Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 6 dicembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    i recenti avanzamenti tecnologici, con particolare riferimento alla sensoristica, all'intelligenza artificiale e all'elettronica, consentono di creare sistemi in grado di sviluppare capacità di apprendimento da grandi basi di dati, divenendo progressivamente in grado di assumere decisioni in modo autonomo;

    tali sistemi hanno grandi potenzialità di evoluzione sia per quanto riguarda il settore civile, sia per quello militare, sulla base di una tecnologia che è in buona parte intrinsecamente dual-use;

    vi è crescente attenzione, anche in campo internazionale, sull'impatto derivante della possibile futura creazione e dispiegamento nei teatri operativi di Sistemi di arma autonomi letali, che potrebbero eliminare la presenza di operatori umani dal teatro operativo, e in tal senso vi è una discussione anche con riferimento ai profili di compatibilità con il Diritto umanitario internazionale;

    è in corso un intenso dibattito sulla materia nell'ambito della Convenzione su certe armi convenzionali, in seno alla quale opera uno specifico Gruppo di esperti governativi sui Sistemi di arma autonomi letali, a cui l'Italia partecipa attivamente;

    l'ultima sessione di tale Gruppo si è svolta a Ginevra dal 13 al 17 novembre 2017 ed ha approvato specifiche raccomandazioni su contenuti e princìpi di fondo in vista del proseguimento dell'esercizio, con riunioni già previste per il 2018,

impegna il Governo:

1) a continuare a partecipare attivamente al dibattito internazionale in corso in particolare nell'ambito della Convenzione sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcuno armi convenzionali che possono essere considerate eccessivamente dannose o aventi effetti indiscriminati, di concerto con i principali partner dell'Italia, continuando a confrontarsi con gli stakeholders, inclusi gli esperti di intelligenza artificiale, con l'obiettivo di arrivare a una definizione e una regolamentazione internazionale dei sistemi d'arma di tipo Lethal Autonomous Weapons System (Laws) posto che la posizione italiana al tavolo negoziale, anche in vista di una moratoria internazionale, deve prevedere da un lato che gli esseri umani continuino a prendere l'ultima decisione sull'uso della forza letale ed esercitino sufficiente controllo sulle future Laws e dall'altro, che vi sia una valutazione della conformità dello sviluppo e dell'uso delle Laws con il diritto internazionale umanitario;

2) ad assumere iniziative per un rafforzamento della valutazione ex-ante di conformità al diritto internazionale umanitario dei sistemi d'arma di tipo Laws destinati ad essere sviluppati in favore delle Forze Armate.
(1-01776) «Carrozza, Cicchitto, Quartapelle Procopio, Moscatt, Fiano, Cinzia Maria Fontana, Coppola, Gribaudo, Tinagli, Dallai, Scuvera, Pinna, Alli, Scopelliti, Stella Bianchi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge 17 ottobre 2017, n. 161 ha modificato radicalmente il codice delle leggi antimafia, disponendo, all'articolo 16, la costituzione di tavoli provinciali permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate, presso le prefetture-uffici territoriali del Governo, al fine di favorire il coordinamento tra le istituzioni, le associazioni organizzazioni sindacali e le associazioni dei datori di lavoro;

   dei tali tavoli fanno parte, tra gli altri, anche un rappresentante delle organizzazioni dei datori di lavoro più rappresentative a livello nazionale designato, ogni quattro mesi, dalle medesime secondo criteri di rotazione;

   la medesima legge ha stabilito all'articolo 29, comma 2, la creazione, quale organo dell'Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati con funzioni di primario ordine, di un Comitato consultivo e di indirizzo, composto, tra gli altri, anche da un rappresentante delle associazioni dei datori di lavoro, designati dalle rispettive associazioni;

   numerose associazioni di industriali e in generale di datori di lavori in Sicilia sono stati recentemente oggetto di numerosi scandali giornalistici e giudiziari che ne hanno, secondo l'interrogante, minato seriamente la credibilità;

   Antonello Montante, è stato delegato nazionale per la legalità e vicepresidente di Confindustria a livello nazionale, presidente di Confindustria Sicilia e principale ideatore del codice etico che obbliga gli imprenditori a denunciare il pizzo, pena l'allontanamento dall'associazione di categoria; nel febbraio del 2015 è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa dalla procura di Caltanissetta;

   Roberto Helg, ex presidente di Confcommercio Palermo ed ex vice presidente della Gesap, società che gestisce l'Aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo, è stato condannato a 4 anni e 8 mesi per concussione, oltre all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e da cariche in seno a società commerciali per la durata della condanna;

   Salvatore Ferlito, già presidente siciliano dell'Ance, avrebbe truffato un'azienda confiscata alla mafia e per questo è stato condannato nel maggio 2015 a 3 anni di reclusione nel processo per l'appalto della strada provinciale 120 assegnato per 4 milioni e mezzo nell'aprile del 2011;

   Pietro Funaro, già vicepresidente di Ance Sicilia, assieme al padre, ha subìto un sequestro preventivo di beni del valore di 25 milioni di euro per legami con Cosa nostra nell'agosto del 2014 –:

   quali iniziative, anche normative, intenda adottare il Governo al fine di garantire che i rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro in seno ai tavoli provinciali, nonché in seno al Comitato consultivo e di indirizzo presso l'Anbsc, siano soggetti estranei a procedimenti giudiziari aventi per oggetto associazioni a delinquere di tipo mafioso o reati contro la pubblica amministrazione.
(4-18729)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di novembre 2017 il presidente egiziano Al Sisi, intervenendo a margine del «Forum mondiale della gioventù» (World Youth Forum), a Sharm el Sheikh sull'omicidio di Giulio Regeni avrebbe affermato: «desideriamo scoprire i colpevoli e stiamo agendo in maniera molto trasparente, su questo caso, con le autorità italiane e i procuratori italiani. Noi speriamo di poter avere una risposta appena possibile»;

   in occasione dei Mediterranean Dialogues promossi dall'Ispi presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Roma 30 novembre 2 dicembre 2017), il Ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry tornando sul caso Regeni avrebbe affermato: «siamo determinati a fare tutto il possibile per poter portare a termine la vicenda in maniera soddisfacente per tutti»;

   quanto ai filmati della metropolitana, le ultime immagini a disposizione su Giulio Regeni ancora in vita, sempre il Ministro Shoukry ha ribadito che: «non appena la società europea incaricata recupererà le immagini girate dalle telecamere nella metropolitana del Cairo, il nostro impegno sarà quello di fornirle agli inquirenti italiani»;

   con il ritorno dell'ambasciatore italiano al Cairo nella persona del dottor Giampaolo Cantini il 14 settembre, si è dato corso a riunioni tra inquirenti egiziani e italiani; si sarebbe dovuto anche nominare «una figura specifica per la cooperazione giudiziaria» di cui però non è ancora nota la designazione –:

   a quasi tre mesi dall'invio del ambasciatore italiano in Egitto, alla luce delle recenti dichiarazioni di eminenti autorità egiziane, di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai tempi entro i quali si preveda che si possano ottenere i filmati della metropolitana, e in relazione agli altri progressi da attendersi con il prosieguo delle indagini, a che a partire dalla nomina di una figura specifica per la cooperazione giudiziaria.
(5-12896)

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 1° febbraio 2017 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha firmato il decreto attuativo «Fondo per l'Africa», istituito dall'articolo 1, comma 621, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), con una dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per l'anno 2017;

   la finalità assegnata dalla legge al fondo prevede il sostegno per «interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie»;

   il decreto emanato per l'utilizzo del fondo, all'articolo 1, stabilisce che detti interventi, volti al contrasto all'immigrazione e al traffico di esseri umani, sono realizzati «nel rispetto dei princìpi di efficacia e di efficienza e sono volti ad assicurare la piena cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori, nel quadro di un'azione integrata di politica estera che valorizza la centralità del continente africano.»;

   all'articolo 2 sono elencati i Paesi destinatari dei finanziamenti, tra i quali figurano Costa d'Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Ghana, Guinea, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan e con priorità strategica Libia, Niger e Tunisia. Gli interventi possono essere attuati anche in Paesi limitrofi al fine di fornire assistenza ai rifugiati e di potenziare l'efficacia degli interventi di «gestione» delle rotte migratorie; l'articolo 3, individua prioritari gli interventi nel seguente ordine:

   — di cooperazione allo sviluppo;

   — di protezione dei più vulnerabili;

   — dei minori non accompagnati e delle vittime di tratta;

   — programmi di formazione per le Autorità giudiziarie;

   — fornitura di equipaggiamenti e strumentazioni per il controllo e la prevenzione dei flussi di migranti irregolari e per la lotta al traffico di esseri umani;

   — iniziative di sostegno istituzionale e delle capacità amministrative;

   — aggiornamento e digitalizzazione dei registri di stato civile; programmi di accoglienza e assistenza ai migranti e ai rifugiati;

   — rimpatri volontari assistiti dai Paesi africani di transito verso i Paesi d'origine;

   — coinvolgimento delle comunità locali; campagne informative sul rischio migratorio;

   il 2 febbraio 2017, nella conferenza stampa di presentazione del decreto, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha invece dichiarato «obiettivo strategico» del fondo «Rafforzare la frontiera esterna per evitare le partenze dei migranti irregolari» per avviare una collaborazione su questo fronte soprattutto con Libia, Tunisia e Niger, aggiungendo che l'Italia avrebbe fornito equipaggiamento, strumenti tecnici e formazione delle forze di sicurezza locali, sulla base delle richieste dei partner nordafricani; a giudizio degli interroganti una simile dichiarazione snatura l'originale finalità del Fondo per l'Africa di intervenire per rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie e di valorizzazione del continente africano, avendo questo come priorità le prime tre azioni contenute nell'articolo 3 del suddetto decreto; Fondo per l'Africa è utilizzato per operare una politica di contenimento dei flussi dei migranti alle frontiere attraverso il sostegno all'impiego di forze di polizia come sbarramento per le genti in fuga da conflitti, violenze, persecuzioni e condizioni di povertà estrema e in cerca di protezione internazionale; l'articolo 6 del suddetto decreto prevede che i soggetti attuatori degli interventi finanziati riferiscano circa l'utilizzo delle risorse a cadenza trimestrale e a conclusione degli interventi alla direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, che a sua volta ne dà conto al Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale –:

   se il Governo voglia fornire elementi circa l'utilizzo del «Fondo per l'Africa» per l'anno 2017;

   se intenda rendere noti i contenuti delle relazioni trimestrali fornite dagli attuatori degli interventi, così come previsto dall'articolo 6 del decreto attuativo del 1° febbraio 2017 sopra citato.
(4-18735)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   l'economia ittica legata agli stagni del Sinis-Oristano-Cabras è in ginocchio in seguito al proliferare dei cormorani divenuti una vera e propria calamità naturale;

   si tratta di un vero e proprio disastro per i pescatori di Cabras con particolare riferimento a quelli del consorzio Pontis di Cabras guidati del presidente Giuliano Cossu che ha rivolto all'interrogante un pressante appello perché il Governo intervenga rapidamente per arginare e fermare questo devastante prelievo ittico dalla laguna;

   la regione e il Governo non danno né strumenti per contrastarli, né fondi per far fronte ai disastri che stanno creando;

   il fenomeno interessa in particolare la Sardegna centro-occidentale, dove risulta che risiedano il maggior numero di cormorani di tutta l'isola, tanto da essere definito «sito di rilevanza internazionale»;

   nel corso di un sopralluogo sul territorio e dalle testimonianze tecniche raccolte si registrano numeri impressionanti che da soli fanno capire che si tratta di un'emergenza sconosciuta e nascosta;

   si tratta di circa 15 mila cormorani, ma potrebbero essere molti di più che per cibarsi mangiano giornalmente intorno a 500 grammi di pesce, per un totale stimato di 6/8 tonnellate di pesce;

   i danni causati dagli uccelli ittiofagi all'attività ittiocolturale non si fermano al solo prelievo diretto che anzi deve essere considerato come l'aspetto palese del problema; occorre prendere in considerazione anche altri fattori;

   lo stress dovuto all'attività predatoria limita l'accrescimento e aumenta la mortalità delle specie da pescare; un'altra grossa fetta non consumata dai cormorani, è comunque inutilizzabile in quanto non è commercializzabile;

   cresce la diffusione di malattie;

   come se non bastasse, tali uccelli mangiano anche specie-foraggio, ovvero pesce meno pregiato e di scarso valore commerciale, ma che rappresenta fonte di cibo naturale per quello pregiato;

   tale fenomeno determina danni economici per riparare i quali non sono sufficienti i fondi messi a bilancio dalla regione per ristorare le imprese agricole che hanno subìto danno a causa della fauna selvatica;

   oltre a non veder riconosciuti i danni, i pescatori non riescono ad avere dalla regione neppure gli strumenti per difendersi dai cormorani;

   oggi gli unici strumenti che si possono utilizzare per allontanare gli uccelli predatori sono dei dissuasori, come le reti anti-uccello che, oltre ad essere costose (in termini di materiali e manutenzione), sono limitate ad aree poco estese ed hanno un certo impatto ecologico in quanto impediscono l'accesso alle specie non bersaglio e possono causare la morte degli uccelli che vi rimangono intrappolati;

   l'altro sistema autorizzato è quello dell'utilizzo dei cannoni a salve. Si tratta di soluzioni costose, perché richiedono lo spostamento in motoscafo (i rimborsi provinciali non riescono a coprire minimamente le spese) e allo stesso tempo inefficaci. I cormorani sono uccelli intelligenti che, appresa l'inefficacia dello sparo, continuano indisturbati la loro attività predatoria. Infatti sono in continuo aumento. Da ottobre è ricominciata l'invasione che si protrae fino ad aprile;

   si tratta di un arco di tempo che si sta allungando sempre di più –:

   se i Ministri interpellati non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per prevedere un immediato piano per fermare questo disastro ambientale e naturalistico che sta mettendo a repentaglio la stessa vita della laguna;

   se non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, anche sul piano economico, affinché siano risarciti i pescatori per questo danno ingente;

   se non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, per promuovere un piano di rilancio e tutela della stessa laguna e dell'attività ittica della zona che occupa oltre 1.000 persone.
(2-02048) «Pili».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Sogesid spa è una società in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che fornisce consulenza tecnica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare attraverso una convenzione quadro (decreto ministeriale n. 13 del 22 gennaio 2015);

   tale consulenza sembra basarsi, secondo l'interrogante, su presupposti di dubbia legittimità e comportare di fatto un aggiramento delle procedure concorsuali del pubblico impiego, piuttosto che giustificarsi con la necessità di acquisire personale ad elevata competenza tecnica, peraltro non sempre verificata;

   il personale Sogesid assegnato alla sede del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, risulta assai numeroso e starebbe sostituendo, a quanto consta all'interrogante, l'organico ministeriale a tempo indeterminato, diminuito dalle 998 unità del 2003 alle 550 attuali;

   la mancanza di investimenti su formazione tecnica specialistica, a differenza di quanto avviene in Sogesid grazie ai fondi pubblici e comunitari, determina la deprofessionalizzazione del personale ministeriale;

   la partecipazione di Sogesid alla stesura di documenti strategici e di programmazione dell'ente, ingenera confusione di ruoli;

   il personale Sogesid ha un costo quasi 3 volte superiore a quello ministeriale di pari livello, e prevede un «aggio» dal 7 per cento a 15 per cento per ogni costo sostenuto, comprese le spese di trasferta, mentre non si contemplano i costi di affitto e gestione della sede;

   ai trasferimenti previsti dalla convenzione si aggiungono quelli relativi a specifici progetti;

   il PON Governance è uno strumento dell'Unione europea per rafforzare la capacità amministrativa, nonché l'efficienza e la modernizzazione della pubblica amministrazione e per garantire il miglioramento della governance;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a quanto consta all'interrogante, riceverà circa 90 milioni di euro dai fondi PON Governance 2017-2020 e avrebbe designato Sogesid quale beneficiario unico, giustificando l'affidamento diretto con l'accertata «expertise maturata dalla Società nelle materie di competenza del Dicastero», «rispondendo alle accresciute esigenze specialistiche»;

   nella convenzione si prevede che Sogesid possa affidare parte dei lavori in subappalto; inoltre, la società a quanto consta all'interrogante, dovrebbe assumere ulteriori 59 unità da assegnare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a valere sui fondi PON Governance, per garantire le competenze necessarie alla realizzazione dei progetti –:

   quali siano i motivi per i quali i fondi Pon Governance 2017-2020, destinati al rafforzamento della capacità amministrativa e istituzionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, abbiano visto come beneficiario unico, la Sogesid Spa, e se siano stati adeguatamente verificati preliminarmente e nel dettaglio i singoli progetti, nonché l'effettiva capacità tecnica e le competenze della Sogesid, che ricorrerà, infatti, a subappalti e ulteriori assunzioni.
(5-12889)


   BORGHI e ALBANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data marzo 2014 il Governo rispondeva all'interrogazione 5-01854 inerente il riutilizzo della cenere vulcanica derivante dalle periodiche eruzioni dell'Etna, la quale determina seri problemi per lo smaltimento e la pulizia delle aree urbane dei comuni dell'area etnea dove si deposita, poiché le strade e le piazze vengono ricoperte da oltre 30 centimetri di cenere, provocando danni ingenti all'agricoltura dei territori delle zone colpite;

   nella risposta all'interrogazione, pubblicata il 18 marzo 2014, veniva evidenziato che «il Ministero dell'ambiente concorda pienamente nell'opportunità di avviare le iniziative tematiche e regolamentari per verificare e disciplinare quando, e a quali condizioni, la "cenere vulcanica proveniente dall'Eruzione dell'Etna" può essere utilizzata come prodotto nel settore dell'edilizia. Infatti tale soluzione ha una innegabile rilevanza economica per tutto il settore dell'edilizia»;

   successivamente, in data 12 novembre 2014, la Camera ha approvato l'ordine del giorno con il quale si impegna il Governo «a valutare la possibilità di avviare ogni opportuna verifica presso le strutture ministeriali competenti circa la possibilità di cessare lo status giuridico di rifiuto per la cenere vulcanica proveniente dalle eruzioni dell'Etna per essere utilmente avviata nel ciclo di recupero e riutilizzo per la produzione di materiali nel settore edilizio»;

   il recupero e riutilizzo delle ceneri vulcaniche dell'Etna potrebbe diventare un'importante attività per promuovere l'economia circolare e la sostenibilità ambientale nel territorio siciliano e più in generale a livello nazionale, come imposto dalle direttive europee e dalla sfida ai cambiamenti climatici per il quale il nostro Paese è fortemente impegnato –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno verificare lo stato di attuazione della procedura di cessazione dello status giuridico di rifiuto per la cenere dell'Etna, ponendo con urgenza rimedio – se tale procedura non risulti conclusa – al ritardo nell'espletamento della valutazione e garantendo l'esito della procedura.
(5-12890)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 febbraio 2016 è stata pubblicata la risoluzione n. 7-00925 che tratta l'argomento della gestione dei fanghi di depurazione con specifico riferimento alla possibile contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas);

   in data 8 febbraio 2017 è stata approvata dalla Commissione ecomafie la relazione sull'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in alcune aree della regione Veneto, che affronta i gravi aspetti sanitari correlati all'esposizione a Pfas;

   in data 27 giugno 2017 è stata pubblicata la risoluzione presentata al primo firmatario del presente atto finalizzata a impegnare il Governo anche in relazione allo «stop» alla produzione di Pfas e all'inquinamento, e alla richiesta di stato d'emergenza per le aree intorno alla Miteni di Trissino (VI), responsabile del 97 per cento delle emissioni Pfas secondo la relazione ecomafie;

   i dati dell'Arpa Vicenza in merito al depuratore la Valle dell'Agno, a Trissino, gestito da Alto vicentino servizi (AVS) mostrano concentrazioni di Pfas totali di 269 microgrammi/chilogrammo di sostanza secca nei fanghi e di depurazione civile catalogati CER 190805;

   sono stati inviati alla discarica di Mariana Mantovana (MN), gestita da Tea s.p.a. nel 2013: 2272,74 tonnellate, nel 2014: 2229,98 tonnellate nel 2015: 2196,46 tonnellate nel 2016: 2210,98 tonnellate di fanghi, in totale 8.910,16 tonnellate, che potrebbero equivalere a circa 2,396 chilogrammi di Pfas in maggioranza Pfos e non risulta alcun trattamento specifico dei percolati di tale discarica;

   pensando al limite di 500 ng/litro di Pfas della normativa nazionale sulle acque (decreto legislativo n. 172 del 2015), questa quantità di potrebbe potenzialmente portare a soglia di contaminazione 5 miliardi di metri cubi di acqua, dopo un chilogrammo circa di Pfas giunto all'azienda Indecast di Castiglione delle Stiviere (Mantova) che ha portato a soglia due miliardi di metri cubi di acqua;

   si rileva il primo articolo di stampa locale sulla questione pubblicato sulla Gazzetta di Mantova, il 21 febbraio 2016 relativo alla risoluzione presentata dal primo firmatario del presente atto in Commissione ambiente alla Camera; altri articoli di stampa veneta furono pubblicati già nel 2013 –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per fermare quello che agli interroganti appare un «turismo» dei fanghi contaminati da Pfas nonché per garantire adeguata gestione dei rifiuti contaminati da Pfas e adeguati controlli nelle aree della provincia di Mantova potenzialmente contaminate.
(5-12891)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LACQUANITI, MARTELLI e SBERNA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la Rocca di Lonato (o Castello di Lonato) è una costruzione fortificata che sovrasta il centro abitato di Lonato del Garda, in provincia di Brescia. Edificata a partire dal X secolo fu di proprietà dei conti di Montichiari, degli Scaligeri e dei Visconti che, con Bernabò, la potenziarono, estendendo le mura a tutto il borgo abitato. Nel 1920 la struttura venne acquistata dal senatore Ugo Da Como ed attualmente è di proprietà della fondazione che porta il suo nome;

   all'interno delle mura secolari del Castello, il comune di Lonato sta autorizzando la costruzione di un nuovo edificio, un centro congressi per convention, mostre, proiezioni e conferenze alto 3 metri, con una superficie di 500 metri quadrati, per una capienza superiore a 400 persone: il volume sarà realizzato in vetro e acciaio;

   la struttura andrà a sostituire l'attuale «tendone», una tensostruttura collocata all'interno della Rocca da ben 11 anni, senza autorizzazioni di sorta, e «utilizzata principalmente per cene e ricevimenti» come scritto nella relazione del tecnico progettista del nuovo edificio;

   il progetto del nuovo padiglione ha avuto il parere favorevole della Soprintendenza e dell'amministrazione comunale;

   la Fondazione Ugo da Como «è posta sotto la tutela e vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione ed esercita la sua attività» nel «promuovere ed incoraggiare gli studi, stimolandone l'amore nei giovani» e curando «la conservazione delle collezioni storiche, librerie, archivistiche e artistiche», oltre che del cospicuo patrimonio architettonico monumentale (Statuto, articolo 1);

   a parere degli interroganti con la realizzazione della nuova struttura permanente in vetro e acciaio si snaturerà irreparabilmente la struttura e l'aspetto architettonico di un importante monumento storico di assoluto rilievo cambiandone in pianta stabile la natura;

   così come, sempre a parere degli interroganti, vi è il rischio concreto che il nuovo padiglione in accordo con il comune sia utilizzato prioritariamente per attività di lucro quale prestigiosa location per cene, ricevimenti, sposalizi, e convention che già da ora sono pubblicizzate sul sito della Fondazione alla voce Wedding & Events (http://www.fondazioneugodaconno.it) e che nulla hanno a che fare con le finalità della Fondazione;

   si nota inoltre che il sindaco di Lonato chiamato ad approvare il progetto, è membro di diritto del consiglio della Fondazione, configurandosi così nella doppia figura di proponente giudice del medesimo progetto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per verificare e garantire il rispetto delle finalità statutarie dell'ente ed evitare lo snaturamento della struttura e dell'aspetto architettonico della Rocca Viscontea di Lonato attraverso l'inserimento di una struttura stabile ingiustificata e disarmonica rispetto al resto del Castello.
(5-12883)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   MOSCATT, PAGANI e VILLECCO CALIPARI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo militare della Croce Rossa italiana svolge numerose attività di supporto sanitario, ha operato nella missione Isaf e nell'operazione «Mare Nostrum»; il servizio di scorta nazionale antidoti è tra i compiti del personale militare della Cri, che si occupa anche di aiutare l'Esercito nel disinnesco di ordigni bellici;

   la riorganizzazione della Croce Rossa è stata adottata con decreto legislativo n. 178 del 2012 in base al cui articolo 1 è stata costituita l'Associazione della Croce Rossa Italiana; a questa sono state trasferite le funzioni dell'Associazione italiana della Croce Rossa, mentre quest'ultima ha assunto la denominazione di «Ente strumentale alla Croce Rossa italiana» conservando la natura di ente pubblico non economico;

   l'Associazione della Croce Rossa Italiana è autorizzata ad esercitare diverse attività d'interesse pubblico e a svolgere attività ausiliaria delle Forze Armate attraverso il Corpo militare volontario e il Corpo delle infermiere volontarie;

   il decreto legislativo n. 178 del 2012 dispone che il Corpo militare volontario e il Corpo delle infermiere volontarie delle Croce rossa sono disciplinati dal codice dell'ordinamento militare, nonché dal regolamento in materia di ordinamento militare, per quanto non diversamente disposto dal decreto. Il richiamo di cui all'articolo 986, comma 1, lettera b), nei confronti del personale del Corpo militare è disposto in ogni caso senza assegni;

   il corpo militare volontario, a breve, sarà costituito esclusivamente da personale volontario in congedo. Il personale appartenente al ruolo di cui sopra non è soggetto ai codici penali militari e alle disposizioni in materia di disciplina militare recate dai codici dell'ordinamento militare e dal relativo Testo unico regolamentare, fatta eccezione per quelle relative alla categoria del congedo;

   a fronte dell'aiuto del Corpo militare volontario della Cri, rimane da stabilire se il personale sia comunque richiamabile in servizio ai sensi dell'articolo 986, comma 1, lettera b), seppur senza assegni, e se questo consenta la conservazione del posto di lavoro di cui all'articolo 990 del codice dell'ordinamento militare;

   in questo, si inserisce anche la previsione di cui al decreto legislativo n. 178 del 2012 per la smilitarizzazione del contingente di personale militare della Cri in servizio permanente e quello stabilizzato –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative per supplire a tutti quei servizi che il corpo militare della Cri svolge, qualora il richiamo in servizio ai sensi dell'articolo 986, comma 1, lettera b), non dovesse essere più applicabile.
(5-12892)


   BASILIO, FRUSONE, CORDA, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'onorevole Domenico Rossi è stato nominato Sottosegretario di Stato alla Difesa il 29 dicembre 2016 con decreto del Presidente della Repubblica;

   l'onorevole Domenico Rossi ha ricevuto deleghe per la trattazione di alcune materie, come decreto del Ministro della difesa in data 19 gennaio 2017;

   l'onorevole Domenico Rossi, a seguito delle polemiche seguite al servizio della trasmissione televisiva «Le Iene» nel quale emergeva che il figlio dello stesso Sottosegretario era stato assunto come collaboratore parlamentare dal deputato Mario Caruso, dichiarava con un comunicato ufficiale in data 3 ottobre 2017: «In ogni caso, al fine di non coinvolgere l'Amministrazione che rappresento e per svolgere ogni azione in piena libertà e con maggiore serenità, ho deciso di rimettere le deleghe conferitemi dal Ministro della difesa»;

   sul sito ufficiale del Ministero della difesa, alla data del 28 novembre 2017, nella pagina riguardante il sottosegretario Rossi, risulterebbe che lo stesso sia ancora in possesso delle deleghe, nonostante le sue dichiarazioni di remissione delle stesse;

   le deleghe conferite al Sottosegretario Rossi risultano essere di importanza centrale in numerosi settori della difesa, per i quali occorre la massima chiarezza rispetto ai poteri di rappresentatività effettiva;

   le disposizioni normative riguardanti la pubblica amministrazione impongono che venga fornita la massima trasparenza nei confronti della cittadinanza;

    non risultano dichiarazioni ufficiali sulla questione da parte del Ministro della difesa Roberta Pinotti;

   Il Parlamento e l'opinione pubblica non sanno ancora se, a seguito delle dichiarazioni ampiamente pubblicate dai mass media, le deleghe del Sottosegretario Rossi siano state effettivamente ritirate da parte del Ministro Pinotti e in cosa consista (e con quale ruolo sia giustificata) la permanenza allo stesso, con tale incarico all'interno del Governo –:

   posto che, secondo l'interrogante, la Ministra Pinotti dovrebbe aver già provveduto al ritiro delle deleghe al Sottosegretario Rossi a suo tempo conferite, se siano state effettivamente ritirate tali deleghe e, in caso affermativo, come si giustifichi la sua permanenza al Governo.
(5-12893)


   DURANTI, PIRAS, CARLO GALLI, SCOTTO, LACQUANITI, ALBINI, NICCHI, MARTELLI, BOSSA e RICCIATTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dai principali organi di informazione nazionale – fra cui Repubblica ed Il Fatto Quotidiano – all'alba del 4 novembre 2017 la nave «Aquarius» della «SOS Méditerranée» avrebbe individuato, in acque internazionali a 25 miglia nautiche dalla costa ad est di Tripoli, due barconi trasportanti migranti in serio ed evidente pericolo;

   in seguito all'avvistamento dei barconi di cui sopra, alla nave «Aquarius» è stato impedito dalle Autorità Italiane di procedere con immediato salvataggio, ponendo l'equipaggio delle Ong in uno «stand-by» che è durato per 4 ore, fino all'arrivo delle motovedette libiche;

   tutto questo avveniva in condizioni meteorologiche che mettevano in ulteriore rischio la vita dei migranti trasportati. Come si legge infatti nella denuncia portata da Nicola Stalla, coordinatore dei soccorsi di Sos Méditerranée: «considerate le condizioni meteo e quelle dell'imbarcazione stessa, poteva rompersi e affondare da un momento all'altro. Siamo rimasti pronti ad intervenire con il nostro team e il nostro equipaggiamento professionale. Durante le quattro ore di stand by le condizioni meteo sono peggiorate aumentando così il rischio di naufragio.»;

   secondo Sophie Beau – cofondatrice e vicepresidente di Sos Méditerranée International inoltre: «Questo drammatico avvenimento è stato estremamente duro per i nostri team, costretti ad osservare impotenti operazioni che rimandano in Libia persone che fuggono quello che i sopravvissuti descrivono come un vero inferno e che noi non abbiamo mai cessato di denunciare dall'inizio della nostra missione. Sos Méditerranée non può accettare di vedere essere umani morire in mare né di vederli ripartire verso la Libia quando la loro imbarcazione è intercettata dalla Guardia costiera libica(...)»;

   l'Italia partecipata alla missione internazionale in supporto alla Guardia costiera libica – come previsto dal Consiglio dei ministri il 28 luglio 2017 – nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro e nella attuazione della operatività della fase 2 con passaggio alla fase 3 della missione Eunavformed-Sophia, volta a «neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti in mare che a termina» –:

   se l'iniziativa delle autorità italiane sia stata assunta nell'ambito delle citate operazioni della Marina militare ed in base a quale specifico protocollo operativo sia stato impedito l'immediato intervento della nave Aquarius – nonostante la chiara ed evidente situazione di pericolo in cui versavano oltre 400 persone – circostanza che evidenzia a giudizio degli interroganti una palese violazione della convenzione Sar del 27 aprile 1979 e della convenzione di Ginevra del 1951.
(5-12894)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 244 del 2012 e successive modificazioni è stato avviato un processo di revisione dello strumento militare nazionale e, con l'attuazione del «Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa» del 2015, si è cercato di riorganizzare l'intero sistema cercando di costituire un'unica forza integrata, ove il personale civile e militare operi in modo unitario;

   il Segretario generale della difesa/DNA Generale Stefanini e l'attuale Generale Magrassi hanno esposto una soluzione economica di circa 200 milioni di euro di recupero «gap» e una giuridica, rappresentando la «specificità» per giustificare l'inserimento nelle categorie di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001;

   con decreto ministeriale 16 giugno 2015, il Ministro interrogato ha istituito un apposito gruppo di lavoro presieduto dal Sottosegretario di Stato alla difesa, Onorevole Rossi, con lo scopo di riparametrare il trattamento economico del personale civile;

   nel 2016 sono state presentate le risultanze dell'attività del gruppo di lavoro e l'ipotesi concordata con le organizzazioni sindacali è stata l'istituzione di un fondo strutturale. Ulteriore ipotesi riguardava il transito del personale civile in regime pubblico, non esaminata per varie problematiche tra le quali, quella dovuta alle forti perplessità e contrarietà della maggior parte delle organizzazioni sindacali;

   con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 94 del 2017, recante il cosiddetto «riordino delle carriere», sono stati promossi oltre diecimila nuovi dirigenti esclusivamente militari;

   con direttiva del 28 giugno 2017 sono stati emanati i criteri di impiego del personale civile della difesa;

   dei circa 27.000 dipendenti civili della difesa solo 1/3 sono iscritti a sigle sindacali;

   il riordino delle Forze Armate non può più prescindere dal riordino dei 27.000 dipendenti civili della difesa che rappresentano 1/6 del totale di tutto l'organico dell'A.D.;

   con l'attuale ordinamento previsto dal contratto collettivo nazionale del lavoro, il lavoro del personale civile di tutte le aree funzionali risulta menomato nello svolgimento di fluide funzioni richieste nell'ambito delle operazioni di snellimento della pubblica amministrazione e tale personale risulta privo del sostegno minimo economico e di carriera;

   la tabella di corrispondenza tra gradi militari e inquadramenti civili che sarebbe dovuta essere recepita entro luglio 2017 non ha ancora trovato attuazione –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per riequilibrare il trattamento economico e le condizioni lavorative del personale civile della difesa, che, a parità di quantità e qualità del lavoro prestato, viene trattato, secondo gli interroganti, in modo palesemente diverso e peggiorativo rispetto al personale militare.
(5-12895)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 novembre 2017, la segreteria regionale della Lombardia della Federazione autonoma dei sindacati dei trasporti (Fast mobilità), venuta a conoscenza di un grave caso di sicurezza ferroviaria, ha segnalato, fra gli altri, alla direzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, alla direzione di Trenitalia e di Rfi la «non circolabilità del treno speciale denominato “Treno di Renzi” sulla linea Lecco-Sondrio»;

   l'organizzazione sindacale afferma che nella mattina del 16 novembre 2017 sia stato avvistato un treno transitare in direzione Sondrio intorno alle ore 7 e 40 nella stazione di Lernia sulla linea Lecco-Sondrio FL26 composto da materiale E414 con traccia non nota. Nella medesima comunicazione si assume che il treno fosse denominato «Destinazione Italia» recante il logo del noto partito politico, il Partito democratico, come livrea;

   il treno sarebbe privo di circolabilità su detta linea costituendo «un gravissimo caso che pone pregiudizi alla sicurezza ferroviaria», facendo circolare un treno con traccia occulta ma non idonea alla circolabilità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ciò corrisponda al vero e se possa fornire elementi, per quanto di competenza, in merito, chiarendo l'accaduto e il responsabile che abbia autorizzato il passaggio del treno indicato;

   se quanto sopra corrisponda al vero, quali iniziative il Ministro interrogato abbia posto in essere in relazione alle vicende sopra descritte e se intenda assumere iniziative volte a verificare la responsabilità di Ferrovie dello Stato S.p.A. in relazione a quanto accaduto e quali iniziative abbia predisposto per garantire la sicurezza ferroviaria;

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in ordine a quale sia la società titolare del contratto di noleggio, se vi sia l'intenzione di rescindere e se siano previste sanzioni per chi ha noleggiato e ha trasgredito;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della presenza di ulteriori transiti, futuri e passati, su altre linee ferroviarie con traccia non idonea alla circolabilità.
(5-12897)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANFREDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'ultima relazione della direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre 2016 pone il clan camorristico Polverino, come tuttora egemone negli equilibri camorristici di Napoli e del suo hinterland; nella predetta relazione si legge ad esempio che: «A Giugliano viene confermato il controllo egemonico del clan Mallardo, che mantiene forti legami sia con i Nuvoletta — Polverino di Marano, sia con i Licciardi e i Contini di Secondigliano», e che «A Marano, dove viene confermata l'affermazione di nuovi gruppi come i Nettuno e gli Orlando, entrambi i sodalizi agiscono sotto il cartello criminale dei Nuvoletta-Polverino»;

   nella stessa relazione un intero capitolo viene dedicato a prevenzione e contrasto del riciclaggio;

   da un comunicato stampa, di lunedì 20 novembre 2017, lanciato dall'emittente televisiva Julie Italia, risulterebbe che un personaggio condannato per riciclaggio del clan Polverino (sentenza Corte d'Appello di Napoli n. 5386/2014 del 12 novembre 2014) avrebbe ottenuto recentemente un sequestro di alcune frequenze televisive in suo favore;

   tali frequenze sarebbero parte di quelle su cui irradia la tv privata partenopea Julie Italia srl, molto nota in città per l'attività giornalistica anticamorra portata avanti negli ultimi vent'anni;

   i lavoratori dell'emittente nel comunicato fanno riferimento a minacce ed intimidazioni di stampo camorristico tali da mettere a rischio non solo il loro posto di lavoro, ma anche la loro incolumità;

   potrebbe pertanto verificarsi che una tv privata anticamorra possa passare sotto il controllo di personaggi considerati dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea strettamente collegati al clan Polverino-Spasiano;

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano intraprendere al fine di proseguire nella lotta alla criminalità organizzata.
(4-18730)


   D'ALIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Militello in Val di Catania (Catania), con delibera n. 134 del 10 novembre 2017, ha autorizzato il sindaco ad accettare la proposta di transazione con il comune di Scordia (Catania), in base alla quale il credito vantato dal comune di Militello in Val di Catania nei confronti del comune di Scordia viene decurtato del 60 percento, passando dalla somma di 4.782,02 euro alla somma di 2.869,21 euro;

   il risparmio così ottenuto per il comune di Scordia, pari alla somma di 1.921,81 euro, graverà esclusivamente nei confronti dei contribuenti dello stesso comune di Militello in Val di Catania;

   il comune di Scordia, con deliberazione del consiglio comunale n. 115 del 13 dicembre 2014, ha dichiarato il dissesto finanziario dello stesso comune;

   la commissione straordinaria di liquidazione, con propria deliberazione n. 10 del 17 novembre 2015 ha proposto al comune di Scordia l'adesione alla procedura di liquidazione semplificata, avvenuta con deliberazione della giunta municipale n. 137 del 19 novembre 2015;

   la stessa commissione, con deliberazione n. 7 del 12 luglio 2017, ha indicato l'individuazione dei criteri per la liquidazione della massa passiva ex articolo 258 del decreto legislativo n. 267 del 2000, stabilendo che, per la definizione transattiva dei crediti vantati al 31 dicembre 2013, sarebbe stata proposta ai creditori la percentuale unica del 60 percento dell'importo ritenuto ammissibile alla massa passiva;

   l'istituto del dissesto degli enti locali, mira a regolare quelle situazioni in cui la situazione finanziaria dell'ente è di una gravità tale, da impedirne il regolare svolgimento delle funzioni essenziali;

   l'articolo 244 del Tuel stabilisce che si ha dissesto finanziario laddove l'ente locale non possa garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistano nei confronti dello stesso crediti di terzi cui non si possa fare validamente fronte, né con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio del bilancio, né con lo straordinario riconoscimento del debito fuori bilancio;

   la procedura che segue la dichiarazione di dissesto finanziario mira a cristallizzare ad una certa data la situazione creditoria e debitoria dell'ente, affidandone la gestione ad una commissione esterna all'ente;

   la tutela delle ragioni dei creditori dell'ente, trova un limite importante nella necessità di assicurare la continuità di esercizio dell'amministrazione locale e, con essa, il regolare svolgimento dei servizi essenziali per la comunità;

   tali esigenze sono sottese al dettato di cui al successivo articolo 248 del Tuel, che introduce il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell'ente per debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione, prevedendo, altresì, che i pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere;

   a contrastare tale quadro normativo, si inseriscono due sentenze della Cedu, quella del 24 settembre 2013 (ricorso n. 43892/04) e quella del 24 settembre 2013 (ricorso n. 43870/04);

   secondo i giudici di Strasburgo, le esigenze di tutela della collettività non possono giustificare la frustrazione di un diritto di credito certo, liquido ed esigibile, in virtù di una sentenza passata in giudicato;

   di conseguenza, secondo i giudici di Strasburgo, la normativa italiana che disciplina la materia dello stato di dissesto degli enti locali, viola il diritto al rispetto della proprietà, dal momento che lo Stato è tenuto ad onorare interamente il debito di ogni sua articolazione centrale o periferica –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di fare chiarezza in merito alle disposizioni da applicare per il pagamento di crediti già maturati, liquidi ed esigibili, vantati nei confronti di enti locali dichiarati in stato di dissesto finanziario.
(4-18731)


   FEDRIGA e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 novembre 2017, con una lettera aperta pubblicata dal quotidiano Libero, il Segretario generale del sindacato autonomo di Polizia, Gianni Tonelli, si è rivolto al capo di polizia di Stato, prefetto Franco Gabrielli, per stigmatizzare l'apparizione del prefetto Stefano Gambacurta in un video incorporato nel programma elettorale di un noto Movimento politico;

   Stefano Gambacurta, attualmente direttore dell'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento di pubblica sicurezza e quindi, in tale veste, collaboratore strettissimo del prefetto Franco Gabrielli, è effettivamente apparso in un video, significativamente intitolato «Riorganizzazione delle Forze dell'Ordine», inserito nella pagina web che il Movimento Cinque Stelle ha aperto per rendere noto il suo programma in vista delle imminenti elezioni politiche;

   il prefetto Gambacurta ha per parte sua affermato, in una replica pubblicata su Libero il 24 novembre 2017, che il video era stato registrato in risposta ad una specifica esigenza manifestata dal Movimento Cinque Stelle, che aveva chiesto venissero illustrate al proprio pubblico alcune tematiche attinenti al funzionamento del sistema della sicurezza, confermando altresì di essere stato scelto a rappresentare l'amministrazione dell'interno con il pieno consenso dei vertici del Dicastero;

   a prescindere dall'effettiva congruità dei contenuti dell'intervento videoregistrato del prefetto Gambacurta rispetto alla linea ufficialmente sostenuta dal Movimento Cinque Stelle in materia di riorganizzazione del sistema di pubblica sicurezza, non vi, è dubbio che la presenza del filmato con le dichiarazioni dell'alto funzionario del Viminale nelle pagine web gestite dalla nota formazione politica abbia rappresentato per gli interroganti una poco opportuna forma di sostegno indiretto;

   in un momento in cui la politica di sicurezza assume grande importanza tra gli elettori, la presenza del video registrato dal prefetto Gambacurta o da altra autorità del Ministero dell'interno nel sito del Movimento Cinque Stelle potrebbe conferire a tale formazione un indebito vantaggio;

   il concetto sopra esposto è applicabile con riferimento a qualsiasi formazione politica –:

   se e per quali ragioni sia stato consentito al prefetto Stefano Gambacurta di apparire in un video destinato ad essere incorporato nell'edizione on line del programma del Movimento Cinque Stelle;

   se esista, e quale sia, la linea adottata dal Ministero dell'interno per regolare i contatti con i partiti politici in generale e specificamente durante la campagna elettorale per il rinnovo delle Camere;

   se non intenda assumere iniziative a chiarire in modo giuridicamente rilevante il confine tra la comunicazione istituzionale rivolta anche ad un partito politico ed ai suoi elettori e l'impegno al fianco di una forza o movimento politico;

   come il Governo intenda regolarsi in questo ed altri casi specifici assimilabili che comportino l'apparizione di alti funzionari sugli organi di stampa e sui siti web riconducibili ad una particolare formazione politica.
(4-18733)


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il giorno 11 ottobre 2016 l'ex prefetto di Catania, Maria Guia Federico, è stato audito dalla commissione parlamentare antimafia e – come riportato dalla stampa – «ha illustrato ogni passaggio delle verifiche effettuate insieme alle forze dell'ordine sui consiglieri comunali segnalati nella relazione della commissione regionale presieduta da Nello Musumeci»;

   nel corso della citata audizione è stato riportato come, per il comune di Catania, si sia tenuta una riunione di coordinamento per prendere in esame alcuni articoli di stampa relativi a presunti elementi di vicinanza di consiglieri a parenti vicini a sodalizi mafiosi. All'atto della ricezione della relazione della commissione antimafia regionale si è deciso di effettuare con i vertici delle forze dell'ordine un monitoraggio per reperire elementi. Da tale indagine si è evinto che vi sono rapporti di parentela che riguardano consiglieri, comunali e di circoscrizione, sia di maggioranza che di opposizione, ma nessuno di questi fa parte della giunta;

   in tale circostanza l'ex prefetto di Catania ribadiva che «Sebbene dagli accertamenti sia emerso che le notizie di stampa siano veritiere» relativamente a presenze di parenti di mafiosi nell'apparato amministrativo catanese «l'analisi ha permesso di evidenziare che non sussistono le condizioni per un accesso» al Comune;

   sulla questione specifica che riguarda Lorenzo Leone, presidente della sesta municipalità, anche lui inserito nella relazione della commissione regionale, la commissione antimafia ha fatto esplicita richiesta affinché venissero effettuati i necessari accessi agli atti al fine di verificarne la posizione. A tal proposito l'ex prefetto di Catania manifestava la sua disponibilità ad agire in tal senso;

   nel corso dell'audizione dell'attuale prefetto di Catania, Silvana Riccio, che si è svolta a Palermo il 14 ottobre 2017, a precisa domanda dell'interrogante circa l'esistenza di una richiesta di accesso agli atti in merito alla posizione di Lorenzo Leone, la stessa ha risposto in senso negativo anche in merito ad attività o riferimenti scritti alla questione in oggetto precedenti al proprio insediamento –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire, per quanto di competenza, al fine di verificare che siano state espletate tutte le procedure previste dalla legge, in particolare ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi all'ordinamento degli enti locali, in relazione alle vicende esposte in premessa.
(4-18737)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto Comprensivo «C.G.Cesare» in provincia di Ancona, a partire dall'anno scolastico 2016/2017 ha richiesto, per le scuole secondarie di I grado, con sede ad Osimo e Offagna, l'attivazione di un corso ad indirizzo musicale;

   tale richiesta è stata immediatamente sostenuta, con apposite delibere, dalla giunta comunale del comune di Osimo e da quella di Offagna, in considerazione sia dell'alto valore formativo della proposta avanzata e sia della già sperimentata attuazione di percorsi di orientamento musicale per studenti;

   il 19 gennaio 2016, la stessa assemblea legislativa della regione Marche, con delibera del 22 settembre 2015, n. 5 ha approvato la programmazione della rete scolastica delle Marche per l'anno scolastico 2016/2017, autorizzando l'attivazione dell'indirizzo musicale, con lo studio di quattro strumenti: chitarra classica, flauto trasverso, violino e pianoforte;

   da ultimo il 30 gennaio 2017, con la delibera n. 84, la giunta regionale delle Marche ha confermato il parere favorevole all'attivazione per l'anno scolastico 2017/2018 dell'indirizzo musicale per le sedi di Osimo e Offagna, dell'Istituto Comprensivo «C.G. Cesare», avendo consapevolezza dell'eccellenza della tradizione culturale e musicale dei territori interessati;

   nonostante le delibere citate l'ufficio scolastico regionale non ha ancora attivato il corso di indirizzo musicale;

   eppure sin dall'anno scolastico 2004/2005 l'Istituto in questione ha sviluppato una didattica particolarmente attenta allo studio di uno strumento musicale, concretizzatasi nell'anno scolastico 2016/2017 con l'avvio di una forma sperimentale di indirizzo musicale, che ha coinvolto, con profitto, una trentina di ragazzi delle prime classi della scuola secondaria di primo grado;

   tale attività regolarmente inserita nel piano triennale dell'offerta formativa, in mancanza dell'assegnazione di organico da parte dell'ufficio scolastico regionale è stata realizzata attingendo a risorse economiche esterne –:

   se il Ministro interrogato, alla luce della richiesta presentata dall'Istituto Comprensivo «C.G. Cesare», in provincia di Ancona e sostenuta dalle istituzioni locali a vario titolo coinvolte, ritenga opportuno di assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire per il prossimo anno scolastico, l'attivazione dell'indirizzo musicale presso le sedi di Osimo e Offagna, anche facendo ricorso all'organico dell'autonomia.
(4-18732)


   PAGANO e CASTIELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è di poche settimane fa l'esplosione di un caso mediatico-politico, relativo alle indicazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca circa il fatto che i genitori, personalmente o mediante terzi, siano tenuti a prelevare i figli minori di 14 anni dalle scuole medie all'ora di uscita;

   nella maggioranza dei Paesi europei e non, i bambini di 7-8 anni raggiungono i plessi scolastici in autonomia;

   gli studiosi di psicologia da tempo lamentano che l'eccessiva presenza degli adulti fuori le scuole primarie, incide negativamente sulle autonomie personali dei fanciulli;

   la cosa più grave, secondo gli interroganti, è che apparati statuali, abbiano inteso sostituirsi ai genitori nelle scelte di vigilanza ed educazione: lasciare che i propri figli escano e rincasino da soli è una naturale scelta pedagogica, i ragazzi hanno diritto di crescere con la necessaria sicurezza di sé, con quella naturale autostima, che ha contraddistinto sempre con la dovuta gradualità la crescita dei bambini e degli adolescenti;

   questa decisione secondo gli interroganti si pone in contrasto con quanto previsto dagli articoli 29 e 30 della Costituzione, dall'articolo 26 della Dichiarazione dei diritti umani;

   questa grave intromissione pubblica nella sfera educativa che è di esclusiva pertinenza delle famiglie, nasce da un equivoco: infatti la Corte di Cassazione aveva emanato un'ordinanza, determinando la responsabilità in sede civile di un Istituto per un sinistro occorso ad un minore nel tragitto che dal cancello scolastico conduce alla salita del pulmino. L'episodio si è avuto per il semplice fatto che l'Istituto con proprio regolamento, si era dotato di una norma specifica, per garantire una vigilanza anche oltre a propria sfera di intervento;

   la legge n. 297 del 1994, all'articolo 10, comma 3, lettera a), riconosce al «Consiglio di circolo o d'Istituto» un «potere deliberante» circa le modalità di vigilanza sugli alunni durante l'ingresso e la permanenza nonché durante l'uscita;

   il contratto collettivo nazionale dei docenti ribadisce il concetto (articolo 29, comma 5): «sono tenuti a trovarsi in classe cinque minuti prima dell'inizio delle lezioni e devono assistere all'uscita gli alunni medesimi»;

   la legge n. 53 del 2003 all'articolo 3, lettera e), dichiara che «l'istruzione del ciclo di scuola media secondaria è finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio e culturale, professionale, al rafforzamento delle attitudini di interazione sociale»;

   vista l’impasse interpretativa, alcuni parlamentari si sono premurati di proporre emendamenti al disegno di legge di conversione del cosiddetto «decreto fiscale» di recente approvato in via definitiva dalle Camere, per «salvare» genitori e scuole in merito alla questione; la nuova disciplina approvata prevede una sorta di liberatoria con cui i genitori possono autorizzare la scuola in cui sono iscritti i propri figli minori di 14 anni a consentirne l'uscita autonoma dai locali scolastici al termine dell'orario delle lezioni;

   in provincia di Caserta vi sarebbe stato un caso di due ragazzini di 12 e 11 anni trattenuti fisicamente a scuola, malgrado i genitori giustamente avevano diffidato l'istituto a trattenerli per lasciarli invece uscire liberi come sempre accaduto. È intervenuta la Polizia di Stato, allertata dai genitori e ne è derivata una denuncia per sottrazione dei minori e sequestro contro la dirigente scolastica;

   secondo gli interroganti, la Ministra interrogata dovrebbe presentare delle scuse per i gravi disagi patiti dal personale scolastico e dalle famiglie, ribadendo che le prerogative di vigilanza sui minori al di fuori dell'ambito scolastico, riconosciute dalla Costituzione, non saranno mai più intaccate –:

   se non intenda assumere iniziative per assicurare la massima divulgazione delle nuove discipline di cui in premessa in materia di uscita dei minori di 14 anni dai locali scolastici, in modo tale da fornire al riguardo tutte le informazioni necessarie al personale scolastico e alle famiglie;

   se intenda accertare le possibili responsabilità, per quanto di competenza, delle autorità scolastiche, nello specifico caso accaduto in provincia di Caserta.
(4-18738)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 novembre 2017 durante un incontro tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'azienda «Mantovani Spa» e le organizzazioni sindacali veniva comunicato alla stessa azienda che non sarebbe stata concessa la proroga della Cassa integrazione straordinaria (CIGS) che interessava i dipendenti dell'azienda;

   in quella sede l'azienda comunicava il ritiro della procedura di licenziamento per 102 dipendenti;

   in data 28 novembre 2017 Mantovani ha annunciato l'avvio della procedura di licenziamento per 172 lavoratori, di cui 143 presso la sede di Venezia, addetti alla realizzazione del sistema Mose;

   secondo l'azienda la gestione commissariale del Consorzio Venezia Nuova non ha saldato il corrispettivo di 40 milioni di lavori (20 secondo i commissari) già effettuati e ha tolto alla stessa ulteriori lavori per un valore di produzione di circa 100 milioni di euro;

   questa scelta, oltre a creare grave e intollerabile nocumento per i lavoratori e le loro famiglie, rischia di compromettere i termini per il completamento e la messa in esercizio del sistema di dighe mobili Mosse per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte eccezionali, mettendo a rischio l'integrità del sito Unesco;

   la scelta dell'azienda di avviare la procedura di licenziamento anche per molte figure di alta professionalità nei fatti ne pregiudicherà la capacità di essere competitiva sul mercato con altro i soggetti imprenditoriali;

   del tutto incongrua appare la scelta di limitare il livello della trattativa al solo tavolo regionale, giacché gli interventi di realizzazione del Mose rientrano all'interno del preminente interesse nazionale per la salvaguardia di Venezia statuito dalla corrente legislazione ed esigono un coinvolgimento pieno del Governo –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per quanto di competenza per garantire i livelli occupazionali e tutelare i lavoratori interessati dalla procedura, nonché per non pregiudicare la conclusione e la messa in esercizio del sistema Mose.
(5-12884)


   TRIPIEDI, COMINARDI e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la categoria del lavoratori precoci comprende tutti coloro i quali hanno iniziato a lavorare in giovane età, cumulando oltre 40 anni di contributi versati, ma con un'età anagrafica non sufficiente al raggiungimento dei requisiti pensionistici;

   per i lavoratori precoci, l'ordinamento previdenziale pubblico obbligatorio consente il pensionamento a prescindere dall'età anagrafica, in quanto valuta preponderante, rispetto alla data di nascita, la quantità di contributi versati nell'arco dell'intera vita lavorativa;

   tuttavia, il decreto-legge n. 201 del 2011 ha innalzato i requisiti contributivi portandoli, nel triennio 2016-2018 per i lavoratori uomini da 40 a 42 anni e 10 mesi di contributi e per le lavoratrici donne a 41 anni e 10 mesi di contributi, aumentando l'età lavorativa a quasi tre anni in più rispetto al passato –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire dati aggiornati al dicembre 2017 circa:

    a) il numero complessivo ed attuale dei lavoratori precoci presenti nella regione Lombardia, suddivisi per ogni provincia, con distinzione tra le anzianità contributive dei 40 anni, 41 anni e 42 anni;

    b) numero complessivo ed attuale dei lavoratori precoci presenti nelle province lombarde, suddivisi per ogni singolo comune, con distinzione tra le anzianità contributive dei 40 anni, 41 anni e 42 anni;

    c) il numero di lavoratori che hanno maturato più di 40 anni di contributi suddivisi in maschi femmine, lavoratori autonomi e dipendenti privati, lavoratori del settore pubblico e privato, con riferimento alle singole province della regione Lombardia;

   se i Ministri interrogati dispongano di tabelle con il dettaglio dei dati sopra indicati e, in caso affermativo, se si intendano renderli disponibili.
(5-12888)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 30 novembre 2017 UniCredit ha annunciato, al termine di una trattativa durata circa un anno e coperta da clausole di reciproca confidenzialità e riservatezza, di aver sottoscritto un accordo preliminare vincolante per la cessione delle attività di credito su pegno in Italia al Gruppo Dorotheum, casa d'aste austriaca;

   l'operazione rientra nella strategia di UniCredit di alienazione degli asset non strategici e coinvolge complessivamente circa 175 dipendenti operanti in 35 filiali distribuite su tutto il territorio italiano insediate prevalentemente in Lazio, Campania e Sicilia;

   per la banca italiana tale operazione comporterà incassi da cessione per 141 milioni di euro, oltre a un potenziale earn-out di altri 10 nel triennio, con la conseguenza di un miglioramento di 4 bps del CET1 Ratio;

   l'attività prevalente di Dorotheum è la vendita di beni all'asta, ma non è marginale quella di credito su pegno, con il 90 per cento della quota di mercato austriaco ed una trentina di filiali;

   l'acquisizione del ramo aziendale in oggetto deriva evidentemente dalla volontà di espandere la propria operatività anche in Italia;

   nelle prossime settimane UniCredit e Dorotheum lavoreranno insieme per le attività di affinamento dell'operazione, il cui closing è previsto entro la fine del primo semestre del 2018, mediante il trasferimento del ramo d'azienda relativo alle attività del credito su pegno ad una nuova società finanziaria ex articolo 106 del Testo unico bancario che sarà acquisita interamente da Dorotheum;

   si registrano ad oggi fortissime perplessità delle organizzazioni sindacali, che temono possano mutare l'operatività di un segmento ad alta redditività e privo di rischio di credito, a danno dei soggetti più deboli, sempre sottoposti al rischio di cadere vittima degli usurai;

   non si sono inoltre ancora ricevute le necessarie garanzie a tutela dei lavoratori coinvolti, in termini di garanzia di continuità occupazionale e contrattuale –:

   se e come il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, in relazione al rischio che l'eventuale cessione dell'attività di prestito a pegno da parte di UniCredit comporti l'indebolimento o la maggiore onerosità di una componente dell'attività di credito che storicamente rappresenta l'ultimo presidio legale prima del prestito usuraio;

   se e come intenda sostenere il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori eventualmente coinvolti nella cessione dell'attività alla piena continuità occupazionale, dei loro diritti e dei livelli salariali.
(4-18736)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 25 ottobre 2017, il consiglio regionale della Sardegna ha approvato in via definitiva la riforma della rete ospedaliera della Sardegna che recepisce il sistema di classificazione delle strutture ospedaliera ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 70;

   il provvedimento avrebbe destato molteplici preoccupazioni perché determinerebbe un potenziamento eccessivo delle strutture ospedaliere delle aree urbane di Cagliari e Sassari a discapito delle zone interne della Sardegna, circostanza che determinerebbe un vero e proprio vuoto assistenziale in molte aree dell'isola;

   è il caso di sottolineare che la riforma si inserirebbe in un contesto che si caratterizzerebbe già per l'inadeguatezza dei servizi di assistenza sanitaria e, in generale, per una situazione di sofferenza dei territori sotto il profilo economico, sociale e infrastrutturale;

   a titolo esemplificativo, giova riferire la situazione dell'ospedale San Giuseppe di Isili, da sempre punto di riferimento per un territorio particolarmente ampio, dal Sarcidano, alla Barbagia di Seulo, all'alta Trexenta, a parte della Marmilla, che conterebbe una popolazione di circa 45-50 mila abitanti, costituita in prevalenza da anziani;

   con la suddetta riforma, l'ospedale San Giuseppe sarebbe stato sottoposto a un drastico ridimensionamento che, per le modalità in cui verrebbe attuato e per il disorientamento che starebbe creando tra le popolazioni, assume le dimensioni di una vera e propria smobilitazione della sanità nel territorio;

   la struttura passerebbe da due a una sala operatoria; la chirurgia non tratterebbe più alcune importanti patologie; l'area di degenza verrebbe organizzata in un unico modello di ricovero bimodulare (medica e chirurgica), mentre si perderebbe per sempre la struttura complessa e il reparto per la degenza post-operatoria di chirurgia con i rispettivi posti letto dedicato; si perderebbe il 20 per cento dei posti letto totali in medicina; il pronto soccorso perderebbe l'autonomia nella valutazione delle urgenze in loco che passerebbe alle strutture di Cagliari (S.S. Trinità-Is Mirrionis);

   a seguito di un recente sopralluogo, l'interrogante ha potuto constatare le gravi condizioni in cui opererebbe la struttura, il forte sottodimensionamento del personale e, in generale, l'assenza di un'adeguata e coerente gestione;

   tra le altre cose, infatti, è il caso di segnalare quella che appare all'interrogante l'incongruenza di una programmazione regionale che ha speso oltre 700 mila euro per ristrutturare il blocco operatorio che, però, non sarebbe utilizzato perché la struttura può contare su un unico chirurgo che, da solo non può operare;

   come detto, questo stato di cose starebbe spostando il fulcro dell'assistenza da questo territorio verso i presìdi più vicini (Cagliari e Muravera) che distano dai 70 ai 100 chilometri, una circostanza in cui, nelle more del servizio di elisoccorso e nelle condizioni di inadeguatezza delle rete stradale, sta determinato un elevato livello di rischi per la salute dei cittadini;

   a quanto consta all'interrogante il provvedimento della regione Sardegna non sarebbe in linea con il decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 70, soprattutto per quanto concerne le deroghe riconosciute ai presìdi ospedalieri in zone particolarmente disagiate, come quella di Isili –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   alla luce delle criticità evidenziate in premessa relative alla regione Sardegna, quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per assicurare il pieno rispetto del decreto ministeriale n. 70 del 2015, con particolare riferimento alla dislocazione e all'adeguatezza dei presìdi ospedalieri in zone particolarmente disagiate.
(4-18734)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA, VALLASCAS, DA VILLA, DELLA VALLE, FANTINATI e CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da notizie di stampa che l'Autorità Antitrust europea ha chiesto l'uscita del gruppo Marcegaglia dalla cordata con ArcelorMittal a cui il Governo ha deciso di cedere l'Ilva di Taranto, nonché della cessione dell'impianto di Piombino da parte della stessa ArcelorMittal;

   l'8 novembre 2017 la Commissione europea ha aperto un'indagine approfondita sul piano per verificare se la cordata AM Investco, a valle dell'acquisizione, avrà una quota del mercato europeo superiore al 40 per cento. Il gruppo franco-indiano si era detto pronto a cedere asset in altri Paesi europei per ridurre il proprio potere di mercato;

   la Commissione, tramite una lunga nota firmata dalla commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, aveva parlato di una «prima fase dell'indagine» che «ha messo in luce vari aspetti problematici»;

   il timore principale è legato a una riduzione della concorrenza e a un aumento dei prezzi per i prodotti piani di acciaio al carbonio laminati a caldo, a freddo e zincati utilizzati dalle imprese in vari settori, dall'edilizia all'auto. La preoccupazione è che la restrizione della concorrenza possa portare, sopratutto per, le piccole e medie imprese dell'Europa meridionale, un aumento dei prezzi. La Commissione intende valutare anche se ci possano essere effetti su offerta e prezzi di altri prodotti come l'acciaio a rivestimento metallico utilizzato per gli imballaggi;

   inoltre, oltre al capitolo industriale, il confronto tra Ilva e Commissione resta aperto anche sul fronte ambientale e nuove perplessità sarebbero sorte a Bruxelles riguardo al piano di bonifica presentato dalla cordata guidata da ArcelorMittal, che verrebbe applicato su un arco di cinque anni, un periodo troppo esteso per porre fine a una situazione ritenuta critica non solo dagli ambientalisti e dai cittadini di Taranto;

   tutta la vicenda esposta è complicata, alla luce del fatto che l’Antitrust prenderà la decisione finale sulla vendita Ilva a marzo 2018 e dunque ogni trattativa che oggi si porta avanti sarà condizionata da tale decisione –:

   quali siano le informazioni e l'orientamento del Governo sui atti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere nel caso in cui l'Autorità Antitrust europea chieda l'uscita del gruppo Mercegaglia dalla cordata AcelorMittal.
(5-12885)


   RICCIATTI, SCOTTO, EPIFANI, FERRARA, SIMONI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, PIRAS, NICCHI, QUARANTA, ZARATTI, FRANCO BORDO, MELILLA, SANNICANDRO, ALBINI, MURER, BOSSA, LAFORGIA, CARLO GALLI e ZOGGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da un rapporto a cura della Fiom e delle Fondazioni «Claudio Sabattini», e «Giuseppe Di Vittorio», dal titolo «Mobilità auto – il futuro è adesso», si legge che il gruppo Fca anche se ha raggiunto una riduzione del debito industriale con un aumento degli utili e una valorizzazione delle azioni sul piano produttivo non ha una posizione di leadership e nella geografia dei mercati non appare un soggetto in crescita;

   sempre come rileva lo studio, la Fca, ha una capacità produttiva installata in Italia di almeno un milione e quattrocentomila veicoli, ma lo scorso anno ne sono stati prodotti meno di un milione, compresi i veicoli leggeri;

   la scelta dello spostamento verso l'alto della gamma in Italia ha accresciuto i problemi di volume e di occupazione e l'assenza di un piano di innovazione che aumenti i modelli ha determinato il rischio concreto per i principali stabilimenti di assemblaggio di un definitivo esaurimento degli ammortizzatori sociali, a partire da Mirafiori e Pomigliano-Nola;

   inoltre, come si apprende da fonti di stampa, la nuova versione del modello Panda, oggi prodotta nello stabilimento di Pomigliano sarà realizzata in Polonia, determinando inevitabilmente una perdita industriale, produttiva ed occupazionale non solo degli operai, ma anche di tecnici ed ingegneri, lasciando oltretutto aperto l'interrogativo sul processo di riorganizzazione e sul ruolo della ricerca e dello sviluppo aziendale, sia sul processo produttivo sia sulla parte della componentistica –:

   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire l'integrità della capacità produttiva, occupazionale e di ricerca e sviluppo di Fca in Italia, con particolare riferimento al profilo industriale dello stabilimento di Pomigliano.
(5-12886)


   BENAMATI, DE MARIA e FABBRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 13 novembre 2017 si è verificata nell'Appennino tosco-emiliano, in particolare tra le province di Bologna e Reggio Emilia, la prima nevicata della stagione. Nonostante si trattasse di una nevicata di lieve entità la rete elettrica nazionale ha subito molti danni e sono stati numerosi i disagi provocati sia dall'assenza di energia elettrica, di acqua corrente e di gas sia dal blackout dei servizi di telefonia, principalmente mobile;

   già nel febbraio 2015, il territorio dell'Emilia-Romagna era stato funestato da eccezionali condizioni di maltempo che avevano provocato, in tutte le province della regione, una grave interruzione della fornitura elettrica con circa 500 mila cittadini coinvolti senza luce, riscaldamento, acqua, collegamenti telefonici e internet;

   a distanza di 3 anni dall'evento calamitoso succitato, i cittadini di alcuni comuni dell'Emilia-Romagna si sono trovati di nuovo a vivere disagi e disservizi connessi alla mancanza di energia elettrica, risultando circa 30 mila le utenze coinvolte fra Bologna e Reggio Emilia, con l'aggravante che in questo caso le precipitazioni nevose sono state molto modeste (circa 30 centimetri);

   anche in questo caso sembrerebbe che la causa dei danni e dei prolungati disservizi sia imputabile a linee elettriche obsolete e inadeguate (le linee rifatte dopo gli eventi del 2015 non hanno infatti subito danni), alla insufficiente manutenzione effettuata (anche riguardo alla potatura degli alberi) nonché all'utilizzo, in fase di emergenza, di squadre di pronto intervento con poca conoscenza dei luoghi e prive degli strumenti idonei per questo tipo di interventi;

   i sindaci dei comuni colpiti dal blackout elettrico hanno inoltre lamentato una difficoltà di contatto con Enel e con altre strutture tecniche durante l'emergenza: i call center non hanno funzionato né verso le amministrazioni, né verso i cittadini rimasti in attesa del ripristino del collegamento elettrico per diversi giorni senza potersi organizzare per ridurre i disagi e i danni per la propria famiglia o attività economica –:

   se il Ministro interrogato abbia verificato le ragioni di tale situazione anche al fine di intervenire, per quanto di competenza, per garantire che tali disservizi non si ripetano, valutando anche la promozione di un protocollo di intervento con modalità risolutive delle criticità esposte in premessa.
(5-12887)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Sberna e altri n. 1-01644, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lainati.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Martella e Damiano n. 5-11311, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baruffi.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Borghi e altri n. 3-03420, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Toninelli n. 7-01396, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 887 del 17 novembre 2017.

   La I Commissione,

   premesso che:

    il rinnovo delle Camere è un momento cruciale per qualsiasi democrazia perché rappresenta lo strumento con cui vengono scelti i rappresentanti del popolo in Parlamento;

    nessun Paese può dirsi esente da fenomeni illeciti, brogli, violazioni, palesi o latenti, del procedimento elettorale in tutte le fasi del suo svolgimento, ivi comprese le fasi conclusive delle operazioni di voto e scrutinio e la disciplina della cosiddetta «par condicio»;

    a giudicare dalle denunce, recenti e non, successive alle tornate elettorali, è facile comprendere che nel nostro Paese i fenomeni di compressione della libertà di voto o connessi a brogli non sono da considerarsi occasionali né esigui, pur consci del fatto che non sia in discussione la libertà dell'esercizio materiale del voto;

    alla luce di quanto sino ad ora esposto, l'attività di monitoraggio elettorale costituisce una componente fondamentale della politica dell'Unione europea ed essa ha avuto e ha ad oggetto eventi elettorali di tutti i Paesi, a prescindere dal loro tasso di sviluppo democratico. Si ricorda, a questo proposito, la presenza di osservatori nelle elezioni presidenziali negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna;

    si ritiene opportuno sollecitare l'attenzione dell'attività di monitoraggio elettorale svolta dalle organizzazioni internazionali per il tramite di osservatori;

    con il decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, fu disposta espressamente l'ammissione della presenza ai seggi elettorali di osservatori dell'Osce in occasione delle elezioni politiche del medesimo anno;

    successivamente, un nuovo decreto-legge adottato dal Governo il 15 febbraio 2008 e convertito dal Parlamento il 29 febbraio 2008, ha nuovamente aperto la porta agli osservatori dell'Osce per il monitoraggio delle elezioni politiche;

    il decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223, ha espressamente disposto l'ammissione di osservatori elettorali internazionali presso gli uffici elettorali di sezione in occasione delle elezioni politiche del 2013, anche indicando le procedure di accreditamento;

    con il documento della riunione di Copenaghen della Conferenza sulla dimensione umana della Csce (oggi Osce), i Paesi membri, come si legge al punto 8, hanno sottoscritto e convenuto che presenza di osservatori, sia stranieri sia nazionali, può migliorare il processo elettorale per gli Stati nei quali si tengono elezioni. Pertanto, essi inviteranno osservatori provenienti da altri Stati partecipanti alla Csce le istituzioni e le organizzazioni private appropriate che lo desiderino ad osservare lo svolgimento delle loro procedure elettorali nazionali nella misura consentita dalla legge. Essi inoltre si sforzeranno di agevolare un analogo accesso nel caso di procedimenti elettorali svolti ad un livello inferiore a quello nazionale. Tali osservatori si impegneranno a non interferire nelle operazioni elettorali;

    a luglio 2016 con decisione unanime, i 57 Paesi membri dell'Osce hanno conferito all'Italia la presidenza per il 2018, proprio l'anno in cui ci saranno le elezioni politiche in Italia,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente iniziative, anche normative, per avanzare all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) la richiesta di invio di osservatori elettorali in occasione delle prossime elezioni politiche al fine di assicurare la loro presenza presso gli uffici elettorali di sezione.
(7-01396) «Toninelli, Scagliusi, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Zolezzi n. 4-17150 del 3 luglio 2017;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Benamati n. 5-12879 del 4 dicembre 2017;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Ricciatti n. 5-12880 del 4 dicembre 2017;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Crippa n. 5-12882 del 4 dicembre 2017.