essere applicabile perché è impossibile acquisire una conoscenza approfondita, interdisciplinare, nonché logistica dell'intero e consistente patrimonio culturale e ambientale italiano, del quale si deve avere conoscenza diretta;
    il nostro patrimonio è immenso ed ampiamente differenziato per aree geografiche e storiche d'Italia perché lascito di popolazioni con storia, cultura e tradizioni evolutesi e stratificatesi nei secoli in modo differente;
    la vigente normativa consente l'approfondimento della conoscenza del patrimonio e l'acquisizione delle competenze necessarie per l'esercizio della professione in ambiti territoriali limitati ma non impedisce la graduale acquisizione di altre conoscenze e ulteriori competenze relative ad un ampliamento dell'area di esercizio tramite estensione territoriale dell'abilitazione;
    il comma 2 dell'articolo 3 sottopone, inoltre, indebitamente le guide turistiche italiane alla cosiddetta direttiva servizi 2006/123/CE, citata dalla Commissione europea a motivazione dell'avviso di procedura Caso EU Pilot 4277/12/MARK;
    tale scelta non è condivisibile posto che l'attività di guida turistica è un'attività professionale e quindi le guide turistiche ricadono sotto la disciplina della cosiddetta direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali che è in fase di revisione;
    sottoporre le guide turistiche italiane alla cosiddetta direttiva servizi finisce con il consentire lo svolgimento dell'attività di guida turistica alle guide provenienti da altri Stati membri, in regime di libera prestazione dei servizi, senza la necessaria abilitazione;
    inoltre, da tempo, non si rilasciano più «autorizzazioni» per l'esercizio della professione di guida turistica, bensì tessere professionali, il testo dell'articolo 3 sembra essere ripreso da una norma abrogata per gli innumerevoli equivoci che aveva creato a livello internazionale sull'applicazione della disposizione europea riguardante la libera prestazione di servizi, favorendo l'abusivismo internazionale;
    il Considerando (31) della direttiva 2006/123/CE, che trova applicazione nell'articolo 3 della stessa direttiva, specifica che essa non pregiudica la precedente direttiva 2005/36/CE, perché: «riguarda questioni diverse da quelle delle qualifiche professionali, quali l'assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazione amministrativa» e per quanto concerne la prestazione di servizi transfrontalieri a titolo temporaneo, questa non incide su nessuna delle misure applicabili a norma della direttiva 2005/36/CE nello Stato membro in cui viene fornito il servizio;
    l'articolo 5 della direttiva 2005/36/CE, al paragrafo 3, precisa che il professionista, in caso di prestazione temporanea ed occasionale in altro Stato membro, è soggetto alle norme professionali dello Stato ospitante relative alla qualifica e ad altro, infatti l'articolo 57 del Trattato Istitutivo dell'Unione europea (Capo III, Servizi) ha stabilito che «il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nel paese ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte del paese stesso ai propri cittadini», e non impone il contrario, come si sta facendo con l'articolo 3 del disegno di legge in esame;
    la stessa Commissione europea, poiché in Europa vige il principio di sussidiarietà in merito alle professioni e ai beni culturali, nella risposta alla Interrogazione parlamentare E-3013/00, con riferimento alla professione di guida turistica, ha ricordato che «gli Stati membri hanno facoltà di determinare le norme per l'accesso e l'esercizio della professione all'interno del loro territorio»;
    inoltre, nel commento della Commissione europea riportato, nella Comunicazione alla Commissione delle petizioni del Parlamento europeo del 19.10.2007 (Petizione 0086/2007), si afferma, proprio riguardo all'esercizio della professione di guida turistica limitato al solo ambito regionale, che: «Ogni Stato membro resta libero di disciplinare questa professione e di stabilire il tipo e il livello di qualifiche necessarie per esercitarla. Pertanto, uno Stato membro ha anche la discrezione di decidere se disciplinare l'accesso alla professione e l'esercizio della stessa a livello nazionale, ovvero delegare le competenze in ambito legislativo ed esecutivo a livello inferiore dell'amministrazione territoriale, come ha fatto l'Italia»;
    la Commissione ha concluso che per quanto riguarda la citata petizione: «non si ravvisa alcuna violazione del diritto dell'Unione europea»;
    l'articolo 3 consentirà agli accompagnatori provenienti da altri paesi membri, ingaggiati da tour operator stranieri, di sostituirsi alle guide e agli accompagnatori abilitati in Italia nell'esercizio di entrambe le professioni, lasciando senza lavoro 40.000 professionisti, con gravi conseguenze per le loro famiglie;
    ancora una volta, come già è accaduto con altre categorie, la peculiarità della realtà italiana ricca di migliaia di siti archeologici, artistici e monumentali è immolata alla logica della libera concorrenza, senza che ci si renda conto che non esiste reciprocità, né pari opportunità per le guide italiane perché solo l'Italia ha una tale ricchezza di beni artistici, monumentali e culturali;
    si accontentano in tal modo le lobby dei grandi tour operator europei che cercano di imporre i loro interessi, dettando le regole, in una logica neo-coloniale che lascerà l'Italia priva di una delle sue risorse più importanti, con la conseguenza che verranno a mancare allo Stato italiano importanti fonti di gettito fiscale e previdenziale e si darà ulteriore spazio al turismo del mordi e fuggi dequalificato e foriero di costi insostenibili per la collettività;
    la sentenza della Corte di giustizia europea del 1991 ha stabilito che la corretta illustrazione del patrimonio culturale è parte integrante della sua tutela, la stessa direttiva 2006/123/CE permette deroghe all'esercizio di un'attività su tutto il territorio nazionale per «motivi imperativi di interesse generale» ed include tra questi la tutela del patrimonio culturale;
    a causa dell'infinita ricchezza dei nostri beni culturali, le leggi italiane hanno stabilito che le abilitazioni all'esercizio della professione di guida sono provinciali o regionali, non esiste dunque un'abilitazione nazionale che sia possibile estendere alle guide e tanto meno agli accompagnatori degli Stati membri;
    l'Italia non può permettersi di distruggere per il presente e per il futuro le opportunità di lavoro per i giovani e meno giovani nel campo dell'illustrazione del patrimonio culturale nazionale e deve, anzi, rivendicare in Europa la «specificità culturale italiana»;
    la Commissione 10a del Senato ha espresso, sull'articolo 3, il seguente parere: «Con l'approvazione di questo articolo, non è chiaro che validità avranno le attuali 20.000 abilitazioni di guida provinciali o regionali, le leggi regionali in vigore, quali sono i titoli di studio di accesso alla professione, quale è la formazione necessaria per esercitare la professione di guida su tutto il territorio nazionale, quale tipo di esami di abilitazione occorre superare, ecc. Ne consegue una grande confusione sulle norme da applicare»,

impegna il Governo

a una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica, assicurando la valorizzazione e la tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, nonché la tutela del turista e del fruitore dei beni culturali, e riconoscendo, anche sulla base della direttiva europea qualifiche in fase di modificazione, la specifica e peculiare professionalità delle guide italiane.
9/1327/23. (Testo modificato nel corso della seduta).  Bini, Petitti, Taranto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 del disegno di legge in esame modifica il decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 109, che reca la disciplina nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, di attuazione delle direttive comunitarie 89/395/CEE, abrogata e sostituita dalla direttiva 2000/13/CE e 89/396/CEE;
    la modifica discende dalle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2009/458, ed ha lo scopo di evitare incertezze da parte degli operatori sull'obbligo di indicare in etichetta la presenza di allergeni alimentari, obbligo che viene confermato esclusivamente se tali ingredienti non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito;
    secondo la Commissione europea, il combinato disposto degli attuali articoli 5, comma 2-bis e 7, comma 2-bis del decreto legislativo n. 109 del 1992, determina un'incertezza applicativa con specifico riferimento alle previsioni relative all'indicazione degli ingredienti allergenici in etichetta;
    ne è derivata una procedura, aperta con una lettera di messa in mora il 20 novembre 2009, con cui la Commissione europea ha contestato all'Italia la non corretta attuazione della direttiva 2000/13/CE, come modificata alla direttiva 2003/89/CE;
    ad avviso della Commissione, le due attuali disposizioni possono interpretarsi, in contrasto con l'articolo 6, paragrafo 10 della direttiva, nel senso che l'obbligo di «menzionare le sostanze allergeniche in etichetta» sarebbe stato assolto, anche quando il nome coincidesse con la denominazione di vendita, in relazione ai prodotti esentabili dalla menzione degli ingredienti in etichetta (burro, formaggi, yogurt, ecc.);
    al fine di chiarire l'interpretazione in senso conforme alla direttiva, delle disposizioni nazionali contestate dalla Commissione europea, è stata adottata la circolare 22 luglio 2010, n. 5107 del MISE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 2010;
    la circolare ha precisato che l'articolo 7, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 109 del 1992 deve essere interpretato secondo la regola generale fissata dall'articolo 5, comma 2-bis del medesimo decreto, in base alla quale gli allergeni utilizzati nella fabbricazione di un prodotto finito e presenti anche se in forma modificata devono essere indicati nell'elenco degli ingredienti solo se non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito;
    la procedura di infrazione n. 2009/4583 relativa alla direttiva 2000/13/CE, come modificata alla direttiva 2003/89/CE, è stata archiviata dalla Commissione europea il 28 settembre 2011, presumibilmente alla luce della circolare 22 luglio 2010, n. 5107, del MISE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 2010, che ha chiarito l'interpretazione in senso conforme alla direttiva delle disposizioni nazionali contestate dalla Commissione europea;
    ciò nondimeno, l'articolo 17 sembra inteso, per ragioni di certezza del diritto, a inserire, a livello di fonte primaria, l'innovazione interpretativa richiesta dalla Commissione;
    tuttavia con l'attuale formulazione l'obbligo di indicare in etichetta la presenza di allergeni alimentari è modulato in maniera contrastante col mantenimento dell'esenzione prevista dalla normativa comunitaria per formaggi, burro, yogurt ed altri derivati del latte;
    per le ragioni sopra esposte la disposizione contrasta apertamente con la disciplina comunitaria, piuttosto che evitare incertezze, rischia di crearle ed è foriera della riapertura di una procedura di infrazione,

impegna il Governo

con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 17, a valutare attentamente se la formulazione prevista sia adeguata ad evitare equivoci in sede interpretativa ovvero se non sia opportuno integrare il testo, nel primo provvedimento utile, precisando che l'indicazione non è necessaria anche qualora la denominazione di vendita sia comunque identificativa della presenza dell'ingrediente allergenico, secondo quanto stabilito dalle linee guida della Commissione europea del 25 novembre 2005.
9/1327/24Impegno, Bini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge europea reca novelle al decreto legislativo n. 49 del 2010, che ha dettato una specifica disciplina per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni recependo la direttiva 2007/60/CE, relativamente alla definizione di alluvione, alle mappe della pericolosità da alluvione ed ai Piani di gestione del rischio di alluvioni;
    l'articolo 24 del medesimo disegno di legge novella il decreto legislativo n. 152 del 2006 (recante norme in materia ambientale), ai fini – come specificato nella rubrica dell'articolo – di un «corretto recepimento» della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, al fine di superare le contestazioni della procedura di infrazione 2007/4680;
   considerato che:
    non è ancora operativa l'istituzione delle otto autorità di bacino distrettuali, alle quali viene attribuita la potestà pianificatoria, e che, anche per tale ragione, il comma 2 del predetto articolo 24 dispone che le Autorità di bacino di rilievo nazionale (di cui alla legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo) continuano ad avvalersi, nelle more della costituzione delle autorità di bacino distrettuali, dell'attività dei comitati tecnici costituiti nel proprio ambito al fine di poter disporre del supporto tecnico necessario al corretto ed integrale adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 2000/60/CE, nonché dalla direttiva 2007/60/CE;
    i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, da predisporre per il raggiungimento degli obiettivi della direttiva n. 2000/60/CE, devono ancora essere definitivamente approvati;
    la manutenzione del territorio e la difesa idrogeologica sono una priorità per il Paese e necessitano di essere affrontate con un approccio e una logica differente, che si basi sulla prevenzione e non sulla gestione delle emergenze, tenuto conto dell'impatto positivo sui territori interessati anche in termini di attivazione dei necessari investimenti;
    la necessità di adeguate politiche in materia di difesa e di tutela della gestione delle acque è stata rilevata in numerosi atti di indirizzo adottati dall'Assemblea della Camera, da ultimo anche con l'approvazione della mozione 1-00017 nella seduta del 26 giugno 2013,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative volte a:
    rendere finalmente operative le autorità di bacino distrettuali secondo una governance che tenga conto delle esigenze di riequilibrio istituzionale sostenute dalle regioni, di una delimitazione più funzionale dei distretti e di un sistema di governo in grado di riconoscere e valorizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze delle strutture tecniche di bacino esistenti a livello regionale e locale;
    ad approvare definitivamente tutti i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla direttiva sulle acque n. 2000/60/CE.
9/1327/25Braga, Mariani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge europea reca novelle al decreto legislativo n. 49 del 2010, che ha dettato una specifica disciplina per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni recependo la direttiva 2007/60/CE, relativamente alla definizione di alluvione, alle mappe della pericolosità da alluvione ed ai Piani di gestione del rischio di alluvioni;
    l'articolo 24 del medesimo disegno di legge novella il decreto legislativo n. 152 del 2006 (recante norme in materia ambientale), ai fini – come specificato nella rubrica dell'articolo – di un «corretto recepimento» della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, al fine di superare le contestazioni della procedura di infrazione 2007/4680;
   considerato che:
    non è ancora operativa l'istituzione delle otto autorità di bacino distrettuali, alle quali viene attribuita la potestà pianificatoria, e che, anche per tale ragione, il comma 2 del predetto articolo 24 dispone che le Autorità di bacino di rilievo nazionale (di cui alla legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo) continuano ad avvalersi, nelle more della costituzione delle autorità di bacino distrettuali, dell'attività dei comitati tecnici costituiti nel proprio ambito al fine di poter disporre del supporto tecnico necessario al corretto ed integrale adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 2000/60/CE, nonché dalla direttiva 2007/60/CE;
    i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, da predisporre per il raggiungimento degli obiettivi della direttiva n. 2000/60/CE, devono ancora essere definitivamente approvati;
    la manutenzione del territorio e la difesa idrogeologica sono una priorità per il Paese e necessitano di essere affrontate con un approccio e una logica differente, che si basi sulla prevenzione e non sulla gestione delle emergenze, tenuto conto dell'impatto positivo sui territori interessati anche in termini di attivazione dei necessari investimenti;
    la necessità di adeguate politiche in materia di difesa e di tutela della gestione delle acque è stata rilevata in numerosi atti di indirizzo adottati dall'Assemblea della Camera, da ultimo anche con l'approvazione della mozione 1-00017 nella seduta del 26 giugno 2013,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative volte a:
    rendere finalmente operative le autorità di bacino distrettuali secondo una governance che tenga conto delle esigenze di riequilibrio istituzionale sostenute dalle regioni, di una delimitazione più funzionale dei distretti e di un sistema di governo in grado di riconoscere e valorizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze delle strutture tecniche di bacino esistenti a livello regionale e locale;
    ad approvare definitivamente tutti i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla direttiva sulle acque n. 2000/60/CE.
9/1327/25. (Testo modificato nel corso della seduta).  Braga, Mariani.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo n. 66 del 2003 agli articoli 4 e 7, il nostro Paese ha recepito la direttiva Ue sugli orari di lavoro, che disciplina il limite massimo settimanale di 48 ore (straordinari compresi) e il riposo giornaliero (11 ore su 24);
    successivamente, nella Legge finanziaria 2008 (Governo Prodi) è arrivata una prima deroga sui riposi per il personale delle aree dirigenziali degli enti e delle aziende del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ma con la legge n. 133 del 2008(Governo Berlusconi), oltre alla normativa sul riposo è stata derogata anche quella relativa al limite massimo degli orari di lavoro; a seguito delle modifiche intervenute, l'articolo 41 della legge n. 133 del 2008 prevede che: «Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del SSN, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di conformare l'impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell'incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66. La contrattazione collettiva definisce le modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie psico-fisiche»;
    tali deroghe hanno comportato, secondo Carlo Palermo, coordinatore del segretario regionale dell'Anaao-Assomed, che l'Italia oltre ad aver derogato: «alle norme contenute nella direttiva Ue ha creato una situazione per cui ogni regione ha scelto una propria strada, così in regioni come la Toscana o la Puglia vi sono norme che recepiscono la direttiva Ue e garantiscono le tutele ai lavoratori, mentre in altre tipo la Lombardia ciò non si verifica e i medici sono sempre più costretti a lavorare senza che sia tutelato il loro diritto al riposo»;
    la vicenda è stata denunciata alla Commissione europea dalla Federazione europea dei medici salariati (Fems). Il suo vicepresidente, Enrico Reginato, ha informato che: «La Unione europea ci ha finalmente ascoltati e ha capito che i dirigenti medici che hanno un rapporto di lavoro basato sugli orari e non sui risultati non possono essere tenuti fuori dall'architettura della direttiva Ue»;
    secondo i dirigenti medici, infatti, l'articolo 17 della direttiva 88 del 2003 prevede deroghe, in materia di orario lavorativo, solo per quei dirigenti che possiedono autonomia organizzativa. Ma ciò non riguarda i medici inquadrati come dirigenti sanitari che sono a tutti gli effetti lavoratori dipendenti;
    l'Unione europea ha inviato all'Italia nell'aprile 2012 una lettera di messa in mora riguardante l'esclusione del personale medico e sanitario da alcuni diritti previsti dalla direttiva 88/2003/CE, che disciplina le tutele per tutti i lavoratori, e quindi anche per i dipendenti del SSN;
    nel maggio 2013 la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano anche un parere motivato nel quadro dei procedimenti di infrazione, chiedendo un riallineamento della legislazione italiana tale da rispettare il diritto dei medici e dei sanitari a periodi minimi di riposo giornaliero e limitare il loro tempo di lavoro massimo settimanale. Il Governo italiano aveva tempo fino al 29 giugno per rispondere alle osservazioni giunte da Bruxelles;
    la vicenda è di ampia portata, considerato che letteratura scientifica internazionale collega direttamente la deprivazione del riposo e gli orari prolungati di lavoro dei medici ad un netto incremento degli eventi avversi e del rischio clinico per i pazienti. Pertanto, la salvaguardia della salute degli operatori assume nel settore sanitario un'importanza strategica che va ben oltre il mero ambito contrattuale o l'interesse particolare di una categoria professionale, coinvolgendo il tema della sicurezza delle cure e quindi la tutela della salute dei cittadini che si rivolgono alle strutture ospedaliere,

impegna il Governo

a dare piena attuazione alla direttiva n. 88 del 2003, con riferimento a tutte le contestazioni mosse dalla Commissione europea nella procedura di infrazione che si è aperta e, in particolare, sui periodi minimi di riposo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale per il personale delle aree dirigenziali degli enti e delle aziende del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
9/1327/26Placido, Airaudo, Di Salvo, Piazzoni, Nicchi, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo n. 66 del 2003 agli articoli 4 e 7, il nostro Paese ha recepito la direttiva Ue sugli orari di lavoro, che disciplina il limite massimo settimanale di 48 ore (straordinari compresi) e il riposo giornaliero (11 ore su 24);
    successivamente, nella Legge finanziaria 2008 (Governo Prodi) è arrivata una prima deroga sui riposi per il personale delle aree dirigenziali degli enti e delle aziende del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ma con la legge n. 133 del 2008 (Governo Berlusconi), oltre alla normativa sul riposo è stata derogata anche quella relativa al limite massimo degli orari di lavoro; a seguito delle modifiche intervenute, l'articolo 41 della legge n. 133 del 2008 prevede che: «Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del SSN, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di conformare l'impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell'incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66. La contrattazione collettiva definisce le modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie psico-fisiche»;
    tali deroghe hanno comportato, secondo Carlo Palermo, coordinatore del segretario regionale dell'Anaao-Assomed, che l'Italia oltre ad aver derogato: «alle norme contenute nella direttiva Ue ha creato una situazione per cui ogni regione ha scelto una propria strada, così in regioni come la Toscana o la Puglia vi sono norme che recepiscono la direttiva Ue e garantiscono le tutele ai lavoratori, mentre in altre tipo la Lombardia ciò non si verifica e i medici sono sempre più costretti a lavorare senza che sia tutelato il loro diritto al riposo»;
    la vicenda è stata denunciata alla Commissione europea dalla Federazione europea dei medici salariati (Fems). Il suo vicepresidente, Enrico Reginato, ha informato che: «La Unione europea ci ha finalmente ascoltati e ha capito che i dirigenti medici che hanno un rapporto di lavoro basato sugli orari e non sui risultati non possono essere tenuti fuori dall'architettura della direttiva Ue”;
    secondo i dirigenti medici, infatti, l'articolo 17 della direttiva 88 del 2003 prevede deroghe, in materia di orario lavorativo, solo per quei dirigenti che possiedono autonomia organizzativa. Ma ciò non riguarda i medici inquadrati come dirigenti sanitari che sono a tutti gli effetti lavoratori dipendenti;
    l'Unione europea ha inviato all'Italia nell'aprile 2012 una lettera di messa in mora riguardante l'esclusione del personale medico e sanitario da alcuni diritti previsti dalla direttiva 88/2003/CE, che disciplina le tutele per tutti i lavoratori, e quindi anche per i dipendenti del SSN;
    nel maggio 2013 la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano anche un parere motivato nel quadro dei procedimenti di infrazione, chiedendo un riallineamento della legislazione italiana tale da rispettare il diritto dei medici e dei sanitari a periodi minimi di riposo giornaliero e limitare il loro tempo di lavoro massimo settimanale. Il Governo italiano aveva tempo fino al 29 giugno per rispondere alle osservazioni giunte da Bruxelles;
    la vicenda è di ampia portata, considerato che letteratura scientifica internazionale collega direttamente la deprivazione del riposo e gli orari prolungati di lavoro dei medici ad un netto incremento degli eventi avversi e del rischio clinico per i pazienti. Pertanto, la salvaguardia della salute degli operatori assume nel settore sanitario un'importanza strategica che va ben oltre il mero ambito contrattuale o l'interesse particolare di una categoria professionale, coinvolgendo il tema della sicurezza delle cure e quindi la tutela della salute dei cittadini che si rivolgono alle strutture ospedaliere,

impegna il Governo

a dare piena attuazione alla direttiva n. 88 del 2003, valutando come si possa tenere conto di tutte le contestazioni mosse dalla Commissione europea nella procedura di infrazione che si è aperta e, in particolare, sui periodi minimi di riposo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale per il personale delle aree dirigenziali degli enti e delle aziende del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
9/1327/26. (Testo modificato nel corso della seduta).  Placido, Airaudo, Di Salvo, Piazzoni, Nicchi, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    la celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Nel soggetto affetto, il consumo di questi cereali provoca una reazione avversa dovuta all'introduzione di prolamine e gliadine con il cibo all'interno dell'organismo e provoca gravi danni alla mucosa intestinale, tra cui l'atrofia dei villi intestinali;
    secondo la Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia per il 2010, nel nostro Paese la prevalenza della celiachia sia nei bambini che negli adulti è stimata intorno all'1%, per cui se si considera che la popolazione in Italia è di poco superiore a 60 milioni, significa che il numero potenziale dei celiaci si aggira intorno a 600 mila persone contro i circa 122 mila effettivamente diagnosticati e censiti;
    curare la celiachia significa escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni, come pane, pasta, biscotti, eccetera, e spesso eliminare ogni minima traccia di glutine dalla dieta. Questo incide notevolmente sulle abitudini quotidiane e sulla dimensione sociale del celiaco, rendendo necessarie un'adeguata educazione alimentare e appropriate garanzie da parte delle aziende che commercializzano prodotti contenenti glutine;
    attualmente i prodotti senza glutine (con glutine inferiore a 20 ppm) sono considerati «prodotti dietetici» e godono quindi di una specifica normativa che ne garantisce la sicurezza per il consumatore celiaco in termini di assenza di glutine. In Italia, questi prodotti sono elencati nel registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine (decreto legislativo n. 111 del 1992) ed erogati gratuitamente ai celiaci dal Sistema Sanitario Nazionale (legge n. 123 del 2005);
    il recente regolamento (UE) n. 609/2013 del 12 giugno 2013 prevede, dal 20 luglio 2016, l'abrogazione del regolamento (CE) 41/2009 relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, che stabilisce i criteri per la composizione e l'etichettatura dei prodotti dietetici destinati ai soggetti intolleranti al glutine;
    la distinzione tra persone sane e persone con problemi di salute impone una differente disciplina, e se per le persone sane può valere la disciplina generica di tutela del consumatore, per quelle con problemi di salute occorre una disciplina specifica che – per quanto riguarda le persone affette da celiachia – veniva individuata proprio dal suddetto regolamento (CE) n. 41/2009, ora oggetto di prossima abrogazione dal regolamento (UE) n. 609/2013. Dal 21 luglio 2016, scomparirà dalle etichette la dicitura «prodotto dietetico»;
    il regolamento (UE) n. 609/2013, finalizzato a introdurre elementi di semplificazione, indebolisce quindi quanto fatto fino ad oggi a favore dei celiaci. Come suesposto, viene infatti cancellata dalle etichette dei prodotti alimentari, la definizione di «prodotto dietetico», riducendo a una etichetta genetica la dicitura «senza glutine», e rimuovendo così la speciale protezione riservata ai celiaci garantita da una normativa stringente sui requisiti nutrizionali specifici e sui controlli relativi,

impegna il Governo

ad attivarsi nelle opportune sedi comunitarie, al fine di garantire una disciplina specifica a tutela delle persone affette da celiachia, mantenendo le garanzie finora a loro riservate dal regolamento (CE) 41/2009 – abrogato dal 20 luglio 2016 dal regolamento (UE) n. 609/2013 – riguardo la composizione e l'etichettatura dei prodotti dietetici destinati ai soggetti intolleranti al glutine.
9/1327/27Nicchi, Piazzoni, Aiello, Vezzali.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo le analisi più recenti, il commercio del falso nel nostro Paese, con il solo riferimento al mercato interno (senza dunque considerare la quota di merci contraffatte che partono dall'Italia verso l'estero), avrebbe prodotto un fatturato annuo di circa 7 miliardi di euro, con un'ingente perdita per il bilancio dello Stato, in termini di mancate entrate fiscali;
    a tali effetti negativi sul piano dell'economia nazionale, si aggiungono i pericoli che l'utilizzo di prodotti contraffatti può comportare per la salute dei cittadini, posto che questi ultimi tendono ad inserirsi con sempre maggiore frequenza nel circuito produttivo legale, sfuggendo a qualsiasi tipologia di controllo e senza alcun tipo di garanzia per i consumatori;
    il made in Italy rappresenta non solo un marchio conosciuto nel mondo, ma anche un tessuto produttivo di altissima qualità, a vari livelli e nei settori più differenti, caratterizzato da ingegno, lavoro e capacità di produrre ricchezza;
    l'Unione europea non ha ancora approvato disposizioni armonizzate sul made in, tale indifferenza denota un grave limite politico e strategico, poiché i maggiori partner commerciali dell'Unione europea, hanno invece introdotto l'obbligo dell'indicazione del paese dell'origine sul prodotto e sul relativo imballaggio;
    tale posizione è un danno grave per le piccole e medie imprese italiane, sottoposte alla concorrenza sleale della contraffazione in un momento di crisi profonda e perdurante come quella attuale;
    attualmente il Parlamento europeo sta discutendo il «Pacchetto sicurezza prodotti e vigilanza del mercato» composto da due proposte di regolamento (COM(2013)75 relativo alla sorveglianza del mercato dei prodotti e COM(2013)78 relativo alla sicurezza dei prodotti per i consumatori;
    la proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti definisce una serie di norme che intendono assicurare la piena tracciabilità dei beni e prevede obblighi, proporzionati e calibrati, per tutta la filiera dal fabbricante all'importatore al distributore;
    è fondamentale per il nostro sistema produttivo che le norme previste dal «Pacchetto sicurezza prodotti e vigilanza del mercato» siano adottate in tempi rapidi in Italia, al fine di fornire un'adeguata tutela al consumatore,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede europea al fine di sollecitare l’iter dell'approvazione delle citate proposte di regolamento salvaguardando in particolare il contenuto dell'articolo 7 della proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti per i consumatori COM(2013)78 relativo alla piena tracciabilità dei prodotti con la definizione delle nuove disposizioni in materia di made in.
9/1327/28Sanga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea in esame attesta la validità in Italia dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro. I cittadini UE che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di autorizzazioni o abilitazioni, a eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico individuati dal Ministero;
    le guide turistiche sono figure professionali di fondamentale importanza per la valorizzazione del turismo. Con la loro professionalità possono agevolare o, addirittura, incrementare l'indotto turistico. Le guide turistiche, autentici ambasciatori delle città italiane, sono gli unici professionisti, insieme agli archeologi, agli storici dell'arte e ai professori, in grado di raccontare la storia e l'arte dei monumenti italiani;
    le guide turistiche, in Italia, sono regolamentate e devono essere abilitate. Sono sottoposte a esami concorsuali che ne attestano le competenze professionali al fine del rilascio della licenza. Purtroppo con la revisione della Direttiva europea sulle professioni, si approva una deregolamentazione della professione. L'Europa chiede all'Italia di abrogare le leggi sulle guide turistiche e questo comporta, in mancanza di regolamentazione, chiunque potrebbe svolgere legittimamente questa attività. Chi è guida turistica autorizzata, però, sa che conseguire l'abilitazione è equiparabile al raggiungimento di un titolo universitario. Cessare di riconoscere tale competenza professionale sarebbe un paradosso clamoroso: un po’ come se dall'oggi al domani si consentisse a chiunque di fare gli ingegneri, i dentisti, gli avvocati, i giudici, o i professori;
    è evidente il rischio di legalizzare la diffusione di una sottocultura distorta, tesa solo all'assalto incondizionato del turista a cui spillare il maggior quantitativo possibile di soldi, vorrà dire che smetteremo di essere un Paese il cui vero, potente e invincibile punto di forza è la sua cultura millenaria;
    nell'ambito della procedura di accertamento (EU Pilot 4277/12/MARK) rispetto a possibili violazioni della direttiva «servizi», può essere utilmente motivata dai competenti organi di governo la specificità della professione svolta dalla guida turistica (in modo particolare in quei paesi dove è presente un patrimonio storico e artistico senza eguali), professione rispetto alla quale è da intendersi applicabile la direttiva sulle professioni (2005/36/CE, recepita dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206),

impegna il Governo:

   a individuare idonee misure volte a verificare la professionalità e le competenze dei cittadini dell'Unione europea che intendono svolgere l'attività di guida turistica in Italia;
    ad attivarsi, nelle opportune sedi comunitarie, al fine di riconoscere la specificità della professione svolta dalla guida turistica in modo da prevedere un periodo del tirocinio e/o prova attitudinale per i cittadini europei che abbiano conseguito l'abilitazione della guida turistica in un paese dell'Unione europea che vogliano svolgere la professione in Italia.
9/1327/29Mucci, Luigi Gallo, Colonnese, Spessotto, Baldassarre, Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    non si possono creare eccezioni all'applicabilità della convenzione sui rifugiati e protocollo sul relativo status, ed in particolare, si deve garantire che i minori siano informati, in una lingua a loro comprensibile, dei loro diritti, ivi compreso quello della protezione internazionale;
    si deve ricomprendere nella definizione di persone vulnerabili, anche le donne incinte;
    è necessario introdurre uno strumento di programmazione delle attività e delle misure a favore dell'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prendere le opportune iniziative anche legislative nell'ambito della stesura della prossima legge di delegazione europea e della prossima legge europea, in riferimento alle esigenze citate in premessa.
9/1327/30Ricciatti, Pannarale, Scotto, Fava, Migliore, Di Salvo, Pastorino, Giuseppe Guerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 1327 Governo, approvato dal Senato, reca disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013;
    preso atto della indifferibile necessità di giungere, prima della pausa estiva, all'approvazione definitiva di un provvedimento che, da un lato, consente di recuperare il tempo perduto nella precedente legislatura per la mancata approvazione di due disegni di legge comunitaria (per l'anno 2011 e per l'anno 2012), a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, e, dall'altro, consente di chiudere un rilevante numero di infrazioni comunitarie a tutt'oggi aperte nei confronti dell'Italia in materia ambientale;
    ritenuto, tuttavia, che alcune previsioni normative del provvedimento debbano essere migliorate, al fine di contemperare al meglio gli obiettivi inseparabili di un pieno adeguamento dell'ordinamento interno al quadro europeo e del miglioramento dei livelli di tutela ambientale;
    considerato, in particolare, che l'articolo 22, il quale modifica la disciplina sul ritiro dei rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche (RAEE) al fine di agevolare la raccolta dei RAEE da parte dei distributori, contiene una previsione, quella del trasporto mensile da parte dei negozianti dei RAEE ai centri di raccolta, che non sembra muoversi nella direzione della semplificazione, comportando un aggravio dei costi per i negozianti medesimi, né sembra determinare alcun vantaggio ambientale, anche in considerazione della determinazione nella norma delle quantità massime di RAEE che possono essere gestite dai distributori e delle caratteristiche fisiche dei luoghi in cui tali RAEE sono raggruppati,

impegna il Governo

   ad assumere in tempi rapidi iniziative normative dirette ad introdurre specifiche disposizioni:
    che prevedano, in luogo della richiamata frequenza mensile del trasporto dei RAEE presso i centri di raccolta, una frequenza trimestrale della medesima attività;
    che consentano di implementare un sistema che registri, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di raccolta e di riciclaggio, anche i RAEE che vengono conferiti direttamente agli impianti autorizzati per il trattamento, eventualmente anche dai comuni o dai rivenditori che li hanno raccolti;
    che consentano ai distributori il raggruppamento dei RAEE non in un solo luogo, ma presso più luoghi esterni, rispondendo così non soltanto ad una logica di efficienza e di economicità delle attività logistiche, ma anche a un minore impatto ambientale delle operazioni di ritiro.
9/1327/31Carrescia, Cominelli, Mariani, Braga, Zardini, Giovanna Sanna, Maria Chiara Gadda, Bratti, Busto, Segoni, Zolezzi, Pellegrino, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 1327 Governo, approvato dal Senato, reca – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013;
    preso atto della indifferibile necessità di giungere, prima della pausa estiva, all'approvazione definitiva di un provvedimento che, da un lato, consente di recuperare il tempo perduto nella precedente legislatura per la mancata approvazione di due disegni di legge comunitaria (per l'anno 2011 e per l'anno 2012), a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, e, dall'altro, consente di chiudere un rilevante numero di infrazioni comunitarie a tutt'oggi aperte nei confronti dell'Italia in materia ambientale;
    ritenuto, tuttavia, che alcune previsioni normative del provvedimento debbano essere migliorate, a partire dalle disposizioni di cui agli articoli 23, in materia di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale, e 25, in materia di tutela risarcitoria contro i danni ambientali, le quali, pur essendo complessivamente apprezzabili, appaiono tuttavia non del tutto idonee a conseguire i due obiettivi inseparabili di un pieno adeguamento dell'ordinamento interno al quadro europeo e del miglioramento dei livelli di tutela ambientale,

impegna il Governo

ad assumere in tempi rapidissimi iniziative normative dirette ad introdurre specifiche disposizioni volte a garantire, nel rigoroso rispetto della normativa europea, più elevati livelli di tutela ambientale nelle materie disciplinate dagli articoli 23 e 25.
9/1327/32Mariani, Carrescia, Cominelli, Braga, Dallai, Morassut, Giovanna Sanna, Zardini, Gadda, Mariastella Bianchi, Cassano, Zolezzi, De Rosa, Busto, Segoni, Mannino, Pellegrino, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;
    l'articolo 31 istituisce nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un organismo di conciliazione per facilitare la mediazione tra i singoli esattori di pedaggi stradali e i fornitori del Servizio europeo di tele pedaggio;
    l'articolo 37 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto «Salva-Italia»), come modificato dall'articolo 36 del successivo decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddetto «liberalizzazioni») ha istituito l'Autorità di regolazione nel settore dei trasporti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un organismo di conciliazione per facilitare la mediazione tra i singoli esattori dei pedaggi stradali e i fornitori del Servizio europeo di tele pedaggio presso l'Autorità di regolamentazione dei trasporti anziché presso il Ministero per le infrastrutture ed i trasporti e realizzare, di concerto con quest'ultimo e l'Autorità, una applicazione web, secondo i criteri dell'e-Governement e del Codice dell'Amministrazione Digitale, nei limiti temporali individuati nel comma 4, articolo 19 della decisione 2009/750/CE.
9/1327/33Catalano, Liuzzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Tino Iannuzzi.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge C. 1327 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e Legge europea 2013»,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento all'esame stabilisce la validità in Italia dell'abilitazione della professione di guida turistica e attesta il riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro;
    pertanto, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità dl alcuna autorizzazione, né abilitazione, sia essa generale o specifica;
    la disposizione, così come formulata, istituisce un'abilitazione alla professione di guida turistica valida su tutto il territorio nazionale che si presta ad essere interpretata nel senso di limitarsi a consentire alle guide turistiche di altri Stati membri di effettuare visite guidate in tutta Italia, senza accertarne le competenze e senza verificarne l'effettiva professione;
    il comma 3, aggiunto durante l'esame al Senato, prevede che con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, siano individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una speciale abilitazione;
    la modifica introdotta al Senato è intervenuta al fine di considerare la peculiarità del nostro Paese il cui patrimonio storico, artistico, archeologico e culturale costituisce un unicum a livello internazionale e presenta una varietà di situazioni e realtà che non ha confronti in Europa;
    sarebbe altresì auspicabile, al fine di evitare lo svilimento del livello qualitativo delle prestazioni rese ai turisti e ai visitatori dalle guide italiane, che sia prevista una verifica delle capacità professionali degli operatori;
    tuttavia, con tale nuova disposizione, si rischia sostanzialmente di porre nuovamente l'Italia in una posizione di incompatibilità con la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno e in particolare con il paragrafo 4 dell'articolo 10 della stessa che stabilisce la portata nazionale dell'autorizzazione ad esercitare la professione;
    l'articolo 3 sottopone, infatti, le guide turistiche italiane alla cosiddetta direttiva servizi 2006/123/CE, mentre da più parti si ritiene che le professioni e quindi le guide turistiche ricadano sotto la disciplina della cosiddetta direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali che è in fase di revisione;
   considerato che:
    con nota 13 febbraio 2013 la Commissione europea ha intimato l'Italia di fornire, entro il 25 aprile, un calendario dettagliato relativo alle iniziative intraprese per la definizione di un testo normativo relativo all'esercizio della professione di guida turistica, ma il Governo ha scelto di rinviare l'adozione di un riordino normativo per definire i requisiti di accesso in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
    la professione di guida turistica regolamentata, è stata assoggettata al «Sistema generale» di riconoscimento della formazione professionale e dei titoli con la Direttiva 92/51/CEE ed è citata nell'elenco dell'Allegato C del decreto legislativo di recepimento, 2 maggio 1994, n. 319;
    con la sostituzione della Direttiva 92/51/CEE con la Direttiva 2005/36/CE, la professione di guida turistica, come tutte le altre professioni regolamentate coperta dalla precedente Direttiva, è oggi soggetta alle disposizioni di questa nuova Direttiva sia per il riconoscimento delle qualifiche professionali che per la libera prestazione di servizi temporanea ed occasionale;
    conseguentemente, alla professione di guida turistica non si applicano le disposizioni della Direttiva 2006/123/CE se non per «questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali, quali l'assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazione amministrativa» e l'applicazione ad essa del Titolo II sulla libera prestazione di servizi della Direttiva 2005/36/CE resta impregiudicato [Considerando (31) e articolo 3 della Direttiva 2006/123/CE];
    l'articolo 5 paragrafo 3 della Direttiva 2005/36/CE riporta che il professionista, in caso di prestazione temporanea e occasionale in altro Stato membro, è soggetto alle norme professionali dello Stato ospitante relative alla qualifica e ad altro;
    l'articolo 57 del Trattato Istitutivo dell'Unione europea (Capo III, Servizi) ha stabilito che «il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nel paese ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte del paese stesso ai propri cittadini»,
    il Governo non ha mai risposto alla Nota della Commissione europea del 6 settembre 2012 per contestare il caso EU Pilot riguardante la supposta violazione dell'articolo 10, paragrafo 4 della Direttiva 2006/123/CE, laddove la legislazione nazionale prevede che l'abilitazione all'esercizio della professione di guida turistica abbia validità solo nella regione o provincia di rilascio (articolo 7, comma 6, legge n. 135 del 2001),

impegna il Governo

a provvedere ad una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica, che non si limiti ai profili oggetto dell'articolo 3, ma che riguardi anche i requisiti di accesso e le relative modalità di verifica, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare la valorizzazione e la tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, nonché la tutela del turista e del fruitore dei beni culturali, anche riconoscendo, sulla base della direttiva qualifiche professionali (Direttiva 2005/36/CE), in fase di modificazione, la specifica e peculiare professionalità delle guide turistiche.
9/1327/34Pinna, Colonnese, Spessotto.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge C. 1327 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e Legge europea 2013»,

impegna il Governo

a provvedere ad una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica, che non si limiti ai profili oggetto dell'articolo 3, ma che riguardi anche i requisiti di accesso e le relative modalità di verifica, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare la valorizzazione e la tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, nonché la tutela del turista e del fruitore dei beni culturali, anche riconoscendo, sulla base della direttiva qualifiche professionali (Direttiva 2005/36/CE), in fase di modificazione, la specifica e peculiare professionalità delle guide turistiche.
9/1327/34. (Testo modificato nel corso della seduta).  Pinna, Colonnese, Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8, della legge europea 2013, sostituisce il comma 14-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, concernente la tassazione di aeromobili privati e specificamente l'applicazione dell'imposta agli aeromobili non immatricolati nel Registro Aeronautico Nazionale tenuto dall'Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC), prevedendo che essi possano essere soggetti all'imposta erariale sugli aeromobili privati, di cui all'articolo 16, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel caso in cui la cui permanenza nel territorio italiano si protragga per una durata – anche non continuativa – superiore a sei mesi nell'arco di dodici mesi;
    l'originaria formulazione del comma 14-bis, dell'articolo 16, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevedeva un periodo di permanenza nel territorio italiano per una durata di quarantacinque giorni;
    la nuova formulazione del comma 14-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, introdotta dall'articolo 8, della legge europea 2013, potrebbe implicare condotte elusive in quanto il periodo di permanenza preso come punto di riferimento è eccessivo, e per tal motivo potrebbe indurre i soggetti d'imposta a localizzare aeromobili privati in altri Stati che abbiano una tassazione meno onerosa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 8, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il parametro di riferimento del periodo di permanenza di sei mesi nel territorio italiano, relazionandolo a ventiquattro mesi e non dodici mesi.
9/1327/35Cancelleri, Barbanti, Chimienti, Pesco, Ruocco, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8, della legge europea 2013, sostituisce il comma 14-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, concernente la tassazione di aeromobili privati e specificamente l'applicazione dell'imposta agli aeromobili non immatricolati nel Registro Aeronautico Nazionale tenuto dall'Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC), prevedendo che essi possano essere soggetti all'imposta erariale sugli aeromobili privati, di cui all'articolo 16, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel caso in cui la cui permanenza nel territorio italiano si protragga per una durata – anche non continuativa – superiore a sei mesi nell'arco di dodici mesi;
    l'originaria formulazione del comma 14-bis, dell'articolo 16, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevedeva un periodo di permanenza nel territorio italiano per una durata di quarantacinque giorni;
    la nuova formulazione del comma 14-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, introdotta dall'articolo 8, della legge europea 2013, potrebbe implicare condotte elusive in quanto il periodo di permanenza preso come punto di riferimento è eccessivo, e per tal motivo potrebbe indurre i soggetti d'imposta a localizzare aeromobili privati in altri Stati che abbiano una tassazione meno onerosa,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 8, al fine di adottare, nel rispetto del diritto dell'Unione europea, ulteriori iniziative normative volte a modificare il parametro di riferimento del periodo di permanenza di sei mesi nel territorio italiano, relazionandolo a ventiquattro mesi e non dodici mesi.
9/1327/35. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cancelleri, Barbanti, Chimienti, Pesco, Ruocco, Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 modifica la normativa in materia di danno ambientale disciplinata nel nostro ordinamento giuridico dalla parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006, con l'obiettivo di superare le contestazioni sollevate dalla Commissione europea con la procedura d'infrazione n. 4679 del 2007, per la non conformità di dette disposizioni alla direttiva 2004/35/CE;
    l'adeguamento normativo previsto dall'articolo 25 costituisce un evidente miglioramento del quadro normativo in materia di tutela risarcitoria dei danni contro l'ambiente, ma la sua formulazione sarebbe potuta essere ancora più incisiva ed efficace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un ulteriore intervento legislativo con l'obiettivo di rafforzare il quadro normativo in materia di danno ambientale, in particolare attraverso:
   la chiara previsione dell'introduzione della responsabilità oggettiva dell'autore dei comportamenti illeciti omissivi o commissivi che possano cagionare danno all'ambiente, prescindendo dalla presenza dell'elemento del dolo o della colpa;
   l'inclusione, nell'ambito di applicazione della parte sesta del testo unico ambientale, del danno causato alle specie e agli habitat naturali protetti nella fattispecie di danno ambientale, così come stabilito dalla stessa direttiva comunitaria n. 2004/35/CE;
   l'eliminazione di ogni elemento di discrezionalità rispetto all'esigenza di rivalersi sotto il profilo economico nei confronti dell'autore dell'illecito per la riparazione del danno ambientale.
9/1327/36De Rosa, Micillo, Busto, Daga, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 157 del 1992 stabilisce il quadro normativo di riferimento per la tutela della fauna selvatica e, di conseguenza, regolamenta l'esercizio dell'attività venatoria sul territorio nazionale;
    la legge europea 2013, al fine di adeguare il nostro ordinamento alla normativa comunitaria, interviene sulla disciplina della caccia in deroga, modificando l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 in materia dl deroghe ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 147/09/CE, detta «Uccelli»;
    il suddetto articolo 9 prevede che le deroghe possano essere consentite nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica, nell'interesse della sicurezza aerea, per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque, per la protezione della flora e della fauna; inoltre possono essere consentite ai fini della ricerca e dell'insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l'allevamento connesso a tali operazioni;
    il provvedimento in titolo non interviene tuttavia sulle deroghe «per gioco» previste dallo stesso articolo, al comma 1, lettera c) ancorché la possibilità di continuare a derogare sull'attività venatoria a scopo esclusivamente «sportivo» susciti più di una preoccupazione in considerazione di una attività che si ritiene altamente lesiva della fauna selvatica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di limitare l'esercizio delle deroghe di cui all'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 147/09/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, ai soli casi previsti dalle lettere a) e b), al fine di tutelare la fauna selvatica sul territorio nazionale.
9/1327/37Gagnarli, Massimiliano Bernini, Lupo, Benedetti, Gallinella, L'Abbate, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo A.C. 1327 del 2013, riporta all'articolo 23 Disposizioni in materia di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale volte al recepimento della direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011, (Procedura di infrazione 2009/2086) e all'articolo 24 Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il corretto recepimento della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (Procedura di infrazione 2007/4680);
    risultando la valutazione di incidenza ambientale essere un procedimento di fatto privo di qualsiasi trasparenza nella gestione dei dati a livello di amministrazioni locali, contrariamente da quanto previsto dalle direttive europee;
    ritenendo utile recepire le modalità di pubblicità dei dati come previste dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 in attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
    ritenendo utile recepire quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus che prevede misure di trasparenza e partecipazione all'articolo 6 comma 2 lettere dalla a) alla d) per i progetti di cui all'articolo 24 comma 1;
    ritenendo utile recepire quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus che prevede misure di trasparenza e partecipazione all'articolo 6 comma 2 lettere dalla a) alla d) nei confronti delle procedure di Valutazione di Incidenza Ambientale di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modificazioni e integrazioni di cui all'articolo 23 comma 1,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare e attuare le direttive europee per la pubblicità dei dati secondo le modalità previste dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 in attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e per la trasparenza e partecipazione di cui all'articolo 6 comma 2 lettere da a) a d) della Convenzione di Aarhus.
9/1327/38Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1327 modifica l'articolo 6 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, stabilendo che la partecipazione debba essere garantita – anche attraverso la pubblicazione nel sito informatico dell'autorità competente delle informazioni necessarie per la preparazione del piano di emergenza esterno – al «pubblico interessato alla preparazione o al riesame dello stesso piano»;
    il pieno accesso alle informazioni ambientali senza dover sottostare alle limitazioni proprie della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo è pienamente recepito e tutelato dalla convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Aarhus firmata nel 1998 dalla Comunità europea), con il quale l'Unione europea intende sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nelle questioni ambientali, nonché migliorare l'applicazione della legislazione sull'ambiente;
    la Direttiva europea (2006/21CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, all'articolo 8 «Partecipazione del pubblico», stabilisce che: «Il pubblico viene informato, mediante pubblici avvisi o altro mezzo adeguato, ad esempio per via elettronica, se possibile, delle questioni indicate in prosieguo fin dalle prime fasi della procedura di autorizzazione,

impegna il Governo

indicare alle autorità competenti, alle quali spetta la preparazione del piano di emergenza esterno di cui all'articolo 10 comma 8 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, gli strumenti con i quali – in aggiunta alla sola pubblicazione nel sito Internet espressamente citata nel testo dell'Atto Camera 1327 – sono tenuti a garantire la partecipazione del pubblico nel procedimento di formazione e approvazione del piano di emergenza in questione.
9/1327/39Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1327 modifica l'articolo 6 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, stabilendo che la partecipazione debba essere garantita – anche attraverso la pubblicazione nel sito informatico dell'autorità competente delle informazioni necessarie per la preparazione del piano di emergenza esterno – al «pubblico interessato alla preparazione o al riesame dello stesso piano»;
    il pieno accesso alle informazioni ambientali senza dover sottostare alle limitazioni proprie della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo è pienamente recepito e tutelato dalla convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Aarhus firmata nel 1998 dalla Comunità europea), con il quale l'Unione europea intende sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nelle questioni ambientali, nonché migliorare l'applicazione della legislazione sull'ambiente;
    la Direttiva europea (2006/21CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, all'articolo 8 «Partecipazione del pubblico», stabilisce che: «Il pubblico viene informato, mediante pubblici avvisi o altro mezzo adeguato, ad esempio per via elettronica, se possibile, delle questioni indicate in prosieguo fin dalle prime fasi della procedura di autorizzazione»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di indicare alle autorità competenti, alle quali spetta la preparazione del piano di emergenza esterno di cui all'articolo 10 comma 8 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, gli strumenti con i quali – in aggiunta alla sola pubblicazione nel sito Internet espressamente citata nel testo dell'Atto Camera 1327 – sono tenuti a garantire la partecipazione del pubblico nel procedimento di formazione e approvazione del piano di emergenza in questione.
9/1327/39. (Testo modificato nel corso della seduta).  Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 157 del 1992 stabilisce il quadro normativo di riferimento per la tutela della fauna selvatica e, di conseguenza, regolamenta l'esercizio dell'attività venatoria sul territorio nazionale;
    la legge europea 2013, al fine di adeguare il nostro ordinamento alla normativa comunitaria, interviene sulla disciplina della caccia in deroga, modificando l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 in materia di deroghe ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 147/09/CE, detta Uccelli;
    la legge europea in esame interviene sulla disciplina dell'esercizio delle deroghe di cui alla citata direttiva, introducendo criteri più stringenti al quali le regioni devono attenersi al fine di autorizzare la caccia in deroga senza però prevedere che il parere dell'ISPRA debba ritenersi vincolante;
    l'ISPRA è l'ente Nazionale deputato a dare valutazioni di carattere ambientale, faunistico, avendo e rappresenta una garanzia contro l'apertura di nuovi contenziosi comunitari o l'aggravarsi di quelli esistenti,

impegna il Governo

a valutare la necessità, attraverso ulteriori iniziative normative, di rendere vincolante per le regioni che decidono di ricorrere alla caccia in deroga il parere dell'ISPRA, unico ente istituzionalmente riconosciuto in UE per la protezione e la ricerca ambientale.
9/1327/40Massimiliano Bernini, Gagnarli, Lupo, Benedetti, Gallinella, L'Abbate, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame è contenuta la modifica dell'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di conformare lo stesso alle disposizioni comunitarie in materia di condizione giuridica dei titolari di permesso soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dei familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati e dei destinatari di protezione sussidiaria;
    con tale modifica si rende esplicita la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, di tali cittadini stranieri ai cittadini dell'Unione europea;
    la stessa modifica potrebbe risultare pleonastica, dal momento che la equiparazione è già sancita da altre disposizioni di legge (articolo 19, comma 1, decreto legislativo n. 30 del 2007, per i familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea; articolo 25, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007, per i rifugiati; lo stesso articolo 25, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007) come modificato dal disegno di legge in discussione, per i destinatari di protezione sussidiaria; articolo 9, comma 12, lettera b), decreto legislativo n. 286 del 1998, per i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), e parzialmente incompleta, dal momento che si omette di menzionare i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia e i titolari di Carta Blu UE (che accedono al pubblico impiego ai sensi, rispettivamente, di articolo 22, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007 e articolo 27-quater, comma 14, decreto legislativo n. 286 del 1998);
    la parità, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, è infatti garantita ad ogni straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano di svolgere attività lavorativa (ad esempio, il titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per motivi familiari, per studio, per ricerca scientifica, e altro) in base agli obblighi che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica della Convenzione OIL n. 143 del 1975 (ratificata con legge n. 158 del 1981);
    in particolare, lo Stato italiano si impegna ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (articolo 10);
    è quindi del tutto fuori da questa logica che possano essere imposte restrizioni più severe per i cittadini stranieri, sulla base di un non meglio precisato concetto di fedeltà alla Repubblica italiana, dal momento che le citate disposizioni che esplicitamente consentono l'accesso, alle stesse condizioni previste per i cittadini dell'Unione europea, per determinate categorie di cittadini stranieri possono applicarsi a persone appena entrate nel territorio nazionale o, addirittura, entrate in elusione dei controlli di frontiera (si pensi, in particolare, ai familiari stranieri di cittadino comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, per i quali il diritto di soggiornare e i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso legale nel territorio dello Stato), per le quali un tale rapporto di fedeltà non è nemmeno ipotizzabile, armonizzando dunque le norme in vigore ed eventualmente modificando le disposizioni o le eventuali prassi amministrative incompatibili con la suddetta politica (articolo 12);
    ai cittadini dell'Unione europea possono essere preclusi solo i posti che implichino esercizio di poteri pubblici o attengano alla tutela dell'interesse nazionale (articolo 38, comma 1, decreto legislativo n. 165 del 2001) nonché i posti e le funzioni determinati ai sensi di articolo 38, comma 2, decreto legislativo n. 165 del 2001;
    l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa nazionale sul pubblico impiego, che sancisca il diritto dello straniero di accedervi ha dato luogo, negli ultimi anni, a un notevole contenzioso giudiziario, risolto dai giudici, in modo pressoché univoco, con il riconoscimento del carattere illecitamente discriminatorio dei bandi di concorso per posti di pubblico impiego che limitassero la partecipazione ai cittadini, italiani o dell'Unione europea (tra le numerosissime pronunce, si vedano, per esempio le seguenti: tribunale di Como, sez. XI civile – lavoro, ordinanza 15 maggio 2013 n. 1503/13, tribunale di Siena, ordinanza dd. 3 settembre 2012, tribunale di Firenze, sentenza dd. 27 gennaio 2012, tribunale di Milano, ordinanza n. 12913/2011, dd. 5 ottobre 2011, tribunale di Genova, ordinanza n. 1329/11, dd. 19 giugno 2011, tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, tribunale di Bologna, sentenza n. 528/2010 dd. 8 marzo 2011, tribunale di Milano, ordinanza 4 aprile 2011, tribunale di Lodi, ordinanza 18 febbraio 2011, tribunale di Milano, ordinanza n. 12913/2011 dd. 5 ottobre 2011, tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011 (est. Parodi), tribunale Biella 23 luglio 2010 (ord) est. Pitropaolo, T.c. Azienda Sanitaria Locale Biella, tribunale dl Milano, ordinanza dd. 11.01.2010, tribunale di Rimini, ordinanza dd. 27.10.2009, confermata dal tribunale di sede collegiale con ordinanza 15.02.2010, tribunale Milano 17.07.09, (ord.) est. Lualdi, Montes c. Asl Provincia di Milano 1, Corte di Appello di Firenze, sentenza dd. 28.11.2008, tribunale di Milano 01.08.08 San Paolo c. Cgil Cisl Uil, Pres. Vitali, est. Mennuni, tribunale di Perugia 6.12.2006 est. Criscuolo, XX c. ASL Perugia, tribunale di Imperia 12.9.06 est. Favalli, AB c. ASL 1 Imperiese, tribunale di Genova, 26.6.04 est. Mazza XXX c. Ospedale San Martino di Genova, Corte Appello Firenze, ord. 2.7.02 n. 281, XX c. Azienda Ospedaliera Pisana, TAR Liguria, 13.4.2001, pres. Balba, est. Sapone, RO c. Ente Ospedaliero);
    la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino di un paese non appartenente alla Unione europea, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011, il ricorso per manifesta inammissibilità, sulla base del fatto che il giudice rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e risalente sentenza della Cassazione n. 24170/2006 (salvo poi disattendere, lo stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero ricorrente al concorso, dimostrando così di aver nei fatti individuato e scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata);
    la Corte costituzionale ha dato così chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso, tribunale di Milano 12.8.2011, tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, tribunale di Firenze, sentenza dd. 27.01.2012);
    la formulazione del comma 3-bis, introdotto, all'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo 7 del disegno di legge in esame, facendo riferimento solo ad alcune categorie di stranieri ammessi al pubblico impiego, a parità con il cittadino dell'Unione europea, appare inadeguata ad adempiere gli obblighi fissati da articolo 12 Conv. OIL n. 143/1975, e rischia quindi di risultare in contrasto con articolo 117, comma 1, della Costituzione;
    la stessa formulazione potrebbe indurre inoltre le amministrazioni pubbliche a interpretare la modifica legislativa come un intervento del legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente citate (lettura ancora una volta in insanabile contrasto con articolo 14 Conv. OIL n. 143/1975 e articolo 117, comma 1, della Costituzione), con conseguente allargamento di un contenzioso giudiziario nel quale le amministrazioni pubbliche sarebbero destinate irrimediabilmente a soccombere, con oneri a carico della collettività,

impegna il Governo

a fornire, nell'ambito delle sue proprie prerogative, in sede di applicazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, un'interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni che espliciti definitivamente la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, tra il cittadino straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano lo svolgimento di attività lavorativa e il cittadino dell'Unione europea.
9/1327/41Chaouki, Villecco Calipari, Beni, Marzano, Cenni, Quartapelle Procopio, Garavini, Fontanelli, Tentori, Biondelli, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame è contenuta la modifica dell'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di conformare lo stesso alle disposizioni comunitarie in materia di condizione giuridica dei titolari di permesso soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dei familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati e dei destinatari di protezione sussidiaria;
    con tale modifica si rende esplicita la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, di tali cittadini stranieri ai cittadini dell'Unione europea;
    la stessa modifica potrebbe risultare pleonastica, dal momento che la equiparazione è già sancita da altre disposizioni di legge (articolo 19, comma 1, decreto legislativo n. 30 del 2007, per i familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea; articolo 25, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007, per i rifugiati; lo stesso articolo 25, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007) come modificato dal disegno di legge in discussione, per i destinatari di protezione sussidiaria; articolo 9, comma 12, lettera b), decreto legislativo n. 286 del 1998, per i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), e parzialmente incompleta, dal momento che si omette di menzionare i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia e i titolari di Carta Blu UE (che accedono al pubblico impiego ai sensi, rispettivamente, di articolo 22, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007 e articolo 27-quater, comma 14, decreto legislativo n. 286 del 1998);
    la parità, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, è infatti garantita ad ogni straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano di svolgere attività lavorativa (ad esempio, il titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per motivi familiari, per studio, per ricerca scientifica, e altro) in base agli obblighi che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica della Convenzione OIL n. 143 del 1975 (ratificata con legge n. 158 del 1981);
    in particolare, lo Stato italiano si impegna ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (articolo 10);
    è quindi del tutto fuori da questa logica che possano essere imposte restrizioni più severe per i cittadini stranieri, sulla base di un non meglio precisato concetto di fedeltà alla Repubblica italiana, dal momento che le citate disposizioni che esplicitamente consentono l'accesso, alle stesse condizioni previste per i cittadini dell'Unione europea, per determinate categorie di cittadini stranieri possono applicarsi a persone appena entrate nel territorio nazionale o, addirittura, entrate in elusione dei controlli di frontiera (si pensi, in particolare, ai familiari stranieri di cittadino comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, per i quali il diritto di soggiornare e i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso legale nel territorio dello Stato), per le quali un tale rapporto di fedeltà non è nemmeno ipotizzabile, armonizzando dunque le norme in vigore ed eventualmente modificando le disposizioni o le eventuali prassi amministrative incompatibili con la suddetta politica (articolo 12);
    ai cittadini dell'Unione europea possono essere preclusi solo i posti che implichino esercizio di poteri pubblici o attengano alla tutela dell'interesse nazionale (articolo 38, comma 1, decreto legislativo n. 165 del 2001) nonché i posti e le funzioni determinati ai sensi di articolo 38, comma 2, decreto legislativo n. 165 del 2001;
    l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa nazionale sul pubblico impiego, che sancisca il diritto dello straniero di accedervi ha dato luogo, negli ultimi anni, a un notevole contenzioso giudiziario, risolto dai giudici, in modo pressoché univoco, con il riconoscimento del carattere illecitamente discriminatorio dei bandi di concorso per posti di pubblico impiego che limitassero la partecipazione ai cittadini, italiani o dell'Unione europea (tra le numerosissime pronunce, si vedano, per esempio le seguenti: tribunale di Como, sez. XI civile – lavoro, ordinanza 15 maggio 2013 n. 1503/13, tribunale di Siena, ordinanza dd. 3 settembre 2012, tribunale di Firenze, sentenza dd. 27 gennaio 2012, tribunale di Milano, ordinanza n. 12913/2011, dd. 5 ottobre 2011, tribunale di Genova, ordinanza n. 1329/11, dd. 19 giugno 2011, tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, tribunale di Bologna, sentenza n. 528/2010 dd. 8 marzo 2011, tribunale di Milano, ordinanza 4 aprile 2011, tribunale di Lodi, ordinanza 18 febbraio 2011, tribunale di Milano, ordinanza n. 12913/2011 dd. 5 ottobre 2011, tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011 (est. Parodi), tribunale Biella 23 luglio 2010 (ord) est. Pitropaolo, T.c. Azienda Sanitaria Locale Biella, tribunale dl Milano, ordinanza dd. 11.01.2010, tribunale di Rimini, ordinanza dd. 27.10.2009, confermata dal tribunale di sede collegiale con ordinanza 15.02.2010, tribunale Milano 17.07.09, (ord.) est. Lualdi, Montes c. Asl Provincia di Milano 1, Corte di Appello di Firenze, sentenza dd. 28.11.2008, tribunale di Milano 01.08.08 San Paolo c. Cgil Cisl Uil, Pres. Vitali, est. Mennuni, tribunale di Perugia 6.12.2006 est. Criscuolo, XX c. ASL Perugia, tribunale di Imperia 12.9.06 est. Favalli, AB c. ASL 1 Imperiese, tribunale di Genova, 26.6.04 est. Mazza XXX c. Ospedale San Martino di Genova, Corte Appello Firenze, ord. 2.7.02 n. 281, XX c. Azienda Ospedaliera Pisana, TAR Liguria, 13.4.2001, pres. Balba, est. Sapone, RO c. Ente Ospedaliero);
    la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino di un paese non appartenente alla Unione europea, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011, il ricorso per manifesta inammissibilità, sulla base del fatto che il giudice rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e risalente sentenza della Cassazione n. 24170/2006 (salvo poi disattendere, lo stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero ricorrente al concorso, dimostrando così di aver nei fatti individuato e scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata);
    la Corte costituzionale ha dato così chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso, tribunale di Milano 12.8.2011, tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, tribunale di Firenze, sentenza dd. 27.01.2012);
    la formulazione del comma 3-bis, introdotto, all'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo 7 del disegno di legge in esame, facendo riferimento solo ad alcune categorie di stranieri ammessi al pubblico impiego, a parità con il cittadino dell'Unione europea, appare inadeguata ad adempiere gli obblighi fissati da articolo 12 Conv. OIL n. 143/1975, e rischia quindi di risultare in contrasto con articolo 117, comma 1, della Costituzione;
    la stessa formulazione potrebbe indurre inoltre le amministrazioni pubbliche a interpretare la modifica legislativa come un intervento del legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente citate (lettura ancora una volta in insanabile contrasto con articolo 14 Conv. OIL n. 143/1975 e articolo 117, comma 1, della Costituzione), con conseguente allargamento di un contenzioso giudiziario nel quale le amministrazioni pubbliche sarebbero destinate irrimediabilmente a soccombere, con oneri a carico della collettività,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di fornire, nell'ambito delle sue proprie prerogative, in sede di applicazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, un'interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni che espliciti definitivamente la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, tra il cittadino straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano lo svolgimento di attività lavorativa e il cittadino dell'Unione europea.
9/1327/41. (Testo modificato nel corso della seduta).  Chaouki, Villecco Calipari, Beni, Marzano, Cenni, Quartapelle Procopio, Garavini, Fontanelli, Tentori, Biondelli, D'Incecco.


RELAZIONE CONSUNTIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA PER L'ANNO 2012 (DOC. LXXXVII, N. 1)

Risoluzioni

RISOLUZIONI

   La Camera,
   premesso che:
    le modifiche introdotte dalla legge n. 234 del 2012 alla disciplina generale sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea hanno, tra l'altro, significativamente rafforzato i meccanismi di raccordo tra Parlamento e Governo nella formazione della posizione italiana nei processi decisionali dell'Unione europea, in particolare prevedendo nuovi o più articolati obblighi di informazione del Governo al Parlamento, ribadendo l'obbligo dell'Esecutivo di garantire la coerenza delle posizioni assunte in sede europea con gli atti di indirizzo approvati dalle Camere, precisando meglio i presupposti per l'attivazione della riserva di esame parlamentare e prevedendo la consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria conclusi anche al di fuori delle disposizioni dei Trattati;
    la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2012 (Doc. LXXXVII, n. 1), è stata presentata alle Camere il 12 giugno scorso. Il ritardo nella presentazione, sebbene giustificato dall'avvicendamento della nuova legislatura e del nuovo Governo, vanifica parzialmente l'utilità di questo documento, soprattutto a fronte dei contenuti della Relazione programmatica per il 2013 (Doc. LXXXVII-bis, n. 1), di cui peraltro è già stato avviato l'esame parlamentare;
    la Relazione è stata elaborata in base a quanto prescritto dall'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, ed è articolata in quattro parti:
     1) sviluppi del processo di integrazione europea;
     2) partecipazione dell'Italia alla realizzazione delle principali politiche settoriali, quali: mercato interno e competitività, agricoltura e pesca, trasporti, occupazione e politiche sociali, istruzione e politiche giovanili, cultura, turismo, salute, tutela dei consumatori, ricerca, ambiente, energia, fiscalità;
     3) partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione Europea;
     4) politiche di coesione, l'andamento dei flussi finanziari dall'Unione verso l'Italia e la loro utilizzazione, nonché i risultati conseguiti nell'ambito dell'attività svolta;
    l'esame dei due documenti coincide con un aggravamento delle condizioni economico-sociali per larga parte dei Paesi europei che rischia di innescare tendenze recessive di lungo termine, di cui la contrazione delle attività produttive e l'allargamento della disoccupazione rappresentano gli indicatori più preoccupanti;
    una svolta appare indispensabile e urgente nelle politiche europee, per evitare che il disagio economico e sociale alimenti la disaffezione nei confronti dell'Europa mettendo a repentaglio le prospettive di una ripresa del processo di integrazione che sul piano economico e finanziario risulta ormai indispensabile per la gravità delle crisi e la dimensione globale dei fenomeni da affrontare che superano largamente le capacità di risposta dei singoli Stati membri;
    l'Italia ha mantenuto tutti gli impegni relativi al consolidamento del proprio bilancio nazionale ma la prosecuzione di una politica di bilancio basata esclusivamente sull'austerità non è in grado di assicurare lo sviluppo e aggraverebbe l'attuale recessione: ad essa vanno immediatamente associate politiche volte a creare crescita sostenibile e occupazione;
    l'agenda europea del 2012, al contrario, ha continuato ad essere dominata dai temi economici e finanziari, con l'obiettivo di mantenere la stabilità dell'area euro e rendere pienamente operative le misure di governance economica concordate;
    l'Europa ha risposto alla crisi economica mondiale, alla recessione globale ed alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la sola strada dell'austerità, ma le politiche conseguenti non hanno prodotto nessun effetto visibile in termini di ripresa dell'economia e dell'occupazione;
    l'attuale crisi di sistema comporta la necessità di proporre un nuovo modello socioeconomico, nel quale gli obiettivi da perseguire per la costruzione di un'Europa equa e giusta devono valicare il confine della pur necessaria promozione della stabilità finanziaria e della crescita economica ed incentrarsi anche e soprattutto su una rimodulazione del concetto di solidarietà e di comunità da applicarsi alle relazioni tra i paesi membri;
    nella visione ideologica della Commissione Europea, la crisi in atto, definita sia ciclica sia strutturale, può essere viceversa affrontata esclusivamente in chiave di equilibrio di bilancio e solo un rientro dagli eccessi di debito pubblico e privato può permettere all'economia della zona Euro di rincamminarsi lungo un percorso di crescita sostenibile, innanzitutto continuando a tagliare il «troppo costoso» modello sociale europeo;
    in quest'ottica, anche l'impegno politico del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 in materia di crescita economica, che si è tradotto nel Patto per la crescita e l'occupazione (Compact for growth and jobs) che articola in modo organico le misure di rilancio dell'economia a livello nazionale ed europeo da affiancare alla normativa sulla disciplina di bilancio, è rimasto fino ad oggi largamente sulla carta;
    i dati diffusi sulla disoccupazione nella UE nel primo trimestre 2013, che segnalano la cifra impressionante di 26.5 milioni di persone disoccupate o inoccupate, non sembrano produrre alcun cambio in questa impostazione generale di politica economica e sociale;
    al contrario, la Commissione, pur prendendo atto che la disoccupazione giovanile è arrivata alla soglia stratosferica di 5.7 milioni intende intervenire attraverso il programma EU Youth Guarantee che stanzia, tramite il FSE, dal 2014 al 2020 circa e 7 miliardi, ovvero l'equivalente di – 1.22 per disoccupato in 6 anni;
    in realtà, sarebbe indispensabile lavorare da subito alla costruzione di un sistema continentale di Reddito Minimo Garantito cofinanziato dagli Stati europei;
    più in generale, esaminando i dati fondamentali della crisi che la UE attraversa, è chiaro che la crescita non è ostacolata dall'elevato debito pubblico o dall'eccesso di spesa sociale connesse al modello di «welfare» europeo, bensì dalle misure recessive adottate in risposta alla crisi stessa. Pur ammettendo l'esistenza di gravi squilibri strutturali sul fronte della finanza pubblica, la scelta di realizzare in modo simultaneo i relativi aggiustamenti non è una fatalità cui sono posti di fronte i paesi europei, bensì una decisione deliberata e autolesionista, che aggrava i problemi recessivi causati dalla crisi stessa;
    la crisi, pertanto, non si risolverà con le politiche di «austerità espansiva» che l'hanno provocata. Pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dall'aumento di altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e dall'esperienza pratica di altri Paesi europei come la Grecia, il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione è positivo, e l'austerità porterà quindi ad un calo del Pil maggiore del calo del debito rendendo impossibile raggiungere, come auspicato, l'obiettivo della riduzione strutturale del rapporto tra debito e Pil;
    per quanto riguarda il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, non è stato posto con sufficiente chiarezza dal nostro Governo il fatto che vi è necessità di un approccio globale, ispirato dai principi dell'uso efficiente delle risorse (in particolare per sostenere la crescita economica), della solidarietà e dell'equità. Tali criteri implicano il riconoscimento del fatto che vi sono «beni pubblici europei» che possono essere protetti unicamente, o in maniera più efficiente, al livello dell'Unione europea;
    in relazione ai fondi destinati alla Politica di coesione, l'Italia ha richiesto di operare una redistribuzione interna in favore delle regioni in ritardo di sviluppo, in particolare, tenendo conto del peso maggiore che è opportuno attribuire alla disoccupazione nel meccanismo di calcolo delle risorse per le regioni meno sviluppate. Il Piano di azione coesione, deve essere diretto non solo ad accelerare l'impiego dei fondi strutturali, ma destinato anche a dettare le linee del Governo per il periodo successivo;
    appare necessario un maggiore impegno del Governo a seguire con attenzione l'attuazione della iniziativa-faro «Una piattaforma europea contro la povertà e l'emarginazione», lanciata dalla Commissione europea nell'ambito della Strategia Europa 2020. Un fenomeno, questo, che riguarda in misura crescente anche il nostro Paese e che risulta produrre effetti particolarmente pesanti nella fascia d'età minorile;
    in materia commerciale, considerate le specifiche caratteristiche del sistema produttivo ed industriale italiano, ed allo scopo di tutelare le sue tante eccellenze, il Governo si è impegnato affinché in sede europea venisse raggiunta una soluzione di compromesso per l'adozione di una regolamentazione sull'etichettatura di origine di alcuni prodotti provenienti da Paesi terzi (il cosiddetto regolamento «Made in»), che appare ancora insufficiente. In seguito alla decisione della Commissione di ritirare la proposta, l'Italia ha chiesto alla Commissione di valutare possibili soluzioni alternative, e di fornire un'analisi giuridica dettagliata per definire uno schema di etichettatura a tutela dei consumatori, della trasparenza sui mercati e della concorrenza leale, suscettibile di non essere considerato un ostacolo tecnico agli scambi internazionali e di contribuire efficacemente a contrastare l'uso ingannevole e fraudolento delle indicazioni di origine europee;
    per quanto riguarda la PAC (Politica Agricola Comunitaria), l'Italia si è battuta per evitare un ridimensionamento del budget complessivo ad essa destinato e in particolare per ottenere una riduzione dell'entità dei tagli previsti per l'agricoltura italiana, con risultati solo parzialmente soddisfacenti. La Relazione ricorda, al riguardo, che il Presidente del Consiglio europeo, nella proposta di fine novembre 2012, ha riconosciuto la validità delle osservazioni italiane in merito ai criteri di riparto dei fondi sulla base della sola superficie agricola e ha ridimensionato i tagli destinati all'Italia di circa un miliardo di euro per l'intero periodo di programmazione;
    per quanto attiene alle politiche fiscali, lascia interdetti che non si faccia alcun riferimento al contrasto all'elusione/evasione delle grandi aziende realizzata attraverso i cd. «paradisi fiscali». Su questo fronte, è necessario pensare a livello UE a delle forme di tassazione su tutti i trasferimenti bancari nei centri offshore/black list e in tutti i paesi terzi che non garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti dei centri offshore/black list;
    inoltre, tutta la questione sulle inopportune, per la Commissione, tax expenditure è massimamente tematizzata sul fronte della tassazione indiretta (IVA/VAT), mentre su questo specifico fronte bisognerebbe pensare di alzare, a livello UE (l'imposizione indiretta è in gran parte una competenza dell'unione che travalica l'autonomia dei singoli stati), le aliquote sui «beni di lusso», invece di criticare le aliquote ridotte che incidono sui «consumi popolari»;
    è giunto il momento di riesaminare l'orientamento a perseguire l'austerità e il rigore dei conti pubblici a prescindere dall'andamento, dell'economia reale. Se è vero che la legislazione europea avrà sempre maggiore prevalenza, allora vale la pena fin d'ora di esortare le autorità dell'Unione europea e il Governo italiano a riorientare le grandi opzioni di politica economica. Mentre il tema della concorrenza ha ormai assunto un valore fondamentale nella regolazione, quello del sostegno alla crescita economica appare ancora troppo incerto, soprattutto rispetto alla gravità della crisi;
    peraltro, lo stesso Fondo monetario ha messo in discussione la validità dell'azione nei confronti della Grecia. Il ruolo declinante dell'Europa rispetto agli scenari geopolitici e geoeconomici impone scelte coraggiose, attraverso l'individuazione di nuovi strumenti, anche eccezionali ed eterodossi rispetto alla teoria economica di stretta osservanza (considerando ad esempio la nuova stagione economica del Giappone o il ruolo della BCE e la difesa della stabilità dei prezzi);
    occorre realizzare una più incisiva azione del Parlamento e del Governo nella fase ascendente, anche attraverso una più completa conoscenza e disanima dei dossier in esame in sede UE;
    al contrario, il quadro di finanza pubblica delineato nel DEF 2013 (predisposto dal Governo Monti, fatto proprio dal Governo Letta e recepito dalla Commissione Europea) non sembra lasciare alcuno spazio significativo di manovra a politiche anticicliche, di crescita economica e contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, limitandosi a proiettare la filosofia dell'austerità anche nel triennio prossimo venturo, impegnandosi alla realizzazione di un disavanzo strutturale dello 0,4 per cento del Pil nel 2014 ed al pareggio di bilancio strutturale nel 2015-2016 e basandosi su previsioni di crescita del Pil del tutto irrealistiche nel 2014-2016 (+1,3 per cento/+1,5 per cento);
    inoltre, le previsioni del DEF 2013 (anche queste recepite e fatte proprie dalla Commissione Europea) non includono alcuna «rimodulazione» dell'IMU, né gli effetti del pagamento dei debiti commerciali pregressi della pubblica amministrazione alle imprese e includono inoltre operazioni di privatizzazione dell'ordine di almeno 1 per cento all'anno (ulteriori 15 mld), che ove non realizzate richiederebbero misure correttive di pari entità;
    pertanto, l'impatto netto delle manovre di finanza pubblica che la Commissione ed il Consiglio europei fanno proprie, rimane altamente recessivo ed appare incompatibile con il finanziamento degli interventi per la crescita;
    in questa prospettiva, in assenza di rinegoziazioni dei Trattati e di radicali cambi di strategia nella politica di bilancio, il problema del «commissariamento» dell'Italia via procedure d'infrazione e sanzioni è quindi solo rinviato nel tempo;
    in senso opposto, l'indispensabile rinegoziazione della cosiddetta «golden rule» (vale a dire lo scorporo degli investimenti dal calcolo del vincolo di deficit del 3 per cento) potrebbe rappresentare una leva significativa se consegnata alla sovranità del Parlamento nazionale, sebbene ancora insufficiente se collegata solo a programmi co-finanziati dai fondi strutturali europei. Lo shock di domanda aggregata necessario per riattivare un processo di crescita virtuoso si colloca nell'ordine di 80-100 miliardi, quindi 8-10 volte più ampia di quella determinata dai soli programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei;
    la leva fiscale dovrebbe inoltre essere manovrata con la finalità prevalente di favorire la ripresa della domanda per consumi (attraverso sostanziali aumenti del reddito disponibile delle famiglie) e per investimenti (attraverso incentivi al reinvestimento degli utili) oltre al consolidamento della struttura produttiva con interventi mirati specificamente ad incentivare la crescita della dimensione d'impresa;
    ancorché la Relazione consuntiva documenti il significativo lavoro svolto presso le istituzioni europee in materia di occupazione se, politiche sociali, il rilievo dei dossier «occupazione» nel quadro delle politiche europee nel corso del 2012 è rimasto al di sotto di quanto le condizioni economiche avrebbero imposto;
    la questione del coordinamento delle politiche del lavoro e della previdenza non ha avuto rilevanza analoga a quelle economico-monetarie e non pari rilievo ha avuto l'impatto dei provvedimenti di consolidamento fiscale sui temi della coesione sociale;
    la Commissione europea non ha ancora sviluppato quella capacità di passare da una visione legislativa «forte» – che nel corso degli anni si è assestata su regole rigide anche nelle situazioni che creavano occupazione – ad una visione sulle politiche e sugli obiettivi da conseguire, in coerenza con i target fissati dalla Strategia 2020 mantenendo profili e promuovendo strumenti dinamici, in grado di modulare le strategie in ragione dei cicli economici e delle condizioni sociali;
    l'affidamento a comitati all'interno delle istituzioni dell'UE non ha sempre prodotto risultati tangibili e traguardati alla risoluzione dei problemi;
    la posizione italiana sulla gestione dei fondi europei – ed in particolare del FESR e del FSE – deve essere maggiormente incisiva per garantire progressivo aumento dell'efficienza nella gestione delle risorse e la riduzione degli oneri burocratici conseguenti, considerata la bassa efficacia che ancora ne contraddistingue le modalità di spesa in tutte le regioni obiettivo convergenza, ad eccezione della Puglia;
    costituire una rete di servizi pubblici efficienti deve rappresentare una necessità per promuovere l'inserimento lavorativo, puntando sulla qualificazione del servizio pubblico, sulla cooperazione pubblico-privato e sul coordinamento tra gli attori, per superare le insufficienze economiche e procedurali della Youth Guarantee;
    il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa», con una maggioranza di 540 voti a favore e 30 contrari;
    tale risoluzione, in modo ancora più netto rispetto ad una precedente sullo stesso tema del 2008, sancisce in modo pieno il riconoscimento di un diritto dei cittadini dell'Unione e delle persone che vi risiedano stabilmente, ad un reddito che ne salvaguardi la dignità sociale;
    in attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza), il reddito minimo viene definito come un diritto sociale fondamentale, destinato a fungere da strumento di protezione della dignità della persona e della sua «possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale e politica»;
    nel corso del 2012 in Italia è stata avviata una campagna per un Reddito minimo Garantito, per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare, che ha visto il coinvolgimento di molte associazioni della società civile;
    appare, pertanto, indispensabile che la Commissione Europea decida di introdurre sperimentalmente il reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, anche in ragione delle risorse economiche disponibili o individuabili;
    per quanto riguarda il dibattito sul rafforzamento dell'architettura istituzionale dell'Unione economica e monetaria (UEM), da parte italiana si è espresso il pieno sostegno a favore di un credibile e ambizioso processo di riforma, ma ad oggi non si sono prodotti significativi passi in avanti in tale direzione;
    il 28 novembre 2012, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione dal titolo «Un piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita» (COM(2012) 777), che descrive in dettaglio gli elementi e le tappe necessari per un'Unione bancaria, economica, fiscale e politica a pieno titolo;
    il cd. «pacchetto sull'Unione bancaria», sul quale la discussione tra i partner europei è ancora molto aperta, comprende:
     1) la proposta di regolamento che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi;
     2) l'istituzione dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea);
     3) le proposte sul risanamento e la risoluzione delle crisi delle banche per affrontare le conseguenze di eventuali dissesti di enti creditizi, definendo un quadro efficace di gestione ordinata dei fallimenti bancari ed evitando il contagio ad altri enti;
    l'Unione bancaria per essere fattibile si deve inserire in un progetto più ampio di unione fiscale e politica, anche perché, per funzionare ed essere credibile, deve potere contare su risorse che solo un vero e proprio bilancio federale può assicurare. Il corretto funzionamento della Unione bancaria richiede, infatti, l'introduzione di un finanziamento di ultima istanza di natura fiscale e, quindi, una qualche forma di bilancio federale, con rilevanti cessioni di sovranità dagli Stati nazionali al «governo federale»,

impegna il Governo:

  in sede nazionale ed europea:
   a) a far pervenire la prossima Relazione consuntiva della partecipazione dell'Italia all'Unione Europea, recante indicazione delle attività svolte dal Governo a livello europeo nell'anno precedente, entro il 31 gennaio del 2014;
   b) a sostenere la realizzazione di una vera unione politica del continente in senso federale, sostenendo, in pari tempo, un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo nelle decisioni a livello europeo, nonché una piena attuazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona sul ruolo dei Parlamenti nazionali;
   c) a lavorare per una rapida approvazione definitiva della legge di delegazione europea e della legge europea per il 2013, anche al fine di dare avvio a una rinnovata fase di impegno dell'Italia per il corretto e puntuale adempimento degli obblighi europei e la conseguente riduzione delle infrazioni a carico dell'Italia, fra le quali l'ambiente (e, in misura minore, anche gli appalti) tradizionalmente vanta un poco invidiabile primato;
   d) a prestare particolare attenzione al tema dell'occupazione e del lavoro, in particolare quello femminile e giovanile, nella prospettiva dell'approfondimento delle più idonee misure in materia, a partire dalla promozione in sede-europea del reddito minimo-garantite, in nome di un'azione di Governo finalmente tesa a un rilancio delle politiche di rilancio dell'economia e dell'occupazione;
   e) a sostenere l'aumento delle risorse disponibili anche attraverso un maggiore ricorso ai project bond e la realizzazione del previsto aumento di capitale della Banca europea degli investimenti;
   f) a promuovere un coinvolgimento quanto più possibile ampio e sentito dei cittadini dell'UE in occasione dell'Anno europeo dei cittadini (2013) concentrando l'attenzione sulla sensibilizzazione, in particolare delle giovani generazioni, riguardo ai valori comuni dell'UE;
   g) a rafforzare gli strumenti posti a disposizione dei singoli Stati e dell'Unione europea per favorire la crescita economica e l'occupazione, in particolare giovanile, anche attraverso l'introduzione, nelle regole europee concernenti la disciplina di bilancio, di elementi di flessibilità che consentano di fronteggiare la negativa congiuntura economica, segnatamente realizzando un alleggerimento del carico tributario sull'economia reale, sul lavoro e sugli investimenti produttivi, nonché mediante l'adozione, in funzione anticiclica, di misure innovative per il finanziamento di progetti infrastrutturali e di sostegno alla competitività ed all'innovazione;
   h) a realizzare procedure più snelle che consentano di impegnare già dal prossimo anno nella misura massima possibile tutte le risorse che possono essere attivate appena definito il nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, a partire dagli stanziamenti relativi alle politiche regionali. Ribadire la necessità che i fondi comunitari prevedano un alleggerimento delle procedure di spesa, una diminuzione dei formalismi burocratici e una maggiore attenzione ai risultati;
   i) nell'ambito della nuova disciplina europea in materia di reti di trasporto trans-europee (reti TENT), a fare ricorso alla cosiddetta alla golden rule, consentendo di non far gravare sugli investimenti infrastrutturali di rilievo comunitario i vincoli di Maastricht, in particolare evitando che i fondi per la realizzazione di tali opere incidano sulla determinazione dell'ammontare del debito pubblico. Informatica. Con riferimento alle reti di trasporto europeo, concentrare lo sforzo finanziario europeo sull'intermodalità tra gomma, mare e ferro;
   j) a sostenere e implementare l'iniziativa pilota assunta dalla Commissione europea per quanto riguarda l'utilizzazione dei cosiddetti project bonds, vale a dire di obbligazioni emesse da soggetti privati per il finanziamento a debito di infrastrutture di trasporto di particolare rilevanza strategica rientranti nelle reti TEN-T;
   k) a promuovere e sostenere un impegno forte dell'Unione europea, da tradursi nell'adozione di politiche coerenti ed organiche per procedere più intensamente alla conversione delle economie europee in termini Green economy, fattore che può rivelarsi decisivo anche ai fini della ripresa economica e dell'aumento dell'occupazione;
   l) ad assicurare che il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio – attualmente all'esame come proposta – che istituisce un'ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari in materia di procedure di insolvenza transfrontaliere, rispetti i requisiti minimi di tutela del convenuto che la tradizione giuridica italiana prevede anche per i procedimenti cautelari, quali la valutazione della sussistenza del fumus boni juris del creditore e del periculum in mora;
   m) a uniformare, sia sotto il profilo dei divieti che sotto quello delle relative sanzioni, la disciplina europea in materia di repressione del doping nello sport professionistico, dilettantistico e amatoriale;
   n) a sostenere la promozione, nell'ambito di un completo ed integrato sistema di difesa europeo comune, dei Corpi civili di pace e la costituzione di un esercito unico che permetta la riduzione delle Forze Armate nazionali con la conseguente drastica riduzione delle spese militari italiane, sistema che potrebbe già iniziare a dispiegarsi concretamente tramite una reale integrazione delle catene di comando;
   o) a sviluppare maggiormente la dimensione civile della Politica Europea di Sicurezza e Difesa Comune, tramite missioni di gestione civile delle crisi pianificate dalle due strutture competenti in seno al Servizio Europeo per l'Azione. Esterna, affinché Interventi Civili per la Costruzione della Pace e Prevenzione dei Conflitti vengano riconosciuti e finanziati tra i programmi della Commissione europea di Assistenza allo Sviluppo, con forte partecipazione delle organizzazioni di società civile. Proprio nella gestione civile delle crisi l'Unione Europea può esprimere il suo vantaggio comparato nella comunità internazionale.
   p) ad aumentare il livello dei pagamenti e delle somme disponibili rispetto agli impegni di spesa relativi ai PON educazione ricerca e garantire un maggiore ritorno delle consistenti cifre che l'Italia destina ai programmi europei di ricerca e istruzione;
   q) intensificare le azioni intraprese a livello di Unione europea volte a garantire la sicurezza della rete web, sostenendo l'attività del Centro europeo per la lotta alla criminalità;
   r) a proseguire nella ferma tutela e nel sostegno all'agricoltura italiana secondo un modello rispettoso dell'ambiente e che valorizzi le specificità dell'economia agricola nazionale, caratterizzata da produzioni agroalimentari di qualità, assicurando produttività ma anche sicurezza alimentare e crescita economica;
   s) a garantire adeguato sostegno e attenzione, al settore ittico per tutelare l'ecosistema marino e rilanciare lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura sostenibili, anche in vista del rilancio delle imprese che operano nel settore;
   t) a sostenere, nell'ambito della procedura di esame della proposta di Regolamento dell'Unione Europea attinente il mercato del materiale riproduttivo vegetale, la coerenza delle nuove disposizioni con il «Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'agricoltura e l'alimentazione», per quanto attiene, in particolare al diritto degli agricoltori, di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione;
   u) a contrastare, con specifiche disposizioni, da inserire nella proposta di Regolamento in esame, la diffusione di forme di brevettazione delle varietà vegetali eterogenee e del materiale genetico ottenuto dalle attività convenzionali di miglioramento, prevedendo forme semplificate di registrazione per gli agricoltori e le piccole imprese finalizzate a facilitare la diffusione delle attività di ricerca e a conservare la biodiversità;
   v) con riferimento al servizio sanitario, a ponderare meglio il problema dei meccanismi di rimborso delle prestazioni tra i diversi Stati membri, al fine di evitare che la libera circolazione dei pazienti determini un ampio contenzioso tra i diversi Paesi sull'entità dei rimborsi e la tempestività dei relativi pagamenti. Valutare la possibilità di adottare provvedimenti che prevedano accordi internazionali sui sistemi di remunerazione e procedure contabili snelle;
   w) a intensificare le politiche per l'invecchiamento attivo che devono essere trasversali al lavoro, alla formazione, all'assistenza, al tempo libero ed al godimento dei diritti, per sostenere e promuovere il benessere, la riprogettazione di una fase della vita, l'autonomia psico-fisica, senza le quali si rischia la futura e neanche troppo lontana insostenibilità dei sistemi sanitari;
   x) a prestare maggiore attenzione alla commercializzazione, ampiamente pubblicizzata, delle sigarette elettroniche, oggetto di alcune recenti determinazioni del Consiglio superiore di sanità e dell'Istituto superiore di sanità, nel senso di adottare maggiori precauzioni per l'utilizzo da parte dei giovani e di categorie a rischio;
   y) a sostenere la rapida approvazione e attuazione delle misure necessarie per la realizzazione di un'effettiva e completa Unione bancaria europea. Pensare a livello UE a delle forme di tassazione su tutti i trasferimenti bancari nei centri offshore/ black list e in tutti i paesi terzi che non garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti dei centri offshore/ black list;
   z) a sostenere la cooperazione rafforzata per l'adozione della tassa sulle transazioni finanziarie e proporre che i proventi siano destinati a misure specifiche tra cui quelle a sostegno dell'occupazione giovanile.
(6-00023) «Ricciatti, Pannarale, Migliore, Di Salvo, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».


   La Camera,
   considerato che:
    il documento, in coerenza con il dettato dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, dovrebbe fornire alle Camere gli elementi utili a valutare i principali sviluppi del processo di integrazione europea e delle politiche e della normativa dell'UE, nonché l'efficacia dell'azione del Governo nelle sedi decisionali europee e la sua coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento;
    la Relazione è giunta all'attenzione della Camera con un forte ritardo rispetto al termine di presentazione previsto dal medesimo articolo 13, comma 2, a causa dello scioglimento delle Camere;
    la relazione per il 2012 costituisce un forte progresso rispetto alle relazioni consuntive precedenti in quanto non si limita ad una mera ricostruzione delle attività svolte dall'Unione europea nell'anno di riferimento ma indica l'impostazione complessiva della politica europea del Governo e consente di valutarne l'efficacia complessiva;
    al tempo stesso, la relazione consuntiva per il 2012 presenta diverse lacune ed incoerenze con l'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012 che erano già state denunciate nelle risoluzioni approvate dalle Camere sulle relazioni consuntive per il 2010 e per il 2011;
    le varie sezioni della Relazione in esame risultano predisposte secondo criteri redazionali non sempre omogenei, rendendo il documento di non agevole lettura;
    il documento non indica in via sistematica, come espressamente previsto dalla lettera d) del comma 2 dell'articolo 13 della legge n. 234, le iniziative assunte e i provvedimenti adottati dal Governo per dare attuazione ai numerosi atti di indirizzo approvati dalle Camere in materia europea;
    la mancata indicazione del seguito dato agli indirizzi delle Camere impedisce la verifica del puntuale adempimento dell'obbligo del Governo di assicurare – ai sensi dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012 – che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'Unione europea tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti, atti o questioni relativi all'Unione europea, dando tempestivamente alle Camere motivazioni appropriate della diversa posizione eventualmente assunta;
    il consolidamento del raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea non risponde soltanto all'esigenza di rispettare i principi costituzionali nazionali e la legislazione in vigore ma è funzionale ad uno sviluppo equilibrato del processo di integrazione, in cui il nostro Paese possa continuare a giocare un ruolo centrale. Il riconoscimento ad alcuni parlamenti nazionali del potere di approvazione preventiva o di opposizione all'adesione dei rispettivi governi in merito a decisioni dell'UE di particolare importanza e delicatezza, crea il rischio di un pericoloso disallineamento tra Stati membri e Parlamenti nazionali dell'Unione europea;
    a tale scopo è necessario che il Governo adempia in modo sistematico i nuovi obblighi informativi nei confronti del Parlamento previsti dalla legge n. 234 del 2012, soprattutto in relazione all'effettivo andamento dei negoziati a livello europeo, che si svolgono in ampia misura in sedi informali o prive di pubblicità, quali i triloghi tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, Gli organi parlamentari competenti dovrebbero a loro volta esaminare con maggiore tempestività e regolarità nel proprio calendario dei lavori i progetti di atti e documenti dell'UE di rispettiva competenza;
    alcune sezioni della relazione non riportano la posizione che il Governo ha tenuto nell'esame di alcuni specifici provvedimenti e questioni di particolare rilevanza. Solo in pochi casi viene precisato se ed in quale modo è stato realizzato un coordinamento tra l'azione del Governo e quella degli europarlamentari italiani, delle regioni e degli enti locali, delle parti sociali e delle categorie produttive ai fini della definizione e promozione dell'interesse nazionale;
    è necessario rafforzare, in una logica di sistema, il raccordo tra tutti gli attori istituzionali e non istituzionali nella fase di formazione delle politiche europee. A questo scopo è essenziale che il Governo, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'UE, assicuri un raccordo regolare ed efficace con gli europarlamentari italiani, Nella stessa prospettiva anche i competenti organi parlamentari dovrebbero intensificare i contatti con gli europarlamentari italiani, avvalendosi delle audizioni e degli altri strumenti di collegamento previsti dai Regolamenti di ciascuna Camera;
    la relazione conferma, per un verso, che la scelta di attribuire le competenze di coordinamento dell'azione del Governo a livello di Unione europea al Ministro degli affari europei ha assicurato una maggiore coerenza nella gestione dei negoziati sulle questioni di maggiore rilevanza o di natura multisettoriale, e ha definitivamente segnato la distinzione tra gli affari europei, che sono dimensione necessaria di tutte le politiche pubbliche, e gli affari esteri, che attengono invece alle relazioni internazionali;
    per altro verso, nonostante alcuni significativi progressi, permangono presso molte amministrazioni difficoltà nella definizione precoce di una posizione negoziale e nella valutazione dell'impatto potenziale delle iniziative regolative europee per l'Italia;
    un coordinamento regolare in seno al CIAC, a livello quanto meno amministrativo, su un più ampio numero di dossier di rilevanza significativa potrebbe contribuire assicurare una maggiore coerenza dell'azione delle amministrazioni interessate sui singoli dossier e a raccordarla con l'attività della Rappresentanza permanente presso l'Unione europea;
    la relazione pone in evidenza la forte riduzione delle procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia dalle 136, pendenti a gennaio 2012, alle 99 a dicembre 2012. Questo significativo risultato è stato parzialmente vanificato dalla mancata approvazione delle leggi comunitarie 2011 e 2012, per cui il numero di procedure pendenti alla data del 29 luglio 2013 è risalito a 106;
    al fine di assicurare una drastica riduzione delle procedure di infrazione, appare opportuno che gli organi parlamentari competenti si avvalgano, in coerenza con il dettato dell'articolo 15 della legge n. 234, delle informazioni trasmesse dal Governo in merito all'avvio o agli sviluppi delle procedure di infrazione per attivare sistematicamente nei confronti delle amministrazioni responsabili le opportune procedure di indirizzo e controllo,

impegna il Governo

   a) a dare un puntuale e sistematico adempimento degli obblighi nei confronti delle Camere previsti della legge n. 234 del 2012, con particolare riferimento alla trasmissione alle Camere delle relazioni e note informative predisposte dalla Rappresentanza permanente, di cui al comma 3 dell'articolo 4 e all'obbligo di assicurare l'assistenza documentale e informativa della medesima Rappresentanza agli uffici della Camera e del Senato, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 di cui alla medesima legge;
   b) a riferire regolarmente sul seguito dato agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea, come stabilito dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012;
   c) ad assicurare che le prossime Relazioni consuntive annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea:
    siano presentate entro il termine del 28 febbraio di cui all'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012 e siano redatte secondo criteri più omogenei;
    diano adeguatamente e specificamente conto del seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo approvati dalle Camere nonché dei casi di apposizione della riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005;
    indichino sistematicamente le posizioni che il Governo ha tenuto nell'esame di specifici provvedimenti e questioni;
    diano conto delle modalità in cui è stato realizzato un coordinamento tra l'azione del Governo e quella delle regioni e degli enti locali, delle parti sociali e delle categorie produttive ai fini della migliore tutela dell'interesse nazionale;

   d) ad attivare in modo regolare il coordinamento in seno al CIAE dei Ministri e delle amministrazioni interessate su tutti i dossier di rilevanza significativa, in modo da assicurare una maggiore coerenza dell'azione negoziale delle italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
   e) ad assicurare, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'UE, un raccordo regolare ed efficace con gli europarlamentari italiani, soprattutto al fine di indicare in una fase precoce del processo decisionale europeo la posizione negoziale che il Governo intende sostenere in coerenza con gli indirizzi definiti dalle Camere;
   f) a rafforzare le strutture incaricate di definire e rappresentare la posizione italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea, con particolare riguardo al Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) e alla rappresentanza permanente presso l'Unione europea, anche accrescendone, ove necessario e previa opportuna valutazione, le competenze e le risorse umane e finanziarie a disposizione.
(6-00024) «Galgano, Michele Bordo, Mosca, Colonnese, Alli, Buttiglione, Prataviera, Gozi, Spessotto, Tancredi, Carinelli, Nesci, Manfredi».


   La Camera,
   premesso che:
    la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n.1) relativa all'anno 2012, è stata presentata dal Governo ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n” 234 del 2012;
    in base a tale disposizione, la relazione è trasmessa alle Camere, entro il 28 febbraio di ogni anno, «al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea» nell'anno precedente;
    la relazione consuntiva è stata presentata alle Camere il 12 giugno scorso, ben 3 mesi dopo. Il ritardo nella presentazione vanifica l'utilità di questo documento;
    la relazione consuntiva è uno strumento di ricognizione dei molteplici elementi che hanno caratterizzato la partecipazione dell'Italia all'Unione, e permette un'approfondita valutazione ex post dell'operato del Governo. Un esercizio, questo, che nella cultura amministrativa italiana risulta generalmente carente e che, invece, consentirebbe una maggiore continuità e una maggiore efficacia nell'azione amministrativa;
    in sostanza, a differenza della relazione programmatica, che indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento, la relazione dovrebbe recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedenze, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari;
    la prima parte della Relazione consuntiva tratta degli sviluppi del processo di integrazione europea e si compone di tre capitoli relativi, rispettivamente, al quadro generale, alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne e ai settori della giustizia e affari interni;
    in materia di immigrazione e controllo delle frontiere il Governo, nella Relazione in esame, pone l'accento sul processo di aggiornamento di Schengen, sul rafforzamento di Frontex, nella conclusione degli accordi di riammissione UE, sugli sviluppi del processo Eurosur per il controllo delle frontiere, e soprattutto sul dialogo tra l'Unione europea e i Paesi terzi soprattutto quelli che si affacciano sul Mediterraneo;
    nella relazione si da conto del complesso negoziato relativo al pacchetto di proposte sulla governance di Schengen incentrato sulla reintroduzione dei controlli alle frontiere interne in presenza di circostanze eccezionali e su un meccanismo di valutazione e monitoraggio sull'applicazione dell’acquis di Schengen;
    il 12 giugno 2013 il Parlamento europeo ha approvato il «pacchetto governance di Schengen», già informalmente concordato con il Consiglio UE, composto da due regolamenti: un primo, che istituisce un nuovo meccanismo di valutazione della conformità alle regole per far fronte a situazioni d'emergenza, ed un secondo regolamento che modifica il codice frontiere di Schengen e introduce regole comuni per la temporanea reintroduzione dei controlli alle frontiere interne in casi eccezionali;
    il Parlamento europeo, nel pacchetto Schengen, ha specificato che la migrazione e l'attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna;
    alla luce di questi continui sbarchi come può il Parlamento europeo considerare che la migrazione e l'attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non debba essere considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna;
    l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) è un'istituzione che ha come scopo il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne, aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e l'implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere;
    il problema dei flussi migratori è un problema globale che investe tutta l'Europa e non solo l'Italia ed è, quindi, necessario che il Governo italiano si faccia promotore di una coerente e persistente iniziativa europea per fronteggiare un problema che investe tutta l'Europa,

impegna il Governo:

   a fare valere le ragioni italiane nelle opportune sedi comunitarie al fine di ottenere che l'aiuto da parte dell'Europa non si limiti al solo campo finanziario, bensì l'Europa si impegni a rispettare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri nel suo complesso, così come prescritto dall'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione;
   a richiedere un potenziamento della presenza nel Mediterraneo dell'Agenzia Frontex, anche attraverso un più adeguato impiego di mezzi e uomini e la previsione di una seconda sede operativa dell'Agenzia sul territorio italiano;
   a chiedere nelle opportune sedi comunitarie che l'Europa si faccia promotrice di intese ed accordi multilaterali con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo per un pattugliamento congiunto delle coste;
   a considerare, qualora situazioni impreviste, connesse allo scoppio di disordini o conflitti sulla sponda meridionale del Mediterraneo, determinino afflussi eccezionali di migranti, la possibilità di coinvolgere anche l'Alleanza Atlantica nel contrasto del fenomeno;
   a trovare un'intesa tra tutti i Paesi membri per garantire una eguale distribuzione su tutto il territorio europeo dei migranti, così che l'Italia possa porre fine ad un improprio ruolo di «sostituto dell'Europa», nel farsi carico delle incombenze conseguenti ai flussi migratori.
(6-00025) «Prataviera, Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marguerettaz, Marcolin, Molteni, Rondini».


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO LEGGE 1o LUGLIO 2013, N. 78, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI ESECUZIONE DELLA PENA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1417)

A.C. 1417 – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

  La Camera,
   premesso che:
    il Governo interviene con il presente decreto-legge ad adottare modifiche all'ordinamento penitenziario e processuale volte a limitare l'esecuzione della pena nelle strutture penitenziarie affinché venga meno la condizione di sovraffollamento delle carceri;
    il decreto-legge in esame ha come finalità dichiarata quella di porre rimedio al sovraffollamento delle carceri, tenuto conto che la disciplina delle legge n. 199 del 2010, come modificata dall'articolo 3, del decreto-legge n. 211 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2012, ha ampliato il termine di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive da dodici a diciotto mesi in materia di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive, senza apportare sufficienti benefici. Appare di tutta evidenza che la finalità del decreto-legge, e quindi la questione relativa al sovraffollamento carcerario, non può essere inquadrata come emergenza straordinaria in quanto tale problematica strutturale investe il nostro Paese ormai da più di quarant'anni, e la scelta dello strumento del decreto-legge risulta inidonea, poiché non consente di realizzare delle riforme di sistema, per la sua intrinseca natura di atto diretto a provvedere a situazioni di straordinaria urgenza e necessità;
    nell'arco del periodo costituzionale dal 1948 ad oggi, sono stati emanati ben trenta provvedimenti, alcuni di d'indulto o amnistia ai sensi della norma costituzionale di cui all'articolo 79, ed altri seppur «mascherati», ma nella sostanza con effetti similari, senza mai addivenire ad una riforma strutturale capace di risolvere il problema;
    le disposizioni del decreto-legge in esame violano il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto l'applicazione di tali norme, pur se giustificata da motivazioni pratiche finalizzate al superamento della problematica del sovraffollamento carcerario, crea, nei fatti, una palese disuguaglianza fra i cittadini che sono stati soggetti a misure personali restrittive rispetto a cittadini che beneficiano di un trattamento agevolato;
    il Presidente della Repubblica, con lettera del 23 febbraio 2012, sottolineava ai Presidenti della Camera e del Senato e al Presidente del Consiglio dei ministri, la necessità di limitare gli emendamenti ammissibili, in sede di conversione dei decreti-legge, a quelli sostanzialmente omogenei rispetto al testo originario del decreto, in considerazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, che ha, per la prima volta, annullato disposizioni inserite dalle Camere in un decreto-legge nel corso dell'esame del relativo disegno di legge di conversione. Inoltre, la particolare disciplina costituzionale e regolamentare del procedimento di conversione stabilisce il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge e di quello successivo sulla legge di conversione, che risente, molto spesso, della difficoltà di esercitare la facoltà di rinvio prevista dall'articolo 74 della Costituzione a causa della prossimità della scadenza del termine tassativo di 60 giorni fissato per la conversione in legge. Nella lettera in parola sono state del resto riprese considerazioni già svolte a suo tempo dal Presidente Ciampi nel messaggio inviato alle Camere il 29 marzo 2002, con il quale venne richiesta una nuova deliberazione sulla legge di conversione del decreto-legge n, 4 del 2002 e in varie occasioni anticipate fin dall'inizio del settennato ai Presidenti delle Camere e ai Governi che si sono succeduti, anche in relazione alle specifiche disposizioni legislative e dei regolamenti parlamentari relative alla decretazione d'urgenza;
    con un emendamento approvato dall'altro ramo del Parlamento, è stata inserita una modificazione all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge che, per la precisione, ha premesso alla lettera a) la lettera «0a)», introducendo la seguente novella al codice di procedura penale in tema di condizioni di applicabilità delle misure coercitive: «all'articolo 280, comma 2, la parola: “quattro” è sostituita dalla seguente: “cinque”», così da portare, per i delitti, il limite minimo necessario per poter applicare la custodia cautelare in carcere, da quattro anni a cinque anni;
    si tratta di una disposizione che non appare riconducibile all'ambito materiale oggetto del provvedimento, alle sue finalità ovvero alla partizione del testo nella quale è inserita, basti ricordare la già richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012 che, richiamando al riguardo quanto già statuito nelle sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, ha individuato, «tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita»;
    quanto al merito della citata modificazione al codice di procedura penale, la stessa esclude dall'applicazione della custodia cautelare in carcere anche gravi reati di forte allarme sociale, tra i quali la truffa, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 640, comma 2, del codice penale, e tra i reati contro la pubblica amministrazione, il millantato credito di cui all'articolo 346, comma 1, del codice penale, nonché la frode nelle pubbliche forniture, di cui all'articolo 356, del codice penale;
    va rilevato che la proroga delle funzioni del Commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie e l'integrazione delle sue funzioni ed i compiti rispetto a quanto già previsto dalla legislazione vigente, ai sensi dell'articolo 4 del presente decreto-legge, da un lato, per i motivi sopra esposti è priva dei necessari presupposti di necessità ed urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione, e quindi la previsione normativa appare incostituzionale, mentre per altro verso, sul piano dei rapporti con le fonti subordinate, il provvedimento incide mediante novelle ovvero modifiche non testuali su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato (e in tal senso si veda l'articolo 4, comma 1, che, in materia di funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ne proroga l'attività fino al 31 dicembre 2014), intervenendo in un ambito già disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 2012 (emesso, a sua volta ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988 – Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri –); tale circostanza non appare coerente con le esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente: si integra, infatti, una modalità di produzione legislativa che, sia secondo i costanti e omogenei indirizzi del Comitato per la legislazione, e sia in riferimento alla circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001, non appare funzionale alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare richiamata);
    la relazione tecnica che accompagna il testo del decreto-legge in esame afferma che in esito all'analisi delle norme del provvedimento non sono emersi nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, riferisce che sono anzi ipotizzabili, in prospettiva, risparmi di spesa per l'amministrazione penitenziaria, peraltro allo stato non quantificabili, visto l'ampliamento della platea di detenuti che usufruiranno dei benefici introdotti dall'applicazione del presente decreto-legge. Inoltre, nello specifico di cui all'articolo 5, è introdotta la clausola di invarianza finanziaria dello schema di decreto legge, ovvero che all'attuazione delle disposizioni ivi contenute si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, precludendo ogni ipotesi di nuove spese anche indirette; rammentando che l'articolo 17, comma 7, quarto periodo della legge di contabilità prescrive che ogni qual volta nuove norme si accompagnano a clausole di neutralità queste dovrebbero essere confermate alla luce della relazione tecnica che deve illustrare tutti i dati ed elementi che siano idonei a comprovarne l'effettiva sostenibilità;
    sebbene la relazione tecnica in merito al disposto di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), riconosca che gli oneri conseguenti a tale ampliamento possano essere adeguatamente fronteggiati a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, andrebbe meglio chiarita la portata e l'effetto degli oneri che sarebbero riflessi in tale specifica modalità di esecuzione alternativa della pena, fornendo elementi in merito ai costi che conseguono per l'amministrazione penitenziaria per effetto della destinazione del detenuto posto ai domiciliari in luoghi altri rispetto alla sua abitazione e alle risorse già previste a legislazione vigente attraverso cui la stessa amministrazione potrà far fronte ai maggiori oneri conseguenti all'ampliamento della citata casistica;
    è palesemente indubbio come non sussista effettivamente la neutralità finanziaria in merito al disposto di cui al comma 1, dell'articolo 2 del presente decreto-legge, relativamente alla copertura dei costi per gli oneri assicurativi del condannato contro gli infortuni e le malattie professionali, nonché riguardo alla responsabilità civile verso i terzi, laddove è aggiunto il comma 4-ter all'articolo 21, della legge n. 354 del 1975 (c.d. Ordinamento Penitenziario), dal momento che la novella legislativa riconosce la possibilità che i detenuti siano assegnati a prestare la propria attività, a titolo volontario e gratuito, nell'esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività da svolgersi presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. In tal senso, andrebbe quantomeno confermato che le amministrazioni succitate potranno comunque essere chiamate all'occorrenza a predisporre i piani e progetti di eventuale impiego dei detenuti, nei soli limiti delle sole risorse umane e strumentali che sono per loro già previste dalla legislazione vigente;
    per i profili di copertura, in fine, occorre formulare alcune osservazioni in merito al disposto di cui all'articolo 4 del presente decreto legge. Sul punto, pur considerando che le risorse affluenti alla gestione commissariale risultano gestite a valere di una contabilità speciale di tesoreria, perciò «fuori» bilancio, e pur considerando che il comma 9 esclude espressamente che al Commissario straordinario spetti alcun compenso, andrebbe verificato con immediatezza l'ammontare delle risorse che risultano ad oggi giacenti a valere della contabilità speciale richiamata dalla norma, al fine stesso di comprovare l'effettiva sostenibilità, a valere delle medesime risorse, anche della proroga della gestione commissariale in rassegna. In tal senso, rammentando che le contabilità speciale di tesoreria costituiscono gestioni tecniche assoggettate ad un disciplina a sé stante – e perciò contraddistinte dal fatto che le risorse ivi affluite possono essere gestite in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato che regolano, invece, tassativamente il principio di annualità, per l'iscrizione e il mantenimento di fondi in bilancio – appare evidente che lo stanziamento di fondi affluiti in contabilità speciale sia stato fatto, a suo tempo, stimando un dato fabbisogno di risorse da predisporre a copertura dei compiti dell'organismo, secondo una certa configurazione e in connessione ad una data durata. Non si vede, pertanto, come le medesime risorse possano fronteggiare non solo i fabbisogni che derivano di per sé dalla proroga del funzionamento del medesimo organismo, rispetto a quella originariamente prevista (sino a tutto il 2013), ma anche rispetto alla nuova configurazione dell'ufficio del Commissario (fino al 31 dicembre 2014);
    alla luce di quanto esposto è evidente come il presente decreto-legge sia privo del necessario presupposto della copertura finanziaria ex articolo 81 della Costituzione;
    il presente decreto-legge è manifestamente incostituzionale in quanto viola il principio esiziale di cui all'articolo 101, primo periodo, della Costituzione, su cui si fonda la giurisdizione, che è «... omissis amministrata in nome del popolo». Infatti, l'utilizzo della normativa d'urgenza da parte dell'esecutivo esautora, in sostanza, la funzione legislativa del Parlamento e quindi dell'organo che per Costituzione è chiamato ad esercitare la rappresentanza e il volere popolare,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1417 di conversione del decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78.
n. 1. Giancarlo Giorgetti, Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO D'INTESA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER L'EDUCAZIONE, LA SCIENZA E LA CULTURA RELATIVO AL FUNZIONAMENTO IN ITALIA, A PERUGIA, DELL'UNESCO PROGRAMME OFFICE ON GLOBAL WATER ASSESSMENT, CHE OSPITA IL SEGRETARIO DEL WORLD WATER ASSESSMENT PROGRAMME, FATTO A PARIGI IL 12 SETTEMBRE 2012 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1247)

A.C. 1247 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 1247 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura relativo al funzionamento in Italia, a Perugia, dell’UNESCO Programme Office on Global Water Assessment, che ospita il Segretariato del World Water Assessment Programme, fatto a Parigi il 12 settembre 2012.

A.C. 1247 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

  1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 11 del Protocollo stesso.

A.C. 1247 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

  1. Agli oneri derivanti dalle spese di missione di cui agli articoli 5 e 7 del Protocollo di cui all'articolo 1, valutati in euro 2.260 a decorrere dall'anno 2013, e dalle rimanenti spese di cui agli articoli 3 e 8 del medesimo Protocollo, pari a euro 2.313.000 a decorrere dall'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per le spese di missione di cui ai citati articoli 5 e 7 del Protocollo di cui all'articolo 1 della presente legge, il Ministro degli affari esteri ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvedono al monitoraggio dei relativi oneri e riferiscono in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro competente, provvede mediante riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente aventi la natura di spese rimodulabili ai sensi dell'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, destinate alle spese di missione nell'ambito del pertinente programma di spesa e, comunque, della relativa missione del Ministero interessato. Si intende corrispondentemente ridotto, per il medesimo anno, di un ammontare pari all'importo dello scostamento, il limite di cui all'articolo 6, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 2.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 1247 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.