Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 17 novembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    recentemente alcuni Paesi dell'Unione e lo stesso Parlamento europeo hanno approvato mozioni e risoluzioni riguardo all'antisemitismo;

    la risoluzione n. 2106 (2016) del Consiglio d'Europa è stata approvata il 20 aprile 2016 e prevede un rinnovato impegno nella lotta contro l'antisemitismo;

    avendo il Consiglio d'Europa promosso la No Hate Parliamentary Alliance, conseguentemente presso la Camera dei deputati è stata creata la Commissione, contro l'intolleranza e il razzismo - Jo Cox che si è occupata attivamente di lotta contro l'antisemitismo;

    già dal dicembre 2015 in Europa è stato nominato un coordinatore della Commissione per la lotta contro l'antisemitismo;

    il Parlamento europeo ha invitato nella sua ultima risoluzione del 1o giugno 2017 gli Stati membri a potenziare il sostegno finanziario per attività mirate e progetti educativi, a sviluppare e consolidare partenariati con le comunità ed istituzioni ebraiche e a incoraggiare gli scambi tra bambini e ragazzi di fedi diverse mediante attività in comune, varando e sostenendo campagne di sensibilizzazione in proposito;

    in Italia, in occasione delle manifestazioni previste per il 25 aprile, viene contestato il ruolo della Brigata ebraica e delle comunità ebraiche italiane, nel processo di liberazione nazionale;

    la cultura ebraica è parte integrante della storia nazionale e come tale meritevole di diffusione e tutela anche da parte delle pubbliche istituzioni;

    dal 20 luglio del 2000 è vigente la legge n. 211 recante «Istituzione del giorno della memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti», in relazione alla cui attuazione è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah;

    la recente modifica dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975 che ha recepito la Convenzione di New York del 7 marzo 1966 sulle discriminazioni razziali introduce il comma 3-bis, configurando in tal modo il negazionismo quale aggravante ai reati di discriminazione razziale e di stampo xenofobo;

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per riconoscere e recepire la definizione operativa di antisemitismo utilizzata dall'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto (Ihra) e la sua attuazione in tutti gli ambiti;

2) a proseguire e potenziare il sostegno finanziario per attività mirate e progetti educativi, per la prevenzione e la lotta contro il pregiudizio antiebraico, a sviluppare e consolidare partenariati e azioni concertate con le comunità ed istituzioni ebraiche e a incoraggiare gli scambi tra bambini e ragazzi di fedi diverse mediante attività in comune e programmi educativi, varando e sostenendo campagne di sensibilizzazione in proposito;

3) a sostenere e potenziare, anche dal punto di vista finanziario, attività di sostegno e diffusione della cultura ebraica, quale parte integrante della storia nazionale.
(1-01749) «Bernardo, Fregolent, Schirò, Fiano, Buttiglione, Carrescia, Ferranti, Taricco, Palmizio, Sandra Savino, Malisani, Lodolini, Berretta, Capozzolo, Kronbichler, Boccadutri, Fragomeli, Cicchitto, Verini, Patriarca, Narduolo, Altieri, Giampaolo Galli, Realacci, Carrozza, Marco Di Maio, D'Incecco, Auci, Ciracì, Abrignani, Senaldi, Iori, Montroni, Santerini, Crivellari».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,

   premesso che:

    nel nostro Paese i comuni montani sono ben 2.830, pari al 35 per cento dei municipi e al 33,4 per cento della superficie nazionale. Nella sola Umbria su un totale di 92 se ne contano 69, pari all'87 per cento della superficie regionale;

    a partire dal 2010, a causa della crisi economica, nei comuni montani si è tornati a registrare un consistente calo demografico che, come rilevato in diversi studi, può essere ridimensionato con il mantenimento dei piccoli esercizi pubblici e commerciali che, in questi territori, svolgono una funzione non solo economica ma soprattutto sociale;

    a denunciare l'assenza, in alcuni centri anche totale, di negozi è anche l'Unione nazionale comuni comunità enti montani (Uncem), che evidenzia come questa mancanza stia creando problemi nell'accesso ai servizi e nel reperire prodotti di prima necessità, soprattutto per gli anziani, ma anche una desertificazione sociale, visto che rappresentano anche luoghi di aggregazione;

    dal 2010 non sono state più stanziate risorse finanziarie per i comuni montani, eccetto che nella legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) in cui all'articolo 1, comma 761, è stato rifinanziato il fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge n. 97 del 1994 per un importo pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018;

    tuttavia, c'è bisogno di una specifica politica di incentivazione all'apertura di negozi e botteghe nei comuni montani, che preveda misure fiscali vantaggiose per esercizi commerciali e imprese, così da compensare lo svantaggio geografico e territoriale, invertendo il trend negativo allo spopolamento e alla desertificazione conseguente alla crisi economica,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a definire un regime fiscale agevolato e semplificato per attività commerciali ed imprese ubicate in comuni di montagna, prevedendo a tal fine sgravi fiscali, l'affrancamento dagli studi di settore, nonché l'istituzione di «zone a fiscalità di vantaggio»;

   a favorire e a sostenere la creazione di centri multifunzionali, ovvero negozi che allo stesso tempo vendono prodotti e svolgono servizi, coinvolgendo anche le associazioni locali, quali ad esempio le pro loco;

   ad adottare iniziative per incentivare la dotazione di siti internet da parte dei titolari di attività commerciali ed economiche, al fine di promuovere le loro produzioni e offerte;

   ad assumere iniziative per sostenere corsi di formazioni sull’e-commerce rivolti ai piccoli commercianti e produttori agricoli delle aree montane che, dalla vendita online, possono trarre vantaggi considerevoli in termini di aumento del fatturato;

   a favorire lo sviluppo di piani di marketing territoriale con l'obiettivo di rilanciare anche il turismo in questi territori.
(7-01394) «Galgano, Catalano, Mucci, Menorello».


   La I Commissione,

   premesso che:

    il rinnovo delle Camere è un momento cruciale per qualsiasi democrazia perché rappresenta lo strumento con cui vengono scelti i rappresentanti del popolo in Parlamento;

    nessun Paese può dirsi esente da fenomeni illeciti, brogli, violazioni, palesi o latenti, del procedimento elettorale in tutte le fasi del suo svolgimento, ivi comprese le fasi conclusive delle operazioni di voto e scrutinio e la disciplina della cosiddetta «par condicio»;

    a giudicare dalle denunce, recenti e non, successive alle tornate elettorali, è facile comprendere che nel nostro Paese i fenomeni di compressione della libertà di voto o connessi a brogli non sono da considerarsi occasionali né esigui, pur consci del fatto che non sia in discussione la libertà dell'esercizio materiale del voto;

    alla luce di quanto sino ad ora esposto, l'attività di monitoraggio elettorale costituisce una componente fondamentale della politica dell'Unione europea ed essa ha avuto e ha ad oggetto eventi elettorali di tutti i Paesi, a prescindere dal loro tasso di sviluppo democratico. Si ricorda, a questo proposito, la presenza di osservatori nelle elezioni presidenziali negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna;

    si ritiene opportuno sollecitare l'attenzione dell'attività di monitoraggio elettorale svolta dalle organizzazioni internazionali per il tramite di osservatori;

    con il decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, fu disposta espressamente l'ammissione della presenza ai seggi elettorali di osservatori dell'Osce in occasione delle elezioni politiche del medesimo anno;

    successivamente, un nuovo decreto-legge adottato dal Governo il 15 febbraio 2008 e convertito dal Parlamento il 29 febbraio 2008, ha nuovamente aperto la porta agli osservatori dell'Osce per il monitoraggio delle elezioni politiche;

    con il documento della riunione di Copenaghen della Conferenza sulla dimensione umana della Csce (oggi Osce), i Paesi membri, come si legge al punto 8, hanno sottoscritto e convenuto che presenza di osservatori, sia stranieri sia nazionali, può migliorare il processo elettorale per gli Stati nei quali si tengono elezioni. Pertanto, essi inviteranno osservatori provenienti da altri Stati partecipanti alla Csce le istituzioni e le organizzazioni private appropriate che lo desiderino ad osservare lo svolgimento delle loro procedure elettorali nazionali nella misura consentita dalla legge. Essi inoltre si sforzeranno di agevolare un analogo accesso nel caso di procedimenti elettorali svolti ad un livello inferiore a quello nazionale. Tali osservatori si impegneranno a non interferire nelle operazioni elettorali;

    a luglio 2016 con decisione unanime, i 57 Paesi membri dell'Osce hanno conferito all'Italia la presidenza per il 2018, proprio l'anno in cui ci saranno le elezioni politiche in Italia,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente iniziative, anche normative, per avanzare all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) la richiesta di invio di osservatori elettorali in occasione delle prossime elezioni politiche al fine di assicurare la loro presenza presso gli uffici elettorali di sezione.
(7-01396) «Toninelli, Scagliusi, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nel 1997 il Comitato Unesco decide l'iscrizione di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità grazie al riconoscimento delle caratteristiche intrinseche di integrità, autenticità e unicità da mantenersi mediante un piano di gestione secondo quanto stabilito dalle linee guida operative dell'Unesco per l'applicazione della convenzione sul patrimonio mondiale;

    la caratteristica principale è data dalla creazione di una zona tampone, «buffer zone», ovvero di «un'area che deve garantire un livello di protezione aggiuntiva ai beni riconosciuti patrimonio mondiale dell'umanità»;

    con la sottoscrizione dei protocolli d'intesa del 25 novembre 2013 e del 23 dicembre 2013, il tavolo di concertazione del piano di gestione del sito Unesco, costituito da organi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dalla regione Campania, dalla provincia di Napoli e dai comuni territorialmente interessati, è pervenuto alla condivisione e approvazione del nuovo piano di gestione e alla perimetrazione di una nuova buffer zone, che comprende quasi integralmente i territori comunali di Portici, Ercolano, Torre del Greco, Trecase, Boscotrecase, Boscoreale, Torre Annunziata, Pompei e Castellammare di Stabia;

    il nuovo piano di gestione mira ad individuare ed indirizzare un organico ed unitario sistema di turismo sostenibile per l'area vesuviana compresa appunto nella suddetta area, attraverso l'individuazione di percorsi tematici intorno ai quali organizzare un sistema turistico territoriale;

    come si evince dal documento di orientamento – prime indicazioni operative, «tale tipo di fruizione prevede l'organizzazione di percorsi tematici, da prenotare attraverso i siti internet della Soprintendenza e del Centro di comunicazione del sito UNESCO, nelle aree archeologiche e nel territorio, offerti secondo una logica di programmazione e turnazione, ad esempio annuale, da affiancare alla visita libera delle aree stesse e del territorio»;

    tale «metodo turistico», che prevede una rotazione programmata dei percorsi tematici associata ad una turnazione annuale delle aree di visita, dunque, si sostanzierebbe in «sottosistemi», che raccordano i beni che si concentrano intorno ad Ercolano, Pompei e Castellammare di Stabia attraverso «itinerari tematici» capaci di collegarli tra loro, e presenterebbe significativi risvolti positivi in termini di: efficacia didattica, che risulta accresciuta per effetto della minore congestione dei siti e della visita indirizzata verso i siti e le attrazioni «minori»; crescita del numero di visitatori, per effetto non solo della crescita delle visite nei siti minori e della «spalmatura» delle visite lungo tutta la giornata e in tutti i 12 periodi dell'anno, ma anche delle politiche di marketing che la gestione dei percorsi consentirà di attivare; crescita della tutela, come conseguenza diretta della possibilità di potere effettuare, per tutti i percorsi, una «manutenzione programmata»;

    come si evince dal registro ufficiale (n. U0150383 del 7 settembre 2017) della città metropolitana di Napoli, i comuni interessati (ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 112 del 2013), pongono in essere un tavolo tecnico di condivisione con tutti i rappresentanti regionali e ministeriali, ove emerge l'esigenza del rilancio economico, sociale e la riqualificazione urbanistica della buffer zone, operando una sintesi dei progetti presentati dai singoli comuni che manifestano la necessità di una riconversione urbana e recupero del paesaggio;

    il decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, e successivamente modificato dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, individua il «piano strategico» per il rilancio socio-economico dell'area comprendente l'insieme dei comuni interessati dal piano di gestione del sito Unesco, ovvero della cosiddetta buffer zone, quale strumento per la definizione di una strategia unitaria finalizzata:

     al miglioramento delle vie di accesso e interconnessioni ai siti archeologici;

     al recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente mediante il recupero e il riuso di aree industriali dismesse;

     alla riqualificazione e rigenerazione urbana, nel rispetto del principio del minor consumo di territorio e della priorità del recupero;

     alla promozione di forme di partenariato pubblico-privato, nonché di coinvolgimento di organizzazioni no profit impegnate nella valorizzazione del patrimonio culturale;

    al fine di consentire il rilancio economico-sociale e la riqualificazione ambientale e urbanistica dei comuni interessati dal piano di gestione del sito Unesco «Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata», nonché di potenziare l'attrattività turistica dell'intera area, la normativa di cui sopra istituisce, inoltre, la governance del Grande Progetto Pompei, GPP, di cui all'articolo 2 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, e alla decisione comunitaria 29 marzo 2012, esplicitando le funzioni:

     del direttore generale di progetto (DGP, coadiuvato da una struttura di supporto formata da venti unità nonché da un gruppo di cinque esperti in materia giuridica, economica, architettonica, urbanistica e infrastrutturale);

     dell'unità grande Pompei (UGP, legalmente rappresentato dal DGP) con il compito di curare progettazione, realizzazione e gestione degli interventi;

     del comitato di gestione (composto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro per la coesione territoriale, dal presidente della regione Campania, dal sindaco della città metropolitana di Napoli, dai sindaci dei comuni interessati e dai legali rappresentanti degli enti pubblici e privati coinvolti) insediatosi il 7 gennaio 2015 che ha, inter alia, il compito di approvare il piano strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del sito Unesco di cui sopra predisposto dall'UGP (come da regolamento approvato in data 10 febbraio 2015);

    nella circostanza dell'insediamento del comitato di gestione, in data 7 gennaio 2015, il direttore generale di progetto ha presentato l'atto organizzativo del comitato stesso, proponendone l'approvazione nella successiva seduta, e il documento di orientamento – parte I per la definizione del piano strategico;

    nella seduta del 10 febbraio 2015 è stato presentato il succitato documento di orientamento – prime indicazioni operative, prodotto dall'UGP al fine di orientare il successivo lavoro da svolgere; il comitato di gestione ha approvato l'atto organizzativo e l'avvio dei tavoli tecnici volti a definire i contenuti del piano strategico; come dimostrato dalla sintesi delle riunioni dei tavoli tecnici di cui sopra presente nell'allegato A al verbale del comitato di gestione del 22 settembre 2015, si è manifestata una oggettiva difficoltà degli enti locali a produrre adeguate proposte progettuali, anche a causa di mancanze a livello finanziario e di competenze (non previste dalla normativa), i quali si sono focalizzati, tout court, sulle esigenze meramente locali, comportando una scarsa aderenza ai contenuti specifici del documento di orientamento che invece postula una visione di insieme del territorio interessato, conformemente al contenuto della legge 7 ottobre 2013, n. 112; si è inoltre manifestato un «limitato livello di approfondimento progettuale delle proposte, pervenute nella forma di elenchi, relazioni, a volte studi di fattibilità, e prive di indicazioni sul rispetto dei vigenti strumenti urbanistici e vincoli ambientali-paesistici»;

    a seguito della pubblicazione di un apposito avviso, con nota del DGP n. 194 del 25 febbraio 2015, sarebbero pervenuti contributi da parte di soggetti privati, in forma di iniziativa singola o di associazione, anche in questo caso evidenziando un «limitato contributo propositivo»;

    contestualmente, l'UGP ha avviato una serie di incontri con enti, istituzioni, associazioni, società, a vario titolo interessati allo sviluppo dell'area della buffer zone (autorità di bacino, Agenzia del demanio, Trenitalia Rfi, EAV ex Circumvesuviana, capitaneria di porto di Torre del Greco, associazioni industriali – Acen;

    in data 12 maggio 2015 si è tenuto presso la regione Campania un incontro preliminare, con esito sospeso, volto ad avviare un rapporto collaborativo con le competenti direzioni, a seguito di quanto emerso dai tavoli tecnici con i comuni;

    in data 3 settembre 2015 si è tenuto un incontro con rappresentanti della città metropolitana di Napoli, al fine di chiarire aspetti connessi alla definizione del piano strategico, anche alla luce del protocollo d'intesa recentemente sottoscritto tra i comuni di Napoli, Pompei, Ercolano e Torre Annunziata;

    con il contributo di «Tirocinanti selezionati a seguito del D.M. 9 luglio 2014, fornito nello svolgimento della loro attività formativa, e con l'ausilio di professionista appartenente alla Segreteria Tecnica di progettazione della SSPES, in ambito UGP è stato prodotto un Rapporto preliminare ambientale, quale analisi propedeutica al Piano Strategico»;

    in data 22 settembre 2015, infine, il Comitato di gestione per il piano strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del sito Unesco ha preso atto del conseguito accordo sulla proposta, avanzata da Ferrovie dello Stato italiane (FS) e dall'Ente autonomo Volturno (EAV, ex Circumvesuviana) per mezzo dell'amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane Ing. Michele Mario Elia, relativa ad un «collegamento Porto di Napoli-Pompei Scavi, nonché alla realizzazione di un nodo integrato FS-EAV tramite un hub nella stazione dismessa di Pompei Scavi della rete FS»;

    nel verbale della seduta del 22 settembre 2015 di cui sopra si evidenzia come tale hub ferroviario «localizzato in agro di Pompei, all'altezza dell'intersezione ivi esistente tra la linea FS Napoli-Salerno e la linea della circumvesuviana Napoli-Sorrento», «costituisca l'elemento invariante del più ampio progetto esposto e presentato al Ministro» e avrebbe la funzione di: «snodo di smistamento e indirizzamento a piedi del flusso turistico verso il sito archeologico; interscambio con la linea Circumvesuviana Napoli-Sorrento dell'EAV e con le altre modalità di trasporto via terra; accesso diretto da tutta la rete nazionale con possibilità di collegamenti dalle principali città italiane anche con treni AV sino al nuovo hub»;

    il nuovo hub di Pompei Scavi (al chilometro 23+070 circa della linea tradizionale Napoli-Salerno), la cui struttura è concepita su due livelli per una superficie complessiva di circa 1500 metri quadrati e il cui collaudo finale è previsto 18 mesi dopo la data di inizio dei lavori, è realizzato in corrispondenza dell'intersezione della linee Ferrovia dello Stato italiane Napoli-Salerno con linea circumvesuviana Napoli-Sorrento e prevede un parcheggio di interscambio modale di circa 200 posti del costo stimato di 10.000.000 di euro e una «piastra» collegata direttamente agli scavi di Pompei tramite un percorso pedonale attrezzato («passerella di collegamento con ingresso diretto nel sito»), svolgendo, quindi, la funzione di nodo di smistamento e indirizzamento del flusso turistico verso il sito archeologico;

    il costo stimato del solo hub è di 17.000.000 di euro, mentre il costo complessivo dell'intero progetto, che prevede anche l'attrezzaggio del servizio navetta tra molo Beverello e fermata Varco Carmine, oneri vari e spese tecniche e generali, si aggira tra 35.800.000 e 46.000.000 di euro;

    tutte le aspettative di cui al nuovo piano di gestione della buffer zone circa una strategia volta ad un turismo sostenibile diviso in percorsi tematici omogenei risultano tradite da un piano strategico, approvato dal comitato di gestione e dal Governo, che è teso ad accentrare e far confluire in un hub ferroviario i flussi turistici esclusivamente verso il sito archeologico di Pompei, bypassando così la stessa città di Pompei, oltreché tutti gli altri siti dei comuni della buffer zone, e alimentando un turismo del tipo «mordi e fuggi»;

    si ritiene che la soluzione del nuovo hub di Pompei Scavi approvata dal comitato di gestione, ancorché estremamente onerosa, non rispetti le finalità preposte dal piano strategico per l'intera buffer zone Unesco né i principi ispiratori stessi della legge 7 ottobre 2013, n. 112, tra cui: rilancio economico-sociale e potenziamento dell'attrattività del territorio dell'area archeologica vesuviana della buffer zone Unesco;

    ricongiungimento delle «aree interesse» insistenti sul territorio, principalmente costituite dal patrimonio culturale, dalle risorse ambientali, naturali e paesaggistiche; miglioramento delle vie di accesso e interconnessioni ai siti archeologici; recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente mediante il recupero e il riuso di aree industriali dismesse, riqualificazione e rigenerazione urbana, nel rispetto del principio del minor consumo di territorio e della priorità del recupero;

    tali intenti sono stati relazionati dal direttore generale del grande progetto Pompei, generale Curatoli, all'audizione del 26 ottobre 2017 in VII Commissione permanente (Cultura, scienza e istruzione) ove in riferimento alle istanze pervenute della realtà locali, delinea alcune ipotesi di intervento come un «percorso integrato» Scavi di Pompei/Santuario della Beata Vergine del Rosario tramite linea EAV Napoli-Poggiomarino e stazione di Pompei che permette di combinare un'unica escursione, oppure rendere il «treno archeologico», già in servizio, un collegamento da Napoli fino agli scavi di Castellamare,

    sarebbe opportuno aumentare il numero delle corse dei treni delle Ferrovie dello Stato Italiane e supportare economicamente il rilancio del trasporto pubblico locale per prevedere corse dedicate ai percorsi tematici dei turisti con un apposito fondo statale da assegnare alla regione Campania, mettendo fine all'opera di ridimensionamento tecnico degli ultimi anni che ha portato all'attuale saturazione dei convogli nelle ore di punta e garantendo la sicurezza necessaria sui convogli medesimi;

    sarebbe auspicabile la realizzazione di un «percorso naturalistico» nel parco nazionale del Vesuvio mediante l'adozione dei decreti attuativi necessari per la corretta fruibilità del parco, nonché un corretto sviluppo di micro o piccole imprese ecosostenibili anche con finalità turistiche;

impegna il Governo

a proporre un piano strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del sito Unesco mediante il quale:

   a) realizzare un piano di sviluppo chiamato Distretto Grande Bellezza Pompei che punti alla creazione di percorsi tematici «spalmati» nell'intera buffer zone all'interno dei quali organizzare un sistema turistico territoriale con lo scopo di trattenere il turista nell'area e di permettergli di conoscere tutte le bellezze culturali, artistiche, archeologiche, paesaggistiche, naturali e della tradizione eno-gastronomica, utilizzando quota parte dei fondi del progamma operativo nazionale (PON) «cultura e sviluppo» 2014-2020 destinato a 5 regioni del Sud Italia, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia;

   b) ad adoperarsi per un ritiro della proposta di realizzazione di un hub che, così come progettato allo stato, ovvero con centro commerciale a due piani, piastra di collegamento e con ponte pedonale, accentrerebbe e indirizzerebbe il flusso turistico esclusivamente nel sito degli scavi di Pompei deprimendone così il transito, la ricaduta economica e culturale sulla buffer zone e le visite negli altri comuni della buffer zone oltreché nella stessa città di Pompei, promuovendo in alternativa un interscambio tra le due attuali stazione di Ferrovie dello Stato e della ex Circumvesuviana;

   c) destinare risorse adeguate alla Costituzione di una flotta di navette elettriche per il trasporto di turisti che serva tutte le stazioni delle Ferrovia dello Stato nella buffer zone;

   d) promuovere un accordo tra Stato, regione, EAV ex-Circumvesuviana, Rete ferroviaria italiana, Soprintendenza di Napoli e Pompei per la creazione di un biglietto unico che integri trasporto e ingresso ai beni culturali della Buffer Zone, anche di tipo digitale, a prezzi agevolati per turisti, mediante collaborazioni con partner pubblici (Reggia di Caserta e altri) o privati (aziende di carpooling, carsharing e bikesharing e altro);

   e) approntare un piano di digitalizzazione di tutti i beni culturali, artistici, archeologici e paesaggistici presenti nella buffer zone atto a promuovere gli stessi nel mondo, anche con la realizzazione di un apposito Open Data utile per la nascita e lo sviluppo di imprese culturali;

   f) realizzare un «portale trasparenza» unico per i beni culturali della Buffer Zone che renda conoscibile ogni iniziativa intrapresa nell'ambito del Grande Progetto Pompei e del piano di gestione Unesco;

   g) promuovere un intervento di riqualificazione con l'obiettivo di tutelare e poi rendere fruibile al sistema integrato di percorsi tematici «spalmati» nell'intera buffer zone, da parte della Soprintendenza di Napoli e Pompei, almeno un bene per ogni comune, la cui valorizzazione e promozione sia affidata mediante un concorso di idee con progetti presentati al comitato di gestione del Grande Progetto Pompei;

   h) incentivare in maniera efficace l'individuazione di percorsi tematici di mobilità «dolce» di percorsi costieri e con vettori del mare «spalmati» nell'intera buffer zone all'interno dei quali valorizzare l'attratività dei beni culturali;

   i) intervenire per recuperare, ristrutturare e valorizzare il sistema delle ville di epoca romana e borbonica nella buffer zone con un piano pluriennale e realizzare una piattaforma di ormeggio per i collegamenti marittimi con Napoli che possano approdare direttamente alle ville del mare sotto la tutela della sopraintendenza.
(7-01395) «Luigi Gallo, Di Benedetto, Rizzo, Silvia Giordano, Simone Valente, Colonnese, Micillo».


   La X Commissione,

   premesso che:

    la direttiva 2012/27/UE in tema di efficienza energetica crea il sostrato normativo per lo sviluppo di diverse politiche di efficientamento del mercato dell'energia, tra cui entra a pieno titolo la semplificazione dei processi di fatturazione e lettura dei consumi;

    inoltre, la direttiva 2009/72/CE in tema di mercato interno dell'energia prevede nello specifico che si arrivi ad un livello di diffusione totale di contatori intelligenti cosiddetti) tra i consumatori di energia pari all'80 per cento;

    la normativa italiana, dal canto suo, da ultimo, con il decreto-legge 23 dicembre 2013, n.145 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, assegna all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (Aeegsi) il compito di promuovere l'installazione di contatori elettronici; inoltre, l'articolo 9 del decreto legislativo n. 102 del 2014 (Misurazione e fatturazione dei consumi energetici) attribuisce all'Aeegsi il potere di predisposizione delle specifiche in tema di contatori intelligenti;

    conseguentemente, come da deliberazione 631/2013/R/GASI e successiva 554/2015/R/GAS, e successive modificazioni e integrazioni, l'Aeegsi ha introdotto importanti innovazioni in materia di misura del gas con l'obiettivo di migliorarne la qualità, al fine ultimo di sostenere lo sviluppo di un mercato del gas naturale realmente aperto e contendibile, di limitare il fenomeno delle fatture a conguaglio e di favorire, attraverso la disponibilità di dati di consumo affidabili e agevolmente fruibili, l'uso consapevole del gas naturale da parte dei clienti finali;

    la sostituzione degli apparecchi di misura, oltre a favorire un mercato più concorrenziale e rendere più agevole la vita dei cittadini, aiuta lo sviluppo del livello tecnologico delle reti infrastrutturali e, in definitiva, l'avanzamento del tasso di innovazione del Paese;

    la regolamentazione, secondo un programma graduale di adeguamento ovvero di sostituzione dei contatori esistenti, impone ad ogni azienda di distribuzione l'installazione di apparati di misura innovativi che possano essere letti da remoto e che consentano la correzione della misura del gas in funzione della temperatura del gas e della pressione del gas stesso;

    l'ultima deliberazione dell'Aeegsi predispone, per il 2018, i seguenti limiti minimi di telelettura: per le imprese distributrici con più di 200.000 clienti finali al 31 dicembre 2013 il 50 per cento dei gruppi di misura; per le imprese distributrici con numero di clienti finali compreso tra 100.000 e 200.000 al 31 dicembre 2014 il 33 per cento dei gruppi di misura; per le imprese distributrici con numero di clienti finali compreso tra 50.000 e 100.000 al 31 dicembre 2015 l'8 per cento dei gruppi di misura;

    i vantaggi attesi dal processo di sostituzione degli apparecchi di misura sono talmente elevati da suggerirne un'ulteriore accelerazione, attraverso la definizione di obiettivi temporali più ambiziosi di quelli oggi imposti dall'Aeegsi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di porre in essere iniziative normative volte a determinare limiti minimi di telelettura più elevati entro la fine del 2018, con particolare riferimento alle imprese distributrici di maggiori dimensioni.
(7-01397) «Galgano, Menorello, Catalano, Mucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   con provvedimento del 3 aprile 2008 del direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, pubblicato in data 15 giugno 2008 nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11, veniva bandito un concorso interno per titoli ed esami (prova scritta e colloquio) per l'immissione in ruolo di n. 643 posti per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria (608 uomini e 35 donne), successivamente elevati a complessivi 1232 (1149 uomini e 83 donne, in seguito 1009 uomini e 223 donne) con apposito provvedimento del 16 gennaio 2017 del direttore generale del personale e delle risorse dell'amministrazione penitenziaria;

   la prova preliminare si è svolta a Roma nel mese di marzo dell'anno 2010;

   la prova scritta si è svolta a Roma nel mese di marzo 2016, dunque a distanza di ben sei anni dalla prova preliminare;

   in questi giorni e comunque entro il mese di novembre 2017 si concluderanno le prove orali iniziate nel mese di maggio 2017;

   l'intera procedura concorsuale dunque ha avuto una durata di circa 10 anni, fatto ancora più grave alla luce del fatto che essa integra un concorso interno allo stesso Corpo di polizia penitenziaria, perciò con i partecipanti al medesimo già inquadrati, con qualifica inferiore, nella stessa polizia penitenziaria;

   di tutta evidenza appare all'interpellante dunque l'inefficienza della macchina amministrativa, ancor più grave alla luce delle carenze organiche nel ruolo degli ispettori;

   tale incomprensibile ritardo nell'espletamento delle procedure concorsuali, anche alla luce del riordino delle carriere del Corpo di polizia penitenziaria, ha determinato per i vincitori del concorso in esame enormi danni in termini di progressione di carriera, perdita di chance e mancato guadagno che gli interessati potrebbero sottoporre al giudice adito per la valutazione di un eventuale diritto al risarcimento;

   infatti l'età media dei partecipanti si aggira intorno ai 45-50 anni con già più di venti di carriera nel Corpo di polizia penitenziaria, circostanza che determinerebbe l'impossibilità per quasi tutti i vincitori di raggiungere i gradi apicali della nuova qualifica professionale;

   il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a tutt'oggi non ha ancora comunicato le proprie intenzioni circa l'inizio dei corsi di formazione del personale vincitore, prospettando comunque la possibilità di dare inizio agli stessi non prima del mese di luglio dell'anno 2018 e determinando in tal modo incertezza e preoccupazione nelle famiglie dei futuri ispettori, nonché ulteriori ingiustificabili ritardi nella conclusione del concorso bandito, appunto, nel 2008 –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla criticità della procedura concorsuale citata e ai tempi e alle modalità dell'immissione nelle piante organiche dei nuovi ispettori;

   se non intenda valutare la possibilità di destinare i vincitori del concorso residenti in Sardegna ad una scuola di formazione situata nelle immediate vicinanze di aeroporti con traffico in regime di continuità territoriale per far fronte alle innegabili esigenze dei cittadini sardi, già eccessivamente penalizzati dalla chiusura della scuola di formazione ed aggiornamento di polizia penitenziaria di Monastir (Cagliari), unica scuola della regione Sardegna.
(2-02019) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   con provvedimento del 3 aprile 2008 del direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, pubblicato in data 15 giugno 2008 nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11, veniva bandito un concorso interno per titoli ed esami (prova scritta e colloquio) per l'immissione in ruolo di n. 643 posti per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria (608 uomini e 35 donne), successivamente elevati a complessivi 1232 (1149 uomini e 83 donne, in seguito 1009 uomini e 223 donne) con apposito provvedimento del 16 gennaio 2017 del direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   la prova preliminare si è svolta a Roma nel mese di marzo dell'anno 2010;

   la prova scritta si è svolta a Roma nel mese di marzo 2016, dunque a distanza di ben sei anni dalla prova preliminare;

   in questi giorni e comunque entro il mese di novembre 2017 si concluderanno le prove orali iniziate nel mese di maggio 2017;

   l'intera procedura concorsuale dunque ha avuto una durata di circa 10 anni, fatto ancora più grave alla luce del fatto che essa integrata un concorso interno alla stesso Corpo di polizia penitenziaria, perciò con i partecipanti al medesimo già inquadrati, con qualifica inferiore, nella stessa polizia penitenziaria;

   nel merito delle procedure concorsuali, avanzando anche delle proposte concrete e percorribili, la segreteria generale della Federazione nazionale Ugl polizia penitenziaria ha indirizzato al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al direttore generale del personale e delle risorse e al direttore generale della formazione, la nota prot. 40/SN/2017 del 26 ottobre 2017 e la nota 41/SN/2017 del 3 novembre 2017;

   di tutta evidenza appare dunque all'interpellante l'inefficienza della macchina amministrativa, ancor più grave alla luce delle carenze organiche nel ruolo degli ispettori;

   tale incomprensibile ritardo nell'espletamento delle procedure concorsuali, anche alla luce del riordino delle carriere del Corpo di polizia penitenziaria, ha determinato per i vincitori del concorso in esame enormi danni in termini di progressione di carriera, perdita di chance e mancato guadagno che gli interessati potrebbero sottoporre al giudice adito per la valutazione di un eventuale diritto al risarcimento;

   infatti, l'età media dei partecipanti si aggira intorno ai 45-50 anni con già più di venti di carriera nel Corpo di polizia penitenziaria, circostanza che determinerebbero l'impossibilità per quasi tutti i vincitori di raggiungere i gradi apicali della nuova qualifica professionale;

   il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a tutt'oggi, non ha ancora comunicato le proprie intenzioni circa l'inizio dei corsi di formazione del personale vincitore, prospettando comunque la possibilità di dare inizio agli stessi non prima del mese di luglio dell'anno 2018, e determinando in tal modo incertezza e preoccupazione nelle famiglie dei futuri ispettori, nonché ulteriori ingiustificabili ritardi nella conclusione del concorso bandito, appunto, nel 2008 –:

   se siano a conoscenza della vicenda concorsuale sopra descritta e degli inspiegabili ritardi della procedura concorsuale citata;

   se intendano assumere iniziative per inserire al più presto nelle piante organiche del Corpo i 1232 nuovi ispettori, in considerazione della carenza organica della qualifica professionale;

   se non si ritenga di dover garantire l'avvio dei corsi di formazione entro il corrente anno, se necessario anche mediante formazione con modalità e-learning, già utilizzate in altri Corpi di polizia;

   se il Governo intenda verificare la sussistenza dei presupposti per assumere iniziative normative volte a introdurre la possibilità di retrodatare la decorrenza giuridica della nomina alla qualifica di vice ispettore di polizia penitenziaria (già prevista per altre qualifiche ma non per il ruolo degli ispettori) fissandola per lo meno al 31 dicembre 2010, in modo da garantire ai vincitori del concorso de quo l'opportunità di sviluppo della carriera nel ruolo, diversamente impossibile, ed evitando probabilmente, il ricorso alla giustizia amministrativa per tutte le conseguenze derivanti dall'ingiustificabile ritardo nell'espletamento delle prove concorsuali.
(2-02020) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   nel comune di Rocca di Papa (Roma), nei pressi del centro abitato in località monte Cavo e Costarelle, sono stati collocati nel corso degli anni numerosi impianti ripetitori per l'emittenza radiotelevisiva sprovvisti di regolare titolo edilizio e dei prescritti pareri paesaggistici e ambientali, fatta eccezione per Rai Way spa;

   tali impianti occupano abusivamente un'area territoriale inserita nel parco regionale dei Castelli Romani, riconosciuta di notevole interesse pubblico dal decreto ministeriale del 24 aprile 1954 e, pertanto, sottoposta a stringenti vincoli storici, archeologici, idrogeologici, paesaggistici e urbanistici;

   in ragione di una così alta concentrazione di antenne per la trasmissione radiotelevisiva in prossimità del centro abitato, fatto non riscontrabile in altre parti del Paese, il 12 agosto 2003 l'amministrazione comunale di Rocca di Papa con l'allora sindaco Carlo Umberto Ponzo emise l'ordinanza n. 135 con la quale intimò lo sgombero del sito Monte Cavo Vetta e la demolizione, entro il termine di novanta giorni, delle opere abusive relative agli impianti di trasmissione radio televisivi ivi presenti;

   da quel momento iniziò una dura battaglia legale tra il comune di Rocca di Papa e le imprese radio televisive che riporta alla situazione attuale, che vede il comune vittorioso nei confronti di un importante operatore televisivo come Mediaset;

   il 4 aprile 2001 con la deliberazione n. 50 il consiglio regionale del Lazio approva il piano territoriale di coordinamento per il sistema televisivo regionale, dichiarando Monte Cavo come sito da abbandonare e riqualificare;

   il 18 settembre 2008 il consiglio regionale del Lazio con la deliberazione n. 51 approva la variante al piano territoriale di coordinamento, testo attualmente vigente, prevedendo la sostituzione del sito di Colle Anfagione con i siti di Colle Sterparo nel comune di Capranica Prenestina e di Monte Gennaro nel comune di San Polo dei Cavalieri, confermando ulteriormente Monte cavo come sito da abbandonare e riqualificare;

   il 13 novembre 2014 il Tar del Lazio ha emesso la sentenza n° 10402 attraverso la quale ha riconosciuto la validità dell'ordinanza sindacale in ogni suo profilo, in quanto atto dovuto in presenza di opere abusive permanenti sulla vetta di Monte Cavo, prive di permesso di costruire in un'area assistita da numerosi vincoli di inedificabilità;

   l'8 ottobre 2015 l'ordinanza del Consiglio di Stato ha confermato che le postazioni televisive di Canale 5, Italia 1, Rete Quattro, oggi facente capo alla società EI TOWERKS spa, non possono essere mantenute sul sito di Monte Cavo e ha concesso pertanto alle ricorrenti 6 mesi di tempo (prorogato più volte) per procedere alla delocalizzazione in altro sito;

   ad aprile 2017 il nuovo sindaco Crestini intrattiene un carteggio con la regione Lazio per verificare la possibilità di legalizzare le antenne a Rocca di Papa;

   l'11 maggio 2017 viene emessa la sentenza del Consiglio di Stato a favore del comune (sentenza n. 02200/2017REG.PROV.COLL. / N. 01041/2015 REG.RIC.), nella quale viene respinto l'appello dei ricorrenti, eccependo sostanzialmente tutte le obiezioni contenute nel ricorso;

   infine nel mese di luglio 2017 avviene l'approvazione del Dup attraverso la delibera di giunta n. 64 del 28 luglio 2017 dove si evidenzia ulteriormente la volontà politica della nuova amministrazione di legalizzare le antenne sul territorio comunale;

   il comune di Rocca di Papa, a quanto risulta all'interrogante, non ha ancora dato esecuzione, ad oggi, alla sentenza del Consiglio di Stato;

   se il Governo non intenda porre in essere ogni iniziativa di competenza volta a tutelare un'area soggetta a stringenti vincoli storici, archeologici, idrogeologici e paesaggistici e ad agevolare la delocalizzazione degli impianti e l'individuazione dei siti alternativi necessari a garantire la liberazione della vetta di Monte Cavo e di tutto il territorio comunale.
(2-02022) «D'Attorre».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUENO, MENORELLO, GALGANO, CATALANO, MUCCI e MONCHIERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di votazioni nella circoscrizione estero prevede che la scheda elettorale venga recapitata per posta agli italiani residenti all'estero iscritti nei registri dell'Aire;

   in molti casi, però, solo una parte di tali schede arriva all'indirizzo fornito all'Aire dai quasi 5 milioni di italiani aventi diritto al voto a distanza;

   un articolo de Il Giornale del 2 dicembre 2016 ha riportato una comunicazione del consolato italiano a Londra da cui si intuisce che la mancata consegna dei plichi elettorali non è un caso raro e che spesso non può neanche essere soddisfatta per mancanza di risorse umane;

   se la busta non arriva a destinazione, in teoria la scheda non è più utilizzabile, perché ha un numero associato al nome dell'elettore che la identifica come unica e autentica; in caso di mancato recapito, si può chiedere al consolato di riferimento un duplicato, avente lo stesso numero identificativo per evitare schede doppie o false;

   esiste però il rischio che il legittimo titolare non richieda il duplicato perché non interessato a votare. Si tratta di un'eventualità non rara: nella votazione per il referendum costituzionale, quando gli aventi diritto al voto dall'estero erano circa 4 milioni, hanno espresso il voto solo 700 mila, mentre alle politiche 1 milione e centomila;

   c'è quindi la possibilità che la busta non recapitata finisca nelle mani sbagliate e dunque che entra in possesso della scheda originale possa benissimo usarla per votare come vuole o magari rivenderla;

   inoltre, possono essere molte le schede recapitate all'indirizzo sbagliato, dal momento che è sufficiente che l'elettore abbia traslocato senza comunicarlo all'Aire, oppure che lo faccia dopo l'ultimo aggiornamento dell'elenco degli elettori; anche nel caso in cui gli aventi diritto siano dotati di buona volontà e di grande consapevolezza civica, al punto da rendersi conto di non aver ricevuto il plico elettorale e di farne richiesta, è evidente che possa esserci un gran numero di schede doppie in giro;

   il sistema di voto degli italiani all'estero prevede che gli elettori ricevano a casa la scheda elettorale da compilare, firmare e rinviare al consolato italiano competente che si occuperà poi di inviare i plichi elettorali sigillati in Italia che saranno trasportati, sempre scortati, dall'aeroporto di Fiumicino a Castelnuovo di Porto, presso il Centro polifunzionale della Protezione civile, dove si svolge lo spoglio delle schede che, per scongiurare eventuali brogli, deve seguire una procedura prevista da una circolare del Ministero dell'interno: prima di scrutinare la scheda contenuta all'interno di una busta anonima, occorre verificare con i registri elettorali il codice dell'elettore riportato sul tagliando; se il numero è già stato spuntato o presenta anomalie, il voto deve essere annullato senza procedere allo scrutinio;

   di fatto, però, così come chiaramente illustrato in un servizio delle Iene nella puntata del 29 ottobre 2017, il controllo effettuato dall'ufficio elettorale che raccoglie tutti i voti dall'estero, presso Castelnuovo di Porto, non è così scrupoloso e, con l'aumentare dei connazionali iscritti all'Aire e quindi della mole di lavoro, tenderà ad esserlo sempre meno;

   secondo il citato servizio, in diversi casi, gli elettori italiani residenti all'estero non avrebbero ricevuto le schede elettorali perché i plichi sarebbero stati sottratti illegalmente e le schede elettorali vendute –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per assicurare il trasparente esercizio del diritto al voto degli italiani residenti all'estero, evitando gli inconvenienti per mancato recapito delle schede e il rischio di brogli elettorali;

   se non ritenga opportuno garantire un controllo più efficace sia in fase di distribuzione dei plichi sia in fase di scrutinio delle schede elettorali.
(5-12742)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con un fonogramma – ordine del giorno n. 604 del 13 novembre 2017 – è stata disposta una comunicazione urgente al servizio nucleare, biologico e chimico diretto al reparto «NBCR» dei vigili del fuoco della sede regionale di Cagliari;

   così come indicato nel fonogramma nella notte del 17 novembre 2017, alle 2 e 15 del mattino, il carico con il codice rosso della massima allerta è sbarcato al porto canale di Cagliari;

   il dispaccio di Stato giunto da Roma 3 giorni prima era stato chiaro come non mai: si comunicava a tutto il personale che su questo territorio provinciale sarebbe transitato un autocarro contenente merci pericolose;

   gli autocarri, è scritto nel fonogramma, sbarcheranno direttamente al porto canale di Cagliari dalla motonave Stena Freighter battente bandiera danese;

   successivamente – è scritto ancora nel dispaccio – una volta sbarcati, gli autocarri procederanno per il poligono militare interforze di Villaputzu, come di seguito meglio definito;

   sarebbe stata incaricata del trasporto su gomma la soc. Geodis Wilson spa;

   il primo mezzo motrice sarebbe un Volvo targato FC380MM, mentre per il mezzo di scorta sarebbe un Mercedes Benz targato DL 759AP;

   il gruppo specializzato dei vigili del fuoco «NBCR» è stato di fatto precettato su tutto il percorso che ne seguirà;

   il servizio «NBCR» è un nucleo altamente qualificato chiamato ad intervenire solo in situazioni eccezionali: quando esiste un fondato pericolo di contagio da sostanze nucleari, biologiche, chimiche o radiologie che potrebbero provocare gravi danni a persone, animali o cose. La sigla del reparto allertato «NBCR», infatti, non è altro che l'abbreviazione di nucleare-biologico- chimico-radiologico ed è proprio a questo tipo di interventi che i nuclei vengono addestrati;

   si tratta di specialisti dei vigili del fuoco che si distinguono immediatamente dagli altri per la particolarità dei loro indumenti;

   quando intervengono non indossano la divisa istituzionale, ma sono equipaggiati di particolari tute scafandrate per la protezione personale, dotate di auto protettori che consentono la respirazione anche in ambienti contaminati;

   tutto questo è stato predisposto per un trasporto in codice: Zeffiro 40 denominato Z49 SRM Z40 stage – classificato al n. Onu 0186 Classe 1 gruppo 1.3C – ADR – esplosivo. Con decorrenza immediata – è disposto nel fonogramma – il personale giornaliero del servizio NBC e Radiometrico avrebbe dovuto illustrare i contenuti dell'operazione a tutto il personale operativo della sede centrale e del distaccamento porto;

   si tratta di dettagli troppo definiti per pensare ad una esercitazione addestrativa di allerta;

   non si tratta solo del rischio di un trasporto di materiale pericolosissimo tanto da allertare il servizio nucleare dei vigili del fuoco quanto dell'utilizzo che di questo materiale esplosivo si dovrà fare nell'ambito del poligono di Quirra;

   c'è da restare senza parole rispetto a quello che l'interrogante giudica un atteggiamento arrogante e autoritario dei vertici del Ministero della difesa che continuano impunemente a considerare la Sardegna una «terra dei fuochi» di Stato dove fare ogni genere di esperimento a rischio e pericolo dei militari e dei civili che operano nelle aree;

   il transito di questi materiali altamente pericolosi nelle strade della Sardegna, sfruttando la notte, con sbarchi alle 2 del mattino, appare all'interrogante davvero inquietante e irresponsabile –:

   se intendano fornire elementi sul contenuto di questo carico, sulla tipologia, sulla pericolosità e sull'utilizzo previsto;

   chi siano i committenti di tale trasporto e quali siano state le precauzioni adottate;

   se non ritengano di dover interrompere ogni attività esplosiva nei poligoni sardi, alla luce di quanto sta emergendo anche dai lavori della Commissione d'inchiesta sugli effetti dell'uranio impoverito e delle nanoparticelle relativamente ai gravi danni alla salute dei militari e dei civili prodotto dagli effetti di esplosioni di entità intollerabile.
(5-12745)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal libro «Tempo di donne negli organi di governo della società: la prospettiva economico aziendale», la legge n. 120 del 2011 ha introdotto in Italia le quote di genere nella composizione degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e delle società a controllo pubblico. Secondo differenti statistiche, il genere meno rappresentato negli organi societari, e, quindi, quello da tutelare, è quello femminile. In realtà, le donne entrano nel mercato del lavoro con una preparazione superiore a quella degli uomini, tuttavia, tale vantaggio non si traduce, poi, in opportunità di carriera poiché in pochi casi esse accedono ai ruoli decisionali apicali;

   secondo il Global Gender Gap Report 2017 redatto dal World Economic Forum, «il divario tra uomini e donne, per quanto concerne l'occupazione, l'istruzione, la salute e la rappresentanza politica, nel nostro paese, è del 61 per cento. In Italia, a parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini risulta, ancora, un obiettivo da raggiungere», al riguardo, lo studio posiziona l'Italia al 71esimo posto su 136 Paesi;

   il sito online www.corriere.it ha riportato quanto è stato sottolineato da Yasmina Bekhouche, co-autrice del rapporto del World Economic Forum, secondo la quale «il fattore determinante più importante per la competitività di un Paese è il talento umano. Le donne costituiscono la metà del talento potenziale. Se il governo ha un ruolo importante nel sostenere le politiche giuste (congedo di paternità, asili, etc.), sta anche alle aziende creare posti di lavoro (con processi di reclutamento innovativi, nuovi percorsi per le carriere, politiche salariali trasparenti) che permettano ai migliori talenti di svilupparsi»;

   «Aumentare la presenza delle donne nei luoghi di lavoro è importante, ma non basta se non porta anche a nuove politiche di conciliazione e a un modo nuovo di lavorare, da cui possono trarre beneficio tutti, anche gli uomini. Altrimenti quelle stesse donne rimarranno ai livelli più bassi o saranno costrette alla scelta penosa tra carriera o famiglia»;

   il 10 novembre 2017, Fondazione Crui e Here in collaborazione con l'università di Bergamo e l'università di Milano Bicocca, hanno organizzato workshop internazionale «Gender equality in the Higher Education System.» Il workshop ha indagato il tema dell'uguaglianza di genere nei sistemi universitari in una prospettiva conparata e interdisciplinare;

   il Sole 24 Ore, nella medesima giornata, ha analizzato la tematica, commentando come «le donne rappresentino un numero maggiore rispetto agli uomini. Eppure, sono ancora poche coloro che rivestono ruoli importanti. L'università italiana, nonostante qualche timido cambiamento negli ultimi anni, resta, più che in altri settori della pubblica amministrazione, ancora, appannaggio degli uomini, soprattutto nei gradini più alti»;

   «Nel 2016 erano iscritte 928 mila donne, contro i 733 mila colleghi, rappresentando il 56 per cento degli studenti. Dopo le prime buone performance accademiche (si laureano prima e con voti più alti degli uomini) già ai primi passi della carriera accademica si torna alla parità: le giovani ricercatrici (dottorande) sono il 50,9 per cento, per poi diventare il 41,9 per cento tra i ricercatori più inquadrati (ma sempre a tempo determinato). Per quanto concerne la docenza, le donne rappresentano il 37,2 per cento delle cattedre, a fronte del 63 per cento dei colleghi. I professori ordinari rappresentano la stragrande maggioranza (sono quasi il 78 per cento): ci sono 10.096 professori a fronte di 2.879 professoresse (22 per cento). Infine l'ultimo sbocco: quello da rettore. Oggi in Italia su 96 Magnifici, solo sette sono donne: quattro al Sud, due al Centro e soltanto una al Nord»;

   Stefano Paleari direttore scientifico di Here e docente a Bergamo ha spiegato che «il sentiero è tracciato perché nei primi livelli di carriera le donne sono numerose. Ora bisogna sperimentare negli atenei forme di welfare che favoriscano la conciliazione del lavoro con la famiglia»;

   allargando lo sguardo dagli atenei al mondo del lavoro, «la scelta universitaria è soltanto l'ultimo atto di un divario presente, anche, nelle materie scientifiche che, come testimoniano diverse indagini, condotte da Timms e Osce-Pisa nel 2015, comincia dai banchi di scuola. Riflettendosi nelle aspirazioni, nelle decisioni e, a cascata, nei livelli di disoccupazione e precariato. Non è un caso che la scarsa presenza femminile nelle Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sia ormai argomento di discussione a tutti i livelli, G7 compreso» –:

   quali iniziative il Governo, intenda assumere per colmare il divario di genere nel mercato del lavoro e nell'ambiente universitario tra uomini e donne, sostenendo e potenziando la partecipazione femminile.
(4-18519)


   SPESSOTTO e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11604, la prima firmataria del presente atto sollecitava il Governo a dare una risposta, ancora non pervenuta, circa i presunti profili di irregolarità sollevati in riferimento alla gara per la «fornitura di Sistemi di Videosorveglianza e servizi annessi per le pubbliche amministrazioni» indetta dalla Consip S.p.a. il 26 novembre 2015 e aggiudicata il 30 gennaio 2017;

   in particolare, la stessa sottolineava i rischi, per la sicurezza nazionale, rappresentati dall'utilizzo di telecamere cinesi Hikvisions per la videosorveglianza di obiettivi sensibili dello Stato italiano, telecamere già rimosse in altri Paesi ed incluse nei listini di fornitura dei soggetti che si sono aggiudicati la gara d'appalto Consip;

   a fronte della richiesta di accesso agli atti della gara, inviata dalla prima firmataria del presente atto, Consip s.p.a., dichiarava di aver effettuato verifiche solo documentali per il riscontro del rispetto dei requisiti formali di partecipazione alla gara;

   in tal modo, secondo gli interroganti, la Consip di fatto scarica sulle singole amministrazioni contraenti l'onere economico e la responsabilità di effettuare le verifiche di conformità del livello di sicurezza dei singoli componenti, ivi incluso il collaudo iniziale delle forniture e dei servizi oggetto del capitolato di gara;

   inoltre, per quanto di conoscenza degli interroganti, sembrerebbe che la maggior parte delle amministrazioni comunali, stia richiedendo sistemi di videosorveglianza con caratteristiche diverse da quelli previsti dalla convenzione Consip, rivolgendosi a fornitori diversi da Fastweb ed evitando così ulteriori costi di connettività;

   la situazione di stallo è confermata poi dai canali distributivi dei diversi produttori interessati dalla convenzione medesima – quindi non solo Hikvision – che non avrebbero ancora ricevuto ordini dai loro clienti Fastweb e Telecom per nessuno dei tre lotti del bando di gara;

   gli apparati Hikvision sono sistematicamente oggetto di attacchi informatici in tutto il mondo (ultima notizia quella sul sito https://ipvm.com/reports/hik-wave-cyber) per la rinomata debolezza delle loro difese, tant'è vero che le pubbliche amministrazioni di molti Paesi li hanno estromessi dalle proprie forniture, come accaduto con la decisione della Consip americana –:

   se il Governo, in qualità di azionista unico, ritenga di intervenire nei confronti di Consip, affinché la sicurezza informatica sia ricompresa tra i requisiti dei bandi di gara, aventi ad oggetto la video sorveglianza e i servizi connessi, anche al fine di sollevare le amministrazioni pubbliche contraenti dall'onere di effettuare le verifiche di conformità e i collaudi iniziali sulle forniture, come accaduto nel caso in premessa, in un'ottica di garanzia della sicurezza su tutto il territorio nazionale.
(4-18535)


   SCOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   come ribadito da vari esponenti istituzionali, l'occasione dell'uscita della nazionale di calcio dai Mondiali 2018 deve rappresentare l'occasione per una seria e profonda riforma del sistema calcistico italiano, a tutti i livelli. I problemi legati al contesto economico e sociale del sistema calcistico italiano sono complessi e ben radicati;

   in primo luogo, vi è la questione dei diritti tv. La differenza nella distribuzione dei proventi ricavati dalla vendita dei diritti televisivi influisce sull'equilibrio competitivo della Lega calcio italiana. Nel 2008 con il decreto «Melandri-Gentiloni» l'obiettivo era quello di aiutare i club minori garantendo un contratto collettivo in virtù dei contratti milionari sottoscritti da Milan, Inter e Juventus. Tuttavia, la situazione è peggiorata, almeno dal punto di vista sportivo. I club che hanno giovato di questa riforma sono stati quelli della fascia media come Roma, Napoli o Lazio. I primi due, in particolare, sono stati in grado di annullare il gap rispetto a squadre come Milan e Inter, considerate di prima fascia. Mentre, la distanza economico-sportiva con i club della terza fascia si è ampliata, a dimostrazione di come questa riforma dei diritti televisivi non abbia avuto l'effetto desiderato. Inoltre, il risultato dell'indice Herfindahl, che tiene in considerazione le squadre che hanno vinto il campionato in un dato lasso di tempo, per misurare la competitività del campionato italiano, dimostra come la competitività della Serie A sia più bassa di quella della Premier League o della Liga, in cui, tra l'altro, è attuato un sistema di redistribuzione dei diritti quasi duopolistico;

   in secondo luogo, vanno rafforzati gli strumenti a promozione del calcio dilettantistico, che sta vivendo un momento di grande difficoltà, anche economica. In tal senso, alla luce della possibile modificazione del contesto normativo della realtà delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, gli enti di promozione sportiva hanno evidenziato che l'inserimento nel panorama dei soggetti sportivi, attraverso «il pacchetto sport» promosso di recente dal Ministro interrogato nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2018, della nuova figura di società sportiva dilettantistica lucrativa sarebbe da respingere, poiché da un lato minerebbe alla base il volontariato sportivo che è quello che ha permesso fino ad oggi una crescita capillare nel. Paese fino a diventare il 47 per cento dell'intera realtà della promozione sociale italiana, dall'altro produrrebbe un ulteriore effetto spiazzamento rispetto alla recente normativa sul terzo settore;

   infine, un importante ambito calcistico che appare molto sottovalutato da parte dagli attuali vertici della Federazione italiana giuoco calcio, è quello del calcio femminile. Una nuova relazione della Uefa, «Il calcio femminile all'interno delle federazioni nel 2017», dimostra quanto sia cresciuto il calcio femminile negli ultimi cinque anni. Nella relazione inoltre si trovano a corredo delle istantanee provenienti dalle 55 federazioni affiliate alla Uefa. Il calcio femminile continua a diventare sempre più popolare con tantissime calciatrici di tutta Europa che si cimentano ogni giorno in questo sport. Nel 2017 inoltre il calcio femminile ha ricevuto una notevole spinta col più grande UEFA Women's EURO di sempre che ha visto in Olanda la partecipazione di ben 16 squadre facendo registrare numeri da record sugli spalti e in TV. I dati della relazione testimoniano la crescita del calcio femminile in tutta Europa, eccetto che in Italia. Se si considerano infatti le prime nazioni con più di 100.000 calciatrici (Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia), l'Italia non è presente –:

   quali iniziative di competenza s'intendano assumere per riformare il calcio italiano, in relazione agli ambiti di cui in premessa.
(4-18539)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   GIUDITTA PINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Alto commissariato dell'organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti umani ha definito nella seguente maniera la politica europea sul tema dei flussi migratori dall'Africa: «La politica dell'Unione Europea di assistere la guardia costiera libica nell'intercettare e respingere i migranti nel Mediterraneo è disumana»;

   altre agenzie internazionali avevano a suo tempo segnalato la necessità e le possibilità di attuare politiche diverse riguardo il tema del flusso di migranti proveniente dall'Africa; segnatamente si riporta il parere dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i migranti che ha sostenuto nettamente la propria opposizione alla detenzione dei migranti;

   in data 13 novembre 2017 gli organi di stampa hanno riportato la notizia che per la prima volta, entra a far parte degli atti dell'inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo uno scatto fotografico proveniente dall'interno di uno di questi centri per la detenzione dei migranti (a Sabha in Libia);

   l'emittente televisiva americana Cnn ha diffuso, nel mese di novembre 2017, le immagini di una vera e propria asta effettuata su migranti venduti come schiavi;

   una delegazione ufficiale di deputati europei si recherà in Libia dal 16 al 22 dicembre 2017 per verificare la situazione nel Paese e, in particolare, il rispetto dei diritti fondamentali;

   nel Final report of the Panel of Experts on Libya inviato al Consiglio di sicurezza dell'Onu il giorno 1° giugno 2017 è riportato che «Abusi contro i migranti sono ampiamente segnalati, includendo esecuzioni, torture, deprivazioni di cibo acqua ed accesso ai servizi igienico sanitari. L'Organizzazione Internazionale per le migrazioni segnala anche la schiavizzazione dei migranti sub sahariani. I contrabbandieri, così come il Dipartimento per il contratto all'immigrazione illegale e la guardo costiera sono direttamente coinvolti in così gravi violazioni dei diritti umani» –:

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, ad oggi, il Ministro interrogato riguardo al concreto stato di salute psicofisica dei detenuti nei centri libici, e circa il rispetto sostanziale dei parametri previsti dalla Convenzione di Ginevra nei suddetti centri;

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare l'effettivo rispetto dei diritti umani nei centri di detenzione in Libia;

   se il Ministro interrogato intenda adoperarsi per una revisione delle politiche nazionali e della posizione italiana in campo europeo riguardante la gestione del flusso di migranti provenienti dall'Africa, segnatamente promuovendo il coinvolgimento di agenzie internazionali come l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a garanzia del livello di accoglienza di questi centri di detenzione;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del denunciato coinvolgimento della cosiddetta Guardia costiera libica in azioni illegali e criminali e se ritenga necessario, in conseguenza di ciò, assumere iniziative per una revisione delle politiche italiane ed europee nel rapporto con la sopracitata Guardia costiera libica.
(3-03368)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI, TACCONI, GIANNI FARINA e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a circa due mesi e mezzo dall'apertura dell'anno scolastico, nell'istituto comprensivo Leonardo da Vinci di Parigi non è stato possibile assicurare i docenti in 13 insegnamenti nelle tre aree in cui l'istituto è strutturato;

   le attività didattiche, su diretta richiesta del dirigente scolastico, si svolgono solo per l'estensione oltre l'orario di lavoro dell'insegnamento degli altri docenti dell'Istituto, che hanno accettato di sopperire temporaneamente allo stato di emergenza nel quale la scuola italiana di Parigi è venuta a trovarsi;

   il grave ritardo sarebbe imputabile alla difficoltà di applicare nel contesto giuridico francese i modelli di contratto forniti dall'Amministrazione centrale per l'assunzione di personale a contratto locale da destinare agli insegnamenti non ancora coperti;

   la situazione ha determinato una condizione di diffusa preoccupazione tra le famiglie degli studenti, che pure concorrono con rette significative al funzionamento dell'Istituto, e una crescente agitazione tra gli stessi studenti, direttamente coinvolti nella precarietà della soluzione fin qui adottata e preoccupati del destino della scuola e della qualità della loro formazione –:

   quali soluzioni il Governo intenda approntare affinché le attività didattiche nella scuola italiana di Parigi abbiano il loro pieno e normale svolgimento e in quali tempi tali soluzioni si ritenga possano entrare a regime.
(5-12732)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO e MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi in Corea del Nord si è fatta particolarmente complicata e minaccia la pace e la sicurezza mondiale;

   l'11 settembre 2017 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 2375, che è la nona adottata contro la Corea del Nord fin dal 2006, questa volta come conseguenza dell'ultimo test nucleare del 3 settembre, quello della bomba H, il più potente dei sei realizzati;

   la risoluzione introduce il bando alle esportazioni tessili di Pyongyang e il divieto alle esportazioni di petrolio e gas naturale verso la Corea del Nord, fatta eccezione per una quantità da impiegare per il sostentamento della popolazione, ovvero prevedendo che i profitti derivanti dal petrolio e gas non siano investiti per finanziare i piani nucleari di Kim Jong-Un;

   la questione nord coreana è estremamente divisiva nel consesso internazionale, in special modo rispetto alla Cina e alla Russia, contrapposte agli Stati Uniti;

   la Cina ha sostenuto che le ultime misure adottate dal Consiglio di sicurezza erano «necessarie», sebbene la bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti fosse molto più dura, includendo un embargo più forte sul petrolio e il congelamento degli investimenti e delle proprietà di Kim Yong-Un all'estero, ma ha ribadito l'opposizione ai sistemi antimissile Thaad installati in Corea del Sud, chiedendo che la crisi sia «risolta in modo pacifico»;

   la Russia ha sottolineato di aver sostenuto tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che richiedono a Pyongyang di cessare i suoi programmi missilistici e di essere contraria ai suoi programmi nucleari;

   l'ambasciatore italiano all'Onu ha dichiarato che la risoluzione «tiene conto delle preoccupazioni umanitarie» e sottolinea che «si deve raggiungere una soluzione attraverso una maggiore pressione, ma anche attraverso il dialogo e un processo politico pacifico»;

   stando a quanto messo in evidenza da un board di otto esperti dell'Onu, inoltre, la Corea del Nord starebbe collaborando con la Siria per sviluppare il suo programma di armi chimiche e di missili balistici e Scud. Il board avrebbe denunciato una violazione delle sanzioni contro Pyongyang da parte della Siria che collaborerebbe con Kim Jong-Un per il perfezionamento di «armi convenzionali, armi chimiche proibite e missili balistici» –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per promuovere e sostenere soluzioni pacifiche alla crisi generata dai programmi nucleari della Nord Corea e per far ripartire a livello globale azioni concrete di disarmo nucleare e di smobilitazione delle armi di distruzione di massa.
(4-18508)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i conglomerati bituminosi sono costituiti da miscele di aggregati (o inerti) legati fra loro mediante bitumi, vengono utilizzati nell'ambito delle opere stradali, per la realizzazione di «tappeti d'usura» e «binder» e sono materiali soggetti forte usura e/o a frequente demolizione e ricostruzione;

   da anni la normativa italiana (decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e successive modificazioni e integrazioni) consente, mediante «procedure semplificate», di recuperare svariate tipologie di rifiuti nei conglomerati bituminosi. Detta normativa, peraltro, non prevede alcun tipo di controllo (test di cessione, verifica della dispersione di polveri formatesi per usura o altro) al fine di accertare il potenziale inquinante di questi materiali, come se, una volta che i rifiuti vengono legati nella matrice bituminosa, il rischio di rilascio debba considerarsi neutralizzato e posto sotto controllo. Ciò appare ancor più grave se si tiene conto che vengono sempre più usati i manti drenanti che possono dare luogo a dispersioni e rilasci maggiori, rispetto a quelli tradizionali, in ragione del fatto che sono prodotti con miscele più povere di bitumi e risultano quindi meno legati;

   l'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, demanda al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il compito di emanare un decreto per fissare fra l'altro dei criteri ambientali minimi;

   da fonti di stampa si apprende l'esistenza di una bozza di testo che sarebbe attualmente in fase di esame da parte del Ministero dello sviluppo economico, il quale dovrebbe inoltrarla alla Commissione europea che a sua volta dovrà esprimere un parere entro 90 giorni;

   l'assenza di verifiche circa possibili rilasci e/o dispersioni, anche sottoforma di polveri, nell'ambiente, non ottempera all'articolo 184-ter, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni («l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana»), in quanto non ne è verificato l'impatto;

   inoltre, un rifiuto destinato ad essere utilizzato per produrre un materiale soggetto a forte usura, dovrebbe essere, a maggior ragione, sottoposto ad una seria analisi del ciclo di vita, al fine di verificare il potenziale rilascio di sostanze pericolose nell'intero ciclo di vita stesso –:

   se la bozza di decreto attualmente in fase di esame da parte del Ministero dello sviluppo economico preveda la fissazione di criteri e limiti che consentano di porre sotto controllo il rischio di rilascio di inquinanti nell'ambiente da parte dei conglomerati bituminosi, tenuto conto dell'intero ciclo di vita di questi materiali e in particolare per quanto concerne la dispersione per via aerea;

   se il Governo abbia già inoltrato alla Commissione europea la bozza di decreto ministeriale citata in premessa e in quale data.
(4-18512)


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella relazione sul Veneto della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e dalle cronache recenti, è emerso, sempre più frequentemente, che, soprattutto nei lavori di movimento terra e nella realizzazione di opere interrate (fondazioni, sottofondi stradali e altro), vengono utilizzati materiali, provenienti dalle attività di recupero dei rifiuti che, anziché essere stati sottoposti a trattamenti che fra l'altro ne riducano il potenziale inquinante, vengono sottoposti ai cosiddetti «giri bolla» o trattamenti fittizi. Ciò si verifica non solo nell'ambito dei lavori pubblici ma anche in quelli privati, dove i controlli sono anche minori;

   in questi settori i controlli sono oggettivamente difficili e molto spesso, una volta che i materiali sono interrati, non sono più possibili: gli organi di polizia e di controllo si limitano alla verifica della regolarità formale degli atti, il che consente di smascherare solo una minima parte delle pratiche illegali e non certo quelle delle aziende «meglio organizzate» sotto il profilo della regolarità formale (ancorché solo formale);

   l'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 definisce le condizioni alle quali un rifiuto cessa di essere tale; fra esse, il comma 1, lettera b), precisa che deve essere accertato che: «esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto»;

   appare evidente che l'esistenza di un mercato implichi necessariamente il fatto che il materiale abbia un valore economico positivo per chi vende: da una ricerca svolta dagli interroganti, pare che i prezzi di vendita dei sottofondi stradali siano molto prossimi allo zero, a causa anche della mancanza di opere infrastrutturali che ne richiedano l'impiego; il valore economico positivo per chi vende nell'attuale mercato è opinabile anche per i costi di trasporto molto più elevati rispetto al valore di vendita (circa 10 euro a tonnellata per il trasporto contro 1 euro per la vendita), con dati poco trasparenti e forieri di illeciti relativi ai corrispettivi economici dei tre attori della filiera (produttore, trasportatore, acquirente); ciò, evidentemente, al netto dei costi di trasporto (ad esempio, non è sostenibile classificare come prodotto un materiale che il produttore consegna in cantiere al cliente ad un prezzo di 1 euro a tonnellata, dovendo sostenere costi di trasporto per 10 euro a tonnellata e perdendoci 9 euro a tonnellata);

   in tal senso, appaiono chiare anche le «Linee guida sull'interpretazione delle disposizioni chiave della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti» emesse dalla Commissione europea nel giugno 2012, nell'ambito delle quali il fatto che i prodotti ottenuti dall'attività di recupero dei rifiuti debbano avere valori di mercato positivi e verificabili viene indicato come elemento sostanziale;

   il mancato intervento da parte del legislatore per chiarire che i prodotti devono avere un effettivo valore economico di scambio sul mercato rischia di stimolare queste pratiche illegali di traffico dei rifiuti e di ridurre l'efficacia nei controlli –:

   se non intenda assumere iniziative per un chiarimento normativo nell'ambito del quale precisare che, affinché un rifiuto cessi di essere considerato tale, è necessario che il detentore non sia nella posizione di chi se ne vuole disfare e, per questo, debba dimostrare che esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto, ovvero, che il prodotto ha un valore economico positivo, chiarendo e puntualizzando i dettagli economici della filiera.
(4-18513)


   CIMBRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 30 dicembre 2014 la società Centro Bitumati 2000 srl, sita in Cassina Nuova di Bollate, subentrava alla Società Cooperativa Selciatori e Posatori. I suoi impianti di conglomerati bituminosi producono un impasto a caldo di miscele di bitume e materiali inerti come ghiaia e sabbie. Quando il bitume viene riscaldato, parte dei composti organici in esso contenuti si liberano in atmosfera, alcuni dei quali tossici e potenzialmente cancerogeni. Il tutto provoca un alto rischio, non solo per la salute degli operatori del settore, ma anche per tutti coloro che ne respirano i fumi;

   il National Institute of Occupational Safety and Health ha dichiarato che i fumi emessi nella produzione dei conglomerati bituminosi vanno considerati come potenzialmente cancerogeni, e la cancerogenicità è legata alla presenza nei fumi di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), oltre a quella dell'idrogeno solforato e della soda caustica, senza dimenticare che nel caso di esposizione a bambini e ragazzi, i fattori di rischio legati debbono essere aumentati; infatti, nella fattispecie nelle vicinanze si trova un istituto scolastico di primo grado;

   nel 2016, l'azienda ha fatto richiesta di poter aumentare la capacità produttiva da 60 mila ad oltre 500 mila tonnellate l'anno, lavorando nelle 24 ore;

   due successivi controlli di Arpa però, uno del 28 settembre e uno del 9 novembre, sempre del 2016, hanno evidenziato diverse difformità rispetto alle autorizzazioni in possesso dell'azienda, oltre che lo splafonamento della produzione annua avvenuta sempre nel corso del 2016 rispetto alla concessione già in possesso;

   nel dicembre del 2016 sono state raccolte ben 1.297 firme dei residenti delle zone limitrofe, a causa delle molestie sia odorigene che di rumore, le quali sono state poi consegnate al comune di Bollate e all'A.T.S. –:

   a fronte della ingente richiesta di aumento della capacità produttiva di cui in premessa, quali iniziative il Governo intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze e di concerto con la città metropolitana di Milano, per assicurare un monitoraggio della situazione di rischio determinata dai fumi e dalle polveri nonché da agenti inquinanti potenzialmente cancerogeni eventualmente promuovendo una verifica da parte del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente.
(4-18530)


   D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   lo sfruttamento delle derivazioni dei corsi d'acqua, volto allo realizzazione di impianti idroelettrici, continua a rappresentare un annoso problema che impatta in maniera significativa sulle zone interessate, sotto diversi aspetti: paesaggistici, turistici, faunistici ed economici;

   nei giorni scorsi si è appreso che sarebbe in fase avanzata l’iter del procedimento di autorizzazione unica di una ennesima concessione rilasciata dalla regione Veneto, in questo caso alla ditta Crestani Claudio di Bassano del Grappa, che dovrebbe costruire una centralina idroelettrica nel tratto vicentino, del corso del fiume Brenta, nella località di Pian degli Zocchi, in territorio di san Nazario;

   il tratto del fiume su indicato è da tempo oggetto di enorme sfruttamento idroelettrico dove sono, ad oggi presenti ed attive già 5 centrali (Pianello, Collicello, Corlo, Oliero e Campolongo);

   la realizzazione di questo ennesimo impianto si insedierebbe nell'unico tratto rimasto allo stato naturale nel quale si sono sviluppate negli ultimi anni, numerose attività con finalità turistiche, sportive e naturalistiche e determinerebbe, secondo le associazioni di cittadini contrarie al progetto, anche un gravissimo danno all'ecosistema dell'intera area, nonché un danno economico rilevante. L'area attrae infatti, migliaia di turisti che si dedicano a varie attività: pesca, canoa, rafting cicloturismo;

   il fiume è abitato da specie ittiche di rara frequenza: temolo, trota marmorata (indicata dall'Unione europea come specie a rischio estinzione), barbo canino e scazzone;

   la derivazione del 40 per cento dell'acqua a regime normale, così come previsto dal progetto della ditta Crestani, distruggerebbe in modo irreparabile il percorso del fiume ed il suo ecosistema in un punto della vallata strategico per il ritorno economico per tutta la Valbrenta e che rappresenta un sito naturale importantissimo. È importante evidenziare il rischio di tale derivazione, il quale può procurare enormi danni paesaggistico-ambientali ed all'ecosistema accentuato dal fatto che il fiume Brenta, in quel tratto, vive perché ha una portata d'acqua costante tutto l'anno. Mentre, l'attuale tendenza climatica, caratterizzata da lunghi periodi di siccità, sta determinando proprio in quel tratto periodi di «secche»;

   con l'interrogazione n. 4-17678 del 12 settembre 2017 il primo firmatario del presente atto, a seguito delle affermazioni della Sottosegretaria Silvia Velo che, in risposta all'interrogazione n. 3-03035 del 22 maggio 2017, annunciava l'imminente adozione di un crono programma (allo stato non ancora adottato), che rendesse operative le linee guida adottate con i decreti n. 29 e 30 del 2017, faceva notare come tali disposizioni, anche se approvate nei tempi stabiliti, sarebbero state operative non prima del 2018 e, pertanto, nel frattempo decine di pratiche autorizzative (come nel caso di specie dell'autorizzazione alla ditta Crestani), avrebbero continuato il loro iter in probabile contrasto con le norme comunitarie e nazionali –:

   se si intendano adottare, con urgenza, le iniziative di competenza, anche di carattere normativo per promuovere una moratoria in relazione al rilascio delle concessioni già richieste fino alla piena applicazione dei decreti n. 29 e 30 del 2017 e delle relative linee guida.
(4-18533)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 210 del 2015 cosiddetto «Milleproroghe», come convertito dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, all'articolo 1, commi da 7-bis a 7-quinquies, prevede la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di riconoscimento delle qualifiche di partigiano, caduto nella lotta di liberazione e patriota per i caduti e di riconoscimento delle decorazioni al valor militare per i comuni e le province, ai sensi del decreto luogotenenziale n. 518 del 1945. Il nuovo termine viene indicato nel 25 aprile 2016;

   dette proposte di riconoscimento e la relativa documentazione vanno inviate, secondo quanto disposto dal comma 7-ter, alla Commissione unica nazionale di primo grado per la concessione delle qualifiche dei partigiani e delle decorazioni al valor militare, istituita presso il Ministero della difesa dall'articolo 4 della legge 28 marzo 1968, n. 341, che aveva a sua volta riaperto i termini di presentazione delle candidature;

   nel corso dell'esame del cosiddetto «milleproroghe» era stato approvato l'ordine del giorno n. 9/3513-A/4 che impegnava il Governo pro tempore ad adottare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione delle disposizioni sopra richiamate, che prevedesse:

    modalità, tempi e soggetti legittimati a presentare istanza/proposta di riconoscimento delle onorificenze al valore militare e, ove ritenuto necessario, anche istanza/proposta di riconoscimento della qualifica di partigiano, considerando in particolare la peculiare posizione delle province;

    che la definizione delle proposte al valor militare per i caduti, i comuni e le province, preveda l'acquisizione del parere espresso da un comitato etico, da costituirsi presso il Ministero della difesa, composto da un presidente e tre rappresentanti delle Forze armate, prescelti dal Ministro della difesa, e da sei altri componenti designati dalle tre associazioni partigiane: Anpi, Fivl e Fiap;

    la gratuità per la partecipazione all'anzidetto comitato;

    il recupero delle attribuzioni di commissione di secondo grado in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri;

   il 30 giugno 2016 è stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Modalità di concessione di ricompense al valor militare per i caduti, i comuni e le province e per la concessione delle qualifiche partigiane e delle decorazioni al valor militare» che all'articolo 1 prevede che: «1. Le istanze di concessione di ricompense al valor militare per i caduti, i comuni e le province e per la concessione delle qualifiche partigiane e delle decorazioni al valor militare presentate al Ministero della difesa entro il termine del 25 aprile 2016, fissato dall'articolo 7-bis del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, sono trasmesse alla Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto, corredate dell'eventuale documentazione. 2. Le eventuali istanze presentate ad amministrazioni diverse dal competente Ministero della difesa sono trasmesse, entro il medesimo termine di cui al comma 1, alla Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa, unitamente alla documentazione già prodotta dall'istante e dall'amministrazione ricevente»;

   ad oltre un anno di distanza dall'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato i comuni e gli enti che hanno fatto regolare domanda non hanno ancora avuto riscontro circa la procedura –:

   entro quale data saranno conclusi gli adempimenti di competenza del Ministero della difesa per il riconoscimento delle istanze succitate.
(5-12740)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2013, morirono a poche miglia dal porto di Lampedusa centinaia di migranti; l'Italia rispose attivando una delle più grandi operazioni umanitarie della storia, «Mare Nostrum», che ha infatti salvato più di 100 mila vite umane in un anno, aprendo la strada a iniziative coordinate dell'Unione europea per la gestione dei flussi migratori, per favorire lo sviluppo nei Paesi d'origine e per assicurare sostegno tecnico e tecnologico alle autorità libiche, e in particolare alla guardia costiera libica, per il contrasto ai trafficanti di esseri umani;

   le misure progressivamente adottate sul piano bilaterale con la Libia e quelle coordinate dall'Unione europea non hanno impedito, tuttavia, il verificarsi di un altro terribile naufragio il 18 aprile 2015 nel canale di Sicilia, dove un'imbarcazione con più di 700 persone a bordo, di cui solo 28 riuscirono a sopravvivere, si inabissò, adagiandosi a 400 metri di profondità;

   il 14 luglio 2016 si è conclusa l'operazione Augusta che ha visto impegnati i vigili del fuoco, assieme alla Marina militare ed alla Croce rossa militare, nel recupero del peschereccio affondato più di un anno prima a 75 miglia dalla costa libica; il laboratorio di antropologia e odontologia forense (LABANOF) dell'Università degli studi di Milano ha quindi assunto l'incarico di un difficilissimo lavoro di conservazione dei resti delle vittime, per cercare per quanto possibile di restituire nomi e volti alle salme prelevate dalla tolda dell'imbarcazione, di chi ha perso la vita in quella tragedia;

   da allora, il relitto dell'imbarcazione è depositato all'aperto nella base della Marina militare di Augusta, in attesa di trovare una sistemazione definitiva; in questi, mesi sono state avanzate numerose ipotesi per il ricollocamento e la riconversione del barcone orientate a restituire la memoria del tragico evento e a richiamare l'attenzione, nonché un atteggiamento di maggiore responsabilità sulle sofferenze e sui rischi a cui sono esposte le vittime dei trafficanti di essere umani;

   tra le ipotesi che sono state oggetto anche di attenzione dell'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del sindaco di Milano Giuseppe Sala, spicca per concretezza la formalizzazione dell'offerta di spazi da parte dell'Università degli studi di Milano per un'installazione monumentale dell'imbarcazione presso il complesso di via Golgi, nel quartiere Città studi, come elemento centrale del progettato museo dei diritti umani, dall'altissimo valore simbolico, dal forte impatto emotivo e dalla profonda utilità scientifica –:

   se non intenda assumere iniziative per mettere in sicurezza il relitto del naufragio del 18 aprile 2015 e assicurare la conservazione, accogliendo la proposta di riconversione avanzata dall'Università degli studi di Milano e favorendone la realizzazione in tempi certi.
(4-18522)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   Invitalia è una s.p.a. partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze istituita con il nome «Sviluppo Italia» con il decreto legislativo n. 1 del 1999 a seguito dell'accorpamento di vari enti di promozione assumendo, con il comma 460 della legge finanziaria per il 2007, la denominazione di «Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa»;

   nel quadro delle attività promosse dall'Agenzia, Invitalia opera attraverso vari strumenti, tra i quali la sottoscrizione dei «contratti di sviluppo», agevolazioni istituite con l'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, e il successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 settembre 2010, modificato dal decreto ministeriale del 14 febbraio 2014. La prima edizione dei contratti di sviluppo, avviata a settembre 2011, si è conclusa a dicembre 2014, per un totale di 102 i contratti finanziati e 1,848 miliardi di euro di agevolazioni concesse;

   nel corso degli ultimi anni sono stati affidati ad Invitalia numerosi altri progetti ed iniziative come, per esempio:

    «Nuove imprese a tasso 0», che ha finanziato 346 iniziative con 72 milioni di euro di agevolazioni concesse;

    «Smart&Start» che ha finanziato 788 start up con 238 milioni di euro di agevolazioni concesse;

    «Cultura Crea» che finanzia la nascita di iniziative imprenditoriali e no profit nell'industria culturale-turistica in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia;

    «SELFIEmployment» che finanzia l'avvio di piccole iniziative imprenditoriali, promosse da giovani «NEET» con età compresa tra i 18 e i 29 anni;

    «Brevetti+» che finanzia l'innovazione e l'incremento della capacità competitiva del sistema imprenditoriale;

    «Grande Progetto Pompei», che ha consentito di avviare 73 interventi (lavori, servizi e forniture) per circa 110 milioni di euro;

    «Mumex» un progetto che coinvolge 10 poli museali che hanno ottenuto un finanziamento di oltre 85 milioni di euro per la realizzazione di 194 interventi;

    bando per la promozione di cluster tecnologici nazionali in relazione al quale Invitalia ha gestito l'avviso pubblico selezionando 30 progetti ed assegnando circa 266 milioni di euro;

    il Fondo Italia Ventures (Sgr), gestito direttamente da Invitalia, istituito con la legge di stabilità 2015 dotato di 50 milioni di euro di fondi pubblici da investire in equity di start-up hightech;

   Invitalia collabora, inoltre, con le amministrazioni che gestiscono fondi comunitari, con particolare attenzione alle regioni del Centro-Sud del Paese, è responsabile per il Ministero dello sviluppo economico dell'assistenza tecnica su tre programmi (Pon) per uno stanziamento totale di 3 miliardi di euro e 2,3 miliardi di risorse assegnate. La società supporta il Ministero dello sviluppo economico nella gestione diretta di alcune importanti agevolazioni destinate al sistema produttivo, tra cui la «Nuova Sabatini» e la «BU Programmazione comunitaria» di Invitalia;

   il disegno di legge di bilancio 2018 attualmente in discussione al Senato affida ad Invitalia nuove rilevanti funzioni, inclusa la possibilità di operare come istituzione finanziaria «autorizzata a effettuare finanziamenti e al rilascio di garanzie e all'assunzione in assicurazione di rischi non di mercato ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali nella loro attività nei predetti Paesi» (articolo 32, comma 1). Il medesimo disegno di legge affida inoltre ad Invitalia la gestione del Fondo imprese Sud con dotazione iniziale di 150 milioni di euro;

   ad oggi, il sito istituzionale di Invitalia riporta informazioni sui fondi erogati nell'ambito di ciascun programma. Mancano tuttavia informazioni ed analisi sull'effettivo impatto socio-economico di tali investimenti, inclusa una valutazione della nuova occupazione creata (al netto della cosiddetta «salvaguardata»), cosa che potrebbe essere fatta attraverso le cosiddette «analisi controfattuali», ormai di uso comune per la valutazione delle politiche e investimenti pubblici;

   in questa legislatura Invitalia non ha mai presentato la relazione annuale prevista ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 1999 e neppure sugli sviluppi del piano di dismissioni ex lege n. 296 del 2006;

   la prima firmataria del presente atto aveva già presentato un'interpellanza urgente sul medesimo tema in data 1° luglio 2014, seduta n. 254, a cui fu risposto che la relazione relativa all'anno 2012 era «in elaborazione». Tuttavia non risulta comunicata al Parlamento alcuna relazione né per l'anno 2012 né per i successivi;

   Invitalia riporta regolarmente i propri bilanci anche se, trattandosi di documenti contabili/amministrativi, tali bilanci non contengono analisi né informazioni utili per effettuare analisi sull'efficacia delle misure finanziate, sull'impatto occupazionale, sociale ed economico dei programmi finanziati;

   Invitalia non è inclusa nell'elenco delle amministrazioni pubbliche soggette alle norme di trasparenza dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 91 del 2011, e quindi non riporta sul suo sito, né al Ministero vigilante, il cosiddetto «Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio» utile «al fine di illustrare gli obiettivi della spesa, misurarne i risultati e monitorarne l'effettivo andamento in termini di servizi forniti e di interventi realizzati»;

   da Luglio 2017, a seguito dell'emissione di un prestito obbligazionario di 350.000.000 di euro quotato sul mercato azionario, Invitalia non è più soggetta alla normativa nazionale in materia di società a partecipazione pubblica ai sensi del decreto legislativo n. 175 del 2016, né alle norme di trasparenza del decreto legislativo n. 33 del 2013 –:

   se i Ministri interpellati non intendano sollecitare la redazione e la presentazione della relazione sull'operato dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, denominata Invitalia, ai fini di riferire alle Camere, nonché la realizzazione di studi di impatto, anche attraverso le tecniche di analisi controfattuale utilizzate dalla Commissione europea per la valutazione delle politiche pubbliche, per valutare l'efficacia delle misure di politica economica e di sviluppo gestite in questi anni dalla suddetta Agenzia ed il loro impatto sull'occupazione e sullo sviluppo economico delle aree interessate.
(2-02023) «Tinagli, Giacobbe, Patrizia Maestri, Arlotti, Di Salvo, Rotta, Albanella, Baruffi, Casellato, Gribaudo, Giampaolo Galli, Quintarelli, Parrini, Tabacci, Auci, Zanetti, D'Agostino, Zardini, Librandi, Becattini, Sottanelli, Prataviera, Nesi, Cristian Iannuzzi, Galgano, Oliaro, Mazziotti di Celso, Vezzali, Monchiero, Gitti, Fanucci, Paris, Marcolin, Rabino, Lavagno».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FABBRI e LENZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la situazione demografica delle città registra una crescita notevole della popolazione anziana e, all'interno di questa fascia, aumentano i problemi di limitata mobilità o di disabilità motoria;

   analizzando nello specifico la città di Bologna alla fine del 2015 risiedevano 99.135 anziani con più di 64 anni e di questi ben 35.496 avevano ottant'anni e più. In particolare, a fronte di una relativa stabilità nell'ultimo periodo del complesso della popolazione anziana oscillante intorno alle 100.000 unità (pari al 25,6 per cento della popolazione), il segmento degli ultra ottantenni ha registrato una crescita progressiva e ininterrotta che ha incrementato anche il suo peso relativo fino a sfiorare il 10 per cento del totale. Queste tendenze sono peraltro destinate a proseguire. Le previsioni demografiche recentemente diffuse per il comune di Bologna e per l'area metropolitana confermano che l'invecchiamento della popolazione proseguirà anche nei prossimi quindici anni, con ritmi più accentuati per il resto dell'area metropolitana (+27,6 per cento gli ultra sessantaquattrenni) rispetto al comune capoluogo (+7,9 per cento). In particolare, grandi anziani di 80 anni e oltre dovrebbero aumentare di ben il 42 per cento negli altri comuni e di oltre il 15 per cento per cento nel comune di Bologna;

   prendendo in esame la dotazione di servizi del patrimonio abitativo cittadino bolognese, emerge che l'ascensore è tra le dotazioni infrastrutturali più assenti, benché indispensabile, in particolare nei fabbricati di tre o più piani;

   i dati del censimento 2011 indicano che dei 22.149 edifici ad uso residenziale presenti in città 16.851 si sviluppano su tre o più piani fuori terra. Di questi ben 12.287 sono privi di ascensore, una quota pari a quasi i tre quarti dei fabbricati con tre o più piani;

   fino agli anni ’80 i nuovi fabbricati di tre piani, specie se non di pregio, erano spesso privi di ascensore e quindi è forse opportuno precisare meglio l'analisi restringendola agli edifici residenziali con più di tre piani (11.707);

   la percentuale di fabbricati di tre o più piani privi di ascensore è più elevata in diverse aree di periferia rispetto a quelle centrali, malgrado in queste ultime gli edifici siano più vecchi e teoricamente meno idonei all'installazione di questo servizio;

   la presenza in varie aree periferiche di fabbricati spesso di edilizia popolare risalenti agli anni ’50 e ’60 determina probabilmente un'incidenza più elevata di immobili privi di ascensore;

   una riqualificazione del patrimonio abitativo, in grado di prevedere anche l'installazione dell'ascensore, consentirebbe alle persone anziane, ma non solo, una migliore fruizione del proprio immobile favorendone senz'altro la mobilità;

   attualmente, non esistono interventi regionali o statali per finanziare l'installazione di nuovi ascensori negli edifici costruiti prima della normativa in materia di barriere architettoniche –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per favorire, attraverso una programmazione pluriennale, l'installazione di ascensori su immobili residenziali sia pubblici che privati già esistenti, laddove possibile, per favorire la mobilità delle persone anziane o disabili, istituendo fondi finalizzati in tal senso ovvero prevedendo agevolazioni o sgravi fiscali che siano fruibili anche da contribuenti incapienti.
(5-12734)


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 23 dicembre 2014, n. 190, all'articolo 1, commi da 37 a 45, ha introdotto nell'ordinamento italiano la disciplina del cosiddetto «Patent Box», un regime opzionale che consente la tassazione agevolata ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap dei proventi derivanti dall'utilizzo e/o dalla cessione di beni immateriali, quali: software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili;

   l'agevolazione agisce a complemento delle misure di incentivo all'attività di ricerca e sviluppo nel nostro Paese, premiando, con un regime fiscale di favore, il risultato di tali attività, agendo, al contempo, da freno ad eventuali fenomeni di dislocazione degli asset intangibili che potrebbero determinare fenomeni di erosione della base imponibile italiana;

   l'incentivo in parola ha suscitato un grande interesse da parte delle imprese che, tra il 2015 ed il 2016, hanno presentato circa 8.000 istanze all'Agenzia delle entrate al fine di ottenere accesso al regime, come dichiarato dal Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero il 18 maggio 2017 in risposta all'interrogazione n. 5-11389;

   nel caso di utilizzo diretto dei predetti asset intangibili, occorre, infatti, avviare una procedura di ruling al fine di determinare, in via preventiva ed in contraddittorio con l'Agenzia delle entrate, i componenti positivi di reddito connessi all'utilizzo diretto dei beni e i criteri per individuare i relativi componenti negativi;

   la dottoressa Rossella Orlandi, al tempo direttore dell'Agenzia delle entrate, in occasione del convegno sulle leve fiscali per lo sviluppo delle imprese promosso dall'Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione (Indicam), tenutosi a Milano l'8 maggio 2017, dichiarò che, a tale data, risultavano complessivamente definite soltanto 15 istanze di ruling rispetto ad oltre 2.000 ancora in fase di contraddittorio, impegnandosi affinché, entro la fine di dicembre 2017, più del 90 per cento delle stesse fossero definite;

   più recentemente, il vice Ministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, rispondendo ad un'interrogazione presentata il 17 maggio 2017, ha dichiarato, citando dati dell'Agenzia delle entrate che, al 31 dicembre 2015, le istanze ammesse e non decadute ammontavano a 1.887, mentre nel 2016 le stesse risultavano pari a 1.819 –:

   quale sia il numero aggiornato delle istanze definite dall'Agenzia delle entrate rispetto a quelle in fase di contraddittorio e le cause dei rallentamenti nella lavorazione delle pratiche non ancora evase.
(5-12743)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   grazie al lavoro d'inchiesta del consorzio giornalistico ICJI si è venuti a conoscenza dei cosiddetti Paradise Papers;

   si tratta di elenchi di persone fisiche e giuridiche che detengono proprietà in località off shore, gestite attraverso la mediazione dello studio Appleby;

   la trasmissione Report e il settimanale L'Espresso hanno già provveduto ad una parziale diffusione dei nomi di italiani coinvolti, da cui emerge una significativa presenza di connazionali;

   detenere capitali all'estero non è automaticamente prova di reati, ma certamente deve rappresentare lo stimolo per l'accertamento della fedeltà fiscale del soggetto interessato –:

   se abbia già provveduto ad acquisire i nominativi di tutti gli italiani coinvolti;

   quanti di questi avessero correttamente denunciato la proprietà di capitali all'estero;

   quali di questi abbiano aderito alle recenti voluntary disclosure e quali in passato si siano avvalsi dello «scudo fiscale»;

   quali interventi intenda mettere in campo sotto il profilo dell'accertamento tributario.
(4-18510)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 23 ottobre 2017 si è conclusa l'esperienza di Banca Marche che è stata acquisita da UBI Banca dopo la «risoluzione» del 21 novembre 2015 preceduta da un lungo ed inefficace commissariamento disposto da Banca d'Italia e seguita dallo scorporo e cessione dei crediti in sofferenza a REV spa e, per quelli di difficile esigibilità, al Fondo Atlante;

   Ubi ha acquisito le tre good banks, Banca Marche, Cassa Risparmio di Chieti e Banca Popolare dell'Etruria, al prezzo di un euro;

   oltre ai 600 milioni di euro di crediti d'imposta conseguenti alla cessione delle sofferenze delle good banks alla REV spa, dai documenti UBI emerge che la Banca dall'operazione di acquisizione otterrà anche benefici pari al 2,3 per cento sull'indice di solidità patrimoniale (CETI) che passerà dall'11,2 per cento del 2016 al 13,5 per cento nel 2020 (pagina 20 «Aggiornamento Business Plan di UBI per includere le tre Bridge Banks acquisite (Nuova Carichieti, Nuova Banca Etruria, Nuova Banca Marche) » pubblicato l'11 maggio 2017; nel documento vene evidenziato l'impatto che avrà la semplice «Estensione dei modelli di rischio UBI alle Bridge Banks»: il cosiddetto IRB (la copertura patrimoniale del rischio di credito), sulla base di una stima preliminare, viene valorizzato allo 0,4 per cento del CET1;

   tale percentuale sommata al CET1 ratio di gruppo al 30 giugno 2017 che senza integrazione delle tre banche viene valorizzato all'11,42 per cento (Relazione finanziaria semestrale 30 giugno 2017 di UBI Banca, pagina 118 – Coefficienti patrimoniali – Basilea 3) porta il valore totale all'11,82 per cento;

   fermo restando il capitale su cui è stato calcolato il CET1 ratio pari a 7,908 miliardi di euro (a fine giugno 2017), le RWA totali (le attività ponderate per il rischio) del gruppo UBI, dopo l'applicazione dei modelli interni dell'acquirente alle Bridge Banks, subiranno una riduzione nella misura del 3,38 per cento pari a circa 2,3 miliardi di euro su un totale di 69,2 miliardi;

   l'applicazione degli oculati indici UBI di copertura dei crediti delle good banks comporta una riduzione per il gruppo bancario di circa il 20 per cento rispetto agli accantonamenti così come erano stati imputati alle banche in risoluzione; UBI ha stimato quei rischi in misura decisamente minore;

   i crediti in bonis delle tre banche in risoluzione erano pari ad 11 miliardi di euro;

   su 2,3 miliardi sopra evidenziati, Banca Marche incide per il 68 per cento per cui i maggiori accantonamenti imposti alla Banca marchigiana sono stimabili in circa 1,4 miliardi di euro, somma che copre ampiamente la perdita patrimoniale indotta con il decreto di risoluzione;

   con ordine del giorno n. 9/03444-A/129 del 19 dicembre 2015, il Governo pro tempore veniva impegnato a valutare l'opportunità d'intraprendere iniziative per favorire l'emissione da parte degli istituti di credito che avrebbero acquisito le nuove banche-ponte di obbligazioni o azioni riservate, con condizioni di particolare favore, per i piccoli risparmiatori delle banche in risoluzione;

   con ordine del giorno presentato dall'interrogante n. 9/3892/20 del 28 giugno 2016 il Governo veniva impegnato a valutare l'opportunità d'intraprendere iniziative finalizzate alla cessione delle banche-ponte ad acquirenti che si sarebbero attivati per riservare condizioni agevolate per l'acquisto di azioni e/o la sottoscrizione di obbligazioni a favore dei risparmiatori, istituzionali e privati, che avevano subito perdite dalla risoluzione del novembre 2015 –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione al quadro di rischio sulla base del quale è stata posta in risoluzione Banca Marche alla luce dei dati sopra riportati;

   quali iniziative di competenza abbia intrapreso il Governo rispetto ai citati ordini del giorno.
(4-18517)


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo della testata Sole 24 Ore del 16 novembre 2017 si apprende la notizia del caos sull'aumento di capitale varato dal consiglio di amministrazione di Banca Carige;

   l'amministratore delegato di Carige, si legge nell'articolo, ha aperto una trattativa con le banche del consorzio di garanzia, in quanto, dopo che l'istituto ha stabilito il prezzo delle azioni per la ricapitalizzazione, l'accordo con gli istituti che compongono il consorzio di garanzia (Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays) non è andato, al momento, a buon fine;

   Carige ha aggiornato la Bce riguardo all'avanzamento dei lavori e sempre nello stesso articolo si legge questa dichiarazione dell'Istituto: «nonostante l'ottenimento dell'autorizzazione da parte delle Autorità di vigilanza e i positivi riscontri ricevuti per l'acquisizione formale di manifestazioni di interesse e di specifici obblighi di garanzia da parte di nuovi investitori istituzionali, non si sono pienamente realizzate le condizioni per la costituzione del consorzio di garanzia ai fini dell'avvio dell'annunciato aumento di capitale da 560 milioni di euro della banca»;

   da evidenziare il fatto che in più occasioni sono stati segnalati i problemi in Carige, con l'interpellanza urgente n. 2-01950 del 26 settembre 2017, il question time in Commissione finanze n. 5-11501 del 6 giugno 2017, l'interrogazione in Commissione finanze n. 5-11455 del 26 maggio 2017, il question time in Commissione finanze n. 5-10709 del 1° marzo 2017, l'interrogazione in Commissione finanze n. 5-03450 del 6 agosto 2014, sperando anche in un possibile intervento preventivo onde evitare un eventuale grave danno o un concreto rischio di bail-in –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se, nei limiti delle proprie competenze, intenda avviare ogni iniziativa idonea a evitare i rischi esposti in premessa e a tutelare i risparmiatori e ridurre il rischio di un'altra risoluzione ai sensi della direttiva «Bank recovery and resolution directive (BRRD)».
(4-18538)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   GELMINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del direttore generale (P.d.g.) del Ministero della giustizia del 3 aprile 2008, pubblicato nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 15 giugno 2008, veniva indetto un concorso interno per titoli di servizio ed esame, consistente in una prova scritta ed un colloquio, per complessivi 643 posti (608 uomini e 35 donne) per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria;

   a tale concorso era ammesso il personale del Corpo di polizia penitenziaria, espletante funzioni di polizia ed in possesso dei seguenti requisiti: a) un'anzianità di servizio non inferiore ai sette anni; b) diploma di istruzione secondaria superiore, che consente l'iscrizione ai corsi per il conseguimento del diploma universitario;

   qualora il numero delle domande avesse superato le 1.500 unità, l'ammissione alle prove d'esame poteva essere preceduta da una prova preliminare consistente in una serie di domande a risposta a scelta multipla vertenti sulle materie oggetto della prova d'esame;

   visto l'elevato numero delle domande presentate, con lettera circolare GDAP-0063-641-2010 del 12 febbraio 2010 veniva reso noto il calendario della citata prova preliminare e con successiva nota, GDAP-0132453-2010 del 23 marzo 2010, venivano resi noti gli esiti;

   solo nel febbraio 2017 si è conclusa la prova scritta e sono stati resi pubblici gli esiti della medesima;

   con successivo P.d.g. 16 gennaio 2017, vistato dall'ufficio centrale del bilancio il 2 febbraio 2017, il numero dei posti del citato concorso interno è stato elevato da 643 a 1.232, di cui 1.149 uomini e 83 donne;

   il 15 marzo 2017 è stato comunicato l'avvio delle prove orali, con la previsione di una loro conclusione entro il mese di novembre;

   il 7 luglio 2017, anche a seguito delle modifiche normative intercorse, il Ministero ha provveduto a rettificare la precedente P.d.g. chiarendo che i 1.232 posti dovevano intendersi così ripartiti: 1.009 uomini e 223 donne;

   ad oggi, quindi sono tuttora in corso le procedure concorsuali che vedono ancora un centinaio di candidati impegnati nelle prove orali. Senza ulteriori intoppi, entro il dicembre 2017 i vincitori potranno essere avviati al previsto corso di formazione per conseguire la nomina a vice ispettore del Corpo di polizia penitenziaria non prima del mese di giugno/luglio 2018;

   ne consegue che, per quella data, saranno trascorsi 10 anni dall'indizione di un concorso che, prevedendo una procedura concorsuale interna e quindi «semplificata», non avrebbe dovuto comportare un tale ritardo;

   a fronte di tale inaccettabile situazione, diverse organizzazioni sindacali hanno prospettato la possibilità che i futuri vice ispettori possano adire le vie legali per vedere riconosciuto dal giudice il diritto al risarcimento del danno subito per il ritardo nel procedimento concorsuale, vantando una pretesa di risarcimento danni per mancato guadagno, perdita di chance, interessi e rivalutazione monetaria, con conseguente grave nocumento per l'amministrazione –:

   se il Ministro abbia intenzione di convocare rapidamente un tavolo tecnico, coinvolgendo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, per affrontare questa situazione, anche al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per riconoscere, anche con iniziative normative, al suddetto personale una retrodatazione della decorrenza giuridica della nomina alla qualifica di vice ispettore, al fine di scongiurare sul nascere l'aprirsi di numerosi contenziosi.
(3-03366)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 20 aprile 2017 del Ministro della giustizia, adottato di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, modificando il decreto 20 ottobre 2016 del Ministro della giustizia, adottato di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, disciplina «le procedure di assunzione da parte del Ministero di un contingente di 1000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con contratto a tempo indeterminato, ai sensi dell'articolo 1, comma 372, della legge 11 dicembre 2016, n. 232»;

   tra gli altri, il decreto determina di attingere 200 posti per funzionario giudiziario, area funzionale III, fascia retributiva F1, 50 posti per funzionario contabile, area funzionale III, fascia retributiva F1 e 120 posti per assistente giudiziario, area funzionale II, fascia retributiva F2, mediante scorrimento dalla graduatoria in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

   mentre la questione relativa alla figura professionale del cancelliere è stata già trattata dal Ministro interrogato nella recente risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-03225, resta aperta la problematica relativa ai restanti posti cui deve essere data copertura mediante scorrimento dalla graduatoria in corso di validità;

   per questi il decreto direttoriale 7 dicembre 2016 individua le graduatorie oggetto di scorrimento dei candidati da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione;

   le tempistiche previste, pubblicate sul sito, erano quella del 31 maggio 2017 per l'avvio degli scorrimenti relativi ai 120 posti di assistente giudiziario e quella del 30 giugno 2017 per gli scorrimenti relativi ai posti da funzionario informatico e contabile –:

   quale sia lo stato di attuazione della procedura di assorbimento di personale proveniente dalle graduatorie di idonei identificate dal decreto 7 dicembre 2016 per la copertura di 120 posti per assistente giudiziario, area funzionale II, fascia retributiva F2, 50 posti per funzionario contabile, area funzionale III, fascia retributiva F1 e 30 posti per funzionario informatico, area funzionale III, fascia retributiva F1 e con quali tempistiche si preveda di completare l'inquadramento dello stesso.
(4-18504)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come spiegato dal sito dirittierisposte.it, «il tirocinio formativo consiste in un periodo di formazione realizzata, attraverso l'inserimento del tirocinante, all'interno di un'organizzazione produttiva, per fare in modo che questi acquisisca delle competenze pratiche. È riservato a chi abbia assolto l'obbligo scolastico, impartito per almeno 10 anni, nonché un percorso didattico e abbia compiuto 16 anni»;

   la disciplina degli stage è stata rivista dalla legge n. 92 del 2012 che si è posta il problema di strutturarli in modo tale da prevenire e contrastare un uso distorto dei tirocini. Il Piccolo di Trieste, nell'articolo del 27 gennaio 2017, ha analizzato la tematica dei tirocini prorogati nel corso degli anni presso i tribunali ordinari di Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine. Il quotidiano ha raccontato alcune testimonianze, tra le quali quella del signor Bernardi, ex perito meccanico di 48 anni, che nel 2010 è entrato in cassa integrazione. Dal 2015, Bernardi è tirocinante presso il tribunale di Trieste «ufficio del processo» e il suo stage prevede 400 euro mensili senza aver diritto ai contributi previdenziali, alle ferie, ai giorni di malattia, alla tredicesima mensilità e al Trattamento di fine rapporto;

   ai sensi della legge n. 232 del 2016, il Ministro della giustizia ha annunciato «il proseguimento nell'anno 2017 dei tirocini in tribunale nell'ambito dell'Ufficio per il Processo. Coloro che hanno già completato nel 2016 un tirocinio formativo, presso tale ufficio, potranno infatti continuare il periodo di perfezionamento per ulteriori 12 mesi nella stessa sede»;

   secondo lo studio Leone Fell, specializzato in diritto del lavoro, la condotta dello Stato italiano, in quest'ottica, presenta palesi illegittimità: «sia per la legislazione vigente dal 2010, sia per quella in materia di stage formativi, la durata massima prevista è di 12 mesi comprensiva di tutte le proroghe. Nonostante le mansioni siano basilari, il Ministero risparmia oltre mille euro mensili a stagista, senza versare Tfr o contributi previdenziali». Lo studio legale ritiene che «i precari della Giustizia meritino il riconoscimento di tutti gli elementi retributivi che non sono stati corrisposti negli anni. La contrattazione dei dipendenti pubblici e di quelli privati dovrebbe fare riferimento al contratto collettivo nazionale degli assistenti giudiziari con una retribuzione minima orientativa di 1300 euro netti al mese e tutti i benefici di un contratto non precario»;

   «Così facendo, gli stagisti sono stati usati come pianta permanente, contraddicendo i principi presenti nella Legge Fornero del 2012 e nella direttiva europea 1999/70/CE che detta le linee guida per la lotta al precariato. Il Ministero, invece che continuare ad impiegare le stesse persone dell'anno precedente, avrebbe dovuto bandire una nuova selezione ogni anno»;

   il decreto legislativo n. 75 del 2017, all'articolo 20, comma 2, prevede che «nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni possono bandire procedure concorsuali riservate al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti titolare di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso»;

   a quanto risulta agli interroganti, nel mese di dicembre 2017 scadrà l'ennesima proroga dei tirocini formativi per mille lavoratori inseriti, dal 2015, nelle cancellerie degli uffici giudiziari. A ciò si aggiunga che un contingente di mille impiegati esclusi dall'ufficio del processo, ma tuttavia formati ex articolo 37 della legge n. 147 del 2013, sono oggi in parte impegnati con percorsi formativi riattivati dagli enti locali ed in parte attendono di essere richiamati;

   per poter uscire dalla condizione di tirocinanti, l'unico elemento di novità sarebbe la contrattualizzazione dei lavoratori triennali attraverso il loro l'inserimento nell'ufficio del processo, con mansione di ausiliario o operatore giudiziario, attraverso i centri per l'impiego come da decreto del Ministero della giustizia in tema di qualifiche professionali del personale amministrativo impiegato presso gli uffici giudiziari. Oppure, attraverso l'inserimento di coloro che risultano esclusi dall'ufficio del processo, presso gli sportelli di prossimità, che il Ministro interrogato ha ritenuto necessari, a seguito della riforma della geografia giudiziaria, in tutto il territorio italiano –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di superare la precarietà dei tirocinanti della giustizia;

   come si giustifichino, alla luce della normativa vigente, i rinnovi continui dei tirocini di ulteriori 12 mesi;

   se ritenga di dover percorrere le soluzioni esposte in premessa, al fine di risolvere la situazione dei lavoratori precari di cui l'amministrazione della giustizia necessita.
(4-18521)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   a seguito del grave incidente occorso il 28 ottobre 2016 sulla strada statale 36 Milano-Lecco, che ha visto il crollo di un cavalcavia, gli enti proprietari o gestori della rete stradale ed autostradale hanno proceduto, di fatto, alla interruzione del rilascio delle autorizzazioni al transito di veicoli eccezionali (o in condizioni di eccezionalità) in numerosi tratti caratterizzati dalla presenza di ponti o cavalcavia, provocando rilevanti danni di natura economica;

   si parla di un comparto, quello dei trasporti eccezionali, nel quale operano settemila addetti con un parco veicolare di sei/settemila mezzi ed un fatturato di 3 miliardi di euro;

   il passaggio di convogli eccezionali viene ormai consentito soltanto previa verifica della staticità e della portata di ponti e cavalcavia, anche a diretto carico dell'utenza, oppure applicando oneri forfettari aggiuntivi di verifica tecnica (come nel caso di alcune concessionarie autostradali), con tempi di rilascio che si sono sensibilmente allungati;

   esistono esempi di diniego del nulla-osta al transito con comunicazioni prive di esplicazioni tecniche tali da non consentire di comprendere quali siano le presunte o riscontrate criticità emerse, nonostante i transiti richiesti presentino caratteristiche assolutamente identiche ad altri trasporti già eseguiti e sempre autorizzati;

   inoltre, lo scadere delle cosiddette «autorizzazioni periodiche» induce i gestori ad inventarsi regole che portano esclusivamente ad un «rimpallo» di responsabilità o a caricare l'utenza di oneri aggiuntivi;

   è evidente, pertanto, che il parere di centocinquanta enti di riferimento, tra province, comuni, Anas, Società Autostrade e concessionarie, ognuno dei quali con procedure e divieti difformi nel rilascio autorizzativo per i trasporti eccezionali, stia rappresentando un impedimento alla continuità di gestione dei servizi di questo tipo di trasporti;

   lo stallo conseguente al rilascio delle autorizzazioni, infatti, finisce inevitabilmente per ripercuotersi sulle imprese, che rischiano la paralisi della propria attività con effetti molto pesanti in termini di penali, laddove non dovessero rispettare i tempi previsti dai contratti stipulati con i clienti;

   a seguito delle modifiche apportate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013, alle norme regolamentari concernenti la circolazione dei veicoli eccezionali, la direzione generale per la sicurezza stradale del dipartimento per i trasporti, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha emanato le direttive n. 3911/2013, n. 4214/2014 e n. 3756/2015. Successivamente, è stata emanata una ulteriore direttiva a marzo 2017;

   tale documento, innanzitutto, dispone che gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni alla circolazione di trasporti eccezionali di cui all'articolo 10 del codice della strada, istituiscano, qualora non l'abbiano ancora fatto, il catasto stradale della rete viaria di loro competenza procedendo, quindi, all'aggiornamento dei dati relativi allo stato tecnico e giuridico della medesima, ivi comprese le caratteristiche di percorribilità da parte dei mezzi d'opera e tutte le informazioni necessarie per il tempestivo rilascio delle autorizzazioni, con particolare riferimento alle eventuali opere d'arte, ai sensi dell'articolo 226 del codice della strada e degli articoli 20 e 401, comma 2, del regolamento di esecuzione e di attuazione del medesimo codice;

   la direttiva prevede un'attività istruttorio/conoscitiva che deve essere condotta da personale tecnico appositamente formato ed addestrato, con specifico riferimento anche ai controlli da effettuare sulla documentazione necessaria per ottenere l'autorizzazione e, in particolare, quella di cui all'articolo 14, commi 3, 4 e 7, del regolamento;

   si richiede un coordinamento tra enti per il rilascio delle autorizzazioni, sottolineando l'importanza del corretto e costante scambio di informazioni tra gli enti preposti al rilascio delle medesime;

   gli operatori del settore riconoscono l'importanza della direttiva, ma ravvisano ancora, nei fatti, una operatività non celere e priva di termini temporali adeguati;

   inoltre, l'eventuale divieto di autorizzazione dovrebbe essere espressamente e specificatamente motivato in forma scritta nel termine massimo di tre giorni lavorativi;

   viene ritenuto necessario, inoltre, considerare validi i nulla osta su percorsi interessati al transito, già ricevuti per analoghe richieste di autorizzazioni riferite a convogli aventi le stesse caratteristiche –:

   se il Governo non ritenga opportuno, alla luce di quanto esposto in premessa nonché delle criticità ancora esistenti, procedere ad un confronto immediato con tutti gli enti interessati alla materia in modo da pervenire ad una procedura ancora più chiara e rapida per il rilascio delle autorizzazioni al transito di veicoli eccezionali in numerosi tratti caratterizzati dalla presenza di ponti o cavalcavia.
(2-02018) «Garofalo, Bosco».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il tunnel del Gran San Bernardo è stato realizzato in forza della convenzione del 23 maggio 1958 tra Italia e Svizzera e delle convenzioni tra l'Anas e la Sitrasb n. 3492 del 25 luglio 1958 e n. 6215 dell'11 marzo 1964;

   le convenzioni prevedono la concessione alla società Sitrasb del diritto di costruzione e successiva gestione del traforo stradale;

   i passaggi annuali sono circa 700.000, con il 5 per cento di traffico pesante;

   a far data del 1° ottobre 2012, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è subentrato ad Anas nel ruolo di concedente ed esercita i propri compiti di ispezione e vigilanza mediante la struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali istituita con decreto ministeriale n. 341 del 1° ottobre 2012;

   dal quotidiano La Stampa Valle d'Aosta del 15 ottobre 2017 si apprende che si tratta di: «un danno definito dalla Sitrasb “limitato”, ma è necessaria la verifica dell'intero condotto per verificare lo stato dell'opera e intervenire sulle infiltrazioni di acqua che hanno causato l'incidente»;

   dal sito www.letunnel.com si apprende: «Un evento sopravvenuto il 21 settembre 2017 ha causato la chiusura alla circolazione del Traforo. Ad oggi la riapertura del Traforo al traffico è ipotizzabile al 30 novembre 2017»;

   il protrarsi della chiusura del traforo comporta un allungamento dei percorsi di percorrenza con grave danno economico –:

   quale sia l'oggetto circostanziato del crollo e che cosa riporti la relazione tecnica in merito alla situazione delle solette e alle cause dell'incidente;

   se le attività di progettazione e messa in conformità dell'impianto di ventilazione, svolte dal concessionario e indicate nella carta dei servizi, abbiano interessato anche l'esame delle strutture del condotto di aereazione o se quest'ultime siano state escluse dalle attività di messa in conformità e, in tal caso, quali ne siano state le motivazioni tecniche;

   se, dalla data di realizzazione del tunnel, il condotto crollato sia mai stato ristrutturato o sottoposto a manutenzione ordinaria;

   a quando risalga l'ultima ispezione dell'opera crollata e se il concessionario abbia adottato appositi strumenti di programmazione della manutenzione ordinaria e straordinaria;

   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia vigilato sull'adozione, da parte del concessionario, dei provvedimenti necessari ai fini della sicurezza del traffico e quali osservazioni siano state formulate;

   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia mai verificato lo stato di efficienza della struttura crollata;

   quali siano i controlli effettuati sulla corretta tenuta del sistema di impermeabilizzazione del tunnel e quali manutenzioni programmate siano state svolte;

   se il tunnel sia mai stato sottoposto ad adeguamento alle nuove migliori tecnologie disponibili (ad esempio, se vi sia stata un'integrazione della documentazione tecnica con un «Programma di manutenzione» di cui all'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999 e con il fascicolo dell'opera di cui all'articolo 91 del decreto legislativo n. 81 del 2008) e se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia richiesto alla concessionaria un adeguamento delle procedure di manutenzione dell'infrastruttura alle migliori pratiche ingegneristiche;

   se non ritenga il Ministro interrogato di dover assumere iniziative per vigilare sulla procedura adottata dal concessionario al fine di estendere le attività di controllo a tutta la galleria;

   se non sussistano i presupposti per sollevare una contestazione di inadempienza contrattuale, nei confronti della concessionaria, per non aver diligentemente vigilato sulla adeguatezza della idoneità statica delle strutture né proposto interventi manutentivi programmati con esposizione a pericolo del traffico, pregiudicando, così, il regolare servizio e la manutenzione (articolo 8 della Convenzione n. 6215 dell'11 marzo 1964);

   se il Ministro non ritenga di intervenire affinché le opere di ripristino possano portare alla riapertura del traforo alla data programmata del 30 novembre 2017 senza ulteriori dilazioni.
(2-02021) «Dadone».

Interrogazione a risposta orale:


   SANTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di giugno 2017 Trenitalia ha istituito nuove fermate del treno ad alta velocità (Tav) Frecciargento tra cui quelle di Rosarno e Napoli-Afragola;

   in particolare, Trenitalia, nella scelta delle soste della Tav, non ha previsto la fermata a Napoli centrale;

   tutto ciò crea notevoli disagi ai passeggeri sia in termini di tempo che in termini economici;

   i passeggeri che si fermano a Napoli-Afragola incontrano innumerevoli difficoltà a raggiungere la stazione di Napoli centrale, la quale rappresenta uno snodo importante per la rete ferroviaria dell'intero Meridione;

   inoltre, la stazione di Napoli-Afragola non garantisce un adeguato ed efficiente servizio di trasporto pubblico per la stazione di Napoli centrale né, tantomeno, per raggiungere l'aeroporto internazionale Capodichino, causando conseguentemente una serie di difficoltà ai passeggeri;

   tutto ciò penalizza fortemente gli utenti, i quali sono costretti a subire notevoli disagi di natura economica, atteso che per raggiungere l'aeroporto di Capodichino devono spostarsi in taxi, con un evidente allungamento dei tempi di percorrenza;

   questa scelta appare all'interrogante illogica alla luce del fatto che i viaggiatori, se da un lato ottimizzano i tempi di percorrenza grazie all'alta velocità, dall'altro sono obbligati a subirne le conseguenze;

   questa scelta va a pregiudicare ulteriormente i viaggiatori del sud Italia, già di per sé fortemente penalizzati da linee ferroviarie e da treni obsoleti –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di:

    a) chiarire quale previsione logistica sia stata considerata per la scelta della fermata della Tav a Napoli-Afragola;

    b) garantire la sosta della Tav a Napoli centrale, onde consentire agli utenti, provenienti da varie parti dell'Italia, la fruizione di un servizio di trasporto pubblico più efficiente e meno oneroso;

    c) ottimizzare il servizio di trasporto pubblico nel Meridione.
(3-03367)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FABBRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 18 dicembre 2017 è prevista l'inaugurazione di un nuovo casello autostradale a Borgonuovo di Sasso Marconi (Bologna), opera non prevista nei progetti originari della variante di valico, che si è resa necessaria alla luce dei disagi creati dallo spostamento del casello autostradale dal centro del comune di Sasso Marconi, punto strategico per il traffico da e per le valli del Reno verso la valle del Setta, ed in particolare per i ritardi nel completamento del nodo stradale di Casalecchio di Reno;

   il casello è previsto ad alta «automazione», e sembra che sarà servito del solo Telepass, senza possibilità di pagamento in contanti;

   il sistema Telepass, seppur diffuso, non è comunque uno strumento a disposizione di tutti i cittadini, soprattutto di quelli che usano in modo occasionale l'autostrada (6 milioni i possessori su circa 44 milioni di autoveicoli), mentre è fondamentale intercettare sul casello autostradale di Borgonuovo il maggior numero possibile di veicoli in transito sulla ex strada statale 64 per bypassare il congestionato nodo di Casalecchio, nei momenti di maggior traffico pendolare;

   il servizio Telepass ha infatti un costo mensile che può convenire a chi utilizza le arterie autostradali con una certa frequenza, mentre potrebbe non esserlo per chi utilizza l'autostrada in maniera sporadica;

   la regione Emilia-Romagna è tra le regioni italiane, insieme a Piemonte, Lombardia e Veneto a soffrire maggiormente del fenomeno delle polveri sottili, dovuti a vari fattori: caratteristiche geografiche, alta densità abitativa, alta presenza industriale, alta infrastrutturazione stradale ed autostradale, intenso traffico giornaliero per motivi di lavoro;

   in queste valli il serpentone autostradale contribuisce pesantemente all'innalzamento dei limiti delle emissioni di polveri sottili;

   a parere dell'interrogante, deve essere promossa ogni azione anche indiretta e a lungo respiro strategico, che possa contribuire a snellire o fluidificare il traffico, ad evitare soste prolungate in coda con motore accesso, a evitare di percorrere chilometri in più e a tornare indietro per raggiungere il casello più vicino, ma fuori mano, e ad evitare i blocchi del traffico in queste località, conseguenti allo sforamento delle emissioni di polveri sottili –:

   se non ritenga opportuno specificare se con l'accezione «ad alta automazione» debba intendersi un casello ad esclusivo uso Telepass o se sia previsto anche l'uso di bancomat e carta di credito in uscita nonché l'emissione di biglietto in ingresso; ove ricorra la prima ipotesi, se non si ritenga di prevedere le opzioni di cui sopra, considerato che verrebbe comunque garantita la massima automazione del casello, che ciò non creerebbe problemi di implementazione delle opere di sicurezza richieste per la gestione del contante e si amplierebbe la platea dei potenziali utenti;

   quale sia lo stato della procedura per il completamento della fase autorizzatoria e l'avvio dei lavori del nodo stradale di Casalecchio di Reno, teso a collegare la nuova Porrettana attualmente ferma in località Borgonuovo di Sasso Marconi con l'accesso all'asse tangenziale in comune di Casalecchio di Reno.
(5-12735)


   SPESSOTTO e COZZOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-10044 gli interroganti portavano all'attenzione del Governo, e in particolare del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, i continui disagi e i pericoli per la circolazione degli utenti riscontrati sul ponte della Libertà a Mestre, a fronte di cedimenti e di numerosi incidenti occorsi sul medesimo ponte;

   dagli elementi di risposta forniti dal Governo, si apprendeva che l'Ufficio tecnico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di Venezia – responsabile nell'agosto 2015 del rilascio del nulla osta all'esercizio della tratta tranviaria Mestre-Venezia, aveva prorogato di altri 90 giorni, con scadenza il 16 maggio 2017, il termine per la conclusione delle operazioni di collaudo tecnico-amministrativo del ponte prima di sospendere il nulla osta tecnico all'esercizio della viabilità sullo stesso;

   nel corso del processo apertosi a Padova seguito di un incidente mortale occorso sul ponte a giugno 2016, i periti del sostituto procuratore hanno sostenuto come non sarebbero state eseguite le raccomandazioni della commissione interministeriale sia in merito all'allineamento orizzontale della piattaforma (rotaia-piano di appoggio delle due ruote) sia riguardo alla realizzazione di misure che escludessero sul ponte della Libertà la circolazione dei veicoli a due ruote dalla corsia di circolazione del tram;

   nonostante le rassicurazioni fornite dal Governo, la circolazione sul ponte resta critica soprattutto per le due ruote e rimarrebbe altresì ancora poco chiara la suddivisione di competenze tra comune, Ustif, e Commissione locale per la sicurezza per quanto riguarda l'esercizio della viabilità –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire informazioni aggiornate in merito alla eventuale conclusione delle operazioni di collaudo tecnico-amministrativo e all'esito delle attività di controllo, ispezione e verifica effettuate sugli impianti e sui rotabili del Ponte della Libertà, con riferimento all'ipotesi di sospensione del nulla osta all'esercizio, avanzata dallo stesso Governo in caso di mancato completamento delle suddette operazioni.
(5-12744)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel progetto Quadrilatero Marche lo svincolo di Serra San Quirico permette il collegamento alla grande arteria sia in direzione nord che in direzione sud e la piena funzionalità dello stesso è condizionata alla realizzazione di opere stradali in parte a carico della Quadrilatero ed in parte di competenza di Rete ferroviaria italiana (RFI), nel contesto del progetto di raddoppio della linea ferroviaria Orte-Falconara;

   ad oggi non risultano atti concreti che lascino presumere un cronoprogramma definito per l'attuazione degli impegni assunti da RFI –:

   a che punto siano i lavori dell'uscita di Serra San Quirico, anche in considerazione del mancato raddoppio, ad oggi, della linea ferroviaria Orte-Falconara Marittima;

   quale sia lo stato dei lavori e per quando sia prevista l'ultimazione dell'intero tratto Serra San Quirico-Fabriano-Fossato Di Vico-Valfabbrica-Perugia.
(4-18509)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la regione Friuli Venezia Giulia, con la pubblicazione della nota stampa del 31 ottobre 2017, ha informato della missiva inoltrata dalla presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, al Ministro interrogato, nella quale ha sottolineato il «grande disagio della categoria dell'autotrasporto che, in particolar modo in Friuli Venezia Giulia, patisce da molto tempo (...) una concorrenza sleale da parte di società prevalentemente dell'est Europa»;

   in relazione alla stesura delle nuove norme che l'Unione europea dovrà stabilire con il pacchetto stradale, e in vista della riunione dei Ministri dei trasporti dell'Unione europea che è attesa per l'inizio di dicembre 2017, la presidente ha auspicato che «la posizione dell'Italia andrà nella direzione di favorire la creazione di condizioni omogenee, prima di assecondare le spinte verso una maggiore liberalizzazione»;

   riferendosi alle posizioni di Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, che hanno proclamato tre giorni di sciopero, il 27, 30 e 31 ottobre 2017, e a quelle dei sindacati datoriali dell'autotrasporto (Unatras Anita), contrari al «fenomeno del distacco internazionale», Serracchiani ha fatto esplicito riferimento all'accordo firmato nei giorni scorsi dai Ministri europei del lavoro che «ha sancito un compromesso sulla riforma del distacco internazionale dei lavoratori, che però esclude proprio il trasporto stradale»;

   in proposito, pur non entrando nel merito delle «logiche internazionali che hanno portato a una decisione che vede ancora una volta soddisfatte in primo luogo le richieste dei Paesi che praticano più assiduamente il cabotaggio e da cui viene attinto personale remunerato a basso costo», la presidente del Friuli Venezia Giulia ha evidenziato «le conseguenze negative che il mantenimento di tali prerogative genera sul tessuto imprenditoriale della Regione del Friuli Venezia Giulia»;

   ha precisato come «a differenza dei lavoratori degli altri settori che operano in regime di distacco internazionale, infatti, gli autisti dell'autotrasporto internazionale continueranno a operare con l'attuale Direttiva del 1996, ossia senza una disciplina comunitaria sul salario minimo, e lavoreranno così con quello del Paese di provenienza. In sostanza, con l'esclusione degli autotrasportatori dal principio “per lavoro uguale, salario uguale”, alte rimangono le barriere che impediscono alle nostre imprese di competere con successo sul nostro stesso territorio»;

   al Ministro interrogato, la presidente Serrachiani ha chiesto che «siano recepite le necessità di una categoria che rappresenta uno dei pilastri della filiera della logistica in Italia, oggi in grave difficoltà»;

   il primo firmatario del presente atto con l'interrogazione n. 4-05274 del 25 giugno 2014 ha delineato la presenza continua dei pullman con targa slovena prevalentemente in Friuli Venezia Giulia. Ai Ministri interrogati è stato quindi chiesto se «intendessero assumere misure urgenti per far fronte a questa situazione lesiva di una disposizione comunitaria e in grado di ridurre considerevolmente il gettito dell'imposta generale sui consumi, avvantaggiando alcune imprese degli Stati membri e costituendo un grave precedente che, con il continuo allargamento dell'Unione europea, potrà coinvolgere altri autotrasporti comunitari»; successivamente, con l'interrogazione n. 5-05653 del 20 maggio 2015, il primo firmatario del presente atto ha segnalato l'aumento costante del fenomeno, diffusosi in maniera capillare nel vicino Veneto, richiedendo l'adozione di provvedimenti urgenti a difesa degli operatori nazionali;

   in data 7 ottobre 2015 in sede di discussione approvazione in Aula a Montecitorio del disegno di legge concorrenza, il primo firmatario del presente atto ha presentato un ordine del giorno, accolto dal Governo pro tempore, con cui lo impegnava a valutare l'opportunità di istituire un gruppo di lavoro con il compito di individuare i fenomeni distorsivi presenti nel settore del trasporto persone ed elaborare delle proposte operative a tutela degli operatori nazionali;

   infine, con l'interrogazione n. 5-06643 è stato chiesto al Governo «di quantificare il danno subito dai vettori italiani del settore trasporto persone e se ci siano in corso strategie e controlli per evitare che gli operatori stranieri contravvengano la normativa vigente in materia» –:

   in riferimento ai fatti esposti, se, e secondo quali modalità, il Ministro intenda accogliere la richiesta della presidente della regione Friuli Venezia Giulia Serracchiani;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare gli operatori nazionali ed arginare fenomeni distorsivi ed irregolari presenti nel settore del trasporto.
(4-18523)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata del 14 novembre 2017 nel sottovia Ignazio Guidi che incrocia con via Nomentana e piazzale della Croce Rossa a Roma, vicino a Porta Pia e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stato rinvenuto il cadavere di una donna dall'età apparente di circa quaranta anni;

   da anni i residenti della zona stanno denunciando la grave situazione di degrado, illegalità e violenza che si manifesta in Corso d'Italia e dintorni, dove, all'interno di alcuni sottopassi di sicurezza abitano diverse decine di persone, in violazione delle norme volte a garantire l'accessibilità e la fruizione delle infrastrutture di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze;

   proprio in seguito a una di queste denunce, nel precedente mese di settembre era stato disposto lo sgombero del sottopasso di Corso d'Italia, ma quasi subito alcune decine di persone sono tornate ad occuparlo, molestando passanti e lasciandosi andare ad episodi di violenza;

   nella città di Roma i sottopassaggi rappresentano ormai una sorta di «terra di nessuno» dove il bivacco e la violenza impediscono il passaggio delle persone che percepiscono la condizione di scarsissima sicurezza e capiscono di essere esposte a rischi per la propria incolumità –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire il rispetto della legalità, la vivibilità e la sicurezza della città di Roma, con particolare riferimento alle zone citate.
(4-18503)


   FEDRIGA e PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 novembre 2017, il distaccamento della polizia di Stato di Borgo, in prossimità di piazza San Pietro a Roma, ha fermato la circolazione di un camion vela sul quale era affisso un manifesto commemorativo del cardinal Carlo Caffarra, recentemente scomparso, e di San Giovanni Paolo II;

   contestualmente, veniva sottoposto ad un interrogatorio di circa tre quarti d'ora Toni Brandi, in quanto presidente di ProVita, una delle associazioni che avevano promosso l'iniziativa di commemorare pubblicamente lo scomparso cardinale e Papa Giovanni Paolo II con il camion vela;

   al termine dell'interrogatorio di Toni Brandi, veniva accertato che la decisione di ricordare i due grandi uomini di Chiesa era dipesa esclusivamente dal loro essere stati i fondatori della Pontificia Accademia per la Vita;

   non pare quindi agli interroganti che il messaggio veicolato tramite il camion vela potesse rappresentare una turbativa effettiva all'ordine pubblico –:

   quali preoccupazioni abbiano indotto le autorità di pubblica sicurezza a fermare il camion vela con il quale si intendeva ricordare e ringraziare pubblicamente le figure di San Giovanni Paolo II e del cardinal Carlo Caffarra, fondatori della Pontificia Accademia della Vita.
(4-18505)


   BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio del Verbano Cusio Ossola, provincia interamente montana e confinante per due terzi con uno Stato non membro dell'Unione europea, è presente un fondamentale presidio di sicurezza dato dal distaccamento di polizia stradale di Domodossola, posto nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria internazionale di Domodossola;

   è notizia di questi giorni, riportata dai rappresentanti sindacali del Siulp, circa il possibile declassamento o addirittura la soppressione di tale distaccamento;

   questa circostanza non è prevista in nessun atto ufficiale e, a quanto consta all'interrogante, il Ministro interrogato ha ribadito più volte di non voler procedere in questo senso;

   il territorio su cui tale distaccamento opera è particolarmente complesso dal punto di vista orografico, nonché di peculiare rilevanza internazionale, essendo un diretto punto di accesso con la Confederazione elvetica e l'Europa settentrionale;

   oltre alla presenza di tre strade statali con collegamenti diretti con l'estero (la strada statale 33 del Sempione, la strada statale 659 delle Valli Antigorio e Formazza e la strada statale 337 della Valle Vigezzo), è presente il Passo del Sempione che, come noto, viene utilizzato dalla Confederazione elvetica per il transito di materiali pericolosi e delicati, che necessitano quindi di una particolare e puntuale serie di controlli e verifiche;

   ulteriore elemento di complessità per il territorio è dato dall'incremento dei fenomeni migratori che ha visto un aumento della pressione antropica a ridosso del confine, con l'esigenza di intensificare i controlli;

   il richiamato distacco di Domodossola risulta essere posto a grande distanza da analoghi distaccamenti di polizia stradale presenti sul territorio provinciale;

   il distaccamento è collocato all'interno di un fabbricato di proprietà demaniale, e pertanto senza oneri gestionali sotto il profilo dell'ammortamento dell'immobile o dei costi di affittanza del medesimo –:

   quali iniziative finalizzate alla permanenza del distaccamento di polizia stradale di Domodossola intenda mettere in campo il Ministro interrogato al fine di corrispondere alle esigenze di sicurezza delle popolazioni dell'Ossola.
(4-18514)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Governo ha sottoscritto il 2 febbraio 2017 un «Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere» con il Governo di riconciliazione nazionale della Libia;

   il Memorandum, che ha natura politica e impegna la parte italiana allo stanziamento di risorse, prevede l'avvio di una cooperazione «con riferimento al sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali e affrontare le conseguenze da essi derivanti» e stabilisce che la parte italiana si impegni a «fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della difesa»;

   l'articolo 80 della Costituzione prevede che le Camere autorizzino «con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi»;

   allievi della Guardia costiera e della Marina libica hanno portato a termine percorsi di addestramento gestiti dalla Marina italiana;

   L'Asgi ha denunciato che 2,5 milioni di euro destinati al fondo «Africa» hanno finanziato il trasporto e la sistemazione di motovedette in dotazione all'apparato militare libico;

   il 6 novembre 2017 una nave della ong Sea Watch veniva incaricata dall'Imrcc di Roma di effettuare il salvataggio di un gommone in difficoltà a circa 30 miglia dalle coste libiche; sullo stesso posto si recava una nave della Guardia costiera libica che intralciava le operazioni di soccorso (anche lanciando oggetti verso gli operatori di Sea Watch) mettendo a repentaglio la vita delle persone da salvare, e commetteva violenza sulle persone fatte salire a bordo della propria imbarcazione tra le quali alcune che volevano fuggire dalle autorità libiche; 47 persone venivano riportate in Libia dalla Guardia costiera del Paese; un numero non determinato di persone moriva durante le operazioni;

   numerose inchieste giornalistiche hanno documentato sovrapposizioni tra la Guardia costiera libica e milizie attive nel traffico di esseri umani e nella gestione dei centri di detenzione per migranti;

   l'articolo 10 della Costituzione sancisce che «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» e che «lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica»;

   l'Italia è tenuta al rispetto dei principi di diritto internazionale secondo i quali «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti» (articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali) e nessuno Stato può neppure espellere o respingere «in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate» (Convenzione di Ginevra, articolo 33);

   la Libia non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra e sul territorio libico i migranti sono sottoposti a privazione della libertà in maniera indiscriminata, a torture, a violenze, a stupri, a uccisioni, oltre ad essere oggetto di un vero e proprio mercato di schiavi: –:

   quali iniziative si intendano assumere per evitare che le forze di polizia, libiche addestrate e supportate su mandato e con risorse stanziate dall'Italia commettano gravi violazioni dei diritti umani;

   se non ritenga necessario assumere iniziative per rivedere le relazioni tra Italia e Libia disciplinate attraverso il Memorandum citato in premessa;

   se non ritenga necessario assumere iniziative per una revoca del Memorandum citato in premessa, in relazione al quale non è stata mai approvata dalle Camere una legge di autorizzazione alla ratifica;

   quali iniziative abbia posto in essere per accertarsi che le risorse stanziate dall'Italia per la cooperazione non finanzino le milizie citate in premessa.
(4-18515)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 novembre 2017 la polizia di Stato ha fermato per due ore un camion vela che girava, per iniziativa dell'Associazione ProVita, con un manifesto in ricordo del Cardinale Caffarra, scomparso nei primi giorni di settembre;

   il giorno successivo, 7 novembre, il presidente dell'Associazione ProVita, Toni Brandi, è stato sottoposto ad interrogatorio per quasi un'ora presso il commissariato di Borgo Pio;

   gli agenti che hanno effettuato l'interrogatorio, dopo aver chiesto di verificare l'autorizzazione per il transito del camion vela, avrebbero poi fatto domande sulle motivazioni della commemorazione e circa gli organizzatori;

   il camion dell'Associazione ProVita non ha creato alcun problema di ordine pubblico, e il suo passaggio era volto esclusivamente a ricordare la figura di un importante prelato, nel rispetto di tutti –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa e di quali elementi disponga al riguardo.
(4-18524)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Gorizia versa in una situazione drammatica, con oltre cento migranti che dormono all'addiaccio in una galleria aperta senza servizi igienici proprio mentre sta arrivando il calo delle temperature;

   la città, a fronte di trentacinquemila residenti, ospita già più di trecento richiedenti asilo in strutture convenzionate, tutti giovani maschi provenienti da altri Stati europei dove non è stato riconosciuto loro lo status di rifugiati, circa quaranta minori non accompagnati e alcune famiglie con bambini alloggiate in un istituto;

   al momento si supera, quindi, abbondantemente il quindici per mille di presenze, e chi transita nel piccolo centro cittadino ha l'impressione che i profughi rappresentino la maggioranza dei residenti;

   molte famiglie non conducono più i bambini in alcuni parchi cittadini e sono stati denunciati diversi casi di molestie sessuali, oltre che di spaccio di droga, ad opera dei migranti sul territorio, fatti che stanno causando una crescente tensione fra la popolazione;

   dal mese di luglio 2017 le istituzioni locali stanno denunciando la grave situazione venutasi a determinare in città con riferimento alla questione dei migranti e stanno chiedendo il trasferimento di queste persone in strutture protette;

   non è giunta alcuna risposta concreta neanche alla richiesta di porre un limite agli arrivi dei richiedenti asilo a Gorizia, nonostante il Ministro interrogato in una visita a Trieste abbia riconosciuto la validità delle richieste contenute nel documento promosso dal sindaco di Gorizia e firmato dai colleghi di Udine, Pordenone e Trieste, promettendo «grande cooperazione istituzionale», capace di mettere a punto «soluzioni concrete», già dai prossimi mesi;

   in tal senso il Ministro aveva assicurato l'attivazione di una seconda commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, al fine di ridurre i tempi di esame delle domande di protezione internazionale e si era, al contempo, impegnato a rafforzare il meccanismo di restituzione dei cosiddetti «dublinanti» agli Stati europei di provenienza;

   la sconsiderata politica di accoglienza, secondo l'interrogante, messa in atto dal Governo non solo sta provocando gravi danni alle città italiane e, in questo caso, a Gorizia, ma si ritorce anche contro gli stessi migranti, costretti a vivere in condizioni disumane nella totale indifferenza delle strutture che dovrebbero occuparsi di loro, a fronte di un esborso miliardario sopportato ogni anno dallo Stato italiano –:

   se abbia intenzione di assumere iniziative volte a trasferire in tempi brevissimi i migranti ospitati nella Galleria Bombi di Gorizia in una struttura adeguata al di fuori della città, così come quelli che arriveranno in futuro, in considerazione del fatto che tutti i centri di accoglienza della città sono ormai saturi;

   se non ritenga di assumere iniziative volte a trasferire progressivamente, quando scadranno le convenzioni in atto, gli altri migranti presenti a Gorizia, lasciandone in città un numero massimo che sia pari al 2,5 per mille previsto dal piano del Friuli-Venezia Giulia e dall'accordo tra l'Anci e il Governo;

   se non ritenga di assumere iniziative per l'immediata attivazione di un'ulteriore commissione valutatrice in Friuli Venezia Giulia;

   come mai vi sia un continuo flusso di richiedenti asilo verso la città di Gorizia, quasi tutti pachistani, formato prevalentemente da migranti economici che arrivano da altri Paesi europei dove è stato negato loro lo status di rifugiato politico;

   quali iniziative intenda assumere per contrastare l'arrivo in Italia dei migranti irregolari, con particolare riferimento a quelli economici.
(4-18525)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è cosa nota che l'uso condiviso tra polizia, carabinieri e vigili urbani dei moderni sistemi di videosorveglianza urbana in dotazione ai comuni costituisce un efficientissimo deterrente alla criminalità;

   in quest'ottica è iniziata, da più di 2 anni, la sperimentazione in numerose pubbliche amministrazioni, di nuove soluzioni tecnologiche di videosorveglianza sul territorio, come telecamere intelligenti in grado di rilevare le targhe dei mezzi in circolazione sulle strade e, attraverso piattaforme software dedicate ed un collegamento di rete configurato per connettersi direttamente dagli uffici di polizia al Ministero dell'interno, di ottenere informazioni immediate relative a quei veicoli e verificarne la legittima circolazione o la provenienza;

   si tratta di un percorso che ha portato a grandi risultati, in particolar modo nei comuni dell'Emilia-Romagna. Nel territorio romagnolo molte forze di polizia hanno, però, riscontrato l'impossibilità dell'accesso automatico alla banca dati sul web gestita dal Ministero dell'interno che rileva i veicoli rubati, cosa invece possibile fino a poco tempo fa;

   il sindaco di Soragna, comune in provincia di Parma, Salvatore Iaconi Farina, ha scritto al Ministro interrogato affinché sia ripristinato al più presto il collegamento dei sistemi di sorveglianza in dotazione alle polizie locali con la banca dati ministeriale;

   numerosi atti ispettivi regionali sull'argomento non hanno ottenuto le risposte auspicate, perché in seguito all'inserimento nel nuovo sito che gestisce il «Servizio per il sistema informativo interforze» di validazione tramite test Captcha, l'accesso alle informazioni sarebbe consentito esclusivamente attraverso singole interrogazioni e non più tramite utilizzo di strumenti robotizzati;

   inoltre, per il Ministero dello sviluppo economico, gli impianti di videosorveglianza urbana sarebbero assimilabili ai sistemi di trasmissione dati in disponibilità dei privati cittadini e quindi per l'esercizio di queste tecnologie ogni comune deve presentare una dichiarazione soggetta a segnalazione certificata di inizio attività (Scia) e pagare annualmente il contributo annuo dovuto allo Stato per non incorrere nelle sanzioni previste dal codice delle comunicazioni elettroniche;

   a giudizio dell'interrogante appare abbastanza decontestualizzata la lettura del Ministero dello sviluppo economico, perché la banca dati disponibile sul web è assolutamente utile e funzionale per consentire alle polizie locali di svolgere indagini e, più in generale, di operare contro l'illegalità, almeno fino a quando non verrà concesso alle stesse l'accesso alla banca dati del Ministero dell'interno SDI, ad oggi accessibile alle sole forze di polizia dello Stato –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto espresso in premessa, non ritenga opportuno attivarsi, con la massima urgenza e con tutte le iniziative di competenza, per ripristinare la possibilità per le polizie locali operanti nella regione Emilia-Romagna di accedere in via automatica e massiva alla banca dati dei veicoli rubati del Ministero dell'interno.
(4-18532)


   MURER, MOGNATO e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 14 novembre 2017, centinaia di migranti ospitati nel Centro di prima accoglienza allestito in una ex base militare di Conetta, in provincia di Venezia, hanno deciso, in segno di protesta, di lasciare la struttura, organizzare un presidio e poi mettersi in cammino, a piedi, verso la Strada Romea;

   il gruppo di migranti è stato fermato, nel pomeriggio, dalla polizia a Santa Margherita per evitare che qualcuno col buio, immettendosi sulla strada Romea, potesse essere vittima di incidenti;

   la scelta di mettersi in cammino è arrivata dopo una giornata di protesta da parte dei migranti, che hanno deciso di manifestare, in almeno 250, prima nella piazza del municipio, poi lungo le strade della cittadina;

   i motivi della protesta sono riconducibili ai tempi lunghi di permanenza nel centro, in attesa di permessi che non arrivano da mesi, di risposte a richiedenti asilo che tardano ad arrivare; e l'insofferenza per una condizione di sospensione che in molti casi dura da 12-14 mesi, e poi per le condizioni stesse del Centro, considerate insopportabili da chi di fatto è costretto a starci;

   secondo quanto riportato dal quotidiano La Nuova Venezia, i 1.120 migranti ospitati nella struttura, che ne potrebbe ospitare poco più di 500, vivono in condizioni di sovraffollamento, con riscaldamento a intermittenza, code per l'accesso a docce e servizi, strade sterrate del campo ridotte a mulattiere di fango, tendopoli e casolari in pessime condizioni;

   già all'inizio di quest'anno, nel Centro di Conetta, si sono registrate altre situazioni di tensione; in particolare il 2 gennaio 2017, Sandrine Bakayoko, una ragazza della Costa d'Avorio, di 25 anni, morì nei bagni della struttura per una trombosi polmonare; una morte che fece esplodere la protesta dei richiedenti asilo ospitati nel centro di accoglienza, convinti che la morte della ragazza fosse stata causata sia dal ritardo nei soccorsi, sia dalle condizioni di vita nella struttura;

   una delegazione della campagna LasciateCIEentrare ha visitato il centro nel giugno del 2016 e lo ha descritto come «una tendopoli nel nulla. Alle tende si alternano casolari con letti a castello in stanze stracolme»;

   la cosa che, però, più agita gli ospiti del centro è la prolungata situazione di incertezza sui tempi; un anno, a volte un anno e mezzo, a non fare nulla, ad aspettare la risposta alla richiesta di asilo, a non avere alcun cenno, a sopportare un'attesa senza alcuna certezza, senza alcun riferimento;

   alle denunce pubbliche non sono mai seguiti, in questi anni, atti concreti sia sulle condizioni di vita dei richiedenti asilo, sia sui tempi di risposta alle loro richieste;

   la situazione difficile del centro alimenta, naturalmente, anche tensioni sociali con i residenti della zona, rischiando così di innescare una miccia di insofferenza complessiva –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, per quanto di competenza di intervenire, e in che modo, in relazione ai problemi citati in premessa, al fine di garantire ai migranti condizioni di vita in linea con gli standard minimi di civiltà dell'accoglienza e tempi certi per la risposta alla richiesta di asilo, nonché, ai residenti della zona, una situazione di vivibilità e di tutela rispetto alle tensioni sociali che turbano la comunità locale nel suo insieme.
(4-18540)


   MORANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla stampa, in particolare da un'inchiesta de l'Espresso del 5 novembre 2017, si apprendono notizie che, almeno in parte, erano già note e che riguardano le attività imprenditoriali e modalità di finanziamento della galassia dell'estrema destra neo fascista italiana;

   l'inchiesta ricostruisce una vera e propria rete imprenditoriale creata negli anni da Forza Nuova e CasaPound: si parla di ristoranti, catene di abbigliamento, gioiellerie, barberie, franchising di poste private, scuole di lingua, startup di comunicazione, imprese immobiliari, misteriosi trust e qualche strana società offshore;

   Forza Nuova e CasaPound, per quanto diverse tra loro, sono unite da una radice comune: Terza Posizione, un movimento neofascista nato nel 1978 che vede tra i suoi fondatori, all'epoca poco più che ventenni, Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi, i quali, inseguiti dalle indagini giudiziarie sul terrorismo di destra, fra cui l'attentato alla stazione di Bologna, scapparono dall'Italia rifugiandosi in Inghilterra, il primo, e in Francia, il secondo;

   quarant'anni dopo, con alle spalle processi e condanne, Fiore è diventato il segretario nazionale di Forza Nuova, Adinolfi l'intellettuale ispiratore di CasaPound, ma, prosegue l'Espresso, «le radici con il passato non si sono però mai interrotte, almeno quelle degli affari. L'Inghilterra è da sempre la base principale del business di Forza Nuova, il legame finanziario tra CasaPound e la Francia si è invece manifestato più di recente, ma è cresciuto in fretta da quando il Front National di Marine Le Pen ha scelto di investire sui camerati italiani»;

   l'inchiesta riferisce di una vera e propria galassia imprenditoriale che dall'Italia si allarga a Francia e Regno Unito, passando per Cipro e arrivando fino alla Russia di Vladimir Putin: se Londra è stata sempre il centro dei contatti internazionali di Forza Nuova, da qualche anno l'attenzione dei neofascisti si è spostata su Mosca; sempre secondo l’intelligence italiana in cambio dell'appoggio alla causa russa in Europa i movimenti estremisti avrebbero «ricevuto sostegno economico»; pare, inoltre, che ci siano collegamenti tra i nazionalisti francesi ad ambienti manageriali italiani, «esplosi» in concomitanza all'arrivo in Italia di alcuni francesi vicini al Front National, decisamente più ricco dei cugini di CasaPound anche grazie a un finanziamento da 11 milioni di euro ricevuto negli ultimi anni dalla Russia, come ha rivelato su Mediapart la giornalista Marine Turchi;

   da tempo è online il quotidiano «Il primato nazionale», recentemente affiancato dal mensile cartaceo; nel numero d'esordio il direttore Adriano Scianca, responsabile cultura di CasaPound, ha messo in copertina il deputato Pd Emanuele Fiano con il titolo «Il Talebano», riferimento alla legge da lui promossa che proibisce di fare propaganda attraverso simboli e gesti fascisti: la società editrice de Il Primato nazionale è la Sca 2080 e a un capitale sociale di 100 mila euro. La prima tiratura del mensile è stata di 20 mila copie;

   Casa Pound usufruisce, tra l'altro, per mezzo di una cooperativa da loro fondata, anche del 5 per mille;

   si apprende, inoltre, che prima dello svolgimento del primo turno dell'ultima tornata elettorale a Ostia, gli esponenti di Casa Pound offrivano generi alimentari agli elettori, fatto, ad avviso dell'interrogante, che potrebbe integrare la condotta di corruzione elettorale di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 –:

   se il Governo non ritenga opportuno compiere i passi necessari a verificare la natura lecita e la trasparenza delle relazioni commerciali, e dei relativi finanziamenti, intrattenute dai movimenti di estrema destra, Casa Pound e Forza Nuova, con ambienti manageriali italiani ed esteri e con movimenti estremisti di altri Paesi.
(4-18541)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   SANTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 — cosiddetta legge «Gelmini» — ha modificato radicalmente l'organizzazione del sistema universitario italiano; i criteri minimi per la costituzione di un dipartimento, previsti dalla riforma «Gelmini» del 2010, a distanza di sette anni dalla sua approvazione sono stati oggetto di modifica con la legge n. 4 del 2017;

   le novità più importanti sono contenute nell'articolo 3 della suddetta legge, che modifica l'articolo 2, comma 2, lettera b), della riforma, ove si fissa in 35, tra ordinari, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo indeterminato appartenenti a settori scientifico-disciplinari omogenei (40 negli atenei con più di 1.000 docenti), il numero minimo di docenti per costituire un dipartimento;

   a fronte di tale soglia, rischiano fortemente di rimanere in vita solo alcuni dipartimenti, posto che un eventuale trasferimento di docenti ad altri settori dell'ateneo andrebbe a far diminuire drasticamente il numero sotto il limite di legge prescritto di 35 docenti, con conseguente soppressione degli stessi;

   tutto ciò va a sacrificare fortemente l'intera struttura, nonché l'organizzazione stessa dell'ateneo –:

   quali iniziative di competenza la Ministra interrogata intenda assumere al fine di:

    a) consentire un'applicazione flessibile della legge «Gelmini», considerata ancora in fase di transizione, e permettere i trasferimenti dei docenti al di fuori dei criteri previsti;

    b) garantire la permanenza dei dipartimenti esistenti e scongiurarne la chiusura definitiva per mancanza del requisito stabilito.
(3-03369)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   negli scorsi mesi di luglio-settembre 2017 sono iniziati, presso le università di tutta Italia che ne hanno fatto richiesta, i corsi del tirocinio formativo attivo (Tfa) dei docenti iscritti al Tfa di specializzazione per le attività di sostegno III ciclo;

   la nota del Miur prot. n. 0014954 del 19 maggio 2017 ha stabilito che i percorsi di specializzazione per le attività di sostegno Tfa III ciclo si concludano entro il 30 giugno 2018 e molte università hanno, conseguentemente, calendarizzato l'esame finale dei corsi nell'ultima decade del mese di giugno 2018, previsto dalla nota ministeriale citata;

   è interesse prioritario per tutti i corsisti, l'inserimento negli elenchi di sostegno delle graduatorie ad esaurimento del personale docente valide già dal prossimo anno scolastico 2018/19;

   questi docenti stanno affrontando un anno scolastico difficile, in quanto le loro famiglie devono andare avanti facendo a meno della loro presenza e dei loro stipendi, tutto ciò al fine di poter realizzare, al termine di questo percorso, quella che può essere definita a tutti gli effetti una vera e propria scelta di vita, ovvero dedicarsi ai tanti alunni con gravi difficoltà che insistono a tutt'oggi nelle classi italiane e che al momento sono costretti ad avvalersi di un supporto non specializzato –:

   sarebbe opportuno conoscere quale sia l'intendimento del Ministro interrogato in riferimento al presumibile termine entro il quale i docenti già iscritti nelle graduatorie ad esaurimento devono conseguire il titolo di specializzazione sul sostegno che sarà previsto dal prossimo decreto ministeriale di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente per l'inclusione annuale nei predetti elenchi di sostegno;

   conoscere questo termine in tempi adeguati metterà i docenti suddetti nelle condizioni di tutelare i loro legittimi diritti e quelli degli alunni;

   inoltre, conoscendo con un certo anticipo tale termine, essi avranno modo di chiedere all'ateneo una eventuale revisione del calendario con un anticipo dell'esame finale per evitare di trovarsi con un titolo di altissimo valore professionale, ma non fruibile già dal primo anno scolastico successivo al conseguimento –:

   quale sia l'intendimento del Ministro interrogato in riferimento a quanto esposto in premessa.
(4-18507)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'alternanza scuola-lavoro è diventata obbligatoria con la legge n. 107 del 2015 ed offre agli studenti la possibilità di acquisire competenze in azienda per poter essere inseriti successivamente nel mondo del lavoro. Rappresenta pertanto, se utilizzata in modo consono, un importante e fondamentale strumento di orientamento per l'attività lavorativa dei giovani;

   purtroppo, oggi si riscontrano evidenti problematiche che rendono difficile un'applicazione concreta di tale istituto. Molte aziende, infatti, ospitano i giovani e li destinano ad attività lavorative poco qualificate e non pertinenti rispetto al loro percorso di istruzione;

   inoltre, esistono problematiche negative relative alla figura del tutor che dovrebbe seguire il giovane studente e alla carenza di risorse economiche che dovrebbero garantire un efficiente ed efficace utilizzo dello strumento normativo noto come alternanza scuola-lavoro;

   è necessario inoltre garantire il diritto all'accesso all'alternanza scuola-lavoro degli studenti con disabilità prevedendo strumenti di supporto e risorse concrete per il trasporto dei medesimi;

   occorrerebbe quindi un monitoraggio costante del Ministero per verificare in modo continuo la valenza dell'alternanza scuola-lavoro ed affinare l'istituto in modo da garantire quelle condizioni che oggi mancano e che sono determinanti per la buona riuscita del medesimo;

   è opportuno altresì offrire agli studenti dei progetti mirati e legati al territorio che ne valorizzino il percorso formativo, in modo da rendere effettiva la partecipazione al mondo del lavoro di coloro che praticano l'alternanza scuola-lavoro –:

   quale sia lo stato di attuazione delle norme che prevedono l'alternanza scuola-lavoro e se ci siano allo studio delle novità normative che possano modificare in senso positivo l'istituto;

   se non sia necessario assumere iniziative per implementare le risorse economiche al fine di garantire un'effettiva ed efficace applicazione dell'istituto;

   se non sia opportuno assumere iniziative per garantire agli studenti con disabilità un percorso formativo idoneo, con adeguate risorse, al fine di permettere anche agli stessi di beneficiare dell'alternanza scuola-lavoro;

   se non sia necessario assumere iniziative per rendere il percorso dell'alternanza scuola-lavoro più pertinente al corso di studi e coerente con le effettive possibilità di lavoro che il territorio offre.
(4-18511)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con atto del direttore generale per gli orientamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione del protocollato al n. 0009808 del 7 agosto 2017 è stata avviata una procedura ordinaria ristretta per la realizzazione delle attività volte al rinnovamento del curricolo del liceo classico che si svolgeranno durante l'anno scolastico 2017/2018;

   trattasi, nello specifico, di un bando finalizzato all'individuazione del soggetto aggiudicatario per la realizzazione delle suddette attività;

   l'atto in questione è stato inviato a cinque licei classici situati rispettivamente a Torino, Roma, Reggio Calabria, Catania e Nuoro, oltre che pubblicato sul sito istituzionale del Ministero;

   la data entro cui i soggetti interessati hanno dovuto far pervenire le loro migliori condizioni di fornitura era il 4 settembre 2017 (entro e non oltre le ore 12:00);

   le risorse da impiegarsi verranno prelevate dal cap. 1331/4 in conto competenze 2017 per l'espletamento delle attività relative all'anno scolastico 2017/2018;

   non si comprendono dal bando né le ragioni che hanno portato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad optare per una procedura ristretta, né i criteri in base ai quali siano stati invitati quei particolari cinque licei classici;

   non vi sono, nel bando, neppure riferimenti a precedenti determine in grado di spiegare ragioni e criteri che hanno portato il Ministero a queste scelte –:

   in base a quali ragioni sia stata scelta la procedura ristretta per il bando di cui in premessa e quali siano i criteri che hanno portato alla selezione dei cinque istituti scelti;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative per fermare la procedura e riavviarla in forma ordinaria aperta.
(4-18520)


   TARTAGLIONE, MANFREDI e DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di concorso per dirigenti scolastici, indetto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con decreto direttoriale del 13 luglio 2011, alcuni partecipanti esclusi dalla procedura concorsuale per mancato superamento delle preselettive hanno impugnato i relativi provvedimenti di esclusione. Detti ricorsi risultano ancora pendenti;

   i citati ricorrenti hanno anche impugnato il decreto ministeriale n. 499 del 20 luglio 2015 con il quale sono state dettate disposizioni di attuazione delle procedure previste dall'articolo 1, commi 87-90, della legge n. 107 del 2015. L'impugnazione è stata proposta per la parte in cui il decreto ministeriale non contempla anche la loro categoria tra i beneficiari della disposizione di sanatoria (corso concorso con prova scritta finale, ovvero colloquio finalizzato a verificare l'esperienza lavorativa acquisita quale dirigente a tempo determinato, per coloro che hanno tale ulteriore requisito). Con il ricorso è stata sollevata eccezione di legittimità costituzionale della normativa presupposta di cui alla legge n. 107 del 2015;

   tra le categorie di aspiranti dirigenti scolastici destinatarie della sanatoria disposta dal legislatore nell'articolo 1, comma 88, della legge n. 107 del 2015 vi sono anche i concorrenti che avevano partecipato, senza superarla, alla procedura concorsuale a dirigente scolastico indetta con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, e che hanno un contenzioso in atto con una sentenza favorevole in primo grado o, almeno, non hanno ricevuto alcuna decisione sul contenzioso pendente. Si tratta di situazione analoga ai ricorrenti sopra citati –:

   quali iniziative la Ministra intenda assumere per sanare la descritta disparità di trattamento;

   se la Ministra sia intenzionata ad assumere iniziative per definire una norma di contenuto analogo a quella di cui all'articolo 1, commi 87-88 della legge n. 107 del 2015 che preveda un corso intensivo di formazione, con relativa prova scritta finale, volto all'immissione dei citati soggetti nei ruoli dei dirigenti scolastici.
(4-18526)


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il segretario del Pd Matteo Renzi nel mese di ottobre 2017 è stato impegnato in un tour di propaganda che prevedeva varie tappe in Italia: una di esse è avvenuta nell'istituto scolastico alberghiero De Cecco di Pescara dove è stato accolto, secondo notizie di stampa, dal dirigente scolastico e dagli insegnanti oltre che dai parlamentari del Pd;

   non è la prima volta che Renzi utilizza in maniera strumentale il mondo della scuola come passerella e come occasione di propaganda, tant'è che anche a novembre del 2016 durante la campagna referendaria costituzionale una missiva inviata dagli uffici periferici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella regione Abruzzo, ed in particolare l'ambito territoriale della provincia di Chieti e di Pescara, via posta elettronica ai dirigenti scolastici invitava gli stessi a dare massima diffusione, tra gli studenti e i docenti, ad un evento nella città di Pescara;

   è evidente, a giudizio degli interroganti, una certa complicità anche di alcuni dirigenti scolastici e degli stessi uffici scolastici regionali in Abruzzo nel creare questi spazi propagandistici di parte che nulla hanno a che fare con la didattica e la scuola;

   ad avviso degli interroganti, le istituzioni in generale ed in particolare quelle scolastiche dovrebbero assumere un atteggiamento di equilibrio e prudenza non sponsorizzando, direttamente o indirettamente, partiti politici –:

   per quale motivo la dirigenza dell'istituto scolastico in premessa abbia autorizzato un incontro con un segretario di partito, ex Presidente del Consiglio dei ministri, per accoglierlo durante il tour propagandistico del mese di ottobre 2017 e quali siano i fini didattici o pedagogici di tale incontro con gli studenti.
(4-18531)


   ZAPPULLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa ex Lsu assimilati al personale amministrativo tecnico e ausiliario degli istituti scolastici di cui al decreto-legge 20 aprile 2001, n. 66, consistenti, attualmente, in circa 754 unità di personale su base nazionale, transitati per disposizione di legge dagli enti locali allo Stato, in attività di servizio ininterrotto dal 2001 ad oggi e impegnati in compiti di carattere amministrativo o tecnico presso le scuole con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ai sensi del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e della successiva normativa di riferimento, sono occupati presso le segreterie didattiche e amministrative delle istituzioni scolastiche a fronte della presenza di posti accantonati in organico di diritto del personale amministrativo tecnico e ausiliario, in ragione di due unità per ogni posto accantonato;

   per tale personale, destinato comunque a ridursi in quanto si tratta di un determinato bacino di lavoratori, sono stati accantonati complessivamente nell'organico 465,50 posti;

   appare necessario un intervento normativo che si ponga l'obiettivo di stabilizzare i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, facenti funzioni di assistente amministrativo-tecnico presso le istituzioni scolastiche a valere su posti accantonati, attraverso un'apposita procedura selettiva per titoli e colloquio ai fini della immissione in ruolo, a valere sui posti attualmente accantonati in organico di diritto;

   le assunzioni, a seguito dell'espletamento della procedura di cui sopra, potrebbero avvenire, anche a tempo parziale, nei limiti delle risorse finanziarie corrispondenti ai posti di organico di diritto attualmente accantonati;

   al momento, nonostante gli impegni più volte assunti e ribaditi dal Governo, nessun provvedimento contiene alcuna disposizione riguardo alla stabilizzazione dei lavoratori ex Lsu collaboratori coordinati e continuativi operanti nelle scuole;

   occorre rispettare il contenuto dell'impegno assunto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con le organizzazioni sindacali il 27 luglio 2017 –:

   se la Ministra interrogata non ritenga necessario assumere iniziative, affinché sia resa finalmente giustizia a persone che da oltre 20 anni lavorano nelle segreterie scolastiche, con compensi sempre più ridotti e contratti sempre in bilico ogni anno.
(4-18536)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MENORELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in materia di ispettorati territoriali del lavoro (Itl) il percorso del passaggio del personale dal Ministero all'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) risulta, secondo le maggiori sigle sindacali, che hanno promosso una manifestazione nazionale il 26 ottobre 2017, allo stato incompiuto, disorganico e approssimativo;

   in tale contesto è stata fra l'altra denunciata la mancata certificazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze anche della contrattazione relativa al «FUA 2015», che avrebbe un effetto negativo pure in relazione alla mancata contrattazione relativa al «FUA 2016»;

   le rappresentanze sindacali del personale Itl di alcune province, fra cui quella di Padova, hanno organizzato manifestazioni locali successivamente a quella nazionale per evidenziare specifici profili di criticità di criticità del comparto quali:

    la mancata attuazione delle nuove progressioni economiche da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonostante le esplicite previsioni in tal senso contenute nelle precedenti contrattazioni nazionali;

    la prassi in uso sia al Ministero che all'Agenzia di consegnare i piani individuali di lavoro nella parte finale dell'anno solare con grave pregiudizio dell'attività in corso;

    l'assenza di copertura assicurativa per i rischi connessi alla funzione ispettiva; la sperequazione retributiva ed indennitaria tra i funzionari che svolgono la medesima attività ispettiva all'interno dell'Inl, a seconda che detti funzionari siano inquadrabili nel ruolo Inps o nel ruolo Inail;

    il mancato pagamento del «fondino ispettivo» per l'anno 2017 e del residuo 2016, a causa della mancata nomina del presidente del collegio dei sindaci revisori di Inl;

    la necessità per il personale ispettivo di utilizzare persino il proprio mezzo personale di trasporto per recarsi nei luoghi oggetto di vigilanza;

    la mancata attuazione da parte di del «fondo spese di lite vinte» di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 149 del 2015;

    lo svilimento complessivo della funzione ispettiva che emerge quale conseguenza delle circostanziate denunce di parte sindacali sopra brevemente riepilogate contrasta gravemente con il prioritario ruolo che andrebbe assegnato alle politiche per il lavoro e alle attività volte a garantire la regolarità del medesimo, che è stato reiteratamente affermato negli obiettivi largamente condivisi dal Governo –:

   se il Governo non intenda fornire, per quanto di competenza, adeguati chiarimenti sulle disfunzioni in premessa rappresentate e quali azioni intenda porre in essere, al fine di valorizzare la funzione ispettiva nei luoghi di lavoro, quale presupposto essenziale per assicurare condizioni lavorative dignitose e secundum legem.
(3-03370)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi di stampa si apprende che nello stabilimento Fca di Piedimonte San Gennaro, nella città di Cassino, dove attualmente vengono prodotte le Alfa Romeo Giulia e Stelvio, l'azienda, in merito agli 830 contratti precari in scadenza, ha deciso che per soli 300 sarà prorogato il rapporto di lavoro. Nonostante i sindacati Fim Cisl Uilm e Cil abbiano chiesto la stabilizzazione per tutti, 530 interinali, ad un anno esatto dalla promessa di duemila assunzioni, non saranno più in forza allo stabilimento;

   dopo la mancata conferma dei 330 lavoratori in trasferta da Pomigliano e l'utilizzo di quattro permessi dei lavoratori per coprire il calo produttivo, ad oggi la situazione produttiva e occupazionale peggiora sempre di più e il polo Mirafiori-Grugliasco-Cassino-Modena, che avrebbe dovuto garantire il rilancio di tutti gli stabilimenti, è diventato un punto di grande debolezza che ha fatto venire meno le aspettative di tanti lavoratori e di altri mille giovani che avevano già fatto le visite mediche ed erano in attesa di essere chiamati dall'azienda;

   la decisione di ignorare la richiesta di stabilizzazione è stata assunta dall'azienda senza che sul punto ci sia stato confronto con tutte le organizzazioni sindacali e i lavoratori;

   quella che l'interrogante giudica l'assenza del Governo rischia di produrre un danno irreparabile al sistema produttivo con conseguenze dirette sull'occupazione –:

   se il Governo, per quanto di competenza, non intenda promuovere un tavolo di confronto nazionale con azienda e sindacati sul futuro produttivo e occupazionale di Fca e di tutto il settore;

   se il Governo non intenda predisporre gli strumenti necessari per salvaguardare tutti gli 830 lavoratori, anche attraverso la promozione di un bacino nominale con diritto di prelazione all'assunzione e parità di accesso al lavoro per evitare disuguaglianze, prevedendo a tutela di questi giovani interinali forme di sostegno al reddito.
(5-12730)


   SGAMBATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori del bacino di crisi di Caserta sono ex lavoratori provenienti da realtà aziendali diverse, aziende leader nei propri settori componenti il comparto industriale casertano;

   società come la Ixfin (ex Olivetti), Formenti Seleco, Siltal (ex LG Elettrodomestici), Finmek (ex ITALTEL), Itel, Morteo, DM Elektron, Costelmar e altre, fallite e confluite tutte nel bacino di crisi di Caserta;

   le ultime normative, in termini di ammortizzatori sociali (decreto n. 83473 del 1° agosto 2014), con le circolari interpretative successivamente emanate (circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 19 dell'11 settembre 2014 e nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 24 novembre 2014 prot. 40/0005425), hanno ristretto la platea dei beneficiari;

   in particolare, questi atti prevedono che coloro che hanno usufruito di mobilità in deroga anche per 1 solo giorno nell'anno 2014, ottengono la mobilità in deroga anche nel 2015 e nel 2016 (fino a giugno 2016). A tutti quei lavoratori invece che hanno terminato la mobilità ordinaria nel 2015 e 2016, non viene riconosciuto più alcun tipo di ammortizzatore sociale;

   questo ha consentito alle regioni di operare in modo diverso nella formulazione delle linee guida sugli ammortizzatori sociali, nei confronti di lavoratori non solo appartenenti allo stesso bacino, quindi legati dallo stesso progetto, ma anche della stessa azienda;

   il sostegno è divenuto negli anni di vitale importanza per le famiglie, in quanto molto spesso rappresentavate rappresenta l'unico reddito;

   al riguardo il 27 settembre 2017, è stata inviata anche una lettera al Ministro del lavoro e delle politiche sociali chiedendo un confronto al fine di cercare insieme possibili soluzioni;

   la regione Campania con decreto dirigenziale n. 753 del 30 ottobre 2017 ha approvato un avviso pubblico per la realizzazione di azioni di accompagnamento al lavoro per l'attivazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato/determinato al fine di consentire il reinserimento lavorativo, e quindi prevedere incentivi all'occupazione per le aziende che procederanno all'assunzione con contratto a tempo indeterminato rivolti agli ex percettori di ammortizzatori sociali ed agli ex percettori di sostegno al reddito privi di sostegno al reddito –:

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, d'intesa con la regione Campania, al fine di favorire l'individuazione delle soluzioni necessarie alla ricollocazione definitiva dei lavoratori.
(5-12736)


   ARLOTTI, PATRIZIA MAESTRI, LODOLINI, GIACOBBE, AMATO, CARRESCIA, OLIVERIO, FRAGOMELI, SGAMBATO, PINNA, MICCOLI, BRANDOLIN, VENITTELLI, GRIBAUDO, ROMANINI, D'INCECCO e GINOBLE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con la chiusura dell’iter legislativo relativo al nuovo codice degli appalti in tema di affidamenti ai concessionari è stata modificata (si veda quanto disposto dall'articolo 177 del codice) la soglia di lavori, servizi e forniture da mettere a gara, passando, dal precedente 60 per cento, all'80 per cento; ciò avverrà dal 18 aprile 2018, al termine della prevista fase transitoria biennale di adeguamento;

   le società in house delle concessionarie autostradali potranno di conseguenza eseguire direttamente il 20 per cento di lavori, servizi e forniture, e non più il 40 per cento come previsto dalla normativa previgente, in ragione del fatto che tali concessioni non sono state affidate a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica o con finanza di progetto;

   Autostrade per l'Italia ha attualmente in scadenza al 31 dicembre 2017 un contratto pluriennale per la manutenzione, finora affidata per il 40 per cento dei lavori alle proprie società in house e per il 60 per cento con gara;

   il gruppo Autostrade per l'Italia ha espresso la volontà di procedere all'apertura della procedura di mobilità per i dipendenti di Pavimental, azienda in house che si occupa della manutenzione della rete autostradale, per mantenere in equilibrio il conto economico;

   la riduzione del personale impiegato nell'attività di manutenzione provocherà forti ripercussioni sul piano occupazionale, che non potranno essere evitate nonostante la clausola sociale prevista nei bandi gara;

   la clausola sociale come prevista, nell'articolo 177 del codice degli appalti, rischierebbe, infatti, di portare comunque alla destrutturazione di un comparto industriale ad elevata qualificazione di manodopera e avrebbe come ricaduta sui lavoratori la perdita di salario e la precarizzazione dei rapporti di lavoro, data la scadenza semestrale delle gare;

   di fatto, nel corso dei prossimi mesi sono a rischio circa 3.000 posti di lavoro nel settore; si tratta di lavoratori strutturati ad alta qualificazione e specializzazione, che operano da anni nel comparto della manutenzione ordinaria e straordinaria, nei servizi di progettazione e ingegneria e nel campo della realizzazione di lavori infrastrutturali;

   accanto alle gravi ripercussioni occupazionali, la procedura di mobilità rischia di portare una contrazione della flessibilità organizzativa e alla destrutturazione di un settore ad elevata specializzazione e qualificazione, elementi che garantiscono alti standard di sicurezza su tutta la rete autostradale, con evidenti ripercussioni sulle modalità esecutive, nonché sulla qualità e sulla tempestività degli interventi manutentivi, e con un evidente impatto negativo sul servizio all'utenza –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per salvaguardare i livelli occupazionali delle società in house delle aziende titolari di concessioni autostradali, che operano in un settore industriale strategico per la tutela del patrimonio infrastrutturale del Paese e per la sicurezza stradale.
(5-12737)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 28 aprile 2017, gli Stati membri dell'Unione europea hanno approvato limiti più rigorosi in materia di inquinanti, per i grandi impianti a combustione che causano inquinamento atmosferico e malattie respiratorie;

   le centrali dovranno adeguarsi entro il 2021 ed avranno due strade: o affrontare gli alti costi per il retrofitting oppure la chiusura definitiva degli impianti;

   in ogni caso a pagarne maggiormente le spese saranno i lavoratori che hanno finora operato nelle vecchie tipologie di centrali a carbone, in quanto a rischio di contrarre gravi patologie (tumori al polmone o malattie dell'apparato cardiovascolare e respiratorio) o addirittura di ritrovarsi in età avanzata senza occupazione;

   da tempo si dibatte sulle possibili soluzioni per il riconoscimento di benefici previdenziali in favore di lavoratori impegnati in particolari attività faticose e usuranti, soluzioni divenute sempre più impellenti all'indomani della cosiddetta «legge Fornero» che, di fatto, col repentino innalzamento dei requisiti anagrafici ha portato intere categorie di lavoratori impossibilitati ad accedere alla pensione perché a rischio di prematuro decesso –:

   se e quali iniziative in materia previdenziale il Governo intenda adottare a tutela dei lavoratori delle centrali a carbone, ivi inclusa la possibilità di equipararli ai lavoratori esposti all'amianto, estendendo loro i benefici di cui alla legge n. 257 del 1992, come peraltro già avvenuto per i lavoratori esposti al rischio da cloro e nitro, ai sensi del comma 133 dell'articolo 3, della legge n. 350 del 2003.
(5-12738)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il sistema pensionistico italiano ha sempre configurato una commistione tra assistenza e previdenza, assegnando all'Inps il compito di gestire anche l'assistenza, senza obbligo di evitare commistione finanziaria tra le due gestioni;

   i tentativi di separazione tra i due aspetti, in particolare con la legge finanziaria del 1998 e con quella del 1999, hanno portato ad effetti molto parziali e limitati;

   separare la spesa assistenziale da quella previdenziale, invece, è una richiesta che proviene da più parti, e chi conosce bene il sistema previdenziale ritiene che ciò sia utile sia in termini contabili, perché la chiarezza su spese molto diverse è indispensabile, sia come esercizio di equità tra chi ha versato e chi no;

   non a caso già il 3° rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano, pubblicato nel 2016 dal Centro studi e ricerche di itinerari previdenziali e relativo al 2014, ha riclassificato il bilancio per evidenziare la spesa di natura assistenziale separandola da quella pensionistica;

   questa riclassificazione ha molti evidenti vantaggi:

    a) fornire dati corretti agli organismi internazionali;

    b) evitare continue richieste di riforma del sistema, favorendo proposte di flessibilità connaturate al calcolo contributivo;

    c) consentire la conoscenza esatta della composizione della spesa, in modo da permettere interventi mirati e non demagogici e basati su false informazioni;

   il 4° rapporto sul bilancio del sistema, pubblicato nel 2017 e relativo al 2015, ha successivamente indicato che la spesa previdenziale ha raggiunto i 217.895 milioni di euro, mentre le entrate contributive sono state pari a 191.333 milioni di euro, per un saldo negativo di 26.656 milioni di euro;

   separando, però, la previdenza dall'assistenza, lo stesso rapporto evidenzia dati ben diversi: il bilancio previdenziale, infatti, risulta in attivo di 3.713 milioni di euro;

   questo dato, ottenuto, come detto, separando la previdenza dall'assistenza, dovrebbe rendere ben chiaro, a parere dell'interrogante, il fatto che non sia sempre necessario pensare a riforme pensionistiche volte a tagliare, deindicizzare e applicare contributi di solidarietà per sanare un bilancio che, in realtà, non richiederebbe questi interventi;

   al contrario, la commistione attualmente esistente mette in evidenza un gigantesco buco nel bilancio dell'Inps, buco che si accresce sempre di più proprio per la necessità di finanziare ogni anno l'assistenza;

   la separazione tra assistenza e previdenza, inoltre, sarebbe, sempre a parere dell'interrogante, utile per chiarire che la pensione non è, come si crede comunemente, una forma di assistenza da erogare solo secondo bisogno e non anche secondo «merito», intendendo con questo termine i contributi versati durante la vita lavorativa –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per giungere alla separazione tra previdenza ed assistenza, così da migliorare in modo evidente il bilancio dell'Inps, in particolare per la previdenza, evitando di dover ricorrere a continue riforme volte a colpire le pensioni, considerate causa della costante crisi dell'Inps.
(4-18506)


   D'ATTORRE e ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Ferrovie dello Stato italiane s.p.a. con ordine di servizio dell'amministratore delegato n. 7 del 9 aprile 1998, ha affidato a Termini spa la gestione, per fini commerciali, dei complessi di stazione delle principali città d'Italia e conseguentemente Termini spa ha modificato la propria ragione sociale in Grandi stazioni spa;

   Grandi stazioni s.p.a. fin dalla sua nascita nel 1998 è stata partecipata per il 60 per cento da Ferrovie delle Stato italiane, e per il 40 per cento da soci privati;

   dalla scissione di Grandi stazioni s.p.a., con decorrenza dal 1° luglio 2016, sono nate tre società: Grandi stazioni rail s.p.a., Grandi stazioni immobiliare s.p.a. Grandi stazioni retail s.p.a.;

   le prime due società (Grandi stazioni rail e Grandi stazioni immobiliare) hanno mantenuto una partecipazione pubblica (Ferrovie dello Stato italiane), mentre Grandi stazioni retail è stata venduta per un importo di circa un miliardo di euro ad azionisti privati: la proprietà fa capo al consorzio formato da Antin Infrastrutture Partners, Icamap e Borletti Group; la società è nata con l'obiettivo di valorizzare dal punto di vista dell'offerta commerciale e pubblicitaria le quattordici principali stazioni ferroviarie italiane, tra cui Milano e Roma;

   nel passaggio da Grandi stazioni s.p.a. alle tre società sopra riportate il personale dipendente è stato ripartito senza alcuna consultazione dello stesso personale;

   il 2 ottobre 2017, senza alcun preavviso, l'amministratore delegato di Grandi stazioni retail s.p.a. comunicava verbalmente ai dipendenti della direzione commerciale (media, leasing, Marketing e business control) che sarebbero stati trasferiti, dal 2 gennaio 2018, presso la sede di Milano, mentre la direzione tecnica, legale, amministrazione, risorse umane e relazioni esterne sarebbero rimaste per il momento in servizio presso la sede di Roma;

   i dipendenti che saranno trasferiti, senza alcuna possibilità di concertazione, sono ventidue risorse su ottantasei totali della società di cui, attualmente, ottanta impiegati a Roma nella medesima sede in cui operavano prima della scissione;

   la società, prima del 2 ottobre 2017, non aveva mai formulato alcuna ipotesi di trasferimento, pertanto la notizia ha colto inaspettatamente il gruppo di persone interessate che, loro malgrado, stanno cercando di analizzare le prospettive future, facendo i conti con enormi problemi di natura personale e familiare;

   è evidente come accettare il trasferimento, in tempi così ridotti, senza alcuna previsione di supporto economico e/o logistico, sia sostanzialmente impossibile per quei dipendenti che dovrebbero allontanarsi dalla propria famiglia, lasciando anche bambini in un'età così delicata per la crescita;

   infatti, la maggior parte dei dipendenti interessati dal trasferimento sono giovani madri di famiglia (quattordici donne su ventidue);

   i dipendenti hanno chiesto alle proprie organizzazioni sindacali, anch'esse all'oscuro del trasferimento, di proclamare lo stato di agitazione –:

   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, i Ministri interrogati in merito al trasferimento dei lavoratori di cui in premessa che per molti di loro potrebbe equivalere a indurli a lasciare l'azienda;

   se i Ministri non ritengano opportuno assumere idonee iniziative, per quanto di competenza, volte a salvaguardare il diritto dei lavoratori trasferiti dalla precedente società, partecipata totalmente dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane, all'attuale proprietà di natura esclusivamente privata nel rispetto della normativa vigente.
(4-18516)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la normativa europea sull'organizzazione comune dei mercati, ossia il regolamento (UE) n. 1308/2013, prevede all'articolo 77 che il luppolo ed i suoi prodotti ottenuti nell'Unione europea, siano certificati per garantirne le caratteristiche qualitative. La certificazione permette la commercializzazione o l'esportazione di questi prodotti e può essere omessa solo nel caso in cui il birrificio contrattualizzi la produzione di luppolo direttamente con il produttore, o per piccole confezioni destinate alla vendita ai privati;

   l'attività per la certificazione del luppolo è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1850/2006, in base al quale ogni Stato membro riconosce un'autorità di certificazione, incaricata di effettuare la certificazione del luppolo, anche mediante Centri di certificazione riconosciuti e periodicamente verificati;

   la direzione generale delle politiche internazionali e dell'Unione europea del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è stata designata come autorità di certificazione italiana, ai sensi del decreto n. 4281 del 20 luglio 2015;

   l'autorità anzidetta deciso di effettuare la certificazione mediante centri di certificazione riconosciuti. Dal portale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali risulta che attualmente l'unico centro riconosciuto, è il dipartimento di scienze degli alimenti presso l'università di Parma, che svolge tutte le operazioni rese necessaria dal regolamento europeo: dal controllo dei requisiti minimi di commercializzazione alla tenuta dei registri, fino al rilascio dei certificati, la bollatura, il sigillo degli imballaggi, compreso l'acquisto del materiale di consumo (targhette, filo, etichette, piombini, carta, cartucce per la stampante, e altro);

   la precitata normativa dell'Unione europea non prevede ma neanche esclude espressamente finanziamenti o rimborsi per l'esercizio dell'attività di certificazione di cui trattasi. Il dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, direzione generale delle politiche internazionali e dell'Unione europea, con decreto direttoriale n. 324 del 19 gennaio 2017 relativo al riconoscimento dei centri di certificazione per il luppolo, ha disposto all'articolo 5 che l'attività in parola avvenga «nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato»;

   attualmente non sono pervenute ulteriori istanze di riconoscimento come centro di certificazione; pertanto l'unico ente riconosciuto, il dipartimento di scienze degli alimenti presso l'università di Parma, deve sostenere le richieste provenienti dall'intero territorio nazionale, facendo affidamento solo alle proprie risorse;

   nel prossimo futuro verosimilmente si vedrà crescere in estensione e qualità la coltura del luppolo in Italia, viste le disposizioni dell'articolo 36 della legge n. 154 del 2016 sul finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo, recentemente affidati al Crea –:

   se non ritenga opportuno, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, assumere iniziative per programmare e stabilire una quota di rimborso per i centri di certificazione accreditati che svolgono tutte le operazioni necessarie alla commercializzazione del luppolo in Italia e all'estero.
(5-12731)


   PARENTELA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il miele è stato protagonista dell'ultimo episodio della rubrica «Magna Magna» di Striscia la Notizia. L'inviato Max Laudadio ha incontrato l'ingegnere agroalimentare Christophe Brusset, il quale, ha rivelato che il massimo esportatore di questo prodotto è la Cina, nonostante nel Paese non vi sia un allevamento di api. Quello che viene venduto come miele, in realtà, è un prodotto sintetico, pieno di conservanti e coloranti, creato in alcuni laboratori – equipaggiati meglio degli ospedali – utilizzando degli zuccheri che hanno più o meno il sapore del miele;

   la legislazione europea permette di rietichettare i prodotti importati. Su alcune etichette dei prodotti che si trovano sugli scaffali dei supermercati vi è la dicitura: «Miscele di miele originari e non originari UE». Si tratta, in questo caso, di miele artificiale e di imitazione. Per mascherare l'alimento basta miscelarlo con del miele vero anche se tale sofisticazione è contraria alla legge, la quale vieta le aggiunte di ogni tipo di additivo;

   l'inviato di Striscia la Notizia ha ordinato, da un produttore cinese, un barattolo di miele sintetico, il quale è stato fatto analizzare. Dal test eseguito, il prodotto è risultato conforme, come fosse autentico e si può, dunque, facilmente intuire che i test non sono affidabili. Analisi più accurate ci sono, ma questi esami, però, non sono obbligatori per legge e sono anche molto costosi –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non considerino necessario realizzare un'analisi delle ricadute economiche per le aziende italiane e per la salute dei consumatori connesse alla commercializzazione in ambito europeo dei prodotti alimentari contraffatti, come nel caso del miele descritto in premessa;

   quali iniziative intendano assumere a livello normativo per salvaguardare il miele naturale italiano da quello sintetico;

   se non ritengano utile assumere iniziative per sensibilizzare e informare i cittadini rispetto ai rischi per la salute che derivano dall'assunzione di tali prodotti sintetici provenienti dalla Cina.
(5-12733)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, NESCI, MANTERO, COLONNESE, BARONI, GRILLO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il deficit uditivo permanente è la più frequente disabilità congenita e rappresenta uno dei più comuni difetti sensoriali permanenti dell'infanzia. Perdite di udito significative, capaci di rallentare o impedire lo sviluppo linguistico si manifestano in 1-2 nati su mille e diventano più frequenti nelle età successive;

   l'implementazione dello screening neonatale è in grado di anticipare l'epoca della diagnosi e della presa in carico dei soggetti con ipoacusia; in assenza di un programma di screening la diagnosi è raramente precoce. Quando non riconosciuta e corretta entro i primi mesi di vita, può determinare gravi conseguenze linguistiche, psicologiche, educative e sociali. A livello neurologico, se il sistema uditivo non viene stimolato nei periodi di massima ricettività (periodi sensibili) ne risultano compromessi sia la funzionalità del sistema uditivo che lo sviluppo corticale, con alterazioni nei tempi di sviluppo sinaptico, plasticità, circuiti neuronali;

   l'identificazione, la diagnosi e l'intervento precoci sono procedure diventate oggi realizzabili, efficaci ed anche economiche, grazie ai recenti sviluppi interdisciplinari nel campo della diagnostica e della tecnologia protesica (apparecchi acustici digitali e impianti cocleari). Attualmente, è dunque possibile impostare il trattamento dell'ipoacusia permanente infantile in un'ottica di sviluppo e non più di trattamento degli esiti, offrendo al bambino sordo e alla sua famiglia l'opportunità di uno sviluppo linguistico, psicologico, educativo e sociale simile a quello di un bambino normoudente della stessa età;

   lo screening uditivo neonatale universale occupa un ruolo centrale in audiologia pediatrica, perché ha l'obiettivo di identificare i deficit uditivi permanenti entro i primi mesi di vita e di conseguenza rendere possibile un precoce intervento terapeutico e riabilitativo. L'organizzazione dello screening è generalmente impostata in due stadi, combinando l'utilizzo di due metodiche audiologiche obiettive automatiche: il test delle emissioni otoacustiche e le risposte dei potenziali evocati uditivi del tronco encefalico, metodiche entrambe di semplice lettura, non invasive, veloci, di alta sensibilità e specificità, economiche;

   l'efficacia e il rapporto costo-beneficio dello screening uditivo neonatale universale sono stati ampiamente dimostrati dalle pubblicazioni che hanno confrontato i risultati linguistici di un'identificazione-intervento precoce con gli esiti di un'identificazione-intervento tardiva. I primi consistono in un migliore sviluppo del linguaggio, in migliori abilità di lettura-scrittura e maggiore capacità di comprensione, con in definitiva la potenzialità di cambiare radicalmente le opportunità di un bambino sordo che, in assenza di screening, verrebbe identificato e trattato tardivamente;

   l'associazione FIADDA-NAPOLI nel corso di un'audizione in Senato nell'ambito dell'esame sulla «Legge quadro sui diritti di cittadinanza delle persone sorde, con disabilità uditiva in genere e sordo cieche» ha affermato che «lo screening audiologico neonatale è garantito, con protocolli differenziati, in meno della metà delle regioni italiane. Tra queste, in alcune regioni (Campania, Toscana, Emilia e Romagna, Veneto) sono stati adottati specifici atti deliberativi; in altre, sono registrati programmi di screening ma non risultano emanate disposizioni regionali, inoltre la logopedia, necessaria nei processi abilitatiti o riabilitativi per lo sviluppo del linguaggio, sia accessibile solo ai più fortunati o ai più abbienti: perché garantita a macchia di leopardo sul territorio nazionale oppure solo e soltanto sotto forma di prestazione privata, a pagamento» –:

   se, alla luce dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, risulti che lo screening uditivo neonatale universale sia garantito in modo uniforme in tutta Italia, e se intenda rendere nota la percentuale dei nuovi nati sottoposti a tale processo di screening;

   se risulti che la logopedia, necessaria nei processi abilitatiti o riabilitativi per lo sviluppo del linguaggio, sia garantita in modo uniforme sul territorio nazionale.
(5-12739)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   presso l'azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste (Asuits) si è osservata nel recente periodo un'esplosione di bandi per coprire tutti i posti apicali disponibili;

   alcuni dei suddetti bandi del 12 settembre 2017 ed attuativi dell'atto aziendale adottato con decreto n. 476 del 19 luglio 2017 prevedono procedure selettive che, ad avviso dell'interrogante, appaiono del tutto difformi da quelle stabilite dalla legge, dai regolamenti e dalla contrattazione collettiva;

   quanto riportato si è verificato, ad esempio, con il bando interno di direttore della struttura complessa gestione prestazioni sanitarie e progettazione ed attività sociosanitaria, riservato ai dirigenti medici di disciplina igiene, epidemiologia e sanità pubblica e ai dirigenti sanitari non medici, che consente l'accesso alla procedura di conferimento dell'incarico indistintamente ai dirigenti medici o del ruolo sanitario o delle professioni infermieristiche;

   la riserva al solo personale interno contravviene, a giudizio dell'interrogante, la disciplina inderogabile stabilita dall'articolo 15, commi 7 e 7-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che prevede precise forme e modalità procedurali connotate dalla piena pubblicità della procedura di conferimento (tramite pubblicazione sul bollettino regionale ed in Gazzetta Ufficiale) e dalla sua apertura anche a candidati esterni;

   tale procedura appare all'interrogante di dubbia legittimità anche sotto un profilo strettamente logico e del risolto dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa (articolo 97 della Costituzione), ovvero delle regole di correttezza e buona fede (articolo 1175 e 375 del codice civile);

   alla luce del «Funzionigramma», allegato all'atto aziendale, che descrive l'incarico in parola, lo stesso sembra avere carattere clinico-assistenziale e quindi dovrebbe essere riservato alla dirigenza del solo ruolo medico, escludendo la possibilità di conferimento ai dirigenti delle professioni infermieristiche;

   un unico soggetto ha presentato domanda di partecipazione al bando in parola, Flavio Paoletti, infermiere, attuale coordinatore sociosanitario di Asuits, presidente dell'Ipasvi, distintosi durante la campagna per le elezioni regionali e per l'indefesso sostegno alla riforma sanitaria;

   dopo che lo stesso ebbe conseguito una laurea presso l'università di Firenze, in relazione alla quale l'azienda sanitaria aveva coperto, oltre all'iscrizione ai corsi, anche le spese di viaggio, vitto e alloggio per un triennio di frequenza, l'allora direttore generale dell'azienda e oggi consigliere regionale del PD, dottor Franco Rotelli, fu condannato dalla Corte dei conti per danno erariale;

   ulteriore beneficio per Paoletti sembra derivare dalla modifica dell'attuale incarico che da «coordinatore sociosanitario», come previsto dall'articolo 12 della legge regionale 16 ottobre 2014, n. 17, di riforma sanitaria diventa «direttore dei servizi sociosanitari» grazie alla modifica del testo della citata legge apportata dall'articolo 9, comma 48, della legge regionale 4 agosto 2017, n. 31, di assestamento del bilancio;

   successivamente alla diffida delle organizzazioni sindacali del 26 settembre 2017 in cui veniva contestata la legittimità di tre bandi, due di questi risultano stralciati ma non quello in cui l'unico concorrente risulta Paoletti;

   nella commissione esaminatrice relativa all'assegnazione dell'incarico in parola, nominata con decreto n. 732 del 31 ottobre 2017, risulta tra i commissari il direttore amministrativo, dottor Michele Rossetti, in scadenza il 30 novembre 2017, che avendo presentato domanda di partecipazione alla selezione per direttore di altra struttura complessa (gestione del personale) risulta quindi egli stesso in attesa di conferma di incarico –:

   se, alla luce di quanto sopra riportato, il Ministro interrogato non ritenga opportuno, in relazione alle esigenze di razionalizzazione della spesa e di puntuale rispetto delle norme e dei contratti, promuovere, per quanto di competenza, un'iniziativa normativa finalizzata a fissare in modo più stringente i requisiti e le modalità procedurali ai fini della selezione della dirigenza sanitaria pubblica e a garantire un efficiente e trasparente impiego del denaro pubblico e un equo trattamento dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale.
(4-18518)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da oltre due anni i medici dell'ospedale Santa Maria Incoronata dell'Olmo di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, denunciano che le sale operatorie del reparto di chirurgia generale e d'urgenza sono sprovviste di ferri chirurgici, nonostante siano state espletate tutte le procedure di gara per la sostituzione dei ferri chirurgici vetusti;

   per non interrompere l'attività operatoria i medici sono stati costretti ad utilizzare ferri chirurgici personali che iniziano peraltro ad essere usurati;

   la drammatica situazione, denunciata più volte nel corso degli anni, è stata nuovamente sottoposta all'attenzione del sindaco Vincenzo Servalli negli ultimi giorni dai due consiglieri comunali di Fratelli d'Italia, Renato Aliberti e Clelia Ferrara, con un comunicato in cui si faceva riferimento ad una lettera del professor Lombardi, primario del reparto di chirurgia dell'ospedale;

   sono dure le parole del professor Lombardi: «Da quando sono arrivato due anni fa in sala operatoria non c'erano i ferri chirurgici. O meglio, erano pochi e mal assortiti. E così, per non interrompere l'attività chirurgica ho portato i miei ferri. Nel frattempo ho fatto numerose e periodiche segnalazioni alla direzione generale. Ma non ho mai avuto risposta»;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa è dura anche la denuncia del segretario provinciale della Cisl Università di Salerno Pasquale Passamano per il quale è stato frustrato il sogno di assistere alla nascita e formazione di una nuova classe medica salernitana, e di realizzare un notevole salto di qualità della sanità ospedaliera su tutto il territorio provinciale grazie ad una piena e completa integrazione tra l'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona e la facoltà di medicina e chirurgia del presidio di Cava de’ Tirreni;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione allarmante che merita la massima attenzione;

   nonostante in campagna elettorale il presidente Vincenzo De Luca avesse promesso il rafforzamento della struttura ospedaliera di Cava de’ Tirreni, che rischiava di essere chiusa, tale rafforzamento non si è verificato;

   al contrario l'ospedale, inglobato nell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona, ha perso molti reparti, tra cui la ginecologia, e risulta gravemente carente di personale medico, di strutture idonee e di strumentazione operatoria adeguata, con gravissime ripercussioni sulla tutela della salute dei cittadini, sulla formazione universitaria dei giovani medici della provincia di Salerno e, più in generale, su efficienza della sanità pubblica –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza e anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per fronteggiare questo ennesimo caso di malasanità in Campania;

   se non si ritenga necessario valutare ogni iniziativa di competenza volta a verificare le cause della situazione in cui versa l'azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona, di cui il plesso di Cava de’ Tirreni fa parte.
(4-18527)


   SPERANZA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia manca da settimane la benzilpenicillina, varietà di penicillina usata nelle profilassi delle malattie rare. Gli ospedali ne vengono a conoscenza dai malati, che si rivolgono ai day hospital per avere risposte dopo una caccia infruttuosa nelle farmacie;

   da luglio 2017 i farmaci sono introvabili. In questi giorni chi ha avuto bisogno di una cura, dopo il passaparola di medici e pazienti, è dovuto andare nelle farmacie internazionali dove si acquista un farmaco analogo;

   la penicillina, è un vecchio farmaco indicato nella profilassi secondaria per prevenire le recidive di una altrettanto vecchia malattia come quella reumatica, che può coinvolgere il cuore (l'endocardite reumatica è riconosciuta come malattia rara) e causare danni severi e permanenti. Al farmaco ricorrono, con iniezioni mensili, anche i pazienti con alcune patologie del sangue, come la drepanocitosi e la sferocitosi e la categoria degli «splenectomizzati», che non hanno la milza;

   l'unico produttore della benzilpenicillina in Italia è la Biopharma srl, leader negli antibiotici. A controllarla è la Orofino Pharma Group, stabilimenti da Roma a Napoli, che conta aziende come Injectalia, attiva nella produzione di siringhe pre-riempite, emoderivati e prodotti per i trial clinici. Contattata da ItaliaOggi, l'azienda ha fatto sapere che l'interruzione della produzione di sigmacillina, questo il nome di genere con cui è commercializzato il farmaco distribuito dalla Sigma Tau, è stata segnalata all'Agenzia italiana del farmaco e che si sta lavorando per riavviare la produzione per metà novembre;

   per acquistare il farmaco in Svizzera, costi di viaggio a parte, servono 235 franchi per un rifornimento di 6 fiale di Tardocillin (uno dei nomi con cui viene commercializzato all'estero), l'equivalente di 202 euro, quando in Italia chi ha contratto una malattia rara, ha una tessera speciale e non paga a vita il ticket –:

   di quali ulteriori informazioni sia a conoscenza la Ministra interrogata sulla vicenda esposta in premessa;

   in quale modo la Ministra interrogata intenda dare seguito a quanto stabilito dalle regole sulla continuità terapeutica, garantendo la disponibilità dei farmaci, inclusi quelli equivalenti;

   quali iniziative intenda intraprendere la Ministra interrogata in relazione all'emergenza penicillina e, in particolare, come verranno avvisati i malati nella gestione della fase transitoria e soprattutto chi potrà vedere rimborsati i medicinali acquistati all'estero.
(4-18528)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio 2016 Nicola Cantone veniva nominato dal presidente della regione Campania direttore generale dell'azienda ospedaliera «Ruggi» di Salerno;

   per accedere a tale carica, la legge prescrive che bisogna figurare in un apposito elenco, dove tra gli altri, requisito essenziale è l'aver svolto una funzione da direttore in una struttura accreditata col sistema sanitario nazionale;

   da quanto si apprende da un'inchiesta condotta da «la Repubblica» Nicola Cantone sarebbe stato inserito nella lista dei pretendenti manager, al seguito di una falsificazione di quest'ultimo requisito, fondamentale ai fini della nomina;

   il presidente delle regione quando si occupò dell'area salernitana, pur di far posto a Cantone, che sarebbe poi diventato manager del Ruggi, decise di spostare Vincenzo Viggiani, (commissario fino a febbraio 2016 proprio del Ruggi), alla direzione dell'azienda ospedaliera universitaria Federico II;

   pochi mesi dopo lo stesso Cantone, diventato manager sulla scorta di un documento falso, nominò al Ruggi come primario «facente funzione» di cardiochirurgia Enrico Coscioni, consigliere di De Luca alla sanità regionale;

   lo stesso Enrico Coscioni sarà, successivamente alla sua nomina, indagato sulla questione della nomina dei manager;

   al seguito di quanto scoperto dal quotidiano «la Repubblica» si è aperta un'indagine da parte della regione, sui requisiti del curriculum di Nicola Cantone;

   all'inizio di novembre 2017, la direzione sanità, competente per l'istruttoria, ha proposto alla giunta la cancellazione dall'albo del direttore in questione, con conseguenziale decadenza dall'incarico. La giunta regionale «ha preso atto della proposta della Direzione Generale e ha adottato i provvedimenti»;

   Mario Iervolino, ex sindaco di Ottaviavo e attuale direttore sanitario dell'azienda ospedaliera Rummo di Benevento, è stato scelto dalla regione come successore di Cantone alla guida dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona. Il quotidiano Il Mattino ha rivelato che l'indicazione di Iervolino non avrebbe raccolto il consenso del rettore dell'ateneo salernitano Aurelio Tommasetti. Alla base del «no» una valutazione del curriculum professionale del designato che non presenta – a giudizio dell'amministrazione universitaria – un profilo adeguato all'importanza dell'incarico particolarmente delicato, gravoso e complesso;

   la vicenda dell'azienda ospedaliera «Ruggì D'Aragona» ripropone drammaticamente il tema del controllo politico della sanità –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza e anche sul piano normativo, affinché venga posta fine al fenomeno di politicizzazione delle procedure di nomina nelle aziende ospedaliere;

   se il Governo non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie pubbliche sia di respiro nazionale, totalmente autonoma da dinamiche caratterizzate da interessi particolaristici e libera da qualsiasi condizionamento di carattere politico.
(4-18529)


   PALMIZIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'ospedale di Fidenza di Vaio si trova in via Don Enrico Tincati 5 (comune di Fidenza, provincia di Parma), è dotato di 227 posti letto e comprende tutte le specialità di base e le funzioni specialistiche (neurologia, urologia, ortopedia, cardiologia, ostetricia e ginecologi, terapia iperbarica, rianimazione, pronto soccorso, astanteria e medicina d'urgenza, oltre ai servizi di laboratorio e radiologia), nonché servizi diagnostici (risonanza magnetiche e Tac spirale) e terapie intensive;

   la domanda crescente di funzioni sanitarie ha fatto sì che l'ospedale ricevesse ingenti finanziamenti per lavori di ristrutturazione (terminati lo scorso autunno) e di potenziamento della struttura (tutt'ora in corso dopo una lunga sosta dovuta all'insolvenza di Unieco, colosso cooperativo aggiudicataria dei lavori) e precisamente: 15,6 milioni di euro (306.000 euro dalla regione Emilia-Romagna, 9.480 milioni di euro da risorse proprie dell'Ausl di Parma e il resto derivanti dai programmi di investimenti in sanità dello Stato);

   nonostante gli ingenti finanziamenti, l'ospedale si rende tutt'ora protagonista di molteplici disservizi nei confronti di cittadini e pazienti, motivo per cui il consiglio comunale di Fidenza si è riunito in sessione straordinaria e su richiesta dei gruppi di minoranza il 27 gennaio 2016. Durante la seduta le richieste hanno riguardato la garanzia di livelli prestazionali, la riduzione dei tempi di attesa al pronto soccorso e la riduzione dei tempi di completamento dei cantieri tuttora aperti;

   la seduta straordinaria non ha, però, sortito gli effetti sperati, visto che sussistono attese interminabili al pronto soccorso, con notevoli disagi per i pazienti, e risultano, ad oggi, cantieri ancora aperti;

   il 31 ottobre 2017 un fatto grave ha posto una lente di ingrandimento sull'ospedale: un paziente di 33 anni è deceduto dopo una serie di interventi chirurgici all'apparato gastrico;

   secondo gli organi di informazione il paziente sarebbe deceduto a seguito di ripetuti interventi chirurgici all'apparato gastrico necessari dopo gravi complicanze sopraggiunte durante la degenza post- operatoria dall'intervento iniziale del 15 settembre 2017;

   l'Ausl di Parma avrebbe comunicato che il paziente si sarebbe recato all'ospedale a seguito di sintomi di patologia cronica gastroduodenale di natura benigna e, per accertare l'evolversi dei fatti, ha avviato un'indagine interna all'unità operativa responsabile del caso (chirurgia);

   la procura di Parma ha aperto un'inchiesta iscrivendo nel registro degli indagati sei medici dell'ospedale di Vaio;

   numerose segnalazioni hanno rimarcato il fatto che, negli ultimi anni, l'ospedale di Vaio abbia subìto un progressivo ridimensionamento in relazione alla qualità del personale sanitario e delle eccellenze professionali dei singoli reparti rispetto al passato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per fare chiarezza sulle gravi criticità segnalate e sui tragici accadimenti recenti nella struttura;

   se il Ministro interrogato non intenda adottare ogni iniziativa di competenza per monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nell'area in questione con particolare riguardo ai tempi di attesa presso il pronto soccorso.
(4-18534)


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le recenti cronache hanno riportato la tragica notizia della morte per setticemia, a seguito di parto in casa, della signora Erica Collu;

   sul triste evento, avvenuto in provincia di Cagliari, sono in corso le indagini della magistratura ed è stata disposta una consulenza tecnica da parte del pubblico ministero incaricato;

   il tema della sicurezza nel momento del parto, quand'anche avvenga a domicilio, è di assoluta rilevanza e ha un ruolo centrale anche nell'esame in corso, presso la XII Commissione affari sociali della Camera, delle proposte di legge sulla promozione del parto fisiologico;

   nel corso del suo mandato, in occasione di eventi drammatici occorsi in occasione o dopo parti avvenuti nelle strutture ospedaliere, il Ministro interrogato ha regolarmente disposto l'invio di ispettori ministeriali per approfondire quanto accaduto;

   la necessità di comprendere le cause di tali eventi è importante anche nell'ottica di arrivare, sulla base di dati ed evenienze risultanti dal lavoro degli ispettori ministeriali, a individuare misure utili in materia di sicurezza del parto;

   a parere dell'interrogante, è altrettanto importante — proprio per raggiungere le finalità sopra evidenziate — che vi sia un'attenta azione ministeriale anche per vicende avvenute in casa, come quella che ha riguardato la signora Erica Collu –:

   se il Ministro interrogato, non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per appurare quanto avvenuto nella vicenda esposta in premessa;

   se il Ministro interrogato non ritenga che sia utile e indifferibile — a tutela della salute delle donne — assumere iniziative per apprestare una normativa più dettagliata e cogente riguardo alle condizioni e alle modalità del parto in casa.
(4-18537)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 218 del 2016 (Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca ai sensi dell'articolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 124) definisce all'articolo 1 l'insieme degli Epr, enti pubblici di ricerca, e all'articolo 19, comma 4, il personale destinatario della ricerca;

   in particolare, l'articolo 19, comma 4, tratta del personale dell'Anpal, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e del settore ricerca dell'Inail, già dell'Ispesl, Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;

   in una prima stesura dell'atto di indirizzo all'Aran predisposta dal Dipartimento della funzione pubblica il suddetto personale, di cui appunto all'articolo 19, comma 4, era ricompreso nella contrattazione rivolta agli Epr;

   agli interroganti risulta che successivamente a seguito di contatti con il Ministero dell'economia e delle finanze è stato modificato l'atto indicando nello stesso i soli destinatari di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 218 del 2016 e all'articolo 5, comma 1, del contratto collettivo nazionale quadro del 13 luglio 2016, disattendendo di fatto quanto previsto dall'articolo 19, comma 4;

   a tal proposito, non si comprende quali possano essere state le motivazioni che hanno indotto ad una scelta simile, posta in essere oltretutto attraverso un atto amministrativo che essendo una fonte secondaria ha operato nei fatti in difformità rispetto a quanto previsto dalla legge –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative per inserire, nell'atto di indirizzo all'Aran per il comparto delle istituzioni della ricerca, il riferimento anche al personale di cui all'articolo 19, comma 4, del decreto legislativo n. 218 del 2016, considerando che l'attuale esclusione comporterebbe un danno anche per il personale a tempo determinato.
(5-12741)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   MUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   manca ancora luce e acqua in molte aree dell'Appennino bolognese (e non solo) dopo la nevicata del 13 novembre 2017, uno scenario che tristemente ricorda quello vissuto nel 2015;

   questa volta non si può certo parlare di condizioni inattese: i meteorologi avevano infatti avvisato dell'arrivo dell'ondata di maltempo, con nevicate abbondanti anche a quote collinari;

   i servizi di protezione civile dell'Appennino bolognese avevano per tempo diramato l'allerta rossa, avvisando tutti i cittadini tramite i sistemi di allerta a disposizione (messaggistica, telefonia mobile, social network);

   la neve è arrivata non oltre quota 30 centimetri, ma questo è stato sufficiente a creare estremi disagi. Nonostante i comuni si siano trovati pronti a gestire l'emergenza utilizzando le risorse disponibili per liberare le strade, sono i gestori di servizi (luce elettrica e, come diretta conseguenza, acqua e telefonia) a trovarsi ancora una volta impreparati;

   gli alberi o i rami caduti erano malati o non stati mantenuti durante la stagione estiva. Supermercati, negozi e farmacie sono rimasti chiusi;

   non ci sono notizie per la popolazione che vive scaldandosi con camini e stufe (chi le ha) ed a lume di candela. Risultano interrotte anche le comunicazioni telefoniche. La situazione è la stessa di qualche anno fa, quando ci vollero otto giorni per ripristinare la corrente elettrica;

   mentre la protezione civile, i vigili del fuoco, i dipendenti comunali e le ditte incaricate stanno operando per ripristinate la viabilità interrotta dalla caduta degli alberi, mancano notizie dall'Enel, con la conseguente segnalazione fatta dai comuni all'unità di crisi della prefettura;

   ancora una volta i primi cittadini sono chiamati pertanto a gestire da soli l'emergenza, individuando spazi in locali per ospitare le persone che sono senza luce e riscaldamento –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Governo al fine di riportare alla normalità la vita dei cittadini colpiti da tali eventi calamitosi, evitando che le criticità di cui in premessa si ripetano ogni stagione invernale, lavorando dal punto di vista strutturale.
(3-03365)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 13 novembre 2017 il nuovo amministratore delegato di Poste Italiane spa Matteo Del Fante è stato audito dalle Commissioni riunite ambiente e trasporti della Camera dei deputati in merito alla situazione complessiva del gruppo e della rete degli uffici postali;

   l'amministratore Del Fante, nel delineare il quadro complessivo e i numeri dell'azienda (33 milioni di clienti, con oltre due milioni e mezzo di operazioni al giorno), ha escluso ulteriori chiusure e rimodulazioni orarie di uffici postali nei comuni con popolazione minore di 5.000 abitanti, anche alla luce delle disposizioni relative ai servizi postali previste dalla legge sui piccoli comuni approvata di recente (articolo 9 della legge 6 ottobre 2017, n. 158);

   nelle scorse settimane, si era evidenziata da più parti l'esigenza di aprire una fase diversa nel rapporto tra i territori e l'azienda: le affermazioni portate in sede parlamentare dall'amministratore delegato sembrerebbero preludere all'avvio di una nuova stagione, con l'obiettivo di lasciarsi alle spalle un periodo di incertezze e disservizi, i cui effetti si sono scaricati troppo spesso su cittadini ed enti locali;

   diventa ora necessario riuscire a mettere in primo piano le potenzialità di un sistema così capillare e importante: i servizi connessi con l'arrivo della banda larga, il nuovo piano nazionale della logistica, i servizi di cittadinanza innovativi che potranno essere erogati sfruttando la presenza di Poste Italiane in tutto il territorio nazionale con i sui 12.822 uffici postali –:

   se il Ministro interrogato intenda interloquire con l'azienda Poste Italiane anche per cercare di rivedere — ed eventualmente sospendere — il sistema di recapito a giorni alterni, valutandone obiettivamente l'impatto sul servizio e sui territori, con particolare riferimento alle aree più marginali e ai piccoli comuni del nostro Paese.
(5-12729)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Zampa e altri n. 2-02017, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rocchi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Silvia Giordano e altri n. 5-08352, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nesci.

  L'interrogazione a risposta in commissione Bueno e altri n. 5-12671, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crimi.

  L'interrogazione a risposta immediata in commissione De Rosa e altri n. 5-12714, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zolezzi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Nuti n. 4-16088 del 29 marzo 2017;

   interrogazione a risposta in commissione Ginefra n. 5-12604 del 6 novembre 2017;

   interrogazione a risposta in commissione Galgano n. 5-12614 del 7 novembre 2017;

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in commissione Palazzotto e Marcon n. 5-12122 del 12 settembre 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18508;

   interrogazione a risposta in commissione Lodolini e Giulietti n. 5-12128 del 13 settembre 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18509;

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta immediata in commissione Crippa e altri n. 5-12710 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 886 del 15 novembre 2017.

  Alla pagina 51500, seconda colonna, dalla riga trentasettesima alla riga trentottesima, deve leggersi: «e orientarli invece all'efficienza energetica, al sostegno alle energie rinnovabili e alla sicurezza del sistema.», e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CAPONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente un incidente tra due treni delle Ferrovie sud-est nel Salento sulla tratta Lecce-Otranto ha fatto temere una vera e propria tragedia, come già nella tragedia di Corato di un anno fa, il cui epilogo è stato in ogni caso estremamente rilevante: dieci persone contuse 5 feriti immediatamente trasportati nell'Ospedale «Vito Fazzi» di Lecce;

   al momento la dinamica dell'incidente, così come riportato dalla stampa, si presenta incerta: si è trattato di uno schianto frontale dovuto «forse a un problema tecnico, forse a un problema umano»;

   di certo si sa che intorno alle 17 del pomeriggio sulla linea ferroviaria Lecce-Otranto, passando per Zollino, nel tratto tra San Donato e la frazione di Galugnano, binario unico, un treno era fermo, mentre l'altro viaggiava a velocità contenuta. «Stando alla ricostruzione fornita dalle Ferrovie dello Stato», si legge negli articoli di stampa, «pare che uno dei due convogli fosse fermo in attesa del segnale che lo autorizzasse a procedere verso la stazione di Galugnano, quando l'altro treno, non rispettando il “rosso”, sarebbe partito in direzione Lecce. Su quel tratto di rettilineo il binario è unico, quindi lo schianto è stato inevitabile. Al vaglio però anche altre ipotesi, legate per esempio a un malfunzionamento del sistema di bloccaggio e sbloccaggio dei freni e al freno a mano di emergenza, oltre che alla pendenza dei binari di Galugnano»;

   sul luogo dell'incidente, dove la macchina dei soccorsi si è allertata immediatamente, sono giunti il procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone de Castris, insieme con il pubblico ministero di turno, Giovanni Gagliotta, che hanno disposto il sequestro delle scatole nere dei due treni coinvolti nello scontro. Nell'indagine avviata al momento non è ipotizzato nessun reato, in attesa dell'acquisizione dei primi elementi di prova;

   il gravissimo incidente testimonia, ancora una volta, la necessità e l'urgenza di eliminare qualsiasi tipo di inefficienza ed evidente criticità sulla rete – soprattutto nel Salento – delle Ferrovie sud-est, il cui passaggio a Ferrovie dello Stato italiane, dopo il periodo della positiva gestione commissariale, ha indotto l'intero territorio a immaginare un suo rilancio e la trasformazione della rete in metropolitana di superficie –:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti sopra esposti; se non ritengano di dover fornire circostanziati elementi su quanto accaduto; se siano in atto iniziative da parte del Governo, e di quale natura, perché il rilancio legato al passaggio di Ferrovie del Sud Est alle Ferrovie dello Stato, nonché le risorse erogate a sostegno dell'efficientamento della rete e del servizio questi anni, possano dare i risultati attesi in questo modo ponendosi al servizio del territorio salentino e del suo rilancio.
(4-18226)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Circa l'efficientamento della rete e del servizio ferroviario, il nuovo schema di contratto 2017-2021 MIT-RFI Parte investimenti è stato recentemente trasmesso al dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica per l'espressione del parere da parte del CIPE.
  In particolare, il saldo dei finanziamenti contrattualizzati con il nuovo contratto è pari a +13.26 milioni di euro, tenuto conto delle variazioni in aumento (+13.925 milioni di euro) e di quelle in diminuzione (-666 milioni di euro). La maggior parte delle nuove risorse derivano dalla legge di bilancio 2017, con 9.860 milioni di euro a valere sul fondo istituito ai sensi dell'articolo 1, commi 140-142, della predetta legge destinati alle ferrovie, cui si aggiungono i 210 milioni di euro destinati alla nuova linea Ferrandina-Matera La Martella. Vi sono poi, tra le altre, le risorse del fondo sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020, pari a 2.289 milioni di euro, del decreto-legge n. 193 del 2016 pari a 720 milioni e quelle dei programmi (programmi operativi nazionali) con circa 477 milioni.
  Con le nuove risorse, in coerenza con il nuovo corso avviato con l'allegato al DEF 2016 Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica e con il successivo allegato al DEF 2017 Connettere l'Italia: fabbisogni e proietti di infrastrutture, tenuto conto delle effettive necessità di finanziamento e delle richieste manifestate dalle regioni, verranno finanziati importanti interventi inerenti la sicurezza e l'adeguamento ad obblighi di legge, per un importo complessivo di circa 2 miliardi di euro. Tali risorse consentiranno il proseguimento di interventi necessari a contenere i rischi nelle gallerie, nelle zone sismiche e in quelle soggette a dissesto idrogeologico, oltre ad interventi per la salvaguardia dell'ambiente e la mitigazione del rumore, per la soppressione dei passaggi a livello e la protezione in sicurezza delle rimanenti interferenze strada-ferrovia, nuove esigenze connesse al Piano sicurezza armamento nonché per l'avvio del nuovo programma di adeguamento a STI (Specifiche Tecniche di Interoperabilità).
  Circa 690 milioni di euro sono poi destinati a interventi finalizzati all'ammodernamento tecnologico della dotazione delle linee e degli impianti ferroviari per adeguare l'efficienza alla crescente richiesta di mobilità ed eliminare gli impianti tecnologicamente superati e obsoleti nonché proseguire l'attrezzaggio della rete con l'ERTMS (European Rail Traffic Management System).
  Alla valorizzazione delle reti regionali vengono destinati ulteriori 1,3 miliardi di euro, con interventi rivolti alla valorizzazione delle reti regionali per dare ulteriore impulso al rilancio del TPL con la realizzazione anche degli interventi individuali di concerto con le regioni nell'ambito del programma FSC 2014-2020. Ulteriori iniziative riguardano il potenziamento tecnologico di linee di bacino, per migliorarne l'indice di regolarità e risolvere situazioni puntuali di interferenza tra i flussi di traffico.
  In particolare, sono previsti oltre 80 milioni, che si aggiungono ai 246 milioni già previsti nell'aggiornamento 2016 del contratto di programma per
l'upgrading infrastrutturale e tecnologico dei bacini sud e delle isole con interventi di potenziamento tecnologico e infrastrutturale delle linee interessate dal traffico regionale.
  Nello specifico, per la regione Puglia sono previsti tre interventi completamente finanziati con le risorse FSC 2014-2020:

   intervento di penetrazione urbana nella città di Manfredonia per 50 milioni di euro;

   progetto di elettrificazione della tratta Barletta-Canosa per 26 milioni di euro;

   recupero dell'ex stazione ferroviaria Nasisi sulla linea Taranto-Brindisi per un importo di 22 milioni di euro.

  Gli stanziamenti allocati con lo schema del contratto di programma 2017-2021 parte investimenti consentiranno quindi di portare avanti numerosi interventi a favore della sicurezza e della valorizzazione delle reti regionali, compresa quella nella regione Puglia.
  Quanto alle iniziative poste in essere nell'immediatezza dell'evento del 13 giugno 2017, la direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha prontamente dato incarico ad un proprio investigatore iscritto nell'elenco degli esperti esterni di recarsi sul luogo per effettuare un primo sopralluogo, il giorno successivo ha dato incarico a due investigatori di cui al citato elenco di avviare l'attività investigativa tecnica di sicurezza. A partire dalla data del 15 giugno gli investigatori hanno a disposizione 150 giorni per effettuare l'attività investigativa e per la consegna della relazione finale di indagine.
  Anche l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF) riferisce di aver chiesto, già il giorno 15, alle strutture operative di Ferrovie del sud est (FSE) la trasmissione di una relazione, poi trasmessa da FSE e dalla quale è possibile desumere la dinamica dell'incidente, il regime di circolazione e il sistema di esercizio su tale linea ferroviaria, su cui non sono presenti sistemi di protezione della marcia dei treni.
  Con la suddetta relazione FSE comunica inoltre che, a seguito dell'intervento della polizia giudiziaria di Lecce, è stato disposto il sequestro dei mezzi, dei libri di bordo e delle zone tachigrafiche degli stessi, inoltre sono stati scaricati e consegnati alla polizia giudiziaria i dati relativi a tutti gli enti, al registro cronologico eventi nonché i dati relativi agli stessi enti prelevati sul posto centrale di Novoli sede del dirigente centrale operativo.
  Tenuto conto che FSE rientra nell'ambito di applicazione del decreto ministeriale 5 agosto 2016, nel primo semestre del 2017 ANSF ha effettuato, presso la società FSE, attività di
audit sulla business unit infrastruttura, in qualità di gestore dell'infrastruttura, e attività ispettive sulla business unit trasporto ferroviario, in qualità di impresa ferroviaria.
  Dalle suddette attività sono emerse in particolare carenze relative:

   all'organizzazione delle attività operative con cui garantire l'attuazione dei processi di gestione dell'esercizio e dei processi di manutenzione;

   alle valutazioni di adeguatezza delle misure gestionali ed operative in atto;

   al monitoraggio dello svolgimento delle attività da parte del proprio personale di condotta ed accompagnamento.

  È stato pertanto richiesto alla business unit infrastruttura e alla business unit trasporto ferroviario di fornire, in quanto responsabili del funzionamento sicuro della propria parte di sistema, un dettagliato piano di azioni e tempi per il superamento delle carenze indicate e le evidenze della relativa ottemperanza.
  In merito al soddisfacimento dei requisiti della nota Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie del 29 giugno 2016 Provvedimenti urgenti in materia di sicurezza dell'esercizio ferroviario, la società FSE ha trasmesso un programma di attrezzaggio tecnologico che prevede in particolare l'installazione di:

   sistemi automatici di protezione della marcia dei treni, entro il 2021;

   dispositivi di rilevamento automatico delle anormalità dei veicoli, entro marzo 2020;

   dispositivi tecnologici di apertura a richiesta nel caso dei passaggi a livello in consegna ai privati, entro dicembre 2019;

   collegamenti di sicurezza, con vincolo al segnale, per tutti gli enti dell'infrastruttura, entro giugno 2019;

   misure di protezione e controllo per lo svolgimento in sicurezza delle attività di manutenzione di impianti di sicurezza e segnalamento, entro dicembre 2019.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   CORDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la continuità territoriale è uno strumento legislativo europeo che ha lo scopo di garantire i servizi di trasporto ai cittadini abitanti in regioni disagiate della nazione a cui appartengono;

   il trasporto, infatti, se da un lato si configura come attività di tipo prettamente economico, all'altro, rappresenta l'elemento costitutivo del «diritto alla mobilità» tutelato sul fronte nazionale in via principale dal, articolo 16 della Costituzione, e più in generale esplicazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

   le politiche nazionali volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale sono sempre risultate del tutto inadeguate, in particolar modo con riguardo alla Sardegna, che è la regione che più di tutte soffre della propria distanza dal continente europeo;

   compagnie low cost scappano dalle isole e con esse anche le multinazionali. Questo significa la mancanza di una continuità territoriale, ma significa anche la mancanza di una possibilità di concorrenza rispetto al prezzo dell'energia. Le isole – ha specificato il rappresentate parlamentare del PPE – non possono, con le loro piccole e medie imprese, raggiungere il processo di internazionalizzazione che servirebbe per accrescere la loro competitività, perché vivono un contesto strategicamente abbandonato;

   è allarmante il dato che già per l'estate in corso siano stati cancellati già moltissimi voli della compagnia Ryanair su Alghero e Cagliari, causando non pochi disagi nel traffico aereo sia per i residenti che per i turisti;

   la continuità territoriale da e per la regione Sardegna consente di godere di tariffe scontate nelle rotte da e per l'isola nei trasporti aerei rispetto al normale costo del biglietto. Possono godere della riduzione le seguenti categorie: i cittadini residenti e/o nati in Sardegna, i giovani fino al 21o anno d'età, gli studenti fino al 27o anno, disabili, anziani oltre i 70 anni;

   seguito del riconoscimento dello stato di insularità da parte dell'Unione europea in vigore da luglio, è necessario intervenire onde garantire la continuità territoriale, in quanto i collegamenti insufficienti e costosi incidono negativamente per una regione, come la Sardegna, che fonda sul turismo parte rilevante del proprio sviluppo economico e anche sociale e corre il rischio di veder aggravata la condizione di crisi con conseguenze particolarmente negative anche sui diritti dei cittadini e delle imprese sarde –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, anche in raccordo con la in materia di collegamenti da e per la Sardegna, compresi quelli per le isole minori, chiarendo, in particolare se ritenga di agire in funzione di un complessivo rilancio economico e sociale dell'isola perché il trasporto aereo – persone e merci – sia uno dei segmenti su cui fondare lo sviluppo della Sardegna, anche come spazio logistico per collegamenti europei ed extra europei, soprattutto avuto riguardo all'intero bacino del Mediterraneo; quali iniziative di competenza intenda, assumere al fine di far fronte alla grave situazione che si sta creando con la cancellazione dei voli.
(4-13861)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Si evidenzia, preliminarmente, che ai sensi dell'articolo 1, comma 837, della legge n. 296 del 2006, le funzioni relative alla continuità territoriale sono state trasferite in capo alla regione Sardegna. Su tali basi, è sin da allora in corso una fattiva collaborazione con la regione Sardegna al fine di assumere le più idonee iniziative congiunte volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale, segnatamente attraverso l'imposizione di oneri di servizio pubblico (OSP) sui servizi aerei di linea.
  In particolare, in ragione dell'indubbio svantaggio geografico che caratterizza la Sardegna, il decreto ministeriale n. 61 del 2013 ha a suo tempo imposto OSP sui collegamenti aerei tra i principali aeroporti sardi e gli scali di Roma e Milano (cosiddette rotte CT1), che proprio nel mese di ottobre del corrente anno giungono alla loro naturale scadenza e che necessitano di essere rivisti tenendo conto del mutato contesto di riferimento.
  In data 21 dicembre 2016 si è quindi tenuta la prescritta conferenza di servizi che ha deciso di prorogare i predetti OSP e di modificare, nel contempo, i parametri su cui articolare la continuità territoriale aerea sarda già regolamentata dal citato decreto ministeriale n. 61 del 2013. Sulla base delle determinazioni dell'anzidetta conferenza, ed in linea con le attuali esigenze del mercato del trasporto aereo e del territorio, è stato emanato il decreto ministeriale n. 91 del 23 marzo 2017, che ha imposto, a partire dal 27 ottobre 2017 (data poi prorogata, per ragioni di carattere amministrativo, al 9 novembre 2017 in forza del decreto ministeriale n. 281 del 13 giugno 2017), nuovi OSP sulle rotte Alghero-Roma Fiumicino e viceversa, Alghero-Milano Linate e viceversa, Cagliari-Roma Fiumicino e viceversa, Cagliari-Milano Linate e viceversa, Olbia-Roma Fiumicino e viceversa, Olbia-Milano Linate e viceversa e, contestualmente, ha disposto alla medesima data la cessazione degli effetti del vigente regime d'imposizione previsto dal decreto ministeriale n. 61 del 2013.
  La nuova imposizione, proprio per tener conto delle esigenze di mobilità della popolazione interessata ed al fine di favorire lo sviluppo della Sardegna, ha previsto un incremento dell'operativo rispetto al decreto ministeriale n. 61 del 2013, nonché un regime tariffario unico per residenti, soggetti ad essi equiparati e non residenti, per dieci mesi all'anno e differenziato, con tariffa agevolata per i residenti e un tetto massimo per i non residenti, nei restanti due mesi (luglio e agosto).
  Poiché nessun vettore si è dichiarato disponibile ad operare i collegamenti aerei onerati con decreto ministeriale n. 91 del 2017 senza compensazione finanziaria, sono state quindi bandite le gare europee di cui all'articolo 17 del Regolamento (CE) n. 1008/2008, il cui esito è stato comunicato dalla regione Sardegna ad agosto 2017. In particolare la regione ha informato questo ministero che le gare relative alle rotte Cagliari-Roma Fiumicino e viceversa, Cagliari-Milano Linate e viceversa sono andate deserte, mentre i collegamenti onerati da e per Alghero ed Olbia sono risultati potenzialmente aggiudicabili ai vettori che ne avevano fatto richiesta.
  Nel mentre, in sede di esame dei bandi in questione, la Commissione europea ha ritenuto di richiedere alla regione Sardegna una pur parziale riponderazione dei servizi soggetti ad OSP, al fine di renderli pienamente coerenti con i parametri individuati dal Regolamento (CE) n. 1008/2008; ne è derivato un fattivo dialogo tra questo dicastero, la regione Sardegna e la Commissione europea finalizzato ad individuare le forme impositive più opportune ed in linea con la normativa di riferimento.
  In particolare, al fine di consentire alla regione Sardegna di individuare le soluzioni più idonee a contemperare l'accresciuta esigenza di mobilità dell'utenza con il pieno rispetto della normativa comunitaria, questo dicastero ha deciso, con il decreto ministeriale n. 498 del 25 ottobre 2017, di estendere la validità del precedente regime impositivo di cui al decreto ministeriale n. 61 del 2013 fino all'approvazione di una soluzione condivisa, che sarà concordata con la Commissione europea già nelle prossime settimane, sempre nell'ottica di realizzare un sistema di trasporto aereo adeguato ed in linea con le più recenti esigenze di sviluppo della regione.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   DI LELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Giugliano, terza città della Campania, è il comune non capoluogo di provincia più vasto e popoloso d'Italia;

   la situazione ambientale di Giugliano è nota a livello nazionale per l'inquinamento del suolo e del sottosuolo a opera di eco-camorre che, attraverso un'attività iniziata già a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, fino al 2004, hanno smaltito illegalmente 30.700 tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti anche dalla bonifica dell'Acna di Cengio;

   la criticità in cui versa la situazione ambientale del territorio di Giugliano è dovuta alla presenza di oltre quaranta discariche (tra abusive e non), molte delle quali non bonificate e/o non messe in sicurezza, e di numerosi siti di stoccaggio provvisorio delle cosiddette ecoballe, tra cui quella del sito di Taverna del Re, nonché alle attività collegate alla presenza dello Stir per il trattamento dei rifiuti;

   a questo scempio si è unito l'inquinamento dell'aria e del suolo per la ricaduta delle particelle derivanti da fenomeni di autocombustione e dagli incendi dolosi di materiali plastici e di depositi abusivi che si succedono ininterrottamente; di recente, proprio nel sito di Taverna del Re, sono andati a fuoco quasi 200 quintali di ecoballe;

   considerato il drammatico protrarsi del fenomeno dei roghi tossici di rifiuti che avvengono soprattutto di notte e che avvelenano l'aria che respirano gli abitanti di Giugliano, è necessario conoscere le attuali, reali condizioni di inquinamento dell'area e gli inquinanti in essa presenti;

   risulta sia stata posta in essere da parte della società Sogesid un'attività di ricerca e studio dei flussi del sottosuolo della cosiddetta area vasta di Giugliano, di cui non si conoscono gli esiti;

   la circolazione delle informazioni sui dati ambientali dell'area vasta sono indispensabili al fine di poter valutare la situazione e fornire ai cittadini e alle istituzioni informazioni che rispecchino la verità, smentendo quanti sminuiscono o amplificano la drammaticità della situazione –:

   quali siano i risultati delle indagini svolte dalla società Sogesid e dal commissariato per le bonifiche relativamente alla presenza di inquinanti nelle falde acquifere e nel sottosuolo della cosiddetta area vasta di Giugliano;

   se siano stati effettuati ulteriori rilievi, negli ultimi mesi, dopo i recenti incendi e, in caso affermativo, quali ne siano gli esiti;

   quali informazioni intendano fornire in ordine alle bonifiche, con particolare riguardo all'attivazione dei fondi stanziati dal Governo;

   se i Ministri interrogati intendano porsi l'obiettivo di avviare un'attività di prevenzione relativa ai casi di ipotetica autocombustione delle ecoballe e agli incendi dolosi e quali siano le iniziative di competenza poste in essere per contrastare tali fenomeni criminosi.
(4-17405)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente le problematiche ambientali nel comune di Giugliano, sulla base degli elementi acquisiti dalla direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalle amministrazioni locali competenti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, si evidenzia che un'ampia porzione del territorio di Giugliano in Campania (NA) è stato ricompreso nel perimetro dell'ex sito di bonifica di interesse nazionale (SIN) «Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano», ai sensi della legge n. 426 del 1998.
  Successivamente, a seguito dell'applicazione del decreto ministeriale n. 7 dell'11 gennaio 2013 – che ha individuato i siti che non soddisfano i requisiti di cui all'articolo 252, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dall'articolo 36-
bis, comma 1, della legge n. 134 del 2012 — tale sito non è più ricompreso tra i siti di interesse nazionale.
  In conseguenza di ciò, il sito del litorale domitio flegreo ed agro aversano, nel quale ricadono porzioni del territorio del comune di Giugliano in Campania, è stato declassificato da sito di interesse nazionale a sito di interesse regionale ed è passato nelle competenze della regione Campania, la quale è subentrata nella titolarità dei relativi procedimenti tecnico-amministrativi, ai sensi dell'articolo 242 del predetto decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Ciò premesso, il territorio di Giugliano in Campania è interessato da interventi di caratterizzazione e bonifica, con specifico riferimento alle attività sulla cosiddetta «Area Vasta di Giugliano in Campania» (circa 210 ettari), all'interno della quale ricadono le discariche Resit e numerose altre discariche: Stoccaggio ecoballe «Fibe SpA» in località Ponte Riccio; discarica privata «Novambiente s.r.l.»; discarica «Fibe SpA», stoccaggio ecoballe «Fibe SpA» in località Giugliani; discarica consortile «Masseria del Pozzo-Schiavi»; area oggetto di spandimento fanghi non autorizzato (località San Giuseppiello). Le attività di bonifica, per quanto concerne le aree della cosiddetta area vasta, sono in capo all'ex commissario bonifiche.
  Tali attività, fino a luglio 2016, ricadevano nelle competenze del commissario di Governo ex ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3891 del 2010 e sono state affidate alla Sogesid s.p.a. nell'ambito di apposita convenzione del 7 ottobre 2010 avente ad oggetto «Interventi urgenti di messa in sicurezza bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno», per l'importo di euro 39.500.000,00.
  In seguito, i medesimi poteri commissariali sono stati soggetti a ripetute proroghe fino al 31 luglio 2016, con decreto-legge n. 210 del 31 dicembre 2015, convertito in legge n. 21 del 25 febbraio 2016.
  Peraltro, al fine di assicurare, in regime ordinario, la prosecuzione, senza soluzione di continuità, degli interventi finalizzati al superamento del contesto critico in atto nel territorio di cui trattasi, il capo dipartimento della protezione civile, d'intesa con la regione Campania e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, con propria ordinanza di protezione civile (O.C.D.P.C. n. 425 del 16 dicembre 2016), ha individuato la regione Campania quale amministrazione competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento delle iniziative finalizzate alla messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania (NA) e Laghetti di Castelvolturno (CE), nel territorio della regione Campania, di cui all'articolo 11 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3891 del 2010. La regione Campania, pertanto, è subentrata in tutti i rapporti attivi e passivi già facenti capo alla gestione commissariale ex ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 389 del 2010, nonché nei procedimenti giurisdizionali pendenti.
  Per tali fini, l'ordinanza ha, altresì, individuato il già commissario delegato ex ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3891 del 2010 quale responsabile delle iniziative finalizzate al subentro della regione nel coordinamento degli interventi finanziati, con oneri a carico della contabilità speciale n. 1731, allo stesso intestata fino al 31 luglio 2019.
  La stessa ordinanza prevede, inoltre, che il responsabile provveda ad inviare al dipartimento della protezione civile una dettagliata relazione semestrale sullo stato di avanzamento delle attività condotte per l'attuazione degli interventi di cui alla medesima ordinanza, con relativo quadro economico.
  Per completezza di informazione, si rende noto che il territorio di Giugliano in Campania è tutt'ora interessato da ulteriori attività di indagine sulle aree di cava e su altre specifiche aree segnalate dalla Procura della repubblica, ad opera della stessa Sogesid s.p.a., attraverso apposita convenzione con il Ministero dell'ambiente.
  Per quanto concerne l'inquinamento dell'aria derivante dagli incendi ripetutisi nel tempo, il funzionario delegato ex O.C.D.P.C. n. 425 del 2016, già commissario di Governo
ex legge n. 11 del 2013, ha affidato al consiglio nazionale delle ricerche – istituto sistemi agricoli e forestali mediterranei (CNR-ISAFOM), a seguito di apposita convenzione, uno studio finalizzato alla misura del tasso di emissione di biogas ed inquinanti gassosi dalle discariche del comune di Giugliano in Campania, in funzione delle variabili antropiche ed ambientali e a valutazione dell'impatto complessivo sulla qualità dell'aria dei comprensori limitrofi.
  Per quanto riguarda i punti d'acqua individuati nell'intorno dell'area vasta in località Masseria del Pozzo-Schiavi sita nel comune di Giugliano in Campania, il funzionario delegato ex O.C.D.P.C. n. 425 del 2016, nella relazione sulle attività svolte nel settembre 2017 e relative agli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano, riferisce che nel corso della riunione del 21 novembre 2014, tenutasi presso la sede dell'Arpa Campania, sono state concordate delle modifiche al capitolato tecnico allegato al progetto che prevede la realizzazione di una terza campagna di monitoraggio dell'acqua di falda estratta dagli stessi pozzi e piezometri già campionati nelle precedenti campagne. I lavori sono iniziati il 30 gennaio 2017 e sono attualmente in corso.
  Inoltre, al fine di procedere all'attuazione delle disposizioni dell'O.P.C.D.P.C. n. 425 del 2016, articolo 1 commi 1 e 2, gli interventi sono stati trasferiti in capo alla regione Campania.
  In particolare, la regione Campania è individuata quale amministrazione competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento delle iniziative finalizzate alla messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania (Napoli) e di Castelvolturno (Caserta). Per questo motivo, sono stati trasferiti alla regione gli interventi relativi alle aree agricole, area fibe (cava Giuliani-sito di stoccaggio cava Giuliani-sito di Stoccaggio Pontericcio), area eredi Giuliani.
  Per quanto riguarda le attività svolte dall'Arpa Campania, la stessa ha fatto presente che per l'area vasta è stato redatto il piano di caratterizzazione ai sensi del titolo V Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzato ad accertare lo stato di potenziale contaminazione delle matrici ambientali (suolo,
top-soil, acqua di falda) e la natura dei rifiuti abbancati. Tale piano è stato approvato in sede di conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell'ambiente in data 28 marzo 2008.
  In data 26 novembre 2010 è stata stipulata una convenzione tra Arpa Campania e il commissario di Governo ex ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3849 del 2010, individuato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come soggetto attuatore del piano di caratterizzazione dell'area vasta di Giugliano, avente ad oggetto la regolamentazione delle attività dell'ARPAC in riferimento all'attuazione del piano sopra richiamato e all'esecuzione di ulteriori attività richieste e relative a 170 pozzi individuati all'interno dell'area e all'esterno della stessa in aree limitrofe.
  I relativi risultati analitici, accompagnati da dettagliata relazione tecnica, sono stati trasmessi da ARPAC al commissariato di Governo. Le campagne condotte in tutto il perimetro d'indagine del CTU del tribunale di Napoli e gli accertamenti eseguiti hanno evidenziato una contaminazione diffusa della falda da diversi analiti, in particolare da solventi clorurati.
  Per quanto riguarda le indagini di caratterizzazione ambientale dell'area vasta, sulla base dei risultati delle indagini geofisiche, è stata discussa e definita
in primis l'ubicazione dei sondaggi e dei piezometri previsti nel piano di caratterizzazione approvato.
  In sintesi, le attività concordate, svolte sotto il controllo dell'ARPAC come da convenzione stipulata con il commissariato di Governo, per quanto concerne il 1° stralcio del piano, ha riguardato l'esecuzione delle attività d'indagine della discarica ex Resit cava X e cava Z. In base ai risultati delle indagini indirette eseguite, solo una parte di discarica è risultata protetta dal geotelo sottostante l'abbancamento di rifiuti.
  Ad ogni modo, tutti i risultati analitici e i relativi verbali di prelievo sono stati trasmessi ufficialmente al commissariato di Governo, così come previsto dalla convenzione in atto. Sulla base dei risultati ottenuti è stato predisposto il «Progetto definitivo di messa in sicurezza d'emergenza delle discariche ex Resit Cava X e Cava Z» in fase di esecuzione.
  Il 2° e 3° stralcio, come da contratto di aggiudicazione delle attività predisposto dal commissariato di Governo, ha riguardato indagini geognostiche ed ambientali relative alle seguenti aree del piano di caratterizzazione dell'area vasta: masseria dei Pozzo, ampliamento masseria del Pozzo, Schiavi, Novambiente, eredi Giuliani, piazzale adiacente impianto fotovoltaico, terreni in località San Giuseppiello, terreni agricoli. Le attività d'indagine relative a tale area sono iniziate nel mese di luglio 2012 e sono state ultimate nel 2015. È stata, inoltre, attuata l'attività di caratterizzazione delle restanti aree (siti di stoccaggio ecoballe) rientranti nel 4° stralcio ed è in fase di attuazione la 3ª campagna di monitoraggio della falda relativa ai 170 pozzi censiti. In particolare, per quanto riguarda l'attività di caratterizzazione del «Sito di stoccaggio località Cava Giuliani» l'ARPAC ha prelevato ed analizzato, in contraddittorio, n. 13 campioni di suolo, n. 1 campione di
top soil, n. 4 campioni di acqua di falda da due piezometri realizzati (un campione per la campagna di magra e uno per quella di piena, da ciascuno di essi) e n. 1 campione di percolato.
  Con riferimento alle attività di caratterizzazione del «Sito di stoccaggio Ponte Riccio» l'ARPAC ha prelevato ed analizzato, in contraddittorio, n. 30 campioni di suolo, n. 1 campione di
top soil, n. 4 campioni di acqua di falda da due piezometri realizzati (un campione per la campagna di magra e uno per quella di piena, da ciascuno di essi) e n. 2 campioni di percolato.
  In riferimento alle attività di caratterizzazione della «discarica Cava Giuliani» l'ARPAC ha prelevato ed analizzato, in contraddittorio, n. 8 campioni di suolo, n. 1 campione di
top soil, n. 4 campioni di acqua di falda da due piezometri realizzati (un campione per la campagna di magra e uno per quella di piena, da ciascuno di essi), 2 campioni di rifiuti e n. 2 campioni di percolato.
  Dalle analisi effettuate su tutte le aree di cui sopra e sul sito di San Giuseppiello è emerso che il percolato prodotto da ciascun sito è classificabile come rifiuto speciale non pericoloso, i rifiuti analizzati sono risultati non pericolosi, i terreni hanno presentato concentrazioni diffuse di metalli quali berillio, stagno, zinco superiori alle concentrazioni soglia di contaminazione per i siti ad uso commerciale industriale. Tali concentrazioni tuttavia sono probabilmente dovute a valori di fondo naturali come da studi ARPAC-ISPRA del 2010 e De Vivo 2013. Sono altresì state riscontrate, solo in alcuni
top soil, concentrazioni di idrocarburi pesanti superiori alle concentrazioni soglia di contaminazione.
  Si segnala, infine, che nel corso dei sopralluoghi effettuati dal personale tecnico di ARPAC, che ha presenziato a tutte le attività di campionamento svolte nelle aree in esame, è stata rilevata e segnalata la presenza diffusa di abbandono di rifiuti, sia speciali che urbani, in alcuni casi anche pericolosi e combusti, lungo i margini stradali e nelle aree limitrofe, tali da contribuire fortemente al degrado ambientale dell'intera zona, con probabili ripercussioni anche sullo stato di potenziale contaminazione delle matrici ambientali impattate.
  Per quanto riguarda gli aspetti relative ai rifiuti stoccati in balle depositati nel sito di Taverna del Re, la regione Campania ha evidenziato che, in attuazione del piano stralcio operativo di interventi, per lo smaltimento di una quota non superiore al 30 per cento dei rifiuti stoccati in balle presso siti dedicati della regione medesima, risalenti al periodo emergenziale 2000/2009, pari a circa 5.400.000 tonnellate, previo esperimento di gara con procedura aperta e con il criterio del maggior ribasso, ai sensi dell'allora vigente decreto legislativo n. 163 del 2006, è stata aggiudicata la rimozione di 476.794 tonnellate di rifiuti relative a cinque lotti sugli otto oggetto di gara. Sono in corso da parte delle società aggiudicatarie le relative operazioni di rimozione e smaltimento. Nel lotto 2 del sito di Masseria del Re di Giugliano, in cui risultano depositate 100.000 tonnellate di rifiuti speciali biodegradabili da rimuovere ai sensi della gara suindicata, si è verificato in data 17 giugno 2017 un incendio che ha interessato una porzione di una delle piazzole dell'area, così come riportato dal verbale di sopralluogo dell'ARPAC. Dallo stesso verbale si evince che la quantità di rifiuto combusto, pari a circa 200 tonnellate, è stata messa in sicurezza attraverso il tombamento con terreno e successiva apposizione di telo in HDPE.
  L'ARPAC Campania, nella successiva data del 18 settembre 2017, ha quindi provveduto ad analizzare i dati acquisiti dalla centralina di rilevamento della qualità dell'aria. A tal proposito, la predetta agenzia ha evidenziato che il monitoraggio della qualità dell'aria nell'area Asi di Giugliano è assicurato attraverso la strumentazione installata nella centralina presso il sito Stir.
  Durante il mese di giugno 2017, secondo quanto riferito da ARPAC, non si registrano superamenti dei valori di soglia fissati dalla normativa vigente in materia per le concentrazioni medie orarie di SO2, NO2, CO e O3. Le concentrazioni medie mensili, compresa quella del benzene, sono confrontate con i valori di soglia annuale; esse si attestano al di sotto dei limiti normativi, in coerenza con quanto registrato dalla rete regionale di monitoraggio della qualità dell'aria nello stesso periodo anche in considerazione della stagionalità delle emissioni inquinanti.
  Per le polveri sottili PM10, nel periodo in esame, sono stati registrati n. 9 superamenti del valore limite medio giornaliero, specie nella seconda decade del mese. La concentrazione media mensile di PM 2,5 si attesta al di sotto del valore minimo annuale, in coerenza con la stagionalità delle emissioni.
  Si deve, inoltre, aggiungere che, secondo quanto riportato dalla regione Campania, l'area in questione è oggetto di un finanziamento a favore dei comuni rientranti nel patto per la terra dei fuochi, per un importo totale di 7.000.000,00 a valere sul fondo sviluppo e coesione. Nella specie, nell'ambito dell'accordo di programma terra dei fuochi, il comune di Giugliano è beneficiario dell'intervento «Progetto di videocontrollo del territorio e di tutela ambientale nell'ambito delle iniziative previste dal Patto terra dei Fuochi» per importo di euro 1.000.000,00 da realizzare in partenariato con i comuni di Melito, Villaricca e Parete. Per l'intervento si è in attesa della trasmissione del progetto esecutivo da parte del comune, prevista per ottobre 2017. L'intervento prevede, per il territorio del comune di Giugliano, un sistema di 32 postazioni di videosorveglianza e, in particolare, l'installazione di alcune telecamere. Tale intervento prevede, inoltre, una centrale operativa ubicata presso il comando di polizia municipale del comune di Giugliano.
  A tal proposito, il comune di Giugliano riferisce che al momento è attiva sul territorio una centralina di rilevamento di CO2 impiantata e gestita dal comune e si sta provvedendo all'acquisto ed installazione anche di una centralina di rilevamento di PM 10.
  Della questione sono interessate anche altre amministrazioni, pertanto, qualora dovessero pervenire nuovi e utili elementi, si provvederà a fornire aggiornamenti.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero continuerà a tenersi informato e continuerà a svolgere un'attività di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti, anche al fine di valutare eventuali coinvolgimenti di altri soggetti istituzionali.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 67, che collega la regione Toscana alla regione Emilia-Romagna, da Pisa a Marina di Ravenna, è nota per i numerosi incidenti che occorrono, in particolare lungo il tratto romagnolo, con cadenza settimanale;

   fra i tratti che destano maggiore preoccupazione, vi è l'incrocio tra strada statale 67 e via Ladino nel comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole (Forlì Cesena);

   le diverse amministrazioni che si sono succedute nel suddetto comune sostengono di aver segnalato a più riprese la necessità della messa in sicurezza dell'ingresso della strada statale 67 ai centri abitati, ma ad oggi non sono ancora previsti interventi manutentivi che possano risolvere tale emergenza stradale;

   va ricordato che di recente, grazie al proficuo lavoro tra l'Anas e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, hanno avuto luogo importanti lavori di manutenzione lungo il tratto della «Tosco-Romagnola», che hanno riguardato i comuni di Rocca San Casciano, Dovadola e Portico di Romagna –:

   se e quali iniziative si intendano adottare per la messa in sicurezza dell'incrocio citato;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per favorire il mantenimento del presidio di polizia stradale di Rocca San Casciano, indispensabile per non abbassare il livello di attenzione su questa arteria così pericolosa;

   se non si ritenga opportuno approntare un progetto complessivo di ammodernamento del tratto romagnolo della strada statale 67, per il quale non sono previsti interventi di grande impatto a differenza di quanto disposto per la parte toscana oggetto di importanti e necessari investimenti.
(4-17777)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società Anas si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In data 11 settembre 2017 si è svolta una riunione tra i rappresentanti di Anas rappresentanti del comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC) al fine di valutare i possibili interventi di modifica dell'incrocio a raso tra la strada statale 67 "Tosco-Romagnola" e la via Ladino nel predetto comune.
  Anas evidenzia che la nuova soluzione individuata rappresenta un primo passo per migliorare la sicurezza dell'incrocio esistente e risulta propedeutica allo studio di fattibilità per la realizzazione di una rotatoria, in compartecipazione con la citata amministrazione comunale, tale da ripristinare tutti i flussi di traffico in maggiore sicurezza.
  In particolare è stato concordato di impedire le svolte dalla strada statale 67 sulla via Ladino e l'attraversamento della statale 67, consentendo esclusivamente le immissioni e le uscite in direzione via Ladino.
  Sarà, quindi, possibile raggiungere terra del sole mediante altre intersezioni situate prima e dopo l'incrocio tra statale e via Ladino, indicate adeguatamente mediante specifica segnaletica verticale e orizzontale.
  Inoltre Anas segnala che il comune di Castrocaro Terme per garantire il rispetto dei limiti di velocità imposti in corrispondenza dell'incrocio, sta valutando l'opportunità di installare nuovi autovelox.
  Infine, per quanto riguarda l'ammodernamento del tratto romagnolo dell'arteria in questione, Anas riferisce che al momento non sono previsti interventi.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   D'ATTORRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio comunale di Fiano Romano insiste la barriera autostradale di Roma nord, sull'autostrada A1, per consentire il transito in entrata ed in uscita dalla Capitale;

   detta barriera viene utilizzata anche dai cittadini fianesi per percorrere l'A1 verso Firenze, in direzione nord e verso Napoli, in direzione sud;

   per recarsi a Roma, invece, essi attraversano un casello distinto, sebbene contiguo alla barriera principale, che rende a pagamento il tratto autostradale compreso tra la barriera Roma nord ed il Grande Raccordo Anulare;

   il passaggio alla barriera di Roma nord, sia in entrata che in uscita, include il pagamento del pedaggio relativo anche al tratto autostradale compreso tra la barriera stessa ed il Grande Raccordo Anulare;

   i cittadini fianesi, non diretti verso Roma o non provenienti da Roma, che attraversano la sola barriera di Roma nord per accedere all'A1, sia verso Firenze che verso Napoli, sostengono anche il costo relativo ad una tratta che non percorrono e cioè quella tra la Barriera Roma nord ed il Grande Raccordo Anulare o viceversa; pagano cioè come se partissero da Roma o fossero diretti verso Roma;

   detto costo aggiuntivo, in quanto non corrisponde ad un servizio effettivamente utilizzato, ammonta ad 1,50 euro per passaggio che, per un pendolare che utilizza solo un breve tratto di A1, ma comunque in direzione Firenze o direzione Napoli (esempio Ponzano Romano-Magliano Sabina-Orte ovvero in direzione sud: Tivoli-Guidonia-Roma Est-Roma Sud) potrebbe ammontare a circa 700 euro annui;

   il Tar Lazio sostiene (pronuncia n. 1573, del 21 febbraio 2011) che detta corresponsione non può considerarsi, per le circostanze sopra esposte, quale corrispettivo di un servizio, ma, ad avviso dell'interrogante, essa rappresenta un vero e proprio «dazio» a carico dell'utenza residente in prossimità della Barriera di Roma nord;

   le fasce di residenti più colpite sono quelle che utilizzano quotidianamente il tratto autostradale per ragioni di lavoro, studio e di cura;

   questo tratto di raccordo autostradale di soli 15 chilometri per le predette finalità è l'unica e viabilità alternativa alla percorrenza delle adiacenti e contigue via Tiberina, Via Flaminia e Via Salaria;

   queste ultime sono tristemente note per numero di incidenti mortali, insicure durante la stagione invernale per allagamenti e d'estate per incendi, non illuminate e note per il loro diffuso degrado (prostituzione e discariche abusive);

   l'utilizzo del citato tratto di autostrada favorisce il decongestionamento veicolare della viabilità circostante con ripercussioni positive anche sulla qualità dell'aria e sulla vivibilità dei centri urbani;

   quanto detto si colloca in palese contrasto con il principio di eguaglianza che deve essere assolutamente ripristinato per le diverse tipologie di utenza;

   si ignora il tema dalla viabilità sostenibile favorendo il maggiore afflusso veicolare con percorrenza nei centri abitati;

   si ignora il tema della tutela dei valori ambientali e culturali nella misura in cui si favorisce il maggiore afflusso veicolare in attraversamenti, soprattutto sulla via Tiberina, interessati da evidenze archeologiche;

   l'attuale congiuntura economica impone di operare delle scelte che vadano incontro alle difficoltà delle famiglie, sgravandole da costi cui non corrispondono effettivi servizi e che non migliorano la qualità della vita;

   i territori interessati non beneficiano di servizio di trasporto pubblico adeguato. Si registra, infatti, l'insufficienza di collegamenti su ferro e di linee bus che, per orari e dislocazione, possano consentire collegamenti normali con Roma;

   nel 2010 in circostanze analoghe, riguardanti l'eventualità di prevedere il pedaggio da e verso Fiumicino, il buon senso impose di evitare detta soluzione illegittima e paradossale –:

   quali iniziative intenda immediatamente adottare al fine di non penalizzare i residenti e i pendolari del comune di Fiano Romano, in modo da evitare che il costo della percorrenza autostradale da e per Roma gravi ulteriormente sulla precaria economia locale.
(4-17910)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali di questo Ministero.
  In via preliminare, si rileva che la rete autostradale italiana è generalmente gestita con un sistema di pedaggiamento «di tipo chiuso»: l'utente ritira un biglietto quando entra in autostrada da riconsegnare in uscita pagando il pedaggio corrispondente al percorso effettuato. Esistono, poi, anche sistemi di esazione «di tipo aperto», in ragione dei quali l'utente non ritira il biglietto in ingresso e la riscossione del pedaggio avviene mediante barriere autostradali, non necessariamente ad ogni svincolo, in corrispondenza delle quali l'utente paga una somma fissa, indipendente dai chilometri percorsi e legata solo alla classe del veicolo posseduto.
  Le scelte relative alla tipologia del sistema di esazione da adottare, al posizionamento delle stazioni controllate o degli svincoli liberi nonché alle lunghezze da utilizzare per il calcolo dei pedaggi, sono soggette al controllo e all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in qualità di concedente della rete autostradale e rispondono, oltre che a vincoli di progetto, a esigenze di fluidità e sicurezza del traffico.
  In presenza di tangenziali o di arterie d'importanza critica per la viabilità metropolitana i due sistemi di esazione, «chiuso» e «aperto», sono spesso utilizzati contestualmente posizionando le barriere lontano dal centro città e lasciando liberi gli svincoli a essa più prossimi per evitare traffico intenso con incolonnamenti di veicoli (ad esempio: la tangenziale di Milano, la tangenziale di Torino, la tangenziale di Mestre, l'autostrada Al2 Roma-Civitavecchia, l'autostrada A9 Milano-Laghi, il tronco di penetrazione urbana dell'A24 Roma-L'Aquila).
  Anche il tratto autostradale compreso tra il Gra e la barriera di Roma nord, (A1 diramazione Roma nord o A1 DIR) sul quale sono presenti, oltre allo svincolo d'innesto con il Gra, gli svincoli intermedi di Settebagni, Castelnuovo di Porto e Fiano Romano, è gestito secondo il sistema di esazione di «tipo aperto», dove:

   lo svincolo sul Gra e quello di Settebagni non sono controllati e liberi da pedaggio;

   lo svincolo di Castelnuovo di Porto e quello di Fiano Romano, invece, sono controllati ed è previsto il pagamento del pedaggio per i veicoli in ingresso verso sud (direzione Settebagni Gra) e quelli in uscita da sud (provenienza Gra e Settebagni). Non sino controllati i veicoli in ingresso diretti verso nord e quelli in uscita provenienti da nord, perché successivamente/precedentemente intercettati alla barriera di Roma nord;

   ai veicoli che transitano alla barriera di Roma nord (sia in ingresso per l'A1 Milano-Napoli che in uscita provenienti dall'A1 Milano-Napoli) è addebitata l'intera distanza dal Gra sia che abbiano come origine/destinazione Fiano Romano, Castelnuovo di Porto, Settebagni o lo stesso Gra, non essendo distinguibile il reale punto di accesso/uscita dall'autostrada.

  Il criterio di determinazione del pedaggio applicato ai veicoli in transito alla barriera di Roma nord che utilizzano l'A1 DIR da/fino allo svincolo di Fiano Romano deriva dall'adozione del sistema gestionale di tipo aperto.
  Come sopra rappresentato, tale sistema prevede l'applicazione di pedaggi forfetari così come per tutte le ipotesi di tariffazione di reti di comunicazione gestite senza discriminare l'origine e la destinazione del tragitto. Infatti, i criteri di determinazione delle tariffe autostradali non sono dissimili da quelli applicati, ad esempio, per gli autobus, le metropolitane e le ferrovie metropolitane, laddove è prevista una tariffa unica sia che si percorra il tragitto minimo tra due stazioni adiacenti, sia che si percorra l'intera linea.
  Tanto premesso, occorre altresì evidenziare che il contenimento dei costi di trasporto, in particolare di chi per ragioni connesse all'attività lavorativa è costretto all'utilizzo dell'arteria autostradale con frequenza giornaliera, è tra le priorità di questo ministero. Difatti, con il protocollo d'intesa del 24 febbraio 2014 tra Ministero delle infrastrutture e Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori, con decorrenza 1° febbraio 2014, in corso di proroga fino al 31 dicembre 2017, è stata autorizzata un'agevolazione tariffaria rivolta ai pendolari che utilizzano il
telepass sul proprio veicolo e che percorrono tratte autostradali non superiori a 50 km.
  Relativamente ai percorsi oggetto dell'interrogazione, si fa presente che la predetta agevolazione è attualmente utilizzabile sulle tratte Fiano Romano-Ponzano/Soratte e Fiano Romano-Guidonia.
  Si conferma, invece, che le tratte Fiano Romano-Magliano Sabina e Fiano Romano-Tivoli non sono ancora tra quelle per le quali è possibile fruire dello sconto riservato ai pendolari poiché riferite a percorrenze superiori ai 50 km.
  Al riguardo si evidenzia che la distanza chilometrica da utilizzare ai fini del calcolo del pedaggio, oltre ai chilometri tra casello e casello, tiene conto anche degli svincoli, delle bretelle di adduzione e dei tratti autostradali liberi prima e dopo il casello che sono stati costruiti e sono gestiti dalla società concessionaria.
  Infine, Infine, per quanto riguarda la richiamata pronuncia del tar Lazio n. 1573 del 2011, occorre precisare che la stessa fa riferimento ai pedaggi di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 relativi alle autostrade gestite direttamente da Anas spa, a prescindere dal loro reale utilizzo, riscossi alle barriere individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010. Diverso è il caso del pedaggio da corrispondere al casello di Fiano Romano, sia in ingresso verso il Gra che in uscita provenienti dal Gra e del pedaggio riscosso alla barriera di Roma nord all'utenza proveniente/in uscita da/a Fiano Romano, che fanno riferimento a un utilizzo reale, seppur forfettario, dell'infrastruttura autostradale gestita in regime di concessione.
  In tale stato di cose e considerato che il citato protocollo non consente margini interpretativi circa l'estensione dello sconto pendolari, questa Amministrazione porrà attenzione alle esigenze manifestate.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della puntata del 9 aprile 2017 del noto programma televisivo «Le Iene» è stato riproposto un servizio d'inchiesta di un inviato che, recatosi in alcune moschee non ufficiali di Roma, fingendosi un ragazzo di origini arabe, raccontava in confidenza di avere un coinquilino intenzionato ad arruolarsi nell'Isis;

   nel servizio, mentre alcuni imam intervistati con telecamera nascosta, consigliavano il silenzio o comunque di non denunciare l'accaduto, c'è stato anche chi, dopo alcuni minuti, non solo ha espresso approvazione e solidarietà nei confronti dei terroristi, ma ha anche auspicato l'uccisione del Presidente della Francia, del Primo ministro tedesco e del Premier d'Israele –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare ai fini del controllo sul proselitismo jihadista, provvedendo, per quanto di competenza, al censimento in tutta Italia delle moschee non ufficiali, con particolare riferimento alla loro conformità a tutti i requisiti di legge e ai titoli abilitativi previsti per i luoghi aperti al pubblico.
(4-16446)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame e, in particolare, in merito al servizio televisivo dai titolo «Imam romani e potenziale terrorista» – andato in onda la sera del 9 aprile 2017 su Italia 1 e già trasmesso il 1° maggio 2016 – si rappresenta che è pendente un procedimento penale presso la Procura della repubblica del tribunale di Roma, nell'ambito del quale la locale Digos ha effettuato attività investigative su delega all'autorità giudiziaria.
  Su un piano più generale si assicura che le forze dell'ordine svolgono, già da tempo, su tutto il territorio nazionale, un'intensa e capillare attività di monitoraggio finalizzata a individuare eventuali fenomeni di radicalizzazione religiosa.
  In esito a tali attività sono stati acquisiti diversi elementi suscettibili di approfondimento investigativo, tanto che sono 215 i soggetti gravitanti in ambienti dell'estremismo religioso espulsi con accompagnamento nel proprio Paese dal gennaio del 2015 all'11 ottobre 2017.
  Si evidenzia, inoltre, che il tema della prevenzione di degenerazioni fondamentaliste è alla costante attenzione del Ministero dell'interno, impegnato a favorire il dialogo tra culture e religioni diverse nel rispetto dei valori e principi costituzionali. Infatti, la politica del Governo mira a facilitare l'integrazione degli immigrati nel tessuto sociale del paese, proprio al fine di prevenire ogni forma di estremismo violento, ciò anche attraverso un dialogo costante con le comunità islamiche presenti in Italia.
  Al riguardo va ricordato che il 1° febbraio 2017 è stato sottoscritto il patto nazionale per un islam italiano con gli esponenti delle associazioni e delle comunità islamiche maggiormente rappresentative presenti in Italia.
  Il documento nel richiamare espressamente la nostra Costituzione si ancora ai «valori solidi» che tutti, Stato e comunità islamiche, insieme si impegnano a difendere. Il cuore del patto è costituito dal giusto equilibrio di diritti e doveri, necessario sviluppare un progetto che mira a costruire una forte integrazione.
  Il patto impegna le associazioni a «proseguire nell'azione di contrasto dei fenomeni di radicalismo religioso, anche attraverso forme di collaborazione che offrano alle autorità e alle istituzioni strumenti di interpretazione di un fenomeno che minaccia la sicurezza della collettività, ivi compresi cittadini e residenti di fede islamica».
  In un'ottica pattizia e di mutua collaborazione — ritenuta maggiormente efficace rispetto a un'imposizione giuridica unilaterale di più difficile attuazione — sono le stesse realtà religiose islamiche a impegnarsi a prevenire fenomeni di radicalismo e a segnalare fenomeni sospetti.
  Quanto alle moschee e alle attività che in esse si svolgono, il patto registra ancora la responsabilità delle associazioni musulmane «nell'impegno di garantire che i luoghi di preghiera e di culto mantengano standard decorosi e rispettosi delle norme vigenti (in materia di sicurezza e di edilizia)».
  Sono le stesse comunità quindi ad accettare il principio che il diritto fondamentale della libertà di religione passa attraverso il rispetto delle regole dell'ordinamento giuridico, in particolare per quanto riguarda gli standard di sicurezza e di igiene e sanità, oltre che della normativa in tema di destinazione d'uso degli edifici.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   FRACCARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   sono caratteristiche proprie del sistema trentino il finanziamento pubblico integrale degli enti di formazione privati, la messa a disposizione di immobili, attrezzature e dotazioni che, nella maggior parte dei casi, appartengono alla provincia autonoma di Trento, così come il fatto che la formazione professionale assegnata a scuole paritarie con affidamento diretto risulta sostitutiva di quella che altrove è garantita dall'amministrazione pubblica nell'ambito del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione utilizzando risorse interne;

   la legge della provincia autonoma di Trento 7 agosto 2006, n. 5 «Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino», all'articolo 36, comma 1, prevede che, in attuazione del piano provinciale per il sistema educativo, la provincia può affidare direttamente l'attuazione dei servizi di formazione professionale rientranti nell'ambito del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a fondazioni, associazioni o altri enti senza scopo di lucro;

   l'affidamento dei percorsi di formazione professionale è disciplinato dal decreto del presidente della provincia 1o ottobre 2008, n. 42-149/Leg «Regolamento di attuazione concernente il riconoscimento della parità scolastica e formativa e relativi interventi, etc.»; con deliberazione della giunta provinciale n. 808 del 18 maggio 2015 sono stati individuati i poli specialistici di filiera ai quali saranno agganciati i corsi annuali per l'esame di Stato (CAPES) e percorsi di alta formazione professionale;

   con delibera 1462 del 31 agosto 2015 «Approvazione dello schema tipo di contratto di servizio e del “Documento dei criteri e delle modalità di finanziamento delle attività di formazione professionale ad esclusivo finanziamento provinciale” per l'affidamento dei servizi di istruzione e formazione professionale etc.» sono state ridefinite le previsioni del contratto di servizio consolidando lo strumento negoziale tra le parti per le procedure per l'affidamento diretto dei servizi di formazione professionale trentina, prorogando il termine finale del contratto di servizio senza gara, nonché riconoscendo agli istituti professionali paritari 43,8 milioni di euro per l'anno formativo 2015-’16, 44,5 milioni di euro per il 2016-’17 e 44,7 milioni di euro per il 2017-’18. Col medesimo provvedimento è stato altresì demandato al dirigente del Servizio Istruzione e formazione del secondo grado, università e ricerca, l'adozione del provvedimento relativo all'affidamento diretto per l'attuazione dei servizi di formazione professionale senza previo esperimento di una procedura ad evidenza pubblica;

   il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza n. 5086 del 14 ottobre 2014, ha statuito in ordine alla qualificazione giuridica dell'attività di formazione professionale, qualificandola come pubblico servizio. Tale inquadramento era già stato confermato dalla Suprema Corte con la sentenza Sez. Un., n. 25118/2008 secondo cui «l'attività di formazione costituisce un pubblico servizio, il cui affidamento ad un soggetto privato da vita ad un rapporto di tipo concessorio indipendentemente dalla veste formale e dalla terminologia in concreto utilizzate»;

   considerata tale qualificazione, l'affidamento in oggetto sembrerebbe a giudizio dell'interrogante di dubbia legittimità rispetto ai principi generali degli ordinamenti nazionale e comunitario di concorrenza, trasparenza e pubblicità che disciplinano l'assegnazione diretta ad imprese di appalti o di servizi pubblici. Nel caso di specie, l'unica alternativa possibile all'autoproduzione di servizi tramite strutture formalmente e sostanzialmente interne all'organizzazione dell'ente ovvero per mezzo dell'affidamento diretto ad un soggetto formalmente esterno ma sostanzialmente riconducibile all'organizzazione interna dell'ente dovrebbe essere una procedura ad evidenza pubblica –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, circa l'affidamento dei servizi di cui in premessa, anche alla luce del diritto comunitario in materia.
(4-16061)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta che la materia trattata è attribuita dall'ordinamento alla provincia autonoma di Trento. Infatti, in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972 («Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige») e al decreto del Presidente della Repubblica n. 405 del 1988 («Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Trento») la provincia autonoma di Trento ha competenza primaria in materia di scuola dell'infanzia e formazione professionale e competenza concorrente in materia di istruzione scolastica.
  Ciò posto, in merito alla questione segnalata nell'atto di sindacato ispettivo sono stati, pertanto, acquisiti dalla provincia autonoma di Trento gli elementi informativi che di seguito si riportano.
  La disciplina organica del sistema di istruzione e formazione trentino è contenuta nella legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5 che – in attuazione dei principi sanciti dagli articoli 2, 3, 29, 30, 33 e 34 della Costituzione e tenuto conto della tradizione sociale e culturale del Trentino, al fine di garantire il diritto alla piena realizzazione della persona – disciplina le condizioni e le misure dirette a garantire il governo del sistema educativo di istruzione e formativo del Trentino, ed in particolare l'erogazione del servizio pubblico tramite le istituzioni scolastiche e formative.
  Ai sensi dell'articolo 35 della citata legge provinciale n. 5 del 2006 la configurazione del servizio educativo è contenuta nel documento di carattere pluriennale, aggiornabile annualmente, di attuazione del piano provinciale del sistema educativo.
  L'articolo 8 della legge provinciale elenca in modo puntuale ed esclusivo i soggetti che possono erogare il servizio educativo:

   a) le scuole dell'infanzia provinciali ed equiparate;

   b) le istituzioni scolastiche e formative provinciali, disciplinate dal capo II del titolo II;

   c) le istituzioni scolastiche e formative paritarie, disciplinate dal capo III del titolo II.

  La stessa legge, al capo III del titolo II, disciplina le istituzioni scolastiche e formative paritarie e nello specifico l'articolo 30 regola il riconoscimento e il mantenimento della parità.
  Con la parificazione, le istituzioni formative paritarie diventano sul territorio provinciale una realtà giuridica che entra a far parte, con ogni conseguente effetto di legge, del sistema provinciale e nazionale d'istruzione. Conseguentemente, con l'acquisizione di tale
status le istituzioni formative paritarie assumono la medesima dignità istituzionale delle istituzioni formative provinciali che erogano il servizio di istruzione (Iefp).
  La disciplina di dettaglio sulla parità formativa è contenuta nel regolamento decreto del Presidente della provincia del 1° ottobre 2008, n. 42-149/Leg che all'articolo 23 regola i requisiti per il riconoscimento della parità formativa.
  Venendo, quindi, al tema dell'affidamento dei percorsi di formazione professionale, l'articolo 36 della legge provinciale n. 5 ne stabilisce le modalità, prevedendo specificamente:

   al comma 1: «In attuazione del piano provinciale per il sistema educativo la Provincia può affidare direttamente l'attuazione dei servizi di formazione professionale rientranti nell'ambito del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a fondazioni, associazioni o altri enti senza scopo di lucro che, anche attraverso proprie articolazioni a ciò legittimate in base al proprio ordinamento, abbiano ottenuto il riconoscimento della parità ai sensi dell'articolo 30 e svolgano la loro attività in prevalenza a favore della Provincia, e nei cui confronti la Provincia ha la facoltà di determinare gli obiettivi dell'attività, i poteri d'indirizzo e coordinamento nonché di controllo»;

   al comma 2: «Il contratto di servizio regola le modalità, i criteri, i tempi e i rapporti finanziari per lo svolgimento dei servizi di formazione professionale di cui al comma 1. In ogni caso deve essere assicurata separazione contabile tra le attività affidate ai sensi del comma 1, il cui finanziamento non può superare la spesa riconosciuta, e quelle non riconducibili a servizi d'interesse pubblico generale. Se dall'applicazione di contratti collettivi di lavoro per il personale docente differenti da quello provinciale deriva un risparmio di spesa per l'ente affidatario relativo alla realizzazione del contratto stesso, se ne tiene conto nell'assegnazione del finanziamento relativo al periodo successivo»;

   al comma 3: «La Provincia, inoltre, può affidare la realizzazione di singole attività o di specifici progetti formativi, non costituenti assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, nonché corsi formativi di alta specializzazione tecnica e manifatturiera idonei ad offrire ai frequentanti una preparazione d'avanguardia e conforme alle mutate esigenze di mercato, a soggetti pubblici e privati individuati nel rispetto della normativa comunitaria. Le modalità di affidamento sono definite da un apposito contratto».

  La disciplina di dettaglio del contratto di servizio è contenuta nel Regolamento decreto del Presidente della Repubblica 1° ottobre 2008, n. 42-149/Leg, il quale stabilisce all'articolo 30, comma 1, gli ulteriori requisiti affinché possa essere sottoscritto un contratto di servizio con gli enti in possesso della parità e, quindi, possano diventare affidatari del servizio.
  Nello specifico, il soggetto:

   deve essere costituito in fondazione, associazione o altro ente comunque senza scopo di lucro... divieto di distribuire ai soci, agli associati o ai partecipanti, anche in modo indiretto, utili di esercizio o avanzi di gestione nonché le riserve o il capitale... l'obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse funzionali... l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'istituzione formativa paritaria, in caso di scioglimento, ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale o ad altre organizzazioni senza fine di lucro;

   deve svolgere la propria attività in prevalenza a favore della Provincia;

   deve rispettare gli obiettivi, gli indirizzi, il coordinamento dell'attività formativa nonché di sottostare alle tipologie e forme di controllo stabiliti dalla giunta provinciale;

   deve assicurare la separazione contabile tra le attività affidate, il cui finanziamento non può superare la spesa riconosciuta, e quelle non riconducibili a servizi d'interesse pubblico generale.

  Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo 30 del regolamento definisce in modo puntuale i contenuti minimi del contratto di servizio, il cui schema tipo deve essere approvato dalla giunta provinciale.
  Le determinazioni della provincia Autonoma sull'affidamento del servizio risultano, quindi, essere state assunte sulla base delle norme sopra declinate.
  

La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Valeria Fedeli.


   GALLINELLA e FERRARESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   vaste aree del territorio nazionale sono state danneggiate nel corso del tempo da continui fenomeni di subsidenza artificiale e in alcuni casi, in particolare nel Polesine e nel Delta Padano, l'affondamento del terreno ha causato un gravissimo dissesto idraulico ed idrogeologico;

   tra le conseguenze della alterazione dell'ordinamento idraulico, oltre all'abbassamento degli alvei e delle sommità arginali dei corsi d'acqua che ha annullato il franco di sicurezza degli argini, esponendo il suddetto territorio a frequenti esondazioni, è senz'altro da annoverare lo sconvolgimento del sistema di bonifica;

   è evidente infatti che i canali e i collettori di bonifica erano stati scavati nei secoli in modo da poter sfruttare le esigue pendenze tipiche dei territori di bassa pianura e i relativi coefficienti udometrici in base ai quali erano state calcolate le sezioni liquide degli scoli e le portate delle idrovore, erano alquanto bassi;

   questo straordinario abbassamento del territorio ha comportato un aumento dei costi per il riordino delle opere di bonifica, in particolare del costo dell'energia elettrica necessaria a garantire l'esercizio dei sistemi idrovori ed ha moltiplicato gli oneri relativi alla gestione e manutenzione degli impianti;

   nel corso degli anni, i finanziamenti statali a sostegno dei programmi di subsidenza si sono sempre più ridotti fino ad un loro completo azzeramento –:

   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati in merito a quanto brevemente riportato in premessa e se non intendano assumere iniziative urgentemente al fine di rifinanziare gli interventi necessari a contrastare la subsidenza.
(4-17784)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa ai fenomeni di subsidenza nel Polesine e nel Delta Padano, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si fa presente che gli effetti dei fenomeni di subsidenza hanno avuto ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale e risulta, quindi, necessario provvedere ad iniziative volte al controllo ed al contrasto attivo di tali fenomeni.
  Il fenomeno della subsidenza, come è noto, si sviluppa per cause naturali (compattazione dovuta all'evoluzione del bacino sedimentario e l'innalzamento del livello marino) e per cause antropiche. Queste ultime sono connesse all'estrazione di fluidi dal sottosuolo (emungimenti d'acqua di falda a scopi agricoli, potabili, industriali, prelievo di acque metanifere, eccetera), alle bonifiche per drenaggio, all'ossidazione biochimica di aree torbose, alla salinizzazione dei sedimenti per intrusione salina negli acquiferi.
  I fenomeni di subsidenza generano e acuiscono criticità territoriali, quali allagamenti di aree recentemente bonificate per ingressione marina; generano maggiore vulnerabilità nei confronti di fenomeni alluvionali, destabilizzazione dei litorali ed erosione dei bassi fondali lagunari, aumento dei costi di mantenimento delle aree bonificate, abbandono e ricostruzione di manufatti idraulici, danneggiamento di infrastrutture (ponti, strade, acquedotti), modificazioni e danneggiamento della rete di drenaggio idraulico, riduzioni della capacità agricola delle aree coltivate.
  In particolare, in merito al territorio della regione Veneto, si fa presente che quest'ultimo è stato interessato nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause, non ultima l'attività di estrazione di fluidi dal sottosuolo.
  Le zone soggette a subsidenza, infatti, interessano principalmente parti significative della fascia costiera veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra e altri ambiti regionali di minore estensione.
  In particolare, la subsidenza di origine antropica nell'area lagunare e costiera veneziana va ricondotta all'intenso sfruttamento delle acque sotterranee, localizzato nei 350 metri più superficiali del complesso sedimentario Quaternario, iniziato negli anni 30 del secolo scorso, e aumentato progressivamente a seguito del sviluppo industriale del dopoguerra; solo dopo il 1970 in conseguenza delle drastiche misure adottate per ridurre l'estrazione d'acqua, la velocità della subsidenza si è sensibilmente ridotta.
  Analogamente, la subsidenza di ampie zone nell'area polesana va ricondotta all'estrazione di acque metanifere: a partire dagli anni 1935-36 con perforazioni attorno ai 50 metri di profondità, fino agli anni 1956-57 in cui le perforazioni raggiungevano gli 800-900 metri di profondità. L'estrazione di metano venne interrotta nel 1963 a causa, appunto, del fenomeno di subsidenza. I giacimenti gassiferi, presenti attorno agli 800 metri di profondità, erano in sostanza costituiti da orizzonti di depositi sabbiosi nei quali il gas era disciolto nell'acqua contenuta nei pori del sedimento.
  Ad ogni modo, la regione del Veneto ha mantenuto una costante attenzione sulle aree particolarmente fragili del proprio territorio e ha promosso azioni tese ad approfondire le conoscenze, sia ai fini di salvaguardia che di individuazione degli interventi di contrasto.
  La misura dell'entità della subsidenza è stata valutata, in tempi diversi, tramite livellazioni topografiche di precisione e, più recentemente, anche attraverso l'utilizzo di tecnologie GPS e di interferometria satellitare.
  Nel 2005, infatti, nell'ambito di un progetto generale di ripetizione delle principali linee di livellazione del Veneto per la revisione della carta tecnica regionale con il coordinamento e controllo dell'Istituto geografico militare di Firenze, è stata effettuata una nuova livellazione di alta precisione che ha interessato i centri di Mestre, Venezia, Lido, Chioggia, Padova, Monselice, Rovigo, Adria, Loreo, Codigoro, Ferrara, collegandosi ai rilievi dell'Emilia-Romagna. Verso est sono stati rilevati tre sbracci che hanno attraversato il Delta del Po: Loreo - foce Po di Goro, Porto Viro - Porto Levante, e Contarina - Pila, aperti verso la costa. Per l'area del delta del Po è stata condotta contemporaneamente un'analisi interferometrica con tecnica PS di dati satellitari.
  I livelli di conoscenza fino ad ora acquisiti inducono a disporre l'attivazione di studi specifici nei territori interessati. La disponibilità di dettagliate informazioni geologiche del sottosuolo e l'evolversi di speciali tecnologie consentono ora di approfondire e organizzare tali dati, di verificare la fattibilità di concreti interventi tesi alla compensazione dei fenomeni di abbassamento del suolo, anche attraverso la reiniezione, in ambiti confinati, di fluidi e gas nel sottosuolo, con particolare riferimento ad acque dolci e a CO2 (vedi direttiva 2009/31 della Comunità europea) che appaiono esprimere caratteristiche potenzialmente consone allo scopo.

  Si fa presente inoltre che, in relazione alle informazioni forniteci dalla regione Veneto, le diverse problematiche legate al fenomeno della subsidenza del territorio veneto sono state presentate il 15 settembre 2017 a Taglio di Po (Rovigo) alla conferenza stampa organizzata da ANBI Veneto (unione regionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) e dai consorzi di bonifica Adige Po di Rovigo e Delta del Po di Taglio di Po (Rovigo).
  Tale iniziativa si è svolta quasi in contemporanea nei territori interessati dal medesimo fenomeno della regione Emilia-Romagna, coordinati anch'essi dall'ANBI regionale.
  Il risultato di tale iniziativa ha portato alla sottoscrizione di un documento, nel quale si ripercorrono le vicende del passato all'origine del problema della subsidenza, descrivendo anche tutto quanto fino ad ora fatto per contrastare il pesante fenomeno.
  Della questione sono interessate anche altre amministrazioni, pertanto, qualora dovessero pervenire nuovi e utili elementi si provvederà a fornire un aggiornamento.
  Ad ogni modo, questo Ministero monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni e ulteriori interventi sulla disciplina.
  Si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, prosegue nella sua azione costante di monitoraggio senza ridurre in alcun modo lo stato di attenzione su tali tematiche.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta da alcune agenzie di stampa pubblicate il 13 luglio 2017, i rappresentanti di alcune sigle sindacali degli operai che lavorano per il completamento dell'asse stradale n. 640 che collega i capoluoghi siciliani di Palermo e Agrigento, hanno proclamato 8 ore di sciopero nel cantiere di Bolognetta-Lercara e convocato una manifestazione di protesta per domani;

   gli esponenti sindacali al riguardo denunciano, nonostante le ripetute richieste, il rifiuto delle istituzioni preposte, ad incontrarli per discutere del completamento di quest'opera fondamentale per la viabilità di questo territorio, aggiungendo, inoltre, la mancanza di fatto dei finanziamenti necessari per terminare l'attuale tratto in costruzione e i progetti e i finanziamenti per ultimare l'intera opera da Palermo ad Agrigento;

   la suesposta vicenda, a giudizio dell'interrogante, rischia di accrescere le già note difficoltà esistenti nell'isola, nell'ambito dei collegamenti infrastrutturali non soltanto stradali, le cui ripercussioni negative dal punto di vista sociale ed economico, si riversano sulla comunità agrigentina, palermitana e in generale siciliana, nell'ambito della mobilità e degli spostamenti;

   i lavori di ammodernamento del suesposto tratto stradale, (peraltro in corso da anni, che hanno già provocato disagi per gli automobilisti e i mezzi pesanti per il trasporto di merci), già alle cronache nazionali per il cedimento di un tratto dopo una settimana dall'inaugurazione, hanno subito notevoli ritardi nel completamento; il progetto dell'opera, secondo l'interrogante, penalizza fortemente la provincia di Agrigento, sempre più isolata e distante dagli altri capoluoghi siciliani;

   a parere dell'interrogante, quanto suesposto, risulta inaccettabile e conferma nuovamente la scarsa attenzione del Governo per le politiche di rilancio delle infrastrutture per il Mezzogiorno ed in particolare della regione Siciliana, già pesantemente penalizzata nel corso di questi anni, dall'inefficienza dimostrata a livello regionale, secondo l'interrogante, dalla presidenza Crocetta –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere nell'ambito delle sue competenze, con riferimento ai ritardi nei lavori per il completamento della strada statale n. 640 che collega Agrigento a Palermo;

   se trovino conferma le notizie secondo le quali i finanziamenti previsti per il completamento dell'opera infrastrutturale non sono più disponibili e, in caso affermativo, quali iniziative intende assumere al fine di destinare le risorse finanziarie già stanziate per l'opera;

   quali iniziative urgenti il Ministro intenda intraprendere, per quanto di competenza, nei confronti dell'ente gestore, Anas affinché si consenta il completamento dell'asse stradale in questione in tempi rapidi, evitando ulteriori disagi e mortificazioni per la comunità locale, già penalizzata dalla carenza di adeguate strutture infrastrutturali, nonché dall'offerta di mobilità sempre più precaria.
(4-17296)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e dalla società ANAS
  L'intervento riguarda un tratto di circa 34,5 chilometri dell'itinerario complessivo Palermo - Agrigento, denominato «lotto 2», che va dall'attuale svincolo Bolognetta (al chilometro 238 circa della SS121 attuale) allo svincolo «Bivio Manganaro» (al chilometro 204 della SS121 attuale). Il lotto è stato, a sua volta, suddiviso in 2 sub-lotti:

   lotto 2a: carreggiata unica da inizio lotto lato Palermo per 25 chilometri circa in direzione Agrigento;

   lotto 2b: carreggiate separate per gli ultimi 9 chilometri in direzione Agrigento fino a Manganaro.

  ANAS informa che i lavori hanno raggiunto un avanzamento del 60 per cento, ma procedono con ritardo per le difficoltà causate dal generalizzato dissesto idrogeologico territoriale, conseguente ad eventi meteorologici di carattere eccezionale, che risalgono al primo trimestre del 2015.
  ANAS e il contraente generale hanno avviato un complesso percorso, finalizzato alla individuazione delle criticità, alla progettazione delle nuove opere necessarie e all'implementazione delle opere già previste in progetto.
  Tale attività, giunta alla sua fase conclusiva, consentirà la riattivazione di tutti i fronti di lavoro, prevedendo l'ultimazione dei lavori stessi per la fine del 2018.
  L'intera opera è finanziata per circa 85 milioni di euro dalla delibera CIPE n. 35 del 2005, a valere su Fondi FAS, e per i restanti 211 milioni di euro dalla delibera CIPE n. 84 del 2008, a valere su fondi della legge obiettivo che, allo stato, sono ancora interamente disponibili.
  ANAS evidenzia che nella fase di approvazione del progetto esecutivo, al fine di ottemperare alle prescrizioni del CIPE, il costo totale dell'intervento è aumentato di circa 17 milioni di euro. Non essendo disponibili ulteriori finanziamenti, al fine di dare immediato avvio ai lavori e di garantire il completamento dell'infrastruttura, è stata stralciata l'esecuzione, dei primi 700 metri di tracciato a partire dalla rotatoria di Bolognetta verso Agrigento, oltre ad alcune attività che, senza arrecare interferenze nella esecuzione dell'opera principale, potevano essere differite nel tempo fino al reperimento del maggiore finanziamento.
  Il CIPE, nella seduta del 7 agosto 2017, ha approvato il contratto di programma ANAS 2016 — 2020 rendendo disponibili, nel capitolo «fabbisogni per completamento opere in corso», le risorse mancanti per l'esecuzione dello stralcio.
  Per quanto riguarda, invece, il completamento dell'opera nel tratto «Palermo rotatoria Bolognetta (sezione CI)», di importo stimato pari a 355.40 milioni di euro, è prevista l'appaltabilità per l'anno 2019.
  La società ANAS, infine, evidenzia che in Sicilia ha in corso interventi per circa 1,4 miliardi di euro, equivalenti pari circa al 3 totale delle risorse impegnate su scala nazionale (4,8 miliardi di euro), confermando così la volontà di concorrere alla riduzione del
gap infrastrutturale presente nelle aree interne dell'isola.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le imprese che hanno effettuato i lavori per la realizzazione della nuova strada statale 77 Foligno-Macerata, rischiano di fallire perché non sono stati rispettati gli impegni presi in termini di pagamenti;

   la Strada statale 77 rappresenta un'opera pubblica di fondamentale importanza per la regione Umbria, in quanto completando il tratto Foligno (innesto Strada statale 3 «Flaminia») – Muccia (MC), completa e rende fruibile l'intero itinerario di 95 chilometri fino a Civitanova Marche, dove a sua volta si innesta all'autostrada A14 e alla strada statale 16 «Adriatica»;

   le aziende interessate devono riscuotere dopo un intero anno di lavori una cifra che si aggira intorno ai 20 milioni di euro il cui pagamento risulta bloccato dalla società Quadrilatero s.p.a. che si sarebbe dovuta occupare dei finanziamenti;

   la Società Quadrilatero spa, che è una società pubblica di progetto, senza scopo di lucro e che ha lo scopo di realizzare una infrastruttura viaria integrata alla realtà economica ed industriale del territorio umbro-marchigiano in cui opera, ha bloccato i pagamenti e, a quanto risulta all'interrogante, non sta rispettando gli impegni contrattuali per via di un contenzioso con il general contractor;

   l'investimento complessivo fatto per la realizzazione della direttrice su citata ammonta a circa 1,3 miliardi di euro e mirava in particolare a rivitalizzare l'economia e il settore delle costruzioni; ora il dato rilevante è invece che alcune tra le imprese che hanno preso parte alla sua realizzazione rischiano il fallimento con importanti ricadute sui livelli occupazionali del settore;

   a giudizio dell'interrogante è necessario un intervento urgente dei Ministri interrogati al fine di affrontare e risolvere il problema, consentendo una velocizzazione nei pagamenti –:

   se e quali iniziative, urgenti intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, al fine di pervenire al rapido sblocco dei fondi, affinché siano saldati nel più breve, tempo possibile i debiti con le imprese che, lavorando alla realizzazione del tratto di Strada statale 77 Foligno — Muccia, hanno contribuito a creare le premesse per il raggiungimento di risultati economici di rilancio per l'economia della zona.
(4-17656)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In merito allo stato di difficoltà in cui versano diverse imprese che hanno effettuato i lavori per la realizzazione della nuova strada statale 77 nell'ambito dell'affidamento del maxi lotto n. 1, a causa dei gravi ritardi nei pagamenti dei corrispettivi maturati.
  La società ANAS, interessata al riguardo, ha comunicato che le predette imprese sono soggetti affidatari, sub-affidatari e/o fornitori del contraente generale Val di Chienti scpa, che non vengono remunerati dai rispettivi danti causa (soci assegnatari del contraente generale o affidatari), a causa di analoghe difficoltà finanziarie in capo a taluni soci assegnatari o affidatari, per i quali il contraente generale non subentra nei rispettivi pagamenti, contravvenendo a precisi obblighi di legge e contrattuali.
  La società Quadrilatero Marche Umbria, quale soggetto pubblico aggiudicatore dell'opera, consapevole degli inadempimenti del contraente generale, anche in ordine al mancato pagamento degli affidatari, ha predisposto con la società ANAS un atto di citazione innanzi al tribunale delle imprese di Roma, in data 7 novembre 2016, per tutti i danni subiti e subendi dalla parte pubblica, lesa al pari di tutti i soggetti privati che vantano diritti di credito scaduti nei confronti del contraente generale.
  Fermo quanto sopra. ANAS evidenzia che la società Quadrilatero Marche Umbria ha sempre regolarmente provveduto al pagamento dei corrispettivi di cui agli stati di avanzamento lavori, fatte salve le penali applicate per la ritardata esecuzione delle opere, atto doveroso e ineludibile, trattandosi di opere realizzate con risorse pubbliche.
  Alla luce di quanto sopra, risulta inammissibile il mancato pagamento da parte del contraente generale della filiera imprenditoriale a valle dello stesso, sotto qualsiasi profilo di legge e di contratto.
  Sotto questo ultimo aspetto, ANAS rileva che gli affidamenti a valle del contraente generale, ai sensi dell'articolo 176, del decreto legislativo n. 163 del 2006, applicabile
ratione temporis, avvengono su base privatistica e, pertanto, i rapporti intercorrenti fra contraente generale e soggetti terzi costituiscono rapporti di diritto privato rispetto ai quali la società Quadrilatero Umbria Marche resta soggetto distinto (deliberazione ex AVCP n. 39 del 22 aprile 2009 e, proprio con riferimento a quest'ultima società la sentenza del tribunale di Roma, n. 21741 del 2016).
  Parimenti, occorre ricordare che per le obbligazioni assunte dal contraente generale, rispondono, altresì, i soci costituenti il raggruppamento aggiudicatario della commessa in oggetto – Strabag AG, Cooperativa Muratori Cementisti CMC di Ravenna, Grandi Lavori Fincosit S.p.A., Consorzio Stabile Centro Italia – i quali, peraltro, sono stati citati in giudizio nella richiamata azione innanzi al tribunale civile di Roma.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   MELILLA, SCOTTO, NICCHI, FERRARA, ZARATTI, RICCIATTI, QUARANTA, PIRAS, FRANCO BORDO, KRONBICHLER e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   questa estate, secondo una stima della Coldiretti, sono stati bruciati in Italia 120 mila ettari di superficie forestale e agricola;

   gli incendi sono aumentati di tre volte rispetto alla media degli ultimi 10 anni;

   i danni sono calcolati nell'ordine di milioni di euro; la Coldiretti parla di 10 mila euro ad ettaro;

   sono state colpite tutte le attività legate all'economia dei boschi, alla zootecnia, all'agricoltura, al turismo;

   sono morti nei roghi migliaia e migliaia di animali allevati e selvatici;

   vari parchi nazionali, a partire dalla Majella-Morrone, dal Gran Sasso e dal Vesuvio, sono stati devastati;

   è necessario prevedere un intervento di aiuti straordinari per i parchi devastati dagli incendi per riparare i danni e ricostruire;

   è altresì urgente prevedere un'azione di potenziamento dell'attività di prevenzione degli incendi soprattutto nelle aree protette nazionali per la loro straordinaria importanza per la tutela delle biodiversità –:

   cosa intenda fare per tutelare e supportare i parchi nazionali devastati dagli incendi;

   come intenda fronteggiare per il futuro questa emergenza che, anche a causa dei cambiamenti climatici, avrà nei prossimi anni una drammatica rilevanza;

   quali iniziative intenda assumere, di concerto con il sistema nazionale della protezione civile, per potenziare le capacità di prevenzione degli incendi e di intervento nelle aree protette nazionali.
(4-17728)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame relativa alla prevenzione degli incendi boschivi nelle aree protette statali, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministero dell'interno, nonché dal dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, si evidenzia che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, ha diretta competenza in materia di incendi per i piani anti incendi boschivi (o piani AIB) delle aree protette statali (parchi nazionali e riserve naturali statali), in attuazione all'articolo 8, comma 2, della legge n. 353 del 2000, col supporto degli enti gestori di tali aree protette che curano in modo particolare la «previsione» e la «prevenzione» degli incendi boschivi. Il medesimo articolo 8 stabilisce che le attività di lotta attiva per le aree naturali protette sono organizzate e svolte secondo le modalità previste dall'articolo 7 della succitata legge quadro.
  Resta alle regioni l'approvazione del piano AIB regionale, a revisione annuale, che comprende un'apposita sezione con i suddetti piani AIB delle aree protette, nonché la diretta competenza nella lotta attiva – ossia ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei. In particolare, per quanto concerne l'ambito inerente la lotta attiva, l'articolo 7 della predetta legge-quadro, oltre a definire gli ambiti di intervento e di responsabilità delle regioni e delle province autonome sopra accennate, affida al dipartimento della protezione civile la responsabilità di garantire il coordinamento del concorso della flotta aerea dello Stato a supporto delle regioni che, nelle attività di spegnimento, operano con l'impiego di risorse terrestri e dei velivoli che compongono le flotte regionali, con l'ausilio dei Vigili del fuoco ai sensi del recente decreto legislativo n. 177 del 2016 e delle organizzazioni di protezione civile localmente esistenti.
  Per un opportuno inquadramento nel contesto nazionale della problematica incendi boschivi nei parchi nazionali e nelle riserve nazionali statali, si fa presente che, considerando l'iniziale fase di attuazione di quest'ultimo provvedimento legislativo (decreto legislativo n. 177 del 2016) e la criticità climatica della stagione estiva del 2017, il Ministero dell'ambiente, il 3 luglio 2017, ha convocato una apposita riunione nazionale sugli incendi boschivi nelle aree protette statali per sensibilizzare preventivamente le diverse istituzioni competenti a vario titolo ed ottenere la massima sinergia fra le stesse. A seguito di tale riunione, il Ministro dell'ambiente ha provveduto ad emanare una direttiva in data 12 luglio 2017, ove sono previste, tra l'altro, raccomandazioni volte a rafforzare le attività di programmazione, prevenzione, lotta attiva (in particolare per la gestione dei mezzi antincendio boschivo) nonché il catasto delle aree percorse dal fuoco dei comuni ricadenti nelle aree protette statali.
  Detta direttiva è stata trasmessa a tutti gli attori istituzionali cointeressati all'AIB: enti parco nazionali, enti gestori delle riserve naturali statali, regioni e province autonome, comando unità per la tutela forestale ambientale e agro-alimentare dell'Arma dei carabinieri (CUTFAAC), Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (CNVF), capo dipartimento della protezione civile e presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni.
  Per le emergenze incendi boschivi nei parchi nazionali, nella stagione estiva del 2017, si fa presente che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva interessato i massimi livelli istituzionali competenti in materia, al fine di mettere in atto ogni forma di collaborazione e sinergia per un efficace contrasto agli incendi boschivi. La collaborazione istituzionale attivata ha portato ad un potenziamento della sorveglianza del territorio mediante l'utilizzo dell'esercito e da parte del Ministro dell'interno all'emanazione di puntuali raccomandazioni in tal senso a tutti i prefetti nonché al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco competenti territorialmente.
  Ulteriore attività che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare porterà avanti sarà quella di una attenta vigilanza, affinché gli enti gestori delle aree protette statali si possano dotare del piano AIB pluriennale al fine di contrastare al meglio gli eventuali incendi boschivi nell'attività di prevenzione di propria spettanza.
  Infine, in attuazione del disposto dell'articolo 1 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, su proposta del dipartimento della protezione civile, il Presidente del Consiglio dei ministri rivolge, annualmente, ai presidenti delle regioni e delle province autonome ed ai Ministri competenti, le raccomandazioni operative per la campagna estiva antincendio boschivo per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, di interfaccia ed ai rischi conseguenti. Per la campagna estiva AIB 2017, le raccomandazioni operative – emanate il 13 giugno 2017 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 2017 segnalano, tra l'altro, ai presidenti delle regioni e delle province autonome di assicurare il fondamentale raccordo tra i piani regionali AIB ed i piani per i parchi e le riserve naturali dello Stato, predisposti dal Ministero dell'ambiente, ai sensi del predetto articolo 8 della legge n. 353 del 2000.
  Si fa presente, altresì, che il dipartimento della protezione civile evidenzia che sta organizzando un'articolata attività di
debriefing, secondo un percorso di condivisione e scambio di esperienze ed informazioni con tutti i soggetti sia regionali che statali che a vario titolo concorrono nelle attività AIB, con l'obiettivo di predisporre un documento di sintesi delle migliori esperienze e delle lezioni apprese, affinché possano essere adottati i necessari correttivi già per la campagna antincendio del 2018.
  Si segnala, infine, che nel mese di ottobre 2017 è stato firmato e presentato all'Anci il nuovo progetto «Sfida ambientale e di legalità da portare avanti fino in fondo», un programma nazionale da 5 milioni di euro per la riforestazione delle aree protette coinvolte dagli incendi. I fondi del piano nazionale di riforestazione rientreranno in due fasce di tipologie ammesse al finanziamento: il miglioramento della resilienza degli ecosistemi e la conservazione della biodiversità dei sistemi forestali.
  Nella prima fascia di azioni ricadono gli interventi di recupero e rinaturalizzazione del materiale legnoso, quelli per la tutela della risorsa suolo, il controllo dello scorrimento dell'acqua piovana superficiale, le azioni per la stabilità morfologica dei versanti e per il ripristino della densità arborea naturale e artificiale. La seconda area di interventi riguarda la realizzazione di eventuali vivai derivati, affini per uso e composizione floristica a quelli percorsi dal fuoco, gli interventi per il recupero di forme forestali di alto fusto, per lo sfollamento in particolare nel caso di boschi di conifere, per la realizzazione di infrastrutture per segnalazione e avvistamento incendi.
  Si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proseguirà nella sua azione costante di monitoraggio senza ridurre in alcun modo lo stato di attenzione su tale questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   MINNUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le riforme al codice della strada, e al relativo regolamento di attuazione, sono connotate dalla volontà di aumentare la sicurezza dei cittadini, sia migliorando la dotazione e la qualità delle infrastrutture sia dettando nuove regole da rispettare alla guida di un autoveicolo;

   l'articolo 173 del codice della strada vigente vieta al conducente l'uso di apparecchi radiotelefonici e di cuffie sonore, fatta eccezione per i conducenti dei veicoli delle forze armate e della polizia di Stato, della guardia di finanza, della polizia penitenziaria, dei vigili del fuoco, della Croce rossa, del Corpo forestale dello Stato, della protezione civile; è consentito l'uso di apparecchi a viva voce, o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le orecchie e se non richiedono per il loro funzionamento l'uso delle mani; i trasgressori sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 161 ad euro 647 e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi, qualora lo stesso soggetto compia un'ulteriore violazione nel corso di un biennio;

   nel 2015, nei soli comuni capoluogo le contravvenzioni elevate dalla polizia municipale per violazione dell'articolo 173 del codice della strada sono state 77.665;

   secondo i dati forniti dalla polizia stradale, nel 2016 le infrazioni rilevate alle regole sull'uso dell'auricolare o vivavoce (articolo 173 codice della strada) sono state 45.428 (su un totale di 2.110.614 infrazioni); di queste, quasi la metà (20.312) in autostrada; i dati parziali del 2017 rilevano un netto aumento: su un totale di 1.080.205 le infrazioni all'uso dell'auricolare o vivavoce sono state rilevate in 26.948 casi, di cui 12.603 in autostrada;

   studi recenti evidenziano che inviare sms o telefonare senza bluetooth o auricolare mentre si è al volante è il comportamento che aumenta di più il rischio di essere coinvolti in un incidente (rispetto a chi guida con attenzione il rischio è maggiore dell'83 per cento); secondo il sottosegretario Nencini, l'uso di smartphone e dispositivi elettronici, è la prima causa di incidenti anche mortali sulle strade;

   le più avanzate tecnologie informatiche consentono di inibire, o almeno controllare, l'uso dei cellulari alla guida mediante una app da scaricare sul cellulare collegata ad un sistema hardware installato sul veicolo;

   tali dispositivi consentono un vero e proprio monitoraggio della guida (velocità, percorso e altro) utile in particolare nelle strade adibite anche al trasporto pubblico –:

   se sia a conoscenza di tali dispositivi informatici e quali iniziative intenda assumere per prevedere l'obbligo di installarli su tutti i veicoli, adeguando, a tal fine, le disposizioni normative e regolamentari.
(4-17906)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazione pervenute dalla direzione generale per la sicurezza stradale di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In merito alla questione concernente i dispositivi informatici che consentirebbero di inibire o almeno controllare l'uso dei cellulari alla guida mediante una
app da scaricare sul cellulare e collegata ad un sistema hardware installato sul veicolo, il Ministero dell'interno comunica che non risultano pervenute all'attenzione del servizio della Polizia stradale notizie riguardanti la disponibilità di siffatte applicazioni tecnologiche.
  Inoltre, anche nell'ipotesi in cui detti dispositivi fossero sul mercato, si osservi che non se ne potrebbe imporre il montaggio sui veicoli in quanto gli stessi andrebbero inevitabilmente a modificare le caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi di cui all'articolo 71 del Codice della strada, modifiche che, com'è noto, sono regolate dall'Unione europea.
  Pertanto, pur apprezzando il valore della proposta, non è possibile per uno Stato membro introdurre l'obbligo di dotare i veicoli con dispositivi ulteriori o diversi rispetto a quelli previsti dalle norme europee.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   MOSCATT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'arteria stradale più breve che collega le città di Palermo e Agrigento è unica e la stessa da anni è sottoposta a lavori straordinari per ammodernare e ridurre la percorrenza di una tratta molto trafficata e di fondamentale importanza tra le due città capoluogo;

   il cantiere aperto risulta ad oggi, dopo molto tempo, completato per il 70 per cento;

   recentemente trecento operai impegnati nei lavori dell'opera infrastrutturale hanno aderito allo sciopero organizzato da diverse sigle sindacali come Fillea, Filca, Feneal, Cisl e Cgil per il rischio licenziamento, poiché l'opera in costruzione non è stata interamente finanziata;

   attualmente la viabilità della zona è insostenibile per le numerose rotonde approssimative ed i frequenti semafori mobili che impongono il senso alternato provocando gravissimi disagi ad automobilisti ed autotrasportatori;

   da giorni la C.M.C., impresa appaltante, a quanto consta all'interrogante ha sospeso i lavori senza alcuna motivazione ufficiale –:

   come il Ministro interrogato intenda procedere, per quanto di competenza, per scongiurare il rischio dell'ennesima incompiuta siciliana e per trovare una soluzione che porti alla riapertura del cantiere ed al completamento dell'opera.
(4-17733)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e della società Anas.
  L'ammodernamento della strada statale Palermo-Agrigento interessa un tratto di circa 34,5 chilometri dell'itinerario complessivo, denominato «lotto 2», che va dall'attuale svincolo Bolognetta chilometri 238 circa dell'attuale SS 121) allo svincolo «Bivio Manganaro» chilometri 204 dell'attuale SS121). Il lotto è stato a sua volta suddiviso in 2 sub-lotti:

   lotto 2a: con carreggiata unica da inizio lotto, lato Palermo per 25 chilometri circa, in direzione Agrigento;

   lotto 2b: con carreggiate separate per gli ultimi 9 chilometri circa, in direzione Agrigento fino a Manganaro.

  Anas informa che i lavori che hanno raggiunto un avanzamento pari al 60 per cento procedono con ritardo a causa delle difficoltà provocate dal generalizzato dissesto idrogeologico del territorio conseguente ad eventi meteorologici di carattere eccezionale risalenti al primo trimestre del 2015.
  Anas e il contraente generale hanno avviato all'epoca (e con tempestività) un complesso monitoraggio delle criticità, finalizzato alla progettazione delle nuove opere necessarie, nonché all'implementazione delle opere già previste in progetto.
  Tale attività, in fase conclusiva, consentirà la riattivazione dei lavori e l'eliminazione di ogni impedimento permettendo, così, l'ultimazione delle opere prevedibilmente entro il prossimo anno.
  L'intera opera è finanziata per 85 milioni di euro dalla delibera Cipe n. 35/2005, a valere su Fondi FAS e per i restanti 211 milioni dalla delibera Cipe n. 84/2008, a valere su fondi della legge obiettivo n. 443 del 2001 che sono, ad oggi, interamente disponibili.
  Il contraente generale, con la redazione del progetto esecutivo, (approvato in linea tecnica), aveva inserito alcuni interventi di compensazione territoriale autorizzati dal Cipe quali ad esempio, l'esecuzione dei primi 700 metri di tracciato, dalla rotatoria di Bolognetta verso Agrigento, e altre opere compensative, che tuttavia, a causa della mancanza dei fondi necessari sono stati stralciati in attesa di reperire le maggiori risorse, pari a circa 17,4 milioni di euro.
  Le risorse mancanti per i citati lavori sono state, poi, rese disponibili nel contratto di programma Anas 2016-2020, alla voce «fabbisogni per completamento opere in corso», approvato dal Cipe il 7 agosto scorso.
  La realizzazione dell'infrastruttura prevede la predisposizione di un cantiere lineare lungo tutto il tracciato suddiviso in sub-cantieri di lavoro secondo due tipologie, ovvero:

   tipologia n. 1: sub-cantieri di estesa pari a circa 500/1000 metri regolati con impianti semaforici a senso unico alternato;

   tipologia n. 2: sub-cantieri di lunghezza maggiore di 1000 metri regolati con restringimenti con doppio senso di marcia utilizzando viabilità secondarie esistenti e/o di nuova costruzione.

  Allo stato attuale sono presenti:

   n. 7 cantieri con impianti semaforici che regolano altrettanti sensi unici alternati per un'estesa di circa 6,4 chilometri ubicati principalmente in corrispondenza delle opere d'arte esistenti;

   n. 14 cantieri che vengono percorsi mantenendo il doppio senso di marcia attraverso l'uso delle viabilità secondarie già realizzate che, a lavori ultimati, verranno destinate a canalizzare il traffico locale sugli svincoli.

  Anas segnala, inoltre, che la scelta di tale modalità costruttiva è stata effettuata, nella consapevolezza dei disagi che potranno subire gli utenti stradali, in quanto risulta l'unica possibile in caso di ammodernamento di infrastrutture «in sede».
  Infine, evidenzia che l'attuale assetto cantieristico risponde, comunque, a criteri di esecuzione lavori con il minimo impatto sulla viabilità e nel rispetto degli standard di sicurezza per la circolazione stradale.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   PAGANO e ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da oltre due anni sulle spiagge dell'Agrigentino e su quelle di Linosa e Lampedusa si susseguono sbarchi, documentati anche con foto e video, che, sfuggendo ad ogni stima e controllo, sono stati definiti «fantasma»;

   come noto, si tratterebbe di immigrati che, utilizzando imbarcazioni di pochi metri e in piccoli gruppi, partono dalla Tunisia per raggiungere illegalmente la costa meridionale della Sicilia, ed una volta sbarcati direttamente sulle spiagge, di notte o all'alba o addirittura in pieno giorno, si nascondono tra le dune per cambiarsi i vestiti, per poi dileguarsi e far perdere le loro tracce;

   si stima, non avendo certezza degli arrivi, che solo negli ultimi due mesi siano giunti illegalmente dalla Tunisia circa tremila immigrati, in maggioranza uomini, di cui 1.500-1.800 sulla costa meridionale della Sicilia, mentre il resto sulle isole di Lampedusa e Linosa;

   nelle ultime settimane, ormai in maniera sistematica, si è assistito ad un preoccupante intensificarsi degli sbarchi «fantasma», con decine e decine di immigrati che hanno raggiunto le spiagge dell'Agrigentino, per poi disperdersi senza essere sottoposti ad alcun controllo sanitario e delle forze dell'ordine, tanto da indurre lo stesso procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, a lanciare l'allarme in una sua recente intervista a La Stampa;

   in particolare, il procuratore di Agrigento avrebbe definito il fenomeno in atto «migrazione pericolosa», poiché, per le modalità sopra descritte, è evidente che tra questi immigrati ci «sono persone che non vogliono farsi identificare, gente già espulsa in passato dall'Italia o appena liberata con l'amnistia dalle carceri tunisine o magari che ha preso parte alle rivolte del 2011» ed avrebbe, quindi, espresso il timore che tra gli stessi possano esserci anche persone legate al terrorismo internazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei casi evidenziati in premessa, in particolare riguardo all'esistenza e all'intensificarsi della nuova rotta migratoria illegale dalla Tunisia, o da altri Paesi africani confinanti, verso la Sicilia meridionale; se disponga di elementi che confermino il rischio sopra evidenziato che tra gli immigrati che utilizzano tale rotta vi possano essere persone legate al terrorismo internazionale e quali verifiche siano state effettuate in merito; quali iniziative immediate intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di bloccare gli sbarchi di cui in premessa; quali iniziative di competenza intenda assumere in tempi brevi, o abbia già assunto, nei confronti degli immigrati che sono giunti e continuano a giungere illegalmente sulle coste meridionali della Sicilia, al fine di garantirne il rintraccio e l'effettivo e immediato rimpatrio.
(4-17907)

  Risposta. — Nel corso del 2017 effettivamente si è registrato un incremento di arrivi irregolari, di cittadini tunisini, sulle coste della provincia di Agrigento.
  Nel corrente anno, alla data del 27 settembre scorso, sono giunti autonomamente 597 cittadini tunisini, rispetto ai 149 arrivati nello stesso periodo del 2016, mentre 766 tunisini sono stati soccorsi e condotti a terra dagli assetti navali presenti nell'area operativa, rispetto ai 134 dello scorso anno.
  Per quel che riguarda il litorale agrigentino, il sopraggiungere di migranti tunisini è stato episodico nel periodo che va dalla metà di giugno alla metà di luglio del corrente anno, con un incremento del fenomeno a partire dalla seconda quindicina del luglio 2017.
  I migranti di nazionalità tunisina attraversano il tratto di mare che separa la Tunisia dalla Sicilia con piccole imbarcazioni in legno e raggiungono il litorale e le coste delle isole Pelagie.
  Se in relazione agli sbarchi sulla costa provinciale è possibile il verificarsi di una differenza fra il numero delle persone sbarcate e di quelle rintracciate, lo stesso non può dirsi in riferimento agli approdi a Linosa e Lampedusa, il cui limitato territorio insulare facilita l'azione di controllo delle forze.
  Proprio al fine di rafforzare il dispositivo di controllo dei cennati flussi, la prefettura di Agrigento, fin dal 1o luglio scorso, ha impartito alla capitaneria di porto di Porto Empedocle e al reparto aeronavale della Guardia di finanza di stanza nel porto empedoclino, direttive per un mirato servizio di pattugliamento antimmigrazione in mare che è stato intensificato a partire dal mese di agosto.
  In relazione al fenomeno segnalato, risulta che la procura di Agrigento ha avviato indagini finalizzate ad identificare i migranti, i soggetti che favoriscono l'immigrazione sul mare e sulla terra ferma e a porre l'attenzione sulle qualità personali degli immigrati, spesso soggetti già espulsi e gravati da precedenti.
  Quanto al rischio di infiltrazioni di soggetti legati al terrorismo internazionale tra gli immigrati tunisini, la stessa procura ha rilevato che, allo stato, si tratta di una mera ipotesi investigativa in fase di sviluppo. Di tale ipotesi investigativa sono state messe al corrente sia la procura nazionale antimafia che la direzione distrettuale antimafia di Palermo.
  Più in generale, in relazione al rischio di possibili infiltrazioni di terroristi nei flussi irregolari si rappresenta che il Comitato di analisi strategica antiterrorismo (CASA) rivolge la massima attenzione alle attività mirate allo
screening del flusso dei migranti giunti sulle coste italiane, al fine di scongiurare l'eventualità che estremisti islamici, siano essi foreign terrorist fighters di ritorno ovvero soggetti comunque pericolosi per la sicurezza, possano fare ingresso e transitare in Europa.
  In particolare, gli uffici territoriali svolgono verifiche approfondite avvalendosi dell'azione sinergica tra dispositivi di controllo frontalieri e gli apparati specializzati nel contrasto al terrorismo, nonché dei riscontri informativi forniti dai Servizi di Sicurezza nazionali e dagli omologhi uffici esteri.
  L'Italia ha, inoltre, condiviso con Europol l'obiettivo di potenziare gli strumenti di prevenzione del terrorismo tramite l'invio nel nostro Paese di
guest officers, individuati dall'Agenzia europea per approfondire i controlli sui soggetti che in base a specifici indicatori destano sospetti e appaiono meritevoli di un controllo di secondo livello dopo quelli effettuati al momento degli sbarchi.
  Infine, per rendere più efficaci i rimpatri dei migranti irregolari, il decreto-legge n. 13 del 17 febbraio 2017, convertito in legge n. 46 il 13 aprile scorso, ha previsto lo stanziamento di risorse aggiuntive (19 milioni di euro) per l'esecuzione dei rimpatri da effettuarsi anche mediante l'utilizzo di voli
charter, nonché il potenziamento della rete dei centri di permanenza per i rimpatri, in modo da assicurarne la distribuzione equilibrata sull'intero territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   PIAZZONI e LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione di giunta n. 72 del 28 agosto 2017, avente ad oggetto «Tutela del territorio sangermanese dall'invasione/immigrazioni delle popolazioni africane e non solo. Provvedimenti», il comune di San Germano Vercellese ha introdotto obblighi e sanzioni, a giudizio degli interroganti, del tutto vessatori, per i cittadini e gli enti privati o religiosi che intendono ospitare e accogliere rifugiati, richiedenti asilo o altra forma di protezione internazionale;

   già dalla denominazione dell'oggetto della delibera – del tutto fuorviante rispetto alla realtà del fenomeno migratorio in Italia – e dalle premesse, ad avviso degli interroganti si evince l'assoluta ignoranza della diversa condizione giuridica delle persone straniere nel nostro Paese e un atteggiamento persecutorio e improntato a pregiudizi largamente diffusi riguardo all'immigrazione. Appare esemplificativo il passaggio: «L'Italia si è trasformata in un campo profughi/clandestini»;

   gravi, e in contrasto con la normativa vigente, risultano inoltre gli oneri e gli obblighi imposti ai cittadini e agli enti privati o religiosi, tra cui: l'obbligo di comunicazione preventiva all'amministrazione locale della sottoscrizione di contratti di locazione ovvero di comodato ovvero di concessione di qualsivoglia diritto reale o personale di godimento e utilizzo con soggetti (persone fisiche o giuridiche) che abbiano tra le possibili finalità l'ospitalità di richiedenti asilo; l'onere di comunicare la partecipazione a bandi indetti da parte di qualsiasi organo pubblico al fine dell'ospitalità e della gestione dei richiedenti asilo, nonché dell'esito degli stessi entro 5 giorni dalla pubblicazione o notizia delle graduatorie; l'onere di comunicare, nei 15 giorni precedenti, la sottoscrizione di accordi, contratti e convenzioni con gli organi ed amministrazioni pubbliche deputate alla gestione dell'emergenza profughi; l'onere di comunicare, attraverso una relazione quindicinale da parte del soggetto privato contraente, l'organizzazione interna della struttura;

   ancora più grave risulta infine la sanzione prevista per il mancato rispetto degli obblighi sopra elencati: sanzione amministrativa pecuniaria da euro centocinquanta a euro cinquemila –:

   di quali notizie disponga in merito alla vicenda descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il regolare svolgimento delle attività di accoglienza dei richiedenti asilo o altre forme di protezione internazionale su tutto il territorio italiano, contrastando il diffondersi di un approccio come quello sotteso alla suddetta delibera di giunta che appare poco consapevole della realtà del fenomeno migratorio.
(4-17717)

  Risposta. — Le affermazioni contenute nella delibera di giunta del comune di San Germano Vercellese non sono in alcun modo conciliabili con la strategia del Governo, che si è concretizzata con l'accordo tra Viminale ed Anci sul progetto dell'accoglienza diffusa.
  Tale modello rappresenta infatti la risposta più efficace nella prospettiva di una distribuzione equilibrata e sostenibile dei migranti sul territorio nazionale e della loro possibilità di piena integrazione. Contemporaneamente, è l'unica via per rispettare i diritti di chi è accolto e quelli di chi accoglie.
  Il piano Anci – Ministero dell'interno, presentato nel gennaio scorso in sede di conferenza delle regioni, è diretto ad assicurare la distribuzione dei migranti – attraverso la piena condivisione con i sindaci – secondo un criterio di proporzionalità tra la popolazione residente e il numero dei richiedenti asilo destinati a una determinata comunità.
  Inoltre, il quadro dell'intesa strategica con il sistema dei comuni italiani è completato dal lavoro di un'apposita cabina di regia che ha il compito di definire le modalità di interventi sinergici e tempestivi per la soluzione delle singole criticità che si registrano, nel quadro di un attivo coinvolgimento dei sindaci relativamente alle scelte che si operano sui singoli territori.

  Analoghe considerazioni valgono per il sistema di accoglienza, non più ispirato a logiche emergenziali, ma improntato a criteri di massima trasparenza e principi di economicità e concorrenza, di cui è concreta espressione il capitolato unico, concordato con Anac, per la gestione dei centri di accoglienza sottoscritto dal Ministro dell'interno nel marzo scorso.
  Tanto premesso, si precisa che nel vigente quadro normativo non è rinvenibile alcun potere di annullamento da parte dell'amministrazione dell'interno degli atti deliberativi adottati dagli enti locali.
  Eventuali illegittimità possono, dunque, essere fatte valere in sede di impugnazione davanti al giudice amministrativo solo dai soggetti legittimati.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'11 aprile 2016 in partenza da S. Teresa di Gallura, probabilmente per un guasto, un traghetto della Moby Lines si è incagliato pochissimi metri dalla costa senza riportare conseguenze gravi né alla nave né ai circa 60 passeggeri a bordo in quell'istante;

   il 24 aprile 2017 diverse centinaia di passeggeri sono rimasti bloccati a Bonifacio, a causa della sospensione delle corse del traghetto «Giraglia» della Moby;

   la motonave ha avuto un problema ai motori ed è finita contro uno scoglio e le autorità francesi hanno imposto una serie di accurati accertamenti sul «Giraglia», consentendo il viaggio di rientro solo per i controlli che saranno effettuati a Santa Teresa di Gallura;

   l'urto, pare nella manovra di attracco a Bonifacio, per il traghetto «Giraglia» della Moby che collega Santa Teresa di Gallura con la Corsica, è l'ennesimo incidente che occorre a questa motonave;

   da una prima indagine, svolta dalla Guardia costiera corsa, c'è stato un malfunzionamento al motore, ma le autorità francesi hanno imposto alla compagnia di navigazione italiana di fare rientro a Santa Teresa senza trasportare passeggeri, che sono stati riprotetti sui traghetti dell'altra compagnia che effettua il medesimo collegamento, la Blu Navy;

   la capitaneria di porto di La Maddalena ha avviato un'indagine amministrativa sul «Giraglia» che esattamente un anno fa aveva avuto un altro incidente a Santa Teresa;

   la mattina del 2 maggio 2017, per un guasto alle pompe del carburante è stata costretta a tornare in porto a Santa Teresa;

   arrivato all'altezza di Capo Testa il traghetto per evidenti problemi al motore della imbarcazione ha dovuto inserire l'indietro tutta per evitare il peggio;

   vi sono stati gravi disagi per i passeggeri del traghetto Giraglia della Moby Lines che stava effettuando la tratta Santa Teresa di Gallura – Bonifacio. La nave ha avuto un problema in mezzo al mare e ha dovuto fare marcia indietro;

   si tratta del secondo caso in poche settimane;

   si tratta di capire chi abbia autorizzato il traghetto a prendere il largo;

   è indispensabile comprendere per quale motivo ancora una volta quella che l'interrogante giudica una «carretta» del mare si sia bloccata in mezzo al tratto più pericoloso del Mediterraneo;

   in tutti i casi reiterati gli incidenti si sono svolti nelle Bocche di Bonifacio, notoriamente uno dei tratti di mare più pericolosi del Mediterraneo;

   ormai non si contano più gli incidenti e i guasti in un collegamento fondamentale come quello tra la Sardegna e la Corsica;

   tutti quanti, compresi gli organismi della sicurezza, secondo l'interrogante continuano ad affrontare con superficialità questi episodi;

   l'incolumità dei passeggeri è costantemente posta a rischio;

   la nave, costruita a Pietra Ligure, nel 1981 è un traghetto adibito quindi al trasporto di auto e passeggeri;

   è lunga all'incirca 75 metri per una stazza lorda di 2.041 tonnellate ed in grado di raggiungere una velocità di 18 nodi; nel 1981 la Giraglia entra in servizio sulla tratta Piombino – Portoferraio, collegando l'Isola d'Elba all'Italia. Dal 2010 si sposta sulla tratta Piombino – Cavo, da poco inaugurata dalla compagnia come rotta low cost. Successivamente scambia con la gemella la rotta di servizio, spostandosi sulla tratta Bonifacio – Santa Teresa di Gallura;

   i ripetuti incidenti dovrebbero indurre, secondo l'interrogante, al ritiro delle autorizzazioni all'uso –:

   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza, con il coinvolgimento delle strutture deputate alla sicurezza marittima e navale, per valutare il ritiro della motonave Giraglia dalle tratte interessate al fine di scongiurare il pericolo di ben più gravi incidenti, considerata anche l'instabilità del mare in quel tratto tra la Sardegna e la Francia;

   se non ritenga di dover valutare la cronologia degli episodi denunciati e adottare ogni conseguente iniziativa di competenza.
(4-18224)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla capitaneria di porto di La Maddalena per il tramite del comando generale del corpo delle capitanerie di porto, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La motonave Giraglia è un traghetto Ro-Ro passeggeri della società Moby che effettua corse plurigiornaliere lungo la rotta Santa Teresa di Gallura - Bonifacio (Francia).
  Il 24 aprile 2017, detta nave si è resa protagonista di un sinistro marittimo in fase di accostata e ormeggio nel porto corso di Bonifacio; l'evento materiale è consistito nell'urto contro la scogliera antistante la banchina di ormeggio del porto e ha cagionato la raschiatura superficiale dell'opera morta a centro nave e un taglio della relativa lamiera di circa 15 centimetri di lunghezza e 2 centimetri di larghezza, mentre alcun danno è stato riportato da passeggeri, dall'equipaggio e dai veicoli trasportati.
  L'unità è stata precauzionalmente fermata nel porto di Bonifacio e sottoposta ad accertamenti tecnici da parte dell'ente di classifica Rina e delle autorità marittime francesi, intervenute a bordo con un ispettore
Port State Control dello Stato francese.
  All'esito dei controlli, tenuto conto delle dichiarazioni rese in merito alla dinamica dell'urto dal comando di bordo, è stato accertato che un improvviso guasto dell'impianto
Oil Mist Detector – rilevatore di vapori di petrolio nei motori – abbia automaticamente fermato le macchine, rendendo quindi ingovernabile la nave nel lasso di tempo necessario alla manovra di accostata.
  L'unità è stata dunque ritenuta sicura e idonea a riprendere la navigazione per Santa Teresa di Gallura, con l'obbligo di adempiere poi, una volta giunta in porto, a talune prescrizioni di carattere tecnico ed effettuare le necessarie riparazioni unitamente ad ulteriori, eventuali accertamenti.
  La Giraglia è rimasta in sosta nel porto di Santa Teresa di Gallura dal 25 al 27 aprile 2017, consentendo perciò l'esecuzione sia dei previsti interventi di riparazione sia di ulteriori accertamenti a cura del citato ente di classifica e di personale abilitato in servizio presso la capitaneria di porto di La Maddalena.
  Con l'occasione, la locale Autorità marittima ha altresì proceduto al rinnovo periodico di alcuni certificati di sicurezza di imminente scadenza.
  Nello specifico, sono stati autorizzati dalla predetta capitaneria di porto sia interventi di riparazione a mezzo di uso fiamma ossidrica, svoltisi in presenza del chimico del porto, sia prove ai motori – e a tutte le sicurezze degli stessi – e prove a mare, in entrambi i casi eseguite in compartecipazione con personale tecnico del Rina e personale specializzato del Corpo.
  Tutte le prove, ripetute anche più volte, hanno dato esito positivo, determinando l'eliminazione delle prescrizioni pendenti; pertanto, la società armatrice ne ha informato tanto l'autorità marittima del luogo in cui il sinistro si è verificato, quindi l'autorità marittima francese, quanto il personale ispettore intervenuto a bordo dell'unità nel porto di Bonifacio.
  A seguito del loro nulla osta, l'autorità marittima italiana ha consentito alla nave, nel pomeriggio del 27 aprile – la ripresa della navigazione di linea, concludendo – in adesione alla circolare sui sinistri marittimi n. 1 dell'8 gennaio 1963 del Ministero della marina mercantile – per l'inquadramento dell'evento tra gli incidenti di scarsa rilevanza, in quanto verificatosi in fase di atterraggio in porto (durante la preparazione alle operazioni di ormeggio) e connesso a danni di trascurabile entità.
  Il successivo 2 maggio la motonave Giraglia, poco dopo aver lasciato il porto di Santa Teresa di Gallura, è incorsa in una ulteriore e diversa avaria consistente in un malfunzionamento ad una pompa di iniezione del motore principale di dritta.
  Al riguardo, una volta accertato detto malfunzionamento, il direttore di macchina ne ha riferito al comandante dell'unità, il quale – tenuto conto delle condizioni meteomarine non favorevoli e considerato che la nave avrebbe dovuto proseguire la rotta con un solo motore, a causa della necessità di arrestare il motore interessato dall'avaria per prevenire possibili danni – ha ritenuto opportuno fare rientro al porto di partenza.
  Dapprima sono stati sbarcati in sicurezza i passeggeri e gli autoveicoli presenti a bordo e, successivamente, avviate le doverose verifiche tecniche, che hanno determinato un nuovo intervento dell'ente di classifica e anche l'impiego di personale specializzato dipendente dalla ditta fornitrice dei motori.
  Anche in questo caso, all'esito dei previsti accertamenti tecnici e a seguito della certificata risoluzione dell'avaria, la locale autorità marittima ha autorizzato la ripresa del servizio di linea della motonave.
  Al riguardo, il comando generale precisa che detta avaria, a giudizio della più volte citata Capitaneria di porto di La Maddalena, non ha correlazione con l'evento verificatosi il precedente 27 aprile.
  Infine, circa il sinistro dell'11 aprile 2016, cui pure fa cenno l'interrogante, gli esiti dell'inchiesta a suo tempo svolta hanno evidenziato che lo stesso è stato causato da una avaria al passo delle eliche, del tutto differente dai guasti e malfunzionamenti sinora esposti.
  Alla luce delle predette considerazioni e degli esiti delle visite ispettive effettuate sull'unità, non può che concludersi che la motonave Giraglia è ritenuta idonea alla navigazione, a legislazione vigente.
  Da ultimo, con riferimento al sinistro del 27 aprile, la capitaneria di porto di La Maddalena ha avuto modo di appurare che il comando di bordo dell'unità in argomento ha omesso di presentare al consolato italiano in Francia, l'autorità competente allo svolgimento della inchiesta sommaria in caso di incidente all'estero, la dichiarazione formale di evento straordinario di cui all'articolo 182 del Codice della navigazione.
  Di conseguenza, il Comandante dell'anzidetta unità è stato sanzionato – in solido con la società armatrice – dal predetto ufficio marittimo, che ha raccolto le informazioni sopra esposte necessarie allo svolgimento dell'inchiesta
de qua, le cui risultanze consentono di classificare l'evento come incidente di scarsa rilevanza.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   PIRAS, ZARATTI, RICCIATTI, DURANTI, QUARANTA e SCOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Saras (Società anonima raffinerie sarde) è entrata in produzione nel giugno del 1966, in un'area della Sardegna meridionale – Sarroch (Cagliari) – di assoluto pregio paesaggistico e ambientale, fra le più fertili dal punto di vista agricolo, caratterizzata da un sistema di zone umide tradizionalmente dedicato alle attività della piccola pesca;

   Sarlux (attuale denominazione della Saras), società quotata in borsa, è la più grande raffineria del Mediterraneo e tratta circa 15 milioni di tonnellate l'anno di petrolio, il 25 per cento del totale della movimentazione navale di greggio;

   l'inquinamento prodotto in cinquant'anni di attività è penetrato nel territorio, nel sistema idrico, nei fondali marini e contamina l'aria, esponendo la popolazione locale tutta e i lavoratori a una molteplicità di agenti inquinanti, determinando innumerevoli casi di morti premature;

   nel gennaio del 2009, un importante film documentario d'inchiesta, prodotto dal regista Massimiliano Mazzotta, denominato Oil, ha messo in luce il gravissimo inquinamento dell'area, le profonde modificazioni ambientali e nella struttura sociale e la pesante complicità dello Stato in quello che appare essere un vero e proprio disastro ambientale;

   nel 2013 la prestigiosa rivista internazionale di epidemiologia dell'università di Oxford « Mutagenesis» ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta su 75 bambini delle scuole elementari di Sarroch;

   le conclusioni dell'indagine, condotte attraverso la comparazione con eguale campione di coetanei residenti in un'area di campagna, sono inequivocabili: «il nostro studio dimostra che i bambini residenti in prossimità del polo industriale di Sarroch presentano incrementi significativi di danni e alterazioni del Dna» rispetto agli standard di riferimento;

   nel 2014 l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), chiamata ad analizzare i costi sanitari e ambientali dell'industria, l'impatto sulle produzioni agricole e in termini di morti premature, ha classificato la Saras-Sarlux di Sarroch al 92o posto (su 1329) fra gli impianti più inquinanti d'Europa (l'Ilva di Taranto è al 29o);

   recentemente come riportato da tutti i principali quotidiani sardi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ammesso la riconducibilità dell'inquinamento del suolo, del sottosuolo e delle acque di falda nell'area di Sarroch alle attività della Salux-Saras, sostenendo altresì che l'azienda ha provveduto ad attivare le necessarie misure di messa in sicurezza delle falde;

   pare assolutamente blanda e insufficiente agli interpellanti la risposta del Ministro considerata l'attività ultradecennale della raffineria, oltre che la documentazione sopra citata;

   va reso atto che finora non vi è mai stato alcun approfondito studio epidemiologico di parte pubblica –:

   quali siano le iniziative di competenza poste in essere dai Ministri interrogati per conoscere, sul piano ambientale, epidemiologico e sanitario, le reali condizioni del territorio e delle popolazioni che lo abitano;

   quali iniziative, per quanto di competenza, siano state poste in essere affinché Saras-Sarlux garantisca l'assoluto rispetto delle soglie di concentrazione previste dalla normativa vigente;

   quali siano le iniziative di competenza che si intendano porre in essere per mettere in sicurezza l'area, per riparare il danno ambientale e riconoscere un effettivo risarcimento al territorio.
(4-14010)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alle problematiche ambientali connesse alle attività della Saras-Sarlux di Sarroch (Cagliari), sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre evidenziare, in via preliminare, che alla società Sarlux s.r.l., con decreto del 24 marzo 2009, è stata rilasciata l'Autorizzazione integrata ambientale, ai fini dell'esercizio dell'installazione situata nel comune di Sarroch, ricadendo la stessa tra le categorie di impianti soggetti ad Aia statali ai sensi dell'allegato XII, alla parte seconda, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  L'Aia è stata poi oggetto di riesame per integrare nell'autorizzazione anche la parte denominata «impianti nord» acquisita dalla società Versalis s.p.a. La regione, la provincia ed il comune di Sarroch fanno parte del gruppo istruttore ed hanno partecipato, pertanto, a tale procedimento autorizzativo.
  Con nota del 15 aprile 2016, è stato avviato il riesame complessivo delle condizioni autorizzative contenute nell'Aia per l'adeguamento ai valori limite di emissione riportati nelle BAT
conclusions del settore della raffinazione di petrolio e di gas (emanate con decisione di esecuzione della Commissione europea del 9 ottobre 2014). Occorre evidenziare che con il citato decreto ministeriale prot. 263 dell'11 ottobre 2017, si è concluso il procedimento di riesame complessivo delle condizioni autorizzative contenute nell'Aia rilasciata alla Sarlux s.p.a.
  Con riferimento al suolo, al sottosuolo e alle acque di falda nell'area ove insiste l'impianto è bene anche rilevare che per l'impianto in questione è stato avviato il procedimento di validazione della relazione di riferimento, conclusosi con una richiesta di aggiornamento da parte dello scrivente Ministero.
  La Relazione di Riferimento, la cui definizione è contenuta nell'articolo 5, comma 1, lettera
v-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, costituisce una delle novità introdotte nel Codice dell'ambiente, ad opera del decreto legislativo n. 46 del 2016 con il quale è stata recepita la direttiva 2010/75/UE cosiddetta direttiva IED e rappresenta un nuovo strumento previsto dall'articolo 22 della medesima direttiva, atto a prevenire ed affrontare la potenziale contaminazione del suolo e delle acque sotterranee che potrebbe essere cagionata dalle attività che producono, utilizzano o scaricano determinate sostanze pericolose.
  In riferimento alla determinazione dello stato di contaminazione del suolo e della falda, si sottolinea inoltre che, all'interno del quadro normativo Aia, il gestore è tenuto alla presentazione della Relazione di Riferimento, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dal decreto ministeriale n. 272 del 2014.
  L'accertamento dello stato di contaminazione delle matrici ambientali ha portato all'apertura del procedimento di bonifica e delle relative misure di sicurezza della falda.
  Gli interventi attuati e programmati nell'area hanno riguardato sia la falda che i suoli. In particolare le misure di Ministero dello sviluppo economico della falda hanno previsto una barriera idraulica di 46 pozzi; 26 pozzi linea mediana, 12 pozzi fronte mare, 7 pozzi a monte idrogeologico dello stabilimento, 1 pozzo di ravvenamento a sud dello stabilimento (totale portata emunta 274 mc/g).
  Tra il 2007 e 2009 i 26 pozzi hanno recuperato 800 m3 di LNPL.
  Successivamente è stato presentato un progetto bonifica/messa in sicurezza operativa falda che ha previsto la realizzazione di 86 pozzi attivi, di cui:

   n. 27 di emungimento ubicati lungo la Strada II (linea mediana dello stabilimento);

   n. 2 di emungimento ubicati lungo il perimetro sud dello stabilimento (W26 e W27);

   n. 4 di emungimento ubicati lungo il perimetro dello stabilimento (monte idrogeologico rispetto alla linea mediana – W28, W29, W30 e W31);

   n. 12 sul fronte mare per il ravvenamento;

   n. 34 nuovi pozzi di emungimento (di progetto);

   n. 7 nuovi pozzi di ravvenamento fronte mare (di progetto).

  Il progetto di bonifica della falda è stato approvato con decreto del 9 maggio 2016.
  In merito ai suoli, la conferenza di servizi decisoria del 30 marzo 2015 ha approvato con prescrizioni l'analisi di rischio sito specifica per i suoli dello stabilimento. I risultati dell'analisi di rischio hanno evidenziato una contaminazione in n. 9 sorgenti relative al suolo superficiale, in n.10 sorgenti relative al suolo profondo e nella sorgente relativa alla falda. La contaminazione è dovuta principalmente ad idrocarburi C>12 (C13-C18 Alifatici e a C19-C36 alifatici), due sorgenti risultano contaminate da piombo e solo una da crisene e benzo(a) antracene.
  La conferenza di servizi decisoria del 25 ottobre 2016 ha ritenuto approvabile il progetto di messa in sicurezza operativa e bonifica rielaborato secondo le prescrizioni fornite dalla conferenza dei servizi istruttoria del 7 aprile 2016. Il decreto di approvazione finale è in fase di perfezionamento in quanto si è in attesa della verifica di assoggettabilità a VIA della regione Sardegna.
  In merito alle soglie di concentrazione previste dalla normativa vigente, si comunica che, ai sensi dell'articolo 29, del decreto legislativo n. 152 del 2006, l'autorità competente al controllo è Ispra, che effettua regolarmente controlli sull'esercizio e sul rispetto delle condizioni autorizzative, con la collaborazione dell'Arpas. Laddove i controlli di Ispra, in passato, hanno riscontrato superamenti e inottemperanze dell'Aia, l'impianto è stato oggetto di diffida dal proseguire l'attività produttiva in difformità a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale. Le successive attività di controllo dell'Ispra non hanno evidenziato il perdurare delle criticità. In ogni caso, gli esiti dei controlli sono pubblicati
on line e disponibili all'accesso del pubblico.
  La regione Sardegna ha fatto presente, peraltro, di aver approvato, con deliberazione n. 18/16 del 5 aprile 2016, il piano regionale d'ispezione ambientale delle installazioni soggette ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia), di cui all'articolo 29-
decies, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Il piano prevede l'elaborazione di un programma di ispezioni triennale sulla base dell'esecuzione di una valutazione del rischio associato a ciascuna delle installazioni soggette a tale regime; tale valutazione ha collocato l'installazione Sarlux in una fascia di rischio «alto» cui è associata una frequenza ispettiva annuale.
  Al riguardo, si precisa, comunque, che prima della redazione del Piano sopra menzionato, Sarlux era comunque soggetta a verifiche ispettive annuali, come previsto all'interno dell'Aia vigente.
  Gli esiti delle visite ispettive sono resi accessibili al pubblico ed alcune informazioni sono reperibili nella pagina dedicata del sito
web del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (http://aia.minambiente.it/ricercaAtt.aspx), così come i report annuali di autocontrollo presentati dal gestore e verificati da Ispra per l'esecuzione delle visite ispettive.
  L'Amministrazione regionale ha evidenziato, al riguardo, che, qualora nel corso della visita ispettiva vengano riscontrate non conformità dell'atto autorizzativo, si provvede ad inviare al gestore la contestazione di illecito amministrativo e alla procura la dovuta informazione sulle ipotesi di reato (se del caso); in tali ipotesi il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emette provvedimento di diffida per riportare il gestore ad una situazione di conformità.
  A quanto fin qui esposto si aggiunga che, secondo quanto riferito dai carabinieri del N.O.E. di Cagliari, sono state espletate, nel corso degli anni, diverse attività presso l'azienda in questione.
  In particolare, il 14 ottobre 2000, il 16 ottobre 2007 ed il 10 settembre 2010 il N.O.E. ha deferito in stato di libertà, rispettivamente:

   n. 4 persone per aver realizzato un deposito preliminare di rifiuti speciali in assenza della prescritta autorizzazione, nonché per traffico illecito internazionale di rifiuti. Durante l'indagine, scaturita a seguito di un esposto, sono stati eseguiti alcuni campionamenti da parte di tecnici dell'Asl e della provincia di Cagliari, in ragione dei quali – sebbene non siano emersi superamenti dei valori limite per le emissioni in atmosfera – sono state rilevate alte concentrazioni di vanadio e nichel nei fanghi, tali da far classificare detti rifiuti come pericolosi;

   n. 7 persone per associazione per delinquere finalizzata all'allestimento di attività illecite di gestione di rifiuti pericolosi, mediante l'utilizzo di certificazioni analitiche e di f.i.r. contenenti false indicazioni sui rifiuti trasportati. In tale circostanza, alcuni campionamenti sui rifiuti prodotti dal predetto stabilimento, sono risultati pericolosi – a fronte della classificazione di non pericolosità fatta dal produttore – per l'elevato contenuto di idrocarburi, nonché – solo in alcuni casi – per i valori di nichel superiori ai limiti imposti dalla legislazione vigente;

   il direttore della raffineria per inosservanza delle prescrizioni contenute nell'Aia ed in particolare quelle relative ai rifiuti, alle emissioni in atmosfera, all'obbligo di determinazione del rendimento di desolforazione, alla redazione e comunicazione del piano a breve, medio e lungo termine relativo alla cessazione definitiva dell'attività, nonché al controllo degli scarichi idrici e all'accessibilità ai punti di campionamento per il periodo antecedente al novembre 2009.

  Anche la procura della Repubblica presso il tribunale di Cagliari ha rappresentato che negli ultimi anni sono stati aperti alcuni procedimenti penali volti alla verifica dell'effettivo rispetto dei valori limite autorizzati per i cicli di raffinazione e lavorazione del petrolio nell'area industriale di Sarroch, nonché, in generale, all'accertamento qualitativo e quantitativo di emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti provenienti anche da attività industriale di differente natura.
  Per quanto riguarda gli studi epidemiologici, la regione Sardegna ha segnalato che nell'aprile 2006 è stato pubblicato il «rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna», commissionato dall'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale all'Associazione temporanea d'impresa Esa (Epidemiologia, sviluppo e ambiente) nell'ambito nell'ambito del piano operativo nazionale 2000-2006, quadro comunitario di sostegno alle regioni obiettivo 1.1.
  Il rapporto ha studiato l'area di Sarroch (comprendente i comuni di Assemini, Sarroch, Capoterra e Villa San Pietro per una popolazione che, al censimento 2001, era di 52.385 abitanti) mediante l'analisi di dati relativi:

   alla mortalità generale e specifica per cause tumorali e non, derivanti dalle certificazioni Istat di causa di morte 1997-2001;

   ai ricoveri ospedalieri per una serie di diagnosi scelte, derivanti dall'archivio regionale delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) 2001-2003.

  La mortalità generale dell'area era risultata leggermente e non significativamente al di sotto della media regionale negli uomini, mentre era dell'86 per cento superiore per le donne.
  Si erano rilevati eccessi tra gli uomini che oscillavano dal 6 al 12 per cento nei ricoveri e ricoverati per malattie respiratorie, che avevano invece una mortalità in linea con la media regionale, e dal 13 al 24 per cento per il tumore polmonare, in eccesso anche nella mortalità del 24 per cento. Gli eccessi tra le donne variavano dal 10 al 16 per cento per ricoveri e ricoverati per malattie respiratorie, con una mortalità in eccesso del 12 per cento (aggiustando per deprivazione) e dal 3 al 40 per cento per i ricoveri e ricoverati per tumore polmonare.
  Usando come riferimento la mortalità osservata nelle popolazioni residenti in un cerchio di 40 chilometri centrato sul comune di Capoterra invece della mortalità media regionale, non si osservavano grandi differenze.
  Il rischio per tumore polmonare tra gli uomini era risultato solo il 2 per cento in eccesso usando lo
standard locale, contro il 16 per cento di aumento con lo standard regionale. I tumori del sistema linfoematopoietico, sempre negli uomini, avevano mostrato invece eccessi del 24 per cento usando lo standard locale, contro un eccesso del solo 10 per cento con lo standard regionale (non significativo). Tenendo conto del livello di deprivazione materiale, i rischi per tumore polmonare risultavano aumentati (+24 per cento negli uomini) e quelli per tumore del sistema linfoematopoietico si mantenevano sui livelli dello standard regionale. Nelle donne le corrispondenti cause erano in difetto rispetto alla regione e non vi erano differenze eclatanti utilizzando lo standard locale piuttosto che regionale o con la correzione per deprivazione.
  Il Rapporto sullo stato di salute del 2006 è stato successivamente aggiornato con il rapporto 2000-2010, reso possibile grazie alla collaborazione tra l'osservatorio epidemiologico della regione Sardegna e l'università di Firenze nell'ambito del progetto «sorveglianza epidemiologica del rischio legato a fonti di origine industriale e militare», che è terminato il 16 marzo 2012. L'aggiornamento riguarda la prevalenza delle malattie risultante dalle schede di dimissione ospedaliera per il periodo 2001-2010. In sintesi, la prevalenza di malattie dell'apparato circolatorio si mantiene al di sotto della media regionale, sia negli uomini che nelle donne. Per quanto riguarda le malattie neoplastiche, nel periodo 2001-2005, si ha un eccesso del 12 per cento nei ricoveri, che si annulla considerando i ricoverati negli uomini; nel sesso femminile non si registrano eccessi per tumori nel loro complesso. Nel periodo 2006-2010, l'eccesso di ricoveri negli uomini si riduce al 4 per cento, ma resta costante o aumenta nei ricoverati (5,1 per cento-1,6 per cento), nel sesso femminile, si registra un eccesso intorno al 4 per cento per i ricoverati. Per quanto riguarda le malattie respiratorie, nel periodo 2001-2005 si osserva un incremento dei ricoveri e dei ricoverati per patologia asmatica negli uomini (13 per cento-29 per cento) e eccessi per le malattie respiratorie croniche per le donne (11 per cento). Nel periodo 2006-2010 tali eccessi scompaiono completamente.
  Per quanto riguarda i bambini, nei ricoveri 2006-2010 non si rilevano più eccessi per patologia asmatica nella fascia 0-14 anni, rispetto alla media regionale.
  Riguardo le altre patologie, si registravano nel 2001-2005 ricoveri in eccesso sulla media regionale per le malattie del sangue (complessivamente 19 casi in eccesso considerando tutte le diagnosi nella scheda SDO), e nelle donne le malattie dell'apparato digerente (13 casi in eccesso). Nel periodo successivo 2006-2010 resta un eccesso per le malattie del sangue che si riduce rispetto al precedente periodo e si registrano 12 casi in eccesso sulla media regionale. Nelle donne non si rilevano più eccessi per le malattie dell'apparato digerente. È degno di nota l'eccesso nel periodo più recente dei ricoveri per cause traumatiche (34 in più rispetto alla media regionale).
  Il rapporto 2000-2010 afferma che «nel comune di Sarroch sono localizzate alcune attività industriali che sono state censite nell'inventario regionale delle emissioni in particolare per quanto riguarda la qualità dell'aria. Le sostanze tossiche principali riguardano idrocarburi policlici aromatici, benzene e affini, metalli e gas irritanti come, prima del 2008, l'anidride solforosa. Tutti questi tossici sono connessi nella letteratura tossicologica ed epidemiologica alle malattie per le quali si sono registrati degli eccessi nella popolazione residente del comune».
  Le considerazioni finali riportano che «le indicazioni contenute nel presente aggiornamento del rapporto sullo stato di salute permettono di affermare che è importante:

   una verifica epidemiologica volta a chiarire eventuali associazioni tra le malattie tumorali e in particolare i tumori del sistema linfo-ematopoietico e le malattie del sangue e le concentrazioni ambientali delle sostanze tossiche emesse;

   una valutazione costante che permetta di meglio documentare l'evoluzione favorevole dello stato di salute, in particolare è importante sottolineare il miglioramento registrato per quanto riguarda le patologie respiratorie nel bambino e nell'adulto».

  Inoltre, al competente assessorato dell'igiene e sanità risulta quanto segue.
  Dal novembre 2006 al dicembre 2014 è stato attivo il «progetto Sarroch ambiente e salute», coordinato dal punto di vista scientifico dall'università degli studi di Firenze, promosso dal comune di Sarroch e cofinanziato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e dal Ministero della salute. Tale progetto è pubblicato sul sito
web del comune ed in quello della fondazione Bioetica (http://www.fondazionebiotecalt/node/22).
  Si segnala, altresì, in riferimento allo studio di epidemiologia molecolare pubblicato nel 2013 (Mutagenesis 28, 315-321, 2013), sui bambini residenti nel comune Sarroch in Sardegna, in cui è stata osservata una aumentata incidenza di danni al DNA rispetto ai bambini residenti in una località rurale, che l'Istituto superiore di sanità si è espresso, osservando quanto segue:

   lo studio ha preso in considerazione due tipi di alterazioni delle basi del DNA, indotte rispettivamente dall'eccesso di specie reattive dell'ossigeno e/o radicali liberi, e dagli idrocarburi policiclici aromatici cancerogeni. Tali alterazioni rappresentano danni primari al DNA suscettibili di riparazione, piuttosto che mutazioni permanenti, e vengono considerate essenzialmente come biomarcatori di esposizione ad agenti genotossici, piuttosto che di effetti biologici. Non è quindi possibile utilizzare tali biomarcatori per effettuare una stima quantitativa dei possibili rischi per la salute;

   lo studio ha comunque mostrato un chiaro aumento (circa il doppio) di danni al DNA nei bambini residenti nel comune di Sarroch rispetto a quelli residenti nel comune rurale di Burcei. Tale risultato è in linea con i risultati di studi precedenti su popolazioni di bambini e adulti residenti in aree con forte inquinamento industriale o ad elevato traffico veicolare;

   come rilevato dagli stessi autori del lavoro, il disegno dello studio non permette di stimare con certezza il ruolo dell'inquinamento prodotto dal polo petrolchimico, mancando una popolazione di riferimento residente in un'area urbana senza attività industriali. In considerazione della ridotta densità abitativa e traffico veicolare nell'area urbana di Sarroch, è però verosimile che l'inquinamento prodotto dalle attività industriali abbia un peso prevalente;

   le misure ambientali effettuate mostrano infatti un gradiente di concentrazione di inquinanti organici volatili a partire dall'area industriale, con livelli di benzene nel centro del paese simili a quelli misurati in metropoli europee.

  Sempre secondo quanto osservato dall'Istituto superiore di sanità, complessivamente lo studio indica per la popolazione residente nel comune di Sarroch una esposizione a composti tossici e genotossici significativamente maggiore rispetto a quella della popolazione rurale, assimilabile a quella dei residenti in altre aree inquinate, ed è verosimile che ciò sia attribuibile in larga misura alle attività industriali che insistono sul territorio.
  Si fa presente, da ultimo, che il Ministero della salute, attraverso il Centro nazionale per il controllo delle malattie (CCM), nell'ambito del programma 2015, ha finanziato il progetto relativo ad un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati, in continuità con il progetto «Sentieri». Tali aree, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, hanno ospitato o ospitano attività antropiche che hanno prodotto o potrebbero produrre contaminazione del suolo, delle acque di superficie o di falda, dell'aria, della catena alimentare, cui ha conseguito o potrebbe conseguire un impatto sulla salute. Detto progetto è coordinato dall'Istituto superiore di sanità, interessa le aree dichiarate Siti d'interesse nazionale e può essere esteso ad altre aree industriali che comportano un rilevante impatto territoriale, tra queste rientrerebbe anche il territorio di Sarroch dove potrà essere effettuato un aggiornamento della situazione epidemiologica.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura che, per quanto di competenza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a tenersi informato e continuerà a svolgere la sua attività di monitoraggio, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione su questa delicata questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.


   PISICCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 13 giugno alle 17,30 in Salento, in provincia di Lecce, due treni si sono scontrati, con 27 contusi e feriti;

   il 12 luglio dello scorso anno un incidente ben più grave provocò la morte di 23 persone e 50 feriti;

   il recentissimo scontro tra i due convogli delle Ferrovie Sud Est, sulla tratta a binario unico Lecce-Zollino, ha riproposto la drammaticità della questione della sicurezza dei trasporti ferroviari in Puglia e la necessità di intervenire per trovare delle soluzioni rapide e concrete;

   la rete ferroviaria pugliese si estende per circa 1.522 chilometri, conta circa 10.000 addetti nel settore e quattro imprese ferroviarie. Per mettere in sicurezza le ferrovie italiane, secondo i sindacati Cgil, Cisl, Uil e Cisal, servirebbero almeno due miliardi di euro. Attualmente sono stati stanziati 300 milioni di euro, di cui 115 per la Puglia sulla base della delibera del Cipe del 10 agosto 2016;

   la recente acquisizione delle Ferrovie del Sud Est da parte di Ferrovie dello Stato italiane potrà portare un aumento delle risorse e del know how tecnologico per realizzare l'ammodernamento della rete, gestita oggi da Ferrovie Sud Est, per adeguarla agli stessi standard previsti per la rete nazionale;

   nel frattempo, le misure mitigative adottate, come la limitazione di velocità a 50 km/h, hanno evitato ulteriori tragedie, ma, nello stesso tempo, comportano una grave perdita di competitività e quindi è necessario che siano misure solo temporanee;

   purtroppo, gli investimenti principali di questi ultimi decenni hanno riguardato la rete ad alta velocità e poco è stato fatto per il trasporto ferroviario regionale, soprattutto nel Mezzogiorno, che rappresenta, invece, una delle componenti più importanti del sistema ferroviario nazionale, coinvolgendo ogni giorno 10 milioni di passeggeri;

   si ricorda che l'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, legge di bilancio 2017, prevede l'istituzione di un fondo, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Tale fondo è ripartito su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri interessati. Lo schema di decreto per il riparto della rimanente quota del fondo (n. 421) è stato trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimeranno il parere entro trenta giorni dalla data dell'assegnazione. La tabella allegata allo schema citato destina una cifra pari a 19 miliardi di euro circa, dal 2017 al 2032, per interventi nei seguenti settori: trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie;

   l'auspicio è che la sicurezza del sistema ferroviario regionale sia migliorata, grazie alle nuove tecnologie e specialmente grazie ai fondi di cui all'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017, che potrebbero essere in parte destinati a questo obiettivo;

   la sicurezza va garantita con investimenti strutturali e non prorogando o aumentando le limitazioni sul sistema ferroviario, che con il passare del tempo si potrebbero tradurre in una pericolosa perdita di competitività del trasporto su rotaia e avere, di conseguenza, ricadute occupazionali pesanti per gli addetti del settore –:

   se non ritenga il Ministro interrogato di dover intervenire con urgenza, con tutti gli strumenti di competenza e le risorse a disposizione, per portare avanti i lavori di ammodernamento della rete ferroviaria regionale che necessita di ingenti finanziamenti e tempi medio-lunghi.
(4-16968)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In merito all'efficientamento della rete e del servizio ferroviario, si fa presente che il nuovo schema di contratto 2017-2021 M1T-RFI Parte investimenti è stato recentemente trasmesso al dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica per l'espressione del parere da parte del Cipe.
  In particolare, il saldo dei finanziamenti contrattualizzati con il nuovo contratto è pari a +13,26 milioni di euro, tenuto conto delle variazioni in aumento (+13.925 milioni di euro) e di quelle in diminuzione (-666 milioni di euro). La maggior parte delle nuove risorse derivano dalla legge di bilancio 2017, con 9.860 milioni di euro a valere sul Fondo istituito ai sensi dell'articolo 1, commi 140-142, della predetta legge destinati alle ferrovie, cui si aggiungono i 210 milioni di euro destinati alla nuova linea Ferrandina - Matera La Martella. Vi sono poi, tra le altre, le risorse del fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, pari a 2.289 milioni di euro, del decreto-legge n. 93/2016 pari a 720 milioni e quelle dei programmi PON: con circa 477 milioni.
  Con le nuove risorse, in coerenza con il nuovo corso avviato con l'Allegato al DEF 2016
Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica e con il successivo allegato al DEF 2017 Connettere l'Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture, tenuto conto delle effettive necessità di finanziamento e delle richieste manifestate dalle regioni, verranno finanziati importanti interventi inerenti la sicurezza e l'adeguamento ad obblighi di legge, per un importo complessivo di circa 2 miliardi di euro. Tali risorse consentiranno il proseguimento di interventi necessari a contenere i rischi nelle gallerie, nelle zone sismiche e in quelle soggette a dissesto idrogeologico, oltre ad interventi per la salvaguardia dell'ambiente e la mitigazione del rumore, per la soppressione dei passaggi a livello e la protezione in sicurezza delle rimanenti interferenze strada-ferrovia, nuove esigenze connesse al piano sicurezza armamento nonché per l'avvio del nuovo programma di adeguamento a Sti (Specifiche tecniche di interoperabilità).
  Circa 690 milioni di euro sono poi destinati a interventi finalizzati all'ammodernamento tecnologico, della dotazione delle linee e degli impianti ferroviari per adeguare l'efficienza alla crescente richiesta di mobilità ed eliminare gli impianti tecnologicamente superati e obsoleti nonché proseguire l'attrezzaggio della rete con l'Ertms (
European rail traffic management system).
  Alla valorizzazione delle reti regionali vengono destinati ulteriori 1,3 miliardi di euro, con interventi rivolti alla valorizzazione delle reti regionali per dare ulteriore impulso al rilancio del TPL con la realizzazione anche degli interventi individuali di concerto con le regioni nell'ambito del programma FSC 2014-2020. Ulteriori iniziative riguardano il potenziamento tecnologico di linee di bacino, per migliorarne l'indice di regolarità e risolvere situazioni puntuali di interferenza tra i flussi di traffico.
  In particolare, sono previsti oltre 80 milioni, che si aggiungono ai 246 milioni già previsti nell'aggiornamento 2016 del CdP per
l'upgrading infrastrutturale e tecnologico dei bacini sud e delle isole con interventi di potenziamento tecnologico e infrastrutturale delle linee interessate dal traffico regionale.
  Nello specifico per la regione Puglia sono previsti tre interventi completamente finanziati con le risorse FSC 2014-2020:

   intervento di penetrazione urbana nella città di Manfredonia per 50 milioni di euro;

   progetto di elettrificazione della tratta Barletta-Canosa per 26 milioni di euro;

   recupero dell'ex stazione ferrovia Nasisi sulla linea Taranto-Brindisi per un importo di 22 milioni di euro.

  Gli stanziamenti allocati con lo schema del CdP 2017-2021 Parte investimenti consentiranno quindi di portare avanti numerosi interventi a favore della sicurezza e della valorizzazione delle reti regionali, compresa quella nella regione Puglia.
  Quanto alle iniziative poste in essere nell'immediatezza dell'evento del 13 giugno 2017, la direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime dei Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) ha prontamente dato incarico ad un proprio investigatore iscritto nell'elenco degli esperti esterni di recarsi sul luogo per effettuare un primo sopralluogo; il giorno successivo ha dato incarico a due investigatori di cui al citato elenco di avviare l'attività investigativa tecnica di sicurezza. A partire dalla data del 15 giugno gli investigatori hanno a disposizione 150 giorni per effettuare l'attività investigativa e per la consegna della relazione finale di indagine.
  Anche l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (Ansf) riferisce di aver chiesto, già il giorno 15, alle strutture operative di Ferrovie del sud est (Fse) la trasmissione di una relazione, poi trasmessa da Fse e dalla quale è possibile desumere la dinamica dell'incidente, il regime di circolazione e il sistema di esercizio su tale linea ferroviaria, su cui non sono presenti sistemi di protezione della marcia dei treni.
  Con la suddetta relazione FSE comunica inoltre che, a seguito dell'intervento della Polizia Giudiziaria di Lecce, è stato disposto il sequestro dei mezzi, dei libri di bordo e delle zone tachigrafiche degli stessi, inoltre sono stati scaricati e consegnati alla polizia Giudiziaria i dati relativi a tutti gli enti, al registro cronologico eventi nonché i dati relativi agli stessi enti prelevati sul posto centrale di Novoli sede del dirigente centrale operativo.
  Tenuto conto che Fse rientra nell'ambito di applicazione del decreto ministeriale 5 agosto 2016. Ansf ha effettuato, nel primo semestre del 2017, presso la società Fse attività di
audit sulla Business Unit Infrastruttura, in qualità di Gestore dell'infrastruttura, e attività ispettive sulla business unit trasporto ferroviario, in qualità di impresa ferroviaria.
  Dalle suddette attività sono emerse in particolare carenze relative:

   all'organizzazione delle attività operative con cui garantire l'attuazione dei processi di gestione dell'esercizio e dei processi di manutenzione;

   alle valutazioni di adeguatezza delle misure gestionali ed operative in atto;

   al monitoraggio dello svolgimento delle attività da parte del proprio personale di condotta ed accompagnamento.

  È stato pertanto richiesto alla Business unit infrastruttura e alla business unit trasporto ferroviario di fornire, in quanto responsabili del funzionamento sicuro della propria parte di sistema, un dettagliato piano di azioni e tempi per il superamento delle carenze indicate e le evidenze della relativa ottemperanza.
  In merito al soddisfacimento dei requisiti della nota Ansf del 29 giugno 2016 «provvedimenti urgenti in materia di sicurezza dell'esercizio ferroviario», la società Fse ha trasmesso un programma di attrezzaggio tecnologico che prevede in particolare l'installazione di:

   sistemi automatici di protezione della marcia dei treni, entro il 2021;

   dispositivi di rilevamento automatico delle anormalità dei veicoli, entro marzo 2020;

   dispositivi tecnologici di apertura a richiesta nel caso dei passaggi a livello in consegna ai privati, entro dicembre 2019;

   collegamenti di sicurezza, con vincolo al segnale, per tutti gli enti dell'infrastruttura, entro giugno 2019;

   misure di protezione e controllo per lo svolgimento in sicurezza delle attività di manutenzione di impianti di sicurezza e segnalamento, entro dicembre 2019.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 luglio 2016 un comunicato stampa diffuso sul sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in seguito a un incontro pubblico tenutosi nella Sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha annunciato la «nascita del sistema delle ciclovie turistiche nazionali con la firma da parte dei Ministri Graziano Delrio, Dario Franceschini, nonché dei rappresentanti delle Regioni coinvolte dei tre protocolli d'intesa per la progettazione e la realizzazione delle prime ciclovie turistiche nazionali previste dalla Stabilità 2016»;

   i tre protocolli d'intesa riguarderanno 4 assi cicloturistici: la ciclovia del Sole Verona-Firenze, la ciclovia dell'Acquedotto Pugliese, il grande raccordo anulare in bici a Roma e la ciclovia Vento che collega Venezia a Torino. La regione Friuli Venezia Giulia risulta assente Piano Triennale presentato dal Governo;

   il comunicato stampa illustra, inoltre, come «il sistema nazionale di ciclovie turistiche (...) è stato inserito nella legge di Stabilità 2016, art. 1, comma 640. Al settore sono stati assegnati per il triennio 91 milioni di euro (...). La selezione dei primi percorsi da finanziare ha visto applicare due criteri: “dall'alto” tenendo conto delle indicazioni della rete ciclabile europea “Euro Velo”, “dal basso” in considerazione del redigendo “Piano straordinario per la mobilità turistica” di Mit, Mibact e Regioni, e del suggerimento di tracciati già delineati da studi di fattibilità, redatti da parte di associazioni, privati e enti, proponendo il riuso e la ricucitura di percorsi esistenti (...)»;

   nel corso dell'incontro, richiamato in premessa, il Ministro Graziano Delrio ha dichiarato che «Per la prima volta si riconosce alle ciclovie turistiche la valenza di infrastrutture nella pianificazione nazionale del Ministero nell'ambito delle politiche di mobilità sostenibile e interconnessa. Si inseriscono in una strategia più ampia del Ministero per la ciclabilità, che prevede una Rete Ciclabile Nazionale partendo dalle dorsali di Euro Velo, su cui si innestano reti regionali, intermodalità e ciclostazioni, e azioni per la Ciclabilità urbana e la sicurezza»;

   il 5 settembre 2016 il coordinamento regionale Friuli Venezia Giulia della Federazione Amici della bicicletta (FIAB) ha inoltrato una missiva al Ministro Delrio e alla Presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani per chiedere il completamento del tratto Euro Velo 8 Lignano-Trieste;

   Federico Zadnich – coordinatore regionale FIAB Friuli Venezia Giulia – ha evidenziato che «la dorsale Euro Velo 8, che parte in Spagna e termina in Grecia, nella nostra penisola non va solo da Torino a Venezia (tratto inserito nel piano triennale), ma attraversa tutto il nord Italia, proseguendo anche lungo la costa adriatica fino a Trieste. Risulta quindi a noi incomprensibile il motivo per cui non si sia deciso di finanziare tutto questo asse per dare quindi continuità a questa importante infrastruttura di rilievo europeo (...)»;

   il sito online www.ulisse-fiab, nell'articolo «Friuli Venezia Giulia escluso dal sistema delle ciclovie nazionali» del 6 settembre 2016, illustra come: «il cicloturismo nel Friuli Venezia Giulia sta avendo negli ultimi anni un vero boom: nei primi 8 mesi del 2016 la ciclovia Alpe Adria che taglia la regione da nord (Tarvisio) a sud (Grado) ha visto 30.392 passaggi di cicloturisti con un aumento del 40 per cento rispetto all'anno precedente. Dare continuità anche all'asse che corre lungo il mare da Lignano a Trieste collegandosi a ovest con Venezia e a est con la ciclovia Parenzana in Croazia sarebbe un ulteriore leva per far crescere i numeri di questo importante settore economico per i territori della nostra regione»;

   la presidente Serracchiani, nel comunicato stampa «Ciclovie: Serracchiani a Delrio, Inserire Fvg in rete nazionale» ha informato che, in vista della nuova legge di stabilità per il 2017, ha ritenuto opportuno portare all'attenzione del Ministro Delrio la richiesta di inserire, nella programmazione triennale degli interventi finanziati dal Governo, la regione Friuli Venezia Giulia «anche in considerazione del fatto che il Friuli Venezia Giulia ha investito negli anni diversi milioni di euro per la rete delle proprie ciclovie»;

   l'assessore regionale alle infrastrutture e al territorio del Friuli Venezia Giulia Mariagrazia Santoro nella nota stampa ha spiegato, inoltre, che «le ciclovie Verona-Firenze e Venezia-Torino, inserite nella Programmazione nazionale, sono due percorsi che determinano già una prima rete nazionale di ciclovie turistiche nell'Italia Settentrionale. Queste però escluderebbero l'area orientale e in particolare proprio il Friuli Venezia Giulia, la cui presenza è fondamentale per la creazione di una rete ciclabile di livello nazionale ed europeo. Se l'obiettivo turistico è quello di attrarre in Italia il cicloturismo internazionale si evidenzia che una delle più importanti vie di accesso dei cicloturisti europei è la già realizzata Ciclovia Alpe Adria Radweg/CAAR (Salisburgo-Villaco-Udine-Grado)»;

   Santoro ha in ultimo dichiarato che «l'altra nostra importante peculiarità è rappresentata dal fatto che la CAAR a Grado si collega con la Ciclovia Trieste-Venezia, che in parte è già realizzata, ma deve essere completata per permettere ai cicloturisti di raggiungere la Ciclovia Venezia-Torino. L'inserimento anche della nostra regione nella rete nazionale rappresenterebbe quindi la quadratura del cerchio. Già lo scorso giugno il Ministero ci aveva fatto sapere che la norma andava modificata per poter entrare nella rete nazionale; e questo è l'auspicio che condividiamo anche con la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) regionale per continuare a migliorare le nostre ciclabili» –:

   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati, per quanto di competenza al fine di inserire anche il tratto dell'itinerario cicloturistico Euro Velo, Lignano-Grado-Trieste nel piano triennale di sviluppo del sistema delle ciclovie turistiche nazionali.
(4-14144)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  L'articolo 1, comma 640, della legge di stabilità per il 2016 ha previsto lo stanziamento di specifiche risorse 91 milioni di euro (diminuite a 89 milioni di euro dal decreto-legge 22 ottobre 2016. n. 193, convertito con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225) per gli anni 2016, 2017 e 2018 - per gli interventi finalizzati allo sviluppo della mobilità ciclistica ed in particolare per la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, con priorità per alcuni percorsi, ovvero Verona-Firenze (ciclovia del sole), Venezia-Torino (ciclovia Vento), da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia (ciclovia dell'acquedotto pugliese) e grande raccordo anulare delle biciclette (Grab di Roma).
  L'articolo 1, comma 144 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 recante: Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017 - 2019 ha disposto che per lo sviluppo del sistema nazionale di ciclovie turistiche di cui all'articolo 1, comma 640 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. una ulteriore autorizzazione di spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2017, di 30 milioni di euro per l'anno 2018 e di 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.
  La sottoscrizione dei protocolli richiamati nell'atto ispettivo rappresenta una grande opportunità per la mobilità sostenibile, in quanto al sistema di ciclovie turistiche è stata riconosciuta la valenza di infrastruttura.
  Tali infrastrutture, per le quali sono già stati firmati i relativi protocolli, sono in fase di progettazione e sono state anticipate da questa Amministrazione le somme relative agli studi di fattibilità tecnica ed economica.
  Con le misure finanziarie del 2017 (articolo 52 del decreto-legge n. 50 convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96), sono stati introdotti sei ulteriori priorità di percorsi ciclistici: ciclovia del Garda, ciclovia della Magna Grecia, ciclovia della Sardegna, ciclovia Trieste-Lignano Sabbiadoro-Venezia, ciclovia Tirrenica e ciclovia Adriatica.
  Per le prime tre i relativi protocolli sono stati firmati in data 9 agosto 2017, mentre per le tre rimanenti ciclovie individuate nella manovra finanziaria del 2017 la sottoscrizione dei relativi protocolli è prevista entro la line dell'anno, tra cui quella relativa alla ciclovia Trieste-Lignano-Sabbiadoro-Venezia.
  I protocolli, già sottoscritti, prevedono la progettazione e realizzazione dei percorsi turistici nazionali a due ruote, con specifici assunti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dalle regioni e province autonome, che hanno inserito le infrastrutture dolci (ciclovie turistiche) nella propria programmazione.
  Tra gli impegni di questa Amministrazione vi è quello di attivare, nell'ambito di quanto previsto dal decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 ed in coerenza con gli atti di indirizzo n. 286 del 2015, n. 1 dell'8 gennaio 2016, n. 373 del 20 luglio 2017, concernente le priorità politiche da realizzare, azioni di efficientamento, per le varie fattispecie delle infrastrutture di trasporto, che incrementano la qualità, la sicurezza, l'innovazione e la sostenibilità ambientale e che, al contempo, possono garantire una offerta di opere e di servizi coerente con le diverse esigenze della domanda proveniente dai singoli utenti e dal mondo della produzione, a sostegno dello sviluppo dei territori inseriti in reti e circuiti ciclabili, anche connessi a quelli europei, ritenuti strategici per il sistema Paese.
  Inoltre, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intende avviare misure atte a promuovere:

   la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale delle ciclovie turistiche integrato con le altre reti di trasporto, e coerente con la rete ciclabile europea denominata Euro Velo e quella nazionale denominata Bicitalia;

   l'innalzamento dei livelli di sicurezza, di comfort e di qualità delle ciclovie turistiche attraverso la definizione di requisiti di pianificazione e standard tecnici di progettazione in relazione al diverso grado di sicurezza dell'itinerario, al grado di protezione dell'utenza potenziale ed alla difficoltà del percorso;

  la definizione di una segnaletica omogenea che consenta la riconoscibilità dell'appartenenza dell'itinerario al sistema nazionale, da parte di tutte le tipologie di utenti, in coerenza con gli interventi già realizzati nelle regioni interessate.
  Il sistema delle ciclovie è fondamentale per sviluppare quel modello di sviluppo sostenibile e diffuso che si vuole per il Paese.
  Il sistema delle ciclovie turistiche riveste rilevanza a livello nazionale della rete in via di realizzazione con il coinvolgimento pluriregionale delle ciclovie di interesse prioritario individuate nell'ambito degli itinerari ciclabili della rete Ten-T «Euro Velo» e richiamate nel Documento di economia e finanza 2017 (allegato connettere l'Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture).
  Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per la parte di propria competenza, ha comunicato che tra gli impegni dell'Amministrazione una volta completata l'infrastruttura, oltre alla collaborazione con le istituzioni coinvolte, vi è la promozione delle ciclovie negli atti di indirizzo dell'Enit (Agenzia nazionale turismo) al fine di favorire la comunicazione della vacanza attiva e della mobilità sostenibile; nonché la messa a disposizione del portale Hub-Geo-culturale per graficizzare informaticamente il tracciato della ciclovia e metterlo in relazione con le banche dati inerenti il patrimonio tutelato e i vincoli dei beni interessati dal passaggio delle medesime.
  Detto Ministero evidenzia che investire su nuovi percorsi è il primo obiettivo del piano strategico del turismo, uno strumento concreto che individua nel turismo sostenibile e di qualità una delle leve della
policy per il benessere economico e sociale italiano.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   REALACCI e BRATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   è da anni in corso la progettazione per la realizzazione del collegamento autostradale, la cosiddetta «bretella» tra Campogalliano e Sassuolo;

   a partire dal 2004 sono state avanzate proposte di realizzazione dell'infrastruttura facendo ricorso, parziale o totale, a fonti di finanziamento private da reperirsi con gli strumenti della finanza a progetto;

   il 18 marzo 2005 il CIPE ha approvato il progetto preliminare della bretella autostradale di Sassuolo-Campogalliano ed assegna ad Anas, nella successiva convocazione, 234.6 milioni di euro per il primo stralcio; nel 2010 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti propone al CIPE l'approvazione del progetto definitivo dell'opera nella sua interezza e l'assegnazione definitiva in via programmatica dei citati 234,6 milioni di euro con una revisione del costo complessivo del collegamento pari a 506 milioni di euro;

   a seguito della revisione del progetto il costo totale dell'opera è quindi passato dai 467 milioni di euro previsti nel 2005 ai circa 506 milioni del progetto definitivo, a fronte di una disponibilità finanziaria, così come stabilito dal Cipe, di non più di 234 milioni di euro: sufficienti però già a garantire il primo stralcio dell'opera ed il collegamento tra l'autostrada Modena-Brennero e il nuovo scalo intermodale ferroviario di Marzaglia, che de facto potrebbe migliorare la rete di viaria esistente senza ulteriori interventi;

   è utile poi ricordare che Sassuolo, sede dell'importantissimo comparto industriale della ceramica, uno dei distretti vanto del made in Italy nel mondo, è servita da due linee ferroviarie e da ben cinque collegamenti autostradali, due quali carattere di superstrada a scorrimento veloce: la nuova superstrada pedemontana e la superstrada Modena-Sassuolo;

   il progetto della citata bretella autostradale insisterà in un'area ad alto rischio idrogeologico, ovvero per 16 chilometri lungo la conoide del fiume Secchia, a distanza di 200 metri dal fiume andando, come lamenta Legambiente Modena, ad intercettare aree di importante valore ambientale e paesaggistico, come l'oasi del Colambrone e aree del programmato parco regionale del fiume Secchia;

   il tutto per consentire un risparmio di tempo inferiore ai 10 minuti rispetto ad oggi, incidenza temporale nulla su viaggi spesso lunghissimi in Europa da parte dei mezzi pesanti. E senza tener conto di alternative legate al trasferimento del trasporto dalla gomma al ferro che, sia la regione Emilia-Romagna che il Governo nazionale, pongono tra i propri obiettivi fondamentali;

   è notizia di pochi giorni fa dell'affidamento del project financing della bretella Campogalliano-Sassuolo alla società di concessione autostradale Autobrennero;

   va poi citato che sul progetto della bretella sono ancora pendenti i ricorsi al TAR presentati da WWF, Legambiente, Italia Nostra, LAC;

   infine in un recente rapporto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del febbraio 2013 vengono quantificati i costi ambientali a carico della collettività generati dal trasporto su gomma in 5,79 miliardi di euro/anno che, se trasferiti su ferrovia, produrrebbero un risparmio di circa 3,3 miliardi di euro, pari al 57 per cento sul totale –:

   se i Ministri interrogati in ottemperanza alle misure di contenimento della spesa pubblica centrale e periferica e considerando anche i nuovi dati di Anas Spa sul calo del traffico pesante già dell'8 per cento nel 2012, ritengano opportuno un nuovo parere del CIPE sull'intero progetto che, come si evince da alcuni ricorsi promossi dalle principali associazioni di tutela dell'ambiente, potrebbe portare ad un risultato soddisfacente già implementando solo il primo stralcio dell'opera con un conseguente risparmio di denaro e di territorio.
(4-00281)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di Sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In data 4 dicembre 2014 C stata sottoscritta la convenzione di concessione, attualmente ancora non efficace, tra questo Ministero e la Società di progetto Autostrada Campogalliano S.p.A. (Autocs S.p.a.), per la realizzazione del collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo compreso tra l'autostrada A22 e la strada statale (SS) 467 Pedemontana.
  Il 1° maggio 2016, il Cipe con la delibera n. 13 – pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2016 – ha determinato, ai sensi dell'articolo 18 della legge 12 novembre 2011 n. 183, le misure di defiscalizzazione, con prescrizioni, per l'affidamento in concessione dell'opera, nonché i criteri e le modalità per la rideterminazione delle medesime in caso di miglioramento dei parametri posti a base del piano economico finanziario.
  Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In data 4 dicembre 2014 è stata sottoscritta la convenzione di concessione, attualmente ancora non efficace, tra questo Ministero e la società di progetto Autostrada Campogalliano S.p.A. (Autocs S.p.a.) per la realizzazione del collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo compreso tra l'autostrada A22 e la strada statale (SS) 467 Pedemontana.
  Il 1° maggio 2016, il Cipe con la delibera n. 13 – pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2016 – ha determinato, ai sensi dell'articolo 18 della legge 12 novembre 2011 n. 183, le misure di defiscalizzazione, con prescrizioni, per l'affidamento in concessione dell'opera, nonché i criteri e le modalità per la rideterminazione delle medesime in caso di miglioramento dei parametri posti a base del piano economico finanziario.
  In fase di registrazione di detta delibera, la Corte dei conti ha richiesto la modifica e l'integrazione del decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti/Ministero dell'economia e delle finanze n. 445 del 30 novembre 2012 di autorizzazione all'utilizzo delle risorse.
  Con successivo decreto interministeriale n. 176 del 3 maggio 2017, registrato alla Corte dei conti in data 31 maggio 2017 (Reg. 1, foglio 1956), si è proceduto alla revoca delle disposizioni del precedente decreto interministeriale n. 445 del 30 novembre 2012, disciplinando nel contempo l'utilizzo da parte del concessionario del contributo pubblico assegnato dal Cipe con deliberazione n. 13/2016 e definendo altresì il meccanismo di restituzione e di remunerazione del suddetto contributo.
  A seguito della piena efficacia del suddetto decreto interministeriale, in data 8 settembre 2017, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali e la società Autocs hanno sottoscritto un atto aggiuntivo alla convenzione del 4 dicembre 2014, al fine di recepire le prescrizioni formulate dal Cipe con la richiamata delibera n. 13/2016.
  Il decreto interministeriale di approvazione di entrambi i suddetti atti convenzionali, firmato dal Ministro Delrio, è stato trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze il 15 settembre 2017, per la firma da parte del Ministro Padoan.
  L'efficacia degli atti medesimi è subordinata alla registrazione del predetto decreto interministeriale da parte della Corte dei conti.
  Circa gli aspetti ambientali evidenziati dagli interroganti, si rappresenta che il progetto ha ottenuto tutte le approvazioni previste per legge, inclusa la Via, e in detti ambiti sono state attentamente valutate le questioni idrogeologiche, ambientali e paesaggistiche.
  

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   TENTORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si sta verificando una preoccupante situazione di degrado, ampiamente documentata dai media, che vede coinvolte le piazzole di sosta della strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga, diventate delle vere e proprie discariche a cielo aperto, in particolare nel tratto tra la città di Lecco e quella di Colico;

   in data 15 maggio 2017 l'interrogante, con una lettera indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, poneva all'attenzione del medesimo la suddetta situazione e chiedeva un interessamento presso l'ente preposto alla gestione della strada statale, ossia Anas spa, per avere chiarimenti circa l'attuale gestione di tale problema, la frequenza del ritiro dei rifiuti dalle piazzole lungo l'asse viario e la presenza di sistemi di videosorveglianza;

   ad oggi la situazione di degrado non è mutata e, considerando che la strada interessata è un'importante arteria, oltretutto attraversata da numerosi turisti, appare evidente che il danno in termini di igiene e sicurezza, nonché di immagine, è notevole, anche per il fatto che la presenza di rifiuti in stato di abbandono li espone al rischio di autocombustione, oltre a richiamare animali randagi che potrebbero invadere la carreggiata con il conseguente potenziale pericolo di incidenti per i veicoli in transito –:

   se non reputi doveroso intervenire con urgenza, per quanto di competenza, per un accertamento circa la rimozione di tali rifiuti e intraprendere iniziative volte ad evitare il ripetersi di tale fenomeni, incrementando i controlli che possano fungere da deterrente nei confronti di chi perpetra questo illecito, prevedendo un monitoraggio più puntuale attraverso l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza, compresi quelli già installati, al fine di rilevare la targa dei veicoli di coloro che commettono l'illecito e permettere così alle autorità preposte di emettere le sanzioni del caso.
(4-18225)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In premessa, Anas ricorda che tra i propri compiti non rientra quello di rimuovere i rifiuti a meno che gli stessi non ostacolino la regolare circolazione viaria creando, quindi, un pericolo per gli utenti. Tuttavia, l'aggravarsi del deprecabile fenomeno di scarico dei rifiuti lungo le banchine stradali ha indotto la medesima Anas, anche in collaborazione con gli enti locali competenti, ad effettuare, con propri mezzi e personale, ripetuti interventi di rimozione del materiale abbandonato.
  Tali episodi, che evidenziano uno scarso senso civico, continuano purtroppo a verificarsi anche sulle piazzole di sosta della SS 36 del lago di Como e dello Spluga, sulle quali, peraltro, la società si è attivata con interventi di bonifica il 26 giugno 2017.
  Per completezza di informazione, Anas segnala anche che, per combattere tale fenomeno, ha già partecipato ad un incontro con il prefetto di Lecco, al quale ne faranno seguito altri con i rappresentanti degli enti territoriali interessati per concordare una soluzione al problema evidenziato.
  Ed infatti, il Ministero dell'interno ha comunicato che il 1° agosto 2017 si è svolto presso la prefettura di Lecco un incontro – cui hanno partecipato il vice questore, il comandante provinciale dei Carabinieri, il dirigente della polizia stradale, il responsabile del coordinamento territoriale nord ovest dell'Anas, il responsabile dell'area compartimentale Lombardia e i responsabili della società Silea – per l'analisi degli interventi volti ad individuare soluzioni di breve e lungo periodo per la questione dei rifiuti abbandonati lungo la SS 36 per i tratti ricadenti nella provincia di Lecco.
  Al riguardo, è stato raggiunto l'accordo per sperimentare l'uso di telecamere – già attive – che consentono l'individuazione della targa ai fini della identificazione e conseguente sanzione del trasgressore. Nel dettaglio, sono state installate alcune telecamere del tipo
Dome, con l'integrazione del sistema mediante il posizionamento di una telecamera fissa di ultima generazione in ingresso nelle piazzole e telecamere di lettura targhe in uscita.
  Inoltre, Anas ha avvisato adeguatamente l'utenza sia con comunicazioni sulle principali testate giornalistiche locali che mediante l'utilizzo di pannelli a messaggio variabile, informando i soggetti in transito che le citate piazzole sono videosorvegliate, con la conseguente sanzionabilità di condotte quali l'abbandono dei rifiuti.
  Successivamente all'installazione delle telecamere, la sezione polizia stradale di Lecco ha contestato alcune sanzioni amministrative per l'abbandono di rifiuti di natura non pericolosa.
  Il Ministero dell'interno evidenzia che, a seguito delle iniziative intraprese, il fenomeno appare essersi ridimensionato e che, comunque, l'attività di monitoraggio delle aree di sosta e di informazione all'utenza da parte di Anas viene tuttora effettuata.
  Per risolvere definitivamente il problema, la prefettura di Lecco ha in programma a breve un incontro con le forze dell'ordine e Anas, al quale parteciperanno anche gli enti locali interessati, ai fini dell'eventuale stipula di una convenzione per la gestione condivisa del servizio di pulizia nei tratti stradali di competenza e per concordare ulteriori iniziative che potranno avere una ricaduta positiva sul piano ambientale e del decoro stradale.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   VIGNAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonte stampa di «Ufficio Stampa Basilicata», testata giornalistica online, del 14 dicembre 2016 dal titolo «Nuovo trasbordo a Napoli per i viaggiatori del Frecciarossa, Trenitalia sotto accusa», si apprende che, a distanza di quattro giorni dall'entrata in servizio del Frecciarossa sulla tratta Taranto-Potenza-Roma, avvenuta il giorno 11 dicembre 2016, i passeggeri sono stati costretti il giorno 14 dicembre, per la seconda volta, a scendere a Napoli e trasbordare su un altro treno;

   sempre dalla stessa fonte stampa si apprende che l'ufficio stampa di Trenitalia ha affermato che il guasto è stato causato dalle temperature rigide che hanno messo in crisi il «pantografo»;

   il pantografo è un organo che permette, sui veicoli ferroviari, la ricezione dell'energia elettrica da una linea aerea soprastante allo scopo di alimentarne le apparecchiature come i motori, il riscaldamento elettrico, il condizionamento e tutti gli eventuali dispositivi ausiliari di bordo;

   prima di entrare in funzione sulla tratta succitata, Trenitalia ha impiegato un mese per testare il servizio del Frecciarossa sulla stessa tratta e, pertanto, risulta difficile credere che un treno che vanta le più moderne tecnologie in ambito ferroviario presenti disservizi causati dalle basse temperature della Basilicata;

   il servizio dei treni Frecciarossa è notoriamente un servizio a «mercato», tuttavia, il servizio del Frecciarossa in questione è garantito in caso di disavanzi economici della società, dalla copertura di 180 mila euro per il 2016 e di 3,12 milioni di euro per il 2017 di fondi stanziati dalla regione Basilicata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e se trovino conferma;

   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per accertare come sia stato possibile il verificarsi di un blocco dell'attività a fronte di un evento tanto comune e frequente nel nostro Paese;

   se possa dettagliare quali siano le attività oggetto della sperimentazione;

   se in seguito a questi malfunzionamenti la società esercente pagherà delle penali;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di risolvere in maniera certa e definitiva d'ora in avanti queste criticità e perché tali iniziative non siano state adottate finora;

   quali altri casi simili, dovuti ad un disservizio causato dal malfunzionamento del pantografo per le basse temperature, si siano manifestati sulle corse dei treni Frecciarossa in Italia nell'ultimo anno;

   come si concilino i contributi regionali per i servizi a mercato come i Frecciarossa con la normativa comunitaria e le norme di recepimento nazionali, concernenti la disciplina degli «aiuti di Stato» e se possa escludersi la sussistenza di elementi tali da determinare una eventuale procedura di infrazione europea.
(4-18227)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute da Trenitalia, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In entrambi gli episodi riguardanti il treno
Frecciarossa Taranto-Potenza-Salerno Milano, verificatisi l'11 e il 14 dicembre 2016 sulla linea Taranto-Salerno, l'inconveniente occorso è stato determinato dalla formazione di ghiaccio che impediva la captazione di energia dalla linea di contatto.
  Tale inconveniente, difficilmente prevedibile, si verifica in particolari condizioni climatiche (rapido e improvviso abbassamento delle temperature con conseguente formazione di ghiaccio) su tutta la rete nazionale; infatti, nello stesso mese di dicembre si sono registrati altri cinque casi analoghi sulla linea direttissima Roma - Firenze.
  In aggiunta, Trenitalia precisa che:

   il servizio è stato affidato nel rispetto dei principi stabiliti dalla disciplina sovranazionale e previa interpello dei due soli operatori in grado di offrire i servizi in questione, nel tempo più ristretto possibile e secondo le esigenze manifestate dalla regione Basilicata;

   dopo l'adozione dei necessari atti deliberativi di competenza, la stessa regione ha concluso con Trenitalia un contratto di servizio di durata annuale, eventualmente rinnovabile per un altro anno, che prevede un meccanismo di riequilibrio del piano economico finanziario, al fine di evitare che si verifichino sovracompensazioni;

   il livello delle tariffe previsto dal contratto di servizio sulla relazione Salerno-Potenza Taranto è quello dei treni Intercity, in quanto sulla tratta non esistono altri prodotti di livello superiore; il prezzo finale di vendita per i clienti risulta, quindi, dalla somma del prezzo per il servizio Frecciarossa per la tratta Salerno-Milano e dei prezzo per il servizio Intercity, per la tratta Salerno-Taranto.

  Infine, quanto alla conformità dei contributi regionali con la normativa comunitaria e nazionale in tema di aiuti di Stato, Trenitalia precisa che in base al diritto comunitario la distinzione tra servizi a mercato e servizi coperti da obbligo di servizio pubblico non risiede nella denominazione del servizio – ad esempio Frecciarossa – ma nelle esigenze di servizio pubblico – cioè collegamenti, fermate, frequenze, tariffe – manifestate delle competenti autorità nazionali o locali e che l'impresa ferroviaria non avrebbe potuto assicurare sulla base delle proprie scelte commerciali.
  Inoltre, il contributo non si configura aiuto di Stato quando il contratto di servizio è affidato in linea con le previsioni del regolamento (UE) 1370/2007.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   ZOLEZZI, DAGA, MANNINO, TERZONI, DELL'ORCO, SARTI, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, VIGNAROLI e SPADONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa (Il Sole 24 Ore del 4 maggio 2016, pagina 16) si apprende che nella seduta del 1o maggio 2016 il CIPE avrebbe dato il definitivo «via libera» alla realizzazione della bretella Campogalliano – dal costo previsto di 600 milioni di euro circa, finanziati per il 60 per cento dal privato e al 46 per cento dallo Stato tramite un'operazione di « project Financing»;

   lo stesso CIPE, come risulta dal sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, «si è espresso sull'applicazione delle misure di defiscalizzazione, ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183/2011, a favore del Collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo»;

   L'opera si va ad inserire in un'area già pesantemente inquinata: dai dati ARPA – Emilia Romagna i trasporti stradali sono i principali responsabili anche delle emissioni di ossidi di azoto (NOx), contribuendo per il 57 per cento, seguiti dalle attività industriali e di produzione di energia. Il traffico incide per il 39 per cento sulle emissioni di monossido di carbonio (CO) e rappresenta anche la principale fonte di emissioni di sostanze climalteranti, essendo responsabile del 25 per cento delle emissioni di anidride carbonica (CO2 equivalente);

   a concentrazione media di fondo di inquinanti secondari come PM10, PM2,5 e ozono in Emilia-Romagna dipende in buona parte dall'inquinamento a grande scala tipico della Pianura padana. In particolare, le polveri PM10 e PM2,5 sono in parte (30-50 per cento di origine secondaria ovvero sono prodotte da reazioni chimico-fisiche che avvengono in atmosfera a partire da inquinanti precursori come l'ammoniaca (NH3) emessa principalmente dalle attività agricole e zootecniche, gli ossidi di azoto (NOx), i composti organici volatili (COV) dovuti principalmente all'uso di solventi;

   volendo ripercorrere le tappe principali del percorso di questa opera, viene in aiuto il portale dedicato alle infrastrutture strategiche, dal quale risulta che:

   a) nell'anno 2001, con la delibera CIPE n. 121, il «collegamento Campogalliano-Sassuolo» è inserito nell'ambito del «corridoio plurimodale dorsale centrale-sistemi stradali e autostradali» con un costo di 175,6 milioni di euro e una disponibilità uguale al costo;

   b) fra il 2003 e il 2004 viene eseguita la procedura di valutazione d'impatto ambientale. Già in quegli anni vi era stata una criticità determinante, al punto di far sospendere il procedimento: infatti, lo studio trasportistico a supporto della realizzazione dell'opera non appariva adeguato. Sono poi state trasmesse integrazioni che hanno portato all'emanazione di pareri favorevoli con prescrizioni da parte degli enti competenti;

   c) nel 2006 l'ANAS comunica che ha deciso di ricorrere, per la realizzazione del raccordo autostradale Campogalliano-Sassuolo all'affidamento in concessione di cui all'articolo 19 della legge n. 109 del 1994 e che il bando di gara sarà pubblicato entro marzo 2006;

   l'opera è inclusa nella delibera CIPE n. 130 di rivisitazione del programma delle infrastrutture strategiche;

   nel rapporto «infrastrutture strategiche» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aggiornato a novembre, viene confermato il costo di 467,13 milioni di euro, quasi il triplo dell'importo inizialmente previsto. Per l'opera risultano avviate le procedure relative alla gara di appalto dei lavori, che comprendono il collegamento allo scalo di Civitanova – Marzaglia, la variante di Rubiera e il tratto di Pedemontana fra la Modena-Sassuolo urbana e la strada provinciale 15, come previsto nell'accordo sottoscritto fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il presidente della regione. Si propone all'ANAS di verificare la possibilità di utilizzare il project financing o il pedaggiamento:

   d) nel 2008 il CIPE, con delibera n. 54 del 27 marzo, prende atto che l'ANAS ha aggiornato il costo del progetto complessivo a 563,033 milioni di euro e che è in fase di valutazione la fattibilità dell'intervento in finanza di progetto. La stessa ANAS ha individuato un primo stralcio funzionale, del costo di 234,6 milioni di euro, necessario per risolvere nel breve periodo il collegamento del nuovo scalo ferroviario di Marzaglia, in corso di completamento. Non essendo le opere stradali relative al 1o stralcio soggette a tariffazione, il CIPE assegna, in via programmatica, un contributo di 8,7 milioni di euro, per 15 anni, a valere sul contributo pluriennale previsto dall'articolo 2, comma 257, della legge n. 244 del 2007 con decorrenza 2009 e un contributo di 13,1 milioni di euro, per 15 anni, a valere sul contributo pluriennale previsto dalla norma suddetta con decorrenza 2010. Tali contributi sono suscettibili di sviluppare un volume di investimento di 234,6 milioni di euro, corrispondente al costo del 1o stralcio. L'assegnazione definitiva avverrà in sede di approvazione del progetto definitivo, che dovrà essere presentato al ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro sei mesi dalla data di pubblicazione della delibera sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 13 gennaio 2009;

   il rapporto «infrastrutture prioritarie» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riporta il costo di 537,1 di euro e le variazioni progettuali intervenute a seguito dell'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro;

   il 1o agosto viene sottoscritto il 2o atto aggiuntivo all'intesa generale quadro, con il quale si conferma la rilevanza strategica delle infrastrutture già previste nell'intesa, nonché delle ulteriori infrastrutture individuate con il 1o atto aggiuntivo, tra le quali è compreso il collegamento Campogalliano-Sassuolo e opere connesse (Pedemontana e tangenziale di Rubiera) per complessivi 633,1 milioni di euro:

   e) in data 3 luglio 2013 l'unita gare e contratti di ANAS spa ha reso noto che la commissione di gara ha terminato i lavori ed individuato l'aggiudicatario provvisorio nell'ATI Autostrada del Brennero SpA – Pizzarotti & C. – COOPSETTE – OBEROSLER CAV. PIETRO – Consorzio Stabile CO.SEAM Italia – Edilizia Wipptal – Cordioli e C. In seguito al formale passaggio delle consegne alla SVCA in data 6 marzo 2014, in data 2 aprile 2014 la SVCA ha disposto l'aggiudicazione definitiva a favore della suddetta ATI. Sono in corso le attività propedeutiche alla sottoscrizione della convenzione di concessione;

   dall'interrogazione n. 3-02957 a prima firma della senatrice Blundo, risulta che un ruolo preminente è riconosciuto in capo alla società Auto Brennero che però sarebbe interessata ad investire nella realizzazione del progetto della bretella Campogalliano-Sassuolo, solo se le venisse rinnovata la concessione riguardante la A22, da tempo scaduta. Inoltre, la società Coopsette, che era inizialmente destinata a costruire l'opera, attraversa una grave crisi finanziaria, al punto che il 30 ottobre 2015 il Ministero dello sviluppo economico, verificata la condizione di insolvenza, ha disposto con decreto la liquidazione coatta amministrativa. Tale situazione influenza l'efficacia operativa di Coopsette e impone l'obbligo di rivedere gli impegni assunti dalla stessa, come partecipata della società di progetto Autocs, nella costruzione della bretella Campogalliano-Sassuolo. Nell'interrogazione Dell'Orco e altri n. 4-10954 si esplicita ulteriormente la situazione richiedendo se il Governo non ritenga che l'eventuale fallimento o liquidazione di Coopsette possa configurarsi come causa di perdita dei requisiti di qualificazione previsti dal bando per Autocs. L'attuale presidente di Autocs risulta essere Emilio Sabattini, nominato il 7 agosto 2014, quando ancora era presidente della provincia di Modena. Durante il periodo di svolgimento del doppio incarico, che risulterebbe oggetto di incompatibilità ai sensi dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000, Sabattini sostenne molto il progetto della bretella;

   a pagina 41 del piano di gestione del rischio alluvioni, redatto nel 2014 dall'Autorità di bacino del fiume Po, si illustra dettagliatamente come l'area a rischio significativo del fiume Secchia interessa tutto il tratto dalla cassa di espansione di Modena – Rubiera – Campogalliano, alla confluenza in Po e racchiude il territorio di Pianura Padana compreso tra il torrente Crostolo e il fiume Panaro delimitato dal perimetro aree inondabili dello scenario di piena di scarsa probabilità chiuse a monte nei pressi della confluenza del torrente Tresinaro (sezione PAI 168) e a valle alla confluenza del Secchia in Po e sul tracciato dell'argine maestro destro del Po, con un'estensione di circa 1500 chilometri quadri. Essa comprende tutte le aree potenzialmente inondabili in seguito a scenari di rottura dei rilevati arginali maestri del Secchia e interessa 45 comuni, di cui 25 emiliani in provincia di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e 20 lombardi in provincia di Mantova. Tale territorio è ricco di centri abitati e abitazioni sparse, servizi di primaria importanza, zone industriali, infrastrutture viarie di rilevanza nazionale e internazionale, attività produttive e agricole;

   una parte di esso si trova in condizioni altimetriche tali da essere potenzialmente inondabile anche per eventi di rottura del sistema arginale del Po, del Panaro o del Crostolo, oltre che per esondazioni dal reticolo di bonifica che lo serve. Una parte importante del territorio è stata interessata dagli eventi sismici del 2012;

   il sistema che difende la pianura dalle inondazioni del fiume Secchia è composto dalla cassa di espansione localizzata tra la via Emilia e l'Autostrada Al (completamente delimitata da rilevati arginali), da un'area di naturale espansione delle piene compresa tra la cassa di espansione e il canale Calvetro, e dal sistema arginale maestro che si sviluppa con continuità su entrambe le sponde a valle dell'Autostrada A1 risalendo per breve tratto a monte di essa in destra idraulica. La lunghezza complessiva degli argini che compongono tale sistema è di circa 150 chilometri;

   l'area della cassa di espansione è compresa tra la briglia selettiva localizzata qualche chilometro a monte della via Emilia, all'altezza della sezione 172 del PAI, e il manufatto moderatore dei deflussi, localizzato alla sezione 159 del PAI. Il vero e proprio sistema arginale della cassa di espansione, che raggiunge anche i 7-8 metri di altezza sul piano di campagna, inizia a valle del ponte ferroviario della linea storica Milano – Bologna, dopo il quale è localizzata una briglia che realizza, in magra, un salto di alcuni metri. A monte del ponte ferroviario si sviluppa però in sinistra idraulica un sistema arginale di minori dimensioni che risale lungo il torrente Tresinaro, a difesa del centro abitato di Rubiera dalle piene del Secchia, e non ha soluzione di continuità con l'argine sinistro del torrente stesso;

   tali dati erano stati già evidenziati nella Risoluzione presentata dal deputato Dell'Orco in Commissione trasporti della Camera n. 7-00081;

   la futura bretella prevederebbe l'esborso di un pedaggio, ma anche il ricorso al project financing, con il rischio di replicare la dinamica già vista sulla Bre-Be-Mi, realizzata in base a stime di transito completamente irreali e obsolete ed i cui costi di realizzazione sono lievitati nel tempo da 800 a 1800 milioni di euro. A quanto risulta, questa dinamica è in genere dovuta alla tendenza degli azionisti della società veicolo che costruisce l'opera ad operare anche come fornitori ed appaltatori tenendo i prezzi delle prestazioni relativamente elevati, dunque contribuendo ad incrementare i costi di investimento, a giudizio degli interroganti con la consapevolezza (ed in taluni casi, con la garanzia formale) che il settore pubblico interverrà per ripianare i conti;

   la normativa sulla valutazione d'impatto ambientale è variata in modo sostanziale dal 2001 ad oggi: al tempo in cui fu attivata la procedura di valutazione dell'opera non era prevista alcuna valutazione dell'impatto ambientale cumulativo dei diversi impatti prodotti nella medesima area;

   il progetto coinvolge una porzione di territorio caratterizzato dalla presenza di complessi arborei di altissimo pregio e monumentalità e va a impattare, inoltre, su un'area che si contraddistingue per l'elevato numero di pozzi ad uso acquedottistico e per la vicina presenza del fiume Secchia, soggetto costantemente al rischio di alluvioni: è documentato lo straripamento del Secchia avvenuto nel 2014 nell'area dove di intende costruire la bretella. A ciò si aggiunga che il tracciato previsto dell'arteria scorre in gran parte sulla conoide del Secchia nel tratto Sassuolo-Formigine che alimenta gli acquiferi di Marzaglia, una zona molto vulnerabile, a monte della quale vi sono le nuove cave, nel tempo sarà alterato anche lo stato delle falde più profonde e il rischio della potabilità delle acque che alimentano Modena diverrà più che reale;

   a giudizio degli interroganti il rischio idrogeologico, ambientale e paesaggistico appare notevole, in quanto il progetto dell'autostrada Campogalliano-Sassuolo incide anche sull'oasi del Colambrone e sull'intero parco regionale del fiume Secchia. Per tali motivi, associazioni come il WWF, Legambiente e Italia Nostra si sono opposti, fin dall'inizio, al progetto;

   dal 2001 ad oggi il quadro economico – produttivo si è evoluto in modo sostanzialmente difforme da quanto previsto nel progetto originario, al punto da mettere in discussione non solo la «strategicità» dell'opera ma addirittura la sua stessa utilità, dal momento che le infrastrutture attualmente presenti (tangenziale Modena – Sassuolo) sono già sufficienti a sopperire alle necessità del territorio –:

   se il Governo ritenga opportuno, alle luce della evidente vetustà ed incompletezza del procedimento di valutazione d'impatto ambientale e alla luce del piano alluvioni 2014, assumere iniziative per procedere ad una nuova valutazione d'impatto ambientale, o almeno per integrare lo studio d'impatto ambientale esistente con la documentazione riguardante l'impatto cumulativo dell'opera con le altri fonti inquinanti già presenti sul territorio, la valutazione delle principali alternative, un aggiornamento ai dati reali delle previsioni di traffico e un profilo di rischio idrogeologico aggiornato;

   se si ritenga opportuno riconsiderare l'intero progetto, in ottemperanza alle misure di contenimento della spesa pubblica, e rivedere lo status di «opera strategica» per la bretella in questione, alla luce dei mutamenti intervenuti nel quadro economico – produttivo e infrastrutturale.
(4-13850)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In data 4 dicembre 2014 è stata sottoscritta la convenzione di concessione, attualmente ancora non efficace, tra il questo Ministero e la società di progetto Autostrada Campogalliano S.p.a. (AUTOCS S.p.a.), per la realizzazione del collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo compreso tra l'autostrada A22 e la strada statale (SS) 467 Pedemontana.
  Il 1° maggio 2016, il Cipe con la delibera n. 13 - pubblicata sulla
Gazzetta ufficiale del 21 dicembre 2016 – ha determinato, ai sensi dell'articolo 18 della legge 12 novembre 2011 n. 183, le misure di defiscalizzazione, con prescrizioni, per l'affidamento in concessione dell'opera, nonché i criteri e le modalità per la rideterminazione delle medesime in caso di miglioramento dei parametri posti a base del piano economico finanziario.
  In fase di registrazione di detta delibera, la Corte dei conti ha richiesto la modifica e l'integrazione del decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti/Ministero dell'economia e delle finanze n. 445 del 30 novembre 2012 di autorizzazione all'utilizzo delle risorse.
  Con successivo decreto interministeriale n. 176 del 3 maggio 2017, registrato alla Corte dei conti in data 31 maggio 2017 (Reg. 1, foglio 1956), si è proceduto alla revoca delle disposizioni del precedente D.I. n. 445 del 30 novembre 2012, disciplinando nel contempo l'utilizzo da parte del concessionario del contributo pubblico assegnato dal Cipe con deliberazione n. 13/2016 e definendo altresì il meccanismo di restituzione e di remunerazione del suddetto contributo.
  A seguito della piena efficacia del suddetto decreto interministeriale, in data 8 settembre 2017, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali e la società Autocs hanno sottoscritto un atto aggiuntivo alla convenzione del 4 dicembre 2014, al fine di recepire le prescrizioni formulate dal CIPE con la richiamata delibera n. 13/2016.
  Il decreto interministeriale di approvazione di entrambi i suddetti atti convenzionali, firmato dal Ministro Delrio, è stato trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze il 15 settembre 2017, per la firma da parte del Ministro Padoan.
  L'efficacia degli atti medesimi è subordinata alla registrazione del predetto decreto interministeriale da parte della Corte dei conti.
  Circa gli aspetti ambientali evidenziati dagli interroganti, si rappresenta che il progetto ha ottenuto tutte le approvazioni previste per legge, inclusa la Via, e in detti ambiti sono state attentamente valutate le questioni idrogeologiche, ambientali e paesaggistiche.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   ZOLEZZI, VIGNAROLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è in atto una «guerra dei rifiuti» in Italia per cui nel giugno 2015 erano documentati 35 roghi di impianti di riciclo (articolo di Jacopo Giliberto sul « Sole 24 ore»), tale che fino ad oggi questi gravi episodi risultano allo scrivente innumerevoli;

   la provincia di Mantova era stata colpita con un incendio presso la discarica di Mariana Mantovana nel luglio 2015; questa è la discarica con le maggiori volumetrie residue della regione Lombardia, oltre 1,8 milioni di tonnellate, con un'autorizzazione che secondo gli interroganti appare non conforme alla legge regionale sugli indici di pressione e in una zona caratterizzata da precarie condizioni ambientali (stato chimico delle acque superficiali pessimo);

   nella giornata del 4 aprile è andato a fuoco lo stabilimento di Novagli di Montichiari (Brescia) di Angelo Scaroni, legato alla Palwood srl, società di Siracusa che si occupa di recupero imballaggi ed ha svariate connessioni societarie e diversi problemi di bilancio;

   l'incendio è stato caratterizzato da estrema violenza e da fiamme alte decine di metri, tale da costringere l'intervento di mezzi eccezionali di spegnimento incendi, come il «Dragon» che ha applicazioni aeroportuali. Il fumo ha probabilmente causato impatti ambientali e sanitari nella popolazione di Montichiari e della limitrofa Castiglione Delle Stiviere (Mantova) a poche decine di metri;

   la recente inchiesta «Piramidi» ha messo in luce una verosimile pesante infiltrazione da parte della criminalità organizzata della filiera dei rifiuti nazionale –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente delle cause di quest'ultimo incendio e dell'eventuale matrice che connota comunemente questi gravi episodi nel settore della gestione dei rifiuti;

   quali azioni intendano avviare i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, per mettere in sicurezza la filiera dei rifiuti sempre più infiltrata dalla criminalità organizzata con possibili rischi ambientali e sanitari per i cittadini.
(4-16260)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente gli incendi verificatisi presso la discarica di Mariana Mantovana e presso lo stabilimento di Novagli di Montichiari, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Secondo quanto riferito da Arpa Lombardia, si fa presente in via preliminare che risultano ancora in corso le indagini di polizia giudiziaria sulle possibili cause degli incendi richiamati.
  In particolare, per quanto riguarda l'incendio sviluppatosi presso la discarica di Mariana Mantovana il 31 luglio 2015, la stessa Arpa riferisce che, a seguito del predetto evento, ha svolto attività di campionamento e analisi a supporto della polizia giudiziaria operante (Noe di Brescia). I rapporti di prova e le considerazioni tecniche del caso sono state trasmesse alla polizia giudiziaria richiedente e alla provincia.
  Sull'incendio del 4 aprile 2017 presso la ditta Scaroni di Montichiari, l'Arpa ha seguito tutto il periodo di sviluppo dell'incendio che è stato molto importante considerata anche l'alta infiammabilità del materiale coinvolto (cataste di
pallet in legno) e ha effettuato campionamenti dell'aria, sia nell'immediatezza dell'evento che a seguito dello spegnimento dell'incendio. Gli stessi campionamenti sono stati finalizzati a valutare l'impatto sulla qualità dell'aria fino al ripristino delle condizioni ordinarie. Sono inoltre stati prelevati campioni delle acque di spegnimento che in parte sono confluite nella seriola posta in prossimità dello stabilimento.
  Con riguardo poi alla qualità dell'aria, dagli accertamenti predisposti dal settore monitoraggi dell'agenzia è emerso che «l'incendio del 4 aprile ha alterato significativamente la qualità dell'aria, come spesso accade in queste situazioni emergenziali; tuttavia l'intervento prolungato dei VVFF ha consentito di ridurre le combustioni così da far rientrare, oltre che l'emergenza, anche l'inquinamento prodotto dalle combustioni ad una situazione di normalità già il giorno successivo ovvero il 5 aprile».
  Con riguardo alla qualità delle acque superficiali, Arpa riferisce che i rapporti di prova dei campioni di acqua della Roggia Asolana, prelevati nel tratto non intubato che corre lungo il perimetro aziendale di sud-est, descrivono il rispetto dei valori di tabella 1/B sulla qualità delle acque dei pesci ciprinidi di cui All. 2 del decreto legislativo n. 151 del 2006 per i pertinenti parametri indagati.
  Inoltre, con riferimento allo stato dei fatti dell'incendio di Novagli di Montichiari, la prefettura di Brescia riferisce tra l'altro, che il Comando provinciale dei Vigili del fuoco non esclude la natura accidentale dell'evento, derivante dall'autocombustione dei materiali, stante la presenza contestuale di polvere, segatura e limatura di legno, accumulati proprio nell'area in cui ha avuto inizio il principio d'incendio. Ulteriore elemento che fa propendere per tale ipotesi è la presenza di tracce di olii e/o altre sostanze infiammabili all'interno dei cumuli di materiali, da cui è derivato il coinvolgimento del deposito di cataste di
pallet.
  Il Dipartimento provinciale dell'Arpa di Brescia, in relazione alle contaminazioni delle matrici ambientali, ha evidenziato che in considerazione della rilevanza dell'incendio si è osservata nell'aria una presenza di alcuni parametri maggiore rispetto a quelli normalmente rilevati.
  Pertanto, la stessa Arpa, all'esito delle campionature protrattesi oltre l'estinzione dell'incendio, ha concluso che l'evento ha alterato significativamente la qualità dell'aria che, però, il giorno seguente l'evento era già tornata alla normalità. A tal proposito Arpa Brescia osserva ulteriormente che anche i campioni di acqua prelevati dalla Roggia Asolana lungo il perimetro aziendale sono risultati entro i limiti previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
  L'incendio del 4 aprile 2017 ha alterato significativamente la qualità dell'aria, come spesso accade in queste situazioni emergenziali; tuttavia l'intervento prolungato dei vigili del fuoco ha consentito di ridurre le combustioni così da far rientrare, oltre che l'emergenza, anche l'inquinamento prodotto dalle combustioni ad una situazione di normalità già il successivo 5 aprile.
  Della questione sono interessate anche altre amministrazioni, pertanto, qualora dovessero pervenire nuovi e utili elementi informativi, si provvederà a fornire aggiornamenti.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero continuerà a tenersi informato, nonché a svolgere un'attività di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti, anche al fine di valutare eventuali coinvolgimenti di altri soggetti istituzionali.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.