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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 dicembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia rappresenta da anni il secondo Paese in Europa per produzione nel settore farmaceutico e il primo per capacità produttive per numero di addetti, dopo la Germania, con il 26 per cento della produzione totale e il 19 per cento del mercato;

    si tratta di un sistema diffuso, con hub regionali ed eccellenze in diverse aree del Paese. La Lombardia, in particolare, è la prima regione italiana nel settore farmaceutico con 28.000 addetti, più altri 18.000 che lavorano nell'indotto, ed investe ogni anno 7 miliardi di euro in ricerca e innovazione;

    anche nel campo biomedicale la Lombardia, con oltre 800 imprese, 30.000 dipendenti e il 49 per cento del fatturato nazionale, è la prima regione nel settore dei dispositivi medici. La provincia di Milano, in particolare, è l'area a maggiore concentrazione di imprese, con circa il 61 per cento delle imprese lombarde, e quasi l'80 per cento del fatturato prodotto nella regione; Milano e la sua provincia sono al primo posto per il numero degli addetti, ma anche le province di Monza-Brianza e Varese si attestano rispettivamente al quinto e al sesto posto nella classifica nazionale;

    secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai suoi centri studi e dalle sue imprese nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici, di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo lombardo;

    il 20 novembre 2017 il Consiglio per gli affari generali dell'Unione europea, con la procedura del sorteggio ha deciso di individuare nella capitale olandese la nuova sede dell'Ema a seguito dell'uscita di Londra dall'Unione europea;

    la procedura di selezione è stata espletata a porte chiuse e con lo strumento del sorteggio;

    da articoli di stampa e indiscrezioni sembrerebbe che Amsterdam non sia in grado di fornire una sede attrezzata entro la data del trasferimento, ledendo in tal modo la continuità del lavoro dell'Ema e creando disagi ai dipendenti;

    i lavori nel quartiere Zuidas Amsterdam che dovrebbe ospitare il nuovo palazzo dell'Ema sarebbero in consistente ritardo;

   la nuova sede olandese, quando sarà pronta, comporterà costi di affitto e di occupazione di suolo pubblico a carico dell'Ema, a fronte di una totale gratuità dell'offerta di Milano che, a seguito di accordi Governo-regione, avrebbe di fatto garantito, almeno per i primi anni una permanenza dell'EMA nel palazzo del «Pirellone» senza costi aggiuntivi;

   le valutazioni espresse sarebbero contenute anche in un atto di sindacato ispettivo presentato al Parlamento europeo dalle eurodeputate Toia e Gardini,

impegna il Governo:

1) ad acquisire elementi circa la reale situazione delle tempistiche dei lavori di realizzazione del nuovo palazzo, futura sede dell'Ema, nella capitale olandese e i reali costi che l'Ema dovrà sostenere una volta operato il trasferimento ad Amsterdam;

2) fatte le verifiche del caso, tenendo conto degli impegni presi all'atto della candidatura e dell'esito delle stesse verifiche, ad esercitare le dovute iniziative in sede europea perché da parte dell'Olanda siano rispettati gli impegni assunti all'atto della candidatura medesima, con particolare riguardo alla tempistica per la disponibilità della sede dell'Ema, verificando se vi sia la possibilità di riconsiderare Milano quale migliore candidata, tanto alla luce dei minori costi a carico dell'Agenzia, quanto relativamente all'immediata disponibilità di una sede idonea che consentirebbe all'Ema di svolgere i propri compiti in piena continuità e senza di disagi per i quasi mille suoi dipendenti.
(1-01778) «Bernardo, Quartapelle Procopio, Fregolent, Gelli, Barbanti, Causi, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Fragomeli, Ginato, Lodolini, Moretto, Sanga, Pelillo, Pinna, Ribaudo».


   La Camera,

   premesso che:

    sono moltissime le aree del nostro Paese interessate dal fenomeno dello smaltimento illecito dei rifiuti, con il caso più eclatante rappresentato dalla famigerata «Terra dei Fuochi», un vasto territorio ricompreso tra le province di Napoli e Caserta interessate dall'interramento di rifiuti tossici e speciali, spessissimo sotto il controllo della criminalità organizzata e specializzata nel traffico dei rifiuti, nonché nell'innesco dei roghi di rifiuti, a nocumento della sicurezza e della salute pubblica;

    anche la provincia di Viterbo è interessata da fenomeni di smaltimento illecito dei rifiuti, anche di natura industriale, utilizzati nelle attività di recupero ambientale di cave dismesse e precedentemente coltivate per l'estrazione di inerti e pietra destinati all'edilizia;

    le attività estrattive in molti casi si sono spinte fino l'affioramento delle falde e unitamente alle attività di bonifica illecite e non controllate, hanno esposto le risorse idriche utilizzate per i fabbisogni primari della popolazione e per le attività agricole, al serio rischio di una contaminazione da rifiuti industriali;

    nel «Rapporto Cave» di Legambiente del 2017 viene citata la «groviera» a nord di Roma come luogo in cui l'impatto connesso alle attività estrattive ha assunto dimensioni enormi e incontrollate (basti citare il sequestro di una cava di 13 ettari a Civita Castellana, aperta in assenza della autorizzazione paesaggistica e del nullaosta idrogeologico). Secondo il predetto rapporto, si contano nel Lazio 260 cave attive e 475 cave dismesse e/o abbandonate;

    l'8 aprile 2016 a seguito del servizio televisivo di Sky Tg24 andava alla ribalta delle cronache la vicenda del recupero ambientale, con materiale illecito, di un'attività estrattiva nelle località Pascolaro e Bivio del Pellegrino nel comune di Graffignano (Viterbo); l'area finì al centro delle indagini del Corpo forestale dello Stato tra il 2006 e il 2007, e il procedimento penale presso la procura della Repubblica del tribunale di Viterbo, come spesso accade in analoghi processi per traffico illecito di rifiuti, cadde in prescrizione e attualmente non è in atto alcuna azione risarcitoria nei confronti dei colpevoli, nonostante i documentati scempi e i rischi per la salute pubblica

    in merito al predetto procedimento penale, nella relazione del 7-8 novembre 2007, pratica AS/07-29, dell'Arpa Lazio – sezione provinciale di Viterbo e del Cfs-Nipaf, tra i «considerando» si legge: «la zona interessata dal materiale contenente presumibilmente idrocarburi e/o oli pesanti, ricade nelle vicinanze dell'autostrada A1 e della linea ferroviaria; la stessa è attraversata da strade di scorrimento locale; la stessa viene utilizzata come zona di caccia e di pesca; durante gli scavi si è riscontrata una falda acquifera superficiale a circa 2,5 metri; nelle vicinanze scorre il fiume Tevere; il terreno viene utilizzato per le coltivazioni agricole; si ritiene necessaria un'opera tempestiva di ripristino ambientale con bonifica atta a non estendere la contaminazione all'ambiente circostante e a non provocare danni all'uomo. In via precauzionale i verbalizzanti ritengono necessaria un'indagine anche alle acque citate»;

    nella medesima relazione si legge che «sono stati inoltre eseguiti alcuni carotaggi in località Pascolaro su terreni di proprietà dell'Azienda Agricola “Il Casettone” limitrofi a quelli dell'ICI srl nell'area ex laghetto. Tali terreni, per quanto appreso dal CFS, erano gestiti dalla ICI SrI. Tramite carotatrice (cubaggio circa 0,3 m3) è stato eseguito nell'area dell'ex laghetto un campionamento di materiale solido palabile alla profondità di circa due metri che risultava visivamente diverso da quello di superficie. Nel terreno di proprietà dell'azienda su cui erano in svolgimento attività di aratura, è stata riscontrata in superficie la presenza di materiale di colore scuro che emanava un odore pungente. In questo punto sono stati eseguiti degli scavi e, già ad una profondità di 80 centimetri, si è riscontrata la presenza di materiale nero che emanava un odore riconducibile ad idrocarburi. Tale materiale si presentava almeno fino alla profondità di tre metri. Durante le operazioni di scavo si avvertiva nell'aria un odore pungente ed un principio di irritazione agli occhi. Per questo motivo le operazioni di scavo non sono state protratte ulteriormente e si è provveduto al repentino interramento del materiale con uno strato di circa 20 centimetri di materiale visivamente terroso. Dopo questa operazione si percepiva ugualmente l'odore pungente nella zona circostante. Per quanto sopra, a scopo precauzionale, l'area veniva sottoposta a sequestro da CFS»;

    in merito alla predetta vicenda, preoccupano le parole del vice prefetto di Viterbo, audito il 20 febbraio del 2017 dai membri dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati che si riportano per inciso: «voglio ricordare un'altra criticità sicuramente molto importante, anche se ai fini dell'individuazione dei responsabili, essendo la vicenda datata al 2007, c'è in corso un'attività di polizia giudiziaria che non so che sbocchi potrà avere. Mi riferisco al comune di Graffignano, che è al confine con la provincia di Terni, diviso dal Tevere. Su quest'area a ridosso delle sponde del Tevere, che è stata stimata in circa 142 ettari, è stata evidenziata una grande movimentazione di rifiuti speciali con grande presenza di metalli pesanti. Questa è una bomba ecologica della quale bisogna capire la portata, perché, essendo una cosa che risale a dieci anni fa, con i dilavamenti delle piogge e l'erosione delle sponde da parte dell'acqua del fiume, noi non sappiamo se vi sia stato un trasporto in altri siti, attraverso il fiume, di questi metalli»;

    nell'ambito della suddetta audizione la dirigente dell'area I della prefettura di Viterbo dichiarava: «sono soltanto ipotesi, perché al momento non abbiamo ancora un piano di caratterizzazione. Sono state fatte diverse conferenze di servizio. Il sindaco in questo caso è intervenuto con il potere sostitutivo per cui, insieme all'Università della Tuscia, è stato fatto un modello preliminare concettuale di caratterizzazione e siamo in attesa di effettuare la caratterizzazione, che ci darà contezza dell'effettivo danno ambientale, per poi procedere alla bonifica. Il problema è l'ingente somma di danaro che serve per tutta l'attività, che si presume solo per la caratterizzazione vada oltre un milione di euro» e «la proprietà è di una società privata che lavorava inerti. Nel 2007 fu denunciato il riversamento di rifiuti. Questo, però, avvenne nel 2007 e poi l'area fu sottoposta a sequestro. Soltanto oggi arriviamo a una stima di 142 (ettari), perché non è mai stato fatto un piano di caratterizzazione che ci consenta di individuare precisamente l'entità del danno e la dimensione dell'area compromessa»;

    in data 23 giugno 2016 la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati elaborava la «relazione territoriale sulla regione Veneto», da cui si prendeva atto, al punto 12.3 pagina 121 dell'allegato, che dall'indagine relativa alla Nuova Esa s.r.l. nel Comune di Marcon, sarebbe emerso un traffico illecito di rifiuti a livello nazionale, svolto miscelando rifiuti speciali pericolosi (terre di bonifica, scorie e polveri da fonderia, fanghi industriali e di drenaggio); al riguardo, la Corte di cassazione con sentenza n. 47870/11 del 19 ottobre 2011, è intervenuta prima del maturare della prescrizione del reato ascritto, accertando che i rifiuti pericolosi venivano miscelati in modo sistematico con quelli non pericolosi senza osservare alcuna prescrizione, attribuendo quindi codici CER diversi da quelli che avrebbero dovuto essere indicati, inviandoli ad impianti che erano autorizzati solo al recupero ma non allo smaltimento dei rifiuti; nella fase dibattimentale, secondo quanto riportato nella relazione della Commissione a pagina 124, emergeva che «partite di rifiuti, per un quantitativo di 1 milione 400 kg derivanti dalla la miscelazione anche di rifiuti pericolosi, definiti “oleosi”, venivano inviate alla ditta Inerti Centro Italia ICI di Graffignano, esercente attività di recupero in regime semplificato»;

    nell'audizione del 20 febbraio 2017 vengono evidenziati altri fatti che interessano la provincia di Viterbo, come la cava oggetto di illecito smaltimento nel 2005 nel comune di Castel Sant'Elia, i 7.000 metri cubi di rifiuti speciali interrati prima del 2004 ad Orte, presso una ex fornace di laterizi ormai dismessa, contenenti metalli pesanti destinati a diventare composto per miscelazione come materia prima per un impasto, e l'incendio presso il centro di stoccaggio di materiale plastico «CITE» ad Onano del 2016, sprigionante una nube probabilmente tossica e i cui cumuli carbonizzati giacciono lì da allora;

    nella provincia di Viterbo rimangono irrisolte altre situazioni come lo smaltimento nelle tre cave nei comuni di Capranica, Vetralla (Località Cinelli) e Castel Sant'Elia dei rifiuti tossici provenienti dal nord Italia, intercettati nel 2005 dai carabinieri, e le emissioni odorigene, ascrivibili ad acido solfidrico (come evidenziato dall'Arpa Lazio), delle attività di recupero svolte in una ex cava nel comune di Soriano nel Cimino;

    i fatti in questione unitamente alle inchieste della magistratura «Giro D'Italia», «Re Mida» e «Longamanus» che hanno messo in luce la presenza di organizzazioni eco-criminali nazionali ben radicate, operanti per diversi anni in sordina anche nel viterbese, preoccupano i residenti che spesso si organizzano in comitati e associazioni allo scopo di sensibilizzare la popolazione e le istituzioni sulla vasta entità del fenomeno;

    il Veneto si colloca tristemente in testa a tutte le classifiche in tema di inquinamento ambientale, anche a livello europeo, per gli innumerevoli agenti inquinanti che lo colpiscono, a cui si aggiungono fenomeni di illegalità diffusa in merito alla gestione dei rifiuti e delle discariche abusive, come emerge dai lavori della suddetta Commissione d'inchiesta parlamentare; il quadro è allarmante dati i 1.500 impianti di trattamento di rifiuti speciali, anche pericolosi, che con un meccanismo illecito vengono poi smaltiti presso altri impianti compiacenti mediante la falsificazione dei documenti di accompagnamento, come dimostra la sentenza della Corte di cassazione precedentemente citata;

    è emblematico in tal senso il coinvolgimento di tutte le imprese indagate che hanno operato nella realizzazione dell'autostrada A/31, cosiddetta «Valdastico Sud», che collega Vicenza a Rovigo, ma occorre sottolineare che sul territorio regionale veneto esistono 485 siti contaminati, con i responsabili che svaniscono nel nulla e la collettività costretta a sobbarcarsi i danni. È il caso della discarica di Ca’ Filissine, nel comune di Pescantina, in provincia di Verona, presso la quale la Daneco Impianti, dopo una gestione dissennata, ha lasciato al piccolo comune e alla regione Veneto gli oneri connessi alla messa in sicurezza della discarica; in particolare, gravano sul territorio comunale 1.700.000 metri cubi di rifiuti speciali conferiti in quasi 13 anni che generano molta preoccupazione, vista la vicinanza con la falda idropotabile;

    la Commissione d'inchiesta ha affrontato altresì per la regione Veneto, la questione dell'inquinamento prodotto dai Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) che rischiano di compromettere irreversibilmente la falda di Almisano, la seconda falda freatica più grande ed importante d'Europa;

    la contaminazione da Pfas nelle acque (superficiali e profonde) è stata segnalata in Veneto da Irsa-Cnr in tre anni (2011-’12-’13); l'inquinamento dovuto a queste sostanze, classificate dallo Iarc come potenzialmente cancerogene, è andato espandendosi fino ad interessare un'area di più di 150 chilometri quadrati (dato ARPAV 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 350.000 persone coinvolte; il primo monitoraggio effettuato dalla regione Veneto sulle acque di rete o di pozzo ha riscontrato in 31 comuni valori di queste sostanze oltre la soglia e per tutelare la salute della popolazione sono state emesse ordinanze per la chiusura o la limitazione dell'uso di pozzi in molti comuni della zona interessata;

    l'Arpav, nel corso di un monitoraggio su tutta la rete delle acque del Veneto, per lo studio della diffusione della contaminazione che aveva interessato anche alcuni pozzi destinati a rifornire gli acquedotti di numerosi comuni, nelle acque sotterranee rileva valori di contaminazione maggiori o uguali a 100 ng/l in 21 comuni, 15 in provincia di Vicenza, 3 in provincia di Padova e 3 in provincia di Verona;

    da un successivo monitoraggio condotto sempre dall'Arpav (2016), si evidenzia come la contaminazione è confermata con valori percentuali ben oltre i limiti previsti dal decreto legislativo 13 ottobre 2015, n. 172, attuativo della direttiva 2013/39/UE che indica i limiti rispettivamente in 0.1 e 0.2 microgrammi/l per acque superficiali interne ed altre acque di superficie; esiste un andamento crescente della contaminazione che arriva anche a 2.000 microgrammi/litro nelle acque sotterranee;

    un primo studio di biomonitoraggio dell'Istituto superiore di sanità, concluso lo scorso anno su un campione rappresentativo della popolazione residente, esposta e non esposta, ha evidenziato che i livelli di Pfas nel siero degli esposti sono significativamente superiori ai livelli dei non esposti: oltre 70 ng/g siero nel siero degli esposti, concentrazione prossima allo zero nei non esposti;

    per quanto riguarda le ricadute che tale contaminazione ha sul piano sanitario, diverse ricerche e monitoraggi condotti sulla popolazione dimostrano la correlazione tra esposizione a Pfas e malattie evidenziate, tra cui lo studio condotto dall'Enea, «Esposizione a sostanze perfluoroalchiliche ed effetti sulla popolazione» (maggio 2016); questo studio ha confrontato la mortalità nei comuni con superamenti della concentrazione di Pfas e con superamenti della concentrazione di Pfos con quella dei comuni dove le analisi dimostravano assenza di inquinamento (somma PFAS=0); per alcune delle 16 patologie in studio si osserva un aumento del rischio di morte nei comuni inquinati; in particolare, si rilevano aumenti della mortalità, statisticamente significativi, per diabete e infarto miocardico acuto nella popolazione maschile dei comuni in cui le misure di concentrazione di Pfas superano i livelli di performance, e per diabete, malattie cerebrovascolari, infarto e Alzheimer, nella popolazione femminile; sempre secondo l'Enea, gli aumenti di mortalità nell'area costituita dai comuni con superamenti della concentrazione di Pfos riguardano il diabete, le malattie cerebrovascolari e l'infarto in entrambi i sessi, e tumore del rene e malattia di Alzheimer nelle sole donne,

impegna il Governo:

1) in attuazione del principio di precauzione, ad assumere le iniziative di competenza per accertare l'esistenza, nonché l'eventuale reale entità, del danno ambientale, ai sensi dell'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dovuto alla contaminazione delle falde acquifere profonde e superficiali, nonché dei terreni interessati dall'attività, presumibilmente illecita, svolta nel sedime di cava, interessando altresì le aree limitrofe;

2) ad attuare, per quanto di competenza, le misure di prevenzione e riparazione, previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006, volte alla messa in sicurezza permanente e all'isolamento in modo definitivo delle fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente;

3) ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché vengano attuati interventi di bonifica e di ripristino ambientale atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee;

4) ad assumere iniziative per stanziare adeguate risorse per avviare nella provincia di Viterbo, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa), la mappatura su vasta scala dei terreni, partendo dalle aree più a rischio, individuate all'esito delle indagini e delle verifiche delle agenzie ambientali, nonché tenendo conto delle segnalazioni delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, al fine di pervenire alla classificazione degli stessi terreni in base al grado di contaminazione;

5) a promuovere, per quanto di competenza, un piano generale di bonifica anche sulla base delle evidenze emerse dalla mappatura e dalle analisi sopracitate e ad assumere iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse adeguate, anche straordinarie, necessarie alla sua attuazione;

6) in caso di inadempimento e/o impossibilità nell'individuazione dell'operatore responsabile, a esercitare la facoltà di cui all'articolo 305, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 152 del 2006, adottando le misure di ripristino necessarie con diritto di rivalsa esercitabile nei confronti di chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse nei termini di cui all'articolo 305, comma 3;

7) a valutare se sussistano i presupposti per rivalersi in sede civile per il risarcimento del danno nei confronti del responsabile o dei responsabili dell'inquinamento dei territori sopradescritti, per legge tenuti alla bonifica dell'intero sito;

8) a promuovere, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità (Iss), indagini epidemiologiche sullo stato di salute della popolazione, a partire da quella maggiormente esposta, in base alle risultanze delle indagini delle agenzie ambientali.
(1-01779) «Massimiliano Bernini, Benedetti, Cozzolino, Spessotto, Lombardi, Silvia Giordano, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa».

Risoluzioni in Commissione:


   La IV Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 20, comma 1, della legge n. 67 del 1988 prevedeva l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia, di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti per un importo complessivo di 23 miliardi di euro;

    la Commissione sanità della regione Siciliana, nella legislatura appena conclusa, in fase di approvazione della programmazione delle risorse ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988, aveva inserito, fra le opere da realizzare, il nuovo ospedale di Siracusa, per un totale di 140 milioni di euro di cui 110 a carico dello Stato e della regione, nella misura del 95 per cento e del 5 per cento, e 30 milioni a carico dell'azienda sanitaria provinciale di Siracusa;

    dalla disamina della relazione tecnica dettagliata sul progetto del nuovo ospedale di Siracusa emerge che: «[...]l'attuale scelta della zona FS2 ove insediare il nuovo ospedale di Siracusa risale al lontano 1993, epoca in cui i temi della viabilità, della fruizione immediata, tramite la realizzazione di due gallerie di accesso poste una a nord e una a sud di non facile attuazione, e della moderna sanità erano altri. Oggi l'area risulta inserita in un contesto di compressione e congestione urbana lontana dalle direttrici di immediata fruizione e accessibilità in caso di eventi di eccezionale gravità che porterebbero il nuovo ospedale quale punto di riferimento a livello provinciale e non solo, ma anche e soprattutto tenendo conto dei fattori innovativi del sistema sanitario»;

   un dato che emerge da un'attenta valutazione di carattere economico, e che certamente recita a tutto vantaggio nella scelta di proporre aree diverse dalla attuale FS2 di Contrada Pizzuta, riguarda gli alti valori espropriativi di queste aree inserite in un forte contesto urbano (130 euro/mq);

   presso l'area prospiciente Capo di Santa Panagia è dislocata la Stazione radiotelegrafica della Marina Militare; complesso di antenne militari installate sul territorio con decreto del Comando militare marittimo del Basso Tirreno del 20 novembre del 1985, per cui la zona è vincolata, non potendo essere urbanizzata;

   la possibilità di cedere tale sito, o una sua porzione, al fine ultimo di permettere la realizzazione del nuovo ospedale di Siracusa, permetterebbe di risparmiare ben 140 milioni di euro sul bilancio dello Stato, poiché vi sarebbero minori oneri espropriativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative per istituire un protocollo di intesa tra Ministero della difesa e regione Siciliana volto a destinare l'area, o una sua porzione, su cui insiste la Stazione Radiotelegrafica della Marina Militare per la realizzazione del nuovo ospedale di Siracusa.
(7-01421) «Rizzo, Lorefice, Marzana, Grillo, D'Uva, Villarosa, Cancelleri, Lupo, Di Benedetto».


   La VI Commissione,

   premesso che:

    sono oramai moltissimi i consumatori danneggiati dai mutui indicizzati in franchi svizzeri, venduti come un prodotto senza rischi ed anzi vantaggioso, perché indicizzato al Libor anziché all'Euribor;

    nei mutui fondiari «indicizzati» al franco svizzero l'erogazione e le rate di rimborso sono regolate in euro, ma la valuta di riferimento, ai fini del calcolo delle stesse, è il franco svizzero, secondo un meccanismo che la banca mutuante non ha mai debitamente spiegato e chiarito in sede di stipula e neppure successivamente, nel corso del rapporto di mutuo;

    i risparmiatori contestano i differenziali semestralmente calcolati non solo sul tasso Libor, ma anche sul tasso di cambi Euro/Chf, nonché, in sede di conteggio di quanto dovuto a seguito di richiesta di estinzione anticipata del mutuo, che si debbano corrispondere ulteriori somme di denaro per «rivalutazione» collegata al tasso di cambio;

    i consumatori ritengono, infatti, che le clausole dei contratti di mutuo che disciplinano il calcolo degli interessi e il calcolo dell'importo dovuto in caso di estinzione anticipata o di surroga del mutuo siano vessatorie;

    il contratto di mutuo indicizzato al franco svizzero (CHF) commercializzato dalla Banca Barclays in Italia è stato introdotto nel mercato italiano dalla banca Woolwich nel 1993 che, nell'arco di 14 anni, secondo la tabella fornita dalla banca, ha venduto 6471 mutui, mentre Barclays, in soli 4 anni, ne ha venduti 3507; le famiglie coinvolte sono 9.978;

    Barclays ha venduto più della metà dei mutui erogati da Woolwich in un arco di tempo nettamente inferiore, senza contare che la vendita a tappeto è avvenuta negli anni in cui il tasso di cambio Euro/Chf era ai suoi massimi storici, mentre il ritiro dal mercato è avvenuto proprio nel momento in cui il tasso di cambio è arrivato vicino al tasso soglia di 1,20; una ripresa del cambio su questi ultimi mutui erogati avrebbe comportato una perdita per la banca e non una tutela per il consumatore;

    il prodotto è stato venduto senza mettere in evidenza i rischi connessi e anche oggi la banca afferma: «Il principale fattore di convenienza di questo prodotto era costituito dal fatto che i tassi di interesse legati al Franco Svizzero erano (come in parte ancora oggi sono) sensibilmente più bassi rispetto a quelli della Lira e della zona Euro: conseguentemente, il cliente che sottoscriveva un mutuo indicizzato al Chf poteva beneficiare, e ancora oggi beneficia, di un minore tasso di interesse», pertanto, secondo quello che la banca dichiara e afferma, il mutuatario, per risparmiare qualche centinaia di euro sugli interessi, ha accettato il rischio di vedersi moltiplicare a livelli esponenziali (come poi è successo) l'intero capitale mutuato per effetto della rivalutazione del Chf sull'Euro rimanendo così vincolato al proprio immobile gravato dal mutuo a causa di una troppo costosa estinzione anticipata;

    il mutuo in questione è un mutuo in euro indicizzato al Chf per la parte interessi e non è mai stato venduto come un mutuo in valuta estera, né in fase precontrattuale né nel corso del rapporto;

    ciò è dimostrato, secondo i firmatari del presente atto, chiaramente sia nei documenti informativi sia nel contratto di mutuo, che non indicano in maniera chiara e semplice che il consumatore ha contratto un mutuo in Chf, il cui rischio non è legato alla sola variabilità del tasso di interesse, ma anche al rischio occulto della variazione del tasso di cambio;

    nel contratto solo dopo una lunga premessa compare un'unica frase che secondo la banca dovrebbe far comprendere al mutuatario di aver accettato e sottoscritto un mutuo in valuta estera: «mutuo in euro indicizzato al Franco Svizzero»; in nessun punto del contratto vengono riportate somme e corrispettivi in Chf che ne rivelino la natura di mutuo in valuta estera;

    nei fogli informativi, ad avviso dei firmatari del presente atto, niente rende chiaro al mutuatario di aver sottoscritto questo tipo di contratto e mai vengono segnalati i rischi connessi, anzi, in più punti appare che il rischio del mutuo è limitato al solo tasso di interesse;

    nei fogli informativi, inoltre, la banca non segnala mai l'alea legata alla conversione del debito residuo in valuta estera, cosa che può determinare sia l'incremento della rata mensile in fase di ammortamento sia l'aumento del debito residuo calcolato al momento dell'estinzione anticipata;

    il prodotto in questione è stato venduto applicando tassi di cambio persino superiori al tasso storico massimo di 1,6803: il mutuatario, nell'erronea convinzione di aver sottoscritto un mutuo in euro, anche se avesse estinto nello stesso giorno, avrebbe dovuto rimborsare alla banca un importo in euro già maggiorato per effetto della doppia conversione;

    anche un periodo di andamento sfavorevole del tasso di cambio Euro/Chf Barclays avrebbe di fatto falsato la percezione dei mutuatari, segnalando conguagli positivi basati sulla differenza algebrica tra tasso di interesse reale e convenzionale (vantaggioso per il mutuatario) e tasso di cambio reale e convenzionale (sfavorevole per il mutuatario) che determina saldi positivi o negativi, in accredito o addebito sul fondo fruttifero; un tasso di interesse inferiore a quello di mercato nella rata mensile genera infatti l'illusoria convinzione di un mutuo vantaggioso anche in presenza di un andamento fortemente negativo del cambio; la percezione inoltre è falsata poiché i conguagli riguardano sei mesi alla volta e non l'intero capitale; l'onerosità del contratto appare evidente solo dopo la prima fase di ammortamento, quando la quota relativa agli interessi è stata interamente rimborsata ed in fase di estinzione anticipata;

    la banca, a quanto risulta ai firmatari del presente atto, ha avanzato pubblicamente delle proposte per venire incontro al mutuatario, e non lo sollevano dall'obbligo di corrispondere anche la rivalutazione oltre al capitale residuo, in fase di estinzione del mutuo, ma si risolvono solo in una dilazione della stessa;

    l'eventuale accettazione della dilazione da parte del mutuatario preclude ogni ulteriore tutela giurisdizionale inerente a fatti passati, presenti o futuri;

    dal 2009 a oggi le decisioni in materia pubblicate sono oltre 50, di cui oltre la metà sono favorevoli al consumatore; solo 23 sono le domande rigettate (anche per errori nell'esporre il caso), 1 cessata e 3 non procedibili; dal 2015, le suddette decisioni sono solo favorevoli al mutuatario, riconoscendo la nullità delle clausole in questione e i danni cagionati al mutuatario; occorre considerare che le decisioni dell'arbitro bancario e finanziario non sono vincolanti per la banca; tuttavia, anche quelle in favore della stessa, sottolineano sostanzialmente l'assoluta mancanza di trasparenza, la difficoltà di interpretazione della volontà e l'esigenza di maggior collaborazione e chiarezza da parte della banca, peraltro del tutto tardiva per il mutuatario;

    di recente, le ragioni dei risparmiatori ingannati iniziano inoltre, finalmente, ad esser riconosciute anche dalla dottrina e dalla giurisprudenza;

    il tribunale di Milano, nell'ordinanza n. R.G. 2015/47185 afferma che il mutuo manca di trasparenza, ravvisando il contrasto con l'articolo 35 comma 1, del codice del consumo, ma di fatto non si è mai arrivati una condanna;

    il tribunale di Pescara, con ordinanza di rimessione istruttoria n. RG 4984/2015, sottolinea la mancanza della valuta estera, ribadisce la complessità del mutuo e la presenza di un fattore di rischio aggiunto e nascosto al mutuatario che potrebbe snaturarne la causa fino a rendere nullo l'intero mutuo e ha disposto una consulenza tecnica;

    il tribunale di Treviso, con ordinanza di rimessione istruttoria N.R.G. 3665/2016, ravvisa che la problematica non si limita agli articoli 7 o 7-bis del contratto, ma anche all'articolo 4 sugli interessi, chiedendo al perito di ricalcolare tutto il contratto di mutuo attraverso l'applicazione del tasso Bot;

    il tribunale di Busto Arsizio, con sentenza n. 375/2017, condanna la banca alla restituzione delle somme pagate dal mutuatario come rivalutazione monetaria in fase di estinzione anticipata, oltre interessi legali, CTU ha analizzato l'articolo 7 del contratto relativo all'estinzione anticipata del mutuo, nel cui ambito non è prevista alcuna formula o metodologia di calcolo: l'importo residuo corrisponde al solo valore in euro, indicato nel piano di ammortamento, in corrispondenza dell'ultima rata pagata dal mutuatario, senza l'applicazione della rivalutazione Euro/Chf;

    il tribunale di Roma, con ordinanza n. R.G. 44182/2017 pubblicata il 3 gennaio 2017, confermando quanto statuito dall'arbitro bancario finanziario con decisione n. 4135/2015, ha accertato la nullità della clausola di indicizzazione degli interessi al franco svizzero inserita in un contratto di mutuo avente per valuta l'euro e ha condannato la banca resistente alla restituzione dell'importo (indebitamente) ricevuto a titolo di «conguaglio cambio» penale per l'estinzione anticipata del contratto, calcolato dalla banca secondo i criteri di cui alla detta clausola; il giudice ha rilevato che contenuti, modalità di stesura e d'inserimento, nel contesto contrattuale, dei criteri di calcolo, senza alcuna specifica nel documento di sintesi, rendono equivoci i relativi diritti ed obblighi negoziali, oltre a produrre «un significativo squilibrio ai danni del consumatore, come si evince dall'ingente somma richiesta dalla banca»; per l'effetto, «i contenuti di tale articolo ... contravvengono ai principi di trasparenza, pubblicità e correttezza di cui agli articoli 115 e 116 del TUB, nonché a quelli degli articoli 33 e seguenti del Codice del Consumo» e lo stesso è, pertanto, affetto da nullità; preso atto, tra le altre cose, delle «posizioni espresse da autorevoli Collegi arbitrali» circa la nullità di una pattuizione così congegnata, del tutto ignorate dalla banca resistente, il giudice ha altresì condannato la stessa a risarcire ai clienti, ai sensi dell'articolo 96, comma 3 del codice di procedura civile, il danno loro cagionato attraverso la propria condotta palesemente «dilatoria ed ostruzionistica»;

    la corte di appello di Roma, con ordinanza R.G. 753/2017, rigetta totalmente le istanze di Barclays Bank e non solo conferma le decisioni dell'Arbitro bancario finanziario, ma conferma la condanna di primo grado nei confronti della banca che ora dovrà pagare quanto dovuto; l'ordinanza è molto articolata poiché si basa e richiama le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, le quali sottolineano la mancanza assoluta di trasparenza e chiarezza di tali contratti di mutuo;

    il contratto di mutuo in questione era stato redatto facendo riferimento alla valuta in lire e in euro;

    le note informative apparivano fuorvianti, essendo indicato solo il debito in euro e non l'ammontare della rivalutazione e i tassi di cambio non apparivano corrispondenti;

    vi è stata una generale e continua mancanza di trasparenza, con impossibilità per il mutuatario di avere un chiarimento effettivo e «personale» dalla banca, poiché questa ha nel frattempo chiuso le filiali sul territorio italiano;

    per il consumatore il mutuo non può essere compreso come mutuo in valuta, poiché altrimenti avrebbe dovuto essere consapevole della necessità di tenere monitorato l'andamento del mercato dei cambi, come se fosse un professionista operatore di borsa e non un cliente consumatore;

    il contratto di mutuo è in euro, ma è legato all'andamento di un indice aleatorio, il tasso di cambio Euro/Chf, che nel corso del tempo è calcolato su un fondo fruttifero, in modo da funzionare, sostanzialmente, come uno strumento finanziario derivato;

    moltissime famiglie italiane, inconsapevoli dei rischi assunti sulla base di un'informazione non trasparente e decettiva, non sono attualmente più in grado di tenere fede agli impegni sottoscritti, che sono diventati gravosissimi sulla base dei meccanismi di funzionamento descritti;

   a causa della scarsa trasparenza e chiarezza del contratto, nella maggior parte delle situazioni i mutuatari si trovano con rate maggiorate anche del 50 per cento;

    nessuna risposta effettiva e concreta, ad avviso dei firmatari del presente atto, è stata data ai consumatori interessati dalla banca, né dalle autorità di vigilanza né dal Governo, a seguito degli atti di sindacato ispettivo presentati in Parlamento (interrogazione a risposta immediata in Commissione finanze della Camera presentata dall'Onorevole Paglia, n. 5-06065 del 15 luglio 2015; interpellanza presentata dal Senatore Moronese, n. 2/00347 del 9 febbraio 2016; interrogazione presentata dall'Onorevole Casson, n. 3-02952 (in Commissione - già n. 4-05754) del 10 maggio 2016);

    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in data 15 novembre 2017, ha avviato il procedimento CV159 – Barclays - Contratti mutuo indicizzati al Franco svizzero – ai sensi dell'articolo 23, comma 6, del «Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie», adottato dall'Autorità con delibera del 1° aprile 2015;

    interrogazioni in sede europea ribadiscono l'esigenza di tutela del consumatore per i mutui in valuta estera (On. Zanonato - E-005632-16, On. Buonanno - E-000866-15);

    anche l'intervento dell'Arbitro bancario, finanziario ha avuto scarsa efficacia, in quanto la banca sta portando avanti una strategia aziendale che prevede la chiusura e l'uscita completa dal territorio italiano;

    a norma del comma 6 dell'articolo 120-quater del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario), in tema di surrogazione e portabilità nei contratti di finanziamento, «è nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione (...)»,

impegna il Governo:

  ad assumere in tempi brevi le iniziative di competenza necessarie a garantire una integrale ed uniforme tutela dei consumatori danneggiati dalla stipula di mutui indicizzati in franchi svizzeri o da mutui denominati in valuta, e in particolare:

   a) a convocare in tempi brevi un tavolo di concertazione presso il Ministero dell'economia e delle finanze, presieduto dal Ministro o da un suo delegato, cui partecipino i rappresentanti dell'Associazione per la tutela dei consumatori finanziari (Tu.con.fin) e delle associazioni dei consumatori più rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché delle associazioni di categoria delle banche, oltre ad esperti della materia indicati in misura paritetica dalle predette associazioni, allo scopo di individuare in tempi brevi, definiti e certi, soluzioni comuni per tutti i mutuatari coinvolti, senza disparità di trattamento;

   b) ad assumere iniziative per sottoscrivere un protocollo d'intesa con l'Associazione bancaria italiana, sentiti l'Associazione per la tutela dei consumatori finanziari (Tu.con.fin) e le associazioni dei consumatori più rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, per assicurare – in breve tempo e con semplici ed essenziali adempimenti – la surrogazione dei contratti di mutuo in questione, ai sensi e per gli effetti del comma 6 dell'articolo 120-quater del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario), alle condizioni stipulate tra il cliente e l'intermediario su entrante, per l'importo residuo corrispondente al solo valore in euro, indicato nel piano di ammortamento, quale risulta dopo il saldo dell'ultima rata pagata dal mutuatario, senza l'applicazione della rivalutazione Euro/Chf con esclusione di penali o altri oneri di qualsiasi natura e, in particolare, con espresso divieto, da parte del finanziatore originario, di esigere dal mutuatario, alcuna forma di «rivalutazione monetaria» a titolo di «conguaglio cambio» sia nel caso di estinzione/surrogazione che al termine dell'ammortamento del mutuo;

   c) ad assumere iniziative per prescrivere, con opportune modifiche normative, sanzioni adeguate per le violazioni dell'articolo 120-quater del decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385 - Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in tema di surrogazione e portabilità nei contratti di finanziamento, e disporre che tali somme in entrata nel bilancio dello Stato siano riversate ad incremento delle dotazioni del fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, di cui all'articolo 2, comma 475, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e del fondo per le vittime di frodi finanziarie di cui all'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), presso il Ministero dell'economia e delle finanze;

   d) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere il rimborso delle somme indebitamente pagate dai mutuatari in fase di estinzione anticipata come rivalutazione monetaria a titolo di «conguaglio cambio», oltre ad interessi legali, fermo restando il diritto dei mutuatari al risarcimento del danno per responsabilità aggravata di Barclays e Woolwich, a valere sulle risorse del fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, di cui all'articolo 2, comma 475, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e del fondo per le vittime di frodi finanziarie di cui all'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con espresso diritto di surroga dello Stato, fino a concorrenza di tali somme rimborsate, nei diritti dei mutuatari verso le citate banche.
(7-01422) «Bernardo, Rubinato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   D'INCÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 22 maggio 2017 i comuni montani bellunesi di Borca di Cadore, Comelico Superiore, Danta di Cadore, Lorenzago di Cadore, Lozzo di Cadore, Pieve di Cadore, San Nicolò di Comelico, Santo Stefano di Cadore, San Vito di Cadore, Selva di Cadore, Zoppè di Cadore e l'8-12 giugno 2017 il comune di Sappada, proponevano, rispettivamente, alla giunta regionale veneta e all'azienda Ulss n. 1 Dolomiti, «istanza di annullamento d'ufficio per esercizio del potere di autotutela amministrativa» e, nei confronti del Governo italiano, «Iniziativa (ex art. 8 legge 131/2003) degli enti locali per l'attivazione del potere sostitutivo del governo»;

   si dolevano in fatto che a seguito dell'adozione del Pssr (piano socio sanitario regionale) 2012-2016, approvato con legge regionale n. 23 del 2012, delle delibere della giunta veneta n. 68 del 2013 e n. 2122 del 2013, e atto aziendale n. 179 del 2014 del direttore generale della Ulss 1 Belluno, l'ospedale di Pieve di Cadore è stato privato di un reparto di chirurgia generale che sia idoneo nell'arco delle 24 ore, 7 giorni su 7, ad affrontare interventi urgenti in situazione di emergenza;

   il modello organizzativo strutturato sulla base di interventi chirurgici programmati in day and week surgery multidisciplinare, cioè solo diurni (dalle 8 alle 20) ed infrasettimanali (dal lunedì al venerdì), con esclusione dunque della possibilità di utilizzo della sala operatoria nelle ore notturne, nonché il sabato e domenica, non consente gli interventi in loco per le emergenze chirurgiche; l'assistenza del paziente dovrebbe essere comunque assicurata presso l'ospedale hub di Belluno. Tale riorganizzazione ha però determinato l'impossibilità di efficaci interventi di urgenza immediata/emergenza, oltre che presso il presidio spoke di Pieve (non disponibile in orario notturno e nei giorni festivi), anche presso l’hub di Belluno, poiché ivi concretamente non somministrabili nell'arco della cosiddetta golden hour (letteralmente «ora d'oro», che indica una nozione di tipo scientifico/statistico secondo cui l'ospedalizzazione entro 60 minuti dall'evento traumatico consente di ottenere il picco massimo di chance di sopravvivenza per il paziente);

   i comuni hanno prodotto documentazione relativa alle distanze chilometriche tra i rispettivi abitati e l'ospedale bellunese, con indicazione dei tempi medi di percorrenza che, nella maggior parte dei casi, superano abbondantemente l'ora; producevano, altresì, una consulenza medico-legale che, nelle sue «conclusioni», confermava la violazione dei livelli essenziali di assistenza «salvavita» da parte del modello organizzativo sopra indicato;

   la riorganizzazione attuata dalle deliberazioni richiamate, impedendo il rispetto della golden hour, e dunque la effettività della prestazione di servizi essenziali di assistenza (e cioè dei livelli essenziali di assistenza intesi quale l'insieme delle prestazioni che vengono garantite dal servizio sanitario nazionale), ad avviso dell'interrogante palesa, da parte dei predetti provvedimenti, la violazione diretta degli articoli 2, 32, 117, 2° comma, lettera m), della Costituzione;

   l'articolo 120, comma 2°, della Costituzione stabilisce «(...) (2) Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, (...) quando lo richiedono (...) la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» e l'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 di attuazione regola il potere sostitutivo;

   il principio della necessaria tutela della golden hour è stato affermato dal Consiglio di Stato, da ultimo, con le sentenze n. 3242/2012, 3881/2013 e 2151/2015, con riferimento ai piani socio-sanitari di Lazio e Calabria;

   la Corte costituzionale con sentenza n. 275 del 2016 ha chiarito che i diritti fondamentali ed incomprimibili tutelati dalla Costituzione vengono prima del pareggio di bilancio (articolo 81 della Costituzione) e che «È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione» –:

   di quali elementi disponga sulla questione esposta, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza;

   quali risposte il Governo intenda dare alle istanze formulate dagli enti di cui in premessa, anche in considerazione dei ritardi ai quali si assiste nell'individuazione di un'idonea soluzione alla questione, con particolare riguardo ai presupposti per avviare iniziative ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione.
(3-03441)


   FRANCO BORDO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, CARLO GALLI, FOLINO, FONTANELLI, MARTELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SIMONI, SCOTTO, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   Vittorio Emanuele III (Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia) è stato Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia, primo maresciallo dell'Impero e Re d'Albania;

   all'indomani della marcia su Roma delle squadre fasciste, il Re rifiutò di dichiarare lo stato d'assedio come proposto dal Governo ormai dimissionario e la mattina del 30 ottobre Benito Mussolini ricevette dal Re Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il Governo;

   nel novembre 1925 Vittorio Emanuele III firmò le cosiddette «Leggi fascistissime» con cui furono sciolti tutti i partiti politici (tranne il PNF) e instaurata la censura sulla stampa;

   nel 1926 il Re autorizzò la nascita del tribunale speciale per la difesa dello Stato;

   nel 1938, il Re firmò le leggi razziali del Governo fascista, che introdussero discriminazioni nei confronti degli ebrei;

   Vittorio Emanuele III osservò, senza opporre resistenza, il completo asservimento dell'Italia fascista alla Germania nazista;

   nella notte tra l'8 e il 9 settembre 1943, il Re fuggì da Roma alla volta di Brindisi, città libera dal controllo tedesco e non occupata dagli anglo-americani;

   la fuga del Re lasciò l'intero esercito italiano su tutti i fronti di guerra senza ordini e al completo sbando, permettendo all'esercito tedesco di attuare senza problemi l'operazione Achse e sancendo la più grave disfatta dell'esercito italiano che nell'arco di 10 giorni subì 20.000 perdite e oltre 800.000 prigionieri;

   il Re morì il 28 dicembre 1947 ad Alessandria d'Egitto dove si era ritirato in esilio prima della consultazione referendaria che sancì la nascita della Repubblica italiana;

   nessun tribunale ha avuto modo di processare Vittorio Emanuele III;

   la salma di Vittorio Emanuele III, partita da Alessandria d'Egitto, è rientrata in Italia a bordo di un volo dell'Aeronautica militare italiana, atterrato alle 11 del 17 dicembre 2017 all'aeroporto di Cuneo;

   alla partenza ad Alessandria erano presenti i familiari e l'ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini;

   la salma è stata tumulata al santuario di Vicoforte di Mondovì, accanto a quella della regina Elena;

   da parte della presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane e dal presidente emerito dell'Anpi, professor Carlo Smuraglia, sono state espresse parole di sdegno e sconcerto rispetto alla decisione di rientro e alla sua modalità –:

   quali procedure siano state adottate per autorizzare il rientro della salma e quali motivazioni ne siano alla base;

   quali motivazioni abbiano spinto l'ambasciatore italiano al Cairo a essere presente alla partenza della salma;

   per quali ragioni lo Stato italiano abbia messo a disposizione un mezzo dell'Aeronautica militare per il trasporto della salma, considerato che le ragioni diffuse dai mezzi d'informazione, di stampo umanitario, appaiono agli interroganti palesemente insussistenti.
(3-03443)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   CHIARELLI e GALGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nell'indagine condotta dall'Istat in collaborazione con il Ministero della giustizia, si legge che negli ultimi 5 anni si registrano 774 casi di donne uccise, con una media di circa 150 all'anno;

   secondo le stime del 2016 in Italia sono più di 1.600 i figli rimasti orfani di madre a causa di un femminicidio. Questi ragazzi, sono delle vere e proprie «vittime secondarie», subiscono molteplici danni, legati al trauma per avere in alcuni casi assistito direttamente all'omicidio;

   purtroppo, non esiste ancora una legge specifica che li tuteli o li sostenga, anche economicamente, a differenza di altre categorie; il 3 ottobre 2007 a Palagonia, in provincia di Catania, Marianna Manduca (che aveva denunciato molteplici volte le minacce e le violenze subite) fu uccisa con sei coltellate al petto dal marito, Saverio Nolfo. L'uomo è attualmente in carcere dove sta scontando la condanna a 20 anni per l'omicidio commesso; è evidente che nonostante le molteplici denunce della vittima per le violenze subite da parte del coniuge, i pubblici ministeri non furono in grado di fermare i maltrattamenti;

   i tre bambini rimasti orfani sono stati affidati a Carmelo Cali, il cugino della madre assassinata, che ne è diventato tutore a tutti gli effetti. Sulla base della legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, costui aveva fatto ricorso alla Corte di cassazione, affinché agli stessi venissero riconosciuti i danni subiti a causa della negligenza dei giudici;

   il 13 giugno 2017 la corte d'appello di Messina ha emesso la sentenza che ha stabilito il dolo e la colpa grave dei magistrati che, nonostante le dodici denunce della donna, non fecero quanto era in loro potere per evitare il tragico epilogo. Il tribunale ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento di 300 mila euro di danni ai tre orfani;

   gli avvocati Alfredo Galasso e Licia D'Amico, legali dei figli di Marianna Manduca, hanno reso noto sulla stampa che Palazzo Chigi ha deciso di presentare istanza di ricorso alla sentenza della corte d'appello di Messina;

   un fenomeno sociale come l'omicidio di genere necessita di responsabilità da parte dello Stato –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rinunciare all'impugnazione della sentenza della corte d'appello di Messina, che non punisce la magistratura nel suo complesso, ma riconosce la responsabilità di singoli giudici.
(5-12956)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il fondo unico giustizia è un fondo dinamico, istituito con l'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, che disciplinava altresì le risorse che vi dovevano affluire, gestito da Equitalia Giustizia s.p.a., società al 100 per cento pubblica, che, secondo gli ultimi dati disponibili, contiene risorse per oltre 3,7 miliardi di euro, di cui solo una parte minoritaria, circa 1,5 miliardi di euro, sarebbe liquida e quindi trasferibile a titolo di anticipo allo Stato ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 del citato decreto-legge;

   le somme versate allo Stato da Equitalia Giustizia a titolo di anticipo sono destinate in misura non inferiore a 1/3, al Ministero dell'interno, in misura non inferiore a 1/3, al Ministero della giustizia, mentre le restanti vanno all'entrata del bilancio dello Stato;

   come descritto in una relazione della Corte dei conti del 10 luglio 2014, il fondo unico giustizia sarebbe gravato da non poche criticità;

   in particolare, la relazione si sofferma sul problema relativo all'alienazione anticipata dei titoli sequestrati: la legge attualmente ne consente la vendita anticipata, subordinandola, però, all'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che ne regoli il funzionamento, ma che non è ancora stato adottato;

   alla data della relazione vi erano risorse ancora in sequestro, alcune risalenti addirittura a 30-35 anni addietro, per le quali non risultano intervenuti (o comunicati) successivi provvedimenti definitivi di confisca, restituzione o devoluzione allo Stato;

   si evidenziava, inoltre, la presenza di molti uffici giudiziari, tra quelli non ancora abilitati alla trasmissione delle informazioni con sistema web, che non hanno mai effettuato comunicazioni di provvedimenti di pertinenza del fondo unico giustizia;

   è emerso il fenomeno, di cui non si conoscono ancora le reali dimensioni, della mancata volturazione al fondo di molte delle liquidità oggetto di sequestro e, poi, di confisca e della diffusa abitudine degli amministratori giudiziari a non soddisfare gli obblighi di rendicontazione;

   secondo i dati statistici disponibili, l'ammontare delle risorse che confluiscono all'interno del suddetto fondo è stato sostanzialmente crescente, e, secondo l'interrogante, anche in questi ultimi anni, vista la quantità di misure di prevenzione patrimoniali eseguite, potrebbe essere aumentato in maniera esponenziale;

   ad Equitalia giustizia s.p.a. è riconosciuto un aggio del 5 per cento sul rendimento annuo della gestione finanziaria del fondo unico giustizia, al netto delle spese di gestione dello stesso fondo che ha garantito entrate sostanziali e crescenti nel corso degli anni alla società –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative per ridurre la percentuale di aggio garantito ad Equitalia giustizia s.p.a. per la gestione del fondo unico giustizia;

   se e quali iniziative siano state intraprese al fine di porre rimedio alle criticità descritte nella relazione della Corte dei conti del 10 luglio 2014;

   se il Governo non intenda fornire, con la massima rapidità, informazioni aggiornate circa la gestione del fondo unico giustizia.
(5-12944)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del processo intentato dai coniugi Falena Lepri sulla presunta truffa a loro danno relativa alle pratiche di adozione internazionale in Kirghizistan nel 2012, il 30 ottobre 2017 il tribunale civile di Roma emetteva in primo grado una sentenza in cui condannava innanzitutto l'ente autorizzato Airone per violazione del contratto;

   la sentenza riconosce la responsabilità contrattuale di Airone per aver violato le obbligazioni alla base del mandato ovvero aver assicurato la sussistenza di una sentenza di adottabilità e di altra documentazione poi rivelatisi entrambe inesistenti ma anche, ed è questa la novità più rilevante, la sentenza riconosce la responsabilità di omessa vigilanza per la Commissione adozioni internazionali per aver ignorato, tra il settembre 2011 e il maggio 2012, le diverse segnalazioni inviate dalla coppia relative alle numerose incongruenze nella procedura di adozione in Kirghizistan;

   più nel dettaglio il tribunale ha condannato le parti in solido al pagamento di 178 mila euro più le spese legali, in favore dei coniugi Falena Lepri, cifra che evidentemente sopravanza in modo consistente le spese vive sostenute dalla coppia ed è pertanto da intendersi comprensiva dei danni morali;

   altre sei coppie si sono costituite parte civile, mentre il numero delle coppie truffate da Airone per le adozioni in Kirghizistan ammonterebbe a venti;

   la sentenza, relativa al processo civile, non esaurisce tuttavia i procedimenti pendenti a carico dell'ente autorizzato Airone di Albenga, contro cui è in corso un processo penale presso il tribunale di Savona, dove sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata a truffa la presidente dell'ente, Silvia La Scala, la collaboratrice Inna Troukhan e i kirghisi Alexander Angelidi e Venera Zakirova;

   in questo caso la truffa verso gli aspiranti genitori adottivi consisterebbe nell'aver abbinato loro bambini che in realtà non erano adottabili, mettendo in scena processi fasulli, sottoscrivendo procure false, affermando falsamente di aver depositato documenti, corrompendo funzionari kirghisi;

   va peraltro ricordato che la Commissione adozioni internazionali nel marzo 2013 revocò ad Airone tutte le autorizzazioni ad operare in Kirghizistan e a luglio 2013 cancellò Airone dall'elenco degli enti autorizzati;

   è del tutto plausibile ritenere che la sentenza del tribunale di Roma costituisca un precedente e, quindi, un incentivo ad intentare un processo, non solo per le altre 19 coppie che hanno affidato ad Airone i loro progetti familiari in Kirghizistan, ma anche per tutte le altre famiglie che hanno visto interrompere i propri progetti di genitorialità adottiva in Paesi come il Congo e l'Etiopia –:

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare perché la Commissione per le adozioni internazionali possa esercitare una vigilanza compiuta ed efficace, tale da prevenire le spiacevoli situazioni verificatesi in Kirghistan, e se non ritenga opportuno promuovere la Costituzione presso la Commissione per le adozioni internazionali un fondo di garanzia che possa tutelare le aspiranti famiglie adottive da danni morali e materiali, nonché l'istituzione di un'assicurazione obbligatoria per gli enti autorizzati.
(5-12951)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, gli abitanti di Roma est, terra di cave mai bonificate e discariche abusive vecchie e nuove, denunciano l'aumento di patologie tumorali: nel 2012 il dipartimento epidemiologia della regione Lazio assegnò a questa zona il primato di mortalità per tumori maligni nella popolazione maschile;

   la relazione del direttore del servizio di igiene e sanità pubblica, Fabrizio Magrelli, sulla ex asl Roma B, datata 2015 ma «ancora attuale» traccia un quadro agghiacciante dei rischi ambientali sul territorio: roghi tossici, presenza di rifiuti pericolosi interrati, sversamenti fuori controllo da parte degli insediamenti industriali, possibile presenza di solventi nei pozzi, controlli ambientali carenti, monitoraggi parziali e autorizzazioni integrate non complete;

   il Ministro Minniti, il 19 settembre 2017, dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie paventava l'intervento dell'esercito in supporto alle operazioni fin qui vane del comune di Roma e della regione Lazio;

   la stessa commissione nel report presentato il 19 dicembre 2017 «ha sollecitato l'adozione di misure normative che potrebbero trovare riferimento nella legislazione introdotta sul tema Terra dei fuochi in Campania»;

   il 1° novembre 2013 la Camera ha deciso di desecretare l'audizione resa dal pentito Carmine Schiavone che ha fatto luce sul traffico illegale delle scorie pericolose, i fusti tossici interrati nelle cave, le coperture politiche e massoniche presagendo la vasta mortalità per tumori nella provincia di Napoli e Caserta la cui impennata effettivamente è stata registrata dal Cnr e dal Ministero della salute;

   da decenni ormai, sussiste una emergenza legata alla criminalità dedita al traffico illegale di rifiuti e conseguente inquinamento ambientale, che sembra sfuggire al controllo delle autorità preposte e che sta creando una preoccupante inquietudine nella popolazione sia per la salute pubblica, dovuta all'impennata di malattie tumorali che per l'impunità di cui godono i criminali dell'ambiente;

   a questo preoccupante quadro vanno aggiunti i sospetti roghi (tossici) che colpiscono i centri di raccolta, smistamento e trattamento di rifiuti differenziati in tutta Italia (oltre 200) e che aggravano ulteriormente la situazione ambientale e sanitaria: un metodo criminale che consente di distruggere materiali non riciclabili, antieconomici da smaltire;

   nell'ultima relazione della direzione nazionale antimafia si legge: «se prima le strutture dedite alla criminalità ambientale per aver luoghi dove smaltire illegalmente si rivolgevano alla camorra, adesso quelle stesse strutture dispongono di discariche legali dove operare illegalmente» e «di quanto occorra per farlo» alludendo alla falsificazione dei codici che classificano i rifiuti e al ricorso al sistema del «girobolla»;

   l'Associazione nazionale contro le illegalità e mafie Antonino Caponnetto ha presentato diversi esposti richiedendo di indagare sugli interramenti di rifiuti tossici e/o sostanze nocive ed eventualmente anche radioattivi rispettivamente nel territorio della regione Campania, nella discarica ubicata in località Nocione e nel tratto tra Presenzano-S.Vittore-Cassino e sul presunto traffico illecito dei residui di incenerimento tramite combustione che sarebbe avvenuto tra l'inceneritore Herambiente di Pozzilli e il cementificio Colacem nella Piana di Venafro –:

   se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza e anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità un'indagine epidemiologica per valutare lo stato dei danni provocati alla salute dei cittadini coinvolti;

   di quali informazioni il Governo disponga in ordine alla infiltrazione della criminalità organizzata nel settore della gestione dei rifiuti, in particolare nelle regioni Campania, Lazio, Molise e se emergano collusioni con la criminalità industriale;

   se il Ministro dell'interno intenda assumere iniziative affinché le prefetture coinvolte per competenza territoriale attivino i Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica;

   se si intendano assumere le iniziative di competenza per rafforzare l'attività di contrasto al traffico di sostanze tossico nocive.
(5-12969)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi l'Emilia-Romagna è stata investita da una disastrosa alluvione, soprattutto tra le province di Parma, Reggio Emilia e Modena, con copiosi allagamenti, a seguito delle esondazioni dei fiumi (soprattutto il Parma e l'Enza);

   la situazione più critica si è avvertita a Lentigione, nel comune di Brescello e Colorno, dove la famosa Reggia è finita sott'acqua e dove migliaia di persone sono state evacuate o costrette a rifugiarsi nei piani e nelle zone più alte del Paese ed altre decine sono rimaste bloccate fino all'arrivo degli elicotteri;

   le piogge torrenziali sono incessanti e a ciò si aggiunge il rapido scioglimento di tutta la neve caduta nelle scorse settimane sull'Appennino, a causa del caldo anomalo proveniente dal nord Africa con raffiche di libeccio;

   i mezzi anfibi sopraggiunti per agevolare i soccorsi, insieme all'azione degli elicotteri e alla pronta chiusura delle linee ferroviarie Parma-Brescia e Parma-Suzzara (che collegano la zona del Parmense con la Lombardia), hanno evitato che l'emergenza degenerasse in tragedia;

   nella zona di Colorno, dove è tracimato il torrente Parma, il ponte storico è stato chiuso, la piazza è stata evacuata e il sindaco ha dato indicazione ai residenti di spostarsi ai piani alti degli edifici, come avvenuto del resto in tutti i comuni;

   anche la popolazione residente in golena (in località Casaltone) ha avuto la disposizione di abbandonare i piani terra e trasferirsi a quelli superiori, così come avvenuto per l'area Cepim, a causa della piena del Taro;

   è stato chiuso alla circolazione per precauzione il ponte sulla strada statale 62 della Cisa fra Sorbolo e Sorbolo Levante. Situazione critica anche a Modena per la piena del fiume Secchia con scuole e ponti chiusi e pesanti disagi al traffico. Il fiume Secchia, nel Modenese, è tracimato allagando una parte di Campogalliano;

   in alcune frazioni di Carpi e Bomporto sono state chiuse le scuole ed inoltre si sono registrati danni a Fanano, Fiumalbo, Frassinoro, Pievepelago, Palagano e Pavullo;

   purtroppo, ai danni già recati all'area e all'emergenza, si aggiungono le non buone notizie giunte dalle previsioni meteo per le prossime ore;

   la Protezione civile regionale ha emesso un nuovo bollettino valido dal 15 dicembre 2017, alla mezzanotte di sabato 16, lanciando l'allerta generale;

   secondo la Protezione civile «le precipitazioni previste a partire dalle prime ore di venerdì sul crinale centro-occidentale determineranno ulteriori incrementi dei livelli idrometrici sui corsi d'acqua già interessati dall'esaurimento dell'ultimo evento di piena e nei tratti vallivi dei fiumi Enza e Secchia si potranno raggiungere le soglie idrometriche di livello 2»;

   questo significa che sono previste piene di media entità (allerta arancione in codice), soprattutto nella giornata del 16 dicembre 2017, nell'area della Bassa reggiana, già provata dall'alluvione, e sulle province di Modena e Bologna;

   70 millimetri di pioggia sono attesi domani sull'Appennino con pericolo di nuove piene che interessa tutta la pianura emiliana: da Piacenza a Bologna a Ferrara –:

   se il Governo sia a conoscenza degli ultimi sviluppi dell'emergenza nell'area, di quali informazioni e dati disponga circa l'evoluzione climatica delle prossime ore e se abbia già previsto un potenziamento di presidi e mezzi di soccorso;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di assicurare tempestivamente un sostegno ai paesi ed ai cittadini colpiti dalle piogge per una rapida ripresa una volta cessate le piogge straordinarie;

   se il Governo intenda assumere iniziative per assicurare in tempi rapidi e certi, di concerto con la regione Emilia—Romagna e gli enti locali, gli ammortizzatori sociali necessari al fine di tutelare lavoratori ed aziende fortemente danneggiati dalle piogge.
(4-18807)


   RICCARDO GALLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dopo oltre 12 anni dalla sua approvazione, il Piano regolatore generale di Agrigento, formalmente approvato dal consiglio comunale con deliberazione n. 108 del 20 luglio 2005, risulta ancora non pienamente vigente per la mancata approvazione di specifici piani urbanistici, attuativi ed esecutivi;

   in tale situazione tutti i cittadini proprietari dei terreni individuati come edificabili si vedono chiamati al pagamento dell'imposta sui terreni senza poter realmente utilizzare quelle aree ai fini edificatori;

   al riguardo, secondo quanto previsto dalla normativa tributaria in vigore, l'imposta deve essere pagata anche se il piano che ha individuato una zona come edificabile, non è in effetti vigente per la mancata approvazione delle prescrizioni esecutive, dei piani costruttivi o particolareggiati, necessari per regolamentare le concessioni edilizie;

   risulta evidente che una simile situazione espone i proprietari a un sicuro impoverimento, dovuto ad un'imposizione fiscale così lunga, a cui sono soggetti, in forza di una futura potenzialità edificatoria che in concreto può non tradursi in una reale utilizzazione, ai fini edificatori, dei terreni e/o delle aree interessate e in questo senso il caso del piano regolatore di Agrigento è emblematico;

   l'interrogante segnala come di fatto non sono bastati 12 anni per renderlo pienamente vigente ed appare chiaro che il completamento dell’iter urbanistico è ancora lontano da una sua reale conclusione; è evidente che la circostanza evidenziata è rilevante poiché potenzialmente ripetibile in tutto il territorio italiano;

   il decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2006, ha indicato la sola decorrenza iniziale dell'imposizione tributaria, facendola corrispondere all'inizio del procedimento urbanistico, con la semplice diversa classificazione del suolo, senza in alcun modo considerare lo stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi;

   appare palesemente ingiusto il fatto di applicare l'imposta ai terreni edificabili ritenendo tali tutte quelle aree semplicemente individuate dai singoli comuni anche in assenza di strumenti urbanistici attuativi;

   l'interrogante evidenzia a tal fine che va, considerato quindi che i proprietari di questi terreni o di queste aree, si trovano in molti casi nella condizione di versare l'imposta senza che il loro bene abbia, anche per lunghi periodi, nessuna concreta possibilità di utilizzazione e senza che ne possano disporre pienamente;

   è palesemente non equo far ricadere una tale imposizione sui malcapitati cittadini, peraltro chiamati a subire un livello di tassazione tra i più alti d'Europa; questo provoca un sicuro ed ingiusto nocumento di quei soggetti che si trovano a dover pagare, per moltissimi anni, un'imposta a fronte anche dei ritardi e delle inerzie poste in essere da un ente locale;

   in tal modo questi cittadini vengono esposti a pagare una maggiore imposta potenzialmente anche per la colpa o il dolo dei soggetti che amministrano un ente;

   si ritiene necessario, al fine di garantire una maggiore equità nell'applicazione del tributo e in considerazione dei nuovi scenari di finanza pubblica, correlare l'applicazione dell'imposta ad una effettiva utilizzazione edilizia dei terreni o delle aree o in subordine dare un tetto temporale entro cui le amministrazioni devono concludere procedimenti urbanistici così importanti;

   si ritiene altresì che risulta necessario, per un fatto di pura giustizia fiscale e sociale, che situazioni come quella agrigentina non abbiano più a ripetersi e che la norma tributaria in questione debba essere rimodulata ed armonizzata nel senso prima esposto –:

   se il Governo, al fine di garantire una maggiore equità nell'applicazione del tributo, non intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative normative volte ad evitare gli effetti distorsivi di cui in premessa, rendendo più stringenti i limiti dell'imposizione tributaria relativa ai terreni o alle aree, correlando la stessa all'effettiva utilizzazione edilizia.
(4-18810)


   GARAVINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Belgio negli ultimi anni, in particolare in concomitanza della crisi economica e sociale che ha interessato l'Europa, si è registrato un incremento di espulsioni di cittadini in mobilità provenienti da altri Paesi comunitari, sancite dalle autorità locali a breve distanza di tempo dalla perdita del lavoro e quindi in uno stato di disoccupazione. Si è passati, infatti, da una media annuale di espulsioni di 137 tra il 2008 e il 2010 a una media annuale di 2.387 tra il 2012 e il 2014, con un aumento del 1.600 per cento;

   tali provvedimenti, come è stato puntualmente e ripetutamente denunciato dalle organizzazioni di patronato e di tutela dei lavoratori anche presso le istituzioni comunitarie, sembrano essere in sostanziale e, talvolta, anche formale violazione con gli articoli 7 e 14 della direttiva 2004/38, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, e con l'articolo 4 del regolamento n. 883/2004 riguardante il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in quanto privano il cittadino disoccupato dello status di ex lavoratore;

   questa tendenza all'espulsione dei cittadini comunitari che fanno uso del loro diritto alla libera circolazione, peraltro condivisa anche da altri Governi di Stati dell'Unione, è una tendenza iniziata già negli anni scorsi, nel tentativo, vano, di mantenere il Regno Unito nell'Unione europea, che è continuata con alcune sentenze della Corte di giustizia e che sta diventando una prassi diffusa che svuota di fatto uno dei principi base del trattato: quello della libera circolazione delle persone. La Commissione europea ha lanciato il Labour Mobility Package, concepito per realizzare un mercato interno del lavoro più aperto e dinamico, ma non è intervenuta in maniera chiara per limitare le restrizioni alla mobilità dei lavoratori con l'intento di contenere i costi di assistenza dei lavoratori caduti in disoccupazione. In un'economia di mercato lo status di disoccupazione può essere una condizione verificabile, ma ciò non può significare che i lavoratori perdano quei diritti sociali fondamentali che sono alla base dell'Unione europea;

   nel solo Belgio, tra il 2008 e il 2016, tra i 12.735 cittadini europei ai quali è stato notificato l’«ordine di lasciare il territorio» gli italiani sono, per così dire, a metà classifica nella graduatoria degli espulsi, con conseguenze di ordine sociale ed umano non indifferenti, soprattutto in una fase di atipicizzazione di contratti di lavoro e corrispondente ad una ripresa dei flussi di nuova emigrazione –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per fare in modo che i principi della libertà di movimento e di lavoro nell'ambito comunitario non siano di fatto contraddetti da espulsioni sempre più frequenti in alcuni Stati membri e che i cittadini europei possano continuare a godere pienamente delle misure di protezione sociale previste in caso di disoccupazione;

   se il Governo non intenda intervenire presso la Commissione europea attraverso la rappresentanza permanente presso l'Unione europea al fine di salvaguardare l'efficacia dei diritti sociali di quei cittadini colpiti da provvedimenti di espulsione per il solo fatto di trovarsi in stato di disoccupazione, a causa di evidenti interpretazioni restrittive della legislazione comunitaria in proposito;

   se il Governo non intenda intervenire presso le autorità belghe per assicurare ai cittadini italiani, così come a tutti i cittadini europei, il rispetto di quelle regole di eguaglianza di trattamento, che sono alla base dell'Unione europea.
(4-18820)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

  in data 3 agosto 2015 è stata avviata la procedura d'impatto ambientale e il procedimento per la localizzazione dell'opera per il progetto strada statale 675 «Umbro Laziale» – completamento del collegamento del porto di Civitavecchia con il nodo intermodale di Orte-Monte Romano-Civitaveccchia;

   il progetto è inserito nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera Cipe del 21 dicembre 2001 n. 121 come «Trasversale nord Orte-Civitavecchia», in conformità a quanto previsto dalla «legge-Obiettivo» n. 443 del 2001;

   la proponente Anas, nell'ambito della Valutazione di incidenza ambientale ha redatto uno studio di incidenza fermandosi alla fase 1 (screening), concludendo che il tracciato selezionato «non produrrà incidenze significative». Tali conclusioni sono state contestate dalla Commissione tecnica VIA che in data 20 gennaio 2017 ha espresso parere negativo, sottolineando che sarebbe stato necessario passare alle fasi 2, 3 e 4 della Vinca come richiesto dalla Commissione stessa;

   nella risposta all'interrogazione n. 5-12231 del 20 settembre 2017 il Governo, nella persona del sottosegretario Del Basso De Caro, ha dichiarato che, successivamente all'acquisizione del parere negativo di VIA in sede di conferenza di servizi, si è provveduto ad avviare il procedimento di composizione del dissenso presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come previsto dall'articolo 183, comma 6, del decreto legislativo n. 163 del 2006;

   il dipartimento per il coordinamento amministrativo (Dica) della Presidenza del Consiglio dei ministri, incaricato della relativa istruttoria, ha evidenziato che la proposta di approvazione del progetto potrà essere sottoposta all'esame del Cipe solo a seguito dell'eventuale adozione del provvedimento di compatibilità ambientale, demandato, appunto, al Consiglio dei ministri. È stato quindi richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di fornire eventuali prescrizioni o misure di mitigazione;

   il 14 luglio 2017 la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale (Ctvia) ha provveduto a trasmettere il proprio parere n. 2453 del 7 luglio 2017 con cui ha affermato come «non sia possibile elaborare eventuali prescrizioni e misure di mitigazione, come richiesto dalla Presidenza del Consiglio, per la variante progettuale costituita dal tracciato cosiddetto “verde” [...] in quanto gli impatti ambientali che si configurano dall'analisi della documentazione fornita dal proponente sono tali da non poter essere mitigati o compensati»;

   il 1° dicembre 2017, durante il Consiglio dei ministri n. 60 il Governo ha deliberato il provvedimento di compatibilità ambientale del progetto preliminare senza attendere il completamento della Vinca né il relativo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   la direttiva 92/43/CEE «Habitat», all'articolo 6, paragrafo 3, prevede che le autorità competenti diano il loro accordo su un piano o progetto «soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito» –:

   se il Governo intenda rendere pubbliche le prescrizioni, le osservazioni e le raccomandazioni di cui alla delibera del Consiglio dei ministri (seduta n. 60) del 1° dicembre 2017;

   se il Governo, alla luce di quanto riportato in premessa, intenda assicurare il completamento della Vinca seppure successivamente al provvedimento di compatibilità ambientale, e se, in caso affermativo intenda garantire che tale svolgimento sarà propedeutico alla delibera del Cipe sul tracciato in questione;

   se il Governo abbia stimato i tempi dello svolgimento della citata Vinca e se intenda garantire, durante tutto il processo, la dovuta trasparenza e quindi la pubblicazione degli studi effettuati da Anas (in tutte le loro fasi), così da permettere la partecipazione del pubblico e di tutti gli stakeholder, come sarebbe stato possibile se l'Anas avesse rispettato le richieste della Ctvia quando ancora era in corso la valutazione di impatto ambientale.
(4-18821)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 26 ottobre 2017 ad un anno dalla seconda importante scossa che ha colpito il Centro Italia, il Ministero dello sviluppo economico ha convocato un tavolo con la regione Umbria e gli enti locali interessati – ora rinviato a data da destinarsi – per decidere in merito all'approvazione del progetto di Snam e British Gas per la costruzione del metanodotto Sulmona-Foligno, uno dei cinque tratti del gasdotto «Rete Adriatica» che corre per 687 chilometri da Massafra (TA) a Minerbio (BO), il quale, essendo stato dichiarato infrastruttura strategica e progetto di interesse comunitario, ha beneficiato di procedure più snelle per l'autorizzazione ed il finanziamento pubblico;

   il progetto, come detto, è diviso in cinque tratte, di cui due già approvate (Foligno-Sestino, Sestino-Minerbio), due già in fase di posa del tubo (Massafra-Biccari, Biccari-Campochiaro), una già esistente (Campochiaro-Sulmona), ed un'altra, la Sulmona-Foligno, per la quale le regioni Umbria e Abruzzo hanno negato l'intesa;

   l'approvazione del progetto si baserebbe, infatti, su una valutazione d'impatto ambientale risalente al 2011 – conclusasi con la sola fase di screening – fondata sullo studio d'impatto ambientale presentato dalla proponente, nel quale si afferma semplicemente l'andamento positivo dei test di shacking, che simulano il sisma, sul tubo che dovrebbe essere posato proprio nelle zone interessate dalle faglie attivatesi a partire dal 24 agosto 2016;

   la protesta dei numerosi comitati «no tubo», corroborata dalle opinioni di autorevoli geologi e sismologi sul punto, ha evidenziato i forti impatti di tale infrastruttura in zone ad alto rischio sismico – quali, ad esempio, la zona del monte Morrone e la relativa faglia – connessi al possibile verificarsi di incidenti simili alle esplosioni ed agli incendi che hanno già interessato, da ultimo nel 2015, metanodotti Snam nelle medesime zone; gli stessi comitati hanno già ricevuto, peraltro, il rigetto di Snam della proposta di modifica del tracciato;

   il Ministero dello sviluppo economico ha fortemente sollecitato, in ragione dell'urgenza di realizzazione dell'infrastruttura anche a livello europeo, la decisione positiva in merito all'approvazione del progetto, senza, tuttavia, avviare una nuova procedura di valutazione d'impatto ambientale, da considerarsi necessaria, in ossequio al principio di precauzione in materia ambientale, sulla base dell'evidenza dell'attivazione, nell'ultimo anno, di un nuovo sistema di faglie, precisamente nei territori interessati dalle disastrose vicende sismiche;

   il progetto prevede, inoltre, la costruzione di una centrale di compressione e spinta nel territorio di Sulmona (località Case Pente), per la quale sono già stati espropriati terreni per un totale di 12 ettari; la centrale sarà costituita da tre turbine da 30 megawatt di potenza termica ognuna per la combustione del gas, ed emetterà in atmosfera ossido di azoto e monossido di carbonio, a poche centinaia di metri dal centro abitato –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e se non intenda attivarsi, per quanto di competenza, ai fini della riapertura del procedimento di valutazione d'impatto ambientale in merito al tratto di metanodotto «Rete Adriatica» che corre da Sulmona a Foligno;

   se il Governo non ritenga urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di accogliere la proposta di modifica del tracciato più volte avanzata dai comitati locali;

   se il Governo non ritenga di dover riconsiderare il posizionamento e l'entrata in esercizio della centrale di compressione e spinta di Sulmona, attesa la pericolosità di tali emissioni per la salute dei cittadini e per l'ambiente.
(4-18837)


   SCOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la Consob è l'organo di controllo del mercato finanziario italiano;

   la Commissione è un organo collegiale composto da un presidente e da quattro commissari, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. L'incarico del presidente e dei commissari dura sette anni e non è rinnovabile;

   l'attuale mandato del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, scade, infatti, il 15 dicembre 2017;

   dal gennaio 2017, l'onorevole Maria Elena Boschi, ha assunto l'incarico di Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di Segretario del Consiglio e delega in materia di attuazione del programma di Governo e pari opportunità;

   alla Sottosegretaria Boschi, sono, altresì, delegate le funzioni di coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato, come stabilisce il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di delega funzioni del 19 gennaio 2017;

   come è emerso sulla stampa nazionale, il candidato più accreditato ad assumere il ruolo di presidente e successore di Vegas è il consigliere anziano Anna Genovese, che – sempre secondo la stampa – sarebbe molto vicina alla Sottosegretaria Boschi;

   l'interessamento da parte di un esponente di spicco dell'attuale Governo e titolare di un ruolo strategico per quanto concerne le decisioni in seno al Consiglio dei ministri, come per l'appunto quella sulla nomina del presidente della Consob, suscita gravi perplessità, soprattutto in riferimento alle dichiarazioni testimoniali del presidente Giuseppe Vegas presso la Commissione d'inchiesta parlamentare sul sistema bancario e finanziario. Queste, infatti, le parole pronunciate da Vegas: «Su Banca Etruria ho avuto modo di parlare della questione con l'allora ministro Boschi, che espresse “un quadro di preoccupazione perché a suo avviso c'era la possibilità che Etruria venisse incorporata dalla Popolare di Vicenza e questo era di nocumento per la principale industria di Arezzo che è l'oro”. “In quell'occasione – ha precisato Vegas – fu la ministra che chiese di vedermi e venne a Milano”. A chi gli chiedeva se avesse affrontato il tema di Etruria in altri momenti, Vegas ha detto che “Boschi mi disse in un'altra occasione che suo padre sarebbe diventato vice presidente”» –:

   se, in relazione a quanto esposto in premessa, non ritenga di assicurare che, in occasione della deliberazione del Consiglio dei ministri sulla proposta di nomina del presidente della Consob, sia garantita l'assenza di situazioni di conflitto di interessi.
(4-18860)


   GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 17 dicembre 2017, un C130 dell'Aeronautica militare italiana è atterrato nell'aeroporto di Cuneo-Levaldigi, dove ha trasportato la salma del defunto Vittorio Emanuele III; al passaggio della bara è stato riservato l'onore del picchetto; il volo, partito da Alessandria d'Egitto, è avvenuto 48 ore dopo il trasferimento da Montpellier, in Francia, della salma della consorte Elena di Montenegro. I coniugi Savoia sono stati tumulati nel Santuario di Vicoforte Mondovì;

   da fonti giornalistiche si apprende che il ritorno in patria della salma di Vittorio Emanuele III e della consorte ha richiesto un anno di organizzazione, alla quale hanno preso parti gli uffici della Presidenza della Repubblica, il Cerimoniale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero della difesa, il Ministero dell'interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri; non risulta tuttora chiaro se il costo di tale operazione sia stato sostenuto dallo Stato e/o dalla famiglia Savoia;

   il Parlamento non è stato in alcun modo informato di tale trasferimento; il picchetto d'onore tenutosi presso l'aeroporto di Cuneo-Levaldigi costituisce una grave offesa a quanti hanno perso la propria vita o quella dei loro cari a causa della dittatura fascista e della seconda guerra mondiale;

   negli ultimi anni in Italia si è aggravata la presenza di gruppi neofascisti e neonazisti, accompagnati da una tendenza sempre più marcata al revisionismo e al negazionismo storico, che mette in dubbio lo sterminio di milioni di innocenti, in particolare appartenenti al popolo ebraico, e le responsabilità avute dal fascismo italiano e dalla monarchia nell'instaurazione della dittatura, nella violazione dei diritti civili e politici, e nell'emanazione e attuazione delle leggi razziali del 1938, delle quali ricorrerà presto il disonorevole ottantesimo anniversario;

   il ruolo di Vittorio Emanuele III nella mancata opposizione della marcia su Roma, nella nomina di Benito Mussolini a Presidente del Consiglio, nell'indifferenza alla negazione dei princìpi contenuti nello Statuto albertino, nella firma delle leggi razziali, nell'abbandono dei militari italiani dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943, corre oggi il rischio di essere negato e svalutato a causa del ritorno in patria della salma, per di più legittimato dal trasporto effettuato attraverso volo di Stato –:

   quali siano le motivazioni del ritorno in Italia della salma di Vittorio Emanuele III;

   quali siano le motivazioni e di chi va le responsabilità del picchetto d'onore al passaggio della bara all'aeroporto di Cuneo-Levaldigi, e se intendano assumere iniziative in merito;

   da chi siano stati sostenuti i costi di tale operazione, effettuata attraverso un volo militare, peraltro senza darne alcuna notizia al Parlamento;

   quali iniziative intendano adottare per contrastare il revisionismo e il negazionismo storico sulle responsabilità del ventennio fascista, sulla partecipazione dell'Italia al secondo conflitto mondiale e sullo sterminio del popolo ebraico.
(4-18865)


   ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è un Paese sismico. Nel 2016 la Rete sismica nazionale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha registrato oltre 53 mila terremoti, contro una media annua di circa 20 mila;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 all'allegato A, lettera A.29, esclude l'obbligo di acquisire l'autorizzazione paesaggistica per gli interventi e le opere in aree vincolate nel caso di: «Interventi di fedele ricostruzione di edifici, manufatti e impianti tecnologici che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti (...) a condizione che l'intervento sia realizzato entro dieci anni dall'evento (...)»;

   nella circolare del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo n. 42 del 21 luglio 2017, applicativa del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017, si rende noto che nel corso del dibattito che ha preceduto l'approvazione della norma, è stata manifestata preoccupazione riguardo alla previsione di cui alla voce in esame, con particolare riferimento ai territori interessati dal sisma del 2009 e da quello del 2016-17, dichiarati, in gran parte, di valenza paesaggistica. La questione ha offerto l'opportunità di chiarire che la visione sottesa al nuovo regolamento implica, relativamente ai micro-interventi conservativi, gestionali ordinari e di miglioramento antisismico e di efficientamento ambientale-energetico, nonché, relativamente alla voce A.29, per la ricostruzione post-sisma, una marcata presa di distanza dalle predefinite procedure autorizzative oggettivamente lunghe e complesse;

   nel sistema della disciplina della ricostruzione post-terremoto dell'Italia centrale del 2016, di cui al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, l'autorizzazione paesaggistica non è più necessaria in virtù dell'approvazione di appositi piani di recupero inclusivi di tutti i contenuti conoscitivi, previsionali e prescrittivi del piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 143 del codice, piani di recupero sui quali è previsto il necessario assenso del Ministero. Tali piani di recupero dovranno contenere anche tutte le regole tecniche necessarie a definire un quadro di disciplina esaustivo per consentire al cittadino di operare correttamente in applicazione della voce A.29 e alle amministrazioni preposte alla tutela di poter agevolmente controllare che la ricostruzione sia fedele e rispettosa dei valori paesaggistici tutelati;

   secondo l'articolo 5 del decreto-legge n. 189 del 2016 gli interventi realizzati attraverso strumenti urbanistici attuativi possono essere praticati esclusivamente nei centri e nei nuclei storici, o parti di essi, che risultano gravemente danneggiati o distrutti, una volta perimetrata la zona di particolare interesse storico dalle regioni interessate secondo criteri stabiliti dal commissario straordinario, che proprio per questo, a parere degli interroganti, nella prima prassi applicativa avranno un'incidenza percentuale limitata sul numero delle ricostruzioni da operare;

   la ricostruzione privata, di fatto, avviene prevalentemente al di fuori dei piani attuativi citati usufruendo di un contributo, comprensivo anche dell'adeguamento sismico, igienico-sanitario ed energetico, fino al cento per cento del costo di ricostruzione o recupero dell'edificio distrutto o gravemente lesionato, ma in caso di edificio tutelato si inserisce in un contesto di burocrazia complessa e di pagamenti da anticipare e difficili da sostenere molto superiori alla ricostruzione di un edificio non tutelato, rallentando e scoraggiando la ricostruzione stessa, in particolare sovrapponendosi alla legge 431 del 1985 («Galasso») che inserisce vincoli fino a 150 metri dalle sponde fluviali, situazione molto frequente nelle zone del mantovano colpite dal sisma –:

   quante abitazioni tutelate, a vario titolo, siano state danneggiate nel sisma che ha colpito Emilia-Romagna e Lombardia nel 2012 e quante nel sisma dell'Italia centrale;

   relativamente alle stesse, in quale percentuale non sia stata possibile la ricostruzione degli edifici pubblici e privati, se questa percentuale sia maggiore rispetto a case o altri edifici non tutelati e se non ritengano necessario assumere iniziative per prevedere un monitoraggio e un fondo ad hoc.
(4-18866)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'articolo 9, comma 1, dell'accordo di programma sulla Ferriera di Servola siglato il 30 gennaio 2014, viene prevista «la pavimentazione, il confinamento e la copertura delle aree di messa a parco», propedeutica al rinnovo dell'Autorizzazione integrata ambientale;

   il 21 novembre 2014 è stato firmato l'accordo di programma per l'attuazione del «Progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell'area della Ferriera di Servola», tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con la regione Friuli Venezia Giulia, e l'Autorità portuale di Trieste;

   l'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata il 27 gennaio 2016 dalla regione Friuli Venezia Giulia con decreto n. 96 del 2016 a Siderurgica Triestina ha stabilito la presentazione, entro 9 mesi dal rilascio dell'Autorizzazione, del «progetto di confinamento e copertura delle aree a parco, corredato da un cronoprogramma di attuazione dello stesso»;

   il 26 maggio 2017 si è tenuta la conferenza servizi per la valutazione del progetto di copertura dei parchi presentato da Siderurgica Triestina il 24 novembre 2016. La conferenza ha stabilito «come la prescrizione Aia relativa alla copertura dei parchi non sia stata adempiuta perché l'elaborato presentato era privo dei requisiti sufficienti per essere definito un progetto»;

   il 7 marzo 2017, la regione Friuli Venezia Giulia ha formalmente diffidato Siderurgica Triestina a presentare entro 4 mesi il progetto di confinamento e copertura. La Regione ha disposto che, nelle more della realizzazione del progetto di copertura dei parchi, la società adotti ulteriori misure di mitigazione dello spolveramento utili per il contenimento delle emissioni diffuse;

   in relazione ai pericolosi fenomeni di sollevamento delle polveri dei parchi minerali della Ferriera di Servola che hanno interessato vaste aree della città nel mese di giugno e luglio 2017, secondo la regione Friuli Venezia Giulia «appare sempre più urgente la realizzazione della copertura dei parchi stessi, quale unica soluzione in grado di evitare il ripetersi di questi eventi»;

   il 18 agosto 2017 si è tenuta la conferenza di servizi, chiamata ad esaminare il nuovo progetto di Acciaieria Arvedi Spa. L'azienda ha chiesto di verificare se il progetto debba essere sottoposto a procedura di screening di valutazione di impatto ambientale. Il servizio valutazioni ambientali ha chiesto al proponente la verifica delle variazioni degli impatti dello stabilimento, determinate dalla realizzazione delle coperture delle aree a parco, attraverso gli elementi della check list ministeriale di cui alla nota del 15 gennaio 2015;

   il 26 ottobre 2017 si è tenuta la seduta della conferenza di servizi, nella quale è stato valutato il progetto di fattibilità tecnica ed economica sviluppato dal gruppo Arvedi. La conferenza ha stabilito che «il progetto passi al vaglio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La Regione Friuli Venezia Giulia ha imposto all'azienda la presentazione entro 90 giorni di un piano d'intervento per contenere gli spolveramenti»;

   dopo aver valutato il progetto, la conferenza ha considerato «come adempiute le prescrizioni imposte dall'Aia, rimarcando però che i tempi per la progettazione e la realizzazione dell'intervento devono essere ridotti rispetto a quelli previsti dal cronoprogramma dell'azienda siderurgica», dal quale si evince la previsione di ultimazione dei lavori a metà 2022;

   il dottor Patussi di Asuits nel corso della conferenza, ha confermato l'importanza della copertura dei parchi. Ha sottolineato come sia importante esaminare diversi aspetti, il primo riguarda i tempi lunghissimi di realizzazione della copertura, e di conseguenza bisogna conoscere in tempi rapidissimi gli ulteriori interventi di mitigazione che dovranno essere predisposti. Un altro aspetto è legato alla necessità di valutare il rischio per la salute dei lavoratori che opereranno all'interno delle strutture di copertura. (...) Un ultimo aspetto è quello del rapporto costi/benefìci che riguarda solo l'ambiente (...);

   «La Conferenza ha richiesto che il termine per la consegna degli elaborati del progetto venga fissata in 60 giorni rispetto ai 140 proposti da Arvedi e che quella per gli elaborati esecutivi a 40 giorni contro 130 previsti dall'azienda». Il progetto, «del valore di 38 milioni di euro, prevede la realizzazione di due capannoni alti 40 metri e lunghi circa 280 metri, per progettare i quali e ottenere le autorizzazioni alla costruzione Arvedi stima un periodo di circa 2 anni, che si aggiungono ai 2 anni necessari alla realizzazione dell'opera» –:

   se, alla luce dei continui rinvii relativi alla realizzazione della copertura dei parchi, si intendano convocare i soggetti firmatari dell'Accordo di programma ed esaminare la questione nel dettaglio;

   se, il Governo nel caso non fosse possibile garantire tempi certi per la realizzazione delle opere di copertura dei parchi e di mitigazione degli spolveramenti, intenda adottare le opportune iniziative di competenza, di concerto con la regione Friuli Venezia Giulia, a tutela della salute di lavoratori e cittadinanza.
(4-18868)


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia di stampa Adnkronos, nell'articolo del 15 novembre 2016, ha sottolineato come «un periodo particolarmente favorevole per le vendite corrisponde inevitabilmente a un periodo particolarmente attivo per i cyber criminali: i commercianti propongono numerose offerte a cui è difficile resistere e i consumatori prevedono di spendere denaro in regali per se stessi, amici e parenti. Così, mentre i clienti dell’e-commerce ripongono le loro speranze nei saldi in arrivo, i venditori preparano i propri negozi per rispondere al boom di visitatori e i proprietari delle infrastrutture finanziarie (banche e sistemi di pagamento) si preparano al significativo aumento del numero e del valore delle transazioni; ma anche i cyber criminali si preparano a rubare i dati delle carte di credito»;

   secondo l'articolo pubblicato il 6 dicembre 2017 sul sito www.key4biz.it «i recenti Blackfriday e Cybermonday sono ormai, da qualche anno, considerati gli eventi apripista del lungo periodo delle feste natalizie. E proprio in queste occasioni di acquisti intensi, sia in store che online, il pericolo di frodi e attacchi informatici raggiunge i massimi livelli»;

   secondo i nuovi dati di Enigma Software Group «i computer infettati da malware negli Stati Uniti sono aumentati mediamente di oltre il 123 per cento. Nello specifico, +110 per cento durante il Blackfriday, +119 per cento e +127 per cento rispettivamente i successivi sabato e domenica e +137 per cento in occasione del Cybermonday». L'attenzione ora si sposta inevitabilmente alle ultime settimane dell'anno, quelle che sostanzialmente precedono le feste natalizie. Secondo il nuovo Cybercrime Report di ThreatMetrix, «in tutto il mondo, nel corso delle ultime settimane dell'anno sono attesi più di 50 milioni di cyber attacchi per il Natale 2017»;

   in particolare, i Paesi dove le transazioni finanziarie saranno maggiori e con un alto numero di mobile users potrebbero essere tra i principali obiettivi di attacchi. Al contempo, il trimestrale Threat Intelligence Report, rilasciato qualche giorno fa da NTT Security, ha rivelato «che gli attacchi globali di phishing sono cresciuti in modo preoccupante del 74 per cento nel terzo trimestre del 2017. È stato calcolato che ogni attacco di questo tipo crea danni economici alle organizzazioni di medie dimensioni per 1,6 milioni di dollari e, nel 2016, gli attacchi di phishing sono cresciuti del 70 per cento»;

   tutti, o quasi, gli attacchi informatici sono mirati ad acquisire i dati delle carte di credito. Inoltre, «i cyber criminali spesso mirano alle informazioni sull'identità personale, come username, password e informazioni contenute sui siti visitati regolarmente. Se un cyber criminale riesce ad accedere alle credenziali personali, potrà utilizzarle su molteplici siti e piattaforme spacciandosi per l'utente frodato»;

   per evitare di cadere vittime di frodi informatiche, oltre che disporre di software di sicurezza sempre aggiornati, «si possono mettere in pratica comportamenti generali di attenzione alla sicurezza che in molti casi permettono di prevenire i cyber attacchi, come ad esempio utilizzare password ad alto livello di sicurezza, non utilizzare mai reti WiFi pubbliche per effettuare acquisti online, oppure non aprire email, non cliccare su link o aprire allegati provenienti da fonti sconosciute, non condividere mai username, password o altre informazioni personali online, diffidare di email indesiderate che promettono offerte entusiasmanti e non aprire i relativi allegati, assicurarsi l'aggiornamento costante dei sistemi di antivirus e patching sui propri dispositivi»;

   con precedenti atti di sindacato ispettivo, nello specifico le interrogazioni n. 4-16092, n. 4-16908 e n. 4-17660, l'interrogante ha sollecitato urgenti iniziative volte a contrastare il fenomeno del cybercrime –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per intensificare, con il contributo delle forze dell'ordine, la lotta contro la criminalità informatica;

   se intenda, con l'auspicabile coinvolgimento delle principali realtà informatiche, promuovere una campagna informativa finalizzata a garantire agli utenti una maggiore conoscenza del buone pratiche da seguire durante la navigazione in internet.
(4-18870)


   GINOBLE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la giunta regionale del Molise, (deliberazione della giunta regionale n. 712 del 2014 – deliberazione della giunta regionale n. 76 del 2015) ha ammesso al finanziamento pubblico la realizzazione di un «tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli ed il lungomare Cristoforo Colombo», per un importo di 5.000.000 di euro, a valere su risorse comunitarie;

   il 25 giugno 2015 la giunta comunale di Termoli ha approvato il progetto preliminare per la realizzazione di tale opera, quantificandone i costi in 11.125.094 euro, di cui 5.000.000 coperti dai fondi FSC 2007-2013 e i restanti 6.125.094 a carico de comune di Termoli;

   il 27 luglio 2015, con deliberazione n. 196, la giunta comunale di Termoli ha formulato una rimodulazione dell'intervento, integrandolo con un parcheggio multipiano interrato al di sotto di piazza Sant'Antonio e Pozzo Dolce, da realizzare tramite finanza di progetto, ritenendo le due opere (tunnel e parcheggio) complementari strategiche; tale rimodulazione è stata approvata con delibera di giunta regionale n. 41 del 2015;

   il tunnel che dovrebbe collegare l'area portuale di Termoli con il lungomare nord attraverserebbe terreni ad alto rischio idrogeologico e, passando a soli due metri sotto le fondazioni della struttura medievale della Torretta Belvedere, metterebbe in pericolo la stabilità della fragili strutture del centro storico, in prossimità del castello Svevo di epoca Federiciana;

   la zona più danneggiata sarebbe però quella del cosiddetto piano Sant'Antonio: un'area attualmente degradata ma destinata a verde pubblico a pochi metri dall'arenile che costituisce una splendida terrazza naturale sul mare e sul Borgo Antico;

   fin dalla presentazione del primo progetto numerosi cittadini di Termoli si sono costituiti in Comitato referendario per promuovere un referendum consultivo previsto dallo statuto comunale – ma i quesiti sono stati bocciati – mentre altri cittadini hanno promosso una petizione popolare, raccogliendo oltre 3.000 firme in pochi giorni;

   il 16 febbraio 2017 il comitato referendario dei cittadini ha depositato tre nuovi quesiti su cui il comune non si è ancora pronunciato;

   il referendum consultivo è stato richiesto altresì in consiglio regionale del Molise attraverso una mozione votata favorevolmente da 11 consiglieri su 20;

   nella conferenza dei servizi decisoria per la «Realizzazione di un sistema integrato per la viabilità e mobilità sostenibile del Comune di Termoli», svoltasi il 10 agosto 2017, è stato formalizzato il parere negativo sul progetto della Soprintendenza ai beni paesaggistici e culturali del Molise, ribadito in sede di conferenza di servizi decisoria conclusiva del 7 novembre 2017;

   in data 10 novembre 2017 è stata pubblicata sull'Albo pretorio del comune di Termoli la determinazione conclusiva della conferenza di servizi decisoria – (n. di registro generale 2059 del 9 novembre 2017 e n. di settore 90) che risulta decisamente anomala in quanto, pur essendo a firma di un tecnico (R.U.P.), contiene quello che all'interrogante appare un attacco all'operato del comitato referendario e, soprattutto, nei confronti della Soprintendenza;

   il 16 novembre 2017 il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Franceschini, facendo proprio il parere negativo della Soprintendenza, ha firmato l'opposizione avverso la determinazione conclusiva della conferenza di servizi decisoria;

   il 7 dicembre 2017, ha avuto luogo la prima riunione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in merito, non essendo l'amministrazione comunale di Termoli disponibile ad accogliere il parere della Soprintendenza, non ha prodotto alcun accordo ed è stata aggiornata al 19 dicembre 2017 –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere a tutela del patrimonio storico, architettonico e paesaggistico-ambientale della comunità di Termoli alla luce di quanto esposto in premessa.
(4-18885)


   BIANCOFIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la A22 è una delle 10 concessionarie a maggioranza pubblica: l'83 per cento è in mano agli enti locali di Trentino, Alto Adige, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna;

   i Governi di sinistra attraverso il cosiddetto «sblocca Italia» hanno concesso ad Autobrennero una proroga della gestione e l'attuale Governo si appresta a concedere una nuova concessione trentennale della concessione già scaduta nel 2014 senza gara secondo le norme del nuovo codice degli appalti e nel rispetto delle direttive comunitarie; nessuna privatizzazione, anzi si parla di una pubblicizzazione (si tratta di una società in house), in quanto la nuova concessionaria dovrà essere per il 100 per cento nella titolarità degli enti locali e le province autonome di Trento e Bolzano, per giunta, hanno la maggioranza assoluta della società;

   quanto appena riportato mostra la chiara volontà da parte del Governo di favorire una concessionaria a maggioranza pubblica, a vantaggio della Svp per mantenere la presa su un asset molto importante;

   è dei giorni scorsi la nomina come presidente di A22 di Luigi Olivieri ex parlamentare, dell'Ulivo con l'ennesimo accordo tra Pd e Patt;

   la A22 è costantemente in emergenza visti i livelli di esercizio a cui è sottoposta a causa dell'enorme massa di mezzi provenienti da tutta l'Europa del Nord;

   il numero dei morti degli ultimi anni sull'autostrada è aumentato di molto e nessun tipo di regolazione è stato messo in atto;

   non si conoscono per nulla gli esiti delle rendite dell'accantonamento, il cosiddetto fondo Ferrovia, che rappresenta solo l'1,5 per cento dell'intera somma necessaria per tutte le opere ferroviarie del corridoio, del valore odierno di circa 630 milioni di euro, esclusi gli interessi maturati dal momento della sua costituzione, che non si sa dove siano finiti, quando era lecito attendersi che andassero ad incrementare lo stesso Fondo come si deduce dalla legge istitutiva del Fondo medesimo;

   la pretesa delle province autonome di Trento e Bolzano, della stessa Autostrada del Brennero spa di versare, come la legge stabilisce, allo Stato le risorse del «fondo ferrovia» ad oggi accantonato solo quando sarà formalizzata la proroga della attuale concessione, per 30 anni senza gara, appare all'interrogante come un vero e proprio «ricatto» politico;

   la situazione in cui si trova Olivieri oggi, in quanto presidente dell'Autobrennero, è ancora più complessa in quanto secondo la legge provinciale del 2010 (punto «B») sarebbe tra coloro che devono restituire il compenso «per intero», in quanto percettore di un «vitalizio» derivante dalla carica di ex deputato per almeno due legislature;

   l'interrogante auspica che l'A22 rimanga in mani italiane legata al territorio, ma la gara per la concessione, come da direttiva europea, eviterebbe la costante lottizzazione politica dell'infrastruttura e soprattutto che le province autonome vengano sempre considerate al di sopra delle regole –:

   se nella vicenda che ha riguardato la concessione dell'A22 siano state pienamente osservate le direttive europee sulla concorrenza ed il mercato nonché la legge sugli appalti pubblici;

   se il Governo non intenda rendere noto a quanto ammontino gli interessi maturati sul «fondo ferrovia» dal 1997, anno della sua istituzione, nonché le motivazioni che hanno portato a non contabilizzare tali interessi ad incremento dello stesso «fondo Ferrovia», così come riscontrabile dai bilanci della stessa Autostrada del Brennero spa.
(4-18886)


   DAGA, VILLAROSA, ZOLEZZI, MICILLO, BUSTO, TERZONI, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 1° marzo 2017 è entrata in vigore la legge 27 febbraio 2017, n. 18, di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno;

   l'articolo 2 di tale decreto-legge è intervenuto nuovamente sulla gestione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue, oggetto di sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE e di procedure di infrazione in corso, promettendo, con tale disposizione di superare la grave inefficacia delle misure sinora adottate dallo Stato italiano, a fronte dei preoccupanti rilievi della Commissione, affidando i compiti di coordinamento e realizzazione degli interventi ad un unico commissario straordinario del Governo che, a far data dal decreto di nomina, agirà in sostituzione dei commissari straordinari nominati ai sensi dell'articolo 7, comma 7, del decreto-legge n. 133 del 2014;

   considerato che la Commissione europea, nella procedura di infrazione n. 2004/2034 ha nuovamente deferito l'Italia alla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sarebbe opportuno che il commissario unico trasmettesse con cadenza semestrale una relazione alle Commissioni parlamentari competenti sullo stato dell'arte e sugli obiettivi raggiunti in riferimento agli agglomerati urbani oggetto delle procedure di infrazione;

   è stato già interrogato il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in Aula, il 20 giugno 2017, quando il commissario Rolle si era appena insediato;

   si è consapevoli dell'apertura del sito internet http://www.commissariounicodepurazione.it/ –:

   quali iniziative urgenti abbia assunto in questi mesi il commissario straordinario del Governo, relativamente agli interventi urgenti nei 91 agglomerati urbani oggetto di procedure di infrazione europea a causa della grave carenza infrastrutturale dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acqua reflue e quali siano le problematiche riscontrate e gli obiettivi che verranno perseguiti nei prossimi mesi.
(4-18890)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal sito online regioni.it il 25 ottobre 2017, «una delegazione della Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) Rai per il Friuli-Venezia Giulia è stata ricevuta dal Presidente del Consiglio Regionale Franco Iacop, assieme al presidente del Corecom Giovanni Marzini, ai quali hanno espresso forti preoccupazioni sul futuro della sede regionale della Rai, sul suo ruolo e sui finanziamenti, in vista dello scadere ad aprile 2018 della Convenzione triennale Rai, Radiotelevisione Italiana S.p.A. – Presidenza Consiglio dei ministri»;

   pur essendo quella di Trieste una delle sedi Rai con autonomia linguistica, come Bolzano-Bozen, Trento e Valle d'Aosta, ossia un centro di produzione decentrato, «la grande differenza sta nei contributi con i quali il Dipartimento dell'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri finanzia le spese relative alla programmazione: 11.800.000 euro annuali sono gestiti dalla Rai, senza nemmeno una specifica voce di contabilità separata, considerando il FVG al pari di altre realtà regionali prive di autonomie e di obblighi specifici»;

   per la sede di Trieste, le rappresentanze sindacali unitarie hanno affermato: «si dovrebbe arrivare a una situazione simile a quella di Bolzano, la cui analoga Convenzione tra Presidenza del Consiglio dei ministri e Rai viene gestita direttamente, in modo trasparente, dalla Provincia di Bolzano in accordo con la locale direzione Rai, con autonomia finanziaria e contabile dalla quale derivano aggiornamenti tecnologici, formazione del personale, migliori modalità di produzione, maggiore quantità dei prodotti. Ciò che è di fondamentale importanza è che la Regione si inserisca all'interno del processo formativo della nuova Convenzione, facendo sentire il suo peso e chiedendo il pieno rispetto delle norme»;

   in relazione a quanto sopra esposto, secondo la nota stampa della rappresentanza sindacale unitaria Rai per il Friuli-Venezia Giulia del 29 novembre 2017 «i lavoratori e le lavoratrici della Sede RAI per il Friuli-Venezia Giulia hanno scioperato in difesa del particolare ruolo di Servizio Pubblico che svolgono nella Regione citata al servizio delle culture delle lingue minoritarie locali»;

   nel comunicato, la rappresentanza sindacale unitaria ha ribadito come «la RAI continui a parificare la sede di Trieste alle altre sedi regionali “dimenticando” l'importante finanziamento che riceve annualmente dalla PCM – Dipartimento per l'Editoria in virtù della specifica Convenzione che assegna alla programmazione radiofonica quotidiana in lingua slovena (4.517 ore annuali, cioè 12.5 ore giornaliere) e televisiva (208 ore annuali), alle fasce quotidiane su Radio 1 FVG e quelle per la minoranza di lingua italiana in Slovenia e Croazia (1.667 ore, circa 5 al giorno), nonché le due strisce quotidiane in lingua friulana (90 ore/anno)»;

   secondo la rappresentanza sindacale unitaria «non vi è un'adeguata verifica di come l'Azienda utilizzi questo corrispettivo annuale, non vi è la prevista autonomia finanziaria e contabile, non c'è nemmeno un “Centro di costo” dedicato, nella Convenzione non c'è un obbligo di aggiornamento tecnologico. Ben diversa è la situazione per la programmazione in lingua tedesca, legata ad un'analoga Convenzione per la sede RAI di Bolzano, dove modalità operative, mezzi tecnici, quantità e qualifiche del personale sono decisamente più consoni alle necessità. Questo perché a Bolzano la gestione del corrispettivo finanziamento previsto in quella Convenzione è affidato alla Provincia Autonoma. Riterremmo opportuna una presa di posizione che solleciti in tale direzione il testo della Convenzione in fase di rinnovo. Solo scavalcando i troppi passaggi intermedi, crediamo, si possa giungere a una gestione fruttuosa del corrispettivo, all'altezza delle necessità» –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali strumenti il Governo intenda attivare al fine di rinnovare la convenzione menzionata e se intenda assumere iniziative volte ad accogliere le richieste esposte dalla rappresentanza sindacale unitaria Rai per il Friuli-Venezia Giulia.
(4-18893)


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende che Francesco Bellomo, componente della III sezione del Consiglio di Stato e direttore scientifico di «Diritto e scienza» – rivista on-line nonché associazione che organizza corsi di preparazione al concorso in magistratura – sarebbe implicato in una grave vicenda che coinvolgerebbe alcune borsiste della sua scuola sottoposte «per contratto» a obblighi che risulterebbero «lesivi della dignità e della libertà della persona»;

   la vicenda, resa nota dalla denuncia del padre di una borsista che, per le vessazioni subite dal consigliere è giunta al limite del suicidio, avrebbe ad oggetto delle borse di studio assegnate da Bellomo con contratto dai contenuti inusuali e discutibili, certamente avulsi dal contesto giuridico in cui i soggetti operano. Risulterebbe, infatti, che le studentesse sarebbero state obbligate ad un vincolo di segretezza per tutto quello riguardante la «società» e di fedeltà nei confronti del direttore (cosiddetto «Agente Superiore»); ad autorizzare la pubblicazione sulla rivista «Diritto e scienza» di contenuti relativi ai «risultati dell'attività di addestramento» (ma in realtà consistenti nella pubblicazione di dettagli della loro vita intima, e sessuale qualora ritenute dal docente «inadempienti») nonché ad osservare uno specifico e dettagliato «dress code» che prevedeva l'obbligo di andare a lezione in minigonna, tacchi a spillo e trucco marcato. Il consigliere, inoltre, avrebbe preteso che le stesse non fossero sposate (prevedendo una clausola di decadenza dalla borsa di studio ove avessero contratto matrimonio) e, se fidanzate, le avrebbe sottoposte a un test di valutazione dei partner per decidere se assegnare una borsa di studio di fascia A o B; in un'occasione, avrebbe anche imposto ad una borsista il pagamento di una penale di 100 mila euro nel caso in cui questa si fosse riconciliata con il fidanzato;

   per questa vicenda Bellomo, già sospeso dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa – che, ritenendo che «i gravi addebiti disciplinari violano il prestigio della magistratura» ne ha chiesto la destituzione – risulta anche indagato per estorsione e per altri reati fiscali dai carabinieri e dalla Guardia di finanza di Bari (città in cui vi è una delle sedi «Diritto e scienza»), nonché di altre procure d'Italia;

   nella vicenda risulterebbe coinvolto anche il pm Nalin, stretto collaboratore del Bellomo – e che il Consiglio superiore della magistratura ha già sospeso dalla funzione e dallo stipendio che avrebbe funto da «mediatore» fra questi e le ragazze intervenendo quando sorgevano «dissidi» dovuti spesso alla reticenza delle ragazze ad assecondare le pretese del docente, quali l'esibizione di foto sexy o la sottoposizione a prove di «coraggio» (andare in Ferrari a forte velocità);

   risulterebbe, inoltre, che Bellomo avrebbe tentato di sfruttare la sua posizione di magistrato per ottenere l'accompagnamento coattivo dai carabinieri dell'ex allieva (la borsista il cui padre ha sporto denuncia) per firmare una «conciliazione» in caserma. Ma anche che sia stato ripetutamente denunciato dalle sue ex-fidanzate/corsiste con l'accusa di coartare le loro scelte attraverso una sorta di condotta manipolatoria finalizzata a ridurle in una condizione di soggezione. Da ultimo, si registrano le dichiarazioni rese da Rosa Calvi, avvocato ed ex-corsista, secondo cui Bellomo l'avrebbe cacciata dalla scuola per aver rifiutato le sue avance;

   bizzarre appaiono le dichiarazioni del consigliere che, definitosi «genio incompreso» e paragonatosi ad Einstein – «anch'egli costretto a difendersi dagli attacchi di chi non ne conosceva le idee» – avrebbe banalizzato le accuse rivoltegli definendo quella che lo coinvolge una «vicenda di costume» e qualificando il suo approccio disciplinare «evidentemente troppo moderno per i temi di oggi»;

   da alcune dichiarazione rese dalle corsiste – «sa tutto e vede tutto come l'occhio del Signore degli Anelli» (...) «ha il potere assoluto per farti passare o bocciare al concorso in magistratura» (...) «Chi è contro Bellomo non sarà mai un giudice» – sembrerebbe che l'uomo fosse in grado di condizionare il comportamento delle sue allieve millantando il potere di far superare il concorso in magistratura;

   la grave condotta addebitata a Bellomo e al suo collaboratore, oltre che violare il codice etico e stridere con l'immagine e il prestigio della magistratura che dovrebbe essere portatrice di valori, quali correttezza, imparzialità, giustizia e trasparenza, è secondo l'interrogante di un tale degrado da ledere, oltre che la personale credibilità dei magistrati coinvolti, anche quella dell'intera giurisdizione –:

   se il Governo sia a conoscenza degli addebiti mossi al consigliere Bellomo e di quali elementi disponga, nell'ambito delle sue competenze, in ordine ad un effettivo potere di condizionare l'esito del concorso in magistratura agevolandone il superamento alle borsiste maggiormente «adempienti»;

   se il Governo ritenga, anche alla luce dei molti scandali già denunciati in passato, di dover assumere iniziative per estendere il divieto di organizzare o dirigere corsi di preparazione ai concorsi in magistratura anche ai componenti delle giurisdizioni amministrativa e contabile.
(4-18895)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si legge nella relazione della Corte dei conti su «Lo stato della liquidazione di Stretto di Messina spa» (deliberazione 30 ottobre 2017, n. 14/2017/G), nonostante la suddetta società sia stata posta in liquidazione il 15 aprile 2013, la stessa risulta ancora oggi attiva nonostante il termine di un anno previsto per l'estinzione;

   stando a quanto riferito nella summenzionata relazione, infatti, «l'onere per il mantenimento in vita della concessionaria, sceso sotto i due milioni solo nel 2015, risulta ancora rilevante, essendosi attestata, per il 2016, sopra il milione e mezzo», con una previsione per il 2017 pari a un milione di euro;

   i magistrati contabili, nel loro report, ricordano anche quanto speso fino ad oggi per l'infrastruttura mai realizzata: per «progetto definitivo, monitoraggio ambientale, aggiornamento del piano finanziario; attività per la stipula dell'atto aggiuntivo» sono stati spesi 312 milioni e 355 mila euro;

   nella relazione emerge anche quanto speso per emolumenti al commissario liquidatore, dottor Vincenzo Fortunato: euro 135.000 (174.000, nel 2014);

   come denunciato dal sottoscritto nell'interrogazione a risposta scritta 4-17916, le opere incompiute in Italia sono costate 4,338 miliardi di euro, mentre i fondi necessari per il completamento delle opere nel 2016 sono quasi 2,5 miliardi di euro;

   la Sicilia è in assoluto la regione col più alto numero di opere incompiute: 159, per un valore complessivo pari a 501 milioni di euro;

   a parere dell'interrogante è quanto mai surreale che si continui a pagare per una società che si sarebbe dovuta occupare di un'opera mai realizzata per la quale si sono spesi oltre 312 milioni di euro e che avrebbe dovuto chiudere tre anni fa –:

   se siano a conoscenza dei fatti suesposti;

   quali iniziative di competenza intendano assumere per l'estinzione della società, considerato anche quanto rilevato dalla Corte dei conti, secondo cui la chiusura della vicenda liquidatoria risulterebbe agevolata da un intervento legislativo
(4-18898)


   LO MONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante che un cittadino, dopo aver appreso le notizie sul cosiddetto «Dieselgate Volskwagen» abbia intrapreso un'azione civile individuale, richiedendo accertamenti tecnici all'autorità giudiziaria di Messina per la verifica delle emissioni di un'autovettura Volskwagen di sua proprietà;

   il tribunale di Messina, dopo quasi un anno e mezzo di duro confronto giudiziario, ha disposto le prove tecniche richieste;

   sulla base della proposta formulata dal consulente tecnico di ufficio, si prevede l'effettuazione di prove presso l'Istituto motori di Napoli, facente parte del Cnr e presso la pista di Nardò (di proprietà del gruppo Volskwagen) con una prima spesa di 14.300,00 euro di cui ben 9.000,00 da corrispondere all'Istituto motori di Napoli;

   l'Istituto motori fa parte integrante del Cnr e dovrebbe svolgere funzioni pubbliche di ricerca e di supporto allo sviluppo tecnologico nei settori della conversione dell'energia e della protezione dell'ambiente;

   il consumatore si è rivolto al Codacons il quale, oltre ad aver messo a disposizione i propri consulenti tecnici, con lettera del 14 novembre 2017 diretta, tra l'altro, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dello sviluppo economico, ha segnalato l'inerzia e l'incapacità delle autorità di controllo italiane nel fronteggiare la multinazionale Volskwagen ed ha invitato le istituzioni a mettere a disposizione le strutture pubbliche in modo gratuito;

   a quella lettera nessuna delle autorità adite porgeva riscontro per cui il Codacons inviava una nuova lettera del 29 novembre 2017 al Cnr e all'Istituto motori di Napoli. Anche la suddetta lettera risultava priva di alcun riscontro;

   a norma dell'articolo 1 dello statuto del Consiglio nazionale delle ricerche, esso è un «ente pubblico nazionale di ricerca con competenza scientifica generale, vigilato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, (...), dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile in attuazione degli articoli 9 e 33 della Costituzione»;

   il successivo articolo 2 disciplina gli scopi istituzionali del Cnr, mentre l'articolo 3 sancisce gli obiettivi del Cnr prevedendo una serie di finalità e di obiettivi di carattere sociale e a beneficio della collettività;

   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti aveva affermato che l'Italia avrebbe effettuato accertamenti approfonditi e che si sarebbe andato a fondo della questione Volskwagen;

   il consumatore deve corrispondere ingenti somme e sostenere con i propri risparmi la sua azione legale per avere giustizia;

   il Cnr e l'Istituto Motori, ad avviso dell'interrogante, stanno di fatto abdicando al loro ruolo pubblico pretendendo, anche in assenza di direttive ministeriali, di ricevere ingenti pagamenti da cittadini indifesi e lasciati da soli a confrontarsi con l'arroganza delle multinazionali –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire i consumatori sulla qualità del prodotto acquistato, soprattutto alla luce di quanto dichiarato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti circa la vicenda di cui in premessa;

   quali strumenti concreti i Ministri interrogati intendano mettere a disposizione dei consumatori danneggiati dall'attività di Volskwagen che in tutto il mondo ha ammesso le sue mancanze ed è intervenuta con ingenti risarcimenti, mentre soltanto in Europa, e in particolar modo in Italia, ad avviso dell'interrogante non è stata sottoposta a un rigoroso accertamento di responsabilità nell'assoluto silenzio delle autorità pubbliche.
(4-18899)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   BUENO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di voto degli italiani all'estero prevede che gli elettori iscritti nei registri dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero ricevano per posta la scheda elettorale da compilare, firmare e rinviare al consolato italiano competente che invierà i plichi elettorali sigillati in Italia, dove saranno trasportati, scortati, da Fiumicino al centro polifunzionale della Protezione civile di Castelnuovo di Porto, in cui si svolge lo spoglio secondo la procedura di una circolare del Ministero dell'interno per scongiurare eventuali brogli: prima di scrutinare la scheda contenuta all'interno di una busta anonima, occorre verificare con i registri elettorali il codice dell'elettore riportato sul tagliando; se il numero è già stato spuntato o presenta anomalie, il voto deve essere annullato;

   di fatto, però, così come illustrato in un servizio de Le Iene del 29 ottobre 2017, il controllo effettuato dall'ufficio elettorale di Castelnuovo di Porto non è così scrupoloso e, con l'aumentare dei connazionali iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero e quindi della mole di lavoro, tenderà ad esserlo sempre meno;

   secondo tale servizio, in diversi casi gli elettori italiani residenti all'estero non avrebbero ricevuto le schede elettorali perché i plichi sarebbero stati sottratti illegalmente e le schede vendute;

   inoltre, possono essere molte le schede recapitate all'indirizzo sbagliato, in quanto l'elettore potrebbe aver traslocato senza comunicarlo all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, oppure lo potrebbe aver fatto dopo l'ultimo aggiornamento dell'elenco degli elettori; talvolta, poi, la consegna dei plichi non può essere soddisfatta per mancanza di risorse umane;

   in caso di mancato recapito, la scheda non sarebbe più utilizzabile, perché il numero associato al nome dell'elettore la identifica come unica e autentica; tuttavia, si può richiedere al consolato di riferimento un duplicato, avente lo stesso numero identificativo per evitare schede doppie o false;

   esiste però il rischio che il legittimo titolare non richieda il duplicato perché non interessato a votare, eventualità non rara: al referendum costituzionale hanno votato solo 700 mila su 4 milioni di aventi diritto dall'estero, alle politiche 1 milione e 100 mila;

   anche nel caso in cui gli elettori non riceventi il plico elettorale ne facciano richiesta, può esserci un gran numero di schede doppie in giro o che finisca in mani sbagliate –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare il rischio di mancato recapito delle schede e di brogli elettorali, assicurando maggiore trasparenza nelle votazioni degli italiani all'estero e garantendo un controllo più efficace in fase di distribuzione dei plichi e di scrutinio delle schede elettorali.
(3-03445)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 27 aprile 2017 moriva a Punta Cana (Repubblica Dominicana), in circostanze ad oggi ancora non chiarite, Alessandro Grandis, cittadino italiano residente a Savona che stava intraprendendo un viaggio di 7 mesi in America Latina;

   il ragazzo, 28 anni, era arrivato nella città dominicana il 25 aprile, dopo aver viaggiato attraverso il Sud America per più di 6 mesi e avendo come destinazione finale proprio la capitale del Paese, Santo Domingo, dove un suo amico italiano lo avrebbe interessato alla possibilità di aprire una farmacia;

   Grandis aveva trovato posto, tramite Couchsurfing, una piattaforma di scambio gratuito di ospitalità, a Punta Cana nel residence «La Joya Cocotal» in località Bavaro, presso due persone di nazionalità polacca: una ragazza di 25 anni (Patrycja Borzecka) e un uomo di 43 anni (Roman Wojciechowski), entrambi in un primo momento fermati dalla polizia locale ma di cui si sarebbero perse le tracce;

   il giorno 27 aprile, alle ore 7,10, il corpo del giovane veniva trovato dall'impiegato della manutenzione del residence a bordo della piscina, mentre era ancora agonizzante. A nulla sarebbe servito l'intervento del medico;

   il magistrato di Bavaro (Punta Cana) dopo solo due ore di indagine, avrebbe archiviato il fatto rubricandolo come suicidio: il ragazzo si sarebbe gettato dal balcone del residence;

   Grandis, secondo le testimonianze degli amici, dei parenti e della fidanzata, era persona solare e non aveva mai dato il minimo segno di depressione o inclinazione al suicidio e, anzi, aveva numerosi progetti professionali che voleva sviluppare come dimostra la tappa nella Repubblica Dominicana;

   la madre di Alessandro, dottoressa Rosa Cacace, medico legale, ha fatto pervenire gli estratti relativi agli esiti dell'autopsia effettuata dai quali emergerebbe che il ragazzo ha avuto un «traumatismo contuso cranio encefalico severo» ma anche fratture alle nocche e rottura del labbro inferiore non compatibili con la caduta;

   l'esame tossicologico risulta negativo;

   la famiglia Grandis è assistita in Italia dallo studio legale Gobbi, e nella Repubblica dominicana dall'avvocato Pascual Peguero Frias, legale di fiducia della comunità italiana ivi residente;

   il caso parrebbe archiviato come irrisolto (modalità giuridica del decesso indeterminata), anche se non sono pervenuti allo studio legale Gobbi i verbali di chiusura delle indagini;

   in data 19 ottobre 2017 l'avvocato domenicano Peguero Frias con un esposto alla procura della Repubblica Dominicana, al direttore della polizia nazionale e all'ambasciata italiana di Santo Domingo denunciava l'inconsistenza delle indagini e le molteplici lacune che hanno portato all'archiviazione del caso come irrisolto con l'obiettivo di far riaprire la pratica;

   anche la comunità italiana in loco non è rimasta silente e il 13 dicembre 2017 con ulteriore esposto alla polizia e all'ambasciata italiana a Santo Domingo denunciava il carattere approssimativo e superficiale delle indagini, nonché le contraddizioni inerenti alle poche testimonianze rese e pertanto chiedeva «una nuova investigazione sul caso» –:

   se e quali informazioni ulteriori il Governo abbia potuto ottenere sul caso in questione, stante anche la recente riapertura dell'ambasciata italiana a Santo Domingo, e come intenda agire presso le competenti autorità per arrivare a una ragionevole verità processuale.
(4-18839)


   TENTORI, CARELLA, GRIBAUDO, PATRIZIA MAESTRI, PINNA e VENITTELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   per aborto selettivo si intende la decisione di interrompere la gravidanza quando l'embrione non è del sesso desiderato. Dai dati e dalle esperienze risultanti al livello planetario si può concludere che si tratta di un atto di discriminazione preventiva compiuto da chi, in piena coscienza, sceglie di proseguire la gravidanza solo se il nascituro è maschio;

   è una pratica diffusissima in Paesi dove i livelli di istruzione e reddito sono molto bassi ma che ora sembra essere arrivata anche nella civile Europa;

   recentemente su diversi organi di informazione sono apparse notizie relative ad alcuni Paesi dell'Europa dell'Est nei quali si continuerebbe a selezionare il genere dei futuri nascituri, facendo registrare una «strage silenziosa» di bambine mai nate e negando quindi a queste bambine il diritto di nascere;

   è ad esempio il caso del Montenegro dove ogni anno viene effettuato un gran numero di aborti selettivi rispetto alla popolazione generale del Paese. Una pratica che, sebbene giuridicamente vietata, tuttavia continuerebbe ad essere praticata senza troppi problemi nel piccolo Stato balcanico;

   ma non c'è solo il Montenegro. Secondo i dati del think tank Population Research Institute (Pri), basati su numeri del Census Bureau americano ci sarebbero stati oltre 15 mila aborti selettivi in Albania dal 2000 al 2014, 2.700 in Bosnia, 7.500 in Kosovo, 3.100 in Macedonia, 2.140 in Serbia; anzi, il Montenegro, con i suoi 746, sarebbe la «cenerentola» del gruppo;

   è il caso di ricordare che con questi Paesi l'Italia intrattiene intensi rapporti ed anzi è giustamente impegnata con forte protagonismo nel promuovere e incoraggiare il loro ingresso nella Unione europea attraverso il cosiddetto processo di Berlino –:

   se sia a conoscenza della situazione evidenziata in premessa se essa trovi conferma e, in tal caso, quali iniziative intenda intraprendere, sia in via bilaterale che attraverso il coinvolgimento delle istituzioni comunitarie, per contrastare una pratica, come quella dell'aborto selettivo, che contraddice in profondità i valori e i princìpi fondamentali alla base delle nostre società.
(4-18874)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   COMINELLI e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il mandato del commissario straordinario per la bonifica del sito di interesse nazionale della Caffaro è scaduto il 31 agosto 2017 e ancora si attende la firma per il rinnovo dell'incarico a Roberto Moreni, che si era reso disponibile a prolungare il suo impegno per un altro anno;

   da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mar e è arrivato il «via libera» al rinnovo dell'incarico a Moreni, ma attualmente l’iter appare bloccato;

   il mancato rinnovo della nomina del commissario sta generando di fatto uno stallo delle attività di bonifica del sito della Caffaro, perché, come è del tutto evidente, senza un responsabile con pieni poteri decisionali restano bloccati i bandi, le assegnazioni degli incarichi e tutte le attività ordinarie e straordinarie –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere, per quanto di competenza, un'iniziativa urgente per giungere rapidamente al rinnovo dell'incarico al commissario Roberto Moreni, sbloccando così una situazione che sta penalizzando pesantemente il territorio bresciano e i suoi cittadini.
(5-12959)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il progetto «Riqualificazione della viabilità dalla S.R. 177 alla S.R. 464» prevede la realizzazione di un rilevato stradale (variante sud di Dignano-UDINE), per collegare le aree in riva sinistra e destra del fiume Tagliamento, lunga 1,2 chilometri;

   prevalentemente ricompresa in «area fluviale», tipizzata P4 nel piano di assetto idrogeologico; il costo dei lavori è di 22,6 milioni di euro;

   dalla relazione idraulica di progetto risulta che è ragionevole ritenere la zona golenale in sinistra Tagliamento interamente «area di pertinenza fluviale». Dal Piano stralcio si evince (articolo 17) che tali aree sono trattate come quelle a pericolosità idraulica molto elevata (P4);

   una parte prevalente del tracciato di progetto si colloca in area golenale e il rilevato verrà investito da eventi di piena con tempi di ritorno di 10 anni, cioè brevissimi;

   l'articolo 13 delle Norme tecniche di attuazione del piano di assetto idrogeologico, orientate alla compatibilità degli interventi antropici, non al divieto assoluto, dispone che sono escluse tutte quelle utilizzazioni che diminuiscono la sicurezza idraulica e, in particolare, quelle che possono: «a) determinare riduzione della capacità di invaso e di deflusso del corpo idrico fluente»;

   il progetto, per garantire la continuità idraulica, prevede solo la realizzazione di n. 3 attraversamenti del rilevato (sottopasso depuratore, roggia San Odorico, Centrale) e ciò per un tratto di infrastruttura che occupa il 20 per cento dell'intera sezione fluviale;

   nel progetto la portata defluente delle suddette aperture non è mai analiticamente calcolata, ma essa è certamente e significativamente inferiore a quella attuale, in un contesto in cui già il ponte esistente presenta arcate molto strette, il tutto generando così un'altrettanto significativa alterazione della sezione di deflusso, in contrasto con le richiamate disposizioni del piano di assetto idrogeologico;

   tale circostanza, in caso di piena mette a rischio la vita e il patrimonio degli abitanti residenti a monte nonché la sua stessa permanenza in pristino;

   per le carenze del progetto definitivo, come l'errore della somma delle voci A-B-C, o l'esclusione dell’«opzione zero» e quella che l'interrogante ritiene la conseguente elusione della valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), si presenta la necessità di invocare il «principio di precauzione» stabilito nel decreto legislativo n. 152 del 2016 –:

   se non ritenga necessario assumere ogni iniziative di competenza, anche con il coinvolgimento della competente autorità di bacino, per una corretta, completa e scientificamente fondata valutazione del rischio idraulico, anche in coerenza con il principio di precauzione e quali ulteriori iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per garantire la tutela ambientale dell'area.
(5-12960)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   VELLA, LABRIOLA e LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Rotondella è un piccolo borgo della Basilicata di circa 2700 abitanti in provincia di Matera;

   appena dieci chilometri a est di questo comune sorge l'Itrec «Trisaia» (un centro di ricerca dell'Enea) che in passato aveva il compito di ospitare le scorie radioattive prodotte dalle centrali atomiche italiane ed europee;

   nel 2015 la Sogin, la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, rinveniva sostanze altamente inquinanti nelle acque di falda superficiali all'interno del perimetro dello stabilimento, come: cromo esavalente, idrocarburi, ferro e trielina;

   il rilevamento di queste sostanze rese immediatamente necessarie le procedure previste per il piano di caratterizzazione nello stabilimento, avviato nell'ottobre 2015;

   nel giugno 2017 la Sogin ha dichiarato che la contaminazione era dovuta ad una «sorgente storica», quella dell'impianto atomico (dismesso nel 1987) Magnox;

   il 9 agosto del 2017 la Sogin ha consegnato all'Arpa Basilicata i risultati delle analisi che ha eseguito sui campioni di suolo e di acqua di falda del sito, dagli esiti sconcertanti;

   dal dossier Sogin, infatti, risulta che il terreno e le falde comprese tra il centro di ricerca e il litorale marino è contaminato in varia misura da: cadmio, cobalto, tallio, berillio, vanadio e cromo, manganese, boro, solfati, nitriti, tricloroetilene e, soprattutto, cromo esavalente;

   l'Arpa ha inoltrato all'amministrazione di Rotondella e alle autorità locali le informazioni tempestivamente (1° settembre 2017), evidenziando il fatto che in diversi pozzi di prelievo si registrano concentrazioni di metalli e idrocarburi assolutamente al di fuori della soglia di legge, oltre a significative contaminazioni da alifati clorurati cancerogeni (tricloroetilene in prevalenza) e da cromo esavalente;

   sono dati talmente allarmanti che, a giudizio degli interroganti, necessitano di operazioni immediate di messa in sicurezza atte a limitare la migrazione delle sostanze velenose l'esterno del sito –:

   se il Governo sia a conoscenza della pericolosissima situazione esposta in premessa e se non ritenga opportuno, necessario ed urgente promuovere per quanto di competenza, una tempestiva messa in sicurezza dell'area, al fine di scongiurare la migrazione di cromo esavalente e di altre sostanze velenose verso l'esterno del sito.
(5-12961)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   MICILLO, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Vallone di San Rocco è un'area presente nella città di Napoli, ricadente nel Parco delle Colline di Napoli, parte di una formazione morfologica che comprende un complesso di incisioni idrografiche formatesi per erosione dalle acque meteoriche provenienti dalla collina dei Camaldoli;

   interessa le zone di Miano, Chiaiano e San Carlo all'Arena, un impluvio naturale che si sviluppa per circa 6 chilometri, uno dei maggiori polmoni verdi della città, martoriato da oltre 20 anni di scarichi abusivi;

   protetto dal decreto legislativo n. 42 del 2004 che lo definisce area di grande pregio paesaggistico;

   un gruppo di cittadini ha presentato nei giorni scorsi un esposto in procura a seguito di sopralluoghi nell'area, ha raccolto materiale video-fotografico e ha promosso analisi chimico-batteriologiche;

   vi è una sentenza della Corte di giustizia europea (causa C-365.97 del 9 novembre 1999) che trae origine da un ricorso presentato dalla Commissione europea contro il Governo italiano per la violazione della direttiva europea n. 75/442 (modificata dalla direttiva 91/156);

   il Cipe con una serie di delibere ha stanziato per il suo risanamento diversi fondi. Con delibera 113 del 2002 per gli «Interventi di risanamento ambientale, igienico-sanitario ed idrogeologico del Vallone S. Rocco» è stato previsto il finanziamento per un importo pari a 31 milioni di euro a valere sui fondi di cui all'articolo 13 della legge n. 166 del 2002;

   all'intervento relativo al «Progetto esecutivo Vallone S. Rocco» è assegnato, per il triennio 2002-2004, l'importo complessivo di 31 milioni di euro in termini di volume di investimento, articolati in oltre 3 milioni per il 2003 e in più di 27 milioni per il 2004;

   secondo la Corte dei Conti, il comune di Napoli, quale commissario straordinario avrebbe ricevuto finanziamenti di importo pari a 30 milioni, con rata annua di 2,82 milioni di euro;

   tra i vari interventi eseguiti si segnalano: il risanamento igienico-sanitario ed idrologico, aspetto ambientale-stralcio n. 4A per euro 6 milioni; il risanamento igienico-sanitario, aspetto ambientale-stralcio n. 4B per euro 8,5 milioni;

   nel 2007 il comune avrebbe corrisposto circa euro 3,5 milioni alla Impresa c.c. nell'ambito del progetto integrato per gli interventi di risanamento ambientale, igienico-sanitario ed idrogeologico del Vallone San Rocco –:

   di quali notizie disponga sui fondi stanziati ed i risultati conseguiti, quali interventi risultino effettuati e come sia avvenuta la gestione dei fondi per la manutenzione ed il risanamento del Vallone.
(5-12962)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SANGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'impianto cementiero di Tavernola Bergamasca gestito dalla CementirSacci spa, da gennaio di proprietà della HeidelbergCement, è sottoposto ad autorizzazione integrata ambientale (A.i.a.), con autorizzazione all'utilizzo del solo combustibile tradizionale;

   attualmente, presso la provincia di Bergamo è depositata una richiesta di modifica non sostanziale dell'Aia ai sensi del decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22 «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni», sulla quale l'amministrazione provinciale si è espressa di recente autorizzando l'avvio di una campagna di monitoraggio per l'utilizzo di CSS-C derivato dalla frazione secca dei rifiuti solidi urbani nel cementificio della CementirSacci spa;

   il comune di Tavernola Bergamasca, a fronte delle richieste più volte avanzate dalle diverse proprietà che si sono succedute nel corso di oltre venticinque anni alla guida dell'impianto, ha espresso la sua contrarietà al co-incenerimento di rifiuti in tale impianto che si trova sulla sponda bergamasca del lago d'Iseo e si oppone all'autorizzazione al programma di monitoraggio rilasciata dal settore ambiente della provincia;

   il citato decreto n. 22 del 2013 sembra consentire l'utilizzo dei CSS-C negli impianti diversi dagli inceneritori senza che la nuova autorizzazione sia considerata una modifica sostanziale dell'Aia, attraverso una procedura semplificata che consentirebbe di saltare le verifiche e i controlli;

   dal momento che il decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, non chiarisce quando e se la richiesta di utilizzo di CSS-C debba configurarsi come modifica sostanziale dell'Aia, i predetti impianti, potrebbero facilmente eludere l'opposizione degli enti locali, come rischia di accadere a Tavernola Bergamasca;

   qualora la modifica dell'attuale autorizzazione fosse, invece, considerata sostanziale, la proprietà dell'impianto cementiero di Tavernola Bergamasca sarebbe obbligata a richiedere la valutazione di impatto ambientale e a sottoporsi alle relative verifiche e ai controlli di rito che, nel caso in questione, non sono mai stati effettuati, nonostante il cementificio sia ubicato in un territorio sottoposto a una particolare tutela ambientale, qual è la sponda del lago d'Iseo;

   perplessità sulla proliferazione di pseudo-inceneritori o inceneritori è stata espressa dall'Unione europea (COM 34/2017 del 26 gennaio 2017), ormai proiettata verso la raccolta differenziata, che non vede di buon occhio il sovradimensionamento di inceneritori in alcune aree tra le quali la regione Lombardia;

   inoltre, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 «Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani», all'allegato III, sottolinea la sovraccapacità della regione Lombardia «che evidenzia un surplus di incenerimento pari a 578.931 tonnellate/anno, garantito da una sostanziale saturazione impiantistica del territorio che conta n. 13 inceneritori» –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per chiarire che la richiesta di utilizzo di CSS-C in impianti cementieri come quello di Tavernola Bergamasca, in un luogo soggetto a tutele ambientali e paesaggistiche, deve essere qualificata, a tutti gli effetti, quale richiesta di modifica sostanziale dell'Aia con relativa esigenza di procedere alla valutazione di impatto ambientale, anche alla luce del principio di precauzione in materia di tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, modificando, ove necessario, con urgenza il decreto 14 febbraio 2013, n. 22.
(5-12939)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'industria SAI Ambrosini, sita in Passignano sul Trasimeno (PG), a seguito dei bombardamenti del 1944 ed i conseguenti insanabili danni, fu costretta allo smantellamento, in quanto il tardivo rimborso per danni di guerra giunto nel 1966 non fu sufficiente a risanare l'ormai troppo compromesso bilancio;

   l'area risulta in completo stato di abbandono dal 1992, anche a causa della sospettata presenza di materiale in eternit;

   nel 2004 l'area è stata acquistata dalla Michelangelo Costruzione srl che, dopo la rimozione di alcune vecchie macerie, ha presentato un progetto di riqualificazione inizialmente respinto dal comune di Passignano e poi, nel 2012, approvato a seguito di una variante al piano regolatore, ma in maniera molto ridotta e limitata a soli cinque ettari, anziché gli 11,5 totali;

   dal 2012 non è però stata effettuata alcuna operazione sull'area, né di riqualificazione, né almeno di carotaggio e bonifica iniziale dell'area, provvedimenti imprescindibili per l'inizio del progetto di riconversione; ciò nonostante i solleciti sia del comune di Passignano sia dell'ente provinciale;

   l'area dell'ex SAI Ambrosini, oltre a trovarsi a circa 100 metri dalla sponda del lago Trasimeno ed essendo quindi in buona parte protetta da vincolo ambientale, risulta inserita nella Lista A2 del piano regionale di bonifica delle acque inquinate dell'Arpa Umbria e classificata come «sito a forte presunzione di contaminazione»;

   dalla lista dell'Arpa si legge che la natura della contaminazione è di metalli pesanti (cadmio, rame, cromo, zinco) e cianuri per stoccaggio incontrollato di fanghi di depurazione, reflui galvanici, oli emulsionati e solventi rilevati su area non pavimentata adiacente al lago –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente per verificare lo stato dei luoghi e il livello di inquinamento specie considerando che l'area insiste su una delle zone di più importante pregio naturalistico, paesaggistico e turistico dell'Umbria.
(5-12947)


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha presentato istanza di procedimento di valutazione di impatto ambientale sui progetti preliminari del:

    a) «Nodo AV/AC di Verona: ingresso ovest», comunicazione pubblica in data 18 ottobre 2016, progetto con codice Cup F81H91000000008;

    b) «Nodo AV/AC: ingresso est Nodo di Verona», comunicazione pubblica in data 19 ottobre 2017, progetto con codice Cup J41E91000000009;

   in entrambi i procedimenti Rfi utilizza le procedure della cosiddetta «legge obiettivo»;

   il cosiddetto «nuovo codice degli appalti», non solo, ha abrogato il decreto legislativo n. 163 del 2006 ma anche l'articolo 1, commi 1-5, della «legge obiettivo»;

   sul regime transitorio applicabile agli interventi relativi alle infrastrutture strategiche già programmati si è pronunciata l'Anac, con delibera n. 924 del 7 settembre 2016, in risposta ad una richiesta di parere formulata dall'ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   presupposto per l'applicabilità della cosiddetta «legge obiettivo» abrogata è l'esistenza di un procedimento di valutazione di impatto ambientale già iniziato. Nel caso specifico del nodo di Verona, suddiviso in due procedimenti istinti, la valutazione di impatto ambientale è un procedimento ex novo;

   nell'ipotesi che il progetto del «Nodo AV/AC di Verona: ingresso ovest» sia stato considerato un'estensione del «lotto funzionale Brescia-Verona», la valutazione di impatto ambientale del progetto definitivo di quest'ultimo è terminata con il parere della Commissione Tecnica VIA, n. 1767 del 17 aprile 2015;

   il 22 febbraio 2016 è stata rilasciata la determina per la positiva conclusione dell'istruttoria di verifica di ottemperanza relativa al progetto definitivo del lotto funzionale Brescia-Verona della linea AV/AC Milano-Verona;

   anche questa valutazione di impatto ambientale è stata chiusa precedentemente all'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti e precedentemente all'inizio della valutazione di impatto ambientale per il progetto del «Nodo AV/AC di Verona: ingresso ovest», che quindi ha seguito un procedimento a giudizio dell'interrogante non conforme alla normativa vigente;

   relativamente al «Nodo AV/AC di Verona: ingresso est», nell'ipotesi che questo sia stato considerato un'estensione del «lotto funzionale Verona-Bivio di Vicenza» la valutazione di impatto ambientale del progetto definitivo di quest'ultimo è stata chiusa con il parere della Commissione Tecnica VIA n. 2232 del 25 novembre 2016. Anche questo rappresenta, secondo l'interrogante, una sorta di escamotage per evitare l'applicazione del decreto legislativo n. 50 del 2016;

   in base a quanto sopra riportato, ad entrambi i progetti non sarebbe applicabile quanto previsto dalla delibera dell'Anac succitata;

   inoltre, in difformità rispetto a quanto previsto dalle direttive comunitarie che disciplinano la valutazione di impatto ambientale ed ai pronunciamenti della Corte di giustizia e della Corte costituzionale, si è frammentato il progetto del Nodo di Verona così si è evitata la valutazione dell'effetto cumulativo degli impatti. Una valutazione di impatto ambientale frazionata per ciascun intervento modificativo, che potrebbe portare a risultati diversi, ovvero più favorevoli a Rfi, rispetto a una valutazione globale sull'incidenza complessiva delle modifiche effettuate (sentenza Corte costituzionale n. 209/2011 e sentenze della Corte di giustizia, sez. II, 28/0272008, caso C-2/07 Abrahm, e 17 marzo 2011, C 275/09) –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere per l'interruzione o l'annullamento dei procedimenti in corso relativamente al nodo AV/AC, che dovrebbero essere conformi a quanto previsto dal nuovo codice appalti e non alle abrogate disposizioni della legge n. 443/2001, non essendo applicabile il parere n. 924 del 7 settembre 2016.
(5-12964)


   VALIANTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 130 della legge «forestale» n. 3267 del 1923 prevede l'obbligo di gestione dei boschi e dei pascoli pubblici secondo un piano di assestamento;

   la regione Campania si è dotata della propria normativa forestale con la legge regionale 7 maggio 1996, n. 11, recante «modifiche ed integrazioni alla Legge Regionale 28.02.1987 n. 13»; in particolare, l'articolato normativo prevede le finalità di conservazione, miglioramento ed ampliamento del patrimonio boschivo regionale e di conservazione e miglioramento dei pascoli montani. Per tali finalità vengono previsti degli indirizzi pianificatori da attuarsi attraverso il «piano forestale generale» ed il «piano di assestamento forestale»;

   con i piani di assestamento forestale vengono disciplinate ed indirizzate le utilizzazioni boschive e l'uso dei pascoli, determinando inoltre i «boschi di protezione» e gli interventi di rimboschimento, di ricostruzione boschiva, di sistemazione idraulico forestale, di miglioramento dei pascoli, nonché quelli finalizzati all'uso delle risorse silvo-pastorali ai fini ricreativi e di protezione dell'ambiente naturale;

   l'unità operativa dirigenziale foreste della regione Campania con comunicazione del 13 settembre 2017 – rimasta inevasa – ha chiesto ai comuni Novi Velia e Vallo Della Lucania di approvare urgentemente una deliberazione di approvazione ed adozione del piano di assestamento e forestale;

   l'inerzia dei comuni interessati potrebbe divenire fonte di responsabilità per danno erariale stante il finanziamento regionale –:

   di quali dati disponga il Governo in relazione allo stato di attuazione della legge n. 3267 del 1923 sull'intero territorio nazionale e se intenda attivare un monitoraggio al riguardo, con particolare attenzione all'adozione dei piani di assestamento;

   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative normative, previa concertazione con le regioni e gli enti locali, per definire una disciplina più stringente ed efficace in ordine alla tutela e alla gestione dei boschi e dei pascoli ed evitare situazioni di inefficienza e di incuria come quella richiamata.
(5-12966)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la problematica relativa alla tutela delle coste è in Italia cruciale, vista l'enorme estensione della stesse, oltre alla loro valenza economica;

   l'erosione del litorale sabbioso è un fenomeno che sta colpendo in modo specifico il veneziano che lamenta, nei giorni di dicembre, danni di assoluto rilievo;

   le mareggiate avrebbero rimosso ben 40 mila metri cubi di sabbia presso Eraclea, e 50 mila presso Sottomarina, colpendo in generale tutta la costa da Isola Verde fino a Bibione;

   l'opera di ripascimento effettuata di recente lungo il litorale sarebbe quindi stata cancellata dalle recenti mareggiate;

   i danni risulterebbero pari a 200 mila euro soltanto nel territorio di Chioggia e non sarebbero stati quantificati a Cavallino e Venezia;

   la regione Veneto, per bocca dell'assessore all'ambiente Gianpaolo Bottacin, lamenta di aver presentato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un progetto per opere di difesa delle zone a maggior criticità del valore di 60 milioni di euro;

   nonostante fossero pervenute garanzie circa l'impegno a finanziarlo, sinora l'iniziativa non avrebbe prodotto alcun esito –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se trovi conferma il progetto sopra menzionato cui ha fatto riferimento l'assessore regionale del Veneto all'ambiente e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire la difesa della linea di costa e delle spiagge dei territori costieri del Nord-est.
(4-18806)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il delta del Po è la più grande area umida d'Italia, caratterizzata da un'amplissima varietà di flora e fauna (nell'area sostano e/o vivono oltre 300 specie di uccelli), ma è, allo stesso tempo, terreno florido per il bracconaggio ittico e venatorio, come confermano le ultime rilevazioni dell'Ispra (Istituto superiore di ricerca e protezione ambientale);

   le politiche di tutela dei due parchi regionali esistenti nell'area da decenni (da 20 anni quello del Veneto, da 29 anni quello dell'Emilia-Romagna), secondo l'interrogante, hanno dimostrato nel tempo tutta la loro inadeguatezza, con grave sottostima del patrimonio ivi presente e deperimento del potenziale espresso dalla più grande zona umida d'Italia;

   circola in questi giorni la notizia che si prospetterebbe l'istituzione del parco del delta del Po, ma solo d'intesa tra le regioni Emilia-Romagna e Veneto. Niente parco nazionale dunque, tutto rimarrebbe soggetto a una futura intesa tra le due regioni interessate. Il parco sarebbe finanziato peraltro a valere sulle corrispondenti risorse rese disponibili a legislazione vigente dalle regioni e dagli enti locali territorialmente interessati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

   in parole povere regioni ed enti locali, non facendo tesoro dell'esperienza fallimentare nella gestione dell'area di questi anni, sarebbero intenzionate a istituire un «parco» che non si può classificare né come nazionale, né come interregionale e la cui mission e quindi la sua vocazione non è definita, come non è definita quale sia la governance unitaria, né è individuato l'ente di gestione;

   per una riqualificazione dell'area, a giudizio dell'interrogante, sarebbe necessaria l'istituzione di un vero parco interregionale, o nell'assenza di un'intesa, di un vero parco nazionale e non la creazione di un ibrido inesistente nel nostro ordinamento (che sembrerebbe essere nell'intenzione di regioni ed enti locali) che esula quindi dalla tutela della biodiversità;

   inoltre finanziando tale ibrido con i fondi regionali e degli enti locali, lo si renderebbe estraneo al capitolo di bilancio del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le aree protette nazionali;

   per non parlare della perimetrazione prevista nelle intenzioni, con l'esclusione di molte aree tutelate ai sensi del diritto comunitario. A tal proposito le associazioni ambientaliste ricordano che ad oggi solo 7 dei 20 siti di importanza comunitaria (Sic), e/o Zps (zone di protezione speciale), sono inclusi completamente nel parco emiliano-romagnolo e 5 degli 8 nel parco veneto –:

   se il Ministro interrogato non intenda esprimere una posizione chiara e trasparente sulla vicenda esposta in premessa e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza per il rispetto degli accordi previsti dall'articolo 35, comma 4, della «legge quadro nazionale sulle aree protette» (legge n. 394 del 1991).
(4-18822)


   BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'industria cartaria con 7 miliardi di euro fatturato è parte di una filiera che solo in Italia «vale» 31 miliardi di euro, con 200.000 addetti e 680.000 nell'indotto. La carta è il prodotto più riciclato in Europa. Dalla raccolta urbana della carta in Italia deriva il primo materiale in quantità con un tasso di riciclo dell'80 per cento nel settore dell'imballaggio;

   in questi giorni sono state annunciati nuovi investimenti tra cui quello del gruppo turco Eren a Bertonico in provincia di Lodi per 650 milioni di euro e 500 mila tonnellate di capacità produttiva, a partire da carta da macero, che si aggiungono alle riconversioni, in avanzata fase di realizzazione, dello stabilimento Burgo in provincia di Mantova per altre 500.000 tonnellate e di quello di Avezzano per altre 200.000 tonnellate, sempre a base di carta da macero;

   dal processo di riciclo, in particolare, si genera uno scarto, comunque minimo rispetto al rifiuto evitato grazie al riciclo della carta, il cui recupero energetico è una best available technique (BAT) a livello di Unione europea a cui l'industria cartaria dei paesi europei concorrenti all'Italia fa ampiamente ricorso. Tale scarto non è pericoloso, è classificato con il codice CER 030307 ed è comunemente noto come scarto di pulper;

   in Italia è ben nota la difficoltà di gestione di quegli scarti che, pur ricchi di energia, continuano a finire nelle discariche, che sono sempre meno e in alcune regioni con capacità residua limitata da «fattori di pressione» adottati in sede di programmazione;

   tale scarto è composto da fibre non riciclabili, plastiche, legno, piccole parti in metallo, cioè materiali non utilizzabili dal processo di riciclo cartario e quindi del tutto assimilabili al rifiuti solidi urbani;

   in Italia uno dei principali ostacoli al riciclo, oltre che all'aumento della capacità di riciclo, è proprio la difficoltà di gestione degli scarti di riciclo per i seguenti motivi: l'impossibilità da parte imprese italiane di installare questo tipo di impianti all'interno dei propri siti produttivi e la mancanza, all'esterno dei siti produttivi, di infrastrutture sufficienti per recuperare energeticamente le quantità di scarto di pulper generate dall'industria del riciclo;

   ciò è un evidente limite alla «circolarità» ed è un enorme spreco di risorse e di energia che le altre industrie cartarie europee non fanno;

   in assenza di qualsiasi azione, il rischio, sempre più concreto è che si blocchi la produzione quindi il riciclo della carta e conseguentemente la raccolta differenziata della carta su suolo pubblico e privato - per una quantità stimabile tra i 3 milioni e i 6,3 milioni di tonnellate;

   l'assenza di qualsiasi azione potrebbe rimettere in discussione gli investimenti e le riconversioni già avviate, con dannosi effetti allo sviluppo sostenibile –:

   quali iniziative di competenza intendano porre in essere i Ministri interrogati per incrementare il recupero, prioritariamente materico e successivamente anche energetico, degli scarti del riciclo della carta proprio per rafforzare le politiche di economia circolare nel rispetto delle best available technique comunitarie di settore ed evitare contraccolpi sulle attività industriali di riciclo della carta;

   se tali iniziative non possano essere messe a punto in una «cabina di regia» a livello nazionale, con la partecipazione delle regioni, affinché possano essere individuate delle soluzioni transitorie, anche relative all'ottimale utilizzo degli impianti già in esercizio, nella prospettiva della messa a punto di ulteriori tecnologie per il recupero degli scarti del riciclo e di impianti adeguati sotto il profilo della scala industriale.
(4-18824)


   BASILIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal 1997 risultano varie lettere dei competenti organi regionali in materia ambientale, delle società gestrici dell'impianto e dei sindaci dei territori coinvolti, che documentano sversamenti anomali in ingresso al depuratore di Paratico con carichi inquinanti oltre i limiti previsti dalle normative;

   tali sversamenti avrebbero causato il danneggiamento del funzionamento del depuratore di Paratico con conseguenze altamente negative sull'intero ciclo di depurazione, fino a provocare l'abbassamento del valore di ossigeno nelle vasche di trattamento e l'eccessiva presenza di sostanze inibenti il processo depurativo di tipo biologico;

   risulta pubblicata in data 8 febbraio 2007 l'interrogazione a risposta scritta n. 4/02530, nella quale si chiedeva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore quali provvedimenti intendesse assumere per assicurare che gli scarichi anomali più volte riscontrati nel collettore di Adro e Capriolo non compromettessero l'ecosistema del bacino del fiume Oglio;

   a tale interrogazione non è mai stata data risposta;

   nel 2013 una lettera della società AOB2, gestore delle acque bresciane, segnalava ancora gli stessi problemi di «presenza di scarichi maleodoranti e anomali provenienti dalla pubblica fognatura di via Lucerna ad Adro, con molti parametri fuori norma»;

   risultano, nel corso degli ultimi anni, varie dichiarazioni da parte di Legambiente che segnalano persistenti scarichi inquinanti presso il depuratore di Paratico e l'impossibilità ad effettuare il normale processo depurativo con conseguente svernamento nel fiume Oglio di sostanze chimiche velenose pericolose per la salute pubblica;

   risultano rilievi effettuati dalle autorità preposte a partire dall'analisi eseguita dall'Arpa di Brescia su indicazione del Prefetto di Brescia (come risulta dalla relazione del 16 ottobre 2006, relativa al sedimento nel fiume Oglio di centinaia di tonnellate di sostanze chimiche, di fronte allo scaricatore del collettore fognario ramo Adro-Capriolo, afferente all'impianto di Pratico, denominato P2, situato in località Santo Stefano di Capriolo), inviati alla regione con la richiesta di trovare le misure che consentano di evitare un ulteriore deterioramento e individuare soluzioni cautelative per la salute umana;

   nella relazione dell'Arpa Brescia sopraindicata, emergeva che nel fiume Oglio, all'altezza dello scarico dello scolmatore stazione «Santo Stefano» situato presso il ponte dell'autostrada A4, giacevano sul fondo, bloccati dalla particolare conformazione del fondo medesimo, quantitativi enormi di fanghi, contenenti metalli pesanti e altamente tossici come nickel, piombo, zinco e altri veleni che il decreto legislativo 152 del 2006 considera parametri di base da controllare nelle acque superficiali;

   nel punto dello scarico di emergenza al fiume Oglio sopracitato, il fiume diventa un bacino detto «laga», a causa dello sbarramento della diga Italcementi; quindi, i fanghi gettati nel fiume dallo scarico sono rimasti, dalla data del prelievo dell'Arpa del 16 ottobre 2006, intrappolati in quantitativi dell'ordine di migliaia di tonnellate e non sono più potuti fluire lungo il corso d'acqua, con la conseguente loro sedimentazione e creazione di un esteso deposito di fanghi tossici;

   non risulta all'interrogante che nessun intervento di bonifica sia mai stato effettuato nell'area succitata della «laga» di Capriolo, nonostante le precise indicazioni dell'Arpa;

   tale situazione può causare gravi pericoli alla salute pubblica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa grave situazione ambientale che investe l'intera zona interessata dal percorso del fiume Oglio;

   se il Ministro interrogato intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente per accertare lo stato dei fatti e il possibile grave danneggiamento del depuratore di Paratico e le relative cause, anche segnalando i fatti all'autorità giudiziaria e informando dettagliatamente la cittadinanza dei risultati di tali accertamenti, secondo i principi della doverosa trasparenza;

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, di concerto con gli enti territoriali competenti, intenda adottare per consentire il regolare, pieno e migliore funzionamento degli impianti di depurazione sul territorio nazionale;

   quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per promuovere, di concerto con altri oggetti istituzionali competenti, un'analisi accurata dello stato del fiume Oglio, a partire dalla località «Roggia Vetra», dando immediata comunicazione degli esiti alla cittadinanza interessata.
(4-18836)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la circolare del 18 gennaio 2013 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare attuativa dell'articolo 57 del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, con riferimento ai finanziamenti del «fondo Kyoto», ai capi 5) e 6) del capitolo II «Variazione, controlli e recupero somme» prevede verifiche, controlli e ispezioni, nonché la possibilità di revoca e di restituzione delle agevolazioni;

   in particolare, al punto 5.1, è previsto che la direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la direzione generale dell'energia e delle risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico effettuano controlli su un adeguato campione di soggetti beneficiari, per verificare la regolare esecuzione delle iniziative finanziate nonché la loro conformità al progetto presentato, incluse le eventuali varianti approvate; controllano, altresì, il rispetto dei tempi e delle modalità degli investimenti ammessi. A tal fine, possono essere eseguiti sopralluoghi in corso d'opera e verifiche tecniche nell'arco della realizzazione dell'investimento; al punto 5.2 è previsto che la direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia e la direzione generale dell'energia e delle risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico, coaudiovati dal Comando carabinieri per la tutela ambientale e dalla Guardia di finanza, possono disporre ispezioni in loco al fine di verificare il corretto adempimento degli obblighi derivanti dalla concessione del beneficio erariale;

   al punto 5.3 è previsto che per gli aspetti inerenti alla tutela della spesa pubblica, le citate direzioni potranno richiedere la collaborazione della Guardia di finanza ai sensi del decreto legislativo n. 68 del 2001, le cui modalità saranno disciplinate con separato protocollo d'intesa con il Comando generale del Corpo –:

   quale sia stato l'esito dei controlli a campione effettuato dal 2013 ad oggi sui soggetti beneficiari per verificare la regolare esecuzione delle iniziative finanziate nonché la loro conformità al progetto presentato;

   se siano state prodotte statistiche sui casi di revoca e restituzione delle agevolazioni previsti dal capo 6, capitolo II, della circolare del 18 gennaio 2013 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e se si intenda renderle pubbliche.
(4-18846)


   PICCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'area compresa tra via Bonaparte, via Schiff e via D'Annunzio, nella città di Firenze, era attiva in passato una fabbrica che produceva proiettili per l'esercito utilizzando un sale del mercurio;

   a partire dal 2014 l'area compresa tra via Bonaparte, via Schiff e via D'Annunzio è interessata da un piano di edilizia popolare comprensivo di 21 appartamenti;

   nel corso delle operazioni di escavazione, a quanto risulta all'interrogante, sarebbero state riscontrati una serie di anomalie organolettiche tali da interrompere i lavori;

   le indagini effettuate da Casa s.p.a. e da Arpat sul terreno dove sorgono i giardini e dove avrebbero dovuto sorgere i suddetti appartamenti registrano valori soglia per le aree residenziali;

   nonostante il mercurio non rientri tra gli agenti cancerogeni, è nota la pericolosità del metallo per la salute umana –:

   se il Ministro interrogato intenda interessarsi del caso e promuovere, per quanto di competenza, verifiche da parte del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente per garantire ai cittadini locali la dovuta chiarezza riguardo ai tempi di bonifica e agli eventuali danni prodotti dalla presenza del mercurio e dall'esposizione al metallo.
(4-18853)


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2009 la Asl della provincia di Mantova (ora confluita nella ATS Valpadana) espose pubblicamente l'indagine epidemiologica ambientale nell'alto Mantovano; per Castiglione Delle Stiviere si evidenziò un SMR per tutti i tumori maligni di 121. Si osservarono a Castiglione 524 tumori rispetto ai 424 attesi, 100 in più. L'ipotesi ambientale più plausibile fu il ruolo giocato da solventi (aromatici) e ossido di etilene prodotto fino al 2002;

   si fece una previsione di studiare dettagliatamente le leucemie, ma lo studio non fu eseguito;

   le indicazioni della Asl furono di:

    contenere e monitorare le emissioni, gli scarichi idrici inquinanti (chimica, gomma e plastica), i percolamenti dei siti inquinati;

    completare i programmi di bonifica previsti per i siti inquinati di Castiglione;

    garantire che le acque inquinate della falda superficiale di Castiglione non possano intercettare la popolazione a seguito di utilizzi industriali o agricoli;

    i canali provenienti da Castiglione come la Seriola Marchionale attraversano oltre mezza provincia di Mantova fino a Curtatone e al Parco del Mincio;

   Lo stabilimento Huntsman, risulta inquinante per quanto concerne i solventi aromatici cancerogeni, anche oltre il perimetro aziendale;

   lo stabilimento stava ancora proseguendo le opere di bonifica al momento del passaggio di proprietà a Innospec a gennaio 2017;

   lo studio Plume finanziato nel 2012 da provincia di Mantova e regione Lombardia a seguito di questi riscontri, evidenzia record di nitrati nel piezometro 4 di Castiglione: 102 mg/litro (limite di 50 mg/litro nell'acqua potabile, i dati US-EPA suggeriscono 10 mg/litro in particolare per l'idratazione infantile e in gravidanza, dati riportati nei principali testi di pediatria italiani (fra cui Zuccotti);

   durante l'amministrazione Novellini (centrosinistra), dal 2012:

    sono state svendute le quote del servizio idrico in carico alla partecipata comunale al 100 per cento Indecast per favorire la creazione di un gestore unico idrico provinciale in capo a TEA spa, precarizzando il bilancio e favorendo l'accettazione di percolati contaminati da Pfas da fuori provincia;

    sono stati accettati per conto di TEA s.p.a. i rifiuti organici della maggior parte della provincia;

    sono stati sparsi fanghi provenienti da fuori provincia e fuori regione;

    sono state accettate le Ecoballe di Napoli per conto di Herambiente come già evidenziato nell'interrogazione n. 4-14738 presentata dall'interrogante;

    è stata aperta una centrale a biogas che ha causato notevoli problemi;

    non sono stati sollecitati aggiornamenti presso gli enti competenti degli studi ambientali e sanitari in corso o necessari;

    non sono stati informati i cittadini dello stato dell'ambiente, delle bonifiche in corso e della loro salute, né degli esiti dello studi Plume;

   sull'argomento è stato altresì presentata l'interrogazione 4-14574 si rileva inoltre l'atto dirigenziale n. PD/106 del 27 gennaio 2017 della provincia di Mantova, recante la modifica non sostanziale dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata nel 2012, nel 2013 e nel 2015;

   sono stati quindi imposti a Indecast limiti massimi di Pfas a norma del decreto ministeriale del 6 luglio 2016; Indecast ha intrapreso ricorso al Tar di Brescia anche chiedendo sospensiva dell'atto dirigenziale, rigettata in data 20 aprile 2017 dal Tar di Brescia anche per il riscontro di valori in ingresso di Pfas molto elevati sui percolati, di Pfbs in falda a 1,7 microgrammi/litro e Pfoa a 0,3, dopo le elezioni del 2017 e il passaggio di Amministrazione al centrodestra, è stata modificata l'amministrazione di Indecast;

   nell'agosto 2017 sono stati votati dai consiglieri di maggioranza e dalla consigliera ora indipendente Lucia Zanotti gli «indirizzi urgenti alla società Indecast» che contengono l'esortazione al consiglio di amministrazione di Indecast a proseguire, con ogni iniziativa e in tutti i gradi di giudizio contro il provvedimento della provincia che di fatto blocca il conferimento di percolati di discarica contenenti Pfas;

   il nuovo presidente Indecast Franco Nodari, a quanto risulta all'interrogante, avrebbe intrapreso un nuovo ricorso al Tar di Brescia in data 24 ottobre 2017 –:

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dati i gravissimi fatti esposti, non intenda avviare, per quanto di competenza, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, un accertamento sullo stato dei luoghi, per verificare i livelli di inquinamento nell'area sopra citata che sarebbe interessata da elevati valori di Pfas;

   se il Ministro della salute non intenda assumere iniziative per promuovere, in tempi rapidi, un'indagine epidemiologica da parte dell'Istituto superiore di sanità nell'area di cui in cui premessa, al fine di salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini che vi risiedono.
(4-18854)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal mese di maggio 2014 i comuni della provincia di Ascoli Piceno versano ininterrottamente in «emergenza rifiuti», dichiarata dall'amministrazione provinciale mediante l'adozione di numerose ordinanze urgenti ex articolo 191 del codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, e all'articolo 3 della legge regionale n. 24 del 2009, gestendo lo smaltimento dei rifiuti in via emergenziale ben oltre il limite temporale previsto dalla legge;

   già con la determinazione n. 1620 del 10 ottobre 2016 il dirigente del settore tutela ambientale della provincia aveva sospeso l'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla società privata «Geta S.r.l.», in forza della quale la stessa gestiva i rifiuti, in quanto le polizze fideiussorie presentate a garanzia degli oneri finanziari e ambientali erano risultate false;

   dalla lettura del provvedimento di sospensione risulta, infatti, che l'autorizzazione rilasciata a Geta s.r.l. era priva sin dal mese di marzo 2016 delle garanzie finanziarie prescritte dal decreto legislativo n. 152 del 2006 a causa della cancellazione della società finanziaria che le aveva rilasciate dall'elenco generale degli intermediari finanziari, in seguito a una segnalazione effettuata dalla Banca d'Italia;

   nonostante fosse a conoscenza del fatto che la che Geta s.r.l. stesse abbancando rifiuti nella propria discarica in difetto delle garanzie finanziarie prescritte, nel 2016 il presidente della provincia di Ascoli Piceno ha adottato il nono decreto emergenziale ex articolo 191, con la delibera n. 109 del 2016;

   con provvedimento del 30 novembre 2016 la provincia di Ascoli Piceno ha comunicato che la ditta Geta srl aveva provveduto a depositare le nuove polizze di assicurazione per la gestione operativa della discarica e per la gestione post-operativa della terza vasca della discarica, stipulate con la compagnia «Nadejda»;

   tuttavia, con comunicato stampa del 18 agosto 2017 l'Ivass ha reso noto che l'Autorità di vigilanza bulgara (FSC) ha revocato l'autorizzazione all'esercizio dell'attività assicurativa nei confronti della predetta «Insurance Company Nadejda AD»;

   nell'ultimo decreto emergenziale, n. 109 del 2016, in favore di «Geta srl», il presidente della provincia di Ascoli Piceno ha espresso la volontà dell'ente di emettere futuri ulteriori provvedimenti extra ordinem per consentire a Geta s.r.l. di continuare ad abbancare rifiuti presso la propria discarica, giustificando il proprio intendimento in base ad una delibera assunta in tal senso dall'assemblea dell'Ata in data 26 luglio 2016;

   attualmente la ditta Geta srl, che ha presentato nuove richieste di autorizzazione per l'attivazione di nuove vasche in discarica, a quanto consta all'interrogante starebbe esercitando attività di gestione di rifiuti in assenza di garanzie assicurative che tutelino la comunità dai rischi connessi alla gestione operativa e post operativa dell'impianto di discarica sito in località Alto Bretta di Ascoli Piceno –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda promuovere una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in ordine alla situazione della discarica sopra richiamata che sarebbe priva dei necessari titoli;

   se il Governo non intenda assumere iniziative normative, con il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, per assicurare una programmazione più efficiente e lungimirante della gestione dei rifiuti, limitare il protrarsi delle situazioni di emergenza, sanzionare più rigorosamente eventuali responsabilità e definire una disciplina più stringente delle garanzie assicurative a beneficio della collettività.
(4-18887)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   Bettona, cittadina in provincia di Perugia, è un pregevole esempio di castello medievale inserito tra i borghi più belli d'Italia e sottoposto, con decreto ministeriale 10 dicembre 1962, a tutela paesaggistica, ai sensi della legge n. 1497 del 1939;

   nel 2007, attraverso alcune ordinanze comunali furono accertati abusi edilizi prospicienti la piazza principale del paese, a pochi passi dalla sede comunale e dagli importanti palazzo Baglioni e palazzo Biancalana, imponendo il ripristino dei luoghi;

   ad esempio, la cassa rurale e artigiana di Bettona, diventata proprietaria nel 1970 di palazzo Baglioni, allo scopo di accedere ai propri fondi dalla parte retrostante il palazzo demolì il muro di cinta del giardino pensile e asportò 80 centimetri di terreno per uniformare la quota della nuova corte alla porta di accesso ai propri locali; con il materiale di risulta venne poi rialzata di circa due metri la sede stradale di Via Baglioni, uniformandola alla corte della nobile residenza;

   sempre nello stesso contesto venne realizzata una scalinata che ha ridotto alla sola percorrenza perdonale il collegamento tra le due vie sottostanti il palazzo (via Baglioni e vicolo del Moro) la corte suddetta, e venne demolito lo sperone angolare antisismico di palazzo Baglioni allo scopo di rendere accessibile la corte alle auto;

   tutti questi lavori vennero realizzati in assenza della necessaria autorizzazione ai fini ambientali;

   nel 2012 l'amministrazione comunale di Bettona ha richiesto al Ministero dei beni e delle attività culturali una valutazione circa l'interesse pubblico al ripristino dell'originario assetto di via Baglioni e vicolo del Moro; il Ministero ha ritenuto valido tale interesse dando sostanza, di fatto, alla delibera di giunta n. 18 del 21 febbraio 2013, avente ad oggetto proprio il ripristino della viabilità del centro storico di Bettona;

   tale delibera stabilisce in modo inequivocabile l'interesse al ripristino della viabilità originaria, corrispondente al decumano di età romana, la cui attuale configurazione è dovuta ad indebite manomissioni verificatesi negli ultimi decenni;

   nel corso degli anni si sono poi succedute diverse valutazioni della Soprintendenza, tutte con la stessa conclusione: ripristinare il bene originario, antecedente al 1972, per il suo interesse culturale e storico nonché per la sua memoria collettiva per la definizione dell'identità della nazione o di una sua parte;

   con delibera del 25 maggio 2016 il comune di Bettona ha avviato un procedimento di revisione della delibera 18 del 2013, per accertare la sussistenza dell'interesse pubblico al ripristino di via Baglioni e Vicolo del Moro e, nella successiva riunione del tavolo tecnico del 19 giugno 2017, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici dell'Umbria ha ribadito che, in ogni caso, anche ove non si fosse giunti al recupero del selciato originario, si doveva ripristinare l'assetto viario anteriore alla costruzione della scalinata;

   tuttavia, la commissione comunale per la qualità architettonica ed il paesaggio ha ritenuto, con parere del 29 giugno 2017, sconveniente ed inutile un tale ripristino, stante il rilevato stato di maneggiamento dell'originale;

   con delibera dell'11 luglio 2017, il comune di Bettona dava atto dell'insussistenza di motivi di pubblico interesse per il ripristino della viabilità e l'eliminazione della scalinata, per mancanza di interesse archeologico e con delibera del 25 luglio 2017 revocava la delibera 18 del 2013 –:

   se non intenda, in base a quanto esposto in premessa, valutare ulteriormente, attraverso le iniziative di competenza, l'interesse storico ed archeologico del ripristino dell'antica viabilità di Bettona (vicolo del Moro e via Baglioni), anche in considerazione delle valutazioni ufficiali già espresse dalla Soprintendenza dell'Umbria che l'amministrazione comunale, attraverso le delibere del luglio 2017, sta di fatto disattendendo.
(5-12948)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il porto turistico di Rio Martino è una infrastruttura che prevede una banchina adibita all'ormeggio di circa 300 imbarcazioni che dovrebbe consentire l'istituzione di una nuova tratta per le isole pontine con mezzi veloci;

   il progetto, rinvenibile sul sito internet della società interprogetti srl, ha l'obiettivo di ricostituire al canale di Rio Martino la fisionomia e l'aspetto che era stato già pensato nel 1938 nell'originario progetto di bonifica attraverso il recupero dei progetti originali;

   le indicazioni di dettaglio fornite dall'Ente Parco con l'adesione del dirigente dell'area V.I.A. regionale riguardano:

   la realizzazione di un tratto del canale tra la Fossella e l'immissione del Cicerchia, privo di sistemi di attracco per imbarcazioni;

   la rinaturalizzazione delle sponde per l'intera estensione dell'asta terminale del canale per l'intera larghezza compresa tra il palo libero del canale e la banchina stradale, sostenute con fascinature su pali come da progetto originario;

   la realizzazione di tratte limitate di pontili, della lunghezza non maggiore di 200 metri, intervallate da tratti liberi di 60-80 metri di lunghezza, per una ricettività massima di 400 imbarcazioni di 5-6 metri di lunghezza;

   l'utilizzazione dell'area adiacente al ponte della Fossella, originariamente prevista in progetto, per la sistemazione di un parcheggio e una zona servizi igienici e commerciali;

   tale opera è stata finanziata dalla provincia di Latina, insieme alla regione Lazio e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per un valore complessivo di circa 5,3 milioni di euro. A questi si aggiungono 1,5 milioni di euro provenienti dai fondi del ristoro nucleare messi a disposizione dal comune e dalla provincia di Latina;

   il 13 aprile 2017, a quanto consta all'interrogante, la provincia di Latina ha ordinato la sospensione dei lavori per il porto canale di Rio Martino a causa della mancata erogazione di oltre 3 milioni di euro, ovvero quasi la metà del finanziamento, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

   i lavori dovevano essere ultimati entro fine giugno 2017, affinché non venisse perso il finanziamento di 6,8 milioni di euro;

   circa quattro mesi fa sul lato Sabaudia gli argini sono crollati e pochi giorni fa si è verificato un nuovo crollo sul lato Latina. Si è verificato anche un cedimento della nuova duna oggetto di rinaturalizzazione e la prima barriera realizzata con cannucce e paletti in legno è venuta giù. Ciò nonostante, la presidente uscente della provincia di Latina, Eleonora Della Penna, ha presentato la fine degli interventi costati complessivamente 19 milioni di euro e ha annunciato che entro poco ci sarà la consegna del cantiere ed il taglio del nastro –:

   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se intendano promuovere verifiche, per quanto di competenza, sui lavori effettivamente realizzati per accertare che siano aderenti al progetto approvato e a norma di legge;

   se i Ministri, per quanto di competenza, intendano intervenire urgentemente per la messa in sicurezza del sito in questione;

   se i Ministri, per quanto di competenza, intendano chiarire quali reali necessità fossero alla base della realizzazione di questa infrastruttura, se effettivamente essa abbia contribuito alla riqualificazione ambientale e come siano stati effettivamente utilizzati i fondi per la costruzione del porto.
(5-12968)


   DI BENEDETTO, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA, SIMONE VALENTE, NUTI, DI VITA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con determina n. 699 del 17 novembre 2017, il comune di Palermo indiceva una selezione riservata per titoli, valutazione di un project work e colloquio, a n. 6 posti a tempo pieno e indeterminato con il profilo professionale di esperto culturale bibliotecario (categoria D/1 posizione economica di primo inquadramento D/1);

   l'articolo 17 della legge n. 124 del 2015 prevede, in primo luogo, nelle procedure concorsuali pubbliche, meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzarne l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche; successivamente viene prevista anche la possibilità di svolgere unitariamente la valutazione dei titoli;

   in forza dell'articolo 22 le disposizioni contenute nella legge n. 124 del 2015 si applicano anche alle regioni a statuto speciale compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

   il bando emanato dal comune di Palermo, però, per la selezione di n. 6 posti prevedeva esclusivamente, tra i requisiti per presentare domanda, il possesso di laurea di 1° livello in materie umanistiche (decreto ministeriale 16 marzo 2007 – classi L 10; L – 1; L 42) e di diploma della Scuola superiore speciale archivisti bibliotecari;

   attualmente le procedure di selezione risultano bloccate e il bando è stato sospeso dalla stessa amministrazione comunale;

   ad avviso degli interroganti, la situazione desta preoccupazione soprattutto alla luce del dossier di 250 pagine prodotto dal Ministero dell'economia e delle finanze, nel quale vengono riscontrate ben 46 violazioni di legge commesse dal comune di Palermo –:

   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative, nel piano normativo o nelle opportune sedi di concertazione con le regioni e gli enti locali, al fine di prevedere, nei concorsi pubblici, modalità e procedure più stringenti per riconoscere e valorizzare l'attività e l'esperienza acquisite da lavoratori precari.
(5-12975)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere — premesso che:

   il mausoleo di Porsenna è un edificio che fu descritto da Marco Terenzio Varrone;

   sarebbe stato costruito per raccogliere il corpo del leggendario lucumone Porsenna, sovrano della città di Chiusi;

   secondo i documenti storiografici, le prime notizie del mausoleo si hanno dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, XXXVI.19.91-93), il quale, a sua volta, afferma di aver avuto notizia da un manoscritto di Marco Terenzio Varrone;

   Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia fa una descrizione molto dettagliata del mausoleo nel libro trentaseiesimo; secondo una ipotesi ricostruttiva, il mausoleo, in base all'espressione riferita da Plinio il Vecchio, potrebbe essere collocato «dinnanzi a Chiusi», ovvero in zone circostanti, quali la zona del parco di Montelungo di Chiusi;

   siccome Plinio il Vecchio e Varrone collocarono il mausoleo al di sotto dell'abitato di Chiusi, un intreccio di cunicoli, recentemente scoperti e attualmente visitabili, simili ai «bottini di Siena», che conducono alle cisterne di raccolta dell'acqua piovana posizionate sotto la città di Chiusi, è stato erroneamente chiamato labirinto di Porsenna, come se fosse stato il labirinto del suo mausoleo;

   dell'esistenza del mausoleo di Porsenna si è occupato anche l'archeologo John Linton Myres (The tomb of Porsenna at Clusium, in The Annual of the British School at Athens, 1951, XLVI, pp. 117-121);

   il ritrovamento del suddetto manufatto potrebbe rivestire carattere di straordinario interesse archeologico –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   quali iniziative intenda promuovere — anche tramite una verifica archeologica con la descrizione dell'area interessata di Chiusi e di quella circostante – al fine di avviare una ricerca, accertare la presenza del mausoleo descritto in premessa, e portare alla luce lo stesso ovvero le sue vestigia, anche per recuperare eventuali testimonianze dell'antica storia italiana e arricchire il numero dei siti archeologi del nostro Paese.
(4-18816)


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   le unità immobiliari costituenti un fabbricato censito al Nuovo catasto edilizio urbano al foglio 6, particella 209, sub. 1 e 2 sito in Castellammare di Stabia (NA), in via Passeggiata archeologica, ricadono all'interno della perimetrazione del «parco urbano archeologico» nonché «zona archeologica» del comune;

   i proprietari di tale stabile, al fine di porre in essere interventi di ristrutturazione urbanistica, ai sensi del vigente piano di recupero, per la demolizione e ricostruzione dello stesso, hanno inteso conferire l'incarico ad un soggetto professionista per le procedure amministrative e il conseguente avvio dei lavori;

   tuttavia, il soggetto incaricato, dopo aver disposto alcune variazioni rispetto al progetto presentato in seguito alla comunicazione di avvio di procedimento negativo da parte della Soprintendenza beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici di Napoli, prot. N. 15983 del 7 luglio 2016, in riferimento al parere vincolante al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ha ottenuto parere favorevole della Soprintendenza in data 1° ottobre 2016;

   in data 6 novembre 2017, a causa dei gravi pericoli che gli interventi concessi potrebbero determinare a danno del parco urbano archeologico di Castellammare di Stabia (NA), il gruppo consiliare del Movimento 5 stelle di Castellammare di Stabia, rappresentato dal consigliere Vincenzo Amato, ha presentato alla Soprintendenza competente una richiesta di accesso agli atti al fine di ottenere i documenti allegati al parere favorevole sovramenzionato, con relativa copia dei saggi effettuati che hanno determinato il parere finale;

   tuttavia, a tale richiesta la Soprintendenza beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici di Napoli, a quanto consta all'interrogante, non ha inteso dare alcun seguito, rendendo vano il tentativo di accertare la sussistenza dei saggi e, dunque, la regolarità dell'autorizzazione stessa, e verificare le motivazioni dell'inesistenza di un possibile pericolo per il sito archeologico –:

   in che modo il Ministro interrogato intenda verificare se le autorizzazioni rilasciate dalla Soprintendenza e i saggi effettuati risultino in grado di garantire l'effettiva tutela del parco urbano archeologico di Castellammare di Stabia, privilegiando la sicurezza del sito ricadente in zona archeologica rispetto alle necessità di soggetti privati.
(4-18831)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 29 e 30 novembre 2017 si è tenuta a Firenze la X edizione del Buy Tourism Online (Bto), evento italiano di riferimento sulle connessioni tra turismo, innovazione e tecnologia e o di dibattito che ha coinvolto i maggiori esperti di turismo digitale. Un confronto promosso da regioni italiane e sviluppato assieme alla regione Toscana e a Toscana promozione turistica;

   secondo Webitmag.it, «i main focus della fiera, che hanno coinvolto 100 esperti suddivisi in 10 tavoli di lavoro, sono stati il coinvolgimento dei cittadini nella narrazione della destinazione turistica, l'utilizzo dei big data per profilare la domanda e i movimenti dei flussi turistici, la necessità di talenti in grado di trasformare le informazioni presenti in rete in offerte turistiche su misura»;

   Alberto Peruzzini, direttore di Toscana promozione turistica, ha sottolineato come «i Big data da soli non bastano, occorre sviluppare le professionalità necessarie per lavorare su un turismo innovativo, uscendo dallo stereotipo e cercando nuove forme di narrazione e narratori»;

   Alessio Beltrame, capo segreteria del Sottosegretario di Stato Antonello Giacomelli, ha dichiarato: «L'incontro è stato anche l'occasione per ripensare al progetto wi-fi Italia che è stato presentato in occasione della prima edizione di Ecosistemi Digitali. Una rete che ha iniziato a crescere, offrendo la possibilità, non solo di migliorare l'esperienza dei cittadini, e dei turisti per accedere al wi-fi, ma anche di raccogliere i dati per analizzare i flussi turistici e poter creare nuovi servizi innovativo»;

   secondo Francesco Palumbo, direttore generale del turismo del Ministero dei beni culturali e ambientali e del turismo «Ecosistemi Digitali non è solo un evento ma un momento di lavoro che coinvolge privati e settore pubblico per capire insieme dove lavorare al meglio e dove investire nei prossimi piani attuativi del Piano Strategico di Sviluppo del Turismo»;

   nel corso del dibattito, Giovanni Bastianelli, direttore di Enit ha commentato: «Dobbiamo essere concreti e imparare a sfruttare le opportunità del digitale non solo come vetrina ma anche come strumento per vendere le nostre eccellenze turistiche. I turisti stranieri devono avere un rapido accesso alle informazioni e comprare più facilmente i nostri servizi»;

   il Sole 24 ore, nell'articolo del 2 dicembre 2017, analizzando il dibattito emerso durante la Bto, ha riportato come «gli assessori al turismo di Roma, Milano, Venezia, Firenze e Napoli, coordinati dal Ministero dei Beni culturali e del turismo, hanno firmato un'intesa che punta a un miglior governo dei flussi turistici, condivisione delle buone pratiche, unione delle forze per cercare soluzioni al fenomeno dell'overtourisme»;

   nello specifico, «per la gestione dei flussi turistici, le cinque città menzionate stanno lavorando a sistemi di raccolta, monitoraggio e gestione dei dati in tempo reale, in modo da poter informare il viaggiatore sui luoghi più affollati, consigliandone altri. L'intesa prevede anche la sperimentazione di un registro cittadino per le locazioni turistiche, al quale dovrebbero essere iscritti tutti coloro che vogliono lavorare con intermediari e piattaforme online»;

   per quanto concerne la gestione dei flussi turistici, il comune di Firenze ha presentato, proprio alla Bto, «Destination Florence, una piattaforma online promossa da Comune e Convention bureau che punta a gestire l'invasione turistica grazie a una tecnologia che monitora le presenze, le modalità di fruizione e gli orari nei luoghi più frequentati, e permette di conoscere provenienza e abitudini dei turisti per indirizzarli»;

   Destination Florence «utilizza la piattaforma open source Km4City, sviluppata dall'Università di Firenze, che aggrega dati statistici di regioni e città, come i flussi di veicoli e di persone aggiornati in tempo reale, o i punti di interesse, per permettere l'erogazione di servizi smart» –:

   alla luce dei fatti esposti, quali iniziative intenda assumere per sviluppare le infrastrutture digitali nel settore turistico e se intenda definire chiaramente gli obiettivi futuri;

   se e quali iniziative, simili al modello fiorentino, il Governo intenda per gestire in tempi celeri il sovraffollamento turistico nelle grandi città d'arte.
(4-18857)


   LAVAGNO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la società Carrera srl di Bramafarina ha proposto al comune di Felizzano, in provincia di Alessandria, un progetto per la costruzione di una pista da motocross, con annessi servizi, una strada interna al sito e parcheggi per i visitatori. Il terreno individuato dalla sopracitata società, in strada dei Boschi, è quasi pianeggiante e si estende su 230.000 metri quadrati e non frammentati, è in prossimità del territorio dichiarato patrimonio dell'umanità e dentro un'area inclusa nel progetto «Porte del Monferrato», che mira a realizzare aree di accesso al patrimonio Unesco particolarmente qualificate dal punto di vista ambientale;

   infatti questa zona del Piemonte dal 2014 è entrata, con merito, a far parte dei patrimoni Unesco con la denominazione di «Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato». Nello specifico il territorio oggetto dell'intervento è inserito in un'area definita di «buffer-zone»;

   l'opera comporterebbe la perdita di circa 20 ettari di terreno agricolo, in un periodo storico che vede l'Italia primeggiare nella triste classifica dei Paesi consumatori di suolo, e proprio mentre la regione Piemonte sta adottando provvedimenti per ridurre il consumo dei suoli;

   si prevede che l'impianto avrà un pesante impatto ambientale, emettendo inquinamento acustico, gas serra e polveri, proprio vicino ad un bioparco, a vigneti di altissimo pregio e ad altre strutture di carattere sportivo-ricreativo;

   nonostante la rilevanza ambientale del territorio ove dovrebbe sorgere la pista di motocross, la provincia di Alessandria ha escluso la pista dalla fase di valutazione di impatto ambientale (VIA) ed il comune di Felizzano ha parimenti escluso la variante urbanistica propedeutica e necessaria per consentire la realizzazione di detta pista dalla procedura di valutazione ambientale strategica (Vas);

   peraltro, sempre in tema di consumo del suolo, il comune di Castagnole Monferrato, ubicato a circa una dozzina di chilometri di distanza da Felizzano, si prevede la realizzazione di una ulteriore pista di motocross di dimensioni analoghe, in relazione alla quale, in ogni caso, gli enti preposti hanno optato per l'assoggettamento alla Via e alla Vas;

   contro il progetto di realizzazione della pista di motocross sono stati presentati, a quanto risulta all'interrogante, 2 ricorsi al Tar Piemonte –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per salvaguardare la parte del Monferrato dichiarata «patrimonio dell'umanità».
(4-18858)


   MINNUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 633 del 1941 sul diritto d'autore disciplina il processo di raccolta e prima distribuzione dei compensi di cui hanno diritto, tra gli altri, i produttori originari di opere audiovisive e i produttori di videogrammi. La predetta legge dispone che la Siae incassi detti compensi e ne ripartisca il settanta per cento, in parti uguali, tra i soggetti sopra specificati compresi gli artisti, interpreti ed esecutori;

   nonostante i dettami normativi, però, risulta che la Siae ad oggi corrisponda la totalità dei compensi incassati solo a tre associazioni di categoria (Univideo, Anica e Apt), considerate come maggiormente rappresentative, indipendentemente dal fatto che i produttori siano o meno associati alle predette associazioni maggiormente rappresentative;

   alcuni produttori di opere audiovisive italiani e stranieri non associati hanno, così, proceduto a richiedere a Siae, attraverso la formazione di una nuova organizzazione collettiva, di poter ricevere quanto loro spettante già per le competenze relative al 2012, ma né Siae né le associazioni di categoria menzionate hanno risposto alle richieste presentate né tantomeno si sono dimostrate favorevoli all'apertura di un qualsiasi tavolo di confronto per risolvere la controversia;

   il sistema in atto, evidentemente, crea un'inspiegabile disparità di trattamento, che produrrà peraltro effetti anti competitivi nei confronti di tutte le altre organizzazioni, ancor più inspiegabile se si pensa che Siae è ad oggi oggetto di un'istruttoria da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per uso di posizione dominante (A508 – provvedimento n. 265319), e che le stesse associazioni di categoria sono state persino riconosciute incapaci ed inefficienti nell'ambito dell'attività di distribuzione dei compensi, così come da sentenza della corte di appello di Roma n. 570/2017;

   infine, si sottolinea che le associazioni di produttori di fonogrammi e videogrammi che gestiscono i compensi per copia privata sono state esentate dal costituirsi in organismi di gestione collettiva, o entità di gestione indipendente, così come disposto dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, a giudizio dell'interrogante in evidente contrasto con la direttiva 2014/26/UE –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, anche sul piano normativo, al fine di ovviare alle disparità sopra descritte.
(4-18876)


   CIVATI, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la biblioteca di archeologia e storia dell'arte (Biasa) fondata nel 1875 è ospitata a Palazzo Venezia di Roma;

   Biasa è la maggiore biblioteca italiana in materia d'arte e di archeologia e nel 1998 è entrata a far parte del Servizio bibliotecario nazionale (Sbn) mettendo a disposizione al pubblico il patrimonio bibliografico oggi stimato in circa 370.000 volumi;

   il costante problema degli spazi e la dichiarazione d'inagibilità per l'assenza di una scala antincendio avevano già portato alla chiusura della biblioteca per permettere una nuova ristrutturazione e l'allargamento degli spazi disponibili;

   a quanto risulta agli interroganti parrebbe, ora, intenzione del Governo e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – il quale sarebbe pronto a sostenere economicamente le spese concernenti il restauro dei locali che dovrebbero ospitare la biblioteca – trasferire la Biasa presso altra sede in via della Datarìa;

   inoltre, sembrerebbe che i locali di Palazzo Venezia, ora occupati dalla Biasa, siano destinati a ospitare la Scuola superiore in beni culturali e turismo;

   tale proposito ha suscitato lo stupore di diverse sigle sindacali, tra cui quello della Uilpa Mibact-Fp-Cgil che il 13 novembre 2017 diramava un comunicato;

   nel comunicato si dichiara gravissima la decisione di trasformare in Fondazione privata la storica biblioteca dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte di Roma, poiché si tratterebbe di un ulteriore passo della politica di dismissione e privatizzazione dell'organizzazione statale di fruizione dei beni culturali senza dubbio deleteria per la tutela e corretta gestione del patrimonio culturale;

   si fa presente che tale decisione avrebbe anche inaccettabili conseguenze sul personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo –:

   se quanto indicato in premessa corrisponda al vero;

   in caso affermativo, per quali motivi il Governo abbia maturato tale decisione;

   se corrisponda al vero che la biblioteca, una volta trasferita con il suo patrimonio bibliografico, cesserebbe di essere pubblica, perché sarebbe trasformata in una fondazione privata e, in caso affermativo, quale sia stato il motivo che ha portato il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a optare per la sua privatizzazione;

   se corrisponda al vero che nei locali che ospitano ora la Biasa dovrebbe trovare posto la scuola superiore in beni culturali e turismo e, in caso affermativo, quali siano i motivi di tale scelta;

   nel caso in cui quanto indicato in premessa corrispondesse al vero, quali saranno le sorti del personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
(4-18891)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MINNUCCI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi tempi si fa sempre più insistente l'ipotesi dello spostamento del Museo storico dell'Aeronautica militare, dal sito attuale dell'aeroporto di Vigna di Valle (nel Comune di Bracciano — Roma), ad un nuovo sito posto in località Torricola (Roma), presso un vetusto magazzino dell'Aeronautica militare;

   si ricorda che l'ubicazione del Museo storico è presso l'aeroporto di Vigna di Valle grazie alla ragguardevole storia militare dello stesso che risale fin dalla fine del XIX secolo;

   il Museo, ad oggi, è tra i più importanti d'Italia e d'Europa grazie sia alla sua estensione, sia all'interessantissima e curata esposizione di macchine e di storia aeronautica internazionale, sia, infine, al contesto territoriale in cui è inserito, ossia il bacino naturale del lago di Bracciano alle porte di Roma;

   inoltre, in quarant'anni di storia, festeggiati poco tempo fa alla presenza del Ministro interrogato, si è creata una valida rete di organizzazione intorno al Museo, al fine di garantire ai visitatori la migliore assistenza anche nel reperimento di alberghi in cui alloggiare, ristoranti in zona dove mangiare e informazioni su ulteriori siti di interesse storico artistico e naturalistico da visitare nelle immediate vicinanze del Museo;

   è pertanto evidente che qualora il Museo venisse spostato, lo stesso subirebbe un grave danno andando a perdere di fatto tutto il suo background così come subirebbero un grave danno economico tutte le attività commerciali (alberghi, ristoranti e altro) che fino ad oggi hanno prestato un valido servizio ai visitatori del Museo stesso, concorrendo alla crescita della sua fama e importanza –:

   se trovi conferma l'ipotesi che il Museo venga trasferito in località Torricola Roma) e, in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere al fine di evitare il suddetto trasferimento e, di conseguenza, tutti i danni sopra specificati.
(5-12938)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la rappresentanza militare è l'istituto interno alle Forze armate italiane previsto dalla legge 11 luglio 1978, n. 382, il cui scopo è quello di tutelare il personale appartenente alle Forze armate in alcuni limitati ambiti consentiti dalla legge;

   gli organi della rappresentanza militare si distinguono in: Co.ce.R, CoIR, Co.Ba.R;

   dai dati disponibili si desume che il costo complessivo riguardante gli organismi di rappresentanza militare ammontano a diversi milioni di euro;

   a parere degli interroganti, in attesa che venga attuata la riforma complessiva della rappresentanza militare come da proposta del Movimento 5 Stelle, appare necessario provvedere a un contenimento delle spese e a una ottimizzazione dei costi riguardante gli organismi di rappresentanza militare, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione della pubblica amministrazione, anche relativamente alle nuove tecnologie, ovviamente senza comprimere le funzioni e competenze degli organismi stessi;

   a proposito del punto sopra enunciato, si segnala la recente iniziativa del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica militare, generale Enzo Vecciarelli, il quale, a seguito della richiesta del Cocer volta a chiedere l'autorizzazione ad effettuare delle visite presso alcuni reparti, sia in Italia che all'estero, al fine di illustrare il provvedimento di riordino delle carriere emanato dal Governo, respingeva la richiesta con l'obiettivo del massimo contenimento della spesa pubblica, disponendo, allo stesso tempo, un possibile utilizzo dello strumento della video conferenza;

   inoltre, a parere degli interroganti, sempre in attesa che venga attuata la riforma complessiva della rappresentanza militare come da proposta del Movimento 5 Stelle, è necessaria una operazione di trasparenza volta a far conoscere alla cittadinanza l'utilizzo delle risorse a disposizione degli organi di rappresentanza militare, allo stato assolutamente carente o inesistente –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per promuovere un contenimento delle spese e una ottimizzazione dei costi riguardanti gli organismi di rappresentanza militare, senza comprimere le funzioni e le competenze degli organismi stessi;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché venga adottato, laddove tecnicamente possibile, previo accordo con gli organismi di rappresentanza e senza comprimere le funzioni e le competenze degli organismi stessi, lo strumento della videoconferenza per le riunioni da tenere a Roma, al fine ridurre il più possibile le spese;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire la massima trasparenza nei confronti della cittadinanza, relativamente all'utilizzo dei fondi a disposizione degli organismi di rappresentanza militare, anche predisponendo la pubblicazione online delle ricevute presentate dai rappresentanti degli organismi di rappresentanza militare per il rimborso delle spese sostenute.
(4-18815)


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere — premesso che:

   a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 9 maggio 2017, n. 95, entrato in vigore il 7 luglio 2017, il personale non medico del settore «servizio sanitario» della polizia di Stato ritiene di non essere stato correttamente inquadrato, in quanto ancora equiparato al personale che svolge attività tecnico-scientifica o tecnica, la cui disciplina è contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337;

   tale disciplina non valorizza il profilo professionale di quei sanitari di polizia che continuano ad essere inquadrati nella carriera esecutiva, nonostante sia richiesto, per l'esercizio delle professioni sanitarie, il possesso della laurea e della relativa abilitazione, né prevede la possibilità per il personale laureato appartenente al ruolo dei sovrintendenti tecnici – attualmente inquadrato «nell'unico settore di supporto logistico» – come previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 337 del 1982 – di accedere ai ruoli superiori;

   il suddetto personale avrebbe dovuto essere inquadrato tra i sanitari della polizia di Stato, la cui disciplina è contenuta nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 338 del 1982, anche al fine di riconoscere le medesime chance di progressione di carriera del personale che espleta funzioni di polizia, a cui lo stesso è equiparato;

   l'attuale inquadramento impedisce al personale sanitario non medico di polizia di accedere a regime alla carriera dei funzionari, in mancanza di una disciplina apposita nell'ambito del decreto legislativo n. 334 del 2000; l'unica previsione in tal senso è contenuta nella disposizione transitoria di cui all'articolo 2, comma 1, lettera nn), n. 1) del decreto legislativo n. 95 del 2017, che prevede un'aliquota di soli 40 posti, riservati ai soli ispettori superiori tecnici del settore sanitario, per l'accesso al ruolo direttivo tecnico ad esaurimento della polizia di Stato, istituito in sostituzione del ruolo speciale ad esaurimento dei direttori tecnici;

   il decreto legislativo n. 334 del 2000 contempla – in effetti – le sole carriere dei medici e dei medici veterinari di polizia, ma non prevede una carriera riservata al restante personale sanitario in possesso di titoli universitari;

   sarebbe quindi auspicabile un intervento correttivo della disciplina che prevedesse una più ampia articolazione delle carriere professionali dei sanitari, in particolare introducendo una specifica carriera oltre a quelle dei medici e dei medici veterinari – riservata al restante personale sanitario, da articolare nei profili professionali di infermiere, fisioterapista e negli ulteriori profili professionali da individuarsi con decreto del capo della polizia e con l'indicazione di specifiche attribuzioni, regolando altresì l'accesso alla nuova carriera, la formazione iniziale e la promozione alle qualifiche superiori;

   occorrerebbe altresì una disciplina transitoria, ovvero disposizioni di prima applicazione per l'accesso alla qualifica iniziale della predetta carriera direttiva mediante concorsi interni, da riservare a chi attualmente appartiene ai ruoli del personale della polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica nel settore sanitario, purché in possesso di laurea triennale abilitante all'esercizio professionale o di titoli equipollenti e iscritto al relativo albo, regolando altresì la promozione alle qualifiche superiori e la durata del periodo di prima attuazione –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative affinché la posizione del personale sanitario non medico in servizio nella polizia di Stato sia disciplinata in modo da tener conto delle aspettative degli operatori del settore, eventualmente verificando se sussistono i presupposti per introdurre disposizioni integrative e correttive alla disciplina citata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 95 del 2017, così come previsto dall'articolo 8 della legge-delega n. 124 del 2015.
(4-18818)


   BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 novembre 2017 è apparso un articolo sull'organo di stampa «iN Montichiari Week», con il titolo «Imbavagliata e picchiata, salvata dai vicini», nel quale articolo si apprende di una lite tra una militare di anni 20 costretta a subire più maltrattamenti e percosse dal compagno ex aviere, suo coetaneo di Taranto, tra le mura di via Cesare Abba nella città di Ghedi, tanto da trovare rifugio per una notte dai vicini di casa, i quali l'hanno ospitata e confortata, poiché la giovane era visibilmente provata;

   la giovane militare che ha subito gravi percosse, con lesioni sulla testa, ha ritenuto più sicuro tornare a vivere nella stanza che le spetta di diritto nella caserma del 6 stormo sempre nella città di Ghedi, a causa delle percosse subite dal suo compagno;

   a quanto risulta dall'articolo di stampa, i carabinieri all'entrata della base militare di Ghedi avrebbero dato un pass temporaneo al compagno del militare in questione, cioè ad una persona che non aveva alcun diritto di accedere alla stessa, con la sola scusa di dover ritirare del materiale rimasto in base quando lavorava nella stessa;

   una volta entrato nella base di Ghedi, incontrava la ragazza, con la quale iniziava una nuova discussione;

   nel codice dell'ordinamento militare non sono normate le visite e l'ingresso in una base militare da parte di esterni civili, la norma regola l'accesso solo per quanto concerne le cariche istituzionali, tra cui parlamentari della Repubblica italiana (articolo 301 e seguenti del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e articolo 412 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010 n. 90);

   nel codice dell'ordinamento militare non è prevista alcuna regolamentazione in materia di stupri, mobbing, stalking e di tutti i reati violenti nei confronti delle donne; la normativa sembra diretta solo a disciplinare la presenza degli uomini nei siti militari;

   nemmeno l'ingresso delle donne nelle Forze armate ha fatto modificare l'ordinamento militare, lasciando la regolamentazione dei reati sopra descritti nella previsione del codice penale –:

   se i fatti riportati dagli organi di stampa corrispondano al vero;

   se il Ministro interrogato intenda promuovere, per quanto di competenza, un accertamento sui fatti e, ove risultino confermati, intraprendere iniziative nei confronti dei carabinieri presenti all'entrata della base di Ghedi;

   come sia possibile che un civile, senza alcun apparente titolo, possa entrare con tanta facilità in una base militare che stocca anche ordigni nucleari USA, ovvero le ammodernate bombe B-61 12;

   quali iniziative abbia intrapreso il comandante della base del 6 stormo per non permettere più che simili episodi si ripetano;

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere le opportune iniziative per rivedere il codice dell'ordinamento militare prevedendo un'apposita disciplina relativamente ai casi di violenza di genere.
(4-18826)


   BENEDETTI, BASILIO e RIZZO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il monte Venda, la cima più alta al centro del parco regionale dei Colli Euganei, è stata una base italiana inserita nella rete di comando Nato tra il 1955 e il 1998. La base, denominata 1° ROC (Regional Operation Center), era situata per la sua quasi totalità in un bunker scavato all'interno del monte e veniva utilizzata per il controllo di tutto il traffico aereo dell'Italia centrale e settentrionale, rimanendo, fin da subito dopo la sua costruzione, sotto il comando dell'Aeronautica militare;

   un'inchiesta aperta dalla procura militare nel 2002 ha portato alla luce la grave e pesante esposizione al gas tossico del radon a cui erano costantemente esposti i militari che, su turni di 8 ore, occupavano il bunker. Il processo, conclusosi nel mese di novembre 2017, ha visto la condanna degli allora vertici militari per le morti di alcuni ex militari;

   dalla chiusura dell'ex base ad oggi, il sito esterno, un tempo impiegato dai militari, è rimasto in stato di completo abbandono ed incuria presentando ancora emissioni di gas radon dal sottosuolo, costituendo una vera ferita paesaggistica e ambientale in uno dei luoghi più suggestivi e frequentati del Parco –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, per la bonifica dell'area descritta in premessa, nonché per la messa in sicurezza e la riqualificazione ambientale e paesaggistica della stessa;

   quale protocollo per i controlli sanitari si intenda seguire, per quanto di competenza, nei confronti di coloro che erano di stanza nel suddetto sito militare.
(4-18840)


   BASILIO, CORDA e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   le normative prevedono visite mediche periodiche ed esami specialistico-strumentali per il personale delle Forze armate;

   tali visite mediche hanno lo scopo precipuo di fornire la migliore assistenza possibile, così da garantire la migliore condizione fisica del personale e quindi anche la possibilità di operare al meglio delle proprie condizioni psico-fisiche;

   risultano circolari interne che hanno disposto un aggiornamento delle direttive sulle visite mediche periodiche;

   tale aggiornamento prevedrebbe, inoltre, condizioni peggiorative rispetto al passato riguardo alla frequenza degli esami di laboratorio e per le visite specialistiche cardiologiche con elettrocardiogramma;

   inoltre, l'aggiornamento prevedrebbe che la visita medica periodica debba coincidere con altri accertamenti che prevedano l'effettuazione di esami specialistico-strumentali e/o di laboratorio, «al fine di ottimizzare la spesa necessaria per gli accertamenti previsti»;

   peraltro, a quanto consta agli interroganti, la visita medica annuale risulterebbe consistere in un semplice colloquio, con richiesta verbale da parte del medico riguardo alle condizioni del militare, senza un'approfondita visita medica;

   tali aggiornamenti potrebbero avere negative ripercussioni sulla salute dei dipendenti delle Forze armate, con conseguente riduzione sia della loro operatività sia della loro condizione psico-fisica anche nel contesto famigliare –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali aggiornamenti;

   se il Ministro interrogato, una volta compiuti i necessari approfondimenti sulla vicenda, non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative per lasciare inalterati gli standard qualitativi relativamente agli esami specialistico-strumentali e/o di laboratorio, prevedendo, altresì, laddove possibile e necessario, un aumento degli stessi, nell'ottica del miglioramento costante riguardo ai livelli di prevenzione sanitaria del personale delle Forze armate;

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative per procedere a un monitoraggio riguardo all'efficacia della visita medica annuale nei confronti dei militari, procedendo, se necessario, ad un aumento degli standard qualitativi.
(4-18852)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   si trascina da decenni la questione relativa agli alloggi di proprietà del Ministero della difesa e, con essa, quella relativa a quegli occupanti per lungo tempo ingiustamente definiti sine titulo, costituiti da personale in servizio con concessione scaduta, ovvero da personale in quiescenza, coniugi vedovi, legalmente separati o divorziati e figli orfani, che hanno perduto il titolo a permanere nell'alloggio;

   ad essi, alla scadenza del titolo, è arrivata solo la comunicazione relativa alla modifica dell'importo del canone da corrispondere, riconoscendo la loro qualità di affittuari e non di abusivi, elemento ribadito anche in relazione alla previsione del diritto di prelazione sull'acquisto ad essi riconosciuto, diritto che non sarebbe spettato in caso di occupazione abusiva;

   negli anni agli occupanti sine titulo sono stati chiesti continui adeguamenti dei canoni e, laddove si è proceduto con le alienazioni, pur riconoscendo ad essi il diritto di prelazione, di fatto è stato loro impedito l'acquisto a causa della fissazione di prezzi troppo elevati;

   ad oggi, l'utenza sine titulo che continua ad attendere una soluzione definitiva della questione alloggiativa è composta da oltre quattromila persone, divise tra quelle appartenenti alle categorie protette per condizioni reddituali e sanitarie, e i soggetti non protetti che versano un canone di mercato;

   per ciò che risulta agli interroganti, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili è coperta per l'80 per cento dai proventi degli affitti degli occupanti sine titulo;

   il 7° reparto infrastrutture delle forze operative del Nord ha diramato in data 7 dicembre 2017 un documento avente per oggetto «Quesito per interventi ad utenti “Sine Titulo”, con il quale si richiede al Comando delle forze operative Nord di Padova di esprimere un parere sulla interpretazione che prevede di autorizzare lavori di manutenzione “solo qualora la mancata eliminazione dell'inefficienza potesse comportare problematiche relative alla stabilità e alla sicurezza dell'unità immobiliare”»;

   tale richiesta scaturisce dalle richieste da parte di utenti «sine titulo» di interventi manutentivi da effettuare all'interno degli alloggi demaniali, in particolare per la sostituzione di caldaie a servizio delle singole unità immobiliari;

   il comandante del 7° reparto infrastrutture, a giudizio degli interroganti animato da criterio di buon senso, chiede al proprio superiore di verificare la legittimità di questa interpretazione e se è possibile prevedere delle eccezioni «quali, a titolo di esempio, per utenti appartenenti alle categorie “protette” ai sensi del D.M. 07/05/2014 e s.m.i. o ad utenti con minori nel proprio nucleo familiare» –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza delle iniziative intraprese dai propri comandi in merito a quanto indicato in premessa;

   quali iniziative intenda intraprendere per garantire equità tra le categorie di locatari degli immobili della Difesa in ordine alle attività di ordinaria manutenzione necessarie a garantire condizioni igienico-sanitarie e di comfort ambientale in linea con le normative vigenti;

   se intenda indicare il numero di alloggi in gestione al Comando delle forze operative Nord in attesa di lavori per essere riassegnati ed il motivo per cui essi ancora non siano stati effettuati.
(4-18855)


   ZANIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   le fanfare militari sono costituite da musicanti che già nella vita civile hanno maturato, nelle bande cittadine, competenze e professionalità che ne garantiscono la qualità delle prestazioni. La loro attività principale consiste nel partecipare a cerimonie e manifestazioni di carattere istituzionale, a concerti in varie città, in Italia ed all'estero, ed ai numerosi festival internazionali di bande militari;

   i militari delle fanfare della Julia, della Pozzuolo e della Ariete e i loro colleghi della brigata alpina Taurinense hanno in corso un contenzioso con l'Esercito, perché le ore che trascorrono nel trasferimento dalle sede di servizio alla località dove devono esibirsi sono fuori dall'orario lavorativo, e non si maturano né ore di recupero né indennità. Inoltre, al personale, spesso chiamato a lavorare anche nei giorni prefestivi, non viene riconosciuto il recupero dell'intera giornata ma solo quello delle ore effettive di lavoro al netto delle ore di viaggio;

   a tutto questo si aggiunge la situazione alloggiativa durante i trasferimenti, nella maggior parte dei casi precaria: molto spesso essi vengono sistemati in alloggi non conformi agli standard previsti dalla normativa, a quanto risulta all'interrogante, succederebbe, come durante i campionati sciistici delle truppe alpine che sono in corso a San Candido, che i militari, e tra loro anche i componenti della fanfara della Julia, siano stipati in numero di 18 persone in un'unica camerata con solo sei bagni disponibili per un totale di 96 militari;

   inoltre, ai militari musicanti verrebbe consegnato un sacchetto per il pranzo con panini confezionati il giorno prima e conseguentemente gli stessi sarebbero costretti a provvedere a proprie spese per i pasti –:

   se il Ministro interrogato, considerato il valore fortemente rappresentativo di bande e fanfare militari, intenda assumere le iniziative necessarie per superare tutte le criticità sopracitate e garantire ai loro componenti un trattamento di missione forfetario, a prescindere dal loro corpo di appartenenza.
(4-18881)


   BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i dipendenti civili del Ministero della difesa, ex terzo livello, divenuti poi ex «A» e oggi denominati «ausiliari prima area», risultano avere un profilo anacronistico perché rimasti bloccati al primo inquadramento della legge n. 312 del 1980;

   risulta, inoltre, che tali lavoratori svolgono mansioni ed incarichi ben al di sopra del loro profilo;

   nelle legislature precedenti sono stati presentati vari atti parlamentari che avevano come obiettivo il superamento della situazione dei lavoratori sopradescritta;

   nello specifico risulta una interrogazione nel 2012 dove si chiedeva il passaggio nella categoria A2 dei dipendenti inseriti nella categoria A1, ma allo stato non è stato adottato nessun provvedimento in merito;

   tale passaggio garantirebbe al personale opportunità di formazione e progressioni economiche e di carriera, appunto già nella disponibilità del personale della seconda area;

   tale intervento comporterebbe un onere finanziario contenuto, in quanto i trattamenti economici riferiti alle posizioni A1 e A2 sono pressoché equivalenti;

   peraltro, tale passaggio consentirebbe di risolvere il noto problema dell'eccedenza tabellare senza nessun aumento di oneri economici per l'amministrazione;

   alcuni comitati rappresentanti i lavoratori della categoria in questione hanno inviato numerose raccomandate per sollecitare la soluzione della problematica che riguarda alcune centinaia di lavoratori, ma a tali lettere non è mai stato dato riscontro;

   una recente sentenza del Tar pronunciandosi su una vicenda analoga a quella in questione, ha intimato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avviare procedure di riqualificazione del personale dalla prima alla seconda area –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intraprendere urgenti iniziative per prevedere una progressione verticale dei dipendenti civili del Ministero della difesa dall'area A1 all'area A2, allo scopo di utilizzare al meglio le professionalità formatesi nell'ambito dell'amministrazione della difesa e consentire al personale in questione opportunità di formazione e progressioni economiche e di carriera.
(4-18894)


   PILI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'appuntato dei carabinieri in s.p. Maritano Alain Giulio effettivo al Comando stazione carabinieri di Torino Monviso nel mese di maggio del 2015 chiedeva di poter conferire col Ministro interrogato; l'istanza con nota prot. M_D GUDC REG2016 0031058 del 5 settembre 2016 veniva respinta in quanto «la materia oggetto del conferimento non rientra tra le competenze del Vertice politico»;

   in data 2 novembre 2015 l'istanza di trasferimento avanzata dal militare il 19 maggio 2015 «finalizzata ad ottenere il trasferimento dal reparto di appartenenza ad una Rappresentanza Diplomatica all'estero, al fine di assistere il padre, residente nelle Isole Seychelles» veniva dichiarata inammissibile dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri;

   consta all'interrogante che sia l'istanza di trasferimento che quella di conferimento con il Ministro interrogato siano state presentate dal militare desideroso di avvicinarsi con urgenza al luogo di residenza dei propri familiari alle Seychelles (padre: M.P., cl. 1946, pensionato, e madre E.J.I., cl. 1946, casalinga) al fine di fornire loro un sostegno materiale ed assistenziale, nella considerazione del grave stato di salute in cui versava il padre a seguito dell'aggravarsi delle patologie già sofferte, già titolare di legge n. 104 del 1992 in connotazione di gravità;

   il 13 ottobre 2016 il militare apprendeva della morte del genitore senza avergli potuto dare assistenza e l'estremo saluto;

   la triste conclusione della vicenda che ha riguardato l'appuntato Maritano evidenzia un vuoto regolamentare e normativo che si pone come ostacolo sia al diritto/dovere di assistenza verso la propria famiglia di origine sia al sereno svolgimento del servizio da parte di quei militari in servizio permanente delle Forze armate e nell'Arma dei carabinieri di cittadini italiani con famiglia di origine in Paesi extra comunitari –:

   quali immediate iniziative intenda porre in essere la Ministra interrogata per superare gli ostacoli normativi che hanno impedito all'amministrazione militare di consentire all'appuntato Maritano di poter essere trasferito per prestare assistenza al proprio genitore titolare del beneficio previsto dalla legge n. 104 del 1992, ancorché residente all'estero ed evitare il ripetersi di una simile e disdicevole situazione.
(4-18896)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   PALMIERI, LAFFRANCO e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalle maggiori agenzie di stampa, Cassa depositi e prestiti avrebbe deliberato l'apertura di una linea di credito pari a 300 milioni di dollari alla società Meydan group llc degli Emirati Arabi Uniti per la realizzazione del grande parco commerciale Meydan one mall a Dubai;

   da quanto esposto l'operazione desta notevoli perplessità, sia per eventuali situazioni che potrebbero delineare possibili conflitti di interessi e sia perché l'operazione oltrepasserebbe alcuni limiti posti alle attività di finanziamento di Cassa depositi e prestiti;

   il fondo americano Neuberger Berman si è aggiudicato la trattativa in esclusiva per acquisire l'intero portafoglio di partecipazioni dirette di Fondo italiano d'investimento, che riguardano come noto le partecipazioni di minoranza in 22 piccole e medie imprese italiane, valutate intorno ai 300 milioni di euro;

   nel dettaglio Cassa depositi e prestiti, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Icbpi, Banco Bpm, Bper, Credito Valtellinese, Banca Cividale e Ubi Banca, in qualità di investitori del Fondo italiano di investimento, insieme a Fondo italiano d'investimento sgr, hanno firmato un accordo di esclusiva con Neuberger Berman finalizzato alla possibile cessione del 100 per cento delle quote del fondo stesso, che è nato nella primavera del 2016;

   si segnala altresì che il principale azionista di Fondo italiano d'investimento sgr, con il 51 per cento del capitale, è Magenta 71 srl ovvero il veicolo di proprietà dell'amministratore delegato Maurizio Tamagnini;

   il patrimonio immobiliare – gestito dalla società di gestione del risparmio con a capo Marco Sangiorgio – è oggetto di dubbiose operazioni: da una stranissima joint venture a Firenze con un imprenditore fiorentino, alla concessione gratuita a società diverse di pregiatissimi immobili a titolo temporaneo in cambio di esorbitanti lavori;

   a tali operazioni si aggiunge il recente acquisto di ben 5 villaggi turistici che sembrano essere stati commissionati dall'amministratore delegato e direttore generale di Cassa depositi e prestiti, Fabio Gallia: tre sono di Investindustrial e due di una sconosciuta Th Resort –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno verificare le modalità con cui sono state concluse le operazioni esposte in premessa, se le stesse rispondano alle norme e agli accordi in materia di finanziamento per l'internazionalizzazione delle imprese e l'esportazione da parte di Cassa depositi e prestiti e se non intenda fare chiarezza per evitare possibili conflitti di interesse.
(3-03446)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, SIBILIA, CASTELLI, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i dati forniti dal Ministero della salute nel 2016 attestano l'esistenza di:

    a) n. 8 fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale (fondi che erogano solo prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza – Lea), istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni, definiti di tipologia A;

    b) n. 297 enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale, di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 e successive modifiche, definiti di tipologia B, che erogano sia prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza che quelle extra livelli essenziali di assistenza;

   i rappresentanti legali dei fondi sanitari di tipologia B devono certificare che hanno dedicato almeno il 20 per cento delle prestazioni erogate nell'anno a precisi ambiti di assistenza: 1) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria; 2) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale; 3) prestazioni finalizzate al recupero della salute; 4) prestazioni di assistenza odontoiatra;

   quanto al numero dei soggetti iscritti ai fondi sanitari per l'anno 2016, i detti fondi hanno dichiarato che nell'anno precedente avevano un totale di 9.154.492 iscritti, di cui 6.959.355 registrati come lavoratori e 2.195.135 come familiari dei lavoratori. Dei 9.154.492 iscritti è risultato che 9.156 appartengono ai fondi sanitari di tipologia A e 9.145.336 a quelli di tipologia B;

   per chi aderisce volontariamente è consentita la possibilità di detrarre dall'Irpef lorda il 19 per cento dei contributi associativi versati, fino ad un ammontare massimo di 1.291 euro;

   è ammessa, inoltre, la detrazione d'imposta del 19 per cento (per l'importo della spesa che eccede 129,11 euro) delle altre eventuali spese mediche sostenute personalmente;

   per le aziende, i contributi a loro carico rappresentano una voce di costo del lavoro, deducibile integralmente ai fini della determinazione del reddito d'impresa soggetto ad Ires (imposta sul reddito delle società); ad ulteriore vantaggio, i contributi a carico del datore di lavoro versati nella cassa godono di un'aliquota contributiva sociale ridotta;

   da quanto sopra descritto si può ipotizzare che le casse dello Stato finanziano, tramite detrazioni fiscali e oneri deducibili, questo servizio sanitario privato, composto da fondi sanitari di varia natura;

   il 28 ottobre 2017 la Rete sostenibilità e salute ha lanciato un appello pubblico: «I fondi sanitari integrativi e sostitutivi minacciano la salute del Servizio Sanitario Nazionale» –:

   quale sia l'onere finanziario complessivo riferito alla defiscalizzazione delle prestazioni erogate agli iscritti ai fondi, specificando l'ammontare in relazione alle diverse agevolazioni fiscali previste a normativa vigente;

   quale sia l'onere finanziario connesso alla deduzione dal reddito d'impresa delle aziende italiane che versano contributi per fondi integrativi sanitari;

   quale sia il minor gettito fiscale complessivo e distinto per tipologia per gli anni 2015-2016-2017 determinato dal mancato computo del reddito personale (defiscalizzazione):

    dei contributi versati dagli iscritti ai fondi formati dalla legislazione predetta;

    dei contributi eccedenti versati dagli iscritti ai fondi eccedenti l'importo annuo complessivo di 3.615,20 euro e, in quanto tali, detraibili solo in proporzione alla quota eccedente la predetta soglia nel regime di detraibilità delle spese sanitarie;

    della detrazione delle spese sanitarie;

    della detrazione del premio versato per polizze classificabili nel ramo vita (escluso infortuni ma comprensivo di Ltc – Long Term Care);

   quale sia il minor gettito fiscale complessivo e distinto per tipologia per gli anni 2015-2016-2017 determinato dalle incentivazioni all'istituzione di forme di welfare aziendale con riguardo a prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e sociali per dipendenti ed ex dipendenti e familiari connesso alla deduzione dal reddito d'impresa delle aziende italiane, con particolare riguardo ai contributi versati a fondi della tipologia citata.
(5-12941)


   FABBRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il dilagare delle occasioni di gioco d'azzardo lecito ha portato molti comuni e regioni ad intervenire per arginare questo fenomeno che sta creando notevoli problematiche dal punto di vista sociale e sanitario ed un aumento costante del numero di persone in carico al servizio sanitario nazionale per dipendenza da gioco d'azzardo patologico;

   diverse regioni hanno quindi approvato norme specifiche per il contrasto alla diffusione del gioco d'azzardo patologico volte a salvaguardare la salute dei cittadini;

   tali leggi regionali sono intervenute, in molti casi, introducendo il concetto di distanza dai luoghi sensibili dei punti di gioco, limitando le aperture nell'ambito di tali distanze e, in alcuni casi, imponendo la chiusura o la delocalizzazione dei punti gioco;

   con la manovra finanziaria 2016 il Governo si era impegnato ad agire per ridurre i punti di gioco sul territorio nazionale, regolamentare gli orari di apertura e limitare la possibilità di promuovere sui mass-media nazionali il gioco d'azzardo, nonché a predisporre il riordino complessivo del settore gioco d'azzardo, in accordo con la Conferenza unificata Stato Regioni;

   il 7 settembre 2017 il Governo ha presentato un'ipotesi di accordo alla Conferenza unificata Stato-regioni in materia di riordino del settore gioco d'azzardo lecito. Nell'ambito della discussione in merito alla proposta presentata, alcune regioni e provincie autonome hanno presentato un emendamento al documento proposto dal Governo introducendo un articolo che mantiene in essere le normative regionali esistenti nel caso queste risultino maggiormente restrittive rispetto a quella nazionale, salvaguardando in questo modo le scelte delle autonomie locali in materia. Tale emendamento è stato approvato dalla Conferenza e accolto dal Governo rendendolo quindi parte integrante dell'accordo;

   il 16 novembre 2017 il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo nel quale il Governo invitava la regione Piemonte a non procedere con l'applicazione della sua normativa per il contrasto al gioco d'azzardo patologico che sarebbe entrata in vigore il 1° dicembre, configurando, in caso di applicazione, un possibile danno erariale;

   molte regioni hanno legiferato in materia, prima della stipula dell'accordo in Conferenza unificata Stato-regioni e gli effetti della normativa, che possono portare a chiusura e delocalizzazione di locali dedicati al gioco d'azzardo, potranno risultare differiti nel tempo, a conclusione delle fasi di attuazione previste dalle leggi, tra cui la mappatura dei luoghi sensibili, anche in riferimento ai comuni confinanti –:

   se intenda assumere iniziative per applicare quanto previsto nella manovra finanziaria 2016 in materia di regolamentazione oraria e riduzione delle occasioni di gioco sul territorio nazionale e come intenda tenere fede all'accordo sottoscritto in sede di Conferenza unificata, favorendo soluzioni che consentano il mantenimento di discipline regionali, facendo prevalere il diritto alla salute dei cittadini piuttosto che gli interessi economici.
(5-12963)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECATTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la gestione degli incentivi pubblici erogati dal Gestore dei servizi energetici (Gse) a favore degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile entrati in esercizio dal 1° gennaio 2009 sono disciplinati, ai fini della cumulabilità con altri incentivi pubblici, dall'articolo 2, comma 152, della legge n. 244 del 2007. Questa norma prevedeva un divieto assoluto di cumulo tra incentivo erogato dal Gse e altri incentivi pubblici;

   nel corso del 2011 il legislatore ha introdotto un significativo chiarimento sulla portata del divieto assoluto di cumulo degli incentivi erogati dal Gse con altri incentivi pubblici. Ha infatti introdotto una norma di interpretazione autentica prevedendo all'articolo 26, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011 che il disposto dell'articolo 2, comma 152, primo periodo, della legge n. 244 del 2007 comunque non si applica nel caso di fruizione della detassazione dal reddito d'impresa degli investimenti in macchinari e apparecchiature, così come precedentemente previsto dall'articolo 6 dalla legge n. 388 del 2000 (cosiddetto «Tremonti ambiente»);

   tale quadro normativo consente, quindi, di cumulare la detassazione di cui alla normativa «Tremonti ambiente» con tutti gli incentivi erogati da parte del Gse (certificati verdi, tariffa onnicomprensiva e tariffa incentivante) per gli impianti entrati in esercizio ai fini dell'erogazione dell'incentivo da parte del Gse a decorrere dal 1° gennaio 2009;

   allo stato solo per gli impianti fotovoltaici allacciati indistintamente a tutti i conti energia è previsto un limite quantitativo di cumulabilità, introdotto con l'articolo 19 del decreto ministeriale 5 luglio 2012 ed indicato dal legislatore medesimo nella misura del 20 per cento del valore dell'investimento sostenuto. Ai fini del rispetto del limite di cumulabilità, il risparmio d'imposta conseguito a seguito di applicazione della detassazione ex «Tremonti ambiente» non può quindi eccedere il limite del 20 per cento rispetto al costo sostenuto dall'impresa e iscritto a bilancio per l'acquisizione dell'impianto fotovoltaico;

   in un primo momento alcune direzioni delle Agenzie delle entrate contestavano una ipotetica non cumulabilità tra tariffa incentivante e detassazione. La questione è stata risolta in sede contenziosa con diverse pronunce (Commissione Tributaria provinciale Genova 737/1/2017, Commissione Tributaria provinciale Bergamo 284/4/2017, Commissione Tributaria provinciale Milano passata in giudicato, Commissione Tributaria provinciale Ancona 328/2/2017 passata in giudicato e soprattutto Commissione Tributaria regionale Milano 3656/45/2016 passata in giudicato e divulgata anche dal Ministero dell'economia e delle finanze ad uso studio e ricerca) che riconoscono la cumulabilità;

   a seguito di tali importanti pronunce diversi uffici dell'Agenzia delle entrate hanno iniziato a rinunciare al contenzioso e a riconoscere le agevolazioni ex normativa «Tremonti ambiente» con tutti i conti energia;

   altri uffici dell'Agenzia delle entrate, al contrario, stanno ponendo in essere attività di accertamento e controllo con modalità atipiche, non tenendo conto delle pronunce giurisprudenziali sopra richiamate e rischiando così di mettere a repentaglio i principi di efficienza ed efficacia che dovrebbero ispirare l'azione amministrativa;

   il Ministero dello sviluppo economico preso atto delle pronunce giurisprudenziali con la nota ufficiale del 18 giugno 2015 ammettendo la cumulabilità per tutti gli investimenti avviati entro il 26 giugno 2012. Infine anche il Gse ha confermato la cumulabilità con esito positivo risultante dal verbale del 16 maggio 2016 di conclusione di una verifica effettuata –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative volte a confermare che il legittimo esercizio del potere accertativo e di controllo dell'Agenzia delle entrate possa avvenire esclusivamente ai sensi, per gli effetti e nei limiti di cui alle disposizioni del titolo IV «Accertamenti e controlli», del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e quindi in forza di atti tipizzati dal legislatore che diventano vincolanti per il contribuente e per i terzi solo a seguito di acquiescenza amministrativa, decorso del termine per impugnazione in sede giurisdizionale o passaggio in giudicato di sentenze.
(4-18805)


   BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per l'anno 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21 dicembre 2016) al comma 545 dell'articolo 1, «al fine di contrastare l'elusione e l'evasione fiscale, nonché di assicurare la tutela dei consumatori e garantire l'ordine pubblico» prevede che «la vendita o qualsiasi altra forma di collocamento di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetto diverso dai titolari, anche sulla base di apposito contratto o convenzione, dei sistemi per la loro emissione è punita, salvo che il fatto non costituisca reato, con l'inibizione della condotta e con sanzioni amministrative pecuniarie da 5.000 euro a 180.000 euro, nonché, ove la condotta sia effettuata attraverso le reti di comunicazione elettronica, secondo le modalità stabilite dal comma»;

   è stato inoltre approvato il comma 546 che, in attuazione del comma 545, prevede che con «decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare, sentite l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la Società italiana degli autori ed editori, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, le specificazioni e regole tecniche attuative del comma 545, in particolare al fine di aumentare l'efficienza e la sicurezza informatica delle vendite dei titoli di accesso mediante i sistemi di biglietterie automatizzate, nonché di assicurare la tutela dei consumatori»;

   ad oggi all'interrogante non risulta ancora emanato il decreto così come previsto dal comma 546 su indicato –:

   quali siano le motivazioni della mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dal citato comma 546 e se non intendano assumere iniziative per porvi rimedio.
(4-18834)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'ispettorato generale di finanza-servizi ispettivi di finanza pubblica del dipartimento della ragioneria generale dello Stato, tramite i dirigenti dottor Biagio Giordano e dottor Pasquale Bellomo ha eseguito, dal 20 aprile al 10 giugno 2016, una verifica amministrativa - contabile presso il comune di Ceglie Messapica in provincia di Brindisi, a seguito della quale è stata inviato al comune una relazione contenente un elenco delle irregolarità di maggior rilievo emerse tramite la suddetta verifica, pari a n. 24;

   con nota del 5 luglio 2017 il dottor Gianfranco Tanzi, ispettore generale di finanza, ha comunicato che il comune di Ceglie Messapica ancora non ha risposto ai 24 rilievi inviati in data 27 dicembre 2016 e che, in data 13 gennaio 2017, la relazione e l'elenco sono stati inviati anche alla compagnia della Guardia di finanza di Ostuni, visto il procedimento penale instaurato presso la procura della Repubblica di Brindisi;

   a tutt'oggi, a quanto risulta all'interrogante, comune di Ceglie Messapica non avrebbe risposto ai quesiti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se e in che modo intenda chiarire per quale ragione, malgrado le gravi violazioni contestate relative in particolare ad appalti, contratti e personale, che, secondo l'interrogante, hanno compromesso e continuano a compromettere il buon andamento dell'amministrazione del suddetto comune, l'Ispettorato generale di finanza - servizi ispettivi di finanza del dipartimento della ragioneria generale dello Stato non si sia attivato per conseguire una celere risposta da parte del comune di Ceglie Messapica, né abbia concluso, ad oltre un anno, tale istruttoria trasmettendone gli esiti in maniera definitiva alle procure interessate.
(4-18872)


   MINNUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da qualche tempo molti cittadini di Roma e provincia (molte segnalazioni sono pervenute dai comuni di Bracciano e Cerveteri) lamentano gravi anomalie nella fatturazione del sistema di gestione idrico integrato gestito dalla società Acea Ato2 spa;

   i predetti cittadini, infatti, si sono visti recapitare bollette con cifre evidentemente sproporzionate a causa, sembrerebbe, di acconti forfettari non meglio identificati, letture inesistenti di contatori, importi non dovuti e, soprattutto, guizzi di tariffe per eccedenze che appaiono del tutto in contrasto con l'articolazione tariffaria presente sul sito Acea, nonché in contrasto con la normativa vigente;

   in proposito, inoltre, per gli utenti è risultato impossibile avere corrette informazioni sulle nuove tariffe e sulle modalità di calcolo del servizio che, peraltro, hanno portato ad un considerevole aumento dei costi per il servizio stesso e al ritardo nell'emissione delle fatture;

   tale situazione sta creando comprensibili disagi ai cittadini che, vista la situazione sopra specificata, non hanno la possibilità di tutelare le proprie ragioni in modo corretto e legittimo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative intenda intraprendere sul piano normativo al fine di tutelare i diritti degli utenti rispetto a gravi anomalie del sistema di fatturazione dei servizi idrici come quelle indicate in premessa.
(4-18873)


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la procura della Repubblica di Verona ha disposto il sequestro di tutte le antenne che risultano installate sulla Torre Massimliana sulle Torricelle, zona collinare del capoluogo scaligero;

   le infrastrutture sequestrate sono utilizzate per la trasmissione di numerosi canali radiotelevisivi sia con sede a Verona sia con sede altrove ed il sequestro può aver causato l'interruzione dei segnali e, quindi, la sospensione di un servizio pubblico a carattere generale a favore della comunità;

   le ipotesi di reato sono: invasione di edifici e deturpamento di cose altrui;

   si tratta di ripetitori installati nel corso degli anni, sul tetto della seconda torricella Massimiliana, detta anche torre di Radetzky, di salita Santa Giuliana, in un'area di proprietà del Demanio che pare non abbia mai percepito alcunché per l'occupazione degli spazi demaniali;

   nel tempo anche il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo aveva provveduto a chiedere la restituzione del manufatto libero dai sistemi ripetitori;

   i tentativi di composizione tra le parti – demanio ed emittenti radiotelevisive – ad oggi non hanno sortito alcun effetto;

   il nodo del problema dovrebbe essere nella trattativa tra i vari attori deputati che non hanno ancora individuato una soluzione economica ed infrastrutturale accettabile;

   è doveroso il rispetto verso la decisione della magistratura –:

   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti e se non ritengano opportuno un rafforzamento dell'impegno al tavolo di confronto esistente tra il Demanio ed i privati interessati al fine di favorire una soluzione positiva della vicenda e consentire, da un lato, il ripristino della legalità e, dall'altro, l'esercizio di un servizio di pubblica utilità.
(4-18879)


   GALGANO e MENORELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 maggio 2017 il Governo ha risposto ad una interrogazione della prima firmataria del presente atto e di altri deputati circa le prospettive della gara Facility Management 4, bandita dalla Consip spa in data 19 marzo 2014, a seguito del procedimento penale avviato nei confronti di Alfredo Romeo, azionista di maggioranza della società Romeo Gestioni spa, per fatti corruttivi asseritamente relativi alla procedura della stessa gara Facility Management 4;

   per quanto attiene agli effetti delle suddette vicende in merito agli atti della procedura di gara ed in particolare alla definizione della stessa, il Governo in tale occasione affermava che Consip spa stava effettuando «ogni più opportuno approfondimento per valutare le azioni da intraprendere» nei confronti di singoli operatori partecipanti, anche considerando le precisazioni fornite dall'Anac in data 30 marzo 2017, secondo le quali «in presenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla stazione appaltante, è demandato alla stessa un margine importante di discrezionalità, con riferimento alla verifica del requisito di cui alla lettera f) dell'articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, che prevede come causa ostativa alla partecipazione a gare d'appalto, previa motivata valutazione della stazione appaltante, la circostanza che il concorrente abbia commesso un errore grave nell'esercizio della sua attività professionale, accertato con ogni mezzo di prova da parte della stazione appaltante»;

   il Governo, inoltre, nella medesima circostanza non prospettava la possibilità di una onerosa revoca della procedura FM4, dovendosi osservare che in tal caso i rapporti contrattuali derivanti dalla precedente gara FM3, già in proroga da oltre tre anni e mezzo, sarebbero continuati attraverso quella che gli interroganti giudicano un'ulteriore abnorme prolungamento per i sensibili tempi necessari a una nuova gara, con effetti evidentemente paradossali considerato che i contratti FM3 sono affidati ad aziende escluse dalla gara FM4;

   il 16 giugno 2017 si è appresa la notizia secondo cui Consip ha determinato l'esclusione dell'impresa Romeo Gestioni dalla gara FM4, altresì deliberando di escludere le due imprese Cns e Manutencoop Fm, per aver fatto cartello, dai bandi per i servizi di «pulizia caserme» e «pulizie enti del servizio sanitario»;

   allo stato, risulta tuttavia ancora in proroga la menzionata precedente procedura FM3 conclusasi all'inizio del lontano 2014, che - come evidenziato - è sensibilmente più onerosa per gli oneri pubblici e nella quale, peraltro, l'impresa esclusa dalla nuova gara ex articolo 38, lett. f), del decreto legislativo n. 163 del 2006 ha una quota ben più ampia di quella che era stata allo stesso aggiudicata con il medesimo nuovo appalto FM4 –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per l'acquisizione di ulteriori informazioni al riguardo ovvero promuovere altre iniziative di competenza in relazione alla tempistica di definizione della gara Consip FM4.
(4-18884)


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da importanti organi di stampa si apprende che l'Agenzia delle entrate paga un canone di affitto mensile di 305 mila euro per un immobile, sito in viale Ciamarra in Roma, inutilizzato ormai da oltre un anno (13 mesi). Pertanto, ad oggi, lo spreco di risorse pubbliche ammonterebbe a 3.965.000 euro;

   le criticità relative alle conseguenze del trasloco nella nuova sede dell'ufficio provinciale – territorio di Roma in via Costi, erano state segnalate da un servizio televisivo della trasmissione «Striscia la Notizia» del 17 novembre 2016. Nel servizio si evidenziava quanto questo trasloco fosse «poco conveniente per le casse dello Stato»;

   in merito veniva specificato dall'Agenzia delle entrate che l'operazione complessiva comporterebbe da un lato un affitto di 1.508.750 euro per la nuova sede di via Costi, dall'altro il mantenimento dei vecchi locali, al momento inutilizzati, per i quali l'Agenzia continuerebbe a pagare un affitto di 3.659.000 euro;

   con nota dell'ufficio comunicazione del 18 novembre 2016, in risposta al suddetto servizio, l'Agenzia delle entrate sottolineava: «In realtà, il trasloco nei nuovi locali è stato deciso per superare criticità in materia di sicurezza e per razionalizzare la logistica dell'Ufficio Provinciale – Territorio di Roma. Questo ufficio, infatti, è il più grande d'Italia, con un archivio cartaceo di circa 35 Km lineari di documenti e fino a qualche settimana fa era ripartito in due differenti sedi. (...). Il canone di locazione di questa nuova sede, pari a 1,5 milioni di euro, oltre IVA, è stato ritenuto congruo dall'Agenzia del Demanio, che ha rilasciato il nulla osta alla stipula del contratto ed ha comportato un risparmio annuo, in termini di canone di locazione, pari a 911.000 euro rispetto al canone precedentemente pagato per l'immobile di via Martini. Pertanto, il trasloco dei servizi di pubblicità immobiliare da via Martini a via Costi ha già comportato un risparmio annuo, in termini di locazione, pari a circa 911 mila euro»;

   in merito agli uffici di via Ciamarra si comunicava: «Per quanto riguarda l'immobile di viale Ciamarra, che ospitava i servizi catastali dell'Ufficio provinciale territorio di Roma, ora trasferiti nella sede unificata di via Costi, sarà, invece, oggetto di interventi di ristrutturazione, comunque necessari, che consentiranno il trasferimento in quella sede della Direzione Regionale Lazio e dell'Ufficio Territoriale di Roma 5, attualmente siti, rispettivamente, in via Capranesi e in via di Torre Spaccata, con conseguente risparmio dei relativi canoni di locazione, pari a circa 3,6 milioni di euro»;

   negli scorsi giorni, in un nuovo servizio del tg satirico si riporta che l'Agenzia delle entrate, a seguito delle insistenze dei suoi inviati, avrebbe risposto: «che essendoci un contratto sono costretti a pagare questi soldi fino al 2022». Inoltre, lo stesso servizio documenta lo stato di abbandono in cui versa l'immobile in questione senza alcuna evidenza degli interventi di ristrutturazione menzionati nella nota della stessa agenzia sopra riportata –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se intenda adoperarsi con urgenza, adottando le iniziative di competenza anche di carattere normativo, affinché si proceda alla disdetta del contratto in essere tra l'Agenzia delle entrate e la proprietà dell'immobile, verificando che il contratto medesimo non contenga clausole vessatorie e appurando eventuali responsabilità e negligenze da parte dei dirigenti preposti nella gestione del contratto.
(4-18889)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'interrogazione n. 5-10764 presentata dal deputato L'Abbate, il Governo ha affermato che le pertinenze delle abitazioni, come box auto e cantine, non possono essere disgiunte dall'utenza domestica alla quale fanno riferimento ai fini del calcolo della Tari;

   la nota dell'Anci del 14 novembre 2017 a firma del sindaco di Ascoli Piceno e delegato Anci alla finanza locale, Castelli, afferma invece che nelle linee guida del Ministero «Le cantine, le autorimesse o gli altri simili luoghi di deposito si considerano utenze domestiche condotte da un occupante, se condotte da persona fisica priva nel comune di utenze abitative. In difetto di tale condizione i medesimi luoghi si considerano utenze non domestiche», come si legge anche nella risposta data all'interrogazione citata. Identica interpretazione è stata data dall'assessore al bilancio del comune di Genova, Piciocchi, ma entrambi parrebbero smentiti dall'articolo 2, comma 2, del regolamento «tipo» presente nelle linee guida del Ministero dell'economia e delle finanze, il quale afferma che si intendono per utenze domestiche «le superfici adibite di civile abitazione e le relative pertinenze», e che tali pertinenze non devono necessariamente essere attigue all'abitazione, purché situate «nello stesso Comune» (si veda la risposta all'interrogazione di cui sopra);

   in un'altra nota, lo stesso Castelli ricorda che «tutti i regolamenti Tari sono stati sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'economia, che non ha mai sollevato eccezioni su questi aspetti» (si veda la nota dell'Anci);

   da questo punto di vista, per il sindaco di Ascoli Piceno «ha fatto bene il presidente Decaro a chiedere una norma, possibilmente anche un fondo, che possa consentire ai comuni italiani di ristorare, come giusto e doveroso per quei pochi che hanno commesso qualche errore, quello che è il diritto di credito dei contribuenti. Chiediamo quindi – ha concluso Castelli – una norma che ci consenta, anche con fondi di bilancio, di poter riparare agli errori. I comuni mettono sempre la faccia nelle decisioni che prendono e lo fanno anche quando sbagliano»;

   a giudizio dell'interrogante stanziare dei fondi statali per errori commessi da alcuni comuni sarebbe un atto illegittimo, stante il fatto che ogni comune dovrebbe semplicemente redistribuire le tariffe e che il rimborso può essere fatto anche scontando l'importo non dovuto dalla Tari dell'anno in corso o del prossimo anno –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per lo stanziamento dei fondi richiesti dall'Anci per il rimborso della Tari non dovuta;

   in cosa consista, concretamente, la vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze sui regolamenti Tari di cui si parla nella nota dell'Anci e se esista un rapporto scritto e pubblicamente accessibile su tale attività.
(4-18900)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   nelle carceri Siciliane, per i poliziotti penitenziari e per il personale del comparto Ministeri, le condizioni di lavoro restano pericolose e stressanti e si registra un evento critico al giorno; in Sicilia, il personale di polizia penitenziaria e quello dell'area pedagogica è sott'organico e ciò si scontra con il sovraffollamento dei detenuti, compromettendo quindi la sicurezza nelle carceri siciliane e l'offerta trattamentale, un servizio che lo Stato è tenuto ad offrire al condannato;

   la Federazione nazionale Ugl polizia penitenziaria ha sensibilizzato l'opinione pubblica e sollecitato interventi concreti da parte dell'amministrazione penitenziaria per migliorare le condizioni di lavoro delle carceri siciliane e nel 2017 ha attivato diverse iniziative di protesta, tra le quali, scioperi dalla mensa di servizio, manifestazioni pubbliche e anche scioperi della fame messi in atto da tutti i componenti della segretaria regionale della Ugl polizia penitenziaria Sicilia;

   nonostante queste azioni di protesta e anche quelle messe in atto da altre organizzazioni sindacali, l'amministrazione penitenziaria non ha fatto nulla per migliorare le disastrose condizioni delle carceri siciliane;

   nonostante la carenza d'organico nella polizia penitenziaria, il «decreto Madia» del 2 ottobre 2017, riduce di oltre 4.000 unità l'organico rispetto a quello del 2001, con effetti negativi in tutte le strutture penitenziarie, in particolare quelle siciliane;

   i problemi delle carceri siciliane non riguardano solo la capienza e la vivibilità degli spazi a disposizione dei detenuti ma anche le condizioni di lavoro e i luoghi poco salubri dove sono costretti a lavorare le donne e gli uomini del Corpo di polizia penitenziaria;

   nel carcere di Siracusa, ad esempio, le condizioni igienico-sanitarie dei posti di servizio sono di gran lunga sotto il limite previsto dalla legge e gli agenti sono costretti a lavorare al freddo in inverno e al caldo in estate. In questo carcere, come ha più volte denunciato il sindacato Ugl polizia penitenziaria, il personale non ha neanche gli strumenti (carta, stampante e altro) per svolgere in modo regolare il proprio compito istituzionale; è un carcere sovraffollato (circa 620 detenuti a fronte di una capienza regolare di circa 350 detenuti) e i poliziotti sono anche costretti ad eseguire turni di servizio oltre l'orario ordinario;

   i sistemi di videosorveglianza e di allarme in diversi istituti penitenziari della Sicilia, a quanto pare, sembrerebbero inefficaci. Ad esempio, nel carcere di Trapani è stata incendiata un'auto di un agente nel parcheggio del penitenziario; nel penitenziario dell'Ucciardone si sarebbero verificati casi di furti all'interno delle auto del personale; nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto si sono invece consumate delle evasioni di detenuti e questo è un fatto gravissimo per la sicurezza pubblica;

   in diversi servizi e istituti penitenziari non esiste un regolamento sui flussi documentali e del protocollo. La Federazione nazionale Ugl polizia penitenziaria ha più volte denunciato il mancato rispetto delle norme contenute nel codice dell'amministrazione digitale, in particolare nel penitenziario di Messina dove tale procedura non solo non è regolamentata ma vi sarebbero casi in cui delle importanti relazioni di servizio sarebbero state addirittura smarrite;

   ciò costituirebbe un grave pregiudizio all'azione amministrativa. La gestione dei flussi documentali è l'insieme di funzionalità che consentono di gestire e organizzare la documentazione ricevuta e prodotta dalle amministrazioni. Consente quindi la corretta registrazione di protocollo, l'assegnazione, la classificazione, la fascicolazione, il reperimento e la conservazione dei documenti;

   ancora niente è stato fatto per prevenire tragedie e migliorare le condizioni di lavoro delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria in servizio nei penitenziari della Sicilia e anzi all'interpellante appaiono sempre più evidenti l'inerzia del Governo e una gestione dell'amministrazione penitenziaria non adeguata alle esigenze –:

   se il Ministro della giustizia non ritenga di dover adottare iniziative urgenti tese a risolvere le rilevanti carenze negli organici, rendere più salubri i luoghi di lavoro e migliorare la qualità del lavoro negli istituti penitenziari siciliani, sia per i poliziotti penitenziari, sia per il personale del comparto Ministeri, in particolare quello impiegato nell'area pedagogica;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano di dover assumere iniziative per affrontare con somma urgenza le criticità relative alla regolamentazione della gestione dei flussi documentali negli istituti penitenziari della penisola così da far rispettare il codice dell'amministrazione digitale.
(2-02054) «Pili».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   SANTELLI e LAFFRANCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, autorizza; a domanda dei soggetti di cui all'articolo 50, comma 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, lo svolgimento di un ulteriore periodo di perfezionamento dei tirocinanti per una durata non superiore a dodici mesi (31 dicembre 2017) presso gli stessi uffici giudiziari ove sono stati assegnati con decreto del Ministro della giustizia 20 ottobre 2015;

   in Italia si hanno circa 850 tirocinanti impiegati da 7 anni negli uffici giudiziari in continua formazione nel cosiddetto ufficio del processo, a gestione diretta del Ministero della giustizia, con una retribuzione di 400 euro lordi al mese con nessun progetto di stabilizzazione per il futuro;

   i cosiddetti «precari della giustizia» sono lavoratori cassintegrati, in mobilità, disoccupati che provengono da vicende di espulsione dal mondo del lavoro, vittime di crisi economiche aziendali, laureati, avvocati, specializzati con titoli di altissimo livello professionale, la cui situazione produce evidenti danni di natura sia economica sia sociale;

   il Sottosegretario delegato in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione (n. 5/10969) aveva sottolineato l'intento di valutare attentamente «tutte le proposte formulate nella prospettiva di individuare soluzioni praticabili»;

   da quelli che gli interroganti giudicano proclami fatti dal Ministro interrogato, che ha più volte dichiarato, pubblicamente, la volontà di non disperdere tali professionalità, non è stata intrapresa alcuna azione concreta al fine di prevedere un inserimento dei lavoratori-tirocinanti della giustizia;

   gli interroganti ritengono dunque necessario provvedere quanto prima ad una stabilizzazione dei soggetti citati attraverso apposite selezioni pubbliche, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione, che tengano conto della loro esperienza e professionalità –:

   se e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di provvedere alla stabilizzazione dei tirocinanti della giustizia in modo da non disperdere il patrimonio di esperienza e professionalità di cui può continuare ad avvalersi il sistema giudiziario italiano.
(5-12955)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   ANDREA MAESTRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Cassa delle ammende è un ente pubblico italiano, istituito presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. La sua disciplina, riformata dall'articolo 44-bis decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, prevedeva l'adozione dello statuto entro sei mesi, ma solo dal 28 luglio 2017 esso è entrato in vigore, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 102 del 10 aprile 2017;

   in base all'articolo 2 dello statuto la Cassa eroga i propri fondi soprattutto per programmi di reinserimento dei detenuti, per l'assistenza ai medesimi e per progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie;

   il pre-rapporto 2017 sulle carceri, presentato da Antigone, denuncia un sovraffollamento del 113,2 per cento, una situazione critica per le condizioni di detenzione e per le carenze relative ai contatti con l'esterno e ai rapporti con la famiglia, di cui si riconosce l'utilità per i detenuti, per il reinserimento sociale e la prevenzione di atti di autolesionismo;

   tenuto conto delle sue finalità e considerando che la consistenza di cassa-patrimonio e depositi della Cassa, al 31 dicembre 2016, ammontava a 69.343.533,23 euro, è evidente la necessità di portare a pieno regime l'istituto per intervenire efficacemente sulle cronicità del sistema penitenziario italiano, soprattutto per recuperare i ritardi accumulati negli ultimi dieci anni che hanno portato l'Italia ad essere il primo Paese europeo con più sentenze di condanna della Corte europea dei diritti umani non eseguite;

   si ricorda, infatti, che già nel 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo condannò l'Italia per trattamento inumano e degradante sollecitandola a porre rimedio al sovraffollamento carcerario. Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, nel rapporto relativo al 2016, ha confermato che molti istituti di pena ancora operano al di sopra delle proprie capacità e ha ribadito che l'Italia deve rispettare gli standard relativi allo spazio necessario in cella per ogni detenuto: 6 metri per 2 di spazio vitale, esclusi i sanitari, in cella singola, e 4 metri per due in una cella condivisa –:

   in che tempi intenda assumere le iniziative di competenza per rendere pienamente operativa la Cassa delle ammende e procedere alla nomina degli organi necessari al suo funzionamento, al fine di sanare le cronicità rilevate dal Consiglio di Europa, superando definitivamente i limiti che rendono il sistema penitenziario italiano primo per sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo non eseguite.
(5-12957)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   FERRARESI, SARTI, AGOSTINELLI, BUSINAROLO, COLLETTI e BONAFEDE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le visite in carcere sono regolate dall'articolo 67 della legge 357 del 1975 che indica le autorità che possono visitare le carceri senza autorizzazione. Dal che ne deriva che le altre persone (esclusi i medici, gli avvocati e la polizia giudiziaria che possono accedere in virtù dei loro incarichi e il cui accesso è regolato da altri articoli) devono essere autorizzati;

   l'articolo 117 della legge 230 del 2000 stabilisce che le visite sono rivolte particolarmente alla verifica delle condizioni di vita dei detenuti e che possono essere autorizzate anche in via generale le visite di persone appartenenti a categorie analoghe a quelle previste dall'articolo 67 della legge. Ne deriva che le persone eventualmente autorizzate, possono effettuare la visita in virtù di una motivazione ritenuta valida dall'amministrazione penitenziaria, anche dal momento che, tra le autorità previste, sono stati inseriti i garanti locali dei detenuti;

   risulta agli interroganti che nel corso dell'anno sarebbero state autorizzate visite all'interno delle carceri ad esponenti di associazioni e partiti politici e che, in particolare, nel corso di tali visite, sarebbero stati distribuiti bollettini per il finanziamento di tali soggetti;

   risulta sempre agli interroganti, che sarebbero state svolte attività e visite da parte di soggetti già condannati in via definitiva per reati di terrorismo;

   sarebbe opportuno stigmatizzare quanto accaduto –:

   se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, quali siano le motivazioni che hanno indotto l'amministrazione penitenziaria a concedere accessi negli ultimi mesi a persone, anche con precedenti penali gravi, membri di associazioni ed organizzazioni partitiche e se tali visite si siano svolte all'interno delle sezioni 41-bis.
(5-12958)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 3 marzo 2011 decedeva presso il P.S. dell'ospedale «De Bellis» di Castellana Grotte il signor Filippo Dipalma, a meno di due settimane da un semplice intervento di rimozione di cisti naso-palatina eseguito il 22 febbraio 2011 presso l'ospedale «Miulli» di Acquaviva delle Fonti;

   lo stesso giorno la signora Japenga, moglie della vittima, denunciava l'anomalo e improvviso decesso presso i carabinieri di Castellana Grotte a seguito del quale la procura di Bari avviava un'indagine condotta dalla dottoressa Morea che disponeva l'esame autoptico eseguito il 14 marzo 2011;

   l'esito dell'autopsia – depositato in procura ben nove mesi dopo – accertava la riconducibilità del decesso ad un «un arresto cardiaco da aritmia irreversibile» escludendo responsabilità penali a carico dei sanitari che ebbero in cura il Dipalma. In ragione di ciò, il 27 aprile 2012 il gip presso il tribunale di Bari, su richiesta del pm titolare dell'indagine, disponeva l'archiviazione del caso;

   la signora Japenga, non persuasa delle conclusioni a cui erano giunti i medici legali e rinvenendo nella relazione medico-legale incongruenze, numerosi «omissis» e finanche errori (il cognome del «Dipalma» viene erroneamente indicato in «Martina»), chiedeva al gip, di estrarre copia degli atti del fascicolo processuale contenente le cartelle cliniche del marito presso gli ospedali De Bellis e Miulli, documentazione fondamentale per un'eventuale azione risarcitoria in sede civile e/o richiesta di riapertura delle indagini;

   a tutt'oggi la sua richiesta risulta inevasa stante lo smarrimento del fascicolo giudiziario. La cancelleria, infatti, ripetutamente sollecitata, comunicava che il fascicolo) non era stato trovato, risultando «svanito», ancorché dall'istanza di dissequestro del 15 marzo 2013 ne risulta la restituzione al pubblico Ministero il 2 maggio 2012;

   nella speranza di poter comunque recuperare la cartella clinica del marito presso il Miulli, ne chiedeva al gip il dissequestro e, accordatole, presentava istanza all'ospedale che le rifiutava la documentazione, in quanto non disponibile perché non fotocopiata al momento del sequestro. Anche quest'anomalia veniva denunciata mediante comunicazione alla presidenza della procura, quella del tribunale, all'ufficio gip e, finanche, al Ministero della giustizia, ottenendo, anche in questo caso, un totale silenzio;

   non rassegnati al silenzio istituzionale, i familiari del Dipalma avviavano una serie di iniziative fra cui il lancio (20 aprile 2014) di una petizione dal titolo «voglio giustizia per il mio Filippo ma le carte sono sparite nel nulla – x il Mingiustizia» che ad oggi conta ben 10.761 firme e la creazione del sito http://gliamicidifilippodipalma.it/, dal quale si apprendono altre informazioni ed elementi che gettano ulteriori dubbi sulla vicenda imponendone un approfondimento finalizzato a chiarirne in moltissimi punti oscuri;

   persino dell'Associazione «Difesa del Malato», che aveva preso in carico la questione accettando il mandato della sorella del Dipalma di depositare alla procura di Bari tutti gli atti necessari per richiedere formalmente copia del fascicolo sul decesso dell'uomo, non si hanno più notizie;

   da un articolo pubblicato l'11 novembre 2017 su Fax Monopoli si evince che la moglie del Dipalma attende una risposta dalla procura di Bari circa lo smarrimento del fascicolo processuale;

   i fatti, se confermati, potrebbero fare ipotizzare un clamoroso, nonché ennesimo, caso di malasanità, che ha destato grande allarme nell'opinione pubblica oltre che rilevare gravi disservizi nella cancelleria della procura di Bari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti e se, al fine di far luce sulla vicenda, intendano promuovere, rispettivamente, un'ispezione presso la procura di Bari e presso l'ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti per acquisire le informazioni e gli atti utili a chiarire tutti i punti oscuri caratterizzanti il descritto caso di morte sospetta e, più in generale, per verificare lo «stato di salute» degli ospedali della regione Puglia molto spesso protagonisti di casi di malasanità.
(5-12943)


   MELILLA, PIRAS, QUARANTA, FRANCO BORDO, RICCIATTI, FERRARA, ZARATTI, DURANTI, SANNICANDRO, KRONBICHLER e NICCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quanto risulta all'interrogante, il signor E. M., per aiutare un amico in difficoltà, concludeva con la società Bank of Art s.r.l., un contratto di permuta simulato, in cui si prevedeva l'obbligo, per la società in questione, di consegnare dieci dipinti valutati euro 3.100.000 e, per il signor E.M., di consegnare un quadro di Bacchiacca e uno di Filippino Lippì, valutati euro 800.000 ciascuno, nonché la somma di euro 1.500.000 in valuta legale;

   detto contratto, per volontà delle parti, costituiva pertanto una mera finzione giuridica, ma la Bank of Art – con azioni legali, secondo il signor E.M. in mala fede, condotte da un legale milanese e in forza di provvedimenti che sono apparsi incomprensibili in fatto e in diritto di un giudice del Tribunale di Vigevano – attivava giudizialmente il suddetto contratto con conseguenti azioni esecutive sul patrimonio di E. M. di estrema gravità;

   su ricorso della Bank of Art sono stati emessi 4 decreti ingiuntivi; inizialmente, le istanze a tal fine della Bank of Art erano state respinte dai giudici aditi, poi improvvisamente nel 2011 tali istanze sono state accolte dal suddetto giudice del Tribunale di Vigevano; in tutta la vertenza, peraltro, lo stesso magistrato ha ricoperto, a giudizio del signor E.M. inopportunamente, il duplice ruolo di giudice emittente i decreti ingiuntivi e di giudice di merito nei relativi giudizi di opposizione;

   per effetto delle procedure esecutive conseguentemente avviate, sono stati pignorati e sottratti alla disponibilità del signor E.M. numerosi dipinti di ingente valore; va segnalata, al riguardo, la circostanza che, sulla base di un titolo di dubbia genuinità, un ufficiale giudiziario si è recato presso l'abitazione del signor E.M. per eseguire la ricognizione e la vendita di un dipinto di Rubens, precedentemente pignorato dalla Bank of Art; a tale fine, sarebbe stato inoltre nominato commissario alla vendita l'ufficiale giudiziario stesso;

   il signor E.M. si rivolgeva al presidente del Tribunale di Vigevano che, all'udienza del 5 dicembre 2011, alla presenza di tutte le parti in causa, rilevate alcune anomalie nella procedura seguita, trasmetteva il verbale di udienza alla procura della Repubblica e all'Ordine degli avvocati di Milano per i profili di competenza; non si è a conoscenza degli esiti di tali iniziative;

   è importante evidenziare come il 20 giugno 2013 il collegio del tribunale di Vigevano, pur rigettando l'istanza del signor E.M. di ricusazione del giudice che ha emesso i decreti ingiuntivi, ha rilevato che la modalità di conduzione del processo avrebbe dovuto indurre il giudice medesimo a valutare la possibilità di astenersi;

   il 5 agosto 2013, con sentenza di primo grado, il menzionato giudice confermava i provvedimenti cautelari emessi e i decreti ingiuntivi ai danni del signor E.M; l'efficacia esecutiva della sentenza veniva poi sospesa dalla Corte di appello di Milano, pur senza procedere, tuttavia, all'esplicita intimazione alla Bank of Art di non apprendere i dipinti;

   con riferimento alle opere d'arte di cui sopra, è stato altresì avviato un procedimento penale nel quale il signor E.M. risulta parte offesa; di tale procedimento il signor E.M. veniva a conoscenza solo a seguito di un decreto di dissequestro e restituzione di uno dei suddetti dipinti, emesso dalla procura della Repubblica di Roma il 5 luglio 2016 (procedimento successivamente trasferito per competenza alla procura della Repubblica di Pavia n. 5808/16 R.G.N.R.);

   il signor E.M., quindi, si attivava giudizialmente per ottenere la restituzione di tutte le altre opere d'arte di sua proprietà;

   il 4 luglio 2017, tuttavia, il pubblico ministero di Pavia notificava alla persona offesa la richiesta di archiviazione del procedimento penale, richiamandosi, a giudizio dell'interrogante del tutto impropriamente, al principio del «ne bis in idem» nell'esercizio dell'azione penale (il pubblico ministero rilevava, infatti, l'adozione di una precedente ordinanza di archiviazione circa i medesimi fatti); il signor E.M., ritenendo che la richiesta di archiviazione sia avvenuta senza alcuna attività investigativa e in spregio alle conclusioni della polizia giudiziaria di Roma, ha proposto opposizione contro tale provvedimento che è in attesa di discussione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti menzionati;

   se il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative ispettive presso il Tribunale di Vigevano, sezione distaccata di Abbiategrasso, oggi Tribunale di Pavia, e la procura della Repubblica di Pavia, ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza.
(5-12971)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da gennaio 2017, il provveditorato dell'amministrazione penitenziaria delle Marche è stato accorpato al provveditorato dell'Emilia-Romagna, con la creazione del provveditorato della macro regione Emilia Romagna-Marche;

   con il pensionamento del provveditore dell'Emilia Romagna-Marche, avvenuto nel mese di febbraio 2017, il provveditore del Triveneto ha assunto anche la reggenza del provveditorato dell'Emilia-Romagna-Marche;

   per reclamare l'assegnazione di un provveditore in pianta stabile per la gestione della suddetta macro regione, le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria di Emilia-Romagna e Marche, con nota congiunta del 27 luglio 2017, hanno interrotto le relazioni sindacali a far data dal 28 luglio 2017;

   oltre alle questioni testé descritte, vi sono anche gravi problematiche legate alla carenza di organico che costringono gli agenti di polizia penitenziaria a svolgere servizi per i quali gli stessi, in alcuni casi, non hanno le competenze, in altri, non hanno ricevuto adeguata formazione, come, ad esempio, in occasione dei sempre più frequenti casi di sorveglianza a vista per motivi sanitari;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione che merita la massima attenzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza;

   se intenda nominare il provveditore per la macro regione Emilia-Romagna-Marche e, in caso positivo, in quali tempi;

   quali iniziative ritenga opportuno adottare per evitare che il personale di polizia penitenziaria sia chiamato a svolgere funzioni per le quali non ha competenza o adeguata formazione.
(4-18799)


   NASTRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, dispone in merito ai requisiti per accedere ad un periodo di formazione teorico-pratica presso i tribunali e le corti di appello della durata complessiva di diciotto mesi che costituisce titolo di preferenza per la nomina di giudice onorario di tribunale e di vice procuratore onorario;

   l'interrogante, al riguardo, evidenzia che i parametri stabiliti dal legislatore, risultano, a suo giudizio, restrittivi, in quanto rivolti ad un segmento di studenti limitato, in quanto se, da un lato, trovano giustificazione i requisiti previsti espressamente per il voto di laurea, (un minimo di 105/110, ovvero una media di 27/30 ottenuta calcolando i soli voti degli esami cardini del corso di laurea), o quelli di onorabilità, dall'altro, sono ritenuti invece ingiustificati e senza apparente motivazione valida i requisiti legati all'età dei candidati e, più precisamente, al compimento dei 30 anni d'età;

   la suesposta osservazione trova argomentazione nell'essenza stessa del concorso in magistratura che, come la normativa in materia prevede, è accessibile solo tre volte nella vita del candidato;

   risulta pertanto evidente, a giudizio dell'interrogante, che i laureati in giurisprudenza intenzionati a partecipare alla prova concorsuale con la migliore preparazione possibile, consistente in un corso di specializzazione in professioni legali e un tirocinio svolto in uffici giudiziari, necessitino del tempo necessario per dedicarsi, nel migliore dei modi, a una completa formazione che viene chiaramente limitata laddove è imposto un limite di 30 anni per l'accesso allo stage formativo;

   a tal fine, l'interrogante rileva, a sostegno della proposta dell'innalzamento dell'età massima per accedere allo stage ex articolo 73 (ad esempio a 35 anni), la necessità di evitare discriminazioni per gli studenti che scelgono il corso di giurisprudenza per una seconda laurea, che pertanto sono drasticamente esclusi;

   si evidenzia altresì che l'innalzamento dell'età consentirebbe di tenere conto di situazioni meritevoli di tutela, quali quelle di coloro che hanno svolto attività lavorativa documentata nel periodo precedente non potendo quindi laurearsi nell'età canonica;

   inoltre, tale limite di età non è previsto per altre carriere universitarie come, ad esempio, quella in medicina, in cui il candidato viene scelto per le sole sue qualità di merito e non di anzianità –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se, a tal fine, non ritenga di assumere iniziative per prevedere l'innalzamento dell'età per i laureati in giurisprudenza che intendono frequentare lo stage formativo presso gli uffici giudiziari.
(4-18828)


   LAFFRANCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge 19 ottobre 2017, n. 155 («Delega al governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza»), ha introdotto dei criteri che dovranno essere presi in considerazione dal Governo per la definizione delle nuove competenze territoriali, come il numero delle imprese iscritte nel registro, la popolazione residente nel territorio compreso nel circondario del tribunale, il numero dei giudici professionali previsti nella pianta organica e quello delle procedure concorsuali sopravvenute e definite nel corso degli ultimi 5 anni;

   la ridefinizione delle competenze in materia di procedure concorsuali vedrebbe, in particolare, fortemente penalizzato il tribunale di Terni e, di conseguenza, l'intero settore produttivo della provincia;

   si apprende, infatti, che la commissione nominata dal Governo per la predisposizione dei decreti di attuazione sembra orientata all'introduzione di paletti e forti limitazioni con l'obiettivo di concentrare le «procedure fallimentari» nei soli tribunali maggiori e ciò potrebbe comportare la soppressione della sezione fallimentare del tribunale di Terni (proprio attraverso i decreti attuativi della legge n. 155 del 2017);

   un tale depotenziamento provocherebbe gravi disagi logistici e un complessivo aumento delle spese e priverebbe il territorio di un'importante competenza giudiziaria che invece, proprio per la sua rilevanza strategica e funzionale, dovrebbe restare il più possibile vicina alle imprese, specialmente in una fase così delicata per il rilancio dell'economia;

   l'ipotesi di soppressione della sezione fallimentare del tribunale di Terni avrebbe comunque gravi ripercussioni sul territorio in termini economici e sociali;

   a giudizio dell'interrogante, infatti, tale eventualità priverebbe una realtà, già in profondissima crisi, di una vera interfaccia, costringendo imprese in sofferenza ed imprenditori coinvolti ad onerosi viaggi per un confronto con interlocutori che, delocalizzati, potrebbero avere una conoscenza superficiale delle realtà e delle problematiche locali o, comunque, minore rispetto ad interlocutori presenti sul territorio in questione;

   la prospettiva di questa soppressione segue un filo conduttore che vede, oramai sempre più spesso, la concentrazione di sedi e strutture importanti solo ed esclusivamente nelle aree centrali della regione Umbria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli ultimi sviluppi della vicenda esposta in premessa e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza, di concerto con la regione Umbria e gli enti locali, al fine di evitare la soppressione della sezione fallimentare del tribunale di Terni.
(4-18830)


   SALTAMARTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso dai quotidiani sia locali che nazionali della richiesta di archiviazione della procura della Repubblica presso il tribunale di Civitavecchia per istigazione al suicidio del signor D'Angelo Luigino;

   si tratta di un pensionato, di Civitavecchia «sbancato» da Etruria che si tolse la vita il 28 novembre 2015, cinque giorni dopo la pubblicazione del testo del decreto-legge «salvabanche» sulla Gazzetta Ufficiale. Quel giorno il signor Luigino probabilmente ha compreso che i risparmi di una vita di 110.000 euro in obbligazioni della Banca Etruria che gli avevano rifilato erano carta straccia e che era stato raggirato;

   come riporta un quotidiano locale (http://www.civonline.it – Quotidiano telematico dell'Etruria), il 18 dicembre 2017, dell'avvenuta archiviazione ne ha avuto contezza «(la moglie) ... Lidia D'Angelo, ha da poco scoperto dell'archiviazione del caso da parte della Procura della Repubblica di Civitavecchia». «Il mio avvocato l'ha appresa per puro caso – spiega la donna – andando per altri problemi in procura ha voluto dare uno sguardo al mio fascicolo e ha scoperto che è stato archiviato, con una semplice firma e un timbro. Senza una motivazione, e questa non è una cosa accettabile secondo me. Luigino si è sacrificato inutilmente. Lui – prosegue D'Angelo – pensava che sarebbe stato un simbolo di questo scandalo, perché per merito suo, del suo sacrifico, è stato scoperchiato questo pentolone. Ero convinta – conclude – nella mia ingenuità forse, di avere giustizia e invece non è di questa terra probabilmente»;

   appare dalla ricostruzione sopra formulata non solo inverosimile e del tutto inaccettabile per un'amministrazione della giustizia che deve sempre essere imparziale e ben amministrata che si possa procedere all'archiviazione, da parte del giudice per le indagini preliminari competente, attraverso l'apposizione di un semplice «timbro» meccanico che riporti «si archivi» senza indicare le motivazioni (decreto motivato) a supporto della stessa; è necessario che vengano estrinsecate, e ciò in conformità all'articolo 410, comma 2, c.p.p., seppur anche brevemente, le motivazioni sottese che portano ad una determinata conclusione, tenuto conto, a maggior ragione, di un'opposizione all'archiviazione ben argomentata che a parere dell'interrogante, al contrario, avrebbe necessariamente dovuto portare all'udienza ex articolo 409 c.p.p.;

   è evidente, a parere dell'interrogante, che nel caso di specie vi siano degli elementi tali da poter determinare il Ministro a procedere, nei limiti dei poteri costituzionalmente attribuiti, ad un intervento ispettivo presso il tribunale di Civitavecchia, al fine di verificare la correttezza dell'operato dell'autorità giudiziaria nel caso di specie –:

   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda e se intenda valutare se sussistono i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il tribunale di Civitavecchia.
(4-18842)


   FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si continua ad assistere nella casa circondariale di Genova (Marassi) in particolare, e nelle carceri della Liguria in generale, ad una situazione di grave carenza di sicurezza, confermata da un tentativo di evasione, come ha evidenziato di recente il Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) nel comunicato del 15 novembre 2017 secondo il quale, vista «(...) l'attuale politica gestionale dei detenuti a Marassi e della sicurezza, non capiamo più che ruolo abbia la Polizia Penitenziaria di Marassi, è un carcere gestito con il servizio dinamico cioè i detenuti non sono chiusi nelle loro celle bensì sono liberi di girare per i reparti. Questo produce una serie di negatività e debolezze nel settore della sicurezza e, tra queste, la facilità con cui i detenuti possono oltrepassare i cancelli che sono aperti, e recarsi nei vari settori dell'istituto (...) il detenuto ha approfittato del quotidiano andirivieni di persone, non solo detenuti, che orbitano all'interno di Marassi quindi dal cortile passeggi, invece di rientrare in cella percorrendo ed oltrepassando i vari settori dell'istituto, è arrivato sino nei pressi dell'uscita dell'istituto dove, purtroppo per lui, la Polizia Penitenziaria li in servizio ha ben compreso che quel detenuto (...) non doveva starci e quindi è intervenuta bloccandolo, benché abbia opposto resistenza, pochi metri prima dell'uscita (...)»; ciò spinge a «denunciare l'indifferenza della nostra Amministrazione su quello che accade negli istituti della Liguria ma a Marassi in modo particolare»;

   purtroppo, nel carcere in parola come indicato nel comunicato citato vi è una carenza «d'organico ... di ben 77 unità inviate a prestare servizio in altri istituti»;

   questa situazione come indicato sta compromettendo in maniera grave la sicurezza del carcere –:

   se il Ministro sia conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative urgenti, anche in considerazione della situazione emergenziale, intenda adottare, in particolare per garantire la necessaria sicurezza affinché episodi similari non si verifichino più, oltre a prevedere una copertura totale delle carenze di organico evidenziate, nonché a rivedere il sistema di vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto in modo da prevederne l'eliminazione.
(4-18843)


   ROSTAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 155 del 2012, articolo 1, sono stati soppressi alcuni tribunali ordinari alcune sezioni distaccate e procure della Repubblica; all'articolo 2, comma 2, del sopra menzionato decreto legislativo è stato stabilito che il tribunale di Giugliano in Campania venisse ridenominato «tribunale di Napoli nord»;

   il mandamento del tribunale di Napoli nord fu delineato con competenze su comuni sia della provincia di Napoli (19) sia della provincia di Caserta (19);

   della popolazione su cui ha competenza il tribunale di Napoli nord (circa un milione di abitanti) la stragrande maggioranza è residente nella provincia di Napoli, che annovera cittadine molto popolose come Giugliano (terza città campana con circa 110 mila abitanti), Marano (storica sede pretorile con circa 60 mila abitanti), Afragola (che sfiora i 63 mila abitanti), Frattamaggiore (30 mila abitanti), i comuni limitrofi Villaricca, Qualiano, Melito (che insieme contano oltre 100 mila abitanti), mentre i comuni dell'area casertana che affluiscono sul tribunale di Napoli nord sono, invece, di dimensioni più piccole e meno popolati (il più grande è Aversa con 53 mila abitanti; gli altri sono intorno ai 10 mila abitanti);

   il tribunale di Napoli nord è stato collocato nella cittadina di Aversa, nei locali allestiti presso la struttura del cosiddetto Castello aragonese;

   fin dalla localizzazione, il tribunale di Napoli nord ha creato innumerevoli problemi e disservizi, con grandi disagi sia per gli operatori che per l'utenza;

   ancora oggi, a distanza di alcuni anni dall'apertura, avviata nel 2013, il personale amministrativo e giudiziario, è assolutamente insufficiente rispetto a quelle che sono le reali ed effettive esigenze; si calcola che manchi all'appello quasi il 5 della pianta organica definita dal fabbisogno effettivo;

   in tre anni, l'incremento dei processi è stato del 290 per cento. In tribunale, tra penale e civile, lavorano 81 magistrati. Lo stesso organico del tribunale di Firenze, che ha il triplo dei dipendenti amministrativi; in procura i dipendenti amministrativi sono 55 per 27 sostituti procuratori; ci sono segreterie centralizzate, con 7-8 pm, per gruppi di 4 segretarie; ogni ha un carico medio di 900 fascicoli;

   nell'anno in corso, in procura sono stati iscritti 11.720 procedimenti e ne sono stati definiti 8.551. I pendenti sono 20.267 e riguardano criminalità comune, ambiente, vicende legate alla rilevante presenza di realtà imprenditoriali sul territorio, con ben 40 mila aziende; sono 60 mila i procedimenti in materia di lavoro nel settore civile;

   nell'ultimo anno, solo nel settore penale, si sono celebrate 249 udienze collegiali, con 136 processi arrivati a sentenza. L'ufficio del Gip ha firmato 728 ordinanze di custodia cautelare, con l'arrivo di 10.257 nuovi fascicoli rispetto ai 3.582 già pendenti;

   alle carenze di personale, si aggiungono problemi di ordine strutturale: locali inadeguati, spazi insufficienti; molti problemi sono evidenziati dalla Camera penale, che non ha ancora una sede propria e si appoggia nelle stanze del Consiglio dell'ordine degli avvocati; gli stessi protestano da tempo e sono in procinto di dichiarare un'astensione dalle udienze;

   le carenze di personale e di strutture di riverberano sul servizio, con una mole alta di arretrati, incertezze sulle procedure, carichi enormi, rallentamenti, allungamento della durata dei procedimenti;

   alle difficoltà del tribunale si sono aggiunte quelle dell'ufficio del giudice di pace, causate dalla soppressione di alcuni uffici ricadenti nel circondario e determinate, anche in questo caso, da una mancanza sia di spazi sia di personale, che determina arretrati, lentezza e caos;

   per ultimo, sempre presso la cancelleria dell'ufficio del giudice di pace di Aversa, è esploso il problema del ritorno dei fascicoli che furono sequestrati ben 13 anni fa nel corso di una inchiesta e che sono stati restituiti; ben 70 faldoni che, a loro volta, contengono decine di singoli fascicoli processuali determinando nuovi problemi sia di spazio sia di carichi di arretrati, che rischiano di portare l'ufficio al collasso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per impedire la paralisi del tribunale e dell'ufficio del giudice di pace di Napoli nord.
(4-18862)


   MURGIA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il combinato disposto del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, articolo 9, commi 1 e 21, e del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha determinato il blocco degli incrementi previsti dagli automatismi di progressione stipendiale e di carriera da maturarsi nell'arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2014;

   gli effetti di tale blocco per il personale del comparto sicurezza e difesa sono cessati a decorrere dal 1° gennaio 2015 ma esclusivamente per il personale in attività;

   sono pertanto rimasti esclusi dalla cessazione degli effetti del blocco tutti coloro che negli anni in cui il medesimo blocco era in vigore sono cessati dal servizio o sono stati riformati;

   in particolare, per gli agenti della polizia penitenziaria che hanno maturato negli anni del blocco il secondo assegno di funzione ma sono andati in pensione prima che la sospensione finisse tale assegno non è ancora stato riconosciuto;

   l'amministrazione del ministero della giustizia ha comunicato agli interessati che «nei confronti del personale cessato dal servizio nel corso del periodo intercorrente tra il 2011 e il 2014 la rideterminazione del trattamento di quiescenza, per effetto degli incrementi maturati in detto periodo, potrà essere disposta unicamente a seguito di specifico provvedimento legislativo» –:

   se il Governo non ritenga di adottare le opportune iniziative normative volte a riconoscere al personale in questione gli scatti stipendiali maturati nel periodo del blocco, ponendo così fin a una ingiusta discriminazione.
(4-18867)


   SANTELLI e LAFFRANCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, autorizza, a domanda dei soggetti di cui all'articolo 50, comma 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, lo svolgimento di un ulteriore periodo di perfezionamento dei tirocinanti per una durata non superiore a dodici mesi (31 dicembre 2017) presso gli stessi uffici giudiziari ove sono stati assegnati con decreto del Ministro della giustizia 20 ottobre 2015;

   in Italia si hanno circa 850 tirocinanti impiegati da 7 anni negli uffici giudiziari in continua formazione nel cosiddetto ufficio del processo, a gestione diretta del Ministero della giustizia, con una retribuzione di 400 euro lordi al mese con nessun progetto di stabilizzazione per il futuro;

   i cosiddetti «precari della giustizia» sono lavoratori cassintegrati, in mobilità, disoccupati che provengono da vicende di espulsione dal mondo del lavoro, vittime di crisi economiche aziendali, laureati, avvocati, specializzati con titoli di altissimo livello professionale, la cui situazione produce evidenti danni di natura sia economica sia sociale;

   il Sottosegretario delegato in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione (n. 5/10969) aveva sottolineato l'intento di valutare attentamente «tutte le proposte formulate nella prospettiva di individuare soluzioni praticabili»;

   da quelli che gli interroganti giudicano proclami fatti dal Ministro interrogato, che ha più volte dichiarato, pubblicamente, la volontà, di non disperdere tali professionalità, non è stata intrapresa alcuna azione concreta al fine di prevedere un inserimento dei lavoratori-tirocinanti della giustizia;

   gli interroganti ritengono dunque necessario provvedere quanto prima ad una stabilizzazione dei soggetti citati attraverso apposite selezioni pubbliche, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione, che tengano conto della loro esperienza e professionalità –:

   se e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di provvedere alla stabilizzazione dei tirocinanti della giustizia in modo da non disperdere il patrimonio di esperienza e professionalità di cui può continuare ad avvalersi il sistema giudiziario italiano.
(4-18888)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   MOGNATO, FRANCO BORDO e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il porto di Chioggia è collocato all'interno dell'area lagunare di Venezia e fa parte dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale;

   il porto di Chioggia si articola nei due scali marittimi di val di Rio e dell'Isola Saloni, e ha una potenzialità di movimentazione di circa 2 milioni di tonnellate/anno;

   per la sua collocazione il porto di Chioggia assolve ad un ruolo strategico di nodo di connessione tra l'alto Adriatico e la dorsale padana da Mantova e Cremona fino a Piacenza e Milano;

   trattandosi di un porto sviluppato all'interno dell'area lagunare risulta fondamentale, per garantirne l'accessibilità l'opera di scavo e adeguamento della profondità dei canali;

   in questo senso la Camera dei deputati aveva già impegnato il Governo con l'ordine del giorno n. 9/03444-A/107 del 19 dicembre 2015 a valutare l'opportunità di finanziare l'adeguamento dell'accessibilità del porto di Chioggia, in quanto intervento immediatamente cantierabile ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 153, della legge n. 190 del 2014, tabella E;

   risulta, anche da segnalazioni effettuate dalla categorie portuali interessate, che la mancata effettuazione dei lavori di scavo e di adeguamento dei canali rischi di compromettere l'accessibilità agli scali portuali, con conseguenze serie e gravi sull'operatività dell'infrastruttura e quindi sul tessuto socio-economico della città di Chioggia;

   i pescaggi del porto di Chioggia non vengono approfonditi da 5 anni, e nei pressi di alcune banchine sono ridotte a 5,5 metri, mentre per essere concorrenziale rispetto ai dimensionamenti attuali il porto necessita di almeno 9 metri di pescaggio sul medio mare;

   neppure nelle tabelle di finanziamento del recente «piano operativo triennale 2018-2020» vi sono allocazioni di risorse per lo scavo e l'adeguamento dei canali del porto di Chioggia –:

   quali iniziative il Ministro intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, per verificare, con l'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale, l'accessibilità del porto di Chioggia, avuto riguardo, in particolare, ai livelli batimetrici dei canali, e per assicurare di conseguenza i lavori di scavo e adeguamento atti a garantirne la piena operatività e funzionalità in entrata e in uscita dal canale portuale nonché nuovi pescaggi sotto la banchina di val di Rio.
(5-12973)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il coordinamento dei Comitati dei pendolari umbri ha segnalato la grande preoccupazione dei pendolari dell'orvietano e della Val di Chiana nell'apprendere dalla stampa che la regione Lazio avrebbe presentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la richiesta di istituire una fermata ad Orte per il treno intercity 581 Firenze/Roma;

   si tratterebbe dell'unico treno che, sulla direttrice Roma/Firenze e v.v., non effettua la fermata di Orte e, pertanto, ha un tempo di percorrenza che si discosta di molto da quello degli altri convogli sia intercity che regionali. Ciò consente alle centinaia di pendolari in particolare da Chiusi e Orvieto, di arrivare in un tempo ragionevole a Roma;

   la fermata ad Orte di questo intercity che presupporrebbe una uscita temporanea dalla linea DD, non solo dilaterebbe di per sé la durata del viaggio di oltre 10 minuti, ma esporrebbe il treno al rischio di ritardi a causa del traffico ferroviario, con conseguente ulteriore allungamento dei tempi;

   nella fascia oraria che va dalle ore 07,00 alle 08,00 con direzione Roma fermano ad Orte i seguenti treni: RV7569 Viterbo/Roma; REG21711 Rieti/Roma; RV7571 Viterbo/Roma; RV3377 Terontola/Roma; RV2481 Perugia/Roma; IC531 Perugia/Roma; a questi si aggiungono tutti i treni regionali da lì partenti per l'aeroporto di Fiumicino. Pertanto, appare evidente come vi sia ampia copertura di servizi per gli utenti in partenza da Orte e risulterebbe senz'altro superfluo prevedere il passaggio di un ulteriore treno, anche in ragione del rischio concreto di un suo sottoutilizzo;

   il corrispondente intercity 598 Roma/Firenze delle ore 18,16, a cui anni fa è stata assegnata la fermata di Orte proprio su richiesta della regione Lazio, non risulta presentare un traffico passeggeri significativo per tale stazione, vista la possibilità di servirsi di altri treni regionali veloci che viaggiano nella medesima fascia oraria in partenza da Roma;

   il comune di Orvieto ha preso posizione, con una sua nota, contro questa richiesta fatta dalla regione Lazio, a cui probabilmente seguiranno le istituzioni regionali dell'Umbria e Toscana, alle quali il Coordinamento comitati pendolari umbri ha inviato una nota per conoscenza e competenza;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno recentemente firmato con Trenitalia il nuovo contratto per il servizio ferroviario «universale», intercity giorno e intercity notte, con decorrenza dal 1° gennaio 2017 e scadenza il 31 dicembre 2026, che pone al gestore nuovi obiettivi di qualità ed un costante adeguamento dell'offerta alle reali esigenze della domanda –:

   se, alla luce di quanto esposto, nel rispetto delle competenze regionali in materia di trasporto pubblico locale e quale parte contraente del nuovo contratto decennale di servizio universale intercity, non intenda assumere iniziative affinché si tenga conto delle motivazioni addotte in premessa in merito alla fermata aggiuntiva dell’intercity 581 Firenze/Roma, penalizzante per i pendolari umbri che da anni affrontano i disagi dei collegamenti verso la Capitale e vedono leso il loro diritto alla mobilità.
(5-12937)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, CANCELLERI, D'UVA, LOREFICE, LUPO, MARZANA, GRILLO, VILLAROSA e DI BENEDETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno Legambiente presenta un rapporto sullo stato di salute delle ferrovie italiane;

   con Pendolaria 2017 si è certificato come le peggiori linee ferroviarie per chi ogni giorno prende il treno per andare a lavorare, a scuola o all'università sono la tratta Roma-Lido, la Circumvesuviana, la Reggio Calabria-Taranto, la Verona-Rovigo, la Brescia-Casalmaggiore-Parma, l'Agrigento-Palermo, la Settimo Torinese-Pont Canavese, la Campobasso-Roma, la Genova-Savona-Ventimiglia, la Bari-Corato-Barletta;

   circa tre milioni di persone al giorno vivono i mille disagi provocati dall'inadeguatezza delle risorse messe a disposizione per il servizio ferroviario regionale, diminuite del 29,5 per cento rispetto al 2009;

   la classifica delle dieci tratte peggiori accomuna linee all'interno delle grandi città e linee ferroviarie «secondarie» che, nel tempo, hanno visto un progressivo e costante peggioramento e sono oggi il triste emblema della scarsa qualità del servizio;

   la Sicilia risulta già penalizzata da un servizio regionale periferico assolutamente mancante, come per la tratta Catania-Gela, oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante; è stata in particolare rilevata la mancanza di investimenti in grado di ripristinare la linea dopo il crollo del viadotto avvenuto nel 2011 tra le stazioni di Caltagirone e Gela;

   il dossier di Legambiente inserisce la tratta Agrigento-Palermo tra le 10 peggiori d'Italia: tempi di percorrenza di poco più di 2 ore, velocità media di 67 Km/h, 12 coppie di treni che quotidianamente percorrono la linea lunga 137 chilometri ed elettrificata dagli anni 90; sono questi i dati sconfortanti che emergono;

   gli spostamenti dei pendolari tra Agrigento e Palermo sono rilevanti dal punto di vista della mobilità regionale, ma, purtroppo, solo una percentuale bassissima di questi si sposta in treno; i motivi sono da ricercare nella rarità dei treni messi a disposizione e nella statisticamente rilevante possibilità degli stessi di accumulare ritardi, malgrado la linea sia ampiamente sotto utilizzata, specialmente nelle giornate di pioggia quando in molte stazioni si allagano i binari e si verificano frane;

   il comitato pendolari Palermo-Agrigento ha denunciato il disagio di chi da mesi è costretto a viaggiare in treni sporchi e sovraffollati e la rabbia dei cittadini che non sono ascoltati nonostante i continui reclami;

   quali iniziative, per quanto di competenza, siano state pianificate nel breve, medio e lungo periodo, al fine di ripristinare adeguati servizi standard per la mobilità su rotaia, con particolare riferimento alla situazione siciliana in ordine ai dati espressi da Legambiente;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, nei confronti di Ferrovie dello Stato italiane per conciliare la domanda di mobilità espressa dai comitati pendolari siciliani con la grave situazione infrastrutturale e di qualità dei servizi emerse dalle denunce e dai reclami esposti in premessa.
(4-18808)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'aeroporto di Napoli Capodichino ha registrato, nel corso degli anni, una costante e rilevante crescita che ha portato il traffico passeggeri dai 3,5 milioni del 1998, agli 8 milioni del 2017, con prospettive tali da generare una domanda di circa 12 milioni di passeggeri/anno al 2030;

   come evidenziato anche nel piano nazionale aeroporti, lo scalo potrebbe presto raggiungere i limiti di capacità e una crescita del traffico (passeggeri/movimenti) superiore a quella prevista dal Master Plan 2023 richiederebbe tutta una serie di verifiche relativamente alla capacità operativa del sistema air side e agli standard ambientali e territoriali di riferimento, considerata l'ubicazione dell'aeroporto in un contesto densamente urbanizzato;

   lo scalo, che ha ottenuto la piena agibilità operativa, ha visto aumentare, in maniera costante, negli ultimi 12 mesi, gli atterraggi sulla pista 06 – situata lungo la direttrice Ischia-Capodimonte-Capodichino e con un gradiente di discesa di 2.8 o 3.4 gradi, inferiore rispetto all'angolo massimo raccomandato dall'Icao – nonostante l'utilizzo storico, con procedure strumentali Ils, della sola pista 24, situata nella direzione opposta alla Reggia di Capodimonte, lungo la direttrice Pomigliano-Benevento-Capodichino, con conseguente riduzione della capacità oraria e complessiva della pista;

   con nota prot-27/10/2017-0109212 l'Enac ha richiesto ai comuni aeroportuali di Napoli, Casoria, Casalnuovo e Afragola il recepimento dei vincoli previsti dall'articolo 715 del codice di navigazione relativamente al piano di rischio contro terzi, generato dall'attività volo delle piste di Capodichino, le cui curve di isorischio dovrebbero quindi risultare non solo recepite dai singoli comuni, ma anche concordanti con i flussi dei decolli e degli atterraggi su entrambe le piste;

   le esigenze correlate alle edificazioni storiche e quelle di recente e/o prossima autorizzazione implicano, pertanto, la necessità di confermare i vincoli derivanti dall'attuazione dell'articolo 715 del codice di navigazione e vanno valutate in relazione ai volumi di traffico esistenti e stimati dal masterplan al 2030-2044, e all'utilizzo specifico delle piste;

   le procedure delle operazioni di volo che riguardano il sorvolo del territorio dei comuni di Casoria e Napoli dovrebbero, pertanto, valutare il carico antropico previsto nell'area interessata dall'impronta del piano di rischio e della conseguente modifica degli strumenti urbanistici vigenti;

   con nota prot-02/12/2016/-0124810 l'Enac aveva inoltre evidenziato ai citati comuni aeroportuali, l'opportunità di limitare l'incremento del carico antropico in zona di tutela A, consentendo l'insediamento solo di attività a basso affollamento all'interno delle volumetrie attualmente dismesse in tale zona di tutela, indipendentemente dalla tipologia di attività precedentemente insediata;

   pertanto, al fine di ottemperare alle prescrizioni del regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti, Enac rilevava come talune attività «dovranno, comportare una permanenza discontinua di un numero limitato di persone, ciò vale anche per la zona di tutela A» –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza e tenuto conto delle comunicazioni intercorse tra Anac, il gestore aeroportuale Gesac e i comuni aeroportuali di cui in premessa, al fine di garantire la tutela delle operazioni di volo e il rispetto, da parte dei piani urbanistici, degli standard di sicurezza conseguenti all'adozione degli articoli 707 e 715 del codice della navigazione, per lo scalo di Napoli Capodichino;

   in riferimento al previsto potenziamento del traffico conseguente alla presentazione del nuovo Masterplan, quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire i necessari livelli di salvaguardia ambientale e sanitaria, con particolare riferimento a forme di contrasto all'inquinamento ambientale e acustico per le popolazioni limitrofe allo scalo.
(4-18832)


   BINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la manutenzione ciclica delle carrozze di Trenitalia destinate al servizio ferroviario sulla media distanza viene effettuata nel polo tecnologico di Osmannoro, frazione del comune di Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze;

   l'officina attualmente occupa 220 ferrovieri e circa 50 addetti di ditte esterne; le carrozze in manutenzione ciclica presso l'officina sono meno di 2.000; hanno un'età media tra i 40 e i 50 anni e non sono dotate di sistema antincendio; in base al decreto ministeriale sulla sicurezza nelle gallerie ferroviarie per i veicoli circolanti sulla rete italiana, entro l'8 aprile del 2021 le imprese ferroviarie, e quindi anche Trenitalia, dovranno dotare il materiale rotabile per trasporto passeggeri di impianto antincendio; l'inserimento del sistema antincendio in tutte le vecchie carrozze richiede un investimento consistente, per questo Trenitalia ha ritenuto conveniente l'acquisto di nuovo materiale rotabile, riducendo la flotta impiegata nella media distanza a circa 500/600 carrozze;

   per garantire un regolare ciclo di manutenzione ogni 4/5 anni, sono sottoposte a manutenzione presso l'officina circa 400/500 carrozze all'anno;

   l'impianto è utilizzato anche per la manutenzione dei treni regionali Trenitalia della Toscana; in questo comparto sono impiegati circa 230 ferrovieri;

   la sostituzione delle carrozze vetuste e i nuovi acquisti di materiale rotabile equipaggiato di impianto antincendio potrebbero determinare una consistente riduzione delle commesse per manutenzione dell'officina di Osmannoro;

   per mantenere gli attuali livelli di occupazione sarebbe necessario affidare all'officina delle lavorazioni su altre carrozze o treni di nuova generazione oltre a quelle sui treni a media percorrenza e sui treni regionali della Toscana;

   sia l'accordo sottoscritto il 3 marzo 1999 tra Ministero dei trasporti, Ferrovie dello Stato, regione Toscana, comune di Firenze e provincia di Firenze, che il successivo protocollo del 2005 tra i medesimi soggetti prevedevano lo sviluppo del Polo manutentivo di Osmannoro e, in particolare, il trasferimento ad esso delle attività e della manutenzione «ciclica» del materiale rotabile dalle officine di Porta a Prato;

   le officine, sia quella adibita alla manutenzione dei treni nazionali, che quella per i treni regionali, sono costruite secondo i più aggiornati criteri tecnologici; sono collocate in un contesto ottimale, ad adeguata distanza dai centri urbani, ma opportunamente collegate sia alla rete ferroviaria che a quella stradale e non distanti dalla direzione tecnica di Trenitalia di Firenze dedicata all'ingegneria della manutenzione e del materiale rotabile nuovo, con circa 200 addetti fra ingegneri e personale altamente qualificato; nella vicina Pistoia, si trova la società Hitachi che ha costruito il treno AV 1000 e altri con tecnologie all'avanguardia che potrebbe collaborare con l'officina di Osmannoro;

   l'officina per la manutenzione ciclica dispone di 5 binari lunghi 380 metri e di un reparto per la tornitura delle ruote dei treni di ultima generazione; con modico investimento può essere attrezzata per nuove lavorazioni;

   la manutenzione corrente dei treni della Toscana, attualmente realizzata nei capannoni che possono accogliere 1 o 2 carrozze o locomotive, richiede un investimento aggiuntivo di circa 50 milioni di euro per raddoppiare tali strutture da 70 a 150 metri e oltre di lunghezza; i nuovi convogli richiedono infatti interventi di manutenzione a treno completo –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per valorizzare gli investimenti effettuati, le competenze, l'esperienza e la professionalità delle maestranze, e per salvaguardare l'occupazione, promuovendo l'affidamento ad Osmannoro, dotata di torneria ruote, la manutenzione ciclica dei nuovi treni regionali e dei rotabili che circolano sulla rete nazionale, non solo di Trenitalia, ma anche di altre aziende ferroviarie;

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per l'ampliamento dei capannoni di Osmannoro destinati alla manutenzione corrente dei treni «Rock e Pop» della Toscana.
(4-18883)


   GASPARINI, CINZIA MARIA FONTANA, CASATI, MAURI e COVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'aeroporto Milano-Bresso «Franco Bordoni Bisleri» è collocato in una delle aree più popolose della città metropolitana di Milano, e all'interno del più grande parco pubblico d'Europa: il Parco nord;

   il Parco nord è una realtà voluta dai cittadini che si sono impegnati per la sua realizzazione e sono partecipi alla gestione. Per anni si sono battuti per la ricollocazione dell'aeroporto, considerandolo incompatibile con la presenza del Parco e lo hanno infine accettato con le limitazioni previste dall'accordo siglato nel 2007;

   l'aeroporto opera sotto la giurisdizione della direzione aeroportuale Lombardia dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac);

   l'Ente nazionale per l'aviazione civile disciplina la circolazione attraverso proprie ordinanze e, nello specifico con l'ordinanza n. 3 del 2011 del 15 novembre 2015, alla quale si è di recente succeduta l'ordinanza n. 7 del 2016 del 15 giugno 2016, in vigore dal 10 luglio 2016;

   il regolamento di scalo del 2011 costituiva il punto di caduta degli accordi intercorsi con il protocollo d'intesa del 31 luglio 2007, sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Milano, Consorzio Parco nord Milano, comuni di Bresso, Cinisello Balsamo e Milano: detto protocollo, aveva costituito soluzione di mediazione sul tema dell'incompatibilità dell'aeroporto con il polmone verde di Parco nord;

   in particolare, l'articolo 2 del protocollo 2007 escludeva opere o interventi che potessero configurare un potenziamento della capacità di traffico;

   il regolamento di scalo n. 1 del 15 dicembre 2011, infatti, individuava quali soggetti operanti all'interno dell'aeroporto: Aero Club Milano, Elite Aviation, A.o.p.a. (Aircraft owners and pilots association) Italia e Cap (club aviazione popolare);

   tale tipologia di operatori configura l'aeroporto come scuola piloti o infrastruttura per piccoli aerei da turismo (traffico consentito vfr — volo a vista);

   il nuovo regolamento adottato da Ente nazionale per l'aviazione civile in vigore dal 10 luglio del 2016, tradisce, a giudizio degli interroganti, lo spirito ed il dettato del protocollo del 2011, ampliando operatività dello scalo al traffico comunitario civile di aviazione generale e di aerotaxi, senza limitazione per il numero di posti e voli;

   poco prima dell'adozione del regolamento di scalo n. 7 del 2016 (datato 15 giugno) il prefetto di Milano ha rilevato inadeguate misure di sicurezza dell'aeroporto e con decreto del 22 marzo 2016 ha regolato le attività di volo dello scalo per garantire la sicurezza pubblica, in costanza di un'utilizzazione della infrastruttura per tipologia di traffico diversa da quella in esercizio dal 1° luglio 2016;

   la diversa destinazione di utilizzo tradisce gli accordi a suo tempo intercorsi e costituisce una modifica tanto più grave se si considera che il comune di Bresso e quelli limitrofi hanno una popolazione tra le più dense d'Italia (Bresso 7.765 abitanti per chilometro quadrato, Sesto San Giovanni 6.975 abitanti per chilometro quadrato, Cinisello Balsamo 5.900 abitanti per chilometro quadrato);

   la diversa destinazione di traffico non avrebbe dovuto prescindere da una verifica dei livelli di inquinamento acustico ed ambientale e del deterioramento della qualità della vita degli insediamenti urbani limitrofi, che risulta agli interroganti totalmente omessa dal nuovo regolamento dell'Enac;

   il consiglio comunale di Bresso alla presenza di rappresentanti dell'Enac il 25 maggio 2016, ha votato all'unanimità il mandato al sindaco per farsi promotore presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il prefetto di Milano e l'Enac, affinché l'aeroporto di Bresso rimanga una scuola per piloti e uno spazio per piccoli aerei da turismo, evidenziando la preoccupazione delle popolazioni dei comuni limitrofi all'aeroporto «per la presenza di una pista di atterraggio di dimensioni ridotte e di un sistema di sicurezza e antincendio non adatto a voli di dimensioni elevate»;

   a seguito dell'ordine del giorno del comune di Bresso e del comune di Cinisello Balsamo, il prefetto di Milano ha convocato un tavolo di confronto per ricercare una soluzione condivisa e coerente con gli accordi sottoscritti, tavolo che si è dotato di una struttura tecnica che ad oggi non ha ancora consegnato il proprio parere;

   in data 31 maggio 2017, l'Agenzia del demanio, con comunicazione, prot.N.2017/7239/DRL-STM1, dava riscontro alla richiesta della prefettura in merito alle procedure di demanializzazione delle aree da destinare al nuovo sedime aeroportuale ed evidenziava che non aveva titolo per affidare a terzi soggetti concessionari la gestione dello scalo, confermando quindi che le concessioni ad una molteplicità di soggetti, tra i quali la società Sky Service, fossero irregolari;

   decaduta la concessione Sky Service ed altre, nonostante le dichiarazioni dell'Agenzia del demanio, il 6 novembre 2017, l'ENAC ha avviato una nuova procedura per l'affidamento in concessione dell'aeroporto, nel cui disciplinare d'offerta si richiedono «Strategie societarie finalizzate allo sviluppo dell'attività di volo» –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per garantire il rispetto degli impegni formalizzati nel protocollo di cui in premessa, con particolare riferimento alla recente assunzione di iniziative che avrebbero come effetto il potenziamento del traffico;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire adeguati livelli di sicurezza, salute e contrasto all'inquinamento ambientale e acustico per le popolazioni limitrofe allo scalo;

   se il Governo intenda convocare i sottoscrittori del citato protocollo d'intesa per verificarne la corretta attuazione, con particolare attenzione alla tutela della sicurezza e della salubrità ambientale, su cui si sono espresse istituzioni locali e cittadini, costituitisi in comitati a difesa del Parco nord, proprio nell'ottica di tutelare l'ambiente e la sicurezza.
(4-18892)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il 14 dicembre 2017 si è tenuto presso il Ministero dell'interno un incontro operativo tra rappresentanti di Ministeri, prefetti, Sogei e Istituto Poligrafico e zecca dello Stato, per accelerare l'attuazione della carta d'identità elettronica (Cie), nel quadro dell'Agenda digitale italiana e degli impegni previsti dall'Agenda digitale europea; il progetto prevede la copertura dei maggiori comuni e il raggiungimento di circa tre quarti della popolazione entro il 2017 e di completamento della copertura di tutti i comuni entro la metà del 2018; l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato s.p.a. è responsabile della produzione e della spedizione della Cie;

   il processo per la digitalizzazione per i documenti di identità è stato avviato oramai da molti anni e la disciplina originaria della Cie è stata più volte riformata; da ultimo, l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2015, ha abrogato la norma istitutiva del documento digitale unificato e ha introdotto la nuova Cie con funzioni di identificazione del cittadino;

   con decreto del Ministero dell'interno del 23 dicembre 2015, sono state definite le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione e di rilascio della Cie; tra l'altro, si prevede che i comuni siano dotati di tutti gli strumenti affinché possa essere rilevata l'identità del cittadino non solo con gli elementi biometrici primari (fotografia) ma anche secondari (impronta digitale); la Cie è altresì corredata da elementi di sicurezza (ologrammi, sfondi di sicurezza, micro scritture, guilloches e altro) e da un microprocessore a radio frequenza; la fotografia in bianco nero è stampata al laser, per garantire un'elevata resistenza alla contraffazione;

   con diversi atti parlamentari (interrogazioni n. 4-12950 e n. 4-17437) sono state sollevate perplessità riguardo alla qualità e alla sicurezza della Cie; il decreto 23 dicembre 2015 prevede l'utilizzo della tecnologia «laser engraving» già utilizzata per i documenti dal Belgio, che sarebbe facilmente falsificabile a causa del fatto che questa tecnologia si trova in commercio al contrario di altre tecnologie quali, per esempio, quella usata dal dipartimento della sicurezza nazionale USA per la green card da oltre 15 anni, che non ha mai subito contraffazioni di sorta;

   a riprova di ciò l'interrogazione n. 4-12950 dell'aprile 2016 (ancora senza risposta) richiama l'arresto in provincia di Salerno Djamal Eddine Ouali, accusato di avere fornito carte di identità elettroniche belghe false a Salah Abdeslam, ricercato per le stragi di Parigi e catturato a Bruxelles nelle scorse settimane, a Mohamed Belkaid ucciso nel blitz a Forest il 15 marzo 2016, e all'attentatore suicida dell'aeroporto di Zaventem Najim Laachroui;

   inoltre, sono giunte agli uffici dei comuni segnalazioni circa il rapido deterioramento e scollamento del supporto, nonché l'erronea stampa di alcuni dati (nello specifico numeri capovolti, come il numero 8 con il cerchio inferiore più piccolo del superiore), con la conseguente mancata accettazione del documento all'estero;

   dal confronto con le carte di identità tedesche che sono conformi agli standard Icao adottati anche dall'Unione europea e che usano lo standard definito Mrtd (Machine Readable Travel Documents) (documenti di viaggio leggibili da macchina), emerge che le Cie italiane presentano le seguenti anomalie:

    a) il font con il quale sono riportati i dati anagrafici del titolare è troppo piccolo e risulta illeggibile a occhio nudo a chi non ha una vista perfetta. Per questo stesso problema, l'eventuale fotocopia del documento d'identità, tuttora richiesta da amministrazioni pubbliche, banche, poste, e altri uffici risulta illeggibile. Viene perciò richiesto spesso un altro documento, come segnalato da diversi cittadini;

    b) la stringa Mrz o Machine Readable Zone (zona leggibile da macchina), che dovrebbe consentire l'accesso ai dati contenuti nel chip della carta, appare di difficile lettura;

    c) l'immagine «ghost» del titolare, sul retro della carta, non risulta nitida e confrontabile con l'immagine principale del titolare, riportata sul fronte della Cie –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo qualora quanto esposto in premessa risultasse in tutto o in parte confermato, con particolare riferimento alla ventilata possibilità di falsificare la Carta di identità elettronica;

   quali iniziative intendano assumere per garantire che la Cie possa essere considerata un documento di identità affidabile, sicuro e in grado di supportare il livello di sicurezza 3 dello SPID (sistema pubblico di identità digitale), per il quale la corretta funzionalità del documento elettronico risulta indispensabile per l'autenticazione in rete, anche in mobilità;

   quali iniziative intendano assumere per ridurre il costo della Cie al cittadino, di oltre 22 euro, che appare troppo elevato, come segnalato dall'Anci al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;

   se corrisponda a verità la notizia che alcuni comuni, già emettitori del nuovo documento elettronico, stiano emettendo di nuovo carte di identità cartacee a seguito di richieste dei cittadini, insoddisfatti del nuovo formato.
(2-02056) «Pagano».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento di Dublino III pone il dovere dell'accoglienza per i migranti, profughi e rifugiati richiedenti asilo in capo agli Stati in cui è avvenuto il primo ingresso nel territorio dell'Unione europea;

   tale regolamento, di cui da tempo si chiede la revisione, genera un pesantissimo carico sulle spalle dell'Italia, il Paese più esposto ai flussi attraverso il Mediterraneo per la lunghezza delle sue coste;

   esiste anche una rotta via terra attraverso la quale i migranti tentano di raggiungere Paesi come la Germania e la Svezia, mete peraltro agognate anche per coloro che sono entrati nell'Unione europea dal territorio italiano;

   per questi migranti, le procedure di esame delle richieste di asilo, rispetto a quelle italiane, risultano in quei Paesi più rapide e hanno carattere definitivo;

   risulta all'interrogante che, in caso di esito negativo della richiesta d'asilo, gran parte dei migranti decida di entrare in Italia dove possono contare sulla lunghezza delle procedure e sulla possibilità di appello;

   gli uffici migrazioni delle questure si trovano così a farsi carico dell'accoglienza di coloro che sono stati respinti dai Paesi nordici: è il caso della questura di Udine, quinta per volume di casi, che – secondo quanto risulta all'interrogante – nel 2016 ne ha trattati 2.700;

   all'esito negativo della procedura, gli interessati presentano regolarmente appello;

   concluso anche l’iter dell'appello, cessa il programma di accoglienza, ma, prima che sia posto in essere un meccanismo di rimpatrio, la gran parte di questi migranti sceglie di far perdere le proprie tracce per entrare nella clandestinità, per la quale, rispetto al Paese di primo ingresso, si preferisce un Paese considerato meno efficiente e rigoroso come l'Italia;

   la clandestinità è però tipicamente la condizione in cui sono più facili, da un lato, lo sfruttamento lavorativo dei migranti e, dall'altro, il loro reclutamento nella criminalità comune o, peggio, la loro radicalizzazione e la contiguità con gli ambienti del terrorismo;

   nel quadro normativo del regolamento di Dublino III l'Italia risulta doppiamente penalizzata, sia per quanto riguarda gli ingressi dal territorio italiano, sia per l'incapacità a gestire i casi di arrivo da Paesi come la Germania –:

   se il Ministro interrogato possa confermare quanto descritto per la questura di Udine e fornire la cifra complessiva degli arrivi di migranti in Italia da altri Paesi di ingresso nel territorio dell'Unione europea.
(3-03449)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   ROBERTA AGOSTINI, ROSTAN, LAFORGIA, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MOGNATO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI, ZOGGIA e LACQUANITI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 novembre 2017 il quotidiano la Repubblica ha riportato la notizia di un'informativa dei carabinieri dei Ros sull'esistenza a Roma di vere e proprie scuole di razzismo tenute nella sede di Forza Nuova;

   secondo le notizie riportate dalla stampa, i dirigenti di Forza Nuova indottrinerebbero minorenni all'incitamento alla violenza, in particolar modo nei confronti dei bengalesi, contro cui verrebbero organizzati dei veri e propri pestaggi;

   secondo l'articolo de La Repubblica, in seguito all'informativa dei Ros, la procura di Roma avrebbe chiesto il rinvio a giudizio per il mese di gennaio 2018 per «incitamento all'odio razziale» di diversi esponenti del movimento neofascista;

   sempre più spesso ultimamente si apprende di atti intimidatori e di vere e proprie violenze da parte di dirigenti e simpatizzanti di Forza Nuova, ma l'esistenza di una struttura utilizzata per indottrinare minorenni senza il consenso dei genitori, se confermata, sarebbe di una gravità eccezionale –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, e considerati gli indiscutibili profili di ordine pubblico, per impedire che gruppi che si richiamano apertamente all'ideologia xenofoba e neonazista possano continuare ad operare.
(3-03450)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alcuni quotidiani riportano la notizia che il sensibile aumento di cittadini tunisini tra gli immigrati clandestini che sbarcano in Italia sia da ricondurre ad alcuni provvedimenti di clemenza recentemente adottati dal Presidente della Repubblica di Tunisia;

   i tunisini in arrivo sulle coste, quelle della Sicilia meridionale e delle isole Pelagie, perlopiù su imbarcazioni molto piccole e in orari notturni nel tentativo di rendersi «invisibili» non appena sbarcati, sarebbero, quindi, per la stragrande maggioranza ex detenuti;

   secondo le fonti di stampa, a giugno 2017, in occasione della fine del Ramadan, i soggetti scarcerati erano stati circa duecento e a luglio 2017, nella ricorrenza del sessantesimo anniversario della Repubblica, oltre millecinquecento;

   negli ultimi tre mesi, stando ai dati dell'ufficio immigrazione della questura di Agrigento, nelle isole di Lampedusa e Linosa sono arrivati ben 341 tunisini su un totale di 1.319 clandestini, a fronte di 81 cittadini tunisini arrivati nei mesi da gennaio a maggio 2017;

   inoltre, la Tunisia rischia di diventare dopo la Libia il nuovo grande porto di partenza anche degli immigrati provenienti dalle regioni dell'Africa subsahariana, sia per le attuali difficoltà incontrate dai migranti nelle partenze dalla Libia, sia perché la rotta tra Tunisia e Italia non è ancora pattugliata a sufficienza dalla Guardia costiera, come, invece, quella libica o il Canale di Sicilia;

   altra nuova rotta che sta destando grande allarme è quella che sta portando a massicci sbarchi di clandestini provenienti dall'Algeria sulle coste della Sardegna;

   nel mese di giugno 2017 la procura di Palermo ha disposto il fermo di quindici persone, in buona parte tunisine, accusate di favoreggiamento all'immigrazione clandestina e sospettate di aver trasportato uomini legati a organizzazione jihadiste, a dimostrazione del fatto che attraverso l'immigrazione illegale rischiano di arrivare anche terroristi –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di contrastare gli arrivi dei migranti irregolari attraverso le nuove rotte e per potenziare le attività di prevenzione del terrorismo.
(3-03451)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, COZZOLINO e FRUSONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 12, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», secondo quanto riportato nella tabella A, destina 390 unità di personale dell'ex Corpo forestale dello Stato al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   l'articolo 8, comma 1, lettera a) punto 2, della legge n. 124 del 2015, altrimenti nota come «riforma Madia», prevede: «in caso di assorbimento del corpo forestale dello Stato, anche in un'ottica di razionalizzazione dei costi, il transito del personale nella relativa Forza di polizia, nonché la facoltà di transito, in un contingente limitato, previa determinazione delle relative modalità, nelle altre Forze di polizia, in conseguente corrispondenza delle funzioni alle stesse attribuite e già svolte dal medesimo personale, con l'assunzione della relativa condizione, ovvero in altre amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nell'ambito delle relative dotazioni organiche, con trasferimento delle corrispondenti risorse finanziarie. Resta ferma la corresponsione, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti, della differenza, limitatamente alle voci fisse e continuative, fra il trattamento economico percepito e quello corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione»;

   nel caso del personale del Corpo forestale dello Stato transitato al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l’«assegno ad personam riassorbibile» comporta di fatto il blocco degli aumenti stipendiali fino a quando lo stipendio de vigili del fuoco non raggiunga quello degli «ex forestali» ivi transitati;

   i «forestali» assorbiti dai vigili del fuoco mantengono i requisiti pensionistici dell'amministrazione di provenienza, ma poiché vige per essi un sistema pensionistico contributivo diverso rispetto a quello dei colleghi transitati nell'Arma dei carabinieri, Guardia di finanza e polizia di Stato, percepiranno di conseguenza una pensione più bassa –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se non ritenga di assumere iniziative per tutelare i diritti acquisiti, nonché il principio di equiordinazione, evitando le evidenti diversità di trattamento economico, stipendiale e pensionistico, e di avanzamento della carriera, dei lavoratori dell'ex Corpo forestale transitati nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e in altre pubbliche amministrazioni, rispetto a coloro che sono stati assorbiti dall'Arma dei carabinieri, dalla polizia di Stato e dalla Guardia di finanza.
(5-12940)


   DI BENEDETTO, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA, SIMONE VALENTE, NUTI e DI VITA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti giornalistiche che, in data 4 ed 8 dicembre 2017, il pontile di Romagnolo, che si trova in via Messina Marine, a Palermo veniva incendiato; la costruzione, che era inserita nel piano triennale delle opere pubbliche, era ricompresa in una più ampia operazione di riqualificazione del lungomare della costa meridionale, comportando un costo di importo di 2,5 milioni di euro;

   in violazione delle norme vigenti, non è stata mai eseguita alcuna manutenzione ordinaria né straordinaria della struttura, né quest'ultima è stata sottoposta a vigilanza, tanto è vero ciò che essa diventava oggetto di ripetuti atti di vandalismo;

   dato che tale situazione dei luoghi comportava rischi per l'incolumità pubblica, la struttura veniva posta sotto sequestro da parte del nucleo tutela patrimonio artistico del comune di Palermo; contestualmente tale pontile veniva affidato in custodia giudiziaria al Demanio marittimo dell'assessorato regionale territorio e ambiente, proprietario dell'area e dei beni;

   il 29 dicembre 2015 la giunta comunale deliberava la messa in sicurezza della struttura, sulla scorta di una dichiarazione di Urgenza ex articolo 175 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 che sollecitava la chiusura dei vani di accesso mediante tavolati di abete e l'inibizione all'ingresso nell'area pericolante mediante la posa di recinzione metallica. Veniva disposta altresì la redazione di una perizia estimativa per l'autorizzazione dei suddetti lavori, stimati in 4.187,00 euro, i quali venivano eseguiti ma in maniera inadeguata. Infatti, l'accesso al pontile continuava ad essere possibile con nocumento ulteriore del manufatto e pericolo sempre maggiore per la staticità della struttura sempre più ammalorata;

   in data 25 marzo 2016, visto che nulla di quanto deliberato era stato eseguito, l'assessorato ai beni culturali, con la Soprintendenza di Palermo sollecitava, con nota 1832/5167 l'area tecnica della riqualificazione urbana a fornire copia di atti e provvedimenti autorizzativi, senza esito;

   in data 18 giugno del 2016 è stato inoltrato un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo, a firma dell'Associazione comitati civici Palermo, dell'Associazione vivo civile e da alcuni consiglieri comunali in relazione a eventuali responsabilità penali per violazione dell'articolo 677 del codice penale (omissione di lavori necessari per rimuovere pericoli da edificio o costruzione che minacci rovina), nonché dell'articolo 434 del codice penale (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi) che punisce chi non mette in atto le misure per prevenire un concreto ed imminente pericolo per la pubblica incolumità;

   nonostante quanto su detto, la struttura continua ad essere in totale stato di abbandono, oltre che dimenticata dalle istituzioni, permettendo l'ingresso a vandali e l'espandersi di roghi, molto probabilmente, di natura dolosa, e su cui sono in corso indagini delle forze dell'ordine;

   la situazione, per le ragioni su descritte, desta preoccupazione ad avviso degli interroganti, e richiede l'interessamento da parte del Governo, dato che tutta l'area è divenuta una zona rischiosa per l'incolumità pubblica e dato che per la riqualificazione della stessa erano state impegnate risorse pubbliche –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire la tutela dell'ordine pubblico nell'area su cui insiste il pontile favorendo, in sinergia con gli enti interessati, una soluzione che consenta di metterlo in sicurezza.
(5-12974)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PANNARALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 9 dicembre 2017 durante una passeggiata di protesta contro il gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) nei pressi dell'area del cantiere, 52 manifestanti, tra cui alcuni minorenni, sono stati fermati dalle forze dell'ordine, fatti salire sulle camionette di polizia e carabinieri, e condotti a Lecce in questura e presso il comando provinciale dei carabinieri di Lecce;

   da fonti di stampa risulta che agli attivisti, liberati soltanto durante la notte tra il 9 e il 10 dicembre, sono contestati la violazione dell'articolo 18 del Tulps (manifestazione non preavvisata), l'articolo 703 del codice penale (accensione fuochi pericolosi) e l'articolo 650 del codice penale (inosservanza provvedimenti dell'autorità), tutti reati contravvenzionali. Due fogli di via, inoltre, sono stati notificati a due ragazze: per tre anni non potranno entrare nel territorio di Melendugno e di Lecce;

   sempre da fonti di stampa e da testimonianze rese da alcuni partecipanti e da altre che l'interrogante ha raccolto direttamente dagli attivisti e degli avvocati si apprende che le persone fermate avrebbero subìto comportamenti illeciti e anche violenti: alcuni sarebbero stati ammanettati e costretti a rimanere in ginocchio per ore in località San Basilio prima di essere condotti in questura; a seguito del sequestro dei cellulari personali, molti non hanno avuto la possibilità di contattare gli avvocati e le proprie famiglie; i legali, giunti in questura, sono stati tenuti fuori per oltre due ore prima di avere informazioni sui propri assistiti; stessa sorte è toccata ai genitori dei ragazzi minorenni fermati che hanno dovuto attendere ore prima di avere notizie sui propri figli; durante le operazioni di fermo e di identificazione alcune persone sarebbero state oggetto di violenze fisiche, verbali e di insulti sessisti;

   ferma la necessità che le manifestazioni continuino a svolgersi pacificamente, le procedure e le azioni condotte dalle forze dell'ordine appaiono all'interrogante spropositate e ingiustificate, conseguenza della militarizzazione del territorio che può portare a situazioni di esasperazione –:

   se siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritengano opportuno avviare un'indagine interna per verificare se siano state commesse condotte illecite da parte delle forze dell'ordine;

   come si giustifichi l'operazione di trattenimento delle persone fermate che appare all'interrogante spropositata, data la fattispecie dei reati contravvenzionali contestati;

   quali iniziative di competenza intendano assumere per evitare il diffuso ricorso a provvedimenti come il foglio di via obbligatorio che, secondo l'interrogante risulta preoccupante, trattandosi di atti che violano il principio della libertà personale e reprimono il diritto alla libera circolazione delle persone.
(4-18803)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti di stampa che la prima sezione centrale di appello della Corte dei Conti ha rigettato gli appelli proposti dall'ex sindaco di Agropoli Franco Alfieri, dall'ex vicesindaco e da tre dirigenti comunali, confermando la sentenza di primo grado e la condanna dei ricorrenti al pagamento di 40 mila euro al comune di Agropoli, oltre le spese legali;

   la vicenda è relativa a tre appartamenti e due locali confiscati al clan Marotta nel 2008 in applicazione delle norme già vigenti all'epoca dei fatti e oggi contenute nel codice antimafia, decreto legislativo n. 159 del 2011, assegnati al comune di Agropoli ma mai utilizzati dal comune per finalità di utilità sociale;

   più nello specifico gli immobili erano stati consegnati, con apposito verbale, dall'Agenzia del demanio al comune di Agropoli nel dicembre 2008, dopo che, con l'intervento dei carabinieri, si era provveduto a sgombrarli da persone e cose;

   da quella data l'Ente veniva definitivamente immesso nel possesso dei locali che avrebbero dovuto essere trascritti al proprio patrimonio indisponibile e quindi destinati a finalità sociali o a sede di uffici e servizi municipali;

   tuttavia, gli immobili venivano riportati nell'inventario dei beni immobili ad uso pubblico per destinazione soltanto quattro anni dopo, nell'ottobre 2012, a seguito dell'intervento del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Salerno, effettuato nell'ambito di una più vasta attività di contrasto nei confronti di un sodalizio criminale nel comune cilentano, operante su tutto il territorio nazionale;

   durante quell'arco di tempo i locali confiscati hanno continuato, di fatto, ad essere occupati dagli stessi soggetti destinatari dei provvedimenti di confisca;

   l'ex sindaco Alfieri e tutti gli altri amministratori locali coinvolti, quindi, pur essendo a conoscenza della confisca degli immobili, hanno omesso di esercitare i poteri rientranti nelle rispettive competenze rendendosi così colpevoli di una inerzia manifesta, sintomo di gravissimo disinteresse nella cura dei beni e degli interessi pubblici;

   per questo, la Corte dei Conti li ha condannati a risarcire il danno erariale provocato, consistente sia nell'inaccettabile allungamento dei tempi dell’iter finalizzato alla riqualificazione dei patrimoni confiscati, sia nell'ulteriore evitabile spesa costituita dai canoni locativi corrisposti per l'utilizzo di strutture private al posto di quelle confiscate;

   si ricorda, inoltre, che per la stessa vicenda Franco Alfieri è imputato per omissioni di atti d'ufficio e omessa custodia di cose sottoposte a sequestro nel processo penale pendente dinanzi al tribunale di Vallo della Lucania;

   l'intera vicenda suscita perplessità ancora più gravi se si pensa che Alfieri è capo della segreteria del presidente della regione Campania Vincenzo De Luca e che, nelle sue funzioni di consigliere per la caccia/la pesca e l'agricoltura, ha un ruolo fondamentale nell'utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo rurale;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione allarmante che merita la massima attenzione –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di consentire un proficuo utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata a beneficio della collettività, ovviando a situazioni di inefficienza e negligenza nella cura degli interessi generali da parte della pubblica amministrazione;

   se non intenda assumere iniziative normative per escludere l'affidamento di incarichi presso le pubbliche amministrazioni nei casi in cui siano riconosciute gravi responsabilità nell'amministrazione della cosa pubblica che abbiano comportato ingente pregiudizio alle casse dello Stato o di altri enti.
(4-18825)


   D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da mesi il territorio del sud pontino, in particolare i comuni di Minturno, Santi Cosma e Damiano e Castelforte, sono al centro di una spirale di furti con scasso, effrazioni e rapine a mano armata, sia di giorno che durante le ore della notte (come riportato dalla stampa locale), fino all’escalation del mese di novembre 2017 durante il quale i furti sono diventati all'ordine del giorno;

   gruppi organizzati entrano nelle case degli abitanti dei tre comuni interessati in piena notte, mentre le famiglie dormono mettendo a rischio la loro incolumità;

   nell'ultimo mese non c'è stata notte senza furti. I malviventi colpiscono contemporaneamente diverse abitazioni, nei diversi comuni del sud pontino, scatenando il panico tra gli abitanti e mettendo in seria crisi le forze dell'ordine che, sotto organico, non riescono a coprire il vasto territorio in questione. Questi, chiamati ad agire, dietro segnalazione, in una zona, non riescono ad intervenire nelle altre tre-quattro sotto attacco dei malviventi a volte armati e probabilmente aiutati da basisti locali;

   tutto questo ha innescato paura, indignazione e voglia di giustizia «fai da te» nei cittadini, tanto da far partire «ronde» di fatto fomentate da gruppi neofascisti come Casapound e da movimenti politici come «noi con Salvini». Questi gruppi, o ronde, visto il clima di terrore diffuso, sono cresciuti a dismisura e la situazione è sfuggita di mano, tanto da registrare, negli ultimi giorni, tentativi di linciaggio contro i malfattori e aggressioni da parte di questi ultimi nei confronti di chi ha denunciato. A contribuire alla paura e al caos sono stati spari, inseguimenti, arresti, rilasci e fogli di via. Si tratta di una vera psicosi dalla quale sembra impossibile uscire e a cui occorre porre rimedio;

   le cronache dimostrano che le persone, pur di non vivere nella paura, preferiscono passare notti insonni occupando strade e controllando il territorio. In alcuni casi in maniera composta, in altri al limite della legalità. Persone fermate dalle ronde per strada, auto segnalate sui social network, fotografie, il tutto in netta violazione in molti casi quanto meno della privacy;

   le amministrazioni si sono rese conto della gravità della situazione chiedendo maggiore presenza alle forze dell'ordine e un incontro al prefetto di Latina che in data 28 novembre 2017, a seguito di un incontro con i sindaci, ha predisposto un incremento delle forze dell'ordine chiedendo di collaborare con le forze dell'ordine e di segnalare quanto più possibile ma evitando, questo rivolto ai cittadini, ronde che col tempo hanno dimostrato di creare ancor più paura ai cittadini e intralcio a chi è incaricato delle indagini e del controllo del territorio perché addestrato a questo fine –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per aumentare il numero di volanti e di forze dell'ordine al fine di garantire un adeguato controllo del territorio, dando così il giusto sostegno ai comandi locali e finalmente un segnale di presenza dello Stato;

   se non intenda prendere in considerazione di chiudere con dei checkpoint (posti di blocco fissi tutta la notte), fino a fine emergenza, i varchi tra i comuni di Minturno, Santi Cosma e Damiano e Castelforte con l'alto casertano, in modo da scongiurare i continui passaggi di questi gruppi di ladri che, come riportato dalla stampa, proverrebbero dai territori campani;

   cosa intenda fare, per quanto di competenza, per ripristinare la legalità nei territori in questione in modo da far cessare la pratica pericolosa ed antidemocratica delle ronde che tanto ricordano tempi in cui le libertà erano limitate dal regime fascista, al fine di ristabilire pace e serenità all'interno delle regole democratiche per le popolazioni colpite da questa sequenza interminabile di fatti illeciti.
(4-18827)


   PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da diversi articoli apparsi sulla stampa, il 9 dicembre 2017, intorno alle ore 21, alcuni immigrati clandestini, trattenuti nel Centro di permanenza per i rimpatri di Pian del Lago, a Caltanissetta, in attesa di essere rimpatriati nel Paese di origine, avrebbero appiccato il fuoco in diversi punti della struttura, causandone la parziale distruzione;

   in particolare, secondo quanto riportato dai quotidiani, all'interno del centro si sarebbe immediatamente sviluppato un pericoloso incendio e le fiamme sarebbero state domate solo dopo diverse ore nel corso della notte dai vigili del fuoco, subito accorsi sul posto e a cui va il merito di aver così evitato danni anche alle persone;

   inoltre, pare che durante l'incendio alcuni immigrati del Centro di permanenza per i rimpatri abbiano anche tentato di allontanarsi dal centro medesimo, per sottrarsi all'ordine di rimpatrio, ma che, per fortuna e grazie alle misure di sicurezza immediatamente adottate e all'impegno e al tempestivo intervento delle forze dell'ordine, questo non sia avvenuto;

   sull'episodio sta ora indagando la polizia e, stando alle prime indagini e non risultando al momento degli indagati, l'incendio sarebbe stato appiccato dagli immigrati in segno di protesta contro il provvedimento di espulsione a loro carico;

   prima dell'incendio, all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri di Pian del Lago si trovavano trattenuti 93 immigrati entrati illegalmente in Italia che erano in attesa di essere rimpatriati nel Paese di origine;

   successivamente a quanto accaduto la scorsa notte nel Centro di permanenza per i rimpatri, quaranta cittadini di nazionalità tunisina, scortati da unità della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri fino all'aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo, sarebbero stati imbarcati sul volo charter diretto a Tunisi ed immediatamente rimpatriati;

   nel frattempo, dei rimanenti immigrati presenti nel Centro di permanenza per i rimpatri pare che undici siano stati inspiegabilmente trasferiti in centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo, ove è notorio non vi è obbligo di trattenimento, mentre ad altri 10 è stato semplicemente intimato da parte del questore di lasciare l'Italia entro 7 giorni e quindi liberi, nel frattempo, di circolare sul territorio nazionale;

   dall'intervista resa dal questore di Caltanissetta si apprende che la struttura verrà sgomberata e in assenza di una determinazione ufficiale, si suppone che l'amministrazione provvederà al ripristino degli impianti, ma nel frattempo il centro rimarrà chiuso;

   nonostante le dichiarate intenzioni del Ministro dell'interno, che in occasione dell'approvazione del decreto-legge n. 13 del 2017, convertito dalla legge n. 46 del 2017, ancora a marzo aveva garantito un potenziamento dei Centro di permanenza per i rimpatri con una capienza di 1.600 posti, invece, secondo gli ultimi dati, al 6 novembre 2017 risultano ancora operativi solo quattro Centro di permanenza per i rimpatri con una presenza in totale di soltanto 376 immigrati in attesa di rimpatrio;

   il Centro di permanenza per i rimpatri di Pian del Lago, dunque, era uno dei quattro Centro di permanenza per i rimpatri attivi e, a rendere ancora più grave quanto accaduto al suo interno la scorsa notte, vi è la circostanza che la sua chiusura, come pare intendere da quanto riportato dalla stampa, comporterà una ulteriore diminuzione della disponibilità di posti nei Centro di permanenza per i rimpatri e, conseguentemente, di rimpatri effettivi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti accaduti nel Centro di permanenza per i rimpatri di Pian Del Lago e se trovi conferma l'attuale sistemazione degli immigrati irregolari precedentemente trattenuti nel Centro di permanenza per i rimpatri come indicata in premessa;

   quali siano le determinazioni in merito, in particolare se tale Centro di permanenza per i rimpatri verrà ristrutturato e reso operativo e, in tal caso, quali siano i costi e la tempistica preventivati;

   quali iniziative siano già state o verranno adottate nell'immediato nei confronti degli immigrati che erano ivi trattenuti ai fini del loro effettivo rimpatrio e per i danni causati.
(4-18833)


   TOFALO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il giudice Mario Pagano è stato posto in arresto per sentenze «comprate»; originario di Roccapiemonte, in passato magistrato presso il tribunale di Salerno, è accusato di aver favorito imprenditori amici in alcune cause civili. Dai giornali si apprende che «Al giudice ed un imprenditore dell'Agro è contestato il reato di corruzione. L'imprenditore, C.A.L., gli avrebbe corrisposto 65 mila euro da destinare alla Rocchese, più un orologio del valore di 20 mila euro. Corruzione contestata anche agli imprenditori D.F.R. e D.G.G., titolari di alcune case di cura. Avrebbero corrisposto a Pagano, in più occasioni, somme di denaro per un totale di 40 mila euro, a beneficio della Rocchese. Nei guai anche L.R. per forniture gratuite di materiale sportivo a beneficio della Rocchese. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, contestata (tra gli altri) a Pagano, ad M.N. ed al consulente fiscale P.A.: finanziamento regionale di oltre 300 mila euro a beneficio della società cooperativa per la realizzazione di un agriturismo a Roccapiemonte. Il finanziamento, secondo l'accusa, “è stato ottenuto mediante una serie artificiosa di operazioni fittizie, realizzate con l'apparente costituzione di capitale sociale e anche attraverso false fatture comprovanti l'acquisto di materiali ed attrezzature varie”. Pagano ed il consulente fiscale P.A. sono accusati anche di falso in atto pubblico. Viene loro contestata la falsa denuncia di smarrimento di assegni apparentemente utilizzati per la costituzione del capitale sociale della cooperativa che avrebbe dovuto occuparsi della realizzazione dell'agriturismo. Corruzione in atti giudiziari contestata a Pagano e al consulente fiscale, il quale in cambio dei favori assicurati dal giudice nella gestione di alcune cause avrebbe prestato gratuitamente la propria attività professionale, prendendo parte anche al giro di fatture false. Poi ci sono fatture false per circa 200 mila euro, mancata esazione del credito per la fornitura di cucine e per la realizzazione dell'impianto di climatizzazione». «Il GIP ha disposto il sequestro di mezzo milione di euro nei confronti del giudice Mario Pagano. La somma corrisponde al totale delle erogazioni effettuate nel tempo dagli imprenditori corrotti» (http://www.salernotoday.it);

   dall'indagine è stato riscontrato l'impegno del giudice per il fratello che nelle ultime elezioni amministrative è stato eletto sindaco ed è anch'egli indagato, poiché presumibilmente coinvolto nei fatti. Per il giudice coltivare rapporti con le persone che contano era di estrema importanza; l'obiettivo era portare al successo politico un componente della sua famiglia (non a caso, nota più volte il gip, l'anno scorso il fratello Carmine è stato eletto sindaco di Roccapiemonte) –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per assumere le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(4-18841)


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo un rapporto dell'Istat aggiornato ad aprile 2016, i furti in abitazione in Italia nell'arco di 10 anni sono più che raddoppiati, con un incremento dall'8,5 per cento del 2004 al 17,9 per cento del 2013, percentuale su cui il fenomeno criminale si attesta ancor oggi;

   il reato in questione è più frequente nelle regioni centrali e meridionali del Paese, in particolare nel sud del Lazio, dove vere e proprie bande di ladri di appartamento negli ultimi tempi hanno seminato il panico nella popolazione, che ha denunciato un totale abbandono da parte delle istituzioni;

   il 18 maggio 2016, in sede di audizione parlamentare in Commissione antimafia, sul tema della sicurezza e della criminalità, il vice questore di Latina De Matteis ha dichiarato: «Per me quella del Sud Pontino è un'emergenza. Ho già fatto la proposta al dipartimento della pubblica sicurezza di creare una sezione distaccata della squadra mobile. (...) Quello che è richiesto in quelle realtà, soprattutto a Formia e Gaeta, è la creazione di un apposito organismo investigativo, di questo c'è bisogno. (...) Non c'è bisogno né di “superpoliziotti” né di grosse strutture, ma di risorse investigative su quel territorio, che è un po’ lontano da tutto»;

   nel corso degli ultimi 7 anni, su tutto il sud pontino, in particolare, nei comuni di Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Minturno e Formia, si sono verificati numerosi episodi criminali;

   quest'anno poi, a partire dalla fine del periodo estivo, è aumentato in modo esponenziale il numero di furti in appartamento;

   i residenti, recriminando l'assenza dello Stato sul territorio, si sarebbero pertanto visti costretti ad organizzarsi in ronde notturne per tentare di scoraggiare i malviventi a violare le loro abitazioni;

   la notte tra il 25 e il 26 novembre 2017, alcuni presunti ladri hanno rischiato il linciaggio da parte dei cittadini, sventato poi dall'intervento delle forze dell'ordine –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e in che modo intenda contrastare i sempre più diffusi fenomeni di criminalità sul territorio, con particolare riguardo al preoccupante aumento di furti in appartamento;

   se non ritenga urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di assegnare alle zone di cui in premessa ulteriori risorse investigative e forze dell'ordine per garantire la sicurezza dei cittadini ivi residenti.
(4-18850)


   LACQUANITI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   mafia, ’ndrangheta e associazioni a delinquere di stampo mafioso sono da tempo radicate nel territorio bresciano: sono ben 239 i beni sequestrati alle organizzazioni criminali nella provincia di Brescia, dato che dimostra la penetrazione della criminalità. Di questi almeno 24 sono siti sul lago di Garda. In provincia di Brescia il fenomeno dei beni confiscati alle mafie è secondo solo a Milano e rappresenta il 10 per cento del totale lombardo;

   la criminalità organizzata entra sempre più spesso nell'economia reale, nell'edilizia, nel commercio, nel traffico dei rifiuti, nella ricezione turistica, con un'attenzione particolare ai settori che permettono il riciclo di denaro. L'ultimo grave episodio riguarda il lago di Garda. Si apprende da notizie di stampa, BresciaOggi del 16 dicembre 2017, che il prefetto di Verona Salvatore Mulas ha emesso come provvedimento cautelare antimafia, una «interdittiva» a carico di Georgiana Andrea Nicolae, di nazionalità rumena, che gli inquirenti ritengono prestanome di Francesco Piserà, di cui è la compagna, già a sua volta colpito da interdittive, per i suoi interessi sul Garda bresciano. La donna risulta essere la titolare dell’hotel «Il Gambero di Salò» e del resort «Piano d'Ercole»;

   Piserà è sospettato di essere vicino ad ambienti malavitosi: imprenditore calabrese che opera da tempo nell'area benacense, titolare di diverse attività nella ristorazione e nel turismo, con esercizi pubblici a Boscochiesanuova, Nogarole Rocca e Bardolino;

   Piserà, secondo il citato quotidiano, non avrebbe mai fatto mistero di essere vicino ai Mancuso, una ’ndrina di Limbadi e Nicotera considerata dagli organi investigativi come la cosca più potente della Calabria, pur avendo smentito di esserne affiliato;

   l'interdittiva prefettizia antimafia è una misura preventiva, prescinde dall'accertamento di responsabilità penali, ma si fonda sugli accertamenti compiuti dagli organi di polizia;

   forte è l'allarme espresso anche dal presidente dell'Associazione di categoria veronese Marco Lucchini, preoccupato «dai frequenti segnali che leggiamo sui media sull'aumento sul nostro territorio del grave pericolo di infiltrazioni malavitose, di forme di economia borderline che, con la scusa di investire in campo turistico, operano al solo scopo di riciclare denaro per conto di organizzazioni mafiose. Il settore del turismo, in particolare quello ricettivo e della ristorazione, si presta alla diffusione di queste patologie cancerose che distruggono una economia basata su sicurezza e legalità» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per contrastare il fenomeno mafioso sul lago di Garda, in particolare nel settore turistico ricettivo.
(4-18856)


   SCOTTO e FORMISANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'8 dicembre 2017 a Torre del Greco, comune della provincia di Napoli, come ogni anno, si è tenuta la processione della Madonna dell'Immacolata;

   detta processione va avanti dal 1861 ed è diventata per i torresi un appuntamento molto importante. È un'iniziativa che porta in città tantissimi torresi che negli anni si sono trasferiti in altre città sparse per l'Italia e per il mondo;

   durante la la processione dell'8 dicembre 2017, però, si sono verificati fatti incresciosi;

   verso la metà della processione una pioggia breve ma intensa ha colpito la processione e ha bagnato il carro della Madonna dell'Immacolata;

   a seguito della pioggia, don Giosuè Lombardo, parroco della Basilica San Croce, nonché responsabile della statua della Madonna, ha disposto il rientro del carro con il conseguente dimezzamento del percorso;

   a questa disposizione i portatori del carro si sono ribellati continuando, contro la volontà del parroco, il normale percorso della processione del carro;

   contestualmente don Giosuè Lombardo lasciava il corteo per recarsi presso la basilica pontificia da lui presieduta;

   al ritorno della statua della Madonna nella basilica, dopo che tutto il percorso era stato effettuato, una piccola parte dei portatori ha inveito in modo violento, colpendo con forza la porta della sacrestia dove si trovava il parroco;

   a seguito di questi accadimenti è scoppiato il panico nella basilica e in pochi secondi si è temuto che fosse avvenuto uno scoppio di armi da fuoco;

   questo ha determinato un pericoloso fuggi fuggi che ha fatto sì che le migliaia di presenti scappassero in pochi secondi dalla basilica determinando una situazione che avrebbe potuto provocare diverse centinaia di feriti;

   a seguito di questa vicenda le forze dell'ordine hanno dovuto presidiare la sacrestia per evitare che altri episodi spiacevoli si ripetessero nei confronti di Don Giosuè Lombardo –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato affinché episodi del genere non si verifichino in futuro e la processione dell'Immacolata possa svolgersi in totale sicurezza per tutti i cittadini torresi.
(4-18861)


   GRIBAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 3 settembre 2017, su l'edizione di Cuneo del giornale «La Stampa», è stato pubblicato un articolo secondo il quale un «politico cuneese», il giorno di ferragosto, avrebbe usufruito del servizio di scorta per uno spostamento fra il luogo di villeggiatura con la famiglia, in provincia di Imperia, e l'inaugurazione di una fiera in provincia di Cuneo;

   in particolare, il servizio di scorta sarebbe stato assegnato da parte della questura di Cuneo obbligando gli agenti a pernottare, alla vigilia della festività, presso il luogo di villeggiatura dell'interessato, impegnando quindi la scorta su due diverse giornate e con una spesa pubblica non indifferente;

   il caso sarebbe stato segnalato ai sindacati di polizia e successivamente ne sarebbero stati informati il Ministero dell'interno e il capo della polizia;

   se la questione avesse interessato membri del Governo o altri titolari di importanti cariche dello Stato, il nome del «politico cuneese» sarebbe stato noto;

   non sono noti all'interrogante esponenti politici della provincia di Cuneo che necessitino di un servizio di scorta pubblico;

   l'articolo, attraverso le parole «quando cessa il mandato da politico», sembra far riferimento a qualcuno che abbia da poco lasciato un importante incarico pubblico;

   l'esponente politico in questione avrebbe dunque usufruito di un servizio pubblico, incluso il pernottamento degli agenti di polizia a carico dello Stato in un giorno prefestivo, al fine di un trasferimento in giornata per un impegno politico personale –:

   quale sia l'esponente politico cuneese ad aver usufruito del servizio di scorta pubblico il 15 agosto 2017 per un trasferimento dalla provincia di Imperia alla provincia di Cuneo e ritorno;

   sulla base di quali informazioni o parametri la scorta sia stata concessa o prevista nel caso specifico.
(4-18864)


   RIZZO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Caltagirone, con deliberazione di giunta (DG) n. 34 del 30 gennaio 2001, ha approvato il progetto esecutivo, redatto dall'ufficio tecnico comunale, per la realizzazione del parcheggio «Santo Stefano» per l'importo complessivo di euro 8.418.247, successivamente dall'assessorato regionale al turismo, comunicazione e trasporti della regione siciliana venne erogato un contributo pari a 4.134.366,59 euro;

   con deliberazione di giunta n. 65 del 26 febbraio 2004 veniva approvato il progetto preliminare presentato dalla impresa Ilma Costruzioni spa attraverso il sistema della finanza di progetto, per un importo pari a 73.843,420 euro e quindi inferiore rispetto a quello originariamente previsto dagli uffici tecnici del comune;

   con deliberazione di giunta n. 93 del 23 marzo 2006 la Ilma Costruzioni, ha comunicato di aver creato una società di progetto denominata «Sostauto srl» che diventava la concessionaria a titolo originario sostituendo la Ilma in tutti i suoi rapporti con l'Amministrazione concedente;

   nel 2008, successivamente all'approvazione del progetto esecutivo, la società concessionaria avanzava richiesta di revisione, al fine di ristabilire l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento che aveva subìto un incremento pari al 36 per cento sul totale, portando il totale dell'opera da realizzare ad un totale di 9.989.004,21 euro;

   il costo complessivo risulta maggiore rispetto a quello originariamente previsto dagli uffici del comune il che potrebbe configurare il rapporto giuridico tra comune di Caltagirone e Sostauto srl non più ricadente nella fattispecie della finanza di progetto, ma appalto per lavori pubblici;

   sempre dalla stessa delibera si evince come la società concessionaria aveva sottoscritto contratto di mutuo con istituto bancario in data 11 aprile 2008 che prevedeva la costituzione di garanzie fornite dal comune di Caltagirone a favore della banca erogante;

   il 17 luglio 2017, il consiglio comunale di Caltagirone ha deliberato l'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato per l'esercizio finanziario 2012/2016, successivamente alla dichiarazione di dissesto dell'ente sopraggiunta nel 2011;

   dall'analisi degli atti contenuti in tale delibera non sembrano essere presenti valutazioni di nessun genere in merito alle garanzie rilasciate dal comune di Caltagirone nei confronti della banca concedente il mutuo alla Ilma Costruzioni per la realizzazione del parcheggio S. Stefano, cosicché l'eventualità non remota che l'istituto bancario si svolga al comune per il pagamento delle rate di mutuo non onorabili a seguito dell'insolvenza della Ilma Costruzioni, in concordato preventivo, determinerebbe un aggravamento della pesante situazione deficitaria dell'ente già in dissesto;

   analoga situazione è stata recentemente portata in auge dal giornale «La Sicilia» relativamente all'affidamento da parte del comune di Caltagirone dei campi sportivi «Bongiorno» ad un privato con la costituzione di garanzie fornite al Credito sportivo, che ha erogato un mutuo per la realizzazione di opere accessorie e che pare non abbia ottemperato al pagamento delle rate per circa 80 mila euro, somme che anche in questo caso potrebbero ricadere nella gestione delle già disastrate casse comunali e di conseguenza sui cittadini di Caltagirone –:

   quali rilievi o richieste istruttorie abbia formulato la commissione per la finanza e gli organici degli enti locali in relazione all'ipotesi di bilancio riequilibrato con riferimento alla mancata indicazione del bene realizzato e alle eventuali garanzie accessorie prestate dal comune di Caltagirone all'impresa realizzatrice del parcheggio Santo Stefano e del concessionario dei campi sportivi «Bongiorno»;

   se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato in relazione alla situazione amministrativo-contabile dell'ente a garanzia e tutela degli abitanti della città di Caltagirone.
(4-18880)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PATRIZIA MAESTRI e ROMANINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   vengono da più parti segnalate alcune criticità in merito ai profili della scheda di rilevazione dei dati degli studenti con disabilità e con Dsa che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha reso accessibile in data 23 novembre 2017 e che fa seguito al decreto ministeriale n. 610 del 2017, da compilare entro il 30 novembre, relativamente alla sezione I, punti 1, 2 e 3 contenente le «Informazioni utili ai fini della ripartizione delle risorse», con particolare riferimento alle tabelle sub 2;

   diversamente dalla prassi seguita fin dall'inizio dell'applicazione della legge n. 17 del 1999 dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, infatti, la nuova scheda – ai fini della ripartizione delle risorse – richiede di comunicare (cfr. tabelle e sub punto 2 della scheda stessa) esclusivamente il numero di studenti iscritti che abbiano presentato una certificazione di handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992, e quindi di specificare quanti di questi studenti abbiano presentato anche una certificazione di invalidità, superiore o inferiore al 66 per cento;

   ciò perché il decreto ministeriale quest'anno consentirebbe la ripartizione dei fondi esclusivamente con riferimento a tali studenti, e non – come è sempre stato in passato – con riferimento anche agli studenti che hanno presentato una certificazione di invalidità. Conseguentemente, non potranno essere conteggiati, al fine della ripartizione dell'80 per cento del fondo ministeriale (che comunque resta dell'importo complessivo di euro 7.500.000) quegli studenti che hanno presentato unicamente una certificazione attestante la condizione di invalidità;

   questa modifica fornisce un quadro certamente poco attendibile del numero di studenti che si rivolgono, inoltre, ai servizi della Conferenza nazionale dei delegati per la disabilità, poiché molti di questi studenti sono in possesso o hanno presentato soltanto la certificazione di invalidità e non la certificazione ai sensi della legge n. 104 del 1992;

   essa rischia di falsare l'attribuzione dei fondi ai singoli atenei, considerando che tale attribuzione dipenderà dal numero degli studenti iscritti che hanno consegnato agli uffici o presso le segreterie la certificazione di handicap;

   essa pone quindi non trascurabili problematiche sul reperimento dei dati agli uffici della Conferenza nazionale delegati per la disabilità, che dovranno esaminare le posizioni di ciascuno studente una per una, al fine di comprendere se gli studenti iscritti abbiano presentato l'una o l'altra certificazione, o entrambe. Perché tra l'altro il sistema Esse3, adottato da molti atenei per la gestione dei dati relativi agli studenti, risultando conforme alla prassi seguita finora, non contempla la distinzione fra certificazione di handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992 e dichiarazione di invalidità, ma la sola indicazione di «esonero per handicap»;

   ciò potrebbe, inoltre, comportare l'impossibilità di giustificare le spese svolte con i fondi ministeriali a favore degli studenti con certificazione di invalidità, ma privi della certificazione ai sensi della legge n. 104 del 1992 –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione sopradescritta e se intenda affrontare la problematica;

   se, in particolare, intenda assumere iniziative per porre rimedio alla grave contraddizione della scheda di rilevazione, che rischia di escludere dalla ripartizione delle risorse una fetta significativa di studenti, che fino ad oggi hanno potuto usufruire dei servizi.
(5-12950)


   CIMBRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha già presentato l'interpellanza n. 2-01970 sulla grave situazione presso il conservatorio Santa Cecilia di Roma;

   la situazione determinata dal direttore del conservatorio in ordine ai lavoratori della struttura amministrativa sta comportando, a quanto risulta all'interrogante, una perdita economica per molte famiglie, nei confronti delle quali il conservatorio ha preso ad agire, contro ogni prassi consolidata, in modo tale da pregiudicarne il futuro. La situazione critica riguarda il personale dei profili di assistente e collaboratore di biblioteca;

   il sistema dell'alta formazione artistica e musicale è ancora in attesa dei regolamenti previsti dalla legge n. 508 del 1999, tra i quali proprio il regolamento sul reclutamento del personale;

   in tale situazione, nei conservatori e nelle accademie si è proceduto ad assunzioni a tempo determinato di personale, confermato annualmente, in attesa delle assunzioni a tempo indeterminato via via disposte e autorizzate nel corso degli anni dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   al fine di garantire il personale precario assunto, su indicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (circolare del 27 luglio 2012), le istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale hanno provveduto alla redazione di graduatorie permanenti aggiornabili annualmente, così da mantenere in servizio il personale;

   tali graduatorie sono finalizzate all'assunzione a tempo indeterminato ovvero al rinnovo annuale del contratto quando richiesto, nel conservatorio di appartenenza ovvero in altra istituzione dell'alta formazione artistica e musicale;

   alla stessa prassi si è attenuto anche il conservatorio di S. Cecilia che, con decreto del presidente del 25 ottobre 2016, ha bandito la procedura di redazione delle graduatorie, pubblicate con decreti del 28 ottobre 2016, rispettivamente per collaboratori di biblioteca, assistenti e coadiutori;

   l'articolo 8 del citato bando dispone: «le graduatorie sono permanenti. Il Conservatorio provvede annualmente all'aggiornamento delle stesse, verificando – mediante procedura – il maturare dei requisiti previsti»;

   risulta all'interrogante che il conservatorio, anziché procedere all'aggiornamento delle graduatorie, come prescritto dal bando menzionato e come d'uso in tutte le istituzioni di alta formazione artistica e musicale, il 3 ottobre 2017) ha emanato un bando pubblico per l'assunzione di personale del profilo di assistente, senza procedere all'aggiornamento delle graduatorie permanenti, con l'evidente rischio di escludere chi ha già maturato l'anzianità prevista dalle vigenti normative per l'immissione in ruolo (24 mesi di servizio);

   la conseguenza è stata che verosimilmente almeno 3 persone, oggi in servizio nel profilo di assistente, di elevatissima qualificazione e che hanno già svolto servizio con apprezzamento dei conservatori e delle accademie di tutta Italia (Ferrara, Piacenza, Brescia, Bologna e Roma), non vedranno riconosciuto il proprio merito, in termini di aggiornamento delle graduatorie permanenti, rischiando di essere messe alla porta;

   ancora più grave è la situazione di un'altra persona che dopo il 31 ottobre 2017 ha addirittura perso il posto senza alcuna ragione, in presenza di posti disponibili, e addirittura in presenza di proroghe di contratti con unità di personale aventi minor titolo –:

   se non si intenda inviare immediatamente un'ispezione ministeriale presso il suddetto Conservatorio, in quanto il comportamento dell'attuale direzione appare lesivo del buon andamento e dell'imparzialità degli uffici e dell'amministrazione e dei diritti delle persone che vi lavorano.
(5-12972)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE GIROLAMO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dall'inizio dell'anno scolastico 2017/2018, come denunciato da enti rappresentativi degli insegnanti e da numerosi articoli di stampa, si sono verificati ritardi, storture e confusioni in merito all'accreditamento dello stipendio nei confronti dei docenti;

   nello specifico, i docenti con contratti a supplenza breve denunciano sia il mancato pagamento degli stipendi che solitamente arrivano alla fine del mese successivo sia la mancanza del semplice cedolino indicante la data in cui sarà accreditata la retribuzione all'interno del sistema NoiPa;

   la situazione sopra citata sta coinvolgendo non solo i docenti ma anche assistenti amministrativi e collaboratori scolastici che lavorano nelle scuole con contratti a tempo determinato che stanno inevitabilmente contattando le sedi sindacali al fine di essere assistiti e sostenuti avverso il Ministero in questione;

   i docenti coinvolti devono già fare i conti con una condizione di precarietà del posto di lavoro a cui si aggiunge l'insicurezza dei tempi di percepimento del proprio stipendio, con i conseguenti disagi e le difficoltà che devono affrontare nella vita quotidiana;

   a parere dell'interrogante è necessario intervenire nel più breve tempo possibile affinché siano eliminati i ritardi e le disfunzioni del sistema informatico e sia rispettato il diritto dei lavoratori a percepire il giusto salario –:

   se e in che modo il Ministro intenda intervenire al fine di individuare le cause che hanno determinato i ritardi e gli errori riscontrati dagli insegnanti, assistenti amministrativi e collaboratori scolastici nel percepire il proprio stipendio, e quali iniziative intenda assumere affinché i docenti ed il personale citato ricevano al più presto la loro corretta e dovuta retribuzione.
(4-18801)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto interministeriale Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-Ministero dell'economia e delle finanze sulla definizione dei fabbisogni finanziari regionali per l'erogazione delle borse di studio universitarie risulta essere stato pubblicato con estremo ritardo – rispetto ai tempi previsti dalla legge di bilancio 2017 – con l'esito del mancato riparto effettivo delle risorse che gli enti regionali per il diritto allo studio avrebbero dovuto mettere a bilancio per l'anno in corso;

   come specificato in un comunicato nazionale dell'Udu-Unione degli universitari del 14 dicembre 2017, questo colpevole ritardo ha provocato grossi problemi in alcune regioni e, soprattutto, ha obbligato alcune università ad anticipare le somme necessarie a coprire tutte le borse, con evidenti disagi per la popolazione studentesca;

   questo combinato disposto si ripercuote particolarmente in Emilia-Romagna lì dove – all'uscita delle graduatorie pre-definitive da parte di Er.Go – si apprende la notizia dell'attuale non disponibilità delle risorse per la copertura totale delle borse di studio, come denunciato da un comunicato di Link Bologna-studenti indipendenti, a causa delle negligenze dei Ministeri coinvolti nonché della regione Emilia-Romagna che «non ha garantito a bilancio le risorse necessarie» e che giustamente si richiama ad agire con urgenza in questo senso;

   appare veramente paradossale che migliaia di studenti frequentanti le università emiliano-romagnole debbano ancora convivere con l'incertezza circa la loro situazione – giunti ormai alle vacanze natalizie – quando è da settembre che anticipano di tasca propria affitti, vitto e libri senza potere contare sulla borsa di studio cui pure avrebbero diritto –:

   per quali ragioni i Ministri interrogati non abbiano rispettato le previste scadenze (marzo 2017 per l'emanazione del citato decreto e settembre 2017 per l'erogazione delle risorse da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in base al decreto), coordinandosi tra loro, arrecando così un grave danno a migliaia di studentesse e studenti su tutto il territorio nazionale e in particolare in Emilia-Romagna.
(4-18835)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la recente sentenza n. 251 della Corte Costituzionale ha divelto uno dei principi cardine della legge n. 107 del 2015, in ordine all'esclusione dei docenti già titolari di un contratto a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, relativo alla partecipazione ai concorsi pubblici per il reclutamento del personale docente;

   la disposizione oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale è contenuta nell'articolo 1 del comma 110;

   al punto 6 della sentenza di cui sopra, v'è scritto che «le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 110, della legge 107 del 2015, sollevate dal Tar Lazio con ordinanza iscritta al numero 134 del 2015, sono fondate, in riferimento agli articoli 3, 51 e 97 Cost.»;

   per usare le stesse parole dei giudici della Corte Costituzionale, la disposizione censurata appare «eccentrica»;

   venendo alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 59 del 2017, in attuazione della legge n. 107, relativo al superamento del precariato storico con l'istituzione di una fase transitoria contenuta nell'articolo 17, vi si ritrova nel comma 3 una disposizione analoga a quella già censurata dalla Corte costituzionale;

   questo produrrebbe un ulteriore filone di contenzioso con l'amministrazione da parte di quei docenti di ruolo che ambissero a partecipare al concorso previsto nel nuovo percorso triennale di formazione, inserimento e tirocinio per accedere all'insegnamento in una classe di concorso diversa da quella per la quale sono titolari di contratto;

   d'altra parte, la loro partecipazione, allargando la platea degli aspiranti al ruolo, finirebbe con l'arrecare un grave pregiudizio ai docenti abilitati per i quali originariamente era stata pensata la fase transitoria, ritardando oltremodo i tempi per l'immissione in ruolo e finendo con lo snaturare il principio stesso per il quale essa era stata istituita –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato in relazione alla vicenda sopra descritta è per meglio definire la disciplina in materia, adottando i necessari correttivi per assicurare ai docenti abilitati della seconda fascia delle graduatorie di istituto la possibilità di ottenere la stabilizzazione.
(4-18838)


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 novembre 2017, la Protezione Civile nazionale, diramava comunicato stampa, allertando l'arrivo di situazioni di maltempo, in particolare con temporali in estensione al sud nel bollettino ufficiale infatti, si dichiarava lo stato di «allerta arancione» per le Regioni come la Campania, precisando che dal mattino del giorno seguente le manifestazioni di rovesci e temporali si sarebbero intensificati in tale territorio, affermando che «tali fenomeni meteo, potrebbero determinare delle criticità idrogeologiche»;

   di fatto, nelle giornate del 6 e 7 novembre scorso, la Regione Campania è stata interessata in tutte le sue aree, da forti precipitazioni da cui sono derivati diversi danni alla viabilità, abitazioni e strade provocando disagi alla popolazione tra cui frane e ordinanze di sgombero come riportato dal sito on line di Repubblica sezione Napoli;

   in particolare, come riferito dal giornale il Mattino, sul versante stabiese del monte Faito si sono verificati smottamenti e crolli lungo la strada che porta dalla frazione di Quisisana alla cima dello stesso;

   morfologicamente, il monte Faito fa parte della catena montuosa dei Monti Lattari, alto 1.131 metri, è raggiungibile sia da Castellammare che da Vico Equense oltre che tramite una funicolare gestita dall'Ente Autonomo Volturno con partenza dalla stazione di Castellammare di Stabia,

   a causa di tali eventi atmosferici, hanno ceduto molti alberi e dunque molti detriti e fango hanno provocato frane, da cui è derivata la chiusura della funicolare nonché l'inaccessibilità della strada che collega Vico Equense al Faito, unico punto di accesso considerando che il varco da Castellammare è caratterizzato da una via già di per se dissestata e pericolosa;

   quanto accaduto ha determinato l'isolamento di circa 100 persone tra cui 17 minori per più di un mese con conseguente esasperazione degli stessi, privati della possibilità di muoversi e di condurre una vita ordinaria, senza un piano di evacuazione e abbandonati a se stessi;

   ad oggi non sono ben chiare le responsabilità degli Enti preposti nell'applicare misure di prevenzione in virtù dell'allerta della Protezione Civile e per i ritardi nei soccorsi con il conseguente perpetrarsi dello stato di forte disagio della popolazione;

   15 bambini residenti nella frazione montana, sono iscritti alle elementari, altri alle medie: scuole di ordini diversi nelle quali si svolgono attività didattiche altrettanto diverse –:

   al Ministro dell'Istruzione, quali azioni preventive vorrà porre in essere al fine di garantire il diritto allo studio e ai servizi essenziali degli studenti residenti nella frazione montana.
(4-18848)


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è noto che i settori scuola ed università assommano, tra dipendenti a contratto a tempo indeterminato e precari, il numero maggiore tra i dipendenti pubblici in Italia;

   da notizie di stampa emergono problematiche connesse a versamenti contributivi arretrati che non risultano negli estratti conto previdenziali di dipendenti pubblici di altri settori di ben più ridotte dimensioni rispetto al comparto scuola, complessivamente considerato;

   eventuali analoghe omissioni per il comparto scuola avrebbero un impatto economico e sociali di dimensioni ben più gravi e di gravissimo impatto per centinaia di migliaia di lavoratori e per le loro famiglie;

   peraltro, sono ben noti i problemi conseguenti alla fusione dell'Inpdap con l'Inps, avvenuta con la manovra salva-Italia del 2011, a seguito della quale la previdenza «pubblica» ha enormemente appesantito i conti di quella «privata» in ragione di un buco che ammonterebbe ad oltre 23 miliardi euro, causato dal mancato pagamento dei contributi previdenziali per i suoi dipendenti da parte dello Stato;

   inoltre, per molti docenti, personale amministrativo tecnico ed ausiliario che hanno prestato attività di supplenza nell'arco di tempo che va dal 1970 al 31 dicembre 1987 vi sarebbero alcuni «buchi contributivi» nel periodo intercorrente tra il 1970 e il 1987 relativi all'attività di supplenza svolta in ragione dell'omesso versamento agli istituti previdenziali – prima all'Enpas e poi all'INPDAP – dalle istituzioni scolastiche –:

   quali iniziative intende porre in essere il Ministro per verificare il corretto adempimento del Ministero nel versamento dei contributi previdenziali spettanti a tutti i suoi dipendenti, stabilizzati e precari.
(4-18849)


   LEVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 107 del 2015 ha previsto l'immissione in ruolo per diversi docenti, sia per le graduatorie di merito che per le graduatorie ad esaurimento;

   molti docenti hanno visto lesi i propri diritti a causa dell'algoritmo introdotto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il quale si è disciplinato il funzionamento della procedura di mobilità;

   il succitato algoritmo ha infatti causato svariati errori di assegnazione di cattedra per la mobilità straordinaria 2016/2017 a causa dei quali migliaia di docenti sono stati trasferiti in regioni diverse da quelle di appartenenza;

   questo fatto ha causato problemi logistici ed economici per i docenti e ha provocato lo spopolamento di aree già soggette al problema;

   varie sentenze (come quella del giudice del lavoro di Trani o del giudice del lavoro di Lecce) hanno accolto il ricorso dei docenti che sono potuti tornare nelle provincie di appartenenza;

   circa quaranta docenti della provincia di Isernia non hanno ancora avuto la possibilità di rientrare nella provincia di appartenenza, neanche con l'assegnazione provvisoria;

   ci sarebbe la possibilità di estendere l'assegnazione provvisoria almeno su due provincie, per permettere di avvicinarsi alla provincia di appartenenza;

   si potrebbe estendere l'insegnamento di sostegno, visto il crescente i mero delle richieste, anche a chi non abbia il titolo abilitante, come già effettuato in altri casi, in cui sono stati nominati insegnanti di sostegno dalle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia. Ci sarebbe per questo anche la possibilità di istituire corsi di formazione per abilitare all'insegnamento del sostegno i docenti che ne faranno richiesta e che hanno un contratto a tempo indeterminato;

   ci sarebbe la possibilità di aumentare il numero dei docenti per i corsi di potenziamento –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se il Ministro non intenda assumere iniziative per favorire il rientro nelle regioni di appartenenza dei docenti che si trovano in regioni diverse.
(4-18875)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la dismissione del patrimonio immobiliare da reddito dell'Inps è stata riavviata, in maniera unilaterale da parte dell'Inps, con l'invio delle lettere agli inquilini nel corso del mese di dicembre 2017;

   le modalità e il percorso previsto dall'Inps comporteranno delle gravi conseguenze di carattere sociale, poiché, ad esempio, la sanatoria tanto attesa dall'inquilinato occupante non ha rispettato le disposizioni della legislazione vigente e si può stimare che almeno l'80 per cento di inquilini, inquilini irregolari e occupanti potrebbe rinunciare all'acquisto, tenuto conto che le unità immobiliari interessate sono circa 4.000;

   solo nella città di Roma, attualmente il 52 per cento del patrimonio immobiliare dell'Inps è costituito da unità immobiliari ad uso abitativo;

   sarebbe necessario il pieno rispetto della sanatoria stabilita con la legge n. 164 dell'11 novembre 2014, analoga a quella del 2001 con la sola modifica del termine prorogato al 31 dicembre 2013;

   con il riavvio delle dismissioni in relazione all'attuazione della sanatoria, si stanno concretizzando molti ostacoli che porteranno probabilmente ad una ripresa delle mobilitazioni da parte dell'inquilinato;

   in particolare, le modalità di applicazione della sanatoria in relazione al riavvio delle dismissioni prevedono i seguenti punti: 1) il termine di occupazione è fissato al 31 dicembre 2013; 2) potranno accedere anche coloro nei cui confronti vi è stata contestazione ai sensi degli articoli 633, 639 del codice di procedura penale; 3) non sono previsti contratti di locazione ma solo vendita dell'unità immobiliare; 4) ad eccezione dei conduttori regolari, gli occupanti acquisteranno a prezzo di mercato, senza gli sconti previsti dalla legge n. 410 del 2001; 5) verrà inviata a breve ai conduttori ed occupanti una proposta d'acquisto alla quale dovrà essere fornita risposta di accettazione entro il termine massimo di 120 giorni. Le abitazioni invendute andranno all'asta pubblica; 6) è previsto il pagamento degli oneri ed accessori degli ultimi cinque anni, il pagamento dei canoni di locazione degli ultimi cinque anni rideterminati in base ai valori dell'Omi (osservatorio mercato immobiliare) le cui tabelle sono riportate dall'Agenzia delle entrate. Il punto del prezzo di acquisto proposto alle famiglie occupanti appare quello più problematico;

   infatti, la rideterminazione viene effettuata in base ai valori OMI e aumenterà a più del doppio il valore del canone di locazione; ciò significa che se oggi l'indennità di occupazione viene calcolata intorno agli euro 4,00 al metro quadrato, con i nuovi parametri si calcolerà a partire da euro 9,50 al metro quadrato; ciò comporterebbe un esborso di svariate migliaia di euro; a questi come detto in precedenza vanno aggiunti gli oneri ed accessori tenendo conto che ad oggi non si sa se i cinque anni decorrono dal 2017 o addirittura dal 31 dicembre 2013 termine ultimo di occupazione; se si trattasse di riconoscere dette somme dall'entrata in vigore della sanatoria si rischia addirittura di pagare gli arretrati e la determinazione dal 2008;

   l'Inps con le modalità proposte non ha tenuto conto della grave situazione economica che sta attraversando il Paese (perdita e/o mancanza di lavoro, fragilità economica e sociale); a fronte di ciò non si è pensato di favorire gli inquilini tutti predisponendo dei fondi agevolati per favorire l'acquisto con garanzia dell'immobile stesso; è palese che accedere ad un mutuo con istituti di credito sarà impossibile;

   il rischio derivante da questo riavvio delle dismissioni è che se ne possano avvantaggiare le società immobiliari che a prezzi estremamente ridotti avranno la possibilità di acquistare all'asta –:

   se non ritenga necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché si proceda ad una sospensione della procedura in corso e ad una verifica delle modalità di acquisto comunicate dall'Inps che, se non modificate, potrebbero portare molte famiglie a rinunciare all'acquisto e ad entrare nel gorgo di una instabilità abitativa nella quale vivono già da molti anni, tenuto conto che trattandosi di processo di dismissione avviato molti anni fa oggi gran parte delle stesse hanno componenti anche molto anziani;

   se non ritenga necessario assumere iniziative affinché l'Inps apra un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, che in tempi rapidi e predeterminati, sospendendo per lo stesso periodo il processo di dismissione, possa determinare, nell'ambito della legislazione vigente e coerentemente con le procedure seguite dall'inizio delle dismissioni, modalità e tutele per coloro che non possono acquistare, definire l'applicazione corretta della sanatoria e delineare adeguati parametri riguardo a canoni di locazione e oneri accessori.
(2-02055) «Fassina, Marcon».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SALTAMARTINI e FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   una grave situazione di incertezza lavorativa investe lo stabilimento Fca di Piedimonte San Germano, dopo che a 532 lavoratori interinali, degli oltre 800 in somministrazione, non è stato rinnovato il contratto;

   230 hanno perso il lavoro il 31 ottobre 2017, mentre altri 300 lo perderanno il 31 dicembre prossimo;

   il progetto Alfa Romeo di Marchionne, che per Cassino prevedeva ben 1.800 assunzioni entro il 2018, si è rivelato fallimentare: il rapporto tra auto vendute e operai assunti è assolutamente sbilanciato a svantaggio dei secondi ed oggigiorno risultano in esubero non soltanto i circa 800 neo assunti interinali, ma anche qualche centinaio di «tute rosse» tra le 4.300 assunte a tempo indeterminato;

   la fabbrica rappresenta il motore dell'economia del Lazio meridionale, ove lavorano migliaia di operai provenienti non solo dalla Ciociaria ma anche dalla provincia di latina, dal molisano e dal casertano;

   secondo i sindacati, tra impiegati diretti, indotto diretto e indotto di secondo livello, sono a rischio circa duemila lavoratori –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare con urgenza per evitare il taglio delle maestranze e contribuire ad una soluzione strutturale del problema occupazionale del territorio.
(5-12936)


   DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dopo un'estate come quella trascorsa, molte colture agricole sono oramai giunte al raccolto;

   i mesi di settembre, ottobre e novembre sono noti per la raccolta di pomodori, uve ed olive;

   i mesi sopracitati sono stati spesso alla ribalta delle cronache per lo sfruttamento del lavoro, sia in generale con riguardo alle criticità connesse al lavoro nero sia con riferimento specifico all'impiego di lavoratori immigrati, aventi irregolari;

   gli stessi addetti alla raccolta si trovano spesso a sopravvivere in luoghi fatiscenti, senza acqua potabile e comodità minime e costretti a lavorare molte ore al giorno con una paga rasente al ridicolo;

   le notizie che spesso appaiono sulla stampa e riguardano tali tematiche vengono divulgate allorquando «ci scappa il morto» o qualche giornalista d'inchiesta pubblica il reportage –:

   quali iniziative abbia intrapreso nel 2017 il Governo per prevenire e combattere tali illegittime situazioni di lavoro.
(5-12942)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo un'inchiesta svolta da La Stampa e Il Secolo XIX utilizzando gli ultimi dati dell'Inps, relativi al mese di novembre 2017, sui settori a retribuzione media annua più bassa, «almeno il 12 per cento dei lavoratori sono sottopagati rispetto ai minimi orari di settore»;

   «In molti casi, non esiste un salario minimo stabilito per legge, ma solo un accordo di contrattazione collettiva. Le regole sono facilmente aggirate e le ore effettivamente lavorate sono sempre più di quanto specificato nel contratto. I lavoratori colpiti da tale situazione sono braccianti agricoli e autotrasportatori, ma anche fattorini, dipendenti nel settore alberghiero e della ristorazione, badanti e addetti alle pulizie»;

   l'inchiesta ha analizzato diversi settori lavorativi: «c'è un educatore di una cooperativa, che si occupa dei servizi sociali del Comune di Milano, il cui stipendio mensile non supera mai i mille euro perché il monte-ore indicato è inferiore a quello effettivo; la medesima situazione coinvolge un postino privato in Veneto che non si vede mai riconosciute le ore di straordinario, deve pagarsi tutte le spese per la benzina e lavora fino a 62 ore a settimana, anche se il diretto interessato assicura che lo stipendio è pagato in base al numero di buste consegnate e a fine mese accumula circa 600 euro. Poche tutele anche per i dipendenti di Deliveroo, che guadagnano 5.60 euro lordi all'ora, più un bonus di 1.20 lordi per ogni consegna. In caso di infortunio o malattia, così come nei tempi di pausa o attesa, non è prevista alcuna paga. Un facchino originario dell'Africa, invece, a Roma lavora anche dodici ore al giorno e guadagna 1000 euro, ma assicura: “Fino a cinque anni fa si stava meglio, ora non pagano neanche più le ferie e se ti lamenti, ti invitano a cercare lavoro da un'altra parte”»;

   per quanto concerne il settore degli autotrasportatori «solo gli autisti dei tir hanno un numero obbligatorio di ore di riposo da rispettare, per tutti gli altri i ritmi sono forsennati allo scopo di effettuare sempre più consegne, con conseguenze pericolose, perché aumentare i ritmi senza il dovuto riposo è anche rischioso. In molti, poi, si vedono annichilire ogni rapporto affettivo in famiglia»;

   «Ritmi durissimi e stipendi indecenti anche per chi lavora nel settore della ristorazione, come per i camerieri impegnati a lavorare nel catering in diverse città, nella stessa giornata, per 6 euro l'ora con contratto in ritenuta d'acconto». Il Secolo XIX ha spiegato come «alla prima busta paga gli vengono trattenuti anche 20 euro per la cravatta nera obbligatoria. Per i periodi di massimo lavoro; settembre e dicembre, quando sono in aumento soprattutto i matrimoni o le cene aziendali, ad alcuni camerieri arrivano fino a 70 “chiamate” in 30 giorni. Un tourde force di andata-montaggio evento-smontaggio-ritorno ripetuto a ritmi forsennati ogni 10 ore»;

   nel settore agricolo la situazione è drammatica: «i braccianti, anche italiani, sono alle prese col problema del caporalato in un settore in cui le normative non sono chiare e differiscono a livello locale. Non ci sono solo i migranti tra gli sfruttati, ma soprattutto donne e soprattutto nelle regioni meridionali. Negli ultimi tempi il fenomeno ha assunto segnali allarmanti anche perché c'è una concorrenza al ribasso di prodotti cinesi, come il riso, che non devono sottostare alle stesse normative previste per i produttori europei (dazi e utilizzo di prodotti chimici)»;

   nel settore degli addetti alle pulizie, invece, «gli stipendi non sono poi così bassi rispetto ai settori sopra descritti, tuttavia le aziende se ne approfittano riducendo il monte ore dei singoli lavoratori e facendo un turnover di risorse umane»;

   per quanto riguarda le badanti, Il Secolo XIX ha riportato la testimonianza di Olga, badante romana: «Mi è capitato di sentirmi dire fai compagnia a mia nonna, vai e ti corichi. Sono 500 euro al mese». Il contratto collettivo prevede, invece, un minimo mensile di 966 euro a 6,70 l'ora. Infine, secondo il quotidiano ligure, in questo settore, dove la maggior parte sono donne dell'Est Europa che lasciano le famiglie per accudire anziani, si leggono anche offerte indecenti: «Cerco badante, dovrà cucinare a pranzo, fare compagnia e la ragazza dovrà essere “predisposta”. Ha 81 anni ma è molto “attivo”. Pochi perbenismi e moralismi» –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per vigilare sul rispetto della corretta applicazione del contratto collettivo di lavoro nei settori sopra menzionati ed evitare situazioni di irregolarità come quelle riportate in premessa.
(4-18800)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che allo stabilimento di Santa Maria di Sala della Safilo, leader nel campo della produzione e distribuzione di occhiali, la situazione è preoccupante: l'azienda chiuderà gli stabilimenti per 15 giorni dal 23 dicembre 2017 all'8 gennaio 2018 e, inoltre, il 7 dicembre ha comunicato a 25 lavoratori a tempo determinato la cessazione del rapporto di lavoro. A loro, come ad altri 36 lavoratori licenziati a ottobre 2017 (l'azienda non ha comunicato in anticipo le sue intenzioni di interrompere definitivamente il rapporto lavorativo;

   dalle informazione rese note nei giorni precedenti dalla Filctem Cgil, l'azienda avrebbe spiegato che, a fronte delle difficoltà che persistono per quanto riguarda i volumi produttivi, a buona parte dei lavoratori interinali non sarebbe stato prorogato il contratto di lavoro;

   alla luce delle recenti vicende, sembrano lontani i tempi – che invece risalgono a febbraio 2016 – del comunicato stampa per la presentazione dell'accordo integrativo siglato da Safilo con i sindacati dove si affermava di riconoscere al lavoratore il contributo al successo delle strategie e ai risultati aziendali e si prevedevano investimenti per la produzione italiana. La Ceo del gruppo dichiarava: «L'accordo rappresenta un ulteriore fattore chiave per Safilo per raggiungere gli obiettivi del piano strategico al 2020. (...) gli interessi dell'azienda e dei suoi lavoratori sono inseparabili, come dichiarato nel Codice dei principi, valori e competenze dell'azienda». Il direttore delle risorse umane aggiungeva «Abbiamo voluto creare un accordo che dia a tutti una partecipazione (...) creando con i lavoratori un legame di responsabilità per la contribuzione personale a una parte dei risultati (...) per costruire il futuro della società per il bene di tutti». Il comunicato continuava elencando tante misure a vantaggio dei lavoratori come rappresentassero il «bene principale» dell'azienda;

   il percorso intrapreso da Safilo, di modernizzazione e di trasformazione per la ridefinizione del suo sistema di produzione – un tempo delocalizzate prevalentemente all'estero – e di ammodernamento dei suoi stabilimenti, è stato possibile grazie alle enormi agevolazioni fiscali per il rilancio delle imprese italiane introdotte a partire dalla legge di stabilità 2016 con il «Piano nazionale Industria 4.0», istituito per contribuire alla crescita e allo sviluppo produttivo, economico e occupazionale;

   a giudizio degli interroganti è intollerabile il comportamento dell'azienda nei confronti dei lavoratori e ingiustificata la riduzione dei volumi di produzione dichiarati dall'azienda medesima che è in pieno periodo di espansione internazionale;

   il 9 agosto 2017 sul suo sito Safilo ha annunciato l'apertura dei mercati di Bielorussia e Kazakistan, raggiungendo così 40 Paesi nel mondo. Continuano gli investimenti nell'area europea «che comprende CSI, Europa Centrale e Turchia, che ha registrato risultati eccezionali sia nel 2016 sia nel primo semestre del 2017»;

   da notizie di stampa si apprende che il 6 novembre che Safilo ha siglato un accordo per l'espansione in Colombia;

   il 30 novembre l'accordo è stato raggiunto per la Thailandia e la Cambogia;

   ad aprile 2017, la Ceo del gruppo affermava che lo scopo finale era arrivare nel 2020 a produrre il 70 per cento degli occhiali negli stabilimenti italiani ed, entro il 2017, superare la soglia del 41 per cento –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se non ritenga opportuno aprire un tavolo di confronto con le parti per salvaguardare l'occupazione nello stabilimento di Santa Maria di Sala e, in particolare, per favorire il reintegro dei lavoratori a tempo determinato licenziati dall'azienda;

   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, convocare i vertici del gruppo Safilo per conoscere i programmi riguardo alle aziende del gruppo presenti in Italia, al fine di salvaguardare la produzione e l'occupazione dei suoi lavoratori.
(4-18802)


   BASILIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 104 del 1992, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone disabili», nello specifico all'articolo 33, comma 5, prevede agevolazioni consistenti nel diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere;

   il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53», nello specifico all'articolo 42-bis, prevede per i dipendenti pubblici una forma di mobilità volta a ricongiungere i genitori del bambino favorendo concretamente la loro presenza nella fase iniziale di vita del figlio;

   giungono numerose segnalazioni all'interrogante riguardo a mancate risposte relative a domande inoltrate dagli aventi diritto alle amministrazioni interessate, specificatamente l'Asl di Rieti e l'Asur di Macerata, nella persona dei rispettivi direttori generali;

   il riscontro a tali richieste è un dovere specificamente previsto dalle normative, che prevedono un termine di 30 giorni per la opportuna risposta;

   le persone interessate e le loro famiglie, già in situazioni di difficoltà oggettive, subiscono un ulteriore notevole disagio pratico e sotto il profilo psicologico, causato dalle mancate risposte e dalla conseguente carenza di informazioni, vivendo una situazione di negativa incertezza;

   sarebbe opportuno chiarire se il fenomeno interessi anche altre amministrazioni o realtà –:

   di quali elementi disponga il Governo in ordine a quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per monitorare lo stato di attuazione della normativa richiamata e garantire una opportuna e tempestiva risposta alle domande inoltrate dagli aventi diritto.
(4-18809)


   PALMIZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Gardesa di Cortemaggiore (Piacenza), appartenente al gruppo svedese Assa Abloy, è specializzata nella produzione di porte blindate;

   l'azienda ha risentito della crisi del settore edilizio, pur mantenendo ottimi fatturati, e, nel mese di novembre 2017, i vertici della società hanno confermato la scelta di investire sull'ammodernamento della fabbrica di Cortemaggiore, attraverso l'introduzione di tecnologie digitali e macchinari, con un investimento di circa 800 mila euro;

   l'utilizzo di questi nuovi macchinari rende necessario un taglio alla manodopera così come previsto dal piano di riorganizzazione;

   il piano prevede, infatti, la ridiscussione di 12 posizioni, che, a tutti gli effetti, rappresenterebbero lavoratori in esubero. Quattro di loro sono a rischio a causa dell'esternalizzazione del settore logistico con la cessione del magazzino, gli altri potrebbero essere sostituiti proprio dai nuovi macchinari. L'avvio della procedura di cassa integrazione, invece, riguarderebbe in tutto 85 dipendenti;

   tale necessità non deriva dalla debolezza finanziaria dell'azienda, ma proprio dalla meccanizzazione di diverse mansioni, così come dichiarato alla stampa dalla stessa società;

   i lavoratori in esubero e quelli cui è destinato il procedimento di cassa integrazione hanno più volte sollecitato le istituzioni, locali e nazionali, per ricevere un sostegno adeguato, visto che il ricollocamento di tutte queste unità nel settore appare alquanto difficoltoso –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e se non ritengano opportuno adottare tutte le iniziative di competenza per garantire la massima tutela per i tutti i dipendenti coinvolti nel riassetto della società Gardesa di Cortemaggiore, attivando tutti gli ammortizzatori sociali possibili e valutando, di concerto con società, sindacati ed enti locali, il ricollocamento di tali unità e la garanzia del recupero della piena occupazione lavorativa.
(4-18812)


   CENTEMERO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Compel group è un gruppo tecnologico diversificato a cui fanno capo diverse società, tra cui la Linkra srl;

   le due aziende dell’hi-tech hanno osservato una crescita costante e progressiva fino al 2016 e le sedi di Cornate d'Adda ed Agrate Brianza, comuni entrambi in provincia di Monza e della Brianza, hanno raggiunto, prima della crisi, circa 450 dipendenti impiegati;

   nel 2016, a causa di una grave crisi generale, circa 150 lavoratori sono passati al gruppo francese «Cordon group» ed i restanti (circa 300) sono stati messi in cassa integrazione e mobilità;

   a giugno del 2017 le aziende, oramai ad un passo dalla bancarotta, sono state ammesse dal tribunale di Monza alla procedura di amministrazione straordinaria;

   i lavoratori in cassa integrazione non percepiscono lo stipendio dal 31 marzo 2017, data di fine della cassa integrazione e di avvio della procedura fallimentare;

   sempre nel giugno del 2017 il Ministero dello sviluppo economico ha nominato un commissario straordinario. Alla nomina è seguito un verbale di accordo sindacale per la richiesta di cassa integrazione speciale, motivata dall'amministrazione straordinaria. Da allora, però, i lavoratori non hanno percepito ancora nulla;

   nonostante l'accordo per la cassa integrazione straordinaria sia stato raggiunto in regione già da fine luglio 2017 (con retroattività a partire dal 1° aprile 2017) e nonostante il Ministero abbia emanato i decreti che autorizzano la cassa integrazione speciale per i dipendenti Linkra e Compel, i lavoratori, ad oggi, a quanto consta all'interrogante, non hanno ancora visto un centesimo;

   la causa pare debba essere ricercata in problemi burocratici, motivo per cui si è ancora in attesa della comunicazione ufficiale, che dovrebbe dare avvio alle procedure aziendali per arrivare al pagamento da parte dell'Inps;

   la situazione è a dir poco drammatica, soprattutto per quelle famiglie monoreddito che hanno dato fondo a tutti i risparmi o per quei casi di coniugi, con famiglie a carico, che lavoravano entrambi per la Linkra Compel e che non hanno più alcuna fonte di reddito;

   in generale, è inammissibile, a giudizio dell'interrogante, il perdurare di questa situazione di totale disagio per tali lavoratori –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli ultimi sviluppi della vicenda esposta in premessa e se non intendano adottare tutte le iniziative di competenza per sbloccare l'avvio delle procedure per il pagamento ed accelerare la corresponsione delle somme spettanti ai lavoratori.
(4-18813)


   CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le Casse edili sono enti bilaterali paritetici, istituiti in ciascuna provincia sulla base della previsione contenuta nei contratti collettivi nazionali di lavoro per i lavoratori dipendenti dalle imprese edili, sottoscritti dall'Associazione nazionale dei costruttori edili (ANCE) e dalle Associazioni artigiane di categoria con le organizzazioni sindacali Feneal-UIL, Filca-CISL e FilleaCgiL. La nascita delle Casse edili e la loro attività discende dal particolare modo d'essere del settore edile caratterizzato dalla frammentazione delle realtà produttive, in cui le ridotte dimensioni aziendali e la mancanza di continuità nei rapporti di lavoro hanno richiesto l'individuazione di strumenti di tutela interni alla categoria, idonei a migliorare e integrare i servizi pubblici;

   nel tempo sono incrementate le prestazioni erogate dalle Casse: dai soli trattamenti retributivi a tutta una serie di prestazioni previdenziali e assistenziali complementari al servizio pubblico, regolate da contratti integrativi territoriali;

   a fronte dei previsti versamenti contributivi, le Casse edili erogano alle imprese ed agli operai iscritti, tra le tante, le seguenti prestazioni: a) alle imprese il rimborso dell'indennità integrativa di malattia, Tbc, infortunio sul lavoro e malattia professionale, già anticipata in busta paga all'operaio e il rilascio del cosiddetto durc; b) ai lavoratori il trattamento economico per ferie e gratifica natalizia accantonato dalle imprese, provvidenze per le quali il personale operaio, in ragione dell'elevata mobilità interaziendale, non avrebbe maturato il diritto in relazione alla (di solito) breve durata dei singoli rapporti di lavoro, nonché prestazioni sanitarie integrative (rimborso spese dentarie, ricovero ospedaliero, protesi ortopediche e altre);

   tuttavia, la complessità e il succedersi di provvedimenti normativi in materia (basti pensare alla disciplina del cosiddetto durc) genera non poche difficoltà soprattutto alle imprese, in particolare edili, già duramente provate dalla difficile congiuntura economica –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, anche di carattere normativo, per semplificare gli adempimenti amministrativi gravanti sulle imprese, in particolare quelle edili, e sui lavoratori da esse dipendenti, salvaguardando l'impianto garantistico per i lavoratori.
(4-18814)


   DIENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Inps ha pubblicato sul sito internet la determinazione n. 163 del 7 novembre 2017 relativa all'indizione di un concorso pubblico, per titoli ed esami, a 365 posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1;

   sulla Gazzetta ufficiale, 4ª Serie speciale – concorsi ed esami n. 90 del 24 novembre 2017, è stato pubblicato il bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, a 365 posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1, adottato con determinazione presidenziale n. 171 del 22 novembre 2017, che ha parzialmente modificato la precedente determinazione presidenziale n. 163 del 7 novembre 2017;

   tra i requisiti per l'ammissione al bando allegato, figura, all'articolo 2, lettera b) la certificazione – in corso di validità – di conoscenza della lingua inglese, pari almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento, rilasciata da uno degli enti certificatori riconosciuti dal decreto n. 118 del 28 febbraio 2017 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – Dipartimento per il sistema educativo, di istruzione e di formazione – Direzione generale per il personale scolastico;

   tale previsione appare all'interrogante evidentemente discriminatoria, visto che viene rilasciata da istituti privati dietro pagamento e che può essere conseguita soltanto tramite l'effettuazione di una prova che difficilmente può essere sostenuta in una data successiva all'emanazione del bando;

   si assisterebbe quindi al caso in cui alcuni aspiranti partecipanti al concorso, pur avendo competenze linguistiche conformemente a quanto previsto dall'articolo 37, decreto legislativo n. 165 del 2001, non potrebbero essere ammessi allo stesso;

   non a caso su diversi siti di informazione si fa riferimento a «piogge di ricorsi» derivanti dai motivi sopra elencati –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare con urgenza, nell'ambito della funzione di vigilanza, le iniziative di competenza per un intervento dell'Inps in autotutela volto a sanare le previsioni discriminatorie relative al bando di concorso per 365 posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1, al fine di evitare contenziosi che determinerebbero un danno per le casse dello Stato.
(4-18823)


   DE ROSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura dello stabilimento Fiat-Alfa Romeo di Arese ha avuto gravissime ripercussioni sul piano occupazionale, fra l'altro in una regione che, con 1.827 imprese fallite nel 2017 e un'incidenza sul totale dei fallimenti in Italia del 29,5 per cento, si conferma la regione con il maggior numero di aziende fallite dal 2009 a oggi (fonte Cribis 2017);

   le note vicende culminate nel 2011 con la chiusura e i licenziamenti dichiarati illegittimi dal Tribunale di Milano sono state oggetto dell'interrogazione parlamentare n. 5/01518;

   in risposta a quest'ultima, il Governo pro tempore ha riconosciuto la rilevanza dei «risvolti di carattere sociale ed occupazionale nell'ambito del tessuto produttivo gravitante intorno all'ex stabilimento», richiamando espressamente il protocollo d'intesa sottoscritto nel novembre 2012 tra il comune di Arese, la società Tea s.p.a. – titolare delle domande di autorizzazione per la creazione del nuovo polo commerciale di Arese – e l'Agenzia per il lavoro di regione Lombardia (delibera 28 novembre 2012, n. 4467);

   l'intesa richiamata si colloca nell'ambito degli interventi per il complessivo rilancio produttivo dell'area, definiti nell'accordo di programma – sottoscritto il 5 dicembre 2012 tra regione Lombardia, provincia di Milano, comuni di Arese e Lainate, con adesione fra l'altro della società Tea, per la riperimetrazione, riqualificazione e reindustrializzazione dell'area ex Fiat-Alfa Romeo, attraverso interventi volti a favorire la creazione di nuove opportunità occupazionali, la riqualificazione territoriale e lo sviluppo economico;

   fra gli allegati costituenti parte integrante e sostanziale dell'accordo citato, risulta l'atto unilaterale d'obbligo sottoscritto dalla società Tea in data 5 novembre 2012, con cui la stessa ha assunto degli impegni precisi correlati alla realizzazione del nuovo polo commerciale, prevedendo – al punto II.1 (pagina 10 e successive) – l'adempimento di specifici obblighi occupazionali quale elemento di «interesse pubblico» posto alla base dello stesso Accordo di programma;

   da alcune interrogazioni presentate a livello regionale e comunale, risulta che:

    la società Tea sarebbe venuta meno agli obblighi di assunzione a danno di un numero consistente di lavoratori, non avendo ottemperato all'obbligo di assumere a tempo indeterminato la quota pari al 50-60 per cento della pianta organica iniziale secondo quanto previsto nel citato Atto unilaterale d'obbligo;

    né la regione né i comuni interessati si sarebbero attivati in tempo utile per garantire il rispetto e la corretta applicazione di quanto previsto nell'Accordo di programma – in particolare nel punto II.1 dell'Atto unilaterale d'obbligo allegato – effettuando tutti i controlli necessari per verificare il pieno raggiungimento degli obiettivi occupazionali (ossia la creazione di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato nell'area interessata) e assicurando l'applicazione delle sanzioni previste –:

   alla luce delle criticità richiamate, considerata quella che l'interrogante giudica l'inerzia degli organi regionali e degli enti locali sottoscrittori dell'accordo di programma a fronte del mancato adempimento degli obblighi assunti dalla società Tea con atto unilaterale d'obbligo, se i Ministri interrogati non ritengano urgente assumere ogni iniziativa di competenza a tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali favorendo il pieno raggiungimento degli obiettivi occupazionali previsti o, in mancanza, il riconoscimento di adeguate misure di sostegno al reddito delle persone non assunte e delle loro famiglie.
(4-18845)


   CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Seat è stata interessata nel 2014 da un piano di salvataggio del gruppo all'esito della procedura concordataria; negli anni con l'utilizzo di ammortizzatori sociali, si è avviato un piano di riorganizzazione che ha supportato il buon esito della procedura concordataria;

   l'imprenditore Naguib Sawiris, attraverso la società Italiaonline, è divenuto azionista di maggioranza e nel 2016 ha attuato il progetto di fusione per incorporazione di Italiaonline in Seat Pagine Gialle rinominata Italiaonline spa, perdendo il nome storico;

   nel dicembre 2016 Italiaonline ha siglato un accordo con le organizzazioni sindacali (Fistel Cisl, Slc Cgil, Uilcom Uil e rappresentanze sindacali unitarie) – sottoscritto anche dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso di un incontro tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico; l'accordo prevede principalmente il ricorso alla cassa integrazione straordinaria fino a giugno 2018 per 306 posizioni a zero ore e per 420 posizioni a orario ridotto per 4 giorni al mese, oltre a 100 uscite incentivate; nell'arco dei prossimi tre anni, in linea con la strategia di rilancio, Italiaonline prevede l'assunzione di circa 100 «nativi digitali», con competenze specifiche per supportare il conseguimento degli obiettivi previsti dal business plan;

   in data 6 aprile 2017 Italiaonline pubblicava un comunicato stampa aziendale, con il quale si annunciava una: «Distribuzione di parte delle riserve distribuibili risultanti dal Bilancio d'esercizio di Italiaonline S.p.A. chiuso al 31 dicembre 2016 attraverso il pagamento agli azionisti di un dividendo straordinario complessivo di Euro 79.419.475,38 (...)»;

   la vicenda della società è all'attenzione anche del Ministero dello sviluppo economico;

   come si apprende da un comunicato del 30 novembre 2017 delle segreterie nazionali SLC-CGIL, FITEL CISL e UILCOM-UIL, a seguito di un incontro del giugno 2017, il Ministero dello sviluppo economico invitava le parti sociali a collaborare su alcuni punti tra i quali «la definizione di un nuovo percorso finalizzato a far diminuire in maniera cospicua il numero dei cassintegrati a zero ore e a salvaguardare il perimetro occupazionale e di sviluppo della nuova Italiaonline, in un'ottica di riconversione e riqualificazione del personale»;

   tuttavia, con il medesimo comunicato le organizzazioni sindacali hanno evidenziato l'immobilismo dell'azienda in merito alla discussione sui punti dell'accordo e, in particolare, sul percorso per promuovere iniziative atte al recupero del personale posto a zero ore, anche a seguito dei cosiddetti esodi volontari e l'assenza di percorsi di internalizzazione delle lavorazioni nonostante la concessione degli ammortizzatori sociali per «ristrutturazione aziendale», sottolineando che la formazione per i dipendenti in Cassa integrazione guadagni straordinaria dovrebbe essere finalizzata ad una riconversione professionale per il ricollocamento degli stessi in azienda;

   la preoccupazione dei lavoratori è, infatti, il ridimensionamento dell'azienda non in un'ottica di sviluppo del business, ma con azioni finalizzate esclusivamente al taglio dei costi privilegiando scelte di tipo finanziario;

   appare opportuno, ad avviso degli interroganti, verificare l'evoluzione dell'accordo siglato per appurare appurare quale sia la «strategia» dell'azienda –:

   se sia intenzione del Governo riconvocare le parti sociali interessate al fine di verificare l'evoluzione dell'accordo siglato e le scelte aziendali portate avanti dal management di Italiaonline, con l'obiettivo di favorire l'elaborazione di una seria strategia condivisa dalle parti che abbia come fine prioritario la centralità del rilancio dell'attività aziendale, il rinnovamento dei prodotti, la realizzazione di processi di riqualificazione a favore dei lavoratori interessati dalla procedura di cassa integrazione finalizzati ad un loro rientro all'attività lavorativa nell'azienda e il mantenimento dei livelli occupazionali, così da rassicurare i lavoratori del proprio futuro lavorativo in vista della cessazione degli ammortizzatori sociali.
(4-18851)


   LEVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con il Bollettino ufficiale della regione Molise n. 53 del 31 dicembre 2014, e con il Bollettino ufficiale della regione Molise n. 1 dell'11 gennaio 2016, sono state disciplinate le procedure per accedere alle prestazioni di mobilità in deroga erogate dall'Inps per gli anni 2015 e 2016;

   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha emanato la circolare n. 34 del 4 novembre 2016 con la quale sono stati attribuiti 52 milioni di euro alla regione Molise per completare i pagamenti della mobilità in deroga per il triennio 2014-2015-2016 a 1.744 lavoratori aventi diritto;

   i summenzionati lavoratori hanno regolarmente presentato domanda per accedere alla mobilità in deroga per l'anno 2015 e l'anno 2016 in base a quanto stabilito dalle istruzioni operative pubblicate nei succitati Bollettini ufficiali della regione Molise, maturando, di fatto, un diritto acquisito;

   le istruzioni operative pubblicate sul Bollettino ufficiale della regione Molise n. 49 del 23 dicembre 2016 hanno precluso ai medesimi lavoratori la possibilità di ripresentare la domanda per la mobilità in deroga per il 2016;

   ad oggi, inoltre, risultano all'interrogante non pagate 7 mensilità del 2015;

   a sostegno delle richieste di pagamento delle 13 mensilità di mobilità in deroga 2015-2016, i lavoratori hanno dato vita ad un Comitato, intraprendendo azioni ed iniziative tese a far revocare e/o riformulare, anche in autotutela, la delibera di giunta regionale n. 638 del 30 dicembre 2016, che impegna i fondi destinati alla mobilità in deroga anche ad altre finalità come ad esempio le politiche attive del lavoro;

   inoltre, 16 amministrazioni comunali sono intervenute a sostegno dei lavoratori invitando i prefetti di Campobasso e di Isernia ad affrontare la problematica a supporto dei lavoratori –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di chiarire i fatti e individuare strumenti atti a garantire gli stanziamenti aggiuntivi necessari a completare i pagamenti per i n. 1.744 lavoratori aventi diritto a percepire la mobilità in deroga per n. 7 mensilità del 2015 e per 6 mensilità del 2016.
(4-18863)


   DIENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Inps ha pubblicato sul sito internet la determinazione n. 163 del 7 novembre 2017 relativa all'indizione di un concorso pubblico, per titoli ed esami, a 365 posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1;

   tra i requisiti per l'ammissione al bando allegato, figura, all'articolo 2, lettera b) la certificazione – in corso di validità – di conoscenza della lingua inglese, pari almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento, rilasciata da uno degli enti certificatori riconosciuti dal decreto n. 118 del 28 febbraio 2017 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – dipartimento per il sistema educativo, di istruzione e di formazione – direzione generale per il personale scolastico;

   tale previsione appare all'interrogante evidentemente discriminatoria, visto che viene rilasciata da istituti privati dietro pagamento e che può essere conseguita soltanto tramite l'effettuazione di una prova che difficilmente può essere sostenuta in una data successiva all'emanazione del bando;

   si assisterebbe quindi al caso in cui degli aspiranti partecipanti, pur avendo competenze linguistiche conformemente a quanto previsto dall'articolo 37, del decreto legislativo n. 165 del 2001, non potrebbero essere ammessi al loro accertamento;

   anche la determinazione delle classi di laurea magistrale e specialistica rientranti tra i requisiti di cui alla lettera a) dell'articolo 2 del bando appaiono totalmente discrezionali in quanto vengono escluse alcune lauree che sono tradizionalmente equiparate a quella di giurisprudenza, come scienze della politica;

   vengono inoltre accostate alcune classi di laurea, come ingegneria gestionale e la stessa giurisprudenza, che hanno scarsissime analogie quanto al percorso di studi, scelta difficilmente giustificabile attraverso una mera discrezionalità amministrativa;

   non a caso su diversi siti di informazione si fa riferimento a «piogge di ricorsi» derivanti dai motivi sopra elencati;

   ad opinione dell'interrogante, vista la prevedibilità degli stessi e il chiaro pregiudizio che nel bando emerge verso alcune classi di laurea peraltro tradizionalmente vocate alla preparazione di studenti che poi intendono partecipare a concorsi pubblici, l'accoglimento degli stessi rappresenterebbe, una condizione tale da far valutare secondo l'interrogante la configurazione di un vero e proprio danno erariale per la pubblica amministrazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare con urgenza, nell'ambito della propria funzione di vigilanza, iniziative per un intervento in autotutela dell'Inps volto a sanare le previsioni discriminatorie relative al bando di concorso 365 posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1.
(4-18897)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   il sistema di contingentamento della cattura del tonno rosso, introdotto nel 1999, negli anni ha progressivamente determinato una disparità di opportunità tra operatori della pesca delle diverse regioni italiane;

   in particolare, a tutt'oggi, delle 42 imbarcazioni autorizzate (12 per la circuizione e 30 per il palangaro), la quasi totalità (41 su 42) appartengono alle marinerie siciliana e campana;

   questa situazione sta penalizzando, in particolar modo, le marinerie della Sardegna e della Liguria, interessate dalle rotte del tonno, ma impossibilitate alla cattura per il sistematico diniego opposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alla richiesta di assegnazione di quote individuali e di permessi speciali;

   è il caso di rilevare che il citato diniego, se trovava fondamento nella necessità di contenere il prelievo, in un contesto di grave ridimensionamento degli esemplari, oggi, non ha ragione di sussistere a fronte degli esiti positivi del piano di ricostituzione degli stock di tonno rosso nell'Atlantico e nel Mediterraneo, tanto che l'Iccat ha costantemente aumentato il totale ammissibile di cattura, quasi raddoppiando, negli ultimi tre anni, la quota destinata all'Unione europea e, conseguentemente, all'Italia;

   il diniego opposto all'aumento delle imbarcazioni autorizzate confligge anche con le disposizioni europee e, in particolare, con il regolamento (UE) 2016/1627 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016 che offre una maggiore apertura alle potenzialità del settore e più ampie competenze agli Stati membri;

   in tal senso, giova sottolineare che l'articolo 9, paragrafo 6, del regolamento prescrive che «In deroga ai paragrafi 3 e 5 del presente articolo, per gli anni 2016 e 2017, se uno Stato membro è in grado di dimostrare che la propria capacità di pesca potrebbe non consentire il pieno utilizzo del contingente assegnatogli, esso può decidere di includere un maggior numero di navi e di tonnare nei propri piani di pesca annuali di cui all'articolo 7»;

   giova anche segnalare che l'articolo 8 del medesimo regolamento stabilisce che «in sede di assegnazione delle possibilità di pesca a loro disposizione, gli Stati membri utilizzano criteri trasparenti e oggettivi anche di tipo ambientale, sociale ed economico e si adoperano inoltre per ripartire equamente contingenti nazionali tra i vari segmenti di flotta tenendo conto della pesca tradizionale e artigianale nonché per prevedere incentivi per le navi da pesca dell'Unione che impiegano attrezzi da pesca selettivi o che utilizzano tecniche di pesca caratterizzate da un ridotto impatto ambientale»;

   nonostante la chiara apertura contenuta negli ultimi indirizzi europei in materia, in Italia si è preferito distribuire le quote aggiuntive assegnate sempre ai medesimi operatori, nonostante l'aumento delle quote avrebbe consentito un ampliamento dei soggetti autorizzati;

   questo stato di cose, secondo le associazioni di categoria, ha determinato una grave disparità di trattamento tra marinerie italiane e un divario nelle opportunità di accesso alla pesca del tonno rosso offerte ai pescatori;

   le marinerie della Sardegna e della Liguria, assieme alle associazioni di categoria regionali, hanno in più circostanze segnalato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali la grave anomalia che si è creata in Italia a seguito della mancata attuazione dei nuovi indirizzi delle direttive europee;

   nel recente meeting Iccat, svoltosi a Marrakech (Marocco), le parti contraenti hanno deciso un aumento consistente della total annual catch di tonno rosso a disposizione dei Paesi membri dell'Unione europea per gli anni 2018-2019-2020;

   sembrerebbe che, a fronte dell'aumento di quote, sono state designate a partecipare alla campagna di pesca 2018 ulteriori tonnare fisse, oltre quelle autorizzate, ma non nuove imbarcazioni;

   è il caso di segnalare che le quote per le imbarcazioni con permessi di pesca speciale sono definite singolarmente, mentre è indistinta la quota delle tonnare fisse –:

   quali siano gli orientamenti in merito all'ulteriore aumento di quote disposto dall'Iccat per gli anni 2018-2019-2020;

   quali siano gli orientamenti in merito alle disposizioni europee in materia di pesca del tonno rosso, con particolare riferimento a quanto contenuto dall'articolo 9, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2016/1627 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016 che offre una maggiore apertura alle potenzialità del settore e più ampie competenze agli Stati membri;

   se non ritenga opportuno, al fine di risolvere la grave disparità di trattamento tra marinerie italiane, e in ottemperanza a quanto disposto dal regolamento (UE) 2016/1627, assumere iniziative per prevedere per gli anni 2018-2019-2020 un aumento delle imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno, con particolare attenzione alle marinerie della Sardegna e della Liguria a tutt'oggi escluse dalle campagne di pesca del tonno rosso.
(2-02053) «Vallascas».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PLACIDO e MARCON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   da più parti si sollevano critiche e preoccupazioni su quanto sta accadendo in Italia dopo che il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria ha affidato alla Società italiana sementi la licenza esclusiva di moltiplicazione e commercializzazione della varietà di grano duro «Cappelli»;

   fra le diverse manifestazioni critiche sono da segnalare i passi assunti dall'assessorato all'agricoltura della regione Sardegna, quelle di realtà associative ed imprese del mondo del biologico, quelle del consorzio sardo «Cappelli», quelle di alcune associazioni sindacali e di categoria, fra cui la Confederazione LiberiAgricoltori, la Confederazione Altragricoltura, il Sicer;

   tutti i soggetti che si stanno esprimendo, sottolineano tre aspetti:

    a) la varietà di grano Senatore Cappelli, rilasciata nel 1915 per opera del genetista Nazzareno Strampelli e dedicata al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d'Italia, che negli ultimi anni dell'Ottocento aveva avviato le trasformazioni agrarie in Puglia, è patrimonio collettivo della storia del lavoro degli agricoltori del Meridione italiano (in particolare di Puglia e Basilicata), avendo conosciuto una particolare e lodevole azione di valorizzazione in Sardegna, ed è, comunque, frutto della selezione, del miglioramento e della tutela collettiva;

    b) le modalità di assegnazione da parte del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria sono quanto meno discutibili, essendosi consumati in solo quindici giorni le procedure dell'indizione della manifestazione di interesse e di assegnazione;

    c) successivamente all'assegnazione dell'esclusiva alla Società italiana sementi la stessa ha introdotto una serie di norme per la gestione dei contratti di coltivazione che lasciano alla società stessa il diritto di scegliere se ed a chi consegnare i semi e che inducono le aziende a legarsi commercialmente alla stessa Società italiana sementi, che assumerebbe una funzione dominante distorcendo la concorrenza sul mercato e la libertà delle filiere di stabilire liberi e responsabili rapporti commerciali;

   organizzazioni, riunite in questi giorni a Matera (Altragricoltura, il Sicer e LiberiAgricoltori), hanno annunciato di aver dato mandato alla struttura legale del Soccorso contadino di agire in tutte le sedi perché siano accertate la regolarità e la correttezza delle procedure di assegnazione e di gestione e perché vengano tutelati i diritti delle imprese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle modalità discrezionali con cui la Società italiana sementi sta operando, che si configurano evidentemente, a parere degli interroganti, come sostanziali conflitti di interesse fra il ruolo di società sementiera e le funzioni commerciali e imprenditoriali del resto della filiera, e se non ravvisi nelle azioni in corso una minaccia alla libertà d'impresa e il rischio della costituzione di una situazione di monopolio.
(3-03447)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   FANUCCI, OLIVERIO, SANI, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, FIORIO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il florovivaismo in Italia vale oltre 2,5 miliardi di euro, di cui circa 1,15 per la sola produzione di fiori e piante da vaso. Sono 27 mila le aziende impegnate nel settore, per un totale di 100 mila addetti e quasi 29 mila ettari di superficie agricola complessivamente occupata;

   l’export rappresenta un quarto del valore complessivo annuo della produzione florovivaistica in Italia. Tra i principali mercati di destinazione delle piante in vaso si annoverano la Germania, la Francia, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna e il Belgio, mentre come mete di alberi e arbusti, oltre ai Paesi già citati, vanno aggiunti la Spagna, la Turchia e la Svizzera. Tra i Paesi che importano fogliame italiano spiccano, invece, Paesi Bassi, Germania e Francia, mentre per i fiori recisi il primo sbocco di mercato è quello dei Paesi Bassi;

   da tempo sono apparsi articoli su riviste straniere che mettono in cattiva luce il vivaismo italiano, con particolare riferimento al fatto che il nostro Paese è «infestato» dalla Xylella. Si tratta di una grande campagna denigratoria nei confronti delle produzioni del nostro Paese, che strumentalizza la questione della Xylella, nonostante sia noto che è limitata ad una zona della Puglia. Si tratta di riviste di grande diffusione nei rispettivi Paesi, come Deutsche Baumschule Magazin (Germania), Le Lien Horticole (Francia), de Boomkwekerij (Paesi Bassi) e Grower (Gran Bretagna), che comunque i clienti del settore florovivaistico italiano leggono abitualmente e certamente ne sono influenzati;

   l'Italia ha molte importanti realtà che si basano sull'esportazione, ma anche diverse aziende medio-piccole che sono cresciute in questi anni grazie alle esportazioni. Non si tratta, quindi, soltanto di un danno d'immagine, ma soprattutto di un danno economico consistente –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per contrastare questa campagna denigratoria nei confronti di un settore così strategico per il nostro Paese e se, in particolare, non ritenga necessario promuovere una verifica da parte di una commissione fitosanitaria europea nelle principali aziende florovivaistiche italiane, al fine di fornire rassicurazioni sui controlli che vengono effettuati in Italia.
(3-03448)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazione a risposta orale:


   SCOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dal 2007 il sistema SIAN è gestito dalla Sin spa partecipata per il 51 per cento da Agea (società vigilata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali), per il 49 per cento da un raggruppamento temporaneo di imprese: Almaviva è mandataria con il 20,02 per cento, poi ci sono Auselda1, Sofiter2, Telespazio, Cooprogetti, Ibm, Agriconsulting, Agrifuturo. Sono loro, quell'anno, ad aggiudicarsi il «super appalto» da 1,1 miliardi di euro per gestire il Sian fino al 2016, ed erano loro che avevano fornito ad Agea lo stesso servizio dal 2001 al 2007, riuniti in consorzio sotto il nome «Agrisian». «Ed erano loro anche prima – si legge nell'esposto alla procura firmato da Ernesto Carbone, ex presidente e amministratore delegato di Sin – i fornitori di Agea sono stati sempre gli stessi, sebbene in compagnie societarie diverse nella forma, ma immutate nella sostanza»;

   negli ultimi anni alla Sin hanno visto avvicendarsi 4 presidenti e 5 amministratori delegati;

   il decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni dalla legge n. 91 del 2015, ha stabilito all'articolo 1, comma 6-bis, che l'AGEA «provvede, in coerenza con la strategia per crescita digitale e con le linee guida per lo sviluppo del SIAN, alla gestione e allo sviluppo del SIAN direttamente, o tramite società interamente pubblica nel rispetto delle normative europee in materia di appalti, ovvero attraverso affidamento a terzi mediante l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto-legge n. 163 del 2006, anche avvalendosi a tal fine della società CONSIP spa, attraverso modalità tali da assicurare comunque la piena operatività del sistema al momento della predetta cessazione. La procedura ad evidenza pubblica è svolta attraverso modalità tali da garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali della predetta società di cui all'articolo 14, comma 10-bis, del decreto legislativo n. 99 del 2004 esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto»;

   la legge n. 160 del 2016 ha disposto all'articolo 23, comma 7, che Agea provveda alla gestione e allo sviluppo del Sian attraverso Sin sino all'espletamento da parte di Consip della procedura ad evidenza pubblica;

   risulta essere in corso di espletamento la gara per individuare il nuovo fornitore dei servizi del Sian: il precedente contratto di 9 anni, scaduto il 20 settembre 2016, è in regime di proroga. L'appalto da 550 milioni di euro per 5 anni è suddiviso in 4 lotti, 3 dei quali prevedono la clausola sociale di salvaguardia. Pubblicato in ritardo il 30 settembre 2016, il bando non è ancora stato assegnato. Agea, individuati i nuovi fornitori, dovrà completare la riacquisizione del 49 per cento delle quote della Sin, già pagate al socio privato in massima parte, e la Sin potrebbe essere messa in liquidazione nel corso del 2018 –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per il mantenimento dei livelli occupazionali portando in Agea la professionalità e le competenze dei 70 lavoratori di Sin.
(3-03442)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, LUPO, BENEDETTI e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 40 del regolamento (UE) 978/2012 prevede che entro la data del 21 novembre 2017 la Commissione europea deve presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del regime «EBA», eventualmente corredata da una proposta legislativa;

   la società di consulenza incaricata della redazione del rapporto sul quale dovrebbe basarsi la relazione su citata, Development Solution, secondo quanto si apprende dall'Ente nazionale risi, ha consegnato il documento solo nei giorni scorsi alla Commissione che dovrà ora lavorarlo per predisporre la relazione finale da inviare a Parlamento e Consiglio, con evidente slittamento della deadline del 21 novembre 2017;

   nel rapporto della Development Solution dal titolo «Mid-Term Evaluation of the Eu's Generalised Scheme of Preferences (GSP) final interim report» pubblicato sul sito della Commissione, si legge che quanto indicato nell'indagine non rappresenta la posizione ufficiale della Commissione europea, ma certamente il suo contenuto non potrà essere disatteso dalle direzioni competenti;

   dal rapporto emerge in particolare, nella sezione dedicata all'analisi dell'impatto delle preferenze generalizzate sui diritti umani e sociali, che le esportazioni della Cambogia verso l'Unione europea sono aumentate in modo significativo dal 2009 per effetto del regime «EBA» e che l'Unione è la destinazione principale dell’export cambogiano (37 per cento del totale esportato). Inoltre, si legge che diverse industrie traggono vantaggio dalla preferenza commerciale, comprese le industrie che utilizzano la terra in modo intensivo, come quelle dello zucchero e del riso;

   a seguito della maggiore produzione di zucchero e riso si è verificata quindi una grave violazione dei diritti umani sotto forma di spostamento in massa della forza lavoro e di sottrazione delle terre che sono state poi concesse all'industria. In questo contesto, l'Onu e la società civile hanno rilasciato dichiarazioni chiare sull'impatto negativo di queste concessioni sulla terra in Cambogia;

   nel rapporto si legge ancora che in risposta alle violazioni dei diritti Umani segnalate in Cambogia la Commissione non ha attivato l'articolo 19 (disposizione di temporanea revoca dei regimi), mentre l'Unione ha intensificato la cooperazione allo sviluppo del Paese, con particolare attenzione alla riforma del settore fondiario;

   tale situazione determina un evidente svantaggio competitivo per il settore della risicoltura europeo e italiano in particolare –:

   se, in base a quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno intervenire con urgenza presso la Commissione europea affinché non sia più procrastinata l'applicazione di misure di tutela per la risicoltura comunitaria, che subisce un nocumento dalla scarsa protezione dei diritti dei lavoratori dei Paesi beneficiari del regime «EBA».
(5-12952)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   COVA, OLIVERIO e SANI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Ente nazionale della cinofilia italiana (Enci) con sede in Milano, riconosciuto con regio decreto 13 giugno 1940 n. 1051 e sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, svolge la sua attività in tutto il territorio nazionale;

   l'Enci è un'associazione di allevatori a carattere tecnico-economico e ha lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute pure, migliorandone ed incrementandone l'allevamento, nonché disciplinandone e favorendone l'impiego e la valorizzazione ai fini zootecnici, oltre che sportivi;

   per queste finalità l'Enci gestisce il libro genealogico dei cani di razza sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

   sono emersi da fonti di stampa numerosi episodi, a seguito di indagini effettuate dalle istituzioni e forze dell'ordine preposte, che avrebbero portato alla luce gravissime irregolarità sull'iscrizione di cuccioli di cani sul libro genealogico, al fine di aumentare fittiziamente il valore degli animali sul mercato;

   queste vicende stanno causando ricadute negative rispetto al settore nazionale di allevamento canino ed alla credibilità stessa dell'Enci e del suo ruolo –:

   se il Ministro sia a conoscenza di tali episodi e quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di verificare e garantire la corretta tenuta dei registri genealogici, anche per tutelare la credibilità del settore e la professionalità degli allevatori onesti.
(5-12953)
(Presentata il 19 dicembre 2017)


   CATANOSO e RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 19 novembre 2017 è entrata in vigore la legge 17 ottobre 2017, n. 161, che contiene «Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al Codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate»;

   la norma di cui sopra contiene una disposizione che potrebbe avere effetti devastanti per l'agricoltura italiana;

   all'articolo 28 «Acquisizione dell'informazione antimafia per i terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei» si legge: «All'articolo 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo il comma 1 è inserito il seguente: 1-bis. L'informazione antimafia è sempre richiesta nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla Politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei»;

   la cosiddetta certificazione antimafia, quindi, deve essere presentata per tutte le pratiche che prevedono la concessione di fondi europei;

   già si sa che i pagamenti da parte di Agea e degli organismi pagatori sono in cronico ritardo e questa norma, secondo gli interroganti, porterà al blocco di tutto il meccanismo: l'anticipo «Pac» avrebbe dovuto essere pagato entro il 30 novembre, ma ci si è chiesto cosa sarebbe successo dopo il 19;

   proprio in virtù del fatto che la lotta alla mafia in tutte le sue articolazioni è sacrosanta e compete a tutti, istituzioni e cittadini, non ci si è resi conto che le prefetture si troveranno di fronte a circa 3 milioni di domande ottenendo proprio l'effetto contrario di quanto ricercato e bloccando tutti gli altri settori economici legati al rilascio di tale certificazione, oltre a quello dell'agricoltura;

   un tale compito, cioè definire 3 milioni di certificati antimafia in poche settimane/mesi, è impossibile per una macchina burocratica perfettamente funzionante, e a maggior ragione lo è per la farraginosa e inefficiente burocrazia italiana;

   una soluzione che salvi l'agricoltura italiana, qualunque essa sia, anche provvisoria ed in attesa dell'approvazione di una nuova norma che cancelli questo evidente errore giuridico, va ricercata ed attuata: l'alternativa è il caos totale –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere la problematica esposta in premessa.
(5-12954)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COVA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2012 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha assegnato con un bando la trasmissione delle corse ippiche e la fornitura delle immagini delle corse dei cavalli per una durata di 6 anni. La società che si è aggiudicata i diritti di trasmissione e delle immagini è risultata TeleIppica del gruppo Snai;

   il panorama delle corse dell'ippica riguarda diverse specialità e si rivolge a spettatori interessati a diverse competizioni quali il trotto, il galoppo e la corsa ad ostacoli;

   da qualche settimana il canale televisivo TeleIppica, a quanto consta all'interrogante, avrebbe sospeso ogni trasmissione che riguarda le competizioni che interessano il mondo delle corse ad ostacoli, privando così i telespettatori della visione delle gare e gli operatori ippici del mondo degli ostacoli di una vetrina delle proprie attività e corse –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se trovino conferma e, in caso affermativo, se il bando di assegnazione delle trasmissioni televisive delle corse ippiche consenta all'aggiudicatario di sospendere ogni forma di diffusione e di promozione di un'attività ippica come la corsa ad ostacoli.
(5-12945)


   GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione regionale allevatori del Lazio (Aral) è un'associazione che opera nel quadro della politica generale e delle direttive organizzative dell'AIA, Associazione italiana allevatori, in armonia con la programmazione agricola regionale e con gli indirizzi delle associazioni nazionali per specie e razze di bestiame e settori di attività;

   l'Aral, per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali è finanziata sia dalla regione Lazio che dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed è anche sovvenzionata dai soci, rappresentati dalle associazioni provinciali di allevatori, nonché dalle altre associazioni dei produttori zootecnici ed altri enti operandi nel settore zootecnico;

   l'Aral fino al 2012, ha svolto la propria attività dislocando il lavoro nelle sedi APA di Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo e Roma, ma dal 1° gennaio 2013 ha accentrato le attività e dichiarato, di fatto, il fallimento, anche economico, delle APA provinciali;

   le conseguenze, oltre ad una diversa organizzazione del lavoro, si sono ripercosse soprattutto sul personale delle diverse APA che si è trovato ricollocato o ridimensionato nelle mansioni e nelle ore lavorative;

   nel 2014, attraverso le sigle sindacali, venne firmato un accordo per mantenere in servizio il personale dell'Aral, anche riducendone il salario, al fine soprattutto di mantenere in vita la preziosa attività svolta per il settore allevatoriale, in particolare la gestione dell'anagrafe e della tracciabilità bufalina;

   a seguito di tale accordo però, evidentemente anche a causa di una crisi legata ad una contrazione dei finanziamenti sia da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sia della regione Lazio, non sono state messe in campo azioni per il rilancio del settore e si è anzi arrivati al licenziamento del personale ritenuto in esubero;

   molti dipendenti hanno però fatto ricorso contro tale licenziamento e vinto la causa, e ora sono in attesa del giusto risarcimento;

   le risorse economiche destinate al settore passano da Ministero e regione direttamente all'Aia che è delegata dalla stessa Aral a riceverle, e per questo l'Associazione regionale non sarebbe in grado di procedere ai risarcimenti né di mantenere un servizio efficace da parte dell'ente, fondamentale per il settore dell'allevamento italiano;

   la gestione delle risorse economiche da parte dell'AIA e tra le diverse Associazioni regionali è da sempre fonte di numerose criticità, ciò a rischio dello sperpero di denaro pubblico nonché dell'abbandono di un intero settore del comparto agricolo che invece è necessario rilanciare e potenziare –:

   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non intenda, nell'ambito delle proprie competenze, intervenire per verificare la situazione della gestione generale delle risorse economiche destinate al comparto zootecnico e, in particolare, alle associazioni di allevatori, anche al fine di risolvere la situazione del personale licenziato dall'Aral Lazio.
(5-12965)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, BASILIO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legislativo 19 agosto 2016, n. 177, si dispone l'adeguamento della struttura organizzativa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali da effettuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – secondo la Tabella A, in relazione al trasferimento delle competenze del soppresso Corpo forestale dello Stato, si assegna al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un corrispondente incremento della dotazione organica pari a 47 unità;

   il 18 ottobre 2017 è entrato in vigore il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 luglio 2017 n. 143 «regolamento recante adeguamento dell'organizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a norma dell'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177» che modifica l'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2013, n. 105;

   ai sensi del suddetto, si istituisce la «Direzione generale delle foreste» che eredita gran parte della «tradizione forestale nazionale», avente lo scopo di rappresentare e tutelare gli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale, di coordinare le politiche forestali nazionali e regionali, di elaborare le linee di politica forestale, anche con riferimento al dissesto idrogeologico e alla mitigazione dei cambiamenti climatici, di controllare e monitorare il consumo del suolo forestale, di elaborare e coordinare le politiche della filiera del legno, in coerenza con quelle dell'Unione europea, di coordinare le politiche di valorizzazione della biodiversità negli ecosistemi forestali, di tutelare e coordinare i patrimoni genetici e delle sementi di interesse forestale, nel rispetto della normativa europea e internazionale vigente, di tutelare e valorizzare i prodotti forestali e del sottobosco;

   il decreto ministeriale 21 luglio 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 257 del 3 novembre 2017, in virtù delle attribuzioni di competenze stabilite (dagli articoli 7, 9, 10 e 11 del decreto legislativo n. 177 del 2016, individua le risorse finanziarie, gli strumenti, i mezzi, gli animali, gli apparati e ogni altro bene mobile dell'ex Corpo forestale dello Stato, assegnati all'Arma dei carabinieri e ad altre amministrazioni statali competenti e le relative modalità di assegnazione, e disciplina il subentro dell'Arma dei carabinieri nell'uso dei beni immobili, delle infrastrutture e ogni altra pertinenza a qualsiasi titolo utilizzati dall'ex Corpo forestale dello Stato e la cessione alla competente amministrazione di quelli necessari per l'assolvimento dei compiti attribuiti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   negli allegati A, B, C, D ed F del decreto, sono individuate le risorse finanziarie afferenti ai programmi di pertinenza dell'ex Corpo forestale dello Stato e i beni immobili dello stesso, allocati all'Arma dei carabinieri, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alla polizia di Stato e al Corpo della Guardia di finanza; nessuna dotazione dell'ex Corpo forestale dello Stato viene conferita alla neo-direzione generale delle foreste in capo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali –:

   quali siano le ragioni per le quali la neoistituita direzione generale delle foreste non abbia ricevuto alcuna risorsa finanziaria ovvero alcun bene mobile ed immobile già afferente all'ex Corpo Forestale dello Stato;

   viste le molteplici competenze e funzioni attribuite alla direzione generale delle foreste, molte delle quali di interesse strategico per il Paese, quale sia l'entità delle risorse finanziarie e strumentali con le quali il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali intenda garantire la piena operatività della stessa.
(4-18811)


   LO MONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la nota catena di supermercati Auchan ha recentemente avviato il programma «La vita in Blu» che vede l'applicazione sugli scaffali, in relazione ad omogenee categorie di bisogno, di un bollino blu ad indicare la genuinità, ai fini nutrizionali, del prodotto contrassegnato rispetto ad altri della medesima categoria;

   l'impiego del bollino blu di fatto produce, secondo l'interrogante, indicazioni fuorvianti ed ingannevoli per i consumatori che sono indotti a pensare che ci sia una relazione diretta fra il prodotto contrassegnato e una qualità nutrizionale migliore rispetto ad altri prodotti che potrebbero avere valori del tutto analoghi, se non migliori, senza valutare le diete nel loro complesso;

   il proliferare incontrollato di queste forme di etichettatura rischia, ad avviso dell'interrogante, di creare un'alterazione della concorrenza portando alla nascita di barriere protezionistiche a danno di alcuni prodotti italiani che, se pur abbiano un alto valore nutrizionale, sono penalizzati per il contenuto di grassi;

   i criteri di valutazione, adottati secondo l'interrogante in maniera del tutto arbitraria, poco chiara e trasparente, rischiano infatti di penalizzare alcuni cibi simbolo del «made in Italy», come l'olio extra vergine ed il parmigiano reggiano;

   la logica di fornire informazioni nutrizionali immediate ai consumatori, diffusasi anche in altri Paesi dell'Unione europea, risponde a criteri esclusivamente commerciali e porta al consumo di alimenti spesso non equilibrati, con conseguenze dannose per la salute umana, contribuendo alla diffusione di diverse patologie legate a cattive abitudini alimentari;

   è necessario salvaguardare il consumatore da quello che all'interrogante appare un proliferare irresponsabile di sistemi di valutazione dei cibi totalmente arbitrari, i quali portano alla commercializzazione di prodotti il cui apporto nutrizionale, leggendo le etichette, non è assolutamente migliore rispetto agli altri concorrenti posti sugli scaffali –:

   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali immediate iniziative di competenza, anche sul piano normativo, intendano adottare per tutelare i consumatori dal proliferare di forme di etichettatura di valutazione nutrizionale dei cibi che rispondono a criteri che appaiono all'interrogante assolutamente arbitrari ed ingannevoli;

   se intendano assumere iniziative, in sede di Unione europea, per una maggiore tutela della qualità del prodotto agroalimentare «made in Italy».
(4-18819)


   FRACCARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 «Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell'articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88», all'articolo 8, comma 6, si prevede che l'uso delle Docg, Doc e Igt non è consentito per i vini ottenuti sia totalmente che parzialmente da vitigni che non siano stati classificati fra gli idonei alla coltivazione o che derivino da ibridi interspecifici tra la vitis vinifera ed altre specie americane od asiatiche. Per i vini ad Igt è consentito l'uso delle varietà in osservazione;

   il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, all'articolo 93, prevede che, per designare un vino con la «denominazione di origine», tra gli altri requisiti, il prodotto deve essere ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie vitis vinifera e non ad altre specie del genere vitis, i quali, eventualmente, possono essere designati solo con la «indicazione geografica»;

   il nuovo piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan) prevede limitazioni nell'uso di prodotti antiparassitari nei pressi delle «zone sensibili» e, in particolare, nell'esecuzione dell'irrorazione aerea in presenza di aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano ed in aree protette, nonché nelle altre zone sensibili, quali abitazioni, allevamenti di bestiame, di api, di pesci e di molluschi, terreni agricoli dove si pratica agricoltura biologica o biodinamica, corsi d'acqua e strade aperte al traffico;

   le nuove varietà dei cosiddetti ibridi di nuova generazione stanno dimostrando eccezionali capacità di resistenza ai parassiti e, al contempo, garantiscono una produzione di uva per vinificazioni di pregevole qualità prefigurando, pertanto, grazie alla tolleranza alle malattie, un percorso verso forme di agricoltura sostenibile;

   i margini di sviluppo, qualitativi e quantitativi, dei nuovi ibridi sono peraltro confermati anche dall'approvazione dei decreti ministeriali emanati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il 20 ottobre 2014 e il 30 dicembre 2015 con i quali è stato ampliato l'elenco dei vini prodotti da vitigni ibridi iscrivibili come Igt. Significative in tal senso sono anche le delibere della giunta provincia di Trento con le quali, ad esempio, sono state inserite le varietà Muscaris e Souvignier Gris nell'elenco Igt;

   l'Oiv nell’Internation Code of Enological Practices ammette una tolleranza di 20 mg/l (15 mg/l nei vini a denominazione di origine) di antociani diglucosidi (Malvidina diglucoside) nel vino. Oltre tale quantità il vino è considerato derivante da ibridi produttori diretti e ne è vietata la vendita. I limiti definiti dall'Oiv limitano, dunque, il processo di sostituzione delle varietà di vitis vinifera con vitigni ibridi creando disagi e problemi alle coltivazioni vitivinicole sui terreni contigui alle zone sensibili –:

   se il Governo abbia assunto o intenda assumere le iniziative di competenza, di concerto con le istituzioni europee competenti, per disciplinare l'iscrizione di vitigni ibridi di nuova generazione tra le varietà e Doc e Docg al fine di ampliare le opportunità commerciali di simili varietà e di favorire forme di agricoltura sostenibile sui terreni localizzati nei pressi di aree di salvaguardia o di zone sensibili in conformità con il Piano di azione nazionale;

   se il Governo ritenga di valutare un'iniziativa in sede di Oiv al fine di aumentare le soglie di tolleranza di malvidina nei vini prodotti da vitigni ibridi e aumentare le opportunità commerciali per i produttori che operino in conformità con le linee di indirizzo del Piano di azione nazionale.
(4-18847)


   SCOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la disciplina del rilascio delle licenze di pesca è disciplinata dall'Unione europea con il regolamento n. 13013 del 2013, e dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con la direttiva del 5 agosto 2013 e dal decreto ministeriale del 26 luglio del 1995;

   l'obiettivo principale della politica strutturale della pesca è di fornire misure finanziarie a favore dello sviluppo sostenibile della pesca e dell'acquacoltura;

   le procedure per l'adeguamento della potenza motrice delle imbarcazioni da pesca sono regolate dal decreto direttoriale del 21 aprile del 2016;

   la piccola pesca artigianale, oltre a rappresentare oltre il 75 percento del comparto, simboleggia la tradizione di sapere e mestieri esercitati con attrezzi selettivi;

   ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 3 del decreto ministeriale del 26 luglio del 1995 l'esclusiva competenza del rilascio delle licenze è il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

   la disciplina che regolamenta la sostituzione dei motori dei pescherecci del 5 agosto 2013 e il decreto ministeriale del 26 luglio del 1995 stanno creando nel comparto, in specie della piccola pesca, difficoltà di varia natura nella richiesta e nella sostituzione dell'apparato motore;

   a titolo esemplificativo, si richiama la richiesta avanzata il 30 maggio del 2016, con foglio numero 13965, dal signor S. D. di Porto Cesareo, proprietario del moto/pesca Andrea Doria II, di 1° GT e KW 52, abilitato all'esercizio della pesca con attrezzi da posta, palangari e lenze;

   la richiesta del produttore D. viene respinta perché l'installazione del nuovo motore superava il 10 per cento:

   il vecchio motore diesel aveva una potenza motrice in chilowatt e HP di 52,00, mentre la nuova richiesta chiedeva l'installazione di un motore non compatibile con la normativa vigente;

   è indispensabile sostituire tutti i motori, come quello del moto pesca del signor D. perché idonei a garantire la sicurezza, non economici (consumano molto carburante, poco potenza e resa, perdite di olio, smisurati costi di manutenzione, tanto da incidere pesantemente sugli scarsi e precari redditi) e non in linea con le esigenze di tutela e difesa del sistema ecomarino;

   il signor D., peraltro, ha compiuto una ricerca per acquistare un motore della stessa potenza senza nessun esito positivo;

   rinunciare a uno o più attrezzi in licenza, come recita il già citato decreto di aprile 2016, significa il venir meno della caratteristica peculiare delle piccola pesca, in altre parole di poter sostituire gli attrezzi a seconda della stagione e, quindi, della presenza di specie di una determinata categoria di attrezzi, con l'ovvia conseguenza di ridurre l'attività fino a renderla decisamente improduttiva;

   nelle stesse condizioni si trovano centinaia e centinaia di pescatori di tutta la penisola che da anni attendono una modifica legislativa in grado di garantire le ragioni dei lavoratori posto che, nella situazione data, il libero mercato non è in grado di soddisfare né gli aspetti socioeconomici, né tanto meno quelli ambientali–:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per modificare il decreto ministeriale che di fatto ha bloccato la sostituzione dei motori nel comparto della piccola pesca, senza portare alcun vantaggio all'ambiente, allo sviluppo sostenibile e al diritto del lavoro dei pescatori della piccola pesca.
(4-18859)


   GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il raccolto di olio di oliva EVO italiano per la campagna olearia 2017/2018 risulta essere in calo rispetto alla media produttiva dell'ultimo decennio, mentre quello mondiale ha avuto un incremento rispetto alla campagna precedente;

   l'Italia, purtroppo, con la sua produzione non riesce a sopperire al fabbisogno interno e per coprirlo ha bisogno di importare olio prodotto all'estero come Spagna, Grecia e Tunisia (quest'ultima in ottemperanza al regolamento comunitario 1918/2006), con il rischio che alcune aziende, in modo fraudolento, alterino il contenuto delle bottiglie, vendendo l'olio straniero come Made in Italy e, addirittura, confezionando olio di semi adulterato e spacciato come extravergine;

   infatti, gli oli di oliva stranieri vengono spesso lavorati con quelli nazionali per acquisire, grazie all'etichetta ed al marchio dell'azienda nazionale, una italianità che permette di metterli in commercio sia sui mercati nazionali, sia su quelli esteri;

   anche se la normativa in vigore prevede l'indicazione in etichetta della scritta «miscele di oli EVO comunitari» oppure «miscele di oli EVO non comunitari», questa, spesso, è riportata sul retro della bottiglia con caratteri piccolissimi e, in molti casi, in una posizione che la rende difficilmente visibile;

   le continue oscillazioni del mercato, le importazioni da Paesi stranieri e il calo della produzione olearia italiana, anche a causa delle difficili condizioni climatiche, consente all'Italia di essere competitiva, e finisce anche con il disorientare il consumatore nell'individuare un prodotto di qualità;

   l'olivicoltura italiana, per essere competitiva a livello mondiale e per poter far fronte al fabbisogno interno, deve dotarsi di piantagioni più moderne, attrezzate e strumenti che sarebbero utili anche per combattere il sempre più crescente fenomeno delle contraffazioni dell'olio;

   diversi marchi dell'industria e dell'imbottigliamento italiani, infatti, stanno investendo in oliveti, progettando impianti superintensivi che comprendono varietà sia italiane che internazionali. Questo a dimostrazione che l'industria olearia vuole essere più dinamica e competitiva in campo agricolo e produttivo –:

   se il Ministro interrogato intenda intensificare l'attività di controllo e renderla più efficace relativamente all'importazione e alla destinazione degli oli stranieri, comunitari e non, oltre che assumere iniziative in relazione alle tracciabilità e alle indicazioni riportate in etichetta dalle aziende che ne fanno uso e soprattutto abuso, al fine di salvaguardare l’«oro verde» italiano, il mercato e i consumatori;

   quali azioni siano state messe in atto fino ad ora per proteggere l'olio italiano dalla concorrenza sleale, dalle speculazioni, dalla mancanza di trasparenza in etichetta, dalle truffe e dagli inganni;

   quali siano i controlli attuati per appurare la veridicità degli oli EVO dalla Tunisia e dagli altri Paesi affinché i consumatori possano percepire la reale provenienza di tali oli al momento dell'acquisto;

   quanti e quali controlli e sequestri siano stati effettuati nel settore degli oli nelle ultime due campagne, visto che le pratiche fraudolente sono in continuo aumento e rischiano di mettere in difficoltà centinaia di migliaia di produttori con le rispettive famiglie;

   quale sia la percentuale di tali sequestri e quali controlli siano stati effettuati negli anni 2015, 2016 e 2017 sulla qualità dell'olio EVO allo scaffale per garantire il consumatore nel momento dell'acquisto;

   quali siano le strategie e le azioni concrete che si intendano adottare nelle prossime programmazioni per sostenere l'ovicoltura e per riportare l'Italia ad una produzione di olio EVO per l'autosufficienza e per sostenere l'esportazione di olio EVO italiano;

   quante risorse dell'annunciato Piano olivicolo nazionale siano realmente destinate a sostenere i singoli olivicoltori per nuovi impianti.
(4-18901)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   TERZONI, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, MASSIMILIANO BERNINI, AGOSTINELLI, CECCONI, GALLINELLA, CIPRINI e CASTELLI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:

   il secondo inverno sta per iniziare nelle zone colpite dal sisma del Centro Italia e le strutture abitative provvisorie consegnate alla popolazione colpita dal sisma, a distanza di oltre un anno dagli eventi, sono meno del 50 per cento;

   la maggior parte delle soluzioni abitative provvisorie nel cratere si trova in zone di alta collina-montagna, nell'entroterra appenninico, dove assai di frequente le temperature scendono nettamente al di sotto dello zero;

   nonostante le condizioni climatiche fortemente avverse, le strutture abitative provvisorie consegnate non hanno caratteristiche adeguate per rispondere alle avversità climatiche, evidenziate già dai primi freddi che hanno colpito il Centro Italia;

   l'inadeguatezza delle strutture abitative è stata evidenziata dal verificarsi di numerosi episodi, tra cui si segnalano i seguenti: si è registrata l'esplosione dei boiler (a causa delle basse temperature) posizionati sui tetti delle strutture abitative provvisorie a Visso e Gualdo di Castelsantangelo; in diverse strutture abitative provvisorie del comune di Arquata del Tronto, inoltre, le forti piogge di queste settimane hanno causato infiltrazioni d'acqua, anche dal soffitto, probabilmente per un errore progettuale sull'inclinazione del tetto, come evidenziato dal sindaco di Visso (http://www.cronachemaceratesi.it);

   in alcuni moduli abitativi provvisori rurali d'emergenza (mapre) di Scai di Amatrice e Collicelle di Cittareale, dove la temperatura è scesa a -8 gradi, si è formato ghiaccio nella parte interna dei vetri e talvolta il freddo ha causato la condensa nella parte interna delle porte, probabilmente a causa dell'inadeguatezza dell'isolamento;

   a Pieve Torina si stanno consegnando le casette in un'area ancora tenuta come un cantiere, senza asfalto e circondata da terra e fango;

   appare del tutto evidente che le strutture abitative provvisorie, la cui realizzazione è stata assegnata nel 2015 al Consorzio nazionale dei servizi di Bologna, sono del tutto inadeguate rispetto alle caratteristiche della zona montana e che sarebbero stati necessari, e lo sono tuttora, interventi immediati per porre rimedio alle principali criticità segnalate;

   è chiara l'inadeguatezza delle strutture abitative provvisorie, sufficienti durante la stagione più mite, ma decisamente non idonee ad ospitare i residenti nei mesi invernali, quando le temperature sono molte rigide –:

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di affrontare e risolvere i numerosi problemi evidenziati in premessa, in modo da garantire ai cittadini alloggiati nelle strutture abitative provvisorie condizioni minime di vivibilità anche durante il periodo invernale.
(3-03444)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

SALUTE

Interpellanze:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   in merito alla stabilizzazione del corpo docente di scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche (Med/45) si precisa che la laurea in infermieristica è attiva in 43 atenei; sono presenti oltre 220 corsi di laurea per un totale di 51.300 studenti: 47.000 frequentano il corso triennale, 800 quello in infermieristica pediatrica e 3.500 il corso di laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche. Si aggiungono gli studenti che hanno vinto un dottorato in scienze infermieristiche non stimabili, perché molti seguono un dottorato in corsi di laurea diversi rispetto a quello originario. Esistono anche corsi di master di I e II livello, la cui frequenza è obbligatoria per i ruoli di coordinatore infermieristico e infermiere specialista clinico (legge n. 43 del 2006), di difficile quantificazione vista la diversità del nome del master, oltre 2000 studenti l'anno;

   concentrandosi solo sul corso ogni anno ci sono 16.000 nuovi studenti, a cui si aggiungono, nei due anni successivi al triennio, i 2.500 studenti di laurea magistrale;

   questo fa dell'infermieristica una disciplina complessa per le sue articolazioni, ma soprattutto fa del Med 45 il settore scientifico disciplinare maggiormente presente nella facoltà a cui i corsi di laurea oggi fanno capo. Si ricorda che il totale di iscritti a medicina è di 9 mila studenti/anno e 900 sono iscritti ad odontoiatria;

   nonostante questi numeri, i docenti che afferiscono al Med/45, è inadeguato: 41 fra professori ordinari, associati e ricercatori. Concretamente ad oggi ci sono: 3 ordinari, 23 associati, 5 ricercatori confermati, 5 ricercatori a tempo determinato di tipo «A», 6 ricercatori a tempo determinato di tipo «B» 3, per un totale di docenti pari a 40;

   ne consegue che solo in 22 università su 41, gli studenti hanno l'opportunità di insegnamento del Ssd Med45 da docenti inseriti nell'organico dei professori universitari. Con questi numeri, il rapporto docente/studenti è di circa 1:1.350 (fonte SISI);

   se si effettua la stessa operazione per i corsi di laurea in odontoiatria e i docenti afferenti al settore malattie odontostomatologiche Med 23, il confronto è impietoso: 1:6;

   la carenza strutturale di docenti Med 45 impatta sullo sviluppo disciplinare che può contare solo su docenti a contratto annuale. Dal 2012-13 ad oggi, diversi infermieri hanno ottenuto l'abilitazione scientifica nazionale (Asn) per ricoprire i ruoli di professore ordinario (PO; I fascia) e professore associato (PA; II fascia) nel Ssd Med/45. Questo dimostra l'impegno di molti infermieri che, pur non occupando ruoli universitari, si sono adoperati per sviluppare importanti curricula scientifici. Ad oggi, il numero degli abilitati a PO e a PA per il Ssd Med/45 che attendono di ricoprire il relativo ruolo è questo: abilitati come professore ordinario tra docenti già incardinati nell'università e quanti non lo sono ancora: 10+1. Numero abilitati come professore associato tra quanti sono già incardinati in università e quanti non lo sono ancora: 20 + 7. Un candidato ha conseguito la doppia abilitazione a PO e PA;

   considerando l'urgenza di acquisire docenti del Ssd Med 45, le università dovrebbero almeno provvedere alla chiamata di chi è in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale. Se i docenti già strutturati potessero beneficiare dell'avanzamento di carriera il Ssd Med/45 avrebbe a disposizione un totale di 56 docenti: 14 PO e 32 PA;

   si potrebbero prevedere deroghe ai punti organici da utilizzare per la chiamata di docenti del Ssd, Med 45 o incentivi economici alle università che investono sul Ssd Med/45. Considerando il numero di tutti gli abilitati, sarebbe necessario disporre di 15 punti organico per tutto il territorio nazionale: punti organico necessari per i docenti esterni abilitati (per assunzioni ex novo): 9,1;

   la normativa consente il finanziamento per 15 anni, da parte di soggetti esterni, di posti di ruolo di professori (prima e seconda fascia) e di ricercatori di tipo B. Servirebbero finanziamenti per la chiamata degli abilitati così ripartiti: per i docenti interni abilitati la somma totale per 15 anni di finanziamento è di 9.155.449,00 di euro (610.363,30 euro per anno); per i docenti esterni abilitati la somma totale per 15 anni di finanziamento è di 15.759.342,17 euro (1.050.622,81 euro per anno);

   il numero degli iscritti giustifica l'investimento in base al principio di pari opportunità tra i corsi e coerentemente con il principio di non discriminazione e tenendo conto che l'emergenza infermieri richiede una formazione di prestigio –:

   se non ritengano i Ministri interpellati di intervenire per porre fine ad una ingiustizia di sistema che si protrae ormai da 25 anni, data in cui furono definiti per la prima volta i corsi di laurea universitaria per infermieri.
(2-02057) «Binetti».


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la relazione sulla contraffazione nel settore farmaceutico (Doc XXII-bis n. 18), approvata il 6 dicembre 2017 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, afferma che: «(...) la sottrazione o smarrimento all'interno dei depositi di medicinali o le farmacie, ovvero durante il trasporto, sono, difficili da contrastare in assenza di una tracciatura del codice identificativo univoco delle singole confezioni farmaceutiche, che oggi (...) è inserito nella Banca Dati Centrale del Farmaco solo nelle ricette oggetto di rimborso da parte del SSN (...) la banca dati non rende in automatico informazioni, in qualsiasi momento, su dove sia quel lotto e che passaggi abbia fatto (...) In caso di furti di farmaci destinati poi all'estero, l'assenza di un obbligo di riconfezionamento, una volta eliminato il bollino, non permette di individuare in via informatica tali farmaci (...)»;

   «(...) In audizione sono state riportate anche alcune criticità legate ai bollini ottici, sia per difetti di qualità nei materiali impiegati (in specie la stampa del numero progressivo OCRB su supporto siliconato, così da renderlo non indelebile e alterabile), che per difficoltà da parte dell'IPZS nell'evasione degli ordini, con interruzione delle forniture e trasferimento degli ordini in corso d'opera. Il tema della non indelebilità del bollino è molto rilevante e necessita di soluzioni adeguate (...)»;

   nelle sue proposte la Commissione rileva che:

    1) «(...) Un problema su cui si richiama l'attenzione è quello di non diminuire in Italia la gamma dei farmaci che oggi sono soggetti a tracciabilità, stante il fatto che la normativa comunitaria limita invece il nuovo sistema di tracciabilità solo a farmaci cosiddetti risk-based (...) In audizione è emerso come anche per i farmaci non soggetti a ricetta, gli integratori, i farmaci cosiddetto lifestyle saving, nonché i farmaci prodotti in Italia e non destinati al mercato interno, vi siano problemi di controllo della filiera, che consiglierebbero l'utilizzo del sistema di tracciabilità, al fine di tutelare adeguatamente la salute dei pazienti (...);

    2) (...) In tema di bollini deve essere assolutamente garantita l'indelebilità degli stessi. Da ultimo occorre far sì che siano contemperate le esigenze di sicurezza dei prodotti farmaceutici nei confronti dei consumatori con le legittime esigenze delle imprese farmaceutiche nazionali di operare in condizioni adeguate sui mercati internazionali, senza ritardi o svantaggi rispetto alle concorrenti estere»;

   la segnalazione dell'Autorità della concorrenza e del mercato del 29 novembre 2017, indirizzata ai presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'economia e delle finanze, contesta il fatto che l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (Ipzs) abbia una riserva sulla produzione dei bollini ottici farmaceutici (ex articolo 40 della legge n. 39 del 2002) ovvero sulle carte valori in generale, ritiene che essa è del tutto inconsistente e, se non motivata e determinata da una legge primaria, in contrasto con la normativa che regola la concorrenza in Italia ed in Europa, e stigmatizza espressamente la decisione dell'Ipzs di internalizzare tale attività dal dicembre 2014, dopo aver affidato all'esterno, per diversi anni, l'attività di produzione di bollini farmaceutici;

   precisa l'Autorità che «(...) un'eventuale introduzione della riserva in materia di fornitura di bollini farmaceutici dovrebbe ritenersi non proporzionata rispetto al perseguimento dell'interesse pubblico, fatta eccezione per la fornitura della carta filigranata e della numerazione progressiva (...)» e che «(...) la riserva a favore di IPZS di tutta la filiera produttiva dei bollini farmaceutici non può considerarsi giustificata da esigenze di sicurezza collegate alla tracciatura dei farmaci (...) un'esclusiva estesa a tutte le fasi della fornitura dei bollini si porrebbe in contrasto con l'articolo 106 TFUE (...)»;

   ricerche di mercato (Eurispes, estate 2015) e prezzi offerti nelle gare delle imprese private, non ultimi quelli offerti nella gara revocata dall'Ipzs in data 2 dicembre 2014, hanno dimostrato che la concorrenzialità nella fornitura comporta un'oscillazione del prezzo del bollino; dal minimo Ipzs di 20 euro (che con gli oneri accessori sale anche fino a 26 euro) per 1.000 bollini, si può scendere sotto i 6 euro, compresa la carta filigranata, offerti dalle imprese private senza le difettosità riscontrate nelle produzione dell'Ipzs; innumerevoli atti di sindacato ispettivo dimostrano che tali difettosità iniziano dopo la citata internalizzazione del dicembre 2014;

   anche l'osservazione che i proventi di vendita dei bollini realizzati da Ipzs sono riversati al Ministero dell'economia e delle finanze è priva di pregio, in quanto poi i costi sostenuti dalla imprese farmaceutiche per acquistare i bollini sono riversati sul prezzo dei farmaci;

   permangono i problemi relativi alla delebilità dei codici dei bollini, che Ipzs non ha risolto. Attualmente, utilizzando solventi per inchiostro (quali il metiletilchetone, prodotto diffuso, accessibile e a basso costo), è possibile cancellare tali codici lasciando integro il supporto del bollino e la stessa confezione –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per risolvere i problemi che sono stati autorevolmente segnalati, al fine di ridurre i costi di produzione del bollino farmaceutico ed incrementare la sicurezza dello stesso.
(2-02058) «Binetti».

Interrogazione a risposta immediata:


   FEDRIGA, PAGANO, ALLASIA, ALTIERI, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MARTI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'approvazione del disegno di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, approvato con ritmi a dir poco forzati in vista della conclusione imminente della legislatura, sta avendo forti ripercussioni nel sistema della sanità del nostro Paese. L'assenza, infatti, nell'articolato della legge della possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza per i medici e per le strutture sanitarie anche private creerà enormi problematiche per il buon funzionamento del sistema e numerosi contenziosi giudiziari;

   meritano attenzione le dichiarazioni della direzione della Piccola casa della Divina Provvidenza, fondata da san Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) nel 1838 a Torino. L'istituto torinese ha annunciato ieri che non applicherà il biotestamento. «Non importa – sostiene il padre generale del Cottolengo, Carmine Arice, ripreso da Ansa – se la legge non prevede l'obiezione di coscienza. Marco Cappato è andato a processo perché accompagna le persone a fare il suicidio assistito. Possiamo andarci anche noi, che nel caso di un conflitto fra la legge e il Vangelo siamo tenuti a scegliere il Vangelo»;

   si richiama in proposito quanto affermato il 12 giugno 2017, nel corso dell'audizione al Senato della Repubblica dei rappresentanti del Csl-Centro studi Livatino e del Comitato «Difendiamo i nostri figli» (Cdnf), dalla relatrice del disegno di legge e presidente della Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica, senatrice Emilia De Biasi: a fronte delle preoccupazioni per l'assenza nel testo di una disciplina dell'obiezione di coscienza, ovvero di un'esenzione delle strutture sanitarie di ispirazione religiosa, ella ha detto che le controversie sarebbero state risolte davanti alla Corte costituzionale. E comunque nell'ipotesi di conflitti la soluzione sarebbe stata togliere «le convenzioni» agli enti ospedalieri d'ispirazione cattolica. La perdita dell'accreditamento avrebbe come effetto «di impedire tout court l'operatività di realtà come la Fondazione policlinico Agostino Gemelli, l'Ospedale pediatrico Bambin Gesù, l'Ospedale Fatebenefratelli, l'Ospedale Cristo Re, il Campus bio-medico, l'Associazione la Nostra famiglia, la Fondazione Poliambulanza, la Fondazione Maugeri, la Casa di sollievo della sofferenza di S. Giovanni Rotondo e le altre 100 strutture analoghe esistenti sul territorio nazionale. Una simile conclusione si pone in contrasto, a parere degli interroganti, con l'articolo 7 della Costituzione e con gli accordi concordatari che quella norma recepiscono» –:

   quali provvedimenti di carattere urgente si intenda adottare per evitare che il vulnus del riconoscimento dell'obiezione di coscienza provochi uno scossone nel sistema sanitario del nostro Paese.
(3-03452)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANTERO e D'INCÀ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 18 al 20 novembre 2017 sono state svolte le elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo dell'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Belluno. Sono state presentate due liste: una guidata da Umberto Rossa, già presidente dell'ordine bellunese da 18 anni, e l'altra denominata «Cambia l'ordine!»;

   lo spoglio delle schede eseguito dal presidente uscente e tre scrutatori ha dato per vincente la lista dello stesso presidente dottor Rossa per un solo voto di differenza, aggiudicandosi 5 consiglieri su 9. Lo stesso giorno è avvenuto lo spoglio delle schede relative ai revisori dei conti, che invece hanno dato per vincente la lista antagonista al dottor Rossa;

   la lista «Cambia l'ordine!» ha chiesto il riconteggio delle schede nulle e bianche, in quanto, come da regolamento, le schede valide erano già state bruciate;

   la minoranza ha inoltre presentato un ricorso riscontrando delle irregolarità formali e procedurali molto gravi; il portavoce della minoranza ha dichiarato che le schede nulle sarebbero circa una ventina attribuibili per la maggior parte alla lista sconfitta; inoltre è strano che alcuni medici abbiano votato una lista per il consiglio direttivo e un'altra per i revisori dei conti lo stesso giorno su due schede diverse –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato in ordine all'andamento delle votazioni avvenute per il rinnovo delle cariche del Consiglio dell'Ordine dei medici Belluno nell'ottica di garantire il rispetto delle regole e dei principi democratici.
(5-12967)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia i pazienti con disturbo da uso di droghe or da comportamenti vengono curati nei servizi pubblici per le dipendenze (SerD). Sono strutture del sistema sanitario nazionale, di base e specialistiche, multidisciplinari, distribuite uniformemente nel territorio nazionale, in ogni asl, nel numero di 580. Operano in collaborazione e sinergia con le comunità terapeutiche, le amministrazioni comunali, la scuola, gli altri servizi della asl e il volontariato;

   i SerD sono stati istituiti dalla legge 26 giugno 1990, n. 162;

   ad essi sono attribuite le attività di prevenzione primaria, cura, prevenzione patologie correlate, riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo;

   le strutture sono distribuite uniformemente sul territorio nazionale, in ogni Asl, nel numero attuale di 580;

   nei SerD si curano ogni anno oltre 300.000 pazienti affetti da patologie da dipendenze, principalmente eroina, cocaina, alcol, tabacco, cannabinoidi, psicofarmaci, gioco d'azzardo patologico;

   per far fronte a queste molteplici attività c'è bisogno di risorse e dell'acquisizione di ulteriore personale, anche perché il fenomeno del consumo a rischio e delle dipendenze è in continua evoluzione ed espansione –:

   quali iniziative fattive e concrete il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, per questo indispensabile servizio pubblico.
(4-18869)


   LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il fumo materno durante la gravidanza è stato qualificato come «la più diffusa minaccia della salute dei bambini nel mondo», così Levin Ed e Slotkin Ta, 1998;

   i danni del fumo sul feto sono vari e spaziano dalla placenta previa, all'aborto spontaneo, alla mortalità perinatale, alla ridotta crescita del feto, al basso peso alla nascita, alla sindrome della morte improvvisa, disturbi respiratori, fino a patologie neuropsichiatriche;

   nello specifico, è stato riscontrato un nesso tra il fumo in gravidanza ed i disturbi dello spettro autistico, questo perché la nicotina deteriora molti sistemi neurochimici;

   in tutte le confezioni di sigarette sono raffigurate patologie causate dal fumo, accompagnate da frasi che evocano gli enormi danni alla salute e alla vita generati dal fumo –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative affinché vengano specificati dettagliatamente sui pacchetti delle sigarette tutte le controindicazioni del fumo in gravidanza, attraverso la stampa di immagini o di frasi appropriate.
(4-18871)


   SIBILIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   negli anni scorsi il Ministero della salute ha deciso di dotare tutto il territorio nazionale di apparecchiature salvavita, indicando i criteri con cui individuare le strutture sanitarie ed invitando le regioni a rendere attuativo il piano;

   la regione Campania con decreto n. 128 del 2013 ha stabilito che la provincia di Avellino o avesse diritto a due ulteriori impianti e quindi si invitavano le strutture sanitarie locali, sia pubbliche che private, a presentare domanda di accreditamento. A questo bando hanno partecipato tutti gli ospedali pubblici e anche alcune cliniche private;

   la regione Campania con decreto n. 50 del 2015 attribuì due apparecchiature di radioterapia ad altrettante cliniche private, tra cui clinica «Villa Maria» di Mirabella Eclano, nonostante non avesse i requisiti per partecipare poiché non svolgeva già servizi di radioterapia. Infatti, si è avuto uno «stop» alle procedure di attribuzione delle apparecchiature di radioterapia e a tutt'oggi la clinica non risulterebbe accreditata per le prestazioni oncologiche. Dei 40 posti letto nessuno è destinato al reparto di oncologia, che non è presente nella struttura. Nonostante ciò, la clinica, secondo l'interrogante, continuerebbe ad erogare prestazioni e cure oncologiche –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari, intenda porre in essere per fare chiarezza sull'attribuzione dei salvavita e sui finanziamenti goduti dalla clinica «Villa Maria» di Mirabella Eclano.
(4-18882)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'11 e 12 dicembre 2017 l'Emilia occidentale e segnatamente le province di Parma e Reggio Emilia sono state colpite da un'eccezionale ondata di maltempo che ha provocato il rapido scioglimento della neve caduta nei giorni precedenti ed il repentino ingrossarsi dei corsi d'acqua che attraversano il territorio;

   nei comuni di pianura le precipitazioni hanno causato lo straripamento di alcuni torrenti con serie ripercussioni per le aziende, i privati e le strutture pubbliche, oltreché per la viabilità, mentre nei territori della fascia collinare e montana, gravi disagi alla popolazione sono stati determinati dal venir meno della fornitura di energia elettrica per il cedimento di alcune linee, travolte dal crollo di alberi ghiacciati e dal forte vento;

   analoghe problematiche sono state riscontrate anche sulle linee telefoniche fisse e mobili che per diverse ore hanno funzionato a singhiozzo sempre a causa di una gran quantità di pali e fili abbattuti;

   disagi di questa natura hanno riguardato la gran parte dell'Appennino parmense, in particolare i comuni di Medesano, Berceto, Solignano, Pellegrino Parmense, Neviano degli Arduini, Palanzano, Calestano e Corniglio;

   diverse famiglie lamentano di essere rimaste a lungo senza corrente elettrica e, quindi, nell'impossibilità di far fronte alle temperature rigide degli ultimi giorni. Vi sono stati grossi disagi anche per i titolari di attività produttive, per gli allevamenti e gli esercizi pubblici, anche a causa del ridotto numero di generatori messi a disposizione per fronteggiare l'emergenza;

   da più parti è stata lamentata una sostanziale difficoltà nel confronto con Enel, tanto da parte della popolazione, quanto degli amministratori locali, i quali hanno denunciato di aver ricevuto poche rassicurazioni il più delle volte prontamente disattese dal gestore della rete elettrica;

   eventi meteorologici di questa natura e intensità sono purtroppo sempre più frequenti. Sarebbe quindi opportuno e necessario che Enel adeguasse i propri protocolli di pronto intervento al fine di intervenire con maggior tempestività nei contesti di criticità, offrendo anche ai cittadini, alle imprese e agli amministratori locali una più puntuale informazione sulla tempistica delle azioni di ripristino della rete –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire che tali disservizi ascrivibili a Enel non abbiano a ripetersi in futuro, promuovendo l'adozione di un protocollo di intervento e comunicazione ai cittadini, alle imprese e agli amministratori locali che consenta di affrontare e risolvere con maggiore tempestività le situazioni di grave criticità come quella occorsa in provincia di Parma nei giorni scorsi.
(5-12946)


   LUIGI GALLO, VACCA, TOFALO, MASSIMILIANO BERNINI, RIZZO e CIPRINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   I.T.S. (Information Technology Services) con sede legale in Torre Annunziata (NA), è una S.p.a. fondata nel 1994, di proprietà della famiglia Altieri, affermatasi sul mercato nazionale ed internazionale come società ad alta specializzazione nel settore della progettazione e nell'implementazione di soluzioni basate su infrastrutture di telecomunicazioni tradizionali e di nuova generazione, canali di comunicazione e media digitali;

   l'evoluzione dell'impresa, comporta importanti passaggi nell’asset societario tra cui l'accordo con Ericsson nel 1998 per la fornitura di tecnici esperti per la manutenzione e testing delle centrali telefoniche, l'acquisizione nel 2002 del Consorzio Criai, Centro Ricerche per l'informatica e l'automazione industriale di Portici, in società consortile con l'Università di Napoli Federico II e Labor S.r.l., l'acquisizione nel 2003 da Italtel del centro di ricerche di Santa Maria Capua Vetere (CE) con 40 ricercatori di alto profilo, esperti nella progettazione e produzione di sistemi telefonici ed applicazioni per il mondo della telefonia e dell’Office Automation nonché di un dirigente,

   inoltre nel 2008 grazie ad un finanziamento europeo, gestito dalla regione Campania, utilizzando 4 milioni e mezzo di euro, veniva allestita una sede in San Nicola la Strada (CE) impiegando 80 addetti per la realizzazione di «sistemi di telecomunicazioni chiavi in mano» di vari brand del mercato internazionale (Ericsson, Avaya etc.);

   l'acquisizione di alte professionalità provenienti dai vari rami d'azienda, porta la società madre a ricollocare i profili acquisiti, scorporandoli in una serie di società tra cui la ITFORM attiva nel settore della formazione, T&M (Television e Multimedia) operante nel settore delle produzioni multimediali e televisive;

   silenziosamente si apre la fase di declino che degenera nel 2008 con la chiusura di tutte le sedi e accentramento delle attività nell'edificio sito in Torre Annunziata;

   la scelta risulta infelice in quanto quest'ultima è situata in una posizione territoriale mal collegata e difficile da raggiungere nonché lontana rispetto al punto focale di interesse tecnologico comportando decrementi dei fatturati e chiusure di rami d'azienda;

   sempre nell'anno 2008 si apre la crisi economica e tecnologica al punto che la società richiede ammortizzatori sociali e cassa integrazione per un numero di unità superiore alla trentina rispetto al totale di duecentocinquanta occupati;

   nel 2011 si ha una fase di riorganizzazione conferendo in ITSLAB s.r.l., sempre di proprietà Altieri, l'intero mercato, la quale acquisisce la massa totale di passività da I.T.S. (8.156.826,00 euro di perdite di esercizio);

   la situazione degenera nuovamente quando al 17 ottobre 2017 la società ITSLAB produce istanza di concordato preventivo che viene ratificata in data 24 ottobre u.s. con la concessione dei termini di 120 giorni per il completamento della procedura;

   il quadro si complica a questo punto definitivamente in data 14 novembre u.s. ove l'azienda procede al licenziamento collettivo per 91 lavoratori su 118, salvando esclusivamente 4 addetti per la sede di Torre Annunziata –:

   se il Ministro dello sviluppo economico sia intenzionato a convocare un tavolo di concertazione che in questa sede richiediamo formalmente, anche all'interno della vertenza nazionale Ericsson, al fine di salvaguardare tale crisi occupazionale in una regione come quella campana ed in particolare nel territorio di Torre Annunziata, riconosciuto dal Governo come di «crisi complessa» e dunque destinato a processi di reindustrializzazione.
(5-12949)


   DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 dicembre 2017 si è verificata una forte esplosione, seguita da un incendio, nell'impianto di distribuzione del gas a Baumgarten an der March, in Austria, terminale del gasdotto di Urengoy-Uzhgorod che collega la Russia all'Europa. L'evento ha interessato il tratto di rete gestito dall'operatore Gas Connect Austria e ha portato alla temporanea interruzione dei flussi di gas lungo il gasdotto Trans Austria Gasleitung (Tag) verso l'Italia. La Croce rossa austriaca ha riferito che la detonazione ha provocato un morto e 18 feriti, cinque dei quali gravi;

   il 51 per cento delle azioni di Gas Connect Austria è detenuto da OMV Aktiengesellschaft, il 49 per cento da AS Gasinfrastruktur GmbH. Quest'ultima è controllata al 60 per cento dal Gruppo Allianz e al 40 per cento da Snam spa;

   da una nota stampa di Snam del 12 dicembre 2017, in riferimento alla momentanea sospensione dell'erogazione del gas, compensato dagli stoccaggi italiani e dalle diverse fonti di approvvigionamento, il CEO di Snam, Marco Alverà, ha commentato: «Il sistema gas italiano è tra i più sicuri al mondo grazie alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, all'ampia disponibilità di stoccaggio e ai piani di emergenza elaborati dal MISE»;

   in merito al gasdotto Tap e al terminale di ricezione del gasdotto (Prt), il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 223 del 2014 ha previsto la prescrizione A13 riguardante la preventiva acquisizione, con riferimento al Prt, del nulla osta di fattibilità rilasciato, ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999, dal comitato tecnico regionale, ai sensi della direttiva «Seveso». Tuttavia, il Ministero dell'interno, con nota del 25 novembre 2014, aveva ritenuto il Prt del progetto Tap non assoggettabile alla normativa «Seveso» e pertanto tale prescrizione è stata stralciata con il decreto ministeriale n. 72 del 16 aprile 2015 –:

   di quali elementi disponga il Governo circa le cause dell'incidente avvenuto presso l'impianto gestito da Gas Connect Austria;

   se il Governo, a seguito dell'incidente in Austria, intenda confermare l'assoluta sicurezza, in relazione al pericolo di incidenti analoghi, del gasdotto Tap e del relativo Prt a Melendugno e, in caso negativo, quali iniziative intenda adottare al fine di azzerare l'eventuale rischio;

   se il Governo intenda fornire chiarimenti in relazione alla sicurezza del «sistema gas» italiano che, secondo la dichiarazione del Ceo di Snam, sarebbe garantito dalla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, dall'ampia disponibilità di stoccaggio e dai piani di emergenza elaborati dal Ministero dello sviluppo economico.
(5-12970)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VENITTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto switch off – ovvero il passaggio dal segnale televisivo analogico a quello digitale – si è concluso, nel maggio 2012, con la copertura dell'intero territorio nazionale;

   a distanza di cinque anni, alcune aree della provincia di Campobasso presentano ancora problemi di ricezione, in particolare dei canali Rai, ma persistono difficoltà anche con i canali Mediaset e altri canali generalisti;

   l'interrogante aveva già segnalato la situazione al Ministero dello sviluppo economico con un atto di sindacato ispettivo, in seguito – a gennaio 2015 – l'ispettorato territoriale del Ministero dello sviluppo economico e Raiway erano intervenuti e per un certo periodo la ricezione dei canali era risultata regolare;

   da alcuni mesi, però, il problema si è ripresentato e, ad oggi, non risulta ancora risolto, nonostante le reiterate proteste dei cittadini e le segnalazioni dei sindaci dei comuni interessati dal disservizio;

   sembra, a quanto consta all'interrogante, che i problemi di ricezione dipendano dall'utilizzo delle frequenze del canale 39 UHF – utilizzato dalla Rai per la diffusione dei propri programmi – da parte di alcune emittenti private della zona;

   l'interruzione frequente e prolungata delle trasmissioni del servizio pubblico radiotelevisivo rappresenta un grave danno per migliaia di cittadini della provincia di Campobasso, anche in considerazione del fatto che, per tutti, resta obbligatorio il pagamento del canone a fronte di un servizio non erogato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle difficoltà nella ricezione del segnale televisivo in alcune aree del Paese ed in particolar modo nell'area della provincia di Campobasso e quali iniziative intenda assumere, con urgenza, per ripristinare la ricezione di tutti i canali della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, un diritto che deve essere garantito a tutti i cittadini attraverso la copertura integrale del territorio nazionale con il segnale televisivo digitale.
(4-18804)


   L'ABBATE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si richiama l'attenzione sulle interrogazioni n. 4-02323 del 28 ottobre 2013 (e relativa risposta del 27 febbraio 2014 del sottosegretario pro tempore per il lavoro e le politiche sociali, Carlo Dell'Aringa), n. 4-09958 del 23 luglio 2015 (e relativa risposta della Ministra dello sviluppo economico Federica Guidi del 7 ottobre 2015), n. 4-07393 del 22 dicembre 2014, n. 4-12295 del 29 febbraio 2016 e n. 4-14754 del 9 novembre 2016;

   è noto all'interrogante che in prefettura a Foggia è stata data lettura e comunicazione di vari gruppi che hanno espresso interesse all'acquisizione della Manfredonia Vetro. Al momento, è noto l'interessamento del Fondo Elliott, della Sisecam, e dell'imprenditore pugliese Vinella, il quale ha presentato una manifestazione di interesse nell'estate 2017. Stando ai verbali degli incontri tenutisi presso il Ministero dello sviluppo economico e alle dichiarazioni alla stampa dell'ex assessore regionale al lavoro e attuale presidente della task force regionale sul lavoro e le crisi aziendali Leo Caroli, sia il Ministero dello sviluppo economico sia la regione Puglia avevano promesso di nominare un advisor per cercare potenziali acquirenti per il sito di Manfredonia-Monte S.Angelo;

   in data 16 dicembre 2017 scadrà la Cassa integrazione guadagni in deroga autorizzata con DD n. 580 del 30 dicembre 2016 e la relativa integrazione accordata dalla regione Puglia con Determinazione del dirigente servizio politiche attive e tutela della sicurezza della qualità delle condizioni di lavoro 10 marzo 2017, n. 177;

   in data 16 gennaio 2018, avanti al curatore Luigi Di Fant nello studio in Treviso si darà corso alla procedura competitiva volta all'aggiudicazione delle giacenze di stagno in siviere appartenenti al fallimento n. 38/2016. Oggetto di aggiudicazione e di vendita sono rimanenze di cascami di stagno in siviere coniche (chilogrammi 136.220 ubicate nella Z.I. ASI Manfredonia-Monte S. Angelo) con prezzo base d'acquisto pari a 1.662.156 euro. Lo stagno è un metallo prezioso con un costo rilevante, fondamentale per il processo di formatura del vetro. La pasta fusa vetrosa viene colata in una vasca ermetica ed inerte in un bagno di 200 tonnellate di stagno fuso per permettere la perfetta planarità del nastro continuo di vetro. Senza stagno, pertanto, non vi può essere produzione e la sua vendita, a prezzi stracciati, rappresenterebbe un colpo basso per la ripartenza, se non proprio, a parere dell'interrogante, l'evidenza della mancata volontà politica di ridare vita all'intero sito produttivo dell'ex Sangalli Vetro;

   ciò inoltre collide con quanto emerso nei tavoli ministeriali dove era stata segnalata al curatore fallimentare la necessità di non procedere con le cosiddette «vendite spezzatino» del sito sino al 31 dicembre. Aspetto ribadito dal viceministro allo sviluppo economico Teresa Bellanova alla trasmissione tv «Striscia la Notizia» del marzo 2017, in onda su Canale 5 il 4 marzo 2017 –:

   se i Ministri interrogati intendano vagliare e sostenere, per quanto di competenza, le diverse proposte di acquisto presenti sul tavolo facendo ripartire il sito produttivo dell'ex Sangalli Vetro di Manfredonia-Monte S.Angelo;

   se, nelle more della vendita del plesso produttivo, non si intendano assumere le iniziative di competenza per scoraggiare la vendita «a pezzi», in quanto ciò comprometterebbe il rilancio futuro dello stabilimento come illustrato in premessa;

   se, vista l'imminente scadenza della Cassa integrazione guadagni in deroga per i lavoratori della Manfredonia Vetro, non si intenda convocare una urgente riunione ministeriale per vagliare il futuro lavorativo dei dipendenti dello stabilimento, fermi oramai dal 29 novembre 2014.
(4-18817)


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9, paragrafo 4, della direttiva 97/67/CE prevede la possibilità per gli Stati membri di istituire un fondo di compensazione per il servizio universale postale, destinato a operare nel caso in cui gli obblighi del servizio universale vengano a configurarsi come un onere finanziario non equo per il fornitore del servizio universale;

   la direttiva prevede poi la possibilità per gli Stati membri di prevedere che a contribuire a questo fondo siano i soggetti titolari di autorizzazione alla fornitura di servizi postali;

   il legislatore italiano, in sede di recepimento della direttiva nell'ambito del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, ha scelto di prevedere l'istituzione di un fondo di compensazione, alimentato da un contributo dei titolari di autorizzazione che può elevarsi a fino il 10 per cento del loro fatturato annuale;

   risulta all'interrogante che i margini di utile nel mercato si attestino, per gli operatori privati, intorno al 3 per cento, con la conseguenza per cui lo strumento, se attivato, condurrebbe automaticamente in default tutti i concorrenti dell’incumbent, così azzerando l'intero processo di liberalizzazione del mercato postale;

   le finalità perseguite tramite la previsione del fondo risultano già verosimilmente soddisfatte dalla disciplina di assegnazione del servizio universale e di redazione del contratto di programma, e ad oggi non si è mai resa necessaria l'attivazione del fondo stesso;

   dato che il fondo non è operativo e nessuna risorsa è ad esso assegnata, l'eventuale eliminazione della relativa previsione di legge non necessiterebbe di copertura –:

   se il Governo non ritenga di esercitare i propri poteri di iniziativa normativa, a tutela del processo di liberalizzazione del settore postale, al fine di eliminare il fondo di compensazione, prevederne l'alimentazione a carico dello Stato, o quantomeno ridurre, entro limiti compatibili con la sopravvivenza sul mercato dei titolari di autorizzazione, l'entità massima percentuale del contributo che può essergli richiesto.
(4-18829)


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   I.T.S. (Information Technology Services) con sede legale in Torre Annunziata (NA), è una società per azioni fondata nel 1994, di proprietà della famiglia Altieri, affermatasi sul mercato nazionale ed internazionale come società ad alta specializzazione nel settore della progettazione e nell'implementazione di soluzioni basate su infrastrutture di telecomunicazioni tradizionali e di nuova generazione, canali di comunicazione e media digitali;

   l'evoluzione dell'impresa comporta importanti passaggi nell’asset societario tra cui l'accordo con Ericsson nel 1998 per la fornitura di tecnici esperti per la manutenzione e testing delle centrali telefoniche, l'acquisizione nel 2002 del Consorzio Criai, Centro ricerche per l'informatica e l'automazione industriale di Portici, in società consortile con l'Università di Napoli Federico II e Labor S.r.l., l'acquisizione nel 2003 da Italtel del centro di ricerche di Santa Maria Capua Vetere (CE) con 40 ricercatori di alto profilo, esperti nella progettazione e produzione di sistemi telefonici ed applicazioni per il mondo della telefonia e dell’Office Automation, nonché di un dirigente;

   inoltre, nel 2008, grazie ad un finanziamento europeo, gestito dalla regione Campania, di 4 milioni e mezzo di euro a quanto consta all'interrogante, veniva allestita una sede in San Nicola la Strada (CE), impiegando 80 addetti per la realizzazione di «sistemi di telecomunicazioni chiavi in mano» di vari brand del mercato internazionale (Ericsson, Avaya e altro);

   l'acquisizione di alte professionalità provenienti dai vari rami d'azienda, porta la società madre a ricollocare i profili acquisiti, scorporandoli in una serie di società tra cui la Itform attiva nel settore della formazione, T&M (Television e Multimedia) operante nel settore delle produzioni multimediali e televisive;

   silenziosamente si apre la fase di declino che degenera nel 2008 con la chiusura di tutte le sedi e accentramento delle attività nell'edificio sito in Torre Annunziata;

   la scelta risulta infelice in quanto quest'ultima è situata in una posizione territoriale mal collegata e difficile da raggiungere, nonché lontana rispetto al punto focale di interesse tecnologico, comportando decrementi dei fatturati e chiusure di rami d'azienda;

   sempre nell'anno 2008 si apre la crisi economica e tecnologica al punto che la società richiede ammortizzatori sociali e cassa integrazione per un numero di unità superiore alla trentina rispetto al totale di duecentocinquanta occupati;

   nel 2011 si ha una fase di riorganizzazione conferendo in Itslab s.r.l., sempre di proprietà Altieri, l'intero mercato, la quale acquisisce la massa totale di passività da I.T.S.;

   la situazione degenera nuovamente quando al 17 ottobre 2017 la società Itslab produce istanza di concordato preventivo che viene poi ratificata con la concessione dei termini di 120 giorni per il completamento della procedura;

   il quadro si complica a questo punto definitivamente in data 14 novembre 2017, quando l'azienda procede al licenziamento collettivo di 91 lavoratori su 118, salvando esclusivamente 4 addetti per la sede di Torre Annunziata –:

   se il Ministro interrogato sia intenzionato a convocare un tavolo di concertazione al riguardo, anche all'interno della vertenza Ericsson, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali in una regione come quella campana ed in particolare nel territorio di Torre Annunziata, riconosciuto dal Governo come area di «crisi complessa» e dunque che è destinata a processi di reindustrializzazione.
(4-18844)


   LOMBARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da uno studio che mette a confronto l'organico di Alitalia con quello di altre compagnie europee, quali Lufthansa, Air France-Klm, IAG-British, Vueling e Iberia, è emerso che il numero dei dipendenti della compagnia italiana sarebbe inferiore al necessario;

   infatti, considerando le diverse «variabili» esistenti (flotta, voli effettuati, posti km offerti, fatturato), i lavoratori Alitalia dovrebbero essere in media 13.700, anziché gli attuali 10.500, peraltro diminuiti di 1600 unità, per effetto della Cassa integrazione guadagni straordinaria firmata dalle organizzazioni sindacali;

   dunque, il problema della società aerea italiana non sarebbe costituito dagli esuberi di personale e neanche dal costo del lavoro, attualmente pari a circa 600 milioni di euro l'anno;

   sempre secondo il medesimo studio, infatti, il costo medio annuale per dipendente di Alitalia è più basso di tutti i vettori tradizionali (7000 euro annui in meno) e dei vettori low-cost (5000 euro annui in meno), fatta eccezione delle sole Iberia e Ryanair;

   durante l'attuale gestione è stata avviata la Cassa integrazione guadagni straordinaria sia a zero ore sia a rotazione per 1600 esuberi (full time equivalent), aggravando ulteriormente il sottorganico esistente e sopra evidenziato;

   da fonti sindacali, si apprende che, se da un lato Alitalia sta mettendo in cassa integrazione a zero ore oltre 100 addetti dell'IT AZ su meno di 200 in forza, in alcuni settori, come ad esempio quello dell’information technology, la società starebbe procedendo alla dismissione delle attività, esternalizzando la gestione informatica della compagnia, mediante la stipula di onerosi contratti;

   se così fosse, si porrebbero seri dubbi sulla legittimità dell'uso che l'impresa fa degli ammortizzatori sociali, che si configurerebbe per l'interrogante come un sostegno di Stato alla ristrutturazione aziendale piuttosto che come una misura in favore dei lavoratori ritenuti in eccedenza;

   a ciò si aggiunga che i 900 milioni di euro recentemente prestati dal Governo alla compagnia aerea rappresentano una cifra più alta di quella versata nelle casse di Alitalia da parte dei cosiddetti capitani coraggiosi nel 2008 e di Etihad nel 2015, che ammonterebbe a circa 800 milioni di euro;

   se il taglio del personale e il conseguente ricorso agli ammortizzatori fossero funzionali a semplificare la vendita di Alitalia, per la collettività si tratterebbe di una «doppia beffa», in quanto non solo lo Stato non tornerebbe in possesso di un asset strategico del Paese, ma si ritroverebbe a finanziare anche la terza liquidazione della compagnia e la terza privatizzazione in meno di 10 anni;

   infine si segnala che Alitalia è stata ammessa alla procedura concorsuale nonostante non abbia presentato il bilancio del 2016;

   con il prestito finanziario concesso dal Governo in favore di Alitalia ad avviso dell'interrogante si è realizzata una nazionalizzazione de facto della compagnia, peraltro presumibilmente finalizzata alla vendita –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza si intendano adottare per verificare che vi sia un corretto utilizzo degli ammortizzatori sociali di cui in premessa;

   quale sia l'andamento del processo di risanamento in atto e quali siano le prospettive future dell'azienda.
(4-18877)


   SIBILIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Solofra è socio di maggioranza della Irno Service spa, società di servizio a prevalente capitale pubblico per la gestione in house del servizio idrico e di altri servizi pubblici del comune. L'Irno Service spa fornisce agli utenti, in regime di monopolio, esclusivamente acqua potabile;

   l'articolo 2597 del codice civile prevede che «Chi esercita un'impresa in condizione di monopolio legale ha l'obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità di trattamento»;

   il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, all'articolo 144, comma 4, riguardo all'uso dell'acqua potabile, prevede espressamente che: «Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità»;

   la carta del servizio idrico dell'Irno Service spa prevede, tra i princìpi fondamentali, che: al punto 1 «La Irno Service S.p.A. si ispira ai princìpi di eguaglianza dei diritti dei clienti e di non discriminazione per gli stessi» e al punto 2 «La Irno Service S.p.A. garantisce la parità di trattamento dei clienti, a parità di condizioni impiantistico-funzionali, nell'ambito di tutto il territorio di competenza»;

   dal 2014, dopo la chiusura dei pozzi industriali per la presenza di tetracloroetilene oltre i limiti di legge, sarebbe stata garantita a numerose aziende conciarie, per i nuovi allacciamenti idrici alla Irno Service spa, oltre all'esonero del pagamento della prevista cauzione, anche la riduzione della tariffa da 2,00 euro al metro cubo ad 1,00 euro al metro cubo. Non risultano eventuali riduzioni delle tariffe idriche civili da applicare alle famiglie, che sono quelle che hanno patito e patiscono poi i maggiori disservizi;

   sul giornale Il Mattino del 29 luglio 2015, a pagina 25, è stata riportata la notizia che la Irno Service avrebbe applicato alle aziende conciarie i citati sconti tariffari da 2 euro a metro cubo a 1 euro a metro cubo, mentre nessuno sconto è stato applicato alle famiglie perché la tariffa era da considerarsi già bassa;

   sui siti istituzionali del comune di Solofra e della Irno Service spa non risulta pubblicato alcun provvedimento ufficiale che esonera le aziende dal pagamento della cauzione per gli allacciamenti idrici o che «autorizzi sconti tariffari» per la fornitura idrica per uso non domestico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere, anche sul piano normativo e di concerto con gli enti locali, al fine di incentivare la riduzione delle tariffe per le forniture idriche per uso domestico, adottando soluzioni che evitino di penalizzare le famiglie, che già soffrono pesanti disservizi, favorendo al contrario aziende e imprese, come è accaduto nel caso in esame.
(4-18878)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pannarale e altri n. 5-12108, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Ricciatti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Albanella n. 5-12858, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Giacobbe.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e Mucci n. 5-12871, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Piccoli Nardelli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Tripiedi e altri n. 5-12888, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Dall'Osso.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Incà e altri n. 4-18759, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Businarolo e Pesco.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Maria n. 5-12909, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Fabbri.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Basilio n. 4-18418, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 883 dell'8 novembre 2017.

   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1436 del codice di ordinamento militare prevede ricompense d'oro, d'argento e di bronzo al valore di marina o al merito di marina;

   da notizie apprese da mezzi di comunicazione, risulta che tanti sono gli atti eroici che negli ultimi anni stanno effettuando gli uomini della guardia costiera a favore di clandestini/naufragi che si avventurano nel canale di Sicilia per sbarcare sulle nostre coste;

   nell'ambito della missione «Poseidon Rapid Intervention», con decreto presidenziale n. 117 del 23 agosto 2017, è stata concessa la medaglia d'oro al valore di Marina al Primo Maresciallo nocchiere di porto Roberto Mangione e la medaglia d'argento al Primo Maresciallo nocchiere di porto Luciano Sebastio, entrambi comandanti delle unità navali coinvolte nella missione;

   inoltre, risulta che nell'ambito della stessa missione sono state conferite onorificenze anche ad altri componenti degli equipaggi interessati, mentre altri componenti non hanno ricevuto encomi o onorificenze, di nessun tipo;

   la missione in questione viene svolta da tutto l'equipaggio nelle medesime difficili condizioni, con uno stato di mare proibitivo e con centinaia di ore di navigazione percorse spesso in ore notturne e in condizioni ambientali e meteo avverse, mettendo continuamente a repentaglio la vita dei soggetti interessati per missioni di soccorso in favore di migliaia di migranti;

   la concessione o meno di meritate onorificenze ha impatto anche sulla condizione morale del personale interessato che impegna la propria vita al servizio dello Stato, con grande passione e abnegazione;

   questi argomenti erano già stati motivo di attenzione da parte della rappresentanza militare co.i.r. c.p.; in particolare con la delibera 101/xi si esprimevano «le perplessità della base per decisioni adottate dallo stato maggiore marina relative al riconoscimento delle ricompense al merito di marina attribuite ad azioni ed atti di coraggio in mare svolti con perizia marinaresca che abbiano esposto la vita del personale a manifesto pericolo, chiedendo, nel contempo una eventuale revisione dei provvedimenti al fine di concedere la medaglia al valore in luogo di quella al merito di marina»;

   l'articolo 86 del testo unico dell'ordinamento militare (T.U.O.M.) prevede che per la concessione delle ricompense al valore al merito di forza armata, si riunisce una commissione presieduta dal capo di stato maggiore della forza armata e composta da due ammiragli di cui uno delle capitanerie di porto, se l'azione riguarda il personale delle capitanerie, e un ufficiale superiore con funzioni di segretario –:

   quali siano i motivi per i quali il Ministro interrogato non abbia proposto il conferimento di encomi o onorificenze a tutti i componenti degli equipaggi impegnati nella missione «Poseidon Rapid Intervention» e se non ritenga opportuno assumere urgentemente le iniziative di competenza affinché tali encomi o onorificenze vengano concessi alla totalità dei componenti degli equipaggi interessati;

   da quale ente/comando sia stata attivata la procedura per il riconoscimento delle medaglie valore di marina in questione; se sia stata avviata nei confronti di tutti i membri dell'equipaggio e per quale tipo di riconoscimento sia stata fatta la proposta;

   se per il personale imbarcato a Lampedusa, nell'ambito della missione di cui in premessa per il quale vi è certezza di tanti atti eroici e che hanno anche comportato rischi per la vita, sia stata attivata la procedura per i riconoscimenti al valore e in caso negativo, i motivi di tale mancata attivazione.
(4-18418)

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-12092 del 12 settembre 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Andrea Maestri n. 5-12621 del 7 novembre 2017;

   interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-18641 del 28 novembre 2017;

   interrogazione a risposta scritta Laffranco n. 4-18643 del 28 novembre 2017;

   interpellanza Gasparini n. 2-02046 del 5 dicembre 2017;

   interrogazione a risposta scritta Terzoni n. 4-18784 del 13 dicembre 2017;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Santelli n. 5-12955 del 20 dicembre 2017.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Venittelli n. 5-11123 del 12 aprile 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18804;

   interrogazione a risposta in Commissione Becattini n. 5-12589 del 6 novembre 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18805.