Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 17 gennaio 2018

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si è appreso dalla stampa nazionale e internazionale l'Etiopia avrebbe varato da pochi giorni una nuova legge che cancella in maniera definitiva le adozioni internazionali dopo averle sospese alcuni mesi or sono;

   questo genera un evidente pregiudizio alle 85 coppie italiane che hanno già avviato le pratiche di adozione internazionale con l'Etiopia di cui 21 avrebbero già un abbinamento;

   nel giugno del 2017 l'ambasciata italiana ad Addis Abeba aveva scritto agli enti italiani autorizzati alle adozioni nel Paese, per comunicare che il Governo etiope aveva deciso la sospensione a tempo indeterminato delle adozioni, precisando però di non avere nulla di scritto;

  la stessa Commissione per le adozioni internazionali nel novembre 2017 secondo quanto affermato dalla presidente dottoressa Laera, «aveva dato disposizioni agli enti italiani autorizzati a affinché non assumessero ulteriori incarichi da parte di famiglie desiderose di adottare in Etiopia e non proponessero nuovi abbinamenti alle famiglie già in carico», dal momento che l'Etiopia presentava ormai una «situazione di estrema incertezza concernente la definizione degli iter adottivi». Altri Paesi avevano deciso di interrompere le adozioni dall'Etiopia, di fatto Usa e Italia erano gli unici rimasti;

   per Paola Crestani, presidente del Ciai, che ha fatto un'adozione nel Paese l'anno scorso, «sarebbe opportuno che l'Italia mettesse un punto alle adozioni in Etiopia, fino a quando ci saranno nuove garanzie. La nostra presenza con la cooperazione però ora è fondamentale, perché gli istituti ora avranno pochissime risorse e i bambini rischiano letteralmente di morire»;

   diventa di fondamentale importanza avviare un chiarimento con le autorità dell'Etiopia per capire se almeno sia possibile procedere con le pratiche già instradate dalle 85 coppie italiane;

   tutta questa vicenda fa emergere con evidente limpidezza l'opportunità e la lungimiranza di aver voluto istituire nell'ultima legge di bilancio un «fondo emergenze» per tutelare la situazione di famiglie che, dopo anni di attesa, avrebbero visto i propri sforzi risolversi in un pugno di mosche –:

   se e come il Governo intenda adoperarsi per tutelare tutte quelle famiglie italiane che hanno avviato pratiche di adozione internazionale in Etiopia e che dalla decisione assunta dal parlamento etiope subirebbero un grave ed evidente pregiudizio.
(4-19004)


   GUIDESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   è notizia pubblicata sul quotidiano La Verità del 12 gennaio 2018 quella relativa al Ministro Lotti che ha scritto a tutte le federazioni per evidenziare i «grandi successi» ottenuti, 4,5 milioni di tesserati solo del Coni;

   stante l'articolo di stampa, in questi giorni sta arrivando via mail alle federazioni sportive e agli iscritti «una lettera con il simbolo della Repubblica italiana e l'intestazione “il ministro”, protocollata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri il 9 gennaio 2018, nella quale si ricordano le meraviglie del Pacchetto Sport»;

   lo stesso articolo, ipotizzando che qualora fossero state usate anche le Poste deve considerarsi pure «il contributo economico non richiesto degli italiani», rileva la natura propagandistica e promozionale della missiva, di puro «auto-sponsor» in periodo di campagna elettorale, riferendo altresì la sorpresa per alcuni destinatari che, in quanto funzionari pubblici, sono ben consapevoli del divieto, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge n. 28 del 2000, a tutte le amministrazioni pubbliche, fino alla chiusura delle operazioni di voto, di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabile per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni –:

   se e come si possa conciliare tale missiva con il disposto di cui alla legge n. 28 del 2000;

   dove e come il Ministro dello sport abbia reperito l'indirizzario di tutti i tesserati di tutte le federazioni;

   se, oltre alla mail, sia stato utilizzato anche l'invio tramite Poste italiane e, in tal caso, a quanto ammonti la spesa a carico dei contribuenti.
(4-19012)


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 gennaio 2018 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato la delibera n. 1/18/CONS avente ad oggetto «Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica fissate per il 4 marzo 2018»;

   l'articolo 14 (Rimborso dei messaggi politici autogestiti a titolo gratuito) della suddetta delibera prevede che: «1. Alle emittenti televisive e radiofoniche locali che accettano di trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito è riconosciuto un rimborso da parte della Stato nei limiti e secondo le modalità stabilite dall'articolo 4, comma 5, della legge 22 febbraio 2000, n. 28. I competenti Comitati regionali per le comunicazioni provvedono a porre in essere tutte le attività, anche istruttorie, finalizzate al rimborso, nel rispetto dei criteri fissati dal citato comma 5, informandone l'Autorità. 2. Il rimborso di cui al comma precedente è erogato per gli spazi effettivamente utilizzati e congiuntamente attestati dalla emittente radiofonica e televisiva locale e dal soggetto politico. 3. A tal fine le emittenti televisive e radiofoniche locali che hanno trasmesso messaggi autogestiti a titolo gratuito inviano al Comitato regionale per le comunicazioni competente la documentazione relativa agli spazi effettivamente utilizzati e attestante, ai sensi di legge, la persona del rappresentante elettorale e del rappresentante legale o dell'emittente»;

   con decreto del 14 aprile 2017, registrato alla Corte dei conti l'11 maggio 2017, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze rendeva nuovamente indisponibili le quote riferite alle province autonome di Trento e Bolzano che, invece, spetterebbero loro ai sensi della legge n. 28 del 2000 –:

   se il Governo abbia valutato o intenda valutare iniziative d'urgenza per assegnare gli stanziamenti previsti dalla legge n. 28 del 2000 alle emittenti televisive e radiofoniche locali operanti nelle province autonome di Trento e Bolzano affinché siano attuati, in forma omogenea su tutto il territorio nazionale, i diritti fondamentali dei cittadini, compresi i cittadini appartenenti ai gruppi linguistici tedesco e ladino, di partecipare alla politica nazionale e di ricevere informazioni sulle campagne per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica fissate per il 4 marzo 2018.
(4-19020)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'interrogante regione e Governo, con un'operazione di più che dubbia legittimità, si «spartiscono» il parco de La Maddalena;

   a Camere ormai sciolte è stata trasmessa alle Camere la proposta di nomina del presidente del parco formulata dal Ministro dell'ambiente d'intesa con la regione;

   si tratta, ad avviso dell'interrogante, di una sfacciata spartizione partitocratica, che avviene nel più totale dispregio delle comunità locali;

   si tratta di «uno schiaffo» al comune di La Maddalena visto che contestualmente sarà nominato anche il presidente del Parco di Pantelleria che sarà il sindaco di quel comune;

   a La Maddalena, invece, con quello che appare all'interrogante come un «blitz» indegno, si scavalca e si ignora il sindaco, unica espressione democratica della comunità di La Maddalena;

   la vicenda della nomina a presidente del Parco nazionale di La Maddalena, supera, a giudizio dell'interrogante, ogni umana fantasia;

   nella stessa proposta di nomina sono evidenti intrecci e palesi conflitti d'interessi tra la persona designata (tale Fabrizio Fonnesu) e altre persone cui questi è legato da rapporti di parentela, che hanno proprio all'interno del parco interessi economici rilevanti e molto spesso non verificati;

   va rilevato che questa proposta di nomina avviene poco dopo l'annuncio di quel discutibile accordo sul rilancio di La Maddalena;

   si configura un'operazione che conferma, secondo l'interrogante, la spregiudicatezza di Governo e regione per mettere le mani su La Maddalena, non essendoci riusciti con il consenso popolare;

   si tratta, a parere dell'interrogante, delle logiche del «solito Viceré» della storia isolana, ovvero il presidente del Parco nazionale di La Maddalena la cui nomina risulterebbe per l'interrogante funzionale a schiacciare l'unica vera autorità, il sindaco di La Maddalena;

   appare sgradevole e persino inutile ricordare in quante occasioni certi personaggi, a quanto consta all'interrogante, giurarono di perorare la causa di favorire la nomina del sindaco pro tempore alla guida di quell'ente Parco, così da evitare la diarchia che ha contraddistinto questa comunità negli ultimi 23 anni, ossia dalla nascita del parco nazionale;

   questa ennesima e per l'interrogante spregiudicata operazione di potere avviene senza vergogna per manovre che squalificano regione e Governo e chi le avalla;

   è gravissima la discriminazione tra comunità: a Pantelleria viene conosciuto il diritto della comunità di vedere il parco guidato dal sindaco eletto democraticamente mentre nell'altro parco nazionale come quello dell'Arcipelago di La Maddalena, tale possibilità viene scartata per quello che appare all'interrogante, un mero gioco di potere individuando persone che appaiono strettamente connesse al sistema politico di Governo e regione che peraltro appaiono in situazioni di possibile conflitto d'interessi;

   è semplicemente scandaloso l'atteggiamento di coloro che sino a ieri erano fieri sostenitori della coincidenza di tale carica (sindaco pro tempore e presidente del parco avrebbero dovuto essere la stessa persona) e adesso invece sono i protagonisti di quella che appare all'interrogante come una indegna spartizione di potere;

   Pantelleria non avrà contestazioni, si troverà come presidente un sindaco eletto dai cittadini che ha una grande responsabilità morale e politica di fronte ai suoi elettori; diversamente a La Maddalena, unico parco d'Italia che mette a disposizione, interamente, il territorio a mare ed a terra si dovrà subire ancora «il vicerè di turno» che rappresenta per l'interrogante solo l'arroganza di politici locali, e forse di qualche altra persona, più vicina ed interessata alla nomina;

   questo passaggio, a giudizio dell'interrogante così maldestro ed avventato, non farà altro che rallentare come è stato fino a qualche anno fa quando aspettativa di riscatto turistico e ambientale impedendo di lavorare per l'interesse pubblico auspicando anche sul piano normativo un sindaco pro tempore coincidente con il presidente del parco –:

   se non intenda il Ministro promuovere la revoca di questa proposta anche in virtù delle competenze di carattere industriale del designato che niente hanno a che fare con il parco e per lo stesso palese conflitto di interesse per il quale ci si riserva altre azioni se non interverrà l'auspicata revoca.
(4-19022)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Palazzo Scopoli è il più antico e prestigioso edificio esistente nella Valle di Primiero, risale al secolo XI ed è indiscutibilmente simbolo della memoria storica della comunità locale;

   il 14 luglio 2017, sottoscritta da quasi 300 cittadini, veniva presentata all'amministrazione comunale di Primiero San Martino di Castrozza (Trento) la petizione popolare per la salvaguardia di Palazzo Scopoli, edificio che l'amministrazione in carica vorrebbe alterare con la realizzazione di una cucina al fine di utilizzarlo come struttura ricettiva per eventi enogastronomici rinominandolo «Casa del Cibo»;

   il 16 novembre 2017 il referente dei firmatari invitava il sindaco ad assumere una pubblica posizione in ordine alle questioni sollevate dalla petizione. L'invito veniva notificato per conoscenza anche al difensore civico e all'assessore alla cultura della provincia autonoma di Trento. In esito alla comunicazione del 16 novembre 2017, il difensore civico interveniva tempestivamente nei confronti dell'amministrazione comunale raccomandando di attenersi alle disposizioni statutarie e di dare risposta alle problematiche esposte nella petizione (lettera del 23 novembre 2017 prot. DCTN/0002967/P);

   il 16 gennaio 2018 in assenza di riscontri alle suddette comunicazioni, il referente dei firmatari della petizione informava l'interrogante di aver inviato una nuova comunicazione via posta elettronica certificata al sindaco e, per conoscenza, al difensore civico e all'assessore alla cultura della provincia autonoma di Trento al fine di sollecitare l'attuazione dell'articolo 6 dello statuto comunale concernente il diritto di petizione;

   con l'atto di sindacato ispettivo n. 4/17135 presentato alla Camera dei deputati il 29 giugno 2017 l'interrogante invocava l'intervento del Governo al fine di assicurare l'esercizio del diritto di petizione nel comune di Levico Terme e il relativo tempestivo esame. La questione veniva trattata anche dal difensore civico nel fascicolo 409/2017 e dal commissario del Governo della provincia di Trento (prefettura Trento - Gabinetto prot. Uscita n. 0029181 del 06 luglio 2017);

   complicazioni nella trattazione di istanze e petizioni popolari sono state riscontrate anche presso il comune di Borgo Lares così come risulta dal fascicolo aperto presso il difensore civico della provincia autonoma di Trento n. 619/2017 avente ad oggetto «petizione biodigestore di Zuclo» e presso il comune di Rovereto così come documento nei fascicoli n. 291/17, in materia di istituti di democrazia diretta e n. 377/17, avente ad oggetto «petizione piste ciclabili»;

   documentato nei fascicoli n. 291/17, in materia di istituti di democrazia diretta, e n. 377/17, avente ad oggetto «petizione piste ciclabili»;

   inoltre, rimane senza risposta la petizione popolare al comune di Ledro «Sottoscrizione per la chiesa Santa Lucia in Pratis e parco don Renzo» dell'8 settembre 2017, peraltro già menzionata nell'atto di sindacato ispettivo n. 4/18144 presentato il 12 ottobre 2017 alla Camera dei deputati;

   nonostante il diritto dei cittadini a partecipare alla gestione degli affari pubblici faccia parte dei principi democratici comuni a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa, sia sancito dalla Costituzione nonché dalla Carta europea dell'autonomia locale nonché sia espressamente richiamato dall'articolo 8 del testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni), pare che nelle province autonome non siano previste misure per vigilare e per garantire il pieno esercizio del diritto di petizione a livello comunale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di favorire una piena realizzazione dei diritti di partecipazione dei cittadini ai pubblici poteri, con particolare riferimento al diritto di petizione, assicurando i livelli democratici essenziali nel governo degli enti locali ricadenti nelle province autonome di Trento e di Bolzano.
(4-19019)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2016 il Presidente del Consiglio pro tempore preannunciava quella rivoluzione nelle Agenzie fiscali – che di lì a poco avrebbe portato alla soppressione di Equitalia spa – nell'ambito di quello che all'epoca aveva definito suo obiettivo imprescindibile, quello di migliorare il rapporto tra il fisco ed il cittadino prendendo a modello quello tedesco di un «fisco amico», capace di assistere il contribuente senza eccessi persecutori;

   successivamente con il decreto-legge n. 193 del 2016, l'attività di riscossione delle imposte e dei tributi, fino a quel momento esercitata da Equitalia spa, veniva trasferita all'Agenzia delle entrate Riscossione;

   risulta all'interrogante che quest'ultima nel suo operato sembra volersi discostare dal suddetto approccio «amichevole» opponendo ai contribuenti il diniego all'ostensione, ai sensi della legge n. 241 del 1990, di documenti che possano far emergere eventuali vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l'illegittimità totale o parziale di una pretesa impositiva, diniego che viene peraltro avanzato anche quando le istanze di accesso ai relativi atti vengono presentate in maniera dettagliata con l'esatta indicazione delle procedure di riscossione e relativamente ad un numero limitato di ruoli;

   nella fattispecie, risulta all'interrogante che un contribuente, che in data 2 gennaio 2018, a mezzo Pec, aveva avanzato all'Agenzia delle entrate-Riscossione con riferimento a quattro ruoli richiesta di copia delle relative notifiche o delle eventuali ingiunzioni di pagamento che avessero avuto il potere di interrompere i termini di prescrizione, si è visto prontamente recapitare in data 5 gennaio 2018 dalla stessa Agenzia il diniego all'ostensione degli stessi sulla base di un'asserita mancanza «di interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento del quale è richiesto l'accesso, e di rapporto di strumentalità tra la situazione giuridica e la documentazione di cui si chiede l'ostensione»;

   per di più, nonostante la richiesta avanzata dal contribuente si riferisse a soli quattro specifici ruoli, con la stessa missiva si è visto opporre che, poiché ai sensi dell'articolo 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990, «non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni», la domanda di accesso deve riferirsi a specifici documenti e non può comportare, pertanto, la necessità di una complessa attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta;

   invero, il suddetto contribuente aveva esercitato il suo diritto di accesso agli atti riconosciutogli, in funzione difensiva, dall'articolo 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 che, in ossequio all'articolo 24 della Costituzione, prevede con una formula di portata generale che: «deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici»;

   la cartella esattoriale, insieme ai sottostanti atti amministrativi, costituisce, in tale ottica, presupposto indefettibile delle procedure esecutive. Questo comporta che l'accesso agli atti non può essere mai negato, avuta conto che è solo sulla scorta degli stessi che può essere comprovata, con onere a carico dell'agente di riscossione, l'idoneità del titolo esecutivo, e che il contribuente vanta un interesse concreto e attuale all'ostensione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l'illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva;

   appare pertanto evidente all'interrogante la pretestuosità del suddetto diniego, mai opposto in passato quando la riscossione era affidata ad Equitalia spa –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire ai contribuenti il diritto di accedere a tutti gli atti del procedimento di riscossione.
(4-19016)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   un recentissima sentenza della Corte di cassazione, secondo quanto riportato dalla stampa il 7 gennaio 2018, ha negato il risarcimento del danno a un giudice di pace che assumeva di avere contratto la tubercolosi sul logo di lavoro (nell'espletamento delle funzioni presso un Centro di identificazione ed espulsione);

   tale ricostruzione è verosimile e, comunque, è un dato di fatto che il giudice di pace ricorrente, come tanti altri magistrati onorari, continuano a non ricevere alcuna indennità in caso di assenza per malattia;

   il decreto legislativo n. 116 del 2017 – approvato da questo Governo – equipara i magistrati onorari ai lavoratori autonomi, applicando una nuova falsa «etichetta» e prevedendo, per coloro che non siano già iscritti alla Cassa nazionale forense, l'iscrizione alla gestione separata all'Inps e ponendo a loro esclusivo carico il versamento dei contributi previdenziali;

   anche la Commissione giustizia della Camera dei deputati aveva espresso seri dubbi di legittimità costituzionale in ordine al regime previdenziale così disciplinato;

   a fortiori non possono ritenersi superati i rilievi formulati dalla Commissione europea, che ha chiuso negativamente il caso EU Pilot 7779/15/EMPL nei confronti dell'Italia in merito alla compatibilità con il diritto dell'Unione europea della disciplina nazionale relativa al servizio prestato dalla magistratura onoraria;

   i capi degli uffici giudiziari, prima che venisse approvato in via definitiva il decreto legislativo n. 116 del 2017, lo avevano criticato unanimemente, prevedendo una paralisi completa a tre anni dall'entra a in vigore è dichiarando che la riforma avrebbe distrutto il servizio giustizia (che già non gode di buona salute);

   la riforma imporrà formalmente a tutti i magistrati onorari un part-time di due giorni a settimana per 700 euro netti al mese, corrisposti ogni tre mesi, oltre a un premio produttività liquidato a fine anno (con conseguente certo peggioramento della qualità del servizio). In realtà non si tratta di un part-time, perché i due giorni sono commisurati alle udienze, in quanto la riforma, vieta ai magistrati, per il futuro, di tenere più di due udienze a settimana, ma tenendoli comunque impegnati per tutto il resto della settimana, nella preparazione delle udienze e nella redazione dei provvedimenti (spesso molto impegnativi, in quanto si tratta di motivare le sentenze);

   in una recente intervista al «Mattino» del 7 gennaio 2018 invece, il Sottosegretario alla giustizia Migliore ha dichiarato che la riforma della magistratura onoraria ritocca i compensi verso l'alto e che adesso essi hanno i contributi «previdenziali», che prima non avevano;

   nella precedente campagna elettorale l'attuale Ministro della giustizia aveva chiesto all'allora Governo in carica «la stabilizzazione della magistratura onoraria, che superi la precarietà e dia regole certe a questo fondamentale pezzo della giustizia». Il Governo attuale, invece - da quanto riferisce il Movimento 6 Luglio invita la categoria «a guardarsi intorno per cercare un altro lavoro» –:

   quali siano le intenzioni del Governo dopo la sentenza della Corte di cassazione citata e se le dichiarazioni del Sottosegretario per la giustizia esprimono effettivamente l'orientamento del Governo;

   se il Governo sia realmente intenzionato a portare ad attuazione l'iscrizione alla gestione separata Inps dei magistrati onorari non iscritti alla Cassa nazionale forense;

   quali siano le intenzioni del Governo per superare i rilievi formulati dalla Commissione europea ed evitare le conseguenti sanzioni per l'Italia.
(4-19000)


   VENTRICELLI, BERRETTA, CULOTTA e RIBAUDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il percorso di riforme in materia di giustizia avviato in questa legislatura ha avuto il merito di porre attenzione particolare al tema delle risorse umane; l'assenza di una politica di reclutamento e il blocco del turn over generalizzato degli anni passati aveva prodotto una forte riduzione di personale amministrativo tale da mettere in crisi l'intero sistema giudiziario;

   va pertanto evidenziata l'azione del Governo e del Ministro Andrea Orlando che attraverso varie procedure ha portato dal 2014 ad oggi 2650 unità di personale negli uffici giudiziari, dopo 20 anni in cui non erano state fatte assunzioni;

   il concorso per assistente giudiziario bandito dal Ministero della giustizia è un unicum, non solo per il tempo trascorso dall'ultimo concorso per il personale, ma per le modalità radicalmente innovative e l'assoluta trasparenza con cui è stato svolto;

   si sono registrate la presentazione di più di 300 mila domande e una partecipazione effettiva di circa 80.000 candidati. Una selezione molto rigida, realizzata in tempi record per una pubblica amministrazione, che ha prodotto una graduatoria di 4915 idonei, a meno di un anno dal bando;

   si tratta di giovani, altamente qualificati, con oltre il 75 per cento in possesso di una laurea;

   il Ministero della giustizia ha pubblicato nelle scorse settimane l'elenco di 1400 sedi che verranno scelte dagli 800 vincitori del concorso, a cui seguirà un primo scorrimento della graduatoria per 600 unità, secondo il calendario diramato l'11 gennaio 2018;

   sempre in queste settimane il Ministero sta concludendo le procedure per l'assegnazione delle sedi e l'assunzione di 200 funzionari;

   da ultimo, la legge di bilancio approvata a fine anno ha previsto ulteriori risorse per l'assunzione di 1400 unità –:

   come intenda il Ministro interrogato proseguire in questa strategia di reclutamento; se siano previste, oltre le prime 1400 assunzioni, ulteriori scorrimenti di graduatoria per il concorso di assistenti giudiziari; se ritenga di valorizzare l'intera graduatoria di idonei, attraverso una programmazione pluriennale di assunzioni da quel concorso.
(4-19015)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la linea 6 della metropolitana leggera di Napoli, che collega Fuorigrotta a Mergellina, era stata chiusa nel 2013 per i lavori di prolungamento della linea e doveva tornare in esercizio entro l'anno 2018 con l'apertura delle stazioni San Pasquale e Arco Mirelli e, poi, nel 2019 quella di Chiaia;

   l'opera è stata oggetto, anche recentemente, di finanziamenti statali sulla base di deliberazioni del CIPE;

   ad oggi, tuttavia, secondo notizie diffuse dalla stampa nel mese di gennaio 2018, tale programma sembra essere inevitabilmente compromesso dal fatto che i nuovi treni previsti dal contratto non potranno essere utilizzati, perché troppo larghi e troppo lunghi;

   allo stato, l'unica soluzione possibile sembrerebbe essere, secondo alcune fonti, quella di rimettere in uso dei convogli acquistati in occasione dei mondiali di calcio svoltisi in Italia nel 1990, mezzi vecchi di trent'anni che necessitano di copiosi interventi di manutenzione straordinaria e i cui pezzi di ricambio si trovano con estrema difficoltà e a costi molto elevati –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere per, garantire l'operatività della citata linea metropolitana nei tempi previsti senza disagi per gli utenti e senza aggravi di costi.
(4-19007)


   PISO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'incremento tariffario applicato sulle autostrade A24 ed A25 (Società Strada dei Parchi), a decorrere dal 1° gennaio 2018, è pari al 12,89 per cento;

   tale incremento è stato riconosciuto dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del Ministero dalle infrastrutture e dei trasporti;

   l'aumento risulta essere inferiore solo a quello riconosciuto alla «RAV» (Raccordo Autostradale Valle d'Aosta) + 52,69 per cento alla «Milano-Serravalle Milano Tangenziali Spa» + 13,91 per cento;

   l'A24 e l'A25 sono state definite dal sopra menzionato Ministero «Autostrade di montagna»;

   i tracciati della A24 e della A25 sono caratterizzati da forti pendenze, molti viadotti anche di grande altezza ed un numero consistente di tratte in galleria –:

   considerato che i residenti di Roma che utilizzano le infrastrutture in questione pagano un ticket per spostarsi all'interno del territorio del proprio comune percentualmente in linea con chi fruisce di quelle tratte che rendono l'A24 e l'A25 «Autostrade di montagna», ovvero con caratteristiche che rendono questa viabilità onerosa per gli aspetti economico-manutentivi, se non ritenga opportuno ed equo prendere in considerazione una revisione del regime dei pedaggi per quanto attiene ai residenti nella Capitale e come si intenda affrontare la pesante situazione degli abitanti in zona Settecamini che, oltre al risibile utilizzo dell'infrastruttura (poco più di 2 chilometri), per uscire dal tratto urbano dell'autostrada sono costretti non solo a pagare un pedaggio ma anche ad incanalarsi nella corsia laterale senza poter utilizzare le corsie centrali, sottoponendosi ogni giorno a file chilometriche.
(4-19008)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il porto canale di Cagliari è in assoluto quello che perde più di tutti in Italia, precipitando nel fondo della classifica dei porti;

   il dato è dirompente con un -36 per cento che non ha eguali. Anzi, è di fatto l'unico che perde in queste dimensioni, mentre tutti gli altri presentano risultati stabili e in aumento;

   il 2017 ha visto in Italia una movimentazione complessiva superiore ai 10,2 milioni di TEUs. La débâcle di Cagliari è devastante, perché il porto controllato da Eurokai (il gruppo di Amburgo che controlla Contship Italia), ovvero CICT Cagliari, con 430.000 TEUs registra una performance devastante (-36 per cento), retrocedendo di un paio di posizioni, superato non solo da TDT Livorno (535.000 TEUs), che pure perde il 16 per cento; ma anche da TMT Trieste (546.000 TEUs), protagonista di un'ottima performance (+21 per cento);

   i dati di Ship2shore, secondo un'analisi compiuta direttamente attraverso i terminalisti e le autorità portuali, rappresenta una conferma drammatica di un porto ormai in caduta libera con il rischio che si vada verso la catastrofica chiusura;

   con la decisione scattata lunedì 8 gennaio 2018 di bloccare gran parte dei mezzi in banchina e ridurre strutturalmente le potenzialità del porto terminal container si conferma il tracollo del soggetto gestore che risulta non più adeguato o peggio proteso a sostenere altre realtà;

   come l'interrogante denuncia da ormai un anno si va sempre di più verso il blocco delle attività per il crollo del transhipment e del traffico complessivo;

   la responsabilità politica è, secondo l'interrogante, tutta in capo ai governi nazionali e regionali che più di un anno fa erano stati edotti dalle denunce dell'interrogante medesimo su quanto stava avendo nel porto canale;

   il risultato è stato fallimentare;

   non solo non sono riusciti ad arginare il tracollo, ma lo hanno incrementato con inerzia e incapacità;

   in un anno il tracollo è stato scandito da numeri impietosi: il 36 per cento in meno con la perdita di qualsiasi competitività con gli altri porti;

   tutto questo fa venir meno una delle clausole fondamentali del contratto di gestione del porto canale da parte della Conship che, per esercitare la concessione, doveva garantire un budget di movimentazione che appare decisamente fuori dagli attuali regimi di traffico;

   un porto in secca senza che nessuno faccia niente per arginare questo tracollo senza precedenti e che adesso si ferma anche sul piano dei mezzi con il blocco di 2 delle grandi gru di banchina, 15 gru di piazzale, dieci trattori con semirimorchi;

   dopo aver assunto nel 2003 sotto la presidenza della regione dell'interrogante il ruolo strategico nel Mediterraneo ora il porto canale è a un passo dalla chiusura;

   per il terminalista cagliaritano è il tracollo con la sempre più evidente fuoriuscita dal circuito internazionale del transhipment;

   si tratta di un disastro che si è aggravato con il blocco del collegamento inverso dall'India verso il nord Europa. L'effetto domino sta riguardando anche le rotte Canada – Mediterraneo e Golfo del Messico Mediterraneo. Tutto questo con il silenzio, a giudizio dell'interrogante scandaloso, della giunta regionale e della politica sarda;

   ci sono in ballo 600 lavoratori che rischiano di finire per strada se non si interverrà immediatamente per fermare questo declino gravissimo della prima infrastruttura trasportistica della Sardegna –:

   se non ritenga di dover assumere con urgenza iniziative tese all'investimento infrastrutturale con una trattativa serrata e seria con un nuovo soggetto internazionale in grado di ristabilire la centralità del porto terminal container;

   se non ritenga di dover promuovere un'interlocuzione diretta con China Shipping e Cosco, gli unici soggetti che in questo momento possono rendere nuovamente strategico Cagliari;

   se non ritenga di dover assumere iniziative per perseguire un taglio netto delle tasse di ancoraggio.
(4-19017)


   VACCARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Grandi stazioni s.p.a. fin dalla sua nascita 1998 era partecipata per il 60 per cento da Ferrovie dello Stato e per il restante 40 per cento da soci privati con lo scopo di valorizzare i complessi immobiliari delle stazioni;

   dal 1o luglio 2016, dalla scissione di Grandi stazioni, sono state costituite tre nuove società: Grandi stazioni rail s.p.a., Grandi stazioni immobiliare s.p.a. e Grandi stazioni retail s.p.a.;

   Ferrovie dello Stato italiane ha mantenuto una quota di partecipazione in Grandi stazioni retail spa e Grandi stazioni immobiliari, invece Grandi stazioni retail spa è stata ceduta ad un gruppo di imprenditori privati – fondi speculativi – per un importo di circa un miliardo di euro;

   quest'ultima società, controllata dal consorzio costituito da Antin Infrastrutture Partners, Icamap e Borletti Group, ha come mission la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione delle quattordici principali stazioni ferroviarie italiane, tra cui Roma e Milano;

   ciò avveniva senza considerare la valenza strategica che rivestono le stazioni ferroviarie, peraltro recentemente riqualificate con fondi pubblici e comunque senza tener in debito conto della posizione e dei dubbi allora espressi dall'ex presidente di Ferrovie dello Stato italiane professore Messori con il solo fine di realizzare una enorme plusvalenza soprattutto per i soci privati;

   poco dopo il loro insediamento, i nuovi azionisti hanno formulato, in maniera pretestuosa, diverse contestazioni sia sul contratto di compravendita, sia sulla qualità e sulle competenze di diversi dipendenti;

   recentemente, senza preavviso e senza nessuna consultazione né con le organizzazioni sindacali né tantomeno con i lavoratori, l'amministratore delegato di Grandi stazioni retail spa, comunicava, addirittura verbalmente, a ventidue dipendenti della direzione commerciale (marketing, media, leasing, gestione contratti passivi e business control) che sarebbero stati trasferiti dall'inizio del 2018, presso la sede di Milano, mentre le restanti direzioni: tecnica, amministrazione, risorse umane, legale e relazioni esterne resteranno momentaneamente in servizio a Roma;

   prima di allora la società non aveva mai ipotizzato trasferimenti o tagli di personale, e pertanto la notizia ha colto di sorpresa le ventidue persone che a questo punto, salvo altre soluzioni, dovranno affrontare in tempi strettissimi diversi problemi sia di natura personale e familiare che economico. Nel panico totale sono quattordici dei ventidue dipendenti, giovani madri di famiglia che, loro malgrado, saranno costrette a scegliere tra reddito e famiglia, visto che molte hanno figli piccoli;

   tra l'altro, fin da subito alcuni manager della nuova compagine sociale, a quanto risulta all'interrogante, avrebbero adottato, in modo del tutto immotivato, pressioni di varia natura nei confronti dei dipendenti e per circa un anno non si è provveduto alla definizione dell'organizzazione aziendale con ruoli e mansioni, cosa che ha oltremodo sottoposto i lavoratori a condizioni di elevato stress;

   il trasferimento dei 22 lavoratori, madri o meno che siano, dal 1° gennaio 2018 resta un fatto grave e pretestuoso, ad avviso dell'interrogante collegato ad altri conflitti piuttosto che a ragioni produttive e di business –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano di dover effettuare un'accurata verifica sia sulla modalità di scissione di Grandi stazioni spa, sia su eventuali importi e bonus elargiti all'amministratore delegato, al management e a società di consulenze per il perfezionamento dell'operazione societaria;

   di quali elementi disponga circa l'andamento economico della società Grandi stazioni retail e se questo sia in linea con il piano industriale;

   se non ritengano opportuno assumere idonee iniziative volte a salvaguardare il diritto dei lavoratori trasferiti dalla precedente società, partecipata dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane, all'attuale proprietà di natura esclusivamente privata nel rispetto della normativa vigente.
(4-19018)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   fonti stampa (quotidiano Il Cittadino di Lodi del 10 gennaio 2018) riferiscono di un gravissimo fatto avvenuto il 9 gennaio 2018 a Lodi, prima sul treno Rogoredo-Lodi e successivamente nella stazione cittadina. In particolare, è emerso che «una banda di ragazzi giovanissimi, tutti stranieri di origine africana» avrebbe «agito prima sul treno Rogoredo-Lodi tentando di rapinare due persone e poi in stazione a Lodi», dove gli stessi avrebbero «minacciato con la lama diversi passanti per farsi consegnare soldi e cellulari» ma anche «lanciato sassi all'indirizzo delle persone», scatenando «in pochi attimi il finimondo, placato solo dall'intervento delle forze dell'ordine». Nel corso della rissa sarebbe stato anche aggredito e accoltellato un ventunenne, anch'egli africano, soccorso poi sul piazzale esterno e successivamente ritenuto non grave dopo il trasporto in ospedale;

   la stazione di Lodi sarebbe dunque tornata a essere un luogo a rischio dopo un periodo di relativa calma seguito ai massicci controlli per l'allarme terrorismo;

   è evidente, data la gravità di quanto accaduto e la natura particolare del luogo che è un centro nevralgico per la vita della città di Lodi, dei cittadini del lodigiano in generale e di tutti i pendolari che si muovono quotidianamente in particolare verso Milano, che l'episodio meriti particolare attenzione e debba essere portato all'attenzione del Ministro interrogato quale ulteriore segnale della necessità di potenziamento dell'organico delle forze dell'ordine e/o di iniziative comunque volte all'implementazione di maggiori controlli e alla prevenzione di fatti come quelli illustrati, che per la loro natura minano la sicurezza e il vivere quotidiano e alimentano gravi tensioni sociali, anche in considerazione dei numerosi episodi analoghi occorsi in Lombardia recentemente, oggetto di precedenti interrogazioni del sottoscritto rimaste finora senza risposta, che evidenziano la necessità di controlli e prevenzione non necessariamente legati a specifiche situazioni emergenziali ma più generalmente dovuti alla forte presenza di comunità straniere sul territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del verificarsi del fatto di cui in premessa e di fatti analoghi occorsi nel medesimo ambito territoriale, notoriamente a rischio di disordini, anche a causa della forte presenza di comunità di stranieri a rischio di tensioni sociali;

   quali iniziative abbia adottato o intenda adottare al proposito e quali iniziative intenda adottare, più in generale, per tutelare la sicurezza e l'ordine pubblico, non solo in conseguenza di situazioni di allarme legate all'emergenza terrorismo.
(4-19002)


   PELUFFO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato in maniera concorde dai principali organi di stampa, il 7 gennaio 2018, nella ricorrenza dei cosiddetti «fatti di Acca Larenzia» — in occasione dei quali nel 1978 trovarono la morte tre militanti del Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni — Casa Pound Italia ha organizzato una manifestazione commemorativa;

   il corteo, sviluppatosi a partire dalla sede di CasaPound in via Napoleone III sino a via di Acca Larenzia, luogo nel quale era avvenuto l'omicidio e nel quale spiccano tutt'ora degli elementi dell'iconografia fascista tra cui una grossa croce celtica disegnata sul suolo stradale, ha visto l'intervento di un numero di persone che, in base alle stime, varia dalle sei alle ottomila;

   la manifestazione, che ha visto l'intervento dei principali esponenti di CasaPound Italia, è culminata con un saluto romano effettuato da tutti gli intervenuti, unitamente al grido «Presente!» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti accaduti;

   considerato che all'interrogante appare ravvisabile nei fatti appena descritti un'evidente apologia del fascismo, per quali motivi sia stato autorizzato lo svolgimento di tale manifestazione.
(4-19003)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 5 gennaio 2018, in un casolare distante 400 metri dall’hotspot di Lampedusa, è stato ritrovato il corpo senza vita di un cittadino tunisino di 31 anni, Ammara Walid;

   il giovane, che si è ucciso impiccandosi a una trave, era ospite del centro di accoglienza, insieme ad altri 150 migranti, dal suo sbarco sull'isola avvenuto il 30 ottobre 2017 e sarebbe dovuto partire per Agrigento il 31 dicembre, ma a causa di un guasto la nave che avrebbe dovuto effettuare il trasferimento non è più partita;

   secondo alcuni testimoni nell'ultimo periodo Ammara Walid si era isolato. Già da poco dopo il suo arrivo a Lampedusa, gli psicologi del centro di accoglienza avevano consigliato il suo trasferimento dall'isola a causa del disagio psichico vissuto dal migrante per l'incompatibilità del suo stato di salute con il trattenimento in un centro di detenzione, oltre che per la mancanza degli psicofarmaci prescritti non reperibili sull'isola;

   il suicidio del giovane getta pesanti responsabilità sulle autorità italiane ed europee che dovrebbero garantire una breve presenza dei migranti negli hotspot – 48 ore –, che invece si protrae per troppi mesi lasciando le persone in una condizione psicologica di incertezza, paura per il futuro e sofferenza mentale – già classificata come «sindrome del migrante» – e senza le adeguate assistenze –:

   se il Governo intenda fornire elementi sulle cause che hanno impedito il trasferimento tempestivo dall'isola di Ammara Walid, nonostante le indicazioni degli psicologi del centro e sui soggetti responsabili di tale decisione;

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere per rispettare i tempi di presenza dei migranti negli hotspot e scongiurare per il futuro situazioni di grave disagio e di rischio di atti estremi, come il suicidio avvenuto a Lampedusa.
(4-19005)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 13 gennaio 2018 l'associazione Carovana dei migranti e l'organizzazione della Campagna LasciateCIEntrare hanno inviato una lettera al prefetto di Cuneo, al presidente della Commissione diritti umani del Senato, al capo dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione del Ministero dell'interno e al direttore centrale per le politiche dell'immigrazione e dell'asilo denunciando un gravissimo episodio di violenza occorso a un ragazzo appena rientrato nel centro di accoglienza sito a La Morra, località Santa Maria ad Alba (Cuneo);

   il richiedente asilo, cittadino della Guinea Conakry, dopo aver partecipato alla marcia pacifica e autorizzata promossa da CarovaneMigranti, con partenza dal centro di accoglienza di Roddi (Enohotel il Convento) e arrivo nella Piazza Savona del centro di Alba, è stato accompagnato presso il suo centro, a Santa Maria La Morra, intorno alle ore 18:00;

   poco dopo le associazioni sono state avvertite di un'aggressione ai suoi danni da parte di una persona, che seguitolo nella sua stanza lo colpiva ripetutamente sull'arto ingessato (tibia sinistra), strappandogli di mano il telefono cellulare e rompendo di proposito sia la sim card sia la batteria e allontanandolo dal centro. I motivi dell'aggressione pare siano legati esclusivamente alla sua partecipazione alla marcia, fortemente osteggiata dai gestori del centro nei giorni precedenti;

   si fa presente che il giovane, che era stato investito da un'autovettura in data 6 gennaio 2018 riportando lesioni all'arto e lieve trauma cranico, già lamentava totale disattenzione al suo stato di salute da parte dei gestori del centro, riferendo di non aver mai ricevuto terapia medica, come prescritto dal medico di pronto soccorso;

   le associazioni, venute a conoscenza dell'accaduto hanno immediatamente avvisato le forze dell'ordine e il 118, che ha prontamente inviato un'ambulanza sul posto, trasferendo il giovane presso l'ospedale di Alba dove si trova attualmente in degenza;

   in seguito alla solidarietà mostrata nei riguardi del proprio compagno, gli altri ospiti del centro di accoglienza sono a loro volta preoccupati per possibili ritorsioni nei loro confronti, come del resto già precedentemente accaduto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non ritenga urgente svolgere verifiche di competenza in relazione a quanto denunciato;

   se non ritenga opportuno individuare al più presto una struttura accogliente e idonea in cui il giovane, in quanto richiedente asilo, così come disposto dal decreto legislativo n. 142 del 2015 e dalle normative internazionali, possa essere meglio tutelato e vedersi garantita la possibilità di denunciare, nelle sedi competenti, quanto accaduto, senza essere sottoposto a ritorsioni o minacce ai suoi danni;

   come intenda provvedere a tutelare chi ancora si trova accolto nei centri gestiti dal medesimo ente e che, in seguito alla solidarietà mostrata nei riguardi del proprio compagno, rischiano ritorsioni come precedentemente accaduto;

   se intenda attivarsi per superare la gestione dell'accoglienza attraverso strutture extra ordinem e d'emergenza come i centri di accoglienza straordinaria a favore di una gestione strutturata, trasparente e diffusa come offre il sistema Sprar.
(4-19011)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nelle città italiane continua ad essere molto diffuso il fenomeno dei venditori ambulanti, nella stragrande maggioranza immigrati extracomunitari irregolari che commercializzano merci contraffatte e che semplicemente dispongono ciò che vendono su dei teli stesi sul pavimento, invadendo marciapiedi e strade e impedendo il camminamento dei passanti;

   in data 3 gennaio 2018, nel quartiere Tuscolano di Roma, a quanto consta all'interrogante, un venditore abusivo di borse contraffatte, in fuga a causa di un controllo della Guardia di finanza, ha travolto una passante, causandole la frattura scomposta del malleolo –:

   quali iniziative intendano assumere per il contrasto delle pratiche di vendita descritte in premessa, che avvengono in palese violazione sia delle norme che disciplinano la permanenza sul territorio nazionale da parte degli immigrati, sia di quelle che regolano il commercio, mettendo anche a rischio la sicurezza dei cittadini.
(4-19021)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   molti pensionati, abitualmente definiti autonomi, stanno riscontrando il mancato riconoscimento, da parte dell'Inps dei contributi da lavoratore dipendente versati dal datore di lavoro prima del 1974;

   ciò è accaduto perché nel passaggio da sistema manuale a quello informatizzato, l'Inps non ha accreditato sul sistema il valore di tutti i contributi versati in precedenza;

   a questi pensionati l'Inps fornisce un estratto conto previdenziale in cui riconosce le settimane di lavoro svolte senza inserire nei conteggi della pensione mensile il valore dei contributi versati, che, in qualche caso, ammontano a considerevoli cifre di centinaia di migliaia di euro;

   per risolvere il problema l'Inps avrebbe dovuto fare una puntuale ricerca negli archivi cartacei provinciali che per molti casi concreti, a quanto consta all'interrogante non ha effettuato e non risulterebbe stia effettuando;

   alle legittime richieste dei pensionati e dei patronati di competenza per avere l'accesso agli atti amministrativi, l'Inps non starebbe dando risposte;

   questa situazione sta danneggiando molti cittadini per i quali parte della pensione è conteggiata col metodo contributivo, dove il conteggio viene effettuato sui contributi versati e non sugli anni di lavoro svolto, con conseguente sottrazione del credito maturato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale problematica e se intenda intervenire affinché l'Inps provveda ad una rapida soluzione delle criticità sopra esposte.
(4-18999)


   PELLEGRINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Eaton Automotive di Monfalcone è una azienda storica del territorio specializzata nella produzione di valvole a scoppio per motori di automobili nella quale lavorano 157 persone alle quali si sommano circa quaranta lavoratori occupati nell'indotto;

   a seguito di un presidio promosso dalle rappresentanze sindacali il 12 gennaio 2018 sotto la sede di Gorizia della Confindustria, l'azienda ha comunicato l'avvio della procedura di mobilità per i 157 lavoratori in forza nello stabilimento;

   un annuncio, quello dell'azienda Eaton, che ha sorpreso i sindacati in quanto, anche tenuto conto di un calo delle commesse a causa di una crisi nel settore, il 30 novembre 2017, l'azienda aveva comunicato che nel 2018 era prevista una produzione tra i sette e gli otto milioni di valvole con un calendario produttivo dei volumi per i primi tre mesi del 2018 di circa 568 mila «pezzi» a gennaio, 750 mila a febbraio e 900 mila a marzo;

   i lavoratori hanno risposto, all'avvio unilaterale da parte dell'azienda delle procedure di mobilità, con un presidio permanente anche per vigilare sui macchinari e le attrezzature in vista della paventata delocalizzazione della produzione;

   i sindacati hanno stigmatizzato duramente l'annuncio dell'Eaton di Monfalcone in quanto c'erano e ci sono le condizioni per affrontare e gestire la crisi, mentre l'azienda ha proceduto in una scelta, ad avviso dell'interrogante, senza manifestare alcun senso di responsabilità verso i lavoratori e verso il territorio monfalconese. L'avvio delle procedure di mobilità è aggravato dal fatto che con il Jobs Act è stata abrogata la cassa integrazione per un anno a causa di chiusura;

   la chiusura dell'azienda Eaton di Monfalcone aggrava ulteriormente la crisi occupazionale di un territorio già colpito pesantemente dalla crisi economica, che ha avuto pesanti ripercussioni sui livelli occupazionali; è quindi necessario assumere tutte le iniziative finalizzate alla salvaguardia dei posti di lavoro –:

   quali iniziative di propria competenza intenda assumere al fine di salvaguardare i 157 lavoratori, e di conseguenza i 16 lavoratori interinali e i circa quaranta dell'indotto locale, per i quali l'azienda Eaton di Monfalcone ha comunicato l'avvio della procedura di mobilità, coinvolgendo le organizzazioni sindacali.
(4-19010)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FALCONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta da un articolo, pubblicato il 13 gennaio 2018, dal quotidiano «la Repubblica» edizione di Genova, una donna di origine ecuadoriana, dopo aver mangiato del riso acquistato in un negozio etnico, ha accusato disturbi gastrointestinali e si è presentata all'ospedale Galliera, per essere successivamente dimessa;

   la suesposta vicenda, che si aggiunge ad un altro caso analogo verificatosi nei giorni scorsi, desta allarme e preoccupazione, in quanto l'alimento in questione sarebbe stato acquistato nello stesso negozio messo all'indice da una intera famiglia (anche questa sudamericana) che nei giorni precedenti ha avuto gli stessi malori dopo aver mangiato del riso etnico, tanto da interessare i carabinieri del Nas, che hanno provveduto a prelevare dei campioni dell'alimento e a inviarli ai laboratori dell'Arpal e a quelli dell'Istituto zooprofilattico di Torino (competente anche per la Liguria);

   l'articolo in precedenza richiamato evidenzia, a tal fine, che nel 2011 riguardo alla questione del riso adulterato si era diffusa la notizia sui media di tutto il mondo che in Cina veniva prodotto falso riso, aggiungendo inoltre che l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, già allora aveva ricostruito la vicenda di questo alimento artificiale e aveva classificato il «Riso con plastica» fra i 13 potenziali rischi emergenti della catena alimentare;

   l'interrogante evidenzia, al riguardo, come il fenomeno della contraffazione e dell'adulterazione, nel settore agroalimentare ed in particolare in quello risicolo, rappresenta, com'è noto, nel nostro Paese, un problema di rilevante complessità con conseguenze economiche e sanitarie talvolta significative per i consumatori e per i produttori;

   in questo ambito, quello della contraffazione rappresenta infatti un mercato «nero» in continua espansione, che si è evoluto negli ultimi anni, complici anche le nuove tecnologie, a cui si aggiunge un pericoloso e complesso fenomeno transnazionale che incide pesantemente sul settore economico-finanziario e su quello sociale;

   l'interrogante rileva, inoltre, come il vigente quadro normativo dei reati agroalimentari permanga obsoleto e debole, principalmente per effetto della disordinata stratificazione di fonti diverse e della inadeguatezza dei rimedi tradizionali rispetto alla dimensione ormai transnazionale della criminalità di settore, nonostante il lodevole lavoro svolto quotidianamente dagli organismi preposti alla vigilanza e all'attività di contrasto all'agro-pirateria;

   nello specifico settore risicolo, l'interrogante evidenzia altresì che (l'Italia è il principale produttore di riso a livello europeo) il mercato nazionale è caratterizzato da una percentuale massiccia di riso importato da Paesi asiatici, la cui qualità e dubbia provenienza, non garantiscono adeguati livelli di tutela per la salute e la sicurezza del consumatore;

   attuare degli interventi normativi, nonostante le recenti misure adottate anche in ambito comunitario, che evidentemente non risultano sufficienti a contrastare in maniera rigorosa il fenomeno della contraffazione anche nel settore risicolo, risulta pertanto a parere dell'interrogante, urgente e necessario al fine di ristabilire l'ordine e garantire il libero svolgimento delle attività sul mercato agroalimentare e un più elevato livello di tutela della salute pubblici dalle frodi commerciali –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se, in considerazione del perpetuarsi del fenomeno legato alla contraffazione e all'adulterazione nel settore agroalimentare, che spesso determina effetti nocivi per la salute del consumatore, non convenga della necessità di intervenire in sede comunitaria, al fine di ristabilire i dazi doganali con i Paesi del Sud-est asiatico, per proteggere le produzioni cerealicole italiane;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, al fine di rafforzare gli interventi di tutela e di repressione in relazione alle attività commerciali etniche presenti nel nostro Paese, che spesso vendono prodotti agroalimentari nocivi per la salute dei consumatori.
(4-19009)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   PRINA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'approvazione dei nuovi piani di organizzazione aziendali strategici la regione Lombardia ha assunto la decisione, a decorrere dal 12 dicembre 2016, di chiudere il pronto soccorso notturno dell'ospedale di Abbiategrasso nella fascia oraria che va dalle ore 20,00 alle ore 8,00 del mattino;

   tale scelta non tiene conto dell'aspetto sociale costituito dalla presenza di un numero elevato di persone anziane, disabili e famiglie che non avendo mezzi propri sono oggettivamente impossibilitati a raggiungere altre strutture di pronto soccorso, anche a causa dei mezzi pubblici che di giorno sono inaffidabili e di notte non effettuano il servizio. Risulta inoltre, ad avviso dell'interrogante, in contrasto con le linee guida contenute nel decreto ministeriale n. 70 del 2015 e incoerente ed incompatibile con il principio fondamentale espresso nello stesso che stabilisce in primis la «centralità del paziente e il rispetto della dignità della persona»;

   il decreto ministeriale n. 70 del 2015 nel fissare i criteri, prevede e recita testualmente:

    che obiettivi di politica sanitaria debbano rispondere ai bisogni con adeguatezza ed in questa logica che «l'uso appropriato delle risorse deve rispondere più efficacemente ai bisogni concreti della popolazione anziana e non autosufficiente»;

    che la «missione assistenziale affidata agli ospedali è la presa in carico dei pazienti, garantendo i richiesti livelli di qualità rapportandosi con maggiore specificità ai contesti sociali inseriti nella rete di offerta»;

    che «I presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, salvo quanto previsto dal successivo punto 9.2.2, sono strutture dotate di sede di Pronto soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità sulle 24 ore di Radiologia, Laboratorio, Emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di “Osservazione Breve Intensiva”»;

   il distretto dell'Abbiatense rientra nel bacino d'utenza e nei parametri fissati dal citato decreto ministeriale avendo una popolazione di 83.000 abitanti (il POAS ha sottratto al distretto i comuni di Corsico e Trezzano sul Naviglio, con cui si raggiungevano i 155 mila abitanti). Va aggiunto che rispetto ai quattro presidi ospedalieri della ASST Ovest Milano, l'ospedale di Abbiategrasso si colloca in un'area territoriale più vasta pari a 207 chilometri quadrati. Con la chiusura notturna del pronto soccorso, di fatto, la percorrenza dal comune più lontano (Motta Visconti) al primo pronto soccorso disponibile (Magenta) è di 41 chilometri con un tempo di percorrenza, compreso quello impiegato dalla prima autoambulanza disponibile (Abbiategrasso), pari a più di 1 ora per raggiungere il luogo dell'emergenza. L'aver determinato la chiusura del pronto soccorso di Abbiategrasso, inoltre, ha provocato una situazione critica di sovraffollamento del pronto soccorso di Magenta;

   tale richiesta interpreta la volontà popolare espressa nelle 11.163 firme raccolte e dei deliberati dei quindici consigli comunali dei comuni del distretto;

   negli ultimi anni sull'ospedale di Abbiategrasso sono stati investiti circa 30 milioni di euro per il suo ampliamento compresi i nuovi circa 1.000 metri quadrati del pronto soccorso;

   infine tale provvedimento appare in contrasto l'articolo 2 della Costituzionale secondo cui «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. La legge non può in nessun caso violare i limiti i posti dal rispetto della persona umana» –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione, intenda assumere per avviare un monitoraggio delle criticità connesse al riordino delle reti ospedaliere e per verificare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e della piena attuazione delle indicazioni contenute nel decreto ministeriale n. 70 del 2015, a partire dal caso della Lombardia.
(4-18998)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che il sindaco di Padova del Partito Democratico, Sergio Giordani, ha assunto come portavoce il signor Massimo Bettin, il quale percepisce un compenso lordo di ben 93 mila euro l'anno, pur non avendo, a giudizio dell'interrogante, alcuna competenza per svolgere l'incarico attribuitogli, come si evince dal suo profilo curriculare;

   il signor Bettin è stato inquadrato nell'organico dell'amministrazione comunale, rispetto al quale lo stipendio che percepisce supera ogni tetto massimo. Al riguardo, infatti, lo stesso è stato inserito nel livello più basso della categoria C, che comprende 924 dipendenti il cui costo medio annuale è pari a 32.000 euro annui, dunque, nettamente inferiore a quello sostenuto per il portavoce del sindaco;

   addirittura, il signor Bettin, pur essendo sprovvisto del titolo di laurea, ha un compenso superiore persino a quello dei dipendenti di categoria D, ossia i dirigenti per i quali detto titolo è obbligatoriamente richiesto;

   su tale vicenda è stato presentato un esposto per danno erariale alla Corte dei conti a prima firma dell'avvocato Matteo Cavatton, esponente dell'opposizione in consiglio comunale, il quale evidenzia che: «Il danno erariale si fonda proprio sulla sproporzione tra lo stipendio accordato e quello corrisposto ai dipendenti che si trovano nella sua stessa categoria»;

   il signor Bettin è stato segretario provinciale del Partito Democratico, pertanto appare che l'incarico gli sia stato riconosciuto come appartenente al gruppo politico. Invece, tali collaborazioni dovrebbero essere attribuite in base alle competenze necessarie al ruolo da ricoprire;

   dunque, il signor Bettin non può svolgere adeguatamente l'incarico di portavoce, perché non ha alcuna esperienza in materia, eppure, il sindaco di Padova lo ha scelto come collaboratore e gli è stato riconosciuto quello che l'interrogante ritiene un ingiustificato e lauto stipendio, che, si ribadisce, rappresenta il costo di gran lunga maggiore per l'amministrazione tra quelli sostenuti per gli altri dipendenti del comune inquadrati nella medesima categoria contrattuale –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro, per quanto di competenza, sui fatti esposti in premessa, tenuto conto del danno che determina l'ingiustificata retribuzione riconosciuta al signor Massimo Bettin dal comune di Padova che gli attribuisce un'illegittima posizione di privilegio rispetto agli altri dipendenti, anche alla luce della nota interpretativa Anci-Upi n. A0811-02 dell'11 luglio 2014 e delle recenti condanne per danno erariale subite dal sindaco di Bologna e dall'ex sindaco di Pistoia;

   se il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, urgenti iniziative affinché sia escluso che un'amministrazione pubblica possa riconoscere incarichi, anche se fiduciari, a persone sprovviste delle competente necessarie e le retribuzioni siano del giusto ammontare rispetto alla posizione ricoperta, escludendo che possano esserci dei costi palesemente ingiustificati e dannosi per l'amministrazione come nel caso in questione.
(4-19013)

SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da diversi quotidiani, in data 14 gennaio 2018 il presidente dell'Associazione italiana allenatori calcio (Aiac), Renzo Ulivieri, in occasione della presentazione ufficiale della raccolta delle figurine dei calciatori «Panini» 2017/2018, è stato fotografato mentre posa facendo il gesto del «pugno chiuso», riconducibile per antonomasia alla simbologia comunista;

   la foto e le dichiarazioni, di evidente matrice politica e propagandistica, rilasciate nel contesto ufficiale di tale evento, assumono una particolare rilevanza, in quanto, come noto, le finalità divulgative dello storico album di figurine della «Panini» sono indirizzate essenzialmente ad una fascia di pubblico giovanile, che comprende principalmente le età dell'infanzia e dell'adolescenza;

   ad avviso dell'interrogante è da ritenere censurabile, per un dirigente sportivo federale peraltro rappresentativo di una specifica categoria come quella degli allenatori di calcio a tutti i livelli (professionisti, dilettanti e giovanili), utilizzare una simile occasione per manifestare la propria appartenenza politica;

   il presidente Ulivieri non è nuovo a esternazioni similari, al riguardo si rammenta che nello scorso mese di agosto è stato fotografato mentre mostrava il «dito medio» alla Trump Tower a Chicago, altro episodio che ha avuto risalto mediatico;

   nel a sua qualità di presidente dell'Aiac Ulivieri riveste anche il ruolo di consigliere federale nonché vice presidente della Federazione italiana giuoco calcio –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere al riguardo.
(4-19014)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017, è stata introdotta una nuova normativa in materia di utilizzo di sacchetti di plastica, in recepimento della direttiva UE 2015/720;

   la nuova normativa riguarda sia le buste fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti dal punto vendita, per esempio quelle che vengono fornite alle casse dei supermercati, sia quelle «richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi»;

   la nuova normativa è entrata in vigore dal 1o gennaio 2018 e ha già dato vita a numerose proteste da parte dei cittadini, relative soprattutto al costo del singolo sacchetto che è a carico del consumatore;

   sulla base di ricerche di mercato condotte da società che offrono consulenza nel settore delle plastiche, le nuove norme in materia di utilizzo di sacchetti biodegradabili, comporteranno un considerevole aumento della produzione e di fatturato, con importanti e positive ripercussioni per le aziende che si occupano della trasformazione della materia prima;

   le specifiche tecniche introdotte in merito alla caratteristiche che i sacchetti biodegradabili devono possedere, solo in parte motivate da quanto previsto dalle normative europee, sembrerebbero di fatto favorire soprattutto la Novamont, unico colosso italiano attivo nella produzione del materiale necessario per fabbricare le buste biodegradabili;

   al 31 dicembre 2016, come risulta da documenti pubblici dell'azienda, la Novamont è controllata al 25 per cento da Versalis del gruppo Eni al 75 per cento da Mater-bi spa, i cui azionisti sono investitori associati e altri soci;

   Versalis ha un azionista, Eni spa, nel cui bilancio infatti la Novamont è indicata come «impresa collegata», mentre Mater Bi spa di azionisti ne ha 26, di cui il principale è posseduto per quasi il 100 per cento da una società domiciliata in Lussemburgo; risulterebbero inoltre, tra gli azionisti, società estere con sede in Portogallo e a Malta, in un impianto di società organizzate con il cosiddetto sistema delle scatole cinesi;

   Novamont, insieme a Mater Biopolymer e Matrica, società controllate dalla stessa Novamont, sono gli unici soci, in qualità di produttori, di Assobioplastiche, che riunisce le aziende specializzate nella lavorazione dei polimeri;

   inoltre, suscita perplessità, in merito ad una possibile posizione di favore della Novamont, la circostanza per cui l'amministratore delegato della stessa Novamont, Catia Bastioni, è stata oratore in occasione della seconda edizione della Leopolda e, nel 2014, è stata nominata presidente di Terna;

   suscita ulteriori perplessità il fatto che le norme tecniche, non giuridiche, relative alla definizione degli standard europei in materia di caratteristiche che un materiale deve possedere per essere definito biodegradabile, siano state varate dal CEN (Comitato europeo di normazione), che è una struttura belga che sembra si sia avvalsa dello staff di Novamont –:

   se non ritengano i Ministri interrogati di dover intervenire, per quanto di competenza, al fine di chiarire e definire la situazione nonché valutare l'adozione di iniziativa per la possibile sospensione dell'applicazione della norma, in considerazione delle numerose ombre e dell'assenza di trasparenza che offuscano la vicenda e impediscono una corretta e condivisa applicazione della richiamata disciplina.
(4-19001)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con un comunicato del 29 dicembre 2017, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (ora Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) ha informato degli aumenti di elettricità e gas a partire dal primo trimestre del 2018;

   dal primo gennaio, le condizioni economiche di riferimento per le famiglie e i piccoli consumatori nei servizi di tutela hanno registrato un incremento (da aprile 2017 a marzo 2018) del +5,3 per cento per le forniture elettriche (7,5 per cento di incremento rispetto allo stesso periodo 2016/2017) con un aumento medio annuo di circa 37 euro e del 5 per cento (+ 2,1 per cento del 2016/2017) per quelle di gas, con un aumento medio annuo di circa 22 euro;

   mentre per il gas l'aumento è sostanzialmente determinato dalle previste dinamiche legate alle stagioni invernali, con consumi e quotazioni in aumento a livello europeo e quindi anche in Italia, per l'elettricità l’Authority riferisce che l'aumento è legato ad una serie di fattori concomitanti, tutti al rialzo: la crescita dei prezzi all'ingrosso nell'ultimo trimestre; la ripresa dei consumi e il conseguente aumento della domanda elettrica per le attività produttive; l'indisponibilità prolungata di alcuni impianti nucleari francesi e una crescita delle quotazioni dell'elettricità all'ingrosso nel mercato francese che influenza al rialzo anche quello italiano e ne riduce i volumi importati dalla Francia; alcune limitazioni nei transiti di elettricità nella rete italiana, soprattutto nel Sud-Italia con una conseguente inefficienza complessiva del sistema; la minore disponibilità della generazione idroelettrica nazionale per la scarsa idraulicità del periodo per la mancanza di piogge nel 2017, sostituita dalla più onerosa produzione delle centrali a gas; l'aumento stagionale dei prezzi all'ingrosso del gas a livello europeo che ha contribuito a far innalzare i prezzi elettrici; rincari in seguito alle analisi condotte da Terna, i rincari dei costi delle cosiddette «risorse interrompibili per la sicurezza del sistema elettrico» (delle industrie ad altissimo consumo che godono di sconti consistenti sul chilowattora, perché hanno caratteristiche di interrompibilità) e i costi di produzione delle centrali elettriche definite «unità essenziali», cioè ritenute indispensabili per garantire la sicurezza del sistema in determinate aree del Paese e che, anche se sono inefficienti o vecchie sono indispensabili per intere regioni;

   uno dei motivi più incidenti e che crea maggiore perplessità e malumore è il rafforzamento delle agevolazioni per le industrie manifatturiere energivore, deciso con decreto del Ministro dello sviluppo economico in attuazione della recente legge europea, che ha recepito il «via libera» della Commissione europea della scorsa primavera al piano di adeguamento predisposto dal Governo italiano e che ha giustificato la richiesta, per il fatto che i grandi consumatori in Italia pagano di più della media europea. In pratica, le imprese energivore pagano di meno per quello che consumano e inquinano, ma il costo va nella bolletta delle famiglie;

   a giudizio degli interroganti, nel concedere lo «sconto» alle industrie energivore – che dagli altri consumatori – il Governo ha peccato di superficialità nel dimenticare di imporre alle aziende energivore, in cambio dello sconto, impegni precisi per diventare più efficienti senza nessuna prospettiva di miglioramento da questo punto di vista –:

   se il Governo non ritenga opportuno correggere tali mancanze mediante ogni iniziativa di competenza, in maniera tale da giustificare le agevolazioni per le industrie energivore, a giudizio degli interroganti arbitrariamente caricate sulle bollette dei cittadini italiani.
(4-19006)

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Prina n. 5-12653 dell'8 novembre 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18998;

   interrogazione a risposta in Commissione Prina n. 5-12875 del 4 dicembre 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18999.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Pellegrino n. 4-18987 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 904 del 9 gennaio 2018. Alla pagina 52428, prima colonna, dalla riga ventitreesima alla riga ventiquattresima, deve leggersi: «“Direzione” (nell'avviso, il fatto che il pagamento avverrà a fine gennaio è stato sottolineato e riportato in grassetto);», e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 106 è una delle arterie principali della Calabria, dato che consente il collegamento regionale lungo la costa ionica e i disservizi che si registrano sulla stessa si traducono inevitabilmente nella paralisi di vaste zone della regione;

   solo 6 anni fa venivano completati i lavori di adeguamento nel tratto da Simeri Crichi a Squillace che avrebbero dovuto, almeno nella zona in prossimità del capoluogo e della cittadella regionale, nell'area di Germaneto, consentire una viabilità scorrevole;

   già nell'immediato, tuttavia, venivano a manifestarsi i primi problemi, con cedimenti continui di alcuni terrapieni e il crollo di un muro di sostegno sul quale indaga la procura;

   è in questi giorni che si registra tuttavia uno dei fatti più emblematici: il cedimento della corsia di decelerazione presso l'uscita di Borgia nord dopo che sulla stessa sono terminati soltanto il mese scorso lavori per la corretta irreggimentazione delle acque meteoriche;

   ciò solleva inevitabilmente dei dubbi riguardo alle modalità attraverso le quali vengono effettuati i lavori di manutenzione;

   interventi di questo tipo, oltre a rappresentare un possibile spreco di denari pubblici, se non fatti di rilevanza penale, distraggono tempo e risorse rispetto alla possibilità di adeguare l'arteria in altre aree che risentono del sovraccarico di traffico rispetto alla capacità della stessa;

   per ciò che riguarda la presenza delle quattro corsie, al momento risulta finanziato il tratto tra Sibari e Roseto Capo Spulico e sono già aperti quello tra Roseto-Rocca Imperiale, Locri-Roccella e Simeri- Squillace, mentre gran parte della costa ionica ancora risente delle limitazioni delle due corsie –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia promosso i necessari accertamenti per chiarire i motivi per cui all'uscita Borgia nord della strada statale 106, nonostante i lavori compiuti solo un mese fa per la corretta irreggimentazione delle acque meteoriche, si sia registrato un crollo derivante da infiltrazioni d'acqua;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per favorire il completamento delle quattro corsie sull'intera strada statale ionica.
(4-18573)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società ANAS.
  In ordine al quesito concernente il completamento delle quattro corsie dell'intera strada statale 106 Jonica, giova evidenziare che Anas ha in atto un piano complessivo di riqualificazione della strada statale 106 Jonica nel territorio calabrese, che comprende sia la realizzazione di tratti di strada a carreggiate separate, ciascuna a due corsie per senso di marcia (sezione stradale cat. B del decreto ministeriale 5 novembre 2001), sia la messa in sicurezza dell'arteria esistente (sezione tipo «C1» e/o svincoli, barriere metalliche e pavimentazioni).
  Con il citato piano di riqualificazione Anas intende migliorare e potenziare il sistema infrastrutturale di trasporto regionale con l'obiettivo di innalzare il livello di sicurezza riducendo nel contempo l'impatto ambientale con costi e tempi sostenibili e con una ricaduta economica immediata sul territorio.
  In particolare, con riferimento alla statale ionica a quattro corsie, come accennato anche dall'Onorevole interrogante, si conferma che sono stati già realizzati 67 chilometri circa, di cui circa 15 al confine con la Basilicata, tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico (CS); 5 a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande (frazione di Crotone); 22 tra lo svincolo di Squillace e lo svincolo di Simeri Crichi (nell'ambito del Megalotto 2 compresi 5,2 chilometri del prolungamento della SS n. 280) e 25 tra Locri e Roccella Jonica – che hanno interessato tre lotti contigui (Megalotto 1, Variante di Marina di Gioiosa e Variante di Roccella Jonica).
  Inoltre, Anas evidenzia che sono in costruzione due nuovi tratti, ovvero: il raccordo Firmo-Sibari (Megalotto 4) e la Variante all'abitato di Palizzi (completamento 1° stralcio funzionale). Per tale ultimo tratto, è in corso di valutazione, la possibilità di completare l'intervento, avvalendosi del Fondo di sviluppo e coesione (FSC), con la realizzazione della seconda carreggiata (carreggiata in direzione nord) costituente il 2° stralcio funzionale per uno sviluppo complessivo di circa 6 chilometri.
  Mentre procede, seppur lentamente a causa della complessità e dell'ampiezza dell'opera, l’
iter progettuale e autorizzativo, previsto dalla legge obiettivo, del tratto tra Roseto Capo Spulico e Sibari (Megalotto 3), di circa 38 chilometri, affidato al contraente generale.
  Anas riferisce, altresì, che è allo studio il finanziamento, sempre con fondi FSC, di una variante presso Caulonia.
  Il complesso di interventi sul strada statale 106, non si esaurisce, tuttavia, con le opere sopra descritte, ma, coerentemente con i criteri fin qui indicati, il Piano pluriennale degli investimenti 2016-2020, approvato ad agosto 2017 dal Cipe, impegnerà Anas nello realizzazione di ulteriori interventi di seguito richiamati:

   lavori di collegamento della strada statale 106 (chilometro 0+000) alla strada statale 106 VAR/A (chilometro 17+000) relativi all'adeguamento della SP 16 (Cat. Stradale C1) per il rafforzamento della viabilità. Importo 2,77 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2018 e finanziamento a valere sul fondo unico Anas, L'intervento ha lo scopo di potenziare il collegamento dell'estremità nord del citato Megalotto 2 con la SS 106 esistente;

   lavori di realizzazione dell'asta di collegamento in destra idraulica del torrente Gerace tra la SS 106 VAR/B (svincolo Gerace) e la SS 106 al chilometro 97+050 – Prolungamento Locri. Importo 40 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2019 e finanziamento a valere sul fondo di sviluppo e coesione. Analogamente alla precedente, l'opera consentirà di migliorare la connessione fra la SS 106 esistente ed il Megalotto 1, evitando l'attraversamento dell'abitato di Locri;

   manutenzione e messa in Sicurezza dal chilometro 238+000 (Aeroporto S. Anna) al chilometro 241+700. Importo 25 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2019 e finanziamento a valere sul fondo FSC;

   tratta Crotone (Bivio Passovecchio) chilometro 256+000 – Sibari chilometro 329+000 – Messa in sicurezza:

    1° Tronco, importo 286,65 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2019 e finanziamento a valere sul fondo unico ANAS;

    2° Tronco, importo 80 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2019 e finanziamento a valere sul fondo FSC:

    3° Tronco, importo 80,7 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2019 e finanziamento a valere sul fondo FSC.

    Questi ultimi tre interventi constano della realizzazione di varianti locali per il superamento dei centri abitati presenti oltre alla manutenzione e messa in sicurezza della sede attuale.

   Variante di Crotone dal chilometro 241+250 al chilometro 250+500 (Passovecchio). Importo 148,27 milioni di euro con appaltabilità prevista per il 2019 e finanziamento a valere sul fondo unico ANAS. L'opera prevista in questo caso è invece una variante completamente in nuova sede.

  Anas sottolinea che i sopradescritti sette interventi mobilitano complessivamente risorse economiche per 663,4 milioni di euro a conferma dell'importanza che la SS 106 riveste nel panorama infrastrutturale italiano.
  In merito, poi, ai cedimenti nonché al crollo di un muro di sostegno evidenziati dall'interrogante, Anas specifica che detti eventi hanno interessato la variante alla strada statale 106 Jonica tra le località di Squillace e Simeri Crichi in provincia di Catanzaro. La suddetta opera ha un tracciato principale a doppia carreggiata, di lunghezza pari a circa 17,2 chilometri, che rappresenta la vera e propria variante e un tratto di collegamento, ad unica carreggiata, che va dallo svincolo di Germaneto alla SS 280 «dei Due Mari» all'altezza della galleria San Sinato, per uno sviluppo di 5,2 chilometri. Gli eventi segnalati, verificati nei mesi di giugno e di novembre 2017, sono: il ribaltamento del muro di sostegno della rampa n. 6 dello svincolo di Germaneto e il cedimento del piano viabile della rampa di decelerazione dello svincolo di Borgia in carreggiata Nord.
  Al riguardo, Anas fa presente che dall'inaugurazione dei vari tratti stradali, i più datati risalgono al novembre 2011 (con ultimazione dei lavori risalente a dicembre 2015), non si sono mai verificati fatti significativi da imputare ad una non corretta esecuzione dei lavori eseguiti. L'evento più recente, prima degli ultimi avvenimenti, è avvenuto nel mese di aprile 2015 e ha interessato lo scivolamento di una porzione di coltre vegetale lungo la scarpata di un limitato tratto stradale che non ha generato problemi all'arteria, né condizionato la sicurezza degli utenti della statale in argomento.
  Nel merito, relativamente ai due fatti più recenti, Anas segnala di essere intervenuta tempestivamente, con chiusure preventive e cautelative a tutela dell'utenza; in particolare:

   la rampa 6 dello svincolo di Germaneto è stata chiusa ed interdetta al transito veicolare a fine maggio 2017, e cioè 30 giorni prima dell'evento che ha interessato il ribaltamento del muro, verificatosi durante le attività propedeutiche ai lavori di ripristino in una fase di cantiere durante la quale il fenomeno era noto ed attentamente monitorato;

   la rampa di decelerazione dello svincolo di Borgia, interessata da un cedimento del rilevato avvenuto il 19 novembre 2017, è stata interdetta al transito nella giornata di venerdì 17 novembre, al manifestarsi dei primi fenomeni di lesioni sulla pavimentazione, con il restringimento della carreggiata in direzione nord e la canalizzazione del traffico veicolare sulla corsia di sorpasso conservando comunque la transitabilità sia della SS. 106 sia dello svincolo.

  Anas riferisce che il contraente generale si è immediatamente attivato attraverso opportune verifiche tecniche al fine di individuare le cause del dissesto e procedere al ripristino nel più breve tempo possibile.
  Giova evidenziare, inoltre, che i lavori di ripristino legati agli eventi citati in precedenza risultano, come da previsioni contrattuali, totalmente a carico del contraente generale in quanto progettista ed esecutore delle opere e, pertanto, non è previsto alcun ulteriore costo a carico di Anas né alcuno spreco di denaro pubblico.
  Ad ogni modo, con particolare riferimento al cedimento della corsia di decelerazione, presso l'uscita di Borgia nord, la direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con nota dello scorso 22 dicembre ha sollecitato Anas, qualora non avesse ancora provveduto, a costituire una apposita commissione interna, incaricata ad accertare i fatti verificatisi e di comunicare gli esiti di detta verifica entro 60 giorni dal ricevimento della sopracitata nota.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   LORENZO GUERINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come già evidenziato negli atti di sindacato ispettivo n. 5-04761, a prima firma Lenzi, e n. 5-07313, a prima firma Paola Boldrini, la fibromialgia o sindrome fibromialgica è una malattia complessa, debilitante e invalidante che compromette e riduce la qualità di vita di chi ne è affetto e colpisce approssimativamente 1,5-2 milioni di italiani, circa il 2-3 per cento della popolazione e prevalentemente le persone di sesso femminile in età adulta;

   i sintomi della fibromialgia sono riscontrabili in altre malattie (reumatologiche, neurologiche e altro) ed è necessario, nella fase di studio e diagnosi, eseguire ulteriori accertamenti per escludere altre patologie e non vi è alcun esame di laboratorio o radiologico che possa diagnosticare la fibromialgia;

   negli ultimi anni, la fibromialgia è stata meglio definita e caratterizzata attraverso studi che hanno stabilito anche le linee guida per la diagnosi e la terapia;

   già in risposta, per altro non esaustiva, all'atto di sindacato ispettivo n. 5-04761 in cui si chiedeva il perché questa malattia non fosse stata ancora riconosciuta né come malattia invalidante, né inserita nei livelli essenziali di assistenza, il Governo pro tempore rispondeva che gli assistiti potevano già usufruire di tutte le prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza, erogabili attraverso le strutture del servizio sanitario nazionale e che, allo stato attuale, esisteva una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, sia in termini di prevalenza che di definizione clinica, le forme di fibromialgia da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti, nel rispetto dei criteri previsti dalla vigente normativa;

   nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-07313, il Governo pro tempore affermava che aveva presentato, già nel 2011, al Consiglio superiore di sanità una richiesta di parere sulla fibromialgia; tale richiesta era poi stata reiterata e il Consiglio superiore di sanità aveva reso un parere nel settembre del 2015, ove la sezione I del Consiglio aveva proposto che lo studio della definizione dei «cut-off» potesse essere svolto dal gruppo di lavoro sulla «fibromialgia» della stessa sezione I, integrato con ulteriori esperti delle principali e maggiormente rappresentative associazioni dei pazienti, ed aveva auspicato l'attribuzione del codice identificativo di malattia, perché questo avrebbe consentito un'incisiva riduzione di consulenze, esami e prestazioni inappropriate da parte di altre figure professionali, nonché prospettato il riconoscimento di un'esenzione minima di almeno 24 mesi;

   inoltre, sempre nella risposta, il Governo affermava che, poiché il citato parere considerava la fibromialgia come cronica, invalidante solo in alcuni casi, non necessariamente permanente, e che era necessario attendere che fossero definiti i «cut-off» attraverso studi idonei, il Ministero della salute riteneva che non vi erano, al momento, le condizioni per l'inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche allegato al decreto ministeriale n. 329 del 1999;

   i referenti dell'Associazione italiana sindrome fibromialgica (AISF) sono stati ricevuti al Ministero della salute il 6 giugno 2016 per la trattazione dell'argomento «Sindrome Fibromialgica — Riconoscimento Cronicità» e il 13 settembre 2016, mantenendo gli impegni presi, c'è stata la prima convocazione del gruppo di lavoro presso la sezione 1 del Consiglio superiore di sanità, avente ad oggetto l'inserimento della stessa patologia tra le malattie croniche e l'esenzione della partecipazione della spesa sanitaria, ai sensi del decreto-legge n. 124 del 1988, per la fibromialgia –:

   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso assumere iniziative per inserire tale malattia nell'elenco delle malattie croniche di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999, alla luce di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza del 12 gennaio 2017.
(4-17355)

  Risposta. — Come noto, nel nostro Paese la disciplina delle malattie croniche è contenuta nel decreto ministeriale n. 329 del 1999, recante regolamento di individuazione delle malattie croniche e invalidanti ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 1998.
  Un diverso provvedimento, il decreto ministeriale n. 279 del 2001, ha invece istituito la rete nazionale delle malattie rare, per le quali — cioè – è riconosciuto il diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria.
  Nell'esercizio delle proprie prerogative costituzionali, le regioni e le province autonome possono ampliare l'elenco delle prestazioni con diritto all'esenzione, con provvedimenti validi all'interno del loro territorio e soltanto a beneficio dei residenti.
  E così, ad esempio, le province autonome di Trento e Bolzano hanno consentito ai malati di fibromialgia di godere dell'esenzione per patologia e di avere un riconoscimento in sede di determinazione di invalidità civile.
  Alla medesima stregua, la regione Lombardia ha inserito nel piano socio-sanitario regionale 2010-2014 la fibromialgia come malattia degna di attenzione, per la quale viene assunto un impegno formale di studio e approfondimento a favore dei diritti del malato.
  Lo stesso ha fatto la regione Veneto nel piano socio-sanitario 2012-2016.
  Occorre ricordare, altresì, che il riconoscimento di centri di riferimento per le attività di ricerca, cliniche ed assistenziali per la fibromialgia rientra tra le materie di diretta competenza regionale.
  Nonostante tali iniziative intraprese in alcune realtà regionali, occorre tuttavia rimarcare la sussistenza, anche in ragione del principio costituzionale di eguaglianza oltre che in ossequio alla potestà normativa statale in tema di tutela della salute, dell'esclusiva prerogativa del Governo nazionale — e, nel suo seno, del Ministero della salute — ad agire a tutela di tutti i cittadini, soprattutto quando, come nel caso sollevato con il presente atto ispettivo, sia necessario un giudizio che non può prescindere da oggettive valutazioni di rilievo prettamente scientifico.
  Tanto premesso, giova segnalare che in Italia la ricerca scientifica è costantemente impegnata in attività clinica e di base per lo studio dei diversi aspetti concernenti la fibromialgia.
  Negli ultimi tre anni – ad esempio – sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali oltre 100 lavori scientifici a cura di ricercatori italiani, condotti in ambito nazionale ed internazionale.
  Premesso ciò ed entrando nel merito del quesito posto, desidero ricordare che il Consiglio superiore di sanità, al quale il Ministero della salute ha sottoposto, per un parere, la problematica, ha istituito uno specifico gruppo di lavoro, «denominato Progetto Fibromialgia», al fine di definire i «
cut off» della patologia.
  Nella seduta del 14 marzo 2017, la sezione I^ del consiglio ha esaminato il documento prodotto dal gruppo di lavoro, ed ha espresso all'unanimità il parere favorevole al documento «Proposta progettuale per la definizione dei
cut-off della Fibromialgia» con l'allegato «Case Report Form – Studio Fibromialgia».
  In esito ai risultati che saranno conseguiti dalle varie attività di studio e ricerca, l'eventuale inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione al ticket sanitario, potrà essere, dunque, valutato in seno alla commissione nazionale per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e la promozione dell'appropriatezza nel servizio sanitario nazionale, la quale, in tal caso, provvederà ad individuare le prestazioni ricomprese nei livelli essenziali di assistenza, appropriate per il monitoraggio della fibromialgia e la prevenzione degli eventuali aggravamenti.
  Se dunque il percorso appena illustrato costituisce la cornice ordinaria che deve riferirsi ad ogni patologia che si ritiene di poter includere nel novero delle malattie croniche e invalidanti, desidero fornire all'interrogante alcuni recenti elementi informativi che consentono di dimostrare come — anche in ragione dell'impegno assunto dal Governo in sede parlamentare — la fibromialgia costituisca una patologia posta alla particolare attenzione del Ministero della salute.
  Tale circostanza è, difatti, confermata dall'accettazione, da parte del Governo, degli impegni contenuti nel testo unificato delle risoluzioni in tema di «riconoscimento e cura della fibromialgia e suo inserimento tra le malattie invalidanti», approvato dalla XII Commissione della Camera dei deputati nella seduta del 15 novembre 2017.
  È doveroso, pertanto, rammentare come proprio nell'ambito dell'esame di tale atto di indirizzo, il Governo si sia impegnato, in particolare, ad assumere iniziative per includere la sindrome fibromialgica nell'elenco delle malattie croniche che rientrano nei nuovi LEA: ciò — è bene precisare – non solo attraverso il contributo delle valutazioni di competenza della commissione per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ma anche attraverso il confronto con i referenti delle società scientifiche maggiormente riconosciute nello specifico settore medico.
  Parimenti, il Governo si è impegnato, nella medesima sede, ad adottare iniziative, anche per il tramite dell'Istituto superiore della sanità, per individuare criteri oggettivi e omogenei per l'identificazione e la distinzione dei sintomi e delle condizioni cliniche delle persone affette da fibromialgia in base al livello di gravità e invalidità della malattia, ai fini dell'inserimento della sindrome fibromialgica tra le malattie invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa, nonché a considerare l'opportunità di adottare iniziative per pervenire alla definizione di «cronicità» da parte dello specialista reumatologo o algologo, riconfermabile dopo un periodo di 24 mesi.
  Ulteriori iniziative dovranno essere inoltre assunte dal Governo al fine di definire criteri, modelli e indicatori uniformi per individuare, nell'ambito delle migliori esperienze regionali, un PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) in grado di costituire il modello per un eventuale, successivo percorso di standardizzazione su tutto il territorio nazionale nonché al fine di promuovere la sperimentazione di cure integrate della fibromialgia, quali tecniche di gestione dello stress, agopuntura, idroterapia, ozonoterapia e camera iperbarica, integrate con un uso transitorio e sapiente della farmacologia — in tale ultimo ambito ricomprendendosi anche l'utilizzo di farmaci cannabinoidi.
  Infine, con il citato atto di indirizzo il Governo si è impegnato a considerare la fibromialgia quale malattia ad elevato impatto sociale oltre che sanitario e, di conseguenza, ad assumere iniziative per promuovere il ricorso all'istituto del telelavoro, sia nelle forme del lavoro a distanza che del telelavoro domiciliare, quale forma di opportunità e di ausilio per le categorie di lavoratori in situazione di disagio a causa di disabilità psico-fisica causati dalla sindrome fibromialgica e da altre malattie croniche e invalidanti.
  Concludo, pertanto, rassicurando l'interrogante che, anche in ragione dei significativi impegni assunti dal Governo in sede parlamentare, il Ministero della salute proseguirà nel percorso, già intrapreso, di attento esame delle problematiche connesse alla fibromialgia, a complessivo beneficio dei tanti pazienti affetti da tale patologia.

Il Ministro della salute: Beatrice Lorenzin.


   PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Statale «Jonica» 106 ha un'estensione complessiva, da Taranto a Reggio Calabria, di 491 chilometri di cui 39 chilometri nella regione Puglia, 37 chilometri nella regione Basilicata e 415 chilometri nella regione Calabria;

   l'Anas ha già eseguito l'ampliamento a quattro corsie, con spartitraffico centrale (tipo III CNR), per tutto il tratto ricadente nella Regione Puglia (39 chilometri);

   nella regione Basilicata è già stato eseguito l'adeguamento a quattro corsie per tutto il tratto, di cui 32 chilometri al tipo III CNR e 5 chilometri tipo B1 del decreto ministeriale 5 novembre 2001 (variante di Nova Siri);

   nella regione Calabria l'ANAS ha previsto sia interventi di adeguamento e messa in sicurezza della strada statale 106 esistente nei punti di maggiore pericolosità, sia la realizzazione di nuovi tratti in variante a quattro corsie per la realizzazione di un itinerario di lunga percorrenza;

   tratti della nuova strada statale 106 a quattro corsie sono stati già realizzati tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico (CS), al confine con la Basilicata per circa 15 chilometri, mentre ulteriori tratti già ammodernati interessano le zone a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande (frazione di Crotone), 17 chilometri tra lo svincolo di Squillace (CZ) e lo svincolo di Simeri Crichi (CZ) nell'ambito del Megalotto 2 (dove attualmente sono in corso i lavori relativi al prolungamento della strada statale n. 280) ed infine, sul Megalotto n. 1, tra Locri e Marina di Gioiosa Jonica, sono stati ultimati circa 12 chilometri ed aperti al transito 10,5 chilometri;

   la nuova strada statale 106 «Jonica» sarà completamente integrata con l'autostrada Salerno – Reggio Calabria mediante la realizzazione di arterie trasversali di collegamento come la nuova strada statale 182 «Trasversale delle Serre», già; in parte in esecuzione, la strada statale n. 280 «dei Due Mari» e la strada statale 534 tra lo svincolo di Firmo (autostrada A3) e Sibari (Megalotto 4);

   nei giorni scorsi nei tratti catanzaresi della nuova strada statale 106 vi sono stati diversi crolli, che hanno compromesso la viabilità su alcune carreggiate;

   da quanto si apprende da fonti giornalistiche, la Commissione che valutò il progetto inerente la 106 nel verbale n. 8 del 9 dicembre 2004 scrisse, a proposito del progetto Astaldi: «La commissione, esaminato approfonditamente il progetto di variante, ha individuato alcuni aspetti sostanziali dello stesso (eliminazione campate: modifiche delle normative di verifica sismica dei viadotti) che, a parere della commissione incidono in maniera negativa sulla valutazione complessiva delle varianti proposte. La commissione pertanto ritiene opportuno non assegnare alcun punteggio alle proposte di variante, in quanto non riconosce la migliore qualità delle varianti proposte»;

   il progetto, giudicato come sopra dalla commissione valutante, venne comunque aggiudicato;

   sempre secondo fonti giornalistiche, attualmente, Anas spa è stata costretta a riconoscere un aumento degli oneri relativi agli imprevisti alla ditta appaltante per riparare i danni relativi ai crolli fino ad arrivare al doppio dei costi previsti. Il tutto per riparare ai danni causati dal tempo a soli tre anni dall'inaugurazione del nuovo tratto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se non ritenga che l'aumento degli oneri per riparare i danni relativi ai crolli sui tratti stradali catanzaresi descritti nelle premesse potesse essere facilmente evitato considerando che la commissione che valutò il progetto di variante espresse il proprio parere negativo;

   come sia stato possibile il collasso di un'opera di importanza strategica a distanza di soli tre anni dall'inaugurazione.
(4-08810)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società Anas.
  Va premesso che l'opera segnalata dall'interrogante costituisce la variante alla strada statale (SS) 106 Jonica tra le località di Squillace e Simeri Crichi in provincia di Catanzaro, Essa ha un tracciato principale a doppia carreggiata, di lunghezza pari a circa 17,2 chilometri, che rappresenta la vera e propria variante e un tratto di collegamento, ad unica carreggiata, che va dallo svincolo di Germaneto alla SS 280 «dei Due Mari» all'altezza della, galleria San Sinato, per uno sviluppo di 5,2 chilometri.
  Per quanto concerne la questione relativa alla gara di appalto, Anas fa presente che l'aggiudicazione dei lavori è stata effettuata sulla base di numerosi elementi di valutazione (prezzo, valore delle varianti offerte, tempi di esecuzione, entità del prefinanziamento, ecc.), a ciascuno dei quali viene attribuito un punteggio (da un valore minimo ad un valore massimo prefissato) secondo le regole fissate nel bando di gara; dalla somma complessiva dei punteggi attributi a ciascun elemento viene formulata, poi, la graduatoria finale per l'aggiudicazione.
  Anas ha altresì, comunicato che in ogni caso le proposte modificative alle opere presentate in fase di gara, a prescindere dal punteggio ricevuto, vengono nuovamente valutate in sede di redazione e approvazione del progetto esecutivo.
  In merito, poi, ai crolli sui tratti stradali catanzaresi, Anas precisa che dall'inaugurazione dei vari tratti stradali, i più datati risalgono al novembre 2011 (con ultimazione dei lavori risalente a dicembre 2015) non si sono mai verificati fatti significativi da imputare ad una non corretta esecuzione dei lavori eseguiti.
  L'evento segnalato nell'interrogazione in esame, avvenuto nel mese di aprile 2015, ha interessato lo scivolamento di una porzione di coltre vegetale lungo la scarpata di un limitato tratto stradale che non ha generate problemi all'arteria, né condizionato la sicurezza degli utenti della statale in argomento.
  Per completezza di informazione, Anas informa che nei mesi di giugno e di novembre 2017 si sono verificati due eventi che hanno interessato il tratto di SS 106 e più specificamente: il ribaltamento del muro di sostegno della rampa n. 6 dello svincolo di Germaneto e il cedimento del piano viabile della rampa di decelerazione dello svincolo di Borgia in carreggiata nord.
  Al riguardo, Anas è intervenuta tempestivamente con chiusure preventive e cautelative a tutela dell'utenza; in particolare:

   la rampa 6 dello svincolo di Germaneto è stata, infatti, chiusa ed interdetta al transito veicolare a fine maggio 2017, e cioè 30 giorni prima dell'evento che ha interessato il ribaltamento del muro, verificatosi durante le attività propedeutiche ai lavori di ripristino in una fase di cantiere durante la quale il fenomeno era noto ed attentamente monitorato;

   la rampa di decelerazione dello svincolo di Borgia, interessata da un cedimento del rilevato avvenuto il 19 novembre 2017, è stata interdetta al transito nella giornata di venerdì 17 novembre, al manifestarsi dei primi fenomeni di lesioni sulla pavimentazione, con il restringimento della carreggiata in direzione nord e la canalizzazione del traffico veicolare sulla corsia di sorpasso conservando comunque la transitabilità sia della strada statale 106 sia dello svincolo.

  È, opportuno evidenziare che il contraente generale si è immediatamente attivato attraverso opportune verifiche tecniche al fine di individuare le cause del dissesto e precedere al ripristino nel più breve tempo possibile.
  Si fa presente, inoltre, che i lavori di ripristino legati agli eventi citati in precedenza risultano, come da previsioni contrattuali, totalmente a carico del contraente generale in quanto progettista ed esecutore delle opere e, pertanto, non è previsto alcun ulteriore costo a carico di Anas.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 18 e il 19 novembre 2017 si è verificato il cedimento di un pezzo di manto stradale lungo la strada statale 106, cosiddetta jonica, in prossimità dello svincolo per la città di Borgia, in provincia di Catanzaro, che segue di appena cinque mesi il crollo di un muro di sostegno all'altezza dell'uscita di Catanzaro nord verificatosi in giugno, e sul quale la procura ha aperto un'inchiesta;

   il tratto interessato dal crollo è stato inaugurato di recente, una variante costata oltre trentamila euro al metro, finanziata a valere sui fondi Fas e fondi Por, risorse regionali e dell'Anas, che dopo neanche cinque anni sta letteralmente cadendo a pezzi, causando vittime e mettendo a rischio tutti coloro che la percorrono;

   il Codacons già da tempo si era rivolto alla magistratura chiedendo di procedere al sequestro della variante al fine di «accertare la corretta esecuzione dei lavori», e aveva formalmente richiesto al Ministero dei trasporti «di attivarsi per imporre controlli straordinari, finalizzati ad accertare la stabilità dei tratti sopraelevati e garantire la sicurezza delle strade» –:

   se non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, immediate verifiche circa il rispetto delle norme e delle procedure nell'esecuzione dei lavori della variante, eventualmente segnalando i fatti alla magistratura contabile, affinché si possa fare chiarezza in merito all'utilizzo dei fondi pubblici destinati alla realizzazione degli stessi lavori;

   quali iniziative intenda assumere al fine di garantire che la strada statale sia ripristinata nel più breve tempo possibile e nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza;

   in vista del completamento della strada statale 106, in che modo intenda vigilare sui lavori da eseguire e sull'utilizzo delle somme a ciò destinate.
(4-18577)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società Anas.
  L'opera segnalata dall'interrogante costituisce la variante alla strada statale 106 Jonica tra le località di Squillace e Simeri Crichi in provincia di Catanzaro. Essa ha un tracciato principale a doppia carreggiata, di lunghezza pari a circa 17,2 chilometri, che rappresenta la vera e propria variante e un tratto di collegamento, ad unica carreggiata, che va dallo svincolo di Germaneto alla strada statale 280 «dei Due Mari» all'altezza della galleria San Sinato, per uno sviluppo di 5,2 chilometri.
  Gli eventi che hanno interessato il tratto di strada statale 106, citati dall'interrogante, sono quelli verificati nei mesi di giugno e di novembre 2017 e più specificamente: il ribaltamento del muro di sostegno della rampa n. 6 dello svincolo di Germaneto e il cedimento del piano viabile della rampa di decelerazione dello svincolo di Borgia in carreggiata nord.
  Risulta opportuno precisare che dall'inaugurazione dei vari tratti stradali, i più datati risalgono al novembre 2011 (con ultimazione dei lavori risalente a dicembre 2015) non Si sono mai verificati fatti significativi da imputare ad una non corretta esecuzione dei lavori eseguiti. L'evento più recente, prima degli ultimi avvenimenti, è avvenuto nel mese di aprile 2015 e ha interessato lo scivolamento di una porzione di coltre vegetale lungo la scarpata di un limitato tratto stradale che non ha generato problemi all'arteria, né condizionato la sicurezza degli utenti della statale in argomento.
  Nel merito, relativamente ai due fatti più recenti, è da segnalare che Anas è intervenuta tempestivamente, con chiusure preventive e cautelative a tutela, dell'utenza; in particolare:

   la rampa 6 dello svincolo di Germaneto è stata, infatti, chiusa ed interdetta al transito veicolare a fine maggio 2017, e cioè 30 giorni prima dell'evento che ha interessato il ribaltamento del muro, verificatosi durante le attività propedeutiche ai lavori di ripristino in una fase di cantiere durante la quale il fenomeno era noto ed attentamente monitorato;

   la rampa di decelerazione dello svincolo di Borgia, interessata da un cedimento del rilevato avvenuto il 19 novembre 2017, è stata interdetta al transito nella giornata di venerdì 17 novembre, al manifestarsi dei primi fenomeni di lesioni sulla pavimentazione, con il restringimento della carreggiata in direzione nord e la canalizzazione del traffico veicolare sulla corsia di sorpasso conservando comunque la transitabilità sia della strada statale 106 sia dello svincolo.

  È opportuno evidenziare che il contraente generale si è immediatamente attivato attraverso opportune verifiche tecniche al fine di individuare le cause del dissesto e procedere al ripristino nel più breve tempo possibile.
  Si fa presente, inoltre, che i lavori di ripristino legati agli eventi citati in precedenza risultano, come da previsioni contrattuali, totalmente a carico del contraente generale in quanto progettista ed esecutore delle opere e, pertanto, non è previsto alcun ulteriore costo a carico di Anas.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   VACCA, D'UVA, BRESCIA, SIMONE VALENTE e BONAFEDE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 18 novembre 2005, è stato istituito l'Imt (Istituzioni, mercati, tecnologie) Alti Studi, con sede a Lucca. L'Imt è un istituto statale di istruzione universitaria, di ricerca e di alta formazione, con ordinamento speciale, inserito nel sistema universitario italiano;

   la professoressa Maria Luisa Catoni è professore ordinario presso l'Imt di Lucca;

   con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo n. 69 del 3 febbraio 2016 la professoressa Catoni è stata nominata direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo per la durata di 4 anni;

   ai sensi dell'articolo 6, comma 10 della legge del 30 dicembre 2010, n. 240, i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere, previa autorizzazione del rettore, compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza; è opportuno sottolineare che la chiara volontà del legislatore mira ad esigere dal professore a tempo pieno una completa dedizione a quelli che sono i compiti istituzionali;

   ai sensi dell'articolo 53, comma 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal decreto stesso;

   non si conosce, allo stato attuale, se la professoressa Catoni sia in regime di tempo definito, tempo pieno o in aspettativa;

   il compenso lordo che percepisce la professoressa Catoni per la carica di direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo sarebbe pari a 150.000 euro come da delibera n. 2 del 25 novembre 2016 del Consiglio di gestione e l'indennità annua di avvio della scuola sarebbe pari a 30.000 euro –:

   se l'incarico di cui in premessa sia stato conferito con scelta diretta e discrezionale da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e se siano stati considerati altri curriculum di possibili candidati;

   in caso di selezione tra vari curricula, quali siano state le altre posizioni valutate e quali siano stati i criteri di scelta che hanno condotto alla nomina della professoressa Catoni;

   se il Ministro interrogato nel conferire l'incarico direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia verificato preventivamente le eventuali situazioni di incompatibilità, ai sensi della normativa vigente, della professoressa Catoni ed in particolare in virtù del suo ruolo di professore ordinario presso l'Imt di Lucca e, in caso negativo, se intenda assumere iniziative in tal senso;

   se la professoressa Catoni sia in regime a tempo definito, aspettativa o a tempo pieno;

   in caso di riscontrata incompatibilità, quali iniziative di competenza intenda adottare;

   se i Ministri interrogati non intendano avviare specifiche iniziative normative volte a migliorare la disciplina sull'incompatibilità tra la carica di professore universitario e altri incarichi pubblici ed in particolare vietando espressamente il regime a tempo pieno di professore universitario con incarichi parificati a quelli di dirigenti delle pubbliche.
(4-17967)

  Risposta. — Si riscontra l'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante ha chiesto informazioni in merito a ruolo della professoressa Maria Luisa Catoni di direttore della Scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  Con specifico riferimento ai profili relativi alla compatibilità tra il ruolo di direttore della Scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo e quello di docente presso la Scuola Imt alti studi Lucca, settore concorsuale 10/A1-Archeologia, settore scientifico disciplinare L-ANT/07-Archeologia classica, i competenti uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, assunti elementi dalla stessa scuola Imt, hanno rappresentato quanto segue.
  Rileva in materia l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che ha per oggetto la disciplina, applicabile a tutti i dipendenti pubblici, delle incompatibilità, del cumulo degli impieghi nonché degli incarichi.
  La
ratio legis è quella di garantire, da un lato, l'imparzialità, l'efficienza ed il buon andamento della pubblica amministrazione nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, dall'altro, quella di evitare che il pubblico dipendente possa svolgere incarichi ulteriori, che confliggono con il dovere dell'esclusività di cui all'articolo 98 della Costituzione.
  Il potere discrezionale della pubblica amministrazione incontra il limite invalicabile della legge.
  L'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 rinvia all'articolo 60 del T.U. sugli impiegati civili dello Stato ove il legislatore in modo perentorio prescrive che: «L'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro». Dal combinato disposto delle predette norme deriva un regime di incompatibilità assoluta scaturente dall'elenco tassativo delle attività il cui esercizio è precluso ai dipendenti pubblici. Il secondo comma dell'articolo 60 fuga ogni dubbio laddove prescrive: «Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, o che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati».
  La materia delle incompatibilità nell'ambito della docenza universitaria, connotata dal carattere della specialità rispetto alla disciplina del pubblico impiego, è regolamentata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 e dalla legge n. 240 del 2010. Nell'ambito del perimetro tracciato da tali norme, le università hanno diritto di darsi ordinamenti autonomi, così come previsto dall'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione.
  Più in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, all'articolo 11, disciplina il regime di impegno dei professori ordinari. La norma in parola prescrive che, mentre il regime di impegno a tempo definito «...
b) è compatibile con lo svolgimento di attività professionali e di attività di consulenza anche continuativa esterne e con l'assunzione di incarichi ma è incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria...» (articolo 11, comma 4, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980), il regime a tempo pieno: «... a) è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività professionale e di consulenza esterna e con la assunzione di qualsiasi incarico retribuito e con l'esercizio del commercio e dell'industria; sono fatte salve le perizie giudiziarie e la partecipazione ad organi di consulenza tecnico scientifica dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli enti di ricerca, nonché le attività, comunque svolte, per conto di amministrazioni dello Stato, enti pubblici e organismi a prevalente partecipazione statale purché prestate in quanto esperti nel proprio campo disciplinare e compatibilmente con l'assolvimento dei propri compiti istituzionali; ...» (articolo 11, comma 5, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980).
  Il legislatore del 2010 è poi intervenuto nella materia disciplinata dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 con due disposizioni: l'articolo 6, comma 10, 2° periodo, della legge n. 240 del 2010, ai sensi del quale: «I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza.»; l'articolo 6, comma 12, della legge n. 240 del 2010, ai sensi del quale: «I professori ed i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività libero professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all'ateneo di appartenenza».
  Da tale quadro normativo risulta quindi che la disciplina dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che riguarda in generale tutti i pubblici dipendenti, riconosce al comma 7 la specificità dei professori universitari, anche perché il riferimento a tale categoria sussisteva già prima della legge n. 240 del 2010 (parere del Consiglio di Stato n. 4789/2013 – allegato 7), mentre la legge 240 del 2010 non può ritenersi abbia abrogato tutta la disciplina speciale del tempo pieno riguardante ricercatori e professori universitari.
  Conseguentemente i docenti a tempo pieno possono svolgere, previa autorizzazione, funzioni didattiche, di ricerca, compiti istituzionali e gestionali rientranti tra quelli di cui all'articolo 11, comma 4, lettera
a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 a condizione che tali attività non costituiscano impedimento ai compiti didattici e di ricerca affidati dall'ateneo di appartenenza.
  La salvaguardia dell'interesse dell'Amministrazione e, quindi, la compatibilità della coesistenza dei due ruoli (di docente universitario a tempo pieno e di direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo istituita dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nel caso di specie risulta essere stata valutata positivamente dall'Ateneo che, in data 29 febbraio del 2016, autorizzava la professoressa Catoni a svolgere il predetto incarico esterno di Direttore con decorrenza 1o marzo 2016.
  In data 26 maggio 2017, con l'intensificarsi delle attività svolte presso la Scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo, la professoressa Catoni inviava lettera al direttore della Scuola Imt, in cui comunicava di optare per il regime di impegno a tempo definito con decorrenza immediata.
  Con comunicazione del 31 maggio 2017, il direttore della Scuola Imt rispondeva alla lettera della professoressa Catoni relativa alla richiesta di passaggio a regime di tempo definito manifestando la necessità di differire, almeno di alcuni mesi, la suddetta e pertanto, con decreto del direttore del 29 agosto 2017, collocava l'interessata in regime di tempo definito a decorrere dal giorno 1° settembre 2017 mantenendo la stessa invariato il carico didattico, seminariale e di supervisione degli allievi.
  Secondo, quindi, quanto rappresentato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'incarico assunto dalla professoressa Catoni:

   1) non richiede il collocamento in aspettativa obbligatoria in quanto l'incarico in questione non rientra tra le ipotesi tassativamente previste dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 che, anzi, al comma 10 espressamente esclude dal collocamento in aspettativa a fronte di cariche comunque direttive di enti a carattere prevalentemente culturale o scientifico;

   2) va valutata in concreto e con attenzione da parte dell'università la compatibilità dell'incarico con il regime del tempo pieno, visto che l'Imt ha ritenuto originariamente tale incarico compatibile con il tempo pieno, salvo poi in un secondo momento mettere la docente (su richiesta della stessa) a tempo definito e considerati i compiti suddetti attribuiti al direttore della scuola;

   3) anche sotto il profilo del rispetto dei limiti complessivi al trattamento economico previsti dall'ordinamento (in particolare l'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011), verificati gli importi annui lordi previsti per l'incarico di direttore della scuola e la retribuzione annua quale professore di I fascia, gli stessi risultano rispettati.

  Con riferimento alle altre questioni poste nell'interrogazione, si rappresenta che la professoressa Catoni, come noto, è internazionalmente riconosciuta sia nel campo dell'archeologia classica sia come uno dei massimi esperti di organizzazione e valutazione della formazione e della ricerca nel campo del patrimonio culturale, come evidenzia il suo curriculum, pubblicato sul sito del Ministero dei beni culturali e del turismo e su numerosi altri siti. È stata, tra l'altro, Fellow del Wissenschaftskolleg di Berlino, Experienced Researcher Grantee della Humboldt Stiftung, Grantee della Volkswagen Stiftung e Senior Fellow dell'Italian Academy at Columbia University a New York.
  Come esperta di organizzazione e valutazione della formazione e della ricerca nel campo della cultura e del patrimonio culturale ha ricevuto incarichi istituzionali volti a istituire, progettare o valutare programmi formativi e/o di ricerca altamente innovativi sia in Italia, sia all'estero su incarico del
Ministère de l'Education Nationale in Francia, del Bundesministerium für Bildung und Forschung in Germania e dell’European Research Council in Belgio, sempre autorizzati da Imt.
  Ha ricevuto inviti in ambito internazionale a partecipare a importanti gruppi di lavoro dedicati alla definizione del curriculum del XXI secolo e alla formazione delle competenze necessarie nel futuro nel campo della ricerca e della cultura.
  Tra gli incarichi svolti si segnalano, inoltre, la carica di membro nel 2011 e di Presidente dal 2013 al 2017 della Commissione internazionale di valutazione
Cultures and Cultural Production presso European Research Council; la carica di Presidente, nel 2014, della Commissione internazionale di valutazione dell’Institut Universitaire de France; la carica di membro, dal 2014, della Commissione internazionale di valutazione «Bilderfahrzeuge: Warburg's Legacy and the Future of Iconology».
  Proprio in virtù delle capacità ed esperienze acquisite, anche al livello internazionale, la professoressa Catoni è stata incaricata dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, in ragione delle sue comprovate esperienze, di fondare e impostare la scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo. D'altra parte, lo statuto della scuola, approvato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'11 dicembre 2015, prevede che il direttore sia scelto «tra i professori universitari, in ruolo o fuori ruolo, attivi nella ricerca, con riconosciuta qualificazione scientifica a livello internazionale e con significativa esperienza internazionale di organizzazione e valutazione della ricerca e della formazione negli ambiti di competenza del Ministero, ovvero tra esperti di elevata e comprovata qualificazione, con esperienze internazionali di gestione di istituzioni o imprese nei settori di competenza del Ministero».
  Il profilo della professoressa Catoni, come evidenziato, rappresenta un
unicum nel panorama scientifico italiano in materia di formazione nel settore del patrimonio culturale, sicché rientra pienamente in quanto previsto dallo statuto della fondazione.
  Si segnala, peraltro, che la professoressa Catoni, dopo la nomina, ha prestato per lungo tempo la propria opera in favore della Scuola a titolo totalmente gratuito.
  Il compenso è in linea con le responsabilità e il livello della posizione ricoperta, analogamente a quanto avviene in altri istituti di formazione e centri di eccellenza. Esso è stato stabilito in ragione della chiara fama della professoressa Catoni e dell'esperienza da lei maturata in ambito internazionale e messa al servizio di una «
start-up» di particolare complessità. Peraltro, il compenso erogato rientra nei limiti di legge richiamati anche dallo statuto, con riferimento alla retribuzione tanto a carico della Scuola, quanto da parte di pubbliche amministrazioni.
  In conclusione, quello della professoressa Catoni è un chiaro esempio della proficua e tradizionalmente frequente interazione tra mondo accademico e istituzioni, svolta nel pieno rispetto della legge, a beneficio dell'interesse pubblico e, in questo specifico caso, per favorire l'occupazione giovanile e dare al Paese un ruolo di
leadership, al livello internazionale, nel campo della formazione, della ricerca e della gestione nel settore del patrimonio culturale e del turismo, anche mettendo a frutto le preziose competenze presenti all'interno dell'amministrazione pubblica in questo settore.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.