Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 13 dicembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il Qatar è un emirato, retto dalla famiglia reale Al Thani, la quale governa lo Stato dal 1825, da quando la stessa famiglia reale fu fondata;

    dopo il referendum costituzionale del 2003 è diventata formalmente una monarchia costituzionale che prevede l'elezione diretta di 30 dei 45 membri dell'Assemblea consultiva;

    è recente la notizia che l'emiro del Qatar, lo sceicco Tamim Bin Hamad al-Thani, ha emesso un decreto che rinnova la nomina di alcuni membri del Consiglio dello Shura inserendo per la prima volta quattro donne: Hessa al-Jaber, Aisha Yousef al-Mannai, Hind Abdul Rahman al-Muftah e Reem al-Mansoori;

    nonostante il Paese sia ancora lontano dalla democrazia partecipata, cominciano ad esserci aperture che hanno portato la capitale Doha a dotarsi di un'amministrazione comunale eletta;

    il piccolo paese del Golfo ha sviluppato negli ultimi anni relazioni commerciali a livello intercontinentale grazie alla presenza di importanti giacimenti petroliferi e soprattutto per la presenza dei più grandi giacimenti di gas naturali al mondo;

    da circa un decennio, inoltre, il Qatar ospita importanti manifestazioni sportive come il Motomondiale nel circuito di Losail ed il torneo internazionale di tennis ATP della categoria World Tour 250;

    la Fifa ha designato il Qàtar come nazione ospitante del Campionato mondiale di calcio 2022;

    importante ruolo strategico è attribuito al Paese del Golfo anche per la vicinanza geopolitica a numerosi Paesi ancora in fase di stabilizzazione politica; è presente infatti nel Paese arabo il quartier generale dello USA Central Command, che supervisiona le operazioni militari statunitensi in Afghanistan e nel medio Oriente;

    nel Paese è situata inoltre la più grande base aerea Usa di tutto il Medio Oriente, ad Al Udeid, con circa 8000 militari;

    il 5 giugno 2017, con una mossa coordinata, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Egitto e altri Paesi musulmani come le Maldive, hanno rotto i rapporti col Qatar, accusandolo del sostegno a gruppi integralisti;

    l'isolamento del Qatar prevede l'applicazione di sanzioni economiche e l'espulsione di qatarioti dal gruppo dei Paesi del Golfo;

    questa situazione ha comportato gravi ripercussioni soprattutto sul fronte degli approvvigionamenti interni in quanto il Qatar dipende fortemente dalle importazioni per l'approvvigionamento di beni alimentari di cui necessita ed il suo territorio, in gran parte desertico, non consente infatti di sviluppare in modo sufficiente né agricoltura, né allevamenti;

    nei primi due mesi di embargo da parte dei vicini, il Qatar ha speso il 23 per cento del Pil per sostenere l'economia interna e ha dovuto ridurre le quote di partecipazione in alcuni gruppi aziendali importanti;

    il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dopo essersi recato personalmente in Qatar, nei giorni scorsi all'Onu, ha chiesto ai Paesi arabi del Quartetto di rimuovere il blocco nei confronti del Qatar «anche alla luce degli insostenibili disagi causati a migliaia di famiglie»;

    reazioni diplomatiche sono arrivate da diversi Paesi del mondo come la Russia che per mezzo del suo Ministro degli esteri Sergei Lavrov ha dichiarato che «non vogliamo che le relazioni tra nostri partner si deteriorino»; rendendosi pronti ad un azione diplomatica per pacificare l'area e assumendosi il ruolo di facilitatori nella crisi che ha spaccato il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg),

impegna il Governo:

1) a farsi carico in sede comunitaria di sostenere qualsiasi iniziativa in grado di allentare la tensione nel Golfo;

2) ad adoperarsi, per quanto, di competenza, per far sì che vengano annullate tutte le sanzioni economiche imposte al Qatar;

3) ad assumere iniziative diplomatiche volte ad evitare che alcuni Paesi arabi promuovano l'espulsione del Qatar dal Consiglio di cooperazione del golfo (Ccg);

4) a sostenere l'azione di mediazione diplomatica del sovrano del Kuwait, Sheikh Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah al fine di riunire tutti gli attori interessati per una soluzione pacifica e coordinata del problema.
(1-01777) «Abrignani, Bueno, Dambruoso, Vaccaro, Francesco Sanna, Nardi, Scanu, Giovanna Sanna, Faenzi, Parisi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la cosiddetta «violenza di genere» è tra i temi sociali più importanti del nostro tempo e finalmente l'azione congiunta di media, politica e società civile sta attuando una convinta opera di sensibilizzazione, affinché il nostro Paese possa definitivamente liberarsi da un retaggio culturale troppo spesso connotato di elementi patriarcali e maschilisti;

   il Parlamento eletto nell'attuale legislatura conta il più alto numero di donne di sempre, circa il 30 per cento, e nel corso della stessa legislatura sono stati approvati importanti testi normativi relativi al tema, primo fra tutti la legge di ratifica della Convenzione di Istanbul;

   è stato appena varato il piano nazionale anti-violenza per il periodo 2017-2020 che affronta in maniera concreta e ambiziosa diverse sfaccettature della prevenzione della violenza di genere partendo dalla protezione e dal sostegno delle vittime, toccando l'asse della punizione degli esecutori ed arrivando a prevedere il sostegno all'assistenza e alla promozione della raccolta e della gestione dei dati relativi a questo fenomeno;

   la sempre crescente informazione e sensibilizzazione circa il tema della violenza sulle donne ha innescato un importante circolo virtuoso che ha registrato la mobilitazione – oltre che di importanti figure istituzionali – di soggetti provenienti dagli universi più disparati: ne è un chiaro esempio «Denuncialo», importante campagna di sensibilizzazione che ha visto protagonista, in qualità di portavoce, la dottoressa Donatella Prampolini, attuale vice-presidente di Confcommercio che ha proposto, provocatoriamente, di istituire un fondo agevolato da parte di una banca privata dal quale possano attingere le vittime;

   la necessità oggettiva, infatti, è quella di offrire un aiuto stabile e capace di poter garantire, in un periodo di tempo variabile secondo l'esigenza del caso, un'assistenza duratura che metta le vittime nella condizione di denunciare senza indugio la violenza subita. Per realizzare questo obiettivo, però, si rende evidente la necessità di un supporto costante e duraturo che non si limiti ad offrire il minimo indispensabile trascurando il futuro immediato;

   secondo l'Ipu-Un Women «Women in Politics 2015 map» a livello internazionale la media delle donne presenti nelle assemblee parlamentari corrisponde solamente al 22 per cento, mentre si scende al 17,7 per cento per i membri del Governo ed al 6,6 per cento dei Capi di Stato;

   una compiuta emancipazione, valore fondante dell'autonomia ed indipendenza femminile, può realizzarsi solamente laddove esiste un Paese a misura di donna. Se i servizi di welfare, sia per i bambini che per gli anziani, non sono sufficienti a sostenere le necessità di questo segmento di popolazione, il peso di tutto, specialmente in una società che ha come base fondante la famiglia, graverà sulle donne. Un circolo vizioso quindi che potrebbe facilmente essere invertito se solamente venissero stanziate le risorse necessarie;

   la suddetta emancipazione passa sicuramente dai punti espressi nella relazione esplicativa del piano nazionale anti-violenza, ma è ancor più necessario porre in essere delle misure normative che intervengano ancor prima che la spirale di violenza inizi: si tratta di sostenere delle politiche di empowerment femminile, iniziando ad interessare le fasce più giovani del Paese. Solamente attraverso l'acquisizione di una piena consapevolezza dei propri diritti e delle possibilità che le donne hanno in quanto cittadini aumenterà la sensibilità, il rispetto e l'attenzione al tema della violenza di genere, della relativa discriminazione e della diffusa pratica dell'abuso di potere maschile –:

   se e quali iniziative di empowerment il Governo intenda assumere affinché le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini nella costruzione di un percorso professionale che non le escluda a priori da ruoli ed incarichi di vertice, anche al netto del fatto che solamente aumentando e valorizzando il numero ed il ruolo delle donne nelle posizioni considerate strategiche e rilevanti, non solamente dentro le istituzioni, crescerà di riflesso anche la sensibilità e l'informazione relativa alla violenza di genere.
(2-02050) «Grande».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   un gruppo di precari della ricerca in Sardegna ha rivolto all'interpellante un accorato appello al fine di sottoporre all'attenzione del Governo la situazione ormai insostenibile in cui versa il più grande Ente di ricerca italiano, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr);

   il Cnr si avvale del lavoro di circa 11500 lavoratori e lavoratrici, dei quali il 40 per cento lavora con forme contrattuali che la legge definisce precarie e atipiche;

   questi lavoratori oggi contribuiscono al successo dell'ente, garantendo allo stesso il rispetto che merita in ambito scientifico, tanto che esso è l'unico ente pubblico di ricerca (Epr) che rientra tra i 200 centri di ricerca più innovativi del mondo (137/mo posto, secondo la rivista Nature);

   i progetti di ricerca sono finanziati solo parzialmente dal Cnr e prevalentemente da fondi comunitari, nazionali, regionali e privati. Tradotto in cifre, ciò significa che le forme contrattuali atipiche interessano circa 4.500 lavoratori che svolgono il compito di sostenere le attività di ricerca, apportando un contributo fondamentale per la produzione scientifica dell'ente;

   di questi lavoratori circa 2000 hanno un contratto a tempo determinato e i restanti 2500 lavorano con assegni di ricerca e Contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

   questa situazione di precariato è conseguenza sia di un vuoto normativo, che non definisce percorsi interni certi, sia della limitata immissione di nuovi assunti in sostituzione delle cessazioni dei rapporti di lavoro per pensionamento;

   contribuisce ad aggravare questo contesto il taglio sistematico del fondo ordinario di esercizio per gli enti pubblici di ricerca, la cui entità consente oramai di coprire solo le spese di personale a tempo indeterminato e la gestione ordinaria;

   recentemente sono stati disposti gli strumenti legislativi per sanare questa situazione: Il decreto legislativo n. 75 del 25 maggio 2017, «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 1652, che autorizza, con l'articolo 20, commi 1 e 2, l'apertura delle procedure per il “superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”» ovvero la stabilizzazione di tutto il personale precario; la circolare n. 3 del 2017 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, che definisce gli indirizzi operativi di cui al decreto legislativo n. 75 del 2017;

   per tali norme il Governo nazionale non ha disposto, invece, un'adeguata copertura finanziaria a beneficio degli enti che potrebbero avvalersi di questa possibilità, tra i quali il Cnr;

   si tratterebbe di vincolare circa 120 milioni di euro per il solo Cnr;

   a tanto ammonta la previsione di spesa riportata sul «piano di fabbisogno» o «piano triennale delle attività», presentato dal consiglio di amministrazione del Cnr e approvato dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca per la stabilizzazione dei precari aventi diritto: a) circa 1.300 unità di personale con contratto a tempo determinato (comma 1, dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75); b) circa 1.300 posizioni da mettere al bando con riserva di posti nella misura del 50 per cento (comma 2 dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75);

   al momento, la cifra stanziata dal Governo per la stabilizzazione dei precari della ricerca di tutti gli Epr è di appena 10 milioni di euro per il 2018, 40 milioni aggiuntivi per il 2019 e per il 2020, in cofinanziamento al 50 per cento con gli enti stabilizzanti, e non si tratta di fondi strutturali;

   la Sardegna si pregia di ospitare il Cnr in tre delle sue province (Cagliari, Oristano e Sassari), nelle quali sono attivamente impegnate oltre 200 unità di personale di ruolo e circa 100 unità di personale in formazione e/o con contratti di lavoro atipici, distribuite in 15 sedi afferenti a 14 istituti (Iom, Isac, Igag, Ift, Isem, Irgb, Ibimet, Icm, Ispa, Ispaam, Ise, Iamc, In, icb), le cui missioni coprono molti settori nodali per lo sviluppo economico, sociale ed ambientale dell'isola: chimica biomolecolare, agroalimentare, ambiente, oceanografia, biologia marina, storia e culture del Mediterraneo, genetica dei tumori, biomedicina, neuroscienze;

   le ricerche svolte in tali discipline si inseriscono nel panorama scientifico regionale, nazionale e internazionale attraverso importanti collaborazioni e progettualità che, finora, hanno consentito il mantenimento in servizio del personale precario grazie ai fondi dei progetti di ricerca finanziati con denaro pubblico e da commesse con aziende private;

   gli istituti singoli distribuiti su tutto il territorio isolano e l'unica area della ricerca del Cnr, a Sassari, rappresentano ormai una consolidata realtà strettamente connessa con le istituzioni e con il tessuto socioeconomico regionale –:

   se il Governo non intenda intraprendere le iniziative necessarie per non disperdere il patrimonio di professionalità maturato in lunghi anni di lavoro;

   se il Governo non intenda assumere iniziative per stanziare le risorse necessarie affinché venga affrontata tale situazione, a partire dalla salvaguardia dei lavoratori precari della Sardegna.
(2-02051) «Pili».

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dopo la drammatica alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna nel settembre 2015, in particolare nelle zone di Valnure e Valtrebbia, era stato predisposto un intervento a sostegno di cittadini e imprese nella forma di parziale rimborso per i danni subiti che ad oggi, a oltre due anni dalla tragedia, è ancora atteso. In particolare, sono state denunciate da più parti le difficoltà derivanti per i cittadini per la modalità di messa a disposizione dei fondi per via della rigidità della procedura burocratica e delle tempistiche di presentazione delle domande, nonché per il protrarsi continuo dei tempi di realizzazione che ha generato un senso insopportabile di abbandono e sfiducia nelle popolazioni colpite (si vedano, tra i tanti, gli articoli del quotidiano locale Libertà, «Rimborsi dell'alluvione: finora non si è visto nulla» del 15 marzo 2017; «Un mostro burocratico ferma ancora i rimborsi per l'alluvione» del 26 marzo 2017; «Alluvione, poco tempo per chiedere i risarcimenti» dell'8 agosto 2017; «Alluvione, ora è battaglia per i rimborsi» del 12 ottobre 2017);

   da ultimo, infine, risulta da atti regionali inviati in risposta a richieste di finanziamento che dalla delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016 non sarebbe stato nemmeno previsto il rimborso dei beni mobili registrati, ovvero dei mezzi con i quali i lavoratori colpiti dal cataclisma portano avanti le proprie attività economiche, ciò che rende intollerabilmente deficitario l'intervento nel suo complesso –:

   quali siano i motivi del continuo rinvio degli interventi nonché lo stato attuale della procedura di rimborso di cui in premessa e in che modo si intenda intervenire sia per il più celere completamento degli stessi sia in relazione alla fondamentale questione del rimborso concernente i beni mobili registrati.
(4-18779)


   TERZONI, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, MASSIMILIANO BERNINI, AGOSTINELLI, CECCONI, GALLINELLA, CIPRINI e CASTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il secondo inverno sta per iniziare nelle zone colpite dal sisma del Centro Italia e le Sae — le strutture abitative provvisorie — consegnate alla popolazione colpita dal sisma, a distanza di oltre un anno dagli eventi, sono meno del 50 per cento;

   la maggior parte delle soluzioni abitative provvisorie nel cratere si trova in zone di alta collina-montagna, nell'entroterra appenninico, dove assai di frequente le temperature scendono nettamente al di sotto dello zero;

   nonostante le condizioni climatiche fortemente avverse, le Sae consegnate non hanno caratteristiche adeguate per rispondere alle avversità climatiche, evidenziate già dai primi freddi che hanno colpito il centro Italia;

   l'inadeguatezza delle strutture abitative è stata evidenziata dal verificarsi di numerosi episodi, tra cui si segnalano i seguenti: si è registrata l'esplosione dei boiler (a causa delle basse temperature) posizionati sui tetti delle Sae a Visso e Gualdo di Castelsantangelo; in diverse Sae del comune di Arquata del Tronto inoltre, le forti piogge di queste settimane hanno causato infiltrazioni d'acqua, anche dal soffitto, probabilmente per un errore progettuale sull'inclinazione del tetto, come evidenziato dal sindaco di Visso (http://www.cronachemaceratesi.it);

   in alcune Mapre di Scai di Amatrice e Collicelle di Cittareale, dove la temperatura è scesa a -8°, si è formato ghiaccio nella parte interna dei vetri e talvolta il freddo ha causato la condensa nella parte interna delle porte, probabilmente a causa dell'inadeguatezza dell'isolamento;

   a Pieve Torina si stanno consegnando le casette in un'area ancora tenuta come un cantiere, senza asfalto e circondate da terra e fango;

   appare del tutto evidente che le Sae la cui realizzazione è stata assegnata nel 2015 al Consorzio nazionale dei servizi (Cns) di Bologna, sono del tutto inadeguate rispetto alle caratteristiche della zona montana e che sarebbero stati necessari, e lo sono tuttora, interventi immediati per porre rimedio alle principali criticità segnalate;

   è chiara l'inadeguatezza delle strutture abitative provvisorie, sufficienti durante la stagione più mite, ma decisamente non idonee ad ospitare i residenti nei mesi invernali, quando le temperature sono molte rigide –:

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di affrontare e risolvere i numerosi problemi evidenziati in premessa in modo da garantire ai cittadini alloggiati nelle Sae condizioni minime di vivibilità anche durante il periodo invernale.
(4-18784)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGNARLI e COZZOLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'azione di contrasto agli atti illeciti contro la fauna selvatica in Italia viene attualmente svolta sostanzialmente da tre soggetti diversi: il Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare (Cutfaac), che svolge le funzioni dell'ex corpo forestale dello Stato i corpi di polizia provinciale e le guardie venatorie volontarie;

   risulta agli interroganti che il nuovo ufficio Oaio, per la biodiversità, riserve naturali dello Stato, del Cutfaac ha sostituito il nucleo operativo antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato, e continuerà ad occuparsi anche dei reati contro il patrimonio faunistico tutelato da direttive comunitarie e convenzioni internazionali, mentre alle regioni, nell'ambito della loro autonomia, spetta l'organizzazione dei compiti a loro affidati. Tuttavia, non si hanno dati statistici recenti che aiutino a valutare l'adeguatezza del nuovo servizio nel contrasto ai reati contro il patrimonio faunistico e se possa essere considerato sufficiente;

   da quanto riportato da rappresentanti delle guardie zoofile che, nella grande maggioranza dei casi, operano direttamente sotto il controllo dei corpi di polizia provinciale, la situazione della vigilanza venatoria in Italia rimane carente. Poco è cambiato, al momento, con il passaggio del Corpo forestale nell'Arma dei carabinieri;

   molto critica appare la situazione della polizia provinciale, poiché, a monte, non è più chiaro di chi sia la competenza nell'ambito del controllo dell'attività venatoria in seguito alla riforma delle province operata dalla «legge Delrio»;

   secondo l'associazione professionale dei guardiacaccia pubblici e del personale di polizia in campo ambientale, il contrasto degli illeciti contro la fauna selvatica sarà impossibile se permarrà il blocco del turnover o se non si recupereranno le professionalità forzatamente «esodate» in altri enti pubblici, a seguito dei provvedimenti sulla mobilità del personale degli enti di area vasta. Basti pensare che, rispetto ai dati del 2007, il personale degli enti territoriali dedicato alla lotta al bracconaggio e al presidio del territorio rurale si è praticamente dimezzato, a causa di pensionamenti, blocco dei concorsi, mobilità obbligatorie, tagli di risorse alle province –:

   se i Ministri interrogati non ritengano urgente valutare l'adozione di iniziative per una revisione generale della disciplina in materia di vigilanza ambientale, anche affidando un ruolo di maggiore centralità, autonomia e responsabilità alle guardie venatorie e zoofile, al fine di coprire una lacuna che rischia di compromettere un lavoro fondamentale.
(5-12932)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 12 dicembre 2017 i carabinieri forestali del Nipaf di Latina hanno fatto un sopralluogo, disposto dalla direzione distrettuale antimafia di Roma, nell'impianto di trattamento dei rifiuti Rida Ambiente di Aprilia per verificare i cicli produttivi e acquisire la documentazione relativa alle autorizzazioni rilasciate;

   in particolare, l'inchiesta della dottoressa Affiniti punta a fare luce sull'Aia (autorizzazione integrale ambientale) rilasciata nel 2011 per il trattamento meccanico biologico, nonostante Rida in quel momento non disponesse di un impianto di Tmb;

   nelle autorizzazioni integrate ambientali concesse dalla regione Lazio per impianti destinati al trattamento di rifiuti o sottocategorie di questi, spesso si riscontrano anomalie procedurali;

   inoltre, al riguardo, l'interrogante evidenzia la scarsa trasparenza del sito istituzionale regionale per quanto concerne la consultabilità dei documenti pubblicati e la mancanza di controlli da parte degli enti territoriali preposti (regione e Arpa) che hanno consentito per decenni agli imprenditori del ciclo dei rifiuti eccessiva libertà, cosa che ha poi contribuito a determinare circostanze che hanno portato all'apertura di indagini e processi;

   il piano regionale dei rifiuti vigente contiene previsioni di azioni che vengono disattese da un eccessivo ricorso all'emergenzialità per il conferimento dei rifiuti, comportando a giudizio dell'interrogante una malsana dipendenza della stessa regione Lazio dall'offerta dei servizi di imprenditori privati che, indirettamente, sono coloro che determinano l'indirizzo attuale della politica di smaltimento;

   l'emergenza e, il commissariamento comportano alla regione costi maggiori rispetto alla spesa che viene preventivata per quanto concerne la gestione dei rifiuti, le bonifiche ambientali e, di conseguenza, le emergenze sanitarie e ambientali;

   la sentenza del Tar Lazio 28 agosto 2017, n. 9442 stabilisce che «Il perseguimento del profitto imprenditoriale, che è il motore dell'economia, non deve mai essere disgiunto né andare a discapito dell'interesse pubblico alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se, alla luce del ricorrente schema di non puntuale rispetto degli obbligatori iter autorizzatori, non ritenga di dover assumere urgentemente iniziative normative per ovviare a eventuali lacune delle procedure previste dalla normativa vigente in materia di autorizzazioni al trattamento di rifiuti, sanzionare efficacemente eventuali inadempienze, coprire il fabbisogno del settore dei rifiuti, garantire i diritti costituzionali inerenti alla salute delle popolazioni che vivono a ridosso di impianti che rientrano nel ciclo dei rifiuti e la corretta salvaguardia ambientale e non concedere un indebito vantaggio economico a quelle imprese che speculano sfruttando le lacune amministrative e di controllo del sistema di smaltimento dei rifiuti a discapito delle comunità ed ecosistemi in cui si collocano.
(5-12934)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il progetto H-Campus, prevede la realizzazione – in un unico sistema integrato – di un campus scolastico e universitario nei comuni di Roncade e Quarto d'Altino, con conseguente ampliamento della già estesa superficie occupata da H-Farm, che oggi insiste su 14 mila metri quadri edificati e 12 ettari di parco, con l'aggiunta di ulteriori 31 ettari di terreno, all'interno dei quali verranno realizzati i 26 mila metri quadri di nuovi edifici, per un controvalore complessivo di 69 milioni di euro;

   la realizzazione del progetto è resa possibile dalla proposta di accordo di programma, prevista dall'articolo 32 della legge regionale Veneto n. 35 del 2001, presentata dalla ditta Cà Tron Real Estate S.r.l., d'intesa con la società Cattolica di Assicurazione Socc. Coop., alla quale oggi è subentrata la Società Cattolica Beni Immobili S.r.l., e il cui schema di accordo è stato sottoscritto il 19 gennaio 2017 da parte dei rappresentati della regione Veneto, della città metropolitana di Venezia, dei comuni di Roncade e Quarto d'Altino e del soggetto proponente;

   il 22 novembre 2017 il progetto predisposto da Cattolica Beni Immobiliari Srl e H Farm è stato sottoposto allo screening della commissione di valutazione ambientale al fine di ottenere, in tempi rapidi e senza il passaggio alla commissione regionale di Via, il via libera al progetto e poter altresì accelerare l'avvio dei di cantieri entro il mese di gennaio 2018;

   l'area dove sorgerà l'H Campus, oltre ad essere interessata da una molteplicità di vincoli ambientali ed essere delicatissima dal punto di vista idraulico, come già denunciato in precedenti interrogazioni parlamentari a prima firma della interrogante, insiste su una zona di alto pregio naturalistico e ambientale, coincidente con il parco del Sile, classificata come zona SIC - ZPS (sito di interesse comunitario (SIC) IT3240031 «Fiume Sile da Treviso Est a San Michele Vecchio» e zona di protezione speciale (ZPS) IT3250046 «Laguna di Venezia») e protetta dalla rete natura 2000 (decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997);

   come noto, per i piani o gli interventi che interessano siti Natura 2000 interamente o parzialmente ricadenti all'interno di un'area protetta nazionale, è obbligatoria la valutazione di incidenza ambientale mentre per i progetti già assoggettati alla procedura di valutazione d'impatto ambientale Via, la valutazione d'incidenza viene ricompresa nella procedura di Via (decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, articolo 6, comma 4);

   in particolare, se nel sito interessato ricadono habitat naturali e specie prioritari, l'intervento può essere realizzato solo per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente, oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, articolo 6, comma 10). In tutti gli altri casi (motivi interesse privato o pubblico non rilevante), si esclude l'approvazione;

   dall'esame della relativa documentazione, oltre alla sottoposizione del progetto unicamente allo screening della Commissione Via, si rileverebbe inoltre come tale progetto non risulti essere quello globale inserito nel citato accordo di programma, bensì una sua parte non ricomprendente tutti gli interventi viari e infrastrutturali del progetto complessivo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere a tutela di una zona ad alto pregio naturalistico e ambientale rientrante nella Rete natura 2000, tenendo conto che non sono chiare le ragioni per cui il progetto per la realizzazione dell'H-Campus sia stato sottoposto unicamente alla fase di screening di Via e non sia stato direttamente assoggettato alla procedura di valutazione ambientale, modalità di valutazione più approfondita rispetto allo screening, come previsto dalla normativa vigente.
(4-18795)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO, ALBANELLA, RIBAUDO e IACONO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, gli studiosi e tutti gli interessati — nel rispetto del diritto d'autore — hanno la possibilità di fotografare i volumi storici ed i documenti conservati negli archivi di Stato e nelle biblioteche di tutta Italia; l'archivio di Stato di Palermo nega questo diritto e vincola la possibilità di scattare fotografie con mezzi propri ad una formale richiesta di autorizzazione preventiva da parte dell'utente che viene spesso rigettata per presunte ragioni di tutela dei documenti; di conseguenza, chiunque volesse ottenere una riproduzione è costretto a rivolgersi, a pagamento, al servizio interno di riproduzione;

   gli utenti dell'archivio di Stato di Palermo hanno protestato con la direzione dell'archivio, scritto al Ministero e richiesto che i termini di legge venissero applicati anche nel loro caso;

   in un comunicato del 28 settembre 2017, il direttore dell'archivio di Stato di Palermo giustifica la necessità di autorizzazione per la riproduzione fotografica del documento archivistico a giudizio degli interroganti di fatto ignorando le modifiche normative intervenute. La ratio della legge non si presta a fraintendimenti né ad interpretazioni tendenziose, garantendo agli studiosi la libera riproduzione fotografica per fini culturali in maniera gratuita e senza richiesta di autorizzazioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto espresso in premessa;

   se il Ministro intenda intervenire per far sì che anche l'archivio di Stato di Palermo si adegui pienamente alla normativa vigente.
(5-12933)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, TRIPIEDI, LOMBARDI, CHIMIENTI, COMINARDI e DALL'OSSO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nel 2016 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo indiva in Gazzetta Ufficiale n. 41 del 24 maggio 2016 un concorso pubblico per l'assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1, in vari profili professionali;

   nel luglio 2017 la Commissione interministeriale Ripam, preso atto della conclusione dell’iter concorsuale per i profili oggetto del bando, autorizzava la pubblicazione delle relative graduatorie per i profili di funzionari archeologi, storici dell'arte, archivisti, demoetnoantropologi, promozione e comunicazione, bibliotecari, antropologi;

   gli idonei del suddetto concorso potrebbero essere utilizzati per coprire i sempre maggiori servizi cui deve rispondere il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, tanto più che risulterebbe una carenza di personale presso il suddetto Ministero;

   tuttavia, secondo quanto si apprende dal Comitato spontaneo degli idonei al concorso del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo non ha ancora provveduto allo «scorrimento» della suddetta graduatoria;

   eppure, lo scorrimento della graduatoria del suddetto concorso consentirebbe al Ministero – in base al principio di economicità e speditezza dell'azione amministrativa – anche un notevole risparmio economico e di tempo così ovviando all'eventuale assunzione di «precari» ovvero ai costi derivanti dalla gestione di ulteriori procedure di reclutamento di personale amministrativo, anche in applicazione di quanto previsto dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 –:

   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo intenda procedere con le assunzioni dei candidati idonei del concorso di cui in premessa con lo «scorrimento» della relativa graduatoria, anche in attuazione delle norme di cui al decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, assicurando così la celere assunzione tanto dei vincitori quanto degli idonei;

   quali tempi preveda il Ministro interrogato per l'assunzione degli idonei del concorso di cui in premessa.
(4-18785)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un articolo apparso su Tiscali.it il 22 giugno 2017, a firma di Paolo Salvatore Orrù, intitolato «Inchiesta sui laboratori chimici militari, marinaio siciliano malato di tumore querela i suoi superiori» racconta la vicenda di un ex maresciallo della Marina militare colpito da una grave malattia invalidante a causa del servizio prestato nell'ambito del laboratorio militare di Catania dove vengono svolte le analisi chimiche su particolari sostanze;

   in particolare si legge che: «Il compito dell'elicotterista era quello di analizzare fluidi idraulici, oli di lubrificazione e combustibile avio»;

   nel 2006 il militare si era sottoposto a sue spese ad una visita medica di elettroforesi, senza che ci fosse stato il minimo accenno alla malattia;

   nel 2007 aveva cominciato a lavorare nel laboratorio catanese;

   nel 2015 c'è stata la prima avvisaglia del male, quando era stato sottoposto a una visita medica presso l'istituto medico legale dell'aeronautica di Roma;

   «Con una elettroforesi mi è stato accertato un picco proteinico anomalo, che mi ha reso non idoneo al volo, così ho iniziato una serie di visite con accertamenti diagnostici che hanno evidenziato un mieloma, una malattia oncologica che colpisce persone anziane e solo in pochi casi persone giovani con meno di 40 anni di età», ha detto il sottufficiale. L'articolo riporta che «Fra gli altri documenti allegati alla querela, il militare ha presentato una relazione redatta da alcuni ufficiali dell'aeronautica che avevano visitato uno dei laboratori messi sotto inchiesta». «Nel documento — afferma — si spiega che in quei laboratori sono indispensabili le figure di un capo laboratorio laureato in chimica e di un perito chimico, per la gestione, il controllo, la formazione del personale e il controllo dell'uso dei dispositivi di sicurezza». Sempre negli stessi atti è stata evidenziata «la completa assenza della certificazione delle cappe aspiranti sui banchi di lavorazione e la scarsa ventilazione ed estrazione per il cambio dell'aria». Quanto alle visite cui veniva sottoposto il soldato nell'ambito della medicina del lavoro lo stesso ha dichiarato: «secondo i miei medici non erano appropriate al rischio cui ero sottoposto» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati nell'articolo citato in premessa e quali immediate iniziative intenda adottare al riguardo;

   se i locali del laboratorio in questione, le attrezzature e le lavorazioni ivi svolte, le certificazioni e i documenti di valutazione dei rischi siano rispondenti ai requisiti previsti dalle vigenti normative in materia di tutela della salute sui luoghi di lavoro ovvero se i citati atti siano stati redatti a norma di legge e, in caso contrario, quali iniziative siano state intraprese, per quanto di competenza, anche ai fini dell'accertamento delle responsabilità.
(4-18778)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, LOMBARDI e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 5-bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha introdotto la facoltà per il soggetto obbligato di estinguere la pretesa tributaria dell'erario oggetto di controversie in materia di accise ed Iva afferente ai prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche, procedendo al pagamento, da effettuare entro sessanta giorni dalla data di stipula di una transazione, di un importo almeno pari al 20 per cento dell'accisa e della relativa imposta sul valore aggiunto per cui è causa, senza corresponsione di interessi, indennità di mora e sanzioni, così, di fatto, realizzando, a parere degli interroganti, una sorta di «condono» mascherato;

   con nota del 15 giugno 2017 protocollo 71066/RU/2017 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, a firma del direttore pro tempore dottor Giuseppe Peleggi, è stato acquisito il parere dell'Avvocatura generale dello Stato che si è pronunciata sia in relazione al perimetro di applicazione della disposizione che ai criteri per giungere alle transazioni;

   per quanto riguarda le fasi della transazione, la suddetta nota dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, al primo capoverso di pagina 4, riferendo il parere reso dall'Avvocatura generale dello Stato, stabilisce che «Nella stima della congruità dell'importo si terrà conto dello stato e grado del contenzioso pendente, della durata della controversia, nonché dell'aleatorietà dell'esito dello stesso. In ordine alla valutazione sulla solvibilità del soggetto obbligato occorrerà fare riferimento, oltre che alla reale consistenza patrimoniale, anche al rischio dell'incombenza di possibili e probabili esposizioni a procedura concorsuali con la conseguente compromissione delle ragioni dell'erario»;

   posto che i crediti dell'erario in materia di accisa ed Iva afferente su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche costituiscono crediti privilegiati e dunque maggiormente garantiti, non si comprendono, a parere degli interroganti, le ragioni per cui tra i criteri cui ispirare la valutazione della eventuale transazione vengano «privilegiate» le aziende esposte a procedure concorsuali –:

   se il Ministro sia a conoscenza del contenuto della citata nota 15 giugno 2017 protocollo 71066/RU/2017 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli a firma del direttore pro tempore;

   quali e quante siano le imprese soggette a procedure concorsuali che hanno usufruito della procedura di estinzione del debito tributario in materia di accise ed Iva afferente su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche prevista dall'articolo 5-bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225.
(4-18786)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CECCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra le opere compensative della terza corsia dell'autostrada A14 nei pressi di Fano (PU) vi è una bretella di circa 900 metri che attraversa la ferrovia turistica Fano — Urbino;

   per la costruzione di tale bretella, Rete ferroviaria italiana di Ancona ha concesso l'utilizzo (e relativa demolizione) di circa 30 metri di binari della ex ferrovia Fano — Urbino con la clausola che l'attraversamento fosse «a raso» o che, in caso di riattivazione della Fano — Urbino, il comune di Fano si facesse carico dell'onere di costruire un sottovia o un cavalca ferrovia;

   il costo stimato di tale sottovia è di 700-900 mila euro, mentre quello del cavalca ferrovia è stato calcolato attorno agli 8-10 milioni di euro;

   la bretella, in realtà, alla intersezione con la ferrovia ha un'altezza variabile tra i 30 e i 120 centimetri –:

   se il Ministro sia a conoscenza di tale accordo che prevede un carico così elevato per il comune di Fano;

   se siano previsti dei fondi statali a sostegno di tale opera.
(4-18776)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 7 novembre 2017, il Comitato interministeriale per la salvaguardia di Venezia, presieduto dal Ministro Delrio, ha approvato una delibera di intesa che ha individuato, nella realizzazione di un nuovo terminal passeggeri a Marghera Nord, sul canale industriale, la soluzione giudicata ottimale per il transito delle grandi navi, decisione questa assunta in assenza di dibattito pubblico e dopo anni di perdurante violazione della legislazione speciale per Venezia;

   a seguito del pervenire di numerose richieste di accesso agli atti, l'Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico settentrionale, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha pubblicato sul proprio sito internet, www.port.venice.it, la documentazione presentata al cosiddetto «Comitatone» del 7 novembre;

   in particolare, nell'Analisi multicriteria delle alternative per la crocieristica a Venezia, redatta degli analisti dell'Autorità di sistema portuale, vengono messe a confronto alcune possibili soluzioni al passaggio delle grandi navi in Laguna, con, si legge nello stesso documento, «la dovuta attenzione alla protezione di un'area ad elevata sensibilità ambientale e valenza storico-artistico-culturale qual è Venezia»;

   dalla lettura del medesimo documento, e più precisamente a pagina 29, si evidenziano l'assenza di qualsiasi riferimento alla bioraffineria dell'Eni tra le aree considerate rischio rilevante di incidente – viene individuato solo il terminal Montesyndial come unico caso incompatibile per «rischio rilevante» – e la mancata riproduzione, nella planimetria riportata nell'Analisi multicriteria, degli stessi stabilimenti Eni che insistono su quell'area;

   come noto, la soluzione «Marghera» individuata dal Governo colloca i giganti del mare in una zona classificata come «area industriale e sito ad alto rischio ambientale», considerata la presenza a Marghera di molte attività a rischio di incidente rilevante, dove solo il 23 per cento delle aree totali sono state bonificate –:

   se i Ministri interrogati, sulla base dell'ubicazione delle alternative e dei percorsi marittimi, intendano chiarire i motivi per i quali la bioraffineria dell'Eni non venga riprodotta nella planimetria risalente al 2015 e riportata nell'Analisi multicriteria delle alternative per la crocieristica a Venezia, con conseguente esclusione dalla valutazione del «rischio d'incidente rilevante» per l'area di interferenza dello stabilimento dell'Eni, nonostante la medesima area in cui insiste la bioraffineria, a ridosso del passaggio delle grandi navi, sia classificata come «area industriale e sito ad alto rischio ambientale».
(4-18783)


   CECCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la regione Marche, ad avviso dell'interrogante in aperto contrasto con la legge sulle ferrovie turistiche, vorrebbe installare sul sedime della ferrovia Fano-Urbino una pista ciclabile;

   il sedime è di proprietà di Rete ferroviaria italiana e ha un'ampiezza di pochi metri –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa e se intendano assumere ogni iniziativa di competenza per verificare la conformità del progetto alle vigenti normative ferroviarie.
(4-18793)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-07062, il Governo dopo aver confermato che l'ex ispettore di Poste Italiane Alessandro Carollo «è stato vittima di due episodi di natura intimidatoria, verosimilmente uniti dal vincolo della continuazione»; ha affermato che «gli episodi sembrano potersi ricondurre alla collaborazione con gli organi inquirenti che il predetto ha prestato in ordine ad alcune attività d'indagine»;

   in seguito al ripetersi di gravi atti intimidatori in danno del citato Carollo, l'interrogante ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-11630, in risposta alla quale il Governo ha assicurato «che i dispositivi di vigilanza per la persona sopra citata sono stati mantenuti a seguito del riesame dell'esposizione a rischio del medesimo»;

   con l'interrogazione n. 4-13883, ancora senza risposta, si è segnalata la pubblicazione online di messaggi intimidatori e diffamatori contro l'ex ispettore, provenienti dal profilo di un imputato di uno dei procedimenti al quale il dottor Carollo ha dato un contributo investigativo;

   nel febbraio dell'anno in corso, di fronte al ripetersi di atti intimidatori, fra i quali la spedizione di un bossolo calibro 12 all'ex ispettore, l'interrogante ha evidenziato, con interrogazione n. 4-15691, l'opportunità di mantenere e potenziare il dispositivo di protezione;

   anche nel corso di quest'anno, l'ex ispettore è stato chiamato a prestare la propria collaborazione nell'ambito di procedimenti penali in corso, da ultimo rendendo testimonianza presso il tribunale di Termini Imerese in data 10 novembre 2017 e presso il tribunale di Palermo in data 13 settembre 2017 –:

   se il Governo, operata una nuova valutazione del rischio, anche sulla base degli elementi precedentemente segnalati, non intenda assumere iniziative per la proroga o la rinnovazione del dispositivo di vigilanza a garanzia del dottor Alessandro Carollo.
(5-12930)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano, La Stampa, in data 9 dicembre 2017, con la manifestazione di protesta organizzata nel medesimo giorno davanti alla prefettura di Novara ed estesa a livello nazionale, il sindacato autonomo dei vigili del fuoco Conapo ha voluto porre in risalto la carenza d'organico e le persistenti difficoltà in merito alle retribuzioni e al livello delle pensioni, che se comparate con quelle degli appartenenti alle altre forze di polizia, risultano penalizzate in quanto registrano 300 euro in meno ogni mese;

   la protesta nazionale, che tuttavia ha garantito comunque gli interventi di emergenza per la popolazione e lo svolgimento dei servizi essenziali (e che ha riguardato anche il personale di Novara in forza al comando di via Generali e nei distaccamenti di Borgomanero e Arona) è rivolta al Governo, per denunciare le gravi condizioni complessive del trattamento professionale, affinché si avvii una rapida inversione di tendenza, anche attraverso iniziative urgenti in grado d'introdurre adeguati stanziamenti finanziari in favore dell'intero comparto dei vigili del fuoco (la cui attività particolarmente pericolosa e complessa richiede maggiore attenzione da parte delle istituzioni);

   a giudizio dell'interrogante, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco a sconta da anni una carenza di organico e di mezzi che mette a repentaglio la sicurezza dei cittadini, data la delicata funzione che esso è chiamato a svolgere;

   le condizioni di precariato e di inadeguatezza del sistema delle retribuzioni, degli emolumenti e delle pensioni, ormai prolungate nel tempo, come testimoniano le numerose richieste d'intervento dell'interrogante, attraverso interrogazioni sia nella scorsa che nella presente legislatura, rappresentano una situazione inaccettabile e lesiva della dignità e dei diritti dei lavoratori;

   l'equiparazione del trattamento retributivo e pensionistico in questione con quello degli altri Corpi dello Stato e un potenziamento degli organici dei vigili del fuoco, a giudizio dell'interrogante, rappresentano un'esigenza indifferibile da parte del Governo; i mancati interventi normativi allo scopo rischiano di accrescere le già note difficoltà degli appartenenti al Corpo nazionale a livello familiare e professionale –:

   quali iniziative urgenti e necessarie il Governo intenda assumere, al fine di migliorare le condizioni generali in merito ai contratti di lavoro e alla previdenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che svolge un ruolo prezioso ed insostituibile su tutto il nazionale.
(4-18787)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 10 dicembre 2017 gli organi di stampa riportano quanto successo a San Foca. Un gruppo di giovanissimi militanti del Movimento #NOTAP contrario alla costruzione del gasdotto, si è avvicinato troppo alla «zona rossa» creata dal prefetto di Lecce Palomba su richiesta del questore Laricchia per consentire i lavori del gasdotto della multinazionale (quella è una zona nella quale vigono misure di sicurezza particolari per ragioni di ordine pubblico);

   i ragazzi motivati dal desiderio di difendere la loro terra e non da idee criminali hanno creduto di poter sfidare l'apparato militare messo in atto, con tanto di poliziotti in tenuta antisommossa, elicotteri, manette, manganelli, telecamere spia. Hanno lanciato qualche bengala o qualche uovo altri oggetti;

   la reazione, per quanto è dato di sapere, è stata esorbitante;

   quindi, è stato dato l'ordine di caricarli. Gli uomini delle forze dell'ordine caricano decisamente, anche se sono ragazzi e donne, e li fermano e li filmano. Fra i 52 fermati c'è anche un quindicenne. Sono stati feriti, probabilmente con i manganelli, almeno 5 ragazzi e le lesioni sembrano essere significative: fratture e contusioni;

   sono accusati di aver violato la zona rossa senza autorizzazione, di detenzione e lancio di bengala, petardi e qualche pietra oltre il muro metallico e il filo spinato. Sono stati portati tutti in questura. Fermati tutti e 52 per ore e ore, senza consentire l'accesso agli avvocati. Sono stati sequestrati i cellulari e i vestiti, i bengala e i petardi. Poi a mezzanotte sono stati rilasciati tutti. Alcuni ragazzi sono andati al pronto soccorso per certificare le lesioni riportate;

   sono molti i punti ancora poco chiari di tutta l'operazione di costruzione a partire dalle autorizzazioni al progetto, nonostante le tante falle sui temi della sicurezza e della militarizzazione di San Foca e Melendugno –:

   se non ritenga che il metodo di repressione usato contro i manifestanti sia stato assolutamente sproporzionato per la violenza perpetrata sui ragazzi e cosa intenda fare per fare chiarezza su eventuali responsabilità delle forze dell'ordine autrici di quella che appare all'interrogante una sospensione dei diritti democratici di manifestazione.
(4-18790)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio dell'8 dicembre 2017 a Forlì, presso Piazzetta della Misura, sono state autorizzate due distinte manifestazioni politiche;

   la prima richiesta era stata inoltrata dalla locale sezione di Forza Nuova e si concretizzava in un banchetto di propaganda;

   la seconda da un ampio fronte antifascista, composto da Anpi, Fiom, e partiti e associazioni della sinistra, che presidiava la piazza con modalità assolutamente non violente;

   a dividere i due gruppi erano presenti esponenti dei carabinieri e della locale questura, in numero inferiore a 10;

   la piazza era particolarmente affollata di residenti e turisti, per la presenza delle tradizionali bancarelle natalizie in occasione della giornata festiva;

   tutto sembrava svolgersi senza particolari problemi di ordine pubblico, fino all'arrivo di almeno 10 neofascisti riminesi appartenenti a Forza Nuova, che si presentavano in piazza armati di bastoni e aggredivano i manifestanti antifascisti;

   prima che le forze dell'ordine ripristinassero l'ordine, anche grazie all'intervento del reparto celere, alcuni esponenti della sinistra venivano colpiti, fra cui il segretario della Fiom Cgil di Forlì;

   al termine dell'aggressione i manifestanti antifascisti avrebbero abbandonato la piazza;

   numerosi testimoni sostengono che, invece, il banchetto di Forza Nuova sarebbe proseguito fino a sera, con la partecipazione degli esponenti riminesi;

   all'interrogante risulta peraltro che alcuni esponenti riminesi di Forza Nuova siano ben noti alle forze dell'ordine e già coinvolti in casi di aggressione e intimidazione, anche in tempo recente –:

   per quali ragioni si continui a concedere a organizzazioni come Forza Nuova a possibilità di occupare le piazze italiane nonostante i rischi per l'ordine pubblico, mentre ad avviso dell'interrogante, si dovrebbe procedere al loro scioglimento, come recentemente auspicato anche dal Ministro interrogato;

   come sia stato possibile che esponenti di Forza Nuova noti alle forze dell'ordine per i loro comportamenti violenti possano arrivare da Rimini a Forlì per una manifestazione politica e circolare armati di bastoni per le vie cittadine senza alcun intervento delle forze dell'ordine;

   se corrisponda al vero che i responsabili dell'ordine pubblico dopo l'aggressione abbiano chiesto ai manifestanti antifascisti di abbandonare la piazza, permettendo al contempo agli esponenti di Forza Nuova di continuare ad occuparla;

   se, in caso questa notizia fosse confermata, si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, nei confronti di chi se ne sia reso responsabile.
(4-18796)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'8 dicembre 2017 a Forlì è avvenuta l'ennesima aggressione da parte di militanti del gruppo di estrema destra Forza Nuova ai danni di un gruppo di studenti dell'associazione studentesca Link e alcuni sindacalisti di Fiom-Cgil, lì presenti per un volantinaggio, nel mercatino di Natale in piazzetta della Misura, nel centro della città;

   nel mercatino Forza Nuova aveva allestito un banchetto per la raccolta di firme contro l'immigrazione e l'associazione e i sindacalisti, mentre contestavano la loro presenza cercando di nascondere il banchetto ai passanti, sono stati raggiunti da altri militanti di Forza Nuova che, armati di spranghe e bastoni, li hanno aggrediti per allontanarli. Giovanni Cotugno, segretario della Fiom-Cgil, è stato colpito con un bastone, fortunatamente senza riportare ferite;

   le forze dell'ordine che stavano tenendo sotto controllo la situazione hanno chiamato agenti in tenuta antisommossa che, anche sparando alcuni fumogeni, sono riusciti a riportare la calma;

   l'episodio accaduto a Forlì è uno dei tanti che si susseguono da anni in tutta Italia. Nella provincia di Forlì-Cesena sono diversi anni che i gruppi fascisti di Forza Nuova organizzano le cosiddette ronde «per la sicurezza», che rappresentano un pericolo reale per migranti, persone omosessuali e gruppi antifascisti, ma non solo;

   a giudizio degli interroganti, da troppo tempo si stanno sottovalutando i sempre più frequenti episodi di intolleranza compiuti da gruppi e nuove formazioni politiche xenofobi e razzisti, che si ergono a difensori di una identità pseudo-patriottica, perpetrando attività contrarie alle leggi dello Stato e a la Costituzione italiana e cercando consensi per le loro politiche nazi-fasciste tra le frange della popolazione meno abbienti dove il senso di frustrazione per le proprie condizioni di vita trova sfogo nella rivalsa sui migranti stranieri;

   il decreto-legge n. 122 del 1993, convertito dalla legge n. 205 del 1993 («legge Mancino») «Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa», all'articolo 7 (sospensione cautelativa e scioglimento), comma 1, prevede che quando si procede per un reato aggravato ai sensi dell'articolo 3 o per uno dei reati previsti dall'articolo 3, commi 1, lettera b), e 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, (legge Reale) o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962 (Prevenzione e repressione del delitto di genocidio) e ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 (legge Anselmi) «può essere disposta cautelativamente (...) la sospensione di ogni attività associativa». La stessa «legge Mancino», al medesimo articolo 7, comma 2, prevede che, qualora siano accertati i reati di cui alle suddette leggi, «il Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ordina con decreto lo scioglimento dell'organizzazione, associazione, movimento o gruppo e dispone la confisca dei beni» –:

   se il Governo intenda chiarire il suo orientamento per interrompere la progressiva ascesa dei gruppi nazifascisti, xenofobi e razzisti e fornire i dati relativi agli eventuali monitoraggi svolti su di essi;

   se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti – nell'ambito di eventuali procedimenti penali avviati per reati commessi con finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, a carico di esponenti di associazioni o movimenti di estrema destra, come quelli richiamati in premessa – per promuovere l'istanza per la sospensione cautelativa delle attività associative, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3 della legge n. 17 del 1982 (cosiddetta legge Anselmi) e del decreto-legge n. 122 del 1993 (cosiddetta legge Mancino).
(4-18797)


   PICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto hanno riportato la stampa irlandese e numerose fonti internazionali, dal maggio 2015 fino all'estate del 2017 navi della Marina militare dell'Eire hanno operato a rotazione nelle acque del Mediterraneo nel contesto di una missione definita bilateralmente con le autorità italiane;

   la missione, che è stata denominata operazione «Pontus», si sarebbe svolta indipendentemente dalle attività della Triton di Frontex e della stessa operazione «Sophia» dell'Unione europea, pur sostanziandosi analogamente nella ricerca, nel salvataggio e nella consegna alle autorità italiane di migranti irregolari salpati dall'Africa e soccorsi in mare;

   secondo la stampa irlandese, dal maggio 2015 al giugno 2017, nel contesto di «Pontus» la Marina dell'Eire avrebbe soccorso in mare e traghettato verso il nostro Paese ben 15.621 migranti irregolari;

   l'operazione «Pontus» sarebbe stata inoltre avviata da accordi bilaterali intercorsi tra il Governo dell'Eire e quello del nostro Paese, di cui, per quanto consta all'interrogante, mai si è avuta notizia, malgrado le numerose audizioni e comunicazioni al Parlamento rese da esponenti dell'Esecutivo e dedicate alla questione del controllo dei flussi migratori –:

   se e in quali occasioni il Governo abbia eventualmente reso pubblico il raggiungimento degli accordi bilaterali di cui in premessa, in caso negativo quali ne siano le ragioni, e se non intenda fornire adeguate informazioni, nelle opportune sedi parlamentari, anche con riguardo alle modalità di svolgimento della citata operazione «Pontus».
(4-18798)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la sezione staccata di Ceglie Messapica del conservatorio di musica «Tito Schipa» di Lecce, fino all'anno accademico 2004/2005, era un istituto musicale pareggiato (Imp), con oneri a carico del comune di Ceglie Messapica. Esso era dotato di personale proprio, sia di ruolo che a tempo determinato, reclutato con modalità analoghe a quelle delle istituzioni Afam statali;

   con l'articolo 1-quinquies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, l'istituto è stato accorpato al conservatorio di musica «Tito Schipa» di Lecce divenendone «sezione staccata», con decorrenza dall'anno accademico 2005/2006;

   tra il personale precario di lungo corso in servizio nell'ex Imp vi è il professor A. S., docente di CODI/14-OBOE (ex F280) da circa 20 anni. Egli ha iniziato la sua carriera didattica nell'istituto nell'anno accademico 1996/1997, dapprima con supplenze temporanee, e, successivamente, nell'anno 2001, avendone i requisiti, ha partecipato al «Bando di sessione riservata di esame per la formazione di graduatorie permanenti d'istituto finalizzate alla copertura di posti di docente presso l'IMP di Ceglie Messapica» (deliberazione della giunta comunale n. 36 del 28 febbraio 2001), collocandosi al primo posto della graduatoria di «Oboe». Il bando del suddetto concorso è stato redatto su indicazioni del Ministero. Da allora, il professore ha continuato a prestare servizio a Ceglie Messapica a tempo determinato, con supplenze annuali, solitamente retribuite dal 10 gennaio al 31 ottobre per le note criticità economiche degli enti locali;

   le graduatorie in questione sono state salvaguardate dalla convenzione stipulata il 3 marzo 2006 tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il comune di Ceglie Messapica con cui sono stati disciplinati modalità e termini dell'accorpamento; in proposito, l'articolo 4 recita: «Al fine di garantire la funzionalità e la continuità didattica della Sezione di Ceglie Messapica, restano confermate, ad esaurimento, le graduatorie già formulate dall'Istituto Musicale Pareggiato»;

   sono attualmente in corso di predisposizione presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la determinazione della pianta organica della sezione staccata di Ceglie Messapica e il regolamento sul reclutamento del settore Afam, due provvedimenti che potrebbero incidere sfavorevolmente sulla posizione del professore, con potenziale perdita del posto di lavoro –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di confermare, fino ad esaurimento, le graduatorie già formulate dall'istituto musicale pareggiato, scongiurando così la perdita del posto di lavoro di cui in premessa alla luce sia dell'articolo 4 della suddetta convenzione del 3 marzo 2006, espressamente prevista dalla fonte legislativa (articolo 1-quinquies del decreto-legge n. 7 del 2005) sia dello stanziamento di fondi specificamente destinati al finanziamento di detta sezione staccata.
(4-18794)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Risorse per Roma spa, come riporta il sito dell'azienda alla pagina missione aziendale, rappresenta oggi «il braccio operativo al servizio dell'Amministrazione capitolina nei settori della pianificazione, progettazione e trasformazione del territorio, nel supporto gestionale ai progetti della direzione edilizia del dipartimento urbanistica, tra i quali il condono edilizio, nel supporto alle attività di affrancazione e trasformazione del diritto di superficie, nel rapporto alle attività di alienazione del patrimonio capitolino, disponibile e indisponibile, gestite dall'omonimo dipartimento»;

  l'ultimo contratto di servizio, descritto nella delibera della giunta capitolina del 24 marzo 2017, affida a Roma Risorse spa, per due mesi, «le attività di supporto tecnico amministrativo e i servizi di portierato e prima accoglienza nelle sedi istituzionali di Roma Capitale»;

   attualmente Risorse per Roma spa ha circa 640 dipendenti, e svolge servizi per i dipartimenti Programmazione e attuazione urbanistica, patrimonio e sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana; inoltre, svolge servizi di presidio presso diverse sedi dell'amministrazione;

   Risorse per Roma spa è priva di un contratto di servizio da fine aprile 2017 e impossibilitata a emettere fattura per il lavoro che ha continuato a svolgere da allora per l'amministrazione e quindi non può essere remunerata. Questo, ovviamente, mette a rischio il pagamento degli stipendi e delle tredicesime, e potrebbe determinare in tempi brevissimi una situazione di estrema criticità per i lavoratori;

   senza un nuovo contratto di servizio è impossibile individuare la definizione della funzione e degli obiettivi della società, che nasce per la gestione di iniziative soprattutto negli ambiti territoriali, progettuali e di valorizzazione patrimoniale, ma negli ultimi anni è stata sempre più utilizzata come supporto «quantitativo» per l'ordinaria amministrazione, in parte direttamente come supplenza di organico comunale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza e di concerto con il comune di Roma, si intendano adottare al fine di salvaguardare i livelli occupazionali della società, una realtà nata nel 1995.
(3-03439)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 18, comma 1, lettera c), secondo periodo, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», stabilisce che «Il rapporto tra l'Inps e i medici di medicina fiscale è disciplinato da apposite convenzioni, stipulate dall'Inps con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale», mentre al periodo successivo prevede che «L'atto di indirizzo per la stipula delle convenzioni è adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro della salute, sentito l'Inps per gli aspetti organizzativo-gestionali e sentite la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri e le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative»;

   come previsto dal decreto legislativo ricordato, sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2017, n. 229, è stato pubblicato il decreto ministeriale 2 agosto 2017 emanato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro della salute, recante «Approvazione dell'atto di indirizzo per la stipula delle convenzioni tra l'INPS e le organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale»;

   in conformità a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 75 del 2017, il quale prevede che il rapporto tra l'Inps e i medici di medicina fiscale è disciplinato da apposite convenzioni, stipulate dall'Inps con le organizzazioni sindacali di categoria, maggiormente rappresentative in campo nazionale, il decreto ministeriale 2 agosto 2017 ricalca tale indicazione di norma primaria all'articolo 1, ma il titolo di premessa all'intero testo a giudizio dell'interrogante contraddice tale norma, indicando la stipula delle convenzioni tra l'Inps e le organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale;

   l'individuazione delle organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale, in quanto uniche rappresentanze in capo alla Sisac, non trova alcuna giustificazione in questa struttura, del tutto estranea a gestire i rapporti dei medici fiscali e impossibilitata a determinare il requisito della maggiore rappresentatività, essendo i medici fiscali dei liberi professionisti per i quali non può essere determinata l'adesione ad una organizzazione sindacale tramite trattenuta sulla «busta paga»;

   le organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale rappresentano e tutelano quei sanitari che si trovano, a causa della prevista attività di certificazione della malattia, in conflitto di interessi proprio con la categoria dei medici di controllo e per i quali il decreto legislativo n. 75 del 2017 demanda a successivi provvedimenti di interpretarne le incompatibilità;

   le ripercussioni sostanziali rispetto alla contrattazione da attuarsi sono scaturite dalla decisione dell'Inps di dare seguito alle indicazioni contestate, ad avviso dell'interrogante violando il diritto delle organizzazioni sindacali individuate nel decreto legislativo e in quello interministeriale. Tra le escluse, in fase dibattimentale, vi è anche l'organizzazione sindacale di categoria maggiormente rappresentativa in campo nazionale (Anmefi), che conta oltre il 30 per cento di iscritti tra i medici fiscali;

   di recente è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno G/2960/180/5 –:

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati affinché le convenzioni tra l'Inps e i medici di medicina fiscale, come prevede il decreto legislativo n. 75 del 2017 e il testo stesso del citato decreto ministeriale, vengano sottoscritte dalle sole organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale, escludendo, fattivamente, le organizzazioni che rappresentano i medici di medicina generale, e quali indicazioni nell'attesa di tali iniziative, intendano fornire, con urgenza all'indirizzo dell'Inps, affinché la volontà del legislatore non soccomba rispetto a quella che l'interrogante giudica una privilegiata quanto errata interpretazione dell'atto di indirizzo da parte dell'Istituto.
(4-18777)


   FORMISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta ufficiale n. 90 del 24 novembre 2017 è stato pubblicato il bando di un concorso pubblico, per titoli ed esami, a trecentosessantacinque posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps, area C, posizione economica C1;

   il bando prevede fra i requisiti per l'ammissione al concorso «la certificazione in corso di validità – di conoscenza della lingua inglese, pari almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento, rilasciata da uno degli enti certificatori riconosciuti dal decreto n. 118 del 28 febbraio 2017 del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca – Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione – Direzione generale per il personale scolastico»;

   l'inserimento di tale requisito di ammissione trae origine, a giudizio dell'interrogante, da un errore nella interpretazione della normativa relativa ai concorsi pubblici introdotta dal decreto legislativo n. 75 del 25 maggio 2017;

   l'articolo 7 del decreto legislativo n. 75 del 2017 ha modificato, l'articolo 37 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sostituendo le parole «e di almeno una lingua straniera» con le parole «e della lingua inglese, nonché, ove opportuno in relazione al profilo, professionale richiesto, di altre lingue straniere»;

   quindi, l'unica innovazione è la sostituzione della previsione di conoscenza di una lingua straniera con la specificazione che la lingua straniera deve essere l'inglese; rimane l'obbligo, da parte delle amministrazioni pubbliche che indicono il concorso, di «accertare la conoscenza»;

   il decreto legislativo n. 75 del 2017, a parere dell'interrogante, è inequivocabile: «prevedono l'accertamento» significa che le procedure concorsuali devono individuare una procedura e delle prove concorsuali che consentano ai candidati di dimostrare la conoscenza della lingua inglese;

   l'Inps, invece, chiede semplicemente una certificazione rilasciata da un soggetto esterno alla pubblica amministrazione che attesti il livello di conoscenza dell'inglese da parte del candidato; si tratta, ovviamente, di una procedura diversa, ma che sembrerebbe violare il dettato legislativo e dei principi costituzionali in materia di pubblico impiego;

   il rilascio della certificazione è attribuito a soggetti privati i quali diventano soggetti attivi nella procedura concorsuale e i principali responsabili della selezione, in quanto ad essi è delegata la determinazione della platea dei partecipanti al concorso;

   non ultimo, la certificazione costa dai 200 ai 400 euro, che, crescono in misura esponenziale qualora il candidato debba seguire un corso per la preparazione all'esame; una «tassa» per la partecipazione al concorso che grava su giovani disoccupati che vedono nel concorso una speranza di un futuro migliore;

   una «tassa» che va ad arricchire 16 soggetti privati, denominati impropriamente enti certificatori, i quali, dal solo concorso Inps, si può stimare che incasseranno, considerando un minimo di 50.000 candidati, fra i 10 milioni e i 30 milioni di euro –:

   se i Ministri siano a conoscenza delle previsioni contenute nel bando di concorso dell'Inps in esame, che, secondo l'interrogante, non risultano conformi alle disposizioni di legge;

   quali iniziative i Ministri intendano assumere nei confronti dell'Inps perché rispetti pienamente il disposto dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 165 del 2001 così come modificato dal decreto legislativo n. 75 del 2017, rettifichi il bando eliminando il requisito della certificazione affidata a soggetti estranei alla pubblica amministrazione e preveda un accertamento diretto, a cura della commissione di concorso della conoscenza dell'inglese da parte dei candidati.
(4-18789)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il decreto 29 settembre 2016 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in tema di «Individuazione delle risorse e dei criteri per l'erogazione degli aiuti ai proprietari di unità di pesca che effettuano l'arresto definitivo delle attività di pesca di cui all'articolo 34 del regolamento (UE) n. 508/2014 relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca», dispone norme applicative della disciplina in materia di arresto definitivo delle unità per le attività di pesca e definisce i criteri e le modalità per la concessione dei relativi premi entro il 31 dicembre 2017 con riferimento alle GSA ed ai segmenti della flotta in sovraccapacità al fine di rafforzare la tutela della risorsa e garantire un migliore equilibri tra le risorse biologiche e l'attività di pesca;

   il decreto prevede che l'attuazione della misura di arresto definitivo delle attività di pesca per la flotta da pesca mediterranea avvenga tramite demolizione, con esclusione delle unità oggetto di accordi internazionali e delle unità autorizzate alla pesca del tonno rosso con sistema a circuizione, come individuata nel Piano di azione – allegato A della relazione annuale di cui all'articolo 22 del regolamento Unione europea n. 1380/2013;

   il premio di arresto definitivo è destinato ai proprietari di unità da pesca italiani autorizzati all'esercizio della pesca marittima con i sistemi specificati nell'articolo 1 del citato decreto; per ottenere l'aiuto previsto dal decreto ministeriale devono essere soddisfatti, a pena di inammissibilità della domanda, specifici requisiti soggettivi del beneficiario; l'unità da pesca deve avere un'età pari o superiore a 10 anni calcolati secondo quanto previsto dall'articolo 6 del regolamento (CEE) 2930/1986 del Consiglio e successive modifiche: l'età della nave è un numero intero pari alla differenza tra l'anno di pubblicazione del citato decreto e l'anno di entrata in servizio; l'unità da pesca deve essere iscritta nel registro comunitario, nonché in uno dei compartimenti marittimi ricadenti in una delle GSA riportati nei piani di azione di cui all'articolo 22 paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1380/2013 indicante che il segmento di flotta non è effettivamente equilibrato rispetto alle possibilità di pesca delle quali dispone tale segmento di cui alla tabella A1 e A2 in allegato al citato decreto;

   l'unità da pesca deve aver effettuato attività di pesca in mare per almeno novanta giorni all'anno nel corso degli ultimi due anni precedenti la data di presentazione della domanda e deve essere in possesso del titolo abilitativo all'esercizio dell'attività di pesca almeno con uno degli attrezzi di pesca previsti dal piano di azione così come indicati all'articolo 1, comma 2, del decreto;

   a seguito della definizione della graduatoria, si prevede che il Ministero predisponga i decreti di concessione entro il 31 dicembre 2017, seguendo l'ordine delle sub-graduatorie, provvedendo in caso di posizioni pari merito delle ultime posizioni a determinare la preferenza attraverso la procedura del sorteggio, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi minimi di riduzione della capacità di pesca individuati nelle tabelle A1 e A2 allegate al decreto e fino ad esaurimento delle risorse assegnate; raggiunti gli obiettivi, le eventuali risorse residue sono assegnate scorrendo le graduatorie secondo priorità definite;

   il termine per la restituzione all'ufficio marittimo di iscrizione del titolo abilitativo alla pesca è fissato in quindici giorni a far data dal giorno successivo alla notifica della concessione; la mancata restituzione del titolo, entro tale termine perentorio, comporta l'archiviazione della domanda, senza preavviso;

   la riconsegna del titolo abilitativo alla pesca è atto irrevocabile e il titolo è annullato qualora il beneficiario non provveda alla demolizione dell'unità entro i termini previsti dal decreto; solo se il beneficiario intende rinunciare al contributo, il titolo abilitativo viene riconsegnato se il beneficiario presenta, al Ministero, formale rinuncia al contributo, perentoriamente, entro 2 mesi dalla data di riconsegna della licenza presso l'ufficio marittimo; trascorso tale termine il titolo viene annullato; entro il termine di 4 mesi dalla data di riconsegna del titolo abilitativo alla pesca, il richiedente deve procedere alla demolizione dell'unità; il mancato rispetto di tale termine, salvo casi di forza maggiore, da verificare e certificare, caso per caso, dall'ufficio marittimo di iscrizione dell'unità, determina la perdita del diritto al premio; l'autorità marittima può concedere una sola proroga di trenta giorni; infine, si prescrive che l'ufficio marittimo trasmetta la certificazione comprovante l'avvenuta demolizione al Ministero che provvede alla cancellazione della nave dall'archivio licenze (ALP) e dal registro comunitario;

   la direzione generale pesca del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sta provvedendo all'emissione dei decreti di concessione del contributo per circa 200 imbarcazioni, che dovranno manifestare entro 15 giorni dal ricevimento del provvedimento che intendono procedere alla demolizione; in caso contrario, l'amministrazione procede allo scorrimento delle graduatorie, stilate sulla base del sorteggio effettuato il 23 novembre 2017;

   non è noto il numero dei lavoratori dipendenti che sarà licenziato a causa della dismissione delle imbarcazioni e non risulta che tale numero sia stato stimato dai Ministeri competenti;

   al tavolo di concertazione per l'attuazione di tale rilevante provvedimento non partecipa il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonostante le organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale abbiano manifestato l'esigenza di un confronto con tale Ministero per cercare soluzioni al problema, dopo la dismissione, dei lavoratori sbarcati e quindi disoccupati;

   il settore pesca è del tutto privo di ammortizzatori sociali o di forme di integrazione al reddito; la misura di «disarmo» non prevede percorsi di riqualificazione –:

   se il Governo non ritenga opportuno ed urgente assumere iniziative per prevedere adeguate tutele per tutti i lavoratori sbarcati dopo la dismissione e definire percorsi di riqualificazione e reinserimento nel mondo del lavoro.
(2-02052) «Rostellato, Damiano, Gnecchi, Albanella, Boccuzzi, Giacobbe, Incerti, Patrizia Maestri, Baruffi, Gribaudo, Paris, Di Salvo, Rotta, Tinagli, Arlotti, Miccoli, Iacono, Crivellari, Moretto, Ribaudo, Rocchi, Culotta, Barbanti, Ginato, Mura, Becattini, Rossi, Capozzolo, Palma, Luciano Agostini, Romanini, Carra».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 40 del regolamento (UE) 978/2012 prevede che entro la data del 21 novembre 2017 la Commissione europea deve presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del regime «EBA», eventualmente corredata da una proposta legislativa;

   la società di consulenza incaricata della redazione del rapporto sul quale dovrebbe basarsi la relazione su citata, Development Solution, secondo quanto si apprende dall'Ente Nazionale risi, ha consegnato il documento solo nei giorni scorsi alla Commissione che dovrà ora lavorarlo per predisporre la relazione finale da inviare a Parlamento e Consiglio, con evidente slittamento della deadline del 21 novembre 2017;

   nel rapporto della Development Solution dal titolo «Mid — Termi Evalutation of the Eu's Generalised Scheme of Preferences (GSP) final interim report» pubblicato sul sito della Commissione, si legge che quanto indicato nell'indagine non rappresenta la posizione ufficiale della Commissione europea, ma certamente il suo contenuto non potrà essere disatteso dalle direzioni competenti;

   dal rapporto emerge in particolare, nella sezione dedicata all'analisi dell'impatto delle preferenze generalizzate sui diritti umani e sociali, che le esportazioni della Cambogia verso l'Unione europea sono aumentate in modo significativo dal 2009 per effetto del regime «EBA» e che l'Unione è la destinazione principale dell’export cambogiano (37 per cento totale esportato). Inoltre, si legge che diverse industrie traggono vantaggio dalla preferenza commerciale, comprese quelle che utilizzano la terra in modo intensivo come quelle dello zucchero e del riso;

   a seguito della maggiore produzione di zucchero e riso si è verificata, quindi, una grave violazione dei diritti umani sotto forma di spostamento in massa della forza lavoro di sottrazione delle terre che sono state poi concesse all'industria. In questo contesto, lOnu e la società civile hanno rilasciato dichiarazioni chiare sull'impatto negativo di queste concessioni sulla terra in Cambogia;

   nel rapporto si legge ancora che in risposta alle violazioni dei diritti mani segnalate in Cambogia la Commissione non ha attivato l'articolo 19 (disposizione di temporanea revoca dei regimi), mentre l'Unione ha intensificato la cooperazione allo sviluppo del Paese, con particolare attenzione alla riforma del settore fondiario –:

   se, in base a quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno intervenire con urgenza presso la Commissione europea affinché non sia più procrastinata l'applicazione di misure di tutela per i diritti dei lavoratori dei Paesi beneficiari del regime «EBA» e per la risicoltura comunitaria.
(5-12931)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DISTASO e FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che il 19 settembre 2017, all'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari (l'Ospedaletto), moriva una ragazzina di 15 anni, Z. T. G. C. a seguito di un caso di presunta ipertermia maligna, conseguenza di un intervento operatorio resosi necessario a causa di una frattura al femore;

   l'ipertermia può essere provocata dal gas anestetico, ma non è necessariamente letale se diagnosticata in tempo e se si dispone e si somministra un particolare farmaco: il «Dantrium» (dantrolene sale sodico), che secondo le linee guida deve essere presente nel quartiere operatorio;

   il padre della ragazza, Massimo Coratella, non avendo ottenuto risposte esaustive dai sanitari, ha presentato una richiesta di accesso agli atti al Policlinico, al fine di chiarire se il citato farmaco fosse a disposizione presso la farmacia ospedaliera del Policlinico, preposta all'approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione dei prodotti farmaceutico-sanitari necessari alle sale operatorie e, in caso affermativo, se fosse stato somministrato nelle giuste e necessarie dosi;

   vi sarebbe motivo di ritenere che i farmaci necessari non siano pervenuti tempestivamente dalla azienda Policlinico alla clinica Giovanni XXIII, nonostante le richieste effettuate dai sanitari;

   un'apposita commissione interna al nosocomio, istituita dal commissario straordinario del Policlinico, Gianfranco Ruscitti, doveva cercare di acclarare i fatti. A quanto si apprende l'attività istruttoria sarebbe ormai stata completata, ma allo stato non è stato ancora redatto un rapporto anche perché alla commissione non sarebbe stato dato un limite temporale per redigerlo –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza abbia posto in essere affinché, da un lato, sia fatta luce sull'episodio e sia data una doverosa risposta alla famiglia e, dall'altro, siano verificate eventuali inefficienze.
(3-03440)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANTERO, SIMONE VALENTE e BATTELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle avverse condizioni meteorologiche che si sono verificate nella mattinata dell'11 dicembre 2017, la Val Bormida è stata isolata dal resto della provincia di Savona e dal Piemonte; si tratta di una situazione preoccupante soprattutto sul piano sanitario; infatti, non era possibile raggiungere gli ospedali a causa dell'interruzione di tutte le vie di comunicazione: la strada statale del Cadibona era chiusa, l'autostrada A6 era bloccata e le ferrovie, erano inagibili;

   l'Asl savonese ha dichiarato che nonostante l'isolamento l'ospedale San Giuseppe di Cairo era operativo;

   l'ospedale S. Giuseppe di Cairo Montenotte è l'unico presidio ospedaliero nel raggio di 90 chilometri nella zona della Val Bormida; purtroppo, tale ospedale a seguito del decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto Balduzzi) è privo del pronto soccorso trasformato in punto di primo soccorso; il decreto ha inoltre previsto lo svuotamento dell'ospedale in molti dei suoi servizi; infatti, sono stati ridotti i medici di cardiologia, e sono stati chiusi il servizio di endoscopia, il laboratorio TSA, il reparto di endocrinologia, il servizio di centralino e della chirurgia, costituendo un day surgery, dove in caso di emergenza si passerà ad uno stato di day service, tutto a carico dei cittadini; inoltre, si è proceduto alla soppressione nelle ore notturne e festive della reperibilità del tecnico radiologo e di laboratorio, sostituiti da apparecchiature automatiche –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza e in sinergia con le regioni, intenda adottare il Governo, al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza ed evitare situazioni di grave rischio per la sicurezza e la salute delle persone in aree caratterizzate da forti criticità nel sistema delle comunicazioni e dei trasporti ovvero geograficamente svantaggiate, come nel caso citato in premessa.
(5-12935)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEVA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il diritto dei cittadini alla tutela della salute è stabilito nell'articolo 32 della Costituzione e il servizio sanitario nazionale è unico garante di questo diritto;

   sono fondamentali l'efficacia e l'efficienza dei servizi per l'emergenza pre-ospedaliera;

   si registra l'esigenza di una omogeneità formativa e contrattuale dei medici impegnati sul territorio nazionale;

   nel servizio sanitario nazionale, per i medici di emergenza 118 esistono diverse tipologie contrattuali, con rapporti di dipendenza e rapporti di convenzione, diversi per regione e all'interno della stessa regione;

   appare necessario un intervento legislativo che non disperda il patrimonio di professionalità acquisita nel corso degli anni dai medici 118 convenzionati per una ottimale funzionalità e operatività del complesso sistema di emergenza-urgenza;

   la progressione legislativa nazionale, negli anni, esprime la tendenza all'inquadramento nella dirigenza medica del personale convenzionato 118;

   si riscontra una disomogeneità per i recepimenti diversificati, ai livelli regionali, del decreto legislativo n. 229 del 1999;

   la incongruità discriminatoria conseguente a diverse tipologie contrattuali per la medesima tipologia di lavoro e l'assoluta inadeguatezza dello strumento dell'accordo collettivo nazionale della medicina generale nella disciplina del rapporto di lavoro orario dei medici addetti alla emergenza sanitaria territoriale, di cui al capo V del medesimo accordo collettivo nazionale, in termini di tutele salariali, infortunistiche, previdenziali, formative e assistenziali e di progressione di carriera sono completamente ignorate;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015, che pure riguarda solo i medici in rapporto subordinato, consente il passaggio a rapporto di dipendenza anche in assenza della specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione ed urgenza;

   la legge di stabilità n. 208 del 2015 prevede procedure concorsuali per il passaggio alla dipendenza anche per i medici con rapporto parasubordinato, in collaborazione coordinata continuativa, quali i medici del 118 attualmente convenzionati;

   la stessa attività in rapporto di lavoro convenzionato ovvero parasubordinato è, in tutto e per tutto, identica e non solo affine, all'attività del medico del 118 dipendente ed al medico di pronto soccorso dipendente con rapporto di lavoro di tipo subordinato;

   il numero di medici convenzionati in servizio al 1° gennaio 2014, secondo fonte SISAC (struttura interregionale sanitari convenzionati), è pari a 2.787 unità –:

   se la Ministra interrogata non ritenga necessaria un'iniziativa normativa al fine di consentire l'inquadramento, nei ruoli della dirigenza medica, del personale attualmente in rapporto di convenzione disciplinato dal vigente accordo collettivo nazionale per la medicina generale, tenendo conto di quanto disposto dai decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 229 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 502 del 1997, con contestuale superamento di ogni altra tipologia di rapporto di lavoro per l'accesso all'area dell'emergenza sanitaria territoriale.
(4-18781)


   BUSTO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione Animal Equality ha rilasciato le immagini di uno dei 200 macelli italiani in cui è concessa la macellazione senza stordimento, nel viterbese, diffondendo un video sulle illecite torture fisiche e psicologiche a cui sono sottoposti agnelli, pecore e capre. Nel video emerge come non vengano rispettati i requisiti minimi per la tutela del benessere animale in fase di macellazione: operatori che picchiano animali indifesi, li trascinano per le zampe, animali coscienti in fase di macellazione, operatori che gonfiano con compressore animali ancora vivi per separare la pelle dai muscoli;

   le sofferenze in danno agli animali macellati sembrerebbero amplificate dall'assenza di stordimento in fase di macellazione, al cui divieto è prevista una deroga a fini religiosi dal paragrafo 4, dell'articolo 4, Capo II, del regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, dal decreto ministeriale 11 giugno 1980 e dal decreto legislativo n. 333 del 1998. A tale limitazione del benessere si aggiungono gli abusi e le torture commesse dagli operatori;

   gli illeciti all'interno delle strutture di allevamento e macellazione sono state denunciate da molteplici associazioni e trasmissioni televisive e sono state oggetto di iniziative normative e diversi atti di controllo e di indirizzo del Movimento 5 Stelle, tra cui la proposta di legge 4296 volta a definire un sistema di controllo più efficiente, anche tramite la rotazione del personale veterinario e il ricorso al sistema di videosorveglianza a circuito chiuso. In tale proposta, viene sottolineato come la violazione delle norme di tutela del benessere animale e delle prescrizioni igienico-sanitarie all'interno dei macelli debba essere perseguita in nome della tutela degli animali quali esseri senzienti – articolo 13 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea – e al fine della tutela dello stesso consumatore e dunque della salute umana;

   la deroga, concessa a fini religiosi, all'obbligo di stordimento di animali, è stata oggetto di diverse iniziative normative e di indirizzo, tra cui la proposta di legge n. 1225, la quale sancisce come qualsiasi tipo di macellazione debba essere preceduta dall'obbligo di stordimento, in quanto, come affermato dallo stesso Comitato nazionale per la bioetica, la libertà religiosa, quando si traduce in comportamenti esterni, deve rispettare alcuni limiti che scaturiscono dalla comparazione con altri valori tutelati dall'ordinamento giuridico. L'animale dovrebbe essere dunque tutelato da eccitazione e sofferenze in sede di macellazione, sia a fronte del rispetto minimo dovuto allo stesso che della salvaguardia della salute pubblica;

   diversi Paesi, quali Svizzera, Olanda, Austria, Danimarca, Norvegia, Svezia e Polonia, vietano la macellazione rituale, e in molti Paesi tale tematica risulta essere oggetto di accesi dibattiti pubblici e politici;

   il decreto legislativo n. 131 del 2013 definisce la disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento 1099/2009, stabilendo delle sanzioni prettamente amministrative per gli illeciti, salvo alcune fattispecie di reato. Il Movimento 5 Stelle ha presentato la proposta di legge 3592 per l'inasprimento delle pene per maltrattamento di animale –:

   se i Ministri interrogati non intendano assumere ogni iniziativa di competenza per far luce sulle vicende descritte in premessa;

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative normative ai fini della soppressione della deroga all'obbligo di stordimento in sede di macellazione rituale;

   se non si ritenga di promuovere una revisione del sistema dei controlli all'interno delle strutture di abbattimento in modo da scongiurare gli illeciti portati alla luce da numerose inchieste giornalistiche;

   se il Governo non intenda assumere iniziative normative per un inasprimento delle pene in caso di violazioni del regolamento n. 1099/2009 e di ulteriori violazioni della normativa vigente per la tutela del benessere animale.
(4-18792)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il comma 9 dell'articolo 5 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, coordinato con la legge di conversione 7 agosto 2012 n. 135, stabilisce il divieto alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza;

   il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con circolare n. 6 del 2014 ha chiarito l'ambito di applicazione delle norme previste dalla legge, precisando a pagina 7, ultimo capoverso, che «(...) essendo specificatamente vietate ai soggetti in quiescenza le cariche di governo in enti locali, sono invece consentiti — nei suddetti enti come nelle altre amministrazioni — gli organi in sede di controllo, quali collegi sindacali e i comitati dei revisori, purché non abbiano in base a disposizioni organizzative dell'amministrazione stessa natura dirigenziale»;

   con circolare n. 5 del 2015, lo stesso Ministro integrando la precedente circolare n. 6 del 2014, ha ulteriormente chiarito che «il divieto non si applica neanche alla nomina dei componenti di organi o collegi di garanzia (...)»;

   tale indicazione, da quanto risulta all'interrogante, sembrerebbe allo stato inapplicata in molti enti che non si attengono alle disposizioni ministeriali –:

   quali iniziative la Ministra interrogata intenda adottare per verificare la corretta applicazione delle norme succitate e chiarire ulteriormente la previsione normativa, onde ottenere un'applicazione estesa e coerente su tutto il territorio nazionale dello spirito della legge.
(4-18782)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il ruolo svolto dalle associazioni di consumatori è determinante per la protezione dei contraenti deboli, per garantire correttezza ed equilibrio dei mercati e nel rendere i consumatori consapevoli delle proprie scelte;

   ogni anno una quota delle entrate dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato derivanti dalle sanzioni comminate alle aziende per pratiche commerciali scorrette, molte delle quali emesse proprio a seguito degli esposti e delle segnalazioni delle associazioni dei consumatori, viene trasferita al Ministero dello sviluppo economico per finanziare progetti a bando cui partecipano le associazioni stesse;

   per il futuro sarebbe indispensabile rafforzare ed implementare sempre di più la cooperazione tra il Governo e le associazioni dei consumatori come avvenuto negli ultimi anni quando le associazioni dei consumatori sono state indirizzate a realizzare progetti volti a spiegare le politiche dell'Esecutivo rendendo i consumatori consapevoli dei vantaggi, e al tempo stesso dei rischi, dei regimi concorrenziali o quando le stesse associazioni dei consumatori, a seguito delle innovazioni del codice del consumo, hanno concentrato la loro attività in materia di pratiche commerciali scorrette e di pubblicità ingannevoli;

   la diffusione esponenziale della tecnologia, con gli annessi rischi che potrebbero derivare ai consumatori, rende ancora più decisivo il ruolo svolto dalle associazioni dei consumatori, così come, le ultime vicende riguardanti il sistema bancario e le enormi perdite subite da inconsapevoli clienti testimoniano come, spesso, l'utente/consumatore, impossibilitato a difendersi da solo, abbia nell'associazionismo l'unica vera arma di difesa dei propri interessi;

   su richiesta ministeriale, anche quest'anno, è stato chiesto alle associazioni dei consumatori di presentare idee-progetto da finanziare;

   preoccupa tuttavia che, nonostante le associazioni abbiano adempiuto alle richieste ministeriali, non si sia ancora proceduto a definire le risorse da destinare ai progetti suindicati con gravi e pesanti ricadute sulle associazioni stesse e sulla loro operatività –:

   se intenda fornire elementi circa l'attuale stato di utilizzo delle risorse destinate alle associazioni di consumatori e definire la tempistica entro la quale tali finanziamenti verranno erogati, al fine di consentire una piena operatività delle stesse e una costante azione di tutela dei consumatori medesimi.
(4-18780)


   ZANIN, BORGHI e SENALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il rapporto Cresme-Symbola 2017 evidenzia che nel 2016 solo circa il 21 per cento (pari a 29 miliardi di euro) della produzione edilizia nazionale riguarda le nuove realizzazioni, mentre il 79 per cento (110,5 miliardi di euro) riguarda le ristrutturazioni di cui un terzo degli interventi riguarda manutenzioni ordinarie e due terzi quelle straordinarie;

   i nuovi decreti del 26 giugno 2015 sull'efficienza energetica in edilizia (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015) concludono il recepimento della direttiva 31/2010/UE iniziato con il decreto-legge n. 63 del 2013 convertito dalla legge n. 90 del 2013, introducendo un nuovo coefficiente descrittivo delle caratteristiche globali dell'edificio denominato H't, che valuta la dispersione termica di un edificio attraverso l'involucro edilizio; trattasi di un coefficiente medio globale di scambio termico per unità di superficie disperdente indicizzato per ogni metro quadro;

   prima dell'introduzione del nuovo coefficiente H't, le prestazioni complessive degli edifici erano descritte con l'indice di prestazione energetica complessivo (parametro EPi), con una sovrapposizione confliggente tra i due metodi di valutazione;

   inoltre tale parametro H't rischia di bloccare nei fatti numerosi interventi di rilevante impegno economico nel settore delle ristrutturazioni, dal momento che crea un aggravio immediato dei costi, in quanto nel caso di un edificio esistente molto vetrato potrebbe essere richiesto il ridimensionamento delle aperture vetrate; inoltre agli interroganti pare determinarsi un conflitto con i propositi del decreto legislativo n. 192 del 2995 e successive modificazioni e integrazioni –:

   se il Governo non intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per rimuovere il parametro H't, bilanciando tale rimozione con l'introduzione di trasmittanze più restrittive sulle componenti edilizie, o viceversa se non si ritenga sufficiente determinare l'indice H't come non cogente o comunque non applicabile a fronte di una relazione tecnica del progettista incaricato, nel caso in cui si voglia mantenere il detto parametro.
(4-18788)


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura del decreto ministeriale 9 novembre 2017, n. 174, recante il regolamento concernente la misura incentivante «Resto al Sud» di cui all'articolo 1, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, tale misura è molto peggiorativa rispetto alla precedente prevista dal decreto legislativo n. 185 del 2000, Titolo II;

   la vecchia misura, che questo Governo ha, «temporaneamente» sospeso per esaurimento delle risorse finanziarie a partire dal 9 agosto 2015, prevedeva un'agevolazione fino a 129 mila euro, di cui la metà a fondo perduto e la restante parte con un finanziamento a tasso agevolato, erogato direttamente da Invitalia, senza alcun intervento del sistema bancario;

   inoltre, il Titolo II, mediante lo strumento «Lavoro autonomo» prevedeva anche agevolazioni alle libere professioni e principalmente alle attività commerciali, oggi escluse, e non prevedeva limiti di età ma solo il requisito dello stato di disoccupazione del soggetto richiedente;

   è stato escluso il commercio, prima coperto con il cosiddetto «prestito d'onore», e non v'è chiarezza in merito alle attività che possono essere ammesse per le quali sarebbe opportuno stabilire codici Ateco;

   «Resto al Sud», invece, prevede un contributo a fondo perduto più basso (35 per cento), il limite di età a 36 anni non compiuti (ciò significa che chi ha già compiuto 36 anni è escluso da tutto) e, cosa ancora più grave, l'intervento delle banche;

   infatti, si deve dire che il rimanente 65 per cento è rappresentato da un finanziamento bancario a tasso zero assistito da garanzia dello Stato solo per l'80 per cento;

   questo significa, come indicato nel decreto attuativo, che la banca fa una valutazione propria e, qualora ritiene non «bancabile» il soggetto, può chiedere ulteriori garanzie o, addirittura, non finanziare l'iniziativa, escludendo così dall'agevolazione l'iniziativa imprenditoriale;

   altro elemento da non sottovalutare ma lesivo nei confronti dei proponenti l'investimento è il requisito del grado di parentela, requisito che vieta la costituzione di società con parenti affini al 4° grado che non abbiano il requisito dell'età. Ciò significa che un genitore non può più costituire società con i figli e neanche due o più fratelli possono unirsi per avviare insieme un percorso imprenditoriale;

   a giudizio dell'interrogante, questa misura agevolativa rappresenta un vero e proprio arretramento rispetto alla precedente, è limitativa per tutti i giovani del Mezzogiorno e rischia un ulteriore fallimento, come la misura «selfemployment» con decine di milioni di euro stanziati e non spesi;

   è auspicabile, piuttosto, impiegare stanziati per «Resto al Sud» per la riattivazione della misura di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000, Titolo II, strumento ben collaudato e funzionante;

   la data del 15 gennaio 2018, giorno in cui il portale elettronico sarà messo a disposizione da Invitalia per la presentazione delle istanze, è una data molto vicina e molti giovani aspiranti imprenditori non sanno alla luce dei tanti «paletti» lesivi e limitativi emersi dal decreto attuativo della misura «Resto al Sud», se intraprendere un percorso autoimprenditoriale –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-18791)

Apposizione di una firma
ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Ricciatti e altri n. 7-01400, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Abrignani.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Sammarco n. 4-17518, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vignali;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Pannarale n. 5-12354, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Piccoli Nardelli;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Bossa e altri n. 5-12493, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Piccoli Nardelli.