Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 22 dicembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    attualmente, nella maggior parte dei Paesi europei, le risposte fornite dalle autorità pubbliche alla questione della dipendenza (a prescindere dalla sua causa: disabilità, malattia, età, incidenti e altro) sono insufficienti o mancano del tutto. Di conseguenza, molti familiari, in particolar modo le donne, devono ovviare a questa mancanza. Le solidarietà familiari non possono in nessun caso esonerare lo Stato o le autorità pubbliche dal loro dovere di fornire adeguatamente l'aiuto necessario per la vita delle persone che dipendono da altri per compiere gli atti della vita quotidiana. Il riconoscimento e il sostegno dei familiari che si prendono cura di una persona della famiglia non autosufficiente permetterebbero di mantenere e/o di migliorare la qualità di vita sia degli assistenti che delle persone assistite;

    tramite questo riconoscimento si potrebbe preservare la qualità di vita delle famiglie stesse: tutelare la salute fisica e psichica dei familiari assistenti, mantenere i legami familiari normali tra genitori e figli e all'interno della coppia, prevenire l'insorgere di un impoverimento finanziario, permettere la conciliazione della vita professionale/vita familiare e mantenere i diritti di ognuno dei suoi membri;

    pur ricordando che in Italia, analogamente a quanto succede in altri Paesi c'è un aumento degli aiuti per le persone dipendenti (alloggio, mobilità, educazione e formazione, occupazione, risorse, servizi adeguati, e altri), sembra che i familiari assistenti che offrono la loro disponibilità (a volte obbligata) e un aiuto gratuito, dovrebbero imperativamente ottenere il riconoscimento della loro attività tramite un certo numero di diritti. Questi diritti devono, inoltre, permettere ai familiari assistenti di fare una scelta consapevole, ovvero se diventare o meno aiutante, in accordo con la persona aiutata. Il familiare assistente è quindi l'uomo o la donna che, a titolo non professionale, per difetto o per scelta, viene in aiuto ad una persona dipendente che vive nel proprio ambiente;

    il familiare assistente è una persona, non professionista, che aiuta in via principale e continua un congiunto malato cronico e/o disabile, non autosufficiente, dipendente dai familiari negli atti della vita quotidiana per numerosi anni, se non per tutta la sua vita. Questo aiuto può essere fornito in modo più o meno continuo e può assumere varie forme e ricalca analoghe prestazioni offerte da professionisti specializzati, che vanno da un'assistenza di tipo infermieristico ad attività di tipo educativo, dalle pratiche amministrative alle attività domestiche, dall'azione di vigilanza al sostegno psicologico e altro. Numerose ricerche e studi sul territorio hanno già evidenziato la solitudine e l'abbandono in cui vivono i familiari assistenti e spesso anche tutta la famiglia;

    la distinzione fondamentale, rispetto ad altre figure che si prendono cura delle persone con grave disabilità, è intrinsecamente legata al carattere di familiarità: si tratta di un familiare, liberamente scelto tra i diversi membri che compongono una famiglia, che deve altrettanto liberamente accettare questo ruolo, senza che si crei una sorta di obbligatorietà, anche se il senso di responsabilità legato al ruolo familiare che ricopre potrebbe esercitare una pressione non indifferente;

    la persona disabile e/o non autosufficiente deve sempre avere la possibilità di scegliere il suo familiare assistente non professionista all'interno della sua famiglia o del suo ambiente. Se non è in grado di esprimere questa scelta, occorre fare di tutto affinché la sua volontà sia rispettata. Reciprocamente, il familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente deve poter scegliere di svolgere il suo ruolo di aiuto a tempo pieno o parziale, conciliando eventualmente questo ruolo con un'attività professionale. Questa scelta deve essere libera e consapevole, e deve poter essere rivista in ogni momento;

    è venuto dunque il momento che le istituzioni prendano in considerazione le buone prassi esistenti in Europa nei confronti delle persone con disabilità e dei loro familiari. Considerando poi la crisi economica, tuttora in atto in Italia come in Europa, si ritiene che si debba porre l'attenzione sui bisogni dei familiari assistenti, per garantire il diritto, in particolare alle donne, di lavorare e mantenere il posto di lavoro per consentire una migliore qualità di vita alla persona non autosufficiente. È necessario garantire i diritti dei familiari assistenti, di prevenirne la povertà, l'esclusione, la solitudine e lo stress, anche per migliorare la qualità della vita della persona assistita e di tutta la famiglia;

    la posizione di familiare che si prende cura di un familiare deve essere riconosciuta e tenuta in considerazione come tale in tutte le politiche sanitarie e di protezione sociale. Questo riconoscimento sociale deve «ufficializzare» il ruolo del familiare assistente. Il familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente ha diritto a delle infrastrutture di cura ed a varie reti di sostegno morale e psicologico su cui appoggiarsi;

    i familiari assistenti non sono operatori socio-assistenziali, badanti e neppure volontari; sono prima di tutto ed essenzialmente familiari della persona che assistono. In tutta Europa sono per l'83 per cento donne, che aiutano e curano in silenzio qualcuno che è parte integrante della famiglia. Un figlio, un fratello, un genitore, comunque un parente stretto, senza che ci sia un vincolo lavorativo, ma solo l'intensità dei rapporti affettivi che caratterizzano la vita di famiglia. Il loro lavoro non è attualmente riconosciuto, ma occorre tener presente che i familiari assistenti non sono indistruttibili, spesso sono stanchi, malati, e la loro speranza di vita è ridotta. Non hanno orario, si prendono cura del congiunto senza tregua e in mille modi diversi: lavori domestici, cure, sostegno morale, psicologico, sociale, per dare a tutti, e non solo alla persona assistita, una migliore qualità di vita;

    queste persone chiedono una risposta sociale adeguata che possa costituire un aiuto concreto; anche se non ridurrà mai l'impatto familiare della disabilità, potrà sempre contribuire a sostenere nel familiare assistente una visione positiva, che lo faccia sentire parte di una famiglia sociale più allargata, in cui è sempre possibile trovare solidarietà e aiuti specifici. Si chiede per il familiare assistente quello che ognuno vorrebbe trovare per sé stesso se si trovasse in una situazione analoga, anche perché, pensando all'invecchiamento e alle difficoltà dei grandi anziani, è molto probabile che prima o poi chiunque si dovrà confrontare con un'analoga problematica di cura;

    oggi, per citare qualche dato, si valuta che l'80 per cento delle ore di presa in carico delle persone non autosufficienti venga erogato gratuitamente da un familiare. Queste ore trascorse per la cura di un congiunto non possono essere dedicate al lavoro remunerato, all'inclusione sociale e al diritto alla previdenza sociale. Appare dunque necessario far cambiare urgentemente le mentalità e riflettere sui problemi dell'isolamento, della solitudine e della povertà alla quale vanno incontro i familiari assistenti;

    si chiede il riconoscimento del lavoro di cura dei familiari assistenti, perché, da un lato, ciò permetterebbe di migliorare la qualità di vita della persona assistita e, dall'altro, consentirebbe di preservare la qualità di vita di tutta la famiglia, in particolare consentirebbe:

     di tutelare la salute fisica e psichica dei familiari assistenti;

     di mantenere i legami familiari normali tra genitori e figli e all'interno della coppia;

     di prevenire l'impoverimento economico e l'isolamento;

     di favorire la conciliazione «vita familiare/vita professionale»;

     di salvaguardare i diritti di ognuno dei suoi membri;

    il familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente deve, nell'ambito delle sue prestazioni assistenziali, beneficiare dei diritti sociali e dei mezzi per accompagnare la persona disabile e/o non autosufficiente in qualsiasi attività della vita sociale. Deve beneficiare di pari opportunità in materia di occupazione e lavoro, con riferimento a organizzazione dei tempi di lavoro, congedi e ferie, misure per un reinserimento nel lavoro, mantenimento dei regimi di protezione sanitaria e sociale; accessibilità universale, con riferimento a trasporti, alloggio, cultura, struttura d'inquadramento, comunicazione e altro, anche mediante un'integrazione economica; pensione, tramite riconoscimento del suo status di familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente; convalida delle acquisizioni, tramite il riconoscimento della sua esperienza nella funzione di aiuto;

    analogamente a quanto accade in Europa, è più che mai urgente il riconoscimento giuridico del lavoro di cura del familiare assistente, come definito dalla Carta europea del familiare assistente, redatta nel 2007 dalla Coface, la Confederazione delle organizzazioni di famiglie con persone disabili dell'Unione europea, con sede a Bruxelles. Questa Carta ha come obiettivo non solo il riconoscimento dei diritti dei familiari che si prendono cura di un familiare non autosufficiente, ma intende anche dar loro una visibilità sociale in questo aiuto che forniscono spesso a scapito della loro vita personale, familiare e/o professionale. La finalità della Carta è quella di ottenere che i familiari che si prendono cura di un familiare non autosufficiente abbiano gli stessi diritti e le stesse opportunità di qualsiasi altro cittadino. Il documento è in fase di attuazione in molti Paesi europei. Il 25 novembre 2011 è stata presentata la Raccomandazione in favore del riconoscimento giuridico del lavoro di cura del familiare assistente. Il 26 giugno 2017 a Bruxelles, presso il Parlamento europeo, si è tenuta una conferenza organizzata dalla Coface sul tema Conciliazione, lavoro e presa in carico familiare: una sfida per i familiari assistenti in Europa. Obiettivo dell'evento è stato sostanzialmente quello di dare visibilità a tutte le persone che nell'ombra eseguono in silenzio il lavoro di assistenza, mettendo spesso in pericolo la propria stessa salute e la vita personale;

    a Bruxelles Coface e Unapei – Federazione di associazioni francesi che rappresentano e tutelano le persone con disabilità intellettiva e i loro familiari — hanno presentato i risultati del progetto Grundtvig, denominato «L'autovalutazione dei bisogni espressi dai familiari assistenti: un punto di partenza per ottenere degli aiuti». Successivamente è stata consegnata a Marian Harkin, europarlamentare presidente del gruppo sui familiari assistenti, una raccomandazione redatta congiuntamente dai partner del progetto Grundtvig. «In particolare – spiega Anna Maria Comito, presidente di Co.Fa.As. “Clelia” – con questa conferenza si è voluto incoraggiare e stimolare la messa in atto di politiche globali, chiedendo agli Stati membri di non operare tagli sui fondi dedicati all'assistenza, perché sono deleteri per la qualità della presa in carico e della vita delle persone non autosufficienti. Si è chiesto invece di investire nella creazione di strutture e di servizi di prossimità di qualità che permetterebbero alle famiglie una reale scelta per conciliare la vita professionale e quella familiare»;

    alcune battaglie sul riconoscimento giuridico della figura del familiare assistente sono state condotte con fermezza da molti anni e si sono tradotte nella proposta e nella conseguente approvazione dell'articolo 33 della legge n. 104 del 1992 (tre giorni di permessi mensili pagati e l'avvicinamento del posto di lavoro al domicilio) e dell'articolo 80 della legge n. 388 del 2000, sul diritto di usufruire di due anni di prepensionamento o di congedi frazionati. È stato questo il primo passo verso l'obiettivo del riconoscimento giuridico del lavoro di cura del familiare assistente;

    nella XVII legislatura anche la legge del «Dopo di noi» ha posto con chiarezza il problema, ma il focus della legge resta la persona con grave disabilità e prende le mosse proprio dalla scomparsa di chi possa prendersi cura di lui, magari dopo averlo fatto per anni;

    in questo momento sono questi gli obiettivi che si intendono promuovere a tutti i livelli:

     rafforzamento della visibilità del ruolo dei familiari assistenti;

     sensibilizzazione delle istituzioni, particolarmente di quelle con funzioni legislative, sindacali e governative, nei confronti del lavoro di cura;

     messa in atto di misure di supporto (sociali, economiche, giuridiche e sanitarie), volte a migliorare la qualità di vita del familiare assistente e della persona assistita;

     sviluppo di reti di servizi di sollievo, di informazioni, formazione e sostegno, al familiare assistente e al suo entourage;

     attuazione dei dieci punti contenuti nella Carta europea redatta da Coface-Handicap;

     sensibilizzazione e formazione degli operatori sui bisogni reali dei familiari assistenti;

     difesa degli interessi dei familiari assistenti nel settore dell'occupazione, del mantenimento del posto di lavoro (part-time, flessibilità), della protezione sociale del prepensionamento, del riconoscimento del lavoro di cura come crediti formativi e altro;

     attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie;

    la persona non autosufficiente e il familiare sono i primi esperti dei loro bisogni e delle risposte adatte a soddisfarli; devono obbligatoriamente intervenire alle procedure di valutazione personalmente o farsi rappresentare da una persona delegata da loro. La valutazione deve essere continua e coinvolgere sia l'assistito che il suo assistente familiare, oltre alle autorità pubbliche: valutazione dei bisogni sia della persona aiutata, che della persona che aiuta; valutazione dei servizi resi a scadenza regolare e/o su richiesta; spetta inoltre alle autorità pubbliche sorvegliare il corretto adempimento e la qualità dell'accompagnamento della persona aiutata, e formulare le necessarie raccomandazioni,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per riconoscere e valorizzare la figura dell'assistente familiare come figura essenziale del processo di cura che coinvolge le persone con grave disabilità, qualsiasi sia il tipo di disabilità e qualsiasi sia la sua origine;

2) ad adottare iniziative per dichiarare il carattere usurante del lavoro di cura continuativo nell'ambito familiare;

3) a valutare l'assunzione di iniziative per tener conto anche ai fini pensionistici, del carattere usurante del lavoro di assistenza e cura, permettendo alla figura dell'assistente familiare di ridurre gli anni necessari a conseguire la pensione in rapporto all'intensità delle cure richieste dalla oggettiva condizione del familiare malato;

4) ad adottare iniziative per facilitare la creazione di unità di appoggio alla famiglia in modo che la persona assistita possa essere accolta, sia pure per brevi periodi, in case famiglia, residenze sanitarie assistenziali, in centri di lungodegenza, e altre strutture che possono offrire un costante e sistematico aiuto sul piano formativo e psicologico agli assistenti familiari.
(1-01780) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la plusdotazione (giftedness) è una caratteristica individuale che, secondo la letteratura scientifica, si manifesta in circa il 5 per cento della popolazione (un individuo ogni 20). Il termine è usato per definire le persone che manifestano o posseggono il potenziale per mostrare un livello eccezionale di performance, se confrontate con i loro pari, in una o più delle seguenti aree: abilità generale intellettiva, specifica attitudine scolastica, pensiero creativo, leadership, arti visive e dello spettacolo, abilità motoria (Pfeiffer2013; Worrel & Erwin 2011);

    secondo consolidati parametri di valutazione, il valore del quoziente intellettivo medio della popolazione è 100. Sotto il valore 85 si collocano le persone con deficit, tra il valore 120 e 129 si collocano gli individui ad alto potenziale cognitivo (APC), sopra il valore 130 e oltre si collocano le persone plusdotate (gifted);

    considerate le capacità e tenuto conto del potenziale che le persone gifted possono esprimere nei più svariati campi, la pludsdotazione è una caratteristica peculiare che può rappresentare una risorsa per l'individuo e per tutta la società;

    fin dalla tenera età, i bambini plusdotati sono estremamente curiosi, discutono i dettagli, manipolano le informazioni e manifestano pareri e sentimenti molto forti. Spesso faticano a socializzare con il gruppo dei loro coetanei, mentre con gli adulti si rapportano alla pari e con i più piccoli si relazionano in maniera responsabile e protettiva. Nonostante siano dotati di capacità al di sopra della media, è dimostrato che spesso si adattano a un livello di rendimento diverso dal proprio, ottenendo risultati scolastici molto al di sotto delle loro potenzialità;

   è proprio a scuola che questi bambini molto spesso non vengono riconosciuti per le loro potenzialità cognitive e vengono invece segnalati per il loro comportamento particolare: manifestano infatti irrequietezza, opposizione all'adulto, non adesione alle regole del contesto scolastico e vengono spesso diagnosticati in maniera errata come affetti da Adhd spettro autistico, dislessia e altro;

    le conseguenze della mancata individuazione dei bambini gifted possono annoverare sottorendimento e abbandono scolastico, perdita di autostima, atti di bullismo, isolamento sociale e, in alcuni casi, rischio di abuso di sostanze che danno dipendenza, con un grande costo in termini di ricaduta sociale e di spreco di capitale umano, la cui valorizzazione è, invece, una delle priorità sociali, ancorché economica dello Stato;

    il motivo per cui la plusdotazione molto spesso fatica ad essere individuata, capita, accettata, valorizzata all'interno della società è la quasi totale mancanza di conoscenza del tema ed un profondo gap culturale tuttora presente;

    in Italia manca una normativa quadro che affronti compiutamente la tematica della plusdotazione, mentre a livello europeo ed internazionale la giftedness è stata oggetto di studi ed approfondimenti scientifici di livello, arrivando anche ad essere oggetto di documenti ufficiali ed istituzionali, tra i quali possono essere citati i più significativi:

     1) nel 1994, la raccomandazione n. 1248 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa relativa all'educazione dei bambini plusdotati ha sottolineato la necessità di sviluppare il loro potenziale intellettivo attraverso strumenti e condizioni di insegnamento particolari. Secondo tale raccomandazione, i bambini gifted dovrebbero poter beneficiare di condizioni adeguate di insegnamento, capaci di sviluppare completamente le loro potenzialità, nel loro interesse e nell'interesse della società. Nessun Paese può permettersi di «sprecare» dei talenti, poiché sarebbe uno spreco di risorse umane non identificare in tempo delle potenzialità intellettuali o di altra natura, per le quali sono necessari strumenti adeguati;

     2) nel 2005, una ricerca intitolata «Gifted Education in 21 European Countries: Inyeatory. and Perspective», curata dal professor Franz J. Monks della Radbound University di Nimega (Paesi Bassi) su incarico del Ministero dell'educazione e della ricerca della Germania, passa in rassegna le modalità educative specificamente riferite agli studenti gifted messe in atto da 21 Paesi dell'Unione europea. Per quanto riguarda l'Italia, ciò che emerge è che la plusdotazione viene sostanzialmente ignorata all'interno del sistema scolastico nazionale;

     3) nel 2006, uno studio comparativo condotto da Eurydice, la rete di informazione sull'istruzione in Europa, a proposito delle misure educative a favore dell'alto potenziale nei vari Paesi europei dal titolo «Specific Educational Measures to Promote all Forms of Giftedness at Schoolin Europe», riscontra che quasi tutti gli Stati membri hanno dato riconoscimento a questa tematica e adottato certificazioni e pratiche volte alla corretta e supportiva formazione scolastica dei soggetti APC e plusdotati (per la Francia, ad esempio si veda Circulaire n. 2007-158 du 17 octobre 2007, Circulaire n. 2009-168 du 12 novembre 2009), mentre nel contesto scolastico italiano, i bisogni dei soggetti plusdotati non vengono inclusi in percorsi di supporto specifici;

     4) nel 2013, il Comitato economico e sociale europeo (Cese) ha espresso un parere (2013/C 76/01) sul tema «Liberare il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità intellettive nell'Unione europea», raccomandando che la Commissione europea e gli Stati membri «adottino misure adeguate che favoriscano l'attenzione a tutti i tipi di diversità, compresi programmi intesi a valorizzare il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità, in modo da liberare tale potenziale nei contesti più vari. Gli obiettivi di una simile azione sarebbero fra l'altro promuovere l'occupazione e l'occupabilità all'interno dell'Unione europea e, in un contesto di crisi economica, potenziare la valorizzazione delle conoscenze specializzate ed evitare l'emigrazione delle persone a elevate capacità verso altre zone del mondo»;

     5) in data 22 giugno 2016, è stata presentata al Parlamento europeo la petizione n. 0733/2016 sull'individuazione e sulla valorizzazione dei giovani talenti con l'adozione di provvedimenti giuridici a tutela dei bambini dotati. Tali misure dovrebbero affrontare: l'individuazione dei bambini di talento, con l'ausilio di criteri di classificazione, la creazione di programmi formativi studiati per i bambini dotati con la possibilità di percorsi più veloci e corsi di formazione per gli insegnanti che lavorano con questi bambini;

    sempre a livello internazionale, esistono due principali network che si occupano di giftedness: World Council for Gifted and Talented Children (WCGTC), la cui mission, da più di 40 anni, e focalizzare l'attenzione sui bambini e ragazzi plusdotati e garantire la realizzazione del loro prezioso potenziale per il loro benessere e a beneficio di tutta la società; European Council for High Ability (ECHA), organizzazione non governativa nata nel 1988 che gode dello status consultivo presso il Consiglio d'Europa e il cui obiettivo principale è promuovere lo studio e lo sviluppo del potenziale delle persone con alte capacità, la condivisione di nuove scoperte in ambito scientifico, di esperienze concrete e buone pratiche educative in merito alla tematica della plusdotazione;

    per quanto riguarda la situazione italiana, negli ultimi anni si sono registrati alcuni segnali di attenzione ed interesse nei confronti della tematica della plusdotazione, particolarmente nel contesto scolastico, stimolati soprattutto dall'intenso impegno di alcune associazioni di riferimento che hanno raccolto i bisogni delle famiglie e dei bambini/ragazzi plusdotati:

     1) nel corso del 2013 del 2014, la VII Commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati ha svolto un'indagine conoscitiva in merito alle strategie per contrastare a dispersione scolastica, raccogliendo numerose testimonianze ed esperienze. Nel documento conclusivo dell'indagine, votato dalla Commissione in data 21 ottobre 2014, si legge che «I fenomeni di dispersione scolastica non riguardano però unicamente i ragazzi che presentano un livello di competenze insufficiente. Vi è anche un fenomeno opposto, forse meno visibile, ma anch'esso importante, quello degli iperdotati. Alcuni degli studenti che abbandonano la scuola, in realtà, andavano benissimo a scuola. [...] Nella scuola superiore si trovano senza strategie di studio o sfide cognitive adeguate alle loro capacità e aspettative»;

     2) con l'approvazione della legge del 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», viene sancito che l'obiettivo primario dell'autonomia scolastica deve essere quello di «innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento, per contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, per prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, [...] per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini» (articolo 1, comma 1). In questo senso, il riconoscimento della «valorizzazione del merito scolastico e dei talenti» (articolo 1, comma 29) diventa elemento cardine per approcciare gli studenti plusdotati;

    a scuola, i bambini plusdotati si differenziano dai pari anagrafici perché imparano più velocemente, precocemente e soprattutto in maniera qualitativamente differente. Individuando e accogliendo le peculiarità cognitive degli studenti plusdotati in un percorso di vera inclusione in classe basata sulla didattica di potenziamento e arricchimento, molti percorsi che potrebbero divenire deviati o devianti si possono orientare in una maniera positiva e proficua per l'individuo e la società;

    all'interno del progetto didattico inclusivo, la diversità che ogni alunno porta deve diventare una risorsa a disposizione del gruppo classe, ma allo stesso tempo deve essere riconosciuta e sostenuta nelle potenzialità e nei bisogni: il riconoscimento della plusdotazione è importante prima di tutto per dare autostima ai bambini e ragazzi gifted e, nell'ambito scolastico, per poter attivare i percorsi didattici necessari (così come previsto per altri studenti con caratteristiche particolari) come una buona pratica educativa, contemplata nei programmi, e non come qualcosa di eccezionale,

impegna il Governo:

   a coinvolgere l'Indire in una ricerca sulla didattica per plusdotazione e alto potenziale, con la partecipazione degli istituti scolastici nei quali sono già segnalati studenti con tali caratteristiche cognitive;

   a integrare il piano nazionale per la formazione in servizio dei docenti e dei dirigenti, scolastici promosso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con linee ed attività riguardanti la tematica della plus dotazione, al fine di formare insegnanti e dirigenti alla gestione della relazione educativa con gli studenti gifted e supportare e sostenere il lavoro educativo e pedagogico sul potenziale in un'ottica di inclusione e riconoscimento della persona;

   ad assumere iniziative per prevedere un aggiornamento dei piani di studio sia dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria (classe di laurea LM-85bis) e scienze dell'educazione (classe di laurea) L-19), sia del «percorso FIT» (istituito ai sensi del decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 59, recante «Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione»), assicurando ai futuri insegnanti ed educatori quantomeno un primo approccio scientifico alla tematica della plusdotazione;

   ad adottare iniziative per dare la possibilità agli studenti ad alto potenziale cognitivo e plusdotati di accedere alle classi successive alla prima della scuola primaria in base al raggiungimento dei saperi e delle abilità, dunque del livello di competenze, previsti dai piani formativi degli istituti scolastici per la classe nella quale si chiede l'inclusione (senza tenere conto del vincolo dell'età);

   ad adottare iniziative volte a demanadare ai dirigenti scolastici:

    a) l'individuazione di un referente di istituto per la plusdotazione che sia formato per il ruolo che ricopre, che individui e segnali gli allievi con probabilità di e plusdotazione e che collabori con gli specialisti clinici, se necessario, e con gli insegnanti di classe dello studente certificato o ritenuto nella condizione di poterlo essere;

    b) la predisposizione di percorsi di potenziamento curricolare anche verticale per i soggetti certificati ad alto potenziale cognitivo o plusdotati facendo sì che questi percorsi vengano riconosciuti dalla certificazione del raggiungimento della competenza;

    c) la compattazione del curricolo didattico per lo studente certificato al fine di orientare quest'ultimo all'accesso alla classe adatta al livello cognitivo e di competenza dello studente stesso, in accordo con la famiglia e, se necessario, con gli specialisti clinici.
(7-01424) «Narduolo, Rampi, Carocci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'articolo 75 della Costituzione riconosce a tutti i cittadini il diritto di promuovere referendum abrogativi, raccogliendo 500 mila firme e la legge n. 352 del 1970 ne disciplina la procedura, prevedendo tra l'altro un periodo di tre mesi per la raccolta e l'onere di autenticare le sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale;

   per nessuna delle categorie di pubblici ufficiali autorizzate ad autenticare le firme (ovvero amministratori locali, notai, cancellieri dei tribunali, segretari comunali, giudici di pace) è previsto l'obbligo di mettersi a disposizione dei comitati promotori, e di norma gli amministratori locali si rendono disponibili solo per le iniziative del proprio partito, mentre gli altri pubblici ufficiali raramente sono disponibili e, in caso, si fanno pagare un rimborso spese tra le 20 e le 25 euro l'ora;

   le recenti modifiche alla legge elettorale hanno introdotto, esclusivamente per le elezioni politiche, una sperimentazione di raccolta firme per via telematica e l'estensione agli avvocati cassazionisti della facoltà di autentica;

   il principio dell'autenticazione tramite pubblico ufficiale delle sottoscrizioni non mette al riparo da ipotesi di falsificazione delle firme e inquinamento della regolarità delle stesse competizioni elettorali, come avvenuto di recente in Lombardia, in Piemonte e in tante altre città; anzi, l'effetto per cui la firma autenticata fa fede fino a querela di falso rischia di avere un effetto criminogeno, in quanto garantisce che l'eventuale falso non possa essere contestato in tempo utile per impedire la validità delle firme raccolte;

   a causa di questi ostacoli, non esistenti in alcun altra democrazia compiuta, nessun cittadino oggi può esercitare i suoi diritti referendari, oramai esclusiva solo di grandi partiti e organizzazioni sindacali, gli unici che hanno a disposizione decine di migliaia di pubblici ufficiali che autentichino gratis le firme sulle loro proposte;

   dal 2011 ad oggi nessun Comitato promotore, ad eccezione di quelli costituiti dalla Cgil, dal Partito democratico e dalla Lega, è riuscito a superare il limite delle 500 mila firme a causa della mancanza di pubblici ufficiali disponibili per le autenticazioni;

   tale situazione contrasta con quanto previsto dalla Costituzione e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici e con i princìpi fondamentali dell'Unione europea;

   i signori Mario Staderini, già segretario di Radicali italiani, e Marco Gentili, coPresidente dell'associazione Luca Coscioni e affetto da Sla 2, dal 13 maggio 2017 ogni sabato conducono, insieme a decine di altri cittadini, una campagna non violenta di Duran Adam davanti ai palazzi di Parlamento, Governo e Presidenza della Repubblica, per ottenere un intervento istituzionale che rimuova gli ostacoli all'esercizio dei diritti politici dei cittadini, in particolare attraverso il superamento del principio dell'autenticazione delle firme da parte di pubblico ufficiale in favore di un sistema che permetta ai cittadini delegati dal Comitato promotore dei referendum di attestare loro stessi la veridicità delle firme raccolte, nonché di firmare online con le modalità previste per le iniziative popolari europee;

   in data 18 novembre 2017 Mario Staderini e Marco Gentili hanno consegnato, tramite il protocollo della Presidenza del Consiglio, una formale richiesta al Presidente Gentiloni di intervento per restituire a loro e agli altri cittadini il pieno diritto a promuovere referendum attraverso il superamento urgente degli ostacoli alla raccolta firme, e il 25 novembre 2017, altri cittadini si sono uniti a loro sia nelle lettere che nella forma di Duran Adam davanti Palazzo Chigi, insistendo nella richiesta di un decreto-legge;

   a partire dal mese di aprile 2018 sarà di nuovo possibile, in linea teorica, raccogliere utilmente firme per promuovere referendum ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione, in modo da poterli depositare a partire da sei mesi dopo la convocazione dei comizi elettorali –:

   se il Presidente del Consiglio abbia risposto o intenda rispondere alle richieste formalmente avanzate dai cittadini Mario Staderini e Marco Gentili;

   se il Governo intenda adottare iniziative straordinarie volte a garantire il diritto degli italiani a promuovere referendum, anche promuovendo modifiche normative e/o organizzative dell'amministrazione pubblica;

   se il Governo intenda assumere iniziative per estendere, ove ne sussistano i presupposti anche in via interpretativa, alla materia referendaria le novità legislative introdotte per le elezioni politiche in materia di firme telematiche e di ampliamento della platea degli autenticatori.
(2-02064) «Mucci, Quintarelli, Catalano, Galgano, Menorello».

Interrogazione a risposta orale:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO e DADONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 17 dicembre 2017 si è diffusa la notizia dell'arrivo a sorpresa, presso il santuario di Vicoforte di Mondovì, della salma dell'ex re d'Italia Vittorio Emanuele III. Partita da Alessandria d'Egitto, è rientrata in Italia a bordo di un volo militare operato da un C130 cargo della 46a brigata aerea dislocata a Pisa San Giusto;

   la notizia ha generato immediato scalpore sia nel merito che nel metodo. Critiche alla decisione sono giunte dall'Unione delle comunità ebraiche e dall'Associazione nazionale dei partigiani essendo l'ex re d'Italia corresponsabile dell'ascesa del fascismo, dell'entrata in guerra a fianco dei nazisti e delle disonorevoli leggi liberticide e razziali che tanta sofferenza hanno procurato al popolo italiano;

   oltre al merito, oggetto unanime di disapprovazione è stato anche il metodo usato: un volo di Stato con tanto di pubbliche cerimonie, come se trattavasi di un'autorità pubblica. Infatti, ad Alessandria d'Egitto, al momento dell'imbarco della salma, era presente l'ambasciatore Giampaolo Cantini, analogo discorso al suo arrivo in Italia con tanto di picchetto d'onore militare. Da rilevare che sulla bara era deposto un tricolore con lo stemma di Casa Savoia;

   non convincono le motivazioni addotte di un volo di Stato istruito per ragioni umanitarie;

   la XIV, comma 1, disposizione transitoria e finale della Costituzione dispone che «i titoli nobiliari non sono riconosciuti », pertanto, a giudizio degli interroganti, nessun volo di Stato poteva essere autorizzato per la salma di Vittorio Emanuele III non rappresentando nessuna autorità;

   la direttiva di Stato 23 settembre 2011, in materia di trasporto aereo di Stato, all'articolo 5, dispone che: «Il trasporto aereo di Stato per ragioni umanitarie ha per destinatari esclusivamente i cittadini italiani, dimoranti nel territorio della Repubblica o all'estero, che versino in situazioni di grave pericolo connesse ad epidemie o altre gravi calamità, qualora non siano disponibili altre modalità di trasporto, pubblico o privato, idonee a soddisfare l'esigenza di trasferimento.»;

   l'uso di un aereo di Stato e il coinvolgimento di una molteplicità di uffici, come i cerimoniali di Palazzo Chigi, Farnesina, Viminale e Difesa, evidenziano un dispendio di risorse economiche notevoli per questa ingiustificata operazione, tra l'altro, cosa ancora più grave, non resa precedentemente nota all'opinione pubblica nazionale;

   non convincono le motivazioni addotte circa sottese ragioni umanitarie dell'operazione e, ancor di più, che il tutto sia stato interamente pagato dalla famiglia Savoia, essendo questo in contraddizione con la stessa ragione umanitaria dell'intervento –:

   se il Governo intenda fornire chiarimenti circa le ragioni e i costi di tale incomprensibile operazione di traslazione dall'Egitto in Italia, mettendo a disposizione addirittura un volo di Stato, della salma dell'ex re d'Italia Vittorio Emanuele III.
(3-03453)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 agosto 2017, il sindaco di Monza, Dario Allevi, ha inviato una lettera al prefetto per sollecitare un intervento di concorso delle Forze armate al mantenimento dell'ordine pubblico nel territorio della propria città;

   il sindaco di Monza lamenta in effetti da tempo la recrudescenza delle attività criminali nel territorio di sua competenza, in particolare in alcune aree del comune monzese, ed inoltre ritiene lo schieramento di militari nel territorio comunale un utile strumento per perseguire obiettivi di sicurezza interna, riqualificazione urbana e protezione civile;

   è già da tempo operativa una missione militare nazionale di contributo alla difesa di obiettivi sensibili a rischio di attacco terroristico, «Strade Sicure», di cui a questo punto basterebbe chiedere l'allargamento territoriale, in modo tale da ricomprendervi anche la tutela dei cittadini residenti a Monza –:

   se il Governo non ritenga opportuno, di fronte alla recrudescenza di alcune attività criminali che interessa alcune zone del comune monzese, prevedere il rapido ampliamento dell'area di responsabilità dell'operazione «Strade sicure» in modo tale da ricomprendervi, in chiave di dissuasione della criminalità comune, la città di Monza.
(4-18929)


   INCERTI, GANDOLFI, MARCHI e IORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane l'Emilia occidentale ed in particolare le province di Reggio Emilia, Parma e Modena sono state colpite da un'eccezionale ondata di maltempo, con piogge incessanti che hanno rapidamente sciolto la neve caduta nei giorni precedenti, ingrossando rapidamente fiumi e torrenti. In poche ore quelle stesse province piegate, fino a poche settimane fa, dalla siccità, si sono trovate a dover fronteggiare l'emergenza opposta e contraria;

   la situazione più critica a Brescello, in provincia di Reggio Emilia, dove ha ceduto l'argine del fiume Enza, in località Lentigione e dove un migliaio di cittadini sono stati sfollati dalle loro abitazioni;

   il passaggio della piena in provincia di Parma ha provocato l'interruzione di molte utenze elettriche soprattutto nelle aree appenniniche, mentre nella bassa si faceva fronte all'acqua che fuoriusciva dagli argini con idrovore e sacchetti di sabbia;

   il torrente Parma dopo aver toccato il livello record di 9,47 metri è tracimato travolgendo i sacchi di sabbia messi a protezione nella notte e allagando il centro abitato di Colorno dove l'acqua ha invaso il piano terra, il cortile e il giardino della Reggia, la piazza e i borghi del centro storico. Abitazioni, negozi, garage e cantine sono stati sommersi;

   a Sorbolo il colmo di piena del torrente Enza ha raggiunto il livello di 12,44 metri, superiore al massimo storico del febbraio 2016 (11,63 metri);

   così per il Fiume Secchia in provincia di Modena che ha obbligato le autorità alla chiusura di ponti e collegamenti;

   le popolazioni hanno subito in termini di disagi abitativi nonché di interruzioni prolungate di pubblici esercizi danni ingentissimi e, in modo particolare, gli abitanti di Lentigione in provincia di Reggio Emilia;

   questo disagio si è associato al forte disappunto per non aver ricevuto le allerte adeguate né avvisi di evacuazione in special modo nelle notti tra l'11 e il 12 dicembre 2017 da parte degli organismi preposti;

   nel comune di Brescello sono state attivate misure di assistenza per circa 1150 persone a cura della protezione civile nonché svolti lavori urgenti;

   la regione Emilia Romagna ha calcolato danni per circa 105 milioni di euro;

   è diffuso il dubbio che l'allerta sia stata inadeguata e che gli interventi siano stati attuati con estremo ritardo –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per verificare, con urgenza, le cause oggettive di questa alluvione, nonché le criticità verificatesi nella gestione dell'emergenza che, secondo gli interroganti si è rivelata inadeguata alla gravità della situazione e definire procedure e modalità di intervento per fronteggiare eventi meteorologici eccezionali come quello sopra richiamato.
(4-18934)


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 2 novembre 2015, il gruppo giapponese Hitachi ha rilevato da Finmeccanica – al prezzo di 9,50 euro per azione – il 40 per cento di Ansaldo STS, società ad azionariato diffuso, quotata alla borsa di Milano; contestualmente, Hitachi ha acquistato la totalità delle azioni di Ansaldo Breda per complessivi 30 milioni di euro;

   il 4 gennaio 2016, Hitachi ha lanciato un'offerta pubblica di acquisto sul rimanente 60 per cento del capitale di Ansaldo STS, offrendo agli azionisti di minoranza gli stessi 9,50 euro per azione pagati a Finmeccanica, cioè il valore minimo al quale Hitachi era obbligata a lanciare l'offerta pubblica di acquisto. Su istanza di alcuni azionisti di minoranza, nel febbraio 2016 la Consob ha innalzato il prezzo dell'offerta pubblica di acquisto a 9,90 euro per azione, accertando l'esistenza di una collusione tra Hitachi e Finmeccanica volta a sottostimare il valore di Ansaldo STS, quale compensazione per la sovrastima dell'altra azienda oggetto di transazione, Ansaldo Breda;

   l'allocazione del valore tra l'operazione Breda e Sts decisa da Hitachi e Finmeccanica ha fortemente penalizzato gli azionisti di minoranza di Sts; quindi alcuni azionisti di minoranza hanno impugnato la delibera della Consob di rideterminazione del prezzo al Tar del Lazio;

   nelle ultime settimane, i mercati internazionali stanno seguendo la vicenda Ansaldo Sts con interesse e attenzione. L'intempestiva reazione della Consob, a giudizio dell'interrogante, ha reso palese una mancanza di efficace attività di controllo del mercato, a nocumento dell'Italia quale mercato attraente agli occhi degli investitori internazionali;

   la consultazione della documentazione disponibile online (http://www.fairtreatmentforsts.com) ha permesso di constatare come, a seguito dell'acquisizione del pacchetto di controllo da parte di Hitachi, il consiglio di amministrazione di Sts abbia assunto diverse deliberazioni idonee a pregiudicare il corretto funzionamento della struttura di corporate governance;

   Hitachi, ad avviso dell'interrogante, potrebbe asservire l'accentramento nelle sue mani delle funzioni di gestione e controllo alla realizzazione di interessi propri, quali il trasferimento di know-how tecnico e commerciale, con evidenti gravi conseguenze in termini di livelli occupazionali e competenze tecnologiche;

   in considerazione di ciò, appare preoccupante come nel 2016, primo anno di gestione operativa sotto il controllo di Hitachi, Ansaldo Sts abbia registrato ricavi in calo del 4,1 per cento, nonché una flessione dell'utile operativo del 6,6 per cento e un margine operativo sceso dal 9,8 per cento al 9,6 per cento. Nello stesso periodo, i principali concorrenti di Ansaldo Sts hanno registrato indici prestazionali in miglioramento;

   gli ultimi risultati pubblicati, relativi all'andamento del business nel terzo trimestre del 2017, confermano il tendenziale peggioramento delle operazioni: gli ordini sono diminuiti dell'8 per cento rispetto al terzo trimestre 2016, con un forte calo registrato proprio nell'area Asia/Pacifico, dove la cooperazione con Hitachi avrebbe dovuto portare i maggiori benefici, mentre il margine operativo è peggiorato del 2,7 per cento;

   nelle scorse settimane, la società che gestisce la metropolitana di Stoccolma ha terminato unilateralmente un contratto a causa di presunti inadempimenti da parte di Ansaldo Sts e ha richiesto la restituzione di anticipi, penali ed interessi per 47 milioni di euro. La decisione della società svedese dimostra, secondo l'interrogante, ulteriormente l'inadeguatezza del management attuale di Ansaldo Sts e suscita preoccupazione per l'andamento futuro del business –:

   di quali elementi disponga il Governo, anche ai sensi del dodicesimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974, in merito alla vicenda di cui in premessa e se, nel pieno rispetto della libertà di mercato, intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, a tutela degli interessi degli azionisti di minoranza di Ansaldo Sts.
(4-18943)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Palermo, con determinazione sindacale n. 137/DS del 17 novembre 2017, nel costituire/modificare 4 uffici di supporto al proprio ufficio, ha anche provveduto a nominare i rispettivi dirigenti ai sensi dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, secondo le modalità previste dall'articolo 13, commi 3 e 4, (parte I) del regolamento ordinamento uffici e servizi del comune di Palermo, secondo cui a capo di ciascuno degli uffici di supporto al sindaco è posto un responsabile individuato dal sindaco ed assunto, ai sensi dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 con contratto a tempo determinato il cui trattamento economico è parametrato a quello dirigenziale; tali uffici non possono effettuare alcuna attività gestionale, che è demandata al gabinetto del sindaco;

   l'articolo 90, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000 stabilisce la possibilità di costituire uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco costituiti da dipendenti dell'ente oppure da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato; i successivi commi 2 e 3 stabiliscono che ai collaboratori assunti con contratto a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali, mentre il trattamento economico accessorio può essere sostituito da un unico emolumento onnicomprensivo;

   nella determinazione sindacale richiamata vengono nominati responsabili degli uffici di cui sopra, alcuni dipendenti del comune di Palermo che vengono assunti con contratto a tempo determinato e con attribuzione del trattamento economico dirigenziale, che la legge prevede solo nel caso in cui, per tali funzioni, il sindaco nomini il personale esterno alla medesima amministrazione;

   in altri termini sembrerebbe all'interrogante che il sindaco del comune di Palermo abbia applicato ai dipendenti del proprio ente il comma 3 dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000;

   gli ispettori della ragioneria generale dello Stato hanno effettuato un'ispezione tra dicembre 2016 e gennaio 2017 presso il comune di Palermo, nell'ambito della quale sono state rilevate numerosissime irregolarità e presunte violazioni di legge –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda promuovere ulteriori verifiche presso il comune di Palermo da parte della ragioneria generale dello Stato e dell'ispettorato per la funzione pubblica.
(4-18952)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel novembre del 2015 una frana a Capo Gallo, Palermo, ha provocato la morte di un'anziana;

   per quanto sopra, come si apprende da stampa nel novembre 2017, il sindaco Leoluca Orlando è risultato indagato per omicidio colposo dalla procura di Palermo, e ciò in quanto, in qualità di responsabile della protezione civile comunale, avrebbe dovuto adottare la procedura di somma urgenza per i lavori di consolidamento della parete rocciosa, considerata ad alto rischio da anni e finanziati con capitoli di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   per la messa in sicurezza delle pareti rocciose di Capo Gallo, Monte Pellegrino e Boccadifalco ed aree adiacenti sono state individuate alcune fonti di finanziamento facenti parte del Patto per il Sud per la città di Palermo a valere sul fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020;

   con alcune deliberazioni di giunta comunale e da ultimo con la deliberazione di giunta n. 223 del 10 novembre 2016 sono stati individuati i progetti attuativi;

   ad avviso dell'interrogante, andrebbe verificato che l'uso di tali fondi sia conforme alla loro iniziale destinazione, in quanto, con la deliberazione di giunta n. 299 del 27 dicembre 2016, sarebbero stati modificati parte dei progetti attuativi: in particolare, sarebbero stati modificati, con i relativi fondi inizialmente destinati alla messa in sicurezza delle parete rocciosa di cui sopra, in progetti per la rinaturalizzazione delle infrastrutture verdi nei parchi e nei giardini pubblici, comprese le istituzioni scolastiche;

   il rischio di dissesto idrogeologico dell'area in cui ricadono Capo Gallo, Monte Pellegrino e Boccadifalco, è tutt'oggi altissimo e richiede un intervento deciso e immediato da parte delle autorità preposte, anche al fine di evitare futuri ed ulteriori cedimenti del terreno che potrebbero causare ulteriori danni e vittime;

   ciò implicherebbe nuovamente una responsabilità del sindaco come vertice della protezione civile comunale, con pregiudizio per l'incolumità pubblica –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione agli interventi di consolidamento di cui in premessa e all'effettiva destinazione e all'utilizzo, in conformità della legge, delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione;

   se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche alla luce dei fondi statali all'uopo stanziati, per una urgente realizzazione dei lavori di messa in sicurezza delle pareti rocciose di Capo Gallo, Monte Pellegrino e Boccadifalco.
(4-18953)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PES. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   ad Ardauli, il 27 agosto 2017 si è celebrato il trentesimo anniversario della morte in Amazzonia di padre Salvatore Deiana di Ardauli, avvenuta in un auto su cui viaggiava anche il vescovo Dom Erwin Kräutler durante il tragitto della Transamazzonica;

   nel libro «Ho udito il grido dell'Amazzonia» diritti umani e creato – la mia lotta di vescovo, Dom Erwin Kräutler, vescovo di Altamira-Xingu, diocesi più vasta del Brasile, per la prima volta racconta la sua esperienza di cinquant'anni dedicata alla difesa dei diritti umani dei popoli indigeni; «Piangiamo la devastazione dell'Amazzonia», scrive il vescovo pienamente immerso nella vita del suo popolo, oggetto di violazioni di diritti umani da lui più volte denunciati, senza alcun riscontro, salvo nuove minacce di morte, tanto che nel tempo gli è stata assegnata una scorta; nel suo libro ricorda anche l'incidente automobilistico del 16 ottobre 1987, lungo la Transamazzonica, in cui morì un suo stretto collaboratore, Don Tore Deiana, missionario sardo, anch'egli dalla parte dei posseiros, degli indios senza terra, che contrastavano la politica sociale che generava immobilismo economico;

   Don Deiana, partito dalla Sardegna per il Brasile, dapprima fu impegnato in una piccola cittadina vicino al fiume Guarnà, ove numerose famiglie vivevano di stenti in piccole case di legno; poi, si dedicò a 150 comunità sparse in un raggio di cinquanta chilometri, che raggiungeva spesso a piedi, successivamente, nel 1984 fu trasferito nello Xingu nella parrocchia di Vila Brasilia, in Altamira per dedicarsi ai poveri che si trasferivano dal nord, poiché nei loro villaggi, privi di ospedali, scuole e strade, morivano per malaria e punture d'insetti;

   l'incidente mortale per Don Deiana, denunciato dal vescovo Dom Erwin Kräutler nel suo libro, avvenne in circostanze, mai chiarite; l'auto stava percorrendo la Transamazzonica, per dirigersi verso l'istituto nazionale di colonizzazione e riforma agraria, ma un sottile strato di polvere, al passaggio della macchina si alzò nell'aria formando una densa nube, che per alcuni minuti tolse la visibilità e l'auto venne investita da un furgone;

   il 27 novembre 1988 ad Ardauli, giunse Dom Erwin Kräutler, che raccontò l'ultimo viaggio di don Deiana «Volevamo celebrare una messa insieme a questa gente sacrificata ma resistente, con le mani incallite e con il volto bruciato dal sole (...) Le circostanze dell'incidente non sono mai state chiarite (...) Quelli che hanno provocato un dolore ed una sofferenza così grandi sono spariti, sono fuggiti, non si sono più visti. I testimoni non sono stati ascoltati. Neppure io che nonostante le gravi ferite in nessun momento ho perso i sensi. E affinché il macabro servizio fosse completo inventarono false spiegazioni. Una perizia inventata, falsata di proposito, è stata passata alla stampa. Pilato ancora una volta si è lavato le mani! Le cause misteriose del disastro sono coperte da un silenzio tombale. La domanda di processo che avrebbe dovuto chiarire i fatti è stata dimenticata, cestinata»;

   già nella X legislatura il Governo pro tempore, interpellato sul tragico incidente avvenuto in Brasile il 16 ottobre 1987 per conoscere le iniziative avviare accurate indagini per l'accertamento dei fatti, rispose che le autorità brasiliane, anche se convinte della tesi del mero incidente stradale, avrebbero effettuato ulteriori indagini, in collaborazione con il nostro Paese, per approfondire il caso –:

   se il Governo disponga di ulteriori elementi circa gli esiti di indagini svolte dallo Stato brasiliano e, in caso negativo, se non ritenga di intraprendere iniziative che possano dare una risposta definitiva.
(4-18936)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   la vegetazione psammofila (adattata a crescere sulla sabbia) dei litorali bassi sabbiosi riveste un ruolo fondamentale nella stabilizzazione dei sistemi dunali costieri. Essa esercita principalmente un'azione di ostacolo all'azione del vento, favorendo l'accumulo dei sedimenti sabbiosi e impedendo il loro continuo avanzamento verso l'entroterra. Con i propri estesi apparati radicali essa aiuta infatti a consolidare il substrato e ne permette l'ulteriore deposito. La duna in sostanza, conserva la spiaggia e di fatto, se ben mantenuta, sostiene le attività economiche che insistono sulla spiaggia stessa;

   gli ecosistemi dunali costieri sono tutelati dalla Convenzione di Berna sulla Biodiversità. L'Italia ha ratificato la convenzione con la legge n. 503 del 5 agosto 1981. L'Unione europea ne ha adottato i princìpi attraverso la direttiva «Habitat» (direttiva del consiglio 92/43/CEE del 21 maggio 1992), recepita in Italia con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;

   l'attuale stato di conservazione dei sistemi dunali italiani è insoddisfacente. I rapporti nazionali sull'attuazione della direttiva «Habitat» in Italia evidenziano che la maggior parte degli habitat si trova in uno stato di conservazione «Inadeguato» o «Cattivo»;

   ad aggravare la situazione c'è la constatazione che in Italia la frammentazione delle competenze sulla costa e sul mare rende difficile la «gestione integrata delle coste» prevista dall'Agenda 21 (il programma di azione scaturito dalla Conferenza Onu su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992, cap. 17), tramite la quale si auspica il superamento degli interessi locali e degli approcci settoriali attraverso studi multidisciplinari, che consentano la formulazione di politiche efficaci sul piano economico, sociale ed ambientale;

   per quel che riguarda la Campania, rammentato che la duna è protetta dallo statuto regionale (articolo 8, comma 1, lettera s), la condizione del litorale regionale è stravolta dall'antropizzazione che ha causato la quasi scomparsa dell'ambiente dunale; i pochi siti molto localizzati che conservano ancora buone condizioni di naturalità sono concentrati nella provincia di Salerno e, in particolare, nell'area del Cilento;

   in quest'area, che ospita il parco nazionale del Cilento, gli ecosistemi dunali erano presenti e numerosi fino a qualche anno fa, ma per le cause suddette, alle quali occorre aggiungere la scarsa tutela dovuta dalle amministrazioni comunali, le dune ancora presenti si contano sulle dita di una mano;

   la perdita è ormai evidente sulle spiagge cilentane di Baia Arena (Montecorice), di Cala del Cefalo (Marina di Camerota), di Santa Maria di Castellabate e delle Saline (Centola-Palinuro), dove le dune sono residuali. Il parco, nonostante abbia uno specifico programma di tutela, non appare in grado di intervenire fattivamente;

   Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, in provincia di Salerno, ucciso il 5 settembre 2010, aveva capito l'importanza della vegetazione psammofila e così sulla spiaggia di Acciaroli era riuscito a gestire un'area di 1.450 metri quadrati: un'area dove il suo comune pagava un canone al demanio;

   nel maggio 2011 la Fondazione Angelo Vassallo, seguendo tutto l’iter burocratico-legale, la delimitò con una recinzione in legno a proprie spese. Dopo soli 2 anni, nel luglio 2013, l'area è stata parzialmente compromessa dal passaggio di mezzi meccanici;

   in località Villammare, comune di Vibonati, area contigua al Parco nazionale, è presente sulla spiaggia dell'Oliveto una fascia dunale che risulta riportata, quale duna «embrionale mobile con Ammophila arenaria e Euphorbia Terracina», nella direttiva «Habitat» Allegato I, codice 21.10 e 22.10, con l'indicazione di «tipo di habitat naturale di interesse comunitario». Tale area presenta ancora uno stato di conservazione della sua flora psammofila accettabile;

   il Wwf, al quale si è aggiunta recentemente l'associazione di Italia Nostra, sezione Cilento lucano, ha presentato nel giugno 2016 al comune di Vibonati (Salerno), un programma dettagliato di rinaturazione e tutela della fascia dunale della spiaggia dell'Oliveto. Tutela che deve comprendere tutte le zonazioni della duna, per assicurare la naturale evoluzione della stessa, e la sua conservazione;

   l'amministrazione ha accettato il programma, decidendo, con delibera di giunta del 15 settembre 2016, di intervenire per la delimitazione con paletti e corda, e di seguito con un'ordinanza che vietava la compromissione della flora, in particolare del giglio di mare (Pancratium maritimum), numeroso sulla duna; purtroppo, agli impegni non è seguita una sufficiente iniziativa al riguardo. Per due estati si è assistito a passaggi sopra la duna di numerose persone e di auto posteggiate. La flora ha subìto quindi una compromissione alla vegetazione tipica. Senza la tutela derivante da una adeguata delimitazione, le sole tabelle didattiche e il divieto di passaggio, dove l'infrazione è quantizzata, non sono sufficienti. Ulteriore preoccupazione desta la notizia di una possibile realizzazione di nuovi stabilimenti balneari; se questo trend continuerà la fascia dunale di Villammare è destinata in poco tempo a sparire –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, a tutela della vegetazione e dei sistemi dunali costieri del Cilento, in considerazione della loro rilevanza ambientale ed economica.
(2-02065) «Tancredi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELUFFO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano, La Prealpina di Varese, negli articoli pubblicati tra il 15 e il 20 dicembre 2017 ha dato notizie riguardanti:

    il mancato versamento degli accantonamenti per la depurazione stabiliti dal Cipe, con la delibera n. 52 del 2001, riscossi da Agesp spa società controllata dal comune di Busto Arsizio;

    la pretesa del sindaco di Busto Arsizio di conseguire un aumento, di alcuni milioni di euro, del valore di subentro nel servizio idrico, già determinato provvisoriamente dall'ufficio d'ambito dell'Ato di Varese sulla scorta della documentazione messa a disposizione;

    la prospettazione del mancato rinnovo di contratto di affitto del ramo di azienda del servizio idrico da Agesp spa ad Alfa srl, gestore unico designato dalla provincia;

    l'intenzione manifestata dal sindaco di Gallarate di affidare unitamente a Busto Arsizio il servizio idrico ad una società diversa dal gestore unico, Alfa srl, nel caso in cui non venissero accolte le sue pretese di un valore di subentro superiore a quello determinato dall'ufficio d'ambito;

   sull'onda del malcontento dell'opinione pubblica locale per l'inquinamento dell'Olona e gli inadempimenti delle autorità responsabili, Legambiente di Varese e il gruppo Amici dell'Olona, che conta oltre 15.000 aderenti, avrebbero richiesto la nomina di un commissario ad acta;

   dopo quasi quattro anni dall'approvazione del piano stralcio, avvenuta il 18 aprile 2014, non è stata nemmeno affidata la progettazione degli interventi, previsti da questo piano, riguardanti i depuratori del bacino dell'Olona, il cui mancato funzionamento costituisce la principale causa dell'inquinamento del fiume;

   Agesp spa, società che gestiva il servizio idrico di Busto Arsizio e di altri comuni e che ha riscosso gli accantonamenti stabiliti dal Cipe, nonostante ripetute diffide, persiste a trattenere circa tre milioni di euro di questi accantonamenti;

   i gravi contrasti in atto e il venire meno dei finanziamenti, trattenuti non solo da Agesp, ma anche da altri comuni impediscono l'esecuzione del piano stralcio;

   in mancanza di interventi straordinari ed urgenti sarà impossibile rispettare tempestivamente gli impegni assunti nella fase precontenziosa del procedimento sanzionatorio comunitario –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione su esposta;

   se non ritenga di acquisire urgentemente ogni utile elemento al riguardo, e valutare se sussistano i presupposti per esercitare i poteri di cui all'articolo 152 del decreto legislativo n. 152 del 2016, ricorrendo alla nomina di un commissario ad acta, nel caso in cui perduri l'inerzia delle autorità responsabili del servizio idrico dell'Ato di Varese e la regione Lombardia non provveda a esercitare i poteri di competenza.
(4-18946)


   ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 10 dicembre 2017 sulla base dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari (gip) del tribunale di Venezia, disposta per effetto delle richieste formulate dalla direzione distrettuale antimafia di Venezia, il gruppo carabinieri forestale di Rovigo avrebbe eseguito diversi provvedimenti di misure cautelari nei confronti di precedenti ed attuali amministratori della Co.Im.Po. srl di Adria (Rovigo), società che opera da anni nel settore della gestione dei rifiuti e, più specificatamente, nei processi di recupero dei fanghi di depurazione in agricoltura;

   lo stesso gip di Venezia avrebbe, altresì, disposto il sequestro preventivo dello stabilimento Co.Im.Po. ubicato a Ca’ Emo nel comune di Adria, nonché di 280 ettari di terreni agricoli ubicati nei comuni di Adria e Pettorazza Grimani (Rovigo) che sarebbero stati utilizzati per lo smaltimento di enormi quantità di fanghi, per i quali si ipotizza il mancato trattamento ai fini di un loro corretto recupero;

   l'indagine che ha portato ai provvedimenti sopra richiamati avrebbe avuto origine a seguito dell'incidente mortale occorso il 22 settembre 2014 nello stesso stabilimento Co.Im.Po., nel quale persero la vita tre dipendenti della stessa società, nonché l'autista del mezzo di proprietà di una ditta esterna a causa delle esalazioni tossiche sprigionatesi durante le operazioni di scarico di acido solforico dall'automezzo alla vasca contenente i fanghi di depurazione;

   come si apprende da organi di stampa, dalle contestazioni dei carabinieri emergerebbe che sulla base delle registrazioni effettuate dall'impianto di videosorveglianza della ditta e riferite ai ventotto giorni precedenti la data dell'incidente, si sarebbe accertato come la stabilizzazione dei fanghi da destinare alla distribuzione su suoli agricoli da parte della Co.Im.Po. Srl, avveniva in totale dispregio delle procedure autorizzative;

   tra le molteplici condotte irregolari riscontrate nelle indagini vi sarebbe anche lo smaltimento illecito di circa 1.200 tonnellate di rifiuti, che ad esito delle prime analisi ufficiali denoterebbero valori di mercurio superiori ai limiti fissati dalla specifica norma in materia di fertilizzanti al punto da non essere conforme e quindi non utilizzabile in agricoltura;

   l'eccessiva distribuzione di tali sostanze reiterata nel tempo rappresenterebbe anche la probabile causa della presenza nei terreni di sostanze contaminanti, quali gli idrocarburi pesanti, pcb e zinco –:

   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti e dei rischi per l'incolumità della popolazione residente;

   se non si ritenga necessario promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente sullo stato delle aree circostanti all'impianto di stoccaggio e avviare, per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica nelle zone interessate per verificare possibili conseguenze sanitarie.
(4-18949)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:

   il volume di finanziamenti pubblici destinati dal Governo all'Enit negli anni 2016 e 2017 supera gli 80 milioni di euro, avendo scelto il Ministro interrogato – in modo discutibile – di elevare vertiginosamente rispetto al passato le risorse a disposizione dell'ente, nonostante il fatto che gli organismi sociali e le strutture interne fossero inadeguate e poco rodate rispetto ai compiti ed ai finanziamenti assegnati, anche a seguito dell'esodo pressoché totale dei vecchi funzionari verso altre amministrazioni pubbliche, come previsto dalla legge di riforma del 2014 voluta dallo stesso Ministro;

   agli ingenti finanziamenti citati, devono aggiungersi gli oltre 20 milioni di euro previsti fin dall'inizio della nuova Enit per ulteriori progetti speciali da sviluppare a sostegno del settore turistico, di cui ancora non si ha la benché minima notizia;

   restano fuori da tali conteggi le risorse che l'Enit avrebbe dovuto eventualmente acquisire in via diretta da regioni, enti locali ed altri soggetti pubblici e privati, come espressamente previsto dalla legge di riforma a motivazione del particolare profilo giuridico attribuito all'Enit quale ente pubblico economico, cioè mirato fortemente al mercato e abilitato ad effettuare operazioni commerciali (vendita servizi e altro);

   già con riferimento all'anno 2015 – che non si è inteso ricomprendere nei conteggi sopra riportati – l'ente aveva sofferto di un significativo scostamento di bilancio, che i nuovi organi sociali avevano giustificato con l'influenza di due circostanze concomitanti, ovvero la sovrapposizione durante l'anno della gestione commissariale e quella del nuovo consiglio di amministrazione, nonché l'avvenuta modifica in corso d'esercizio dell'impostazione di bilancio, passata da quella tipica degli enti pubblici a quella civilistica, propria dei soggetti (come appunto l'Enit) per i quali l'ordinamento stabilisce un profilo giuridico peculiare;

   la massima parte di quanto sopra evidenziato è avvenuto in vigenza dell'attuale Consiglio di amministrazione, che è stato nominato nel luglio 2015 ed è tuttora in carica, avendo detto organo, a giudizio dell'interrogante, un elevato grado di responsabilità – derivante dallo statuto e dalla legge – nella situazione in cui versa l'ente;

   infatti, in tale periodo risulta che il Consiglio di amministrazione abbia potuto assumere un'ampia mole di delibere, senza apparentemente alcun controllo (né preventivo e né successivo) da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ed in pendenza di una situazione, secondo l'interrogante, quanto meno opaca, derivante dal potenziale conflitto di interessi degli amministratori di Enit e dai profili di incompatibilità emersi a loro carico;

   sempre in tale periodo, tra le altre, il consiglio di amministrazione dell'Enit ha assunto alcune discutibili decisioni quali: la modifica del sistema di governance disegnato dallo statuto vigente, prima nominando un consigliere delegato e poi revocandone i poteri; l'approvazione di organigrammi e nuove piante organiche; nonché l'indizione, con dubbie modalità, di procedure selettive per la copertura di determinate posizioni;

   si segnala anche la vicenda dell'incremento degli emolumenti spettanti agli amministratori; ciò è avvenuto sulla base della norma della legge di stabilità 2016 che esclude l'Enit dall'elenco degli enti pubblici e da alcuni obblighi procedurali in tema di spending review, anche se in verità tale disposizione era finalizzata solo ad agevolare l'Enit nella effettuazione di spese all'estero, ma non certo mirata ad aumentare le prebende degli amministratori pubblici;

   scandalosa appare anche la situazione dell'Osservatorio nazionale del turismo, strumento strategico che – pur previsto dalla legge di riforma e posto sotto la responsabilità dell'Enit – a quanto risulta all'interrogante non è ancora decollato e si limiterebbe solo a registrare i dati forniti dall'Istat oppure ad acquisire i risultati di studi appaltati a soggetti esterni, che ad avviso dell'interrogante, sono basati su criteri labili e scientificamente discutibili –:

   quante e quali iniziative promozionali l'Enit abbia svolto direttamente negli anni 2016 e 2017, in che data e con quale spesa considerata per singola attività;

   quali siano state invece, negli stessi due anni, le iniziative promozionali affidate dall'Enit (interamente o parzialmente) all'esterno, ovvero svolte da soggetti terzi, nonché quali siano stati i costi effettivi per ciascuna di esse e quali le modalità di assegnazione delle prestazioni rese a cura dei soggetti individuati;

   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia sinora mai verificato la rispondenza delle iniziative svolte da Enit alla programmazione vigente, come deliberata dagli organi dell'ente o dal Ministero vigilante, ovvero se la totalità o parte di esse esulasse dalla pianificazione in vigore, posto che le stessi si appalesano, secondo l'interrogante, come attività disorganiche e confuse.
(2-02063) «Fantinati».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la tutela archivistica della memoria del servizio pubblico radiotelevisivo nazionale rappresenta un interesse pubblico rilevante. Gli archivi della Rai, secondi solamente alla britannica Bbc, nel 2000 sono stati riconosciuti ed inseriti dall'Unesco nel registro ufficiale della «Memoria d'Italia»;

   il 10 luglio 2015, la Rai ha pubblicato il bando di gara comunitario n. 6107500 per l'affidamento del servizio di catalogazione, archiviazione e documentazione riguardante la programmazione quotidiana televisiva e radiofonica e del proprio archivio storico. La gara era suddivisa in 5 lotti: 3 tv e 2 radio. Il valore complessivo del contratto della durata di 4 anni era di circa 23 milioni di euro ed il criterio di aggiudicazione quello del massimo ribasso sui prezzi posti a base di gara. Il valore medio del singolo lotto ammontava pertanto a 5 milioni di euro circa;

   condizione necessaria per la partecipazione era il possesso del seguente requisito tecnico da parte dell'impresa concorrente: «(...) l'aver conseguito negli ultimi 3 anni solari (...) attività di catalogazione, archiviazione e documentazione elettronica di contenuti multimediali audiovisivi (analoghi all'oggetto della presente procedura) di importo complessivamente non inferiore a 450.000 euro, al netto dell'Iva, ripartiti su un numero massimo di tre contratti». In questo modo, la Rai ha circoscritto la partecipazione ad operatori europei altamente specializzati in catalogazione e documentazione multimediale dei programmi radiotelevisivi (e non, di generici filmati audio/video);

   alla gara hanno partecipato 7 concorrenti: 4 società altamente specializzate in archivistica documentale dell'audiovisivo (di cui 3 già fornitrici delle Teche/archivi della Rai) e 3 società operanti nel monitoraggio radiotelevisivo (attività consistente nella rilevazione dati di tipo statistico ex lege n. 28 del 2000 per la tutela della parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica per la quale Rai indice appositi e specifici bandi);

   rilevando l'anomalia di offerte fortemente al ribasso, oltre il 50 per cento, effettuato dalle sole società di monitoraggio, il Responsabile unico del procedimento ha richiesto chiarimenti e precisazioni alle predette società le quali hanno dichiarato, nei rispettivi documenti giustificativi, che il servizio sarebbe stato da loro svolto, dimezzando il numero degli operatori rispetto a quello delle postazioni minime obbligatorie richieste (ad esempio, uno stesso operatore dovrebbe utilizzare contemporaneamente 2 monitor, 2 tastiere, 2 cuffie e gestire simultaneamente due processi intellettivi distinti) e impiegando circa un'ora di lavoro per documentare un'ora di filmato televisivo o di traccia radiofonica, offrendo un dato pressoché di 1:1, assolutamente irrealistico, perché non è possibile superare il limite dell'incomprimibilità fisico-oraria dei tempi di visione e ascolto (infatti, il protocollo operativo di settore più largamente accettato stima un rapporto ottimale medio in 1:3,5, cioè occorrono circa 3 ore e mezza di lavoro di un operatore per documentare un'ora di programma radiotelevisivo);

   non si comprende, pertanto, come riducendo il personale e la tempistica di lavorazione si possa garantire il mantenimento degli standard qualitativi minimi necessari alla corretta catalogazione, archiviazione e documentazione del materiale radiotelevisivo Rai che ad oggi rappresenta la memoria storica del Paese;

   l'eccellente catalogazione e documentazione degli archivi Rai rappresenta una ricchezza inestimabile per il lavoro quotidiano di giornalisti, tecnici ed autori radiotelevisivi, per la ricerca e l'università visti anche i recenti accordi Rai-Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la commercializzazione dei prodotti radiotelevisivi in Italia e all'estero, nonché un notevole economico, anche per quanto concerne l'archiviazione del diritto d'autore e la rilevazione dei passaggi pubblicitari;

   risulta all'interrogante che, a prescindere dal contenzioso giudiziario tra le diverse società partecipanti al bando giunto dinanzi al Consiglio di Stato, la Rai starebbe procedendo all'avvio dei nuovi contratti con le società di monitoraggio cui ha aggiudicato definitivamente il bando –:

   di quali elementi disponga il Governo e quali eventuali iniziative di competenza, anche alla luce degli accordi sopra richiamati, intenda assumere per tutelare l'enorme memoria storica del Paese custodita negli archivi Rai, il cui eventuale danneggiamento rappresenterebbe un'incalcolabile perdita.
(5-12984)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa è emerso che nell'immobile di via Rio Sparto n. 21 a Pescara, che dalla fine degli anni ’80 accoglie i dipendenti dell'ex Ministero delle finanze oggi Agenzia delle entrate, il pavimento è composto da materiale vinil amianto in quasi tutto l'edificio;

   questo immobile, sede di 3 diversi uffici fiscali, in seguito al processo di cartolarizzazione, è stato ceduto ad un privato;

   recentemente, a giugno 2017, conseguentemente alle rimostranze sollevate il problema da alcuni dipendenti dell'Agenzia delle entrate, la proprietà provvedeva a incaricare una ditta specializzata per effettuare alcuni rilievi a campione per verificare attraverso opportune analisi i componenti del pavimento;

   dopo ben quattro mesi sono stati resi noti i risultati delle analisi nelle quali veniva riscontrata la presenza di amianto nella colla utilizzata per il fissaggio delle mattonelle;

   a seguito di altra campionatura effettuata da un laboratorio incaricato dall'Agenzia delle entrate, la percentuale di amianto è risultata più elevata rispetto ai precedenti esami;

   da diversi anni il pavimento di vinil amianto in quasi tutto l'immobile a causa dell'ordinario calpestio si è consumato fino a rendere visibile il massetto sotto la pavimentazione;

   in questi giorni si sta procedendo all'incapsulamento del pavimento nelle sole stanze in cui lo stesso è maggiormente danneggiato; tuttavia, a quanto risulta agli interroganti, sarebbe stata delimitata piuttosto precariamente la zona dei lavori, da cui a volte fuori uscirebbero polveri e odori acri di prodotti chimici, in compresenza dei lavoratori sul medesimo piano;

   come evidenziato da notizie di stampa, per decenni i lavoratori hanno respirato, probabilmente, una sostanza dichiaratamente nociva per la salute e non è detto che i valori rilevati laddove la pavimentazione è mancante in più punti siano realmente al di sotto dei limiti previsti, proprio perché le particelle cancerogene si sono da tempo diffuse e volatilizzate nell'aria e, quindi, sono state respirate;

   sempre secondo la stampa, non sono pochi lavoratori dello stabile che nel corso degli anni sono stati colpiti da gravi malattie, a volte anche letali tant'è che è lecito interrogarsi se il malsano ambiente di lavoro non possa essere una delle cause delle malattie stesse –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per approfondire la situazione descritta in premessa anche attraverso nuove analisi sulla pavimentazione dell'immobile, in modo da conoscere con maggiore precisione, mediante un documento pubblico ed ufficiale, la percentuale di amianto presente;

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per predisporre l'immediato e idoneo isolamento del cantiere al fine di garantire la salubrità dell'ambiente lavorativo, a tutela della salute dei lavoratori e dell'utenza degli uffici;

   se il Governo non ritenga urgente attivarsi nei confronti della proprietà dell'immobile affinché la medesima proceda a l'incapsulamento del pavimento in cui vi è la presenza di colla di amianto.
(4-18937)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, FERRARESI, TONINELLI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI e DALL'OSSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il provvedimento del 3 aprile 2008 del direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) pubblicato il 15 giugno 2008 nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11, bandiva un concorso interno per titoli ed esami per l'immissione in ruolo per 643 posti (608 uomini e 35 donne), poi diventati, con provvedimento del 16 gennaio 2017 del direttore generale del personale e delle risorse del Dap, 1232 (1149 uomini e 83 donne, poi modificati in 1009 uomini e 223 donne), per la nomina alla qualifica di ispettori del Corpo di polizia penitenziaria;

   a marzo 2010 si sono tenute le prove preliminari preselettive seguite dalle prove scritte di aprile 2016 e dalle prove orali iniziate a maggio 2017 che si concluderanno a novembre 2017;

   all'interno del Corpo di polizia penitenziaria, sono da lungo tempo note le carenze di personale e di ispettori;

   è utile far notare che i partecipanti al concorso del 2008, ad oggi non abbiano mai potuto programmare la loro vita professionale in funzione della potenziale promozione a più elevato grado e ad eventuali successive promozioni mai avvenute, in conseguenza del fatto che non vi è mai stato il primo sblocco di carriera. Ad oggi l'età media di detti partecipanti risulta essere di 45-50 anni, fattore che elimina la potenziale aspirazione per quasi tutti i vincitori di poter raggiungere eventuali gradi apicali della loro professione;

   nelle diverse note protocollate dei sindacati inviate al Ministro della giustizia, al Capo del Dap, al direttore generale del personale e delle risorse del Dap, viene auspicato che, una volta compilata la graduatoria dei nominati vincitori degli allievi vice ispettori del Corpo di polizia penitenziaria, questi possano partecipare al corso di formazione la cui conclusione è prevista per il 31 dicembre 2017. Per tale motivo i sindacati hanno chiesto di convocare un tavolo tecnico in tempi rapidi con l'intento di valutare, tra le altre cose, una retrodatazione, fissata al 31 dicembre 2010, della decorrenza giuridica della nomina alla qualifica di vice ispettore;

   ad oggi il Dap non ha formalmente comunicato la data dell'inizio dei corsi di formazione del personale vincitore, ma si è limitato ad indicare, in forma non ufficiale, come luglio 2018 la data per dare inizio ai corsi;

   l'articolo 28, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 443 del 1992, prevede che, per il personale interno del Corpo di polizia penitenziaria, nel limite del 50 per cento dei posti disponibili, la nomina a vice ispettore si consegua al 31 dicembre di ogni anno. Risulta ovvietà constatare che, a causa di continui rinvii dei concorsi dall'anno 2008 ad oggi, tale norma non sia stata rispettata;

   i sindacati che stanno seguendo la vicenda, in diverse note, hanno riferito che, a causa dei ritardi nei procedimenti concorsuali, molti degli interessati potrebbero ricorrere alle vie legali per vedere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per mancato guadagno economico e avanzamento di carriera, con conseguente grave danno per tutta l'amministrazione penitenziaria –:

   se il Ministro interrogato non intenda convocare nell'immediato un tavolo tecnico tra tutte le parti interessate, al fine di risolvere in maniera definitiva la questione dei ritardi accumulati in relazione ai concorsi sopraindicati;

   se non intenda valutare, per i motivi indicati in premessa, se sussistano i presupposti per adottare iniziative, anche di tipo normativo, per una retrodatazione al 31 dicembre 2010 della decorrenza giuridica delle nomine nella qualifica di vice ispettore della polizia penitenziaria;

   se non ritenga, come stabilito dal decreto legislativo n. 443 del 1992, di dover assumere iniziative per garantire l'avvio dei sopraindicati corsi di formazione prima della fine del 2017, prevedendo anche, per velocizzare le procedure, la già collaudata modalità e-learning.
(5-12983)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 15 dicembre 2017 il sindaco di Como – eletto da una coalizione di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia – ha firmato un'ordinanza contingibile e urgente «a tutela della vivibilità urbana e del decoro del centro urbano» che introduce per 45 giorni nella zona centrale della città il divieto di mendicare «in forma dinamica» e «in forma statica» e il divieto di bivacco, stazionamento e accattonaggio, in strada e sotto i portici di alcune chiese;

   i destinatari del divieto sono mendicanti, clochard, persone costrette a vivere in strada: per loro il mancato rispetto dell'ordinanza sarà punito con una sanzione pecuniaria da euro 50 ad euro 300;

   si tratta di un'ordinanza considerata dal sindaco ancor più necessaria in vista delle festività natalizie e dall'aumento di afflusso di persone in città – previste per turismo, per lo shopping o per la partecipazione degli eventi connessi alla manifestazione «Città dei balocchi» – alle quali forme di accattonaggio risulterebbero invasive e moleste; invece, a giudizio degli interroganti, le condizioni di disagio, povertà e abbandono dei senza dimora potrebbero turbare le coscienze;

   come primo riferimento l'ordinanza applica l'articolo 50 del Testo unico degli enti locali come riscritto dal decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito dalla legge n. 48 del 2017 sulla sicurezza urbana, «per la sensazione di insicurezza che deriva dagli scenari sopra illustrati». A giudizio degli interroganti si applica così una legge dello Stato non per fatti reali di sicurezza ma per percezioni di insicurezza;

   compattamente e coscienziosamente la rete dei volontari ha finora ignorato l'ordinanza e continuato a soccorrere le persone costrette a vivere all'aperto nonostante le temperature gelide, con semplici e solidali gesti, con una bevanda calda, qualcosa da mangiare o una coperta, cercando di non farle sentire sole e restituire loro un po’ di dignità e di conforto;

   il provvedimento del sindaco di Como ammette «ricorso al T.A.R. Lombardia entro sessanta giorni o, in alternativa, al Presidente della Repubblica entro centoventi giorni dalla sua adozione»;

   a questo proposito è bene ricordare che già il 3 aprile 2017 è stato accolto il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dall'Associazione Avvocato di strada contro un'ordinanza firmata dal sindaco di Molinella, un piccolo comune della provincia di Bologna, che prevedeva una multa e il sequestro dei mezzi utilizzati e che voleva colpire anche chi, in silenzio e senza disturbare nessuno, chiedeva aiuto solo per alleviare la propria condizione di povertà;

   la decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato sulla base del parere del Consiglio di Stato, ha ritenuto tra l'altro che il sindaco non può in nessun caso colpire con provvedimenti punitivi chi si limita a chiedere l'elemosina senza molestare o infastidire nessuno e non può utilizzare lo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente, concesso per contrastare situazioni di emergenza, per altri scopi –:

   se il Governo non ritenga urgente assumere un'iniziativa normativa che ripristini la legalità e ponga un freno al potere di ordinanza non correttamente esercitato da alcuni sindaci che emettono provvedimenti contro i poveri, anziché intervenire contro la povertà;

   se non consideri urgente assumere iniziative, anche normative, volte a precisare che la mendicità è una forma di semplice richiesta di aiuto che non può essere oggetto di repressione e a evitare l'uso disinvolto del potere di ordinanza potendo ricorrere le amministrazioni ad altri strumenti di intervento.
(4-18948)


   CIRACÌ. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il minore A.G.B., nato a Taraz (Kazakistan) il 15 settembre 2013 con passaporto rilasciato dalla Repubblica italiana il 23 aprile 2015, nell'ottobre 2015 è stato sottratto dalla madre, A.B.A. dall'abituale residenza di Brindisi per essere condotto illecitamente in Kazakistan senza il consenso del padre G.B.;

   in relazione al fatto succitato, lo Stato italiano, con sentenza 368/2017, irrevocabile dal 2 marzo 2017, ha condannato la donna a due anni di reclusione senza condizionale e alla sospensione della potestà genitoriale, articolo 574-bis c.p.;

   in merito a quanto esposto, l'interrogante ha presentato in data 6 giugno 2017 l'interrogazione 4-16739 chiedendo ai Ministri interrogati se e quali iniziative di competenza avessero assunto nell'immediato per l'esecuzione della sentenza penale n. 368/2017 resa dal tribunale penale di Brindisi e in che modo intendessero garantire che, in ottemperanza a quanto disposto dalla succitata sentenza, vi fosse il rientro immediato del minore in Italia, per la tutela suprema dello stesso;

   il 13 dicembre 2017, presso il dipartimento di tutela dei minori di Taraz, organismo di natura amministrativa, si è tenuta ulteriore seduta inerente alla situazione, propedeutica all'azione in sede giurisdizionale innanzi alla Corte minorile di Taraz;

   l'istanza del padre si era incentrata sul diritto di visita al minore che, nell'ultimo mese, avrebbe riferito non aver potuto incontrare né sentire per volere dell'ex coniuge, nonostante non vi fosse alcun divieto; con tale istanza ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, si chiedeva al dipartimento di riconoscere la possibilità di stare con il figlio anche portandolo in Italia per limitati periodi tempo;

   il Kazakistan ha aderito alla Convenzione dell'Aja nel 2013 anno in cui è entrata in vigore; le dichiarazioni di accettazione ai sensi della convenzione dell'Aja rientrano nella competenza esterna esclusiva dell'Unione europea (parere 1/13 Corte di giustizia); con l'atto del Consiglio dell'Unione europea dell'8 dicembre 2016 (decisione 2016/2311) gli Stati membri sono stati autorizzati ad accettare l'adesione del Kazakistan; il medesimo atto è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 14 della Repubblica italiana del 16 febbraio 2017;

   il dipartimento di Taraz, a quanto risulta all'interrogante, avrebbe disatteso l'istanza sul diritto di visita, svuotando di fatto di ogni contenuto la Convenzione medesima, decidendo che il padre G.B. potrà esercitarlo soltanto in Kazakistan, alla presenza della madre, ipotesi attualmente non perseguibile, poiché la donna non gli consentirebbe alcun contatto e avrebbe altresì interrotto ogni comunicazione con i legali italiani e kazaki dell'uomo;

   il console generale d'Italia è già intervenuto in rappresentanza, sia in occasione della seduta del 13 dicembre per relazionare lo Stato italiano, sia sollecitando l'incontro fra il padre e il bambino senza trovare riscontro alcuno;

   tale chiusura sarà segnalata al Dipartimento, alle autorità locali di polizia e all'organismo dell'Aja che esercita un controllo sull'applicazione della Convenzione;

   il padre, a quanto risulta all'interrogante, presenterà altresì azione innanzi alla Corte minorile per il riconoscimento del diritto di visita e il caso verrà presumibilmente trattato, e deciso, nel mese di gennaio 2018 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se abbiano adottato iniziative affinché il Kazakistan applichi la citata Convenzione o se abbiano informato gli organismi internazionali e denunciato agli stessi la mancata applicazione, finora, della Convenzione in relazione al diritto di visita;

   se, alla luce di quanto esposto, l'Autorità centrale convenzionale istituita presso il Ministero della giustizia di Roma abbia adottato iniziative per richiedere al Kazakistan la corretta applicazione della suddetta Convenzione.
(4-18954)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARLONI e IMPEGNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la linea 2 della metropolitana di Napoli è un servizio ferroviario di metropolitano di competenza della società Trenitalia, che conta 12 fermate su 18,9 per circa 77.000 passeggeri/giorno;

   tutti i fabbricati di stazione sono di competenza di Rete ferroviaria italiana (Rfi). Questi presentano tornelli inattivi, che non consentono filtraggio tra passeggeri e eventuali malintenzionati, favorendo al contempo l'evasione tariffaria. Non risulta operante un servizio di videosorveglianza e/o di controllo con polizia privata. Si può affermare che le stazioni siano non presidiate nella loro interezza;

   totalità dei fabbricati versa in condizioni precarie e necessiterebbe di interventi di ristrutturazione, insistendo su una linea inaugurata nel 1925. Inoltre, quasi nessuna delle stazioni è accessibile ai diversamente abili: a ciò dovrebbe porre rimedio l'accordo stipulato fra comune di Napoli nel maggio 2015, ma che ad oggi è rimasto inattuato;

   in particolare, si evidenzia il degrado della stazione «Napoli San Giovanni-Barra», che serve il quartiere di San Giovanni a Teduccio, che conta 25.361 cittadini alla periferia orientale del comune di Napoli, e che dal 14 dicembre 2014 funge da capolinea della linea 2;

   nel quartiere è stata di recente inaugurata una nuova sede dell'università degli studi di Napoli «Federico II», con all'interno un centro di sviluppo della società americana Apple Inc. Quest'apertura ha notevolmente aumentato il flusso di viaggiatori, principalmente studenti, che utilizzano lo scalo ferroviario per recarsi in facoltà;

   lo storico fabbricato viaggiatori, inaugurato nel 1909 in piazza San Giovanni Battista, è stato sostituito nel 2010 da una più moderna stazione, ubicata a circa 100 metri in direzione Napoli. Il vecchio edificio giace in stato di abbandono, aumentando il senso di degrado che già pervade tutto il borgo di San Giovanni;

   l'accesso alla stazione non avviene più dall'ampia piazza San Giovanni Battista, bensì da un angusto vicolo che affaccia su corso San Giovanni a Teduccio. Tale ingresso è poco segnalato, nonché non presidiato, e risulta spesso ingombrato da auto parcheggiate senza rispettare gli stalli di sosta. La stazione è dotata di un parcheggio con circa 200 posti auto, di competenza, che però risulta chiuso e non accessibile al pubblico, nonostante nel dicembre 2014 dichiarazioni congiunte rilasciate da Rfi e comune di Napoli ne prevedessero una imminente apertura;

   nonostante la stazione sia di relativa recente inaugurazione, lo spazio verde antistante, di competenza di Rfi, versa in condizioni di abbandono. I cittadini, per prendere un treno, devono percorrere diverse decine di metri all'aperto attraverso tale giardino, senza alcuna copertura contro le intemperie. Il fabbricato viaggiatori non presenta punti d'informazione all'utenza, né i già citati tornelli d'accesso;

   infine, il progetto del potenziamento del nodo di Napoli elaborato da Rfi nel 2003 prevedeva l'attivazione sulla linea 2 di due ulteriori stazioni, denominate «Traccia» e «Galileo Ferraris». In particolare, la prima, praticamente completata, presenta due uscite: una a servizio del rione Luzzatti, ed una, attraverso un tunnel pedonale, su via Traccia, rompendo così lo storico isolamento urbanistico del rione circa 7.000 cittadini). Lo stato di abbandono di un'opera pubblica nei fatti pronta all'uso rappresenta, secondo gli interroganti, un grave spreco di risorse pubbliche, nonché un sottoutilizzo del servizio metropolitano della linea 2 –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione descritta in premessa; se ritenga che sussistano i presupposti per promuovere verifiche al riguardo;

   quali iniziative intenda assumere nei confronti di Ferrovie dello Stato italiane affinché si possano predisporre le misure necessarie a salvaguardare i diritti di chi giornalmente usufruisce di un servizio, come quello della linea 2, in condizioni di dignità e sicurezza, garantendo il miglioramento delle condizioni della stazione «Napoli San Giovanni-Barra» e l'apertura delle stazioni «Traccia» e «Galileo Ferraris».
(5-12985)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con la convenzione rep. n. 22019 del 3 ottobre 2012, si è ottenuto il finanziamento per euro 332.264,00 relativo al POR Calabria FESR 2007/2013 – linea di intervento 3.2.2.4 — azioni per l'adeguamento sismico di infrastrutture ed edifici pubblici — adeguamento sismico scuola elementare Pezzo di Villa San Giovanni (RC);

   con la deliberazione di Giunta comunale n. 118 del 27 giugno 2014 si approvava il progetto esecutivo relativo ai lavori di adeguamento sismico della scuola elementare Pezzo redatto dall'architetto Solerti Serafino;

   i lavori furono aggiudicati all'impresa Cuzzocrea Antonino, capogruppo della Rete temporanea di imprese Cuzzocrea – Area Costruzioni S.r.l. per importo di euro 242.849,43, con la quale è stato stipulato il contratto d'appalto rep. n. 2013 del 5 agosto 2015, registrato dall'Agenzia delle entrate in data 7 agosto 2015/ – Serie 1T numero 2921;

   in data 22 giugno 2015 venivano consegnati i lavori che, in base alle previsioni progettuali, si sarebbero dovuti concludere in 180 giorni e quindi alla data del 21 dicembre 2015;

   con determinazione n. 333 del 2 settembre 2015 veniva concessa l'anticipazione contrattuale per euro 24.380,00 oltre IVA;

   la consigliera comunale Milena Gioè rilevava in un'interrogazione che i lavori restavano fermi per due anni, a seguito di contrasti tra l'amministrazione e la ditta esecutrice degli stessi;

   nella risposta fornita l'amministrazione rileva come la sospensione arbitrariamente portata avanti dall'azienda sembrerebbe immotivata, avendo avuto ogni utile spiegazione da parte del direttore lavori;

   il comune quindi proponeva la risoluzione del contratto in danno dell'impresa per grave inadempimento contrattuale in forza dell'articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999;

   per quanto riguarda la consegna del plesso agli studenti, in considerazione del nuovo affidamento, che si andrà ad avviare dopo l'adozione della determina di rescissione contratto, i tempi si dilateranno quindi ulteriormente, con grande disagio per la popolazione;

   alla luce delle situazioni paradossali sopra richiamate, appare necessario un intervento normativo a tutela dell'interesse generale in tema di appalti pubblici –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere iniziative di carattere normativo al fine di modificare la disciplina in materia di appalti con l'obiettivo di rafforzare la posizione degli enti locali committenti ed in genere degli enti pubblici, in caso di inadempienza dei soggetti appaltatori.
(4-18940)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla scorsa estate nel comune frontaliero di Bardonecchia si radunano tutti i migranti irregolari che la Francia respinge al valico di Modane e molti di coloro che, non potendosi permettere di pagare un passeur, tentano la sorte attraversando a piedi il tunnel ferroviario del Fréjus;

   si è conseguentemente creata una situazione oggettivamente pesante sul territorio e sugli abitanti di Bardonecchia, che ospitano un numero crescente di migranti irregolari e che sono interessati da una crescita dei reati tipici della piccola criminalità;

   a fronte di questa situazione, invece di provvedere allo sgombero ed allo smistamento dei migranti irregolari, le autorità hanno schierato l'Esercito per controllare il tunnel del Fréjus e, contestualmente, potenziato gli strumenti dell'accoglienza, creando per gli extracomunitari un presidio sanitario all'interno di una stanza riscaldata della locale stazione ferroviaria, gestito dai volontari della onlus Rainbow4Africa, che collaborano con la Caritas, il Soccorso alpino, la polizia di Stato e la Croce rossa;

   è in atto una campagna per coinvolgere nella gestione notturna della stanza sopracitata della stazione ferroviaria di Bardonecchia anche medici ed infermieri, il cui eventuale successo certamente non contribuirà ad allontanare dal comune i sempre più numerosi disperati che lo raggiungono –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per riportare alla normalità la situazione in atto nel comune di Bardonecchia; se, in particolare, si ritenga di assumere iniziative per ridurre il numero dei migranti irregolari che vi stazionano, con quali modalità ed in che tempi.
(4-18935)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 2015 è stato nuovamente disposto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Arzano (Napoli) anche sulla base delle risultanze emerse nella relazione redatta dal prefetto in data 30 marzo 2015 al termine dell'indagine ispettiva, nella quale si conferma la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso;

   la relazione evidenzia che «Gli interessi della camorra si sono concentrati anche nel settore dei servizi funebri, assicurati in regime “monopolistico” da poche imprese controindicate, talora prive della necessaria autorizzazione commerciale, nei cui confronti non è stato riscontrato alcun controllo da parte della polizia locale – che invece sovente è intervenuta per prestare servizi di viabilità in occasione di funerali»;

   inoltre, nell'amministrazione comunale sciolta nel 2015 si era registrato l'ingresso di soggetti aventi rapporti con i clan;

   la commissione d'accesso, nella sua relazione finale che portò allo scioglimento nel 2015, aveva rilevato che l'imponente cementificazione in violazione delle normative e dei regolamenti vigenti aveva arrecato gravi danni al territorio, alla convivenza civile e al concetto stesso di legalità, determinando un fenomeno complessivo di devastazione ambientale mista a inefficienza e corruzione;

   anche recenti notizie di stampa continuano a riferire di un profondo radicamento, se non di una recrudescenza, della criminalità organizzata di stampo camorristico nell'area di Arzano e dei comuni limitrofi, con notevoli intrecci con il tessuto sociale e produttivo locale, con particolare riferimento ai settori dei servizi funebri, dell'edilizia e del traffico delle sostanze stupefacenti –:

   quali iniziative urgenti di competenza intendano intraprendere per contrastare la criminalità organizzata e le infiltrazioni malavitose, con particolare riferimento al territorio del comune di Arzano, al fine di garantire in queste aree il rispetto della legalità.
(4-18938)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in seguito alle ondate migratorie, lo Stato ha delegato le prefetture a stipulare accordi diretti con privati per reperire nei comuni immobili da destinare all'ospitalità dei richiedenti asilo;

   gli accordi, stipulati all'insaputa dei sindaci, portano a dislocare nei diversi comuni molte persone bisognose, senza possibilità per i sindaci di adeguare il sistema dei servizi alle reali necessità di nuovi-residenti, impedendo agli stessi di prevenire problemi di ordine pubblico e di natura igienico-sanitaria in situazioni particolari;

   stando alle informazioni direttamente acquisite dall'interrogante, diversi sindaci, nei mesi di luglio e agosto 2017 si sono trovati costretti ad adottare ordinanze contingibili ed urgenti per prevenire imminenti pericoli di natura sanitaria e di ordine pubblico;

   le ordinanze prevedono, dunque, che i privati comunichino preventivamente al sindaco la partecipazione ai bandi delle prefetture e l'eventuale sottoscrizione di accordi con le esse, in modo che il sindaco, autorità sanitaria locale ed ufficiale del Governo in materia di sicurezza pubblica, possa effettuale i dovuti controlli igienico-sanitari sugli immobili destinati all'accoglienza e prevenire eventuali problemi di ordine pubblico;

   i sindaci hanno notificato tale ordinanza alle prefetture prima di renderla efficace;

   le ordinanze hanno una scadenza temporale limitata, essendo adottate per prevenire situazioni di emergenza;

   i prefetti, nei mesi di settembre e ottobre, avrebbero invitato i sindaci a ritirare le ordinanze o a rivederne i contenuti alla luce di quelli che appaiono all'interrogante indefiniti elementi di illegittimità;

   alla luce di queste richieste, alcuni sindaci hanno revocato o annullato, nel mese di ottobre/novembre, l'ordinanza, essendo venuta meno l'urgenza con l'interruzione dei bandi prefettizi;

   le prefetture, allo stesso modo, hanno incaricato l'Avvocatura di Stato di impugnare le ordinanze chiedendone la sospensione al Tar;

   in seguito alla notifica dei ricorsi, altri sindaci hanno annullato o revocato le ordinanze, con immediata comunicazione alle prefetture;

   le prefetture, a quanto risulta all'interrogante, avrebbero iscritto comunque a ruolo molti ricorsi, portando in discussione al Tar atti già revocati o annullati e generando, comunque, delle spese legali inutili in capo a molti comuni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, considerato il ruolo di raccordo degli ufficiali territoriali del Governo con gli enti locali, ruolo che dovrebbe basarsi sulla leale collaborazione, intenda assumere iniziative per evitare che i contenziosi possano nei fatti generare costi per i comuni, favorendo un generale aumento della spesa pubblica.
(4-18941)


   CARIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del consiglio comunale n. 1 del 14 gennaio 2016 il comune di Castellaneta (Taranto) ha avviato la procedura di riequilibrio finanziario ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 e con delibera del consiglio comunale n. 20 del 2016 ha approvato il piano di riequilibrio finanziario;

   il 9 maggio 2016 alcuni consiglieri comunali hanno inviato alla Corte dei conti di Bari e al Ministero dell'interno osservazioni critiche al piano di riequilibrio;

   il 19 maggio 2016 il Ministero ha trasmesso al comune richieste di chiarimenti sul contenuto del piano che l'ente, il 18 giugno 2016, ha controdedotto;

   con delibera del consiglio comunale n. 38 del 2016 il comune ha rimodulato il piano di riequilibrio, in quanto erano stati acquisiti i seguenti finanziamenti:

    1) 2.000.000 euro dal fondo di rotazione regionale istituito con legge regionale n. 15 del 2016;

    2) 4.550.000 euro a fondo perduto dal Governo (legge n. 160 del 2016);

   a luglio ed il 25 ottobre 2016 i consiglieri comunali hanno inviato alla Corte dei conti e al Ministero ulteriori osservazioni, evidenziando:

    a) la violazione dei princìpi di rappresentazione veritiera dei dati contabili di partenza, di quantificazione attendibile della situazione debitoria e dell'equilibrio del bilancio;

    b) l'obliterazione reiterata dei debiti fuori bilancio, la situazione deficitaria strutturale e l'elusione del patto di stabilità;

    c) l'incapacità di riscossione delle entrate riscontrata dai mancati versamenti al comune del riscosso dalla ditta concessionaria;

   con variazione di bilancio le somme previste per l'ultima rata del risarcimento delle 34 vittime del palazzo crollato nel 1985 sono state utilizzate per la ripavimentazione di strade cittadine e costruzione di una tensostruttura per alcuni milioni di euro;

   nel rendiconto di gestione 2016, approvato con delibera del consiglio comunale n. 27 del 2017, appare all'interrogante non correttamente ricostruita l'esposizione debitoria del comune;

   inoltre, l'istituzione di fondo di rotazione regionale per 2 milioni di euro, effettuato con legge regionale n. 15 del 2016, utilizzato per pagare un debito fuori bilancio non riconosciuto dal Consiglio, è stato censurato dalla Corte dei conti definito «anticipazione di liquidità»; esso non può rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensì è un istituto di natura finanziaria per fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati (Corte costituzionale, sent. n. 181 del 2015);

   il piano di riequilibrio appare altresì inattendibile in quanto, ad avviso dell'interrogante, sovradimensiona ipotetiche entrate che risulterebbero di difficile realizzazione –:

   se la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali abbia effettuato la prescritta istruttoria e compiuto una valutazione del piano presentato dal comune di Castellaneta e, in caso contrario, quali ne siano le ragioni;

   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per una rapida conclusione dei lavori della citata Commissione, con la redazione della relazione di cui all'articolo 243-quater del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, si da evitare che il comune permanga nell'attuale situazione di incertezza contabile.
(4-18942)


   FEDRIGA e SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   malgrado sia sottoposta ad una vigilanza rafforzata dai militari dell'operazione «Strade Sicure», la rete della metropolitana di Roma rimane un posto interessato da un'intensa attività di borseggio;

   ad esercitare in modo più o meno aggressivo il borseggio sono spesso dei Rom più o meno giovani, spesso anche individuati e catturati dalle forze dell'ordine, per essere successivamente rilasciati in tempi rapidi senza alcun provvedimento restrittivo nei loro confronti, circostanza che loro permette di reiterare le loro attività criminali;

   la signora M.A.D. ha presentato diverse denunce circostanziate alla polizia in qualità di vittima di numerosi tentativi di borseggio e violenze, opportunamente documentate, tutti verificatisi nella metropolitana di Roma ad opera di Rom in varie date comprese tra settembre e dicembre 2017;

   il caso della signora M.A.D. è emblematico di una situazione e certamente non isolato;

   i borseggiatori attivi nella rete metropolitana di Roma danneggiano obiettivamente l'immagine della città, compromettendone in parte anche l'industria turistica –:

   quali iniziative il Governo ritenga di assumere per contrastare più efficacemente i borseggiatori che imperversano nella rete metropolitana di Roma, con particolare riguardo alle gang di Rom più o meno giovani;

   se, in particolare, intenda assumere iniziative volte a prevedere nei confronti dei borseggiatori di cui in premessa delle misure restrittive come il «Daspo».
(4-18945)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 25 settembre 2005 Federico Aldrovandi viene ucciso a Ferrara da quattro poliziotti, riconosciuti colpevoli con sentenza definitiva di «eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi»;

   il caso è stato comprensibilmente oggetto di grande attenzione da parte dell'opinione pubblica nazionale, vista la giovane età del ragazzo e le circostanze della sua morte;

   è quindi comprensibile che a distanza di 12 anni dal tragico evento e a 5 dalla sentenza della Corte di cassazione in tanti vogliano ancora ricordare Federico, in diversi ambiti della vita collettiva del nostro Paese;

   fra questi non mancano gli eventi sportivi, vista la scelta dei tifosi della squadra di Ferrara, la Spal, di esibire ad ogni partita casalinga una bandiera che riporta il volto di Federico Aldrovandi;

   recentemente la cronaca ha dovuto occuparsi di questo caso – a seguito della denuncia di Acad – Associazione contro gli abusi in divisa – quando in occasione del match Lazio-Spal del 1° dicembre 2017 la polizia di servizio allo Stadio Olimpico di Roma ha vietato l'ingresso della suddetta bandiera, con la motivazione che non sarebbe stata richiesta l'autorizzazione preventiva;

   questa scelta appariva all'interrogante arbitraria, contraria allo spirito della legge e lesiva della memoria di un fatto tragico che ha giustamente agitato le coscienze di tanti;

   deve tuttavia preoccupare ulteriormente la notizia che da allora la Figc starebbe sanzionando diverse squadre in Italia, dopo l'esposizione nei relativi stadi da parte dei tifosi di effigi raffiguranti Federico Aldrovandi;

   si ha notizia diretta di multe comminate alle società Robur Siena e Prato con la stessa, incredibile motivazione: striscione di contenuto provocatorio verso le forze dell'ordine;

   non si comprende come si possa ritenere provocatorio nei confronti delle forze dell'ordine uno striscione con il volto di un giovane barbaramente ucciso da una violenza arbitraria e fuori controllo –:

   se abbia notizia di quanto esposto in premessa, quali orientamenti intenda esprimere al riguardo e quali iniziative di competenza intenda eventualmente adottare affinché si possa continuare a ricordare in ambienti pubblici, compresi gli stadi, la figura di Federico Aldrovandi.
(4-18951)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 marzo 2017 venivano pubblicati i giudizi espressi dalla commissione per l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima/seconda fascia per il settore scientifico disciplinare tecnica delle costruzioni SSD 08/B3;

   l'ingegner Alessio Pipinato ha partecipato alla procedura per la prima e la seconda fascia di abilitazione, con rispettive domande numero 2424 (seconda fascia) e 5628 (prima fascia);

   il verbale n. 8 del 27 marzo 2017 riportava le procedure relative alla valutazione relativa al candidato citato, il cui giudizio nel seguito riferiva che la commissione decideva di non attribuire l'abilitazione alle funzioni di professore di prima fascia per il settore scientifico disciplinare tecnica delle costruzioni SSD 08/B3;

   in merito a tali deliberazioni il candidato ha poi presentato apposito ricorso amministrativo presso il Tar Lazio, in corso di svolgimento, in merito al giudizio formulato;

   a seguito di ulteriori approfondimenti e accertamenti del ricorrente, sono emerse questioni – a carico di alcuni componenti della commissione succitata – rappresentate puntualmente con Pec in data 27 luglio 2017 (e sollecitate con ulteriore Pec in data 28 novembre 2017) alla direzione generale per l'università del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, richiedendo di rendere noto quali sarebbero stati gli atti effettivamente disposti dal Ministero –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopracitata e se ritenga di fornire risposta in tempi adeguati alle istanze di cui sopra.
(5-12986)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PLACIDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con il piano di razionalizzazione della rete scolastica per il triennio 2018/2021 varato dalla regione Basilicata nel mese di settembre 2017, è stato stabilito il limite di minimo 600 alunni per la concessione della dirigenza/presidenza di un istituto scolastico autonomo;

   tale limite non tiene conto minimamente delle reali condizioni in cui spesso vengono a trovarsi alcuni contesti territoriali, nel caso specifico il «metapontino» ricadente nella provincia di Matera, che – pur non ricadendo in aree montane nel cui caso quel limite scenderebbe a minimo 400 alunni – continuano a vedere erosa la propria popolazione;

   sono intervenute delle trasformazioni socio-economiche che hanno visto cambiare le esigenze di formazione e qualificazione richieste da un mercato del lavoro che va indirizzandosi sempre più verso una maggiore integrazione tra il settore agricolo e quello turistico-ricettivo;

   alcune proposte nello specifico sono state avanzate, in seguito a studi di settori, dal «Tavolo verde» Basilicata –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative, previa concertazione con le regioni, per tenere conto della specificità di territori come il metapontino e altri contesti simili nella fissazione delle soglie minime per la previsione di incarichi di dirigenza di istituti scolastici autonomi;

   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte alla istituzione di un Centro studi permanente istituzionale di storia, archeologia e tradizioni metapontine, magari da insediare all'interno dell'attuale liceo ginnasio di Pisticci.
(4-18933)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il dirigente scolastico dell'istituto «Olivelli Putelli» di Darfo Boario (Brescia) ha diffuso una circolare con un invito rivolto solo a studenti maschi delle classi 4a e 5a, per dare lezioni di italiano ai richiedenti asilo ospitati nei comuni limitrofi della Val Camonica (Gianico, Ossimo, Borno e Pian Camuno), nell'ambito del progetto volontariato in collaborazione con cooperativa sociale Pro Ser Valle Camonica O.n.l.u.s.;

   l'attività svolta verrà riconosciuta ai fini dell'attribuzione del credito scolastico;

   questa discriminante in base al sesso è stata decisa – come spiega il dirigente scolastico nella circolare – per ragioni di «affinità»;

   davvero questo all'interrogante non sembra essere un bell'esempio di integrazione –:

   se il Ministro interrogato intenda appurare per quale motivo siano state discriminate le studentesse;

   se intenda fornire chiarimenti in merito a tale iniziativa che, a parere dell'interrogante, è del tutto inopportuna e senza scusanti da parte di un'autorità scolastica statale.
(4-18944)


   PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa che nella notte tra il 17 e il 18 dicembre 2017 all'esterno del liceo artistico De Nittis di Bari un gruppo di studenti frequentanti lo stesso istituto sia stato minacciato a mano armata dall'operatore di un'agenzia privata di vigilanza incaricato dalla dirigente scolastica di vigilare sulla sicurezza dell'Istituto;

   tale gravissimo episodio sarebbe avvenuto durante un tentativo di occupazione messo in atto da parte degli studenti e delle studentesse nell'ambito della recente campagna di protesta contro l'alternanza scuola-lavoro e di rivendicazione di maggiori spazi di democrazia nella scuola;

   la scelta della dirigente scolastica di affidare la sorveglianza della scuola ad un istituto di vigilanza privata, proprio in un'occasione di una mobilitazione degli studenti e delle studentesse, appare agli interroganti irresponsabile e tale da comportare una pericolosa repressione e criminalizzazione del diritto alla libertà di espressione e di protesta degli studenti e delle studentesse;

   le testimonianze degli studenti e delle studentesse raccolte dai giornalisti e divulgate dai media riferiscono che, malgrado si fossero ripetutamente e chiaramente dichiarati frequentanti l'istituto scolastico, l'operatore di vigilanza abbia urlato minacce di morte, caricando l'arma e puntandola ad altezza uomo. Gli stessi studenti spaventati alla vista dell'arma si sono dati ad una fuga precipitosa, durante la quale una ragazza è caduta ed, avendo riportato una ferita al braccio, è dovuta ricorrere alle cure urgenti dei sanitari del pronto soccorso del policlinico barese;

   si apprende altresì dal comunicato della dirigente scolastica emanato a mezzo stampa il giorno successivo ai fatti, che la stessa abbia chiesto formale relazione sull'accaduto all'istituto di vigilanza. Alla data odierna resta tuttavia ancora sconosciuto il contenuto della relazione qualora sia mai stata prodotta –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere con riferimento alla condotta della dirigente scolastica e se intenda chiarire sulla base di quale legittimazione giuridica la stessa abbia potuto affidare ad un istituto di vigilanza privata la sorveglianza del plesso scolastico e della popolazione studentesca.
(4-18947)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   già in data 29 luglio 2015, con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-06206, ancora senza risposta, l'interrogante richiamava l'attenzione del Governo sulla grave situazione di dissesto economico dell'Enpapi, l'ente di previdenza di infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia, che esercitano la professione in forma autonoma, associata o in cooperativa;

   in particolare più volte, anche nella scorsa legislatura, si chiedeva di fare piena luce sulle scelte strategiche, sugli investimenti e sulle spese per gli organi statutari effettuate dall'Enpapi;

   tale opacità è emersa anche nella recente audizione in Commissione parlamentare enti gestori;

   in data 16 novembre 2017, infatti, la Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, ha audito, anche a mezzo pubblicità audio e video, il presidente dell'Enpapi, Mario Schiavon. Durante la suddetta audizione, con riferimento all'affidamento di un incarico di lobbying, veniva chiesto espressamente al presidente Schiavon se tale incarico fosse retribuito; a tale domanda il presidente Schiavon rispondeva: «È probabile»;

   risulta in realtà affidato a mezzo determina del presidente Schiavon in data 9 novembre 2017, un incarico di lobbying con un costo di 16.0000 euro più Iva –:

   anche alla luce degli elementi di criticità già segnalati nella precedente interrogazione, se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per procedere al commissariamento dell'Enpapi.
(4-18950)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDI, BARONI, MANTERO, NESCI, ZOLEZZI, DAGA, CECCONI, GRILLO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il piano di rientro dal deficit nel settore sanitario previsto dalla regione Lazio ha visto Rieti perdere competenze e competitività e sono a rischio anche i servizi essenziali;

   la provincia di Rieti (73 comuni), ha un'alta incidenza di popolazione anziana (oltre il 24 per cento, alto tasso di patologie cronico degenerative (tumori, diabete, patologie, cardiovascolari, e altro), alto tasso di disoccupazione e depressione economica, e si trova in zona ad alto rischio sismico, orograficamente accidentata e viabilisticamente mal collegata;

   i problemi nella sanità reatina riguardano gran parte dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali e oltre il 40 per cento della popolazione reatina è costretta a rivolgersi a strutture fuori Asl, come Roma, Terni, l'Aquila e Perugia;

   la radioterapia ha ridotto i trattamenti indispensabili per i pazienti oncologici per la carenza di personale medico e tecnico;

   il reparto di nefrologia è stato smantellato con blocco dei controlli dei nefropatici per tutto il periodo estivo e pazienti costretti a rivolgersi ad ospedali di Roma e Terni per monitoraggi indispensabili;

   si registrano: difficoltà nel funzionamento e riduzione dell'attività di controllo per pazienti emocoagulati; blocco estivo degli interventi chirurgici programmati anche per casi critici; crollo dei parti presso l'ospedale reatino; problematicità dei servizi di laboratorio, analisi e radiologia; liste di attesa fuori controllo;

   è fuori uso l'ospedale Grifoni di Amatrice, dopo il terremoto del 2016, a causa dell'omissione di interventi di messa a norma per l'adeguamento antisismico (finanziamento di oltre 2 milioni di euro nel 2012 bloccato dalla regione Lazio), impedendo il soccorso immediato in zona per centinaia di feriti dal sisma;

   un simile degrado dei servizi sanitari è il risultato del concorso di una serie di fattori negativi, di natura gestionale, di deprivazione di risorse professionali e competenze specialistiche, non secondario il blocco delle assunzioni imposto alla sanità pubblica dalla «spending review», che esonera solo amministrazioni di «zone disagiate», per aspetti socio-economici e sanitari particolari. Esattamente la condizione nella quale si trova, secondo i parametri imposti dal Governo, la provincia di Rieti;

   il 19 gennaio 2017 il Comitato «diritto alla salute» reatino ha elencato al direttore generale dell'Asl di Rieti, una proposta metodologica per la conferenza di servizi ASL reatina che illustra le criticità dei servizi ospedalieri e territoriali da risolvere;

   gravi sono anche le denunce riportate dai mezzi di stampa:

   la richiesta di rinvio a giudizio di 27 persone, tra cui l'ingegnere Fiorenza (l'ex responsabile dell'ufficio tecnico) per gli appalti dell'ASL e il sequestro di beni per circa 900 mila euro; la riduzione dei posti letto nel periodo estivo presso il De Lellis; la sospensione dell'attività infermieristica al centro diurno Alzheimer di Cantalice per il mancato contributo dell'ASL (25 mila euro annuo); liste d'attesa inaccettabili (un anno per una colonscopia); le questioni legate all'assunzione del personale infermieristico e rimostranze dei malati oncologi a causa della carenza di personale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda assumere le iniziative di competenza per fare chiarezza, anche per il tramite del commissario ad acta, Nicola Zingaretti, sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi e sull'utilizzo dei fondi pubblici stanziati e sul funzionamento dell'ospedale di Civita Castellana;

   se intenda chiarire i motivi di quella che gli interroganti giudicano un'inoperosità del commissario ad acta in ordine alle vicende sopra esposte e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-18931)


   CORDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   molte sono le realtà esistenti nelle varie regioni italiane per presidi sanitari situati in aree soggette a condizioni considerate geograficamente e meteorologicamente ostili e disagiate, tra le quali vanno annoverate le aree periferiche, le zone montane e le isole;

   è da considerare, tra i tanti casi delle diverse realtà sanitarie regionali, quello specifico dell'ospedale «Paolo Merlo» del comune de La Maddalena che dista circa un'ora dal comune di Olbia verso il quale sono trasferite, in particolare, le partorienti e le situazioni di emergenza; in caso di mancanza di coincidenze con gli orari del traghetto, nonché in caso di condizioni climatiche avverse, che non consentono neppure l'utilizzo del servizio di elisoccorso, risultano necessarie almeno due ore per raggiungere il comune di Olbia;

   con decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 sono state fissate al punto 9.2.2 le linee guida per i presidi ospedalieri di base siti in zone particolarmente disagiate, stabilendo che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere presidi ospedalieri di base nelle suddette qualora siano distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento;

   l'accordo del 16 dicembre 2010, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, e gli enti territoriali ha sancito l'impegno a procedere ad una riorganizzazione regionale del percorso nascita che va pianificato utilizzando preferenzialmente modelli di rete organizzativa di assistenza perinatale, quali il sistema hub & spoke, nonché all'organizzazione di un adeguato sistema di trasporto della madre e/o del neonato nei casi in cui situazioni di rischio o di vera e propria emergenza impongano il trasferimento di questi in strutture in grado di gestire tali condizioni;

   sono numerosi i presidi che si avviano verso la chiusura, ispirati più dal taglio dei costi che dalla salute delle partorienti; le esigenze di bilancio non possono assurgere a motivi fondanti le ragioni dell'impoverimento dei diritti fondamentali, tra cui si annovera il diritto alla salute del cittadino –:

   se il Ministro interrogato ritenga di agevolare la possibilità per le regioni o province autonome di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui e in condizioni orograficamente difficili come stabilito dal decreto n. 70 del 2015, in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010;

   se intenda provvedere, ai sensi dell'articolo 1, comma 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in sede di ripartizione del fondo sanitario nazionale, a vincolare quote dello stesso alla realizzazione di specifici obiettivi del piano sanitario nazionale, con priorità anche per i progetti riguardanti la tutela della salute materno-infantile, in attuazione dell'articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto del Ministro della salute 11 novembre 2015.
(4-18932)


   DIENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 5 dicembre 2017, a seguito di un incidente avvenuto nel paese di Condofuri, l'unico mezzo di emergenza sanitaria intervenuto è stato quello di un'agenzia di pompe funebri;

   da anni il problema del servizio di soccorso nell'area Grecanica da parte dell'unico mezzo a disposizione del 118 viene sistematicamente portato all'attenzione dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, nonché della regione ma non è stato mai risolto;

   è evidente, vista l'assenza di più mezzi di soccorso in un vasto comprensorio, l'impossibilità di soccorrere più soggetti contemporaneamente con un potenziale gravissimo pregiudizio della salute dei cittadini –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere iniziative urgenti, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, affinché la situazione esposta in premessa, che evidenzia l'incapacità delle realtà locali calabresi di garantire i livelli essenziali nel servizio del 118 nell'area Grecanica, venga immediatamente sanata.
(4-18939)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   SENALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   si definisce come piramidale quel modello commerciale di vendita nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori, nel sistema, piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;

   benché sia stato dichiarato illegale dal legislatore con le disposizioni dell'articolo 23 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, cosiddetto codice del consumo, nonché dalla legge 17 agosto 2005, n. 173, sulla disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidale, tale modello sembra trovare ancora spazio sul mercato italiano;

   le ragioni della diffusione del fenomeno possono essere rintracciate soprattutto nell'uso di un marketing ingannevole ai danni delle fasce economicamente più deboli dei consumatori tramite promesse di importanti opportunità commerciali e significativi guadagni che non vengono mantenute nella grande maggioranza dei casi;

   a conferma della diffusione della pratica è possibile richiamare il lavoro di contrasto alle vendite piramidali svolto nel corso dell'ultimo triennio dall'Autorità garante della concorrenza del mercato. In particolare, i provvedimenti dell'Autorità hanno comminato sanzioni per un totale di 500.000 euro alle società Vemma Italia, Asea Italy e Organo Golden Europe per vendite multilivello illecite di bevande, di 455.000 di euro alla società Dexcar per i servizi di autonoleggio e di oltre 2.500.000 di euro alle società che promuovevano l'acquisto della moneta virtuale OneCoin;

   simili modelli contribuiscono a danneggiare significativamente il tessuto economico-sociale italiano a causa di una diffusione che supera le casistiche richiamate, come evidenziato anche da alcune associazioni di consumatori nel corso del 2017. Al riguardo, è possibile richiamare i casi, già oggetto di esposti presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dei modelli commerciali adottati dalla società Vantage Group Srls per il finanziamento sull'aquisto di vetture che dovranno esporre messaggi pubblicitari sulla carrozzeria, nonché dalla filiale italiana della multinazionale statunitense Herbalife Ltd. Con riferimento a quest'ultima, secondo i dati contenuti nel menzionato esposto, oltre l'84 per cento dei produttori che in Italia hanno aderito ai programmi di vendita della società non hanno avuto alcun ritorno economico, a fronte comunque delle) spese di adesione agli stessi;

   a parere dell'interrogante, nonostante l'intervento normativo, persisterebbe un'evidente difficoltà di distinzione tra i casi di marketing multilivello leciti e le vendite piramidali in cui gli introiti delle vendite risultano marginali rispetto a quelli ottenuti dall'ingresso di nuovi soggetti nel circuito commerciale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda promuovere per contenere il fenomeno richiamato, salvaguardando i consumatori italiani coinvolti in pratiche commerciali scorrette;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere per approfondire lo studio dei modelli commerciali di società quali Vantage Groups Srlrs ed Herbalife Ltd per garantire la tutela dei consumatori italiani.
(4-18930)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Basilio n. 4-18836, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cominardi.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Gribaudo n. 4-18865 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 901 del 20 dicembre 2017.
  Alla pagina 52208, prima colonna, alla riga trentacinquesima deve leggersi: «quali siano le motivazioni e di chi siano» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si è appreso che, dopo il tragico evento del 9 marzo 2017, sulla autostrada A14 è stato chiuso un altro cavalcavia a 200 metri dal numero 167 crollato. Si tratta di un ponte che scavalca la A14 e gestito da Autostrade per l'Italia. Il provvedimento è stato adottato in via preventiva dalla società autostrade e ha danneggiato l'impresa del geometra Baldini, in quanto la stessa non ha più nessun accesso né viabilità alternativa e mezzi pesanti e camion non possono muoversi per consentire all'impresa di continuare la propria attività;

   il ponte chiuso è l'unica strada che dalla Direttissima del Conero permette ai mezzi pesanti di raggiungere la sede della ditta Sandro Baldini che sorge al di là dell'autostrada. L'impresa opera da circa 50 anni e, malgrado la crisi che ha colpito l'edilizia, ha continuato ad avere molto lavoro;

   gli eventi si sono svolti tutti molto rapidamente e, in data 13 aprile 2017, Autostrade per l'Italia arriva sul ponte scortata dai carabinieri di Carcerano e fa posizionare delle barriere in cemento sulla carreggiata all'imbocco del ponte per bloccare il passaggio dei mezzi pesanti. La strada è privata, però, ed è di proprietà della ditta Baldini che, interpretando come un abuso il posizionamento delle barriere, le rimuove. Il giorno successivo la Polstrada denuncia il titolare per furto (delle barriere), e ne riposiziona nuove. Il titolare dell'impresa, impossibilitato a lavorare, fa inviare le lettere di licenziamento ai suoi 15 dipendenti. Pur essendo un'attività florida, è costretta a licenziare i dipendenti, perché i propri mezzi pesanti non possono più attraversare un ponte;

   per la vicenda in questione l'interrogante ha scritto ad Autostrade per l'Italia s.p.a. in data 26 aprile 2017, oltre ad aver presentato una interrogazione; alla lettera non è stata data risposta. Quanto comunicato in merito da Autostrade all'interrogante sembra non aver soddisfatto gli operai i quali hanno, a loro volta, deciso di mettere a conoscenza l'interrogante stessa di alcune notizie alla luce delle quali nonché della risposta ricevuta da Autostrade, ancora più pressante diventa la necessità di ulteriori chiarimenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano adottare in relazione alla vicenda, anche per tutelare i livelli occupazionali dell'azienda di cui in premessa;

   se non ritengano opportuno assumere iniziative affinché siano eseguiti lavori volti, ove necessario, al consolidamento della struttura e della statica del ponte;

   considerato che secondo quanto riferito da Autostrade il tonnellaggio sarebbe di 12 tonnellate, come sia stato possibile consentire l'esposizione a un pericolo gravissimo per ben 44 anni tutti coloro che transitavano sul Ponte;

   se si intenda rendere disponibile copia dei verbali e della documentazione relativa alle opere di manutenzione svolte sul ponte 166 della A14 dal collaudo ad oggi;

   se si intenda rendere disponibili i F.i.r. (documento di trasporto) obbligatori per ogni trasporto dei rifiuti, con relativo peso accertato del materiale conferito all'impianto da parte della società Autostrade per l'Italia s.p.a.;

   se risultino segnalazioni da parte dei proprietari dei fondi limitrofi a quello della ditta Baldini, circa danni diretti o indiretti derivanti dalla chiusura del ponte posto che essi hanno come unico accesso il ponte 166, e che, ugualmente, potrebbero aver interesse ad accedere con mezzi pesanti alle loro proprietà (per esempio, nel caso di incendi oppure di interventi edilizi).
(4-18236)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali e dal Ministero dell'interno.
  Il cavalcavia n. 166, ubicato lungo l'autostrada A14 al chilometro 235+049 e in concessione alla società Autostrade per l'Italia (ASPI), fu realizzato da Autostrade negli anni ’70 in sede di costruzione dell'A14 con la funzione di collegare strade di interesse locale e vicinale, in quello che era un contesto prevalentemente agricolo.
  Come per tutti i cavalcavia, la struttura muraria del ponte è rimasta di proprietà di Autostrade, la quale rimane invece estranea alla viabilità sopra insistente e alla relativa manutenzione.
  Nel caso di specie, trattandosi di strada vicinale ad esclusivo utilizzo della ditta Baldini, la manutenzione della viabilità è in capo alla stessa ditta, mentre la regolamentazione della circolazione è in capo al comune di Camerano, cui l'opera è stata consegnata da ASPI nel 1973.
  Così come avviene per tutti i cavalcavia della rete in gestione, ASPI effettua costantemente verifiche e controlli sull'efficienza statica delle strutture.
  Il cavalcavia n. 166 fu costruito con le caratteristiche di ponte di II categoria in relazione all'uso previsto e pertanto è idoneo a sopportare esclusivamente carichi conformi a quelli di progetto: colonna di veicoli 12 tonnellate o rullo isolato 18 tonnellate.
  La questione sulla portata del cavalcavia è peraltro nota sia all'impresa Baldini che al comune di Carcerano già da anni, nel corso dei quali ASPI ha segnalato più volte che il cavalcavia non è stato progettato e realizzato per poter sopportare transito di mezzi con massa superiore alle 12 tonnellate.
  Inoltre, ASPI ha diffidato la citata impresa dall'utilizzare il cavalcavia oltre i limiti di portata e ha posto cartelli segnaletici a salvaguardia della circolazione autostradale sottostante e di quella che, pur diretta al solo impianto dell'impresa Baldini, deve essere regolata e tutelata.
  Successivamente, a seguito di plurime segnalazioni circa la costante violazione del divieto di transito ai mezzi pesanti, ASPI ha dapprima chiesto l'intervento delle autorità competenti, incluso il comune di Camerano e quindi, al fine di scongiurare un potenziale pericolo per la pubblica incolumità, nell'aprile di quest'anno, alla presenza dei Carabinieri, ha posizionato dei
new jersey all'imbocco del cavalcavia, restringendo la larghezza dell'accesso in modo da impedire il transito dei soli mezzi pesanti con portata superiore a quella consentita dalla struttura del ponte. Tali manufatti venivano rimossi da ignoti, rendendo così accessibile il cavalcavia a tutti i mezzi senza alcuna limitazione di massa, e successivamente venivano ricollocati da ASPI.
  A seguito di tale limitazione sono scaturiti vari contenziosi tra la ditta Baldini e ASPI aventi ad oggetto da un lato la legittimità dei citati cartelli di limitazione al transito, dall'altro il pericolo che eventuali transiti eccedenti i limiti di portata del cavalcavia potessero creare alla stabilità dell'opera d'arte.
  Detti contenziosi, a seguito del deposito delle risultanze peritali del CTU, si sono conclusi con l'ordinanza del 4 luglio 2017 con cui tribunale di Ancona ha rigettato il ricorso promosso dalla ditta Baldini volto alla rimozione dei cartelli e, al contempo, ha accolto l'azione per danno temuto promossa da ASPI, confermando il provvedimento con cui è stato ordinato alla ditta Sandro Baldini e alla società Conero Frantumazioni di rispettare e far rispettare ai propri clienti e utenti la segnaletica stradale posta sul cavalcavia n. 166 (...) segnaletica che pone il limite di carico per gli automezzi in transito di 12 tonnellate e fa divieto di transitare sul cavalcavia agli automezzi di portata superiore al limite imposto.
  La società Baldini e la Conero Frantumazioni sono state condannate in solido alla rifusione delle spese.
  Inoltre, la direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali ha fatto presente che non risultano altre segnalazioni da parte dei proprietari dei terreni che utilizzano il cavalcavia 166.
  Infine, per completezza d'informazione, si fa presente che per il cavalcavia n. 167, a seguito del provvedimento di dissequestro delle opere notificato ad ASPI l'11 ottobre 2017, la medesima società ha provveduto a trasmettere il programma delle attività di ripristino. Tale programma prevede quanto segue.
  Per le attività progettuali:

   verifica stato strutture in calcestruzzo;

   progetto preliminare e ripristino strutture in calcestruzzo;

   progetto esecutivo entro il 30 novembre 2017;

  Per le attività operative:

   ripristino strutture calcestruzzo entro il 15 dicembre 2017;

   carpenteria metallica (produzione, assemblaggio e varo) entro il 31 gennaio 2018;

   completamento opere civili e arredi entro il 28 febbraio 2018.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   BASILIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, il golfo di Maderno, comune di Toscolano Maderno, sul lago di Garda, è caratterizzato dalla presenza di un manufatto di particolare pregio, darsena per ospitare barche e motoscafi, risalente ad un periodo antecedente al 1926 e conservata piuttosto integralmente fino all'attualità; vi sono alcune superfetazioni facilmente eliminabili;

   l'opera in parola, che rappresenta una pertinenza della rinomata Villa Bianchi, già «Hotel Golfo», reca in sé un indiscutibile valore artistico ed una certa gradevolezza, con ornamenti di merli, pietre ben tagliate e posizionate, a suo tempo lampione in ferro e altro, come da documentazione fotografica allegata agli esposti di cui in prosieguo;

   l'Autorità di bacino del Garda, di concerto con il comune di Toscolano-Maderno, ha progettato una passerella in cemento ed acciaio, la cui realizzazione renderebbe di fatto invisibile al pubblico ed inaccessibile detta darsena; anzi, stravolgerebbe la darsena, ma anche l'immagine del golfo, come è comprovato dalla documentazione fotografica allegata ad alcuni esposti presentati da cittadini alla soprintendenza competente, per protestare contro la realizzazione del progetto;

   rispetto a tale progetto, che causerebbe un notevole danno paesaggistico alla città ed all'intero golfo (c'è vincolo ambientale paesaggistico dal 1955), il 26 gennaio ed il 13 febbraio 2017 alcuni cittadini hanno presentato esposti alla Soprintendenza territorialmente competente, oltre che all'associazione «Italia Nostra» ed al «FAI – Fondo Ambiente Italiano», per segnalare la compatibilità della nuova passerella con il vincolo paesaggistico della zona e l'immagine complessiva del Paese;

   nelle predette istanze gli interessati rilevavano l'incongruità tra il nuovo progetto architettonico moderno e lo stile antico e pregiato della vecchia darsena, nonché con la complessiva immagine e visione del golfo;

   con nota del 7 marzo 2017, ripresa da una seconda missiva del 17 maggio 2017, il Soprintendente per le province di Bergamo e Brescia, architetto Giuseppe Stolfi, affermava che il progetto contestato doveva ritenersi coerente con l'immagine del Golfo di Maderno, considerato che la stessa era stata già da tempo modificata nel suo rapporto con l'acqua da una serie di interventi succedutisi negli anni;

   in realtà, la realizzazione di una nuova costruzione moderna lungo il golfo di Maderno rischia di snaturare il paesaggio del lungolago ed il valore artistico insito nell'antica darsena, ridimensionando nel tempo anche l'impatto turistico della stessa;

   peraltro, da una prima stima dei costi, si evince che la passerella che l'amministrazione intende realizzare, della lunghezza di circa 30-40 metri, dovrebbe comportare una spesa pubblica di circa 400 mila euro, oltre alle varianti in corso, con una incidenza notevole per le casse pubbliche –:

   se i fatti descritti in premessa corrispondano al vero e di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa i tempi e le modalità di realizzazione della nuova passerella nel golfo di Maderno, comune di Toscolano Maderno;

   se non ritenga opportuno assicurare, per quanto di competenza, una forma di tutela in favore dell'antica darsena, anche promuovendo una modifica del progetto iniziale per uniformare la passerella in costruzione allo stato originario dei luoghi;

   come si concili con la normativa vigente in materia di beni storici e di manufatti di pregio anteriori al 1930, e con il vincolo ambientale-paesaggistico vigente a Toscolano-Maderno, quella che è di fatto una distruzione di un bene storico di rilevante pregio, deturpato in particolare dall'installazione di pali in acciaio all'ingresso della darsena.
(4-16927)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con riferimento al progetto presentato dall'autorità di bacino del Garda, di concerto con il comune di Toscolano-Maderno, per la realizzazione di una passerella in cemento e acciaio, che a detta dell'interrogante renderebbe di fatto invisibile al pubblico ed inaccessibile la darsena sita presso il golfo di Maderno sul lago di Garda.
  Al riguardo, il soprintendente per le province di Bergamo e Brescia, architetto Giuseppe Stolfi, con la nota del 4 ottobre 2017, dando seguito a quanto già riportato nelle note del 7 marzo 2017 e del 17 maggio 2017, citate dall'interrogante, ha comunicato quanto segue.
  L'intervento che sta interessando il golfo di Maderno e che prevede la realizzazione di un collegamento tra piazzale Roma e piazza San Marco si pone come obiettivo quello di risanare
in primis una situazione compromessa da una serie di strutture posticce, realizzate nel tempo a ridosso dell'edificio «Ristorante al Muretto» ormai in stato di abbandono e degrado, per riqualificare la terrazza su cui è situato l'edificio del ristorante e collocare anteriormente ad esso un camminamento pedonale (in parte utilizzabile anche come plateatico da parte del ristorante) che colleghi in sicurezza l'area parcheggi e il lungolago di Maderno.
  Pertanto, in seguito all'accertamento dello stato di degrado e abbandono in cui verteva l'area, la quale necessitava indiscutibilmente di un intervento di riqualificazione, quest'ultimo è stato autorizzato con Determinazione n. 0501 del 25 maggio 2016 dell'autorità di bacino laghi Garda e Idro dopo aver ottenuto i pareri favorevoli in data 02 marzo 2016 in sede di conferenza dei servizi da parte della provincia di Brescia area ambiente (Settore ambiente valutazioni ambientali, protezione civile, legge Valtellina), della provincia di Brescia area ambiente (settore pianificazione socio-economica e territoriale-parchi), della provincia di Brescia area ambiente (ufficio pesca), della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia Cremona e Mantova, della soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia, della gestione navigazione laghi, del comune di Toscolano Maderno, dell'autorità di bacino.
  Il soprintendente, inoltre, ha segnalato che allo stato dei luoghi all'atto della valutazione del progetto era emersa la presenza, sotto ai consistenti plateatici, dei resti di una precedente darsena (e non porticciolo) sulla quale, per altro, erano stati edificati i manufatti di cui sopra, e che l'area verteva in una condizione di degrado tale da richiedere indiscutibilmente un intervento di riqualificazione.
  La darsena storica è stata, infatti, oggetto di considerevoli trasformazioni edilizie a partire dal 1964 (Licenza di costruzione n. 22 del 3 marzo 1964 per la sistemazione della darsena in esercizio commerciale), nonché, due anni dopo, licenza di costruzione per la realizzazione di un nuovo pontile sul lago ad essa antistante (licenza n. 78 del 1966).
  Pontile su cui successivamente è stata costruita con licenza n. 99 del 1966 la summenzionata veranda vetrata.
  Fatto salvo, quindi, che l'imbocco della darsena risultava già da decenni ricoperto dai plateatici del ristorante e che solo all'inizio dell'apertura del cantiere è stato riportato a vista, l'autorità di bacino ha accertato, considerata la situazione, che la nuova passerella non interferirà con i resti dell'imbocco alla vecchia darsena, passando al di sopra della stessa, e che pertanto tali manufatti rimarranno in essere come sin qui è stato.
  In merito poi alla coerenza del progettato intervento con l'immagine del comune di Toscolano e specificatamente del golfo di Maderno, la soprintendenza, ha evidenziato che lo stesso (e specificatamente nella parte in oggetto) è ormai il risultato di interventi recenti che ne hanno da molto tempo modificato sostanzialmente l'immagine, in particolare quella storica.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da tempo ormai è impossibile prenotare un volo da e verso l'aeroporto di Alghero in regime di continuità territoriale dagli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano, sia con la compagnia aerea Alitalia (uscente), sia con la compagnia Blua Air (aggiudicatrice del nuovo bando). Tale situazione che perdura a tutt'oggi ha causato una paralisi della mobilità nei cieli del nord-ovest della Sardegna. Chiunque residente nella zona nord-ovest intenda recarsi «in continente» è costretto a far ricorso al comparto marittimo, spostarsi sull'aeroporto di Olbia o addirittura andare all'aeroporto di Elmas-Cagliari. Tale situazione causa un evidente danno sia per quanto concerne il diritto alla mobilità, sia per quanto concerne il turismo. Va tenuta in massima considerazione la situazione delle persone a mobilità ridotta, o comunque di soggetti che hanno la necessità di ricevere cure mediche fuori dall'isola (si pensi alle persone dializzate), costretti a viaggi estenuanti in nave o comunque costretti ad affrontare l'odissea della cosiddetta Sassari/Olbia considerato che la libertà di circolazione è sancita in Italia dalla Costituzione italiana (articolo 16) e in Europa nella Carta dei diritti dell'Unione europea (articolo II-105). Volendo dedicare un piccolo focus al turismo, si pensi che in un periodo come l'autunno in cui l'Italia tanto ha investito sul turismo con le «cortes apertas», tutto vien vanificato dall'impossibilità per i turisti di pianificare un volo;

   si apprende poi, dalla stampa che l'assessorato regionale della Sardegna ai trasporti ha chiesto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti una proroga del bando della continuità territoriale per gli aeroporti di Alghero e Olbia;

   il non aver previsto l'obbligo di garantire una continuità nell'erogazione dei servizi tra concessionario uscente e quello subentrante, ad avviso dell'interrogante, potrebbe determinare una responsabilità in capo agli amministratori regionali –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire per quanto di competenza, precisazioni riguardanti le cause dei disagi sopra descritti e le eventuali responsabilità;

   se la proroga richiesta comporti dei costi.
(4-18293)

  Risposta. — Come già riferito lo scorso 9 novembre, in occasione dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in IX Commissione, si conferma quanto segue.
  Preliminarmente si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006, le funzioni relative alla continuità territoriale sono state trasferite in capo alla regione Sardegna, conseguentemente, le attività relative alla predisposizione degli atti propedeutici all'imposizione di oneri, ai bandi di gara e allo svolgimento delle gare stesse sono in capo alla predetta regione; si precisa altresì che il comma 840 ha previsto che gli oneri finanziari relativi alla continuità siano a carico del medesimo ente territoriale.
  Tenuto conto di ciò, e nel pieno rispetto delle prerogative regionali, l'impegno del Governo è stato comunque orientato a mantenere una fattiva collaborazione con la regione, che ha consentito di mettere in atto le più idonee iniziative congiunte per ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale, segnatamente attraverso l'imposizione di oneri di servizio pubblico (OSP) sui servizi aerei di linea. Si richiama, al riguardo, il decreto ministeriale n. 61/2013 che, a suo tempo, ha imposto OSP sui collegamenti aerei tra i principali aeroporti sardi e gli scali di Roma e Milano (rotte cosiddette) CTI) fino al 27 ottobre scorso.
  In linea con l'intendimento di assicurare, anche per gli anni successivi, il diritto dei cittadini sardi alla continuità territoriale, con decreto ministeriale n. 91/2017 sono quindi stati imposti, a partire dal 27 ottobre 2017, nuovi OSP sulle rotte CTI, introducendo, rispetto al precedente regime regolatorio, le modifiche ritenute necessarie in considerazione delle attuali esigenze di mobilità della popolazione interessata e a favorire lo sviluppo della Sardegna.
  Del nuovo regime onerato, e delle discendenti gare europee per l'affidamento dei servizi, è stata correttamente informata, già in data 24 marzo 2017, la Commissione europea la quale, pur riservandosi ulteriori e più approfondite valutazioni sui servizi onerati, il successivo 9 maggio ha autorizzato la pubblicazione sulla Guue delle note informative dell'imposizione di Osp e delle relative gare.
  In esito, poi, all'approfondito studio della documentazione trasmessa, la Commissione ha richiesto alla regione Sardegna ulteriori chiarimenti sulla
ratio dei nuovi OSP e, in particolare, sulle necessità che sottendono l'aumento, rispetto alla vigente imposizione, delle frequenze minime, della capacità offerta, delle tariffe agevolate massime e della compensazione finanziaria. Ne è derivato, da allora, un fattivo dialogo tra questo Ministero, la regione Sardegna e la Commissione europea, proprio per individuare le forme impositive più opportune e in linea con la normativa di riferimento; ciò anche al fine di procedere, ove necessario, alla revisione dei servizi onerati. Circostanza, quest'ultima, già prevista dai bandi di gara, che tengono conto della possibilità di rivedere il servizio onerato in presenza di fatti successivamente intervenuti quali sono, certamente, le osservazioni della Commissione europea.
  Su tali basi, al fine di consentire alla regione Sardegna di individuare le soluzioni più idonee a contemperare l'accresciuta esigenza di mobilità dell'utenza con il pieno rispetto della normativa comunitaria e delle indicazioni della Commissione, questo dicastero, con decreto ministeriale n. 498 del 25 ottobre 2017, ha deciso di sospendere gli effetti del nuovo regime onerato di cui al citato decreto ministeriale n. 91/2017 e di estendere la validità del precedente regime impositivo di cui al detto decreto ministeriale n. 61/2013 fino all'approvazione di una soluzione condivisa con la Commissione europea. Ciò ha determinato, in particolare, la proroga dei precedenti regimi convenzionali.
  Stante tale proroga, sono in ogni caso del tutto assenti i paventati rischi di «isolamento» della regione. Per quanto riguarda i rischi di un aumento dei costi già preventivati risulta che la regione Sardegna abbia adottato le misure necessarie per scongiurare siffatte problematiche segnalate, tant'è che
Blu Air sta esercitando i servizi onerati da e per Alghero.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   BOCCADUTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16-bis del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, convertito dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ha previsto l'istituzione di un tavolo per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale;

   la norma ha disciplinato anche la composizione del tavolo, prescrivendo la partecipazione di rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dello sviluppo economico, delle associazioni di categoria del settore maggiormente rappresentative e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (Cncu), nonché di un rappresentante di ciascun operatore privato che opera in almeno quattro regioni e che non aderisca alle suddette associazioni;

   secondo il dettato della disposizione in parola, l'istituzione del tavolo sarebbe dovuta avvenire con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, entro il 30 ottobre 2017;

   il 29 settembre 2017 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha sottoposto a consultazione pubblica uno schema di decreto ministeriale recante il riordino dei servizi automobilistici di competenza statale;

   l'istituzione del tavolo di cui in premessa è precipuamente volta ad individuare i principi e i criteri per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, avendo specifico riguardo alla tutela della concorrenza e dei viaggiatori nonché alla garanzia di adeguati livelli di sicurezza del trasporto interregionale –:

   se i Ministri interrogati non ritengano di procedere all'adozione del decreto istitutivo del tavolo per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale e alla successiva convocazione dello stesso, in considerazione dell'importanza di tale iniziativa per il settore di riferimento, e quali ne siano le tempistiche.
(4-18492)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per il trasporto stradale e per l'intermodalità di questo Ministero.
  In merito all'istituzione del tavolo di lavoro previsto dall'articolo 16-
bis del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 (convertito con legge 3 agosto 2017, n. 123) si fa presente che detto tavolo è finalizzato a individuare i principi e i criteri per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, anche avendo specifico riguardo alla tutela dei viaggiatori e garantendo agli stessi adeguati livelli di sicurezza del trasporto. L'istituzione era prevista dalla norma entro il 30 ottobre 2017.
  Il 6 settembre 2017 è stata attivata la richiesta di designazione ai numerosi soggetti sia pubblici che privati previsti dalla legge.
  Molteplici sono state le attività prodromiche alla emanazione del decreto istitutivo, che peraltro ha richiesto il concerto tra questo Ministero e il Ministero dello sviluppo economico.
  Tra esse si citano la necessità di individuare le associazioni maggiormente rappresentative nonché le imprese di autotrasporto passeggeri non iscritte alle principali associazioni ed operanti in almeno quattro regioni.
  In esito all'istruttoria compiuta dai competenti uffici di questa Amministrazione, ed una volta acquisite le designazioni ed il concerto previsti dal suddetto articolo 16-
bis, il 20 novembre 2017 è stato istituito il tavolo di lavoro, del quale è stata ad oggi convocata la prima riunione.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 30 giugno 2015 scadeva la proroga di sei mesi della concessione autostradale alla società Brescia-Verona-Vicenza-Padova e da più parti veniva avanzata l'ipotesi che un mancato rinnovo della concessione medesima potesse incidere anche sulla costruzione dell'infrastruttura autostradale della Valtrompia ed in particolare sulla realizzazione del raccordo Concesio-Sarezzo, già inserito nel piano finanziario della Serenissima per una cifra pari 258,6 milioni di euro;

   infatti, per tale tratta è già stata espletata la gara d'appalto, aggiudicata provvisoriamente dalla Ics Grandi. Lavori, e l'Anas ha già anticipato 7,5 milioni di euro per gli espropri;

   la possibilità dell'individuazione di una risoluzione delle problematiche legate all'approvazione del progetto della Valdastico nord, emersa a seguito dell'intenzione del presidente della provincia di Trento di approfondire la questione, ha indotto il CIPE ad approvare un rinnovo della concessione autostradale per ulteriori 18 mesi, e ciò «salva», almeno per ora, il progetto, in attesa di un accordo definitivo che comporterebbe un'ulteriore proroga di 10 anni per la realizzazione delle opere;

   in risposta a due precedenti interrogazioni la n. 5-01205 e la 5-04250 i rappresentanti del Governo hanno sostanzialmente ribadito la volontà del Governo di giungere nei più brevi tempi tecnicamente occorrenti alla realizzazione dell'autostrada della Valle Trompia, a beneficio dei territori che la stessa andrà a servire;

   infatti, cittadini e imprese aspettano da anni la realizzazione della Valtrompia, e soprattutto del primo tratto del progetto Concesio-Sarezzo, quest'ultimo già previsto, approvato e finanziato da tempo, che, tuttavia, non riesce a partire per motivi indipendenti dal territorio;

   si tratta di una valle operosa dal punto di vista produttivo che viene penalizzata per la mancanza di collegamenti alternativi che consentano una mobilità adeguata alle quotidiane esigenze;

   il progetto definitivo è stato approvato dal CIPE nel 2004 e quello esecutivo nel 2005 e, pertanto, l'infrastruttura avrebbe dovuto già essere realizzata –:

   se intenda confermare l'importanza prioritaria dell'Autostrada per il territorio della Vale Trompia chiarendo l'intenzione del Governo ai fini della risoluzione delle problematiche che fino ad ora hanno impedito la realizzazione dell'infrastruttura.
(4-09991)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società Anas.
  Per comprendere le ragioni che, a tutt'oggi, impediscono l'avvio dell'opera è necessario ripercorrere l'intera vicenda; occorre, dunque, partire dal 2007, quando Anas sottoscriveva con la società autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova una convenzione per la concessione (costruzione e gestione) dell'autostrada BS-VR-VI-PD, nella quale era prevista anche la realizzazione del raccordo autostradale della «Val Trompia», con oneri a carico della concessionaria e con erogazione subordinata all'aggiornamento del piano economico-finanziario.
  Veniva indetta la procedura di gara che si concludeva il 25 settembre 2012 con l'aggiudicazione provvisoria in favore dell'ATI ICS grandi lavori s.p.a. (ora S.A.L.C. s.p.a.) – Carena s.p.a. – Fimet s.p.a. per un importo di circa 155 milioni di euro, compresi gli oneri per la sicurezza.
  Anas nelle more dell'aggiudicazione definitiva, procedeva, previo parere favorevole dell'Avvocatura, all'acquisizione delle aree e alla risoluzione delle interferenze anticipando circa 7,5 milioni di euro che la concessionaria avrebbe dovuto rimborsare e che la stessa, poi, si rifiutava di restituire.
  La concessionaria, infatti, pur confermando l'impegno di finanziare l'opera, ometteva di erogare i fondi necessari all'espletamento di tutti i necessari adempimenti propedeutici all'aggiudicazione definitiva, adducendo la presunta impossibilità di far fronte agli impegni assunti a causa della mancata approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze della revisione del Piano economico finanziario (PEF) posto a base della concessione.
  Va, inoltre, precisato che a partire da ottobre 2012, Anas aveva perso il ruolo di Concedente passato nelle competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit).
  Nonostante la piena consapevolezza che la situazione di stallo non dipendesse da Anas, SALC, nel settembre 2014, conveniva l'Anas avanti il TAR Lombardia (Brescia), sostenendo che non vi fossero validi motivi per ritardare l'aggiudicazione.
  Anas, contestava tale affermazione, del tutto infondata, in considerazione della necessità ben nota a SALC (peraltro esplicitata nel bando di gara) di acquisire la provvista finanziaria da parte di autostrada BS-PD.
  Il 9 gennaio 2015, Anas comunicava al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ad autostrada BS-PD di non poter procedere all'aggiudicazione definitiva e alla relativa stipula del contratto, se non dopo aver ricevuto la conferma dell'effettiva disponibilità finanziaria necessaria alla realizzazione dell'opera e chiedeva i tempi previsti per l'aggiornamento del Pef.
  Nel frattempo, il Tar Brescia si pronunciava, parzialmente, con sentenza n. 1003/2015 del 17 luglio 2015, accogliendo il ricorso interposto avverso il silenzio e ordinava ad Anas di emettere un provvedimento espresso, entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza, con l'avvertenza che, in caso di inottemperanza, si sarebbe proceduto alla nomina di un commissario
ad acta. Il Tar Brescia non decideva, invece, sulla domanda di risarcimento del danno da ritardo, rinviando la decisione su tale punto all'udienza pubblica del 12 ottobre 2016.
  A valle della sentenza, l'Anas si attivava nuovamente con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per conoscere la situazione della concessionaria BS-PD in merito all'erogazione dei fondi.
  Anas, inoltre, intimava alla stessa il pagamento delle somme anticipate per le attività relative agli espropri che SALC, al contrario, contestava rilevando la mancata integrazione delle stesse nelle condizioni previste dalla convenzione per l'erogazione, sconfessando, in tal modo, gli impegni assunti.
  Decorsi i 60 giorni fissati dal Tar Brescia, in data 24 febbraio 2016, SALC richiedeva la nomina di commissario
ad acta.
  Il 12 aprile 2016. il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti comunicava alla concessionaria BS-PD che «[...] conformemente alle intese del comitato paritetico tra Stato, regione Veneto e provincia autonoma di Trento, si procederà alla formalizzazione dell'intesa Stato-regione-provincia e nel contempo all'aggiornamento dell'atto aggiuntivo della convenzione che disciplina il rapporto concessorio, ivi inclusa la realizzazione del collegamento Valdastico Nord [...]». Con la medesima comunicazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiedeva alla concessionaria «[...] di voler dar seguito agli impegni convenzionali già assunti per la realizzazione dell'opera in oggetto, che comprenderanno anche la corresponsione ad Anas s.p.a. degli importi da essa anticipati a titolo di indennità di esproprio per le aree interessate dai lavori [...]».
  Con nota del 28 aprile 2016, la concessionaria autostrada BS-PD comunicava che avrebbe proceduto a rimborsare Anas per gli importi anticipati a titolo di indennità di esproprio e si impegnava a far fronte agli impegni di investimento relativi al «contributo Val Trompia».
  Con nota del 16 maggio 2016, questo Ministero, preso atto delle determinazioni della concessionaria, autorizzava Anas a procedere alla conclusione della procedura di gara.
  Con nota del 25 maggio 2016, Anas chiedeva a SALC i documenti per la verifica dei requisiti dichiarati in sede di gara.
  L'impresa SALC confermava, con nota del 31 maggio 2016, la validità per ulteriori 180 giorni (ovvero, fino al 30 novembre 2016), dei termini e delle condizioni contenute nell'offerta presentata nel 2012, con ribasso del 35,13 per cento e con l'ulteriore nota del 12 luglio 2016, dichiarava di rinunciare, in caso di aggiudicazione definitiva, sia all'istanza per la nomina del commissario
ad acta che alla richiesta di risarcimento dei danni al momento della stipula del contratto.
  Nonostante l'impegno assunto, mai formalizzato davanti al Tar, quest'ultimo con ordinanza n. 1050 del 27 luglio 2016 nominava quale commissario
ad acta il direttore della direzione generale infrastrutture e mobilità della regione Lombardia, con facoltà di delega ad altro dirigente idoneo, fissando al 30 novembre 2016 il termine per l'adozione dell'atto conclusivo del procedimento.
  ANAS, intanto, al fine di addivenire all'aggiudicazione definitiva dei lavori in parola, provvedeva alla verifica dei requisiti delle imprese facenti parte dell'ATI SALC. Da tali controlli, emergeva che la FIMET s.p.a., mandante del raggruppamento, era stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Brescia del 28 gennaio 2015 e che, con nota del 16 aprile 2015, la mandataria ICS aveva comunicato al curatore fallimentare, senza informare Anas, dell'estromissione della citata mandante «ai sensi e per gli effetti dell'articolo 37, comma 19, del decreto legislativo n. 163 del 2006» dal costituendo RTI.
  A riprova della volontà di procedere con l'aggiudicazione, il 7 settembre 2016, Anas disponeva comunque l'aggiudicazione definitiva in favore dell'ATI SALC e, con nota del 22 settembre 2016. richiedeva la trasmissione dei documenti strettamente connessi alla stipula del contratto, ivi compreso, trattandosi di RTI, del mandato collettivo speciale irrevocabile con rappresentanza, nonché le polizze fideiussorie ed assicurative. SALC, tuttavia, non dava riscontro alla predetta missiva.
  Nel frattempo, l'impresa CMC, classificatasi al secondo posto della graduatoria, interponeva ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva (R.G. n. 1163/2016) innanzi al Tar Lombardia (Brescia), che, con sentenza n. 167 del 6 febbraio 2017, rigettava il gravame.
  Ad appena due giorni di distanza dalla sentenza del Tar Brescia, SALC chiedeva ad Anas di stipulare il contratto d'appalto, anche in ragione del tempo trascorso, ritenendo sussistere tutti presupposti per la stipula, sebbene non avesse ancora ottemperato alla richiesta di documenti (richiesta peraltro reiterata nel mese di dicembre 2016).
  Il 14 febbraio 2017, SALC provvedeva a trasmettere parte della documentazione richiesta, ovvero quella necessaria ai fini della richiesta di certificazione antimafia.
  Pertanto, Anas pur con tale (parziale) documentazione, si trovava ancora nell'impossibilità di addivenire alla stipula del contratto, stante la mancanza dell'ulteriore documentazione richiesta e la necessità – prescritta dalla vigente normativa antimafia – di attendere, in difetto di un'informativa liberatoria, il decorso del termine di 30 giorni dalla ricezione della relativa istanza da parte dell'U.T.G. prefettura di Milano per la stipula del contratto. Il 14 febbraio 2017, CMC proponeva appello avverso la sentenza del Tar Lombardia ottenendo la sospensione della sentenza di primo grado fino all'udienza del 13 aprile 2017.
  In quella stessa data il Consiglio di Stato respingeva l'appello di CMC.
  Anas, quindi, sollecitava nuovamente SALC a trasmettere la documentazione non ancora pervenuta, già richiesta in data 22 settembre 2016, 14 marzo 2017 e 15 marzo 2017, al fine di poter procedere, con ogni consentita urgenza, alla dichiarazione di efficacia dell'aggiudicazione definitiva ed alla conseguente stipula del contratto.
  In data 27 aprile 2017 si teneva l'udienza pubblica per la discussione della domanda risarcitoria avanzata da SALC e quest'ultima depositava memoria con la quale rinunciava a tutte le voci di danno, «con esclusione di quella formulata nella memoria del 26 settembre 2016, in termini di riconoscimento della spettanza dell'aggiornamento dei prezzi a quelli riportati nell'elenco prezzi ANAS del 2015».
  Il Tar Lombardia accoglieva l'istanza risarcitoria, ma in modo difforme dalla richiesta di SALC chiedendo ad Anas di liquidare il danno nella misura della differenza tra i prezzi del 2014 e quelli del 2017 e preannunciando che, in mancanza della nomina di un commissario
ad acta: «Il risarcimento del danno subito dalla ricorrente può, dunque, essere liquidato in misura pari alla differenza di prezzo tra il costo totale dell'opera determinato applicando al computo metrico estimativo i prezzi dell'elenco prezzi di Anas per l'anno 2017, approvato con deliberazione del consiglio di amministrazione del 19 dicembre 2016 e quello che sarebbe stato il costo stesso applicando l'elenco prezzi valido per l'anno 2014».
  Per completezza di informazione, va anche aggiunto che SALC nel febbraio 2014, aveva «accettato di realizzare le opere oggetto del presente affidamento agli stessi prezzi e condizioni e patti dell'offerta presentata a suo tempo», confermandoli integralmente e rinunciando «a far valere ad oggi e per il futuro, qualsiasi maggiore onere, riconoscimento, indennizzo o doglianze di sorta per fatti e accadimenti – nessuno escluso – che sono intervenuti o dovessero intervenire dalla data di presentazione dell'offerta alla consegna del lavori, ivi compreso l'eventuale incremento dei costi dei fattori primi della produzione o qualsivoglia compensazione dei prezzi fino alla data della consegna dei lavori.».
  A valle della sentenza di cui sopra, Anas inoltrava numerose missive a SALC al fine di completare l'acquisizione della documentazione indispensabile per la stipula del contratto. Tenuto conto che la differenza fra il prezziario 2017 e quello 2014 risulta negativa, Anas ha sollecitato la stipula del contratto ai prezzi originari ma SALC non ha mai completato la produzione della documentazione per la stipula e ha richiesto una rivalutazione dell'importo del contratto ai prezzi del 2017, sulla scorta di una differente interpretazione della sentenza.
  Nel frattempo e dopo varie rinunce da parte dei commissari
ad acta nominati dal Tar Brescia, lo scorso 28 settembre il Tar ha proceduto alla nomina di un nuovo commissario ad acta che dovrebbe quindi procedere ad effettuare i conteggi della misura risarcitoria.
  Il 16 giugno 2017 Anas presentava appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del Tar Brescia e, alla camera di consiglio del 13 luglio 2017, veniva fissata l'udienza di merito al prossimo 14 dicembre. Il pronunciamento avverrà a valle dell'udienza.
  Risulta, dunque, necessario attendere il pronunciamento del Consiglio di Stato, che stabilirà se SALC ha diritto ad essere risarcita, senza considerare che, a tutt'oggi, non sono comunque pervenuti i documenti per la stipula e che ANAS ha dichiarato da sempre di essere disponibile, nelle more dei vari pronunciamenti, a stipulare il contratto ai medesimi prezzi e condizioni delle aggiudicazioni, salvo corrispondere l'eventuale misura risarcitoria a valle del pronunciamento del Consiglio di Stato.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si protraggono ormai da più di un anno i problemi legati ai ritardi nell'evasione delle pratiche automobilistiche presso la motorizzazione civile di Brescia, dovuti ad una carenza di personale a fronte di una ingente mole di lavoro, appesantita dalla scelta governativa di trasferire alla motorizzazione le competenze della provincia;

   i collaudi, le revisioni, le pratiche per iscrizioni, modifiche societarie, variazioni di sedi che prima venivano evase in 2 settimane, ora richiedono una media di 2 mesi. Le revisioni delle patenti sono in arretrato di mesi, così come le lettere di azzeramento dei punti della patente o i duplicati, anche se in alcuni casi la motorizzazione ha solo il compito di controllare le pratiche evase dalle autoscuole;

   i disagi più grandi sono vissuti dalle aziende di trasporto, che ovviamente utilizzano i servizi della motorizzazione con una certa regolarità per le immatricolazioni e per le revisioni obbligatorie dei veicoli e che già vedono ostacolato il proprio lavoro per i ritardi nel rilascio di provvedimenti amministrativi che complicano la normale attività delle aziende con forti ripercussioni sulle attività economiche, del settore e di tutto l'indotto. Gli autotrasportatori, oltre ai problemi legati alla determinazione mensile dei costi di esercizio dei servizi di trasporto e a quelli legati alla concorrenza sleale estera, devono anche fare i conti con la carenza di personale nelle pubbliche amministrazioni che condiziona negativamente l'esercizio della professione –:

   come intenda garantire il diritto ad un servizio di qualità ai cittadini bresciani, e in particolar modo alle aziende di trasporto, che si avvalgono regolarmente per motivi personali e professionali dei servizi della motorizzazione civile e che stanno subendo da troppo tempo ormai gravi disagi a causa dei problemi legati alla carenza strutturale di personale.
(4-16625)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale del personale e degli affari generali di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La difficile situazione degli uffici della motorizzazione civile su scala nazionale, con aspetti di particolare criticità in alcune sedi del nord-Italia, come Brescia, è ben nota a questo Ministero.
  La problematica prende avvio, da più di un decennio, da varie disposizioni di legge per le quali le assunzioni possibili in ciascun anno sono sempre state contingentate in una ridotta percentuale rispetto al numero dei dipendenti collocati in quiescenza nell'anno precedente.
  Il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, imponendo un ulteriore taglio della dotazione organica, aggiuntivo a quelli già disposti negli anni precedenti – ha causato una situazione di esubero che ha costretto l'Amministrazione ad effettuare circa 400 prepensionamenti, ad attuare un rigido blocco delle assunzioni e a procedere alla revoca di due concorsi, per complessive 100 unità di terza area, le cui prove scritte non si erano ancora svolte ed i cui bandi erano stati pubblicati nel 2011.
  Il numero dei dipendenti in servizio, al 1° gennaio 2017, negli uffici della motorizzazione civile, pari a 3.250 unità, è certamente sottodimensionato rispetto ai carichi di lavoro derivanti dalla normativa vigente, specialmente nelle sedi territoriali caratterizzate da un più alto indice di industrializzazione.
  In tale contesto appare chiaro che una risposta primaria al problema potrebbe essere quella di un riassetto strutturale delle amministrazioni coinvolte nella materia del trasporto veicoli, in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 124 del 2015 che ha previsto maggiori sinergie tra motorizzazione civile e pubblico registro automobilistico e l'eventuale istituzione di una specifica agenzia. Riguardo a tale aspetto, che presenta considerevoli complessità, sono in corso – come previsto dal testo di legge – gli opportuni studi di «valutazione della sostenibilità economica ed organizzativa». Una parte di tale percorso di convergenza è già stato attuato con il decreto legislativo n. 98 del 2017 recante razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e proprietà riguardanti autoveicoli, motoveicoli e rimorchi.
  Ulteriori soluzioni si sostanziano, ovviamente, nel favorire un incremento del numero dei dipendenti e nel predisporre metodi di lavoro sempre più efficienti.
  La carenza di personale è una tematica all'attenzione del responsabile del Dicastero, già impegnato nella formulazione di una norma di legge che consenta di bandire nuovi concorsi e di procedere alle conseguenti assunzioni di personale (preferibilmente con competenze ingegneristiche); in particolare, è in corso un confronto tecnico con il Ministero dell'economia e delle finanze, unitamente al dipartimento della funzione pubblica, per la predisposizione di una norma specifica, finalizzata a garantire l'operatività degli uffici della motorizzazione presenti su tutto il territorio nazionale.
  La procedura di riallocazione dei dipendenti soprannumerari dalle province, dalla Croce rossa italiana e dal Corpo forestale dello Stato – svolta in attuazione delle leggi n. 56 del 2014 e n. 190 del 2014 e nella quale è stata data ai dipendenti in esubero la possibilità di scegliere in quale ufficio essere assegnati, tra quelli resi disponibili dalle Amministrazioni interessate al trasferimento (tra cui questo Ministero), – pur avendo portato all'assunzione di 102 unità di personale sull'intero territorio nazionale, non ha potuto riguardare la sede in argomento, in quanto non vi sono stati dipendenti dei suddetti enti che hanno chiesto l'assegnazione alla sede di Brescia.
  In prospettiva deve evidenziarsi che nel mese di aprile 2017 è stata presenta agli organi competenti una nuova richiesta di autorizzazione ad assumere, relativa all'anno in corso e basata sulle cessazioni avvenute nel 2016. La richiesta prevede l'assunzione, sull'intero territorio nazionale – presumibilmente nel primo semestre 2018 – di 30 unità di funzionari ingegneri ed 11 unità di assistenti amministrativi, la cui assegnazione alle sedi territoriali dovrà essere effettuata avendo particolare riguardo agli uffici maggiormente deficitari e quindi anche a quello di Brescia.
  Da ultimo, si segnala che nel disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», attualmente all'esame nelle competenti sedi parlamentari, è previsto che questo Dicastero possa assumere 100 unità di personale da inquadrare in area terza e da assegnare specificatamente al dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, proprio al fine di ridurre le attuali criticità degli uffici periferici.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il «Sole 24 ore – Imprese e territori – dossier» del 29 agosto 2017 riporta notizie allarmanti in ordine all'ennesimo slittamento dei cantieri per la realizzazione dell'autostrada della Valtrompia, nonostante il Ministro interrogato, intervenendo nel 2016 all'assemblea degli industriali bresciani, avesse annunciato: «per giugno, realisticamente, la consegna lavori. Siamo pronti a partire mancano solo le ultime firme: una grande area industriale come la Valtrompia non può vivere senza connessioni efficaci»;

   il giornale annuncia anche che lo stallo durerà almeno tutto il 2017, come avrebbero confermato fonti vicine all'impresa costruttrice e la stessa Anas;

   sembrerebbe che la ragione dello slittamento dei tempi sia legata al braccio di ferro tra lo stesso costruttore (A.T.I. S.A.L.C.- Carena) e l'Anas, circa l'adeguamento dei prezzi, e al relativo giudizio di merito sul nuovo ricorso al TAR promosso dallo stesso costruttore che è atteso per il 14 dicembre 2017 per i giorni successivi;

   il giornale non esclude «un ulteriore ricorso ad altri gradi di giudizio, sempre che Anas, per evitare il danno erariale, non propenda per l'eventualità di rifare la gara da capo», e fa riferimento anche ad un ricorso al Tar promosso da alcuni oppositori dell'autostrada, organizzati in comitati, che chiederebbero una nuova valutazione di impatto ambientale;

   il collegamento della Valle Trompia con Brescia e con la A4 è fondamentale per le attività produttive del territorio, al fine di evitare la delocalizzazione di una serie di aziende attive nella meccanica e nella lavorazione dei metalli che trovano enormi difficoltà logistiche nel trasporto delle merci;

   secondo un'analisi del centro studi Aib, dal 2007 ad oggi l'occupazione nella Valle è diminuita del 9,7 per cento, con punte del 12,2 per cento per il settore manifatturiero e riduzioni preoccupanti anche per i settori delle costruzioni e dei servizi; parallelamente appare in sofferenza anche l'evoluzione demografica, con un rialzo del tasso di invecchiamento della popolazione superiore a quello provinciale;

   nonostante tutto, le imprese manifatturiere della Valle, negli ultimi anni, hanno espresso performance economiche nel complesso soddisfacenti, con una crescita complessiva del valore aggiunto del 9,5 per cento, pur a fronte di un'evoluzione del volume d'affari non particolarmente esaltante –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi certi circa l'effettivo avanzamento dell’iter procedurale della realizzazione delle opere concernenti l'Autostrada Valtrompia, in coerenza con la programmazione dei lavori già annunciata dallo stesso Ministro come riportato in premessa, allo scopo di rasserenare il clima di incertezza che si è creato, tra i residenti e nel mondo imprenditoriale, in merito all'ennesimo ritardo della realizzazione di un'opera strategica per lo sviluppo del territorio bresciano e dell'intero Paese.
(4-17753)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società Anas.
  Per comprendere le ragioni che, a tutt'oggi, impediscono l'avvio dell'opera è necessario ripercorrere l'intera vicenda: occorre, dunque, partire dal 2007, quando Anas sottoscriveva con la società autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova una convenzione per la concessione (costruzione e gestione) dell'autostrada BS-VR-VI-PD, nella quale era prevista anche la realizzazione del raccordo autostradale della «Val Trompia» con oneri a carico della Concessionaria e con erogazione subordinata all'aggiornamento del piano economico finanziario.
  Veniva indetta la procedura di gara che si concludeva il 25 settembre 2012 con l'aggiudicazione provvisoria in favore dell'ATI ICS grandi lavori s.p.a. (ora S.A.L.C. spa) – Carena s.p.a. — Fimet s.p.a., per un importo di circa 155 milioni di euro, compresi gli oneri per la sicurezza.
  ANAS, nelle more dell'aggiudicazione definitiva, procedeva, previo parere favorevole dell'Avvocatura, all'acquisizione delle aree e alla risoluzione delle interferenze anticipando circa 7,5 milioni di euro che la concessionaria avrebbe dovuto rimborsare e che la stessa, poi, si rifiutava di restituire.
  La concessionaria, infatti, pur confermando l'impegno di finanziare l'opera, ometteva di erogare i fondi necessari all'espletamento di tutti i necessari adempimenti propedeutici all'aggiudicazione definitiva, adducendo la presunta impossibilità di far fronte agli impegni assunti a causa della mancata approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze della revisione del piano economico finanziario (PEF) posto a base della concessione.
  Va, inoltre, precisato che a partire da ottobre 2012, Anas aveva perso il ruolo di Concedente passato nelle competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).
  Nonostante la piena consapevolezza che la situazione di stallo non dipendesse da Anas, SALC, nel settembre 2014, conveniva l'Anas avanti il Tar Lombardia (Brescia), sostenendo che non vi fossero validi motivi per ritardare l'aggiudicazione.
  Anas, contestava tale affermazione, del tutto infondata, in considerazione della necessità ben nota a SALC (peraltro esplicitata nel bando di gara) di acquisire la provvista finanziaria da parte autostrada BS-PD.
  Il 9 gennaio 2015, ANAS comunicava al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ad autostrada BS-PD di non potere procedere all'aggiudicazione definitiva e alla relativa stipula del contratto, se non dopo aver ricevuto la conferma dell'effettiva disponibilità finanziaria necessaria alla realizzazione dell'opera e chiedeva i tempi previsti per l'aggiornamento del PEF.
  Nel frattempo, il Tar Brescia si pronunciava, parzialmente, con sentenza n. 1003/2015 del 17 luglio 2015, accogliendo il ricorso interposto avverso il silenzio e ordinava ad Anas di emettere un provvedimento espresso, entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza, con l'avvertenza che, in caso di inottemperanza, si sarebbe proceduto alla nomina di un commissario
ad acta. Il Tar Brescia non decideva, invece, sulla domanda di risarcimento del danno da ritardo, rinviando la decisione su tale punto all'udienza pubblica del 12 ottobre 2016.
  A valle della sentenza, l'Anas si attivava nuovamente con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per conoscere la situazione della concessionaria BS-PD in merito all'erogazione dei fondi.
  Anas, inoltre, intimava alla stessa il pagamento delle somme anticipate per le attività relative agli espropri che SALC, al contrario, contestava rilevando la mancata integrazione delle stesse nelle condizioni previste dalla convenzione per l'erogazione, sconfessando, in tal modo, gli impegni assunti.
  Decorsi i 60 giorni fissati dal Tar Brescia, in data 24 febbraio 2016, SALC richiedeva la nomina di commissario
ad acta.
  Il 12 aprile 2016, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti comunicava alla concessionaria BS-PD che «[...] conformemente alle intese del comitato paritetico tra Stato, regione Veneto e provincia autonoma di Trento, si procederà alla formalizzazione dell'intesa Stato-regione-provincia e nel contempo all'aggiornamento dell'atto aggiuntivo alla convenzione che disciplina il rapporto concessorio, ivi inclusa la realizzazione del collegamento Valdastico nord [...]». Con la medesima comunicazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti chiedeva alla concessionaria «[..] di voler dar seguito agli impegni convenzionali già assunti per la realizzazione dell'opera in oggetto, che comprenderanno anche la corresponsione ad Anas s.p.a. degli importi da essa anticipati a titolo di indennità di esproprio per le aree interessate dai lavori [...]».
  Con nota del 28 aprile 2016, la concessionaria autostrada BS-PD comunicava che avrebbe proceduto a rimborsare Anas per gli importi anticipati a titolo di indennità di esproprio e si impegnava a far fronte agli impegni di investimento relativi al «contributo Val Trompia».
  Con nota del 16 maggio 2016, questo Ministero, preso atto delle determinazioni della Concessionaria, autorizzava Anas a procedere alla conclusione della procedura di gara.
  Con nota del 25 maggio 2016, Anas chiedeva a Salc i documenti per la verifica dei requisiti dichiarati in sede di gara.
  L'Impresa Salc confermava, con nota del 31 maggio 2016, la validità per ulteriori 180 giorni (ovvero, fino al 30 novembre 2016), dei termini e delle condizioni contenute nell'offerta presentata nel 2012, con ribasso del 35,13 per cento e con l'ulteriore nota del 12 luglio 2016, dichiarava di rinunciare, in caso di aggiudicazione definitiva, sia all'istanza per la nomina del Commissario
ad acta che alla richiesta di risarcimento dei danni al momento della stipula del contratto.
  Nonostante l'impegno assunto, mai formalizzato davanti al Tar, quest'ultimo con ordinanza n. 1050 del 27 luglio 2016 nominava quale commissario
ad acta il direttore della direzione generale infrastrutture e mobilità della regione Lombardia, con facoltà di delega ad altro dirigente idoneo fissando al 30 novembre 2016 il termine per l'adozione dell'atto conclusivo del procedimento.
  Anas, intanto, al fine di addivenire all'aggiudicazione definitiva dei lavori in parola, provvedeva alla verifica dei requisiti delle imprese facenti parte dell'Ati Salc. Da tali controlli, emergeva che la Fimet s.p.a., mandante del raggruppamento, era stata dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Brescia del 28 gennaio 2015 e che, con nota del 16 aprile 2015, la mandataria ICS aveva comunicato al curatore fallimentare, senza informare Anas, dell'estromissione della citata mandante «ai sensi e per gli effetti dell'articolo 37 comma 19 del decreto legislativo 163/2006» dal costituendo RTI.
  A riprova della volontà di procedere con l'aggiudicazione, il 7 settembre 2016, Anas disponeva comunque l'aggiudicazione definitiva in favore dell'ATI SALC e, con nota del 22 settembre 2016, richiedeva la trasmissione dei documenti strettamente connessi alla stipula del contratto, ivi compreso, trattandosi di RTI, del mandato collettivo speciale irrevocabile con rappresentanza, nonché le polizze fideiussorie ed assicurative. SALC, tuttavia, non dava riscontro alla predetta missiva.
  Nel frattempo, l'impresa CMC, classificatasi al secondo posto della graduatoria interponeva ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva (R.G. n. 1163/2016) innanzi al TAR Lombardia (Brescia), che, con sentenza n. 167 del 6 febbraio 2017, rigettava il gravame.
  Ad appena due giorni di distanza dalla sentenza del TAR Brescia, SALC chiedeva ad Anas di stipulare il contratto d'appalto, anche in ragione del tempo trascorso, ritenendo sussistere tutti presupposti per la stipula, sebbene non avesse ancora ottemperato alla richiesta di documenti (richiesta peraltro reiterata nel mese di dicembre 2016).
  Il 14 febbraio 2017, SALC provvedeva a trasmettere parte della documentazione richiesta, ovvero quella necessaria ai fini della richiesta di certificazione antimafia.
  Pertanto, Anas pur con tale (parziale) documentazione, si trovava ancora nell'impossibilità di addivenire alla stipula del contratto, stante la mancanza dell'ulteriore documentazione richiesta e la necessità – prescritta dalla vigente normativa antimafia – di attendere, in difetto di un'informativa liberatoria, il decorso del termine di 30 giorni dalla ricezione della relativa istanza da parte dell'U.T.G. prefettura di Milano per la stipula del contratto. Il 14 febbraio 2017, CMC proponeva appello avverso la sentenza del TAR Lombardia ottenendo la sospensione della sentenza di primo grado fino all'udienza del 13 aprile 2017.
  In quella stessa data il Consiglio di Stato respingeva l'appello di CMC.
  Anas, quindi, sollecitava nuovamente SALC a trasmettere la documentazione non ancora pervenuta, già richiesta in data 22 settembre 2016, 14 marzo 2017 e 15 marzo 2017, al fine di poter procedere, con ogni consentita urgenza, alla dichiarazione di efficacia dell'aggiudicazione definitiva ed alla conseguente stipula del contratto.
  In data 27 aprile 2017 si teneva l'udienza pubblica per la discussione della domanda risarcitoria avanzata da SALC e quest'ultima depositava memoria con la quale rinunciava a tutte le voci di danno, «con esclusione di quella formulata nella memoria del 26 settembre 2016, in termini di riconoscimento della spettanza dell'aggiornamento dei prezzi a quelli riportati nell'elenco prezzi Anas del 2015».
  Il Tar Lombardia accoglieva l'istanza risarcitoria, ma in modo difforme dalla richiesta di SALC chiedendo ad Anas di liquidare il danno nella misura della differenza tra i prezzi del 2014 e quelli del 2017 e preannunciando che, in mancanza della nomina di un commissario
ad acta: «Il risarcimento del danno subito dalla ricorrente può, dunque, essere liquidato in misura pari alla differenza di prezzo tra il costo totale dell'opera determinato applicando al computo metrico estimativo i prezzi dell'elenco prezzi di Anas per l'anno 2017, approvato con deliberazione del consiglio di amministrazione del 19 dicembre 2016 e quello che sarebbe stato il costo stesso applicando l'elenco prezzi valido per l'anno 2014».
  Per completezza di informazione, va anche aggiunto che SALC nel febbraio 2014, aveva «accettato di realizzare le opere oggetto del presente affidamento agli stessi prezzi e condizioni e patti dell'offerta presentata a suo tempo», confermandoli integralmente e rinunciando «a far valere ad oggi e per il futuro, qualsiasi maggiore onere, riconoscimento, indennizzo o doglianze di sorta per fatti e accadimenti – nessuno escluso – che sono intervenuti o dovessero intervenire dalla data di presentazione dell'offerta alla consegna dei lavori, ivi compreso l'eventuale incremento dei costi dei fattori primi della produzione o qualsivoglia compensazione dei prezzi fino alla data della consegna dei lavori.».
  A valle della sentenza di cui sopra, Anas inoltrava numerose missive a SALC al fine di completare l'acquisizione della documentazione indispensabile per la stipula del contratto. Tenuto conto che la differenza tra il prezziario 2017 e quello 2014 risulta negativa, Anas ha sollecitato la stipula del contratto ai prezzi originari ma SALC non ha mai completato la produzione della documentazione per la stipula e ha richiesto una rivalutazione dell'importo del contratto ai prezzi del 2017, sulla scorta di una differente interpretazione della sentenza.
  Nel frattempo e dopo varie rinunce da parte dei commissari
ad acta nominati dal Tar Brescia, lo scorso 28 settembre il TAR ha proceduto alla nomina di un nuovo commissario ad acta che dovrebbe quindi procedere ad effettuare i conteggi della misura risarcitoria.
  Il 16 giugno 2017 Anas presentava appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del TAR Brescia e, alla camera di Consiglio del 13 luglio 2017, veniva fissata l'udienza di merito al prossimo 14 dicembre. Il pronunciamento avverrà a valle dell'udienza.
  Risulta, dunque, necessario attendere il pronunciamento del Consiglio di Stato, che stabilirà se SALC ha diritto ad essere risarcita, senza considerare che, a tutt'oggi, non sono comunque pervenuti i documenti per la stipula e che Anas ha dichiarato da sempre di essere disponibile, nelle more dei vari pronunciamenti, a stipulare il contratto ai medesimi prezzi e condizioni delle aggiudicazioni, salvo corrispondere l'eventuale misura risarcitoria a valle del pronunciamento del Consiglio di Stato.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   CAPARINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dalla metà degli anni ’80 e fino al 2008 l'asse tangenziale di Bologna è stato interessato da ingenti volumi di traffico, autostradale e non, che ha reso inadeguata l'infrastruttura e addirittura paralizzata nelle ore di punta e nei periodi di esodo per le vacanze e le festività. Nel tempo sono state avanzate da più parti diverse ipotesi di soluzione, compresi allargamenti, interramenti e sopraelevazioni, tutte arenatesi di fronte a problemi tecnici ed economici;

   il potenziamento del sistema autostradale/tangenziale di Bologna è stato inserito nell'elenco delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo e, in particolare, la realizzazione dell'infrastruttura «passante nord di Bologna» è stata ufficializzata, nel 2002, dall'accordo dell'8 agosto, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di Bologna, che prevedeva la realizzazione di un semianello autostradale di 40 chilometri a 3 corsie nella pianura a nord di Bologna tra l'A1 e l'A14 come soluzione degli annosi problemi di traffico veicolare sul nodo bolognese. Questo semianello viene denominato «passante autostradale nord di Bologna» o più semplicemente «passante nord di Bologna». L'opera viene decisa al di fuori degli strumenti urbanistici vigenti (PRIT 1999-2010), senza alcuno studio di fattibilità, né discussione preliminare negli organi istituzionali preposti. Si rende pertanto evidente che il passante non nasce da una pianificazione territoriale;

   dal 2008, anno in cui è stata inaugurata la terza corsia dinamica (diurna) autostradale è stata risolta la maggior parte dei problemi sull'A14, mentre sulla tangenziale complanare la situazione critica è rimasta pressoché invariata, malgrado la diminuzione di traffico riscontrata negli ultimi anni;

   anche prima del 2002 erano circolati vari progetti per risolvere la congestione del nodo viario bolognese, tutti lasciati cadere per vari motivi. Dal 2002, anno di nascita del passante nord, ad oggi sono stati presentati 3 progetti alternativi: il passante sud (2003), la banalizzazione completa dell'asse tangenziale senza passante (2003), entrambi respinti dallo studio di fattibilità dell'aprile 2003, e la proposta del Comitato per l'alternativa al passante nord presentata nell'aprile 2004, tuttora in campo e più che mai di attualità. Quest'ultimo progetto riguarda un'alternativa tecnicamente realizzabile di allargamento autostradale in sede, che consentirebbe di completare l'intervento «tampone» della terza corsia dinamica del 2006/2008, aggiungendo l'indispensabile corsia di emergenza e allargando di una corsia anche la tangenziale, il tutto ad un costo stimato di gran lunga inferiore al passante nord, anche nella «economica» versione 2014, e tempi di realizzazione di 3-4 anni contro più di 10;

   da quanto si rileva anche da atti di sindacato ispettivo e di indirizzo già presentati (si veda la «RISOLUZIONE IN COMMISSIONE N. 7/00200» – presentata il 10 dicembre 2013), è stata avviata una procedura di infrazione da parte delle Unione europea, in merito all'affidamento diretto senza gara dell'opera alla Concessionaria Autostrade per l'Italia spa, successivamente archiviata a seguito di precisi impegni del Governo italiano sul carattere ausiliario dell'opera, sulla permanenza dell'A14 al centro dell'asse tangenziale, sull'immutabilità delle tariffe e della data di scadenza della concessione, sull'applicazione delle norme europee in materia di appalti pubblici;

   nel 2013, rispondendo ad una interrogazione alla Camera, il Sottosegretario pro tempore Rocco Girlanda dichiarava tra l'altro: sono ancora in corso approfondimenti sul tracciato nelle sedi istituzionali, al fine di individuare una soluzione condivisa; prosegue l'esame di tutte le possibili soluzioni ivi compresa la cosiddetta «opzione 0», ovverosia la possibilità di non realizzare l'opera, e la valutazione di tutte le posizioni espresse sulla questione, ivi compreso lo studio del progetto alternativo «Comitato per l'alternativa Passante Nord», fatto salvo il confronto degli impatti delle alternative progettuali nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale;

   il 29 luglio 2014, è stato sottoscritto un accordo per la più recente versione del passante nord, da parte di: Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Lupi, assessore regionale Emilia-Romagna A. Peri, vicepresidente della provincia di Bologna G. Venturi, Autostrade per l'Italia spa (ASPI). Tale versione del passante nord è una bretella autostradale a sole due corsie, invece delle tre del progetto originario, con una lunghezza di 38 chilometri (+ 17 chilometri rispetto al tracciato attuale), al costo stimato di oltre 1.500 milioni di euro, che manterrà il tratto autostradale A14 al centro della tangenziale di Bologna, senza la completa banalizzazione delle corsie prevista nel 2003, ma con un pericoloso sistema di porte di scambio traffico tra autostrada e tangenziale e viceversa (bypass) allo scopo di sfruttare tutte le corsie agibili a seconda delle condizioni di traffico e a discrezione degli utenti. Per costringere il traffico di passaggio a percorrere il passante vengono introdotti sull'asse tangenziale sovrapedaggi per chi esce ed entra ai caselli di Bologna, cioè principalmente i cittadini bolognesi, e limiti di velocità per equiparare i tempi di percorrenza dei due tracciati. Secondo lo studio ASPI del 2013, tale progetto allontanerebbe da Bologna meno del 20 per cento di traffico, indurrebbe un uso improprio della rete stradale ordinaria, peggiorerebbe la situazione sull'A14, porterebbe modesti miglioramenti al traffico della tangenziale complanare, avrebbe un fortissimo impatto ambientale su un territorio pregiato, comporterebbe una maggiore emissione in atmosfera di gas-serra e inquinanti, ed un insufficiente rapporto costi/benefici complessivo;

   l'accordo 2014 citato si regge a malapena solo negando l'esistenza di qualsiasi progetto alternativo valido, come quello denominato del «Comitato per l'alternativa al passante nord». Appare comunque molto arduo sostenere l'ingente drenaggio di risorse per un'opera che, oltre alla mancanza di funzionalità rilevata dallo studio ASPI 2013, comporterebbe un impatto ambientale devastante, analogo a quello del progetto originario del 2004, e inciderebbe su un territorio agricolo particolarmente pregiato, distruggendo fisicamente circa 700 ettari (comprese fasce di rispetto e interclusioni) e danneggiandone altri 8.000, come si rileva dallo studio effettuato dalla provincia di Bologna nel novembre 2004. Il tracciato, completamente in rilevato, ad una altezza media pari a 3,70 metri, richiederebbe un prelievo di materiale di cava di oltre 3,8 milioni di metri cubi di inerti. A pesti risultati improponibili si aggiungono aumenti del consumo energetico (+ 25.000 TEP/anno) e dell'inquinamento (+75.000 ton/anno di CO2) a causa del maggior percorso, una devastazione della rete viaria minore, dell'assetto poderale e del reticolato di scolo, almeno pari a quelli, insostenibili, del passante 2003;

   il progetto del passante nord, cosiddetto nuova autostradale esterna, sollevò fin dall'inizio e da più parti, aspre critiche per il tracciato che si affiancava quasi completamente all'asse viario della trasversale di pianura (SP 3) iniziato nei primi anni ’70 e mai completato che, con altre opere viarie minori rimaste incompiute nel quadrante nord di Bologna, doveva costituire il reticolo portante della mobilità bolognese;

   il citato accordo 2014 non è stato firmato dai sindaci dei comuni della pianura-nord attraversati dal passante che, presa conoscenza dei suoi Contenuti e della relazione di ASPI che ne stronca l'utilità, hanno preso le distanze dal progetto e richiesto una serie di approfondimenti, firmando un apposito documento il 25 gennaio 2015;

   tutte le associazioni agricole professionali (CIA, Coldiretti e Confagricoltura), concordemente, hanno preso posizione contraria al passante e aperto a soluzioni alternative in sede, per evitare lo spreco improponibile di terreno agricolo pregiato, firmando un documento unitario il 9 gennaio 2015;

   in tutti consigli comunali della cintura nord, nel gennaio 2015, dopo anni di silenzio, si è aperta la discussione con sedute straordinarie chieste dalle minoranze e dal Comitato per l'alternativa al passante, che hanno offerto l'occasione ai consiglieri di un primo vero confronto tra la soluzione passante nord e la proposta alternativa di potenziamento in sede del nostro Comitato, e un approfondimento dei contenuti dell'accordo del 29 luglio 2014;

   l'interrogante evidenzia che all'articolo 14 dello schema di convenzione tra ANAS e ASPI, spa viene consentito a quest'ultimo soggetto di poter utilizzare le risorse indicate alla voce «altri interventi», per finanziare un generico adeguamento e potenziamento della rete autostradale del nodo bolognese, che, pertanto, non risultano esclusivamente vincolate alla realizzazione del cosiddetto «passante nord». È l'accordo del 29 luglio 2014 che, negando l'esistenza di soluzioni alternative, le destina interamente al passante;

   tre comuni, Castenaso, Sala Bolognese e, Bentivoglio, sono andati oltre il documento del 25 gennaio 2015 e, con voto unanime del consiglio comunale, hanno detto «no» al passante nord in qualsiasi versione e aperto a soluzioni alternative;

   in un articolo uscito domenica 10 maggio su il Resto del CarlinoBologna cronaca, sono denunciate le criticità dell'opera, rilevate, come sopra esposto, anche dalla stessa ASPI. Inoltre si evidenzia che la stima dei costi del passante non risulta coperto da adeguate risorse finanziarie, con particolare riferimento alle criticità idrografiche e di subsidenza che comporterebbero variazioni significative di prezzo a carico degli enti locali;

   l'interrogante ritiene indispensabile mantenere comunque le risorse sul territorio e risolvere i problemi della tangenziale di Bologna, senza tasse locali extra e spreco di territorio –:

   se il Ministro intenda adottare tutte le opportune iniziative per dirottare le risorse economiche previste nell'accordo di luglio 2014 ad una soluzione diversa dal passante nord, meno dispendiosa, più funzionale, più veloce e coerente alle esigenze del territorio, valutando la proposta alternativa di potenziamento in sede del tracciato attuale presentata dal Comitato per l'alternativa al passante nord, ritenuta valida da più parti e giudicata tecnicamente realizzabile da istituzioni qualificate al massimo livello, che comporterebbe l'allargamento in sede dell'asse tangenziale di Bologna a 3+3 corsie per senso di marcia con emergenza, completando l'intervento parziale in A14 del 2008, al costo stimato della metà rispetto a quello per passante 2014 e tempi di realizzazione di 3-4 anni anziché 10-12;

   se il Ministro non ritenga opportuno utilizzare le restanti risorse del finanziamento ASPI di 1.280 milioni di euro per il completamento delle opere viarie minori, indispensabili per la mobilità del quadrante nord di Bologna ed il potenziamento del trasporto pubblico su ferrovia.
(4-09282)

  Risposta. — Le questioni sollevate con l'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la realizzazione del passante nord di Bologna, sono superate a seguito dei successivi accordi intercorsi dopo il 2015. Pertanto, al fine di fornire un quadro aggiornato della situazione, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  L'accordo del 2016 tra questo Ministero, regione Emilia-Romagna, comune di Bologna, città metropolitana di Bologna e Autostrade per l'Italia (ASPI) sul potenziamento del sistema autostradale di Bologna e opere di adduzione intendeva risolvere una criticità trasportistica di livello nazionale oltre a migliorare l'accessibilità viaria di livello metropolitano. Quindi si è definito un progetto che, analizzando il contesto insediativo esistente, potesse sviluppare il potenziamento in sede. Tale scelta è frutto di un lungo dibattito e intende raggiungere, da una parte, il miglioramento delle condizioni della circolazione e della sicurezza stradale e, dall'altra, un più articolato inserimento territoriale e paesaggistico dell'opera, anche attraverso la minor occupazione del suolo e la massima tutela dell'ambiente.
  E qui si ricorda che il progetto preliminare dell'intervento sviluppato dalla società concessionaria è stato ampiamente condiviso con gli enti e i cittadini nell'ambito di uno specifico confronto pubblico svolto tra luglio e novembre 2016 – i cui esiti sono confluiti nel verbale conclusivo sottoscritto tra questo Ministero, gli enti e ASPI nel dicembre 2016. Inoltre, sempre a seguito del confronto pubblico, ASPI ha integrato il progetto preliminare sviluppando così il progetto definitivo del passante di Bologna, attualmente in fase di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Quanto agli interventi di completamento della rete viaria di adduzione, il verbale riporta, tra l'altro, il potenziamento e il completamento della strada intermedia di pianura, completamento dello svincolo strada provinciale (SP) 5, la realizzazione del lotto 3 dell'asse lungo Savena, il nodo di Funo per l'accessibilità all'interporto e al
Centergross con l'inserimento in progetto di alcune rotatorie funzionali all'opera, la realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Reno con inserita una pista ciclopedonale.
  Come comunicato dal Ministero dell'ambiente e della tutela territorio e del mare, tali ultimi interventi, in virtù delle loro caratteristiche specifiche e per gli ambiti territoriali di riferimento, non sono confluiti nel progetto principale attualmente all'esame di compatibilità ambientale, bensì sono stati assoggettati a procedura approvativa regionale.
  Il completamento delle opere sopra indicate sono, come sopra evidenziato, parte integrante del verbale del dicembre del 2016 nell'obiettivo di migliorare le condizioni della circolazione e della sicurezza stradale a vantaggio della collettività.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   CARDINALE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   vi è forte preoccupazione in merito al rischio di blocco dei lavori della strada Palermo-Agrigento;

   nonostante le rassicurazioni da parte di Anas, la società contraente dell'opera, la Bolognetta scpa, ha comunicato ai sindacati la riduzione del 50 per cento delle maestranze e la sospensione dei lavori nei tratti oggetto dell'appalto;

   secondo le organizzazioni sindacali risulterebbero essere state avviate le procedure per il licenziamento del personale in esubero;

   è paradossale che ciò avvenga nonostante la volontà espressa dall'Anas di incrementare l'attività sui cantieri proprio per rispettare i tempi di consegna dell'opera;

   il sistema infrastrutturale ha bisogno del completamento di questa arteria fondamentale per l'intera Sicilia e, in particolare, per i comprensori interessati la cui popolazione sta soffrendo disagi immani –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per scongiurare il blocco dell'opera e per salvaguardare i livelli occupazionali relativi ai cantieri in essere lungo la strada Palermo-Agrigento.
(4-18069)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per 10 strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società ANAS.
  Sopraggiunte situazioni impreviste nelle precedenti fasi progettuali relative al tratto stradale in corso di ammodernamento, di estesa pari a circa 34,5 chilometri, dell'itinerario complessivo Palermo-Agrigento, denominato «lotto 2», che va dall'attuale svincolo Bolognetta (al chilometro 238 circa della strada statale 121 attuale) allo svincolo «Bivio Manganaro» (al chilometro 204 della strada statale 121 attuale) hanno determinato la sospensione dei lavori in attesa di una proposta progettuale adeguata, tale da superare le criticità riscontrate.
  ANAS, ribadendo l'impegno a ultimare i lavori di ammodernamento della strada statale 121, ha più volte invitato il contraente generale «Bolognetta s.c.p.a.», affidatario dei lavori, al rispetto dei tempi e degli oneri contrattuali.

  Lo stesso contraente generale ha confermato la recente riduzione di 61 unità impiegate per i lavori di ammodernamento, peraltro, già concordato con le organizzazioni sindacali.
  Infine, ANAS riferisce che tale riduzione è stata esclusivamente determinata da autonome scelte aziendali di «Bolognetta s.c.p.a.», non correlabili ad un presunto blocco dei lavori, la cui produzione, ad oggi, ha raggiunto circa il 70 per cento dell'importo contrattuale dei lavori.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   qualche settimana fa sull'aeroporto di Sumburgh, nel corso di un volo di certificazione di un turboelica DO 328, è avvenuto un incidente curioso ed interessante;

   è noto che le limitazioni delle componenti massime ammesse di vento al traverso all'atterraggio dei velivoli (demonstrated cross wind component), vengono stabilite nel corso dei voli di certificazione del tipo;

   nel corso di queste prove, il pilota collaudatore deve concretamente dimostrare che nelle condizioni date di vento al traverso, peso e centraggio, l'aeromobile può essere operato in sicurezza senza richiedere particolari o eccezionali abilità, ciò non significa però che qualsiasi pilota sia in grado di farlo;

   per effettuare questi tipi di voli, si va in aeroporti le cui condizioni prevalenti di forti venti e orientamento delle piste consentono di fare le prove previste;

   durante le prove a cui il velivolo veniva sottoposto da parte di un pilota collaudatore dell'Easa (European aviation safety agency), per cercare di aumentare a 30 Kts la limitazione di vento al traverso dagli attuali 21 Kts nel corso di uno degli atterraggi (25 Kts al traverso, raffica a 36 Kts) il DO 328 usciva di pista;

   durante un volo di certificazione, un imprevisto è sempre possibile ed una certa componente di aleatorietà è implicita;

   la cosa peculiare, però, è che ai comandi del velivolo si trovasse un pilota EASA con 30 minuti di esperienza sul Tipo e «Nuovo ai turboelica»;

   l'incidente era oggetto di attenzione da parte dello AAIB del Regno Unito (Air accidents investigation branch) che nella sua scarsa relazione pubblicata nel mese di settembre 2017 non evidenziava per l'interrogante alcun elemento essenziale ad una investigazione di sicurezza;

   in particolare, si lamenta l'assenza di informazioni in merito alla licenza di volo posseduta dal pilota EASA, nonché in merito a quali fossero le SOP's (Standard operating procedures) a cui l'equipaggio si stava attenendo ed infine il motivo della presenza a bordo di due passeggeri su di un velivolo sottoposto a prove di certificazione –:

   se e di quali elementi disponga il Governo circa i motivi che hanno indotto l'Easa a designare per quella tipologia di voli un pilota con così poca esperienza specifica sia sulla «Famiglia» turboprop che sul tipo DO 328 e se risulti come mai a bordo di un volo «Certification test flight» ci fossero dei passeggeri;

   se e di quali elementi disponga circa idoneità medica, età, licenze, ratings ed esperienza di volo possedute dal pilota ai comandi e in merito a quali fossero le SOP's (Standard operating procedures) a cui l'equipaggio faceva riferimento nel corso di atterraggi con forte vento al traverso.
(4-18295)

  Risposta. — Al fine di chiarire la vicenda segnalata dall'interrogante, riguardante l'episodio avvenuto presso l'aeroporto di Sumburgh nel corso di un volo di certificazione di un turboelica DO 328, sulla base delle informazioni assunte dall'ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), si riferisce quanto segue.
  Si ricorda che con il regolamento CE n. 216 del 2008, recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile, è stata istituita l'agenzia europea per la sicurezza aerea (
European aviation safety agency – Easa), per garantire il buon funzionamento e lo sviluppo della sicurezza dell'aviazione civile.
  Come è noto, l'Easa è un organismo specializzato dell'Unione europea e, in quanto tale, risponde in via esclusiva alla Commissione europea e non ai governi degli stati membri.
  L'evento cui fa riferimento l'interrogante riguarda prove di certificazione di un aeromobile non immatricolato né impiegato in Italia, pilotato da un pilota dell'Easa ed occorso in un paese straniero.
  In base al citato regolamento comunitario l'agenzia ha piena autonomia in materia di procedure per le prove di volo (e quindi anche i requisiti dei piloti da utilizzare) e risponde esclusivamente alla Commissione europea.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi gli immigrati ospiti nel centro di accoglienza di Sicignano degli Alburni, in provincia di Salerno, sono tornati di nuovo a protestare;

   a distanza di un anno, circa una trentina quasi tutti del Gambia, hanno bloccato la strada statale 19 con materassi e masserizie prelevati dalla struttura, che poco prima avevano messo a soqquadro, e tronchi d'albero;

   il motivo della protesta è rappresentato dal cibo che viene loro distribuito, non di gradimento, oltre che dall'isolamento del centro che si trova in via Galdo, nella periferia della cittadina;

   già lo scorso anno la posizione della struttura era stata motivo di protesta; in quell'occasione 67 migranti, provenienti principalmente da Niger, Senegal e Pakistan, avevano chiuso i cancelli dell'edificio e affisso un cartello con la scritta «Campo is not good»;

   nel centro di accoglienza di Sicignano degli Alburni il clima si surriscalda spesso;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione molto delicata e allarmante, su cui bisogna intervenire per evitare altri episodi gravi come questi e soprattutto per restituire tranquillità ai cittadini esasperati da quanto accade ormai sempre più di frequente –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per garantire sicurezza alla comunità di Sicignano degli Alburni;

   se i migranti protagonisti della protesta siano stati segnalati alle autorità competenti per blocco stradale.
(4-17572)

  Risposta. — Il centro di accoglienza Scalo Galdo si trova a Sicignano degli Alburni (Salerno), in località Varamanna, lungo la strada statale 19.
  La struttura è costituita da due grandi prefabbricati – costruiti all'inizio degli anni duemila per dare ospitalità agli operai impiegati nei lavori di ricostruzione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria – e attualmente ospita circa 60 richiedenti asilo.
  L'episodio richiamato dall'interrogante, già preceduto da altre manifestazioni di malcontento, si è verificato il 31 luglio 2017, quando alcuni ospiti hanno inscenato una manifestazione di protesta con lo scopo di essere trasferiti in altra sede, bloccando la circolazione stradale su entrambi i sensi di marcia della statale 19.
  Sul posto sono intervenuti i Carabinieri della locale stazione che, dopo aver proceduto all'identificazione dei manifestanti, hanno deferito alla procura della Repubblica presso il tribunale di Salerno dodici extracomunitari, in stato di libertà, ai sensi dell'articolo 340 del codice penale (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità).
  Si assicura, infine, che prefettura di Salerno, in sinergia e collaborazione con le forze dell'ordine, garantisce una puntuale ed efficace attività di monitoraggio e controllo sulle strutture di accoglienza presenti sul territorio, verificando anche i requisiti richiesti agli affidatari dei servizi di accoglienza sulla base della vigente normativa.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 20 dicembre 2002, il Governo e la regione Abruzzo hanno sottoscritto l'Intesa Generale Quadro che definiva il Programma di infrastrutture regionali, di interesse nazionale;

   il 26 luglio 2006 è stato consegnato al Ministro dei trasporti pro tempore, il memorandum della regione Abruzzo, le cui proposte sono confluite nel Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) 2008-2012, e successivamente esposte all'interno del Masterplan «Infrastrutture prioritarie» del Governo;

   il 28 maggio 2009 il Governo e la regione Abruzzo si sono impegnati ad attuare il suddetto programma di infrastrutture strategiche con la sottoscrizione del primo atto aggiuntivo all'Intesa Generale Quadro del 2002 (si veda in particolare l'articolo 6 dell'atto);

   nell'allegato g) al Documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2012 tra le infrastrutture prioritarie da realizzare, è indicata la variante alla strada statale 16 relativa al collegamento tra Montesilvano e Silvi Marina, e in particolare la realizzazione del I lotto Montesilvano (SS16-bis) – Svincolo di Città S. Angelo;

   questo I lotto costituisce il primo tratto della variante esterna agli abitati di Montesilvano e Marina di Città Sant'Angelo, che collega la variante di Pescara alla strada statale 16 Adriatica. Un'infrastruttura progettata per alleggerire il traffico di notevole intensità che interessa le cittadine costiere;

   l'opera principale di questo I lotto è rappresentata dalla galleria «I Pianacci» che vede il transito quotidiano di migliaia di veicoli che si riversano sul territorio di Montesilvano. Un'opera rimasta, tuttora, incompleta e che presenta diverse criticità sotto il profilo ambientale e di sicurezza;

   con interrogazione a risposta in commissione n. 5-11791 del 12 luglio 2017 presentata dal primo firmatario del presente atto e rimasta ancora senza risposta è stata chiesta al Ministro interrogato l'apertura di un tavolo interistituzionale tra i diversi soggetti competenti al fine di risolvere tali criticità e completare i lavori, tra i quali il raddoppio della galleria, che si protraggono da diversi anni;

   all'interrogante risulta che il progetto in questione sarebbe stato rimosso dal Piano pluriennale 2015/2019 degli investimenti come da contratto di programma 2015 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anas Spa;

   siffatta opera costituisce un'infrastruttura di rilevanza strategica per l'Abruzzo costiero e per l'area metropolitana pescarese, anche perché rappresenta parte del futuro tracciato del corridoio adriatico nel tratto abruzzese;

   alla luce di quanto esposto, le istituzioni competenti sembrano essere venute meno agli impegni presi, visto che quell'opera e quei lavori non sono stati terminati secondo i progetti iniziali, ciò con evidenti e serie ripercussioni negative per l'interessata comunità abruzzese, oltre che per la crescita sociale ed economica dell'intera regione –:

   anche alla luce delle problematiche già esposte nella succitata interrogazione sulla galleria Pianacci, quali elementi intenda fornire il Ministro interrogato sulle vicende e i suoi sviluppi, se intenda in particolare chiarire quali siano le ragioni che avrebbero comportato lo stralcio dell'opera dal Piano pluriennale 2015/2019 degli investimenti, e quali iniziative di competenza intenda assumere per il ripristino e la realizzazione definitiva dell'opera infrastrutturale programmata da anni.
(4-18152)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti clementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società Anas.
  L'intervento in argomento è stato oggetto di uno studio di fattibilità, elaborato nel 2009, per adeguare, in sede o in variante, la strada statale (SS) 16 Adriatica nei territori delle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, nella tratta denominata variante di Montesilvano, Città S. Angelo e Silvi in provincia di Pescara.
  Lo studio, che nel territorio abruzzese interessa le province di Teramo, Pescara e Chieti e quelle di altri 89 comuni, risulta regolato dall'accordo n. 3528 del 12 dicembre 2007 concluso tra questo Ministero e Anas.
  La soluzione, relativa al tratto compreso tra Montesilvano e Silvi (circa 10 chilometri, è stata elaborata in ottemperanza alle indicazioni progettuali proposte dalla provincia di Pescara (lotto 1-
bis) e trova origine nel comune di Montesilvano, in corrispondenza del chilometro 0+000 della strada statale 714 tangenziale di Pescara.
  Il progetto di fattibilità prevede una piattaforma di tipo B (4 corsie, due per senso di marcia) e la realizzazione di alcune opere d'arte, tra le quali un viadotto strallato di grande luce (550 metri), una galleria di 2000 metri, oltre al raddoppio della galleria «I Pianacci», della lunghezza di oltre 3 chilometri che, attualmente, è in esercizio a doppio senso di marcia lungo l'unica canna realizzata.
  In merito alle ragioni che hanno portato allo stralcio dell'opera, ANAS, nel confermare che l'intervento (il costo stimato nel 2009 ammontava a 315 milioni di euro) non risulta ad oggi inserito in alcun piano programmatico Anas, fa osservare che il tracciato, come già evidenziato nello studio del 2009, si sviluppa all'interno di un'area fortemente urbanizzata, con elevate criticità connesse all'inserimento del corridoio viario in un contesto altamente antropizzato.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   COZZOLINO e PETRAROLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il territorio di competenza del distaccamento dei vigili del fuoco di Luino (Varese) si estende su 29 comuni dell'area dell'alto Verbano e copre 226,47 chilometri quadrati terrestri per una popolazione di 57.843 abitanti;

   esso è un territorio molto vasto per la tipologia di luoghi nei quali il personale è chiamato ad intervenire: aree cittadine, zone industriali, piccole frazioni di paese, zone montane e soprattutto le acque di tutto l'alto lago Maggiore fino al confine Svizzero, ma anche tre dighe con due bacini artificiali, tre centrali idroelettriche;

   è peraltro collegato per mezzo di strade non agevoli che richiedono tempi di percorrenza, dalle sedi più vicine, di minimo 30 minuti;

   quest'area è attraversata per l'intera estensione dalla linea ferroviaria Gallarate- Zenna, linea cardine del AlpTransit, dove transitano circa 90 convogli merci giornalieri, con i nuovi «super treni» da 700 metri di lunghezza, trasportanti ogni tipo di materiale, nonché tonnellate di prodotti chimici pericolosi;

   al distaccamento sono assegnati però 28 vigili, sette unità a turno e il servizio viene garantito da cinque unità (Partenza minima standard): un vigile del fuoco ogni 12.000 abitanti per 45 chilometri quadrati terrestri;

   essendo presenti nell'area svariate gallerie ferroviarie, lunghe anche 3 chilometri, risulta indispensabile l'assegnazione di un mezzo speciale per affrontare gli incendi in galleria e che possa muoversi su rotaia;

   il distaccamento, inoltre, è chiamato ad intervenire con i mezzi nautici in dotazione su tutto l'alto lago Maggiore, servizio di soccorso che, oltre ai normali interventi, viene garantito a qualsiasi ora e con qualsiasi condizione meteorologica, sempre e solo dalle cinque unità presenti;

   l'attuale classificazione del distaccamento in oggetto è SD 2 (risposta minima 5 unità a turno), mentre aumentando la categoria a SD 4 e distaccamento lacustre (risposta minima 7 unità a turno) si avrebbe un notevole miglioramento della risposta del dispositivo di soccorso, permettendo contemporaneamente l'intervento di una squadra e di un altro mezzo di o eventuale mezzo nautico;

   inoltre, integrando il personale, sarebbe possibile istituire, durante il periodo estivo, il presidio acquatico durante tutte le 24 ore che, come dimostrato dagli interventi degli anni passati, garantisce il salvataggio di decine di persone;

   da più parti è stata denunciata una cronica carenza di personale presso le sedi di servizio dei vigili del fuoco nell'intera provincia di Varese, dato che all'ultima ricognizione quasi il 20 per cento del personale assegnato al comando provinciale sarebbe assente a vario titolo (articolo 12 del decreto del presidente della Repubblica 7 maggio 2008 – legge 104 del 1992 – decreto legislativo 267 del 2000 – articolo 42-bis del decreto legislativo 151 del 2001 e altro) inficiando gravemente il dispositivo di soccorso;

   in seguito alla distribuzione di 400 unità qualifica iniziale del ruolo di vigili del fuoco, di cui al decreto-legge n. 113 del 2016, convertito dalla legge n. 160 del 2016 era stato richiesto un incremento del personale per le sedi di Ispra;

   a seguito di questa situazione alcune sigle sindacali hanno annunciato la possibilità di entrare in sciopero al fine di tutelare i lavoratori ma ancor più i cittadini della provincia –:

   se non ritenga di adottare urgentemente le iniziative di competenza al fine di consentire il rafforzamento del distaccamento dei vigili del fuoco di Luino (Varese) recependo le proposte delle rappresentanze sindacali.
(4-16624)

  Risposta. — Con l'interrogazione cui si risponde, l'interrogante, lamentando una carenza di personale presso le sedi di servizio dei vigili del fuoco della provincia di Varese, chiede, in particolare, un rafforzamento del distaccamento di Luino, anche attraverso l'elevazione della sua categoria, e l'accoglimento delle proposte avanzate al riguardo dalle rappresentanze sindacali locali.
  In proposito si fa presente che il comando dei vigili del fuoco di Varese presenta una carenza di personale superiore alla media nazionale solo con riguardo alla qualifica di capo squadra, essendo in servizio 72 dipendenti a fronte di una previsione di 122, mentre risulta nettamente inferiore alla media la carenza di personale nella qualifica di capo reparto, essendo in servizio 28 unità a fronte di una previsione di 30, mentre il numero dei vigili permanenti in servizio, pari a 356, è superiore alla stessa previsione teorica, che è di 344.
  Le carenze nelle qualifiche cennate, comunque, saranno tenute in considerazione, anche in rapporto alle condizioni e alle medie nazionali, non appena ultimate le procedure di promozione per i passaggi di qualifica a capo squadra e capo reparto, le cui procedure concorsuali sono già state bandite.
  Quanto al distaccamento di Luino, già classificato come SD2 dal decreto del capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco del 3 agosto 2015, è prevista la presenza di 2 capi reparto, 8 capi squadra, 20 vigili permanenti.
  Si precisa che tale distaccamento negli ultimi cinque anni ha effettuato circa 570 interventi annui, in linea con la media nazionale.
  Il distaccamento ha visto confermata la propria classificazione con decreto del capo del corpo n. 63 del 21 aprile 2017, sicché eventuali proposte di riclassificazione potranno essere valutate solo in occasione di nuovi provvedimenti di potenziamento del corpo nazionale.
  Con riferimento, invece, all'eventualità di dotare il distaccamento di Luino di un automezzo antincendio in grado di muoversi su rotaia, si rappresenta che, al momento, la dotazione a livello nazionale di tali mezzi, (cosiddetti mezzi bimodali o APS/SR «autopompe serbatoio strada-rotaia»), è di complessive sei unità, dislocate rispettivamente due a Torino e a Firenze ed una ciascuna a Bologna e a Napoli.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   com'è noto, a seguito dell'approvazione della legge 7 agosto 2015, n. 124, e dei successivi decreti di attuazione, il Corpo forestale dello Stato è stato soppresso e la lotta agli incendi boschivi, che spetta alle regioni, è oggi un compito cui concorrono i vigili del fuoco che l'hanno in parte ricompreso, seppure con problematiche ancora aperte che stanno pregiudicando la piena operatività del Corpo nel contrasto ai roghi che stanno scoppiano a seguito dell'arrivo della stagione estiva;

   uno degli aspetti problematici sarebbe relativo alla ripartizione e all'utilizzo degli spazi e degli elicotteri prima in uso al Corpo forestale dello Stato;

   come rilevato tanto in articoli di stampa quanto in comunicazioni sindacali già inviate al Ministro interrogato, all'aeroporto Ciuffelli, presso Rieti, dopo l'incredibile situazione che ha visto, durante l'emergenza terremoto, gli elicotteri inutilizzabili a seguito della mancata assegnazione, ora si riscontrerebbe una problematica relativa al mancato sfruttamento dell'infrastruttura;

   secondo quanto denuncia il segretario generale del sindacato Conapo Antonio Brizzi, a quasi 7 mesi dall'attuazione della cosiddetta «riforma Madia» che ha visto transitare in parte al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e in parte all'Arma dei Carabinieri «4 hangar immensi apparivano totalmente nelle mani dei Carabinieri, anche se 2 hangar avevano all'interno materiale VV.F»;

   gli stessi hangar sarebbero sembrati di fatto inutilizzati, mentre un elicotterista precedentemente in forza alla forestale e attualmente dei Vigili del fuoco risultava «abbandonato a se stesso» nonostante fosse capo nucleo elicotteri;

   secondo lo stesso inoltre «non era presente nessun elicottero, nonostante ci troviamo alle porte della campagna antincendi boschiva»;

   si aggiungerebbe l'assenza di notizie circa l'idoneità antisismica di tutti i locali dai quali, in caso di inidoneità, dovrebbero immediatamente uscire sia i carabinieri che i vigili del fuoco fino alla messa in sicurezza;

   tali problematiche non sarebbero ravvisabili solo a Rieti;

   Il Giornale d'Italia del 4 luglio 2017 lamenta che «la Sicilia brucia, altre regioni la seguono, ma a tutti gli incendi non si riesce più a far fronte grazie alle scelte del governo Renzi. Ad iniziare da quella dell'accorpamento con i Carabinieri del Corpo Forestale dello Stato [...] per la mancanza di elicotteri dell'ex Forestale che ancora non sono passati ai Carabinieri e quindi sono fermi negli hangar, inutilizzati»;

   tutto questo avviene mentre in metà degli interventi, nei casi di spegnimento dei fuochi ci si rivolgerebbe a soggetti esterni, come la multinazionale Babcock, per l'impiego di elicotteri e canadair –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di favorire una efficace ripartizione degli spazi e degli elicotteri prima in uso al Corpo forestale dello Stato in modo da non vanificare la lotta contro gli incendi boschivi nella stagione estiva.
(4-17243)

  Risposta. — Come ricordato dall'interrogante, la legislazione di settore e, in particolare, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, affidano la competenza primaria nella materia della lotta attiva contro gli incendi boschivi alle regioni, riservando allo Stato il solo concorso nell'attività di spegnimento.
  Tale assetto generale è stato confermato e ancor più esplicitato dalla legge quadro sugli incendi boschivi 21 novembre 2000, n. 353 e, successivamente, dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante la razionalizzazione delle funzioni di polizia e l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi del quale il Corpo nazionale dei vigili del fuoco concorre con le regioni nel contrasto degli incendi boschivi con l'ausilio di mezzi da terra e aerei (articolo 9), mentre all'Arma dei carabinieri sono demandate le attività di prevenzione e repressione delle violazioni di settore nonché il monitoraggio del territorio.
  Quanto alle operazioni di spegnimento dall'alto, le regioni possono avvalersi di una propria flotta, anche ricorrendo a società esterne, ovvero richiedere, qualora necessario, il concorso dello Stato. In tal caso, spetta al dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri assicurare, attraverso il Centro operativo aereo unificato (COAU), le attività aeree di spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato, grazie ad un coordinamento nazionale.
  Tale flotta si avvale, innanzitutto, dei 19
Canadair transitati al Corpo nazionale dei vigili del fuoco nel 2013, 16 dei quali sono stati costantemente operativi nel periodo estivo.
  Infatti, lo schieramento ordinariamente operativo, pari a 14 velivoli, è stato incrementato di ulteriori due velivoli a partire dal 15 giugno e fino al 15 settembre scorsi grazie al progetto europeo «EU Buffer». I due
Canadair aggiuntivi sono dedicati principalmente al sistema antincendio europeo – e, per tale ragione, sono intervenuti in Portogallo in occasione dei tragici eventi che hanno interessato quel Paese lo scorso mese di ottobre - ma sono impiegabili anche sul territorio nazionale.
  Tali velivoli, di proprietà dello Stato, continuano ad essere operativamente gestiti, compreso il personale di volo, da un raggruppamento d'imprese sulla base di un contratto stipulato nel 2012 dal Dipartimento di protezione civile. Dal 1° marzo 2017 lo stesso raggruppamento d'imprese è stato integrato nel gruppo Babcock, cui accenna l'interrogante, di cui ha assunto la denominazione. Detto contratto verrà a scadenza il 9 febbraio 2018, senza aver originato criticità nella gestione o nell'efficienza operativa della flotta.
  In vista della scadenza del contratto, è in previsione il bando di una gara europea a procedura aperta per un nuovo affidamento del servizio per un periodo di tre anni.
  Quanto agli elicotteri, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ne ha complessivamente messi quindici a disposizione del Centro operativo aereo unificato, di cui quattro provenienti dall'ex Corpo forestale dello Stato, così compensando i mezzi appartenuti a tale ultimo Corpo in fermo manutentivo obbligatorio per la sicurezza del volo.
  Anche in virtù di tale iniziativa, il COAU vanta oggi una delle maggiori flotte di cui abbia potuto disporre nell'ultimo decennio, cui il Corpo nazionale dei vigili del fuoco contribuisce per circa l'80 per cento.
  Inoltre, il Corpo nazionale la scorsa estate ha impiegato ulteriori cinque mezzi aerei per attività di ricognizione e di pronto trasferimento del personale.
  Per quanto riguarda la caserma dell'ex Corpo forestale dello Stato sita all'interno dell'aeroporto «Ciuffelli» di Rieti, si fa presente che il decreto interministeriale di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 177 del 2016 ha previsto il passaggio della proprietà della base all'Arma dei carabinieri, che la utilizzerà per un proprio reparto volo. Parte delle strutture sarà comunque temporaneamente utilizzata dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i compiti di antincendio boschivo, fino all'ottenimento, da parte dello stesso Corpo, delle previste certificazioni aeronautiche in altro sito idoneo.
  L'articolo 3, comma 4 del medesimo decreto interministeriale ha previsto la stipula di un protocollo d'intesa per regolamentare le modalità di utilizzo congiunto della base aeronautica.
  Il protocollo, in via di definizione, disciplinerà, in particolare, la ripartizione degli uffici, dei locali e dei quattro hangar di cui la base è dotata tra le due Amministrazioni tenuto conto anche del numero di unità transitate dal Corpo forestale.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 giugno 2017, con provvedimento della magistratura, è stato posto sotto sequestro il cavalcavia n. 22 sito nel territorio del comune di Sperone, in provincia di Avellino, lungo l'autostrada A16;

   stando ai rilievi tecnici della procura della Repubblica di Avellino, che dal mese di marzo 2017 ha avviato un'indagine sulla sicurezza dei viadotti in Irpinia, il cavalcavia rischia di crollare, specie in caso di attraversamento di mezzi pesanti come camion e autobus;

   da quando le autorità hanno posto i sigilli a detto cavalcavia, impedendone l'attraversamento a qualsiasi tipo di mezzo, la Euronut di Sperone, un'azienda che da 21 anni produce semilavorati per l'industria dolciaria occupando ben 25 persone, rischia di chiudere i battenti, non essendo più raggiungibile in ragione, appunto, della chiusura di detto cavalcavia;

   la Euronut ha sede in una parte di quella Irpinia che ha dato ad un tipo di nocciola il nome di «Avellana», particolarmente conosciuta per le sue specifiche caratteristiche organolettiche;

   dal momento in cui il cavalcavia è stato posto sotto sequestro per rischio di crollo, la Euronut è costretta ad usare i carrelli per consegne e trasferimenti della merce fino al punto in cui, al di là del cavalcavia, è raggiungibile da automezzi, il tutto con un significativo aggravio di costi che pesa non poco sulle economie della piccola azienda;

   tale condizione rischia di mettere in ginocchio la Euronut e con essa l'economia legata all'indotto fatta da decine e decine di produttori di nocciole;

   occorre trovare una soluzione in tempi celeri prima che sia definitivamente compromessa la produttività dell'azienda con conseguenze molto negative sui livelli occupazionali;

   a giudizio dell'interrogante, è necessario un intervento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di affrontare e risolvere il problema, consentendo un rapido avvio dei lavori di messa in sicurezza del viadotto, anche in ragione dell'avvicinarsi della campagna di raccolta delle nocciole che comporta, solitamente, un aumento sensibile delle esigenze dell'azienda –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, per la rapida messa in sicurezza del cavalcavia n. 22 dell'autostrada A16 e consentire così alla Euronut di Sperone, in provincia di Avellino, di continuare ad operare come ha sempre fatto in questi ultimi 20 anni con risultati positivi per sé e per l'economia della zona.
(4-17492)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dal Ministero dell'interno e dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali di questo Ministero.
  Con provvedimento di sequestro disposto dalla procura della Repubblica di Avellino, in data 6 giugno 2017, e stato interdetto il passaggio dei cavalcavia n. 20 e 22, ricadenti nel comune di Sperone e sovrastanti la tratta autostradale A16 Napoli-Canosa. Con tale provvedimento, con cui sono stati nominati custodi giudiziari il direttore del VI tronco della società Autostrade per l'Italia e il sindaco del comune di Sperone, è stato interdetto il passaggio di qualunque tipo di mezzo a motore.
  Dal provvedimento cautelare, scaturito dall'accertamento dello stato di usura della struttura, per cui è stato individuato il rischio di pericolo per la sicurezza degli utenti, è derivato, come evidenziato dagli interroganti, un diffuso disagio tra la popolazione ed in particolare per gli imprenditori agricoli della zona per i quali l'inibizione del passaggio ha determinato un pregiudizio alle attività produttive.
  Il Ministero dell'interno informa che a seguito della richiesta dell'amministrazione comunale e degli imprenditori di quell'area che hanno evidenziato, altresì, le implicazioni per la regolare tenuta dell'ordine pubblico e a seguito di alcune manifestazioni.di protesta, è stato convocato il 15 settembre 2017, un incontro presso la prefettura di Avellino, per individuare ogni possibile soluzione che, pur senza incidere in alcun modo sul procedimento di sequestro, potesse essere idonea a favorire la definizione delle procedure necessarie alla ripresa del passaggio in condizioni di sicurezza.
  La suddetta prefettura, tenuto conto del protrarsi della situazione di pregiudizio per l'economia del territorio interessato e dai possibili riflessi sull'ordine pubblico, nonché per l'insistenza da parte dell'amministrazione comunale di un percorso alternativo, ha chiesto ai referenti della società Autostrade di assumere l'impegno di verificare la possibilità dell'esecuzione degli interventi che potessero ritenersi idonei al superamento dell'interdizione dei cavalcavia.
  Il direttore della società autostrade, pur ribadendo la correttezza del proprio operato ed evidenziando di avere già provveduto a dimostrare in concreto la collaborazione con gli enti locali, per la risoluzione della problematica si è impegnato unitamente agli altri referenti presenti al tavolo a valutare l'invito della prefettura assicurando di procedere, in tempi brevi, a formulare una proposta da sottoporre alle valutazioni dell'autorità giudiziaria.
  Sono seguiti una serie di sopralluoghi ed accertamenti a cura del perito d'ufficio del tribunale che ha rilevato la necessita di eseguire lavori di consolidamento delle strutture.
  La necessità di eseguite tali lavori ha consentito alla procura della Repubblica di dissequestrare l'opera, limitatamente ai lavori di consolidamento che sono tuttora in corso e la cui data di ultimazione è prevista per fine del corrente anno.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del mese di agosto 2017, buona parte del territorio irpino è stato colpito dagli incendi che ne hanno ulteriormente acuito il già forte rischio di dissesto idrogeologico che lo caratterizza;

   gli incendi hanno arrecato danni alle radici degli alberi aumentando sensibilmente il rischio di agevolare i fenomeni franosi;

   recentemente i sindaci del montorese hanno manifestato tutta la loro preoccupazione, anche in ragione dell'approssimarsi della stagione delle piogge;

   i primi cittadini hanno chiesto alle istituzioni preposte di assicurare interventi che servano a prevenire quei fenomeni franosi che rischiano di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini residenti;

   il commissario dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (Arpac) ha subito riunito i direttori di dipartimento, esprimendo condivisione per la preoccupazione dei primi cittadini di Montoro e dei comuni limitrofi;

   l'Arpac si è detta pronta ad intervenire nei limiti delle competenze acquisite in seguito allo scioglimento dell'Agenzia regionale campana per la difesa del suolo (Arcadis);

   a giudizio dell'interrogante, la difesa idrogeologica deve diventare una priorità del Paese;

   una mozione che va in tal senso è stata approvata dalla Camera già alcuni anni fa;

   a giudizio dell'interrogante, il Governo, in linea con gli impegni assunti, deve tenere in debita considerazione le conseguenze derivanti dagli incendi che hanno devastato il patrimonio boschivo –:

   se il Governo non ritenga di dover valutare la possibilità di assumere iniziative, in sinergia con le istituzioni locali, per assicurare interventi in merito a tale problematica e una efficace attività di prevenzione di quei fenomeni di dissesto che non solo rischiano di arrecare danni enormi alle comunità locali, ma mettono anche a repentaglio la sicurezza dei residenti.
(4-17780)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al dissesto idrogeologico nel territorio irpino, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si fa presente che, in merito alle attività di competenza, inerenti la prevenzione e protezione dal rischio idrogeologico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per far fronte alle emergenze dovute al dissesto sul territorio nazionale, ha deciso di affrontare in maniera strutturale le problematiche relative al rischio idrogeologico in Italia avviando, in coordinamento con la struttura di missione contro il dissesto, il piano operativo nazionale degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico per il periodo 2014-2020.
  Tale piano, che è volto alla identificazione di un «parco progetti», raccoglie il fabbisogno manifestato dalle regioni, attraverso le proposte di intervento presentate dalle stesse regioni secondo la procedura definita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2015, relativo alla «Individuazione dei criteri e delle modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico», che prevede al riguardo l'utilizzo del sistema ReNDiS-web (Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo).
  La procedura prevede che le regioni, ciascuna per il territorio di rispettiva competenza, inseriscano e validino, attraverso la compilazione di una apposita scheda nonché il caricamento dei relativi elaborati progettuali, le richieste di finanziamento nel sistema citato.
  Nello specifico, si rappresenta che al momento sul citato sistema ReNDiS-web risultano inserite, dalle varie regioni, circa 10.300 richieste di finanziamento, per un importo complessivamente richiesto di circa 30 miliardi di euro. Di queste richieste di finanziamento, circa 2/3 risultano attualmente regolarmente validate dalle rispettive regioni.
  Secondo quanto riferito dalla regione Campania, si rappresenta che la stessa ha provveduto a diramare, nelle more del completamento della carta tematica delle aree percorse dal fuoco nell'estate 2017, in data 14 settembre 2017, alla città metropolitana di Napoli, alle restanti quattro province campane e a tutti i sindaci dei comuni della regione, una nota con la quale si invitano i rappresentanti degli enti locali e i responsabili di protezione civile a porre in essere i necessari controlli e un'adeguata vigilanza sui valloni e sui versanti, ai fini della prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico. Gli incendi, infatti, oltre a ridurre l'azione di resistenza al dissesto dei versanti, propria della vegetazione erbacea, arbustiva e arborea, causano il deposito di spesse coltri di residui solidi da combustione, che impermeabilizzano il terreno e sono altamente suscettibili al trasporto solido attraverso le acque di corrivazione delle prime piogge autunnali, aumentandone i volumi e le portate che poi transitano nei corsi d'acqua a valle, la cui sezione idraulica può diventare insufficiente ad accogliere la massa mista di acqua, cenere e fango.
  Per tali motivi, per quanto di competenza, la Direzione generale per l'ambiente, la difesa del suolo e l'ecosistema della regione Campania, parallelamente alla programmazione ReNDiS, sta verificando la possibilità di avviare una programmazione di interventi di rifunzionalizzazione delle opere di difesa del suolo realizzate in Campania. Si tratta di interventi di demolizione e ricostruzione di opere idrauliche non più funzionali, di ripristino di opere di ingegneria naturalistica, di potenziamento e adeguamento delle opere di ingegneria geotecnica a difesa del territorio. Da una preliminare ricognizione sarebbe necessario investire una somma di 30 milioni di euro all'anno. Tuttavia, anche al fine di coordinarsi con la programmazione nazionale prevista sulla piattaforma ReNDiS, si sta valutando l'ipotesi di avviare un
iter di programmazione di 30 milioni di euro per i prossimi tre anni, da incentrare proprio nelle aree percorse dal fuoco in questa estate, da incrementare a scala regionale nel triennio successivo in maniera integrata con la programmazione ReNDiS.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero continuerà a tenersi informato e continuerà a svolgere un'attività di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti, anche al fine di valutare eventuali coinvolgimenti di altri soggetti istituzionali.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   D'INCÀ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a seguito degli scontri tra manifestanti e agenti verificatisi il 9 luglio 2017 mentre si svolgeva il summit del G20 ad Amburgo, venivano fermati e rinviati a giudizio 6 cittadini italiani tra cui due ragazzi, Maria Rocco e Fabio Vettorel, originari di Feltre, rispettivamente di 23 e 18 anni;

   il 6 agosto 2017, dopo trentaquattro giorni di carcere, Maria Rocco, detenuta nel carcere di Billwerder, ad Amburgo, con l'accusa di aver attentato all'ordine pubblico è stata scarcerata. Mentre prosegue la detenzione per Fabio Vettorel, il ragazzo feltrino di 18 anni, per il quale non è stata concessa la libertà, in attesa del processo, in quanto per la Corte tedesca esisterebbe un alto pericolo di fuga;

   da organi di stampa si apprende che anche il quotidiano tedesco «Süddetsche Zeitung», che ha dedicato un lungo articolo alla vicenda del giovane feltrino, mette in dubbio che il 7 luglio 2017, i contestatori del G20 abbiano dato corpo a un «massiccio attacco»: si sarebbe invece trattato del lancio di pochi oggetti raccolti per le strade;

   secondo il procuratore di Stato di Amburgo, che ha respinto la richiesta dell'avvocatessa della difesa, Gabriele Heinecke, il giovane italiano, avrebbe gettato pietre, petardi e bengala contro le forze di polizia la mattina del 7 luglio, motivando quindi l'arresto con l'accusa di «aver agito attivamente contro gli agenti di polizia». Sempre sullo Zeitung, l'avvocatessa del ragazzo accusa la procura di avere agito con eccessiva durezza e in assenza di prove sufficienti e, per questa ragione, racconta di aver inoltrato la richiesta di liberazione alla Corte costituzionale di Karlsruhe. Secondo la ricostruzione dell'avvocato Paolo Serrangeli, legale dei due ragazzi «Maria e Fabio, la mattina del 7 luglio scorso, intorno alle 6.30, stavano procedendo insieme al altre duecento persone, per dirigersi alla manifestazione di dissenso e protesta al G20 di Amburgo. Prima di poter arrivare al meeting, si sono imbattuti in due falangi di poliziotti in tenuta anti sommossa che, chiudendo il gruppo di manifestanti all'interno di una strada senza uscite, hanno caricato la folla senza alcun motivo apparente. In quel frangente dalla folla, piombata nel panico, sono partiti sei lanci di oggetti di fortuna, che sono andati ad abbattersi sulla strada, a dieci metri dalla carica della polizia, che poi ha fermato 73 persone». Tra queste, la maggioranza erano cittadini tedeschi, che arrestati sono stati per lo più tutti rilasciati dopo poco, mentre, gli altri ragazzi, quasi tutti stranieri, tra cui Vettorel, sono stati condotti in carcere con l'accusa di «grave, turbativa dell'ordine pubblico per non essersi allontanato da una manifestazione violenta»;

   la vicenda in questione è stata posta all'attenzione del Governo già il 25 luglio 2017 con l'interrogazione n. 5-11961, ancora in attesa di risposta, con la quale si chiedeva di adoperarsi per consentire il più rapido ritorno in patria dei connazionali italiani –:

   se intenda intervenire urgentemente, adottando tutte le necessarie iniziative diplomatiche, per consentire l'immediato ritorno in patria di Fabio Vettorel e degli altri connazionali fermati, considerato che la detenzione si protrae ormai da oltre 2 mesi.
(4-17862)

  Risposta. — La Farnesina, per il tramite del consolato generale di Hannover, ha seguito con grande attenzione la vicenda dei ventisette connazionali fermati dalla polizia tedesca nel corso delle manifestazioni che hanno avuto luogo durante il G20 svoltosi ad Amburgo il 7 e 8 luglio 2017.
  Appresa la notizia del fermo, la nostra rappresentanza consolare si è da subito attivata al fine di prestare agli interessati ogni possibile assistenza. Oltre a stabilire e mantenere un contatto con i loro familiari e con gli avvocati, sono state effettuate visite consolari per verificare il regime detentivo imposto ai connazionali e il loro stato psico-fisico.
  In tutti gli incontri avuti, sono sempre apparsi in un buono stato di salute e le loro condizioni detentive non hanno mai destato particolari preoccupazioni. Nei frequenti contatti con le autorità carcerarie ci si è costantemente premurati di sostenere, nei limiti del possibile, le loro richieste e non si è mancato di intervenire per agevolare la soluzione di problemi legati soprattutto alle comunicazioni – telefoniche ed epistolari – con l'esterno, con riferimento soprattutto ai contatti con i familiari.
  Dei ventisette connazionali fermati, ventuno sono stati rimessi in libertà poco dopo, mentre sei sono stati trattenuti.
  Di questi, la signora Marta Rocco è stata liberata il 10 agosto 2017. Su di lei la competente autorità giudiziaria tedesca deve ancora pronunciarsi su un'eventuale richiesta di rinvio a giudizio.
  I signori Orazio Sciuto, Riccardo Lupano, Emiliano Puleo e Alessandro Rapisarda sono stati condannati a pene inferiori ai due anni di reclusione e tutti rilasciati con sospensione condizionale della sanzione.
  Quanto al signor Fabio Vettorel, avverso il provvedimento della custodia cautelare il legale del connazionale aveva presentato un ricorso alla Corte costituzionale, ravvisando un intento discriminatorio ai danni del suo assistito in quanto cittadini tedeschi sottoposti a indagini di uguale tenore per i medesimi fatti erano stati rapidamente rimessi in libertà. Detto ricorso è stato rigettato dalla suprema Magistratura tedesca.
  Il 16 ottobre 2017 è iniziato il procedimento penale a carico dell'interessato. Nel corso dell'udienza l'avvocato difensore ha presentato istanza di ricusazione del giudice per asserita mancanza di imparzialità nei confronti del connazionale. Anche detta istanza è stata respinta. In occasione di una successiva udienza che ha avuto luogo il 15 novembre 2017, il legale che assiste il signor Vettorel ha nuovamente chiesto che l'interessato sia rimesso in libertà in attesa che si concluda il processo a suo carico. Il giudice ha deciso positivamente subordinando la scarcerazione al pagamento di una cauzione di 10.000 euro, alla dimora ad Amburgo e all'obbligo di firma tre volte a settimana. Avverso tale provvedimento la pubblica accusa, in due successive occasioni, ha presentato un ricorso, che è stato però entrambe le volte respinto. Il signor Vettorel è stato pertanto scarcerato il 27 novembre 2017.
  Il nostro Consolato generale ad Hannover si è fortemente impegnato per fornire al ragazzo tutta la necessaria assistenza durante la permanenza nel penitenziario, mantenendo uno stretto e costante contatto con la madre signora Baroni e con il legale che assiste il connazionale. L'ultima udienza che vede coinvolto il signor Vettorel si è svolta il 4 dicembre 2017 in presenza del consolato generale. La nostra rappresentanza consolare continuerà a seguire da vicino il procedimento penale, presenziando – ove consentito – anche alle successive udienze.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Vincenzo Amendola.


   FANTINATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, un articolo di stampa riferiva che ad un quindicenne di Montagnana, comune in provincia di Padova, nel corso di un esame del sangue sono stati riscontrati 294,7 nanogrammi Pfoa per millilitro di sangue contro il limite fissato tra 1,15 e 8;

   le analisi del ragazzo, uno dei 76 soggetti tra i 14 e i 65 anni sottoposti allo screening regionale, hanno mostrato uno sforamento di oltre 35 volte il limite consentito dalla legge;

   questo è solo l'ultimo, in ordine di tempo, dei tanti casi di ragazzini esposti alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche in Veneto;

   il 12 luglio 2017, una delegazione delle famiglie che hanno fondato il «Comitato Zero Pfas Montagnana», ha portato le analisi del sangue dei loro figli alla sede di Treviso dei carabinieri del Noe;

   la caratteristica che rende pericolose queste sostanze è il fatto che si accumulano non nel grasso, ma nel sangue e nel fegato, rendendosi così biologicamente più disponibili, con lunghi tempi di escrezione dall'organismo; ciò favorisce l'insorgenza di neoplasie renali, al testicolo, oltre al diabete, alle malattie cardiovascolari e all'Alzheimer, e rappresenta un grave rischio anche per le gestanti;

   l'attuale direttiva 1998/83/CE sull'acqua potabile è oggetto di valutazione e in Italia il Ministero della salute ha stabilito un livello massimo di Pfas nelle acque ad uso umano di 500 nanogrammi/litro, mentre in altri Paesi esso è decisamente inferiore: in Germania, ad esempio, è di 100ng/l, in New Jersey (USA) 40ng/l. Sono allarmanti i dati emersi dai biomonitoraggi sui residenti dell'area contaminata in Veneto, con valori preoccupanti soprattutto nei ragazzi quattordicenni rispetto ai loro coetanei residenti in altre aree;

   sono trenta i comuni distribuiti tra le province di Vicenza, Verona e Padova interessati dall'inquinamento delle acque superficiali e delle falde acquifere, alcune di queste destinate anche alla produzione agroalimentare e zootecnica –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare, anche di concerto con la regione Veneto, per affrontare questa emergenza e favorire una soluzione strutturale del problema, localizzando e vietando tutti gli scarichi di Pfas nelle aree colpite da fenomeni di contaminazione, nonché individuando, contestualmente, altre fonti di approvvigionamento idrico potabile.
(4-17353)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla presenza di Pfas a Montagna in provincia di Padova, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre evidenziare, in via preliminare, che le sostanze perfluoroalchiliche sono, come è noto, composti formati da una catena alchilica di lunghezza variabile totalmente fluorurata e da un gruppo funzionale costituito da un acido carbossilico o solfonico.
  Le sostanze a catena lunga appartenenti a questa famiglia chimica destano particolari preoccupazioni di ordine ambientale e sanitario, benché siano state largamente utilizzate a partire dalla seconda metà del secolo scorso in diversi settori produttivi. Le sostanze maggiormente rappresentative di questa grande famiglia chimica sono l'acido perfluorottansolfonico (Pfos) e l'acido perfluorottanoico (Pfoa).
  Il Pfos è stato inserito nel 2010, con il regolamento (Ue) n. 757/2010, nell'allegato I al regolamento (CE) n. 850/2004 che attua la Convenzione internazionale di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti. A seguito di tale inserimento la produzione, l'immissione in commercio e l'uso del Pfos sono stati vietati in tutti i Paesi dell'Unione europea.

  Per quanto riguarda il Pfoa, il regolamento (Ue) n. 317/2014 ha stabilito il suo inserimento nell'allegato XVII al regolamento (Ce) n. 1907/2006 («Regolamento Reach») con il relativo divieto di immissione sul mercato per la vendita al pubblico come componente di miscele.
  Più recentemente, nel giugno del 2017, con il regolamento (Ue) n. 2017/1000 è stata approvata una nuova restrizione che prevede il divieto, entro tre anni, della produzione e dell'immissione sul mercato di sostanze, miscele e articoli che contengono più di 25 µg/kg di Pfoa.
  Come tutte le restrizioni adottate ai sensi del regolamento Reach, questa restrizione costituisce un provvedimento di portata generale: si applica cioè a tutte le imprese europee che producono, utilizzano o importano miscele e articoli contenenti Pfoa.
  Riguardo ai Pfas a catena corta, solo una sostanza risulta inserita nella lista delle Svhc (il perfluoro esan sulfonato). Al momento non sono in vigore restrizioni specifiche per Pfas a catena corta, benché si preveda che maggiori informazioni sull'eventuale pericolosità di tali sostanze possano essere messe a disposizione delle autorità nazionali e dell'Echa quando risulterà conclusa la fase di registrazione delle sostanze chimiche presenti sul mercato dell'Unione europea prevista dal regolamento Reach.
  Anche l'Ocse ha avviato una specifica attività di indagine sui Pfas raccogliendo dati sui diversi tipi di impiego delle diverse centinaia di sostanze perfluoroalchiliche utilizzate nei settori industriali interessati. Scopo dell'indagine dell'Ocse è quello di facilitare lo scambio di informazioni tra i produttori, gli utilizzatori e le autorità nazionali, anche al fine di individuare sostanze alternative di comprovato minore impatto sanitario e ambientale, che offrano analoghe prestazioni a costi sostenibili.
  Un elenco delle sostanze censite dall'Ocse è già disponibile sul portale
https://www.oecd.org/ehs/pfc: accedendo a tale portale possono essere condivise informazioni riguardanti gli aspetti regolamentari dei Pfas, le politiche nazionali, gli aggiornamenti scientifici, le nuove tecnologie e le alternative ai Pfas.
  A livello nazionale, nel 2013 a seguito della prima segnalazione della presenza delle sostanze Pfas nelle matrici ambientali dell'area del vicentino, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha istituito un gruppo tecnico di lavoro per i necessari approfondimenti della situazione di contaminazione da Pfas nelle acque sotterranee e superficiali. In tale gruppo di lavoro, tuttora operativo, sotto il coordinamento del Ministero, sono presenti gli esperti dell'Istituto superiore di sanità (Iss), dell'Irsa-Cnr, dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra). Il gruppo di lavoro aveva in origine anche il mandato di definire per i Pfas gli Standard di qualità ambientale (Sqa) per i corpi idrici superficiali e i Valori soglia (VS) per la valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee. Entrambi da inserire, rispettivamente, nello specifico allegato del codice dell'ambiente (acque superficiali), in attuazione della direttiva 2013/39/Ue nell'allegato del decreto legislativo n. 30 del 2009 (acque sotterranee), in recepimento della direttiva 2014/80/Ue della Commissione.
  A seguito delle risultanze delle attività del gruppo tecnico di lavoro, con decreto legislativo n. 172 del 2015 sono stati definiti gli standard di qualità ambientale (Sqa) per le sostanze prioritarie nelle acque superficiali, ivi inclusi alcuni composti perfluorurati.
  Con decreto ministeriale 6 luglio 2016 sono stati poi individuati i valori soglia (Vs) per la definizione del «buono stato chimico» delle acque sotterranee, tra cui i valori soglia dei composti perfluorurati PFPeA, PFHxA, Pfbs, Pfoa, Pfos.
  Nel 2016 il gruppo tecnico di lavoro, a seguito degli sviluppi della situazione di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee del vicentino, è stato integrato con rappresentanti delle regioni interessate dalla contaminazione da Pfas, in particolare con i rappresentanti della regione Veneto, dell'Arpa Veneto e della provincia di Vicenza, e dei responsabili delle altre Arpa, delle regioni e delle autorità di distretto idrografico interessate.
  Nel corso del biennio 2016-2017, nell'ambito della gestione delle attività del gruppo tecnico di lavoro è stata condotta una intensa collaborazione, scambio di informazioni e dialogo tra i rappresentanti delle regioni, in particolare della regione Veneto e provincia di Vicenza, delle agenzie regionali per l'ambiente e degli istituti di ricerca coinvolti nel gruppo tecnico Iss, Ispra, Irsa-Cnr per l'attivazione da parte della regione Veneto di piani di misure a breve, medio e lungo termine per fare fronte alla situazione di contaminazione da Pfas nelle acque del vicentino.
  «Le autorità di bacino, le regioni e le province autonome dovranno elaborare, entro il 22 dicembre 2018, un programma di monitoraggio supplementare e un programma preliminare di misure relative a tali sostanze e li trasmettono al Ministero dell'ambiente ed al Sintai (Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane) per il successivo inoltro alla Commissione europea. Le autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, entro il 22 dicembre 2021, un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, che è attuato e reso operativo entro e non oltre il 22 dicembre 2024. Qualora, invece, gli esiti di monitoraggi pregressi, anche condotti a scopo di studio, abbiano già evidenziato la presenza di tali sostanze in concentrazioni superiori agli standard di qualità ambientale di cui alla tabella 1/B, le autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano e riportano nei piani di gestione, entro il 22 dicembre 2015, i programmi di monitoraggio ed un programma preliminare di misure relative a tali sostanze, immediatamente operativi...». I predetti Sqa sono stati calcolati seguendo la linea guida n. 27 della Comunità europea per la definizione degli standard di qualità ambientali per le acque. Il limite scelto per definire lo standard di qualità ambientale è stato sempre quello più basso.
  Il Ministero dell'ambiente, dunque, sin dal 2013, anno della prima rilevazione dei composti Pfas nelle acque potabili e nelle matrici ambientali dell'area del vicentino, si è attivato per affrontare la situazione di contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) delle acque superficiali e sotterranee nella provincia di Vicenza.
  Il Ministero, nell'ambito delle proprie funzioni di indirizzo e coordinamento ha evidenziato la necessità di estendere a livello nazionale gli approfondimenti per valutare l'estensione e l'entità del fenomeno di contaminazione delle acque da Pfas e individuare le eventuali fonti di inquinamento necessarie per la predisposizione di programmi di monitoraggio
ad hoc.
  Nel luglio 2016, ha formalmente richiesto ad Ispra, con il coinvolgimento del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (Snpa), di formulare le proprie valutazioni e proposte per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei corpi idrici superficiali e sotterranei così da permettere alle regioni la programmazione dello stesso nell'ambito delle attività dei Piani di gestione dei distretti idrografici. In particolare è stato richiesto di:

   1) validare tutti i metodi non ufficiali utilizzati dai laboratori delle Arpa nel monitoraggio dei corpi idrici e quindi nella determinazione analitica delle sostanze prioritarie;

   2) definire, con il Sistema nazionale a rete, l'avvio di un monitoraggio sulle sostanze polifluoroalchiliche (Pfas), in tutte quelle situazioni che, a seguito di un'analisi sulle pressioni antropiche che incidono sui corpi idrici superficiali e sotterranei, diano luogo a potenziali esposizioni a tali composti.

  Al fine di dare risposta alle richieste del Ministero, Ispra si è attivata sia per la definizione di criteri concordati di identificazione dei requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi sia per l'avvio del richiesto monitoraggio. A tale scopo è stato anche attivato un tavolo tecnico all'interno del predetto Sistema nazionale a rete (Snpa), finalizzato ad affrontare i seguenti aspetti: monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee; analisi delle pressioni e degli impatti; raccolta dei dati di monitoraggio delle Arpa (Sintai); regolamento Reach; analisi di siti potenzialmente contaminati; valutazione del danno ambientale.
  Sul territorio nazionale i primi monitoraggi delle due sostanze Pfos e Pfoa sono stati effettuati nelle regioni Piemonte e Veneto, con la predisposizione di specifiche stazioni di monitoraggio (65 per il Pfos e 65 per il Pfoa in Piemonte; 347 per il Pfos e 347 per il Pfoa in Veneto).
  In data 17 ottobre 2016, Ispra ha comunicato che solo 4 regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Lazio) hanno predisposto programmi di monitoraggio per i Pfas. A inizio 2017 il Ministero ha sollecitato le regioni alla predisposizione dei piani di monitoraggio dei composti Pfas nelle acque superficiali, sotterranee e negli scarichi e ad assumere tutte le iniziative di competenza volte a controllare i corpi idrici.
  Attualmente, oltre alle predette regioni, hanno predisposto programmi di monitoraggio per i Pfas: il Friuli-Venezia Giulia, l'Umbria, la Val d'Aosta, la provincia autonoma di Bolzano, la Puglia, l'Emilia-Romagna e la provincia autonoma di Trento.
  Con specifico riferimento alla problematiche riscontrate nelle province venete, si ritiene opportuno, inoltre, segnalare che l'Istituto superiore di sanità, operando in costante coordinamento con il Ministero della salute, ha coadiuvato e sorvegliato costantemente le misure di analisi e mitigazione di rischio di contaminazione causato da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in Veneto, ed ha redatto una prima nota informativa (parere 7 giugno 2013) finalizzata ad attivare molteplici azioni multidisciplinari, orientate a garantire la mitigazione sostanziale di ogni esposizione a Pfas della popolazione, e di valutare eventuali effetti sulla salute dovuti ad esposizioni pregresse.
  L'Istituto superiore di sanità ha coinvolto le «
expertise» necessarie, che hanno un ruolo di primo piano nelle valutazioni di rischio a livello internazionale, inclusa la definizione dei valori limite di inquinanti nelle linee guida mondiali dell'Organizzazione mondiale della sanità per la qualità delle acque potabili, e dei «panel» dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare-Efsa per contaminanti della catena alimentare.
  L'istituto sta svolgendo, insieme ad un «
team» multi-istituzionale regionale e territoriale del Veneto, il Piano di sicurezza dell'acqua nella filiera idro-potabile della contaminazione, secondo i criteri di prevenzione sanitaria più avanzati elaborati dalla Oms.
  Al riguardo, si precisa che il Ministero della salute ha più volte richiamato l'attenzione della regione Veneto sui contenuti del decreto ministeriale 14 giugno 2017, adottato dallo stesso Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che recepisce la direttiva (Ue) 1787/2015, la quale introduce l'attuazione dei piani di sicurezza sull'intero sistema idro-potabile, e costituisce la più innovativa metodologia di prevenzione e controllo degli inquinanti potenzialmente presenti nei sistemi idropotabili, elaborata e promossa dall'Oms (
Water safety plan). Con il predetto decreto è stata, dunque, introdotta la valutazione del rischio nelle filiere idropotabili secondo il modello dei piani di sicurezza dell'acqua, per il controllo di possibili contaminazioni legate a circostanze specifiche che possono interessare la filiera idropotabile, richiedendo che la valutazione del rischio comprenda «dati di monitoraggio per elementi chimici sostanze non oggetto di ordinario controllo sulla base di elementi di rischio sito specifici».
  Tale metodologia consente un «cambio di passo» nelle attività di prevenzione, permettendo di monitorare tutto il sistema di captazione e adduzione delle acque, analizzando e censendo ogni rischio di contaminazione. L'attuale sistema di controlli, in effetti, si limita alla verifica periodica di parametri al rubinetto, insufficiente per comprendere l'intero e complesso sistema di gestione dell'acqua.
  Si ricorda, inoltre, che le regioni in base allo spirito della direttiva quadro sulle acque sono chiamate a valutare le «pressioni e gli impatti» che si esercitano nel proprio territorio sui corpi idrici e, sulla base degli esiti di tale analisi, definiscono combinazioni di misure di tutela idonee disciplinando, per esempio nelle autorizzazioni allo scarico, specifici limiti a sostanze non contemplate nell'ordinamento europeo e/o nazionale.

  L'evidenza di una situazione di potenziale pericolo ecologico e sanitario nel bacino del fiume Po ha portato nel 2011 alla stipula di una convenzione tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Istituto di ricerca sulle acque Cnr per la realizzazione di uno studio sperimentale su potenziali inquinanti «emergenti» e sul rischio ambientale e sanitario associato alla contaminazione da queste sostanze nel bacino del Po e nei principali bacini italiani. Tale studio, nel maggio 2013, è stato condiviso con il Ministero della salute e con l'Istituto superiore di sanità, oltreché notificato all'Arpa Veneto e alla provincia di Vicenza al fine di coinvolgere fin da subito il territorio.
  A far data dalla nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 29 maggio 2013, indirizzata ad una pluralità di amministrazioni centrali e periferiche, veniva richiesto di «effettuare gli accertamenti necessari all'individuazione delle fonti di immissione delle sostanze» perfluoroalchiliche e «all'attivazione delle conseguenti iniziative di tutela delle acque». Da ciò traeva avvio una fitta interlocuzione tra la regione Veneto e tutte le amministrazioni competenti, allo scopo di individuare un percorso condiviso e coordinato di prevenzione e tutela.
  Riguardo alle fonti alternative di approvvigionamento idrico potabile e ai fondi statali a disposizione per la realizzazione di nuovi acquedotti, si riporta quanto segue.
  In parallelo con l'attività di supporto tecnico-scientifico, dall'inizio del 2016 il Ministero ha riassunto un ruolo pro-attivo nella governance di un accordo di programma con la regione Veneto, con gli enti territoriali e le associazioni industriali sottoscritto nel 2005, finalizzato alla realizzazione delle condizioni per il riequilibrio del bilancio idrico nel distretto vicentino della concia, anche attraverso interventi nel settore acquedottistico, fognario e depurativo. Nell'ambito di tale accordo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha compiuto la scelta di lasciare le risorse ministeriali, ammontanti a 23 milioni di euro fino ad oggi non ancora spesi, 10 dei quali da destinare al settore conciario. Tenendo conto del nuovo quadro conoscitivo e dei nuovi obiettivi strategici risultanti dal piano di gestione delle acque del 2016, sotto la guida del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato, inoltre, messo a punto un testo di Accordo novativo che conferma la volontà di mantenere gli impegni finanziari assunti in coerenza con gli obiettivi individuati, e nel quale il Ministero si impegna a reperire ulteriori risorse per il perseguimento degli obiettivi legati alla problematica dei Pfas. Tale accordo si è formalizzato il 6 luglio 2017.
  Nel comitato di sorveglianza tenutosi il 25 settembre 2017 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato una prima interlocuzione per gli adempimenti previsti dall'articolo 3 dell'accordo in parola, per finalizzare le risorse rese disponibili dal Ministero dell'ambiente, nell'ambito della propria programmazione a valere sulle risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 140 della legge n. 232 del 2016, ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017, per la risoluzione della problematica Pfas.
  Sempre in occasione del comitato, è stato formalizzato il progetto preliminare di Veneto Acque riguardante l'approvvigionamento da fonti alternative per la soluzione della problematica dei Pfas.
  Si ricorda inoltre che, in coerenza con gli impegni assunti dal Ministero, saranno destinate a tale riguardo risorse per l'importo di 80 milioni a valere sul «Fondone» di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017. Non appena sarà conclusa l'istruttoria tecnica relativa alla fattibilità del progetto e sarà chiara la concorrenza delle risorse regionali per far fronte al quadro economico, si potrà procedere alla sottoscrizione dell'accordo attuativo per rendere operativi gli interventi.
  Per quanto concerne i costi ambientali, i tre consigli del Bacino Bacchiglione, del bacino Valle del Chiampo e del bacino Veronese, che regolano il servizio idrico integrato nelle aree interessate da inquinamento da Pfas, affermano che servono almeno 180 milioni di euro per risolvere in via definitiva, con interventi sulle reti degli acquedotti, il problema dell'inquinamento da sostanze perfluoro-alchiliche emerso nel vicentino già nel corso del 2013. La soluzione prospettata è quella di sostituire le fonti e interconnettere gli acquedotti. A tal fine, è stato stilato un accordo che detta le linee guida per prevenire e abbattere gli inquinanti, monitorare la diffusione nell'ambiente di tale sostanze, intervenire per l'abbattimento delle stesse, e sostituire la fonte di approvvigionamento di Almisano.
  Con riferimento ai profili connessi ad un eventuale danno ambientale, si rappresenta di seguito l'attività svolta dal Ministero dell'ambiente, in collaborazione con Ispra, gli enti locali e il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, Nucleo operativo ecologico di Treviso.
  A seguito della richiesta di adozione di provvedimenti, ai sensi della parte VI del decreto legislativo n. 152 del 2006, presentata dal Consiglio di bacino Bacchiglione e da dieci dei 140 comuni che ne fanno parte, unitamente a una nota tecnica di sintesi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto a Ispra, in data 7 dicembre 2016, di redigere una «relazione tecnica di individuazione, descrizione e quantificazione del danno ambientale con indicazione delle necessarie misure di riparazione primaria, complementare e compensativa» anche alla luce del procedimento di bonifica/messa in sicurezza della falda sotterranea attivato dalla Miteni S.p.a. presso il comune di Trissino.
  Ispra è stata altresì incaricata di verificare, in collaborazione con l'Arpa Veneto e gli enti locali competenti, la coerenza delle misure di riparazione previste dal progetto di messa in sicurezza rispetto a quanto disposto dall'allegato 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed eventualmente di individuare le misure più appropriate per garantire la riparazione del danno ambientale.
  Contestualmente è stato chiesto alle amministrazioni locali di trasmettere notizie aggiornate in merito alle eventuali iniziative intraprese a seguito dell'emanazione del citato decreto ministeriale del 6 luglio 2016, che fissa i valori soglia da considerare per la classificazione dello stato chimico delle acque sotterranee.
  L'Ispra in data 23 febbraio 2017 ha trasmesso i primi elementi di valutazione relativamente alla problematica ambientale in argomento rappresentando la necessità di avviare una precisa interlocuzione con le autorità locali e con gli enti di controllo sia al fine di acquisire informazioni sia al fine di verificare le possibili azioni di riparazione.
  Sulla vicenda è, inoltre, intervenuto il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, Nucleo operativo ecologico di Treviso che, in data 13 giugno 2017, ha trasmesso il quadro ambientale relativo all'inquinamento del sito industriale ove insiste l'impianto Miteni S.p.a. di Trissino, redatto a seguito delle indagini condotte a partire dall'8 marzo 2017.

  La succitata documentazione trasmessa dai Noe di Treviso è stata inoltrata a Ispra, in data 19 giugno 2017, per le valutazioni di competenza.
  Il set completo degli elementi che perverrà all'esito di tali attività, rappresenterà il presupposto indispensabile per definire il quadro aggiornato della situazione e rapportare le attuali condizioni delle risorse ambientali con la condizione di
baseline, da ricostruire sulla base di dati pregressi.
  Una volta individuati i profili di danno ambientale aventi rilievo ai sensi della vigente normativa, la scelta delle misure di riparazione del danno richiederà, in prospettiva, un confronto sistematico con le autorità locali, attesa la complessità dei vincoli e delle procedure autorizzative e di controllo che condizionano, sul territorio, la concreta fattibilità di tali misure.
  Si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prosegue nella sua azione costante di monitoraggio senza ridurre in alcun modo lo stato di attenzione su tale importante questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   FANUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tema della sistemazione del casello di Montecatini Terme e della sua connessione con la viabilità locale è stato già oggetto di un accordo tra Stato e regioni nel 2000, ma ancora non si è ottenuto nulla di conclusivo dopo molteplici variazioni e rielaborazioni progettuali;

   con riferimento solo agli sviluppi più recenti, nel protocollo di intesa sugli interventi di Autostrade per l'Italia nel territorio della regione Toscana, sottoscritto il 4 agosto 2011 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Anas, regione Toscana, enti locali ed Autostrade per l'Italia, l'intervento di messa in sicurezza dello svincolo di Montecatini Terme veniva inserito nell'ambito dell'intervento di realizzazione terza corsia sulla A11, nel tratto Firenze-Pistoia;

   il progetto preliminare, che prevede una sistemazione basata su due rotatorie ravvicinate, è stato presentato il 28 novembre 2014 ed è stato esaminato congiuntamente da provincia, regione e comuni interessati (riunione del 6 febbraio 2015) con parere sostanzialmente favorevole;

   in occasione della trasmissione al comune di Pieve a Nievole del progetto della terza corsia Firenze-Pistoia, nel quale la sistemazione del casello non è presente, il comune ha chiesto chiarimenti ad Autostrade per l'Italia la quale ha risposto in data 14 settembre 2016 che «per quanto riguarda tale intervento di sistemazione viaria, si precisa che il relativo layout progettuale è tuttora all'esame del concedente Ministero infrastrutture e trasporti», aggiungendo che in ogni caso l'intervento di ampliamento alla terza corsia poteva essere integrato con la sistemazione del casello sulla base delle indicazioni che sarebbero pervenute dal Ministero medesimo nell'ambito della conferenza di servizi da convocare sulla terza corsia;

   vista la mancanza di passi in avanti nel procedimento, il sindaco del Comune di Pieve a Nevole ha avuto un incontro con il Ministro interrogato per esporre nuovamente la necessità che l'opera venisse inserita nel «pacchetto terza corsia»;

   tenuto conto del raddoppio ferroviario che interessa anche il territorio del comune di Pieve a Nevole e la conseguente viabilità sostitutiva del passaggio a livello che cambierà fotografia al paese, mantenendo le criticità all'uscita del casello autostradale se non risolte con le rotonde di cui trattasi, si rende ancora più urgente e indispensabile provvedere in tempi brevi alla realizzazione delle stesse, in modo da scongiurare ulteriori criticità di traffico in quella zona;

   a breve si terrà la conferenza di servizi sul progetto della terza corsia autostradale Firenze-Pistoia –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire che la realizzazione delle due rotonde all'uscita del casello di Montecatini Terme venga inserita nell'intervento legato alla realizzazione della terza corsia nel tratto Firenze-Pistoia e che il progetto venga discusso in sede di conferenza di servizi sulla A11.
(4-17550)

  Risposta. — Come già riferito lo scorso 16 novembre, in occasione dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in VIII Commissione della Camera dei deputati, si conferma che il progetto preliminare con previsione di due rotatorie, che aveva ottenuto un preventivo parere favorevole da parte degli enti locali, è stato parzialmente modificato a seguito dell'esame da parte dei competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Successivamente, è stata rilasciata una validazione sulla nuova soluzione — che prevede comunque le due rotatorie — da parte dei medesimi uffici in data 5 maggio 2017.
  Lo scorso 8 novembre si è tenuta la conferenza di servizi relativa alla terza corsia della A11, dove il comune di Pieve ha richiesto la sistemazione della viabilità in uscita dal casello di Montecatini con due rotatorie; l'importo riferito a quest'ultimo intervento è pari a 5 milioni di euro.
  Questa amministrazione ha ritenuto ammissibili tali interventi, in quanto gli stessi si configurano come potenziamenti delle viabilità di adduzione all'autostrada A11. La progettazione, la realizzazione e la futura gestione delle opere dovrà essere disciplinata da specifici atti convenzionali, da stipularsi tra le parti interessate e la società Autostrade per l'Italia, dopo l'esame e l'approvazione da parte di questo dicastero.
  Infine, si comunica che Autostrade per l'Italia sta predisponendo il relativo progetto definitivo che sarà presentato agli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro il prossimo mese di dicembre; tale progetto dovrà poi seguire un
iter approvativo separato.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   FASSINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da fonti stampa (ilFattoquotidiano.it), da qualche giorno, l'accesso al sito di informazione aeronautica e agenzia di stampa « Avionews» all'interno dell'aeroporto di Fiumicino sarebbe stato bloccato;

   sempre secondo notizie di stampa, si è appreso che la decisione di bloccare la pagina di Avionews è stata assunta dall'azienda israeliana Check Point Software Technologies, produttrice di dispositivi di rete e software, che gestisce questi aspetti informatici dell'aeroporto;

   accedendo al sito era possibile leggere anche la spiegazione del divieto: «L'accesso a Avionews è bloccato in base alla politica di sicurezza dell'organizzazione. Categoria: armi»;

   a ilFattoquotidiano.it la faccenda è stata segnalata la mattina di mercoledì 29 marzo 2017 da diverse fonti: passeggeri in transito nell'aeroporto di Roma, dipendenti Alitalia di base a Fiumicino, piloti, assistenti di volo. Alcune di queste fonti mettevano in relazione il blocco del sito Avionews a Fiumicino con la circostanza che il giorno prima l'agenzia di stampa aveva ospitato un articolo molto dettagliato e molto critico di analisi del piano Alitalia scritto da Gaetano Intrieri, docente all'università Tor Vergata di sistemi complessi. L'ostracismo sarebbe stato una ritorsione censoria nei confronti di quello scritto –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad appurare per quale motivo la società di gestione dell'Aeroporto di Fiumicino abbia esternalizzato un settore così delicato e strategico del sistema aeroportuale ad una società straniera;

   se s'intendano avviare verifiche ispettive, per quanto di competenza, al fine di comprendere modalità, soggetti e criteri che hanno sotteso alla scelta di oscurare il sito di cui in premessa, pur essendo un'agenzia di stampa regolarmente registrata presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
(4-16130)

  Risposta. — Al fine di chiarire la vicenda segnalata dall'interrogante riguardante il temporaneo blocco dell'accesso al sito di informazione aeronautica e agenzia di stampa «Avionews», sulla base delle informazioni assunte dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), si riferisce quanto segue.
  La società Aeroporti di Roma fa sapere che l'episodio della momentanea irraggiungibilità del sito
avionews.it dalla rete che consente ai passeggeri degli aeroporti di Ciampino e Fiumicino di navigare su internet gratuitamente è stato determinato da un comportamento del Firewall, apparato di sicurezza che protegge la navigazione effettuata dalla rete WiFi Free.
  Il
Firewall è un apparato che, usando algoritmi automatici proprietari dell'azienda che lo produce, classifica i siti in base a categorie predefinite. In questo caso, in seguito a un'interpretazione dei contenuti del sito in oggetto, esso è stato classificato come sito che pubblica contenuti in materia di armi, e conseguentemente bloccato presso tutti gli utenti che, a livello nazionale e internazionale, si servono di tale tipologia di Firewall.
  Episodi di questo tipo sono connaturati alla continua dinamicità dei contenuti presenti in rete e vengono tipicamente risolti con controlli periodici effettuati dai medesimi produttori del
software. In alternativa, le liste vengono corrette su richiesta dei diretti interessati. Il ricorso ad algoritmi automatici è l'unico ipotizzabile, non essendo possibile un controllo umano di tutti i contenuti pubblicati quotidianamente su internet.
  Il
Firewall utilizzato da Aeroporti di Roma è di tecnologia Checkpoint (tecnologia best in class a livello mondiale nel settore Cybersecurity quotato anche al Nasdaq – https://www.checkpoint.com, utilizzato da migliaia di aziende in tutto il mondo) ed è gestito dalla società del gruppo Adr Tel.
  Il blocco dei contenuti del sito
avionews.it ne ha reso impossibile l'accessibilità anche presso la rete WiFi di Fiumicino e di Ciampino in data 6 marzo 2017. In media, circa due dispositivi al giorno hanno tentato di effettuare l'accesso a questo sito di informazioni dalla rete dell'Aeroporto. A fronte della segnalazione del problema agli uffici della società Aeroporti di Roma in data 29 marzo 2017, Adr Tel è prontamente intervenuta per il ripristino dell'accessibilità al sito avionews.it nel giorno stesso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone ha difficoltà ad assicurare un'uniforme copertura della necessità del soccorso tecnico urgente nella propria area di responsabilità;

   la causa di tali difficoltà è da attribuire alla carenza di organici, quantificabile in 24 effettivi corrispondenti a circa cinque squadre, poiché risultano in forza effettiva soltanto 166 vigili a fronte dei 190 previsti ed una squadra è normalmente composta da 5 unità;

   a tale deficit di personale sarebbe urgente porre rimedio;

   in assenza di nuovi afflussi di personale al comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone, potrebbe risultare impossibile mantenere il distaccamento del Corpo a Sacile, attualmente attivo nel turno diurno con due professionisti e tre volontari;

   il distaccamento dei vigili del fuoco di Sacile effettua più di mille interventi all'anno, praticamente tre al giorno, addirittura più di quelli che normalmente garantisce il distaccamento di San Vito al Tagliamento;

   il danno conseguente all'eventuale soppressione del distaccamento dei vigili del fuoco di Sacile sarebbe quindi notevole;

   sarebbe altresì importante restituire a quello di Sacile la qualifica di distaccamento permanente;

   nel corso del 2017, si prevede di assumere circa 1.700 vigili del fuoco –:

   quali misure il Governo intenda adottare per consentire al comando provinciale dei vigili del fuoco di mantenere un'uniforme copertura delle necessità del soccorso tecnico urgente nella sua area di responsabilità;

   se il Governo intenda o meno attribuire personale addizionale al comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone, anche attingendo alle risorse che verranno reclutate nel corso del 2017.
(4-16005)

  Risposta. — Negli ultimi anni, pur in presenza di ripetute manovre di contenimento della spesa pubblica, una particolare attenzione è stata dedicata al ripianamento delle carenze delle dotazioni organiche del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Al riguardo, da un lato sono state intraprese iniziative legislative di incremento dell'organico teorico di circa 2500 unità (decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101; decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90; decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113), dall'altro, sono state adottate iniziative destinate al rafforzamento delle presenze effettive presso le strutture territoriali dei vigili del fuoco, anche attraverso il ripristino del
turn over al cento per cento a decorrere dal 2016.
  Tali misure hanno permesso di assumere, negli ultimi mesi dell'anno 2016, 848 unità di vigili del fuoco, di cui 398 sono state assegnate alle sedi di servizio il 5 giugno 2017, mentre i restanti 447 sono stati assegnati alle sedi di servizio 7 agosto 2017.

  Un ulteriore potenziamento di personale è derivato dall'assorbimento, nel dicembre 2016, di 390 unità del corpo forestale dello stato, assegnate nei ruoli ad esaurimento antincendio boschivo (Aib).
  Più di recente, il 27 febbraio 2017, con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri recante «ripartizione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232» sono stati destinati 119,12 milioni di euro per l'anno 2017 e 153,24 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente. Tali assunzioni riguarderanno, tra l'altro, le amministrazioni dello Stato, ivi compresi i corpi di polizia e il corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Per il corpo nazionale dei vigili del fuoco sono stati stanziati 16 milioni di euro che consentiranno l'assunzione di 400 unità.
  Inoltre, a far data dal 15 dicembre 2017, è prevista l'assunzione di 302 unità di vigili del fuoco a copertura del
turn over per l'anno 2016.
  Tali misure consentiranno di ridurre ulteriormente le attuali carenze di organico.
  Per quanto concerne la dotazione organica del comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone, si rappresenta che l'organico teorico, è pari a 190 unità suddivise in: 16 capi reparto, 54 capi squadra e 120 vigili permanenti, mentre le effettive presenze di personale operativo nel medesimo comando corrispondono a 16 capi reparto, 51 capi squadra e 99 vigili.
  Tali carenze, comunque, saranno tenute in considerazione, anche in rapporto alla analoghe situazioni presenti a livello nazionale, non appena ultimate le procedure di promozione per i passaggi di qualifica a capo squadra, il cui concorso è stato già bandito, e soprattutto, con riferimento alla qualifica di vigile permanente, in occasione dei prossimi corsi di immissione in ruolo.
  In particolare, ulteriori incrementi della dotazione organica nelle strutture del corpo nazionale dislocate nella provincia di Pordenone, potranno essere positivamente valutati al termine del corso di formazione per 400 nuovi allievi vigili del fuoco, che ha avuto inizio il 2 ottobre 2017, nonché al termine dell'ulteriore corso di formazione che avrà inizio il 20 dicembre 2017, per l'immissione di altri 333 allievi vigili del fuoco.
  Si soggiunge che il disegno di legge di bilancio, attualmente in corso di esame al Senato della Repubblica, prevede all'articolo 36 il ripianamento degli organici per la metà dei posti non coperti delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, con una programmazione quinquennale di assunzioni, che per il corpo nazionale porterà l'immissione in servizio di ulteriori 1.300 unità.
  In ogni caso, al fine di fronteggiare le immediate esigenze del comando in questione, è stata disposta un'adeguata assegnazione di vigili volontari in richiamo discontinuo sino al 31 dicembre 2017.
  In ordine alla richiesta attivazione in via permanente del distaccamento di Sacile, si rammenta che in tale comune è stato istituito con decreto ministeriale n. 199 del 30 novembre 2016 un presidio volontario dei vigili del fuoco temporaneo, collocato in una sede provvisoria in comune con il gruppo locale di protezione civile. Va evidenziato che nonostante l'elevato numero di interventi espletati dal predetto presidio, per l'attivazione di un distaccamento a carattere permanente si rende comunque necessario un contingente di personale superiore a quello attualmente previsto e, quindi, l'opzione potrà essere valutata solo successivamente a un intervento normativo di potenziamento della dotazione organica del corpo nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 138 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, codice della strada, prevede la possibilità, per le Forze armate, di rilasciare una patente militare al fine di creare un gruppo di autisti specializzati che possano svolgere al meglio il proprio servizio;

   la patente di servizio, che viene conseguita attraverso un esame specifico che abilita alla guida del mezzo, può essere utilizzata esclusivamente nell'espletamento del proprio servizio e rappresenta una certificazione di professionalità per l'autista;

   per quanto concerne le norme che regolano la circolazione stradale dei mezzi e la patente di servizio per gli autisti, la Croce rossa italiana, giustamente, viene assimilata dal codice della strada alle Forze armate, e gode pertanto della stessa autonomia e beneficia delle stesse possibilità;

   le altre numerose associazioni di volontariato che offrono assistenza sanitaria e sono quindi dotate di ambulanze, non sono menzionate in modo specifico dal codice della strada, pertanto i relativi autisti sono semplicemente cittadini volontari dotati di patente privata rilasciata dalla Motorizzazione;

   il possesso di una patente di servizio è una garanzia di qualifica professionale e, sebbene non sostituisca la patente civile in caso di infrazioni stradali o incidente, è rappresentativa dell'appartenenza ad una specifica categoria di lavoratori volontari, che agisce congiuntamente a tutela e a sostegno degli autisti nel caso in cui si verifichino dei problemi;

   in questa prospettiva, avere la patente di servizio costituisce un valore aggiunto e gli autisti delle associazioni che non possono ottenerla agiscono quindi in una condizione di svantaggio rispetto alla Croce rossa italiana, sebbene svolgano un ruolo identico, intervenendo tempestivamente in caso di emergenza. La conseguenza di questa situazione è un'inevitabile carenza di autisti di ambulanze nell'ambito del volontariato;

   sarebbe fondamentale che, a prescindere dal mezzo, tutti gli autisti che intervengono nelle situazioni di emergenza per prestare soccorso sanitario fossero abilitati attraverso uno specifico corso e fossero dotati di apposita patente di servizio –:

   se non reputi necessario intervenire con le apposite iniziative di competenza per estendere a tutti gli autisti delle associazioni di volontariato che svolgono servizi di soccorso sanitario la possibilità di conseguire una specifica patente di servizio.
(4-18094)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la Motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  L'elenco degli enti previsti dall'articolo 138, comma 11, del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), abilitati a rilasciare patenti di servizio per i propri dipendenti o appartenenti, è tassativo e può essere modificato solo con una norma avente valore di legge.
  Si evidenzia al riguardo, che i soggetti ricompresi nel citato comma 11 dell'articolo 138, sono enti pubblici o, come nel caso della Croce rossa italiana, Enti di interesse pubblico. Detta natura pubblica garantisce che il rilascio delle patenti in questione siano improntate al più rigido rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza della circolazione stradale.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   FRACCARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal comunicato n. 1170 del 15 maggio 2017 dell'ufficio stampa della provincia di Trento si apprende che tra il 5 luglio e la fine di agosto 2017 il Passo Sella resterà chiuso per 9 mercoledì tra le ore 9 del mattino e le 16. Il transito sarà consentito a mezzi del trasporto pubblico locale o elettrici, oltre che, naturalmente, a biciclette e pedoni;

   in occasione della conferenza stampa di presentazione del provvedimento, l'assessore della provincia di Bolzano Richard Theiner ha affermato che, con le suddette misure, si ridurranno le emissioni di CO2 e si contribuirà alla conservazione della natura sulle montagne dolomitiche, che sono patrimonio mondiale dell'Unesco;

   la strada interessata dalla suddetta restrizione è la SS242dir di Val Gardena e Passo Sella, la quale è esclusa dalla perimetrazione dell'area Dolomiti Unesco, svolge la fondamentale funzione di collegamento tra la Val Gardena la Val di Fassa e permette il collegamento con il passo Pordoi e quindi con la confinante regione Veneto;

   in riferimento alla possibilità di chiusura dei passi dolomitici e delle strade di accesso alla regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, i rappresentanti istituzionali della regione Veneto hanno espresso più volte pubblicamente la loro contrarietà. L'assessore regionale bellunese Giampaolo Bottacin ha affermato che «la mobilità è un diritto costituzionale, che nessuno può impedire» (Chiusura del Sella, gli operatori al Tar Trentino – Trentino, 19 maggio 2017), mentre l'anno precedente il presidente Luca Zaia dichiarò che «oltre ad un vincolo anticostituzionale, la sospensione ripetuta del traffico rischia di rappresentare un colpo fatale per il turismo» (Il Veneto ricorre: «Incostituzionale» – Corriere del Veneto, 13 settembre 2016;

   secondo quanto segnalato all'interrogante dagli operatori turistici, l'evoluzione tecnologica sta comportando una drastica riduzione delle emissioni grazie all'introduzione di veicoli elettrici, a metano o a idrogeno, nonché una drastica riduzione dei costi ambientali dovuti alla mobilità privata;

   i medesimi operatori ritengono che l'importanza della viabilità del passo Sella sia evidenziata dalla sua posizione e dall'assenza di percorsi alternativi sostenibili. La chiusura della strada crea disservizi, danni e ritardi alla circolazione delle persone e delle merci, costi alla collettività che non sono giustificati, poiché si è in assenza di un'approfondita analisi scientifica dei presupposti danni ambientali creati dal traffico veicolare privato sui passi dolomitici;

   l'uso restrittivo ed esclusivo del bene demaniale rappresentato dalla strada è ammissibile solo in circostanze eccezionali; gli operatori ipotizzano che, se l'eccezione si ripete con elevata intensità, allora ci si trova di fronte ad un uso privato del bene demaniale con un conseguente sacrificio sproporzionato del diritto di utilizzo da parte di tutti pregiudicando gli interessi legittimi che derivano dal fatto che il bene demaniale è accessibile e utilizzabile dall'intera collettività;

   secondo quanto disposto dal decreto legislativo 3 marzo 2016, n. 46, in materia di limitazione del traffico veicolare, le misure sopra considerate, lungo le strade che collegano il territorio delle province di Trenta e di Bolzano, possono essere adottate solo previo parere del Ministero competente in materia di infrastrutture e mobilità e tenendo conto dei principi di ragionevolezza e non discriminazione –:

   quali motivazioni e analisi abbiano portato al parere espresso in ordine ai provvedimenti di chiusura del passo Sella in considerazione dei princìpi di ragionevolezza e non discriminazione previsti dal decreto legislativo n. 46 del 2016, al fine di contemperare le esigenze degli operatori con quelle della tutela ambientale.
(4-17022)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni acquisite presso la direzione generale per la sicurezza stradale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Ai sensi del decreto legislativo 3 marzo 2016, n. 46, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha espresso parere favorevole alle misure di limitazione del traffico veicolare lungo la strada statale 242 che collega il territorio delle province di Trento e Bolzano, in quanto in sede di formulazione del provvedimento ed in ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 1, del predetto decreto legislativo n. 46 del 2016, sono state recepite le osservazioni formulate a suo tempo da questo Ministero circa l'adozione di provvedimenti di divieto e di regolamentazione della circolazione stradale anche per la salvaguardia e la tutela del patrimonio paesaggistico della regione Trentino Alto Adige, con la condizione che fosse espressamente previsto che il medesimo provvedimento non prevedesse situazioni oggettive discriminatorie nei confronti di una o alcune categorie di veicoli.
  Inoltre, nel caso di adozione di provvedimenti di limitazione alla circolazione ovvero di un obbligo di pagamento su determinati tratti stradali, doveva essere garantito un itinerario alternativo ragionevole ai veicoli non ammessi ed un itinerario senza obbligo di pedaggio, per i rispettivi casi.
  Dallo schema del provvedimento emanato si evince la condizione richiesta, in quanto è espressamente prevista l'esistenza di un itinerario alternativo, pur con un percorso chilometrico superiore a quello oggetto del divieto.
  Di conseguenza, la previsione di modalità alternative di collegamento, la riduzione delle ore di divieto (dalle ore 09,00 alle ore 16,00 per complessivi 9 giorni – il mercoledì delle settimane comprese nei mesi di luglio e agosto) e lo stato sperimentale del progetto, hanno contribuito ad esprimere valutazioni positive da parte di questa amministrazione.
  Il commissario del governo della provincia di Trento ha sottolineato che è stato potenziato il servizio di trasporto pubblico, con servizi di accesso al passo ogni quarto d'ora e con la garanzia di accesso anche attraverso i collegamenti funiviari esistenti, valorizzando contemporaneamente le giornate di chiusura con «eventi» in quota in grado di attrarre pubblico interessato al rispetto dell'ambiente e del paesaggio.
  Infine, il Ministero dell'interno ha comunicato che i commissari di governo per le province di Bolzano e Trento hanno riferito di riscontri positivi all'iniziativa in parola formulati da parte della cittadinanza e dei turisti.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   GALATI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'infrastruttura ferroviaria in Calabria si estende per circa 852 chilometri di linee, di cui 318 chilometro di linee fondamentali e 534 chilometri di linee complementari e comprende sia linee a scartamento normale, gestite interamente dalle società del gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a. che a scartamento ridotto gestite dalle Ferrovie della Calabria S.r.l.;

   più in particolare le ferrovie calabresi sono costituite dalle due dorsali, tirrenica e jonica, tra le quali insistono le trasversali cosentina (Paola-Cosenza-Sibari) e catanzarese (Lamezia Terme-Catanzaro Lido) e rappresentano una via di collegamento intra/inter-territoriale di interesse strategico e di cruciale importanza sia sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, che per le esigenze di comunicazione interna della regione, nonché per consentire l'operatività delle attività economiche e commerciali operanti sul territorio;

   i servizi di trasporto pubblico rappresentano un set di strumenti essenziali e strumentali alle finalità, costituzionalmente demandate all'apparato statale della Repubblica, di rimozione delle disparità economiche e sociali tra i cittadini, ritenute ostative per la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La rete calabrese in alcune sue parti è inoltre di fondamentale interesse strategico sia nazionale che internazionale, perché costituisce parte dell'Asse ferroviario europeo «Ten-T 1» ed è essenziale per il trasporto proveniente dalla Sicilia o dal nord verso di essa;

   nonostante l'essenzialità e la strategicità del comparto infrastrutturale e dei trasporti, in specie per una regione nella quale il turismo rappresenta una delle voci più significative dell'economia territoriale e sulle quali possono essere innescate le principali opportunità di crescita e rilancio dello sviluppo economico regionale, lo stesso è stato negli ultimi anni soggetto a progressivo depotenziamento, non soltanto per effetto dei significativi tagli registrati nel settore ma soprattutto per le mancate opportunità di rafforzamento e rinvigorimento. Opportunità mancate che si configurano, a parere dell'interrogante, quali il risultato e la conseguenza evidente dell'assenza di una strategia politica integrata, diretta alla revisione complessiva del sistema infrastrutturale non soltanto sul piano dei collegamenti ferroviari ma più in generale per l'intero sistema di viabilità e comunicazione territoriale;

   ulteriore fonte di preoccupazione sono le recenti dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa dall'Amministratore delegato di Trenitalia, nella misura in cui lo stesso rileva una situazione complessa per ciò che concerne la gestione dei contratti di servizio e le possibilità di investimento nelle regioni meridionali (con particolare riferimento alla Campania, Puglia e Calabria), costrette per scarsità di fondi a procedere a lineari tagli di servizi sul versante del trasporto ferroviario. Una situazione di forte complessità che interesserebbe tutte le regioni del Sud Italia e che determinerebbe forti inibizioni e limitazioni rispetto a possibili interventi migliorativi della qualità dei servizi sul territorio;

   l'interrogante rimarca che quanto riportato da Trenitalia rappresenta soltanto l'ultimo dato negativo ed allarmante sugli andamenti generali della situazione dei trasporti e sullo stato delle infrastrutture in Calabria, puntellata da continue situazioni di criticità e disagio del comparto in tutte le sue articolazioni, sia con riferimento alla rete ferroviaria che stradale/autostradale ed aeroportuale, tutte interessate da frequenti problematiche, a causa di crolli o cedimenti strutturali (ultimo e più clamoroso, il caso del crollo del Viadotto «Italia» lungo la Salerno-Reggio Calabria che ha comportato forti disagi per l'intera regione), piuttosto che di piani o previsioni di riduzione/ridimensionamento dei servizi saltuariamente riproposti dal Governo e verso i quali si rende necessaria ogni volta una forte azione di contrasto da parte dei rappresentanti territoriali a tutti i livelli;

   l'interrogante ritiene opportuno portare l'attenzione sulle ricadute pesantissime sull'economia regionale che può determinare la persistenza di una simile situazione di inadeguatezza del sistema infrastrutturale regionale, rispetto alle esigenze dei cittadini, dei lavoratori e degli imprenditori ed operatori economici, in specie con riferimento alle forti limitazioni che le carenze descritte comportano sul comparto turistico, il quale rappresenta una tra le principali opportunità di sviluppo e rilancio economico per la regione e per il Sud;

   da tutto ciò emerge l'inaccettabile fotografia di un'Italia letteralmente «a due velocità», ancora divisa e profondamente diversificata sul piano della qualità dei servizi di trasporto e della parità di trattamento dei cittadini in termini di livelli di qualità dei servizi essenziali. Un gap territoriale in progressivo incremento che rischia di acuire le già profonde disparità economiche e sociali tra Nord e Sud del Paese e che richiede particolare attenzione da parte del Governo anche per i rischi di tenuta socio-economica del sistema-Paese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di complessità nella gestione dei servizi di trasporto ferroviario in Calabria;

   quali interventi il Ministro interrogato ritenga di promuovere, nell'esercizio del proprio ruolo di pianificazione generale del comparto dei trasporti e della logistica, per favorire un potenziamento del sistema ferroviario regionale calabrese;

   se ed entro quali termini, il Ministro interrogato ritenga di poter procedere alla definizione di una strategia integrata diretta alla riqualificazione e potenziamento del sistema infrastrutturale calabrese, che versa attualmente in condizione di grave criticità.
(4-08846)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società rete ferroviaria italiana (RFI) – gruppo ferrovie dello Stato italiane.
  La rete ferroviaria calabra di livello nazionale (rete RFT) è costituita da circa 852 chilometri di linee così classificate:

   37 per cento di linee fondamentali;

   63 per cento di linee complementari.

  Sono 113 le stazioni attive sul territorio in cui si effettua servizio viaggiatori.
  Dette linee, analogamente a tutte le altre della rete nazionale, sono attrezzate con tecnologia di protezione per la marcia in sicurezza del treno.
  Gli indici di densità di rete rispetto all'area servita e rispetto alla popolazione sono piuttosto elevati (se confrontati con quelli di altre regioni) e anche l'accessibilità globale della rete (calcolata come il numero di stazioni per l'area d'influenza di una stazione rapportata alla superficie della regione) è tra le più alte d'Italia.
  Le vere problematiche della rete della regionale calabra riguardano, quindi, non tanto la sua estensione e la sua accessibilità, ma, spesso, l'arretratezza tecnologica, la vetustà degli impianti (specie lungo la fascia ionica) e lo sviluppo di sinergie con le altre modalità di trasporto.
  È per questo che negli ultimi anni, grazie alla «cura del ferro» ed agli ingenti finanziamenti posti in campo dal Governo, si è intervenuto moltissimo sugli interventi di potenziamento e di velocizzazione, sui collegamenti con i porti, gli aeroporti e gli scali intermodali, fermo restando la priorità assoluta costituita dalla necessità di garantire la sicurezza delle persone e delle merci trasportate.
  La linea ferroviaria ionica, completata nel 1875, attendeva da anni una grande opera di ammodernamento finalizzata alla velocizzazione e al potenziamento di un'area del Paese in assoluta difficoltà in termini di collegamenti ed infrastrutture. Ad oggi, infatti, l'elettrificazione riguarda solo i tratti da Reggio Calabria a Melito Porto Salvo (RC) e da Sibari (CS) a Taranto, mentre restano il binario unico, le gallerie e i viadotti che caratterizzano tutto il tracciato realizzato nella prima fase post-unità d'Italia.
  In questa direzione e con l'obiettivo della velocizzazione e della contestuale messa in sicurezza della linea è stato sottoscritto il recente protocollo d'intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Regione Calabria e Rete Ferroviaria Italiana che prevede, in quattro anni di lavoro, con un investimento di oltre 450 milioni di euro interventi finalizzati a velocizzare la linea ferroviaria ionica attraverso il completamento dell'istituzione del rango di velocità «C» (Tema velocizzazione)
  Nel progetto sono previsti, inoltre, interventi diretti alla messa in sicurezza della linea (tema sicurezza) come l'eliminazione di alcuni passaggi a livello per migliorare gli standard prestazionali e qualitativi dei servizi di trasporto su ferro, il rinnovo degli scambi e dei binari, nei punti della rete in cui è necessario, il prolungamento di alcuni sottopassi e la costruzione di nuovi.
  I lavori sono iniziati a giugno nel tratto Catanzaro Lido e Sibari e si inseriscono nel sistema Catanzaro Lido-Lamezia che consentirà di connettere la linea ferroviaria ionica anche all'aeroporto di Lamezia dove dovrà arrivare la stazione (tema intermodalità).
  In generale, per quanto riguarda gli investimenti in ambito ferroviario, le nuove risorse allocate per gli interventi nella regione Calabria con il nuovo contratto di programma (CdP) – parte Investimenti 2017-2021 tra questo Ministero e Rete Ferroviaria Italiana – esaminato favorevolmente dal CIPE nella riunione dello scorso 7 agosto e attualmente in corso di approvazione – ammontano a circa 460 milioni di euro.
  In particolare, con 397 milioni di euro (di cui 307 a valere sui fondi FSC), è stato finanziato l'intervento di adeguamento e velocizzazione linea ferroviaria jonica – tratta Sibari-Melito Porto Salvo. Come detto, l'intervento consiste nella velocizzazione della linea ferroviaria Jonica che rientra nella competenza di Rete Ferroviaria Italiana, nella tratta Sibari-Melito P.S., attraverso l'istituzione del rango di velocità C, la soppressione o la protezione di alcuni Passaggi a livello presenti in punti particolarmente critici, il rinnovo con velocizzazione dei deviatoi (con particolare riguardo alle varie tratte: Rocca Imperiale/Sibari, Sibari/Corigliano, Corigliano/Crotone, Crotone/Cutro, Cutro/Catanzaro Lido, Catanzaro Lido/Locri, Locri/Melito P.S..), l'installazione di barriere antirumore nei punti di maggiore impatto sulle aree a più forte antropizzazione in conseguenza dell'aumento della velocità, il rinnovo di non meno di 280 chilometri di binario. Sono previsti, inoltre, i prolungamenti di alcuni sottopassi di stazione esistenti e la costruzion
e di nuovi, per rendere possibile l'effettuazione di movimenti contemporanei in alcune stazioni e facilitare l'accesso al mare, nei punti in cui maggiore è l'impatto dell'infrastruttura ferroviaria in termini di «cesoia» dei centri abitati, il ripristino del 4° binario della stazione di Melito P.S., la riqualificazione delle stazioni, il raddoppio in affiancamento, ove necessario, per assicurare lo sviluppo dell'offerta di trasporto, e l'elettrificazione, in coerenza con l'evoluzione del modello di offerta.
  Ulteriori 20 milioni di euro (che completano la copertura del costo complessivo pari a 60 milioni) sono destinati ad interventi di
upgrading e potenziamento tecnologico dell'itinerario Salerno-Reggio Calabria e linee afferenti. Il programma comprende interventi di upgrading tecnologico ed infrastrutturale dell'asse Battipaglia-Reggio Calabria per migliorare la regolarità della circolazione, ottimizzando lo sfruttamento della capacità e conseguire, in sinergia con altri interventi in corso, significativi recuperi sui tempi di percorrenza. Gli interventi prioritari riguardano la velocizzazione nelle tratte Campora-Lamezia-Rosarno e Lamezia-Catanzaro-Sibari.
  Le principali realizzazioni riguardano: modifiche agli impianti tecnologici, con
upgrade del sistema di distanziamento per implementazione del quinto codice sul blocco automatico a correnti codificate (BAcc da 4 a 5 codici) nella tratta Campora S. Giovanni-Lamezia T.-Rosarno); rettifica del tracciato di alcune curve ed interventi tecnologici per l'aumento della velocità di linea con rango P nella tratta Campora-Rosarno; istituzione rango C sulle tratte Sibari-Crotone-Catanzaro L. e Catanzaro L.-Lamezia T. C.le.
  Sono in corso i lavori sulle tratte Campora S. Giovanni-Lamezia T.-Rosarno, Sibari-Crotone-Catanzaro L. e Catanzaro L.-Lamezia T. C.le. È in corso la progettazione definitiva degli interventi sulla tratta Campora-Rosarno, incluso lo Studio di Impatto Ambientale richiesto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Nuove risorse, per complessivi 50 milioni di euro, sono destinate agli interventi di Adeguamento prestazionale del corridoio TEN-T Scandinavia-Mediterraneo (porti Adriatico e Mezzogiorno). Tali risorse sono destinate alla realizzazione di opere prioritarie a completamento della prima fase del programma di adeguamento prestazionale merci, ed in particolare per l'adeguamento a modulo della linea Adriatica e per l'adeguamento a massa assiale, modulo e sagoma dell'itinerario tra Bari/Taranto e Gioia Tauro con tratta antenna verso la Basilicata. È stata avviata a realizzazione una 1ª fase di interventi di adeguamento a modulo del corridoio. Sono in fase di progettazione gli interventi di adeguamento delle sagome, che interesseranno prioritariamente le tratte tra Bari e Gioia Tauro.
  Nonostante i consistenti investimenti realizzati, l'attuale linea tirrenica ferroviaria soffre, però, della mancanza dell'alta velocità ferroviaria, una condizione che blocca gran parte del traffico passeggeri e rende più lunga la durata dei viaggi da e per la Calabria. In attesa di colmare anche questo
gap infrastrutturale, con il nuovo Cdp – parte Investimenti 2017-2021 tra questo Ministero e Rete Ferroviaria Italiana, sono stati stanziati 6 milioni di euro per realizzare lo studio di fattibilità di un progetto che consenta un tempo di percorrenza tra Roma e Reggio Calabria di circa tre ore e di sei ore da Milano.
  Le nuove risorse allocate con il nuovo CdP-I 2017-2021 si aggiungono a quelle già disponibili nell'Aggiornamento 2016 al CdP-I 2012-2016 che, per gli interventi in regione Calabria, assommano a oltre 1,2 miliardi di euro.
  I principali interventi ferroviari già finanziati nel precedente aggiornamento 2016 sono:

   interventi di adeguamento tecnologico e infrastrutturale per l'incremento delle prestazioni e dell'affidabilità della linea Battipaglia-Reggio Calabria (finanziamento di 230 milioni di euro per la completa realizzazione dell'intervento).

   Gli interventi, articolati in 14 sottoprogetti, interessano oltre la regione Calabria anche la Basilicata e la Campania. I sottoprogetti relativi alla Calabria sono 10, per un costo complessivo di 200 milioni di euro e consistono nell'omogeneizzazione dell'attrezzaggio tecnologico della linea, adeguamento a sagoma PC 45 di alcune gallerie, messa a modulo del PRG di alcune stazioni con velocizzazione degli itinerari, realizzazione di una nuova SSE a Vibo/Pizzo con annessa linea primaria di alimentazione, riclassamento a 150 kV della SSE di Sambiase e del posto di trasformazione AT di Feroleto, rifacimento galleria Coreca, tra Arnantea e Capora S.G., realizzazione di un nuovo ponte sul torrente Petrace fra le stazioni di Gioia Tauro e Palmi, realizzazione Apparato centrale computerizzato (ACC) e adeguamento del Piano regolatore generale (PRG) della stazione di Lamezia Terme, completamento del sistema di gestione centralizzata della circolazione dell'intero compartimento presso la sala circolazione di Reggio Calabria.
   Quasi tutti gli interventi sono già esercizio, mentre sono in realizzazione il PRG Gioia Tauro, la ricostruzione del ponte sul fiume Petrace, l'ACC e PRG Lamezia T. e interventi di completamento del Dirigente centrale operativo (DCO) unico di Reggio Calabria.
   Metaponto-Sibari-Paola (Bivio S. Antonello) (finanziamento di 155 milioni di euro per la «fase prioritaria»).
   Il progetto si inserisce nell'ambito degli interventi per il potenziamento del collegamento fra il porto Gioia Tauro ed il corridoio Scandinavia-Mediterraneo versante adriatico. Il progetto «Metaponto-Sibari-Bivio S. Antonello» prevede, come «fase prioritaria», la realizzazione delle opere suddivise in quattro lotti indipendenti:

    lotto 1): rinnovo linea trazione elettrica (TE). Potenziamento linea di contatto da 320 a 440 millimetri quadrati da Castiglione Cosentino a Trebisacce, con esclusione delle tratte interessate dalle varianti di tracciato e semplificazione impianti a Spezzano Albanese, Mongrassano e Montali;

    lotto 2): adeguamenti a Prg stazioni, con messa a modulo merci a 750 metri della stazione di Amendolara, velocizzazione itinerari a 60 chilometri orari, realizzazione sottopassaggio pedonale e marciapiede di servizio h55 e L=150/250 metri, semplificazione impianti, stazioni di Amendolara, Rocca Imperiale e San Marco Roggiano;

    lotto 3): interventi nelle località Cassano, Tarsia e Torano. Realizzazione di rettifiche di tracciato (circa 10,5 chilometri) per innalzamento velocità a 150 chilometri orari a Cassano, Torano e Tarsia con rifacimento della sede ferroviaria: corpo stradale, TE, armamento, opere di regimentazione idraulica, modifiche ed adeguamenti degli impianti di sicurezza e telecomunicazioni dell'intera tratta. Nuova travata metallica di 5 campate per complessivi 260 metri (sul torrente Esaro Grondo realizzata in corrispondenza delle rettifiche di tracciato previste nella zona di Tarsia). Soppressione PL di Torano con realizzazione di viabilità alternativa. Messa a modulo merci a 750 metri della stazione di Torano con realizzazione di sottopassaggio pedonale e marciapiede di servizio h55 e L=150/250 metri. Trasformazione di Tarsia in fermata con realizzazione marciapiede di servizio h55 e L=150/250 metri. Soppressione dell'Impianto di Cassano. Spostamento di due passaggi a livello a seguito degli interventi di rettifica curve;

    lotto 4) varianti di tracciato. Soppressione passaggi a livello e realizzazione di viabilità alternativa in prossimità della stazione di Acri con soppressione della stazione e rettifiche di tracciato per circa 3 chilometri per innalzamento velocità a 150 chilometri orari.

    Risultano completati i lavori dei Lotti 1 e 3 mentre sono in corso di ultimazione quelle dei lotti 2 e 4.
    Velocizzazione tirrenica sud, (finanziamento di 100 milioni di euro, completamente finanziati.
    Le opere in corso consistono nell’upgrade dei sistemi di segnalamento con tecnologie innovative sulle tratte Maratea-Scalea, modifiche Sistema controllo marcia treno (SCMT) sull'intera tratta Battipaglia-Reggio Calabria, inserimento in Apparato centrale computerizzato multistazione (ACCM) delle stazioni di Praja, Scalea, Nocera T., S.Pietro M., Eccellente, Vibo e Rosarno.
    Per completezza d'informazione, fa osservare che nell'impianto normativo nazionale, l'Accordo quadro (articolo 22, comma 5 del decreto legislativo n. 112 del 2015), oltre ad essere uno strumento di coordinamento e pianificazione per la gestione di richieste pluriennali di capacità assume un ruolo indispensabile per dare attuazione alle funzioni di programmazione ed amministrazione dei servizi di trasporto di interesse locale e regionale proprie delle regioni ai sensi del decreto legislativo n. 422 del 1997.
    Per poter garantire un forte sviluppo del servizio ferroviario regionale sia in termini qualitativi sia quantitativi, considerato che il citato decreto legislativo n. 422 del 1997 conferisce, come è noto, alle regioni ed agli enti locali le funzioni e i compiti in materia di trasporto pubblico locale, si rende necessario che gli enti preposti alla pianificazione dei servizi regionali sottoscrivano con il gestore dell'infrastruttura un accordo quadro al fine di poter pienamente integrare lo sviluppo dei servizi con quello dell'infrastruttura.
    L'accordo quadro mira a rispondere alle legittime esigenze commerciali del richiedente con interesse di pubblico servizio ad acquisire capacità di infrastruttura ai fini dell'effettuazione di un servizio di trasporto ferroviario, definendo, inoltre, nel medio/lungo periodo lo schema di riferimento della programmazione dei servizi verso il quale fare evolvere i possibili potenziamenti infrastrutturali concentrando le risorse laddove si ottengono i massimi benefici per la collettività.
    Nel caso di specie, l'accordo quadro RFI-regione Calabria è in fase avanzata di elaborazione.
    Per quanto concerne infine le stazioni, RFI riferisce che le stazioni di Castiglione Cosentino, Rosarno, Catanzaro Lido, Crotone, e Reggio Calabria sono state inserite nella pianificazione degli interventi di potenziamento dell'informazione al pubblico.
    Nell'ambito del progetto
Easy Station, RFI prevede di completare la stazione di Gioia Tauro entro il 2017 con interventi tesi a renderla più funzionale ai servizi chiesti dagli utenti. Tra le principali azioni che sta portando avanti con «Easy Station» RFI evidenzia:

   il miglioramento della salita e discesa dai treni, con l'innalzamento dei marciapiedi a 55 cm dal piano binari;

   il potenziamento dell'informazione al pubblico sonora e visiva e l'integrazione dell'informazione con le altre modalità di trasporto;

   l'abbattimento delle barriere architettoniche attraverso l'istallazione di ascensori/rampe e percorsi tattili.

  Il progetto prevede inoltre il miglioramento e l'ampliamento dei servizi commerciali, insieme a una rinnovata e particolare attenzione alla soddisfazione degli utenti per la funzionalità e il decoro degli impianti.
  Rientrano nel progetto cosiddetto progetto 500 stazioni le stazioni di Castiglione Cosentino, Rosarno e Crotone, con il quale RFI, oltre alle suddette azioni interviene per:

   caratterizzare le stazioni con uno standard architettonico unico (brand);

   rinnovare i servizi igienici;

   migliorare la sicurezza in stazione.

  Inoltre, per la stazione di Cosenza, Rete Ferroviaria Italiana prevede l'innalzamento dei marciapiedi a 55 centimetri dal piano binari finalizzato al miglioramento della salita e discesa dai treni.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante rileva come le condizioni complessive legate al sistema della viabilità nella regione Sicilia continuano ad essere estremamente precarie ed inadeguate, nonostante le rassicurazioni da parte dell'Anas, gestore della manutenzione delle rete stradale rassicurazioni che evidentemente non trovano riscontro nella realtà e che si ripetono da numerosi anni anche a seguito dei molti avvenimenti di cronaca legati a dissesti dei collegamenti stradali;

   al riguardo, l'interrogante evidenzia, altresì, come il percorso della strada statale 189 Agrigento-Palermo, importante asse di collegamento regionale, sia contrassegnato da numerose interruzioni, tra semafori e deviazioni, il cui transito regolare, non è consentito a causa della mancata conclusione dei lotti, i cui lavori di ammodernamento risalgono addirittura al 2001;

   il sindaco di Raffadali in provincia di Agrigento, a tal fine, ha segnalato, in diverse occasioni, le numerose difficoltà e i disagi quotidiani che subisce l'intera comunità locale (inclusi i pendolari che si spostano per motivi professionali o di studio, all'interno e fuori dell'isola), a causa dei ritardi inaccettabili con i quali i lavori di adeguamento e di ripristino delle normali condizioni stradali, procedono lungo l'asse stradale in precedenza richiamato per la conclusione dei lotti;

   a giudizio dell'interrogante, la situazione di estrema lentezza e difficoltà, con i quali procedono da troppi anni i lavori dei cantieri stradali lungo la strada statale 189 Agrigento-Palermo, oltre a mortificare l'intera comunità agrigentina e siciliana, aumentando i numerosi problemi socioeconomici legati alla mobilità, conferma l'evidente e costante disattenzione da parte del Governo, nei riguardi del Mezzogiorno, la cui mancanza di politiche infrastrutturali ed economiche, efficienti e concrete, in particolare nei confronti della regione siciliana, alimenta il distacco ed i ritardi cronici con il resto del Paese e le altre regioni del Mediterraneo;

   le denunce del sindaco di Raffadali (rimaste evidentemente disattese), che ha evidenziato in diverse occasioni, la situazione di estrema gravità e lentezza, con la quale l'Anas conduce da anni i lavori lungo la strada statale 189 finalizzati alla conclusione dei lotti previsti, a parere dell'interrogante, confermano una scarsa attenzione da parte del Governo nel vigilare attentamente sull'andamento dei lavori ed eventualmente nell'adottare le iniziative di competenza per rimediare alle difficoltà connesse ai ritardi nella conclusione delle opere stradali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esistente di estrema precarietà lungo l'asse della strada statale 189 Agrigento-Palermo;

   quali siano i motivi dei ritardi con i quali procedono da anni i lavori nei cantieri della medesima tratta stradale, considerato che la lentezza nelle attività di manutenzione e di ripristino previste dai vari lotti (alcuni di essi peraltro ultimati, benché la percorrenza risulti inspiegabilmente non consentita), determina numerose interruzioni e deviazioni dei percorsi, alimentando confusione e disagio nella percorrenza dell'itinerario in questione;

   quali iniziative urgenti e necessarie, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro intenda adottare al fine di velocizzare il completamento dei lotti della strada statale 189 Agrigento-Palermo e garantire pertanto il completamento definitivo delle opere, atteso da tempo dalla comunità agrigentina e dell'intera isola siciliana.
(4-12707)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante evidenzia come, nonostante avesse sollecitato il Ministro interrogato, (attraverso l'atto di sindacato ispettivo, n. 4-12707 presentato il 1o aprile 2016) ad intervenire, al fine di velocizzare il completamento dei lotti della strada statale n. 189 Agrigento-Palermo e garantire pertanto il completamento definitivo delle opere, (atteso da tempo dalla comunità agrigentina e dell'intera isola siciliana), le condizioni attuali in termini di sicurezza della viabilità e di efficienza del tratto stradale in questione, permangono estremamente gravi e pericolose;

   al riguardo, l'interrogante evidenzia altresì, come peraltro già citato nell'interrogazione sopra menzionata, che il percorso della strada statale 189 Agrigento-Palermo, importante asse di collegamento regionale, sia contrassegnato da numerose interruzioni, tra semafori e deviazioni, i cui effetti negativi e penalizzanti per le comunità locali interessate accrescono le difficoltà socioeconomiche, anche per le attività produttive della zona agrigentina, a causa degli ostacoli per gli spostamenti;

   fra i comuni interessati dalla tratta stradale in precedenza richiamata, l'interrogante segnala come anche il sindaco di Cammarata, comunità ad alta vocazione agricola e zootecnica, Vincenzo Giambrone avesse denunciato, anche a livello regionale, le gravi ripercussioni per l'economia locale, determinate dalla precarietà e inefficienza dei collegamenti, essendo Cammarata, situata nella zona montana agrigentina e pertanto penalizzata in misura maggiore rispetto agli altri centri abitati;

   rapidi interventi, finalizzati al completamento della strada statale Agrigento-Palermo, percorso stradale utilizzato da numerosi pendolari che quotidianamente fruiscono del tratto in oggetto per motivi professionali e di studio, a giudizio dell'interrogante, appaiono indispensabili in considerazione delle criticità in precedenza esposte, nonché dei ritardi di ammodernamento delle rete viaria da parte dell'ente gestore Anas, che evidentemente non considera adeguatamente le conseguenze produttive ed economiche in generale, per l'economia locale agrigentina, causate dai cronici ritardi infrastrutturali nei collegamenti stradali nell'isola siciliana –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere con riferimento a quanto esposto in premessa, in particolare nei confronti dell'ente gestore della strada stradale n. 189 Agrigento-Palermo, al fine di porre in essere ogni iniziativa finalizzata a velocizzare il completamento della rete viaria, i cui rimandi e le lentezze dei lavori accrescono gli effetti negativi per l'economia delle comunità locali agrigentine interessate.
(4-15392)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di Sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e dalla Società ANAS.
  L'itinerario strada statale 121-strada statale 189 rappresenta il collegamento diretto tra il capoluogo regionale e la città di Agrigento. Il tracciato, nella parte nord, è costituito dalla strada statale 121 «Catanese», da Palermo fino al bivio Manganaro e, nella parte sud, dalla strada statale 189 «della Valle del Platani», da Manganaro ad Agrigento.
  Il tratto della statale 121 di circa 34 chilometri che si sviluppa dall'attuale svincolo «Bolognetta» al «bivio Manganaro» e interessato dai lavori di ammodernamento affidati al Contraente generale.
  ANAS informa che l'intervento riguarda il lotto funzionale che va dal chilometro 14,4 (chilometro 0,00 del lotto 2) compreso il tratto di raccordo della rotatoria Bolognetta, al chilometro 48,0 (chilometro 33,6 del lotto 2) svincolo Manganaro incluso, compresi i raccordi con le attuali strada statale n. 189 e strada statale n. 121. L'importo dell'investimento è pari a 296,4 milioni di euro.
  I lavori sono in corso di realizzazione da parte del Contraente generale Bolognetta S.c.p.A., con avanzamento effettivo ad oggi pari al 60 per cento, la cui ultimazione è prevista per il mese di maggio 2019.
  ANAS fa sapere, inoltre, che i suddetti lavori procedono con ritardo sia per problemi organizzativi del contraente generale sia per le difficoltà causate dal generalizzato dissesto idrogeologico territoriale conseguente ad eventi meteorologici di carattere eccezionale risalenti al primo trimestre dei 2015. Il percorso finalizzato alla individuazione delle criticità ed alla progettazione delle nuove opere necessarie, ha determinato una proposta di perizia di variante, in corso di istruttoria.
  Per quanto riguarda, invece, i lavori attualmente in corso sulla statale 189 che consistono nella sistemazione geometrica e funzionale delle intersezioni a raso presenti in località Castronovo e più precisamente al chilometro 13+100, 15+700 e 16+700.
  Il tracciato prevede n. 2 opere di attraversamento sulla sede viaria principale e sulle rampe di svincolo:

   viadotto sul torrente Morello, per complessivi 238 metri;

   viadotto sul fiume Platani, per complessivi 154 metri.

  L'importo complessivo dell'intervento è di 16,9 milioni di euro.
  Al riguardo, ANAS ha comunicato che la pubblicazione del bando di gara è avvenuta il 22 dicembre 2008. A causa di alcuni ricorsi in fase di aggiudicazione il contratto è stato stipulato con l'impresa Cavalleri Ottavio s.p.a. solo in data 7 luglio 2011; a causa iniziale dell'appaltatore, nonostante i numerosi ordini di servizio emessi dal direttore dei lavori, le attività di cantiere sono iniziate concretamente nel mese di aprile 2012.
  Nel mese di giugno 2013 l'appaltatore ha abbandonato il cantiere sospendendo unilateralmente tutte le lavorazioni, determinando la risoluzione del contratto d'appalto che è avvenuta con dispositivo ANAS in data 5 dicembre 2013.
  A seguito della risoluzione del contratto ANAS ha provveduto, ai sensi dell'articolo 140 del decreto legislativo n. 163 del 2006, all'interpello mediante scorrimento della graduatoria di gara identificando come nuove appaltatore l'ATI Tecnis spa – Cogip infrastrutture srl – ingegner Pavesi e C. spa. La stipula del contratto d'appalto è avvenuta in data 29 luglio 2014 mentre i lavori sono ripresi il 10 settembre 2014.
  ANAS evidenzia che anche questo appaltatore, a causa di difficoltà economiche e giudiziarie, nel mese di novembre 2015 ha interrotto le lavorazioni determinando la seconda risoluzione contrattuale dell'appalto, concretizzatasi con provvedimento ANAS in data 25 febbraio 2016.
  I lavori finora eseguiti consistono nelle sottostrutture dei viadotti Morello e Platani e nella posa su appoggi definitivi delle carpenterie metalliche dei medesimi viadotti.
  Inoltre, è stato effettuato il getto della fondazione del Cavalcavia a servizio della variante alla statale 189. L'avanzamento dei lavori è pari al 17 per cento.
  Infine, ANAS comunica che attualmente sono in corso le attività di messa in sicurezza del cantiere, ivi incluso la realizzazione di alcuni lavori di completamento di opere interrotte al termine delle quali si potrà iniziare il collaudo delle opere realizzate per consentire l'esecuzione dei rimanenti lavori da nuovo appaltatore per la cui individuazione si sta provvedendo, ai sensi dell'articolo 140 del decreto legislativo n. 163 del 2006, all'interpello mediante scorrimento di graduatoria di gara. La suddetta ANAS stima di poter riprendere concretamente i lavori entro la fine del mese di dicembre 2017.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   GIACHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'alluvione del 18 novembre 2013 la strada provinciale sarda 38-bis, che collega la Bassa all'Alta Gallura, veniva completamente spezzata in due tronconi;

   per detta tragedia persero la vita tre persone e da quel giorno l'arteria stradale non è più utilizzabile;

   la strada provinciale 38-bis collegava in maniera efficiente un vasto ed importante territorio del nord della Sardegna;

   detto percorso stradale era utile per rendere facilmente raggiungibile anche il tribunale di Tempio Pausania e il carcere di Nuchis;

   da quel giorno tutti i cittadini e gli utenti dei vari comuni interessati sono costretti a percorrere una strada secondaria disastrata e molto pericolosa (vedasi i numerosi incidente anche degli ultimi giorni);

   in data 23 dicembre 2016 l'Anas s.p.a. pubblicava un bando per l'affidamento dei lavori di ripristino della strada provinciale 38-bis, denominazione appalto CA 77/16, codice CIG: 6910177°72;

   detto appalto prevedeva il termine a fornire offerte entro il 10 febbraio 2017;

   le aperture delle offerte dovevano avvenire dal 15 febbraio 2017;

   il termine dei lavori era fissato in 17 mesi;

   ad oggi detto bando risulta chiuso senza alcuna aggiudicazione;

   pertanto, alla luce di detta grave situazione, la strada provinciale 38-bis è ancora ferma alla tragica alluvione del 18 novembre 2013;

   a giudizio dell'interrogante non è tollerabile che un'importantissima arteria stradale sia abbandonata e non ripristinata, mettendo a rischio ogni giorno l'incolumità pubblica di migliaia di utenti –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro, per quanto di competenza, al fine di ripristinare la strada provinciale sarda 38-bis.
(4-18369)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società Anas.
  Con l'articolo 1, comma 123, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il Presidente della società Anas è stato individuato quale Commissario delegato per gli interventi di ripristino della viabilità nelle strade statali e provinciali interrotte o danneggiate a seguito degli eventi alluvionali in Sardegna del mese di novembre 2013, operando con i poteri, anche derogatori, definiti con ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
  Con successiva ordinanza n. 144 del 6 febbraio 2014, il capo del Dipartimento della protezione civile ha stabilito, tra l'altro, che il commissario delegato può avvalersi della società ANAS per l'attuazione dei citati interventi di ripristino.
  A seguito di quanto comunicato dalla provincia di Olbia Tempio al citato commissario delegato circa le criticità presenti sulla strada provinciale strada provinciale 38-
bis, veniva redatto il progetto degli interventi di ripristino delle zone interessate dal dissesto, approvato dal commissario con dispositivo n. 67 del 5 agosto 2014, oggetto di gara d'appalto pubblicata in data 20 agosto 2014 da Anas in qualità di soggetto attuatore.
  Successivamente alla pubblicazione della gara, con note del 1° dicembre 2014 e del 12 febbraio 2015, la gestione commissariale dell'ex provincia di Olbia Tempio evidenziava l'esigenza tecnica di aggiungere ai sei interventi di attraversamenti idraulici, originariamente previsti nel progetto, altri cinque per un totale di undici.
  In data 10 dicembre 2014, l'assessorato regionale ai lavori pubblici avanzava la richiesta di inserire nell'ambito degli interventi l'adeguamento delle opere in progetto per l'ampliamento della sezione trasversale dell'itinerario di collegamento Tempio Olbia alla categoria C1, così come previsto nella programmazione regionale.
  Per venire incontro a tale nuova richiesta e al fine di rendere compatibili gli interventi di ripristino con il futuro assetto della Sp 38-bis, Anas ha proceduto, prima di redigere un nuovo progetto esecutivo, ad un approfondito riesame del progetto preliminare (elaborato dalla regione Sardegna) di ammodernamento di tutto l'itinerario, eseguito sulla base di rilievi cartografici estesi, all'intero tratto e sviluppati dalla stessa Anas; su tale studio sono stati programmati gli interventi di ripristino degli attraversamenti idraulici.
  Completata la redazione del nuovo elaborato progettuale esecutivo, il 20 dicembre 2016 il commissario delegato ha disposto l'annullamento della gara, precedentemente sospesa a causa delle sopraggiunte richieste di variazioni, ha approvato il progetto esecutivo e ha autorizzato Anas a procedere all'appalto dei lavori in questione mediante procedura aperta.
  ANAS procedeva, quindi, all'indizione della gara a procedura aperta con bando pubblicato sulla Guri n. 151 del 30 dicembre 2016.
  L'importo complessivo dell'appalto dei lavori di ripristino del corpo stradale lungo la strada provinciale 38-
bis è pari a 5.848.943.15 euro così suddiviso: 5308.309,21 per lavori da eseguire e 540.633,94 per oneri relativi alla sicurezza non assoggettati al ribasso.
  La procedura prevede, come criterio di aggiudicazione, quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
  Anas precisa che sono arrivate otto offerte entro i termini fissati per la presentazione e che la prima seduta pubblica si è tenuta il 15 febbraio 2017.
  La Commissione di gara, in più sedute riservate, ha esaminato tutte le offerte tecniche presentate dai concorrenti e attribuito i relativi punteggi (l'ultima seduta si è svolta il 4 luglio 2017.
  Da ultimo, Anas evidenzia che il commissario delegato, nell'approvare il progetto esecutivo e autorizzare il soggetto attuatore a procedere alla gara, ha disposto che l'aggiudicazione fosse subordinata alla definitiva acquisizione dei pareri necessari.
  Ad oggi, considerato che alcuni Enti non hanno ancora rilasciato i necessari pareri, Anas non ha potuto convocare la seduta pubblica di gara per l'apertura delle offerte economiche.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dalle notizie pubblicate dagli organi di stampa, l'amministrazione comunale di Massalengo, commissariata dal 2 maggio 2017, con delibera del commissario prefettizio, ha autorizzato la spesa di 540 euro per sostenere economicamente il costo del pernottamento della Fanfara della polizia di Stato, di stanza a Lodi in occasione della Festa della Repubblica organizzata dalla prefettura;

   nell'atto propedeutico alla delibera di autorizzazione di spesa, il commissario prefettizio, preso atto che tutti gli altri amministratori locali parteciperanno all'evento, sottolinea come sia necessario che anche il comune di Massalengo aderisca alla manifestazione;

   è la prima volta che l'amministrazione comunale di Massalengo contribuisce economicamente all'organizzazione di questo tipo di evento celebrativo che si ripete negli anni;

   sempre stando alle informazioni pubblicate dalla stampa locale, alcuni dei consiglieri comunali di opposizione, decaduti in virtù del commissariamento, hanno protocollato una richiesta ufficiale per essere messi a conoscenza di quali altri enti locali abbiano aderito alle celebrazioni e quanti di questi abbiano contribuito economicamente all'evento organizzato dall'ufficio territoriale del Governo –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione alle motivazioni addotte dal commissario prefettizio per giustificare la spesa autorizzata dal comune;

   se il Ministro intenda approfondire la vicenda illustrata in premessa rendendo noto quante amministrazioni locali abbiano partecipato all'evento celebrativo, se abbiano contribuito con lo stanziamento di risorse economiche proprie e quali siano state le motivazioni addotte come giustificativo di spesa.
(4-17870)

  Risposta. — Come segnalato nell'interrogazione, in occasione della festa della Repubblica del 2 giugno 2017, organizzata dalla prefettura di Lodi, è stata richiesta la presenza della fanfara della polizia di Stato, che si è esibita per la prima volta su quel territorio.
  Premesso che l'intervento della formazione musicale ha dato notevole prestigio alla celebrazione, riscuotendo l'unanime consenso, si precisa che il Ministero dell'interno aveva richiesto il solo rimborso delle spese vive relative al vitto e all'alloggio, non essendo prevista alcuna remunerazione per la partecipazione della fanfara.
  Il comune di Massalengo ha sostenuto le spese per alloggiare i componenti del complesso musicale presso l'hotel Europa di Lodi (con un contributo pari a 540 euro) e l'Associazione commercianti A.svi.com per quanto concerne il vitto.
  L'ente locale ha voluto contribuire economicamente, non solo per l'elevato valore simbolico dell'evento – la celebrazione delle festa della Repubblica alla quale, come da tradizione, sono stati invitati a partecipare i sindaci di tutti i comuni della provincia – ma anche perché era prevista la consegna di una medaglia d'onore alla memoria di un cittadino di Massalengo deportato in un lager nazista.
  A sostenere i costi per l'organizzazione della manifestazione ha partecipato anche il comune di Lodi, che ha offerto il supporto logistico necessario affinché questa potesse svolgersi nella piazza principale della città, piazza della Vittoria, e ha provveduto a coprire le spese per il noleggio dell'impianto audio, impegnando una cifra analoga.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, PORTA e TACCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il reciproco riconoscimento delle patenti di guida tra gli Stati rappresenta un indispensabile sostegno alla mobilità di lavoro, di studio e professionale che negli ultimi decenni ha conosciuto a livello globale un'ascesa costante;

   la ripresa dei flussi migratori in uscita dall'Italia ai ritmi dei decenni del dopoguerra rende ancora più necessaria la disponibilità di un titolo di autorizzazione alla circolazione automobilistica che è ormai connaturata con l'esercizio lavorativo, oltre che con consolidate abitudini di vita;

   la lunghezza e la complessità delle procedure degli accordi internazionali, tuttavia, di solito contrastano con questa esigenza di continuità nell'esercizio della mobilità personale e di lavoro, qualunque sia il contesto nel quale le persone si trovino a vivere e ad operare;

   spesso le misure di semplificazione amministrativa possono attenuare, sia pure parzialmente, la prolungata attesa dell'operatività degli accordi bilaterali, favorendo procedure di più diretta fruizione delle possibilità offerte dalla normativa locale in materia di circolazione stradale;

   a titolo di esempio, in Canada, dove l'accordo quadro stipulato con l'Italia sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida non si è ancora tradotto in accordi operativi con le singole province, titolari in materia di circolazione, gli interessati potevano rivolgersi ai consolati per avere una certificazione della patente di guida italiana e la dimostrazione di un'esperienza di guida superiore a 24 mesi per poter ottenere più velocemente la patente canadese G attraverso il knowledge test e l'esame di guida successivo;

   di recente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha reso operativo il disposto della circolare 19 febbraio 2015, n. 4305, nella quale è testualmente detto che «la competenza a rilasciare l'attestato richiesto dall'utente è esclusivamente degli Uffici della Motorizzazione Civile, attraverso l'attività di sportello per l'erogazione dei servizi direttamente all'utenza» e che, pertanto, «non è possibile rilasciare alcuna certificazione ai Consolati, che spesso fanno da tramite nelle procedure di conversione delle patenti italiane all'estero. Difatti, in tale situazione, codesti Uffici sono abilitati solo a fornire informazioni, nello spirito di collaborazione fra Amministrazioni, ma senza il rilascio di alcuna attestazione»;

   la conseguenza pratica di questa disposizione è che chi vive all'estero deve tornare in Italia per richiedere tale attestazione oppure rivolgersi a qualche fiduciario, perché la richieda per suo conto presso la motorizzazione civile, pagare le spese che tale operazione comporta e andare incontro agli oneri ulteriori della traduzione certificata dell'attestazione, prima di poterla presentare alle autorità locali –:

   se non ritengano, nell'ambito della collaborazione tra settori della pubblica amministrazione e con l'intento di semplificare e rendere meno oneroso il rapporto del cittadino con l'amministrazione, soprattutto se residente all'estero, di riconsiderare la regolamentazione adottata in proposito e cercare le forme per una più diretta responsabilizzazione degli uffici consolari, in linea per altro con una prassi adottata negli anni precedenti.
(4-17666)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazione pervenute dalla direzione generale per la motorizzazione, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Preliminarmente occorre osservare che la circolare, citata dagli interroganti, prot. n. 4305/08.03 del 19 febbraio 2015, ha solo chiarito le procedure che devono essere adottate dagli uffici della motorizzazione per il rilascio degli attestati contenenti informazioni riguardati le singole patenti di guida, precisando, tra l'altro, che il rilascio degli stessi e soggetto al pagamento dei diritti dovuti dall'utenza richiedente (c/c 9001) e dell'imposta di bollo (c/c 4028). Naturalmente, prima di esprimere tale precisazione è stato acquisito il necessario parere dell'Agenzia delle entrate.
  Quanto stabilito dalla citata circolare non impedisce però alle rappresentanze diplomatiche italiane di chiedere informazioni ai competenti uffici di questo Ministero in merito ad una patente di guida italiana e, in base al riscontro fornito, rilasciare direttamente all'utente che ne fa richiesta (ovvero all'autorità estera) una certificazione riportante i dati della specifica patente italiana. Ciò ovviamente nel rispetto dei compiti istituzionali dei consolati e delle relative tariffa dovute dall'utenza, in merito ai quali la direzione generale di questo Ministero non ha competenza.
  Infatti, nella stessa circolare è specificato che nei confronti dei consolati gli uffici della motorizzazione sono abilitati solo a fornire informazioni nello spirito di collaborazione fra amministrazioni, proprio nel rispetto delle esigenze dei titolari di patenti italiane che si trovano all'estero, sulla base delle quali, come appena detto, il consolato potrà rilasciare apposita certificazione.
  Peraltro, le procedure che questa amministrazione ha posto in essere al fine di rendere più agevole possibile l'acquisizione da parte dell'utenza della certificazione in parola necessita di alcuni chiarimenti.
  In primo luogo deve essere fatta una distinzione tra procedure realizzate in ambito comunitario ed extracomunitario.
  Nel primo caso è assicurata la collaborazione diretta tra autorità dei singoli paesi dell'Unione europea e dello spazio economico europeo. Ciò nel rispetto dell'articolo 15 della direttiva 2006/126/CE del 20 dicembre 2006, in cui è appunto stabilito che gli Stati membri si assistono reciprocamente nell'attuazione della direttiva stessa e che si scambiano informazioni sulle patenti rilasciate (convertite, rinnovate eccetera) dagli stessi. Inoltre recentemente è divenuta operativa la rete informatica (RESPER) sempre contemplata nel citato articolo 15.
  Lo scambio d'informazioni diretto, tra autorità competenti, solleva quindi il titolare della patente da oneri riguardanti la presentazione dell'attestato contenente i dati della patente di guida. Conseguentemente, anche i consolati italiani, presenti in ambito comunitario, dovrebbero in linea di massima ritenersi sollevati dai compiti inerenti l'argomento in esame.
  Diverse sono invece le procedure poste in essere per lo scambio d'informazioni riguardanti le patenti di guida, tra l'Italia e gli Stati extracomunitari.
  Per alcuni Paesi infatti sono vigenti accordi di reciprocità in materia, in cui vengono individuati
iter specifici – definiti nel rispetto delle normative interne delle due parti contraenti – quindi in taluni casi è stato possibile stabilire che le autorità tecniche si scambino notizie direttamente (anche tramite posta elettronica), mentre in altri casi è stato necessario prevedere la collaborazione delle Rappresentanze diplomatiche.
  Pertanto – nelle situazioni come quella segnalata riguardante il Canada – i consolati italiani possono chiedere alla competente direzione generale di questo Ministero informazioni inerenti la patente di guida italiana che deve essere convertita e, in base al riscontro ricevuto, redigere un attestato riportante i dati della specifica patente o fornire notizie alla competente autorità estera; ciò, naturalmente, nel rispetto dei compiti consolari e delle tariffe previste dalle vigenti normative.
  Per quanto riguarda, infine, i Paesi con cui non è ancora stata definita un'intesa bilaterale che disciplini la materia, la questione ovviamente non è ben delineata ed è generalmente gestita in funzione delle normative interne del Paese ospitante il titolare della patente di guida.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si apprendono da numerosi articoli della stampa locale gli innumerevoli disservizi e disagi che sono costretti a subire i cittadini, i pendolari, gli studenti che si apprestano a viaggiare sui treni intercity e regionali in Basilicata;

   la dotazione di materiale rotabile delle imprese ferroviarie regionali palesa un'elevata anzianità media, che è superiore ai 20 anni per i mezzi di trazione e supera i 30 anni nel materiale rimorchiato, con punte massime di anzianità superiori ai 60 anni per quanto riguarda le locomotive diesel e gli 80 anni nel caso di locomotive elettriche e carri merci, con ampie ripercussioni sui costi di manutenzione del materiale, sull'inadeguato comfort di viaggio e sulla sicurezza degli utenti;

   si registra l'assoluto deficit dei servizi che Trenitalia offre in Basilicata di fronte al pagamento di 30 milioni di euro per il contratto di servizio;

   nei giorni scorsi l'assessore regionale all'ambiente, trasporti e infrastrutture della Basilicata ha voluto verificare di persona le condizioni del trasporto ferroviario; salendo sul treno della tratta Potenza-Salerno, ha constatato delle tre carrozze esservene solo una di nuova generazione, mentre le altre sono risultate vetuste, prive di aria condizionata e con porte rovinate;

   i disservizi che si verificano sono solo la conferma del quadro di sistematiche inefficienze di Trenitalia in Basilicata e dello svantaggio infrastrutturale in cui si realizzano i servizi ferroviari nel territorio lucano; alla Basilicata deve essere garantito un trasporto ferroviario di qualità, efficiente che colleghi la regione verso le città che sono servite dall'alta velocità, Salerno, Napoli, Bari, Taranto, per accorciare i tempi di percorrenza –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, sulla vicenda descritta in premessa al fine di garantire in Basilicata adeguati ed efficienti servizi ferroviari;

   se non ritenga opportuno assumere idonee iniziative volte a rivedere e aggiornare il contratto nazionale di servizio con Trenitalia per vincolare la società al rispetto di tali standard qualitativi, condizionando l'assegnazione di ulteriori risorse a Trenitalia all'effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico.
(4-05618)


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante il 22 luglio 2014 ha presentato l'interrogazione n. 4-05618 relativa all'adeguamento e all'efficienza dei servizi sulla linea ferroviaria Taranto-Metaponto-Roma;

   il trasporto pubblico in Basilicata, lungo la tratta Taranto-Metaponto-Roma registra notevoli disagi che si sono andati aggravando nei mesi determinando gravi disservizi, ritardi e pessime condizioni del servizio reso per i pendolari;

   le condizioni del trasporto pubblico ferroviario sulla tratta sono state descritte più volte dalla stampa locale con titoli riguardanti le ore perdute dai pendolari nelle stazioni in attesa dei treni, nonché i disservizi dovuti al pessimo stato della manutenzione e della pulizia delle carrozze, alle condizioni igieniche precarie;

   la settimana scorsa l’Intercity 707 partito da Metaponto alle 8.39 e diretto a Roma, si è fermato alla stazione di Calciano perché slittava sui binari, non riusciva a transitare e i passeggeri sono stati costretti a fermarsi nella piccola stazione senza servizi e il minimo ristoro;

   non una frana o altro ostacolo imprevedibile ad arrestarne la marcia, ma il convoglio ha cominciato a slittare sui binari; il treno torna indietro, prende la rincorsa ma, nonostante l'abbrivio, deve definitivamente spegnere i motori; le persone sono state costrette ad attendere altri treni o bus sostitutivi stipati nella sale d'attesa di stazioni abbandonate, e che non riescono a raggiungere la destinazione nei tempi prefissati ma con ore di ritardo;

   per i treni a lunga percorrenza, come l’Intercity, è del tutto evidente l'inadeguatezza dei mezzi che attraversano la Basilicata, spesso incapaci di superare le pendenze del territorio;

   disservizi che si verificano sono solo la conferma del quadro di sistematiche inefficienze di Trenitalia in Basilicata e dello svantaggio infrastrutturale in cui si realizzano i servizi ferroviari nel territorio lucano; alla Basilicata deve essere garantito un trasporto ferroviario di qualità, efficiente che colleghi la regione verso le città che sono servite dall'alta velocità, Salerno, Napoli, Bari, Taranto, per accorciare i tempi di percorrenza –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, sulla vicenda descritta in premessa al fine di ripristinare la regolarità del funzionamento del servizio ferroviario in Basilicata.
(4-07058)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, come già riferito il 5 dicembre 2017 in occasione dello svolgimento di interrogazioni in IX Commissione Camera, si conferma quanto segue.
  In relazione alla qualità del servizio ferroviario in Basilicata, Trenitalia riferisce che:

   tutto il materiale rotabile impiegato viene regolarmente sottoposto ad operazioni di manutenzione programmata secondo piani manutentivi che ciclicamente si ripetono, in base alla percorrenza chilometrica e/o alla scadenza temporale prevista, con varie fasi di controllo, verifiche e interventi effettuati a livelli differenti, che ne determinano il ciclo di utilizzo;

   parte dei collegamenti ferroviari regionali viene effettuata con materiale rotabile di recente costruzione o ristrutturazione; la flotta attuale, infatti, comprende convogli Minuetto sia elettrici sia diesel, Swing e vetture a piano ribassato ristrutturate;

   nel corso del 2016 è stata completata la sostituzione del materiale rotabile utilizzato per i treni Intercity (IC) che servono la Basilicata che, attualmente, vengono effettuati con carrozze del tipo Frecciabianca;

   la definizione del nuovo contratto di servizio (CdS) 2017-2026 con questo Ministero e il Ministero dell'economia e delle finanze ha consentito di attivare un percorso di miglioramento quali-quantitativo dei treni contrattualizzati.

  Con riguardo agli investimenti, per i prossimi anni sono previsti:

   oltre 300 milioni di euro per il restyling del parco rotabili e adeguamenti tecnologici;

   una notevole riduzione dell'età media del parco IC, con un incremento di circa 500 milioni del valore del capitale investito dell'asset del servizio universale.

  Inoltre, sempre con il nuovo CdS 2017-2026 è Stato possibile confermare integralmente l'offerta precedentemente programmata ed è stata istituita una seconda coppia di IC tra Taranto e Reggio Calabria, che serve anche il territorio della Basilicata. L'attuale offerta è così strutturata: 2 coppie di IC Taranto-Potenza-Roma e viceversa, 2 coppie di IC Reggio Calabria-Taranto e viceversa, 1 coppia di bus Bari-Reggio Calabria e viceversa.
  Quanto, poi, ai servizi a carattere regionale, l'offerta attuale — come è noto è stabilita dalla regione Basilicata e riportata nel vigente contratto di servizio.
  Infine, Trenitalia evidenzia che:

   dal mese di giugno 2016 è attivo il nuovo servizio integrato di bus denominato freccialink che con quattro corse al giorno collegano Matera e Potenza con il terminale AV di Salerno, in connessione con i treni frecciarossa da/per Napoli, Roma, Firenze, Bologna e Milano. Il servizio è connotato dal medesimo standard di qualità frecciarossa, con personale dedicato, assistenza, wi-fi, drink e monitor di bordo;

   con l'orario dell'11 dicembre 2016 è stato attivato il prolungamento su Potenza/Taranto di una coppia di treni frecciarossa Milano-Salerno viceversa: il nuovo servizio è stato richiesto dalla regione Basilicata, che ne sostiene l'onere economico per la tratta di prolungamento.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la viabilità è un elemento fondamentale per lo sviluppo del territorio e la sua ottimizzazione è fondamentale per garantire una crescita economica, sociale e culturale dei piccoli comuni calabresi in provincia di Vibo Valentia;

   ormai da più anni, in fase di ampliamento e di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e specificatamente tra gli svincoli di Serre e Mileto in provincia di Vibo Valentia al chilometro 361-364, la ditta esecutrice dei lavori, sotto la sorveglianza dell'Anas, procedeva alla eliminazione di tre dei quattro cavalcavia esistenti;

   l'eliminazione dei cavalcavia è stata dettata da ragioni di sicurezza e, in loro sostituzione, si sarebbe dovuto procedere alla realizzazione di sottopassaggi che avrebbero interamente supplito alle funzioni esercitate dalle strutture abbattute, così integralmente eliminando ogni disagio;

   in realtà ad oggi si è pervenuti ad una realizzazione parziale dei sottopassaggi, senza il completamento dei lavori degli stessi e con percorrenza, volte impossibile e in parte disagiata, a causa anche della fanghiglia e dei detriti che, in presenza anche di modeste precipitazioni, si formano per l'assenza delle necessarie cunette;

   quanto sopra descritto da tempo produce difficoltà e disagi facilmente intuibili alla intera popolazione che prima usufruiva dell'utilizzazione dei cavalcavia ed, in particolare, agli imprenditori agricoli della zona, operanti nel comune di Francica in provincia di Vibo Valentia, che vedono la loro attività in parte impedita ed in parte sottoposta ad un ulteriore dispendio di risorse ed energie –:

   quali iniziative il Ministro intenda assumere per verificare la sussistenza delle criticità esposte in premessa e se ritenga necessario intervenire presso Anas affinché la ditta esecutrice dei lavori dia esecuzione agli interventi programmati per consentire una migliore viabilità ad un territorio ad elevata vocazione agricola.
(4-15269)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso la direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e la società ANAS.
  Il tratto di strada in questione rientra nel lotto compreso tra lo svincolo di Serre e quello di Mileto, dal chilometro 359+400 al chilometro 369+800 dell'autostrada SA-RC, ora denominata autostrada del Mediterraneo.
  ANAS informa che i cavalcavia esistenti tra il chilometro 361 e il chilometro 364 sono stati sostituiti da 3 sottovia scatolari posti alle progressive chilometri 361+265, 362+080 e 363+250, che sono stati realizzati per dare continuità alla viabilità locale presente ai due lati dell'autostrada. Le opere, realizzate in conformità alle previsioni progettuali, sono state ultimate nel 2009.
  Per completezza d'informazione ANAS segnala che si è già attivata, unitamente al comune di Francica, per le verifiche del caso, rilevando un buono stato di conservazione delle predette opere, che, pur essendo state realizzate nell'ambito dei lavori autostradali, sono, tuttavia a servizio di strade interpoderali e comunali, la cui manutenzione non rientra nella competenza della società.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel progetto Quadrilatero Marche lo svincolo di Serra San Quirico permette il collegamento alla grande arteria sia in direzione nord che in direzione sud e la piena funzionalità dello stesso è condizionata alla realizzazione di opere stradali in parte a carico della Quadrilatero ed in parte di competenza di Rete ferroviaria italiana (RFI), nel contesto del progetto di raddoppio della linea ferroviaria Orte-Falconara;

   ad oggi non risultano atti concreti che lascino presumere un cronoprogramma definito per l'attuazione degli impegni assunti da RFI –:

   a che punto siano i lavori dell'uscita di Serra San Quirico, anche in considerazione del mancato raddoppio, ad oggi, della linea ferroviaria Orte-Falconara Marittima;

   quale sia lo stato dei lavori e per quando sia prevista l'ultimazione dell'intero tratto Serra San Quirico-Fabriano-Fossato Di Vico-Valfabbrica-Perugia.
(4-18509)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso la società ANAS e presso Rete ferroviaria italiana.
  In premessa occorre evidenziare che, per quanto in parte interessato dai lavori di costruzione della linea ferroviaria Orte-Falconara, l'intervento in argomento è stradale.
  Per quanto di competenza ANAS, la società evidenzia che lo svincolo di Serra San Quirico è in fase di realizzazione.
  Al fine di migliorare i flussi di traffico e in accordo con il comune di Serra San Quirico, il progetto dello svincolo è stato ottimizzato prevedendo l'adeguamento dell'esistente e includendo nei lavori la realizzazione della bretella di collegamento tra lo svincolo e l'abitato di Serra San Quirico in prossimità della stazione ferroviaria.
  Per quanto riguarda il tratto iniziale della bretella, di competenza della società Quadrilatero Marche-Umbria, la realizzazione della prevista opera di scavalco del fiume Esino è programmata a partire dal mese di dicembre 2017; mentre, come detto, il restante tratto della bretella è di competenza RFI.
  In proposito, RFI riferisce che l'opera ricade nel raddoppio tra posto di movimento 228 e Castelplanio, con estesa di circa 21 chilometri che si sviluppa prevalentemente in variante di tracciato e in galleria. La soluzione progettuale prevista tiene conto delle complesse problematiche ambientali delle zone attraversate, quali il parco della Gola della Rossa-Frasassi e le opere di presa dell'acquedotto Gorgovivo. Il progetto preliminare è del 2003, ed evidenzia un costo a vita intera stimato in circa 573 milioni di euro, non finanziati.
  Tuttavia, essendo il predetto tratto della bretella indispensabile per rendere funzionale l'intera opera (compresa la citata opera di scavalco), al fine di evitare la realizzazione parziale e non funzionale della viabilità in argomento, la società Quadrilatero si è attivata per avviare un confronto tecnico con RFI al fine di individuare una soluzione alternativa.
  Infine, in merito al completamento della direttrice Perugia - Ancona (strada statale 318-strada statale 76), si comunica che la fine dei lavori contrattualizzati da Quadrilatero è prevista entro l'estate del 2018.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   MANFREDI e TARTAGLIONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Euronut spa, nata nel 1996, con i fondi dell’ex legge n. 44 del 1996, gestiti dall'allora IG (Imprenditorialità giovanile spa), oggi Invitalia SpA, per un importo di circa 5 miliardi delle vecchie lire è specializzata nella lavorazione, trasformazione e produzione di semilavorati di nocciola per l'industria dolciaria ed opera nello stabilimento produttivo di Sperone (Avellino);

   l'azienda attualmente occupa circa una ventina di dipendenti, suddivisi nei reparti inerenti all'amministrazione, alla produzione, al controllo della qualità e commerciale e nel biennio 2015-2016 ha fatturato circa 12 milioni di euro. I suoi prodotti vengono utilizzati prevalentemente nel settore bakery (wafer, merendine, dolciario e altro), gelatiero e creme dolciarie ed i suoi clienti sono tra le principali industrie del food industriale sia nazionale che internazionale (Bauli, Lazzaroni, Balconi, Rigoni di Asiago e altri);

   la Euronut spa ha una forte vocazione internazionale; infatti, il 55 per cento del fatturato è prodotto all'estero e nel corso dell'ultimo ventennio ha sempre continuato nel suo trend di crescita, nonostante i difficili periodi di crisi economica mondiale ed, attualmente, non solo è in regola con l'Invitalia spa, in merito ai pagamenti relativi al mutuo stipulato, ma nell'arco di tre anni esso potrebbe essere estinto;

   il 5 giugno 2017 è stato disposto, su ordine della procura della Repubblica di Avellino, il sequestro preventivo dei cavalcavia n. 20 e n. 22 ricadenti nella zona industriale del comune di Sperone, che sovrastano l'autostrada A16 Napoli-Canosa e purtroppo l'unico punto di accesso per gli autoveicoli e mezzi di trasporto merci è costituito dal cavalcavia n. 22, il quale può essere percorso solo mediante attraversamento pedonale;

   tale situazione sta determinando gravissimi danni all'azienda, avendo di fatto bloccato le attività imprenditoriali e in tempi brevi l'attività produttiva potrebbe arrestarsi per via dell'impossibilità di ricevere le forniture di gas, essendo l'area in cui sorge l'impresa priva di gas metano –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda intraprendere per far fronte tempestivamente alle criticità infrastrutturali sopra indicate, tenuto conto che con l'arresto delle attività produttive ed imprenditoriali, si determineranno quelle condizioni che andrebbero a colpire non solo l'azienda (la perdita di fatturato, rescissione dei contratti in corso per via dell'impossibilità di effettuare le consegne; rischio di revoca di affidamenti da parte delle banche e danni di immagine nei confronti della clientela), ma anche i dipendenti, con conseguenti ricadute dal punto di vista sociale ed occupazionale.
(4-17191)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dal Ministero dell'interno e dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali di questo Ministero.
  Con provvedimento di sequestro disposto dalla procura della Repubblica di Avellino, in data 6 giugno 2017, è stato interdetto il passaggio dei cavalcavia n. 20 e 22, ricadenti nel comune di Sperone e sovrastanti la tratta autostradale A16 Napoli-Canosa. Con tale provvedimento, con cui sono stati nominati custodi giudiziari il direttore del VI tronco della società Autostrade per l'Italia e il sindaco del comune di Sperone, è stato interdetto il passaggio di qualunque tipo di mezzo a motore.
  Dal provvedimento cautelare, scaturito dall'accertamento dello stato di usura della struttura, per cui è stato individuato il rischio di pericolo per la sicurezza degli utenti, è derivato, come evidenziato dagli interroganti, un diffuso disagio tra la popolazione ed in particolare per gli imprenditori, della zona per i quali l'inibizione del passaggio ha determinato un pregiudizio alle attività produttive.
  Il Ministero dell'interno informa che a seguito della richiesta dell'amministrazione comunale e degli imprenditori di quell'area che hanno evidenziato, altresì, le implicazioni per la regolare tenuta dell'ordine pubblico a seguito di alcune manifestazioni di protesta, è stato convocato il 15 settembre 2017, un incontro presso la prefettura di Avellino, per individuare ogni possibile soluzione che, pur senza incidere in alcun modo sul procedimento di sequestro, potesse essere idonea a favorire la definizione delle procedure necessarie alla ripresa del passaggio in condizioni di sicurezza.
  La suddetta prefettura, tenuto conto del protrarsi della situazione di pregiudizio per l'economia del territorio interessato e dai possibili riflessi sull'ordine pubblico, nonché per l'insistenza da parte dell'amministrazione comunale di un percorso alternativo, ha chiesto ai referenti della società Autostrade, di assumere l'impegno di verificare la possibilità dell'esecuzione degli interventi che potessero ritenersi idonei al superamento dell'interdizione del cavalcavia.
  Il direttore della società autostrade, pur ribadendo la correttezza del proprio operato ed evidenziando di avere già provveduto a dimostrare in concreto la collaborazione con gli enti locali, per la risoluzione della problematica si è impegnato unitamente agli altri referenti presenti al tavolo a valutare l'invito della prefettura assicurando di procedere, in tempi brevi, a formulare una proposta da sottoporre alle valutazioni dell'autorità giudiziaria.
  Sono seguiti una serie di sopralluoghi ed accertamenti a cura del perito d'ufficio del tribunale che ha rilevato la necessità di eseguire lavori di consolidamento delle strutture.
  La necessità di eseguire tali lavori ha consentito alla procura della Repubblica di dissequestrare l'opera, limitatamente ai lavori di consolidamento che sono tuttora in corso e la cui data di ultimazione è prevista per fine del corrente anno.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la distribuzione della rete ferroviaria nazionale presenta significative differenze tra le diverse macro-ripartizioni del Paese (Mezzogiorno, Centro, Nord ovest, Nord est). Il Mezzogiorno ha la maggiore estensione di ferrovie con 5730 chilometri ma risulta penalizzato da una rete complessivamente meno moderna ed efficiente (possiede, infatti, il maggior numero di chilometri a «binario singolo» e conta il 41 per cento di rete non elettrificata);

   in Sicilia, in particolare, si registra una grave mancanza di offerta di servizi veloci regionali di collegamento tra i vari capoluoghi – su una rete ferroviaria di 1378 chilometri, infatti, soltanto 178 chilometri sono a doppio binario e ben 1200 chilometri a binario semplice (per ciò che concerne l'alimentazione, la Sicilia può contare su 800 chilometri di linee elettrificate – di cui 178 chilometri a doppio binario e 622 chilometri a binario semplice – ed addirittura 578 chilometri di linee non elettrificate);

   le reti di trasporto ferroviario appaiono, in generale, inadeguate e non sembrano essere in grado di soddisfare le aspettative in termini di infrastrutture rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea determinando una scarsa propensione all'utilizzo del mezzo ferroviario, soprattutto nel campo del trasporto merci che viene considerato – dagli operatori del settore logistico internazionale – deficitario sia per dotazione infrastrutturale sia per offerta di servizi in termini di tempi e costi;

   la gestione ed il mantenimento dell'infrastruttura statale sono stati affidati, sulla base di una concessione della durata di 60 anni – in scadenza nel 2060 – a Rete ferroviaria italiana (RFI) spa la quale, dal luglio 2001, ha assunto compiti di gestione e manutenzione della rete, progettazione, costruzione e messa in esercizio di nuovi impianti, gestione dei sistemi di sicurezza e regolazione ferroviaria, definizione dell'orario della rete, prestazione dei servizi di manovra dei convogli nelle stazioni ferroviarie;

   il contratto di programma RFI 2012-2016 parte investimenti – sottoscritto l'8 agosto 2014 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e Rete ferroviaria italia (RFI) spa – delinea un orientamento di medio periodo caratterizzato principalmente dal mantenimento e dal miglioramento dei livelli di sicurezza previsti dagli obblighi e dalle prescrizioni normative, dallo sviluppo prestazionale dei corridoi merci e dalla velocizzazione degli assi passeggeri;

   il valore delle opere in corso del nuovo contratto di programma 2012-2016 – sommando i nuovi stanziamenti agli stanziamenti oggetto del precedente contratto 2007-2011 – si attesta a circa 98.736 milioni di euro (compresi progetti ultimati) rispetto ai 93.944 milioni di euro (compresi progetti ultimati) dell'aggiornamento 2010/2011 del contratto di programma 2007-2011;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI provvederanno all'aggiornamento del contratto per tenere conto delle risorse stanziate dalla legge n. 164 del 2014 cosiddetto sblocca Italia (864 milioni di euro) e dalla legge di stabilità 2015 (12,3 miliardi di euro, peraltro comprensivi di 4,2 miliardi di euro per la manutenzione straordinaria che non è oggetto del contratto parte investimenti);

   in data 25 febbraio 2013, a causa di continui smottamenti sui binari, viene chiusa la tratta ferroviaria Trapani-Alcamo, Via Milo; nel 2003 erano stati stanziati 300 milioni di euro per l'ammodernamento e la velocizzazione della ferrovia Palermo-Trapani e, a distanza di dodici anni circa, tale opera viene inserita nel decreto-legge «Sblocca Italia» per un importo di 491 milioni di euro e risorse finanziare pari a 2 milioni soltanto;

   la chiusura di questa arteria ferroviaria ed il suo mancato ripristino stanno creando un grave danno alla mobilità dell'utenza pendolare che si trova costretta a raggiungere Trapani in bus sostitutivo dalla diramazione di Alcamo o via Castelvetrano allungando la percorrenza di circa 70 chilometri/treno e di oltre 35 minuti –:

   quali misure – di concerto con RFI e con la regione siciliana – intenda adottare per evitare il progressivo smantellamento e la definitiva chiusura della tratta ferroviaria Trapani-Alcamo, Via Milo e quali interventi ritenga siano necessari per assicurare il ripristino della funzionalità, il potenziamento e la messa in sicurezza della tratta sopra citata;

   in che tempi ed attraverso l'utilizzo di quali risorse economiche intenda realizzare le suddette opere di ripristino.
(4-09346)


   MANNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 febbraio 2013, a causa di continui smottamenti sui binari, viene chiusa la tratta ferroviaria Trapani-Alcamo, via Milo; nel 2003 erano stati stanziati 300 milioni di euro per l'ammodernamento e la velocizzazione della ferrovia Palermo-Trapani e, a distanza di dodici anni circa, tale opera viene inserita nel decreto-legge «Sblocca Italia» per un importo di 491 milioni di euro e risorse finanziarie pari a 2 milioni soltanto;

   con riferimento alla summenzionata tratta ferroviaria, in data 7 luglio 2017 il Vice Ministro Riccardo Nencini – in risposta alla interrogazione a risposta scritta 4-13925, presentata dalla sottoscritta in data 26 luglio 2016 – ha avuto modo di evidenziare che «RFI ha redatto una progettazione preliminare degli interventi necessari per la riattivazione dell'esercizio ferroviario, il cui costo complessivo è stato quantificato in circa 104 milioni di Euro, finanziato per circa 75 milioni di Euro, che comprende essenzialmente gli interventi al corpo stradale e all'armamento, nonché gli impianti di comando e controllo in stazione, il sistema di controllo della marcia dei treni e l'adeguamento alla sicurezza per la galleria di Barbaro»;

   come si evince chiaramente dalla risposta del Governo, i finanziamenti per la realizzazione degli interventi necessari per la riattivazione della tratta in questione non sono sufficienti e, per di più, nessuna informazione è stata fornita in ordine alle tempistiche, anche solo meramente indicative, per l'avvio dei lavori previsti dalla summenzionata progettazione preliminare;

   a tal proposito, si rammenta, in questa sede, che la chiusura di questa arteria ferroviaria ed il suo mancato ripristino stanno creando un grave danno alla mobilità dell'utenza pendolare che si trova costretta a raggiungere Trapani in bus sostitutivi – servizio bus che, peraltro, appare piuttosto carente e ad oggi del tutto inidoneo a garantire un sufficiente nonché adeguato livello di efficienza negli spostamenti – dalla diramazione di Alcamo o via Castelvetrano, allungando la percorrenza di circa 70 chilometri/treno e di oltre 35 minuti;

   si evidenzia che oltre il 20 per cento della rete (equivalente a circa 300 chilometri) risulta interrotto e che, complessivamente, sono 28 le linee ferroviarie presenti sul territorio siciliano rispetto alle quali emergono particolari criticità e che sono chiuse al traffico o, addirittura, incompiute;

   infine, occorre sottolineare come il risanamento ed il potenziamento delle linee ferroviarie esistenti sul territorio del nostro Paese sia strettamente correlato anche al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'inquinamento e di mobilità sostenibile fissati dalla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (Cop21); in tal senso, il reindirizzamento degli investimenti dal trasporto su gomma a quello su ferro non può che costituire una efficace leva per il concreto perseguimento degli impegni legati al dimezzamento delle emissioni di CO2 entro il 2030, tenuto conto, in particolare, del fatto che la progressiva elettrificazione delle linee ferroviarie sta generando ottimi risultati in ordine alla complessiva diminuzione dell'impatto ambientale –:

   quali siano i tempi previsti per l'avvio dei lavori per la realizzazione degli interventi per la riattivazione della tratta ferroviaria Trapani-Alcamo, via Milo, richiamati nelle premesse e quale sia, altresì, la durata stimata per l'esecuzione ed il completamento degli stessi;

   se non ritenga opportuno – nell'ottica di assicurare maggiore efficienza alla rete ferroviaria della regione siciliana, di favorire un adeguato sviluppo dell'intermodalità strada-rotaia e mare-rotaia nonché di perseguire gli obiettivi sulla riduzione dell'inquinamento – assumere le iniziative di competenza per provvedere, di concerto con la regione e con Rete ferroviaria italiana, ad una accelerazione dei tempi di completamento delle tratte ferroviarie che attualmente risultano dismesse, smantellate o incompiute.
(4-17567)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde congiuntamente in quanto trattano analogo argomento, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il costo previsto per il ripristino della tratta ferroviaria Palermo-Trapani Via Milo con la redazione del nuovo contratto di programma – parte investimenti 2017-2021 è pari 144 milioni di euro, completamente finanziati, con fondi provenienti dal Ministero dell'economia e delle finanze per 110 milioni di euro e 34 milioni di euro dai fondi FSC (Fondo per lo sviluppo e la coesione) 2014/2020.
  Sono attualmente in corso la progettazione e gli affidamenti dei lavori sono previsti a fine 2018.
  Le attività finalizzate alla riapertura delle linea ed alla riduzione dei tempi di percorrenza consistono principalmente in:

   interventi alla sede per eliminazione cedimenti diffusi dei rilevati e modifiche al corpo stradale e alle opere di difesa;

   potenziamento infrastrutturale mediante modifica alla geometria del tracciato con aumento della velocità di fiancata;

   adeguamento ai nuovi standard tecnologici.

  Nell'ambito del progetto sono previsti gli studi per il collegamento con l'aeroporto di Trapani Birgi, l'eliminazione di passaggi a livello e l'elettrificazione della linea tra Piraineto e Trapani.
  La tratta in questione si sviluppa principalmente in rilevato e a mezza costa, con pendenze entro il 5 per cento, e comprende n. 11 gallerie, 107 ponti/ponticelli ad arco in muratura 13 ponti ad arco in muratura a più luci. Vi sono 29 passaggi a livello maggiormente concentrati nella tratta Piraineto-Alcamo.
  La riapertura della tratta garantirà lo sviluppo di collegamenti veloci a basso impatto ambientale tra i due capoluoghi e con l'aeroporto di Trapani Birgi. L'ultimazione delle opere è prevista a fine 2023.
  Oltre alla tratta in questione, non è attualmente prevista la riattivazione di altre linee siciliane sospese o dismesse dall'esercizio ferroviario.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   MANNINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 giugno 2017 – ai sensi di quanto disposto dal decreto del Ministro dell'interno del 29 marzo 2017, di indizione delle elezioni amministrative 2017 – si sono svolte le consultazioni per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali nonché per l'elezione dei consigli circoscrizionali;

   per quanto concerne i dati relativi alle amministrative di Palermo si evidenzia che hanno votato 293.585 cittadini, pari al 52,6 per cento degli aventi diritto; il sindaco uscente, Leoluca Orlando – con 125.913 preferenze, pari al 46,28 per cento dei voti validi – si è riconfermato, al primo turno, alla guida dell'amministrazione della città di Palermo;

   dall'analisi dei risultati elettorali, tuttavia, emerge un dato piuttosto significativo in ordine alla percentuale, più che elevata, di schede nulle: ben 16.192, pari al 5,52 per cento del totale dei voti espressi, ovvero equivalenti a quelli di una lista che ha superato il quorum del 5 per cento (alle quali debbono essere aggiunte anche le 5.042 schede bianche, rappresentanti l'1,72 per cento del totale);

   il dato di Palermo inerente alle schede nulle — in gran parte non contestate in quanto non tutte le liste avevano rappresentanti di lista in ogni sezione — risulta, peraltro, ancor più macroscopico se paragonato a quello che si è registrato nelle altre città italiane in cui si è votato, nelle quali la mole dei voti nulli è di gran lunga inferiore;

   oltre alla rilevante percentuale di schede nulle conteggiate nella città di Palermo – come già sottolineato, grandemente al di sopra della media nazionale – emergono, altresì, ulteriori anomalie come, per esempio, quella inerente alla eccessiva lungaggine delle operazioni di spoglio (con uno scrutinio che è andato avanti per 48 ore consecutive ed, in alcuni casi, per 72 ore), quella riguardante l'improvvisa sostituzione di oltre 300 presidenti di seggio (sui 600 presenti a Palermo), quella legata alla sparizione e/o alla mancata o incompleta compilazione dei verbali (spesso privi, altresì, del timbro della sezione, della firma del presidente del seggio e delle firme degli scrutatori), quella connessa all'esistenza di una presunta, e non ben definita, «documentazione integrativa» attualmente non prevista da alcuna disposizione di legge in materia elettorale o, ancora, quella relativa alla presenza di liste nelle quali i voti di lista risultano maggiori dei voti di preferenza;

   evidentemente, tale ultimo fatto è di per sé possibile, ma, tuttavia, può apparire atipico ed inconsueto – quanto improbabile – nel caso di elezioni comunali, spesso caratterizzate da voti espressi a favore della persona e non della lista;

   ad avviso dell'interrogante, le summenzionate circostanze hanno determinato un non regolare andamento delle consultazioni e si sono, conseguentemente, dimostrate idonee ad incidere, anche in maniera decisiva, sui risultati della tornata elettorale de quo nonché sui ritardi nella proclamazione del consiglio comunale e di buona parte del Consiglio comunale e di buona parte dei consiglio di circoscrizione –:

   di quali elementi disponga il Governo in ordine a quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche normative, per chiarire la valenza giuridica della sopra citata «documentazione integrativa» al fine di verificarne l'eventuale conformità rispetto alle vigenti disposizioni di legge in materia elettorale.
(4-17229)

  Risposta. — Come è noto, la regione siciliana, ai sensi dello Statuto speciale, in materia elettorale dispone di potestà legislativa di tipo esclusivo, che deve peraltro essere esercitata in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonché con le altre disposizioni dello Statuto regionale. La regione siciliana, quindi, provvede con propria disciplina sia a definire il sistema e il procedimento elettorale che a organizzare in concreto lo svolgimento delle consultazioni.
  Con riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione, si risponde sulla base degli elementi informativi forniti dall'Ufficio centrale elettorale presso il Tribunale di Palermo e dall'Ufficio coordinamento elettorale del comune di Palermo.
  In relazione all'analisi dei risultati elettorali, il citato Ufficio elettorale del comune di Palermo ha evidenziato che, da un confronto con le precedenti tornate elettorali, le percentuali delle schede nulle e bianche, rispetto al numero complessivo dei votanti, risulterebbero nella media.
  Infatti, le schede nulle sono state il 7,23 per cento del totale dei voti espressi nelle elezioni amministrative del 2017, il 5,8 nel 2012 e il 7,53 per cento nel 2007. Le schede bianche invece sono state l'1,72 per cento del totale dei voti espressi nelle elezioni amministrative del 2017, l'1,82 per cento nel 2012 e l'1,63 per cento nel 2007.
  Per quanto riguarda i presidenti di seggio, il predetto Ufficio elettorale del comune ha specificato che, nelle giornate di sabato e domenica precedenti la consultazione elettorale, l'amministrazione comunale, così come previsto dalla normativa vigente, ha provveduto a sostituire 28 presidenti di seggio che, per documentati motivi, non hanno potuto svolgere il ruolo affidatogli dalla competente Corte di appello.
  Per quanto attiene ai tempi necessari per lo svolgimento delle operazioni di spoglio, il comune ha precisato che le consultazioni amministrative hanno riguardato, oltre che l'elezione del sindaco e il rinnovo del consiglio comunale, anche l'elezione dei presidenti e dei consigli delle 8 circoscrizioni cittadine; pertanto i componenti dei seggi, a chiusura delle operazioni elettorali prevista per le ore 23 di domenica, hanno dovuto effettuare un doppio spoglio di schede.
  Al riguardo, il presidente dell'ufficio centrale elettorale del tribunale di Palermo ha sottolineato che le operazioni presso i seggi elettorali sono disciplinate esclusivamente dalle norme emanate dall'Assemblea regionale siciliana, dalle istruzioni fornite dall'assessorato regionale agli enti locali e dalle norme statali, quando richiamate da norme regionali.
  Inoltre, le modalità di svolgimento delle operazioni di voto previste dalle vigenti norme regionali, più volte modificate rispetto alle precedenti tornate elettorali, possono aver ingenerato taluni problemi applicativi in sede di effettuazione delle operazioni.
  L'inizio delle operazioni preparatorie dei seggi, a partire dalle ore 5,30 della domenica con prosecuzione delle operazioni di voto sino alle ventitré, il susseguente inizio degli scrutini, senza soluzione di continuità con doppio spoglio, hanno contribuito a determinare difficoltà operative per i componenti dei seggi elettorali, rallentando le operazioni di scrutinio, in alcuni casi protrattesi sino alla tarda serata del lunedì.
  In relazione a ciò, è stato evidenziato che la normativa regionale, diversamente dalla legislazione nazionale in materia, non prevede la chiusura del seggio entro ventiquattro ore dalla fine delle operazioni di voto.
  Il presidente dell'ufficio centrale elettorale del tribunale di Palermo ha fatto presente, inoltre, che non risulta pervenuta né esaminata alcuna documentazione diversa da quella prevista dalla normativa vigente, trasmessa da ciascun seggio. In particolare, risultano trasmessi al medesimo ufficio centrale tutti verbali Mod. 39 CS, tranne che in un solo caso, in cui il comune di Palermo ha fornito la copia conforme di un verbale non pervenuto.
  Infine, secondo quanto riferito dallo stesso presidente, le complesse operazioni svolte dall'ufficio centrale elettorale – che si è riunito ogni giorno, senza soluzione di continuità – sono state portate a termine nei tempi occorrenti alla raccolta dei dati relativi a tutte le liste e a tutti i candidati (circa ottocento), indispensabili per poter procedere alla proclamazione degli eletti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la questione della continuità territoriale della regione Sicilia è da mesi al centro di una vicenda che ricade negativamente sui fruitori di un servizio che appare essenziale come quello dei collegamenti aerei da e per il territorio dell'Isola;

   la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 28 dicembre 2015) contiene una disposizione (all'articolo 1, comma 486) che prevede, al fine di ridurre i disagi derivanti dalla condizione di insularità della stessa isola, lo stanziamento di 20 milioni di euro;

   la congrua applicazione di questa norma, come accade ad esempio in Sardegna, contribuirebbe notevolmente alla riduzione dei disagi, nonché alla crescita socioeconomica della Sicilia e allo sviluppo ulteriore del settore turistico;

   la norma citata, infatti, favorisce il diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti, costituisce un elemento fondamentale per sviluppare il sistema del trasporto aereo per la Sicilia e ha, inoltre, importanti ricadute positive dal punto di vista economico-sociale per l'intera regione;

   la scarsa attenzione del Governo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rivolta alla questione è stata oggetto di ben 3 atti di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante (n. 4/15271, n. 4/13124, n. 4/13426), tutti volti a sollecitare il ripristino delle risorse economiche previste dalla legge di stabilità già dal 2016 esclusivamente, si ribadisce, per la continuità territoriale. Ad avviso dell'interrogante, i fondi disponibili, non sono mai stati utilizzati in modo congruo e corretto dalla regione siciliana;

   al danno dell'errato utilizzo di risorse economiche fondamentali, in un periodo in cui sono notevoli i rincari dei biglietti aerei, si aggiunge la beffa della risposta fatta pervenire dal Governo alle interrogazioni in merito;

   con riferimento all'ultima conferenza di servizi (del 17 maggio 2017), il Governo scrive che «per la possibilità di estendere la continuità territoriale agli aeroporti di Comiso e Trapani si conviene sulla necessità di rinnovare il bando per le tratte di Lampedusa e Pantelleria e di trattare le istanze di Comiso e Trapani in successivi tavoli tecnici», una risposta, a giudizio dell'interrogante, inadeguata ed irrispettosa;

   sono trascorsi quasi due anni da quando un emendamento dell'interrogante alla legge di stabilità 2016 stabiliva che i 20 milioni di euro fossero destinati solo ed esclusivamente alla continuità territoriale siciliana;

   a subire le conseguenze di una situazione inaccettabile sono ancora i cittadini, costretti a comprare, per esempio, un volo da Comiso a Milano o da Trapani a Roma a centinaia di euro o obbligati a pagare un volo dalla Sicilia per la Lombardia più di un volo da Fiumicino per New York –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per fare chiarezza sul corretto e concreto utilizzo delle risorse economiche destinate esclusivamente alla continuità territoriale della regione Sicilia e se non intenda altresì assumere, con la massima urgenza, le opportune iniziative per garantire l'effettiva disponibilità di tutti i fondi destinati a tale scopo, senza attendere ulteriori tavoli tecnici ed evitando che gli stessi fondi siano utilizzati per fini diversi rispetto a quelli stabiliti; se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative, in collaborazione con la regione, per porre rimedio ad una situazione che rischia di gravare ancora per troppo tempo sulla situazione socio-economica della Sicilia.
(4-17819)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo e dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La conferenza di servizi per definire la continuità territoriale per il periodo successivo al 30 giugno 2018 è stata convocata e si è riunita il 17 maggio e il 26 giugno 2017.
  Le somme stanziate dalla legge n. 208 del 2015 citata dall'interrogante, sono state in parte già destinate alla continuità territoriale siciliana (rotte da e per Pantelleria e Lampedusa per il periodo 1° luglio 2017-30 giugno 2018) dalla conferenza di servizi conclusasi il 26 ottobre 2016.
  Il 26 giugno 2017 invece si è conclusa la conferenza di servizi che ha definito i parametri del regime onerato per i collegamenti aerei in partenza da Pantelleria e Lampedusa per il periodo 1° luglio 2018-30 giugno 2021. La stessa riunione conclusiva ha demandato ai favori di una nuova Conferenza di servizi la valutazione sull'imposizione di oneri di servizio pubblico sui collegamenti aerei da Trapani e Comiso per i quali si potrà utilizzare la restante parte delle somme stanziate dalla citata legge n. 208 del 2015.
  Il 16 ottobre scorso si è svolto un incontro presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale hanno partecipato l'Enac e l'assessorato delle infrastrutture e della mobilità della regione Sicilia per valutare le problematiche connesse alla piena attuazione della continuità territoriale della regione Sicilia, nonché di individuare il contenuto degli oneri di servizio pubblico da imporre sui collegamenti aerei con le isole minori.
  Nel corso del suddetto incontro la regione Sicilia ha evidenziato che per la continuità da Comiso (collegamenti con Bologna, Torino e Venezia), risulterebbe la disponibilità di circa 30 milioni (contributi statali) a cui si aggiungerebbero ulteriori 9 milioni che metterebbe a disposizione la regione.
  Inoltre, si è concordato sulla necessità che siano individuati con esattezza i parametri sui quali dimensionare l'imposizione di O.S.P. su Comiso e Trapani, rimandando ad un successivo incontro con le corrispondenti amministrazioni locali ed i rispettivi gestori aeroportuali. Si è convenuto sulla necessità che gli stessi procedessero a presentare, preventivamente, opportune simulazioni su cui poggiare il dimensionamento in parola.
  Si è, inoltre, ribadita la necessità, già evidenziata nel corso dei lavori della precedente Conferenza dei servizi, che le anzidette amministrazioni locali cominciassero ad analizzare i contenuti del questionario realizzato dalla direzione generale della concorrenza della commissione europea (DG COMP) e dalla direzione generale mobilità e trasporti (DG Move) per la notifica degli oneri di servizio pubblico (OSP) ai sensi del reg. 1008/2008 (GUE C194/22 del 17 giugno 2017) in modo da acquisire preliminarmente elementi di valutazione utili per verificare la rispondenza degli interventi richiesti alla disciplina comunitaria vigente per il settore degli OSP.
  Ancora nell'ottica di garantire appieno la continuità della Sicilia, si è richiesto ad Enac di procedere ad un'istruttoria tecnica per verificare i costi di un collegamento con elicottero tra Lampedusa-Linosa e Ustica-Palermo da confrontare con i costi del servizio garantito dagli aliscafi attualmente utilizzati e valutarne, per il solo periodo invernale, la convenienza. Provvederebbe la regione a stanziare le risorse per realizzare in O.S.P. tale collegamento.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   MURER, MOGNATO e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 14 novembre 2017, centinaia di migranti ospitati nel Centro di prima accoglienza allestito in una ex base militare di Conetta, in provincia di Venezia, hanno deciso, in segno di protesta, di lasciare la struttura, organizzare un presidio e poi mettersi in cammino, a piedi, verso la Strada Romea;

   il gruppo di migranti è stato fermato, nel pomeriggio, dalla polizia a Santa Margherita per evitare che qualcuno col buio, immettendosi sulla strada Romea, potesse essere vittima di incidenti;

   la scelta di mettersi in cammino è arrivata dopo una giornata di protesta da parte dei migranti, che hanno deciso di manifestare, in almeno 250, prima nella piazza del municipio, poi lungo le strade della cittadina;

   i motivi della protesta sono riconducibili ai tempi lunghi di permanenza nel centro, in attesa di permessi che non arrivano da mesi, di risposte a richiedenti asilo che tardano ad arrivare; e l'insofferenza per una condizione di sospensione che in molti casi dura da 12-14 mesi, e poi per le condizioni stesse del Centro, considerate insopportabili da chi di fatto è costretto a starci;

   secondo quanto riportato dal quotidiano La Nuova Venezia, i 1.120 migranti ospitati nella struttura, che ne potrebbe ospitare poco più di 500, vivono in condizioni di sovraffollamento, con riscaldamento a intermittenza, code per l'accesso a docce e servizi, strade sterrate del campo ridotte a mulattiere di fango, tendopoli e casolari in pessime condizioni;

   già all'inizio di quest'anno, nel Centro di Conetta, si sono registrate altre situazioni di tensione; in particolare il 2 gennaio 2017, Sandrine Bakayoko, una ragazza della Costa d'Avorio, di 25 anni, morì nei bagni della struttura per una trombosi polmonare; una morte che fece esplodere la protesta dei richiedenti asilo ospitati nel centro di accoglienza, convinti che la morte della ragazza fosse stata causata sia dal ritardo nei soccorsi, sia dalle condizioni di vita nella struttura;

   una delegazione della campagna LasciateCIEentrare ha visitato il centro nel giugno del 2016 e lo ha descritto come «una tendopoli nel nulla. Alle tende si alternano casolari con letti a castello in stanze stracolme»;

   la cosa che, però, più agita gli ospiti del centro è la prolungata situazione di incertezza sui tempi; un anno, a volte un anno e mezzo, a non fare nulla, ad aspettare la risposta alla richiesta di asilo, a non avere alcun cenno, a sopportare un'attesa senza alcuna certezza, senza alcun riferimento;

   alle denunce pubbliche non sono mai seguiti, in questi anni, atti concreti sia sulle condizioni di vita dei richiedenti asilo, sia sui tempi di risposta alle loro richieste;

   la situazione difficile del centro alimenta, naturalmente, anche tensioni sociali con i residenti della zona, rischiando così di innescare una miccia di insofferenza complessiva –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, per quanto di competenza di intervenire, e in che modo, in relazione ai problemi citati in premessa, al fine di garantire ai migranti condizioni di vita in linea con gli standard minimi di civiltà dell'accoglienza e tempi certi per la risposta alla richiesta di asilo, nonché, ai residenti della zona, una situazione di vivibilità e di tutela rispetto alle tensioni sociali che turbano la comunità locale nel suo insieme.
(4-18540)

  Risposta. — Come segnalato nell'interrogazione, un gruppo di richiedenti protezione internazionale alloggiati presso il centro di accoglienza di Conetta di Cona nella mattinata del 13 novembre 2017 ha messo in atto una protesta in seguito alla decisione, da parte dell'ente gestore, di rimuovere per motivi di sicurezza alcuni fornelletti elettrici posizionati all'interno delle tensostrutture.
  Nei giorni successivi, la manifestazione è proseguita con un corteo itinerante, cui hanno partecipato circa 200 ospiti del centro, che intendevano raggiungere la sede della prefettura di Venezia.
  L'iniziativa è stata costantemente monitorata dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza, che hanno assicurato un attento servizio di ordine e sicurezza pubblica finalizzato a evitare blocchi stradali nonché a scongiurare rischi per l'incolumità dei cittadini, degli utenti delle strade interessate al passaggio del corteo e degli stessi manifestanti.
  In considerazione della difficile situazione che si era venuta a determinare e al fine di allentare la tensione sociale creata dalla protesta, il 17 novembre il Ministero dell'interno, anche a seguito dell'azione di mediazione svolta personalmente dal prefetto e dal questore, ha autorizzato la ricollocazione dal centro di Conetta ad altri centri situati nella regione del Veneto dei migranti, che la notte precedente erano stati ospitati presso le parrocchie del territorio di Mira, messe a disposizione dal patriarca di Venezia.
  In particolare, il prefetto di Venezia ha disposto la seguente distribuzione: 30 migranti nella provincia di Verona, 30 in quella di Vicenza, 32 in quella di Padova, 35 in quella di Treviso, 30 in quella di Belluno, 26 in quella di Rovigo e 69 in quella di Venezia.
  Tale soluzione, imperniata sull'alleggerimento delle presenze nel centro di Cona, è conforme alla strategia più volte affermata dal Ministro dell'interno, intesa al graduale superamento dei grandi centri, con l'obiettivo di realizzare un sistema di accoglienza diffusa sul territorio, in grado di contemperare i diritti di chi accoglie e di chi è accolto, secondo il piano concordato con l'Anci.
  Si segnala infatti, al riguardo, che negli ultimi mesi il centro di Conetta di Cona ha registrato un significativo decremento delle presenze, passando dalle 1.407 del 5 luglio 2017 alle circa 800 attuali, misura inferiore alla capienza teorica certificata dalla Asl.
  Si precisa che il centro in parola è stato sottoposto a numerose ispezioni da parte della prefettura e, da ultimo, anche da parte del competente dipartimento del Ministero dell'interno, all'esito delle quali non sono emersi elementi per giustificare la sospensione del servizio e la chiusura del centro medesimo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   NARDUOLO e MOGNATO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   i carnevali storici rappresentano una secolare e viva espressione della cultura popolare italiana sono anche manifestazioni dal forte potenziale turistico, con ricadute economiche importanti su tutta filiera ricettiva del territorio;

   in data 8 ottobre 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo pubblicava sul proprio sito istituzionale l'avviso pubblico per il finanziamento delle manifestazioni carnevalesche storiche;

   il bando metteva a disposizione 1 milione di euro per il sostegno di iniziative promosse da organismi pubblici o privati, senza scopo di lucro, per promuovere le manifestazioni carnevalesche più significative e meritevoli nei territori italiani;

   le manifestazioni ammesse al contributo dovevano avere almeno 20 edizioni documentabili, realizzate a decorrere dal 1990, e costituire una componente essenziale dell'offerta turistica dei territori;

   le istanze presentate sono state esaminate da una apposita Commissione di valutazione, composta da 5 membri scelti anche tra esperti del mondo del turismo, della cultura, dell'arte e dello spettacolo, e gli esiti sono stati pubblicati sul sito del Ministero in data 20 febbraio 2017;

   in data 16 febbraio 2017, rispondendo all'interrogazione n. 5-10605 presentata dall'onorevole Stefano Borghesi, il sottosegretario ai beni culturali e al turismo Antimo Cesaro dichiarava: «Sono allo studio le possibili iniziative per individuare risorse per dare continuità all'attività di promozione avviata, nella piena consapevolezza della rilevanza culturale delle manifestazioni in oggetto e delle importanti ricadute in termini di flussi turistici, anche internazionali, che ne derivano» –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno inserire i carnevali storici tra le attività finanziate stabilmente dal Fondo unico per lo spettacolo di cui al decreto ministeriale 1o luglio 2014, così come modificato dal decreto ministeriale 5 febbraio 2016, riconoscendone così il valore storico e culturale nell'ambito della tradizione italiana e contribuendo a rafforzarne le condizioni di attrattività e competitività turistica territoriale.
(4-16126)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante chiede notizie in merito all'attività del Ministero a sostegno delle iniziative carnevalesche svolte nel Paese e se ritiene opportuno inserire tali attività tra quelle stabilmente finanziate con il Fondo unico per lo spettacolo.
  Sulla base degli elementi forniti dalle competenti direzioni generali (turismo, spettacolo, archeologia e belle arti) si comunica quanto segue.
  I criteri e le modalità per la concessione dei contributi ai carnevali storici sono stati definiti con decreto direttoriale del 30 luglio 2015 e con bando dell'8 ottobre 2015 ne sono state fornite le modalità operative.
  Il necessario impegno di spesa per euro 1.000.000,00 è stato disposto con decreto direttoriale del 24 dicembre 2015.
  Con decreto direttoriale del 1° febbraio 2016 è stata invece istituita un'apposita commissione per l'esame e la valutazione delle istanze di contributo presentate dagli enti.
  Le attività di controllo sulla legittimità delle istanze è stata condotta dalla direzione generale turismo che ha rilevato tutta una serie di criticità importanti nella maggior parte delle domande prodotte tanto da dover essere modificate o integrate per poter rientrare nei requisiti di accesso previsti dal bando o, in alcuni casi, da determinare l'inammissibilità per mancanza dei requisiti indicati.
  I lavori della commissione di valutazione si sono conclusi a fine gennaio e con decreto direttoriale del 3 febbraio 2017 è stata compilata la relativa graduatoria comprendente sia le manifestazioni ammesse al contributo per aver raggiunto il punteggio di 60/100 sia quelle escluse.
  Il decreto è pubblicato sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al link:
http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sitoMiBAC/Contenuti/Avvisi/visualizza_asset.html_1786360599. html.
  Per la determinazione degli importi contributivi si procederà secondo quanto stabilito dall'articolo 4 del bando 8 ottobre 2015.
  Nello specifico:

   l'entità del contributo da assegnare al singolo progetto è calcolata ripartendo lo stanziamento in proporzione ai punti conseguiti rispetto al totale dei punti assegnati all'insieme di tutti i progetti ammessi;

   l'entità del contributo non potrà eccedere il 50 per cento della quota partecipativa finanziaria dell'ente organizzatore e non può comunque eccedere il deficit risultante dal bilancio di progetto.

  Premesso quanto sopra, questo ministero è ben consapevole dell'importanza che assumono le manifestazioni carnevalesche storiche.
  Il carnevale genera ogni anno un indotto misurabile e significativo nel settore del turismo, del commercio e del mondo del lavoro, oltre che della cultura e contribuisce in maniera significativa, in termini di fatturato, all'economia del nostro Paese.
  Per tali motivazioni, il tema dei carnevali costituisce una priorità del Ministero come recepito nel disegno di legge n. 2287 concernente «Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia», approvato dal Senato in data 20 settembre 2017 ed, attualmente, in attesa dell'approvazione della Camera.
  Il codice riordina tutti i settori dello spettacolo, ricomprendendo tra questi il teatro, la musica, la danza, gli spettacoli viaggianti, le attività circensi, ma anche, appunto, i carnevali storici e le rievocazioni storiche, prevedendo finanziamenti su tutte queste forme di spettacolo dal vivo a valere sul Fus, la cui dotazione viene contestualmente incrementata.
  Quanto sopra, esposto in maniera sintetica, per rappresentare l'impegno e l'attenzione profusa da questo Ministero e del Ministro Franceschini nei confronti del settore dei carnevali storici.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Dorina Bianchi.


   PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Camerano sono attive da decenni le ditte Baldini Sandro Autotrasporti Scavi e Sbancamenti e Conero Frantumazioni srl;

   entrambe le imprese operano tramite mezzi pesanti, di peso superiore alle 15 tonnellate, e hanno un passaggio obbligato nel cavalcavia 166 della A14, situato a 200 metri di distanza da quello crollato il 9 marzo 2017;

   nel 2014 la direzione 7, tronco di Autostrade per l'Italia aveva sollecitato le ditte e il comune di Camerano a limitare il transito sui cavalcavia a mezzi di peso inferiore alle 12 tonnellate, sostenendo che questo fosse il carico ipotizzato al momento della progettazione, avvenuta negli anni ’70;

   documentazione presentata dalle aziende, fra cui il formulario di identificazione rifiuti, dimostrerebbero, tuttavia, che il collaudo era stato effettuato per una portata di 72 tonnellate;

   a riprova di questa ipotesi, starebbe l'autorizzazione concessa dalla stessa società Autostrade al transito di mezzi pesanti con carico di 40-50 tonnellate fra il 2015 e il 2016, anche in numero di 60 passaggi quotidiani, finalizzati ai lavori di realizzazione della terza corsia;

   al termine degli stessi, sarebbe stato apposto un cartello che limitava a 12 tonnellate la percorribilità;

   tale cartello non ha evidentemente sortito gli effetti sperati, tanto che, a partire dal 14 aprile 2017, sono stati posti Jersey in cemento per limitare l'accesso al cavalcavia;

   tale scelta ha evidentemente compromesso in modo irreparabile la possibilità di intervento delle aziende Baldini e Conero Frantumazioni; la prima ha quindi annunciato il licenziamento di 15 lavoratori, che sono da una settimana in presidio permanente;

   il coinvolgimento della prefettura non ha fino a qui prodotto alcun risultato;

   a parere dell'interrogante è senza dubbio indispensabile tutelare due interessi non contrapposti, quello alla sicurezza stradale e infrastrutturale e quello alla continuità dell'attività d'impresa e quindi dei posti di lavoro;

   si dovrebbe quindi chiarire immediatamente e senza possibilità di dubbio quale sia l'effettiva portata del cavalcavia 166, anche sottoponendolo a nuovo collaudo;

   si dovrebbero intanto valutare soluzioni temporanee che consentano alle aziende di continuare ad operare, per evitare i licenziamenti –:

   se e come intenda intervenire per evitare che l'obsolescenza o l'inadeguatezza della rete infrastrutturale comprometta la possibilità di svolgere correttamente l'attività di impresa;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere a tutela dei lavoratori, che per l'interrogante, non possono essere utilizzati come forma di pressione, ma devono veder garantito il loro diritto alla continuità occupazionale.
(4-16396)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali e dal Ministero dell'interno.
  Il cavalcavia n. 166, ubicato lungo l'autostrada A14 al chilometro 235+049 e in concessione alla società Autostrade per l'Italia (ASPI), fu realizzato da Autostrade negli anni ’70 in sede di costruzione dell'A14 con la funzione di collegare strade di interesse locale e vicinale, in quello che era un contesto prevalentemente agricolo.
  Come per tutti i cavalcavia, la struttura muraria del ponte è rimasta di proprietà di Autostrade, la quale rimane invece estranea alla viabilità sopra insistente e alla relativa manutenzione.
  Nel caso di specie, trattandosi di strada vicinale ad esclusivo utilizzo della ditta Baldini, la manutenzione della viabilità è in capo alla stessa ditta, mentre la regolamentazione della circolazione è in capo al comune di Camerano, cui l'opera è stata consegnata da ASPI nel 1973.
  Così come avviene per tutti i cavalcavia della rete in gestione, ASPI effettua costantemente verifiche e controlli sull'efficienza statica delle strutture.
  Il cavalcavia n. 166 fu costruito con le caratteristiche di ponte di II categoria in relazione all'uso previsto e pertanto è idoneo a sopportare esclusivamente carichi conformi a quelli di progetto: colonna di veicoli 12 tonnellate o rullo isolato 18 tonnellate.
  La questione sulla portata del cavalcavia è peraltro nota sia all'impresa Baldini che al comune di Camerano già da anni, nel corso dei quali ASPI ha segnalato più volte che il cavalcavia non è stato progettato e realizzato per poter sopportare transito di mezzi con massa superiore alle 12 tonnellate.
  Inoltre, ASPI ha diffidato la citata impresa dall'utilizzare il cavalcavia oltre i limiti di portata e ha posto cartelli segnaletici a salvaguardia delle circolazione autostradale sottostante e di quella che, pur diretta al solo impianto dell'impresa Baldini, deve essere regolata e tutelata.
  Successivamente, a seguito di plurime segnalazioni circa la costante violazione del divieto di transito ai mezzi pesanti, ASPI ha dapprima chiesto l'intervento delle autorità competenti, incluso il comune di Camerano e quindi, al fine di scongiurare un potenziale pericolo per la pubblica incolumità, nell'aprile 2017, alla presenza dei Carabinieri, ha posizionato dei new jersey all'imbocco del cavalcavia, restringendo la larghezza dell'accesso in modo da impedire il transito dei soli mezzi pesanti con portata superiore a quella consentita dalla struttura del ponte. Tali manufatti venivano rimossi da ignoti, rendendo così accessibile il cavalcavia a tutti i mezzi senza alcuna limitazione di massa, e successivamente venivano ricollocati da ASPI.
  A seguito di tale limitazione sono scaturiti vari contenziosi tra la ditta Baldini e ASPI aventi ad oggetto da un lato la legittimità dei citati cartelli di limitazione al transito, dall'altro il pericolo che eventuali transiti eccedenti i limiti di portata del cavalcavia potessero creare alla stabilità dell'opera d'arte.
  Detti contenziosi, a seguito del deposito delle risultanze peritali del CTU, si sono conclusi con l'ordinanza del 4 luglio 2017 con cui il tribunale di Ancona ha rigettato il ricorso promosso dalla ditta Baldini volto alla rimozione dei cartelli e, al contempo, ha accolto l'azione per danno temuto promossa da ASPI, confermando il provvedimento con cui è stato ordinato alla ditta Sandro Baldini e alla società Conero Frantumazioni di rispettare e far rispettare ai propri clienti e utenti la segnaletica stradale posta sul cavalcavia n. 166 (...) segnaletica che pone il limite di carico per gli automezzi in transito di 12 tonnellate e al divieto di transitare sul cavalcavia agli automezzi di portata superiore al limite imposto.
  La società Baldini e la Conero Frantumazioni sono state condannate in solido alla rifusione delle spese.
  Infine, per completezza d'informazione, si fa presente che per il cavalcavia n. 167, a seguito del provvedimento di dissequestro delle opere notificato ad ASPI l'11 ottobre, la medesima società ha provveduto a trasmettere il programma delle attività di ripristino. Tale programma prevede quanto segue.
  Per le attività progettuali:

   verifica stato strutture in calcestruzzo;

   progetto preliminare e ripristino strutture in calcestruzzo;

   progetto esecutivo entro il 30 novembre 2017.

  Per le attività operative:

   ripristino strutture calcestruzzo entro il 15 dicembre 2017;

   carpenteria metallica (produzione, assemblaggio e varo) entro il 31 gennaio 2018;

   completamento opere civili e arredi entro il 28 febbraio 2018.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Pontida la locale amministrazione comunale ha approvato un regolamento comunale sulla gestione dei parcheggi che prevede che i permessi di sosta gratuita riservati alle donne incinte siano riservati «esclusivamente alle donne appartenenti ad un nucleo familiare naturale e cittadine italiane o di un Paese membro dell'Unione europea»;

   con questa denominazione si intende esplicitamente discriminare donne lesbiche ed extracomunitarie residenti nel comune, così come quelle non residenti che chiedano il permesso per ragioni di lavoro;

   a parere dell'interrogante la potestà regolamentare di un comune non può arrivare a violare principi costituzionali fondamentali, quali l'uguaglianza dei cittadini, oltre che le più elementari regole di civiltà –:

   se non ritenga opportuno valutare se sussistano i presupposti per assumere immediatamente iniziative ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per annullare la norma in questione.
(4-17808)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede se si intenda assumere iniziative a seguito dell'approvazione, con delibera n. 41 del 2 settembre 2017, del «Regolamento comunale per la disciplina della sosta nei parcheggi riservati alle donne gestanti e alle donne puerpere», da parte del consiglio comunale di Pontida (BG).
  Tale delibera consiliare, effettivamente, consentiva la sosta nei parcheggi riservati alle gestanti e alle puerpere alle sole cittadine italiane, residenti a Pontida, munite di idoneo permesso il cui rilascio era subordinato al possesso dei requisiti ricordati dall'interrogante.
  Tuttavia, a seguito delle polemiche suscitate dall'iniziativa, che ha avuto ampia risonanza sui media nazionali, il consiglio comunale di Pontida, con delibera n. 45 del 14 ottobre scorso, motivata con la necessità di «evitare l'insorgere di controversie giudiziarie sull'interpretazione, sulla applicazione e sull'esecuzione» del predetto regolamento, ha revocato in autotutela la deliberazione oggetto dell'atto di sindacato ispettivo cui si risponde.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 12 agosto 2015 un'alluvione di spaventosa intensità si è abbattuta sulla città di Rossano cagionando danni per milioni di euro all'intera comunità. All'indomani della violenta precipitazione i torrenti versavano in gravissime condizioni in quanto completamente ricolmi di detriti e in alcuni casi con argini distrutti. Al fine di tutelare l'incolumità pubblica furono stanziati 2.762.714,25 di euro per l'effettuazione di lavori in somma urgenza. Detta somma fu interamente spesa senza, tuttavia, realizzare una vera e propria opera di messa in sicurezza del territorio. In particolare, il torrente Acqua del Fico, che secondo la delibera della giunta comunale n. 297 del 2015 (poi confermata dalla delibera n. 5 del 2016 del commissario straordinario), avrebbe dovuto essere oggetto di lavori di ricostruzione dell'argine destro e sinistro e svuotamento dell'alveo fino alla foce per un importo complessivo pari a 294.488,42 euro in realtà, fu ripulito unicamente alla sua foce, lasciando completamente intasata tutta la parte a monte;

   a parte l'evidente spreco di denaro per un intervento inutile che non ha risolto il problema dal momento che, alla successiva precipitazione, sono stati portati a valle tutti i detriti rimasti a monte, preme sottolineare come non si sia provveduto alla pulizia del torrente in corrispondenza di alcune abitazioni lasciando le persone soggette al rischio di una catastrofe. Il letto del torrente è talmente ricolmo di detriti che non solo ha raggiunto il livello della stradina di accesso (adesso infatti non è più distinguibile il letto dalla strada che in principio era posta su muraglioni di pietra imbrigliati di altezza di circa 3 metri), ma lo ha addirittura superato in altezza, facendo mutare il naturale declivio delle acque che adesso scorrono verso le abitazioni e proprietà;

   dallo schema di convenzione per l'esecuzione del piano degli interventi contenuto nell'ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 285/15 — 412/16, si riscontra il mancato inserimento, tra i lavori di rimozione dei detriti, della pulizia del torrente Acqua del Fico relativo alla zona a monte (da contrada Ceradonna alla strada statale 106). La predetta richiamata ordinanza prevede un intervento di pulizia dell'Acqua del Fico, ma solo in corrispondenza della ferrovia Crotone-Taranto per un importo complessivo pari a euro 300.000. L'ultima pulizia dell'alveo risale all'indomani dell'alluvione del 2000 (quindi 17 anni);

   qualora dovesse essere confermata siffatta tipologia di intervento, non verrebbe in alcun modo salvaguardata l'incolumità di tutte quelle abitazioni e di quei terreni ubicati a sud (lato montagna) in corrispondenza dell'intersezione col torrente Gelso (anch'esso ricolmo di detriti). Si effettuerebbe vale a dire, lo stesso errore commesso all'indomani dell'alluvione del 2015 –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere affinché venga messa in sicurezza una parte del territorio del comune di Rossano dalla minaccia reale e concreta di un disastro annunciato causato da quella che appare all'interrogante una incuria delle autorità competenti nella gestione e nella risoluzione del rischio idrogeologico.
(4-17593)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al rischio idrogeologico nel territorio del comune di Rossano (CS), sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si fa presente in via preliminare che gli aspetti connessi alla pianificazione di bacino, con la quale tra l'altro vengono mappati i pericoli di dissesto riconosciuti sul territorio, sulle mappe di rischio idraulico vigenti del Piano di assetto idrogeologico (Pai) approvato nel 2001 dall'autorità di bacino regionale della Calabria, il sito in corrispondenza della confluenza tra il torrente Acqua del Fico e il torrente del Gelso non risulta interessato da aree a rischio idraulico.
  Parimenti, sulle mappe di pericolosità idraulica e di rischio idraulico del Piano di gestione per il rischio di alluvione (Pgra) del distretto dell'Appennino meridionale approvato a marzo 2016, il sito in corrispondenza della confluenza tra il torrente Acqua del Fico e il torrente del Gelso non risulta interessato da aree a pericolosità e rischio idraulico.
  Ciò premesso, appare utile osservare anche che, dalle verifiche effettuate sulle mappe di pericolosità idraulica del nuovo Piano di assetto idrogeologico (Pai), predisposto nel 2016 ma non ancora vigente in quanto attualmente in fase di consultazione pubblica con gli enti territoriali, il sito in corrispondenza della confluenza tra il torrente Acqua del Fico e il torrente del Gelso risulterebbe interessato da aree a «pericolosità idraulica elevata – aree allagabili con tempo di ritorno di 30 anni».
  Secondo quanto riferito dalla regione Calabria e dall'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale si rappresenta che, nell'ambito della verifica di compatibilità degli interventi in progetto rispetto al vigente regime vincolistico del Piano stralcio per l'Assetto idrogeologico della regione Calabria (Pai) e nel rispetto delle vigenti Norme di attuazione e misure di salvaguardia (Nams) del Pai medesimo, con nota del 20 marzo 2017, la stessa autorità ha espresso parere favorevole in merito alla realizzazione dei lavori previsti dal progetto definitivo «Interventi di prevenzione dei rischi alluvionali finalizzati al ripristino e alla rifunzionalizzazione dell'apparato infrastrutturale danneggiato a servizio delle aziende agricole ricadenti nei comuni di Corigliano Calabro e Rossano».
  Il summenzionato progetto definitivo, redatto dall'azienda Calabria Verde, prevede una serie di interventi lungo alcuni corsi d'acqua dei comuni di Corigliano e Rossano, tra cui anche un tratto del torrente Acqua del Fico in corrispondenza della confluenza con il torrente Grammisata/torrente Porco.
  Con specifico riferimento agli interventi riguardanti il torrente Acqua del Fico previsti dal citato progetto si rappresenta quanto segue.
  Pulizia, di un tratto complessivo compreso tra la sezione 3 e la sezione 6 di lunghezza pari a circa 188 metri, consistente nel taglio, nell'asportazione del materiale vegetale e nello scotico superficiale di circa 20 centimetri. Il volume dello scavo di pulizia è pari a 251,50 metri cubi. Il volume derivante dallo scavo di pulizia verrà trasportato a discarica.
  È opportuno inoltre precisare che gli interventi in progetto lungo alcuni corsi d'acqua dei comuni di Corigliano e Rossano, per come riportato dall'elaborato tecnico Rel.1 «Relazione tecnica generale» del sopraccitato progetto definitivo redatto dall'azienda Calabria Verde, sono stati individuati sulla base di un elenco di priorità predisposto, all'indomani degli eventi alluvionali di agosto 2015.
  In merito al tratto d'alveo (in corrispondenza della confluenza del torrente Gelso con il torrente Acqua del Fico) cui si fa riferimento, perché escluso dai lavori di pulizia, si precisa che il medesimo risulta posto poco più a monte dei sopra menzionati lavori previsti dal progetto di Calabria Verde.
  Ad ogni modo si rappresenta che, in seguito alla segnalazione da parte di un soggetto privato, circa l'esclusione di tale tratto d'alveo dai lavori di pulizia, l'autorità di bacino, con nota 2 agosto 2017, ha suggerito all'ente progettista di verificare la reale necessità di realizzazione dei lavori di pulizia in questo ulteriore tratto ed eventualmente provvedere ad una variante progettuale utilizzando le risorse finanziarie che potrebbero derivare dalle economie dei lavori.

  Da ultimo si segnala che con deliberazione di giunta regionale del 31 luglio 2017 è stato approvato il «Programma di Interventi per la difesa del suolo a valere su risorse Por Calabria Fesr Fse 2014/2020 e delibera di giunta regionale n. 160 del 2016 “Patto per lo sviluppo della regione Calabria”» – delibera Cipe n. 26/2016 «Fsc 2014/2020: Piano per il Mezzogiorno» il quale, tra i lavori da finanziare, comprende anche il progetto «interventi di sistemazione dei bacini Acqua del Fico e Fellino» per un importo di euro 2.708.750,00.
  Della questione sono interessate anche altre amministrazioni, pertanto, qualora dovessero pervenire nuovi e utili elementi informativi si provvederà a fornire un aggiornamento.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero continuerà a tenersi informato e continuerà a svolgere un'attività di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti, anche al fine di valutare eventuali coinvolgimenti di altri soggetti istituzionali.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle prestazioni di servizi, si discute della rilevanza fiscale ai fini Iva delle notule pro forma (cosiddetti preavvisi di parcella o di compenso);

   l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 individua le regole che consentono di stabilire il momento di effettuazione ai fini Iva di una determinata operazione. In particolare, quanto alle prestazioni di servizi, i commi 3 e 4 individuano due differenti momenti cui collegare il sorgere dell'obbligazione tributaria: il primo, di carattere sostanziale, integrato dal pagamento, anche parziale, del compenso pattuito per l'operazione; il secondo, di carattere meramente formale, costituito dall'emissione della fattura, indipendentemente dal pagamento;

   la Corte di cassazione, in aderenza al dettato normativo, ha affermato che «in tema di Iva, la mera emissione di un documento non avente le caratteristiche formali della fattura, ancorché denominato in modo simile (nella specie, una “fattura pro-forma”), non è sufficiente a far sorgere l'obbligazione tributaria, se non si dimostra che sussistevano i presupposti per l'emissione della fattura: i presupposti temporali per l'emissione della fattura sono infatti indicati espressamente dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, e sono collegati al momento in cui l'operazione assoggettabile ad imposta si considera effettuata» (cfr. Corte di cassazione 21 maggio 2008, n. 12913);

   il disposto dell'articolo 21 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 stabilisce che «per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili [...]», ritenendo ugualmente validi i documenti equivalenti alla fattura;

   la norma è di diretta attuazione dell'articolo 219 della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006 che consente agli Stati membri di ritenere ugualmente validi i documenti equivalenti alla fattura;

   in base all'articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, dunque, le operazioni possono essere certificate mediante un documento che assume la forma di «nota, conto, parcella e simili», purché contenga tutti gli elementi propri della fattura;

   in pratica, non è rilevante il nomen quanto piuttosto il contenuto del documento, al fine di valutare se lo stesso contenga o meno gli estremi per essere considerato una fattura Iva;

   diventa allora dirimente capire quando si è in presenza di un documento che, indipendente dalla condizione sostanziale integrata dal pagamento (che impone sempre l'emissione della fattura), possa considerarsi formalmente emessa una vera e propria «fattura» rilevante ai fini Iva –:

   quale sia la rilevanza fiscale ai fini Iva dei preavvisi di parcella e quali requisiti sostanziali debbano avere tali documenti per non essere considerati alla stregua di una fattura.
(4-18767)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede di sapere quale sia la rilevanza ai fini Iva dei cosiddetti preavvisi di parcella e quali requisiti sostanziali debbano avere tali documenti per non essere considerati alla stregua di una fattura.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  Nel sistema dell'IVA è previsto l'obbligo di documentare le prestazioni di servizi mediante l'emissione della fattura che, di solito, avviene, ai sensi dell'articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica, n. 633 del 1972, nel momento dell'incasso del corrispettivo.
  Se anteriormente al verificarsi dell'evento sopraindicato è emessa la fattura, l'operazione si intende effettuata limitatamente all'importo fatturato.
  Posto che la norma comunitaria consente agli Stati membri di ritenere ugualmente validi documenti equivalenti alla fattura, il legislatore nazionale ha previsto – attraverso l'articolo 21, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 – che le operazioni possano essere certificate anche mediante un documento che assuma la forma di nota, conto, parcella e simili, purché contenga tutti gli elementi propri della fattura (cfr. circolare n. 45/E del 2005).
  Al riguardo, il secondo comma del citato articolo 21, elenca gli elementi che la fattura deve obbligatoriamente contenere.
  In particolare, trattasi di una serie di dati necessari ad individuare: i soggetti tra i quali è intercorsa l'operazione da fatturare (partita IVA o codice fiscale del cedente/prestatore e del cessionario/committente); la data di emissione; il numero progressivo; la natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione; il corrispettivo pagato; l'aliquota, l'ammontare dell'imposta e dell'imponibile.
  Ne consegue che, se il prestatore emette, a conclusione della prestazione, un preavviso di fattura (cosiddetta fattura
pro-forma) – privo dei requisiti richiesti dal richiamato articolo 21, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 – lo stesso deve ritenersi estraneo sia al sistema dell'IVA che a quello dell'imposizione diretta, fino a quando la somma richiesta non viene incamerata.
  Tanto premesso, l'Agenzia delle entrate ritiene opportuno ribadire che – in linea con una prassi amministrativa risalente ma ancora attuale (cfr., circolare del 15 gennaio 1973, n. 3; risoluzione del 5 marzo 1973, n. 528348) – il documento emesso prima del pagamento (totale o parziale) del corrispettivo del servizio effettuato, contenente espressioni commerciali comunemente in uso (quali, preavviso di pagamento, fattura pro-forma, preavviso di parcella e simili), essendo privo dei requisiti elencati dal richiamato articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, non possa considerarsi titolo rilevante agli effetti dell'IVA.

Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Luigi Casero.


   POLIDORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 17 luglio 2017, il Frecciarossa 9514, ripartito poco dopo le 10 da Firenze Santa Maria Novella, è rimasto fermo per ben tre ore in galleria nel tratto fra Castello e San Pietro a Sieve a causa di un guasto alla linea elettrica;

   a bordo vi erano centinaia di passeggeri, rimasti al buio, senza aria condizionata e informazioni per un tempo lunghissimo, prima di essere tratti in salvo da un locomotore che ha agganciato il treno e lo ha trainato, a velocità ridotta, indietro, fino alla stazione di Santa Maria Novella;

   le cronache riferiscono di rallentamenti alla circolazione, ma soprattutto di forti disagi, tanta, comprensibile, apprensione e malori tra i passeggeri, alcuni dei quali, durante la lunga «sosta» in galleria sono addirittura scesi dal convoglio per portarsi sui marciapiedi e piazzole di emergenza –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di evitare che tali pericolosi incidenti si ripetano, dal momento che le cronache riportano notizie di frequenti guasti, i quali creano forti disagi e a volte mettono in pericolo l'utenza;

   quali iniziative siano state messe in atto per verificare le attività di manutenzione e la sicurezza della rete ad alto transito di convogli.
(4-17454)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, va premesso che le questioni sollevate fanno riferimento a disservizi verificatisi sul Frecciarossa 9512 che rientra nei collegamenti alta velocità (AV) gestiti in piena autonomia commerciale da Trenitalia.
  Ad ogni modo, al fine di rispondere ai quesiti posti dall'interrogante, si richiama quanto già riferito il 5 dicembre 2017 in occasione dello svolgimento di interrogazioni in IX Commissione Camera.
  L'ART, sentita al riguardo, ha riferito di aver avviato un'attività volta a verificare, da un lato, il rispetto delle disposizioni di cui al regolamento europeo n. 1371/2007 in materia di diritti dei passeggeri nel settore ferroviario, dall'altro la corretta applicazione delle procedure descritte all'interno del vigente prospetto informativo della rete ferroviaria nazionale in merito alle anormalità che hanno causato il fermo treno in linea.
  Per il primo profilo, con riguardo alla mancanza di informazioni, di cui all'articolo 18, paragrafo 1, del citato regolamento, Trenitalia ha rappresentato che le informazioni presso le stazioni in cui il treno sarebbe dovuto arrivare (Bologna centrale e Milano centrale) sono state diffuse dal gestore dell'infrastruttura Rete ferroviaria italiana (RFI) attraverso appositi annunci sonori e tabelloni informativi di stazione. Inoltre, il personale a terra di Trenitalia presso il Frecciadesk, presente nell'atrio della stazione di Bologna, ha fornito ai passeggeri informazioni sull'evolversi della situazione. A bordo del treno n. 9514, fin dalle ore 10:27 sono stati diffusi, tramite l'impianto di sonorizzazione, diversi messaggi con i quali si informava i viaggiatori sull'evolversi della situazione sulla base delle informazioni via via disponibili. Inoltre, il personale di bordo ha provveduto ad aggiornare i passeggeri sulla situazione, percorrendo il treno di vettura in vettura.
  Per ciò che concerne l'assistenza materiale, di cui all'articolo 18, paragrafo 2, lettera a), dello stesso regolamento, Trenitalia ha reso noto di aver distribuito gratuitamente tutti generi di conforto disponibili a bordo treno; medesima assistenza è stata prestata preso le stazioni di Bologna Centrale e Milano Centrale dove sono stati distribuiti ai passeggeri generi di conforto e bevande.
  Per quanto riguarda gli indennizzi dovuti in caso di ritardo ai sensi dell'articolo 17 del predetto regolamento, Trenitalia ha dichiarato di aver messo a disposizione già dalle ore 12:41 del 17 luglio, per i viaggiatori diretti a Bologna e Milano, l'indennizzo del 100 per cento del biglietto, quindi non il 50 per cento come sarebbe previsto dalla normativa europea per ritardi pari o superiori a 120 minuti. Tali indennizzi possono essere richiesti dai passeggeri entro un anno e l'informazione circa la possibilità di richiedere il rimborso integrale è stata fornita a bordo del treno di riserva, una volta partito da Firenze e nelle stazioni di Bologna Centrale e Milano Centrale.
  Con un aggiornamento fornito su richiesta dell'ART il 10 ottobre 2017, Trenitalia ha informato che erano già stati richiesti ed erogati 290 indennizzi.
  In merito poi al secondo profilo – relativo alla corretta applicazione delle procedure descritte all'interno del vigente prospetto informativo della rete ferroviaria nazionale – raccolti gli elementi informativi sull'accaduto, l'ART sta valutando eventuali prescrizioni specifiche da inserire nel prospetto 2019.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI, CAON e MARCOLIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Venezia, i lavori per la realizzazione della circonvallazione lungo la strada provinciale 14, che hanno interessato anche l'ammodernamento della ferrovia Adria-Mestre, intervento indispensabile per bypassare il passaggio a livello di Boion (frazione di Campolongo Maggiore), risultano essere bloccati, da ben diverso tempo;

   i lavori, avviati ormai 2006 a seguito di un accordo di programma tra regione Veneto, provincia di Venezia, Sistemi Territoriali spa e comune di Campolongo Maggiore sono costati fino ad oggi oltre 8 milioni di euro. L'opera servirà a scaricare il traffico pesante di passaggio al di fuori del centro abitato bypassando così il passaggio a livello di Boion che incrocia la Sp 14 stessa;

   il problema però è che le risorse non sono più disponibili. Il comune infatti si trova un'opera ultimata al 90 per cento, ma completamente inutilizzabile per la sua funzione della circonvallazione, in quanto mancano gli ultimi 500 metri;

   alla mancanza di risorse va aggiunto il fatto che la provincia di Venezia ha manifestato la volontà di non entrare in possesso dell'opera;

   per il completamento dell'infrastruttura occorrono, secondo le stime dei tecnici, circa 700 mila euro;

   le risorse sarebbero state di fatto disponibili se non fosse che nel frattempo è arrivato un provvedimento della magistratura che le ha sottoposte a pignoramento;

   di fatto il Governo è da tempo informato della questione in quanto con una missiva del 2 giugno 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, invitava tutti i sindaci italiani a segnalare gli interventi di interesse per la popolazione del comune i cui cantieri erano, a diverso titolo bloccati;

   in tale occasione il comune di Campolongo Maggiore segnalava la necessità del completamento della variante alla strada provinciale 14 Tangenziale di Bojon per cui, la regione, aveva disposto lo stanziamento di un finanziamento pari a 693.121,36 euro;

   il comune faceva inoltre presente alla Presidenza del Consiglio dei ministri che l'intervento risultava bloccato a causa del pignoramento del conto di tesoreria centrale dello Stato n. 23361 «M. Trasporti E. Veneto Dlgs. 422-97»;

   l'unica certezza è che su questa strada si continua a morire. L'ultimo in ordine di tempo è un incidente mortale, accaduto il 12 agosto 2015, dove a farne le spese è stato un giovane di 18 anni centrato in pieno da un camion che non gli ha dato la precedenza, mentre viaggiava a bordo del suo motorino. È inutile sottolineare che la realizzazione della sopra citata circonvallazione garantirebbe una maggiore sicurezza stradale –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano pertanto attivare, al più presto, per lo sblocco delle risorse al fine di consentire il completamento della circonvallazione lungo la strada provinciale 14 nei pressi della frazione di Boion di Campolongo Maggiore ed evitare in tal modo altre inutili morti.
(4-10830)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per i sistemi di trasporto ad impianti fissi e il trasporto pubblico locale di questo Ministero e dal dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La regione del Veneto riferisce che, come è noto, non era stato possibile dare avvio alla procedura per l'affidamento del contratto d'appalto per l'esecuzione dei lavori del tratto mancante della variante alla strada provinciale (SP) n. 14 Liettoli-Campolongo Maggiore-Lova-Circonvallazione di Bojon, in quanto le risorse necessarie non risultavano disponibili. Tali risorse, infatti, messe a disposizione da questo Ministero quali economie dello stanziamento originale assegnato per la realizzazione dei lavori del I stralcio funzionale ammodernamento della linea ferroviaria regionale Adria-Mestre, in base all'accordo (registro n. 5881 del 7 novembre 2014) tra la regione Veneto e questo dicastero, integrativo dell'accordo sottoscritto nel 2002, risultavano bloccate a seguito di notifica di pignoramento con conseguente blocco del conto corrente in cui erano allocate.
  Nel corso dell'estate 2016 si sono finalmente sbloccate le risorse finanziarie per il completamento della variante strada provinciale n. 14 nella frazione di Bojon Del comune di Campolongo Maggiore.

  Con note rispettivamente del 14 luglio 2016 e del 5 luglio 2017 della direzione generale di questo Ministero, citata in premessa, si autorizzava l'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni (I.GE.PA.) al prelevamento dei fondi, per un importo di 1.328.277,15 euro e di 402.658,97 euro, ai fini dell'accredito risorse per il pagamento dell'acconto del 40 per cento (pari a 1.730.936,12 euro) come previsto dall'accordo integrativo 2014.
  Sistemi territoriali ha pertanto provveduto ad avviare le procedure di affidamento pubblicando, in data 8 novembre 2016, il relativo bando di appalto.
  Il bando per l'esecuzione dei lavori e delle forniture relativi agli interventi di ammodernamento della linea ferroviaria Mestre Adria – eliminazione dei punti critici intervento 8.1 – variante strada provinciale 14 circonvallazione di Bojon in comune di Campolongo Maggiore (il cui costo aggiornato, come indicato nel bando di gara, è pari a 917.210,12 euro) è stato svolto con procedura aperta e criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa e indicava come termine per il ricevimento delle domande il 13 dicembre 2016.
  In data 17 luglio 2017 è avvenuta l'aggiudicazione definitiva dei lavori e in data 26 luglio 2017 e stato firmato il verbale di consegna parziale dei lavori in via d'urgenza ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
  Successivamente, in data 13 settembre 2017 è stato sottoscritto il contratto d'appalto relativo ai lavori in oggetto e il 25 settembre è stato firmato il verbale di consegna definitivo.
  Da ultimo, la regione del Veneto riferisce che il tempo di esecuzione contrattuale è fissato in 80 giorni e pertanto che il completamente dell'opera è previsto, salvo imprevisti nella fase di realizzazione, entro il mese di dicembre 2017.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   RIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con decreto ministeriale n. 104 del 10 novembre 20111 istituiva le nuove graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia per il personale amministrativo, tecnico ausiliario;

   ai fini dell'inserimento in graduatoria veniva riconosciuto valido il servizio prestato in scuole statali di ogni ordine e grado, scuole non statali paritarie, in scuole dell'infanzia non statali autorizzate, in scuole parificate, convenzionate, sussidiarie o sussidiate, in scuole di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiate, legalmente riconosciute;

   con decreto ministeriale n. 374 del 2017 del 1° giugno 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha riaperto le graduatorie d'istituto del personale docente ed educativo per l'aggiornamento della seconda e della terza fascia considerando valido, tra gli altri, il servizio svolto presso i centri di formazione professionale limitatamente ai corsi accreditati dalle regioni per garantire l'assolvimento dell'obbligo formativo;

   la legge 28 marzo 2003, n. 53 (delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), ha introdotto un sistema di istruzione e formazione articolato «nella scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale» (articolo 2, comma 1, lettera d));

   i due sistemi che compongono il secondo ciclo di istruzione (quello liceale e quello della formazione professionale) sono distinti, ma funzionalmente integrati, dal momento che: a) entrambi concorrono all'adempimento dell'obbligo di istruzione; b) è possibile transitare dall'uno all'altro; c) da ambedue, con diverse modalità (fissate con legge statale), è consentito l'accesso all'esame di Stato;

   i percorsi IeFP sono realizzati, oltre che dalle strutture formative accreditate dalle regioni, secondo criteri condivisi a livello nazionale, anche dagli istituti professionali (articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87), in regime di sussidiarietà, se previsto dalla programmazione regionale, ai sensi dell'intesa in Conferenza unificata del 16 dicembre 2010 con lo scopo comune di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione attraverso l'acquisizione di crediti scolastici e formativi riconosciuti da entrambi i sistemi;

   sfugge all'interrogante come sia possibile che per il personale docente venga riconosciuto ai fini del punteggio il servizio prestato presso i centri di formazione professionale, mentre al personale amministrativo, tecnico ausiliario venga negato, considerato che anche quest'ultimi svolgono un servizio parificato a quello svolto nelle scuole statali di ogni ordine e grado, in scuole non statali paritarie, in scuole dell'infanzia non statali autorizzate, in scuole parificate, convenzionate, sussidiarie o sussidiate, in scuole di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiate e legalmente riconosciute –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente adottare in merito a quanto esposto in premessa, per porre fine a questa palese discriminazione.
(4-18337)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne il riconoscimento del servizio prestato presso i centri di formazione professionale da parte del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) delle istituzioni scolastiche ai fini del punteggio utile per l'inserimento dello stesso nelle graduatorie di terza fascia.
  L'onorevole interrogante chiede, pertanto, quali iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente adottare per eliminare il differente e, a giudizio dello stesso, discriminatorio trattamento normativo che verrebbe riservato al personale ATA rispetto al personale docente.
  Infatti, la valutazione del servizio nei centri di formazione professionale è riconosciuta ai fini del punteggio nelle graduatorie d'istituto del personale docente di seconda e terza fascia, considerato anche che tale servizio – prestato dai docenti – viene equiparato a quello svolto nelle scuole di ogni ordine e grado sia statali che paritarie. Analoga valutazione non è, invece, prevista in favore del personale ATA.
  Al riguardo, si rappresenta che tale riconoscimento potrà essere preso in considerazione soltanto con una futura modifica del regolamento sulle supplenze ATA di cui al decreto ministeriale 13 dicembre 2000, n. 430.

La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Valeria Fedeli.


   RICCIATTI, FRATOIANNI, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, AIRAUDO, PLACIDO, FOLINO, MELILLA e GREGORI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   gli eventi sismici che hanno interessato il Centro Italia a partire dal 24 agosto 2016, oltre ad aver provocato numerosi danni ad un elevato numero di abitazioni ed edifici pubblici, sono stati causa di diversi crolli e lesioni, spesso significativi, di beni immobili facenti parte del patrimonio artistico e culturale italiano. Patrimonio di cui Marche, Umbria e Lazio sono particolarmente ricchi, con edifici di pregio presenti anche in piccoli comuni e borghi;

   l'unità di crisi nazionale e quelle regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si sono prontamente attivate per verificare e cercare di mettere in sicurezza, insieme ai vigili del fuoco e con la collaborazione del personale della Protezione civile e dei carabinieri del comando tutela patrimonio culturale, numerose opere e arredi liturgici conservati in diverse chiese dei territori più colpiti dal sisma, come nei casi della Pieve di Santa Maria Assunta di Ussita (Macerata) e della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Folignano (Ascoli Piceno);

   la prima firmataria del presente atto ha visitato diversi comuni e frazioni situati nelle zone colpite dal sisma, in particolare nelle province di Fermo e Macerata, tra i quali Camerino, Caldarola e Visso, dove ha potuto constatare personalmente la gravità della situazione;

   dai sopralluoghi effettuati è emerso come dopo le prime scosse di terremoto, anche di intensità considerevole, non siano state predisposte misure tecniche con finalità di salvaguardia come i puntellamenti di tali strutture (per citare solo alcuni esempi nel comune di Caldarola: il Santuario di Madonna del Monte, il monastero delle Canonichesse regolari lateranensi, la chiesa dei Santi Gregorio e Valentino, visitati in data 13 novembre 2016) –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi in merito alla portata dei danni al patrimonio culturale nei territori colpiti dal terremoto e se sia stata effettuata una mappatura completa degli edifici distrutti e danneggiati;

   per quali ragioni non siano stati effettuati i puntellamenti delle strutture messe già a rischio dopo i primi eventi sismici del 24 agosto 2016;

   se l'assenza di tali misure sia stata determinata da scelte tecniche consapevoli o piuttosto dalla carenza di personale a disposizione o da ragioni di bilancio.
(4-14793)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, con riferimento agli eventi sismici che hanno interessato il centro Italia a partire dal 24 agosto 2016 e che hanno danneggiato non solo abitazioni private o edifici pubblici, ma anche di beni immobili facenti parte del patrimonio artistico e culturale italiano, chiede di conoscere la portata di tali danni, oltreché di sapere se sia stata effettuata una mappatura degli edifici coinvolti, e per quali ragioni non siano state effettuati i puntellamenti delle strutture già a rischio.
  Il segretariato generale e la competente direzione generale archeologia belle arti e paesaggio – servizio III del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, hanno comunicato quanto segue, fornendo dati aggiornati al 31 luglio 2017.
  Gli interventi sul patrimonio culturale nella fase emergenziale, per salvaguardare tale patrimonio all'indomani degli eventi sismici, regolati dalla direttiva del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 23 aprile 2015, relativa alle «Procedure per la gestione delle attività di messa in sicurezza e salvaguardia del patrimonio culturale in caso di emergenze derivanti da calamità naturali», sarebbero stati attivati, dal punto di vista procedurale, tempestivamente e senza discontinuità dalle autorità competenti in coordinamento con il sistema nazionale di protezione civile, effettuando, altresì, immediatamente sopralluoghi nei vari comuni colpiti, evidenziando, però, che tali operazioni richiedono, poi, fattivamente tempi di attuazione non proprio immediati e che in generale possono stimarsi solo sommariamente, in quanto dipendono dalle condizioni di ogni singolo immobile e dalle condizioni di sicurezza in cui lo stesso effettivamente verte.
  Infatti, l'intervento di puntellamento delle strutture danneggiate, a cui faceva riferimento l'interrogante, che rientra tra quelli propri della messa in sicurezza del patrimonio culturale immobile, necessita per la sua attuazione di una serie ulteriore di attività preliminari, quali, la messa a punto di rilievi tecnici da parte di personale specializzato dei vigili del fuoco e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; la messa in sicurezza dell'eventuale patrimonio culturale contenuto all'interno dell'immobile danneggiato; l'elaborazione in via preliminare di un piano strategico d'intervento, valutando le effettive condizioni di accesso e di accostabilità all'immobile, al fine di vagliare la fattibilità reale dell'intervento e garantire, di conseguenza, le condizioni di sicurezza minimali agli operatori chiamati ad intervenire; nonché, l'acquisto di tutte le componenti necessarie e delle attrezzature indispensabili all'attuazione dell'intervento di presidio.
  Nonostante la non immediatezza degli interventi, come suddetto, dovuta a contingenze tecniche necessarie, in data 31 luglio 2017, secondo il segretariato generale, al fine di valutare l'estensione e la tipologia di danno, risultavano effettuati 6101 rilievi speditivi e di secondo livello, dei quali circa 1000 reiterati più di una volta, per valutare gli aggravamenti causati dal susseguirsi degli eventi sismici di intensità significativa nelle medesime aree. Tale obiettivo ha previsto un rilievo speditivo anche finalizzato alla identificazione delle priorità e delle effettive condizioni di accessibilità dei luoghi e, successivamente, gli approfondimenti necessari alla realizzazione delle opere provvisionali e, più in generale, degli interventi necessari per evitare, o limitare, ulteriori danni alle strutture, nonché aggravamenti di danni al patrimonio culturale in esse contenuto.
  Con specifico riferimento ai chiarimenti richiesti nella presente interrogazione, in seguito ai numerosi rilievi effettuati tra il 2016 e il 2017, la stima dei danni al patrimonio culturale nelle quattro regioni colpite, ovvero, Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria, se dalle prime stime, nell'autunno 2016, ammontava approssimativamente a 3400 immobili di interesse culturale, nell'ultima stima fornita dal segretariato generale, nel luglio del 2017, gli immobili danneggiati risultavano essere 4821, incremento dovuto non all'incuria degli operatori nello svolgere gli interventi, ma al costante sciame sismico che ha continuato ad imperversare nell'area indicata senza soluzione di continuità.
  Dal punto di vista tecnico, pertanto, gli interventi finora effettuati sono stati fortemente condizionati dalla necessità di operare su strutture le cui risorse, sia in termini di capacità che di deformabilità, sono state fortemente compromesse. A ciò si aggiunga la tipologia degli immobili di competenza di questo Ministero, beni in muratura sovente architettonicamente complessi, il cui peculiare regime giuridico ha comportato la necessità di tutelare sotto il profilo architettonico ciò che non era stato distrutto come pure il recupero al loro interno delle macerie, dei beni mobili e delle superfici decorate con una cantierizzazione ancor più delicata e limitata; fattori questi, che hanno richiesto interventi anche di messa in sicurezza di maggiore complessità che ne giustificano le lunghe tempistiche.
  In particolare, alla data del 26 ottobre 2016, le segnalazioni di danni su beni culturali erano state circa 2400, i sopralluoghi speditivi e di seconda fase dei tecnici delle Unità di crisi coordinamento regionale-Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ammontavano a 1562 di cui 912 di seconda fase, condotte da squadre miste coadiuvate da tecnici esterni e con conseguente valutazione dell'agibilità. La partecipazione a sopralluoghi con gruppi tecnici di supporto alle autorità locali sono state circa 330.
  Dopo il 30 ottobre 2016 l'attività di rilevamento è proseguita con n. 461 rilievi di primo livello e n. 3678 rilievi di secondo livello, spesso reiterati sullo stesso monumento a causa dei sopravvenuti nuovi eventi sismici. Tali nuovi eventi hanno notevolmente amplificato l'esigenza di gruppi tecnici di supporto che sono stati 2021.
  L'attività relativa agli interventi di messa in sicurezza del patrimonio immobiliare culturale, attuata in sinergia con il corpo nazionale dei vigili del fuoco sia dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che dai comuni, ha riguardato, sino a luglio 2017, circa 950 edifici ed è stata finalizzata alla messa in opera di presidi che potessero fornire alle strutture danneggiate, una risorsa aggiuntiva nei confronti di meccanismi di rottura, già attivati o in fase di attivazione.
  In tale contesto, il segretariato generale e la competente direzione generale archeologia belle arti e paesaggio, hanno puntualizzato che l'attività dei tecnici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stata finalizzata alla valutazione dei danni subiti dagli edifici tutelati e dei conseguenti interventi di messa in sicurezza necessari sia agli edifici stessi sia alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico, archeologico, audio-visivo, archivistico e librario in essi contenuto; l'attività di messa in sicurezza, ad oggi, ha interessato circa 17000 beni culturali mobili storico-artistici e archeologici, e 9743 volumi di beni librari e 4513 metri lineari di beni archivistici prevalentemente ricoverati presso l'archivio di Stato di Rieti e di Spoleto.
  L'attività relativa agli interventi di messa in sicurezza del patrimonio culturale mobile è stata attuata, come accennato, in sinergia con il corpo nazionale dei vigili del fuoco, i carabinieri del comando tutela patrimonio culturale (Tpc), il corpo forestale dello Stato e l'esercito, avvalendosi anche del supporto dei volontari, attivati per il tramite del dipartimento della protezione civile nazionale. Tale attività ha previsto sia la messa in opera
in situ di presidi (prevalentemente teli di PVC) a protezione dei beni da agenti esterni dannosi, sia lo spostamento in depositi temporanei.
  Molto significativa ed impegnativa in ordine alle risorse umane impiegate è stata, inoltre, l'attività di selezione e recupero delle macerie derivanti dai crolli di strutture a causa del sisma. In stretta collaborazione con l'istituto superiore di conservazione e restauro, la direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, ha redatto e diramato le «Procedure per la rimozione e il recupero delle macerie di beni tutelati e di edilizia storica», con la finalità di rendere più efficienti le operazioni di rimozione, nonché più affidabili i successivi interventi di recupero, anche in vista del successivo ricollocamento dei materiali.
  Relativamente alla fase di ricostruzione, invece, oltre al completo coinvolgimento delle strutture centrali e periferiche del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per assicurare il buon andamento e la necessaria unitarietà della gestione degli interventi operativi di messa in sicurezza del patrimonio culturale, delle azioni di recupero e ricostruzione dei beni culturali nei territori colpiti dal sisma delle regioni di Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria, è stato costituito, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo n. 483 del 24 ottobre 2016 di «Riorganizzazione temporanea degli Uffici periferici del Ministero nelle aree colpite dall'evento sismico del 24 agosto 2016, ai sensi dell'articolo 54, comma 2-
bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e successive modificazioni e integrazioni», l'ufficio del soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016. Esso costituisce un'articolazione della direzione generale archeologia belle arti e paesaggio, di livello non generale, e rappresenta l'interlocutore di riferimento per tutti i soggetti coinvolti nella fase di ricostruzione post-sisma; l'ufficio dialoga, in particolare, con la struttura del commissario straordinario di Governo per il coordinamento e la continuità delle azioni del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  Infine, dalla raccolta dei dati provenienti dalle attività di rilevamento del danno, in un sistema informativo (SECUR ART), si è ottenuta, oltre che la mappatura dei beni danneggiati, anche il dato quantitativo e la stima economica dei danni causati dal sisma; e dall'analisi delle diverse tipologie di danno rilevate ha preso avvio la programmazione degli interventi.
  In tale fase di pianificazione, in ossequio alla già richiamata direttiva del Ministro del 23 aprile 2015 nella quale, in presenza di un intervento di messa in sicurezza dall'importo elevato, viene ritenuto opportuno valutare «la possibilità di procedere direttamente al progetto di restauro, ricostruzione o consolidamento in modo tale che esso possa costituire lavorazione propedeutica ovvero un primo passo del più definitivo intervento» (direttiva 2.4), si è data priorità a interventi di importo contenuto.
  Per tale ragione, onde far partire con speditezza i lavori di recupero dei beni culturali è stato messo a punto un piano stralcio di messa in sicurezza, con interventi definitivi (privi cioè di opere provvisionali) che consentissero l'immediata riapertura al pubblico di chiese in possesso di requisiti specifici (danni limitati, aperte al culto alla data del 24 agosto 2016 e indispensabili per riattivare le funzioni di culto nell'ambito della comunità di riferimento).
  Tali interventi saranno ricompresi in una specifica ordinanza del commissario di Governo e comporteranno l'assegnazione delle risorse direttamente ai proprietari, ferma restando in capo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la direzione scientifica. Un secondo gruppo di interventi riguarda, invece, la messa in sicurezza di 187 beni culturali immobili, 45 dei quali già ultimati.
  Tra di essi alcuni sono in corso di esecuzione, altri in corso di progettazione, altri ancora attendono di essere avviati. Un congruo numero tra i suddetti lavori verrà ultimato entro la fine del 2017.
  Ed ancora, si evidenzia che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha aperto sin dai primi di novembre 2016 una raccolta fondi destinata agli interventi di restauro per i danni provocati dal sisma del centro Italia del 2016 tramite il portale denominato
Art bonus (l'istituto normativo che, come noto, prevede un credito d'imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno del patrimonio culturale). Il portale offre un riferimento istituzionale per le erogazioni liberali, evitando che l'interesse si limiti ai monumenti più rappresentativi e quindi noti.
  Il decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, rubricato «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016», ha esteso l’Art bonus alle donazioni a favore del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per interventi di manutenzione, protezione e restauro anche di beni culturali di interesse religioso (di enti e istituzioni della chiesa cattolica o di altre professioni) presenti nei comuni interessati dagli eventi sismici. La raccolta fondi è stata rivolta ai beni di elevato valore culturale individuati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e a quelli ritenuti prioritari dagli enti religiosi, anche per le esigenze di culto. Le erogazioni liberali ricevute verranno quindi utilizzate per i suddetti interventi secondo le priorità indicate dagli uffici competenti e gli utilizzi verranno rendicontati così come previsto dalla norma.
  Infine, l'ufficio del sovrintendente in questi mesi ha ultimato la programmazione degli interventi di recupero dei beni ecclesiastici di costo non superiore ai 300.000 euro, eseguibili direttamente dalle diocesi, che è stata approvata e finanziata dal commissario straordinario per la ricostruzione, attraverso due ordinanze, ovvero, l'ordinanza n. 23 del 5 maggio 2017 per complessivi 14.358.500 euro per 69 interventi e l'ordinanza n. 32 del 21 giugno 2017 per complessivi 29.152.500 euro per 111 interventi.
  Il lavoro del soprintendente speciale ha, inoltre, prodotto la programmazione e l'avvio dell'attuazione del primo piano stralcio di interventi sui beni culturali, approvato nella cabina di regia per la ricostruzione del 10 agosto 2017; piano che ha previsto lo stanziamento di 170 milioni di euro per 103 interventi, che includono i monumenti più significativi e anche i più danneggiati dal sisma.
  Quanto sopra esposto, oltre a far risaltare la complessità della situazione determinatasi a partire dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, mette anche in evidenza il considerevole impegno posto in essere da codesta amministrazione e dalle sue varie articolazioni, in collaborazione con vigili del fuoco e protezione civile, per la messa in sicurezza e il recupero del recupero dell'importante patrimonio culturale dei territori in questione, operando fin da subito, con la massima accuratezza e perizia tecnica per interventi di tale delicatezza, considerata la rilevanza che tali beni possiedono sia in termini assoluti che per la specifica identità dei luoghi interessati.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   RICCIATTI, QUARANTA, COSTANTINO, FAVA, NICCHI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, DURANTI, MELILLA e PIRAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 dicembre 2016 la testata AnconaToday.it ha riportato la notizia di un importante sequestro di beni, del valore di 1,5 milioni di euro, appartenenti ad un affiliato di spicco alla `Ndrangheta;

   l'operazione, denominata «Goldwing», è stata condotta dal gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza di Ancona e dal nucleo della polizia tributaria di Perugia;

   il soggetto in questione, nato e residente ad Ancona, sarebbe stato, secondo quanto riporta l'articolo richiamato, il referente per Ancona e le Marche delle più importanti cosche calabresi;

   l'ingente quantità di beni, posti sotto sequestro, sarebbero il frutto di una intensa attività di traffico internazionale di cocaina, che ha consentito l'acquisto di immobili siti ad Ancona ed in Bulgaria, e di beni mobili di varia natura;

   l'episodio è l'ennesimo che racconta una significativa penetrazione di organizzazioni criminali di stampo mafioso nelle Marche;

   nonostante i numerosi atti di sindacato ispettivo depositati dall'interrogante per chiedere al titolare del Dicastero dell'interno pro tempore chiarimenti sull'entità di tale fenomeno, non vi sono state risposte –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire elementi in merito alla portata del fenomeno delle infiltrazioni di organizzazioni criminali di stampo mafioso nelle Marche;

   se non intenda fornire elementi in ordine alle misure di contrasto a tale fenomeno, adottate o che si intendano adottare.
(4-15105)


   RICCIATTI, COSTANTINO, FAVA, QUARANTA, NICCHI, PIRAS, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, FOLINO, KRONBICHLER e FERRARA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della cerimonia per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017, presso la corte d'appello di Ancona, il procuratore generale della Repubblica facente funzione Filippo Gebbia ha sollevato, ancora una volta, l'allarme sulle infiltrazioni mafiose nella regione Marche;

   il procuratore generale facente funzione ha sottolineato in particolare come la presenza della ‘Ndrangheta nel tessuto economico delle Marche sia «sempre più massiccia ed incisiva, sia quantitativamente che qualitativamente e sotto forma dell'acquisizione in modo diretto, o indiretto, della gestione e del controllo di attività economiche a fini di riciclaggio» (Il Resto del Carlino, 28 gennaio 2017);

   nel corso del suo intervento, il procuratore generale facente funzione ha inoltre chiarito come l'omessa segnalazione di reati di stampo mafioso non sia un indice che possa tranquillizzare sulla diffusione del fenomeno, in quanto sussisterebbe «sia per l'intrinseca difficoltà di rilevazione delle infiltrazioni mafiose, al di fuori degli insediamenti territoriali, sia per il fatto che sono comunque presenti sul territorio pregiudicati e condannati in via definitiva per il 416-bis c.p. o comunque personaggi legati per parentela e biografia alle associazioni di tipo mafioso»;

   la procura generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Ancona ha, nel corso degli ultimi anni, in occasioni istituzionali o comunque di rilievo pubblico, sollevato più volte tale allarme. Allarme autorevolmente supportato dalla relazione 2015 della Direzione nazionale antimafia, che è stata esplicita nel fotografare i rilievi del fenomeno infiltrazioni mafiose nelle Marche;

   con altrettanta perseveranza, l'interrogante ha più volte sottoposto all'attenzione del titolare del dicastero dell'interno tali evidenze, chiedendo chiarimenti sull'azione di contrasto del Governo rispetto a tale fenomeno;

   ad oggi nessun riscontro a quelle richieste e segnalazioni e pervenuta dal Ministro interrogato –:

   se, anche alla luce degli ultimi ed ulteriori richiami del procuratore generale della Repubblica facente funzione presso la corte di appello di Ancona sui rischi del fenomeno infiltrazioni mafiose nel tessuto economico delle Marche, il Ministro interrogato non intenda fornire chiarimenti circa l'operato del Governo, per quanto di competenza, in tale delicato ambito.
(4-15404)

  Risposta. — In linea generale, sebbene non si registrino nella regione Marche radicamenti della criminalità organizzata di tipo mafioso, si segnalano, tuttavia, presenze qualificate di esponenti di consorterie pugliesi (clan baresi e della sacra corona unita brindisina), campane (clan napoletani e dei casalesi), calabresi (cosche reggine e cosentine e crotonesi) e siciliane (cosa nostra catanese, messinese, ennese e della stidda gelese), attratte dalle peculiarità socioeconomiche della zona, che offre diverse opportunità di inserimento nei circuiti produttivi legali (specialmente investimenti imprenditoriali ed immobiliari) ove dissimulare anche patrimoni illegali.
  Gli interessi illeciti sono principalmente collegati al narcotraffico, all'usura, al riciclaggio, al controllo dei locali notturni e delle bische clandestine. Sono anche presenti epigoni della tradizionale criminalità sarda, ora dedita a reati contro il patrimonio e la regione, all'occorrenza, è anche base logistica per rifugio di latitanti.
  A fronte dello scenario appena delineato, si assicura che vi è un livello di attenzione particolarmente alto da parte di tutte le forze dell'ordine, per prevenire ogni eventuale tentativo di infiltrazione delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
  Parallelamente, non va sottaciuto il fenomeno del «pendolarismo criminale», appannaggio soprattutto delle consorterie criminali provenienti dalla Puglia e dalla Campania, dedite essenzialmente alla commissione di reati predatori.
  In particolare, il territorio della provincia di Ancona, sebbene sostanzialmente esente dal radicamento di fenomeni di criminalità organizzata mafiosa, registra la presenza di soggetti collegati alle mafie del sud Italia, particolarmente interessati a infiltrarsi nel tessuto economico-imprenditoriale, il cui dinamismo favorisce il reimpiego di capitali illeciti nella costituzione di imprese e negli investimenti immobiliari.
  Al riguardo, va anche ricordato che la provincia è interessata dalla realizzazione di «grandi opere», tra cui la Quadrilatero Marche Umbria e la costruzione della terza corsia dell'autostrada A-14, sulle quali vi è un attento monitoraggio finalizzato a evitare che gli appalti siano oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa.
  A ogni modo, la presenza di un porto di una certa importanza, anche come scalo commerciale, rende la provincia punto nevralgico di riferimento per le organizzazioni criminali nazionali e straniere coinvolte in traffici illeciti originati principalmente dai porti albanesi, greci e turchi, facendo registrare diverse delittuosità: dall'immigrazione clandestina, al traffico di stupefacenti, al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, al traffico di merci contraffatte provenienti dalla Cina.
  La provincia di Ascoli Piceno e la provincia di Fermo, anch'esse esenti dal radicamento di fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso, censiscono, allo stesso modo di quella anconetana, singole presenze mafiose collegate alle cosche campane, pugliesi e siciliane che, tuttavia, tentano di integrarsi nel contesto economico con attività imprenditoriali e commerciali di copertura, specialmente nella zona di Porto Sant'Elpidio e nell'area costiera tra San Benedetto del Tronto e Civitanova Marche.
  La provincia di Macerata presenta un tessuto economico, sano e a spiccata vocazione turistica, tale da non aver consentito, sinora, infiltrazioni mafiose di strutture organizzate che ricalcano quelle delle «case madri», capaci di controllare il territorio e di condizionare anche gli apparati amministrativi.
  Ciò non toglie che vi risiedano elementi di origine siciliana, calabrese, campana, pugliese e sarda, potenziali punti di riferimento per le organizzazioni di appartenenza, talora saldati con pregiudicati locali di spicco per traffici di droga, pratiche usurarie, piccole estorsioni.
  Il questore di Macerata – sentito in ordine alle lamentate problematiche di infiltrazione del crimine organizzato nel tessuto socio-economico della provincia, con particolare riguardo al tratto costiero circostante Civitanova Marche – ha confermato che non vi sono evidenze accertate circa la presenza nel territorio di un vero e proprio sodalizio criminale caratterizzato dai tipici connotati enunciati nella definizione di cui all'articolo 416-
bis del codice penale.
  Più in particolare, non si rilevano azioni estorsive eclatanti tali da essere inquadrate entro i tratti tipici del racket in danno di medie e piccole imprese o esercizi commerciali e artigianali, che costituiscono il tessuto connettivo dell'economia locale. Tale conclusione trova conforto nella costante azione investigativa esercitata dalla locale squadra mobile che, soprattutto in collaborazione con quella di Ancona, nel corso degli anni è riuscita – disarticolandole sul nascere – a sgominare pericolose consorterie criminali costituite da elementi di origini siciliane e calabresi, i quali stavano tentando di riorganizzarsi, contando sull'appoggio dei relativi clan di riferimento, supportati da elementi di spicco della malavita locale.
  Piuttosto si evidenzia che, negli ultimi tempi, si è assistito alla proliferazione di gruppi criminali stranieri che si sono imposti sulla scena delinquenziale della provincia manifestandosi, peraltro, attraverso sodalizi privi di una solida connotazione di tipo associativo, ma caratterizzati per lo più da legami etnici, oltre che dal collante rappresentato dai comuni interessi criminali.
  La provincia di Pesaro-Urbino, nonostante la solida economia, non annovera forme organizzate di tipo mafioso, se non a livello di presenza di singoli soggetti di origine siciliana, calabrese, campana, pugliese e sarda, ivi residenti, che al momento non paiono infiltrarsi con sistematicità in apparati produttivi e amministrativi locali. Comunque, in alcuni comuni, imprese edili sono nella disponibilità di soggetti legati alla ’ndrangheta reggina, mentre soggetti collegati alla camorra risultano inseriti nello smaltimento dei rifiuti o nella gestione di locali notturni.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   RICCIATTI, FOLINO, MOGNATO, SCOTTO, MELILLA, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, DURANTI e SANNICANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta agli interroganti, nella programmazione dei voli Alitalia, a partire dal mese di novembre 2017, non compaiono più i collegamenti tra la città di Roma e Ancona;

   la compagnia aerea ha confermato la soppressione di tale tratta;

   tale indirizzo da parte di Alitalia, considerato che la tratta genera un fatturato di 800 milioni di euro, rappresenta un duro colpo per Aerdorica s.p.a. – aeroporto delle Marche –:

   quali iniziative urgenti s'intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire la continuità e l'efficacia del trasporto aereo tra la città di Ancona e la città di Roma, anche a tutela di un territorio, come quello delle Marche, che proprio in virtù dei recenti eventi sismici, ha estremo bisogno di garanzie in termini di collegamenti.
(4-17830)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alla decisione di Alitalia di sopprimere i collegamenti aerei Roma-Ancona, si rappresenta che nell'ambito del processo di liberalizzazione del trasporto aereo i vettori titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata da uno Stato membro dell'unione europea hanno la possibilità di scegliere le rotte sulle quali operare, oltre che di fissare le tariffe aeree per il trasporto passeggeri e merci, così come stabilito nel regolamento n. 1008/2008 del 24 settembre 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme comuni per le prestazioni di servizi aerei nella comunità.
  L'opportunità di istituire o eliminare collegamenti aerei all'interno del territorio europeo e lasciata alle logiche imprenditoriali e di mercato e si inquadra in una dimensione concorrenziale che, come tale, non consente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di intervenire sulle scelte operate dalle imprese che, pertanto, possono decidere di non mantenere un collegamento se lo ritengono commercialmente non remunerativo.
  L'unica deroga ammessa al principio di liberalizzazione — così come previsto e disciplinato dal Reg. CE 1008/2008 — è rappresentata dalla procedura mediante la quale uno Stato membro dell'Unione europea può imporre oneri di servizio pubblico (OSP) su determinate rotte: tale deroga si concretizza, come è noto, nella possibilità riconosciuta allo Stato membro di imporre che su determinate rotte siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione e capacità minima, cui i vettori non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale; perché si prefiguri tale possibilità occorre, peraltro, che ricorrano i presupposti indicati dall'articolo 16 del regolamento in parola.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   agli interroganti pervengono spesso espressioni di malessere da parte di militari della Guardia costiera, in quanto trasferiti dopo diversi anni che si sono stabiliti in una determinata sede o anche a pochi anni dalla pensione. Ciò comporta inoltre una importante spesa per le indennità di trasferimento, che a volte appaiono ingiustificate, creando al contempo forte disagio per i militari con conseguente riflesso sul rendimento in servizio;

   il personale della Guardia costiera, composto all'incirca da soli 11.000 uomini, svolge e assicura l'importante attività di soccorso e l'attività di polizia marittima e di sicurezza della navigazione, oltre che di polizia ambientale e del controllo su tutta la filiera della pesca;

   nonostante il personale risulti sottoorganico, la Guardia costiera italiana rappresenta un'eccellenza italiana nel mondo proprio per le grandi capacità organizzative nelle attività di «Search and Rescue» (SAR) che ha saputo dimostrare di avere negli ultimi anni in cui si è affrontata l'emergenza migranti;

   il Comando generale ha provveduto a stilare un regolamento cosiddetto «PERS 1» che tende a movimentare il personale anche quando non sussistono cause di incompatibilità «ambientale», quando nessuno esprime richiesta di trasferimento ad altra destinazione o quando quella destinazione non è oggetto di richiesta di trasferimenti da parte di nessun militare;

   ciò provoca tensioni e malessere tra il personale coinvolto che potrebbe ambire a rimanere nella stessa destinazione a prescindere dai periodi di permanenza (5 anni per gli uffici locali, 15 anni per gli uffici circondariali marittimi o per particolari comandi, come nella Campania o Puglia);

   altri ordinamenti militari utilizzano graduatorie basate su criteri di meritocrazia e di anzianità del personale che aspira ad essere trasferito, metodologia che potrebbe mitigare il malumore che sorgerebbe per chi, invece, è costretto a dover cambiare sede di servizio a causa dell'applicazione in maniera insindacabile del regolamento «Pers 1» –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere nei confronti del personale della Guardia costiera per limitare al minimo i trasferimenti d'autorità, con conseguente risparmio di spesa per il dicastero delle infrastrutture e dei trasporti approntando le dovute modifiche alla circolare «PERS 1»;

   se si intenda provvedere ad applicare metodologie di utilizzo di apposite graduatorie stilate in base ai meriti e alle anzianità per chi aspira ad essere trasferito nelle sedi richieste favorendo anche le necessità di copertura delle vacanze organiche dell'amministrazione;

   quale sia il numero di appartenenti alla Guardia costiera che è stato trasferito d'ufficio e a quanto ammonti la spesa annuale per tali trasferimenti, divisa per ruoli ufficiali, marescialli, sergenti e graduati negli anni 2015, 2016 e del 2017;

   quali siano i risultati ottenuti attraverso l'utilizzo dell'istituto dell'avvicendamento reciproco.
(4-17834)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni acquisite presso il comando generale del corpo delle capitanerie di porto, interessato al riguardo.
  L'impianto normativo in materia di trasferimenti d'autorità del personale militare fa capo al decreto legislativo n. 66 del 2010 «Codice dell'Ordinamento militare» ed al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 «Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare»
.
  Lerichiamate fonti normative ed in particolare l'articolo 621, comma 5 del succitato disegno legislativo n. 66 del 2010, vincolano il militare a sottoporsi ai doveri ed agli obblighi imposti dalla disciplina militare, intesa quale «osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato militare in relazione ai compili istituzionali delle Forze Armate e alle esigenze che ne derivano» ai sensi dell'articolo 1346 comma 1, dunque, a specifici doveri e responsabilità, ma anche a limitazioni nell'esercizio di taluni diritti costituzionalmente garantiti.
  Ciò posto il suddetto comando ha evidenziato che nel novero degli obblighi giuridici derivanti dal predetto status di militare, si colloca l'esecuzione di ordini, ivi inclusi quelli di trasferimento, ontologicamente preordinati a soddisfare specifiche esigenze di funzionalità degli uffici, cui strettamente si correla la mobilità del personale militare, attuata in relazione al grado, alla specialità ed alle abilitazioni possedute.
  In tal senso si richiama a titolo esemplificativo per un primo verso, la pronuncia n. 763/2015 del C.A.R. Ancona, secondo la quale «lo status di militare (...) presuppone l'accettazione della mobilità quale ordinario mezzo di soddisfacimento delle esigenze istituzionali dell'amministrazione». Per altro verso, consolidato l'orientamento giurisprudenziale dell'adunanza plenaria che annovera il provvedimento di trasferimento nel genus degli ordini militari, in quanto tale avulso dall'alveo giuridico proprio del provvedimento amministrativo e parzialmente sottratto dall'ambito di applicazione della legge n. 241 del 1990. nonché ampiamente discrezionale, benché rispettoso del principio di legalità previsto dall'articolo 97 della Costituzione.
  Lo stesso Consiglio di Stato (cfr. Sezione IV, n. 664 del 2013) ha stabilito che il soggetto che riveste lo
status di militare, non vanta, di norma, «un interesse particolarmente tutelato alla sede di servizio; sicché, ove non vi siano, a monte del trasferimento, ragioni discriminatorie o vessatorie data l'ampia discrezionalità dell'Amministrazione, prevale l'interesse pubblico che presiede ai provvedimenti di utilizzazione del personale nell'organizzazione delle particolari strutture logistiche operative e di comando che caratterizzano il complesso funzionamento delle Forze Armate e di Polizia».
  Dal predetto quadro normativo discende che il personale militare del corpo delle Capitanerie di porto, appartenendo ad un'Amministrazione dello Stato ad ordinamento militare, segue una disciplina in termini di mobilità diversa rispetto a quella di altri pubblici dipendenti.
  Fatta questa necessaria premessa, ed analizzando i principi interni che regolano la mobilità del personale del Corpo, il comando generale ha emanato la circolare PERS.01, la quale, nel rispetto dei richiamati principi di diritto, tende a contemperare le esigenze primarie dell'Amministrazione con quelle dei proprio personale militare.
  Dunque, i criteri dell'incompatibilità ambientale o della volontà del militare valutata, sia in positivo (richiesta di trasferimento verso una destinazione gradita) sia in negativo (volontà di non essere trasferito in una destinazione non gradita) richiamati nell'atto parlamentare
de quo, mal si coniugano con la complessa organizzazione dello strumento militare e di sicurezza nazionale di cui fa parte la Guardia costiera.
  L'operatività di questi criteri non garantirebbe, infatti, la presenza capillare del personale del Corpo sul territorio nazionale discapito della funzionalità degli uffici localizzati in sedi poco ambite, della partecipazione del Corpo delle operazioni internazionali e della pronta ed efficace movimentazione della flotta aeronavale nelle aree di crisi o e di emergenza.
  Le attività di competenza del Corpo, quali quella del SAR (
Search And Rescue) così come quelle di polizia marittima, sicurezza della navigazione, polizia ambientale, prevenzione e controllo della filiera ittica, amministrazione della navigazione da diporto, polizia giudiziaria, tutela dell'ambiente marino, monitoraggio e controllo costante del traffico marittimo, riguardano una vasta area costiera e marina che si estende ben oltre le 12 miglia nautiche del mare territoriale.
  Per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali il Corpo avvale di una organizzazione territoriale capillare che si struttura in 277 comandi periferici ed in una componente aeronavale composta da circa 600 mezzi e 19 mezzi aerei tra unita ad ala fissa e rotante. Per alimentare i comandi territoriali e gli equipaggi della componente aeronavale, il Corpo dispone di circa 10.600 unità.
  Pertanto, la complessità degli ambienti di lavoro (navi, aerei, comandi territoriali), che impone un'alta specializzazione ed abilitazioni specifiche, così come le difficoltà insite negli impieghi operativi sommariamente richiamati, sono fattori che rendono necessaria un'adeguata turnazione del personale.
  A titolo esemplificativo, il comando generale del corpo delle Capitanerie di porto fa notare che una delle unità di supporto multiruolo classe DATTILO, la CP940, la quale costituisce l'unità navale più grande di cui dispone il Corpo, impegnata nelle attività di VFM (vigilanza flussi migratori), il cui equipaggio consta di 52 posizioni tabellari suddiviso in diverse componenti (coperta, macchina, energia ed impianti, logistica sanitaria, radarista, TLC, armi) all'interno delle quali è possibile impiegare solo personale specializzato e munito di particolari abilitazioni.
  Pertanto, essendo l'attività svolta particolarmente usurarne specie nell'attuale momento storico, è necessario prevedere periodi limitati di imbarco con le conseguenti necessità di reimpiego del personale.
  Alla luce delle sovraesposte considerazioni recentemente, il comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto ha disposto la modifica alla circolare PERS.01 nella parte in cui prevedeva un periodo di imbarco pari a 5 anni riducendolo a 3 anni, con lo scopo di venire incontro alle esigenze del proprio personale, ma necessario considerare che l'avvicendamento di personale potrà coinvolgere solo quelle risorse dotate delle specifiche competenze necessarie allo svolgimento delle funzioni altamente specializzate che quei militari sono chiamati a compiere.
  Sotto il profilo logistico evidenzia poi, che molte delle sedi degli uffici marittimi risultano poco «appetibili», trovandosi in aree geografiche particolarmente disagiate specie da un punto di vista logistico ove un impiego
sine die comporterebbe il sacri lido di una piccola aliquota in favore della maggioranza.
  Inoltre, detto Comando sottolinea gli investimenti dell'Amministrazione nella formazione per la crescita professionale del proprio personale (qualifica e specializzazione), divenendo complementare ad un utilizzo del singolo in un ruolo compatibile con la sua specificità, al fine di migliorare ed efficientare i servizi resi all'utenza. Diviene così necessaria una mobilità del personale, la quale ha dei riflessi (positivi) anche sullo sviluppo di carriera.
  Ulteriore criticità è la forte presenza di arruolati da regioni a forte tradizione marinaresca, che di riflesso risultano le sedi maggiormente richieste dai desiderata del personale.
  D'altra parte, anche, in conformità con il piano triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza 2017-2019 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (para 3.2 «La rotazione del personale») approvato con decreto ministeriale n. 218 del 2017, il comando generale del corpo è tenuto a prevedere termini di permanenza minori per coloro che ricoprono incarichi direttivi presso talune sedi centrali.
  Pertanto, alla luce delle osservazioni sopra riportate i criteri contenuti nella circolare PERS.01 consentono di gestire l'impiego del personale in relazione al complesso delle esigenze sopra evidenziate.
  I trasferimenti d'autorità, con previsione delle indennità di cui alla legge n. 86 del 2001 caratterizzano solo una parte della mobilità del personale e sono una spesa necessaria al fine di garantire le alte prestazioni del Corpo così come riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, consentendo di soddisfare le esigenze di quei comandi periferici per i quali non vengono presentate istanze.
  Le spese per l'impiego d'autorità sono annualmente programmate nell'ambito degli ordinari stanziamenti a disposizione.
  Relativamente all'anno 2017, la spesa sostenuta attualmente per corrispondere le indennità dovute al personale per trasferimenti d'autorità (legge n. 86 del 2001, trasporti mobili e masserizie ed indennità di 1a sistemazione) ammonta a circa euro 3,5 mln.
  Circa la possibilità di prevedere graduatorie pubbliche per l'accesso alle sedi vacanti, a di quanto accade in altre forze armate, il comando generale precisa che quando procede al trasferimento di un militare da una sede ad un'altra già adotta criteri meritocratici, basati sul grado, ruolo, qualifiche, abilitazioni, anni di servizio fuori regione, schede valutative e di aspirazione eccetera, così come si evince chiaramente dalla circolare PERS.01 che è accessibile a tutto il personale attraverso la libera consultazione sul portale internet del Corpo «Solaria».
  Il suddetto, comando, inoltre, ha comunicato di non escludere in un futuro anche non troppo lontano, la possibilità di adottare un sistema di graduatorie simile a quello in dotazione ad altre forze armate.
  Al fine di offrire una visione complessiva del fenomeno trasferimenti il comando ha fornito una tabella in cui si riporta raffronto tra i movimenti a domanda, i movimenti d'autorità (per il quale sono dovute indennità al personale) e movimenti derivanti dal 1° impiego del personale per i quali non è dovuta alcuna indennità.
  

  UFFICIALI

  Movimenti a domanda

  Movimenti d'autorità senza oneri l. 86/2001

  Movimenti d'autorità con oneri l. 86/2001

  Totale spesa (euro)

  Anno 2015

65

374

120

1.920.000

  Anno 2016

  48

  362

  103

  1.648.000

  Anno 2017 (al 15 ottobre)

  42

  286

  138

  2.208.000

  MARESCIALLI

  Movimenti a domanda

  Movimenti d'autorità senza oneri l. 86/2001

  Movimenti d'autorità con oneri l. 86/2001

  Totale spesa (euro)

  Anno 2015

  157

  0

  45

  720.000

  Anno 2016

  153

  0

  62

  992.000

  Anno 2017 (al 15 ottobre)

  114

  0

  48

  768.000

  SERGENTI

  Movimenti a domanda

  Movimenti d'autorità senza oneri l. 86/2001

  Movimenti d'autorità con oneri l. 86/2001

  Totale spesa (euro)

  Anno 2015

  95

  2

  14

  224.000

  Anno 2016

  97

  0

  26

  416.000

  Anno 2017 (al 15 ottobre)

  72

  2

  20

  320.000

  GRADUATI/MILITARI DI TRUPPA

  Movimenti a domanda

  Movimenti d'autorità senza oneri l. 86/2001

  Movimenti d'autorità con oneri l. 86/2001

  Totale spesa (euro)

  Anno 2015

  181

  58

  9

  144.000

  Anno 2016

  193

  48

  23

  368.000

  Anno 2017 (al 15 ottobre)

  125

  94

  12

  192.000

  Infine, per quanto attiene all'istituto dell'avvicendamento reciproco – peraltro non positivizzato da alcuna fonte del diritto – il comando ha precisato che tale strumento non è mai stato adottato.
  Tanto, non solo per scongiurare anomale forme di scambio di favoritismi, ma anche basandosi sulla convinzione che una gestione diretta da parte del personale militare, e non dall'Amministrazione, determinerebbe una lesione dell'imparzialità, nonché un grave nocumento all'organizzazione stessa, favorendo gli interessi personali rispetto a quelli pubblici. Ciò potrebbe comportare, infatti, un incremento dei dissidi interpersonali, nonché una grave disparità di trattamento.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, DI BATTISTA, DEL GROSSO e SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in vacanza durante la festività di Pasqua del 2017, nell'isola di Tenerife, un connazionale del comune di Rubiera (Reggio Emilia), P.B., è stato colpito da una sepsi fulminante; l'uomo si trovava insieme alla moglie R., con la quale gestisce due panetterie a Rubiera e a Fontana, e alla figlia, per un viaggio «premio»;

   una violentissima forma di questa malattia ha tenuto l'uomo in coma per quattro settimane e al risveglio i medici spagnoli hanno dovuto amputargli gambe e mani per evitare una ricaduta fatale;

   i familiari, con la collaborazione del comune rubierese, hanno lanciato subito un appello per chiedere sostegno economico, necessario per organizzare il costoso rientro in aereo, dato che nel frattempo è stata sospesa l'attività delle panetterie, anche in considerazione dell'elevato costo del trasporto sanitario;

   la figlia del signor P.B., V., si è rivolta al consolato onorario di Tenerife, inviando una mail per ottenere un appuntamento ma non avrebbe avuto alcun riscontro;

   sul sito del consolato è anche disponibile un recapito telefonico che però risulta raggiungibile solo da numeri spagnoli; con riferimento a tale numero, vi si legge, infatti, che il numero 807.300.747 corrisponde a un servizio a pagamento e valido solo in Spagna. Il costo massimo è di 0,91 euro al minuto se si chiama da rete fissa Movistar e di 1,27 euro al minuto se si chiama da rete cellulare Movistar con scatto alla risposta 0,09 euro, tasse incluse. Per le altre reti, occorre consultare il proprio operatore;

   dopo vari tentativi, la signora V. si è recata al consolato senza appuntamento con la determinazione di non andarsene, finché qualcuno non avesse ascoltato la sua situazione;

   solo successivamente a questo tentativo, il console l'ha ricevuta, informandola del fatto che, come non residenti a Tenerife, non avrebbero potuto godere di alcun appoggio da parte del consolato, nonostante la grave situazione;

   il console, dai racconti della figlia V., si sarebbe limitato a recepire i documenti senza dare alcun supporto per trovare delle strutture d'accoglienza economiche e prossime all'ospedale per agevolare il soggiorno della signora B.;

   anche dal sito del Ministero si legge: «Se vi trovate in una situazione di difficoltà mentre siete all'estero, l'Ufficio consolare competente può, su vostra richiesta, intervenire in vostro favore. Possibili interventi includono: assistenza ai detenuti, assistenza economica, assistenza indiretta attraverso enti e associazioni assistenziali, assistenza sanitaria, assistenza legale, assistenza in caso di furto o smarrimento di documenti, assistenza nella ricerca di connazionali, rimpatrio, rimpatrio di salme»;

   dal sito del consolato italiano di Tenerife risulta un indirizzo mail a cui a quanto risulta agli interroganti è impossibile inviare messaggi, in quanto si tratterebbe di una casella di posta piena;

   l'ambasciata italiana di Madrid ha offerto alla famiglia B. un prestito; nel frattempo il signor P.B. è rimpatriato, a proprie spese nel comune di residenza;

   alla fine del mese di giugno 2017 la prima firmataria del presente atto ha cercato di intercedere con la Farnesina, prima del rimpatrio, per accelerarne le procedure e monitorare il caso –:

   se sia al corrente della scarsa collaborazione nei confronti del connazionale in questione, da parte del consolato onorario italiano di Tenerife;

   quali siano le attività di assistenza garantite dal Governo italiano e dalle sue rappresentanze all'estero nei confronti dei cittadini italiani residenti e non nel Paese straniero;

   quale sia lo stato attuale del sistema di prenotazione online degli appuntamenti e del call center che risulterebbe non raggiungibile da operatori italiani e quali iniziative intenda intraprendere per renderlo più concretamente fruibile.
(4-17375)

  Risposta. — La vicenda del connazionale P.B., colpito da sepsi fulminante e ricoverato in gravissime condizioni durante una vacanza a Tenerife nell'aprile 2017, è stata seguita fin dal principio con grande attenzione dal consolato onorario a Tenerife, in raccordo con l'Ambasciata d'Italia a Madrid e la Farnesina.
  Poco dopo il ricovero del connazionale, la figlia e la moglie del signor P.B. si sono rivolte al consolato onorario per informarsi sulle eventuali modalità di rientro in Italia della salma del congiunto in caso di decesso. Il console onorario si è quindi messo a disposizione per ogni possibile assistenza, precisando però che la spesa per un eventuale rientro della salma non competeva all'erario.
  Alcuni giorni dopo, le signore si sono nuovamente rivolte al consolato per richiedere un alloggio gratuito vicino all'ospedale, essendo il loro albergo distante e prevedendosi una lunga degenza per il congiunto. Anche in questo caso, è stato loro spiegato che non era possibile accogliere la richiesta, in quanto le regole sulle erogazioni di fondi pubblici per l'assistenza dei connazionali all'estero escludevano tale evenienza. In particolare, il console ha specificato che, in casi di comprovata indigenza, è possibile erogare ai connazionali che risiedono all'estero un sussidio
una tantum. Gli Italiani che si trovano temporaneamente all'estero, invece, non possono accedere a questi fondi, mentre possono ottenere un prestito con promessa di restituzione; occorre però prima accertare che i richiedenti non abbiano la possibilità di fare uso di fondi propri e che non vi siano in Italia parenti prossimi disponibili ad offrire un aiuto economico. Dal momento che i familiari del signor P.B. non risultavano indigenti, la richiesta non poteva essere accolta.
  Il consolato onorario ha poi continuato a seguire il caso, contattando periodicamente la moglie e la figlia del signor P.B. per avere informazioni circa le sue condizioni di salute, ma non gli sono più stati forniti dettagli.
  Nel giugno del 2017, al risveglio dal coma del signor P.B., si è resa necessaria l'amputazione degli arti superiori ed inferiori. La famiglia ha avviato una raccolta fondi per poter procedere al rimpatrio sanitario. In questo frangente, anche l'ambasciata a Madrid si è messa in contatto con i familiari. Informata dalle due donne e dall'ospedale che il connazionale poteva viaggiare su un aereo di linea senza necessità di assistenza sanitaria a bordo, l'Ambasciata ha offerto un prestito con promessa di restituzione per l'acquisto dei biglietti. La famiglia del connazionale ha però rifiutato la proposta, riferendo che avrebbe accettato solo un intervento a fondo perduto. Il 10 luglio il signor P.B. è rientrato in Italia.
  Giova sottolineare che il signor P.B. non aveva un'assicurazione sanitaria, ma la famiglia non ha dovuto coprire le spese mediche per le cure del congiunto, avendo provveduto il sistema sanitario spagnolo. Infatti il signor P.B. è stato ricoverato in una struttura sanitaria che gli ha fornito cure adeguate e gratuite e i connazionali non hanno mai richiesto il rimpatrio sanitario alla Farnesina.
  In relazione ai numeri di telefono per mettersi in contatto col consolato onorario, si fa presente che il numero del consolato è il +349 02502512, mentre il numero 807.300.747 è un
call center raggiungibile solo da numeri spagnoli. È poi attivo per le emergenze il cellulare di reperibilità della cancelleria consolare dell'ambasciata a Madrid, al numero +346 29842287.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Vincenzo Amendola.


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 23 agosto 2017, un elicottero privato, proveniente dal mare, è atterrato sul tetto del ristorante dello stabilimento balneare «Torre Marina Beach» del lido di Tor San Lorenzo, nel comune di Ardea, a pochi metri da una spiaggia affollata, generando il panico tra i bagnanti, anche a causa del passaggio a bassa quota e del forte rumore;

   secondo quanto riportato dalla stampa, i due occupanti del velivolo, a quanto pare allievo e istruttore di volo, sarebbero scesi dall'elicottero, avrebbero bevuto un bicchiere di prosecco scattando qualche foto e poi si sarebbero rialzati in aria, allontanandosi;

   per quanto di conoscenza l'episodio dell'atterraggio dell'elicottero privato è stato segnalato all'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) e sulla vicenda starebbero indagando anche i carabinieri di Anzio –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire ulteriori informazioni sulla vicenda in questione, con particolare riferimento alle indagini e agli accertamenti avviati dall'Enac, per far luce su eventuali violazioni, in ordine alla salvaguardia della sicurezza della navigazione aerea.
(4-17712)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, va premesso che l'elicottero atterrato il 23 agosto 2017 sul tetto del ristorante dello stabilimento balneare «Torre Marina Beach» del lido di Tor San Lorenzo, nel comune di Artica, è un elicottero per il volo da diporto o sportivo, la cui disciplina rientra nelle competenze dell'Aero club d'Italia (AeCI).
  Pertanto, al fine di fornire informazioni in ordine alla vicenda segnalata dall'interrogante sono stati chiesti specifici chiarimenti all'ente stesso che ha fornito i seguenti elementi di risposta.
  In via generale, l'AeCI ha fornito informazioni inerenti il volo da diporto o sportivo (d'ora in avanti VDS).
  Il VDS è quell'attività di volo effettuata con apparecchi VDS (sia a motore sia privi di motore), caratterizzati da un peso massimo al decollo limitato e ben definito, per scopi ricreativi, diportistici o sportivi, senza fini di lucro regolamentata da un'apposita normativa nazionale.
  Il volo con apparecchi VSD, in Italia chiamati ultraleggeri (
Microlight o Ultralight negli altri Paesi europei), è un tipo di volo diffuso a livello mondiale e gestito con una regolamentazione volutamente semplificata rispetto a quella più complessa che regola gli aeroplani certificati, comunque sempre improntato nell'assoluto rispetto dei concetti e delle regole della sicurezza del volo.
  In ambito europeo essi vengono codificati nell'allegato II del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile e che istituisce un'agenzia europea per la sicurezza aerea, e che abroga la direttiva n. 91/670/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE.
  In particolare, stante al citato allegato II, risultano ultraleggeri gli aeromobili con le caratteristiche di seguito elencate:

   «...
   
e) aerei, elicotteri e paracadute a motore con due posti al massimo e una massa massima al decollo (MTOM), registrata dagli Stati membri, non superiore a:

    i). 300 kg per aeroplani/elicotteri monoposto;

    ii). 450 kg per aeroplani/elicotteri biposto;

    iii). 330 kg per aerei anfibi o idrovolanti galleggianti/elicotteri monoposto;

    iv). 495 kg per aerei anfibi o idrovolanti/elicotteri con galleggianti biposto, purché in entrambe le funzioni di idrovolanti/elicotteri con galleggianti e di aeroplani/elicotteri la loro massa massima al decollo (MTOM) non superi i relativi limiti;

    v). 472,5 kg per aeroplani biposto muniti di sistema di recupero totale con paracadute montato sulla cellula;

    vi). 315 kg per aeroplani monoposto dotati di sistema di recupero totale con paracadute montato sulla cellula;

    vii). e per gli aerei la cui velocità di stallo o la velocità minima in volo stazionario in configurazione di atterraggio non supera i 35 nodi di velocità calibrata (CAS);

   f) autogiro monoposto e biposto con una massa massima al decollo (MTOM) non superiore a 560 kg;

   g) alianti con una massa a vuoto massima non superiore a 80 kg se monoposto o a 100 kg se biposto, compresi quelli con decollo mediante rincorsa;

   h) riproduzioni di aeromobili che soddisfano i criteri di cui alla lettera a) o d), il cui progetto strutturale è analogo a quello dell'aeromobile originale;

   i) aeromobili non pilotati con massa operativa non superiore a 150 kg;

   j) qualsiasi altro aeromobile con una massa a vuoto massima, compreso il combustibile, non superiore a 70 kg.»

  Gli aeromobili con le caratteristiche sopraindicate vengono esclusi dal regolamento (CE) n. 216/2008; pertanto, essi rientrano nella categoria ultraleggeri e come tali lasciati alla regolamentazione delle singole Nazioni.
  In Italia, detti apparecchi e le relativa attività di volo sono gestiti dall'AeCI in virtù della legge 25 marzo 1985, n. 106 – Disciplina del volo da diporto o sportiva.
  In dettaglio, l'attività VDS viene regolamentata in maniera puntuale in tutti i suoi aspetti peculiari quali peso degli apparecchi, registrazione/identificazione degli apparecchi, attività didattica, circolazione, trasporta del passeggero e sicurezza (del volo), dalla seguente normativa;

   legge 25 marzo 1985, n. 106 – Disciplina del volo da diporto o sportivo;

   decreto ministeriale 22 novembre 2010 – Caratteristiche degli apparecchi per il volo da diporto o sportivo;

   decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010 – n. 133 – Nuovo regolamento di attuazione della legge 25 marzo 1985, n. 106, concernente la disciplina del volo da diporto o sportivo;

   regolamento tecnico-operativo-didattico AeCI per il volo da diporto o sportivo con apparecchi provvisti di motore approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto prot. n. 247 del 15 luglio 2015;

   programma didattico per il conseguimento dell'Attestato abilitante alla condotta di apparecchi VDS provvisti di motore approvato con decreto ministeriale 15 aprile 2011.

  In ambito nazionale, pertanto, in base alla legge n. 106 del 1985 e al decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010, gli apparecchi ultraleggeri muniti di motore possono volare solo qualora vengano iscritti nel registro tenute dall'AeCI e risultino conformi alle caratteristiche elencate nel citato decreto ministeriale 22 novembre 2010, che, di fatto, risultano identiche a quelle previste nell'allegato II del citato regolamento n. 216 del 2008 sopra elencate.
  Gli apparecchi VDS a Motore, secondo quanto previsto nel suindicato decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010, si suddividono in due categorie ben distinte come di seguito indicato:

   apparecchio VDS (in gergo definito VDS basico): mezzo con Motore impiegato: per il volo da diporto o sportivo avente le caratteristiche tecniche di cui all'allegato alla legge 25 marzo 1985, n. 106;

   apparecchio VDS avanzato: apparecchio avente specifici requisiti tecnici di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010.

  Esso è soggetto obbligatoriamente alle manutenzioni previste dai manuali dell'apparecchio, del motore, dell'elica e degli equipaggiamenti inclusi quelli avionici installati e ogni intervento del manutentore deve essere riportato sul libretto dell'apparecchio fornito dall'AeCI.
  La domanda di iscrizione nel registro dell'AeCI deve essere presentata dal proprietario dell'apparecchio corredata dai seguenti documenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010 articolo 7, comma 3):

   «a) due fotografie a colori dell'apparecchio, viste di'lato e frontalmente, idonee ad identificarne il modello, indipendentemente dalla sua colorazione;

   b) dichiarazione del proprietario autenticata nelle forme di legge o autocertificazione attestante la conformità dell'apparecchio alle caratteristiche di cui all'allegato alla legge 25 marzo 1985, n. 106. La dichiarazione reca le seguenti indicazioni:

    1) struttura dell'apparecchio (monoposto o biposto);

    2) nome del costruttore;

    3) modello e potenza del motore, peso massimo al decollo, dimensioni (lunghezza, larghezza e altezza) espresse in centimetri, ubicazione del posto principale di pilotaggio, tipologia dei comandi (tre assi, due assi, pendolare, elicottero, autogiro, mongolfiera, dirigibile);

    4) modello dell'apparecchio, eventuale installazione del gancio per il traino nonché l'eventuale numero seriale ove trattasi di prodotto industriale.».

  L'AeCI, accertata la regolarità della documentazione di cui al comma 3, rilascia un certificato di identificazione e una targa metallica.
  In base al decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010, l'Aero Club d'Italia può accertare, in qualsiasi momento, la conformità tra la dichiarazione del proprietario dell'apparecchio e le caratteristiche oggettive dello stesso, anche avvalendosi delle strutture di altri soggetti pubblici.

  A tal riguardo l'AeCI specifica che, nei casi dubbi, la medesima richiede di integrare la documentazione trasmessa con ulteriori documenti e/o dichiarazioni e/o di certificare il peso attraverso la pesata certificata. Infine, qualora ritenuto necessario, l'Ente dispone specifiche ispezioni.
  Inoltre, l'AeCi ricorda che la normativa vigente – legge 106, decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010 e i regolamenti tecnici approvati da questo Ministero – regola e dettaglia l'attività addestrativa per il rilascio degli attestati di volo, la formazione degli istruttori di volo e degli esaminatori e specifica le procedure per la certificazione delle scuole di volo; in particolare, la certificazione delle scuole di volo viene rilasciata solo dopo accurata ispezione svolta da personale qualificato sia delle strutture (pista di volo, aula ecc.) sia degli apparecchi iscritti nel disciplinare.
  Da ultimo, l'AeCI riferisce che per pilotare un apparecchio ultraleggero è necessario conseguire un attestato di volo che si ottiene convertendo una licenza di volo civile o militare in corso di validità (ovvero scadute da non oltre un anno) oppure frequentando un corso di volo presso una scuola certificata dall'AeCI svolgendo il previsto programma teorico e pratico approvato con decreto ministeriale.
  In particolare, per conseguire l'attestato per il pilotaggio degli elicotteri ultraleggeri, il programma didattico prevede un corso con minimo 39 ore di teoria e 30 ore di volo istruzionali comprensive di 4 missioni da solista.
  Per conseguire l'abilitazione al trasporto del passeggero devono essere effettuate, Successivamente, ulteriori 30 ore di volo come responsabile ai comandi e il superamento di uno specifico esame.
  Il rilascio dell'attestato di volo, inoltre, è Subordinato all'idoneità psico-fisica e al nulla osta della questura di residenza, secondo quanto previsto dall'articolo 11 comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 133 del 2010.
  Inoltre, quale responsabile di tutta l'attività VDS, l'AeCI ha anche il compito di monitorizzare che detta attività venga svolta nel rispetto della normativa vigente e di intervenire con sanzioni di natura disciplinare in caso di deliberate violazioni.
  A tal fine, l'AeCI si avvale di una Commissione di valutazione idoneità nominata dal consiglio federale, composta da un presidente e da due istruttori esaminatori di volo, che rimane in carica 4 anni (articolo 30 – regolamento tecnico/operativo per il volo da diporto o sportivo con apparecchi privi di motore (VDS/VL) – approvato con decreto ministeriale n. 213 del 30 maggio 2013).
  Detta Commissione, attraverso un preciso
iter procedurale, propone al consiglio federale la sanzione ritenuta congrua oppure, ove ritenuto opportuno, archivia il caso o propone un semplice richiamo.
  L'AeCI assicura che la sicurezza del volo nel settore VDS viene costantemente monitorizzata attraverso una regolare sorveglianza della struttura didattica e dell'attività di volo.
  Con riferimento al caso in esame l'AeCI ha precisato che, ricevuta la comunicazione dell'atterraggio dell'elicottero ultraleggero sul tetto dello stabilimento balneare «Torre Marina Beach» del lido di Tor San Lorenzo, nel comune di Ardea in data 23 agosto 2017, nel rispetto delle proprie competenze, ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del pilota per individuare eventuali violazioni commesse durante il volo.
  La commissione di valutazione idoneità, dopo aver esaminata la documentazione pertinente, e dopo aver sentito il pilota, ha riscontrato che durante il volo sono state trasgredite alcune regole vigenti e, pertanto, ha ravvisato gli estremi per una sanzione disciplinare.
  Il consiglio federale ha ratificato la sanzione proposta da detta commissione e il pilota responsabile dell'atterraggio con l'elicottero ultraleggero sul tetto dello stabilimento balneare «Torre Marina Beach» del lido di Tor San Lorenzo è stato sanzionato con:

   la sospensione dell'attestato di volo per 3 (tre) mesi;

   lo svolgimento di un corso teorico, presso una scuola certificata, della durata non inferiore a 30 (trenta) ore, con verifica ed esame finale con esaminatore nominato dall'AeCI.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   TACCONI, FEDI, GARAVINI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   giungono all'interrogante numerose proteste da parte di connazionali che lamentano inefficienze e ritardi nell'erogazione di servizi basilari da parte delle strutture consolari italiane, relativamente, soprattutto, al rilascio dei passaporti, all'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero e alle pratiche di cittadinanza;

   tali disservizi solo raramente sono imputabili a manchevolezze degli uffici, dei loro responsabili e del personale addetto di cui, anzi, si apprezza la professionalità e l'impegno per venire incontro alle esigenze e alle richieste del cittadino;

   molto spesso, ad onor del vero, sono gli stessi operatori consolari le prime vittime di una situazione che negli ultimi anni ha visto un aumento esponenziale delle richieste di servizi a fronte di una diminuzione delle risorse;

   da una parte, la chiusura di alcune sedi all'estero ha riversato sulle sedi riceventi i compiti delle sedi soppresse, dall'altra l'aumento vertiginoso delle nuove mobilità, testimoniato anche nel recente rapporto della Fondazione Migrantes, si sono tradotti non tanto, forse, in una contrazione dei servizi, quanto piuttosto in una lievitazione dei tempi di erogazione e in un peggioramento complessivo delle condizioni di lavoro degli addetti;

   a fronte, infatti, dei nuovi carichi di lavoro, non si è assistito ad un congruo adeguamento degli organici, anzi molto spesso se ne è registrata una diminuzione, riflesso diretto sia del mancato ricambio di personale andato in pensione, ormai bloccato da troppi anni, sia, in genere, delle misure di revisione della spesa;

   le lacune negli organici del personale sia di ruolo che a contratto rischiano di procurare un generale collasso del sistema che non potrà più rispondere con efficacia alle crescenti aspettative non solo del privato cittadino, ma anche delle istituzioni e del sistema produttivo che nelle rappresentanze diplomatico-consolari cerca sostegno per la penetrazione nei mercati esteri;

   una delle criticità che viene segnalata con maggiore frequenza, non senza qualche ironia se si considera l'insistenza con cui, giustamente, si incoraggia l'adesione alla relativa normativa, riguarda l'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero la cui legge istitutiva, la n. 470 del 27 ottobre 1988, all'articolo 6, comma 7, prevede che la documentazione relativa all'iscrizione sia «trasmessa entro centottanta giorni dall'ufficio consolare al Ministero dell'interno per le registrazioni di competenza e per le successive, immediate comunicazioni al comune italiano competente»;

   senza entrare nel merito, in questa sede, sulla necessità di rivedere l'attuale normativa anche alla luce di un suo necessario snellimento che le moderne tecnologie dovrebbero rendere possibile ed auspicabile, preme segnalare la necessità di smaltire gli arretrati giacenti presso i competenti uffici consolari anche in vista della prossima tornata elettorale alla quale, come noto, sono chiamati a votare per corrispondenza gli italiani residenti all'estero ed iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, e dalla quale sarebbero pertanto esclusi gli italiani la cui iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero non sia nel frattempo perfezionata –:

   se non ritenga di assumere iniziative per autorizzare urgentemente gli uffici consolari che registrano arretrati nella trattazione di pratiche di anagrafe ad assumere personale interinale da adibire al relativo aggiornamento, in vista delle prossime elezioni politiche e, nel contempo, per colmare le lacune negli organici sia del personale di ruolo che a contratto, in maniera da rendere strutturali il miglioramento e l'efficacia dei servizi richiesti alla rete diplomatico-consolare italiana, accantonando definitivamente interventi dettati dall'emergenza.
(4-18301)

  Risposta. — L'Amministrazione conosce bene le criticità delle sedi consolari ed è impegnata ad affrontarne i ritardi registrati segnalati dall'Interrogante. In particolare, si sono avuti rallentamenti per gli aggiornamenti e la gestione delle posizioni anagrafiche dei connazionali, a causa della costante riduzione degli organici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, cui si contrappone una crescente domanda di servizi consolari.
  Per rispondere alle esigenze legate a tali fenomeni ed offrire un sostegno concreto, sia pur temporaneo, alle sedi in maggiore difficoltà, il Ministero ha nelle scorse settimane indirizzato apposite istruzioni alla rete estera. Queste specificano che le sedi potranno fare ricorso, in casi di particolare gravità e urgenza e per periodi di tempo limitati, alla somministrazione di lavoro temporaneo fornito da agenzie interinali, avvalendosi dei fondi disponibili nei rispettivi bilanci di sede secondo i principi di autonomia gestionale di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 54 del 2010 e con la possibilità di eventuali integrazioni.
  Gli operatori saranno impiegati esclusivamente per i servizi e le prestazioni e per il periodo di tempo previsti nel contratto di fornitura di servizi.
  È intenzione della Farnesina, come auspicato dall'Interrogante, «rendere strutturali il miglioramento e l'efficacia dei servizi richiesti alla rete diplomatico-consolare italiana, accantonando definitivamente interventi dettati dall'emergenza».
  Per tali ragioni, quest'amministrazione ha presentato, in sede di formazione del disegno di legge bilancio 2018-2020, un piano di rafforzamento degli organici per far fronte alla grave carenza di dipendenti di ruolo e alle cresciute esigenze di politica estera.
  Nel disegno di legge di bilancio, viene autorizzato un incremento di 100 unità del contingente del personale a contratto, la cui saturazione negli scorsi mesi ha impedito l'autorizzazione di nuove assunzioni, persino in sostituzione di personale cessato. L'incremento ci permetterà di rispondere almeno in parte alle esigenze prioritarie della rete all'estero (300 uffici tra ambasciate, consolati e istituti di cultura).
  Quanto al personale di ruolo, nell'ultimo decennio, il contingentamento del «
turn-over» ha comportato per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale una riduzione di 1.100 unità tra le aree funzionali e un innalzamento dell'età media, arrivata a 53 anni. Il disegno di legge di bilancio 2018-2020 rifinanzia il fondo assunzioni istituito dalla precedente legge di bilancio, al quale la Farnesina conta di attingere per finanziare l'assunzione di almeno 150 unità del profilo professionale «funzionario amministrativo, contabile e consolare», cui sono affidate funzioni pubbliche non attribuibili all'estero a personale assunto a contratto, come quelle consolari (cittadinanza, passaporti, stato civile, visti) o amministrativo-contabili e di gestione del patrimonio.
  La Farnesina auspica che, nel corso dell’
iter parlamentare, possano essere apportati correttivi al disegno di legge di bilancio per garantire per via normativa tali assunzioni, incrementandone – ove possibile – il numero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Vincenzo Amendola.


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alcune testate on line cagliaritane hanno realizzato un servizio giornalistico all'interno di un'ampia struttura abbandonata, alle porte di Cagliari, con accesso dal civico 1 di via Sa Perdixedda;

   le fotografie pubblicate e relative alla struttura stessa dimostrano ampie cubature dismesse e totalmente abbandonate, in preda all'incuria e invase dai rifiuti, con accesso pressoché libero ad alcuni locali che contengono migliaia di documenti intestati, accatastati alla rinfusa;

   le informazioni reperibili consentono di ricostruire con facilità come tale struttura dismessa sia stata utilizzata sino a qualche anno fa dai vigili del fuoco, che vi svolgevano attività di rimessaggio e manutenzione dei propri automezzi;

   una semplice ricerca sul web consente di avere con facilità informazioni relative all'ispettorato regionale dei vigili del fuoco della Sardegna, che è stato effettivamente ubicato in via Sa Perdixedda 1, con tanto di recapito telefonico di riferimento;

   secondo i giornalisti che hanno denunciato il caso, tali locali in abbandono sarebbero attualmente occupati da alcuni immigrati extracomunitari di origine algerina, che vi avrebbero trovato ricovero –:

   se corrisponda al vero che lo stabile abbandonato ubicata in via Sa Perdixedda 1, a Cagliari – appartenga – o sia appartenuto – ai vigili del fuoco e quale sia il motivo per cui esso risulti in condizioni di totale degrado e abbandono;

   se risulti al Ministro che in tali locali, sostanzialmente incustoditi e facilmente accessibili a chiunque, siano presenti grandi quantità di documenti cartacei, verosimilmente appartenenti agli d'archivi dei vigili del fuoco;

   se risulti al Ministro che tali locali, siano attualmente utilizzati come dimora da alcuni extracomunitari di origine algerina che li avrebbero occupati abusivamente;

   cosa intenda fare il Ministro, di concerto con il comando dei vigili del fuoco della Sardegna e con le autorità di pubblica sicurezza locale per impedire l'occupazione abusiva dello stabile, garantendo la vigilanza dei locali e dei documenti in essi contenuti e mettendo in essere tutte le azioni finalizzate al ripristino e all'eventuale dismissione della struttura.
(4-16419)

  Risposta. — Il complesso di via Sa Perdixedda, situato nell'area portuale di Cagliari, ha ospitato le officine meccaniche regionali per la riparazione degli automezzi dei vigili del fuoco a partire dal 2006, quando la capitaneria di porto ha concesso l'immobile in uso alla direzione regionale vigili del fuoco.
  Dal 2010 la gestione degli edifici in questione è stata delegata al comando dei vigili del fuoco di Cagliari e in effetti, essendo inutilizzati da diversi anni, sono stati oggetto di ripetute effrazioni e ingressi non autorizzati, denunciati alle autorità di pubblica sicurezza.
  Nell'episodio riportato nell'interrogazione, coloro che si erano introdotti in maniera non autorizzata nei locali sono stati allontanati grazie all'intervento delle forze dell'ordine.
  In ogni caso, il comando rappresenta che, non appena saranno disponibili le necessarie risorse economiche, si procederà a installare sistemi di videosorveglianza o di monitoraggio, per potenziare il controllo dell'area.
  Si precisa inoltre che, da luglio 2017 parte dei predetti locali viene utilizzata come archivio dall'avvocatura distrettuale dello Stato, per effetto di una permuta tra le due amministrazioni effettuata dalla locale agenzia del demanio.
  Tale permuta si è resa necessaria per consentire l'ampliamento degli uffici della direzione regionale dei vigili del fuoco della Sardegna nei locali di via Lo Frasso, precedentemente utilizzati dall'avvocatura di Stato.
  Oltre a ciò, si sta valutando l'opportunità di assegnare un'altra porzione dell'immobile di via Sa Perdixedda al locale tribunale amministrativo regionale.
  Si precisa, infine, che lo stabile non è stato restituito al demanio marittimo in quanto le permute attualmente in corso potrebbero consentire alla direzione regionale Sardegna di acquisire un edificio idoneo a ospitare la sede regionale dei vigili del fuoco.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.


   VENITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   San Giuliano di Puglia è un comune di 1.050 abitanti della provincia di Campobasso, in Molise;

   il 31 ottobre 2002 un terribile terremoto provocò la morte di 27 bambini e un'insegnante nel crollo della scuola Francesco Jovine;

   durante le prime fasi dopo il terremoto fu costruito a circa un chilometro di distanza dall'abitato, nel sito del campo sportivo, un villaggio temporaneo di casette in legno per ospitare gli sfollati del paese con scuola, uffici comunali, caserma e negozi, che, in seguito alla ricostruzione, è rimasto disabitato;

   il sindaco di San Giuliano di Puglia ha sottoscritto nel 2013 una convenzione con la prefettura e il Ministero dell'interno, finalizzata all'ospitalità di 500 migranti da collocare nel villaggio provvisorio;

   a Santa Croce di Magliano, proprio sul tema dell'accoglienza al villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia, si è tenuta un'assemblea alla quale hanno partecipato amministratori del territorio, referenti regionali e parlamentari, durante la quale è stato approvato, un documento che chiede di fermare il progetto riguardante il villaggio provvisorio e l'incremento dei posti previsti per i migranti, nonostante le procedure siano in fase avanzata di appalto;

   nel documento conclusivo, si ricorda, tra le altre cose che «l'iniziativa non tiene in alcun conto la fragilità e la vulnerabilità dell'area interessata e l'assenza di infrastrutture stradali, sanitarie e di sicurezza», proponendo, inoltre, la costituzione di un organismo permanente con funzioni propositive e consultive composto dalla regione, dalla prefettura e dai comuni dell'area interessata per individuare un diverso utilizzo dell'ex villaggio di San Giuliano che vada nella direzione della ripresa economica e sociale dell'area del cratere con particolare riferimento ai giovani;

   va considerato che il Molise è sempre di più terra di accoglienza per i rifugiati e richiedenti asilo e per quanti a vario titolo arrivano in Italia. Nel giro di un anno (dati 2016) le persone accolte sono passate da 1.400 circa a 2.606 il rapporto dei profughi per ogni 10.000 residenti da 45 a 84, una delle percentuali più alte in Italia;

   i centri Sprar distribuiti sul territorio sono oltre venti, ospitano circa un quinto dei richiedenti asilo e hanno dato finora buona prova sotto il profilo dei rapporto con la popolazione locale, sia per l'impegno delle amministrazioni che per la migliore gestibilità dei piccoli gruppi. In continua evoluzione gli arrivi d'emergenza, distribuiti in un numero crescente di comuni;

   è, necessario, però, tenere in considerazione l'impatto su un territorio già così provato di un numero così elevato, in proporzione agli abitanti, di migranti da accogliere: si parla di un paese molto piccolo e le condizioni date non paiono adeguate a garantire gli standard per l'accoglienza e la tutela dei migranti indicati dallo stesso Ministero –:

   se il Ministro non ritenga opportuno adottare le iniziative necessarie al fine di garantire la sicurezza per le popolazioni residenti e per gli ospiti, e un presidio sanitario all'interno del villaggio provvisorio, nonché al fine di allineare le iniziative adottate alle previsioni del decreto sulla riforma del sistema dell'accoglienza, anche per giungere ad un utilizzo alternativo del villaggio per la ripresa sociale e produttiva (agricoltura e territorio), nonché per valorizzare l'accoglienza diffusa, considerata la presenza cospicua di centri Sprar sul territorio;

   se non ritenga necessario coinvolgere nel processo decisionale anche le comunità vicine, Colletorto, Montelongo, Larino, Rotello, Montorio nei Frentani, Bonefro, Casacalenda e Santa Croce di Magliano, per una migliore gestione del centro di accoglienza.
(4-17144)

  Risposta. — La realizzazione di un centro di accoglienza presso il «Villaggio della solidarietà» sito nel comune di San Giuliano di Puglia è stata, sin dall'inizio, valutata e decisa in accordo con i rappresentanti delle istituzioni territoriali.
  La struttura in questione è costituita da un complesso immobiliare di medie dimensioni rimasto inutilizzato a seguito del terremoto del 2002. L'immobile, previo espletamento dei necessari adeguamenti strutturali, d'accordo con il comune, è stato ritenuto idoneo per la specifica destinazione.
  Nel 2015, sulla base di un accordo stipulato tra la prefettura di Campobasso e il comune di San Giuliano di Puglia, il predetto complesso immobiliare veniva ritenuto idoneo all'accoglienza dei migranti, per un numero stimato di 500 presenze giornaliere. Successivamente, il 30 novembre 2016, a parziale modifica del precedente accordo, veniva deciso di destinare parte della struttura all'accoglienza di minori stranieri non accompagnati.
  Nei mesi scorsi, si sono tenuti alcuni incontri presso la prefettura di Campobasso con il sindaco di San Giuliano in Puglia, i sindaci dei comuni limitrofi e con il presidente della regione Molise per esaminare congiuntamente alcune richieste degli stessi amministratori locali. In particolare l'oggetto del confronto ha riguardato la possibilità di ridurre il numero dei migranti da ospitare, il rafforzamento dell'organico delle forze di polizia presenti sul territorio, la previsione di un presidio medico avanzato all'interno del centro e l'installazione di impianti di videosorveglianza.
  Il presidente della regione Molise si è fatto, poi, portavoce di tali problematiche in un'apposita riunione convocata presso il Ministero dell'interno a cui hanno preso parte anche il sindaco di San Giuliano di Puglia e il prefetto di Campobasso.
  Nel corso dell'incontro è stata proposta – in linea con la strategia seguita da questo Ministero mirata al ridimensionamento dei centri di grandi dimensioni – la riduzione del numero delle persone in accoglienza a 250 unità più 50 minori. Nel contempo è stata data assicurazione circa il rafforzamento delle misure a tutela della sicurezza pubblica.
  La proposta ha trovato il consenso del sindaco e del presidente della regione Molise che si è reso disponibile ad intervenire per promuovere un'accoglienza diffusa sul territorio, ma non ha soddisfatto altri amministratori locali che sono tornati nuovamente dal prefetto di Campobasso per esprimere la loro contrarietà all'allestimento del centro di accoglienza presso il comune San Giuliano.
  Per quanto attiene, poi, l'esigenza di attivare all'interno del centro un presidio sanitario, si sottolinea che in tutti i centri, compresi quelli attivati in via temporanea, è assicurato un servizio di assistenza sanitaria, secondo quanto previsto nello schema di capitolato per la gestione dei centri di accoglienza, di cui al decreto ministeriale del 7 marzo 2017. Il servizio comprende, tra l'altro, una visita medica d'ingresso finalizzata anche all'accertamento di patologie che richiedono misure di isolamento, visite specialistiche o percorsi diagnostici presso strutture sanitarie pubbliche nonché all'accertamento di situazioni di vulnerabilità. È, inoltre, prevista l'assistenza continuativa di personale medico e paramedico che opera presso i presidi sanitari presenti nei centri.
  Si fa altresì presente che nella provincia di Campobasso al 29 novembre 2017 sono attivi 36 centri temporanei in 20 comuni, a fronte degli 84 comuni della provincia, che accolgono complessivamente 1.625 richiedenti asilo.
  Nel sistema SPRAR, alla data del 31 ottobre 2017 sono presenti 456 richiedenti asilo, mentre i comuni che partecipano ai progetti di accoglienza SPRAR sono 20.
  Il totale complessivo delle persone in accoglienza è pari a 2.081 in numero inferiore a quello indicato sulla base dei criteri di distribuzione del piano ANCI/Ministero interno.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella risposta all'interrogazione n. 4-15932, il Governo ha fornito le precisazioni di seguito riportate;

   la sede temporanea della seconda squadra terrestre dei vigili del fuoco di Ancona, delocalizzata presso il distaccamento aeroportuale di Falconara, ha prodotto risultati positivi sia per qualità del servizio prestato, sia per la riduzione dei tempi di intervento, sia per l'elevato numero di interventi espletati;

   il Governo ha definito questa soluzione particolarmente efficace e ha ritenuto vantaggioso mantenere l'attuale presidio di Falconara, anche dopo la conclusione dei lavori della caserma di Ancona, per assicurare alla cittadinanza un servizio di soccorso più efficiente; il modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riconosce ai comandanti provinciali la facoltà di rimodulare la ripartizione sul territorio del personale a loro disposizione in presenza di comprovate esigenze, anche di carattere temporaneo;

   il Governo ha precisato, però, che l'attivazione in via permanente di un distaccamento terrestre nell'area interessata richiede la previsione di un contingente di personale superiore a quello attualmente operante e che potrà essere valutata e decisa solo successivamente a un intervento normativo di potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale, avocando al livello centrale la soluzione del problema;

   la pianta organica del Corpo, ridefinita nei mesi scorsi, potrà essere rivista e ampliata, però, solo nel 2019;

   il progetto «Soccorso Italia in venti minuti» mirava ad aumentare il numero dei comuni serviti in tempi certi e a migliorare e adeguare i tempi di intervento ad uno standard elevato;

   «Soccorso Italia in venti minuti» puntava sull'ottimizzazione delle risorse disponibili;

   tuttavia, per scelta delle amministrazioni locali non in tutti i comuni o comprensori di comuni, anche con assegnazione di squadre, è stato poi reso effettivo il servizio;

   dalle piante organiche, infatti, risultano unità assegnate ma non utilizzate –:

   se non ritenga di valutare, nella gestione dell'organico di diritto, le esigenze rappresentate da amministrazioni comunali e cittadini, anche in considerazione dei positivi risultati conseguiti, di cui il Ministero dell'interno è a conoscenza;

   se non intenda valutare, nell'assegnazione dell'organico di fatto, un incremento del personale nella regione Marche, al fine di mantenere, fino al citato intervento normativo di potenziamento della dotazione organica nazionale, la partenza terrestre (seconda squadra di Ancona) – per ora temporanea – che opera dall'aeroporto Sanzio di Falconara.
(4-17479)

  Risposta. — Il modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riconosce meccanismi di flessibilità che consentono di rimodulare la ripartizione del personale attribuito a livello provinciale, in presenza di comprovate esigenze territoriali anche di carattere temporaneo.
  È in tale quadro che, nell'agosto del 2015, era stata disposta la delocalizzazione presso il distaccamento aeroportuale di Falconara della seconda squadra terrestre della sede centrale di Ancona.
  Al riguardo si rappresenta che nello scorso mese di settembre tale misura organizzativa è stata confermata, alla luce dei positivi risultati operativi conseguiti.
  Quanto all'attuale consistenza del personale operativo nella provincia di Ancona, si informa che sono operativi 19 capireparto, 96 capisquadra e 235 vigili.
  Le carenze per le singole qualifiche, in relazione all'organico teorico previsto, non si discostano sensibilmente dalla media nazionale.
  Tuttavia, nell'ottica di un progressivo ripianamento degli organici, sono state recentemente destinate al comando di Ancona ulteriori cinque unità di vigili del fuoco neoassunti.
  Lo stato di carenza potrà ulteriormente essere ridotto al termine dell'espletamento dei concorsi in atto per le qualifiche di caporeparto, caposquadra e vigile del fuoco.
  Inoltre, in occasione dell'immissione in organico di 400 allievi vigili del fuoco, il cui corso di formazione ha avuto inizio 2 ottobre 2017, nonché di altri 333 allievi vigili del fuoco, il cui corso di formazione avrà inizio il prossimo 20 dicembre, potrà essere positivamente valutato l'incremento della dotazione organica, di fatto, delle strutture del Corpo nazionale dislocate nella regione Marche.
  Infine, si sottolinea che il disegno di legge di bilancio – approvato dal Senato della Repubblica il 30 novembre 2017 e attualmente in corso di esame alla Camera dei deputati – prevede all'articolo 36 il ripianamento degli organici per la metà dei posti non coperti delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, con una programmazione quinquennale di assunzioni, che per il Corpo nazionale porterà all'immissione in servizio di ulteriori 1.300 unità.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci.