Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 22 novembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    si parla oramai da almeno tre anni insistentemente, grazie soprattutto al Movimento 5 Stelle di Bologna, della situazione dell'azienda BredaMenarinibus che nacque nel 1987, dallo scioglimento del consorzio Inbus le cui produzioni furono trasferite alla Bredabus, società della capogruppo Breda Costruzioni Ferroviarie, controllata dall'ente pubblico Efim;

    nel 1989, Breda Costruzioni Ferroviarie acquisì la Menarini di Bologna, nata nel 1919 divenendo BredaMenarinibus; negli anni Novanta Efim, venne posta in liquidazione coatta e le partecipazioni industriali furono trasferite a Finmeccanica;

    il 1° gennaio 2015 Finmeccanica ha ceduto la BredaMenarinibus alla neocostituita Industria Italiana Autobus s.p.a., partecipata all'80 per cento da King Long Italia s.p.a. e al 20 per cento dalla stessa Finmeccanica; a maggio 2015 è stato comunicato da parte della Industria italiana autobus, la società che ha inglobato il 1° gennaio 2015 la ex Bredamenarini di Finmeccanica (a Bologna) e la ex Irisbus di Fiat (a Flumeri, Avellino), l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per un quarto dei lavoratori in forza (46 su 184) a Bologna;

    l'azienda è sinonimo di manodopera italiana ed è motivo di vanto leggere all'estero tale marca sui mezzi pubblici e non solo e riconoscere la sigla italiana e romagnola di Breda; è decisamente una delle realtà di cui l'Italia può o meglio potrebbe vantarsi a dispetto degli altri Paesi ma il pozzo dell'oblio e della non curanza sono gratuiti e senza fondo;

    il Governo si è dichiarato più volte disponibile a seguire con attenzione la vicenda grazie alle numerose e diverse sollecitazioni del Movimento 5 Stelle sia dai banchi dell'XI Commissione permanente alla Camera sia in Consiglio comunale a Bologna;

    ancora oggi si assiste ad una situazione in cui numerosi dipendenti della stessa Breda sono a casa in cassa integrazione e la strada prescelta è il pagamento della cassa stessa, piuttosto che il reintegro in azienda con un gravame di costi non irrisorio;

    dall'altro lato si assiste ad una cospicua richiesta di commesse che vedrebbe il ritorno in auge dello storico stabilimento bolognese il cui indotto sul territorio della città metropolitana di Bologna e su tutta l'area non è né sottovalutabile né tanto meno ignorabile,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza per porre in essere le condizioni, di concerto con l'azienda, per un rilancio delle attività produttive e per un reintegro degli addetti attualmente in cassa integrazione;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza per sostenere i dipendenti dell'azienda e le loro famiglie in una fase di forte difficoltà economica;

   ad adottare iniziative per prevedere specifiche agevolazioni fiscali per aziende storiche e fortemente radicate sul territorio, che si trovano in condizioni di crisi produttiva, come nel caso della ex Bredamenarini;

   a promuovere un progetto, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di garantire una presenza in azienda di giovani delle scuole medi superiori e di studenti universitari, in qualità di stagisti, con il compito di affiancare le maestranze presenti e coadiuvare l'opera storica della Breda.
(1-01756) «Dall'Osso, Tripiedi, Chimienti, Ciprini, Cominardi, Lombardi, Brescia, Di Benedetto, Corda, Paolo Bernini, Alberti, D'Incà, Brugnerotto, Caso, Grande, Della Valle, Marzana, Dieni, Cozzolino, Frusone».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    sin dall'inizio della vicenda dell'Ilva la salvaguardia, il sostegno e la tutela dell'indotto erano stati annunciati come obiettivi fondamentali dell'intervento Governo;

    in tal senso, nell'ambito del decreto-legge n. 1 del 2015, una delle misure adottate riguardava l'individuazione, quali prededucibili, dei crediti delle piccole e medie imprese che avrebbero svolto, sotto il regime del commissario straordinario, attività per la prestazione di beni e servizi in ambito ambientale, per la sicurezza e per la continuità degli impianti produttivi, nonché per l'attuazione dello stesso piano ambientale;

    al fine di confermare il proprio rapporto con l'azienda Ilva nonché di permettere allo stabilimento siderurgico di proseguire l'attività nell'ambito dell'amministrazione straordinaria, le aziende dell'indotto e del sub-indotto Ilva del territorio tarantino hanno continuato a svolgere il proprio lavoro connesso all'attività dell'Ilva, anche in assenza di pagamento dei servizi;

    la disponibilità di queste aziende si è basata sulla garanzia rappresentata proprio dalla presenza dei commissari, espressione diretta del Governo, che avrebbe dovuto fornire la certezza dei pagamenti;

    si è ritenuto di continuare a lavorare per la società Ilva nel corso della fase di transizione che ha portato all'ingresso della società in amministrazione straordinaria, nonostante la forte carenza di liquidità e i ritardi nei pagamenti che hanno assunto dimensioni estremamente ampie, al punto da non permettere più a queste aziende di poter continuare l'attività;

    l'Ilva, una volta commissariata, ha infatti accumulato un arretrato di diverse decine di milioni di euro solo nei confronti di alcune imprese del territorio di Taranto; debiti che sono stati iscritti nel passivo dell'Ilva e in merito ai quali non si può più contare sulla certezza del pagamento;

    la situazione si è diventata insostenibile per via della decisione del giudice delegato, nell'ambito delle procedure di accertamento dello stato passivo dell'Ilva, di negare a molte aziende del sistema dell'indotto la prededucibilità dei crediti maturati, qualificando gli stessi quali semplici chirografari;

    le conseguenze di questa decisione minano la possibilità di queste imprese di sopravvivere: la mancanza di liquidità comporta l'impossibilità di continuare a pagare il personale e si ripercuote, con pesanti conseguenze, sui bilanci relativi all'esercizio 2016, in considerazione del fatto che le aziende creditrici saranno obbligate a dover operare una svalutazione di tali crediti con conseguente erosione del capitale sociale, alla quale molte imprese non potranno reagire prevedendo la ricapitalizzazione;

    la mancata certezza del pagamento dei crediti alle imprese dell'indotto è foriera di conseguenza negative sull'economia del territorio tarantino e sulla tenuta dei livelli occupazionali, anche per l'endemicità dello stato di crisi;

    per la sopravvivenza delle aziende dell'indotto appare necessario ristabilire e assicurare la certezza dei pagamenti dei lavori che vengono svolti; l'esperienza del passato ha creato un clima di crescente preoccupazione;

    a giugno 2017, dopo anni di commissariamento, si è aggiudicata lo stabilimento Ilva la Investco Italy s.r.l. il cui capitale sociale è detenuto per il 51 per cento da ArcelorMittal Italy Holding s.r.l., per il 34 per cento da ArcelorMittal s.p.a. e per il 15 per cento da Marcegaglia Carbon Steel s.p.a.;

    con il subentro del nuovo acquirente è rimasta in sospeso la vicenda dei crediti pregressi e degli impegni contrattualmente in essere ma non onorati al momento del passaggio alla nuova proprietà;

    rimane difficile per le aziende dell'indotto, quando non impossibile, l'accesso al fondo di garanzia di cui al decreto-legge n. 1 del 2015, articolo 2-bis;

    il sistema dell'indotto non è stato in alcun modo coinvolto nei tavoli di discussione relativi al futuro dell'azienda;

    il pagamento dei crediti appare imprescindibile e fondamentale per queste aziende che, altrimenti, non potranno in alcun modo proseguire la propria attività e, ove sia possibile continuarla, lo si farebbe comunque a spese dei livelli occupazionali;

    è recente la notizia che nel piano industriale presentato il gruppo AM Investco Italy s.r.l. ha annunciato che le condizioni poste per il rilancio delle acciaierie prevedono solo a Taranto circa 3000 esuberi (sui 4000 mila complessivi),

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza volte a garantire il pagamento da parte del gruppo Investco Italy SrL dei crediti maturati dall'Ilva nel corso dell'amministrazione straordinaria nei confronti delle aziende dell'indotto, nonché dei crediti correnti, e a ridurre i ritardi nel pagamento dei crediti in maturazione e futuri, assicurando il rispetto degli impegni assunti contrattualmente dal precedente acquirente;

   a prevedere la partecipazione ai tavoli di contrattazione in corso tra Governo, istituzioni e sindacati in merito al futuro dei dipendenti e alla tenuta del sistema industriale collegato all'Uva anche dei rappresentanti delle aziende dell'indotto.
(7-01402) «Polidori, Labriola».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO, TRIPIEDI, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI e LOMBARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la società BredaMenarinibus nacque dallo scioglimento, nel 1987, del consorzio Inbus le cui produzioni furono trasferite alla Bredabus, società della capogruppo Breda Costruzioni Ferroviarie, controllata dall'ente pubblico Efim;

   nel 1989, Breda Costruzioni Ferroviarie acquisì la Menarini di Bologna, nata nel 1919 divenendo BredaMenarinibus; negli anni Novanta Efim venne posto in liquidazione coatta e le partecipazioni industriali furono trasferite a Finmeccanica;

   il 1° gennaio 2015 Finmeccanica ha ceduto la BredaMenarinibus alla neocostituita Industria Italiana Autobus s.p.a., partecipata all'80 per cento da King Long Italia s.p.a. e al 20 per cento dalla stessa Finmeccanica;

   il 6 maggio 2015 è stato comunicato da parte della Industria italiana autobus, la società che ha inglobato il 1° gennaio 2015 la ex Bredamenarini di Finmeccanica (a Bologna) e la ex Irisbus di Fiat (a Flumeri, Avellino), l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per un quarto dei lavoratori in forza (46 su 184) a Bologna;

   il gruppo del Movimento 5 Stelle e, in particolare, il primo firmatario del presente atto ha sollecitato in più occasioni nel 2016 e nel 2017 l'attenzione del Governo nei confronti dell'azienda bolognese;

   il Governo si è dichiarato più volte disponibile a seguire con attenzione la vicenda;

   l'indotto sul territorio della città metropolitana di Bologna e su tutta la Romagna non è affatto ignorabile, visto anche lo storico radicamento dell'azienda;

   la situazione attuale continua ad evidenziare una diminuzione di addetti nello stabilimento bolognese, un cospicuo numero di commesse e il protrarsi della cassa integrazione per molti operai piuttosto che creare le condizioni favorevoli per un rientro in azienda –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di favorire il rientro in azienda degli operai in cassa integrazione.
(5-12782)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGNARLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Ferroviaria italiana (Lfi) è una storica società operante nel settore del trasporto pubblico locale in provincia di Arezzo e nelle zone limitrofe. Nel suo assetto attuale, la società ha una divisione ferroviaria, e una divisione automobilistica. La divisione ferroviaria è stata scissa in due distinte società: la Rft, Rete ferroviaria toscana, che cura per conto della regione la gestione delle infrastrutture costituenti le linee ferroviarie Arezzo-Stia ed Arezzo-Sinalunga; la Tft, Trasporto ferroviario toscano, impresa ferroviaria attiva nel trasporto regionale e merci;

   in un comunicato stampa del 9 novembre 2017 il presidente del gruppo Lfi spa, Maurizio Seri, ha rivelato che la provincia di Arezzo, avrebbe recentemente dichiarato il servizio ferroviario Arezzo-Pratovecchio-Stia-Sinalunga «servizio non strategico per l'Ente». Dichiarazione subito smentita in un comunicato stampa del 10 novembre 2017 del presidente della provincia di Arezzo, Roberto Vasai, secondo il quale la provincia, socio della Ferroviaria italiana da oltre 50 anni, da quattro anni è costretta ad occuparsi solo di strade provinciali e scuole di secondo grado a causa del riordino delle province stabilito dalla «legge Delrio»;

   la riallocazione delle funzioni, ha ricordato il presidente Vasai, avrebbe costretto la provincia a mettere sul mercato le quote di tutte le società non correlate a compiti istituzionali; nel caso delle quote di Lfi avrebbe provato a cederle prima ai comuni soci, che le hanno rifiutate, poi al pubblico in generale che ha rifiutato, ed infine alla società Lfi spa, ma anch'essa le avrebbe rifiutate;

   la riallocazione delle funzioni pensata dalla «legge Delrio», oltre ad un problema di competenza tra i vari livelli di governo, questione ancora aperta in quasi tutte le regioni, pone anche un problema di risorse. Le funzioni cosiddette fondamentali sono infatti, in linea teorica, coperte dai trasferimenti statali e da entrate tributarie proprie, ma il combinato disposto dei tagli alle province e alle città metropolitane, attuati anche con le leggi di bilancio, e dei tagli alle regioni, mette in discussione la sostenibilità finanziaria delle stesse funzioni. Di conseguenza, importanti servizi come ad esempio quello dei trasporti pubblici locali, rischiano di andare incontro a interruzioni se non addirittura a cancellazioni, come nel caso del servizio di trasporto ferroviario casentinese, finito anche in tribunale –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale circostanza e non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per un riassetto della «legge Delrio» e la previsione di una idonea dotazione finanziaria a copertura delle funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane, al fine di tutelare la continuità temporale e spaziale dei servizi locali indispensabili per i pendolari, nel pieno rispetto del diritto alla mobilità.
(4-18571)


   DALL'OSSO, TRIPIEDI, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI e LOMBARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società BredaMenarinibus nacque dallo scioglimento, nel 1987, del consorzio Inbus le cui produzioni furono trasferite alla Bredabus, società della capogruppo Breda Costruzioni Ferroviarie, controllata dall'ente pubblico Efim;

   nel 1989, Breda Costruzioni Ferroviarie acquisì la Menarini di Bologna, nata nel 1919, divenendo BredaMenarinibus;

   negli anni Novanta Efim, venne posta in liquidazione coatta e le partecipazioni industriali furono trasferite a Finmeccanica;

   nel Finmeccanica ha ceduto la BredaMenarinibus alla neocostituita Industria Italiana Autobus s.p.a., partecipata all'80 per cento da King Long Italia S.p.A. e al 20 per cento dalla stessa Finmeccanica;

   a maggio 2015 è stato comunicato da parte della Industria italiana autobus, la società che ha inglobato il 1° gennaio 2015 la ex Bredamenarini di Finmeccanica (a Bologna) e la ex Irisbus di Fiat (a Flumeri, Avellino), l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per un quarto dei lavoratori in forza (46 su 184) a Bologna;

   in XI Commissione permanente alla Camera si è in più occasioni discusso, grazie all'attenzione del MoVimento 5 Stelle, sulla situazione dello stabilimento Breda di Bologna e di Avellino;

   il Governo si è dichiarato più volte disponibile a seguire con attenzione la vicenda;

   non è neppure accettabile la situazione attuale in cui numerosi dipendenti della stessa sono a casa in cassa integrazione e la strada prescelta è il pagamento della cassa stessa, piuttosto che il reintegro in azienda con un gravame di costi non irrisorio;

   a fronte del numero di cassaintegrati vi è una cospicua richiesta di commesse che vedrebbe il ritorno in auge dello storico stabilimento bolognese, il cui indotto sul territorio della città metropolitana di Bologna e su tutta la Romagna non è affatto ignorabile, visto anche lo storico radicamento dell'azienda;

   la situazione attuale continua ad evidenziare una diminuzione di addetti nello stabilimento bolognese, un cospicuo numero di commesse e il protrarsi della cassa integrazione per molti operai, piuttosto che creare le condizioni, favorevoli per un rientro in azienda –:

   se e come il come il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, al fine di:

    a) favorire il ripristino dell'attività dello stabilimento bolognese al 100 per cento;

    b) potenziare la produzione della ex Breda Menarini di Bologna.
(4-18583)


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 15 novembre 2017 sono apparsi sulla pagina facebook di Roberto Cosolini, ex sindaco e attuale consigliere comunale di Trieste, alcuni commenti ad un post riguardante il progetto Promemoria Auschwitz;

   i commenti citati — formulati dall'utente Nathan Boch — contenevano palesi attacchi violenti nonché parole disdicevoli e di estrema violenza verbale nei confronti dell'assessore all'educazione del comune di Trieste, Angela Brandi;

   la questione è ancora più grave considerato che, pur se i commenti in questione sono stati segnalati al titolare della pagina facebook, sono stati rimossi soltanto dopo la presentazione di un'apposita mozione, presentata dal capogruppo di Forza Italia Piero Camber e approvata all'unanimità dal consiglio comunale di Trieste, per esprimere la totale solidarietà all'assessore Brandi;

   ad avviso dell'interrogante, episodi come quello appena citato, in cui vi sono evidenti esternazioni inaccettabili di violenza verbale nonché fortemente lesive della dignità della persona, non possono in alcun modo passare inosservati e necessitano di un intervento urgente da parte delle autorità competenti affinché ogni violenza di tipo verbale sul web venga censurata tempestivamente –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza e anche sul piano normativo, al fine di evitare il perpetrarsi di episodi come quello riportato in premessa che ledono la dignità della persona nonché al fine di promuovere azioni di prevenzione e di sensibilizzazione per favorire il rispetto dei diritti fondamentali sul web.
(4-18585)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato nel Bollettino n. 43 del 13 novembre 2017 «AS1445» l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella riunione del 25 ottobre 2017, ha inteso formulare alcune osservazioni in merito all'articolo 37-bis del decreto-legge n. 206 del 2005, codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge n. 29 del 229. Le osservazioni sono state inoltrate il 7 novembre 2017, al Presidente del Consiglio dei ministri;

   come si evince dal Bollettino, «con l'articolo 5 del decreto-legge n. 1 del 2012, e successive modifiche, è stato introdotto nel Codice del Consumo un sistema di tutela amministrativa contro le clausole vessatorie nei contratti da parte dell'AGCM, disciplinato all'interno dell'articolo 37-bis del Codice menzionato. Tale intervento normativo derivava dalla constatazione dell'insufficienza del solo controllo giudiziario al fine di realizzare l'obiettivo di un efficace contrasto delle pratiche vessatorie nei confronti dei consumatori»;

   «Il legislatore, mosso dall'intento di garantire un sempre maggior livello di tutela al consumatore a fronte di comportamenti abusivi da parte delle imprese, ha affidato all'Autorità un potere di public enforcement in materia di clausole vessatorie, integrando la tutela in materia, che in precedenza era domandata al solo giudice civile attraverso azioni individuali o azioni inibitorie collettive»;

   l'ambito di intervento dell'Autorità in merito alle clausole vessatorie ex articolo 37-bis appare, però, inefficace per due ragioni. In primis l'intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato risulta limitato alle sole clausole «inserite nei contratti fra professionisti e consumatori che si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari»; la seconda ragione riguarda il fatto che all'Autorità «solo la facoltà di valutare se il testo delle condizioni generali di contratto adottate dall'impresa contenga o meno clausole vessatorie in violazione degli articoli 33 e seguenti del Codice, senza alcuna conseguenza sulla loro validità o necessità di modificarle o eliminarle. Il procedimento di accertamento della vessatorietà presso l'Autorità non contempla, infatti, l'esercizio del potere di inibire l'uso delle clausole di cui sia stata accertata la vessatorietà»;

   i procedimenti istruiti dall'Autorità hanno mostrato che il timore di discredito reputazionale non ha prodotto sempre i risultati attesi, e all'accertamento della vessatorietà non fanno seguito a volte comportamenti conformativi delle imprese. Si potrebbe determinare un vulnus insanabile qualora l'impresa non si dovesse obbligare spontaneamente a modificare la clausola reputata abusiva, e, al contempo, nessuno dei soggetti legittimati all'azione inibitoria richiedesse al giudice competente, sulla base dell'accertamento della vessatorietà da parte dell'Autorità, di inibirne l'uso;

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato infatti, non avendo poteri di diffida per vietare l'uso della clausola sopracitata, è priva di qualunque strumento di intervento in caso di mancata eliminazione o modifica della medesima. «Al fine di rendere più efficace l'azione amministrativa si ravvisa, pertanto, la necessità di una modifica normativa che preveda l'inserimento nell'articolo 37-bis di un richiamo ai contenuti del comma 8 dell'articolo 27 del Codice del consumo, ossia l'introduzione del potere di diffida nel procedimento in materia di clausole vessatorie analogo a quello esercitabile in materia di pratiche commerciali scorrette e di tutela dei diritti dei consumatori»;

   infatti, ai sensi dell'articolo 27, comma 8, del codice del consumo, «l'Autorità, se ritiene la pratica commerciale scorretta, vieta la diffusione, qualora non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora la pratica sia già iniziata. Al fine di rendere più efficace il potere di diffida la predetta modifica normativa dovrebbe prevedere anche la possibilità per l'Autorità di irrogare sanzioni in caso di inottemperanza alla medesima, attraverso l'inserimento nell'articolo 37-bis di un richiamo alla sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 5.000.000 di euro prevista dall'articolo 27, comma 12, del Codice del consumo. L'attribuzione all'Autorità del potere di inibire l'uso di una clausola di cui sarebbe stata accertata la vessatorietà le consentirebbe l'esercizio di un pieno potere di intervento sulle clausole vessatorie, analogo a quello relativo alle pratiche commerciali scorrette e alla tutela dei diritti dei consumatori» –:

   se il Governo ritenga opportuno, in conformità alle proposte formulate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, valutare l'opportunità di assumere iniziative per una modifica della normativa attribuendo, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'attività di tutela del consumatore contro le clausole vessatorie, il potere di diffidare gli operatori a eliminare o modificare le condizioni contrattuali ritenute restrittive e di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nell'eventuale caso di ottemperanza.
(4-18588)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NICCHI, SCOTTO, SPERANZA, FOSSATI, PIRAS, CIMBRO, FRANCO BORDO, DURANTI e LACQUANITI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Israele si sta preparando a compiere demolizioni di massa nei villaggi di Ein El Hilwe e Al Maleh, nel nord della Valle del Giordano;

   secondo le notizie in possesso degli interroganti, le autorità israeliane intendono demolire nell'immediato le case di 300 palestinesi, cancellando completamente quelle comunità dalla Valle del Giordano;

   gli abitanti della Valle hanno riferito di droni che sorvegliavano dall'alto, mentre i militari dell'esercito di occupazione chiedeva i documenti di identità a tutti i residenti. Quale fosse la minaccia che si profilava per le famiglie e le comunità lo hanno capito quando sono state lasciate sulla loro terra le notifiche di evacuazione;

   Rashid Khudairi della Jordan Valley Solidarity, che sta coordinando le attività di chi è sotto la minaccia di demolizione, ha fatto il seguente appello: «Da molti anni le forze dell'occupazione hanno sottoposto, a vessazioni ed attacchi i Palestinesi nel nord della Valle del Giordano, per spingerli ad abbandonare la loro antica terra. A queste comunità è stato negato l'accesso all'acqua, all'elettricità, alle strade, alla sanità e all'istruzione. Le loro case sono state demolite ripetutamente e spesso vengono fatte esercitazioni militari vicino alle loro case e sulle loro terre. La situazione è di grande emergenza e noi chiediamo l'aiuto di tutti gli amici che abbiamo nel mondo»;

   Luisa Morgantini, già vicepresidente del Parlamento europeo, Presidente di AssopacePalestina, ha ribadito quanto riportato nell'appello, dichiarando: «Da molti anni AssopacePalestina si reca nella Valle del Giordano, conosciamo i villaggi, le famiglie, abbiamo assistito a molte demolizioni, ad evacuazioni della popolazione palestinese per far posto a coloni e a colonie che sono illegali, secondo la legalità internazionale»;

   nel 1967, data dell'occupazione militare, vi erano circa 300 mila palestinesi nella Valle del Giordano; oggi ve ne sono circa 60 mila –:

   se non intenda inviare al Governo di Israele una nota di protesta rispetto a quanto sta accadendo nella Valle del Giordano;

   quali iniziative urgenti, anche diplomatiche, intenda assumere affinché Israele cessi, anche in ottemperanza alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e alle decisioni della Corte internazionale di giustizia, l'insediamento delle colonie, l'evacuazione della popolazione palestinese e la demolizione di case e scuole.
(5-12777)


   AGOSTINELLI e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da recenti fonti stampa si apprende che Fabio e Filippo Galassi, padre e figlio di 63 e 25 anni, sono in prigione in Guinea equatoriale dalla primavera del 2015 per scontare una pena per numerosi reati fiscali;

   la madre del ragazzo che non ha che sporadiche notizie di suo figlio ha richiesto l'intervento della politica e delle istituzioni perché, ad oggi, la vicenda che vede implicati i due italiani sembrerebbe avere non poche ombre;

   in Guinea Fabio e Filippo Galassi erano dipendenti della General Work, impresa del settore edile, di proprietà dell'italiana Annamaria Moro e della famiglia del presidente Obiang. Fabio Galassi che si era trasferito nel Paese centroafricano nel 2010 avrebbe lavorato prima per il Governo guineano e poi per l'impresa della signora Moro, di cui è diventato compagno di vita e nel lavoro;

   in seguito, ha invitato il figlio a raggiungerlo. Nella primavera del 2015 Filippo e Fabio vengono arrestati con l'accusa di voler fuggire dal Paese con una valigia piena di soldi. Sembrerebbe che tale accusa sia falsa in quanto nelle valigie sarebbero stati trovati solo effetti personali e tremila euro in contanti. Le accuse vanno dalla bancarotta alla appropriazione indebita, sottrazione fraudolenta di beni, corruzione, truffa e riciclaggio di denaro. Dopo sei mesi di processo, a gennaio 2016, Filippo e Fabio sono stati condannati dalla Corte suprema guineana a 21 e 33 anni di reclusione. La Corte d'appello ha confermato la sentenza, e le richieste di grazia presentate al Presidente guineano Teodoro Obiang non hanno ricevuto risposta. Anche la Farnesina si è mossa, ma le iniziative diplomatiche portate avanti dalla diplomazia italiana non hanno sortito alcun effetto;

   la pena comminata sembra all'interrogante assolutamente sproporzionata se commisurata al sistema penale della Guinea Equatoriale, dove 30 anni di carcere non vengono in genere dati nemmeno agli assassini;

   Daniel Candio, 25 anni, è un amico di Filippo e ha lavorato con i due italiani arrestati per la General Work. Ha raccontato della situazione critica in cui si trovava la società che aveva difficoltà anche a pagare gli stipendi dei suoi dipendenti. La General Work ha quale soci la signora Annamaria Moro e la famiglia del Presidente guineano Teodoro Obiang;

   il console italiano in Guinea Equatoriale ritiene che i due Galassi siano finiti in un tranello e che i due sarebbero un capro espiatorio, perché, tramite loro, il Governo della Guinea può tenere buona l'opinione pubblica e tranquillizzare i lavoratori della società, che continuano a protestare per ottenere i salari arretrati. Il console è impegnato da due anni nelle manovre della diplomazia italiana per trovare una soluzione alla vicenda dei due Galassi; risulterebbe inoltre che, Fabio avrebbe pestato i piedi a qualche autorità influente con una storia poco chiara di video trovati nel suo computer da cui emergerebbero possibili casi di corruzione di esponenti della politica e della magistratura del Paese centroafricano;

   nel gennaio 2016 il sottosegretario agli affari esteri Benedetto Della Vedova, rispondendo a un'interrogazione parlamentare in cui si esprimevano forti preoccupazioni per le condizioni carcerarie e per la legittimità del diritto guineano, aveva assicurato il massimo impegno del Governo «ai più alti livelli» con l'azione diplomatica dell'ambasciata italiana in Camerun e mediante i contatti della Farnesina con l'ambasciata guineana a Roma, così come «in ambito UE al fine di assicurare che le pressioni e sensibilizzazioni del governo equatoguineano fossero attuate anche a livello europeo» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per far luce sulla vicenda e riportare nel nostro Paese i due italiani alla luce del fatto che, ad oggi, restano ancora in detenzione.
(5-12780)

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo le linee guida delle Nazioni Unite sulle attività economiche e i diritti umani, di cui alla risoluzione 17/4 del 16 giugno 2016, recante princìpi guida su imprese e diritti umani: attuazione del quadro Onu «Proteggere, rispettare e rimediare», le attività produttive non dovrebbero avere ricadute negative, anche indirette, sui diritti delle persone;

   nella realtà, purtroppo, le linee guida dell'Onu spesso vengono violate;

   PayPal, metodo standard per i pagamenti online di milioni di persone nel mondo, non offre ai palestinesi dei Territori occupati di Cisgiordania e Gaza di utilizzare i propri servizi. Al contrario, lo stesso servizio è accessibile ai coloni israeliani che vivono negli insediamenti dichiarati illegali dalla comunità internazionale;

   gli insediamenti violano, infatti, la quarta Convenzione di Ginevra, che proibisce «agli Stati di spostare la propria popolazione in territori occupati in una guerra». L'illegalità di questa situazione è stata riconfermata nella risoluzione n. 2334 del 23 dicembre 2016 del Consiglio di sicurezza dell'Onu;

   la disparità di trattamento per persone che vivono a pochi metri di distanza è una discriminazione con pesanti ripercussioni, soprattutto sulle nuove generazioni. Ogni anno sono 2.000 i giovani palestinesi che si laureano in informatica e moltissimi di loro hanno dato vita a start-up nel settore tecnologico, considerato uno dei più promettenti dei Territori palestinesi occupati, forse l'unico capace di valicare i confini e dare speranza. In questo settore, così come in altre attività commerciali, poter usare Paypal è fondamentale;

   PayPal è il metodo di pagamento online più diffuso al mondo. Funziona infatti in 203 giurisdizioni, incluse aree problematiche come la Somalia, l'Eritrea e lo Yemen. I Territori palestinesi occupati hanno un reddito nazionale lordo significativamente maggiore di questi Paesi, tuttavia PayPal si rifiuta di offrire il proprio servizio lì;

   in un Paese che ha uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti del mondo, la nascente industria tecnologica è uno dei pochi settori economici in crescita. Avere accesso a Paypal è fondamentale per essere competitivi sul mercato o anche semplicemente per ottenere il pagamento delle proprie prestazioni lavorative;

   sulla vicenda è stata avviata una petizione pubblica sul sito actionaid –:

   quali iniziative intenda assumere per contribuire a risolvere il problema illustrato in premessa, attivandosi in tutte le sedi internazionali deputate affinché PayPal renda disponibili i suoi servizi a tutti i palestinesi, rispettando le linee guida dell'Onu.
(4-18586)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MICILLO, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   gli abitanti dei comuni campani della zona conosciuta come «terra dei fuochi» – territorio dove il fenomeno dei roghi di rifiuti tossici è all'ordine del giorno con conseguenze nefaste sulla salute dei cittadini – vivono quotidianamente disagi gravissimi;

   nel 2013 è stato emanato il decreto-legge n. 136 il quale, ad oggi, non ha prodotto i risultati sperati;

   la giunta regionale della Campania ha iniziato un percorso finalizzato alla bonifica di tali territori – comprendente anche lo smaltimento delle «ecoballe» – che, ad oggi, ha prodotto pochissimi risultati;

   al momento attuale le bonifiche non risultano ancora iniziate, molti terreni non sono stati ancora analizzati e non sono state decontaminate le falde in prossimità delle discariche;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato, nel luglio del 2015, l'Italia al pagamento di una multa di oltre 20 milioni di euro per il mancato adeguamento al quadro normativo europeo del sistema di raccolta e gestione dei rifiuti in Campania –:

   quali e quanti siti siano stati ad oggi bonificati nella regione Campania, quali e quanti siti siano ancora in attesa di bonifica in rapporto al totale degli interventi da eseguire e quali tempi preveda il Governo per il completamento degli interventi.
(5-12785)


   GADDA, BORGHI, REALACCI, MARIANI, MORETTO, VAZIO, FAMIGLIETTI, PARRINI, ASCANI, ROTTA, IORI, DALLAI, MORANI, DONATI, MARCO DI MAIO, MANFREDI, ERMINI, GALPERTI e VENITTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le tecnologie della climatizzazione e della refrigerazione fanno affidamento sui cosiddetti gas refrigeranti Hfc, introdotti con l'adozione del protocollo di Montréal del 1987 in sostituzione dei clorofluorocarburi, principali responsabili della distruzione dello strato di ozono;

   gli Hfc sono però assolutamente perniciosi nelle formulazioni chimiche e sintetiche attuali: pur non essendo sostanze ozono-lesive, sono potenti gas serra che possono avere un impatto sul cambiamento climatico migliaia di volte maggiore rispetto all'anidride carbonica;

   con l'Accordo di Kigali, gli Stati si sono impegnati a ridurre la produzione e il consumo di Hfc di oltre l'80 per cento nel corso dei prossimi trenta anni. Tale programma di riduzione era già stato adottato dall'Unione europea con il regolamento (UE) n. 517/2014 (cosiddetto F-gas), che ha abrogato e sostituito il precedente regolamento (UE) n. 842/06;

   ad oggi in Italia non è ancora stato emanato il decreto di attuazione di tale regolamento europeo, nonostante il termine fissato fosse il 31 dicembre 2016. A causa del ritardo, la Commissione europea ha dato avvio ad una procedura di pre-infrazione nei confronti del nostro Paese (Eu Pilot 9154/2017);

   le associazioni delle imprese produttrici – molte delle quali eccellenze mondiali – esprimono preoccupazione per le criticità di carattere ambientale e di sicurezza che derivano dall'assenza di un quadro normativo nazionale certo, che consenta di chiarire le competenze e di predisporre una sana pianificazione aziendale;

   agli interroganti risulta che, con la collaborazione delle associazioni di categoria e ambientaliste, sia stato predisposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare uno schema di decreto attuativo che ad oggi non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri;

   solo dopo l'adozione di questo primo decreto sarà possibile elaborare quello con lo schema sanzionatorio, particolarmente delicato per la questione dei controlli e del rispetto degli obblighi comunitari;

   le imprese produttrici sono sotto pressione anche a causa di un altro problema: i prodotti refrigeranti, infatti, sono uno dei pochi rifiuti speciali e pericolosi non ancora dotati di una gestione dei costi ambientali di trattamento e smaltimento –:

   quali siano i tempi necessari per l'adozione del decreto di cui in premessa e per la stesura e l'adozione del decreto recante la disciplina delle violazioni, tenendo anche presente la necessità di coinvolgere le associazioni di settore allo scopo di gestire in maniera ottimale il trattenimento e lo smaltimento dei rifiuti nella filiera e, al contempo, ridurne i costi particolarmente elevati per gli operatori.
(5-12786)


   PELLEGRINO, PANNARALE, AIRAUDO, BRIGNONE, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, MARCON, PAGLIA, PALAZZOTTO, PASTORINO e PLACIDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la giunta regionale della Puglia ha approvato una delibera, su proposta dell'assessore all'ambiente Filippo Caracciolo e sulla base dell'istruttoria a firma del direttore del dipartimento mobilità, qualità urbana, opere pubbliche, ecologia e paesaggio, Barbara Valenzano, con la quale si ritiene che non sussistano elementi conoscitivi, tecnico-ambientali e progettuali sufficienti alla definizione dell'intesa per la realizzazione del «Metanodotto di interconnessione TAP – collegamento di approdo del gasdotto denominato Trans Adriatic Pipeline alla Rete Nazionale dei Gasdotti», proposto dalla Snam Rete Gas, quale opera di congiunzione del Gasdotto TAP alla rete nazionale dei gasdotti;

   le motivazioni sottese alla mancata definizione dell'intesa sono quindi di natura ambientale e paesaggistica nonché connesse alla diffusione della Xylella su tutto il territorio regionale, e, dunque, legate alla impossibilità di movimentare materiale vegetale di specie all'interno della medesima area;

   la regione Puglia, ha dichiarato il presidente della regione Puglia Michele Emiliano, ritiene che l'opera sulla quale si richiede l'intesa sia del tutto inutile e per certi versi viziata dall'intento di connettere con ben 55 chilometri di gasdotto che saranno realizzati in tariffa a spese del consumatore italiano, un'opera privata, sia pure di interesse pubblico, come Tap, a causa della pervicace intenzione di realizzarla sulle spiagge di San Foca, anziché, come richiesto dalla regione Puglia, in aree più a nord e di minor pregio ambientale –:

   se non ritenga necessario assumere iniziative per una nuova valutazione di impatto ambientale relativa alla realizzazione del «Metanodotto di interconnessione TAP – collegamento di approdo del gasdotto denominato Trans Adriatic Pipeline alla Rete nazionale dei gasdotti» proposto dalla Snam Rete Gas, in riferimento alle questioni poste dalla regione Puglia, secondo la quale non sussisterebbero gli elementi conoscitivi, tecnico-ambientali e progettuali sufficienti alla definizione dell'intesa per la realizzazione del «Metanodotto di interconnessione TAP» per questioni di natura ambientale, paesaggistica nonché connesse alla diffusione della Xylella su tutto il territorio regionale.
(5-12787)


   VELLA e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella trasmissione televisiva Le Iene del 21 novembre 2017 è andato in onda un servizio su un esperimento nucleare, denominato Sox, che si svolgerà nei laboratori nazionali del Gran Sasso;

   l'esperimento è programmato per il 2018 e, come denunciato da alcune associazioni locali già da qualche settimana, presenta altissimi livelli di pericolosità, in quanto per eseguire questo esperimento verrebbe usato il Cerio 144, una sorgente altamente radioattiva prodotta da un generatore sito nella centrale russa di Mayak tramite riprocessamento di combustibili nucleari esausti provenienti dalle centrali nucleari russe;

   il materiale radioattivo seguirebbe un percorso per arrivare in Italia, studiato per ridurre al minimo il numero di controlli doganali, proprio perché si tratta di materiale radioattivo, che attraversa l'Europa: dalla centrale di Mayak a San Pietroburgo in treno, fino a le Havre in traghetto e da lì su gomma fino in Italia;

   nel mese di ottobre 2017 si è tenuto un test di trasporto, senza carico, per verificare la fattibilità dell'esperimento senza che i cittadini ne fossero messi a conoscenza;

   la preoccupazione maggiore è relativa al fatto che la sostanza, che ha un livello di radioattività considerevole (100-150 mila Curie), andrà posizionata in un tunnel al di sotto di un enorme rilevatore — Borexino – che contiene 2.400 tonnellate di acqua e 1000 tonnellate di un idrocarburo aromatico (trimetilbenzene) molto tossico, molto volatile e altamente infiammabile;

   il laboratorio dell'Istituto nazionale di fisica nucleare si trova in zona ad alto rischio sismico e capta l'acqua direttamente dall'acquifero dal quale buona parte dei cittadini abruzzesi — circa 700 mila persone – prende l'acqua potabile, in particolare nel Teramano;

   già nel 2002 si è verificato un errore che ha comportato un inquinamento della rete idrica con il trimetilbenzene e in questo caso il rischio sarebbe assai più imponente;

   nel 2016 sono state trovate in un pozzo tracce di una sostanza inquinante usata nei laboratori che ha determinato grandi disagi alla popolazione per l'approvvigionamento dell'acqua;

   le amministrazioni locali hanno taciuto sulla vicenda e, nel corso della trasmissione, al tentativo della giornalista di intervistare il presidente della giunta regionale D'Alfonso, questi si è rifiutato di rispondere allontanando la giornalista dagli uffici –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Governo per evitare possibili contaminazioni e tutelare l'ambiente e la sicurezza dei cittadini e se abbia avviato in merito interlocuzioni con la regione Abruzzo, della quale non si conosce il grado di coinvolgimento.
(5-12788)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   a Castellonorato, frazione del comune di Formia in provincia di Latina, in località Palombara è presente un sito archeologico denominato «porta aurea» o «antiche prete» (antiche pietre) noto solo a pochissime persone, anche perché interno ad una proprietà privata. Trattasi di un'ampia cinta poligonale di mura ciclopiche di epoca pre-romana con un fronte sud che si estende per 50 metri con al centro un ingresso ad arco, profondo all'incirca sei metri, purtroppo ostruito;

   secondo articoli reperibili sul web, a firma del cultore di storia formiana Raffaele Capolino, risulta che il primo ad interessarsi di questa imponente cinta muraria fu il noto intellettuale Amadeo Bordiga, fondatore con Antonio Gramsci del Partito Comunista Italiano, che fece effettuare negli anni ’50 il primo ed unico saggio esplorativo di tutta l'area direttamente dal sovrintendente alle antichità di Napoli e del Mezzogiorno, Amedeo Maiuri, che constatò che dall'ingresso principale, arcuato in opera poligonale, si diramavano ulteriori corridoi che conducevano ad un terrazzamento superiore, dove sono stati rilevati resti murari di una «domus romana» con pavimentazione a mosaico policromo con rappresentate scene campestri e, in primo piano, l'eccezionale riproduzione di un uccello rifinito in piccolissimi tasselli. Il sito fu subito sotterrato per consentire un più approfondito ed esteso sondaggio che purtroppo non fu mai più eseguito;

   tale mancata ulteriore ispezione del suddetto sito archeologico ha impedito in tutti questi anni una sua maggiore conoscenza, oltre che la sua tutela e valorizzazione. Sfortunatamente anche le fonti storiche sono molto avare essendo citata una «porta aurea» in località Palombara a Castellonorato solo in una pergamena del 1076 inserita nel Codex Diplomaticus Cajetanus custodito a Montecassino;

   oltre alla necessità di ulteriori indagini archeologiche, il sito in premessa necessita di immediati interventi conservativi, poiché l'interrogante ha potuto constatare personalmente le condizioni critiche in cui versa considerando che la spinta del terreno sovrastante il terrazzamento e la penetrazione delle radici di alberi secolari, nelle fenditure dei blocchi di pietra, stanno causando lo smottamento dell'intero muro poligonale e della stessa arcata della galleria che rischia di crollare da un momento all'altro;

   il proprietario risulterebbe non avere i mezzi finanziari per sostenere interventi conservativi così gravosi rendendosi però disponibile, anche tramite le associazioni culturali locali, all'accessibilità al pubblico dello stesso, cosa che meritoriamente ha già cominciato da tempo a fare;

   l'articolo 34, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, codice dei beni culturali e del paesaggio, dispone che: «1. Gli oneri per gli interventi su beni culturali, imposti o eseguiti direttamente dal Ministero ai sensi dell'articolo 32, sono a carico del proprietario, possessore o detentore. Tuttavia, se gli interventi sono di particolare rilevanza ovvero sono eseguiti su beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere in tutto o in parte alla relativa spesa» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di competenza, di intervenire con urgenza: in primis, per garantire la conservazione del sito dall'incombente minaccia di smottamento che potrebbe minarne un suo futuro recupero; in secundis, per far proseguire gli ulteriori necessari saggi volti ad investigarne la sua effettiva origine, estensione ed importanza storica; in terzis, per consentire la sua pubblica fruibilità.
(4-18576)


   PISO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Università agraria di Bracciano è proprietaria dell'area sulla quale è stata posizionata la discarica di Cupinoro, discarica di rifiuti non pericolosi dal 2004 gestita dalla «Bracciano Ambiente spa», azienda partecipata al 100 per cento dall'omonimo comune;

   la «Bracciano Ambiente spa» è comunque titolare delle autorizzazioni ambientali relative alla discarica di Cupinoro;

   nel 2014 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per mezzo della sua direzione regionale, si espresse negativamente avverso il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale;

   il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale è stato poi concesso con prescrizioni e condizioni in sede di conferenza di servizi ai sensi della deliberazione dell'8 agosto 2014 della Presidenza del Consiglio dei ministri;

   con decreto del 28 gennaio 2016 il tribunale di Civitavecchia ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo proposta dalla «Bracciano Ambiente spa»;

   l'università agraria di Bracciano con deliberazione n. 44 del 21 aprile 2016 ha espresso parere negativo ad una diversa utilizzazione dei beni di uso civico siti in località Cupinoro, anche in mancanza di una proposta formale, lamentando l'omessa restituzione delle aree del sito non più necessarie, un debito di circa 700 mila euro ed un piano di sviluppo in contrasto con quanto previsto dalla legge n. 1766 del 1927 ed in difformità dal mutamento di destinazione d'uso autorizzato della regione Lazio;

   con sentenza n. 44 del 21 novembre 2016 il tribunale fallimentare di Civitavecchia ha dichiarato il fallimento della «Bracciano Ambiente spa», nominando il dottor Giampiero Sirleo curatore fallimentare;

   l'autorizzazione integrata ambientale relativa alla discarica di Cupinoro scadrà a maggio 2018, mentre la valutazione di impatto ambientale risulterebbe già scaduta;

   da documentazione intercorsa dal 27 maggio 2017 ad oggi tra il curatore Giampiero Sirleo, l'avvocato Pietro Carlo Pucci, consulente legale dell'Università agraria di Bracciano ed il geometra Fabrizio Betti, perito indicato dall'Università per valutare il canone di affitto per le aree su cui insiste la discarica e le afferenti, si deduce che il curatore, nonostante non siano state concluse le procedure in merito alla definizione dei canoni d'affitto da corrispondere all'Università agraria, ha avviato le procedure per la vendita del ramo di azienda;

   la cessione è stata disposta attraverso procedura competitiva di vendita in data 21 novembre 2017 e prevede un lotto unico comprendente il ramo di azienda composto dai titoli autorizzativi per la realizzazione in Bracciano via Settevene Palo chilometro 6.500,00 di: a) 1 impianto di preselezione di rifiuti solidi urbani con produzione di combustibile derivato da rifiuti e frazione organica stabile, della capacità di trattamento di 135.000 tonnellate annue di rifiuti; b) 1 impianto per il compostaggio della Forsu e digestione anaerobica della capacità annua pari a 30.000 tonnellate;

   a tale scopo è stata avanzata la richiesta all'Università agraria di fornire la stima del canone delle aree interessate. Stima redatta, su incarico dell'Università, dal sopra menzionato geometra Fabrizio Betti con compenso a carico del curatore fallimentare e stabilita in circa 65 mila euro per il corpo discarica (11 ettari) e in circa 230 mila euro per la parte residua (41 ettari);

   il consiglio di amministrazione dell'Università agraria non sarebbe stato mai convocato per trattare la decisione e le modalità di rinnovo dei canoni d'affitto per le zone interessate dagli impianti di trattamento dei rifiuti, considerando che si tratta di un comprensorio in zona SIC e ZPS –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere a fronte di quanto sopra esposto, in una fase in cui l'autorizzazione integrata ambientale è in scadenza (maggio 2018), la valutazione di impatto ambientale è scaduta, le procedure di risanamento del sito sono in ritardo e i rapporti fra la fallita «Bracciano Ambiente spa» e l'Università agraria di Bracciano risultano irrisolti, come testimoniato dalla citata deliberazione n. 44 del 21 aprile 2016, anche in considerazione del fatto che la paventata prosecuzione di un'attività di trattamento dei rifiuti, che dal 1991 grava su questo territorio, ha spinto, come sopra detto, la direzione regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ad esprimersi precedentemente in maniera negativa e che vi sono esigenze di tutela di siti di interesse comunitario e zone di protezione speciali.
(4-18590)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Consorzio Olimpo è una struttura affidataria di un appalto di Riscossione Sicilia, in relazione al servizio di notifica degli atti;

   dal mese di gennaio 2017, il personale del suddetto Consorzio non percepisce lo stipendio, nonostante le reiterate richieste provenienti dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali;

   i lavoratori del Consorzio hanno comunque continuato, nonostante le gravi difficoltà a causa del mancato pagamento delle spettanze, ad operare garantendo il pieno funzionamento della struttura a partire dalla consegna degli atti, evitando così l'interruzione di un delicato servizio per amministrazioni e cittadini;

   il Consorzio Olimpo ha accumulato debiti per diversi milioni di euro e oggi è davvero al collasso per via del mancato pagamento delle fatture da parte di Riscossione Sicilia –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e se non ritenga opportuno attivarsi, per quanto di competenza, al fine di istituire un tavolo di confronto tra i soggetti istituzionali competenti con l'obiettivo di trovare una soluzione alla pesante situazione in cui si trovano i lavoratori del consorzio Olimpo in merito al pagamento delle proprie spettanze.
(5-12781)


   LODOLINI, NACCARATO, PETRINI, CARRESCIA, MANZI, LUCIANO AGOSTINI e MORANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sul noto quotidiano locale denominato Corriere Adriatico e sul Resto del Carlino, Cronaca di Ancona del 10 novembre 2017 sono stati recentemente pubblicati due articoli relativi a mutui e prestiti di Banca Marche agli uomini della ’ndrangheta;

   il primo articolo è a firma Federica Serfilippi; il secondo è a firma di Alessandra Pascucci;

   da quanto si apprende negli articoli sopra citati si sarebbe verificata la costituzione di piccole società impiegate per la compravendita fittizia di beni immobili, utilizzate per compiere – secondo la procura, come riporta il primo articolo – trasferimenti fraudolenti di denaro. «Un cartello di imprese edili intestate a prestanome, per dare vita a una girandola di compravendite immobiliari accompagnate da simulate transizioni pecuniarie». Un modo per movimentare ingenti somme di denaro «sporco», derivante in parte dalla presunta attività di usura a danno di imprenditori del pesarese:

   «Un giro di affari – prosegue l'articolo – dietro al quale ci sarebbe la mano di una famiglia di calabresi il cui esponente principale già nel 2014 fu al centro dell'operazione denominata “Aspromonte” del Gico della Gdf di Ancona. Da quanto emerso dalla testimonianza dei finanzieri per l'acquisizione di alcuni immobili il gruppo si sarebbe spesso rivolto alla filiale pesarese della vecchia Banca Marche ottenendo mutui per un valore complessivo di circa 5 milioni»;

   la procura, a quanto si apprende nell'articolo, contesterebbe a vario titolo i reati di trasferimento fraudolento di valori e usura aggravati dalla contestazione dell'utilizzo del metodo mafioso;

   relativamente al rischio concreto di fenomeni di corruzione e penetrazione di capitali mafiosi nelle Marche, ha parlato, recentemente, nell'ambito di un convegno organizzato ad Ancona il 27 ottobre 2017 alla presenza del dottor Raffaele Cantone (presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione – A.N.AC.) il procuratore generale presso la corte di appello di Ancona dottor Sergio Sottani che, nel corso del suo intervento (servizio andato in onda al TgR Marche del 27 ottobre 2017), ha fatto riferimento al crac di Banca Marche ricordando che già nel 2015 una relazione della direzione investigativa antimafia indicava importanti collegamenti con le marche di soggetti legati alle mafie –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali ulteriori elementi intendano fornire in proposito;

   quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per prevenire e contrastare la presenza della criminalità organizzata nelle Marche.
(5-12784)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale «Aosta» in Brissogne unico istituto della regione Valle d'Aosta ha una capienza regolamentare di 180 detenuti e una capienza tollerabile di 340;

   tale struttura parrebbe sovradimensionata rispetto alle esigenze del territorio ed, infatti, nell'anno 2016 ci sono stati solo 76 ingressi di soggetti arrestati sul territorio, a fronte di una movimentazione complessiva di circa 600 detenuti in transito;

   ne discende l'evidente sproporzione tra le esigenze del territorio e la riduttiva funzione di «serbatoio», poiché la quasi totalità dei detenuti presenti proviene da istituti di altre regioni «per sfollamento», e questo implica gravi disagi su più fronti per la gestione del detenuto, il quale, allontanato dal proprio territorio e penalizzato nella possibilità di fruire di colloqui con i familiari, in genere, manifesta un atteggiamento scarsamente collaborativo nell'aderire ai percorsi trattamentali previsti ed un comportamento in «alcune circostanze» anche aggressivo nei confronti del personale di altri detenuti;

   l'istituto penitenziario in parola non deve assumere per i motivi sopra evidenziati la funzione di «serbatoio», ma, al contrario, dovrebbe poter svolgere più marcatamente la funzione di offrire percorsi rieducativi e di recupero finalizzati al reinserimento socio-lavorativo attraverso la stabilizzazione della popolazione detenuta presente e l'implementazione di raggruppamenti omogenei di detenuti in base a diversi parametri;

   tra gli elementi fondamentali per il perseguimento degli obiettivi indicati è necessaria la stabilità della dirigenza della struttura penitenziaria che dal giugno 2014, quando l'allora direttore fu destinato ad altra sede, è venuta meno, unitamente a quella del comandante del reparto. Dette funzioni negli ultimi anni sono state svolte da commissari provenienti da altri istituti di pena, con incarichi provvisori;

   con tale stabilità degli incarichi la «nuova» configurazione dell'istituto di pena potrebbe essere un modello nel quale inserire anche attività di tirocinio per il personale in fase di formazione che si accinge ad operare all'interno dell'amministrazione penitenziaria –:

   se non ritenga opportuno proporre la trasformazione dell'istituto di cui in premessa da casa circondariale a casa circondariale a custodia attenuata, nonché adottare ogni iniziativa utile a garantire la stabilità della dirigenza dell'istituto e del comandante della polizia penitenziari in servizio presso lo stesso.
(4-18572)


   FANTINATI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   indagini condotte negli istituti penitenziari di alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, hanno rivelato l'esistenza di fenomeni allarmanti legati al radicalismo islamico;

   secondo un istituto britannico, la radicalizzazione islamica nelle carceri potrebbe produrre fino a 800 potenziali nuovi attacchi terroristici entro i prossimi dieci anni. È da notare che tale stima, già in sé eloquente, si riferisce al solo Regno Unito, ma, alla luce della precedente analisi, sembra plausibile che il rischio per gli altri Stati membri sia lo stesso;

   nel luglio 2017, la Camera ha approvato – contrario il M5S – una proposta di legge sulla prevenzione della radicalizzazione jihadista, il cui testo deve ancora essere discusso e votato dal Senato;

   a testimonianza del proliferare dell'estremismo islamico jihaidista nelle carceri italiane, c'è il caso dell'autore delle strage di Berlino del 23 dicembre 2016, detenuto in Italia dal 2011 al 2015 e quello più recente, solo qualche giorno fa, di un 39enne tunisino – sospetto sostenitore dell'Isis – arrestato per spaccio di droga nel 2015 e rinchiuso nel carcere veronese di Montorio -:

   quali iniziative s'intendano adottare per contrastare il pericolo di radicalizzazione islamica all'interno delle carceri italiane.
(4-18575)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i signori Sandro, Moreno e Fiorenzo Vignoni, imprenditori edili in Osimo, sono stati riconosciuti vittime di estorsione ad opera di Valter Bolognini, all'epoca dei fatti presidente di una cooperativa edilizia marchigiana, con sentenza definitiva alla pena di 5 anni di reclusione per aver estorto una villa di oltre 400.000 euro, una scrittura privata e cambiali per oltre 200.000 euro. Nonostante detta condanna definitiva la procedura esecutiva promossa dal Bolognini da suo figlio sulla base dei titoli estorti è ancora pendente innanzi al Giudice dell'esecuzione di Ancona la cui data di vendita forzata era prevista per il 25 ottobre 2017. A fronte di detta situazione la Procura di Ancona il 3 ottobre 2017 ha disposto, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 44 del 1999, una proroga dei termini esecutivi per 300 giorni in favore dei Vignoni, poiché è ancora in corso l'istruttoria per l'ottenimento dell'elargizione prevista per le vittime di tale reato. I giudici delle esecuzioni però non hanno lasciato ferma la precedente data di vendita, benché con la recente sentenza n. 21854/2017 le Sezioni unite civili della cassazione hanno stabilito che rimane esclusa ogni interferenza del giudice civile in ordine al provvedimento della procura e che il giudice dell'esecuzione deve necessariamente eseguirlo. Per questo motivo i Vignoni hanno presentato opposizione agli atti esecutivi e i citati giudici con provvedimenti del 23 ottobre 2017 hanno temporaneamente sospeso la vendita in attesa di decidere sull'opposizione. In caso di mancata sospensione della vendita, a beneficiare dei relativi introiti vi sarà l'estorsore, promotore dell'esecuzione e dei pignoramenti. Avendo l'estorsore pignorato tutto il patrimonio delle vittime sono dovute necessariamente intervenire nell'esecuzione anche le banche proprio a causa del predetto atto pregiudizievole. Innanzi a detta gravissima situazione sarebbe manifestamente antigiuridico che lo Stato (che amministra sia la giustizia che le elargizioni alle vittime), da un lato ritardi le corrette elargizioni e, dall'altro, tramite l'apparato giudiziario civile, porti avanti la vendita forzata che – con l'elargizione – potrebbe essere evitata. Peraltro, i crediti vantati dalle banche intervenute sono in buona parte derivanti dall'applicazione di interessi ultralegali. I Vignoni hanno recentemente denunciato anche il figlio del Bolognini, beneficiario della condotta estorsiva e autore, insieme al padre, delle richieste di pagamento delle cambiali, nonché promotore dell'esecuzione immobiliare. Il giudice per le indagini preliminari di Ancona ha però disposto l'archiviazione del procedimento penale, rilevando che la condotta dell'imputato deve essere valutata in sede civile. Tale decisione sarebbe stata presa, a quanto consta all'interrogante, senza che sia stata effettuata prima alcuna attività investigativa e senza tenere in considerazione la mole di documentazione prodotta dai Vignoni, ove risulterebbe il coinvolgimento del figlio dell'estorsore. Peraltro, le cambiali estorte furono rilasciate in bianco con le sole firme delle vittime. A quanto risulta all'interrogante, sussisterebbero dubbi sulla validità stessa delle cambiali, circostanza che pone legittimi interrogativi sulla correttezza dello svolgimento della procedura esecutiva –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per promuovere un'iniziativa ispettiva presso gli uffici giudiziari di Ancona per l'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza.
(4-18587)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DA VILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 9 gennaio 1989, n. 13, «Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati», e successive modificazioni e integrazioni, all'articolo 9 prevede contributi a fondo perduto «per la realizzazione di opere direttamente finalizzate al superamento e all'eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti», da erogare ai «portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti, ivi compresa la cecità, ovvero quelle relative alla deambulazione e alla mobilità» e a «coloro i quali abbiano a carico i citati soggetti ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché» ai «condomini ove risiedano le suddette categorie di beneficiari»;

   detti contributi, finalizzati a eliminare gli ostacoli afferenti all'accesso e alla fruibilità degli immobili, anche mediante l'installazione di eventuali soluzioni domotiche per adattare la casa alle necessità dei disabili (ad esempio alza tapparelle elettrici, accensione luce mediante fotocellule, e altro), sono erogati a valere sul «Fondo speciale per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati», istituito presso il Ministero dei lavori pubblici, oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   essi «devono essere erogati entro quindici giorni dalla presentazione delle fatture dei lavori, debitamente quietanzate», e sono concessi «in misura pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi fino a lire cinque milioni», e maggiorati «del venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta per costi da lire cinque milioni a lire venticinque milioni, e altresì di un ulteriore cinque per cento per costi da lire venticinque milioni a lire cento milioni»;

   la competenza per la ripartizione delle somme da erogare è delegata alle regioni; le domande dei cittadini, «con indicazione delle opere da realizzare e della spesa prevista», sono indirizzate al sindaco del comune in cui è sito l'immobile «entro il 1o marzo di ciascun anno». I comuni, conclusa la susseguente istruttoria, riferiscono alle regioni il fabbisogno previsto, attendendo di ricevere da queste ultime i fondi per poi provvedere ad assegnarli agli interessati;

   da almeno un lustro si moltiplicano gli articoli di stampa (si vedano tra i molti, Repubblica del 22 settembre 2016, e La Stampa, 2 aprile 2017) e i casi portati alla conoscenza del pubblico, nonché di singoli parlamentari, che segnalano come alle domande, accettate «con riserva» dai comuni, non segua da diversi anni l'erogazione dei contributi se non, nei rari casi in cui accade, di una minima parte, poiché l'amministrazione centrale non provvede a trasferire alle regioni i fondi necessari;

   da ultimo, all'interrogante è giunta documentazione sul caso di un cittadino di Mestre che non ha tuttora avuto ristoro per lavori oggetto di domanda, accettata dal comune di Venezia, per circa 42 milioni di lire, effettuati nel 2001, anno a partire dal quale, stando alla risposta dal medesimo ricevuta dal competente ufficio comunale, e mostrata all'interrogante, lo Stato non finanzierebbe più fondo speciale in parola –:

   se il Governo sia a conoscenza della problematica illustrata in premessa, se possa fornire elementi sull'entità complessiva dell'arretrato a oggi pendente a livello nazionale, e quali iniziative intenda intraprendere affinché il legittimo affidamento riposto dai cittadini disabili nel lodevole strumento approntato dalla legge n. 13 del 1989 venga soddisfatto nei tempi più celeri, indicando anche, ove possibile, i relativi criteri di priorità.
(5-12779)


   PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha presentato in passato atto di sindacato ispettivo n. 4-08810 del 16 aprile 2015, per giunta senza risposta, denunciando diversi crolli sulla nuova strada statale 106, con conseguente compromissione della viabilità su alcuni tratti. In quella stessa sede si evidenziava come: «Anas spa è stata costretta a riconoscere un aumento degli oneri relativi agli imprevisti alla ditta appaltante per riparare i danni relativi ai crolli fino ad arrivare al doppio dei costi previsti cosa che, tra le altre cose, poteva essere facilmente evitata», considerando che la commissione che valutò il progetto di variante espresse il proprio parere negativo;

   la strada statale 106, costata ben 30.500 euro al metro ed appena inaugurata, dopo appena cinque anni si sta letteralmente disintegrando e non si tratta di un cedimento occasionale ma di una strada realizzata male che rappresenta un pericolo per la sicurezza degli utenti. L'opera, com'è noto, è stata realizzata attingendo a fondi FAS, fondi POR, fondi regionali e fondi Anas;

   il Codacons già da tempo ha formalizzato richiesta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di attivarsi per imporre controlli straordinari, finalizzati ad accertare la stabilità dei tratti sopraelevati e garantire la sicurezza delle strade;

   è fin troppo evidente che ci siano delle responsabilità gravi sia sul piano realizzativo che progettuale, a partire dagli studi geologici dell'area. Ed è ancora più grave che tale problematica sia emersa già qualche anno fa senza che l'Anas abbia messo in campo soluzioni coerenti con il pericolo che si stava correndo;

   appare inconcepibile che a fronte di un ulteriore esborso di somme pubbliche utilizzate, a giudizio dell'interrogante, in modo «disinvolto» per interventi di tentato ripristino vi sia stato l'ennesimo fallimento –:

   se non ritenga urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, per individuare i responsabili e assicurare, al contempo, l'immediato ripristino della strada prima che sulla variante altre persone perdano la vita.
(5-12783)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 106 è una delle arterie principali della Calabria, dato che consente il collegamento regionale lungo la costa ionica e i disservizi che si registrano sulla stessa si traducono inevitabilmente nella paralisi di vaste zone della regione;

   solo 6 anni fa venivano completati i lavori di adeguamento nel tratto da Simeri Crichi a Squillace che avrebbero dovuto, almeno nella zona in prossimità del capoluogo e della cittadella regionale, nell'area di Germaneto, consentire una viabilità scorrevole;

   già nell'immediato, tuttavia, venivano a manifestarsi i primi problemi, con cedimenti continui di alcuni terrapieni e il crollo di un muro di sostegno sul quale indaga la procura;

   è in questi giorni che si registra tuttavia uno dei fatti più emblematici: il cedimento della corsia di decelerazione presso l'uscita di Borgia nord dopo che sulla stessa sono terminati soltanto il mese scorso lavori per la corretta irreggimentazione delle acque meteoriche;

   ciò solleva inevitabilmente dei dubbi riguardo alle modalità attraverso le quali vengono effettuati i lavori di manutenzione;

   interventi di questo tipo, oltre a rappresentare un possibile spreco di denari pubblici, se non fatti di rilevanza penale, distraggono tempo e risorse rispetto alla possibilità di adeguare l'arteria in altre aree che risentono del sovraccarico di traffico rispetto alla capacità della stessa;

   per ciò che riguarda la presenza delle quattro corsie, al momento risulta finanziato il tratto tra Sibari e Roseto Capo Spulico e sono già aperti quello tra Roseto-Rocca Imperiale, Locri-Roccella e Simeri- Squillace, mentre gran parte della costa ionica ancora risente delle limitazioni delle due corsie –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia promosso i necessari accertamenti per chiarire i motivi per cui all'uscita Borgia nord della strada statale 106, nonostante i lavori compiuti solo un mese fa per la corretta irreggimentazione delle acque meteoriche, si sia registrato un crollo derivante da infiltrazioni d'acqua;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per favorire il completamento delle quattro corsie sull'intera strada statale ionica.
(4-18573)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 18 e il 19 novembre 2017 si è verificato il cedimento di un pezzo di manto stradale lungo la strada statale 106, cosiddetta jonica, in prossimità dello svincolo per la città di Borgia, in provincia di Catanzaro, che segue di appena cinque mesi il crollo di un muro di sostegno all'altezza dell'uscita di Catanzaro nord verificatosi in giugno, e sul quale la procura ha aperto un'inchiesta;

   il tratto interessato dal crollo è stato inaugurato di recente, una variante costata oltre trentamila euro al metro, finanziata a valere sui fondi Fas e fondi Por, risorse regionali e dell'Anas, che dopo neanche cinque anni sta letteralmente cadendo a pezzi, causando vittime e mettendo a rischio tutti coloro che la percorrono;

   il Codacons già da tempo si era rivolto alla magistratura chiedendo di procedere al sequestro della variante al fine di «accertare la corretta esecuzione dei lavori», e aveva formalmente richiesto al Ministero dei trasporti «di attivarsi per imporre controlli straordinari, finalizzati ad accertare la stabilità dei tratti sopraelevati e garantire la sicurezza delle strade» –:

   se non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, immediate verifiche circa il rispetto delle norme e delle procedure nell'esecuzione dei lavori della variante, eventualmente segnalando i fatti alla magistratura contabile, affinché si possa fare chiarezza in merito all'utilizzo dei fondi pubblici destinati alla realizzazione degli stessi lavori;

   quali iniziative intenda assumere al fine di garantire che la strada statale sia ripristinata nel più breve tempo possibile e nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza;

   in vista del completamento della strada statale 106, in che modo intenda vigilare sui lavori da eseguire e sull'utilizzo delle somme a ciò destinate.
(4-18577)


   TARICCO, GRIBAUDO, ROMANINI, GASPARINI, RUBINATO, MIOTTO, ZANIN, CARRA, PAOLA BRAGANTINI, D'INCECCO, VENITTELLI e FALCONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 16-bis della legge 11 novembre 2014, n. 164 «decreto sblocca Italia», è stata modificata la disciplina degli accessi sulle strade affidate alla gestione della società Anas spa e la relative modalità di riscossione dei canoni, stabilendo che per gli accessi autorizzati alla data del 31 dicembre 2014 sulle strade gestite da Anas spa, a decorrere dal 1° gennaio 2015 non fosse dovuta alcuna somma fino al rinnovo dell'autorizzazione e che, per tali istanze di rinnovo dell'autorizzazione, si dovesse corrispondere una somma determinata in base a quanto stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare entro il 31 marzo 2015;

   la novella legislativa prevede per gli accessi esistenti alla data del 31 dicembre 2014 e privi di autorizzazione, che la società Anas spa, a seguito di istanza di regolarizzazione da parte del titolare, provveda alla verifica delle condizioni di sicurezza e determini, in base ai criteri contenuti nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui al comma 23-quinquies dell'articolo 55 della legge n. 449 del 1997, il pagamento di una somma da corrispondere in un'unica soluzione; tale somma comunque non può superare l'importo del canone esistente prima della entrata in vigore della norma di modifica, aggiornato in base agli indici dei prezzi al consumo rilevati all'Istat;

   si sono rilevati numerosi casi di, incongruenze nell'applicazione delle norme, casi di aumenti spropositati dei canoni, nonché un'applicazione disomogenea sul territorio nazionale che ha avuto pesanti ripercussioni su famiglie, imprese e attività commerciali;

   la legge prevedeva, inoltre, di concludere ogni procedura di contenzioso col pagamento del 30 per cento di quanto dovuto o del 60 per cento, nel caso si intendesse ricorrere alla rateizzazione fino ad un massimo di nove rate annuali, e sancire l'obbligo per Anas spa di provvedere al censimento di tutti gli accessi esistenti, autorizzati e non, sulle strade di propria competenza al fine di garantire le condizioni di sicurezza della circolazione anche attraverso l'eventuale chiusura degli accessi abusivi entro il 30 giugno 2015;

   in data 3 agosto 2017, la Conferenza unificata ha sottoscritto l'intesa sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Toscana e Umbria e per altre regioni sono in definizione analoghi provvedimenti;

   il decreto, al fine di ridurre ulteriormente la pluralità di gestori e migliorare l'esercizio dell'intera rete, prevede il trasferimento ad Anas spa di 3.523 chilometri di strade dalle suddette regioni, portando a 30 mila chilometri la rete gestita per unificare il riferimento ad unico soggetto e garantire la continuità degli itinerari, evitando la frammentazione della gestione ed incrementando l'efficienza della manutenzione;

   ad oggi molti cittadini si trovano ancora a gestire contenziosi irrisolti con Anas spa, riguardanti richieste di regolarizzazione di accessi carrai, mancata regolarizzazione e conseguente mancato pagamento, mentre altri si sono visti negare le dovute autorizzazioni d'uso, nonostante i regolari pagamenti effettuati;

   tale situazione di incertezza e di contenzioso, protraendosi nel tempo complica ulteriormente il regolare svolgimento di attività produttive e determina gravi disagi per i cittadini e le imprese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga necessario assumere iniziative per effettuare una verifica approfondita delle varie casistiche occorse anche a livello regionale, facendo sì che Anas spa ottemperi all'obbligo del censimento degli accessi autorizzati e concluda con urgenza tutti i procedimenti di contenzioso in essere.
(4-18578)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi gli organi di stampa regionali e non solo hanno riportato la notizia di gravi minacce rivolte a una avvocata del foro di Sassari, difensore in un delicatissimo processo in corso davanti alla Corte d'assise di Nuoro;

   l'avvocata è stata minacciata di morte su una pagina Facebook che si occupava da tempo dei fatti al vaglio della magistratura nuorese e la cui attività palesemente offensiva e dispregiativa di tutti i difensori impegnati nel processo, era già stata segnalata alla Corte d'assise di Nuoro nel corso del predibattimento;

   in particolare, le minacce nei confronti dell'avvocata sono state postate da persone ben individuate e comunque collegate alle vicende all'esame della Corte di Nuoro;

   gli interpellanti, anche in considerazione del ripetersi in varie sedi di atteggiamenti aggressivi ed intimidatori nei confronti di avvocati impegnati in pubbliche udienza nella tutela del diritto di difesa garantito dall'articolo 24 della Costituzione, sono molto preoccupati per il clima che si sta creando –:

   se i Ministri interrogati siano stati a conoscenza dei gravissimi episodi riportati in premessa e quali iniziative di competenza intendano porre in essere per prevenire e contrastare tali gravissimi episodi assicurando che i professionisti minacciati possano continuare a svolgere il proprio lavoro in sicurezza;

   siano stati attivate, per quanto di competenza, tutte le strutture deputate, inclusa la polizia postale, per individuare le pagine dei social media caratterizzate da spirito di totale intolleranza nei confronti della funzione difensiva e addirittura insofferenti anche nei confronti della stessa giurisdizione penale e dei suoi legittimi richiami al rispetto delle regole del processo.
(2-02030) «Cani, Morani, Mura, Pes, Ascani, Coccia, Marrocu, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Scuvera, Amato, Piccoli Nardelli, Paola Bragantini, Cardinale, Albanella, Capone».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INCERTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comando provinciale dei vigili del fuoco di Reggio Emilia è presente un distaccamento situato nell'alto Appennino Reggiano (Castelnovo né Monti), che effettua un servizio con orario di lavoro differenziato a 24 ore, organizzazione ormai consolidata da più di un decennio e peraltro autorizzata dallo stesso Ministero dell'interno;

   la sede di Castelnovo né Monti è definibile come sede disagiata, in quanto dista 45 chilometri da Reggio Emilia ed occorre più di un'ora per raggiungerla con una strada di montagna; d'inverno con neve e ghiaccio è necessario anche più tempo, su una viabilità a tratti critica;

   delle 28 unità operative, due sole sono residenti, mentre tutti gli altri sono pendolari e viaggiano verso il distaccamento sia da Reggio Emilia che dalla Toscana con questo orario si è potuto garantire un'adeguata copertura del servizio, eliminando sostanzialmente l'assenteismo, prima piuttosto frequente;

   i mezzi pubblici tra la città e il comune di Castelnovo né Monti sono pochi (solo dei bus) e non in concomitanza con gli orari di inizio e fine servizio (soprattutto serale) per questo motivo il personale viaggia esclusivamente con la vettura privata, percorrendo non meno di 90 chilometri per ogni turno; il cambio di orario raddoppierebbe il costo per il raggiungimento della sede con evidenti ricadute anche sul comando, a causa degli inevitabili e più frequenti rimpiazzi;

   l'orario a 24 ore trova il favore di tutto il personale e di tutte le organizzazioni sindacali di categoria ed è anche apprezzato a livello territoriale. Una eventuale variazione potrebbe generare malessere diffuso tra tutto il personale, effetto assolutamente non auspicabile dato il difficile momento economico e visto l'attuale equilibrio a fatica consolidato;

   con nota alle organizzazioni sindacali, la direzione regionale dei vigili del fuoco, senza apparenti chiarimenti, parrebbe voglia introdurre l'orario ordinario a 12 ore dal 1° gennaio 2018; tali modifiche comporterebbero forti disservizi e aumentati oneri da parte delle amministrazioni dovuti a rimpiazzi e sostituzioni/avvicendamenti, nonché la mancata condivisione con gli stessi lavoratori –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di evitare la modifica di un orario da sempre confermato dai vari dirigenti e consolidato per prassi e funzionalità operativa.
(5-12776)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   successivamente ad un'ispezione condotta dalle forze dell'ordine, il 15 novembre 2017, nella via attigua al centro d'accoglienza straordinaria (Cas) FerrHotel di Lecco, struttura aperta nel 2017 che ospita attualmente 131 richiedenti asilo, 13 di questi soggetti assistiti vengono denunciati a piedi libero per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti;

   nel corso dell'operazione effettuata dalla questura di Lecco, sono stati denunciati sempre per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti altre 20 persone richiedenti asilo e sono stati identificati un altro centinaio;

   i soggetti denunciati spacciavano, così come risulta dalla indagini, anche a minorenni che frequentano gli istituti superiori, che ogni giorno passano per la via che costeggia il Cas per recarsi a scuola;

   l'esito dell'indagine dimostra in maniera inequivocabile che via Ferreria, dove si trova il Cas, è divenuta un crocevia dello spaccio di sostanze stupefacenti con conseguente degrado dell'intero quartiere;

   da fonti giornalistiche si apprende che solo 13 persone sui 33 denunciati sarebbero stati allontanati dal Cas FerrHotel;

   sempre da fonti giornalistiche si apprende che 10 soggetti sul centinaio identificati sono ancora residenti presso il Cas FerrHotel;

   le persone allontanate dal Cas FerrHotel non hanno perso né il diritto costituzionale a far valutare alla commissione competente la loro richiesta d'asilo, né il loro status di richiedenti asilo, pur essendo indagati seppur a piede libero –:

   se e in quale struttura della provincia di Lecco gli altri 20 soggetti denunciati abbiano trovato assistenza e ove siano ubicate tali strutture;

   se e in quale struttura della provincia di Lecco siano stati ubicati coloro che sono stati identificati nel corso dell'operazione delle forze dell'ordine, quanti siano coloro che beneficiano dell'assistenza presso altre strutture della provincia e dove siano ubicate queste strutture;

   quali siano gli enti e/o strutture che hanno preso in carico le persone allontanate dalla struttura FerrHotel e quale sia lo stato delle domande di asilo dei 33 denunciati a piede libero;

   quali e quante sostanze stupefacenti siano state rinvenute nelle strutture che attualmente ospitano richiedenti asilo in provincia di Lecco;

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di ripristinare il rispetto della legalità sia nelle aree attigue al Cas FerrHotel, sia negli altri Cas ubicati nella provincia di Lecco e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione ai casi di coloro che hanno commesso reati.
(4-18581)


   PISO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   esiste un «Consorzio Porta di Roma» insistente nel municipio III di Roma Capitale;

   tale Consorzio è gestito dagli imprenditori che lo hanno costruito per il mezzo di una società denominata «Porta di Roma Srl»;

   l'area in questione è divenuta uno dei maggiori insediamenti residenziali e commerciali della Capitale;

   dal 2014 è in essere un contenzioso relativo al pagamento dell'illuminazione tra «Porta di Roma Srl» ed «Acea Spa», contenzioso che ha portato l'intero comprensorio a convivere con una situazione surreale di oscurità con grave pregiudizio per la sicurezza stradale e pubblica;

   «Acea Spa» è società partecipata in maggioranza da Roma Capitale (51 per cento);

   la viabilità del Consorzio è stata aperta al transito grazie ad una determinazione dirigenziale che ogni anno viene rinnovata e che consente il passaggio pubblico in attesa della presa in carico dell'area da parte di Roma Capitale;

   tutti i servizi pubblici (Ama/Atac) vengono erogati, senza che «Porta di Roma Srl» abbia ceduto l'area, in virtù di questa determinazione dirigenziale;

   il servizio di illuminazione è ineludibile lì dove la viabilità è aperta al pubblico, oltretutto in questo caso di specie, con determinazione dirigenziale ad hoc della polizia locale, in attesa dell'intervento risolutivo di Roma Capitale;

   ci si chiede se, anche in relazione alle norme previste dal nuovo codice della strada, sia possibile mantenere aperta al pubblico la viabilità in totale assenza di illuminazione e se questo non comporti per gli enti locali l'obbligo di intervenire o con la chiusura al traffico delle strade interessate dal disservizio o attraverso la fornitura dell'illuminazione, previa presa in carico dell'area in questione –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla situazione in cui versa l'area di cui in premessa e se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza e in sinergia con il comune di Roma, per garantire adeguate condizioni di sicurezza ai cittadini e agli utenti delle tratte stradali prive di illuminazione, anche in relazione agli evidenti risvolti di ordine pubblico.
(4-18584)


   GINEFRA, GRASSI, LOSACCO e VENTRICELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la città di Polignano a Mare è una delle mete turistiche di maggior richiamo del litorale pugliese;

   negli ultimi anni, grazie al positivo lavoro di regione e comune, vi è stato un vero boom delle presenze e una crescita di strutture ricettive e di servizi al turismo;

   nella edizione pugliese di Repubblica del 3 novembre 2017, in un articolo di cronaca nera, si ipotizza che la mafia barese «avrebbe allungato i suoi tentacoli sul business delle escursioni turistiche nelle grotte di Polignano. Un affare che, ipotizzano gli investigatori, potrebbe essere collegato ai due incendi che, nel giro di sei mesi, hanno devastato altrettanti ristoranti in località San Vito»;

   il 7 marzo 2017, infatti, è andato distrutto il primo dei due locali, l'Osteria Porticciolo, a poca distanza dall'Abbazia;

   il sopralluogo dei vigili del fuoco aveva confermato la natura dolosa dell'incendio;

   il 27 ottobre 2017 è andata distrutta la parte anteriore della Veranda di Giselda, proprio di fronte all'Osteria Porticciolo e anche in questo caso gli investigatori sarebbero propensi a ritenere doloso anche questo incendio;

   i proprietari hanno invocato la protezione dello Stato annunciando che non si arrenderanno e che riapriranno non appena possibile;

   da quanto si apprende dallo stesso articolo le indagini svolte dai carabinieri si intreccerebbero con un altro filone investigativo, per il quale la polizia ha redatto una relazione, inviata anche alla direzione distrettuale antimafia, riguardante l'esistenza di infiltrazioni mafiose nell'affare delle «barche»;

   l'ipotesi è che ci sia un interesse di alcune organizzazioni criminali nella gestione, piuttosto spregiudicata, delle escursioni turistiche offerte in pacchetto ai clienti stranieri (e non) dai numerosi bed and breakfast aperti negli ultimi anni a Polignano;

   suddette escursioni partono proprio dal molo di San Vito, meno controllato rispetto al porto di Polignano;

   in sostanza, riporta come riporta Repubblica, «l'affare si regge sull'accordo fra i titolari di bed&breakfast e le società che organizzano le escursioni regolarmente costituite ma di fatto non a norma: unico soggetto autorizzato all'organizzazione di gite turistiche è infatti l'agenzia viaggi. L'albergatore, cioè, offre nel pacchetto di soggiorno anche l'uscita in barca, con tanto di brochure»;

   sempre secondo La Repubblica «si muove una enorme mole di denaro in nero, sulla quale allunga i tentacoli la criminalità. Non è ancora chiaro se si limiti a pretendere una percentuale sulle barche o se sia entrata nel business, magari con l'utilizzo di prestanome. L'incendio dei ristoranti strategicamente collocati nei pressi del molo di San Vito potrebbe dunque essere in qualche modo ricollegabile agli interessi illeciti»;

   in data 30 ottobre 2017 il sindaco di Polignano, con nota prot. n. 34883, ha chiesto alla dottoressa Marilisa Magno, prefetto di Bari, l'immediata convocazione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e lo stesso è stato prontamente convocato per il giorno 8 novembre alle ore 9,30 presso la prefettura di Bari –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza, nel rispetto dell'attività dell'autorità giudiziaria, intenda eventualmente assumere al fine di supportare l'amministrazione locale e proteggere gli esercenti delle richiamate attività commerciali operanti nel comune barese.
(4-18589)


   DISTASO e LATRONICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, dipartimento per gli affari interni e territoriali, con nota prot. n. 12817 del 9 novembre 2017 ha richiesto al dottor Domenico Ruggero del comune di Ceglie Messapica, di inviare informazioni circa la responsabilità e le inadempienze dello stesso, per non aver avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei responsabili di area del comune di Ceglie Messapica, visto anche il suo ruolo di responsabile della prevenzione e della corruzione;

   il tutto a seguito della verifica amministrativo-contabile del Ministero dell'economia e delle finanze eseguita dal 20 aprile al 10 giugno 2016 da parte del dipartimento della ragioneria generale dello Stato-ispettorato generale di finanza nella quale sono stati evidenziati numerosi profili di dubbia legittimità e violazione delle leggi dello Stato e la delibera del Consiglio dell'Anac del 20 settembre 2017, nella quale si censura l'operato del comune di Ceglie Messapica sull'attività contrattuale svolta dal comune stesso, oggetto dell'indagine ispettiva relativa all'attività negoziale a partire dal 2013;

   occorre evitare il perpetrarsi di gravi illegittimità, illegalità e danni erariali, già abbondantemente evidenziati nelle due citate relazioni degli organi di controllo dello Stato –:

   quale esito abbia avuto la richiesta di informazioni inoltrata dall'albo nazionale dei segretari comunali, sezione regionale della Puglia, al segretario generale del comune di Ceglie Messapica, dottor Ruggero e, in particolare, se, anche a seguito della richiesta sopra citata risulti siano state intraprese da parte del suddetto segretario generale iniziative disciplinari e/o di sospensione cautelativa, e di segnalazione di eventuale danno erariale, nei confronti dei funzionari le cui responsabilità sarebbero emerse per fatti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio.
(4-18593)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   PICCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da gennaio 2017 la scuola materna Luca della Robbia di via Roma ad Impruneta (Firenze) è stata chiusa;

   da tempo le forze politiche di opposizione all'attuale amministrazione stanno cercando di avere informazioni e dettagli su una questione che per mesi e mesi ha infiammato l'opinione pubblica imprunetina;

   nel sito del comune si trovano pochi atti relativi alla chiusura. Inoltre, le ragioni che hanno portato a queste decisioni non sono mai state chiarite fino in fondo, sebbene abbiano avuto un impatto non indifferente sulla collettività;

   appare impossibile che non ci sia un atto, una delibera con allegato un parere tecnico, un presupposto fondativo di quella decisione; l'atto in questione si dovrebbe poter visionare presentando in comune una precisa richiesta di accesso come prescrive la legge n. 241 del 1990;

   esponenti dell'opposizione hanno depositato in comune una richiesta di accesso agli atti, ma il comune ha negato l'accesso, con la motivazione dell'assenza di «deliberazioni» al riguardo;

   nel frattempo, del problema è stato interessato anche il difensore civico della regione il quale ha indirizzato una lettera al comune dove chiede di adempiere alla richiesta di accesso;

   in seguito, è stato depositato un nuovo accesso agli atti, ancora in attesa di risposta, malgrado i tempi prescritti per legge di 30 giorni, siano già stati ampiamente superati;

   in base a recenti riscontri, un legale dell'amministrazione avrebbe dichiarato che sulla chiusura della materna di via Roma non esisterebbero atti autorizzatori;

   l'assenza di risposte rende impossibile comprendere una vicenda che tanto ha inciso sulla vita della comunità imprunetina e di tutti quei genitori che a suo tempo si trovarono spiazzati da quella decisione, che resta ancora immotivata –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa, con particolare riguardo alle ragioni e al presupposto giuridico sulla base del quale è stata chiusa la scuola materna.
(4-18591)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT, PAOLA BRAGANTINI e BONOMO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Embraco è una società del gruppo multinazionale Whirlpool; fondata nel 1971 la società ha stabilimenti in Brasile (la sede centrale), Italia, Cina e Slovacchia;

   Embraco è presente in Italia, nel comune di Riva presso Chieri (situato nella territorio della Città metropolitana di Torino), con uno stabilimento che produce compressori per sistemi di refrigerazione;

   la sede italiana di Embraco, nonostante sia stata interessata negli ultimi dieci anni da profondi processi di ristrutturazione e riduzione del personale (i dipendenti sono passati da 2000 ai 590 attuali), è sempre stata un polo produttivo di qualità, tale da essere definito nel 2014 dagli stessi dirigenti dell'azienda il «più produttivo dell'intero gruppo industriale»;

   la crisi dello stabilimento si sarebbe aggravata negli ultimi mesi, anche a causa delle quote di produzione che il gruppo Embraco ha trasferito nei propri siti in Slovacchia;

   nel mese di luglio 2017 Embraco ha annunciato una ulteriore riduzione del 22 per cento della produzione dello stabilimento di Riva presso Chieri;

   successivamente, nel corso dell'incontro con le associazioni sindacali, che si è svolto nel mese di ottobre 2017, la proprietà «ha dichiarato che gli attuali volumi produttivi non consentono il rinnovo dei contratti di solidarietà (che termineranno a fine novembre 2017) e che la capogruppo non intende investire sullo stabilimento almeno fino al 2020»;

   questa notizia ha causato allarme nei lavoratori; le associazioni di categoria hanno proclamato uno sciopero ed un presidio ad oltranza dello stabilimento; secondo i sindacati «è evidente l'intenzione della Embraco di lasciare Io stabilimento ad una lenta agonia iniziata da tempo, nonostante i contributi milionari erogati dello Stato negli anni passati per sostenere gli investimenti della multinazionale a Riva di Chieri»;

   le istituzioni locali hanno già preso iniziative per affrontare tale problematica; a Chieri si è svolto un consiglio comunale al quale ha preso parte una delegazione di lavoratori mentre la regione Piemonte ha convocato un tavolo di concertazione per tutelare i livelli occupazionali dell'azienda;

   nel corso del tavolo istituzionale che si è svolto venerdì 3 novembre 2017 presso la regione Piemonte, a cui hanno preso parte l'assessore regionale al lavoro Gianna Pentenero, i sindacati ed i sindaci dei comuni interessati, i vertici dello stabilimento di Riva di Chieri «hanno promesso che incontreranno nei prossimi giorni la proprietà brasiliana per predisporre un piano aziendale che garantisca la continuità della produzione dell'impianto torinese». È stato inoltre annunciato che «il piano aziendale sarebbe stato presentato nel corso del prossimo incontro del tavolo istituzionale previsto per il 21 novembre»;

   si apprende inoltre dalla stampa che «l'azienda verificherà con il Ministero del lavoro la possibilità di far ricorso alla cassa integrazione straordinaria»;

   nella riunione del tavolo istituzionale che si è svolta il 21 novembre 2017 non è emersa nessuna novità; secondo quanto si apprende dalla stampa «l'azienda ha vincolato la presentazione di un piano industriale alla richiesta di rimuovere il presidio davanti ai cancelli». Il prossimo incontro è stato fissato per il 2 dicembre 2017 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle gravi problematiche relative allo stabilimento Embraco di Riva presso Chieri, se intendano promuovere iniziative urgenti per garantire la continuità dei livelli occupazionali e produttivi del sito e quali ammortizzatori sociali possano essere attivati a sostegno dei lavoratori dell'azienda.
(5-12778)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le risorse messe in campo a sostegno della maternità hanno e devono avere sempre di più una funzione anche di sostegno alla prevenzione e di copertura dei costi degli esami specialistici e di tutte quelle pratiche che possono aiutare una donna nel periodo precedente il parto;

   da questo punto di vista, i 7 mesi di gravidanza necessari per accedere a tale risorse risultano già limitanti;

   sono giunte all'interrogante alcune segnalazioni sulla richiesta del codice fiscale del nato come elemento necessario per effettuare la domanda, cosa non prevista nella procedura e in contrasto con quanto sopra –:

   se il Governo sia a conoscenza della prassi di richiedere il codice fiscale del nato per accedere alle risorse previste, a quale fonte normativa faccia riferimento questa prassi e come si intenda intervenire per evitare che questi episodi si ripetano.
(4-18580)


   PALESE e BRUNETTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   emerge il dato di un governo dell'Inps che non assicura la necessaria trasparenza, in un quadro di progressivo decadimento della funzionalità dell'istituto dovuto alla carenza di personale. A distanza di sei anni dalla soppressione dell'Inpdap e dell'incorporazione nell'Inps, il processo d'integrazione appare ancora lontano dall'essere compiuto. Non si è proceduto alla sistemazione del conto assicurativo degli iscritti alla gestione pubblica e per loro, ma non solo, l'ipotesi di poter verificare il proprio estratto e simulare il futuro assegno previdenziale attraverso il programma «la mia pensione» resta una promessa non mantenuta;

   all'Inps c'è bisogno di nuovo personale, da reclutare con apposito concorso pubblico, ma la scelta del presidente Boeri d'individuare criteri selettivi che non rispondono alle reali esigenze dell'istituto, lascia piuttosto perplessi;

   il 7 novembre 2017 Boeri ha firmato la determinazione n. 163 con la quale si bandisce un concorso pubblico a 365 posti di analista di processo – consulente professionale, livello economico C1, riservato a chi è in possesso di laurea magistrale o specialistica in scienze dell'economia, scienze economico-aziendali, ingegneria gestionale, scienze dell'amministrazione, giurisprudenza, teoria e tecniche della normazione e dell'informazione giuridica. Altro requisito obbligatorio per partecipare alla selezione è il possesso della certificazione, in corso di validità, di conoscenza della lingua inglese, pari almeno al livello B2 del quadro comune europeo di riferimento, rilasciata da uno degli enti certificatori riconosciuti dal decreto n. 118 del 28 febbraio 2017 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   appare evidente che il possesso della certificazione del livello B2 della conoscenza della lingua inglese restringe il numero dei partecipanti alla selezione, escludendo molti giovani in cerca di occupazione, essendo peraltro un titolo a pagamento. Ci si chiede perché non si intende limitarsi a chiedere la conoscenza della lingua inglese da verificare in sede di esame orale od anche attraverso una specifica prova scritta. Peraltro appaiono piuttosto fumose le funzioni che dovrebbe assolvere il personale collocato nel nuovo profilo specialistico di «analista di processo – consulente professionale». L'Inps ha bisogno di personale che impari in fretta a liquidare le diverse prestazioni e a gestire il flusso assicurativo, avendo già nel proprio organico personale titolato a svolgere la funzione di traduttore ed interprete;

   se ai criteri obbligatori per partecipare alla selezione si uniscono i titoli per i quali si prevede l'assegnazione di un massimo di 30 punti su un totale di 90, di cui 30 punti sono complessivamente assegnati per le due prove scritte ed altri 30 per la prova orale, emerge che i titoli fanno la reale differenza nella selezione pubblica bandita dall'Inps. Le differenze tra i candidati sia nelle prove scritte che in quella orale non saranno tali da colmare il divario che si verifica con il punteggio dei titoli, per i quali si assegnano fino a 12 punti se si è conseguita la laurea magistrale o specialistica con il punteggio di 110 e lode, 4 punti per i master di II livello ed 8 punti per i dottorati di ricerca, 4 punti per ulteriore laurea magistrale conseguita nelle discipline oggetto del bando, 1 punto per la European Computer Driving License (ECDL), la patente europea per il computer, 5 punti se si è in possesso di certificazione del livello C1 o superiore di conoscenza della lingua inglese –:

   quali iniziative intenda intraprendere per revocare il bando dell'Inps sopracitato e per riformularlo con criteri meno stringenti e più consoni a quelle che appaiono agli interroganti come le reali necessità dell'istituto;

   se non intenda assumere iniziative per accelerare il processo di revisione della governance dell'Inps per restituire un consiglio d'amministrazione all'ente, con una ripartizione ben definita dei compiti degli organi, che non penalizzi le funzioni d'indirizzo e vigilanza e quelle gestionali.
(4-18582)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALIA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il consorzio Co.Ge.Pa. – Consorzio di indirizzo, coordinamento e gestione tra imprese della pesca costiera locale, artigianale e ravvicinata delle isole Eolie – in rappresentanza della marineria delle stesse isole Eolie, ha manifestato, sin dal 2011, all'assessorato regionale per la pesca mediterranea – ed all'Ispra, l'aumentata presenza di delfini nelle isole Eolie che hanno creato una grave stato di sofferenza della piccola pesca locale, in particolare per quella dedicata alla cattura del totano con esponenziali riduzioni del pescato a cui si aggiungono i danni arrecati alle reti da posta tramaglio e cianciolo;

   la situazione divenuta insostenibile, ha costretto la marineria, nel corso del 2017, ad osservare un fermo volontario per tutto il mese di gennaio ed a proclamare la sospensione dell'attività di pesca che si è protratta per oltre 60 giorni;

   la crisi della pesca nelle Eolie, per la presenza dei delfini, ha avuto un riscontro mediatico internazionale, concretizzatosi in numerosi approfondimenti in tavoli tecnici presso le istituzioni regionali e del Ministero competente e in diversi approfondimenti degli organismi di informazione televisiva e della stampa a livello nazionale ed internazionale;

   la marineria locale, seppur afflitta dalle conseguenze economiche di questo stato di criticità, che mina la stessa capacità di sopravvivenza delle famiglie che si dedicano a tale attività, ha gestito le suddette comunicazioni curandosi di evidenziare le difficoltà senza innescare una strumentale ipotesi di conflitto tra il pescatore ed il delfino;

   a seguito di quanto sopra, è stata presentata istanza di indennizzo, per l'arresto volontario dell'attività di pesca, prima al dipartimento delle pesca della regione siciliana e poi presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per 102 giorni di inattività per numero 202 pescatori iscritti presso il Circomare di Lipari;

   le risorse di cui al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feanp) non possono essere erogate in situazioni di arresto volontario, non obbligatorio dell'attività;

   si è in attesa che vengano approvate le richieste di programmare l'attività della pesca locale artigianale nelle Eolie, sulla scorta del decreto relativo alla disciplina della piccola pesca costiera locale artigianale, per cui sono in corso approfondimenti anche presso le istituzioni sopra menzionate;

   l'articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2017, con cui sono disposte «Ulteriori misure a favore dell'occupazione nel Mezzogiorno» dispone che «all'articolo 1, comma 346, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “per l'anno 2017 e nel limite dispera di 7 milioni di euro per il medesimo anno, a ciascuno dei soggetti di cui al presente comma è altresì riconosciuto la medesima indennità giornaliera omnicomprensiva pari a 30 euro nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, per un periodo non superiore complessivamente a quaranta giorni in corso d'anno (...)”» –:

   se il Ministro interrogato intenda verificare se la richiesta di indennizzo avanzata dal consorzio Cogepa in relazione all'arresto volontario dell'attività di pesca determinata dalla consistente presenza di delfini nell'arcipelago delle Eolie, possa trovare una positiva risposta, in virtù della norma sopracitata, con la conseguente autorizzazione all'erogazione a valere sulle disponibilità finanziarie di cui al decreto-legge 20 giugno 2017 n. 91 convertito dalla legge 3 agosto 2017 n. 123.
(4-18579)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   secondo una recente analisi dell'ufficio studi di Confartigianato su dati del Ministero dell'economia e delle finanze (ultimi dati disponibili 2013, estratti a ottobre 2017), che ha analizzato spesa ed efficienza di 213 comuni della regione Liguria, età della spesa pubblica relativa all'attività degli uffici tributari comunali è da imputarsi ad enti poco efficienti o sotto al livello di fabbisogno (cioè spesa e servizi offerti inferiori allo standard);

   nella regione, su una spesa totale di 31,5 milioni di euro, 11,6 milioni sono relativi a 89 comuni sotto il livello standard, 4,9 milioni a 65 comuni inefficienti (la cui spesa è superiore al fabbisogno standard a fronte di servizi inferiori al livello richiesto). I comuni sopra al livello standard (spesa superiore al fabbisogno e servizi superiori al livello standard) sono 29 ed assorbono circa 12 milioni di euro, mentre quelli efficienti sono 30 e corrispondono a poco più di 3 milioni di euro di spesa;

   considerando le province liguri nel dettaglio, a Savona si trova un buon numero di comuni efficienti (13) e sopra il livello (6), con una spesa rispettiva di 1,2 e 5,8 milioni di euro. Sono 21 i comuni savonesi sotto livello con una spesa di 1,4 milioni di euro, altrettanti i comuni inefficienti della provincia, con 1,7 milioni di euro di spesa relativa alle attività dell'ufficio tributi. Genova, tra le province più virtuose d'Italia, conta 9 comuni efficienti e 13 sopra livello (la spesa è, rispettivamente, 919 mila e 3,1 milioni di euro); 25 comuni genovesi si classificano sotto livello con una spesa di 6,7 milioni di euro, mentre gli inefficienti sono 17, con una spesa di poco più di 1 milione di euro. A La Spezia si contano solamente 2 comuni efficienti (161 mila euro) e 3 sopra livello (2,2 milioni), mentre quelli considerati sotto il livello di fabbisogno standard sono ben 14 (con una spesa di circa 2 milioni di euro), 9 gli inefficienti (oltre 1,1 milione di spesa). A Imperia il quadro peggiore: sui 60 comuni presi in considerazione, 29 sono sotto livello (1,4 milioni di euro) e 18 gli inefficienti (quasi 1 milione di euro di spesa); pochi i comuni virtuosi della provincia: 6 gli efficienti, 7 sopra livello, a cui corrispondono spese per 698 e 817 mila euro;

   tale quadro mette in luce quanto spesso efficienza ed efficacia degli uffici pubblici non vadano in sintonia con i costi della funzione svolta; costi che ricadono ovviamente su imprese e cittadini. Un funzionamento efficiente, rapido e sostenibile degli uffici pubblici è la prima condizione fondamentale per fare impresa. Al contrario, in Italia le realtà imprenditoriali devono fare i conti quotidianamente con una burocrazia a rilento, oltre a essere vessate da continue incombenze: basti pensare che, secondo la Banca mondiale, in Italia, per pagare le imposte sono necessarie 240 ore, mentre nella vicina Francia ne bastano 139. Insomma, un vero e proprio labirinto del «buro-fisco» che fa perdere competitività alle microimprese italiane;

   ad esempio, per gli imprenditori, compensare i crediti Iva (od ottenerne il rimborso) è un'operazione talmente complessa che, dal 2010 a oggi, l'Agenzia delle entrate ha emanato ben 13 documenti di prassi, 10 circolari e 3 risoluzioni, che tentano di fare chiarezza sull'applicazione delle due normative che regolano la materia (una legge del 1972 e una del 1997);

   sono invece 210 le scadenze fiscali in un anno, pari a 4,4 scadenze per settimana lavorativa: a complessità nella gestione delle imposte che riguarda 75 scadenze in ambito Iva, 39 per imposte dirette, 36 relative Inps, 10 per registro, 7 per bollo, 5 per assistenza fiscale, 5 per Enasarco, 4 per Imu/Tasi è 4 per sospensione termini, a cui si sommano ulteriori 19 scadenze per altri ambiti. Le scadenze si distribuiscono in maniera abbastanza omogenea: i mesi con il maggiore numero di scadenze è ottobre (26), seguito da novembre e maggio (22 scadenze ciascuna) e da giugno e luglio (21 scadenze ciascuna);

   per quanto concerne l'utilizzo del digitale negli uffici pubblici, che potrebbe semplificare e velocizzare molte pratiche, la dotazione di Ict delle amministrazioni pubbliche locali per l'avvio e la conclusione per via telematica dell'intero iter del servizio richiesto è generalmente molto bassa. La Liguria, con sole 99 procedure disponibili online sulle oltre 7 mila potenziali, è agli ultimissimi posti in Italia sulla base dei dati Istat: con un'incidenza dell'1,4 per cento è al diciassettesimo e ultimo posto in classifica in compagnia di Puglia, Sicilia, Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Trento –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per evitare che le inefficienze, la lentezza, la complessità e i costi del «burofisco » ostacolino l'attività delle microimprese, in particolare di quelle liguri, facendo perdere competitività.
(2-02028) «Oliaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHULLIAN. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 28 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha introdotto nell'ordinamento il diritto dell'interessato ad ottenere un indennizzo per il mero ritardo da parte della pubblica amministrazione nella conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte e per il quale sussiste l'obbligo di pronunciarsi con un provvedimento espresso in capo alla stessa;

   come emerge anche dalla direttiva della Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione del 9 gennaio 2014, recante linee guida per l'applicazione «dell'indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte», la disposizione in questione intende garantire l'effettività dei princìpi sanciti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e tutelare i privati danneggiati dalla violazione dell'obbligo di rispettare il termine di conclusione di un procedimento amministrativo;

   questa fattispecie si distingue nettamente da quella del risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, introdotta dall'articolo 7, comma 1, lettera c), della legge 18 giugno 2009, n. 69, in quanto prescinde dalla dimostrazione dell'esistenza di un danno, del comportamento doloso o colposo dell'amministrazione e dell'esistenza di un nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta posta in essere dalla stessa;

   i commi 10 e 12 dell'articolo 28 prevedono che le disposizioni si applichino, in via sperimentale, ai soli procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa iniziati a decorrere dal 21 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e che, decorsi 18 mesi e sulla base del monitoraggio relativo all'applicazione, siano stabiliti la conferma, la rimodulazione o la cessazione delle disposizioni in questione con un regolamento emanato su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza unificata;

   tale regolamento, a tutt'oggi, sembra non essere stato ancora emanato –:

   quali siano i risultati del monitoraggio effettuato ai sensi dell'articolo 28, comma 12, del decreto-legge n. 69 del 2013 e come intenda procedere il Governo con riferimento alla conferma, alla rimodulazione o alla cessazione e disposizioni ivi previste.
(5-12775)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la vicenda della Solsonica spa, sede in Cittaducale – Rieti –, avente oggetto la produzione, la vendita di celle e pannelli solari, di semiconduttori, di prodotti elettrici ed elettronici, rappresenta, in maniera emblematica, il declino delle politiche energetiche da fonti rinnovabili del nostro Paese;

   lo stabilimento presso il quale la Solsonica produce nasce negli anni ’70, su progetto della Texas Instruments, con circa 1.500 addetti;

   alla Texas succede Eems Italia che, dal 1994, è uno dei principali player mondiali nei servizi relativi all'assemblaggio e collaudo di dispositivi elettronici, con importanti commesse Ibm, Micron e Stm;

   la Solsonica nasce nel 2007, interamente partecipata da Eems Italia, società quotata sul mercato telematico azionario di Borsa italiana, con circa 280 lavoratori occupati e diviene nel 2011 il primo produttore fotovoltaico italiano;

   nel 2008 la Solsonica avvia la produzione di celle e moduli fotovoltaici in silicio policristallino con capacità iniziale pari a 30 megawatt per le celle e 40 megawatt per i moduli fino ad arrivare ai 140 megawatt annui nel 2011. I prodotti ottengono immediatamente un notevole riscontro in Italia, Germania e Spagna;

   nel 2009 ai moduli standard a 48, 60 e 72 celle, si affiancano le varianti con backsheet trasparente e le nuove versioni Frameless e Solrif per le esigenze legate all'integrazione architettonica;

   nel 2009 viene fondata Kopernico, joint venture, con Espe Rinnovabili, per realizzare e manutenere grandi impianti fotovoltaici. Nasce SolsonicaEnergia per la progettazione e lo sviluppo di impianti fotovoltaici;

   nel 2009 inizia la fase di sperimentazione su tecnologie e materiali innovativi per celle e moduli fotovoltaici di nuova generazione, conquistando così il mercato in Francia, Inghilterra e Paesi Bassi;

   nel 2012 il cosiddetto «decreto Romani» congela gli incentivi del terzo conto energia fino all'emissione del quarto conto energia. Il mercato subisce il fermo totale e chiude SolsonicaEnergia, vengono licenziati i 130 interinali e messi in cassa integrazione guadagni ordinaria 100 lavoratori. Il 24 settembre l'azienda mette tutti in cassa integrazione guadagni ordinaria visto il passivo di 48,687 milioni di euro registrato in agosto;

   nel 2013 collabora con la commissione europea che accerterà la concorrenza sleale da parte dei produttori del settore fotovoltaico cinese, e che imporrà un prezzo minimo di importazione ai pannelli fotovoltaici;

   da allora è iniziato il «calvario» dei lavoratori Solsonica: il 15 maggio 2014 la Eems presenta un nuovo piano alle banche creditrici per la ristrutturazione del debito. Da questa decisione scaturisce la richiesta della controllata Solsonica di avviare la procedura di concordato preventivo, accordato dal tribunale di Rieti il 6 giugno 2014 per 120 giorni;

   la proposta di concordato ha carattere misto, essendo fondata su attività liquidatoria e finalizzata alla prosecuzione aziendale. È basata principalmente nell'ingresso di un investitore come Gala spa società quotata presso l’Alternative Investment Market di Borsa italiana, operante nei settori della vendita di energia elettrica e gas. Gala, grazie all'aggiudicazione di importanti lotti di Consip, è uno dei primari operatori italiani nella fornitura di energia elettrica per la pubblica amministrazione;

   il 2 marzo 2015 la comunica di aver stipulato un contratto di affitto di ramo d'azienda a Gala, quest'ultima successivamente comunica a Solsonica l'intenzione di procedere, attraverso una sua controllata Galatech, all'affitto e alla successiva acquisizione;

   il 10 aprile 2015 veniva siglato un accordo sindacale con Galatech e Solsonica che dava garanzie occupazionali a tutti i dipendenti. Nell'accordo era previsto un demansionamento e una riduzione salariale del 40 per cento medio;

   il 30 maggio 2016, con un nuovo accordo al Ministero dello sviluppo economico si ribadiva la riassunzione di tutti i lavoratori. Accordo ad oggi disatteso al punto che il gruppo Gala ha presentato, l'11 novembre 2017, al tribunale di Roma il piano di liquidazione di Galatech;

   il 30 maggio 2016 GalaTech ha ottenuto l'attivazione cassa integrazione guadagni ordinaria fino al 17 giugno 2017, poi prorogata con contratti di solidarietà per altre 52 settimane;

   ad ottobre 2016 GalaTech industrializza e produce un accumulatore di energia e tecnologia redox al vanadio per conto della società del gruppo Gala Proxhima srl. L'innovativo prodotto, complementare alla produzione di energia con fonti rinnovabili, viene venduto ed installato nei laboratori, dell'Istituto Eni di ricerca Donegani;

   il 25 ottobre 2017 l'ingegner Tortoriello ha comunicato alle organizzazioni sindacali provinciali la decisione, confermata nello stesso giorno dall'amministratore delegato Randazzo ai lavoratori, della liquidazione di Galatech;

   il 25 ottobre 2017 viene presentato alla camera di commercio di Roma l'atto di scioglimento e liquidazione della GalaTech a causa di «perdita o riduzione del capitale al di sotto del minimo legale» –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per ottemperare agli impegni presi, più volte e in separate sedi, per il rilancio di un settore produttivo così strategico per il nostro Paese e per garantire il diritto al lavoro, costituzionalmente tutelato, a quanti da anni, con enormi sacrifici e professionalità, hanno tenuto in vita questa importante realtà produttiva.
(2-02029) «Pastorelli».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da circa venti giorni in due territori della provincia di Ravenna, ci sono circa 230 utenze telefonicamente isolate, di cui oltre 30 nella zona di Piangipane e 200 a Massa Lombarda;

   sono state effettuate innumerevoli segnalazioni sia da parte dei cittadini che dei rappresentanti delle aziende e delle attività economiche che stanno subendo gravi danni a causa del protrarsi di questa situazione, anche a causa della mancanza della linea adsl per l'utilizzo degli strumenti informatici;

   i cittadini, a mezzo della stampa locale, hanno manifestato il loro disappunto per quanto accaduto e per i gravi ritardi che si stanno verificando nel porre rimedio ai disservizi e ai disagi che stanno subendo, ormai da troppi giorni;

   il servizio di telefonia domestica è riconosciuto come un bene essenziale e ha una funzione di utilità pubblica, sociale, commerciale, sanitaria e, non ultimo, di sicurezza. La situazione è grave per le persone anziane e sole che, in caso di urgenti necessità, anche sanitarie o che mettono a rischio la vita, non possono comunicare con l'esterno;

   a tutt'oggi, la società Telecom e quant'altri di competenza hanno riferito di un «guasto generalizzato», ma non hanno ancora provveduto alla riparazione dei danni né hanno avviato alcun intervento per il ripristino del collegamento della linea telefonica e adsl –:

   se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile adottare con la massima urgenza le opportune iniziative di competenza, anche di carattere normativo, affinché la società Telecom ripari i danni nelle aree citate, al fine i garantire un servizio fondamentale alla comunità.
(4-18574)


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda vissuta da un'anziana signora di Pordenone ha dell'incredibile: l'azienda Audax Energia di Vinovo le ha recapitato, in raccomandata con ricevuta di ritorno, un avviso per morosità per un importo da saldare di 0,01 centesimi, pena il distacco della fornitura;

   la società elettrica, a seguito di un controllo interno, sembra abbia riscontrato il mancato saldo di alcune fatture da parte dell'intestatario del contratto di fornitura, che risulta il marito da poco deceduto dell'anziana signora, ed ha provveduto al recupero del dovuto;

   nell'avviso si legge che il pagamento deve essere effettuato in un'unica soluzione e attraverso bonifico bancario, la cui copia, comprovante l'avvenuto pagamento, deve essere inviata alla società elettrica tramite fax o per posta elettronica;

   si tratta, a giudizio dell'interrogante, di un comportamento inaccettabile, anche alla luce del fatto che l'azienda aveva a disposizione altre modalità di recupero del pagamento verso un cliente, che comunque risultava ancora attivo, come quella di inserire la somma dovuta nella successiva bolletta elettrica;

   l'interessata, oltre a dover subire un simile trattamento, ha dovuto prontamente effettuare il bonifico per non vedersi staccare la corrente elettrica, sostenendo costi che paradossalmente sono risultati di gran lunga superiori e spropositati rispetto a quanto effettivamente dovuto;

   casi come quello denunciato appaiono quotidianamente sulla stampa e trovano sempre nei consumatori le vittime su cui scaricare i risultati di una gestione che, a giudizio dell'interrogante, è scellerata, derivando da quelle che appaiono forme di abuso e di alterazione della concorrenza;

   occorrerebbe accertare la liceità dell’iter seguito da Audax Energia per il recupero delle somme dovute e se la società elettrica potesse ricorrere a modalità alternative di riscossione del pagamento –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, anche sul piano normativo, per tutelare i consumatori dall'adozione da parte delle aziende elettriche di comportamenti scorretti, come quello denunciato in premessa, che denotano, ad avviso dell'interrogante, forme di abuso e continua alterazione delle regole della concorrenza.
(4-18592)

Apposizione di una firma
ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Lorefice e altri n. 7-01331, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° agosto 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Vita.

Apposizione di firme
ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Vico n. 5-12443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benamati.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n. 5-12578, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Epifani.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Sgambato n. 5-12736, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manfredi.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Latronico n. 3-02192 del 18 aprile 2016;

   interrogazione a risposta scritta Menorello n. 4-18053 del 6 ottobre 2017;

   interpellanza urgente Gasparini n. 2-02013 del 14 novembre 2017.