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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 dicembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    la Corte Suprema cambogiana ha ordinato lo scioglimento del principale partito di opposizione, il Partito cambogiano di salvezza nazionale (CNRP), accogliendo una richiesta del Ministero dell'interno in relazione a un presunto tentativo di far cadere il Governo con una rivoluzione popolare;

    il verdetto è largamente considerato frutto di un uso politico della magistratura da parte del Governo ed una forma di ritorsione del primo ministro Hun Sen di fatto per punire il CNRP per essersi opposto alla sua riforma costituzionale;

    con lo scioglimento del CNRP viene eliminata qualunque opposizione parlamentare al Governo e qualsiasi ostacolo alla riconferma del Primo ministro Hun Sen, ininterrottamente al potere dal 1985, essendo le prossime lezioni previste per il mese di luglio 2018;

    è stato arrestato il leader del CNRP, Kem Sokha, in violazione della sua immunità parlamentare; lo scioglimento del CNRP viola il principio stesso della rappresentanza parlamentare su cui si basano tutte le democrazie, interrompe il processo di democratizzazione della Cambogia e riporta le lancette dell'orologio indietro a prima del 1991, quando venne firmato il trattato di pace con gli Accordi di Parigi;

    i 55 seggi sottratti al CNRP sono stati ridistribuiti ad altri partiti senza che vi sia stato un nuovo turno elettorale,

impegna il Governo:

   a esprimere in tutte le sedi opportune la preoccupazione per la repressione politica in Cambogia e per le misure restrittive nei confronti di partiti, esponenti politici, organizzazioni per i diritti umani, giornali e stazioni radio e per l'arresto e la detenzione del leader del CNRP, Kem Sokha;

   a chiedere maggiori e veritiere informazioni relative al processo a carico di Kem Sokha e degli altri oppositori politici e garanzia di un giusto svolgimento del processo stesso;

   ad esprimere, nelle competenti sedi, la propria netta contrarietà alla decisione di sciogliere il CNRP e di ridistribuire, ad avviso della firmataria del presente atto, arbitrariamente, i seggi ad altri partiti minori;

   a coordinarsi con altri Paesi europei, in particolare quelli che hanno firmato gli Accordi di pace di Parigi sulla Cambogia (Francia, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Polonia) per creare le condizioni per la ripresa del processo di democratizzazione in Cambogia, a partire dallo svolgimento di elezioni libere e giuste per il popolo cambogiano.
(7-01419) «Locatelli».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nel sistema scolastico italiano l'inclusione scolastica è garantita per tutte le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, e in tal senso si prevedono interventi volti a rispondere ai differenti bisogni educativi e a realizzare strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all'autodeterminazione e all'accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita;

    le norme prevedono che l'inclusione «si realizza nell'identità culturale, educativa, progettuale, nell'organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonché attraverso la definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio», nonché mediante «l'impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica le quali, nell'ambito degli specifici ruoli e responsabilità, concorrono ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti»;

    gli studenti con alto potenziale cognitivo (Apc) sono studenti che mostrano capacità in ambito scolastico al di sopra della media; il loro riconoscimento risale alla metà del 1800, quando il mondo scientifico iniziò ad interessarsi agli stessi e diede inizio alla ricerca di una metodologia adatta alla loro individuazione e alla individuazione di percorsi specifici di apprendimento loro destinati;

    gli studi e le ricerche sulle persone ad alto potenziale cognitivo – cosiddette gifted — sono stati e sono molteplici e non si è mai giunti ad una definizione unica e condivisa della plusdotazione (giftedness), ma tutte le teorie sono giunte a medesime conclusioni per quanto riguarda la rilevanza che ambiente familiare, culturale, scolastico, periodo storico e altre variabili, connesse con l'ambito relazionale e sociale, hanno sullo sviluppo di questo potenziale cognitivo, e sulla eventualità che questo sviluppo avvenga in modo sereno e non sofferto;

    nel riconoscimento della specificità degli studenti con alto potenziale cognitivo si è giunti anche alla consapevolezza che l'unicità che li caratterizza li rende anche particolarmente vulnerabili, prima di tutto dal punto di vista emotivo, e richiede, di conseguenza, un cambiamento di approccio sia nell'ambito familiare che in quello scolastico, al fine di uno sviluppo armonico e sereno dello studente;

    nell'ambito scolastico l'individuazione e il sostegno agli studenti con Apc deve avvenire il prima possibile ed è, quindi, di fondamentale importanza che la scuola sia messa in grado di intervenire adeguatamente già nei primi anni mediante un'adeguata formazione dei docenti e di tutti gli operatori del settore, nonché mediante la possibilità di flessibilità organizzativa, al fine di tener conto delle esigenze cognitive, emozionali e sociali degli studenti con Apc;

    a volte, infatti, lo sviluppo di questi soggetti si presenta asincrono, così che ad uno sviluppo, intellettivo particolarmente avanzato in alcuni campi si può accompagnare una situazione di deficit in altri;

    un livello cognitivo superiore, o di molto superiore alla norma non ha a che fare esclusivamente con una super sviluppata capacità e rapidità di apprendere, non in linea con l'età anagrafica del soggetto, ma ha a che fare con una generalizzata maggiore sensibilità e capacità di analisi e comprensione di ciò che accade intorno a sé;

    in questo senso il contesto scolastico e quello familiare devono essere in grado di comprendere le peculiarità degli studenti con Apc, individuarne le necessità e di intervenire di conseguenza partendo dal presupposto irrinunciabile che gli studenti Apc non devono essere valutati esclusivamente dal punto di vista delle loro performance;

    essere persone dotate, o molto dotate, non è una condizione paragonabile ad altri disturbi o patologie sulla base delle quali sono state elaborate ad oggi le strategie per gli alunni Bes; come per questi ultimi, infatti, si richiede un atteggiamento mirato, ma le strategie di intervento devono tener conto del fatto che la condizione di studente Apc non assimila tra loro questi soggetti per i quali il contesto in cui crescono e si sviluppano incide in maniera fondamentale sulla loro personalità;

    non esiste, quindi un unico modo per rapportarsi a queste situazioni e, di conseguenza, per quanto gli strumenti di azione debbano essere individuati in una cornice determinata, gli operatori e i professionisti che agiscono nelle istituzioni scolastiche devono essere messi in condizione di far fronte alla presenza di soggetti Apc, soprattutto di poterli individuare, mediante un'adeguata formazione e l'acquisizione delle necessarie competenze per poter interagire al meglio con loro,

impegna il Governo:

   a valutare iniziative mirate al riconoscimento e alla tutela delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti ad alto potenziale cognitivo, garantendo loro pari opportunità di formazione e istruzione, l'inclusione scolastica e il dovuto sostegno nello sviluppo delle loro potenzialità mediante l'individuazione e il soddisfacimento dei loro bisogni emozionali e relazionali, anche attraverso la previsione di specifici percorsi formativi per il personale docente;

   a promuovere l'adozione, nell'ambito della definizione del piano triennale dell'offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche, di percorsi didattici adeguati e personalizzati, che tengano conto dei bisogni individuali, degli interessi e delle attitudini del singolo, per tutelarne l'equilibrio psicofisico senza che venga compresso e mortificato l'alto potenziale cognitivo;

   ad adottare iniziative volte a ridurre il tasso di abbandono scolastico degli studenti con Apc e ad avviare la collaborazione dovuta tra scuola, famiglia e specialisti.
(7-01418) «Palmieri, Baldelli, Crimi».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    secondo i dati dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum), nel 2017 in Italia si sono ammalate di tumore al seno circa 50.500 donne e 500 uomini. Il trend di incidenza tra il 2003 e il 2017 appare in leggero aumento (+0,9 per cento per anno), mentre continua a calare, in maniera significativa, la mortalità (-2,2 per cento per anno). Il tumore al seno colpisce complessivamente circa 1 donna su 8 nell'arco della vita, è il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29 per cento di tutti i tumori che colpiscono le donne;

    il 5-7 per cento circa dei tumori del seno è ereditario, un quarto dei quali determinati dalla mutazione di due geni, «BRCA-1» e/o «BRCA-2». Si sta parlando di un numero molto ristretto di donne che hanno un altissimo rischio di sviluppare un tumore. Nelle donne portatrici di mutazioni del gene «BRCA-1» il rischio di ammalarsi nel corso della vita di carcinoma mammario è pari al 65 per cento e nelle donne con mutazioni del gene «BRCA-2» è pari al 45 per cento, mentre il rischio di tumore ovarico è del 39 per cento per «BRCA-1» e dell'11 per cento per «BRCA-2»;

    il test «BRCA-1/BRCA-2» è un test di laboratorio in grado di identificare le alterazioni ereditarie nei geni «BRCA-1» e «BRCA-2». Il test genetico è eseguito attraverso un prelievo di sangue, dal quale viene estratto il Dna e sottoposto a indagini molecolari che permettono di individuare la presenza di mutazioni genetiche ereditarie sui geni «BRCA1» e «BRCA2». Il test genetico non diagnostica quindi la presenza del tumore, ma, attraverso l'identificazione di specifiche mutazioni del patrimonio genetico, consente esclusivamente di individuare le donne che sono portatrici di tali mutazioni ereditarie e quindi di una maggiore predisposizione alla malattia. Attualmente, il test «BRCA» è eseguito in molti laboratori attraverso metodologie ampiamente validate quale il sequenziamento Sanger o in fase di validazione come il sequenziamento di nuova generazione (Next Generation SequencingNGS);

    il primo documento che ha posto, in ambito nazionale, alcune regole per la definizione delle attività di genetica medica è l'accordo sancito dalla Conferenza Stato-regioni sulle linee guida per le attività di genetica medica (2004). Tale documento ha messo in luce la necessità di stabilire criteri per implementare la diagnosi genetica, assicurando qualità, efficacia, efficienza, equità ed economicità. La definizione di regole nella pianificazione delle attività di genetica è un punto qualificante e critico, al fine di evitare l'offerta di prestazioni non appropriate per qualità, caratteristiche tecniche e percorsi organizzativi. Fissare delle regole significa anche stabilire dei meccanismi in grado di valutarne e controllarne l'applicazione. Alcune regioni, seguendo l'esperienza di altri Paesi, hanno regolamentato le procedure e i criteri per l'introduzione di nuovi test genetici nel sistema sanitario regionale;

    l'Agenzia regionale per i servizi sanitari del Piemonte nel documento «Appropriatezza Test Genetici» considera l'analisi genetica per la ricerca di una mutazione ignota dei geni «BRCA1» e «BRCA2» indicata per tutti i soggetti ritenuti ad alto rischio di tumore ereditario della mammella e dell'ovaio, ovvero: donne affette da tumore della mammella e dell'ovaio, individui con storia familiare positiva per tumori della mammella femminile e/o maschile e/o tumori dell'ovaio compatibile con una ereditarietà autosomica dominante (nel ramo materno o nel ramo paterno), membri di famiglie nelle quali sia già stata identificata una mutazione nota. Il medesimo documento considera il test sul dna non indicato come screening della popolazione generale, come test di routine in gravidanza non a rischio, nei nuclei familiari con ricorrenza di soli tumori post-menopausali della mammella (>50 anni);

    la regione Emilia-Romagna ha adottato un percorso gratuito per valutare il rischio familiare ed ereditario del tumore alla mammella o all'ovaio, che si affianca al programma di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori della mammella. Partendo da un questionario, attraverso passi successivi, il nuovo programma effettua una selezione sempre più stringente per identificare le donne a rischio ereditario da accompagnare e affiancare nella scelta dei possibili interventi profilattici o di sorveglianza;

    il documento del 2013 «Consulenza genetica e test genetici in oncologia: aspetti critici e proposte AIOM — SIGU» evidenzia i criteri di invio, comunemente usati, in caso di sospetto tumore ereditario. Essi si basano sostanzialmente sulla presenza di un insieme di caratteristiche (numero di parenti affetti, rapporto di parentela tra gli affetti, età allo sviluppo dei tumori, parenti affetti da tumori bilaterali o multipli, caratteristiche istologiche delle neoplasie) che configurano una probabilità convenzionalmente pari o superiore al 10 per cento di essere in presenza di una predisposizione ereditaria per la quale è disponibile un test diagnostico. Tale soglia viene ritenuta essere un ragionevole compromesso tra l'utilità clinica presunta e la salvaguardia dell'appropriatezza prescrittiva, a fronte dell'attuale complessità e costi dei test genetici. In relazione all'aumento delle conoscenze (nuovi geni, nuovi studi sulla prevalenza delle mutazioni, eventuali «effetti fondatore» che rendano una malattia o una mutazione particolarmente frequente in una specifica area geografica), i criteri di invio alla consulenza genetica oncologica per una data forma di predisposizione ereditaria possono variare nel tempo. È importante che l'utilizzo di specifici criteri di invio alla consulenza genetica sia promosso all'interno di percorsi assistenziali soggetti ad una periodica valutazione condivisa con i medici invianti, in modo da consentire un continuo miglioramento della loro applicazione ed un adeguamento alle nuove conoscenze;

    la Commissione ministeriale per la genetica nel servizio sanitario nazionale raccomanda che: i test genetici siano erogati all'interno di un percorso diagnostico che tenga conto della loro validità e utilità clinica, assicurandone affidabilità e accuratezza della analisi (validità analitica), e la consulenza genetica pre e post-test sia parte integrante del percorso diagnostico. La Commissione inoltre raccomanda nell'introduzione o nell'implementazione dei test genetici un approccio basato sul Health TechnologyAssessment che tenga conto dell'evidenza scientifica, del costo-efficacia dell'accettabilità, al fine di fornire un supporto alle decisioni di politica sanitaria e di incoraggiare le parti interessate a usare solo test che abbiano requisiti di appropriatezza, validità analitica, utilità clinica, efficacia diagnostica;

    negli ultimi decenni si è assistito allo sviluppo ed alla implementazione di centri clinici specialistici e multidisciplinari, denominati «breast unit» con l'obiettivo di migliorare l'assistenza sanitaria per le donne affette da tumore alla mammella e offrire uno standard di qualità delle cure elevato. Una delle caratteristiche principali di questi centri è rappresentata da una soglia di volume minimo di attività, 150 interventi chirurgici per carcinoma all'anno, che dovrebbe garantire un miglioramento degli esiti delle cure. Secondo i risultati del Programma nazionale esiti 2016 sviluppato dall'Agenas, per conto del Ministero della salute, delle 449 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per tumore alla mammella, solo 123 (27 per cento) presentano volumi di attività superiore a 150 interventi annui. L'intervento chirurgico per tumore della mammella è una delle aree cliniche per le quali è stata dimostrata un'associazione positiva tra volume di attività e mortalità intraospedaliera, ovvero nei centri ove si opera meno c'è più mortalità e la chirurgia è meno conservativa,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per introdurre linee guida volte a definire e promuovere indicatori di appropriatezza e accessibilità alla consulenza genetica per sospetta mutazione dei geni «BRCA»;

   ad adottare le opportune iniziative, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per avviare nell'ambito dei programmi regionali di screening mammografico per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori al seno percorsi di valutazione del profilo di rischio genetico attraverso opportuni questionari, al fine di identificare le donne potenzialmente a rischio di mutazione dei geni «BRCA»;

   a promuovere un approccio di politica sanitaria focalizzato sull'efficacia e sull'appropriatezza clinica delle prestazioni, creando le condizioni necessarie affinché i test «BRCA» siano garantiti per tutti i soggetti ritenuti ad alto rischio di tumore ereditario della mammella e dell'ovaio, attraverso l'introduzione nei livelli essenziali essenziali di assistenza di tali test genetici per i soggetti a rischio;

   ad assumere iniziative per assicurare un flusso informativo specifico e condiviso a livello nazionale per raccogliere, valutare e monitorare le attività di genetica medica, al fine di disporre di dati indispensabili per la valutazione delle attività sulla base dell’Health Technology Assessment (HTA);

   ad assumere iniziative per introdurre un programma nazionale di genetica oncologica per le forme di predisposizione ai tumori dell'ovaio e della mammella, che coordini ed integri i piani regionali previsti dal piano nazionale della prevenzione 2014-2018;

   ad adottare iniziative per garantire le risorse economiche e finanziarie necessarie per la promozione e l'inserimento all'interno del servizio sanitario nazionale di tale programma;

   ad adottare le iniziative di competenza per rilevare e valutare quantitativamente e qualitativamente i centri di senologia presenti in tutte le regioni, pubblicando i relativi dati sul sito web del Ministero della salute, e per prevedere, altresì, un meccanismo premiale per le regioni virtuose che abbiano sul proprio territorio una rete dei centri di senologia eccellenti;

   ad adottare iniziative per garantire a tutte le donne affette da tumore al seno il diritto di essere curate nei centri di senologia certificati e, a tal fine, per prevedere, nel caso in cui tali centri non soddisfino criteri di qualità ed efficienza, meccanismi di valutazione sull'attività svolta dai direttori generali, con l'applicazione di idonee sanzioni.
(7-01417) «Silvia Giordano, Grillo, Nesci, Lorefice, Colonnese, Mantero, Baroni».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la prima definizione di rete di cure palliative presente in un atto ufficiale risale al decreto del Ministero della sanità del 28 settembre 1999 che nell'allegato 1 recita: «La rete di assistenza ai pazienti terminali è costituita da una aggregazione funzionale ed integrata di servizi distrettuali ed ospedalieri, sanitari e sociali, che opera in modo sinergico con la rete di solidarietà sociale presente nel contesto territoriale, nel rispetto dell'autonomia clinico-assistenziale dei rispettivi componenti». La norma risente del fatto che in Italia le cure palliative si sono diffuse per iniziativa prevalente di organizzazioni del no-profit e si sono affermate prevalentemente nell'ambito dell'assistenza domiciliare;

    a partire dalla triennalità 1998-2000 tra gli obiettivi del piano sanitario nazionale per la prima volta in modo esplicito sono presenti iniziative atte «a migliorare l'assistenza erogata alle persone che affrontano la fase terminale della vita»;

    con la legge n. 39 del 1999 viene definito il quadro organizzativo delle cure palliative avviando il processo di diffusione degli hospice in Italia, programmato nel numero di 188 a fronte di uno stanziamento di oltre 256 milioni di euro;

    con il decreto ministeriale 29 novembre 2001 sono approvati i livelli essenziali di assistenza con il riconoscimento del diritto all'accesso gratuito alle cure palliative ed alle terapie del dolore;

    è con la legge n. 38 del 2010 ed il successivo atto di intesa fra Stato e regioni del 25 luglio 2012, che si ha il pieno riconoscimento del diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, non più confinate nella fase terminale della vita ma estese ad ogni fase di malattia sia in ambito ospedaliero che domiciliare o residenziale negli hospice; infatti così recita l'atto di intesa: «La Rete Locale di Cure Palliative è una aggregazione funzionale e integrata delle attività di cure palliative erogate in ospedale, in hospice, a domicilio e in altre strutture residenziali, in un ambito territoriale definito a livello regionale»;

   con i nuovi livelli essenziali di assistenza si completa il quadro dei principali provvedimenti normativi in materia di cure palliative; infatti, il recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017 – supplemento ordinario n. 15), rappresenta ora il punto di riferimento sia per i pazienti che per i professionisti e prevede un complesso di norme alle quali si deve dare attuazione. I livelli di assistenza nell'ambito della Rete locale di cure palliative sono i seguenti:

     articolo 15 – Assistenza specialistica ambulatoriale: prevede le prime visite multidisciplinari per le cure palliative, inclusa la stesura del PAI, nonché le visite di controllo inclusa la rivalutazione del PAI;

     articolo 21 – Percorsi assistenziali integrati: la innovazione è rappresentata dall'approccio per percorso mediante la valutazione multidimensionale per identificare il paziente che abbisogna di cure palliative, uscendo dall'orizzonte temporale dell’end stage per allargarsi alle fasi precoci della malattia inguaribile ad evoluzione sfavorevole, qualora, come spesso accade, sia presente sofferenza sintomatica sin dall'esordio e/o durante le altre fasi patologiche in possibile simultaneità con le cure eziologicamente orientate;

     articolo 23 – cure palliative domiciliari: sono erogate dalle strutture Ucp (unità di cure palliative) e non più nell'ambito dell'ADI: sono le Ucp che erogano sia le cure palliative di base che quelle specialistiche con ciò garantendo l'unitarietà e l'integrazione dei percorsi di cura con un’équipe curante di riferimento sul percorso e non sul setting assistenziale. Viene garantita la specificità delle cure palliative non più inquadrate nel contenitore indifferenziato delle cure domiciliari rivolte alla non autosufficienza e alle fragilità che non richiedono un approccio palliativo. Il coordinamento delle cure viene puntualmente caratterizzato (comma 3 dell'articolo 21, comma 1-a e 1-b dell'articolo 23) con ciò contribuendo a chiarire la responsabilità del rapporto di cura;

     articolo 31 – centri specialistici di cure palliative – hospice: garantiscono in ambito territoriale l'assistenza ai malati nella fase terminale della vita;

     articolo 38 – ricovero ordinario per acuti: le cure palliative e la terapia del dolore sono per la prima volta espressamente citate come prestazioni cliniche, farmaceutiche, strumentali, necessarie ai fini dell'inquadramento diagnostico e terapeutico, che devono essere garantite durante l'attività di ricovero ordinario (comma 2);

    si rende necessario ora applicare il decreto sui nuovi livelli essenziali di assistenza e contestualmente rafforzare l'impegno formativo dei medici già previsto dalla legge n. 38 del 2010 e finora rimasto largamente inapplicato con importante carenza di palliativisti,

impegna il Governo:

   ad avviare tempestivamente l'aggiornamento della normativa esistente a partire dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 recante il regolamento sulla definizione degli standard ospedalieri – che non prevede fra le discipline ospedaliere le cure palliative – al fine di renderla coerente con il modello organizzativo disegnato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza;

   ad assumere iniziative per potenziare l'attività formativa del personale sanitario, anche tramite un accordo tra il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per quanto attiene all'estensione della possibilità di accesso dei medici alla necessaria formazione specialistica dedicata (master in cure palliative) e la programmazione delle scuole di specialità, allo scopo di colmare le necessità che emergono anche in relazione alla più generale carenza di medici, prefigurata dalle recenti denunce della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo).
(7-01420) «Miotto, Pollastrini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni è notizia malinconicamente imperante quella relativa al licenziamento di una giovane madre dipendente della ma di firma mondiale Ikea;

   dalle notizie si evince come il soggetto licenziato, una giovane donna di 39 anni dell'Ikea di Corsico, mamma di due figli di cui uno con disabilità, si sia ritrovata senza lavoro per non avere rispettato per due volte i turni e che di fronte alla contestazione di tali episodi e alla richiesta di spiegazioni da parte dei suoi responsabili su questo comportamento, la signora si fosse lasciata andare a gravi e pubblici episodi di insubordinazione;

   la donna lavora nello store Ikea di Corsico da 17 anni e dopo avere girato tanti reparti ad un nuovo cambio di mansione avrebbe dovuto anticipare l'inizio del lavoro ma non avrebbe potuto arrivare alle 7 del mattino perché, madre separata, avrebbe dovuto portare i figli a scuola, garantendo loro l'educazione tra mille difficoltà ed assicurando quello disabile a una cura specialistica;

   la giovane madre al fine di risolvere la situazione si era rivolta anche al sindacato, accettando poi il cambio di reparto, chiedendo che il gruppo svedese le andasse incontro per gli orari; nonostante gli assensi verbali iniziali, l'atteggiamento si era in seguito modificato;

   prima le è stato contestato il fatto di proseguire nell'orario che faceva antecedentemente al cambio, con inizio alle 9 del mattino, poi è arrivato il licenziamento essendo venuto meno il rapporto di fiducia con la lavoratrice; risulta inoltre che Ikea stia approfondendo la vicenda –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e se abbia assunto o intenda avere iniziative, anche normative, per tutelare i diritti di lavoratori e lavoratrici che necessitano di prestare assistenza a familiari con disabilità, considerando che è possibile che si verifichino sul territorio nazionale altre vicende assimilabili a quella di Corsico.
(5-12899)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da fonti giornalistiche si apprende che l'organo di autogoverno della magistratura amministrativa ha approvato la destituzione di Francesco Bellomo, consigliere di Stato, a seguito dell'istruttoria originata dalla denuncia del padre di un'ex allieva borsista della scuola di Diritto e scienza che organizza corsi di preparazione per il concorso in magistratura e di cui Bellomo è direttore;

   l'esito dell'istruttoria avrebbe accertato che Bellomo, dopo aver sottoposto a colloquio e selezionato i borsisti, condizionava l'accesso di questi alle borse di studi alla sottoscrizione di un vero e proprio contratto che «conteneva una clausola limitativa, relativa a matrimonio e fidanzamento: decadenza in caso di matrimonio; fidanzamento consentito solo se il/la fidanzato/a risultasse avere un quoziente intellettuale pari o superiore a un certo standard; competeva al consigliere stabilire se i fidanzati o fidanzate dei o delle borsiste superassero il quoziente minimo necessario per essere fidanzati e/o ammessi»;

   al contratto era allegato «un documento contenente il cosiddetto dress code, che prevede diversi tipi di abbigliamento dei borsisti a seconda delle occasioni, con imposizione, per le donne, di una determinata lunghezza della gonna, del tipo di calze e del tipo di trucco»;

   per beneficiare delle borse di studio di fascia A o B, inoltre, occorreva rispondere a criteri ben precisi (per le donne: potere/successo, intelligenza, capacità di amare, bellezza e personalità; per gli uomini: bellezza, intelligenza ed eleganza, femminilità e attitudine materna);

   l'organo di autogoverno della magistratura amministrativa avrebbe così accertato che il contratto per i borsisti non rispettava «la libertà e la dignità della persona»;

   il procuratore generale della Corte di Cassazione avrebbe chiesto anche la sospensione di Davide Nalin, sostituto procuratore presso la procura di Rovigo, che fa parte della redazione della scuola;

   secondo le testate giornalistiche, inoltre, la rivista edita dalla scuola ha messo alla gogna una borsista inadempiente alle clausole del contratto, riportando particolari relativi, anche intimi, del suo rapporto con il fidanzato, in evidente violazione della privacy;

   dai documenti pubblicati sul sito della scuola (che richiamano numeri specifici della rivista «Diritto e scienza» consultabili in area con accesso riservato) risulta che sono ammessi alla selezione per la borsa di studio anche laureati in giurisprudenza di età inferiore a trent'anni che, indipendentemente dal voto di laurea, presentino «titoli asseverativi» del possesso, tra le altre, «doti», dell’«eccellenza dell'immagine esteriore (globalità)», all'esito dell’«insindacabile giudizio» formulato dal direttore della scuola e che la borsa di studio non può essere oggetto di rinuncia dopo che l'attività abbia avuto inizio;

   dal sito risulta che della redazione della rivista fanno parte altri magistrati ordinari oltre a Davide Nalin e che diverse borsiste (che hanno accettato le condizioni del contratto) sono diventate magistrate ordinarie;

   secondo da fonti di stampa, alcune allieve del corso hanno rappresentato una sorta di timore reverenziale nei confronti del direttore, in quanto era risaputo il suo potere nel favorire il superamento del concorso –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se non ritenga opportuno promuovere un procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari che, pur a conoscenza delle condizioni del contratto dei borsisti e dei contenuti della rivista citati, collaborano alla redazione della rivista;

   se il Governo non consideri urgente assumere iniziative normative per impedire che magistrati in servizio presso l'organo di giustizia amministrativa o ordinaria, svolgano attività didattica in modo continuativo presso scuole di natura privata;

   se non consideri urgente assumere iniziative per modificare le modalità di reclutamento della magistratura ordinaria, che, stando alla vicenda descritta, non consentono sempre la selezione dei migliori candidati, favorendo invece il proliferare di scuole private dai costi di iscrizione altissimi e inaccessibili ai più.
(5-12916)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE, GRILLO, MANTERO, COLONNESE, NESCI e SILVIA GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono circa 500 mila le persone che soffrono di epilessia, una malattia neurologica tra le più diffuse;

   ogni anno, nel nostro Paese, vengono diagnosticati oltre trentamila nuovi casi; alcune forme epilettiche sono particolarmente difficili da curare e necessitano di percorsi assistenziali complessi e di controlli ripetuti;

   per ottenere informazioni sulle cause di questa malattia cronica e monitorare nel tempo i pazienti che ne soffrono, anche ai fini di un eventuale trattamento chirurgico, gli specialisti utilizzano la risonanza magnetica, esame neuro-radiologico considerato «gold standard» per la diagnosi e il controllo della malattia dalle linee guida nazionali e internazionali;

   prima dell'entrata in vigore dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea), le disposizioni permettevano di eseguire quest'esame in regime d'esenzione;

   adesso con l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi Lea, che ha riformulato in parte le prestazioni esenti dalla partecipazione al costo, i pazienti con epilessia non hanno più diritto all'esenzione dal ticket per la risonanza magnetica;

   tutto questo potrebbe indurre i pazienti che hanno difficoltà economiche a non effettuare i controlli di follow up necessari, oppure potrebbe esserci un maggior ricorso alla Tac, in quanto esente dal ticket, metodica di diagnostica per immagini che utilizza radiazioni ionizzanti e andrebbe impiegata solo in particolari condizioni;

   è evidente che le implicazioni sociali sono di enorme impatto perché si onerano tali pazienti di una spesa che non facilita il percorso di cura, ed anzi lo rende problematico –:

   se il Governo non ritenga opportuno valutare la possibilità di reinserire la risonanza magnetica, anche con mezzo di contrasto, tra le prestazioni gratuite cui possano accedere i pazienti che soffrono di epilessia, in occasione del futuro, aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, anche in considerazione del fatto che si tratta di una malattia che porta con sé un enorme carico di sofferenza e di danni spesso irreparabili che possono provocare diagnosi errate o tardive oppure cure non appropriate, tra l'altro con oneri aggiuntivi per l'intero sistema sanitario a causa di maggiori ricoveri, aumento di prestazioni ambulatoriali e spesa farmaceutica.
(4-18740)


   VERINI, DE MARIA, VILLECCO CALIPARI, BOLOGNESI, BAZOLI e MATTIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   al fine di consentire la ricostruzione dei gravissimi eventi che negli anni dal 1969 al 1984 hanno segnato la storia del Paese, il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Renzi aveva disposto che, con procedura straordinaria, tutte le amministrazioni dello Stato, versassero all'Archivio centrale dello Stato la documentazione in loro possesso relativa, specificamente, agli eventi di Piazza Fontana a Milano, di Gioia Tauro, di Peteano, della Questura di Milano, di Piazza della Loggia a Brescia, dell'Italicus, di Ustica, della stazione di Bologna, del Rapido 904 (1984);

   al fine di effettuar un completo monitoraggio delle operazioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva costituito un Comitato consultivo coordinato dal Sovrintendente dell'Archivio centrale dello Stato, di cui fanno parte rappresentanti della Presidenza del Consiglio, dell'amministrazione archivistica, del mondo accademico e delle associazioni dei familiari delle vittime;

   attualmente, ad un anno di attività del Comitato consultivo, alcune associazioni, sullo stato di applicazione della «cosiddetta Direttiva Renzi», segnalano criticità;

   la direttiva citata ha rappresentato, e ancora rappresenta, una speranza dal punto di vista della trasparenza e del rispetto per la storia del nostro Paese, una iniziativa fondamentale e meritoria, che però pare si stia confrontando con difficoltà applicative relative alla, la mancanza o la insufficienza di contenuti del materiale di documentazione –:

   se il Governo non ritenga di dover al più presto compiere una verifica sullo stato di attuazione della cosiddetta «Direttiva Renzi» e quali iniziative intenda adottare al fine di rinforzare e rendere più efficace l'azione del Comitato consultivo di cui in premessa nonché per consentire l'effettivo funzionamento di tale strumento che è di fondamentale importanza per la trasparenza, per l'accertamento della verità e per la ricostruzione storica nel nostro Paese.
(4-18741)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   le compagnie militari private nel mondo, grazie all'emergenza terrorismo, ai rischi della pirateria e ai conflitti che infiammano il pianeta, incassano parcelle milionarie per proteggere, con i propri contractor, obiettivi marittimi ma, soprattutto, terrestri, svolgendo compiti normalmente demandati ai militari di professione;

   anche in Italia diverse centinaia di professionisti della sicurezza si muovono in ambiti strategici nazionali e internazionali in assenza di una normativa nazionale ben precisa;

   i contractor, o private military company la cui forza-lavoro è costantemente alimentata da ex-militari, spesso delle forze speciali ed ex-agenti dell’intelligence in Italia, si muovono in un contesto nel quale il Governo e il mondo dell'industria non hanno pienamente colto i rischi e le opportunità che le società di questo tipo di servizi sono in grado di offrire;

   in un recente articolo su Difesa & Sicurezza, si sostiene che: «il paradosso è che le grandi aziende si rivolgono da anni a fornitori, player internazionali, per acquistare servizi. Che, invece, alcune società italiane sarebbero certamente in grado di erogare. Ma che purtroppo non riescono più di tanto a promuovere, dovendo operare in un contesto di diffidenza e di mancanza di cultura specifica. Oltre che di vuoto normativo, in un settore che a livello mondiale è in continua crescita. Non c'è una definizione univoca di contractor. Se proprio si volesse provare a ricondurre questa professione in una descrizione sintetica, si potrebbe forse parlare, a mio avviso, di manager del rischio in aree conflittuali»;

   non a caso sono contractor britannici ad occuparsi di proteggere e scortare il personale italiano del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del Provincial Reconstruction Team impegnato in Iraq, così come i contractor assoldati per occuparsi di proteggere i siti sensibili e i cantieri di trivellazione a Bassora, in Iraq e in Libia dell'Eni;

   sono centinaia le aziende italiane, soprattutto nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture, che lavorano all'estero, spesso in zone particolarmente pericolose e che ricorrono a contractor stranieri o locali, con tutto il rischio che questo può comportare. Basti ricordare i rapimenti, finiti, in qualche caso, nel sangue, dei tecnici italiani in Libia o in Nigeria;

   con il decreto 28 dicembre 2012, n. 266 del Ministero dell'interno viene regolamento l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana, che transitano in acque internazionali a rischio di pirateria, ma non esiste un decreto speculare nell'attività terrestre in zone di guerra, escludendo, di fatto, le società italiane ed il personale italiano costretto a lavorare per società estere ad operare in un contesto di legalità trasparente;

   la normativa italiana con l'articolo 288 del codice penale prevede che «Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni»;

   la pena è aumentata se fra gli arruolati vi sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare;

   utilizzando contractors stranieri, inoltre, si metterebbe a rischio buona parte delle informazioni sensibili e delicate, per non dire riservate, che realtà come Eni e Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale trattano o possono trattare –:

   quali informazioni sia in grado di fornire il Governo circa la condizione afferente alle private security company operanti con personale italiano;

   quali pubbliche amministrazioni e aziende controllate dallo Stato stiano utilizzando o abbiano utilizzato negli ultimi 5 anni servizi offerti da contractor stranieri;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per regolamentare le attività diverse da quelle previste dal decreto 28 dicembre 2012, n. 266, afferenti ai servizi offerti da personale italiano per tutelare interessi nazionali all'estero.
(4-18747)


   CAPARINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alcuni ex dipendenti dell'amministrazione dell'interno già in servizio nelle unità della polizia di Stato lamentano l'interpretazione molto restrittiva e penalizzante che sarebbe stata data alle norme dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 503 del 1992;

   in particolare, sembra essere molto condivisa l'opinione secondo la quale non sarebbero state pienamente rispettate le norme della legge delega n. 421 del 1992 o quanto meno sarebbe stata data un'interpretazione troppo restrittiva all'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 503 del 1992, confrontati i contenuti dell'articolo 3, lettera n), punti 1 e 2, della suddetta legge delega n. 421 del 1992 con quelli delle circolari interpretative n. 16 del 23 luglio 1993 e n. 54 del 16 giugno 1993;

   l'interpretazione restrittiva richiamata in premessa, ad avviso dell'interrogante, ha inficiato i provvedimenti di cessazione dal servizio dei dipendenti pubblici, alimentando ricorsi ai Tar o alle Corte dei Conti –:

   se il Governo intenda assumersi iniziative per porre fine alle molteplici controversie in corso sull'argomento e definire un'interpretazione autentica – e differente – delle norme in questione.
(4-18771)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   CICCHITTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Israele esprime valori culturali e politici di grande rilievo e la sua sicurezza va garantita in ogni modo dalla comunità internazionale;

   allo stato l'unica piattaforma ragionevole è quella dei due popoli, due Stati, e la stessa sistemazione di Gerusalemme, già oggi divisa in Gerusalemme ovest e Gerusalemme est, va collocata nel contesto del confronto fra le parti;

   la decisione del Presidente Trump di spostare l'ambasciata degli Usa da Tel Aviv a Gerusalemme appare un grave errore politico e una forzatura, perché non è stata discussa con le parti e rischia di innescare pericolosi processi di radicalizzazione;

   una larghissima parte della comunità internazionale ha espresso il suo dissenso per questa decisione, che rischia di far perdere proprio agli Usa quel ruolo di mediazione fra le parti che è invece auspicabile;

   peraltro vanno condannati gli atti di violenza e le aggressioni a mano armata commessi da gruppi palestinesi sollecitati da Hamas;

   va tenuto anche conto delle prese di posizione dell'Unione europea e dell'onorevole Mogherini –:

   quali siano le valutazioni e la posizione del Governo italiano sull'intera vicenda che, se non ricondotta all'interno di un percorso di confronto democratico ed equilibrato, rischia di determinare conseguenze drammatiche in uno dei quadranti più delicati del mondo.
(3-03429)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 1° febbraio 2017 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha firmato il decreto attuativo «Fondo per l'Africa», istituito dall'articolo 1, comma 621, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), con una dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per l'anno 2017;

   la finalità assegnata dalla legge al fondo prevede il sostegno per «interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie»;

   il decreto emanato per l'utilizzo del fondo, all'articolo 1, stabilisce che detti interventi, volti al contrasto all'immigrazione e al traffico di esseri umani, sono realizzati «nel rispetto dei princìpi di efficacia e di efficienza e sono volti ad assicurare la piena cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori, nel quadro di un'azione integrata di politica estera che valorizza la centralità del continente africano.»;

   all'articolo 2 sono elencati i Paesi destinatari dei finanziamenti, tra i quali figurano Costa d'Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Ghana, Guinea, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan e con priorità strategica Libia, Niger e Tunisia. Gli interventi possono essere attuati anche in Paesi limitrofi al fine di fornire assistenza ai rifugiati e di potenziare l'efficacia degli interventi di «gestione» delle rotte migratorie; l'articolo 3, individua prioritari gli interventi nel seguente ordine:

    di cooperazione allo sviluppo;

    di protezione dei più vulnerabili;

    dei minori non accompagnati e delle vittime di tratta;

    programmi di formazione per le Autorità giudiziarie;

    fornitura di equipaggiamenti e strumentazioni per il controllo e la prevenzione dei flussi di migranti irregolari e per la lotta al traffico di esseri umani;

    iniziative di sostegno istituzionale e delle capacità amministrative;

    aggiornamento e digitalizzazione dei registri di stato civile; programmi di accoglienza e assistenza ai migranti e ai rifugiati;

    rimpatri volontari assistiti dai Paesi africani di transito verso i Paesi d'origine;

    coinvolgimento delle comunità locali; campagne informative sul rischio migratorio;

   il 2 febbraio 2017, nella conferenza stampa di presentazione del decreto, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha invece dichiarato «obiettivo strategico» del fondo «Rafforzare la frontiera esterna per evitare le partenze dei migranti irregolari» per avviare una collaborazione su questo fronte soprattutto con Libia, Tunisia e Niger, aggiungendo che l'Italia avrebbe fornito equipaggiamento, strumenti tecnici e formazione delle forze di sicurezza locali, sulla base delle richieste dei partner nordafricani; a giudizio degli interroganti una simile dichiarazione snatura l'originale finalità del Fondo per l'Africa di intervenire per rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie e di valorizzazione del continente africano, avendo questo come priorità le prime tre azioni contenute nell'articolo 3 del suddetto decreto; Fondo per l'Africa è utilizzato per operare una politica di contenimento dei flussi dei migranti alle frontiere attraverso il sostegno all'impiego di forze di polizia come sbarramento per le genti in fuga da conflitti, violenze, persecuzioni e condizioni di povertà estrema e in cerca di protezione internazionale; l'articolo 6 del suddetto decreto prevede che i soggetti attuatori degli interventi finanziati riferiscano circa l'utilizzo delle risorse a cadenza trimestrale e a conclusione degli interventi alla direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, che a sua volta ne dà conto al Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale –:

   se il Governo voglia fornire elementi circa l'utilizzo del «Fondo per l'Africa» per l'anno 2017;

   se intenda rendere noti i contenuti delle relazioni trimestrali fornite dagli attuatori degli interventi, così come previsto dall'articolo 6 del decreto attuativo del 1° febbraio 2017 sopra citato.
(5-12898)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   COMINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il mandato del commissario straordinario per la bonifica del Sito di interesse nazionale della Caffaro è scaduto dal 31 agosto 2017 e ancora si attende la firma per il rinnovo dell'incarico a Roberto Moreni, che si era reso disponibile a prolungare il suo impegno per un altro anno;

   da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è arrivato il via libera al rinnovo dell'incarico a Moreni, ma attualmente l’iter è bloccato al Ministero dell'economia e delle finanze;

   il mancato rinnovo della nomina del commissario sta generando di fatto uno stallo delle attività di bonifica del sito della Caffaro, perché come è del tutto evidente, senza un responsabile con pieno potere decisionale restano bloccati i bandi, le assegnazioni degli incarichi e tutte le attività ordinarie e straordinarie –:

   quali siano le ragioni di questo ritardo per il rinnovo dell'incarico al commissario Moreni e se non si intenda con urgenza porre fine a questo allungamento dei tempi che di fatto sta penalizzando in primo luogo il territorio bresciano e i suoi cittadini.
(3-03424)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione n. 4-17972, il primo firmatario del presente atto ha riportato la notizia dell'accordo siglato l'11 ottobre 2016 tra l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli-Venezia Giulia e l'Arso (Agencija Republike Slovenije za okolje – Agenzia per l'Ambiente Slovena);

   l'accordo «si pone l'obiettivo di consolidare la collaborazione già in atto tra ARPA e ARSO allargandola a nuovi campi di attività di comune interesse quali l'idrosfera, la biodiversità e la protezione del suolo. Vuole inoltre favorire lo scambio transfrontaliero di informazioni sull'ambiente in modo da raggiungere un miglioramento sostanziale nei servizi offerti, nonché una più ampia diffusione di informazioni alla popolazione. La collaborazione consentirà di avviare importanti attività, come ad esempio quelle finalizzate alla valutazione dello stato ecologico, della qualità chimica e biologica delle acque superficiali, profonde e marine, i monitoraggi e la modellizzazione dello stato di qualità dell'aria, i cambiamenti climatici, le pressioni sul suolo e la carica di nutrienti»;

   nell'atto menzionato, il primo firmatario della presente interrogazione ha riportato anche la notizia pubblicata da Il Piccolo il 17 settembre 2017, riguardante le pesanti «emissioni provenienti dalla fonderia “Livarna”, situata a Salcano, nel comune di Nova Gorica a poca distanza dal confine italo-sloveno»;

   con tale atto è stato chiesto al Governo se intendesse promuovere, per il tramite del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica sullo stato dei luoghi e sui fattori di inquinamento che sarebbero stati riscontrati;

   il Ministro interrogato, il 29 novembre 2017, in risposta a suddetta interrogazione, ha spiegato che «in ordine al tema del monitoraggio delle emissioni prodotte dalla ditta Livarna, si specifica che il controllo degli impianti produttivi in Slovenia non è appannaggio di ARSO (che è un'agenzia con funzioni preminenti di monitoraggio territoriale) ma della struttura Inšpektorat RS za okolje in prostor (IRSOP), un organismo specificatamente dedicato a questa attività il cui ufficio competente per la Livarna ha sede a Nova Gorica (...)»;

   inoltre, nello specifico dei rapporti tra l'Arpa e la ditta Livarna, il Ministro ha comunicato che «a seguito delle segnalazioni e degli esposti della popolazione limitrofa, l'Agenzia ha ritenuto comunque di inviare una richiesta di informazioni alla ditta, senza peraltro aver riscontri dalla medesima»;

   infine, il Ministro ha evidenziato come il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare «continuerà a tenersi informato tramite il sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, nonché a svolgere un'attività di monitoraggio, anche al fine di valutare un eventuale coinvolgimento di altri soggetti istituzionali» –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo al fine di continuare a monitorare i potenziali fattori di inquinamento nell'area sopra richiamata, di concerto con le istituzioni slovene competenti, in modo tale da contribuire a fornire risposte certe ed immediate alla popolazione interessata relative alle emissioni provenienti dalla fonderia «Livarna»;

   alla luce della mancata risposta da parte della ditta Livarna alla richiesta di informazioni da parte di Arpa Friuli-Venezia Giulia, se intenda assumere le iniziative di competenza volte a coinvolgere il Ministero dell'ambiente sloveno.
(4-18762)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la conferenza di servizi istruttoria del sito di interesse nazionale di Trieste del 24 luglio 2015, al punto 7-b ha richiesto ad Hestambiente srl: «1) l'applicazione delle previsioni di cui all'articolo 41 ex legge 98/2013 per i materiali di riporto e 2) di procedere alla rimozione/messa in sicurezza permanente per i rifiuti rinvenuti in Sc, Sd e Sh degli stessi, l'adozione per gli stessi di idonei interventi di messa in sicurezza permanente, 3) misure di prevenzione per impedire che dalle fonti di contaminazione attive nel sito si diffondano sostanze inquinanti nelle acque sotterranee e nelle matrici ambientali circostanti ed ha infine chiesto, 4) con particolare riferimento al piezometro Pe a causa di perduranti valori superiori alle CSC per il parametro cloroformio, idonee misure di monitoraggio e prevenzione al fine di eliminare il rischio sanitario per i lavoratori e/o fruitori anche occasionali del sito»;

   in seguito alle dichiarazioni dell'azienda a proposito della classificazione quali «rifiuti» dei materiali rinvenuti nei Sc, Sd e Sh e attestata l'impossibilità della loro rimozione, la conferenza di servizi ha ribadito «le necessità che per gli stessi siano adottati idonei interventi di messa in sicurezza permanente»;

   nella conferenza di servizi istruttoria dell'11 aprile 2016, Hestambiente srl ha evidenziato solamente gli esiti delle analisi per il parametro cloroformio. Non risulta aver dato, invece, riscontro alle prescrizioni di cui al punto 1) e 2) sopra riportato;

   la conferenza di servizi ha preso atto che l'azienda ha risposto solo parzialmente alle richieste della conferenza medesima del 24 luglio 2015 e ha chiesto l'esecuzione del test di cessione sui materiali di riporto; attesa la dichiarata impossibilità di rimozione dei rifiuti rinvenuti in Sc, Sd e Sh degli stessi, l'adozione per gli stessi di idonei interventi di messa in sicurezza permanente; l'aggiornamento dello stato delle acque complessivo in tutti i piezometri del sito alla fine di verificare gli effetti dovuti alla presenza di rifiuti, l'adozione di misure di prevenzione del piezometro Pe alla luce della perdurante superamento delle CSC per il parametro cloroformio;

   Hestambiente, nel corso del 2016, ha condotto 4 campagne di verifica sulla qualità delle acque di falda;

   con la delibera n. 1338 del 17 luglio 2017 la regione Friuli Venezia Giulia ha approvato la proposta di ridefinizione della perimetrazione del sito di interesse nazionale mediante l'esclusione delle aree prospicienti il canale industriale di Trieste. Tale delibera è stata esaminata dalla conferenza di servizi il 24 agosto 2017. Il comune di Trieste ha espresso parere favorevole alla ridefinizione della perimetrazione del sito di interesse nazionale e all'inclusione delle aree del termovalorizzatore di via Errera all'interno delle aree oggetto di stralcio, così come proposto da Hestambiente srl;

   in seguito all'invio della proposta di riperimetrazione, inoltre, la regione Friuli Venezia Giulia ha ricevuto da Hestambiente srl l'istanza di esclusione dal sito di interesse nazionale per l'area del termovalorizzatore di via Errera e per quella ad esso adiacente;

   la conferenza di servizi ha comunicato che per «tali aree sono necessari ulteriori approfondimenti istruttori, sebbene da una valutazione preliminare non sembrano rispondenti ai criteri generali adottati per la riperimetrazione e condivisi in sede di conferenza di servizi dal Ministero» ed ha richiesto un approfondimento istruttorio agli uffici della regione per tali aree;

   con la successiva delibera regionale n. 1854 del 29 settembre 2017, dove sono state riprese sia la precedente delibera n. 1338 che la conferenza di servizi del 24 agosto 2017, l'area del termovalorizzatore risulta esclusa dalla lista delle particelle che la regione propone di escludere dal sito di interesse nazionale di Trieste;

   il 14 novembre, nella risposta all'interrogazione 4-17869, il Governo ha spiegato che «(...) Hestambiente ha trasmesso, l'8 agosto 2017, la relazione sulle attività di monitoraggio svolte nel 2016» e che il «MATTM è in attesa della relazione di validazione dei risultati da parte di ARPA Friuli Venezia Giulia». Il 5 ottobre 2017, la regione Friuli Venezia Giulia ha trasmesso la delibera n. 1854 che modifica la precedente. Il MATTM, in data 6 ottobre 2017, ha richiesto «chiarimenti alla medesima Regione, in merito alle discrasie evidenziatesi tra la relazione tecnica e la cartografia allegate alla citata Delibera» –:

   alla luce dei fatti esposti, se intenda chiarire le tempistiche previste, per il piano di messa in sicurezza dell'area riportata in premessa, così come richiesto dalla conferenza di servizi del 24 luglio 2015 e dell'11 aprile 2016;

   come intenda intervenire, per quanto di competenza, nel caso Hestambiente srl non ottemperi alle richieste avanzate dalla conferenza di servizi.
(4-18775)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCÀ, BUSINAROLO, BRUGNEROTTO, SPESSOTTO, LUIGI GALLO e COZZOLINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Palazzo Thiene è un edificio storico situato presso la città di Vicenza, arricchito nel corso degli anni con preziosi arredi e notevoli opere d'arte, il quale ospita oggi, in esposizione permanente, importanti collezioni di arte antica e di pitture di importanti maestri veneti, tra cui Bartolomeo Montagna, Giovanni Buonconsiglio, Jacopo Bassano, Jacopo Tintoretto, Giambattista Tiepolo e Giandomenico Tiepolo, situati presso la Pinacoteca;

   l'edificio è oggi un importante centro museale, ed ospita al suo interno con continuità mostre ed attività culturali di assoluta importanza per la città e per tutta la regione veneta;

   è necessario rilevare come il 15 dicembre 1994, Vicenza sia stata inserita nella lista dei beni «patrimonio dell'umanità», e nella « World Heritage List» risultano iscritti i ventitré monumenti palladiani del centro storico e tre ville site al di fuori dell'antica cinta muraria realizzate dal famoso architetto, tra cui Palazzo Thiene;

   la storia del palazzo, così com'è oggi conosciuto, risale al 1542, quando Marcantonio Thiene decise di ampliare la dimora di famiglia, edificata da Lorenzo da Bologna nel 1489, sviluppandola in forma di quadrilatero anche grazie all'opera di Andrea Palladio, che disegna per Marcantonio Thiene una residenza di assoluta bellezza e grandiosità;

   il Palazzo Thiene è stato successivamente acquistato nel 1872 dall'istituto Banca Popolare di Vicenza, prima banca costituita a Vicenza e prima banca popolare del Veneto, e da subito ne ha ospitato la sede principale;

   il decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a., come convertito, ha inserito Palazzo Thiene fra i beni di proprietà di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa;

   in considerazione di quanto sin qui esposto e della fondamentale funzione del palazzo quale luogo della cultura cittadina e veneta nonché centro di assoluto interesse sottoposto alle tutele e ai vincoli derivanti dalla sua condizione di bene del patrimonio Unesco e di palazzo storico, non può considerarsi in alcun modo la sua possibile alienazione o chiusura, sia per ciò che rileva la struttura, sia per i beni ivi contenuti;

   è necessario, pertanto, un urgente intervento statale che impedisca la dispersione di un bene di preminente interesse storico culturale, assicurando, inoltre, il mantenimento dei beni in capo alla comunità vicentina e, più in generale, il godimento degli stessi da parte di tutti i cittadini italiani, trasformando l'edificio e le sue opere in polo museale pubblico –:

   se intenda assumere iniziative normative al fine di assicurare il mantenimento di Palazzo Thiene tra i luoghi della cultura italiana, impedendo ogni possibile alienazione ovvero chiusura dell'edificio, assicurando il mantenimento dei suoi beni e garantendone il libero godimento a tutti i cittadini, attraverso l'acquisizione all'interno del patrimonio statale della struttura e delle opere contenute al suo interno, trasformando, infine, l'edificio in museo pubblico statale. (5-12071)
(3-03423)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PALAZZOTTO e PANNARALE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Governo e il Ministro interrogato hanno più volte annunciato con grande enfasi l'assunzione di archeologi, architetti, archivisti, bibliotecari, restauratori, storici dell'arte e altro;

   inizialmente i posti dovevano essere 500, ampliati successivamente a 800 e di recente aumentati fino a 1.000;

   i bandi per i vari profili sono stati pubblicati nel maggio 2016 – diciotto mesi or sono – ma ad oggi sui tanti posti promessi e presentati come il segno del cambiamento per la gestione e la tutela dei beni culturali in Italia, risultano assunti soltanto in 71, veramente ancora poca cosa che, a giudizio degli interroganti, non può essere presentata come successo della nuova gestione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

   ad eccezione di poche categorie di cui risultano ancora in corso le prove orali, le graduatorie definitive di merito di tutti gli altri profili sono state pubblicate ormai da tempo ed anzi sul sito del Ministero era stata diffusa persino la notizia di un'ulteriore e imminente assunzione di 127 archivisti, mai verificatasi;

   su tutta la tempistica di questa vicenda assunzionale non si possono non registrare gravissimi ritardi che provocano sconcerto nella pubblica opinione e tra i vincitori e gli idonei interessati, mentre nel frattempo la situazione per i lavoratori del Ministero rimane difficile se non drammatica, rappresentando la crisi profonda in cui versa il settore, crisi che si aggrava progressivamente con danni rilevanti al patrimonio artistico e culturale per l'impossibilità di garantirne un'adeguata tutela;

   inoltre, le informazioni e le dichiarazioni rilasciate dai responsabili del Ministero sono, ad avviso degli interroganti, nella maggior parte contraddittorie e lasciano intravedere i soliti «rimpalli» di responsabilità burocratica in una situazione in cui si ha la netta impressione che non si sappia bene come procedere: ritardi, disorganizzazione, criticità nel lavoro delle commissioni, elenchi pubblicati con errori, ricorsi al Tar, problematiche relative al fatto che alcuni candidati hanno partecipato e vinto concorsi relativi a più profili –:

   se il Ministro interrogato non intenda accertare quali siano state le cause dei ritardi nell'espletamento dei concorsi, e quali iniziative di competenza preveda di assumere una volta accertate le effettive responsabilità;

   in che tempi intenda recuperare il tempo perso e se, come assicurato, tutte le assunzioni saranno garantite per la fine dell'anno.
(5-12906)


   RICCIATTI, NICCHI, BOSSA, SCOTTO, LAFORGIA, D'ATTORRE, QUARANTA, MELILLA, ROBERTA AGOSTINI, PIRAS, DURANTI, FRANCO BORDO e KRONBICHLER. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi di stampa si legge che a Predappio, città natale di Benito Mussolini, sorgerà il museo del fascismo e, a tale scopo, il 9 dicembre 2017 proprio a Predappio è stato inaugurato il progetto per l'allestimento museografico nella ex Casa del fascio e dell'ospitalità;

   il progetto museale non è stato preceduto da alcuna discussione e l'Anpi, unitamente ad altre associazioni combattentistiche e partigiane, ha mostrato ferma contrarietà a questa iniziativa che rischia di trasformarsi in una celebrazione della dittatura fascista, seppur al di là dell'intenzione dei promotori;

   nella città di Predappio, infatti, in occasione degli anniversari della nascita e della morte di Mussolini e della marcia su Roma, si radunano migliaia di nostalgici che visitano il paese e rendono omaggio alla tomba del dittatore nel cimitero del paese; inoltre, nel territorio insistono anche un paio di negozi che vendono souvenir fascisti;

   per il restauro dell'edificio, che pare richieda una spesa di cinque milioni di euro, il comune di Predappio ha chiesto aiuto anche alla regione e al Governo, ma l'idea di realizzare, anche con finanziamenti governativi, un museo del genere e proprio nel luogo in cui si trova la cripta in cui è sepolto Mussolini, visitata da curiosi e nostalgici di quel periodo infausto, è del tutto inopportuna soprattutto in quest'epoca storica così travagliata, come quella attuale, in cui i nazionalismi sono riemersi con ferocia in quasi tutta Europa;

   anche se esistono già importanti e riuscite esperienze internazionali che riguardano in particolare il nazismo, si pensi ad esempio a Berlino e Monaco, o rappresentazioni dei fascismi nei musei dell'Olocausto da Washington a Berlino, di certo, a Predappio, non è stato fatto alcun lavoro sulla memoria, così come, nel resto di Italia, la discussione storica e teorica su questi temi spesso è mancata o è risultata insufficiente;

   nelle città italiane ci sono simboli e costruzioni dimenticati del lontano periodo fascista, per cui prima di fare un museo del ventennio o del fascismo si dovrebbe pensare di dare maggiore voce alla storia dentro le città e soprattutto alle vittime di quel regime, affinché diventi documentale il dolore immane che quel ventennio ha causato alle loro vite;

   questo non significa che il fascismo non possa essere rappresentato dopo il suo tempo e non devono esserci tabù in tal senso, ma di certo realizzare un museo di questo tipo non è la soluzione, come invece potrebbe essere la realizzazione di un museo della storia, un museo diffuso, che racconti la storia delle città con le proprie piccole e grandi esperienze –:

   se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda escludere qualsiasi intervento finanziario a vantaggio di questa iniziativa;

   se il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere tutte le iniziative volte a rivedere una eventuale decisione di sostenere l'apertura di un museo del fascismo a Predappio che già oggi è meta di pellegrinaggi nostalgici che sarebbero sicuramente favoriti e intensificati dal museo così prospettato.
(5-12913)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con precedenti atti di sindacato ispettivo, il primo firmatario del presente atto ha sottolineato il caos normativo in cui versa la professione di guida turistica. Il Tar del Lazio, il 24 febbraio 2017, ha annullato i due decreti ministeriali del 7 aprile e 11 dicembre 2015 che introducono «un regime di specifica abilitazione su base territoriale per lo svolgimento della professione di guida turistica in siti considerati di particolare interesse storico, artistico o archeologico» ed individuano tali siti;

   con la sentenza 3859/2017, il Consiglio di Stato ha evidenziato che l'annullamento dei decreti ministeriali è avvenuto in relazione alla legge n. 97 del 2013 e al vigente rispetto del principio di libera circolazione ed esercizio della professione;

   come riportato da fonti di stampa, in questi anni, in mancanza di un quadro normativo nazionale, la questione menzionata è stata demandata alle Regioni. Ognuna, secondo differenti modalità, ha continuato a bandire esami con abilitazioni conseguite su competenze territoriali. Tali abilitazioni, pur basandosi su di un esame riguardante argomenti di carattere provinciale o regionale, permettono di operare su tutto il territorio nazionale;

   il 5 ottobre 2017, in relazione all'assenza di una disciplina uniforme e di una definizione di «guida nazionale», nonché delle condizioni, dei requisiti e delle modalità di accertamento degli stessi per il rilascio del titolo professionale «nazionale» che ne legittimerebbe l'esercizio, l'Angt ha dichiarato che le Regioni, non possono più ritenersi legittimate a rilasciare, continuando ad applicare le diversificate legislazioni regionali preesistenti, nuove abilitazioni per l'esercizio di Guida Turistica, la cui abilitazione, dovendo avere validità nazionale, non può che essere regolata dalla legge statale. Numerosi corsi di formazione e i relativi esami per l'abilitazione all'esercizio della professione sono stati portati a compimento e continuano regolarmente in regioni come la Toscana, l'Emilia Romagna, la Sardegna, la Sicilia e la Puglia;

   il 16 novembre 2017 la trasmissione televisiva «Striscia la Notizia» ha denunciato come diversi cittadini stranieri, non in grado di parlare la lingua italiana, abbiano superato, nei mesi passati, l'esame per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio della professione di guida turistica (in lingua italiana) nella provincia di Firenze. In relazione al servizio, è intervenuta l'Angt che ha ribadito le denunce effettuate, nel corso degli anni, sulla questione dei corsi di formazione in ogni sede istituzionale e politica;

   secondo l'Angt «alcune Regioni continuano ad organizzare corsi di formazione i cui risultati sono stati denunciati dalla trasmissione televisiva menzionata. Gli esami sono rivolti a cittadini coreani, cinesi, russi, cittadini provenienti da tutta Europa, tutti ben “istruiti” sulle modalità di iscrizione e svolgimento della prova»;

   «ci chiediamo quale immagine della Toscana, terra di Giotto e Michelangelo, ne esca da questo servizio, soprattutto, ci chiediamo dove erano coloro che avevano il compito di vigilare sulla legalità e sul buon andamento dei corsi di formazione che, ricordiamo, sono accreditati dalla Regione Toscana. Siamo amareggiati nel constatare come la professione di Guida Turistica stia subendo un processo di svilimento tale da permettere realtà come quelle denunciate dalla trasmissione»;

   infine, l'Associazione ha ricordato come «coloro che frequentano questi corsi non lavorano nel territorio per il quale avrebbero “superato” l'esame di abilitazione, bensì in tutta Italia come “Guida, Nazionale”. Attendiamo una risposta seria e immediata non solo dalla Regione Toscana, ma anche dallo stesso Ministro Franceschini sperando in una sua considerazione visto che le guide sapevano, denunciavano, ma lo Stato non le ha volute ascoltare»;

   secondo quanto emerso il 20 novembre 2017 nel corso della seduta del consiglio comunale di Firenze, «i dati comunicati dal Comune sul numero di tesserini abilitanti alla professione di guida turistica rilasciati nei primi 10 mesi del 2017, anche a seguito del servizio trasmesso dalla trasmissione televisiva “Striscia la Notizia”, lasciano forti dubbi. I tesserini conferiti nel 2017 sono stati infatti 252, a fronte dei circa 120 consegnati per ciascuna delle annualità precedenti, tra il 2014 ed il 2016. Il comune effettua anche dei controlli “a campione” sulle guide turistiche alle quali viene conferito il tesserino: possibile che non ne sia mai stata scoperta una che aveva sostenuto gli esami abilitanti in maniera, quantomeno, dubbia?» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali siano gli orientamenti, per quanto di competenza, in relazione a ciò che è accaduto nella provincia di Firenze;

   come intenda vigilare, per quanto di competenza, di concerto con le altre istituzioni interessate, per evitare il ripetersi degli eventi citati in premessa;

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, in accordo con le regioni, al fine di chiarire le modalità riguardanti il rilascio delle nuove abilitazioni all'esercizio della professione di guida turistica.
(4-18760)


   FRACCARO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 2, commi 117 e 117-bis, della legge n. 191 del 23 dicembre 2009 (legge finanziaria per il 2010), il 24 maggio 2012 è stato deliberato, a valere sul cosiddetto Fondo comuni confinanti, un finanziamento di circa 3,8 milioni di euro per il progetto «Rotatoria sulla SP 237 del Caffaro» assegnando al comune di Bagolino (Bs) il ruolo di committente;

   il progetto preliminare prevedeva la demolizione del ponte vecchio e la realizzazione di una rotatoria sul fiume Caffaro. Tale progetto in sede di conferenza dei servizi ha ottenuto il parere negativo da parte della Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici, la quale attribuiva al vecchio ponte del 1906 un particolare valore storico e culturale e scartava qualsiasi ipotesi progettuale che ne prevedesse la sostituzione;

   sulla base di questo presupposto sono state redatte le successive fasi di progettazione, definitiva ed esecutiva;

   la relazione del progetto definitivo (1.01.08 – note in merito alla manutenzione straordinaria del ponte esistente) non prende più in considerazione la demolizione del vecchio ponte, ed anzi asserisce che lo stesso potrà continuare a svolgere la sua funzione anche in futuro prevedendo allo scopo una serie di interventi di semplice manutenzione (rinforzo dei fazzoletti, sabbiatura, riverniciatura delle strutture metalliche);

   la relazione tecnico descrittiva (10_E_R_110_5) del progetto esecutivo conferma sia la scelta di mantenere il vecchio ponte e gli interventi di manutenzione indicati nel definitivo (delibera di giunta comunale di Bagolino n. 40 del 2016);

   ad oggi i lavori della rotatoria sono stati completati, a parte quelli riguardanti la manutenzione del ponte vecchio; tuttavia, essa rimane chiusa al traffico;

   da notizie di stampa si apprende che l'amministrazione di Bagolino intende realizzare un nuovo ponte al posto di quello vecchio, adducendo motivi di natura statica che non permettono di sopportare il traffico veicolare («Ponte Caffaro, storia e strade fanno a pugni» – BresciaOggi del 10 novembre 2017). Pare dunque che non sia più sufficiente un intervento di manutenzione sul vecchio ponte e che, diversamente da quanto dichiarato dai progettisti, sia necessario realizzarne uno nuovo, disattendendo quanto da sempre chiesto dalla Soprintendenza –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare la conservazione del vecchio ponte e verificare l'effettiva necessità di realizzazione della nuova opera, prevista nella delibera di giunta comunale n. 40 del 2016.
(4-18773)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   PASTORINO, MARCON e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, come riportato in un comunicato pubblicato sul sito istituzionale, ha sanzionato per oltre 23 milioni di euro quattro società di revisione contabile: Deloitte, Kpmg, Ernst&Young e PricewaterhouseCoopers, note anche come «big four»;

   l'Autorità ha attribuito a dette società la creazione di un cartello per spartirsi una gara comunitaria indetta da Consip spa il 19 marzo 2015 per conto del Ministero dell'economia e delle finanze;

   tale gara era stata bandita per l'affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica per l'esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e audit dei programmi cofinanziati dall'Unione europea;

   il bando di circa 66 milioni di euro è stato poi aggiudicato per complessivi 42 milioni di euro e l'Autorità si è mossa a seguito di una segnalazione della stessa Consip spa;

   il comunicato dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato riporta che «Dalla documentazione è emerso, che le parti, coordinandosi a livello di network, hanno presentato delle offerte economiche differenziate per i vari lotti in gara, secondo uno schema comune (...) questi soggetti, pur presentando sostanzialmente sempre un'offerta tecnica equivalente tra i diversi lotti, hanno presentato in alcuni lotti offerte economiche con ribassi tra il 30 e il 35 per cento, mentre in altri lotti le offerte sono risultate decisamente inferiori»;

   gli altri partecipanti alla gara non hanno differenziato i loro ribassi a seconda del lotto di partecipazione e gli sconti medi ponderati da essi presentati sono stati sempre significativi;

   il 5 maggio 2016 sono avvenute le aggiudicazioni e cinque dei nove lotti in gara sono stati aggiudicati alle società appartenenti alle cosiddette «big four»;

   le imprese hanno annullato, di fatto, il reciproco confronto concorrenziale per spartirsi i lotti e neutralizzare la concorrenza esterna al cartello;

   nel corso degli accertamenti sono stati trovati una serie di documenti che confermano i cosiddetti «contatti orizzontali» e gli incontri tra le società, oltre a documenti indicativi della ripartizione dei lotti e che tale intesa «rientra tra le più gravi violazioni del diritto della concorrenza» –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche sul piano normativo, affinché venga effettivamente tutelato e salvaguardato il processo competitivo tra gli operatori, in luogo di accordi illegittimi tesi a limitare la concorrenza sul mercato.
(3-03434)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, GARNERO SANTANCHÈ, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni si è assistito ad un vertiginoso aumento del fenomeno delle occupazioni abusive di immobili, soprattutto nei grandi centri urbani, e la depenalizzazione del relativo reato, seppur circoscritta ai soli immobili di proprietà privata, recentemente operata con la legge 28 aprile 2014, n. 67, appare suscettibile di creare ulteriore allarme sociale e conseguenze drammatiche;

   in data 9 novembre 2017 il tribunale civile di Roma ha emesso una sentenza condannando il Governo a risarcire i proprietari degli stabili occupati per il «danno emergente e lucro cessante», in quanto «il diritto dei proprietari prevale sull'ordine pubblico»;

   nella sola città di Roma gli immobili occupati abusivamente, sia di proprietà pubblica che appartenenti a privati, sono oltre duemilacinquecento e una delibera adottata durante la recente gestione commissariale della città ha individuato in oltre 190 milioni di euro il valore totale dell'emergenza abitativa a Roma, rispetto alla quale la destinazione di ben 764 alloggi di edilizia residenziale pubblica riuscirebbe a coprire appena un terzo delle occupazioni in corso da più tempo;

   l'obbligo di risarcire i proprietari degli immobili occupati e la conseguente necessità di individuare e rendere fruibile una diversa soluzione abitativa in favore degli occupanti pongono nuovi oneri a carico delle casse dello Stato –:

   in che modo e con quali tempistiche il Governo intenda reperire le risorse da destinare alle spese di cui in premessa e a quanto ammonteranno.
(3-03435)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FALCONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento per la produzione di latte in polvere del comune di Cameri in provincia di Novara, realizzato con fondi pubblici previsti dalla legge n. 910 del 1966 con decreto dell'allora Ministero per l'agricoltura e per le foreste, non è mai entrato in funzione e con il passare degli anni non si è riusciti ad avviare alcun tipo di attività;

   il sito industriale (che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001 è stato trasferito dal demanio alla regione Piemonte) attualmente risulta essere in uno stato di degrado e abbandono e su sollecito dell'amministrazione di Cameri, il 24 febbraio 2017 è stato richiesto all'Agenzia del demanio – direzione regionale Piemonte e Valle d'Aosta di riconsiderare l'opportunità di attribuire il suddetto bene, direttamente al medesimo comune, nell'ottica della valorizzazione dei beni pubblici non più strumentali all'esercizio delle funzioni a cui sono stati inizialmente finalizzati;

   lo stesso comune novarese, a seguito dei suggerimenti dell'Agenzia del demanio, ha anche provveduto entro il 31 dicembre 2016 a presentare istanza di attribuzione a titolo non oneroso dei beni di proprietà statale, ai sensi dell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno del 2013, n. 69, ma ciononostante tale istanza non ha trovato accoglimento, in quanto il bene in questione è stato comunicato non essere di proprietà dello Stato;

   di opinione differente, risulta essere la regione Piemonte in quanto sostiene che il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non ha avuto esecuzione nella parte che interessa l'immobile in questione mentre l'Agenzia del demanio il 26 giugno 2017, ha risposto alla missiva della regione Piemonte, chiedendo di rinunciare formalmente al bene in modo da verificare la possibilità di trasferirlo direttamente al comune di Cameri;

   la stessa Agenzia del demanio, per ottemperare a quanto suddetto, ritiene tuttavia necessario il coinvolgimento anche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in quanto il bene è sotto la sua competenza;

   l'interrogante al riguardo rileva come il comune novarese sia fortemente interessato ad ottenere la disponibilità di tale bene facendosi carico della sua valorizzazione e, a tal fine, ha sollecitato le autorità interessate affinché si possa giungere al più presto ad una soluzione condivisa;

   il 9 novembre 2017 sull'argomento è stata svolta in VI Commissione (Finanze) alla Camera l'interrogazione a risposta immediata n. 5/12642;

   la risposta a tale interrogazione non ha consentito tuttavia di sciogliere i nodi per una positiva conclusione della vicenda relativa al trasferimento della proprietà dello stabilimento –:

   quali ulteriore iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di concedere l'uso del citato immobile al comune di Cameri, considerato dall'amministrazione comunale di grande interesse per un futuro sfruttamento a vantaggio della comunità locale.
(5-12904)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAMBRUOSO, GALGANO, MENORELLO, MOLEA, MATARRESE e VARGIU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 208 del 2015 e l'articolo 7-quater del decreto-legge n. 243 del 2016 hanno introdotto, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019, un credito d'imposta a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020;

   per beneficiare dell'agevolazione le imprese interessate devono trasmettere all'Agenzia delle entrate – Centro operativo di Cagliari – apposita «comunicazione per la fruizione del credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno» utilizzando il modello telematico adottato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. La comunicazione dell'accoglimento dell'istanza costituisce presupposto per fruire del credito d'imposta;

   in base a tale procedura il rappresentante dell'impresa che intende beneficiare del credito d'imposta è tenuto a rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà avente ad oggetto il possesso da parte dell'impresa dei requisiti previsti dalla normativa europea e nazionale relativi al credito d'imposta e, nell'ipotesi in cui l'ammontare complessivo di quest'ultimo risulti superiore a euro 150.000, la dichiarazione sostitutiva va resa anche per i soggetti sottoposti alla verifica antimafia;

   l'articolo 91 del decreto legislativo n. 159 del 2011 stabilisce, infatti, che le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici devono acquisire l'informazione antimafia per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni di valore superiore a 150.000 euro. Il successivo articolo 92 stabilisce poi al comma 1 che il rilascio dell'informazione antimafia è immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati quando non emergono cause di decadenza, sospensione o divieto oppure tentativi di infiltrazione mafiosa, mentre, in caso contrario, il comma 2 della stessa norma prevede che il prefetto rilascia l'informazione antimafia interdittiva entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta, salvo in caso di particolare complessità delle verifiche per cui è concessa una proroga di trenta giorni. Decorsi inutilmente tali termini i soggetti pubblici procedono anche in assenza dell'informazione antimafia e i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni sono corrisposti sotto condizione risolutiva. Qualora, infine, il prefetto non abbia rilasciato l'informazione interdittiva entro i termini previsti e la sussistenza di una causa di divieto o di un tentativo di infiltrazione mafiosa sia accertata successivamente all'accoglimento della richiesta del credito di imposta, i soggetti pubblici revocano le concessioni;

   allo stato attuale risultano pendenti procedimenti in cui, a fronte di regolari comunicazioni per la fruizione del credito d'imposta operate da aziende in possesso dei requisiti prescritti, l'Agenzia delle entrate – Centro operativo di Cagliari – ha comunicato agli istanti la persistenza delle attività di verifica previste dal codice antimafia, all'esito delle quali saranno comunicati l'autorizzazione o il diniego alla fruizione del beneficio. In molti casi, risultano decorsi i termini previsti dall'articolo 92 del codice e, nonostante questo, l'Agenzia delle entrate non ha applicato il comma 3 della medesima norma che consente la prosecuzione delle attività (nei casi di specie il rilascio dell'autorizzazione), anche in assenza dell'informazione antimafia e sotto condizione risolutiva;

   tale situazione arreca notevole pregiudizio alle aziende interessate che, pur possedendo i requisiti richiesti, non possono effettuare investimenti non avendo certezza sulle fonti di copertura pubbliche previste dalla legge –:

   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per superare questa situazione di stallo che tanti danni ha arrecato a numerose aziende italiane.
(4-18755)


   D'INCÀ, GALLINELLA e SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 novembre 2017 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo a firma di Federico Fubini e Fiorenza Sarzanini avente ad oggetto le donazioni e lo spostamento di immobili e beni personali in fondi patrimoniali che i precedenti dirigenti e amministratori di Banca Popolare di Vicenza stanno compiendo per evitare che i creditori possano aggredire i loro beni;

   successivamente, in data 27 novembre 2017, un ulteriore articolo pubblicato dal Corriere della Sera a firma di Federico Fubini e Fiorenza Sarzanini evidenziava come anche gli ex amministratori di Veneto Banca avessero compiuto delle operazioni di compravendita e cessioni di immobili personali, nonché creazione di fondi patrimoniali cercando «di sottrarre [i beni, ndr] alle richieste di risarcimento»;

   secondo quanto riportato dal giornale i tre commissari liquidatori non stanno presentando neppure le azioni di sequestro;

   tale inerzia sta arrecando danni ai cittadini coinvolti nel default di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, anche perché il trascorrere del tempo potrebbe importare la decadenza dalle azioni revocatorie utilmente esperibili –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative affinché i commissari liquidatori degli istituti degli istituti di credito messi in liquidazione coatta amministrativa siano tenuti ad adottare prioritariamente tutte le opportune azioni a tutela dei risparmiatori, anche prevedendo un adeguato quadro sanzionatorio al riguardo, per evitare casi come quello descritto.
(4-18759)


   PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle prestazioni di servizi, si discute della rilevanza fiscale ai fini Iva delle notule pro forma (cosiddetti preavvisi di parcella o di compenso);

   l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 individua le regole che consentono di stabilire il momento di effettuazione ai fini Iva di una determinata operazione. In particolare, quanto alle prestazioni di servizi, i commi 3 e 4 individuano due differenti momenti cui collegare il sorgere dell'obbligazione tributaria: il primo, di carattere sostanziale, integrato dal pagamento, anche parziale, del compenso pattuito per l'operazione; il secondo, di carattere meramente formale, costituito dall'emissione della fattura, indipendentemente dal pagamento;

   la Corte di cassazione, in aderenza al dettato normativo, ha affermato che «in tema di Iva, la mera emissione di un documento non avente le caratteristiche formali della fattura, ancorché denominato in modo simile (nella specie, una “fattura pro-forma”), non è sufficiente a far sorgere l'obbligazione tributaria, se non si dimostra che sussistevano i presupposti per l'emissione della fattura: i presupposti temporali per l'emissione della fattura sono infatti indicati espressamente dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, e sono collegati al momento in cui l'operazione assoggettabile ad imposta si considera effettuata» (cfr. Corte di cassazione 21 maggio 2008, n. 12913);

   il disposto dell'articolo 21 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 stabilisce che «per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili [...]», ritenendo ugualmente validi i documenti equivalenti alla fattura;

   la norma è di diretta attuazione dell'articolo 219 della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006 che consente agli Stati membri di ritenere ugualmente validi i documenti equivalenti alla fattura;

   in base all'articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, dunque, le operazioni possono essere certificate mediante un documento che assume la forma di «nota, conto, parcella e simili», purché contenga tutti gli elementi propri della fattura;

   in pratica, non è rilevante il nomen quanto piuttosto il contenuto del documento, al fine di valutare se lo stesso contenga o meno gli estremi per essere considerato una fattura Iva;

   diventa allora dirimente capire quando si è in presenza di un documento che, indipendente dalla condizione sostanziale integrata dal pagamento (che impone sempre l'emissione della fattura), possa considerarsi formalmente emessa una vera e propria «fattura» rilevante ai fini Iva –:

   quale sia la rilevanza fiscale ai fini Iva dei preavvisi di parcella e quali requisiti sostanziali debbano avere tali documenti per non essere considerati alla stregua di una fattura.
(4-18767)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRARESI, AGOSTINELLI, SARTI, BUSINAROLO, BONAFEDE e COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la «legge Brunetta» di riforma della pubblica amministrazione prevedeva che i singoli Ministeri calcolassero ogni anno i risparmi ottenuti grazie all'utilizzo di tecnologie digitali;

   da recenti fonti stampa si apprende, tuttavia, che quasi nessun dicastero ha provveduto e che i fondi, destinati per due terzi ai dipendenti, sarebbero finiti nel calderone della revisione della spesa;

   il processo di digitalizzazione è stato significativo e ha prodotto negli ultimi anni ingenti risparmi. La Commissione parlamentare d'inchiesta sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione, istituita lo scorso anno, sta elaborando la relazione conclusiva dei lavori svolti. Tra i temi su cui ha provato a far luce c'è anche la mancata applicazione di alcuni punti del codice dell'amministrazione digitale, introdotto dalla «legge Brunetta» di riforma della pubblica amministrazione e da poco aggiornato dalla «riforma Madia», a partire dalla quantificazione dei risparmi che ogni singola amministrazione ha ottenuto anno dopo anno, secondo quanto previsto dall'articolo 15 del testo;

   l'articolo 27 del decreto legislativo n. 150 del 2009 – «premio di efficienza» – prevede che sin dal 2010 una quota fino al 30 per cento sui risparmi dei costi di funzionamento derivanti da processi di ristrutturazione, riorganizzazione e innovazione all'interno delle pubbliche amministrazioni è destinata, in misura fino a due terzi, a premiare, secondo criteri generali definiti dalla contrattazione integrativa, il personale direttamente e proficuamente coinvolto e, per la parte residua, ad incrementare le somme destinate alla contrattazione stessa;

   in Commissione solo alcuni Ministeri sono andati a render conto di tali fondi. Solo il Ministero della giustizia e dello sviluppo economico hanno fornito cifre certificate. Gli altri Ministeri, invece, hanno rivelato di non avere contezza di quanti fondi siano stati risparmiati e, di conseguenza, nessuna redistribuzione è avvenuta a vantaggio dei lavoratori;

   il Ministero della giustizia avrebbe risparmiato 63 milioni di euro all'anno grazie alla digitalizzazione. Almeno 40 sarebbero, quindi, spettati ai dipendenti. Questi soldi non sarebbero mai stati spesi così. È molto probabile che siano rientrati all'interno dei risparmi della spending review;

   sembrerebbe che il processo civile telematico abbia portato enormi risparmi. Per i bilanci del dicastero, l'impatto della digitalizzazione è stato significativo e ha prodotto negli ultimi anni «risparmi enormi», come anche in ordine alla rimodulazione della geografia giudiziaria;

   sulle vicende suddette il Coordinamento nazionale FLP giustizia ha anche scritto il 13 novembre al Ministro interrogato senza ottenere risposta –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali siano le ragioni del mancato rispetto delle disposizioni normative;

   per quali ragioni i fondi risparmiati non stati destinati a favore dei dipendenti;

   quale sia stata la destinazione delle risorse risparmiate per effetto della digitalizzazione nella pubblica amministrazione che per il dicastero della giustizia si è tradotta nell'avvio del processo civile telematico e quali iniziative di competenza intenda intraprendere.
(5-12915)


   RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da un servizio televisivo del programma Le Iene, del 3 dicembre 2017, di un gravissimo caso che vede protagonista un uomo di 40 anni che è ridotto in stato vegetativo dopo essere stato ferocemente picchiato da alcuni vicini di casa, in seguito ad una banale lite condominiale;

   testimoni della violenza subita dalla vittima del pestaggio sono stati i figli, che dalla finestra di casa hanno immediatamente riconosciuto gli aggressori; questi ultimi, addirittura, hanno spruzzato sugli occhi dell'uomo dello spray, gli hanno procurato una scossa con una pistola elettrica, per poi colpirlo ripetutamente con una mazza di ferro e dei mattoni;

   «noi urlavamo che la smettessero», raccontano i figli, ma le loro grida non hanno in alcun modo fermato i vicini di casa che hanno agito indisturbati, fino a ridurre il padre quasi in fin di vita;

   le testimonianze dei bambini non sono state ascoltate dai carabinieri, nonostante le richieste della madre, che mentre avveniva l'aggressione non era presente in casa;

   ciò che desta ulteriormente sconcerto è che a distanza di quasi due anni, gli artefici del pestaggio sono a piede libero e nonostante l'imputazione di tentato omicidio, le indagini risultano ancora in corso e, dunque, non ha ancora avuto inizio il processo;

   i familiari della vittima incontrano frequentemente gli aggressori, trattandosi come predetto dei vicini di casa, e vivono con la paura che possano usare violenza anche nei loro confronti;

   si tratta di una famiglia, non abbiente e costretta a costose cure per il mantenimento dell'uomo. Tra l'altro, stanno cercando un nuovo avvocato che possa occuparsi del caso, poiché il primo ha rinunciato al mandato –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza anche normative intenda adottare il Ministro interrogato, in relazione a fatti di violenza inaudita e a possibili profili di abnormità nei procedimenti volti ad accertare le relative responsabilità.
(5-12917)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MENORELLO, DAMBRUOSO, MONCHIERO, OLIARO e VARGIU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il distretto di corte d'appello di Bologna pende una causa penale, nell'ambito del procedimento n. 14241/13 R.G.N.R., in cui è parte Automobili Lamborghini s.p.a. quale responsabile civile per fatto dell'imputato riconducibile all'ipotesi di omicidio colposo (ex articolo 589 del codice penale) del signor Andrea Mamè che, alla guida di una Lamborghini Supertrofeo Gallardo LP 570-4, è deceduto a soli 41 anni nel corso del «Lamborghini Blancpain Super Trofeo» organizzato dalla nota casa automobilistica nell'autodromo «Paul Ricard» in Le Castellet (Francia);

   il primo grado del processo si è concluso con una sentenza di non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste», emessa in data 12 luglio 2017 dal tribunale in composizione monocratica ed impugnata dal procuratore generale;

   sempre nel distretto di corte d'appello di Bologna, in primo grado di giudizio, è in corso una seconda causa, in sede civile (11860/2016 R.G.) – di valore 10.000.000 di euro come da perizia – per accertare e dichiarare la responsabilità di Automobili Lamborghini s.p.a. per la morte del signor Mamè;

   a soli due giorni dalla data dell'udienza relativa a quest'ultimo giudizio, precisamente il 17 novembre 2017, il presidente della corte d'appello di Bologna si recava in visita alla fabbrica di Automobili Lamborghini s.p.a. di Sant'Agata Bolognese (Bologna) e, in quell'occasione, venivano messi a sua disposizione tre modelli della Lamborghini Huracan, ultimo veicolo della casa automobilistica (cfr. Corriere della Sera di Bologna);

   purtroppo, durante il giro di prova alla guida di una delle tre vetture l'autista di servizio del presidente, signor Vito Rotunno, si scontrava con un autocarro perdendo la vita;

   il presidente della corte d'appello di Bologna, al momento dell'accaduto, si trovava su un altro veicolo con un collaudatore della Lamborghini –:

   se non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio di iniziative ispettive.
(4-18739)


   AMATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso la casa lavoro di Vasto ci sono 116 internati e nell'area della casa circondariale si trovano 15 imputati e 25 condannati;

   la popolazione detenuta, così eterogenea, determina una complessità aggiuntiva alle condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria;

   nel primo semestre 2017 nell'istituto penitenziario di Vasto si sono contati, a quanto si apprende da una nota del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, 13 atti di autolesionismo, 6 tentati suicidi, 2 colluttazioni e 4 mancati rientri in carcere dopo licenza ad internati;

   circa un mese fa si è verificato il crollo di una delle porte carraie del carcere;

   le organizzazioni sindacali hanno più volte sollevato problemi di sicurezza, aggravati da rimodulazioni dell'organico, che non tengono conto della eterogeneità della popolazione del carcere e del diverso impegno che una misura come la casa lavoro richiede al personale di custodia –:

   se sia a conoscenza degli eventi critici segnalati e quali iniziative intenda adottare per meglio garantire la sicurezza all'interno dell'istituto penitenziario, nonché per favorire più adeguate condizioni di lavoro per gli agenti di polizia penitenziaria.
(4-18752)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'articolo pubblicato su Il Piccolo di Trieste il 4 novembre 2017, il quotidiano belgradese Vecernje Novosti ha riportato che «gli italiani intendono riportare in Patria i dipinti presenti nel Museo nazionale di Belgrado. Il riferimento è a otto tele di grande valore custodite, da 70 anni, nel Museo menzionato e che sono oggetto di “una richiesta urgente di assistenza giudiziaria internazionale” della procura di Bologna trasmessa al tribunale superiore di Belgrado. Richiesta, ha poi precisato l'agenzia di stampa serba Tanjug, che ha come obiettivo il “sequestro temporaneo” delle otto opere “che la Serbia ottenne nel 1949” dagli americani “come riparazione di guerra”, dopo che erano state “acquistate a caro prezzo e legalmente” nel 1941 per conto del Maresciallo del Reich Hermann Goering dalla famiglia Contini-Bonacossi, a Firenze.»;

   le tele, infatti, «vennero acquistate a Firenze tra il 1941 e il 1942 dal mercante tedesco Walter Hofer su ordine di Goering. Tuttavia furono portate in Germania aggirando la regolamentazione prevista da due leggi dello Stato italiano: una del 1909 e l'altra del 1939. In quel periodo i nazisti facevano razzia di opere d'arte in Europa con l'obiettivo di raccoglierle in un grande museo a Linz, in Austria»;

   si tratta di capolavori del Medioevo e del Rinascimento: «il Ritratto della regina Cristiana di Danimarca dipinto da Tiziano, la Madonna con Bambino e donatore di Jacopo Tintoretto, il San Rocco e il San Sebastiano, entrambi di Vittore Carpaccio, una Adorazione del Bambino con angeli e santi della Scuola ferrarese del XV secolo, una Madonna con Bambino di Paolo Veneziano, un trittico di Paolo di Giovanni Fei e una tempera di Spinello Aretino»;

   come spiegato da Il Sole 24 Ore nell'inchiesta pubblicata il 5 dicembre 2017, «nel corso del 2014, i Carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale di Firenze incrociarono i dati della banca dati Leonardo (il grande archivio informatizzato dei Carabinieri dove sono immagazzinate le foto di tutte le opere rubate o scomparse) con le immagini di una mostra che è stata organizzata a Bologna dal 28 novembre 2004 al 13 febbraio 2005, intitolata “Da Carpaccio a Canaletto. Tesori d'arte italiana dal Museo nazionale di Belgrado”. Tra i capolavori d'arte esposti a Bologna c'erano anche gli otto “prigionieri di guerra”. Ci sono voluti più di 70 anni, ma finalmente in quel 2014 le opere vennero localizzate a Belgrado, in Serbia»;

   dal 2014, i magistrati di Bologna iniziarono le indagini per violazione dell'articolo 648-ter del codice penale, che punisce l'impiego in attività economiche o finanziarie di denaro, beni o altre utilità provenienti da un delitto. In particolare, «una prima rogatoria è stata inviata alle autorità serbe ad agosto 2015 per chiedere il sequestro preventivo delle tele disposto dal gip di Bologna. A novembre 2016, le autorità di Belgrado hanno risposto con un rifiuto al sequestro preventivo dei dipinti. Lo scorso settembre è stata inoltrata una seconda rogatoria, nella quale è stata contestata l'illecita esportazione delle opere ed è stata chiesta la confisca (...)»;

   nella nota ufficiale del 6 dicembre 2017, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha dichiarato di essere «attivamente impegnato nel recupero delle otto opere d'arte italiane illecitamente esportate dal nostro Paese verso la Serbia da parte della Germania occupante durante la Seconda Guerra mondiale. Per quanto la questione sia seguita direttamente dal Ministero della giustizia con le proprie controparti serbe, la Farnesina è attivamente impegnata nel sensibilizzare le Autorità della Repubblica Serba e nell'assicurare che venga prestata la massima collaborazione in relazione alla richiesta formulata dalla Procura di Bologna» –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, se i Ministri interrogati intendano chiarire le modalità con le quali ritengono di procedere, per quanto di competenza, in relazione al recupero delle otto opere d'arte italiane.
(4-18768)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, TURCO e PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Ordine dei geologi del Molise (ORGM) è venuto a conoscenza di progettazioni esecutive di due scuole materne (site a Campobasso in Via S. Antonio dei Lazzari e Via Crispi Via Berlinguer) che facevano riferimento ad un elaborato denominato «relazione geologica» senza alcuna firma di geologi, bensì dei soli progettisti i quali si sono avvalsi, per di più, ad insaputa dei firmatari, di relazioni geologiche «fotocopiate» relative alla vulnerabilità sismica di edifici limitrofi ai siti di prevista realizzazione;

   il progettista sostiene che le relazioni geologiche non fossero necessarie, in quanto egli conosceva già la geologia, sostenendo, finanche, che gli stessi studi geologici potevano essere evitati, in quanto le scuole, essendo ad un piano, sono da considerarsi di modesta rilevanza;

   dopo ufficiali richieste di accesso agli atti, è seguita una diffida dell'Ordine dei geologi del Molise al comune in cui si chiede di sanare l'incresciosa situazione della carenza progettuale della relazione geologica con le dovute indagini geologiche per un edificio strategico quale è una scuola;

   nessuna risposta ufficiale è pervenuta dal comune che sembra invece aver intenzione di affidare la consulenza geologica con un incarico diretto (come prevede la legge), per poi invece manifestare che le stesse imprese esecutrici delle opere si erano proposte per fornire al comune relazioni geologiche e indagini geologiche in forma gratuita;

   l'Ordine, in mancanza di riscontro, ha formulato una segnalazione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha trasmesso alla città di Campobasso un parere motivato allo scopo di evidenziare gli specifici profili che si pongono in contrasto con la normativa vigente; la città di Campobasso non si è conformata nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere; l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha presentato, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso al TAR Molise;

   la legge vieta il subappalto della relazione geologica e, dopo ben 4 mesi dalla diffida, il comune avrebbe risposto ostinandosi ancora a ribadire che la valutazione della necessità della relazione geologica era d'esclusiva competenza del progettista e che le relazioni geologiche sono state fornite dalle imprese che hanno autonomamente scelto il geologo –:

   quali iniziative, anche normative, intenda adottare il Ministro interrogato per implementare e rendere più stringente la disciplina concernente la documentazione sui profili geologici e di vulnerabilità sismica necessaria per la realizzazione di edifici pubblici in modo da evitare il ripetersi di situazioni analoghe a quelle esposte in premessa.
(5-12924)


   BORGHI e TENTORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che a soli tre anni dall'inaugurazione della galleria Monte Piazzo sulla strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga, oggetto di lavori di consolidamento strutturale per un importo pari a circa 35 milioni di euro, i problemi che avevano portato alla chiusura di questa arteria per ben 740 giorni si stanno ripresentando: blocchi di cemento si staccano dal soffitto, i marciapiedi laterali si sono alzati fino a 15 centimetri, crepe verticali attraversano l'intera volta;

   la situazione appare chiaramente grave e in progressivo degrado ed il rischio per le auto, in considerazione del fatto che alcuni pezzi di cemento sono caduti sulla carreggiata, è notevole e immediato;

   sembra essere concreto il rischio di una nuova chiusura dell'arteria stradale a causa dei fenomeni descritti, che sembrerebbero legati a movimenti della montagna; tali movimenti sembrano causare una rotazione della galleria e potrebbero condurre ad un aumento della velocità di ampliamento delle fratture;

   la strada statale in questione è un asse viario fondamentale per la regione Lombardia, oltre che una delle strade più trafficate di tutta Italia, e non sono presenti percorsi viabilistici alternativi adatti a supportare il carico di traffico pesante che quotidianamente percorre la strada statale 36;

   già diversi atti di sindacato ispettivo (tra cui gli atti n. 5-00137; n. 4-00858; n. 2-00528; n. 5-04031) hanno posto all'attenzione del Governo le criticità connesse alla strada statale 36, comprese quelle relative alla galleria Monte Piazzo –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza della strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga, scongiurando i rischi sopra descritti.
(5-12925)


   TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i lavori per la realizzazione della strada pedemontana nel Tratto Fabriano-Sassoferrato iniziati nel 1971 non sono mai stati completati;

   si segnala che recentemente sono iniziati i lavori della pedemontana Fabriano-Muccia prevista dal progetto Quadrilatero Marche-Umbria e che i lavori per il raddoppio della statale 76 sono in fase di ultimazione;

   i recenti eventi sismici del 2016 hanno determinato la chiusura della strada comunale di Frasassi con conseguente disagio per la popolazione nel raggiungere la strada statale 76, causando rilevanti danni alle attività produttive della zona industriale Berbentina di Sassoferrato;

   la pedemontana Fabriano-Sassoferrato rappresenta un'opera necessaria per rompere l'isolamento dell'entroterra marchigiano e consentire a tutto il comprensorio montano di attrarre investimenti. Il tutto rappresenterebbe il logico completamento del collegamento della strada statale 76 a sud con Camerino e a nord con il territorio pesarese fino a raggiungere la Fano-Grosseto;

   la realizzazione della pedemontana è assolutamente indispensabile per il completamento del collegamento sella Quadrilatero con la strada statale Flaminia attraverso la realizzazione del successivo tratto Sassoferrato-Cagli –:

   se intenda assumere iniziative per inserire l'opera Pedemontana Fabriano-Sassoferrato nel «Piano di potenziamento della viabilità di accesso al cratere sismico 2016» di competenza dell'Anas.
(5-12926)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA, NICCHI, RICCIATTI, SCOTTO, FERRARA, PIRAS, FRANCO BORDO, SANNICANDRO, DURANTI, QUARANTA e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con la stagione invernale si ripropone la necessità di un collegamento sicuro e veloce tra Sulmona e Castel di Sangro che metta in relazione tanti comuni montani (tra cui, Pettorano sul Gizio, Campo di Giove, Rivisondoli, Roccaraso);

   il ripristino della suddetta relazione ferroviaria favorirebbe, non solo, la mobilità ordinaria, ma anche il turismo, visto che si sta parlando del più importante bacino sciistico dell'Appennino e di un territorio che tocca due importanti parchi nazionali (Majella e Abruzzo);

   la «Transiberiana» (come viene chiamato questo treno che passa in territori d'inverno solitamente innevati) è un treno storico che può contare su un'utenza significativa e avrebbe una funzione importante di rivitalizzazione economica e sociale di una zona interna che ha particolarmente bisogno dell'infrastruttura ferroviaria;

   la regione Abruzzo sta valutando la possibilità che questo servizio possa rientrare nel contratto annuale con Trenitalia –:

   se non ritenga di acquisire elementi, per quanto di competenza, circa la disponibilità di Trenitalia a ripristinare la relazione Sulmona-Castel di Sangro.
(4-18763)


   MELILLA, NICCHI, SANNICANDRO, SCOTTO, ZARATTI, FERRARA, PIRAS, DURANTI, KRONBICHLER, QUARANTA, RICCIATTI e MATARRELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo orario invernale di Trenitalia prevede nuovi tagli inaccettabili di treni nella provincia dell'Aquila;

   in particolare, vengono soppresse 4 relazioni giornaliere (Sulmona-Avezzano ore 6,55 e Avezzano-Sulmona ore 21,39; Avezzano-Sora ore 17,26 e Sora-Avezzano ore 19,07), mentre il sabato e la domenica vengono soppresse 4 corse a giornata tra Sulmona e L'Aquila e ritorno, limitando così il collegamento di fine settimana tra Valle Peligna, Valle Subequana e L'Aquila;

   si tratta di una scelta che penalizza le zone interne e montane abruzzesi già duramente colpite dai tagli ferroviari degli anni passati (basti pensare alla famigerata soppressione di ogni collegamento da Sulmona a Castel di Sangro-Carpinone e alla diminuzione generale dell'offerta dei treni del trasporto pubblico locale a danno dei lavoratori e studenti pendolari abruzzesi);

   desta seria preoccupazione, dunque, l'ulteriore taglio nel collegamento di Sulmona con Avezzano lungo la linea Pescara-Roma e di Avezzano con Sora e l'isolamento festivo del capoluogo regionale –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, nei confronti di Trenitalia affinché siano riviste queste scelte negative.
(4-18764)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'articolo 49 della Costituzione dispone che «tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale»;

   il regolamento (UE) 211/2011 disciplina gli strumenti che consentono l'iniziativa ai cittadini degli Stati membri, incoraggiando la partecipazione e rendendo l'Unione europea più accessibile. Esso promuove le procedure e le condizioni necessarie a tale obiettivo, che devono risultare chiare, semplici, di facile applicazione e proporzionate alla natura dell'iniziativa stessa, prevedendo la raccolta per via elettronica;

   a livello europeo è stato messo a punto un software fornito dalla Commissione europea per la raccolta online delle sottoscrizioni, che risponde alle specifiche tecniche previste dal regolamento del 2011;

   per quanto concerne le elezioni politiche nazionali, l'articolo 18-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 stabilisce che «La dichiarazione di presentazione delle liste di candidati per l'attribuzione dei seggi nel collegio plurinominale, con l'indicazione dei candidati della lista nei collegi uninominali compresi nel collegio plurinominale, deve essere sottoscritta da almeno 1.500 e da non più di 2.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio plurinominale (...)»;

   l'articolo 6 della legge n. 165 del 2017 ha previsto che, solo per le prossime elezioni politiche, il numero delle sottoscrizioni di cui sopra sia ridotto della metà, ed ha esteso la funzione certificatoria anche ad avvocati abilitati al patrocinio davanti le giurisdizioni superiori iscritti all'albo di un distretto della circoscrizione elettorale;

   il combinato disposto del numero delle firme richieste per la presentazione delle liste, della platea ridotta dei soggetti autenticatori, e del vincolo di territorialità per gli autenticatori, costituisce un meccanismo che non ha eguali in altri Paesi euro-occidentali, e che risulta essere secondo gli interpellanti una barriera all'ingresso per le formazioni politiche nuove, non costituitisi in gruppi parlamentari nelle due Camere, e che non posseggono la deroga per la raccolta di sottoscrizioni;

   è opportuno secondo gli interpellanti stabilire che vengono considerati soggetti abilitati all'autenticazione delle sottoscrizioni anche i semplici cittadini indicati dai comitati promotori dei referendum o dalle liste elettorali;

   il comma 7 dell'articolo 3 della legge citata stabilisce che «entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (...) sono definite le modalità per consentire in via sperimentale la raccolta con modalità digitale delle sottoscrizioni necessarie per la presentazione delle candidature e delle liste in occasione di consultazioni elettorali, anche attraverso l'utilizzo della firma digitale e della firma elettronica qualificata (...)»;

   in data 12 ottobre 2017 è stato accolto dal Governo un ordine del giorno a prima firma Mucci, che ha impegnato il Governo a garantire l'avvio della sperimentazione di cui al comma 7 dell'articolo 3 della legge n. 165 del 2017 per le consultazioni referendarie –:

   se il Governo intenda assumere iniziative normative per diminuire in maniera sensibile e permanente il numero delle sottoscrizioni necessarie per la presentazione delle candidature in vista delle consultazioni elettorali;

   se intenda assumere iniziative normative per consentire ai cittadini, indicati dai comitati promotori delle liste elettorali o dei referendum, di autenticare le firme raccolte, nonché per rimuovere vincoli territoriali di autenticazione ad oggi troppo stringenti;

   se intenda assumere iniziative normative per consentire la sottoscrizione online delle liste elettorali;

   se intenda assumere iniziative normative al fine di semplificare la raccolta firme, anche prevedendo sottoscrizioni online come accade per le sopracitate iniziative dei cittadini dell'Unione europea, anche attraverso l'uso della firma digitale, con riferimento alle richieste referendarie di cui all'articolo 75 della Costituzione e alle proposte di legge di iniziativa popolare, di cui al comma 2 dell'articolo 71 della Costituzione.
(2-02049) «Mucci, Catalano, Pastorino, D'Ambrosio, Matarrese, Quintarelli, Vargiu, Mannino, Pili, Prataviera, Furnari, Gigli, Palmieri, Galgano, Civati, Bombassei, Giuditta Pini, Brignone, Sberna, Menorello, Oliaro, Marcon, Prodani, Mazziotti di Celso, Cristian Iannuzzi, Bechis, Binetti, Stumpo, Squeri, Quaranta, Monchiero, Molea».

Interrogazioni a risposta orale:


   ORFINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 agosto 2017 è avvenuto lo sgombero dell'edificio sito in via Quintavalle 68, a Roma, occupato da oltre 60 famiglie;

   tale sgombero è avvenuto con un imponente impegno delle forze dell'ordine, senza che per le famiglie fosse stato predisposto alcun piano di accoglienza;

   66 nuclei familiari di cui 30 minori (alcuni in tenerissima età), si sono rifugiati nel porticato della chiesa di SS. Apostoli di Roma, dove vivono ancora in condizioni di estremo disagio, che vanno aggravandosi con l'avanzare del freddo;

   ad oggi, sembra che le uniche proposte avanzate dall'amministrazione comunale siano soluzioni temporanee che prevedono la separazione dei nuclei familiari e per questo sono state rifiutate;

   la deliberazione della regione Lazio n. 18 del 15 gennaio 2014 «Piano straordinario per l'emergenza abitativa nel Lazio e attuazione del Programma per l'emergenza abitativa per Roma Capitale» e successive deliberazioni attuative, (tra le quali, in particolare la deliberazione regionale n. 110 del 15 marzo 2016) individuano tra le categorie degli aventi diritto ad un alloggio popolare anche gli abitanti di «immobili pubblici e privati impropriamente adibiti ad abitazioni»;

   le famiglie che vivevano nello stabile di via Quintavalle rientrano tra gli aventi diritto ad un alloggio popolare;

   tali delibere regionali prevedono, inoltre, un finanziamento di 40 milioni per l'anno 2017 da destinare all'emergenza abitativa della città di Roma;

   tali fondi risultano al momento inutilizzabili per la mancata firma delle prevista convenzione da parte dell'amministrazione di Roma Capitale;

   per la Caritas di Roma sono 30.000 le famiglie in emergenza abitativa a Roma;

   nel decreto-legge del 20 febbraio 2017, n. 14, l'articolo 11 stabilisce che nella determinazione delle modalità esecutive di sgombero da parte del prefetto, vada garantita anche la «tutela dei nuclei familiari in situazione di disagio economico e sociale» e che i livelli assistenziali «devono essere in ogni caso garantiti agli aventi diritto dalle regioni e dagli enti locali»;

   con direttiva del 18 luglio 2017 n. 11001/123/111(3) il Ministero dell'interno ha chiarito che il comma 2 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 14 del 2017 prevede che le direttive del prefetto «devono stilare i criteri di priorità degli interventi di supporto all'attuazione dei cennati provvedimenti giudiziari, sulla base di una “scala” che — insieme alla tutela delle famiglie in situazione di disagio economico e sociale — deve contemperare una pluralità di interventi»;

   con successiva circolare del Ministero dell'Interno n. 11001/123/111(1) del 1o settembre 2017 si ribadisce, che secondo quanto previsto dal suddetto decreto-legge n. 14 del 2017 «[...] La tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale è assurta, con la legge di conversione del decreto, a condizione prioritaria per la definizione delle modalità di esecuzione delle operazioni di sgombero»;

   l'unico provvedimento della giunta comunale è il bando previsto dalla determinazione dirigenziale del 23 ottobre 2017 avente per oggetto l'indizione di una procedura negoziata per il reperimento di strutture di accoglienza temporanea, articolata in moduli abitativi, anche prefabbricati, per ospitare nuclei familiari in condizioni di vulnerabilità sociale, per un numero massimo di 100 persone nel periodo dal 1° dicembre 2017 al 30 novembre 2018;

   tale bando non può rappresentare per l'interrogante in alcun modo una risposta a quanto previsto dal Ministero dell'interno né una soluzione, neppure temporanea, alla questione dell'emergenza abitativa –:

   se non ritenga per quanto di competenza, fornire con urgenza elementi relativi agli interventi fattivamente messi in atto per affrontare la situazione delle famiglie che si trovano nel porticato della chiesa di SS. Apostoli, con soluzioni dignitose e non temporanee che garantiscano l'unità dei nuclei familiari;

   se non ritenga opportuno fornire ogni elemento in possesso del Governo sulla disponibilità e sull'utilizzo dei fondi per l'emergenza abitativa nel comune di Roma.
(3-03425)


   BALDELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel gennaio 2016 è stata approvata dalla Camera, all'unanimità e con il parere favorevole del Governo pro tempore, la mozione n. 1-01085, a prima firma Baldelli, che impegnava il Governo stesso a rafforzare i vincoli di destinazione dei proventi delle multe degli autovelox alla sicurezza e alla manutenzione stradale, allo scopo di impedire l'utilizzo vessatorio dello strumento dell'autovelox stesso contro gli automobilisti;

   fino ad oggi il Governo non ha mantenuto questo impegno. Sono state, invece, cambiate le norme in senso opposto: infatti nel disegno di legge di conversione del decreto «economico» dell'aprile 2017 (decreto-legge n. 50 del 2017) è stata inserita, col parere favorevole del Governo, una norma che a sospeso nel 2017 e nel 2018 per le città metropolitane e per le province le disposizioni del codice della strada che obbligano a destinare le loro quote dei proventi delle sanzioni rilevate con gli apparati elettronici automatici alla manutenzione e alla sicurezza stradale, permettendo, di fatto, a questi enti di far cassa con le multe;

   non a caso, in tempi recenti, in provincia di Fermo, a Sant'Elpidio a Mare, lungo la strada provinciale Ete morto, denominata «Mezzina», precedentemente controllata con dispositivi tutor, è stato installato un autovelox a rilevamento di velocità istantanea, con postazione fissa e senza obbligo di contestazione immediata;

   in seguito all'attivazione del nuovo dispositivo, nell'ultimo mese, diversi automobilisti si sono visti personalmente recapitare decine di contravvenzioni riferite al periodo compreso tra l'ultima decade di agosto ed il mese di settembre e tutte per violazione del limite di velocità;

   si tratta di multe che possono arrivare ad importi di migliaia di euro per ciascun automobilista e comportare diverse decine di punti sottratti dalle patenti, tanto che sembra che un paio di aziende abbiano grossi problemi con i dipendenti che non sono più in grado di raggiungere autonomamente il posto di lavoro;

   le multe sono state notificate dalla stessa società esterna che ha rilevato le violazioni dei limiti di velocità e alla quale l'amministrazione provinciale ha affidato la gestione dell'autovelox;

   si parla di circa 100 mila multe effettuate, con un costo di accertamento e notifica di 22 euro a verbale, per un totale stimabile in oltre 200 mila euro;

   la circolare del Ministro dell'interno del 21 luglio 2017, ha disposto che la posizione dei cartelli di avviso di controllo della velocità sia ad almeno 150 metri e a non più di 4 chilometri all'autovelox, e che, nel caso in cui nel tratto stradale vi siano intersezioni, tali cartelli debbano essere ripetuti;

   la normativa vigente prevede che, in caso di controllo elettronico effettuato su entrambi i sensi di marcia, la segnaletica di avvertimento sia chiara ed informi gli utenti in entrambi i sensi di marcia e che all'inizio del tratto di strada, in deroga alla contestazione immediata, ciò debba essere evidenziato con apposita segnaletica;

   la direttiva del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 777 del 2006 dispone che nel caso il controllo elettronico della velocità avvenga «a distanza», senza la presenza degli organi di polizia stradale, sulle strade o tratti di strade extraurbane secondarie vi debba essere un apposito cartello con la dicitura «controllo elettronico della velocità senza obbligo di contestazione immediata» e che siano riportati gli estremi del decreto prefettizio che lo ha permesso;

   il verbale di sanzione per eccesso di velocità deve indicare gli estremi dell'ordinanza del prefetto che ha autorizzato l'apposizione dell'autovelox sulla strada extra-urbana senza la postazione della pattuglia della polizia, come previsto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 26441/16 del 20 dicembre 2016 –:

   se il Governo non intenda verificare che, nel caso di specie, siano state rispettate tutte le condizioni previste dalle leggi e dalle circolari in vigore o se, diversamente, non ravvisi comportamenti omissivi o, in qualche misura, lesivi dei diritti dei cittadini automobilisti.
(3-03427)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   TONINELLI, ZOLEZZI, MANTERO, SIMONE VALENTE, BATTELLI e BARONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   proliferano centri scommesse privi di autorizzazione di polizia e si segnala in questa sede quello in capo alla società L2 srl a Sestri Levante (Genova), a meno di 300 metri da due punti sensibili, in contrasto con la legge regionale n. 17 del 2012; altro punto scommesse non autorizzato è localizzato in via Nazionale; l'amministrazione sestrese appare inerte: le ordinanze del TAR del novembre 2014 e luglio 2015 di ripristino dell'uso dei locali non hanno avuto seguito. Il 9 marzo 2017 la dirigente area V del comune in una nota in risposta a un accesso agli atti avrebbe scritto, a quanto risulta agli interroganti, che era in corso un procedimento di chiusura dell'esercizio in questione e che per detto procedimento non era stato ancora emanato provvedimento definitivo. Il 22 aprile 2017 veniva redatto provvedimento di chiusura del centro, notificato solo il 14 giugno. Ad oggi, il centro risulta agli interroganti ancora operante;

   nell'operazione «Jackpot» del 2016 il Gip del tribunale di Genova, su richiesta della direzione investigativa antimafia, ha emesso decreto di sequestro per 9 centri dove si praticava gioco d'azzardo; l'inchiesta «Conti di Lavagna» ha certificato la presenza di un locale di ’ndrangheta, nel comune di Lavagna e ha portato allo scioglimento del comune nel marzo 2017 per infiltrazioni criminali;

   l'operazione «Conti del Tigullio» ha dimostrato che «dopo l'arresto dei boss i familiari riuscivano a guadagnare ancora ingenti proventi e aprivano 9 nuovi conti correnti in cui risultano depositati 135 mila euro»; l'operazione ha condotto al sequestro di beni mobili, immobili e di una sala di videolottery e, a Sestri Levante, al sequestro di appartamenti e di un ristorante, per un valore totale di oltre 3,5 milioni di euro, a disposizione dei boss Rodà, Paltrinieri e Casile, referenti della ’ndrangheta calabrese nel Tigullio;

   da una visura camerale risulta che i titolari della società L2 stiano acquisendo le quote sequestrate alle società interessate dall'operazione «Jackpot», fra cui «La Stazione srl», sequestro disposto a seguito d'intervento della direzione investigativa antimafia;

   da recenti articoli di stampa è emerso che una dipendente del settore ambiente del comune di Sestri Levante abbia assunto incarichi esterni, senza la dovuta autorizzazione, relativa alla ristrutturazione di una palazzina nel comune di Lavagna, posta sotto sequestro nell'ambito dell'inchiesta su infiltrazioni mafiose a Lavagna –:

   se il Governo intenda promuovere l'invio di una commissione d'accesso nel comune di Sestri Levante ed assumere le iniziative di competenza per perfezionare la normativa concernente l'attività dei centri di trasmissione dati per impedire infiltrazioni della criminalità organizzata in tale settore.
(5-12918)


   ROBERTA AGOSTINI e D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 137, della legge n. 56 del 2014 («Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni») prevede che «nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico»;

   il Consiglio di Stato, sezione quinta, con sentenza n. 406, emessa in data 27 ottobre 2015 e depositata in data 3 febbraio 2016, ha confermato la sentenza del tribunale amministrativo regionale della Calabria, affermando il carattere inderogabile della rappresentanza di genere nelle giunte comunali prevista dalla legge n. 56 del 2014, cosiddetta Delrio, in quanto costituisce un ineludibile parametro di legittimità delle nomine;

   in questi anni, su segnalazione delle consigliere di parità presenti sul territorio nazionale, sono stati riscontrati diversi casi di giunte che non rispettano la norma suddetta –:

   quale sia il quadro completo di attuazione della norma e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantirne il rispetto su tutto il territorio nazionale.
(5-12919)


   PLANGGER e BUENO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 5, comma 2, della legge concernente modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica prevede che non possano essere candidati per le elezioni della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica nella circoscrizione estero gli elettori che nei cinque anni precedenti la data delle elezioni ricoprano o abbiano ricoperto cariche di governo o cariche politiche elettive a qualsiasi livello o incarichi nella magistratura o cariche nelle Forze armate in un Paese della circoscrizione estero;

   la dizione della norma potrebbe condurre a interpretazioni tali da comprimere i diritti politici di cittadini italiani in senso palesemente incongruo, persino sotto il profilo costituzionale, qualora il divieto ivi contenuto venga applicato anche a componenti di organi elettivi aventi natura sostanzialmente amministrativa, a prescindere dalle diverse discipline positive vigenti nei vari Paesi esteri;

   il 12 ottobre 2017, in sede di discussione alla Camera dei deputati della legge di riforma elettorale, era stata presentato ed accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/02352-AR/162 che impegnava il Governo a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2, del disegno di legge all'esame della Camera dei deputati (ora articolo 6, comma 2, della citata legge) ed adottare ulteriori iniziative amministrative che escludano dalla suddetta norma gli elettori che ricoprono o che hanno ricoperto nei cinque anni precedenti la data delle elezioni cariche aventi sostanziale natura amministrativa, quali consiglieri di organi comunali comunque denominati –:

   se il Governo non ritenga necessario assumere al più presto iniziative, anche normative, per chiarire la corretta interpretazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2, della legge concernente modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, dando seguito all'impegno contenuto nell'ordine del giorno citato in premessa.
(5-12920)


   FIANO e FABBRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge del 20 febbraio 2017, n. 14, convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, reca disposizioni in materia di sicurezza integrata e di sicurezza urbana;

   l'articolo 5, comma 2-ter, autorizza una spesa complessiva di 37 milioni di euro (7 milioni nel 2017, 15 milioni nel 2018 e nel 2019) per l'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni. La definizione delle modalità di presentazione delle richieste da parte dei comuni interessati, nonché dei criteri di ripartizione delle risorse è demandata ad un successivo decreto del Ministro dell'interno da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge succitata;

   l'uso condiviso dei moderni sistemi di videosorveglianza urbana in dotazione alle città tra polizia, carabinieri e vigili urbani ha permesso indiscutibili successi investigativi;

   da circa due anni diverse pubbliche amministrazioni stanno investendo risorse pubbliche in soluzioni tecnologiche di videosorveglianza, implementando sui propri territori alcune telecamere intelligenti in grado di leggere le targhe dei mezzi in circolazione sulle strade ottenendo in tempo reale informazioni circa la presenza di veicoli circolanti sul territorio, segnalati come rubati;

   dal 20 marzo 2017 il Viminale ha bloccato tutti gli accessi automatici alla banca dati dei veicoli rubati, senza alcuna comunicazione. La nuova procedura prevede l'autorizzazione al collegamento con il server di Napoli relativo ai veicoli rubati per il quale occorrono formalità tecniche e burocratiche complicate;

   riattivare il collegamento massivo alla banca dati disponibile sul web, non aggiornatissima come il ced sarebbe molto utile agli organi che svolgono indagini;

   per il Ministero dello sviluppo economico gli impianti di videosorveglianza urbana sono assimilabili ai sistemi di trasmissione dati in disponibilità dei privati cittadini e quindi per il loro esercizio il comune deve presentare una dichiarazione soggetta a segnalazione certificata di inizio attività e pagare il contributo annuo per non incorrere nelle sanzioni previste dal codice delle comunicazioni elettroniche;

   l'ordine del giorno n. 9/4310-A/23, accolto come raccomandazione dal Governo, impegnava alla corretta interpretazione della norma a favore degli enti locali e all'esonero da eventuali oneri se questi sono destinati a soddisfare di ordine e/o sicurezza pubblica –:

   quali siano i tempi entro i quali si intenda emanare il decreto ministeriale di cui in premessa e se non si ritenga urgente assumere iniziative per ripristinare la possibilità di accesso automatico alla banca dati dei veicoli rubati attraverso la motorizzazione, pratica già consentita in maniera gratuita per verificare la mancata copertura assicurativa e la regolarità delle procedure di revisione dei veicoli.
(5-12921)


   PARISI, SOTTANELLI, ENRICO ZANETTI e RABINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della revisione dei ruoli delle forze di polizia di cui al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, il personale appartenente al ruolo degli ispettori della polizia di Stato, che al 1° gennaio 2017 non ha maturato un'anzianità nella qualifica pari o superiore a otto anni, si ritiene discriminato rispetto al personale che ha maturato detta anzianità, cui è riservata la promozione alla nuova qualifica di sostituto commissario con decorrenza 1° gennaio 2017, come previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 95 del 2017;

   l'impossibilità di acquisire la nuova qualifica apicale in forza del regime transitorio di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, comporta che il personale interessato si troverà a ricoprire, nonostante la maggiore anzianità nella qualifica, la medesima posizione del personale con qualifica di ispettore capo che abbia maturato un'anzianità nella qualifica pari o superiore a nove anni, che sarà promosso, con decorrenza 1° gennaio 2017, previo scrutinio, a ruolo aperto e per merito comparativo, alla qualifica di ispettore superiore;

   la conseguenza è che gli attuali ispettori superiori con meno di otto anni di anzianità nella qualifica si troveranno a ricoprire una qualifica non più apicale e non saranno più sovraordinati rispetto al personale che acquisirà la medesima qualifica con decorrenza 1° gennaio 2017, come previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 95 del 2017;

   il personale in questione rischia di non riuscire a partecipare al concorso di 300 posti di vice commissario del ruolo direttivo ad esaurimento istituito dall'articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo n. 95 del 2017, essendo tale concorso riservato ai sostituti commissari, anziché agli ispettori superiori, come prevedeva la disciplina previgente;

   si rende pertanto necessario un intervento correttivo della disciplina, anche adottando disposizioni integrative e correttive entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, che preveda la possibilità, anche per il personale appartenente al ruolo degli ispettori che al 1° gennaio 2017 che non ha maturato un'anzianità nella qualifica pari o superiore a otto anni, di acquisire la qualifica apicale di sostituto commissario –:

   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza affinché la posizione del suddetto personale sia disciplinata correttamente, in conformità all'ordinamento statale e comunitario, al fine di prevenire quelle che gli interroganti ritengono probabili censure di incostituzionalità della legislazione vigente.
(5-12922)


   COSTANTINO, ANDREA MAESTRI, MARCON, PASTORINO, FRATOIANNI e CIVATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   gli interroganti intendono tornare sulla vicenda del concorso interno, per titoli ed esami a 1.400 posti per l'accesso al corso di formazione per la nomina alla qualifica di vice ispettore del ruolo degli ispettori della polizia di Stato, che si è svolto a partire dal 2015;

   dal contenzioso pendente dinanzi al Tar Lazio, come riporta anche Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre 2017, emerge che la Commissione di verifica presieduta dal prefetto Piantedosi e nominata dal Capo della polizia per fare luce su quello che lo stesso Gabrielli ha definito un «papocchio» e «l'esempio di come i concorsi non vanno fatti», ha rilevato un 24 per cento di incongruenze e anomalie, consigliando il riesame, in autotutela amministrativa, di tutti gli elaborati;

   la stessa Avvocatura dello Stato ha consigliato il riesame di tutti gli elaborati per evitare una generale soccombenza in giudizio dell'Amministrazione;

   la Commissione «Piantedosi» evidenzia la necessità di salvaguardare il buon andamento e l'eguaglianza sostanziale dei concorrenti. Nella sua risposta alla interrogazione n. 3/03284 del 3 ottobre 2017, il Ministro interrogato minimizzò, invocando un unico parere del Consiglio di Stato reso nell'ambito di un ricorso straordinario e tralasciando gli altri 500 ricorsi pendenti;

   avendo ora quella che gli interroganti ritengono una contezza pubblica e certificata degli errori commessi, gli stessi che facevano dire al Capo della polizia «dovremmo porci il problema non di annullare il concorso, ma di togliere la qualifica anche di agente a chi ha scritto», nel proprio elaborato, le cose già denunciate dalla stampa e nel citato atto di sindacato ispettivo, è fondamentale che l'intero dipartimento di P.S. non rimanga vittima della Commissione «Rosini», quella il cui operato, ad avviso degli interroganti, è stato la causa di tutti i problemi e che di fatto ha impedito che si svolgesse il riesame suggerito dalla Commissione «Piantedosi», dal Capo della polizia e dall'Avvocatura dello Stato –:

   se, ora che è emerso per tabulas ciò che gli interroganti avevano denunciato per tempo, intenda assumere iniziative per evitare la generale soccombenza in giudizio dell'amministrazione esercitando il doveroso potere di autotutela amministrativa, annullando conseguentemente il concorso ovvero riammettendo tutti i ricorrenti.
(5-12923)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORANI, ERMINI, ROTTA e MALPEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in questi ultimi tempi si assiste nel nostro Paese, come documentato anche dai mezzi di comunicazione, ad una crescita, inquietante, di episodi violenti o comunque al confine con la legalità e di evidente natura intimidatoria e rivendicativa di chiara e dichiarata, quando non orgogliosamente rivendicata dagli stessi autori, matrice fascista e neo nazista;

   tra gli ultimi si ricorda ad esempio l'assalto alla sede del giornale La Repubblica da parte di un gruppo di attivisti di Forza Nuova ed il gravissimo episodio dell'irruzione a Como nella sede di «#Como senza frontiere», associazione che si occupa di immigrazione, accoglienza e integrazione dei migranti da parte di esponenti del «Veneto Fronte Skinhead» i quali hanno fatto irruzione nella sede e circondato i volontari seduti, imponendo la lettura di un loro documento di stampo fascista e razzista;

   si apprende che alcuni di loro sono stati identificati e denunciati dalla Digos, e che sui fatti è stata aperta un'inchiesta da parte della procura di Como;

   questo purtroppo è solo uno degli episodi che vengono registrati, e che si inseriscono nell'onda di rigurgito neonazista che sta investendo l'Europa e non solo;

   occorre dunque riconoscere che questi movimenti che si richiamano al fascismo e al neo nazismo non sono da considerare come «rigurgiti del passato», ma un nuovo fenomeno che va combattuto con strumenti adeguati –:

   se il Governo abbia effettuato un preciso monitoraggio sul fenomeno, se abbia già a disposizione dati aggiornati sui singoli episodi e se non ritenga opportuno renderli noti;

   se esistano criteri e definizioni comuni per la redazione delle statistiche ufficiali circa le segnalazioni di episodi caratterizzati da violenza di stampo fascista e nazista, anche a livello internazionale, al fine di rendere i dati maggiormente utilizzabili per monitorare il fenomeno in modo omogeneo.
(4-18743)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle diverse segnalazioni ricevute, sia direttamente da parte di alcuni cittadini, che per il tramite del gruppo consiliare FDI, si è venuti a conoscenza della generale situazione di degrado nonché della ormai radicata e diffusa presenza di micro delinquenza che da tempo interessa varie zone del comune di Pagani, in provincia di Salerno;

   da quanto si apprende, il territorio comunale di Pagani vive ormai in un totale stato di abbandono e la comunità residente è costretta a vivere gravi disagi anche e soprattutto in materia di sicurezza pubblica ed urbana;

   furti e micro delinquenza, atti vandalici ai danni delle strutture pubbliche e private, spaccio di droghe in vari luoghi della città, sversamento illecito di rifiuti, prevaricazione dei diritti, violenza fisica ed intimidatoria, parcheggiatori abusivi presso il cimitero comunale, veri e propri siti di stoccaggio di rifiuti disseminati lungo il territorio comunale, rappresentano ormai non più episodi rari ed isolati, ma costituiscono pericoli costanti e continui che riverberano i propri effetti negativi sulla città e sulla sicurezza dei cittadini;

   particolarmente preoccupante risulta essere la situazione in cui versano due luoghi centrali della città di Pagani: Parco Urbano di Via Ferrante e Spazio antistante e posteriore Sala cinematografica La Fenice;

   nel parco urbano, complice anche la mancanza di un cancello di chiusura al varco di accesso situato lato stadio comunale, è assolutamente frequente la presenza di gruppi di giovani dediti ad attività di bullismo, vandalismo e anche di micro delinquenza. Sembra che tali soggetti realizzino sempre più spesso vere e proprie azioni vandaliche anche attraverso il lancio di pietre ed altro verso le abitazioni e i giardini limitrofi;

   l'area circostante la sala cinematografica La Fenice di via Marconi/via Tramontano, è ormai quotidianamente teatro di attività illecite, di spaccio e di tentativi di aggressione, favoriti anche da un'illuminazione pubblica «a singhiozzo», che lascia interi quartieri al buio durante le ore notturne;

   anche il Cimitero comunale è diventato un luogo pericoloso a causa del crescente numero di parcheggiatori abusivi che, litigando tra loro, danno luogo a vere e proprie risse minaccianti l'incolumità della cittadinanza;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione allarmante che merita la massima attenzione;

   nonostante queste situazioni siano state sottoposte più volte all'attenzione del sindaco e della giunta, attraverso lettere e interrogazioni consiliari, le varie segnalazioni sono rimaste inascoltate;

   l'opera e l'impegno della locale tenenza dei Carabinieri, cui va il ringraziamento della città, non è purtroppo sufficiente ad arginare fenomeni delinquenziali in costante aumento: lo spaccio ed il vandalismo avvengono ormai ovunque, anche nei luoghi centrali della città, a tutte le ore del giorno e sotto gli occhi di una cittadinanza che non ne può più e che invoca «aiuti seri e concreti dallo Stato» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, per fronteggiare con impegno questa improcrastinabile emergenza inerente la sicurezza pubblica e urbana del territorio comunale di Pagani;

   se non si ritenga necessario sollecitare il prefetto affinché convochi una conferenza sull'ordine e la sicurezza pubblica nel comune di Pagani per potenziare i livelli di controllo delle forze dell'ordine largamente intese.
(4-18745)


   PELUFFO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'area di pertinenza comunale di via Vialba nel comune di Novate milanese è da tempo occupata in parte da orti e in parte da altri tipi di manufatti tutti abusivi;

   l'amministrazione comunale si è posta, già durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative, l'obiettivo della riqualificazione dell'area e ha pertanto deliberato di riqualificare l'area realizzandovi progetti di natura sociale e inclusiva;

   al fine di recuperare l'uso dell'area, l'amministrazione comunale ha cercato, in molti casi con esito positivo, accordi con i conduttori degli orti, al fine di salvaguardare coloro i quali realmente intendessero limitarsi a una attività di coltivazione in una condizione di legalità;

   a seguito del perfezionamento di tali accordi, il 20 novembre 2017 sono stati iniziati dei lavori di bonifica per mano di un'azienda specializzata: nel corso di tale operazione è stata rilevata la sussistenza di altri abusi, quali la presenza di veri e propri fabbricati con muratura in calcestruzzo, la presenza di eternit negli edifici, allacciamenti abusivi alla rete elettrica, nonché la presenza di un canile con cani da combattimento;

   i lavori, fin da subito, sono stati accompagnati da proteste, provocazioni e comportamenti aggressivi da parte di alcuni soggetti gravitanti sull'area, sfociati il 25 novembre 2017 in vere e proprie intimidazioni accompagnate da minacce all'incolumità fisica degli operai. A seguito di questi eventi, l'impresa esecutrice dei lavori si sarebbe dichiarata non più disponibile alla loro continuazione, almeno sino al persistere delle circostanze di pericolo e intimidazione

   se il Ministro dell'interrogato sia informato della grave situazione sopra descritta;

   se non ritenga, in conseguenza della descritta situazione, di assumere le iniziative di Competenza affinché il prefetto innalzi il livello di allerta in relazione a un'eventuale connessione dei fatti sopra descritti con la possibile presenza di criminalità organizzata, che intenda interferire con l'azione amministrativa, esercitando pressioni e intimidazioni nei confronti dei soggetti coinvolti, al fine di impedire il ripristino delle condizioni di legalità e di fruibilità degli spazi pubblici.
(4-18748)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   per il 15 dicembre 2017 a Modena è stato convocato un corteo con parola d'ordine «No allo Ius Soli», da parte di due cosiddetti gruppi informali denominati «Difendi Modena» e «Cittadini modenesi»; un corteo, spiegano, «aperto a tutti i cittadini che intendono far sentire la propria indignazione contro la pessima proposta di legge denominata Ius Soli, che sarà discussa in Parlamento nelle prossime settimane. La manifestazione si svolgerà senza simboli partitici, sotto il segno del Tricolore e dei colori della nostra città. Il corteo è previsto per venerdì 15 dicembre, con concentramento alle ore 20.30. Il luogo verrà comunicato in seguito»;

   alcune inchieste autogestite (network «Modena Antifascista») e giornalistiche – tra cui quella molto accurata della Gazzetta di Modena del 6 dicembre 2017 – hanno evidenziato come nell'organizzazione di tale corteo, oltre al succitato gruppo (che si ritiene essere il «braccio politico» del circolo culturale cittadino di estrema destra «Terra dei padri»), sia attiva una rete quale «Progetto nazionale» (riconducibile al Veneto Fronte Skinheads); inoltre è annunciata più o meno esplicitamente la partecipazione di note sigle dell'estremismo di destra da tutta la regione: da Forza Nuova a Casapound, da Azione identitaria a Generazione identitaria, da Lealtà azione a Veneto Fronte Skinheads (Vfs);

   sempre la Gazzetta di Modena ha ricostruito come il referente modenese di «Progetto Nazionale», signor Andrea Casolari, sia stato tra i protagonisti – insieme a militanti del già citato Vfs – della recente irruzione intimidatoria a Medole (Mn) in occasione della presentazione del libro di Chaimaa Fatihi, «Non ci avrete mai»;

   si segnala che nell'edizione del 6 dicembre 2017 del Corriere del Veneto (edizione Venezia e Mestre), è il Ministro della giustizia Andrea Orlando a chiedere con forza che il Vfs sia sciolto; del resto, nella succitata inchiesta della Gazzetta di Modena, sono riportate le seguenti parole del signor Giordano Caracino, presidente del Vfs, pronunciate attraverso il canale You tube dell'associazione: «lo mi definisco razzista perché ho una forte amore per la mia gente, per il mio popolo, per la mia razza. Non è che disprezzo e odio le altre, amo la mia e la voglio preservare. La violenza fa sicuramente parte della vita e della società, noi non siamo chierichetti, non siamo per l'etica del porgere l'altra guancia, a chi ci attacca rispondiamo con quelli che sono i nostri modi che possono essere di confronto qualora abbiamo a che fare con persone intelligenti oppure davanti a chi ci attacca in maniera stupida non abbiamo problemi a rispondere anche con violenza» –:

   se non sia il caso di procedere al divieto immediato della manifestazione prevista per il 15 dicembre 2017, considerati i rischi dell'evento sul piano dell'ordine pubblico, i precedenti richiamati e i valori antifascisti di cui alla Carta costituzionale.
(4-18761)


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   per il 23 dicembre 2017 è stato organizzato il concerto «White X-Mas» presso il club The Firm di viale dell'Industria a Verona;

   fra gli organizzatori, come informa la locandina dell'evento, figura la sigla del Veneto Front Skinheads, movimento di estrema destra protagonista di diversi episodi di intolleranza, come avvenuto, peraltro, nei giorni scorsi a Como nella sede di una rete di associazioni che si occupano di immigrati;

   la festa di «bianco» Natale che nel titolo gioca con la sigla «X-Mas», abbreviazione utilizzata per Christmas ma che in questa circostanza inevitabilmente viene associata al nome della Decima Mas, Punta speciale della Marina militare italiana prima e in seguito della Repubblica sociale, da sempre simbolo ideale dell'estrema destra;

   tra i gruppi che si esibiranno ci sono i Sumbu Brothers, band legata agli ultras della curva della società di calcio Hellas Verona, i 1903 che suonano rock non conforme, i Nativi, nel cui marchio figura la dicitura «Rock against communism, Skinhouse distillery» e gli Acciaio Vincente metal band che propone brani di chiara impronta di estrema destra;

   i fatti riportati chiariscono bene secondo gli interroganti che non si tratta di una festa natalizia in senso stretto, bensì di un raduno di appartenenti all'estrema destra veneta;

   è presumibile che quel locale sarà punto di ritrovo di tanti aderenti al gruppo di estrema destra provenienti anche da zone fuori dalla provincia di Verona;

   preoccupa l'ipotesi che tra questi possano esserci anche soggetti nei confronti dei quali pendano denunce e/o indagini della polizia giudiziaria per reati di varia natura;

   è forte altresì il timore che nel corso della serata, i partecipanti possano propugnare idee e slogan di stampo razziale e xenofobo;

   l'iniziativa si colloca in un periodo storico contrassegnato dalla recrudescenza dell'attività politica di gruppi di estrema destra;

   si ritiene che Verona non possa essere macchiata con eventi del genere in cui prevalgono sentimenti di odio ed intolleranza che non corrispondono al sentimento prevalente del territorio;

   purtroppo il comune di Verona, pur sollecitato in questa direzione, non ha ritenuto di dover assumere alcuna posizione in merito, in particolare affermando che l'evento non è gradito e che sarebbe stato meglio annullarlo;

   il silenzio delle istituzioni locali potrebbe essere interpretato secondo l'interrogante come una sorta di «lasciapassare» ad iniziative simili;

   si teme l'azione di proselitismo che eventi simili potrebbe comportare –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se non ritenga opportuno richiamare l'attenzione delle autorità locali di Pubblica sicurezza affinché l'iniziativa organizzata sia valutata sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché per prevenire l'eventuale commissione di reati e la diffusione di messaggi di stampo razzista e xenofobo;

   se abbia assunto iniziative per la predisposizione di un dispositivo di controllo volto a contrastare eventuali atti o fatti illeciti che potrebbero verificarsi in concomitanza con l'incontro che è stato organizzato.
(4-18765)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi diversi quotidiani hanno riportato la notizia dell'arresto di tre persone e di altre cinque indagate, con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e falso, a seguito di un'indagine condotta dalla squadra mobile di Parma e dal servizio centrale operativo, coordinati dalla procura della Repubblica della città emiliana, nell'ambito della cosiddetta «tratta dei calciatori» dalla Costa d'Avorio;

   come riportato dalla stampa, pare che le indagini siano partite tempo fa da una segnalazione pervenuta dal servizio per la cooperazione internazionale di polizia e riguardante un presunto traffico di giovani calciatori africani della Costa d'Avorio, che sarebbero stati fatti entrare clandestinamente in Italia;

   in particolare, sebbene pare siano ancora in corso perquisizioni sia a Parma che a Milano, al momento sarebbero già cinque i giovanissimi ivoriani, tra i 13 e i 17 anni, arrivati in Italia con documenti contraffatti che attestavano rapporti di parentela con altri ivoriani già residenti in Italia, che, con lo stratagemma del ricongiungimento familiare, avrebbero ottenuto il visto e, a quel punto, fatti entrare nel circuito calcistico;

   gli arrestati sarebbero Giovanni Damiano Drago, procuratore calcistico di 32 anni, originario di Augusta (Siracusa) ma residente a Parma, identificato come la «mente» dell'organizzazione, e già noto alle forze dell'ordine per un'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per contatti con la cosca Trapasso, e gli ivoriani Demoya Gnoukouri e Kone Abdouraman, con l'accusa di falso e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, mentre sarebbero cinque le persone denunciate, tutti ivoriani, che si sarebbero invece prestati a fornire la falsa parentela;

   l'inchiesta ha suscitato notevole sconcerto e scalpore, non solo nel mondo calcistico e sportivo, sia per le gravissime accuse rivolte agli indagati, in particolare il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, e per la possibilità di ottenere un visto per ricongiungimento familiare tramite documenti contraffatti, sia perché, essendo ancora in corso delle perquisizioni, starebbe portando alla luce un vero e proprio traffico di esseri umani, nel caso di specie di minori dalla Costa d'Avorio –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e, alla luce di quanto finora emerso dalle indagini dalla squadra mobile di Parma e dal servizio centrale operativo, quali iniziative di competenza intendano assumere nell'immediato al fine di prevenire e contrastare il fenomeno della tratta di giovani calciatori dall'Africa;

   quali iniziative intendano intraprendere al fine di garantire più efficaci controlli per il rilascio dei visti per ricongiungimento familiare e se non ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza per procedere al rimpatrio immediato nei Paesi di origine dei giovani calciatori coinvolti nell'inchiesta anche al fine di consentire il ricongiungimento familiare dei minori con i loro effettivi parenti.
(4-18769)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCUVERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   all'Istituto superiore Cossa di Pavia, periodicamente si verificano importanti allagamenti nelle classi, sicché si rende necessario il provvedimento dirigenziale di sospensione delle lezioni;

   in particolare, quest'anno le lezioni sono state sospese dal 4 al 7 dicembre 2017, data di ritorno di tutti gli studenti nelle rispettive classi, ad eccezione di quelli della I Bt e della IV Bg, le cui aule hanno subito i danni maggiori, rimanendo inagibili fino all'11 dicembre, sicché le lezioni si svolgeranno provvisoriamente in palestra e in laboratorio;

   tali allagamenti sarebbero dovuti alla vetustà e al malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento, rispetto a cui diversi sono stati gli interventi dell'amministrazione provinciale; l'impianto dovrebbe essere sostituito, ma non si rinvenirebbero i fondi necessari per la messa in sicurezza dell'edificio;

   la situazione è stata, in questi giorni, denunciata con forza dalla Rete degli studenti medi, che chiede la messa in sicurezza dell'edificio, temendo pericoli derivanti dallo stato di tale impianto –:

   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda intraprendere affinché l'edificio scolastico venga al più presto messo in completa sicurezza, in modo da evitare il riaffacciarsi di problemi strutturali e a garanzia del diritto allo studio in un luogo sicuro per gli studenti.
(5-12902)


   D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con un articolo pubblicato sul noto quotidiano Il sole 24 Ore del 2 dicembre 2017, dal titolo «un miliardo a rischio per un click» è stata diffusa la notizia di una gravissima anomalia nella procedura per la trasmissione dei progetti a valere «sull'Avviso per la presentazione di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nelle 12 aree di specializzazione individuate dal Pnr (il Piano nazionale della ricerca) 2015-2020 pubblicato da Ministero per l'istruzione e la ricerca scientifica il 13 luglio di quest'anno e scaduto il 9 novembre»;

   si segnala, infatti, che a poche ore dalla scadenza dei termini utili per la presentazione dei progetti, lo sportello telematico Sirio, realizzato dal Cineca al fine di consentire l'invio telematico della documentazione necessaria, abbia smesso di funzionare e siano rimaste escluse, secondo una stima degli addetti ai lavori, oltre cento domande di aziende, università e centri di ricerca;

   si tratta di progetti che si contendono oltre 472 milioni di euro di finanziamento pubblico ed altrettanti di cofinanziamento privato, «progetti strategici per l'innovazione e la ricerca in settori chiave della nostra economia da cui aziende, università e mondo della ricerca si aspettavano tantissimo. Fondi che rischiano di rimanere nei cassetti» –:

   se il Ministro interrogato intenda porre rimedio all'ennesimo errore del Cineca, riaprendo i termini per la presentazione dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale di cui al bando pubblicato il 13 luglio 2017 e quali iniziative intenda assumere al fine di evitare che gravi disfunzioni come quella di cui in premessa possano ripetersi in futuro, con danni incalcolabili per aziende, università e centri di ricerca, oltre che per l'intero sistema nazionale della ricerca.
(5-12907)


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, comma 138, del decreto-legge 6 ottobre 2006, n. 262, istituisce l'Anvur con il fine di razionalizzare il sistema di valutazione qualitativa delle attività universitarie e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell'efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;

   in particolare, l'Anvur:

    ha il compito di calcolare e pubblicare le mediane ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari;

    ha il compito di valutare i professori ordinari che si candidano come commissari;

    ha il compito di fissare metodologie, criteri, parametri e indicatori per l'accreditamento e per la valutazione periodica;

    esegue la verifica e il monitoraggio dei parametri e degli indicatori di accreditamento e valutazione periodica anche ai fini della ripartizione della quota premiale delle risorse annualmente assegnate alle università;

    ha un ruolo fondamentale nella Valutazione della qualità della ricerca in quanto individua i gruppi di esperti valutatori delle 14 aree disciplinari e, di fatto, contribuisce alla definizione dei criteri di base della valutazione della ricerca;

    svolge le funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione degli atenei;

   il consiglio direttivo, organo dell'Anvur, è composto da 7 membri: determina le attività e gli indirizzi della gestione dell'Agenzia, nonché criteri e metodi di valutazione e all'interno di esso viene individuato il presidente dello stesso Anvur;

   i componenti del consiglio direttivo sono nominati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le competenti Commissioni parlamentari, scegliendo sulla base di alta e riconosciuta qualificazione ed esperienza nel campo dell'istruzione superiore, della ricerca e della valutazione, soggetti provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari;

   nel 2015 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha selezionato come componenti del consiglio direttivo dell'Anvur Daniele Checchi, Paolo, Miccoli, Raffaella Rumiati e Susanna Terracini;

   in particolare il professor Paolo Miccoli risulta essere al centro di alcune polemiche, dal momento che alcune linee programmatiche esposte nell'elaborato propedeutico alla sua selezione, sembrerebbero essere identiche a passaggi di alcuni testi facilmente reperibili su Diritto.it, così come riportato in un articolo apparso sul sito di informazione universitaria «Roars.it», fatto che avrebbe dovuto porre con urgenza la necessità di un'idonea verifica sulla correttezza delle selezioni;

   il professor Paolo Miccoli ha già compiuto 70 anni di età, ma, ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 «la carica di presidente o di componente dell'organo direttivo dell'ANVUR può essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età»;

   un comunicato del primo dicembre 2017 rende noto che il consiglio direttivo dell'ANVUR, convocato in via straordinaria il 15 novembre 2017, ha eletto tra i propri membri quale nuovo presidente il professor Paolo Miccoli, che succederà all'attuale presidente, professor Andrea Graziosi, a decorrere dall'8 gennaio 2018;

   a giudizio dell'interrogante, oltre a essere fortemente criticabile l'operato del Ministro riguardo alla scelta dei componenti del consiglio direttivo dell'Anvur, non può essere accettato che sia ignorato quanto disposto dalle norme sui limiti di età del futuro presidente dell'Anvur, come sopra riportato –:

   se il Ministro interrogato intenda verificare il rispetto di quanto disposto dall'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, riguardo ai limiti di età dei membri del consiglio direttivo dell'Anvur e, conseguentemente, avviare ogni iniziativa di competenza per la rimozione dall'incarico del professor Miccoli.
(5-12908)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da alcuni giornali locali, nel mese di novembre 2017 la dirigenza scolastica del liceo classico Aeclanum di Mirabella Eclano (Avellino) ha annunciato la necessità di spostare le quattro classi, poiché la struttura privata che lo ospita va adeguata alle normative entro il 31 dicembre 2017;

   la struttura privata che fino ad ora ha ospitato il liceo classico costa all'ente provincia 30mila euro annui; se, da un lato, alcuni non vedono di buon occhio lo spostamento del liceo classico dalla struttura attuale, altri ritengono che sia meglio usare un immobile pubblico anziché continuare a pagare un cospicuo fitto ad un privato;

   l'immobile pubblico individuato come potenziale ospitante è quello in cui, a oggi, c'è anche il liceo scientifico o, in alternativa, una scuola elementare attualmente inutilizzata, entrambi in località Passo di Mirabella;

   la preoccupazione per l'incertezza sul futuro prossimo delle lezioni scolastiche sta dilagando tra studenti e famiglie, che rivendicano il diritto allo studio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda valutare di porre in essere affinché sia garantito il buon andamento dell'anno scolastico per gli studenti del liceo classico di Mirabella Eclano.
(4-18746)


   SCOTTO, BOSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la cosiddetta «Buona scuola», ovvero la riforma della scuola voluta dal Governo Renzi, ha previsto tra le varie novità l'introduzione dell'alternanza scuola-lavoro nel percorso formativo degli studenti italiani;

   l'alternanza scuola-lavoro, ad avviso degli interroganti, consiste in nient'altro che in periodi di lavoro gratuito obbligatorio degli studenti in aziende private;

   tale sistema ha già fatto emergere enormi criticità, specie nella tutela dei diritti degli studenti-lavoratori e nel reale valore formativo dell'esperienza;

   una recentissima inchiesta di Fanpage, inoltre, ha svelato l'ennesimo aspetto paradossale della vicenda;

   da numerose segnalazioni è venuto fuori come gli studenti, oltre a lavorare gratuitamente presso privati, siano addirittura costretti a pagare di tasca propria una serie non indifferente di spese;

   le cifre sborsate dalle famiglie degli studenti arriverebbero anche fino a 500 euro per singolo stage;

   le aziende, infatti, non solo non retribuiscono il lavoro prestato dagli studenti, ma non forniscono in cambio neppure rimborsi per gli spostamenti o, dove necessario, per vitto e alloggio;

   finanche le divise e le strumentazioni di sicurezza (come scarpe specifiche o caschetti) vengono comprati direttamente dagli studenti;

   per quegli studenti che sono stati mandati a fare alternanza-lavoro sulle navi, il tutto è stato considerato anche come viaggio d'istruzione e quindi pagato fino a 400 euro da ogni studente;

   trattandosi di un periodo obbligatorio, per quegli studenti le cui famiglie non potevano permettersi spese così alte è stato necessario organizzare collette da parte della classe o far coprire la spesa dagli stessi insegnanti;

   persino studenti che hanno fatto alternanza-lavoro presso una capitaneria di porto sono stati costretti a pagare di tasca propria per la divisa;

   l'Unione degli studenti ha effettuato un'inchiesta in Campania da cui è risultato che nella maggior parte dei casi gli studenti devono pagare trasporti, materiali e pasti nel periodo di alternanza scuola-lavoro, con le aziende private coinvolte che invece nel 2018, secondo le proiezioni fatte, guadagneranno grazie all'alternanza agli sgravi fiscali previsti grazie ad essa circa 46 milioni di euro;

   una situazione del genere è una beffa insopportabile dopo i già tanti danni provocati dalla riforma della scuola e rischia di mettere in crisi migliaia di famiglie su tutto il territorio nazionale –:

   se non ritengano urgente e necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire che nessuno studente venga più costretto ad acquistare divise e materiali per l'alternanza scuola-lavoro, che tutto il necessario 100 venga gratuitamente fornito dalle aziende e che anche spostamenti, pasti ed eventuali pernottamenti vengano rimborsati;

   se non ritengano doveroso assumere iniziative per individuare modalità di rimborso per quanto finora ingiustamente speso dagli studenti.
(4-18754)


   BRUNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'istituzione dei dipartimenti universitari è regolata, in termini di consistenza numerica, dall'articolo 2, comma 2, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, che, fatti salvi alcuni casi speciali, prevede una numerosità minima di 35 docenti, per università con meno di mille docenti di ruolo;

   la stessa legge attribuisce al senato accademico la competenza a formulare proposte e pareri obbligatori anche per la soppressione dei dipartimenti (articolo 2, comma 1, lettera e));

   la legge, inoltre, non fornisce indicazioni circa le modalità e le tempistiche per la soppressione dei dipartimenti e dei corsi di studio in essi incardinati;

   l'organico dei docenti universitari è in continua riduzione, a seguito delle politiche di blocco totale del turn-over imposto dal 2008 al 2014 e solo nel 2017 garantirà al sistema universitario la disponibilità del 100 per cento delle cessazioni dell'anno precedente. Il risultato di questa politica è stata la riduzione del personale di ruolo da 61.929 unità nel 2008 a 50.354 nel 2015;

   questa diminuzione di personale rende sempre più difficile il rispetto del vincolo numerico di consistenza (35 unità), principalmente per le università di piccole-medie dimensioni, che parrebbe necessario per mantenere attiva una struttura dipartimentale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative per garantire la sopravvivenza dei citati dipartimenti indipendentemente dai vincoli di numerosità i quali si riferiscono alla sola istituzione degli stessi e non alla loro soppressione.
(4-18756)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   CIMBRO, LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LACQUANITI, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo internazionale Froneri è stato fondato a ottobre 2016 da una joint venture fra Nestlé e R&R ed è attivo in Italia attraverso tre stabilimenti, a Parma, Ferentino e Terni, per la produzione di gelato industriale;

   il gruppo Froneri, dopo aver sottoscritto il 26 luglio 2017 un verbale di incontro nel quale smentiva categoricamente l'ipotesi di chiusura dello stabilimento di Parma, dando rassicurazioni alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni cittadine nella persona del sindaco di Parma, dopo appena due mesi, il 27 settembre 2017 comunicava ai sindacati di voler procedere alla chiusura dello stabilimento di Parma, avviando le procedure per il licenziamento collettivo;

   il licenziamento, secondo quanto riferito da Froneri, coinvolge 112 lavoratori di Parma e 8 di Milano. A quanto riferiscono le rappresentanze sindacali, i lavoratori coinvolti nel licenziamento collettivo sarebbero in numero maggiore, arrivando a coinvolgere 180 lavoratori fissi, tra i quali sono stati coinvolti anche impiegati amministrativi, più 70 stagionali;

   la condotta tenuta dal gruppo Froneri, improntata ad una totale chiusura a qualsiasi trattativa non solo con le rappresentanze sindacali, ma anche con il comune di Parma e con la regione Emilia-Romagna, e successivamente nei confronti del Governo nazionale, è inaccettabile e allo stesso tempo preoccupante perché denota una strategia economica e aziendale che, mirando esclusivamente al profitto, non tiene in minimo conto i diritti fondamentali dei lavoratori e danneggia il sistema produttivo italiano;

   incomprensibile appare, in particolare, il rifiuto da parte di Froneri di ricorrere agli ammortizzatori sociali, abbandonando al loro destino i lavoratori e le loro famiglie nel giro di pochi mesi. Atteggiamento che, in maniera più che condivisibile è stato definito «incomprensibile e inaccettabile» dalla Viceministra Teresa Bellanova, la quale aveva però anche annunciato che il Governo non avrebbe accettato comportamenti negligenti o disinvolti in danno dei lavoratori;

   considerato che condotte come quella posta in atto da Froneri sono evidentemente facilitate da una legislazione sul lavoro che ha reso più facili i licenziamenti collettivi, è assolutamente necessario che il Governo ponga in essere tutti gli strumenti a disposizione per evitare che si verifichi un precedente così grave che danneggia lavoratori, indotto e un intero territorio –:

   quali iniziative, per le parti di competenza, intenda porre in essere il Ministro interrogato al fine di tutelare i lavoratori coinvolti e garantire il rispetto dei loro diritti fondamentali.
(3-03430)


   ENRICO ZANETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 232 del 2016 ha statuito, all'articolo 1, comma 211, che, con decorrenza dall'entrata in vigore, «ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti», di cui alle leggi n. 466 del 1980, n. 302 del 1990 e all'articolo 1, commi 563 e 564, della legge n. 266 del 2005, «si applicano i benefici fiscali di cui all'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 23 novembre 1998 n. 407, e dell'articolo 3, comma 2, della legge 3 agosto 2004, n. 206, in materia di esenzione dall'imposta sui redditi»;

   l'obiettivo, nei principi ispiratori del legislatore, era quello di mettere fine alla discriminazione di trattamento tra le diverse categorie di «vittime», tra le quali quelle «del terrorismo» nei confronti di quelle «del dovere»;

   tuttavia, malgrado l'inserimento nell'ordinamento giuridico della norma evidenziata, portatrice di evidenti, chiari e circoscritti benefici economici tratti dalla speculare normativa disciplinante per le «vittime del terrorismo», si assiste ad una difforme traduzione in coerenti riconoscimenti da parte dell'Inps, in particolare attraverso l'emanazione di circolari interpretative che hanno ridotto notevolmente la platea degli aventi diritto alle esenzioni;

   in particolare con i messaggi n. 368 e n. 1412 del 2017, l'istituto ha fornito indicazioni in materia dei benefici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti, di cui alle leggi n. 466 del 1980, n. 302 del 1990 e all'articolo 1, commi 563 e 564, della legge n. 266 del 2005, previsti dalla legge n. 232 del 2016 – legge di bilancio per il 2017 – all'articolo 1, comma 211, in materia di esenzione dall'imposta sui redditi;

   inoltre attraverso il messaggio n. 3274 del 10 agosto 2017 l'Inps specifica che, con riferimento ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005, l'esenzione fiscale va applicata esclusivamente ai trattamenti pensionistici di privilegio correlati all'evento che ha dato luogo al riconoscimento dello stato di vittima del dovere o equiparato –:

   se sia al corrente del fatto che in via amministrativa l'Inps sta progressivamente portando, attraverso un'interpretazione restrittiva della norma, ad una nuova disparità di trattamento tra le vittime del «terrorismo» e quelle «del dovere», tradendo di fatto i principi ispiratori della legge, che aveva l'obiettivo di mettere la parola fine a questa annosa questione di squilibrio.
(3-03431)


   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ALTIERI, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, LO MONTE, MARTI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con diversi atti di sindacato ispettivo (nn. 5-03845, 4-04838 e 3-01549) gli interroganti, richiamando i diversi fatti di cronaca accaduti, denunciavano i gravi episodi di corruzione ed i conflitti di interesse esistenti all'interno di talune cooperative ed evidenziavano come il sistema delle cooperative è utilizzato da delinquenti quale strumento dei propri affari, per via dei vantaggi fiscali e contributivi di cui gode;

   in particolare, la Lega chiedeva conto delle misure messe in atto per contrastare l'illegalità, il malaffare e la corruzione caratterizzanti il mondo delle cooperative e per rimediare alla concorrenza sleale operata dalle medesime, che utilizzano manodopera a basso costo e senza alcun riconoscimento dei diritti propri dei lavoratori;

   in sede di risposta ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea in data 17 giugno 2015, il Ministro interrogato vantava le iniziative assunte per «contrastare il fenomeno delle cosiddette false cooperative o cooperative spurie», come l'Osservatorio nazionale della cooperazione o lo schema di disegno di legge annuale del Ministero dello sviluppo economico contenente un'apposita sezione dedicata alla riforma del sistema della vigilanza cooperativa;

   tali iniziative si sono dimostrate, invero, del tutto insufficienti ed inadeguate a risolvere la problematica: la vertenza Castelfrigo, azienda modenese specializzata nella lavorazione delle carni, costituisce un esempio recente, anche se il fenomeno si estende al comparto della logistica e dell'autotrasporto;

   si ricordano anche i casi di Mondoconvenienza, della Sda e di Amazon –:

   se e quali soluzioni, sotto il profilo normativo oltre che amministrativo, il Governo intenda celermente adottare per avversare il crescente fenomeno di cui in premessa.
(3-03432)


   COMINARDI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, CHIMIENTI, CIPRINI, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   tra le riforme presuntivamente «anticrisi» del Governo Berlusconi, con il decreto-legge n. 98 del 2011, si liberalizzavano gli orari di apertura degli esercizi commerciali in città d'arte o in località turistiche;

   a tale misura introdotta «in via sperimentale» succedeva quella strutturale con il decreto-legge n. 201 del 2011 (salva-Italia) con la previsione di: piena estensione dell'orario giornaliero di apertura (prima a tredici ore); mezza giornata di chiusura infrasettimanale obbligatoria; chiusura nei giorni festivi obbligatoria in assenza di specifica deroga;

   il decreto-legge n. 5 del 2012, infine, sopprimeva il vincolo della chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva;

   la disciplina degli orari degli esercizi commerciali ricade tra le materie «commercio», attribuita alla competenza residuale delle regioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), e «concorrenza», attribuita alla competenza esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione);

   fino alla liberalizzazione del 2011, la Corte costituzionale ha ascritto tale disciplina alla materia del commercio di competenza delle regioni, ma grazie alle nuove disposizioni è stata ricompresa tra le norme direttamente afferenti alla concorrenza e, quindi, di competenza esclusiva dello Stato;

   successivamente il dibattito parlamentare si è orientato verso l'approvazione di norme volte ad una maggiore e migliore conciliazione vita-lavoro che, in considerazione della selvaggia deregulation degli orari e dei giorni di apertura degli esercizi commerciali, rischiano di fatto di essere inapplicabili a queste realtà;

   in merito alla disciplina degli orari degli esercizi commerciali la Camera dei deputati ha approvato pressoché all'unanimità l'atto Camera n. 750 Dell'Orco e altri – all'esame del Senato della Repubblica dal gennaio 2016 – che, oltre a una nuova regolamentazione, prevede il fondo a sostegno dei piccoli negozi che subiscono la concorrenza della grande distribuzione;

   al netto della crisi economica, la deregolamentazione non ha avuto effetti complessivamente migliorativi ma, come rilevato dall'Istat, ha avuto effetti negativi per le piccole attività commerciali (-2,2 per cento vendite) e benefici limitati per le grandi distribuzioni;

   in base al contratto collettivo nazionale di lavoro, chi lavora nelle festività ha diritto alla retribuzione ordinaria e alla maggiorazione del solo 30 per cento;

   a pagarne le spese sono le famiglie di chi, lavorando nel commercio, deve sottostare ad orari di apertura e di lavoro fuori controllo e, più in generale, il tessuto sociale sempre più disgregato e il lavoro sempre meno umanizzante –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, anche sul piano normativo, per garantire anche ai lavoratori del commercio un effettivo diritto al riposo e alla conciliazione delle esigenze vita-lavoro.
(3-03433)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4a Serie speciale – concorsi ed esami n. 90 del 24 novembre 2017 un concorso pubblico, per titoli ed esami, per trecentosessantacinque posti di analista di processo-consulente professionale nei ruoli del personale dell'Inps categoria C, posizione economica C1;

   tra i requisiti richiesti per l'ammissione al predetto concorso è richiesta la certificazione, in corso di validità, di conoscenza della lingua inglese pari almeno al livello B2 del quadro comune europeo, rilasciata da uno degli enti certificatori di cui al decreto 28 febbraio 2017, n. 118, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   ai sensi del comma 1 dell'articolo 6 – prova scritta oggettivo-attitudinale – del bando di concorso, «la prova scritta oggettivo-attitudinale consisterà in una serie di quesiti a risposta multipla di carattere psico-attitudinale, logica, competenze linguistiche ed informatiche, cultura generale»;

   pertanto, di fatto, l'Ente accerterà due volte lo stesso requisito;

   tale richiesta sembrerebbe in contraddizione rispetto alla riforma del Testo unico del pubblico impiego (articolo 37 del disegno legislativo n. 165 del 2001) che, modificato nel 2017, obbliga la pubblica amministrazione ad accertare le conoscenze di informatica e lingua inglese, ma non a farne requisiti di accesso ad un concorso;

   tra l'altro, si è appreso dai media che alcuni studi legali stanno approntando ricorsi al Tar avverso l'obbligo di possedere, ai soli fini dell'accettazione della domanda di partecipazione, la certificazione di livello B2 per la lingua inglese;

   l'eventuale presentazione dei paventati ricorsi bloccherebbe di fatto l'espletamento del concorso di che trattasi;

   alla luce anche delle nuove funzioni attribuite all'Inps e del turnover, la necessità di implementare l'organico, stanti anche le rivendicazioni sindacali, riveste carattere di estrema urgenza –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento al requisito del possesso della certificazione di livello B2 per la lingua inglese ai fini dell'accesso al concorso e come intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché l'Istituto nazionale della previdenza sociale rettifichi il bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4a Serie speciale concorsi ed esami n. 90 del 24 novembre 2017.
(5-12901)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Royal Bus, è una storica società di trasporti e turismo di Civitavecchia, che garantisce il trasporto di centinaia di migliaia di utenti all'interno di uno scalo portuale strategico per tutto il Paese e che realizza gran parte del fatturato con la Port Mobility, società di interesse generale del porto di Civitavecchia;

   la società in questione versa in stato di grave crisi finanziaria a causa della quale i circa settanta dipendenti non hanno percepito gli stipendi di ottobre e novembre 2017 e sarebbero, addirittura, a rischio anche le retribuzioni e le tredicesime di dicembre;

   questi operatori lavorano duramente per assicurare un servizio essenziale e di rilevante importanza socio-economica. Vanno, dunque, adottate immediate iniziative per accertare le cause della crisi aziendale e tutelare i lavoratori, per escludere il rischio di una grave vertenza occupazionale, in un territorio già duramente colpito da un alto livello di disoccupazione soprattutto giovanile;

   bisogna accertare le cause della crisi aziendale, anche attraverso il concreto intervento del presidente dell'autorità di sistema portuale, Francesco Maria Di Majo, che ha il dovere di individuare delle idonee soluzioni a questa vertenza –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati per quanto di competenza;

   se e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di istituire un tavolo di concertazione, con il coinvolgimento delle autorità locali, per tutelare i lavoratori e le loro famiglie e salvaguardare la storica realtà aziendale in questione.
(5-12910)


   CARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ha avuto vasta eco sui media nazionali la notizia riportata per prima dalla Gazzetta di Mantova di una donna/lavoratrice licenziata nel periodo di congedo chiesto e ottenuto dalla sua azienda per assistere il figlio di tre anni, gravemente disabile;

   la donna, che vive a Castiglione Mantovano, ha lavorato per dieci anni nella Consulmarketing, azienda milanese – prima con un contratto di collaborazione da collaborazione coordinata e continuativa, poi dal 2013 assunta a tempo indeterminato occupandosi di rilevare i prezzi per indagini di mercato nei supermercati di diverse province lombarde, arrivando fino in Trentino;

   il bimbo avuto tre anni fa è affetto da Sma, atrofia muscolare spinale, e da allora vive collegato alle macchine, tra respiratore e sondino gastrico, e ha bisogno di assistenza continua;

   la donna proprio per i motivi legati all'assistenza avrebbe chiesto all'azienda di poter usufruire della possibilità, consentita dalla legge, di restare a casa per altri tre anni al 30 per cento dello stipendio con la formula del congedo parentale per figli con grave disabilità;

   suddetto congedo avrebbe avuto termine il prossimo marzo 2018;

   secondo l'azienda la lavoratrice avrebbe ricevuto una lettera per la restituzione del materiale di lavoro a lei affidato facendo riferimento ad una lettera di licenziamento del 19 maggio 2017, lettera che però la lavoratrice sostiene di non aver mai ricevuto;

   è in corso una vertenza giudiziaria che verrà affrontata il 13 dicembre 2017;

   è paradossale che si verifichino casi del genere nel momento in cui il legislatore si appresta a varare una innovativa disciplina a sostegno dei caregiver proprio per venire incontro alle esigenze di chi assiste persone disabili e non autosufficienti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda valutare l'opportunità, parallelamente alla vicenda giudiziaria, di promuovere iniziative, per quanto di competenza, per approfondire il caso in questione che vede lesa una lavoratrice che non ha potuto beneficiare di un diritto a lei spettante, anche in considerazione della gravità della vicenda che interessa oltretutto un bambino di tre anni, affetto da grave disabilità e bisognoso di assistenza.
(5-12914)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO e D'ARIENZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 5 agosto 2017 il sindaco di Costermano, in occasione del 50° anniversario dall'inaugurazione del cimitero militare germanico, ha presentato un progetto di riqualificazione ambientale che prevede sei parchi per comune, 20 chilometri di itinerari ciclabili e pedonali, 25 ettari di spazi attrezzati;

   dalle dichiarazioni del sindaco si apprende che l'amministrazione sta perseguendo questo obiettivo dal 2014 in sintonia con il Ministero della difesa, il Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge e.V. (servizio per le onoranze ai caduti germanici) e il consolato tedesco a Milano;

   in prima istanza, il comune avrebbe acquisito le aree di 80 mila metri quadri, con accordi pubblico-privati e successivamente avrebbe partecipato a bandi pubblici per finanziare strutture pubbliche volte a valorizzare la zona;

   il quadro economico complessivo di spesa è di 7 milioni e 43.700 euro, di cui cinque milioni finanziati da enti pubblici;

   il progetto prevede più elementi tra cui un polo ricettivo da 4,5 milioni di euro (quindi più dei finanziamenti) che la Presidenza del Consiglio dei ministri avrebbe dichiarato tra le opere valutabili per l'elevata utilità sociale nei piani d'investimento triennali 2018-2020 dell'Inail;

   tale polo ricettivo sembra aver riscosso l'interesse dell'ente che sarebbe disponibile a finanziarlo;

   nel frattempo attraverso l'Unione montana del Baldo Garda, di cui il sindaco di Costermano è vicepresidente, il comune ha avviato gli adempimenti necessari alla «progettazione definitiva ed esecutiva della struttura ricettiva (Ostello/Albergo) all'interno del parco della Memoria a Costermano sul Garda (Verona)» tramite bando di gara con procedura ristretta ex articoli 61 e 157, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016;

   l'amministrazione ha legato il progetto dei parchi ai valori della memoria e dell'amicizia tra i popoli, ma molti cittadini ritengono che un luogo della memoria non possa sorgere nei pressi del cimitero che raccoglie i resti dei militari tedeschi che in quella zona si sarebbero macchiati di crimini di guerra;

   inoltre, molta parte della cittadinanza ha sollevato forti perplessità circa l'utilizzo di fondi Inail per costruire strutture ricettive su terreni privati che, secondo la popolazione, risultano ancora da acquisire –:

   se il Governo sia al corrente dei fatti sopra esposti;

   come si giustifichi un simile finanziamento da parte dell'Inail in relazione ai luoghi considerati e agli interventi previsti dal progetto descritto in premessa.
(4-18744)


   LO MONTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che il San Domenico, storico hotel di Taormina, chiuderà «i battenti» per ristrutturazione licenziando tutti i dipendenti;

   i lavoratori coinvolti risultano essere 120 di cui 37 impiegati a tempo indeterminato, 65 stagionali e una ventina appartenenti ad una cooperativa. Si tratta di personale qualificato, in servizio da molto anni;

   come sottolineano anche i diretti interessati attraverso le loro rappresentanze sindacali, i dipendenti del settore turistico non godono di cassa integrazione e di nessuna forma di ammortizzatore soci;

   stando a quanto riporta la stampa, il prestigioso albergo, acquistato dall'imprenditore napoletano Giuseppe Statuto, dovrà subire un imponente intervento di ristrutturazione che gli consentirà di entrare nella catena di lusso Four Season;

   si tratta di interventi che vedranno l'impiego di ingenti risorse, si stima servano circa 35 milioni di euro, e certamente non meno di un anno di tempo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere per quanto di competenza, l'apertura di un tavolo di concertazione che coinvolga la proprietà e la regione, insieme con i rappresentanti sindacali dei lavoratori, al fine di tutelare i lavoratori e le loro famiglie un territorio particolarmente provato dalla crisi e dalla disoccupazione.
(4-18749)


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato su Latina oggi del 4 dicembre 2017 gli ispettori provinciali del lavoro denunciano che l'Agenzia nazionale istituita con il Jobs Act esisterebbe solo sulla carta e che mancherebbero i fondi per esercitare il controllo necessario;

   la provincia di Latina rappresenta la più grande sacca di lavoro nero in agricoltura, ma vista l'assenza dei mezzi necessari a contrastare il caporalato, il 20 novembre 2017 gli ispettori hanno interrotto l'attività di verifica sulla regolarità del lavoro;

   dopo lo sciopero dei braccianti agricoli dell'aprile 2016, nella provincia laziale era stata messa in piedi una task force ad hoc ma dopo pochi mesi di pressing per mettere a tacere gli scandali, la lotta al lavoro irregolare nei campi ha subito una inaccettabile battuta di arresto per mancanza di strumenti e di organizzazione;

   l'Agenzia nazionale avrebbe dovuto fornire banca dati e strumentistica, mentre ad oggi gli ispettori scriverebbero i verbali in copia carbone;

   a fronte di 24 mila braccianti agricoli, il 65 per cento dei quali sono risultati non in regola, l'Ufficio dell'ispettorato del lavoro di Latina conta 30 dipendenti amministrativi, a cui si aggiungono 5 carabinieri assegnati dopo lo scandalo dello sfruttamento nelle serre di Sabaudia;

   il 15 per cento delle aziende che si aggiudicano gli appalti con «durc» regolare subappalta il lavoro a cooperative che applicano retribuzioni fuori contratto –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di rendere effettivamente operativa l'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata ispettorato nazionale del lavoro, e, di conseguenza, efficiente la lotta contro il caporalato.
(4-18757)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:


   GIAMMANCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   ai fini dell'esercizio dell'attività di pesca professionale è necessario il rilascio, da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, all'armatore di un'imbarcazione della licenza di pesca, che costituisce documento autorizzativo e che, ai sensi della normativa vigente, è valida per un periodo di otto anni dal suo rilascio, acquista efficacia solo a seguito del pagamento della tassa di concessione governativa e si rinnova su richiesta dell'interessato;

   in sede di richiesta di rinnovo, l'autorità marittima rilascia all'interessato un'attestazione provvisoria sostitutiva della licenza che autorizza alle attività di pesca già previste dalla licenza per la quale è stato chiesto il rinnovo;

   in quanto provvedimento amministrativo il rilascio della licenza è soggetto al pagamento di una tassa sulle concessioni governative, che nel caso ammonta a euro 404,00 e che deve essere corrisposta al momento del rilascio della licenza e non deve essere nuovamente assolta fino al momento della scadenza naturale del documento, in quanto questa tipologia di tassa non ha una propria validità ma segue la validità della licenza;

   la mancata corrispondenza temporale tra il rilascio dell'attestazione provvisoria della licenza ed il rilascio della licenza stessa è stata causa in passato di richieste di doppia imposizione a carico del richiedente il rinnovo; in tal senso l'interrogante ha presentato nel 2013 l'interrogazione n. 5-01672, ma nonostante i chiarimenti forniti dal rappresentante del Governo in sede di risposta la situazione non si è definita;

   la stessa Agenzia delle entrate si è espressa sull'argomento al fine di esplicitare che, nel caso in cui, a seguito della richiesta di rinnovo di licenza di pesca, venga rilasciata al richiedente l'attestazione provvisoria, è dovuta comunque la tassa sulle concessioni governative, ma la medesima tassa non dovrà essere nuovamente corrisposta al momento del rilascio della licenza;

   ciò nonostante si continuano a verificare richieste da parte di alcuni uffici marittimi, per il tramite dei quali i richiedenti inoltrano richiesta di rinnovo di licenza al Ministero, di doppio pagamento delle tasse governative, sia al rilascio di autorizzazione provvisoria che, successivamente, al rinnovo della licenza –:

   se e quali opportune iniziative intenda assumere il Governo, anche mediante norme di interpretazione autentica, al fine di consentire un'applicazione uniforme ed univoca su tutto il territorio nazionale della normativa in materia di rilascio e di rinnovo delle licenze marittime professionali.
(3-03428)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FONTANELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la direzione generale per la programmazione della qualità agroalimentare e dell'ippica, con decreto Prot. 87102 del 1° dicembre 2017, ha rideterminato lo stanziamento e le giornate assegnate agli ippodromi per il mese di dicembre 2017;

   tale decreto, per le venti società ippiche ancora in attività in questo mese, determinerà una previsione al ribasso degli incassi programmati;

   secondo l'Alfea, società pisana per le corse di cavalli, il provvedimento si tradurrà per l'ippodromo di San Rossore in un taglio di oltre 300 mila euro di montepremi e la soppressione di due giornate di corse già programmate;

   il presidente e il direttore generale dell'Alfea nei giorni scorsi hanno pubblicamente segnalato l'impatto economico e organizzativo che il decreto ministeriale rischierà di produrre –:

   quali siano i motivi per i quali il tessuto ippico di Pisa, tra i migliori del Paese, sia stato così fortemente penalizzato rispetto a quello di altre regioni italiane;

   se il ministro interrogato non intenda intervenire assumendo iniziative per rimodulare lo stanziamento e le giornate assegnate all'ippodromo di San Rossore per il mese di dicembre 2017.
(5-12900)


   CRISTIAN IANNUZZI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione Animal Equality ha diffuso un video realizzato con telecamere nascoste tra fine 2014 e inizio 2015 in uno stabilimento in provincia di Viterbo (di cui il Corriere della Sera il 6 dicembre 2017 ha pubblicato solo un estratto) dove agnelli e pecore vengono macellati e trasformati in prodotti alimentari senza essere prima storditi come previsto dal decreto legislativo n. 333 del 1998. Si vedono, ad esempio, operatori che gonfiano con un compressore animali ancora vivi per facilitare lo scuoiamento dell'animale;

   il decreto n. 333 del 1998 mira a determinare condizioni minime durante la macellazione in modo da evitare loro sofferenze inutili in un'ottica nella quale la macellazione a scopo alimentare è una sofferenza «utile». Le norme prevedono una serie di garanzie legate all'obbligo, per gli addetti ai lavori, di rispettare condizioni minime nel condurre gli animali dai trasporti ai recinti di attesa e fino all'interno del macello, in maniera da evitare loro le sofferenze che potrebbero derivare da comportamenti scorretti, violenti o crudeli, ma di fatto lascia sussistere alcuni particolari metodi di macellazione che inducono dolore e sofferenza. La normativa, infatti, benché si ponga il fine di garantire agli animali un trattamento rispettoso nei macelli, consente in particolare:

    1) la possibilità di effettuare macellazioni senza preventivo stordimento (nelle macellazioni effettuate secondo riti religiosi):

     negli stabilimenti che hanno il permesso di derogare al decreto n. 286 del 1996, riguardante il controllo sanitario della macellazione;

     nelle macellazioni familiari presso il domicilio degli allevatori (per le specie avicola e cunicole);

    2) il permanere di sistemi di macellazione oltremodo cruenta, quali l'elettrocuzione con elettrodi nell'ano e nella bocca (soprattutto per gli animali da pelliccia);

    3) la possibile utilizzazione di sistemi meccanici per l'uccisione dei pulcini (questo significa la possibilità di usare delle centrifughe meccaniche che «tritano» il pulcino vivo);

   quindi, è evidente che si permette l'utilizzo di sistemi che, non prevedendo l'uccisione dell'animale prima del dissanguamento, lasciano la possibilità che l'animale muoia dissanguato in piena coscienza e quindi in sofferenza;

   le macellazioni condotte su animali ancora vivi e coscienti che si dibattono, soffrono e si lamentano, oltre ad essere oggettivamente crudeli e disumane manifestano totale incuranza, da parte di chi gestisce queste attività, delle normative vigenti, che stabiliscono il rispetto dei requisiti minimi di benessere animale; si tratta di attività che tra l'altro troppo spesso vengono svolte in strutture obsolete e fatiscenti, che compromettono anche la qualità e l'igienicità delle carni prodotte;

   attualmente le leggi vigenti prevedono solo sanzioni amministrative per chi viola le prescrizioni sulle procedure di macellazione, che nei casi più gravi prevedono una pena pecuniaria del tutto irrisoria di 6.000 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se ritengano opportuno intensificare e rafforzare il sistema di controlli sugli stabilimenti di macellazione;

   quali iniziative urgenti ritengano opportuno adottare per tutelare gli animali, anche specificando meglio i corretti metodi di macellazione, e per inasprire le pene previste nel caso di maltrattamento degli animali durante le fasi di stordimento e abbattimento.
(5-12905)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Agea, istituita con decreto legislativo n. 165 del 1999, svolge funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore dei contributi stabiliti dalla politica agricola comune (Pac) dell'Unione europea. L'Agea, in qualità di organismo pagatore provvede all'erogazione dei premi e dei sostegni in agricoltura; nel caso specifico del biologico, si segnalano da più parti d'Italia e soprattutto nel Lazio, molte richieste di sollecito per l'erogazione dei fondi da parte di Agea relativi alle annualità 2015 e 2016 del bando biologico 2015 inserito nel Programma di sviluppo rurale 2014-2020, misura 11 (biologico) e misura 10 (pagamenti agro ambientali). Fatta eccezione unicamente per le regioni che dispongono di un proprio ente pagatore, come ad esempio il Veneto o l'Emilia Romagna, si registra appunto una mancata erogazione in tutta Italia;

   i ritardi che si sono registrati nei pagamenti sono attribuibili a problematiche manifestatesi nel corso delle verifiche informatiche che Agea e le sue società partner hanno messo in atto per determinare i pagamenti ad istruttoria automatizzata e manuale; così come affermato da Gabriele Papa Pagliardini il direttore dell'Agea, in data 17 maggio 2017 durante l'audizione presso la XIII Commissione permanente (Agricoltura) della Camera dei deputati «i ritardi nei pagamenti sono dovuti al sistema SIN (sistema informativo nazionale per lo sviluppo in agricoltura) e ai partner industriali di quest'ultimo»; si era tuttavia garantito che entro il mese di settembre 2017 tutti i pagamenti relativi al bando bio 2015 sarebbero stati erogati; ad oggi, però, si continua a registrare una situazione di stallo;

   sostenere l'accesso di molte imprese al biologico e favorire il mantenimento del metodo per le aziende che lo hanno già adottato rimangono delle grandi scommesse strategiche per i programmi di sviluppo rurale 2014-2020. Le produzioni biologiche sostenibili per l'ambiente e a tutela della salute sono il futuro dell'agricoltura italiana, che deve sempre più puntare a produzioni di qualità e controllate –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per procedere allo sblocco dei finanziamenti, liquidando, attraverso Agea, i fondi previsti per il biologico, soprattutto in regioni come il Lazio che, anche a fronte di ricorso diretto ad Agea stessa, registrano un mancato pagamento sia per il biologico che per la biodiversità.
(5-12912)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   uno specifico strumento di salvaguardia delle risorse biologiche è quello delle zone di tutela biologica (Ztb), ai sensi dell'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1639 del 2 ottobre 1968, che prevede, attraverso un decreto ministeriale, la possibilità di vietare o limitare, nel tempo e nei luoghi, l'esercizio della pesca in zone riconosciute come aree di riproduzione e di accrescimento di specie marine di importanza economica per favorirne il ripopolamento;

   le zone di tutela biologica sono state concepite come strumento, previsto anche in alcuni piani di gestione, per gestire le risorse ittiche attraverso una molteplicità di interventi: limitando l'uso di uno o più attrezzi di pesca, stabilendo delle caratteristiche tecniche particolari per gli attrezzi, ponendo limitazioni per un periodo di tempo;

   l'ultimo decreto ministeriale riguardante le zone di tutela biologica è stato emanato il 22 gennaio 2009 e con lo stesso non vi è stata l'istituzione di nuove zone, bensì soltanto la trasformazione in definitive di alcune zone, quelle delle Tremiti e di Amantea, istituite sperimentalmente nel 2004. Perciò, attualmente in tutta Italia vi sono dodici Ztb e dal 2004 non ne vengono istituite di nuove;

   già nel 2014 si parlava di istituire una Ztb sulla costa antistante Tarquinia da parte del Centro ittiogenico sperimentale marino Cismar dell'Università della Tuscia, con l'intento di avere un'area gestita dall'Università in collaborazione con i pescatori per praticare pesca sostenibile;

   il Cismar infatti ha tra i suoi obiettivi quello di «mantenere costante la disponibilità delle risorse marine, sviluppando e sperimentando modelli sostenibili di prelievo, accanto a forme di ripopolamento controllato in aree di pesca gestite (Zone di Tutela Biologica, ZTB)» –:

   quali siano le ragioni per le quali il Ministro interrogato non assuma iniziative volte a istituire ulteriori zone di tutela biologica sul territorio nazionale, con particolare attenzione al litorale di Tarquinia, posto che esse rappresentano un valido strumento per sperimentare modelli sostenibili di pesca e per la salvaguardia delle risorse biologiche.
(4-18753)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   ROTTA, LENZI, NARDUOLO, MIOTTO, CRIVELLARI, SBROLLINI, ZARDINI, CRIMÌ, D'ARIENZO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la plasmaferesi è una procedura terapeutica che permette la separazione della componente liquida del sangue (il plasma) dalla componente cellulare e la rimozione di sostanze in esso presenti. La funzione della plasmaferesi è di ottenere un'efficace depurazione del sangue, rimuovendo dal circolo sanguigno diverse sostanze, quali: immunoglobuline, immunocomplessi circolanti, tossine, lipoproteine, metaboliti;

   la regione Veneto, con la delibera della giunta regionale n. 851 del 13 giugno 2017, dal settembre 2017 ha dato avvio, presso l'unità locale socio-sanitaria Berica e l'azienda ospedaliera di Padova, ad un progetto che adotta la procedura della plasmaferesi;

   la citata deliberazione precisa che «(...) Sulla base dei primi risultati del biomonitoraggio eseguito sulla popolazione e sui primi risultati sulla prima coorte di soggetti pediatrici (quattordicenni) ed adolescenti vi è la possibilità di poter effettuare, per i soggetti che presentano alti livelli di pfoa, su adesione volontaria il “trattamento di soggetti con alte concentrazioni di pfas”, così come descritto nell'allegato “B” al presente provvedimento di cui costituisce parte integrante (...)»;

   dal punto di vista operativo, all'ospedale San Bortolo di Vicenza accedono tutte le persone che ai test dello screening hanno rivelato concentrazioni di pfoa (acido perfluoro-ottanoico) fra i 100 e 200 nanogrammi, mentre Padova accedono i soggetti con valori di pfoa superiori ai 200;

   la procedura di plasmaferesi viene ripetuta per 6 volte, a distanza di 15 giorni una dall'altra. Il servizio è gratuito su base volontaristica e possono sottoporvisi tutte le persone, circa 2.000, che si sono presentate al maxi-screening in atto negli ospedali di Lonigo e Noventa;

   l'obiettivo dichiarato dell'operazione è di accertare l'incidenza dei pfas sulla salute degli abitanti della «zona rossa», area di 180 chilometri quadrati popolata da oltre 300 mila persone e ritenuta maggiormente contaminata dai p2fas;

   non risultano agli atti studi scientifici né dati clinici al riguardo dell'utilizzo della plasmaferesi per la rimozione di sostanze quali pfas e pfoa dal sangue, né tale procedura non ha attualmente alcuna indicazione «evidence based medicine» nella rimozione degli inquinanti sopra descritti dal sangue –:

   se esistano specifiche linee guida o evidenze medico-scientifiche circa l'efficacia della plasmaferesi sulla rimozione delle sostanze pfas, nonché se vi sia un protocollo scientifico clinicamente validato ed un'autorizzazione o almeno parere positivo di un comitato etico per l'adozione della plasmaferesi su larga scala con il coinvolgimento anche di minori di anni 14, così come avviene nella regione Veneto.
(3-03436)


   GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il «far west procreativo», che aveva visto lievitare il numero di embrioni congelati fino alla cifra record di 30.000 circa, ha trovato un limite nell'approvazione della legge n. 40 del 2004, in seguito alla quale è stato possibile ridurre progressivamente il numero degli embrioni giacenti nei congelatori: tra il 2004 e il 2008, infatti, gli scongelamenti (8.842) hanno superato i congelamenti (3.009). La differenza (5.833) indica l'entità della riduzione dell'accumulo;

   dal 2009 il problema dell'accumulo di embrioni crioconservati è tornato ad assumere connotazioni drammatiche;

   la sentenza della Corte costituzionale n. 151 del 2009, con la quale è stata lasciata al giudizio clinico del medico l'individuazione del numero di ovociti da fecondare, ha portato ad un nuovo aumento degli embrioni crioconservati;

   la stessa Corte costituzionale ha, tuttavia, imposto l'obbligo della crioconservazione per il rispetto dovuto agli embrioni in quanto vita umana, in nessun modo assimilabili a materiale biologico;

   la legislazione attuale in materia risulta, a parere dell'interrogante, lacunosa, non consentendo la sottrazione alla potestà genitoriale degli embrioni abbandonati nei congelatori e non più reclamati, che li renda disponibili all'adozione per la nascita da parte di coppie non necessariamente sterili, in modo da offrire loro una chance di sviluppo e risolvere in pari tempo i problemi della fecondazione eterologa, senza più dover ricorrere alla compravendita di ovociti sotto forma di rimborso spese per finte ovodonazioni acquistate all'estero, da parte delle regioni, aggirando, inoltre, il divieto di commercializzazione di gameti previsto dalla legislazione italiana –:

   quali siano i dati aggiornati riguardanti il numero di embrioni crioconservati nelle banche dei centri italiani autorizzati alla procreazione artificiale.
(3-03437)


   QUINTARELLI e VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   recentemente la stampa inglese si è occupata della cessione di dati sensibili sanitari relativi a 1,6 milioni di pazienti del Nhs, per l'accordo tra Deep mind di Google e il Royal free hospital di Londra;

   tali dati, pare ceduti a Google per testare un’app per migliorare alcuni trattamenti sanitari salva-vita, sarebbero stati gestiti in assenza di consenso esplicito da parte dei pazienti e per finalità diverse da quelle accordate, tanto da indurre il consulente del National data Guardian inglese a segnalare all'ufficio del Commissario per l'informazione la possibile illegittimità dell'operazione;

   nel viaggio a Boston del marzo 2016, l'allora Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi avrebbe concluso un accordo di collaborazione con Ibm riguardante Watson health, sistema di cognitive computing di Ibm. Accordo finalizzato alla creazione di un grande polo guida nell'elaborazione dei dati sanitari nelle aree dell'Expo Milano-Rho;

   dalle cronache dell'accordo sembrerebbe che il Governo, in cambio degli investimenti in Italia promessi dalla multinazionale Ibm, si sia impegnato a cederle tutti i dati sanitari relativi ai cittadini lombardi, «ivi incluso il diritto all'utilizzo secondario dei predetti dati sanitari per finalità ulteriori rispetto ai progetti»;

   le informazioni che verrebbero fornite a Ibm potrebbero essere utilizzate «in forma anonima e identificata per specifici ambiti progettuali»;

   Ibm avrebbe manifestato interesse a disporre dei dati sanitari di tutti i cittadini italiani;

   ciò eventualmente, in assenza di specifico consenso individuale al trattamento, configurerebbe una violazione dei diritti di libertà individuali, pericolosa per tutti i possibili utilizzi distorti che potrebbero derivarne da tale utilizzo;

   la direzione generale concorrenza della Commissione europea, in data 31 ottobre 2017, ha inviato una lettera alla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, chiedendo chiarimenti e, al più presto, «una riunione con le autorità italiane» per discutere sulle questioni sopra citate;

   il codice in materia di protezione dei dati personali – ha ricordato il Garante per la protezione dei dati personali – «considera dato personale qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale (...). Sono annoverati tra i dati sensibili i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale» –:

   quali siano i termini dell'accordo di collaborazione tra il Governo e Ibm e, nello specifico, se risulti se la trasmissione dei dati avvenga nel rispetto delle norme poste a tutela della privacy.
(3-03438)

Interrogazioni a risposta orale:


   SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, SARTI e FERRARESI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella riunione del 26 settembre 2017 il Comitato percorso nascita nazionale ha preso visione della documentazione inviata dalla regione Emilia Romagna; la valutazione effettuata ha esitato nell'espressione di parere favorevole alla deroga temporanea di due anni per i punti nascita di Cento, Mirandola e Scandiano; per i punti nascita di Borgotaro, Pavullo nel Frignano e Castelnuovo ne’ Monti il Comitato Percorso Nascita nazionale ha espresso parere contrario alla deroga;

   il Ministero della salute ha chiarito, dopo aver emesso la nota del 21 novembre 2016 in cui aveva respinto la possibilità di tenere aperti dei punti nascita della Lombardia, che il Comitato percorso nascita nazionale esprime pareri tecnici sulla scorta della documentazione fornita dalle regioni; il Ministro in particolare, nella interlocuzione con il presidente della regione Lombardia, dichiara: «aspettiamo, disponibili, ulteriore documentazione e nuovi elementi istruttori da parte della Regione Lombardia per investire tempestivamente il Comitato per una nuova valutazione» e così concludendo: «per il Ministero l'unico interesse è la tutela della salute dei cittadini e la loro sicurezza»;

   da queste interlocuzioni emerge che il parere negativo rilasciato dal Comitato percorso nascita nazionale non è determinante e lo stesso Comitato può essere incaricato da parte del Ministero, e su richiesta della regione, di un ulteriore valutazione; il tutto sulla base di una nuova documentazione e di ulteriori motivazioni inerenti la necessità e l'opportunità di tenere aperti tali punti nascita, nonché considerando la situazione della sicurezza che la regione garantisce con nuove azioni di efficientamento, di investimento tecnologico, di personale, di formazione e sulla sicurezza della struttura;

   a quanto consta agli interroganti le convinzioni maturate dalla commissione regionale punti nascita, che avevano portato la stessa in un primo momento a non richiedere una deroga per i punti nascita di Castelnovo ne’ Monti (Re), Pavullo nel Frinano (Mo) e Borgo Val di Taro (Pr), abbiano depotenziato la richiesta di deroga e che ciò potrebbe essere inciso sulla valutazione del Comitato percorso nascita nazionale;

   il 13 ottobre 2017 la consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle Raffaella Sensoli in un'interrogazione a risposta immediata indirizzata alla presidente dell'assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna, chiedeva di avanzare un'ulteriore richiesta, meglio motivata e supportata, di deroga al Ministero della salute per i punti nascita di Castelnovo ne’ Monti (Re), Pavullo nel Frignano (Mo) e Borgo Val di Taro (Pr); inoltre con l'interrogazione si richiede il mantenimento delle attività dei punti nascita, promuovendo innovativi servizi di ostetricia, ginecologia e di neonatologia e pediatria autonomi e dall'altro la garanzia che le corrispondenti équipe possano al contempo ruotare, collaborare ed integrarsi con altre unità operative dell'Azienda socio-sanitaria di riferimento;

   la scelta della regione di accettare il responso del Ministero della salute per determinare le sorti dei punti nascita suddetti, rafforza i timori dei cittadini sulla riduzione del livello di assistenza sanitaria sul territorio e testimonia la distanza e lo scollamento tra la politica e chi, invece, vive la drammatica realtà di un progressivo depauperamento dei servizi essenziali;

   fondamentale è opporsi con tutti gli strumenti che si hanno a disposizione alla sistematica spoliazione dei territori disagiati e montani in particolare, di tutti i servizi essenziali per la sopravvivenza delle comunità locali; togliere un punto nascite in un'area montana o disagiata significa voler stravolgere ulteriormente la vita di un territorio già martoriato dalla crisi economica e da scelte che stanno portando allo spopolamento di queste aree un tempo popolate in modo molto più consistente –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, anche sulla base di nuovi approfondimenti istruttori con la regione, per promuovere una nuova valutazione da parte del Comitato percorso nascite nazionale circa la possibilità di concedere una deroga alle chiusure dei punti nascita riportati in premessa, in considerazione del disagio territoriale dei territori di montagna e del servizio essenziale che deve essere garantito anche in base al decreto 2 aprile 2015, n. 70 che regolamenta gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera e che prevede la possibilità per le regioni di mantenere presidi ospedalieri di base per zone particolarmente disagiate, distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento;

   al fine di garantire alle popolazioni dei territori di montagna un servizio sicuro e qualificato, se non ritenga di assumere iniziative di competenza, in sede di Conferenza Stato-Regioni per l'istituzione di meccanismi di premialità di riparto del Fondo sanitario nazionale destinato alle regioni che garantiscano l'assunzione di ulteriore personale medico ed infermieristico specializzato necessario alla sopravvivenza dei suddetti punti nascita sotto i 500 parti situati nei territori disagiati.
(3-03422)


   SANTELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 17, 18 e 19 novembre 2017 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo e del collegio dei revisori dei conti dell'Ipasvi di Catanzaro per il prossimo triennio 2018-2020;

   è stata presentata una denuncia alla stazione dei carabinieri di Catanzaro S. Maria e trasmessa alla procura della Repubblica di Catanzaro, concernente presunti abusi e brogli elettorali da parte della presidente uscente Concetta Genovese, accusata dai denuncianti di aver negato il diritto a visionare le schede delle votazioni; la stessa nonostante vi fosse un numero di schede maggiori rispetto ai votanti – 1010 anziché 1007 – ha proceduto alla proclamazione degli eletti, senza tenere conto delle numerose contestazioni da parte degli iscritti per le palesi incongruenze. Per tale situazione, essa, avrebbe dovuto verificare e, se necessario, annullare le procedure elettorali. Si sarebbe provveduto, a quanto risulta all'interrogante, invece, alla distruzione delle schede, senza accogliere la richiesta da parte di molti, che chiedevano di custodirle, essendo utili per far luce sulla situazione alquanto anomala e priva di trasparenza;

   molti iscritti hanno deciso di ricorrere alla Commissione centrale per le professioni sanitarie presso Ministero della salute per l'annullamento delle elezioni con fondati e palesi motivazioni;

   tra le circostanze che avrebbero condizionato e che potrebbero condizionare nuove elezioni vi sarebbe, come segnalato dalla stampa, quella della contestualità di ruolo che riguarderebbe lo stesso presidente uscente che sarebbe anche presidente di seggio e candidato a subentrare a se stesso;

   occorre ripristinare tra gli iscritti al Collegio Ipasvi di Catanzaro un clima di fiducia, profondamente deteriorato dopo gli eventi accaduti, precisando che per l'interrogante sarebbe inaccettabile che possa nuovamente svolgere la funzione di Presidente del seggio elettorale colei che è direttamente coinvolta nei fatti denunciati –:

   quale iniziative la Ministra interrogata intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di verificare il corretto svolgimento della procedura ed eventuali responsabilità circa i presunti brogli;

   se intenda assumere le iniziative di competenza per il commissariamento dell'Ipasvi per contribuire ad affermare la correttezza e la trasparenza di quello che appare all'interrogante un probabile prossimo procedimento elettorale.
(3-03426)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 19 settembre 2017 presso l'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari (l'Ospedaletto) ha perso la vita Zaray Tatiana Gadaleta Coratella, nata a Bucaramanga in Colombia nel 2002 a causa di una presunta ipertermia maligna, un fenomeno infiammatorio, improvviso e acuto, di origine genetica, scaturito da un intervento operatorio al femore;

   l'ipertermia può essere provocata dal gas anestetico, ma non è necessariamente letale se diagnosticata in tempo e se si dispone e si somministra un particolare farmaco: il «Dantrium» (dantrolene sale sodico), che secondo le linee guida deve essere presente al momento dell'operazione;

   è notizia riportata dal Corriere del Mezzogiorno della edizione del 7 dicembre 2017 che Massimo Coratella, padre della piccola Zaray, ha presentato una richiesta di accesso agli atti al Policlinico per sapere se questo farmaco era presente e se sua figlia poteva essere salvata;

   da parte della famiglia vi è fondato motivo di ritenere che i farmaci necessari (nella specie il farmaco «Dantrium», dantrolene sale sodico) non siano pervenuti tempestivamente dalla azienda Policlinico alla clinica Giovanni XXIII nonostante le richieste effettuate dai sanitari;

   in questi mesi la famiglia di Zaray non è mai stata contattata dalla struttura ospedaliera per una ricostruzione degli accadimenti;

   la notizia della morte di Zaray fece molto scalpore e il commissario straordinario del Policlinico, Gianfranco Ruscitti, annunciò l'istituzione di una commissione interna per cercare di ricostruire i fatti, ma la commissione fu nominata solo il 3 novembre e si è riunita la prima volta solo il 6 novembre e non risulta essere stato effettuato ancora un rapporto;

   come riportano i giornali della vicenda si sta occupando anche la magistratura che sta indagando sul caso –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di supportare con una propria azione ispettiva la legittima richiesta della famiglia di ottenere la verità in merito alla tragica morte della figlia Zaray.
(5-12903)


   RIZZETTO. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa l'assurda situazione che sta vivendo un uomo malato di Sla, Dario D.F. di 62 anni, a cui il tribunale di Udine ha negato l'utilizzo di un farmaco sperimentale, il GM 604, nonostante il medesimo medicinale sia stato riconosciuto ad altri sei pazienti da altrettanti tribunali da Napoli a Macerata;

   il giudice civile del tribunale di Udine non ha permesso l'utilizzo del farmaco in questione motivando il rigetto della domanda sulla base di un'efficacia non comprovata del medicinale e sostenendo la necessità di uno studio di dimensioni più ampie;

   così, sebbene Dario sia affetto da una malattia incurabile, gli è stata negata anche la possibilità di una cura a cui hanno potuto, invece, accedere altri malati di Sla;

   è chiaro che un caso così anomalo va accertato, anche a prescindere dal merito delle sentenze, poiché si ritiene assurdo che sia lasciata una decisione del genere alla discrezione di un giudice e che sussistano dei contrasti giurisprudenziali, visto che altri tribunali hanno concesso l'uso del farmaco GM 604 –:

   quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, sui fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intendano assumere, anche sul piano normativo, affinché sia escluso che sul territorio nazionale vi sia una disparità di trattamento dei malati nell'accedere alle terapie e che vengano negate ingiustamente delle cure, soprattutto quando si tratta di malattie particolarmente gravi come la Sla.
(5-12911)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la rivoluzione dei lea, i livelli essenziali di assistenza, dopo quasi un anno dal varo è ancora sulla carta. Una svolta molto attesa che ridisegna le prestazioni del servizio sanitario nazionale con l'introduzione dell'endometriosi, negli stadi moderato e grave, nell'elenco delle patologie croniche e invalidanti. Questo e molto altro ancora sono i nuovi Lea, definiti dalla Ministra interrogata, come un «passaggio storico per la sanità italiana», che, però, non ha ancora trovato compimento;

   la rivoluzione, infatti, acclamata e benedetta dai malati di patologie che per la prima volta sono state inserite nelle prestazioni del sistema sanitario pubblico, dopo nove mesi è ancora teorica. Nonostante la volontà politica, il tragitto del decreto nella complessa macchina degli uffici ministeriali e il lavoro di riscrittura e di tariffazione delle prestazioni sono durati quasi un anno, rimandando così l'attuazione di un cambiamento atteso da 16 anni. Tanto è passato, infatti, dal decreto del 2001 che per la prima volta stabilì il paniere delle prestazioni;

   a quasi un anno di distanza dalla firma del Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni sul decreto – licenziato a gennaio 2017 dal Consiglio dei ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale a marzo 2017 – mancano ancora all'appello i decreti attuativi o meglio il «decreto tariffe», quello che deve dare la piena applicazione a quanto c'è di nuovo nei lea, ovvero tutto quello che finora ogni paziente doveva pagare di tasca propria e che con le nuove norme a regime diventerà gratuito o quantomeno agevolato;

   i nuovi lea stabiliscono nel dettaglio, tutte le attività, i servizi e le prestazioni che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione, di un ticket; si ricorda inoltre che le risorse sono disponibili; infatti, dopo la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, la legge di bilancio del 2017 ha vincolato 800 milioni di euro per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non intenda assumere tutte le iniziative necessarie al fine di adottare i decreti destinati a recepire le nuove prestazioni offerte dal servizio sanitario nazionale, valutandole e stabilendone un prezzo, al fine di garantire risorse per la cura di patologie invalidanti come l'endometriosi.
(4-18751)


   SIBILIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato sull'edizione on line del giornale Il Fatto Quotidiano del 17 febbraio 2013 ed intitolato «De Mita, l'associazione della moglie per i disabili. Ma loro sono esclusi» si riportava la notizia dell'apertura della struttura «Noi con loro» di Anna Maria Scarinzi «anche grazie ai finanziamenti della regione Campania e del comune di Avellino. Ma chi dovrebbe usarla è tagliato fuori perché viene utilizzata per “balli delle debuttanti”, presentazioni di libri e riunioni politiche»;

   in particolare, si sottolineava che il comune di Avellino ha messo a disposizione una superficie di 30 mila metri quadrati (dove sorge il centro) per 87 anni, impiegando due dipendenti comunali nelle attività di gestione, e dal 2001 il centro è anche scuola paritaria e materna;

   nell'articolo si ripercorrono anche le tappe fondamentali che hanno portato alla realizzazione del centro: «Il comune di Avellino e l'associazione firmano la convenzione nel 1998. I soldi arrivano in tempi rapidissimi e vengono in soccorso anche il Banco di Napoli, l'istituto bancario San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena, la Banca Popolare Pescopagano e l'ACRI (associazione casse risparmio italiane). La signora De Mita ha bisogno però di professionisti e, per questo, l'anno dopo si affianca all'Aias (Associazione italiana assistenza spastici) di cui diventa vicepresidente. Mentre il presidente della sezione provinciale di Avellino viene messo alla porta e destituito dall'Aias nazionale in meno di sei mesi, a seguito delle discussioni avute con la presidente e dopo che lo stesso ha contribuito al completamento della struttura con 5,8 miliardi»; inoltre, si legge che «per agevolare iniziative finanziarie di diversa natura (anche relative al pagamento del fitto da parte dell'Aias) viene di volta in volta cambiato anche lo Statuto. Nel 2005, “Noi con loro” diventa una onlus che può fare qualsiasi cosa. Il gioco è semplice, basta inserire un “non”. Esempio, all'articolo 1 si legge: “Essa persegue finalità di solidarietà sociale e di impegno civile [...] dei disabili e non” e così via. Fino a un certo punto, grazie a questi escamotage, l'associazione della signora De Mita rappresenta il 40 per cento dell'intero capitolo di bilancio regionale. Tanti, tantissimi progetti. Dopo il Ballo delle debuttanti, la presentazione di libri e i convegni che oggi sostituiscono le attività “di integrazione” “magari anche qualche riunione politica”, suggeriscono i bene informati. Nel dicembre dello scorso anno, Ciriaco ha presentato la sua ultima fatica “La storia d'Italia non è finita” proprio nei locali di Noi con loro»;

   è notizia di questi giorni che la Guardia di finanza di Avellino, su ordine della procura della Repubblica, ha effettuato delle perquisizioni presso la sede delle onlus Aias e «Noi con Loro», riconducibili alla famiglia De Mita. I dipendenti delle strutture di Avellino, Calitri e Nusco hanno proclamato lo stato di sciopero perché non percepiscono stipendio da oltre sei mesi. In particolare, il segretario irpino della Cgil ha dichiarato che «l'Aias ha una situazione debitoria dovuta a cattive gestioni del passato, ha debiti con l'Inps e con l'erario non indifferenti a causa dei contributi dei lavoratori non versati nel corso degli anni»;

   sulla vicenda i lavoratori hanno chiesto l'intervento del prefetto di Avellino –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere, per quanto di competenza e anche per il tramite del prefetto e del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, al fine sia di garantire il diritto alla salute ai diversamente abili e il diritto al lavoro dei dipendenti delle due strutture, diritti lesi per l'interrogante in base ai fatti riportati.
(4-18758)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia vi è un conclamato squilibrio tra la sanità pubblica del Nord e quella del Sud del Paese: al Nord vi sono infatti più strutture sanitarie, personale più numeroso, posti letto più folti e reti sanitarie mediamente più efficienti;

   ciononostante, e contro ogni logica, il Meridione riceve la parte meno corposa dei finanziamenti statali destinati alla sanità;

   nel Mezzogiorno, e in particolare in Campania, questa condizione di sofferenza e difficoltà è stata ulteriormente inasprita dalla tenaglia del commissariamento e dai tagli lineari arrivati coi piani di rientro;

   il blocco completo delle assunzioni, in una fase in cui i servizi erano già sottodimensionati, ha portato a non erogare più un livello d'assistenza sufficiente ed a perdere, di fatto, due generazioni di «camici bianchi»;

   l'asl Napoli 1, per esemplificare, è passata dall'avere 12.000 dipendenti ad averne soli 4.500, con un solo direttore sanitario per tre ospedali, mentre asl di dimensioni inferiori come l'asl Napoli 2 con lo sblocco del turnover hanno già completato il loro monte assunzioni e restano comunque fortemente sottodimensionate;

   alla fine degli anni ’90, e cioè quando la Campania aveva le stesse risorse per quota pro capite delle altre regioni, la sanità campana era in pareggio;

   i problemi sono sorti quando sono iniziati i tagli e sono variate le ripartizioni delle risorse; la carenza di risorse ha fortemente inciso sull'assistenza e sulla qualità delle cure;

   in tal modo, si crea un circolo vizioso, perché aumentano le malattie croniche e i costi, mentre diminuiscono i fondi spesi in campagne di prevenzione (tali da evitare diagnosi tardive ed un aumento della mortalità);

   inoltre, mentre in alcune zone della regione è osservabile un processo di «desertificazione» sanitaria, con sempre meno strutture attive, oltre 70 immobili di proprietà dell'asl Napoli 1 stanno per essere messi all'asta come da convenzione siglata tra il direttore generale dell'azienda sanitaria ed il presidente notaio del Consiglio notarile dei distretti di Napoli, Torre Annunziata e Nola;

   è infatti intenzione della direzione dell'asl Napoli 1 procedere alla vendita di parte del proprio patrimonio immobiliare;

   gran parte degli immobili individuati per la vendita si trovano nel centro storico di Napoli;

   nell'evidente penuria di strutture sanitarie presenti sul territorio, sarebbe certamente stato più opportuno prevedere un piano di investimenti per rilanciare gli stessi immobili come luoghi di erogazione di servizi assistenziali –:

   se non si ritenga necessario e urgente, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a rivedere il piano di dismissione degli immobili di proprietà dell'Asl Napoli 1 al fine di verificare la possibilità di utilizzare gli stessi per fornire alla cittadinanza adeguati servizi assistenziali e di cura.
(4-18766)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in tema di vaccini si è a lungo discusso di privacy, ovvero della possibilità che Asl e scuole si potessero scambiare i dati personali – e in qualche caso sensibili – dei bambini per sveltire le procedure e assicurare il rispetto degli obblighi vaccinali;

   sull'argomento è intervenuto anche il Garante per la protezione dei dati personali, con una circolare del 1° settembre 2017, nella quale, pur dando il via libera alla trasmissione dell'elenco degli iscritti alle Asl ha fermato la procedura inversa. Vi è da sottolineare come, in base alla normativa vigente, la trasmissione di dati personali e sensibili fra le pubbliche amministrazioni sia soggetta a vincoli di privacy;

   ai sensi dell'autorizzazione n. 2 del 2016 del Garante per la privacy del 15 dicembre 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre 2016, n. 303, i dati personali atti a rivelare lo stato di salute possono essere trattati da soggetti dell'ambito sanitario solo nel caso in cui «il trattamento dei dati sia necessario per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica di un terzo», ma, in base alla lettera c) del suddetto provvedimento, deve ritenersi che il trattamento dei dati non può riguardare attività o interventi sanitari preventivi, quali sarebbero le vaccinazioni;

   la legge prevede che per l'iscrizione il genitore debba essere in possesso del certificato dei vaccini eseguiti o dell'attestato di vaccinazione, rilasciati dalla asl, o della copia del libretto vaccinale oppure copia della prenotazione dell'appuntamento presso l'azienda sanitaria locale. In alternativa, il genitore può autocertificare l'avvenuta vaccinazione;

   in data 16 novembre 2017, grazie ad un emendamento al decreto fiscale collegato alla manovra e approvato in Commissione bilancio al Senato, già a partire dal prossimo anno scolastico 2018-2019, gli istituti scolastici «non dovranno necessariamente acquisire ed esaminare la documentazione riguardante tutti i minori di 16 anni iscritti presso le stesse, ma potranno trasmettere all'Azienda sanitaria locale territorialmente competente, entro il 10 marzo 2018, unicamente l'elenco degli iscritti per acquisire successivamente soltanto la documentazione comprovante la situazione vaccinale relativa ai minori segnalati dalle Asl perché non in regola con gli obblighi vaccinali» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche sul piano normativo, intendano intraprendere per tutelare correttamente i dati sensibili dei minori;

   se i Ministri interrogati intendano fornire elementi, per quanto di competenza, circa le modalità con cui si attiverà la semplificazione dello scambio di dati fra pubbliche amministrazioni, alla luce di quanto espresso dal Garante per la protezione dei dati personali, chiarendo in particolare se sia consentito alle ASL di restituire alle scuole gli elenchi con l'indicazione della situazione vaccinale degli iscritti.
(4-18770)


   COZZOLINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'unità di anestesia e rianimazione dell'ospedale civile di Venezia già in passato, dal 2007 al 2010, per quanto comunicato all'interrogante da personale all'epoca facente parte della struttura, sarebbe stata interessata da una gestione irregolare degli emolumenti corrisposti a parte del personale medico, a seguito di prestazioni straordinarie fittizie, tale da causare un ingente esborso di risorse pubbliche supplementari che si sarebbe aggirato addirittura intorno ai 40 mila euro mensili;

   tale gestione sarebbe stata finalizzata ad incrementare le entrate di un gruppo di medici vicini al responsabile del reparto in contrasto con le disposizioni vigenti;

   della problematica si sarebbero già interessate le forze dell'ordine a seguito di segnalazioni pervenute tanto alla polizia di Stato quanto alla Guardia di finanza;

   in tempi più recenti, in base a quanto segnalato all'interrogante da un medico della struttura, dopo una breve fase in cui la gestione era tornata alla regolarità, si sarebbero ripresentate altre irregolarità nella gestione amministrativa e più specificamente nella gestione degli orari di lavoro e, conseguentemente, degli stipendi erogati;

   il servizio della recovery room designa con termine anglosassone l'italiana «sala del risveglio», un'area in cui dovrebbero transitare pazienti selezionati nell'immediato post-operatorio prima di essere inviati al reparto di degenza;

   il servizio sarebbe assicurato attraverso la presenza di un medico per ogni giorno feriale per 7-8 ore di turno, per un totale di 35-40 ore settimanali;

   in realtà però la recovery room sarebbe risultata non operativa per 45 giorni nel 2015 e per 58 giorni nel 2016, mentre nella buona parte dei giorni rimanenti l'attività sarebbe ridotta a circa mezz'ora al giorno;

   i risvegli spesso sarebbero stati destinati alla recovery room senza reale necessità, col conseguente trasporto di pazienti intubati, che avrebbero potuto essere risvegliati in sala operatoria tramite l'uso adiuvante di farmaci antidoti ad alcuni anestetici;

   tale trasferimento avrebbe incrementato il volume degli accessi, ma non sarebbe risultato scevro da rischi;

   nel contempo il servizio partoanalgesia, pur presente anche all'ospedale Mestre, verrebbe mantenuto a Venezia per 30 procedure l'anno;

   a quanto risulta all'interrogante in entrambi gli ospedali di Mestre e Venezia si garantirebbe tale servizio solo in orario diurno, retribuendo nella medesima fascia oraria i medici in due ospedale privando le future madri dell'assistenza parto-antalgica nelle ore notturne;

   medesime problematiche di gestione potrebbero essere ravvisate nelle sedute di posizionamento di CVC Groshong e Port-a-Cath, dispositivi per la chemioterapia e la nutrizione endovenosa: nel 2016 la maggioranza di sedute di posizionamento di cateteri venosi centrali (CVC) ha contato una media di uno o due posizionamenti per seduta, che richiede circa un'ora per dispositivo;

   l'operatività del servizio sarebbe invece assicurato in fascia 8-16 per 7-8 ore;

   sarebbero state inoltre rappresentate alla ULSS ulteriori problematiche relative ad una ripartizione degli emolumenti straordinari che evidenzierebbe una sproporzione evidente di natura discriminatoria in base al genere ed all'anzianità di servizio;

   ove tali fatti venissero accertati, non si tratterebbe soltanto di un utilizzo improprio di risorse pubbliche ma di distrarre personale specializzato dagli ambiti delle prestazioni essenziali ai cittadini –:

   se non intenda assumer iniziative di natura normativa atte a prevedere in caso di eventuale improprio utilizzo di risorse pubbliche come quello descritto in premessa, relativo all'ospedale civile di Venezia, l'attivazione di poteri sostitutivi ove sussista il rischio di pregiudizio per i livelli essenziali di assistenza.
(4-18772)

SPORT

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   il gesto compiuto dal calciatore del Futa 65 Loiano-Monghidoro Eugenio Luppi, che il 12 novembre 2017 sul campo del Marzabotto ha esultato dopo il gol esibendo il saluto romano e mostrando la maglietta col tricolore e l'aquila imperiale della Repubblica sociale italiana, è stato un atto di straordinaria gravità. L'interrogante ritiene che, per il luogo in cui è stato compiuto – Marzabotto, città simbolo della ferocia nazifascista – il saluto romano assume i tratti di una profanazione inaccettabile;

   la popolarità che il gioco del calcio ha sempre avuto nel nostro Paese impone un'attenzione straordinaria su episodi di questo genere;

   il clima che ormai da tempo permea anche gli stadi, si pensi a quanto avvenuto in occasione della lettura di brani del diario di Anna Frank, fa oggi del calcio un banco di prova decisivo per riaffermare i valori di libertà e democrazia che sono a fondamento della Repubblica;

   Eugenio Luppi non è stato allontanato dai campi di gioco, ma indosserà la maglietta del Borgo Panigale squadra del Bolognese che disputa il campionato di promozione. Luppi infatti potrà essere schierato, poiché la sua esultanza non è stata riportata nel referto arbitrale;

   il giocatore e il suo ex club sono sempre in attesa della sentenza da parte della procura federale della Figc;

   ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, che la Figc adottasse ogni iniziativa necessaria a sanzionare l'accaduto, anche al fine di scongiurare il ripetersi di fatti analoghi in futuro –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine promuovere i valori delle libertà e della democrazia anche nell'ambito delle attività sportive, contrastando il diffondersi, soprattutto tra le giovani generazioni, di ideologie neofasciste, xenofobe e razziste, incompatibili con i princìpi costituzionali.
(5-12909)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   RICCIATTI, EPIFANI, SIMONI, FERRARA, ZARATTI, KRONBICHLER, NICCHI, DURANTI, PIRAS, SANNICANDRO, MELILLA, QUARANTA, FOLINO e SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che c'è il via libera del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Dicastero dei beni e delle attività culturali e del turismo, alla realizzazione del progetto che prevede l'installazione di una nuova piattaforma gigante adibita alla produzione di gas;

   è stata chiamata Bianca & Luisella e verrà eretta in mare davanti a Pesaro e Gabicce fra le Marche e la Romagna;

   l'installazione di Eni spa Divisione Exploration & Production consterà di 8 nuovi pozzi e 3 condotte sottomarine per il trasporto del gas nella già esistente piattaforma chiamata Brenda;

   la valutazione di impatto ambientale si è conclusa il 28 novembre 2017 dopo una lunga gestazione partita il 19 luglio 2013;

   la costruzione di una nuova piattaforma porta con sé le relative preoccupazioni di carattere ambientale per la salute del mare e dei cittadini che si affacciano su quel già martoriato tratto di Adriatico. Le ricadute sul turismo porteranno al depotenziamento ulteriore di questo importante volano economico che finirà per abbandonare definitivamente questo tratto di costa –:

   se s'intendano fornire informazioni sulla base dei dati forniti dalla competente direzione generale per la sicurezza ambientale delle attività minerarie ed energetiche - Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse - circa la salute e la sicurezza dei lavoratori coinvolti, nonché la salvaguardia e la tutela dell'ambiente nell'ambito delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a carattere off-shore di cui in premessa, con particolare riferimento alla normativa europea e nazionale.
(5-12927)


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è attualmente in discussione a livello comunitario il pacchetto di misure «Clean Energy for All Europeans», che indirizzerà il futuro energetico dell'Unione europea e degli Stati membri fino al 2030. L'Italia, secondo gli obblighi comunitari, dovrà recepire tale pacchetto di misure dopo l'approvazione a livello di Unione europea;

   in base alla proposta di regolamento sul mercato interno dell'elettricità, presentata da Bruxelles nell'ambito del «pacchetto Energia», gli impianti con emissioni superiori a 550 grammi di CO2 per kWh entrati in funzione dopo l'entrata in vigore del provvedimento non potranno essere ammessi al meccanismo. Un divieto che dopo 5 anni si estenderà a tutte le centrali;

   il tema del «Clean Energy for All Europeans Package» è strettamente correlato a quanto contenuto nella Strategia energetica nazionale, presentata dal Ministro interrogato e dal Ministro Galletti, insieme al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in data 10 novembre 2017;

   il 18 dicembre 2017 si terrà un importante Consiglio dell'Unione europea sull'energia a cui prenderà parte, per l'Italia, il Ministro interrogato;

   nelle ultime settimane si sono svolte a Bruxelles alcune riunioni preparatorie, ed altre sono in programma, per affrontare temi tra cui l’Electricity Regulation ed Electricity Directive and Regulation –:

   quale sia lo stato di attuazione del capacity market la cui partenza dovrebbe essere prevista per il 2018.
(5-12928)


   CRIPPA, VALLASCAS, FANTINATI, CANCELLERI, DELLA VALLE e DA VILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Piaggio Aero Industries Spa è ad oggi, come riportato anche sul sito stesso dell'azienda, «l'unica realtà del settore al mondo attiva sia nella progettazione e manutenzione sia di velivoli completi, per l'aviazione d'affari e per missioni pattugliamento sorveglianza e controllo (ISR) che nella costruzione di motori aeronautici e componenti strutturali»;

   la società nasce nel 1998, quando una cordata di imprenditori decide di rilevare le strutture e l'attività delle industrie meccaniche e aeronautiche Rinaldo Piaggio;

   nel corso degli anni recenti, la Piaggio Aero si è concentrata nel settore civile degli executive, diventando leader a livello internazionale, al punto da attirare l'attenzione di alcuni grandi gruppi di investimento strategico, come la Mubadala Development Company, entrato nel capitale azionario nell'anno 2006;

   il 10 novembre 2017 sulle pagine del quotidiano il Secolo XIX si paventava la possibilità che la stessa azienda da lì a poco sarebbe stata costretta a portare i libri in tribunale per fare fronte alla difficile situazione finanziaria, con possibili richieste di amministrazione concordata, concordato preventivo oppure amministrazione straordinaria;

   negli ultimi anni l'azienda avrebbe potuto contare su solo tre o quattro velivoli ordinati l'anno a fronte di una media storica di 10-12. Recentemente Piaggio avrebbe venduto cinque velivoli negli Stati Uniti, mentre sul fronte militare l'emirato di Abu Dhabi avrebbe ordinato otto velivoli P1HH e P2HH;

   secondo alcuni media locali liguri, l'esposizione debitoria con le banche ammonterebbe a circa 200 milioni di euro e il Governo sarebbe pronto per l'applicazione della cosiddetta golden power (in base alla legge n. 56 del 2012, che prevede l'intervento del Governo a tutela degli interessi del Paese su determinate operazioni);

   tale possibilità è ipotizzata dallo scenario secondo cui il ramo civile di Piaggio verrebbe ceduto ad aziende cinesi, come annunciato anche da diversi comunicati sindacali –:

   quale sia la situazione aggiornata di Piaggio Aero Industries Spa, se siano vere le indiscrezioni riguardo allo smembramento dell'azienda con vendita separata delle divisioni civili, militari e droni, se il Governo abbia effettivamente intenzione di intervenire nella vicenda ai sensi e nei limiti della legge n. 56 del 2012 e, nel caso, in quali termini ed entità.
(5-12929)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sull'ex Firema, oggi Tfa, della località Ponteselice a Caserta, gravano grandi incertezze. Ad oggi non si parla di svolte possibili e restano, quindi, ancora appesi ad un filo i destini di tante maestranze;

   quello dell'ex Firema è un caso traumatico sul piano occupazionale che colpisce il bacino di crisi dei lavoratori (ben 64) non reintegrati dalla nuova proprietà Titagargh e che fino al 3 novembre 2017 risultavano essere sottoposti alla gestione commissariale di Ernesto Stajano;

   in queste maestranze ci sono anche categorie protette non reintegrate;

   al momento, questi lavoratori si ritrovano esclusi da ogni forma di provvidenza. L'emergenza non è nuova, essendo già stata rappresentata in più di un'occasione dalle parti sociali, in particolare il 29 settembre, il 12 ottobre e il 3 novembre;

   le tante segnalazioni alla fine sono cadute nel vuoto spingendo Stajano a chiudere la fase straordinaria nell'impossibilità, acclarata anche dalla regione, di aderire alla richiesta di proroga della cassa integrazione guadagni in deroga dal 4 novembre al 31 dicembre;

   nella nota del 6 novembre 2017 la stessa istituzione precisava pure come la società aveva già superato il periodo massimo di 12 mesi di fruizione e che quindi non potevano essere consentite eccezioni sulla base del decreto-legge «Poletti»;

   intanto, torna d'attualità il destino della società indiana Titagarah alle prese con promettenti condizioni di mercato, ma, secondo le tante voci raccolte in questi ultimi mesi, le migliori opportunità sembrano profilarsi nel lontano Oriente (Egitto e India);

   sul piano territoriale mancano ancora sbocchi ufficiali per Tfa, tranne il fatto che la saturazione delle attività non andrebbe oltre la durata temporale di circa un anno;

   il 22 novembre 2017, il Ministro ha firmato il decreto con cui l'azienda Firema entra nella «area di crisi industriale complessa della Regione Campania», ma, nonostante questo importante decreto, nessuna risposta è arrivata ai lavoratori che attualmente si ritrovano in una situazione di angoscia e di incertezza;

   le sigle sindacali che curano la vicenda hanno chiesto in data 24 novembre 2017 alla prefettura di Caserta un tavolo che metta insieme, commissario straordinario e regione Campania per il tramite dell'assessore al lavoro e dell'assessore delle attività produttive;

   in data 29 novembre 2017 veniva comunicato dalla prefettura un generico «impegno a collaborare alla ricerca di possibili soluzioni» da parte di tutte le parti interessate;

   dal 4 novembre i lavoratori hanno 68 giorni di tempo per fare iscrizione al centro per l'impiego e domanda di «Naspi» e i 68 giorni ricadano a cavallo delle festività natalizie e dunque potrebbero esserci ritardi e rallentamenti delle pratiche –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo affinché i lavoratori e le lavoratrici di Tfa possano avere risposte in tempi brevi e non si corra il rischio che dal 1° gennaio 2018 finiscano tutti gli ammortizzatori sociali e 64 famiglie si ritrovino non solo senza lavoro, ma anche senza reddito.
(4-18742)


   POLIDORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Acciai speciali di Terni spa (Ast), controllata dal 2014 dalla ThyssenKrupp, è una società italiana operante nel settore della metallurgia, siderurgia e informatica;

   ad oggi, Ast si qualifica come gruppo industriale leader nel settore, nonché uno dei maggiori poli siderurgici mondiali, essendo tra i primi produttori mondiali di laminati piani inossidabili;

   il polo siderurgico di Terni produce il 15 per cento del prodotto interno lordo umbro, con circa 5.000 lavoratori, costituendo un imprescindibile pilastro economico per l'intera regione umbra e rappresentando il più grande sito industriale dell'Italia centrale;

   nonostante numeri importanti, c'è da registrare un netto calo di competitività di Ast negli ultimi 7 anni: il gruppo è passato dalla quarta posizione del 2010 nella classifica dei produttori mondiali alla quattordicesima posizione nel 2016, certificando perdite assolute e relative di volumi e di mercato;

   questa situazione ha aperto una crisi aziendale per la quale è stato stipulato un accordo tra Ast, sindacati e Ministero dello sviluppo economico il 3 dicembre 2014;

   l'accordo, oltre a confermare impegni da parte del Ministero dello sviluppo economico per il contenimento e la riduzione dei costi di approvvigionamento dell'energia elettrica per le industrie energivore (la Ast è impresa a forte consumo di energia elettrica), prevedeva l'impegno del Governo per un piano di rilancio di 4 anni incentrato su: mantenimento di un mix produttivo tra area a caldo ed area a freddo in grado di garantire una capacità annua minima di acciaio colato pari a 1 milione di tonnellate; attivazione di investimenti finalizzati al miglioramento della qualità e dell'efficienza del processo produttivo e alla manutenzione degli impianti; rafforzamento della rete commerciale nel contesto dell'inserimento di Ast nella divisione «TK materials», in grado di garantire un elevato grado di penetrazione su tutti i mercati mondiali; mantenimento della trasformazione di semilavorati in titanio; stanziamento di 10 milioni di euro per programmi di ricerca ed innovazione, valorizzando i brand Ast, Tubificio di Terni, SDF (Società delle Fucine) ed Aspasiel;

   nessuno di questi punti è stato rispettato: i volumi di produzione non hanno mai raggiunto un milione di tonnellate di acciaio colato previsto, è peggiorata la qualità e la velocità nella consegna del materiale finito, sono venuti a mancare investimenti e manutenzioni programmati, le quote di mercato di Ast sono peggiorate a livello globale, è stata dismessa la produzione di titanio ed Aspasiel è stata chiusa, mentre Sdf è stata ridimensionata e privata di investimenti;

   il 23 novembre 2017 si è appreso dalla stampa che lo stabilimento di Acciai speciali di Terni è ufficialmente in vendita e ciò getta ancor più nell'incertezza l'azienda ed i lavoratori;

   il Consiglio regionale dell'Umbria ha approvato un ordine del giorno bipartisan «per la salvaguardia e lo sviluppo dello stabilimento siderurgico della Acciai Speciali di Terni», con il quale si impegna la giunta a confermare la richiesta di incontro al Governo alla presenza dei vertici ThyssenKrupp;

   a giudizio dell'interrogante, per salvaguardare la Ast, è necessario, in tempi rapidi, avere notizie certe sul nuovo proprietario, sul nuovo piano industriale e sulla strategia nel medio e lungo periodo;

   in questa fase di transizione devono essere salvaguardati: i lavoratori, settore e ciclo produttivi e l'indotto –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere per salvaguardare i lavoratori e l'intero ciclo produttivo del sito siderurgico Ast di Terni e come intenda rispettare gli impegni di cui all'accordo del 3 dicembre 2014 per rilanciare la realtà produttiva e occupazionale del polo ternano, tutelando il valore strategico che Ast ricopre per l'economia umbra e italiana.
(4-18750)


   BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   inchieste giornalistiche e denunce di associazioni di consumatori dimostrano che centinaia di migliaia di persone (nel 2014 sono state circa 500 mila per un giro di affari che secondo alcuni sarebbe di decine di milioni di euro) continuano ad essere vittime di quelle che ormai abitualmente vengono definite truffe telefoniche attraverso abbonamenti non richiesti a servizi a pagamento;

   molti utenti, infatti, sottoscrivono attraverso lo smartphone, i cosiddetti «mobile vas» («valued added services», servizi a valore aggiunto), per abbonarsi ai quali basta un solo click, fatto spesso in maniera involontaria o inconsapevole dall'utente;

   sembra che le sanzioni comminate in due occasioni dall'Autorità antitrust nel 2015 a diversi gestori non abbiano comportato limitazioni significative di tali pratiche a carico degli utenti;

   il sistema del «doppio click» per l'attivazione dei servizi a pagamento, promesso dai gestori non risulta essere attivo per la maggior parte degli abbonamenti in questione;

   disabilitare i servizi a pagamento attraverso il gestore risulta di fatto molto complicato, anche a causa dell'eccessivo traffico telefonico verso i call center –:

   se il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza per tutelare nei confronti dei gestori i diritti di utenti e consumatori, specie quelli tecnologicamente più «deboli», attraverso strumenti che garantiscano loro la piena consapevolezza dell'attivazione di questi servizi a pagamento, e prevedendo meccanismi semplici, immediati e gratuiti di recesso da questo tipo di servizi in abbonamenti.
(4-18774)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grillo n. 5-02547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manlio Di Stefano;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Businarolo n. 5-10188, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 dicembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manlio Di Stefano;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio e altri n. 5-11094, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Causi;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Fucci n. 5-11424, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Galperti;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Gagnarli n. 5-12666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Uva;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Garavini e altri n. 5-12732, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Causi;

  l'interrogazione a risposta immediata in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-12896, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Causi.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta immediata in Commissione Sisto n. 5-12764, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 889 del 21 novembre 2017.

   SISTO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   il 13 giugno 2017 il sindaco della città di Gallipoli, Stefano Minerva, veniva arrestato dalle autorità argentine presso l'aeroporto internazionale di Ezeiza (Buenos Aires);

   il primo cittadino della città di Gallipoli era posto in stato di arresto, mentre era in procinto di imbarcarsi su un volo diretto da Ezeiza all'Aeroporto di Roma Fiumicino, perché ritenuto responsabile del reato di «tentato contrabbando» di specie protette di animali. All'atto dell'arresto venivano sequestrati al sindaco 3.000 euro in contanti;

   la locale autorità giudiziaria dell'Argentina, dopo la convalida del fermo in arresto, disponeva la scarcerazione dietro cauzione del sindaco di Gallipoli, emettendo un decreto di divieto d'uscita dal Paese a suo carico;

   l'ambasciata italiana a Buenos Aires trasmetteva comunicazione Pec dell'accaduto alla direzione centrale per i servizi antidroga (III servizio) di Roma, in data 9 agosto 2017, con nota prot. nr. 521/BAS/AC V/122/4/2017 da parte dell'Arma dei carabinieri presso l'ambasciata;

   la comunicazione veniva acquisita dalla direzione centrale per i servizi antidroga (III servizio) lo stesso 9 agosto 2017 alle ore 16,28 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare urgenti iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda descritta, anche valutando la sussistenza dei presupposti per pervenire alla sospensione del sindaco di Gallipoli dalle sue funzioni.
(5-12764)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini n. 4-18688, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 895 del 1° dicembre 2017.

   MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e LUPO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:

   l'attuale campagna olearia 2017/2018, rispetto quella del 2016/2017, registra una crescita fino al 75 per cento della produzione di olio d'oliva; tuttavia, la campagna 2016/2017 è stata una delle peggiori di sempre, vista la produzione di sole 182 mila tonnellate di olio, con un calo del 62 per cento rispetto all'annata precedente;

   nonostante il dato medio positivo trascinato dall’exploit di Puglia, Calabria, Sicilia e Basilicata, a seguito di un'annata segnata dalla siccità, si registrano significativi crolli produttivi del 30 per cento nelle Marche e oltre in Umbria, del 40-50 per cento nel Lazio e del 50 per cento in Toscana;

   secondo l'Ismea, il prezzo dell'olio di oliva in Italia, nella prima metà di novembre 2017 chiude mostrando un ribasso del prezzo dell'olio extravergine e vergine di oliva prodotto in Italia, ad eccezione dell'olio lampante;

   nell'annata 2016/2017 la resa media nazionale di produzione dell'olio d'oliva al frantoio, è stata del 13,8 per cento (fonte ISTAT), mentre per il 2017/2018 si attendono rese di olio d'oliva maggiori; si registra, tuttavia, a partire dal 18 per cento del 2006, una continua riduzione del dato annuale;

   dall'olio residuo contenuto nella sansa con una successiva lavorazione è possibile ottenere «oli vergini di oliva», e «oli d'oliva», succedanei agli «oli extravergine»;

   nonostante a marzo 2016 sia stato approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il piano di settore olivicolo oleario nazionale, avente tra gli altri l'obiettivo di incrementare la produzione nazionale di olive e di olio extravergine di oliva, senza accrescere la pressione sulle risorse naturali, appare evidente come una ripresa produttiva che punti a 400-500 mila tonnellate di olio/anno, rimanga lontana sia a causa del cambiamento climatico, sia per l'assenza di interventi concreti volti a far ripartire l'olivicoltura italiana –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure intenda promuovere nell'ambito del piano di settore olivicolo oleario nazionale, finalizzate all'incremento della resa di olive ad ettaro e della resa al frantoio di olio extravergine d'oliva, salvaguardando le risorse naturali, in modo particolare l'acqua;

   quali iniziative si stiano attuando per prevenire speculazioni dei prezzi all'origine dell'olio extravergine di oliva, nella presente campagna olivicola.
(4-18688)

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Segoni n. 4-15079 del 28 dicembre 2016;

   interrogazione a risposta scritta Vargiu n. 4-16653 del 19 maggio 2017;

   interrogazione a risposta scritta Falcone n. 4-17945 del 27 settembre 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-12449 del 13 ottobre 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Bueno n. 5-12671 del 10 novembre 2017.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione D'Incà e altri n. 5-12071 del 12 settembre 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03423;

   interrogazione a risposta in Commissione Pisano n. 5-12806 del 28 novembre 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18767;

   interrogazione a risposta scritta Palazzotto e Pannarale n. 4-18707 del 4 dicembre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12906;

   interrogazione a risposta scritta Andrea Maestri e altri n. 4-18735 del 6 dicembre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12898.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CAPARINI, BORGHESI, RONDINI, MOLTENI e INVERNIZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'accesso gratuito agli spettacoli nei cinema, nei teatri, ai concerti ed alle manifestazioni sportive per la persona disabile e per l'eventuale accompagnatore, non è regolato da leggi, ma solo da consuetudini. Sempre più raramente gli addetti agli ingressi applicano la consuetudine del libero accesso, a fronte di disabilità evidenti;

   per le manifestazioni sportive e per i concerti (ove sono prescritti luoghi accessibili e riservati a disabili in numero contingentato) spesso è necessario accreditarsi preventivamente presso gli organizzatori. Per le manifestazioni sportive di carattere nazionale è largamente diffusa la modalità di accreditarsi ad inizio stagione ed è necessario contattare le società sportive;

   per i musei invece, l'accesso delle persone disabili e dell'eventuale accompagnatore è gratuito in base a disposizioni del Ministero dei beni culturali;

   generalmente, le richieste d'acquisto dei biglietti riservati ai diversamente abili (deambulanti e non deambulanti che hanno bisogno di assistenza continuativa), dovranno essere inviate all'organizzatore dell'evento o spettacolo. La prassi prevede che il titolare del biglietto a pagamento sia lo spettatore diversamente abile e che l'accompagnatore entri a titolo gratuito, il costo del biglietto corrisponde al minor prezzo esistente e l'accesso avverrà nella zona riservata in platea. In alcuni casi è consentito ad entrambi l'accesso gratuito, in altri ancora paga solo l'accompagnatore e, infine, in alcuni casi pagano entrambi. La richiesta deve contenere l'indicazione della data dello spettacolo a cui si vuole assistere, unitamente alla documentazione che attesti la disabilità. È necessario attendere una conferma scritta da parte dell'organizzatore che risponderà a ogni singola email che arriverà, con tutte le informazioni utili al pagamento ed al ritiro dei biglietti qualora possa essere accolta la richiesta. Per ragioni di sicurezza, l'organizzatore non potrà garantire l'accesso a tutti gli spettatori che abbiano acquistato biglietti di settori diversi a quello predisposto;

   i criteri di assegnazione, come il numero dei posti disponibili, sono assolutamente discrezionali e tutt'altro che trasparenti;

   se, mentre per l'acquisto di un normale titolo di accesso, generalmente il criterio è dettato dall'ordine di presentazione della richiesta, che sia attraverso la vendita online, che sia presso le rivendite autorizzate, per quanto riguarda i biglietti riservati ai diversamente abili ci si affida alla discrezionalità dell'organizzatore;

   il rapporto Istat «La disabilità in Italia», nel nostro Paese le persone con disabilità di più di sei anni che nel 2004 vivevano in famiglia sono 2 milioni e 600 mila, pari al 4,8 per cento della popolazione. A queste se ne aggiungevano altre 190 mila (0,4 per cento della popolazione) che vivevano in istituto. In totale, quasi 3 milioni di persone, il 5 per cento della popolazione. Tra questi, un milione e mezzo sono le persone che vivono con due o tre disabilità. Circa 700 mila persone con problemi di movimento, oltre 200 mila con difficoltà sensoriali, quasi 400 mila con limitazioni che impediscono le normali funzioni della vita quotidiana;

   altro punto fondamentale la quota di posti riservati che evidentemente non è parametrata al numero di posti disponibili dato che sono di gran lunga inferiori al 4,8 per cento del totale;

   una volta in possesso dell'agognato biglietto si pone un altro problema, ovvero l'inaccessibilità in senso tecnico: la realtà è costellata di posti per diversamente abili collocati in prima fila con il naso incollato allo schermo nei cinema, nei box e nei palchetti precari posizionati in punti improbabili, come per esempio davanti a piloni, amplificatori, torri delle luci ed affini –:

   se il Ministro interrogato intenda intervenire, anche mediante iniziative normative, per garantire un diritto costituzionale.
(4-15962)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante chiede quali iniziative intenda intraprendere il Ministero al fine di garantire alle persone diversamente abili e ad eventuali accompagnatori la piena fruizione del diritto di accesso gratuito agli spettacoli nei cinema, nei teatri, ai concerti e alle manifestazioni sportive.
  A tal proposito si comunica quanto segue, anche in base agli elementi forniti dalle competenti direzioni generali dei musei e dello spettacolo dal vivo.
  Si premette che, in ottemperanza al decreto ministeriale n. 239 del 20 aprile 2006, articolo 1, comma 3, lettera
i), è consentito l'ingresso gratuito ai musei, monumenti, gallerie ed aree archeologiche dello Stato «ai cittadini dell'Unione europea portatori di handicap e ad un loro familiare o altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria».
  La direzione generale spettacolo di questo Ministero ha più volte svolto una attività di sensibilizzazione nei confronti delle categorie professionali di settore, e ha partecipato, unitamente ad altre direzioni dell'Amministrazione, ad alcuni incontri dedicati alla preparazione di un progetto europeo finalizzato a consentire ai cittadini europei diversamente abili di avere pari condizioni di accesso alle diverse opportunità culturali, ricreative, sportive e del tempo libero.
  In particolare, un incontro propedeutico convocato dalla direzione generale musei il 27 luglio 2017, su proposta della Federazione italiana per il superamento dell'handicap (FISH) e dalla Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità (FAND), ha avviato un confronto per la costituzione di un tavolo tecnico inter-istituzionale finalizzato alla istituzione di una
disability card.
  All'incontro hanno partecipato, oltre ai rappresentanti delle suddette Federazioni, dirigenti e funzionari di diverse direzioni generali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del Ministero delle politiche sociali e del lavoro (in qualità di Autorità nazionale rilevante in materia di disabilità) e dell'Inps.
  L'incontro, mirato alla fattibilità dell'adesione italiana al progetto europeo di una carta dei diritti delle persone con disabilità, ha consentito di esaminare gli interventi necessari d'ordine normativo, tecnico e finanziario per rendere effettivo e fruibile su tutto il territorio nazionale l'esercizio del diritto di accesso ai luoghi e agli eventi di cultura e di spettacolo, nel pieno rispetto dei diritti delle persone con disabilità.
  È emersa la necessità di un'ampia operazione a carattere strategico e inter-istituzionale, in primo luogo normativa, che definisca l'ampiezza della platea dei beneficiari e dei loro accompagnatori, attraverso il possesso di una certificazione pubblica, individuando, formalmente, l'ente erogatore della stessa, unitamente alla stima delle risorse necessarie e alla previsione di accordi con le regioni ed Associazione nazionale comuni italiani (Anci) per uniformare gli interventi da realizzare con le principali associazioni di categoria della cultura e dello spettacolo.
  È stata, altresì, avanzata l'ipotesi di un progetto pilota basato su accordi tra le diverse amministrazioni che consenta un primo esperimento, in funzione di un più duraturo e strutturale piano nazionale a favore dell'accesso, sostenuto da un adeguato livello normativo di riferimento.
  In questo più ampio contesto, nello specifico dei propri interventi a sostegno delle imprese sulla base del Fus, la direzione generale spettacolo ha più volte invitato i gestori di sale e di altre attività, attraverso l'associazione generale italiana spettacolo (Agis) ed altre associazioni, ad assicurare facilitazioni e gratuità alle persone con disabilità ed ai loro accompagnatori.
  In particolare, anche sulla base delle indicazioni fornite dagli estensori del progetto
disability card di cui sopra, è stato inviato all'Agis – Federazione dello spettacolo dal vivo una prima proposta di condizioni soggettive e oggettive a sostegno di una implementazione dell'accesso e della fruizione, sulla quale verificare la disponibilità degli esercenti e degli altri organismi di programmazione e produzione, al fine di uniformare comportamenti e offerta dei servizi culturali ed artistici.
  Questa Amministrazione, nell'auspicare la massima sinergia con il Ministero delle politiche sociali e del lavoro e con l'Inps, ribadisce, con l'occasione, il proprio impegno affinché venga garantita a qualsiasi cittadino, senza discriminazione alcuna, la possibilità di poter partecipare pienamente e liberamente alla vita artistica, culturale e storica italiana.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 7 ottobre 2016, a Caprino, in provincia di Verona, sono iniziati i lavori per l'installazione di un semaforo sull'innesto tra la strada provinciale Sp29 e la Sp8;

   la sindaco di Caprino ha spiegato che «l'iniziativa di montare il semaforo è nata dal tentativo di rallentare i motociclisti e veicoli che viaggiano su questo tratto di strada ad altissime velocità»;

   il semaforo troverà collocazione sotto la chioma di un platano millenario – fatto risalire al 1370 e probabilmente il più vecchio d'Italia –, inserito nell'elenco dei grandi alberi del Veneto, piante che vanno tutelate in quanto rilevanti testimonianze della natura;

   la frazione del comune – Platano di Caprino Veronese – prende il nome dall'albero, passato alla storia come il platano dei «100 bersaglieri» perché si vuole che, nell'estate del ’37, durante le manovre dell'Esercito, vi si nascondesse una compagnia di 100 bersaglieri;

   a terra sono segnati i punti dove verranno piantati i pali di sostegno e uno sarà incastrato a circa 1 metro dal fusto;

   il presidente onorario del WWF Veneto, Averardo Amadio, l'11 ottobre 2016 ha scritto alla sindaco e alla Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici di Verona segnalando il caso e sottolineando «le conseguenze negative dell'impianto; sotto il profilo naturalistico per il grave incremento di emissioni gassose provocate dai numerosi veicoli in sosta sotto la chioma dell'albero e dannose anche per la salute, e quello paesaggistico per l'introduzione di un elemento estraneo ed inaccettabile nel contesto che è proprio determinato dalla presenza dei “grande albero”»;

   la legge del 14 gennaio 2013, n. 10, all'articolo 1, comma 1, prevede che: «attraverso la valorizzazione dell'ambiente e del patrimonio arboreo e boschivo, si può perseguire l'attuazione del protocollo di Kyoto, e le politiche di riduzione delle emissioni, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la protezione del suolo, il miglioramento della qualità dell'aria, la valorizzazione delle tradizioni legate all'albero nella cultura italiana e la vivibilità degli insediamenti urbani»;

   la citata legge, all'articolo 3, comma 1, prevede l'istituzione di un Comitato per lo sviluppo del verde pubblico presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   tra le competenze del Comitato (articolo 3, comma 2, lettera d)) c'è quella provvedere alla verifica delle «azioni poste in essere dagli enti locali a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi posti a dimora in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività per migliorare la tutela dei cittadini»;

   l'articolo 7 della citata legge detta le «Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di garantire il rispetto della legge del 14 gennaio 2013, n. 10.
(4-14671)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, riferendosi ai lavori iniziati il 7 ottobre 2016 a Caprino, in provincia di Verona, per l'installazione di un semaforo sull'innesto tra la strada provinciale Sp29 e la Sp8, sotto la chioma di un platano millenario del 1370, chiede al Ministero quali iniziative intenda assumere al fine di garantire il rispetto della legge 14 gennaio 2013, n. 10, che prevede la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione degli alberi e delle alberate stradali, a dimora in giardini e aree pubbliche, aventi particolare pregio paesaggistico, naturalistico e culturale.
  A seguito di alcune segnalazioni pervenute da un privato cittadino e dal presidente onorario del WWF Veneto, Averardo Amadio, la soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, è venuta a conoscenza che l'Amministrazione comunale di Caprino Veronese era intenzionata ad installare un impianto semaforico su un incrocio stradale in località «Platano», che prende il nome da un platano secolare, ivi presente, denominato dei «100 bersaglieri». La soprintendenza si è subito attivata sia con comunicazioni scritte che attraverso contatti telefonici intercorsi con l'ufficio tecnico del comune di Caprino Veronese il quale è stato sollecitato a sospendere eventuali lavori in corso di realizzazione, ricevendo al riguardo ampie rassicurazioni di adempimento.
  Alla medesima Amministrazione comunale è stato, altresì, rammentato l'obbligo di attivare le necessarie procedure relative all'acquisizione del parere vincolante ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni, in quanto il prospettato intervento riguarda un'area sottoposta alle disposizioni della parte III – beni paesaggistici del citato decreto legislativo, ma anche perché l'albero storico di cui trattasi, posto in prossimità dell'incrocio da semaforizzare, è stato riconosciuto di notevole interesse pubblico ai sensi e per gli effetti della legge 29 giugno 1939, n. 1497, oltre che essere stato inserito nell'elenco regionale degli alberi monumentali stilato dalla regione Veneto.
  In data 4 novembre 2016 è pervenuta da parte del comune di Caprino Veronese una formale richiesta finalizzata all'acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica in merito all'installazione del suddetto impianto semaforico.
  Esaminata la documentazione allegata all'istanza, vista la relazione paesaggistica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2005, e vista la relazione illustrativa degli accertamenti compiuti dall'Amministrazione comunale ai sensi dell'articolo 146, comma 7 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni, la soprintendenza, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 10-
bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente l'obbligo di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, ha reputato in data 18 novembre 2016 la richiesta non accoglibile, per i motivi di seguito elencati:

   l'impianto semaforico di progetto, qualora realizzato, comporterebbe l'installazione di strutture costituite da pali metallici e soprastanti lanterne, in un ambito prossimo al platano secolare indicato in premessa, del quale verrebbe condizionata la corretta percezione unitamente a quella del più ampio contesto paesaggistica.

   gli scavi necessari alla posa delle tubazioni potrebbero, inoltre, produrre danni all'apparato radicale della pianta con possibili ripercussioni negative sul suo stato vegetativo oltre che sulla sua stabilità.

   al fine di garantire la necessaria tutela e le migliori condizioni fitosanitarie della pianta, oltre che di assicurare il rispetto dell'ambito tutelato paesaggisticamente, si invita codesta Amministrazione a valutare alternative ipotesi d'intervento (quali l'idoneo arretramento dell'impianto semaforico previsto su via Pazzon Platano e lungo la strada provinciale 29a, il ricorso a sistemi dissuasori di velocità, e altro) che pur garantendo una giusta regolamentazione del traffico veicolare in prossimità dell'incrocio stradale in oggetto possano assicurare una migliore salvaguardia del platano e del contesto circostante. Con l'occasione si sollecita codesto Comune ad effettuare, anche, un necessario riassetto della segnaletica e della cartellonistica presente all'interno dell'ambito d'intervento, prevedendo la rimozione ovvero il posizionamento in un ambito più defilato, pur nel rispetto degli obblighi imposti dal Codice della strada, di quelle strutture poste in prossimità dell'albero storico.

  L'Amministrazione comunale con successiva nota del 7 dicembre 2016 ha prodotto delle osservazioni in riferimento ai motivi di diniego esposti nella suddetta comunicazione, dichiarando che:

   l'installazione dell'impianto semaforico nasce da irrinunciabili esigenze di sicurezza stradale in riferimento alla segnalata pericolosità dell'incrocio stradale da semaforizzare;

   tale impianto è l'unica ipotesi praticabile, stante l'inadeguatezza e l'inattuabilità di altre forme di regolamentazione del traffico veicolare già valutate dalla stessa Amministrazione comunale quali la collocazione di dissuasori di velocità e la realizzazione di un'eventuale rotonda stradale;

   il palo semaforico più vicino al platano storico sarà arretrato al limite di quanto consentito dal Codice della strada, tale impianto si porrà al di fuori della chioma dell'albero stesso e gli scavi che andranno eseguiti interesseranno unicamente le strutture in c.a. del ponte esistente senza intaccare o danneggiare l'apparato radicale della pianta.

  Sulla scorta delle precisazioni e delle dichiarazioni fornite dall'amministrazione comunale di Caprino Veronese, la soprintendenza, per quanto di propria competenza, ai sensi dell'articolo 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ha espresso in data 4 gennaio 2017 parere favorevole circa la compatibilità dell'intervento sopra descritto rispetto al contesto di riferimento ed ai valori paesaggistici oggetto di protezione.
  Al termine dell'esame istruttorio, pur valutando nel complesso ammissibile l'intervento proposto, quest'ufficio ha ritenuto che, al fine di migliorare le caratteristiche dell'intervento e l'inserimento delle opere nell'ambito sottoposto a tutela, fossero osservate le condizioni di seguito elencate:

   durante il corso dei lavori dovranno essere adottate le più opportune cautele al fine di evitare danneggiamenti al platano secolare;

   contestualmente all'intervento in questione, andrà eliminata la cartellonistica e la segnaletica attualmente presente in prossimità dell'albero di valenza storica.

  Il Ministero continuerà, soprattutto attraverso le proprie articolazione periferiche, a monitorare lo stato dei lavori di installazione del semaforo in questione, al fine di assicurare la salvaguardia del platano secolare e scongiurarne qualsiasi danneggiamento.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI, LA MARCA, PORTA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 11 dicembre 2016 n. 232 (legge di bilancio 2017), è stato dato un segnale di consapevolezza del valore strategico della promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, con l'istituzione di un Fondo quadriennale per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, dotato di 150 milioni di risorse aggiuntive rispetto alle normali disponibilità di bilancio;

   nello stesso tempo, con il decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 64, recante «Disciplina della scuola italiana all'estero», e a seguito di un intenso percorso di consultazione tra il Governo, il Parlamento e il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), si è proceduto anche ad una profonda riorganizzazione della disciplina che presiede al funzionamento del sistema formativo italiano all'estero, che con il tempo si è diversificato e articolato anche in relazione ai molteplici contesti geopolitici nei quali opera;

   un settore di crescente importanza è quello dei corsi di lingua e cultura italiana organizzati dai cosiddetti enti gestori, che raccolgono un'utenza di circa 300.000 mila alunni, sia di origine italiana che stranieri, e hanno realizzato un positivo livello di integrazione nei sistemi scolastici locali;

   a fronte di una presenza tanto incisiva e riconosciuta negli ordinamenti di molti Paesi di interesse strategico per l'Italia, persiste nei confronti degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana, che pure nel decreto n. 64 del 2017 hanno finalmente trovato un chiaro riconoscimento, una considerazione riduttiva e inadeguata sul piano finanziario, rilevabile nelle poste di bilancio previste al capitolo di riferimento, il 3153 della Tabella 6 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   nonostante la spesa storica si sia attestata negli ultimi anni intorno ai 12 milioni di euro, le poste iniziali previste nell'ultimo triennio sono state di 9.400.000 euro nel 2016, 5.745.707 euro nel 2017 e di 5.745.707 euro (previsti) nel 2018, successivamente modificate con l'attività emendativa a livello parlamentare e con gli apporti di fine anno derivanti dalle leggi di assestamento di bilancio;

   per il corrente anno finanziario, dopo una prima reintegrazione promossa a livello parlamentare, per raggiungere il livello dei 12 milioni di euro, si è in attesa della ripartizione della prima tranche del Fondo per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, con la conseguenza che risulterebbero trasformati in fondi ordinari le risorse che nell'intento del Governo dovevano essere aggiuntive;

   le conseguenze di ordine pratico di questa impostazione non sono irrilevanti in quanto gli enti non possono programmare le loro attività per il futuro e, potendo usufruire di fatto delle somme disponibili solo a fine anno, sono costretti a ricorrere a onerosi prestiti bancari;

   il Governo, tramite il Sottosegretario agli esteri Vincenzo Amendola, in occasione dell'Assemblea generale del Cgie per il 2017, si è impegnato a «mantenere il livello della spesa storica di 12 milioni fino al 2020», per cui si tratterebbe di tradurre in forma amministrativa una volontà politica già annunciata –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative a partire dalla presentazione del prossimo disegno di legge di bilancio 2018, per rendere strutturale la spesa storica di 12 milioni per il capitolo 3153, destinata agli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana, superando le penalizzazioni che l'attuale sistema obiettivamente comporta per la loro attività e rendendo effettivamente aggiuntive le risorse eventualmente provenienti dalle annuali ripartizioni del fondo per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
(4-17773)

  Risposta. — Il patrimonio linguistico e culturale italiano costituisce una risorsa fondamentale a disposizione dell'azione di promozione del sistema Paese all'estero. Per quanto concerne la nostra offerta culturale, si assiste altresì ad una crescente domanda di servizi da parte di un'utenza, non solo italiana ma anche straniera, in espansione.
  Con particolare riguardo alle attività degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana all'estero, grazie anche alla costante attenzione del Parlamento, lo stanziamento complessivo previsto dal Governo per il 2017 sul bilancio ordinario (capitolo n. 3153) è pari a circa 9,8 milioni di euro, con un aumento di 400.000 euro rispetto allo stanziamento 2016.
  Tale importo è stato integrato da una quota del fondo per il potenziamento della promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, il cosiddetto piano straordinario «Vivere all'italiana», istituito dalla legge 11 dicembre 2016 n. 232, che copre il quadriennio 2017-2020. Si tratta di una somma pari per l'anno in corso a 2,16 milioni di euro, attraverso la quale il contributo ministeriale complessivo a favore degli enti gestori è riportato al livello dell'anno scorso (12 milioni di euro), come da impegni assunti dal Governo in Parlamento. A seguito della recente acquisizione della disponibilità di cassa per la predetta somma, la Farnesina sta procedendo all'erogazione dei contributi integrativi alle sedi interessate: si garantirà così lo svolgimento delle attività in corso per la promozione della lingua e della cultura italiana, organizzate dagli enti gestori nel nuovo quadro normativo fornito dal decreto legislativo n. 64 del 13 aprile 2017, attuativo della legge sulla «Buona Scuola».
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale condivide pienamente l'interesse dell'interrogante di poter contare su uno stanziamento di bilancio certo a favore dei citati enti gestori sin dall'inizio dell'esercizio finanziario: il piano straordinario 2017-2020 consentirà, in effetti, per i prossimi anni di avere la prevista disponibilità di risorse già all'inizio dei singoli esercizi finanziari, a beneficio di una migliore programmazione di tutte le attività del settore.
  Per quanto riguarda la possibilità di destinare nei prossimi anni risorse aggiuntive rispetto ai 12 milioni di euro annuali a favore dei corsi di lingua e cultura italiana promossi dagli enti gestori, la Farnesina rimane disponibile a valutarne la fattibilità nel corso dell’
iter parlamentare della legge di bilancio.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Mario Giro.


   PALAZZOTTO e MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi in Corea del Nord si è fatta particolarmente complicata e minaccia la pace e la sicurezza mondiale;

   l'11 settembre 2017 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 2375, che è la nona adottata contro la Corea del Nord fin dal 2006, questa volta come conseguenza dell'ultimo test nucleare del 3 settembre, quello della bomba H, il più potente dei sei realizzati;

   la risoluzione introduce il bando alle esportazioni tessili di Pyongyang e il divieto alle esportazioni di petrolio e gas naturale verso la Corea del Nord, fatta eccezione per una quantità da impiegare per il sostentamento della popolazione, ovvero prevedendo che i profitti derivanti dal petrolio e gas non siano investiti per finanziare i piani nucleari di Kim Jong-Un;

   la questione nord coreana è estremamente divisiva nel consesso internazionale, in special modo rispetto alla Cina e alla Russia, contrapposte agli Stati Uniti;

   la Cina ha sostenuto che le ultime misure adottate dal Consiglio di sicurezza erano «necessarie», sebbene la bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti fosse molto più dura, includendo un embargo più forte sul petrolio e il congelamento degli investimenti e delle proprietà di Kim Yong-Un all'estero, ma ha ribadito l'opposizione ai sistemi antimissile Thaad installati in Corea del Sud, chiedendo che la crisi sia «risolta in modo pacifico»;

   la Russia ha sottolineato di aver sostenuto tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che richiedono a Pyongyang di cessare i suoi programmi missilistici e di essere contraria ai suoi programmi nucleari;

   l'ambasciatore italiano all'Onu ha dichiarato che la risoluzione «tiene conto delle preoccupazioni umanitarie» e sottolinea che «si deve raggiungere una soluzione attraverso una maggiore pressione, ma anche attraverso il dialogo e un processo politico pacifico»;

   stando a quanto messo in evidenza da un board di otto esperti dell'Onu, inoltre, la Corea del Nord starebbe collaborando con la Siria per sviluppare il suo programma di armi chimiche e di missili balistici e Scud. Il board avrebbe denunciato una violazione delle sanzioni contro Pyongyang da parte della Siria che collaborerebbe con Kim Jong-Un per il perfezionamento di «armi convenzionali, armi chimiche proibite e missili balistici» –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per promuovere e sostenere soluzioni pacifiche alla crisi generata dai programmi nucleari della Nord Corea e per far ripartire a livello globale azioni concrete di disarmo nucleare e di smobilitazione delle armi di distruzione di massa.
(4-18508)

  Risposta. — Come dichiarato dal Presidente del Consiglio il 20 settembre 2017 all'Assemblea generale delle Nazioni unite, «guardiamo alla situazione della penisola coreana con estrema preoccupazione. Le ripetute violazioni delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza da parte della Corea del Nord pongono una chiara minaccia alla sicurezza regionale ed internazionale ed una sfida al regime globale di non proliferazione al sistema delle Nazioni Unite». Da allora, la posizione del Governo non è cambiata: a fronte di tale minaccia, riteniamo di fondamentale importanza continuare a contribuire con il massimo impegno a una risposta ferma e coesa della Comunità internazionale.
  Il Governo ha innanzitutto espresso la più ferma condanna dell'ultimo esperimento nucleare condotto il 3 settembre 2017 dalla Repubblica popolare democratica di Corea, che costituisce una grave provocazione in violazione di molteplici e successive risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. L'Italia ha altresì promosso, in qualità di presidenza del G7, una specifica dichiarazione a seguito del
test nucleare in parola.
  L'Italia, come membro non permanente del Consiglio di sicurezza, ha inoltre sostenuto e accolto con favore l'adozione unanime della risoluzione 2375 (2017). Tale risoluzione ha considerevolmente rafforzato il sistema sanzionatorio nei confronti nella Corea del Nord, continuando nel contempo a prestare la dovuta attenzione agli effetti umanitari delle misure adottate.
  Come presidente di turno del comitato sanzioni per la Corea del Nord (Comitato 1718), l'Italia continua a promuovere attività di
outreach con i vari gruppi geografici della membership onusiana per sostenere gli Stati membri nell'adozione di efficaci misure di attuazione del quadro sanzionatorio.
  Da ultimo, il Ministro Alfano ha inoltre deciso di interrompere, a inizio ottobre, la procedura di accreditamento dell'ambasciatore designato della missione nordcoreana a Roma, Mun Jong Nam, che ha lasciato il Paese il 16 ottobre 2017. Anche altri Paesi hanno proceduto ad allontanare gli ambasciatori nordcoreani accreditati presso i loro governi: ad esempio la Spagna nell'ambito dei Paesi UE, il Perù e il Messico in America Latina.
  A livello europeo, l'Italia ha sostenuto l'adozione da parte del Consiglio affari esteri dell'Unione Europea di nuove misure autonome UE nei confronti della Corea del Nord, che completano e rafforzano le misure restrittive dell'Onu.
  Abbiamo inoltre deciso di associarci al passo congiunto verso Paesi terzi che l'UE sta effettuando per sensibilizzare le autorità di molti Stati in Africa e nel sud-est asiatico sulla necessità di una piena attuazione delle disposizioni sanzionatorie contenute nelle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza.
  Riteniamo che il robusto impianto sanzionatorio adottato dalla Comunità internazionale rappresenti in questo momento il più efficace strumento per creare le condizioni per indurre la Corea del Nord a mettere fine all'auto-isolamento che si è autoimposta e ad avviare negoziati di sostanza per una
de-escalation della crisi, nella prospettiva della denuclearizzazione della penisola coreana.
  Al contempo, il Governo segue con grande attenzione la questione del disarmo nucleare, tenendo conto dell'articolata cornice degli impegni internazionali assunti dal nostro Paese e considerando gli aspetti umanitari e di sicurezza collegati al tema.
  L'Italia continua a promuovere l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, da raggiungere attraverso un «approccio progressivo» e inclusivo al disarmo. Tale linea di pensiero si basa sull'idea che l'obiettivo della totale eliminazione dell'arma nucleare sia raggiungibile gradualmente, attraverso una serie di passi, concreti e incrementali, diretti ad accrescere la fiducia e la percezione di sicurezza internazionale e, dunque, a favorire la creazione di un ambiente idoneo al disarmo nucleare. Per questo orientamento, è centrale la considerazione che il disarmo nucleare, per essere realistico e sostenibile, debba essere trasparente, verificabile e irreversibile.
  Su queste basi, assieme al gruppo di paesi che condividono la nostra posizione, abbiamo continuato a sostenere una serie di iniziative che costituiscono i tasselli del menzionato percorso, graduale e realistico. Nel 2016 l'Italia ha convintamente sostenuto la Dichiarazione di Hiroshima dei Ministri degli esteri del G7 che, con forte valenza simbolica, riaffermava l'impegno a creare le condizioni di un mondo privo di armi nucleari, in un quadro di stabilità internazionale, e la piena applicazione del trattato di non proliferazione in tutte le sue componenti, disarmo incluso. Tale posizione ha ispirato la Presidenza italiana della riunione dei Ministri degli esteri del G7, tenutasi a Lucca il 10 e 11 aprile 2017, il cui comunicato congiunto menziona i principali elementi dell'approccio progressivo e ricorda l'obiettivo di un mondo senza armi nucleari. Il comunicato è stato, successivamente, avallato dai
leader in occasione del vertice G7 di Taormina del 26-27 maggio 2017.
  Infine, l'Italia partecipa al processo preparatorio della Conferenza di riesame del trattato di non proliferazione del 2020 che, avviatosi a inizio maggio a Vienna, è occasione per riaffermare la centralità del trattato e il merito di un approccio progressivo al disarmo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come comunicato sul sito online dell'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia, tale agenzia e l'Arso (Agencija Republike Slovenije za okolje – Agenzia per l'Ambiente Slovena) hanno siglato, in data 11 ottobre 2016, un Protocollo d'intesa transfrontaliero;

   l'accordo «si pone l'obiettivo di consolidare la collaborazione già in atto tra ARPA e ARSO allargandola a nuovi campi di attività di comune interesse quali l'idrosfera, la biodiversità e la protezione del suolo. Vuole inoltre favorire lo scambio transfrontaliero di informazioni sull'ambiente in modo da raggiungere un miglioramento sostanziale nei servizi offerti, nonché una più ampia diffusione di informazioni alla popolazione. La collaborazione consentirà di avviare importanti attività, come ad esempio quelle finalizzate alla valutazione dello stato ecologico, della qualità chimica e biologica delle acque superficiali, profonde e marine, i monitoraggi e la modellizzazione dello stato di qualità dell'aria, i cambiamenti climatici, le pressioni sul suolo e la carica di nutrienti»;

   Il Piccolo di Trieste, nell'articolo pubblicato il 17 settembre 2017, ha riportato la notizia delle pesanti emissioni provenienti dalla fonderia «Livarna», situata a Salcano, nel comune di Nova Gorica a poca distanza dal confine italo-sloveno;

   le esalazioni emesse dall'impianto, durante i processi di fusione, investono, soprattutto, il territorio di Montesanto, situato a nord-est della città di Gorizia;

   il portavoce del Comitato contro l'inquinamento transfrontaliero Gianni Marega ha dichiarato come «il problema, di fatto, non sia stato mai risolto (...) Vogliamo capire perché dalla Slovenia è giunta un'ondata così forte di cattivissimo odore. Vorremmo ci spiegassero se c'è stato un guasto, se i filtri si sono intasati o quant'altro. Vorremmo anche capire se è aumentata la produzione a causa di qualche nuova commessa. Fatto sta che l'aria era irrespirabile e pesante.» I residenti della zona nord della città, preoccupati per la loro salute, hanno chiesto «chiarimenti sul monitoraggio transfrontaliero della qualità dell'aria (...) e di conoscere quali sono i flussi di produzione dell'attività industriale slovena» –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza circa i fatti riportati in premessa, e se non intenda promuovere, per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica sullo stato dei luoghi e sui fattori di inquinamento che sarebbero stati riscontrati.
(4-17972)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti dai competenti enti territoriali, si rappresenta quanto segue.
  Per la normativa nazionale (decreto legislativo n. 155 del 2010 e successive modificazioni e integrazioni) le regioni e le province autonome sono le autorità competenti in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria. A queste compete quindi il monitoraggio degli inquinanti atmosferici, la predisposizione dei piani per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria (compresa l'individuazione dei soggetti deputati all'attuazione di tali piani quali ad esempio la regione stessa o i sindaci), nonché la trasmissione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle relative informazioni per l'invio alla Commissione europea.
  A tale riguardo, si segnala che la legge 28 giugno 2016 n. 132 ha istituito un sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, finalizzato ad armonizzare da un punto di vista qualitativo e quantitativo le attività delle agenzie sul territorio, nonché a realizzare un sistema integrato di controlli coordinati dall'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
  Attraverso un sistema nazionale a rete in cui un ruolo strategico è attribuito a Ispra, e con i cosiddetti «Lepta», ovvero i livelli essenziali delle prestazioni ambientali cui dovranno adeguarsi le agenzie, si attua un vero e proprio ripensamento dell'attuale sistema, fino ad oggi scandito da una diversità di approcci da regione a regione e da una grande frammentarietà che indeboliva di fatto la protezione dell'ambiente.
  Altre importanti novità introdotte dal provvedimento sono il sistema informativo nazionale ambientale e la rete dei laboratori accreditati: si rafforzano dunque in maniera evidente la trasparenza e la qualità scientifica dei controlli.
  Alle agenzie si chiede anche di intensificare le attività indirizzate alla comunicazione e all'informazione verso i cittadini, ascoltarli, coinvolgerli direttamente nelle attività di analisi e di monitoraggio (anche attraverso nuovi strumenti quali i progetti di
citizen science o cittadinanza scientifica) e rispondere ai bisogni che provengono dalla società, in maniera indipendente e responsabile.
  Il protocollo d'intesa transfrontaliero Arpa-Arso, che ha carattere di accordo quadro, promuove e regola la collaborazione fra le due Agenzie nei principali campi d'azione comuni, che si possono descrivere come segue:

    le valutazioni ecologiche, chimiche e biologiche sulle acque interne e sotterranee e su quelle marine e di transizione;

    la qualità dell'aria in termini di stato, modellizzazione ed emissioni;

    il monitoraggio e la modellistica oceanografica;

    il monitoraggio, le analisi, le previsioni e la modellistica meteorologica, agrometeorologica, climatologica e sui cambiamenti climatici;

    la qualità dei suoli e le relative pressioni, carichi nutrizionali e impatti;

    le attività analitiche di laboratorio sulle matrici ambientali e le relative calibrazioni;

    le valutazioni ed autorizzazioni ambientali e l'implementazione della DEI;

    i sistemi di gestione della qualità.

   Il protocollo prevede altresì che la collaborazione relativa ai suddetti campi d'azione possa realizzarsi tramite una serie articolata di interventi, quali:

    lo scambio di dati di monitoraggio operativo da stazioni in situ, networks e radar;

    la condivisione ed integrazione di archivi di dati, databases ed inventari;

    le campagne congiunte e contemporanee di monitoraggio;

    lo scambio in tempo reale dei risultati di modelli di simulazione operativi e delle previsioni connesse;

    la cooperazione ad ulteriori sviluppi del trattamento dati e dei modelli di simulazione;

    gli studi, analisi e relazioni congiunte;

    lo scambio di conoscenze, metodi, procedure, expertise e best practices;

    le campagne di intercomparazione ed intercalibrazione;

    le visite ed incontri fra esperti ed organizzazione di workshops comuni;

    le attività congiunte di informazione, disseminazione, istruzione e formazione;

    le attività ed applicazioni congiunte riguardanti bandi e procedure europee di finanziamento.

   Fra i campi d'azione oggetto del protocollo, uno di particolare rilievo è senz'altro quello della qualità dell'aria; in tale settore un notevole risultato già raggiunto in attuazione del protocollo stesso è costituito dallo scambio di dati di qualità dell'aria tra le due Agenzie, che oggi avviene secondo modalità operative (quotidianamente e continuativamente, a prescindere dalle condizioni rilevate e quindi non solo durante gli episodi acuti). La raccolta di tali dati ha permesso l'avvio di un'analisi e delle prime valutazioni sulla qualità dell'aria nel comprensorio di Gorizia/Nova Gotica, che si intende estendere anche all'area di Trieste/Koper-Capodistria.
   L'ampia gamma di interventi sui numerosi campi d'azione contemplati nel protocollo sarà messa in pratica gradualmente e progressivamente; peraltro, la collaborazione si è già significativamente sviluppata anche in altri settori oltre alla qualità dell'aria, come:

    lo scambio, anch'esso operativo, di dati meteorologici delle stazioni dei territori contermini;

    la ricezione dei dati provenienti dai radar sloveni di Lisca e Pasja Raven, che ha permesso in prima istanza di sopperire alle discontinuità di funzionamento del radar regionale di Fossalon di Grado;

    la condivisione degli archivi di dati climatologici, anche ai fini degli studi sui cambiamenti climatici;

    la ricezione di prodotti di modellistica meteorologica elaborati da Arso;

    la visita della sede Arso e dei relativi centri di attività;

    la predisposizione due proposte di progetto europeo a valere sul programma Interreg, Italia-Slovenia, in materia di monitoraggio delle acque superficiali interne (Ecoisso) e Grvisin, quest'ultima ancora in lavorazione).

   In ordine al tema del monitoraggio delle emissioni prodotte dalla ditta Livarna, si specifica che il controllo degli impianti produttivi in Slovenia non è appannaggio di ARSO (che è un'agenzia con funzioni preminenti di monitoraggio territoriale) ma della struttura «Inšpektorat RS za okolje in prostor (IRSOP)», un organismo specificatamente dedicato a questa attività il cui ufficio competente per la Livarna ha sede a Nova Gorica. L'Inšpektorat non rientra nel protocollo d'intesa in argomento.
   Cionondimeno, lo scambio di dati consente di tenere sotto controllo le concentrazioni dei principali inquinanti atmosferici; da tale scambio di informazioni è stato possibile verificare che gli
standard di qualità dell'aria nel territorio goriziano sono rispettati e che le criticità, peraltro in riduzione, come si desume dalla numerosità delle segnalazioni registrate nel portale del comune di Gorizia, sembrano ricondursi alle molestie olfattive.
   Nello specifico dei rapporti tra Arpa del Friuli-Venezia Giulia e la ditta Livarna, si comunica che, a seguito delle segnalazioni e degli esposti della popolazione limitrofa e delle autorità competenti nel territorio circostante, l'agenzia ha ritenuto comunque di inviare una richiesta d'informazioni alla ditta, senza peraltro aver riscontri dalla medesima. Nello specifico dell'episodio citato nell'interrogazione, l'agenzia si è attivata per ottenere eventuali registrazioni raccolte dal sistema di segnalazione delle molestie olfattive gestito dal comune di Gorizia, appurando che, per lo specifico evento del 14 settembre, nel sistema non risulta alcuna segnalazione.
   Quanto riferito testimonia che le problematiche rappresentate dagli interroganti sono tenute in debita considerazione da parte di questo Ministero, il quale continuerà a tenersi informato tramite il sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente nonché a svolgere un'attività di monitoraggio, anche al fine di valutare un eventuale coinvolgimento di altri soggetti istituzionali.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.